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I

^f. a^ . 3

STORIA

DEI MUSULMANI

DI SICILIA.

Proprietà letteraria.

STORIA

DEI

MUSULMANI

DI SICILIA

SCRITTA

DA MICHELE AMARI.

VOLUME SECONDO.

FIRENZE.

FELICE LE MONNIER. ISttS.

A*/

y

'A

LIBRO TERZO.

CAPITOLO I,

Al contrario della stanca società bizantina che sgombrava Sicilia, la musulmana che le sottentrò, portava in seno elementi di attività, progresso e di- scordia. Nel primo Libro, toccammo gli ordini gene- rali dei Musulmani, e come si assettarono in Affrica. Or occorre divisare più distintamente alquanti capi- toli di lor dritto pubblico , e V applicazione che sor- tirono appo la colonia siciliana.

Farem principio dal reggimento politico. Il di- spotismo che prevalse con la dinastia omeJade, e si aggravò con Tabbassida, non era bastato ad oppri- mere le due aristocrazie , gentilizia e religiosa, tanto che non prendessero parte , secondo lor potere , alla cosa pubblica. Fecerlo in due modi; cioè con la inter- pretazione dottrinale della legge , e con lo smembra- mento dello impero : a che si è accennato, trattando dell'Affrica.* Secondo le teorie distillate per man dei dottori,* dagli eterogenei elementi della legge mu-

' Veggasi il Libro I, cap. Ili , VI.

' Oltre il Corano e la Sunpa, ossia il supposto precetto divino e b esempio del Profeta, la legge si fondava sullo igtihdd, cbe vuol dire litte- ralmente " sforzo " degli interpreti ed esecutori ad applicare lo statuto ai casi non provvedati espressamente.

II. 1

(827-9001 2

sulmana, lo impero, era ormai, in dritto e in fatto, debole federazione di Stati , impropriamente chiamati province. Troviamo in Mawerdi, egregio pubblicista del decimo sècolo , doversi tenere lo emir di provin- cia come delegato della repubblica musulmana , non del califo/ Ei veramente esercitava tutta Y autorità sovrana, fuorché la interpretazione decisiva dei dom- mì.' Allo emir di provincia era dato:

Ordinare lo esercito, distribuire le forze nei luo- ghi opportuni, e fissare gli stipendii militari, quando non Io avesse già fatto il califo ;

Vegliare air amministrazione della giustizia ed eleggere i cadi e gli hàkem , magistrati simili al cadi nelle città minori ;

Riscuotere tutte le entrate pubbliche , pagar chi di dritto su quelle, ed eleggerne gli amministra- tori ;

Difendere la religione e la società;

Applicare le pene ad alcuni misfatti , nei limiti che appresso si descriveranno ;

Presedere alle preghiere pubUiohe , in persona o per delegati ;

' Mawerdi, Àhkàm-SuUania, lib. Ili, edizione di Eoger, p. 51.

9 Mawerdi, op. dt., lib. I, p. 93, enumera così i dritti dello tmdm, ossia califo, pontefice e principe: !<> Conservar la fede secondo i domrai cardinali e le interpretazioni concòrdi degli imam precedenti , e ricondurre air ortodossia i novatori, con la ragione o con la forza; 2o Far eseguire le leggi civili e criminali ; 3<> Vegliare alla sicurezza interna ; Fare osser- vare i precetti religiosi; So Difendere il territorio; Portar guerra agli Infedeli; 7o Riscuotere le legittime entrate pubbliche; Pagare gli sti- pendii e spese pubbliche; 9o Adoperare capaci e fidati ministri; 10» Trat- tar dassè le faccende più rilevanti. Tolti questi due ultimi paragrafi che contengono consigli di condotta , non ordinamenti di diritto pid>blico, gli altri doveri dell' tmdm non differiscono da quei dello emiro, che nella po- testà d' interpretare i dommi.

3 1827-WO.l

Avviare e sovvenire i pellegrini della Mecca ;

E, se la provincia stesse in su i confini, far ia guerra ai vicini infedeli, scompartire il bottino ai combattenti e serbarne la quinta a chi appartenesse/

n popolo, dunque, di una parte del territorio mu- sulmano costituita in provincia e governata da un emi- ro, non riconosceva il califo come legislatore com'esecutor della legge; non vedeva altra autorità che dello emiro; e costui, alla sua volta, non era te- nuto ubbidire che alla legge ed alla propria coscienza; dovea rispettare il fatto del principe, fuorché nel caso degli stipendii militari già determinati da esso. Il principe eleggeva e rimovea d' oficio V emiro, come il cadi, senza poter dettare alcuno i provvedi- menti,* né all'altro i giudizii; talché tutta la ammi- nistrazione civile y militare, ecclesiastica e giudiziale si conducea come in oggi quella sola della giusti- zia negli Stati di Europa che abbiano magistrati amo- vibili ad arbitrio. Bene o male, era conseguenza lo- gica della teocrazia. Se avvenia che il califo sforzasse lo emiro ad alcun provvedimento con minaccia di deposizione, ciò non costituiva norma d'ordine pub- blico; era abuso di chi comandava e viltà di chi ob- bediva. Similmente il califo celava, quasi fosse col-

* Mawerdt, op. cit., lib. Ili» p. 47, 48. Questo autore aggiunge che r uflcio di emiro pote^ essere geoerale ovvero speciale; seodo lecito de- stinare un emiro alle cose di guerra e di polizia , come noi diremmo , e un altro all'azienda e giurisdizione; op. cit., p. 51. Ma tal caso sembra av- venuto assai di rado. Mawerdi stesso, p. 54, dice che nelle province con- quistate di recente V uflcio di emir, di dritto, diveniva generale; si potea diminuirne il territorio, l' autorità. Le ragioni che ne allega Ma- werdi son fondate su r assioma, che il ben della religione e della repub- blica musulmana va anteposto al capriccio del califo.

1827-900.) 4^

pa, la vigilanza sua sopra lo emiro, affidandola al direttor della posta/ Alla effettiva autorità rispon- deano le apparenze, e in particolare la cerimonia della inaugurazione, nella quale si prestava giura- mento all'emiro non altrimenti che al califo.' La mo- neta, nei primi due secoli dell'islamismo, si coniava spesso col solo nome dell'emiro, per esempio di Heggiàg-ibn-Iùsuf in Irak , di Mùsa-ibn-Noseir in Affrica e Spagna, e di Ibrahim-ibn-Aghlab in Affri- ca.' Sì larga essendo la potestà legale del gdvernator di provincia e impossibile di tarparla nei paesi lon- tani dalla metropoli, e stanziando in quelli la nobiltà armata, ognun vede con che agevolezza le provin- ce si poteano spiccar dall' impero , sol che le milizie parteggiassero per T emiro ; nel qual caso tornava inefficace la sola ragione lasciata al califo, cioè dar- gli lo scambio. Cosi nacquero le dinastie dei Taheriti in Persia, degli Aghlabiti in Affrica, dei Tolùnidi in Egitto e non poche altre. Cotesti novelli principi alla lor volta, se mandavano emiri nelle province con- quistate, si trovavano rispetto a quelli nelle mede- sime condizioni e peggiori, che i califi verso di loro;

< L'oficio della posla si chiamava appo gli- Arabi berid, trascrizione della voce latina veredus. Par che i Sassanidi abbian tenuto la stessa pra- tica in fatto di alta polizia; come l'accennai nella versione del Solwdn d'Ibn-Zafer, nou 24 al ciap. V, p. 515, 514.

> Il Baidn, tomo I, p. 75, e Nowàiri, Storia d'Affrica, versione fran- cese di M. De Slane, in appendice a Ibn-Khaldùn, Histoire des Berbera, tomo I, p. 588, fanno menzione del giuramento (bià*) prestato al nuovo emir di Affrica, Nasr-ibn-Habib (791).

' Ibrabim non era al certo independente in dritto più che gli altri emiri provincia. Perle monete di Heggiftg non occorre citazione. Su quelle di Musa, va ricordato che la leggenda talvolta fu latina, come si scorge dalle lettere di M. De Saulcy , Journal Asiatique, sèrie HI , tomo VII , p. 500, 540 (1859), e tomo X, p. 589, seg. (1840).

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non avendo la dignità del pontificato, distinguen- dosi pur nel titolo dai governatori delle proprie colonie. Le esposte norme di dritto pubblico si osser- varono in Sicilia , infino ai tempi del tiranno Ibrahim- ibn-Àhmed ^ e se alcuno le trasgredì, furono i coloni più tosto che il principe. Gli emiri deli* isola facean da paci e accordi e scompartivano il bottino , a quanto si può spigolare tra gli aridi annali musul*- mani; si trovan vestigio di comando esercitato in Sicilia dai principi d'Affrica. Il titolo dell' oficio or si legge emtr, or wàli, e, nei primordii della colonia , séUieb; la qual voce par che denotasse il fatto d' una insolita autorità, e quasi independente,. come di- cemmo nel secondo Libro. * Men precisi indizii tro- viamo nelle monete. Tra le poche che ce ne avan- zano degli Aghlabiti , due di argento portano il nome dello emiro siciliano insieme e del principe aghiabita , date di Sicilia il dug|3ntoquattordici e. il dugento- venti. Poi ne occorre una anche d' argento , del du- gento trenta, ove leggonsi i simboli religiosi, il motto di casa d' Àghlab e la data di Palermo , senza nome deir emiro del principe. In ultimo, un quarte- ruolo d'oro del dugentotrentatrè senza il nome della. Sicilia del principe , ha ben quel dello emiro con la formola religiosa e il motto aghiabita. Di li alla fine della dinastia, qualche moneta che si crede si- ciliana dalla fattura, senza che vi si legga Sicilia Palermo, offre il sol nome del principe Affricano.' Da

« Capitolo V, p. 296.

* La namismatica arabo-sicala finadesso può dare scarso aiuto alla Storia, sondo pubblicate pochissime monete, e la importante collezione di

1827-9001 . 6

ciò si può conchiudere di certo che i primi emiri co- niassero moneta; ma non che i successori non ne coniassero^ D' altronde lo esercizio di tal dritto, che sarebbe assai significativo trattandosi di reami cri- stiani, poco monta negli Stati musulmani dei primi cinque secoli dell'egira , quando i califi lasciavan cor- rere nelle monete, come dicemmo ^ il nome degli emiri di provincia ; e i veri principi che sottentra- fono ai califi ne lasciaron correre il nome; che passò in proverbio « è rimasa al tale la Khotha e la zecca w per significare un titolo senza potestà/

Oltre la piena autorità esercitata dagli emiri di Sicilia, è da notar che sovente i coloni non aspetta- ron licenza dalV ÀfiVica per rifar \ emiro , quando fosse venuto a morte, e sovente anco scacciarono gli eletti 0 confermati dal principe ; ' appunto com' era avvenuto in Spagna avanti il califato di Cordova, e in Affrica avanti gii Àghiabiti. A cosi fatta usurpa- zione li spìngea T assioma che lo emiro rappresen- tasse non il principe, ma il popolo musulmano; e al-

Airoldi non per anco sludlata. A ciò si, aggiunga, che rimangono poche speranze per l'epoca aghlabita, perchè gran copia di monete andò al cro- giuolo per la gelosìa dinastica, 1* avarizia e il genio burocratico dei Fate- miti. Delle monete aghlabUe di Sicilia alcune sono slate pubblicate da Tydisen, Adler, Castiglioni; alcune dal Mortillaro, il quale compilò, utile lavoro, una lista di tutte le monete arabo-sicule, conosciute da lui. Le quattro che io ho accennato nel testo, si trovano le prime in quelhi lista (Mortillaro, Opere, tomo IH, p. 345, seg.}; ed io ne ho dato forse più corretti ragguagli nel Libro H della presente storia, càp. Ili, p. 283, cap. V, p. 296, e cap. VI, p. 520, del primo volume. Le altre monete agbla- bite di Sieilia son registrate dal Mortillaro dal 5 al 12.

^ Fakhr-ed-dìn, presso Sacy, Chrestomathie Àrabe, tomo I, p. 84. Non ho bisogno di avvertire che la Khotba sia la preghiera pubblica , in cui si ricorda il nome del principe e pontefice.

« Veggasì il Libro H, cap. IH, V, VI, VII, IX, X.

7 I82r-900.i

tresi la dubbia sovranità degli Aghlabiti , e la con- saetudìne allo esercizio di un dritto anteriore all'isla* mismo e non abrogato : cioè che tutta associazione di Arabi, grande o piccioia, tribù o circolo, sempre scegliesse il proprio capo.

Le altre parti del civile ordinamento non oc- corre descrivere minatamente ; sendo notissime, molto divèrse da paese a paese. Con Temiro pochi magistrati eran preposti alla esecuzione della legge. Cominciando dall' amministrazione della giustizia, si vedrà questa intralciata e sovente arbitraria. Decidea sempre un sol giudice; prendendo avviso legale da' miiftt, assessori come noi diremmo. V'era un sol grado di giurisdizione ; e quattro maniere di giudici con mal definita competenza. Prìmd giudice crimi- nale il principe o l'emiro,^ che poteva applicar le pene scritte testualmente nel Corano e non altre; ma al contrario, nella istruzione del processo, gli era le- cito lo arbitrio che si negava al cadi. Nei misfatti di dritto divino ' T emiro decideva o delegava la causa; quei di dritto umano ' eran conosciuti da lui o dal cadi, a chi 6ÌTÌvolgessero gli offesi.* L' emiro poteva alzar poi un tribunale straordinario chiamato dei me- zàlim 0 diremmo noi de' soprusi, ov'ei sedea coi ca- di, hàkim, giuristi, segretarii, testimonii e guardie; e decidea, con procedura eccezionale, su i richiami per casi qualunque, criminali, .amministrativi e an- che civili , quando la potenza dell' accusato avesse

< Mawerdi, op. eli., lib. li!, p. 51, 52, 55; lib. XIX, p. 375, seg.

* Come apostasia, empietti, stupro, abbrìachezza ec. ' Come omicidii e ferite, farti, calunnie.

* Mawerdi, op. cit., lib. Ili, p. 48,51,53,53; lib. XIX, p. 375, seg.

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tolto air offeso d' ottenere giustizia ne' modi soliti/ Independente dallo emiro , il cadi nelle città maggiori e lo hàkim nelle altre, esercitava quella tutela delle persone incapaci e opere pie che appo noi va attri- buita aj pubblico ministero; e inoltre giudicava tutte càuse civili e le criminali che richiedessero interpre- tazione di legge 0 fossero delegate dalF emiro; fuor- ché le cause civili e criminali di minor momento, alle quali era preposto il mohtesib.* I parenti del profeta aveano magistrato speciale/ Infine il mohtesib eser- citava la giurisdizione meramente esecutiva nelle cose civili, e nelle criminali quella che potremmo chiamare correzionale, se esattamente rispondesse alla definizione dei nostri codici ; e al medesimo tempo era oficiale di polizia urbana ed ecclesiastica; vegliava ai mercati; alla giustezza dei pesi e delle misure; allo esercizio delle arti liberali o arti mecca- niche o commercii , si che non nocessero ai citta- dini.

Dopo ciò, poco rimane a dire dell' amministra-

' Mawerdi, op. cit., lib. VII,p. 128, seg. Veggasi anche Sacy, Chres- tomathie Arabe, tomo I , p. 152, seg. Talvolta il principe delegava alcuno allo esercizio di questa somma giurisdizione. Cosi abbiam ricordi di un wàU'^l''me%dHm in Affrica sotto gli Aghlabili , che poi fu cadi in Palermo.

a Mawerdi, op. cit., lib. HI, p. 48, 5!, 52, S3; lib. VI, p. 107, seg.; e lib. XX , p. 405 a 408. Si avverta che la giurisdizione non restò, divisa in tutti i paesi in tutti i tempi nel modo che porta il Mawerdi. Io ho voluto seguire a preferenza questo scrittore , perché é contemporaneo alla dominazione musulmana in Sicilia, e ci mostra l'ordinamento normale d'al- lora, meglio che noi farebbero i trattati relativi all'impero ottomano, al- r Affrica ec, al giorno d' oggi.

s Mawerdi, op. cit., lib. Vili, p. 164, seg.

* Mawerdi, op. cit., lib. XX, p. 404, seg. Veggasi ancora presso Sacy, Chrestomathie Arabe, tomo I, p. 468 a 470, uuo squarcio dei Prole- gomeni di Ibn-Kbaldùn , il quale in parte copia litteralmente Mawerdi , o in parte aggiugne fatti novelli.

9 827-900.1

zione civile: della quale dapprima ebbe carico il mohtesib; ma l'oficìo in alcuni Stati fu diviso, con di- versi nomi ; e rimase quel di mohtesib al preposto dei mercati/ La sicurezza pubblica, o sicurezza del despotismo, fu affidata, nelle capitali, a un prefetto chiamato per lo più sàheb-esseiorta,* del quale v'ha ricordo negli annali della Sicilia musulmana;* e il nome rimase per Io meno infino al decimoterzo se- colo, quando i capitoli del Regno di Sicilia chiamano Surta le pattuglie di polizia/ U mohtesib, o come che si addimandasse, partecipava alle cure edilizie in- sieme col magistrato municipale propriamente detto, com' oggi r intendiamo.

Scarsi quanto siano i ricordi che ci avanzan di cptesta parte di civile reggimento negli Stati musul- mani del medio evo, pur non cade in dubbio la esistenza dei corpi, municipali. Generalmente si ap- pellavano gemà\ che suona adunanza; come sap-

< Makkari, presso Gayangos, The M^hammedan Dynoitiu in Spain, tomo I, p. lOS; Lane, Modem Egypttatu, tomo I, p. 166.

s Ibo-Khaldùn, Prolegomeni, presso GayaDgos, op. cit., tomoi, p. XXXII ; e nello stesso volante, Makkarì, p. 104, e nota a p. 388; Sacy, Chrestomathie Àrabe , Jomo II, p. 184. Al Cairo fu detto wàli^l^eled^ prefetto della città; in Spagqa, sd^eb-el-medlfta/ preposto della città, Meb-el-leilt preposto della notte , e sdAeò-e«-4ctorto. Gli Omeladi aveano la grande e picciola sciorta, come noi diremmo alta e bassa polizia.

» Ibn-KhalUkào, Wafiat-eh'Àiàn , Viu di Abu-Hohammed-Iabia-ibn- Aktbem, fa menàone del sàheb^etsciorta di Palermo sotto il principe kel- bita Tbikt-ed-daala. MS. di Parigi, Soppl. Arabe, 502, fog. 596 verso; e S04, fog. 254 recto.

4 Capitolo LVI di Giacomo , eXVil di Federigo di Aragona; Diploma di Carlo d'Àngiò del 24 ottobre del 1269, nella Biblioteca Comunale di Pa- lermo, MS. Q. q. G. 2, pei Magiitri sorterii di Palermo. Dalle annotazioni di monsignor Testa ai detti luoghi dei Capitoli del Regno , si vede usata in- iino ai principii del XVIU secolo in dialetto siciliano la voce teiorta, che la- tinamente scriveano sorta, surla, xurla, ce.

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piamo del Kairewftn sotto gli Aghlabiti ; ^ del cali- fato abbassida nel decimo secolo,' e fino ai nostri giorni delle cittadi e tribù deirAffrica settentrionale/ Questo ordine , non istituito da legge scritta, era ap- punto novella forma del gran consiglio di tribii e di circolo, di che parlammo nelle istituzioni aborigene degli Arabi : e in vero non si potrebbe comprendere che i nomadi, fatti cittadini, avessero disusato quel- r ordinamento, quando il novello lor modo di vivere lo rendea si necessario, se non per trattare le cose politiche, certo per provvedere, con mezzi e volontà comuni , ai bisogni particolari della città. La gema' nelle popolazioni arabiche par sia stata composta dei capi di famìglie jiobili , dei dotti, facoltosi e capi delle corporazioni di arti, le quali assimilavansi a fe- miglie e costituivano società di assicurazione reci- proca nei casi penali: perciò questo corpo munici- pale somigliava in parte alla curia romana. * Non sappiamo se la sciura , di che si fa menzione negli annali della Spagna musulmana !^ sia la gema' sotto

' Veggaosi il Lib. 1, cap. VI, p. lo3, seg., e p. 148; e il Lib. Il, cap. U, p. 259.

s Veggasi Mawerdi, Ahìiàm-Sultanta ,\\h, XX, p. 41i a 414.

' Daumas, le Sahara Àlgérien, p. 72, 280^ 293; e il medesimo, Mauri et Coutumet de V Algerie , p. 10.

* Ricordinsi i wagih, seeikh e faUh del Kairewàn, di cui si fa parola Del Libro I , cap. IV, p. 1 4S. Mawerdi , 1. e, adopera il nome genericoili diui-l^ mekena, ossia * Dotabiii, o capaci; " i quali par non fossero i soli possessori e capitalisti, poiché si dice cbe possano contribuire alle opere pubbliche, sia con danaro, sìa con lavoro. Ei nota essere così fatto obbligo non indi* viduale ma deir universale, ossia gema* dei cittadini notabili. Lo stesso au- tore adopera la voce dsui^U'tnekena per denotare quella classe di persone alle quali turon date in euQteusi dal callfo Otbmftn le terre demaniali del SewAd, lib. XVII, p. 335.

' Ibn-Khallikftn , Wafiài^WÀidn , oeHa vita di Ibn-Zobr (Avensoar) morto a Cordova il 1130, dice cbe Tavolo di costui a vea tenuto alto grado

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alti^ nome, ovvero una deputazione della gemà\ on comitato esecutivo, diremmo oggi, il quale nei tempi ordinarii amministrasse ì negozii del municipio deli- berati dalla gema'; ma certo è che nei tempi tor- bidi reggeva le faccende politiche. Nei tempi ordi- nari! la gema* era richiesta, in difetto dell' erario, di provvedere, per contribuzioni volontarie di danaro o d' opera , alla costruzione o restaurazione degli acque- dotti, delle mura, delle moschee cattedrali e al sov- venimento dei viandanti poveri. La richiedeva il mohtesib ; poteva obbligarla il solo principe , e nel sol caso che la città fiosse piazza di confini , onde , cadute le m«ra o dispersa la popolazione, ne sarebbe tornato perìcolo a tutto il reame. La obbligazione, sempre èra collettiva, non individuale: dal che ognun vede essere stata la gema' corpo morale , e vero muni- cipio. Alla ristorazione delle moschee minori provve- deano quei circoli o quartieri che le possedessero; e trascurandosi da loro cotesto dovere, il mù/Uesib era

nella sciùra. Veggasi la versione Inglese di M. De Slane, tomo IH, p. 139, ed a p. i40 la nota 12, ove questo erudito orientalista fa considerare che in Spaglia e nelV Affrica settentrionale ogni città aveva il counsel or tom- mittee cbe aiutasse il governatore (e questa non parmi espressione esatta) nello esercizio del suo oficio, e si compouea dei capi dei varii quartieri, del cftdi , e delle anticbe e influenti famiglie del luogo. Nel tomo H, p. 901 della stessa versione, si parla d'un Consiglio simile a Murcia.

A Tripoli fin oltre la metà del XI( secolo v*ebbe un "Consiglio dei Dieci" die cessò al conquisto degli Almobadi; come l'afTerma Tjgiani, Rehela, versione francese di M. Rousseau, p. 186, 187. {Journal Àsiatique, février-mars 1853, p. 13^, 136.)

Negli Stati ove è prevalso più il dispotismo, è rimase in vece della gema' un sol oficiale municipale, detto Bceikh-el'beled, * V anziano del pae- se," mezzo tra eletto ed ereditario; come si ritrae per l'Affrica setten- trionale da M. Worms , Recherches sur la propriéU ferriloriaU dans lei pays musulmans, p. 375, 427; e per l'Egitto, dal Lane, Modem Egyplians, tomo I, p. 171.

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tenuto a farne memoria. ^ Ciò conferma il fatto che oltre il magistrato municipale della città ve n'era al- tri di quartiere o contrada;' istituzione necessaria nelle città musulmane, le quali, al par che le nostre del medio evo, eran divise in quartieri , abitati per lo più da nazioni o arti diverse.

Cotesti ordini dall' Affrica passarono senza dub- bio nella colonia siciliana; onde v'ha memoria della gema' di Palermo, costituita come le altre a modo aristocratico; e pronta a trapassare alla usurpazione deir autorità politica.^ La riputazione dei giuristi che notai trattando dell' Affrica, va supposta necessaria- mente in Palermo , ove fiorirono nei principii del de-^ cimo secolo gli studii di dritto, secondo la -scuola di Malek.^ Contuttociò non apparisce in Sicilia F umor di parti di cittadini e nobiltà militare , ond' erasi agitata r Affrica nei principii del nono secolo. La concordia durava per esser fresco il conquisto; e perchè no- bili e cittadini di schiatte orientali stanziavano la più parte in Palermo, uniti da interessi comuni, dalla ge- losia contro il governo d'Affrica, e dalla brama di sopraffare i Berberi lor compagni nell'isola.

Pria di passare all'azienda son da esaminare i due ordinamenti economici della colonia dai quali dipendea principalmente la entrata e la spesa pub- blica ; cioè , il primo , la costituzione della proprietà

< Mawerdì, op. cit., lib. XX, p. 411, a 414.

3 Lane, Modem Eg^tiam, tomo I; p. 170.

' Ibp-el-Athir , anno 336, MS. B, p. 261 ; MS. G, tomo IV,fog. 3S0 ver- so, dice dei Beni Tabari, ch'erano degli *aidn, ossia caporioni della gtmà* in Palermo.

« Riadh-en^Nofus, MS., fog. 79 redo, nella vita di Lokm&n-ibn-Iùsur

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territoriale; il secondo, i ruoli militari. Molto si è di- sputato tra i dotti europei sul dritto di proprietà Dei paesi musulmani; e manca nondimeno una verace e nitida esposizione di tal materia; ond'è forza ch'io mi provi ad abbozzarla. Premetto essere erronea la generalità, che si è troppo ripetuta e renderebbe su- perfluo ogni esame; cioè che tutti i terreni apparten- gano in proprietà a Dio, e per lui al pontefice prin- cipe/ Gli eruditi che trovarono tal paradosso, tolsero in iscambio di dichiarazione di dritto le frasi poeti- che o teologiche, come voglia dirsi, frequentissime nel Corano: che Iddio è padrone del Cielo. e della Terra, padrone dei Mondi, e via discorrendo. Al certo i Musulmani, ammiesso un creatore, lo doveano te- ner signore di sue proprie fatture ; ma pensavano eh' egli avesse lasciato il terreno, non altrimenti che r acqua, Tarla, il fuoco, la luce , a utilità universale delle creature; non donatolo in particolare a Mao- metto, e molto manco ai pontefici che gli dovean succedere.

Tanto egli è vero non aver mai il Profeta pre-

* Una quarantina d'anni fa, sostenne quest'assioma il barone De Ham- mer, oggi consigliere aulico deli' impero austriaco. M. De Sacy Io confutò, prima nel Journal des Savants del 1818, poi nella terza delle sue Memorie su la proprietà in Egitto, lfémo<rc« de VÀcadémie de» Inscriptiona, tomo VII, p. S5, 56. Il Martorana, Noti%ie storiche dei Saraceni Siciliani, tomo II, p. 129 e 248, amò meglio seguire il consigliere aulico., che il dotto profes- sor di Parigi. Il signor Benedetto Gastiglia, in uno articolo di giornale che sopra ho avuto occasione di lodare, La Ruota, Palermo, SO agosto 1843, si appigliò a questo paradosso, e scrivendo in fretta lo attribuì a M. De Sacy. A così fatta teoria rimangono ormai pochi partigiani. La rigetta espressa*- mente M. Worms nella dotta opera, Reeherehes iur la eonstituHon de la propriété territoriale dans les pays mwulmans. so come M. Du Gaurroi riparli di Messer Domeneddio proprietario npi versale» Journal Àsiatique, 1V« sèrie, tomo XII, p. 13 (1848), senza allegar nuove autorità.

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sunto si strano dritto, che, secondo una tradizione sua, Terba, unico prodotto del suolo nella maggior parte dell'Arabia, si tenne come l'acqua e il fuoco proiprietà comune di tutti gli uomini/ Tali anco fu- rono risguardati certi minerali agevoli a raccogliere, come sale, antimonio, nafta, antracite.'

Dal dritto nomade volgendoci a quello delle po- polazioni stanziali, è manifesto che il Corano e la Sunna riconoscano la piena proprietà delle terre col- tivate, al medesimo titolo che la proprietà mobile. L' una e Y altra maniera di facoltà va soggetta ad unica tassa : dieci per cento su i prodotti del suolò , e due e mezzo su la quantità degli armenti, moneta e altri beni mobili; la quale gravezza, ragionandosi tiel primo caso su la rendita e nel secondo sul capi- tale, viene a ragguaglio, o torna più lieve su le terre che su gli altri capitali.' Maometto, imitando così le decime giudaiche , ne mutolo investimento; e con sublime idea chiamò questa tassa sedekàt o vo- gliam dire offerte di schietto animo, e zekàt * che

* Mawerdi, iAMm-Stt//anta, lib. XVl, p. 525; Hedaya, libro LXV, tomo IV, p. 140.

' Mawerdi, op. cit., lib. XVII, p. 541. Traduco "antracite*' la voce kdr, che secondo i dizionarii signiOca "pece liquida."

'IMO per cento su la raccolta annuale del grani, frutta, miele ec, si ragguaglia al 2 1/2 per 100 su gli armenti, danaro, merci» masserizie ec., sapponendo che cotesto maniere di capitati rendessero il 25 per 100. Non arrivando a alto segno il fruttato dei capitali mobili , essi vengono a pa- gare più che i capitali fissi delle terre. Avvertasi che il 10 si ragiona su i prodotti del suolo bagnato da pioggle periodiche o acque sgorganti. Le terre inaffiate con macchine idrauliche, richiedendo maggiore spesa di cultura, 8on tassate al 5. Al contrario , quelle irrigate con acqua di canali che man- tiene lo Stato, pagano il 20; nel qual caso il doppio dazio va per censo deir acqua.

* Seguo Tuao generale^nella trascrizione di quesUi^ voce, la quale se- condo il modo tenuto nel resto del mio lavoro andrebbe scritta ieké.

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suona purificazioDe: purificazione, dir volle , della colpa che ba il ricco lasciando morir di fame i po- veri e mancar le entrate allo Stato. In vero tassa di poveri è questa, non men che pùbblica contribuzio- ne ; andando tripartita per legge tra lo erario , i pa- renti del Profeta e i bisognosi , fossero oifanelli , viandanti, o altri.' Le proprietà' esistenti, rispettate cosi dallo islamismo, si trasmetteano, al par che i beni mobili, per vendita, donazione o successione.

Quanto ai nuovi acquisti, Maometto non parlò che del legittimo per eccellenza: dichiarò che chiun- que renda alla vita una terra morta , così esprimeva il dissodare un suolo inculto o fabbricarvi sopra , ne divenga padrone assoluto ; che il principe altri possa togliergli il podere, finch'ei lo coltivi.' Nei

* La %Mt è doYota dai soli Musulmani adulti , sani di meote e Uberi, cbe posseggano oltre un certo valore fissato dalla legge. Si chiama anche decima. Il ritratto è stato sovente distolto dalla sua destinazione legale; usurpandolo I governi, che poi si sgravavano la cosdenaa io opere di pietà 0 di carità. Veggansl a tal proposito: Mawerdi, Àhkém>'Sultaniaf lib. XI, p. 195, seg., e lib. XVII! , p. 366, seg.: questo dottore sciafeita riferisce il dritto come si tenea nella propria scuola, cita le epinioni delle altre e i fatti fino al tempo e paese suo, cioè tra il X e TXI secolo, a Bagdad; S^ daya, lib. I, versione Inglese, tomo I, p. 1, seg., cbe mostra il dritto os- servato iìi India nel XVilf secolo secondo la scuola di Abu-Hanlfa; D*0hs* son. Tableau general de VBmpire Ottoman, tomo il, p. 403, e tomo V, p. 13, seg., cbe riferisce anco H dritto baneflta , osservato alla stessa epo- ca in Turchia; KballMbn-Isbàk , Précù de Jurispruienoe mtuulmané, tra* duiipar M. Perronj cap. IH, tomo I, p. 5%, seg. Quest'autore, di scuola malekita, visse nel XV secolo. Il suo compendio, brevissimo e oscurissimo, fa legge in Affrica. Veggasi anche BurclLbardt, Voyage en Arabie (versione francese), tomo II, p. 294, che descrive la pratica dei Wababitl, puritani dell* islamismo ai tempi nostri. Le varie scuole ed epoche fan poca diffe- renza neir applicazione degli statuti su la %ekàt,

^Mi8hhat-ul'-Ma$abih, lib. XII, cap. XI, tomo II, p..43, s^. Data la tradizione del Profeta , tralascio di eitare i trattatisti , alcuni dei quali , a dir di Mawerdi, op. cit., lib. XVIf , p. 330, credettero necessaria la licen- za del principe a confermare il dritto di primo occupante. Ognun vede cbe

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tempi appresso restaron dubbii, secondo le varie scuole, i limiti che potesse porre il principe a tal dritto di primo occupante ; ma la sostanza del dritto non fu mai disputata; anzi si accordò la terra intorno il pozzo, a chi primo lo avesse scavato in terreu deserto.*

Su le proprietà stabili rapite ai vinti, Maometto non fece provvedimento generale, perchè rado oc- corse ai tempi suoi; parlarne troppo ei potea, proponendosi di conciliare e amalgamare la nazione. Cominciati i conquisti fuori d' Arabia, Omar applicò al caso qualche esempio del Profeta, e l'ordine po- sto dal Corano al partaggio della preda ; onde quattro quinte andavano divise ai combattenti e una quinta serbata a utilità pubblica, e sussidii a varie classi di persone.* Per tal modo furon divise alcune terre ai combattenti.' Ma, in queir età eroica, gli Arabi si te-

non torna ad esercizio di on sapremo dritto di proprietà, ma a neces- saria misura di ordine pubblico, per evitare che due o più persone si con- tendessero un podere. È fondato su la medesima ragione il divieto di oc- cupare il suolo bisognevole a pascolo comune 9 strade , mercati ec., di che tratta il Mavirerdi , lib. XVl, p. 323, seg.

* Bedaya, lib. XLV, tomo IV, p. 132.

^ Nella sura Vili, verso 42, è detto appartenere la quinta a Dio, e per lui al Profeta, ai parenti di costui, agli orfanelli, agli indigenti e ai viandanti. La morte di Maometto die luogo a cavillare su questa legge. Dei dottori, chi ha pensato doversi investire tutta la quinta in utilità pubblica; chi poterne disporre il principe; chi doversi esclusivamente serbare ai parenti del Pro- feta , orfanelli ec Veggasi Beidbawi , comento al citato verso del Corano , edizione di M. Fleischer, tomo I, p. 367 e 368; Mawerdi, Op. cit., lib. XII, p. 239 a 242. Koduri vuol che la quinta si divida in tre parti uguali agli orfanelli, poveri, e viandanti; sostenendo chela quota del Profeta si fosse estinta alla sua morte; presso Hosenmuller, Ànalecta Arabica , § 34.

' Questo insertante fatto è riferito da Mawerdi, op. cit., lib. XVII, p. 334, seg. Avanti la edizione M. Enger del 1853, che noi citiamo, questo squarcio era stato pubblicato con una versione francese da M. Worms, Recherches sur la constituUon de la propiiété, etc, p. 188, 189, e 202, seg.

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diavan di così fatta ricchezia. Tra il genio di corcete a cavallo,. combattendo, rubando e gridando Akbar^ Allah; e tra. abnegazione e ignoranza , alcuni giund rinunziarono alla repubblica la parte loro dei- tep-- reni; talché, nella (ertile provincia del Sewàd, Omar poneva in demanio tutti i poderi della dinastia regki di Persia, e dei privati che fossero morti o fuggiti/ Tal nuova usanza invalse in appresso; anche non volendolo le mUizie, nelF animo d^le quali i senti*^ menti poetici sempre più calilvano alla prosai. Come i combattenti, oltre. la quota del bottino, godeano slipeiKlio su le entrate pubUicbe ; e come i conquisti erano da attribuirsi alla potenza comune dei Musul* mani, anzi che alle armi di tale ò tal altro esercito i così parve giusto, che i fiutti perenni deUa vittoria si godessero dallo Stato : e mdi più di raro si effetr (uò il parlaggio dei quattro quinti delle terre.'

, A ciò. condusse anco il fatto che i paesi: non si pigliavano quasi- mai con la i spada alla. mano; ma per dedizione degli abitatori, assoluta o a patti :: av- venendo .che, dopo; alcuna vittoria^ intere province

ìfa M. Worms non ebbe alle mani cbe un sol MS. del Vpwerdi; non .si servì deHe varianti di quello che possiede la Biblioteca di Parigi; e d'al- tronde nm colie ^oipre il segno Jielia versione.

' Mawerdi, 1. e.

' 11 dritto era, secondo Sciafei , cbe le terre prese con le anni -si di- videssero, al par cbe il bottinò^ a meno di cessione volontaria ^\ 4»>inbat- tentL Malek le dioea proprietà perpetua della repubblica. Àbu^-Ranìfà! ri« metteva al prìndpe di scompanirle trai com^ttenti, lasciarle agli Infedeli, con obbligo di pagare il kbaràg,- ovvero dichiararle proprietà della repubi blìca, come gli paresse. Cosi riferisce Mawerdi , lib. XII, p. 257, seg.; e lib. XIII, p. 254, seg. (anche presso Worms, op. cit., pu 100, seg.; 103, selg;; 107, seg.). Ma i gioréconsólti vissero quando i conquisti eran ces- sati; onde la opinione <loro non servi che a lodare o biasimare i fatti comf piutì. ' . '

n. 2

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si sottomettessero neir uno o nell' altro modo ; ov- rero che gli abitatori si £ioessero musulmani prima deli' occupazione. Or, a mente del Corano, il principe disponeva ad arbitrio suo delle persone e roba degli Infedeli arresi a discrezione; ^ in caso di accordo i patti eran legge; e in caso di conversione le terre, secondo alcuni giuristi, rimaneano in lib^a proprietà ai possessori attuali; secondo altri, il principe sce- gliea tra questo partito e il sottometterle à tributo. ' I principi, ad esempio di Omar, provvidero 0 stipola* roBo ìA; tre diversi modi, intorno la proprietà terri* tonale deg^i Infedeli vinti. I demanii del governo scac- ciato e i poderi caduti nel fisco per morte, schiavitù o fuga dei possessori, divennero proprietà perpetua e inalienabile della repubblica musulmana ; e teneansi in economia, 0 si davano in enfiteusi, per annua ren* dita, kharàg , come dissero vagamente gli Àrabi, cioè quel eh' esce, quel che si cava dal podere. ' Le al- tre terre lasciaronsi ai possessori infedeli, dove in piena proprietà, e però con dritto di alienare, ipote- care e disporre per testamento ; e dove in dominio utile, ammettendo soltanto, com'è' pare, le successio- ni ; in ambo i casi a condizione di pagare un tributo, che fu detto similmente kharàg. Questo, su le terre

^ fiora, UX9 Tersi a, 7, 8.

' Mawerdi, op. cit, lib. XUI« p. %S4; e presso Worms, ep. dt., ^ p. 107 e iiOL La prima era opinioBe di Seiafei; la seconda di. Altu-HaDtfr. JL* liedaya, quanlonque compilaziooe hanefitai, si appiglia nel presente easo air opinione di Sdafei , lib. iX, cap^. VU, tomo 11, p.» 90S. Koduri, anUm del decimo secolo , sostiene la prima oiùnioney presso Rosenmnller, ino* leda arabica fi i%.

' ' Mawerdi, op. cit., lib. XVII, p^ 354,1i8tt; e presso Worms, op»cit.t p. 189, e 9Mt Si vegga ancbe Kodnri, presso Sacy, Mémoiret de VAeadéh mie des iMcripiionf, tomo V, p. IO.

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di piena proprietà, tornava a tassa fondiarìa, e ces- sava per conversione del possessore, o passaggio del podere in man di Musulmani ; e su le terre di do* minio utile era una maniera di censo, e durava ia perpètuo. ' La legge riconoscea, dunque: proprietà libera di Musulmani per possesso anteriore alla con* versione, per dissodamento o fabbrica , e per parlag-* gio al conquisto; proprietà piena di Infedeli, soggetta a kharàg eventuale ; proprietà vincolata di Musulr mani e Infedeli, soggetta a kharàg perpetuo; e final* mente enfiteusi di fondi demaniali. Altra origine di possessione territoriale non v' era. Il principe polca scompartire ai combattenti e abilitare chiunque al dissodamento ; non mai concedere terreni gratuita- mente; non essendo suoi propriì, ma della repub- blica o dello esercito viacitore. *

Questo fu il dritto generale infino al decimo se- colo dell'era cristiana. Nel fatto, erano già nati pa- recchi abusi in questa e queir altra provincia: e dove si vedeano proprietà demaniali usurpate da privati, ' dove, al contrario, par che i governi si sforzassero a confondere il kharàg eventuale e il perpetuo; e ad aggravare, come se fossero demaniali, i poderi trìbu-

* Mawerdt, op. eit. » Itb. XU, p. S57; lib. Xllf, p. 355; t li6. XIV, p. 299; i quali squarci si veggano anehe presso Worms, op. eiu, p. iOO» 109, i08, lil; Koduri, presso Saej, Uémmtt» de VAeadémié Imerip' tions, tomo V, p. 11. Si riscontri col Hb. il,' cap. XII dèlia presente storia.

* Mawerdi , op. cit., fib. XVII, p. S30» «eg. ; e presso Worms, op. dt., p. 184, seg., e 196, seg. ; alla cui yersione fan feUe molle correiioni. Hi errato il Hartorana, NoHtie stcfiche dei Sgrateni SieiUani^ tomo 11^ nou 247, p. 248, sostenendo che tutte le proprietà musulmane venissero da concessione del principe.

* HaM^erdi, op. cit., Hb. XVH, p. ^6; e presso Worms, op. dt., p. 189, e 205.

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tarli della prima o seconda delle classi dette di so- pita : e non è dubbio che gli abusi crebbero col tempo; isopra tutto dall' -undecimo secolo in poi, quando la schiatta turca dominò successivamente la più parte degli Stati musulmani, e vi istituì veri beneficìi mi*- li tari. Dopo dodici secoli, il viluppo cagionato da coleste vicende nella ragione delle proprietà, è stato assai difficile "a penetrare; e si è corso rischio di scambiare il dritto con lo abuso, la eccezionev con la regola, la ragion d' un paese con la ragione d' un aU tro : tanto più che la voce kharàg ha i varii stgnifi^ cati che accennammo, e inoltre quello di censo del- l' acqua dei canali mantéiuti dallo Stato, con che si inaffiassero terre decimali, ossia di libera proprietà musulmana. * E indi è che i trattati asciti fin qui su tal materia, lasciano tanto a desiderare. ' Quanto a

* Questo Bllimo fatto si ricava MVHedaya, lib. IX, cap. VII, tomo II, p. 90!(.

' Prima di scrivere queste parole, io ho studiato le dissertazioni di M. De Sacy, Mémoires de VÀcadémie dés Inseripliotts, tomo I, V e VU; l'opera citata di M. Worms, e le compilazioni legali musulmaDC, come V Hedaya, D'Obsson, Khaltl-ibn-Isbak. Dell* opera di H. De Hammer, ne so quanto ne dicono M. Sacy e M. Worms.

La concbiusione di M. Sacy, che le terre d' Egitto appartenessero sempre agli auticbi possessori indigeni , e fossero state usurpate in variò modo dai principi e loro soldatésche, è giusta, a creder mio, ma non ab- bastanza provata , applicabile a tutti i paesi musulmani.

. Quanto a M. Worms, è da commendare 11 metodo, la sagacitàr la erudizione; non la imparzialità sua. Ponendo un' arbitraria distinzione tra le terre da seminato e i giardini , o , com* ei dice , terre di grande culture e di petite culture f H. Worms pretende che le prime sian sempre appar- tenute allo stato in tutti i paesi musulmani, fuorché T, Arabia. Ed io credo eh* ei si apporrebbe al vero, se parlasse di una parte, anche della più-par- te, dei vasti poderi, ma che sbaglia sostenendo esser tale la condizione di tutte le terre da cereali; e doversi tener tali per presunzione legale, selli' altre prove. Cosi ei viene a n^are ì. dritti certissimi: !<> di dissoda- mento; 2o di partaggio tra i soldati; 3o di proprietà di convertili avanti

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noi, ci basta saper le teorie ammesse da Mawerdi, un secolo e 'poco più, dopò il conquisto di Sicilia: e avre- mo compiuto il nostro debito dimostrandone coi fatti la osservanza, se non nella colonia siciliana, almeno in tempi vicini e paesi analoghi.

Nella quale investigaziobe occorre che al primo ordinamento (fella colonia d'Affrica (698) furono as- soggettati al kharig i Berberi non musulmani e gli abitatori cristiani di sangue fenicio, pèlasgico o ger^ manico, * e ne andarono esenti i Berberi musulmani ; i quali sostennero tal franchigia con le armi (720 a 740), contro governatori troppo iBscali. ' Da un'al- tra mano sappiamo che il governo dei calìfi, dando sesto alla Spagna nei principii del conquisto (720), divise parte delle terre ai soldati ; parte ne serbò in demanio ; e parte iascionné agli antichi abitatori, sotto

il cdoquislo^ e>io di beni lasciati agli Infedeli in piena proprietà, e indi passati in man di Musulmani. Se non altro, il numero dei wakf, ossia la-* ^iti piiy'ch'è grandissimo in tutti i paesi musulmani, avrebbe dovuto avvertire M. Worms della esistenza di moltissime terre libere; non poten- dosi dai Musulmani fare wàkf senza libera proprietà; supporre da Eu- ropei ebe tutte le proprietà private fosser divenute lasciti pìi. Qui parlo dei wahf a moschee o altre opere ; non di quello in favor della repubblica musolmaBa che costituisce iV demanio pubblico.'

< Si confirontino : Ibn-abd-Hàkem , citato da M. De Slane, nell' Ibn- Khaldotin, Histoire des Berbères, tomo I, p. 512, nota f ; Ibn-Khaldùn stes- sa, Histoire de VÀfriqiie et de la Sicile, traduzione di M. Des Vei^ers, p. 27; e il Baidn, tomo I, p. 23. Ho accennato questo fatto nel lib. I, cap. V, p. 121 del primo volume.

* Si confirontino: Ibn-Khaldùn, Histoire de VÀfrique et de la Siale, trad. di M. Des Vergers, p. 31 , 34; il Baidn , tomo 11, p. 38 ; e Nowalri , Sto» ria d* Affrica, in appendice a Ibn^Khaldóun, Histoire des Berbères, versione di M. De Slane, tomo i, p. 159. Ho ferma opinione che M. De Slane non s'apponga al vero, rendendo in questo luogo la voce Khammasa "fare schiavo il quinto della popolazione." Si deve intendere più tosto "levare 11 quinto della rendita territoriale" ossia porre il hhardg; come Io mostra^ con varii esempii il professor Dozy, Glossaire al Bai&n, tomo I!,' p. 16.

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tributo : ^ è verosimile, anzi non è possibile, che siasi fBitto altrimenti neir Affrica propria, ond'eran mossi i conquistatori della Spagna, ed ove la colonia arabica tollerava poco il comando, non che i so* prusi, dei califi. Ci accu^ libera proprietà in Affrica il fatto che Ibrahim-ibn-Aghlab, emiro, comperava dai Beni-Tàtùt (801) il terreno per fabbricare la cit- tadella d'Abbàsta. VDei poderi soggetti al kharàg non è mestieri allegar prove. Dei poderi demaniali, dhià, come chiamavanli, si fa menzione più volte negli an- nali d'Affrica. *

Ove si considerino i modi e il lungo spazio di tempo in che i Musulmani compieano il conquisto della Sicilia , non si metterà in forse che nàscesservi tutte le maniere di proprietà discorse di sopra. Su- perfluo sarebbe a dire dei beni demaniali, e di quei

* Isidoro De Beja, cap. XLVIII, sa rautorìtà del quale hanno registrato questo fatto M. Reinaad, Invanon des SarrMin$ en Franca^ p. i6; e il |Mrof. Doty, Gìos$aire al J^oidn» tomo U, p. 16.

> Bat4i»> tomo I, p. 84. A. questo esempio si potrebbe aggingner quello delle terre cbe pagavan decima, su le quali il secondo principe «gbla- bita, Abd«Allab*-ibQ^lbrabim , comandò (SU) cbe si levasse un tanto al- r anno secondo la misura della superficie, e non più la decima in derrata. Ibrabim*ibn«Abmed, che avea coaiuyiuata o ripigliato tale abuso» U cessò 1* anno 902. Baidn , tomo I , p. 87 e i%S. Nowalri., in appendice a ii»* KhaUdun, Hùtoire ées Berb^r^, versione di M. De Slane, tomo I, p. 402. Or come decima in derrata significa ordinariamente ukàt, così le terre che ne pagavano si dovrebbero credere libera proprietà de' Masulmanl. Nondimeno si può dare che i cronisti abbian voluto significare hi doppia decima, ossia kharàg, dovuta sopra terre tributarie, e che la ingiusta in- novazione fosse stata soltanto nel modo della riscossione In danaro, e a mi- sjxra di superficie. Mi induce a tal supposto renormezsa che sarebbe stata a mutare la %ehài in tassa fondiaria; e mi vi conferma la opinione di alcuni giuristi, riferita da Mawerdi, op. cit., lib. XVII, p^ 335 , cioè che il kharàg su le terre da seminato non potea passare U dieci per cento su la raccolta.

> Barn, tomo I, p. 123, i73, i84, 273, anni 289 (902>, 303 (913), 305 (917), 405 (1014).

* Il Martorana, Nottue 9taricfu dei Swraceni Siciliani, tomo II, p. XZO,

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rimasi ai Cristiani* * Quanto alle possessioni dei Mu^ snlmani, poiché se ne oonoscon tante dopo il con* qnìsto normanno,' non è mestieri, provare che esi- stessero innanzi; ma si indagare se al tempo ddla dominasione musulmana ne fossero state delle deci- mali e doUe tributarie; cioè proprietà libere o vinco- lale. Su di ciò non troviamo attestati positivi. Ma è verosimile, che non mancassero le terre decimali, acquistate sia per dissodamento, sia per partaggio. Le prime dd)bon supporsi rade e di poca estensione. II partaggio fu al certo di maggiore importanza. Quan- tunque in Affirìca fòsse cominciata a seguirsi nel nono secolo la: scuola di Maldc, la quale attribuisce allo Stato le ferre prese per forza d'armi,* pur non erano obbligatorie cosi fette teorie, la scuola era ricono- sciuta da tutti i giuristi; e inoltre i princìpi aghiabiti, infino ad Ibrahim^^bn-Ahmed , poca o niuna autorità esercitarono su le milizie di Sicilia, le quali certa- mente amavano meglio il partaggio. Indi è da con- chiudere che gli emiri pigliassero in demanio quando poteano, e, quando no, scompartissero i quattro quinti delle terre. Cosi credo si praticò alla resa di

e BÒU 254 a p. ^2, aflierma potersi provai^ la esisteina di così fotti po- deri col nomi di città e castella che rispondooo a quelli di emiri sieiUani. Ma gli esempii eh* ei ne spn tutti fallaci; e non lo è meno il sapposto che I poderi demaniali dovessero prendere il nome degli emiri. anco posson servire di argomento i beni demaniali dei Normanni. Ma la legge, r Interesse dei governanti , e Taso generale degli Stati musulmani , danno tal presunzione che vai meglio di ogni prova.

* Veggasi il Libro II, cap. XII, p. 474 del primo vohune.

' Lasciando da parte i molti diplomi del XII secolo che lo attestano, basti allegare le Consnetudlni df Palermo, cap. XXXYI, e gli Statuti di Ca- tania contenuti in un diploma del 1668 presso De Grossis, Cafona sacra, p. 88, 80,ciUtO dal Di Gregorio, ComideraMoni, nota 9f , cap. IV del Kb. f.

' Veggasi in questo capitolo la nota 3 a p. 17.

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Palermo; il cui territorio, e forse di gran parte delia provincia , fa tolto ai naturali , per esser tutti o fug- giti o fatti schiavi. ^ E veramente a partaggio accen- nano le discordie che immediatamente seguirono, composte a mala pena dagli Aghiabiti. ' La resa à discrezione o presura per forza d' armi, si rinnovò poscia in varii luoghi , onde dovea portare il mec^ Simo effetto. . Le possessioni decimali poteano anco nascer da quelle lasciate per avventura in piena pro^ prietà a Cristiani i cui figliuoli avessero professato poi r islamismo; che moltissimi il fecero nel nono se* colo in Val di Mazara, e nel Seguente in Valdi Noto e parte del Val Demone. Nondimeno, com'è incerta la stipolazione delia piena proprietà, e come Tinte* resse del governo e degli antichi Musulmani si op- póneva a lasciar godere franchigia ai novelli con-^ vertiti, così non sapremmo supporre frequente ut^ tal caso. Un cenno che ne danno le cronache nei principi! dell* undecime secolo, e che si riferirà a suo luogo, ne fa certi che i Musulmani dettivi Siciliani, fossero progenie degli antichi abitatori, ma non che il khardg posto sopra di loro lo fosse- stato allora per la ^ prima volta : e però questo fatto non può dare argo- mento dell' indole della proprietà, se libera o vincolata.' In ogni modo il conquisto musulmano cagionò prò- >

I Ad postremum, capienles panormitanam provinciam, cunctos ejus hahilatùres oapHvitati dederunt. Johannes Diaconus, Chronicon EpiscopQ- rum NeapolUancB Eccita, presso Muratori « Rerum Ilalicarum Script ture», tomo 1, parte 2«, p. 313.

> Vegga» il Libro II, cap. V, della presente storia, voi. I, pag. 294.

' Veggasi il Libro IV, cap. Vili sul khardg aggravato nel 1019, e il. cap. IX su le possessioni dei Musolmani d' origine siciliana e d'origine af- fricana.

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fondo rivòlgiìnento nella costituzione è distribuzione della proprietà térritorìale in Sicilia. I poderi dei Mu- sulmani, originati da dissodamento o «partaggio, doveano < esser molti e non vasti ; e a suddividerli céndlìcea la legge deUe successioni, la quale per- mette i legati infino a un terzo dell'asse ereditario, aooardà parti uguali ai figli e! metà di parti alle figliuole, e chiama àlF eredità gli ascendenti, anche, sendovi discendenti, e in mancanza degli uni e de- gli altri ammette i collaterali/ Spicciolavansi altresì le terre del demanio, affittate o censite per compar- timenti.' Conferman la suddivisione della proprietà i moltissimi . nomi arabid che rimaneano ai poderi nel duodecimo secolo,, sopratùtto in Yal/di Mazara,* e.vé ne rimangono tuttavia, i quali nàcquero al certo dal detto rimescolamento; poiché le denominazioni to- pografiche son tenacissime , le antiche si smetton di rado.' per mutazione -del possessore, le nuove nascon quasi sempre da suddivisione o aggregamento dei poderi. Còsi il ' conquisto musulmano guarì la piaga dei latifondi, la quale avea consumato la Sicilia fino al secol nono, e. riapparve /con la dominazione cri^ sliàna nel duodecimo.

Più vasto frutto della vittoria, più divisibile, e più congeniale alla maggior parte dei primi coloni di Sicilia ; era lo stipendio militare. Godealo, in tutti gli Stati musulmani, il giund, ordine militare propria-

< Hedaya, lib. XXXIX, e LII, tomo IV, p. 1, seg.; 466, seg. ; D*0h8< soo» Tableau general de l'Empire^ OUomcm, tomo V, lib. IV, V, p. 275, seg.

s Si chiamavano in generale dhid\ come notammo di sopra , e in Si- cilia e Affrica ancbe ribà\

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mente detto; del quale farem parda, lasciando in- dietro le altre maniere di combattenti; cioè gli schiavi e liberti che alcana volta si adoperavano come stan^- ziali, e le plein, le quali traeano volontariamente alla guerra saera, partecipavano al bottino, e, finita la impresa , se netomavano a vivere di limosino o dure iatiche. Nel giund si scrissero un tempo tutti i Mu*^ sulmani; poi,' a misura che T impero si allargò, i ruoli si ristrinsero, com'ablnamo accennatone! primo ^bro. Quivi anco abbiam divisato le norme dei divani di Omar; le quali dorarono e si modificarono al par di tante altre primitive istituzioni dell' islamismo. Nel nono secolo, gli Arabi prendean luogo tuttavia nei moli sopra le schiatte straniere; e queste tra lóro isecondo r anteriorità della conversione : suddivisi gli Arabi , al par che gli stranieri , p^ tribù e parentele ; le quali prendean grado secooido la consanguineità col prin- cipe; gli individui secondo la età. Ma ormai non en- trava nel giund chiunque il chiedesse, solo i figliudi di militari, quando fossero adulti, validi, buoni alle armi e senz'altro mestiere; di che giudicava il prìn<^ipe, e potea ali^ ammettere uomini nuovi. Variava il soldo a giudizio anco del prìncipe o dell' emiro, secondo i bisogni, che è adire in ragion .del numero dei figliuoli e degli schiavi, la quantità dei cavalli man- tenuti e i prezzi delle vittuaglie in ciascun i^ese ; ma in ambo i casi detti era limitato T arbitrio dalla consuetudine universale e dalla potenza delle fami- glie componenti il grosso delle milizie. Discendean esse in parte dalF antica nobiltà arabica ; orgogliose di lor tradizioni, clientele, pratica e prontezza al

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combattere/ ladi si vede che il gnmd era tuttavia, come dissi nel primo Libro, nobiltà armata, ordine aristocratico, temperato alquanto dalla mcMiarchia.

. Agli stipendii su^ era specialmente destinato il fei; cioè prestazioni permanenti degli Infedeli, fos» sero tributi collettivi delle popolazioni assicurate, o tributi individuali delle popolazioni soggette, chiamati gexia, kharàg o decima delle merci, comprmidendosi sotto la denominazione di khatàg il ritratto dei beni demaniali. ^ Nel primo secolo delF egira, epoca di c{mquisti e franohige, gU Àrabi avean fatto si rigo^ rosam^site osservare lo investimento del fei, che il catifo ncm ne metteva ad entrata' altro che i sopra- vanzi; nò er^ lecito agli ofiii^ialt del tesoro d'incas- sare materialmente la moneta^ se i notabili militari e civiir 6he la recavano dalle province, non giuras- sero essere stati pria soddisfatti coloro che avean ra^ gione su quelle entrate, specialmente le milizie.*

' Mawerdi» op. ciL, lib. XVIII, p. 3Sl, seg. e 5^, dav« ò d^to che senza ricusa di comìMittere o alira causa legittinaa bob ai poua lamiere lo stipeodiOfl < seado il gttmit esercito del popolo musuluHiiio, » Si coiv- firoDli col Ub. IH, p. 50^ oi^ie si scorge che lo emir di provincia potea, seBù permesso del califo, accords^re lo sUpendioai figtiooli di BMlitari per* venuti ad età da portar arme.

' Mawerdi , op. cit., lib. XII , p. 218, seg..

> Àk/ibdr'MeQmùa'--Hflim-el-ÀitMpa. MS. delia fiiblioteca Impe. riale di Parigi, Ancien Ponds, 706, fog. 99 recto. In questa ioiportanle cronica del X secolo si lei^ge : e Quando recavansi ai caliA le entrate » (gebéuUy delle città e province, ciascuna somma en aeeompagnaU da » dieci personaggi dei notabili del paese e del giund; si incassava » nel tesoro (^ii-«^-mdl) una sola moneta d' oro o argento, se costoro » non giurassero pròna per quel Dio eh' è unico al mondo» essersi levato » il denaro eecondo il dritto, ed essere sopravanzo degli stipendii dei » soldati e famiglie loro nel paese, ciascun dei quali fosse stato soddi« /s&ttO' di quanto per diritto gli apparteneva. Or avveane che si rec6 al » califo il kharàg d'Affriea, la quale di quel tempo non si teneacome prò* 9 vincià di frontiera; e il denaro era veramente avanzo, sendosi pria sod^

1827-000.] 2S

Crésciute poscia nel principato le forze e le brame, e abbassate le milizie per istituzione degli stan- ziali, tanto pure avanzò delle costumanze antiche che il fondo degli stipendii non si menomò. ^ Si pa- gavano oramai' in molte province, se non in tutte, per delegazione sul kharàg di un dato podere ò ter- ritorio, secondo la somma registrata nel catasto, che s' agguagliass^e a quella dello stipendio registrato nel ruolo militare. La delegazione, oltre il kharàg, si fecea sopra altre entrate di fei, Ghiamavasi iktà'; tàglio, come suona in lingua nostra.' Portava al governo ri-^ sparmio delle spese e fatiche della riscossione; ma aggravava i contribuenti; corrompea le stesse miK^ zie, mutate in torme di gabellieri e concussionarii privilegiati; e tornava alla fin fine a rovina dello Stato, per le infiacchite forze nazionali, le entrate distratte, i popoli spolpati, e gli sciolti legami tra le

» disfotti gli stipendii del giund^U prestazioni dovute air altra gente. Ar- » riTate con cotesto danaro otto persone in presenza del califo, ch'era di » quel tempo Solimano (715-7t7), furono richiesti di giurare ; e in fatto 9^ fecero sacramento ec. » Questo fotte deirVHI secolo risponde perfetta- mente alla massima di Mawerdi, op. cit., lib. HI, p. SO, ohe l'emirdi provincia mandi all'tmdm gli airàinzi del fei, e quando ve ne abbia, pagati tutti gli stipendii. »

' Secondo Mawerdi, 1. e, mancando il danaro del fei in ona provin- cia^ dovea supplire il tesoro del califo. Negli annali dal terzo al quinto se- colo dell'egira credo non si trovi un solo esempio di stipendii menomati.'

' Mavrerdi, òp. cit., lib. XVII, p. 537 a 341, enumera i varìi casi e i tarii pareri dei giuristi, relativamente alFtiSp^d'.'Non si tenea lecito trat- tandosi di kharàg eventuale, cioè dovuto da Infedeli che avessero pieno diritto di proprietà, e però andassero sciolti dal tributo come dalla ge%ia, facendosi musulmani. II kharàg perpetuo, se dovuto in danaro e non va- riabile secondo il raccolto, si potea concedere. Pare che gli iMà' si fossero anco tentati sopra le decime legali, ossia %ekAt; poiché i giuristi si sfor- zavano a dimostrarne la nuIlitS. Questo luogo di Mawerdi è stato tradotto da M. Worms, Recherehtisur la propriélé etc, p. 2C6, seg.; la cui inter- pretazione non sempre mi pare esatta.

29 (827-900]

milizie^ la pubblica aatorìtà. Tanto più che alle mi- Hzie Viktd' soleasi concedere a vita, e talvolta con sostitazione dei figliuòli ; quantunque i giuristi dichia- rassero nullo tal modo/ Sospetto che le concessioni per ordinario fossero state collettive in fóvore di un ^mncì: naturalissimo e pessimo espediente. Che che ne sia^ i beneficii militari, nati nella precoce deca- denza della societlk arabica, aiutarono, con gli altri vizii, alla rovina di sua dominazione. La istituzione degli emiri di provincia primeggiò, come dicemmo, tfa le cause che smembravano l'impero in reami: gii iktd' cooperarono a rìnnafóare rabbassata. aristocra- zia e spingerla ;a]r anarchia feudale; poiché le mi- lizie divennero come forza privata dei . capi ' loto ; ónde avvenne 'che alcuno occupasse il principato,* o, peggio , che molti sei contèndessero. Còsi fu in Spa- gna ; così in Sicilia nello undecimo secolo.

Ordinata per tal ìooiodó che la entrata principale si applicìaisse al principale bisógno dello Stato, poco rima Dea per le altre spese, che pur cresceano con lo incivilimento e con gli sforzi dei principi tendenti. al potere assòluto. Piìiche in niun' altra parte di governo, apparisce nèir azienda il radicai difetto della teocrazia musulmana. Il Corano avea provveduto appena al bi- lancio, com' oggi si dice, d'un misero governo di

' Mawerdi, 1. e, delia edizione dlEnger, e p. 207, seg., della versione del Worms, enumera gli uficii pei qnali si tenea permesso lo iktà* e le condizioni necessarie nei yarii casi. La regola generale che se ne cava , messi da canto i dispareri dei giuristi su i punti secondari!, è : lo di esclu- dere le concessioni oltre una vita d*uomo; 2^ permettere le vitalizie ai soli militari; permettere le delegazioni per parecchi anni agli impiegati permanenti, come muedsin e imam delle mo^hee; e > limitarle a un anno nel non permanenti, come càdu hdkim, segretarii e impiegati d'aseienda.

1807-960.1 30

tribù. Per aoddis&re alle spese d' odo impero» con- venne dunque cercare entrate lubr dalla legge; come fa appunto il kharàg statuito da Omar; e, quando anco bastò, for^a fu di trapassare e legge e ccmr suetudine. I giuristi allora, che si arrogavano il po- tere legislativo mediante le interpretazioni, si mos- sero a tirar coi denti qualche capitolo del Corano e della Sunna per adattarlo ai bisogni attuali, o sosten- nero che non v'era modo* I prìncipi posero balzdli a dispetto della legge e degli interpreti ; e rasparon danaro qua e là, su la quinta del bottina, su la zekàt^ sul fei: su le quali entrate eran certi ì dritti dello Stato, milizie, parenti del Pirata e indigenti, ma in-^ certe- le quote. Tolsero dal kharàg gli stipendi! degli oficiali civili, oltre quei delle milizie; serbaronsi quel che lor piacea dei beni demaniali o ne concèdete tero a favoriti ; talvolta consumarono il pan dei po- veri, cioè la zekdt e la quinta, in opere di utilità pub- blica e di vanità puUdica e di vanità monarchica. Da ciò nacquero frequenti contrasti tra i principi e i giu- reconsulti; contrasti senza uscita legale, e però no- cevoUssimi: mai la finanza musulmana fu regolata da unico e vasto pensiero, adattata ai tempi, rassodata dal dritto. ^ In Sicilia i balzelli aii)itrarii par che cominciassero nel decimo secolo, forse un poco avanti, sotto il regno di Ibrahim-ibn-Ahmed. Finallora la quinta, e il fei, abbondanti per cagion della guerr ra, e la decima, bastavano ai bisogni della colonia

< Su le varie entnCe k^ali e te opmioni dei gturisU , cilerò io generale Mawerdi, Àhkàm-SuUania^ Ub. XI, XII, XiiI, XIV, XVII, XVIII. I faUi gene- rali cbe allego si cavano dalla storia dei primi cinque secoli deirislamisino*

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mititare, non obbligata a mandar danaro in Af* frica. *

Dopo gli ordinamenti è da ricercare quali gene- razioni d uomini fossero venute a stanziare in Sicilia, sotto il nome di Musulmani. Scarseggiando cosi fatte notizie appo i cronisti , sarà uopo aiutarci coi nomi topografici relativi a schiatte o analoghi a quei d^al* tri paesi musulmani. Cotesta via d'induzione non ri- pugna alla sana crìtica; poiché i popoli musulmani, come tutti altri ^ usarono ripetere nelle colonie i nomi delia madre patria; e fu tanto, che appo loro com- izio un dizionario apposta di omonimie geografiche.' Nondimeno la medesimità del nome può nascere tal- volta da analogia di condizioni locali , verbigrazia Cam^l-Jhmmay il ^ Castel dei Bagni ," che se ne tro- vava in Sicilia, in Affiica e altrove; o può venire da epoche più remote, da somiglianza casuale dei voca- boli, da altra origine ignota a noi : per esempio, in Si- cilia stessa Segesta e Mazara , i quali nomi rispondono al Segestàn, provincia della Persia, e a Mazar, vil- laggio del Loristàn anco in Persia/ Sendo notissime neir antichità quelle due città siciliane, la identità dei nomi porterebbe per avventura a confermare la origine orientale dei Sicani, e non sarebbe cagion di errore

' SI peroomno nel Libro 11 le vicende della cokNiia inQno al teoipo di evi si tratta* e si leàth appena un dono di spoglie e prigioni di Castro* giOYaimi fotlo daUo enir di Sicilia al principe ag^labita, e da questi al califo.

s iMitcdato il MoBeitarik, opera di lakùt, geografo del XIII secolo, n testo arabico è stato pubblicato a Gottinga dal dotto e infaticabile dottor Witotenreld.

' Veggasi il Moicitarik, alla toce Étéiar. È noto a latti dre gli anti- chi supposero il nome di Segesta, mutato per eufemismo da Egesta; ma r autorità degli antidii è debolissima in fatto di etimologie.

1827-900.1 32

quanto ai tempi masulmani. Ma )' esempio ci ammor nisce vieppiù a stare guardinghi, e ricusare gli indizii di questa fatta che non trovino riscontro, nelle vicende isteriche.

La diversità di schiatte della colonia sicilianai è attestata da Teodosio monaco con parole enfatiche, e pur veraci, dov'ei sciama adunarsi in Palermo la genia saracenica dei quattro punti cardinali del mon^ do : ^ che dov^a trasecolare il prigion di Siracusa, pas- sando dalla monotonia d' un capoluogo di provincia bizantina, al tumulto della crescente capitale: coloni e mercatanti viaggiatori; e, misti ai Siciliani, ai Greci, ai Longobardi, a' Giudei, Arabi; Berberi, Persiani, Tartari, Negri; chi avvolto in lunghe vesti e turbanti, chi in pellicge e chi mezzo ignudo; facce ovali, squadrate, tonde, d'ogni carnagione e profilo; barba e capelli variidi colore e di giacitura; ragunati insieme i sem^ bianti, le fogge^ le lingue, i portamenti, i costumi di tanti popoli abitatori dell'impero musulmano. I nomi di tribìi ricordati nel Libro precedente, n^ostràno tra i coloni ambo le schiatte di Kahtàn e Adnàn e so- pratutto la seconda.' Scendendo alle divisioni nate dopo l'islamismo, si ritrae che, oltre gli Arabi tfAf-

' Veggasi il Libro U, cap. IX, p. 4Ò7 del primo volume.

s Alla prima apparteneano tba-Gaotb (Libro U, cap. Ili, p. 28S del primo volume), un della tribù di Hamadàn (Libro II, cap. VI, p. 514 del pri-i ^0 volume), i Kelbiti, che furono emiri di Sicilia nel X secolo^ e fin nel XII secolo un della tribù di Kinda, cbe comperò una casa in Palermo da un Berbero di Lew&ta. Della seconda nasceàno gli AgMabitl, che man- darono molti loro coDgianti in Sicilia: e si trovano inoltre i nomi delle tribù di Kin&na, Fez&ra e altre dello stesso ceppo. Tra i poeti arabi Sicilia, ctae Gorìrono la più parte neirxi e XJI secolo , voggiamo tre rami- soli di Kahtàn e moltissimi di Adoftn, non ostante la signorìa dei kelbiti.

33 1827-900 }

frica, ve n'ebbe di Spagna; * fors'anco di Siria, Egitto e Mesopotamia.* V'ebbe al certo la progenie dei Kho- rassaniti e altri Persiani passati in AflFrica nello ot- tavo secolo; e non fu di poco momento, vedendosi primeggiare tra i Musulmani di Palermo, nelle guerre d' independenza del decimo secolo, un Rakamuwéih, nome persiano, e la potentissima famiglia dei Beni- Taberi, oriunda della beristàn; oltreché nel territorio di Palermo trovansi i nomi topografici di Ain-Scindi ,'

< Per gli Spagnuoli veggasi il Libro 11, cap. Ili, p. 264, e cap. IV, p, 286 e 288 del primo volume. SI potrebbe anco aUribuire alti Spagnuoli il BDme di GaìUbelloUa *la Rocca delle Qaerce,*^ identico a quello di Kalat^el-bellùt, presso Cordova. Ma ognun vede cbe il nome potea nascere dalla condizione del luogo.

' Càsr^a'd chiama vasi secondo lbn-6iobair (Voyage en Sieile de Mù- hammed^ibn'Djobair , Journal Asiatique, sèrie IV, tomo VI, 1845, p. 510, e tomo VII, 1846, p. 75, e nota 34) nn castello nelle vicinanze di Palermo, fondato fin dai primi tempi della dominazione musulmana. Era nome di tribù arabica di Adnftn, stanziata in Siria e in Egitto , jcome si ritrae da Màitrlzi, Et^Baiàn^wa-'l-rràb, edizione del Wiistenfeld, p. fi a 14; dalla quale tribù vennero i nomi di quattro diversi luoghi in Oriente, che oc- corrono ne\.Mo8Citarik di lakùt, p. 447 , e d*un villaggio presso Mehdta, in Affrica, ricordato nel dizionario biografico di Sefedi, MS. 8i Parigi, Snppl. Arabe 706, articolo su Kbazrùn; e da Edrisi, Géographie, versione francese, tomo I, p. 277.

Belgio, secondo Edrisi, era castello sul fiume, or detto Belici, che scorre tra Gibellina e Santa Margarita , e mette foce presso Selinunte. Il nome or del castello e or del fiume, nei diplomi latini dall' XI al XV secolo si vede scritto< BeHch, Belichi, Belice, Belix, Bilichi. In altra regione, tra Polizzi, cioè, e Gollesano, si ricorda nel XIV secolo iln Castel Belici. Veg- gansi i diplomi presso Pirro, Sicilia Saera, p. 605, 736, 842, 845; Di Gre- gorio, Biblioteca Aragonese , tomo II , p. 469, 489, 492; Del Giudice, Descri^ %ione del tempio diMorreale, appendice, p. 8,seg., dipi, del 1182. Fanno menzione degli stessi nomi: Amico, Lexicon Topographicum, in Val di Mazara e Val Demone ; e Villabianca , Sicilia Nobile» tomo I , parte II, p. 25.

Il medesimo nome, sotto la forma di Belgi e Belgidn , si trova a Bas- sora e presso Marw in Khorassàn , secondo il Meràsid^el-Itlild*. Inoltre un picciol fiume che si scarica neirEufrate presso Rakka, chiamato antica^ mente Bileka, porta oggi il nome di Belioh, o Bel^ich, secondo la pro^ nnnzia inglese, come si nota nel Journal ofth»^ Rogai Geographical Society, anno 1835, tomo IH, p. 235.

' Volgarmente \Dennismnt , fonte presso Palermo, tra i palagi della

11. 3

I

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Balharà,* eSégana;* e, un po' più discosto, quei di Menzìl*-Siadi e Gebel-Sindi,' i quali tutti van rife- riti alle schiatte dello estremo oriente. I nomi dei luoghi, al par che gli avvenimenti storici, mostrano che gli Arabi, e altri popoli di Levante, tenessero le

Cuba e della Zfisa. In un diploma hiina del 1215, presso ItfortUiaro, Catalogo dei diplomi della cattedrale di Palermo , p. 55, questo nome è scritto Ayrucmdi; e Àynisindi nello Ànonymi Chronieon Siculum, opera del XIV secolo, presso Di Gregorio, Biblioteca AragoneBe, tomo II, p. 129. Ibn-Haakal, nel X secolo, dava a questa fonte il nome di Um-a6i-5a'l(f. Journal Àiiatique, IV sèrie, tomo V, p. 90 e 09 (20 e 29 deir estratto).

* Del Tillaggio di Balhard, fa menzione Ibn-Haukai, 1. e. 11 sitò ri* sponde senza dubbio a quel di Monreale ; e il nome par sia rimaso a un mercato di Palermo, ch'era frequentato probabilmente dagli abitatori di Balharà, il quale, nel medio evo, fu chiamato, come attesta Fazzellò, Se* gehallaret, e oggi, tralasciata la voce iuk o tug, "mercato," si addimanda Ballarò, Io V ho avvertito alla nota 35 alla mia versione di Ibn-Haukal. Or In India avvi un monte dello nei medio evo Balhard, e scrRto da» gli Arabi precisamente con la stessa ortografia del testo di Ibn-Haukai, Ne fa menzione il medesimo autore, e, seguendo lui , Ibn-Sa'td, MokUuer-- Gighrafia, MS. di Parigi, fog. 53. Balbarà era anche titolo di un prin- cipe d'India, al dir di Masudi, Morùg-eMséhth, versione Inglese di Sprenger, tomo 1, p. 193, e Reinaud, Mémoire tur VJndé, p. i29.

* Sdgana, vasto podere, e un tempo feudo, tra le montagne a ponente di Palermo. Il nome resta tuttavia. Se ne fa menzione in un diploma di Guglielmo II, del 1176, del quale v'ha una copia in arabico nell'archivio del Monastero di Morreale, con una versione latina contemporanea, pub- blicata da Del Giudice, DescriMone del tempio di Uprreale, appendice, p. i8.

Saqhéniàtì chiamavasi una città della Tarlarla independente , al sud- est di Samarkand; e seri vessi con le medesime lettere radicali che nel diploma di Morreale, se non che in questo l'accento e la finale son diver- si : in luogo di Sagh&niànt Sàghanù. È superfluo rieordare che nel IX se* "colo l'impero arabico si estendeva alla Tarlarla fino a Fergana; e che Bok- bara, Samarkand e altre città di quella provincia, fìirono patria di dottissimi scrittori a^rabi.

* Men%iU'Sindi, ricordato da Edrisi, e situato presso Corleone; e Gebel-Sindi, vasto podere presso Girgentl , di oui £ai menzione in un di- ploma del 1408, presso Di Gve$ono ^ Biblioteca Aragonese, tomo li, p. 49. Significano l'uno *la posta o Tillaggio ," e T altro * il monte" del Slndf, 0 Vogliam dire uom del Sind. Il nome di Sindis, a levante di Corleone, occorre di più in un diploma presso Pirro, Sicilia Saera, p. 764. Bloham- med-ibn-Sindi capitanò l'armatetta uscita di Palermo c<mtro i Bizantini nelV^5. Veggasi il Libro 11, cap. V, p.*302 del primo volume.

35 ^ 1837-900.1

parti sèttentrìonali del Val 4i Mazara, nel quale, co* me il dicemmo, erano ristrette le colonie musulmane nel nono secolo. Palermo, fatta capitale dell'isola, era lor sede principale; e par che lungo la costiera quelle popolazioni si estendessero , vei-so ponente , infine a Trapani.

La schiatta berbera, com'è noto, accompagnò ^li Arabi nel conquisto di Sicilia; sendone venute alcune tribù nelF esercito di Ased*ibn-Foràt , altre col berbero spagnuolo Asbagh-'ibn-Wekil , altre senza dubbio nelle varie espedizioni che successero , ed alla spicciolata. Fu parte non piccola della colonia ; poi- ché potè sostenere lunga guerra civile contro gli Arabi. Occupò le regioni meridionali del Val di Ma* zara. E veramente tra una ^lozzina di nomi berbe- ri, su la orìgine dei quali non cade alcun dubbio, la pili parte si trova in quella regione, nel tratto che corre da Mazara a Licata. Girgenti, guerreg-

* Dei ttoni che pvesentano.tal certezsa, sei sono vicmlssimi a €ir- genti; due in qiuesU e Palermo; due presso Palermo; uao nei dintorni di Messina ; nno in quei di Siracusa, ficco i nomi :

I. Àndrahi, casale tra Sciacca e Girgenti « da nn diploma d^ 1239, CoiMtìUiones Regni SieUim, edizione del Carcani, p. 268. Aleroni o in- darmU è F aggettivo etnioo di Andata, tribù Inerberà» ricordata da Ibn- Kbaldùn , Siaria dei Iferberi, testo arabico, tomo I, p. 108 e 179, e versione francese di M. De Slane, tomo T, p. 170, 275.

II. Kerkùd, nome di villa in Sicilia secondo il Kerànd^-^ltHlà' e il Ho'gim di lalLùt, MS. del BriUsfa Httseam, 16640 e 166K0, neU'arU* colo KarketU (Girgenti): forse Karcbes di un diploma del 1177 a favor del vescovo di Girgenti, ne^i Opuseoli di autóri MOtitam, tomo Vili, p.554. Kerkuéa è tribù berbera, secondo lbn«*IUialdftn, op. cit., testo, tomo I, p. 177; versione, iomo I, p.^274.

HI. Mesitino, nome di collina neU' antica baronia di Belici presso GasteV vetrano, secondo Villabianca, Sicilia Nobile, tomo li, p. 345. Jfesisa è tribù berbera, secondo ibn-Kbaldùn, op. ett., testo, tomo I, p. 153; versione, tomo I, p. 241. La mutazione della » in s non mette in forse la etimologia.

IV. Meehinesi, antico casale sul cui sito sorge in oggi Acquaviva , se-

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giante spesso contro Palermo e sèmpre rivale , era senza dubbio la città più importante , e come la ca- pitale dei Berberi. .

ccndo Amico, Lexicon Topographicum. Miknas^ o Uiknasa è nome notissimo di tribù berbera.

V. Minseidr, castello, secondo Edrisi, presso il sito presente di Ra- calmuto; e Muxaro (Sant'Angelo di) oggi comune a 14 miglia da Gir- genti , scritti entrambi con varianti nei diplomi del medio evo. Minsciàr era nome di una montagna in Afifrlca , appartenente alla tribù berbera dei WetdAgia, secondo Ibn-Khaldùn, Bisteire de l'Àfrique et de la Sicilef versione di M. Des Vergers, testo arabo, ^ S6, e versione, p. 128. .

> VI. Modiuni si' addlmanda in oggi il fiume detto anticamente Selinus, presso Selinunte.' Ifadiuna è nome di tribù berbera, secondo Ibn-Khaldùn, Stòria dei Berberi, testo, tomo I, p. 109, e versione, tomo I, p. 172.

VII. Sanagi o Sinagia, si cbiamò la sorgente del fiume Mazaro, e un podere nel territorio di Salemi, secondo un diploma del 1408, presso Di Gregorio, Biblioteca Aragonese, tomo II, p. 489, e Vii la bianca, 5fct/ta No- ■bile, tomo II, p. 396. Sanhdgia, o Sinhagia, come ognun sa, è delle prin- cipali tribù berbere.

Vili. Notissima al paro quella di Zenata. Hager ei~Zenati e Rahl e%- Zenati che suonan " La rupe,* e " il villaggio * di quel di Zènata, sono nomi di luogo presso Corleone, ricordati nei diplomi : del 1093, presso Pirro, Si*- cilia Sacra, p. 695 e 842; del USO, 1153, 1301, presso Mongìtore, SacroR Domus Mansionit..,, Panormit Monumenta historica, cap. XIII; e del 118S, presso Del Giudice, Descrizione del tempio diMorreale, Appendice, p. 11. Di quest' ultimo diploma avvi una copia apbica neir archivio del monastero di Morreale. Negli altri, che son tutti latini , si legge talvolta Petra de Zi- neth , Raalginet , Ragahinet ec.

IX. Magagi in latino eMaghdghi in arabico, secondo il diploma del 1 182 presso Del Giudice» 1. e, è nominata una villa nel territorio dell'antica Olato, noo lungi dall'odierno comune di San Giuseppe li.Mortilli. Maghàga, tribù berbera, secondo Ibn-Khaldùn, Storia dei Berberi, testo, tòmo I, p. 108; versione, tomo I, p. 171.

X. Cutemi, Cutema, Gudemi, terra presso Vicari, sul confine delle diocesi di Palermo e Girgenti, ricordata in un diploma del 1244, presso Pirro, Sicilia Sacra, p. 147. Il ^ome deriva da Kotàma o Kutdma, tribù berbera, di cui ci occorrerà far parola. Avvertasi che questa e Sanhagia fórse non vennero in Sicilia prima del X Tuna, e l'altra dello XI secolo.

XI. Cùmta, nome di due villaggi vicino Messina, e di una: tribù ber* beta, di cui Ibn-Khaldùn, op. dt., testo, p. 109 ec., e versione, tomo I, p. 172 ec.

XII. MelilU, nome di città ^ dodici miglia da Siracusa. Melilae Melili, cfttadi d' Affrica , l' una su la costiera del Rif di Marocco , V altra nello Zab; e Melila, tribù berbera, di cui Ibn-Khaldùn, op. cit., testo, tomo I,

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«

La moltiplicità delle schiatte invelenì al certo molte querele private ; mescolò forse alle altre ca- gioni d' ira negli scambi! degli emiri ; ma non potea produrre tante fazioni , quante nazioni. Inoltre la prò* genie di Kahtàn sembra pochissima in Sicilia innanzi i Kelbiti , che vennero nel decimo secolo. I Persiani par che dimenticassero la rivalità loro contro gli Ara- bi, già mitigata dal tempo in Affrica. Lo stesso av- venne agli altri sminuzzoli di schiatte orientali, troppo deboli per far parte dassè, interessati tutti a stringersi intorno gli Arabi di Adnàn per soverchiare i Berberi.

Arabi e Berberi dunque : ecco la profonda, iur sanabile divisione della colonia siciliana. Tra gli uni e gli altri non era divario di condizione legale. Men^ tre in Affrica molte tribìt berbere pagavano tuttavia il khar^ e rimanean prive d^li stipendii militari,

p. 107 ec., e yersione, p. 170 ec. Ma il oome potrebbe esser pure d' ori" gioe latina. «

Do la presente Usta com' abbozzata appena ; perocché si trovan rac- colti, nò io tutti li SD, i nomi topografid secondari! della Sicilia , di monti-, poded, scaturigini d' acqua ec. Da un'altra mano scarseggiano le potizie su le denominazioni etniche di second* ordine e su le topografiche relative ai Berberi d'Affrica, e la lingua loro appena si è cominciata a studiare da Europei ; ond' è possibile che siano berberi molti nomi topografici attuali della Sicilia o di quei ricordati nelle carte dal XH al XV secolo, la cui ori- gine non pare arabica, greca, he latina, francese. Son certo che si arriverà a scoprirne col tempo molti altri. Avverto infine che moltissimi dati anco dalla schiatta berbera non si riconosceranno giammai ; perchè gli uomini di quella prendeano sovente nomi o soprannomi arabici. Occor- rono inoltre parecchi nomi berberi tra i poeti siciliani dell' XI e XII se^ colo. La storia ricorda, neir Xt secolo^ Ibn-Meklàti , uno dei regoli che si divisero risola, uom della tribù di Meklata, di cui Ibn-Kbaldùn, op. cit., testò, tomo I, p. 108 ec; versione, tomo I, pag. 172 ec. L'atto di vendita di una ^sa in Palermo, dato il ii32, porta il nome del venditore Abd-er- Ralimai^-ibn-Omar-ibD....>-el-Lewàti, cioè di Lewàta, notissima tribù ber* bera; testo arabico presso Di Gregorio, Dt siippuiandis apud Arabos SicU' los tempQnbus, p. 44.

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per essere state sottomesse con la forta^ in Sicilia le due genti , Tenute insieme a Vibmbatter }a guerra sacra, vantavano uguale dritto ai premii della vitto- ria. Se non che, in fatto, gli emiri dell' esercitò sici- liano nascean di sang^e arabico, al par che i principi aghlabiti; di sangue arabico o persiano i dottori, gli ottimati, la più parte dei cavalieri del giiind ; pò- leano smettere in Sicilia 1 orgoglio e cupidigia da nobi- li ; dimenticare la maggioranza della schiatta loro in Affi*ica. I Berberi poi non si tenean da meno di loro : conscii del proprio numero, valore, dritti d'isla- mismo e dritti di natura. Un moderno e sagace os- s^vatore, il generale Daumas, notando il divariò ch'è tra le istituzioni sociali degli Arabi e dei Berberi, e trattando particolarmente dei Beì^beri della Kabilia Grande, *come chiaman la regione tra Dellys, Aumdle, Setif e Bugia, ben ha dipinto quella nazione col motto di " Svizzera salva tica. " Cantoni e villaggi , al dir suo , fanno unità politiche ; rannodansi tra loro per leghe più o meno durevoli : repubblichette democra*- tióhe, ove ognuno ha voce in consiglio ; ì magistrati elettivi, di breve durata e poca autorità ; case ndbili preposte sovente alle leghe, per ambito o riputazione, non per dritto; e, più che ai magistrati o ai nobili, si obbedisce ai marabuti, frateria che molto somiglia al monachismo del medio evo: la gema' rende ragione in materia criminale, non secondo il Corano ma con le antiche consuetudini del paese : Y omicida dichia- rato fuor della legge ; per gli altri.deliiti, pene pecu- niarie, e non mai staflBilate come appo gli Arabi. Pensa il lodato autore ch'^bbian ordini analoghi le

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altre popolazioni berbere dell' Algeria; ^ ed io ag- gicignerei che, si eccettuino le tribù nomadi e alcuni periodi in cui tribù agricole, o leghe, si son gover- nate a monarchia, e del resto si tengano le consue- tudini di civile uguaglianza come osservate in tutta la schiatta berbera fin da tempi remotissimi. * Dopo il conquisto musulmano ne danno indizio quella gene* rale inclinazione dei Berberi alle sétt^ kharegite ; e lo spirito d' independenza della tribù di Kotàma a fronte dei caiifi fatemi ti; ^ eA magistrati della medesima tribù e di.Zenàta neirundecimO secolo, analoghi a quelli di cui parla il generale Daumas ai di nostri : ^

* Mveurs ^i Coutumes de V Algerie, par, le géDéml Daumas, Paris 1SS5, p. 148, (66, seg. ; 191, seg.

> Iba*KbaldAa, vaggente in filosofia storica e si accorato ooni^a- tor degli annali dei Berberi , fa una distinzione tra i Berberi nomadi e gii agricoltori, dei quali i primi taglieggiaTano i secondi e si teneano più nobili di loro , Storia dei Berberi, versione francese di M. De Slane, to- mo I , p. 167, seg. Par che i nomadi non solamente esercitassero quella maggioranza, com^ pia forti, soprti gli agricoltori, ma anco inclinassero al- l' aristocrazìa nello ordinamento interiore di loro tribù. Quanto alla demo- crazia, ancorché Ibn-Khaldùn non ne parli, trasparisce dai fatti che io andrò accennando'; e fora' anco quello storico si accorse della dirersità del reggimento politico, quando notò che i Berberi lontani dalle grandi città e però non soggetti alla dominazione romana, vandala o bizantina, « avean le forze, ordini, nuaciero di genti, re, capi, reggitori {nkiàl plorale » di kdit) e comandanti che lor piacessero; » poiché la diversità di cotesti governanti, scrivendo Io autore in arabico e non in berbero, mostra dif- ferenza non df mero titolo, ma ancora di autorità e natura del magistrato. Veggasi il testo arabico, voi. I, p. 132; e la versione, voi. I, p. 207, che non è litterale.

* Il califo fatemita MoVzzF-fi-dln-Allah, verso il 966, apprestandosi conquisto di Egitto, volea porre governatori suoi e riscuotere le decime legali nel paese della tribù di Kotàma. Rifiutaroqll. Chiamati a corte alcuni sceikbi della tribù, Mo'ezz, non li potendo intimidare, lor disse che l'avea fatto per prova, e che si rallegrava di avere a' suoi Mrvigi uomini di al aUi spiriti. Veggasi Makrid, citato da M. Qoatreaière, Viedu Khalife fp» timite MeeKk^^in-AlUih, p. 30, 31.

* Qoeste due tribù sondo state in guerra contro i| principe leirita d* Affida , Mo'ezz-iba-Badls, gli mandarono il 1026 loro soeikbi a tratun

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che talvolta sarsQro in quel popolo principi o dittatori, si ricordi taji usurpazioni avvenir più agé- volmente negli Stati democràtici c&e sotto r aristo- crazia. Da ciò si può conchiudere che le popolazioni berbere passate in Sicilia, e non soggette a principi loro, poiché ubbidivano agli àghlabiti , fossero infor- mate dal genio d' uguaglianza che le dovea vieppiù alienare dagli Arabi, é rendere intolleranti dei signor rili soprusi di quelli. Le inclinazioni economiche di- videario alsì V una dall' altra gente : gli Arabi oziósi, i Berberi industri; gli uni pastori di vassalli, poiché lor n' eraù caduti in mano in vece di cameli è pe- core; gli altri sempre agricoltori. Doveano dunque i primi bramar che si lasciassero le terre ai vinti si- ciliani ; i secondi che le si dividessero. E bastava sol questa, se fosse mancata ogni altra cagione, a susci- tar la guerra civile !

Dal detto fin qui si comprende la origine dei due movimenti diversi, che cominciarono ad agitare la colonia di Sicilia, entro mezzo secolo dalla fonda- zione sua. L'uno era sfoi-zo della colonia a gover- narsi dassé ; e risolveasi in contrasti tra la nobiltà palermitana e i prìncipi aghlabiti , per la elezione dell' emiro. Appartenendo all' emiro quella piena au- torità che abbiam detto, e non potendo cadere in ménte del principe, dei coloni, nìun Musul- mano, di riformare ìa legge ; ciascuna delle due parti

UDO accordo con esso lui: Ibn-al-Atblr^ MS. C, tomo V, fog. 59 recto, anoo 4t7. Le inilizie di Kotàma , stanziate al Cairo al priocipiò del regfio di Hà£ein-birAmr-ÀUah (966), non Tollero che si ingerisse Jielle faccende loro altri che un proprio loro sceikb^. Veggasì labia^ibn-Sald , Continua- %ione deìgli àimali d* Eutichio^ MS. di Parigi, Ancien Fonds, 131 A, p. 62.

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cercava a por mano alla esecuzione : fare esercitare Foficio di emiro da uom suo, e a comodò suo. Racchiudessi in celesta contesa quella di finanza : Se la colonia dovesse pagar tributo o no ; poi- ché il principe non avea ragione, che nei sopra- vanzi, e all'emiro stava di trovarne o non trovar- ne. Indi il principe eleggea Io emiro, e i coloni lo scacciavano; o costoro coglieano un pretesto di no- minarlo , e il principe lo rimovea ; pofea durar la quiete.

L' altro movimento era la lotta tra gli Arabi e i Berberi. OKre il partaggio delle terre al quale accen- nammo, oltre le véndette private che degeneravano in véndette tribù, nacque verso la fine del nono Secolo una causa perenne di lite. A misura che com- pieasi il conquistò dell'isola, mancava il bottino e cresceva il /et, o yogliam dire rendita militare. Per caso intervenne al medesimo tempo che le armi della dinastia macedone sforzassero a uscir di Calabria i Musulmani, Barberi in gran parte, come cel mostrano i nomi dei capi. I Berberi dunque delle tribù più tur- bolente, quei che non amavano a vivere di agricol- tura, doveano procacciar lo stipendio sul /et. Ma que- sto non si scompartiva, come il bottino, con legge immutabile e precisa , tra tutti ì combattenti ; anzi stav^ ad arbitrio tra dell' emiro e del principe ; e gli Arabi potean pretendere che ne fossero esclusi gli stranieri, toccando a loro il primo luogo nei ruoli. Niun cronista fa motto di tal contesa ; ma la non pe- lea non accadere ; e ce ne conferma il fatto che la Sicilia fu insanguinata per la prima volta in guerra

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civile pochi mesi dopo il ritorno delle masnade che Nioeforo Foca scacciò dalle Calabrie. ^

Quei due movimenti si frastagtiavan sovente, e il secondo cadde in acconcio al pHncipe aghlabita che volle davvero soggiogare la colonia. Ricapitolando i fatti che narrammo nel Libro secondo, si scorge la lotta d' independenza principiata proprio alla fonda- zione della colonia palermitana; sopita da savii emiri di sangue aghlabita r ridesta verso Y ottocento ses- santuno , come n' è indizio il frequente scambio degli emiri. Quel valoroso e nobilissimo Ehafdgia , ucciso a tradimento da un Berbero, sembra cadesse vittima deir altra discordia ; se pur Arabi e Berberi non s'erano uniti per brev'ora contro le usurpa- zioni del poter centrale. Così fatta resistenza durava nei principii del regno d' Ibrahim-ibn-Ahmed, come il provano gli scambii degli emiri verso V ottocento settàntuno. Poi entrambe le divisioni divampano àk medesimo tempo. Tra T autunno dell' ottocento ottan-^ tasei e la primavera delF ottantasette, %li Arabi del giund e i Berberi vengono al sangue: la nimistà loro, se non la aperta guerra civile, arde tuttavia per dieci anni, ^ che viene a dettare lo scandaloso patto di torsi a vicenda dall' una e datr altra gente gli £ta- tichi da consegnarsi ai Cristiani (894-895). Nello stesso decennio la tenzone della colonia col principe

' Veggasi il Libro II, cap. X, p. 424 ; e cap. XI, p. 440 del primo alarne. Secondo Ibn-el-Atbir, e il Baiàn, la cacciau dei Mosulmani da Amantea e Santa Severina seguì il 272 (17 giugno 885 a' 6 giugno 886) , la qual data si riscontra con quella degli annali bizantini. La prima guerra dvile tra Avabl e Berberi In Sicilia scoppiò tra T autunno dell* 886 e la primavera dell' 887. secondo la testimonianza della Cronica di Cambridge, combinata con qneUa del Baidn.

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arriva agli estremi: ribellione armata da una parte; dairaltra, repressione con le armi e fors'anco vio- lazione della legge fondamentale che affidava al- l'emiro il governo della colonia. Perocché il popolo di Palermo, mentre guerreggia la prima fiala contro i Berberi (886-B87), mette ai ferri e caccia in Affrica lo emir Sewàda e gli Io scambio ; tre anni ap- presso (890) combatton Siciliani contro Affricani« che è a dire contro le forze mandate dal {principe ; a capo di due anni un emiro rientra per forza in Paler- mo ; e corsi pochi mesi, nel dugento ottanta dell'egira (893-^94), Femirato di Sicilia è conferito al gran qiam- bellano che stava accanto a JUv^ahim , cioè la cotonia è oppressa e spogliata di sue franchige , ovvero ha scosiSM^.il gi<^o; e di cetto par ohe labbia seosso tr& il novantacinque e il novantasei quando èf(^mata pace coi Cristiani/ Si scorge in cotesti travagli il dop- pio effetto della condizione politica dìei popoli e delle passioni d'un uomo. La condizione dei Berberi ri- spetto-agli Arabile della odonia rispetto alla madre patria, avea dato principio alle due tenzoni. Ibràhim- Ibn-Ahmed le spinse al segno a che aitìvarono ne- gli nltimi anni del nono secolo. Per domar meglio la colonia di Palermo, aizzò i Berberi di Gitanti. Volle domar la colonia, perchè a questo il portava sua natura esorbitante e feroce; e per trarne danaro e adoperarlo all'altro disegno, d'abbattere e calpestare Taristocrazia arabica in Affrica; il che ei fece bene, che distrusse la base della dinastia aghlabita, onde questa entro pochi anni croitò,

* Veggasi il Libro il, cap. X, p. 429, seg., del primo Tolume.

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CAPITOLO II.

Ibrahim-^ibn-Àhmed non solamente avviluppò in questa guisa la condizione politica della colonia, e poi sciolse il nodo con orribile catastrofe, ma, non sazio di quel sangue musulmano, venne ei medesimo in Sicilia a sterminare gli ultimi avanzi de' Cristiani ; prosegui la vittoria in Calabria ; e minacciava tutta la terraferma d'Italia, quand'ei morì com' Alarico sotto le ùiura di Cosenza. Pertanto debbo dir di costui più particolarmente che non abbia fatto degli altri prin- cipi afifricani. Il voglio anche pei'ctìè T indole dlbrahim, sembra fenomeno unico nella storia morale deìFuomo, si può definir con parole , délinear con qualche tratto. Unico fenomeno parve a quei che il videro da presso; ì quali, facendosi a spiegarlo e non trovan- dovi modo con la psicologia del Corano, ebbero ri- corso alle teorie dei materialisti che già penetravano appo gli Arabi, miste alla fìlosoiBa greca; supfioser quest'uomo invasato di non so che bile negra : ma- linconia, come la chiama tecnicamente Ibn-RakJk/

ce Niun dee misfare fuorché il principe. La ra- gione di questo é che, ove gli ottimati e i ricchi si sentan possenti nei beni della fortuna, uom non vi- vrà sicuro dalla loro insolenza e malvagità. Se il re

' Citato da Ibn-KbaldÙD, Histoire de VAfrique et de la Sicile, tradu- zione dì M. Des Vergers, p. 139. Nel lesto si legge in caratteri arabici Mdlankhùnia (MsÀayxo^ta). Forse attinse alla stessa sorgente l'autore del Baiàny tomo I, p. 126, il quale, in luogo di trascrivere la denominazione della malattia, la traduce: "bile negra."

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cessi di calcarli, ecco che si fidano; gli resistono; gli traman contro! In vero il succo vitale del principato è la plebe/ Il signor che lasciassela opprimere, per- derebbe Futile ch*ei ne ricava; ed altri jsel godrebbe, rimanendo a Ini il sol danno. » ^ Così parlava Ibra- him-ibn-Ahmed, vantandosi di abbattere la nobiltà arabica deir Affrica : teorie e gergo molto owii, che rìvetan sempre il tiranno di buona scuola. Sagacis-^ Simo fu veramente Ibrahim nelle cose di stato; uom di mente vasta e savia, quando non l'offuscava la sete del sangue. Ebbe genio alieno dalle scienze , dalle lettere e dalla poesia , eh' erano state in onore appo ì suoi maggiori: e qualche versacelo ch'ei fece, come nato e cresciuto in una corte arabica, somiglia forte a quelli di Carlo d'Angiò, per la insipidezza e T ar- roganza.^ In fatto di religione si mostrò osservatore

' Litteralmente *la materia onde cresce il re, sono i rai'a.* Questa voce arabica, come ognan sa, ^uol dir gregge; ed è passata in termine tecnico per designare il popol minuto delle città « campagne.

> Nowairi, Storia d' Affrica , MSS. di Parigi , Ancien Fonds, 702, e 703 A, fog. 25 recto del primo , e 54 del seconda. MI allontano alquanto dalie versioni non precise che han dato di questo passo «M. Des Verger^, e M. De Slane, il primo in nota a Ibn-Kbaldùo, Histoire de VAfrique et de la Sitile , p. . 139, e V altro in appendice a Ibn-KhaldAn stésso» Bittoire det JBerbères, tomo I, p. 455.

s Ibn-Abbàr, MS. delia Società Asiatica di Parigi, fog. 32 verso. , L'autore allega in esempio il distico dMbrahim:

e Astri Siam noi, figli degli astri ;,avol nostro la luna del cielo, Abu- » NogiQm-Tamlm;

» Avola nostra il Sole. Or chi s' agguaglia a noi, discesi di duesl no- bili scbiatte?

A cbt non conosce 1* arabico è da avvertire che in quella lingua la «luna è di genere maschile, il sole femminino, e Abi^Nogif^m significa "pa^ dre delle steire.**

Gonde, Dominacion de los Arabes en Espana, parte II*, cap. LXXV, riferisce, sènza citare sorgente, un aneddoto anacreontico, seguito forse nella prima gioventù Ibrabim. Certo poeta, per domandargli non so che grazia j scrivea due versi in un polizzino, e il nascondea, come noi /ac-

del culto, più che delle pratiche di devozione; si ri- dea ddla morale quando non gli andava avversi; ma era sopratutto intollerantissimo verso gli al^ tri. Visse senz'amore, amicizia. Seguì voluttadi nella prima ^gioventù, e presto gli vennero a tedio ; e allora incrudelì nelle donne più rabidamente che negli uomini; e le abborrì di strano e sospetto aMxn*'- rimento. Violava in tutti i modi le leggi delia natura. A venticinque anni saFi al trono per uno sper- giuro. Mohammed , suo fratello, venendo a morte, la- sciava il regno al proprio figliuolo bambino; commet^ tea la tutela a Ibrahim; faceagli far sacraménto di non attentar mai ai dritti del nipote, metter pie nel Castel Vecchio, ove quegli dovea soggiornare con la corte. E Ibrahim , nella moschea cattedrale del Eai- rewàn, dinanzi gli adunati capi di famiglie di sangue aghlabita e i magistrati e notabili della capitale, giu- rollo solennemente; ripetè cinquanta fiate il tener del giuramento , com' era usanza nelle cause criminali. Sepolto il fratello (febbraio S?5), cominciò a regger lo Stato, ben diverso da lui, con somma forza e giu- stizia. Indi i cittadini del Kairewàn a pregarlo di pren- dere a dirittura il regno: il che ricusò, pretestando suoi cinquanta giuramenti; e di a poco, noi sap- piam come, si fa, i buoni borghesi, tornarono a sup- plicare più fervorosi, e Ibrahim non seppe dir no. Uscito di Kairewàn alla testa del popolo in arme , oc- cupava il Castel Vecchio ; si facea gridar principe ; e

ciamo nei confeUi, eoiro una rosa, presenUta a Ibrabim mentre sedeva in un giardino tra le sue donne. Una lesse e cantò i versi; e Ibrabim donò 'al poeta cento monete d' oro. .

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prestare omàggio di fedeltà dai notabili d'Affrica e da non pochi di' casa d' Aghiab. Con tutta la' bruttura dèlio spergiuro e della commedia che servì a rico- prirlo, Ibrahim non va chiamato usarpalore. U dritto di primogenitura non era allignato mai appo gli Ara* bi ; la designazione del principe antecessore, era abu- so ; ta investitura del califo , ormai vana cerimonia ; e il popolo^ che potea deporre ed eleggere, partecipò alla tumultuaria esaltazione non sforzato, forse mezzo raggirato e mezzo no. Gli umori delle città contro Taristocrazia militare , ci persuadono che la cittadi- nanza abbia francamente parteggiato per Ibrahim.

Severi, ma di rigor salntare, i primordii del re- gno. Trattando sempre dassè le feccende pubbliche , Ibrahim cessò i soprusi degli oficiali e governatori di province : rendea ragione ogni lunedì e venerdì nella moschea t^attedrale del Eairewàn , ascoltando con pa- zienza i richiami, e provvedendo immantinenti ; die di sua persona esempii di astinenza e pietà ; ristorò la polizia ecclesiastica; sgombrò le strade dei ladroni che le infestavano; assicurò il commercio, spense i violenti e gli scapestrati. Si narra di lui che obbli- gasse Ja madre al pagamento un debito, minac- ciando di lasciarla ti^durre dinanzi il cadi : ^ la ma- dre, sola creatura umana rispettata da quel mostro. Attese molto alle opere pubbliche. A comodo del cit- tadini, costruì un gran serbatoio d'acqua al Kairewàn.

f

* Goafirontinsi: Ibinel-Athlr, MS. A, tomo II, fog. 02 recto; e MS. C, UNno IV, fog. 346 verso , anno 261 ; Baidn, tomo 1 , p. 110, seg. ; llm* Vlialdto, BUtoire de l'Àfrique tt de la Sieile, traduz. d! H. Des Vergers, p, 196, seg.; Nowairi, in appendice a Ibn-Khaldùo, Bisioire dei Berbere», tndns. di M. De Slane, tomo I, p. 424, seg.

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Per magnificenza e pietà innalzò una moschea catte^ (Irale a Tunis; e aggrandì quella del Kairewàn; ag- giuntavi inoltre una cupola che poggiava su trenta^ due colonne di marmo. Circondò Susa di mura. Com- piè su la ioostiera del reame una linea di torri e posti di guardia, ordinata a far segnali coi fuochi, che in una notte potea tramandarsi avviso da Ceuta ad Alessandria di Egitto. ' Cotesta pratica antichissima era scesa con le tradizioni dell'impero infino ai Bi*^ zantini; i quali nella prima n>età del nono secolo l'adoperavano a significare i tristi casi di lor guerre, da Tarso a Costantinopoli.' E v' ha ragioni da credere eh' e' se ùe fossero avvalsi anco in Sicilia, e che quivi avesserla appreso gli Arabi d'AfiVica.'

i Vcggansi le autorità citale nella nota precedente ; e si aggiunga- no: Bekri, D^crizione dell'Affrica nelle Notices et extraiti des MSS., to- mo XII, p. 470; Tigiani, Rehela net Journal Asialiquef sèrie IV, tomo XX (agosto 1852), p. 99; e tomo XXI (febbraio 1853), p, 133; !bn-Wuedràn, MS. arabo, § 6; e versione di M. Cberbonnean, nèha Rèvue.de VXkient, decembre 1853, p. 428. H primo parla solUnto della Moschea di Kairewàn; r ultimo di quella di Tunis, e del serbatoio d'acqua.

' Theophanes cmtinmtus ,\\h. IV, cap. XXXV, p. 197; Gonstantinns Porphyrogenitus, De Cerimonm aulce ByMntina, appendice al Io libro, p. 492; Symeon Magister, De Michele et Theodor a, cap. XLVl, p. 681. I pesti in tutto erano nove, compreso quello di Costantinopoli. Il naméro diverso dei fuochi indicava diversi casi, come : assalto dei Musulmani, bat- taglia, incendio, etc. Leone, arcivéscova di Tessalonica e professore alla Magnaura, al dire di Symeon Magister, avea perfezionatp questo sistema telegrafico, ponendo a tarso ed a Costantinopoli due orologi che si suppo- neano isocroni (s| t^ou xoc/Avovra). L' imperator Michele V ubbriaco fece j$opprimere 1 segnali a vista della capitale, perchè i sinistri avvisi non K> venissero a sturbare tra i giochi deir ippodromo.

' Questa conghiettura è fondata su gli indizii seguenti. Primo, che i fuochi di segnali usati in Sicilia fino agli ultimi anni del secolo passato per dare avviso dei corsali barbareschi che si avvistassero, si chiamavan fàni, appunto la stessa voce ^ avos , che troviamo nei citati scrittori bisan^- tini. Da ciò par che V usanza risalga ai tempi in cui il linguaggio ofidale in Sicilia era il greco. Secondo, che la montagna ove sorgea V antica So- lunto, alla estremità orientale del golfo di Palermo, si addimanda tuttavia

bnanzi ogùi altra opera pubblica, Ibrahiéoi ^ea costruito una cittadella , centro di gravità della tirao* nide eh' di macchinava : fortézza ove porre sua corte ^ ordinar novelli pretoriani per disfarsi degli antichi , i liberti di casa aghlabita, ridotti nel Castel YeccUio, stati fin allora padroni del popolo e del principe. Fece por mano a' lavori il dugento sessantatrè ( 23 settem- bre 876 a 44 settembre 877], in luogo discosto quat^ tro miglia dal Kairewàn e chiamato Bakkàda, ^ Soa^ ndenta " come suona appo noi. * Entro un anno , fomite le mura, innalzata una^J^é che addimanda- rono di Abu- 1-Feth,' Ibrabim itidiiàg^brolla con sangui- noso tradimento. Era avvenuto che i liberti del Castel Vecchio tumultuassero contro di lui per aver fatto morire un di lor gente : e allora , ito loro addosso per comando dlbrahim il popolo della capitale, i liberti, vedendosi sopraffatti, avean domandato e ottenuto perdono. Ma il che dovean toccar lo stipendio, Ibrabim li chiama alla torre di Abu-1-Feth ; li fa en- trare a uno a uno; disarmare; incatenare: e die mano

Gatalfano, voce seorciata da Calalalfano e compósla dati* arabico kala't (roc- ca) e da f oéi^os ; il che prova cbe vi fosse stata una torre da segnali al tempo della dominazione musulmana, o anche prima. Terzo, che i segnali con fuochi furono tentati neir 847 durante lo assedio di Lentini, come già narrammo nel Libro II, cap. VI, p. 317 del primo volume.

< Confrontinsi : il Baiàn, tomo I, p. 215; Nowairi, in appendice alla Sistoire des BetUres par Ibn-Khaldoun, versione di M. De Slane, tomo I, p. 4i4; Bekri, Descrizione d' Affrica nelle Notiee9 et ExtrniU de» MSS. j tomo XII, p. 476, 477; Ibn-Wuedràn, MS. arabo, § Q^. I due ultimi scrit- tori riferiscono la fondazione di Rakkftda agli anni 273 e 274. Il nome nacque, seeoiiéo s^ni, dall'amenità del aito che inebbriasse di voluUà e sforzasse al ionno; secondo altri, da un gran mucchio di, cadaveri che vi al tmfàrona dormir I* uHIax) sonno.

* Si prpniMuziino le ultime due lettere ciascuna col proprio suono, non unite con quello della ih inglese. Il nome vuol dir "Padre della vit- toria. "

II. 4

|«75-90l 1 80

ai sopplizii; ch'altri morì sotto il bastone, altri coAdan- nato a perpetuo carcere in Kairewàn ; altri bandito, in Sicilia/ In luogo dei liberti, comperò Schiavi in grandissimo numero; prima negri, poi anco di schiatta slava: li vestì; li esercitò nelle areni; ne fece un grosso di stanziali , valorosi , ingiuriti alle fatiche ; ' massa di bruti della zona torrida e del settentrione disuma-* nati dal servaggio e di piìi dalla disciplina. Così pas- sarono i primi sei anni del regno; lodevoli del resto a detta di tutti i cronisti , i quali tenean forse necesr saria la carnificina di Abu-1-Feth. Poi sfrenossi a dar di piglio nella roba e nel sangue; peggiorando di anno in anno, come nota Fautore del Baiane

Perchè, non bastando le entrate ordinarie dello stato a spesare gli stanziali, le fabbriche e la guerra che sopravvenne (an. 880, 881) contro un principe d'Egitto della dinastia usurpatrice dei Beni-Tolùn, era strascinato Ibrahim ai maltolti. L'anno dugento settantacmque (888-889) battè nuova moneta d'ar* gento, che, rifiutata dai mercatanti dèi Kairewàn, die occasione a tumultuarie rimostranze, imprigiona- menti, sollevazi(»ie: e Ibrahim, al solito, restò di so- pra. Donde facea coniare altri dirhem e dinar deci- mali, com*ei li chiamò, perchè i primi d'argento e i secondi d'oro stavano in valore come uno a dieci; e tolse di mezzo le buone monete dell'impero abbassi-

* M. De Slane, op. eli., p. 429, ba tradòilo queste parole del Ifcywiidri f un certain nombre d'entr'eux parviot à se réfugìer en Sicile. i Ma il teslo dice chiaramente " rilegare, " e cosi lo ha interpretato M. Des Ver- gerà in nota a Ibn-Kbaìdùn, Histoire de VAfnque et dt. la Siàie, p. 127.

> CIÒ è notato da Nowairi, op. cK. , p. 4^, e 437. Veggansi per cote* sU fatti: Nowairi, 1. e; e U Batdn, tomo I, p. liO.

5 Tomo I, p. 1«6.

51 1875-90 1.|.

da/ Oltre questo espediente di finanza, ponea nuove gabelle;* aumentava le tasse prediali e riscuoteale in danaro, non più in derrate;^ richiedeva i cittadini che apprestassero a servigio dello Stato loro schiavi e giumenti; in cento modi li espilava per accumular tesori.*

A DCiisura degli aggravii prorompean pure le sollevazioni; e a misura di quelle incrudeliva Ibrahim. Ne noterò solo i fatti rilevanti. Ribellavansi ricusando le tasse, Tanno dugentosessantotto (881-882), le

* Baiàn, tomo 1, p. 114< Q!oìvì si fa menzione di due diverse emis- sioni di moneta. L' una fa di dirhem iihàh , ossiano * schietti, " come li chiaman il principe. Cosi ei soppresse le riUglie d* oro senza coniò, con cbe si solcano pagare le frazioni di valori, per lo scrupolo religioso di non cambiar ntetailo con metallo; onde si tenea biasimevole pagando, per esempio, ona merce d^ valore di mezzo dinftr, dar al venditore un dinftr e riceverne mezzo din&r in altra moAeta. Per questa ragione nei paesi mu- salmam i cambiatori, nféfi, come H dicono, erano per lo più giudei. Non sappiamo se desse laogo al malcontento quello scrupolo di coscienza, ov- vero la cattiva lega dei dirhem. Represso il tumulto , aggiunge il Baidn , rimasero abolite per sempre in Affaìca, n^a solo le ritaglio {hUd% ma an» che i ttoiktkl, cbe signiica buona moneta in generale, e qui parmi si debba intendere di quella dei califl , che avea corso in tutti i paesi. Venne dopo ciò la ooniazioiie dei dlrbem e dinftr deUi 'asceri, ossia decimali. La nu- mismatica ci permette di aggiugnere che Ibrahim coniasse altresì quarte di din&r in oro ; che ve n' ha pubblicate parecchie, e nna ne ho veduto nel Gabinel des Hedailles di Parigi, useiu probabilmente dalla Zeoca di Sicilia r anno 268, e del peso di un grammo e cinque centesimi, che valea da tre lire e sessanta centesimi pria della attuale perturbazione nel pregio dell'oro.

* Boiàttf tomo I, p. I2S. Quivi è usato il vocabolo kabàUU, al singo- Uire habdla o gabdlat poiché la prima lettera partecipa del suon della g. Indi è agevole a riconoscervi la nostra Yoce gabella. Etimologicamente si- gniiloa promessa offerta , prestazione.

' Baidn, 1. e. 11 testo porta che nel 2S9 Ibrahim, riformando parecchi abusi del proprio governo t prese le decime in frumento e rilasciò il kharàg » di un anno ai possessori delle dh\d\ » Le varie significazioni di queste voci, di che abbiamo discorso nel capitolo precedente, lasdan dubbio se te decime fossero seiexU, ovvero tributo fondiario su i grani , e il khwrég rilasciato, questo medesiaio tributo, ovvero censo ; e in fine se si tratti di dhUi\ poderi demaniali, .ovvefo beneficii militari.

* ilofdn, tomo f, p. il7, anno 280 (883*894).

(875-904.1 52

tribù berbere di Wuezdàgia, Howàra e Lewàta: ed erano oppresse, Tuna da Mohammed-ibn^Korhob, ciambellano, le altre da Abd-Allah figliaolo d'Ibra- bim, mandatovi con gran gente di giund, liberti, leve in massa, e ausiliarii fomiti al certo da altre tribù berbere: si fermo Ibrahim guidava tutti i cavalli del carro,. poiché s' ebbe aggiustata in mano quella ferrea sferza degli schiavi stanziali. ^

Poi surse in arme la colonia di Belezma, gente arabica della tribù di Kais,, venuta la più parte nei ' principii del conquisto, e stanziata da parecchie ge- nerazioni in quella città, sul confin meridionale del- r odierna provincia di Costantina, in mezzo alla ca- tena degli Aurès, donde teneva a segno la tribù berbera di Kòlàma. Gli agguerriti Arabi di Belezma ributtarono Ibrahim, ito in persona a combatterli: ond'ei perdonò loro; attirò a Rakkàda, prima alcuni capi sotto specie di trattar, faccende, poi, con altri pretesti, più numero di gente; lor die splendide ve- stimenta, onori quanti ne vollero e atioggiamento in uno edifizio circondato di mura con una sola porta, nel quale settecento o mille cavalieri, che tanti se n'erano accolti, se pur pensavano allo esempio dei liberti del Castel Vecchio, si fidavano al certo di af- frontar chi che si fosse. E così ogni evento delle istorie avvera la sentenza del Machiavelli, che colui che inganna, troverà sempre chi si lascerà inganna-

< Nowairi, in appendice all' Bistoire de» Berbèrett par Ibn-Khaldaun, versione di M. De Slane, tomo f, p. 496; Ibn-Khaldùn stesso, Bisioire de VÀfrique et de la Sicile, versione di M. Des Vergerà, p. 128. Secondo Ibn- Khaldùn, ebbe infino a 3,000 schiavi stanziali; secondo il Bat'dfi a 5,000, e Nowairi dice 100,000 , forse il numero totale dello esercito.

83 1875-904.)

re. * Il che le altre soldatesche toccavan la paga, inebbriate di danaro, fors'anco di vino, Ibrahim le lanciava allo scannatoio ov' eran serrati i guerrieri di Belezma; i quali (893-894) valorosamente si difese- ro; e tutti perirono.* La pena di tal misfatto, come spesso accade, la pagò non Ibrahim, ma la dinastia; poiché, decadendo Belezma, la tribù di Kotftma im- baldanzì, e condusse al trono i Fatemiti.' Più pronto gastigo minacciava la sollevazione generale delle mi- lizie arabiche , scoppiata immediatamente e rinnova- tasi poi varie fiate; ma Ibrahim trionfò di tutti, mercè le mura di Rakkàda, la virtù militare del figliuolo Abd-ÀUah, e gli schiavi armati; dei quali accrebbe il numero; lor affidò la reggia; e pose capitani sopra di loro due schiavi, Meimùn e Rescìd. Accentrò al medesimo tempo Ibrahim grande autorità in persona di Hasàn-ibn-Nàkid, nuovo suo ciambellano, capi- tan di eserciti, emir di Sicilia, e rivestito di altri oficii, scrive la cronica ,* piobabilmente le amministra- zioni di finanza, e il tribunale dei soprusi nelle pro- vince sollevate*

Tra i casi di questa rivoluzione seguirono non più udite enormezze dei soldati regii, i quali, presa Tunis per battaglia, fecero schiavi tra i Musulmani, sforzaron le donne e sparsero gran sangue (893-894). Dato avviso della vittoria a Rakkàda per lettere le*

* Il Principe, <iap. XVIII.

s B0iàn, tomo I, p. ii6; Nowairì nell' opera ciuta , p. 427, il quale registra questo fatto due anni prima del Batdn, cioè nel 378. > Questa riflessione si legge nel Baiàn, l. e.

* Nowairì, op. cit., p. 408. Veggasi ciò che notai a questo proposito nel Libro II, cap. X, p. 430 e 430 del primo volume.

1875-004. 1 S4

gate al collo dei colombi, Ibrahixn rescriBse di cari^ care i cadaveri su le carra; mandarli a Kairewàa; e condurli' in giro per le strade. Comandò, non guarì dopo (894-895), di mettere a morte i nobili della tribù di Temim, ceppo di sua famiglia, e appendere i cadaveri alle porte di Tunis. Ministro di tal vendette era stato Meimùn, nominato dianzi, donde venne fie- ramente in odio a. quei cittadini; ma Ibrahim, non prima n' ebbe sentore , che gli mandò, diremmo noi , un beir ordine cavalleresco: all' oso di que' tonici coi- lana d' oro e vestimenta seta ricche d oro, disegni e svariati colori; e il manigoldo in tanto sfarzo ca* valcò trionfalmente in Tunis. Un anno appresso, fat- tevi rizzar nuove fortezze, vi andò a soggiornare il tiranno in persona;' meditando già la impresa di Sici- lia, 0 parendogli Rakkàda mal sicura senza k> scampo del mare: o volle sfogare la superbia dell* animo suo sopra Ja città ribelle, prostratagli ai pie come cadava^e. Il medesimo anno della rivolta, Ibrahim allagò di sangue la reggia per sospetto di una. congium degli eunuchi e stanziali schiavoni contro la vita di lui e della madre: ' dal qqial tempo in poi, aspettane dosi che alcuno dei tanti che tremavano trovasse modo ad aoimazzarlo, per meglio guardarsi, con*

' €oDfrontiDSÌ : il Baiàn, lomo I, p. i i7, 133 ; Morrai ri» op. ett^ p^ 498, 429; Ibn-Khaldùo , HiMoire de VAfrique et de la Sicile, versione M. Des Vergers, p. 130 a i32. 11 Baiàn, dal qaale tenghìamo la narra- zione degli onori resi a Meimùo, dice donategli tre sorie di vesU di seta : lo kher*, o diremmo noi Blos^a, seU grossolana dei Ijouoli farsLiì dal baco ; 2o wesci, credo drappo intessuCo d* oro; e 3o dibéiOf dtai^ operato e di varii colorì. È trascrizjone dal persiano dibàh, pnaso alla fina volta dal

' Nowairi, op. cit., p. 427.

—■55 (875-901.1

«

saltò astrologhi e ariolì, nei quali ponea molta fede. Gli dissero dover morire di certo per man d' un pic- cino; se di statura o di anni, i furbi maestri noi di- scernean bene in lor arte : ond' egli visse in sospetto ile' giovani paggi schiavoni; e se gliene venia veduto alcuno audace e fiero in volto, vago di maneggiar la spada, pensava tra sé: ecco T assassino; e lo fecea spacciare. Quando n* ebbe ucciso molti , temè la ven- detta dei rimagnenti : onde li uccise tutti ; ^ e tolse paggi negri in luogo dei bianchi; e non tardò a fare sgombero anche di quelli , Y anno dugento ottantot- to (900). * Ma nel lungo suo regno i domestici eccidii sovente si rinnovarono e cominciaron prima della ti- rannide di fuori; bastando Tira ad aizzarlo quanto il sospetto, e quanto V uno e T altra la gelosia: Aveva egli vietato sotto pene severe la vendita del vino a Kairewàn; la tollerava a Rakkàda ' in grazia forse dei ^oi stanziali ; e beveva egli stesso senza scru- polo nei penetrali dello harem. Or accadde che fat- tosi mescer vino da una donna, nei primi credo io del regno, e datole a tenere il ftizzoletto di seta con che si asciugava le labbra, colei lasciosselo cader di mano, e un eunuco il trovò e nascose. Ibrafaim non sapendo qoal fosse costui, tutti i trecento eunuchi die avea fé' morire, ^ per seppellii forse con loro il segreto della regia intemperanza. Diversa cagione

' Batdn, tomo I, p. ii6.

' GonfrontiDsi: il Baién, 1. e; e Mowalrì, op. cit., p. 427.

s Ibn-Abb&r, MS. della Sodetà Ajùat. di PaHgl, fog. 33 recto.

« ConfrontìDsi: WBaiàn, tomo I, p. il6; Nowairi, op. cit., p. 436; e Ibn-KbaldùD, Hisioire de VAfrìqut et de la SieUe, tradu. di M. Des Ver^ gers, p. ^139.

1875-901.1 56

ebbe la morte di sessanta sciagurati giovanetti eh' ^i teneasi in palagio, e, calpestando più d'uno dei pre- cetti di sua religione , ogni sera lor dava a ber vino , e poi non voleà che troppo dimesticainente vivesser tra loro. Avutane spia, chiamolli dinanzi a sé; in ter- rogolli, e confessaiido alcuni il fallo, e negandolo tra gli altri audacemente un fanciullo molto amato da lui, Ibrahim gli spezzò il cranio con una mazza di ferro : gli altri fece morire a cinque o sei il di, tra sofiTocati nella stufa e arsi nella fornace del bagno. ^

men geloso in punto di religione, aggravò la vergogna degli dsimmi, come se non bastassero al suo zelo i segni esteriori di vassallaggio che si costu- mavano innanzi. ^ Comandò Ibrahim che portassero su le spalle una toppa bianca, con la figura, i Giudei d'una scìmmia e i Cristiani d'un maiale; e che gli stessi animali si dipingessero in tavole con^tte su le porte di lor case. ' Il martirio eh' ei die ài quat- tro Siracusani si é narrato di sopra, su la fede delle agiografie cristiane. ^ Non sappiam se pia dei mar^ tiri siracusani un Sewàda, di cui scrivon le crona- che musulmane che proffertogli l' oficio di direttore della tassa fondiaria, se rinnegasse, e rispondendo egli che non barattava la fede, Ibrahim lo fece spac- care in due e sospender mezzo cadavere a un palo, mezzo ad un altro, l' anno dugentosettantotto del- l' egira (891-892). " Tuttavia gli eretici dell' islamismo

' Baidn, tomo I, pag. i27; Nowaìri, op. cit., p. 437.

s Veggasi il Libro H, cap. XU, p. 476.

' Biadh-eih'nofùi , MS. iog. SS verso.

* Libro II, cap. XII, p. 511.

' Baidn, tomo I, p. 116. Su qaesta maniera di snpplieio, usata nei

57 1875-901]

poteana invidiare la condizione de' Crisliani. Dopo le stragi d' una battaglia , vinta sopra la tribù berbera di Nefùsa, Tanno dugentottantaquaUro (897-898), Ibrahim interrogò un dottore che si trovava tra i prigioni: ''Che pensi di Ali?'' «'Era infedele e però sta in inferno; e chi non dice così, andrà wi con lui," rispose il prigione ; scoprendosi Kharegita a questo parlare. Il tiranno allora gli domandava se tutta la tribù di Nefùsa teiiesse tal credenza, e si^puto di si, ringraziava il Cielo d'averne £atto macello. I prigioni, eh' eran cinquecento, se li fece recare innanzi a uno a uno: egli assiso in alto, tenendo in mano un suo lanciòtto, cercava con la punta sotto T ascella ove fosse il vano tra costola e costola dell' uomo, ^ e poi data una spinta, andava a trovar dritto il cuore, e facea passare un altro, finché tutti gli trafisse. Cosi il Nowairi. ' L' autore del Batàn scrive che i prigioni fossero trecento, eh' ei ne avesse fieitto spacciar uno e poi trattogli il cuor con le proprie mani, e fattolo trarre agli altri, infilzati in una funicella i trecento cuori, e sospesi a festone su la porta di Tunisi. ' Ambo le tradizioni bene stanno ad Ibrahim-ibn-Ahmed, e possono ammettersi insieme.

Innanzi tal pia scelleratezza, era ito Ibrahim a Tripoli (896-897), governata per lui da un suo cu-

paeii mosalmani aliAeno fino al XVI secolo, si veggano Sacy, Chrestomathie arabe, tomo 1, p. 468; QnatremèFe, arsione dell'opera di Makrisi, flù- toire dei SttUam Mamlouki, tomo I, pag. 72 e i SS; De Fremóry» nel /otir- nal Àsiaiique, sèrie IV, tomo MI (geDoaio 1844), p. 124.

' Mi discosto ia questo passo dalla versione di M. De Slane.

s Op. cit., pag. 430.

s Baiàn^ tomo I, p. iS4. Ho seignito piuttosto la cronologia di questa compilazione che del Nowairi, il quale reca il latto nel 28i (884-805).

1875-901.1 58

già carnale, Mohammed-ibn-Ziadet-AUah, uomo di egregii costaipi, erudito, poeta e scrittore d' una sto-* ria di casa aghiabita : onde il tiranno ignorante r invidiava fin dalla gioventù, ma adoperavate per averne bisognò. U coperto odio divampò, quando il califo abbassida Mo'tadhed, risapendo le enormezze di Tanis, minacciò in parole, e secondo altri scrisse a dirittura a Ibrahim, ch'ei lo avrebbe deposto, e sur- rogatogli il cugino, specchio di virtù. Pertanto n(m ccmtentossi Ibrahim d'ucciderlo; ma volle fosse appic* cato il cadavere a un palo come di mal&ttore. * So- miglianti sospetti di Stato lo spinsero, prima e poi, a mandare a morte ciambellani, ministri, cortigiani, e un povero segrettóo, chiuso vivo nel feretro. Otto fratelli suoi proprii erano scannati al suo cospetto ; un de' quali, obeso e infermo che non potea ri^- gersi, implorava gli si lasciassero quei pochi giorni di vita; e Ibrahim rispose: "Non fo eccezioni;" e accennò il carnefice di percuotere. Abu-1-Aghlab suo figlio ebbe tronco il capo dinanzi a lui; dicesi per trame di Stato. Abd-Allafa, maggior tra i figliuo- li, erede presuntivo della corona, folgor di guerra che spezzava nei campi di battaglia i viluppi cpeati dalla tirannide del padre, Abd-AUah ubbidiente trop- po, virtuóso, dotto, modesto, pur si sentiva ad ogni istante sul collo la scimitarra del carnefice.'

i Goofrontìnsi: ibn-Abbàr, MS. della Società Asialict di Parigi, fog. 35 recto; Baiàn, tomo I, p. 9S1; lirnvairì, op. eit., p. 430.

> Go9frontÌD8i:ilBat4n, tomo f, p. 115 a 127; Ibn^Ahblr, 1. e; Nowairì, op. dt., p. 438, 436, 437; Ibn-KhaldÙD , Ei8U>ir€ de VÀfrique et de la Sieiie, fog. 139, il quale accenna appena le cradellà del (tiranno.

H)n-el-Atbtr, risoluto a lodarlo come principe forte e sostegno del- l' islamismo, salta a pie pari tatti quei miitfatti, e narra solo i prtncipii del

89 -^ |875-9<H.|

Inviperiva Ibrahim ogni piii che l' altro; cia- scun mis&tto tirandosene dietro parecchi; incarnan- dosi ogni vizio con V a^ e con la età ; aggravan- dosi in lui l'atrabile, la monomania, la causa qual si fosse che lo portava al sangue ; su la-quale decida chi mai arriverà a penetrare l'arcano della umana volontà. Chi raccoglie i fotti, noterà due sintomi atrocissimi. L' un che costui nelle vittime segnalate per la eo* stanza dell' animo , ricercava rabidamente il cuore , sede del pensiero secondo gli Arabi ; quasi il tiranno volesse dar di piglio alla causa materiale di lor con- tumacia. Il disse ei medesimo a San Procopio ve- scovo di Taormina, mandandolo al supplizio (903).' Parecchi anni innanzi avea notomizzato il cuore di un altro valoroso, Ibn-Semsàma, suo primo ministro; il t|uale straziato di ciuquecento battiture, non avea detto un ahi, s' era mosso; e a ciò, comandando Ibrahim di uccideiio, s' era vantato di aprire e chiu- der la mano tre fiate dopo recisogli il capo, e avea X tenuto parola. '

L' altra orribilità mi sembra un' avversione, un dispetto, un'invidia ch'ei sentisse della perpetuità

regno e la morte di Ibrahim ; por si lascia sfuggir dalia penna che i' eroe AI>«r4*AM)as virea in continso immote della e maMgnt indole del padre. > MS. A, tomo II, fog. 92 e 172; MS. C, tomo IV, fiotg. 249 ▼erso, e 279 recto, anni26ie289.

* V9gga^i in q«esto medesimo Ubro 11 cap. IV.

' Baidn, tomo I, p. ii5. Aggiogne il cronista che Ibrahim trovò con maraviglia il cuore confuso (leggo nel testo fànian) col fegato, e irsuto di peli. In Sìdtìa si dice d'vom tristo e vendicativo di' abbia il cuor peloso; il quale pregiudizio o la frase può ben venire dagli Arabi. Quanto ai mo- vimenti convulsivi che si narrano di Ibn-SemsAma, non mi sembrano più inaravif liosi di quei che la storia ricoida di tanti altri decapìiaU; parmi strano che vi concorra il proponimento fermatosi in mente da un uomo nell'atto di ricevere 11 colpo mortale.

1875-901.1 60

della umana schiatta. Non dirò delle mogli e concu- bine che facea strangolare, murar vive, sparar loro il corpo , se incinte : e tuttociò senza lor colpa, forse senza gelosia. Lungo tempo così era vissuto, non par- lando à donne fuorché la madre, la Sida che è a dir ^'Signora'' come chiamavanla a corte. Costei, cercando ridurlo ad alcun sentimento umano, un di che le parve di umor men tetro, gli appresentò due leggia- dre donzelle^ alle quali fe' recitare il Corano e cantar versi su la chitarra e il liuto. A che parendo si com- piacesse il tiranno, rallegrato anco dal vino, la ma- dre gli offrì in dono le due schiave ; éi le accettò, e lo seguirono. Ed entro un' ora veniva alla Stda Io schiavo fidato d'Ibrahim con una cesta ricoperta di ricco drappo. Trovò le due teste; e, gittando un grido, cadde svenuta; ma tornata in sè^ le prime pa- role che profferì furono maledizioni sopra il figliuolo. Pur era serbata a veder maggiore empietà. Avea co- mandato Ibrahim di mettere a morte ogni figliuola che gli nascesse; e talvolta non avea aspettato che venissero alla luce. E la Sida pur osava trafugare e far nudrire occultamente le bambine. Nell'età matura del figliuolo, coltolo un' altra fiata in velleità di clemenza , si provò a mostrargli le fanciulle cre- sciute come lune di bellezza, dice la cronica; e cre- dette aver vinto quando gliele sentì lodare. Si fa al- lora più ardita; gli svela che son sua prole; gli ras- segna i nomi loro e delle madri. Il tiranno uscì dalla stanza. Chiamato un suo negro ''Meimùn," dissegli, " arrecami le teste delle donzelle che tien la St- da." Il carnefice non si movea. ^Obbedisci, scia-

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gurato schiavo,'' ripigliava Ibrabim, "^o ti farò an- dare innanzi , ed esse dopo. " E Meimùn tornò poco stante, avvolgendosi alle mani le sanguinose chio- me di sedici teste, e le gettò a mucchio sul pa- vimento. ^ La critica non può mettere in forse cote- ste orribilità. Ancorché noi le tenghiamo di seconda mano, è evidente la veracità degli scrittori primitivi, cittadini del Eairewàn o d'Affrica al certo, e concordi tra loro, non avversi punto a casa aghiabita, vissuti in tempi vicinissimi e di cultura letteraria. D'altronde i misfatti narrati ben s'attagliano T uno all'altro ; e molti particolari chq rivelano queir istinto d' uom tigre, sono ricordati quasi con le medesime parole dai Musulmani e dai Cristiani, tra i quali il diligen* tissimo contemporaneo Giovanni, diacono napoletano.*

' Confronlinsi il Baidn, tomo 1, p. i26 e 127, e Nowairi, op. bit., pag. 436 seg. Entrambi citano II)D-Raklk, cronista affricano del X secolo, e il Baidn aggingne aver trovato cotesti fiitti ancbe in altri autori. Ibn- Abb&r, MS. citato della Società Asiatica di Parigi, fog. 35 recto, solo narra fl fatto deHe donne incinte sparate per cavarne il feto, dicendo che seguì l'anno 2S3 (896-897) e concbiudendo con la esclamazione : e enor- me peccato contro Iddio, cb* ei sia esaltato. » Immediatamente appresso cita Ibn-Rakik per uno aneddoto rebitivo alla deposidone di Ibrabim. In generale per la vita di questo tiranno si veggano i tre scrittori or citati e Ibn-el Atbir, Ibn-Kaldùn , e gli altri compilatori che più o meno ripetono gU stessi fatth La più parte del racconto di Nowairi era stata tradotta , prima diU . De Slane, da M. Des Vergers, nelle note a Ibn-Kbaldùn, Histoire de VAfrique et de la Sicile , pag. 138, seg.

* Martirio di San Procopio vescovo di Taormina , cavato dalla Trasla- zione del corpo di San Severino alla città di Napoli , presso Gaetani, Vita Sanctorufn Sicutorum, tomo 11, p. 60, seg.; e presso Muratori, Rerum Itali" earum Scriptores, tomo I, parte 11, p. 269. L'autore è lo stesso della cronica dei Vescovi di Napoli, come lo prova il Muratori nel tomo citato del Rerum Italiearum, pag. 287, seg. L'altra narrazione alla quale alludo è il martirio dei fratelli siracusani, presso Gaetani, op. cit., tomo II, p. 39.

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CAPITOLO ni-

Contro lo scellerato signore s'era levata la colo- nia siciliana, Àrabi e Berberi al paro; e da quattro anni tenean fermo, succedendo a lor posta i tumulti d Affrica, quando, T ottocento novantotto, non so^r qual ribollimento di sangui o magagna d'Il^ahim, tornarono i Berberi ad assalire-il giund. Vedendo fitti icoloni^neir assurdo intento di scuotere il giogo senza cessare di straziarsi Tun Taltro, Ibrahim, rìdendose- ne, entrò di mezzo: scrisse ad ambe le fazioni eh' ei perdonerebbe, se tornassero alla ubbidienza, e che sarebbe contento a gastigare i capi soli ; eh' erano y dei Berberi un Abu-Hosein-ibn-Iezìd , coi figliuoli; e del giund un Hadhrami, oriundo, come lo mostra tal nome, dell'Arabia meridionale. Affrettaronsi i solle- vati a consegnarli di peso alle soldatesche affricane, di presidio, credo io, a Mazara: dalle quali furono imprigionati, imbarcati per l'Affrica, e quivi dati al supplizio. Il Berbero, per fuggirlo, bevve un veleno che di presente lo fé' morire; talché non rimase ad Ibrahim che d'appiccare il cadavere al patibolo e scannare i figliuoli del suicida. Sfogò con nuovo ar- gomento di tortura sopra l' Hadhrami. Fattoselo recare innanzi, disse a un carnefice pien di facezie, come tanti ve n'ha, che tentasse il condannato con mot- teggi e buffonerie : e quando il mìsero cominciava a sperarne salvezza e gli spuntava il riso in faccia, *'No,*' proruppe Ibrahim, ''non è ora da burle:" e fé' cenno

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al manigóldo; il quale a colpi di bastone lo ammazzò/ Mandava poi Ibrahim a reggere la Sicilia un uom di sangue aghlabita, statovi emiro , com' e' sembra , una ventina d'anni innanzi, per nome Abu-Màlek- Ahmed-ibn-Omar-1bn-Abd-Allah.*Con la riputazione del casato sperava il tiranno lusingare o tenere in ri- spetto i popoli; e con la imbecillità della costui porr sona si fidava governar la colonia a suo piacimento dairAifrica. Ma le due inveterate discordie che sopra toccammo, non si poteano comporre si di leggieri; e per giunta gli sdegni, i rancori, i rimproveri, che tengOQ dietro ad una rivoluzione repressa, fecer i^a-^ scere nuove scissure. Donde J'anno ottocento novan- tanove , tante pìccole fazioni , confusamente combat** tendo, empiean la Sicilia di sangue.' Per ovviare alla

' CoiffronUnsì: il BMdn, tomo I, p. 134, anno 385 (37 gennaio 896 a 15 gennaio 899)» e il Chfònieon Cantabri§ieme, presso Di Gregorìo, He" rum Àraìneàrum, p. 45, anno 6406 (t« settembre 897 a SI agosto 898). Sopponendo precise qoélie due date , l' avvenimento si ristringe ai sette mesi elle corsero dalla fin di gennaio a quella d* agosto 898. Si noti che il Baidn non spiega chi fosse il capo dei Berberi, e chi degli Afsbi. Ma ti supplisce il nomo di Hadbrami ; poiché 1* Hadramaut è regione a levante de! lemen. Se tuttavia rimanesse dubbio, lo toglie la Cronica di Cambridge dicendo che i Berberi, dopo assalito il giund, consegnarono agli Affricanì Abù-Hosein e i suoi figliuoli. Quegli era danque il lor capo. Ho corretto secondo la Cronica di Cambridge il soprannome di costui, che nel Baidn si legge Abu-Hasan.

' Veggasi il Libro li, cap. IX, p. 390 del voi.» nota 4. Ho scrìtto il nome come si trova in Ibn-<l-Athtr,anno387,MS. A, tomo II, fog. i67 recto; eMS.di Bibars, fiog. 133 recto. Il Nowairi, Storia di Sicilia, presso di Grego- rio, Rerum Arabicarum, p. il, il nome di Abii-Malek*Ahmed-ibn-Iakùb- ibn*Omar-ibn-Abd-Allah-ibn-lbrafaim->ibn-AghIab. Questo compilatore , che in tatto merita minor fede, dice che Abmed governò la Sicilia per ven« Usei anni (correggasi 38), dal 359 al 387 (873 a 900); dimenticando che Della Storia d'Affrica egli stesso avea nominato in quello spazio di tempo due altri emiri di Sicilia. Perciò suppongo che Ahmed fosse stato scarna biato una prima volta, e rieletto, dopo molti anni, verso il 387. v

^ Chronieon Cantabrigienae, presso di Gregorio, Rerum Arabiearum, p. 43. La versione stampata porta : Anno 6407 commissum eet prmlium in

pool tri

debolezza di Àhmed, dicon le croniche , o piuttosto per domare la Sicilia nel solo modo che si poteva, Ibrahim vi mandò un esercito poderoso, capitanato dal proprio figliuolo Abu-Abbàs-Abd-AUah, vincitor dei ribelli d'Affrica/

Salpò costui con centoventi navi da trasporto e quaranta da guerra , il ventiquattro luglio dei nove- cento; arrivò a Mazara il primo d'agosto; ' donde mo- vea air assedio di Trapani. A ciò Tesercito palermita- no, ch'era uscito a far guerra contro que'di Girgenti, si ritrasse immantinente alla capitale; e inviò al campo

Franco Forth, Le due parole del testo, nelle quali parve di ravvisare que- sto nome geograGco, sono sbagliate nelle edizioui di Caruso e Di Grego- rio; poiché nel MS. originale, secondo la collazione che me ne ha fatto il cortese signor Povrer bibliotecario dell'università di Cambridge, si legge chiaramente la seconda voce mofdreka; eia prima, mancante di punti dia- critici, si compone delle seguenti lettere: ì^ f, ovvero h; 1^ r; 3o h, I, th, ovvero t, n; A, g, ovvero kh; 5^ a. Badando alle sole radicali, non esito a dire che siano f, r, g con che si scrive il verbo/ereg, "scindere, fendere;" e son certo che questa parola mal copiata o piuttosto male scritta in ara- bico dair autore, grecò di Sicilia, sia il plurale irregolare di un vocabolo che significasse " scissura }" proprio il greco ^xicf*^. Non lascia luogo a interpretarla altrimenti la voce precedente mofdreha, che si accorda gram- maticalmente con questa, e che è V aggettivo feminino cavato dalla tette forma del verbo fer^k, * separare, disgregare.* Si corregga dunque la ver- sione : e L' anno 6407 varie fazioni guerreggiaron ira loro. »

Occorre di aggiugnere che il nome di Francoforte o altro simile non poteva esistere in Sicilia avanti i Normanni; e che non v'ha in oggi, v' è mai stato. Il comune attuale di Francofonte , e non Francoforte , fu fondato nel XIV secolo.

' Ibn-el-Àth!r, anno 287, MS. A^ tomo II, fog. 167; MS. di Bibars, fog. 135 recto. Il Nowairl, nella Storia di Sicilia presso Di Gregorio, Rentm Arabiearum^ p. il, senza fare menzione delle guerre che seguirono, dice Abd-AUah eletto emir di Sicilia il 287; e nella Storia d* Affrica data da M. De Slane in appendice a Ibn-Khaldùn, E»/otre des Berbères, p. 43t, lo fa andare in Sicilia il 284, sbarcare nel mese di giumadi primo (giugno 897), espugnare Palermo, e accordare poi Tamàn. Da ciò si conferma la incer- tezza delle sue compilazioni.

'Xa Cronica di Cambridge dice che Abd- Allah "passò" di Affrica a Mazara il 24 luglio; Ibn-el-Athtr che * arrivò** in Sicilia il primo di scia'bàn, che risponde al primo agosto.

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affrìcano il cadi e parecchi sceikhi , a protestare obf bedienza verso il prìncipe, e scusarsi, bene o male, dello assalto sopra Girgenti. Vennero al medesimo tempo messaggi di cotesta città a dolersi dellesor^ bitanza dei Palermitani: e sufolarono airorecchio di Abd-Allah, non si fidasse di quel popol contumace, sènza legge fede , di sua simulata e frodolentà sommessione; e che, se volea pescare al fondo della magagna, chiamasse di Palermo il tale e il tale, e se ne chiarirebbe. Ed ei si chiamoUi : ma ricusarono ; e tutta la città dichiarò che non andrebbero. Àbd-Al- lah, a questo, ritien prigioni gli oratori palermitani, rilasciato il solo cadi; e poco appresso mandavi, a portar forse orgogliosi comandi, otto sceikhi Wfica- ni. Gli Arabi di Palermo a lor volta li imprigiooav^tK); e risolveansi a tentar la sorte delle armi. Fu capo in questo periodo di rivoluzione un Rakamùweih, uom di nome persiano. Fu emir degli stolti, dice amara- mente Ibn-el-Athtr che visse tre secoli appresso: contemporaneo del gran Saladino , scrittor non ser- vile, incapricciatosi dIbrahim-ibn-Ahmed, per quella sua feroce severità. Perciò doveano parere savii ad Ibn-el-Athtr colorò che di quoto si lasciasser divo- rare dalla tigre; perciò V annalista metteva in non cale i dritti dei Musulmani, le sacre franchige calpestate da Ibrahim, valorosamente difese dal popol di Palermo! Lascio indietro, perchè sembra error di compi- lazione , l'episodio narrato da un altro storico : ^ che i

* Questi è Ibn-Khaldùn, nella Hhtoire de VÀfrique et de la Sieik, p* 57 del testo, e IM delia versione di M. Des Vergers. Non so donde abbia cavato tal particolare l'autore, che nel resto del racconto com- pendia Ibn-el-Àtiilr.

II. 5

I060.| 66

Gii^entioi , dopo di avere stigato Abd-Allah , si unis- sero coi Palermitani contro di lai. Movea di Palermo il di quindici agosto, alla volta di Trapani, lo esercito capitanato da un Mesùd-Bàgi/ L'armata d'una tren* tina di vele uscì non guari dopo: fu colta da una tempesta nella breve e difficile navigazione eh' è da Palermo a Trapani , onde la più parte dei legni perì; quegli scampati , senza potere altrimenti offendere il nemico, si ridussero a casa. L'oste intanto assaliva il campo affrìcano sotto Trapani: si combattea fìera^ mente da ambo le parti con gran' sangue, e rima- neva indecisa la vittoria. Ma il ventidue agosto, rap- piccata dai Palermitani la zuffa, mantenuta con uguale fortuna infino a vespro,' prevalse in ultimo la espe^ rienza di guerra di Abd-AUah, o il numero degli Af- fricani che arrivava al certo a quattordici o quindici mila uomini, se si risguardi ai centoventi legni che li avean portato. Abd-AUah, usando la vittoria, prese la via di Palermo su le orme del nemico; indirizzò a Palermo Tarmata che aveva ormai libero il mare, e poteva assaltare la città e molestar anco Toste che SI rìtraea. Lenti e minacciosi ritraeansi i Palermitani,

* 1M óM MSS. di lbii-el*AUitr si trova il secondo nome senza pinti diacritici. Credo vada letto Bdgi. Questo, a detta del Lobb^l- Lobbdb di Sojuti, edizione del Vetb, può esser nome di ikmiglia per- siana, 0 nome etnico derivato da Bàgla, eliè cosi addimandavasi una città della penisola spagouola (Beja in Portogallo); uii villaggio in Af- frica (Bedja nell* odierno reame di Tunis, città dentro terra a poca di- stanza da Tabarca); e un villaggio presso Ispahan in Persia.

* Traduco " vespro * la voce 'atr che indica una delle ore della preghiera, e risponde a venuin'ora, secondo rantleo modo italiano, doè nei primi di setteBdl>re, e in Palermo, alle tre e mezza dopo mez- zodì. Veggansl le tavde delle ore delle preghiere musulmane alla la- titudine del Cairo, presso Lane, Modem Egyptians, tomo I, p. 309.

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come quelli che sapean difendere patria e libertà; si che fecero far al viacitore una sessantina di miglia in quattordici giorni; e al decimoquinto, che fa Tetto settembre , gli presentaron la terza battaglia. Pugna- rono dieci ore continue dall' alba a vespro , in una delle due valli, credo io, che sboccano nell'agro pa*- lermitano a dritta e a sinistra di Baida/ Alfine meno- mati, rifiniti, sopraffiitti, sbaragliaronsi fuggendo verso la città vecchia : gli Àffricani da vespro a sera ferono orrìbil macello di loft>; occuparono i 8oU)orghi; sao- cheggiaronli,' a spreto della legge che vietava di por mano nella roba e nel sangue dei ribelli musulmani. Gon tuttociò non si fe ricordo di enormezze come qnelle.di Tunisi, dalle quali rifùggia Vanirne alto e gentile di Abd-Àllah. Gli increbbe anco della batta- glia, se ci apponghiamo al sentimento di tre versi , che improvvisò in Sicih'a, forse quel di stésso; nei quali, disgustato delle stragi, incendii e distruzioni.

* U Zkné» dice oondiattaU la gionau e alle porte deUe città; » il che ai deve intendere fuori i sobborghi , poiché lbo*-el-Athtr dke ^ occupati qne&U dopo la vittoria. È da rtoocdavsi che la strada da Tnh paal a Palernso hnibo alla metà del XII secolo, e ttate più oltre, pas- sava per Carini, come il mostrano gli itinerarìi di Edrisi. Però dorea cor- rere per una delie valli che fiaieheggiano Monte Cuocio, e uscire alla pianura, sìa tra Bocca di Falco e Baida, sia tra questa e la OMOtagna di Petraoi, lungo Ui linea della nuova strada da mota di Torretta.

' Riscontrinsi : Ibn-el-Athlr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 107, seg.; e MS. di Blbars, fog. 133 recto, seg.; i^atdn, tomo I, p. 135; Ibn-Khal- dùn, flttfoire de VAfripte el de la SieiU, p. IS2, seg.; Chronktm tanta' irigienUf p. 45; Giovanni Diacono di Napoli, IVaslazIoiie del corpo di San Severino, presso Gaetani, Vita Sanctarum Sioulorumf tomo li, p. dO, ripubblicato da Muratori, Rerum Itaìiearum Seriptorei, tono I, parte IK p. 960. fi maraviglioso lo accordo di Giovanni Diacono col cronisti musulmaiii intorno la importanza dei £aitti ; e della Cronica<(li Cambridge, di origine gre- ca, con Iba-el-Athlr, su la data della battaglia df Palermo , che l' uno porta il IO di ramadbin, ei' altro V otto di settembre, che è appunto il riscontro del calendario cristiano col musulmano.

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quel prode, sospirando, pensava a qualche giorno tranquillo, vivuto nei giardini di Rakkàda, in mezzo alle sue donne e figliuoli/

Palermo ingrossando di quartieri suburbani, stendeasi in questo tempo dalla parte di scirocco infino alla sponda dell' Oreto ; da ponente ne saliva una catena di abituri per due miglia e piii infino al villaggio di Baida, ossia alle falde dei monti: sob- borghi sì importanti che racchiudeano da dugento moschee e però vi si debbon supporre a un di presso due quinti di tutta la popolazione palermitana.' Su quel vasto aggregato di ville da diletto ed umili case della gente industriale, torreggiava la città antica, afforzata di bastioni e di lagune, il Cassaro come l'appellarono gli Arabi, spaziosa cittadella di figura ovale che tenea quasi il mezzo dell' odierna città. ' Occupati i sobbor-

* Questi Tersi sono trascrìtti da Ibn-el-Àtbtr nella notizia biografica jAì Abd-Allah, anno 389, MS. A, tomo ,rog. 172 recto; MS. G, tomo IV, fog. 279 recto; e MS. di Bibars, fog. 129 verso; e con qualche variante da Ibn-Abbàr, MS. della Società Astaiica di Parigi, fog. 33 verso. Mettendo nell'ultimo verso un punto diacritico .Botto la h della voce b hdr e leggen- dola bigidr, che vuol dire accanto, in vicinanza, traduco così :

e Bevo la salutar bevanda > in (erra straniera, lungi da' miei e dalla » mia casa:

» Ahi 1 soleva altre volte appressarla a' labbri, quand' io tutto otez- » zava muschio e d'aloe;

» Ed or eccomi in mezzo al sangue, tra 1 vortici del fumo e il poi- f verio. »

Ho reso "salutar bevanda " la voce dewé, medicamento, farmaco*

* lakùt nel Mo'gim el-Boldàn, MS. di Oxford, articolo Palermo, tra- scrive uno squarcio della descrizione d' Ibn-^Haukal, nel quale si questo numero di moschee e si ripete quel di 300 del resto della città, che si co- noscea secondo la descrizione da me pubblicata. Quel passo va or corretto secondo lakùt, la cui aggiunta ne compie la sintassi che rimanea sospesa.

' Oltre ciò che ho detta su la topografia di Palermo nei capitoli pre- cedenti, veggasi Ibn-Haukal, Deteription de Palerme^ da me pubblicata nel Journal Asiatique, IV sèrie, tomo V, p. 94, 95; e néìV Archivio Storico Italiano, appendice XYl, p. 22. I nomi delle porte della città antica che

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ghi dai nemico, i cittadini si difesero nel Gassaro per dieci giorni e stipularono un accordo; onde fu- rono Schiuse le porte ad Abd-Allah , il diciotto set- tembre. Per patto, o innanzi che si fermasse, gran- dissimo numero di cittadini con lor donne e figliuoli andavano a rifuggirsi in Taormina ; Rakamùweih e i più intinti nella rivoluzione facean vela chi per Co- stantinopoli , chi per altri paesi di Cristianità , ove mai non potesse arrivare il braccio d' Ibrahim. Dopo lo sgombro, rimase pure uno stuolo di ottimati so- spetti che Abd-Allah inviava al padre in Aflfrica; forse di qudli cui non v'era pretesto ad uccidere, poiché le croniche non parlan di supplizio loro. Così riluce per ogni verso la umanità del vincitore.*

^i lunghe discordie non poteano ignorarsi dai Cristiani. Que'di Val Demone le aveano usato nella tregua dell'ottocento novantacinque , nella quale sem- bra entrato, allora o poi, lo stratego di Calabria; at-

troviamo in Ibii-Haukal , ci permettono di fissare il perimetro. Movendo dalla odierna parrocchia dt Sani' Antonio saliva verso libeccio per V altura ov' è il monastero delle Vergini , continuava per la strada del Gelso fino a Sant' Agata la Guilla, volgessi a scirocco lungo una linea cbe or si tirasse dalla cattedrale allo Spe/lal grande , e , ripiegandosi verso greco , toccava gli attuali monisteri dei Benfratellì e Santa Chiara, Università degli studii, Uflcio della Posta, Monistero Santa Caterina, donde tornava alla'chiesa di Sant' Antonio. Figura ellittica , il cui asse maggiore coincidéa con la strada del Gassaro d'oggi presa dalla cattedrale a Sant'Antonio. A gue- st' asse éorrean quasi pàralelle, d' ambo i Iati, due strade cbe agevolmente oggi si riconoscono, anguste e serpeggianti come tutte quelle del medio evo ; l' una dal Monastero delle Vergini alla Beccheria vecchia {Ocidituri\ ; r altra dal Palagio Comunale al monastero di Santa Chiara. Non si badi molto alla pianta del Morso, Palermo anticoy cbe si riferisce ai tempi nor- manni , e d' altronde è inesattissima.

* Riscontrinsi : Ibn-el-Athtr ; il Baidn; e Ibn-Khaldùn ai luoghi citati nella nota 2 della p. 67 del presente voi. il Baidn dice espressamente che Abd-Allah entrava dopo accordato l' amdn il venti di raroadh&n.

4000.1 70

teso che Giovaani^ Diacono di Napoli dice provocata da cotesto accordo guerra di Abd-AIlah io quella provincia/ Nel medesimo tempo Sant'Elia da Castro- giovanni, ancorché ottuagenario e infermo, si appre* stava a ripassare in Sicilia, lusingato, forse richie- sto, dair imperatore Lecme il Sapiente : Elia da Ca- strQgiovanni , stato ausiliare di Basilio Macedone nel tentato racquisto dell' isola venti anni innanzi ; e il vedremo tra non guari incoraggiare, a modo soo, al- restrema difesa il popolo di Taormina. ' Yedrem anco novelli sforzi dei Bizantini: un patrizio e un presidio mandati a Taormina; grand' oste adunata a Reggio; armata venuta di Gostantinopoli a Messina. I quali fatti mostrano ad evidenza che Y impero fé' disegno nelle guerre civili dei Musulmani e nel bisogno che avea di lui la colonia ribelle. Dopo la occupazione di Palermo, l' impero armò un poco ; suscitò al riscatto le popolazioni cristiane dell'isola, alla guerra quelle di Calabria; trascinato egli stesso dai Musulmani ri- fuggiti a Taormina; a Costantinopoli e in Calabria , i quali speravano gran cose al certo e molte più ne diceano.

Abd-AUah , sapesse o no coteste pratiche, do- Vea combattere la guerra sacra, per dare sfogo agli agitati ànitni dèi Musulmani di Sicilia , per soddisfare a stesso, alla opinione pubblica, al padre. Non tardò dunque a uscir di Palermo; cavalcò il contado di Taormina; svelse le vigne; molestò il presidio con

* Johannis Diaconi Neapolitani, Martirio di San Procopio presso il Gaelani, Ft/ce Sanctorum Siculorum, lonto U, p. 60; e presso Muratori, k^rum Italicarum Scriptore^, tomo I, parte 1I>> p. 269.

^ Vita di Sant' Elia, presso il Gaetani^ op. cit., tomo II, p. 73.

71 (904.1

avvisaglie; e oome rmverao s'innoltrava, sperando ridurre più agevolmente Catania, città in pianura, la assediò; ma indarno. Periochè, tornato in Palermo a svernare, appareochiÒL più poderosi armam^iti, e, abbonacciala la stagione , fe* salpare il navilio a' ven- ticinque tnarzo del novecento uno. Egli con Teser- cito andò a porre il campo a Demona; piantò i man* gani contro le mura; le battè per diciassette giórni; ^ ma risaputo d'un grande sforzo di genti che i Bizan-» tini adunavano in Calabria, lasciò stare il presidio di Demona buono a difendersi e non ad offendere; e volò con r esercito a Messina. Par che Tarmata ì4 fosse ita innanzi, e che la città si fosse di queto sot- tomessa. Abd-AUah passava immantinenti lo stretto. Trovata Toste sotto le mura di Reggio, un'accozza- glia dei presidii bizantini delT Italia meridionale e di Calabresi che li abborrivano, i Musulmani la sbara* gliaron col spio terrore, dice Giovanni Diacono. Men- tre i fuggenti correano da ogni banda per la campa- gna , Abd-Allah irruppe senza ostacolo in città il dieci giugno. Le feroci genti sue cominciarono una strage indistinta: poi Tavarizia consigliò di far prigioni; d^ ne ragunarono diciassettemila, tra i quali fu tratto in ' carcere^ come scrive Giovanni, il venerando vescovo dal crin bianco e dalla faccia colorita, spirante dol- cezza. Immenso il cumulo della preda: oro, argento, suppellettili ; rigorosamente custodito dai vincitori , continua il medesimo autore, e ben si riscontra con la legge musulmana che vieta di scompartire il bot- tino in territorio nemico. Yi si aggiunsero i tributi e presenti delle città vicine, le quali si affrettavano a

1901-902.1 . 72

mandare oratori chiedendo Tamàn ; poiché Abd-ÀUah avea dato voce di volere stanziare a Reggio. Ma im- provvisamente ei ripassa lo stretto, sapendo arrivata da Costantinopoli a Messina un armata greca; e la coglie nel porto; le prende trenta legni; fa diroccar le mura della città, per gastigo o cautela. Intanto tra- ghettavano continuamente da Reggio a Messina le navi da carico, zeppe di roba e schiavi. Abd-Aliah condusse di nuovo Y armata su le costiere di Terra- ferma; combattè altri nemici, forse gente dei duchi Franchi di Spoleto e Camerino, condotti ài soldi del- ikimperatore di Costantinopoli. In questa impresa il principe aghlabita occupò, il venti luglio, una città di cui non ben si legge il nome, forse Nardo; ^ e si ridusse alfine cpn tutte le genti in Palermo, donde mandò nunzii al padre col racconto delle vittorie e il meglio del bottino. Fino alla primavera del nove- centodue, quando andò a trovarlo ei medesimo in Affrica, Abd-Allah soggiornò nella capitale della Si- cilia, reggendo i popoli con giustizia e bontà.*

* Si troYa nel solo Ibn-el-AtbIr, in un passo di cui abbiamo tre MSS. con tre lezioni diverse : Barlibùa, Jartinùa, e nel BIS. ordinariamente più corretto, Bartono6t2a. Facendo astrazione delle vocali non accentuate, il nome si riduce a sette lettere, alcune delle quali posson variare secondo i punti diacritici. Le lettere sono: 6, t, n, t, th, e può anche rispondere alle nostre p e v; r, ovvero %i^t; 4* e 3f stesse lettere che la prima; 6* w, ovvero u; a, la quale potrebbe esser muta, onde la finale è an- che incerta tra u e wa. Combinando le. consonanti con varie vocali, la migliore lezione sembra JVert^lnu, che risponde al nome dato dai geografi antichi ai popoli di Neritum in terra d'Otranto. Neritum, oggi Nardo, città poco lontana dal mare, fìi assai importante nel medio evo, fatta sede ve- scovile nel XV secolo. Ma la mia congbìettura è tanto più incerta, quanto sappiamo assai vagamente la regione di cui si tratti , come diremo nella nota seguente. >

> Rlscontrinsi : Ibn-el-Athtr, anno 287, MS. À ^ tomo II, fog. 167 ver- so; e MS. di Bibars, fog. 123 recto, seg.; ed anno 261, MS. A, tomo 11,

73 190^.1

Corse fama in Italia che Ibrahim , iatendendo dai messaggi del figliuob la impresa di Reggio , prorom-

fog. 93; MS. C, tomo IV, fon^. SISfeno; e MS. di Bibars, fog ; Joban-

pes DiacoQQS, Translatio corporis Sancii Severini, presso Gaelant, Vita Sanetorum Siculorum, tomo li, p. 60; e presso Muratori, Rerum Italica- rum Seriptores, tomo 1,' parte lU, p. 968^ seg.; Baidn, tomo I, p. 195, annoÌ88; Chronicon Cantabrigiense, presso Di Gregorio, Rerum Àrabiea- rum, p. 44; Ibn-Khaldùn, HistoirederAfiriquettde la Stct7e, Torsione di M. Des Vergers, p. i37, i38; e il ceìioo cbe ne U Nowairì, con errore di data, nella Storia d'Affrica, in appendice alla^t>/otre des Jìerbères,par Ibn^ Khaldoun, versione di M. De Slane, tomo I, p. 431 ; Chronicon VuUumenset presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo I, parte U«» p. 415.

Più che ad ogni altro si badi a Ibn-el-Atbtr, e Giovanni Diacono. Nei MSS. A e di Bibars si legge che le navi musulmane tornavan da Reg- gio a Messina cariche di roba e dakik, che vuol dir ferina » ma credo vada corretto raktk, schiavi. La battaglia di Reggio è riferita da Ibn-el-Athlr al mese di regeb (91 giugno a 90 luglio 901), e dàlia Cronica di Cambridge precisamente al 10 giugno; e questa data io lio seguito, ma forse è erro- nea, e si dee correggere 10 loglio, mutando una sola lettera nel testo ara- bico, e leggendovi iuliu In vece di iuniu, il Baidn in luogo di Rtwa (Reg- gio) ha % la, che si potrebbe supporre Scilla, ma è. alterazione del primo di questi nomi. Ibn-Khaldùn, per errore, credo io, di memoria, frettolosa- mente compendiando questi annali, scrisse che Abd-AUàb, andato da Taor- mina a Catania, e trovandola ostinata alla difesa, se. ne tornò per ripu- gnanza a spargere sangue musulmano. Ciò non si legge in ibn-el-Athtr; è^ probabile -che Catania a questo tempo fosse già divenuta colonia musulmana. Anzi, la espugnazione del vicino castello di Aci nel 909, eh' era tenuto dai Cristiani , li fa supporre signori anco di Catania.

Adessa debbo allegar le testtmoniftoze di quell* ultima impresa di Abd-Allab, dopò la distruzione delle mura di Messina. Ibn-el-^Atbtr, ab- bozzando sotto r anno 961 una biografla di Ibrahim-ibn-Ahmed , dice che proponendosi costui il pellegrinaggio e la guerra sacra, andò a Sosa l'amio 969 (909) e e indi passò còl navilio ili Sfciiia, e potè il campo a » Dem&na, Assediatala per diciassètte giorni , andò a Messinat e pauò a » Bisggio, ove s* era adunata gran gente dei Rum, Ei li combatteva alle » parte della città; li sbaragliava ; e prendea Reggio , con la spada alla » mano, del mese di regeb. Saccheggiatola, fece ritorno a Messina, di » cui abbattè le mura; e, trovando in porto le navi arrivate da Costan* » tinopoli, ne prese trénta. Andò poi a HeriPinù {Bartibù etCw), e se ne » insignori alia fine di regeb, Ei die esempi di giustizia e di, òuona f condotta verso i sudditi. Andò poi a Taormina etci, » segqendoa nar- rare la.espugoaaione di questa città nel 909. Or lo squarcio cbe bo messo io carattere corsivo è compendio esatto, e in molti luoghi trascrliione, di quello che contiene le imprese di Abd-Allah dèi 901 , il quale si trova sotto Tanno 987; se non cbe in quest* ultima inanca la impresa di Ne- ritlnù. £ evidente dunque cbe. Ibn-el-Atblr, o il copista, replicò nella

|9<M.| ~ 74

pessé ìd rampogne: « Non esser suo sangue, no, te- ner daUa lùadre , questo svenevole che s' impietoi^va dei Cristiani e tornava addietro, principiate affiena le vittorie ! Se ne venisse dunque a poltrire in Atìpi- ca, che egli, Ibrahim-^ibn-Abmed, andrelrfje a hìo^ strare ai nemici di Dìo e degli uomini il valor vero della schiatta dAghIab. » A queste parcrfe d'ira s'ag* giugneano romori contraddittori! : che Abd-AUah se- gretamente sopraccorresse a corte per felso avviso della odorte del padre; che Ibrahim vistoselo accan* to, in luogo di incrudelire, gli rinunziasse il regno e ponessegli al dito il proprio anello.*

Cosi tra le fole si risapea la verità. Al dir d^una cronica araba, la verità era che richiamatisi i Mu- sulmani di Tunis appo il califo abbassida Mo'tadhed- Billah delle enormezze che aveano a sopportare, e mostratogli che certe schiave che Ibrahim gli avea mandato in dono, fosser le mogli e figliuole loro, Mo**

guerra d' Ibrahim parecchi faui di quella di Abd-AUah dett'amio pvece- dente. £ eTÌdente, dico, per lo assedio di Demona, Yittofia di Reggio, presura delle navi greche a Messina, e distruzione delle mura di ìin^ sta citt^. Mi pare probabile per la occupazione di Nerlttnù.

fi Ciò perchè Ibn-Kbaldùn, il quale compendiava gli annali di Ibn-^^ Atblr, e on* altra cronica più antica, dopo tuUe le imprese di Abd«<Allah eone noi le abbiamo narrato, fino alla distruzione delle mura di Messina, continna : t Indi tras^ttd ndla ticina parte d' Italia (cosi va resa la deDomi- » nai^nedi a'dwet-^er'-Rùm) ; combattè con popoH Frandii d' oltre il mare; » e toittò in Sicilia. 9 La città dunque il cui nome leggiam male inttaHeK Athir, par che giacesse nella regione vagamente chiamata a'éweU^'-RAmj che non si può intendere del solo stretto di Messina, ma di tutta la co- stiera òhe guarda la Sicilia, se si ricordi il valor della deoominazione ana- loga di Berr-el-i'cfwa in Affrica. 1 Fnuichi eombauuti da Abd-Allah non poteano esser che le genti dei duchi di Spoleto e Camerino condotti ai soldi di Leone il Sapiente. Rltraggiamo infatti ch'egli nel 904 abbia mandato da- naro «t Franchi per rinforzire r esercito destinato contro la Sidfia. Veg- ipasi 11 cap. lY del presente Libro > p. 87, 89.

' Johannes Dtacoius Neapolita&ns« i. e.

7t) |90<.)

tadhed inorrìdito «i risovv^iva d' essere pontefice e imperatore. Facea duuque sentire in Affrica, la prima volta da nn secolo, i Viveri del successor del Profe* ta^ Significava]! per nn mèssag^iero; al quale Ibrahìm volle fskirsi incontro in attestato di riverenza, con* tenendo i superbi movimenti dell' animo, con si doro sforzo, eh* ei ne fu colpito di malattia biliosa , e co- stretto a sostare alla ^kha, o vogliam dire stagno salmastro di Tunis. Abboccatosi quivi segretamente con r ambasciatore, promesse di ubbidire al califo; il quale per bocea di costui, senza comando scritto, g^i ingittgnea di rìsègnare il governo al figKuolo Abd-Allah e rappresentarsi in persona a Bagdad. * Tanta pKxlestia civile d' Ibrafaim si comprenderà me- glio, considerando eh' ei già sentiva crollare il trono aghiabita. Una sètta politica, dèlie tante che ne co- vavano sotto la teotorazia musulmana, s' era appresa alla forte tribù berbera di Kotàma ; e scoppiava già in aperta ribellione, minacciando al paro il principato d'Affrica e il dalilato. In Affrica, Arabi e Beii)eri, or^ todossi e scismatici, nobiltà menomata dai supplizi! e plebe spolpata sotto pretesto di farle giustizia con^

* Nowafri, Storia d^À/frica, MS. di Parigi 702 A, fog. 83 verso; e tnduione «y M. Be Siane, ìnappendiee a llm-Klialdfta, BUt^ire 4e$ Iteiv bères, tomo I, p. 431 ; Ibn-Kbaldùn, Histoire de VAfrique et de la SicUe, Torsione di H. Des Vergefrs, p. 138 e 139. Avvertaci die M. De SlaDe Iia toUato il kiojgo del Nowairi, o?e si dice della malattia che colpln Ibfabtm in questo momento. Quanto alla tradizione , sembra che il Nowairi r abbia tolto da Ibn-Reklk; al par di Ibn-Khaldùn, il quale lo attesta espressamen- te. £gU è vero cb« Ibn^Abb&r, MS. detta Società Asiatie» df Parigi, fog. 35 recto, riferisce aver letto nella Storia d' Ibn-Reklk, che Mo'tadbed ìniriie* ciò di deporre Ibrahim e surrogargli, non il figliuolo» mail cugino Mobam- med; ma questo si dee tenere Come folto divereo, seguito appunto nel- VSd^t prima della uecisione dei detto Mohammed, della quale abbiam fatto parola nel Capitolo precedente, p. 58.

1904.1 —Te-

tro i nobili, a una voce tutti maledivan T Empio, come il chiamarono per antonomasia./ Minacciavalo di più, dall'Egitto, la dinastia dei Beni-Tolùn ,- po- tentissimi di ricchezze e d'ardire, imparentati col califo, usurpatori che per far più guadagno s' offrian sostegni alla legittimità. Sovrastandogli dunque no- vella guerra civile, complicatissima, spaventevole, senza speranze di uscirne vincitore, ei riformò il governo e abdicò, fingendo d'uldndìre al califo. No- tevole è che un altro cronista, copiato o abbreviato nel Baiàn, senza far parola del messaggio di Mo'ta- dhed, attribuisce a dirittura le riforme d'Ibrahim ai movimenti della tribù di Kotàma , e dice che allora ei volle fersi grato air universale, e riguadagnare gli animi degli antichi partigiani di casa d'Aghlab. '

Pose il nome d' anno della giustizia al dugen- tottantanove deir egira (1 6 dicembre 901 a 4 dicem- bre 902) che incominciava tra quelle vicende; abolì le gabelle ; disdisse le novazioni nel modo di riscuo- tere le decime ; ' rimesse agli agricoltori un anno di tributo fondiario; Uberò i prigioni di stato; manomesse i proprii schiavi ; cavò dalli scrigni grosse somme di danaro e dielle ai giuristi e notabili di Eairewàn per dispensarle ai bisognosi ; ma ebberle, iiggiugne un cronista, queiche men le meritavano e furono scia-* lacquate.^ Con ciò premurosamente scriveva ad

i EU-Fàsik. Questo soprannome si legge in Il)n*Abbàr, op. cit., fog. 32 verso.

> Baidn^ tomo I, p. 125 e 126.

' Veggasi nel Capitolo II del presente libro la nota 2 a p. 53.

*' Riscontrinsi: U Baian, 1. e.; e Nowatri, Storta d* Affrica ^ Dell' op. cìt. , p. 432. .

77 [902.1

Abd-Allah di venire in Affrica; il quale, lasciato r esercito in Palermo ai proprii figliuoli Abu-Mo- dbar e Abu-Ma'd, andò ih fretta con cinque galee sole. * Arrivato ch'ei fu, Ibrahim, del mese di rebi' primo (13 febbraio a 14 marzo 902), gli risegnava il principato. Quanto a , non potendo rimanere in Affrica volendo ire a Bagdad , scrisse al califo eh' ei si metteva in pellegrinaggio per la Mecca. Poi pretestò che convenia passare per l'Egitto, e che ei noi potea senza azzuffarsi coi Beni-Tolùn ; onde inviò a Bagdad un'altra lettera : che ad evitare spar- gimento di sangue musulmano, vedi s' egli era con- trito, e a compiere insieme i due precetti del pelle- grinaggio e della guerra sacra, piglierebbe la via di Sicilia. ^ Forse agitava in mente il pazzo disegno di andare alla Mecca per a traverso i torri torii di Cristianità, il Bosforo e TAsia Minore, poich' egli non avea rinunziato al figliuolo la signoria di Si- cilia, e pensò al certo al conquisto d Italia, e in Italia parlò di quel di Costantinopoli. ' Che che ne fosse , Ibrahim, sceso dal trono, parea rifatto altr'uomo. Dissepolti i suoi tesori e armerie, indossò a mo' de- gli anacoreti un cilicio tutto rattoppato; andò a Susa a bandire, la guerra sacra. Di il sedici di rebi' se- condo (30 marzo) parte per Nùba, castello in su la marina tra Susa e Iklibia {Clypea) ; ove fa la mostra

* Ibn-el-Athlr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. i67 verso; e BIS. di Bibars, fog. i25 recto, seg.

' Riscontriosi : Nowairi, I. e. ; Ibn-ei-Alblr, anno 961, MS. A, tomo lì, fog. 02 recto; e MS. C, tomo IV, fog. 246 verso ; Baidtii tomo I, p. 126.

' Jobamnes Diacooos, Translulio eorporii S, Severinif presso Gaetani, Yilas^ Sanciorum Sieulorum, tomo II, p. ^; e presso Muratori , Jtemm Ilalicarum Scriptores, tomo I, parte II*, p. 269, seg.

I

I V

[m.\ . -~ 78

dei vok>ntarii; li provvede d'armi e cavalli; dispeDsa venti dinar a ogni cavaliero e dieci a ogni fante ; e con loro fa vela per la Sicilia. ^

CAPITOLO IV.

Il tiranno penitente trovò perdono e anche sé- guito in Sicilia. Sbarcato a Trapani* verso la fine di maggio ' si messe a fer grate : poi cavalcò alta volta di Palermo ; giansevi Y otto di lu^io, ma, c(m)'ei sembra, non entrava in città. " Comandando tuttavìa da re non ostante Y abdicazione, Ibrahim alzò in Pa-- iermo il Tribunal dei Soprusi ; deputò altri a prese- dervi; ed egli, intento anima e corpo alla guerra sacra, conduceva a soldo marinai, largheggiava sti- pendii a cavalieri ; talché tra gli Affricani che avea seco e i Musulmani di Sicilia che arruolò, mqsse in

* Ibn^^Atìitr e Nowaìri, II. ce. Nella Yersione di H. De Slane la daU della partenza per Nuba è posta per errore di stappa in vece del i6 il 22 di rebi* secondo, che tornerebbe al 5 aprile.

> Trapani eertameote, come scrlTe Ibn-Khaldftn , ancorché nel lesto di Nowairi si legga Trìpoli. Nelle opere arabiche quei due nomi son con- fusi spesso. Ma qui il testo di Nowairi non lascia luogo a dubbio, portando ebe Ibrahim da Nùba nmfigò a quella città, e che indi eavakò per a Pa*

Iermo.

> In maggio, secondo la dilfgentissima Cronica di Cambridge. Secondo n conto di No^raìrì lo sbarco sarebbe smreiinto nella seconda metà di giu- gno, poiché Ibrahim si intrattenea diciassette giorni a Trapani; ma questa dfra può essere sbagliata, come lo è di certo quella del soggiemo in Pa- lermo.

* Giovanni DiaooAO napoletancr espressameoie nota che IbraUm sde- gnasse d' entrare in Palermo, come casa propria. Air incontro Nowairi ri- ferisce tanti particolari da non potersi meltere in forse Tandata. Il detto che fibrahìra non tenne, ma fe^ tenere da altri il Tribunale dei Sopmsf, mi fa supporre che il liraono fosse rimase fuor la città vecchia.

' 79 (902 I

ponto un' oste poderosa. Il diciassette di luglio mo- vea con quella sopra Taormina. ^

Per fortezza di sito, numero di popolo, tradi- zioni , e monumenti , era ormai questa la capitale della Sicilia bizantina, degli aspri luoghi, cioè, tra TEtna e la Peloriade, ne' quali un pugno d'uomini di- fendeva ancora il vessillo della Croce. Non potendo abbandonar costoro senza vergogna, Leone il Sa- piente li aiutava com'ei sapea ; che è a dire, poco, tardi, e strambo. Quel che conosciam di certo è che, sovrastando il pericolo pei notissimi appresti d' Ibrahim, Leone teneva i soldati dell' armata a Co- stantinopoli a fare i manovali nella fabbrica di due chiese e d' un monastero di eunuchi ; e eh' avea già mandato a Taormina un presidio con Costantino Cara- malo ' e Michele Characto ; dei quali il primo fé' mala

* Riscontrfnsi: Nowairì, SìùTìa d'Affrica, MS. di Parigi 702 A, fog. 53 vejso; e tradluioBe francese ài M. De Slane, in appendice a Ibn-Khaldloi, Histoire des Berbèrest tomo I , p. 452 ; Um-Kbaldùn , HUtoire de VAfriqm et de la Sieile, versione di M. Des Vergers, p. 142; Johannes Diaconns NeapoliUmus, TranslaHo corfom Sanati Severini, presso Gaetani, Viim San- etorum Sieulorum, tomo li, p. 61. Non cito Ibn-el-Athìr perchè il testo è Tidato, cerne dissi nel capitolo precedente, nota, p. 75. ÀTTertasi che la versione di M. De Slane tn questo luogo del Nowairì sembra poco esat- ta, e V ha qualche error di stampa nelle date, oltre lo errore del Nowairi che Ibrahim arrivato in Palermo il 28 regeb (8 luglio) , e soggiornatovi quattordici giorni, ne fosse partito il 7 scia'bàn (17 luglio). M. De Slane ha soppresso quest' ultima data, accorgendosi che fòsse sbagliata.

< n nome di Costantino si legge nella Vita di Sant'Elia da Gastrogio- vanni, e gli è dato fi titolo di patrislo. I cronisti bizantini scrivon che e fosse In Taormina, > al tempo deHa espugnazione^ Garamalo, conuB e* pare, capitano del presidio , quantunque non gli dian titolo di patrizio, altro. Penso io dunque che si tratti d' un medesimo personaggio per nome CostanthM), e di casato Garamalo. I bizantini non dicono anco il grado di Michele Characto, ma eh' egli accusò di viltà e tradimento il Ga- ramalo, quand' entrambi si rifuggirono a Costantinopoli. Da ciò la con- ghiettura che il Characto fosse secondo in grado, o capitanasse qualche

1002.1 . 80 -^

prova ; e il secondo, inferiore in grado, non potè ri- parare , o almeno il die a credere. ^ Al medesimo tempo Leone richiedeva Elia da Gastrogiovanni di pregare per la salate dell'impero, dice l'agiografo, i fotti mostrano, di andare a Taormina; ov'egli, Sici- liano, con la sua fama di santità^ rozza eloquenza, e venerabile aspetto, prendesse due colombi a un favo, come pareva alla corte bizantina : incoraggiare cioè i combattenti ; e mondarli dalle peccata, dalle quali fermamente si credea che venisse ogni sconfitta delle armi bizantine. Elia, ottuagenario, infermo, so- stenuto in pie dair indomabile costanza dell' animo, passava incontanente col fidato suo Daniele, di Cala- bria in Sicilia, sotto specie di venire a baciar le ossa di San Pancrazio, primo vescovo di Taormina ; e si messe air opera con impeto. Rinfacciava alla misera città non mancarle nessun peccato ; rampognava Costantino che non sapesse ritenere i soldati dagli omicidii, oltraggi, gozzovìglie, dissolutezze ; gli par- lava d' Epaminonda e di Scipione, uomini di si spec- chiati costumi da far arrossire i Cristiani di quei tempi corrotti; gli ricordava la temperanza e la con- tinenza, come necessarie virtù di chi s' appresti alta guerra. Rincalzò, al solito , i savii consigli con la

corpo ausiliare, il quale vìrluosamenle avesse combaUulo contro Ibrabim. .Giorgio Monaco fa supporre clie Eustazio, drungario dell'armata, fosse stato inviato a Taormina o incaricato di recarle aiate ; il che ei non fece, e indi ne fu -punito. Ma par che il cronista supponga questa colpa, oon« fondendola con quella che certamenle commise Èustasio, mandato contro r armata di Leone da Tripoli di Siria.

« Riscontrinsi: Georgius Monachus, De leone Batiìii filio^ § 25, p. B61 ; Theophanes continuatut, lib. Vi, 2 18, p. 3d5; Symeon Magister» De Leone Bafilii filio, § 9, p. 704; Leoois Grammatici, Chronographia, p. 274,

81 (0O2.|

macchina epica : vaticinò, e non era sforzo di prò* fezia, il passaggio imminente del fier Brachimo Af- fricano ; il guasto, la carnificina , V arsione di Taor- mina. Giacendo infermo a casa del cittadino Chrisio* ne, Elia diceva all'ospite : " Vedi; qui in questo letto si adagerà Brachimo vincitore : ed ahi quanta strage insanguinerà queste mura ! " Un' altra fiata, andando per la piazza maggiore, s' alzava i panni a ginocchio, e richiesto del perchè, rispondea : " Veggo abbon- dare i rivi di sangue. "* Poi girava le strade, in mutande,* stranamente avviluppato dicatene; si po« neva un giogo di legno sul collo : per lui non restò di sbigottire soldati e cittadini, se punto credeano a profeti viventi. Cosi la religione dei Bizantini sba- gliava sempre il segno. Elia, fatto ludibrio della gente, non perdonò all' ultima cerimonia di scuoter . la polvere da' sandali , uscendo dalla città ; e come Ibrahim s' appressava , così egli navigò ad Amalfi.

Comparso il nemico, i difenditori di Taormina non si stetter chiusi entro le mura. Scendendo, com' e' sembra, alla marina di Giardini, presentarono la battaglia ad Ibrahim; virtuosamente la combat- terono con gran sangue d' ambo le parti : e già le schiere musulmane balenavano; serpeggiava tra quelle un pensier di fuga ; perdeasi al vento la voce d^ un che aveva intonato per rincorarli le parole di lor sacro libro : ^ che ti daremo segnalata vitto-

* La versione latina ha : Quippe lumbare lineum supra lumhos suos ponete. Dunque il buon vecchio, gittata la cocolla, si mostrava con le sole mutande, per imitare^ credo io, la foggia deglf schiavi. Vita Sancti EH<B Junior Ì8 presso Gaetani, Vitce Sanctorum Sieulorumy tomo 11, p. 73 e 74; e nella collezione dei Bollandisti, i7 agosto, p. 479, seg. II. 6

|902.| —Si-

ria, " ^ quando Ibrahiiu lanciossi nella mischia. Volto a quel pio guerriero: " Perchè non reciti, * :gli gridò, "^ cotesti altri versi : Ecco due litiganti che dispu- tano chi sia il Signor loro. Ma agi' Infedeli son ap* parecchiate vestimenta di fuoco e mazze di ferro : su le teste loro si verserà acqua bollente, da strugger viscere e pelle."" * E quando quegli ebbe fornito i due vèrsi: ^'O sommo Iddio,* ripigliava Ibrabim, "di te disputiamo quest'oggi io e gli Infedeli; "* e tornò aK Fassalto, caricando con essolui gli uomini più vaio* rosi e di piii alto consiglio; i quali fecer impeto che spezzò r ordinanza nemica. Allora i Cirìstiani a fug* gire sparpagliati ; i Musulmani a inseguirli su p^ le vette dei monti, dicon le croniche, e in fondo ai burroni. Altri scampavano su le navi ; e tra questi forse i due capitani bizantini. Altri riparavansi alla città; coi quali alla rinfusa salirono il monte ed entrarono i vincitori; e incalzaronli fino alla cit- tadella, Castel di Mola, come oggi s' addimanda, che sovrasta air erta di Taormina da un' erta assai più scoscesa e superba, a distanza d' un miglio. Ibrahim pur tentò un colpo di mano : impaziente di fer ma- cello tra la popolazione che s' era messa in salvo nella rócca, mentre le ultime schiere vi si rìtràean combattendo. Girata intorno intomo la costa , sparsi i suoi d'ogni lato, Ibrahim scoprì un luogo ove gli parve ch'uom potesse inerpicarsi con mani e pie; e a furia di promesse cacciò su per quei dirupi un drappello de* suoi stanziali negri ; i quali supera-

< Corano, Sura XLVUI» verso 1. 3 Corano, Sura XXII, yersi 20 e 31.

83 |902.|

roQ r altezza, e a un tratto tuonarono agli orecchi dei guerrieri cristiani ^ Akbar Allah. ** S' erano essi adagiati a prendere un po' di cibo, fidandosi nel sito inespugnabile; stanchi della sanguinosa giornata; te- nendo guardie nei luoghi accessibili e negli altri no; quando li percosse il noto grido di guerra dei ne- mici. Scompigliati e confìisi, non corrono a gittar a basso delle rupi quel pugno di schiavi, non a difen- dere la strada del castello. Ibrahim dunque, udito il segno de' suoi, sali senza contrasto con le altre schie- re ; spezzò le porte ; e comandò Y eccidio. Era la do- menica, primo d' agosto novecento due. *

Ibrahim efferatamente abusò questa vittoria. Alla prima fe'trucidare, con gli uomini da portar armi, anco le donne, i bambini, i chierici, cui la legge musulmana perdona la vita ; fece porre fuoco alla città; dar la cacr eia ai fuggenti per le foreste di que monti ed entro le caverne; addurre a se i cattivi, perchè ninno di cui

< Ritedntriosi: Ibn-eWAilitr, anno 961 , MS. A, tomo il, fog. 09; MS. G, tomo IV, fog. 246 verso; e MS. di Bibars; Nowairi, Storia d'Affrica , testo nel MS. di Parigi 702, A, fog. 83 verso, e traduzione pressò De Slane, op. cit., p. 439, 433; Uut^Klialdùa, Biiioir^ de yAfrifU0 el d$ la Sicile, p. 149; Ckronieon Cantabrigiense , presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 44; Johannes Diaconus presso Gaetani, Vita Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 61. Non cito i Bizantini perchè non portano par- ticolari del fatto, date. Nella Cronica di Cambridge V anno è sbagliato dal copista che scrìsse 9i(ta (sei) in luogo di sena (anno), la qoal voce diffieri^ee 4aj|a prima per «n sol punto diacritieo. Così vi si trova 6419 in l«oi(0 di 6440, cioè 908 in luogo di 909. Ma le altre tesftiaioniaiise storiche non iasci^n dubbio su la v^ra lezione; e a ritrovarla basterebbe ^co il calendario , porcile la Crwilca di Cambridge espressamente dice presa Taormina la domenica primo d' agosto, il qual incontrò in dome* alca il 909, e non il 908. U giorno deyignato da Ibn-el-Atblr, è il 99 sda'bl^n 989, ohe risponde «satiamente al agosto 909. La Cronica del Monastero di Volturno, presso Muratori, Rerum Ilalicarum Scriptores, to- mo I, parte II«, p. 413, accenna senza data la espugnazione di Taormina.

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1902.1 84

potea comandare la morte non gli escisse di mano per umanità o avarizia altrui. Così, recatagli una gran tor- ma nella quale si trovb Procopio vescovo della città, Ibrahim chiamatolo a : "" Cotesti tuoi capelli bian- chi " gli disse *'mi ti fan parlare pacatamente. Se e' ti rendon savio, abiura la fede cristiana; e salverai la tua vita e di tutti costoro; e ti darò tal grado, che in Sicilia sarai secondo a me solo. " Procopio sorrise senza rispondere; e incalzandolo il Musulmano: "Ma tu non sai chi ti parla?" replicò. ^'Sì; il demo- nio per bocca tua ; e indi rido. " Onde Ibrahim volto agli sgherri comandava : ** Sparategli il petto , cava- tegli il cuore, eh' io vo' cercarvi gli arcani di cotesta mente superba : " linguaggio del vero conio di Ibrahim. Il santo vecchio, dato al supplizio, finché potè arti- colare la voce, imprecò contro il tiranno, confortò i Compagni al martirio. Aggiugne Giovanni Diacono, autor della narrazione, che Ibrahim, furibondo a tal costanza, digrignando i denti, arrivò a chiedere che gli dessero a mangiar il cuore; e se non compì l'orrenda Jaltanza, fece scannare gli altri prigioni sul cadavere del vescovo, arderli tutti insieme, e alla fine della festa si levò mormorando : " Così . sia consumato chi mi resiste ^"^ * *

^ Johannes Diaconus, I. e. È verosimile e perciò non r ho tolto Via» quel vanto da cannibale che Ibrahim forse non intendeva di consumare. Nel Baién^ tomo I, p. 1^, leggiamo che il 285 (896) egli avea fatto ucci* dere quindici persone a Taurg;ha neU* odierno Stato di Tripoli, e cuocerne le teste, come se volesse Imbandirle a mensa ; il che fu cagione che la più parte del proprio esercito k) abbandonasse. Un MS. della Biblioteca di Bamberg, dello XI secolo, citato neir opera di Pérts, Scrtp/ores, tomo lU, p. 548, in nou alla Cronica Salernitana, accenna il martirio di San Proco- pio , evidentemente compendiando e alterando narrazione di Giovanni Diacono.

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Lieve opera fu alla caduta di Taormiua di ri- durre il rimanente del Val Demone. Ibrahim, venduti i prigioni e il bottino, e spartito il prezzo tra' suoi, mandava quattro forti schiere; una col nipote Zia- det-AUah a Mico o Vico , fortissimo castello dentro terra, non hingi, credo io, dal Capo Scaletta; ' l'altra col proprio figliuolo Abu-Aghlab, sopra Demona;* la terza capitanata dall'altro figliuol suo Abu-Hogir ' so- pra Rametta; l'ultima contro il caste! di Aci * condotta da un Sa'dùn-el-Gelowi. Delle quali castella, le due prime, sendo state sgombrate già dai terrazzani alla nuova del caso di Taormina, fruttaron solo ai Musul-

< Nei Tàrii MSS. d* Ibn-el-Alhtr, Ibn-Kbaldùn ; e Nowairi qaesto no- me si legge Blkesc, Benfesc, Hfesc, Mlnisc, Minia, e talvolta è scritto senza punti diacrìtici. Edrisi pone tra Messina e Taormina, in luogo aspro e montuoso, a 15 miglia verso mezzodì da Monforte, una terra Hlkosc, Ml- kos. Minia, secondo i varii MSS. Non trovo in oggi nomi somiglianti ; ma Il luogo risponde tra il Capo di Scaletta e il Monte Scuderi ; sia Àrtalia , o Pozzolo. Superiore, o Giampileri ec Castello par cbe non ne rimanesse n^ anco al tempo di Edrisi; Il nome mi par latino o greco, Vicus, mJ^^s Miqxocc 0 ancbe. Himì, Mandanici, cbe darebbe quest'ultimo nome aggiunto a quel di MficvjpM, non risponderebbe ^alla detta distanza da Monfprte, cbe per altro può essere inesatta o sbagliata nel MS. di Edrisi.

' Veggasi la nota 4 a p. 468 del I Volume» lib. il, cap. XII, inlomo il sito del caste! di Demona.

' Si pronunzìi come Hodjr in francese, e in inglese Bojr, Non V bo scritto Hogr perchè darebbe un suono diverso»

* Certamente El-^lagi, quantunque alcun MS, porli El^Bàqi, Et^ làgi ec, mutando i pùnti diacritici, e altro dia le lettere senza punti. Edrisi Io scrive Liàgi, come si I^ge nel migliori MSS., dovendosi negli altrì ag- giugneve un punto diacritico alla ietterà h e mutarla così in t, Liag o Liagi in luogo di Lebag cbe si è trascritta. La differenza di ortografia tra Edrisi e le memorie, di certo anteriori a lui, su le quali compilò Ibn-el-Atbtr, luogo a una curiosa osservazione fljologica. Nel X secolo , al quale van riCerite quelle memorie, il nome di ^Axts e AcU, pronunziato in Sicilia, co- m' oggi 9 loci, eoo la prima vocale strisciante nel modo cbe avvertii per Enna, era scriUo dagli Arabi col loro articola ej; probabilmente perchè i Greci V usavano ancbe con V articolo. Neihi prima metà del XII secolo, in .cui visse Edrisi, Si dlcea Li Àch con V articolo italiano , il che può agglu- gnersi alle altre t>rove cbe la lingua nostra già si parlasse in Sicilia.

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mani quel po' di roba che vi era rimasta. I cittadini di Rametta offrivano di pagar la gezta; ma non lo assentì Àbu-Hogir e volle gli abbandonassero la ròc- ca; e, avutala, la smantellò, quanto potea. Similmente que'd'Aei e delle rócche e fortezze dei contorni, fat- tisi insieme a chieder patti, non ottennero altro che la vita, fors'anco la libertà delle persone: e uscendo dalle mura che avéan si lungamente e gloriosamente difeso, le videro diroccar dai nemici e gittarne i sassi in mare. ' Pietro Diacono, monaco cassinese del duo- decimo secolo, su quest'eccidio di Taormina fabbricò l'apocrifa narrazione accennata da noi nel prime Libro; nella quale affermò che Agrigento, Catania, Trapani, Partinico, Iccara, e le distrutte già pa- recchi secoli innanzi Cristo, Tindaro, Segesta, Solunto,

' Riseontrinsi : Ibn^l^Alhtr, Ibn-Khaldùo, e Nowairi, )]. ce. Il rac- conto di Nowftiri, che in qaesto laogo è particolareggiato più che gli altri, éopo ayer detto di Bico, Demena e Rametta, continua: e E mandò sopra » Ad, con un'altra schiera, Sa*dùn-el*6elowi. Tutte le popolazioni in- » sieme si rivolsero a costai, profferendo la ge^ia; ma egli non l'accettò, 1 volle altro patto che l' uscita loro dalle fortezze. Uscironne dunque : » ed egli distrusse tutte le ròcche e castella, e ne gittò le pietre in mare. > Questo passo prova che la denominazione di Ad, al principio del X secolo, comprendesse parecchie castella ; ovvero che Ad fosse come la capitale di quelle sparse sul flanco orientale deU' Etna. Tra i due suppoiAi, terrei piut* tosto il primo ; perchè ai tempi di Ed risi , Aci par éBe fosse nominata al plorale, come dissi nella nota precedente ; e in oggi v'ha infino a sette co^ munì di tal nome, poco lontani l*un dall'altro. Qual fosse la fortezza prhi* dpale nel 903, non so. Porse Castel d* Ad, posto sopra un masso df basalto in sul mare, rimpetto alll scogli de' Ciclopi, o Faraglioni come or diiamansi : Le Uole di Ad di Edrisi« Castel d' Ad è famoso nelle guerre degli Angioini contro gli Aragonesi. Potrebbe darsi ancora che la ròcca principale fòsse stata svi vicin *' Capo del Molini " ove si trovano ruderi antichisìBimi; ovvero nel quartier della odierna Adreale, detta Fatane, che ha avanzi di un edi- Azio romano o bizantino, e vi si è scavata una grossa pietra di lava, col noto monogramma del motto *Gesù Cristo- vince* che si sole» porre nelle fortezze e bandiere bizantine. Veggasi su le antichità dette l'erudito la- voro di Lionardo Vigo, NòHMie thriehe d'Aei Beate, cap. II.

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fossero ville della Badia di Monte Cassino, quando vennero di Babilonia e d'Affrica innumerevoli Sara- ceni capitanati da Ibrahim a rapir quei ricchi poderi, immolando le migliaia di frati che li tenessero.*

Ma pervenute a Costantinopoli le infauste nuove di Taormina, Leone gravemente se n'accorò, scrivon le cronache musulmane; e per sette dì, ricusava di cinger la corona , dicendo non star bene ad uom tribo- lato. Continuano a narrare che sorgea neir universale il generoso pensiero di aiutare i Cristiani di Sicilia; ma che lo sturbò la voce che Ibrahim si apprestasse ad andar sopra Costantinopoli; onde Leone afforzava la capitale con un esercito e pur avviava forti schiere alla volta di Sicilia. * Il véro è eh' egli volle mandar danaro in Calabria per levar gente e assoldare i fenda- tarli longobardi o franchi che passassero in Sicilia. Lo ricaviamo dalle memorie bizantine che si accordano con le musulmane nella esposizione dei sentimenti, se non de' fatti. Leone condannò a morte il Caramalo per la viltà o tradimento suo a Taormina; e ai pre* ghi del patriarca di Costantinopoli, commutò il sup- plizio in professione monastica: strana gradazione di pene in una età in cui la vita monastica , assomigliata

< VegKasI U Libro 1, cap. IV, p. i<X>, seg., e nota i ailt pag. 102. L'episodio di Ibrabim appartiene esclasivamente a Pietro Diacono. Si con- aerva manoscritto nella Biblioteca di Monte Gassino; come ritraggo dalla lista messa in appendice al trattato di Pietro Diacono, De viris Ulustribtu €09- 4^.; presso Muratori, JUrum Italicarum ScripioreSf tomo VI. É pubbli- cato dal Gaetani, VUm Sanetorum Sieulùrum^ tomo I, p. 181 , seg. , con noce che condannano qnalche bugia è mostrano gli anacronismi sconci delia narraitoiie, compilata, come dice Pietro Diacono, sa la Cosmografia di Teofone, e la * Cronologia dei Pontefici Romani.*

s ^bn-el-Athtr , anno 361, MS. A, tomo II, fog. 02, seg.; MS. C, to- mo IV, iiog. 246 verso.

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all'essere degli angioli, si teoea com'apice di perfe- zione cristiana! * Vero altresì che si temesse a Co- stantinopoli l'assalto, sia d'Ibrabim stesso che minao- ciava di andarvi,' sia del rinnegato Leone da.Trippli di Siria; il quale con cinqaantaquattro navi, armate in Siria stessa e in; Egitto e rinforzate di Schiavoni, nei principii della state del novecento quattro, accennò alla capitale bizantina; fé' voltar faccia a due ammira- gli; e, gittatosi sopra Tessalonica, entrovvì dopo tre giorni d' assalto il trentuno luglio. ' Neir occupazione

* Georgios Monachss, De Leone Basilii filio, Ì 25, p. 860, 861 ; e Leo Grammaticus, Chronografthia^ p. S74>, dicono espressamente condannati a morte, pel fatto di Taormina, ii Caramalo ed Eustàzio drungario dell' ar- mata ; e nominano i due monasteri diversi nei quali furono mandati per commutazion di pena. Contuttociò Giorgio Monaco nel § 29, narrando la impresa di Leone da Tripoli che seguì due anni dopo, dice mandatovi Eo» statio con tutte le forze navali ; il quale tornd, allegando non aver potuto trovare il nemico. Pare dunque cbe la condanna debba riferirsi a questo secondo fatto; ma non è inverosimile, trattandosi della corte bizantiD», cbe dopo la prima prova sia stato tratto Eustàzio dal monastero, per affi- dargli di nuovo r armata e la fortuna dell' impero.

^ Jobannis Diaconi Neapol. , Translatio etc. , presso Gaetani, Yitc^ Sànctorum Siculorum , tomo II, p. 62.

' Johannes Cameniata, De Excidio Thessaloniciensi, esattamente narra tutti i particolari di cui fu testimone oculare; e tra gli altri, al i^lS^p. 51S^ la nazione del soldati capitanati dal rinnegato Leone. Perciò il Rampóldi grossolanamente sbagliò. Annali Musulmani , scrivendo sotto Tanno 902 cbe i < Musulmani Agblabiti , radunata una flotta in Affrica e in Sicilia , » prendeano Lenno , e minacciavano Costantinopoli , comandati da Leone » di Tripoli. > Lo seguì in questo errore il Martorana, NoH%ie dei Sartp- ceni Siciliani, tomo I, cap. Il, p. 69; e nota 88, p. 20; e scrisse i fatti di Lenno e Tessalonica « tra le belle gesta cbe pur fecero i Saraceni Sicilia- » ni , » ingannalo ancbe dalla concisione di Cedreno , il quale sufkpoàe Taormina e l' isola di Lenno occupate nella medesima impresa. Lenno. fu presa dai Musulmani di Cilicla, capitanati da un altro rinnegato per nome Damiano, Tanno 903; come si scorge dalie autorità cbe cita il Le Beati, Hiitoire du Bas Empire, lib. LXXII, § 31 ; e in. particolare da Sym^n Magister, De Leone Basilii filio y § 9 e 10, p. 704, il quale porta in anni diversi i due fiotti di Taormina e di Lenno. Oltre Giovaoni Cameniata si veggano per la impresa di Tessalonica, Theepkanes. continualus, lib. VI, cap. XX, p; 366, seg.; Symeon Magister, § 15, 14, p. 705; Leo Gramma- ticus, p. 277; Georgius Monacbus, § 20, p. 862.

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della quale città si narra un episodio che attesta e le cure di Leone il Sapiente a favor dei Siciliani , e la scempia guisa in che si mandavano ad effètto. Rodo- fiio eunuco e camerier dello imperatole, viaggiando con cento libttt*e d>ro destinate air esercito che d<>- vea mandarsi in Sicilia / s' era intrattenuto a Tessa- Ionica per faccende, o, com' altri scrive, per malattia da curarsi coi bagni ; quando pionibaron su la città i Musulmani di Siria e di Egitto. Allora ei metteva in salvo il tesoro , inviandolo in una provincia vicina ; ma fatto prigione ei medesimo quand'entrò Leone da Tripoli, questi n'ebbe spia, gliene domandò conto, es non credendo alla scusa che allegava , lo fé* morir sotto le verghe. Poi s'ebbe il danaro, minacciando d'ardere Tessalonica. '

Ibrahim-ibn-Ahmed non soggiornò a lungo tra le ruine di Taormina. Ragunate le schiere che avea mandato a)le dette fazioni , marciò sopra Messina; stettevidue soli; e il ventisei di ramadhan (3 set- tembre) tra le preci<, i digiuni, le luminarie del mese

< Cento Ubbre d*oro secondo Giorgio Monaco, la Continuazione di Teofane, e Symeon Magister, 11. ce. Giovanni Gameni^ta accenna prima vagamente una grossa somma di danaro, e poi due talenti d*oro, op. cit., § 59, p, 869. Il secondo aggiagne che il danaro servisse agli sti- pendii e spese dell'esercito in StciUa( rbu xceroè lutlU* «t/^octoù), nia si deve intendere di quello che si pensava f^f passare di Calabria in Si- cilia. Symeon magibter dice che le cento libbre d' oro eran chiuse in un cestellino (xociHmio^ per recarle ai Franchi. Senza dubbio ^ tratta degli stessi Franchi di cui fa menzione Ibn-Rhaldùn nel 901 ; e probabil- mente erano i duchi di Spoleto e Camerino, che nel IX e X secolo fecero un po' i capiUni di ventura. Si vegga sopra a pag. 72, 74.

> Johannes Cameniata, op. cit., § 39 e 64, p. 569 e 576; TAeopAoK nea eontinuatusjlib. \ly cap. XX, XXI, p. 566, seg.; Symeon Magister, De Leone Bàsilii filio^ S ^3> ^^> P- '7^> s^g.; Georgius Monachus, De Leone BasiUi fUio^ § 29, 50, p. 862, seg.; Leo Grammaticus, p. 277. Veggasi anche Le Beau, Bistoire ìuBm Empire ^ ìib. LXXII, § 52, seg.

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santo e il fanatisnìo che ne crescea , valicò il Faro con tutto r esercito. Attraversò F ultima Calabria senza trovar nemici; sostò non lungi da Cosenza; * dove, traendo al campo ambasciadori delle atterrite città a chieder patti, Ibrahim li intrattenne alquanti dì; poi rispose nella insolenza della vittoria : " Tornate ai vostri e dite che prenderò cura io delFItalia e che farò degli abitatori quel che mi parrà ! Spe^an forse resistermi il regolo greco o il franco? Cosi ibssermi attendai! qui innanzi con tutti gli eserciti 1 Aspettate- mi dunque nelle città vostre; m* aspetti Roma, la dita delvecchiarello Piero, coi suoi soldati germanici; e poi verrà T ora di Costantinopoli ! "

Indi gli oratori a tornarsene frettolosi; e le città ad apprestarsi contro T estrema fortuna : risarcir mu- ra, alzare bastioni, far provigioni di vitto, ridurre ne* luoghi forti quanti arredi preziosi o derrate fos- sero nelle campagne. Il terrore giunse infino a Na- poli. Tra gli altri provvedimenti, Gregorio console, Stefano vescovo e gli ottimati della città, deliberavano di abbattere il Castel Lucullanq, come chiainavasi, a Capo Miseno : villa costruita da Mario ; comperata e profusa di delizie da Lucullo; teatro di laidezze e domestici misfatti degli imperatori di Roma; vergo- gnoso confino d'Àugtistolo che vìssevi d'una pensione _ d'Odoacre (479); mutata poscia in monastero e mo-

« Ibn-el-Àthìr, 1. e. ; Nowdirì, SU>ria d'Affrifsa, HS. di Parig!, 709, A, tog. 83 verso ; e la tradazione franeese presso M. De Slane , op. cit. , p. 433; Ibn-Klialdikn, Eistmé^e VAfriqut et de la Sieile, p. 143, dice Ibrabim tornato in SidKa , e morto air assedio di Cosenza cb'ei non sapeva essere in Calabria. Il li^etto ritorno è evidente sbì^io nàto dal confondere questa impresa Ibrabim con qn^a ^el figliuolo Tamio Hmanzi.

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aumento sepolcrale di San Severino (496); afforzata di mura , oocapata dai Musulmani di Sicilia (846) : vera tavola cronologica delle rivoluzioni della società italiana per nove secoli. I Napoletani a ragione to- rneano che quelle moli non fossero occupate di nuovo dalle navi di Sicilia per intercettale la navigazione del golfo. Lavorarono dunque popolarmente per cin- que di a spiantarle e a cercar tra le tombe le ossa di San Severino che volean serbare con gli altri te- sori in città; domandandole T abate del monastero dello stesso nome a Napoli. Trovatele, o credutolo, ruppero tutti in lagrime di gioia: e il di appresso, che fu il tredici ottobre , le sacre reliquie erano con- dotte in processione alla città; uscendo all'incontro i magistrati, il popolo e i chierici che salmeggiavano, come parlavansì due lingue a Napoli, chi in greco e chi in latino. Per una settimana gli animi s'agitavano tra cosi fatte effervescenze religiose e le male nuove di Calabria, quando, a soverchiarli di paura, scherzò nel firmamento non più vista moltitudine di stelle ca- denti, la notte del diciotto ottobre, secondo Giovanni Diacono, del ventisette al dire del Baiàn, o più fiate in quella stagione, come par che voglia significare Ibn-Abbàr. Aggiugne questi che si sparnazzavano a dritta e a manca a somiglianza di pioggia. Le inno- centi asteroidi, o meteore elettriche, o che che fos- sero, che la scienza per anco noi sa, passaron tosto in buon augurio, poiché San Severino, comparso in sogno, secondo il costume, a un fanciullo, mandò a dire ai Napoletani che nulla ne temessero e si fidassero in lui che 11 difendea nella corte del Cie-

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lo.' Risaputasi poscia la morte di Ibrahim, non fu jn Italia chi non credesse in&Uibilmente averne dato se- gno le stelle cadenti. Un Tedesco, più scaltro, pensò che questo fenomeno, non essendosi visto in Italia sola, dovea risgnardar tutti i popoli, onde probabilmente era venato a compiere una profezia ricordata nel vangelo di San Luca; * il che torna air annunzio del finimondo aspettato tante, volte in Cristianità. Gli Àrabi d' Affrica, come se fossero stati meno super- stiziosi, contentaronsi a chiamar queir anno T anno delle stelle: ond'ebbe tre nomi, notano i croni-

* GioYaoni Diacono, testimone oculdie ed autor di questo raccon- to, dice che la demolizione del castello Lucullano fu compiuta il 12 (quarto idus) 4' ottobre; il corpo di San Severino recato a Napoli il d\ appresso ; e te snelle cadenti viste dopo. sei dì, che tornerebbe al 18 o al i9. Il Baidn, tomo I, p. 126 e 127, riferisce questo fenomeno al 22 del mese di dm^UICaia^ cioè dal tramonto del 27 al tramonto del 28 ottobre: e merita maggior fede, non s61o per la solita diligenza di co- testa compilazione, ma ànce per l'uso degli Arabi di scrivere i numeri alla distesa , più tosto che in cifre. D' altronde potrebbe sùpporsl che il copista di Giovanni Diacono avesse notato VI in luogo XVI o di XV i giorni corsi dal ritrovamento delle Ossa di San Severino alle stelle caden« U. Ibn-Abbàr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 33 verso» ci con- duce ad ammettere l'una e l* altra data, poiché fa supporre replicato il fenomeno più o meno per molte sere, dicendo : e In dm-Uka^da di que- r st* anno morì Ibrahim-ibn-Ahmied; e da quel momento furon viste stelle ^1 cadenti spamazzantisi come pioggia^a desthi e a sinistra; onde fu chia- » mato r anno delle stelle. > Questo squarcio è stato tradotto inesatta- mente da Gonde» Dominacion de ìo& Àrabes en Espam, parte II«, cap. 73. lo mi sono intrattenuto lungamente ad esaminare questa data, poi- ché gli scienziati osservano un periodo annuale in tal fenomeno, e che sia più notabile verso il dieci agosto. Gol medesimo intento il barone De Ham- mer ha raccolto nel Journal Asiatique, serie IH*, tomo III (i837), p. 391 , * alcuni ricordi d' autori arabi in fatto di stelle cadenti ; e il baron De Siane vi ha fatto qualche! correzione nel tomo IV della medesima serie, p. 291. ^ > Evangelium secundum Lucam, XXI, 25. Questa riflessione è deU l'anonimo autore d' un MS. deir XI secolo, posseduto dalla Biblioteca di Bamberg, e ciùito nella raccolta di Pertz, Seriptoretj tomo III, p. 348, in nota alla Cronica Salernitana. L' anonimo evidentemente ebbe alle roani la narrazione di Giovanni Diacono, ch'ei compendia e guasta.

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sti; poiché Ibrabim gli avea voluto porre anno della giustizia e altri Tavea detto della tirannide. Ma niùn Musulmano potea fer grave caso delle stelle cadenti, sapendo dal Corano ciò che fossero appunto : demonii euriosi, fulminati dagli Angioli, quando s'appressan troppo ad origliare alle porte del Cielo. '

Non ostante sue minacce agli ambasciatori delle città, Ibrahim tardò a investir Cosenzat. Ei che avea saputo maneggiare queir esercito innumerevole e di- scorde,' in cui fermentavano tanti odii, era sforzato adesso di restare al retroguardo per una dissente- ria mortale ; e invano si studiava ad occultare suo pericolo con la tenacità dei tiranni. Pur fece dar mano air assedio il primo ottobre ; accampare le genti su le sponde del Crati ; ' fronteggiar tutte le porte di Cosenza dai suoi figliuoli o uomini fidati, con forti schiere ; drizzare i mangani contro le mura : ma par eh' ei poscia nón^ abbia potuto esercitare vo- luto delegare il comando, altri abbia osato pigliar- 1q. Per più di venti giorni dunque si scaramucciò con disavvantaggio degli assedianti ; ai quali cadeau le braccia, non più sentendosi reggere da quella feroce e ferma volontà del capitano. Aggravatoglisi il morbo, perduto il sonno, Ibrahim s' andò a chiuder tutto solo in una chiesetta ; * ove spirò il sabato ventitré otto-

* Corano, Sura XV, verso 18; SoraXXXVIT, verso 8, seg. s Così lo chiama GiovanDi Diacono.

'^ 11 Nowairi dice il fiume. Potrebbero esser dae, poiché il Busento confluisce col Crati sotto Cosenza.

* Gli altri particolari della malattia d'ibrahim si cavano dai cronisti musalmani. Giovanni Diacono dice Ibrahim morto nella chiesa di San Mi- diele. In qoetla di San Pancratfo aflTerma la Cronica di Bari presso il Mu- ratori, ÀtUiquUaies Italio<B Medii JEvi, tomo I, p. 51; e il Muratori vuol correggere chiesa di San Bertario.

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bre, a cinquantatrè anni di età, dopo ventisette anni di tirannide e sette mesi di penitenza ; trapassato come un santo , guerreggiando la guerra sacra, di- sponendo di tutto il contante in Umosine, degli sta- igli in opere pie. Non prima saputo eh' ei boccheg- giava, i capitani dell'oste, adunatisi in segreto, ca- valcarono alla tenda di Ziadet-Allah , figliuolo del suo figliuolo Abd-Allah, e instantemente il richiesero che si mettesse alla testa dell' esercito per ricondurlo in Affrica. Al quale segno d' ammutinamento, il gio- vane, pigro, dissoluto, vigliacco, scellerato senza il vigor dell'avolo, tentano 4 volea scaricarsi del su- premo comando sopra lo zio Abu-Aghlab; ma questi gU uscì di sotto. Capitanando dunque suo malgrado la ritirata, Ziadet-Allab aspettava che tor- nassero al campo le gualdane sparse intorno a far preda: accordava patti ai Cosentini che di nuovo ne avean chiesto, ignorando la morte d' Ibrahim : e poi eoa tutto r esercito e le rapite ricchezze e le salme- rie prendea la vk^ di Sicilia; portando seco il corpo dell' avolo in un feretro. Dice uno scrittore^ cristiano che al ritorno gran parte delle genti perisse per naufragio. Giunto Ziadet-Allah in Palermo , secondo Nowairi e il Baidn^ fuvvi sepolto Ibrahim quaranta- tre giorni dopo la morte , e innalzato un monumento su la sua fossa. Secondo altri, lo recarono al Eai- rewàn : talché s' ignora qual delle due terre sia pro- fanata da quelle ossa. ^

< mscontrinsi: tbn-^^^Athlr» anno 261, MS. A, tomo 11, fog. 92, seg.; MS. C, tomo IV, fog. 246 Terso; e MS. di fiibar«;Bai4ii, tomo I, p. i26; Ibn-Abbàr, MS. della Società Asiatica di Parigi» fog. 35 verso; Nowairi,

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La morte d' Ibrabim » avendo liberato Tltalia merìdioiiale senza fatica degli abitatori , vi fa tenuta necessariamente opera del Cielo. Scrive Giovanni Diacono cbe mentre i Napoletani stavan tra si e no su r augurio delle stelle cadenti, venne a confermar la rivelazione di San Severino un prigione testé fbg^ gito di Cosenza. Narrava questi a Gregorio Console di Napoli, che, dormendo Ibrahim nella chiesa di San Michele, gli era parato di vedere un vegliardo di maestoso aspetto, il quale minacciato di morte dal tiranno perchè osava entrar nella stanza, gli scagliò un bastoiie che avea alle mani e si dileguò. Destatosi, ma pur sentendosi ferito al fianco Ibrahim , richiedea

storia d'Affrica 9 MS. di Parigi, 703, A, fog. 53 verso e 54 recto; e la tra- duzione francese presso De Siane, op. cit. , tomo I, p. 435, 434; Ibn-Klia]- dOn, HistoiredeVAfrique et de la Sicile» p. 143, i44; Ibq-WuedrAn, § 6; e versione di M. Cberbonneau, nella Revue de i'Orienf , déoembre 1855, p. 429 ; Ibn-Abi-Dlnàr (El-Kalrouani), MS. di Parigi, fbg. 21 verso ; e tra- duzione firàncese» p. 86; Abulfeda, ÀntuUes MoslenUci, anno 261 ; Johannes Dlaconus, Translatio etc, presso Gaetani, Vitce Sanetorum Siculorum, tomo n, p. 62; Chronicon Barauet anno 902, presso Muratori, Àntiquita- tes Italica Medii £vi^ tomo I, pag. 31 ; e presso Pertz, Scriplor€$f tomo V, p. 52; MS. di Bamb^ ciuio nella raccolta stessa di Pertz, Seriptortif Uh mo IH, p. 548, in nota.

La data della morte, non scritta precisamente dall' accurato e con- temporaneo Giovanni Diacono t si ritrae dai Musulmani. La recan tutti nel mese d$u-4'ka'da del 289, ma v'ha divario nel>giomo: secondo il Baiàn, il lunedi 17; secondo Nowairi, il sabato 18; e secondo Ibn-el- Athìr, Ibn-Wuedr&n, e Abulfeda, il sabato diciannove: che tornano ai 23, 24 e 25 ottobre 902. Or poiché i giorni della settimana coincidono nel nostro calendario o nel musulmano, e il i7 dstt-l-ìsa'da 289 comin- ciò al tramonto del 22 e Onì al tramonto del 23 ottobre, giorno di sa- bato, è evidente un lieve sbaglio in tutte quelle date. Qual che fosse stata la cagione dell'errore, mi è parso di ritenere la data del sabato 23 ottobre.

Nelki versione del No^vairi, M. De Slane ha detto t quand la ma- ladie inteme dont Ibrahim souffirait, etc.; > ma confrontando con Ibn- el-Athlr e Ibn-Abi-Dinàr son certo che si debba sostituire "malattia viscerale. **

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di alcun prigion latìoo, e, addottogli il aarratore, gli domandava se conoscesse il vecchio Pietro di Roma, o n'avesse mai visto la effigie; e sapato ohe lo si dipìngea di grande statara, raso i capelli e la barba, ravvisò lo spettro del sogno, e in breve tempo gli s' ingan^enì la ferita. * Il biografo di Sant' Elia da Gastrogiovanni toglie V impresa a San Pietro per ono- rarne il suo protagonista; il quale, riparato ad Amalfi, tanto pregò eoa lagrime, digiuni e cilizii , che il fier Brachimo, mentre assediava Cosenza e pensava a Co- stantinopoli, venne a morte, * percosso non si sa come dalla orazione del sant'uomo. Un altra tradizione italiana ripetuta da parecchi cronisti, senza macchina di iddii minori, lo fé' spacciare , all'antica, con una folgore. *

* Johannes Diaconus, op. cit., presso Gaetan!, Vita Sanctorum Si' eulorum, tomo H, p. 62; e presso Mnraiori, Rerum Italicarum Serijh loTM. tomo I, parte Ih, p. 273.

* Vita Sancii EHtB Junioris, presso Gaetant , Vita Sanctorum Siculch rum, tomo II, p. 74.

* Chnmieon Barense^ anno 902, presso Muratori, Antiquitates Ita- lica Meda JEvi , tomo I, p. 31 ;- Vita di San Bertario citata qaìvi in nota dal Muratori; Lttpi, ProtogJMitCB (Protospatarii) Chronicony anno 00 1, presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptoret, tomo V; presso Pratilli, Hi$loria Prine, Langob,^ tomo IV, p. 20; e presso Pertz, Scriptores, to- mo V, p. 63; Romaaldi Salernitani, Chronicon, anno 902, presso Murato- ri, Rerum Italicarum Seriptùres, tomo V.

Non cito la Cronica delia Cava, e la Cronica di Calabria pubblicata nella stessa raccolta di Pratilli, tomo III e tomo IV, perchè la prima è in- terpolata, la seconda apocrifa del tutto.

Il Martorana, Notizie Storiche , tomo 1, tiap. II, p. 00, pensò di impa- stare in uno tatti 1 racconti delle croniche. Scrisse che < annottando 1 remfaro Ibrahim intomo ali* assedio, e accaduto un gran temporale con > frequenti detonazioni , vi fìi colpito A malamente da nn folmine elettrico, » che dovè ievarsi tosto dall' ossidione; ppi morì di sfiracello tra mille do- » lori entro al suo palazzo, nella città di Palermo. »

97 |Sec. VUiBl

CAPITOLO V.

Non bastando ormai alla storia il classico qua- dro dei fatti e delle passioni umane , se non siano anco divisati gli oMinì e le opinioni che nascono da scorgenti assai remote, forza è ch^io interrómpa nuo- vamente la cronica di Sicilia, e torni addietro parec- chi secoli , per rintracciare in Asia le cagioni del mu- tamento di dinastia che s'apparecchiava alla morte d' Ibrahim-ibn-Àhmed. Lo apparecchiava la setta ismaeliana, della quale mi fo ad esporre Forigijij^, Tin- dole, ì progressi.

L'autorità deirimperò musulmano, simonie por- tava sua natura mista, fu combattuta da tre maniere di nemici: le fazioni politiche, gli scismi religiosi, e le sètte partecipanti dell uno e dell'altro. Fazioni chiamo quelle che agognavano a mutare il principe non le lèggi;' onde impugnarono durante la lotta, toccarono dopo la vittoria, quegli assiomi teologici e civili che costituivano l'islamismo ortodosso ; cioè la fède che parea diritta al maggior numero. Parec- chi Stati in fatti continuarono a rispettar come pon- tefice il califo, cui disubbi^divano come prìncipe. Fino gli Ometadi di Spagna, con lor pretensioni di legitti- mità, esitarono per un secolo e mezzo a ripigliare il sacro titolo di Gomandator dei Credenti, usurpato, dicean essi, dalla casa di Àbbàs, ima pure assentitole dalla più parte dei popoli musulmani.

Al contrario nacquero di molte eresie, i cui set-

II. 7

|Sec. VlialX.I 98

tatori non si proposero dominazione politica, vol- lero sostener le opinioni con la forza delle armi; n)a la ragione o Terrore^ la coscienza o la superbia del- l'in tellettd, li spinsero a propagar, dottrine diverse dalle sannite; affrontanido spesso la crudeltà dei prin- cipi, il furor della plebe, i disagi delle persecuzioni, la fatica d'una continua lotta, il pesante biasimo delle moltitudini. Svilufpossi tal movimento tra la metà del primo e la metà del terzo secolo dell' egira ^ nella Me- sopotamia e province persiane ; nelle quali regióni e nel qual tempo la schiatta arabica, venendo a contatto con genti più incivilite , apprese le speculazioni del- l'umano intelletto accumulate per sessanta secoli da panteisti, politeisti, dualisti, unitarii, ra^nalisti. Del* tero niateria agli seismi maomettani quelle tesi che gli uomini in tutti i tempi han proposto facilmente e poi sonvisi avviluppati come in laberinto di spine: la natura dell'Ente supremo; la influraza- di quello sopra le azioni umane e però predestinazione, libero arbitrio, grazia; il merito della Fede e delle opere; i gastighi serbati, a ohi peccasse nell'una o nelle al- tre; e via discorrendo. Su cotesti argomenti T autorità sunoita s* era appigliata sovente al partito più ripu- gnaiìte alla ragione. Basti in esempio il domma orto- dosso della eternità del Corano, negata dai Motaze- liti; i quali furono perseguitati; finché, persuaso alcun califo ahbassida, a lor volta divennero perse- cutori. Ma gli scandali, i tumulti, il i^angue sparso per questa e altre lìti teologiche^ n<Hi portarono a rivol* gimenti politici. Dei settantadue scismi che novera la storia ecclesiastica dei Musulmani, una ventina siman-

99 [Scc. TIIoW.)

teone entro i detti limiti della disputa; come i Kaderili sostesitori del libero arbitrio; i Geberiti dell'opera passiva dell'uomo; i Motazditi che faceano eterna la sola sostanza. della divÌBità; i Sefetiti che le accomur Davano nella eternità i suoi accidenti o qualità; ì pigri Mórgii aOìdantisi tutti nella Fede;.i Nizàmiti che ne- gavano la libera volontà di Dio, e s'accostavano ai filosofi materialisti; e altre sètte i cui nomi e opinioni sarebbe superfluo a ripetere. \

. Avviati eh' e furono a libero esame, i pensatori musuljmanì non pòteano trattenere il pie , che dallo eresie non passassero ai razionalismo. A ciò li con- dusse la serena luce della sciènza greca, la quale cominciò a splendere nell' impero dei califi più presto che non si crederebbe. Qualche libro di filosofia era stato voltato in arabico dal greco e dal copto verso la fine del settimo secolo dell'era cristiana, primo dell'era n^usulmana, per opera di KhAIed-ibn-Ieztdn ibn-Moa'wia, principe del sangue pmetade, sopran-* nominato il filosofo della casa di Merwan. ' Ma acce* lerato r incivilimento dai Persiani che esaltarono la casa di Abbàs , ' si die mano a volgarizzare i pochi libri che avanzavano in Persia della letteratura in- diana e nazionale dei tèmpi sassanidi; si pose mag-^ giore studio a interpretare i libri scientifici dei Greci:

' Per cotesti fotti notissiùii non occorrono ciCaùonh I ptrticoiari bì> possono vedere in Sciarestani e nelle altre oiiere che mi occorrerà in breTe> di ricordare.

* Questo &ito mi è 4>cporso per la prima volta nel KUàb-él^FihrM , HS. di Parigi , tomo II, fog. 75 ve^. MolU di quei libri tratUvàno di v»» terinaria; e forse l'amor dei cavalli fu la prima cagione che condaoesse gli Arabi n^l santuario delle scienze greche.

' Veggasi ilLibro Icsp. VI, p. J4t, 143 del voi.

|Sec. VII a IX.| IQO

iinmeaso beneficio che la civiltà riconosce dar calìfl Mansùr (754-755) e Mam.ùn{813-8a3), e da' costui ministri della schiatta persiana di BarQiek. Le scienze greche penetrarono allora nella società miisulmanisiper triplice via: di Siria, di Persia e dell' impero bizanti- no; perchè in quelle due province dei califi se ne sei^-^ bavanoJe tradizioni e qualche scritto; e dalle province bizantine s'ebbero moltissimi libri per richiesta che ne fece Mamùn agli imperatori di Costantinopoli

Così fiorivano nella capitale àbbassida, e poscia in altre città dell' impero, gli studii di medicina, astron nomia, geografia,, matematiche, storia naturale, lo^ giea, metafisica; e correano per le mani dei dqtti le opere degli antichi filosofi, massime di Aristotile. ' Yò' dir di passaggio clie quelle di Empedocle d'Agri^ gento o d'alcun suo discepolo. furono anco studiate in Oriènte; e che nei principii del decimo secolo un Mu- sulmano di Spagna tentò di fondare con tai dottrine una scuola, la quale non resse alle persecuzioni. ' La filosofia greca da una mai\p die armi agli eresiar-* ehi musulmani dei quali abbiam detto di sopra; dal^

^ Veggansi in generale Hagi Khalfa nei Prolegomeni; Pocoeke ^ Spe- citnen historia ^raòum /Wenricb, De auctorum grcecorum veirmnibus etc. Il KHdb-el^Fihrist , MS. di Parigi, tomo li, fog. 67 verso, seg», fornisca dati importanti a chi vqglla approfondire questa epoca della storia inteU lettuale delT umanità. \

« Tarikh-^l-Hokemà; MS. di Parigi , Suppl. Ar. 672, p. 15. L'autore, cbe visse nel XII secbio, afferma aver veduto in una btbfioteca di Gerusa- lemme, t£9 i libri provenienti dal laseito dèlio sceiith' Aburl-Fetii-Nasr- ibn-fbrahim di Gerusalemme stessa, un trattano di Empedocle contro la immortalità delle anime, del quale èi non il titolo, e nota .Soltanto che Aristotile V avesse confatato, e chef altri avesse voluto scusar Empedocle supponendo allegorico il suo linguaggio; ma r autore aggiugne non vedervi punto allegoria. Hagi-Khalfa^ ediz. Fiuegel, tomaV,p. 144, 152, ni 10,448 e 10,500, attribuisce ad Empedocle : !<> i2n ** libro della Metafisica,* cosi in-

101 •— |S«. VlIalX.l

f ditra mano fe'nascere varie scuole di liberi pensatori che combat teano, più o meno apertamente ì principit •d'ogni religione. Tali i Bàteni che presero il nome dal significato latente, o vogliam dire allegorico, sup- posto da loro nei libri sacri; ma alcuni arrivavano a pretto ateismo; per esempio , il cieco Abcr-l-'Ala da Me*arra in Sìria, il quale, in versi che parrebbero di Lucrezio, sferzava insieme Giudei, Magi, Cristiani, Musulmani; e conchiùdea che Tuman genere va spar- tito in due: pensatori senza religione, e devoti senza <3erveilò. ^ Le denominazioni delle i^cuole razioiialiste

titolato al par di quello notissimo d' Aristotile, e lin "Libro sa la re- surrezione 6pirituafe è su l'assurdo che le anime risorgano coùie (si rin« novano) i corpi.' Ma il Wenricb, De audorum grtzcorum venionibus etc., p. 90, li crede apocrifi entrambi , non trovandoli in Diogene Laerzio.

Che che ne sia di questo argomento negativo, par che appartengano ad Empedocle, o almeno ad alcun di sua scuola, i libri col nome del filo- sofo agrigentino, dei quali gli Arabi possedeano le versioni. Penso cosi perchè le opinioni fondamentali attribnite ad Empedocle dal Kitàb-el" Bokemd, e più distintamente da Sciarestani , testo arabico, p. 260, seg., ben si accordano col panteismo che ritraggiamo dai frammenti di queste filosofo e dàlie notizie che ce ne danno gli scrittori antichi* Al dir de'dne eruditi arabi, la Divinità d' Empedocle era V astrazione della scienza, vo* Ionia, beneficenza, potenza, giustizia, verità ee.; non già on, essere reale dotato di dette qualità e chiamato con queWariinomi. La nota dottrina-di Empedocle is« l'amore e l'odio, ossia l'attrazione e repulsione, si vede anco chiaramente nella cosmogonia che gli attribuisce Sciarestani,.

IL filosofo spagnuolo che al dire del Kitdò^l'Hokemà tolse sue dot- trmé da Empedocle, ebbe nome Mobammed-ibn-Abd-Allah-ibn-Hesarra- ibn-Naglh, nato in Cordova l'SSS e morto il .031. Costui, dopo avere stu- diato alia scuola d^l proprio padre e di due altri dotti spagnuoli, fu perse- guitato come zindlk, per troppo zelo di spargere le dottrine d'Empedocle; talché si rifuggiva in Oriente. A capo di lunghi anni, tornato in Spagna, ri- ncominciò a insegnare la stessa filosofia più copertamente e cadde <di nuovo in sospetto d'empietà.

Un compendio di quest' articolo del Tarìkh^el-Hokemà si legge in Ibn-abi-^seibi'a, MS., di Parigi, Suppl. Ar. 673, fog. ^ recto, e Suppl. Ar. 674, fog. 40 verso.

' Abulfeda, iiUHi^.lCo^Ieintet» an. 448 (I057)f, notando. la n^orte di questo gran poeta , inserisce senza scrupolo ì versi che cito.

|See. VnalXI 102 -^

furono sempre confuse appo i Musalmani, tra per cautela degli adetti, sforzati a nascondersi sotto i misteri e gli equivoci di sètte men radicali, e tra per la ignoranza della comune degli uomini e la pronta calunnia dei devoti. Appiccaron costoro maligna- mente a tutti i liberi pensatori Fappellazione di zindtk, perch*éra abborrita in persona dei comunisti persiani e fatta sinonimo dempio, com'or si dirà. Quando poi suonarono si terribili in Oriente i nomi dlsmae- liani, Karmati, Drusi, Assassini, novelle sètte miste aiut^ntisi con le spiegazioni allegoriche, i devoti col- sero il destro di gridarli a gran voce Baleni; met- tendo i filosofi a fascio con loro. E così è pervenuta la storia agli eruditi europei del nostro secolo; i quali, con loro preoccupazioni politiche e religiose, o non si sono accorti di quegli errori o non si sono affrettati a chiarirli. Indi si è esagerata la parte ch'ebbe la filo- sofia greca nelle sètte più odiose. Indi si è supposta tra varie sètte queir analogìa di modi è d'intenti che di. certo non ebWo./ E però è mestieri ch'io tratti questa materia più minatamente che non si addica a quadro generale; ma tra due scogli mi par meno male 'la digressione che Terrore.

Gran tratto innanzi i dissentimenti speculativi, s erano mostrate neir islamismo le sètte miste d'ere- sia e di fazione; i due ceppi delle quali, suddivisi in rami secondo le opinioni accessorie, si chiamarono Khàregi e Sciiti. Il nome dei primi s' intese quando

* Sdaresunif Kitùb^ìr-Mikl *Llbro delle ^ètte/ testo arabico, p. i47, seg., nou la differenza che correa tra i B&teni antichi, ossia filosofi razio- naligtl» e i Ei&tent moderni» sètte miste» chiamate con varii nomi in varii paesi.

i05 ISec. VUàlX.J

il càlifo OihmàD conninciò a falsare la democrazia mu^ sulmàna. Difenditori della democrazia, i Khàregi eran uoAìini di schiatte arabiche, e non pochi tra loro ri- nomati per virtù, sapere e pietà.* CoUegaronsi con gli Ottimati religiosi * e coi partigiani di Ali ; e tutti insieme spensero Othmàn: se non che raccordo di ire azioni, diverse negli intendimenti loro, ruppe alla* esaltazione di Ali, prima che fosse abbattuto il terrìbile nemico comune, eh' era V antica nobiltà, ca* pitanata da Mo'awia-ibn-abi-Sofiàn. La parte più turbolenta degli ottimati religiósi levossi contro Ali; fu sconfitta nella giornata che chiamarono del Game* lo; e i Khàregi tuttavia seguirono il vincitore su i campi di Sefiein^ ov' ei si scontrò con Mo'awia. Ma posatele armi per lo noto compromesso, i Khàregi ^piccavansì d^ Alt, vedendolo sospìnto da' suoi parti- giani alla monarchia assoluta di dritta divino. A rin- tuzzare sì pericolosi principiì d'usurpazione, ì Khà* regi immantinente bandiscono non necessario nella repubblica musulmana il calìfo; se talvolta il popolo creda espediente noiQÌnamé , possa sceglierlo di qualunque schiatta e condizione, coreiscita o no, li- bero o schiavo; sia tenuto il catifò a governare ser ooodo c^ti .patti fondamentali ; declinando lui dalle vie della giustizia, il popolo possa deporto, combat- terlo, metterlo a morte. Quanto ad Ali, per rispon- dere air apoteosi che ne faceano 1 suoi , i Khàregi a dirittura lo mcolparono di peccato per V accettato

* IHakrtei, presso S*ey, Exp^ de la nligioa dea Druaes, tomo I, p. XIII, attesla questo flitto* La origitie arabica.» vede ancbe dal nomi dei capi di parie Ttferici da Seiarestani.

' Veggasi il Libro 1, cap. HI, p. 69 del !<> volume.

(Sm. VlIalXI 104

compromesso; e poco stante, per cagìon di questo o d' altri atti di governo; lo chiarirono infedele ia religione ; alfine pubblicamente Io maledissero, per avere, combattendo contro di loro, messo a morte gli uomini da portar arme, fatto bottino dei beni e menato in cattività le donne e i fanciulli : crudel ri-:

f

gore di guerra , lecito solo contro Infedeli e hoii usatp da Ali verso gli altri nemici musulmani. Quest' ultimo fatto prova che Ali tenne i Khàregi non solo ribelli , ma eretici. E veramente quei loro assiomi precisi di sovranità del popolo, tomava90 a scisma secobdo le idee musulmane; e a scisma tornava, secondo le idee di tutti i popoli , il dichiarar peccatore e infedele un pontefice, e affermare che le peccata gravi portas- sero a infedeltà. ^ Del resto ognun vede quanto sém- plice, e, direi quasi, pratica sia stata còtèsta eresia^ nata dalla schiatta arabica, al paragon delle sottilità straniere. Sursero poi novelle sètte khàregite più fé* roci in lor teorie rivoluzionarie . e più speculative e audaci in puntò di eresia; €ome portava da una mano la rabbia della persecuzione e la coscienza della pro-^ pria debolezza, dalF altra il miscuglio coi forastieri. Ognun sa che Ali cadea sotto il pugnale dei Khàregi e che due altri despoti in erba ne campavamo a mala pena. Il ramo kharegita detto dagli A^ràkiti , Qhe poi levò tanto remore in Oriente, disse infedele chi dis- simulava in parole o in opere trovandosi in pericolo, e chi non correva alla guerra sacra, quella cioè di

* Sdarestani, Kitàb-el-Milel^- lesto arabico, p. 85, seg. L' autore nota tra ì principii comuni alle sètte khàregite che il peccato gAve porti infedeltà, ma noi ripete tra le opinioni particolari dei primi Kb&regi del tempo Ali.

105 - lSec,VUalX.|

ior sètta òpntro ogni altra; e lecito uccidere fin. le donne e bambini dei dissidenti; ma altri rami non arrivarono a tali estremi. Quanto alle leggi estra- nee alla contesa politica, gli Azrftkiti abolirono la pena di morte per stupro ; altri permessero il matri^ monio con la figlinola della propria, figlia e qon la figlia di fratello o sorella, e alsi il matrimonio di Musulmana con uomo infedele; nei. quali punti di S9i^ma traspariseon le dottrine persiane. Altre sen- tenze teologiche e casuistiche tolsero or dai Motaze- liti or da altri eterodossi:* Segnalaronsi le sètte kha- regite per indomito ardire contro la tirannide , nel campo e si in faccia al supplizio. Per due secoli acce- sero atrocissime guerre nelle province orientali e in Affrica; e molte dure scosse dettero allo Impero; ma alla fine gli eserciti dei califi trionfaron di loro. Tanto ardua impresa ella era di ristorare la democrazia di Abu-Bekr e di Omar tra ìna^se di popolo eterogenee, ignoranti, superstizio^ ; e tanto nocquero air intento quei mezzi rabbiosi ed efferati, che al certo discredi- tarono e assottigliarono i Kàhregi. più che non li rin- forzassero col terrore.

A un tempo con quei campioni biella libertà erano comparai i settatori più frenetici che abbìan mai sostenuto r autorità, gli Sciiti o Scfi, come si do- vrebbe scrivere^ e significa Partigiani. L' erano di Ali. Téneano : il pontificato non procedere dalla comu- nità musuhnana, potersi conferire da uomini ; eli- sero fondato su dritto divino, che il Profeta stesso non ebbe autorità di cancellare modificare; tra-

* Sciarestani, op. cit., p. 87 a 102.

(Sec. VllalX.I 106

mandarsi ii pontificato per successione di sangue e designazione del predecessore ; appartenere eviden- temente ad Ali e sua schiatta. In ciò accordavamo a un di presso tutti i rami di setta sciita. Dissenti- vano sa r ordine della successione d' Ali. Inóltre i Kaisaniti, ramo sciita, compendiavano stranamente la religione nella assoluta obbedienza al pontefice. ^ I Gholà, altro ramo, 'scoprirono nei pontefici alìdi non so che ipostasi divina, non so che spirito trasmi- grante da persona a persona, e vi fu chi sostenne, dopo la morte di Ali, ch'ei fosse salito in cielo per tornare al mondo quando che fosse a ristorar la giustizia, e che aspettasse passeggiando su i nugoli; e sentian la sua voce nel tuono ; e vedean guizzare nelle folgori la frusta dell' immortai cavaliero. Prìn- cipii filosofici, miti, pensieri, imaigini, estranei tutti alla schiatta arabica ; nei quali non è chi non raffi- guri il sogno indiano delle incarnazioni , la supersti- zione tibetana del ponteiBce Iddio, e la trasmigrazion delie anime, e l'aspettativa del Messia, e un mito eroico di vero conio indo-europeo. Cotesto merci stra- niere entrarono neir impèro musulmano coi liberti che avean prima professato magismo , sabeismo, giu- daismo, cristianesimo, o alcuna setta' di esse religio- ni; e veramente un liberto di Ali per nome Ks^isàn die origine e nome al ramo sciita ricordato di sopra; un Giudeo rinnegato, per nome Abd-Altah-ibn-Saba, fu il primo dei Gbolà; e, vivendo Ali /aveva osato

' Seiarestani, op. cit, p* flOB, 109.

' È plurale deir aggettivo Ghàli, che significa "eccedente, smo- derato."

107 |S«c. VII a IX.|

dirgli ''Tu sei tu*' che volea sijgiìificar '^séi Dio."* 1 ba- rattieri che cercavano un capo di parte e gli scioc- clìi correvoli ad ogni maraviglia , . avean trovato bello e pronto il soggetto del mito: Ali, cugino, fra- tello elettivo, genero, compagno dall'infanzia, e im- pavido difensore di Maometto; il guerrièro dalla spada a due tagli, il quale mai non combattè uomo che noi vincesse; il novello Sansone che air assalto di Kbai- bar avea schii»ntat(() la porta dai cardini e fattosene scudo; Ali nqbilissimo, caritatevole, liberale, e con ciò ambizioso e le^iero. Indi V apoteosi presto fu compiuta. Ali, che in su le prime avea lasciato fere, b' accorse della empietà alla quale il tiravano, e sbandi il giudeo Ibn-Saba ; ^ poi, incalzandolo altri adoratori; inorridito, accese il fuoco e chiamò Kanbàr , comedi- cea poetando egli stesso, per significar che gli avesse fatto ucòidere e ardere i cadaveri da qud suo liber- to. ^ Afa superstizione non si dileguò a tal esem- pio; non alla- morte del setnideo.^ La stirpe di Ali, atrocemente proscritta, forniva alla leggenda alti'e pa- gina spiranti tragica pietà: Hagian, avvelenato dagli Ometadi per man della propria moglie, le perdona dal letto di morte; Hosein con un pugno di uomini fa tèsta a un esercito è cade, ultimo dei combattenti, tra i cadaveri dei congiunti, con un fanciullo figliupl SUD trafittogli nelle braccia ; i discendenti si segnalano,

< Sciarestani, op. dt., p. 109, 152, 153; il quale rintracdando il cam- mino dì coleste opinioDi, e ignorando r orìgine indiana della incarnazione {Efpiùli la attribaisce ai Cristiani. Si vegga anche Makrizi, presso Sacy, Exposé la religian de$ Vnues, tomo I, p. xiH-xiy.

' Quest'ullimp fatto da Sciarestani, bp. cit., p. 133.

' Maitrizì, presso Sacy, Exposé de la religion des DntseSfiinno \, p. xnf .

(Scc.VIIalX.I 108

quali per dottrina o valore, quali per pietà e rasse- gnazione, e per lo più son vittima anch' essi dei so- spetti di Stato; il glorioso nome di Ali per ses- «ant'anni è maledetto nella pubblica preghiera del* r impero. Pertanto la compassione dei popoli accre- sceva ^ infocava i partigiani della sacra schiatta, ì quali le attribuivano novelli miracoli, 6 correano al martirio per ristorarla in sul tròno ; ma prevalendo sempre sopra di loro le'^armi deicalifi, si ordinarono alfine in società segreta. Fuori da quella congrega , continuò il fanatismo delle moltitudini ad esaltare gli eroi di casa alida; sfogossi in sedizioni contro i Sun- niti; e fino a questi di nostri ardentissimp si mani- festa in Persia e nelle popolazioni musulmane del- l'India.

La società segreta^ che i^accolse le forze popo- lari '6 le adòprò ad esaltare in Affrica i veri o suppo- sti discendenti di Ali, ebbe origine da sodàlizii più antichi. Esaminando i due elementi dei quali neces- sariamente si componea, cioè le dottriùe e gli òrdirii, si trovano entrambi nella schiatta persiana. Le dot- trine nacquero, o a dir meglio, presero forma pro- pria e novella, nei principii dell'era volgare e in Persia ; ove il magismo avea già cominciato ad ascol- tare le teorie buddiste dell'Asia eentrale, le avea trasmesso insieme con le proprie heiF Asia anterió- re, e questa gli avea rimandato le nne q le altre modificate d^l cristianesimo. In fatti il gran riforma- tore della setta sciita, quegli che la ordinò in società segreta, seguiva tuttavia la scuola d'un eresiarca

»

del secondo secolo, rimaso incerto tra il magismo

109 |Se«. VlIalX.I

e41cristiaiiesimo, Ilm-rDaisftn, o Bardesane, come chia- masi oca forma siriaca: dottore ascetico e dualista, il quale immaginò r uomo mediatore tra la Luce e le Tenebre. * Ma i Daisaniti sono stati confusi spesso coi Manichei, setta analoga che levò assai maggior grido. Mani, come ognun sa, non contento di recar da mero profeta un libro dettato dal Cielo, osò a&rmai;e con idea buddista e linguaggio cristiano ch'ei chiudesse in petto lo spìrito paracielo o divìn consolatore del vangelo; predicò in Persia, Tartaria e India una novella religione accozzata di varie al- tre, soprattutto di magismo e cristianesimo; dove, tra motte assurdità teologiche e molti ottimi principii di morale, insegnò aver tutti gli uomini uguale diritto al godimento dei beni e piaceri del mondo. ' Spento Mani dai monarchi sassanidi (272) , e costretti i di-

* Su le sèue del magismo ci danno molto lume Mohammed-ibn-Ishak,, aatoie M EMb*el^Fihmt, e SciareaUni ricordato di sopita; i. quali vis* seiTO l'uno nel decimo, Taltró neirundeeimò secolo > ebbero alle mant gran copia di materiali persiani, ed erano entrambi uomini da saperne ca- nre costrutto. Ciò non ostante mancaron loro le cognizioni che a noifor* nisce lo studio del buddismo, il quale ebbe tanta influenza su le varie sètte dei magi. Per quella d* Ibn-Daisàn si vegga il Kitdìh^l'FihrUt , MS. di Pa- rigi, Siippl. Ar., i400, tomo il, fog.^ i94 recto, e 211 recto e. verso; C| Scia- restani , op. cit., p* 194, 196. il Kitàìh-e^Fihrisi porta il cominciamenlo deB*eresia d* Ibn-Dais&ri una trentina^' anni dopo quella dei Marcioniti, ai quali assegna il primo anno d'Antonino imperatore (i38); e alla eresia di Mani' il secondo anno di Gallo (252). ^

' Questa teoria sociale è attj^ibuita a Mani nella compilazione turca della crònica di Tabari, uno squarcio della quale, tradotto ini inglese, è usdtCt.alla luce nel Journal of the American orientai Society» tomo.!, 445> NewrHaven, 1849. SI trova altresì nelle. compilazioni orientali cbe compendiano Tabari e si copian tra loro, lo presto fede a tale tradizione per .la condizione ppliUca della Persia al tempo di Mani, e percbè Mazdak, predicatore del comunismo in Persila, segni va la sua scuola. Nondimeno debbo avvertire die non ne fan moUo.il Kitéb~el-Fihri8t^, tomo II, fog* 192 verso a 212 verso, Sciarestanì, op. cit., p. 119 a 196, in lor dottis- sime analisi della religione maniphea.

ISM.YUalX.l 110

scepolì a rifuggirsi nella Transaxiana, ricomparvero dopo il conquisto musulmano in Khorassàn e altre province deir impero, e fino a Bagdad; ove se ne contava trecento nella seconda metà del decimo seco- lo. Or ignorati or perseguitati, e una volta (908-932) tollerati per intervenzione dei principi dell'Asia cen^ trale,' i Manichei deir impero musulmano ordina- rono una . gerarchia occulta, la cui sede era per Io piìj in Babilonia e nei tempi difficili la trasportavano ove poteano. '

Surse anche sotto i Sassanidi Mazdak, ^ sacer- dote e teologo di scuola manichea; il quale, specu- lando novità gu la teoria socialista del maestro, tal- mente la allargò , che ne venne a baìxdìre il comunir smo dei beni e delle donne e la licenza di soddisfare a ogni desiderio che ppq nuocesse alla persona al- trui: esortando, del resto, i proseliti alla beneficenza, ali! ospitalità, ad astenersi dall' uccisione e afflizione corporale degli uomini e fin degli animali. Per tren- t*anni (498-531 ) Mazdak sconvolgea l'ordine cestii tuito in Persia: e. arrivò a impadroilirsi della autorità pubblica e mettere in pratica alcuna di sue d(4trine; fioche il principato e la nobiltà, uniti insième, Io

< Gonfronlìnsi il KUàb^l-Fihrist e Scìarestaoi, U* co. Onesta passo dei KUùìh-el'Fihrist è stato tradotto M. Reinaud, Géographie d'Abùìd" feda^ Introdoclion^ p. cgclxi.

s Kitttlh^U'Fihrist, tòmo II, fog. 203 verso e 909 recto. Quivi si dice MRdk, ossia capo, e della Ratta, o.vogllam dire direztonè centrale, de' lianicbeì a B&bel, sotto Waltd i (7d5-71tS).

' Secondo il Kitalh'd-Fihristt tomo ì\ , fog. 216 verso e 217 recto , v'ebbe due personaggi nominati Mazdak. Del pdmo non si dice l'epoca, masolo ch'ebbe sonito nel GebM, Aderbaigiàn , emonia, Reilera, Ham»* dàn oFars. I suoi seltalorUuron dettiKhorràmii. llsecondoMazdàkèqnelle di cui si conosce la istoria, e i settatori presero nome di MazdakianL .

Ili lS«c. VlIalXJ

spensero con uno spaventevole eccidio de' seguaci. ' Le teorìe, che sopravvissero, divamparon di nuovo, due secoli appresso, in quelle medesime regioni si* gnoreggtate ormai dai' Musulmani.

Perchè le sètte dell! antica religione dei Persiani, incoraggiate dall' antagonismo nazionale contro i vin- citori, tentarono una serie di movimenti religiosi a insieme politici e sociali; nei quali apparisce sovente il lavoro di società segrete, e sempre vi primeggia la superstizione indiana deir ipostasi. Voile dapprima un Khawàf, verso la metà dell' ottavo secolo, innestare il manicheismo sulF islam; e, denunziato, com' e' pare> da una setta rivale , fu messo a morte dal governatore musulmano a Nisapùr: se non che i suoi proseliti lo vider salire in cielo ^opra un bel cavallo baio dorato, e lungamente poi ai^pettarono che tornasse giù a far vendetta. * Nel medesimo anno o poco innanzi, Abn- Moslim, ^ anch' egli del Ehorassàn, metteva in trono gli A}>bassidi con una cospirazione , tramata sotto forme di società , segreta : il quale ucciso poi a tradi- mento dagU Abbassici (754) , moltissimi uomini del

* ConfronliDsi: Procopio, De Bello Persioo., lib. !, cap. V; Tabari, compilazione turca, Tersìone del barone De Hammer, nel Journal Asiati- que, qltobre 1850, p. 544; fUéb-el^Fihmt, l e; Sclarestani , op. cit., p. 192, seg.; Mirltond, presso Sacjr, Antiquités de la Perse, p. 353, seg.; Mogimel-et-Tewàrikk , versione di M. Mohl, nel Journal Anatique di lo- glio ^893, p. 117, e di maggio 1853, p. SOé. Nella Introduzione al Solwàn é' Ibn^afer , io bo toccato questo punt» di storia , mettendo tu forse i rac- conti dei cronisti sul comunismo di Mazdak ; e penso tutta? ia eh' e! non abbia mandato^ ad effetto (ulte le sue^teorle nel tempo che tenne lo Stato. Ma la licenza di quelle teorie non si può negare dopo r autorevole tes^tlmontanza del KHàk^-rFihrist, nel quale si cita un trattato speciale di Thelgi su que- sto argomento.

' Sciarestani, op. cit., p. 187.

5 VeggasiU Libro I, cap. Vi, p. 140 e 141 del !<> volume.

ISw. VUalXI 112

Khoràssan^ Io tennero non morto >nè mortale ; e for- marono un novello ràpio di setta Mazdakiana , che fa detto degli Abumuslimiti. * Un altro ramo si chiamò dei Rawendi; i quali pensarono adorar come iddio il califo abbassida Mansùr (75SJ, ed egli molti ne impri- gionò; gli altri apertamente sollevaronsi contro il nuovo lor nume. * Non andò guari cbe Mokanna, come l'ap- pellarono gli Arabi dall' uso di andar coperto d' una maschera di metallo, spacciava in Khorassàn che Io spirito di Dio, trasmigrando di profeta in profeta, e, poc' anzi, in persona d'Abu-Moslim, fosse venuto per ultimo ad albergare in lui; e raggirava i proseliti con tiri da saltimbanco; accendeali fanatismo; resisteva alle armi del califo; ridotto allo stremo xp. una for- tezza (776), dava la morte a e ai. compagni Le quali repressióni non interruppero la propaganda oc- culta di tutte queste sètte del magismo, dei Zindik, come furono detti ^ con voce generica che credesi derivata dal noto nome di Zend. Mehdi , di casa ab- bassida, fieramente li perseguitava (784-785); isti- tuiva contro di essi un magistrato speciale detto il Preposto degli Zinijtk, * e, nell'atto di mandarne alcuno al supplizio, esortava il figliuolo Hadi a con- tinuare la proscrizione, succedendogli nel caKfato,

« GoDfrontinsi: il Ji^i/dM^>FMr»^ tomo II, Cog. 220 recto, e Scia- restani, op. cit., p. 194. Entrambi noverano la setta di Aba-Moslim tra quelle derivate da Bfazdak.

' Ihn-el-Athlr , anno 14f , MS. C,. tomo IV, fog.i25 verso; e Abulfeda cbe lo copia, Annaies ìimUmm, an..l4t.

' Ibn-el-Atbtr, anni 159 e 161 , MS. €, tomo iV, log. 148 verso e 180 verso; Abulfeda, pp. cit, an. 165. Ma seguo la cronologia d* Iba-el- Athlr. .

4 Ibn-el-Atblr, an. 166, MS. A, tomo I, fog. 29 verso*

115 [Sec. VUalX.J

per essere i Zindik, com'ei diceva, Manichei, scel- lerati che vietavano di mangiar carne, viveano in ippocrita astinenza, credeano a dae prìncipii Luce e Tenebre, praticavano schifo abluzioni, permetteano il matrimonio con le figliuole e sorelle, e andavano^ u- bando i bambini altrui per educarli al culto della Luce. Mi poeta Besciàr-ibn-Bord, cieco e vecchio di novantanni, era stato messo a morte da Mehdi (782) nella medesima persecuzione, la crudeltà della quale par consigliata da sospetto di Stato, più chte di fisina- tismo religioso. * Poi un Giàndewàn ^ aspirò agli onori divini; tenne la fortezza di Bedsds^ neirAderbaigiàn ; ebbevi adoratori e soldati; e spianò la via a Babek oriundo di Medàin, assai più terribile impostore. Per- chè alla morte di Gidndewàn , la moglie attestava ai partigiani aver. visto raccogliere dal giovane Babek il soffio divino reso dal moribondo; ed essi, avendo mestieri d'un capo, credean queste e tante altre fa- vole. Babek segui necessariamente i dommi della trasmigra^ion delle anime e della, divinità dei ciur- madori antecedenti; seguì le dottrine coDauniste di Mazdak, trascorrendo sino airincesto; ma a quel ver- gognoso epicureismo aggiunse ì furori dei Khàregi , il dovere di far guerra, la licenza di commettere guasti, rapine, omicidii sopra insegnaci d'altre cre- denze. La loro fu chiamata dagli Àrabi la religione

* IbQ-el-Alhir, an. 170, MS. A, tomo I».fog. 30 verso.

* Abulfeda» .innato Mosl^iei, ap. 166.

3 Questo sopnnnoffle, al dire d' llm-el-Atblr, sigoiflca *L* Eterno:* Il nome patronimie^ era Ibn-Sahl.

* Così nel Meràtid'^lUUa'. ' 1 cronisti la scrivono con l' articolo. Dando alla leuera tifai il valore di semplice d pronuizlerebbe Bedd^ e El-Bedd,

II. 8

|IX secolo! '— 114

del libertinaggio, e ai settatori dieroD anco il nome di Kiiorramii , o dipemmo noi gli Sfrenati. Traendo alle bandiere di Bàbek uomini rotti ad ogni scelle- ratezza, costui per venti anni (816-836) affrontò e sovente sconfìsse gli eserciti abbassidi nelle regioni settentrionali della Persia, ove si dice abbia fatto in- credibili carnificine. In ultimo, presagli la cittadella di BedsdSy inseguito, raggiunto in Armenia, condotto a Bagdad, messo ad orribili supplizii, li durò fino alla morte con fortezza da eroe. ^

Non guari dopo cotesti estremi sfòrzi della schiatta persiana, veggiamo cominciare il movimento con altre forme nella schiatta arabica. Ne fu autore un Abd-Àllah-ibn--Meimùn , detto il Kadddh ossia r Oculista, della gente di Kuzeh * presso Ahwftz nel Kuzistàn, uom di setta deisanita al par che il padre, come sopra accennammo. ' Meimùn avea promosso un novello ramo che prese nome da lui. Il figlio salì in maggior fama, per arte d'indovino e prestigli di fisica e destrezza di mano; " imbeccando alla gente che gli bastava Tanimo di passare in un baleno da un capo all'altro del mondo; e s'indettò con astrologi

* Gonfrontinsi : KUàb^l'FÌhri$t , MS. di Parigi, tomo 11, fog. 217 recto, seg.; lbQ«el-AUilr, aimì 901 , S90, ttl > MS. G, tomo IV, fog. 191 recto, 203 veriso, 205 recto, seg.; Alralfeda', Ànnalet Motlemiei, anno 226.

' Questo nome si trova nel solo Kiidb^el-Fihript , son certo della lesione di qnel mediocrissimo manoscritto.

> Così il Kilàìh-el-Fihrisi, che toglie ogni dubbio. Bfòkrizi, credendo patronimico il noìne di Deiaàai, scrisse Meimùn figlio di Deisàni e M. De Sacy sospettò qualche errore noi noto Bardesane ; ma noi chiari. Veggasi la sua ChrestonuUhU Arabe, tomo 11, p. 88 e 04^ Ho detto della setta dei- sanità a pag, 100.

* Nel KUàlh'a'Fikmi si legge See'Mis, che significherebbe * giochi di mano" o di prniidigUaiim, come dicono i Francesi. Mi par che qui si debba prendere in senso più generale.

it5 ICXsMolo.l

e iatriganti e con qualche tardo discepolo di Babele e altri rottami delle sètte dei magi: * i^he par leg* geré le memorie di Cagliostro a quel congegno di scienze naturali , imposture d'ogni maniera e cospi- razioni; a quel lontano scopo politico, paziente- mente apparecchiato ai figli dei figli. Lo scopo di Abd-Allah sembra di far ubbidire , se non a me- desimo almeno a sua gente e a sue dottrine, la schiatta vincitrice, invano combattuta con le armi persiane da Mokanna e da Babek. Perciò volle impadronirsi della fazione sciita, grossa e zelante e fin allora disordinata ; volle innestar su quel robusto ceppo gli ordinamenti misteriosi dei Persiani; onde i capi della setta lo sarebbero stati anche di una graA parte della società arabica, e avrebbero rivoltato impero e mutato la dinastia. Tra gli Sciiti, come accennammo, si notavano vani rami, ciascun dei quali tenea legittima una diversa linea di imam, o vogliam dire califi, del sangue di Ali; chi i succes- sori di Mofaammed figliuolo di Ali e di Hanefia; chi quelli di Hasan e chi di Hosein figli di Ali e di Fatima; e nella discendenza di Hosein si correa d'accordo in-

*' I Tarii racconti 6be correano so la origine della seitt itmaeliana li leggono, più distintamente che altrove, nel Kiiàb^^FihrUt , MS. di Pa- rigi, Ionio II, Tog. S terso a 0 verso, dove Tautorè cita un trattato speciale sopra questa setta, scritto per combatterla, da Àbu-Abd-ÀlIa)i-ibn-Zoràm (o Rizflm). Non ostante la diversità delle tradisioni, date come dubbie nel Kitàìh'el^Fihrisi, mi par che molto ben si connettano insieme e che si possa accettare il grosso di tutti ipie^fatti. Si veggano altresì Makrizi» presso Sacy, Chrestomathie Araffe, tomo 11* p. 88; Sacy stesso, Ewpoté de la religion àés Ihrutes, tomo I, p. LXiii e Lxx, seg. filakrizi sostiene, e M. de Sacy ri- peto con incredibile semplicità » che Abd-AUah-ibn-Heimfto fabbricasse qaesta gran macchina, nùA ad altro Qne cbe di propagare l'ateismo e il li- bertinaggio! '

|iX secolo.} ^ 116

fioo a GiaYar, detto il Verace (a. 765), Eda poscia al- tri ricoQOScea Musa, quarto figliuolo lui, altri i figli d'Ismaele, secoadogeuito premorto a Gia'far: onde i partigiani di cotesta linea furon chiamati Ismaelianii ^ Costoro par non' avessero in pronto chi mettere in trono, poiché o spacciavan vivente tuttavia Mobam- med figlio d'Ismaele, o favoleggiavano in sua stirpe una serie di imdm mestùr, o, diremmo noi, pon- tefici nascosi, che il vólgo non dovea saperne anco i nomi. Per la comodità di tal mjstero o per altra cagione che fosse, lo straniero Ibn-Kaddàh elesse a suoi disegni questo ramo della faa^one sciita.

Dalla Persia meridionale venuto a Bassora, Ibn-Kaddàh cominciavi sue mene ; scoperto indi e costretto a fuggire, tramatasi in Selamia presso flmesa; vi compera poderi, e, infingendosi d' atten- dere airagricol tura, va spacciando qua e dWt, o vo- gliam dire missionarii, un dei quali, nel distretto di Gufa , indettava Hamdan-ibn-Asci ath , soprannomi- nato il Kirmit, uom di schiatta arabica, che parve ottimo strumento ad Àbd-AUah. Ma^ T-Arabo, rubata- gli Tarte, si fé' capo d' una setta novella che da lui si addimandò dei Earmali, o iheglio direbbesi Kir- miti.* Dopo venti anni (899) levaron la tèsta in

' Senza moltiplicare le citazioni mi riferirò al solo Seiarestani, op. cit., testo arabico, p. 15, 16, 127.

' Kitàlh-el^Fihrist , volume citato, fog. 6 recto e verso. 11 nome pro- prio Hamdan è dato da Ibn-el-ÀthIr. La pronum^à<di Kirmit è determinata da Sefedi, Di^onario biografico, MS. di Parigi, Supp). Ar., 706, articolo so- pra So1eiman-ibn*Hasan. Varie etiìmologie si danno di questo soprannome che al dir del Kitdb-^t^Fihrist si rlierisce a un castèllo. Su i Catti si Vegga anche Makrizi, presso Sacy, Chretlomathie Arabe, tomo H, p. 89.

117 |IXMeolo.|

Babrein, provincia d'Arabia, ove la setta s'era age- volmente propagata tra fiera e libera gente, che poco temeva il califato lontano.' Negli ordini loro si scerne il miscuglio delle superstizioni e dottrine persiane col genio independente della schiatta arabica: da una mano la ipostasi dello imam, e novelle prati* che religiose, manichee anzi che musulmane; dal- l'altra qualche eccesso di comunismo ùiazdakia- no e tutte le virtù e i vizii della democrazia khare- gita. Sembrami error manifesto degli eruditi di noverare i Karma ti tra gli lémaeliani, coi quali "non ebbero altra comunanza che le pratiche condotte e poi spezzate tra il Kirmit e Ibn-Eaddàh; altra somiglianza che di qualche forma e qualche mistero. Del rimanente correano per due vie oppo- ste e come a due poli del mondo. Gli Ismaeliani, ritennero gli ordini di associazione segreta quando non n'era mestieri, dopo la esaltazione cioè della di- nastia fatemita (910), e dopo la ribellione di Hasah- ibn-Sabbah ad Alamùt (1 090) ; disdissero mai il nome maomettano; e s'abbian promosso il dispo- tismo e la superstizione lo mostrano i lor disce- poli Drusi e Assassini. I Karmati al contrario, non conlenti di calpestare l'iislamismo, si risero d'ogni domma e rito, e si tediarono di star nelle tenebre dell' associazione occulta : costituirono uno Stato li- bero e forse licenzioso ; ebbero non principe semi- deo, ma capo politico, non altrimenti chiamato che Kabtr, ossia superiore; e talvolta, in luogo d'uno, ubbidirono a sei magistrati con titolo di sdid che suona signori, come que' della Mecca avanti Mao-

lIX,ì«eolo.J ->- 118

metió e delle nostre repubbliche del medio eyo:^ OgQUQ sa che i Karmati, per tutto il decimo secolo, fieramente combatterono dall'Arabia fino airEgftto il califalo abbassida e pòi anco il fatemita; che spar- sero fiumi di sangue ; che presero la Mecca, e por- taron via la sacra pietra nera della Caaba , per ri- venderla a carissimo prezzo ai devoti Musulmani; e che da lor venne, in parte, )a rovina dello impero musulmanp.

La società segreta degli Ismaeliani per una tren- tina d' anni lenta camminò, sotto parecchi gran mae- stri della Schiatta di Abd-Allah-ibfi-Kaddàh , succe- duti r uno air altro fino a Sa M-ibn-Hosein (874-883) il quale incalzò la propaganda in Persia , Arabia. Si- ria, ^ e par abbia compiuto l'ordinamento. Era stretta gerarchia : un dà't supremo, o gran maestro che noi diremmo ; sotto di lui altri dd't di provincia e altri di distretti, città, villaggi, che ciascuno eleggeva il subordinato e ìion conosceva altri che costui e X im-

I Ibn^el-Alblr , anno 278, MS. C, tomQ IV, fog. 369 verso, un lungo ragguaglio su la orìgine , dottrine e riti dei Karmati ; del qual capitolo la parte meno importante fu trascritta dal Nowairi e ti'adotta dal Sacy,yol.cit, p. 97. Veggasi ancora il Sacy, pag. 126 di esso volume, li mio giudizio, formato su la tendenza diversa degli Ismaeliani e Karmati, si conferma coi panieolari d'Ibn-eUAtblr. Notò anche questa differeoza il Taylor neU^ ope- ra, The hi8tory óf Mohammedùm and it» «ec/5, p. 172, quantunque ei non abbia avuto alle mani tutti i fatti da poterla provare. L' analogia dei Kar- tnati con gli Ismaeliani era stata^sosteouta dah M. De Sacy, ExpoU de la religion des Lrmes, p. lxiii; seg., e da M. De Hammer, Hiàtoire deVordre des Assassins, p. 47, 48, su la fede degli autori musulmani citati da loro. Il Baian, cbQ ailor non si eonoseea t contiene a pag. 393, seg., del (o vo- lume, un racconto sugli Ismaeliani e Karmati; ove si replicano con molti particolari i fatti già noti, e tra gli altri lo scandalo della notte lor festiva detta della Jmamta, e il nome, troppo stgnifieatiyòy di figliuoli della frater- nità, dato ai fanciulli che nasceano da qué' baccanali.

" KHà^l-Fihrisi , MS. di Parigi, tomo II, fog. 6 verso.

lltì llXwcolo.j

mediato superiore. I dai affiliavano. Una contribu- zione forniva il danaro ai bisogni della associazione 0 de' capi; e quando gittavan la maschera, teueano appareccliiala una fortezza, ''Casa del Rifugio" la chia- mavano in lor gergo; e quando regnarono, apriron adunanze pubbliche in una ""Casa delta Sapienza" ove il dà'i leggea sermoni su i misteri e la morale. Tanto si ritrate con certezza storica. Sembra che abbiano avuto varii gradi d' iniziazione ; dicono* nove, dal pri- mo vestibolo ai penetrali di un ultimo mistero , o piut- tosto fin di mistero ; cioè svelar che imami e xeligione e morale, tutto fosse una burla. ^ 11 dà'i cominckva a tentare il neofito con dubbii sopra alcuni punti deirisla-* mismo; si facea giurar segreto e ubbidienza; lo con- ducea successivamente fino al grado di che gli parca capace: passando dalla confermazione dei dommi e precetti dell'islamismo, alla eredità dello imamato negli Abdi e nella linea d'Ismaele ; alla dottrina dell' imam nascoso, noto al Mi supremo; alla spiegazione alle- gorica del Corano : e le allegorie si assottigliavano a mano a mano, e in ultimo si dileguavano nella incre- dulità. Ma quest'ultimo stàdio pormi quello del Gran Maèstro, il quale spacciando di' tenére in serbo un Messia non potea veramente credere all'islamismo a religione ohe fosse al monda. Gli altri gradi d' iniziazione deUneano esattamente la piramide che si yolea fabbricare: tutti i Musulmani alla base; so- vrappostivi gli Sciiti ; a questi i partigiani d' Ismaele ; ad essi i dottori in miti manichei; e sul vertice la famiglia persiana d' Ibn-Kaddah. *

* Su V associazione ismaeliana si veggano Sacy, Espose d€ la rtligion

1895.1 120

Saì(d-ibn-HoseiQ , di qaesta geo te, (enea la fila della gran trama in Selamta , quando Ibn-Hausceb, dai del lemen , pensò mandar neir Affrica Setten^ trionale chi dissodasse il terreno, come diceàsi. nel. gergo della setta. Lavoraronvi prima un Ibn-So- fiàn, indi un Holwànì; alla morte del quale, Ibn- Hausceb gli surrogò uomo di maggior .pólso, che per antonomasia fu detto lo Sciita. Ebbe nome Abu- Abd-Allah-Hosein-ibn-Ahmed , da Sana a nel lemen; ardente partigiano degli Alidi ; stato una volta Mob te- sib, 03sia magistrato di polizia, degli Abba^sidi presso Bagdad; audace, dotto e pratichissimo d'ogni via coperta ed obbliqua. Con danari della setta , costui si reca (893) dal lemen alla Mecca, a far proseliti tra gli Affricani che vi attirava il pellegrinaggio; e adoc- chiavi, uno sceikh della gente di Kotàma e Y onorevole brigata che lo seguiva. Facendo le viste, d'imbattersi per caso tra costoro, Abu-Abd-rAllah si insinua, K tenta e comincia a fare e ricever visite ; e conosciutili Iba- diti^ setta kharegita, come dicemmo, a poco a poco si scopre anch' egli nemico dei califi: aver lasciato il servigio loro perchè nulla v' era di bene ; voler vivere ormai spiegando il Corano ai giovanetti ; ame- rebbe a farlo in Occidente, ove non gli parean di- sperate le sorti del popolo musulmano. Tra lusinghe e dotto parlare e apparenza di pietà, austerità e liberi sentimenti, si cattivò gli animi di quegli stranieri,

des Druses, Introduzione; Quatremère, Mémoires historiques sur les Fati- mites, iìe\ Journal Asiatiqùe, agosto 1835, e le autorità musulmane citate da essi. Merita molta attenzione il racconto di Makrizi, presso Sacy, Chrei- tomathie Arabe, tomo II, p. 140, seg., su gli ordini della setta trionfante nel regno dei Fatemiti. .

1^1 |895-a00.|

bene che il pl*egavanp di accompagnarli in Affrica ed aprirvi scuola; ma noa rispose do, lascian- dosi trarre, quasi contro voglia^, alle capitali dèlio Egitto e deir Affrica; ove indagò profondamente le 'condÌ2;ioni delle tribù berbere ; e Kotàma gli parve proprio il caso. Allor, come vinto da' preghi dei Ko- tamii, accetta la ospitalità e gli oficii di imam d' una loco moschea e di pubblico professore ; ma ricusa lo stipendio ; fa vedere ai più intrinsechi un gruppo di cinquemila dinar; accenna alla sorgente misteriosa e inesauribile di queir oro; alla sacra schiatta d' Ali ; alle migliaia di migliaia che cospiravano per essa in tutta musulmanità; ai premii maravìgliosi che do- vea aspettarsi in questa vita e nelF altra* chiunque aiutasse alla esaltazione del pontefice nascoso. Le quali pratiche non piacquero a tutti tra quella gente ibadita e però nimica air autocrazia di Ali ; ma il maggior numero odiava mille volte più Ibrahim-ibn- Ahmed vivo, che Ali sepolto da secoli; più la domi- nazione straniera, che ildispotismo; e il giogo stesso del dispotismo tanto lor parea duro a portarlo sul collo, quanto comodo e piacevole a metterlo addosso altrui. Ebbe dunque gran séguito Abu-Abd-Allah; gli proffersero avere e sangue; i misteri guanto più assurdi, tanto più furibondo accendeano lo zelo; un capo uccìse di propria mano il fratello che andava gridando impostore Abu-Abd-Allah. A capo di sette anni, correndo il novecento dell'era volgare, costui cominciava a scoprirsi * presso Setif, nei monti detti

* Confrontìnsl: Warrftk, cronista spagnuolo del X secolo, citato nel fiaiàn, tomo I, p. 117-118; Makrizi» pressoSacy, Ckretlomathie Arabe, tomoli, p. Ili, seg.

HK)o.| ^ 122

di Ikgiàn, sede d' una tribù delld gente di Kotàma. ^ La gente di Kotàma tenea la più parte della odierna provìncia di Costantina : un quadrilatero da Bugia e Bona su la costiera, a Belezma e Baghaia nella catena degli Aurès : territorio montuoso, dove coltivato dàlie tribù stanziali, dove abbandonato a pascolo e corso dalle tribù nomadi della medesima gente. Si distinguea questa dagli altri Berberi per non so che divario di tradizioni, usanze, dialetto; tanto che gli eruditi vi trovarono appicco a consan- guineità con la schiatta arabica. Che che ne fosse, i Kotamii non si àffì^atellarono punto coi vincitori , ne lor ubbidiron altrimenti che di nome, si piegarono a tributo, non che smettere lor costumi aborigeni. Com'ogiìi altra nazione berbera, i Kotamii par sian vissuti in rozza confederazione, vincolo di schiatta più che di legge; il quale se non bastava a campar le tribù loro dalla guerra civile dalla dominazione straniera, potea stringarle insieme ad un tratto in brevi ma gagliardi sforzi. Allo entrar del decimo se- colo, fortissima era la nazione kotamia per numero totale degli uomini o relativo degli armati ; poiché la tradizione esagerando portò che ne andassero tre- centomila ad assalire Kairewàn; e da più certi ri- cordi sappiamo (juanti eserciti kotamii corsero in quel secolo fino air Atlantico e oltre il Nilo sotto le bàn- diere dei Fatemìti : nelle quali imprese la nazione kotamia si dissanguo; si trovò menomata a quattro- mila uomini verso la metà del duodecimo secolo;

* Su questo sito 8i4;oiisn1tf una nota di M. Chorbonnean , Journal Asia- tique, décembre 1852, p. b09.

123 1004.1

nel decimoquarto, qualche tribù che rimanea sof- friva il giogo di Tunis, e in oggi se n'è dileguato il nome. * Non primeggiava per vero nella confedera- zione la tribù stanziata a Ikgièn. Ma la mente di Abu-Àbd-Àllah , Y accentramento e ardore della setta ismaeliana le dettero tal vigore, da soggiogare qual- che tribù rivale, tirarsi dietro le altre, e unire la na* zion kotamia, anzi una gran parte della schiatta ber- bera, contro i vmcitori Arabi. Ibrahim-ibn-Ahmed dal suo cauto aveva arato quel terreno più che ì mi- stici agricoltori ismaeliani; fin avea liberato la nazione kotamia del disagio che le davano i bellicosi Arabi di Belezma.

Ed egli stesso gittò la prima scintilla. Risaputo dal governatpr di Mila come l'oscuro professore d'Ikgiàn osasse accusare d' eresia Abu-Bejkr e Omar , mandò ad ammonirlo di frenare la lingua; e, se no, ve- drebbe. Abu-Abdr-AUah, itivece di rispondere, si mo- stiK) in campo (901) con giusto esercito, con simboli non più vi^ti, scritti su le bandiere, nei suggelli delle lettere e nel marchio dei cavalli ;. ordinò gli oficii d' amministraziobe militare; afforzò la casa del rifugio a IkgiAn; die il motto di guerra ^'In sella, ca- valieri di Dio;" apertamente bandi la rivoluzione po- litica e religiosa. Così la società ismaeliana, compiuti i lavori a suo beli' agio tra genti guerriere e luoghi inacbessibili alla vigilanza dei governanti, uscia dal(e tenebre improvvisamente in sembianza di Stato an-

' Confrontinsi : Edrìsi, Geografia, versione firancese di H. Jaobert, tomo I, p. 246; Ibn-KbaldÙQ, Giorni dei Bèrberi, versione francese di M. De^SlaDe, tomo 1, ft. 291; Cronica di Gotha^ presso NìcìmuÌsoq, a(^

coutU Qfthe e^khlishmint oflk$ FtUenùti ^rkOBly^ p. 88.

w

|902.| 124 -^

tico che fdcesse guerra, non di moltitudine tumnl- tUante e confusa. Sbigottì Ibrahim a quel terribil se- gno. Comprese che la vfva forza da lui sciupata si stoltamente, ormai non bastava contro la ribellione sciita : pertanto si provò a suscitar la guerra civile tra i Kotamii ; a calmare gli altri pòpoli con le ri- forme; e si affrettò air abdicazione. Scéndendo dal trono raccomandò al figlinolo che non assalisse mai primo gli Sciiti, si difendesse, e abbandonato dalla fortuna si ritraesse in Sicilia/

CAPITOLO VI.

S'uom potQa riparare alla rovina di casa aghla- bita, quel desso era Abd-Allah, successor del tì- ran'no. Abd-Allah par modello dell' ottimo prìncipe musulmano, del medio evo: prode della persona, cava- liere e schermidore perfetto, savio capitano, belF in- gegno,'poeta, dialettico^ erudito, rettorico, e, quel che monta a^ai più, giusto, magnanimo, benigno, tem- perato nell'esercizio del comando, osservatore d'ogni precetto di sua religione. Preso lo Stato alla abdica- zione del padre,,' mandò lettere circolari da leggersi \ ■_ .

' Gonfrontiùsi : Baidn, tomo I, p. il8; Ibo-Kbaldùa, Histoire de VÀfrìque et de la Sicile, versiode di M. Dqs Vergers,p. 145-147; Hakrizi, presso Sacy, Chrestomathie Àrabe ^ tòmo 11, p. 115, seg.; ibn-Hammàd, MS. di M. Cherbonneaa, fog. 1 verso.

s Credo il 22 rebi' primo del 289 (5 maìrzo 902) più tosto cbe » mezzo giugno de) medesimo anno. L'uria e l'altra data si legge nei medesimi au- tori : ma forse non è errore , e la prima va intesa dello esercizio del potere

145 1902.|

al popolo adunato, per le quali promettea zelo nella guerra estera, e nel governo umanità, giustizia, amor del ben pubblico. E che non sciìvesse ciance di prin- cipe nuovo provoUo coi fatti, chiamando appo, di un consiglio di molti savii e dotti uomini (queste son lei parole dlbn-el-Athtr) , che lo aiutavano, a con- durre gli affari secondo giustizia e proponeano i prov- vedimenti richiesti, dalle condizioni del popolo. Come i predecessori, sedetegli stesso nel Tribunal dei so- prusi. Volle che i magistrati ordinarii rendessero ra- gione, senza contemplazion di persone , contro oficia- li, cortigiani, congiunti o figli del principe e contro lui medesimo. Eletto il novello cadi dal Eairewàn, gli commise di reprimere severamente i soprusi dei riscuotitori delle tasse e proteggere gli oppressi. Ri- fondò al tempo stesso la corte : vestitosi di lana come i primi califi ; sgombrati que' nugoli di pretoriani ; fuggito a precipizio dalle insanguinate castella del padre, si che soggiornò nei primi tempi in uìia ca- Sttccia di mattoni, poi ne fece acconciare una più spaziosa, comperate entrambe.del proprio. Forte di sua virtù, sdegnando i consigli tiberiani del padre, Abd- Allah mandava contro gli Sciiti un esercito capita- nato dal proprio figliuolo, altri dice fratello, sopran- nominato Ahwàl. E già la vittòria seguiva gli auspi- cio del principe guerriero ; e la contentezza de' popoli promettea che la ribellione , ristretta a una tribù , presto sarebbe spenta.

sapremo, la aecoDda della solenne inaugnrasione per la quale forse si aspettò il diploma del califo abbassida. Veggansi le aatoriià citate qni sopra a p. 77| e Ibn-Abb&r, MS. della, Società Asiatica di Parigi, fog, 33 Terso, che porta appunto la data del 22 rebi' primo.

[DOSI _ ÌÌ26

Quando un vii parricida troncò ogni jsperanza degli Arabi d' Affrica; Ziadet-Allah, figliuolo di Abd- A]lah, rimaso a reggere la SicOia dopo la morte d'Ibrabim, s'era dato a vita sozza e bestiale con vili cortigiani che Io stigavano contro il padre per- chè sentiansi soffocare da quella severa! riforma. Ri- sapendo tai vergogne, Abd-AUah deponea d'oficio il figliuolo; chiamavalo a Tunis; e, arrivato eh' ei fu del niese di maggio noveceptotrè , come a fan^ ciullo discolo, gli tolse danarp e arredi e il chiuse in un appartamento del palagio, messi in prigione a parte i iSuoi cagnotti. Ma le mura non furon osta- colo a una congiura di corte che si ordì, consape- vole Ziadet- Allah. Il mercoledì ventisette di luglio,! uscito Abd-AUah dal bagno e gittatpsi a dormire in parte solitaria del palagio sopra un sofà di stuoie^ tre eunuchi schiavoni eh' ei^ tenea molto fidati gli si ap- pressano; un trae pian piano la spada di sotto il ca- pezzale; e d' un fendente tagliò netto e collo e barba e intaccò la stuoia. Gorre un altro alla prigione di Ziadet-Allah; scala il muro; lo saluta re; gli fa pressa di mostrarsi alla corte : ma quei temendo doppio tradimento, risponde che, se dice il vero, gli re- chi la testa del padre: onde T eunuco andò e tornò e gli gittò la testa d' in sul muro. Prèsala in mano, raffiguratala, il parricida balzò di gioia; fé' spez- zare le porte della prigione; assembrare i grandi di casa aghlabita; i quali sospettando, o no, il vero,

* 11 mercoledì alUipoi secondo Ibo-elrAtbir , e ^nullimo giorno, se- condo il Baiàn^ del mese di sciàb&n 290. Indi si vede che T nno segue il calendario astronomico, e 1* altro il conto civile, di che si è fatta parola al cap. HI del Libro 1, pag. 57, del 1<^ volarne.

t

127 p05.|

per paura degli stanziali, o perchè la virtù di Àbd- Allah lor fosse stata anco molesta, giararono fedeltà al successore. A cancellar sue proprie vestigia, questi fece scannare immantinente i tre sicarii, e appendere i cadaveri al patibolo.

Pria che si risapesse il misfatto, Ziadet-Allah scriv^a col suggello del padre ad Ahwàl di venir subito a Tunis; il quale senza sospetto, lasciò Io esercito, e per via fu preso e morto. Uccisi al paro da trenta, tra fratelli , zii e cugini del novello tiranno, in un isolotto' ove li mandò sotto colore di rilegazione; dato lo scambio a primaria magistrati; gratificati con largo donativo gli oficiali pubblici. Dei rimanente, non curando se lo Stato andasse ben^e o male, Ziadet-^ Allah ripassava dal sangue nel fango : regnava sette anni trescando con sicarii, giullari, beoni, concubine e giovani svergognati ; arrivava a far batter moneta coi nome del paggio Khattàb ; e quando avea mala nuova della guerra sciita, diceva al coppiere: *Mesd- mi; e anneghiamola in questa tazza.* '

Abu-Abd-Allah intanto conquistava l'Affrica.

' Delta G€%iret'el'Kerràth , ossìa * Isola dei Porri." Così fu cliiamato dagli Arabi an isolotto a Capo Passaro in Sicilia, ctie ritien oggi il nome voltato in italiano. Ma eredo qulsi tratti della Gexirel*el-Kerrilh in Affrica, a ì% miglia da tunis.

* Cbnfrontinsi : Ibn-el-Athlr, MS. A, tomo II, fog. 172 recto, seg., aQ. 2S9, e MS. G, tomo iV, fog. 979, stesso anno, e fog. 286 recto» seg., an. 296 » e MS. Bibars» an. 289, fog. 129 verso ; Ibn-Abbàr, MS. della So- detà Asiatica di Parigi, fog. 35 verso e 54 recto; Baiàn , tomo I, p. 128, J3B, 139; N^wairi , Storta d* Affrica, in appendice alla Huioire des Berbera par Ibn-Kbaldùn, versione di M. de Slane, tomo 1, p. 438 a 440; Ibn-KbaI* duo , HUtoiré de l'Àffiqu^ et de la Sieiìe , versione di M. Dos Vergers, p. il 46 a 149; Ibn-Abi-Din&r, testo MS., fog. 21 verso, e tradui^lpne, p. 87; ibn- Wuedr&n, nella Revue de l'Orient, décembre 1855, p. 429, seg.; Cronica di Gotha, versione di Nicbolson, p. 51, 74, 75. '

1903-907.1 128 r-

Nei regno dlbrahim-ibn-Ahmed avea soggiogato qaalcbe popolazione agricola (904 ) è combattuto nna tribù guerriera della nazione stessa dé'Kòtàmii. Ve- nuto alla prova contro gli eserciti agblabiti al tempo d'Abd-Allah, il ribelle or vinse or fu vinto; e n^avea la peggio, quando Ziadet-Allah lo cavò di briga col parricidio e il fratricidio (903). Poscia, tra le vicende della guerra, sali pur sempre la parte sciita. Nqn solo tutta la gente kotamia, ma anco altre popolazioni berbere seguiron volentieri un capo che promet- tea la venuta del Messia e quanto prima soggiogati tutti i popoli della Terra, e fatto spuntare il -sole di Ponente; e dava pur qualche arra de' prodigi!. Arra la vittoria, il bottino, la propria temperanza, austjerità, abnegazione , T abolizione del kharàg o diciamo tri- buto territoriale , antichissimo sopruso diagli Arabi sopra i Berberi : e questo ribelle , entrato a Tobnà, e . recatogli il danaro pubblico, rendeva il kharàg ai pos- sessori musulmani; aboliva le tasse non prescritte nel . Corano p nella Sunna ; e bandiva ai popoli che ormai non avrebbero ad osservare altre leggi che i sacri testi. Air incontro i sudditi fedeli pagavan troppo caro le vergogne di Ziadet-Allah. Gli eserciti, ac- cozzati di stanziali e avanzi del giund, che è a dire di tormentatori e tormentati, marciavano di pessima voglia; e talvolta sbaragliavano! pria di venire alle mani , non ostante gli immènsi appresti d' armi e macchine da guerra; e quali capitani lor potea dare tal principe? Entro, pochi anni, Abu-Abd-Allah mi- nacciò la metropoli dell' Affrica (907). Il tiranno, provatosi a far grande armamento e montare a

129 [907-909.1

cavallo egli stesso, tornò addietro spaurito a Rakkà- da, rifatta sede della corte aghlabita; afforzolliei con mura di mattoni e mota; * affidò l'esercito, troppa tar- di, ad un uom di guerra di sangue aghlabita, per nóme Ibrahim-ibn-abi-Aghlab; la cui virtù non valse che a ritardare la vittoria del nemico. Di marzo novecento nove, Ziadet-ÀUah, all'avviso di un'ultima sconfitta dlbl-ahim, tenendosi spacciato e tradito da costui, dal primo ministro, dai soldati, dai cittadini, si deliberò a fuggire incontanente. voce di riportata vittoria; fa tagliar le teste ai miseri che teneva in carcere e condurle a trionfo per le strade di Kairewàn, come se fossero dei nemici uccisi in battaglia; e*intanto a Rakkàda, ch'era discosta a quattro miglia, entro il palagio si caricavano trenta cameli d'arredi preziosi, oro, gioielli; mille Schiavoni della guardia erano messi in .ordinanza, è dato loro a portar mille dinar d'oro per cadauno; le mógli e le più gradite concubine del tiranno montavano in lettiga. Al cader del giorno ei con la corte cavalcò in fretta ^lla volta di Tripoli, per jpassaré indi in Egitto.

Risaputa la quale fuga, tutta. Rakkàda sgombrò, eh' era soggiorno di scrivani e servidori di corte: a lume di fiaccole tante famiglinole, con loro ròbe pre- ziose, correano per la campagna su le orme del prin- cipe. Ma il popolaccio di^airewàn, invidioso e tur- bolento, piombò la dimane sopra la città regia; per sei giorni continui frugò le case cercando tesori se-

' Rendo così la voce arabica iàbia, donde lo spagnuolo tapia e credo anco il siciliano taju. In quest' altima voce la b par mutata dapprima » alla greca, in v, e poscia dileguata nelP;.

II. 9

(909.) 130

polli, e portò vìa ma^erizie; finché comparve la van- gaardia di K^tàma, che ricacciollo alla capitale. Pove la schifosa anarchia della paura avea consumato, in questo mezzo, quel pò* di forza vitale che rimaneva alla schiatta arabica. Ibrahim~ibn--abi-AghIab, usando un attimo di favor popolare, convocò i giuristi , i capi delle famiglie nobili della città e i principali merca- tanti ; lor disse , che se Ziadet-Allah se n- era fuggito, tanto meglio; poiché la mala fortuna se ne andrebbe con quel poltrone; or si potrei^ fkr la guerra; lo aiutassero di danari ed egli saprebbe rannodare Teser- cito, salvar Tenore e la dominazione degli Àrabi : per Dio non «si dessero in mano di quelle frotte di vinti rivoltati, di barbari settatori d'un eretico, calpesta- tori d' ogni legge. Ma i notabili risposero , al solito , ferocemente 0 chi parlava di onore e di pericoli; conchiusero che il danaro lor serviva a ricattare dalia schiavitù stessi e le famiglie; e replicando Ibrahim che si potean togliere i capitali dei lasciti pii, radunanza gridò sacrilegio. Sdegnosamente usci Ibrahim dalla sala; e in piazza ebbe a sóSHre gli in- suiti della plebe che ripeteva a modo suo gli argo- menti dei barbassori, e dava mano anco ai sassi: se non <)he VAghlabita con uno stud di cavalli si fe' largo caricando fìno alle porte deUp città. Audace, anzi temerario, andò a Trìpoli, sperauoi^o scuotere Zii^ét-Allab; e per poco non incontrò la sorte del primo ministro; il quale s' enà imbarcato per la Sici- cilia, ma i venti lo spìnsero a Tripoli, nelle mani del tiranno, ch'egli avea confortato alla difesa, e or n' ebbe in merito la morte. Ziadet-AUah , chiesta li-

131 -- ' |909.)

ceoza dal califo abbassida, soggiornò or in Egitto or in Siria, sperando sempre che il ealifo riconquistasse TAffrica per lai ; e mentre aspettava, rubato dai proprii servitori, ammonito per $ue infami dissolutezze dai magistrati^, vilipeso da' governanti, impoverito, in- vecchiato in pochissimi anni, mori (916) di malattia o di veleno. * Così cadde dopo un secolo la dinastia d'Aghlab.

Finì con vergogna non minore la dominazione degli Arabi in Affrica. La municipalità di Kairewàn, sbrigatasi da quella molesta virtù d-Ibrahim-ibn-abi- Aghlah, mandava in fretta oratori allo Sciita poc'anzi scomunicato con tanta rabbia dai giuristi; il quale era entrato a Bakkàda (26 marzo 909) con sue miriadi di Berberi^ Uvincitore accordò Yamdn, distogliendo a gran fatica i capi di tribù di Kotàma dal promesso saccheggio di Kairewàn. solamente assicurò vita e sostanze al popolo della capitale, e acquanti altri si sottomettessero, ma anco alla parentela degli Aghlabiti e ai condottieri del giund. Prepose, agli oficii pubblici molti capi kotamii e qualche giureconsulto arabo sciita; rinnovò i simboli della moneta, bandiere, atti pubbh'ci, senza porvi nome di principe; mutò due parole mWidsàn, o diremmo appello alla preghiera; *

* Coiifrontinsi: Ibn-el-Alhtr » MS. G, tomo IV, fog. 286 recto, seg., an. t96; Ibn-Khallikàn , WepM^Bl'-'Aiàn, versiooe inglese di M. DeSlaae» tomo 1, p. 46S; Baiàn, tomo I, p. i55 a 147, e Cronica di Gotha, presso Nìcbolson, p. 8S^a 91; Ibn-Rhaldùn , Bintoire de VAf^ique et de l&Sicile, yersione di M. Des Vergèrs, p. 150 a 156; Nowairi, Storia d'Afftiea, in ap« pendice aUa Histoire des Berbères par Ibn^Khaldoun, versione di M. De Slane» toi^ I, p. 441 à 447; Madirìzi, presso Sacy, ChrtMtomathit Arabe, tomo I^ p. U3a 115^

> Secondo i Sunniti era : * Venite aila pregbiejra cli'è migliore del soo* no." Gli Sciiti corressero: "Venite alla preghiera eh' è l'opera migliore."

(909.J 152

del rimanente non .molestò gli ortodossi; sparse , altro sapgue, che degli schiavi negri soldati di casa d'AghIab. D' ogni parte delF Affrica pròpria, gli Àrabi sottometteansi ad. uom civile che tenea in pugno trecentomila barbari. Non che i cittadini , piegavan la fronte i nobili del qiunà; non sentendosi forza di salvar stessi e i figliuoli dalla schiavitù; * onde credéano uscirne a buon patto se non perdean altro che la dominazione. E al solito avvenne che il giogo si aggravò quando X ebbero assestato sul collo.

Perchè lo Sciita tra non guari risegnava il co- mando. Sembra che tanti anni innanzi, i capi kota- mii iniziati a Ikgiàn non avessero voluto mettere a rischio vita e sostanze senza sapere per chi; onde lo Sciita Jor additava il custode de) gran segreto in Selamia di Siria. Andativi i messaggi di Kotàma, .tro- varono Sald-ibn-ftosein; il quale, richiesto di sve- lare il. pontefice, rispose ^'son fo,** aggiugneudo chia- marsi, per vero Obeid- Allah ; e infilzava una genea- logia fino ad Ismaele, e da questi ad Ali e Fatima, figliuola del Profeta. Indi T appellazione di Fatemita ' che usurpò questa dinastia persiana, detta altrimenti Obeidita, dal nome del primo monarca. In sul trono non le mancaron poi dottori che provassero genui- na la parentela con Ali; joietìt re i dottori di parte abbassida la negavano con pari asseveranza: gli ar- gomenti prò e cóntro rimasero per mantener viva la lite, tra gli eruditi musulmani più moderni; e fin

^ Gonfrootipsi: jBaidn, tomo I, p. 137, 141 a 149» e Cronica di Gotha, versione di Nicbolson, p. 64, 92, 96, seg.; Makriù, presso Saòy, Oiresto- mathie Arabe, tomo II, p; 115; 9acy, Eùcposé de lareligion des Drusesj to- mo^ , p. GGLXx, seg. *

133 |909.1

oggi dotti europei han creduto alla legittimità dei Fatemiti. * Ma Abu-Abd-Allah lo Sciita, vero fon- dator del calffato d'Affrica, non mi par complice di queir albero genealogico falsato per , tiro del Gran Maestro.

Trapelando intanto il segreto , e sondo venuto Obeid-Allab in sospetto ai luogotenenti del califo in Siria, per quei misteriosi andamenti e visite di stra* liieri, fuggissi in Egitto col giovanetto Abu-1-Kasem, che dovea far la parte di Alida, s' ei noi potesse. * Ap- parve in questa fuga, mirabile effetto dell' affiliazione ismaeliana : quegli occhi d' Argo che spiavan. sopra le spie del governo; quelle mani pronte e fedeli per ogni luogo; è la verga délForo che veniva a sciogliere tutti i nodi. Accortosi Obeid-AUah che gli Abbassidi lo cercassero in Egitto, lor tòlse la traccia, passando a Tripoli d' Affrica e di a Segelmessa , q^tà su le falde meridionali del Grande Atlante , in og^i decaduta e soggetta a 1Vf arocco , allora capitale . del principato dei Beni-Midràr, berberi, eretici di setta Sifrita e independenti degli Aghlabiti. S' appréseàtò come ricco mercatante che bramasse far soggiorno

' VeggaDsi le autorità citate <)a H. Sacy, Bxpoàé de la rdigion det Druses, tomoi, p. ccxlvii, seg., e Chrestomathie Arabe» tomo U, p. 88 a 92 e 95; e da M. Quàtremère^ Journal Asiatique, aott 1836, p. 99, seg., il primo dei quali sostiene e V altro confuta le pretensioni dei Fatemiti. Si aggiun- gano: Kitài^el'Fihrist , MS. di Parigi, tomo II, fol. 6 verso; Baidn, tomoI, p. 293, seg.; Ibn-Abb&r, MS. della Società Asiatica di Parigi ,fog. 37 verso. Non cadendo in dubbio cbe Sald, o vogUam dire Obeid-Allab, discendesse da £1-Kaddàh, i partigiani dei Fatemiti éov^an provare la parentela di El- Kaddàh con Ali; ma njuno l'ha fatto.

> Questo aneddoto è narrato nel Kitdb^l-FihrUl MS. Parigi, tomo U, fol. 7 recto, dove Abu^l-Kasein non è detto figlìuplo d*Obeid-AUab, come quésti lo spacciò e come scrivono tutti gli altri cronisti.

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nel paese; entrò in grazia del regolo, per nome Eliseo; e si tenea sicuro , quando Ziadet-Allah die avviso a quei d! Segelmessa che il capo di cotesta setta ster- minatrice dell' Affrica si ascondesse appo di lui. Per- ciò caddero i sospetti sul mercatante straniero ; e fu sostenuto, interrogato, confrontato col figlio e coi fa- migliari e costoro torturati a frustate ; ma tutti nega- vano e parlavano a un modo. Eliseo non s'appose al vero, finché lo Sciita, trionfante a Rakkàda, non gli domandava con lusinghe e promesse , la liberazione d'Obeid-AIiah. Ricuàò; gittò le lettere in faccia agli ambasciatori; e li mettere a morte. Lo Sciita, dicon le croniche, tremando per Obeid-Allah^ dissimulava r insulto; tornava a pregare; e di nuovo gli furono uccisi i messaggi. AUor con gran furore miossé di Rakkàda (maggio 9Ò9) sopra Segelmessa.

E forse in suo segreto il men che bramasse era di liberare Obeid-Allah. Fin dai principi! della ribel- lione d' Affrica, lo Sciita, per lealtà alla verace schiatta d' Ali o ambizione propria, par si fosse studiato a te^ ner lungi dallo esercito T impostore di Selamia. Ma noi potèa disdire apertamente, avendo amici e nemici tra i capi di Kotàma, padroni dell' esercito, abbocca- tisi con Obeid-Allah in Oriente , entrati in queir or- ditura di spionaggio, menzogne e superstizioni , nella quale era avvolto lo stesso Sciita, e le fila, maestre teneale in mano Obeid-Allah. Con ciò le moltitudini cominciavano a ripetere il nome del pontefice na- scoso; a saperlo in pericolo; forza umana le avrebbe ritenuto. Lo Sciita, non osando dunque spez- zare l'idolo fabbricato con le proprie mani, gli si prò-

155 |90«.9«0.l

strò il primo; differì i disegni; sperò che i meriti avrebbero caBcellato le ofifese; che il novello principe non avrebbe potuto far senza di Ini : e quando s'ac- còrse deir errore, mormorò, cospirò, e fu spento. Ed ora cavalcando alla testa dell'esercito vit- torioso, vedea.le altre nazioni berbere sottomettersi di queto o sgombrargli il passo; gìugnea a Segei- messa; rompea le genti d'Eliseo, uscite a combat- terlo; ed occupava la città. Ansiosamente corre alla prigione di Obeid-AUah, coi cafn kotamii; i quali, a vederlo salvo, proruppero in lagrime di gioia. Lo con-, dusserò al campo (80 agosto 909) con riverenza che puzzava d' adorazione : Obeid-AIIab e il figliuolo soli à cavallo, ogni altro a pia; e primo lo Sciita, che andava gridando ""Ecco il mio e il vostro Signore!" Si rinnovò tal rito a Rakkàda (gennaio 91 0), quand'ei fé' la entrata trionfale coli' esercito ; uscitogli all' in- contro li popolo di Kairewàn co' soliti plausi; man- carono poeti che lo rassomigliassero alla divinità. Prese' titolò^ di Comandator dei credenti e soprannome di Mehdi, eh* è a dire ''Guidato da Dìo;" e così fu ri^ cordato ogni venerdì nella ftfto<6a. Oltre Io stato di Segelmessa , lo Sciita gli avea conquistato poc' anzi qiirt di Taiort, mdependente dagli Aghlabiti: onde l'imperò Fatemita fin dal principio si estese a iutta l'Affrica settentrionale, eccetto le estreme province di ponente, tenute dagli Edrisiti. ^

* Gdùflraatinsi: rabla-ibn^Sald» Continua%ioHe degli Annali d'Euti- ehio, MS. di (Hirigi, Ancien Fopds, 131 A, fog. 87 verso, seg«; KitdIh'eU- Fihmt, MS. di Parigi y tomo H, fog. 6 verso, seg.; Ibn-el^Atlitr, an. 996, MS. A, tomo U,fog. 197 verso, e MS. Ci tomo IV, fog. 290; Baiàn, tomo I, pag. 149, seg.; Cr<mica di Gotha, versione di Nicfaiolsoiiy p. lÓO, seg.;

(910-0201 156

Fornite le cerimonie, il Mehdi cUè opera a fab-

r

bricar le fondamenta del nuovo impero. Alla tolte- r^nza religiosa d' Abu-Abd-Allah era, già auccedulo il fanatismo del fratello preposto ali* Affrica propria durante la guerra di Segelmessa ; il quale perseguitò molti ortodossi. Ed or il Mehdi faceva osservare più rigorosamente le pratiche sciite nei punti di di- sciplina ecclesiastica o .diritto civite in che differi- vano dalle sunnite: le parole mutate nell'appello; un digiuno sostituito a una preghiera; maledire. i com^ pagni del Profeta fuorché Ali; permettere altre for- me di divorzio ; dar più larga parte alle figliuole nei retaggi ; e somiglianti novazioni, qual ridicola e qual seria, odiosissime tutte agli Arabi d'Affrica. * Con peg- gior consiglio ei tentò d* incorporar lo Stato alla setta. Ai capi berberi di Eotàma richiese il giuramento di fedeltà ^'per la Verità di chi intenda i misteri :* al qual gergo ismaeliano erano avvezzi, e passò, Ma la schiatta arabica vide con orrore seder prò tribunali a Rakkàda una mano di d£t preseduti dallo Scer^, più alto dignita- rio, i quali, chiamavano i cittadini per affiliarli alla setta con lusinghe , poi con minacce ; e mandavano in car- cere i ricusanti; e quattromila ne furono uccisi, per comando del principe o brutalità dei satelliti kotaniii. Gontuttociò i proseliti arabi si contarono a dito. U

Makrìzi , presso Sacy, Chrestomathie Arabe, tomo II, p. 1Ì4, Ì15. Traggo la dau del 20 agosto 909 da Ibn-Abb&r, MS. della Società Asiatica di Pa- rigi , tog. 38 recto.

* ConfrontiDsi: Riddh-en-nofus , MS. di Parigi, fog. 67 verso;. Ibn-el> Atblr, MS. A, tomo II, fog. 197 verso, seg,;MS. C, tomo IV, fog. 290, 9eg., an. 296; Baidn, tomo I, p. 158, 159; Makrizi, MQÌ6àffa\ MS. di Parigi, An* cien Foods, 675, fog. 222 recto; Ibn-Hammàd, MS. di M. Cberbomieau, fog. 3 recito.

137 1940-920.)

Miehdi, necessitalo alfine a smetter la violeo^a, riempi le logge ismaeli^ne cpme potea. * Fallì lo scopo d' im- beccare ^lle moltitudini quella sua ipostasi, onde avrebbe regnato con doppio comando*", di re é d' Id- dio. Trapiantata poi la sede m Egitto, i successori rincalzarono la propaganda: il più pazzo, il più co- dardo, il più crudele tra i Fatemiti, V empio Hakem- biamr-illah, arrivò per tal modo agli onori divini; e i Drusi r adoran tuttavia.

Ma il Medbi^ non potendo soggiogar le coscien- ze, assestò ogni altra cosa dauòm di Stato. Prodigò facóltadi, carezze, óficii militari e civili ai Kotamii più che non, avesse fatto lo. Sciita; e pur non si ab- bandonò tutto alle milizie loro, ordinò un esercito stanziale di liberti e schiavi, p^nte di schiatta greca e italiana,* e parte negri. Pose diligenza e regola nel- ramministrazione delle entrate pubbliche; onde fé' sen- tir meno il peso ^d ebbe abilità di aggravarlo senza remore. ' S' impossessò non solo dei beni degli Aghla- biti,* ma dei lasciti pii e dei patrimonii pub- blici d' alcune città ;' tolse le armi serbate nelle torri

* GonfroDtinsi Ibo-el-ÀlMr e Makrìzu li. ce. Veggasi aoche-nel Riddh- en-nòfùs, fog. penultimo , verso , un. curioso aneddoto cbe^ si Darra nella iniziazione d' Ibn-Gbàzi.

' lahta-ibn-Saìd , continuatore di Eutichio , scrive Rum , il qual nome si dava ad ambe le scbiatte e comprendea perciò i Siciliani. La più parte probal)ilmenté erano cristiani di Sicilia, convertiti o no. Uscì da questi giannizzeri fatemiti Giawher conquistatore del Marocco e dell' Egitto, cb' è chiamato ora kumi ed or i$tftH/t,' ossia siciliano. .

,' si legge nel Baiàn, tomo 1, p. 175 e 184, cbe il Mebdi nel 303 (913-16) fece il catasto dei poderi tributarli (dAt'd) prendendo la media tra il massimo e il mìnimo fruttato; e cbe nel^ (917-18) levò unatassa ad- dizionale sotto pretesto di arretrati. La sottile avarizia della. Gnanza fate- mita si ritrae da tante altre fonti.

Mabta-ibnHSald» fog. 89 recto.

" Riddh-^en-nofùs, fog. Q7 verso. 11 testo dice: e Prese i beni de* lascili

I94Ò-020.1 138

della co^iera; abbattè i palagi fortificati degli Aghla- biti; caticellò per le castella e moschee i nomi dei priocipi fondatori, e scolpivvi il suo. 'Oltre le nova- zioni che accentravano T autorità, il Mehdi come i predecessori sedette nel Tribunal dei soprusi, e trattò dassè le faccende pubbliche, *

Varie tribù e città barbere levaron la testa; ed ei le domò con milizie di Kotàm'a capitanate dallo Sciita. Poi risapendo che questi sparlava, che capi kotamii gli tlavan orecchio, e che si mettea in forse se stesse in sul trono il verace imam guidato da Dio, un giorno convita Abu-Abd-Allab e il fratello ; li fa appostare air uscita e trucidare ; con ippecrìta pietà recita egli stesso la preghiera su i cadaveri (féb^ braio 94.1); e quetamente li seppellisce nel giardin della reggia. Spense gli altri capi di Kotàhia disaf- fetti. Ad un che gli domandava miracoli in prova di sua divinità, fé' di presente troncar la testa.* Un altro Kotamio spacciò sentirsi addosso lo spirito divino; noi provò con la vittoria; e fu preso e mandato al supplizio. "

Non cessavano con tutto ciò i tumulti del popolo di Kàirewàn e d'altre città arabiche, la pertinace ni-

> II. ' r '

» l^li 6 aeNe forlezse. » Qaest^olUiiia voce sigi^ca seiuut dabbio le dtià di piOTlnctft.

* Rtùàh-en-ncfHs, 1. e; Ibn-Hammdd, MS. di M. Cherbonneau, fog. 2 recto.

sfabla-ibn-Sald,!. «.

« GonfronliDSi : Iborel-AAlr , an. 296, MS. A, tomo II, fog. IdS versoi e MS. C, tomo IV, fog. 290 verso; Ibn-Kballik&fl, netta vita di Abn-Abd-Allab lor Sciita , Versione inglese di H. Oe Slaiie , tomo I , p. 46^; Baidn, tomo I, p. 158, seg. ; Ibn-Abb&r, MS. della Società Asiàtica di Parigi, fbg. 58 recto; Ibn-Hammftd, MS. de M. Gherbonnean, fog. 2 recto e vi&rso.

' labta-ibn-Sald, fog. 89 Terso.

159 -— 1040-920.1

mista dei giureconsulti e nobili , la petulanza degli sgherri kotamii, le rìbéllioni d' altre genti berbere; tra le quali quella esaltazione del nome d' Ali prò*- VOGÒ novello furore delle sètte kharegite , e ne sor- geva, a capo di parecchi anni, uh terribile dema- gogo del ramo detto de' Nakkariti. Il Mehdi dun- que, non potendo fondarsi sopra alcuna schiatta vasta opinione, ma sol su quella sua macchina di governo, dovea metterla in salvo da un impeto degli elementi ostili, con maggior cura che non avessero fatto gli Aghlabiti ; parvegli acconcia Rakkàda, vicina a Kairéwàn; altra città di Arabi. Con alto consiglio volle porsi in sol mare, ove r armata gli servisse a difesa ed a minaccia sopra stranieri e Affricani . e Siciliani impazienti del giogo; ed ove il commercio creasi ricchezze e nuova popolazione. Percorsa tutta la costiera a le- vante di Cartagine, elesse una penisoletta ch'esce tra i golfi di Hammamet. e di Kabes, in forma di palma di mano aperta, e T istmo raffigura il polso. Le die nome di Mehdia, ma fu detta anco Affrica^ còme capitale. Ampliò con maravigliose opere il porto, da renderlo capace, dicon, di settecento galee; costruì arsenale, castelli, torri, porte di ferro mas- siccio di mole non più vista , fosse di grano, cisterne d'acqua; soprantese in persona ai lavori; sciolse problemi meccanici;' trovò in sua dietrologia il giorno e Torà di gettar la prima pietra, spuntando in cielo

* Non si trovava modo di pesar eotoste masse ferro. Egli 086 una barca da bilancia idrostatica, caricandovi le porte e segMaòB ove arrivasse il pel deiracqoa. Alle porte fii sostituita poi tanta zavorra ; e qnosia si pesò coi modi ordinarii.

1940-920.) 140

il Lione ; profferì facili profezie ; usò la scienza e impio- stura dei suoi veri antenati persiani, che per esser nuova parea tanto più miracolosa in Occidente. Ed a capo di cinque anni (920), quando vide fornita la inespugnabile capitale, sclamò: *^ Or si regneranno i Fatemiti.***

CAPITOLO VII

*

La colonia siciliana, dissanguata nella guerra ci- vile del novecento, stette cheta o quasi, per nove anni; nelqual tempo la ressero quattro emiri: Ziadet- Allah (902-903); Mohammed-ibn-Siracusi , surroga- toglr dal padre (màggio 903);* e, dopo il parricidio, Ali-ibn-Mohammed-ibn-Abi-Fewàres ; é Ahmed- ibn-àbi-Hosein-ibn-Ribbàh, di nobil casa modharifa, stanziata in Sicilia da una sessantina d' anni, illustre per valorosi capitani e governatori. Ali, al dir d' una cronica, fu deposto da Ziadet-Allah : ' probabil è che lo avesse eletto il popolo^ di Palermo, quando vide insanguinato.il trono dal parricìdio, e ne sperò uno scompiglio che gli^ desse agio a ripigliare suoi dritti.

' Goofrontinsi i Bekri » veréione di M. Quàtremère nelle NoHces et Extraits de MSS., tomo XU, p. 479, seg.; labta-ibn-Saìd , ContiDuazione d'Euticfaio, MS.'di Parigi, Ancien Fonds, t51 A,fog. SDyer^; Ibn-el-Atbtr, an. 305, presso Tornberg, Annales Regum Mauritania^ , .tomo II, p. 575; Ibn-Abbàr , MS. della Società Asiatica di Parigi , fog. 58 recto.

s Ìbn*el-Atbir, an. 289, BjlS. A, tomo II, fog. 172 recto; MS. G, tomo IV, fog. 279 r^cto; Ibn-Kbaldùn, Histoire de VAfrique et de la Sicile, p. i46; Nowairi, presso Di Gregorio, Merum ÀrabicOrutn, p. 11.

' Nowairi, 1. e. 1 fasti della famiglia Ribbàh si veggano nel Voi. I della presente istoria, p. 521^ 522, 530, 543,^, principiando la'kùb- ibn-Fezara, padre di Ribbàbi

141 . 1902-940.1

Non prima si riseppe iii Palermo la fuga di Ziadet-AUah , che il popolo, stigato dal m^de&imo Ali, solievpssi air entrar d' aprile del novecentonove : ir- ruppe in palagio, saccheggiò la roba , prese Ahmed , ed esaltò in suo luogo Ali. \ Posòia venuti avvisi della occupazione di Rakkàda, i Palermitani mandavano Ahmed prigione in AfiPrica, e chiedeano allo Sdita la confermazione di Ali. Concedettela ; raccomandò con questo di ripigliar la guerra, sacra , smessa, sotto il re- gno di Ziadet-AUah ; ' nel qual tempo i Cristiani erano tornati ad afforzarsi in loro rócche del Yaldemone, per incuria di chi reggea le cose in Sicilia o forse per trattato con l'impero bizantino. ^' Del resto non segui evento d' importanza fino alla esaltazione del Melidi. altrimenti si ricorda il nome di Sicilia 'che nella persecuzione di Abinl-Kàsim-Tirazi, cadi di Palermo sotto gli Aghlabiti; cacciato, probabilmente con Ahmed e vergJieggiato in piazza pubblica di Kairewdn, iii- sieme col dotto cadi di Tripoli, entrambi rei di co- stanza nel rito ortodosso.*

Ove si consideri Y esser della Sicilia in questo interregno, si vedrà la rivoluzione del novecento d'un subito tornata a galla, quando mancò con gli Aghla-* biti la man che V avea represso. Oltre le forze pro- prie ristorate in un decennio , la colonia rinvigorì , com' ei sembra , di nobili arabi che per avventura si

' GoDfrootìDSi: Nowairi, 1. e, e Chranicùn Cantabrigiénse , p. 44, dove si leggau Ibn-Ribb&b , ia luogo di Ibn-Ziagi.

' Nowaiìpi, I. e.

* Si lègge nella Cronica di Gotha, yersione del Nicbolsoo, p. 79, che nel 294 (90^7) ZiadeUAIlàh mandò ambasciatori a Costantinopoli ed ac- colse onorevolmente a Rakkàda un oratore bizantino.

* AiddÀ-en-no/ìSs, manoscritto. di Parigi, fogv 67 verso.

|940.) 142

fossero rifuggiti d' Affrica nel primo terrore * ,o nelle persecuzioni sempre crescenti ; la lealtà dei quali a casa d' Aghlab ormai s' accordava con gli Umori d' in- dependenza siciliana. Ma avendo al fianco quella piaga dei Berberi di Girgenti, T aristocrazia palermitana, ti- tubante a ripigliare , le armi contro V Affrica, conten- tavasi di tener lo stato con Y antico espediente d' un emiro tutto suo. Ali sembra, in fatti, il caporione della nobiltà ; eh' essa fece come volle neir interregno. Sperando poi di raggirare il Mehdi ed appagarlo cpn ubbidienza nominale, Ali cbiesegli di andare a Bakkàda per abboccarsi con lui ; e il Mehdi tutto, lièto assenti. Avutolo in Affrica, lo fa imprigionare; manda a regger risola, un uom suo, provato in missioni cosi fatte , Hasan-ibn-Ahmed-ibn-Ali-^ibn- ]^oleYb, soprannominato Ibn^abi-Khinzir, ch'era stato prefetto di polizia di, Eairewàn sotto lo Sciita. '

* Abd-Allah^ibn-Sàìgh, ultimo vizir di Ziadet-AIlab, $' era imbarcato per la Sicilia quando il principe prese la fuga. Veggasi Nowairi, Storia d'Affrico, in appendice alla Histoire des Berbere» par Ibn^Khaldoun, ver- sione di M. De Slane, tomo I, p. 444. Certamente Ibn-S&igb non fu 11 solo a tentar questa via.

^ I fatti esteriori si ritraggoito riscontrando Ibn^KAthlr e Nowairi, 11. ce. ; Ibn-Kbaldùn, Histoire de l'Afriqtie et de la Sicile, trad. di N. Des Vergers, p. 158, 159; Abulfeda, Annalès Mosletnici, an. 296, presso Di Gre- gorio, p. 78; Scebab-ed-dln, ibid., p. 59.

Il nome compiuto di Ibn-abi-Kbinztr si legge ttel Baiàn, tomo p. 148; al par cbe l' oflcio di wéli, conferito dallo Sciita, a lai nella città (li llairewlifl e ad un altro fratello per nome Kbalf nel Castel'-Teeebio. Ibn-KbaldùQ, l."c., afferma cbe Ibn-abi-Kbinzlr fosse stato dei notabili dqlla tribft di Kotami. Lo credo, piuttosto dei principali della setta, ma di scbiatta arabica. L* HafUrirì cbe si legge tra i nomi di questo gover- natola di Sicilia nella versione latina di Abulfeda, è falsa lezione di Abi-Kbiiiz)r. Questo soprasBone poi del pklre, suona in lingua nostra " Quel dal eingbf ale. **

È bene avvertire cbe il Rampoldi, Annali Mutulmanii aa. 909» tomo V , p. 119, 125; sognd un viaggio, del Mebdi io Sicilia e parecchi aneddoti

145 1910.914 .|

Gli ìnteQ(|[ii)ì^^i àel prìncipe e le condÌ2Ìoiii dèlia colonia appariscono da* primi atti d' Ibn-abi-Khinzir. Sbarcato a ÌMazara il dieci dsu-l-higgia del dugento novantasette (20 agosto 940), deputava un suo fra- tello per nome Ali ^ governatore a Girgenti ; del quale oficio non V ha ricordo sotto gli AgUabiti , e pare trovato del Mehdi per lusingare i Berberi e attizzare fa discordia tjra loro e gli Arabi. Al medesimo tempo fece "cadi di Sicilia un Ishàk-ibn-Minbàl ; il primo, aggiungono gli annali , che vi sedesse a nome del Mehdi: ' e ciò mostra che per più d' un anno s' era amministrata la giustizia secondo il dritto sunnita e da un eletto delF emirO; Ibn^abi-Khinztr prepose alla azieotda uomini nuovi, i quali furono accusati di aggravii; o forse v'istituì nuovi oficii^ secondo i volie^ri del principe. ' Il ^ Preposto della Quinta " di cui si & ricordò poco appresso, sembra nuovo; e di. certo fu posto a scemar T autorità delF emiro, sia che avesse carico di spartire il bottino e le terre prese ai vinti e serbarne la quinta all'erario, sia che anco amministrasse il ritratto della quinta.* La primavera o state seguente (941) Temiroy sostando alquanto da' negozi fiscali , copducóva V esercito so- pra Demona, ove i Cristiani avean levato la testa: ed arse il contado, -predò, fece prigioni; ma non osò

della sollevazione di Palermo contro Aliaied*1bn^bwHoseih-*ibB^ibbfth; i qaali nob sembraDo errori di compilatori arabi oh* egli avesM avuto per le iQaaiy.ma paKicolari aggìonti del proprio al Nowairi e agli ifiDali chia* mati Scehab^ed-dlo.

* Il nome di eostai si legge nel Baidn, tomo I, p. 130. ? Ibn-el-Atblr e Ibn-KlttldAa, 11. ce.

' Nowairi, presso Di Gregoiio, Rerum Àrabieorum, p. 19.

* Idem, p., 1^, e Chronicon Cmiiairiffienu, presso Gregorio, p. 44.

[HA.] 144

assalire la ròcca. * La qual debole fazione scòpre i tra- vagli che aveano in casa i Musulmani di Sicilia' e r.agitamento generale della schiatta arabica contro i Fatemiti , il quale scoppiavaad cura ad ora nelle citte d' Affrica. '

Tra cosi fotte disposizioni ti' animi , Ibn-abi- Khinzir volle dare un banchetto ai primarii nobili nel palagio di Palermo. I convitati sedeano nella sa- la, quando alcun s'addiè, o il finse, ' d'una sinistra commozione tra gli schiavi dell' emiro ; d' un luccicar di spade che. si porgessero V un V altit) ; e balzando in piedi sclamò : ^ Siam traditi ; " e tutti corsero- alle finestre a gridare: ^ Ali' armi ; all', armi ! " Fresca era la memoria dello Sciita, trucidato insiem col fratello alle soglie del Mehdi ; * Ibn~abi-Khinzir. non pareva ùom da scrupoli ; F universale degli Arabi di quél se- colo ridea, certo, come di tòmanzo della ospitalità cavalleresca de' lor padri Beduini : tra tanti Vizii, tra tanti odii, credibilissimo il tradimento, e assai volen- tieri creduto. D' un subito, dunque, trasse il popolo in piazza; s' affollò dinanzi il palagio ; trovate chiuse le porte, v' appiccò fuoco ; si racchetò quando usci- ron sani, e salvi i convitati , i quali a} certo non dis- sero che avean sognato. Ibn-abi-Kinzir, fattosi ad arringare il popolo, perdeva indarno il fiato.; gli tron-

*. Ibo-el-Athtr e ibn-Khaldùn, 11. qc.

« Baiàn, tomo I, p. fS8 a i72.

>J1 solo croDisla che racconti qaesto episodio adopera qui una yoce che può significare: * suppose o diede a credere. *

* Al dir del cronisti, più degni 4i fede. Io Sciita fir assassinato di febbraio 911. Il tuiQjulta di Palermo accadde nella state seguente o più tardi; poicbè lbn-abi-4^htnztr, Tenuto d'agosto 910; ànd(k all' impresa di Demoua nella primavera o nella sute del ^1 1 .

145 |9I2.)

cavan le parole con minacce e villanie ; finché vistili in punto d' irrompere nelle sue stanze, cercò scampo saltando in una casa contigua , ma cadde, si spezzò una gamba, e fu preso e messo in carcere. Per tal modo fallì il tradimento dell' emiro o riusci la calun- nia dei nobili : eh' io noi so. I nobili scriveano il caso al Mehdi ; il quale perdonava ai sollevati e deponea dòficio Ibn-abi-Khinztr, bastandogli che fosse posato il tumulto in Palermo e preso il governo provvisio- nalmente da Khalil, Preposto della Quinta. ^ Seguiron cotesti avvenimenti innanzi il ventisette dsu-1-higgia del dugentonovantanove (13 agosto 912), quando giunse in Sicilia, mandato dal Mehdi, un novello emiro per nome Ali-ibn-Omar-Belle\yi. *

Yivea di questo tempo in Sicilia un Ahmed-ibn- Ziadet-Allah^ibn-Korhpb ; ^ uom d' alto aflare , di molta ricchezza, di nobil casa arabica devota agli

* Sàhelh^l'Khomi, Per errore del Caruso {Chrmieon Cantabriyiense, àn'. 6421), seguito dal Di Gregorio, dal Martóraua e dal Wenricb, questo titolo di olido fu tradotto * Signore d' Alcamo: * ed è sbaglio da nou per« donarsi ad orientalista. M. Caussio. che t* era caduto anch*egli, eerrà di correggerlo nella versione francese del Nowairi, pubblicata in Parigi, p. 24.

.'Si confrontino: lbn-«l*Alhlr, an. 296, MS. A, tomo fog. 196 verso; MS. G, tomo iV, fog. 290; Nowairi» presso Di Gregorio, Rerum Arabicarùm, p. 12, i5; Ibn-Kbaldùa, Hisioire de VAfrique etdelaSieile, p. '1S9. 1 particolari del tumulto e il <go verno provvisionale di Kballl sod riferiti dal solo Nowairi. Ho seguito quest' ultimo per la data dell' arrivo di Ali-ibn-Omar in Sicilia.

Ibn-et*Athlr, an. 296, MS. A, tomo H, fog. 200 recto; e MS. G, to« mo IV, fog. 290 verso, nel capitolo intitolato 'Raccénto della uccisione di Abu-abd-Allah >lo Sciita," narra la rivolu di un Ibn-Wabb in Sicilia. Hiscontrandola coi capitoli dei .&tti di Sicilia posti sotto la rubrìca del 296 e del 3Ò0, si vede cbe quella narrazione non regge; e che fu tolta, sema molta crìtica, da qualche racconto della rivoluzione d* Ibn-Korhob nel 300, nel quale erano sbagliati il nome e la data.

' Così in uno squarcio di A'rtt>, inserito nel Baidn, tomo I, p. 169. Gli altri cronisti, accorciando, scrivono Ahmed-ibn^Korhob.

II. 10

|942.| 146

Àgbiabiti ; che dei suoi maggiori, un fu primo mini- stro d'Ibrahim-ibn-Ahmed; un altro, forse il padre, espugnò Siracusa, ' e un congiunto ò fratello avea tenuto poc^anzi il governo dell' isola.' Par che il prin- cipe fatèmita, non trovando modo a maneggiar la co- lonia siciliana, se ne fosse consultato con Ibn-Korhob, avversario , ma intero e leale ; poiché sappia- mo che costui scrisse ài Mehdi : « Se vuoi dar sesto » al paese, mandavi grosso esercito che lo domi e » strappi la potestà di mano ai capi ; se no, la colo- }> nia rimarrà in perpetuo disubbidiente alle leggi ; » ad ogni pie sospinto moverà tumulto contro gli r> emiri e te li rimanderà a casa svaligiati, ' In suo laconismo, Ibn-Korhob accennava, com' io credo, con una voce sola alle due maniere di capi eh' erano nelle popolazioni musulmane deir isola ,> i magistrati cioè dèi Berberi e i nobili degli Arabi ; capi di consorterie di due nature diverse, ma preposti in entrambe a molti nego'zii civili e insieme al comando delle mili- zie. Tale la potestà, capitaneria, dice litteralmente la cronica, che occorreva abolire in Sicilia. Mettendo da parte i Berberi e risguardando agli Arabi , cotesta espressa testimonianza, confermata da tutti i ricordi dei tempi susseguenti , mostra cresciuto ormai e so- verchiante nella colonia un terzo male, non men grave

j < Veggadi il Lib. U, cap. IX, tomo 1 » p. 400, nota. ' filohamined-ibn-Sirakasi eletto emir nel 903. Sfraeosa fa presa, distratta e abbandonata nen'878. Il padredunque.non poteva esser nato in quella città, e dovea A noane di Siracusano alla littoria.

* Ibn-el-Athlr» an. 300, BIS. A, tomo II, fog. 206 recto; MS. B, tomo IV, fog. 203 recto. Il primo MS. in yeee della lezione * domi * ha "disperda.* Questo squarcio ft| dato da M. Des Vergers, nello Ibn- Khaldùn , p. Ì6I , nota.

147 |9ià,i

dell' antagonismo di schiatta e, direi quasi, del dispo- tismo affricano. L' insolenza, dei nobilf non era ap- parsa per lo addietro^ non essendo adulta la cittadi- nanza che potesse risentirsene, come quella dei Kai- rèwàn è d' altre città d' AfiPrica. Però si notava degli ottimati la sola resistenza al' principato e confondèasi col sentimento di libertà coloniale; però la plebe di Palermo, parteggiava tuttavia per toro e tardò altri trent' anni a tediarsene. Mancando dunque il popolo, altro partito non rimaneva che sceglier tra due mali, dispotismo fatemita o sfrenamento d' oligarchia ; e ad Ibn-Korhob parvB meno intollerabile il primo. Ciò dia la misura dell' altro. E dimostri anco la virtù di c[uel gran cittstdino, ch'era nobile, ortodosso, affezionato agli Aghlabiti e Siciliano :.e die consigliò contrario a tutti interessi e umori di parte. Non andò guari ch'ei coinpiva maggior sagrifizio, gettandosi nella voragine della rivoluzione ; non per leggerezza, non per vanità, non per ambizione, maad occhi aperti, per religion d'animo generoso, quando conobbe che v'era da tentar con un dado contro cento, la liberazione della patria dall'Affrica insieme e dall'anarchia.

. Entrando l'anno di Cristo novecento tredici, tutta la Sicilia era levata di. nuovo a remore: cacciato di Palermo il Bellewi, debil vecchio e molesto;* cacciato di Girgenti Ali-ibn-abi-Khinzìr, fratello di Basan, e saccheggiatagli la casa; * ucciso a venzetté gen- naio dai Palermitani Amràn, Preposto della Quin-

* Ibii-el-Àlblr, an. 300, MS. À, tomo li, fog. 205 verso, MS. C, tomo iV, fog. 295; Nowairi,*pres80 Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 15; Ibn-KhaldÙD, Hiitoire^de l'Affique et de la Sicile, p. 159.

3 Baian, tomo I, p. i69.

|942-9<5.| 148

ta/ il quale par abbia voluto por mano al reggimento come il predecessore Khalil. In tal moto generale con- tro r autorità fatemita, svolazzò nelle menti il solito proponimento di concordia ; tanto che Arabi e Berberi insieme formavano di chiamare di governo delV isola Abmed-ibn-Korhob. Ei che coQOScea la tempra di cotesti affratellamenti, ricusò; fuggì; corse a nascono dorsi in una grotta ; venuti a trovarlo i notabili di tótta la Sicilia musulmana, stette salda a,l niego e a dir j^he non si fidava di loro. Ma incalzando essi neir inchie- sta, e giurandogli d' ubbidirlo infino alla morte , ' si raccomandò a Dio ed accettò. Il lunedi diciòtto di maggio, il popolo siciliano lo investiva' solennemente deir oficio di emìro.^ Esordi compiendo il primo pre- cetto di legge musulmana, con mandare uno stuolo in Calabria', nella state del novecentotredici ; il qua- le, assaliti i Cristiani, ne riportò bottino e prigioni/ Indi Ibn-Korhob levò Tanimo a maggiore impre- sa. Dopo la guerra d' Ibrahim-ibn-Ahmed, i Cristiani

Valdemone aveano ristorato, con Demona e altre castella, anco Taormina: opera di gran momento, poi-« che i cronisti musulmani in questo incontro chìamanla Taormina la Nuova. Si accingeva egli dunque ad espugnarla un'altra fiata, con intendimento, come si vociferò, di riporvi sue sostan;ze, fa;niglia e, schiavi, ed afforzarvisi in caso di guerra civile ; ma il dise- gno sembra piuttosto di compiere ed assicurare il

* Chronicon Cantabrigietue, presso Di Gregorio, op. cit., p. 44. ^ Baiàn, I. e. .

s Ibn-el-Atbtr, Baian, Nowairi, Ibo-KJial^ùn , 11. ce. La data precisa nella sola Cronica di Cambridge, 1. e.

lbn-el*AtWr,l. e.

149 10<5.|

conquisto, del Yaldemone. Che cheiie fosse, mandavvi il proprio figliuolo Ali con un esercito ; il quale stette per tre mesi air assedio, finché molte schiere, forse dei Berberi, si abbottìnaron gridando non voler com- battere per mettersi un'altro giogo sul collo : ed ar^ sero bagaglio e padiglioni del capitano; e lo cerca- vatìo a morte , non che fu difeso dagli Arabi. Ma la imprésa si abbandonò: \

Tentava Ibn-Korhob nel medesimo tempo* di ordinare la Sicilia in' legittimo e stabile reggimento, con tutta quella libertà che mai avessero imàginato , i Musulmani ortodossi. Il modo, pianissimo, era di ri- conoscere il nome del califó abbassida Moktader-- billah ; il quale da Bagdad, nelle misere condizioni in cui si travagliava il califato, non avrebbe potuto levar tributi,' esercitar comando di sorta, scegliere V emir di Sibilia , altro far che investire lo eletto dei Siciliani. Quanto air emir, la investitura gli veniva à dare iin po' di séguito e di riverenza; togliea qualche pretesto ai macchinatori di novità; mettea qualche lieve intoppo allo sdrucciolo di co- testa autorità senza forza pubblica: del rimanente non aumentava i pericoli d' una tirannide, i capi riot- tosi potean temerne tròppo rigor di giustizia. Però la nobiltà arabica di Sicilia toccava il bello ideale del governo di genio suo; quel che aveva ambito per lo innanzi, quel che desiderò in appresso e mai noi potè

* IbiHel-Athlr, an. 300, MS. A, tomo II, fog. 205 verso; MS. tomo IV , fog. 295 recto ; Ibn-Khaldùn, HUtoire de VAfriqué eidela 5tct/e,

^ la lettera il senso dei testi fan supporre' che Iba-Korhob ab- bia preso tal partito dopo l'ammutinaménto di Taormina, e per rimediarvi.

\9U.\ ISO

conseguire. I Berberi foceano eome chi si gitti in mare dalla nave che arde : vessati dal principato d'Af* frica e dagli Arabi lor compagni neir isola,, concorda*' ron questa volta col più vicini ' Tutta la Sicilia dun* que a una voce assenti ad Ibn-Korhob, quand' ei messe il partito della obbedienza agli Abbassidi. In- contanente, tolto dalla khotba il' nome del Mehdi, si pregò nelle solenni adunanze dei Credenti per Mokta* der. Mandaronsi lettere e messaggi a Bagdad; ove il califo, con sussiègo pontificale, approvò, fece com- pilare un bel diploma d'investitura in persona di Ahmed-ibn-Ziadet-Allah-ibn-Korhob , e glieF inviò, com'era usanza, per legati apposta, accoinpagnato col solito dono degli emblemi del coman(fa> : bandière negre, toghe nere, collana d' oro e smaniglie.' Arrivò in Palermo T ambasceria di Bagdad poco appresso Y armata siciliana, che tornava in portò con splendida vittoria. '

Disdetto il nome dèi Mehdi, s'era apprestato Ibn-Korhob a provar su^ ragione con la spada ; e come prima iseppe uscito un navilio affricano ad assaltare la Sicilia, ovvero a guerreggia^ contro r Egitto e le città d' Affrica rivoltate, * fece salpare, a' nove luglio novecento quattordici, il navilio sicilia- no, condotto. dal proprio figliuolo Mohammed. Ai di- ciotto luglio, trovò nel porto di Lamta, presso Medhia, r ammiraglio nemico, Hasan-ibn-abi-Kbinztr, quel

* Di coleste riflessiooi oon è rispoDsabile alcun cronista.

* ' ConfroDtiiifti Ibn-el-ÀtblF, Baiàn, Nowairi, Ibn-Kbaldùo, U. ce. B Ciò à Yede dall' ordine dei fiitli presso ibn-^l-Atlilr e ibnrKhaldùn.

* Veggasi il Baidn, tomo 1, anni 300 e seguenti; ibn*KbaldÙB, Storia dei ÌPaiemiti, in appendice alla Bistoire da JtorMrei'elc. del me- desimo autore, versione di M. De Slane, tomo 11» p. ^4.

151 4944.1

campato a mala pena nel tumulto di Palermo; e dato dentro, rbppe gli Affricani, arse tutte lor navi, da secante prigioni e tra gli altri Basan» Mòhammed de- turpò la vittoria, scannandolo di propria mapo e fa- cendogli mozzar mani e pie, e mandò la testa al pa- dre in Palermo: crudeltà provocata forse da antiche òfTese in Sicilia, di certo dagli esempii di barbarie che avean dato gli eserciti fatemi ti nelle oittà ribelli d'Af-^ firica e dalla strage indistinta degli Arabi di parte aghlabita. Sopravvennero dopo la sconfitta genti. che il Mehdi mandava in fretta da Rakkàda ; nla, sbarcati i Siciliani, le combatterono e vinserle con tanta rètta, che preser tutte le bagaglio del campo. Indi T armata assaltò e distrusse Sfax, che si ténea pei Fatemiti; e, passando oltre, si mostrò a Tripoli. Trovatovi El- Kàim figliuolo del Mehdi con T esercito che tornava d'Egitto, rivolser le prore verso la Sicilia. *

La riputazione di tal vittoria e della investitura rincorò Ibn-Korhob , . ohe diede opera più alacre- mente alle cose pubbliche , con forza e prudenza, scrive un cronista ' secondo la fórmola ; lasciandoci a tradurre in numeri cotesti segni d'algebra ; e di più ad imaginare le difficoltà che si paravano innanzi al . novello reggitor delia Sicilia : le pretensioni contrarie de' Berberi e della nobiltà arabica , delle antiche fa- mìglio musulmane e dei Siciliani convertiti, degli ot- timati militari e 'dei giuristi ; le confuse brame del

'Si coAfrontiBo: Cknmwn CantabngieMe, 1. c.^ an. 6422; Ibn-el- Atktr, 1. e; Baién, anni 300 e SOI , tomo 1, p. 169 e 172; Ibn-Kbaldftn , Stmrìa d'Affrica, e Sioria dei FatemiH, U. ce. Le da^ al rUraggon dalla 81^ Cronica di Cambridge.

> Baiàn, tomo 1 , p; 160.

(9U-945.I 152

pbpol ipiauto; e quanti soprusi e. dilapidazioni erau da riparare, a quante ambizioni dovea resistere Um- Eorhob, a quante cedere , a quante cupidigie . por freno, da quanti invidiosi schermirsi, quanti ladroni gastigare o . liisingare , quante pa^zze ire a comporre, quanti calunniatori ad affrontare, quanti sciocchi a^ far contenti : nelle dette condizioni della colonia , tra uomini si mal connessi insieme b ciascun persuaso che la rivoluzione s' era fatta a suo beneficio partico^ lare. Una impresa che tentò Ibn-Korhob in Calabria, quasi dimenticando ch'aveva alle spalle i Fatemiti, mostra ch'ei temesse molto più le divisioni interiori e quel pomo di discordia del fei\ onde si studiava ad appagare i più bramosi col bottino della guerra sa- cra. L'esercito che passò il Faro, saccheggiò^ die il guasto, afflisse gli indifesi Cristiani della punta meri- dionale di terraferma. VMa Tarmata fece naufragio, il primo settembre del medesimo anno novecento, quat- tordici p del seguente, a Gagliano presso il capo di Leuca, ovvero Gallico presso Reggio. ' Questo fu prin- cipio della rovina d' Ibn-Korhob. Occórso di combat- ter nuovamente le forze navali dei Fatemiti che -in- grossavano su la costiera d'Affrica, T armata sicilia- na, scemata da quel disastro Calabria, fu vinta e

' Ibiv-el-À(hìr,'l. e. senza >orre la data a ciascun fatto della rivolu- sione d'Ibn-Korhob, cb'ei narra in un Caiscio nel 300. .

' Chronieon CarUabrigiense, I. c.ian.>6425. Secondo la cronol<^ia se- guita costantemente in questa cronica, la data torna senza dubbio al 9U. Ma supporrei piuttosto uno sbàglio del cronista, che lo armamento di due* nayilii siciliani al medesimo tempo , ovvero tale rapidità di movimenti deir unica armata, che avesse vinto il 18 luglio a Lamta, poi >ost6ggiato Sfax è Tripoli, poi toccato il porto di Palermo, e si fosse trovata finalmente ne* mari di Calabria il lo settembre. 11 nome di luogo è scritto nel testo senza punti dfacritici.

155 |945-d46.|

prese tutte le navi. ladi una mala contentezza nei popoli ; e ogni provvedimento d' Ibn-Korhob comin- ciò ad andar di travèrso; i turbolenti , che s'erano acquattati per timore , alzaron le creste. *

Na^rra il Gedreno che Zoe, mentre reggalo stato pel figliuolo Costantino. Porfirogenito di minore età, vo- lendo concentrare le forze contrq i Bulgari che nuo- vamente minacciavano la capitale, fermò la pace coi Saraceni di Sicilia, affinchè cessassero la infestagione della Puglia e Calabrie racquistate dalla dinastia ma- cedone. Eustazio, gentiluomo di camera,,' com'or si chiamerebbe, dello iiioiperatore e stratego di Calabria, stipo)ava a questo fine con Temir di Sicilia di pagar- gli tributo di ventiduemila bizantini d' oro air anno, che tornano a un dipresso a trecentomila lire. * Con- tinua r annalista, come surrogato ad Eustazio un Gio- vanni MuzalonOj costui si iniquamente governò, che i Calabresi, ribellati aìrimpero^ diersi a Landolfo principe di Benevento , dopo la' esaltazione di Ro- mano Lecapeno al trono di Costantinopoli :\ì quali avvenimenti designando la data che manca nel rac- conto, fan tornare la pace di Sicilia al novecento quindici o principii del novecento sedici, e però al tempo d' Ibn-Korhob. ^ Vergogna air impero, gloria

' Iba-el-Athtr, I. <;., il quale non parla del naufragio in Calabria.

* Nel IX secolo il xP^ùo* Talea da 13 a 14 franchi in peso metallo.

. * Cedreno, ediz. Niebubr, tomo li, p. 385. 0 La guerra coi Bulgari, condotta dopo il trattato con la Sicilia t fo combattuta il 917; Romano Lecapeno fu coronato a' 17 dicembre 919; la ribellione di Calabria segui nel 920 e.92h Pertanto il Le hem^SUtoire du Ba» Empire, lib, 73, cap. XllI, con buona crit^» ha posto il trattato di Sicilia nel 916. Un cenno di Giorgio Monaco, edìz. Niebuhr, p. 8S0, porterebbe questo fatto alla 3* indizione (914-13). Ad ogni modo, come

recò questo trattato alla colonia musalmana di Sici- lia e al valente uom che la reggea. E pur non mà- ravijglierei , se un di o T altro si trovasse in qualche cronaca che i ventiduemiia bizantini d' oro eran ca- cone di nuove discordie tra le milizie arabiche e berbere; che le fazioni calunniavan T emiro d'essersi venduto agli Infedeli per scialacquare lor moneta coi suoi sgherri.

La reazione contro Ibn-Korhob incominciò, co-> me era da aspettarsi , dalla schiatta berbera. Correndo Fantìo trecentotrè dell' egira (16 luglio 915, a 3 lu- glio 91 6), i Girgentini disdiceano Tautorità sua; man- davano per lettere ad offerirsi al Mehdi ; tiravano a altre popolazioni, Si fé' capo della parte un Abu- Ghofàr. * Coi principali dei sollevati , volle in persona intimare a Ibn-Korhob, .àe ne andasse con dio fuor di Sicilia, poiché spiaceva al popolo: ai quali l'emiro paca^- tamente rispose aver preso lo stato richiesto e costretto da lóro stessi; e ricordò il dato giuramento, e si sforzò a persuaderli che non guastassero T in^resa ben .co*

dalla siate del 916 alla primavera del 017 non v' ebbe in Sicilia alcun goiremOt cosi par che il trattalo si debba mettere avanti la ristorazione deir autorità fatemita , e però al tempo d' Fbn-^orbob. Posporre non si dee, sapendosi che un'armata dei Uehdi assaliva Reggio, d' agosto 918.

Ma anche lasciato da parte Io esame se il trattato si fosse fermato nel 91K 0 nel 918 e anche 919, prima dell' esaltazione di Romano Lecapeno, égli è certo che non si può collocare nel 928 come ha creduto il Marte- réna (tomo I, p. 86), seguito dal Wenrlch (lib. I, cap. XII, § 105). 11 Martorana ha pi^esò i particolari del trattato da Cedreno e la data da Nowairì. Ma panni evidente che quésta si debba riferire, non al trattato primitivo, ma alla rinnovazione di quello tra Costantinopoli e i Fatemlti; come spiegherò a suo luogo, nel capitolo Seguente.

* Questo nome , dato dal solo Novralri, è senza vocali nel maDoscritio. Senza dubbio non è patronimico, ma soprannome; e, come io lo leggo, significa * Quel dal collo e faccU irsuti di peli. *

188 [915-940.1

minciala dai Siciliani : ma ostinaronsi; ed ei non volle cedere a minacce. Anzi, mantenendogli molti altri la fede, s'afforzò, com'ei pare, in Palermo e si venne alle armi.- Poi, sia 'che T avvantaggio fosse rimase ai sollevati, sia che gli rifuggisse T animo dal continuar quello spargimento di sangue civile, Ibn-Korhob deliberossi a volontario esilio in Spagna. Non è inverosimile che gli abbia dato il tracollo q^ella terribil quo va dell' assedio della colonia al Ga- rìgliano, di che potea parer causa la pace fermata coi Bii^antini. * Noleggiati dunque i legni, trasporta- tavi gran salmeria delle robe proprie e de' suoi, Ibn-Korhob stava per dar le vele al vento, il quat- tordici luglio del novecento sedici. ^ ìn questo una turba ingombra la spiaggia; salta furibonda su le navi ; saccheggia; pon le mani addosso air emiro, ai figliuoli, agli amici che segui van sua fortuna, tra i quali un Ibn-fKhami, il cadi. Messi ai ferri, gittati sur una barca, li mandarono, per colmo d'infamia, al- l'usurpator fatemita a Siisa. ^'E che ti mosse a sco- noscere il sacro dritto della casa d'Ali e ribellarti da noi?" dìcea superbamente il Mehdi ad Ibn-Korhob, fattosel recare incatenato. ** I Siciliani/' rispose, ''mi esaltarono mio malgrado, e mio malgrado m' han de- posto." AiinandoUo allora in carcere, è divisò il sup-

^ Veggasi il capitolo seguente. L'assèdio iocominciò il ligiagno 916. L'accusa sarebbe stau ingiusta, perchè i ladroni del Oarigliano non ubbi- divano air emir di Sicilia. Ma quando mai l' amor di parie giudicò giusto i nemici?

* La data precisa è nella sola Cronica di Cambridge. Rispondevi con pochissimo divario il Jlatdn, ponendo rimprìgionamentod' Ibn-Korhob nell'anno 305, che finì il 3 luglio 016, e l'arrivo a Sosa nel mese di mobar- rem 304, cioè dal 4 luglio al 2 agosto.

19461 156,—

plizio più che potesse insolito e ignominioso. Montato a cavallo, meiiava seco i prigioni a Rakkàdà, capi- tale tuttavia deirìmpero. E faor la porta della Pace, * dov' eran sepolti i miseri avanzi di Hasah-ibn-abi- Khinzfr ucciso dopo la battaglia di Lamta,Ibn-Ko'rbob, i figliuoli, gli amici politici, come ladroni di strada, eran vergheggiati a morte; mozzati loro mani e pie; e sospesi i cadaveri a tanti pali dinanzi la tomba.^ '

Insieme con lor nobili vittime i controrfvoluzio- narii di Sicilia mandarono al Mehdi una petizione arrogante. Sognando di potere rinnegare il dritto e mantenere il fatto, scriveangli non aver bisogno Soldati di alcuno aiuto da lui : nominasse un go- vernatore e un cadi , ed essi penserebbero al re- sto; aggiugnendo altre condizioni c^e lo empieron di collera e di furore, scrivono i -.cronisti senza partico- lareggiarle. ' E il Mehdi che sapeva usar le occalsiò^ ni, in vece del trave della favola eh' et bramavano, mandò in Sicilia uno sperimentato capitano, * Abu-

* Bab-M^selm. . ^

' CoDfrontiDsi: Chranicon Cantabrigienu, an. 6424 (1/* settembre 915 a 31 agósto 916), presso Gregorio, Rerum Àrabicarum, p. 44; Baiàn, an. 505 e 504, tomo I , pag. 175, 176; Ibn-el-Atblr, ah. 300 , MS. A, tomo H, fòg. 206 recto, MS/G, tomo IV, fog. 293 recto; Nowairi, presso Di Gre- gorio, p. 13; Ibn-^baldùn , Hittoiré^VAfriqueetdela Sieile, p. 160, 161 e Storia dei Futemili, in appendice alla Histoire des Berbères, etc. » tomo If , p. 525. Ibo-el-Atblr, (bn-Khaldùn che lo copia e Nowairi, pongono tutti i ^ fatti , con error di data , nel 300.

^Baiàn, an. 304, 1. e.

^ lahia-ibn-Saìd, continuatore degli annali di Eutichio, MS. di Pa* rigi, fog. 89 verso, accennando la rivoluzione d* Ibn^Korhob, la dice do- mata da un capitano, del Mehdi per nome Bagana o Bogona, etc., (ch'ei non mette vocali) il quale ridusse anche le città ribelli di Barca e Tuggurt. Non ostante la inesjittezza della narrazione, è evidente che si trattf di Abu-Saìd eh' atea forse queir altro nome, berbero, com' ^i mi suona al- r orecchio. '

157 (9i6.|

Sa-ì<l-MusaMbn-Ahmed r soprannorainato Dhaìf , eh' è a dir r Ospite, con un'armata e forti schiere di Ko- tamii, capitanate da loro sceikhi. Approdò a Trapani il quindici agosto ; dove andati a trovarlo i notabili di Girge^ti, molto li onorò , li presentò di ricche vesti- menta, si studiò a lusingarli e tirarli alle sue voglie; ma quando vide che era niente, d'un colpo di mano catturare il procace Abu-Ghofàr e metterlo ai ceppi. A tempo fuggi un costui fratello per nome

Ahmed; corse a Girgenti.a cUamareJl popolo alle

armi. Gosi.i Qerberi a capo di due mesi, e pur era troppo tardi, raccesero la rivoluzione eh' aveano spento con le proprie mani. Altre città e castella se- guiron r esempio. *

Abu-Sa'id senza dimora andò sopra la capitale. Sapendo mtércetto il pammino da . popolazioni tumul- tuanti, 0 manqo difesa la città dalla parte di mare, il condottiero affrìcano audacemente imbarcò. suoi Kotamiì; e con Tarmata entrò nel porto Palermo a' ventotto settembre. * La i)occa del porto era quella ch'or s' addimanda la Cala; le lagune e it gran ca- nale, in oggi ricolmi, penetravano assai dentro terra sino/ai ripari della città vecchia; talché la- sciavan d'ambo i Iati due bracci ^ tutti scogli ed arene , disabitati, com' ei sembra. ' Abu-Sald pose

* ConfronliDSi;, Chronùson Caniabrigienw, Ibn-el-Atbìr , Baiàn, No- wai]:i« Ibo-Kbaldùn, Hiitoirejie VÀfrique et de la Sieih» U. oc. IMiam- poldi» tomo V, anni 9U, 915, 916, 917, rimpastò e trinciò a mo^b suo tutti questi avvenimenti, tolti dalla Cronica di Cambridge e da NowairL U Martorana, tomo f , p. 81, e il Wenrìch, lib. I, cap. XI, § 103,. ban fatto d'un solo due capitani: Mosa-ribn-Abmed, e Abu-Sald-Aldbaif; e il Wenrìcb ba fatto venire bi Sicilia il primo nel 9i3, e r altro nel 916.

' Confrontinsi: Chronicon Canta^giense, ^ Ibn-el-AtbIr, 11. ce.

' Si vegga la nota a p. 68 , 69, di questo volume; Il mare dell' antico

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le genti su Ynn ^ei bràcci ; vi si afforzò di frónte con una muraglia tirata per traversò dal porto alla spiaggia esteriore; assicurato ai fianchi e alle spalle dal mare, eh' et tenea con Tarmata è chiù- dealo agli assediati. ' Dapprima potè far poco male alla città: 'sotto gli occhi suoi il diciassette d'ottobre i Palermitani gìuravan la lega con gli ambasciatori di Girgenti e d'altre città; tra i quali si ricordano i no- mi d' Ibn-Ali ed Awa-es-^àVi. ' Ma par che il pe-

porto s! è ritirato notabikiiente in pochi secoli; sia per solleTameoto del saoloy Aia per alluvione del fiome Papireto, sia per l'nnaé per Taltro Insie- me. L*anno 972, quando venne in Palermo Ibn-Haai&al, il gran porlo gia- cca nel quartiere delli Scbiavoni (chiesa di San Domenico , contrada del Pizinto ec.)».e T arsenale^ alla jPdit«a« cittadella fabbricata dai Fatemili il 957; la quale, dice Ibn-Haokal» era circondata dal mare, fuoròhè dalla parte di mezzogiorno. Indi è evidente che le acque occupavan quella che si chiama tuttavia " Piazza della marina * ancorché più non guardi il m^re. Fazzello afferma cba al priucipio del XVI secolo, tirando gagliardi venti di tramontana, le onde balteano una porta della città e allagavan la piazza contigua^ e che cib non avveniva più quand' egli scrisse, cioè verso il 15S0. (De rebus sicùUSf deca 1, lib. VII , cap. l.j In oggi il mar grosso di greòo-tramontana, che per dritto entro la Cala, manda appena qualche sprazzo a pie delie case e ricaccia i rigagnoli dentro gli aquidotti della Piazza-marina. Però io credo che al principio del X secolo i due bracci fossero stati bassi da non poiervisi far soggiorno. Alla punta di quel di Tramontana è in oggi il Castello, fabbricato sopra scogli a fior d'acqua, II braccio della kaUa o Gausa, come si cliiama tuttavia questo quartiere ed è la KhàlUaàei Fateròilij si distingue tuttavia benissimo a quella schiena che 8' alia, tra la passeggiata della farina propriamente detta e la Piazza deUa marina. Quivi sono il palagio Butera , la strada dello stesso nóme , la chiesa della Catena ^del porto antico), la Zecca, i Tribunali, dei quali ediOzii il più antico arriva al XIV secolo; e sursevi fino al ISSI la chiesa della Kalsa , eh* era anche del XIV o XIU.

* Ibn-^l-Athlr, 1. e. Le circostanze locali ch'ei narra ^tan bene nel- Tuno e neir altro bràccio, e la testimonianza d' Ibn-Haukal, che il porto giacca nel quartier delll Scbiavoni, non toglie i^ dubbio; polche la Kbftlisa avea pur r arsenale, o porto militare. Anzi è probabile che il braccio set- tentrionale, come più basso dell'altro e però paludoso,, non fosse atto per anco a porvi un campo.

* La data e i nomi de^ll ambasciatori sf leggono nella cronica di Cambridge; il cenno di Girgenti e altire città In Ibn-el-Atbtr. Awa oUwa par nome proprio berbinro.

159 |9I6-W7.1

rìcolo comunìe non facesse dimenticare nimistà, e che il rimanente della Sicilia non mandasse aiuti; poiché gli assedianti seippre più strinsero Palermo. In un combattimento erano sconfitti i Siciliani; rima- nea su) campo di battaglia grande numero di lor nobili ; i feroci Kutamii irrompeano nei sobborghi; metteano al taglio della spada gli abitatori, fin le donne e i fanciulli; sforzavano le donzelle, guasta- vano e saccheggiavano ogtii cosa. Nondimeno la città vecchia tenne fermo : Abu-Saìd chiese ed ebbe dal Méhdi nuovi aiuti d'uomini e di navi; finché, scarseg- giando le vittuaglie, rincarito anco il sale a poco men che una lira air oncia, ^ i cittadini si calarono agli accordi dopo sei mesi d' assedio. Si stipulò pien per- dono, fuorché a due capi ribelli : e i cittadini con la solita alacrità li consegnarono, e fecero entrare Abu- Saìd a' dodici marzo novecento diciassette. Contro i

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patti, com'egli é manifesto, svelse le porte, abbattè mura, tolse le armi e i cavalli da battaglia, pose una taglia su la città, e, imprigionati molti uomini di nota, li mandò in Affrica al Mehdi. Quésti senza strepito li fé' mazzerare ; e poi spacciò in Sicilia una clementis- sima amnistia. Di settembre del medesimo anno Abu-

* Qaesto legge celia sola Cronica di Cambridge. Il Cariiso e gli orieDtalisli che lo aiatarono alla pabblicazione, lessero Tariàin e Inter* pretarono due tari. Ma oltreché la voce tari' bI scriverebbe in^ arabico dtr^em, il manoscritto ha chiaramente harbatoin, che tz letto kharrobatain, e significa dqeifcAarroÒe, maniera di peso e di moneta, la cui denomina» Siene pftre tradotta' dal latino nliqua. La moneta torna a 1/40 di ditidr; e però 0,36 di lira italiana, L'oncia di sale costava dunqne 0,73: probabil- mente r oncia romana, che fa m uso in Sicilia fin, dopo la dominazione musulmana e ne fa menzione Edrfsi. Secondo il valore che le Edrisl, non niolto divèrso da quello dell* antica oncia romana, tornerebbe allMn- cìrca a 50 grammi.

«

1882*945.1 160

Saìd, col navilio e T esercito, Jtomava in Affrica, la^- sciando a reggere la Sicilia Sàlem-ibn-Ased-ibn- Ràscid, affidato in una forte schiera di Kotamii. ^ La rivoluzione d' indepèndenza parve morta e sepolta.

CAPITOLO VIIL

Tra le raccontate guerre civili dell' isola, gli Ita- liani di Terraferma, arrivati, con rara vicenda di for- tuna, a collegarsi per pochi mesi, estirparono i Mu- sulmani dal Garigliano. Durevoli accordi poteano se- guirne men che prima allo entrar del decimo seco- lo , quando i feudajtarii deir Italia di sopra si fecero quasi principi assoluti ; V autorità delF impero occi- dentale calò tuttavia, per esser piccioli e troppi i pretendenti; le armi bizantine valser più meno quanto bastava a non poterle cacciare dall' Italia meridionale; la tiara pontificale s'avvili, nei misfatti, nelle atrocità, nelle brutture, dispensata alfine per man delle Marozìe e delle Teodoro. E pure, com' è ca- pricciosa la storia, quella lega italiana, giusta, ne-

< SI confrontino: Chronieon Cantabrigiense, 1. e, an. 6425 e 6426; Ibn-el-Alhlr, I. e; Baiàn, e 'Artb, an. 304, tomo I, p. 176; Ibn-KhaMùn, HUtoire de VAfirique et de la SiciU, p. 161 , 162. Ibn-Khaldùn erronea- mente suppone in Trapani la guerra^-cbe fu in Palermo. 11 Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum» p. 13, la confonde coi. fatti di GirgenU. Il nome delnaovo emiro è scritto neUa Cronica di Cambridge, Sftjem sol- tanto; nel Baidn, Slilem-ibn-abi-B&scid ; in Ibn-Khaldùn, Sftlem-ibn- Ràscid; nel Nowairi, SalenHibn-Ased-ei-Kenàni. Credo si deblia correggere Eotàmi; non essendo verosimile cbe il Mehdi avesse posto m arabo della tribù di ^fn&na, sopnaie soldatesche della tribù berbera di KoUma, la- sciate in Sicilia.

f6Ì 1882-945.1

cessarla, si feliòe nel successo, ei)be origine a Roma in mezzo di tanto vitupero ; V eroe della impresa fu Giovanni decimo, nato di scandalo, esaltato per dop- pio scandalo, si che gli scrittori ecclesiastici te V ab- bandonano. *

Quando Giovanni decimo sali al pontificato (91 i), queVdel GarigTiano stavano in sul termine di passar da ladróni a conquistatori. Accozzati, come narram- mo, dei Musulmani che avean guerreggiato in qudie parti al tempo di Giovanni ottavo, inaugurarono la nuo^ va compagnia con saccheggi di monasteri : la scon- fitta che toccarono in Calabria deU\ottooento ottanta- cinque li fiaccò ; V poi è verosimile che si fossero ri- fomiti, sótto il regno d' Ibràhim-ìbn-Ahmed » di fuo- rusciti Affricani e sopratutto dei' Siciliani del nove- cènto. Il passaggio d'Ibrahim (902) in Calabria lor die ardire e, credo, rinforzi ; credo lor siasi raggiunta la più parte della banda d' Agropoli, il cui nome spa- risce, dopo' la fine del nono secolo ; onde, s'eri ne Te- lato qualche drappello, stava ai sQldi delia repubblica napoletana.' Cresce, air incontro, per tutte le croniche di questo tempo, lo spavento dèi barbari del Gari- gliano, cui ci dipingono infestissimi e piii terribili degli lingheri che despiavano la Lombardia ; ' e pur venendo ai particolari ninno accasa i Musulmani d' aver arsa^ cernie fecero gli Ungheri, le centinaia di prigióni. Il véro è che i Musulmani non avanza-

« Veggasi il Uh. Il, cap. XI , pag. 440 e 458, seg.

* Probabiìmente eran di questi drappelli i Masulmani che insieme coi Napoletaol uccisero Irenù cilladini di Gapua Tanno novecento cinque. Veggasi Chronicon Saneti Benedietit presso Pertz, Seriptore», ec., tomo HI, p. 306.

' Liutprando, ÀntapodesU, lib. Il, cap. XLIV, XLV. n. 11

(882-945.) 162 '

vano i Magiari di crudeltà, di numero ; si bene di sveltezza, di perseveranza e d'ordini. Già già ap- pariva, nel bel mezzo della nostra costiera del Tirrè- no, quel nocciolo normale dello stato musulmano : il Kairewàn. ^ Il campo del Garigliano cominciava a prendere aspetto di città : aveanlo afforzato di ripari e torri; * vi tenean le donne> i figliuoli, i prigioni, H bottino. ' I gioghi del vicin colle , eran cittadella nel pericolo estremo. Il breve tronco del fiume , naviga- bile a barcbe, rendea comoda la stanza e agévoli gli aiuti ; sedendo alla foce i confederati cristiani di G^eta, e un pò' più lungi la repubblica di Napoli, che facea rispettare, ma in fondo era amica. Non si ritrae che co- storo ubbidissero agli Aghlabiti, poscia ai Fatemi- ti, mai agli emiri di Sicilia. Facean corpo politico dassè, fuor della legge ; come tante altre compagnie musulmane in vari tempi e luoghi: a Greta, a Bari, a Taranto, a Frassineto. Al par che quelle scegliean lor capo, che un cronista italiano chiama califo^e sMn-* titolava forse così. - .

Guardando su la carta d'Italia i nomi dei lup* ghi infestati, si védran le gu^ldane spiccarsi dalla Stanza del Garigliano, come raggi che vadano a ferire per tutta V area d' un vasto semicireolo ; se non che i raggi son corti e rintuzzati tra mezzogiorno e le- vante, ove incontravano Najpòli e i principati iongo-

. * ' *

* Vftggasi il primo Voi., p. 113.

* Muhitionei, dice LibtpniDda; iut^res, il monaco Benedetto di San- t' Andrea.

' LiatpniBdo , l e.

^.Chronieon eomitum Capwe, presso Pertz, Scriptores, ec, tondo tif, p. 208.

465 1882-915 J

bardi ; e corron lungi assai tra ponente e tramontana per entro lo Slato Ecclesiastico. Provocati da qualche insolito guasto di que* del Garigliano dopo la guerra d' Ibrahim-ibn-Ahmed, i Cristiani vennero ad osteg- giarli alla sponda del fiume, di giugno del novecen* totrè ; e toccarono sanguinosa sconfitta. ^ Àtenolfo principe di Capua, testé insignoritosi di Benevento (900), volle ritentare la sorte delle armi, il novecento otto: tirasse alla lega i Napoletani e gli Amalfitani ; raccolta gran gente , pa^sò il Garigliano sopra un ponte di barche a Sétra, comesi chiamava il luogo presso Traietto ; dove fortuneggiò in un assalto not- turno dei Musulmai^i e dei Gaetini'lor ausiliari; ma, ristorata la battaglia, ruppe i nemici enrinseguilli fino ai ripari ' Visto poi che non bastassero le for^zjet a quella espugnazione, ovvero che i Napoletani bale- nassero nella lega , mandò il figliuolo Landolfo a chi€i4ere aiuti a Leone, al quale premeva altrettanto d' assicurare i dominii bizantini in Italia. E cosi la im- presa si apparecchiava a Costantinopoli, quando Lan<- dolfo ebbe a tornare a Benevento per la morte del padre (91 0), e mancò di a poco (94 1) lo stesso Leo- ne. Landolfo, presolo stato, rinnovò il novecento- undici i patti con la repubblica di Napoli ; la quale in parole gli promesse d' aiutarlo contro i Musulmani come se Benevento fosse terra sua propria ;/ ma in

' Ckronica Saneti BetmdUti, presso Peitz, stesso volarne, p. t06. Probabilmente vuol dire dei Longobardi di Capua e Benevento e dei Nà* poletani.

' Leo Osiiensis, lib. I , cap. L.

' Op. ctt., cap. Lll.

* Il diploma di Gregorio daca di Napoli tratta anco di altri patU in-

fatti par non abbia cessato quel gioco d'equilibrio incominciato ottant'anni prima. La fortuna delle ar* mi fu varia. I Musulmani condotti da Alliku, come leg^esi il noine nella cronica, avean fatto una punta fino alla costiera dell* Adriatico , quando Landolfo li raggiunse e ruppe in due scontri a Siponto * e Ga- noéà. ' Tornaron fuori con novelle forze ; dettero il guasto a Venosa, Frigento, Taurasi^ Avellino, e al contado proprio di Benevento.' In ultimo saccheg- giarono e arsero il monastero d' Alife. *

Maggior danno recarono dalla pTarte di Roma. Il monastero di Farfa, celebre nel medio evo per grandi possessioni e baldanza contro i papi, fu distrutto in questo tempo, Y anno non si sa , abbandonato dai frati quando si sentirono addosso i Musulmani.* Giace Farfa nella Sabina ; la qual provincia era tutta corsa al par che la Campagna di Roma e il territorio di CicuU, con uccisioni, incendii, saccheggi. Si spinsero i nemici oltre il Tevere a N^pi; salirono fino ad Orta e a Narni, nelle quali città stanziarono. ' Impadroniti cosi dei passi»

ternazioDali con BeneTento» come per esenipio le leggi seconda Iq ^oali giudicarsi le liti tra sùdditi dei due Stati, fi dato la 14* indizione, e tra- scriuo in un diploma del dùca di Napoli Giovanni, presso Pratilii^ Intona Principum Langobardorum, tomo HI» p. 228.

* Oggi Manfredonia.

* Chronicon comitum Capua, 1. e. Questo Alìiku è quel clié la cro- nica dice califo degli Agareni di Traietto e Garlgliano.

' ibidem.

* Chronicim Vulturnense, presso Muratori, Rerum Italiearum Serip- tores, tomo I, parte li, p. 418. La cronica dice aTTennto questo fatto verso U9I6:

^ Chronicon Farferue, presso Muratori, Rerum Italiearum Scriptore» tomo II, pane II, p. 454.

* Benedicti Sancti Andreae monachi Chronicon, oap. XXVil, presso Pertz, Scriptóreà, ee,> tomo HI, p. 7t5.

165 (882-9451

misero grave taglia sopra i Cristiani che andassero in pellegrinaggio alla tomba degli Apostoli. Il contado della metropoli fu si fattamente infestato, che uno sto- rico mordace scrivea quindici anni appresso, aver tenuto mezza città di Roma i Romani e mezza .gli Affricani. *

Tra tanta calamità, apprèsentossi a Giovanni dècimo un Musulmano, disertóre per ingiurìe avute da' suoi; il quale si vantò di rintuzzarli, sol che IL papa gli desse una man di forti giovani, armati di targa, brando, giavellotto, cinti di legger saio, provveduti d^ un po' di cibo : alla quale descrizione si ravvisa la milizia degli almugaveri Catalani, si fa- mosi nelle guerre del vespro siciliano. ' Giovanni de- cimo gli die una sessantina d' uomini ; coi quali il disertore, appostati gli antichi compagni, li svali- giò in uno stretto passo. Indi i Roìnani a rincorar- si ; ad uscire alla campagna ; a combattere con av- vantaggio la guerra spicciolata.^ Un Akiprando di Rieti feòe oste, con altu longobardi e gente della Sa- bina, cóntro i Saracèni afforzati nelle ruine di Tre- vi : * e li vinse ìe passò a fil di spade. Da un' altra banda i terrazzani di Nepi e di Sutri felicemente combatteauo gli Infedeli a campo Baccani. Dopo le quali sconfitte, le schiere musulmane di Narni e di Cìculi si ritrassero al Garigliano. ^ ,

/

t

* Lialprandp, op. cit., llb. H, càp. XLIV, XLV.

* El-^ugamr in arabieo significa scorridoìre, o, come or dicesi ^ guerrigliero,

* Liatprando, ibid., cap. XLIX, L.

* Civitaiie vetuetate coneumpla, (il mopaco Benedetto non è scrupo- loso in fatto di concordanze) nomine Tribulana,

' Benedieti Sancii Àndreoi monachi, op. cit., cap. XXIX.

. (916.1 166

Perchè il papa « Landolfo, accorgeodosi ch'era niente superare il nemico qua e là, se non lo si 0stir- pava da' suoi ridotti, in men di due abni aveano man- dato ad effetto un abbozzo di crociata. Bìstorarono e allargarono la lega del novecento dieci : il papa vi trasse la imperatrice Zoe , Alberico duca di €am6ri- Tko , Berengario duca dei Friuli che avea da tanti anni il titolo ed or quasi la potenza di re d'Italia. Berengario, aiutato di danari dal papà, veniva a Ro- ma in su la fine del novecentoquindici: ira, plausi che non fu uopo di comperare si cingea la corona im- periale. Alla nuova stagióne , congiunti per la prima e^ ultima volta a ben deir Italia, il papa e V impera- tore marciarono al Gàrigliano. Li seguian ie milizie dei ducati di Camerino e Spoleto. Landolfo andò al ritrovo con la genti del principato di Capua e Bene- vento. L' impero bizantino die valido aiuto : T armata, grosse schiere di Pugliesi e Calabresi, è la greca astuzia dello stratego Niccolò Picingli ; il quale trdsse alla lega il principe di Salerno, e quél che più era, Napoli e Gaeta, lusingando i due duchi col titoto di patrizii, e minacciando di opprimerli se favorissero tuttavia gli Infedeli.

Del mese di giugno il navjlìo greco saliva su pel Gariglianp; il papa in persona e i collegati ita- liani stringèano dagli altri lati ; davansi fieri asigaltì, nei quali Alberico e Landolfo meritarono lode di va- lorosi. Sforzati nei ripari, i Musulmani si rifuggirono alle alture del monte ; dove il cerchio delle armi cri- stiane piii stretto li rinserrò. I Bizantini innalzarono un castello a pie della costa ripida donde gli asse-

167 ' |9I6-918.|

diati soleano far le sortite per procacciar vettovaglia. Dòpo tre mesi, perdata assai gente negli scontri; pressati dalia fame ; per segreto consiglio, (X)me si sparse, dei duchi ài Napoli e di Gaeta, i Musulmani poser fuoco agli allogamenti, e nel trambusto chi potè cercò scampo nei boschi d' intorno , ove i Cri* stiani dando loro la caccia , tutti li occisero o fecèr prigioni. Cosi ebbe fine la colonia del Garigliiano, d'ago- sto novecento sedici. mancarono i frati di spacciare eh' avean visto con gli occhi proprii San Pietro e San Paolo mescolarsi tra i combattenti.'

La qual vittoria non liberò tutta Italia. A setten- trione ì Musulmani di Frassineto, venuti di Spagna, gittatisi nelle Alpi , corsero per un secolo o poco meno (889-973) F odierno territorio del Piemonte, non che la Svizzera e la Francia meridionale ; dei quali non dirò, sondo fupr dell'argomento pro- postomi. ' Air altro capo della penisola non durò a lungo la pace. For^ il principato fatemita non volle osservare i patti s tipolati dal ribelle Ibn-Korhob. Più

A Si cOQfiPontioo: LìutpÀndo, ÀtUapode$is, Irb. Il, eap. XLIX e LIV, , presso Pertz, Seriptores, ec, tomo IH, p..297, 298; Chronicon comitum CafnuBt presso Pertz,stes5o ▼ol.,p.208;iiina/e«^Cii«tnalefMe«,ibid.,p. 171; Ànnaiei Beneventani, ibid.,p. 174; Chronicon BeneditU Saneli Àndrem etc., ìbid.» p. 713, 714; Chronicon Farfense, presso Muratori, Uerum Italiearum Scriptores, tomo ir, parte li, p. 4SK(; Chronicon Pitanum, presso Mttra- tori, ibid., tomo VI, p. 107, seg., an. 917; Lapo Protospatario, presso Pertz, 'Seriptores, ec.« tomo V, p. 53; Marangone, neW Archivio Storico Italtano, tòmo VI, parte II, pag. 4, an. 907; Leonis Ostlensis, lib. f, cap. Lìi, Le autorità priacipali sono Liulprando e Benedetto di Sant' An- drea, contomporanei; e Leone d* Ostia, eh* ebbe alle mani ricordi contempo- ranei. La data varia; ma si determina con l^' incoronamento di Berengario.

' 1 fatti jde* Musulmani di- Frassineto sono stati con molta critica ri- cercati e lacidamento esposti da U, ReiUatHl nell'opera: Imnuiom des SarraMns en Francé etc, parte Hi.

'

|9I8| -- 168

certamente, r impero bizantino non seppe guardar quelle province con. la spada, farvi osservare la pace, nella condizione precaria con che le tenea.

A trattare i popoli col bastone vuoisi avere .in pugno un baston sodo e dare ad occhi aperti ; ma r impero, con sue triste soldatesche ed amministra^ zìone scomposta, troppo si affrettava a sipossessare ad un tempo i princìpi longobardi, estirpare la no- biltà feudale, assoggettare i comuni, e spolpare e calpestare il popolo. Dopo aver dunque racquistato, verso la fine del nono secolo, le Calabrie e gran tratto della Puglia,/ i Bizantini presero e riperdetterd entro quattr'anni (891-895) lo stato di Benevento ; si pror varono indarno cóntro Gapua e Salerno ; furon co- stretti a collegarsi coi principati longobardi (908- 91 6) contro i Musulmani del Garigliano ; * non sep- pero né prevenire reprimere la ribellione di tante città di Puglia e di Calabria che si davano (921) a Benevento ; V impero le riebbe altrimenti che per pratiche col principe Landolfo. ' In questo mentile non si pagò il tributo ai Musulmani di Sicilia.

E per dieci anni i miseri popoli dell' Italia mèri- dionale vider venire di Sicilia, sotto le insegne fate- mite, nuove facce di predoni stranieri r in cambio d'Arabi, di Berberi, di Negri, più fiera genia setten- trionale. Perché il Mehdi par non si fidasse di ren- dere le armi air universale de' Musulmani in Siciha, non degli Arabi in Affrica; i Kotamii suoi gli servi-

* Si veggaillib. lf,cap. XI.

3 Si vegga il capitolo pcecejdente.

' Cedreno, ediz. Niebubr , tomo li, p. 3^5, 356.

169 -^ 1948.)

vano, a spegnere gli mcendii in casa ed a tentare il conquisto d, Egitto, massima ambizione di sua dina- stia. Adocchiò iBillora i giannizzeri prediletti dlbrahim** ibn-Àbmed: gli Slavi, derrata di prima qualità nel commercio di schiavi che conduceasi nel JMediterra- neo dal «ottimo al decimo secolo, talché par abbian dato il nome alla cosa. ^ Gente sobria dèi resto; .pròde nelle armi , amante di libertà più che niun altro po- polo di quo' tempi ^ nelle province europee dov' era costituita a governo suo proprio; gente anco umana verso gli schiavi che riteneva in casa:* ma non le par^a male di vendere gli uomini del ^o stesso san- gue e del germanico,, presi nelle guerre e nei ladro- necci di confini/ Allora, com!oggi, il grosso della schiatta slava occupava T Europa orientale; s'adden- tellava coi popoli finnici , con T impero germanico, coi Magiari, con T impero bizantino: Schiavoni, Croati, Serbi ed altri rami slavi ingombravano le regioni a levante dell' Adriatico ; mettean tralci infino al Pelo- ponneso ; frammezzati ad avanzi più o meno frequenti delle antiche popolazioni; fatti cristiani di fresco; e dóve vicini temuti, dove tributarii, dove sudditi di

' Su gli stanziali ed enoudii slavi comperati dai principi musalmani io cotesti tempi, si vegga Reidand, Invasiotu des Sarra»in$ en Franee etc., parte IV , pag. ^, seg. I nostri antichi non soo mica esenti di biasimo nel commercio degli schiavi. Neir ottavo aecplo i Veneziani ne cavavano gran guadagno e ne teneano mercato aocfae a Roma. .H papa Zaccaria lo vietò nel 748. Veggasi Anastasio Bibliotecario presso Maratori , Rerum Italicarum Sariptans^ tomo Ili , p. 164. Carlomagno riprese Adriano I nel 785 di tollerare questo scandalo; e il papa si scusò dicendo che lo faceano i Greci e i Longobardi. Veggasi Cedex CaroHnu»t ediz. Gretser, epls(. 75.

' Leonis imperatoria, Taetiea, cap. XViU, presso Meursius, Opera, tomo IV , e versione francese di Maiìeroi.

* Su questa promiscuità di schiatte che si menavano al m6r<^to, veg- gansi le autorità allegate da M. Reinaud, op. cit.^ p. 235, 936.

|9l8-92b| no

Costantinopoli. ' Lo sbocco principale di loro schiavi era T Adriatico; gli emporìi eran tenuti da essi e dalle città latine e greche della costiera orientale ; i navi- gatori della costiera italiana aiutavano al trasporto; i Musulmani del Mediterraneo, dalla Spagna alla Siria, più che altri popoli , consumavan cotesta merce , - in soldati, paggi ed eunuchi. E il Mehdi ne congegno una macchina produttrice di novelle derrate: il bot- tino, dico, e i prigioni che gli Slavi gK andassero a buscare in terraferma d* Italia. '

La prima frotta, passata d' Afifrica in Sicilia su barcacce, piombava di notte a Reggio, nella state del novecentodiciotto ; prendea la città senza con- trasto.' Sopravvenne, del novecento ventiquattro. Io

^ ' ConsUntini Porphyrogenili, De aimirMirtunào imperio, cap. 29, 51, 49, 90. Si ooDfronti con V importSDle studio di Lelewel, Geographie du motr^f» age, Bruxelles 1853» tomo lU , capitolo* Shvia:

' Con queste bande di schiavi , la più parte forse non Musulmani , si ^teva eluder la legge che accorda quattro quinti della preda ai combat- tenti. Si vegga più innanzi l'aneddoto del bottino d'Oria.

' Chronicon Cantabrigimuet presso Di Gregorio ^ Rerum Àrabicarumi p. 45, an. 6S46 (1« settembre 917 a 51 agosto 918). Debbo qui accennare altre fazioni che si sono supposte. 11 Rampoldi, Annali Muuilmani, 919, 9Si (tomo V, p. 148, 150), fa occupare da Salem-ibn-Ràscid , emir di'Sicilia, prima Lipari, pei vari luoghi sul Volturno e sul GarìgUane; e lo fa com- battere a 'capo d* Anzio contro Giovanni X. Qnest' ultima è ripetizione gra- tuita del fette del 916 del Garigliano. Il nome di Salem è tolto da No^airi ; ^uel di Lipari non. so donde; il resto è accozzato di fantasia su qualche cenno degli annalisti italiani. Il Màrtorana, tonpo I, p. 84, ed il Wenricb, lib. I, cap. Xil, § 104, replicano cotesti fatU, citando ttampoldì, che ne dee rispondere veramente, e il Giannone, lib. ^VII, cap. IV; il quale n«n recò tutte quelle favole, ma cenfìisamente vi accennò e v'aggiunse una nocella banda saracena alàrsjitasì al Gargano. Cosi gli parve correggere la voce Garlgliano e con essa r anacronismo di Lintprando, Antapodens, lib. lf,4»p. XLV.

Si legge nel Muralori, Annali d* Italia^ e Indi in quei che l'banno compendiato o anche combattuto. Che nel 919 Landolfo e Atenolfo ri- fiortassero non pòche vittorie sopra i Saraceni i Gred. La sorgente è un passo della Cronica del monastero al Volturno, presso Muratori, Re-

171 i9a$.|

schiavo 0 liberto slavo Mes*ud/ con venti galee; il quale occupò la rócca di Sant'Agata, quella, credo io, presso Reggio, e tómossene a Mebdia coi prigio- ni. ' Assaporato il qual guadagno, il principe appre- sto maggiore espedizione, affidata all' Ad(/i6, o vogliam dir primo ministro, Abu-Ahmed-Gia far-ibn-Obeid ; il quale veniva il medesimo anno con armata pode<- rosa a svernare in Sicilia. ^ Alla primavera del nove* centoventicinque passò in Calabria ; s insignoii di Bruzzano* e di molti altri luoghi; alfine andò ad osteggiare Oria, in Terrà d'Otranto. Fazione impor- tantissima, sanguinosa, notata nelle cronache cristiane con Tepigrafe : quest' anno, <lel mese di loglio, Oria fu presa;' se non che oggi l'attestato d'uno scrittore 6breo che vi fu fatto prigione precisamente il primo luglio;-^ ed un brano d'annali musulmani ci

/ . * . >

r

rum ItaUf^arum Scripiores, tomo I, parte li, p. 418, Del qvftle si fa ^uel vagò cenno senza data, dopo un docamento del 016. Ma il testo si riferi- seé in generale al regno di que' dae principi , e però allude alle vitiorie cbe rlportarooo contro i Musulmani dei ciarigliano il 916 e innanzi, e contro i Bizantini dopo ii 920.'

Finalmente le interpolazioni alla Cronaca della Ca?a e la falsa Cro- nica di Calabria, portano tanti scontri dei paesani eoi Musulmani; di ohe il Blartorana ha accettato alcuni e altri no.

* Questo ò dèi nomi cl»e i Musulmani solean porre agli scbiavi. ' In Calabria sola y* ba tre luoghi di tal nome*

> Confroatinsi: ChranieonCanttUtrigieim, I. e, an. 6431 (1» settem- bre 9^ a 51 agosto 924), e Baiàn, M>mo I, p. 192, an. 310 (30 aprile 922 a 19 aprile 923).

* Baiàn, tomo I , p. 194, an. 312 (6 aprile 924 a 27 mano 923).

' Ghronieon CatUahrigiense, 1. e, an. 6433. Il nome è scritto senza ponti diacritici; ma Bruzzano par la lezione più plausibile*

< Chranican Barenu, presso Muratori, ÀtUiquitaiet JUUiem, tomo L, p. 31 ; e Lupo Protospatario, presso Muratori, Rerum liàliearum SeripUh ra, tomo V, p. 38; dei quali il priofo attribuisco l'impresa ai Savaoéni, e parls di uccìsi e di prigioni; il secondo la riferisce agli Sciavi, l'anno 924.

\ Sciàbui (0 Sabbatbai) Donolo, prefazione al libro Haìmumi, nella raccolta di Miscellanee ebraiche, intitolata Melo~Seiolkayim, e pubblicata

1925. J 172

fa argomentare che si fossero ridotte in Oria le forze bizantine della Calabria, riparate le popola- zioni d'un gran tratto di paese, sostenuto un as* sedie o almen mostrata la faccia a* nemici nelV assal- to. Tanto significa il fatto che GiaYar v' uccise seimila combattènti, tra la battaglia e dòpo, s'intende; òhe trassene diecimila prigioni e presevi un patrizio, il quale riscattava stesso e la città per cinquemila mithkàl d'oro, o vogliam dir settantaduemila lire italiane. Mi capitan musulmano stipulò anco la tre- gua per tutta la Calabria ,- datigli statichi a sicurtà del tributo, lo stratego d^Ua provincia e un Leone vescovo di Sicilia;* coi quali ripartì per l'isola a'di-

dal signor Geiger, rabbino di Breslau^ Berlino 1840, p. 31 ; da confron- tarsi col BIS. ebraico della biblioteca imp. di Parigi, Ancien Fonds, 266. Il nome della città, scritto senza segni vocali aur s, fece supporre una volta che si trattasse di Aversa; ma non è dubbio che vada letto Aurias, Il giorno della occupazione è il lunedì 9 di tammuz dell'anno ebraico 4665. Debbo cotesti ragguagli al dotto orientalista signor Derembourg , che ha esaminato il MS. di Parigi.

Donolo (AÓjuivouXof) ricomparisce medico famoso In Calabria verso la metà del decimo secolo, e rivaleggia in sua arte col taumaturgo San Nilo giovane. Vengasi Vita tùncti patrit N'ili juniorii etc. , greco-latina , pubblicata Gio. Mat. Garyophiìo, Roma 1624, in-4, p. 88.

< Baidn e 'Arlb, tomo l , p. 195.

s II fhUhkàl è nome di peso, e in oro equivale al dinar', chVio ragiono a un di presso a lire 14, 50.

* Chronicon Cantabrigietue, presso Di Gregorio, Rerum Araìnearum^ p. 46, an. 6434 (l^'sett. 925 a 3t agosto 926). La testimonianza ;concorde di Lupo Protospatario, del Baidn e di Sciabtal Donolo ci fa supporre che la Cronica di Cambridge abbia registrato ii fatto nel settembre, ^ando forse arrivò in Palermo Gia'far con la preda e i prigioni. Baidn e la détta Cronica mi è parso che accennassero a due patti diversi ; l' uno per città d'Orla, l'altro per tutta la Calabria; sotto 11 qual nome andava anco la terra d'Otranto. Di quale diocesi In Sicilia fosse vescovo Leone non si ritrae. Non era egli al certo lo stratego di Calabria, come ha sup- posto il Wenrich (lib. I, cap. XII, § 105, p. 141), male interpretando la Cronica di Cambridge, e non riflettendo che T impero bizantino non affidò mai governi ai vescovi.

ciannpve di luglio. ^ Par si fosse fermato il trattato a Taranto; poiché Fautore che testé citai, nato pro- babilmente in Calabria , il dotto medico Sciabtai Donolo, narra, che preso ad Oria con molti altri Giu- dei, fu condotto a Taranto e quivi riscattato.' Giiinto in Sicilia GiaYar significò immantinenti la vittoria al principe fatemi ta; indi gli recò egli stesso il bottino a Mehdia: fece ammonticchiare in una sala della reggia drappi di seta a disegni e colori,* gioielli, moneta e ogni roba di pregio. Il Mehdi se li godea con gli occhi , quando un cortigiano che gli era allato "" Oh padrone,* sclamò, ^'noa vidi mai si gran tesoro!'' e il Mehdi a lui: ""È il bottinò d'Oria." Onde Tadulatore per bruciare incenso al primo ministro, ""Pupi chiamare uom fida- to,'' ripigliò, ^'chi ti riporta a casa tutto questo.^ Ma il principe avaro gli troncò la parola : ^Perdio, s' è man7 giato il camélò e me ne reca gli orecchi ! " M pri- gioni furono venduti in Affrica. *

Intanto si fermava tra le corti di Mehdia e di Costantinopoli un trattato che ratificò, a quanto par- mi, i patti di Calabria e que' d' Ibn-Korhob. Narra il Cédreno, com' apprestandosi Simeone re dei Bulgari a nuovo assalto sopra la capitale dell' impero, man- dala a propor lega al principe d' Affrica eh' aiutasse dalla parte sua col navilio; e T Affricano assentiva e

' 11 25 rebi* secondo dei 313. Boidn» 1. e. U testo dice po^lUvsmente che Giatar arrivò tn SieiHa quel giorno. Le altre aatorità citate mi portano à correggere che parii per Ut Sicilia quel giorno.

^ SciabUlDónoio, 1. e.

' Nel testo, dibàg, che è corruzione della voce greca il^fù^f per- tenuta agli Arabi per mezzo dei Persiani, 1 quali la scrivono dibàh,

•Baidit,Lc.

s Lupo Protospatario, Le.

rinviava gli ambasciatori bulgari insieme . coi propri per ultimarla cosa, quando gli uni è gli altri caddero in mah de' Greci in Calabria e furon addotti a Co* stantinopol). Romano Lecapeno, per sturbare la lega, ritenne i prigioni bulgari ; rese gli affricani al signor loro, con doni e profferta di soddisfare il iributo della Calabria ; e bene condusse la pratica,' che il Fatemila fermava la pace con esso lui e gli rimettea metà della spmma promessa dalla imperatrice Zoìb ; onde il tributo scemò a undicimila bizantini air anno. E così rimase in dritto fino alla esaltazione di Nice- foro Foca (963); ma in fatto, gli strateghi di Cala- bria onesti il pagavano, e i ladri si metteano il danaro in tasca. ^ Tanto il Cedreno , senza data pre- cisa e sbagliando il nome del Mehdi ; ' il che non porta punto a mettere in dubbio la cosa.

Cotesta pace e le vicende che le tenner dietro, dettero argomento a supporre altra, maggiore vergó- gna deir imperò bizantino, che si è ripetuta inflno ad oggi e sembra esagerata, anzi trasnaturata. Liutpran- do, trent' anni appresso il trattato, * scrivea avere inteso a dire che Romano Lecapeno, quando gli si

* Cedreno, ediz. di Parigi, tomo II, p. 650; ediz. di Bonn, II, 556, seg.

s II nome pel testo è ^oct^^uv; forse dovés dire f>QeT/uioi;y, perchè il Blehdi non ebbe tra 1 suoi nomi questo di Fadhl; e, da un' altra mano, le lettere X e /^ si scambiano assai facilmente nei manoscritti greci. Le Béau^ Htsiotre du BaéEmpire, lib. LXXIII, § 55, pone quésta negoziazione nel 925, eh' è la dita d'una delle tante imprese di Simeone contro Costantinopoli Ma nanraaione del Cedreoo si può ben applicare ai tre anni seguenti , fino alla morte di Simeone. P' altronde, la pratica di Simeone col Nebdi precedette forse di parecchi anni la conchiusione della pace tra il Mebdi e Romano.

> Liatprando, Aniapùdem,\\b, II, cap. LXV, presso Pertz, Seriptores, tomo 111 , p. 296. Si sa che l'autore oominiciò a scrivere a Francfort verso il 958. Pertz, voi. cit., p. 264.

■*- 176 (92$-926.|

ribellaron le Calabrie e la iPuglia, non trovando modo à ripigliarle , chiese aiuto ai Musulmani d' Af- frica ; eh' essi vennero in Italia con esèrcito innume- revole ; che , soggiogate le province , reserle ai Gre- ci ; e fornita lor cortesia , « giraron verso Roma e s' andarono a porre al Garigliano : » il quale anacro^ nismo di mezzo secolo, ' per certo nonaggiugne fede al racconto. Nelle altre croniche cristiane, negli an- nali musulmani, non troviamo vestigia di cótesta av- ventura ; ' a meno che il trattato riferito del Cedreno non si voglia supporre anteriore alla fazione d'Oria, e questa combattuta non contro le armi bizantine ma contro i ribelli : che sarebbe far troppo lavoro di fan- tasia. Pertanto io tengo falsa la tradizione; la quale nacque dal trattato di pace e dall' odio immepso e giusto che portavano tutti gli Italiani ai Greci. Liut- prando l'accettò lietamente, non solo per quel suo mortalissim' odio ,^ e disprezzo e dispetto contro la corte di Costantinopoli , ma anche per l' analogia dei fatti che seguivano al suo tempo, quando gli strato^ ghi bizantini di Calabria sfacciatamente traccheg- giavano con gli eniiri di Sicilia. II sol patto tacito o esprèsso da sospettarsi tra il novecentoventicinque

f Romuno Leoapeno sali al trono il 010; regnò solo dal 990; perdo la Calabria il 921. I Musalmani si afforzarono ai Garigliano verso l'832, o B6 forano scaceiati il 916.'

s II monaco delio stato romano Benedetto di Sant' Andrea, che scrisse negli ultimi anni del decimo secolo una rozza cronica infiorata di romanzi, accenna (presso Pértz» Scriptons, ec, tomo Ili, p. 713); le ambascerie dei Romani a Baìatmo et Àfriee, perchè yénis^ero a pigliare il regno d^Ita* Ha, e dice eh' essi andarono per tal cagione ad Amalfi e al GarìgHàho. Ha si riferisce evidentemente alle praUebe d' Atanasio vescoTO di Na- poli (879-88S)} è non avvalora le parole di Liatprando, porta ad ana- cronismi.

I9a7.d28.| -^ 176

6 1 novecentotrenta, è che i Bizantini esclùdessero dalla tregua e designassero ai Fatemìti le città di Calabria e Puglia che lor non obbedivano e però non pagavan la quota del tributo musulmano. A ciò dunque si ristringa il biasimo dei Bizantini; e si cancelli dalla storia quella impossibilità dell'Italia meridionale racquistala da loro con eserciti musul- mani. ^

Tra gli stati independenti dall' impero greco, le città che gli si ribellavano, e gli strateghi che dif- ferivano ^ pagare il tributo, non mancò occasione di preda alle soldatesche slave. Di luglio novecento ven- tisei preser Siponto, capitanati, al dir d' una cronica, da Michele re loro, ^ forse supano, come si chiamava il primo magistrato delle repubbliche . slave delta Dalmazia , e però venuto a dirittura e dassè , ' non d' Affrica da servidore del Mehdi. Ma il costui pag- gio slavo Sàin, Y anno appresso, che cadde nel tre- centoqujttdici della egira, passava d'Affrica in Sici- lia con quarantaquattro navi la più parte guerra: accozzate le sue pon le genti dello emìr di Sicilia, facea vela per Taranto ; assediava la città, difesa vi-

' Non ci dee ritenere la grande autorità del Machiavelli , il quale ac- cettò il racconto di Lintprando in un quadro generale (Istorie fiorentine, Ub. I, nel paragrafo che principia " Eca intanto morto Carlo imperatore"). Ognun sa che ai tempi del Segretario Fiorentino le sorgenti della storia d' Italia erano la più parte ignote o incerte. La. stessa ragione non vale t favor del piannone, lib. VII, cap. IV; e molto meno del Martòrana, tomo I, p. 84, cap. IH, e del Wenricb, Ub. I, cap. XII, § 104, p. 139, 140.

* Confrontlnsi: Lupo Protospatarlo e la Cronaca Bari, presso Pertz, Scriptores, tomo V, p. 54; Chronicon Sanctm Sophim Beneventi, pressi^ Muratori, Àntiquitaie$ Italtca, tomo 1, p. 253; Romualdo Salernitano, pressoUwSiiOitìy Rerum Italicarum Scriptores, tomo V, an. 926. L'indi* zione 15* corregge lo sbaglio della Cronica di Bari che. Panno 928. Il nome d' Istachael scritto in alcune edizioni di Lupo, va letto Michael.

177 1027-928. 1

rilmente dagli abitatori; entrava d'assalto; menava strage degli nomini da^ portar arme, e mandava il ri^ nìànenté della popolazione a vendere in Affrica. ^ Del novecentoventotto, par che T esercitò di Sicilia e gli Slavi si fossero divisi per portar la guerra in due pro^ vince diverse. Il primo, andato a campo ad Otranto , espugnavala il diciassette agosto; distrnggea le case e s- apprestava a correre altri paesi , , quando una moria lo costrinse a tornarsi in Palermo. ' Sdin co' suoi Slavi assaliva i principati longobardi dalla parte del Tirreno; prendèavi parecchie fortezze, tra le quali le memorie musulmane notano una Ghiràn Ossian "" Le Grotte," ed una Kalat-^l-Khesceb^ cfh' è a dir ^ La Rocca del Legno : " nomi da non si ricono- scere agevolmente nella nostra topografia del mediò evo, pòi eh' è evidente che i vincitori li posero a ca^ pricciooli tradussero/in lór linguaggio. Fatto fardelld

' SiconfroBtioo: IbD-et-Àlblr, an. 315, MS. A.tompir; fbg. £$4 verso; e MS. 0, tomo IV, toff. 3D4 recto ; Baidn , tomo I, p. 199« an. 315 (7 màN zo 017 a ^ febbfaio d28) ; Nowairij presso Di Gregorio, Rerum Àrabiearum, p. 13; 14, an. 316; Lupo Protospatarìo; e Cronica di Bari, I. e, )ao. 927; Ibn-KhaMùDt Bisfoiré deVAfrique et de la Sicile, p. 162. Nella Cronolo- gia historica, di Hazi Halifè (HagiEhalfa), versione del eonte Carli, Véne- zia 169^, p. ìSQt si léggè^ questa impresa di Taranto , che manca nel testo' persiano di Parigi.

Debbo avvertire che la discrepanza delle croniche mi sforza ad ordi- nare i fatti 9lla roeglfo, sènza laceirtezza eh' io soglio ricercare. Per «sem- pio, un tlice che Satn venne con 44 navi ; un altro gli 33 navi da guer- ci; chi parla delle forze unite di Satn e dell'emir di Sicilia, chi di Satn solo; chi sbaglia evidentemente le date; chi confonde in un sol anno luite le imprese; chi ppne ì nomi geografici, e chi no; chi li scrive in guisa da detèrsi indovinare la giusta lezione. Ciò sia detto' per tutte queste faziouf dal 927 al 929. '

* Ibn-el-Àthtr e Nowairi , If. ce. Prendo la data dalla Cronica di (Cam- bridge, 1. e., an.-6496'(l<^ seUembre 927 a 31 agosto 928), ove credo sf debba leggere Otranto in vece di Zarniwaht che fu messo a caso nelle edizioni precedenti. Otranto si legge chiaramehte negli irltri due autori* Citati.

II. 12

|020.| 178

quanto potè, Sàio si appresebtava a Salerno; i cui cittadini comperaron la pace a prezzo di danaro e drappi di seta dibàg. ' Donde passato a Napoli, la sforzava a simil patto ; se non che prese danaro e vesti, dice la cronica:' senza dubbio per significar le pezze di tela di quel lavorìo che non avea pari al mondo e facea la ricchezza della città , com' afferma il mercatante arabo Ibn-Ha^ukal , trovatosi a Napoli una quarantina d' anni appresso* ' Sàin riscosse anco il tributo della Calabria « fece ritorno in Palermo col bottino e numero grandissimo di prigioni/

1

' Si vegga la liota 5 » a pag. it5 di questo volume.

' Baidn, sola sorgente di questo fatto , adopera la voce thidb, plu- rale dt thaub; e significherebbe vestiroenta, in generale, ovvero, secondo Fuso moderno d'Egitto, un camicione che \e donne ^doglion mettere sopra tutti gli altri abiti quand'escono fuor di casa: una specie di dominò. Si vegga Doay^ Dietiannaire délailU etc.y p. lOd. Ma ibn^ukal -parlando^ ip- punto di Napoli, come si vedrà nella nota seguente, usa la stessa voce al singoiare e al plurale, nel significato certissimo di tela di lino In pezza. Le pezse che valean da cinque a secento lire ^ciascuna non fàceano in- gombro: e così interpretato parrà più verosimile questo pas|SO del J^atdiu

> Ibn-Hauìcal, testo arabico, nella mia Biblioteca^ Arabo-Sicula, p..iO,'il, cap. IV, § 1 ProbabUmente questo infaticabile viaggiatore andò a Napoli poco prima o poco appresso di Palermo, ove si trovò r anno* 3^ deir egira (972-5). Ibn-Haukal dice aver veduto egli stesso' a Napoli que- sti bellissimi tessuti di lino, cbe da un' altra espressiioti del testo possiam supporre anco ricamati ovvero operati a damasco. Ogni ihaub, lungo 100 dsira' e largo da 10 a 15, si vendea più o meno 150 ribd% o vogliam dir quarteruoli d'oro. Cotesta moneta us^ta in Sicilia dai X al XIÌ secolo toma in peso di metallo a lire 5,80. La dsira', o dra, cóme pronunziali oggi, viiol dir braccio; e tra le varie maniera, che. ve n'ebbe e v.e n'ha in Oriente, è probabilissimo che Ibn-Haukal abbia ragionato con quella chia.- niata * negra * eh' era a un di presso 0,48 metri: S' aggiunga questo agli altri copiosi materiali che abbiamo per la storia dell'industria italiana nel medio evo. Spiéghin poi gli eruditi il lavorio di cotesta tela fina» larga da 5 a 7 metri, che si .Vendea 570 lire la spezza di 48 metri, e dieaao se si debba supporre errore nei numeri scritti da Ibn-Haukal.

* Gonfrontinsi: Chronicm Cantabrigimse, 1. e, an. 6457 (!<> settem- bre 928 a 3i agosto 929), e Nowairi, 1. e. La prima dice Che in Lombardia non fu espugnata da Sàin alcuna " città ; " e ciò si accorda con la tradizione

179 |92M-055.|

. Ma r anno seguente , com' e' par che gli strale* gbi di Calabria andasser *sempre a rilento nel pa- gare, Sàin si mostrò nelF Adriatico, con quattro navi grosse,. Imbattutosi nello stratego che n'avea ben sette, io. slavo Qon se la stette a pensare che Y assali e il vinse. Sbarcato poi, prendea Termoli nel mese di settembre o d'ottobre; e si ridncea alfine a Mehdia con dodici migliaia di prigioni/ Fu ultima di sue scorrerie questa del povecentoventinove. E credo che in tal tempo T armata e le genti slave fossero venute a svernare ogni anno in Palermo, e che parte ve ne rimanesse a mercatare dopo la par* tenza di Sàin; poiché il rione più grosso della qittà,. contìguo al porto, si addimandò il Quartiere degli Slavi.*

Lunga pezza poi respirò l' ftatia meridionale sondo stato soddisfatto il tributo dai Bizantini fino alla morte del Mehdi ; * racceso poscia il fuoco della guerra civile in Sicilia; e nel frattempo rivolte le forze navali dei Fatemiti contro Genova. In que* primordii della repubblica, sembra già cresciuto il commercio^ poiché attirò gli avvoltoi, fatemiti. Abu-1-Kasem- Mohammed, figliuolo del Mehdi, salitò al trono il

del Baiàn, citata di sopra. La data postit nella Cronica di Cambridge par qvella del ritorno fin Palermo sul finir della state, é però' nel 928.

' Gonfrbntlnsl: iCAronieon Cantnbrigieme, 1. e, an. 6458 (!• settem- bre 929 a 3! agosto 930); Buidn; tomo I, p. .204, an. 517 (13 febbraio 929 a i febbraio 930). Le due croniche potano concordemente essere stata cpésta la terza espedizioae di 8&in. Ho scritto così il nome secondo la le- zione delia Cronica di Cambridge, e di quella di Gotha. Il Howalri ba Sàreb. li dotto editore! del Baién corresse Sfilar.

' lbn*Hauka1 nella descrtziQne di Palermo questo nome topografico. In oggi si diiamn il Quartìer det Capo.

Noirairi, 1. e.

1054-955. 1 180

jiovecentotrehtaqaattro, allestiva immaatmenti un'ar- mata di trenta legni da guerra;' con la quale JaMb-- ibn-Ishak corse la riviera ligure , sbarcò nei contorni di Genova, fece vi bottino e: prigioni. ' Donde Abu-1- Easem, ragunato novello esercito il novecentotrenta*- cinque, rimandavalo in quelle parti. I Musulmani allor posero r assedio alla città; apriron la breccia; ' en^ trati con la spada alla mano fecero carnificina degli uomini, preser le donne e i fanciulli, saccheggiaron le case e i tesori delle chiese V e rimontarono su lor legni. Di passaggio approdano in Sardegna; opprimon col numero que fieri isolani ; lor ardono miolte navi; fan lo stesso gioco in Corsica ; ^ e impani se ne tor- nano a Mebdia, recando in .cattività un migliaio di donne italiane. * Così leggiamo ne' ricordi loro il la^ grimévol caso di Genova, ^ accennato appena dai

4 Osehébi. Mi par bene accennare distintamente la origine dei par- .ticohrì che sappiamo di questo fatto-importante della storia italiana.

^ Ibn-el-Atbtr, Ibn-Kbatdùik Nel confuso racconto di Osebebi si £9 ancbe cenno d' un assalto anteriore a quello in cui fa presa la città.

*Dsehebi.

* Liutprando : Cuneiosque eivitatU et eeplesiarum ihesauroi. Non credo' si debba intendere der comune e della chiesa , ma de' cittadini etc.

<^ Cosi chiaramente nel manoscritto 41 Dsehpbi* In que* d' ibn-ei-Atbtr si legge cbiàramente Karkesia, e così in uno de' due squarci d' Ibn-Kbal- dOn» ove si aggiugne *su le spinge di Siria. ' Ciò ha spinto l'erudito barón de Siane a correggere * Cesarea; " sondo grossolano errorie Karl^esia. Ma ibn-Kbaldùn, 0 il <?opi6ta, par che abbia aggiunto quella spiaggia di Siria^ appunto perchè oon gli venne a ipente che si trattava della Corsica. Ciò mi par certo dalla narrazione d'ibn-el-Albìi;, il quale parla d$ uQicaespedizionir n Genova, i& Sardegna e in- quel terzo paese.

DsebebL

' Si confrontino ; Chronicon Caatabrigierae, presso Di Gregorio, Aerurn Àrc^bicarum, p. 46, an. 6442 (l» settembre 933 a 31 agosto 954); Ibn-el* Athìr , MS. B, tomo I, 149 e 163, e ÌH^.C^ toma IV, fog. 321 verso e 32^ verso, anni 322 (21 dicembre 92^ a 9 dicembre 934) , e 323 (10 dicem- bre 934 à 28 novembre 935) ; Baiàn, tomo l* p. 216; Now^iri, presso Di Gregorio, op. cit., pag. ìAyDsehét^ÙTarikh-el'ìsldrit, an. 323, manoscritto

181 |034-95b|

nostri scrittori del tempo, con giunta deir avviso che n' avesse dato il Cielo, tin^ndo di sangue una polla d' acqua. * Alla fine del decimóterzo secolo , non ba- istandó tal prodigio alla repubblica potente e vitto- riosa , si finse una terribile vendetta : come la gio- ventù genovese fosse ita fuori con Tarmata; come al ritorno, vedendo la città vota, d'un subito rivolte prore in caccia de' Saraceni, colseli che si: godean r acquisto in un isolotto disabitato presso la Sardegna, ne fece un mónte di cadaveri, e riportò a casa le mogli, le sorelle, i figliuoli. Tavoletta semplice che par trovata pei bambini ; e sta bene in bocca di chi la compose o la ripetè: Iacopo da Varaggio, arcivescovo di Genova, compilator della Leggenda Dorata. *

CAPITOLO IX.

Non fia lungo a narrare le vicende interiori della Sicilia da una rivoluzione ad un^ altra. Ressela per ,ventì anni, con titolo di emir, quel Sàìem-ibn-Rescid,

di Parigi, Ancien Fonds, 646, fog. 5Ò5 Terào; fbfi-KbaldÙD, Hi$toire de V A frique eie. ^p, 162, 163, e Storia dei Fatemiti, manoscrttto di Parigi ^ 742 qjoater^ tomo IV, fog. 18 verso, con la versione datane da M. De Siane nella Bistoire des Berbères^Wo stesso Ibn-Kbaldùn, tomo II, p. 529, appendice. * '

^ liutprando, Antapodeèi», lib. IV, cap. V, presso Pertz, Seriptofea ec, ' tomo Ili, p. 316.

* lacopi de Varagine Chionieon, pre^^è Muratori , Rerum liaticaruni Scriptores, tomo IX, p. 10.

(947-957.) 182

lasciatovi alla partenza tf Abu-5a'td. * Ma T autorità era mutilata. Le fazioni in Terraferma, com'abbiam visto, si condussero per capitani mandati apposta d'Af- frica; nelle quali, se talvolta andò Sàlem, fu d^ au- siliare. ' Il oavilio siciliano, che die tanta briga al Mehdi al tempo d'Ibn-Korbob, combatteva ora gli ortodossi sudditi degli Abbassidi in Egitto ; i quali ben sapeano che i Siciliani ci andassero contro voglia. E però dopo la giornata navale che guadagnarono gli Abbassidi ftiori Rosetta (919), menati a terra i prigio- ni, il popolo di Misr scevro i Eotamìi per ammaz- zarli ; perdonò la vita ai Siciliani, Tripolitani e abita^ tori deirAOrica propria.'' Del novecentoveritisette; ven- ne d'Affrica a por taglie * su la Sicilia , il Ogiiuolo del- l' emiro Sàlem, con due sceikhi^ detti il Belezmi e jl Kalesciani ; e tornovvi del trentadue, con prepósti nuo-

.1 .

' H Martorana, tomo I , p. 86 e 215» nota it5, seguilo dal Weniricb, crede personaggi diversi Salem emiro del 9i^ e Salem del 937, fondandosi In su questo, cbò Nowairi aggiunga nel primo caso il nome patronimico Ibn-Ased; e Àbulfeda nel secondo, Ihn-pescld. Tal supposto or si dilegua con V autorità degli altri compilatori citati ^lel capo VII, p. 160, e soprat- tutto d' Ibn-rel-Atbtr, il quale sotive S&lem-ibq-Rescìd nel 513 e nel 925 dell» egira.

'Si vegga il Capitolo precedente, p. 170, seg., 176.

> Eutichii ft Patr. 4^exandrini annales, tomo li, p. 508, 509. Questo scrittore, poco àen cbe contemporaneo, è il solo che narri l'episodio dei prigioni risparmiati; tra I quali pone in primo luogo i Siciliani. Gi riferisce la battaglia al 307 dell* egira; ma Ibn-el-Àtbtr, MS. G, tomo IV, fog. 298 recto e verso, la scrive nel 306 (13 giugno 918 a 1 giugno 919); e la Cromca di Cambridge nota nel 6427 (t settembre 918 a 31 agosto .9i9) }a spedizioiie dei Fatemiti in Alessandria. ^ ,

* Tuglieoffiare è versione litterale del testo arabico. Donde sappiamo questo dazio insolito e gravoso, ma non di cbe natui^a ei fosse.

^ Così la Cronica. Sceihh , vecchio, indi anziano, senatore. Capò d'una frazione di tribù, (^po d* un villaggio , o semplicemente preposto o dottore.

^ Cioè il primo di Belézma, città d' Afifrica cbe abblam citato altrove; il secondo, di Kalesciaoa a ^miglia da Katreveàn, della quale il Bekri, Notices et Extraits des MSS.^ tomo XII, 479.

185 19*7-957.1

vi : Ibn-Selcda e Ibn-Dàia ; i quali aggravaron la mano sul popolo, ma rappresentatisi a corte Tanno appres- SO, caddero in disgrazia del padrone; parendogli forse, t;he del camelo^ com'ei solea dire, gliene avessero recato gli orecchi. * Veggiamo infine che . Sàlem accordava la tregua a Taormina e altre ca- stella dei Cristiani Sicitìa nella state del nove- centodiciannove. ' Da tutto ciò è manifesto che il Mebdi adoperasse in Sicilia Y espediente tollerato dai pubblicisti musulmani del tempo: scindere remirato in due oficii, Tun di guerra e polizia, Y altro di azienda e giurisidizione ; * e che non contento a ciò, togliesse r occasione e le forze da far la guerra. Un capitan generale della sbirraglia con l'antico titolo d'emir; un presidio di Kotamii o fanti poliziotti, com'or di- remmo ; pace coi Cristiani delusola, per lasciarvi di- sarmati i coloni; gli affari d'azienda e di guerra accen- trati in Affrica : con questi ordini il Mehdi tenne la Si- cilia. Usò modi somiglianti con le popolazioni arabiche d'Affrica. In generale serbò la pace con l'impero bizan- tino, e con le popolazioni berbere iridependenti. Me- . glio che la spada, amò la penna, i raggiri fiscali, gli artifizii da gran maèstro, ai quali era stato educato. Condusse per man del figliuolo la guerra d' Egitto, saviamente ostinandosi a quel conquisto ; ma non gli riuscì.

La morte del Mehdi, seguita il tre marzo nove- centrentaquattro » si riseppe in Sicilia il venticinque

< Cronica di Cambridge, op. cH., p. 45.

' Si vegga al GapKoIo Vili, p. 173, t73.

" Cronica Cambridge , op. cK., anno 6427.

* Si vegga il Capitolo I di questo Libro IH, p. 3 in nota.

agosto ; poiché il figliuolo che gli saccedette, Abu-1- Kasem-Mobammed, spprantiominato El-Kàiin-bi^ipr- illah, la occultò quanto ei potè, ' temendo gli ^^lQri ostili degli Àrqibi d' Affrica, le sètte karegite dei Ber^ Jberi e lo scompigliò che dovea recare nella setta ismaeliana la disparizione del seoiideo. A' dieci marzo . del medesimo anno, fu morto dinanzi il palagio di Sa- lem in Palermo, un Rendasc, govematpre di Taormi- na : ' questo sol ne sappiamo ; ma il nome greco ci porta a supporlo capitan del municipio cristiano che avesse infranto la tregua, e caduto in mano di Sàlem fosse mandato al supplizio. Il diciannove poi d' otto- bre , ingrossati per piogge i torrenti delle montagne che circondano Palermo, calamità troppo frequente, si rovesciarono su la città , portaron via molte case

' ConfrontiDsi : Croma di Cambridge, op. c.it., p. ^, aDno6443; Ibn- el-Atblr, anno 322, MS. B< p. 149, MS. G, tomo IV, fog. 321 verso; Baiàn, tomo 1, p. 216. Questi dae ultimi difiono oecultato il caso più ahingo,

' Cronica di Cambridge, op. cit., p. 47, anno 6442. 11 nome somiglia a qael di Randazzo, grossa città surta in Sicilia nel medio evo, ehe in Edrisi leggiamo Rendag. Setanbra di origine greca , poiché la Storia Miseella, presso Muratori, Rerum ilalicarum Scriptores, tomo I, parte I, p. 150, ricorda un patrizio Sisinnio soprannominato H^daeium^soXio Leone l^au- rico; e la Continuaziobe di Teofane nel regno di Romano Lecapeno, { 4, parla di un 'p<vTòéxto$, nom dell'Attica, e forse ateniese, parente dei pa- trizio Nlceta;. il qual nome è scritto con le stesse lettere da Giorgio Mo- naco j e'PsvTocxYi$ da Simeone (ediz. Bonn, p. 399,891, 732). Nulla toglie che il governatore di Taormina fosse appartenuto alla medesima famiglia , e che da lui o da altri fosse venuto il nome di Randazzo. Che i4 caso se- guisse in Palermo non mi par dubbio, Quantunque la Cronica dica: « in- nanzi il palagio {Kasr) di Sàlem. » Non v' ha memona di terra in Sicilia chiamata Kasr Sdlem (il nome attuale di Salemi è corruzione dell' ara- bico Senem, idolo o statua); e la stessa Cronica, notando poi la morte dell'emiro, aggiugne che segui nel suo katr. Probabilmente il palagio vecchio, al quale rimase il. nome di Salem, per essere stato l'ulti- mo emiro che vi soggiornò; tramutati poi gli oflci pubblici ecc;. nella Khalesa.

-7 18P (956-937.1

fuori e de^tfO le mura, e v annegò della genie/ Corso poco più d' un anno, Y undici luglio del trentasei , soffiò sopra r isola uno scirocco si infocato , eh' arse le frutta in sugli alberi; qiiella stagione si potè far vendemnìia. '

Rid^s tossi nel trentaisette la rivoluzione a Gir- genti ; la quale città par che il governo fatemita non s(VQSse disarmato imbrigliato al par di Palermo,^ in grazia, sia del sangue berbero, sia della pinta data a. Ibn-rj^orhojb. Ciò non togliea T avarizia, del. fisco, i soprusi degU oftciali di $àlem ; sul quale pjombò r odio dei Girgentini, come d'ogni altro musulmano di Sicilia. 1.6 vatosi dunque il popolo, a' diciassette apri- le, coatro Ibn-Amràn eh' era 'dmi7, o, diremmo noi, delegato di Sàlem in Girgenti, lo andarono ad assa- lire in Caltabellotta, forte ròcca a trentadue miglia, ov'ei si tenea sicuro con suoi gendarmi; Ve, fatto impeto nella fortezza, il capo fuggi; gli sgherri fa- reno svaligiati. Al quale annunzio . Sàlem mandava Abu-Dekàk, Kotamio, con le genti di sua tribù^ le mi- lizie siciliane, e ì fanti di Meimùn-ibn~Musa, che sem- brali altra caterva di gendarmi : e Abu-Dekàk s' era

messo a stringere 'Asra, terrà dMncerto sito,* fra Pa-

I, -

< GonfroDtìDsi : Cronica di Cambridge, aon. 6445, pre3sq DJ Grego- rio, Rerum Arabicarum, p. 47; Nowajri, op. cit, p. 14.

* Cronica (fi Cambridge, I. c^, anno 6444..

' 11 testo ba N rd barin, che non signiQcato. I primi editori les- sero Brediarms, Probabilmente è la Yoge persiana Bardaddr, guardie palatine.

.* 11 nome non sare|)bo molto diverso dsi Asaro, r antica Assords; ma Va scritta oon un' ai» indica origine arabica; e il sito di Asaro presso Lepnforte si allontana troppo a levante dalla via tra Palermo e Girgenti. Uai^cando di vocaU il JtfS., questo nome si potrebbe leggere Osra, che signìGciièrebbe " asilo, riparo,* e sarebbe nome di luogo p^^i sconosciuto.

lermo e Girgenti e rivoltata anch' essa, quando lo so- praggiunsero i Girgeutini. Appiccata la zuffa il venti- quattro giugno, par che i soli a combattere tra i regii fossero stati que' di Kotama; poiché di lor soli si narra la sconfitta e la strage, nella quale cadde anco il capitano^ e la prigionia dei rimagnenti. I vincitori marciarono sopra Palermo. Dove, o che il popolo non , si fidasse per anco di levar la testa, o che il movesse r antica nimistà coi Girgentini, si lasciò condurre da Sàlem e da Meimùn-ibn-Musa a combattere ^ per gli oppressori. Scontrati i Girgentini, il due luglio, a Me^^ sid-Bàifs,) ì Palermitani li ruppero dopo fiero com- battimento , e li inseguiron fino a' mulini di Mari- neo. ' Se fosse lecito di ristorar a conghietture le memorie de' tempi, diremmo risolutamente che la no- biltà palermitana non prosegui volentieri la guerra contro i ribelli ; che cercò di patteggiare col governo e resistergli , avendo di nuovo le - armi alla mano. Certo, ohe la rivoluzione non fu repressa a Gir^

* La Cronica di Cambridge, la sola cbe foraisca qoeslo e gli altri particolari della gaerra, 11 secondo vocabolo in guisa da potersi anco leggere T&Us, N&lìs» làlis e Màlis. Il primo è suscettivo' della ottima le- zione Mosciaiad, cbe significherebbe *edifizip, monumento." Non mi sov* viene di nomi topogsafioi antichi o moderni di Sicilia cbe ci aiutino a tro- vare il véro nome e il sito preciso, cbe dorea essere molto vicino a Palermo. Ma B&Its è nome. d'una provincia tra il Sind e il Segest&n, Geografia d'Edrisi, versione francese, I, 444, 449. Bàlis o Bàles era picciola città sttla sponda occidentale dell* Eufrate. Veggansl i Ibn-Hankai., MS. di Parigi, Suppl. Arabe,88S,fog. 85 recto; Edrìsi, op. dt., 1,355; lakfH,Jfefd<td, ediz, di Lèyde, I, 122; Abulfeda, Geografia, testo arabo, ediz. di Parigi, p. 98d. In fspagna era città (Velez Bianco?) nella provincia di Begiftia e porto tra Alicante e Gartagena. (Edrisi, op. cit.^ tomo II, p. 14, 39.) .

^ Lo stesso MS. ha if r nuh, Marinéo, a h miglia da Palermo, so- vrasta al fiume di Misilmeri , appunto su la strada per la quale doveano ritirarsi i Girgentini. Le due battaglie senza particolari di leggono in Ibo- èl-Athtr, annosa; e in Nowairi, prèsso Di Gregorio, p. 14, 13. Abulfeda, anno 335, appena un cenno della rivoluzione.

187 jOST.j

genti) e che a capo di due mesi divampò in Palermo. Dove la domenica diciassette settembre sorgea contro Sàiem il popolo condotto da un Ibn-Sebàia e un Abu-Tdr; ^ ai quali l'emiro fé' testa, notandosi che gli fu ucciso nella zuffa nn Abu-Nottàr, detto il Ne- gro: qualche gran colonna della polizia al suo tempo. Nondimeno rimase T avvantaggio a Sàlem, poiché ei diceva impalare parecchi ribelli il venti neir arse- nale. Più poderosi stuoli corsero alle armi, il sette ottobre; ritentarono la prova; e f areno sconfitti di nuovo da Sàlem ed assediati nella città vecchia, ov' e si ritrassero, * Pure finì senza molto sangue. Avea Sàlem fin dai primi movimenti scritto al prin- cipe ; tutta la Sicilia essere rivoltata ; se npn la votea perdere, mandasse rinforzi ; e i notabili dell' isola, titubanti nella ribellione, aveano , spacciato altre lettere nelle quali diceano voler obbedire al calif- fo, ma che non poteano sopportare quel tiranno di Sàlem. Donde Kàim , lor ne mandò un altro di tempra più fina; Con possente esercito, nel quale contavansi parecchi condottieri,' forse di solda-

* Così \9 Cronica di Cambridge, 11 Nowairl ba invece Ishftk-Bostàni (oss!ail giardiniere) e Hohammed-ibn-Hamw. Probabilmente son le med&> 8ime persone. IbinSebAia potrebbe essere fl none patronloiioo d'Ishtt a^ prannominato 11 Giardiniera; ed Aba-T&r, il soprannome di Mohammed. Quanto al nome patronimico di qoest* ottimo, Corse va corretto Hamn^owéib, 6 sarebbe d'origine persiana. Il Ibiiorana» tomai, p. 88» e con lui tt Wentìcb, arbitrariamente dani^o i due primi come capi del tumulto del 17 settembre, e i due secondi di quello del 7 ottobre^

* Croniùa di Cambridge, op. cit., p. 48, anno 6440, etea'lia un cenno in Ibn-el-Athlr, anno 525, e in Ndsairì, op. cit.« p. 15.

^ lbn«eV*AtMr e Nowaki, II. ce 11 secondo, che par abbia copiato qui la cronica primitiva, dice: t con qb esercito e parecchi kliid.» Perciò questa Toce non sembra adoperata nel signiQeato generale di capitani d' esercito, ma In quel di condottieri di corpi minori.

1957.1 - 188 ^

dàtescbe mercenarie.' Il capitan supremo ebbe nome Abu-Abbàs-Khalfl-ibn-^Ishàk-ibn-Werd. Nato in Tri- poli di nobile famiglia arabica, s era dato in gioventù agli studiii alla devozione, alle ascetiche fòntasie dei sufi; poi s'era vetìduto ai Fatemitì, Mtosì ministro d* espilazioni e di supplizi contro ì proprii concittadi- ni; rimeritato con oficii d'azienda, con governi di città ; e n'abusò, sapendosi che pericolò la vita sotto Tavaro Mehdi, e che campò per intercessione di Kàim; il quale, salito al trono, lo fé' capitano della cavalle- ria d' Affrica, con giurisdizione sul gimd e sul na*- vilio. ' Questo suo fidatissimo. deputò all' impresa di Sicilia. Seiìibra, che parte dell'armala fosse alle- stita in frétta a Susa. Poiché tofna a tal tempo la leg- genda affricana che, avendo J calafati svelto i cippi del cimitero di Siisa per far puntello alle navi che si rac- conciavano per la spedizione di Sicilia, niuno osò toc* care la. pietra sepolcrale del devoto lehia-ibn-Omar- ibn-Iusùf, dalla quale si vedea raggiare una portra- tosa luce. '

Khalìl, arrivato in Palermo a' ventitré ottobre,* fé' buon viso ai cittadini, che gli si appresentarono protestando lealtà al califo; ed ascoltò lor querele contro Sàlem ; le quali furono ripetute con molte la- grime e strida dalle donne, uscite anch' esse dalla città, menando seco i fanciulli: doloroso spettacolo

< CpDfronUnsi: Ibn-rAbbàr, MS. delia Società Àsiatioa di Parigi, fog. 104 reclp; e Baiàn,XGmo h p. 229, amlo 325.

' Riadh'en-Kofui, fog. 60f8cto» Idiia era ìnorio verso il 290. Però ito sappostp che si tratti 'di questa impresa o dell* altra dei 916.

? Così la Cronica di Cambridge, op. dt.» p. 48 , anno 6446. Nowairi , op. cit., dice alla flne del 323; il che torna allo stesso con poco divario.

189 1957 1

che commosse quanti il videro, scrive Ibnr-el-Athtr, e ne piansero per pietà. Bipeteano tantosto le accuse contro Sàlem i deputati delle altre terre dell' isola, e i Gìrgenttni medesimi che si sottomessero. Khalif soddisfece in apparenza ai Siciliani con deporre d'ofi- cio gli 'dmil di Sàlem: commedia ripetuta e applau- dita in tutti i tempi. Quanto a «Sàlem, andò via da Palermo, perde il titoi di emiro, pak* gli fosse tolta altra autorità, che il comando dell' esercito. ^ Di che imbaldanziva tanto V animo servile , da non sapersi frenare una volta che, abboccatosi coi deputati gir* gentini e punto forse da loro, rimbeccò: non ridessero poi tanto ; aspettassero « e vedrebbero se il principe non «avea mandato Khaltl a vendicare il sangue del soldati uccisigli nella rivoluzione.**

Calmati che parvero i Siciliani, Kbaltl die opera al freno da por loro in bocca. Il palagio o castella degli emiri in Palermo giacea fiior la città vecchia, nel medesimo luogo ov'è adesso la reggia/ Provano ciò le stanze dei soldati rimaste presso nel decimo secolo,^ e il portico, o, come lo chiamarono ai tempi normanni, la Via coperta, che dalla cattedrale riusciva a quel sito e che per certo, ai tempi musulmani,

* Sr vegga qui appresso, Lib. IV, Cap., 1^ p. 33G..Sàlem rimase al certo in autorità insieme con. KhalU. Senaa questo non si può trovare ragione- plausibile delP abboccamento coi' Girgentini, dell* essere lui rlmaso in palagio vepcbio; del titolo di emir cbe gli si alla morte.

* Confrontinsl : Ibn-el-Athlr, Nowairi e Ibn-Khaldùn, 11. ce,

' Fazzello, Deca I, lib. Vili, cap. II, scrive del palagio reale di Pa^ iermo: Bone (arcem) a Sarraeenit ptimum Panormum adeptis, iuper vttt" fù.arcMYttifitf txeUniam Utera inea mcUa indicane Ma nè'egii dà, si ò mai trovata la iscrizione,, e però non allego Val tesllmooiaDza.

« Ibn-Haukal, De«crtpfton de Pa/erme, nel /owmaiilna<iaiie, IV* sèrie, tomo V, p. OS».

1937.1 - 190 "--

avea congiunto il {Palagio alla mo^cbea giàrn{ ; co- me a CoriJova:, * a Kairewàn^ * e ad Algeri. ' Posto dunque ad un miglio dal mare, e standovi di mezzo città si forte e popol sì, contumace, il palagio non era bel soggiorno agli emiri negli spessi tumulti pa*^ lermitani. Al contrario, la penisola in sul porto dove par si fosse accampato Abu-Sald neir assedio del no- vecento sedici , * offeriva sito difendevole , aperto agli aiuti di fuori, ed acconcio a vietarne ai Palermitani. Kbain vi gettò subito le fondamenta d'una cittadella cui die nome El-Khàlisa, che suona "L'eletta;^ e in vero dovea rinserrare il fior dei leali: l'emiro, ì bx\oì mercenarii da spada e da penna ; palagio, arsenale, oficii pubblici ; prigione : tutta la macchina gover-^ nativa; come una.Mehdia in piccolo, circondata di murai e molto bene afforzata/ All'oso dei tempi, Kalll risparmi^ danari, sforzando la gente a lavorar- vi ; ^ oltreché fece^^abbattere le mura della città vec- chia, e toglierne un'altra fiata le porte. ^ I Palermi- tani fremevano, è non poteano dar crollo: Ma i Gir-

< 9Vakkari, MohammédandynasUea in Spàin^ versione di Gayangos, tomo I, p. 220 ; Edrisi^ Geagraphie, vers. di Jaobert, tomo li, p. 58scg.

^ Bekri, versione di Quatremère, Noiices et Extrait», tomo XII, p. 47$.

' Bargès, descrizione della Moschea principale d'Algeri ai 1830, nel Journal Asiatique, sèrie Ul^tomo XI, p. 182. Quivi non si dice in vero ebe di ona porta cki comunicazione col palagio del jgovernatere.

* Veggasi il cap. VII di questo LìlH'o, p. IS7, 158.

' Ibn-Haakal, Descf tpfioji de Balerme, nel Journal Àsiatique.tétie iV*, tomo V, p. 22, 23; Novir^iri, Enoieloìpedia,ìti\à.y p. 104, Bdrisi, Géographie, versione di Jaabert, tomo II, p. 77.

^ Ibn-eT-Atbtr, anno 525, scrive che da gente fu molto aggravata nella costruzione della cittadella.» I pahMicisti mustlmanl, priocIpsrlmeDte Mawerdi, ci danno il comento. Veggasi il cap. 1^ di questo Libro, p. 10, nota 4.

^ Cronica di Camhfidgei Ibn-«l-Athlr « Ibn-Khaldùu, U. ce.

191 1938 1

geDtitii, addandosi che Sàlem avea ragione, vollero ripigliare le ermi pria che KhaUl non architettasse qualche altra cittadella in casa loro.

Onde afiforzan le mura alla meglio; fanno prepa- i;amenti di guerra: Khalil, dal suo canto, accozzò grosso esercito, tra i Siciliani e le forze recate d' Af- frìca ; coi quali movea di Palermo il nove marzo del novecentrentotto. Usciti i Girgentini allo scóntro, vin- sero per sanguinosa battaglia, nella quale cadeano due: capi di gran nome tra i regii: Jbn-abi-Khinzir, oh* è lo stesso casato dell' emiro del novecentoundi- ci; ed Ali-ibn-abi-Hosein della trìbii di Kelb, genero di Sàiem e ceppo della dinastia che poi regnò in Si- cilia. Pur l'esercito regio, poderoso e condotto dalla volontà inflessibile di Khalil, non ostante la prima sconfitta, continuò Tassodio per otto mesi; nei quali non passò giorno che poco o molto non si com- battesse; finché, sovrastando la stagione piovosa, Khah1 levò il campo a' ventidue ottobre. Svernò alla Khàlèsa; fece venir d Affrica altri Berberi, come il provano i nomi de' capitani Wasàmd e Ibn-Modù; ^ ed attese a levar novelli tributi su le popolazioni si-* ciliane che gli ubbidivano. Onde, oppresse della gra- vezza, mosse dairesempio e dalle istigazioni dei Gir- gentini, si chiarirono ribelli tutte le castella e il popol di Mazafa, scrive Ibn-el~Athir , particolareggiando molto ì casi di cotesta guerra. E le castella si deve

' Colesti oomi. dalla sola Cronica di Cambridge. La sillaba tua enln in parecchi oomi berberi in vece deli' arabico tftfi, figlio. ModH sembra delio stesso conio ; non arabico al oeru>. Si trova in £drisi con ortografia poco diversa il nome d'un castelletio (ra Raodaazo e Gastigiione, cbe risponde- rebbe a Hijo d* oggidì.

[9391 192

intendere del Val di Mazara; trovandosi tutti in quetia provincia i nomi dei quali si fa ricordo; parendo da altro indi:iio che fossero per anco sparse le colonie musulmane a levante del Salso. « Misero in Campo » (continua Ibn-^el-Athir) loro gualdane; la ribellione » fece passi da gigante; scrissero all'imperatore di »r Costantinopoli , chiedendo aiuti; il quale mandò )) navi (X)n uomini e frumenti. » A tal pdit*titò si scòrge la disperazione; ed anco air insolito accorda che par sia stato tra gli Arabi e i Berberi dell' isola; ed alla ostinatissima resistenza : e viùcean la prova , se Pa- lermo voleva o potea tentare uno sforzo estremo; se i sollevati sapeano sottomettersi ad unità di comando; é sfi la carestia non combatteva anco pei Fatemiti. Khalfl, nella primavera del novecentrentanové, co- minciò la guerra ai passi delle Madonie : espugnò CaK tavuturo, Kalat-és-siràt, * Siclafani; le quali non si ri-: trae che fossero state soccorse dai distretti meridio- nali. Assicurate cosi le spalle e le vittovaglie, volse a ponente; occupò Mazara; ' indi una* penisola, ch'io * credo il Capo San Miarco, dóve fu preso un condot- tiero bizantino o dr schiatta siciliana , per nome Foca o simile, cui Kbalil nìorire tra i tormenti: ' indi

* Risponde a Gollesanod* oggidì secondo le distanze nolate da Edrisi^' fi qtiale la òi con qaesto nome istesso dT Kalat-es-Siràt.

•' L'jordine delle operazioni militari di Khaltl è dato dalla Ctonita di Cambridge e sta bene a martello, il nom^ che scrivo Mazara è cc/6«ra/ fetta dai primi traduttori Kalbara, arbitrariamente nella prima Sillaba. Cor^ reggendo Mazara non si viene ad alterare alcun dei tratti pi;incipali e si trova la importante città nominata da Ibn-el-Àlfatr. Quanto a Kalbàra, o come che si legga, la prima sillaba» non v' ha nome noto da potervisi' adat- tare ; e. non è pensare anco per ombra alla Calabria.

3 11 fatto e ii nome nella sola Crgnaca di Cambridge, ove il secondo è selrilto senza vocali Fkh e si potrebbe legger Foca^ o con altra vocale

193 (059.|

mosse oon tutte le genti air assedio di Caltabeilotta. Ebbela a patti, dopo sanguinosa battaglia vinta il dieei luglio ; ne potè fare altra impresa fino al settembre , quando messe il campo a Platani. La quale giaceva a dieci miglia in circa da Caltabeilotta, una ventina dt Girgenti e sei dal mare: antica fortesza d'un mi^ glie in giro, su la cima del monte chiamato in oggi di Platanella, che sorge stagliato e dirupato d'ogni banda su la ripa destra del Hume di Macasoli e so la sinistra del Lieo, il quale ha mutato il nome in Pla^ tani. La trovarono i Musulmani al conquisto; la ten<- ner anco sotto i Normanni, foriODidabile e munita d'una rócca; vi s'afforzarono nelle guerre civili al principio del regno di Federigo S ve vo, quando par siano slati smantellali i ripari, e il villaggio conceduto coi terreni alla Cattedrale di. Palermo. Tantoché nel decimosesto secolo ne avanzavan, dice Fazzello? mira- bili rovine, ed oggi il nome di Calata .attesta su le carte geografiche il sito della ròcca. ^

che fu preferita nella Tersiòo latina, e non è bello ripeterla in Italiano. An^ cerche Fikh significhi in arabico la scienza del dritto, qui è nome d*uomo e d'un Inoipa che il prese da lui; credo abblan gli Arabi tal nome pro- prio. Al contrario è noto ad ognuno nelle istorie bizantine il casato Poca, illustre in qiie* tempi : e ciò mi ha suggerito la prima lezione. Nondimeno il latino e (perchè not) l'Italiano potean anco fornire il soprannome d'ai** cun cristiano di Sicilia , il cui braccio avessero accettalo i ribelli musul- mani, sì come avéan chiesto gli aiuti di Costantinopoli. B In vero presso il Capo di San Marco è un luogo detto Picana. Questo appunto, e la ooin<* cidenza del sito presso Hazara e Caltabeilotta, mi ha persuaso che si tratti della penisola del Capo San Marco. Uo interpretato penisola la voce geaira del testo, cbe vuol dire ^ncbe isola.

' Si vegga pel XU secolo la geografia d' Edrisi ; pel XIII e XtV, i di- plomi accennati da Pirro, SieiHa Sacra, p. 136, e da HuiUard-Breholles, BUtoria éi^maiiea Frederìci II imperatorU, tomo I, p. il S, 194; Horlil-' laro. Catalogò dei diplomi della Catledrale di Palermo, p. 90 ; .e pel XVI, la descrnlone di Fazzello, Deca I, lib. X, cap. Ili.

II. 13

(030.) 494 ~

Indarao travagliossi Khattt contro Plalatii; anzi abbandonò o perde Caltabéllotta ; a ripigliar la quale avendo spiccato parte de' suoi, i Gii^entitii una notte di novembre assalivano improvvisi I-uno e T altro campo; sformavano quel di CaltabeMotta ; lo saccheg-* giavano, metteano in fuga gli assedianti. Rbalfl alt^ rìsoltttamentie lasciò anco l'assedio di* Platatii,p€fr con-r centrar tótte le forze contro Girgenfi , nodd princfpale della guerra ; per chiudere quegli audaci entrò loi^ miìra, che non gli facessero altra vergogna, e che sentissero più crudelmente la fame.

La quale straziava tutta T ìsola; prodotta non tanto da inclemenza di stagioni e da'guasti inévitabiti della guerra, quanto da satanic arte dkKballl; ri qàale non mentì al certo quando van tossi d'avere spento di ferro, e di fame centinaia di migliaia d' anime in Si^ citia. Ormai tutta la strategia ^tava nel niidrire i pro^ prii soldati, poiché i nemici sarebbero morti senza ferite: e il capitano computista d'Affrica, facendo ra- pir ogni maniera di t;ibb che potesse, conseguiva a un tratto la salute de suoi e la distruzion de' Siciliani., La carestia ingombrò cittadi e campagne, scrive la cronica del paese; padri e madri mangiarono i cada- veri dei figli ; abbandonate dagli uomini, rovinarono le castella; le tèrre coltivate rinsal vatichirono : una in- finità di gente, aggiugne il Amd» , fuggendo )a carestia e i sicarii di Kbalil , riparò qua e nei paesi di Bum, eh' è ^ dire Italia o Grecia; dove la più parte si fe- cero cristiani. Mentre seguia nell' isola cotesto scem^ pio, KhaM stava ali* assedio di Girgenti: poi lasciovvi forte schiera con Abu-Kelef-ibn-Harùn, ed egli si ri-

i95 -— |94a*a4i.|

dusse ia Palermo , certo ormai deir esito. E di marzo del noveceiMpiaranta, Platani jnespugiiatrile s'arrendè; Girgenti tenue il férmo finché i piò savii o avventurati si £;alvarqno con la ftiga; i rimagnedti aprirono le portef a patto d' uscire salvi, il venti novefmbre: boa Kbaìil, quandi ebbell nelle sue fòrze, spezzando la fede me- molli ili Palermo. Le altre castola spaventate a que- sto eccesso s' affrettmt)no a chiedere perdono, sjpé- rando placare it tiranno: latta la Sicilia tornò at nomef dei Ffttemiti. KhaUI mandava a Kdim i^ Affrica le ca^ tevve dei prigioni da vendere ; * andò guari che' parendogli queta ógni. cosa, s'imbarcò egli slesito^ per r Affrica a' dieci settembi^d novecenquàrantutto; la$(Jiando al governo (^i Palermo due delegati, per nome Ibn--Ki]fi e Ibn<- Attàf della tribù di Azd; ' òhe SSkm era morto V hanno innanzi. Si tirò dietro in al- tro legno i n6tat)ili di Girgenti. E ìà atto mare co- mandò di sfondare la nave; che tutti perirono. '

Donde gli annalisti musiilmani si spoton di loro' aritmetica impass;ibiiìtà, venendo a parlare di questo Khalfl; e chi rinfeima d'aver ecceduto ogni limite di

' La Crmita di Cambridge accenoando sola questo fatto, osata espres- sione sebi, che vuol dir prppriameoie le donne e fanduUi prigioni. Panni- qur adoperata in significato più largo.

* 11 nome etnico di 'Altàf è dato d^l «olo Ibn-Kbaldùn, Histoire de l'AMiue ti de la SiciU , p. 165/

' Qaest* ultimo periodo deità rivoluzione si ricava in parte dalla Oro- mead!CambHdge,anni6447a04S0, presso Di Gregorio, Aerii^ilra6teartif|i. p. 48, 49 ; in parte da Ibn-el-Atblr, anno 3%S. Si veggano anche il Baiétn, edix. Doz:f, tomo f, p. 285; Aboifeda,' anno 3^; Ibn-Khaldùn, Histoire de l'Afrique et de la Sieile, versione, p. 104, 168. Il Nowairì, presso Di Gre- gorio, p. i3, accenna la venuta e la partenza di KbaHI, senza far motto delta guerra. Il Rampoldl, Annali, tomo V, p. 3i5, 2t7, 22f, 285, 930,' annf 937, 958, 989, 940,941, aggiugné éi capo' suo una ribellione tn Pa^ lermo ia questo secondo perìodo, aiutata dal Bizantini ; e ciré il governo d'Aflhrica mandasse grani in Sicilia.

IWI.J 1%

efferata barbarie, chi nota aver costai fatto in Si- cilia ciò che niun altro Musulmano osò prima poi m alcun paese. Si narra che al ritorno in Mehdia, se- dendo un giorno a brigata coi primi della città, ca^ dttto il discorso su la guerra di Sicilia, tempio si millantava: ^'Non saprei giusto giusto quanti ve ne feci morire; non furono più d'un milione, non meno di secentomila. " E fatta breve pausa, ripigliò: ^Slper Dio, passarono i secentomila." E una voqe s'alzò, del maestro di scuola Àbu-abd-Allah , che gli rispose senza cirimonie: * ''Va, Abu-1-Abbàs, che ti basta un omicidio solo,** ' alludendo al grave peccato ch'ero di sparger sangue per caso di maestà. ^

Non andò guari che KhalQ n'e^^be il gastigo dalle mani degli uomini; Minacciata Katrevvàn dal ri- belle Abu-Iezid, e tentennando i cittadini tra la pipiura delle sfrenate sue moltitudini , e V odio contro casa fatemit^, Kàim vi mandò il gran sicario della dina- stia con una banda di mille Negri a cav|illo. Il quale, all'usanza vecchia, cominciò a velare e maltratta- re, e tentava anco la cura della fame, spazzahdo il contado con orribile guasto; ma fé' contrario effetto, poiché i cittadini mormorarono, poi cospirarono, e,

' Era modo familiare il chiamare col ftente^^pssia primo soprannome, anzicbè col nome proprio o coi titolo di dignità.

' Confrontinsi: Batdn, l. c.„e Ibn-Abbàr, MS. della Società Asiatica Parigi, fog. 104 recto.

' Peccato, poiché i pubblicisti più accreditati non permettetiiao di ucci- dere i ribelli presi con le armi alla mano» di tenerli in prigione finita che fosse la gaerra, di prendere i loro bèni, di far cattive lor donne e figliuoli. Veggasì Mawordi, AhMm. Sullanta, ediz. Enger, p. 98 e seg.; The Hedaya, versione inglese di Hamilton, lib. IX,cap. iX, nel tomo II, p. 2^. Nell'impero ottomano prevalsero poi dottrine più tiranniche, le quali si ricerchino in D'Ohsson, Tableau de V Empire Ottomani tomo VI, p. 253.

197 I944.J

come minor male, ehiamarono Abu-Ieztd. Appres- sandosi r esercito ribelle (ottobre 944), Khalfl perde r animo : uscì alla battaglia quasi sforzato; fuggi pria che si venisse alle mani; e corse a chiudersi nel pa- lagio di Kairewàn. Dove preso dai ribelli, T uccisero coi suoi sgherri, e appiccarono il cadavere a un pa- lo, alla porta chiamata di Rebi\ *

CAPITOLÒ X.

Fortoneggiarono i Fàtemitì m questa rivoluzio- ne. I>icemmo noi che le sètte kharegite ardeanò ab antfco tra i Berberi, or covando, or divampando! Dal ramo degli Ibaditi si spiccò, com' egli avviene, novella affiliazione che prése nome di Nekkariti;' e contaminò la giustizia dello scopo con la stolta iniquità dei mezzi ; insegnando legitthni, T omicidio, lo stupro, la rapina su tutti i non Nekkariti; ch'era a dir quasi tutto il genere umano. Gli ultimi proseliti par che oggidì ri- mangano ^ente ìndustre e tranquilla, ned* isola delle Gerbe ; Ove ài certo fecero gran parte della popola- zione e corpo politico dassè, infino al decimoquarto e al decimoquinto secolo. * La setta prese subito

< Gonfrontinsi: Ibn-Àbb&r,, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 104 recto; Baidn, tomo I, p. 233; lbo-el»Atbtr, MS. C, tomo IV, fog. 545 recto, anno 333.

' Significa, *Qaé*cÌ)e dicono: Ncmvogliam saperne nulla,* (proprio co^ me i Enow'W>thing8 d'America.

' Veggasi : Tigiani nel Journal Asiat. , sèrie I V», tomo XX, p. I7J , seg. ; tbu-KbaldÙn, Hi$toire dea Berbères, passim.

1944.1 - i98 -

augumento, aei principii del decimo secolo, aUa esal- tazione dei Fatemili; quaiKlo vide per prova la - eiBcacia di coleste traine nella «cbiatta berbenai e quando la servile superstiskme ismaeliaaa iumìtò p.provooò i liberi spirili dei Kharegi* Sorse allora nel Gertd tunisino , p vogliao) dire regione* me- ridionale deir odierno Stato di Tunis , un Abi|*^Iezidr Mokballed-ibn-Eeidàd dèlia tribù d'^Ifren e nazione di Zonata ; uom povero, piccino, zoppo, deforme in volto, ma di grande intelletto e animo da bastare a qualunque impresa ; il quale, noiato di stentar la vita insegnando il Corano ai giovanetti, si mescolò coi dottori nakkariti che volean fare e non sapeano ; di- venne dei principali della setta ; os6 allarf^ria. e mu- tarla io cospirazione. A capo d'uaa ventifia 4' aiwi 4' affaticamento e persecuzioni, imprigionato dal go- vernatore diTai|zer, liberato da'suoi per audace colpo di mano, si rifuggiva all'altra estremità deli* impero fatemi ta, tra i monti -Aurès ; dove accozzatisr eoo. esso ^ttri rami di fiètt? kbaregite ed alcune trìbii della nazione di Howdra, Tanno trecentrentuoo (942-43) si deliberò ì^ ribellione : che Abu-Iezfd ne fosse capo, p che, caccìaU i FatemUi , Y Affrica si regge^s^ a re- pubblica. Abu-Ieztd s'intitolò democraticaipenteSceikh (lei Gredeotì ; si mostrò alla testa degli eserciti, ve- stito d un rozzo saip di lana; montato sur un asi- nelio balzano ; onde gli dissero "^ Il cavalìer del ciu- co. " E con centomila Berberi di varie tribii, di va- rie sètte, feroci tutti e indisciplinati, occupò T Affrica propria. Delle molte battaglie eh' ei combattè con va- ria fortuna, sempre con valore e costanza, rìpordere-

199 1944.^

mo sol diiev pelle quali gir stette a fronte un Siciliano, probabilmente di schiatta greca, per noaie Boscerà,.' schiavo di KAiro. Aveva il caltfo a un tempo mandato KhaiU-il^-Ishak* a Kairew^, e questo Bosoera con un'esercito a Regia, città dentno terra tra Tupis e Bona, perchè la difendesse contro jl ribelle che s'avan- zava a quella volta, T anno quarantaquattro. Appic- cata la zuffa andavano in volta i seguaci d' Abu- le^d, quand' ér corso addosso ai fuggenti, smontava dal destrier di battaglia , si fiicea recare il bastpn da pellegrino, e T asindlo balzano; lo cavalcava gridan- do: ^Co6i fo cbi^vuol non fuggire, ma vincere o morire ! "^ Li rattestò ; girò di fianco, tanto che giunse dietro gli accam{^amenti di Bcseera, nunacpiando ta- gliargli la ritirata. Alia quale mossa, il capitano fa- tornita -stonare a raccplta; precipitosamente prese la via di Tunis, inseguito da Abu-Ieztd ; il quale gli uccise gran gènte ; pkiese e messe a sacco Begia ; occupò Tunis , abbandonata anco da Boscera che in- dieliaeggiava a Susa. Quivi gli giuAsero rinforzi di Mehdia , e ordini di Kéim che ripigliasse le o£kse. Onde uscito da Susa, trovandosi a frónte un Ioq^ok tenente d' Abu-Ieztd per iiome Aiùb-ibti-Kbetràn ,

< È iroce arabùHi che significa "baona nuova; * un de' nomi cbe ve- lentierì si davano ali! scbiairi. Andrebbe meglio trascriua in francesaBoeJkm, che no» si pa6 rendm^sol nostro sifibeto. Tiglani dice cosmi siciliano (si* UUiì; il testo d' Ibn-KtialdOn pubblicato da M. De Slane poru Schiavo- ne(8aklabi); so determinar la vera lesione. La critica storica ci ricorda che tra gli schiavi ^ ìnercenarii dei Fatemiti vi fossero al paro e Siciliani 6 Slavi. La dilferensa Ira ooteste due voci in scrittura arabica è lievissima, e però il merito dei MSS. non può servìee di argomento decisivo. Nondi- meno, Tigiani fu erudito più diligente che Ibn-Kkaldùn, e i HSS. deHe sue opere, co|rfaii assai men sovente cbe <|uelli d*lbn*Khaldta, sembrano men sospetti d* orrore.

I94S.I - 200

combatterono ad flerkla , com' or si cbiama , io sul golfo di Hammamet; dove trionfò Bosceracon grande strage dei nemici; maritirossi a Mebdia prì^ cbe lo sopraggiugnesse Abu-^Iezìd, col grosso dell' Qjserclto. ' Così, facendo una punta quando si poteva, Kèim 900-* teS|8 r Affrica ai ribelli ; senza iinpedire cbe il soe^ desimo anno cacciassero i suoi d'ogni luogo, fuorché Snsa e Méhdia, e lo assediassero nella capitale {gQn- naie 945). Occuparono tosto i sobborghi ì; dettero as-^ salti pila fortezza, un de' quali (luglio 945) recò tajl paura; che grande nùmero di cittadini, massime i mercatanti, Hfuggivansi chi in Tripoli, chi in Egitto, molti in Sicilia.

Nondimeno le fortificazioni di -Mebdia salvarono la dinastia, dando tempo alla dissoluzic»ie delle forsse. d'Abu-Ieztd che si componemmo d' elementi eterog^ nei. La cittadinanza di Kairewàn, e, poco più poco meno, il rimanente d^la schiatta aral»ea, mal soffriva la eresia nekkarita , quantunque Abu-Iezid per sod*- disfar loro avesse ristorato, in pubblico il culto orto- dosso. Peggio potean tollerare le licenze^ e rafiline deir esercito, e la dominazione dei Bèrberi. Però ta municipali di Kairewàn, quando apri le porte ad Al)u-Iezid , fece secolui un accordo che si chiamas- sero gli Omeiadi di Spagna ; ai quali furpno mandati veramente oratori : e gli Omeiadi promesser molto, ma non si venne a conchiusione. 'Intanto Ab|i~Iezid,

< Queste due baUaglie sono raccontale da Tigiaai» Journal Àsiatique, sèrie IV«, tome XX, p. IO!, seg» Si TOgga anche Ilm^^KlialdCin, Storia dei Berberi, teste arabo, tomo II, p. 18, i9.

^ I dotti e la cittadinansa di Kairewàn seguirono con molto ze\o Abu-. leztd all'assedio di Mehdia. Gbi mai scriTorà questo bel tratto di storia.

~ 20i ~ I1M6.1

inebbrìato dell' aver che fare con genlilaaminì, si ve- sti di seta, montò bei cavalli^ e si alienò gli animi dei Kharegi più schietti o più «rozzi ; de' quali un gli surse cpnti^o con le armi ;> altri a poco a poco i' ab- bandonavano ; gli valse allora ripigliar V asinelio e la casacca di lana. La diflSpoltà dell' impresa di Mehdia, accrebbe le discordie tra gli assedianti; Vi si aggiunse la virtù d'Ismaele figliuolo di Kàim, giovane animoso, eloqaentissimio, attivo, dotato di sagacità politica e di gran vedere nelle cose di guerra, al quale il padre affidò il comando supremo.

Donde Abu-Iezid, ributtato in varii assalti, ve- dendo assottigliare Y esercito da' malcontenti che se ne andavano b da' masnadieri che correanD qua e per V Affrica in busca di più facii prèda , partitosi di Mehdia (gennaio 946), osteggiò Susa, cui sperava ri- durre di leggieri; e gli falli. Venuto intanto a morte Kàim (maggio 946), Ismaele T occultò; poi, avuti se- gnalati avvantaggi sopra il ribelle, promulgò Ja esaU tazione al trono; preso il soprannome di Mansùìrr- biamr-IUah , 0 diremmo *" Vittorioso per voler di Dio. '^ Continuando la guerra in persona, incalzò Abu-ìezid ritrattosi negli Aurès; dopo fieri combattimenti Io as- sediò in un castello tra i monti di Kiàna; donde il ri- belle tentò una sortita: fu colpito in ironie e* alle sfal- le; fuggi; lo presero; e dopo pochi giorni mori di sue

non dimenUebi le noUxIe che ne il RUUth-^n-NofiU , fog. SO vnrso a 91 vèrso. Qdìtì si nsm la deliberazione press dai fakih nells Moschea gismi' di Ksirewftn; i dotU ehe s'amavano; le corperaiioni due veniano in arnesi di guerra con lor liSndiere di varH ckàoH scritte con varie leg- gende; i. martiri caduti in battàglia ec. 11 dotto Abo-l«<Avab, eh' era -dei capi rivploiiònarii, sciamava all'assediò di Mehdia: "Ho scritto di mia mano 1500 trattati; ma il combatter qui vai meglio che iania dottrina! "

ferite (a^to 947). I Nekkariti mtanto erano oecisi jper> iattei l'Affrica alla - épiociolata. FadU, figliuolo di Aba-Iettd, che rimase in sa le armi dopo il pa- dre, fa morto a tradioi^oto e mandata la tasta a Man- sur; molato a tr^imeoto ÀiA6, altro figlioolo rinoivato scrittoio di genealogie berbere; pertegaìiata fiera- meotè fotta la tribù d' Ifren. -

€osì ebbe fine dopo quattro anni la ribelli(Hie nekkarita. Kftim -, serrato ta Mabdià, non s' era trovati jaltri amici fedeli che la tribù di Sotàma. e una parte della nazione di Sanhdgia che ubbidiva a.Q^i-^iJbn^ Menàd:e da ciò venne la grandezza della casa di Ztrì, che regnò in Affrica per due secoli. Capitario e consigliere fidatissimo di Mansùr nella medesi- ma guerra fu Aba-l-Kftsem-Hasan-ibn-Ali-ibn-Abi^ Hosein, dèlia tribù arabica dt-Kèlb; rimunerato incon* tanmte òo\ governo -della Sicilia, che rimase per un secolo a' suoi discendenti. ^ Aggiugne uri diligente compilatore, essersi dato ad Hasan tal altro carico che parrebbe macchia ai nomi più infiunati dei nostri ; ma k) possiam- credere al decimo secolo , si come i posteri sarà forza ohe crédano al secol decimonono il si^)plìzio del bastone in Italia. Quel prode e collo MansAr avea fatto scorticare il cadavere d'Abu-Iezid, imbottir di bambagia la pelle e condurre il misero

' 11, cenno che do di questa grande rivoluzione è tolto da Ibn-el-Atlitr, anni 853, ISSé; MS. 0, tomo V, fog. 345 recto a 546 recto; Béidn, tomo i, p. 900 a/228; Tigiant, Jmrml AHtUique , sèrie V«, tomo t, p. f7S, seg.; lbn*Khaldùri, Storia dei Berberi, lèBìOi tomo II, p. 16a 33; Ibo-HamnM , Journal iftoftfire» sèrie IV«, tomo XX, p. 470,8eg. Per le date, segao t prele- fenza Ibn-el-Atbtr. Si'Veggano anche ii fitd(l4*e»-JVò/iiit, fog. S9 verso, aeg. ; Iehiaribn<-Sa1d , Con/<JMM»ione di Eu^hia, fog. 87 vei^ao; Ibn-fiballikàn, ' veisióne di M. De Slane, tomo I, p; ilS, seg., e ili, p. 185.

205 |f4l-»47.|

deaibiante per cinque m^i per le cUtò prìaci(Mili d'Af- fì*ikiai legalo kppra im camelo, in mè^zo a due scìmmie addestrate a is;ehta(feggiarìo e pelargli la barba. Or si narra che Sasaa dovesse recarlo a spettacolo ìq Sietlìa, lesoii giiiata della tèsta illi Fadtii, iie^iso di fresco. Se non che il legóo fece naairagio; la pelle d'Abu-^Iezid ftt salvata; e si tenfienè contesti d'appeoderia a quella stessa porta di MebdSa, ov' egli era arrivato a pian- jtare noa lancia al tempo dell' assdiio. ^

* In Sicilia per sei anni non s'erano più adite ne ^[Uitrre tumulti, ma Farti, soprusi, violenze private: il forte f dice la cronica, si mangiava il'debole;* ae- feennando senza dubbio alle enormezze dei nobili e dei condotticfri berberi e mercraarii che avea lasciato KhaUI. rabboiHlanza potea succedere alla fame^ dove mancavan le braccia a ccdiivare il suoIoj^dopQ la orrenda cavata di sangne del novèeenquaranta. In questo incontro un Crinite, armeno, stratego di Gala*- bria, ' incettava frumento a basso prezzo nella pith vinda e rivendealo a peso d' oro nella Sicilia oppressa (son le parole di Cedreno) dalla fome e dalla gfierra che vi portarono i Cirenaici; nella quale guerra i Ro- mani dettero asilo ai fuggitivi Cartaginesi, lor na-

* ibfi-Hammàd. op. cit., p. 497. ' > Cronica di Cambridge, op. ci, p. 49, an. 6450.

s *Q KpnnTai.^oLliloLi T^KoK>«6/9(as ycyó/uvos ^rpangyòt. Nella edi- zione di Parigi fa aggiaoto tra parentesi [uoLpi] dopo il nome proprio; e fu tradotto Crenita Chaldia in Calabria prefecUts; la quale visione non h mutata nella edizione di Bonn, ancorché sia stato ridotto a miglior lezio- ne il testo, Cbaldia era nonfe d* Un tenia bizantipo, cbe avea per capitale Trebisonda neir Armenia minore; e qui indica la patria di quel barattiere, non la sua sede .in Calabria , ove non fu mai luogo di tal nome. Si vegga per Galdia, Costantino Porflrogenito, De Thematibus, p. 30, e l)e adminis- trando impem» p. 199, 209, 226, ediz. di Bonn.

I944-W7.J 204

ztone osò ridomaDdàrli esigere ì) tribolo, temendo non i Romani negassero le vittuaglie. ' Traducendo cotesti nomi di storia antica che i Bizantini non sa- peano smettere,, si ba la confermazione di quanto ci narrano gli scrittori araU. Si ritrae che Jl Crinite con- tinuava suo traffico almen fino al novecenquaranta^ cinque; poiché T imperatore che Io spogKò deiroficio e dei danari mal tolti , fu Costantino Porfirogentto. * Veramente la colonia di Sicilia in questo brev<e tratto era divenuta ludibrio delle genti vicine. Ibn- 'Aftftf e Ibn-*Eufi preposti da Khalil, qùand'ei tomosfii in Affrica , sembrano'proprìo il capo bargello e iloapo riscotitore; alcimo avea titolo d'emir, come poc'anzi Sàtem: f?)otetoaUtV in fatti, li chiama la cronica sicilia- na, che vuol dire /"delegati" e litteralmente *pseudo^ vi^àii.'' ' Forse fu surroga tor il ùòvecènbrentaquattro, un Ibn-Asci'ath a Ibn-Kufi, che tra i due sembra il risco- titore; forse Ibn-Attàf, il bargello, ebbe autorità un po' più larga il novecentrentacinqué, quando, il caUfi) fòtemita pericolava in Affrica e ricominciavano. le mormorazioni in: Palermo. * Ma la debolezza che i

* Cedreno» èdiz. di Bonn, tomo II, p. 357.

' Cedrano, 1. CosuiitiDQ riprese il comaBdo dell' impero in dicem- bre 944.

> Cronica di Cambridge, I. e. U cronista avea ben dato il titolo di emir a tatti i precedenti infino a Sàlem ; e noi dimentica parlando poco appresso del kelbita Hasan-ibn-Aìi.

* Nowafri, presso Di Gregorio, p. 15, sènza nominare Ibn-Kufi. IJ Nowairi direbbe secondo la versione: o Anno SSà, proBfecUa eleetus fait Mohùmmed ben el Àsckaat, qui wque ad annurh 556 leniter gessit impe^ rium; » ma ya corretto secondo il testo: « Fa wàli in Sicilia l'anno 334 Mobammed-ibn-Àsd'atfa ; e resse gli affari infifno al 336 (Ibn)'Àttàf. L'oscurità di questo passo, che mosse H. Caussin a considerare, fuor d' ogni regola grammaticale , il nome proprio 'Àtt&f come sostantivo o ag- gettivo, viene appunto dalla dubbiezza del compilatore; il quale, trovando due nomi di governanti nello stesso tempo, impiastrò l*uno essere stato

ooinpilatorìi appongono a Ibn-'Attàf era per vero ia poca autorità deiroficio, da non poter armare la gioventù, dare gli stipendii, osteggiare gii Infedeli, strappar loro il ti^ibuto o far colta di boltinp e prigio* ni. Kàim , segaendo e rincalzaiido; la pratica del pa- dre, avea tanto accentrato 3: governo in Affrica e in* debolito la colonia, da toglierle il principio vitale della sooiQt» musulmana , di'^ra la^erra: perpetuo errore dèi despoti a tener il popolo tra morto e vivo per as- sicurarsi di lui. U che nuoce al popolo, nuoce al des^ pota e non impedisce le rìvoluzicmi; poiché e gli oppressi «n' avran voglia sempre e V oppressore non potrà prevenirle sempre^. Di tutte le città musulmane, Palermo avea patito minordanno nella gueira idiKhaltl. La nobiltà, i giuristi, la plebe, mal soffrendo tanta abiezione; suscitati dalle nuove d'Affrica, dove Abu- lezld tuttavia combattea, non seppero star cheti Tanno novecenquarantasette alla fine del ramadban , quando le pratiche religiose e la frequenza del popolo in piazza riscaldan più le teste ai Musulmani.

Nella festa che sorvenne del primo scewèl tre-*

1V&U fino al 34, e V litro avere tenuto la aomnui delle tose fino al 56^ Ibn-^ el^Atblr, incontrata, com'ei pare, la stessa difScoltii nelle croniche, cavò col silenzio. Non disse degli altri ; non disse del tempo io cai Ibn-'àttftf prendesse il geverno; ed oooorrendogli di nomiiiarlo , non gft die aleno titolo. Se si volesse seguire il Nowalri senta badare airambi- goità delle sue parole al silenzio delia Cronica di Cambridge e d' Ibn- eUAtblr, si potrebbe supporre cbe nel 34 fu fatto emiro ibo-Asd*ath; e dal 35 al 36 governò di nuovo Ibft-'Att^L II Rampoldi, temo V, p. 256,. anno 945,jBttaIo dal Martorana, tomo I, p. 317, nota 13, dice cbe ilobam- med-ibn-»A8ci'atb fesse stalo precettore di Maoslhr. Non credo cbe i com- pendi! eh* egli ebbe alle mani gli abbiaa potato fornire tal notizia. Al ano modo di compilare supporrei piuttosto un^enorm^ anacronismo obe rabbia portato a eoi^fondere questo Ibn-Asci'atb con V autore della setta del Iar« matl, del quale ho fette cenno nel Libro III, cap. V, p. ii6 di questo vo- lume.

j947 1 806

centreatacinque; (84 aprile 947), i Beai-Tabari, ooMI casato d'origine persiana ch'era dei primi nel consi- glio mariicipale di Palermo, levano il romore contra Ibìì-'Attàf, gridando che per la costui dappocaggine 6 Yiltà i Crisl^m calpestano il nome musulmano, ÌE(i rìdon dei patti e da tanti anni non pagan iribnto. Il popolo li segni: uscito in piazza 'Attàf ed fatiti del bargello, si vien alle mani; sbaragliati i faAti e molti^ uccisi; prese le bandiere e le taballe di 'Attàf; i^ che a mala pena arrivò a <jhiudersi in castdlo. I cittadini se ne tornavano a lor case senza incalzarlo altrìm^ntf. Attàf indi a scrivere i soliti letteroni al principe^ chef mandasse stuoli di soldati subito subilo. I capi dei tumulto procacciaron dal cinto loro ritrar come andasse la guerra d' Abu-Iezid e che iatendessé di £are in Sicilia Mansùr. Saputo, eh' egli fi>S8e per com- mettere il governo deir isola ad Hai^n-ibn-Ali, par- tirono per Mebdia Ali-ibn--Tabari ed altri uomini mt£|, a chiedere, in seambiodi Basan, un emimdi lor piacimento. Il qual fine si pfoponeano di conseguii^ per amore ot per forza *,^ raccomandando ai parti- giani in Palermo che non lasciass^o entrare in città Hasan-ibn-Ali , sbarcare ì seguaci dalle navi; ma aspettassero le lettere eh' e^i avrebbero scritto dal- l'Affrica dopo r abboccamento con Mansùr. ' Cotesta

< ConfroDtMisì : IbiHel- Atblr , attuo 656; Ibr^i^tdaiì, EiitùWt de Vàfrique et de la Sieik, p. 165, i66, e il brave eomo del Now;à>rì prdMO- Di Gnegerio, p. iS. II passo di quest' autore clid Di Gregorio tradusse: 4 De pefturbat0 rerum SéeilietfMkm ^aiu^ et 4uod in eatum cimintt^iKKoitcì nómulh Pitia tfref^nMent; > e H. Gaussiii: < la peine qrn lui dommiem le9 kfMant$ et le mauvaii éleA dei afairièe; » si renderebbe più cctretta-^ meato : « Cbe i SlciUafff rimbaMaiiaivaao, e piesa^anò al male,; > cioè si. disponeano alla ribelUoiie.

207 [m]

pratica si dèe riferire alla state del oovec^eDquaraD- (otto, quando Mansùr, spenti gli aitimi avanzi della rìbeliione in Affrica, ebbe 'agio di pensare alla Si- cilia.* •

Oiv€rso dagli emiri che vennero per lo addietro a ripigliar lo stato in Sicilia , Hasan-ibn*^AIi sciolse d*Affi*ica con poche navi: sbarcato a Mazara senza stre- pito, stettevi tutto il dì, come in qndrantena; non fa^^ ceqdósi anima vivente a dargli il benvenuto. A notte scura comparve una man di Kotamii, d'Arabi d'Affri- ca* e d'altre genti, scusandosi che non l'avessero osato prima per timore dei Beni-Tabari e di loro ade- renti, e ragguagliandolo deir ambasceria in Affrica e altre disposizioni della parte. andò guarì che giunse a Mazara una brigata della parte, a speculare le forze e intendimenti di Basan. Vistolo sprovveduto, da poterlo menare com' e voleano , gli contaron fole: ed e fé' le viste di be versele; promettendo che non mo-

* lbn-e)-Alhlr; da cui tenghiamo i i^tieolari di qaesU fatti e di quei che segairoDo ali* arrivo di Basan ìa Sicilia , oon segna altre date cbe il tamulto di Palermo a scewU 355, e la elezione di Hasan ii 336 (32 la* gllo 947 a 9 luglio 948). La Cronica di Cambridge non porta altra data deir arrivo di Hasan cbe il 64a6 (I sett. 947 a 3t ag. 948); ma nn fatto cbe racconta dopo, ci porta a supporre l'arrivo verso II ine dell' aon» costantinopolitano. Da un' altra mano si sa (Ibn-Hammftd citato di sopra ap. 203y che MansOr sino ^la fine di giumadi del 355 (gennaio 948) facea condurre per le strade di Kalrevràn la pelle. imbottita di Abo^Ieitd; die poi Yolea mandar in Sicilia quella e la testa di FadhI con Hasan; e cbe la barca fece naufragio* ec. Infine ìbn-eUAthtr nota che dopo i'urccisione di Padbl, figlinolo di Abu-iezld, il califp tornava a Mebdia, di raiùadhaD336(marso ed aprile 948); ed è da\sopporre cb' ei non abbia pensalo alle cose di Si- cilia prima di questo. Però credo che y arrivo di Hasan ib Sicilia si debba protrarre ino a giugno o luglio 948.

> Ibih-eUAlbtr, solo narratore In questo luogo, scrive: la gente d'Af- frica. Senza II menomo dubbio accenda agli Arabi venati di reoenlé dal- l'AiTrica. I coloni si chiamavano SieiHanl; i Berberi, i KoUmli, eiaseuno col suo nome.

im.\ 208 -

verebbe od passo da Mazara s' e' non andassero a Pa^ termo e tornassero con la risposta: che probabilm^te aveao pretestato doverne deliberare la gema\ Ma co- me prima seppeli partiti , cavalcò per altra via con picciolo stuolo per andare a guadagnar loro le mosse in Palermo; dove era manifesto che avrebbero adu* nato tutti i fautori e sollevato la città contro di lui. La parte dunque consultava comodamente e rideasi forse di Hasan, quando si sparge che il novello emiro è a Baida, alle porte della città. L Hàkim, ^ gli oficiali pubblici, tutti coloro che bramavano il buono stato, scrive Ibn-^l-Alhir, e par non significhi que- sta volta i vigliacchi e i pecoroni, tutti gli vanno al- r incontro; ed Basan ad onorarli, a infornuirsi delle condizioni e bisogni della città, senza quel cipiglio sbirresco che da tanti anni si solea vedere in volto ai governanti. Ismaele-ibn-Tabari , capo delia fezionc^ aristocratica, sapendo che tutta la città usciva ad 9c- coglier Temiro, non potè far che non andasse con gli altri; e al par che gli altri, o forse più, fu ricambiato di cortesie. Tornato alle sue case che si sentiva scap- par di mano le fila della trama , peggio ijadispetti sa- pendo che Basan se n'era ito bel bello in palagio, e che gli s'accostavano non solamente gli avversarli ma i partigiani stessi dei Beni-Tabari. Pensando ai modi di frastornare la opinione pubblica, il migliore gli parve una calunnia.

* Cosl.Uui*el*AUitr. Menno avea on cadi; osde il titolo di Hdkim è generico qiiì itt significato di magistrato* ovfero ò adoperalo perchè va- casse FoQcio in qoel tempQ, e, invece di cadi eletto dal principe, ren- desse ragione on sapplente. Hftkim si^addimandò». dopo il conquisto nor- manno, il capo delia monicipalità di Malta; ma mi sembra fatto ^eccezionale, nato dalla dominazione cristiana*

209 1948.1

Ùd cittadino, cagnotto suo, gitta gli occhi addosso ad un negro della guardia d'Hasàn ch'avea nome d'domo valorosissimo e amato indi dair emiro; gli si avvicina con 1)ei modi; lo invita ad entrare ndle sue stanze; quando ve Tebbe attirato, salta fuori gridando: "Accorrete , accorrete , questo masnadiere mi s' è ficcato in casa e vuole sforzarmi la moglie in faccia mia." Il popolo trasse al remore. Ismaele non mancò di cacciarsi in mez20 borbottando : *" Bel preludio ! Non son padroni per anco del paese, e ci trattan così! Che dobbiamo aspettarci quando metteranno radice?" E suggeriva d'andare a chieder vendetta all'emiro; supponendo eh' ei non Ist farebbe , e che il popolo in^ fiammato di sdegno romperebbe^i al tumulto e ne sarebbe cacciato Basan. La plebe » seguendo lo zim- bello che non cessava dalli schiamazzi, trasse dinanzi air emiro. H quale ascolta pacatamente la querela; risponde a quelluomo: ^Se dici il vero, giuralo dinanzi a Dio;" e poiché lo sciagurato giurava, comandò, in- contanente di mozzar la testa allo schiavo. Al quale supplizio inaspettato, rallegrossi tutta la città: ''Ecco la prima volta, sclamavano, che veggiam fòr la giù- stizia; òr si può viver sicuri in Palermo." Ismaele si rannicchiò.^

EdHasan, come se nulla fosse stato, lo vezzeg- giava al par che gli altri capi della parte; la qual commedia durò sino allo scorcio del novecenquaran-

totto. Dello scioglimento abbiamo due tradizioni: la

^ •>

' Ibn-èl-Àtiilr, anno 336; Ibn-Kbaldùn, HistoiredeVAfrique etdéki SicUe, p. 166. Quivi si legga sempre *Tabari" invece di "Uatir," cVè errore del MS. sul quale fece la versione H. Des Vergers.

n. 14 .

1948.) - 210 -

prima, riferita da Ibn-el-Àlhtr e scritta evideàte- mente nelle croniche musulmane d'Affrica; la secon* da, è immediata testimonianza d'un Siciliano, di pro- fessione 0 almen d'origine cristiano: e runa rappre- senta la sostanza del fatto; Taltra l'apparenza che gli dia il governo. Al dir della prima, il calìfo, che avea senza dubbio tenuto a bada gli ambasciatori della fazio- ne, sapendo ben avviate le cose di Palermo, li fé' d'un subito catturare in Affrica : che furono Ali-ibn-Tabà- ri, Mohammed-ibn-'Abdùn , Mohammed-ibn-Genà e altri di minor nome; e scrisse ad Hasan che pren- desse lor compagni ; il quale , giudicando ardua cote- sta impresa, la compiè a tradimento. La cronica del paese, narra in vece che quei di Palermo congiura- vano contro Hasan; e ch'egli addandosene « li colse alla rete:» questa è proprio la parola, la quale si di- rebbe rubata ai liberti che scrivean le croniche degli Omeiadi di Spagna e ne palliavano i delitti.' Ma ognun vede che le due tradizioni s'addentellano come pezzi d'antica iscrizione che il caso abbia fatto trovare in tempi diversi. 11 venticinque dicembre del quaran- totto* Hasan mandava a dire da buon compagnone

I Questo riscontro mi è suggerito dal bello studio del professore Doty, 8Q le fontf della storia de* Musulmani Spàgnuoli, Eittoire de t^Afirique etc, intiiulée At-BayarKh-'l'Moghrib, Introduction, p. 16, seg.

' La Cronica di Cambridge, cbe sola porta la data e il soppliido, dice: evenuto il giorno di mt/a> cbe fu un lunedì, l'emiro etc.» La voce che bo trascritto daU' arabico e cbe è chiara nel MS., significa il Natale de* Cri- stìani, sol che vi si aggiunga un d alla fine ove bo messo le virgolette. I primi editori supplendo invece "un* altra lettera scrissero Mi*àd 'giorno prefisso* come si potrebbe tradurre. Ma' questa voce oltreché sarebbe in- soliu, imbroglierebbe il fatto or che Ibn-el-Athlr ci racconta l'ordine del tradimento palatino* e farebbe mancar la data del giorno; la quale non ò probal^e che il cronista avesse trascurata^ mentre designava il giorno della settimana. 11 Natale del 948 cadde appunto in lunedi.

211 (048.)

ad Ismaele: '^ M'hai promesso di condarmi a diporto nel tuo giardino; vien dunque al castello e andre- mo insieme.* Somigliante messaggio inviò, a nome d* Ismaele, agli altri notabili della fazione. Entrati tutti senza sospetto, lasciando gli stuoli di lor séguito alle porte del palagio, Temiro li intrattenne con bei ragio- namenti e cortesie 4no ad ora larda; non traspirando fuor le mura altro che allegrezza: poi richiese la bri- gata di spender quella notte in festa secolui e che la dimane si cavalcherebbe alla villa dei Beni-Tabari e fé' dire ai seguaci di fuori, si ritirassero a casa e tornassero la dimane, poiché lor signorie rimanean ospiti dell'emiro. Al sacro nome d'ospitalità ninno pensò a male. E la dimane si videro appiccati ai pali tanti cadaveri mutili delle mani e dei pie. Erano Ismaele-ibn-Tabari , Regià-ibn-<jenà, un Mohammed e parecchi altri di cui non si ricordano i nomi.' Tenne dietro al supplizio la conflscazion dei beni. Fatto il colpo, crebbero i partigiani di Basan; il reggimento piacque air universale dei cittadini; la colonia posò dai tumulti; ripigliò animo e forze: così litteralmente le croniche.* Ed e' si comprende come T utile colpa sia stata approvata non solo da chi scrisse, ma anco

^ ' Debbo «vfertire che Ibn-el-Athtr dal quale tenghiamo i nomi, narra il uadimenio la caUura, la eonfiscazione, non il supplizio : il casato che dovrebbe trovarsi dopo il nome di Mohammed è lasciato in bianco in uno dei MSS., e manca al lutto negli altri dne. La Cronka di CamkHdge al contrario dice della uccisione dei e q^lti alla rete, tra i quali un Marisc (in inglese sarebbe ttarish) e i suoi compagni.» Questo nome fu scritto dai traduttore inglese, Goreish; ma il codice chiartesuna la inaiale m. Non V ho scritto nel testo» parendomi soprannome e che debba indicare il capo della fazione, cioè Ismsele-ibn-Tabari; e ciò sembra confermato dai significati della voce Markt daU dal fifenimski, cioè "saetta impennata* e una specie di pomo. Maris sarebbe dei nomi che si danno ai leone. * Confroutinsi: Cronaca dt(7omfrrùi(jfe,ibn-el-Àthlr,lbn-Paldùn,ll. ce.

(948.) —gia-

da cbi vide e forse dalla più parte del popolo che ne fruì. Oltre i costumi dei tempi, oltre F ammirazione volgare della vittoria, oltre T invidia soddisfatta di questo e di quello, ei non si può negare che il misfatto di Hasan tornò utile al pubblico; poiché i labari , i Genft, i nobili di Palermo e lor clientele « non erano al certo tribuni zelanti del ben pubblico , ma tiran- nelli che disputavan tra loro e ad un tiranno più gran- de il dritto di sopraffare la gente minuta. Donde pos- Siam dire anche noi : bene stia ai vinti. però as- solviamo il vincitore, il quale esordì a Mazara con la menzogna: rincalzò air entrare in Palermo col sup- plizio del soldato innocente; compì T opera con far trappola delle proprie case e arme della giustizia il tradimento. Come dovea navigare Hasan tra cotesti due scogli, lo lasciamo a risolvere ài casisti. L'in- segnamento che vogliamo cavarne è che gli Stati non ordinati secondo uguaglianza e libertà , non hanno rir medio ai mali loro che sia scevro di colpa.

CAPITOLO XI.

Terminando in questo tempo la lotta della in- dependenza e principiando un periodo più culto, è bene rassegnare gli elementi civili che rimaneano.

Le vicende dei Cristiani nella prima metà del decimo secolo mostrano eh' e tenessero tuttavia il lato orientale dell' isola. Ibrahim-ibn-Ahmed avea distrutto

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si loro fortezze] ma le guèrre civili impedirono ai Mu- sulmani di porre colonie in quelle parti. Però non avvi ricordo d'alcuna terra di Valdemone o Val di Noto nella sanguinosa storia di Khalil, in altra rivoluzione della colonia fino al novecensessantanove; però nella guerra di Manuele Foca (964) i Bizantini sbarcarono come in luoghi amici per tutta la costiera da Messina a Lentini. E cotesta guerra si accese ap- punto» perchè i Musulmani voleano porre stanza e possedere terreni nella Sicilia orientale/

Begione fatta squallida e desolata, a dispetto della natura, in quel dubbio confine di due epoche; quando la dominazione bizantina, nelF andarsene, le avea lasciato il tristo retaggio di suoi vizii sociali; e i Musulmani, anziché veri padroni, eran tuttavia ne- mici, liberi si di correre la provincia. Di certo mancar dovea T agricoltura con la popolazione, diradata dalle stragi d'Ibrahim e dalle emigrazioni in Calabria e altri paesi cristiani; e n'è prova la lunga carestia, nella quale una metà dell' isola non bastava a sfamar r altra metà afflitta dalla guerra civile. * Con la ric- chezza e con la popolazione si dileguavan anco gli ultimi avanzi di coltura intellettuale; talché sparisce in questo tempo ogni vestigio di scrittori cristiani di Sicilia.

La stessa religione par abbi^ perduto nelle prò-

* Si vegga il Libro IV, capitolo IH.

> Capitolo X del presènte Libro, p. 203-204 di questo volarne.

' Non va in questo periodo r autore anonimo della Vita di San Nrce- foro vescovo di Mileto di cui or or si dirà. Questo autore, probabilmente siciliano, visse .nella seconda metà del decimo secolo. 11 testo greco è nella Biblioteca imperiale di Parigi, 1181 ; e M. Hase ne ba pubblicato uno squarcio io nota a Leone Diacono, edizioqe di Bonn, p. 442.

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vince orientali , se non la speranza eh' è sua radice, certo gli effetti esteriori che mostran viva la pianta. Mancano infatti le memorie ecclesiastiche di quel perìodo. Nessuna agiografia ne at)biamo; se non che r autore anonimo della Vita di San Niceforo vescovo di Mileto vagamente parla della gran copia di * veg- genti in Dio" che vissero in Sicilia (964), dei quali nomina il solo Prassinachio; com'è pare, romito, stanziante in su Io Stretto di Messida; uomo famo- sissimo per pietà, e per avere presagito la sconfitta Manuele Foca/ E quest'abbondanza di profeti è pur segno infallibile presente miseria, di che la ragione umana vegga chiusa ogni uscita. Torna alla stessa, 0 alla precedente generazione, Ippolito ve- scovo di Sicilia, non sappiamo di qual città, autore di certi vaticini! molto oscuri su la caduta della po- tenza musulmana, i quali erano io voga a Costantino- poli nella seconda legazione di Liutprando.

è da lasciare inosservata cotesta strana ap- pellazione di vescovo di Sicilia, che comparisce a un trattò e si dilegua alla metà del decimo secolo. Oltre Liutprando, l'adopera la Cronica di Cambridge, parlando d'un Leone che fu mandato in ostaggio a Palermo nel novecenventicinque ; * dond' è evidente

' LeoDis Diaconi Galoensis, 1. e. L' anonimo dice che i Veggenti per virtù divina abbondavano in Sicilia com' ogni altro prodotto del suolo.

T^ ^8 xaì aerò tivo$ twv «v t^ X^P^ ^socrr^xéliv (oXsovcxrsT vaè^ xat r^ TOuruv f opa tìi$ aXXyic eù^ir]Vta$ oùx c>aTro«.)

' Liotprandi legalto, presso Mnratori, 'Rttumlìoikca'nm Seriptorts, tomo II, parte I, p. 4$S. e Hippolytus quidam SiciUen!8i8 epiaeopus, » La Cronica di Cambridge citata al capitolo Vili di questo Libro, p. 173, ha: e Leone vescovo della Sicilia;» la costruzione arabica permette d'inter- pretare e uno dei vescovi di Sicilia.»

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aver que' due scrittori ripetala ud modo di dire che correva in Palermo e in Gost^Knopoli verso il no- vecensessantotto, quando vissero entrambi. I titoli ca- nonici delie sedi siciliane non erano al certo mutati; ma supposto che ne rimanesse in piedi una sola, il vescovo eomunemente si dovea chiamar di .Sicilia, non di tale o tal città. E fors* era quello di Taormina. ' Cotesti indizii . messi insieme provano il picciol numero a che era ridotta la gente greca e italica della Sicilia orientale e la vita che vivea di stenti, di fetiche, di pericoli. Le città independenti eran fatte tributarie dopo la guerra d' Ibrahim-ibo- Ahmed ; spezzato pertanto ogni legame con Y impero bizantino, tanto più dopo la pace che fermò l'im- pero coi califi fatemiti. ^ Costantino Porfirogenito, in fatti, nella descrizione delle province, confessa per- duta r isola di Sicilia, le cui città, dice egli, « parte » son abbandonate, parte si tengono dagli atei Sa- » raceni. a * Che se rimase negli almanacchi di corte il tema di Sicilia, significava soltanto la Calabria che una volta ne avea fatto parte; consolandosi ìél povertà bizantina con dare air accessorio il titolo del principale: onde il governatore si chiamò promiscua- mente stratego di Sicilia, stratego di Calabria e anche duca di Calabria.' Le popofazioni tributarie di Sicilia reggeansi necessariamente a municipio; V

' Si vegga il cap. VII del presente Libro, p. 173.

' Be Thematibuf, p. S8, ediz. di Bonn, tomo HI, delle opere di Co- stantino: xa2 To({ Xoiuoii wXtti rdi fih ^fv^ittètiiitoLi, toc$ ii Xfarou/Acvat zmfòi Twv Zoepoexiivwy.

> Costantino PonQrogeniio, op. cit., p. 00, « De adminutrando im^ perio , p. S25.

* Ubro II, cap. XII, p. 470, 471 del primo volnme.

1895-948.1 ' . 216

soddisfaceano il tcibutQ quando non poteàno ricusarlo impunemente ; rials^an le mura per poco che i |ffu- sulmani non ci badassero; e di tratto in tratto, or adescate da occasione propizia, ora esasperate da so* pruso de' vincitori, ritentavan la prova di resistere. Tàorù)ip$i così ; cosi qualche altra rócca^ ^ .Yal De- mone. Del Val di Noto non si fa motto, Af^ ia ca- duta di Siracusa e delle città dell' Etna^. Forse la popolazione, menomata delle migliaia che si mena- vano in schiavitù in altre parti dell' isola ^ o fuori, rimase si poca e sparsa che nulla osò, e niuno parlò di lei.

Mi conferma in tal supposto la sovrabbondanza di abitatori che si notava a ponente del Salso ; a spie- gar la quale non basterebbero le migrazioni dal- l'Affrica, il naturale accrescimento di popolo che prosperi. Del fatto non si può dubitare. Ibn-Haukal, venuto in Palermo il novecentosettantadue, fornisce dati da ragionare la popolazione della capitale a più di trecentomila anime. * Ehaltl, trént'anni prima fece morire oltre secentomila persone nel Val di Mazara, esclusa Palermo, dove Tefferato animo non trovò pre- testo a sfogarsi. A suppor dunque distrutto in quat- tro anni (938-41) un terzo della popolazione della provincia musulmana, il Val di Mazara, cioè, con Pa- lermo, le si debbon dare innanzi il novecentrentotto due milioni d'abitatori, quanti ne ha adesso tutta l'isola. Men della metà erano Musulmani.'

< Libro n, cap. Vf e IX, voi. primo, p. 525, 525, 407. ^ > Journal Ànatique, sèrie IV*, voi. V, 1845, p. 105, noU 9. ' Veggasi il Libro IV, cap. Ili, su la popolazione musulmana al 962.

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Quanto alle schiatte, credo gran parte di tal popolazione antichi abitatori deHa Sicilia tatta, ridotti in Val di Mazara ; tra liberti, vassalli e schiavi ; tra cristiani, rinnegati e giudei:* questi ultioii stanziati nelle città; gli altri, in città e ville. Non occorre di replicare ciò che dicemmo degh antichi coloni mu- sulmani. Ma quei venuti d' Affrica nella prima metà del decimo secolo, furono di tre maniere: indù- striali, soldatesche, e rifuggiti. Pei primi non sarebbe necessario allegare testimonianze e poche possono rimanerne : pure abbiamo il ricordo d' un Saìd- ibn-Heddàd , di famiglia artigiana come lo accenna il nome patronimico , al quale, sotto il regno d'Ibrahim- ibn-Ahmed , mori in Sicilia un fratello che gli la- sciò quattrocento dinar, guadagnati com'ei pare, con alcuna industria. ' Dal novecento al novecentren- tanove quattro grossi eserciti erano stati mandati a ripigliar io stato in Sicilia ; un altro (9.02) e parec- chi stuoli minori vi erano passati andando in Cala- bria. Ma di cotesta massa soldatesca di Berberi, Ne- gri, Slavi e milizie arabiche d'Affrica, sbarcati nel- risola in men di mezzo secolo, chi fu spento, chi

* V'eralD Palermo Od borgo di Giudei. Ibn-Haokal, nei Journal Ària- iique, voi. dt., p. 97.

> Riddh-en^NofiU, fog. 71 recto. Sald morì il 302. Il biografo aggia- gne che costui toccò i danari per Caivore di Ibrabim-ibn-Ahmed ; non sap- piamo se per aver tolto qualche difficoltà fiscale» ovvero per avergli ùMo pagare i 400 dinar con tratta sul tesoro di Kairewftn. Sald , avvezzo a vita peggio che frugale, spese 300 dinar a fabbricarsi una casa; SO in ve- stimenta; SH) in tappeti, stoviglie e. altre masserizie ì e ne serbò 100 per mantenimento del resto della sua vita. Di che riprendendolo gli amici » rispose che avea a ufo dei. 100 dinar, poiché il quarto d' un rotolo di carne gli bastava una settimana. U primo .giorno » dicea, mangio il brodo delle ossa; il secondo quel dei tendini; dal terzo al sesto certi piatti di bietole mescolati or a fave, or a ceci, or a pastinache; e il settimo la carne!

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se ne tornò; picciola parte è da sapporre rimasa a soggiorno : e di ciò si ha indizio pei soH Sbvr, che diedero nome al più grosso qaartier della capi- tale/ Sembra di maggiore importanza, per lo numero e per la qualità degli uomini , la migraziiMie dei par- tigiani di casa aghlabita e dei fervidi ortodossi che lasciavano T Affrica, per paura o dispetto, al mu- tamento della dinastia e alle varie perseicuzioni che seguirono. Ai quali la Sicilia era asilo, come paese più lontano dagli occhi sospettosi dei governanti .e come quello che odiava i Fatemiti e vivea più o meno apertamente in rivoluzione.

E cresciuta la popolazione , cessate le continue guerre del conquisto , incominciavano a metter fron- de, se non per anco fiori e frutti, gli studii; sturbati nelle guerre d'independenza dal romor delle armi, ma molto più promossi dal principio civile che accom- pagna i moti politici e fa lor precedere o seguire da presso lo svegliamento degli ingegni. Favoriva anche gli studii il contatto più familiare eòi vinti, la liberale educazione e dottrina dei rifuggiti d'Affrica e Tesem- pio dei giuristi mandati a tenere i magistrati.

Per cominciar dagli avanzi dell' antica .civiltà del paese, ricorderemo l'opera che prestò un dotto Sicilia^ no nella versione della materia medica di Dioscoride. Aveva abbozzato questo gran lavoro a Bagdad verso la metà del nono secolo, Stefano cristiano di Siria; il quale, sapendo la lingua meglio che la scienza , tradusse i nomi dei semplici più ovvii, e di molti altri trascrisse la denominazione greca senza il riscontro in arabico.

* lim-Haakail, Journal imliftie, voi. dt,^ p. 93.

219 1895-949.]

Si dóieano dunque della imperfetta versione i medici ehe fiorirono sotto gli Omeiadi di Spagna, quando del novecenquarantotto , trattato un accordo tra Romano imperatore di Costantinopoli e Tomeiade Abd-6r- Rahman-Naser-lidin-illah, Romano gli inviò, tra gli altri doni, il testo latino delle storie di Paolo Orosio ed un manoscritto greco di Dioscoride, con belle miniature delle piante. Deste a ciò le speranze dei dotti di Cordova, come ci narra Ibn**GioIgiol che fu medico della corte nel regno seguente, il càUfo Abd- er-Rahman richiedeva a Romano un interprete di greco e di latino; e mandatogli del novecentocinquan- tuno il monaco greco Niccolò, fu riveduta o piuttosto rifatta la versione con l'aiuto dei disegni. Se ne dèe merito a parecchi medici arabi di Spagna, al dotto medico giudeo Hasdai-ìbn-Bescrùt, «IF interprete Niccolò ed al siciliano Abu-abd-AUah, che parlava r arabo e il greco e conoscea la materia medica; tan- toché la difficile interpretazione tecnica fu compiuta, altro rimase ad appurare che una diecina di sem- plici di poco rilievo. Fin qui Ibn-^iolgiol, il quale in gioventù conobbe e praticò tutti i collaboratori. Del Siciliano altro ei non dice ; ma ben si può supporre di schiatta greca e convertito di fresco, non avendo no- me patronimico , e prendendosi sovente dagli uomini nuovi il nome proprio di Abd-Allah, che fiignifica servo di Dio.^ Possiamo supporre di gran momento la cooperazione sua, poiché si narra di lui solo che unisse le nozioni tecniche alle filologiche.

' Squarcio doUt viu di Ibn-Giolgiol (io fraoeese Djol4iol) per IbD- aM-^OMibia, testo e arsione di M. Sacy» io appendice atta Réiotion de VE9ypl€ far Abdallatif, p. 5i9, seg., e 495, aeg.

1^95-948.) 220

Dalla medicina passiamo di sbalzo alla giurispru- denza; non concedendo quadro più compiuto le me- morie che abbiamo. Ma se giurisprudenza vuol dir la base d'ogni civiltà; se V incivilimento europeo si debbe alla legge romana^ piii che a niun altro libro o istitu- zione; lo studio del dritto ebbe neir islamismo confini assai più larghi e maggiore influenza civile e letteraria che neir Occidente pagano o cristiano. Accennammo già la importanza politica dei giuristi musulmani dell'ot- tavo e nono secolo/ Lo studio loro abbracciava tutte le scienze che noi chiamiamo morali e politiche, tra- scorrea fino alla teologia, chiamava la filologia a darle aiuto nella interpretazione del Corano, adope-* rava la biografia come strumento di critica della tra- dizione, arrivava alle soglie della matematica compu- tando le tasse legali e le frazioni nel partaggio delle eredità. Però non fa torto all' Affrica se non coltivò con onore altra scienza che questa. Ve la illustrarono nel nono secolo Ased-ibn-Foràt, conquistatore della Sicilia, e Sehnùn;^ entrambi della scuòla di Malek. tardò molto a passare in Sicilia mediante i discepoli di Sehnùn. Fra i quali levò grido un lehia-ibn-Omar- ibn-Iusùf morto in Snsa il novecentotrè in odore di santità* e maestro del siciliano Abu-Bekr-Ahmed"-

' Veggasi il Libro I, cap. VI, e Libro II, cap. II, nel volome primo, p. 149, seg., 285, seg. , /

' Questo, era soprannome. Il nome intero Abu-Saìd-Abd-es-Selftm- ibn-Sald-ibn-Qablb-ibn-Hasftn-ibn-Hel&I-ibn-Bekk&r-ibn-Rébia' , della tribù arabica di Tonùkh. Cosi il Riodk-en^Nofus, fog. 59 verso. Gonfroo* tisi Ibn-Kballikàn, versione inglese, tomo II, p. 151.

' Si vegga il cap. IX di questo III Libro nel presente volume, p. 188. La data della, morte si argomenta dal posto dato a questa biografia nel Riàdh-^n'-Nofùs, fog. 57 verso. lebia-ibn-Omar spese seimila dinar per lo stadio della giurisprudenza. Andò in Spagna, donde fa detto AndalosI;

ibn-^Mobammed-ìbn-Iehia, corei^cita, devoto famige- rato/ Più che la voce di tal discepolo, giovò ana grande opera di Iehia-ibn-Omar,^intitolata ''Comanda- menti della fede e leggi dell'isiàm ,** la quale si leggea nelle scu(de di dritto di Sicilia e d'Affi*ica, e chiama- vanla comunemente il Libro dei Miracoli. Vivendo Tautore, un liberto degli aghlabiti, diligentissimo edi- tore, ' s* era venduto il giubbone per comperare per- gamena vecchia' da copiar questa o altra opera di lehia-ibn-Omar; e, com'egli ebbe fornita la copia, un altro zelante e povero letterato fé' lungo viaggio a piedi per lamor di leggerla e trascriverla. Parecchi anni appresso un giurista siciliano o stato nel!' isola, infervorato del Libro de' Miracoli sei vide in sogno tutto illuminato d' una luce che scendea dal cielo. A tal venerazione era giunta l'opera d'Iehia e la

e in Oriente, dove fece, come tutti coloro che il poteano, an eorso di lingua e poesia , dimorando nelle tende dei Beduini in Arabia. In cotesta peregrinazione scientifica, durata selle anni , consumò quasi il suo avere. Riddh-en^NofUs, 1. e.

* Riddh-en^Nofus , fog. 79 recto.

' Intendo non solamente copista, come suonerebbe tal voce nel me- dio evo, ma uom dotto cbe sovente compilava sul dettato dei maestri. Co- stai segnalavasi tra gli editori d'Affrica per tenace memoria «scrupolosa esattezza. «

> Il testo dice che costai^ per nome Abmed-Kasri (ossia del Castel vecchio presso Kairewàn), non avendo da comperar carta, si vendè fi giub- bone e col prezzo acquistò dei rokùk. Tal voce secondo i dizionari ò plu- rale di Rekk, * carta o pergamena.* La definizione è vaga, o il senso variò coi tempi e i paesi. Ha leggiamo in Blasudi, BibUotpea Àrabo^Sieula, p. 3, che la pomice di Sicilia si adoperava a radere lo scrìtto nei difter e nei rohùk. Indi mi par manifesto cbe quest* ultima voce significava , nel X se* colo i * pergamena vecchia. * La voce che lio reso carta h' wark, jSi com- prende poi benissimo che la carta nuova dovesse costare in Affrica assai più cara che i codici latini e greci , merce inutile, da ripassarsi con la po- inice prima dj adoperarli. Quanti preziosi Manoscritti antichi dovettero perire in questa guisa!

I895-W8 I 222

scienza ch*ei coltivò! Io Palermo insegnava per quat- tordici anni la Modawwana, celebre manuale di dritto secondo Malek, il professore Abu^aìd-Lokmàn-ibn- lusùf / della tribù arabica di Ghassàn ; trapassato a Tnnis il trecentodiciotto dell'egira (930-31); martire della didascalia, s'egli è vero che mori d'una piaga fattasi al costato con Y angolo della tavola sulla quale solca scrivere e spiegare il testo. Si nota di costui che possedette dodici rami diversi di scienze ; * fa maraviglia, atteso la vastità degli studii che rannoda- vansi al dritto. *

Segnaiossi tra i discepoli Sehnùn, per dottrina e austera integrità, un Àbu- Amr-Meimùn-ibn-'Amr, il qtaaJé die alla Sicilia beir esempio delle virtù di magistrato. Promosso a cadi dell' isola , da delegato eh* egli era al tribunale dei soprusi di Kairewftn , andando a Susa per imbarcarsi, Meimùn si volse alla gente che gli dava il buon viaggio. *" Cittadini," lor disse, *ecco la giubba e il inantello che ho indos- so ; ecco lo zaino coi miei libri, e cotesta schiava ne- gra che mi fa i servigi di casa, con una giubba e un mantello più mancò di me : ponete ben mente, e vedrete in che arnese tornerò di Sicilia.* Giuntò in Palermo, come poi narrò il siciliano SaYd-ibn-Othman , e c(mdotto alla casa dei cadi, Meimùn quando la vi-

< llfd<fA-efi-M)/lu,rog. 79 recto. '

< Ce ne fornisce un esempicciirioso il MS^ della Biblioteca ài Parigi, Ancien PoDds, 277, fog. iOO recto, aeg. In questa compilazione legale del secolo X vi si tratta tra le altre cose delle acque stagnanti delle quali fosse lecito ht uso nelle abknieni. Come la tndiaione vuol che queste acque abbian certo wlnme, cosi il compilatore si crede obbligato a indicare i modi geodetici di misurar la superficie delU sUgsi, e fa a .quesi' effetto un lungo trattato con figure geometriche.

223 [MS^8.]

de, ricusò d'entrarvi, dicendo non saper come accon- ciarsi in gran palagio; e volle albergare in una pie- ciòla casetta. Dove, senza aguzzini uscieri , quando alcun picchiava alla porta, borrea la negra ad aprire, rispondeva : "^ or ora parlerete al cadi ; " e chiama- tolo, se ne tornava a filare per vendere il refe e sup- plire allo scarso mantenimento del padrone. Il qual magistrato non è a dire se fosse caro a tutta la cit* tè. Poi si ammalò. Non vedendolo uscir di casa da, tre di, gli amici, andati a visitarlo, lo trovarono gia- cente, in vece di tappeto, sopra una stuoia di papiro, manifattura indigena , ^ appoggiando il capo su due cuscini imbottiti di fieno. Piangendo lor disse avere atteso airoficio, che n'era testimone Iddio, finché gli eran bastate le forze; li avrebbe abbandonati giammai se non fosse stato per quella incurabile in- fbtmità che si sentiva. Volle andare a morire in pa« tria. E quando partì : * Che Dio vi conceda un sue* cessore miglior di me, " furon le ultime parole di Mdmùn ai Palermitani; e quelli a benedirlo ed a pre^ gargli salute. dimenticò, messo il piò a Susa , di mostrare alla gente Q sacca dei libri, le vestimentà fatte pili logore e la stessa schiava. '

Pier certo le relazioni politiche con rA£Frica frut- tarono alla Sicilia un utilissimo commercio d'idee e di studi!. Si novera tra i discepoli di Sehnùn,

/ Ag^uDgo questo percbò Ibn-Haukal pària del papiro di Palermo, nel Journal AHatique^ sèrie !¥•, tomo V, p. 88;

> Biàdk''€n'Nofii8f fog. 77, verso. Ancorcbò intesta biografia si legga nel 316, sembra errore da correggersi Zìi, secondo 1* ordine cronologico cbe comincia poco innanii nel Riddh. Secondo DsebebI , ÉSUUHeU-'iber, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 046, tomo I, anno 590, segui In questo anno la morte di Meimftn, ormai centenario, paralitico e rimbambito.

un Diamd-ibn-Mohammed , morto il dagentonovanta- sette (909-910), ch'era stato cadi di Sicilia sotto gli Aghlabiti/ Con T insegnamento ortodosso trapelavan anco i novelli ardimenti filosofici dei Musulmani; sa- pendosi che ir giureconsulto Àbu-Giafar-Mohammed- ibn-Hosein-Marwazi, com^ei pare, oriuado persiano, trapassato in Sicilia del dugentonovantatrè (905-9Ò6) era forte sospetto di miscredeniza. * Sembrano inco- minciati in Sicilia nella stessa metà del decimo se- colo gli studii filologici; poiché il primo Siciliano let- tor del Corano e grammatico di cui si trovi il nome nelle raccolte biografiche, è Àbu-abd-AIlah-Moham- med-ibn-Khorassàn, liberto degli Aghlabiti^ nato il trecentosei (918-19), di schiatta persiana anch' egU, se è da stare all' indizio del nome patronimico.'

Appariscono al tempo stesso in Sicilia i primi esempii d'una maniera di erudizione che fu molto in voga appo i Musulmani, dico i racconti biografici che correano nelle, scuole e ritrovi dei dotti : officine delle eflemeridi letterarie di quel tempo. Taluno li messe in carta ; poi . vennero i compilatori che ci hanno serbato cotesti materiali di Storia letteraria, chiamati per lo più Tabakàt, o vogliam dir classi ,

^ Baiàn, testo arabico, tomo I, p. i60.

> Op. cit., p. 138. Marwazi è nome etnico cbe si riferisce a Merw in Kborassàn, ad un borgo di Bagdad, é fors'anco ad un villaggio. Veggasi il Lobb^el^Lobbdb di Soiuti, ediz. di Leyde, p. 242, con la nota ^

' Makrizi, Mokaffa, MS. di Leyde 1366, al nome Mohammed ; Soioti, Tabakài-^l^Lùghawin, MS. di Parigi^ Suppl. Arabe, 681 , e MS. del dot- tor Jobn Le^, allo stesso nome. L'època e la qualità liberto degli Aghla- biti, fan supporre nato costui in Sicilia, ove si fossero rifoggiti i geni- tori. La famiglia par di origine peniana a cagion di quel nome di Korassàn, quantunque non abbia la forata di aggettivo patronimico cbe sariebbe Kborassàn)i. 1 Beni-Korassftn furon signori di Tunis nel Xli secolo.

225 ^ 1895-94 8. 1

seado ordinati i cenni biografici in classi, di giure- consulti, grammatici, poeti, lessicografi e simili: Delle più antiche e preziose, è il Riddh-en-Nofùs, da noi ricordato sovente; il quale, trattando dei giuristi e santi musulmani d' Mrica fin oltre la metà del decimo secolo, ci i nomi dei Siciliani che tramandarono parecchi aneddoti a voce o in iscritto. Indi veggìamo che Abu-Bekr-Ahmed, citato dianzi tra i discepoli di lehia-ibn-Omar, lasciò ricor- di , scritti com' e' pare , intorno il pio giurista Abu- Harùn-Andalosi, vissuto in AflFrica; pei quali fatti Abu-Bekr or si come testimone oculare, or allega i detti altrui.* Il medesimo Abu-Bekr, su la fede del- l'altro Siciliano Abu-abd-Allah-Mohammed-ibn-Kho- rassàn,^ riferisce aneddoti d'un Ibn-Ghazi da Susa, devoto un tempo e rinomato lettóre del Corano per la melodia della voce , poi infame tra gli Ortodossi perché alla esaltazione del Mehdi lo adulò vilmente, è s'aflSliò a setta ismaeliana. ' Abu-Bekr, avendo in sua giovinezza conosciuto lehia-ibti-Omar (m. 903) ed Abu-Harùn-Andalosi (m. 905), visse nella prima metà del decimo secolo. Contemporaneo di lui, e al par siciliano Sald-ibn-Othman ; il quale raccontò a voce i fatti del cadi Meimùn in Palermo. * Un altro

' Riddh^en-Jiofus, fog. 60 recto. L'autore Maleki, il quale bod visse , di certo innanzi ia fine del X o priiicipii deirXI secolo, cita qui con la fra- se : Narra Abu-Bekr etc. Da ciò argomentiamo che Maleki atea sotto gli occhi uno scritto, non un t'acconto inserito da autore più moderno, 11 cuf nome atrebbe citato com'ei suole.

' Costui non è detto siciliano nel Riàdh; ma lo sappiamo d'altronde. Si Tegga a p. 224, nota 3*

' AtddA^n-iVo/tts, fog. 107 verso.

* Si vegga la p. 222.

a. in

I8D5-948.1 226

Aba-Bekf, per uome Mohammed-ibn-Ahuìed-ibB- Ibrahim, maestro di scuola, detto il Siciliano, forniva air autore del Riàdh alcuni aneddoti del devoto afri- cano Abu-Iunis-ibn-Noseir, morto il trecentoquat- tro (916-17) del quale ei fu amico ed ospite.* ir Sici- liano Abu-Hasan-Harlri, o diremmo il Setaiolo, morto il trecentoventidue (934), che guadagnò con ascetiche stravaganze un cenno biografiìco nel Riàdh, può pas- sare anch' egli tra gli agiografi; poiché si seppero dalla sua bocca le dolci visioni di Moferreg, ' le zuffe d'Abu-AIi da Tanger col nemico del genere umano, * e le vicende del pellegrino Abu-Sari-Wàsil, ritrattosi in eremitaggio presso il castello Dtmàs in Affrica. ^ Per quanto si voglian supporre perduti i ricordi di quella età, la somma è che, innanzi la dominazione kelbita, la cultura. intellettuale della Sicilia si ristrin- gea quasi alla scienza del dritto ; lasciò nomi il- lustri. L' argomento negativo che viene dal Riàdh e da altre compilazioni parziali, pienamente si conferma col dizionario generale d' Ibn-Khallikàn , dove si leggono le biografie di Siciliani del duodecimo e un- decimo secolo, ma nessuna ve n' ha del decimo. Ciò non vuol dire che gli studii tontani dalla giurispru- denza^ V erudizione, le lettere , la poesia fossero tra-

' Riàdh'^en-Nofus, feg. 73 feifso.

* Si vegga il Labro II, eap. X, p. 430, del primo Tolume.

' Riddh-^n^NofUs, fog. 79, verso. È da avvertire che la biografia di Abu-Hasan*HarìrÌ è messa il 316, ma trovaniiosi tra il 323 e il 335, è da supporre uno sbaglio nella data.

* Rtàdh'-m'IiofAs, fog. 61 recto. La morte di Wàsil è riportaU al 294. Ho scritto il soprannome Sari , secondo DsebebI , MS. di Parigi , Ancien Fonds, 803, il quale avverte che un altro nome scritto in arabico con le stesse consonanti si pronunzia Sorri.

227 (805-94S.I

scurati al tatto in Sicilia , avanti i Kelbiti. Sarebbe bastata a recarveli la sola famiglia aghlabita, che larga diramossi allato al regio ceppo d' Ibrahim. Per- chè nel nono secolo que' nobili rami dieron molti emiri alla Sicilia ; \ una lor famiglia anco par trapian- tata nella colonia : ' e dall' altra mano sappiamo colti- vate dai discendenti d' Aghlab logica, dialettica, astro- nomia 0 astrologia che dir si voglia, rettorica,filologia} e lo stile peregrino di scrivere; ne troviamo anche un che dettò cronica o storia della casa d' Aghlab ; e dei verseggiatori non v'ebbe penuria.' Ma in Af- frica cotesto discipline non fiorirono mai al par del dritto, salirono al ragguaglio delle letterature con- temporanee dei califati d' Oriente e di Spagna : e la colonia siciliana, che le toglieva in prestito dalla ma- dre patria, pur dovea rimanere più addietro. Non si veggono Affricani Siciliani nel letimat-ed-dahr , antologia poetica di Th'àlebi, oriundo persiano vivuto nei principii dell' undicesimo secolo ; il quale , ricer* cando i poeti buoni e mediocri dell' Oriente musul- mano, gittò pure uno sguardo sa quei della Spagna.^

« Si vegga il Libro II, cap. V, VII, IX, X, voi. I, p. 300, 542, seg.^ 3K3, 391 , 423, 427; Libro III, cap. Ili, VI, voi. Il, p. 63, 64, 134.

* Ibo-Haukal , Journal Asiatiquet IV serie, voi. V, p. 99, parla d*una mi- niera di ferro presso Palermo, ch'era stata posseduta da un di casa d'AghIab.

' Veggasi Libro III, cap. II, p. 58 di questo volume, e Ibn->Abbàr, MS< della Socieili Asiatica di Parigi, fog. 35 recto, 36 recto, 148 verso. Da quest'ultimo luogo Casirl trasse la notixia ristampala dal Di Gregorio, Rerum Àrahicarum, p. 237, lin. 6, la quale non appartiene propriamente alla storia letteraria di Sicilia.

« Th'&lebi avverte (MS. di Purigi, Ancien Fonda, 1370, sezione pri- ma, lib. X, fog. 66, recto) c^e del Maghreb (Aflfrica e Spagna) non avea alle mani antologie, ma poesie volanti raccolte qua e là. Pure è notevole ch*ei ne dia di molti Spagnuoli, di pochi appartenenti alla corte fòtemita d' Egitto e di nessun Affricano Siciliano. Un sol tripolitano che vi si trova è di Trìpoli di Siria.

(805-948.1 228

torna da tutti i lati queir operoso commercio tra la Sicilia e Y AlSrica, che necQSsariameate dovea nascere dalie relazioni politiche de'dae paesi e che portava seco una somiglianza di industrie, d 'incivi- limento letterario, e di costumi. Al frequente passag- gio che si è visto di uomini notabili dall' Affrica in Sicilia, si può contrapporre il tramutamento di coloni che andavano a tentar la sorte nella madre patria, ai quali si dava, sia per nascita, sia per lungo sog« giorno, il nome di Siciliani. Taluno salì ad alto grado in Affrica. Leggiamo tra i governatori di Tripoli uno Scekr, detto il Siciliano, che die principio il dugen- tosessantanove (883-83) alla fabbrica d' una cisterna monumentale, e compiè una cupola nella moschea giami\ ^ Le mura della stessa città furono ristorate ed ampliate il trecentoquarantacinque (956-957) da Abu-l-Feth-Ziàn il Siciliano, motewalli, o vogliam dire delegato al reggimento del paese. ' E poco fa ci è occorso di nominare il capitan siciliano Boscera nelle battaglie dei Fatemiti contro Abu-Iezid. '

Perchè poi non mancasse alla colonia un vizio grave della madre patria, veggonsi i Siciliani gareggiar coi fratelli d'oltremare nei fasti dell' ascetismo musul- mano. Operano le superstizioni nei popoli come i li- quori inebbrianti nel corpo umano ; i quali all' assag- giarli dan vigore e brio ; poi turbano il cervello , concitano sovente a rabbioso furore; alla fine sner- van r uomo , lo fan cadere in letargo o senile imbe-

< Tigiani, Ae/ie/a, MS. di Parigi, fog. 97 Terso, s^g. Traduzione francese, p. 190, seg. « Ibid. 3 Si vegga in questo Libro III, capi X, p. 199.

229 [895-948.]

ciliità. La macchiDa soprannaturale déir islamismo, dopo avere aiutato a conseguire gli effetti morali, so- ciali e politici , ai quali aspiravano le nazioni del- l'Asia anteriore, invasò i Musulmani d' infecondo ar- dore teologico è li assopì nei vaneggiamenti delle espiazioni e propiziazioni : e così quello zelo eh' èra stato virtù giovando air universale, si mutò in vizio, quando portò a sanguinose discordie, o peggio, alla devota misantropia, allo straziar stesso senz'al- trui prò, allo sciogliersi dai legami della famiglia e della città, allò scambiar la moneta sonante delle virtù limane con polizze su T altro mondo, non pur sot- toscritte dal fondator di loro religione, ma dagli inter- preti di seconda e terza mano. Vercorreudo il Riàdh- en-Nofus, si veggono comparire successivamente tra i Musulmani d'Affrica tre tipi di perfezione inorale: nel settimo e ottavo secolo, il guerriero del conquisto, ambizioso di martirio; nel nono secolo il giureconsulto che impavido affronta tiranni e plebi; nel decimo il motéabbed, uom di santa vita diremmo noi, che si macera d'astinenza, si stempra in lagrime, passa di e notte pregando e ruminando fatti soprannaturali, e di rado avvien che si levi di gitiocchioni , per vedere se i concittadini sian vivi o morti. Pur i bacchettoni pe- naron lungo tempo a ragguagliar la devozione mu- sulmana a quella dell'impero bizantino, spogliandola della virtù guerriera e della carità spirate da Mao- metto.

Ce ne esempio Mofarreg, il primo santone si- ciliano che si presenti nel Riàdh, il quale, se consu- mò il rimanente della vita in sterile penitenza, avea

[895-948 1 230

sparso prima (882?) il sangue per la patria.* Aba- Hasan il setaiolo, autor di questo aoeddoto d'agio- grafìa, raccontava anco i travagli di Abu-AH , oriundo di Tanger , nato o stanziato in Sicilia , eh' ei conobbe di persona e passò la vita tra indefesse austerità ; lontano dalle cure mondane; assorto tutto nella preghiera. Cui soleva comparire il demonio, in sem- biante d'uomo, scongiurandolo per Dio di smetter sua dura penitenza, '"con la quale,*' aggiugneva il ma- ligno spirito, ^'non ti avverrà mai sentir pace nel- r animo.'' Ed Abu-Ali a rispondergli: "Via di qui, Tentatore ; se Dio m' aiuti, continuerò a tuo dispet- to. "" Ma coltolo un di che dormiva sur una panca, Satan gli die una voltolata ; onde cadendo a terra si spezzò la fronte ; ed enfiatagli la piaga, e prenden- dogli tutta la faccia , que' tornava a sosurrargli : "" Smetti , e d' un subito ti guarirò. " Finché , ostinan- dosi il devoto a respingerlo e a dirgli che amava meglio morire, il demonio lo abbandonò al suo fato, che non tardò guari a compiersi, * Di questo Abu- Hasan setaiolo, rimase un ricordo biografico scritto da Abu-^leiman-Rebf-Kattan,^ erudito affricano che soleva andare cu visitarlo in casa presso la moschea d' Abu-Zarmuna, credo a Kairewàn , ov' ei gli nar- rava quei fotti de' devoti di Sicilia. Par che Rebi', si fosse invogliato di conoscere il Setaiolo, per le ma- raviglie che sentiva di sua pietà : uom fitto sem- pre a suo telaio; triste e silenzioso, se non che a volta

< Si Tegga il Libro U , capitalo X, p. 420 del primo TolBme.

' Rìàdh^n-'ìiotu», fog. 79 verso.

s Kùiìàn signica tessitore o mercalaoto «fi cotone.

231 (89^948.1

a volta prorompeva in ringraziamenti e lodi a Dio ; e air annunzio delle preghiere canoniche, metteasi a gemere, a trascinarsi in terra, a, dolersi delle peccata, a gridare ^Ahimè e' ho dissipato la vita mia negli er- rori i"* Il dotto giurista, mezzo devotò anch' egli, ma di zelo più robusto, ammirava pure le ubbie di Àbu- Hasan; seppe trattenersi dal dirgli: "^Tu mi colmi di gioia, ^ quando gli senti ripetere aver fitto ormai ogni suo pensiero nella morte, altro bramar che r ora di comparire al cospetto di Dio. ' Così, secondo la tempra degli animi, variavano i sintomi della de- vozione, mentre si corrompea l'islamismo. man- carono superstizioni più puerili. Kazwfni, compilatore di cosmografia e storia naturale nel decimoterzo se- colo, ci serbò, nel capitolo deir ictiografia del Medi- terraneo, il racconto d' un bqon Musulmano d' Occi- dente ; il quale navigando in quel mare il dugentot- tantotto (901) vide un giovane siciliano ch'era seco nella barca, gìttar la rete e cogliere certo pesciolino ^miracoloso il quale portava, a mo' di collana, tutto il simbolo musulmano : avea scritto su la mascella de- stra a Non v' ha dio che il Dio ; » nell'occipite « Mao- metto ; » e su la mascella sinistra « è T apostol di Dio. » *

« fiiddfc-cn-iVo/a*. fog. 79 verso.

> Zaccaria el-Gazwinrs, Cosmographie, testo arabico deir 'Àgià'ilH

el-MekhUkdt pubblicato dal prof. Wiistenfeld , p. 123. L'autore dice un pesce lungo una spanna, e che la nave era prèsso B rlùn; il ^\Jii\e non so a che luogo risponda.

233 [94t|

LIBRO QUARTO.

^k9im

CAPITOLÒ I.

La tribù di Kelb, ' rampollo di Kodhà'a, e però del ceppo himlarita, die soldati agli eserciti che pas- savano in occidente al principio dell' ottavo secolo; oc^ correndo poco dipoi nella storia di Affrica, e Spagna emiri kelbiti di gran fama , ' dei quali Biscìr-ibn'r- Sefwàn capitanò una correria sopra Ja Sicilia. ' Prevalsi poi in Affrica gli Arabi di Adnàn , i quali in ogni modo abbassarono e calpestarono la schiatta di Gahtàn, si vede tuttaviav un capitano kelbita ucciso nelle guerre civili alla fin dell'ottavo secolo, ch'avea tenuto Mila presso Costantina , * e però nei luoghi ove facea sog- giorno la tribù di Kotama. Preso infine lo stato dalla casa modharita d' Aghlab, si dilegua il nome kelbita

dalle storie , fino alla esaltazione dei Fatemiti ; ai quali

* Ktlb, yrnoi dir "cane." Questo nome d* un dei progenitori della tribù fu dato fprse, come usavano gli Arabi avanti Maometto, pél caso d'essersi visto, 0 sentito abbaiare, un cane alla .nascita del lanciuUo.

3 Libro 1, capitolo VI, p. 135, nota 1, e p. 136 del primo volume. Si vegga anche Ibn-Khaldùn, Histoire de l'Àfrique et de la Sicitet versione di M. Des Vergers, passim; Conde, DominaeUm de los Arabes en Bspana, parte I, cap. 22, 32, 33, 33; Makkari, Mohammedan d^fnasties in Spain, versione del prof. Gayangos, tomo li, p. 41, 66.

' Libro I, capitolo VII, p. 171 del primo volume.

* Nowairi , Storia d'Affrica , in appendice alla Histoire des Berbères par Iba-'Khaldoun , versione del baron De Slane, tomo I, p. 391.

[W8.1 -- 234

era ragione che si accostassero gli avanzi dei nobili arabi nemici della passata dinastia. Intanto uomini kelbiti aveano acquistato séguito, e forse stretto pa- rentele, nella gente di Kotama, che amava ad ara- bizzare; poiché nei tempi appresso (986) veggìamo sceikh de'Kotamii in Egitto, capo connivente a loro in- solenza e non dato al certo dai califi, un Kelbita della casa appunto degli emiri di Sicilia. ' Sia dunque in grazia dei Kotamii, sia della setta ismaeliana o d'altri servigi i Beni-abi-Hoseiii di Kelb furono ben visti a corte del Mebdi; ' Ali di quella gente, moii a tiirgénti combattendo per Eàim; ' Basan ^ figlio di Ali, guada- gnò nuovi meriti appo Mansùr, come si è detto, Affi^ dando a costui la Sicilia, Mansùr potea fare assegna- mento, non meno su la fedeltà e il valor dell'uomo, che su le qualità della Simiglia: nobile e però rive- rita dal popolo; nuova in Sicilia e però sdolta d'ogni legame con la parte aristocratica del paese.

Non occorre di esaminare la sognata concessione feudale (fella Sicilia ad Basan, che si fondava su la versione erronea del testo d' un plagiario ; e i mo- derni compilatori T hanno abbandonata, conoscendo quanto ripujgnasse agli ordini musulmani. * In vece di

* Hakrizi, cHato da Sacy, ChriitomaiU Amht, tomo I, p. 157.

' NoWairi, presso Di Gregorio, Hwum Arahie^rum, p. 15. La ver- sione « tum fpxòd de majofihtts mU optime meritui fitUset, » si corregfl^a: « ed anche per essere stali i maggiori di Basan, fedeli servitori degli an- tenati di Mansùr. » Così eTìdeatemente si risalisce ài Bfelidi.

9 Veggasi il Lìlrro IH, cap. IX, p. 191.

* Sìapeodo male l'arabico e peggio il- dtriito^musijdmaBO, Marca Dobello Giteron tradusse: « dedit insidam Sicilia in feuduntec., nei^i estratti di Sceb&b^d-din-Omari , presso Di Gregorio, Rerum Afyibicarum,p. 59. Il Di Gregorio sospettò l' errore, ilùd., nota f; e con minore incertezza lo ha condannato il Wenrìch, lib. li, cap. S50, p. 270, 971. 11 ftito di cui

235 1W8.1

quella impossitHlità legale, il Martorana pensò che il califo fatemita, a un tempo con la elezione di Hasan, avesse ordinato il governo di Sicilia con titolo più illustre ed autorità più larga, accordando alV isola ^'un emirato soo proprio." ^ Ma veramente, ri nome era nuovo, rautorità. La prima cosa, Toficio di wàli, che il Martorana crede inferiore a quel d'emiro, è il medesimo, semprechè si tratti d'una provincia; e vale tanto a dir wàli d'Africa, d'Egitto, di Sicilia, o simili, quanto emiro: e ciò in linguaggio comune al par che in linguaggio legale. ' In secondo luogo, nes- suno scrittore & motto di mutati ordini al tempo di Hasan ; ^ nessuno serba a lui ed ai successori il titolo di emir ed ai predecessori quello di wdli: fin dai prin- cipii del conquisto di Sicilia, son adoperati da sino- nimi, or Tuno or T altro, come portava Tuso della lingua e il capriccio dello scritt(»*e; allo stesso modo che gli ÀghUbiti or son detti wàli^ ed or emiri d'Af- frica. In fine, se per ^^ emirato suo proprio" s'intenda governo che non aUbracciasse altra provincia, la Si-

r UDO ne r altro si accorsero, è che il compilatore copiava Abulfeda, e che però aM>tamo il testo araMeo, qnaMunque siasi perduto il MS. di ScelUl^ ed-dtn. Or Abulfeda dice merameote che MaasOr die il waliato (ossia oficio d'emir) di Sicilia ad Hasan. Ànnales MoBUmici, tomo II, p. 446, anno 536. Il Martorana s6ans(> V errore senz» confutarlo.

' NoH%ie storiche dei Saraceni SicUiuni, tomo 1, p. 03, II, p. 15.

9 L'ho accennato, Libro I, capitolo IV, p. 147, del primo volume, e Libro U\f cap. p.5, del presenta Wéli, in rapporto, di annessione con altri titoli magistrato, significa altro. Emir, legato alla voce * esercito,* significa meraiiaente "capitano." In tempi più recenti si son chiamati emir tutti i discendenti di Simiglia principesca ed andbe que' di Maometto.

' anco la Cronica di éambrUge* scritta al tempo dei KelbitL Pur fu questa che suggerì la dislinsione id Martorana, poiebè Hasan è il primo emiro di cui noti la elezione (d48). Ma defli altri il cnmisla non la disse, ignorando forse la data; e in ogoi modo ai Im dli U tM d' emiro a Sa- lem (917-937),

[948 1 23G

cilia se l'ebbe sempre sotto i Masulmani. E se voglia significarsi emirato con pien potere, oficio di wàii o emir generate, come lo chiamano i pubblicisti, la Si- cilia r ebbe senza interruzione fino air ottocentoset- tantotto, e di tratto in tratto, nei settant'anni che se- guirono infino al novecenquarantotto, quante volte i principi d' Affrica non poteano calpestare i coloni a lor talento. ' In ciò si dèe dunque correggere la sen- tenza. Da un' altra mano la si dèe spiegare alla più parte dei lettori. "Governo proprio* significava in Si- cilia, venti o trent'anni addietro, un luogotenente del re di Napoli, albergato più o meno splendida- mente nella reggia di Palermo, ed un'amministrazione civile, finanziaria e giudiziale independente dai mi- nistri napoletani : il qual ordine bramavano que' Sici- liani che non odiasser molto la dinastia regnante; e loro ne fu conceduta una sembianza che durò qual- che anno. Donde ^emirato proprio della Sicilia," era frase grata a taluni e credo al Martorana, chiarissima a tutti nel paese; e nel nostro caso, rendea, propria- mente o no, una idea giusta; poiché T ordine del milleottocentrentadue somigliò molto a quello del no- vecenquarantotto, astrazion fatta dagli antecedenti e dalle conseguenze. Il Wenrich , non avendo alle mani tal cemento, si appigliò alla innovazione di titolo e d'autorità, ch'era la parte più debole del concetto

< Veggaosi: Libro II, oap. V, VI, VII, IX, X, e tutto il libro III. Pren- dendo a caso qualche esempio in Ibn-^1-Atbtr, si trova il titolo di emir di Sicilia negli anni 835, 8^1,882, 895, 925 ; frammessovi talvolta il titolo di wdli, fi chiamandosi sempre r oficio waliato. Cosi negli altri annalisti musulmani. Il Bàian nelF 835 il titolo di Sàheb , del quale si è detto a suo luogo.

237 [948 1

di Martorana; Vi persistè non ostante gli schiariménti datigli dalla erudizione orientale ; e con troppa fretta si cavò da cotesta esamina di dritto pubblico. ^

La quale a me par molto piana. Il dritto musut mano ammette due forme di governo provinciale; autorità civile e militare raccolta in unica mano, o divisa. La prima forma, obbligatoria nei nuovi con- quisti enei paesi confinanti con Infedeli, fu adoperata necessariamente in Sicilia, dove i coloni la tiravano a independenza. Ibrahim-ibn-Ahmed, Mehdi e Kàim vollero provar T altra forma; e non bastaron fiumi di sangue a farla allignare. Mansùr, più generoso, più savio, 0 che gli aprisse gli occhi la rivoluzione d' Àbq-Iezid, rinunziò al gusto di reggere la Sicilia, come un villaggio d'Affrica, dal suo sofà, e di espi" larla a suo talento per commissarii: le rese il governo normale di grande provincia di confini, con mandarvi un viceré, com'oggi si direbbe. Il qual fatto non fu, ne poteva essere, accompagnato da novello statuto, da novello titolo. *

< WeDrich, Commentarii^Mb. I, § 2S9, p. 269. I passi eh' ei ciU del- l'opera delbarone De Hammer su la Costituzione dell' impero musulmano doyeano farlo accorto del vero ; lauto più che De Hammer gli forniva il nome di un emir di Sicilia neirSSO; e che egli stesso ne avrebbe potuto tedere molli altri nei testi arabici. Ne uscì scrivendo: Utcumque vero ras se habuerit , id eerte constai digniiatem illam in Hasani Calbilce familia , hereditario quasi jure poslmodum remansisse, E col quasi sdrucciolò su quell'altro intoppo dell'oficio rimaso per un secolo nella medesima famiglia.

> Lo stesso punto di diritto pubblico si trattò per l'Affrica propria nel 361 (971-72), allorché Moezz, trapiantando la sede in Egitto, dovea non ristorare ma ìnstituire 1* emirato nella provincia. Proffertolo ad un Gia'far-ibn-ÀIi di schiatta arabica , questi domandò pien potere nella ele- zione dei magistrati , nell' amministrazione della finanza e in ogni altro atto di governo; senza obbligo di render conto dell'azienda né, di aspet- tare l'approvazione del califo per mandare ad effetto i provvedimenti. Moezz gli rispose in collera che volea farsi principe in vece di lui. Accomiatatolo,

(948.] -^ *38

Molto manco potea Mansùr istituire T emirato ereditario. La successione del quale oficio in una fa- mìglia si vede sovente nelle storie musulmane , dagli Aghiabiti d'Affrica infino agli odierni pascià d'Egitto, ma sempre nacque di fatto e durò con le sembianze di elezione che venisse dalla volontà del principe^ Co- minciò sempre da un emir temporaneo ; finì sempre col fatto di novella dinastia independente; passando per una serie di vicende, che da una dinastia all'altra si assomigliano come le figure simili in geometria; procedono secondo unica legge; e danno agli occhi lo stesso aspetto. Morto Mansùr , pochi anni appresso la elezione di Hasan, i successori del primo non mutarono la famiglia, degli emiri in Sicilia, perchè r era potentissima a corte e governava T isola tran^ quiilamente. Quando pòi i Kelbiti caddero in disgrazia al Cairo, i califi fatemiti si accorsero di non poterti sradicare dalla Sicilia. Perchè già era avvenuto il caso che nascea necessariamente dagli ordini sociali e po-^ litici dei Musulmani, come altrove accennammo. La nobiltà militare, i soldati mercenarii, i dottori erano avvinti alla famiglia kelbita dal saldo vincolo dell'in-^ teresse, per via degli stipendii e del patrocinio; la plebe nudrita con le scorrerie contro i Cristiani e le

8i volse al berbero Boliikkin, fondatore della dinastia ztrita ; il qaale d^ mandò al contrario cl>e il califo ele^sgesse i magistrati, gli ami^ainistratori della finanza, i capitani delle milizie; che gli affari più rilevanti si tratta»* sere in no consiglio degli oficiali pubblici ; e cb' egli, Bolukkin, facesse es^ guire le deeisioni del Consiglio. Moezz scelse lo Ztrita ; dicendo pure a un suo fidato, che quegli andrebbe per via più lunga allo stesso scopo al quale Gia*far volea giugnere d'un salto. Makrìzi', KUàb-'es^Siilùk , versione presso Qnatremère, Fte rfs coii/'e fatimite Mo€%%; Journal AHaiique^ (no- vembre 1836 e gennaio 1831)» estratto, p. 87, 88.

239 (W8.1

limosine in patria; T universale soddisfatto delle en* trate che s' investiano in còfnodo pubblicò o di pri- vati siciliani, degli edifizii che sorgeano, dello splen* dor d'una corte protettrice di begli ingegni, del reggimento condotto secondo i bisogni o il genio dei cittadini Sicilia, nmi degli impiegati di Mehdia; sod« disfatto delle colonie che moveano dal Val di Mazara a ripopolare le città della Sicilia orientale, a colti* vame le campagne o godersi i tributi di quelle ove rimanessero i Cristiani. Però non è a domandare se i Musulmani dell'isola volessero correre il rischio d' un governo d' uomini nuovi , che avrebbe potuto ri- mutar tutto e ricondurre i bargelli é i commissari! fiscali del tempo di Sàlem. Una volta che il califo fa-* temila il tentò, acconsentendo, com'è' pare, la casa kelbitaper la promessa di maggiore stato in Egitto, i Siciliani corsero alle armi (969) ; e il califo non trovò altro modo di porre fine ai tumulti che d' inviare al più presto un^ emiro kelbita. In venti anni dunque era fondata di fatto eredità dell' emirato, la quale pre- meva tanto ai Siciliani.

E però era già surto un principato di Sicilia: Bonza decreto plebiscito che potesse registrarsi dai cronisti, ognuno ormai sei vedeva. Ibn-Haukal, venuto in Palermo del trecentosessantadue (97S--3), parla del palagio ove albergava il Sultano ; la qual voce è usata già dagli scrittori del decimo secolo per designare principi di fatto, riconosciuti o no dal califo: e vera- mente ella ha valore radicale di violenza; e quando il tempo onestò la <;osa e il pome e mutò questo in titolo pubblico, significò impero privo della sacra

(948.1 240

potestà dei califi. * Sia che Ibn-Haukal abbia ripe- tato voce Sultano perchè la sentiva in Palermo, d che rabbia detto. dassè per definire T ordine di cose che toccava con mano, l'attestato è di gran momento collimando con lo scopo della rivoluzione divampata in Sicilia tre anni prima, e col ritratto delle vicende che seguirono fino alla metà dell' undecime secolo. Dal novecensettanta in poi non muovon d'Affrica d'Egitto eserciti che combattano in terraferma d'Italia, non che in Sicilia, insieme coi Musulmani dell'isola. I Siciliani, quando lor pare, depongono un emir kelbita e ne scelgono un altro nella famiglia. Che se il califo manda tuttavia al designato dairemir predecessore, o dal popolo, un diploma, con le inse- gne dell' o&cio e col titol sonante di Corona dell'Im^ pero, Spada della Fede e simili, ciò significa soltanto che la Sicilia riconoscea pontefici i fatemiti. montai il nome loro stampato nelle monete siciliane fino alla metà dello undecime secolo. Abbiamo notato più volto che nel medio evo i Musulmani tenesser poco conto di tal regalia, si gelosamente custodita dai principi cristiani. Inoltre il nome dei Fatemiti dava corso più largo al conio siciliano nei frequenti commerci con r Affrica e l' Egitto , per la qual ragione non ebbero scrupolo a contraffarlo o imitarlo i principi longobardi

' Adopero iDdistìntamente Sultano e Saldano che donf varianti di trascrizione; Tuna secondo Tuso nostro d'oggi, l'altro come suonava agli orecchi dei nostri padri al tempo che le repubbliche italiane teneano i commerci del Levante. I principi ottomani seguendo le tradizioni dei princìpi turchi dell' Asia Minore e delle varie dinastie d' Egitto dopo Sa- ladino, preferiscono tuttavia il titol di Sultano a quel di califo, ch'ebbero per cessione, al certo illegale, della seconda dinastia abbassida.

241 [948.1

di Salerno. * Ma niuno sosterrà che V isola obbediva al califo feteinita Daher.o Zàbìr (1021-1036) perchè v^ abbian di lui e del successore tante monete battute in Palermo, ' (Juaiodo i Idr nomi non si ricordano punto pocd nella sollevazione contro i Kelbiti; que'califi se ne dierono briga ; pensò a loro la casa kelbita, alcuna delle fazioni che agognavano al po- tere dello Stato: anzi una parte che cercò aiuti di fuori, si volse agli emiri zfriti d'Affrica, tninac-: ciendo, s* è" ricusavano, di chiamare a dirittura i Bi- zantini.

Àiutaron óotesta emancipazione della Sicilia, la potenza dei Kelbiti a corte, com' abbiam detto; il tra- mutamento della sede fafemita, da Mehdia al Cairo ; le guerre orientali dei primi califi d'Egitto; la pazzia e debolezza degli altri ; la emancipazione contempo- ranea dejr Affrica. Pur la cagione principale fu che i Siciliani voleano. Raro avvien che rimangano fru- strati i pòpoli quando fermamente si propongano . e tenacemente procaccino di scuotere il giogo: che se una generazione fallisca, per colpa propria o forte;zza del nemico, un'altra coglierà il nemico sprovveduto e avvolto in alcuna delle brighe ohe non mancano mai agU oppressori ; e vincerà, forse senza combat-

' Si veggan queste nell'opera di Domenico Spinelli principe di San Giorgio, Monete cufiche e(c.» Napoli 1844, un voi. in<94, p. I, seg. Ma dubito di alcune, delle quali non mi sembrano ben. trascritte le leg- gende.

> Si vegga la lista in HortiUaro , Opere , tomo Ili, p. 577, seg». Se ne aggiungano altre 14 che ve n*lia nella collezione del Cabinet des Médailles» a Parigi, e tre altre pubblicate dal sig. Federigo Soret, ExtraUdesMemoi" mdela Società imp, d* Àrehé<dosie, Saint-Petersbourg, 1851, p. 50| 51, ni 122, 124, 125.

II. 16

im.\ 242

tere« Il sangue sparsa per gessant'anDi^ fruttò alla Sicilia che Del uoTeceuquaraQtotto, eoi romor d'un tumulto, riebbe T e tnir generale ; e nel uovecens^t- tanta , con breve guerra , Sciolse dalf arbitrio del califo nelle elezioni : che è a dire salì assommo grado di libertà d' un popolo musulmano. E prima vi sa- rebbe giunta la colonia, se non fosse stato per le di- visioni etniche , .municipali e sociali, ohe sempre la dilaniarono.

CAPITOLO II

Fin dalla niorte del Mehffi, o vogliàm difé dalla rivolta di Gìrgenti, r impero bizantino non soddisfa- ceva il tributo Calabria ; ^ le città assicurate di Sicilia lo avean anco smesso begli ultimi tempi. Ma, risaputo come Basan dava sesto alla cosà pubblica, Venne tosto ih Palermo un frate a recare i decoi'Bi di tre anni da parte di qualche città. ^ Altre di Si- eiiia 0 di Calabria che noi fecero, faron punite dal novello emiro con aspre correrìe ; onde chiesero aiuti a Costantinopoli. ' Dove rimaso inaspettatamente pa- drone il Porfirogenito, gli parve indegno della maestà

* Gedreno» ediz. di 6«ao, Kate» lly p; 558.

> rrm^«-Atblf/dnDO rm, US, G,toflio1V»fog.550 verso; ièn-KIuiIddo, Bistoire de VAfrique et de h Sicile, p. i67; i quali autori parlano di Atfm, t si deve intendere di que* soU di Siciliaf poióbè CostanUno rlcssò di pagare il tribato per la Calabria.

* lbn*el'Atblr, amie 9ld| C, tomo tV, fog. 358, verso. L' anealisia qui dice Rum di meilia; ms par si debba kitmidere di Calabria e di ^Sl- cbe città più forte di Sicilia, come Taormina e Rametta.

243 [im.]

imperiale pagar qael tributo ai Barbari. Sforzandosi, quanto il poteva un picciolo irfgegno ed una natara inerte^ a ristorare gli ordini della civiltà romana ch'egli aveà studiato su i libri ed affastellato in sue compi- lazioni, Costantino Porfirogenito non lasciò da canto r amministrazione militare, la disciplina; di cbe tornò qualche frutto all' impero, ed egli molto più se prométteva. Ji^ però mandava in Italia, in vece d' oratori col tributo , <|ue' che gli parean capitani é soldati. I quali alla prima si diedero a maltrattare e taglieggiare i sudditi, peggio che non avrebbe fatto il nemico. *

Hasan, dal- suo cantò, còm'ei seppe sbarcati i Bizantini ad Otranto, chiese rinforzi. Mandatigli da Mansùr settemila cavalli e tremila cinquecento uòmini da pie, oltre i soldati d'armata e le navi da guerra e da carico, giugneano in Palermo, il due lu-^ gtio novecéncinquanta , condotti dal liberto schiavone Farag-Mohadded. L' esercito siciliano era in punto ; che a' dodici luglio poderoso sforzo mosse per mare e per terra alla volta di Messina, sotto il co- mando di Hasan. Immantinenti, valicato io stretto, assalirono Reggio, cui, trovaron vota di abitatori. Hasan spargeva i cavalli a fer preda intorno ; an- dava egli col grosso delle genti air assedio di Gera-- ce; da vale indarno aspri assalti; e già la riducea, tagliatole V acqua da bere, qoando ebbe nuove; deir esercito biizantino che venisse a trovarlo. Perlo-

' Cedreno, i. Èddi credere, p^ men vergogna* delle armf bfzaoti* ne» che le deite forze fossero venute parte immoz! e parte dopo la state del 959* QBdfeoo, come ognun sa , non ricorda mai le date.

1954. 1 244

che, composto coi Geracini e presone danari e siati- chi, raccolti i suoi, mosse ccmtro i Greci; i quali pre- cipitosamente si rifuggirono ad Otranto e Bari. Ha- san, inseguendoli, poneva il campo sotto Gassano; infestava i dintorni. Combattuta per un mese la città senza frutto, e sopravvenuto T inverno, feT accordo come a Gerace; ripassò il Faro; lasciò Tarmata a svernare nel porto di Messina; ed ei tornò alle stanze in Palermo. ' I psUti di Gerace e Cassano sembrs^no tregua per un anno, comperata con una taglia che- si pagava parte, in contanti, e si davano gli statichi in sicurtà del resto, *

S'adunavano intanto in Calabria le armi bizan- tine, che Tanno innanzi o non eran tutte passate. in Italia, ovvero avean osteggiato i dominii beneven- tani in Puglia, ove occuparon Ascoli.' L'armata obbediva ad un Macrojoanni, o diremmo noi Gio- vanni il Lungo; T esercito ,^ che fu grosso se non

' CoDfroDtinsi : Cronica di Cambridge, anni 6459^460, pressò Di Gregorio, Aerumiirafttcarttm, p'.49, 50; Ibii«-el-AtbSr, anni 536 e 340, |AS. B, p. 263, seg., MS. C, tomo IV, fog. 350 verso, seg., e353 verso; Ibn-KhaldiÌD, Histoire de VAfrique et de la Sieikt versione di M. Des Vergers, p. 167, 168, dove in vece di Sire Doghous si legffa stratego; e Storta dei Fatemiti, MS. arabo di Parigi, Suppl. Arabe, 743 qaater, tomo IV, fog. 18 verso, con la traduzione di M. De Slane in appendice alla Histoire dee Berbères par Ibfi-Khaldoun, tomo li, p. 529. È. da avvertire che Ibn-el-Athlr narra i medesimi fatti con circostanze diverse, nei due capitoli del 336 e del 34Q. Goi^ anche Ibn-Khaldùn nei due luoghi eh* io cito, il seeondo dei quali contien parecchi errori. Ho tradotto $almerie la vooe che la versione la- Una della Cronica di Cambridge rende came/t, aggiugnendo aUesto, un ponto diacritico che non v* ha. in vero questa voce arabica non ha la for- ma che apparterrebbe al plurale di nave oneraria, o salmeria. Ma che an- davano a fare 1 cameli nelle montagne e selve di Calabria ?

* La Cronica di Cambridge dice di soli staticbi, Ibn-el-Athir di solo danaro; l' una V altro particolareggiano i patti.

' La presa d' Ascoli è registrata da Lupo Protospatario, presso Pertz, Scriptores, tomo V, p. 54. La data cb'è del 950 par si debba correggere 951 .

245 19S2.1

valido, al patrizio Malaceno, col quale si accozzarono le genti di Pasquale stratego di Calabria/ Hasan, per comando del caltfo, riassaltava la terraferma in primavera del novecencinquantadue. L' otto maggio, che fu queir anno tra i festivi alla Mecca , scon- travansi i due eserciti sotto Gerace : della quale bat^ taglia gli annali arabici dicono non essersi unque vista più aspra e fiera; gli aùnali greci attestano' averne il nemico riportata nobilissima vittoria ; e par tomi a quésto, che i Cristiani avean Tavvantaggio del numero, i Musulmani degli ordini e della fiducia nel capitano , ' il valoj^ si pareggiava. Li sbaragliati poi, sfrenatamente fuggirono; inseguendoli i Musulmani infino a notte, con grande strage, cattura d'uomini, preda d' armi, cavalli, bagaglio : e a mala pena cam- parono il patrizio e lo stratego. ' Le teste degli uc- cisi mandate a trionfo nelle varie città di Sicilia e

I CedrenOi 1. e. Si vegga la nota 1 della pagina 242.

s Cedreno dice che il capitan mosnlmano, innanzi la battaglia, con- fortò i snòi a non tenlere nn esercito ove i soldati erano maltrattati dai condottieri; alludendo alle taglie e ingiurie con che il patrizio e lo stratego aveano offeso i sùdditi. Mi è parso di accettare il fitto morale^ non il ma- teriale del discorso di Basan; il quale sembra dettato al Cedreno dall'arte rettorica con che è scritta la storia per tanto tenipo.

"Confrontinsi: Cronica di CamMàge, anno 6461, op. cit., p. 50; Ce- dreno, Ibn-el-Athtr , Ibn-Khaldùo, II. ce; Lupo Protospatario, anno 951 presso Pertz, Scriptores, tomo V, p. 54, dove si legge: tMalachianwfecit pralium in Col&bria eum Saraeenis et cecidit. > Il giorno della battaglia s! ricava da Ibn-el-Athtr, il quale lo dice diverso nei due racconti del 536 e del 540; che son d' origine evidentemente diversa. Nel primo è la festa di Arafat ossia il 9; nel secondo quella del Dhohd ossia il 10 dìdsu-t-higgia; il qual divario vien forse dal conto astronomico che precede il civile di mezza giornata. II nome del' patrizio MaXaxsvo;, dato dal Cedreno, Ò tra- scritto nella Cronica di Cambridge M^ithgén o Mwthgdn e in Lupo Ma' laehianus. Novella prova del fatto da noi già notato, che in Sicilia il n si pronunziava e ovvero g, almen dal IX secolo in poi. In Paglia si rendea con V antico suon latino eh.

[952. [ 246

d'Affrica, come tuttavia porta il brutto costmue degti Arabi. Hasan strinse d'assedio Geraoe, qhe di nuovo fé' bella difesa, non ostante la mancata speranza d'aiuti. Pur Costantino mandava il segretario Giovanni Pilato all'emir di Sicilia; il guaio, notano i Bissantini, noti s' inebbriando nelle vittorie, assenti Ja tregua/ Fer*- mossi nella state del cinquantràue; e sembra limitata dapprima a Gerace, poi resa CQiOune a tulli i luoghi di Calabria che obbedivano all' imperatore^ e stipu- latovi il solito patto dèi tributo e di più la tolleranza del culto musulmano. Uno stuolo mandato da Hasaa saccheggiava intanto Petracucqa , cam^ par si chia- masse a quel tempp una grossa terra tra i oàjpi di Sparavento e di Bruzzano. * Altri assalivano un -altra

' Gonfrootinsi : Ibn-el-Athtr, e Cedrenó, 11. ce. Ho notato sopra che Iborel^tbtr dia doe ttanrasionì diverse di qo6$ta Smpresa dal953. Le tiarnk- zioni differiscono anche sul modo della tregua; leggendosi nel cap. del336 che entrato Tanno 541 (28 maggio 952), e stando Basan tuttavia all'as- sedio di Gerace, venne a trovarlo un ambasciatore di Costantinopoli , col quale fece la tregua e passò indi a Reggio. Lo stesso autore, nel capitolo del 340» scrive che, assediata Gerace, fu fatta composizione per danaro, e che Hasan poscia mandò uno stuolo alla città di Petracucca» ]La tregu^i di Gerace fu dunque per la sola città, e si eslese poi alla provincia; ov^iso si fermò a Gerace per tutta la Calabria? In quest' ultimo caso si potrebbe supporre che Pietracucca fosse stata assalita, sia contro j patiti j^ sia perchè non obbediva all' imperatore e però non entrava nella tregua.

3 11 fatto è indubitabile, leggendosi nella Cronica di Cambridge e in Ibn-el-Athtr. Il nome nella Cronica è B tra*uka,fio\e si potrebbe porre uia/i ovvero un h al luogo che ho segnato con virgolette, mancandovi ì punti (liacritici. In ogni modo è inesatta la trascrizione e versione latina, ilo ve le prime tre consonanti furono attribuite al nome geografico e delle al- \re si compose un avverbio, mollo inopportuoo. 1 MSS. d'Iba-el-'Athir hanno B tr Hka, La stessa lezione si trova nel Mo'gem^el-Bolddn di lakClt, il quale trascrive un passo dMbn-Haukal, che pone appunto B tr kùka tra Gerace e Reggio ; e la menzione fattane in suo breve cenno prova che nel X secolo fosse terra importante per popolazione o commerciq. Due se- eoli dopo Ibn-Haukal, Edrisi ha B tr kOnat secondo i MSS. di Parigi, i quali sondo di scrittura africana, vi si può leggere uu altro k in vece della » senza far violenza al testo. Ed è nome» dice Gidnsi» d' uu Quioi-

247 1952.1

terra, non sapremmo dir se Roseto su i confini della Calabria con la Basilicata, ovvero le isole di Tremiti, presso il Gargano : ' e si nota in questo medesimo anno saccheggiato il santuario del Gargano e infestati parecchi luoghi dello Stato di Benevento.' I prigioni di Petracucca e di Roseto, o Tremiti, che faron molti; andavano di Sicilia in Affrica ; e con essi, incatenato il capitano, del navilio musulmano, per nome Abu- Mehell; il quale, giunto a Mehdia, era punito con r estremo supplizio. S' ignora il delitto : se infrazion della tregua, se peculato. sul bottino ; che è più ve^ rosimile. *

Mentre i suoi infestavano le costiere delF Adria-

celto che metie foce a tre miglia dal capo Geflra (Zephjrìani) e sei miglia da Bruzzano : come va corretta la versione di H.iaubert, tomo 11, p. tl6, che salta queste e altre cifre di distanze. Invano Ìjo cerco nelle carie e de- scrisioiii della Calabria il nome moderno di questo luogo. Il sito risponde a Pietrapennata o Brancaleone, e si dèe supporre in monte, atteso quel nome di Petra. Cocca, cucco, e simili son voci di bassa latinità e bassa grecità, [tassate nell'idioma nostro e nei dialetti di Calabria e di Sicilia dove cucca significa civetta, coccoveggia.

'Nella sola Cronica dt Cambridge troviamo dopo B trahùka l'altro nome geograGoo Rm t sa. Rametta in Sicilia non pu(» essere ; poiché la stessa Cronica scrive il nome altrimenti. Roselo e Tremiti mi sembrano le lezioni più probabili; la seconda ddle quali s'^iccorderebbecon V assalto al Gargano.

^ Chronicon Sanctx SQphicB,^ presso Muratori, Àniiquitates Italica Meda Mvi, tomo I, p. 253. Gli assalitori poteano esser Cretesi; ma sembra più probabile che V armata sioUiana , dopo hi tregva coi filieafitfni, abbia infestato i dominii di Benevento.

^ Crmica di Ca$nbtidge» l e, la quale porta questi fatti nel 6461 ti sett. 95fì a 51 agosto 955) quando forse Basan lece ritomo in SicUla« 11 Rampoldi, tomo V, p. 284, anno 954, fa sequestrata il navilio siciliano» condiirlo in Afifrica, cioè applica ai legai ciò che la cronica scrive del Ca« pitano. MarbMrana e Wenrich lo seguono. E én avvertire che gli Apoali arabici dan sempre HasaB come capitan supremo nelle d«e impreae del 951 e del 952. Coleste vittorie de' Musulmani in Calabria sono ricordate ìd ter» miù generali da lehia-ibn-Saìd, MS. di Parigi, AndenFondaJSi fog. 87 verso.

[952-055 1 -— 248

tico, Basan, ritrattossi da Gerace a Reggio, apriva' nel bel mezzo della città una moschea ; cospicua al minaretto spiccantesi in alto da un angolo , perchè tutti il vedessero e ne sentissero la cantilena del Inuezzin. Stipulò in fatti libero ai Musulmani l'ap- pello alla preghiera e ogni altro, rito pubblico ; che cristiano non mettesse mai pie nella moschea ; che la desse legittimo asilo ad ogni musvlmano, anche prigione di guerra ed anche fatto cristiano, al quale paresse di rifuggirvisi. E minacciò che , sapendo tol- ta, non che altro, una pietra della moschea di Reg- gio, farebbe diroccar le chiese cristiane per ogni luogo di Sicilia e d'Affrica. I quali patti, i Cristiani umilmente osservarono , scrive tutto lieto Ibn-el- Athtr; ignorando che la moschea di Reggio non durò oltre quattro anni. ' E preoccupato del gran dispetto degli Infedeli, passò sotto silenzio la vera importanza del fatto : il ci vii pensamento di Hasan ad usar la vittoria in favore del commercio, ch'era operoso al certo tra la Sicilia e la Calabria e molto più potea progredire con la tolleranza dell'islamismo a Reggio. Non guari dopo F impresa di Calabria^ venuto a morte Mansùr (marzo 953), e rifatto califo il figliuolo

»

' Il testo dice fabbricò; par debba intendere che aeeoneiò ad uso moschea qaalche edìfizio delia città.

* Ibn-el-Àthtr, anno 356, MS. B, p. 265; Ibn-Kbaldùn, HUtoire de ri/Wfue et de la Sicile, p. 168, 169, dove per errore di stampa è detto: « El Ha^n retoorna alors à Kbaradja il bàtit etc. > In luogo di Kbara- dja, dèe dire Reggio, come nel testo arabico. Terminando il racconto di queste imprese di Hasan in Calabria, avverto averne escluso! fatti che si Iieggono dal Otó al 952 nella Cronica di Arnolfo e nelle interpolazioni alla Cronica della Cava, pubblicate l' una e le altre dal Pratilti, tomi 111 e IV; della quale impostura non diffidò sempre il Martorana, prima di lui il De Meo, Amali,., del Regno di Napoli^ tomo V, p. 288 a 325.

249 |^85.§56.1

Àbtt-Taminoi-Ma'àd , che fu soprannominato Moezz- li-dfn-illah, T emiro Hasan andìava a corte a Mebdia; lasciato al governo della Sicilia il proprio figlio Abu- Hasan-Ahmed. E Moezz ratificava : il. quale atto ri- feriscono i cronisti con parole diverse ; ma la gom- ma è che il califo lasciò T emirato ad Hasan con sostituzione d Ahmed in caso d' assenza e di morte. ^ Segnalatissimo favore , da potersi comprendere col bisogno che avea Moezz del vincitor di Gerace per r impresa d'Egitto, la quale poi si difTerì. Dovea forse combattervi V esercito afi'ricano, tornato di Calabria in Sicilia, il quale ripassò in Aflrica poco dopo il viag* gio di Hasan. '

Mentre si pensava a tal conquisto, V emiro andò ad audace fazione in Spagna. Era occorso che spacciato un corriere di Sicilia in Affrica con lettere per Moez^, s'imbattè in una nave di mole non più vista in que' tempi, fatta costruire da Abd-er-Rahman caUfo omeia- de di Spagna e mandata a mercatare in Egitto ; le gelati della quale detter di piglio piratescamente al le-

* Ibn-el-Alhtr, anno 340, MS. C, tomo IV, fog. 353 verso, ed Ibn- Kbaldùn, 1. e, scrivono cbiaramente cbe Hasan lasciò in luogo suo il figlio; ma è certo più esatto il linguaggio di Abiilfeda , Ànnales Moslemicif tomo II, p. 446, anno 336, e di Ibn-Abi-Dìnar, MS. di Parigi, Sappi. Arabe, 851, fog. 37 verso, dei qoali il primo aggiugne che Moeu confermò Abmed ie il secondo, più precisamente, che lasciato da Hasan a reggere la Sicilia in sua vece Abmed , il califo rinnovò V atto di ele%ione in persona di co- stui. Abulfed» trascrive le parole d*lbn-Sceddad , autore del XU secolo. Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Araìncarum» p. 15, dice: e E Hasan chiese a Moezz che onorasse suo figlio Abo-Hasan col titolo di wali di Si- cilia etc; » come si dèe leggere la vece dell'erronea versione e a quo cum nohilissimus /ilius ejus etcì La data esatta si trova anche in Abolfeda; se- condo il quale Hasan era rimase in Sicilia cinque anni e due meai ; e però la partenza per V Affrica va posta in giugno o luglio 9^.

* Cronica di Cambridge ^ presso Di Gregorio, op. cit., p. 50, anno 6462 (1 sett. 953 a agosto 954). ^

{955.950 1 2S0

gnetto siciliano, rispettarono gli spacci. Il che ri- saputo da Moezz, commetteva ad Basan di far la ven- detta con T armata di Sicilia. Entrato nel porto d' Al- moria , V emir bruciò quanti legni v' erano ; prese il naviglio che avea fatto T insulto, tornato già d' Ales- sandria con ricche merci e giovani cantatrici per Abd-er-Bahman ; poi sbarcò, messe Almeria a san- gue ed a ruba ; e salvo si ridusse a Mebdia. Due correrie delli Spagnuoli sa le costiere d' Affrica mal rendeano la pariglia; essendosi combattuto con va- ria fortuna. Seguì Y assalto d' Alnoeria V anno trecen- quarantaqoattro (26 aprile 955 a 1 3 apr. 956). *

Maggior guerra richiamò Hasan in Sicilia. La tregua coi Bizantini, era stata rinnovata il cinquan- taquattro forse per altri due anni, venuto a ciò in Palermo un frate Assiropulo. ' Ma Costantino , mal soffrendo sempre il tributo , e rinfrancato dal valore che cominciavano a mostrare i suoi contro i Musul^ mani dell Asia Minore , volle ritentar la fortuna in Italia. Mandovvi le soldatesche di Tracia e Macedo- nia col patrizio Mariano Argirio, e Tarmata che ub-

, * Confrontins!: Ibn-el-Athtr, anno 344, MS. B, p. 286; AbUIfedà, An- nales Mosìemici, stesso anno, tomo II, p. 469; Ibn-KbaldOn , Storia dei fiatemiti , MS. di Parigi , Suppl. Arabe, 743 quater, tomo IV, fog. 20 verso; Gonde, Dominùcion de loi Arobes ete., patte n,«ap.S5; (^atremère, Vie de Uoe%% nel Journal Aàiatique, novembre 1836, serie HI, tomo II, p. 404, dove è citato ttitallro hiogo di Ibn-KfaaldÙn. L'armata (;be assalì la Spagna è detta siciliana da (bn-Kbaldùn nel primo de! passi citati. Conde scrive cbe vi fossero navi <)*Affi'ica e di SiclUa, e altri particolari, cavati forse da aa- tori spagnnoli ; ma non i^oasìam fidare alla sua critica alle sne versioni. * Oronioa di Ccmbridse, anno ^462 (^-54) presso W Gregorio, op. cit.« p. 30. Il uomo è Asfurbls con la prima s del suono della p francese. Sembra composto da Av^u/^iof e tJwXot cbe in greco moderno è deslnenta patronimica; e però la voce intera sarebbe nome di persona ofiamlglfa discendente da quella cbe I Bizantini s'ostinavamo a chiamare classicamente Assiria.

251 |(MJ6-957.|

bidiva a due capitani minori, Crambóa e ItloroleoAe , il noveeencinqttantaseì , ^ quando spirava la iMgua, L' Argifio comiticii^ da Napoli, notata allora a corto come ribelle e amica de' Musnlmani per antichi e forse anco. recenti patti: la stringe per mare e per tèrra; bruciò il contado ; ridusse i cittadini a riconoscere la signoria bizantina fiùchè avessero il coltelto alla gola^ Varii luoghi dei principati longobardi e di Calabria, più o meno disubbidienti, si.sottomesserodel pari;' e chi sa se coi voti, fors' anco con pratiche, nOn chia- mavano i Musulmani .? I quali non tardarono. 'Am* mar, fratello di Basan, giunto d Affrica con Tarmata il nove agosto del cinquantbsei, svernò in Palermo ed à pHmavera assaltò la Calabria/ Non che correte il paese, par abl^a dovuto afforcarsi 'Ammàr in qnal* che luogO; e chiamare iu soccorso il fratello ; v^den^ dosi chiuso a settentrione dal grosso d^e forze bi^ zaàtine , mentre al suo fianco o alle Bpalle tentava audiacissima fazione Basilio, protocarebo, o direm noi capitan di vascello, oou lim' armatetta. Sbarcato a Reggio I costili distruggeva la moschea ; poi risoluta-

' La data del 985, che va correità 9S6, si trova in Lupo Protospatario. Veggasi Muratori, Annali d'Itùtia,

* CoBfrontiiisi: TketffOumu eotiUnuatut, edii. di Bood » p. 40$, 4ti4i ^ Cedreno,. tomo U, p. 3SS9 ; delle quali la prima, è cronica di corte e coptem- poranea ; la seconda, compilazione del Xlf secolo e differente dalla cronica ìd molti particolari , fioa si sa dove aklifiii. V ona V sMitt mettondale 0 riscontri cronologici. Quanto alla guerra coi Musulmani di Sicilia , gU anmll arabi tacciono; abbiamo altra guida sicura che quakhe cenno della Cronica di Camkridge, e9ù ebe potremo tutet^etare la fsgi r«Uo- rica e spesso bugiarda , de' due bizantini.

' Cronica di Cambridge t anno 6464 (096*7) , op. cit.* p. HO; Ibn-el- Àthtr, anno 345 (14 aprile 956 a 2 aprile 957), MS. B,|i. Ì88, iciifve: « Que- « 8t*aimo Hasan<*iltt-Ali » séheb di Sicilia^ «6d eoiigrDìnom«ttio.eoiitro il paese dei Bum. i

19W.958 1 ^ 252

mente drizzava le prore al bel mezzo della colonia musulmana di Sicilia; prendea Termini a ventiquattro miglia di Palermo; assaliva indi la città di Mazara. Do- ve sopraccorso Hasan, Y emiro ebbe la peggio, e perde molti de' suoi: ^ pur Basilio se ne andò senza infestar r isola altrimenti. L' anno appresso (958), Hasan con r armata siciliana toccava le costiere di Calabria ; con- giungea le forze con 'Ammdr; e insieme andavano ad affrontare ad Otranto Tarmata bizantina > capitanata da Mariano Àrgirio in persona. Dalle tre narrazioni , diverse e mutile, che abbiam di questa fazione, si ri- trae come un gagliardo vento levatosi contro T ar- mata di Sicilia quando si veniva alle mani, desse agio al patrizio d' uscir di briga senza battaglia, e di pren- dere una nave musulmana imbattutasi tra le sue. Le altre, ricacciate dalla medesima tempesta vèr la Si- cilia, la più parte fecero naufragio. I Siciliani poi si vantarono della fuga delf Àrgirio ; questi impiastrò a Costantinopoli che, aiutandolo il vento , avea distrutto e affondato tutte lor navi ; un cronista bizantino , di cui s' ignora la età, scrisse che i Musulmani accampati a Reggio, mentre Y armata bizantina stava per passare d'Otranto in Sicilia, presi di timor panico, se ne tornaro- no a furia ed annegarono nei mari di Palermo. E in ve- ro, se *Ammàr avea le stanze presso Reggio, i cittadini dovean credere precipitosa fuga quel montar delle sue genti su le navi d' Hasan, delle quali poi si riseppe, non r andata ad Otranto, ma il naufragio presso la Sicilia/

* Ibid. SoppoDgo dai fatti segnentl la dimora di AmmAr in Calabria e la ritirau di Basilio dall'isola.

* Confirontinsi: Tkeophaneseontinuatus, edix. di Bonn, p. 454, 455, e Cedreno, stessa edizione, tomo li» p. 550, 560; Cranica di Cambridgef

253 [9S9-960.I

Iq ogni modo, il patrìzio assali risola, ne tentò altra impresa di che si faccia memoria. Hasan in men d' nn anno rifece V armata siciliana. ^ Non è inverosimile, ma anco provato, che in qaesto tempo nn'armatetta musulmana abbia osteggiato Na- poli per parecchi dì, fatto prigioni^ perduto la mag- gior nave in un assalto, e in fine assentito a lasciar tranquilla la città, prendendone taglia in moneta e va- sellame d'oro e d'argento: e può credersi anco ch'al- cun dei prigioni avesse visto in sogno San Gennaro e Sant' Agrippino, i quali gli promettessero il riscatto che poi seguì. ^ Da miglior fonte sappiamo che segui- rono avvisaglie: il novecensessanta preso dai Musul- mani un Afrina o come che si chiamasse, capitan greco al certo, e dai Bizantini un Ibn-Baslùs e me- nato a Costantinopoli ; il novecesessantuno venuto in Sicilia un legato bizantino che portava il gran nome di Socrate, il quale riscattò con danaro Afrina e gli altri prigioni di sua gente. ' La debole guerra finì con una tregua, fermata, com'ei pare, il medesimo anno, e durata infino all' esaltazione di Niceforo Foca. *

1. e.» anni 6466, 6467 (1 settembre 957 a 31 agosto 959). La Continaa- zione di Teofane evidenteinente il rapporto oficiale del patrizio, con reticenze e confusione di tempi. Gedreno ci ha conservato 1* altra tradi- zione, che non si trova nei cronisti contemporanei conosciuti da noi.

* Cronica di Camhridge, I. e.

* De Meo, Annali del Regno di Nàpoli^ tomo V, p. 558, anno 958. 11 solo mallevadore è T autore anonimo degli Atti di Sant' Agrippino. Se il fatto si può ammettere, panni abbia ragione il De Meo a porlo il 958 piut- tosto cbe il 961, com* altri avea pensato.

' Cronica di Cambridge, 1. e, anni 6468 e 6469 (i settembre 959 a 31 agosto 961). Il nome cbe trascrivo Afrina coi primi editori, è scritto senza punti: onde può esser composto delle lettere seguenti: 1. a o i; 2. f, k; 3. 6, i, ih, n, i; 4. idem ; 5. a ovvero h aspirata.

* Cedrone, I. e.

(961] 254

CAPITOLO in.

Posate le armi, Basan suggellò con due gravi fatti la novella amistà tra la dinastia fatemita e la colonia siciliana ; obbedientìssima ormai di contuma- cissima che sempre era stata. S'affrettò a comparire a corte Mehdia col figliuolo Ahmed e con trenta de'primarii nobili musulmani dell'isola; i quali, al dir d' un Compilatore, prestarono giuramento a Moezz ; * al dir della cronica contemporanea, Basan li fece en- trar nella setta del Principe dei Credenti : * ond'e' mi par manifesto che s' affiliassero alla società ismaelia- na,* Non era avvenuto mai a' Fa temiti d'accalappiare a un tratto tanti e si illustri proseliti. Moezz non ri- finava dunque d' onorarli ; presentavali di Khira, o vo- gliam dire sontuose sopravvesti degli opificij regii ,

* Ibn-Sceddftd, dal quale è loUo questo passo d'Àbulfeda, Ànnales Uoslemiei^ iomo \\U P* ^^i seg., aonp 536. Vi si accorda Ibn-abi-DioàPi MS. di Parigi, fog. 37 verso. Entrambi pongono il fatto nel 347 (24 mar- zo 058 a 12 marzo 959), e dicono solo delPandata di Ahmed coi trenta, senza nomiaafe Basan.

* Cronica (H Cambridge, anno 6469 (i« sett. 960 a 3t a^. 961), presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. SO, dicendo di Basan e non di Ahmed. Il divario della data non monta, o accenna viaggi diversi.

' fi Martorana, tomo I, p. 100, e il Wenricb, lib. I, cap. XIV» g 128, p. 16lf interpretano che i trenta fossero iti a far professione di rito sciita. Ma le parole della Cronica che ho citato portano piuttosto ad alBIiazione aHa setta ismaeliana. Il giuramento non occorrea per la esaltazione del pripcipe , riconosciuto In Sicilia da parecchi anni. giuramento poi , solenne professione si facea del rito sciita; il quale, differiva dalPortodosso in una fAse dell'appello alla preghiera e in pochi punti di dritto, é però la pratica di quello dlpendea dagli ofìciali del governo , i privati ci avean che fare. D'altronde si é già notato quanto agognasse la uovella dinastia a far proseliti alla setta ismaeliana. Veggasi Libro IH, cap. VI, p. i36, 137.

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e, ooa Uberalità pia sustanziale, accrebbe loro gli 6ti- p!^dii militari^ e fors'anco promise più larghe con- cessiODi.

Perocché leggiamo nella crònica che quegli ot- timati sollecitavano il califo a un'impresa sopra Taor^ mina. ' Il qual cenno e gli effetti segniti X anno ap- presso, mostrano che si trattò di allargare le colonie musulmane nel Val Demone e Val di Noto, sottc^rre al khardg, e, secondò i casi, confiscare o dividere te t^rre delle due province ; mutarvi la condieiooe dèi Cristiani, da cittadini di municipii trtbatarìi a meri d&imm 0 schiavi. Questo sembra il vero scopo del viaggio in Affrica, e diali' affiliazione alla setta* Moexz, guardando sèmpre air Oriente e agli Àbbassidi, nemici comuni suoi e dell' imperò bizantino, avea forse ri- ousato al solo Basan , assentì forse a malincuore a tutta la nobiltà siciliana queir impresa che metteva in pericolo la pace con Costantinopoli. Ma non potea dir no senza ridestare i tumulti in Sicilia. Sondo tem- poranea per natura la sicurtà accordata ai municipii tfibutarii, non mancava ai cdoni il dritto d'occupar quelli con la forza. Non mancava loro la brama, o forse il bisogno, sondo la soopma del tributo a gran pezza daifiore della gezta e del . kharàg., ooQ che del fruttato diretto ddle terre. Fu di certo Hasan l' au- tore e promotore del consiglio, premendogli più che

' Cronica di Cambridge, 1. e. La Toee che traduco * sUpendii militari * si potrebbe leggera in oNjtq modo» e tfgiifieberebbe "acquisii.* Ma qai toroano a sifiODimi ; peri^bè, oom essendoti per aoeo terre da divider^, il principe non potea d(«erne di <|tteUe dett» State, ma solo assagnwe tem- poraneamente le entrate di esse. Veggasi il Ubro Ili, cap. I, p. t6, seg., di questo volume.

* Cronica di Cambridge, 1. e.

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a niun altro di metter mano sulla Sicilia orientale, per accrescere il gitsnd, empierlo d' uomini suoi, rad- doppiare le entrate e le forze dello Stato ; ad onor della corona fatemita e profitto immediato di me- desimo e dei figliuoli.

Tornati in Sicilia Ahmed e i nobili ' che di gioia non capivano nella pelle, si aprì la primavera del novecensessantadue con tripudio universale dei Mu- sulmani, dal palagio degli emiri all'infimo tugurio. Avea bandito Moezz per tutto l'impero che il della circoncisione del proprio figliuolo, sarebbero anco cir- concisi i fanciulli maturi a ciò di ciascuna famiglia, spesando lui le feste , che soglion farsi in tal solenne passaggio deir uomo dal grembo della madre al con- sorzio della città: ' che tai larghezze usano tuttavia i facoltosi musulmani verso lor clienti, e i poveri del paese partecipano dei banchetti imbanditi. ' Alla nuo- va luna dunque di rebi' primo del trecencinquantuno (8 aprile 962), scritti innanzi tratto i fanciulli, si com- piè il rito, cominciando dal figliuolo e dai fratelli del- l'emiro Ahmed, e via scendendo ai nobili ed alla gente minuta , che in Sicilia sommarono a quindici- mila giovanetti ; e da parte del califo lor furono di- spensati centomila dirhem e cinquanta some di vesti- menta e piccioli regali.^ La circoncisione, eh' è uso antichissimo degli Arabi, non precetto del Corano, non

' Abidfeda, e Ibn-abi-Dioftr, U. ce. SlDtende ch'essi non fanno motto dei pensieri ch'io attribuisco a Moezz, ad Basan ed ai nobili Siciliani.

' Nowairì ciuto da Qoatrèma^, Vie de MaitA nel Journal AHati» que, III* sèrie, tomo II, p. 490.

' D'Ohsson, Tableau de l'empire oUoman, libro II, cap. 17.

* Abolfeda e Ibn-abi-Dinàr, li. oc.

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ha tempo determinato ; fa per ordinario a sette an- ni, la differisce qualche famiglia più o meno infino assedici. Però il namero che notammo non ne darà con certezza quello degli abitatori musulmani di tutta riso- la; pure servirà a ragionarlo a un di presso. *

Senza dimora, Àhmed mandava ad effetto il di- segno. Mosse del mese di maggio, con esercito di Si- ciliani e Àffricani, sopra Taormina; i cui cittadini, com'era manifesta la causa dell'assalto, s'erano ap- parecchiati a difendere fino agli estremi la roba e li- bertà. E valorosamente il fecero ; li sgomentaron le nuove soldatesche di^asan-ibn-Ammàr, cugino d'Ahmed, venuto d' Affrica in Palermo il primo ago- sto e sopraccorso al campo. Ma quando i Musulmani tagliarono l'acqua che dava da bere alla città, fu forza calarsi all'accordo. Ricusato ogni onesto patto da Ahmed, che sapea quel ch'ei volea, la tortura della sete sforzò i Taorminesi a risegnare tutto ciò che possedeano e darsi schiavi , salva la vita sola : e così uscirono dalla rócca il. ventiquattro dicembre, dopo sette mesi e mezzo d'assedio. Le facoltà dei vinti, scrive Ibn-el-Athir, divennero fei; eh' è a dire i terreni caddero nel fisco, per investirsi in sti pen- dii militari. L'emiro mandava a Moezz mille sette-

< Secondo le tavole di popolazione di Francia e di qualche provincia d* Italia che ho avuto alle mani, i fanciulli maschi 7 anni sono il cente- simo della popolazione. Supponendo metà dei 15,000 di sette anni e metà oltre gli otto, la popolazione mnsulmana di Sicilia nel 972 tornerebbe a 750,000 il qua! numero non discorda dai computi che abbiam fatto con al** tri dati, Libro IH, cap. XI, pag. 316 di questo volume, li Palmieri, nella Somma della Storia di Sicilia, Palermo 1834, voi. I, p. 376, su questo medesimo dato ragiona i Musulmani dell'isola a 300,600. E sbaglia; per- chè suppone istituita allora la circoncisione dai Fatemiti , e che si fosse praticata in Sicilia per la prima volta, e però su tulli i fanciulli di ogni età. II. 17

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cento settanta dei prìgiooi. ' E mettea presidio di qual- che centinaio di Musulmani nella città, mutando il nome, a onor del califo, da Taormina in Moezzia.* Il che a vedere un primo principio di colo- nia e fa supporre T ordinamento che si tentasse in tutta la regione orientale. Perchè Moezzia non fosse una bicocca da schiavi o da liberti, fu lasciata al certo la popolazione agricola nel contado , e la gente minuta, mercatanti o artefici, nella città. Le terre in- difese o scarse di abitatori chiedeano ai certo e otteneano V amàn, prima o dopo Taormina ; scenden- do i cittadini a condizione di dsimmi e scansando la schiavitù, fors' anco lo ^spogliamento dei beni privati ; e cominciò a stanziare alcun picciolo stuolo del giund nei luoghi più importanti. In particolare noi sappiam che di Siracusa, dove comparisce due anni appresso debole colonia che non bastava a difendersi da qual- che galea bizantina, ma a capo d' altri cinque anni la si scorge adulta^ da farsi sentir nella guerra civile. ^

* Nowatri dice 1570. Nel supposto che fosse la qainta del principe si ragionerebbe a 9000 anime ia popolazione di Taormina. Ma forse non era luogo ad osservare la proporzione legale, perocebò lloezz potea aver man* dato soldatesche di schiavi , e prender come sua propria la parte che lor toccava dei prigioni e del bottino.

' Si confrontino: Cronica di Cambridge, anno 6470-71, op. cit. , p. \^i; Ibn-el-Athtr, anno 551, MS. B, p. 302; Àbulfeda, Ànnales Moslemici, anni 336 e 351 , tomo II» p. 446, se«., 478 ; Nowalri, presso Di Gregorio, Rerum Àrabicarum^ p. 15, 16; Ibn-Khaldùn , Hietùre de k'Àfrique et de ìa SiciU, p. 170, e Sieria dei Fatemili, MS. di Parigi, Supk Arabe, 743 qua- ter» voL IV, fog. 20 verso, e traduzione di M. De Slane in appendice aUa Hifloire dee Bérbèree par Ibn'Kkaldeun, tomo II» p. 54i; Ibn-abi-Dindr , MS. di Parigi, fog. 37 verso, seg.; Lupo Prolospatario» presso Pertz, Seri' ptore», tomo V, p. 54.

3 Si vegga per Siracusa nel 964, il sógoito del presente capitolo, e nel 969 il capitolo V di questo Libro IV. Per s^tre città non ho testi da poter citare.

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ProbabiI è dunque che abbian messo pie nelle ruine d' Acradina e d' Ortigia verso il novecentosessanta- due ; trovandovi già raggranellato un pò* di popola- zione cristiana. In ogni modo» dopo la occupazione di Taormina, tutta la Sicilia obbediva ai Musulmani, fuorché Rametta , solo avanzo de' municipii greci e romani di Sicilia; antico asilo, com'io penso, dei più valorosi cittadini di Messina, ' ed or di quanti altri cristiani della provincia amassero meglio guardar la morte in faccia che soffrire Y ignominia del vas- sallaggio.

veggo nelle istorie qual popol abbia mai sor- tito fine più magnanima»: tanta fu la saviezza dei preparamenti, la costanza della volontà, il valdt nel combattere, e con poca speranza d' aiuto gettarono il guanto ai vincitori. Che morto Romano secondo im- peratore (15 marzo 963) e succedutigli due bambini, si disputava il comando tra la rea lor madre e un eunuco; potea sapersi in Sicilia T esito della rivo- luzione militare eh' esaltò Niceforo Foca ( 1 6 agosto 963), quando Hasan-ibn- Ammàr poneva il campo a Rametta T ultimo di regeb trecentocinquantadue (23 agósto 963); venendo a punir la ribellione, come al solito si chiamò. Si dubitava tanto poco dell'esito, che r emiro Ahmed partì al tempo stesso per Y Affrica ' a compier, com'ei sembra, T ordinamento amministra- tivo deir isola con Moezz ; il quale comandò che Ibn- 'Ammdr riducesse intanto Rametta. E quegli piantò

< Si v«gga il Libro II, cap. X, pag. 426 del primo volume. * Si confrontino: Cronica di Cambridge, anno 6471 (96S-5), op. cit., p. 51, e Nowairi, op. cit. , p. 16.

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suoi mangani e 'arràde, * a batter le mura ; si provò ad affaticare i cittadini ogni di con assalti; e nulla ap- prodava. Tanto che, pensando ridurli per fame, passò tra que' monti Tinverno e la primavera e la state ap- presso , trinceato bene il campo, e costruitovi un ca- stello per e casipole ai soldati. '

Que' di Rametta intanto chiesero aiuti a Nice- foro Foca, il Domestico, come il chiamano sempre gli Arabi, dall'alto oficio che tenne pria dell'impero e che illustrò, a danno loro, col conquisto di Creta (maggio 961 ) e altre belle vittorie. » Salito al trono, volle levare air Impero la vergogna del tributo che si pagava ai Musulmani ; e sperò che bastassero gli au- spicii suoi e le medesime armi a ripigliar la Sicilia col fiivor della popolazione cristiana. Onde adunò po- deroso esercito, dicesi più di quarantamila uomini,* di varie nazioni : Armeni, antichissimi difenditori del-

* Golesta Toce e il fatto si troTanouel soloNowairi. Le *arràde, macchine da gitto più picciole del mangano, come le spiegano i dizlonarii, erano già in nso nel decimo secolo appo gli Arabi, facendone menzione Mawerdi, ediz. Enger, p. 7S. ^

s Nowairi, I. e.

' Secondo gli autori bizantini citati da Le Beao, Histoire du Bas Empi- re, Libro LXXIV, cap. 46, ambo i califl, abbassida e fatemita, abbandona- rono i Cretesi, tisto non poterli aiutare. Presso alcuni annalisti musulmani corse l'errore cbe Moezz avesse mandato forze cbe liberaron Creta; il qual fatto M. Quatremère notò in una compilazione persiana, e giudiziosamente lo suppose dato per anacronismo invece della sconfitta di Costantino Gon- gilo del 958. Veggasi il Journal Asiatique, II1« sèrie, tomo II, p..420, 421. Ha mi. è avvenuto di trovare appunto lo stesso racconto in Ibn-el-Athir , anno 351 (962), MS. C, tomo IV, V, e nelPaltro MS. di Parigi, Supl. Àrabe, 741 bis, fog.228 verso; se non cbe in un MS. si legge ben Greta, e nel se- secondo "l'isola di . . . .* lasciando il nome in bianco. Indi si potrebbe sup- porre cbe, in vece d'anacronismo, lo sbaglio fosse nel nome. E mi è parso di farne menzione, perchè l'isola potrebbe per avventura esser Malta.

* Ibn-el-Atbir.

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r impero ; mercenarii russi, * battezzati di fresco ; e gli eretici Pauliciani * che, trasportati in Tracia , mi- litavano sotto le insegne dei loro persecutori con ri- putazione di ferocissimi soldati : dei quali i Russi e i Pauliciani avean testé fatto buona prova a Creta. * Si apprestarono legni di non più vista grandezza per traghettare le genti ; le navi da battaglia robuste e munite di fuochi ; ^ il terrore dell' oste accresciuto da grande salmeria di macchine da gitto ; ^ deputato a pregare il cielo in buona forma e vigilare sospetta accozzaglia di costumi, lingue, e coscienze straniere, con oficio di cappellano m^lggiore, come noi direm- mo, un iSiceforo, uom di molta pietà e mollo isenno, prete di corte, poscia vescovo di Mileto e in ultimo santo canonizzato. " Fin qui V imperatore provvide da vecchio soldato. Se non che elesse i condottieri - per fovpre e corta scaltrezza di palagio. Non uno ma due condottieri , patrizii entrambi ; dei quali il primo fra- tello del protovestiarìo, o maggiordomo che noi di- remmo> ebbe npme Niceta ; eunuco pien di religione, erudito negli scritti dei Santi Padri , ma , sbagliata la via, si trovava in quella stagione protospa tarlo, che

* Nowairi.

3 Nowairi. Questo compilatore scrìve Magi. Il Di Gregorio tradusse Penis; M. Quatremère, op. cit., notò in parentesi Normands. Senza il menomo dubbio- si tratta de' Pauliciani, ai quali l'eresia manichea potea beh meritare appo i Musulmani la volgare appellazione di Magi. Noi sap- piamo che le legioni di Tracia erano composte di Pauliciani e cbe aveano trionfato a Greta. Si veggano Le Beau, op. cit., libro LXXIV, cap. 14, e Gibbon, Decline and Fall^ cap. LIV, nota 4.

' Le Beau, 1. e.

* Leone Diacono Galoense. » Ibn-el-Athlr.

^ Vita di San Niceforo vescovo di Milelo.

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suona aiutante di campo dell'imperatore. Eìjtoe co- stui il grado di drungario, o vice-ammiraglio, il co- mando particolare del navilio* e supremo dell'im- presa.* L'altro, Manuele figliuol naturale di Leone Foca, nipote però di Niceforo, fatto generale della ca- valleria : giovane d'animo bollente, testa dura e cieco valore. ' De' due omessi insieme, pensò Niceforo com- porre un ottimo capitano, senza avere ricorso ad al- cun di que'suoi sperimentati commilitoni dell'Asia Minore, il quale andasse in Sicilia a guadagnare nuova riputazione e poi mettersi, com'egli stesso a vea fat- to, su la via del trono : é questo non gli fece veder r errore di porre un forzuto e fiero principe del san- gue mezzo a ragguaglio e mezzo sotto d'un soldato da tavolino. Pur a Costantinopoli non era chi dubi- tasse delia vittoria. Oltre la potenza di tanto sforzo, n' erano pegno lor nuovi libri sibillini detti le Visioni di Daniele, ed i vaticinii d' Ippolito vescovo di Sicilia dei quali nessuno s'era visto fallire; e vi si leggea co- me il- lione e il lioncello dovessero un giorno divo- rare r onagro. Parea chiaro ai Greci che le due belve con le zanne simboleggiassero i due imperatori di Cristianità, Niceforo e Olone, e l'altra belva del de- serto Moezz ; se non che , quattr' anni dopo la scon- fitta, il nostro Liutprando si beffò di loro che non avessero capilo. Òtone e il figliuolo, ei rimbeccò, ve- raci leoni, doveano manicarsi Niceforo, asino selva- tico vano ed incestuoso, che avea sposata la comare.

* Leone Diacono, e Vita di SanJNieeforo.

* Vita di San Niceforo. ^ Leone Diacono.

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E il mordace vescovo di Cremona parlava tanto da senno, che appose la vittoria dei Musulmani alla fi- danza che n' avessero presa , interpretando appunto come lui la profezia d* Ippolito. *

Risaputi i preparamenti del nemico, Àhmed rac- conciò e armò in fretta il navilio siciliano ; scrisse marinari e soldati, e chiese immediati rinforzi a Moezz. il quale, non perdonando a spesa, mandava il navi- lio. d'Affrica con molte schiere di Berberi/ capitanate da Hasan, padre d'Ahmed. Giunti del mese di ramadh^ an (H settembre a 10 ottobre 964),^ Hasan avviava uno stuolo al campo di Rametta, rimaneva egli col gros- so delle genti in Palermo, sovvenendogli dello sbarco di Basilio nella Sicilia occidentale (957). Già Toste bizantina, traghettato V Adriatico, s'era raccolta in su la punta di Calabria. Principiò il tre scewàl (12 otto- bre), fornì in nove giorni il passaggio dello stretto ; occupò a prima giunta Messina ; afforzolla con fossati , e risarcì le mura. ^ Intanto altri stuoli , recati al certo dall'armata, si mostravano per le costiere di setten-* trione e di levante ; prendeano nell'una Termini d'as- salto, ed era bene per togliere gli aiuti di Hasan ; neir altra vanamente sparpagliavansi tra Taormina, Lentini e Siracusa, delle quali ebber le prime due di

* Liulpraildo. Ognun sa la sua rabbia contro i Bizantini, come lombar* do; e contro Niceforo Foca perchè t'accolse freddamente o peggio, quando Otone primo il mandò oratore a Costantinopoli.

' ibn-ei-Atbir, Nowatri e gli altri Arabi. li nome di Berberi si ricava dalla sola Cronica di Cambridge, dove fu franteso dai primi edttorl e con essi dal Di Gregorio; talché tradussero in latino: ''oum eoptis^tn^Aber," In veoe di questo nome proprio, si dèe leggere senza il menomo dubbio Berdber, cli^ è il plurale di Berbero.

' Ibn-el-Atbir, Nowairl, e gii altri Arabi.

(064.1 -^ 264

queto, la terza per battaglia/ Cotest' errore di allon- tanar troppa gente da Messina, pianta della guerra, e la mala disciplina de' soldati, non isfuggirono agli ansiosi cristiani di Sicilia. Ci si narra che Prassina- chio , uom di specchiate virtù , che s era posto in un romitaggio in su Io Stretto ed era tenuto lucidii^simo ' tra i ''veggenti in Dio"' del paese, avesse presagito la sconfitta al cappellano maggiore bizantino ; il quale non s'aspettava altro da quella marmaglia armata' che gli avean dato in guardia.

JVlentre Niceta guazzava per trecento miglia di costiere col grosso del navilio, Manuele Foca s'av^ viluppo col grosso de' cavalli tra i precipizii dei monti Nettunii, per dare aiuto a Rametta. La quale, a guar- darla in su la carta, è vicina a nove miglia .a Messina;^ ma vi si frappone erto il Dinnamare, che guarda en- trambe le acque del Ionio e del Tirreno e dalla cima sovrasta a quelle per tremila trecento piedi. Pertanto chi cavalchi da Messina a Rametta, dèe prender lungo giro intorno la montagna per settentrione e ponente

< Coleste fazioni sodo accennate dal solo Leone Diacono, in mezzo a laogbì comuni di reltorica, che mi fecero stare in forse se lo scrittore ci. avesse anche Gccato, come luogo comune di erudizione, tutti ì nonrì clas- sici che gli sovvenivano della geograOa di Sicilia. Ei a Termini T antico nome dMmera, nh fa parola di Rametta. I Siciliani non potendo difendere le città, si ritraggono sui monti e nelle selve, i Romani, inseguendoli ' dove i fronzuti rami togltean la vista del sole , sciolgono la falange , onde son còlti dai barbari in un agguato tra greppi e caverne, ec. Pur tra co- teste frasi da scuola, le fazioni delle quattro città nominate hanno sembianza di vero; tantopiù che sappiamo da altre fonti che 1 Musulmani dopo le vitto- rie di Rametta e del Faro, ebbero a combattere in varii luoghi. Perciò am- metto la testimonianza.

' 6eo7r?-txc5v.

' Credo così render meglio che con versione litterale il testo avayMyiav wXsiffTriv T«v ffTpKTKjyóJv, YHo di San Niceforo vescovo di Mikto, * Veggasi Libro III, cap. X, pag. 427 del primo volume.

265 (%4.|

infino a Spadafora, o per mezzogiorno infino a Mili, e risalir dalF una o dall' altra per le convalli ; delle quali strade la prima corre ventiquattro miglia, Taitra più di trenta. Sboccano in una pianura ritonda di tre o quattro miglia di diametro; in mezzo alla quale spiccasi in alto una collina o piuttosto immane masso , che vi si poggia per un sol viottolo aspro e faticoso di mezzo miglio ; e la xima disuguale è tutta coronata di mura. Quest' è Rametta. Il piano d' intorno sembra l'arena di un circo apparecchiato ad eserciti per duellare a ultimo sangue. Gli fan chiostra scoscese e spaventevoli coste, fendendosi quanto basti ad aprir la via per settentrione a Spadafora, per mezzogiorno a Mili; e un' altra gola verso ponente conduce a Mon- forte. Dal lato orientale taglia la pianura un burrone tirato quasi a filo per parecchie miglia da mezzodì a tramontana: profondo squarcio di terreno silicea, targo, precipitoso; e all'imo fondo è talvolta sta- gliato come fosso di fortezza, che non via a ca- larvi. Così lo descrivono i cronisti arabi ; e mei con- fermavan uomini pratichi dei luoghi, dai quali seppi qtiant' io ne ho scritto. Delle tre gole fanno anco mea- . zione gli Arabi , ma danno il nome di quelle sole di Mikos e Demòna; nell'una delle quali oggi mette capo la via di Mili e nell' altra la via di Monforte. E s' addimandavan così da due fortezze molto importanti in quel tempo ; onde già ci è occorso di farne parola.*

< Si vegga il Libro II, cap. XII, voi. I, pag. 468, nota 4, ed il Libro HI, cap. IV, pag. 83, nota i. I nomi topografici son dati qui dal solo Nowairi; nei due MS. del quale. Demona si riconosce con certezza. Non cosi Taltro nome che ba le lettere *»K8c ovvero »»£«, rimanendo molto dubbie le prime due^ Preferisco la lezione del migliore tra i MSS. di Edrìsi,

1964.) 266

Aveva Ibn- Ammàr dato avviso dello sbarco ad Ahmed : e questi incontanente mosse di Palenno ; ' ma non potè giungere avanti Manuele, il quale, non prima raccolte le genti a Messina, le menò in furia a Ramelta, la notte innanzi il quindici scewàl (S4 ottobre). Mandò una schiera a tentare il passo di ATi- kos, un'altra quel di Demona, una terza a inter cettare gli aiuti su la strada di Palermo: egli, con T esercito spartito in sei schiere, segui la marina fino a Spadafora; indi poggiò alla volta di Rametta. E quivi Ibn- Ammàr avea dovuto scemarsi anco di tre schiere per chiudere i passi di Mikos e Demona, e fronteg- giare gli assediati, se tentassero la sortita. Altro non gli rimanea dunque che un buon nodo^ tutto o la più parte d* Arabi Siciliani; col quale si fece incontro a Manuele. Air alba appiccarono la zuffa. *

Al fragore non si stettero i cittadin di Rametta che non facessero impeto nello stuolo musulmano messo in guardia ; il quale li ricacciò dentro le mura. Con uguale fortuna que'che teneano i passi di mezzo- giorno e di ponente respinsero i Bizantini. * Ma gli Ara- bi che erano travagliati lunga pezza contro Manuele con grande strage del nemico e loro, imberciati nella stretta serra , com' e' sembra , dai tiri delle macchine ,

' Nowairi; ma non dice se per terra o per mare. £ più probabile il primo, e ebe Àbmed abbia dovuto allungare il cammino per iscansare Ter- mini, occupata dal nemico.

* Gonfrontinsi: !bn-*M-'Athlr e Ifowairì. Questi, come drcemmo, non il nome della strada che teinne "Manuele; ma la sola che gli reslava, e la più breve delle due praticabili , era quella df Spadafora. Tal conseguenza nt- cessarla è confermata dal hiio della schiera posta su la via di Paltrmo.

' ibn-el-Atb!r, e Nowairi.

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cominciarono a ritrarsi negli alloggiamenti : * e i Cri- stiani ad incalzarli, ad irrompere nella pianura, a cir- condare il campo : se li abbiamo cacciati dal passo, che faranno or che li tenghiamo in mezzo e lor to- gliamo F aria da respirare ? E per troppa certezza della vittoria par si fossero disordinati i Bizantini. Gli altri , certissimi ed ormai bramosi della morte, * voglion finirla a un tratto ; intonano i versi dell' an- tico poeta arabo :

(( Indietreggiai per amor della vita ; paa vita , » ah , non sento in petto se non ripiglio Y assalto !

D Che le ferite del codardo gli tingano le calca- » gna. À noi le ferite piovon sangue su la punta del » pie. »

E s avventano con Ibn- Ammàr : la misura del verso li uni in un sol impeto da farsi far largo. Il ca- ptano, visto che in vece di morire si può vincer tut- tavia, grida a tutto fiato: ""OhDio, se m'abbandonano i figli d' Adamo non mi lasciar tu : " e die un' altra carica, che scompigliò i nemici; e invano lor patrizii

< I compilatori dicono che !bn->'Anunàr andò incontro a Manuele, a^nia particolareggiare il luogo doTe si combattesse avanti la ritirata nel campo. Ha è evidente che fti nella gola di Spadafora. lbn-*Ammàr non poteva aspet- tar nel piano un nemico superiore numero e di cavalli. . ' Ibn-el-Atbìr. Nowairi ec. ^ > Cotesti versi, dati dal solo Ibn-el-Atblr, sono di Hosein-ibn-Homàm deHa tribù di Morra, e si leggono neir antologia poetica intitolata Bamaaa ossia "della virtù in guerra,* testo arabico pubblicato dal Freytag, p. 92,93. Hosein visse avanti rislAoismo; il poco che sappiam di lui, si vegga nel Commentario àeWBamaM, 1. c.,ein Ìbn*Doreid "Libro etimologico," testo pubblicato a GoUinga dal Wiistenfeld, p. 186. I versi recitati dai combai* tenti provano che questi fossero Arabi, e però della colonia siciliana; poi- ché MoecB a vea mandato d'Affrica soldatesche l>eri>ere. 11 giund arabico d'Affirica, se pur ne rimaneva in questo tempo, era ridotto a picciol nomeiv e niente disposto a venire in Sicilia.

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fecero prova a rattestarli con le parole e coir esem- pio. Manuele spronava nella mischia con un' eletta di cavalli ; rinfacciava a' suoi che si fossero millantati tanto coir imperatore ed or fuggissero dinanzi un pugno di barbari. Ferì in questo dire tra i Musulma- ni ; uccise di sua mano un uomo ; e si trovò avvi- luppato, picchiato di lance d'ogni banda; ma non pas- savano la grave armadura. Tirano dunque al cavallo, chi punta, chi di taglio a' garretti; caduto a terra col suo signore gli si abbaruffano addosso Arabi e Gre- ci ; alfine fu spacciato Manuele e chi V aiutò. Gli al- tri si sbaragliarono. Era tra mezzodì e vespro.* Il grosso degli Arabi eran fanti, come si vede neir epi- sodio di Manuele che terminò la battaglia.

Durò la caccia, la fuga, la carnificina infino a notte. A compier l'epico terrore del caso,' un negro nembo che ottenebrava quella chiostra di monti, scoppiando a folgori e tuoni quando fu decisa la giornata, incru- delì sopra i fuggenti, accrescendo i pericoli degli ignoti e rotti luoghi. Uno squadrone messosi a briglia sciolta giù pel burrato, precipitò nella fossa; che la colmaron uomini e cavalli, e i vincitori passaronvi su di galoppo, dicono i loro annali, par mica impos- sibile. D'ogni lato, pe' greppi e per le boscaglie, inse- guirono gli spicciolati, li scannarono quanto loro ba- stavan le forze a ferire: pochi patrizii o altri uòmini

%

^ Nowairi scrive : fin dopo la prece del Zohr , che fa passato mez* zodì; IbD-el-Athtr all'ora ùeW'Àsr, che in quella stagione torcerebbe a Tentim'ora e mezza, a modo dei nostri antichi.

* Ritraendosi coiesti particolari dagli Arabi, non T*ha il menomo so- spetto di faUura rettorica. Non è al certo in ior annali che gli Arabi dan volo air immaginazione.

269 [964-965.)

di nota fatti prigioni, per avarizia del riscatto. Po- chissimi camparono fuggendo. Più di diecimila i morti ; bottino infinito di cavalli, robe, armi ; tra le quali si trovò una spada ch'era passata dai MusuK mani ai Cristiani in Oriente, e que'la riebbero nel san- guinoso campo di Rametta. Su la quale era inciso in caratteri arabici: "Indiano è questo brando; pesa cen- settanta mithkàl; e molto ferì dinanzi Tapostol di Dio.'' Cotesta reliquia delle prime guerre dell'islam era mandata poscia a Moezz con altre preziose armi e pia- stre e maglie; * aggiuntovi una resta di capi mozzi e dugento prigioni barbari , dice una cronica , ' che sembran degli Armeni o dei Russi.

Ma come i trofei erano recali in Palermo, uscito all'incontro l'emiro Hasan, fu commosso, dice Ibn- Khaldùn, di tanta e improvvisa gioia che gli scop-

A Si confrontino: lbn-el-Athlr,Àbulfeda, Nowairi,lbn-KhaIdùn. II Di Gre- gorio, Rerum Arabicarum, p. 18, tradusse l'ultima parte della leggenda incisa su la spada "multum is sanguinem fadit in manibus Apostoli Dei,* scostando^ dalla versione francese di M . Gaussìn; il quale (Histoire de Sicile, . . du Nowairi, pag. 54, in appendice a Riedesel, Voyages en Sicile ec) gli rimbeccò che la frase arabica " nel mezzo delle mani " significa non già " nelle mani * mt *in presenza." E ciò è verissimo; quantunque si potrebbe allegare a difesa del Di Gregorio qualche raro esempio eh* egli non conoscea di certo, nel quale la detta frase ha il significalo liiterale "nelle mani" ovvero "per le mani." Ma nel caso nostro parmi dubbio essere stata cotesta spada in pu- gno non che di Maometto, ma d'alcun dei primi guerrieri dell'islamismo. Litteralmente abbiamo: "lungo (è) quanto fu percosso con esso (brando) nel mezzo delle mani ce. ;" il che si può intendere in presenza di Maometto, dalla parte sua o dalla parte contraria. E mi appiglierei a quest'ultimo supposto anzi che ai pripoo , per l'ambiguità che pare studiata, e sopratutto perchè manca la formola (feri) " nella via di Dio " cioè in difesa della reli- gione. H peso della spada torna da sette ad ottocento grammi, variando il mithkal secondo i tempi e i luoghi.

* Nowairi. L'appellazione 'Ilg non si dava ordinariamente ai Bizantini {Rum) ai Persiani {*Agem}. Il compilatore, o forse il cronista, adoperò la stessa voce Hlg per designare il Palata alemanno, o piuttosto armeno, di cui nel Libro II, cap. I, p. 247 del primo volume.

(965.1 270

piò una febbre maligna; della qaale mori, del mese di novembre, a cinqaantatrè anni/ Tacciono tal dram- matica infermità gli altri annalisti: onde potè per av- ventura immaginarsela quell'ardito e primo scrittor della Scienza Nuova ^* cercando sempre dentro la sto- ria medesima la cagione del fatto la quale spesse volte si trova fuori. Fu pianto da tutti Basan, va- loroso, savio, fondator d'una dinastia e però macu- lato dei vizii del mestiere, che poi spariscono nel ba- glior d^una corona.

I martiri di Rametta intanto bevvero infine al- Fultima stilla il calice amaro che la fortuna porgeva insieme con lor santa corona. Tennero il fermo dopo la sconfitta dei Greci ; ma Io stremo delle vittuaglie li sforzò a mandar via le bocche inutili: mille della povera gente, com'è' sembra, tra vecchi, donne è faur ciullil Ibn-'Ammàr, in vece di rispingerli nella fortezza é affrettar la dedizione di quella, li accolse e mandò in' Palermo; ma fu crudo coi rimagnenti. Fatti pelle ed ossa, tuttavia combattevano, entrato già il nove- eènsessantacihque ; quando un giorno Ibn-Àmmàr apparecchia le scale, T assalto, lo protrae fino a notte; e allora una mano dei suoi salì su le agognate mura di Ramettai Passati a fil di spada gli uomini ; menate in' cattività le donne, i fanciulli ; saccheggiata la città, e fattovi grande bottino. Partendosi dopo un anno e mezzo da* selvaggi luoghi illustrati con tanto

' Coofrontiosi : Abulfeda ,, ^owairi, Ibn-KbaldùQ. La data della morte trova soltanto nel primo e nella Cranica di Cambridge, secondo Vvmo del mese di dsu-1-ka'da (8 novi a 8 dic.)i secondo l'altra in novembre.

' Ibn-Kbaldùo, si come il nostro Vico, notò cbe tentava una scienza novella. Si vegga la Introduiiohe nel primo volume della presente Storia, pag. Liv.

271 (%5.|

sangue, Ibo-'Àminàr lasciò nella rócca presidio e abi* latori musulmani. ^

In questo mezzo Abmed guadagnava una batta- glia navale. Saputa la rotta di Manuele mentr ei si affrettava marciando sopra Rametta/ tirò dritto, co^ m'ei pare, a Messina' per cavar la voglia d'un novello sbarco ai Bizantini che s'eran messi in salvo a Regr gio. Seguiron poi' in Sicilia tanti altri scontri/ non sappiamo i luoghi; e d'un solo il Bome del capitan bizantino, il maestro Essaconte, il quale fu sconfitto con grande strage/ Donde è manifesto che i Musul^ mani ripigliavano ad una ad una le terre occupate; mentre il navilio greco pigramente stava li a Reggio per raccorrà i presidii. Àbmed si pose alla vedetta a Messina con quante forze potè. Quando Tarmata ne* mica sciolse le vele per Costantinopoli, risolutameute ei Tassali ; con tanta disparità di preparamenti navali, che i Musulmani gittaronsi talvolta a nuoto per appic- care il fuoco ai legni nemici/ Aspro e lungo indi il

< Ibn-el-Atbtr e qualche particolare Nowairi.

Nowairt.

' 1 cropifti bizantìBl, comificiaDdo da Leone DiaciHiOy s6n ^ mal^ in* formati, che dicono preso il navilio bizantino nel porto di Messina dal nemico che hisegaiva gli avanzi delli sbaragliati di Rametta. La nuova corse al par confusa nell* Italia di mezzo, poiché Liutprando dice ucciso Ma- nuele e preso Niceta nella stessa battaglia tra SeiUa e Cariddf.

* Gonfrontinsi : Ibn-ei-Athlr, Nowairi, Ibi^Kbaldàn. s LittCprando.

B|hn-el-Àihtr, e in due luoghi Ibn-Khaldùn. Il professore Fleiscber, rivedendo le stampe della Bibiiattea AfabO''Sieula, ba proposto di leggere qui "sfondare" invece di "ardere; * ! quali due verbi non differiscono Acritlura arabica .che per un punto diacritico su la prima lettera. Ma i MSS: sono nniforini nella lezione che io seguo. B la probabilità, in nna'battagUa navale, mi par maggiore per l'effetto di appiccare T incendio gittandosi a nuoto con una fiaccola di fuoco greco, che per quello di tulBire con un palo di ferro e lavorar su i Banchi di una grossa galea.

1065.1 - 272

combattimento, che ne rosseggiò il mar di sangue, scrivono gli Arabi ^ in metafora, e può passare. Com- piuta fu lor vittoria nella battaglia dello Stretto, come la chiamarono. Àffoudate, arse o prese tutte le navi bizantine; fatto grandissimo numero di prigioni, con cento patrizii e mille altri nobili , se la non è metafora aritmetica d'Ibn-Khaldùn. Il bottino e i prigioni erano recati in Palermo.' Tra gli altri Teunuco ammiraglio, il quale fu mandato a Moezz, e dimorò due anni a Mehdia' in comoda prigione, ingannando il tempo a copiar le omelie di San Basilio e qualche altro pio te- sto greco, in più di dugento fogli di pergamena: bel volume ch'è adesso nella Biblioteca di Parigi , soscritto con data e nome e titoli e donazione a una chiesa di Costantinopoli , condotto dal principio alla fine con mano uguale e ferma , di buon calligrafo , rubriche ad oro e colori, larghi margini e puliti, colonne e righi tirati a squadra e compasso, che Temistocle e Archi- mede avrebbero potuto invidiare tant' arte a Niceta/ Ahmed, toltosi costui dinanzi, spingea le gualdane contro le città greche, com'io credo, di Calabria; le quali, visto depredati i contadi e intercetti i commer-

' Nowairi.

s GoDfrontiDsi: Ibn-el-Atblr e Ibn-Kbaldùn. Entrambi dicono espres* samenle che la battaglia dello Stretto segai nel 334.

' Leone Diacono, Liutprando, lo scrittore anonimo della Vita di san Nieefaro, e Gedreoo.

* MS. greco , Ancien Fonds, 497, proveniente dalla biblioteca di Coir bert. La soscrldone è pubblicata dal Hontfaucon, Paléographie, 45 A , e meglio da M. Base, io nota alla pagina 67 del testo di Leone Diacono. La soscrizione a p..444, data nella prigione di Africa, come si chiamava an- che Mehdia (èv tJ SaittazinplGi 'A^p«x^fi), è di settembre indizione deci- ma (967). Niceta non vi dimenticò i titoli protospatario e dr angario del- Tarmata.

275 [695. 1

ci, altro partito non ebbero che di far la tregua, pa- gando tributo ai vincitori. ^ Questo fine sortì la im- presa di Niceforo Foca.*

A Ibn-el-Àthlr e Ibn-Khaldùn che dicono entrambi cittadi dei Rftm. Ma questi non poteano essere di Sicilia ove i Musalmani non si contentavano al certo di tributo che pagasse il municipio.

' Si confrontino: Leonis diaconi Catoènsis, ec, ed. di Bonn, p. 65-67; VUa di San Niceforo vescovo di Mileto, d'anonimo siciliano o calabrese, MS. greco di Parigi, Ancien Fonds, 1181, squarcio dato da M. Hase in nota a Leone Diacono, op. cìt., p. 442 ; Cedreno, tomo H, p. 3S3 e 560, ediz. di Bonn; Liutprando, Legatio, presso Pertz, Scriptores, tomo iil,p. 355, 556; Lupo Protospatario, anno 965, presso Pertz, Scriptores, tomo V, p. 55; Cronica di Cambridge, presso Di Gregorio, Rer«m4raòtcartim, p.51, la quale è inter- rotta appunto al principio di questa impresa; Ibn-el-Athlr, anno 553, MS. B, p. 306 seg., G IV,fog. 561 verso; Abulfeda, innaies Moslemici, anno 336, tomo U, p. 448; Nowaìri, presso Di Gregorio, op. cit., p. 16 a i8; Ibn- Khaldùn, Histoire de VAfrique ec, p. 170, 17i, e Storia dei Fatetnitt, MS. di Parigi, Suppl. Arabe, 742 quater, tomo IV, fog. 21 recto, con la versione di M. De Slane, in appendice alla Histoire des Berbères dello stesso Ibn*Khaldùn, tomo II, p. 529 seg.; Hagi-Kbalfa, Cronologia, anno 353, nella versione italiana del Carli, p. 63; Ibn-abi-Dinàr, MS. di Parigi, Supl. Ara- be, 851, fog. 26 verso, e 37 verso, seg. Il Rampoldi, Annali Musulmani, to- mo V, p. 506,311 e3i 4, con incredibile sbadataggine, fa sbarcare e morire Manuele il 963; lo fa tornare in Sicilia il 964, e inventa nel 965 una guerra dei Cristiani di Girgenti, che sembra replica della rivoluzione del 938. Il Quatremère, nella Vita di Moezz, Journal Asiatique, Ille serie, tomo IH, p. 65 a 68, fa [il [racconto di questa impresa su 1 testi di Abulfeda e di Nowairi. Una lezione erronea del secondo, portò l'illustre orientalista a tra- durre *Les Musulmana étaient animés par le sentiment de rhonneur" in vece di "entrarono nel proprio campo* come si ha di certo, confrontando il testo d'Ibn-el-Athtr.

n.

18

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CAPITOLO IV.

Due anni dopo le raccontate vittorie, correndo il trecencinquantasei (16 die. 966, 5 die. 967) Moezz significò air emir di Sicilia la pace fermata con V Im- pero, e gli ingiunse di riattare, meglio oggi che do- mani, dicea lo scritto, le mura e fortificazioni di Pa- lermo ; ordinare in ogni ikltm dell' isola una munita città che avesse moschea giamf e pulpito ; e ridurvi la gente dell* ikltm , vietandole di soggiornare sparsa pei villaggi. Ahmed fece metter mano immantinenti ai lavori in Palermo, e mandò per tutta risola sceikhi preposti ad inurbare le province. Tanto e non più una cronica musulmana.* Ed Ibn-Haukal, venuto in Palermo sei anni appresso, ammirava le forti muraglie del Cassare e della Khàlesa ; e intendea come delle nove pòrte del Cassare tre fossero state innalzate da Ahmed, una delle quali tramutata da debole a difen- devo! sito.' Delle città ristorate oltre la capitale nulla sappiam di certo. * Ma pili monta indagare V ordine

* Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Àrabiearum, p. i9. Se avessi più osato, avrei tradotto "preposti aU* inurbamento,* cbe sarebbe proprio la Toce del testo : 'imàra. Avvertasi che la cronica copiata da Nowairi dice "fabbricare." Ma le mara di Palermo erano ai certo più anticbe. deve intender anco * riattare " dove parla delle città di provincia.

> Journal Asiatique, iV» sèrie, tomo V, p. 92 a 95.

> Il Di Gregorio, Rerum Àrabiaarum, p. Ì67,diè il disegno ridotto d*un'a iscrizione del castel di Termini, nella quale si leggono certamente i nomi di Moezz-li-dln-AlIab e di Ahmed. Ma ia data del 340, anche ag- giuntavi una cifra d'unità, ed anche supposta tal cifra di nove, sarebbe anteriore al fatto nostro; e in ogni modo mancano altri compartimenti che doveano contenere " fabbricato per comando ec. per le cure deiremiro ec*

275 [066-967.1

militare ed amministrativo accennati si laconicamente dal cronista. Ed a ciò ne proveremo; e direm poi della pace.

La prima cosa è da vedere che valga qui iklim; la qual voce gli Arabi tolsero del greco, al par di noi ; ^ le serbarono il significato che aveva in geogra- fia fisica ; e v' aggiunser quello di circoscrizione ter- ritoriale. Cosi la troviamo in Affrica nel decimo seco- lo, ' in Sicilia nel duodecimo ^ e in Egitto nel deci- moquarto ; ^ dinotando per lo più quel tratto mezzano di paese eh' oggi chiameremmo distretto, o cantone : altro vuol dire al certo in questo rescritto di Moezz. La moschea giami' e il pulpito non portano a supporre più vasto r iklim ; ma solo che il capoluogo fosse città importante, da farvisi la prece pubblica del venerdì.

Pertanto questa iscrizione, come tutte ie altre, è da rivedersi sul monu- mento, se si potrà; e per ora accerta soltanto che il Castel di Termina fa edificato nel regno di Moeu.

' Schivando, per genio di tor lingua, due consonanti in principio di parola, premessero a xìt/xa una o/e/ con la vocale t.

> Ibu-Haokal, Geografia, capitolo dell'Affrica, MS. di Parigi, Suppl. Àrabe, 885, p. 56, 45,48, 51, 52, dice degli iklim della penisola Bàscia (oggi Dakhel), di Susa, Setfura, Laribus, Asctr, e Cafsa.

> Edrisi, Gtogrufia.^eì capitolo di Sicilia, dice degli ihlim di Sira- cusa, Noto, Mazara, Marsala, Trapani, Cefalà, Rahl-Meukùd; chiama Sciacca la metropoli degli iklim (al plurale), che prima dipendeano da Cal- tabellotta; anelie al plurale accenna quei di Castrogiovanni e quei di Pie* traperzia : e inGne dice che da Caronia cominciasse l' iklim di Demona. Tolto quest'ultimo, che pare risponda al Val Demone, gli altri sono o distretti o circondarii, non mai province.

* Presso Sacy, Description de l'Egypte par Àbdallatif, appendice, p. 586 seg. il titolo è appunto " Dei luoghi (che si comprendono) negli ihiim d* Egitto.' Percorrendo la lista, si trova il solo tifili di Nesterawa, e le altre circoscrizioni sono denominate talvolta *aml (governo), talvolta ih^ghr (frontiera). 'Ami sembra, anche in Edrisi, sinonimo di iklim, se pur non ìndica meramente la circoscrizione del governo civile, quando iklim sia riserbato alla circoscrizione militare; il che suppongo senza poterlo af- fermare. Thaghr avea il valore che diamo oggidì a "piazza," in linguaggio

(966-967 I 276

I

Ma la gente * che si dovea dai villaggi ridurre nei capoluoghi, non poteva essere T universale degli abi- tatori : cristiani o musulmani ; liberi, dsimmi o schia- vi ; nobili e plebei. Poco meo assurdo sarebbe a in- tender tutti i Musulmani, non esclusi i conladini, che al certo ve n' erano in Val di Mazara ; e quanto agli artefici e mercatanti, non occorrea comando del prin- cipe perchè soggiornassero nelle città. Però trattavasi della sola milizia, dei nobili cioè con lor lunghe paren- tele; e chi altro era tenuto ^en^e nel medio evo, fosse in Cristianità o in terra d' isiàm? Ignoriam noi se nel Val di Mazara, conquistato ormai da un secolo, le milizie fossero pagate dall' erario in moneta sonante, ovvero con Ìktà\ o vogliam dire delegazioni, sul khardg di un dato territorio, che riscuotessero con lor proprie ma- ni , ' stanziando qua e nelle ville. Ma ciò seguiva pecessariamente in Val Demone e Val di Noto, per la fresca mutazione del tributo dei municipii, in gezia degli individui a khardg dei poderi ; mancando il tempo di stendere i ruoli e i catasti, secondo i quali l'azienda pubblica riscuotesse il danaro o il frumento del khardg. E però non si eran fatti anco iktd' in buo-

r

na forma; ma nulla toglie che le milizie, con partaggio provvisionale e tumultuario assentito o non assentito dall'emir Ahmed, avessero diviso tra loro alla grossa le entrate mal note delle nuove provìnce, e si fossero

d'amministrazione militare. È da notare che nel detto documento di Egitto Vlia 21 divisioni; che gli *aml racchiudono un numero di luoghi molto diverso, da 583 a 190 ed anche meno. ìikaghr di Alessandria, Rosetta e Oamiata ne hanno molto meno; e Vihlim di Nésterawa sol einqtèe.

* Il testo ha la voce Ahi, popolo, famiglia, gente in generale.

> Veggasi, Libro IH, capitolo 1, pag. 28 seg., di questo volume.

277'— |906-9«7.1

sparse nelle campagne, esattori a libito e pagatori di medesimi. La qual rapina permanente rovinava i sadditi cristiani , snervava )o Stato musulmano, per le sciupate rendite presenti, la inaridita sorgente di . quelle avvenire e la sciolta disciplina militare. A cote- sti danni volle ovviare Moezz, forse in Val di Mazsh ra, di certo nella Sicilia orientale, con X ordinamento novello ; per lo quale par fosse affidata a magistrati civili la riscossione, e deputati gli stessi o altri ofi- ciali in ciascun capoluogo a vegliare i governati , e significar loro la parola del principe ; il che si facea d'ordinario nella khotba, e però dal pulpito, neUa moscjhea giami'/ Quali fossero allora i nomi e li- miti degli ikltm di Sicilia , e se mere circoscri- zioni militari, o anco di azienda, nessun ricordo di quei tempo cel dice ; vi si può supplire con indu- zioni. Sol dobbiamo supporre che gli ikltm fossero stati adattati ai corpi del giund, non questi a quelli: perocché, eccettuati gli stanziali, le altre milizie facean corpo secondo le parentele, agevolmente si potea dividere un corpo, tranquillamente tenerne insie- me due o più di schiatte diverse. Da questo e dalla diversità delle entrate pubbliche sopra territorii uguali in superficie, * nascea la disuguaglianza grandissima di estensione degli ikltm, che si nota in varii Stati musulmani; e che durava in Sicilia infino al duode- cimo secolo. '

. *• Nei primi tempi dell'islamismo oravano dal pulpito i oalifi o gli emiri delle province. Poi si ebbero khaiib^ (predicatori) stipendiati.

* Non solo per la^diversa ubertà del territorio; ma anche perchè lo Stato in alcnni possedeva le terre, in altri riscoteva il dazio solo.

' Per esempio, il territorio di Ciato giognea da una parte a Sagana

1906.967.] 278

La pace parve tempo opportaoo a tale riforma d' ammmistrazione militare ; o forse nelle pratiche della pace Tavea chiosata il governo bizantino, per tem- perare coi consigli i mali dei Cristiani di Sicilia, che non avea saputo prevenire con le armi e che non po- teva ignorare, ne forno le viste coi frati e il clero di Sicilia. I quali consigli, utili anco al principe musul* mano , più gratamente doveano essere ascoltati nella stretta amistà che allor nacque tra le corti di Costan- tinopoli e di Mehdia da comuni interessi. L' uno era il sospetto di Otone di Sassonia, il quale volle regnare in Italia quanto Carlomagno e più : ubbidito ormai senza contrasto dalle Alpi al Tevere ; coronato impe- ratore a Roma (962) ; padrone della città; fattosi giu- dice a gastigare o vendicare i papi, ed arbitro ^i eleggerli e depòrli ; e si voltava già ai favori del prin- cipe di Benevento e contro Niceforo; assaltava (968) la Calabria, e minacciava però la Sicilia. ^ Ma in Oriente stringea Moezz a Niceforo, pascione più gagliarda, la brama di spogliare altrui. Il califato abbassida, mu- tilo da più tempo delle estreme province, comandava or appena, e di nome solo, a Bagdad e in breve cer- chio. I Bttidi 0 Boweidi teneano la Persia ; la casa di Hamdàn la Mesopotamia ; la dinastia d' Ikhscìd la Si- ria e l'Egitto; i. Karmati T Arabia, donde terribili

presso Palermo e dall' altra presso Calatafimi: che sono circa teoti miglia siciliane di lunghezza. Il territorio di Mazara prendea qaasi lutto il distretto odierno di tal nome e metà di quello d* Alcamo, confinando col territorio di Giato; cioè ayea da trenta miglia di lunghezza. Si vegga il diploma del 1182 presso Del Giudice, Deicrnione del real tempio,... di Monreale, ap- pendice, p, 8, 9, 10. Air incontro il territorio di Palermo e molti altri erano brevissimi. .

* Si vegga il capitolo VI di questo Libro.

279 [966-967.1

ìrrompeano fuori. Lo stesso nome di califo rimanea per ipocriida o compassione dei vicini usarpatori^ dei ministri o capitani di ventura avvicendatisi nella si- gnoria della capitale, i quali vendettero gli oficii pub- blici in faccia ai successori di Omar e di Harùn Ra- scid, saccheggiarono la reggia, messer loro le mani addosso, lor fecero stentare la vita con una pensioncel- la; menare i mercenarii turchi o deilemiti e la plebe ad ogni pie sospinto insanguinavano le strade di Bagdad. Tra tanta rovina del califato, Niceforo Foca (962-7) trionfando nelVÀsia Minore, s'era innoltrato due volte in Siria; avea preso Aleppo, Laodicea e molti altri luo^ gbi, e assediato Antiochia, che fu indi espugnata da' suoi. ' Venuto così Niceforo alle mani con gli Ikhsci- diti, nemici immediati di Moezz, probebil è che si trattasse tra V uno e V altro di operare d' accordo.

Tanto più che Moezz ebbe con un ambasciatore bizantino quella famigliarità che sovente nasce tra svegliati ingegni. Costui chiamossi Niccolò, mandato- gli più volte da Costantinopoli a Mehdia ed al Cai* ro ; * forse il medesimo che stipulò la detta pace del novecensessantasette , recati a Moezz splendidi doni di Niceforo, e avutone per riscatto o in cortesia Teu* nuco Niceta.' L'ambasciatore, sostato per viaggio in

* Veggansì per questa epoca gli Annali Musulmani d* Abulfeda,e la Storia del B<mo Impero di Le Beaa.

' Ibn-abi-Din&r, che narra quest'aneddoto, dice precisamente 'an- dare e tenire più volte." . .

* La data' della pace e i doai che recò l'ambasciatore si ritraggono da Nowairi, presso di Gregorio, Rerum Àrabiearum, p. Ì9. Al dir di Liutpraado, presso Pertz, Seriptoree, tomo HI, p. 3ES6, Nicela fo riscat* tato con tanVorò, che niun uomo di senno ne avrebbe dato mai per un eanooo. Mi sembra più probabile che l^foezz 1* avesse reso senza riscatto, come afferma il Le Beau, Histoire du Bae Empire, lib. LXXV, cap. XI. Na

1066-967. 1 280

Sicilia, andava misurando la possanza fatemita: ac- colto onorevolmente dal governatore dell' isola, e no- tato il bell'aspetto dell' esercito; viste poscia a Susa le grosse schiere che v'erano apparecchiate. Ma a Mehdia il greco si facea strada a stento nella calca dei soldati, famigliari e cortigiani, finché, entrato nella reggia, uno splendore lo abbagliò: e condotto a Moezz che sedea maestosamente Sul trono, gli parve proprio il Creatore del mondo, non uomo mortale ; che se si fosse vantato salir su in cielo gli avrebbe risposto : "^ è incredibile, ma tu lo farai.'' Tanto si dice che confessasse Niccolò, pochi anni dopo, al principe medesimo, il quale, chiamatolo in segreto nella reg- gia del Cairo, gli avea domandato : "^ Ti sovviene del tal di eh' io ti prediceva in Mehdia saresti venuto a salutarmi re in Egitto? '*—*' È vero," rispose; e Moezz: "" Ci ritroveriBmo adesso a Bagdad; tu ambasciatore, ed io califo. '' Ma il Greco stiè zitto ; e , sforzato da Moezz, gli fé' quel racconto della luce sfolgorante di Mehdia e che adesso vedea negra di tenebre la capitale, e am- morzata nella sua faccia quella terribile maestà; donde giudicava rovesciata e sinistra la fortuna.. Moezz ab- bassò gli occhi tacendo ; s'ammalò; e non guari dopo morì (975). Che che sia di cotesto dialogo, il quale non disconviene a due adetti d' astrologia del decimo secolo, si accetteranno i particolari della prima amba- sceria che fanno all' argomento nostro : la condizione cioè deir esercito siciliano; e che Moezz volentieri

le autorità che cita il compilatore francese noi dicono punto poco; parlano della spada di Maometto che avesse mandata Niceforo a Moezz; la quale mi par la stessa presa a Rametta, e che Le Beau abbia confuso il fatto 0 rabberciatolo a modo suo.

281 [968 1

ragionasse di sue ambizioni orientali coi legati di Co- stantinopoli. ^

Già Me guerre di Niceforo e le irruzioni dei Kar- mati in Siria batteano la dinastia turca, fondata in Egitto da Ikbscid, capitano degli Abbassidi, il quale avea occupato la provincia commessagli e V avea la«- sciata a' suoi. Venuto a morte (maggio 968) il loro liberto Kafiir che tenne con man ferma lo Stato, succedettegli di nome un Ahmed, nipote dlkhseid, fanciullo di undici anni, e di fatto un reggente e due ministri i quali si sfamarono in rapine e soprusi. Indi tumultuavano le soldatesche ; i cittadini malcon- tenti prestavano orecchio alle pratiche di Moezz ; e un sensale giudeo di Bagdad, che s'era fatto musul- mano e straricco e strumento necessario delFazienda d' Egitto, visto che i nuovi signori stendesser le mani a pelarlo, si rifuggì appo il Fatemita; gli svelò le con* dizioni del paese e le vie di insignorirsene. La pesti- lenza e la carestia che in quel tempo desolavan orri- bilmente r Egitto, aiutarono al precipizio. '

Moezz ebbe sapienza e genio di amministrazio- ne , di che solca trar vanto. Narrasi che una volta, per sermonare i grandi della vezzeggiata e temuta tribù di Kotama, si fece trovare in farsetto, nel suo

Questo tango aneddoto, tolto al certo da antica cronica affricana, si trova intero in Ibn-abl-Dinàr, MS. di Parigi, fog. 28 recto, dal qaale io traduco, saitando molte parole qua e ià, ma senza aggiangerne aicana. Ibn-ei-Athlr, MS. A, tomo III, fog. 7 verso, 8 recto, lo qaasì con le stesse parole, se non clie vi mancano l'andata in Sicilia ed a Sosa. La vcn sione delio squarcio di Ibn-el-Atbtr si vegga presso Quatremère, Vie de' Moau^-^in-'Àllah , nel Journal AHatique, I1I« sèrie, tomo 11, 18S6, p. i31 dell' esUraUo.

> Ibn-Kballikan, Vita di Giawher, versione inglese 11. De Slane, tomo I , p. 310^ seg. } Qaatremère^ op. cit. , p. 27 seg.

(968.1 - 282 -

studio, tra libri e dispacci: "^d ecco,'' lor disse, ''compio speodo i giorni a far di mia mano il carteggio con r Oriente e T Occidente, in vece sedere a desco profumato di muschio, vestito di sete e pellicce, a sbevazzare al suono di strumenti musicali e canto di belle giovani ! Chi mai in questo popolo crederebbe che il principe è serrato in camera a procacciare la sicurezza e prosperità del paese e il trionfo vostro su i nemici?" E finì con ricordar loro, da moralista e da medico, tutte le virtù, anche di star contenti a una moglie; promettendo che, s'è' lo ascoltassero, così conquisterebbero i paesi orientali, com'avean fatto del Ponente.' E con ciò a consultare gli astrologi e più sovente le spie; tenere mandatarii con le man piene d* oro nei paesi agognati ; e biechi bargelli su le po- polazioni arabiche d' Affrica. Ond'ei parrebbe a legger di Filippo secondo di Spagna, se nei costumi di Moezz si notasse fanatismo ed ipocrisia , anziché un animo generoso e un colto ingegno , vago di poesia, vivace e facondo, pratico in varie lingue; il berbero, il negro e lo slavo. ' Del rimanente uom di stato non ordinò mai vasto disegno con maggior arte, ch'egli il con- quisto d'Egitto. Oltre le dette pratiche, si procacciava séguito nelle due città sante dell' Arabia ; si assicu- rava in Affrica; accumulava tesori; ordinava gli eser- citi; e cercava, per mandarli ai conquisto, un gran ca- pitano senz'ambizione.

Lo trovò o lo fece egli stesso : un Siciliano di schiatta cristiana, * Giawher, che suona "'gioiello;" se

' Quatremère, op. dt., p. 23, seg., che cita Makrizi.

> Qaatrenière, op. ciL, p. 134, 135, ancbe da ITakrizf.

3 KbodbJk'i, MS. di Parigi, Anden PoAdà, 761, log. ii6 ireao; Ibo-

283 [968.J

pur questo non è il vocabolo arabico raddolcito dalla nostra pronunzia. Figliuolo d' un Abd-Àllah, che pare schiavo rinnegato, Giawher fu comperato da un eu- nuco affricano , rivenduto a un secondo e da questi a un altro ; il quale ne fece dono al califo iatetnita Mansùr. ' Messolo a lavorar coi segretari!, Mansur poi r affrancò; donde entrava, secondo legge musulmana, nella famiglia. Era giovane di bello aspetto, lodevoli costumi j pronto ingegno, affaticante, vigilante, sen- nato scrittore e pulito, che ne resta di lui l'editto della sicurtà data al popolo egiziano ; e molto amò la poesia e le lettere, protesse cui le coltivasse, e sa- lito a potenza fu largo coi poeti. Moezz, sperimene tatolo in varii oficii pubblici, Io fece vizir; poi si con- sigliò di mandarlo (958) con un esercito di Berberi a ridurre le province occidentali d' Affrica , di cui al- cuna s'accostava agli Ometadi di Spagna : e Giawher in men di due anni occupava per molti combattimenti r odierno Stato di Marocco; mandava a Moezz i pesci

el-Athlr, anno 358, MS. C, tomo V,fog. 7 recto; Ibn-Khallìk&o, Tersione inglese di M. De Slane, tomo I, p. 540, seg;.; e il Baidn, testo, tomo I, pag* 239, dicono espressaiqenteGia'wberiZtfmt, che lignifica, come ognun sa, di schiatta greca o latina. Nella moschea el-Azhar \\. Cairo, fondata da Giawher il 561 (97t) è, ocra, una iscrizione trascritta da Makrizi e po- sta prabab^lmente dal conquistatore medesimo, il quale non vi s'idtitola altrimenti che " Giawher il segretario siciliano.* Perchè si legge chiara- mente SikilH nei quattro MS^. di Parigi , eh* io ho citato nella Biblioteca Àràbo^Sicula, testo, p. 669^070, ó lo stesso nella recente edizione di Bulak in Egitto che ho notato nelle aggiunte. Però non posso accettare la conghiet- ,iura dt M. Qnatremère» òp. cit., p. 75, il quale tradusse "Esclavon;" leg- gendo Saklabi, perchè tanti Slavi si trovavano negli eserciti fatemiti. Ho avvertito altrove che questa voce in scrittura arabica si confonde facil- ménte con Sikilli, ma nel presente caso non è luogo a dubbio; perchè nn Rumi poteva ben essere Siciliano» e non mai Slavo.

^ Khodh&l e Bafd», 11. ce.; Iba-Hammàd, MS. di M. Cherbonneau, fog. 8 recto.

(969.1 284

e le alghe presi nelF Atlantico, e gli recava egli stesso in gabbie di ferro i princìpi di Segelmessa e di Fez. Però) deliberata, dòpo la morte di Eafùr, T impresa d' Egitto , Moezz commetteva al liberto siciliano ; provvedeva con esso lai ad ogni cosa, fatti financo scavar pozzi nel deserto di Barca su la strada che dovea battere V esercito da Sort a Taiùm. Giawher s' infermò a morte in questo tempo ; e' il califo a vi- sitarlo ed assisterlo ; e sicuro dicea : " Non morrà , poiché mi dèe conquistare l'Egitto. " *

Air entrar di febbraio del novecensessantanove, ragunate le genti nei piani di Rakkàda per muovere all'impresa, apparve più brutta che mai T uguaglianza dei dispotismo. Giawher smontava di sella, baciava la mano di Moezz e Y unghia del pontificai palafre- no ; e alla sua volta, cavalcando con l' esercito , si ve- dea camminar dinanzi a pie, per comando del cali- fo, i costui figliuoli e congiunti, non che i grandi del regno. I centomila uomini che gli danno i cronisti, si- gnificano che fii possente Y esercito ; i cameli carichi d'oro gittate in forma di macine, simboleggiano, a ino' delle Mille ed una notte, il provvedimento necessario a chi andava a combattere in paese afiamato, con giunta d'infinite barche stivate grano che segui- vano l'armata alle bocche del Nilo. Nei primi di giu- gno, non lungi da Fostat, sede del governo, Giawher

> Si confrontino Ibn-Kliallilcan , 1. e, e gli altri aatori arabi citati da Bf . Quatremère, op. cit., pag. 9 ad 11, e 35. 11 capitolo d' Ibn-el-Athtr so le imprese di Giawher Ono all'Oceano è stato pubblicato da H. Tornberg io nota agli Ànnakst Regum Mauritania, (Kartàs), tomo 11» p. 382. Abol- feda, GeÒQrafia, versione di M. Relnaud, tomo U, pag. ^4, indica preci- samente la linea di operatone disegnata da Moezz.

285 [969.1

fermava un accordo coi principali cittadini ; ' conce- dendo a tutto il popol d' Egitto la sicurtà della vita, sostanze e famiglie , a nome del califo ; il quale, mosiso a pietà del paese, avea mandato sue armi invitte a liberarli dai ladroni e dagli empii e farvi rifiorir la giustizia. Scendendo alle realtà, promettea di ri"* lanciare le indebite esazioni del fisco su i retaggi; fornir le spese necessarie alle moschee; rispettare le opinioni religiose , ^ e i giudizi! secondo V usanza del paese , non contraria al Corano alla sunna ; e mantenere i dritti dei dsimmi, * Si recò allora in parti la città; chi sdegnava r accordo usci a combat- tere e fu rotto ; il vincitore, confermati saviamente i patti, entrava a Fostat nei primi di luglio. Altro non mutò dei riti che il nome del principe nella £%otAa, r appello alle preghiere, e il color delle vestimenta de- gli oficiali pubblici, di nero in bianco. Provvide al- l'azienda da uomder mestiere; pose in ogni uficio un egiziano e un aifricano ; amministrò rettamente la giustizia ; e con rara modestia esercitò il pien po- tere commessogli. " Piantajto il campo presso Fostat, disegnovvi la novella capitale, la Kàhira, ossia trion-

' GonfroDtinsì : Ibo-Khallikan , K e, e le aatorttà date da M. Quatre- mère op. cit., p. 40 seg.

' U testo ba qui la voce milla, * credenza religiosa.*

9 Ibn-Hammàd, MS. di M. Gbì)rbonneau , fog. 8 verso e 9 recto. Qoe- st' atto è segnato di scia'bàn 358 da * Giawber segretario, scbiavo del prin- cipe dei Credenti ec.* £ r amftn è accordato a tutto il popolo delRlfe del Sald, ossia basso ed alto Egitto. Credo cbé il testo risponda a quello cbe M. Quatremère ha tolto dalIMS. Le;srdedel^Nowairi e datone il principio neU Top. cit., p. 4i a 43; quantunque manchino nella versione i patti importanU di coi io fo parola. Da questi si vede che i Fatemiti non vietavano affatto il rito sunnita, e che si limitavano ad. innovare' la formola dell* appèllo alle preghiere, come ho notato in questo, volume, p. 131, 136, lib. lU, cap. VI.

*/ Ibn-Hamm&d, fog. 8 verso; Quatremère, op. cit., p. 31, 36.

|969r97ri -- 286

fatrice ; e die mano immantinente a edificarla. ' Quivi innalzò la moschea Àzahr, che fa compiuta entro due anni ; nella quale il fondatore volle tramandare ai pò* steri il nome della patria siciliana e dell' oficio ch'era stato principio di sua grandézza.' Assicurò il conqui- sto reprimendo chi si levasse nelle province ; e dando una memorabile sconfitta (971) ai Earmati, che ved* nero ad assalirlo al Cairo. '

Intanto il nome di Moezz era gridato alla Mecca e Medina ; capitani minori mandati da Giawher gli acquistavano parte di Siria ; * non ostante i Karmati, o forse per la paura che avean di loro i Musulmani , parea che i popoli da Suez all'Eufrate volesserlo ri- conoscere signore. Onde Giawher tanto insistè, che il trasse a trasferir la sede in Egitto ; il che se non bastò a dare ai Fatemiti Tambìto impero musulmano, fece durar due secoli la dinastia, la quale, rimasa in Affrica , sarebbe stata spiantata di corto. La prodi- giosa fertilità deir Egitto ; la postura che ne fa scala del commercio tra T Oriente e V Occidente ; la poppla- zione gran parte cristiana, docile o servile e attaccata al suolo, offrian salda base a una dominazione reg- gentesi sugli ordini dell'azienda, d' una setta e d'una tribù berbera, non su popolo ed armi di sua propria nazione : oltreché i padroni d'Egitto, per necessità

< Quatremère, op. di., p. 48.

* fioco, secondo Makriii, riscriiione in giro della' copola sul primo portico : t. In nome di Dio ec. EidiBcata per comando del servo e amico di » Dio A1;)tt-Temlm<-Ma*dd-Bfoez£*U-din-AUalr prìncipe dei Credenti (sol 9 qoale e sugli e|{regi suoi progenitori e discendenti siano le benedisioni di » Dio) , e per opera del servo di esso prindpe, Giawher il segretario siei« » liano , l* anno 360. i BibHoteea araba^CMla, p. 609^70.

* Qoatremère, op. cU., p. 57, 83» seg.

* Qaatremère, op. cit., p. 51, 65, 69, seg.

287 imi

geografica , comandaron sempre alla Siria e tennero le chiavi deir Arabia occidea^e. In Affrica, al contra- rio^ i Fatemiti non avean potuto vincere la nimistà dei cittadini arabi in sessant' anni di terrore e di sferza, ' non spegnere V antagonismo del sangue ber- bero racceso dalie sètte kharegite ; e mentre e' con- quistavan T Egitto, erano necessitati raccomandarsi alla tribii di Sanhàgia per reprimere un altro ribelle che seguìa le orme di Abu^Iezid.' Sanhàgia, con- dòtta dalla famiglia zìrita, lor prestava le armi con si cieca lealtà da far serva stessa. i Kotamii sof^ frivano che il califo comandasse in casa loro : ' d' altronde bastavano a tener Y Affrica, fecondo insie- me da pretoriani in Egitto e un pugno anco in Sicilia. Moezz si deliberò dunque à sgomberare d'Affrica per sempre, recando seco arredi, tesori, armerìe e fin le ossa degli avi. Partì d' agosto novecensettanta- due; sostato alquanto a Sardegna, villa dV Affrica che par abbia preso il nome dai Sardi che vi soggiorna- rono,* con magnifica lentezza entrò al Cairo di giti-

^ Si veggano i molti falli che provanì qaeslo, nei Riddh'-en^Nofus , fog. 9i Tèrso , 03 verso, 96 verso ec, e le altre citazioni di qaestp MS. die Ila fatte M. Qaalrenière, op. cit., p. Ì3 seg« Non intendo dire delie cagioni del trasferimento (iella sede in Egitto> su la qnale il concetto mio è al tutto diverso. '

* Ibn-^l-Attiir, MS. C, tomo V, anno 3SB, fog. 367 recto. 11 nome del capo era Abu-Kharz o Abu*Kherez della tribù di Zenata, e 1 suoi seguaci delle due sètte sifrita e naklcarita. Nei MSS. d'Ibn-Kbald&n è chiamato Abu- Gia'fiir: HUloiredu Berbères, versione, temo, II, pag. 5i8, Appendice. vegga anche Quatremère, op. cit., p. 62. ^

s Per Sanhàgia si vegga ibo-el-Athìr, MS. C, tomo V, «nno36t; per I^otama» Mal^rìzl» citato da M. Quatremère nella detta. opera» p* 30.

* Ibn-el-Athlr, I. e; Bekri e Ibn-Khaldùn citaM da M. Quatremère, stessa opera , p. 86, npta t^ Indi è venuto., come avverte questo dotto orientalista, 1* errore di un supposto viaggio di MoeH nell* isola dt Sarde- gna. Si vegga anche Wenricb, Cimmentarii, Ub. 1, cap. Xill, § 113.

IW2.1 288

gno novecensettantatrè ; assestò le cose pabblicKe con Giawher ; poi messe da canto Y illustre liberto, il quale mori il nQvantadue ; e il suo figliuolo Hosèin, generalissimo del nipote di'Moezz, fu ucciso da quello a tradimento. ^

Di rado ci occorrerà ormai di ^ tornare alla sto- ria dell' Egitto ; e di Moezz , basterà aggiugnere gli ordini politici lasciati nelle antiche province. Presto ei depose, se pur T ebbe mai, il pensiero di commetr- tere V Affrica a un Àrabo di nobil sangue , il quale , non sarebbe stato contento a picciola autorità ; bastante a tenere il paese coi coloni arabi contu- maci. ' Si volse pertanto ai Berberi , alla tribù di Sanbàgia, alla famiglia ztrita, al capo Bolukktn, e, per arabizzarlo^ gli die nome di lùsuf-abu-l-Folùh e titolo di Seif-ed^-^wla, ossia Spada dell' imparo; Il quale gli avea prestato mano forte contro i ribelli , come il padre al padre di lui; e sapea bene Moezz, che, non lasciandolo governatore, quei si potea far prìncipe.' Bolukldn, che il sapeva anco, non si dolse che gli scemassero X impaccio del governo civile : che Moez2^ eleggesse i cadi , e qualche capo di mili- zia ; * che un consiglio degli oficiali pubblici trattasse la soqaima degli affari ed egli facesse eseguire le deli-

^ Ibn-KbaUlkan , versionie inglese di M. De Siane, tomo i, p. 340, seg. ' Qaatremère, op. cit, p. S7, da Makrizi. Si yegga nel presente Tela- rne, pag. 237, nota 2.

* Ibn-el-Athir , anno 361 , MS. G , t<Mno IV, fog. 370 recto e Terso , e tomoV, fog. iO Terso.

* M. Qnatrembre, op. cit., p. 88, secondo Malurizi, dice t eapì. Farmi si deliba intendere di qualcht capò; poicbè si trattaTa certamente del«mer* cenarli e delle milisie arabe ; non già della Teca forza, cioè la tribù di San- b&gia» la quale aToa gli ordini militari suoi proprii.

289 19TJ.I

bera^oni/ Assentì anco a più duro taglio: che fosse po- sto da Moezz un direttore sul kharàg^ ed un sii le tasse ' diverse, entrambi mezzo independenti dal governo d'Affrica;* i quali lungo tempo mandarono moneta in Egitto.' Ond' era proprio quel governo bipartito che la dinastia volle porre in Sicilia e non le venne fatto. Moezz si promettea di perpetua obbedienza da Bolukkin ; ^ ma , come fan sovente gli uomini di sta- to, fruiva del comodo oggi e rimetteva al domani le cure del pericolo che non si polea causare.

Assestata così Y Affrica fatemita con un viceré

< Qoatremère, 1. e, da Makrizi.

> Ibn-el-Atbtr, 1. e, e Ibn-Khaldùn , Storia dei Fatemiti, in appen- dice alla Hisioire de» Berbere» del medesimo autore, tersione, tomo H, p. 550. Il primo aggiugoé che Moezz comandò ai due direttori di earteg- giarsi con Bolukkto. Certamente per la forma, e per aver mano forte al- l'uopo. Si noti la distinzione delle amministrazioni del hharàg e delle tasse diverse. La distinzione pàrmi fatta non solo perchè eran diversi i modi di riscossione, cioè l'uno tassa invariabile e diretta, com'oggi diciamo, e gli altri tasse mutabili e in parte indirette, ma anche per la diversità dei territorii e delle genti. Il hiarég principalmente si dovea trarre dall'Affrica propria , credo sia stato mai consentito dalle piil forti tribù berbere. Koiama anche volea pagare la decima musulmana. Si vegga Quatre- mère , op. cit. , p. 50.

3 11 Baiàn, testo, tomo I, p. 238,. narra, V anno 366 (976-7) e il se- guente, che 400,000 dinar raccolti a Kairevvàn furono mandati'in Egitto dal direttore. Questo fatte tronca ogni dubbio.

^ Lo dice espressamente Ibn-el-^Athlr. È da notare che su questi primi ordini del governo zirita i compilatori orientali differiscono dagli affricani. Ibn-el-Athlr, e più di lui l'egiziano Makrizi, ristringono T autorità di Bolukktn. Ibn-Khaldùn, nel luogo tesiè citato, riferisce in compendio gli stessi fatti; ma nella EUioire de» Berbere», versione, tomo II, p. fO, dice quasi lasciato assoluto potere a Bolukkin. Iodi è manifósto che i primi compilavano sui cronisti egiziani, e che Ibn-Kbaldùn nella Storia dei Fa- lemlti copiò Ibn-el-Athtr, e in quella dei Berberi seguì le autorità affricane, seliza curarsi della contraddizione: il che gli avvien sovente. Ognun poi vede che i Cronisti d'Egitto sotto i Patemiti sosteneano ir dritto della di- nastia, e quei d'Affrica sotto gli Ztriti, già scioltisi dall'obbedienza all'E- gitto , voleano fare risalire l' independenza fino ai primi principi! del go- verno ztrita.

u. 19

|969.| 290

che comandasi^e dalle rive occideutali del golfo di Cabès fin dove potesse verso T Atlantico, il cauto Moezz eccettuò Trìpoli, Adgàbia e Sort a mezzo- giorno del golfo; commettendole ad altre mani, per aver libero il passaggio dall'Egitto, se mai venisse in capo a Bolukkfn di tentar novità. Eccettuò anche la Sicilia, data da tanti anni e testé confermata ai Beni--abi-Hosein di Kelb. ^

CAPITOLO V.

Moezz volle auco far prova a raccogliersi in mano il fren della Sicilia. Del trecencinqiiantotto (24 nov. 968, 12 nov. 969), mentre Giawher. era in su le mosse per T Egitto, si notò che, giunto in Mehdia pn oratore bizantino con ricchi presenti, il califo comandava di smantellare Taormina e Ra- metta , ristorate poc' anzi. Il che fu si grave ai Mu- sulmani deir isola' che X appiccarono a consiglio degli Infedeli : come X odio pubblico lascia sovente le giu- ste accuse, e va a trovare le più assurde. L'emiro Ahmed, temendo peggio che parole, mandovvi con genti il fratello Abù-l-Kasem e lo zio Gia'far ; i quali, accampatisi tra le due città, le fecero diroccare ed ardere.' Era il preludio d'un colpo di stato; perchè

< Iborel-Àtbtr, anno 361 , MS. C, tomo IV, fog. 370 recto, e tomo V, fog. 40 recto , ison le varianti cbe bo notato nella Biblioteca Àrabo-Sieula, p. ^67 del testo.

'Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Àrabicarumt p. 19.

' Nowaìri, 1. e. frase che il Di Gregorio stampò erroneamente nel

-^ 291 - [069.1

Moezz lo stesso anno richiamò in Aflrica Abmed con tatti i suoi, ^ il quale volentieri ubbidì.. Ei fu preposto al navilio, * ed il cugino Ibn-Ammàr ad una sqbiera che dovea mandare di rinforzo a Giawher;* Mo- hammed , fratello d' Abmed , rimase a corte fincb' ei visse, fidalo e Caro a Moezz sopra ogni altro amica/ Manifesto egli è dùnque che ai Beni-abi-Hosein fu promesso alto stato appo il califo in Affrica o in Egitto; e che Taormina e Rametta furono spiantate perchè le tenean gli Arabi Siciliani, i quali era mestieri disarmare pria di offenderli. Abmed se ne andava dopo sedici anni e nove mesi di governo, in su la fine deltre- cencinquattotto (ottobre o nov. 969). Fece uno sgom- bero di casa : figliuoli, fratelli, congiunti, famigliari, clientela, ricchezze, arredi, quanto si potea portar via; caricatone trenta navi salpò l'emiro per Mehdia. Lasciò un solo liberto del padre^ per nome la'isc ; al quale Moezz commise il reggimento della Sicilia. '

^

I

testo» e tradusse vi earum edificia di^icerent, va corretta "onde en« trambi (Abu-l-Kasem e Giatar) posero il campo tra le due città." Cosi anche IMia spiegato M. Quatremère, op, cit. , p. 68. É supposizione natia cbe si attribuisse tal provvedimento ai doni dei Bizantini; ma se no» per* che accoppiar quei due fatti ?

« Nowairi, 1. e. ; Abulfeda, Ànnales Moilemiei, an. 336 ; Ibn^-abi-DinAr, MS. di Parigi, fog. 38 recto.

9 Àbolfeda e Ibn-abi-Dinàr , 11. ce.

3 Quatrémère, op. cit., p. 84.

* Makrizi, Mokaffn, MS. di Leyde, tomo 1, sotto il nome di Mobam- med*ibn-Hasap-ibn-Ali etc, detto il Siciiianp. Il biografo aggiugpe cbe ammalatosi costui, al Cairo, Moezz l'andava a visitare, e che venuto a morte del 363 (973-4) lo compose egli stesso nel feretro, e recitò la prece sul cadavere. Questo Mobammed era nato il 310 (931), e però prima della ve- nuta del padre in Sicilia. >

> confrontino: Nowairi, Abulfeda, Makrizi e H>n*abi-DinSir, 11. ce., ma r ultimo sbaglia la data. Tutti dicono la*isc surrogato dallo stesso Abmed. Ma convien meglio alla ragion del fatto la narrazione d* Ibn-el- Alhir, anno 359, MS. G, tomo IV, fog. 368 verso, e (omo V, fog. 9 recto,

K| - 292 ~

Ma le tribù, leggiamo, asseóibrate neir arsenale vennero a contesa coi liberti di Kdtama , li combat- terono e ne fecero strage. * Le tribù di certo signi- ficano i corpi del giand d' arabi siciliani , ordinati se- condo loro schiatte. Liberti di Eotama, di certo gli stranieri Negri, Slavi, Berberi e d* altre tribù, e fors' anco rinnegati cristiani di Sicilia o di Terrafer- ma, che i capi di Eotama aveano manomessi ed ar- mati per rinforzar loro squadre, troppo poche ormai ai bisogni della dinastia. parmi abusafe il dritto d' interpretazione se aggiungo che il giund siciliano fieramente nimicasse i liberti di Eotama per cagio- na del /i3t, creduto suo proprio retaggio, del quale ve- dea partecipare quegli usciti di schiavitù; e fórse lor erano stati concessi gli slipendii ricaduti per la par- tenzà dei Eelbiti. Il tumulto par che fosse seguito allo scorcio del novecensessahtànove. ' L' arsenal di Palermo sondo po^to nella Ehalesa , ' e' si vede che

cbe la*isc fosse stato eletto da Moezz. Ibo-Khaldùn , Bistoire de l'Apique et de la Sicile, versione, p. 172, segue questa tradizione t ma erronea- mente dice che Abmed fosse stato eietto dai Siciliani alla morte del padre. Si confronti il presente volume, Libro IV, cap. Il, pag. 249, nota 1.

' Ibo-el-Atbtr, anno 350, MS. C , tomo IV, fog. 368 verso, e tomo V, fog. 9 recto. Il testo ha habàil, plurale di kabila, che significa ana^ delle suddivisioni della tribù arabica. Gli scrittori arabi del decimo secolo che parlan dell' Affrica usano cotesto nome generico per designare le tribù sia d'Arabi, sia di Berberi, ed in oggi nelle province d'Algeri e di Orano (non già in tutta r Algeria in tutto il resto dell'Affrica) si chiamano Kabili, come ognun sa, i soli Berberi. Nondimeno nel presente passo d'Ibn-el- Atbìr, copiato da croniche del X o XI secolo la voce kabdil non si può Intendere altrimenti che tribù di Arabi Siciliani; primo perchè è messa assolutamente senza appellazione etnica cbe la determini; e secondo, per- chè in Sicilia a quei tempo la lite non potea nascere se non che tra 1 coloni arabi ed i pretoriani. I Berberi della Sicijla meridionale non contan più dopo la guerra del 940, e non fecero mai parte della popolazione di Palermo.

* In novembre 969 partirono i Kelbiti , e in giugno 970 tornarono.

' Ibn-Haukai, Deseriptioh de Palerme, nel Journal Atiatiqtie , IV« sè- rie, tomo V, p. 93.

295 1970.1

la'ìso, perduti ì suoi sgherri entro la stessa cittadella, non ebbe difesa contro i sollevati.

Com' avvenne sempre in Sicilia , il fuoco di Pa- lermo si appigliò subito alle altre città : ammazzati nelle partì * di Siracusa i liberti kotamii ; subbugli e zuffa per tutta Y isola ; rotto il freno alle nimistà : indarno la'isc cercò di racchetare gli animi, sospetto com'egli era, senz armi séguito, onde ninno lo ascoltò. Le milizie trascorsero a rapine e violenze sopra i terrazzani;' dettero addosso alle città cristiane assicurate: * difendendo lor proprii dritti, non ebbero rispetto agli altrui. La forza fatta ai Cristiani mostra che in fondo si dolessero della distribuzione del fei, e che pretendessero riparare T ingiustizia . prendendo? selo dassè. Moezz, risaputo cotesto scompìglio quando forse non era spenta la ribellione della tribù di Zenata in Affrica,^ ed i Karmati gli minacciavano il recente conquisto d'Egitto, non si ostinò contro i Siciliani, lieposto la'isc, mandò nell' isola Abu-1-Kasem-Ali- ibn-Hasan, con grado di vicario del fratello Ahmed; per dar a vedere che non avesse mai pensato a mu- tare né gli ordini gli uomini. Al cui arrivo, che seguì il quindici scia'bàn del. cinquantanove (S2 giù-

« Così litteralmente il testo : parti , contrada , viclnaùza. Porse si tratta del distretto 0 f'MIm.

. * Il testo ba uo vocabolo analogo e derlTato dalla stessa radice che il ra'ta, che tatti sentiamo ripetere nei fatti dèi paesi mosulmani d'oggi- dì. È però si deve intendere principal niente dei sudditi cristiani.

> Questo importantissimo fatto della rivoluzione contro la'isc è riferito dal solo ibn-el-Athlr» 1. e, e appena accennato da Ibn-Kbaldùn, Bistoire de l'Afirique et de la Sieiìe, versione, p. 173.

^ Seconda Ibn-el-Atlilr , anno 388, MS. G, tomo V , fog. 367 recto, il capo di quésta ribellione si sottomesse di rebi' secondo 359 (febbraio e mano 970). Sul nome si vegga qui innanzi la nota 2 della pag. 287.

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gDO 970), posarono i tumulti ; la colonia lietissima r accolse e docile gli ubbidì. *

Entro pochi u^esi Ahmed , veleggiando con Y ar- mata affricana alla volta d' Egitto » s' infermava a Tri- poli, dove di corto morì. E in novembre del nove- censettanla Moezz scriveva insieme ad Abu-l-Ea^em lettere di condoglianza per la morte del fratello e il diploma d' investitura ad emir di Sicilia. ' Lo stato rassodò nelle mani di quel gii^sto e generoso.*

Capitò in questo tempo (972-^73) in Palermo Abu-1-Kasem-Mohammed-ibn-Hàufcal che ci ha la- sciato una descrizione della città. ^ Ibn-Haukal nato a

< Si coiifrontiDO : Ibn-el-Athtr, anno 359, MS. G, tomo IV, fiog. 368 Terso; lbn*Kba1dùn, 1. e. ; Abulfeda, Annales Modefi\ieif tomo li, anno 336; Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 19; ìbn-abi-Dinàr, MS. di Parigi, fóg. 38 recto, il giorno della venata d' Abu^l-Kasem in Pa- lermo risponde esattamente al computo degli anni del suo governo che fa Ibn^el-Àlbìr, narrando la sua morte seguiu il 20 mobarrem 372. Egli avea tenuto r oficio, al dir dell' annalista, 12 anni, 5 mesi e 5 giorni, che sono secondo il calendario musulmano 4405 giorni. Si vegga Ibn-e)»Atblr, an- no 371 , che citeremo in fin del capitolo V( del presente libro. Abulfeda la stessa cifra di Ibn-el-Àtblr; Ibn-abi-Din&r dice in numero tondo ìi annU e il Baidn con errore il.

* Si confrontino: Abulfeda, Annùles Moslemiei, an. 336, tomo II, p. 446, seg. Nowairi , presso Di Gregorio, RerumArabicarum , p. 19; Ibn-Khaldùn, Sistoire de VAfrique et de la SidUt versione, p. 172. Secondo il primo, Ahmed morì negli ultimi mesi del 359 (fino al 2 nov. 970), e Moezz scrisse al fratello il 360 (dal 5.nov.).

' Ibn-Rhaldùn , l. e. La versione ha * integro * invece di " generoso,* come bo tradotto appigliandomi alla variante di un MS. di Tanis.

^ Questo capitolo della geografia d'ibn-Haukal fu pubblicato da me con versione franceì^e nel Journal Atiatique del i8i5; IVe série^ tomo V, p. 73, seg.; poi in iuliano nellMrcAtvto Storico, appendice XVI (1847), p. 9, seg. , con le varianti ricavate dal MS. di Oxford. Adesso due arti- coli del M'ogem-^l^Rolddn, di lakùt, che do nella Biblioteca Arabà^Sicula, p. 107 e 120 del testo arabico , mi abilitano a correggere alcuni luoghi e supplire altre notizie le quali mancano nelle copie d' Ibn-Haukal,- che ab- biamo in Europa; ma si trovavano al certo nella edizione ch'ebbe per le mani làkùL Le differenze che si vedranno tra quel che scrivo adesso e le mie versioni del 1845 e 1847 vengono in parte dalle dette corréuoni e in parte

295 (972 J

Bagdad in mezzo air anarchia pontificale , viaggiò trentanni (943-76) per genio di studiare i paesi e gli uomini, e bisogno di mercalare ; percorse la più parte degli stati musulmani, dalF Indo alle spiagge* settentrionali d'Affrica; * e s'ei non passò in Spagna, toccò pure la terraferma italiana a Napoli , dove traean per loro traffichi i Masulmani d/Ogni parte del Medi- terraneo. ' La geografia d' Ibn-Haukal , compilata in parte su gli altrui Scritti ed in parte sul taccuino di viaggio, pecca al soIHodi preoccupazioni, giudizi! pre- cipitósi, fatti facilmente creduti air altrui ignoranza o passione : opèr^ d' ingegno non esercitato in scienze lettere; pur ^' ha un tal senno mercantile che nel segno discorrendo le cose pubbliche; e se ne ca- vano genuini ragguagli su gli itinerari!, le usanze, le derrate, le entrate pubbliche e gli ordini ammini- strativi. Della Sicilia Ibn-Haukal altro non dice, se non essere lunga sette giornate di. cammino e larga quattro, tutta abitata e coltivata, montuosa, coperta di ròcche e di fortezze, ed esserne. Palermo metro- poli e sola città importante per numero di abitatori e fama nel mondo. E di Palermo discorre più e meno del bisogno ; tacendo i fatti economici che suol andar notando per paesi anco minori e che son forse per- duti con un opuscolo ch'egli intitolò: "I Pregi dei

r

da migliore riflessione, e, se mi si vòglia concedere, da on poco più di pratica nella lingna. Oltre a ciò debbo avvertire cbè nella versione italiana e più nelle' note corsero moltissimi errori di stampa. La citazione d' Ibn- Hankal e lakùt valga per tatto il resto del presente capitolo.

* Su la vita e le opere dMbn-Haukal si veggano :.Uylenbroekt ^''fl- fié^tnìcm descriptio, Leyde, 1822,ìn-4e; e Reinaud, Géographie d*ÀbQul- feda; introduzione, p.LXXXii, seg.

* Si vegga il Libro III, cap. Vili, pag. 178, nota 2, di questo volume.

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Siciliani, " ovvero con uq altro libercolo o capitolo della Geografia, del quale ci è sol rimase qualche fram- ' mento. *

La pianta di Palermo, eh' agevolmente si può deli- neare con questa scorta e coi ricordi archeologici^ ri- trae le vicende essenziali della Sicilia fin dal conquisto musulmano e la sorte della colemia che si bilanciava tra una virtù e un vizio. Virtù di accentramento e civiltà; vizio di divisione: le schiatte, le. classi, le re- ligioni, per mutuo sospetto separate d'animi e di sog- giorno; onde ne crescea tanto più la ruggine tra loro. jChe se furon tali tutte le metropoli del medio evo, Palermo anco serrava i cittadini in un muro e una fossa. Spartivasi, dice Ibn-Haukal, in cinque regioni {hàràt); ma poi chiama cittadi ' due di quelle, come bastionate e vallate ciascuna dassè! L'una, detta Gas- sarò [Kasr)^ la vera, ei nota, ed antica Palermo, affor- zata d' alte e robuste muraglie di pietra , fiancheggia- ta di torri, abitata dai mercatanti e dalla nobiltà mu- nicipale. ' L'altra, la Khàlesa, cinta di minor piuro, soggiorno del sultano e suoi seguaci , non avea mer- cati né. fondachi, ma bagni, oficii pubblici, Tarsena-

V

^ L' autore , ne* MS. che abbiamo in Earopa , accenna il primo opu- scolo in fin della descrizione della Sif^lia. 11 titolo e qualche altro panico- lare leggono nel citalo passo del Mo'gem^UBoldàn , di lakùt , il quale ebbe certamente alle mani il secondo opuscolo su la Sicilia, o altra edi- zione più copiosa della Geografia.

* Così nel testo che abbiaiho. Neiraltra edizione di cui lakùt ci serba i frammenti, par che Ibn-Hankal abbia chiamato anche cittadi le altre tre regioni.

' (bn-Haukal dice di proposito dei soli mercatanti; ma venendo a toccare la «pperbia dei cittadini, come innanzi si vedrà, confessa senza volerlo che soggiornassero nel Kasr le famiglie ragguardevoli che avean moschee proprie e vi si davan lezioni di dritto; cioè Smembri della gema\ la nobiltà cittadina, come noi diremmo.

297 -~ (972.1

le,' la prigione. Più popolosa e grossa che le due solenni città del municipio e del governo, la regione non murata detta delli Schiavoni, dava stanza alla marineria ed ai mercatanti stranieri che traeano in Palermo. ' Eran altresì aperte , e non dissimili T una dair altra, le Regioni Nuova e della Moschea , le quali racchiudeano i mercati e le arti : cambiatori , olian* dòli, venditori di frumento, droghieri , sarti, armaiuo- li, calderai, e via dicendo ciascun mestiere dassè, di- viso dal rimanente ; se non che i macellai teneano oltre cencinquanta botteghe in città 'e molte più fuori. Due contrade,, eh' Ibn-Haùkal intitola regioni senza porle nel novero delle cinque, si addimandavano dei Giudei e di Abu-Himàz. Similmente il Me^sker, che suona Stanza di soldati, par fosse ricinto a parte. * I sobborghi che serbavan vestigia dei guasti durati nelle guerre dell' independenza, correano a scirocco frammezzo ai giardini fino air Oreto , ove si sparpa- gliavano su la sponda; ed a libeccio salivano dal Mésker in fila continua fino al villàggio di Baida. ^ La postura delle regioni si ravvisa di leggieri. HCassaro

* * .

*■ Ibn'-Haukal non dice la condizione e nazione degli abitatori, ma che quiyi era il porto: il che basta. D'altronde sappiam che fossero in quél quartiere, gli stabilinienti dei Genovesi, infino ài ^VH secolo; e y\ ripoane tuttavia la Chiesa di San Giorgio detta dei Genovesi. Quivi anche giacea nel XI (secolo la contrada detta degli Amalfitani, come ritrasse dai diplomi il Fazzello, il quale aggingne che del suo tempo v' era una chiesa di Sani' Andrea degli Amalfitani.

* Ibn-Haukal seri ve helei, che è vago t]uanto paese. Par che vòglia dire di tutte le cinque regioni, non delle due sole murate.

' Lo fu di certo nel XII secolo, onde il nome che portava di halkà, in cui la prima lettera si irascrivea in modi diversi nei diplomi ; come dirò a suo luogo. Ibn*Haukal, senza notarlo espressamente, parìa del Me'sktr come di contrada fuor la città vecchia. ^

* Si vegga la pag. 68 di questo volume.

[972] 298

in mezzo, in forma di nave che volgesse la prora a tramontana. Come ancorata per traverso, a greco, la Khàlesa; da levante a libeccio la Regione della Mo- schea, la Regione nuova e il Me'sker: gli Schiavoni, in line^ paralella al Cassaro, dal lato di ponente.

Il mare, si come è manifesto, entrando per una stretta foce che non è punto mutata, disgiungea la Khàlesa dalla estremità settentrionale delli Schiavoni ; e imbattendosi nella punta del Gassaro, si fendeva in due bacini o lagune ; dei quali su l' occidentale era costruito nelli Schiavoni il porto di commercio; su quel di levante nella Khàlesa , V arsenale. Se mai nel!' an- tichità le lagune bagnarono tutti i fianchi della città, erano rattratte nel decimo secolo al tronco e ai due bacini; di che resta, dopo novecént' anni , il sol tronco detto la Gala. * Perchè scrive ibn-Haukal che parec- chi grossi rivi, ciascuno da for girare due macine.

* Nel XVll secolo un Giambattista Harìogo, sn vaghe antoritii, disegnò una carta dell' antica, Palermo» copiata poscia a colori in certi quadri »uno dei quali passò nella Biblioteca Comunale. 11 Morso fé' ridurre e incidere oosì fatta pianta e vi fabbricò sopra la sua Palermo dei tempi normanni , nella quale le navi veleggiano troppo dentro terra d*ambo i lati della città veccliia. V attestato d' Ibn-Haukal tronca adesso ogni lite, poich* ei ci dice quali acque Separavano la città vecchia dalli Schiavoni, e che dairal- tro Iato si usciva nella regione della Moschea e dei Giudei , delle quali sappiamo il sito attuale , cioè P oficio della posta, la strada dei calderai, ec. Ma in vero i diplomi dell' XI e XII secolo non concedeano al Morso di ti- rar sì in alto il mare. Ei Io fece arrivare fino alla Biblioteca Comunale odier- na, supponendo Che gU statuti di una confraternita della Madonna delle Naupactitesse, i quali si leggono in una pergamena greca della cappella palatina, lo appartenessero alla città di Palermo; 2o'che vi fosse fatta menzione di un quartiere di Naupactitessi , anziché di un monastero di Naupactitesse |jt» t>ì tóJ» vaJtraxTiTTjwMtf /*ovv]); e S* che questa voce si- gnificasse * costruttori di navi" non già "donne di Lepanto (WaucraxTo?). A sno luogo dirò più particolarmente di cotesto diploma, eh' è stato alle- gato per provare la fondazione di detta confraternita ptima del conquisto normanno.

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frastagliavano tatto il terreno tra il Cassaro e li Schiavoni; e dove oìffrìan comodo ai mulini, dove si spandeano in laghetti ,. dove facean pad oli che vi crescea la canna persiana o vi si coltivavan piante d' ortaggio, * a Tra così fatti luoghi , ei dice , è una fondura coperta del papiro da scrivere , oh' io pensai non venisse altrove che in Egitto, ma qui ne fabbri- cano cordame per le navi e quel po' di fogli che occor- rono al sultano. » E però non sembra inverosimile che sia di Sicilia, anzi che d'Egitto, il gran papiro con lettere arabiche a mo' di marchio. di manifattura, sul quale è scritta una bolla di Giovanni ottavo a prò deirabbadia di Tournus in Francia , data il primo anno di Carlo il Calvo imperatore (875) e serbata nella Bi- blioteca di Parigi.' La pianta egiziana ministra dell' an- tico papere, recala forse dai Greci a Siracusa e dagli Arabi in Palermo, crebbevì oziosa fino al secol decimo sesto, quando, prosciugato lo stagno, gli rimase il nome e si chiama anch' oggi il Papireto.

Invece di paduli ed umili culture, la campa- gna di levante lussureggiava d' orti e giardini da diletto su le sponde delFOreto, che s' addimandava

' Ibn-Haakal precisamente dice: ottime piantagioni di iucche.

* Bulle de Toumw, lltografiata per uso deU*École des Ghartes, Pa- ris 1835. Si vegga anche Marini, Papiri Diplomatici, p. 26, 27, 222, 225. Questo papiro è lungo parecchi metri , e largo 58 centimetri. La leggenda arabica , tramezzata di qualche line» rossa , si scòrge in capo del ruolo in caratteri corsivi grandi e franchi, tratteggiati con un pennello a colore fn oggi bruno, anziché nero d'inchiostro; ma sendo molto frusto il papiro in quella estremità, vi si può leggere appena qualche congiunzione e pre- posizione, qualche sillaba interrotta, la voce allah, ed un brano di nome Sa*id-ibik„„ li commercio della Sicilia musulmana con Napoli, e le note relazioni di Giovanni Vili con quella città e coi Musulmani , dan valido ar- gomento a supporre p'alermilano cotesto papiro , il quale per altro sembra più grossolano che quei d'Elgitto.

1972.1 - 300 -

Wed-AU>às, e cosìmfino ai tempi normanni e sve- vi ; ^ ma oggi ^a ripigliato il nome classico. Salivano i giardini e si mesceano ai vigneti presso il villag- gio di Balharà, * voce indiana , ' vinta adesso dalla latina appellazione di Monreale, presso il quale giaceva una miniera di ferro, posseduta prima da un di casa d'Aghlab ed or dal stiltano che adoperava il metallo alle costruziotii navali. Il fiume volgea gli altri mulini ab- bisognevoli a si gran popolo. E scende Ibn-Haukal a rassegnare le scaturigini d' acqua della città e dei dintorni , delle quali alcuna serba il nome ; * ma egli ne tace due di nome arabico, onde sembrano sco- perte neir undecime secolo. ' Contro l'opinion co- mune, e' si vede che ì Musulmani di Palermo sciupa-

* Abbesìn un diploma del 1164, presso Hongitore, Laerte domus Mamionis..,. Monumenta, cap. V; Hahes in an diploma dd 1206 presso Pirro, Sicilia Sacra, p. i29, e Audhahes, Àvedhabes, o Leudhabes in altri del 1207 è i21 1 , op. cit. , p. 130, i36, con le note del D* Amico. Non occorre di spiegare che Aud,Àved, Leud, sieno trascrizioni della voce arabica Wedf fiume. Àbbàs è nome proprio d'uomo.

* \\ nome agevolmente riconosce nel Bulehar di Fazzello^ Deca I, Hbro Vili, cap. 1, e nel Segeballarath , ibld., come un tempo si chiamava, al dir dello slesso autore, la piazza odierna Ballare, Senza dobbio era corruzione di Suk-Balharà, *il mercato di Balbard,*il quale villaggio ap- punto s'accostava da quel lato alla città.

" Si vegga il Libro III, cap. I, p. 34 del presente volume.

* Ghirbàl, 'cribruro," oggi Gabrieli. Il nome arabico potea beo essere il latino del quale ha la significazione.

Fauidra, "polla d'acqua," oggi La Favara.

Àin^Abi'Sa'id "fonte di Abu-Sald," che fu un tempo, al dir d'ibn- Hankal, governatore del paese. Si vegga il Libro III, cap. VII, p. 157 di questo Volume. 11 Fazzello trovò nei diplomi Àin^Seitim; oggi Ànnisiinni o. Dennisinni.

B Gàrraffu eGarraffeddu, diminutivo siciliano del primo. Gharrdfè ag- gettivo * abbondante (d'acqua). * Ìl situerà laguna o padule al tempo d'ibn- H^okal , giacendo fuor la punta settentrionale del Kasr. B però queste due fonti, 0 almen la. prima, furono scoperte tra il X secolo e la' metà del XII, pria che si cominciasse a dileguare il linguaggio arabico.

301 [972.]

van tanto tesòro di acqae. Ibn-Haakal, nato in sul Tigri, chiama pure il Wed-Abbàs gran riviera, onde fa supporre che lo ingrossassero tante polle oggi condotte ad uso della città. ' dimentica che del territorio parte fosse adacquata con canali, parte delle sole piogge si come in Siria. Fecegli maggiore meraviglia che li abitatori della parte orientale del Cassare, della Khàlesa e dei quartieri di quella banda, bevessero la greve acqua di lor pozzi. Donde è manifesto che non si debba riferire alla dominazione musulmana quella egregia economia idraulica che in oggi acque correnti in tutte le parti della città, fino ai piani più alti delle case. Risguardando alle voci tecniche dei fontanieri di Palermo che son me- scolate greche, latine ed arabiche, si scopre T opera comune delle tre schiatte unite sotto i Normanni: e ,però differiamo a trattarne neir ultimo libro.

Venendo ai monumenti, Ibn-Haukal notava la Moschea gidrni'deì Cassare, una volta tempio cristia- no; nella quale serbavansi, al dire dei logici della città, le ossa d'Aristotile; ma ei noti si fa malleva- dorè che d'aver visto il feretro, appeso in alto, e udita la tradizione che gli antichi Greci solessero im- petrare miracoli dalle ceneri del filosofo in tempi di siccità, pestilenze o guerra civile. Donde è libero il campo a porre il mito e il monumento innanzi o dopo l'èra cristiana; richiamandoci il nome all'antichità,

* si potrebbe aggiugoere a questa cagione la mutata o trascurata col- tura delle montagne che accresce le piene del torrenti, ma fa menomare le acque perenni. La valle di questo fiume> dove fa grotta nel sasso, mo* stra che un tempo il letto dovea essere assai più largo e profondo del presente.

1972] - 302

forse al culto d'Empedocle, ma la qualità ed uso del santuario s'adattau meglio alla pietà cristiana. Ne sembra strano che alla dedizione di Palermo si fòsse pattuito di lasciare in pie tutta o parte la chiesa; e che quando la fu mutata affatto in moschea, i nuovi pa- droni, tra credere e non credere, avesser lasciato comodo palladio in qualche cantuccio fuor Tedifizio; che esempli v' ha di chiese bipartite tra le due reli- gioni nei primi conquisti; e non meno di supersti- zioni reciprocamente tolte in prestito non che tolle- rate, quando si rattiepidì lo zelo/ It Cassare, avale, era tagliato neir asse . maggiore dalla strada dritta ch'oggi ne ritiene il nome, la quale s'appellava Simdt 0 diremmo la ** Fila:" che tal era, di fondachi e botte- ghe, e, raro pregio nel mediò evo, tutta selciata. Avea la città vecchia nove pòrte, delle quali si ricono- sce il sito;* ed una era quella che, in grazia d'ésoticha lettere intagliafe su i arco e in un mtnaretto vicino, fu creduta infino al secol passato opera dei fondatori ebrei

' I fatii delle chiese e moschee di Damasco e di Cordova sono noti a tulli. Sa anche ognuno che nel medio evo principi musulmani onorarono e credettero ecclesiasUci cristiani famosi per sapere o pietà o arcana vista deiravvenire;' e similmente principi cristiani i dotti o astrologi qiasulmaiki. Secondo T autorevole testimonianza di Lane, Modem Egyptiqns, Lon- dra 1857, voi. i, p. 322, i Musulmani e i Giacobiti d'Egitto fan tutUvia fraterno scambio di superstizioni.

^ Ibn-Haukal nomina, 1 Bàb-el^-Bahr "la porta del mare;* 2Bd6-«- tcefd " la porta della Medicina" così detta da utia.fòùte vicina; 3 Bàb-Seian' taghàth^'h porta di Sant'Agata;" 4 Bab-Rùta "la ^orU di Ruta" dal no- me d'un' altra fonte ( At2/ in arabico " fiume" dal persiano Rùd e si trova il nome in Spagna); 5 Bab^er-riàdh 'la porta dei giardini" fabbricata in vece di quella, 6, detta Bab-ibn^Korkob dal nome del noto ribelle; 7 Bab^l^bnà "la porta dei figli;" 8 Bab-el^Hadi "la porta del Ferro;* 9 una porta nuova senza nome. La più parte di cotesti nomi si trova nei diplomi delXU secolo^ come ho detto nelle annotazioni ad Ibn^^Hankal nel Journal Àsiatique e neW Archivio storico italiano.

303 (972.)

o caldei di Palermo. Demolita la porta e il minaretto da un viceré spagDUoio ; serbati da dotti del paese i disegni dei caratteri che inghirlandavano il minaretto, ancorché traspósti e mutili , come s' €;raoo mesco* late e perdute in parte Io pietre, ognun vi scorge una bella é severa -scrittura cufica, e se ne può accozzare la data del- quarto secolo dell'egira e tre versetti, del Corano, di quei soliti a porre nelle moschee./ La

^ La pojTta dei Patitelli fa demolita nel 1564, e andò a male la iscri- zione che vi si vedea al tempo di Fazzello, il quale errò, credo io, a sup- porla diversa dalla Behilhaekal (Bab-el*Bahr) di cui avea trovato 11 nome nelle scritture antiche. La torrìcciuola vicina che si addimandava di Baich, dìveìiuta, di minaretto di moscKea, abitazione d* un cittadino, fu intac- cata <I al lato occidentale n,el iS34 per farvi certe ristauraziopi ; e si co- minciò allora a dislocare le pietre nelle quali correa riscrizione in unica -linea al sommo deiredlGzio; se non che Fazzello, accorse, gridò, le fece rimettere, e copiò fedelmente, ma confusi, ed alcim capovolto, i gruppi di tre 0 quattro lettere, ch'erano intagliati in ciascuna pietra. Ei publ^licò il disegno, in picciolo , nella sua Storia, deca 1, lib. Vili, cap. I, credendo s^rbai^il testo caldaico scritto poco dopo il Diluvio. Nel i564, il viceré spa- gnuolo che prolungò il Gassare e gli die il nome di Toledo , abbattè senza riguardo la torricciuola; ma per le cure deirèrudito Marco Antonio Mar- tinez si trasportò* la più parte delle pietre scolpile nel palagio di città, e se ne trassero i disegni: ottantaquattro pietre, delle quali mancavano ventuna. Cosfrimase la iscrizione, a un di presso ordinata al modo d'un lungo rigo di caratteri da stampa che sian caduti a terra e un analfabeta li abbia ri- messi insieme in cinque o sei lìnee, dopo averne gittate via la quarta parte* Così la pubblicò due secoli appresso, per la prima volta, il Torre- mazza (SiciliiZ etc. Imeriplionum, edizione) e indi il Di Gregorio {Re- rum Arahicarum) e il Morso {Palermo Antico). L'Àssemannj accertò la na- tura dei caratteiri; ma pochi ne lesse. Il Tychseix vi ritrovò una cifra cro- nologica e il frammento d'un versetto del Corano, lo Ve n'ho letto un al- tro; è il resto M. Reinaud; il quale, com'io lo consultai su la mia lezione, la confermò, e incontanente la prosegui. Ecco la traduzione delfak data e dei versetti, nella quale il carattere corsivo mostra le parole che si è arrivato ad accozzare. Accenno le linee secondo la copia di Martinez:

Linea 3. Trecento, Tychsen ; aggiugnendo con dubbio trentuno. Mi / ^ parrebbe più> tosto , ma non lo affermo , sestania.

Linea 4. (Corano, sur. XXI V«^ v. 36.) in edifiiii [i quali] permesse Dio che fonerò innalzati.

Linee 5, 6, 7, 8, 9: e che si rieordasse in quelli Usuo nome, lodan lui mattino e sera (v. 37) uomini [cui] non distoglie traffico

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Ehàlisa avea mora senza altre porte che quattro dal Iato di terra, a mezzogioroo. Sorgeano fuor le mura, credo del Gassaro,: iu stil bacino di levante i ribàt, come chiamavansi nelle città di confine Je stanze dei volonlarii spèsati su le limosino legali o su lasciti pii, per uscire in guerra contro gli Infe- déli; Ja quale genia, come si allargò e corrappeT isla- mismo, somigliava ormai per la disciplina ai ribaldi negli eserciti feudali, e per V òzio ai frati mendicanti nei paesi che n han troppi. Molti ribdt, dice Ibn-Hau- kal, sono in Palermo in riva al mare, pieni zeppi di sgherri, scostumati, gente di mal affare: vecchi e giovani, perversi e infingardi, mascherati di devazione per carpir la moneta e intanto svergognar le donne oneste, fare i mezzani e peggior brutture; riparati colà pef non aver condizione pan tetto.

A computare il numero degli abitatori, Ibn-Hau- kal ci questo bandolo: che la moschea de\ beccai, un diche v'erano ragunati tutti con lor famiglie e at- tenenti, racchiudea da settemila persone. La quale arte stando negli odierni censimenti della^ città a tutta la popolazione come uno a cento, il numero tornerebbe nel decimo secolo a settecentomila; e, fattavi pur grossa tara per' le mutate condizioni ] non si può ra- gionar meno di trecento o trecencinquanta mila ani-

vendita dal ricordare Dio , far la preghiera e pagar la limon-

na; iemeriti quel giorno in cui saranno confusi i cuori e U

mie, Reinaud. Linea 12. (Sur. 11, y. 2S6.) Non [v*ba] Dio se non Lui, il VivenU, il

Sempitèrno. -^Tychsen. Varie parole delie linee 4, 6, 7> 8, di Martinez rispondono alle linee 6, 7,8,0 di'Fazzello; e mostrano viemeglio qaanlo i disegni di questo storico si^no più esatti che quelli del Martinez,

505 (972.1

me/ À ciò ben s' adatta T altro dato delle cinquecento moschee ch^ erano in Palermo, delle quali tre quinti nella città vecchia e grosse regioni e due quinti nei sobborghi : moschee tutte acconce e frequentate, tra pubbliche, di corporazioni e di privati. Ibn-Haukal tante ne avea viste mai in cittadi uguali e maggio- ri; né sapea trovarne riscontro se non a Cordova, il numero delle cui moschee gli era stato raccontato, ma in Palermo Favea ritratto con gli occhi suoi prò- prii e tutti i cittadini gliel confermavano. Cordova in vero^ decaduta nel decimoquarto secolo, ebbe da set- tecento moschee * e poco meno Costantinopoli fino ài decimosettimo secolo.'

* In numeri tondi, i beccai,! loro garsoni, gli impiegati nei maceiU* e i Tenditori .di interiora, con le famiglie, ragionate a cinque teste per casa, sommavano nel 1844 a 2000. La popolazione era circa 200,000. Ma la cifra di 700,000 che avremmo con tal proporzione nel 972 dèe scemarsi per le cause seguenti: lo la istituzione dei macelli pubblici, che diminuisce og'gi il bisogno di molte braccia; la maggiore consumazione di carne da suppprsi nella capitale della Sicilia musulmana, mentre le classi meno agia- te, nelle presenti condizioni lagrimevoli della città, mangian carne poco o punto; 30 i giorni di magro ai quali non erano astrettì i Musulmani; la poligamia, la quale, se a lungo andare fa più mal che bene, pure In un pe- rìodo di ricchezza crescente poteva aumentare la proporzione da 5 a 6 0 7 a famiglia , però dare minor numero di capi di casa ossia minor numero di botteghe a numero uguale d'individui. Per queste considerazioni pongo che il numero d*anime dell'arte, stc^sse al numero d' anime della città cenile mo a cinquanta, non come uno a cento eh' è in oggi ; e metto in conto dalle 5 teste a famiglia anche i bambini lattanti che Ibn-Haukal di certo non vide nelle 32 file ( 1 numeri sono scritti non già accennati in cifre) di circa 200 persone ciascuna, che assisteano alla preghiera. Se dunque pecca il mio computo, non è di eccesso. L'area dell'abitato , che ha guadagnato un poco su le acque e perduto molto dentro terra , conferma tal giudizio. Debbo avvertire che nelle note alle due versioni italiana e francese, posi la popolazione di^Palermo 170,000 ànime. Il censimento che si poco appresso la mostrò molto maggiore, e così l'ho corretto a dugentomila.

' Gayangos nelle note a Hakkari, Mohammedan Dynasties in Spain, tornò i, p. 4SIÌ.

' D'Ohsson nel XVIll secolo contava più di 200 moschee nell'ambito

li. 20

[972.] 306

Dalla quale sovrabbondanza Ibn-Haokal cava ar- gomento di riprendere i Palermitani che ciascuna fa- migHa per superbia e vanità volesse la sua cappella particolare, fin due fratelli che abitavan muro a muro. E narra che un Abu>Mohammed oriundo di Cafsa, giurista in materia di contratti, ^ arrivò a fabbricare vicino a venti passi alla propria una moschea pel figliuolo, aifincbè vi desse lezioni di dritto. Notato poi che più di trecento pedagoghi ìnsegnavan lettere ai giovanetti, v'appicca la chiosa che eleggean tal me- stiere per iscusarsi dalla guerra sacra, anche in caso d' irruzione del nemico; eh' e' si vantavano di probità e di religione e facean da testimonii nei giudtzii e nei contratti; ma in fondo nulla era in essi di bello di buono., era in alcun altro. In fatti, il cadi Othman- ibn-Harràr, uom timorato di Dio, conosciuti alla prova chi fossero i suoi concittadini , avea ricusato lor tesli^ monianze, grave o leggiero che fosse il caso; onde s'era messo a terminar tutte le liti con accordi; e infermatosi gravemente ammonì chi dovea prendere il magistrato non si fidasse d' anima vivente. AI quale succedette, continua Ibn-Haukal, un Abu-Ibrahimrf Ishak-ibn-Màhili , che fece ridir di molte scem- piaggini.* Che più, se non usano la circoncisiona^^è

di CosUntiDopoli e 300 nei subborglii, aggiugnendo che non ve fossero più nelle case dei nobili: quello appunto. che faceta il gran numero delle Moschee in Palermo. Tableau general de Vempire oUoman^tùo li, p.455, seg. , edizione di Parigi 1788, in-8.

* Questo è il significato detta voce wethàiki, die si legge trascriUa altrimenti e non tradotta nelle mie due versioni francese ed italiana. Si vegga Hagi-Khalla, ediz. Flùegel, VI, p. 423. N. 14»174.

* Ei le narrava, ma lakùt le troncò in questo passo del testo che ci ha conservato.

307 (972.1

osservano le preghiere, pagan la limosina legale, vanno in pellegrinaggio; e appena avvien che di- giunino il ramadhan e che facciano il lavacro in un sol caso ! È scaglia la sentenza : non essere in Paler- mo begli ingegni, uomini dotti, sagaci, reli- giosi ; non vedersi al mondo gente meno svegliata , più stravagante; men vaga di lodevoli azioni, piii bramosa d' apprendere vizii.

Ma si tradisce col filosofare : che la radice di tanto male è il gran mangiar che fanno di cipolle crude, mattina e sera, poveri e ricchi; ond'han gua- sto il cervello e ammorzato il senso/ In prova, ecco, bevon dei pozzi anziché cercar le dolci acque correnti ; ai ragionar con essi t'accorgi c'han le traveggole ^ nel guardarli vedi alla cera la complessione intristita. Ghiottoni, che: non si sgomentano a puzzo di cibi. Su* dici di loro persone, da far parer mondi i Giudei. Allato ^1 negrume di lor case diresti bigio un focolare. Nelle più splendide , vedi correre i polli e sconciare la stanza e fino i guanciali del padrone. Arrogo che in Sicilia il frumento non si serba da un anno air altro; e sovente, malvagio è Taere, inverminisce su Taia.

Il tempo è passato che scrivendo la storia si pren- dea battaglia per simili argomenti , e che la carità pa- tria, bamboleggiando, avvampava sol nelle inezie. Pur

* I medici arabi del medio evo credono fermamente che la cipolla of- fenda il cerebro a ehi se ne cibi. lakùt, nel JfoV^m-ef-fioMfi, Biblioteca Arabo-Sicula, cap. XI, p. 107 del testo, mette per cemento a qoesto passo d'Ibn-Haukal l'ìestrattQ d'un libro arabico di medicina, oto si spiega ap- punto con IMndebolimento del cervello e dei sensi , il fatto che bevendo acqua salmastra dopo aver mangiato cipolle , nomnon senta il mal' sapore dell'acqua.

iwa.l 508

non debbo ricusare ai miei concittadini musulmani di nove secoli addietro il giusto giudicio, secondo parer mio, come farei pei Medi o i Cinesi: Dico dunque che la storia letteraria della Sicilia dalia metà del decimo alla metà del duodecimo, secolo. non mostra ingegni grossi studii negletti; e Ibn-^Hajukal me- desimo cel a vedere quando ricorda i logici che favellavano d'Aristotile, i trecento maestri di scuola e le tante moschee , parte delle quali serviva , come ognun sa, agli studii eh' or diciamo unWersitarii. Cer- tamente, nel secolo che corse da Ibn>Haukal alla guerra normanna la cultura progredì sotto i Kelbiti ; ma non poteva giacer bassa al suo tempo. Lo stesso penso deir incivilimento esteriore, che pur era notevole nella detta guerra e dopo, come l'attesta qualche poe- sia d'Ibq-Hamdis , al par che una geografia anonima,^ e Ibn-Giobair e Ugone Falcando e con essi tutta la storia della dominazione normanna. Quanto alle virtù religione secondo lor setta, le meno importanti si spn viste nelle biografie dei devoti : la primaria, oh' era il genio guerriero, splendè in due nobilissime vittorie riportate, l!una pochi anni innanzi a Rametta sopra l'impero bizantino, l'altra pochi anni appresso in Calabria sopra Otone. secondo. Però l' aspra censura è accozzata, come per lo più avviene, d' errori e di verità. Errore fu d' Ibn-Haukal , che. , praticando coi

< L'opera anonima intUolata Geografia, compilata di certo nel X se- colo ma interpolata appresso, cava da Ibn-Haukal alcune notizie su la Si- cilia, e aggiugne che i cittadini di Palermo si segnalassero su tutti i po- poli yicini per eleganza di arredi e di \esMmenta e urti^nità nel tratto ec. Ma è dubbio se la fonte di questo passa sia del X secolo ovvero dei due se- guenti. 11 testo si legge nella Biblioteca ArabO'Sieula, cap. V, p. 12 e 13.

509 [972.1

mercatanti del paese, ritrasse la nobiltà, i dottori e la plebe con tutte le sembianza che qaei lor davano per invidia di classe. Errore, ch'ei condannò come vizii fisici e morali tutte le qualità insolite eh' ei no- tava in quei Musulmani misti di sangue greco e la- tino; mezzo stranieri ai lineamenti del volto, alla carnagione, alla pronunzia, àgli usi, ben domati a tutte pratiche delF islamismo. Verità era il fermentar dei molti elementi eterogenei dr che sf componea la popolazióne della Sicilia e sopratutto di Palermo: taùte schiatte ; islamismo ' e avanzi palesi o latenti di cristianesimo; diritti civili disugnali, ricchezza e miseria, violènza guerriera e industria; torre di Ba- bele, in cui dovèano pullulare superbia, rancori, abie- zione e infitiite piaghe sociali. Se molte n'esagerava nella sua mente il buon mercatante di Bagdad, molte pur ne toccava con mano.

' E in Sicilia non solo, ma in Spagna, ma in tutti gli stati musulmani del Mediterraneo. A leggerei suoi scritti lo si direbbe disingannatq e dispettoso del non aver trovato in Ponente la virtii civile che man- cava a Bagdad; comei mali pròprii s'appongon sem- pre al destino, e gli altrui a chi li patisce. Similmente avviene che giudicando gli stranieri si vegga in molte cose la superficie, si sconoscano le virtù, ma s'im- bercin diritto i vizii fondan^entali ; il che mi par ab- bia fatto Ibp-Haukal nella descrizione generale del Mediterraneo. Toccando quivi di Cipro e Creta : « Le tennero » éi dice a i Musulmani, i figliuoli dei com- battenti della guerra sacra; ma T invidia e la crudeltà invasaron cotesti popoli, al par che que'dei Confini

*

(972 1 310

deir impero, della Mesopotamìa e della Siria ; proruppe tra loro il mal costume, la iniquità, V ingordigia, la discordia, la perfidia, Tedio scambiévole ; si che co- storo apriron la strada ai nemici e serviranno tl^àm- monimento a chi ben consideri gli «venti. » ^ E pria di terminare il capitolo: a In oggi, r> ripiglia, <c i Rum offendono i Musulmani con ogni maniera di scorrerie su le costiere di questo mare , e fan preda di nostre navi d'ogni banda; abbiam chi ci aiuti ci di- fenda. Abietti si calano i nostri principi , pieni d' ava- rizia e di superbia in casa; i dotti non curano intendono, ti danno responsi commentando come a lor piace, pensano a Dio alla vita futura ; pes- simi i mercatanti, non rifuggon da cosa illecita reo guadagno; i devoti balordi, pronti a voltar casacca, fanno cammino in ogni calamità e spiegan la vela ad ogni vento : e però i confini e le isole rimangono in balia dei nemici, e la terra si lagna con Dio della iniquità di cui la tiene. » ^ \

CAPITOLO VI.

In questo tempo T ateista di Moezz con Niceforo par abbia preso quella sembianza di lega che i ero- nisti occidentali rinfacciano air impero bizantino. Già

* Ibn-Hat(kal, GiMgrafia, MS. di Leyde, p. 69, e fog. 97 della copia di Parigi,Siippl. Àrabe, 889.

> Op. cit., p. 71 del MS. di Leyde e fog. 98 verso della copia dr Pa- rigi.

-r- 311 [968-9691

da parecchi anni Otone primo, cominciava a colorire i disegni sopra T Italia meridionale, come accennam* mo ; profferiva da sovrano feudale aiuti a PandolfoCapo dr ferro principe di Capua e Benevento contro Nice- foro rivoltò al racquistp della Puglia ; tentava senza frutto di tirare a il principe di Salerno ; d^ ottobre del sessantotto, correa con incendìi e rapine i confini di Calabria e dello stato salernitano ; accattava forze na* vali dai Pisatii che poco appresso @i veggono com- battere in Calabria ; ' di marzo del sessantanpve in->> calzava V assedia di Bari tenuta dai Bizantini ; e in quel tomo inviava aiuti a Pandolfo, che fu vincitore e poi vinto a Bovino. * La pratica del matrimonio del figliuolo con la principessa greca Teofane, anziché comporre, rinvelepì gli animi (giugno ad ottobre 968) per la perfidia che v' odorò la corte bi;zantina, la ingiurìa che incontrò a -Costantinopoli V ambascia- tore Liutprando, e il vero o supposto tradimento dei Bizantini che dettero addosso in Calabria alle genti di Otone quando liete venianp a ricever la sposa (969). Seguirono dunque in Puglia tra le armi de- due imperi parecchi scontri che non occorre di-

' Del 963. Otone andò a Pisa, ove rimasero alcuni nobili tedeschi: Sar- do, Crùnaea Pisana, ueWÀrehivio Storico italianOf tomo VI, parte II, p. 75. Del 971 furono in Calabria i Pisani: Marangone, Cronaca Pitana, nello stesso volume àeW Archivio, p. 4, ovvero nel 969 secondo la Chronica Pi* sana, presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo VI, p. 107, seg.

> Si confrontino, la Cronica anonima Salernitana presso Pertz , Scri- ptores, tomo III, p. 554, che nbn porta date precise, e Lupo Protospatario, presso Pertz, Scriptores, tomo V,p. 55, anno 969, dove il passaggio d'Otone in Calabria è riferito air ottobre dello stesso anno in cui fu una eccllsse di sole in dicembre. Lo stesso troviamo negli Annales Casinatenses , Pertz, Scriptores^ III, 171. L* eccllsse seguì il 22 die. 968. Romualdo Salernitano autore del XII secolo i medesimi fatti con qualche divario presso Mura- tori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo V, anno 967.

[970-975] 312

visar qui.' NeiruQ dei quali for^e il novecensessaototto due Landolfi, fratello e figliuolo di Pandolfo Capo di ferro, combatteano in Qrdoua contro i Greci e i Musul- mani uniti insieme e metteanli in fuga ; ma il giovane Landolfo vi toccò una ferita.* Atto figliuol del marchese Trasimondo di Spoleto, del novecensettantadue, ruppe un capitan musulmano Bucoboli, e insegnino infino a Taranto : ' forse ausiliare mandato da Moezz pria della morte di Niceforo Foca ; forse capitan di ventura ai soldi del principe di Salerno, o della repubblica di Napoli, la quale era stata poc' anzi (970) assalita da Olone. * .

Ma Zimisce, ucciso Niceforo (1 1 dicembre 969) e salito sul trono, fermò la pace con Otone e le nozze di Teofane col figliuolo ; ^ talché mancava una ragione deir accordo tra Costantinopoli e i Fatemiti,. 3vanì r altra ragione per le vittorie di Zimisce in Siria e di Moezz sopra i Karmati ; donde tolti via i nimici cor muni, cominciarono V un contro T altro a digrignare. '^

< Si \egga Muratori , Annali d'Italia, 968 a 970.

> Chronica Sancii Benedicti, presso Pertz, Scriptores, HI, p. 209, nel cenno i^a l^andolfo l'Ardito che cominciò a regnare il 9S8(si corregga 908).

' Lupo Protpspatario, presso Pertz, Scriptores, tomo V, p.S5. Ei dà. il lìlolo di Caylus (Kald) a questo Bucoboli, forse Abu-Kab^ii, con 40,000 Sa- raceni, 0 secondo altri MS. 14,000. Alto avea secondo alcuni MS. 60,000 uo- mini. Queste cifre non sono da attendere punto poco; e certo si tratta d'una' piccola schiera, poiché non fan memoria di questa impresa gM annali musulmani d'Affrica di Sicilia. Si vegga anche De ileo ^ Annali di Napo- li, tomo VI, p. 90, il quale s'affatica a mostrare che questa battaglia se- guisse il 973. Lascio indietro le fazioni di Saraceni in Calabria interpolate nella Cronica della Qava, edizione del Pratili!, anni 970, 973. .

* Chronicon Sc^lernitanum, presso Pertz, Scriptores, tomo ili, p. 956, anno 970. Si vegga anche Le Beau, Hisloire du Bai Empire, lib. LXXV, §51.

s I Fatemili sul fine del 974 e il principio del 975 presero Tripoli di Sira e Beirut, cacciati i presidii bizantini Si vegga Qualremére, Vie de

513 * |976.|

Morirono poi entrambi entro due settimane (24 di- cembre 975, 7 gennaio 976);.e ricaduto l'impero bizan- tino in gare di corte e guerre civili, non seguirono altri effetti contro i Fatemiti, ma non si rappiccò anco la pace. In Puglia intanto. eran già venuti alle armi. Del novecensettantacinque uno Zaccaria, che par greco al nome, avea preso Bi tonto, ucciso prioia Ismaé- le, musulmano al nome, condotlier ausiliare odi ventura. '

L' ardimento di sbarcar non guari dopo a Mes- sina, mostra che i Bizantini andassero co' nuovi con- tro i vecchi amici. Tornano a quésto tempo i prepa^ ramenti navali di Niceibfo, maèstro ^ come s'intitolò, di Calabria, il quale, secondo lègge bizantina, fece armare salandre a spese delle città per difender le costiere e assaltare la Sicilia ; e tanto aggravò quei di Rossano; eh' arser le navi e ammazzarono i proto- carebi;'e il governatore, dopo molte minacce, per- donò loro a intercessione di San Nilo il giovane, o perchè non era agevol cosa a punire. * Sembra che coi Bizantini si siano accozzati i Pisani, testé venuti in Calabria ai servigi dell'Impero, e che abbian fatto

Moe%%, estratlò dal Journal Atiatiqu$t p. 126 e 128. L'ambasciatore Nio* colb era tornato a corte di Moeupoco avanti la costui morte, ma si è visto già come gii parlava.

. ' Lupo Protoepaiario, anno 975, presso Pertx, Seripiores, tomo V, p. 8K.

* Vita di San Nilo il giovane, testo giìeco e versione latina (li Giovan Matteo Garyopbilo, Roma 1824, in-4, p. Ii2, seg. Questo Niceforo, che pri- mo e solo ebbe ebbe tictìlo di fióiyivFpoq in Calabria si dice mandato dai pli imperatori, e però da Basilio e Costantino, e dopo la morte di Zimisce. D'altronde la data s'adatta alla età che avea allora San Nilo, la cui vita r agiografo tratta con ordine cronologico; e gli avvenimenti mostrano che dal 965 jsino alla Bne del secolo! Bizantini non poteano avere il ticchio di assalii ia Sicilia che nel 976.

|976j 314

l'impresa con forze navali soltanto. Occupavan Messina alla prima. SopracGorreayi Abti-l-Kàsem con resercito siciliano e gran compagnia di dotti e virtuosi cittadini , scrìve Ibn-él-Athtr, quasi a smentire Ibn-Haukal. Del mese di ramadhan del trecensessantacinque(mag.976) entrava nella città, dove i nemici non Taspettarono. Inseguendoli pertanto di dallo stretto, rìsali con le genti fino a Cosenza; la quale assediò parecchi giorni ; e chiestogli raccordo per danaro, assenti; e andò a porre la taglia nella stessa guisa alla ròcca di Cellara, indi ad altre terre. Mandava intanto il fratello Kà'sem con Tarmata su le costiere di Puglia,^ commettendogli spingere le gualdane giù per la Calabria ov'ei guerreggiava ed grosso delle genti. * l Musulmani

< Iq lluì-el-Athir, $olo cbe dia il faUo, si legge barbuta. Ciò mi fece pensare"^ a Paola di Calabria; e si proposi questa lezione nella Biblioteca ArabiHSiculfi, <p. 268 del testo. Poscia ho considerato cbe la prima voce sia da leggere barr " terra,* però la seconda bùlia, ossia Puglia , aggiugnendo una lettera dopo la l. A ciò mi conduce anche la fazione di bravina.

> riscontrino: Ibn»el-Atbtr, anno 365; MS. A, tomo HI, fog. 9 verso; MS. B,pag.375;MS.C,tomoV,fog. 16 recto ec.;Abulfeda, Annales Moslemi- ci, 365, tomo II, p. 534, ed Hagi'-Khalfa, Cronologia, versione italiana del Carli, p. 65. Dei MS. dMbn-^el-Athìr, 6, ha con le vocali Kosenta; gli altri e Abul- feda non pongono vocali e sbagliano i punti diacrilici. L'altra città è scritta Gelwaìn 6,eneirantografo d*Aba1feda,MS. della Biblioteca di Parigi, Snppl, Arabe, 750,fog. 163 verso; degli altri MS. dei due annalisti, qual^ hstGtlwa, quale £7«iu;a. Lo scambio tra la u; e la r che si vede sovente nei MS; arabi sopratutto in caratteri affricani, ci animo a leggere Cellara: che la g arabica risponde alla nostra e, e la doppia l noh si dovea scrivere ma ac- cennare soltanto con un segno ortografico. Cellara è picciol comune del- Todierno distretto di Cosenza tra quésta città e Rogliano. Io ogni modo non si può assentire a M. Des Vergerò la lezione CaÙagirone ch'ei vien proponendo nel dare questo squarcio d' Ibn-el-Alblr, in nota a Ibn-Kbal- dùn, Bistoire de VAfrique et de la Sicile, p. 175;

, Marcò Dobelio Citerone nella versione di Scehab-ed-dln-*Omari,o al- cuni degli eruditi siciliani che la stamparono, lessero ih vece di Counia^ Catania; e in vece di Geliva, Avola, indi il Wenricb, Commentarii, lib. I, 4»p. XV, § 131 , a supporre una rivoluzione in Catania ed Avola di Sicilia. Ma il testo di Abulfeda copiato^ da Scehad-ed-dtn, il complesso dei

M5 [976-977,1

assaliron Gravina ìd Puglia, che fu indarDo, al dir d'una cronica latina ; al dir d' un' altra la presero : ma forse s'appongono entrambe al vero, se finì con pagare la taglia/ Sparso molto sangue, fatto gran bottino e copm di prigioni , Y emiro e il fratella tornavano in Cicilia.* ^ Dove Abu-i-Kàsem, non dimenticato l'assalto di Messina, ristorava la forte rócca di Rametta, Tanno retcensessantasei (29 agosto 976,17 agosto 977), e vi ponea presidio capitanato da un suo schiavo negro. ' Ripassò poscia in Terraferma, investì Sant'Agata, quella forse cbe^ s' addimanda di Reggio ; tantoché i citta-* dini ne uscirono per accordo, consegnatagli la rócca e quanta roba v'era/ Così Ibn-el-Athtr : un altro cro- nista arabico dice sbarcato Abu>l-Kàsem alle ^Torri'' {Abràgia^^dove messosi l'esercito a rapire pecore e buoi e trd:endosene dietro una infinità che impediva il cam^ mino, il capitano li fece sgozzar tutti in un luogo, al quale indi rimase infino ai del cronista il nome di Monakh-el-bakar o diremmo noi la "Posata del bestia- me."^ Appressandosi i Musulmani a Taranto, i citta-

falli permelloDO questo sopposlo, Unto meno perdonabile (fMSìiò il Mar- torana, tomo, I, p. 22S, nota 155, avea. mostrato la dritta strada.

* Si riscontrìoo Lupo Protospatario, aano 976, e Romualdo Salermita- no, stesso anno, nei citati Tolumi di Pertz e M aratori. . ^ Ibn-el-AUilr e Abulfeda , il. ce.

. 3 Si riscontrino Ibo-el-Alblr, L e, e Nowairi presso il DI Gregorio, Umim Arùbiearum, p. 19.

« U)ii-el*Atblrt 1. e.

6 Abolfòda, inno/ea MMlemid, tomo li, p. 450, sotto Tanno 356, Ira* scrivendo Ibn-Scedd&d. Perciò si deve intendere del XII secolo. Risponde^ rebbe per avventura al significato di JtfofiaJ(^-e/-Baitor il nome di Vaccariszo nella Calabria citeriore, distretto di Rossano. Ma v*ha Beva, Bovino e tante appellazioni delia.stessa etimologia nel regno di Napoli, cbe non si pub fare congbiettura ben fondata. Lo stesso si dica del nome topografico : Le Torri.

[977.1 316

dini sgaisciaron via , chiùse le porte in atteggiamento di difesa, per intrattenere il nemicò : e questi saliva le mura, credendo dar battaglia ; se non che, accor- tosi della burla, pose fuoco alla città e distrussene a suo potere. Giunse Abu-^l-Kàsem ad Otranto; corse altre città delle quali non ci si dicono i nomi ; ^ ma sappiam che Oria in Terra d' Otranto e Bovino in Ca- pitanata, furon arse entrambe , e il popol minuto d'Oria condotto prigione in Sicilia. ' Assalita per ultimo una città che mi par da leggere Gallipoli, ' e presone la taglia, r esercito si riduceva in Sicilia, con -torme di prigioni, salmerie di ricche spoglie, e vanto, che paréa gloria, d'aver dato il guasto a vasto tratto di paese che fa in oggi mezzo il reame di Napoli. * I cronisti noverano due altre imprese tf Abu-1-Kàsem in Ter- raferma tra il settantotto e T ottantuno, senza nar- rarne i particolari."

Inaspettatamente qui viene un' agiografia greca ad attestare il gentil animo dell' emir di Sicilia. Ma principieremo da più alto, poiché i costumi del pò-

* Ibn-el-Athir, I. e.

* Si riscontrino Lupo Protospatario, anno 977, e Romualdo Salernita- no, 976, nei citali, volami di Pertz e Muratori.

' il fatto è nei solo ibn-el-Athlr, e in tutti i MS. questo nome è quasi senza punti diacritici. H. Des Vergers nella nota che citai propóne di leg- gere Gravina. Ma v'ba la differenza del tempo e del luogo, polche Gravina fu assalita il 976 é giace in Puglia. Oltre a ciò si dovrebbe mutata di for- ma qualche lettera. Leggendo GaripoU non aggiungo altro che i punti dia- critici, e posso ben supporre che i Musulmani del X secolo pronunziassero in questo modo Gallipoli, come i Siciliani d'oggidì. Va avvertito qui che si potrebbe trattare per avventura d'un casale presso Catanzaro chiaroata^ Garopoli nel XVill secolo. Veggasi Sacco, Dizionario geografi^.o del regno di Napoli , Napoli , i 795-6, iu-8.

* ibn-ei-Aiblr e Abulfeda, 11. ce.

» Nov7airi,l. e,, novera cinque imprese d'Abu-WKàsem in Terraferma, delle quali l'ultima il 372, e la prima il 3éS.

517 (977 1

polo assalito, e po' anco degli assalitori, per tatto il decimo secolo son come l' ordito di cotesto scrìtto, con tramia sì^discreta di soprannaturale, da non far impedimento alla vista. Diciamo della Vita di San Nilo da Rossano, dettata da un compagno e discepol suo alla fine del decimo a princìpio dell' undecime seco- lo. Nacque San Nilo verso il novecentotrè; morì verso il novantotto. Studiò i santi padri, cioè Antonio Sa- ba, e Uarione, scrive il discepolo; quantunque non gli mancassero libri ne ingegno da apprendere negro- manzia, se Tavesse voluto/ Una febbre lo fé' pensare alla morte, giovane di trent' anni ; perilchè abbando- nati i beni ed una figliuola naturale ch'avea, si ton- surò nel monastero di San Mercurio e, corse a cer- care ^silo in quel di San Nazario, * dove non arrivas- sero le branche del governatore bizantino, il quale Io vQlea sfratare e tornare al duro giogo di decurione. Fuggendo dunque solo é a pie in riva al mare, ecco saltargli addosso dalle fratte un barbaro saraceno, se-^ guito da Etiopi con occhi di bragia che avean li ti- rata loro barca. E il barbaro a interrogarlo; e, inteso che andasse a fare i voli monastici, si messe umana- mente a persuaderlo d' aspettar la vecchiaia a lasciare il mondo. Vistolo risoluto, T accomiatò che tremava da capo a pie ; ma pensato meglio, li corse dietro gri- dando : "Fratello, aspetta aspetta; ** e volle provve-

< Viù citata di San Nilo il giovane, p. 4. Il testò lia fu>axrflè ed c^o/>

* Il De Meo, Annali di Napoli, tomo V, p. 257, anno 938, spiega che il monistero di Saù Nazario,, poi detto di San ^ilareto , ad un miglio da-Se- minara e sei ila Palma , apparteneva allo stato di Salerno e quel di San Mer- curio ai Bizantini.

[m.] 518

derlo per Io viaggio di pani finissitnì, scusaDdosi che non avesse in pronto altro da mangiare. Fu costrutta poi in miracolo tal ordinaria carità inusudmana a povero viandante: fu creduto il demonio in carne e in ossa un gentiluomo, il quale cavalcando presso San Nazario, intendendo il proponimento del giovane, lo chiamò pazzo , poiché se volea salvar r anima potea far penitenza in casa senza ficcarsi tra 1 frati, ^avari," dicea, ** pieni di vanagloria, dati tutti alla crapula; che un caldaio di lor cucine capirebbe me ritto in. piedi e mezzo questo mio cavallo. " Preso T abito, tornato a San Mercurio dopo un pezzo, Nilo si segnalò per obbedienza monastica, flagellarsi, pregare, vestir ci- uccio che mutava una volta ogni anno, pazienza dello schifo e disagio; ed anche assiduità allo studio, belle massime di carità cristiana, e -mondana sagacità e prudenza. *

Donde sali in fama di saiitità : riveirito .dai magi- strati; andaron vescovi, arcivescovi, ciambellapi Co- stantinopoli é i governatori stessi di Calabria a richie- derlo di vaticinii e c(msigli ; ' fondò il monastero di Grot- taferrata presso Roma; vinse T antipatia della schiatta italica e oltramontana a sua favella e greca profusione di capelli e barba;' fii onorato in sua vecchiezza a Monte Cassino, a corte dei principi di Capua^ dallimper ratore Otone terzo e da Gregorio quinto, dai quafi im- petrò grazia all'antipapa Filargato, * Pria di pervenire a

' Vita di San Niloy pag. 5 a 37. ' Op. cfl., passim.

B Vita di Sant'Adalberto, Ada Sanctorum, 33 aprile. Vita di San Nilo, p. 124 a 133, e si eonfrpDtio le citate agiografie d! Sant'Adalberto.

319 (977.|

tanta altezza, avea patrocinalo rei minori, come i solle- vati di Rossano di cui dicemmo, ed un giovane di Bisi- gnano che svaligiò ed uccise un giudèo, ed i magistrati^ Io volean dare in mano alla ^comunità israelita. * San Nilo gareggiò a suo modo nelFarte salutare col medico giudeo Sciabtai Donolo, uom di molta sapienza a quel tempo in Calabria. ' E pome ci véngon visti nella vita del Donolo,'cpsì anco in quella di SanNilo i Musulmani di Sicilia, ch'erano per fermo il flagello principale delle Calabrie, dopo i governatori bizantini. In una spaven- tevole incursione, quella, come parmi, d'Hasan del no- vecencinquantuno o del cinquaptadue, i monaci di San Mercurio si rifuggivan qua e per le castella; San Nilo rimanea nel romitaggio d' una spelonca vicina, donde vide la polvere dei cavalli nemici ;»e, campato su nella montagna, tornando, trovò che gli avean ru- bato fino, un sacco di cilicio, e il monastero deso« lato, e mancava un fedél suo compagno. Cui volendo riavere o rimaner prigione con essolui, si poneva al- l'aperto in mezzo alla strada; vedea venir dieci ca- valieri vestiti, armati e cinti le teste fazzoletti * alla foggia dei Saraceni ; quand' eccoli smontare, inginoc- chiarsi : ed erano gli aUtatori d' un castello, che così travestiti scorreano, se per far bene o male non so, i quali lo accertarono essere salvo il compagno.* Po- sate poscia le ^rmi musulmane, seguitoli tumulto di Rossano che narrammo, San Nilo presagì la novella ^

«Op. ciL, p. 65.

Op. cil. , p. 88, seg.

' Si Tegga il presente volume, p. 171-172 , Libro HI, cap. VIIJ.

s Yiia di 5a» tm^ p. 54.

1977.1 320 -

tempesta. Tornò allora a Rossano rarcivescovo Ylatto, con molti prigioni riscattati in Affrica , per credito delia sorella cb' era moglie, come diceano, del re dei Saraceni : qualche schiava favorita del Mehdi o di Kàim. Dondecbè proponendosi Ylatto di andar nuo- vamente in Affrica a liberar altri Calabresi, San Nilo lo ammonì non si arrischiasse in quella tana di vi- pere che alla fin fine l'avrebbero morso: e in fatti, andato, mai più non tornò. * In quel medesimo tempo si raccendea la guerra musulmana in Calabria; vati- cinava San Nilo che la non finirebbe di corto , e dis- togliea lo stratego Basilio dal fabbricare una chiesa, che gli Infedeli, dicea, la demolirebbero immantinente occupando il paese. " Nella guerra , forse del nove- centosettaEktasette, riparatosi. San Nilo nel castello di Rossano, rimasero nel cenobio tre frati, che furpn menati prigioni in Sicilia. '

A riscattarli ei vendea delle canove del jnonar stero il valsente di cento bizantini d' ero, ^ e con un frate fidato e un giumento donatogli da Basilio stra- tego, li mandò in Palermo, con lettere per quel prin- cipe, dice la cronica, cui chiamano Amira, e altjre ad lan segretario, - braV uomo e cdstianissimo; Il quale tradotta V epistola air emiro , quei la lodava di dot- trina e prudenza, e vi raffigurava lo stile d' un ami- co ^ di Dio : onde onorato molto il messaggiero e re-

< Op. cit.,p. 117, 118. s Op. cit. , p. 123. » Op. clt. , p. 120.

' VOTOC^lOV.

* È versione liiterale della voce arabica walh * eletto, amìcoi santo ec.

521 [m\

galatolo, mandava a San Nilo an presente di pelli di cervi e aggiagneavi questa lettera: a Colpa tua, ch'eb^ bero dispiacere, i tuoi frati ; poiché se me n avessi richiesto, ti avrei spacciato una cifera^ che bastava affissarla in su la piazza, e niuno avrebbe molestato, il monastero, sarebbe occorso fuggirtene via. Adesso, se non temi di venirne appo di me, potrai soggiornare liberamente nel paese che m'obbedisce, dove sarai rispettato ed onorato da tutti. » ' Del quale scritto mi par genuino il senso, e fin direi il tenore. Morto intanto Otone prima (973) , Otone secon- do, che meritò esser detto dai Romani il Sanguina-^ rio , ritentava \ impresa dell' Italia meridionale ; pa- rendogli quivi men salda che mai T autorità dei fratelli deHa moglie , regnanti a Costantinopoli con poca riputazione e impedimento di nuove guerre. AHo scorcio dell' ottantuno, calato a Benevento dando voce del passaggio contro gli Infedeli , espugnata Sa- lerno elle gli ricusava X omaggio e gli aiuti, Otone si apparecchiò al conquisto delle Calabrie. ' Le quali , scrive Ditmar, uom sassone d'alto legnaggio, ve- scovo e contemporaneo, eran gravemente afflitte dai Greci e dai Saraceni. * Un altro cronista tedesco di quell'età, afferma, che gli imperatori bizantini, non potendo stogliere Otone da cotesta impresa, condus-

< 9if]/ui(toii "segno,* probabilmente \*a}àma, ossfft motto e titolo scritto da un segnatario a capo dei dispacci, che tenea luogo della soscriaione nostra.

» Op. cit. , p. 120.

^ Metterò le citazioni alla fin del fatto,e qai le accennerò soltanto. La datadellai venata a Benevento e Salerno si trova nella Crtmta di Santa Sofia e la confermano i diplomi citati dal Maratorì negir Annali.

* Ditmar.

II. 21

(98U982.1 322

sero a soldo i Saraceni di Sicilia e altre isole, e fin d' Affrica e d' Egitto , per lanciarglieli addosso. ' Gli annali musulmani, che maravigliosamente accordansi con Ditmar in molti particolari, nòtan solo che Àbu~l- Kàsetn bandì la guerra sacra, poiché il re dei Fran- chi movea contro la Sicilia. ' Manifesto egli è dunque cGe i Bizantini e i Musulmani di Sicilia , rinnovan- dosi il comun pericolo, rifacessero la lega come al tempo di Niceforo e di Moezz. * Lo stratego di Cala- bria assoldò forse qualche compagnia musulmana, che stanziò in quelle parti e militò con essolui. Ma l'eser- cito siciliano non operò mai insième coi Greci : che gli uni e gli altri combattessero contro Otone sul me- desimo campo di battaglia, è falso supposto di mo* demi scrittori, i quali si fidarono alle compilazioni, mettendo da parte le croniche originali.

In primavera dell'ottantadue, Olone venne sopra Taranto, e in breve la' espugnò, mal difesa dai Gre- ci. * Nella poderosa oste militavano Sassoni, Bavari e altri Tedeschi , Italiani delle province di sopra e dei principati longobardi; condotti dai grandi vassalli deir Impero laici ed ecclesiastici, dal fior della nobiltà di Germania e d' Italia. ' Scarseggiando di forze na*

* Annali di San Gatto. « lbn-e»-Alhlr/

s E senza ciò Abn-t-Kdsem non passava in Calabria a rischio di far unire a' suoi danni le genti d'Olone e i Bizantini.

* DUmar. Gli Annalef Lolnemea presso Pertz, ScrijUore», tomo I, p. 31 i , dicono nel 9S2 cbe Otone celebrò il Natale a Salerno e la Pasqua a Taranto. La data si vede anco dai diplomi citati dal De Meo. Secondo gli Annali di San Gatto 9 Olone volea occupare l'Italia fino al mare Siculum fli portum Traipiiam (var. Travertut) che poUrdtbe essere falsa lezione di Taranto. E Taranto si dèe correggere, o Rossano, il nome cbe Ìbn-el^Atbir sprive leto, e lbn»»Rhaldùn Raoietla. ^

' Si veggano i nomi alla fine del racconto.

325 ^ |9S2.]

vali, OtOQjB. s'acconciò coi protocarebi di due saiandre, mandate fin dai tempi di Niceforo Foca a raccoglierei le tasse di Calabria; i quali gli preme tteano d'ardere il na- villo musulmano: ch'era doppio tradimento, e quei ten- tennavano nella fede del signor loro, e si disponeano a

*

seguir Otone vincitore, e vinto abbandonarlo. Erano navi, scrive Ditmar, di mirabile lunghezza e celerità, con doppia fila di remi e cencinquanta uomiiii cia^ scuna ; armate di quel fuoco cui nulla spegne se non Faceto. Due gualdane di Musulmani fUron sopraffatte dair esercito d' Otone ; * una delle quali , o una terza che fosse, si difese in una città, credo io Rossano, poi si dette alla fuga. '

, Abu-1-Kàsem, partito con 1 esercito del mese di ramadhan trecentosettantuno (27 aprile a 26 mag- gio 982), saliva lungo la costiera orientale di Cala^ bria , dove ebbe più certi avvisi delle forze del nemi-^ co accampato a Rossano. ' Perchè non si fidando d'as^ salirla, adunati i capitani che voleaùo andare innaqzi^ risolutamente ordinò la ritirata: e mandavala ad effetto con T esercito e il navilio, quando i legni ne- mici che stavano alla vedetta, addandosene, manda- rono spacci ad Otone che corresse sopra i Musulma- ni sbigottiti. ^ Ei lascia addietro gli impedimenti e col

« Ibn-el-Albtr.

^ DHtnar. Quoi primo infra urbem quondam claùsos fiigmfU devipiot, postqtie eosdem in campo ordinato fertiter adiem etc. 11 riseonlr» con Ibn* el-ÀtbIr mostra che la prima fu avvisaglia contro una piccioh «cbiem e la seconda giusta giornata contro r esercito.

s Ibo-eUAtblr. Aggiungo io Rossano perchè quivi era riinasta la im- peratrice e la corte quando Otone si messe a inseguire Abu*l-I[is6m.

* Ibn-el-Àtblr. Ditmar dice similmente di avviai dati ad Otooe dagli esploratori.

1982.) 3^4

fior dei suoi fa tate diligenza che «opraggiugne i Si- ciliani il quindici luglio * su la marina di Stilo. * Vi- stili da lungi sparuti di numera, sciama òhe sono masnadieri, non soldati^, e, incontanente comanda di dar dentro.' Abu*-l~Kàsem , facendo alto, s'era già messo in ordine di battaglia. *

Dopo aspro menar di mani avvenne che uno squadrone imperiale caricando il centro de' Siciliani lo ruppe e volse in fuga. Trapassando nell' impeto fino alle bandiere difese da Abu-1-Kàsem con un forte nodo di nobili e prodi cavalieri , tennero il fermo; fu- ron tutti mietuti je Y emiro ucciso d' un colpo al som- mo della testa/ ma immolandosi strapparon la vittoria di mano all'imperatore tedesco. Che a quelrespitto li sbaragliati si rannodano, precipitano alla riscossa, scrive Ibn-el-Athtr , deliberati a morire; i vincitori, scrive Ditmar , dopo breve scontro sonò soverchiati e tagliati a pezzi:" ne fa maraviglia tal subito scam- bio di sorti quando il centro de' Siciliani sconfitto ri-

* Secondo lbii"el«>Alblr il venti di moliarrem die risponde col conto astronomico al 14 e col civile al 15. Ditmar, teriio idus julii, cioè il 15; le necrologie date da Pertz, Scriptqres, tomo III, p. 765, nota 59, hanno se- emào idusjulU e idibus julii; e Lamberto idibu» julii ^ cioè il 14 e il 15.

' Presso il mare, secondo tu),ti. Lupo Protospatario ba nei varii MS. Cotruna, Golumnse, Colupna etc; Rombaldo Salernitano dice Stilo, alla qual voce greca risponde Colonna. Mi appiglio a questa tradizione perchè Rossano giace a 45 miglia da Cotrone. Jl campo di battaglia dovette essere assai più lontano, secondo i particolari della ritirata d'Abu-l-Kàsem e della fuga di Otone* ^

' Armali di San GaUo.

Mbn-d^Athtr.

' Ibn-el-Athir. La morte di Buleassimus è ricordata da Lupo Proto- spatario.

* Ditmar, come Ibn-el-Atbìr, diòe vinta la battaglia dalla schiera sba- ragliata che si rannodò. Gli Annali di San Gallo ricorrono al trovato anti- chissimo d'un agguato e delle miriadi di nemici che ne sbucassero.

325 f082.|

facea testa più addietro, e le ali rimase intere si chiudevano su le spalle del nemico. Il rimanente del- l' esercito otoniano si dileguò fuggendo. Lasciò sul campo qustttromila morti e grande numero di otti- mati prigioni. * Tra questi noverossi il vescovo di Vercelli mandato ad Alessandria d'Egitto e riscatta- tosi dopo, lunghi anni, al par che tanti altri chierici e laici, i quali a poco a poco* si vedean tornar in Germania.* Degli uccisi, le croniche italiane ricordano Landolfo principe di Capua, Atenolfo suo fratello e i nipoti Ingulfò, Vadiperto e Guido di Sessa;' le te- desche, Arrigo vescovo d'Augsburg, Wernhìsr abate di Fulda, e molti altri prelati;^ e dei gran baroni un Richar, un duca Odone, i conti Ditmar, Bécelino, Gevehardo, Guntero, Bertoldo, Eccelino e un altro Bécelino fra tei suo, con Burchardo, Dedone, Corrado, Irmfrido, Arnoldo, e altri che Iddio solo conosce, scrive Ditmar, il quale vi perde uno zio della madre. ' Otone il Sanguinario, fuggendo a briglia sciolta col cugino duca di Baviera, avvistò le due salandre greche presso la spiaggia, e si tenne salvo. * Ma ar- restatoglisi il destriero, un giudeo suo fidato che lo seguiva gli grida : '^ Prendi il mio e pane ai miei figli s'io ci muoio," onde Otone montato in sella ^

* Ibn-el^Atbtr. 11 MS. di Lupo Protospatario aggiugpae un zero alla cifra dei morti e la raggira air esercito siciliano.

' Annali di San Gnìlo,

' Si confrontino Chronieon Sancii Benedica, presso P^tx, Seriptonst III, p. 209, e Leone d'Ostia, lib. Il, cap. 9.

* Lamberti Annales , Ànnales Ottemburani. .

s Si confrontino Ditmar, Lamberto e le cronicbe minori. presso Perts, Scripiores, III, p. 134, 145, e le necrologie citate quivi à p. 765, nota 59. B Ditmar. 7 lbn-el-Atblr,il quale dice che il cavai d' Otone si fermò, senza lu

[982.| 326

spinse il cavallo in mare; gridò e fé' cenno al noc- chiero; e quei tirò dritto. Tornato a proda, trova il giudeo, Calonimo il suo nome, che l'attendeva an- sioso di lui non di stesso: il cugino era ito, che già si vedean venire a spron battuto i Musulmani. "*£ che farò?'' sclamava Otone. ''Ma ho ancora un amico!*' elanciossi di nuovo nelF onda col cavallo del giudeo.' QuestLfu ucciso.' Ricettò Y imperatore Taltra salandra che passava, conoscendolo un ofiziale schia- yone. ' Fatto posare dal protocarebò sul pròprio letto e interrogato, accertò essere Otone: lo pregò d'ac- costarsi a Rossano, tanfo che prendesse seco la mo* glie e i tesori; eh' ei non voleva rimetter pie su Fin- fausta terra, ma andare a Costantinopoli, ove i pii imperatori renderebbero merito a chi avesse tolto a sicura morte il cognato. Il Greco assenti : navigando e notte giunsero a Rossano. ^ Otone mandava lo- Schiavone a terra, e non guari dopo fu vista scendere alla marina la imperatrice con Thierry vescovo di Metz ed una fila di giumenti che recavano, come diceasi, il tesoro; a che il capitan greco gittò l'an- cora. S' accosta con barchette il vescovo; monta su la nave egli e pochi ; parla ad Otone ; e questi , per ac-

menzione del mare. Ma Ditmar scrive che Olone gIttò a nnoto col csk vallo del giudeo. « Ditmar.

* Ibn-el-Atblr. Il nome dato da Ditmar farebbe sapporre questo giu- deo calabrese o pugliese, parteggiarne contro 1 Greci dei quali parlava probabilmente la lingua.

' Ditmar dice: ab Heir^rico milite e^us qui i%lttvoniee %okmia vocatur agnitus ihtròmittitur. Più sotto parlando dello stesso Io chiama binomius. Però lo credo schiavone.

* Ditmar : et perdiù et pemox ad eondictum pertingeré loeum propera- vit. Sembra almeno una intera giornata. Giovanni Diacono di Venezia dice che Olone fu ritenuto su la nave tre giorni.

327 - 1982.1

cogliere onorevolmente la imperatrice, indossa abiti dr gala, arriva passeggiando al bordo: e giii in mare d' un salto. Un della ciurma che Io volle ritenere, fu trafitto; gli altri ricacciati indietro dagli altri fami- gliari saliti con Tarme alle mani; e Otone intanto affiBr- rava la spiaggia : talché i Danai truffatori d' ogni gente furono burlati , conchiude soddisfatto Ditmar. ^ Nel cui racconto io non . veggo nulla ohe rassomigli a fa- vola. Altri recò il caso un po' diverso, come l'andava ritraendo la fama ;' chi venne appresso v'aggiunse e tolse quanto gli parve; ' falsarli moderni lo ricompo- sero alòr modo:* e in fine i critici nauseati sono stati per rigettar tutti gli episodii in un fascio.' I ricordi arabici convengono con Ditmar , si nei primi accidenti della fuga e nel successo, dicendo che Otone si ridusse allo accampamento ov' era la moglie; é con lei tornossi a Roma.

E veramente, soggiornato alquanto a Capua, passò nelK Italia di sopra , adunò del novecentottantatrè la dieta deir Impero a Verona,' s' apprestò a far vendetta sopra la Sicilia, van tossi di gittare un ponte di barche su lo stretto di Messina , ^ e venne a morire a Roma (7 die. 983); meno avventuroso d'Abu-I-Kàsem,ch'era

* Gìrinna/t ài San Gallo danno la somma del faUo, dicendo che Otone "a mala pena scampò in nave ad un castello de'saoi."

^ 3 Arnolfo, Giovanni Diacono di Venezia, dice espressamente che si salvò sa dae Zalandrìm greche.

s Hermanno Contratto, Sigeberto, ee.

* Pratilli, nelle interpolazioni alla Cronaca della Cava.

s Muratori, Annali d'Italia ; e Saint-Marc, Abregé chronologique de Vhistoire d'Italie.

6 Ibn-el-Athlr.

^ Ditmar. Si veggano in Muratori, Annali, le leggi promulgate in questa dieta. Sul soggiorno a Gàpua si riscontri il De Meo.

" Annali di San Gallo, Arnolfo.

[982.1 ~ 328 --

caduto sul campo di battaglia. Dove la stirpa arabica pagò alla stirpe italiana Y affitto della Sicilia, coi buon colpi che sbarattarono un esercito germanico e fecer morire di rabbia e disagi T imperatore, TOtone, pas- seggiante ormai su Y estrema punta della penisola. E forse Salernitani, Romani, e Italiani d' altre province tratti a forza, sotto l'insegna imperiale, benedissero le scimitarre orientali che loro balenavana dinanzi gli occhi. Prepotente forza delle necessità geografi-* che su le vicende delle nazioni, a vedere i Musulma- ni di Sicilia , guelfi innanzi tratto , guadagnare in Cà-^ labria una prima. Legnano! *

^ Le aotorilà arabiche sono: Ibn-el-Àlbtr, anno 57i, fifS. À« tomo HI, p. 35 recto ; il compendio che ne fa Ibn-Khaldùn , Bistoire de VÀfrique et de la Sicile, p. 173, 174; e i cenni di Abulfeda, Annalei MosL, anno 33B, forno, II, p. 446, seg. ; Baiàn» testo, tomo I, p. 248, anno 372 ; Nowairi, pressQ Gregorio, op. cit. , p^ 20; Ibn-abl-Dinàr, MS. di Parigi, fog. 38 recto; Hagi Khalfa, Cronotoyia, versione del Carli, anno 372, p. 66. Notisi cbe Ibn-» el-Àtbìr e Ibn-Kbaldùn chiamano T imperatore franco, in vece di Olone , ìierdtvU, dal nome di Baldovino cbe suonò tanto nelle Crociate.

Le autorità latine : Theitmari, Chronieon, lib. IH ,cap. Ì2, pressoPertz, Scriptores, tomo III, p. 765, 766 (Dltmar dei conti di Waldeck, vescovo di Mersebourg, nacque il 976 e morì il 1018); Ànnalfis Sangaìlenses Majores, presso Pertz, op. cit. , tomo I, p. 80 (l'autore di questa parte dice aver veduto tornare varii prigioni riscattati); Joannis Diaconi, Chronieon Vene- tum, presso Pertz, op. cit., tomo VII, p. 27 (l'autore finì di scrivere il 1008); Richari Historiarum, presso Pertz, op. cit., t. HI, p. 561 (l'autore scrisse tra il 996 e il 998, ma fa un brevissimo cenno) ; Lamberti, Ànnales, presso Pertz, op. cit., tomo III, p. 65 (l'autore visse.alla metà dell'XI secolo); Herimanni Aug., Chronieon f presso Pertz, op. cit,, tomo V, p. 117. (Ermanno Con- tratto, come fu soprannominalo, nacque il lQt3>mor)il 1054.) A queste cro- niche vanno aggiunti i cenni di altre minori presso Pertz, op. cit.» tomo I, p. 211, 242; 111, p. 5, 6^, 124, 145; V, p. 4. Dei cronisti latini d'Italia del- l'XI e XII secolo, Lupo Prolospalario, e l'anonimo di Bari, presso Pertz, op. cit.) tomo p. 55, dicono meramente Che Olone combattè con Bul- cassimo re dei Saraceni, il 981 , e l'uccise e vi perirono 40,000 uomini ; Ama- to, VYsioire de li Normant, lib. VI, cap. 22, ricorda per le generali la sconfitta di Olone; Leone d'Ostia, lib. II, càp. 9, presso Perlz, op. cit., tomo VII, p. 635, ne dice breve ed esalto; e più largamente Arnolfo, Gè- 9ta Episeopor. ifediol, presso Pertz, op. cit, tomo Vili, p. 9. In fine Ro- mualdo Salernitano, presso Muratori, Rerum IlaUcarum Seriptores, tomo V,

329 19821

Rimasti i Siciliani signori del campo, assumea le veci d'emiro Giàber, figliuolo d'Abu-l-Kàsem; il quale immantinente fé' suonare a raccolta, non con- cedendo di continuare il bottino; pur di racco- gliere le armi e attrezzi di guerra lasciati dal nemico da rifornirne gli arsenali di Sicilia. Nou ritraet se fu necessità, pauk^a o gelosia d' affrettarsi a pigliar lo slato in Palermo; s' ei pensò a recar seco il ca- davere del padre. Ma alle costui virtù rese merito il popolo, che chiamollo ''Il Martire," ed affidò alla storia questa epigrafe : Giusto , di specchiati ' co- stumi, tutto amore ai sudditi, affabile, elemosiniere, che non lasciò ai suoi figliuoli una moneta d' oro, una d' argento ,^ un pezzetto di terreno, avendo legato ogni cosa ai poveri ed opere di carità. ^

anno 961 , squadernò nella seconda metà del XH secolo che Olone vinse a Stilo e. poi prese Reggio.

II Pratiili nelle interpolazioni alla Cronica della^ Cava , toma IV della sua raccolta, pose una lunga favola su questa impresa nel 962; ed un'al- tra nel tomo IH nella Cronica dei Ducbi di Napoli, anno 961 , fingendo una battaglia navale a Malta.

Queste sono le autorità tra buone e triste; ho pur notato tutte le compilazioni dall* XI secolo in poi. Tra ì compilatori assai male rabberciò Cotesta guerra di Otonell il'Sigónio, Bistorta de Regno Italico , Wh. VII, il quale suppose una prima vittoria del 96i, ed una sconfitta del 962 alla città di Basentello in Calabria; dove da un lato, combattessero Greci e Sa* raceni; e dall'altro lato i Romani e i Beneventani per vendetta abbando- nassero Otone. Questi due fatti li imaginò; e si capisce. Ma non so in quale istoria 0 geografia abbia trovato Basentello. II Basente, il quale forse die luogo air errore, è grosso fiume di Basilicata che sbocca nel golfo di Taranto, tra la città di questo nome e Rossano. Il Muratod cominbiò a rad- drizzare così fatti errori negli Annali d'Italia, 98i, e il De Meo, Annali del Regno di Napoli, tomo VI, p. 158, seg., 171, 174, se^., notò mo^te utili date. Nondiméno Terrore è durato dopo la correzione; e fin oggi si vanno rican- tando le due giornate, la fuga dei Greci al primo scontro della seconda . battaglia e il nome di Basentello.

4 Ibn-el-rAtbtr;, e ibn*Kbaldùn, II. ce.

f»g2-985 1 ' 330

CAPITOLO VII.

\

com* era incerta la elezione degli emiri tra il fatto e il dritto, cosi i cronisti variamente scrissero diGiàber, qaal notando. che i Musulmani di Sicilia lo esaltarono senza diploma del califo; ^ e qual che 'Aztz-billah , succeduto (975) a Moezz, in buona for- ma Io nominò. * Fu r uno e Y altro di certo. Gìàber , dato a voluttà, lasciò correre al peggio le cose pub- bliche: donde i Siciliani il deposero, ' o se ne ricbia- marono al Cairo, dove una gelosia di corte spia- nò loro la via. Perchè Ibn-Kellas, vizir del califo, si adombrava forte di Gia'far^ibn-Mohammed della fa- miglia dei Kelbiti di Sicilia, intimo di 'Aztz tanto e più che il padre Mobammed non Y era stato di Moezz. ^ Avendo pensato fin dalla morte d'Àbu-I-Kàsem tórsi d'addosso il rivale con splendido esilio, Ibn-Kellas persuase adesso 'Aztz a farlo emir di Sicilia* in luogo del cugino: e chi sa quanto rincalzò le querele dei Siciliani, e se noi fece domandar proprio da loro? Dicon gli annali arabi che Giàber dolentissimo lasciò, e Gia'far a malincuore prese Y oficio. Noa- dimeno, arrivato in Sicilia del trecentosettantatrè (14 giugno 983, 2 grugno 984) , rassettò e fece prò-

< Abùlfeda, e IbiKAbi-Dinàr» 11. ce.

' No^ralri, 1. e.

Mbn-Khaldùn,!. 0.

* Si vegga per questo Mohammed il Gap. V del'preseiite libro, p. 291 .

" Abolfeda, 1. e. È mio il sopposto dei ricbiami dei Siciliani in Egitto. Abulfeda non jie fa motto ; ma Ibn^KhaldOo dice di più, come si è potuto vedere.

351 |98b-097.1

sperare il paese; lodatp anco per amore degli studi! e liberalità. Morto il quale del settantacinque (S3 mag. 985, 1 1 mag. 986), succedettegli il fratello Abd-Allah, che segui il bello esempio, e in breve anch' egli tra-* passò , del mese di ramadhan trecensettanlanove (die. 989); lasciato V oficio d' emir al proprio figliuolo Abu-1-Fotùh-Iùstif. Così espressamente il ^owairi e Ibn-abi-Dinàr; vi ripugna il dir degli altri com- pilatori. Aggiugne il Nowairi , che 'Azfz gli mandò poscia il rescritto d' investitura. ^

Arrivò air apice in questo tempo e repente ro- vinò la potenza dei Beni-abi-Hosein a corte del Cairo.* Hasàn-ibn-'Ammàr , il vincitor diltametta, per riputazione propria nelle armi e di sua parentela appo la tribù di Kotama, si trovò sceikhj spontanea- mente eletto, credo io, dei Kotamii stanziati in Egitto, ch'eran tuttavolta i pretoriani di casa fatemita: ed egli a un tempo lor patrono e fidato capitan del ca- Ufo; tantoché *A2iz, venendo a morte (ottobre 996), gli raccomandò il figliuolo Mansùr, soprannominato Hàkem-biamr-allah, fanciullo d'undici anni. Alla cui esaltazione^ ì condottieri kotamii lo «sforzarono a dare il governo, dello Stato a Ibn-Ammàr, con oficio nuo- vo, che si chiamò il Wi^tYa/ ossia Intermediario; e vi si aggiunse il titolo di Amin-^dr^wla, che suona ''Il Fidatìssimo dell' impero." Onoranza anche nuova a corte fatemita e di mal augurio; quando gli em^r- el-Omrd che posero in tanto vitupero il càlifato ab-

< Si rìscontrìoo*. Abulféda, Nowairi, ibn^Rhaldùn e IbiH&bi-Din&r, li. ce. La morte di Abd-AUab e aaccessiODe dU figlio si legge «ncbe sei Baién, testo, tomo I,p. 254.

4

[997. 1 332

bassida s' addimaDdavano per simil forma La CoIoq- na» La Pietra singolare, La Spada, e che so altro, del- l' impero. E per poco i Beni-abi-Hosein non copia- rono il rimanente : che già il vecchio capitano mostrava fìusto e superbia da re; ne)la corte , nella milizia stre- mava le spese per arricchire i Kutamii, e lor dava im- punità d' ogni licenza e d' ogni misfatto. Un eunuco di corte presto lo sgarò, fondandosi in su gli stan- ziali turchi i quali spezzaron la boria ai Kotamii; onde Ibn~Àmmàr fu deposto dal comando (997), onorato e tenuto in disparte per pochi anni; finché il pupillo, che andava assaporandoli sangue, (1000) lo fece assassinare. V

Parve-cosa degna di nota che nel breve predo- minio d'Ibn-'Àmmàr ad un tempo règgessero, egli TEgitto e il cagino lùsuf la Sicilia: ' com' oggi ve- dremmo con meravìglia, due stretti parenti, l'uno gran vizir a Costantinopoli, Y altro pascià d'Egitto. Pertanto a tutti era già manifesta la independenza della Sicilia; faceva specie che la corte fatemita, per procaccio, com'è' sembra, d' Ibn-'Ammàr, desse a lùsuf il pri- vilegio di Thiket^ed-dawla che suona fidanza del- l'impero."' solamente si noverava la Sicilia tra gli stati musulmani di momento in sul Mediterraneo,

' Si confrontino: l0hìa-ibn-Sa1d,MS. di Parigi, Ancien Fonds, 131, A, p.l38, seg.; Ibn-el-Athlr, MS. G, tomo V, fog. 53 recto, anno 386,e le autorità citate da M. De Sacy, Chréslorjuathie Àrabe, 2* ediz., tomo I, p. 1,37, 158, ed Exposé de la Religion dei Druses, p. CCLXXXIII, seg. La corte fatemita par cl^e fino allora non ayesse dato di somiglianti titoli onorifici ette a Bo- lukkin , vicario d' Affrica. Si vegga Ibn-el-Atbìr , citato qui innanzi a p. 888, e Ibn-Kbaldùn, HUtoire des Berhères, versione, tomo II, p- 10.

> Abulfeda, Annate» Moilemid, anno 336, toiho II , p. 430, il quale trascrive lbn<-Sceddàd , e questi probabilmente alcun più antico cronista.

' Nowairi e Ibn-Kbaldùn; 11. ce.

333 f 990- 998 ]

ma gli altri cominciavano ad invidiar sua sorte. Alla &ma in arme che le avean dato i primi tre emiri ketbiti, s' aggiunse la. prosperità sotto i discendenti del kelbita cortigiano Mohammed, tra i quali segnala- vasi questo lùsuf. Leggiamo in una cronica che al suo tempo il popolo godè ogni ben che si potesse de- siderare; il governo si condusse efficace e tranquillo; furono soggiogati parecchi paesi bizantini, e V emiro moi^trò quella magnanimità, liberalità e giustizia, che mancava in tanti altri principati musulmani/ Chi lodalo di fermezza insieme e di bontà in verso i sudditi; ' chi d' aver superato tutti i predecessori in gloria e virtù. ^ La cultura sua e della corte ci torna dalle biografìe dei poeti contemporanei.

E prima d' Ibn-Moweddib da Mehdia, cervello strano dato air alchimia e alla pietra filosofale, uom di brutti costumi, cupido e taccagno, vago d' an- dare qua e per lo mondò a buscar danaro con meschini versi ; il quale , viaggiando alla volta d' un' isola adiacente alla Sicilia , era stato preso dai Bizantini e ritenuto in lunga cattività. Rimandato in Palermo con ^ altri prigioni , quando lùsuf fermò una tregua con T Impero, Ibn-Mówéddib ringra* ziavalo con un poemetto, e T emiro lo regalava; ma non tenendosene soddisfatto, si me^se a sparlare di lùsuf apertamente , che fu ricerco dal bargello. Si nascose appo un conoscente , artigiano dell' ar- sensde. Ma uscito una sera ubbriaco per comperar

< Batdn, testo, tomo I, p. 254.

3. Nowairi presso Di Gregorio, op. cit. , p. 20.

' Ibn-Khaldùn, HUtoire de VAfriqut et de la Sieile, versione, p. US.

[990-908.1 334

nuov.' esca da bére / lo colsero; e il prefetto della città ' condasselo immanUDeote a lùsuf. Il qaale lo rinfacciava: ^Sciagurato, che è questo che sento dir di ter E il poeta a lui: ''Ciarle di spioni, che Iddio aiuti il signor emiro." ''Ma ti sovviene," riprese lùsuf, ""il nome di chi cantò: Ecco il valentuomo messo con le spalle al muro dai figli di male femmine?"— ''Sì," ri- spose Ibn-Moweddib, "il medesimo che l'altro ver- so: L'inimicizia dei poeti, tristo chi se V accatta !" Alla qual proata citazione di Motenebbi, ' T emiro non gli disse altro; ma, gli fece contare cento quartigli* d'oro, a condizione di andarsene tosto della città; perchè temo," aggiugnea, "che s'una volta gli hoperdopato, un'altra me la pagherebbe cara."*

Già la fama attirava alla corte di lùsuf non men belli ingegni e animi più alti , come Mohammed-ibn-^ 'Abdùn nato a Sussi d'illustre casa del Kairewàn, pregiato tra i suoi per buona lingua e stile semplice e vigoroso. Il quale avendo cantato le lodi dell' emi- ro, si gli piacque, ch'ei lo volle compagno del prò-

'^ Nakl son le froU» secche e i confètti che gli orientali sogUooo man- giare centellando col vino.

' Sdheìh-eS'iciorta, Si vegga il Lìb. Ili, cap. I, p. 0 di questo tolame.

' Dico cosi, perchè cercando di ehi fossero cotesti due emisUchii, li bo trotati in Motenebbi , entrambi in naa Katida indirizzata a Bedr^ibn- 'Àmnfi&r. Si vegga il diwano coi comentarii, MS. della Biblioteca di Parigi Snppl.Arabe,i4SS,fog.448recto. Motenebbi, che suona il profekutro, chia- mato cosi per aver voluto fare profeta, è dei più celebri poeti arabi ai tempi dell'islamismi. Morì il 354 (965).

^ Rebé'i, Altri MS. hanno dinar . lìrehAH è ricordato conie mo- neta corrente in Sicilia nel XII secolo, e par che valesse un quarto di dinar d*oro; al qual proposito si vegga il testo dMbn-Giobair, edizione diWrigbt, p. 329, 335, e la nota dell'edUore a p. 23 della lutroduzione.

s Si confrontino: lbn*Kbaliì)^ào, edizione del Wiìstenfeld, fase. X,p. 28; e il iktéUk'^^btàr, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 1372, fog. 120 verso.

335 [990-998.]

prio figliuolo Gia'&r dilettante di versi, ^ e questi gli si strinse di cara amistà. Tanto che volendo rimpatria- re, 6i afar, saccedoto nel governo al padre infermo,' glie! negò, ancorché Mohammed lo chiedesse a Ini ed al padre con rime piene d'a£Fetto. Che anzi ; inva- ghito tanto più di quel bello ingegno, GiaYar s'adontò che persistesse; gli vietò d'entrare in palagio; ed a rappattumarsi furon uopo novelli versi, e che il poeta li porgesse di furto mentre GiaYar stava a sollazzo in un casino. ' Il quale sentendosi rassomigliare alla luna e che pari a quella si nascondesse a chi volea far ossequio, gli vennero le lagrime agli occhi e donò al poeta un tesoro/

Quanto fosse pagata non so, ma valea molto a lor gusto, una Kasida indirizzata a lùsuf , innanzi il novecentonovantotto, ' per la festa del Sagrifizio,' da un Abd-Allah della tribù di Tonùkh, detto Il figliuolo del cadi di Mila, ond' ei pare oriundo d'Àfifrica. Il qual poemetto ci serbò Ibn-Khallikàn,

' 11 testo noi dice, ma lo sappiamo d'altronde, come si dirà a sao laogo.

* Ciò si dee sapporre dal fatto stesso, ancorcltè non si legga nel testo.

' Monteuh, looga di dileUo, casino , tilld» talvolta loggia. Il nome di * Gia'far mi fa pensare al casino reale dei Normanni detto della Pavara o di Maredolce, presso Palermo; il quale^par che fosse chiamato dai Musulmani Kiur^ia'fttr fino ai tempi Gaglielmo il Buono. Si vegga Ibn-'Giobair^ nel Journal Àsiatique, serie III, tomo VII (1846), 76.

« Tigiani, Rehla, US. di Parigi, Supp). Arabe, 911 bis,fog. 16 recto, y autore tolse questo squarcio da Ibn^Resdk.

^ Queiranno lùsuf paralitico sarrogò il Qgliuolo al dir delle croniche. Ma dallfr misura delle jodi che si dispensano a Ini ed a GiaYar , mi sembra che iòsnff senza lasciare per anco 11 gOTcrno, si fosse associato il figlio nel tHolo soltanto.

> li fO del mese di dsu-Uhiggia, grande solennità appo i Musulmani di rito malekita. fi anche delie feste che si celebrano alla Mecca alla fine del pellegrinaggio, e però nel |K>ema si dice Canto del pellegrhìagglo.

|»9a-d»8.j 336

ohe lettolo per caso su la coperta d' un libro , lo tra- scrisse nelle Biografie degli uomini illustri , teraendo non andasse perduto. Come richiedea la classica im- mutabilità della Kasida^ esordisce con lamenti amo- rosi , e visione di belle che sembrano allegoriche , scfaiudon le labbra se non a ricordare i riti del pel- legrinaggio; talché pervenghiamo per lungo giro alla festa del Sagrifizio, a lùsuf e al figliuolo. La festa» sfarzosamente abbigliata, luccicante gli omeri del sot- tile drappo deir Iràk , venia dopo un anno a visitare Thiketr-ed^dafjola, che Tornava di collana e pendenti, e GiaYar accoglievala con lieti augurii. Ma quale gemma piti lucente che Tuno e T altro re, nobili raùipoUi della gente di Kodhà'a?\E chi, dato fondo al proprio avere , - sperando aiuto da lùsuf, restò mai deluso? Queir lùsuf che corse l'arringo della. gloria coi principi ed ei solo toccò la meta; il solo eroe che abbia potere di emendar il tristo secolo ; il brando sguainato contro i nemici della Fede; il forte, scudo dei Musulmani ; la mente che vede ogni cosa e sa al- ternare mansuetudine e forza ; il guerriero armato di due spade, che son la costanza e il fino acciaro. Ecco r esercito inondar la terra nemica; le lance rodeini- te * avventarsi come fieri serpi addosso ai fuggenti ; i condottieri nemici tagliati a pezzi e spiccato da' busti capo insieme ed elmetto; cessa il martellar delle spade, perché le armature che testé luccicavamo all'alba sian gialle di polvere, anzi al polverio tutto s'oscuri il

* Kodhà'a h un dei ceppi della schiatta himiarita, alla qaale apparte- nea la tribù di Kelb.

*. Così cbiamano ipoetile lance sottili e dritte, dal nome di Rodeina, moglie d*aa celebre armaiuolo di Bahrein.

__ 337 [990-998.1

sole. Indarno sperano i miscredenti risarcire lòr gua- sti; indarno s'apprestano a raccogliere le primizie dei campi, eh' ogni anno gli stuoli che tu mandi in guer- ra, battono lor monti e lor pianure, lasciando vestigio d' ignudi cadaveri capelluti e barbuti;^ e chi scampa si riman soletto, senza la famiglia eh' è menata in cat- tività; e trova svaligiati suoi tempii, che gli è forza smettere T idolatria. Salve, o lùsuf, vigile scolta del- l'islam neRa notte'^di questa misera età. Lieta siati la festa; lunghissimi ì tuoi giorni al ben fare, al re- gno, alla gloria; e perenne suoni il tuo nome dal pul- pito. ' Così il poeta metteva a un paro con le veraci virtù sanguinosa intolleranza religiosa e lo straziò de' vicini : e fosse dileguato al tutto tal empio errore in religioni più mansuete e popoli più civili!

Pur la corte kelbita di Palermo avea fama Italia di quella ch'era gentilézza secondo i tempii come l'attesta sOn Centone d'istoria e romanzò, scrìt- to, un anno più o un anno meno, al mille di nostr'èra. L'attesta, dico, trasponendo nel passato, come so- vente si fa, le idee presenti. L'autore, monaco a

: ' I devoti greci del medio evo, per falsa ioierpretasìone d*un testo, te- Deano a peccato di tosarsi, onde i Longobardi e i Franchi liderideano fino al XI [ secolo, come qui fa il poeta musulmano. ^

* Ibn-KlialUkàn , edizione del WQstenfeld, fase. X, p. 28,seg. Questa Kaalda ha 61 versi più che doppii de' nostri endecasillabi. Come ognuno comprende; non ho fatto la traduzione litterale anche ^i tulli i versi che giovano all'argomento nostro; ma ho raccolto le frasi più signiBcative, tra- sponendole talvolta, troncando molte' imagini, e nessuna aggìugnendone. Debbo avvertire che il passo "gli è forza sméttere r idolatria* risulta da una bella.correzione che ha fatta il professore Flelscher alla p. 640 della mia BibUoUe^'Mtfìfo^Sicula dove occorre il verso: "Tu li hai percosso in lor famiglie, al «he li. hai fatto. rimaner soletti; e nei loro riti, che ìkanno iatetalo il euUo' degli idoli.' La frase che ho messo in corsivo è espressa da una sola voce che avea varianti» e nessona plausibile, nei MS. d' Ibn-Khallikftn.

II. 22

[900-998.1 ' 338

Roma 0 nei dintoroi, narra i primi assalti dei Musul- mani sopra la Terraferma d'Italia (842) in questo modo : che Fiorenti re palermitano , innamorato per fama della bella Gisa sirocchia del principe Romual- do, per rapirla adunava sciami infiniti di Saraceni d'Africa, Palermo e Babilonia; sbarcava ad Amalfi; aiutato dal perfido Radalgiso,. assediava Benevento; finché Romualdo gli uccise quarantamila uomini in una rotta, dalla quale Fiorenti a mala peife campò la vita. * La qual favola è documento non solo della pos- sanza , ma della cultura dei Eelbiti allo scorcio del decimo secolo; poiché loro si attribuisce proprio un fatto di 'Cavalleria. * Il cronista poi , partigiano d' Otone terzo, non dimenticò di riferire la fondazione della terrìbile colonia del Garigliano (883) alla medesima cagione alla quale si apponea la sconfitta d' Otone se- condo (982), cioè che'i Bizantini avessèr mandato a Palermo ed Africa , offrendo il regno tf Italia ai Sa- raceni. V

Qual che fosse stato l'accordo tra l'impero d' Orie>nte e i Musulmani di Sicilia, finì con la vita d' Otone secondo. Perchè i Bizantini , vedendo sgom- brare dopo la sanguinosa giornata i vincitori al par che i vinti , ripigliarono tranquillamente le Calabrie e con un ^o' di fatica la Puglia. Dominarono da Reggio

' BenedicM Sancii AiidpesìioiMicbl CAronieofi^pres^ Pertz, Sèriptores, tomo III, p. 700. Sa reta e raaiorità del cronista si vegga la prefazione dell'editore a p. 695.

* .Nella detta prefazione si nota cbe qnesto Benedetto sembri il primo 0 tra i primi cbe abbiano scritto il supposto viaggio di Cario Magno in Terrasanta. Siam dunque precisamente nel romanzi di cavalleria, coi irova- tori, le cortesie e ì cavalieri erranti.

' Op. cit.,.p. 713.

359 [986-988]

al golfo di Pólicastro sul pendio occidentale d'Apen* nino, e sul pendio orientale da Reggio al Tronto: posta la sede del governo a Bari, e mandativi a lor usanza gli strateghi, i quali, verso il mille, comin- ciarono a prender titolo di Catapano. ^ Ma non mu- tossi la rapacità, corruzione e debolezza del reggi- mento bizantino. Dalla ritirata dunque d'Otone alla occupazione dei Normanni, quella provincia si trava- gliò tra ifisoffribile tirannide e impotenti sforzi a libe*- rarsene; e talvolta v'ebbe. chi per disperazione chia- mò i Musulmani di Sicilia; ì quali sempre da ausiliari o da nemici corsero il paese, eccetto brevi tregue, di che una sola è certa e Tanno nemmen si sa/ Lor fazioni non sono specificate dagli annalisti arabi; i latini le pongono con ignorante brevità, date dubbie, nomi guasti, e ninna connessione: come cicatrici di cui non si sa F origine ma non si cancellano mai nella memoria delle genti. Ordineremo dunque gli sparsi cenni il manco male che si possa, principiando avanti e terminando dopo il regno di lùsuf , perchè non son molti, e perchè non si abbiano ad interrom- pere nei capitoli seguenti i successi di Sicilia.

Saccheggiata del novecentottantasei Santa Ciriaca 0 Gerace ;' l'anno appresso fatte altre scorrerie in Cala- bria; Tottantotto, assediata, presa e desolata Cosenza,*

' GomizioDe di capitaneus^ come avvisa il Ducaoge; o derivato da xccToè e oroèv» come pensano altri dotti ellenisti.

' Si vegga qai sopra a p. 3$S. Tra il 983. e il 998, poicbè lustif non avea per anco lasciato il governo al figliuolo^

9 Lupo Protospatario , anno 986. Cito qai e appresso la edizione di Pertz, SeripioreSf toma V, p..^, 56. «

* Romualdo Salernitano, anno 987. Qui ed appresso da Muratori, IZe- rum littiiàQrum Seriptores, tomo V.

1994-40021 340

assaliti altresì i villaggi presso Bari e riportatone uo- mini e donne prigioni in Sicilia. ' Si trovò il novan- tuno r oste musulmana a Taranto; dove sopraccorso un conte Atto con gente di Bari, cadde nella zuffa egli e parte de' suoi.' Tornavano il novantaquattro a quelle regioni; stringeano per tre mesi, espugna- vano al quarto, Matera, che fu incendiata e avea pa- tito tal fame nell'assedio, che si narra d' una *donna i cibatasi delle carni del figlio. ' Dandosi intanto gli Ita- liani oppressi a cospirare contro i Bizantini , accadde d' ottobre del novantotto che Smagardo da Bari, ac- cozzatosi con Un condottiero Basito, che par suoni AbU'SaM, giunse chetamente alla città; gli fu aperta una porta; ma il Musulmano, vistolo uscire da un'al- tra, si ritrasse temendo tradimento, o che fosse fallito il colpo ; * talché veramente fallì. Succeduta , t;om' «' sembra, la tregua per qualche anno, fors' anco durando la tregua col catapan bizantino, ch'indi suscitasse i Musulmani a molestare gli Stati independenti in sul Tirreno, a tre agosto del mille e due si mostra- rono a Benevento con forze eh' è mestieri chiamar esercito, e présa la notte medesima la via di Capua, posero r assedio, alla città; poi corsero infino a Na- poli, con qual successo lo ignoriamo, forse di metter grosse taglie e ritrarsi. ^ Di marzo mille e tre, innol-

' Lapo ProlospaUrio, d88.

s Lupo Protospatario, 991, e Adodìdìo di Bari nella stessa pagioa del Perù. 11 nome ha le varianti Asto, Otbo, Ano.

' riscontrino: Lupo Proto8patario,'994; Anonimo di Bari, 996; Ro- mualdo Salernitano, 994.

* Lupo Protospatarlo, e Anonimo di Bari, 99S; Bosito è intitolato eay- tu$, cioè kaid, condottiero.

' Si riscontrino le varie lezioni della Croniea di Santa Sofia di Bene*'

341 (1005-1005.1

tratisi dentro terra nel golfo di Taranto, assediavano senza frutto Montescaglipso/ Guerra, non incursione di predoni, fu l' altra che seguì il mille e quattro^ ca- pitanando i Musulmani il kàid Safi, rinnegato. Il quale iti su Y entrar di maggio poneva il campo a Bari, vi chiudea Gregorio Catapano della provincia; e avrebbe espugnata la capitale senza le armi dei Vinizìani^ pronti ad aiutar l'impero greco quando ne andava la sicurezza dell' Adriatico. Perchè Pietro Or- seolo doge di Venezia, salpato con rarn;iata a dieci agosto, approdava a Bari il sei settembre in faccia ai nemici , che invano instrussero i cavalli su la co- stiera e fecero avvisaglie con lor navi. Rifornita Bari di vettovaglie, il doge ordinò ogni cosa per fare ad un tempo la sortita dal sobbórgo e dar battaglia navale. E per tre di fu combattuto ad armi bianche e dardi artifiziati con fuoco; finché Safi vedendo averne la peggio, chetamente levò il campo la notte del venti- due settembre. '

Minori sembran le forze e meglio giudicata ia vittoria, nella battaglia navale che si travagliò il sei agosto del mille e cinque a Reggio; dove i Pisa- ni, emuli ormai di Venezia, ruppero i Musulma-

vento, runa delle quali porta precisamente la data di agosto 1003, XV« indi- zfoiie, presso Muratori, AfUiquitatesItafiem, tomo 1, p. 287 ; e le altre presso Pertz, Serìptores, III, p. 177. Si ?egga anebe Romualdo SaleniitaBO, iOOl.

* Lupo Protospaiario ed Anonima di Bari, 1005.

* Si riseontrino : Giovanni Diacono di Venera, contemporaneo, presso Pertz, Seripiorei, tomo VII, p. 38; Anonimo di Bari, anno 1003, presso Muratori, iliiftfiiito^ef IUlUcìb, tomO|I,p. 33; Lupo Protospatario, anno iOOl (var. lOOS). La data del 1004 si trova pressò Giovanni Diacono, al par che i particolari dellMmpresa. Si vegga anche il.Dandòlo, lib. IX, cap. I, par* te 44, presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptoru, tomo XII, p. 233, con data erronea.

[4009-40H.] 542

ni. * D'agosto del mille e nove, spezzato il patto del capitano Sato, o cred'io Saìd^ i Musulmani occupavano un' altra volta Cosenza. * Poi si legge che un Ismaele combatteva insieme coi Saraceni Tantio mille undici a Montepeloso; ch'era ucciso nella zuffa un Pasiano e che Ismaele entrava nel castel di Bari; iiel qual testo par si debba legger Melo in luogo dlsmaele:^ e sarebbe il nome» se fausto o male auguralo non so, al certo véne-^ rabile e grande, del cittadin di Bari, il quale, levatosi come Smagardo contro la tirannide bizantina, com- però indi a poco le spade normanne. Che gli emiri kelbiti abbiano aiutato a cotesti movimenti di Puglia non può chiamarsi in dubbio : e se ci fossero ignote lor fazioni di guerra, basterebbe la cura che posero le croniche pugliesi a notare le mutazioni di signoria dei Musulmani dal mille quindici al mille e venti, ta- cendo al tutto quelle che precedettero e che segui- rono. ^

< Chrùniea Varia Pisana, presso Maratorì, B.erum Italiearum Seri- ptores, tomo VI, p. i07 e i67^ MaraogòDe, neW Archivio Storico ItaliaMt tomo vi, parie II, p: 4. La data eh' è io tutti del 1006 si dee scemare d'un anno, cadendo In agosto e contandost l'anno alla pisana.

* Lupo Protospalario, anno 1009.

B ChroniconBarenset presso Muratori, Antiquiiates IlaliccB, tqmo I, p. 33, anno 1011, e le varianti del Pertz nella edizione messa a riscontro di Lapo Protespatario.

« Gesll pensa De Meo, Annali di Na^li, tonao Vii, p. 12, 13,aiL 1010.

s Lapo Protospalario, ediz. di Pertz, Smptore8,Xom^ p. 37^ an. 1015. « Apparuit stella comelae mense februarii ^. Samu^ rex obiit et regnavit » fiUos ^U9.... 4016. Occisus est ipse fillus praefati Samuelis a suo conso-

brino Alio Aronis et regnavit ipse.... lOSO Deseenderunt Sarraceni cum » Rayca et qbsederunt Bisioianttm et apprefaeoderwit «am et mortuus est

ipse àdfflira (amira» amila eie.) et Melis dui Apuli®. > L'abdicazione di lùsnf innanzi H lOdti; H fralrteidi» di Gia'faroel 1013; eia «aeciata di oo- stuì nel 1019 che si kiggeranno nel capitolo seguente, rispondooo a un di presso ai fatti accennati da Lupo : monta la inesattezza dei particolari»

343 rittWj

Per cagioQ della rivoluzione militare del mille- qaindici onde furono menomate le forze dei Kelbiti, è da supporre venuti d'Affrica, non di Sicilia ^ i Mu- sulmani i quali del mille e sedici posero a terra a Salerno; strinsero un pezzo la capitale con Tarmata e con V esercito; alfine furono costretti abbandonare r impresa. . ^ Altri narra che trovandosi per caso in Salerno quaranta gentiluomini normanni, reduci dal pellegrinaggio di Gerusalemme, sentendosi ribollire il sangue nelle vene alla vista degli Infedeli baldanzosi e dei terrazzani che tremanti s' apprestavano a pagar la taglia, chiedean armi e cavalli, prometteàno libe- rare i Cristiani col ferro; e lor era creduto alle ro- buste persone e guerriero piglio ed aspetto: tanto- ché, assaliti alla sprovveduta i nemici, li sbaraglia- vano con grande strage. Il qual episodio parmi da accettare, sol che s' aggiungano al drappello straniero i cavalli e i fanti del principato salernitano, e che si tolga qualche zero alla cifra dei ventimila Saraceni che leggiamo in una compilazione. 1 pii guerrieri ri- cusavano ogni guiderdone , ripigliavano il viaggio ad onta di tutte promesse e preghiere: onde il principe di Salerno mandò secoloro un legato che conducesse a' suoi soldi campion più mondani, recando in Nor- mandia la mostra del ben di Dio che si godeva in Italia: vestimenta di porpora , briglie di cavalli ricoperte a la- nò. io sbaglio dei Domi. Riteogo perunto che cronica intenda dire dei KelMti Sleilla, non di qualche avventnrìere musalmano cbe avesse ten- tato di farsi signore in Calabria, che sarebbe sopposizione sema alcun fon- damento.

' Si confrontino: Lupo Protospatario e Anonimo di Bari, anno 1016, e gli Annali dei Monastero di Santa Sofia di Benevento, nella edisione del Pertz, Scriptora, tomo III, p. 177, slesso anno.

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mine d'oro, melarance , >inandorle e noci confettate. ^ E gli stranieri corsero air esca; ma divorarono in- sieme la man che la porgea.

* Si confroDtino: Amato, L'Ystoire de li Narmani fWh, I, cap. 17,18^19; Leone d'Ostia, lib. Il, cap. 57, presso Pertz,5crf ptore«, tomo VII, p. 65i, 652; nei qaali è da notare cbe Amalo, scrittore più antico, pon meno episodi! da romanzo di cavalleria: del resto si vede cbe entrambi attin- sero ad unica fpnte. Delle circostanze importanti il divario è questo, cbe Amato dice giunti i Normanni durante V assedio e Leone d'Ostia prima ; che Tuno soppone i Saraceni venuti a riscaotere il solito tributo il quale cessòperstmpre dopo quell'impresa, e l'altro reca il fatto come un deisoliti assalti che finivano pagando una taglia. Si accordano a un di presso nella data, dicendo l'uno avan mille e l'altro circa sedici anni avanti il 1017. Ma come entrambi riferiscono agli allettamenti dell'ambasciatore salernitano la venuta dei venturieri che comparvero in Italia il 1017, così mi è parso di segOir la data di Lupo Protospatario e della Cronica di Santa Sofia di B^ nevento; la quale, oltre l'autorità di que' cronisti , convien meglio ad una pratica di questa fatta che non potea durare sedici anni. D'altronde la data del principio del secolo poteva essere vagamente indicata nei ricordi so | quali scrisse Amato verso il 1080, e Leone d'Ostia nei principii'del XII secolo.

Non ho fatto menzione dei compilatori successivi , per esempio Odo- rico imitale (morto il 1141), il quale 20,000 ai Saraceni e 100 ai Normanni, e son tra questi Drogone ec. Al contrarlo, i critici moderni mi par abbiano negato troppo facUmenie l'episodio de' quaranta pellegrini, il quale, tolti gli ornamenti della Tavola Rotonda, non ha nulla che discordi dall' indole degli uomini e dei tempi.

DeU)o avvertire che nella edizione della Cronica di Santa Sofia di Benevento, Pertz, Scriptores, III, p. 176, 177, si leggono le altre scorrerie qui appresso notate, cavate da aggiunte della edizione di Pratilli, tomo IV, p. 358, cbe non si trovano negli altri MS. Si vegga nel detto volume dd Perù, p. 173, l'avvertimento dell'editore tedesco, il quale parmi non siasi ricordato che le aggiunte veniano dalle stesse mani che interpolarono la Cronica della Cava, fabbricarono quelle di Calabria e dei Duchi di Napo- li ec. Però non accetto quelle notizie come genuine :

Anno 982. Dopo la sconfitta di Otone, i Saracèni saccbeggian tutta la Calabria. (Noi sappiamo che se ne tornarono in fretta in Sicilia.)

Anno ^002; Prima della marcia sopra Benevento (che è nelle altre edi- zioni), vengono a Bari e prendono e ardono Ascoli e il Castel di Santangelo.

Anno 1007. Nuova iofestagione di Capua.

Anno 1009. Presa di Bìtonto e del Castrum Natii

Anno 1016. Durante l'assedio di l^alerno, dato il guasto fino ad Agro- poli e Capaccio.

345 * [I020-4#54.1

Mentre le armi normanne comuiciayano con pieooli anspicii a mostrarsi in Puglia , i ribelli avendo uopo pili forti aiuti , non restarono di chiamare i Musulmani di Sicilia. I quali del mille e venti, accozzatisi con un. Rayca, pugliese , assediarono e presero Bisignano:* che sembra la prima impresa deir emiro Akhal. Si legge poi che di giugno del milleventitrè un kàid Gia'fer con Rayca pòse il campo a Bari ; donde partitosi il di appresso ,^ espugnò Pala- sciano:' nel qual testo il nome va corretto forse Abu-Gia'far è sarebbe il medesimo Akhal/ Delle altre scorrerie di costui, dèlle^ arsioni e guasti e saccheggi in Calabria , vagamente accennati negli annali arabici/ ignoriamo i particolari, non avendo croniche cristiane di Calabria in questo tempo , ma* sol qualche ricordo della Puglia. Tornò ad osteggiar la Puglia il milleventinove Già far, o Akhal, insieme con Rayca; assediò il castello d' Obbìano; e si ri-* trasse per accordo ,coi terrazzani che dessergK pri- gióni gli stranieri, com' ei pare, il presidio bizantino/ Stavano per cominciare in Sicilia i rivolgimenti che distrussero la dinastia kelbita e la dominazione

* Lupo Prolosptttario» presso Perir, Seriptoret, tomo V, p. {S7.

* Ibidem. Il nome è scrino laffari. Zaffati eie. Si aggiugne criii ch^ par da leggere catti.

* Atuied-ibn-lfisfifi sopraDoominato AJkhal» è dilamato sempre da Cedreno Apollofar. Da un'altra mano gli annali musulmani ci dicono che il suo figliuolo Gia'far rimaneva al governo in Sicilia quand' egli andava a far guerra in Terraferma. E però il suokeniet, come lo chiamano gli Ara- bi, par sia sUto Abu-Gia'far, " il padre di Gia'far."

* Si riscontrino: U>B-e1-AUilr sotto Vanno 484, US. A, tomo IV, fog. ^34 recto, seg.; Abulfeda, Annalet Jfoi/emici, tomo Ili i p. 274, seg. ; Nowairi, presso Di Gregorio, Rerum Arabiearum, p. 23.

s Lupo ProtQspatario, 1. e.

H0S<-4060 1 346

musulmana, quando di giugno milletrentuno i Mu~ sttlmani occupa van Gassano; e il tre luglio davano una rotta al catapslno Pòtho. ^

D' allora in poi non s intende d' assalti loro in Terraferma , ne v' ha luogo a supporne , ove si con- sideri lo scompiglio deir isola, la vittoria di Maniace, r ingrossar dei venturieri normanni in Puglia e Ca- labria. I Musulmani che rimasero quivi fino al con- quisto della Sicilia, erano rifuggiti o mercatanti. Tale al certo la popqlazione infedele di Reggio, la quale il millesessant^ s' accozzò coi Cristiani in una infelice fazione navale contro patria, per isfogare odii di parte o mostrar fede ai novelli signori.' Qualche altro esule sventurato, qualche avventuriere negozio o di scienza, stanziò in questo tempo a Salerno, come sarà detto a suo luogo. Ma il flagello che aveva afflitta per due secoli Tltalia dal Tevere al Faro, si trovò spezzato innanzi la metà dell' undecimò.

Le battiture del quale., furono al certo piii spesse e crudeli che non ci sia venuto fatto di raccontarle su i ricordi, pochi e dispersi, di due secoli oscurià- simi; delle quali notizie alcune si trovano senza data certezza di nomi topografici nelle agiografie; e però non ci si può fare assegnamento.' Migliore testimonianza danno i nomi che leggiam tuttavia su le carte geografiche in luoghi di cui non fan motto gli annali cristiani dello, islam: i quali nomi, e

< Lapo Protospatario, I. e.

* Amalo, L'Yatoire de H Tfortìiwnt, lib. V, cap. XI.

'Si veggano qdella di San Nilo, Ub. IV, dap. VI, p. 317, seg.» di que- sto volume; e di San Viule, San Lnea di Demena e San Giovanni Tberi- sta, lib. IV, cap. XI.

347 [Scti.lXeXI.j

tanti che ne ignoriamo, e tanti che si sono dileguati, ragion vuole derivino dai casi del noùo e de- cimo secolo, anzi che del decimoterzo, quando le squadre musulmane di Federigo secondo e di Manfredi non faceano un passo che gli scrittori guelfi immantinenti non ne ritraessero Forma. Nido dei Musulmani par sia stato nel nono secolo il

Monte Saraceno, come si addimanda, su la costa meridionale del Gargano , * a settentrione del qual promontorio, tra Yiesti e il lago di Varano, è anche una Punta Saracena. Un monte Saraceno s' innalza rimpetto al comune di San Bartolomeo di Capitanata su r altra sponda del Fortore. Un altro in Calabria Citeriore, a ponènte di Rocca imperiale. Nella stessa provincia s' addimanda Saracena un Comune posto a libeccio di Castrovillari a poche miglia; e sbocca nel Jooio, tra Amendolara e la focQ del Crati, il fiumicello Seracino; presso al quale in sala marina è una Torre Saracina come la chiamano. Lo stesso nome di Torre Saracena si scorge nelle carte del secò! decimotlavo in Calabria Citeriore, tra Longo* buco e Bocchigliero. Fino nello Stato papale a poche miglia ci greco da Tivoli giace la teri'a di Saracinesco; a mezzogiorno della quale è T altra detta Siciliano: nómi lasciati per avventura nei principii del decimo secolo dalle mansnade del Garigliano, o alta fine del-

« Leandro Alberti, DeseritHone di tutta Italia^ Venezia fSSSS, fóg. 2i5 verso, fa per fatta, aggiugnendo: f Inaino ad oggidìisi vedono le isepol- 1 ture nei sasso cavate secondo ! loro malvagi riti et profane oerimenie. » Ma i * malvagi riti* dei Musulmani portano Inumare i cadaveri, non già di chiuderli in avelli pietra. Perciò non son questi al certo i vestigii-ehe lasciarono sul monte Gargano.

|09.8.j 348 -^

l' undecìino dai Musulmani di Sicilia , che ìneDÒ seco Roberto Guiscardo , per liberare papa Ildebrando dai Romani e dai Tedeschi.

CAPITOLO vm.

Dopo otto anni di prospero reggimento, lùsuf, colpito d'emiplegia del lato sinistro, risegnò Temi- rato al figKuoló Gia'far, al quale avea già procacciato in cancelleria d' Egitto il diploma di sostituzione : ^ e adesso a nome del califo Hàkem-biamr-^AlIah gli erano inviate le bandiere del comando, con prero- gativa di Tàg-ed-4axDla e Seif-el-milla , che suonan « Corona dell* Impero e Spada della ÌFede. » ' Faccende di cancelleria, parendo che ormai i caliti fatemiti non pretendessero esercitare autorità in Sicilia, ne eleggerne gli emiri, ma sol mantenere le cerimonie deir investitura, come foceabo in Affrica; dove ciò non togliea che gli emiri ziri ti loro contendessero qual- che città di frontiera con le ragioni e con la spada.' E veramente nella vita di Hàkem, di che sappiam tante minuzie, non si fa motto mai della Sicilia,

' NoY^iri afferma la.sostitnzioDé coDcednta prima della riounzia di I&sttf. N*è prova anco la poesia di Abd^allah-Tonùlii ^ella quale abbiam £itto parola oel Gap. VII, pag. 335, della quale si vegga la nota 4.

* Si riscontrino: Ibn-el-Atblr, anno 484, MS. A, tomo IV, fog. 134 i*ecto, e seg.; Abulfeda, Annakt Moslemiei, annp 336, tomo U, p. 44^, seg., ed anno 484, tomo HI, p. 374; Nowafri, presso Di Gregorio, Rerum Àrabiearumi p. aO; Ibn^haldùD, Htsiotrede l'ÀfiiQ^ «^ ^^ ^ SieiU, p. 178; Ibo-abi-Dinar; MS., fog. 37 verso, seg.

^ Si vegga qui appresso, pag. 336.

549 [098-4014.1

del reggiDieato degli emiri di quella ; se non che alcun Siciliano, nativo ovvero oriundo, comparisce nella storia politica e letteraria delV Egitto, non altri- menti che gli stranieri, dell' Iràk, di Siria, d'Affrica. Di cotesti Siciliani direnK) dove cadrà in acconcio. Da un' altra mano la corte degli emiri in Palermo del tutto si ordinava come di principi independenti. Si veggono nel regno di Gia'far gli oficii di vizir e di hàgib, ossia ministro e ciambellano; i quali mai non furono, il poteano, appo gli emiri di pmvin- eia. I poeti in loro apostrofe a lùsuf e al figliuolo chiamavanli Malek, che suona. re, titol nuovo nel* r islamismo; e scrivean come se mai non fosse stato al mondo il califato d' Egitto./

Giafar ebbe dal padre, insieme col principato , ciò che si potea tramandare per liberale educazione : non le virtù dell' animo della mente. Fece medio* cri versi; entrò nelle antologie degli Arabi in grazia d' un epigramma improvvisato in Egitto (1 035), dove andò a finir comodamente la vita quando il caccia- remo di Sicilia : volgare antitesi sopra due paggi che gli venner visti in abiti di dibdg * V un rosso e l' altro nero ; la qual freddura piacque assai in quell'Arcadia arabica dell' undecimo e duodecimo secolo. ' Del ri- manente, indole pigra, avara, Crudele: nelle sue mani casa kelbita die la volta al comun precipizio delle

' Si vegga la poesia citata nel cap. Vllj p. S35, seg.

.' Drappo di seta , sul quale si vegga la Dota I , pag. S<i>.del presente volume.

9 Iméé-eA^ìn.Khafida, MS. di Parigi, ÀncieoFonds, lS7d| fog. 40 verso, ed lbn*KlialUkftn, edizione. del Wiistenfeld, fascicolo. X,.p. 32^ vita 805.

11645.1 350

dinastie musulmane, nelle quali ad una o due gene- razioni di guerrieri succedettero per lo più i Sar-

».

danapali ; come se il naturale intristir dei sangui rea- gii s' affrettasse dentro le mura dell' harem, dove si sciupa il padre, e la fiacca prole alla sua volta vi lascia quel po' di spirito rimaso nella razza^

Dal martire Abn-1-Eàsem in poi, gli emiri sici- liani aveano amato meglio i piaceri della reggia in Pa- lermo che i combattimenti di Terraferma. Così il buon lùsuf , così Gia'far ; il quale par quel desso eh' edi- ficò il Castel di Maredolce tra le abbondanti acque e i lieti giardini che furon poi delizia dei re normanni/ I capitani, intanto, mandati in guerra , ripoi'tavano a casa, con qualche poco di bottino, la vergogna della ritirata a Bari (1 004) e della sconfitta a Reggio (1 005) : il principe stracurato e i ministri procaccianti apriaa la strada a domestiche ambizioni. Donde Ali, figliuolo di lùsuf, congiurò contro il fratello coi Berberi e gli schiavi negri; coi quali negli ultimi di gennaio del mille e quindici, ridottosi in un luogo non lungi di Palermo, si chiarì ribelle. Gia'far gli mandava incóntro sènza indugio il giund e le milizie della capitale : * a trenta gennaio si venne alla zuffa, la quale finì con molto sangue dei sollevati, e il rimanènte diessi alla ' fuga. Ali preso, menato al fratello; il quale comandò

< IbDTGiobair, nel Joumai Aiiaiique, serie IV, tomo VII (1846) , p. 76, chiama Kasr-Gia'far il sito regio di Maredolce. Dei tre emiri che portarono tal nome, non veggo altri che il Ggliuolo di ICUuf che abbia avuto genio e tempo da fondare questa villa regia , della quale terremo proposito nel libro VI.

a Secondo Ibn-el-Aibir * un giund" e secondo NòWairi un *Asher os- sia "esercito," voce generica la quale può comprender anche le milizie ma- nicipali oltre quella della nobiltà.

351 (4015.]

di metterlo a morte , non curando le lagrime del padre paralitico : talché entro otto giorni il temerario gio- vane si giocò la testa e la perdette. Già far fé' truci- dar dal primo air ultimo gli schiavi ribellati , e i Berberi scacciò dalF isola con le famiglie loro, ninno eccettuato; i quali si ridussero in Affrica. ^

Le croniche danno un insolito barlume su la ragione degli avvenimenti, aggiugnendo , che rimase a GiaYar il solo giund siciliano e menomato V eser- cito, i Siciliani imbaldanzirono contro i governanti.' Indi si vede essere stati i Negri squadre stanziali. I Berberi, avanzo delle colonie spopolate un tempo (940] da Khaltl-ibn-Ishak, o piuttosto delle soldatesche ve- nute d'Affrica sotto i due primi emiri kelbiti, sembran anco milizia stanziale: squadre di giund che gli emiri tenessero appo di loro, pronte a servirli in casa e

* rìscontrioo : Ibn-el-Albtr, Nowairi e Ibn-Kbaldùn, U. ce; Il passo dMbn-KhaldùD : *ma!s il épargna ses partisans * Tìen da una lezione erronea del testo, e ^a corretto * cacciò i Berberi e gli scliiavi negri. " È da avver- tire che Nowairi dice seguita la battaglia il mercoledì sette di scia'bàn 40S; 11 qoal giorno risponde , nel conto astronomico, alla domenica 30 gennaio, e nel conto civile al lanedì 31 gennaio 1013. Il giorno della settimana è dunque sbagliato nel testo; o l'errore vien dairusò ortodosso di contaro fl primo del mese arabico dal che si fosse vista con gli occhi la luna nuova, checché ne notasse il calendario.

In ogni modo, la data del 16 febbraio che si legge nel Martorana ed è fedelmente copiata dal Wenrich , vien da un errore corso nella edizione del Di Gregorio, Rerum Arahicarum, p. 21 , nota e. Secondo il Martorana e il Wenric|i i ribelli furon parte Affricanl e parte servi di AH; ma pei primi i testi dicono precisamente Berberi , e pei secondi 'Àbid, ossia Schiavi ne- gri; né s*aggiugne che fossero schiavi di Ali, anzi il fatto li mostra soldati stanziali.

Non merita esame il fatto recato dal Rampoldi, Annali Mutvimani, 1009, che l'emiro * Thajo dawta per la sua iniquissima ammioistrasione e le enormi sue crudeltà " fa deposto e sosUtuitogli il fratello Abmad. fi ana- cronismo della rivoluzione del 1019, che l'annalista senza accorgersene re- plica pòi a suo luogo.

* Ibn-el-Aiblr e Nowairi, 11. ce.

|<oiwo<9.i 352 -

fuori, stipendiate con assegnazione temporanea di dhià, 0 vogliam dir poderi demaniali : picciola mano di gente , poiché tornò agevole di cacciarla via. L'attentato di Ali fu dunque cospirazione militare. Giatar con le stragi e il bando volle vendicarsi e as- sicurarsi; ma non pensò che, rimanendo nelle forze di coloro che Y avean mantenuto sui trono, non potea maltrattarli senza pericolo.

A nulla forse ei pensava se non alle vanità e voluttà del principato; rimettendo ad altri la cura di trovar moneta che bastasse allo spèndio. Per sua mala sorte s'avvenne in un segretario Hasan-ibn- Mohammed da Bàghàia in Affrica,' e fecelo "^zf r. Ai cui consigli Già for comandava che in luogo dell' an- tica tassa invariabile d' un tanto ad aratala * su i ter- reni, si levasse il dieci per cento su i grani e le frutta; allegando V usanza generale degli Stati mu- sulmani.' I terreni, s'intenda, tassati a khardg perpe- tuo : ed era arbitrario Y alto ; non potendosi in giure musulmano mutar la quantità il modo di ri- scossione fermati al conquisto e diversi secondo i paesi, talché la costumanza degli altri luoghi, molti o pochi, non pptèa far legge in Sicilia.* Che tal nova-

r * Città 8u la catena degli Aarès; oggidì in proTincia di Costantina.

* El'-Mug-^l'baker " Coppia di buoi. " Senza dubbio la superficie da lavorarsi.in una stagione con un aratro. Si vegga il Lib. cap. VI, primo Tokime, p. 1SS5, nota 1.

' Si riscontrino Ibn-el-Atbir e Nowairi, 11. ce; il primp dei quali adopera la voce generica ghallat * prodotti del suolo," e il secondo le due voci te'ém e ikemr, delle quali Tona qui significa firomento e l'altra il fhilto degli alberi a arbusti, e però comprende le olive e le uvei

* Ciò si ritrae cbiammente^da Hawerdi, edis. di Enger, p. 3S0 e260. Quest'autore parlicolareggia i casi nei quali era permesso d'accrescere o diminuire il ì^ràg: cioè l'aumento o diminuzion dt valore che non venisse

353 |40«9:|

zioDe aumentasse il peso, non occorre dimostrarlo, quando il mii^stro e remiro la vollero, e i posses- sori se ne mossero a far quel che fecero. Il vizir ag- gravò il mài tolto trattando con modi villani e su- perbi i kài4 e gli scetkhi^ che è a dire i capi delle nobili famiglie militari e i notabili della cittadinanza. E r emiro, al quale è naturale che se ne richiamas- sero, parlò ed operò leonino.* <;• Riposava sicuro, nella severità sua e sanità del ministro, quando, il sei di moharrem del quattro- cento dieci (13 maggio 1019), sollevatasi repènte la capitale, nobili e plebei trassero al palagio; F assa- lirono, abbatterono certi casamenti esteriori e facen- dosi notte intorniarono le mura come in assedio: Già già majQcavàn le forze ai pochi difensori ; Je turbe stavano per saltar dentro, quando si vide uscire in portantina il paralitico lùsuf ; e per carità e riverenza s'arrestarono a un tratto gli assalitori. Il quale si studiò a calmarli con parole e promessa di far quan- ta e'vorrebbono; e quelli al veder il povero vegliardo rifinito dagli acciacchi e dall' ansietà, ruppero in la-

da fatto del proprietario. Per esempio si accresceva il khardg, se un'acqua Inopinatamente sorgesse da ìnaffiare il podere, e si diminuiva se un'acqua venisse meno; ma non si mutava, se la industria del possessore miglio- rasse, 0 la sna incuria facesse andar a male la coltura. Si vegga anche ciò che ne abbiam detto, Lib. Ili, cap. I, pag. 18, t9, del presente volume. Non si trattava al certo di terréni decimali ossia libera proprietà di Musul- mani , nel qual caso la violazione sarebbe stata assai più grave. Non di po- deri demaniali, polche l nobili del ginnd non andavano al certo a coltivarli da affittaiuoli. Non di poderi dei Cristiani, poiché que' che se ne risenti- ron furono i Musulmani.

* Si riscontrino: Ibn-el^Athir, Àbnlfeda, Nowalri e Ibtt-Khaldftn, 11. ce. Il primo dice che Gia'far ' oppresse i suoi fratelli (In islam) e li trattò con superbia." NowaiH che ^ vilipese 1 Slpiliani e gli sceikhi del paese, e li trattò con superbia."

II. 23

[1019] 354

grime : qqasi supplicando si rifecero a contargli tutte le angherie sostenute. lùsuf rispondea farsi malle- vadore del figliuolo, e eh' ei medesimo volea gasti- garlo, e dargli lo scambio in persona di cui lor pa- rasse. Domandarono T altro figliuolo Ahmed, sopran- nominato Akhal ; ^ e incontanente lùsuf facea promul- gare la deposizione di Gia'far, e la esaltazione* di Ahmed. Domandarono Hasan di Bàghàia e il ciam- bellano Abu-Ràfi'; i quali consegnati al popolo furono entrambi uccisi e condotta in giro per la città la testa del vizir, eh* era più odiato, e arso il tronco, senza sepoltura. E ciascuno se ne tornò a casa.

lùsuf intanto temendo non inviperissero peggio gustato il sangue, avea fatto imbarcare GiaYar sopra un legno che sciogliea per TEgitto; e poco appresso in altra nave ei lo seguì. Moriron poscia entrambi in Egitto , dove avean recato decoloro in contanti seicento settantamila dinar, che son circa dieci milioni di lire italiane. I cronisti arabi, lodando a lor uso la carità e liberalità, notano che lùsuf. possedeva in Sici- lia tredici o quattordici mila giumente , senza contarvi gli altri animali da sella e da soma, e che venendo a morte non lasciò pure un ronzino. ' Ma a consi-

' Ahhal (le lettere ft ed A qui rendono non una ma dae lettere divèrse) signiflca ttom da'cijgli oegrissiini da parer UnU col kohl. S'intènda dei dgli propriamente detti » non delle sopraccigliai.

* SirisooYitrino: Ibn-el-Acbtr, Abalfedia, Nowairf, Ibn^Kbaldùn e Ibn- abi-Dìnftr» li, ce. 11 palagio nel quale fu assediato Gia'far non sembra la cittadeUadettaiaKbàlesa,inarantico castello degli emiri nel sitò della reggia attuale , ovvero un palagio nella Klialesa. È da notare inoltre cbe Nowairi dioe seguito il tumatto il lunedi sei di mobarrem; ma quel giorno risponde secondo il conto astronomico al mercoledì 13, e secondo il conto civile ai giovedì i4 maggio. Il Di Gregorio tradusse male nel Nowairi, p. 21 : "e/ omnia peuum dabat. Tum etiam Giafaro imputabatur quod univenat pò-

355 [975-995,1

«derar meglio i fatti, quello .stupendo armento, per QOQ dir nulla dei dieci milioni di moneta , prova la quantità dei poderi tenuti in demanio nei regni di làsuf e di Gia'far. È verosimile che costui, cacciati i Berberi ribelli del mille e quindici, abbia ritenuto i poderì, anziché concederli in beneficio militare ai Siciliani; e che il dispetto di tal avarizia abbia fatto sentir più dura F offesa dell'aggravata tassa prediale.

M^tre germogUavano in Sicilia cost fatte di- scordie, crebbe in Affrica la dominazione zirita; la cui potenza e le vicende interiori e il crollo che le die una nuova irruzione di Arabi, a volta a volta si risentirono neU' isola. Bolukktn con le armi di Sanbà- già, la riputazione di Moqzz, e gli. ordini dell'antica colonia arabica, occupò tanto o quanto il paese infìno a Centa; raffrenò gli Omeiadi di Spagna che tenean parte della costiera; si spinse a mezzogiorno del- F Atlante; rintuzzò la rivale nazione Zonata; ebbe dal caiifo Aztz le città su i confini delf Egitto, nega- tegli nella prima concessione: talché, venendo a morte (984), era ubbidito più come prìi;icipe che vi- cario da Tripoli a Fez. Snccedettegli il figliuolo Man- sùr, il quale mantenne con varia fortuna la potenza del padre; sottopose al giogo la tribù diKotama.' E

ptdi siciliensis opes diriperet;" e p. 22: * ab conspectu eorum non abscessu' rtim/ Questi due ppssi vau ccrreui : 'accadesse checbe accadesse (nel rao-

colto). Inoltre Gia'far mostrò dispregio pei Siciliani. cbe non

allontanerebbe dai loro consigli.* Infine nella stessa p. 22 la frase "ego itdmmUtrationii swb rependi vieem' va spiegata più precisamente* Vi ri- sponderò io dei fatti suoi e lo punirò io." '

< Si riscontrino: Ibn-el-Atbìr, anni 361 , 565, 579, 3S6, MS; G, to- mo V, fog. 10 verso, .... 27 verso, 34 verso; Baiàn, testo arabico, tomo I, p. 222, 238, 240^ seg.; Ibn-Kbaldùn , fffs^otre de» Berbères, versione di M. De Slane» tomo II, p. 9 a 16.

[096-999.1 356

eh' ei si sentisse saldo ìq sol trono , Io mostran le parole: ^'Mio padre e Tavolo comandarono con la spada; quanto a me non adoprerò forza se non che ì benefìzii.^ E T altro detto: ^Ho ereditato questo reame da' miei, nói tengo in virtù d'un rescritto, mei farà lasciare un rescritto. " ^

Furon serbate contuttociò le apparenze; che esaltato, alla morte di Mansùr, il figliuolo Badts (996), gli vennero del Cairo, a nome di Hakem, le vesti- menta , il diploma ' e il titolo di Nasf^ed-^wh^ ch'è a dir ** Sostegno dell' Impero/* Ma a capo di tre anni, il governatore di Tripoli per Badis, tradito il signor suo, offriva la città alla corte fatemita; e questa, come di furto, se la prendea, commettendola a lànis il Si- ciliano, governatore di Barca, forse liberto di sangue cristiano. Àppo il quale mandando Badts a dolersi, rispose altero: e il principe d' Affrica , quasi il califo non ci entrasse e fosse la contesa tra lui e lànis , gr inviava diMehdià con genti un GiaTar^bn-Habib; il quale pose il campo ad Agiàs tra Cabès e Tripoli. Mandò poi a dire a lànis che di tre partiti scegUesse Tuno : rappresentarsi a.Badis; mostrare il diploma che avessegli affidato il governo di Tripoli; o disporsi alla battaglia. E lànis gli scrivea: ^'Gh'io vada a corte del tuo signore, non ne parliamo. Esibir diploma non debbo, sondo io vicario del Principe, dei Credenti in provincia maggior di Tripoli, Dell'altro caso, che rimane, non darti briga: aspetta dove sei, che ci

< Baiàn» testo, tornò I, p. 249.

^ IbQ-el-Athtr, anno 386, MS. Gy tomo V, fog. 34 Terso.

' Ibn-Kballik&n, versione inglese di M. De Slane, tomo 1, p. 248.

357 Hooo-ioo4.|

Vedrem presto." Entrambi mossero; s'affrontarono tra gli uliveti di an villaggio detto Zftnzùr. Dove lànìs fu rotto con molta strage Tanno trecentonovanta (12 die. 999 30 novembre 1 000); e fatto prigione, pregò il recassero a GiaYar, ma gliene portaron la sola testa. Li sbaragliati s' afforzarono a Tripoli/ la quale debol- mente aiutata dal siciliano Zeidàn , com' altri legge, Io scbiavone Reidàn, ' che reggeva allora la corte del Cairo, tornò in potere di Badis, dopo lunghe vi- cende che a noi non occorre di raccontare.'

Fortunosa età per la schiatta berbera, Is^ quale dopo due secoli si sciógliea, senza ferir colpo, dalla dominaziotìe degli Àrabi, serbando gli elementi di civUtà di quegli stranieri : religione, leggi, scienze, lettere, industrie, ed una popolazione cittadinesca data a cotesti esercizii , impotente ormai per numero e tener di vita a ripigliare il comando. Gli aborigeni del continente affricano dal Mediterraneo al Tro- pico, non erano mai stati padroni in casa loro, dac- ché Cartaginesi , Romani , Vandali , Bizantini, Àrabi occuparono X un dopo V altro la regione settentrio- nale. Ma il veleno della discordia e' hanno nel san- gue, sempre lor tolse di cacciare gli stranieri; e quando rimaser soli, non fé' allignar tra loro fra-

* Si riscontrino Ibn-el-Atbtr , anno 389, MS. A, tomo HI, fog. 100 recto; e Tigiani, AeAeZa, MS. di Parigi, fog. 74 recto, e 86 verso , e tra- duzione ne) Journal Asiatique, serie V, tomo I, (février-marsl8SS5),p.i04 e t32; nel primo dei quali luoghi Tigiani riferisce la battaglia come Ibn- el-Atfair al 380, e nel seconda al 389.

* Baiàn, testo. Comò I, p. 266, anno S92. La variante *Reidan Sak- labi " si legge nei testi citati da M. De Sacy, Expoii de laReligion du Dru-^ tes, tomo 1, p. ccxcui, dove per altro non si dice dei fatti di Tripoli.

> Si veggano i particolari in Ibn-eMthtr , MS. G, tomo V, fog. 40 re- cto , anno 393; e nel Baiàn ; ì. e.

H005.J 358

tellanza, ììè amistà, almeno persuasione di dover vivere insieme ; ed ha negato all' aniversale infino a questi dì' nostri rincivilioiento al quale gli individui parrebbero maravigliosamente disposti. Senza dir deir antagonismo tra i >arii rami del ceppo bèrbero e soprattutto dei Zenata, che furon sempre dei piii selvatichi, contro i Sanhàgia, che sembrano di piii docil natura, la divisione nacque nella stessa casa ztrita , sotto il regno di Badts , quando Hammàd , figlino! deir avolo Bolukkin, dopo aver combattuto a prò della dinastia, ribellatosi (1014), fondò uno Stato independente nelle odierne province di Costan- lina ed Algeri, * Altre calamità piovvero su que' la- cera ti dalla guerra civile.

Del trecentooovantacinque (1004-^^), al dir del contemporaneo Ibn-Rekik, la carestia e la pestilenza ' si mossero a gara a spopolar T Affrica propria; i contadini fuggirono dalle terre non trovando di che mangiare; deserti i villaggi; consumato presto quel che teneasi in serbo nelle città; e, in alcune tribìi, i Berberi s' ammazzaron tra loro per isfamarsi di carne . umana. Ad un tempo la peste mieteva a centinaia e migliaia gli abitatori dèlie città: chi ha visto Tor- rida scena con gli occhi suoi la raffigura nei par- ticolari narrati dal cronista. Fu tanto che a Kaire- vvàn rimasero abbandonate moschee , forni , bagni, chi non avea da ardere, andava a far legna nelle porte e nei tetti delle case senza padrone. Cacciati

' Si fftggain generate VBiiMrédeBBBrbèn$pftrIhH'KhMoun, pia volte citata, e in particolaire il tomo U, p. il e 44.

' Il testo ha le due voci webà e té'un, cheìodicano al certo due pesti- lenze diverse.

359 t<ooì>-40i6.i

da quei flagelli / moltissimi abitatori delle città e delle campagne ripararono in Sicilia. La tìioHa cessò; la ca- restia miligossi; 'poi ricomparve, con le cavallette e con la guerra civile, Tanno quattrocentosei (1 01 S-1 6) e di nuovo il qnattrocéntcmove (101S-19) e il quat-* trpcentotredicì (40SISI-83), e così di trattp in tratto.* Morto intanto Badìs (aprile 1016) ed esaltato il figliuolo Moezz , Scerf-^edr-dawla, ossia "^ Gloria del- l!Impero*' come era scrìtto nella patente del califo, ' divampò in quelle parti crudelissima proscrizione re* ligiosa. Gli ortodossi d' Affrica, calcati per un secolo dagli Sciiti, rimbaldanzirono alla sgombrar della corte fatemita: oi'mai grossi e. rabbiosi, che Hammàd fece assegnamento sopra di loro per togliere mezzo il regno ai nipoti; onde, chiaritosi ribelle, ristorò (1 01 4) il culto sannita, pose mano al sangue degli eretici nelle province che gli ubbidivano, ed entrato per forza d'armi a Bugia, tanto stigò i cittadini di Tunis che ammazzarono popolarmente que' della setta, * degni di mille morti, perchè non volean ripetere che Abu- Bekr ed Omar fossero in grazia di Dio. Così la cupi-- diigia e la vendetta prendon sempre una maschera più- brutta delio stesso ceffo loro , se lo mostrassero scoperto. Soffiavan entro il fuòco dal Kairewàn que- gli indomiti dottori di schiatta arabica; rincalzando forse gli argomenti teologici con Y esemplo delle or-

' Baiàn, testo, tomo I, p. 967, anno 595.

s Si riscontrino : Ibn-eì-Atfalr, anni iD6, 4t5, 452, MS. C, tomo V, fog. 46 verso, 56 verso e 74 recto; e Baiàn, teato, tomo I, p. 980, an- no 409 ee.

^ Ibn-el-Aibtr, anqp 406, voi. citato, fog. 46 recto e verso.

* lbn-Kha!ékto « Storio dei Berberi, testo, tomo T, p. 932, e versione di M. De Slane, tomo II, p. 44.*

lioiG] 360

ribilità ebe faceva ogni in Egitto il poatefice delli Sciiti, il sangainarìo è matto Hàkepi, arrivato non guarì dopo al colmo d'ogni empietà, quando (1016^ 1 021 ) assenti a dirsi Iddio in una religióne di suo conio, e per diletto mise a sangue ed a fuoco la ca- pitale.* L opinione pubblica trapelava, com' avviene, nella stessa reggia degli Ztrìti; dove il precettore di Moezz stillò la credenza ortodossa neir animo bal- danzoso d' un re d'otto anni. Ond' ecco un di (lu- g1ÌQ 1016) che cavalcando il fanciullo nelle vie di Kairewàn, gli sfugge di bocca una benedizione ad Abu-Bekr ed Omar; e ne scoppia repentina scompi- glio tra il popolo e i seguaci del principe che in parte erano Sciiti. Fatti questi miseri in pezzi, cominciato a saccheggiare le case, a ricercare per ogni luogo i sospetti di quella, e di quàl si fosse eresia, ad am- mazzarli, uomini j donne e fanciulli; e ardean poscia i cadaveri e rapivano^ quanto poteano. La proscrizione tumultuaria propagossi in un attimo a Mehdia e per tutte le città dell' Affrica propria; s'allargò nei vil- laggi. Fra qite' che morirono difendendosi, e quei che furono scannati come pecore, sommarono a parec- chie migliaia. Rimase il nome di ""Lago di Sangue'' alla contrada ove caddero i primi tremila, e il fatto passò in proverbio, come la Saint-Bartbélemi.

s

' Gli atroci particolari del regno di H&kem si leggano nello Exposé de laMeligion des Drmes, di M. De Sacy, tomo I, p. cctcui,s6g. Il oomin- ciamento deirapoteosi del tiranno nel. 407 si legge a p; gcclxxxiii, seg.

' Si riscontrino: lbnHel-Athlr,.anno 407, MS. G, tomo V, fog. SS3 re- cto; Baidn, anni 407 e 429, testo, tomo I, p. 279 e 285; N'owaìri, Storia d'Affrica, MÌS. di Parigi, Ancien Fonds,703, fog. 36 verso; e Ibn-Khaldùn, Histoire des Berbères , versione di M. De Siane , tomo U , p. 20; i qaali non diiferiscono in altro che nei particolari.

361 - |I0I6.4(H9.|

Darò almoD due attui la persecuzione , metten- dovi mano il principe per risparmiar , com' ei pare , il sangue; e non stando sempre a' patti il popolazzo. Perchè, del quattrocentonove (19 maggio 1018, 7 maggio 1019) si nota V eccidio d'una man di Sciiti che se n' andavan esuli in Sicilia. Da dugento ^ uo- mini, montati a cavallo, e forse disarmati, i quali con lor famiglinole e lor genti di casa viaggiavano sotto scorta di cavalleria alia volta di Mehdia, per imbar- carsi. Pernottando alia borgata detta di Eàmil, ri- morse la coscienza ai villani de' contorni se li lascias- sero andar vivi: s'armarono; dettero addosso agli eretici non difesi da loro guardie e tutti li trucida- rono ; delle donne quante eran giovani e quante lor parvero belle disonorarono e poscia le uccisero.^ Il miserando caso ci attesta che al par dei cacciati dalla fame del mille e cinque , riparavano in Sicilia gli eretici perseguitati in questi due anni, e che il goviemo d'Affrica sopravvedeva all'uscita, fomia forse le navi.

Suggellossi col sangue degli Sciiti l'amistà della nuova dinastia e delle pq>olazioni arabiche, ristrette ormai nelle città ; poiché prima gli Aghlabiti, poscia i Fatemiti, per córta ragion di Stato, avean battuto e annichilato i nobili del giund stanziati nei villaggi. * In molte città i Berberi, in alcune anche gli Aferika,

* Baiàh,[ testo, tomo I, p. 380.

> Si Teggano nel presente volarne il Ub. Ili, cap. II , VI. Coi Fate- miti vennero d'Oriente a poco a poco 1 partii^ani loro e gli affiliati alla setta, ai qaali è probabilissimo olle oltre gli ofioii pubblici siano stale con- cedute pensioni mililari. In AfiQrica gli Sciiti erano ctiiamati ordinariamente Orientali.

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avanzi de' CrìstiaDi dei paese, soggiornavaDo^^on gli Àrabi/ e già parea che le varie genti e la novella dinastia si acconciassero a far una naztooe. Già gli ZIriti, aUiandonata l'antica lor sede Asctr neDe montagne di Titeri, s' eran posti a Mansuria a mezzo miglio del Eairewàn, o piuttòsto dentro la stessa capitale arabica, la quale fu poi congiunta da fortifica- zioni a Mansuria. ' Fiorirono in questo tempo le mani- fatture e i commerci, condotti da una mano nel Me- diterraneo con Sicilia, Spagna e altri paesi marittimi;' dair altra mano con le regioni interne del continente afiricano. La quale prosperità industriale si potrebbe d'altronde argomentar dallo smodato lusso della corte zfrita in feste pubbliche, sposalizii, funerali, doni ai califi d'Egitto; ed anche dallo sminuito valore, o vogliasi dire cresciuta copia , dei preziosi metalli.

»

* Bekri, nelle Notices et Exiraits des MSS., tomo XII, p. 462 e 511. Si vegga il Uh, I , cap. V, ne) volume , p. 105, nou i*

3 Bekri, Noticu et ExtraiU de$ MSS., tomo XII, p. 472. QoesU ciUà, altrimenti detta Sabra, fu fondata e prese il primo nome dal califo fate- mita Mansùr, ciie vi trasferì la corte da Mehdia nel 947. Si vegga ancbeil Béién, testo, tomo 1, p. 322.

' Sul commercio e industria dell* Aflfrlca propria abbiamo le relazioni 'd*1bn-Hattkal , che viaggiò quivi nieHa seconda metà delX secolo^edi Bekri che scrisse nel 1067. Il primo dice del commercio di Tripoli col porti dei Rum (Italia e Grecia); di Tenès ed Orano con la Spagna; di tutta l'Àf- friea propria con rodente, ove si mandavano scfaiava moUtleéscbiavi ne* gri , Rum e Scbiavoni, ambra grìgia, e seta; delle manifatture di lana ad Àgdabia e Tripoli; della pesca del corallo a Tenès, Ceuta e Mersa-Kbarez [Journal Àsiatique , 111* sèrie, paig.363, seg.)* il aeeondo {jNoiices ei E9traitB des MSS.t tomo XII) fa menzione, oltre i prodotti ordinarli del suolo , delle canne da zucchero a Kairew&n, p. 484; del cotone a Usila, p. 515; del- r indago a San, o Sanab, p. 455; deigeisi coltivati e la seta prodotta a Ka- bes, p. 463. Ricorda altresì le mani^iUvre 41 paini e tele di Kairev^rào, Susa, Kafsa, p. 4S8, 505; iUommeiolo dell'.alio di Sfai con la Sicilia e paesi di Rum,, p. 465; le navi mercantili siciliane e d*t1tre nazioni che In- gombravano il porto di Metidia , p. 480.

* Il Baidn ci minuti ragguagli di questo lusso, ritratli'da Ibn-Re-

565 11019-4052.)

Attestano i commerci eoa T Affrica eentrale i presenti mandati a Mansùr dai. principi del Sudan (992) e la barbarica pompa degli Ztritì che in lor solenni caval- cate usciàno con elefianti , e giraffe , oltre le belve indigene dell'Atlante. V .

la potenza sembrava minore del fasto nel regno di Moezz-ibn-Badis, temuto da tutti per mezizo secolo, com' uomo intraprendente e savio nei consigli e gagliardo nelle armi. Infine agli ultimi anni, quando subita rovina lo ridusse quasi al nulla (iOS3), ei fu per vero il più possente principe musulmano delle re- gioni bagnate. dal Mediterraneo.' Comprendendo comodità: che gli dava il mare ad allargar suo do- minio, egli il primo sua schiatta, provvide a ri-

klk» cronista contemporaneo; il quale spesso allega i detti di mercatanti sol valore dei corredi Daziali etc. veggano i particolari nel testo arabico, tomo 1, p. 249 a 284, anni 373 a 415. Per dame qualche esempio: man^ dati il 373 io presente al califo di Egitto, cavalli» arnesi, e altre robe, del valsente d' un milione di dinftr ,p. 249 ; il 419, nelle nozze d'una 6gliaola di Badls, i gioielli, gli arredi, i vasi d*oro e d'argento e le riccbe tende recali dalla sposa furono stimati mn altro miliODe di dinar, p. 284; nel 406, in una sconfitta dei Beni-Hamm&d ^ si trovarono addosso a (al prigione 50,000 dlnftr, a tal altro 8,000 ec. Ancorché alcune somme siano esagerate di eerto, noi serobran tutte. lbn«4f.baldùn, BìUoire de$ Berhères, tomo II, p. 19, riferisce altri. esempli} tolti da Ibn-Rekik,! quali non si trovano nel Baidn, ,

' Baién, testo, tomo I, p. 258 e 258,anni 362 e 387, n^l primo dei quali luoghi dice d'una girafl[a mandata dal Sud&p con gli altri doni. Donde sembra che alla One del deciit» secolo tenesse già un commercio diretto di caravane ira rAfrica proprièa e il Sudan. ibo-Haukal terso la moti dello stessp secolo paVla <olo dei commercio del Sudan con Segeknessa nello Stato «tiefuo di^Marocco, la quale fu uccupaAa talvolta dagli Ztriti ma non rimase in poter loro. L'aiAondava dell'oro, che secondo i tempi ci £1 tanta maraviglia, veniva forse dal commercio eoi Sudan.

< Si veggano i particolari del regno di Moeu in ibnH9l-Atbtr,an.415, 417 , 427^ 431, MS. €, lomo V, fog. 56 Terso , 59 recto , 69 verso, 74 re- cto; Jtoidfi/ testo, tomo I, p. 286 e 287; e iba-KhaidOo, BiUeire des Ber» bères, vers. frane, tomo II, p. 18 a 20.

ji<Md-40»2.| 364

storare il navilio affricano, del quale non si fa motto da che il califo fatimìta Moezz mutò la sede e portò via quanto potè in Egitto. Del mille ventitré , Moezz- ibn-^fiàdis fecea racconciare gli arsenali di Mehdia, fabbricare attrezzi navali in copia non più vista, co- struir legni da guerra e bandire V arruolamento dei marinari:* ed a capo di pochi anni , r armata affiri-» cana, collegata con la siciliana , combattea contro i Bizantini nelF Arcipelago ; e il principe zfrìta facea prova a Insignorirsi della Sicilia. Sventura dei Musul- mani dell'isola eh' egli ebbe tanto rigoglio quando co- minciaron tra loro le guerre ^civili, e si trovò povero e disarmato quando si fece in pezzi lo stato kelbita.

CAPITOLO IX.

Akhal cominciò con lieti auspici!^ Ridotto al- l' obbedienza qualche castello che se ne fosse spic- cato agli avvisi della rivoluzione; * avuto da Hàkem il titolo di TeatJr-ed-dawlà (Sostegno dell'impero), attese alle faccende pùbbliche ; ristorò la tranquillità e con- tentezza in casa e la guerra fuori. * sol mandava

* Baiati j testo, tomo I, p. 282, anno 414.

s IbD-el-Athlr, Abulfeda e Nowairi» copiando tolti, eom' ò eTidepto, Dna stessa cronica, scrivono « cbe ubbidirono ad Alibaf tolte le rócche di Sicilia possedute jdai Masalmani. » Da ci6 argomento cbe alcune nei principii non gli avessero ubbidito. In questo tempo non era in Sicilia alcuna terra che non fosse tenuta da Musulmani.

s Ibn-el-Atblr , anno 484, MS. A, tomo IV, fog. i34 recto ; Abnifeda, ÀnnaUi Motlemici» anno 484, tornò IH, p. 274, seg. ; Novrairi , presso Di Gregorio, Aemm Àrabitarum,^, 22; i b^-Kbaldùn , Histoire de VÀfirique et de la Sicile, versione, p. 179.

565 (402a.|

te gualdane ia Terraferma, che sovente capitanò egli stesso gli eserciti, f^iivoreggiando, com'abbiam detto 7 i ribelli di Paglia. *

Donde Basilio imperatore, uom d'armi, ch'avea testé rintuzzati in Oriente e Musulmani e Russi e Bul- gari, pensò, con tutti i suoi sessantott' anni, di recar la guerra egli stesso in Sicilia. Mandò Innanzi r eunuco Oreste , fidatissimo ciambellano ed aiutante di campo, con grosse schiere di sudditi ed ausiliari : Macedoni, Yallachi, Bulgari, Russi, che solean mili* tare sotto le insegne bizantine; ' i quali cacciarono i Siciliani ogni luogo che occupavano in Calabria. Reggio allora fu ristorata per le cure del Catapano Boioanni, che servisse di stanze d'inverno all'oste, la quale per passar lo Stretto aspettava altre forze con l'imperatore' e il navilio con un suo paren-

' Si vegga il capitolo VII de) presente Libro, p. 545, 346.

' Si riscontrino : Cedreno, ediz. di Bonn, tomo Il,p. 479,sotlo l'an.6354 (1025-6) ; Anonimo di Bari, presso Pertz, Seriptore$t tomo V, p. 55, dove il 1027 senza il menomo dubbio va corretto 1025. Il Cedreno il nome e la misera condizione d'Oreste ; l'Anonimo i nomi delle genti che si notavano nell'esercito, alle qoali aggiugne i Vandali, che si dee leggere probabile mente Varangi. 11 nome del capitano vi è detto Ispo ehilonili e peggio in altre edizioni petpoHu Niem^ etc; ma la giusta lezione è quella di Lupo: OreHi ehetòniti, ossia Oreste ciambellano (xoctoiy»'nq«). Il titolo di pro- tospatario, ossia aiutante di campo dell' imperatore, è dato dal Cedreno a p. 406.

Ci è occorso più volte di notare che accozzaglia di genti diverse fossero gli eserciti bizantini! Nel comento delle poesie di Motenebbi, un autore arabo dice che l'eseircito mandato del 343 (854) contro Seif-èd- dawla delia dinastia di Hamdah, si corapenea Armeni, Russi, Slavi « Bulgari ^e Khòzari. Presso Sacy, Christomathie Arabe, tomo Ui, p. 5, seconda edizione.

* Si riscontrino : Ibn-el-Atblr, anno 4i 6, (1035-6), MS. A, tomo III, fog. lOS'verso, pub|)licato da H. deaVergers in nota a Ibn-Khaldùn, Htsioire de VAfriqneet de la Sieite, p. 180; e Anonimo di Bari, 1. e. Il nome di Reggio è neir Anonimo. Ibn-el-Atbtr parla della cacciata dei Musulmani da quelle parti d' Italia e della costruzione delle stanze per l' esercito

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te. ' Si differì poi V impresa per V infermità di Bag- lio, che di corto ne morì in dicembre del milleventi- cinque. '

Divulgatosi il pericolo delia Sicilia, Moezz-ibn- Bàdts profferse, ed Akhal accettò aiuti; poiché ban- dissi in Affrica la! guerra sacra; alla quale l'am- bizioso signore agevolmente spingea quelle turbe infocate contro gli eretici. Tanto che li stivò in quat- trocento barcacce: di gennaio del miileventisei li avviò alla volta di Sicilia, fidandosi in Dio e neJla bonaccia. Presso Pantellaria si leva un turbine di vento, ed ecco a un tratto capovolti e a£fondati i legni ; campando pochi uomini dal tiaufragio. ' Più efficaci ausiliari furono ad Akhal la balordaggine di Gostan-

bizantino : il cbe si deve intendere manifestamente di Reggio; e eonfenna nell* Anonimo la lezione : Et Regium restaurata est a Vulcano eatepano. Delle varie edizioni di celesta cronica, alcuna ba al contrario che Reggio fosse distrutta; e sembra ignorante correzione di qualche copista. In gene- rale son pessimi i MSS. /degli Annali o Anonimo, come cbe voglia chia« marsi , di Bari. Il nome del Catapano ba le varianti Bulcanoi Bugiano , Ba*- giano. Baiano, nelle quali si riconosce il Be't'Mtxvyic^é sotto Basilio il governò felicemenle la provìncia, come narra Cedreno, toma II, p. 546, parlando d'un suo figliuolo o nipote dell^stesso nome, sconfitto in Puglia dai Normanni il HMl. Questo Boioannl, trasnuHato in Vulcano, parve ad alcuni eruditi non uomo ma vukano cba vomitasse lave sopra Reggio ; della cui distruzione indi accusarono il Vesuvio, eh* è lontano anzi chìrno. Siteggann avvertimento del Martorana, iVo/tue Storiche dei Saraceni iStotiiani, voi. ni, p. 2 a 6.

4 Ibn-el-Athlr, 1. e. , dice "il figlluol della sorella dell' imperatore,* nel che v' ha anacronismo col patrizio StefiiDo mandato il lOBS, o si tratu di qualche figliuolo di Giovanni Oracolo cbe dovesse capitanare Tarmata veneziana. Giovanni Orseolo, fratel cognato dell'imperatore Romano Argi* rio, era morto nel 1006.

* Cedréno, tomo II, p. 479.

' Ibn-el-Athlr, 1. Cr» il quale parla di 400 tofa, che appoigU Arabi sembra nome generico, ooóae noi diremmo vele. Nondbneno parmi la stessa voce eattìu e gathu cbe nelle cronache di Pisa é nel Malaiwra (XI secolo) denou.una sona di navi.

367 [«026-40551

tino ottavo rimaso scAo sul trono a Costantinopoli , una dissenterìa che s'apprese in Calabria air esercitò e la ninna esperienza d' Oreste nel governare la guerra. I Siciliani, assalitolo improvvisamente, gli diedero una sanguinosa rotta ; per vendicar la quale, Rojnano Argino ch'era succeduto a Costan- tino (novembre 1028) racimolò nell' Eliade e Mace- donia gue' che. gli pareano i migliori soldati e mandolli in Italia. Ma nulla fecero,* o fuggirono dinanzi i Musulmani nelle due ricordate battaglie del mille trentuno.'

S' arrischiaron poi gli Affricani e i Siciliani a lon- tane scorrerie navali contro Y Impero. Un' armatetta musulmana, di qual nazione non si sa, dato il guasto alle costiere d'illirìa, corseggiava infino a Corfù: con- tro là quale uscito il navilio di Ragusa e il patrizio Niceforo governatore di Nauplìa, la vinsero; presero la più parte dei legni, e quei che scamparono fecero naufragiqne'mari di Sicilia, del milletrentuno in sul fin della state.' Del trentadue, gli Affricani con grande sforzo infestavano le costiere ed isole di Grecia^ e il patrizio Niceforo, superatili anco in battaglia, lor. fé' cinquecento prigióni. ^ Affricani e Siciliani di maggio milletrentacinque si spinsero depredando tra le Cicladi fino alla costiera di Tracia; della quale teme- rità bastarono a punirli i . governatori di provincia che mandatine altri cinquecento prigioni a Costan-

* Cedreno , tomo II, p. 496 , 497 , senza data precìsa tra il 6857 e 116539(1029-31).

' Si vegga il Cjip. vai, pag. 346. 'Cedreno, tomo li» p. 499. Cedreno , tomo II , pc 300.

1403$.) ' 368

tìnopoli, impalarono i rìmanenti lungo la marina d'Asia, da Adramito a Strobifo. T esempio atterrì tanto i corsari d'Affrica e di Sicilia che nella state un' altra armatetta loro non tentasse la Licia e isole vicine : i quali parimenti sconfitti dal navilio provinciale e presi, furono mazzerati, fuorché una terza frotta di> cinquecento che portò testimonianza di vittoria alla capitale. In questo mezzo la corte bizantina avea mandato all' emir di Sicilia un Gior- gio Probatp, a trattar la pace».' o piuttosto a pit- targli un laccio al collo. Altro oratore greco andava appo MoezzHlbn-Bàdis con ricchi presenti di sete, arnesi e rarità. *

Akhal s' era messo per un mal terreno, eh' ane- lando d'uscirne prese la scorciatoia al precipizio. Narrano gli annali com' egli stando in su le armi in terra di nimici, sovente lasciasse il reggimento dell' isola al figliuolo per laome Gia'far, eh' era l'op- posto di lui: giusto umano coi sudditi. E senza appicco, voltando pagina, leggiamo che Akhal, assembrati l Siciliani, dice volerli sgravare degli Af- fricani partecipanti di lor. paesi e poderi; ' esser di- sposto a cacciar quegli intrusi, A che i Siciliani rispon- deano non potersi, quando gli Affricani s'erano im- parentati con esso loro e commiste le due genti e di- ' '

' Cedrenó, tomo II, p. 513 e 514, H qu^le scrive la daU di maggio 6543, per la scorrerìa di Tracia, poi accenna l'ambasceria di Giorgio Probaio ed altri dtily^e tra gli iiUimi avvenimenti dell'anno la scorreria. di Licia cbe torna cosi all' agosto.

^.Baidn, testo, tomo I, pag. 286, anno 496 (15 novembre 1034a5 novembre 1035).

' Questa nltima paroU si grave è nel sole Nowairi. Ibn-el-Atblr non la dà.

369 [losi-ioss.i

venute tutf una. L'emiro li accomiatò. Chiamati a gli Affricani, proponea Io stesso pat*tito contro i Si- ciliani: ed assentirono. Indi Akhal a favorire gli Affri- cani : se li messe attorno ; francò lor poderi e levò il Kharàg da que' soli dei Siciliani. ^ Tra cotesti cenni vaghi, disparati ed a prima vista contraddittorìi, dob- biamo discemere il fatto che scompigliò e capovolse la Sicilia musulmana.

Ne' ricordi dei due primi secoli dell' egira i giund prendono nóme ordinariamente dal paese ove sog- giornano : i Sirii, gli Egiziani, i Khorassaniti che pas- sano di tratto in tratto in Affrica e Spagna, son le milizie arabiche di Siria, Egitto e Khorassan, mesco- lati coi proprii liberti delle schiatte vinte. Si poteano chiamar dunque Siòiliani, verso il mille, i discendenti dai primi conquistatori arabi del paese ; ed Affricani i figliuoli dei soprawBuuti quando cadde la dinastia aghlabita (91 0), quando s'innalzò la kelbita(948) inflno a quei che testé avea caccialo d'Affrica (1 004-1 01 9) la fame e la persecuzione religiosa. Ma cimentando tal sup- posto con le condizioni che la cronica, in parte vi si adatterebbero e in parte nb. Starebbe bene a dire gli Affricani partecipanti del paese, cioè degli oficii pubblici e stipendi! militari; si potrebbe ammettere, in significato più largo, la partecipazione loro nella proprietà territoriale;' ma sarebbe duro a credere che

< Ibn-el-Atbtr, anno 484» MS. A, tòmo IV, fog. 134 recto, e Nowairi presso Di Gregorio , Rerum Arabiearum , p. , trascrivono entrambi qnesto, come par manifestamente, squarcio di cronica. La sola variante che rilevi è la voce " possessioni " aggiunta da NoWairi |iel laogo che notai. AbolCeda, inna^ lfos/6mief, 484, tomo UI, p. 276, e lbn-Kha1dùn,ff»(otr6 de VÀfriqut et de la Siclle, versione, p. 179, accennano appena il successo.

' Cioè che si fossero concedute anche a loro le terre da dividersi ai II. 24

H03I-4055.I 370

poche famiglie di rifaggi ti e di avventurieri fossero cresciute a tal numero che Akhal vi potesse far as- segnamento contro r antica nobiltà e il popolo musul- mano deir i^ola. Inverosimile parmi che un principe arabo di nobil sangue abbassasse alla condizione di ra'ia, o plebe, il fior della nobiltà, cancellandoli dal giund: che a questo torna la voce "cacciare adope- rata nel testo, non a cacciar dal paese. Inverosimile ch'ei levasse il khardg su i poderi delF antica nobiltà e condonasselo alla nuova : ingiustizia da non venire in mente a tiranno musulmano. Ma intendendo, all'uso nostrale, Siciliani la progenie degli antichi abitatori educata neir islamismo, ed Affricani la progenie del giund d'Affrica trapiantato neir isola in varii tempi, i nomi convengono alle origini e si decifera bene il testo. Akhal volendo stigare i Siciliani, ricorda loro che gli intrusi godonsi in parte il retaggio degli avi; e quan-

combattenU e il dritto di occupare le terre incqlte; soli modi di conces* Sion di terre leciti ad un principe mosolmano. Ma questi non poteano aver luogo 0 erano rarissimi nel X secolo, quando vennero le nuove famìglie d'Affrica; perchè il conquisto era fatto, e le terre prese nella costiera orientale che allora fu occupata, si tennero in fei, cioè demanio pubblico» per espressa testimoniauEa degli annali.

Non mi valgo del significato tecnico che potrebbe darsi al verbo, spereh, adoperato qui alla terza forma, il quale denoterebbe, non che * partecipazione,* ma "^promisciiità. * Il professor Dozy, nelle sue sagaci investigazioni su la Spagna Musulmana , ha notato che nella prima costi- tuzione della proprietà territoriale verso il 719, i conquistatori si posero nelle terre dei vinti lasciandole loro a coltivare, e si chiamarono gli uni e gli altri scerift, ossia "comproprietario.* Si vegga il Baiàn, tomo 11, p. i6) nel glossarlo. Applicato quest' esempio al nostro caso, tronche- rebbe ogni dubbio; e "i Siciliani' sarebbero i vinti , ai quali i vincitori avrebbero preso una porzione di terre, come in Italia si tolse "la parie dei Barbari. ' Ma su questo solo argomento non si può affermare un ordine così contrario alla legge e pratica dei Musulmani; il quale in Spagna fu eccezione, se pur non va interpretato altrimenti che il faccia il dotto pro- fessore di Leyde.

■— 371 [1034-1053.1

d' ei passa dalle arti oratorie ai fotti, distingue le pro- prietà ' degli udì e degli altri : lascia o rende immuni quelle dei vincitori, aggrava quella dei vinti, con una rivendicazione di dritti fiscali, alla quale non avevan che rispondere i giuristi della scuola di Màlek. ' Si ritrova in Sicilia così la generazione d'uomini che non potea mancarvi ; quella che in Spagna si chiamò dei MowaUed ed aiutò alla dissoluzione del califeto; * quella che a capo di dieci anni da questa novazione d'Akhal occupò lo stato nella Sicilia centrale; gli '^ uòmini ignobili," come li chiaman allora le croniche/ Veramente la divisione di Affricani e Siciliani, toma a vincitori*e vinti, a nobili e popolo: come in ogni paese

' Àmlàk plurale di tnilk e di molh* Tra queste due Yoef , derivate entrambe dalla stessa radice , si è preteso adesso porre una distinzione pToveaiente daUMdea di alcuni orientalisti francesi» cbe il dritto musul- mano non ammetta vera proprietà fuorché nel principe, e ebeai privati, 0 almeno alla più parte, non dia altro cbe il possesso. La quale distin- zione è giusta, ma applicata troppo facilmente e largamente; come accen- nai nel Liib. III»cap. I, p. 13 seg., del presente volume. Quanto alla diversa denominazione, mi pare arbitraria, ovvero nata di recente in Turchia, che non è la Toscana degli Arabi , il modello del dritto pubblico. I pubbli* cisti arabi del decimo secolo non fanno differenza nella denominazione; e Mawerdi , il quale sapea la lingua e il dritto , non distingue altrimenti i due modi di possesso che chiamando " proprietà della repubblica nmsuK mana" quella delle terre il cui possessore fatto musulmano debba pagare tuttavia il khardg, e * proprietà d'infedeli* quella delle terre che tornano decimali, ossia libere di iUk4ird(f, se pervenute, In man di Hnsulmani. Dun- que la voce amìdh ci lascia al punto donde movemmo.

' Akhal potea pretendere di rivendicare un dritto usurpate ; cioè sostenere che al conquisto quelle terre fossero state appropriate alla re* pubblica musulmana e lasciate ai Cristiani sotto censo, e che poi, divenuti musulmani i possessori, per abuso fosse stato rimesso loro il khardg, e levata la sola decima legale.

' Si veggano le belle osservazioni del Dozy, nella Introduzione al Baión, § t , p. 6. MowaLléd significa propriamente "nato in casa* e indi * arabo di sangue misto * nato di padre arabo e madre straniera , o di ma- dire libera e padre* schiavo. Indi la vece nostra Ifiilofto.

* Si vegga il capitelo XllI del presente Libro.

[1054-4055.1 372 ^

conquistato, mescolandosi la schiatta, ne avanza la distinzione di classi : in Italia, gli Italiani fatti popolo e i Longobardi nobiltà ; in Francia, i Galli e i Franchi ; in Inghilterra, i Sassoni e i Normanni. Non ho par- lato del supposto che Siciliani fossero gli Arabi , ed Affricani i Berberi, perchè sarebbe mollo alieno dal- l' uso del linguaggio e dai fatti della storia, i quali ci mostrano ridotta al nulla la schiatta berbera in^ Si- cilia* *

La nobiltà era scemata e fiaccata, come in ogni altro stato musulmano, per la lotta contro il princi- pato. Dopo gli Aghlabili e i primi Fa temiti, le die duro crollo (948) Hasan-ibn-Ali, il Kelbita ; il figliuolo Ahmed ne accarezzò «d imbrigliò li avanzi (966); e l'altro figliuolo Abu-1-Kàsim li trasse seco al marti- rio sul campo di Stilo (982). Talché i nobili per loro virtù nelle guerre d' independenza e di religione, per loro vizii nei tumulti dell' oligarchia , avean perduto il sangue vitale, mal supplendolo le famiglie che ve- rnano d'Affrica : menomati di numero e facoltà, co- minciarono fors' anco a tediarsi della guerra quando i Kelbiti premossero le lettere, le cortesie e il viver lieto.

Intanto, corsi due secoli dal conquisto, era venuto su il popolo, ò cittadinanza che dir si voglia. Da una mano i Musulmani mercatanti e artigiani che passa- vano d'Affrica in Sicilia e raggranellavano danari con la industria ; dall' altra mano, assai maggior numero,

' Non occorre avvertire che cotesti nomi non hanno che fare con quelli simili che il Gedreno ai corsari dei dae stati Zìrita d' Affrica e Kelbita di Sicilia, i quali andavano a infestare i domini! bizantini di Le- vante.

373 [1051-4035.1

ì Cristiani del paese, proprietarii ed affiUaiuoli delle terre che si voltavano air islamismo ; i liberti case nobili, che convertiti s'avviavano agli ofioii pubblici ed alla milizia; i figliuoli degli uni e degli altri, spe* sati negli studii legali e fatti notabili per sacro dritto della scienza, componeano tal classe che per numero vmcea di gran lunga la nobiltà, avea da invi- diarle gli avvantaggi della ricchezza delF intellet- to ; le si accomunava negli oficii dello stato e la su- perava nei consigli municipali. La cittadinanza di Pa- lermo comparisce adulta fin dalla metà del decimo secolo , quando favorì Hasan contro i nobili; e la plebe, come avvien sempre, abbandonò i nobili e seguì i popolani grassi. Nelle città minori doveano interve- nire i medesimi effetti, col divario che portava il mi- nor numero dei popolani oriundi d'Affrica. I villaggi, sede della popolazione rurale, eran tenuti dai pro- prietarii minori d' origine siciliana, con poca o niuna mescolanza di nobili. La nobiltà prevalea solo nella costiera orientale, occupata di recente, la quale es- sendo abitata tuttavia da Cristiani,^ le classi inferiori non entravano nella repubblica musulmana. Nel rima- nente dell'isola la cittadinanza, favorita èa qui dai principi kelbiti, si sentia più forte de' nobili. Pur Fin- vidia non avea partorito per anco guerra civile. S'era dimenticato l'infausto vocabolo dopo spenti i Berberi: quando si pigliavano le armi in piazza l' era per ca- var la bizzarria ad un ministro o un emiro.

< Tn fatti nelle rìToluzioni del 1042, la Sicilia orientale restò ai no- bili, la centrale ed occidentale ai popolani , come si vedrà nel capitolo XII di questo Libro.

|I054.I03S>| 574

Ma il prìncipato, per necessità o cupidigia, accese la discordia. Le milizie siciliane er^no scemate con la nobiltà; cacciati i mercenarii (4015) non rimanea ninno a difendere la reggia (101 9), e pochi a difender Io stato. Akhal vi pose mente, riscosso dal pericolo degli assalti bizantini e degli aiuti di Moezz (1 0SI5) ; fors' anca gli piacea , com' uomo di guerra eh' ei si mostrò in Calabria, di tirarsi dietro più grosso eser- cito, e imitare, la virtii dei primi Kelbiti» Ma nelle pre- senti condizioni, Y esercito non si potea rifornire che di mercenarii ; le entrate dei poderi demaniali non bastavano alla spésa, o egli le volea serbare alla cor- te; e aggravare il kharàg non osava, dopo l'esempio del fratello. Altro m^do non avea dunque che dividere i sudditi, i quali uniti avean cacciato GiaYar; trarre a una parte, e con lo aiuto di quella strappar il danaro dalla borsa delF altra. Le parti eran fatte; la scella non dubbia tra nobili e popolani : gli uni sde- gnosi della gente nuova, correvoli ai sorrisi di corte, ordinati ed usi a milizia; gli altri intesi a loro indu- strie, senza storia legame di casati; e, come, piti erano, più potean pagare. Akhal parlò airorecchio agli uni ed agli altri per tastarli e aizzarli , prima di ve- nirne alla commedia delle adunanze. Fermato bene F intento, colta T occasione della guerra in Calabria o di qualche lagnanza contro il proprio figliuolo, con- vocò i notabili siciliani ; espose il bisogno dello stato; lor die r eletta tra un partito impossiUle e uno spia- cevole : fornir essi la gente air esercito o la moneta. Quando ricusarono Tuno e T altro, ei compì il dise- gno, assentito già certamente dai nobili. Bandisce

575 II05I-I055.1

che i Siciliani abbiano a pagare il kharàg ossia, com' ei pare, la doppia decima invece del dazio fisso: leva il danaro col braccio forte dei nobili e dei mer- cemarii che allora accozzò, chiamali in Palermo, stan- ziati nella Khalesa ed altri luoghi opportuni. Co^ì mi par da delineare il colpo di stato di Akbal, che va messo tra il mille trentuno e il mille trentacinqne ; perchè innanzi il trentuno si combattes^ tuttavia in Calabria, e gli scrittori bizantini ^ accennano in sa lo scorcio del sei mille cinquecenquarantatrè (1 settem- bre 1034 a 31 agosto 103S) il princìpio della guerra civile in Sicilia ; gli scrittori arabici pongono nel quattrocento venzette (4 novembre 1 035 a 23 otto- bre 1 036) la reazione degli oppressi. *

Il biasimo ricadrebbe sopra Akhal, se i demd- nii bastavano alla ristorazione dell' esercito; e,^e no, andrebbe divìso tra i Siciliani, che ricusavano il bisognevole, e l'emiro che sei prendea con astu-

^ Gedrena, tomo H, p. 514.

s IbD-el-Alhtr e Nowairi^, Abulfeda e Ibu-KhaldOiB, 11. ee.

Non ho bisogno di avvertire cbe sa questa novazione d' Akbal, principio della rovina delia Sicilia masulmana , tenuto presente il con- cetto del Martorana, tomo I, cap. IV, p. 198, seg., al quale si conformò il Wenrich , Lib. i, cap. XVf , § CXL. Ma ben altra mi è parsa 1* indole gene- rale, altri i particolari del fatto; della quale interpretazione ho spiegato largamente le ragioni.

11 Martorana e con lui il Wenrich non so perchè riferiscano ad Hasan-ibn-Iùsuf , soprannominalo SifMàm-eMiawla , la pace con V im- pero bizantino che seguì in principio della guerra civile, e che però fu sti- polata di certo da Akhal. In vero il Gedreno , che ne fa parola , ali' emhro di Sicih'a il nome di Apolafar Mucbumet 11 quale non risponde al soprannome Akhal, al nome proprio Abmed. Ma Apolafar sembra alt^ razione d*Abu-Gìa'far (si vegga il Gap. VU del presente Lib., p.S45);ein ogni modo la data del Gedreno è precisa da non lasciar luogo a dubbio. La Vita di San Filareto, presso Gaetani, Sanctorum Skulorum, tomo 11, p. 114, seg., e presso i BoilandisU, aprile, p. 605, seg., conferma piena- mente così fatto sincronismo.

(4055 ) 376

zia e violenza, non iscusate dallo SQopoi Jia tn questa, come in cento altre vicende di maggior mo- mento e più note e più vicine, la storia non arriva a cogliere in flagrante il primo colpevole. Prim^i a pren- dere le armi furono i Siciliani; dei quali par siasi fatto oapó un Abu-Hafs, * fratello dAkhal, impaziente di torgli il regno, come Tavea tentato T altro fratello Ali, contro GiaYar e lo stesso Akhal, fattolo volontaria- mente o no: che i figli del buon lùsuf rassomiglian forte agli Atridi. Primo a chiedere aiuti stranieri sembra sia stato r emiro ; appo il quale venuto a trattar la pace, dopo il maggio mille trentacinque, Giorgio Pro- bata , ''sì destramente condusse il negozio , " scrivono i Bizantini, ch'ei tornò a Costantinopoli col figliuol deir emiro : ed avanti la fine d' agosto la pace era fermata; Akhal avea accettato dalF impero il titol di Maestro; e, sendo combattuto e incalzato da Abu- Hafs, avea chiesto aiuti al novello padrone, il quale s' apprestava a mandargli Maniaco con un esercito. * Maestro era dignità di corte maggiore del Patrizio ed anco gradò militare, come diremmo noi Maresciallo:' onde veggiamo intitolarsi Maestri dei militi i dachi di Napoli e alcun doge di Venezia, * capi di stati che dipendean di nome dalla corte bizantina; e veggiam

' 'Attox^'I' è trascrizione esattissima nel modo cbe usavano i Greci. Con le n^edesime lettere diedero il nome di Àbu-Ha& (Òmar-ibo-Scio'aib) conquistatordi Creta. Si vegga ìlLib.l,cfip.VI, voi. 1, p.'161 il Rampoldi, cbe non badava a queste minuzie, trascrisse Abu-Kaab, e cosi r ^an ripe- tuto il Martorana e il Wenricb..;

' Cedreno , tomo II, p. $13, 514.

' Ducang^, Glossario greco, alla voce Mayt<rrsp, e (r/oss. LaL, 2eediz. alle voci Magister nUlitum e Magister offleiorum.

* Ducange, op. cit., Magister militum.

377 II05IM037.1

dato da queUa onor di patrìzia or a dogi, amici or a principi longobardi che si piegavano a lei. ^ Però il titolo di Akhal non era vana parola. Marchio di vassallaggio ; vergogna a Kelbita ed a Musalmano ; ottimo pretesto ai sudditi disaffetti, ad un fratello ambizioso e ad un potente vicino.

Le quali pratiche di Akhal e qualche successo della guerra civile sospinsero i ribelli ad imitarlo. Dopo il quattro novembre milletrentacinque, andavano a Moezz-ibn-Bàdìs messaggi dei Siciliani a profferir- gli r isola , s' ei liberassela dagli insopportabili soprusi d' Akhal; e se no, minacciavano di darsi, come uomini disperati, all'impero bizantino. E Moezz mandò loro il figliuolo Abd-Allah, con tremila cavalli e tremila fanti. Il quale in lunga guerra più volte si scontrò con l'emiro, ed aveane Favvantaggio' con l'aiuto della parte siciliana e di Abu-Hafs, quando Leone Opo man- dato (1034) a capitanare l'esercito d'Italia in luogo d'Oreste, passò il Faro, l'anno milletrentasette, solle- citato da Akhal, che avea l'acqua alla gola. Leone gli largo; ruppe le genti di Moezz : poi temette, o il disse, che i perfidi Musulmani si rappattumassero tra loro per tagliare a pezzi l' esercito battezzato ; e tor- nossene in Calabria,^ senz' altro frutto che di liberare quindicimila Cristiani prigioni, o piuttosto abitatori

^ Per esempio, il titolo ()i patrìzio fu dato il 788 ad Arigiso prìncipe di Benevento; il 916, aldaca di Napoli e al prìncipe di Salerno; 11999, a Giovanni figliuolo e socio in oficio di Pietro Òrseolo doge di Venezia.

3 Si confrontino le due narrazioni arabica e greca , la prima delle quali si legge in Ibn-el-Atbir , Abulfeds^, Nowatri e Ibn-Khaldùn e r. altra in Cedreno, 11. ce. Il fatto è senza ombra di dubbio lo stessor poiché Ge- dreno dice cbe restando vincitore Apolofar, T altro fratello chiamò in aiuto Temir degli emiri d' Affrica, sUpolando di dargli parte dell'isola.

II05T-I038.1 578

di Sicilia cacciati dalla paura di qaeir atroce guerra civile. ^ Allora prevalsero le armi di Moezz e de' par- tigiani.* Akhal non ebbe altro rifugio che le mura della Khftlesa, dove fu assediato e alfine ucciso. Per- chè, fatta sperienza per due anni del rimedio attos- sicato che sono in guerra civile cotesti aiuti stranieri, Tuniversale dei Musulmani di Sicilia già se ne tediava, già accennava di voler liberare Akhal : quando i prin- cipali della rivoluzione li prevennero ; fecero assas- sinare r emiro nella sua propria fortezza , e presen- taron la testa ad Abd-Allah figliuolo di Moezz. ' Abd-Allah era rimase come padrone della capitale e di tutta isola, quando gli piombò addosso Maniaco.

< Cedreno, tomo 11, p 503, 516, 5i7, nelF anno 6545 (1» sett. 1036 a 31 agosto 1057), Il quale dice i 15,000 prigioni romani, ossia biianUul, O si dee togliere un zero, o supporli vassalli cristiaoi di Sicilia.

* Si confroDtino Cedreno, e gli annalisti arabi, II. ce. .

> Si confrontino : Ibn-el-Athtr, Abulfeda, Nowairi, é Ibn-Kiialdùn, e il cenno d*Hagi-Kbalfa, anno 427, cb'è mal reso nella versione del Carli, p. 70. Ibn-Kbaldùn, op. e, p. 180, della versione francese, guasta fatti e date, aggingne nomi e cambia cifre. Un errore, comMo lo credo, del MS. di Parigi ba portato poi M. Des Vergers a tradarre : " et citèrent en leur pré- sence Témir El-Akbal, qui fut décapfté par leur ordre; " in vece di : "ed assediarono il loro emira Akbal, H quale poi fu ucciso." La YUa di Sun Filareta, dianzi citata , della quale abbiam la sola versione latina, dice che Michele Paflagone mandò Tesercito da Sicilia c(ufii ab ^tu provincia^ Toparea, tum a Sioulis nonnuUis «epe rogatus; t e porta il fa^to come gli Arabi: e Interim vero Barbarorum tyrannus, eo qui in Sicilia dominabatur per dolam sublato, bona illius omnia depredattts et ifi regnum qnod ille admi- niatrabat invadens, nemine omnino obtisténte , Panarmi totiwque Sicilie^ potitur; t e poi narra V impresa di Maniaco. La voce Toparea, come ognun vede, è generica e bene appropriata secondo il linguaggio greco a desi- gnare un prìncipe di picciolo stato.

* Nilo Monaco, Vita di San Filareto il giovane, presso Gaetanl, Saneto- rum Siculorunì, tomo II, p. 114. 11 biografo intese i fatti da San Filareto < che in questo tempo avea 17 o 18 anni e mori di 50. La quale testimo- nianza non ebbe sotto gli occhi il Martorana il Wenrich ; e toglie ogni dubbio sul sincronismo delle due serie di fatti riferite 1* una dagli Arabi e r altra da Cedreno. Notai sopra come fossero certe d'altronde le date della prima chiamata dei due stranieri cioè Bizantini e Ztrìti. Adesso

379 140581

CAPITOLO X.

L' qUimo e iqeii tristo sforzo dell- impero greco sopra la Sicilia, fa ordinato da un frate eunuco, per nome Giovanni, il quale pervenuto era al comando per magagna senza esempio : .messo innanzi un garzo- naccio fratel suo, che se ne invaghisse Zoe, vicina ai cinquant' anni ; fattole avvelenare Romano Argirio, e, mentre spirava, gridar imperatore il drudo, spo- sarlo la dimane dinanzi il patriarca di Costantinopoli che benedisse le nozze. Michele Paflagone , salito al tremo per tal via, mezzo scimunito e mezzo pentito, dava il nome ; Zoe stava come prigione , e Giovanni reggea lo stato con fortezza; diligenza ed astuzia. Ritratto lo scompiglio ch'era in Sicilia, il monaco mi- nistro adescò Akhal ; deliberò Y impresa ; ne fé' capi- tano Giorgio Maniace, il quale nelle guerre di Siria avea dato prove (4 030, 1 034) di grandissimo valore e pronto consiglio. Ma Giovanni, tra nipotismo e dif- fidenza, prepose al navilio uno Stefano, marito della sorella, uom di mare, di guerra, di alcuna virtù. Chiamato Maniace dai confini deHY Armenia, * passaron due anni tra andirivieni e preparamenti e

agghingo che va cancellata, come raddoppiamento di raecooto» la chia- mata dei Bizantini per Simsàm-ed-Dawla e la seconda degli Ziriti per Aba- Kaab ; & cbe 1* emirato di Simsftm va messo , non prima , m^ dopo la guerra di Maniace. 11 Martorana fa tratto in errore nn po' da Rampoldi; e il Wen- rich al tutto da Mariorana, Raropoldl, anni 1035 e 1036, avea mescolato e alteralo come in sogno d* infermo i racconti di Nowairi e di Gedreao e aggiuntivi fatti di capo suo.

* Cedreno , toibo U, p. 491, 500, 504, seg*^ 513, 514.

[4038.1 580

ridarre a disciplina, quanto si potesse, il nuovo eser- cito. II quale ridondò al solilo di stranieri : Russi , * Scandinavi, ' Italiani di Puglia e Calabria e con essi una compagnia di ventura, di qualche cinquecento cavalli, mescolati Italiani e Normanni, la quale s'era condotta ai soldi del principe di Salerno e recayagli or comodo ed or molestia, si eh' ei volentieri la die in prestito a Maniaco. '

Le gesta dei guerrieri scandinavi del Baltico e di lor colonia di Normandia, ci sono pervenute per due maniere di tradizione inoUa d} verge. Gli Scaldi di Norvegia e d' Islanda, in lor %Qqht non raccomandate alla scrittura innanzi il duodecimo secolo, racconta- vano le vicende di casa loro in guisa da raffigurarsi la cronica in mezzo al rustico fogliame rettorìco; ma, quanto ai fasti di lor gante in paesi lontani, ne pren-

4 Gli Annolei Barenses, presso Pertz, Scriptores, tomo V, p. 54, anno 1041, dicono di sobiere rosse tornate in Pogila dalla impresa di Siidlia.

* I Varangi, famosi pretoriani della corte bizantina dal X secolo in poi, erano venturieri di schiatta scandinava che capitavano a Costantinopoli per la via di Russia. La venuta loro a questa impresa si ricava da altre autorità che quella citala nella nota precedente, la quale accenna forse ad ausiliari sudditi dei principi russi. Su i Varangi si vegga Gibson, Decline and Fallf cap. LV-, con le aggiunte del Hilman, ed una nota di Samuele Laing, nella versione deW Heimskringla di Snorro Sturleson, tomo ni, p. 4. Il nome, derivato dalle voci scandinave TKeftr, vaer, o Ware, è tradotto dal Laing " the defenders. "

'Si confrontino Amato, L'Yslotre de HNormanl', lib. II, cap^ Vili, p. 38, Malaterra; lib. I, cap. Vii; Guglielmo di Puglia, lib. I, Pkbt Um- bardorum Gallii admixta quibusdam ec; Cronica di ^Roberto Guiscardo presso il Caruso , Bibliotheea SieiUa, p. 830, presso il Muratori, Rerum léa^ liearum Scriptores, tomoV,e nella versione francese, lib. I, cap. iV, p. 966, del volume stesso di Amato, li Cedrone, tomo II, p. 545, dice circa 500 i Normanni e Ìor condottiero Ardoino. Secondo Amato, e Leone d'Ostia, eran 300, capitanati da Guglielmo di Hauteville. All' incontro Guglielmo di Puglia, come s'è veduto, attestaci^ ve ne fosse picciol nomerò nella compagnia , e mi pare il più verosimile.

381 [^058.|

deano il tema e lo foggiavano in romanzo poco o punto storico. Sbrigliavansi tanto più neir immagi- nare, quanto le saghe, dettate nel proprio idioma, si recitavano per diletto delle brigate e vi s' incastra- van qua e frammenti ritmici. I cronisti norman- ni, all'incontro, cresciuti in Francia sotto il giogo della letteratura latina, favoleggiavano con minore licenza entro que' che parean limiti conceduti dalla storia classica; se non che il romanzo francese di cavalleria, teste venuto in- voga, li allettava ad ag- giugnere qualche bel colpo di lancia. Tennero lo stesso metro i monaci italiani che vissero sotto i princìpi normanni; per mal vezzo e adulazione, e per non avere il più delle volte altri testimonii che quei principi e que' guerrieri: massimamente nelle prime imprese di ventura in Italia, scritte setT tanta o novanta anni dopo, su ricordi orali passati per due generazioni. Però è da far tara diversa alle tradizioni scandinave, ed alle normanne. Ed a ciò avremo riguardo or che ci occorrono per la prima volta le autorità settentrionali; studiandoci a cavarne il vero e addentellarìo nei ricordi greci e latini.

Giorgio Maniaco e il patrizio Michele Doceano soprannominato "^il Fusaiolo," * eh' avea dato lo scam- bio a Leone Opo, ragunate le genti a Reggio, pas- savano il Faro r anno mille trentotto. ' Narrano gli scrittori di parte nprmanna come V esercito posto a

* ifóySiy^oi, ì\ verlicillum dei Latini.

' SI confrontino : Lupo Protospatario presso Pertz, Scriptores, tomo V, p. 58, anno 1038; Cedreno, tomo II, p. 520, anno 6546, VI* indizione (t 037-58), Croniaa di Roberto Guiscardo, 11. ce; Nilo Monaco, Vila di San Filareto, presso il Gaetani, Sanctorum Siculorum, tomo 11, p. 115, e presso 1 BoUan- disti , 6 aprile, p. 608.

[4058.1 582

terra non lungi da Messina , lentamente marciò in ordinanza vèr la città; donde impetuosi uscirono i Musulmani, nulla curando il numero dei nemici. Allo scontro balenavano i Greci, quando Guglielmo di Hauteville soprannominato Braccio di ferro, condot- tiero d'uno squadrone normanno, confortati i suoi con maschie parole, fece sonar la carica : e spronano stretti a schiera, spezzano i nemici^ li volgono in fuga, li inseguono fino ai ripari ; altri aggiugne che occupas- sero una porta. La città tantosto s^ arrese a Maniaco/ Ma questa fazione, nella quale non abbiam cagione di ricusare la virtù normanna, sembra mero combatti- mento di vanguardia^ I Musulmani in lor guerre di Sicilia non fecero mai assegnamento sopra Messina , città cristiana ; mai T aCTorzarono; tennervi pre- sidio di momento.

Il nodo della guerra era a Rametta, dove soprac- corso, com' e' pare, il grosso dell' esercito affricano, stava in sul collo a Maniaco da vietargli di dare un passo nell' isola. Ond' egli andatili a trovare tra lor gole e prècipizii , lor mostrò non essere Manuele Foca, alcun sito potérsi dir forte senza la virtù degli uomini. Ruppeli con tanta strage che gli annalisti v'ap- piccicano r antica metafora del campo dilagato dai rivi del sangue. ' Pur la vittoria poco approdò , difen-

Si confrontino: Andato, Malaterra, e Cronica di Roberto Guiscardo, i quali non sono d'accordo nei particolari. 11 primo non anco il nome di Messina, ma dice solo: "et ont combatu à la cité et ontyainchat lo cbastel deli Sarrazin;* ma per ci7é par voglia significare Siracasa. Ma- làterra non h cenno della porta occupata. Cedreno non dice punto poco di questo combattimento. '

' Cedreno, tomo H, p. 520, il quale ai Cartaginesi S0,O0O uomini e dice espressamente seguita la battaglia xarà toc >cyó/Aeva 'p«iaara. Questo nome risponde al Rimetta, Rimecta eie. dei diplomi dell* XI e XII

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dendosi ostinatamente gli Arabi Siciliani in lorcittadi e castella ; che Maniace non ne occupò più di tredici in due anni. ' Della qual guerra spicciolata, non ci avanzano ricordi storici; ma dette argomento su le rive del Baltico a millanterie di veterani, invenzioni di scaldi e aggiunte chi venne dopo. Dico dell' Eneide a lor modo che intesson le saghe con le imprese gio- vaniii di Aroldo il Severo che poi fu re Norvegia. Rimondata delle fovole, la tradizione toma a questo: che Aroldo capitanò la squadra dei Yarangi nelF eser- cito di Maniace ; che a lungo combattè in Sicilia con- tro Arabi del paese e Berberi; che andò in nave a qualche fazione su la costiera , che prese qualche terra per ìmpeto d' armi e strsltagemmi ; e sopratutto che fece fardello di ricco bottino, mandollo a ser- bare a corte di Russia e di portosselo a casa. E forse ne rimane qualche briciolo ne' musei di Copen- hagen, Cristiania e Pietroburgo, tra le monete mu- sulmane d'oro trovate intorno it Baltico, avanzo dei peculìt che raccoglieano quegli svizzeri dell' impero bizantino.*

seòolo e aUa Rimèie di cai parla VYstoire de li Nùrmant , llb. V, cap. XX, nelle prime imprese del conte Ruggiero. Il aito e i ricordi delle guerre precedenti fanno comprendere che gli Affricani abbiano amato a decider la sorte delle armi a Rametta più tosto che a Messina. Si spiega con pari agevolezza il silenzio di Cedreno sul combattimento di Messina, e dei cro- nisti normanni su la battaglia di Rametta; poiché il primo seriveà delle giornate campali, senza partfcolareggiare le fazioni minori; e i secondi seri Teano de' trofei di lor gente, senza curarsi del resto, o trascurandolo a bella posta. In ogni modo i due combattimenti son distinti.

* Cedreno , I. e. .

' Debbo alla cortesia del sigpor P. P. Broch, erudito orientalista di Cristiania, la cognizione di questa impresa di Aroldo il Severo, e di quelle sorgenti che io ho potuto studiare, come tradotte in Ialino o in inglese. Il professore P. A. Muncb , autore d' una Storia di Norvegia dettata nell' idio-

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A luogo si travagliò Tassedio di Siracusa, del quale ci si narra il solo episodio che un condottièro

ma nazionale, mi ha poi favorito qualche schiarimento per meazo del si- gnor Brocb. e

I fasti ài Aroldo'il Severo (Harald Haardraade) si leggono nella rac- colta delle Saghe intitolata:^ 5crtp/a Historica Islandorum, tomo VI, (Copenhagen, 1835, in S»), p. 119 a 161, e nell' opera di Snorro Sturleson, autore islandese deUa fine del XII e principio del Xllt secolo, intitolata: Heimtkringla or Chronicle of the Kings of Norway, versione inglese di Samuele Laing, Londra 1844, in 8<>, tomo III, pag. 1 a 16, saga IX, cap. I a XV. Araldo, fratello uterino di Ciaf il Santo re di Norvegia, combattè con valore, giovanetto di 15 anni, nella battaglia di Stiklestad (1030], ove il re fu morto ed egli gravemente ferito. Nascoso da fedeli partigiani , andò a certe di laroslaw principe di Russia, dal quale umanamente accolto, militò con lode so i confini di Polonia. Chiesta in isposa Elisabetta figliuola del re, laroslaw gli fece intendere che forse gliela darebbe quand'avesse acquistato terreno e danaro. Aroldo pertanto andossjcne a cercar ventura con la spada. (Tuttociò sembra di buon conio. S' allega l' autorità d 'Aroldo stesso e de' contemporanei; un dei quali dicea averlo visto giovanetto con un bel saio rosso, sembiante regio e marziale i volto pallido, folle soprac- <!iglld, gesti un pò* violenti ma rattenuti.)

Andò a combattere in Polonia, («ermania, Francia e Italia; donde passò a Costantinopoli con una compagnia di ventura, sotto il mentito nome di Nordbrikt; perchè gli imperatori non volean tra i Varangi uomini di sangue reale. (Autorità vaghe o non citate. La peregrinazione da.ven- toriere in Germania, Francia e Italia sembra favolosa.)

Regnavano a Costantinopoli Zoe e Michele Catalacto (volean dire Calafato e si dee correggere Paflagone, senza che vi sarebbe anacronismo), dai quali fu mandato a combattere nel mar di Grecia. (Porse il 1035 contro gli Afiricani e Siciliani che infestavano l' Arcipelago ; ma non si può affer- mare.)

Aroldo indi fu fatto capo dei Varangi (non generale in capo che s'intitolava Acolutho, ma della divisione mandala in Italia), e partì con Girgir (Giorgio Maniace) il quale girava le isole greche: e sovente com- battè coi corsali. (Maniace non v'era per cesto.) Sta per venire alle mani con Girgir perchè facendo alto 1'. esercito una notte, Aroldo si era atten- dato sur una collina evitando i luoghi bassi insalubri in qu^l paese, e Girgir volea mettersi nel medesimo sito* Finisce che si tira a sorte il luogo ed Aroldo per scaltrezza o frode resta dov' è. (Fatto verosimile , forse vero, incorniciato di favole.)

Aroldo guerreggiando insieme coi Greci non fa mai dar dentro i Va- rangi; ma quand'è solo, cpml)9tte disperatamente , e sempre riporta la vittoria. Girgir biasimato del non guadagnar mai nulla, scarica la colpa sa i Varangi; alfine l'esercito si «epsira in due: Girgir coi Greci ed Aroldo coi Varangi e i Latini; questi riporta infinite vittorie, e quegli se ne torna

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ferocissimo uscito della città quando appresentossi r oste di Maaiace, fea strazio dei Greci e dei Lougo-

scornato a Costantinopoli, abbandonato ancbe dai giovani greci cbe vogliono rimaner con Aroldo. (La prima parte si riscontra un po' con le memorie nonìianne. Le altre son favole intessute su la disgrazia di Ma* niace.)

Aroldo allora passa con l' armata in Affrica , detta la terra dei Sara- ceni ; ove conqirista ottanta città o cestella ; vince in campo il re d'Affrica; guerreggia parecchi anni; fa gran bottino d'oro, gioielli e altre cose pre- ziose,, e il manda in Russia, com'abbiam detto; poi assalta la costiera meridionale di Si<;llia. (Gitali varil squarci di poesie. La ipimaginaria im- presa in Affrica è tolta dal combattere in Sicilia contro gli Affricani. Gli ottanta castelli son la più parte in aria ; il re d' Affrica può dinotare Abd^ Allah figliuolo di Moezz, alla battaglia di Traina.)

In una battaglia navale guadagnata da Aroldo sopra gli Affricani, i cadaveri degli uccisi son buttati su l'arena* alle spiagge meridionali della Sicilia che son tinte di sangue. (Citata una poesìa. Quest' episodio non si può affermare negare.)

Aroldo va con l' arotiata in Blaland (questo nome Àtmo le saghe al paese dei Negri d' Affrica a mezzodì della Serkiand, oyàa* Affrica Setlen- irÌonale),overJporta altre vittorie e toma a Costantinopoli. Zoe gli domanda una ciocca di capélli^ e che ricambio ei ne vuole si legga nella versiobe latina. Guarisce poi per miracolo una pazza; libera il paese vicino d'un gran dragone; va a combattere un'oste di Pagani ai confini dellMm- pero; vince con l' aiuto di Sànt' Olaf cbe appare sopta un cavallo bianco; e, per voto fabbrica una chiesa a Costantinopoli. (Non occorre notare che 801^ tutte favole. Il cavai bianco di Sant' Olaf, è lo stesso di Sant' Ignazio di GostaniinopoU afla battaglia di CaltavutarO'iieU'SSS, Voi. I, p.490, Lib. II, Cap. X, e di San Giorgio alla battaglia di Cerami nel 1063.)

Mandato su l' armata con Girgir a saccheggiare: la Sicilia , ^ndevl quattro città. La prima» scavatavi sotto una mina, per la quale sbucò nel bel mezzod'un palagio dóve allegramente si banchettava. La seconda, molto più forte, non si potea avere per battaglia. Perciò Aroldo, visto che taiati stormi di uccelletti volassero dalla città al bosco vicino, fa impiastrar di bitume certi alberi, e presi gli uccelli lor fa attaccare addosso schegge di pino sparse di zolfo e cera, e messovi fuoco lascia gli innocenti animali; che tornandosi a lor nidi nei tetti di strame, appiccarono l' incendio per ógni luogo della città e la fu obbligata ad arrendersi. (Lo stesso tiro è attribuito nelle saghe alla granduchessa Olga, ai re di DaiDimarca Hadding e Fridl^elf ed a Gurmund pirata.) Un'altra città più grossa, lungamente asse- diata, ^adde con questo stratagemma: che Aroldo s' infinse malato, e poi morto, e volle farsi seppellire con sontuoso funerale in città; dove i frati fecero a gara per averlo ciascuno in sua chiesa. Armati di sotto e coperti di lunghe gramaglie egli e pochi Yarangi recavan la bara ; mettean mano alle spade quando furono in su la porta, ^d aprivano il passo a tutto II. 25

II05M039.] 386

bardi, si come il lapo sqoI delle peoore. Mosso a pietà dei fratelli cristiani, Guglielmo Braccio di ferro cerca nella mischia l'Ettore musulmano; prende del campo e lo passa fuor fuora con la lancia ; al qual colpo allibbiti que' del presidio, si rifuggono eiitro le mura , amando meglio a scagliar sassi e frecce dal- Talto, che venire alle strette. coi guerrieri >del Nòrd/

resereito. (SomigliaDte fitratuganma è atiribvilo a Roberto Gaisoardo in Calabria, à Frode I, re di Danimarca ed a motti altri condouierì.) Infine auingendo un castello inespognabile, i Varaogl fingono di avvicinarsi sena* arme e giocar tra loro per beffarsi del presidio ; i soldati del presi- dio , per non parer da meno, fan lo stesso; e replicato Io scberao parec- chi di, i Varangi nna volta traggono lor coltellacci nascosi ed occupano al solito la porla, con aspro combattimento, nel quale AroMo fece andare innanai con la bandiera un Haider che fu ^avemente ferito e rinfacciò tt re di codardia. CQoesto pare men favoloso ; oltre - Haldor cbe tornò con una cicatrice alla guancia, v' è nominato un Ulf-Ospaksson etc^)

Dopo dlcioUo battaglie vinte in Sicilia , raccolto gran bottino , Arol- do e Girgir# cbe fii sempre la parte dell' Arlecchino^ in commedia, se ne tornano. Aroldo poi va a conquistare coi soli Varangt Gerusalemme, a bagnarsi nel Giordano ; è imprigionato a Costantinopoli per dispetto amo* róso di Zoe o gelosia del novello suo marito CostanUno Monomaco; è liberato per virtù di Sant' Olaf, apparsogli in sogno; fuggendo rapisce e poi lascia una principessa greca, e dopo altre avventure, fposa la Elìsa* betta di Russia a Novogorod, si collega col re di Sveaia per torre la corona di Norvegia a Magnus figliuol di Sant^ Olaf, e alfine i^gna insieme col ni- pote (1047).

Or il finto conquisto di Terrasanta , la Sieilia non ricopiata mai come paese musulmano, e tanti altri iDdiaii, mostrano cbe la Eneide di Aroldo nel Mediterraneo fu inventata dopo le Crociate» Dunque non è anco contemporanea; possiam su la sua fotde accettar quegli episodii cbe soffliglian meno a menzogna : per esempio il combatUmento navale su le eostiere meridionali di Sicilia, e 1* ultimo dei quattro stratagemmi narrati disopra. Del resto, le due autorità cVbo citato non s'accordan tra loro nei particolari, e questi variano nelle altre saghe non. tradotte , come ritraggo dal signor Brocb.

Ho fatto parola delle monete musulmane tgrovale nel Baltico al par che molto dell* impero bizantino. So la presunta origine di esse gli eruditi sono d'accordo. Si vegga la nota del signor Laing, op. cit., tomolll, p. 4.

* Si confrontino: Malaterra , lib. 1, cap. VII, e la Cronica di Roberto Guiscardo, tosto e versione, U. oc« La voce Àrehadm, data per nome pro- prio del condottiero, è titolo, come tutti sanno, di grado militare , Kdid, più. tosto cbe di magistrato, Kàdhi,

387 [1040.)

Che che ne sia della prova del Braccio ài ferro, Si- racusa resistè tanto che i Musulmatìi rifecero V eseN cito e minacciarono gli assedianti.

Con rinforzi d'Affrica Àbd-Àllah mise insieme parecchie migliaia , dicon sessanta , di soldati, bene o m^le armati ; * coi quali si accampò nelle pianure di Traina a settentrione dell'Etna; donde potea cor- rere per la valle deli' Alcantara a Taormina o per quella del Simeto a Catania e Siracusa. Fanti più parte ; poiché , venendo a giornata, Abd-AIlah s' af- fidava nei triboli di ferro seminati a man piene in fronte delF ordinanza , non sapendo che i cavalli ne- mici, ferrati a larghe piastre, poco o nulla ne sareb- bero offesi. ' Maniaco eh' avea dinanzi la forte e mu^ nita Siracusa , signoreggiava dell' isola se non che la costiera orientale, ' fu costretto tornare addietro per levarsi dalle spalle il nemico. Pose il campo ad una quindicina di miglia a levante di Traina, dóve furono nel duodecimo secolo una terra e un' ab- badia addimandate da lui, e il nome vi dura finoggi. ^

* Così Malaterra. Il monaco Nilo dice 400,000; Cedreno fk supporre molto più, portando a 50,000 il numero degli uccisi. Da un'altra mano l'Anonimo par non giunga al vero dando ai Musulmani soli 15,000 uomini.

11 nome della città non è dubbio : traina in Malaterra e nell'Anonimo; àpùtytvoti in Cedrone. Il campo in pianura è ricordato altresì da Godrono e dal monaco Nilo; se non cbe questo non il nome della città, leggen- doti nella versione non Umge ab urbe, sia che i copisti avessero saltato il nome, sia cbe San Filareto fosse di Traina stessa. La toce ttóXti che dovea essere nel testo non si può intendere capitale, e però Palermo, contro le testimonianze di Cedreno e dei cronisti Normanni citati di sopra.

> Nilo Monaco, i. e.

> Cedreno non parla qui dell' assedio di Siracusa, anzi dice aver Ma- ttiate soggiogato tutta l' isola. La posizione del Musulmani a Traina Io smentisce,

* Il nome basta a provare cbe vi stanziò Maniaco, e conferma cbe il campo di battaglia fosse stato nelle pianure tra quel luògo e Traina.

(4040.1 388

Spartito r esercito in tre schiere, gagliardamente feri, aiutato da un vento che dava nel voltò ai nemici, o secondo altri dall' impeto della compagnia normanna , talché al primo scontro le tarbe dei Musulmani sba- ragliaronsi; furono orribilmente mietute dai vincitori. Abd-AUah campava a mala pena con pochi seguaci. Segui quésta battaglia nella primavera o nella state del millequaranta/

Poi s' intese nel campo un bisbiglio che mosse

La terra che s' addimandò Maoiace è descrìtta da Edrisi, di cui si vegga il testo neìla Biblioteca Arabo-Sieula, cap. VII, pag. 64, la versione fran- cese del Joubert, tomo II, e ti compendio presso il Di Gregorio, Rerum Àrabimrum, pag. i23. Portava l'altro nome, al certo anteriore, di Ghiràn^d-dekìk ossia *Le grotte della Farina." Al tempo di Fazzello ne avanzavan ruine e si chiamavano il Gasalino ; De Rebus Siculis, deca I, lib. X, cap. f . Su Tabbadia che fu io parte distrutta dai tremuoti del 1693, si veggano, oltre il Fazzello, i diplomi del XJI secolo presso Piero, Sicilia Saera, p. 396, 4S6, 977, 1004. riscontri D'Amico, Iea;tcon Stctito Ta- pogrùfieum /tomo \\f dWai ^oce Maniaeis,

* Si confrontino: Cedreno, tomo II, p. 512, Vita di San Filar eto, 1. e; Halaterra, lib. I, cap. 4; Cronica di Roberto Guiscardo , presso Caruso v Biblioiheca Sieula, p. 933, lib. I, cap. V, p. S66, della versione francese. Questa Cronica molto diversa , e manifestamente imaginaria, la postura dei luoghi e le circostanze delta battaglia. Al par che Malaterra la dice guadagnata dai soli Normanni. La data si scorge dall' ordine in che pone questo fatto il Cedreno nel 6348 (1039-1040) e dal ritorno dei Catapano Doceano in Terraferma di novembre 1040.

Secondo il monaco Nilo, il tiranno de' Barbari (Abd-Allab), dopo la fuga a cavallo, se ne tornò in Africa su picciolo legno e ridusse a casa le reliquie dell' esercito. Cedreno narra che il capitano cartaginese fuggendo giunse alla spiaggia, donde, montato sur una barchetta riparò in Affrica; facendo mala guardia su la costiera T ammiraglio bizantino, cui Maniaco avea raccomandato d' iinpedir la foga. Chi suppose così fatta precauzione di Maniaco, ignorava al certo che Traina giace a più di trenta miglia dal mare e che sorgevi di mezzo l'altissima giogaia di Garonia. Da un'altra mano, gli annali arabi portano che Abd-Allah fu cacciato in Africa per sollevazione dei Musulmani di Palermo, come si narrerà net seguente Capitolo. Indi è chiaro che il biografo San Filareto, e molto più la tradi- zione bizantina riferita dal Cedreno, confusero in un solo due fatti distinti, cioè la sconfitu di Traina che costrinse Abd-Allah a rifuggirsi in Palermo e li tumulto di Palermo che lo cacciò in Affrica. . ^

389 lioio.l

forse a riso i soldati. La compagnia normanna ubbidiva ad Ardoino lombardo, valvassoro dell' ar- civescovo di Milano, nobil uomo/ grande d'intelletto e cuore; il quale soggiornando poc'anzi in Puglia, vedendo la gente che parlava il suo medesimo lin^ guQggio calpestata e mal soffrente il giogo e trovan- dosi allato milizia valorosa, tra carità ed ambizione, andava meditando novità contro i Bizantini aborriti e spregiati. ' AI par di lui amava i Bizantini la com- pagnia, la quale in questa guerra era stata lodata sempre in parole da Maniaco e méssa innanzi nei

' Amato lo dice : * Arduyn servicial de Saint-Ambroise arcbevesque de Milan; * Leone 4' Òstia * A|y)uinas quidam Lambardus (cioè della Lombar- dia d'oggidì] de famulis seilicet Sancii Ambrosi! ;* Malaterra " Arduinnm quendara Italum; " Lupo Protospatario ' Arduinus Lombardus;* Cedreno "Arduino.... signore independente di un certo paese {'kpiovXtoit^,* xoSpac Ttvòs oipxovrcc, xaì iitù unStyòi elyó/xevov)." In questo medesimo passò, tomo II , p. 345» Cedreno dice positivamente cbe la compagnia normanna era capitanata da Ardoino, ialchè si riscontra con Guglielmo di Paglia, lib. I, Inter collecio» erat Hardoinm etc. e col Chronicon Breve Northman., presso . Muratori, Rerum llaliearum Scriptores, tomo V, p. 278, ebe dice assalita la Puglia il 1041 dai Norroapni, duce H^rdoino: Tutte le circostanze del pre- sente fatto e dell* ordinamento a Melfi, provàn lo stesso. Amato, Malaterra e gli altri scrittori di parte normanna aman meglio a far capitano della compagnia Guglielmo Braccio di ferro, cbe nel 1038 conducea , probabil- mente uno squadrone e cbe arrivò al sommo grado nel 1043.

' Amato, Hb. II, cap. XVI e Leone d'Ostia, lib. II, cap. 66, quasi con le stesse parole di lui , scrivono che ardoino ^ preposto dai Bizantini al governo di varie città di Puglia dopo la ingiuria ricevuta in Sicilia della quale si volea vendicare, accarezzasse e suscitasse occultamente I popoli alla rivoluzione. Il fatto si dee tener vero , ma si dee porre innanzi V im- presa di Sicilia ; perchè è impossibile , con tutta la corruzione del governo bizantin,o,cbe fosse stato affidato quell*oOcio ad Ardoino dopo la diserzione; e d'altronde non lascia luogo a tal fatto il breve tempo che corse tra la fuga della compagnia dall' esercito di Sicilia e la occupazione di Melfi. Amato, che; ignorava le date e i particolari, cadde focilmente in quest'ana- cronismo. Ardoino sembra della nobiltà minore che si sollevò il 1038 contro r arcivescovo di Milano e fu. vinta. È verosimile parimenU ch'egli ed altri rifuggiti e stranieri avessero fatto una compagnia di ventura, e che innanzi il 1038, trovandosi ai soldi dei Bizantini, gli fosse stato affidato il comando milit|ire di qualche città di Puglia.

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pericoli, ma lasciata addietro nei guiderdoni. Fattole torto nello spartir la preda dopo la battaglia di Tr^ina^ Ardoioo andò a querelarsene appo il.^ capitano, con aspre parole ; e quegli che nulla soffHva temeva al mondo, risposegli con brutali fatti: comandò di spogliarlo ignudo e frustarlo per gli alloggiamenti con corregge di cuoio. Patì Y ignomini$i Ardoino ; tomos- sene alle stanze della compagnia; e rattenne chi vo- lea sciupar la vendetta pigliando Varme immaoti- nenti Contro tutta T oste grieca. AI contrario, s' infìnge rassegnato, ma ch'ei non può rimanere nello eser- cito dopo tal onta; e così impetra da un segretario di Maniaco la licenza di tornarsi,eg1i solo in Terra- ferma. Avuto in mano lo scritto, cavalca con tutta la gente; fa diligenza nel cammino ; arriva a Ubs- sipa; passa Io Stretto, mostrando T ordine di Maniace;, va a trovare gli altri condottieri normanni ch'erano rimasi in Terraferma; grida libertà ai popoli; e at- tacca il fuoco eh' arse come stoppie la dominazione bizantina in Italia. ^

Intanto era surta un' altra discordia. Per mala guàrdia del navilio bizantino, Abd-Allah imbarcatosi a Garonia o Cefalù avea . riparato in Palermo, donde potea ricominciare la guerra/ Maniaco ne sali in tanta

' Si confrontino: Malatiefra, lil^. i, cap« Vili; Amato» lib. n,cftp. XIV a XVIII; Guglielmo di Puglia, lib. I, Cumque triumphatfl etc, Cronica di Roberto Gniscardo presso Carolo» Bibliolheca Sietda , p. 853, e nella ver- sione francese, lib. 1, cap. V; Leone d'Ostia, lib. Il, cap. LXVII; Cedro- no, tomo 11» p. 545. Queste autorità differiscono molto nei particolari dei t^rto tatto alla compagnia, ed altri ne la colpa a Manìace» altri a Michele Doceano» succedutogli nel comando in Italia. Ho seguito a*preferensa il Malaterra» la cui narrasione è piii Tcrosimile e s* incatena meglio con gli altri fata.

' Cedreno che narra più distinto questo fatto, suppone fuggito il capitan

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collera che veau togli tra i pie F ammiraglio, il chiamò poltrone» vigliacco, traditor dell' impero; gli die in sul capo due e tre volte d' an sao bastone. E Stefano se n' andò a comporre lettere air eanaco Giovanni: questo piglio di principe assoluto, questa violenza contro i proprii parenti dell' imperatore , mostrar chiaro T animo ribelle di Maniaco: badas* seci o sei vedrebbe piombare a Costantinopoli con r esercito ^pronto a seguirlo in ogni attentato. ^

Era già caduta Siracusa, dove par che Maniaca desse opera a ristorare le fortificazioni, il culto e gli ordini pubblici; rimanendo fin oggi il suo nome al castello della punta estrema di Orligia.' Si narra in(dtre eh' ei mandasse in un'arca d' argento a Co- stantinopoli il corpo di santa Lucia , additatogli da un vecchio mstiano^ disseppellito in presenza della compagnia normanna; e trovato intero e fresco dopo

mosulmano a dirittura verso r AflfHea, e che Manlace si adirò tanto con l' ammiraglio percliè appunto gli avea eonunesso di guardar bon la eostien che nessuno campasse quella via. Ia postura di Traina , la testimo- nianza del monaco Wto e quella degli annalisU arabi die ho- notate di sopra (pag. 388, nota I) , dimostrano cbe la colpa fu d' averlo lasciato in* barcare In qualche punto della costiera e navigare verso Palermo. Iodi bo notato i due luoghi nel quali pi* probabll è elisegli entrasse lo nave. ETidentemente Gedreno e il monaco Nilo presero il principio e la flne della fuga d'Abd-Allah e trascurarono I fatti intermedii, cbe soli possono spie- gare la collera di lluihice.

* Gedreno, tomo II, p. 922, 523.

' Pazzello , deca I, lib. IV, cap: I, afferma senz* altra prova, cbe Ma- niaco ed iflcèr il castello, e aggiugne eh* ei fe'gittare in bronzo 1 du^ arieti f qualt stettero in su la porta del easullo fino al Ii48, quando piacque ad im marchese di Ceraci d'adornarne un suo palagio a Casteihuono. Confiscati per ribellióne d^'un altro marchese di Geracl , gli arieti vennero In Palerà mo; si tran^utarono d'nno atf altro edlAzio; e fino al 1848 si videro tn una sala tlella reggia. Ma, presa quesu dal popolo, un degli arieti si trovò speziate, cornee' par da una palla di oannone; e il Gomitato di governo collocò r altro nel Museo dell' Università. La fattura mi sembra antica piò tosto che bizantina.

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settecent' anni : come raccontava a capo d' un altro mezzo secolo qualòhe veterano normanno a' monaci di Monte Cassino, o almen qnei lo. scrìssero/ Simil- mente nelle altre città occupate , Maniaco ordinò castella con forti presidii , per cavar la voglia ai terrazzani di scuotere il giogo. Gli acquisti si ras- sodavano; poco avanzava ormai perchè tu.tta V isola tornasse all'impero e al cristianesimo. Ma repente per segreto comando della corte , il capitano vinci- tore fu preso , imbarcato per Costantinopoli, gittate in fondo d' un carcere; e commesso di ultimare la guerra a quel mei^esimo Stefano ed aireunùco Ba- silio Pediadite. *

Mancò Maniace air esercito nel fortunoso mo- mento, che Ardoino e i Normanni levarono V insegna della ribellione in Puglia ; donde il Catapano Michele Doceano fu necessitato ripassarvi con parte deiresef- cito nell'autunno del millequaranta.* I Musulmani di Palermo, che non era stata mai occupata,^ ripiglia- rono allora gli assalti. Stefano e ¥ eunuco, inetti en- trambi e ladri, seppero combattere alla campagna, mantenere i presidii ordinati da Manìaco; e il Cata- pano, toccate dai Normanni due sanguinose sconfitte (17 marzo e i maggio 1041), richiamò di Sicilia, com' ultima speranza, i Calabresi, i Macedoni e i Pau-

\ Amato , lib. Il» cap. IX ; Uose 4* CÉtia, Ub. Il, cap. LXVI.

' Gedreno, tomo II, p. 5i3.

' Secondo gli Annali di Bari, presso PerU, Seripiore», tomo V, p* 54» Duceano, reduce di Sicilia, eqlrò in Bari di novembre lOéO. (Scrìtto 1041 » perchè il nuovo anno si coniava dal aettembre.)

* Erroneamente si è inferita la occupazione di Palemno dal verso di Guglielmo di Puglia, lib. I, Premia milUibus Regina $olveret urbe. Il cro- nista vuol dire Reggio , non * la città regia."

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liciaai. * Pertanto dei presidii bizantini qual non fu cacciato se ne andò dassè.' Crebbe il disordine, per la mutazione di Btato e incertezza di consigli a Co- stantinopoli, dove, morto Michele Paflagone (dicem- bre 1 041 ), era salito al trono un^ltro giovinastro che sol pensava a disfarsi di Zoe e dei ministri del pre- decéssore: e così Stefano e il Pediadite furono richia- mati e mandato sènza forze a ristorar la guerra in Sicilia Doceano che Tavea si infelicemente governata in Terraferma;* il quale fece quel si doveva aspet- tare da lui. Air entrar del miltequarantadue, l'impero avea riperduto risola, da Messina ih fuori.

Tenea Messina un protospatai;io Catacalone, so- prannominato l'Arsiccio,* con trecento cavalli e cin-

*

quecento pedoni del tema d'Armenia ; quando venne ad osteggiarlo (1042' marzo?) una massa di Musul- mani levata popolarmente in tutta la Sicilia, condotta, a quel eh' e' pare, da un principe kelbita, forse Sim- sàm.'^ L' Arsiccio si serrò per tre nelle mura, senza darsegno di vita, lasciando il neinico a predare e ga-

* Annali di Bari, ). e.

* Cedreno, tomo li, p. 533..

. s Si confrontino gli Annali di Bari, e Lapo Protospatarìo presso Pertz, Scriptorès, tomo V, p. 94, 88, con Cedreno, tomo II, p. 53S(.

* Ktya/AC v«$.

> Gedreno» solo astore di qneata. tradizione, dice àggianii rinforzi cartaginesi alla leva in massa di Sicilia e capitanata 1* òste dall* emiro Apo- ìofor.' HI seodirano sbàgli di parole: cbe ignorando la morte di Akbal e sapendo Temir di SiciDa , l Bizantini abbiano scritto il nome di Apoiofar; vedendo i disertori berberi, li abbiano deflinito ausiliarii cartaginesi. Leg- geransi nel cap. Xli i fotti seguiti tra i Musulmani dal i040 al 1043, pd quali credo si possa accettare dalla tradizione di Cedreno la qualità del ca- pitano emir di Sicilia, mutare la persona e sopprimere la uccisione. H Martorana, tomo I, p. 14i, ben s'appose al nome di Simsftm; se non die lo fece andare in Egitto e tornare con rinforzi del càlife fotemita, che sono sogni del Rampoldi, Annali Muwlmani, 1040.

HOtó.) 394

vazzare alF intorno e persuadersi ch'egli avesse paura. Al quarto dì, occorrendo una festa, ^ raguna il presidio in chiesa; & esortarlo dal palpito a com- battere fortemente per la fede e T impero; fa celebrar la messa; si comunijja con tutti i suoi, ed in su Torà di pranzo , apponendosi che gli Infedeli stessero a inala guardia, schiusa le porte, li assaltò. Soprappresi non poterono dar di piglio alle armi , non che ordi^ narsi : Catacalone li sbaragliò , ne fé' macello , sac- cheggiò r accampamento ; e tornò glorioso in città, mentre gli avanci degli assedianti fuggivano a preci- pizio verso Palermo. *

La quale vittoria gipy^ soltanto a differir di qualche anno, o di qualche mese, che Y appunto non si sa, la perdita di Messina e con quella d* ogni spe* ranza su la Sicilia. Perchè la rivoluzione dei popoli e la compagnia di ventura, ingrossata ogni più che r altro di Normanni e d' Italiani dell' Italia di sopra, ^ irresistibilmente scacciavano i Bizantini dalla Terra-

' Cedreno scrive pósitivdìiienle la Penteooste; ma voltata qoaidie pagina (tomo II, p.. 838) , lo dimentica, narrando che Gatacalone portò egli stesso a Costantinopoli il nunzio della vittoria di Messina, nell* atto che il popol s* era levato a remore contro it naova imperatore Michele Calafato. Or, secondo lo stMSo Cedreno, la sedizione che tolse il tròno al Gah&to, cominciò il Innedl della seconda settimana dopo Pasqna del i04i, e però innanzi la Pentecoste. Della Pentecoste del 104t non si può ragionare al certo , la quale cadde il 10 maggio » cioè quando non enm partite per anco di Sicilia le schiere dei Macedoni, PaulìciiBi è Calabresi. D'altronde Vjnmmùo della vittoria sarebbe staU) un po' tardo. Perciò jnippongoaba- gMau la festa e che debba dir la domenica delle PaliiMs o altra.

* Cedreno, tomo II, p.t&35, 9)4. Lascio da canto Apollofiir, ucciso

nella tenda in mezso al vino; I aoldatl che non si reggeai^o in pie daU' eb*

ebrezza; le valli e i letti dei fiumi pieni di cadaveri; r oro , argento, pedo

e altre gemme che si trovarono nel campo musulmano, divise a moggia

(/Af^i/ftV9(,«) tra i vincitori.

' Cedreno, tomo II, p. 546, dice di cotesti aiuti degli Italiani della regione tra il Po e le Alpi.

595 11042-104$.]

ferma. Maniace stesso , liberato di prigione in un lu- cido intervallo della corte e rimandato in Italia (apri- le. 404S) segnalossi per prudente valore in guerra» s' inferno per crudeltà efferate contro i terrazzani, ri- pigliò qualche città , ma non arrivò a vincere i Nor- manni. In questo, un terzo ma^to%di Zoe lo provocò o piuttosto sforzò a ribellarsi; tantoché fattosi grì* dar: imperatore, passò con Y esercito in Grecia (feb- braio 1 043), azzjuffossi con le genti di Costantino Mo- nomaco, e le avea messe in rotta, quando un colpo ti- rato a caso lo freddò in sul cavallo. Pochi appresso Costantinopoli applaudiva ai codardi che portavano in giro, confitta a una lancia , la testa di Maniace. *

CAPITOLO X!

Ai mis,eri Cristiani di Sicilia parve risorgere a vita nuova quando fu innalberata in Jor cittadi e ca^ stella la insegna della croce col motto di: ^'Cristo vince." San Filareto, il quale si trovò forse a Traina la dimane della battaglia, ' solea narrar che rendet-

« Si eoofjroQUao:.Qedrénio, tomo 11, p. SAI, K47 a fM; Miobele AttaUQta, Bistoria^ pubblicau V. Bronet-de^Pj^sle , p. li, i8, 19; .Cnglielmo di Puglia, Kb. Ulnterea magno Da»aùmete. ,.8ino «Jla fine del libra; iiiMo/i di ^t e- Lapo Pro^OApaiacio, presso >P€rU, ^r^oret» tomo V, p. 54, 98, anoi 1043, 1045; Chrwiican Brete Notthman,, presso ìfuratori , Aerwm /^ad'eoriim 5ertplor<s,.tomo V, p. S78,.attiìi 1043, 1043. Cedreoo ad intendere cbe Maniace ripigliò sopra i Noroiaani tutta V Italia air fnfuejri di poicJie eitià, li die è falso*

' SI vegga la nota 1 della pag. ^7, nel capitolo precctdenlo. l parti- colari della battaglia e del seguito cbe ebbe» portano a credere presente il narratore a Traio^.

H045-<06^| -.596

tero grazie solenni nelle chiese ; che spezzarono i ceppi meissi ai pie a lor fratelli prigioni; che cadalo il terrore di quel fier tiranno affricano, respirarono in libertà/ La qual Voce sappiam che significhi quando due religioni cQntendon tra loro. Alla santa esultanza del riscatto si mescolò la vendetta^ T in- giuria; né andò guari che costrette le^ armi bizan- tine a sgombrare di Sicilia, molti -abitatori cristiani emigrarono in Terraferma , * aspettandosi la pariglia dai Musulmani. Il grosso del]a popolazione battez- zata, com-avvien sempre per amore della patria, ne- cessità) o tiepidezza d'animo, restò dov'era. E cosi al conquisto normanno il Yaldemone si trovò pien di Cristiani,' e sminuzzoli anche se ne contavano per le valli di Notò e di Mazara, in Siracusa,* Palermo, '^

' Nilo Monaco nella Vita diSttnFUareto, presso Osetani, Sanetorum Sieulorum, tomo 11, p. 115, e presso i Bollandisti, tomo I, di aprile, p. 609. San Pilareto avea allora diciotf anni. Il tiranno era Abd-Allah igltaolo 4i Hoezz.

' Così la famiglia di San Filareto ; la quale non può supporre sola a prendere tal partlito.

' Mettendo da parte le memorie dei cospiratori cristiani di Messina, più probabili che autentiche, delle quali tratteremo nel seguente libro, si veggano pei Cristiani di Traina , Malaterra , lib. Il, ca'p. XVII% e la Crtmiea ài Roberto Guiscardo , presso Caruso,, p. 838, e versione francese, lib. I, cap. .XV; é per lo rimanente del Valdemone stesso , Amato , lib.y,cap.XXI e XXV, e Malaterra, lib. Il, cap. XIV.

* in un diploma di Tancredrconte di Siracusa » dato del I f Q4, si legge che il conte Ruggiero neir istituire il vescovato di Siracusa (1093) gli aveva assoggettato tutto il clero greco e latino. 11 primo non era .venuto al certo coi Normanni. Il poeta siracusano Ibti-Hamdls, ricordando le sue scappate giovanili. Biblioteca Àrabo^Sicula , cap. LIX, § 1 * p. 549, dice di un monistero di donne, ov'egli ed altri '$ca{>^trati andavano a bere il vino •color d* oro.*'

s Malaterra, lib. Il, cap. XLV, dice dell' arcivescovo che si sforzava a ihantener la fede in Palermo pria che v'entrassero i Normanni. Avea-no- me Nicodemo, secondouna bolla di Calisto ÌU presso Pirro, SioUia Sacra, l)ag. 55.

VicaFÌ, « Petralia," ed aKii luòghi.* Le vicènde della guerra normanna nelle quali bastarono due anni ad occupare il Yaldemohe e ce ne vollero trenta a soggiogar le altre due valli , provano similmente che ^elfa prima regione fossero pochi presidii mu- sulmani nelle principali città e fortezze in mezzo a popolazioni cristiane tìmide ma nemiche ; e nel rir manente dell' isola, al contrario, pochissimi Cristiani sofifocati. tra le turbe dei circoncisi.

Ne mu tossi la condizione legale dei Cristiani; sole da supporre aggravati i soprusi tra il millequa- rantatrè e il millesessantuno; dapprima per la ven- detta dei Musulmani che torna van su; poscia per la divisiQne loro in pjiccoli; principati, tanto più molesti e rapaci. Caduti gli ultimi comuni tributarii tra il no- vecensessantadue e il séssantacinque / da indi in pòi non ne abbiamo ricordi; possiamo immaginare qual necessità o caso li avrebbe fatto risorgere. ICrì^ stiani che sottòmettonsi al conte Ruggiero ed a Ro- berto Guiscardo nei principi! della guerra, son vari dsimmi ' paganti tributo, agricoltori o borghesi , ed i primi parte possessori e parte servi della gleba;^ le

Si vegga il diploma del 1098 pel monastero di Santa Maria di Vicari, cbe citiamo nel capitolo seguente.

> Manterrà, lib. II , e. XX, narra x^e gli abitatori fossero parte Cri- stiaoi e parte Musulmani.

' Malaterra , lib. I, cap; XVII, qarrando tìna scorrerla del conte Rug- giero da Messina a Girgenti nota cbe gli si fecero incontro ^ Christidni prwineiàrum, cbe deve intendersi del. Valdemone e Val di Mazara. Si vegga ancbe il cap. Xltl di questo libro.

' * Si vegga il Gap. Ili del presente Libro, pag. 257, seg., del volume.

'Si veggano i luogbi di Malaterra e d*Amato, testé citati. Le condi- zioni ritratte dal primo nel lib. I, cap. Xf V, s*adatuno appinniino agli dsimmi.

* Si veggfa il Libro V, cb' ò il laogo proprio di trattarne, poicbè le prove di coleste due condizioni compuriscon dopo il conquisto normanno.

11045-1061.) 598

■J

quali popolazioni aveao di certo lor magistrati mu- nicipali, ma non fprmavan corpo politico. Di schiavi cristiani posseduti da Musalmahi non abbiamo me- moria, ond'e'par non siane rimase tanto ^numero da farsi sentir tra le vicende del conquisto. Forse la più parte, per migliorar loro condizione, * fatti Mu- sulmani, e chi manomesso, chi no, andavano confusi nella società dei vincitori:

Se le schiatte antiche non si sbarbicano di leg-- gieri, i Cristiani dell isola eran tuttavia mescolati Greci ed Italici. A ciò par abbian posto mente i Nor- manni, nelle cui croniche le genti battezzate che abitavano la Sicilia al principio della guerra , son chiamate doveiìreci o Greci Cristiani, e dove a di- rittura Cristiani; e si distinguono i primi con T attri- buto di perfidi, come portavano le idee occidenta- li.' Un altro barlume ci lo scrittor della vita di San Fila reto, notando tra i pregi della Sicilia la car- nagione bianca e vermiglia e le belle e aperte fat- tezze di molti abitatori, le quali non somigliàìio al sembiante del greco San Filareto, e vi si potrebbe per avventura raflBgurar il tipo italiano. ' Della me-

* Libra 11, cap. XI, pag. 484 del primo Toloine.

* Malaterra, lib. I, cap. XIV, XVdl e XX, oiiaU di sopra, paria di Cristiani di Valdemone, di Traina e deUe province (tra Messinia e Girgènti); e cap. XXIX, dei Greci di Traina cbe sembran parto della popolazione cristiana. di quella città. UDi Gregorio, C<mnd€ra%ioni $opra la Storia di Sicilia, lib. I, cap. I, ritiene la stessa distinzione di schiatte e allega, notes, 3, la stessa autorità. Aggiugne, nota 4, un esempio di Ceraci tolto dal Ub. il, cap. XXIV, di Maiaterr»; sul quale non voglio fiire assegna- mento, non essendo certo m si tratti di Ceraci In SicQia o della città dello stesso nome in Calabria.

'Nilo Monaco^ Vita di San Filareto, presso il Gaetani, Sdnetofum Sieulorum, tomo li, p. 1 19, e presso i Bollandisti, 6 aprile, p. 607.

399 [048-1064.1

desima schiatta sembrano i frati di San Filippo d'Ar- gka in Sicilia i quali nella seconda metà del decimo secolo andavano a Roma: insolito viaggio a gente greca in queir età:. * Come i due linguaggi, che è a dir le due schiatte, durarono insieme nel medio evo nelle parti della penisola eh' aveano avuto colonie greche kieir antichità,* cosi anche rimasero in Sicilia; s& non che la lingua greca prevalea neir undecime secolo.* E la cagione parmi, che i Cristiani di sangue italico e punico della Sicilia occidentale, ayean rinnegato la più parte sotto la dominazione musulmana, per essere stati più tosto domi; se pur non si lasciariui domare più tosto per antagonismo contro il sangue greco e il dominio bizantino. La religione loro, fors'anco la lingua, si dileguò nella società musulmana. La religione si mantenne insieme con la lingua nella Sicilia orientale, sede primaria delle antiche colonie greche.

Ci mancò nella prima nxetà del decimò secolo ogni memoria d' incivilimento appo i cristiani di Sici- lia: ' noa nei cent' annìi che seguono ne ricomparisce q miche vestigio. Della fine del decimo secolo abbiamo un'agiografia, scritta, com'ei sembra, da un Greco siciliano/^ Yerìso il miìietrenta ci si parla di preti cristiani che insegnavan lettere ai giovanetti a Castro-

I Si vegga qui appresso la vita di San Vitale di Demena.

* NoD t' ba un sol rigò un sol nome latino tra I ricordi della do* mlnaXIoiie normanna cbe possano riferirsi all'epoca precedente.

* Si vegga il ÌÀh. ili, cap. XI, p. 313, Sii di qvesto volume.

* Si veggano nel cap. Ili del presente Libro i ragguagli cavati dalla YUa di San Niceforo mmovo di Milito, e il cenno cbe do di questa agio- grafia alla fine dello stessa capitolo , p. 373 del volume.

1996-^99. 1 400

novo in Val di Mazara; ' fors'anco a Demona. ' Nella seconda metà dell' undecimo secolo un ricco cristiano del paese, faccendiere dei Normanni e poi monaco, avea dato òpera a raccogliere libri e dipinture in Mes- sina/1 quali indizi! fan piena prova ^ quando la storia politica mostra che dovea necessariamente avve- nire così. Del novecentodxie passò sul Yaldemone la sanguinosa folce d' Ibrahim^ibn-Ahmed ; poj su tutta r isola la falce della fame; e sul Val di Ma- zara quella di Khaltl-ibn-Ishak: ma la guerra ci- vile dei vincitori, fece respirare i Cristiani del Val- demone. Cioè la popolazione rurale, 1 cui tugurii non avea potuto frugare Ibrahim, e qualche cittadino spa- triato che dopo tempesta tornava ai diletti luoghi, povero e feroce. Quei che ristorarono Taormina, quei che meritarono tanta fama a Rametla , ebber le mani pronte a combattere e rabberciare lor mura; la mente fitta a difender ed ammazzare i Musulmani, ma non si curavano, credo, di dipinture, di libri, deir alfabeto: efacean bene. Sopraffatta alfine quella

r

virtù dalle armi kelbite, i Cristiani s' ebbero a cónten- tare degli umili compensi che conaede il servag^o. Assestandosi appo i Musulmani Taziepda pubblica, repressa la rapacità delle milizie , favoriti! commerci con Terraferma, prosperanti le regioni occidentali

' Vita di San Vitale abate, presso Gaetani, Vil<B Sanetorum SieuUh rum, tomo II, p. 86; e pressò i BoUaDdisti, 9 marzo, p. 26.

> Vita di San Luea di Dmona^ presso Gaetani , op. cit., p. 96; e presso i Bollaodisti, I& ottobre, p. 337.

' Si vegga il teslao^eDto del Prete Scolaro del lli4 prèsso Pirro, Sicilia Saera, p. iOOS. Costui lascia» al Monastero djel Salvatore iu Mes- sina trecento, codici greci e * bellissime immagini coperte d'oro." Ma è da avvertire che avea fatto viac^i in Grecia e che soìea comperare da mercatanti di quella nazione.

—•,401 |948-^06I 1

dell'isola e venuti i padroni a stanziare nella region di levante, si^rinfrancò la industria degli abitatori cri- stiani. Rifatti alquanto di sostanze e di nucoero, ri- salirono a quel gradò d'incivilimento dei lor fratelli di Calabria. Chi voglia conoscere^ in volto i Cristiai^i del Yaldemone di questa età, legga in Malaterra il racconto ài qujBi che s' appresentavano V anno mille sessantuno a Ruggiero nella prima scorreria grossa a che si rischiò dentro terra. Tutti lieti gli recavano vittuaglie e altri doni; e tosto correvano a scusarsi coi Musulmani : averlo fette per forza , per salvar le persone e la roba da codesti predoni. ^ Alla quarta generazione ^li eroi di Ra^nelta eran fatti, come or si direbbe, onesti e pacifici ^cittadini. .

I quali in punto di religione sembrano tiepidi anzi che no. Dopo Y impresa d' Ibrahim-ibn-Ahmed (902), si sbaragliò il clero siciliano. Gli imperatori bi- zantini, egli è vero, promulgando la lista delie sedi soggette a lor patriarca, proseguono infino al secol decimoterzo a noverar quelle di Sicilia quali sa- peansi neirottavo secolo, salvo qualche errore di copia; ma dimenticano che T isola è stata tolta allo impero dai Musulmani ed a costoro dai Normanni; che le sedi sono state distrutte dai primi, rifatte dai secondi a lor modo, e rese al pontefice romano. * Però quei ruoli di cancellaria non attestano condizioni contem- poranee, più che noi faccian oggi i titoli di vescovi d'Eraclea, d'Adana e altri largiti dal papa. Appunto coQìe cotesti, sembrano vescovi in partibus quel di

' Malaterra^ lib. II, cap. XIV. Si vegga ancbe Amato, lib. V^ cap. XXf^ > Si vegga ri Lib. Il, cap. XII, nel primo volume, p. 485 e 486, nota % II. 26

|948-*0C<.1 402

Gatanm e TÀrci vescovo di Sicilia^ dei quali abbiamo le soscrizioni in carte del decimo e deirundecimo se- colo. * Al contrario par abbia esercitata, quando che fosse, la dignità vescovile quel Leone che poi sog- giornò in Calabria e venne in Sicilia (925) da stati- co. ' Esercitolla per fermo Nicodetìio che i Norman- ni (1 072) trovarono arcivescovo in Palermo. ' Egli è verosimile che nel decimo secolo, rimase in tutta la Sicilia un sol vescovo, abbia mutato e titolo ^ e sede, ponendosi nella capitale allato alla corte degli emiri per mantenere più efficacemente i dritti spirituali e temporali del povero suo gregge; come il patriarca giacobita d' Alessandria e il primate nestoriano di Se- leucia s'eran tramutati, Tuno al Cairo, Taltro a Bagdad. Palermo fatta capitale dai Musulmani , lor ùebbe dun- que, strana vicenda della sorte, la dignità di chiesa metropolitana; la quale non fu conceduta da Roma, noi sembra da Costantinopoli ; e niuno sognava iti-

* Alla fln del IX secolo sembrano anche vescovi in partibw, o fuggi- tivi, qae*di Cefalù, Atesa, Messina e Catania, che si trovarono al Concilio di Costantinopoli (870). Non conto ne! X secolo San Procopio i^so^vo di Taormina che incontrò il martirio nel 902. Noi> parlo del vescovo di Ca- merino nelle Marche (963-967) che altri sappose di Camerina In Sicilia. liOone vescovo di Catania è spscrltlo Ut nna decfatala del patriarca di Co* stantinopoli del 995, di cui il Pirro» Di$qui$iHo de Patriarca SicUia, S VII, no 5. Umberto monaco in Lorena, è sottoscrìtto col titolo di ard- veaeovo di Sicilia nel eoDcUio romano del 1049; ani quale si vegga 11 Pirro, p. 51 ,. e te autorilà citale dal Martorana, Nothie Storiche dei Sa- raceni Siciliani, tomo II, p. 217, note 133, 134.

s Si vegga II Llb. ili, cap. Vili, p. 172 ài questo votame. Non facT clamo parola del vescovo Ippolito, nob sapendosene appunto il tempo.

' Si veggano la autorità citate poc'anzi, p. 396, noU tk I Normanni Ikon fecero conto dell' areìvescof» greco più che di un tnlom di' moschea; e certo non gli dettero un titolo ch'el non avesse. iLa corte di Roma non solo^ lo riconobbe a Nicodemo ed agli arcivescovi normanni^ ma n*avea già investito a modo suo Umberto. ^

* Si vegga il Lib. HI , cap. XI, p. 214 di questo volume.

403 id48-«06«.}

nanzi il decimo secolo, ma alla metà dell' uodeci*- mo Diano la mise iti forse. È chiaro che la assunse l'eletto dei Fedeli confermato dagli emiri : poster d'mia provincia che avea avuto sedici diocesi tra vescovili e arcivescovili, e d' una città eh' era seconda solo a Costantinopoli e Bagdad.

Passando al clero inferiore, basterà dir che i monasteri nei quali tutto si racchiudea, fiorenti dopo san Gregorio, ormai sembrano poco men che distrutti. Quel di San Filippo d' Argira, di regola ha* sìliana, scomparisce verso il novecensessanta, quando le colonie musulmane trapassavano in Valdemone. ^ I Normanni trovano in Val di Mazara il monastero di Santa Maria a Vicari, pregante per la vittoria dei Cristiani, possedente un po' di servi, bestiame e ter* reni, ma negletto ed oscuro. ' Trovano molte ruine di monasteri in Valdemone,' e di due soli abbiam cer-

* San Luea di Demona e San Vitale di Gastronovo, dei quali or or di« scorrerenio le \ile, presero entrambi l'abito monastico a San Filippo d*Argira; e morirono in Calabria, Tuno il 99$, l'altro, come si suppone, il 994. Dall' agiografla di San Vitale si scorge cbe in gioventù egli èon altri frati dal monastero di San Filippo andò a Roma, e cbe, tornando dopo due anni in Sicilia, visse da romito sa V Etna rimpetto l' antico suo cfaio^ stro. San Luca di Demona era uscito dallo stesso monastero il 058 o poco prima. Però la cagione della partenza di entrambi par lo sgombero del moimsteroy il quale rìsf»ondèrebbe a un di presso ai fatti del Valdenrene cbe narrammo nel cap. HI di questo Libro, p. 255, seg., del volMme.

> Questo mi sembra il valore de\ tedio a^Xudct «roci^ (/a««^), Diploma del i0^ pubblicato con versione italiana da Niccolò Buscemi, nel glordale ecclesiasiiCa di Palermi che s' inttlolava BibHoieùa Sacra, tomo I , p. 319» seg. Il Hartorana in ana risposta al BqsceBi, astratta dal Giwrnah di Scien*e ec. per la Smlia, p. 30, si sforzò invano a distmggere l' attestala ebecoDti^fi questo diploma. Il conte Ruggiero vf dice ebiaramente avere emfBrmatò (tsr«xu/)w) le possessioni* Dunque il momistefo esisteva, e non vWea di limctekio avaati il conquista normanno^

' Non occorre citare tatti i diplomi normanni che lo attestano In varie guise. Fra gli altri uno del 1093 presso Pirro, Sicilia Saera, p. 1016,

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tezza che rimanessero in pie: quel di Sant'Angelo di Lisico, presso Brolo, i cai frati s'affrettavano a far con- fermar dal conte Rugjgiero la proprietà dei monti, col- line, acqae; terreni e mobili che diceano aver tenuto sotto gli empii Saraceni; * e quel di San Filippo in Demona, un frate del quale, vivuto fino al millecento e cinque, affermava aver patito nel santo luogo gli oltraggi degli Infedeli. ' Poco o nulla s' è perduto dei documenti di tal fatta, gelosamente custoditi e rin- novati dair ecclesiastica prudenza: donde si può argo- mentare che alla metà deir undecime secolo,, appena rimanesse una mezza dozzina di monasteri con frati e di che vivere.

era comando di legge, effetto di costu- manza generale dei Musulmani , sotto il cui do- minio durarono e durano tante sedi vescovili e grossi monasteri in Egitto, in Siria, nelle regioni tra r Eufrate e il Tigri. Ma le ondate di Arabi che irruppero in Occidente sembran pia cupide e quelle popolazioni cristiane men tenaci nella fede e disci- plina ecclesiastica; e il monachismo / pianta esotica appo noi, non resse alle intemperie come in Oriente. A coleste tre cagioni unite mi par da apporre il subito

pro^ che restava in pie la chiesa soltanto nel monastero di San Michele Arcangelo in Traina.

'^Diploma del 1144 nel qnale re Roggiero accenna il decreto del pàdroj presso Pirro, Sicilia . Saera; p. 1031. Il Martorana nella risposta citata vuole inforsare 1* attestato; ma non può canceliare quel tenebant et fòsndebant tempore impiorùm SaracenorUm, come tradusse il Lascari, e gli^ si' pu6: credere ancorché non si conosca V originale greco.^

* Testamento di Gregorio categumeno del monastero di San FHippo di Demoi^a. U testo greco con altri diplomi del monastero fu pubblicato dal Buscemi, op. cit., p. 381 a 388, e più correttamente dal Martorana, op, cit. , p. 60 a 64 con novella versione italiana di monsignor Grispi , va- lente ellenista siciliano, morto non è g^arl: . .

405 |W8-4064.|

decadiiDQDto del Cristianesimo in Sicilia, al parche in Affrica e Spagna, direi quasi al primo tocco del- l'islam. Presi i beni ecclesiastici e sconfortato il clero, ìnenomarono le sedi vescovili, crebbe Torba nei con- venti; e la credenza delle popolazioni, non riscaldata dalla voce del sacerdozio dalla assiduità del cul- to, calò a poco a poco. Ma è mestieri pur che quella massa per propria natura mal ritenesse il calore; poiché lo zelo dei Fedeli , chierici e laici, avrebbe alla sua volta vivificata la gerarchia a dispetto dei gover- nanti e della povertà, come, per esempio, avvenne in Siria, appo i Maroniti.

11 fervore religioso non si ridestò neir ultima lotta delle popolazioni cristiane di Sicilia (91 3-964), quando la povertà e i pericoli allettavan poco i dignitarii ecclesiastici a tornar dalla Calabria; ^ e il popolo, ve- nuto alle prese con la morte, chiedea miracoli troppo biblici. Pertanto la riputazione di santità tornò tutta ai romiti profetizzanti, clero rivoluzionario da non sbigottir tra quelle tempeste. Tale il Prassinachio, del quale dicemmo, e gli altri di cui non è maraviglia se ignoriamo i nomi, V poiché le agiografie si scriveano nei. monasteri, non per le celle dei romiti, quando pur sapeano scrivere. Pomate in Sicilia le armi e man- cati i monasteri, il clero mal si riforni: quei che ne sentiano vocazione^ passavano in Calabria dove si parlava la stessa lingua, si trovavano spesso i ccm- cittadini ; e la dominazione greca apria largo campo

* ricordi il fatto del vescovo Leone nei 925.

* Si vegga il cap. XI del Lib. Ili, e il cap. Ili del Lib. IV, V 2U e 261 del presente volume.

1948-4061. 1 M&

alla modesta pietà, alle fantasie riscaldate ed alle am^ bizioni monacali. À legger le vite dei santi di Cala* bria in questo tempo, ognun vede che si pasceano, come tutta la chiesa greca, delle leggende degli anti- chi padri della Tebaide e di Siria; se non che la na- tura occidentale rifuggiva da quelle orrende penitenze, dalla perpetua solitudine, dalla oziosa contemplazione che non si diffondesse in altrui. E però i ' romiti si associavano tra loro; procacciavano seguito nelle cose mondane. L' apice deHa virtù religiosa era la fonda- zione d' uno , anzi di parecchi monasteri, di cui uóm divenisse abate in vita e santo tutelare dopo la morte. Ed a quésto aspirò e pervenne alcun riAiggito siciliano. Correndo la prima metà del decimo secolo, nacque a Castronovo, nel bel mezzo delle colonie mu- sulmane e dicesi di ricchi genitori, Sergio e Crisoni- ca, un Vitale; il quale educato nelle lettere sacre, ma amando poco lo studio, andò a chiudersi nel Mo- nai^tero di San Filippo d'Àrgira. Con altri frati passò a Roma, dice lagiografia, senza aggiungere il tempo il perchè, ai quali noi ci possiamo apporre; e sa- rebbe per avventura la raccontata vicenda del nove- centosessanta, quando una man di Musulmani avesse preso a stanziare nella patria di Diodoro Siculo ed occupato i beni di San Filippo. Fatto per via un mi- racoluccio a Terracina, e da Roma tornato addietro ad un romitaggio presso Sanseverina di Calabria^ San Vitale ripassò in Sicilia, visse d'erbe salvatiche ben dodici anni nelle solitudini dell'Etna, in faccia del- Tantico suo chiostro. Ripigliato alfine il cammin della Terraferma, mutò stanza otto o nove fiate tra

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Calabria e Basilicata; s' abboccò ad Armento con San Luca di Demona che levava grido in quelle parti; e fatto venir di Sicilia un sao nipote per nome Elia, fondò un monastero presso BapoUa» oye mori, come credesi, il nove mar;zo novecentonovantaquattro. Dei molti prodigii che gli si appongono in vita e in morte, è da notar quello del monastero di Sant'Adriano, dove piombati i Musulmani di Sicilia, i frati fuggi- rono, fuorché San Vitale; cui fattosi incontro un Sara- ceno dispettoso del non aver trovato danari be* stiame^ e tirato a tagliargli la testa , Vitale fé' il segno della croce; una folgore strappò la scimitarra di mano al barbaro e lo atterrò semivivo; se non che il SantQ lo facea rinvenire. Trentanni dopo morte, il corpo di San Vitale fu rubato ai monaci di Rapolla da quei fli Turi,' il cui vescovo recosselo in città come palladio contro gli immondi Agareni di Sicilia che tornavano a dar<s il guasto alla Basilicata. Di cotest' agiografia, scritta da un Greco contemporaneo, abbiam la sola versione latina che ne fece fare alla fin del duodecimo secolo Roberto vescovo di Tricarico; nella quale la crìtica può sol rigettare i fatti che trapassano gli ordini della natura, *

' Antica sede del vescovato di Tricarico.

' Presso Gaetani, ViUe Sanetonm Sicukrum, tomo III p. S6, e presso i Bollandisti, 9 marzo, p. 06. 1 soli dati cronologici, oltre Tanno della versione, sono la contemporaneità con San Laca di Demona, il tlioto di GiAapano di Calabria cfae ocoorre nel raicoonto, e il nome del monastero di Armento , il quale si sa fondato nella seconda metà del decimo secolo. La morte septimo idus marta feria seooia faa portato ì Bollandfsti a notare r anno 904. Si vegga anche De Meo, Annali di Napoli, tomo VI, anno 094. I nomi dei luoghi in Calabria ove si dice soggiornato San Vitale |o rona^ Kiìggio dopo il ritorno dalla Sicilia , son Lìporaco presso Cassano , Pieir^

[950-904. 1 408

Lo stesso parrà della vita di San Luca da De- mona, dettata da pn discepol di lai co^ semptice- mente che i predigli cadón dassè e spicca r opera d'un uom di questo mondo, sagace, affaticante, ani- moso, ambiziosucoio, ma a buon fine. Si dice al solito nato di parenti nobilissimi, Giovanni e Tbedibia; entrato nel monastero di San Filippo d'Argira; pas- sato di a Reggio, per apprendere da un Elia , ve- nerabile romito, le discipline dei Santi Padri: ch'ai compitava appena Tofizio, ma la pratica d'Elia e particolare grazia del Cielo, prosegue l'agiografo^ gli apriron la mente ad ogni dottrina, fino i misteri delle sottilità filosofiche. Lesse senza nebbia nell' av- venire cìDb s' aspetta van di nuovo i Saraceni , stru- mento delia vendetta celeste su la Calabria ; onde uscito di sua spelonca si messe a predicar contro i peccatori ; trascorse fino a Noja, dove soggiornò sette anni in una basilica. Rincrescendogli poi V aura po- polare, se ne andò su le sponde dell'Agri, a fabbri- care il monastero di San Giuliano; gli raccapezzò qualche poderetto per carità dei fedeli ; fece scompa^ rir, non si sa come, un Landolfo possessore vicino, invidioso della prosperità dei frati ; e correndo sem- pre incontro alla fama, ch'ei faceale viste di fuggire, diessi ad esorcizzare demonii, a sovvenire i poverelli, a curare i malati con impiastri e medicine, scrive l'agio- grafo, per nascondere la virtù del miracolo. Finché, al tempo di Niceforo imperatore, calato dalle Alpi un feroce che si messe a depredare le città greche d'Ita-

di Roseto , Rappaco presso San Quìrìco , Misandii, Armento, SanC Adriano presso Basidia , una cella presso Turi , e infine RapoUa.

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lia,* San Luca e saoì frati, e tra quelli lo scrittore, ripararono ad un castello vicino. Poi vergognando di vivere a casa de' laici, San Luca adocchiò tra le rupi d'Armento un sito da potersi afforzare senza fatica, e v' innalzò un altro monastero, che fu come V acropoli d' una colonia basiliana, di tanti chiostri minori e ro- mitaggi e cappelle, sparsi nella provincia, fondati la più parte da San Luca, lavorandoci tn di sua mano; dei quali lo riconobbero abate, e veramente fu capi- tano. Perchè una volta venuti, i Musulmani di Sicilia a dare il guasto, s'erano attendati alla pianura presso una cappella e profanavs^nlà e scorreano i dintorni, ri- portandone gran tratta di prigioni incatenati. San Luca scortili dall'alto della rócca, intona i salmi ; ritto in su la porta del chiostro fa la rassegna ; arma' i frati più gagliardi, lascia i deboli in presidio: e con la croce in mano, conduce il bruno stuolo sopra i nemici; i quali si sbaragliarono, gittaron le armi al subito assalto ed alla vista del Santo, che loro apparve sul mitico destrier bianco, raggiiante di luce. Ma ciò non tolga fede alla valente fazione. Con pari animo andò girando ad assistere da medico e padre spiri- tuale i frati della colonia, mentre ardeavi spaventosa moria. Venuta poi di Sicilia a visitarla una sorella sua per nome ' Caterina , madre di due altri santi Antonio e Teodoro, fondò pressò Armento un mo- nistero di donne. Talché salito San Luca al sommo della fama claustrale, mori il tredici ottóbre novecento-

* Olone I, come notaron bene il Gaetan! e i BoHandisti. E però torna al 968 0 969 nelle scorrerie che abbiamo accennato al cap. VI del presente Libro kP* 311 del volume.

1<020-I070 1 410

novantatrè, noQ par vecchio, s'egli è véro che lo coiu- pose Della fossa quel medesitno Saa Saba stato suo superiore a San Filippo d'Àrgira. Del quale, dei xlue nipoti di Luca, non si fo memoria altrove, si sa come abbiano meritato T appellazione di santi/

Similmente s' illustrò in Terraferma, e ci è noto per gli scrìtti d'un greco di Calabria, San Filareto, del quale accennammo nella guerra di Maniaco. Nato di schiatta greca, forse a Traina, * mandato a scuola appo un sacerdote, delibò degli studii quanto gli parve ab^ bastanza, dice l'agiografo : giovane frugale, mansueto, assiduo in chiesa, aiutava a lavorare i poderetti pa* terni e vide la liberazione e il subito precipizio dei Cristiani di Sicilia. Perchè passata la famiglinola a Reggio, indi a Sinopoli, e messosi col padre agli altrui servigi! in campagna, gli strati della vita, la lontananza dalla patria profondamente sbigottirono queir animo tenero e malinconico. Sperando pace nel chiostro e non sapendo lasciare il padre e la madre , egli unico figliuolo; dopo lunga perplessità lor si fece innanzi, si gittò ginocchioni, svelò il proponimento ; ed assenti- togli, ruppe in lagrime baciando mani e piedi ai ge- nitori. A venticinque anni proferi i voti nel mona- stero di Aulina tra Seminàra e Palmi, fondato da

* Vita di San Luca di Demona^ versione dai testo greeo che sembrai perduto, presso il Gaetanì, op. cit., tomo 11, p. 06, e presso i BoliaodisU, 13 ottobre (tomo Vi) , p. 332. Questa seconda e recente edizione è illu- strata di erodite auDotationi. 11 sant'fiUa di Reggia primo maestro di San Luca, fu, al dir dei Bollandisti , lo Speleote che dimorava a Melicocca prèsso Seminàra, op. cit., p. ^33, § V. Per error di stampa nel Gaetani è recata quest' agiografia il 13 settembre, quando si legge teriio idus octo' hri$, l'anno dell' Incarnazione 993 e del mondo 6493 secondo V èra ales- sandrina.

' Si vegga il capitolo precedente, p. 387.

411 l^oao-^o7o.l

Sant'Elia di Castrogiovanni / del qaale poi solea leg* gere assiduamente e contemplare la vita; ma Tin- dote i^ua, ìfi condizioni delle cose lo portavano ad imitare il missionario demagogo del nono secolo. Nel* l'adunanza dei frati solennemente gli furon vestite, dice ragiografo, le armadure simboliche, la tunica usbergo di carità, il. mantèllo scudo di fede, il cap- puccio elmo di speranza, il cingolo freno contro libi* dine ; impugnò a guisa d' asta la croce : e mutato il nome di Filippo in Filareto, dato a tutti il bacio fraterno, lo mossero a guardare gli armenti del mo- nastero. Durissima vita a chi era avvezzo a qualche agio ed un po' allo studio.* Si sobbarcò pur lietamen* te ; fu spècchio d' obbedienza monastica, di pietà, di buoni costumi ; e non fece miracoli mai : se non che due anni dopo morte^ una luce che usciva dalla se- poltura v'attirò i devoti, indi i malati; e cominciarono le guarigioni miracolose. Era morto Filareto di cin* quant'anni, verso il millesettanta. Un piccino, gra- cile, dal volto ovale, scuro e pallido, dagli occhi az- zurri e poca barba, tardo al parlare. Cosi lo dipinge il oionaco Nilo, il quale in tutta T agiografia ora ri- pete, or dice passar sotto silenzio i particolari che gli avea sentito raccontare, su le cose domestiche e pub- bliche al tempo di sua gioventù. Candide tradizioni, su le quali il compilatore incolto una rettorica bella

* Si veggi il Liki. n. Cip. Xil, 5i7 ù6\ primo voUirae.

' L'agiografo scl«ua: Wtn in <|uelie toIKudini il soffice letto, ia pulita sUnaa, il tappeto, leatuoje, i bagDi« le brigate <U amici, il pan fino, i pesoi, V dio, i condimenti, le frotte, il vino, la lettura del Vec- chio e del Nuoto Testamento? Ma par eh' ei voglia accennare il contrasto con la Tiu di qualche prelato di Calabria, piuttosto che con quella dt San Filareto stesso in gioventù.

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bratta, una pietà verbosa ma non ciarlatana, che i' una e V altra agevolmente si staccano; e ne rimane quel buon documento storico che ci è occórso e ci occorrerà tuttavia di citare/

Così gli scuri sembianti d'Ippolito e Prassina* chio, Io zelo claustrale di Luca di Demona e Vitale da Castronovo, e la rassegnazione di. Filareto rispondono alle tre vicende principali della opinione pubblica appo i Cristiani di Sicilia dal principio del decimo secolo alla metà deir undecimo. Delle altre agiografie di questo tempo, è spuria, a detta degli stessi Boliandisti, quella di Santa Marina.* La leggenda di San Giovanni Tberì- sta^ non regge alla critica : tanti casi da romanzo intes- suti sopra un anacronismo.' Non meno maravigliose e pur son verosimili e cavate in parte da buone au-^ torità, le avventure di San Simeone, che nacqua.a Si- racusa nella seconda metà del decimo: secolo , di padre bizantino e madre calabrese, e mori a Trevéri il : mille trentaquattro. Soggiornò in Sicilia infìno a sette anni, quando il padre per dovere di milizia pas*

' Vita di San Filareto, presso il Gaetani , VUcr Sanetorum Siculorum, tomo il , p. 112, seg. ; e presso i BoilandisU 6 aprile (tomo 1), p. dOsi, seg., Tsrsioae d' un testo greco che sembra perduto.

' Si vegga il Gaetani , op. cit., tomo II » p. 109, che se la bevve; e 1 BoUandisti, il luglio (tomo iV) , p. 288.

s Presso il Gaetani , op. cit., tomo II, p. 107 ; e presso i Bollandistf, 24 febbraio (tomo IH), p. 479: il primo dei quali lo fa morire il lOS^; e I secóndi il 1129. Figliuolo d*.un conte calabrese che fu ucciso nelle scoitene dei Musulmani di Sicilia, nacque in Palermo dalla madre condotta In schia- vitù , e sposata da un Musulmano ; andò in Calabria a batteuarsl e trovare i tesori nascosi del padre; si fece monaco sotto SanNiló{morto il 998), operò In vita molti miracoli,^ e morendo risanò d* un' ulcera Ruggiero Guiscardo nipote di Roberto , il quale die in merito grandissimi beni al monastero. Questo Ruggiero Guiscardo, che la storia non. conosce, questo sbalzo dalla Une del X alla fine dell' XI secolo, convengon bene alle avventóre favolose che abbiamo appena accennate.

413 [964-1051.1

sava a Costantinopoli, dice la leggenda; e però sembra soldato fatto prigione nella guerra di Ma- nuele Foca , liberato per riscatto. Forse il parlare arabico che il fenciuUo avea appreso in Sicilia, lo spinse, fatti ch'ebbe gli studii in Costantinopoli, ad andare a Gerusalemme : ove s' infiammò delle geste dei padri del deserto, volle vivere or frate ora ro- mito a Betlem, al Giordano, al Sinai, in una grotta del Mare Rosso ; la comunità del Sinai poi mandoUo a riscuotere le grosse limosino che le solea porgere Riccardo conte ^i Normandia. Così venne a Rouen, dove trovando morto Riccardo (1 Ó26) e gretto il suc- cessore, passò a Treveri; ed acconciatosi con T arci- vescovo, mostrò a que' buoni Tedeschi esempio di pe- nitenza orientale, chiudendosi tutto solo nella vecchia torre di Porta Negra, ritrovo dei dimonii. Gli assalti, dei quali per tanti anni, di e notte, respinse con sue preci ; e si comprende. Ma dopo una inondazione che disertò il paese , accorsa la plebe co' sassi in mano chiamando a morte il frate incantatore della torre, Simeone non se ne mosse più che dei dimonii : pro- segui a recitar V ofizio tanto che i preti racchetarono quel furore. Dopo morte preti e plebe a gara gli at- tribuirono miracoli. Di certo col dir eh' ei facea. delle calamità di Terrasanta, e con quel suo strano tener di vita in Normandia e in Germania, Simeone da Siracusa fu un dei mille mantici della Crociata. ^

* La vita di San Simeone da Siracusa fu scrilta per ordioe dell' arci- teseovo di Treveri da an Eberwio abate de! monastero di Sao Martino, il quale avea praticato con Simeone nella torre e l'aveva assistito a morte. Si vegga presso ilGaetani, YìIìb Sanctorum Siculorumf tomo II, p. 101; o

Dal detto fin qui si vede che il Cristianesimo si ristriose e rattiepidì in Sicilia sotto la dominazione masalmana; ma non ne venne a mancare giammai^ la credenza il culto palese. L'attesta un autore arabo dell' undecime secolo, con dir preciso che "s'eran fatti musulmani la più parte degli abitatori.*'* Che se Urbano secondo, nella bolla del millenovanta- tré, lamentava la religione spenta neir isola per tre secoli, non volea significar altro ebe la misera con-' dizione dalla Chiesa siciliana e il picciol numero dei Fedeli, se tali pur gli pareano quei di rito greco/ Sembra privo d'ogni fondamento il supposto che i Cristiani di Sicilia al conquisto normanno fossero i

meglio presso i Bollandlsti , I giugno, p. 87, seg. Si riscòotrila Cronica di Sigeberlù, anno 1010, presso il Pertz» Scnptores, tomo VII, p. 88S.

1 Si cominci dai Cristiatii cbe compiangeano i prigioni di Siracu- sa (878) nelle strade di Palermo, Lib. If, cap. IX, p.408 del primo volame; 8l scenda via via nei X secolo ai-paui di Basan in R^gio, alla gaerradi Taor- mina e Ramelta, al segretirio cristiano d' Abu-1-Kdsim , Lib. IV, cap. il», in , Vi, p. 247, 357 e 3M di questo volarne; e si arrivi nel presente ca-* pitolo ai fatti dell' XI secolo , e si vedrà durar sempre il cristianesimo.

Di questa opinione sono stati quasi tutti gli scrittori delle cose ecele- siasticbe di Sicilia, come si può vedere del Mongitore, Oputeoli d'Autori Siciliani, tomo VII, p. 119, seg. Il Di Gregorio tenoa la stessa aesteBss, Consideraiioni su la storia di Sicilia , lib. I , cap. I.

La seatenaa contraria è stata di recente sostenuta dal Marto'rana, Ab- tiiie Storiche dei Saraceni Siciliani, tomo II , p. 43 a 75; al quale rispose il sacerdote Niccolò Buscemi, Biblioteca Sacra per la Sicilia , (Palermo 1852), voi. 1, p. 195 seg., 373 seg;., ed egli replicò in varii articoli del domale di Scien%e e Lettere per la Sicilia del 1834, raccolti poi in an volumetto^ p. 17 seg., 133 seg. Io bo citato di sopra alcuni documenti allegati dairnno e dall' altro, e , com' è naturale, ho tenmo presenil le ragioi^ pm e cen- tra , ma non posso qnl esaminarle partitamente. , .

' Nel Uo'gem-el'Boldàn di Jakùt, Biblioteca^arabo-sicula , testo, p. HI.

' Presso Pirro, Sicilia Saera, p. 617, nella notìzia della Chiesa. sira- cusana, n comento si trova non solo nei fatti che abbiamo esposto, m^ anche in un diploma di re Ruggiero dato il 6612 (1134), il quale attesU la sollecitudine del padre a liberare dagli Agareni la Sicilia e t suoi abitatori erislianiì presso Pirro , p. 975.

415 ^ [827-^001 I

venuti al tempo di Maniace, poiché questi condasse soldati, non coloni; e i soldati, come si è dettò, dod tardarono a ripassare in Terraferma. ^

All'incontro la libertà del culto si deve intendere entro i limiti osservati in generale negli Stati musul- mani ; * senza persecuzione o par insolito rigore, di che non v'ha alcun indizio in Sicilia dal principio alla fine della dominazione musulmaba. Ma va messo in fórse, come affermazióne di cronica moderna e zeppa di errori , che principe musulmano dell' isola ac- cordasse ai Cristiani di celebrare pubblicamente gli oficii divini e recare V eucaristia ai moribondi. ' Va rigettata ritondamente la istituzione d' una confra- ternita nella chiesa di San Michele del monistero d^lle Naupactitesse in Palermo, Fanno mille e qua- rantotto, nella quale fossero ordinate processioni ogni mese e festa annuale ed esequie solenni dei con-

' Questo supposto è del Marlorana, Noli%ie giartche, tomo H, p. 68 a 73;. il quale oon so se v| sia stato condotto dal Rampoldi che sognò una tregua di tre anni tra i Musulmani e i Bizantini di Sicilia, dopo la partenza di Maniace. Si vegga la risposta del Martorana , p. 16, nota. Il Martorana cadde in errore» credendo che V appellazione di Greci, sV frequente in Sicilia nello Xi e XII secolo, tion dinotasse i Siciliani di linguaggio greco, mane* cessariamente si dovesse riferire a gente venuta di fresco dalle province bizantilio.

' SI vegga il Lib. Il, cap. XU, p. 476 seg. del primo volume.

^ Questa cronica in forma di lettera di Fra Corrado , priore del con- iFe^to dlomenicano di Santa Caterina in Palermo, ha una data che risponde al i290. Si vegga presso Caruso, Bibliolheea Histwka regni SìcUUb, tomo I, p. 47, questo calliv» compendio di fatti dal 1097 al 1283, del quale non eonosciam tutte le sorgenti ed alcuna si potrebbe supporre ver- sione inesauissima dall' arabico. Olire gli errori madornali su i faitti e 1 nomi , vi si nota V anacronismo d*un secolo nella scorreria dello spagnuolo Meimùn4bn^haDia in Sicilia, ob'è messa il 1037 in vece del XII secolo. In ogni modo, ancorcbè la stòria sembri più tosto alterata da errori di compilazione odi copia che falsata a disino, non st può ^re alcuno asse- gnamento su r attestato di Fra Corrado.

1827-4001.1 416

fratelli jDOrti. diploma di rinnovazione di quegli an- tichi statuti, che è serbato neir archivio della cappella palatina di Palermo, non fa menzione della città, il nome topografico che vi occorre* appartiene a Pa- lermo né ad altra terra di Sicilia. Anzi le pregliiere da farsi per gli « ortodossi imperatori e il santis^ Simo patriarca e metropolitano » mostrano che il paese ubbidisse air impero bizantino. Forse Bari o altra città deir Italia meridionale , dove nelle guerre di re Ruggiero qualche capitano bibliofilo die di piglio a questo ruolo di pergamena in capo al quale vedea luccicare una Madomaetta bizantina su fondo d'oro.*

« Cirio.

* La versione latina di questo diploma fa pubblicata dal Df Giovanni, Codex Sicilia diplomalioui, no CGXCVUl, p. 347; il testo greco dal Morto, Palermo arUico, p. 32 1, 6 dal Garofalo, nel Tabularium,^. captilo^ coUt" yiattR.,.. in regio panormitano palatio, p. I , seg.; e tutti han credutosi trattasse d*una confraternita in Palermo; massime il Morso, il quale vi fabbricò sopra la strana conghieltura da noi accennata nel cap. V del IH Libro, p. 298 di questo voi. in nota.

' Ma quella preghiera pel patriarca e per gli imperatori (6a«iXcMv) mal conveniva ad un corpo morale esistente in Palermo neirxi e Xli secolo. Il Martorana, Noti%ie ec, tomo If , p. 219, pensò doversi riferire la fon- dazione ai Greci bizantini ch*ei suppone oceupatori di Palermo nella guerra di Maniaco; e mise anco in forse Inautenticità del diploma. Il Moriillaro in un* aspra critica contro Garofalo, Opere i tornali, p. 67, seg. , rincalzò cotesto sospetto.

A me non par luogo di credere apocrife la pergamena; mantengo certo cbe la confraternita delle liaupactitesse non sia stala mai in Pa- lermo. Dapprima i nomi dei confratelli sottoscritti , greci la più parte , mi avean fatto pensare ad alcuna delle città ed isole di Grecia assalite dai Nor- manni di Sicilia; ma consultatone M. Hase, ha notato che tra quo' nomi Te n'abbia di forma italiana, e cbe il nome di un Rugjpero .Nanainà ci richiami alla Puglia. Però debbo alP autorità del maestro il pensiero che seguo nel testo. Aggiungo che la voce imperatori, al plurale, fa cre- dere rinnovati gli statuti mentre Sedea più d*uno sul trono di Costantino- poli; e ciò, dopo il 1048 data del primo diploma «stornerebbe al regno di Costantino Duca (1060-^7) , il quale si associò i figliuoli , o di quesU e della madre (1068) ; e sarel^be appunto.prima della occupazione di Bari per Ro- berto Guiscardo. i

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CAPITOLO XII. *

Siam pervenuti adesso al tratto piìi oscuro di queste istorie. D^po la esaltazione dèir emiro lùsuf gli annali arabici della Sicilia cambiano stile; le sor- genti impoveriscono ; e pur si tien dietro al racconto sino alla occupazione di Moezz. ' La guerra di Ma- niaco, passata sotto silenzio dai Musulmani, ^i ritrae tanto o quanto dai nemici loro. Ma nei venti anni

*■ Ibn-el-Albtr i fatti in ordine cronologico infino agli armamenU dei bizantini, il 416 (cap. IX di questo Libro a p. 365 del volume) ; e indi salta ail 484 raccogliendo in nn capitolo ttitti gli avvenimenti dalla abdicazione di lùsuf^ il 388 (998), al compiuto conquisto dei Normanni (1091) ; nel cfuale capitolo la data e' particolari scarsegglanoi da lùsuf alla occupazione di Moezz (K)37), e mancano ai tutto d' allora infine alla chiamata dei Normanni (1080). Òr appunto alla fine del X secolo, cioè al tempo di lùsuf, giugno la cronica d^Ibn-Rektk (Introduzione, p^. xkxvii del primo volume). Ibn-Resclk supplì forse i >prirai qnarant*anni deirXI secolo, ibid. I cenni sn la seconda metà sembrano cavati da Abu-Salt-I-Omeìa o da Ibn-Sceddàd (Introduzione» p. xxxviii), i quali scrivendo nel XII secolo, quando era giù la domina- ziìone musulmana di Sicilia, o non conobbero o non vollero raccontare tutti i particolari delia caduta.

Questo concetta si conferma a legger Abulfeda , Nowairi e Ìbn-Kbal' dùn. Dei quali si vede jnanifestamente la stessa lacuna , ancorché non ab- biàn sempre copiato o compendiato Ibn-el-Atb!r, ed abbiano avuto in originale alcune sorgenti. Abulfeda muta un po' la divisione della materia. D* un^to ei nell'anno 336 tutta la storia degli emiri kelbiti di Sicilia» trascritta da un autore eh* è al certo Ibn-Sceddàd : capitolo aggiunto dopo la prima copia o edizione, poich* è scritto di. mano d* Abulfeda stessb in margine del MS. di Parigi, Suppl. Arabe, 75Ò. Poi nel 484 fa un capitolo comprendiate, cornee! pare, sopra ibn-el-Atb!r, dov'ei viene a ripetere alcnùr fiitti del capitolo del ^36, non avendo badato a cancellarli quando aggiunse^ lo squarcio d'Ibn-Scedd&d. Novrairi e Ibn-Kbaldùn, dividendo loro storie generali per dominazioni , non per anni , fanno capitoli apposta su le cose di Sicilia; ma vi allogano gli stessi fiitti d* lbn-eI*-Athtr, più a meno particolareggiati e sempre interrotti nei periodo ohe notammo. Tutti .par abbiano inorato le stprie .particolari della Sicilia scritte da Ibn-Kattà' e da Abn-Alt-Hasai^ (lotroduzion^, p. xxxvii, n^ I, V). . II. 27

H040.1 418

che córsero tra la cacciata dei Moezziani e la scon- fitta d' Iba-Thimna , il nesso degli avvenimenti si spezza; appena v'ha un cenno dell'anarchia seguita in Sicilia, e più lungo racconto dell'ingiuria diMeimùna che affrettò F ultima catastrofe. Le notizie biografiche degli uomini di lettere » ancorché abbondino in quel tempo, dan poco lume ^u la storia politica. E forza dupque aiutarci a conghietture ; adoprare spesso quella forma dubitativa si spiacente nella storia, si audacemente scansata dai inaestrì antichi , per amor deirarte. ^

Spento Àkha), rimasa la Sicilia ad arbitrio d' Abd- Àllah-ibn-Moezz, ed assalita al medesimo tempo da ManiacO; non è dubbio che Moezz, per difendere il nuovo acquisto v' abbia mandato d' Affrica quante forze ei poteja. Torme di Berberi, dunque, amiche e non amiche a casa ztrita, adescate con un po' di de- naro e molte speranze; masnadieri senza disciplina, di quei che dieci anni dopo, assaliti in casa loro dagli Arabi d'oltre Nilo, spulezzarono trentamila contro tre- mila alla prima battaglia. * Non fecero miglior prova nella giornata di Traina, mescolati coti gli Arabi di Si- cilia, ch'eran tratti a forza, e lor cominciava a puzzare la dominazione affricana. La strana fuga d'4bd-Allah di fianco verso marina e indi per nave a Palermo, dimostra l'esercito,^ non che scompigliato, ammutina- to, minacciante l'infelice capitano. Senza ciò, pe^ co- dardo e inesperto che fosse costui, spronava per la

* Nel 1052. Si vegga Ibn-Ebdldùn, m$toire des Berbera, versione di M. Desiane, tomo I, p. 54,35; é Ibo-el-Atbìr) MS. (^ tomo V/fog. 8lirer- 80, e 82 recto , che particolareggia motto più i fatti.

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più corta alla capitale, con la speranza di rannodare le genti, in tre o quattro giornate di cammino tra ca- stella e luoghi fortissimi per natura.

Scoppiaron al certo dopo la rotta di Traina nelle milizie siciliane, nella cittadinanza di Palermo e d'al- tri luoghi del Val di Mazara, le querele che gli annali arabici portan dopo la morte di Akhal, senza Tappunto del tempo, luogo e causa prossima;* ma Vha quella stampa di costernazione d'un popolo che vegga il su- Hsso. Altercavano i Musulmani di Sicilia, avversarii e partigiani di Moezz, rinfacciandosi recìprocanlente: "Voleste mettervi in casa gli stranieri 1 Per dio! che finita bella:' ecco il fruito dell'opera vostra!"* E pentiti gli uni e gli altri, si univano ai danni d' Abd- Allah. Si venne al sangue in Palermo, col presidio o con alcuna 'schiera leale che tornasse di Traina : il figliuolo di Moezz, perduti ottocent' uomini ' nella zuffa, si gittò coi rimagnenti su Tarmata; é scampò in Affrica. I sollevati rifecero emiro Basan, sopranno- minato . Simsdm o Sirnsàm-^ed-Dawla ( Brando del- rimpero), fratello di Akhal;* forse quel desso che

< Sapendosi di certo dagli adtòrf crisliani che lo sconfìtto a Traina fu Abd->Allali-ibn-Moezi, il tumulto che lo cacciò avvenne, di necessità dopo battaglia, non immediatamente dopo la uccisione di Akhal.

s Traduco quasi litteralmente da Ibn^^UAtfaìr dove si legge 'Per dio la fine deirepera vostra , ec. ; * qual voce fa supporre un recente e grave caso.

' Alcuni autori portan trecento; ma è differenza di copia, potendosi scambiare lacilmente le due voci arabiche che signiBcano quei due numeri. Qual dei due sia il vero qoì so*

* Si riscontrino : Ibn^l-Atbtr, anno 484, MS. C, tomo V, fog. 109, recto, seg.; Abulfeda« AnnaUs Moskmici, stesso anno, .tomo III, p. 274, seg.; NÒwàIri, presso Di 6regorio, op. cit., p. 23; IbnrKhMtLxt ^ Hktoire de VAftique et de la Sieile, p. 181 ; Ibn-Abi-pindr , MS. , fog. 37 yerso, seg» Questa ultimo è il solo che aggiunga il compimento ed-dawla al soprannome Simsdm e mi sembra però più corretto.

[1040*1032 1 420

cinque anni iananzi s'era ribellato coi Siciliani, con- tro il fratello.

A salto a salto, gli annali arabici continiianp dopo la esaltazione di Simsàm, che la Sicilia si scon- quassò; ch'uomini di vii condizione, di qua, di là, détter di piglio al comando. * Il Kàid Abd-AIlah-ibn^ Menkùt s'insignoriva di Trapani, Marsala, Mazara, Sciacca e di tutta le pianure occidentali; il Kàid Àli- ibn-Ni'ma, soprannominato Ibn-Hawwàsci, di Girgentt, Castrógiovanni e Castronovo con lor distretti. ' La co-

' Si riscontrino: Ibn-el-Allilr, Abulfeda,' e IbD-KbaldOn, 11. cc.,i quali copiano con varianii unico testo. Nowairi, 1. e, non dice degli uomini di villssima condizione. E forse copiando come gli altri, saltò quelle parole perchè gli parvero contraddittorie al fatto trovato nei mede- simo testo, 0 altrove, e dato da Ini solo; cioè il governo degli Sceikbi in Palermo. Abulfeda, in fin del capitolo su ì Kelbiti eh* ei trascrive da Ibn-^ Scedd&d, dice che s* impadronirono delia Sicilia i Khareqji, ossia ribelli.

' Si riscontrino: Ibn-el-Atbtr, Abulfeda, Ibn-Khaldùn e Nowairì^ ll.cc. I primi tre aggiungonal novero dei regoli Ibn-Tbìmna; ma Now^iri, eh* è il più diligente di tutti in questo periodo, dice costui surto appresso : e ciò si accorda meglio con gli altri fatti;

Ibn-MenkOt sembra di schiatta arabica. Questo nome che in sol MS. di Nowairi si legge con la variante. Melkùt, non può essere diverso da queir IbU'-Menkud da cui si addomandò un castello appunto in Val di Mazara, ricordato da Edrisi, presso Di Gregorio, Rerum Àrabiearum, p. 119 della versione latida. Nacque di certo della famiglia e probabil- mente fu predepessore d* un K&id A'bù-Mohammed-Hasan-^ibn-Omar-ibn- Menkùd, poeta siciliano ricordato da Im&d-ed-dtn nella JTAartda, MS. di Parigi, Ancien Fonda, 1375, fpg. 45 recto. tJn Kaid Abd-Aliah-ibn-Men- kCkt, della stessa tribù e forse della stessa famiglia, vede alla corte di Tamim, principe zìrita di Mehdia, il 481 (1088^9) presso Ìbn-^l^Ath!r, MS. C, tomo V , fog. 106 verso , con la variante Menkùr nel Baidn , tomo I, Jp, SlO.del testo arabico. E con le varianti Metkùd, Medkùr, si trova lo stesso nome in AJQfrica nel XIll secolo presso Ibn-Kbaldùn, Histoire de$ Berbères, versione di M. De Slane, tomo 11, p..l03, 222. Le dette va- rianti sbn dei copisti, montano. Quella tra Menkùt e Menkùd potrebbe venir dal suono similìssimo.che hamio quelle due lettere finali nella prò-

* ' ' . '

nunzia degli Arabi. Infine è dai avvertirà che 1* Una e 1* altr^ voce ha si- gnificalo in arabico.

Quanto ad Ibn-Hawwàsci (le ultime tre lettere corrispondenti, al eh francese e sh inglese), questo nome si legge anche Hawfts e Qiawàs^ e li

421 Hwo- 1032.1

stiera settentrionale €i Y orientale, oh' abl)andonaron ultima i Bizantini, par abbian seguita la sorte di Pa- lermo; ^ ae non che il Kdid Ibn-Meklàti occupò Ca- tania qualche anno appresso. ' La capitale si resse a nomedi*Simsàm; poi lo cacciò via; e gli sceikhi, ch'è a dir^ i notabili municipali, presero lo stato.* Questo fu il primo periodo dell' anarchia, cominciato con la cacciata di Abd-Allah-ibn Moezz il quattroòentotren- tuno (22 settembre 1 039 a 9 settembre 4040), chiuso con la deposizione di Sims&m, com'è' pare, l'anno quattrocentoquarantaquattro ( 2 maggio 1 052 a

credo errori di copie. ITauni^dfct significherebbe "Tagitatore, il demagogo," e ben converrebbe a quegli cl\e Ibn-^Tbimna diceva appo i Tforonanni 'servo suo rivoltalo ' (Leone d* Ostia ^ llb. Ili, cap. 45^ un che umut h peuple et lo chaeerentde la ette et U fist amirai (Amato, llb. V., cap. 8).

£ da avvertire infine che in Ibn-Kbaldùn leggiamo Abd-Allab-ibn- Haww&sci signor di Mazara e Trapani, e non si vede il nome di Ali-ibn-Ni*ma» si parla di Castrogiovanni e Girgenti. Viene probabilmente da un rigo saltato nella copia in questo modo : " a Ma^ra e Trapani Abd-AUab-ibn- Menkùt ed a Castrogiovanni il/t-tÌ6n-ÌVrma detto J6n-Haww&sci ec. *

' Ali* assalto dei Normanni, il 1062, era venuto in soccorso di Messina il navilio palermitano. Diremo a suo luogo del navilio del principe di Sicilia che si trovò il 445 (1053^) a Susa nvoltaU contro gli Zìriti.

s Nel due H^S. di Nowalri si trova Kel&bi e MekI&bi, ma ìa giusta lezione data da Ibn-Khaldùn è Meklàti, che differisce jdall* ultima pei punti diacritici d* una sola lettera, e dalla prima per questi e per un picclol nodo che segna la m, e che faciliàente sfugge alla vista in una scrittura fretto* Iosa. D'altronde Ibn, o Ben, Mekiftti, risponde al Benneclerus di Mala- terra (lib. Il, cap, 2, 3), il quale scrisse probabilmente Benmecletut.

Nella i:/i(ir<da d' imftd-ed-din , MS. di F'arigi, Ancien Fonda, 1375, fog. 36 terso, abbiamo tre lamentevoli versi del poeta siciliano, il K&id Abu^l-Potùb figliuolo del Kàid Bedi^ (o Bodeir) Sened-ed-^awla, Ibn- Hfeklftti òiambelian del sultano. Trovandosi nel capitolo tolto da ibn- Kattft^' gradito e filologo siciliano che morì nel principio del XII secolo, Bedìr o Hfigliuolo è. probabilmente il signor di Catania, il sultano dèi quale egli si intitolò flagtfr , (ciambellano) poi soprannome di * Base dell* impero,* pare SImsàm, che in sua misera condizione tenesse corte e desse titoli.

In ogni modo Meklàta era tribù berbera e forse ramo di Kotlma, come ti legge Jn Ibn-KbaldOn, Hiftoire des Berbères, versione M. De Slane, tomo 1 , p. 173, 227 , 294, e tomo II, p. 257.

' Nowairi, I. e. GII altri tacciono questo fatto importante.

11040-4052.) 422

21 aprile 1053) che una cronologìa assegna a ter- mine 46lla ìdinastia kelbita di Sicilia. '

Si narra che nel medesimo tempo, V anno al giusto non sappiamo, combattuta Malta dai Bizantini, ridotti i Musulmani a tale^ che il tiemico volea*da loro tutte le facoltà e le donne; ràgunaronsi consiglerà* rono il numero degli schiavi ecceder quello degli uo- mini liberi ; e trassero Y ultimo dado. Profferiscono alli schiavi T emancipazione e il partaggio dei beni, s'è' vogliono armarsi coi padroni e tutti insieme vin^- cere e godersi la libertà, o morire. A che assentendo gli Schiavi, gli uni e gli altri in una ^ola £eJange fe- cero impeto su i Bizantini; li ruppero e cacciarono dair isola: e dopo la vittoria si compiè la riforma pro- méssa ; il nuovo popolò di Malta si ordinò con bella concordia, e indi tanta forza in picciola massa, che i Cristiani non osarono assalirlo mai più. Scrivea cosi un contemporaneo; al quale si potrebbe credere cotesto esempio di felice prudenza senza accettarne tutti i particolari. I nemici erano al certo schiera spiccata dair esercito di Maniace. Il partito fu preso pubblicamente quando i bizantini occupate le caìupa- gne di Malta strignessero d' assedio la città ; o piut- tosto nacque in una cospirazione dèi Musulmani, sog-

^ Hagi*Kbalfa , compilatore assai mo^erao, è il solo che porU questa data Del I'afcti;tm-e/-reuNSHilcA (Cronologia)^, edisione di GostaDtinopoli , p. 60. Pur si adatta |>eDissiiDO io mezzo aqnel tratto di venti anni* che gli ^knnalistì lasciano si oscuro. S' aggiunga ,che Ibnnel-Athlr, Àbulfeda e Nowairi , i quali non scrivono la data delia elezione della deposi^one di Simsàm,^ pongono appunto nel 444(1052-53) il primo passaggio dei Normanni con Ibn-Thìmna, che seguì nove anni dopa (1061). Sembra dunque che le croniche lette da loro abbiano confuso la caduta dei Kelbiti con la chiamata dei Normanni. Ibn-Kbaldùn s' allontana da ogni probabi- lità , dando Sims&m cacciato di Palermo e poi uccisa il 431 (t030-40).

423 14040-40521

gipgati móanzi il mille quaranta, e sollevattsi ap< presso, ad esempio della Sicilia. ^

Dove la; caceiata dei Bizantini avea dato anco la pint9 éir ordine sociale ingiusto e mal fei'mo, surto dal conquisto, musulmano; ma ni&ir isola piccina, Io si racconciò i)atriarcalmente con una riforma; neir isola grande gli éleiùenti più complicati, diverbi secondo le regioni ed aizzati già dalla guerra civile, non potendo accordarsi, scissero il paese in più Stati. À misura che sgombravano i Bizantini , ) i Musul- mani sottentrarono confusamente. Qui la moltitudine occupò senza trar colpo il castello afforzato e poscia abbandonato dal Qemico; avventossi contro picciol pi;esidio e fecelo in pezzi; a tal ajtro luogo corse una frotta di disertori berberi dell' esercito di Moezz, o uno stuolo di giund siciliana con la bandiera di Sim- sàm o senza. Cosi dobbiamo affigurarci il racquisto della più parte delF isola, che i Musulmani credean fare di propria virtù, ed era la stoltéziza della corte bizantina, la quale gittò in carcere Maniaco ; era la mente d'Àrdoino e la spada delle compagnie italiane e normanpe che sbarattayano le schiere greche, come ripassavano il Faro ad una ad una. I legami tra ca- pitale ^ province spezzati dalla^ occupazione bizanti- na ; quei degli antichi Musulmani coi nuovi, ossia dei nobili coi popolani, spezzati dalle arti d'Akbal e dal

' CosmograQa 4i Kazwtni, in^tolata Athàr^l^BUàd , testo arabico, p/ 383. Q compilatore che visse nel XIII sècolo ,- dice avvenuto il caso dopo il 440 (15 giugno 1048 a 5 giugno 1049). Il cronista di cui trascrive le parol^ wa non il nóme, fii al eerto cont0aiponineo , perebè visse avanti roccapaùone normanna dei 1091. Forse Abu-rAJt«Hè$aa tintore d* una storia di Sicilia , citato altrove da Kaiwini.

11040-10521 . 424

mutare e riputare igiund j^er sei anni continui/ le plebi corse alle armi, fatte conquistatrici ciascuna dassè ; i corpi franchi di Berberi ; la rabbia di Sici- liani ed Affricani ridesta necessariamente quando fa scosso il giogo ztrita; quello scompaginsùnento so- ciale; queirautorità monarcbica rimessa su in un tu- multo senza forze proprie entrate, togtieano ai Kel- biti ogni modo di rassettare la cosa pubblica. La scon- fitta di Simsàm, o certo della esercito sotto le mura di Messina/ dileguò la speranza se alcuna ne rima- nea. L'emiro che i Bizantini dicono ucciso, e per sua sventura noi fu, perde allora il solo dritto òhe co- mando nelle rivoluzioni. Che sperar, che temere di lui? Lo stormo delli sbaragliati si sparpagliò per tu/la r isola : ognuno s' acòonciò in casa propria p neil'^ al- trui, non essendovi forza maggiora che lo respin- gesse. Questo significano in loro stile gli annali ara- bici, dei quali abbiam dato il tenore.

Come in natura ogni più strano disordine è ordinato in stesso secondo le eterpe leggi della materia , cosi in quel ribollir di tutte le genti <;he al- tre vicende avean cacciato insieme in Sicilia, nacquero vani grumi: e ciascuno fece uno stato; e in ciascuno si scopre T affinità degli elementi che gli davano prin- cipio. Lo stato del centro, di cui fu capitale Castro^- giovannt, erano territorii agricoli fatti da lunghissimo tempo musulmani; si che v'era accaduta la vicenda del menomarsi la nobiltà militare, dileguarsi i vas-

' Prima da AkbaI ; poi daUe dae parti nella guerra eivile e in nitimo da Abd-AIlah-ibn-Moezz. Noi dicono gli annalisti, ma non cade in dubbio. * Si vegga il cap. X di questo Libro, p. 9d5, 391.

425 |io4o-ios2|

salii, cristiani e crescere i popolani dèli antica schiatta; la parte Siciliaìia come si era chiamata in princifHO dalla guerra civile. Ónde vi prevalsero que' che le croniche appellano uomini di vii condizione^ finché un se ne fece signore: Ibn-Hawwasci / ''IL Demagogo," schiavo, 0 liberto plebeo/ Questo statò vincea di potenza ogiu , altro dell' isola; come si vedrà negli avvenimenti che seguono t)ér quarant' anni. Ibn- Menkùt, messo negli annali a capolista degli uomini ignobili che vengon su nella rivoluzione , comanda nella punta occidentale, paese marittimo, sede di an- tiche colonie arabiche e però di molta cittadinanza d' orìgine musulmana. Quivi la popolazione sta, o ten- tenna, tra le due fazioni affrìcana e ciciliana, o vogliam dir nobile e plebea: onde v'ha poco divario con la cittadinanza palermitana; e non guari dopo sparisce qiiésto stato d' Ibn-Menkùt, attirato da Palermo o da Gastrogioyanni. Palermo fa parte dassè. La costiera orientale ,^<abitjata la più parte da vassalli cristiani, obbedisce a ^imsàm e poscia al capo della nobiltà ,* e veggiama i nobili prevalere nella più illustre città di quelle parti;' e Ja seconda ch"^ era Catania, tenersi pria dal condottiero berbero Ibn-Meklàti ,, ma sotto- mettersi al signor di tutta la regione orientale. In vero Ibn-Meklàti, con qùé'suoi titoli di ''Base dell'Impero* e ciambellan del Sultano, rassomiglia a governatore di provincia per Simsàm.^Guerrier di ventura, sia delle

e * Lìtteralmeote significa * Il figlio del Demagogo. * citaiione è a p. 420, nota 2.

' Si veg^a il cap. XV del presente Libro.

' À^ Siracusa, come si scorge dalie poesie d* Ibp-Hamd!s.

* Si vegga la nota 2, p. 421.

[4040-1052.] 426

antiche colonie berbere, sia diseffore deir esercito moezziano , cacciatosi tra le turbolenze della «Subita, salito in fovor della corte ; dopo il naofragio della qaale si provò ad afferrare la tavola cb' avèa presso. Le divisioni tornano dunque a tre : nobiltà militare, popolo delle province, e cittadinanza della. capitale.

Avendo dettò abbastanza delle du^ prime,* ci rimane ad investigar gli umori di parte in Palermo. Ab antico, vi prevalse come notammo,* la nobiltà, cui seguivano docilmente popolo e plebe difendendo le franchigie coloniali^ Crésciuto il popolo di'nuoiero, facoltà e lumi, gli rincrebbe la licenza aristocratica ; applaudì al primo emir kelbita che la raffrenava : la gemà\ nella quale veniano mancando i nobili proscritti e sottentravano i giuristi popolaiu, tendea, come un tempo quella di Kairew&n, alla costituzióne dei primi califi sotto un principe elettivo ; quella via di mezio di libertà, che la turbolenta schiatta arabica smarrì io brev'ora e non potè ritrovarla n^ai più. Quando la di&* cordia tra nobili e popolo fu matura, quai^d'Akhal mutò la base del principato dal popolo nei nobili» si parteg* giò forse nella capitale, ov* eràn ambo gli elementi, e il popolare eh* era il piiì forte prevalse : come il mostra- no quelle soldatesche chiamate dal principe, qneiràs- secKodi ch'egli fu stretto nella Kbalesa, eh' è a dir la Metropoli rivolta contro la cittadella che t Fatemiti le avean piantato in seno. Palermo ubbidì al figliuolo di Moezz per difender lo stato dai Bizantini ; lo scac- ciò quando s' accorse che sapeva opprimere ma non

' Si Tegga il capitolo IX di questo Libro, p*. 575 del ▼olome. ' Si vegga il Lib. Ili , cap. VUI e X, p. i46 seg., e 348 seg., di questo volume.

427 [4<M0-IO$2.|

' - * * '

dìTendere ; e ristorò il principato kélbita sola ancoi^ di salvezza in quella tempesta. La^emd' di Palermo par abbia tenuto il cammin dritto, mentre guazza* vano neir anarchia le altre popolazioni a ponente dal Salso : contadini e cittadini delle città minori, dove sogliono essere più stizzose le ire, più procaci gli uo- mini rozzi, men chiaH alla vista gli interessi pub- blici. In particolare vi 6i dovea coltivar meno lo studio del dritto che Racchiude ogni idea politica dei Musulr maiii; ^ e la schiatta siciliana, assai meno mescolata coù l'arabica, le si dovea mostrare più ostile.

Per qual vicènda fosse cacciato Simsàm di PaléN mo si ignora.Ma la Sicilia centrale era perduta; la re* gione di levante obbediva forse di nome;.(lue8to ^Bran- do deir impero'' non era uom di guerra di stato, e volle far troppo' il re in Palermo, o parve inutile im- paccio alla gemà\ Gli dissero dunque di andarsene con Dio, e vollero provare la repuW)lìca; se pur non aveano esaitato e deposto , tra i Kelbitt e la repub- Uica, un principe che regnasse qualche atino o qual* che mese , Abd-er-Rahman-ìbn~LùIù , soprannomi^ nato Sceikk-edr-Dawla ( Anziano dell' Impero ) che rifuggissi in Egitto.' Si vedrà neir ultimo capitolo»

' È da fare eccezione per poòhe ciuà marittime come Mazara, Har- sah, Trapani, le quali per la vicinanza con l' Affrica e r anùcbitii Mie colonie; ^ojpratatto Maura, doveano serbare ordini e tendènze politiche analoghi a que*di Palermo. Il dritto non si trascurò di certo a Bfazara, doye sorse il più celebre ginreconsulto del tempo.

s Im&d-^-dtn, nella KhaHàa» MS. di Parigi , A. F. , i^, fòg. 133 recto, lo pone tra i poeti egiziani, notando pure che si dovrebbe noverar ira qaei di Sicilia. Il titolo che gli di Sàheh-Sikilha, mi porta alla con- ghiettura <die' annunzio nel testo. Pare si potrebbe supporre dimenticata qualche parola, dopo Sàheb, per esempio» Sèiorta, nel qua! caso sarebbe stato prefetto di polizia in Sicilia.

(XI Séeolo] 428 -T-

coine la capitale, bramósa tattavia di ricomporre Io stato, abbia promosso o accettato un re novello di schiatta nobile ; il qaale finì peggio dei predecessori.

CAPITOLO xm.

Sfasciandosi per tal modo gli ordini pubblici, fa- cea pur la Sicilia bèlla mostra al di fuori: grosse e frequenti città, valide fortezze, monumentf, indu- stria agraria e cittadinesca, commercio,; lusso, scienze, lettere. Le iquali parti di civiltà sendosi maturate sotto la dinastia kelbità che più o meno le promosse/ noi le verremo esponendo in questo e nel capitolo se- guente, recando la storia letteraria sino al fin delia guerra normanna ; e farem anco parola dei dotti , i quali non trovando patria sotto il giógo cristiano , vollero serbarne schietto il simulacro neir esilio, si che andarono raminghi in Spagna, AflVica, Egitto ed Oriente, nella prima metà del duodecimo secolo. Con essi porremo quei pochi di cui s'abbiano potizie senza data certa. E serbiamo ^1 ^sesto libro i dotti musul- mani; del paese o stranieri, segnalatisi in Sicilia sotto i Nornranni ; è gli altri che conseguiron fama fuori r isola dopo la metà del duodecimo secolo.

Tra il novecensettantatrè e il millécinquantaquat- tro deirèrà cristiana, tra il mercatante Ibn-Haukal che. appuntava maraviglie e vizii in qualche osteria di Palermo, e ÌEdfisi prole di principi, che stendea la

*

429 [Xl Secolo.l

desGrìzìQne dell' isola sotto gli occhi di re Raggierb, vissero in Sicilia due eruditi i quali ci lasciaron alcun cenno geografico. Scrittori entrambi storia o co- nica del paese, T uno verso il . millecinquanta per nome Abu-Àli-Hasan ; Taltro, alla fine del secolo, ni- lustre filologo Ibn-Kattà': ed entrambi ebbero alle mani memorie più antiòhe. Fiorì anche nell* unde- cime secolo il geografo spagnuolo Bekri, due cenni del quale su la Sicilia si trovano presso uno scolia- sta. ^ Dobbiamo i frammenti di Àbu Ali e dlbn-Kattà' air erudito lakùt; il quale pubblicò il milledugentóven- totto il Mp'gernr-èl-Bolddny ossia Di/jonario geografico, e par abbia tolto da loro quasi tutte le notizie che sulla SiciHa.^ Si scoprono neH Mo'gém pochi nomi raddoppiati e altre mende inevitabili in compilazioni di tal fatta, non gravi errori da scemar fede al- l' opera. .

i ■, i^

' Lo scoliasta è IbDrScebb&l. Gli estratti di Bekri « sono |>abblicaU niella mia Bibliaieca. Arabo-Sicula , p. 209, seg., del testo» secondo un MS. di M. Alphonse Rousseau. ' . >

s Quest' opera di lal^ùt è la principale raccolta di notizie di geografia descrittiva che ci rimanga sii i paesi maSolmani del medio evo. SI veggano i ragguagli che ne M. Reinaiid, Géogràphie d'Àboulfeda, Introduzione, p. cxxix, seg. Ormai ve ne ha in Europa varii MSS., si che si può sperar qnanto- prima una buona edizióne del Mo'gem, Ritraggo la data della pub- blicazione dal MS. del British Muséum, 16,649. ProUgameni, fog.Z^ recto.

Gli articoli' su la Sicilia e sue città e terre , che lobo dato nella detta Biblioteca, p. 105 a 126 del testo , son tratti dai due soli MSS. di Oxford e British Mnseum. I no^i stessi leggonsi nel Compendio del Mo'gem inti- tolato Merand^el'^luilU' , pubblicato reòentemenie a Leyde dal professor Juynboll; ed io li ho posti nella Bibl^teca, p. 127 a f32. lafcftt non co- nobbe forse l'opera di Edrisl, e di certo hon la usò trattando della Sici- lia : la sola notizia che s* accordi un po' con Edrisl j è quella di Catania, di cui diremo più innanzi. Oltre i nominati pel testo,' lakùt cita in due articoli IbiwHerawi ed Abo-Hasan-ArMbn-Badts. Infine i versi eh' ei trascrive da una satira d'ìbn-Kalakis, venato in Sicilia al tempo di Guglielmo il Buono; gli fornirono un so] nome geografico novello, c|oè Oliver)» e nessuna notizia imporunte: D' lbn«^Kal&kis diremo ne) Libro VI. ^

|»Smo1o.| 4^

Al dire d* un cadi Abu-Fadhl, citato da Àba-Ali, si noveravano in Sicilia diciotto città e più di tre- centoventi ròcche; ' ed Uìn-Eattà' attestava aver letto nelle annotazioni d'un anonimo ch'erano héir isola ventitré cittadi, tredici fortezze' e innumerevoli gruppi di case rurali. Coteste due notizie pur si riferiscono entrambe alla seconda nìetà del decimo ó alla prima deirundecimó secolo; nè^fo caso il divario, quando le appellazioni ct«à, /br^eisisa, o rócca corron va- lghe ed arbitrarie appo gli Arabi come %ippo noi quelle di città, terra, o villaggio. Il numero diverso dèlie città non prova dunque mutata la condizion delle cose, è però diversa reta degli eruditi che le scrissero. Quanto alle rócche annoveriate dal primo, tornano a un di presso a quel che oggi diremmo Comuni; per- chè allora tra guerre straniere e guerre civili, le pò- polazioni amaron siti forti ed alpestri, e quelle chiamate al piano dall' agricoltura o dal traffico eb- bero sempre qualche castello su nel monte dove po- tersi rifuggire. * La più parte dunque delle ròcche

< Mo'genn nella Biblioieea ÀrabihSiculat testo, p. 115.

* Ibidem: ecco il passo di lakftì: « Ho veduto scritto di propria mano » d' Ibo-Kattft* SII la coperta del Tdiikh'-SikaHa (Storia di Sicilia) qaeste » parole: Trovo io alcana copia della Sirt^SìkUlia la nota tnargioate che » sono in qiiest' isola ventitré città ec. > La voce'firal signiflca * Memoria, cronica, * ma non> sappiamo se qui sia nome generico o titolo speciale del libro. V

s Dhia' che vuoi dir proi^riamente * podere cfemaniale* e in generale podere, possessione rurale. Come ogni podere avea i suoi proprii colòni o agricoltori., cosi i^ nome si estendeva agli abituri pothi o molti; epei^ il significato può variare da Masseria o villa inòno a Villaggio*

* Questo fatto fu generale in Europa nel medio. ^vo; Ma in Sicilia, tra Jstituzioni o confi^urasione del suolo, dura fin oggi. Ali* infuori di alcune regioni dove 1^ agricoltura è progr0dita per ecoezionfe, gli abitatori battuti ^ Impoveriti non hanno avuto alacrità che basti à scender dalle loro vette per avvicinarsi alle terre da teolUvare e alle strade.

431 piSe»lo.|

d' Abtt-Fadhl erati le acropoli degli abitatóri di quelle masserie e villaggi, dei quali avea perso il conto TaDDOtatore citato da Ibn-Kattà\ In oggi il nomerò dei Comuni risponde a un di presso a quello d' Abu- Fadhl; ma non sarebbe si malagevole a noverar le borgsde rurali , che scemarono a mano a mano dalla istituzione alla abolizione della feudalità, dal conqui- sto normanno al parlamento del milleottocento do* dici,* *

I nomi di città notati nel Mo*gem, i quali senza troppo discostarci dal vero possiamo supporre tolti da Abu-Àti e Ibn-Eattà', ' sono in ordine alfabe- tico : Adornò, ' Alcamo, Boèo, * Bonifato, * Cari-

* Il nomerò dei comuni alloali è di 352 , cominciando da Palermo ' e terminando a San Carlo che ba men di 300 anime. Secondo Abo«-AIÌ» neir XI secolo si contavano almeno 340 tra città e ròcche. Spiegherò nei Vi libro la osservazione che qai accenno su la diminuzione del viilaggi.

> Ibn-Haokal, del qnaìe copiò tanti squarci T autore del Mo'gém^ non dicea forse d* altra città che Palermo.

' il Jfp'gem e il Meràfid hanno AdsvnH che si dovrebbe leggere Otranto» Ma anziché supporre V errore di frasferirsi quella città in Sicilia, parml si debba muure la ^ finale in tir e leggere Àdnrnó,

* Il Mo'gemt citando Abu-Ali, dice che el^BMw era "città* impor- tante anzi che no, sol promontorio occidentale, nel luogo e men coltivato e men ferace dell' isola; > Senza dubbio dunque Lilibea, al quale già gli Arabi davano l'attuale forma di Boèo mutando in articolo arabico le prime due sillabe. Occorrendo intanto il qome di Blarsa-AIi (Marsala) nel fatti storici del 1040, come dicemmo nel capitolo precedente,^ p. 420 di questa volume, è da supporre che quella città, nella prima metà del secolo avesse già doppio nome, il nuovo di Porto d*Àli e l'antico mutato in Boèo, ovvero che coesistessero le due terre, l'una erescente, e V altra in decadenza.

> Cosi addimandasi tuttavia il monte che sovrasta ad Alcamo^ nel quale il Faizello, Deca I, lib. VII, oap. IV, afferma che sorgea l'antica Alcamo, tramutata nel sito attuale per comando di Federigo d' Aragona il 1332. Potrebbe darsi che Alcamo fosse stata sempre dove, è oggi. Edrisi (1154) la chiama mentii ossia stazione, e I)l>ih>6iobair (1184) beUda ossia terra : il che prova che non era fortezza nel Xli secolo. Da un* altra mano il castello sul monte si chiama tuttavia Boóifato, e nelXil secolo era li

ni/ Castrogiovanni, Catania,' CefaIù,CorIeoiìe, Demona,'' Gelso,^ Khalesa,* Marsala, Mazara, Messina,* Milazzo,^ Mineo, Palermo, Partinico, Patti, ^ciacca, Scopello/*

presso un villaggio dello stesso «ome , con 600 salme di territorio , come si scorge da nn diploma del i 182 presso Del Giudice , Detcri^ionB del Tempio di florreale, appendice, p. i4. Posto ciò, non abbiam ragione di supporre che lakftt dia, come due citti, due nomi diversi delia stessa. Rìvfdendo i diplomi citati dal Fazzéllo e d^l D* Amico nel Diiionario topogra/ho, rìoet' candone altri, ed esaminando con occhio d'archeologo 1 ruderi di Bodì- foto e le vecchie mura d' Alcamo attuale, si potrà sciogliere il nodo.

* Nel testo ^ JS:»r»&ina. Non dubito che sia da aggiugnere hn puAto alla b arabica , e leggere Karìna,

* Nel testo si .legge in due articoli Katàna e Katdnia, date entrambe come città, ed è probabile che le due notizie vengano^ fonti diverse.

s Manca in Edrisi ; e i diplomi del XII secolo non ne parlan come di città esistente. Ragione di più per sopporre che lakùt abbia preso questo nome da Abu-Alì o da lbn-Kattà\ Si vegga Lib. Il, cap. XII, p. 468, seg., del I volume. ' ,

* WMo'gem ha Giélimh; e un diploma arabo e latino del il 83 per la chiesa di Morreale, ha nell* arabico 6td/»»,re nel latino (al genitivo] laidi: che pare trascrizione di alcun dei chierici francesi che in quel tempo venivano a mettersi in prelatura in Palermo, fi vero nome sembra ritaliìtno "Gelso" che ritien tuttala quel podere. Nel secolo XII si noverata tra i ^n^SSi 9 come si vede dal detto diploma, pual maraviglia dunque che neirXl fosse stata, come dice lakftt, < città' nello interno della Sicilia? » Il sito risponde. a tramontana di Corieone.

* Nel X secolo era cittadella o città distinta da Palermo e contigua, come si vede da Ibn-Haokal , p. 296 del presente volume. Gli Arabi d' Af- frica leneano città distinte Mehd la é Zawila, Kairewàn eMansnria, poco più 0 poco men distanti che Palermo e la Khalesa nel X secolo. La distìn-» sione era ragionevole, s| per la importanza delle popolazioni, e per r agevolezza di mantenersi In una città, quando V altra fosse occupata dal nemico, lakùt avverte che ai tempi suoi, al dir d'un Aba-Hasan-ibn- Bàdls, la Khalesa era quartiere dentro la città di Palermo.

^ Messina nello stesso articolo del M&gem è detta prima holeida a poi fliedifia. Queit' ultimo in un libro attribuito falsamente a Tolomeo; il primo sema citazione. Se si riferisse ai tempi in cut Messina par lùeiio abban- donala ? Si vegga il Lib. H, cap. X, p. 427 del volume I.

* MUd$ nei Uo^gem è data come villaggio ; nel Meràetd oome città. Vi si lògge inoltre Milde e forte ròcca su la spiaggia » che potrebbe essere r attuale Mili nello Stretto di Messina» o piuttosto variante d'ortografia, come Katàna e Katànta.

s fn oggi è home d'una tonnara nel golfo di Gastellamare. La ri- corda come terra abitata un diploma del 10d8 prèso Pirro, Sicilia Sacrai p. 294: ed è detta villaggio in due del iitOè 1251 che cita D' Amico, IM-

433 |XI Seeolo.]

Siracusa, Trapani, ^ che sommano a ventiquattro; e tolto il raddoppiamento di Marsala chiamata Boèo da Abu-^41i, farebbero appunto il numero d' Ibn-Kattà'. Gol nome di beled (paese) lakùt aggiugne Camerata, Termini e Girgeati, scaduta al certo nel decimo se- colo dopo la ribellione. Chiama beleda (terra) Cinisi, Tusa e Mascali; 6o/eùib (paesetto) Yillanuova; * Arato' (ròcca) Taormina, Tripoli , Aci e Bellùt (Caltabellotta); keria (villaggio) Mili, * Giattini ^ e Sementara; * dhia' (podere o villa) Kerkùd,^ e senza qualificazione Qliverì, e Garonia. Ma è da notare che le terre mi-

-tAùnarù) iopogrofieo, agli articoli CeUaria e Scupellum, Cetaria, città aetica secondo Tolomeo, forse detta così dalla pesca dei tonni che vi si facea come oggi. Scopello fu colonia di ghibellini lombardi rifuggiti In Sicilia, ai quali poi V imperatore Federigo 11 concedette la città di Corljeone.

< Per manifesto errore, Trapani è messa due volte con ortograBa diversa, e la prima volta, con la forma Itràbiniic è data come beltda (terra).

s Si ùoti il gran divario con la geograGa di Edrisi , nella quale si il nome di città alle sole: Castrogiovànni, Catania, Girgenti, Marsala, Mazara , Hessiba, Noto, Palermo, Randazzo e Siracusa. Si vede bene che v' era passato per lo mezzo il conquisto normanno e la immigrazione italiana.

* Billanoha, patria del poeta siciliano Billanobi, sembra distrutta t)ria del conquisto normanno ; non leggendosi nei tanti diplomi che al)- biamo dal fine deir X( secolo in qua. Billanobi fiorì alla metà di quel secolo, come innanzi diremo.

* Si vegga la nota 7 della pagina precedente.

B Giattin fu patria, secondo lakùt, di un dotto musulinauo. Un diflOma arabo-latino del 1182 il nome in arabico Getina e in latino latina.

^ STtmtntàr, patria d'un altro dotto, secondo lakùt. Samanteria era r/yma, ossia podere, della chiesa romana in Sicilia secondo un'epistola di San Gregorio, lib. VIU ep. 63, presso il Pirro, Sicilia Saera , p. 52.

^ Bibiioteca AraborSicula , p. 124 del testo e variante del MS. di Oxford nelle aggiunte,, p. 41 dèlia Introduzione. lakùt scrive Kerkùr, che ho corretto secondo Ibn-Khaldùn , Histoire des Berbères, versione, tomo I, p. 274. Il testo del Mo*gem, dice : ]* Kerkùr una delle ville di Sfòx in Sici- lia. " Si potr^be intendere villaggio popolato da uomini di Sfax o meglio correggere "delle ville di Sfax ed altra in Sicilia."

^ Oltre a ciò neir articolo " Sardegna " lakùt aggiugne che secondo al- cuni ei^ anche nome di città in Sicilia; nota Saklab , quartiere di Palermo; e, con manifesto errore, poiie Taranto in Sicilia.

n. ' 28

IXlSeeolo.l 434

nori non si ricordano nel Mo'ffem per la, importanza loro, ma perchè occorreano nella storia letteraria de- gli Arabi, che l'autore si propose d'illustrare con si vasto dizionario geografico.

Le terre minori e villaggi che si leggono in Edrìsi e altri scrittori arabi dd duodecimo secolo e nei di- plomi infino al decimoquinto» sommano quasi a no- vecento; dei quali se una parte fu fondata da co- loni cristiani nel secol duodecimo, altrettanta per lo meno si dee supporre distrutta nella guerra nor- manna ; onde lo stelsso numero si può anco ritenere innanzi il conquisto. ' I nomi d' origine arabica, o ber- bera, o sou prettamente arabici,* o si scernono per note etimologie di schiatte' e per voci ch'entrino nelle appellazioni composte : ain gar, ras, menztl, rahl^ kaW burgi: * e dinotano a un di presso i novelli nodi di po- polazione formati neir epoca musulmana da una parte dei coloni arabi e berberi , mentre un' altra parte prendeva a stanziar nelle ville, castella e città ch'erano in pie; onde non perdeano i nomi antichi/ I novelli.

' Io ho raccolto con pazienza i nomi dei villaggi nel dizionario topo- grafico del D'Amico, nel Pirro, netta SkiUa nobile del Villabianca, nei diplomi dette cliiese di Palermo e Morreate, in qae' delta Commenda della Magione, in que*dati dal DI Gregorio in appendice agli scrittori deirepoc» aragonese, e in altri pubblicati qua e là. Mi propongo di porli in appendice alla versione della Biblioteca Arabo^Sicula.

' Si vegga 11 Lib. HI, cap. I, p. 35, seg. di questo volume.

' ^ Fonte, grotta, capo, posata, stazione, rOcca, torre." La voce rahl entra in cento sette nomi topografici di Sicilia. La voce kala^ o kalaH, In venti ; la voce menftH In diciotto.

* Tali per esempio Cedrano (ghidrdn, palude). Balda (la Bianca), Abdelali (Abàg-el-Ali nome proprio) , Zyet {Xeid nome proprio), Gbadra e Cadara (Àiadra, la verde) ec.

> Tra i nomi delle 24 città riferiti di sopra v' ha di origine arabica le sole Alcamo , Kbalesa, Marsala e Sciacca.

435 |XI86C0ÌD.|

senza contarvi qoei di fiumi, monti, cale e capi disa- bitati che moltissimi pur ve n'ha d'origine arabica,* tornano a trecentoventotto, dei quali dugentonove io Val di Mazara, cento in Val di Noto e diciannove in Val Demone. Se risguardiamo air area di ciascuna valle ' cotesti numeri confermano ciò che sappiam dalla storia, che i Musulmani occupassero tutto il Val di Mazara, e avessero posto qualche presidio in Val Demone. E dimostrano il fatto accennato soltanto dalle croniche, dico le grosse colonie che si sparsero in Val di Noto. »

< P^r esempio Wadi-^iusa {lì Osine di Mosè) il Slmelo; Dittaiao (Wadi't'iin il fiame fangoso) il Chrysas degli antielii; Mana-^-tcegira (Porto dell'albero) la Punta di Circia presso il Pachino; Rasfgelbi (RaS" el^kelb o ghelb, h PanU del Cane) pressso Cefaiù; 0»i2A-i6b(b (le fonli d'Abbàa)le Tre Fontane presso Selìaunte; Ras^Selél (il capo degli archi o del lastricato) il capo Granitola ec.

* Qaesla è» secondo gii ultimi dati geografici, 4095 miglia quadrate di Sicilia per le province di Palermo, Trsipani, iGirgentl e Caltanissetta , che rispondono a un di presso al Val di Mazara; 2320 per quelle di Catania e Noto, che rispondono quasi al Val di Noto; e f 180 per ta provincia di Mes* Sina, che torna all' aiìtico Val Demone. Il quale dopo il XII! secolo fu In- grandito a mezzodì infine a Catania ed a ponente oltre Cefalù. La propor* zione dunque della superficie dei tre valli è di 0,52,0,31 e0,i7; e i328 luoghi arabici vi stanno alla ragione di 0>64| 0,30 e 0,06. La popolazione attuale (1853) èdistribuita così:

Palermo 541,326

^ Trapani 508,279

Galtanùactta. ISój&M

1,179,9W

l Catania 4ii,822

Val di Noto. . . I jj^^ / . 254^593

666,426. Val DoMM». . . I Mnsiaa. 384,664

ITotale. . . 2,291 »0S0

Donde hi proporzione della popolazione in oggi toma a 0,52> 0,30 e 0,18. ' Si vegga il cap. XI, del iib. UT, e i cap. Ili é XI di questo Libro, p. 213 , seg. , 258 e ^8 1 seg. , del volume.

. Descrizioni di città non avvene, fuorché di Pa- lermo per Ibn-Haukal ; par si raccoglie qua e qual- che particolare. Sappiamo da Bekri, e però innanzi la guerra normanna, che Siracusa, grande città, occu- pava la penisola, congiunta alla spiaggia per sottile istmo, tra il maggiore e il minor porto, tra i quali era condotto un fosso che si varcava sopra un ponte; che Tera circondata di trìplice muro, credo io, dalla parte deir istmo; e che il gran porto apprestava sta- zione d' inverno alle navi. ^ Ibn-Herawi, nel duode- cimo secolo, narrava che nelle parti orientali di Ca- tania rimanessero le tombe d' una trentina di martiri musulmani^ quivi uccisi nel primo secolo dell' egira; e che tra Catania e Castrogiovanni fosse il sepolcro d' Ased-ibn-Forat, conquistatore della Sicilia. D'altra sorgente, che sembra più antica, abbiamo Catania chiamarsi anco la Città dell'Elefante, da un simulacro di pietra in figura di questo animale, e ammirar- visi bei monumenti dei tempi andati, e chiese con pavimenti di marmo bianco e nero. ' Cefalù, al dir

< Da Ibn-Scebb&t, nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. Sii, 812 del testo.

' Mo'gem, nella Biblioteca Àrabo Sicula, aggiunte al testo, p. 40 della Introduzione. Quest' ibn-Hei'awi , pare lo stesso che Ati-ibn-Abi<^Bekr da Mosùl detto Herawi come oriundo di Herat: il quale fu in, Sicilia dopo il 1175. lakùt come dubbia questa tradizione dei sepolcri dei Tabi\ ossia Musulmani della generazione dopo Maometto.

3 Da lakùt, Mo'gem e Meràiid^ nella Éiblioteca Àrabo-Sieula , p. 123 e 131. La notizia precedente è data con la lezione di Katdnia e la presente di Kaiàna, delle quali d' altronde il compilatore riconosce 1* identità. £i non dice da chi abbia cavato questa seconda notizia ; non copiata al certo da Edrisi. Questo autore nota il doppio nome di Città dell' Elefante, che Tenia .dal simulacro di pietra < messo anticamente in un eccelso edifizlo, e adesso trasportato dentro la città nella chiesa dei Monaci > (benedettini). Edrisi in Tece delle chiese lastricate di marmo, dice delle 0tamt*e moschee, del

437 |XI Secolo]

d'AburAli, era forte città, guardata un castello sovra alta rape a cavaliere della spiaggia; * Castro- giovanili, maraviglia del secolo, gran città su la vetta d' un monte che fa centro air isola , avea scaturigini abbondanti, terre da seminato e giardini, chiusi tutti entro il muro che torreggiava 11 a m^zz* aria. * Non obliò il diligente lakùt di notare la postura astro- nomica delle tre città primarie, Palermo, Messina e SivaiCusdi^ secondo il Kitdb-^-Melhema , o^sia ^^ Libro della Divinazione " ' attribuito a Tolomeo, composto da qualche astrologo arabo o siriaco; il quale sapea leggere forse nei destini, ma sbagliava, come i con- temporanei, le. latitudini e longitudini/

fiqme ialermittente (!' Ainenapo) , del porlo frequentato, e di altri -partico- lari ignoti a lakùt. Su r elefante di lava si vegga il Lib. f , cap. IX, p. 219 del 1 volume.

* Mo*gem e Meràsid, nella Bibliotena Aràbo-Sicula , p. Ili , e 128 del testo.

* Mo'gem, op. cit., p. il6, 123 e 130. Qui lakùt non cita Abu-Ali, ma par cbe tolga le notizie da lai. Aggiugne cbe la giusta ortograBa fosse Katr-ianik e cbe il Secondo fosse pome rumi (latino o greco) d' un uomo. Già era avv^nuta la trasfonnaaiione di cui dissi Ub. Il, pag. 280 del lo voi.

' Si vegga Reinaud , Géographie d*Aboulfeda, Introduzione, p. cxxxil.

* Mù'gem nella Biblioteca Ànbo^Sieula , p. 1 12, 117 , e 126 del testo. Le longitudini, sembrano prese dalla "cupola d'Arln' ai modo di al- cuni antichi geografi arabi, su la. quale si confrontino Reiaaud , op. cit., p. CXL, seg. ; e Sédillot , Mémoire $ur les syitémes géographiqueè de$ Grees et des Arabe9 , Paris 1842 , In 4».

Il falso Tolomeo a Palermo 40o di longitudine e 35i> di latitudine, oroscopo la Vergine e casa di regno a dieci gradi deir Ariete ec; a Mes- sina, 390 longitudine, 380 40* laiitudioe, oroscopo.il Sagittario, casa della vita a O"" 27' di quel segno; a Siracusa, 39o 18' longitudine, 39o lati- tudine, oroscopo la Zampa del Lione, casa della vita a 13» del Cancro , casa del regno ad altrettanti dell' Ariete ec. ^

Gli errori degli Arabi su la posizione geograCca di Palermo giunsero fino ai tempi d' Abulfeda, come si vede nella costui Géographie ^ versione di M. Reinaud» tomo II, p.- 273, seg., dovè la longitudine è notata 35o dair isola. del Ferrosi e la latitudine, 36o 10' ovvero 36o 30'. Nondimeno Abu-Hasan-Ali, astronomo di Marocco, segnava più correttamente lalitu-

ixr smoIò.i 438

Più sodi ragguagli ritrdggiamo in questo tempo deirEtna, si mal noto ai primi cosmografi arabi. Masùdi, scrivendo a Bagdad nella prima metà del dècimo secolo, aveva ignorato il gran monte di Sici- lia, o confusolo con T Isola di Vulcano; favoleggiato che nelle eruzioni saltasser fuori strane sembianze d'uomini mozzi del capo; che il fuoco rischiarasse la terra e il mare oltre cento parasanghe;' coiioscea bene altro prodotto vulcanico che le pomici, adope- rate a levigare le pergamene e tavolette da scrivere e stropicciare i piò nel bagno. * Ma Abu-Ali-Hasan vide i luoghi e forse alcuna eruzione. « Il monte del fuoco, die' egli, altissimo sovrasta al mare tra Catania e Mascali , non lungi da Taormina : gira la base tre giornate di cammino; abbondante di alberi frutti- feri; irsuto di boschi la più parte di castagne, nocelle, pini e cedri;' ricoperto la cima di neve anche la

dine 37» 50^, e più sconretlaniente longttndiot 4Si9^; presso SédiUot, Imtrumeraf atiroMmiqiUB de$ Artibe$y tomo 11 , p. 904.

Per comprendere od pò* il gergo del KfUth^el^élhema^ dirò» a chi fion sta saputo in astroIo(|ia» cbe la posicene si detcrmuiava su I segni del zodiaco. Quello ebe spunta alPoriasoiite in faccia al hiogo n* è l' oro- scopo principale, il tàli\ come dicono gli Arabi. Le *eaae * della vita del regno e degli altri destini, rispondono ai punti dell*ecclittlca divisa in dodici parU uguali facendo capo dal téli', in un MS. d'astrologia intitolato KifaÌHen'Nogiùm , Biblioteca di Parigi , Ancien Fonda, 1146, fog. i3 recto, Intasa della vita è appunto ali* oroscopo i e quella del regno al quarto scompartimento a sinistra; il cbe non risponde al sistema del falso Tolo- meo. Ancbé le denomhnazioni son alquanto' diverse; e il campo al sistemi era libero In vero agli astrologi.

< Trecento miglia. *

s Marùg-ed^DBeheb e Tenbik nella MhUééeea irabe^icttfo. lesto, p. I, V. Masndi alle altre f!ivo|e aggingne cbe perì nell'Etna Porfirio, autor dell* Isagoge.

*> 11 testo ba Ànen cbe i dlzionarli arabi definiscono vagamente albero di legno durissimo da far bastoni, ma è precisamente il cedrò. Non si no- verano tra gli 'altri alberi le querce.

439 -* |XIS«eolo.]

siate, ammantata di nugoli ; ma il verno è tutto neve dal capo al pia Sorgongii intorno molti edifizii e maestosi avanzi dei tempi andati, e rovine che danno a vedere la frequenza del popolo che vi soggiornava; di che narrasi, Tura antico re di Taormina ' aver messo in campo sessantamila combattenti. In su Talto s' aprono spiragli ' ond' esce fuoco e fumo ; e talvolta il fuoco scorrendo da alcun .lato brucia che che trovi, poi si fa scorie, come quelle del ferro, onde gli si nome di akhbàth ; ' dove oggi non spunta fil d' erba» animale vi s'arrischia, d * Al tempo d' Abu-Ali spes- seggiarono gli incendii nella costa orientale, poich'egli scrive che alcuni anni il fuoco scendea come rivo infine al mare e tanto sfolgorava, che parecchie notti in Taormina e altre terre non si acceser lumi e si viaggiò per que' pae^i come se fosse giorno. ^ Cosi egli eh' era nato o avea fatto dimora in Sicilia. Un cristiano di Calabria di quell'età, rassegnandole ma-

< Questo personaggio par favoloso^ Edrisi chiama Tur il monte di Taormina, santuario famoso; e questo ricorda la falsa etimologia di ir»>iv lavpóM xaì /Acyua«9 SU la quale facea gravoso scherzo l'arcivescovo Teofane Ceramèo.

* Kazwini, trascrivendo questo passo come nel Mo*gem, aggiugne U voce " sulfurei , * eh' è giudizio forse suo proprio e non d* Àbu^Ali.

> fi il plurale di khebeth, scoria. Questa voce, non è rimasa nel dia- letto siciliano, nel quale la lava Impietrata si chiama "sciara:* e parmi bella e buona la voce arabica scia*rd che significa propriamente * irsuta* e in sostantivo "luogo coperto di piante" e "bosco.*

* Presso H Mo'gem, p. 118, 119 della Biblioteca Àrahih-Sicula, testo arabo. Il medesimo passo di Abu-Ali è trascritto da Kazwini, neW^Àgidib- el^MehhMkàt, p. 166; e nello Àthdr-'el'BUdé, p. 143, seg., dei testi pub- blicati dal Wùstenfeld.

^ lakùt e Kazwini pongono questo fatto in fin della citazione d' Abu- Ali, dopo le parole *e dicesi esser quivi. (nell'Etna) miniere d'oro; end' è che i Rftm lo chiamavano il monte dell'oro." Quel 'dicesi* po- ' irebbe interrompere la citasione; il che gli Arabi dinotano ordinaria- mente con la voce ' fioìsoe* ma spesso la dimenticano.

IXI5ecolo.l 440

ravigUe della Sicilia, non descrive conflagrazioni del- l'Etna, ma ne fa supporre seguite di recente, pdchè riflette che tanti filosofi de' tempi antichi e de' «noi proprìi avean sottilizzato su T orìgine di quel fuoco senz' altra conchiusione che d'accrescere i dubbii e provar la ignoranza dei mortali.' Bekri, contemporaneo e straniero, parla solo del borkdn in due isolette adia- centi , dalla parte di settentrione , al certo Strooiboli e Vulcano: prodigio di natura, dove tacendo il vento me- ridionale s'udiva un terrìbil fragore come di tuono.' Altri scrivean del fuoco perenne dell' Etna Ài quale uom non osava appressarsi; ed aggiungeano niaravi- giiando che la materia ignita tolta dal suo luogo si spegnesse incontanente. ' Le medesime eruzióni che Àbu-Ali , o alcuna più recente , vide il dotto e devoto Siciliano Abu-l-Kàsim-ibn--Hàkim , rifuggito a Bag- dad; dov'ei narrava, forse il miltecentoventidue,,^ al viaggiatore Abu-Hàmid da Granata, il fuoco dell'Etna risplendere talvolta a dieci parasanghe , in guisa che noii occorre fiaccola lucerna nei villaggi o strade di campagna. Tra le fiamme, proseguia, scagliansiin alto massi di fuoco, somiglianti a balle di cotone, i quali infrangendosi ricadon a terra e si fan pietra bianca, o in mare e tornano in pietra nera e porosa, runa e l'altra lieve da galleggiare sull'acqua. Aggiu- gnea suoi prodigi : i sassi e la sabbia, tocchi da.quel

' Vita di San FUaretù presso il Gaetaai, Sanctcrum ^Siculorum, tomo U, p. 113, e presso i BollandisU, tomo I, di aprile, pag. 607.

^ Presso ibn-Scebb&t, nelja Biblioteca Àrabo^Sicula, te^to, p. 210.

' Mo'gem, op. cit., p. 116., L* autore non cita in questo luogo. Si vegga anche Kazwinì, 'Agidib, p. 166, seg., e neU' Aihàr, p. 143, seg.

* AburUàmid trovò ia quali* anno a Bagdad. Si vegga Reioaad» Géographie d'Àboulfeda, lotroduzioDe , p. cxii.

441 |XI Secolo!

fuoco, avvampar quaìsi bambagia, e divenir polve ne- gra simile air antimonio; tna Terbe e le vestimenta non acK^endersi alla lava, che consuma soltanto le pietre e gli animali, com' è scrìtto del fuoco della gehenna/ Un altro barbassoro musulmano di Sicilia iafifermava al viaggiatore Herawi dopo il millecentosettantatrè, che un uccello color di piombo in forma d' una qua- glia sSolea svolazzare dal fuoco dell'Etna e rìtuffarvisi^ ed era appunto la salamandra ; ma io non ho visto altro ohe pomici nere, aggiugné Herawi. ' Tanto ri-^ .caviamo dagli Arabi su la storia naturate dell'Etna: nel che non ho voluto metter da canto le minuzie le £eivole, e con Herawi son giunto infino alle eru- zioni della seconda metà del duodecimo secolo, ricor- date ormai dagli scrittori latini. Notevol ècheEdrisi, dicendo del Monte del Fuoco, non faccia motto delle eruzioni, e poi descriva minutamente, anzi che no, i fenomeni di Stromboli e Vulcano. E ciò parmi indizio di lungo ripòso dell'Etna nella prima metà del duor- decimo secolo dopo gli incendiideir undecime, suppo- sti fin qui su debolissimi argomenti,' e provati adesso dalle testimonianze di Abu-Ali e d'Abu-1-Kàsim- ibn-Hàkim.

Dall' Etna faremo principio alle produzioni mine-

< Tohfet'él'-Albàb di Gbarnati, nella Biblioteca Àrab(HSieula , testo, p. 74, 75. Il passo del Corano a^che allude l'autore è ttel verso 23 della dora 11.

* Kitdb^el-Àscidrdt di Herawi , ibid. , e se ne vegga la versione in- glese del professor Samuele Lee, hi appendice allo Ibn-Batuta'a Traveb, Londra, 1829, in 4», p. 6. Herawi venne in Sicilia dopo H 1175, e morì ad Aleppo il 1215. Si vegga Reinaud, Géograpkie d'Aboulfeda, Introduzione, p. Gxxvii , seg.

. 3 Si vegga in questo periodo la Storia (srUica delle eru%iom delV Etna del canonico Giuseppe Alessi.

[Il Sccoiò.i 442

rati della Sicilia , tra le quali Masùdi pone il diaspro ch*ei tenea rimedio al mal di ventre, applicandolo esteriormente; ed anche, non so come, base del co- rallo. ^ Del diaspro par Che dica lalùt supponendo trovarsene montagne in Sicilia : ' eh' è esagerazione, non tutta bugìa. Si cavava dall* Etna il sale ammo- niaco, gran capo di commercio con la Spagna ed altri paesi. ' Delle pomici abbìam già detto, adoperate dagli Arabi nel bagno e nello scrittoio; * e Bekri supponea costruite di pomici di Sicilia le volte del teatro romano a Su sa. * In lista con le ricchezze minerali del Mon- gibello Abu-Àli ponea Toro, argomentandolo dalle note miniere d'Ali, ovvero «da qualche pirite; ed imma- ginò, non so per quat errore, l'Etna aver preso nome in lingua rumi dall'oro che chiudea nelle viscere.* Con ciò narrano si cavasse neir isola ogni altro me- tallo d'uso comune, argento, rame, ferro, piombo, mercurio. ' L' autor della vita di San Filareto parla del cristallino e lucente salgemma di Sicilia. * Gli

' TenUh, nella Biblioteca AraboSicùla , testò, p. %

* Il nome è gsasto in tutti i MSS. ta buona lentnie ni sekibra inw/' (in francese yaehf) variante di iascb che adopera Masùdi. Come ognun vede, l' una e l' altra è il Ialino ja«pt5, d'origine semitica, del quale i Fran- cesi ban fatto jaspe» Gli Arabi rendono indistintamente eoo lina f o una b la p che manca in loro alfabeto. Ognun sa la copia, mole e qualità dei diaspri e soprattutto delle agate di Sicilia. GII antichi favoleggiavano sa le proprietà mediche dell* agata, più o meno, come Masùdi.

> Mó'gem nella Biblioteca Àrabo^Sicitla , testo, p. 118.

* Si vegga a p. 439.

« Notices et Extraits des MSS;, tomo Xll , p. 463.

Mo'gem, op. cit., p. 116, 118. L'etimologia sembra piuttòsto con- fusa col nXouTos che ai tempi dei Pagani, come ai nostri, era il Dio del- l' oro e dell* inferno.

' Mo*gem 5 pp. cit., p. 116 e 118. 81 ricòrdi anche la miniera di ferro presso Palermo , di cui Ibn-Haukal.

Presso Gaetani, Sanehrum Sictdorum, tomo li, p. Il3, e presso i BoUandisti , tomo I, di aprile, p. 607.

443 ÌXIS«eolo.]

Arabi ccHìtemporaaei noverano T antimonio, T allume e il vitriplo/Lo zolfo è la pafta, adoperati allóra nei fuochi da guerra e non ignoti ai Masulmani di Sicilia neir undecimo secolo,' par non si fossero cavati nel- r isola che alla fine del duodecimo. *

L* abbondanza delle acque di fonti o fiumi acceur nata per le generali da lakùt, ^ sembra veramente maggiore deirattuale^ ove si risguardi allia descrizione parUcolareggiata che faceane Edrisi il mitlecencin- quantaquattro ed ai fiumi eh' ei dice navigabili a bai^ cacce di trasporto ed or più noi sono/ E così dovea intervenire per la distruzione dei boschi che s' è fatta dal duodecimo secolo in qua ; ^ la quale non credo incominciata per man d^gli Arabi, poiché il sapiente agricoltore rispetta i boschi, e Io sciocco e affamato li taglia. Di notizie precise, Abu-Ali ne fornisce su le due regioni boschive che per natura sono le prin- cipali deir isola: V Etna e la catena d'Apennino* Della prima delle quali abbiam fatto parola. Dell'altra Abu-Ali afferma, le eccelse montagne e spaziose vaUi sopra Cefalù abbondar d'ogni maniera di legname

* Mo'genif op. cit., p. 118.

* Ibn-Hamdls in aoa poesia cbe ho pubblicato nella Biblioteca Ataho- Siculo, testo, p. 565, dice de' fuochi lancIaU dall' annalelta siracusana in una impresa contro i Cristiani.

' lakat non ne fa parola, Edrisi. U primo cbe li accenni è I|ni* Scebbàt, Biblioteca Arabo Sicula, testo, p. 210, Degli estratU non già di Bekrì, ma del continuatore per nome Ibn-Gbalanda. , * ifo'gem, op. cit.^ p. 115.

s 1 fiumi di Lentìni, Ragusa e Mazara.

* 1 diplomi deirxi e XII secolo dicono di foreste e boschi or di- strutti, come la foresta del monte Linario presso Messina, il bosco Adrano tra Frizzi e Bivona ec, L^Etnà perde molto dei suoi da un secolo in qua. Il Monte Pellegrino di Palermo fu terreno boschivo finp al XV secolo. Edrisi dice della Benii (Pineta) a ponente di Buccheri ec.

|XI Seeolo.] 444

atto a costituzioni navali/ Il monaco Nilo loda i cedri di Sicilia , i cipressi e i pini dritti e maestosi , i cai rami servivan di fiaccole. *

Yengon poscia le ubertose produzioni dei giar- dini, dei campi e della pastorizia lodate da Bekrì;' le frutta d'ogni colore e sapóre che non mancavano state verno, scrive lakùt, forse da Abu-AIi ; * le mèssi che coprivano la più parte dell' isola secondo Ibn-Haukal ; * lo zafferano che vi germogliava spon- taneo ; * il cotone e il canape coltivati a Giattini ^ e altrove; il primo dei quali sembra venuto dell' Affrica^* gli ortaggi che parean troppi ad Ibn-Haukal. * Nes- suno scrittore arabo fa menzione degli ulivi, che in Sicilia comunemente si credono accresciuti in quella età, perchè i contadini soglion chiamar saracinesco qual veggano piti possente di ceppo, e pittoresco di tronco e rami. Nel che i contadini s' accostano forse al vero, e gli altri no. La coltura dell' ulivo in Sicilia risalisce al quinto secolo innanzi l'era volgare, mai si abbandonò, ma decadde al par che tante altre sotto

< Mo'gemt op. cìt., p. HI.

* Vita di San Filareto , 1. e.

> Squarcio dato da Ibn-Scebb&t, Biblioieea Araho-Sicula, testo, p. 210.

* Mo'getn, op. dt. , p. 116.

s Si vegga il cap. V di questo Libro, p. 295 del volume, e un altro squarcio d' Ibn-Haukal trascritto nel Ma'gem, op. cit.^ p. 119, ove leggiamo La più parte del terreno di Sicilia è da seminato. »

« Mo'gem, op. cit., p. 116. Il testo dice: "e la terra di Sicilia pro- duce lo zafferano. * Tutto questo squarcio par ^1 debba attribuire ad Abu-Alì.

^ Mo'gem, op. cit. , p. HO.

^ Ibn-Haukal dice del cotone coltivato a Cartagine ed a Bfsila. Di' sùrhione deW Affrica, versione di H. De Slane, nel Journal Asiatiqve , serie IH, tomo XUI.

9 Si vegga sopra , cap. V del presente Libro , p. 299 a 307

445 (XlSeeolo.]

i Romani/ rifiorì sotto gli Àrabi; poiché sappiamo dell olio che TASrica vendeva alla Sicilia nel nono, un- decimo e duodecimo secolo/ Farmi piuttosto che l'isola debba ai Musulmani le melarance e altri agrumi ch'or son capo si ricco di commercio ; ' ed anco la canna da zucchero, ^ i datteri^ e i gelsi, o almeno la seta/ Al contrario se la vite non si sbarbicò per ogni luogo, se i poeti arabi di Sicilia lodarono il vin del paese con tal fervore anacreontico, i vigneti scemarono contut- tociò sotto la dominazione musulmana ; e si lenta- mente si rifornirono in due secoli, cbe la Sicilia facea venir vini da Napoli verso la fine del decimoterzo. ^

Si vegg;a il Lib. I, cap. IX, p. 206 del volume I, nota 3; e il Lib. II, cap. X', p. 415^ dello stesso volarne. Per TXI secolo l'attesta Bekri; pel XI li diplomi.

* Le poesie arabiche a lode del re Ruggiero, delle quali si tratterà a suo luogo , des;crivono le piantagioni di agrumi nella villa regia di F^- vara o Maredolce presso Palermo. Un diploma del iOdi presso Pirro» Sicilia Sacra, p, 770, dice di una Via de Arangerii$ presso Patti.

Da un'altra mano si sa cfae varie sorta di melarance vennero dal- r India in Siria ed Egitto dopo il principio del quarto secolo doli* egira e decimo deli' èra cristiana. Veggasi una nota di M. de Sacy air Abdal- latif. Relation de VEgypie, p. tl7. Probabilmente la Sicilia , la Spagna, e con esse gli altri paesi in sul bacino occidentale del Mediterraneo ebbero gli aranci e i cedri in questo medesimo tempo dalla Siria e dal- l' Egitto.

s La canna da zucchero, secondo Ibn-Haukal, e però nel X secolo, si coltivava in Affrica (versione di M. De Slane, nel Journal Àtiatique» III serie» tomo XIII); secondo Ibn-Aww&m, e però nell'XI, era nottesirna in Si»gna; «n diploma del 1176, parla di un molino da cannamele In Pa- lermo ; e però non è dubbio che cotesta indasirla risalisse In Sicilia a1- V XI 0 anche al X secolo. v '

* La piantagione di datteri a San Giovanni dei Leprosi fuori Palermo, posta accanto a un oli veto, è ricordata in un diploma del 1249 prèsso Mongitore, Sacra domu» Manrionit*.. Monumenta,- cap. IV.^ Fu tagliata nel XIV secolo dall'esercito angioino che assediò Palermo.

B Edrtsi il nome di Nahr^Tùt * fiume Gelso ' al fiume detto oggi Arena a mezzogiorno di Mazara, e dice dell'abbondanza della seta pro- dotta a San Marco in Val Demone.

^ Si scorge da due diplomi del 1284, e dalla Cronica di D'Esdot,

|XI8efioIo.| 4r46

Le razze eqaine di Sicilia, ricordate dagli Àrabi neirundecìmo secolo/ fornivano, al dir d'un autore cri- stiano, animosi destrieri, d'egregie forme e vario pelo;' abbondavano i muli' dalla zampa sicura nelle mon- tagne, adoprati alla soma ed al tiro;* e eoa quelli, asini," buoi, vaste greggi di pecore;^ era smessa r antica educazione delle api. Copiosa la pesca, e nei porti, scrive il mopaco Nilo, le ostriche, e le conchi- glie che danno la porpora.^ Le foreste e montagne ripiene di cacciagione/ vi mancan le belve, che giovano a spirare il timor di Dio negli animi sem- plici, riflette il frate,* volendo significare al certo i lupi. Gli Arabi, avvezzi ad altro che spauracchi da bambini , noveravano tra i pregi della Sicilia non esservi lioni, leopardi, iene, grossi serpenti, e gratuitamente aggiugneano vipere, scorpioni. **

L'ubertà del paese non si riconoscea dalla sola matura, come direi forse trattando d'altri tempi; che possentemente l'aiutava la industria degli abitatori,

Gap. ex, dei quali ho fallo cenno nella GuermdH Yetpro Siciliano, edi* zióne di Firenze , 1831 , cap. X , p. 209^

< Mo'gem, nella Biblioteca Arabo-lSicula, testo, p.ll6.

* Vita di San Filareto, presso Gaetani, Sanetarum Siéulorum, tomo li, p. 113, e presso i Bollandisti, tomo 1, di aprile, p. 607.

^Mo'gem,\.e.

* Vita di San Filareta, 1. e. La versione latina del Padre Fiorito ba: ad vehieula trahenda aptissimi; ma mancando il testo greoo, non Siam eerU se si tratti di carri o di lettighe.

' Mo'gem, I. e.

« Mo'gem e Vita di San Filanto ; IL cc; Si ricórdin anco i grandi armenU dell* emiro UMif , cap. Vili del presente Libro, p, 3SU del vdoiDe. ' Vita di San FilarBto, L e.

8 Mo'gem e Vita di San Filatelo, 11. ce.

9 Vita di San Filanto , l. e.

«*> Mo'gem, op. cit. , p. ii6 a 118. In Sicilia le vipere e gli scorpioni sono assai più rari e men letadi che in Affiica, Egitto ed Oriente.

447 |USeeob.{

sulta quale un po' di lame il ** Libro deir agricol- tura ** dlhn-rAwwàm , spagnaolo dplla metà deirun- decimo secolo, sagace compilatore degli insegaameoii d'opere più aoticbe forse fin dal tempo de' Nabatei , alle quali aggiunse le proprie osservazioni su le pra- tiche agrarie della Spagna. Da lui sappiamo che il modo più acconcio di piakitare gli ortaggi , sopratatto le cipolle e i poponi, era detto alia Siciliana; e la minuta descrizione ch'ei ne fa, risponde appunto a quel congegno di schiene e rigagnoli che si pratica tuttavia in Sicilia.' Le voci arabiche d'orticultura che rimangono nel dialetto siciliano, non lascìan dubbio sul tempo in cui ebbero origine queste e simili pra- tiche.* Un fiore che forse la malvetta rosata ,' si chia- mava in Spagna al tempo dlbn-'Awwàm Malva si- ciliana, onde sembra venuto di Sicilia.^ Quinci passò in Spagna una composizione di mostarda con miele e senape, descritta per filo e per segno in un luogo d'Ibn-Besàl. * Ma importantissima sopra ogni altra la pratica di porre il cotóne in terreni ingrati che Ibn- Fassàl citato da Ibti-Awwàm riferisce ai Siciliani, e la dice imitata con profitto nelle costiere di Spagna/

* libro de Àgricultura, ni autor.,*, ebn el Àw9m Sevillane, versione spagDOola di Baoqtieri, col testo aiabico, Madrid, 1802, in fdfio, tomo II, p. 105 e SI. Si tratta d'anaspeeiedi popone, dettalo arabico iVir/l^» credo quei che in Sicilia si dicono meloni da tavola, ovvero i meloni d'inverno.

* " Naara * (in arabico nowAr, secondo lbn-*Awwftm , tomo II, p. 313) si addimanda raji di popoitf, succbe, cocomeri; "vaitali' [vt. bctU) il rigagnolo del giardini : "gebbla* (ar. gU^ia)^ an gran serbatoio d* acqua per irrigare gli orti ec

' La malvetta rosata, come la chiamiamo in Sicilia, è il Ftlargonium ruàula roteitm dei botanici.

* Ibn-*Awwam, op. ciu , tomo II , p. 296. ' lbnw*Awwlim, op. cit. , tomo II, p. 418. « lbn-*Awwftm , op. cit. , tomo II , p. 104.

\XÌ Secolo.] 4tt

Un altro trattato arabico d'agricoltura ricorda che i Siciliani sarchiassero fino a dieci volte il terreno da seminare a cotone/ Rimase in Sicilia Futile; pianta nel duodecimo secolo;* e infino alla metà del deci- moterzo;^ ma allo scorcio del decimoquarto se n'era ita , seguendo quasi la schiatta arabica-, in Malta , Stromboli e Pantellaria:^ ed appena par che cominci a tornare adesso nelle spiagge di Pachino e su le sponde del Simeto.

In fatto d'opificii abbiam ricordo del prezioso drappo, al certo di seta, detto di Sicilia, del quale si trovò, una catasta tra i tesori d'Abda, figliuola del califo fktemita Moezz, morta in Egitto in su la fine del decimo o princìpio delFundecimo secolo.' Che innanzi quell'età si lavorasse la seta in Si- cilia lo prova d'altronde la biografia del pio Abu-

I

< Kitah-el-Felaha, d' Aba-abd-AUab-Mohamined-ibo-Hosein , citato da M. CherÉonneau in una Memoria su la Culture arabe au mayen-dge negli Anwde$ de la .Cohnisation algérietUM; giugno 1854.

' Diploma del il 40, pel quale si concedono alla Chiesa di Gataoia e duas terras ad bombacea » presso De Grossis, Decacordum^ tomo p. 77. Edrìsi nota che il coione si colUvata in gran copia a Pariinioo.

Bibn-Sa'ld, Kitàìnel-Badi , nella Biblioteca Arabo-Sieula, testo 9 p. 157, e Mokhtaser Gighrafia, op. cit.^ p. 134, con la correzione a p. 45 deir Introduzione » ove si tratta di Pantellaria.

* Fanello, Deca I, lib. I, cap. 1.

Abu-Mehasin, Storia d'EgUlo, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 060, fog* 105 recto, facendo parola di Rasdda e Abda figlinole di Moezzi naie innanzi il 97i e morte sotto 11 regno di Hikem (996-1031), dice aver la prima lasciato il valsente dM,700,000 di dinar, in drappi di varie sorte e profomi, e la seconda un moggio di smeraldi, tanti quintali d'argeiv- to.ec, e trentamila eeikke (0 sciukke) siciliane. Questa voce significa taglio d' abito , sappiam se sia nome generico ovvero appellazione spe* dale di questo drappo. Se in quelle cifre si sente l' odor delie mille e una notte, il cronista cb'ebl>e aUe mani Abu-Mehasin, non inventò quella maniera di drappo. D'altronde abbiam fatto cenno dei gran lasso degli Zirtti in Affrica: e le ricchezze dei despoti son talvolta di queQe verità verissime che han sembiante di favola.

449 (XI Secolo.!

jSasaa-Harìrì/ e v'accenna il nome di Kalat-^t-Tiraii, qastella ih oggi abbandonato presso Gorleone, ' non che il regio Tiràz di Palermo, avanzo dell' ìndastria arabica nel duodecimo secolo , di che sarà detto a suo luogo. Similmente abbiam pochi cenni del comniercio , per non curanza^ degli scrittori o disper- sione degli scritti. Oltre la esortazione del sale am- moniaco testé ricor(idta,V sappiamo la importazione déir olio da Sfax/ e la frequènte navigazione dalla Sicilia a Mehdì^ e Susa. ^ I patti di Hasan^ibn-Ali del novecencinquaùtadue * ci attestano V importanza del traffico tra V isola e Reggio; picciok parte do- Tea tornare alla Sicilia dalle relazioni commerciali cV 6^^ ^ Musulmani la costiera di Terraferma ba- gnata^ dal Tirreno. Lasciando le regioni dal Tevere in $U , lo conferma Ibn-Haukal per Napoli , Salerno , Amalfi;' lo qonfel'ma il doppio nome Keitonor-el^ Arab .che ritenne il Promontorio Circeo fino al tempo di Edrisi; nome, analogo a quel che davano ad una cUtà nelle parti meridionali della Sardeigna/ ed a quel , ' ' " . - . '

' ^ Si vegga il cap. XI del Lib. Ili, p. 230 di questo volume. /' Si chiama volgarmente Calatraai. Tirazi vuol (dire artefice del iirà%t ossia opificio regio delle vesti, di seta ricamata. Si vegga so questo in- dizio di Kaial-^t'^Tiraù una nota nell' erudita opera di M . Francisque* Michel, Rtehetehei mr étofèi de tote au moyen'-4ge, Paris, 1852, in 4», tomo I, p. 77, al quale io ho dato questa notizia e in cambio ne to- .glierò cento, spigolale nelle antiche poesie francesi, che serviranno a illu- strare questa industria siciliana nel Xlf e XIll secolo.

B Si vegga la p. 445. .

« Bekri, Ihtiee» et ExtraiU dee MSS.^ tomo XII,' p. 465.

Op. cit.,,p.480; 48ÌB.

^ Si vegga il cap. U di questo Libro, p. 347, seg.

* Ho datoli testo di quel pai^rafò nella Biblioteca Àrabo^Sicufa, p.lO. '. * Edrfsi, Gio^aphie, versione M. Jaobert, tomo U, pàg. ft6e09

Io quest' ultimo luogo M. Jaobert non so perchè abbia preferito la variaote FUàna.

II. 29

|XI S6eol».| 4f50

e' ha tuttavia la Gatona in feccia a Messina. ' Àfag- giore d'ogni altra prova è che alaterno, fors'aDco a Napoli e Amalfi , si coiitraffacea ; non per frode ma per bisogno del commercio, la moneta d' oro di SiciUa,' come infino ne' tenipi nostri v'ebbero belli e buoni colonnati, di Spagna battuti in altri paesi.

,Ove ppnghiamo esente al genio randagio d?gli Arabi , alla comunanza di leggi , usi , costami e in 0ran parte anca di schiatta, dei Musulmani che teneano il bacino occidentale del Mediterraneo, non staremo in forse che la Sicilia partecipò delle arti' e lusso della Spagna. e costiera d' Afirica , si come è provato che ebbe analoghe vicende politiche e cultura di lettere. Cosi anco dei monumenti. Perirono nella guerra nor- manna quasi tutti que' dei Musulmani ; e pur. non vi ha menomo dubbio del loro splendore , quando T au- tor della vita di San Filareto lodava i tempii ed altri sontuosi edifizii delle città maggiori della Sicilia ;* e il conte Ruggiero, dopo averci lavorato per trpnt' an- ni con ferro e fuoco , scrivea patetico iq yn diploma del millenoyanta , delle vaste e frequenti roviiie delle città e castella saracene; de' vestigi! di lor palazzi, fabbricati con mirabile artifizio, adatti, qon che ai comodi , ,ad ogni lusso e delizia della vita.* Nel sesto

* Keilùn nel ^ialello, aràbico di Siria ed EgitlOi vuol dìtetr^liglio Q magQ%iino, Viene dal greco Kotrùv che , dai significato primitivo di leito, passò a quelli di camera ^ alb^go, ej presso i Greci del medio /évo, guardaroba e 8ta%ìone di navi: i quali veggano, nella nuova/ edi- zione del Thesaurus di Enrico Etienne.

* Si vegga il fine del presente capitolo.

' Presso Gaetani ,-5aft€/orttm Sicutorum, tomo Ili P* it?» ^ presso IBoIlandisti, tomo 1, d'aprile, p, Ó07.

* Presso Pirro, -Sicj/la 5acra,, p. 842.

451 |X| Seeolo.j

libro toccheremo T architettura arabica sotto i t!^or- manni , alla quale dobbiam tutti i monumenti che

r

avanzano in Sioilia del medio évo, da pochissimi in fuori. Dico due o tre , da che la iscrizione neskhi io- tagliata a mo' di fregio nelle mura del palagio della Cuba , porta il Jiome dire Guglielmo secondo eia data del miliecentottanta/ 1 Bagni di Cefalà e il pala- gio della Zisa sembrano più antichi , alla gravità della scrittura, cufida che altra volta li coronò;* e il palagio e bagno di Maredolce, ancorché non vi si trovino iscrizioni, parrebbe contemporaneo; ma rimanendo sempre incerta Tepoca, e sendo stale rao- conce le febbriche di poi, e la. Zisa anche abbellita dai Normanni, non vi si può fondare giudizio su r arte arabica di Sicilia neir undecime secolo. Questo sòl noterò, chele linee di prospetto del cubo allun- gato e dell'arco aguzzo dei tempi normanni si tro- vano nelle cornici delle iscrizioni arabiche di Sicilia deir epoca musulmana. Qui un rettangolo sormontato da una punta in forma di mitra vescovile;' li inscritto dentro il rettangolo un arco spezzato in tre lobi alla foggia che s' è chiamata moresca/

Àyvien sempre che sfugga alla più cruda rab- bia di guerre o persecuzioni qualche monumento di

* Io pubblicai questa iscrizione neHa Revue Archéologìque di Parigi, del Mi 9 p. 669, seg* Alcuni erodiU palermitani vorrebbero mantenere alla Cuba un altro secolo o due d' antichità , supponendo 1* iscrizione più moderna dell' edifizio* Ma non riflettono che la non è incisa in lapide, ma proprio scolpita in giro delie mura, senza vestigie di racconciamenti.

'Glrault de Prapgey, Essai $ur Vanhileéiure arabe , Paris 1841, tavolaXin,no3,.4.

* In ona cok)nna della cattedrale Palermo, presso il Di Gregorio» Rerum Àrabicttrum, p. 137.

* In due iscrizioni sepolcrali presso Di Greaorio, op. cit., p. 146, 183.

|xi SmoIo] 452

minor mole» per trascuranza o stanchezza delie mani vandaliche) per capriccio o gusto d'alcun uomo: e così parecchie iscrizioni arabiche della dominazione musulmana rimasero in Sicilia, senza contar quelle de! tempi normanni delle quali si dirà a suo luogo.. Quantunque i ramt pubblicati dal Di Gregorio sian delineati cosi così, e io non abbia avuto sotto gli occhi migliori disegni 4elle iscrizioni inedile , potrò pur toccare la calligrafia lapidaria, la quale ed dise^ gno architettonico è coi rabeschi tenea luogo di tut- t' arte grafica appo i Musulmani* ^ Ci occoi^se già far parola delle iscrizioni della torre di Baich in Palermo,* e del castello di Termini; ' l' una perduta^ se non che abbozzossi il disegno d'alcun brano; e l'altra pèssima- mente delineata, e. temo adesso ita a male: entrambe del decimo secolo. Alla medesima età mi par da riferire la leggenda intagliata nel vecchio édifizio dei bagni di Cefalà, logora da lungo tempo, e in oggi, mi si dice, dileguata del tutto. ^ Le iscrizioni conservate sono sentenze coraniche scolpite in colonelte di marmo

* V*ba Teccezione delle effigie d' uomini e animali io qnakcbe ipoDU- mento , come i lioni deirAlbambra ec Ma in Sicilia non se ne vede alcun esempio. I mosaici d* animali neHa sala de|ia Zisa in Palermo, apparten- gono ai tempi normanni.

s Si vegga il cap. V di questo Libro , p. 302, seg., del volume.

' Si vegga il cap. IV di questo Libro, p.274. .

« Il Di Gregorio., Rerum Àrabicarum, p. 188, ne >diò un disino preso, ad occbio , come si usava a] suo tempo , e ridotto , nel qi^ale ei con- fessò non poter leggere cbe qualcbe sillaba.; ed io -stento ancbe a questo. Si vegga, del resto, la nota delia pagina precedente. 11 disegno di poche lettere che veggiamo neir opera citata di Girault dePrangey, Emiec., mostra la bellezza dei caratteri e la trascuranza di chi li 4kvea ritratU prima. L'amico Saverio Cavallari che mi ragguagliò qualche anno ad- dietro della distruzione dei caratteri, n'avea fatto altra volta oa disegno che fili qui non ci ò riuscito di trovare.

"b

455 |X1 Secolo.)

che si tolsero dalle moschee e si murarono nelle chiese, ovvero epitaffii svelti dalle tombe, collocati in musei o case private. La scrittura cufica , semplice, robusta, con poche fioriture, e nessun ghiribizzo quél si nota- va nella torre di. Baicb, lappar anco nei due cippi sepolcrali dei Museo ^ di. Verona, ' in altri due di caaa Galzola a Pozzuoli, ' nei tre di Marsala!, Siracusa e Messina r che non hanno data ; V in quello del Museo Daniele a Caserta, * e in un picciol marmo di

* Si ricordi che il miglior disegno è quel pubblicato dal Fazzelio.

* 11^ conte Annibale Maffei viceré di Sicilia li iolse di Palermo e recò a Verotia. Scipione Maffei. pubblicò le iscrizioni nel Museo teroneWt p. 187, e. indi il Di Gregorio nel Rerum Àrabiaarum, p. 146 a 149. Alla interpretàziope alteséro 6. 8. Asseroani e il Tychsen. Son le solite formole e brani del Corano» cofnomi propriì; Tuno dei quali mi par vada Ietto Jbrahm^ibn'Khelef'Dibdgi (in vece di Jbrahimi fHìi Mqlaf Aidinagi),

'morto il 464 ((072); e 1* altro è Abd-el-Hamtd-ibn-Abd-er-RabmanHbn- Scio'alb, morto il 470 (1078). Secondo il Ubb-el-Lobàb di Soluti, rappel- lazione Bibaci, vuol dire " operaio di seterie, ' ed era àncbe nome patroni* mico nella discendenza del califo Olboman-ibn-'AfiìSin.

' Presso Di Gregorio, op. cit., p. 144 e 152, il quale tolse Tinterpre- tazione da quelle pubblicate dall* alùte De l^nguerue e da Adriano' Re- land. La. prima il nome à^Wo sòeikh è giuriàta tagacistimo Ahtned'^ tòii-5a'd-t&n-Jfd/é&-(ibn-Abd?)e(-'il&a òMogitofo (dell' aiuto > de/ ^i^nore ( non Gubernatoris jurisperiti sapièntis Àhmedis filii Saad ben el Malak poietmssimi qui pauperò instar ett erga dùminum sttum), morto il 415, (1023); e ia seconda di Mohammed-4bn^Abi'Se'àdà {non filii ebn Sàadh)

.morto il 444 (1052 non 471 , ossia 1079). Le quali isérizioni non ben dise- gnate uè ben trascritte in caratteri arabici , e però male interpretale , 0

. ftiron tolte di Sicilia 6 Reggio, 0 provano il soggiorno e morte nei din-

torni di Napoli di due Musulmani di Sicilia, Affrica 0 Spagna, che vi fos- sero andati, il primo forse per faccende pubbliche o rifuggito, e il secondo

' per mercatura.

' '* Presso di Gregorio, p. 164, 165, 166. 1 dite primi non si possono interpretare senza più esalti disegni. Neil* ultimo, il secondo rigò, mal deciferato dal Di Gregorio, ben Corretto da Fraehn, Anliquités Moham'

f?icd.,.tomo I, p. 15, va letto: (Iddio vivente) "stante* é poi la sentenza del Corano, sura XXXII, v. 21, (voi avete) *neir inviato di Dio, un bel conforto. Questo è il sepolcro d* Abu-Bekr... *

B Presso Di Gregorio, p. 1 71, < il quale sbagliò tutto, fuorché una for-

. mola è la data. Va letta cosi : ... (Benedica) Iddìo al profeta Maometto e sua

|XI Secolo.) 4S t

casa Emmaaaele a Trapani, ' e un altro del Museo di Messina: ' le quali forme caratteri, molto svariate e pur tutte appartenenti alla classe che ho posta, non differiscono dallo stile dei monumenti analoghi sparsi da Cordova infino a Bagdad. Frammisto a quello si vede nella stessa epoca in Sicilia, come in ogni altro paese musulmano, con linee più' torltiose e biz- zarre, il cufico ornato e talvolta intralciato di rabeschi, che si è chiamato impropriamente scrittura carmàtica. Bellissima in questo stile, sopraccarica capricci è la lapide sepolcrale di Oma-*er-Rahman che si trovò pochi anni addietro in Palermo, dove manca la data, ma sembra alla vista del decima o undecime secolo. Similmente déir epoca musuhnana le iscri- zioni coraniche delle Chiese delle Vergini e San Fran- cesco d'Assisi in Palermo, * del convento dei Fran- cescani in Trapani, ' che son più o meno ornate, ma

schiatta (Chi spende SI proprio avere in servigio) di Dio, fa^come l'acino

di frumeato, dal quale germogUdD sette spighe.^ (Iddio prospera) cui

vuole : immenso egif è e sapiente [sura II, verso S63i •^. (sepolcro di)

ibn-Hosein, RebeM (?), Fàresi.... motto.... ranno 4i7 (l€Qd).

« Presso il Gregorio, p. i4i. La leggenda mal traacrftu dal Di Oregorto è "Mò (spero) aiuto che in Dio»* sentenza tòlta dal Corano, sura XI , verso 90.

'Pubblicata da Lanci» Trattato delU HmMiche rappresentanae , tomo II, p.iS(.

' Un lucido di questa iscrizione cb^ era messa da architrave in una finestra, mi fu mandato il 1855 dai signori Agostino Gallo e Saverio Ca- vallari. Sondo inedita, mi par bene darne la Versione: e In nome del Dio 9 clemente e misericordioso; che Iddio benedica al profeta Mohammed e » sua schiattai. " Ogni anima assaggerà la morte, avrete vostro guider- » dono che il della Risurrezione. Chi sarà campiate dal fuoco e intro- » dotto nel Paradiso , sarà allor felice: perchè la vita di quaggiù non è » altro che ròba d* inganno." [Sura Ili, v. 182.] Questo è. il sepolcro di » Oma-er-Rahman (cioè la terva di Dio) figlióola di Mohammed» figlio di » Fàs; la quale morì il primo »

« Presso Di Gregorio» op. cit. , p. 158 e 140.

^ Op. cit.» p. 141. 11 Di Gregorio lesse male V ultima fhise, credo

435 [Jl Secolo.)

di beila struttura di caratteri ; e l' altra assai logora e ignuda^ di forme eteganti, di una colonua nel portico meridioDale della cattedrale di Palermo. * Un bel neskhi, o corsivo, modificato a forme monumen- tali, spoglio di ornamepti e notato di punti diacritici, si scorge in una pietra sepolcrale di Mazara, in parte logora, se il vizio non è nella stampa eh' io n' ho alle mani. E scritto m. neskhi grossolano, con qualche punto diacritico e qualche errore di grammatica, Tepi- taffio mutilo che si serba nella Biblioteca comunale di Palermo: e stava su la tomba d'iin Àbu-Hasan-Ali, morto il treceilcinquantanove dell' egira. \

beo rabbia corretta ìKLanci, TraUaìo,delle iimboliehe rappresentanu ec. Parigi, 1845, tomo II, p. 24, tavola XV. Panni si debba leggero thikati Allah, " La DDila fidanza (è) Dio. *

« PreiBSo Di Gregorio , op. elt , p. 131 . Non si può deciferare sul rame che ne pnbbllob il Gregorio ieoii la iiiterpretazioiie di Tycbsen. Ma di certo noD V ba una sillabai del verso 55 (si corregga 52) della sarà VII, cbe crédette leggervi il professore di Rosioek.

' Hi fa mandau a Parigi il Ì844 «dal prioclpe di GraDatelli. Il lato leggibile è a dritta di cui guardi* Nei due primi righi son le formolo; sei terzo, frammento della sura XXXVtli^ verso 67; nel quarto " .... se- polcro del cadi Kkldhr...; ** il quinto e sesto non si scorgono bene; «eleeltimo ".... di Dio sopra di lui (morto) il venerdì cinque...;* neir ul- timo: * quattro e novanta e.... * mancaodo il Secolo cbe sarebbe il quarto o quinto, della egira (lOdS, o 1100). A destra e sinistra corrono due rigbi perpendicolari a reo' di cornice, che non bo potuto teggere4

8 Presso il Di Gregorio, op. cit., p. 154. La lezione e interpretazione di Tycbsen, date dal Di Gregorio, difettano in molte parli, e sbagliano la data eh' è pur chiarissima. Eòco come leggo questa iscrizióne, mettendo tra pafentesi le parole da supplirsi» e indicando con punti le altre che man- cano: $ (In nome di Dio) clemente e misericordioso, (e benedica Iddio ec.) » (Dì loro : Grave annunzio ; e voi ne ri-) fuggite [sura XXXVIII, verso 67,6^. » Questo è il sepolcro dello sceilLh...^^,.. il Kftid egregio Abu^Hasan-Ali

» figliuolo dd...b««. il giusto, «.benedetto il trapassato Abu-Fadhl

» (figlio del).... e benedetto il trapassato Abd-AUab, figlio di Moha(fli- » med).... (figlio del).... e benedetto il trapassato Ali, figlio di T&her.... » (che sia benigno ) Iddio a lui. Il quale morì la notte del giovedì , cinque

9 del mese. (e fu sepolto?) il venerdì, 1' anno trecento' cinquanta-

» nove (96Ì)-70)... (morì attestando non esservi altro DIO) cbe All&h ed es-

I

[XI Secolo! 456

Farò cenno in ultimo delle monete dei Mn^ulmani di Sicilia, su le quali manca un lavoro compiuto, io potrei proyàrmici, sarebbe da stenderlo qui; ' Mi ristringo pertanto ai risultamenti, ritraendoli dal- l' accprato catalogo del Mortillaro , aggiugnendó qualche altra notizia che s' è pubblicata apprèsso e le monete inedite del Museo parigino.. Dogali Agbla- biti, dei quali è si povera la numismatica, rimangono poche monete sicilijane.' Per lo contràrio abbondano le fatemi te; si che ve n' ha di tutti i califi che regnà^ rono di fatto o di nome in Sicilia , da Obeid-allàh fondatore della dinastia fino ad Àbu-Tamiin^Mostan- ser-Billah , o meglio al quattrocentoquarantacinque dell'egira dopo caduta la dominazione kelbila:Vun

sere M^omeUo. V inviato di Dio; » L'errore cbè notai neS testo èdrporre il nomioativo Ab[U io laogo del géditiTO aH nei-due luoghi dove occorre; < Si ricordi V avvertenza fatta nella Introduzione, p. xvi e xxiv. ^ a Si vegga il Llb. 1, cap. HI, V rVI, ed il Lib. Ili, cap. I , p. 283, 284, 296, 297 , 521 del Tolume 1, p. 5, 6 di qiieato voluiiieie s'aggiun- gano le seguenti :

Oro, anno 26S, (881-2) di grammi 1, 05 nel Museo di Parigi. In fin della leggenda del rovescio parmi leggere la voce ro6d't. Si con- fronti con quella simile pubblicata da CastigHoni e notata da Mor- tillaro, ppere, tomo lU, p. 352, ii(> IX. Oro, anno 295, (907-8) di grammi4, 25 nel Museo di Parigi col nome del parricida Abu^Modhar-Ziadet^AJilab. ' - Jn queste monete non si legge il nome di Sicilia , ma 1 dotti le credono sici- liane ;dairopera. Le altre, monete agblabi te di Sicilia nptansi dal Mòriillaro, C|pere, tomo HI, p. 343, seg., no I aXII. ' . , . ' Si vegga il catalogo nelle opere di Mortillaro, tomo llU p. 357, seg , dal XIII all'LXXXIX. Quivi l' ultima con data dell'anno e del paese è del 439,(1047-8). '

A questie 77 monete sono da aggiugnere le seguenti ;

Oro, anno 843 (954-5) . di gnunini 1,05 nel Museo di Parisi.

id. » 4Ì44 (955-6) » 1,05i ibid.

id. - f. 1,05 l

, id. ^ » 1 05 ! ^^' ^''"* ^^^ » ^^1 nome

. , *t.e. \ del califo Moezs.

»d. . i. 1,05 V

id. I* Z96 (1005-6) indicata come 4piarto di din&r da M. Sofct, LtUrCi

457 [xis«coio.]

centinaio di monete, la più parte d'oro, doe sole d'argento e non poche di vetro di varii colori, che sembraa usate in luogo dei quattrini di ranie. * Hanno leggende cufiche; formolo fatemité, molte <X)n. data e col nome della. Sicilia. Quelle d'oro, quando se n' è fatto saggio, si son trovate di buona lega. Son tutte del peso d'un grammo più o meùo, clie torna alla quarta parte del dinar oméiade, aih bassida e fatemita : di certo il robà'i, ossia qoar- tiglio, del quale si leg^ nei ricordi arabici della Si- cilia nel decimo e duodecimo secolo. * Picciola e co-

li S. £, etc. de Fraehn, SainUP^tersboarg , Ì8M, p. 50n<»i2t. Oro, anno 414 (1033«-l,ovv; 414) di grammi i,00 nel Museo ài Parigi, id. » 421 (1030) » 1,00 }

id. «* 422(1031) ' ** 1,00 { ibid.

id. m 483 (103U2) » i,00 J

id. Altre otto jsenia nome ne data i>. 1,00 ibid.

id. i> 42S indicata come tr/eni da M. Soret, p. 60, 1 SS.

id. n 437(1045-6) . id. p.51,nolS4:

id. n 445 (1053-4) id. p. 51, 125.

VII Mortillaro, voi. cìt., p. 179, seg.* 539 , 340, citando il Tyofasen ed altri, ha sostenuto quest'uso der vetri improntati; e mi par s'ap- ponga al vero. E.i nota, anche a ragione, la maacapza assolutagli monete arabiche di rame battale in Sicilia ; alla qttàle non credo si possa op* porre la moneta pubblicata t)al . prliicipe di San Giorgio Spinelli , Monete tujiche dei principi lonffobardi ec., p. 31 » CXXX. Prima, perchè non v*ha data idi anno né, di luogo; e secondo, per essere molto dubbia la leg- genda Emir^el^MMmenin che T autore, credè scoprirvi. Resta a tro« vare il paese. e Tetà in che fu coniata questa e alire monete di rame, certainénte musulmane, che il principe di San Giorgio db nella tavola IV. . s Nei varii MSS. quesu voce è scritta sensa mozioni. ÈJài leggere o la prima vocale, come in aggettivo numerale distributivo che nel nostro caso significa *di quei che vanno a quattro" (in un dinar) prò* prio il ialino ijuaterni. Ho latto già parola^ di questa sorta di-, moneta siciliana , nel cap. VII del presente liliro, p. 334 del vólumOi Le autori.là SQuo, in ordine cronologico : i** Ibn-Haukal, Geografia, nella BébUateca Arabo^Sicula, testo, p. 1 1 ,- secolo X ; lbn*KhalUfcàn nel luogo che cito'al càp. Vili , p. 334, il qual autore trascrive le parale d* Ibn^iescik, che visse neirxi secolo, ma riferiva un fatto, del X; Ibn-Giobalr, «tessa eiu*

[KISmoIo.] 488

moda moneta come gli odierni oinque fianchi d'oro, coniata tuttavia sotto i Normanni con leggende arar biche, e chiamata tari in un diploma greco, e tqreni nelle croniche e carte Ialine di quel tempo* '

Il commercio musulmano di Sicilia, non che maa- tener suoi robà'i neìY isola sotto la dominazione, nor- manna, avea costretto ad usarli, fin dai principi! del decimo secolo, Napoli, Salerno, Amalfi; ed a batterne in casa propria, ed anteporli a tutt'altro co- nio. I diplomi latini di Napoli di quel secolo portaa le vendite in solidi bizantini e piìi spesso in im,* dei quali quattro faceano un solido bizantino, eh' era lo stesso del dinar arabo. Dai medesimi atti si rileva che i solidi scarseggiavano o mancavan del tutto alla metà del secolo, ancorché sempre si notassero come^ moneta legale; e che rimanea quasi solò conio corrente d'oro il tari. * Da un'altra mano i musei dei

^

ziòne, XII secolo; A<* diploma arabico di Sicilia del 1190 presso Di Grego- rio, De supputandU apud arabet temporibtu, p. 40, 4Ì.

' Una tre&thia'di dinar d'oro, tra omeiadi e abbassidi, cbe ho pesati nel Mvseo di Parigi, sono per lo pii^ di è grammi triàboCcatìti. Dieci (fmdr fate- miiid* Egitto mi ha n dato lo stesso risultamento: il migliore arriva a grammi 4,35 , e il più scadente a grammi 3,i5.'

^^ Ne diremo più distesamente nel sèsto Libro. ' il 8ihgol|ire nei detti diplomi è tare.

s Regii Neapoliiani Àrchivii Monumenta, Napoli, 1845, seg., in 4». 11 tari Vi occorre per la prima volta in un diploma di Gaeta del 909, tomo I, parte 1, p. 9, dove si vegga Y erudita nota degli editori. Poi negli atti privati stipolati a Napoli infinó al mille, i pvetà son pagati per lo più in tari & oro; Nel documento GCXL, anno 996, dato di Napoli, loròo II, * p. i43, si legge *^anrl selidos XIU de tari ana quadtuor tari per nnoquoque soridos," la quale proporzione è replicata, con più-o meno^ror! di gram- matica, nei docamenti GCXXX{ll,<anno995, p. 129, eCCLV, anno 977, seg., 176. Si vegga anche il diploma del 1076 deir Arolkivio della Cava, citato d^ M; Huillard-BrehoUes, nelle Reehtrékes sur le$ Monnmmis et l-hnioire de» Normands etc dans f/tefie MéridionaU» pubUée» par le$ soins de M. le due Lui/ne», p. 46d| dove si fu menzione di soldi d'oro, ciascuTo dei quali tornava a quattro lari di roònetad' AmalQ.

459 |XI Secolo.]

regno di Napoli oi mostrano quàrtigli d' oro della stessa forma e peso di qae'di Sicilia, col nome del ca- lifo fatemita Moezz (953-975); se non che comparisce la mano straniera, al Cufico men franca, e la lega m^i buona, e si moistra talvolta alla scoperta, aggiugnendo in mezzo deir impronta aràbica ** Salerno" e altre let^ tere latine : e perfino stampò la croce tra le sentenze unitarie dei Fatemi ti, o scrisse sul dritto il nome di Gisulfo principe di Salerno (1062-1076) e sul ro- vescio quel di Moezz morto un secolo innanzi. * Farmi non cada in dubbio che i tari dei diplomi napoletani fossero appunto i robd*i di Sicilia, e le copie più o men fedeli che se ne faceano neir Italia meridionale. La voce tari, ignota, di del GarigUano, ignota nelle altre province bizantine, si accosta per articolazióni ed accento a dirhem o dirhim pronunziata velocje- mente dagli Àrabi trUim, ' ed al plurale teréhtm o trdhtm e tréUit,, mangiandosi T ultima consonante e bat- tendo r accento suir t. Le bocche italiane ne fecero tari. questa è conghiettu^a, ove si ricordi il tari denominazione di peso, che risponde senza dubbio al

' M0nete cufiche bailute dai principi icngobarii- te. interpretate,.,, dal principe di San Giorgio Domenico SpineìU. r^lja prefazione dell' eri»- dito signor Michele Tafuri, p. xìii, seg., si accenna la lega inferiorea quella di Sicilia;, e in una nota, p. til^ la differensa del caratteri. Le monete di cui traliiamo son le prime trenta della raccolta. li péso varia da IS a 35 acini di Napoli, cioè da 0,80 ad nn grammo. Debbo aggiognere cbe, acoei* taoido le concbiusioni generali dei dotti editori , non son d' accordo in tutti i particolari. Per esempio, varie leggende non mi sembrano ben trascritte ; non tengo punto provata la cronologia che distribuisce- cotesto moneto ai principi di Salerno; cbo tutte sieno state eotiiate In Salerno. Vo n*ha forse d' AmalG ; e forse è di Napoli il no XX VII.

> IMaLarabico è suono partecipantodella i odellal; e trascrivendolo in latino 0 greco, si rendea sempre con la f : per esompio da ddr-et-ien'a, 'iarsianatus,* donde noi àbblam fatto "arcana' e arsenale. *

'

|xi s«coio.] 460

dirhemy il quale gli eruditi di Sicilia scrìssero tari-^peso, ma it popolo credo V abbia detto tempre trappeso, rendendo nella prima sillaba la volgare pronunzia arabica/ Così i Napoletani e i Siciliani del medio evo ripigliavano dagli Àrabi il vócbìkAo' drachma, che quelli aveano tolto dai Bizantini e mutato in dtrhem.

CAPITOLO XIV..

Arrivati a scoprire per quante vie s* era messo lo spirito umano al tempo dell'antica civiltà, i popoli musulmani le téutaron qua e con ardore* giovani- le; in molte si lasciarono addietro i Cristiani contem- poranei; sovente aggiunsero lor trovati al patritnonio

* Il dtrAeff^ peso, parte aliquota deWukia (uncia) e dìffereote secondo i paesi,. si adoiierava esclosivaiiieote per l'argento. Dal peso fn argento nacque la denominazione di moneta cb* era usata fin dai^ tempi di Mao- metto; e rimase sola moneta nisàb, ossia legale, in che si ragionava la decima, il prozio del sangue ec. Il dirbem, moneta effettiva, fu poi diverso. Or il reM'ft tornava a tre dirbem nitàbf poicbè il dinar si ragionò dodici. Naturalmente gli Arabi di Sicilia, nel commercio, cfaiamavan quella moneta d' oro * un tre dirbem ,* e neir oso bastava dire trdhim al plurale. 11 vocabolo tari. Introdotto in tal modo presso gì* Italiani di Napoli e poi presso I Normanni, e Italiani di Sicilia , restò deno- R^inaiioBe di moneta d'ore; mentre da nn* altra mano 1 Normanni di Sicilia, usando il sistema degli Arabi, ebbero il dirbem moneta ed ancfaé il dirbem, o iarif peso di argento, indi la voce iari^péto o trappeso. Spa- riti con la dinastia normanna i tari d'oro, la voce tari restò come denominazione di peso e moneta d'argento. Gli eroditi del secolo passato arrivarono, dopo molti errori e ricerche» a disUnguere i fari dei diplomi aniicbi.da qoei cbe avemo alle mani e cbe valeano quasi la quarta parte dei primi , coi cblamarono per questo tari d' oro. Il dotto Conte. Casti- glioni sbagliò, come parmi^ negando cositatta etimologia della voce fari.

401 pec.X.XII

degli antichi ; il che non avveniva allora in Cristia- nità. Sopra ogni altro lussureggiarono in due eser- cizii connaturali a loro società. L'arte della pa- rola in rima e in prosa, antico vanto degli Arabi, mutando corso nell* islamismo e allontanandosi dalle forme del bello, si allargò in ogni più sottile investi- gazione di grammatica, lessicografia, versificazione, delle quali parteciparono i popoli conquistati: talché per tutta Musulmanità fu studiata la filologia minore quanto noi fecero mai i Greci i Latini; e se le Muse dessero la corona a chi più s'afiatica^ gli Arabi se l'avrebbero senza contrastò. Surse dal Corano quella scienza mescolata di teologia e dritto, la qua- le, sendo cóme il pan quotidiano dei Musulmani, non è maraviglia che attirasse tutti gli ingegni dispo- sti a cosi fatte contemplazioni e bramosi di onori e stato. La filologia e le scienze coraniche, per aver profonde radici runa nella schiatta arabica, le altre nella società musulmana, occuparono quasi tutto il campo,' rinvigorite dalla metafisica e-^ dia- lettica deir Occidente ; rimasero sole dopo la de- cadenza politica e sociale dagli Arabi; e si pos- sono dir vegete fino ai di nostri dovunque regga- la legge di Maometto, dal Gange allo stretto di Gibilterra. Ma le scienze antiche, come le chiama- rono gli Arabi per averle tolte in presto dai Greci , trovarono ostacolo nella tenacità semitica del popolo dominatore, il quale se n'era invaghito per ebbrezza di nuovo acquisto, e d'un subito s'arretrò, spa- ventato, dal c^mmin che credea lo menasse all' in- ferno. Poi prevalendo genti più grossiere, in Levante i

[S«e. X. XI.| 462

Torchi, in Occidente i Berberi; irrompendo Cristiani d'ogni banda nelFiinpero musulmano, esacerbaronsi le passioni religiose, rinne^òssi il secolo di Harùn Kascid, e quelle sospette scienze sparvero ad una ad una tra le tenebre ricadenti sul mondo musulmano. Le ristorate dottrine dunque d'Aristotele, d'Eu- clide» d'Ippocrate, non solo ebbero minor tratta di se- guaci al tempo della civiltà arabica, ma sendo ite ia bando dalla terra d'islam, dìleguavasì dal decimoquarto secolo in poi la memoria di cui le coltivò. I biografi tuttavia s'affaticarono a rintracciare nomi e aneddoti di grammatici , retori , lessicografi , intèrpreti del Co- rano ^ tradìzionisti, giureconsulti, teologi e mistici d'ogni maniera, e vennero a capo di tmvarne molti sfuggiti alle, ricerche dei predecessori; ma fecero guarda e passa nelle altre scienze. Similmente si smettea di copiarne i libri. Ho voluto notare potestà disuguaglianza nelle propòrzionidella storia lettera- ria e le due cause da che venne, perchè la non sembri difetto peculiare degli Arabi Sidiliani. Un pugno d'uomini, del resto, datisi alla cultura intel- lettuale per qualche secolo e mezzo, sòggio^gati quando coglieano il frutto, perseguitati e dispersi entrò un altro secolo: mpra viglia è che ce ne rimanga qualche brano di memorie letterarie per carità di cui accolse in casa gli esuli sconigiQlaU. Nei paesi ri- masti musulmapi, T amor di patria o la vanagloria municipale dei tempi di decadenza, religiosamente ragunò ogni ricordo dei cittadini più o meno illustri. Ei coloni di Spdgna, più numerosi assai dei Siciliani, pervenuti ali* incivilimento dopo tre secoli, n'ebber

.— 463 [s«c.x.xr.i

agio altri quattro a compiere il pio ojScio pria che sgombrassero d' Europa.

Il solo autore arabo che appòsitamente abbia scritto storia dei filosofi, mateoiatici e m.èdici, noQ ricQrda altri Siciliani che un dei duodecimo, se- cólo e tre dell' antichità, Archimede, Empedocle, Cpra€e;^sui quali ragguagli meno scontraffafti che non si potrebbero aspettare così di rimbalzo; ma non appart^gono al Mostro argomento. Del resto, se l'abbiano ignorato * Zuzeni a) tempo di Federigo secondo ed Ibp-Khallikàn. nella generazione seguente, si coltivaron pure le sciente matematiche in Sicilia sotto la doipinazione arabica. Ne fon fede le memo- riedei tempi normanni, delle quali diremo a suo luo- go ; ed anco alcun cenno immediato dell' undecime secolo. Makrizi nella Topografia dell' Egitto , venendo a parlare dell'osservatorio che fondò al Cairo il me- cenate Afdh al r anno cinquecento tredici (HÌ9-86), e il califo Amer spiantò a capo di sèi anni, novera tra gli astronomi che v'erano condotti a stipendio, il geometra siciliano Abu-Mohammed-Abd-d-Kerìm , '

. ' Tarikk-^-Eokemà. Ho accenoato nel Lit)rQ \\\ , cap. V, p. 100 del vo- larne,, r articolo sopra EIropedocIe. U testo di tutti gli estratti di Zuzeniè or* inai pubblicato néih Biblioteca Arabo^Sicula , p. 613, seg. Nella biografia d'Arébimede, si rìferlsce at grao Siracusano il disino delle digbe'e ponti che dettero abilità a coltivare gran tratto della valle del Nilo nelle inonda- zion.i dicbe fecero cenno gli antichi (veggasi Harles, Biblioiheea Grceea, tomo IV, p. 172); e gli si aitribuiscono molte opere genuine o spui'ie, e tra le seconde, credo lo, un "Discorso su gli orologi ad acqua con sone- ria" che Casiri erroneamente suppone significare il biaderò, (Biblioiheea Arabico^Hispanà , tomo I, p. 383.) Di Corace ^j il noto aneddoto col discepolo non trascrivendo il nome, ma traducendolo Ghordb (Corbo,K.9f»e^), e agglugnendo che egli fu greco dell' Isola di Sicilia. Arcbimedeed Bmpe- docle si dicono greci senz* altro. >

3 Kitàb-el-^ewà'ii,, ecMz^^di Bulàk , tomo 1, p, 127 ,,e Bella Biblioteca

|8«c. X. xi.| 464

esQle ch'ei sembra dopo il conquisto normanno. Ibo- Kattà', neir Antologia dei poeti siciliani , trascrìvendo alcuni versi di Abu-Hafs-Omar-ibn-Hasan-ibn-Kùni con dae righi di cenno biografico » gli die lode anco di geometra ed astronomo. Il titol che aggiugne di Kàtib, ossia segretario; mostra che quest'Omar il fa in alcun oficio pubblico, forse nella segreterìa di Stato. Del quale se i versi d'amore sòn troppo. geometrìe!, v' ha uno squarcio d' elegia che direbbesi scrìtto da stoico romano anzi che da credente arabo: si sde- gnoso il pensiero, alto senza puntello di religione; ed anco semplice e grave nella forma; se non forse p^r due bisticci che il poeta incastrò neir ultimo ver- so. ' Ibn-Kattà' similmente fa ricordo del Segretario Abu-Abd-AUàh-Mohammed-ibn-Hasan-ibn-Kereni/ ^astronomo, aritmetico e poeta/

Che la matematica e r astronomia si fossero applicate in Sicilia a studii topografici, non si può negar affermare. In vero scorgiamo uóa bella.

ÀralMHSieula , p. 069. Una versione di qnesU) squarcio, per M. Caussia de Perceval si legge nelle Notieet el ExlraiU des MSS-, tomo Vili, p. 33, segg.

' Estratto della Dorm-Ehatira (Perla Egregia ec.) d* Ibn-KaUA*, inse- rito nella Kh^rida d* lmftd-ed*dln , Biblioteca Àrabo-Sicula.UdSXóy p. 596. I versi leggonsi nei MSS. della Kharida, di Parigi, Ancien Ponds, 1375» log. 43 verso, e dei Britisb^Musenm , Bicb. 7593, fog. 35 recto. Ecco i tre deli* elegia cbMo cito, scritta non sappiamo per quale personaggio.

* Alla morte (opporMcn) ciò cbe nasce, non alla vita: V uomo non è cbe ostaggio di essa; / ^

"Diresti gli anni suoi {fòglio) di cui si spiegbi un lembo, fincbè so- pravvien U morte e sei ravvolge.

* chi impreca al tempo non 1* intacca, na; ma quand'osso scocca (suo strale)- non fallisce mal il colpo."

s Ovvero i£enif. L'uno e F Altro è nome di tribù; e il secondo ancbe etnico, da un viliaggio presso Bagdad. ^

> H/^liofeca krii6o-Siciils, t'esito, p. 395.

465 [Sec. X. xi.i

correzione della postura dell' isola rispetto air Affrica. Ibn-Haukal Bel decimo secolo sapponea la Sicilia guardare dritto Bugia, Tabarca e Marsa Itharez (La Calle); cioè la. spiogea due gradi più a ponente/ Ibn-Iùnis, il celebre astronomo del Cairo, alla fin^ del decimo secolo, con errore contrario la tirava ,dieci gradi a levante di Tunis. ' Ma una notizia anonima che leggiamo in lakùt e par si debba riferire a sor- genti siciliane dell' undecimo secolo, pone vicinis- sin^a alla Sicilia tra le terre d'Affrica l'antica Clipea presso il Capo Bon, aggiugnendo correr tra quella e l'isola cenquaranta maglia, ossia due giornate di navigazione coni buon vento, e, da un altro lato, lo Stretto del Faro misurarsi due miglia, dove r isola pili s' accosta alla terraferma. ' Donde parmi che la correzione sopraddetta si debba riferire ai navigatori siciliani ed affricani, non agli astrono- mi; tanto più che lo sbaglio delle longitudini non si potea riconoscere da privati senza un osservatorio fornito di quegli smisurati stromenti che gli Arabi fìiron primi a costruire. Ignoriamo in quàl tempo visse chi immaginò X isola triangolo equilatero,

' Mo'ffem, nella Biblioteca Arab<HSi6ula , p. ilO. Qaedta passo ser- batoci da lakùt, manca, come tanU altri, nei MSS. d' Ito-Hankal che ab- biamo in Europa. La carta di Istakhri lo cònfehna pienamente.

? Si vegga la tavola delle longitudini e latitudini pubblicata da Lele- wel nell'Atlante della Gtographié dumoyen'^e, Bruxelles, 1850. Ibn- lùnis, nella lista delle posizioni geogra6che (p. 4) segna le seguenti :

Sicilia (fòne a Palermo) long. 39<* Ut. 39<»

TttDis 29® 33»

"^Kairemn! . . . 3i« 31® 40'

Tripoli d* Affrica 40« 40' 33*»

s Kò'gem, nella Biblioteca Arabo-Sicula , p. 1(5. del testo dove si allo Stretto il nome di Faro.

11. 30

[Scc. X. XI I 466

misurandovi sette giornate di cammino da un ver- tice air altro. ' Ibn-Haukal s* avvalse forse delle nozioni che correanó nel paese e avvicinossi al vero quando assomigliò la Sicilia a triangolo isoscele con la punta rivolta a ponente, ' la base di quattro gior- nate, e ciascun lato di sette.'Bekri ne fé' triangolo scaleno, troppo largo alla base, di cencinquantasette miglia , con censettantasette di lato maggiore e cin- quecento di perimetro. ^ Altri die il giro di quindici giornate. * Infine una misura che sembra oficiale e deirundeciroo secolo, portava undici merhele o diremmo stazioni di posta, da Trapani a Messina, e tre giornate di larghezza ; * onde s' argomenta

' Op. cit.) p. iU.

* IbD-HaukaU op. cU., p. 110, il qnal passo si trova soltanto nel Mo'gem. Ibn-Haukal non conoscea forse le carte greche rifatte dagli Àrabi dopo Hamùo, poiché T opera geografica eh' egli amento e corrèsse eoo le proprie osse'ryazìoni era quella dMstakhrì; della quale abbiamo il MS. pub- blicato In fae-Hmile dal Dottor Hoéller col titolo di àiber Climàtum, Golhae» 1839, in 4». Quivi , a p. 59, si trova il disegno pia primiliTO che si possa immaginare del Mediterraneo : lo spaccato di un orciolo, nel quale li collo aiBgura lo stretto di Gibilterra e la pancia è piena di tre palle che rappresentane la Sicilia, Creta e Cipro, fi circolo della SicAia s' avriciiia alla curva che sIgniQca la costiera d'Affrica, ad un punto ove è scritto 'Tabacca. "Questa figura ridotta alia metà, si ritrova anche neU' Atlante della Géograpkie au moyen-àgt, del dotto Lelewel, tavola terza. Un'altra figura vieppiù strana, a p. 25 dell' ediaione di Gotha, spinge la Sicilia a levante verso Tripoli.'

. ^Journal Àti^ttque, IV«série, tomo V (1645)» p. 9l> e Arehivio Siorieo Italiano, App. XYI , p, 31.

^ Squarcio riferito Ibfr-ScebbAt, il cui testò si vegga oella^iMio- teca Àrabo^Sieula, p. 210.

s Mo'gem, op. cit., p. lU.

* Op. cit., p. lisi. La merhela, "cavalcata* ossia quel tratto di strada che si percorre d' un flato, è misura itineraria degli Arabi, un po^aga, e diversa secondo i luoghi. Edrisi nella descrizione dell' isola, Bibliotèca Àrabo-Sicula , p. 48 del testo, ragiona la merhela leggiera a diciotto miglia in circa. Così gli il rilievi da Messina a Trapani secondo il miglio di Sicilia del tempo di Edrisi che risponde al miglio romano e all'attuale

467 (Sec. X, IX. 1

che manrassero i rilievi di poeta nella riviera orien- tale, e le distanze perciò ritraessero il manco made che si potea dai viandanti. La somma è che i dotti siciliani stadmronfo piuttosto la geografia de- scrittiva dhe la geografia matematica del sùcflo ov' erano* nati.

Lo S(feikh Aba-Saìd-ibn-Ibraliim , detto il Ma- ghrebino e il Siciliano, compilò un libro di terapeu- tica , del qaaie v' hatmo due codici , ad Oscford e Pa- rigi. S'intitola il. primo Ausiliare alla guarigione d* ogni sorta di morbi ed acciaochi; * e il secondo Tac- cuino* dei medicamenti semplìùi: nmc^ opera, della

di Sicilia, tornerebbero a 498 miglia. Ma ragionando la merhela a Tenti mi- glia, qaella misura sarebbe quasi esatta, poiché gli itinerarfi della posta di Sleiìia del f83d» portavano 172 mlgUa a oa\«!k> da Messtaa a^PalOrmo per le Marine, e 68 da Palermo a Trapani per via rotabile, -eh* è necessariamente più lunga. Secondo lo stesso Èdrisi, la giornata di cammino, diversa dalfa ' merMa,era da 24 a 56 miglia , e io media SQ. 11 mìglio attuale di Sicilia risponde a 1487 metri; il romano si ragiona 1481 o 1475.

'* Catalogo della Bodlejana, no DLXIV (Maish. 175], MS. del 1654 deir egira (1624«-5). La voce che ttaduco.' Ausiliare'* sanifica prqpDia- mente "Colui che rende prospero un successo.* La voce " acciacchi " è tt*asi:tittfi, non che 'tradotta. Il teato ha il plorale ^i Setaftma, con 1* arti- colo at'Seiakwa , donde parmi derivato acciacco,

* Trascrivo anche questa vóce. Takwim, in arabo vuol dire designa- zione dì prezzo, annotazione precisa e indi libretto di appunti. Questo MS. anéhe moderno , ma senza data, è segnato nella biblioteca Parigina, Ancien Fonda, lOSfT. DI certo s'è perduto nella nuova legatura, una trentina d*anni fo, il titolo che si legge nei catalogo stampato e in un fpglio di mano del maronita Ascari: " Takwim al Àd&uiat alMofreéat,^ Il nome dell' autore è scritta diverso da quello diOxford: 76ra^ii»i^efiHi&^-5is<d^l^]fo^fr»-0l- Olofj; ma forse portava Ibn^lbrabim e Stkilll In vece di Olaij , come lesse Ascari.

nel rlAianente non solo i due MSS. sono identici al modo di prima -e seconda ediziontt colrretta, ma la seconda ediistone eor^e anche sotto il titolo di "Ausiliare pei Medicamenti semplici, *' poiché Hagi-Khalfa, édi- aìotté FlfiegeH, tomo IV, p. 183, I1S,I45, appunto questo ad un'opera di etti Ignorava 1* autore, la quale comincra con le stesse parole del MS. di Pflri«t. HprlneSpio dell' introduzione con le varianti dèi due HSS. si legge nella Biblioteca Arabo-Sicula , p. <094, seg. , del testo.

iSec.X.XIl 468

quale il manoscritto bodleiano parmi il primo detta- to, e il parigino la seconda edizione, corretta e sem- plificata. Considerato, che vogliansi adattare i medi- camenti alle particolarità degli individui e dei mali; e che fin qui le opere di materja medica siano state compilate secondo ì nomi dei semplici o delle malat- tie , r autore si propone di presentar V uno e Y altro ordine uniti insieme a colpo d' occhio per sussidio di memoria al medico. Fa dunque un volume di tavole sinottiche , notando nelle linee orizzontali ' ciascun semplice con sue qualità ed usi, secondo le divisioni che fanno le linee verticali o vogliam dire colonne. Pon quattro classi di malattie; del capo, degli organi respiratorii , degli organi digestivi e del corpo tutto; e poi nota nella linea orizzontale denominazione tecnica della infermità. Tratta soltanto dei medica- menti semplici i quali son messi neir ordine dell' an- tico alfabeto detto Abuged,^ seguito sempre dai medici e matematici arabi. Nella introduzione si discorrono con dotta brevità i principii generali della materia medica. '

' Abbicci 0 meglio il greco a, 6, 7, (^, che era r ordine antico degli Arabi , « in faui presero da quello le notazioni oomerali In lettere.

' Ecco le robricbe delle colonne vertlcaU nel MS. di Parigi. 1 . Nome dei medicamento. 2, Qualità (se vegeubileec.). 3. Specie diverse. ; 4. Quale specie sia da scegliere. —5. Natura (se. caldo, freddo, secco ec.). ^ 6. Fona. 7. Indicazione nelle malattie del capo. ^a. ìd. degli organi respiratorii. 9. Id. defili organi digestivi. 10. Id. generali del corpo. it. Modo di adoperare il medicamento. 12. Dosi. 13. Effetti nocivi. 14. Come ripararvi. 15. Surrog^ati. 16., Numera progressivo. Le co- lonne 7, 8, 10, sono molto più largbe che le altro. Nel MS. di Parigi le sedici colonne prendono ambe le facciate delllbro aperto e v'ba cinque senH[>liciy ossia cinque divisioni orizzontali, in ciascuna. Il MS., cbe finisce al fog. 122 redo, ba l'ultima pagina in bianco, s\ cbe vi mancala con- cbiusione e forse alcuno degli ultimi ariicoli.

469 [Sec. X.XI.I

Spedito ed utile masuale, il cui linguaggio tec- nico, le divisioni, le teorie e qualche tradizione greca che s' accenna nella introduzione, rispondono al corpo di dottriue mediche che possedeano gli Àrabi neirundecimo secolo, qual si vede nella famosa compilazione d' Avicenna. Il riscontro col Canone ci conduce inoltre a supporre contemporaneo o anteriore ad Avicenna (980-1037) il Siciliano Abu^-Saìd, il quale afiTerma ninno avere steso prima di lui tavole com- parate di rimedii e malattie; e noi le troviamo appunto nel secondo libro del Canone. ^ D' Abu-Sa'id non avanza alcun cenno biografico.'' Tuttavia menzo- gna né plagio non son da sospettare, quand'ei fa ca- tegorie patologiche diverse da quelle d' Avicenna ; e un catalogò di semplici molto minore , dove pur se ne trova di tali che mancano nel Canone, ed è di- versa la disposizione dei nomi identici. Se imitazione v' ebbe, par dunque T abbia fatta Avicenna da Abu- Saìd, o ch'entrambi abbiano attinto alle medesime sorgenti, e recato nelle esposizione della materia me- dica quel genio simmetrico degli Arabi, senza coiio- scere i lavori V uno dell' altro in regioni si lontane. Se non che il manuale apposito del Siciliano fu ec- clissato dal trattato generale del Persiano, al quale poi si è attribuito, come a Tolomeo, Averroés ed

* Si vegga la bellissima edizione d' AviceoDa fotta a Roma il 1593 , coi caratteri Medicei, p. 134, segg. Avicenna 800 semplici, Abu-' Sa*td S45. Entrambi li pongono nell* ordine alfabetico dell* Abuged ; mii 1* ordine secondario in ciascuna lettera iniziale è diverso. Del resto Avh cenna compose qaèslo capitolo in tavole, come Abu-Sald , ancorché nella edi^one romana, per guadagnare spazio, i cenni ch'erano in colonne sian messi in continuazione.

lSee.X. Xl.J 470

altri compilatori aolìchi e qkkI^oì, tutto T onor delle dottrme.eh* egli coordinò ed espose*

Più che Abu-SaYd meritò d^Ua scieD^a il SiciUaDo Ahmedribn-Àbd-es-^Selàm , sceriffi), eh' è a dir delist stirpe d'Ali, autore d'un trattato di mediciua cb^: ser- basi a Leyde ed era intitolato: U libro, dei fmdiei m tutte le malattie dai capo alle piante.*^ Lìmitaur- dosi ai medicaidenti semplici, che i comf^^tì^dice egli, difficilmente riescono mai né' certo lo speri- mento, Ahm^^d breve accenna i rimi^dii indicati se- condo le diagnosi; non tacendO' le cred^ze volgari e contrapponendovi i dettami dei maestri greci ed arabi e sovente la propria esperienza. Divide I-opera in venti capitoli ; da alcuno dei quali che ho percor^ so, specialmente il paragrafo su T idrofobia, U Libro dei medici mi sembra ricco di osservaióoni, dettato con; quella savieizza sperimentale che si fa scorta deUe teorie e eh' é sola viia dritta in quest' arte. Ma pi^no giudizio non ^e ne potrà dare, se la storia deUa medìòifia appo gli' Arabi non ^ia meglio studiata che al presente^ e se eruditi medici noa approfondi-

* MS. della Biblioteca pubblica di Leyde, deiraoDO 899 dell* egira, (1493), no 41 , segnato nel Catalogo del 1716, no 727, p. 440. Il titolo hi arabico che leggiamo nel catalogo non si trova più nel MS. lo T ho pubbli^ calo con la introduzione e la tavola dei capitoli nella Biblioteca Arabo- Siculo, p. 697 del testo.

Ecco, la tavola dei capitoli: ì. Medicamenti semplici giovevoli contro la cefalgià ; 2.... contro le malattie degli occhi; 3.... degli orecchi; 4.... del naao; 5,... della bocca; 6^.,. della gola e del collo; 7-.. del fegati e ideilo stomaco; 8.,.. degli intestini e purgativi^ 9.... del- sedere e tumori che vi nascono; 10*.. . delle reni; U...^ della vescica; 13»... desfi oi^gani oiaAchtH; 13.... 4ella matrice; 14»... delle articolazioni; 15<.... ferite; 16«... tumóri è pustole (&tt/Aur, donde i butteri del vaiolo),; 17.>.. malattie polmonari; 18.*.. Febbri e mar aria ; 19.... Veleni e morsioatiire. di animali ;'^m.» So- stanze proficue alla sanità generale della persona.

471 [Scc.x. xi.|

scano quesV opera, la quale a prima vista. sembra di gran momento. Àhmed ne compose un altra, forse tf igiene, intitolata: Conservazione della sq^lute ; àiwìsdi in ottanta capitoli e dedicata ad un Àbu-Fàres-^Àbd- el-Àziz-ibn-Ahmed ; della quale tanto sol sappiamo da Hagi-Khalfa, e che T autore si appellava Siciliano e TunisÌBO. ^ Di lui non troviamo cenno nelle biografie dei medici arabi; talché dobbiam lasciarlo tra quei d'età incerta, non potendo affidarci ad an barlume cbe ci condurrebbe air ultima emigrazione dei Musul- mani di Sicilia, sotto Federigo secondo imperatore. ' Visse di certo nella dominazione musulmana Àbu- Abd-Allah-Mobammed-ibn-Hasan-ibn-Tazi , poeta e letterato di gran fama in Sicilia , al quale Ibn-Kattà' appellazione di medico, senza dirne altro;' e noi ne riparleremo tra 1 poeti con V onore e il biasimo ch'ei meritò. Del rimanente questo picciol numero di medici, le cui notizie ci pervengono come per caso, non prova che la scienza fosse trascurata in Sicilia.

' Scarsi al paro i ricordi di cui segui la filoso- fìa antica, che gli Arabi chiamarono col proprio pome greco: e diceano Kelàm ossia "" ragionamento," metafìsica e logica religiosa acconciate a lor modo.

< Hasi-Kbftira, JHùonurio Bibliografieo, edizione di Flaegel, tomo V, p. 75, no 10,057.

* Il mecenate ricordato da Hagi-Kbalfa non al trova tra i principi d'. Africa di Spagna; ma quel soprannome e quel nome proprio , spes- seggiavano nella dinastia hafsita di Tunis che surse in principio del Xlli se- colo. Si potrebbe dunque supporre uom di quella fòmiglia che non avesse regnato lasciato memoria di negli annali politici.

B !màd^ed'dlD« Kharida, nella Biblioteca Àrabo-Siculat p. 589, dei testo. Questa notizia trovandosi neil* Antologia d'Ibn-Kattd', il poeta fu anteriore al principio del XH secolo.

ISec. X. XI.| 472

I filosofi , spesso perseguitati in vita e dimenticati dopo morte, non toman a galla nella storia lettera- ria degli Àrabi, se non li spinge su qualche vesti-- mento più leggiero: poesia o filologia. Cosi ci vien trovato nelle biografie dei linguisti di Soluti , un: Sa'td-ibn-Fethùn-ibn-Mokram da Cordova, della il- lustre gente dei Togibiti, grammatico, filologo e scrittor di due trattati di versificazione; dato anche, dice Soiuti, alla filosofia. Fu costui contemporanea del terribil ministro Ibn-Abi-'Àmir, detto Àlmanzor, protettore delle lettere, persecutore delle scienze antiche ; quel che bruciò i libri di filosofia ed astro- nomia della biblioteca di Cordova. Saìd, accusato non sappiamo se di scetticismo ò ribellione, forse sen- z' altra colpa che il nascer di scliiatta possente e temuta, fu chiamato da Àlmanzor, interrogato seve- ramente e messo in prigione. Poi lasciaronlo andare in esilio; ed elesse la Sicilia, dove passò il resto .de' suoi giorni , alla fine del decimò o principio del* r undecime secolo. *

Primaria scienza sacra appo loro la lettura del Corano, la quale portando seco interpretazione, riesce a gravi conseguenze legali, dommatichè e morali. Fu dettato il Corano quando tra gli Àrabi contavasi a dito chi sapesse scrivere; a gram- matica si pensava pur anco ad ortografia. Poscia Othmdn neir edizione canonica eliminò i luoghi apo- crifi, le frasi estranee al dialetto coreiscita, ma non

< Soiuli, Tabakdt-el'Loghewin, nella Biblioteca Arabo-Sieula , testo, p. 674. Almaozor tenne V oficio di primo ministro o piuttosto lo scettro della Spagna dai 976 al 1001.

473 [Sec.X. Xl.J

potè mettere in carta la sacra parola con segni più perfetti che gli Arabi non ne possedessero. Cioè che notavano precise tanto o quanto le consonanti/ e delle vocali sol quelle rinforzate da accento, e non pur tutte: donde T ambiguità di tanti vocaboli che non sono distìnti se non dalle vocali, di tanti periodi varii di significato secondo i modi grammaticali che si accennassero leggendo.* Il testo dunque sendo scritto, come oggi diremmo, in cifera di stenografia, ba- stando averlo sotto gli occhi per saperne appunto il tenore, era forza supplirvi con la tradizione orale e con le regole della grammatica. Indi i Lettori, i maestri di Lettura )i trattati e anche poemi didascalici, le sette scuole principali di lettura e non so quante seconda- rie, gli arabici assottigliamenti in cotestà novella scienza ; e s' arrivò a notare il Corano con segni più presto musicali che ortografici -.lettere, punti, lineette, sigle che si dipingeano a varii colori intorno gli arcaici caratteri negri del testo d'Othmàn, e prescri- vean le pause, le modulazioni e oficio dell' a, le arti- colazioni da elidere o permutare e simili.

< OgnuD sa che molte consonanti non si distinguono altrimenti che pei punti messivi sopra o sotto; e che la scrittura monumentale chiamata Cufica non ha punti , il che la rendè spesso incerta. Ma il carattere neskhi punteggiato si usò fin dal primo secolo dell' egira , com' or lo pro- vano varii monumenti; par che negli esemplari del Corano sia caduto mai equivoco su le consonanti.

, * Questi si accennavo con vocali e anche consonanti. Ma ipolte conso- nanti prescritte dalle forme grammaticali non si notavano allora, come il provano gli antichi esemplari del Corano. Si veggano i lavori di M. De Sacy, Notices et Extrqits des MSS., tomo VII! , p. 290 segg., 355 seg., e tomo IX, p. 76, seg. La lista delle lezioni arcaiche o erronee che voglian dirsi, delle copie primitive dèi Corano , è molto più lunga, come si vede nei frammenti su Pergamena che possiede la Biblioteca di Parigi, Suppl. Àrabe.

ISee. X. XI-l 474

Fa dei più rinomati Lettori d^l Corano al suo tempo AM-er-Rahmàn- ibn-Abi-Bekr-ibn-'Atlk-ibn- Kbelef da Siracusa, detto IbnT-Febbàim (U figlio del Carbonaro), nato il quattrocencinquantaqualtro (1 062), uscito, eòm' è probabile, alla presa di Siracusa, T ot- tantotto (i 095), e morto il cinquecento sedici (1 1 22-3). Andò cercando in Oriente i dottori principi della Let- tura; praticò con parecchi d' Egitto; e soggiornò, forse die studio, in Alessandria, essendo stato chiamato lo Sceikh Alessandrino. Compose il Soddisfacimento a chi btami saper bene le Sette Lezioni, e La Gemma Solitarie^ d' Ibn-Fehhàm su la Lettura: com' è vezzo degli scrittori arabi di porre titoli millantatori e avviluppati, purché sembrino bizzarri. Si ricorda inol- tre un suo Commentario su i Prolegomeni Gramma- ticali d' Ibn-Babe^cidds : che grammatico ei fu anco e giurista, e poeta. Abbiamo, solo avanzo de' suoi scritti, qualche verso, elegante di lingua e stile, stu- diato di immagini, se il raccoglitore non trascelse appunto gli squarci ampollosi per dare un bel sag- gio.' Nella poesia erotica d' Ibn-Fehhàm è tenerezza

< Si riscontrino : Iqo&d-^d-dtn, iu^arlcfa, squarcio tolto da Ibn-Kattà*, nella Biblioìeca Àrab(h-Sicula, testo» p. 598; D^eliebi, Anbd-en-Nohàr , op. cit., p. 645, ed tlagi-Kbalfa , edizione di Fluegel, tomo II, p, 209, no 2472, tomo VI, p. S6, no 12,632, e p. 70, no i 2,752. H nome è dato diversamente, ma si vede T identità della persona.

Nella Kharida troviamo dodici versi di questo autore. I primi quattro son cavati da una elegia d* ignoto argomento; se non che vi leggiamo :

*Ed entra (il nemico o l'esercito ec.) in un deserto che ba abitatori: entra come il mare; se non cbe gli manpaTonda amara.

" Vedresti lor lettighe da camelo piene di nemici che portan via la preda, navigar quasi galèe su le teste degli abitatori.* MS. di Parigi} Ancien Fpnds, 1375» fog^ 49» v. 7, e del British Huseum, fog. 57, v. 7.

475 ISec.X.Xl.l

e delicatezza d'affatto non comuike/ H disiógaono d' uom battuto dall^ fortuna gli dettò un epigramma, contro il suo secolo, ma la saetta arriva fin qui.*

Segnalossi nella medesiipa scienza Abii~Tà- her-Ismail-ibo-Eelef-ibn-Saìd-ibn- Amràn , autore d' un trattato in nove volumi su le forme gramma- ticali ' del Corapp, e d' un soouBario intitolato Cenno JM la Lettura: dov' ei messe a riscontro te Sette Lezioni f con dettato conciso da potersi tenere a mente, 'facile agli scolari, bastante anco ai dotti. Libro rinomato ai tempi d Ibn-^Kallikàn, comentato poscia da molti e rimase in onore fino al decimoset- timo secolo, quando ne lode Hagi-Khalfa. Com- pendiò inoltre questo Ismail un' opera , credo teolo- gica, intitolata L' Argomento, di Paresi. Fu nove- rato tra i pritni letterati dell' età sua. Ibn-^Khallikàn, su k fede dello spagnuola Ibn-Baskowàl, gli per patria Saragozza; Soiuti lo ricorda coi due nomi di Siciliano e Spegnuolo; ed Hagi-Kbalfa alternst l' uno e F altro. Secondo tutti, fa Ansdriy cioè oriundo di Medina, e mori il quattrocentocinquantacinqae (4063),

* *Le glUo uno figaardo furUvo, Umendo per lei gli appantatorl e le spie.

vorrei iamentarmi seco di questo immeoso affeUo, ma non oso; Unto è il mio pudore I

'Quàntanqoo ella sembri avara dell' amor suo , tutto io le (lono il mìo e la candida amisiti.

* E nasconderoile» quand^anco ne dovessi morire > Tincendlo di dolore che m' ba messo {in seno) * MSS. cit.

' "Non domandar agli uomini del secolo cba operino secondo giusti- zia : da ciò li scusano i costumi del secolo e degli uomini.

* £ se vuoi cbe duri 1* amisià col tuo compagno, studiati a chiudere gli occbi su quel eh* ei fa. ' MSS. ciU

s 'Iràb, è la dottrina delle mutazioni grammaticali dei vocaboli, asirazion fatta della sintassi cbe si chiama tfohw. '

[Secolo xi.| 476

in Spagna, credo io, dov'eglì si fosse rifuggito, lasciando la Sicilia quando caddero i Kelbiti, o in quel torno/

Visse tiella generazione seguente, e forse uscì di Sicilia al conquisto, Abu-Amr-Othmàn-ibn-Ali- ibn-Omar da Siracusa, discepolo d'Ibn-Fehhàm ia lettura e d'altri rinomati professori ih tradizione, uomo di molta dottrina a giudizio del dotto Siléfi che usò con lui; autor di varie opere di lettura, grammatica e versificazione, linguista inoltre e poe- ta, il quale tenea scuola di lettura del Corano nella moschea d' Amru ' al Cairo vecchio, verso la metà del duodecimo secolo.' L' età non sappiamo di Abu— Abd-AUah-Mohammed-ibn-Haiun, siciliano, che scrisse al dir di Casiri un'appendice alla Parafrasi poetica del Corano , di cui v' ha un codice alF Escu- riale.* Vengon poscia i Lettori che non lasciaron opere,

■* Si confrontino: Soiuti, Tabakdi^l^Loghewin nella Biblioteca Arabo-^ Sicula, testo, p. 675, 674; Hagi-Khalfa> edizione Fiuegel, tomo I, pi 356, no 926, e IV, p. 284, 8398; e Ibn-Khallikào , edizione del WUs- tenfeld. Avvertasi che Ibn-Besckow&l , secondo H MS, della Sociélé AHor tique di Parigi, il solo che io abbia potuto consaltare, noi ilice di Sara- gozza, ma soltanto spagnaolo; fa menzione dell* origine di Medina. Potrebbero esser dunque due Ismail-ibn-Khelef, V uno spagnuolo e l'altro siciliano.

^ Così lachiamano gli Europei. Si pronunzierebbe più correttamente Àmr.

' Si confrontino: Dsehebi, Ànbà-^n^Nokà nella Biblioteca Arabo^Si- mia, testo, p. 647, e Soiuti, Tabakàt^l-Loghewin , op. cit., p. 676. Hp corretto secondo Soiuti il nome che in Dsehebi si legge Omar-ibn-Ali ec. Argomento l' età da quella del suo maestro Ibh-Fehbàm, lodato di sopra, e del celebre tradiziònista Silefi, morto il 1180, il quale al dir di Dsehebi conobbe Omar^ibn-Ali al Cairo Vecchio.

* Casiri, Biblioiheea Arabico-Hispanaf tomo I, p. 501, trascritto dal Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 237. Ma Casiri non in arabico il nome dell'autore, il titolo del libro. Dice il primo oriundo siciliano e nato a Geuta, avendo letto al certo Sikilli e Siiti; che potrebbe signi-

477 (s«c. X. xi.|

tra i quali si ricorda Kholùf-ibD-Abd-Allah da Barca, dimorante in Sicilia alla, metà del quinto secolo del- l'egira, dotto nelle due parti della grammatica cioè forma e sintassi , non digiuno delle scienze filosofi- che e morali, e buon poeta al dir di Dsehebi.' Lettore e tnoralidta Abu-1-Kàsim-Abd-^r-Rahman-ibn-Abdr el-Ghani; lettori anco Abu^Bekr-'Atlk-ibn-Abd- AUah-ibn-Rahmùn della tribù di Khaulàn, passata in Siria e Spagna nei primi conquisti degli Arabi, ed Abu-Hasan-Ali-ibn-Abd-el-Gebbàr-ibn-Waddàni, il qual nome lo mostra oriundo d' Affrica. Tutti e tre poeti e vissuti nel decimo o undecime secolo; ì pochi versi dei quali, che trascrive Imàd-ed-dfn, mi sem- bran di pulite forme , e battono su la instabilità d^Ue .cose umane e consolazione 'delle sventure, tema grato ai Musulmani.* Nella prima metà delF undecime secolo, levò grido il Lettore siciliano Abu-Bekr-ibn- Nebt-«1- Orùk , si che un valente giovane spagnuolo, che poi meritò importanti ofici in patria, tornando dalla Mecca e dall'Egitto dove avea compiuto gli studi! , fermossi in Sicilia a ripigliare quei di lettura

.ficare * Siciliano stanziato a Geota" o al rovescio. Duolmi che le difiScoIià deli' Escariale e le mie» mi abbiam tolto di andare a studiar qoesto Mano- scritto , come ho fatto di tutte le altre opere d' Arabi siciliani.

* Op. cit. , p. 644.

' Im&d-ed-dln, Kharida» estratti dalla Dorrà d* Ibn-Katt&', nella Bi- ' blioleea Arabo-Sicula , p. 597 , 597 e 592. Del primo abbiam due versi tolti da un'elegia ed un epigramma in altri due versi; del secondo due soli versi; ed altrettanti del terzo.

Ecco Tepigramma di 'Atìk, nella Kharida, MS. di Parigi, fog. 46 verso , e del Brilisb Museum, f. 55 verso.

'Non temer {il soggiorno) di un poderetto presso picciol paese; cbè li dove si respira , mangerà.

''Iddio scompartisce il nutrimento a tutte le creature, e il tribolarsene è da stolto. "

[Sec. X. Xl.| 478

coranica con questo Àbu-^kr, e del dritto oob Abd— el-Hakk-ìbii-Harùii.' Si ricorda infine tra i Lettori il grammatico, linguista e poeta Àbtt-6ékr-M<Aattimed— ibn-Àbd-AUah che volentieri direi venitlo d' Affrica in Sicilia,* finito pazzo, se ben m* appongo a quel che ci narran di lai. In sna vita d' austera morale e uggiosa pietà, gli veline visto un giovanetto figlio d'alcun capitano o regolo dell'isola; e non osando svelare il bratto pensiero che gli nacque, trafitto di dolore, si fece pelle ed ossa; il sangue, dirómpendo dal fegato, che gli Arabi tengon sede delle passioni, gli offese il petto, lo portò via, scrìve Dsehebi, dia questo alV altro mondo, innanzi tempo. Con altro giudizio che quel degli Arabi , si direbbe che la con- sunzione gli turbò il cervello, il che pur suole avve- nire, e com'uomo nudrito negli scrupoli immaginò tal peccato eh' ei non avea. vale la snià propria confessione in eleganti versi, degni di men tristo argomento, i quali incominciano col dubbio eh' ei f3sse fuor sé, e si chiudono con affrettare la morte.'

< lbn-Be$ckowà1, op. cit. airarticolo: Kbelef-ibn-lbrahiin-iba-Khelef, soprannominato Ibo-Hass&r, il quale nacque il427 e morì Ì1511 (1036-1117).

* Ancorché le due sorgenti della sua biografia lo ctilamino entrambe SlkHIi, pure Imftd-ed-dln lo mette tra 1 poeti dell'Africa propria» senza spiegare il perchè.

' Si riscontrino: Im&d-ed-dln, KhaHda, estratto disila Dùrm d'ibn- Rattft*, nella Biblioteca Arabo-Sieula , p. 604 del testo , e Dsebebi, Ànbd^ en-AbAd, op. cit. , p. 647. Il primo il nome di Vobammed fbn-Abl- Bekr , il secondo di Abu-6ekr-!iohammed-ibn-Abd-Allah ; ma la supposta causa della morte, raccontata da entrambi con poco divario, non lascia dubbio su r identità della persona. 1 Tersi-, cbe son sette, si leggono nella Kharida, Il misero pazzo dice che versava a tm tèmpo lagrime e sangue; e finisce coél:

'Oh! sventura , amici miei, fui ferito; e non v'accorgeste, die mi fiedean le spade di due pupille,

* 11 fegato mi si è versato nel petto. E fino a quando vedrò alternar

479 [fi€c. X. xi.|

I detti e pratiche di Maometto, raccontati con sommò zelo dai contempoiranei, messi in carta da quei che vennero appresso, sono, come ognun sa, la seconda sorgente delia dottrina musulmana nelle scuole ortodosse ; se non che Y ampia raccolta non fu mai compilata in forma autentica , non porta a quel che i Musulmani chiainan precetto divino, e i dottori, secondo Jor giudizio, ne accettano è ricusano, eser- citando la critica non meno su F autenticità, che su la interpretazione dei vocaboli antiquati e frasi oscure. Studio vasto che die origine a scuole mal note runa all'altra, e condusse i tradizionisti a lun- ghe peregrinazioni qua e là, dove fosse alcun rino- mato dottore o chi aveva appreso da lui. Fanno le tradizioni importantissimo corpo di dritto pubblico, civile e penale , e disciplina religiosa ; avvegna che preveggano alla spicciolata a tanti casi non contem- plati dal Corano: onde la tradizione è preparamento necessario, anzi parte integrale della giurispruden- za/ S'ei fosse da stare ad una conghiettura dell'eru- dito lakùt, avrebbe preso soprannome dalla Calabria un Abu-Abbas, dei più antichi critici delle tradi- zioni: discepolo d'Abu-Ishak-Hadhrami, e maestro di Abu-Dàwùd-Soleiman , che dettò il Sinan, au- torevole compendio. Ma Abù-DàwM mori Totto- centottantotto di nostr èra; onde si dovrebbe sup- porre che Abu-Abbàs-Kalawri avesse militato nelle prime squadre musulmane, che d'AflFrica, Sicilia

la mattina e la sera, crociato sempre daìi' amore ? " ItS. di Parigi , fog. 155 recto, e del Britisb Mnseum, fog. 100 recto.

« Si regga la pregevole monografia maleltita di H. Vincent , intitoiau Etudu sur la hi mmulmane, Paris, 1842, in 8^

ISec.X. XI.| 480

0 Greta assaltarono la terraferma d'It;alia (842). E non reggendo il supposto di lakùt altrimenti che su r analogia del nome etnico, accompagnandolo alcun ragguaglio di biografìa, ne rimarremo a\. questo cenno/ Oltre i giuristi che preliminarmente apparavano la Tradizione e l'arte critica di quella , parecchi dotti deir isola vi attesero particolarmente. Fin dai primi anni del decimo secolo o poco innanzi, il siciliano Abu-Bekr-Mohammed-ibn-Ibrahim-ibn-Musa , della tribù di Temim, passò in Iràk per approfondire co- testo studio che fioriva tuttavia nella capitale abbas- sida e nelle importanti città vicine. Scrisse molte opere delle quali non sappiamo i titoli, e die lezioni a Waset ; noverandosi tra i suoi discepoli alcun tra- dizionista di nome. Cólto insieme con V erudizione il mal vezzo del misticismo che spuntava allora tra i dotti musulmani, frequentò le accademie di Gioneid e Nùri, barbassori sufiti; entrò nella setta * e lasciovvi nome onorato.' Dopo T Iràk par abbia fatto soggiorno in Egitto, anziché tornare in Sicilia.*

. ' Mo'gen^'^l^Boldàn nella Biblioteca Àrabo^Sieula , testo* p. I2S, ed Aggiaote a p. 40 della Tntroduziooe. lakùt» non so su qtial fondamento» vuol che il nome " Calabria* si legga in arabico Killawria.

' Makrizi, Mohaffà\ nella Biblioteca Àrabo-Sicula, testo, p. 665, il quale non porta data; ma ce l'additano i nomi di Gioneid e Nftri, ricordati da Giami nelle Vite dei Su8ti. Abu-l-Kasim-Gionei4 da Bagdad, tenuto in suo tempo il primo veggente o visionario dell' Irftk, sagace al certo e sentenzioso, morì il 297, 298 o 299 (909-911); ed Abu-Hosein-Ahmed-ibn- Mobammed-Nùri , cbe si credea secondo solo a Gioneid , era trapassato pocbì anni innanzi. Si vegga la biografia di Gioneid, tradotta dal persiano di Giami per M. De Sacy, Notices et Extraits des MSS., tomo XII, p. 426 a 429 con le note corrispondenti.

' Par desso rAbu-Bekr Sikilli cbe Giami pone in lista,op.cit. p.400.O*al- tronde Makrizi nel cenno biografico non dimenticò r appellazione di Snfita.

* Perchè Makrizi lo cbiama Mìsri e Sikilli. Non è mica probabile eh' ei fosse nato in Egitto e venuto in Sicilia.

-^ *81 ' IScc.X.XI.l

Ignorasi Vaia del cadi Abu-Hasan-Ali-ibn-Mo- ferreg, autor di un' opera intitolata innofoistom de/ Siciliano su la Tradizione, citato da Beka'i , nel decimoquinto secolo, tra i testi ch'egli soleva ado^ perare. * DueJiberti siciliani, al cer^o degli schiavi cristiani venduti in altri paesi , ebbero nome di tra- dizionisti a Cordova,, nella seconda metà del decimo secolo: dei, quali ^ Deri;àg, uom di molta pietà e dot- trina, fu bandito per sospeWL poi itici e morì in Orien- te, dopo fatto il pellegrinaggio;' e l'altro per nome Ràik,, studiò tradizioni in Oriente e professoUe poscia in Spagna. ' S'applicò alla. legge ed alla tradizione, tenuto uom dottissimo al principia dejrundecimo secolo, l'emir Abu-Mohammed-'Ammàr-ibn-Mansùr dèi Kelbiti di Sicilia, di ramo collaterale ai due che regnarono. I frammenti poetici del quale spiran l'or- goglio guerriero della nobiltà .non mansuefatto dalle elucubrazioni legali, e ci svelano che Y autore navi- gasse a golfo lanciato tra i tamulti e le trame che s' alternavano in Palermo. *

Verso il milletrenta , si trovò in Spagna Abu-» Fadhl-Abbàs-ibn-Amr, siciliano, il quale apprese da Kàsem-ibn-Thàbit di Saragozza la spiegazióne dei vocaboli e modi disusati delle tradizioni ed insegnolla

< nagiVKhalfa , edizione FJnégel , tomo IV , p. 474, no 92*^1.

s Ibn-Besckowftl, op^cìt., al nome: Oérràg. L'età si scorge da quella d' un suo maestro in Spagna , per nome Abu-Gia'far-|bn-*Awn-Allah , «be ^ndò In petlegrihaggiT> il 342 (953). '

' Ibn-Besckowàl , op. cH. a questo nome. Un discepolo di R&ik, per nome Sald-ibn-Iùsùf Calatayud , morì il 395 (f004).

* Imàd-ed-dln, Kharìda^ estratto dalla Dorrà d* Ibn-KaltV nella B/-

blioteca ArabO'Sieula , testo, p. 595. Il titol di emiro si die per cortesìa

a tutti ì rampolli di famiglie principescbe. Mi par bene tradurre tutti i Tersi

che abbiamo di lui , alle allusioni tieì quali non troviamo riscontro nelle

II. 31

[Sec. X. XI. I 482

ad altri Spagnuoli; onde sembra stanziato nel paese/ Abu-Bekr-Mohammed-ibn-Sàbik , nella generazione seguente, uscito forse in pellegrinaggio, apparò tra- dizione alla Mecca da parecchi dottori, tra i quali pri- meggia Kartma figliuola di Ahmed-Marwazi; e in luogo di tornare in Sicilia ove non era oramai che guerre e stragi, aprì scuola in Granata; ma senten- dovi anco mal fermo il suolo, passò in Egitto; e quivi mori di gennaio del mille e cento. Lasciò in Granata desiderio di sé, e fama di gran teologo.* Son anco ricordati com' ottimi tradizionisti il Semen- tari, Ibn-Mekki, Ibn-Abd-el-Berr ed Ibn-Katlà', del primo dei quali diremo, tra i mistici , e degli altri tra i filologi. Sopra tutti s'innalzò il Mazari.

Cosi chiamato dalla città nativa e Temimi dalla

croniche; ma Vanno naturalmente tra r abdicazione di lusùf, 998, e la ca- duta della dinastia.

* Ella <aà dtcea : Ho visto uomini prodi , ma nessuna (ipada) del lemen agguagliò mai la tua.

*08o tanto ai tumulti deHa plebe, che ormai ti eredi inyulnerabile a lor sassi.

*lfa fino a quando affronterai temerario i fati, offrirai il petto alle laBoef

"Ed lo le risposi: Di toUo bo sentito parlare fin qui, fuorché d'on Xelbita vigliacco.

E scilsse ad un suo cugino questo rimbrotto: "TI credei:^pada eh' io sguainassi contro il nemico y non che volges- sila contro me nedesimo.

* Mi affaticai ad innalzarli ed onorarti; ed eccomi alfine sgarato {chiuso) in nn.carcere> non lungi dalle tue stanze. "

\ Homaidì^ ^ieuuat'^l'Moktahis nella Biblioteca Araho^Sicula , testo, p. 578. L'autore, che nacque il 1029 e mòri il 1097, trascrive due, versi di Abmed-ibn-Àbi-Moiift eh' eran passati per la bocca di Abbas-ibn-Amr nel seguente modo: 1 Àbu-Mohammed-AÌi ; 2 il cadi Ibn-Soffàr;3 Abbas- ibn-Amr; 4ThAbit da Saragozza, ec. Però il soggiorno di quel Siciliano in Spagna par si di&bba riferire ai primi treni' anni del secolo.

^ Ibn-Besckow&l , Sileif nella Biblioteca Àrabo-Sicula, testo, p. 578. Le cagioni che lo avessero distolto dal tornare in Sicilia e dal rimanere in Granata, non son dette dal biografo ma supposte da me.

r

483 [Sec. X. XI.J

tribù, per nome Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn- Ali-ibn-Omar-ibn-Mohammed, « giarìsta malekita, aom sommo, scrive Ibn-Ehallikàn , nella dottrina testuale e critica delle tradizioni. ' Celeberrimo nelle scuòle musulmane il tàno còmentario di tradizione intltoluto II maestro delle dottrine [cohténute) nel Kbro di MosUm. ' Scrisse . anco la Spiegazione dei (principii) che occorrono nello ^ Argomento dei dom- mV/* ed un commentario $ul libro intitolato II buon indiri%za, opere entrambe di teologia scolastica;* un commentario sul Manuale di Màlek che si chiama ii ilfotoo^^d;^ quattro volumi su T insegnamento del cadi Abd-el-Wehhàb; ^ ed altre di erudizione e belle let- tere :^ ma fu dotto in varii rami di scienze pratiche b speculative/ 'fin anco in medicina. Leggiamo in un

< Makrizi il noine 4' Aba-Abd-Allah-Mobanuned-lbn-BlosalIioi, (secondo, altri, aggiogne, Moslim) ibn-Mohammed , Eorelscita. Degli altn scrittori che facciano parola di hii , Hagi-Khalfa segue 11 noine dato da Ibn-Khallikàn, Sointi quel cbe ai trova in Makrlzir i rimanenti lo ehia* mano Nazari , o Àbu-Abd-Allab-Mohammed-Blazari.

* Il testo d' Ibn-Khallikan dice "la memoria delle tradialobi e il Ke- Mm, sopra quelle. * JTe/dm , oome jabbiam notato attrove, era la "scola* stìca " il metodo delle scuole teologiche. Però mi sono discostato dalla: ver- sione di M. De siane " the Manner in wbich be lectured on tbat snbject. '.

B Qui anche mi è parso che la voce "dottrine" renda il testo fewdid, più precisamente cbe la versione Ittterale inglese "good passages." Di quest'opera fan parola Ibn-Kballikftn , e Makrizi ^ e la nota Hagl-Khalfa, edteiene FluSgel , tomo II, p. $45, 3908. ^

* B>n-Khallikàn e Makrizl^il quale la dice poaitivamente di snbietto teologico.

» Makrizì.

* lakftt, nel Moseterik, edizione di Wiistenfeld air articolo : " Mazara. ' ^Appendice anonima ad Hagi-Khalfe, nella edizione di Flitegel,

tomo Vi , p. 050. no 95. *

^ Àdab, dicono gli Arabi in una parola. VSncyàìùpédie dea Gens du monde, sarebbe appo loro un'opera di Adab, la qual voce racchiude 6 . buona educazione.

> Ibn-Khallik&n lo dice MoUfennin, ossia dotto in varii rami di sapere;

|Sec. X. \l\ -— 484

comentario malekita come la gente. accorresse a consultar il Mazari da medico al par Qhe giurista, dal tempo eh' ei si die con ardore a quello studia, punto da un medico israelita, il quale, curandolo in grave infermità, gli rinfacciava: "ecco il gran dot- tore dell'islamismo in balia d'un povero giudeo, che se il lasciasse morire farebbe opera meritoria in. sua religione e grave danno ai Musulmani. E veramente per tutta l' Affrica Settentrionale i con- temporanei il tennero a luminare di giurisprudenza; si raccontò che il Profeta gli fosse comparso in so- gno, confortandolo a scrivere, i posteri lo dissero ultimo legista inventore; e Khaltl-ibn-Ishak, com- pilator dell'oscuro codice che or si osserva in Af- frica, pose il Mazari e il siciliano Ibn-Iùnis tra le quattro autorità cardinali, citate dopo la Modawwa- na, ' Il Mazari seguì in teologia la dottrina asci'arita' 0 vogliamo dire scolàstica, la quale soleva adoprare la filosofia e le interpretazioni per difendere il dom- ma ortodosso dai duri colpi che gli traeano scisma- tici e razionalisti con le medesime armi. Uscito di Sicilia, com'ei pare, al conquisto normanno, soggiornò

il furioso teologo lbD-Mo'alTim„MS. di Parigi, Suppl Arabe, 200, fog. iOO Terso, aggìugne: "e primeggiò nella scienza del detto e dello speculato. *

' Kbaresci, Vomenfo al Compendio di EbàllMbii-Isbak, Bis. di Pa- rigi, Sap. Ar. 405. foglio 5 verso. Debbo avvertire cbe simile notizia, con poco divario, mi è stata data, dall' erudito e svegliato Soleiman-Eurdi da Tunis , che ho conosciuto a Parigi , il quale ricordava benissimo il fatto della sepoltura di Mazari a Monastir, cavato, credo io, da U)n-KfaaHik&n.

' Kharesci, 1. e. Si vegga anche la versione del Khalll, Pricis dejuriS' prudenée musulmane etc, traduit par M. Perron, tomo I, p. 5, e la nota del traduttore a pag. 511. Della Modawwana abbiain fatto cenno nel Li- bro Ili, capitolo XI, p. 222 di questo volume.

•Malgrizl . .

485 -- [scc. X. Xi.i

al Cairo vecchio, ad Alessandria; a Mehdia; quindi ad Alessandria di nuovo, dove insegnò tradizioni/ Si narra che a Mehdia abbia dato, poco appresso il mille, i primi rudimenti della scienza, a Mohammed-ibn-Tùmert, detto poi il Mehdi: un mez2:o Savonarola berbero, che fondò l'impero almohade: ' tra il qual legame col pro- feta avveù turato, e la dottrina propria e T acume del- l'ingegno e la serena virlii dell' aniiùo, il Mazari passò trat i beati deir islamismo. Morto in Mehdia d'ottan- tatrè anni lunari, chi dice il quattto e chi il venti ottobre^ del millecèntoquarantuno, * fu sepolto sia a Mernàk presso Tunis,* sia a Monastir; il quàl dispa-

« Makrizi , il quale dai nomi d'iin Àhmed-ibn-Ibrabim-Razi, maestro suo al Cairo vecchio, e di pàreccbi discepoli ch^^ebbe Mazari ad Alessandria.

s Zerkesct, Siorià degli Àlmohadi^ nella Biblioteca Arabo-Simla^ testo, p. 522. Argomento la data del. soggiorno a Mehdia da quella che si assegna al passaggio del giovane Ibn-^Tùmert in detta città, cioè la fine del quinto secolo dell' egira. Si veggano Jbn-Khaldùn, Histoire des Berbères, Tersione'di M. De ^lane, tornò It, p. 165, e il Kar4és, versione del pro- fessore Tòrnberg, intitolata Ànnaki Regum UàuritanicR, tomo n, p. f£S()L Ibn-Tùmert cojnparve più zelant^asci'arita che il suo maestro Mazari; ma il maestro era dotto e galantuomo; il discepolo spezzava, strumenti di musica, sgridava nobili donne per le strade, aròhi tétta va ndracoli; e su- scitò nella schiatta berbera una delle più importanti rivoluzioni che mai vi fossero avvenute.

s Ibn-Khallik&n dice che alcuni riferissero la morte di Mazari il 18 rebi' primo delS36, altri il bipedi 2 dello stesso noese. Questo giorno di settimana non va bene secondo i nostri calendarii. Nel conto civile, rebl' primo di queir anno cominciò di saliàto , e nel conto astronomico di venerdì; il che s'aggiunga alle tante prove che i Musulmani ne^ medio evo contavano i mesi non sul calendario y ma su le testimonianze legali di «hi avesse vista primo la lununuova.

11 Baiàn, testo> tomo I, p. 332, la morte di Mazari il 536;: Makrizi il 550, K&resci, 1. e:, il 536.

« Villaggio ad oUo miglia^ 0. S. 0., da Tunis. .

s. Penisola . aiia éstb^mìtà meridionale dèi Golfo di H^mmamet, non lungi da Mehdia:. Sàpeiidesi! che Mazari ittoii in Mehdia, e che il cimitero' di questa cHtàera.in ilCifnòi/tf, nonbo dubbio a leggere così in vece di Menasciin, che nella edizione dei Wiistenfeld si come -luogo ilella se- poltura di questo insigne giurista.

rere su le minuzie biogràfiche , mostra la grande rino- manza deir uomo, al par delle lodi che ne fanno tutti gli scrittori/ Dalla riputazione di santità nacque una favola > ripetuta in Affi*ica nel decìmoquinto secolo, la quale dava al Mazarì trecento tredici anni di vita.'

Per r intima connessione che hanno le tradizio- ni con.la giurisprudenza, si comprende come questa, ben avviata già in Sicilia nella prima metà del de- cimo secolo,' sia progredita nel corso dell' undecimo.

Nel confine di que' due , che Y anno appunto non si sa , nacque , com' e' pare , in Palermo , Abu-Bekr- Mohammed-ibn-Àbd-Allahribn-Iùnis , dottore prìn- cipe di scuola malekita , onorato quasi *a ragguaglio col Mazari, citato insieme con lui, come dicemmo, da Khalil, detto per antonomasia ilSicilianò e famoso al- tresì per le prodezze fatte di sua persona nella guerra

* Si confrontino : Ibn-Khallikàn , BioQraphical DicOonary, Teraione di M. De Slane, tomo HI, p. 4, e testo , tomo I , p. 681 , e nella edizione tiel Wastenfeld, faflcioolo VII, p. 12, biogiraOà628; Hakri»,ir«fo/f«'. nella Biblioteca Àrabo-Siùula, testo, p. 667,668; Sciati nel cenno biografico di Abd-el-Kerìm-Iebia^ibn-Otbman , Biòlioteca Àrab<HSieula , p. 676; Zerkesci, Hagi-Kbalfa ed Iba-Mo'allim, 11. ce. Il libro di quest'ultimo, ve- nntoroi alle mani dopo la pubblicazione della Biblioteca Arabo^Sicula, fa scrìtto tra il 701 e 708 dell'egira (1303-1308), a, Damasco: una furibonda polemica asci'arità , nella quale son levali a delo gli ortodòssi e s' invoca la spada dei principi contro cbi differisse d' un pelo dalla loro credenza. II titolo dell'opera d'Ibji Ho'allim èStdia del ben diretto, e laptdatMme del traviato.

Debbo avvertire in ultimo che si potrebbero sopporre due scrittori contemporanei nati a Mazara entrambi e nominati Mobammed ; cioè il figlio di Ali e li figlio tliMosellim;tfakrizi non solamente al suo Mazari questo nome patronimico ma anche altro nome di tribù , e lo dice morto di scia'bftn 530 (maggio 1136); le quali particolarità tutte differiscono da quelle che leggiamo in Ibn^Kballikàn e negli altri autori citati. Makrizi avrebbe dunque confuso il Mazari tradizionista domiciliato in Alessandria con quello assai più rinomato che mori in Afi'rica.

' Zerkesici , 1. e.

' Si vegga il cap. XI del Lib. Ili , p. 319, segg.

4-87 (Sec.X.XI.I

sacra , quella verosiiuil mente di Maniace. Trapassò Ibn-Iùnis il venti rebi' primo del quattrocencinquan- luno (5 maggio 1059).* Suo discepolo il giurista ma- lekita siciliano Abu-Mohammed-Abd^el-Hakk-ibn- HarÙD , femoso per le opere e per gli illustri disce- poli spagnuoli, Khelef-ibn-Ibrahim, detto Ibn-Hassàr, e Soleiman-ibn-Iehia-ibn-Othmàn-ibn-Abi-Dunia da Cordova; dei quali il primo, come s'è detto, lo ri- trovò in Sicilia' e l'altro alla Mecca, inpellejgrinag- ^io, e seguillo in Egitto, studiando sempre con essolui.' Scrisse Abd-el-Hakk la Correzione dei Que- siti, trattato di casi legali; e ,i Detti arguti, opera filologica o di erudizione, rìmasa in voga fino al decimoquarto secolo. ' Da lui anco avea appreso il dritto in patria, Thàbit il Siciliano; il quale, rifuggito poscia in Ispagna , ne die quivi lezioni nella seconda metà del secolo.*

* Raresci , I. e. , i) qaale aggiugnè clie secondo altri Ibn-Iùnis mori allo stesso giorno di rebr secondo, cioè 20 giorni appresso.

Probabilmente è questi lo SeeiMi Siciliano che veggiamo nell'antica compitazione' malekita anoDima, intitolata Sdarh-el^Ahhdm ^ MS. di Pa- rigi, Ancien Fonds, 480, fog. 85 verso; e il Siciliano citato da Agibùrì nell'altro Commentarlo sopra Eballl, MS. di Parigi, Suppl. Arabe, 397, voi. I , fog. 590 rècto. Secondo ima lista messa a capo delle glose di Abmed Zurkani all'opera di Kalìl, MS. Parigi, Sappi. Arabe, 402, fog. 1 recto , la citazione Sikilli indicava sempre Mofaammed-ibn-Iùnis.

> SI vegga sopra la nota a pag. 478.

* Ibn-6èsckowàl , op. cit., neir articolo, di Soleimàn-ibn-Iebia. Co- stui , tornato a Cordova, vi professava dritto malekita nel 478 (1085). Credo Abd-el-Hakk discepolo d'Ibn-Idnis, perchè lo Sciarh'el-Ahkdm , su iVautorità sua una sentenza d'Ibn-Iùnis, 1. e.

* Hagi-Kbalfa, edizione Fluegel , tomo II, p. 479 , no 3785.

' Makkari, Jìnalectes sur Vhistoire ec. d'Espagne, testo arabico, tòmo I, p. 917. 1 Èetii arguti sob tra le venti opere celebri cbe accennò in cnaque versfi il letterato spagnuolo Ibn-Giàbir, morto in Aleppo 11 780 (1378) , dl^llìe quali Makkari i tìtoli compiuti. ^

o^fbti-i^eéckowdl , op. cit. all' articolo: Tbàbit, Sikilli.

|Sec. X. Xl.| 488

Oltre i giureconsulti Ibn^Fehhàm, ed 'Ammar- ibn-Mansur, e Mazari, edIbn-Mekki ricordati di sopra; Abu-Bekr-Mohammed-ibn-Hasan^ibn-Ali-Rebe'i, da Girgenti, onorato molto per sapere e vìrtii, professava giurisprudenza malekita in Sicilia , indi in AfiFrica ed Alessandria; e morì Tanno cinquecen* totrentasette (1142-3).* Forse della stessa famiglia un Ali-ibn-Othmàn-ibh-Hosein-Rebe'i , Sikilli, il quale, mercatando a Cordova, recovvi il libro d'Ibn- Hàtim-Adsrei, intitolato Splendori sul fondamento del dritto; e da lui V apprese il giurista spagnuolo Abu-Ali, Ghassàni. * Il dottore siciliano Abii-Abd- Allah-Mohammed^bn-Abd- Allah , recatosi dopo il conquisto normanno in Granata, die v vi lezioni sul Lume di giurisprudenza d' Abu-Hasan-Lakhmi , e quivi morì il cinquecento diciotto (1 124).* Un Mozaflfer,- siciliano o schiavone, cbè spesso si scambiano nella scrittura arabica ^ fii deputato nel quattrocèntoquat- Irò (101 3-1 4) a prefetto di Misr e del Cairo emohtesib, V ultimo dei quali officii richiedea scienza . lega-

< Makrizi, Mokaffa\ nella Biblioteca Arabo^Sicula, testo , p. 664. Rebe*i è nome éliileo che si riferisce a famiglie di varil cepf)[>i arabici : Nlz&r, Azd, Temtm, Kelb, ec. V*ha nella raccolta del Di Gregorio, p. 171, la iscrizione sepolcrale d' un Rebe'i,. morto il 1026.

' Ibn-Besckow&l, op. cit.. al nome d* Ali-ibn-Olbm&n : Il titolo del- r opera è Loma'^fi-Asl'^l-Fikh, 11 nome etnico dell'autore forse ya letto "Adsorbire significberebbe * oriunda deirAderbaigiàn." Ali potrebbe per avventura essere il medesimo di cai rimanea nel Museo di Daniele riscri- zione sepolcrale citata nella nota precedente ; dove la voce Rebe*i è pre- ceduta da altre che mancano , fuorché la sillaba an, eh' è appuntò la desi- nenza del nome patronimico Olfamàn. In tal supposto, V andata in Spagna tornerebbe nei primi venticinque anni deli' XI secolo; parrebbe inve- rosìmile che V erudito mercatante fosse ito a morire a Napoli , o Salerno.

' ibn-Besckov«r&l , op. cit. , a questo nome. Il titolo dell' opera è TebHra^fU-Fikh; la quale manca in Hagi-Kbal£ai> al par che la precedente.

489 |8ee.X.Xl.|

le; ^ Tenne in Egitto il sommo magistrato di cadi dei cadi, un Abmed-ibn^Eàsim Siciliano, che Imftd-ed-din ricorda col nome di Giusto, trascrivendo i versi eh' ei compose per Àfdhal (4093-1421). La lindura dei quali non. iscaserebb^ certi modi d'adulazione,' se non fossero all' usanza orientale e forse dettati da stretta amistà. * D' età incerta Àbu-Mohan^med- Hàsan-ibn-AlWbn-Ge'd , dottore principe al suo tempo, e die il proprio nome )alle Porzioni Ge'dite secondo la scuola di ildlèk;* porzioni s'intenda nel partaggio delle eredità , eh' è ramo importante del dritto musulmano. Ai giureconsulti son da aggiu- gnere Kattàni, ''il Sottil Grammatico,'' del quale di- remo tra i filologi ; ed Abu-Omar-Othmàn-ibn-Heg- giàg da Sciacca in Sicilia, dimorante in Alessandria, morto il cinquecento quarantaquattro (1149); il quale era stato dei maestri del rinomato tradizionista Sìlefi

^ filakrizi, citato da Sacy, Chresiomathie Arabe, 4oido I, p. 196. Sa roflScfo di mohUfih, si vegga qm sopra la p. 8, Ub. IH, cap.. I.

^ Kharida^ d* Im&d-ed-dta , nella Biblioteca Àràbo-Sicula, testo t p. 604. Un giorno il cadi entrando nella stanza del primo ministro Arditala vistogli dinanzi nn calamaio d' avorio intarsiato di corallo, improvvise:.

"Per divina possanza si ammolli il ferro nelle mani di David, che il filò in maglie come gli piacque. .

^ 'Ed ecco arrendevole a te il coralio , pietra che r è, forte e schiva al tratto.*

. Un' altra v^Ita » avendo faUo Afdbal condurre nn canale infino al vii* laggiù di Kar&fa presso il Cairo, il cadiche possedea quivi una casa ed un orto, gli domandò l'acqua per la casa. 11 fece tn sette versi, nei quali de- scrìvendo gli alberi intristiti del suo giardino, conchiude così :

"All'udire II lamento del bindoli [sul eanaU, gli alberi) dicono con favella d' afflitto innamorato : ^

"Veggo l'acqua ed ardo di sete, ma ahimè non ho modo di andarvi a bére.*

V han di lui pochi altri versi erotici.

> Hagi-Kbalfa, edizione Pluégel, tomo IV, p. 388, n^ 8978. Ibn-Ge'd è chiamato iceikh, cioè dottore, e irMlm, cioè principe, onorania che già dai capi di scuola scendeva ai dotti di minor nota.

|S«e.X.XI.| 490

d'Ispahan, 6 lasciò pareGGhi libri malekiti. * Dettò un comentario sul Mowattd di Malek il letterato affricano Ibn-Resdk, emigrato in Sicilia alla metà dell' unde- cimo secolo.' Nel medesimo tempo dava fuori opere di dritto il Sementari, col quale passiamo a discorrere la nuova edizione di devoti che pullulava nell'isla- mismo.

Abu-Bekr-Atìk-ibn-Ali-ibn-Dàwùd del villaggio di Sementara in Sicilia,' discendente, chi sa? dei coloni che possedeavi un tempo San Gregorio , fu uomo infaticabile di corpo e d'intelletto. Di quei devoti Siciliani, scrive Ibn-Kattà\ che faceano auto- rità in giurisprudenza;* degli asceti deir isola, chia- rissimi per sapere: ed usò degnamente la vita di quaggiù, sciolto dalle cure mondane, tutto intento e fitto neiraltra vita. Partì per rHégiàr, compiè il pelle* grinaggio; percorse poi tante regioni, lemen, Siria, Per- sia,Khorasàn; praticò quivi coi servi di Dio, tradizioni- sti ed asceti; raccolse lor detti e notizie e con eleganza le dettò. Scrisse a mo' di dizionario suoi yiaggi e il frutto del conversare con que' dotti stranieri; e sul dritto e la tradizione varie opere pregiate per ordine e lucidità; ^d un gran trattato, che nìuno agguagliò mai in bellezza di stile, su la perfezione spirituale ' e 3U gli esempii degli uomini virtuosi. Così lo giudi-

' Mo'gem nella Bibliotèca Aràbo-Siouia, testo, p. 114.

» Hagi-Khalfa, edizione di Flaegel , tomo VI, no 13,457 , p. 265.

' Si vegga il cap. XIII di questo Libro, p. 453, nota 6.

^ Moglehid, come si è detto altrove, signi flca " dottóre che cava dal- r analogìa e dalla ragione novelli assiomi o coronarli giorisprtidenza. *

'Così traduco rtkàik, plorale di reUka, litteralmente * sottilità.* Il . significato tecnico è: " virtù tli intelletto, di stadio e di costumi che innalza r uomo che s' avvicini alla divinità. *

cava Ibn-Katté\ ^ L' ultima dette opere ricordate s'intitolava: Guida dei Cercatori {della perfezione spiri- twile\e prendea dieci volumi.' componimento di Sementari su Tascestismo musulmano, dai pochi versi che ne abbiamo, sembra anch'oggi nobile sfogo d' intelletto sdegnoso della viltà e tristizia del secolo, invaghito d' una immagipe del giusto e del sublime, eh' uom abbozzi ùella propria coscienza e la dipinga su roscora tela dell' infinito/ Morì costui ib ventuno di rebi!secondo del quattrocento sessantaquattro ( 1 3 gennaio 4072 )/ Contemporaneo di Sementari, e sem- brano usciti entrambi al crollo della dinastia kelbita , Àbtt-Hasan Àli-ibn-Hamza , andato in Spagna innanzi il quattrocento quaranta (1048), al dir d'Homaidi che il conobbe e asc(dtò;8Ufitaf scolastico," dotto in ogni ramò di teobgia e d'altre scienze;* discepolo del

■* Citato da lakùt, te\ Mo'gem, artieolo Sefntntàri che si vegga nella BOMna Àrabo^Sieida , t^to , p. 113 , 1 14. Olire Ibn-Kalt&V V autore del Mo'gem si riferisce ad an Moliibb-ed-dìn-ibn-NIggi&r , clie alla sua volta allegava Abn-Hasan da.Gerusaleiìiine.

.' Mo'gem, \.c,

B "Discordie civili incalzanti; popolo dimentico {di stetso); secolo che infierisce sul genelre umano:

"Quelle soggiornano in questo a lor agio; accennano d'andar via: coprono (il mondo) tutto d' iniquità e d' errore.

"0 sconsigliato procacciator di male, seguace d'ogni colpa ^ che mi dirai tu? -

'Hai venduto la tua casa dell'eternità a vilissimo prezzo, di ben mondano che svanirà quanto prima. *

Si ye&pi il testo di Oxford nella Bibl. Àrabo-Sieula, p. 36 delia Introd.

* Mo'gem, nella Biblioteca Arajbo-Sicula, p. 114.

> Il biografo sorìve che costui t«tóilMi//am, cioè lltteralmente "ragio- nava; " ma il significato proprio è "ragionava secondo la scuola teologica detta degli Arabi Kelàm, che torna quasi alla nostra teologia scolastica." SI vegga Renan, ivefroes et VAverroUme , p. 79-80.

> floridi aggittgne eh' ei ' trattava anche le scienze " (olum) : si deve intendere dunque d'altre scienze che la teologia , e però légge i o mate- matiche 0 filosofia.

fSec. X. HI ^ 492

moralista sciafeita Abu-Tàher-Mohammed-ibn-Àli da Bagdad.*

I Sufiti, non contenti all'abnegazione delle cose mondane, si provarono a distruggere ogni idea di realità , spegnere il senso , concentrare V uomo nella coscienza deiressere, e farlovi con ostinata volontà sprofondare a grado, a grado, tanto che gli paresse toccar nel nocciolo delF animo la Divinità , imme- desimarsi con quella, togliersi dagli occhi i veli che occultano la scienza e T avvenire. La qual monoma- nia artifiziale appresterebbe bell'argomento di studio psicologico e patologico se si giugnesse a scemere Tallucinazione dalle ci urmerie e linguaggio allegorico con che si è mescolata in ogni età e paese. La setta par abbia preso nome e, forme verso la metà del nono secolo, quando ne pullularono tante neir isla- mismo ; quando i devoti , incalzati dalla filosofia greca che li sforzava a ragionar sulla missione di Maometto, si rifuggirono nel misticismo indiano. Qualche ram- pollo brahmanico o buddista, che vegetasse ab antico in Persia, s'innestò con T ascetismo dei compagni di Maometto , e ne spuntò questo frutto. Il nome deriva da Sùf ''lana," perchè gli adelti ne vesti- vano secondo Fuso dei primi Musulmani ; e quando la setta divenne quasi ordine religioso , il superiore iniziava il neofitò con porgli sulle spalle la Khvtka , mantello o straccio di lana. Durano fin oggi i Sufiti insieme con gli ordini plebei, dervis e simili che co-

* \\ breve ceoDO biografico di costui si legge nel Geàstuet-el-Molstabis di Homaidi, MS. della Bodlejana, estratto, nella Biblioteca Àrabo-Sicula^ p. 578. !bn-Desc](ow&l, Ma. deUa Società Asiatica di Parigi; al nome di Ari-ibQ-Hamza , copia il cenno di Homaidi.

493 iSo«, X. XI,)

piarcmo. le sembianze più goffe della setta. In origine fa onesto ritrovo d'animi nauseati di quello scompiglio politico del califato; teste inquiete, fors'anco intel- letti sani, non soddisfipitti dall'islamismo, se noii che lor parea peggio mutar di religione o starne senza; e panteisti o scettici, si gittarono sovente in quelle ombre mistiche per dare un ganghero ^i devoti. Infatti gli ortodossi formalisti li chiamavan empii tutti in un fascio. Gàzeli, il terribile teologo, sentenziò atto più meritorio T accoppare un sufì^ta che campar dieci uo^ mini dalla morte.*

Se si risguardi all'età del sufita Abu-Bekr- Mohammed , al quale tennero dietro Ali-ibn-Hamza e Sementari," si vedrà che l'ascetismo primitivo

< Si vegga la bella prefazione di M. De Sacy agli estratti delle Vite de'Sofiti di Gi&mi, (^el quali 4ié il testo persiaao e la traduzione francese» aggiungendovi il testo arabico e versione d' un capitolo dei Prolegomeni d' Ibn-Kbaldùh, Noticeg et Extraits des MSS,, tomo XII, p. 3B7, segg.

IbnrKlialdùn isembra molto proclive alla dottrina suflta , di che rife- risce L'origine ai compagni di Maonietto; e si sforza a spiegare Testasi sufita con la doppia sorgente delle percezioni umane dàlie sensazioni este- riori e da disposizioni intèrne che gli parea non dipendessero da quelle, come ^ioia, tristezza ec. ^

M. De Sacy nota la somiglianza con alcuna setta indiana, e la probabi- lità che ì Musulmani avessero conosciuta questa in Persia, li primo che abbia preso nome di Sufita si crede un Abu-Hàscim , verso, la metà del secondo sècolo deir egira ed ottavo dell' èra cristiana ; ma la dottrinaci sviluppò più tardi, l'ordine forse nel X secolo, e> vestizione della Khirka aila fine, com'è! pare, dell' XI. Argomento ciò dal trattato sufiu di Sadr-ed- dtn-Runewi , morto il 675 (1 274) , US, di Parigi , Ancien Ponds, 426, poiché il mistico mantello era pervenuto a costui, per uiia seguenza di nove supe- riori , da un Mohammed Scili , dal quale in su non sincordava vestiziqpe, ma soltanto "Sodalizio e insegnamenta; " e questo risaliva ad ^11. Giftmi» che visse nel XV secolo , riferiva la vestizione ad Ali stesso: ed è naturale che con l' andar del tempo crelcessero le imposture della setta^.

« Si vegga la p. 480.

* n titolo del Dalil-el~Mokd8idin ' Guida dei Cercatori * sa di sufismo ; poiché "cercare", nel gergo della setta, accennava alla perfezione spiri- tuale, allo spirito divino che si dovea trovare in fondo dell* anima.

dei Masulmam durato in Sicilia sino alla metà del decimo secolo,' non tardava guari a prender la novella foggia mistica. Dai dotti scendea già nel volgo, e la devota commedia era in voga nella prima metà del r undecime secolo, poiché Ibn-Tàzi la riprende eoa questi versi:

* Non istà il sufismo, no, a vestir lane che rat- toppi tu stesso; non ad intenerire gli sciocchi ;

* a stridere , saltare , scontorcerti , cadere in deliquio, come se tu fossi impazzato.

" Sta il sufismo neir animo schietto, immacolato; nel seguir verità, il Corano, la fede;

" Nel mostrare che temi Iddio , che ti penti di tue colpe , che ne sei trafitto di rammarico eterno.' *

Tra gli asceti che non trascorressero a così fatte allucinazioni,- si ricorda un Abu-l-Kàsim'-ibnr- Hàkim , dottissimo , come dicono, il quale nella prima metà del duodecimo secolo vivea a Bagdad in casa , non più corte ,^ del califo.' Mohammed-ibn-Sàbik ed Abd-er-Rahman-ibn-'Abd-^l-41hani , nominati di so- pra, furono r un teologo, T altro moralista.* Musa- ibn-Abd-Allah daUufa, della schiatta d'Ali, teòlogo, poeta ed erudito, verso la metà dell' undecimo secolo elesse a dimora la Sicilia ; donde poi passò a com- battere i Cristiani in Spagna; ed alfine fu ucciso in

' Si vegga il Uh, HI , cap. xi, p. 228 e segg. di questo volume.

s ìieWiì Biblioteca Àrabo-Sioula, p. 59.0 del testo , tolti dalla Khartda d'Imàd-ed-dia» il quale alla sua volta li avea presi da Ibn-Katt&V Questo ibn-Tazi è tra i primi nella raccolta d' Ibn-Eattà'.

, ' Abu-H&mid da Granata» nella BiblioUca Arabo-Sicula, iesiOtp, 74; e Pseudo-Wakidi, op. cit., p. 199. Abu-Hàmid si trovò a Bagdad li 1132, come notammo nel Uh. I, cap. IX , p. 85 del primo volume^

Pag. 477 e 482.

495 iscc. X. XI 1

Affrica (1094).' Lasciò un trattato di teologia ABu- Mohammed-AM-er-Rahman-ibn-Mohammed il Si- ciliano, del quale ignoriamo Tetà, se non che il manoscritto unico in Europa è copiato in Antiochia il seicentoquarantanove delP egira (1251). Compila- zione scolastica ed ortodossa, partita in quattro capitoli : teologia naturale , teologia musulmana , natura e potenza del demonio, condizioni e doveri degli uomini in società.* Mi sembra nitida ed ordinata; logica, quel poco phe si poteva. Il capitolo sul Ten- tatore, assai più particolareggiato che non soglia incontrarsi negli scolastici musulmani, par si ran- nodi a quella fissazione dei devoti siciliani ed affrìcanì sulla fine delnono o principio del decimo secolo.*

Ad un tempo, col progresso dalla cieca divozione al misticismo, si notò in Sicilia, siccome in ogni al- tra provincia musulmana, novello fervore per le lette- re, soprattutto gU studii filologici , cóme s' intendeano da ciascuno fino al decimottavo secolo; i quali non fecero rinascere in Oriente quegli antichi poeti arabi quél vivo e conciso parlare dei compagni di Mao- metto; né altro produssero che una mediocrità più generale, uno stile luccicante, ondulante e ridondante; quel che ammiran da otto secoli in Hariri , e che da nove 0 dieci secoli avviluppa presso que'popolì il pensiero e sovente ne tien luogo. Ma tant'è, che il

< Ibn-Besckowàl, MS. deUa Società Asiatica di Parigi, al nome: Masa. ' MS. di Leydc , No ^S66 dell' antico catalogo arabico. Ho pubblicato la prefezione nella BikXiòttw ÀraÌMh-Sifiulu, testo, p. 698, 699. ' Lib. Ili, cap. XIì p. 229 di quésto Tolame.

ISm. X. XI.] 496

lungo seceato degli Arabi non ma&cò di pregi, come anco il secento europeo del decimosetlimo secolo o del decimODOQO. Al par che gli Spagauoli, Affricani, Egiziani e Sirii, i MusulniaDi di Sicilia non poteano giugnere a segno più alto; ma ben toccaron quello neir undecime secolo, furon da meno degli Spa- gnnoli; superarono forse le altre province dette, nelle quali la natura non sorrìdeva si dolcemente, e le schiatte antiche, Semiti, Copti, Berberi, non eran me- tallo suscettivo di tempra si fina.

Dopò Ibn-^Khorasàn, grammatico siciliano della prima metà del decimo secolo,* ne comparisce un al- tfo pqr nome Hasan-ibn-Ali , il quale,, andato, in pel- Jegrinaggio, morì alla Mecca , allo scorcio del trecento- novantuno (novembVe 1 001) lasciando onorata memo- ria di nelle scuole d'Oriente.' Qualche mèzzo secolo innanzi, era venuto a stare in Sicilia Musa-ibn-As- bagh-Moràdi , da Cordova , al ritorno d' un viaggio in Oriente: linguista, grammatico e, dicono , elegante poeta; ma fece in ottomila versi una parafrasi del Mobtedà^ ossia *,Primordii; * forse i Primòrdii del mondo e racconti dei Profeti d' Abu-Hodseifa il Corei- scita/ All'entrar dello undecime secolo, visse in Si- cilia il rifuggito spagnuolo SaM*ibn-Fethùn che rioor^

< Si vegga n Lib. HI, cap. XI, p. 223 di qaesto volanàe.

' Soiuti, Tabakài-el^Logheivin , nella Biblioteca ilro5o-St>tt2a, testo, p. 674. Tralascio i nomi dei maestri e disoepoii di questo Hasan-ibn-Ali, ricordati dal biografo,

> Op. cit., nella Biblioteca Àrabo-Sieuta , testo, p. 6>78. Il biografo dice senz' altro il Mobtedd,

* Quest'opera si troya ad Oxford, nel MSS, arabici, no DCGGXLI. Ca- talogo , tomo I , p. i82. Si vegga anche D'Herbelot* Bibliothèque Orientale, air articolo Mobteda.

dammo di sopra: il quale fu insieme liogoista e com- pose un trattato di versificazioae.*

Le guerre civili della Spagna balestrarono anco in Sicilia Abu-1- Ala-Sàìd da M osi!^ , esercitatosi con lòde negli studii di filologia ed erudizione a Bagdad, buon poeta, argutissimo e pronto di motti, piacevole al conversare, ma cortigiano, menzognero, scroccone^ scialacquatore, beone; il quale, andato a cercare ven tu* ra in Ispagna, si rimpannucciò appo Almatisor (990), e lui mancato, venne a provare se i Kelbiti di Sicilia fos- sero que mecenati che portava la fama, e morì il quat- f rocento diciassette (i 026) o quattrocento diciannove." Torna alla slessa età il Siciliano Abu-Iakùb-Iùsuf- ibn-Ahmed-ibn-Debbàgh , buon poeta, autor di versi didascalici sulla grammatica, ilquale, a giudizio dlbn- Kattà\ avanzò ogni contemporaneo in quel che noi diremmo studio di storia letteraria/ Tornano alla metà- deir undecime secolo, Kolùf-ibn-Abd- Allah da Barca, domiciliato in Sicilia, lettor del Corano, dotto nei due rami della grammatica,* ornato di varia eru- dizione e poeta^Abu^Hasan-Ali-ibn-Abd-^r-Rahman il Siciliano, che die studio di grammatici^, com*e'sem-

^ Si vegga la citazione a p. 473. \

'Si confrontino: ibn-Khallikàn , versione inglese di M. De Slane, toma I, p. 632; Dsehebi^ ilndd-en-iVoAd ; Sefedi» Wa^-^f.UWt{m\ e Soiutì, TtòakaX-tULi^ìitvAA nella Biblioteca ÀrabinSicula , leato, pa- gine 644, 659, 673. '

s Si confrontino: Dsehebi, Ànbà'en'Nohà , e Soluti, op. cit., nella BiblipUca Àrabo-Sieula, testo, p. 648, 678. ìl secondo lo chiama Ibn- Debb&gfa (il figlio del Conciatore). Ibn-RaUà*, ciuto da Soluti, dice che " costui osservava con molta cura i libri degli antichi, e indagava ogni più riposta notisia (legli scrittori. "

* Si vegga la p. 475, no^a 3.

s Si vegga la citazione a p. 477.

II. 32

iSec.X.XJI 4.98

bra, a Susa;*ed Abu-Hafs-Omar-ibn-Hasan, gram- matico di conto, lingaista e poeta.^

Più che mai genuino comparisce l'innesto di ram- pollo arabo su ceppo siciliano in persona di Abu-Abd- Allah-Mohammed-ibn-abi-Fereg-ibn-Fereg-ibn-abi- Ì^Kasmj Kaitànio vog\mm dire*il Linaiole," sopranno- ^ìinato il ''Setlil Grammatico, "nato in Sicilia il quattro- cenventisette (4 035-6;) dove fece tutti gli stodiì e ne usci armato da capo a pie in giurisprudensfa malekita , grammatica, lingua ed erudizione d'ogni maniera; e nelle due prime fu tenuto uom sommo , se non che attaccandosi ad appuntar gli errori di questo e di quello, tutti gli si volser contro e tagliarongli i passi.' Lasciata la Sicilia , com' e' pare alla caduta di Palermo^ andò a Bagdad nel Korasàn, eaGazna; donde passò, su le orme dei conquistatori turchi , in India : e per ogni luogo rifaceva il verso ai dottori ed appiccava battaglia. Avvenne un di eh' egli entrasse in una scuola, credo a Mérw in Khorasàn e di teologia , * tenuta da Mohammed-ibn-Mansùr, Sem'àni; il quale cominciato a dettar la lezione, il Sottil Grammatico.Io interruppet

< SoKfUr Tabokàt-el^Logheioin , nella bloe^rafiiar di Offlar^bn-lelsc da Suga, Biblioteca Àrab<HSicula, testo, p. 678. Omar, che fu discepolo del Siciliaao, daya a saa volta lezioni nel 408 (1104); laqual data mi serve guida. V ebbe in Oriente al medesimo tempo un poeta sIclKano dello stesso nome, del quale diremo innanzi.

*Dsefaebt, Anbà^-en^Noké , neHa Bihliateea.Àrabo^Sicuìa, lesto, p. 646. Potrebbe essere Io stesso che il Segretario Ibn-Kftnt^ che ebbe il medesimo nome, soprannome e nome patronimico. Si vegga )a p. 464.

9 Lascio indeterminato il male che gli abbian fatto. Il testo dice: * Gridarono contro di lui, e Indi non prosperò.*

* 11 primo, perchè il padre e il figlio di Sem'àni, entrambi scrìttoH dofnosctoll , soggiornavano in Mérw. Si regga fteinaud , Introduzione alla GéographiB d'Aboulfedur p. cx; e d'Hcrbelot, Bìblioihèque OHentaUt al- l'articolo: Samaani. Suppongo la cattedra di teologia, perébè Soiuti in progresso del racconto usa la voce Keìàm.

499 ISeeoU XI.|

"^ Non è com' ei dice; va scrìtto così e così. "E Sem'àni ai discepoli: "* Correggete a saa posta, ch'ei ne sa più di me: " i quali obbedirono. Non guari dopo il Sici- liano, rivolto a Sem'àni, "* Signor mio," disse, "* ho sbagliato, che menda non v era nel tuo dettato : " e quegli pacatamente: ""Si rifaccia dunque come stava :" e finita la lezione, trovandosi solo con gli amici, ri- pigliò: " Il Magrebino * mi sfidava per dirmene un sacco delle sue, cònd'ha fatto con gli altri; ma gli uscii di sotto; ed ecco che s'è condannato di bocca propria. " Kattàni morì a^ Ispahan , il cinquecento dodici (1148r9.) Ebbe a maestro in dritto il celebre siciliano Mohammed-ibn-Iùnis, e in graminatica un Ali-Haiùli f siciliano o dimorante neir isda/

Nella gioventù di Kattàni era trapassato in Sici- lia un valente filologo secondo que' tempi, per nome, Àbu-'Ali-Hasan-ibn-Rescfk. Nacque Tanno mille a Msila d'Affrica, dun liberto di schiatta greca o italica:* il quale apparando a! figlio la pròpria arte d' orafo , il mandò insieme a scuola; e visto il pronto ingegno alla poesia ed alle lettere, gli assentì d'andare a quindici anni, a Kairewàn, antico emporio della cultura arabica. Dove Ibn-Resctk guadagnò dottrina, fama e stato. Un poema in lode di Moezz-ibn-Badts Io fece entrare al servigio del principe ; *" tenuto pò-

. -^

< Qoè: "di Ponente i*^ Africa, Sicilia e Spagna. .

s Soiutì, Tabakài-el'Loghewin, nella BiblUHeea Àrobo^SiCula,, iea(o» p. 675.

^Rùrni.

* Ibn-KkailikAn e Usehebi, i quali aggiungono che altri il dicea nato a Mehdia..Fu nominato aaciie Azdi, dalla tribù di Azd , dalia quale nasceva il padrone del padre divenuto dopo 1* affraDoamenio patrono Mia famiglia; ed anche Kafrew&ni dalla città dove fece soggiorno.

(Secolo XI. I 500

scia tra i poeti di corte, * e fatto segretario di guerra." Sino al limitare della vecchiezza, visse prosperamente a corte, tra gli studi! , tra le amistà e nimistà lette- rarie ed alcun brutto costume, svelatoci dal Siciliano Àbu-Àbd-AUah-ibn-Seffàr, erudito dabbene, il quale trovandosi al Kairewàn, tutto lieto d'esser fatto in- timo di Ibn-Resctk, trovò terzo personaggio in una strana commedia.'

Ma al conquisto degli Àrabi d'oltre Nilo , quando Moezz era costretto a chiudersi in Mehdia (1057) e il poeta ve V accompagnava ,^ la mala fortuna , come pur suole, accese discordia tra i due vecchi amici. Un'armata cristiana, di Pisa forse o di Genova, s'era appressata nottetempo a Mehdia ; il principe affaccen - dato in sul far dell' alba à provvedere al pericolo, leg-

< Ibn-Abbftr, Hollel-ei^iarà , MS. della Società Asiatica di Parigi, fcg. 108 verso.

s Diivdn di Bellanobì, nella Biblioteca Àtaho^Sieula , testo, p. 681. Ecco i dae versi d' Ibo-RescilL, scritti probabilmente in Sicilia, cbe atte- stano questo fatto e insieme P orgoglio dei liberti delle corti musulmane.

* Segretario io già fui dell* esercito dell' emìr; e condussi le faccende (puì^bliche) dirittamente :

*Non tenni bottega, no, in un mercato d*arti, il cui nome conviene alla (W//ddeUa) cosa.'

Quisi scherza sulle yocìnih "mercato e plebe" eMihàl "arte ed astuzia." > Scehab^ed-dtn-Omari, quest'aneddoto in tre o quattro pagine, notando cb' ei V abbrevia dal testo d' Ibn-Bassàoh Io 1* ho pubblicato nella Biblioteca Àrabo^Sicula, testo, p. 651, 652, stralciandone molte lamen- tazioni erotiche, se tali possan dirsi, in prosa e in verso. Ibn-Seffàr autore del racconto afferma cbe in realità non c'era stato nulla di male: e ciò scolpi non Ibn-Resclk, ma l'opinione pubblica che condannava, come ognun vede, quelle sozzure.

* Ibn-Khallikàn e Scehàb-ed-din-Omari. La data ch'essi non notano si legge in tbn-Khaldùn, Histoire des Berbères, versione di M. De Slane, tomo II, p. 21 , 22, e più precisamente in Ibn-el-Atblr, MS. C, tomo V, fog. 81 verso, e seg. , sotto l' anno 442; il quale pone in ramadhan 449 (novembre i057), il saccheggio di Kairevirftn, cbe seguì poco dopo la par- tenza di Moezz.

501 (Secolo XI.J

gea gli spacci a lume d' un doppiere, quand' ecco Ibn- Rescìk entrare nella stanza, e porgergli un poema che incominciava: ^^ Fa' cuore; non ti s'offwchino i pen- sieri nel cimento: che già alla tua possanza ognun piega il collo» " ** E come far cuore," proruppe Moezz, "* quando. lu mi vieni tra i piedi ad aiutarmi così? Per- chè mQ non stai zitto ! '' E stracciò il poema, e hru- ciollo al doppiere. Ibn-Rescìk, voltale incontanente le spalle, s'imbarcò per la Sicilia,' dove avea amici; sa- pendosi di due poeti siciliani che si carteggiavano con essOj e rimanendoci fino i versi ch'ei scrìsse al- l' uno arrivanda a Mazara e la risposta per le rime." Raccolto a grande onore dai principali della terra, Io rappattumarono con Ibn--Scerf , poeta del Kairewàn e della corte di Moezz e però suo mortai nemico; il quale, avendo riparato in Sicilia prima di lui, s'era messo subito a lacerarlo. 'L'ospitalità siciliana non tolse che venuto per cagion di mercatare un legno di Mo'tadhed , principe Abbadida di Siviglia , Ibn-Re- scik si mettesse ai panni al padrone, pregando di

' Ibn-Bassàm, squarcio inserito da Sceblkb-ed-^jItiHOmari nel Meiàlik-' ' el^Àbsdr, Biblioteca Arabó-Sieula, testo, p. 650, 651. Il testo ch'è In prosi rimata, gonfio e voto, diee: e Non andò guari che venne un'armata di Rum, » ed all' alba il mare apparve tatto colline minaceianti estremi fati e poni » carichi di morte repentina ec. ; > ma non aggiogne il successo dell'impresa, dice appunto la nazione che avea messo a galla le terrìbili colline. I Bi- jKantijii da tanto tempo non comparivano nel bacino occidentale del Medi- terraneo. All'incontro i Pisani il 1054 aveano assalito Bona e Cartagine, e nella seconda metà del secolo osteggiarono Palermo; poi Mehdia insieme coi Genovesi ec.

s Imad-ed-din, KhaHda nella Biblioteca Arabo^Sicula , testo, p. 591. H nome dell' uno è: Abu-Hasan-Ali-ibn-Ibrabtm-ibn-Wadd&ni, e deU'al- irò AtMHAdlHAUaA«Mobammed-ibn-Ali-ibn«Sebbàgb , il Segretario. 1 tre versi si leggono nei MS. di Parigi, fog. 35 recto; e sembrano- scritti dal Maggi 0 dallo Zappi.

' Ibn-Bassftm , op. cit. , p. 65i.

ISecoloXI.] 502

menarlo seco a corte; il quale gliene promesse e poi lo ptanfò. Rimaso parecchi aoni tra si e no di far il viaggio di SpttgDa, venne a morte in Mazara verso il

mìllesettanta.^

Il cui soggiorno tra il romor delle armi cristiane, non promosse, credo io, le lettere, ad altro giovò che a tramandarci qualche aneddoto deir antica corte kel- bita e qualche barlume su la cultura contemporanea. Lasciando addietro le opere perdute d'Ibn-^Resctk, in giurisprudenza,* lingua/ storia letteraria/ fatti me- morabili deHa storia ,°ed una Cronica dei ^airewàn; ' lasciando addietro le poesie, facili, vivaci e talvolta oscene/ noterò un trattato di poetica denominato la Colonna , nel quale la ragion dell'arte è considerata al

< Si confrontino : Ibn-Kliallikàn , Diiionario Biografico, versione io- glèse di M. De Stane, tomo l , p. 384; DsehebiJ, Antà'eh-Nohó, nella Bi- blioteca Atabth-Sicula ^ testo, p. 641; Scebàb-ed-dtQ-Omarl, op. cU., p. 649 a 653. 1 due primi riferiscono come meno autorevoli altre tradi- zioni cbe recavano h morte é* Ibn-Resctk nel 450 o ne) 456. Si Tegga aocbe il Baién, edizione del Dozy, testo^ toI. I , p. 507. Abbad-*iba-Uotiam- med soprannominato MoHadbed-billab , regnò dal 453 al 461 (1041-1069).

" Si vegga sopra a p. 490,

' Le Pagliucee d'oro, Ibn-Kballikan ed Uagi-Kbalfa, op. cit.» tomo IV, 1>. 509, no 9S94 , ed i ** Neoiogimi ; * Ibn'-Kallikan , L e.

*' TipOy Hagì*Kbalfa, op. cil., tonoo I, p. 468, no tSQl È eilato^ ànebeda Ibn-Kallikftn, nefla detta biografia ^ e in un .altra klogo rdaliro ^* aneddoto delV emiro kelbita lusuf raccontato ^ noi nel «ap. VU di '^oesto Libro, p. 535 del votame. Si v>egga anche Ifakkari, ÀnaUeies de Vhkknre d^8pe0ie, testo arabico , tomo 1 , p. iM4, e ìVMetÙiik-^l^Àhsdr, MS. di Parigi, fog. 77 recto.

* la bilancia delle gette, Hagi-Rbalfa, op. cit. ^ tomo Yl, p. 385, N*'i5,497;

^ Hagi-Kbalfa , Di%ionario Bibliografico, edizione di Flnègel, tomo il, p. 144, «0 2285. '

7 Spesso occorrono versi d' Ibn-Resotk nelle antologie, biografie ee. Molti se ne trovano nel BHvdn di Belianobi , cbe sembrano raccolti in Si- cilia , come diremo trattando di qoei^ poota. E quivi ho lotto i vensi d' Ibn- Resclk, ai qoairalludo, nei quali le parole sono brutte quanto l*aif^ mento .

503 [s^oio. xi.j

modo che noi abbiamo appreso dai maestri ^reci ; e si aqceQQa ad alcan predetto di quelli/ Onde direi ootest' opera compiuta in Sicilia da Ibn-Resdk, con que' pochi lumi greche lettere che vi rimanessero: uB anòoimo Siciliano ne fece poi un compendio coi tikrio di PreparcmetUi * Piìi chiara apparisce la sofr gente in due versi d'UmrRescìk, coi quali il poeta esortando , com' e' parmi, alcun regolo ileir isola a lasciarsi menare a goiAzaglio dai dotti, jric<»tla forse il nome d'Atene, e v^ appicca quel della Sicilia, con una etimologia che allor correa tra gli Arabi del paese/

* quest'opera, che citano Ibn-Khallikàn , ibid., ed Hagi-Kbalfa, edizione Fluègel, tomo lY, p. 265^ 8358, abbiamo dueBfSS. in Euro- pa, l'uno a Leyde (32 Golius, catalogo del Oozy, temo |, p. l2t, no CCXXXVil , e l' altro al BritLsb Museum « (n» 9661 , GaUlogo ccxuix E), .lo Ilo percorso il MS- di Londra, in prlneifkiOyCbjè ooii notai il numero del foglio ^Ibn-Resoik dice che la ragione poetica jdei Junàn (Greci an- ticbit, era fondata tutta « su gii obbietti morali o Usici; poiché i Grepi non peDsar<>no mai a ciò ebe fa il principale vitnio dei poQti arabi ; » con die vuol significare gli scherzi di parole, gU enimwi, le tumide me- tafore ee. Non ho tradotto letteralmente , percb^ non son certo ^ella lezione di^alcnue tocì. Il MS. , in parie è di moderna e pessima ecrittura africana , e in parte di buon neskbi del 044 deir egira.

s Hagi-Khalfa, 1. e.

' Qi]Q$ti due versi sono dati da Ibn-^qebbàt, a proposito della sup- posta e^inologia della voce Sicilia, a da Soluti , nella biografia del Siciliano Ibn-Abd-el-Berr, BihlioUfM Àraln^Sicula » p. 212 e 072.

" Sorella di 'Adina in un nome del quale non partecipò altro paeae {del mondo) , e cerca {nnB trovi) ^ ^

" Nom^ cui Dio illustrò « accennandovi in forma di gruramen&o; se- gui [dunque o principe) gli avvisi dei dotti; e, se^n'pl vuoi, ,va pure a tentoni." ,

Soiuti aggiugne die le parole "cui Dio illustrò ee." si riferiscano a quel verso. del Corano (Sura XGV, vers. I), '{Giuro) perTetivoe pel fico" deve, al dir di alcuni comentatori, quei due alberi sono nominati per eccellenza tra tutti i vegetabili; e secondo altri il primo allude a Gerusa- lemme « e il secondo a Damasco.

Quanto a 'Adloa, parmi si debba intendere M^e. Egli è vero cbe gli eruditi arabi jsogliono scrivere aUrimenti questo nome ; egii è vere cbe la

(Secolo. XI.| 804

La falsa etìcaologia , dica, da due vocaboli greci che significan fico ed olivo, ripetuta dai croni- sti latini di Sicilia del decimoterzo secolo,* scrìtta per Io primo da un filologo arabo che visse fino al mil- lecinquantotto e fo maestro d' Ibn-Eattà\ Ebbe nome Abu-Bekr-Mohammed-ibn-Ali-ibn-Hasan-ibn-Abd- el'B^rr ,, della tribù di Temtm; il quale uscito di Si- cilia per proseguire' gli studii di tradizioni, gramma- tica e lessicografia, soggiornò in Oriente, forse a Bagdad; e tornando in patria , recò il celebre diziona- no di Gewhari; fu accolto e messo in alto stato da Ibn- Menkùd che regnava allor in Mazara,. principe d'aù- sterissima pietà al dir del biografo.' Che Ibn-Abd-el-

prima lettera del nostro testo, cioè V atn, «ia esclusivamente semitica e non soglia adoperarsi «dagli Àrabi nelle voci straniere. Ma la geografia ara- bica non offire altro nome cfae soddisfaccia al caso; ed Atene vi si adatta appuntino : nome dato ad onore di Minerva che recò r olivo » onde qnc- 8t' albero , In greco, si dice anco AdTivatf.

Debbo qui avvertire che nel tradurre i dae versi ho seguito la felice inlerpretazlone del professore Pieiscber e la correzione sua al testo delta BibHoteea Àrabo^Sicula , p. 212. Non così la lezione "Medina* ch'egli propóne in vece di 'Ad!na ; parendomi che le condizioni sopposte dal poeta non convengano punto ali* antica Jaihrib , poi detta Medinel-^n-Ifebif ossìa la città del Profeta.

' GrcRce Siealea quod latine est fieum el olivam , leggesi neir ÀfUh nymi Chronieon Siculum, presso Di Gregorio, Biblioteca Aragonese, tomo li, p. 121, e in Blirtolomeo de Neocastro, op. cit., I, il 5. Questa etimologia di Six^Acà da <ruxn ed ìXolIo. , non si trova negli scrittori greci anco dei bassi tempi. Mostra grande ignoranza non solo della istoria ma anche deHa lingua confondendo il t e Tv IN e r<, come l'orecchio le rendea simili a chi non le ayesse mai lette nei libri. E però si può supporre trovato dei^liberti siciliani che sapessero dall' infanzia il greco voi* gare e non avessero studiato profondamente altra letteratura che l'arabica.

> Si confrontino: Ibn-Scebbat, diDsehebie Soluti, nella Biblioteca Arabo-Sicula, p. 212, 648, e 671, 672. L' ultimo cita a proposito della detta etimologia un passo di Ibn-abd-el-Berr, non sappiamo di qualeopera, trascriilo da Ibn-Dehìa, autore spagnuolo (1153-^1 235) nelle storie dei poeti M^ghrebini intitolata il Matreb. Il primo l'etimologia sul Telkkif-- ei-/f94ii, opera d'Ibn^Kattà', che nataralmente l'avea tolta dal maestro

505 -— (Secolo XI.J

Berr abbia tolto da Ibn-Resctk quella falsa etimologia e la eradizioQe che pur vi si richiedeva , non mi par punto verosimile. Un secolo innanti gli Arabi Sici- liani avevano aiutato alla interpretazione d'opere scientifiche dei Greci; notaron poscia gli avanzi d'an^- tichi monumenti; raccolsero qualche fàvola delle co- lonie greèo-sicole; ^ vissero con Greci di Sicilia culti tanto o quanto. Tha cagione dunque di prèsuiuere che si fosse tentalo dai Musulmani dèir isola nella prima metà dell' undecime secolo qualche ^udio sa la letteratura greca, rozzo sì, ma da poter mostrare agli scrittori arabi un altro campo come quello delle scienze filosofiche e matematiche coltivato al tempo di Mamùn. E la Sicilia offriva ottimo terreno all'espe- rimento. Se non che molto più agevole torna a tra^ piantare da schiatta a schiatta le scienze che le lettere; ed ormài la virtÈi degli Arabi mancava da per tutto ; la colonia siciliana era per cadere sotto il do- mìnio straniero.

Quel soprannome dlbn-Kàttà ( Figliuolo del pie- coniere)si détte ad una famiglia del ceppo modha- rita di Temtm, ramo di Sa'd-ibn-Zeid-Monat, la quale par venuta in Sicilia da Santarem di Portogallo verso la metà del decimo secolo.' Gia'far-ibn-Ali di tal gente,

Ibn-Àbd el-Berr. Il nome d' Ibn-Meni^ùt, data dal solo Dsehebi, è scritto Medkùd; su che si vegga il cap. XII di questo Libco, p. 420 del volume.

' Si vegga il Lib. IH, cap. XI, e il cap.XlU di questo Libro, p. 219 e 459 del volume.

' La voce Katià*, cbeiìon è nei dizionarii , si trova nella continua* zfone di Bekri , ove signiflca i piccoDleri di zolfo in Sicilia ; squarcio dato da Ihn-Scebbàt , Biblioteca Araba-Sicula , p. 2r0. L' ho trovata anche col signitfcato di *tag1iator di pietra^ in uria leggenda cristiana, MS. arabo di Parigi, Ancien Fonds, 66, fog. i75 recto.

IbRrKhàllikàn, comincia la vita di Àli-ibn-Gia'far Ibn-Kattà* con una

filologo di motta dottrina , rinomato nello stile episto- lare, lodato per proprietà di lingaa^io e ducato gusto in poesia, viveafinoal millecinqaantotto/ forse in un villaggio a poche miglia di Palermo.' Da lai nacque, il dieci sefer dei quattrocentotrentatrè del* Tegira (8 cHtobre 1044), illustre figliooi d^uomoilia- stre, scrìvono i biografi, Ali^bn-GiaYar, detto simil- mente Ibn-Kattà\ il quale ebbe a maèstri '^ in lettere e tradizioni Ibn-Àbd-el-Berr ed i primi emditi dèi paese; fece versi a tredici anni, a andò crescendo di dottrina e fama, find^, abbattuto l'ultimo vessillo mus- sulmano in Sicilia, emigrò in Egitto: dove non fii onoranza che non gli fosse resa; anzi il tennero come dittatore nelle lettere; e giuravano su VEi così disse. Il ministro Afdhal , benigno agli usciti sici* liani , lo volle maestro dei proprii figiiocrii ; ' scrtveasi a vanto nelle biografie chi gli fosse statò amico o di- scepolo:^ da lui appresero gii Arabi d'Egitto, e studìa-

genealogia che si rannoda a quella degli Agblabiti, risalendo fino ai primi prngeniiori della tribù di TeoiUn. Egli dice tverìa scHda così nella bozza del sao dizionario biografico senza sovvenirgli onde fosse tolta; ma aver sotto ^i ocelli akro albero di parentela di propria mano d* Ibn-Kattà' nel quale Qoq entrano ponto gli Agbiabiti. Noi ci ai^pigtiaroo, com' è naturale» 9 riuesto, cbc porta : Ab<i*l-Kas.em-Àli-ibn-Gla'far-ibu-Ali-ibn-Mqbaramcd- Ibn-Abd-Allah-ibn-Hosetn , Sciantareni, Sa'dl; onde st vede che corsero qqtiiro geD^rajsioQl ira T'emigrate di Santarévi, e il nato in Sidlia il 1041. Si corregga conforme a ciò la notizia data nella Introduzione ^ voi. I , p. XXXVII. noi.

' Dsehebi, Anbd^n-Nohd n^la Biblioteca Àrabo SieulatX^^, p. 643;

' KjaV'Sa'd. Si vegga il viaggio d* Ibn-Giobair, Bel Journal Àmtique, serie IV, tomo VII (1846), p. 42. La conghiettora è fondata su Tideintità di nome della tribù e del villaggio. D'altroode Ibn«KatlA' e0sieq4o* detto moralmente Sìkilli era cittadino della capitale.

> Si confrontino: Inwrd-ed-dtn , Ibo^KhamkftQ , Dsehebi e Soiiili.

* Lo Dsebebi^ nella vita di NasrOu-ibD-Fotùh-ibn*H99ei|L Kbere^i» Soluti in quella d'Isma'il-ibn-'Aii-lbfHMiksciar, Biblioteca 4rcborSmlf$, p. 6i8 e 674, notano di qaei due gramolatici che fossero stati compagni

507 |8«soio XLl

rollio con le^ue glose, il dizionario di Gewhari; a dispetto di qualche fiacceete che accufitavalo di non teoeme il t^to autentico, ma una copia con licenze posticce:^ che par calunnia, poidiè Itm-Àbd-«1'-B^r gli avea potuto insegnare quel libro ia Sicitia. Morto del mese sefer cinqueceutoquindici (aprile e mag-* gìo 1421) al €airo vecchio/ Io seppellirono accanto al legislatore Sciafe'i.'

Gom' egli priolBggiò tra i letterati arabi della Si- cilia, Ibn-Kattà' cosi fu quel che più scrisse delle cose patrie. Dettò una storia di Sicilia eh' è per- duta; * sparse qua e cenni biografici, geografici e di varia erudizione sul paese;'' compilò unVantoIogia

* dMbn-*Kattà'; e del secondo si diee essere di venato celebre ta mercè del letterato siciliano. Solati nelle biografie di Ased-ibn-Ali-ibn-Mo'mir, Boseini, lo ricorda discepolo in tradizione d* Ibn-KattjSi*; e lo Mesao in quella di Ali"^t>n-Àbd^I-Oebbàf-*ibn»Abdùn, gran filologo e tradizlonisia» BihUoteea Araìxh-Bicula , p. d?3,^77.

< Soluti, 1. e. Ogni libro si leggea in pubblica scuola con licenza scritta dair autore o di chi il tenesse da lai; e così saccessivamenle. Or i leuefati d* Egitto, a proposito del Disionario di Gewharì, spacciarono cbe Ibn-Kattà' , vedendolo nial noto e mollo desiderato nel paese, avesse fab- bricato la ^erie delia iioenu : onde lo sentenziarono aom di cottieBU * troppo scipita' in questa maAevia. Cesi 8oiuti; il cheepioga quelPaocusa di "troppa scioltezza nel -riferire " che leggiamo più vagamente ia Ibn-r KbàlifcftQ^ 41 DiEìonario di Cesari ora stato piHiii^ieato a Nisapèr In Rlio- rasftn il 390 (1000)^ e V autore morto il 505 o 308.

s La bìograda di Aii-lbo^Katl&* è data da: Ibo^Kballikàn^ DiMùnario biografeo, versione inglese di IL De Siane, tomo 11, p. 26o, 366; Dse* itétìk,Atèbé^€fh'Nokd, nella Biblioteca Àrabo^Siculm, p. 646;Soluli, Tnbàkét- et^Lùghewtm, op. pii. , p. 676. isuMU-edHlla, nella jEAorlde, op. Cit.» p. 589» ne & anche no breve cenno , aggiugnoodo aver conosciuto in Egitto chi io av«4 veduto viveote; e aver trovato usa tavoletta' scrìtta da lui il 009. Sf vegga anehe Abulfeda, Annalu MoslemUd, anno iMS, tomo HI, p. À&È,

Soioti , op. elt. , p. 6T7.

*'Bàgl-Khalfa, Diùontirio Bibliogràfioo, edizione Flnègel, tomo li, p, I3K, no 3243; e Soluti , op. dt., néìU MibUoteòa Àréè(H'Skula\ testo« p. 677. X' autografo par cbe Cosse vmuto alle roani di lakùt. Si veggo la Biblioteca Àrabo-Siculajp. ììb,

> Si veggano nel capitolo precedente , ia pag. 450 ; e In questo capi-

iSeeoloXI.] 508

siciliana intitolata La nobile Perla e V eletta dei poeti dell'isola: della qaale ci, rimangono gli squarci che piacquero d Imàd-ed-dtn d'Ispahan; e sòn di quaranta- tre poeti/ tra i censettanta che ne avea trascelti Um— KattàV e di ciascuno par abbia datala biografia, poichè^ vi messe la sua propria.' Sortirono maggior fama in Le- vante e Spagna le opere di filologia e storia letteraria. Il Libro dei Verbi, che al dire d'Ifan-Khallikàn tolse il primato a quel dello spàgnuolo Ibn-Kùtia; * la Fab- brica.dei nomi, verbi e infiniti, cioè un quadro generale delle forme grammaticali, lodato anche da Ibn-Khalli- kàn, dove Tautore aggiunse forse un centinaio di nuove forme spigolate nei glossarli e scrittori; e sembra r ultimo suo lavoro/ In lessicografia lasciò il cemento

lolo, p. 490 ec. Ibn-KattA* par che abbia dato l-orlograQa di tolti i nomi topografici deir isola. Oltre quel di Sicilia citato dianzi, v'ba quel drKo*- s)ra {Pantellaria) , lìeW^ , Biblioteca Arabo^Sieula , testo, p. i24.

' Kbarlda, nella Biblioteca Àrabo^Sieula, cap. LXIII, § 3, p. S89 a 598.

' Hagi-Kbalfa, op. cit. , tomo U , p. 135, no 2243. Ne £a menzione lo atesso autore, tomo 111, p. 203, 4935, e Ibn-Kbaiiikàp, e Sointi, li. co.

^ Makkari, Ànalectes sur l'hùioire d* Espagne giorno Up. 634 del testo arabico, trascrive un passo dello storico ibn-Sald, il quale dando r autobiografia si scusava con V esempio di tre scrittori, tra i quali nomina Ibn-^KattÀ'.

* Ibn-Kballikàn e Soluti , II. ce. , Hagi-Kbalfa, op, cit., tomo f, p. 373. No 1025. Par che sia esemplare di quest'opera il MS. dell* Escuriale DLXXUI* che Gasiri tradusse- ' Liber Verborum iripariitumque " , ma si tratU forse dei "voBbi triliteri"; e quivi afferma essere stato lbo-Katt&', DomieiUo Ct^rdubensis, Notando pei l' opera di versificazione , della quale or or fa* remo parola, Gasiri lo spaccia origÈne netUus patria Bùpaknsis , ed anche trascrive male il nome. Indi gli Ebn-al-*Eattaa ed Ebn-ipataa del Di Gre* gorio. Rerum Àrabicarum, p. 239. Il Gasiri non avea punto fatto equivoco tra il padre e il figliuolo, ma avea reso con lettere diverse lo stesso nome, lo non so, non avendo veduto 1 due Ai SS. , sevi sia qualche parola da far sapporre il soggiorno d^ Ibn-Kattà* a Gordova e Siviglia; sarebbe im- possibile che prima d'Egitto ei fosse andato in Ispagna. Ila Gasiri suoi troppo facilmente far dono alla Spagna di scrittori che non le apparten- gano per niun conto.

» Ricordato da Ibn-Khallikàn e da Soiuti. Hagi-Khalfa ebbe alle

^ 509 fSceofoXI]

al Gewfaari; * la Correzione della lingua ; * il Libro della Spada, glossario de' nomi e predicati che usano dar gli Arabi a queir arme;' il Libro delt Andare e del Viaggiare anche esso in ordine airabetico, il quale par lista dei verbi che significan Tuno p l'altro;^ e il Libro delle Interiezioni.^ Scrisse due trattati di versifi- cazione ' ed un còmentario su le poesie di Moteneb- bi/ Il compendio intitolato Kitab-el-Kisàr, sembra dizionario biografico di una classe di scrittori;^ è

mani quest'opera, poiché ne trascrive le prime parole, com*ei suole. anche uno sc(uàrcio della Introduzione, dove Ibn*Katt&* ricorda le 308 forme di nomi, tra sostantivi e aggettivi, date dal celebre grammatico Sibùweih, le aggiunte d* altri , e in fine le sue proprie^ Dei masdar, ossia infiniti ado- perati sostantivamente come noi diciamo V andare., il fare ec. , si erano notate 56 forme, e Ibn-Kattà' le condusse a 100. Compi questo trattato in regeb del 513. Hagi-Khalfa , op. cit. , tomo f , p. 146 , no 31.

' Soiuti , 1. e. Uagi-Khalfa , op. cit , toko IV, p. d4, n*" llU.

s Hagi-KUalfa, op. cit., tomo 11,^. 190, no2429. Nondimeno Nawawi, The Biographical Dietionary , testo arabico, pubblicato dal Wiistenfeld, p. 126, attribuisce quest'opera all'altro siciliano Abn-Hafs-Omar-ibn- Kbelef-ibn-Mekki. Ibn-Scebbat la cita a proposito della Sicilia, Biblioteca AraboSicula rp. 212 , senza dar il nome dell'autore.

s Hagi-Khalfa, op. cit., tomo V, p. 102, no 10,207.

* Op'. cit. , tomo V, p. 151 , no 10,492.

» Op. cit. , tomo V, p. 44, 9853.

« L'uno intitolato: Il Salutifero nella 8cien%a della ver8Ìfica%ione , si trota in Hagi-Khalfa , op. cit. , tomo IV, p. 7 , no 7384. L' altro è all' Escu- riale col titolo di : Eloquente prosodia in compendio che (tutto) abbraccia. Si vegga Caslri , Biblioteca Arabo^Hispanica , tomo I , p. 82, cod. CCGXXIX.

7 Catalogo dei MSS. arabi del British Museum, Parte II, p. 281, noDXCVII.

B Hagi-Khalfa, «p. cit., tomo V, p. 136, no 10,395. Il dotto editore traduce * Liber de Palatiis eorum nominibns et naturae descrlptione , alpha- betice dispositus," supponendo cosi un errore nel pronome loro eh' è re- plicato due volle nel testo, e che non si può dire se non di persone; e tenendo Kiiàr come plurale di * palagio , " la qual forma se pur si può ammettere, è inusitata. Inoltre una descrizione di palagi, senza dire di qual paese, mi sembra opera troppo aliena dagli studii d' Ibn-Kaltà'. Però mi è avviso di ritenere la lezione /oro, che trovo altresì nel MS. di Parigi, e di considerare Kisàr , come plurale di Kasir, "breve, corto, ttom corto d'higegno e di qualità, imperfetto" ohe si legge nel Disionatio di Me- ninski. Sarebbe allora un dizionario biografico di " Scrittori minori , ** come

|9eeol«XI.l ^^0

trattato (K storia lettemria il libro dei Sali contempo^ ranei ; ^ quel dei Luccicanti Sali^ è Antologia de' poeti Spagnuoli.* Le quali opere quanto foss^o tenute in conto appo gli eruditi musulmani, lo mostrano la lode d' Ibn-Kballikàn che lo chiama « principe delle lettere, massime^ in fatto di lingua » e le notizie che tolgono spesso da lui Ibn-Khallikàn medesimo, Imàd-ed-dki, lakùt, Ibn-Saìd lo storico, Y enciclopedista Scehàb- ed-dh)-Omari, Firuzabadi nel Kamés,* e yarii bio- grafi. Da questi squarci, in vero , Ibd-Kattà' sembra accurato e sottile filologo, ed elegante scrittore , più sobrio che non portassero i tempi. Mediocre poeta comparisce dai frammenti rimastici delle molte poesie ch'ei dettò; e pur talvolta, dimenticati i bisticci e le arguzie, si fa a ritrarre le ìmmagifH con semplicità grazio$ra/ Che se guardiamo ai precelti più che alle

noi diremmo. Del resto aTYerto che il più delle volte è impossibile di tra- durre con certezza i titpli dei libri arabi, quando non si sappia 1* argo- mento, 0 non si abbia alle mani tutta 1* opera, per comprendere quegli enimmi.

' Hagi-Kbaira, op. cit. , tomo iV, p. i45 , 7901 , e tomo Vr, p. 109, no 12,867. Lo cita anche 1' autore del MesàliCeUAhsàr , nella BihUoUca Àraho-Sicula , testo, p. 656. Mi è parso bene rendere la prima voce col significato proprio di Sali. Gli Arabi 1* adoperarono a un dipresso come noi al traslato , per significare " bellezze letterarie , espressioni vivaci ec. "

' Ibn-Khallikiin , 1. cit., « tomo HI , p. 190 della medesima versione inglese. Ma Hagi-Kbal£a attribuisce ad altri l'opera così intitolata, e nelle altre notizie biografiche di Ibn-KàttiS^* non se ne £a parola.

' Si vegga il Dizionario arabico di Freytag, tomo IH» p. 170.

* Ibn-Khallik&n, U e, afferma che Ibn-^atià* lasciò molte poesie; e ne per saggio tre squarci, un dei quali non si trova negli estratti che ce ne serba. Imàd-ed-dln nella Kharida, MS. di Parigi, Ancien Fonda, 1375, fog. 20 verso a 22 recto, e MS. del Britisb Museum, Ricb. 7595. II Soluti, nel Tabakàt-^l'^Loghemn , in fio .della biografia dMbn^Kattà', altri 15 versi, che ho copiati dal MS. del Dp^ttor lohn Lee, ma non si trovano in quel di Parigi. Abbiamo nella Kharida il primo verso d' una sua Kaslda a lode di Aidhal , e frammenti di cinque altre.

511 )deco)«XI.|

Opere, lo diremmo iniziato à que' primi siudii delle lettere greche: qoa par che condanni il tipo della Kastdà arabica; * qua rende espresso omaggio alle bellezze dèlf antichità.*

S^gnalarongi in variì rami di filologia i già no-^ minati : Ibn-Kani linguista ,' Abu-Bekr-MohamtpCHsl grammatico e linguista; * Ibn-Tazi grammatico^ scrit- tore di epistole e poeta;* Ibn-Fehhàm autore d'un commentarìo su ì Prolegomeni Grammaticali d' Ibn^- Babeseiàd; ' ed Omar ovvero Othman-ibn-Ali da Si-. racnsa discepolo d'Ibn-Fehhàm, autore di opere su la. lingua, la grammatica e la versificazione, profes- sóre al Cairo vecchio , maestro del filologo egiziano Abd-allah-ibn-Bera.' Dsehebi, senza notarne Tetà, ricorda un Tàher-ibn-Mohammed-ibn-Rokbàni, della tribù di Taghleb, siciliano, soprannominato il virir, r uom più dottò del tempo suo in lingua arabica, ret- torica ed arte di scrivere in prosa e, in verso, al quale

* A ciò parmi cbe alludano i tre versi trascrilti da Ibn-Khallikàn, op. ctt. , ^ Cofìsume noi ihfs lifè ec; " nella versione inglese di M. De Siane, tomoli, p. 266.

* Dalla Khartda, MS. citato di Parigi, fog. 21 verso.

" Somigliante a cotesta nostra, retò degli anticfai popoli cbe perirono, sfoggiava di colori e sembianti {affé) non Spregevoli.

"La diresti scatola d' oro , piena di rubini, così alla rinfusa, non legati."

A comprender meglio r allusione, è da sapere che le ^ue vóci che ho tradotto "alla rinfqsa" e * legato" sono Nethr e Memùm, le quali hanno anche il significato , l' una di * prosa ** e Taltra di " poesia. "

'La citazione a p. 464.

[d., p. 477, 478.

^ Ùiehehìj Anbd~en-Nohà, neWn Biblioteca Arabo^Sicttla, p. 6Ì7. Si vegga per costui V altra citazione qui innanzi a p. 471.

W.> 474.

I f ra. 476. il nome di Omar con la stessa genealogia e <joi)fdJzloni è dato da Dsehebi, Biblioteca Arabo- Siculo , 647; quello di Othman da Mal^rtzi e Soititi, p. 665, 676.

ISmoIoU.i 512

rJvérenU accorreano, per apprendere, i letterati d'ogni paese e trovavano un naar di scienza: ma non ne ri- mane altro vestigio che que quattro righi datigli dal biografo, e due che ne serba al figliuolo Ali, poeta, erudito in lingua, nelle antiche istorie degli Arabi e in ogni altro studio che appartenga alle lettere.' Con lode anco, troviamo i nomi di la'kùb-ibn-Ali-Roneidi filologo e poeta,' Abu-Mohamn^ed, detto Danii a gram- matico, poeta e ottimo pedagogo; * Abu-Abd-Al-- lah-Mohammed-ibn-Sados , grammatico, segretario e facilissimo scrittore in prosa e in rima; ' Abu- Fadhl-Alì-ibn-Hasan-ibn-Habib, ^ran linguista e buon poeta;* ed Abd-AUah-ibn-abi-Malek-rMosìb della tribù di Kàis, cima di linguista, al dir di Se- fedi, poeta nato e dottò di più ia prosodia e versifi- cazione;^ Abu-Hasan-Ali-ibn-Mohammed di Kerkùda erudito;' Ali-ibn-Abd-Allah di Giattini,' Siciliani tutti e d' epoca ignota. Avvi tra i moltLcomentatori di Mo- tenebbi neir undecime o duodecimo secolo un Ibn- Fùregia e un Abu-Hasan-ibn-abi-Abd-er-Rahman, entrambi Siciliani. *^

* Dsebebi, op. cit., 645. Md. p. 646.

»Id. p. 648.

* Ibld.; e Soluti, p. 673, citando lakùt. . s Dsehebi , op. cit. , p. 647.

> id. p. 646; e Soioti, p. 677. Ho eorretto U nome secondo Soioti.

' Soluti , p. 675. . '

" Mo'oetn , nella Bibl. Ar. Sic. p. 124.

' Jfo'gem, op. cIt. p. HO.

40 In un Diwan di Motcnebbr, copiato il 1184 dell'era volgare, si notano in appendice i coinentatori , e tra quelli si legge il nome d^on Sikilli-ìbn*Fùregia, {Mines de VOrieni, tomo IV, p. i 12.) Una delle copie di qvL^X diwano con simile appendice che possiede ìl.Brkish Museum- (Ca- talogo orientale, parte II, p. 281 , DXGVII) tra i comentatori. AJmi-

S13 |SecoloXI.|

Nel passar dalla didattica e critica al j)roprio effetto dell'arte, troviamo, filologo insieme ed ora* tore, Aba-Hafs-Òmar-ibn-Khelef-ibn-Mekki, ricor- dato dianzi nei tradizionisti e giuristi. V quale, rifoggito in Affrica quando le continue vittorie dei Normanni, forse la espugnazione di Palermo, toglieano ogni speranza di salute, conseguì ilmagistràto di cadi a Tunis * che allora si governava a repubblica. È at- tribuita ad Ibn-Mekki la Correzione della lingua che altri riferisce ad Ibn-Kattà', ' e potrebbero supporsi due opere col medesimo titolo, che Ibn-Kattà' avesse imitato per gareggiare con quel sommo, <k il cui valore, dice egli , celebravano e ripeteano tutte le lingue per ogni luogo; quel che in eloquenza non cedette il vanto ad Ibn-Nobàta, e lasciò modelli di poesia. * »

Hasaa ec. Seikilll (coir. Sikllli) ed ibn-Fùregia, senza flggiugnere !1 nome di Siciliano. Costai scrisse a difesa di Motenebbi due opere : L* accuia contro Ibn-Ginni, e La vittaria sopra Ahu-l-Feth, Abo-Hasan-Abd-er- Rabman, potrebbe essere il medesimo rfpordato a p; 497, col nome proprio Ali. »

« Pag. 482 e 488.

a Ibfl-Kbaldùtif ETutoire de VÀfriqut et de la Sieile, versione de M.Des Vergers, p. 183.

s Si vegga la p. 909. La Correiione della lingua, dMbn-Mekki è citata da Nawawi, Bio^aphieal Dietionary, testo arabico, p. 126, a prò* polito delle varianti del nome proprio Abraham , Ibrahim ec. È attribuita anche ad Ibn-Mekki da Ibn-Khallikàn , versione di M. De Slane, tomo I, p. .435, e da Solati ; e con una variante da Hagi-Khalfa , edizione Fluegdy tomo III, p. 604, no 7189.

* Khartda , nella Biblioteca Arabo-Sieùìa , testo , p. 597. Imad-ed-dìn non solamente cita Ibn-KattA' , ma par che trascriva da Ini questo squarcio di prosa rimata. Abd-er-Rablm-^ibn-Mohammed-ibn-Nobàta, fiorì in Me- sopotamia nella seconda metà dei decimo secolo. Gli Arabi citano il ve- scovo Kos e qoesto Ibn-Nobàta, come noi faremmo di Demostene e Cicerone : e in vero , serbate le proporzioni tra^ i* eloquenza arabica e la greca e latina, Ibn-Nobàta si può dir felicissimo oratore. Còsi parrai dalle sue khotbe^die ho percorso nel MS. della Biblioteca Parigina, An- cien Fonds, 451. Si vegga la biografia d' Ibn-Nobàta in Ibn-Khallikan, ver- sione inglese, di M. De Slane , tomo I, p. 396.

II. 33

[Secolo XI.| -— S14

Dsehebi anzi lo autepone al Cicerone degli Arabi, e come raro esempio aggìugue eh' ei solea porgere dal pulpito un sermoae novello ogni venerdì.* Ma gli squarci dei versi d' Ibn-Mekki san troppo di predica; ritraggono della natura umana i soli viziì, consigliano la solitudine e T egoismo, escon di vena poetica;' olKl'io <)ubito eh' ei n'abbia avuta d^ oratore.

Air agrume ascetico d' Ibn-Mekki va contrap- posta la spensieratezza cavalleresca del segretaria Hàscem , che argomentiamo al paro dai versi : i quali due tipi si alternano con poco divario nei poeti arabi di Sicilia. Abu-1-Kàsim-Hascem-ibn-Iùnis, al dir d'Ibn-Kattà\ fu lodatissimo scrittore di epistole, motti arguti, racconti e mekàme:^ quella maniera di com- ponimento afcademico che ha dato rinomanza ad Hartri. Perdute le prose d' Hascem e la più parte delle poesie , ci rimangono varii tagli di due e tré versi, e bastano pure a mostrarlo seguace della scuola classica degli Arabi. Yi cogliamo anco una bravura, credo io, di guerra civile: ilpoeta vedendo i suoi sgomentati senza consiglio, & testa egli solo ad un fier nemico Abu-Nasr, e il riiifaccia agli ingrati con- cittadini, Altrove accenna ad avventure d'amore, mil-

' Dsebebi, Anbà^n-Nokà, nella Biblioteca ÀraboSicuìa^ testo, p. 646, 647, Accenni biografici di Dsebebi e della Kkarida, si aggianga quello di Soiati , Biblioteca Arabo^Sicula , p. 677.

s Nella Kharida, MS. dì; Parigi, Ancien Fonds, i375, feg. 45 recto >e seg.» v'banno dodici epigrammi d' Ibn-fifeiLki; su ì quali è fondato il mio giudizio. '

' Khartda^ nella Biblioteca Àrabo^Sieula , testo, p. 595. Ho tradotto " racconti " la voce nwàidt. Credo che già nell* XI secolo prevalesse appo gli Arabi V uso dei finti iKcconti in prosa, cbiamati riwdidt al par dei rac* conti di fatti veri.

-^ 516 (Secolo XI.J

lantandosi che una notte negra come vaga chioma, viaggiò tutto solo al ritrovo, toltosi per ciambellano il brando tagliente , e per segretario la lancia rodei- nita; e somiglianti freddure. ^ Citammo già il nome d'Ibn-Tazi, lodato scrittore d'epistole.' Porremo in

é

lista coi prosatori i Kàtib , o vegliando dir Segretarii in oficio pubblico , richiedendosi a questo appo gli Arabi non comune erudizione letteraria, per compilare quei rescritti tramezzati di prosa rimata, peregrini, si lambiccati di lingua e stile, da parer d' altro popolo o d- altra età che gli scritti di storia o scienze. Leva- ron grido, com'ei sembra, il segretario Abu-Sewàb da Castrogiovanni , ricordato da lakùt nella notizia geografica di quella città ; ' Abu-Hasan-AIi-ibn-abi- Isàk-lbrahim*ibn-Waddàni preposto ad un oflEicio pubblico in Sicilia. * E dei poeti d' Ibn-Kfttà' son detti Segretarii Abu- Ali - Ahmed- ibn - Moham med- ibn - Kàf; " Abu-Ali-ibn-Hosein-ibn-Kalid, '^ Abu-Bekr- Mohammed-ibn-Sahl detto Rozaik ; ' Abu-Abd-AIlah- Mohammed - ibn- Ali - ibn - Sebbàgh amico d' Ibn - Rescfk; Abu-Feth-Mohammed-ibn-Hosein-ibn-Ker-

« Kharida, MS. citato» fog. 40 verso, seg. Sono nove d' una Kassida; undici d* un' altra , spezzati a due o tre versi , una stanza di sette versi brevi, e l' epigramma che incidere in un pugnate.

s Si vegga sopra, p. 471 e 494.

' Mo*gem^~Bolddn, nella Biblioleca Àrabo^Sicnkif Correzioni ed ag- giunte che fan seguito alla Prefazione , p. 43.

4 lakut^Moscterik, edizione del Wùstenfeld air articolo Waddàn; Kharida nella Biblioteca Arabo-Sicula , p. 591 .

' Kharida. estratti dalla Dorrà d' Ibn-Katlà', nella Biblioteca Araho- Sieula, p, S92.

Ibid.

' Ibid.

8 Op. dt. , p.;59l .

(Secolo Xi.] 516

kùdl, copioso scrittore in rima e in prosa;* IbD-Kereni Tastrononio e computista;' Abd-el-Gebbar-ibn-Abd— er-Rahman-ibn-SirÌQ ; ' Ibn-Kùni filologo, astri>iiomo e geometra ; * Abu-Hafs-Omar-ibn-Abd-Allah ; * il cadi Abu-Abd-Allah - Mohammed-ibn - Eàsim - ibu- Zeid della tribù di Lakhm;* Abu-AÌKl-Ailah-Moham- med-ibn- At^tàr;' ed Abu-Hasan-Ali-ibn-Hasan-ibn- Tùbi , elegantissimo prosatore e poeta/

Tra tanti ingegni che onorarono la Sicilia musai- mana, pochi si volsero alla Storia. La cronica^ sola che ci rimanga è scritta in arabico sì, ma pensata in altra lingua da un cristiano o figliuol di cristiano di Paler- mo, che visse alla metà del decimo secolo, famigliare forse dei principi kelbiti ; che le date costantinopoli- tane, lo stile timido, la lingua scarsa, la grammatica volgare, Ta r#icenza dei sentimenti religiosi, la pru- denza cortigiana, la brevità in principio (827) e la diligenza in sul fine (96i), ci svelano tutte le con- dizioni deir autore, fuorché il nome/ La storia di Sicilia d' Ibn-Kattà' è perduta. Corse per le mani di pochi eruditi fino al decimot^rzo secolo quella del giurista Abu-Ali-Hasan-ibn-Iehia, della quale ab- biamo frammenti che illustrano la geografia,*^ e sem-

' Karìda, ecc. nella Biblioteca ArahoSicula ^ p. 595. > Ibid. Si vegga H presente capitolo, p. 464. ' Op. cU.,p.59S.

* Op. cit. , p. 596. Si vegga il presente capitolo» I. e. « Op. clt.,p. 598. •ib|d. ' Ibld.

« Op. cit. , p. 590.

9 Cronica di Cambridge, vegga l' Introduzione mia nel primo vo- larne » p. XL , no Vii; e il cap. X dei Lib. lil , p. 210 dei presente volume. « Pag. 507. ** Si veggano i particolari nel Capitolo Xlil di questo libro, p. 439» seg.

Sn |S6coIoXI.l

bra tolto anco da quella il caso di Malta nella gnerra di Maniaco; onde T autore tornerebbe alla metà del- rundecimo secolo: ^ siciliano è da dirsi, per nascita o soggiorno , all' argomento eh' elesse ed alla preci- sione delle notizie locali. L*età la patria non si scorge d'Abu-Zeid-Gomari, d'origine berbera, autore d'Un' altra storia di Sicilia.* Ali-ibn-Tàher, mentovato di sopra, si versò nelF antica storia degli Arabi, senza la quale mal si poteanp comprendere lor poeti clas- sici. ' Scrìsse la Stòria d' Àlgeziras Ibn-Hamdis da Siracusa.*

Ma venendo ai poeti, il numero e la monoto- nia ci distoglie dal trattar di ciascuno partitamente; se non che i maggiori nell' arte o che ^velino le condizioni e costumi del paese. E pria diremo di cui esercitò nel componimento eroico degli Arabi, la Kastda, che suona " Trovata : '• adoperata con altro nome negli epicedii ed elegie d' amore; poemetto

i Capilolo XII di questo Libro , p. 422. Eazwini , che questo fatto senza citazione , allega In altro luogo (Agidib^l-MekMùhàt , edizione del Wiìstenfetd, testo', p. 166) la Storia di Sicilia di Abu-Ali-Hasan-'ibn- lebia; par n'abbia conosciuta alcun' altra. Si potrebbero anzi supporre entrambi que' passi tolti di peso da lakùt , il quale allega sovente quella Istoria nel Mo'getn-^l^BùldàntBiblMeca Arabo-Sieula , p. 109, 111 i 115» 118. Nelle tre copie a me note del Mo'gem, manca in vero l'articolo di Malta; ma si dee supporre che Kazwini l'abbia avuto sotto gli occhi in esemplari migliori.

A prima vista parrebbe che Abu-Ali-Hasàn potesse identificarsi con 1bn-Resclk,.il quale portò quei due primi nomi. Ma distruggono tal supposto il nome patr^onomico Ibn-Iehia, la qualità di giureconsulto e la ce- lebrità stessa d'Ibn-Resctls , poiché tra le sue opere notissime ninno anno- vera la storia di Sicilia. Abu-Ali-Hasan-ibn-Iéhia, s'egli è, come sembra, il narratore del caso di Malta , scrisse ti» il 1049 e il 1091 , come notai a

suo lUOgOi

s Hagi-Khalfii, ediz. di Fluegel, tomo II, p. 155, no 2245.

> Si vegga qui innanzi a p. 511, 512.

« Hagi-Khalfa, ediz. di Fluggel, tomo II, p. 124,- 2196.

|s«coio;xn 518

sopra una sola rima , ove il poeta intesse le lodi proprie, ó di sua gente o del mecenate, con digres- sioni erotiche, descrizioni, apostrofe e macchina ritraente la vita dell' avventuroso cavaliere nomade, come la macchina di nostra epopea s'adatta alle jprìme imprese nazionali. F effimero accentra- mento del califato generò appo di loro T epopea, quando popol arabico propriamente non v'era;. La JEasida antislamitica pervenne tal quale a quel bruli- chio di stati musulmani del decimo e undecime secolo; e la si udì in Palermo a corte di lùsuf (9^90-8) in bocca di poeti africani/

La generazione seguente s^ illustrò in Sicilia per parecchi autori di Eastde , tra i quali va innanzi per età e virtii poetica Abu-Hasan-Ali-ibn-Hasan-ibn- Tùbi,' lodilo altresì per eloquenti scritti in prosa, come notammo,' Viaggiò in Oriente nei principii dell' undecime secolo, si versò in accende politiche,* e fors'anco di amministrazione, e fu chiaro a corte di Moezz-ibn-Badts,* le cui lodisi lèggono in una sua Kaslda. Altre, e soprattutto i versi d' amore, danno una fragranza direi quasi della poesia di Grecia e d'Italia; v'ha un piglio di passione, unar naturalezza d' immagini che non sembrano tolti in prestito dalle

* Gap. VU di questo Libro 9 p* 333 e seg, del volume.

' Nome derìTato dal castello Tùb nelt' Africa propria , del quale fosse stato oriundo il padre, 0 alcuno degli avi. Questo nome di luogo si trova nel Riddh-'en-Nofùi, p. 191 della Biblioteca Àrùò<h-Sicula,' ed andie nel Lobb^hLobdb di Soluti, edizione di Lejde*

' Pag. 516.

* Nel cenno d*Imad-ed-did, tolto probabilmente da lbn-Kattà',è detto* tra le altre lodi , "Sostegno di sultani, "

* Luogo citato.

« Kkarìda, MS. di Parigi , Ancien Fonds , *373, fog. recto.

S19 (Secolo XI. I

muse arabiche.* Suol cantare la gioventù, le donne, il vino, le stelle, i fiori; piange i diletti perduti nel- r età matura , senza mai trascorrere alla schifo licenza di tanti altri poeti arabi; poiché un suo epigramma, fino da parer tle' teinpi d' Orazio o di Giovenale , è satira al certo , non confessione di vizio. * Gli argomenti, lo stile, fin qualche concetto e qual- che parola d'Ibn-Tùbi, si ravvisano nelle rime d' Ibn-Hamdts , che di' certo il prese a modello e r avanzò.

Fioriva in quel torno o qualche dieci anni ap- presso, Ibn-Sebbàgh il segretario, amico d'Ibn- Rescik, forse palermitano, ed intinto nelle pratiche con Moezz-ibn-Badfs , al certo seguace di parte siciliana nella rivoluzione d' Akhal , poiché con robusti versi, e talvolta gonfii, loda il valor di sua gente contro i Bizantini e i Kelbitì. * Armoniose

« Khartda, MS. citato » fog. 30 versò.

* LMneantesimo non sforza altrimenti che le grasde di costei; Tambra grigia non (ole%%a) altrimenti Ncbe l'alito suo.

'Ignoravamo il suo soggiorno, quando ne venne fuori una fragranza che ci dire: ella è qui ce. "

*La morte, oh bramo la morte, s'io non debba mai stringerla al seno : òhe la virtù, onde ho vita., è il suo Sembiante.

"Se mai sitibondo bevesti dell* acqua a lunghi sorsi, (Mppl) che ciò è nulla al {paragone dei) mio {corUento o) baciarla in bocca. "

* Non potendo lasciare addietro le accuse contro la società di cui ricerchiamo la storia, ho pubblicato nella Biblioteca Arabo^SicUla , p. 590, quest' epigramma ; e qui , a malgrado mio , lo traduco. Ma non si può af- fermare che Ibn-Tùbi lo avesse scritto piuttosto iu Sicilia, die in Oriente o in Affrica.

*Con questi versi descrisse un r. eccellente in suo mestiere:

" Quel dai gr|ndi occhi negri che torcea lo sguardo da me > mandaigli a* dire r intento mio per un mezzano;

'Ed ecco che questi il mena seco sotto mano, cheto cheto, come flamma (di lampada) si tira l' olio. * "

s Si vegga qui«opira a p. 515. Ecco i versi che troviamo nella Kha-

[Secolo XI.] 520

e gentili le rime d' amore d' un Abu-Fadhl-Mosceref- ibn-Ràscid, autore di tre o quattro Kastde e altri componimenti; e pur non gli manca vigor di: parola altezza di pensieri quand' ei tocca la guerra civile, forse i principii della normanna, e sospira la unione della Sicilia sotto un sol capo. *

Non guari dopo , il grammatico siciliano Àbu- Hasan-Ali-ibn-Àbd-er-Rahman-ibn-Biscir , dettava

rida, tolti probabilmente da ana Kaslda,- dei qualiJio dato il testo nella BibUoleca Arabo-Sicula, p. SOI.

- " I miei 80Q taV gente, che , quando V unghia di destrieri leva sotto le nubi {del eielo) nubi di polvere ,

"I i)randi loro lampeggiano « mandano sangue dal taglio, come scro- scio di pioggia.

" Terribili altrui , difficili a maneggiare, or s' avventano ad Himiar ed oV a Cesare:

"Difendono lor terra*, cb' altri non entri a pascervi; troncano ogni mal die sopravvenga. * r '

Himiar, come ognun sa, è il supposto progenitore della schiatta del lemen, alla quale appartengono i Eelbiti. La gente del poeta sono i suoi partigiani o i concittadini. Lo credo palermitano, -perchè è chiamato Sikilli senz'altro e perchè Ibn-Resctk, sbarcando a Mazara, gli scrisse una breve epistola in versi che abbiamo nella £Aari(fa, MS. di Parigi, An- cien Foods, 1375, fog. 34 verso, .

' Kharida nella Biblioteca Àrabo-Siculaf p. S83, 894. Lasciando il principio di una Kasìda data da Imftd-ed-dln , cb'è pur bello, tradorrò i soli versi che alludono ad avvenimenti politici, il poèta, dòpo la finzione obbligata del viaggio d' una bella (se fosse Meimuna?) e dell* arrivo di lei alla collina, ov* era forte proteggitore un bel cavaliero, continua còsi:

"Un da' grandi occhi negri ^ tinto le palpebre d| kohl: il quale mi strappa dalla paziente {rassegnoAione] poich' è caduto in dure strette:

" Che Dio guardi le piagge dell* isola , se il principe d' un alto monte avrà in guardia gli arpoenti scabbiosi che pascono in quella !

' (Principe} ì cui nemici edificano castella inaccesse. Ma forse i baluardi di Babek respinsero Ifscln ?

*Io reco la verità. in mie parole, oso penetrare i segreti di Dio;

"lo il vidi che già s' era recata in mano la somma 4el|e cose, il vidi un bersaglio a una furia di sassi , ed ei sorrideva.

"Lioni in una guerra che faceva ardere nel lóro costato una fiamma accesa già dagli {antichi) odii. "

Qui finisce inopportunamente lo squarcio delia Kastda, della quale ci

521 ■— [Secolo XI 1

una Kasida ad onore di Nàsir-^d-dawIa-Ibn-Hama- dàn, capitanò anzi padrone del calìfo d'Egitto/ e un'altra a lode del \izir Ibn-Modebbir, * la prima delle qnali sembrò un capo lavoro a Malek-^Mansùr, ' principe erudito del secolo seguente.' Un altro Abu- Ha«an^Ali-ibn-Abd-er-Rahman, segretario e gram- matico, chiamato Bellanobi dalla patria, Ansàri dal lignaggio, ^ uscito di Sicilia nella seconda metà del- r undecime secolo, rifuggissi al Cairo; ove perduta la madre, piànsela con una elegia piena d' affetto e d' immagini poetiche. V hanno inoltre componimenti, brevi e cinque Kastde , due delle quali a lode d' una casa di Beni-]\(awkifi) non sappiamo se di Sicilia o

si dà, in grazia delle antìtesi, quest' altro 4rerso che descme» dice Imàd- cd-dìn , i moni in battaglia.

"Redbwftn li arospingea lungi dal dolòe soffio del Paradiso, e Malek li avvicinava al fiato del fuoco (tnfemaZe). *

Non ho bisogno di avvertire che questi uUimi sono dei ministri deK r eterna giustizia, a credere dei Musulmani. 11 Babek nominato nel primo squarcio è il ribelle comunista iil quale accennai nel Lib. HI, cap. p. i 13 di questo volume ; e Ifsdn , il capitano turco che il vinse. La lezione * un atto mente* è la sola che in! par si possa sostituire ad una voi» del testo che non significato [fi'MioUca Àraba-Sicula, testo, p. 593, nota 8), e si adatterebbe al signore di Castrogiovanni. infine i guerrieri caduti nelle mani di Redhwàn e Malek, dovrebbero èssere i Cristiani.

* Àkhbàr^el^Molttkfdì Malek-Mansùr principe di Hama, nella Biblior teca Arabo^Stcula^ p.612, 613. Il nome compiuto di questo poeta si ha da Nowairi. Il Nàsir-ed-dawla , citato qui è il secondo della casa di flamadftn» che portò quel titolo; il quale, costretto a fare il capitano di ventura In Egitto, rinnovò al Cairo gli esempli degli emir el-Ororà di Bagdad, e d'Ai* mansor a. Cordova , e in fine fu ucciso il 465 (1073).

* Nowairi , 5/oria d'Egitto, nella Biblioteca ÀraborSicula ^ ì. e.» in nota. Ibn^Modebbir entrò in officio il 453 (1061). Il riscontro del nome e del tempo mi fan supporre che il poeta sia il grammatico 4el quale parla Sointi , e il dice maestro dello viziano Omar-Ihn-le'isc, il quale alla sua volta die lezioni in Alessandria il 488 (1104). Biblioteca Àrabo-iSicuìa , p. 678.

> Àkhbàr'elrMolùkf le.

* Cioè degli Arabi di Medina.

d'Egitta,* onde naseeva an mecenate del Bellanobi : versi studiati, puliti e mediocri. ' passò questo seguo in poesia il filologo Ibn-Kattà\ del quale abbiamo detto. 'Par fosse uscito di Sicilia neir ado- lescenza Megber-iba-Mohammed-ibn-Megber che

* Mawkifi, vnol idUre oHoDdo di Mawkif borg&U di Bassohi. Delle daé Kast^jle» ove si ricorda questa famiglia, la prima fa le lodi d* un Moliammed, (fog. 2 redo), e la seconda d' un Ai)u-1-Fereg (fog. 10 recto), cbe ben |)Olrebbe essere la stessa persona. Cito la copia del MS. dell' Escuriale che mi fu donata dal conte di Siracusa.

' Degli eruditi Arabi, i soli che faccian ^rola di Bellanobi, sono lakùt, Mù'gem neXÌA Biblioteca Àrabo-Siculat testo, p. 106, all' articolo BiUanùba, e r editore dei dugentotrentasei versi di questo poeta che si trovano nel codice deir Escuriale, CCCCLV del catalogo di Casiri. Questi lesse il nome etnico Albalbani , e sq))pose sqrUti i versi a lode di prtndpi siciliani e in particolare dMbn-HamÙd. Si vegga il Di Gregorio, Rerum Arabiearum, p. 237, e la nota scritta a capo del codice deir Escuriale, cb' io ho pub- blicato nella Biblioteca Àrabo^iùula, p. 680, dove il detto nome è. dato eon tutu i segni ortograflci, Bellanobi. Quivi anche si legge che H giurista Abu-<-Mobammed*-Abd-AIIah-ibn-Iehia-ibn-Hamùd, Hazimi, avea recitato in. Alessandria all'editore» Tanno 51S (1119), que' versi di Bellanobi sentiti sua propria bocca, e vari! squarci d'Ibn-Résclk e d'altri poeti non siciliani. Questo Ibn-Hamùd non era della famiglia Alida di tal nome che regnò in Spagna e ne venne un ramo in Sicilia , nia della tribù dUazlma eh' apparteneva a quella di Nabd , e però alla schiatta di Kahtàn.

Ecco alcuni versi della citata elegia:

" Ottima e santissima delle madri, m' hai gittato in seno un' arsura, che il fuoco non V agguaglia.

"Tra noi si frappone la distanza dell'Oriente all'Occidente; e pure giaci qui accanto , la casa non è lungi da te !

* Oh che s' Irrighi la tua zolla , ad irrigarla scendanvi perennemente nnbi gravide di piog^a ,

*fi mentr^esse spargeranvi stille di pfanU), sorridan 1 più vaghi fióri. ,

"Dite all'Austro: Costei mori musuhnana; accompagnarohla le preci della sera e delja mattina ;

"Sosta tu dunque su la moschea Akdftm, é tira su a settentrione Msenza torcere a manca ec. *

La moschea Akdàm a Rarftfa presso il Cairo, è ricordata da Makrizì nella Descritiene de^l' j^l/o / testo arabico , stampato di recente a Billàìc , tomo li, p. 443, dove si fa parola del cimitero di Karàfa, della incerta etimologia di quella denominazione d' Akdàm, ec;

» Pag. 510.

.^523 -- iS6ooioXi.|

studiò in Egitto e vi fece soggiorBo, tenuto in^rao pregio dai critici arabi, autore di varie Kaside, una delle quali al Kàid-Àbu-Abd- Allah , soprannominato Mamùn , ma noi credo dei regoli siciliani. Con altri versi, mordendo un poeta bisognoso o avaro, ci rag- guaglia del sussidio di cinque dinar al mese che por- gea la corte fatemita agli uomini di lettere; Mori costui pria della metà del duodecimo secolo: ' T ul- timo forse dei Siciliani che dopo il conquisto s'erano affidati alla carità fatemita.

Piti franca ospitalità loro offrivano in Spagna da dodici dinastie gareggianti a bandir corte per mostrar che da vero regnassero; la miglior parte gen- tiluomini arabi, usi a far della poesia lusso ed a tener unica virtii civile la liberalità. Sia la frequenza dei commerci, sia il gusto delle lettere, si strinse con la Sicilia più che ogni altro stato spagnuolo quel dei Beni-Abbàd di Siviglia: e già al tempo di Mo'tadbed (1041-1068) s' era rifuggito nell'isola un poeta Abu- Hafs-Omar-ibn-Hasan , di nobil gente spagnuola, .amico del principe, poscia temuto e perseguitato; il quale tornato alfine in patria, Mo'tadbed lo fece as- sassinare. ' Ma succeduto al cupo tiranno il figliuolo

« Marida f capitolo dei poeti e|[iiiani, ■eIlftPtUtore«i ÀràbtHSicula , p. 605e seg. Secondo Imad-ed-din, qitesto poeU^ morì avanti il 544 (1140-90); onde mal reggerebbe il supposto cbe il KAid^Mamùn fosse a1- <;ono dei regoli di Sicilia» i qaali si intitolavano Kàid, come s* è dettò. Che ebe ne fosse» io bo pubblicato nella ^td/iò/eca Arabo^Siùida finiio lo squarcio di qnesta Kastda, serbatoci da Imàd-ed«dln. Similmente si leggono nel luogo citato e nella prèfasione, 77, i versi contro il poeta Hoslim, il quale, non contento dei cinque dinar, domandò un'ultra p^Mione in merito delk poeua; -e gU.aecrebbero il susddio di mezzo dinar al mese. Imad'^d-din quasi un cenUbaio di versi di Megber.

* Me8àlik^l^Ab9ar , nella BilioUett'^ttbO'Sieiiia , testo, p. 654, «t5.

(SéMio xi.) 524 ~

Mo'tamid, che avea gran cuore in guerra e in casa, ed altamente sentiva in poesia, la corte di Siviglia fu asilo dei poeti Siciliani Abu-1-Arab e Ibn-^ Hamdts.

Abu-1-Arab-Mos'ab-ibn-iyfobammed-ibn -Ahi - Foràt, coreiscita della schiatta di Zobeir, nato in Sicilia il quattrocentoventitrè (1 033) avea nome già di gran poeta, quando, occupata Palermo dai Normanni, impa- zienza del giogo 0 stretta di povertà lo sospinsero ad andar via, dicendo alla patria eh' essa Y atóandonava non egli leu Mo'tamid gli avea profferte asilo a Siviglia ; mentr' egli pur tentennava, sbigottito dai rischi del viaggio, invecchiato a quaranV anni , aveagli mandato per te spese cinquecento dtnac: e vedendolo giugnere a corte dopo un anno o poco meno (465, 1072-73), r accolse lietamente, gli fu poi sempre largo di danari e d'affetto;' e quegli ne rendea merito coi versi;

% * Squarcio, di poema^ dato da Imad-ed-dla nella Kharfda , Biblioteca Arabo-Sicula, testo , p. 609. 1 primi tre versi e il settimo , riferiti anco da ligiaDi, si leggono nella BUtoria Abbadidarum del Dozy, tomo il, p. 146, dei quali si può vedere la traduzione del dotto editore. Gli altri son del tenore seguente :

"Su, alma, non tener dietro all' accidia, i.cni lacci allettano, ma trista compagna.

'Eiu, p patria, poiché mi abbandoni, vo'fare soggiorno nei nidi delle aquile gloriose.

** balla terra io nacqui 9 e tutto il mondo sarii mia patria, tutti gli uotnlni miei congiunti.

" Non mi mancherà un cantuccio nello spano; se noi trovo qui, lo cerco aii,rove.

*Hal tu ingegno? abbi anco cuore: che l'assente non conseguì mai suo proposito appo colui che noi vede. "

' Ibn-Bassàm narra che un giorno sedendo Mot'amid a brigata , re*, catogli Qu carico di monete di argento, ne donò .due borse ad Abu-l-*Arab; il quale vedendo innanzi il principe tante figurine ^d' aml»^, e tra le altre una chefingea un camelo ingemmata di pietre preziose, sciamò^: * A portar* cotesto monete , che iddio ti conservi^ ci Vuol proprio un caùiela. * E fife-

525 |SeooloXI.|

par anco abbia inilitato in alcuna impresa del mece- nate/ Sopravvisse Abu-1-Arab alla ruina'di casa Abbadida una ventina d'anni, sapendosi di lui fino al cinquecento sette (111 3-1 4). Improvvisatore, poeta di gran fama , più arabo (he niun altro Arabo nel pregio della lingua, dice Ibn-Bassàm, scherzando sul sopran- nome; e Scehàb-ed-din-Omari , preso d'un estro di prosa rimata , lo esalta duce e maestro di tutti i poeti del suo secolo e gente. ' In vero le Easide ed altri componimenti d' Abu~l-Arab , dei quali non ci mancano squarci, sembrano elegantissimi di lingua e stile; arabici pur troppo in ragion poetica, ma vi si frammette spesso la semplicità che dianzi lodammo in Ibn-Tùbì.

Abd - el - Gebbàr - ibn-M ohammed - ibn -Hamdis nacque in Siracusa (1056) di nobile famiglia della tribù di Azd, che prendea nome da un Hamdis,, capo biimiarìta ribellatosi (802) in Affrica contro Ibrahim-

t'amid, sorridendo, «li regalò la stataólta: onde il poeta lo ringraziaTa con versi estemporanei. Dal Me$àlik^l^Àb$ar , nella BibUoteta ÀrahorSiòula , testo, p. 656, e da Tigìani, nella Hiitaria Abbadidarum^ del Doiy, L e

* Oltre i Tersi di risposta alP inulto di Mot'amid, che si trova nelle biografie jl' Abu-1-Arab, la Kkarida, MS. di Parigi, Ancien Fonda , i376, fog. 35 recto, e Sappi. Arabe 141 1 , fóg. 8 recto e verso, sqoarci di altri dae poemi, dei quali il primo sembra, e ii secondo è di certo, indiriicsàto a Mo'tamid. Quivi si accenna ad una impresa in terra nemica, alla quale si trovava il poeta, poidi' ei dice: "Notti (gloriole) che tutte le notti tornas- sero a noi con le medesime speranze ec. "

* La biografia di Abu-'l-Arab si ricava da : Imad-ed-dtn, Kharida nella Biblioteca Arabo^Sieula, testo, p. 606; Ibn-Khallikàn , IH%Umario BiogralieOi versione inglese di H. De Slane, tomo li , p; S77 nella viu di Ali-ibn-Abd-el-Ghani-el-Husri ; Scehàb-ed-dln-Omari, Metàlik^l-Abtàr, nella Biblioteca Arabo^Siculai testo, 685 e seg. Fa cenno di lui MeHk- Mansur, op. dt., p; 6IS. Hagl-^Kfaalfo, edizione di Fhiégel, tomo IH, p. 3U, no 5678, nota il diwano delie sue poesie. Non trovo in alcun an* toro il titolo dell' opera di arte poetica alla qoaile par che voglia allndere Sceliàb-ed-dln-Oroarl.

(Secolo XI. I 526

ibn-Àghlab/ Crosciato al romor delle armi normanne che già infestavano il Val di Noto, Ibn~Hamdts, più che agli stadii si diede a combattimenti, amori, festini, trincare; finché un saccesso sul quale ^i tocca e passa, credo avventura amorosa in nobil casato, sforzollo a fuggire * in Affrica il quattrocensettanta-

« Ibn-KbaldùD, Histoire de VAfrique ec., versione M. De Vergers» p. 87 y 88, e citazione di Nowairi , ibid. , noia 96. AI dir di Nowafrì, questo Hamdìs diaoendea delia tribù di Kinda, che sarebbe collaterale a quella di Azd , entrambe del lemen , ossia del ceppo di Kabtàn. Soppoqgo Ibo- Hamdls natoti 447 (1055-l$6), poiebè morendo il 527 (f 132-3) avea circa ottant'anni, leggendosi nel ano diivAn, BiWoUea Arabo-Sieula , testo» p* 575 , i versi seguenti , un pò* senili:

"Ecco un bastone ch'io non strascino né! sentiero della vergogna ; mi r^gge ansi a scosurmene.

*0 vogliate dir che V ipopugno per conrer meglio all'ottantina, non per battere {gli alberi e raccorre] foglie al mio gregge. [SI vegga il Co- rano , Sura XX , verso 19. ] '

*lo sembro un arco, e il bastone la corda; l'arciere v'incocca ca- nizie e caducità. "

> Le allusioni a questo fatto si raocapezsano da due Kastde , la prima delle quali ho data nella Biblioteca Arabo-Sieula, p. 552 e seg. , e comìn* eia così:

*Le sollecitudini della caniziefaanno scacciato l' allegrezza della gio- ventù. Ah I la canizie quando comincia a splendere la t' abbuia !

* Per UD^ombra d' amore il destino mi spinse lungi; e l' ombra foggi da me e sparve.

"Una brezza vespertisa mormora, rinfistesca, e sospinge soavwBenle {la barca).

"Ella sciolse. Evviva 4 È la morte liGea piangere 11 cielo sugli evinti che glaoeano in terra.

" Il mugghiti del tuono Incabava le nubi come il camdò che feeme contro la compagna ribelle.

*D*ambo I lati di lei avvampano! baleni, col lampeggiare di spade brandite. .

* Passai la notte nelle tenebre. 0 bianca fronte delt'aovon, arreouni la tace!

* In quella {terra) è un' anima amante, che aDa mia ptfUta, questo sangue che scorreml nelle vene ;

"Luoghi ai quali corrono fonivi I miei pensieri^ come i tapi si rinsel< vano nella {natia) boscaglia.

527 isccoioxi.l

DO (1 078-79). Ma sdegnando i costami delle tribù ara* biche scatenate dall' Egitto su T Africa propria/ allet- tato altresì dalla fama di Mo'tamid~ibn-Abbàd , andò a corte di Siviglia, ove fa accolto con onore e libera- lità.* In qael ritrovo dei primi poeti contemporanei

' » I

Quivi fui compagno dei iioni alla foresta; quivi in soo covile visitai la gazzella.

*0 mitre! dietro da te è il mio giardino, del quale mi ascondi le delizie non già le miserie!

"Lì vidi sorgere nna bella aurora, e lungi di quello mi coglie il vespro.

*Àbi se non m' era data. la speme, quando il mare mi vietò di porvi il piede ,

"Io montaya, in vece di barchetta, l'arcione, e correva in quelle^ piagge incontro al sagrifizio. '

Ho dovuto tradurre liberamente le strane metafore cbe ba il testo neir ultimo verso. L* altra Kastda , è scritta in risposta ad un amico cbe par abbia. profferte ad Ibn-Hamdis, dopo molti anni, di rappattumarlo con possente famiglia perch* ei tornasse in Sicilia, ove i Musulmani, com* e'par- mi, volean tentar qualche sollevazione. La difiScoltà di ridurre a lezione plausibile alcuni versi di questo lungo componimento, mi distolse dal pubblicarlo nella raccolta dei testi. Nondimeno vi si scorge manifesta la cagione della fuga; e la fimìglia aekmca par si chiamasse dei Beni-^Has- sftn. Il poeta, già maturo e collocato a corte di Mo*tamid , ricusa di tornar di presente nella Sicilia soggiogata dai Normanni; ma perdona a tutti, e finisce la Kastda sciamando l

*Lode ai viventi, lode a coloro le coi ossa giacciono nelle tombe, lode sia a tutti!

"Lode, perchè non dura quivi il letargo; e grandi eventi ne riscote- ranno anche me. "

* Si vegga la descrizione eh* ei fa di costoro e il paragone con gli Arabi di Sicilia in una Kastda che comincia : " Pascon la bianca foglia il cui frutto è sangue (lo stipendio dei meiwenarli ec.)" nella Bibìioteoa Àrabo- Sicula ^ p. 561 e segg.

s IbiHKhallikàn. L' Autore MV Àkkbar^^Mùlùk intitola Ibn-Hamdls dkur4^m*àratein (quel dal doppio officio) che solea dirsi a visir investito di comando civile e militare: ma qui mi sembra allusione al genio poetico e valor guerriero d' Ibn-Hamdis.

Tra i molti componimenti indirizzati a Mo'tamid ve n'ha uno, nel qnale, ricordando la patria e i parenti» conchiude con effusione di gra- titudine:

"Né tu mi chiudesti la via dell' andar appo loro; ma ponesti il dono a vincolo che mi ritenesse ;

(Secolo XI. ^ 528

d'Occidente rìfalse il genio d' Ibn-Hamdte; non si cor- ruppe in corte ranimo franco, liberale, pien d'amore^ del padre, della Sicilia, degli amici, della gloria, delle donne; d' ogni bellezza di natura e d' arte. Seguì il principe nei campi com' uomo d^arme ch'egli era ed anco ne facea tro{^a mostra nei versi. Alla batta- glia di Talavera (1086) abbattuto dal cavallo nei primi scontri che tornarono ad avvantaggio dei Cri- stiani, si sviluppò gagliardamente, n usci con la co- razza tutta affrappata dai fendenti, più che a stesso pensando al figlio giovinetto che combat- tea li presso con gran valore/ Ma quando gli Al- moravidi tornarono in Spagna nemici; quando. Mo'tamid fu spoglio del regno e d'ogni cosa, e scannatigli due figliuoli sotto gli occhi, e con le figlie mandato in catene ad Aghmat ("1091), Ibn-Hamdts passava in Affrica, andava a visitarlo nella prigione: dove fecero scambio di sante lagrime e versi medio- cri. " Tornatosi il poeta siciliano a Mehdia,* saputa

"Ed una generosa amistà , la cui dolcezza spandendosi nel mio caore lo rinfrescò, arso ch'esso era dal cordoglio."

DI questa Kastda ho dato uno squarcio nella Biblioteca ÀrahiHSicula, testo i p. 5SS4> SI veggano le altre poesie indirizzate a Ho'tamid e^ al . costui Ggliuolo Resctd , delle quali ho dato le rubriche nella stessa raccolta, p. 567, 5860,570-

< Diwàn d' Ibn-Hamdls , neiròp. cit» p. 569. Il poeta tQrnando a Si- viglia, fece iinesti versi al 6gliuolo che avea nome Abu-Hà9clm. Suppongo si tratti di Talavera, poiché il testo dice, per antonomasia, " la battaglia. * . *0h Abtt-Hftseim! le spade m'hanno sminuzzolato: ma , lode a Dìo» non voltai fiiccia dal taglio loro.

*Ricordaimi, in mezzo a quelle, il tuo sembiante, mentre non mi prometteano ripòso alle fresche ombre. *

> Questi versi riferiti da varii annalisti e biografl , si leggono presso Dozy, ^i«/orta Abbadidarum, tomo f , p. 246, tomo Il,p, 44. Altri ve n* ha nel Dlwan d' Ibn-Haradts, accennati nella Biblioteea Àrapo-Sicvla , p. 571.

B Novrairi , Siùriadi Beni-Abbàd, presso I)ozy, op. elt., Il, 138, e Biblioteea Arabo^Sieuh, p. 459.

529 [Secolo XI.]

non guari dopo la morte di Mò'taniid (1 095},'soggiornò parecchi anni nelle due corti di casa ziri la, avendo lasciato in lungo poema la descrizione d' un palagio di Mansùr principe hammadita di Bugia, aspro nemico degli Àlmoràvidi ; * due Kaside in vita* ed un'elegia in morte di lehia-ibn-teraim (il 16) principe di Mehdia;' e le Iodi di Ali-4bn-Iehia (1116-21) ed Hasan-ibn- Ali (1 1 21-11 48) saliti successivamente a quel trono/ Scrisse la Storia di Algeziras. * Rifinito dall'età e dair avversa fortuna ^ eh' ei s' assomigliava ad aquila che più non voli e i figli le imbecchino il pasto , * per- duto il luimè degli occhi, mori di ràmadhan cinque- centovenzette (luglio 1 133) , chi dice a Majorca, chi a Bugia, sepolto accanto al poeta spagnuolo Ibn-Lab- bànà, col quale avea gareggiato nella grazia di Moìamid a Siviglia e nel carcere.'

< Makkari , Ànalecte$ tur VMstoire e/e. d*Espagne , lesto arabico , toiAo I, p. 521 eseg., in tre squarci 48 versi di questa^ Kaslda. Man- sùr-ibn-r^&sir- ibn-'Alennàs, regnò da! 1088 iA 1104, nello stato bam- madita, .che già avanzava per territorio e forze il reame del ceppo drita di Mebdìa. Si vegga Ibn-^Kbaldilkn , Histoìre des Serberei, versicene di- M. De Siane, tomo II, p. 51 e sèg., dove si fo menzióne dei sontuosi pa- lagi edificali a Biìgja da Mansùr e dal padre.

' Dìwdn (V Ibn-Hamdis. Le rubriche si leggono, op. cit, p. 573.

' Ibn-el-AlMr, anno 509; nella Biblioteca iira&o-Sietifo, testo, p. 280.

* Ve n* banno squarci nella Kharida , le cui rubriche si lèggono nella BìJ^ioiìica Arabo-Sicula, lesto , p. 608.

^ Hagi-Kbalfa , edizione Flnègel, tomo II, p. 124, no 2196.

Diwàn, oj>. cit., p. 572, 575. ibn-Hamdis diceva al raceoglitor del diwan , aver letto nelle opere di Storia Maturale questa filial pretà delle àquile, e che la non si notasse In alcim altro animale.

7 Le notizie d' Ibn-Hamdis, si ricavano da: Ibn-Khallikftn, Biogro' pkieal Bhtionaryy versione di M. Siane, tomo li , p. 160 seg.; Imad- ed-dtn, Kharida neìh Biblioteca Arabo-Sieula , testo, p. 607 e seg.; Malek-Mannu, Tabùkat-^l-Seio^ard , op. cii., p. 619. Scehab-ed-din- Omari, IfeM^t/k-eMòsdr, op. cit.,p. 655 e seg.; e soprattutto daglj avver- timenti premessi a varie poesie, nel Ditvàhàì lbn-Han[ulls$ dal raccogli- tore anonimo , il quale lo conobbe di persona e conversò con lui, come si II. 34

|6«celaXLl 530

Ingegno felicissimo nel coglier e ritrarre le sen- sazioni, nel colorirne le dipinture che veggiamo sparse a larga mano in duemila e cinquecento versi: dipinture d'obietti materiali, avvenimenti, passioni, costumi. Delle quali lascerem da canto ciò che non si riferisca alla Sicilia: le gesto di Mo'tamid, i suoi palagi ed orti o del principe di Bugia, gli episodii accademici di Siviglia, la morte d'una moglie, il nau- fragio d'altra sua donna nel viaggio di Spagna ed Affrica, le cacce affricane, le descrizioni d'animali e frutta e fiori,' gli specchi di pece,' le lampadi a spi- rito di vino , ' il piglio feroce dfei masnadieri d' oltre. Nilo, cui poneva a riscontro gli Arabi inciviliti di Sicilia. Quei compagni di sangue chiarissima come lo splendor delle stelle,* coi quali in gioventù solca

rime da ana glosa, op. cit,, p. 573. Gli esinUi cominciano dalia p. 547. 11 Diwén por non contiene tulle le poesie ; mancandoTi la Eastda pel palagio di Mansùr, dianzi cilata, e altre di cui si leggono squarci nella Kharìda, in Ibn-el-Aibìr, Nowairi ec.

* La giraffa 9 il cavallo, lo scorpione, le melarance, gli anemoni, i doppier di cera ec. Parie di coleste descrizioni , mancanti nel Diwàn d' Ibo- Hamdis, son date da Nowairi in un volume della Enciclopedia, MS. di Leyde, no 273, e ne occorrono sovente in va^ie raccolte enciclopediche, per esempio il Giémi'^t-Fonùn, di Ahmed Harràni, autor dei Xlll secolo, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 367 , fog. 18 verso e 39 recto.

' * Come se scaldi specchio di pece , (vedi) il roìsso del fuoco oamminar su quella negrezza. " Da Scebàb-ed-dln-Omari nel Mèsalik^el-Aòsdr , vo* lame XVII, MS. di Parigi , Ancien Fonds, 1372, fog. 76 versò.

' La Kasida dedicata a lehlMbn-Temim, principe di Mehdia, comin- cia con questo verso :

fiamma questa che squarciale tenebre della notte, o la lampade il col fàoco («i alimenfa con) l' acqua dell' uva?

"Ovvero sposa che comparisca alta sol seggio ee." JHwdn, nella Biblioteca Araho-Sieulaip.òlt.

« Nella parafrasi di queste ed altri squarci d'Ibn-Hamdts non ag- giugnerò nulla del mio. Tradurrò fedelmente, ma scorcerò, e trasporrò, studiandomi a rendere il «aiKio male cbe io possa II colonie dell'ori- ginale;

831 |$60f»ioXi.|

(Cercare all'odorato il miglior muschio» dei vigneti si- mcusati. Entrano di notte iii un romitaggio; chiuse le porte, gittan su le bilancette un dìrhem d' argen- to, e la Teccfaia suora lor ne rende una co[^ piena diiiquid'<:»*o; potne menan via le sposine: quattro anfore* vergini, impeciate e sepolte da lunghi anni; elette da Un tal che d'ogni succo d'uva ti sa dir patria, età e cantiba. Ma gli svelti e jraghi giovani traggono a sala illuminata da gialli doppieri messi in file come colonne che sostenessero eccelsa vòlta di tenebre ; dove il signor della festa bandisce esilio e morte alla tristezza: e già le suonatrici, cominciando a toccar le corde, destan gioia negli animi ^, quella si stringe al -petto il liuto, questa baci al flauto: una ballerina gitta il pie a cadenza dello scatto delle dita ; gentil coppiera va in giro, mescendo rubini e perle, avara delle perle che rado allarga le strfnghe dal collo della gazzella. * Oh dolci ricordi della Sicilia , campo di mie passioni .giovanili, albergo ch'era di vivaci ingegni, paradiso dal quale fui scacciato! e come riterreimi dal piangerlo ? Quivi risi a vent'anni spensierato; ahi che a sessanta mi rammarico di quelle colpe; ma non le biasmar fu, accigliato cen- sore, poiché le cancellava il perdono di DioI *

* Questo vocabolo farì)e8co si usa tuttatia io Sicilia; e chi sa se venne dagli Arabi? Forse nacquero da quella espressione figurata I nomi di moscato e moscaténo.

^ Dindn, plurale di denn, orcio lungo che finisce aguzso. ' Cioè rotte di pelle di gazzella che serviva a portar V ac^ua.

* Diwdn, nella Biblioteca Arùbo^Sicula , testo, p. 548 e seg. Questa Kasida comincia coi versi :

"L'anima sfogò tutte voglie -4n gioventù, e la canieie le ha recato suoi ammonimenti.

|S«e«lo XI.J 532

figliaoli delle Marche slam noi, cantò altrove Ibn^Hamdis; a noi spunta il sorriso c|uando la guerra aggix)Ua le ciglia; divezziamo i bamboli, in mezzo al- Tarmi, col latte di generose giumente: rassegnaci; e quanti siamo, tanti campioni c(Hìterai che ciascun vale una schiera. Indietreggia nostr oste per rinno- vare r assalto; ritraendosi, sparge la morte: no, che tutte le stelle non sono cadute, e pur v' ha una speme in questa guerra , e siam noi. I condottieri ci mostrano il di della battaglia , un drappo da ricamare con gruppi d'avvoltoi; che i prodi ad ogni carica di lor nobili 'Awagi,* spargon sul terreno larga pastura agli uccelli voraci. Ecco una colomba messaggiera di strage, volar secura tra i lampi. Sì; percotemmo i nemici della Fede entro lor focolari: piombò un flagello su le costiere dei Rum; navi piene di lioni solcarono il mare, armate la poppa d'archi e dardi, lancianti nafta che galleggia e brucia còme la pece della gehenna ov' àrdono i dannati; cittadelle che. vengono a combattere le città dei Barbari, a sforzarie e saccheggiarle. E «he valser quei vestiti di maglie di ferro luccicanti , e usi a dar dentro xjuando pur si ritraggono i prodi? Non piegam- mo noi al duro scontro; ingozzata la coloquinta, gn- stammo alfine il dolce favo , e li rimandammo con le armadure squarciate e addentellate da questo sottil filo de' nostri brandi. Perchè r acciaro nelle nostre mani

" La fortuna non la i^antò come virgulto in buon terreno» poi ne

raccolse i frutti ,

"No; fili sorteggiato alle passioni che mi divisero in pezzi tra loro: * Logorai le armi in guerra ; fornii molti trascorsi alla pace ec. " ' Razza di cavalli rinomata nelle antiche poesie degli Arabi. 81^ vegga

una nou di M. De Slane nel IpunuU Àsiatique, Serie ili, tomo V, (1S38),

p. 467,477.

533 {s«coioxr|

ragtena,* e nelle altrui si fa mutolo. Ma dalla casa tni guardauo furtivamente begli occhi travagliati dalla vigilia e dal pianto, che il dolore e notte li avea dipinti di kohl; * una manina incantatride muove le dita a salutanni. Oh dilettoso giardino/ la cui sembianza Tiene a visitar le pupille aggravate di sonno eie schiu- de all' immagina tiva{ Io sospiro la mia terra; quella nel cui seno si fan polvere le membra e le ossa de' miei, che già se n'è ito il fior della prima gioventù, alla quale toman sempre le mie parole.'

Sotto il bel cielo di Spagna, nelle regioni tempe- rate deirAffrica settentrionale, il poèta siracusano non obbliò mai quel paese ^ cui la colomba die in presto sua cdlana, e il pavone suo splendido ammanto;* dov^ i raggi del sole awivan le piante tf amorosa virtù ch'empie l'aere di fragranza; ' dove respiri un diletto che spegne le aspre cure, senti una gioia che cancella ogni vestigio d'avversità."* Pur l'alto sentimento che gli facea parer più belle le naturali bellezze della Sicilia, lo ritenne dal tornar a vederla serva; gli dettò versi di rampogna no, ma di com- pianto e di verità, eh' è primo debito di cittadino alla patria. Ripetendo ed esaltando in mille modi il valore

* IbD-HanuitSf adopera altrofve Ja atessa figara. Gli Arabi odierni d*Affi4ca, come ognua sa, dicono del combattere che ** parli la pol- vere."

* Antimonio o. altra polTcre negra oon cbe le donne d'Oriente (ed oggi ancbe ve n' ha in Europa) tingono i lembi delle palpebre e le oc- chiaie. ,

> Diwàn di IbD-Hamdts nella Bièlioteoa Aràbo^Steula, p. S65 e segg.

* MeiàHk'^l'AMr nella BibUoiem Arabo-Sieula, p. 151.

" Diwdn d'Ibn-Hamdis, op. dt., p. S55, dalla Kaslda cbe abbiam testé elGato a p. ìB&, nota 2.

^ Stesso Diwàn ,' i^bUoieea Arabo^Sioula^ p. S6f .

[SeMlo Xl.j" 534

delle persone/ ricordava sospirando , esser morta nel

paese la virtù della guerra.* E in età più matura sclamava :

"^ Oh se la mia patria fosse libera , tutta Topera mia, tatto me le darei con immutabile proponimento.

Ma la patria come poss' io riscattarla dalla schia-^ vi tu nelle rapaci mani dei Barbari?

{Lo potea forse, quando) il suo pq)Olo si straziava a gara in guerra civile, e ciascun legnaiplo vi gittava esca al foco?

{Quando) ì congiunti non sentivano carità di pa- rentela; bagnavano le spade nel sangue dei con- giunti, • , -

E {U popolo tutto insieme) avea lo stesso piglio d'una destra le coi dita non giochino Tun a seconda dell'altro?' '

A tanta altezza di poesia giunse Ibn-Hamdte! C(m soave sentimento cantò d'amore; con leggiadria ed arte e abbondanza d'estro sopra ogni argomento ch'ei toccava. E se l'intemperanza orientale d' imma-

' Nella Kaslda, della qaale or or daròx^inqae versi nel testo, rìpU glia dopQ il biasimo del popolo le lodi d0i guerrieri : " uomini che quando li Tedi in furore, ameresti meglio il ratto dei lipni.... Galoppanti su snelli Mfsieri, a' cui nitriti fanno eco in terra dt nemici le nenie delle pia- gnone.... Li YOdi caricare or con la lancia or con la spada; ferir d'ambo i lati non altrimenti che il re nel gkioco degli scacchi.... Muolon della morte del valore in tneuo alia mischia , quando i vlgUaeehf spirano In mezzo alle donne dal turgido petto. Imbottiscon della polvere de' campì i cuscini che lor si pongono sotto gli. omeri nella aepoltiin.* Quest'ul- timo era costume dei devoti guerrieri.

' Diwan, nella Biblioteca Àrab(h-Sieula , p. {$54.

' LHteralmente " le falangi, delle dita , ec" op. dt., p. 558. Questa lunga Kaslda, scritta, com'è' pare, in Àffricai lagnandosi di qualche principe ilrita, comincia, p. 554, col verso:

* Ho vestito la pazienza com' usbergo contro i colpLdella sof te^ O tristo secolo , poiché non vuoi la pace , su combàttiamo. " .

835 (Setolo II]

gini, le antitesi, i bisticci, i vizii radicali della lettera- tura arabica tolgono a noi di collocarlo tra i sommi poeti, i critici di sua nazione il tenner tale,' e in Oc- cidente i suoi versi furono poco men citati che que' d'imrolkais e di Motenebbi. II critico Abu-Salt-Ometa, che r accusò di plagir, lo dicea ladro illustre, uso ad abbellire le idee rubate. '

Dimorò in Affrica o Spagna il suo figliuolo Mobam- med, più poeta del padre al dir d'Ibn-Bescirùn; ma i brevi saggi che ne , fan giudicare altrimenti/ Soleiman^ibn-Mohammed da Trapani, oriundo diMeh- dia 0 stanziatovi, esule dopo il quattrocento qua- ranta (1048), erudito e scostumato, passò in Affrica, indi in Spagna; ove s' acconciò nelle corti di principi minori, e piacquero sue Kaside, e vi lasciò nome non oscuro.* Pili elegante poeta Abu-Sa'ld-Othmàn-ibn- 'Atik, Siciliano, forse di Palermo come ogni altro di obi non si noti particolarmente la città natia, andò a dirittura in Spagna al conquisto normanno, a corte del rivale di Mo'tamid in lettere e munificenza (1 054- 1091), il principe d'Almeria Mo^tasem, della illustre stirpe dei Beni-Somàdih.' Vissero al par nella seconda

* Ìbn-Bass&m , Imàd-ed-dtn , Sceh&b-ed-din-Omari , Malek-Man- sur ec, lì. ce.

> Nella Karida, Bibliòteea Àrabo-Sieula , p. 608.

' Khartda nella Biblioteca ArabcnSicula, p. 608. L'antore lo pone al p^r clie il padre tra 1 poeti Spagnuoli ; Ibn-BescirOn, tra quei del Magh- reb di mezzo, cbe risponde presso a poco all'Algeria.

* lakùt nel Mo*gem , Homaidi nella ^ 6?é(&wa , Ibn-EaUft' nella Bùrra^ Scebàb-ed-dln-Offlarf nel Mesdlik, estratti, nella Biblioteca Àrabo-Sicula , testo, p.'Ì22, 377, 594, 653. Ibn-BescIi:ow&l, Ms. della Società Asiatica dlTàrigl, copia il cenno df Homaidi.

^^Kharìda, da Ibn-Katt&', neWsi Biblioteca Arabo-Sieula , p: 597.. Una Kisida è indiiizzata a Motasim , sul quale si Tegga il Dozy, Rechetches sur Vhistoire d'Espagne, tomo I, p. 116.

|SmoIoXI.| 536

metà dello undecimo secolo poeti di Kastde, i segre- tarìiHàscem-ibn-Iunis e Ibn^-Kùni e Omar-ìbn^Abd- Allah, dei quali si è detto;* e un Ali-ibn-Abd-AUah- ibn-Sciami.'

Ibn~Tazi, cultor di scienze e di lettere,* facile ingegno ed umore bilioso, censo^ di vizii infangato in brutto costume egli stesso, va lodato tra i primi poeti' satirici degli Arabi per vivacità di concetti , stile incisivo , e pur naturale , eleganza e grazia non infre- quente/ Ci avanzan di lui, dopo che li vagliavano Ibn- Kattà' elmàd-ed-dln,da ottanta epigrammi, tra descrit- tivi ed erotici, se cosi possan chiamarsi, e satirici; ma sol di questi diremo. Dei quali è grave e lepido molto quel sopra i SufiU ; 'altri con Lindura riprendono vecchi che tingeano i capelli,* fipicce irsute di barba/ e noio- si cantori:' ed erano ridicolaggini del tempo. Su i vizii eterni dell'umana natura lanciò arguti motti ad avari/

^ Si vegga sopra a p. 5U, ^16.

> Kharida, da Ibn-Kattà', nella Biblioteca Arabo^Sieida, p. 596.

s Si vegga a p. 5 li, in questo capitolo.

* Im&d-ed-dln, Kharida nella Biblioteca Araho^Sieula , p. S89, loda i saoi versi come "di buon gìtto e intessati con gusto. * Si vegga anche Osehebi, Anhà-^n-nolià, op. eit., p. 647. 1 versi trovano nella Kharida e somman quasi a dugento.

' Si vegga la p. ÀQA, in questo capitolo.

^ Kharida, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 1375, fog. 24 verso, 6 altrove.

^ Ibid. , e 25 verso. Di cotesti barbuti , l' uno chiamavasi Gia*far-ibn- Hohammed , e V altro Hamdùn , nomi che non troviamo nelle memorie del tempo. Del secondo ei diceva : " La barba d* Hamdùn , è .una casacca che gli serve a ripararsi dal gran freddo. 0 piuttosto, quand'ei vi s' asconde in mezzo, la ti pare un mantello da letto addosso a una scimmia."

^ Op. clt., fog. 24 recto, 26 recto ec. Ve n'ha non men die otto, uh dei quali è di lode. A Tog. 26 verso, lode d' una ballerina.

^ Kharida, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 1375, fog. 26 recto.

"Andai a fargli visita per novellare, che alla sua borsa io non pensava . per ombra.

" Ma suppose che venissi a chieder danaro, e fu 11 11 per morir di paura. "

537 [SéMio Xf i

cbiacclìieroDi pertnalosì ; ' perdonò at difetti fisi^ ci : ' mise il dente ove potè a lacerare con raU>ia , ed arrivò a chiamare V umanità razza di vipere e cani.* Ruzaik-ibn-Sahl, già nominato, toccò Far* gemente con piìi misura o men poesia /nei soli versi che ci rimangon di lui. V

Meritano i Kelbiti particolar menzione pria di conl»nuarB Ijsi lista dei poeti minori, perchè s'è' non arricchirono gran fatto il Parnaso siciliano, incorag^ giarono e favorirono cui v aspirasse. Dell' emiro Àhmed (953-969) si ricordano due mediocri versi con che si lagnava che in età avanzata noi curasser le donne: strana querela in bócca a principe musulmano.* Cantò più lietamente d' amore Abd^r-Rahman-Jbn-Hasan,

< Khatida , nella Éiblioteca Àrabo-Sicula , testo, p. 590 :

" Con te-parole ti atvieipa ogni cosa ; rlchtedilo» ed ecco eh' h lontano {cento miglia), ,

"L'amico non faccia assegnamento sa la sua promessa; il nemico non tema mai la minaccia. *

> Kharìda, MS. cit. , fog. 29 recto :

** Gran pezza sopportai ntol indole di costai e dtcea tra me : s' emen- derà fQrse.

"Ma or che ha tolta moglie , alla larga ! ho paara delle cornate. "

B Ad an batterato di vaiolo, e a dae di flato puzzolente tOp. cit.» fog. e 27 recto e 28 recto.

* Op. cit., fog. 24 verso : ' 0 ta che mi biasimi del fuggire gli uomini e viver solitario»

" (Sappi), di' io non so star con le vipere. "

Ed a fog. 29 recto : " Quand' nom ti dice villania , lascialo andai«, che Dio ti aiuti ! Abbaieresli forse contro il can che t' abbaia ?"

^Kharida, estratto d'Ibn-Katta\ nella Biblioteca ÀraUnSiisula y p. 592. Ecco i versi che leggiamo nel MS.» fog. 37 verso:

"Le in^oH e costumi degli uomini, variano come le qualità d'acqua che tu conosci.

" Qui la limpida e pura» e puoi gustarla un sol giorno; e qui la torbida

e puzaolente*

* Negli uomini il bene è pozzetta inventale che {la esiate) si corrompe; r il male è pozzo ridondante e inesauribile. "

« Dal ÈMUik-^Absdr, estratto, nella mtlioteea Aralnh-Si^a^.p, 154.

(S«MlelI.| 538

iniUolato emiro per ooor di famìglia e Mostakhles-^- datola (L'eletto dell'impero) per oficio eli' avesse tenuto a corte fatemìta in Egitto/ Abu-Mohammed-Kàsim- iim-Nizàr, detto anche emir> contemporaneo diÀhmed, poscia prefetto di polizia a Misr , ci attesta la punti- gliosa superbia di sua gente in faccia anco al prin- cipe,' Improvvisava Temiro GiafaV-ibn-Msuf qualche versucciO) e Saiceva ai poeti le carezze delFasino. ' L al- tro GiafaV soprannominato Thiket-edrdawlai figliuò- lo di Akhal, si scusava in rima delle promesse iK)n compiute per la malignità di saa lortuna/ Del dotto e audace Ammàr ablnani detto e de' suoi versi/ Abu- Easim-Abd-Allah-ibn-Selmàn di gente Kelbìta, si vantava con mediocre poesia d' amare e proteggere la virtù, esalava lamenti erotici, e attestava T epoca in cai visse, dicendosi circondato da nemici che facean le viste d' ossequiario/ Avanzò ogni altro Kelbita nel pregio dei carmi un Gia^far-ibn^-Taib ,

* Kharida, estratto dMbn-Kattà% nella Bihìiùieea Araho^Sicida , p. S92. Scudo messo da Ibn-Kattà' immediatamente prima d'Abo-Motiam- med-KAsìm-ib&-Nizàr, sembra aDclie dei Kelbiti che sgombrarono di*SiciIia con Ahmed, come notammo nel Cap. IV di questo Libro , p. 291.

3 Kharida, estratto d* lbn-Kattà% op. cit. , p. S92. Nel BIS. son questi versi:

"Se r amico mi fa ingioria , regalo alle sue ciglia un sllèntaiiamento,

* Vieto all' occhio mio vederlo : mi sia cavato l' occhio se IT guarda! "di liceo negli occhi II suo proprio traile come- uno stecco;

"Lo pongo giù nell'infima abside, qfaafsd'ìHiche ei sedesse su le due stelle pobH;

* La rompo con Ini » foss* egli piire Ahmed-ibn-Abi^Hosein. *

s SI veggano fl^ap. VII ed VII! di questo Libro, p. 554 e 549 del volume.

* Si vegga il cap. IX di questo Libro , p. 568, e la KkaHda , estratto d'Ibn-Kattà', nella Biblioteca Arabo^Sicula , p. 596. È chiamato emiro. Il titolo di Tbiiiet-'ed-daivla , sarebbe lo slesso che avea portato V avolo lùsuf.

^ Si vegga in questo capitolo la p. 481*. ^

« MMe9ÙHk'^h^ÀMr;n«^ BtH.Àrabih'Skluh, p. 154, m.

che carleggiavasi (Xm Il»-KàUà', n'ebbe lodi nelfÀu- Udogia sicHiana e meritoUe^ come provano due squarci di Easida e qualche aliro verso petrarchesco/ Caduta la dinastia, que'che se ne divisero le spoglie, ambiron pur ad onori letterarii che noi non possiamo assentire: dico, il kaid Àba-Mohammedrìbn-OmaMbn-Menkùt* e il kaid Abù-l-Fotùh figlio del kaid Bodeir-MeklàU ciambellana, soprannominato Sind-ed-^wkiy d'nmor niente allegro.' versi anco Ibn-Lùlù, detto foi^e per errore principe di Sicilia/ sdegnava Farte un prefetto di polizia di que tempi, per non^ Abu-^Fàdhl-Àhmed- ibn-Ali, coreiscita;* nei cadi Abu-Eadhl-Hasan-^ibn- Ibrahim-ibn-^Sciàmi j della tribù di Kinana,' Abu- Abd --Allah-Mohammed - ibn-EÀsi nt-il» -Zeid , della tribù di Lakhm y e Ahmed-itm-Késim già ricordato. - ^ ^

* Khartda, estraOto da IborKattà*, nella B(5/r«/ee« Àruho^SùaUa, p. 598. Ecco tre versi- che troviamo nel MS. di Parigi, fog. 48 verso.

"M'ange un dolore eh' io Ignorava : un padrone che tlranBeggia^me debole, ed jo pur gli servo.

" Una sua perfida parola mi fa bramar sempre chi promette e non altende.^

" Oh Dio 1 accresci in me il desiderio dell' amor suo , e serba sempre nel mio cuore gli affetti che lo struggono !"

* iCftoridA, dsuatto d*1bn*Katt&* neHa BildioiGsa ÀraìnnSieula, p. SOd. Questa famiglia tenne la signoria di Mazara; ma non sappiamo se Hasan fu di quer che regnarono , se fu quei medésimo Ibq-Bleiikùtr di cui.ab- btam detto in questo capitolo p. 504.

s Op. cit., p, 592. Si yegga il cap. XII di questo Libro, p. 431. 1 versi di costui nella Kharida, MS. , fog. 57 recto , sono :

"Non v'iia letizia al mondo; il mondo è tutto angosoe,

^ Che se letizia appare, è peea e npn dureviole.

"JLa eletta degli uomini la^ola^l molilo; ohe l' una e l' altra non pes*. sono stare insieme. " .

* vegga il cap. XII di questo Libro, p. 427 del vobime.

> Kharida, estratto d'Ibn-£att&', nella £t5/t(}/ecairafto-^*icti2a« p.5d5.

* Ibid.

' Op. cit. , p. 598.

^ In questo cap., p. 489.

l$M«io xi.| 540

Perchè il verseggiare è fàcile quando non si badi alla poesìa del concetto, e T aiuti un Tinguaggio classico che risuona sempre agli orecchi^ una certa educazione letteraria, qual ebbero in queir età tutti i Musulmani che non nascessero proprio dal volgo, e r uso generale vi sospinga, come avvenne nei tempi della nostra Arcadia. Di quei citò trattarono argo- menti morali non spiccando altrimenti per bellezze di forma, noteremo quel solo che possa giovarne, cioè com' intendessero la filosofia j^atica della vita : gli uni a cantare il vino, le ballerine, i passatempi, che sono Abu--Bekr-Móhammed-ibn-Ali-ibn-Abd- el-6ebbàr oriundo di Eamùna in Affrica,' Abu-Ali- ìbn-Hasan-ibn-Khàlid , il Segretario,* Abur-Abbàs- ibn-Mohammed-ibn-Kàf ; ^ gli altri austeri, fissati nei» Tal tra vita e spregianti quella che fruivano di presente, come Abu-Hafs-Omar-ibn-Hasan-ibn-Setabrtk, de- voto di grido,* Abu-l-Eàrim-Abmed-ibn~Ibrabim Waddàni,* e i già ricordati Abu-Ali-Ahmed-ibn- Mohammed-ibn-Kàf il Segretario,* Ibn-Mekki,- Abd- er-Rahman-ibn-Abd-el-Ghàni ,* Atìk ,* il Siracusano Ibn-Fehhàm," AU-^Waddàni." D'altri abbiamo descri-

* Kharida , p. »97. » Op. cit., p. 592. » Ibid.

op. cil. , p. 897. s Op. cit.,p. SS91.

" Òp. cit. , p. S92. Questi e il precedente si segnalano per elegante grftvità n^ pòclii versi cbe ne abbiamo. Abmed , oome ognun vede, era fra- tello d'Abn-Abbàs-ibn-Mobanraied citato poc'anzi.

' Pag. 515.

8 Pag. 477.

«Ibid.

*o Pag. 474.

«« Pag. 477.

541 ISocoUXi.)

zionceNe, epigrammi sai quali poco o nulla è da no- tare. Abu-Mohammed-Abd-el-Azìz-ibn-Hàkem-ibn- Omar, della tribù iemenita di Me'àfir, dettò qualche verso sui corpi celesti.* Abu-1-Feth-Ahmed-ibn-Ali- Sciàini è lodato dall' autore dell* Antologia siciliana , il quale gli domandò alcuni versi per metterli nella raccolta; * Ruzaik-ibn-Abd-Allah fu perseguitato si ostinatamente dalla povertà, che una volta donatagli da gran personaggio una borsa d'oro, tornando a casa tutto lieto, trovò che un ladro glier avea svaligiata, e sfogò il dolore in rime.* Il Segretario Ibn-Kerkùdi è detto poeta di vaglia da Ibn-Kattà'; ma dai versi non me ne accorgo/ Alla lista vanno aggiunti : Abu-Hasan- Sikilli,' Abd-el-Aztz-Bellanobi, fratello d'Ali,' il Se- gretario Abu-Abd-Allah-Mohammed-ibn- Attèr , ' Abd-él-Wehtó)-ibn-Abd-Allah-ibn-Mobàrek,* Abur- Hasan^ilm-Abd-AUah da Tripoli o Trapani ,* Abu- Mohammed-Abd-AUah-ibn-Mekhlùf lo Scilinguato,** e il Segretario Ibn-Sirìn,^^ dei quali ci rimangono pochissimi versi o nessuno. Ci sono occorsi trattando d'altri studii, e abbiam detto del merito che loro s'at-

* Kharida, op, eli, 9 p.lSidì,

* Kharida, op. cit. , p. SOS. » Op. cit. , p. 507.

* Op. cil. , p. 59S.

8 Potrebbe essere per avventura il Bellanobi o aUro Abu-Hasan. Ne abbiamo soli cinque versi , senza cènno biografico nelhi Enciclopedia di Nowairv, HS. di Leyde 273 , p. 747 e 749.

' lakùt, Mo'gem, estratto, nella Biblioteca Arab<h-Stcula, p. 108.

7 Kharida, estratto d' Ibn-Katt&', nella Biblioteca Arabo^Sieula, p. 5d8.

8 Ibid.

» Op. cit. , p. 597. «« Ibid. " Op. cit. , p. 595.

tribaisca in poesia, Kholùf da Barka,' Iba-Abd-el— Berr,' Gia'far-ibn-Kattà, ' Damra,* Jakùb Roneidi/ Àli-ibQ-Hasan-ibn-Habft)/ Ibù-Sadoé,' Tafaer-Rok- banì,^ e il costai figlio Ali,* Olhman^ibn-AU' da Sira- cosa/» AliMbn^Waddani/' Abd-Allah-ibn-Mostb, '• Ibn-Kereni," ed Abn-Bekr-Mohatnmed. <*

Da qaanto abbiamo esposto , si può tronchi adere che la poesia rifioriva in Sicilia, dopo tredici secoli; e se noa agguagliò le bdlezze dei tempi di Teocrito e Stesicoro, prodassene qaella specie che concedea il Parnaso di Arabia. A noi Italiani non solò, ma a tutti Europei nudriti alla scuola dei Greci , non può sembrar lieto soggiorno la ssJa vaporosa d' Odin la tenda de' Beduini , dove si gareggia di metafore baldanzose, descrizioni sopra descrizioni, antitetisi incessanti di pensieri e di vocaboli, paraleHi bizzarri e lambiccati, lingua ricercata o morta e sepolta, gergo nomade che ormai mal si adattava alle idee delle colonie musulmane d'Europa, ma il culto classico comandava adoperarlo. B però ci offendono a prima vista tutti quegli orpelli e gemme di vetro di che s'a«

Pag. -476, 477, in questo, cap. > Pag. 504, in queste cap.

P. 305, in questo cap,

Pag. 512, in questo cap. Mbid.

Ibid. ' Ibid.

» Pag. 5H.

Pag. 8H«. ' ^ Pag. 176 e 511, In questo cap.

" Pag. 477, in questo cap. " Pagi 412, in questo cap. " Pag. 461, in questo cap. <* Pag. 478, in questo cap.

543 {Stiooi«xi.|

domavano i poeti arabi di Sicilia, cóme ogpi altro di lor età e linguaggio: le papille omicide, le palpebre taglienti come spade, le guance di fooco -su cui spanti il mirto della barba, o guance di ro^e, e vi fa anehe chi disse di rubino, cui mordessero gli scorpé<»ii duna negra chioma inanellata, i tralci di ben^ sormontati di lune [Hene , che è a dire svelti Rovani dal volto fresco e splendente, i capelli bianchi ' che spandan tenebre ; e infinite secenterìe di sknil tempra , nelle quali si compiaceano ^li stessi Ibn-^Hamdis , Ibn~TùlH> Abu-1-Arab , Ibn-Tazi , e il Bellanobi. Ma poi va con- siderato die il genio diverso delle lingue toglie nelFuna a tal espressione figurata quel sapor aspro che abbia neir altra: il che si noterebbe tra le lingue d'unica famiglia che parliamo in Europa^ non che tra le indo-europee e le semitiche. Scendendo più addentro, scopriremo sovente pensieri semplici ed alti, linguag- gio spontaneo d'afietti, verace colorito, tratteggiare ri- soluto, grazie non contigiate; e diremo die quelle bru- ne muse arabiche se si abbigliassero a foggia nostra, passerebbero per beUe. Io chieggo che nel giudicare i poeti arabi di Sicilia dagli squarci che ho mostrati e su le intere opere che spero sian date un giorno all' Italia , si guardi al concetto d^Ia mente piuttosto che alla, forma in cui si manifestava; e che per la forma s'accettino, com'è ragione, i^giudizii dei critici arabi eh' ho accennato a lor luogo. Forse quei biografi ed antologisti ci» ci seiimrono frammenti de' poeti arabi siciliani li defraudavano delle nostre lodi più meritate, trascrivendo appunto i versi che

*

' Salix ^gypliaca.

iSaaoUXl.l 544

noi avremmo messi da banda, e tralasciando come scipiti quelli che noi avremmo trascelto/

Vuoisi in fine &r parola dei musici che soleano cantar sul liuto i versi dei poeti: la quale usanza gli Arabi appr^^ro dai Persiani , i devoti musulmani la condannavano, e quando lor venia fatto vietavanla, ma i grandi e' ricchi tosto richiamavano nelle brigate mu- sici, cantatrici e ballerine. It gran diletto che ne prendessero i Musulmani di Sicilia , é quanto se ne travagliassero si ritrae dalle poesie, dove spesseg- giano le descrizioni dell'arte che dissipava i tristi pensieri e movea alla gioia; sdegnavano i poèti di lodare, talvolta anco biasimare i musici: Ibn-Tazi ad uno ¥ epigramma: ^ Ei canta e ti gitta addosso noia e malanni; ei tocca il liuto, affé che glieFavresti a spezzare ^u le spalle. " ' Le croniche degli Abbadidi registrano con superstizioso terrore il casa del Mu- sico Siciliano, cosi il chiamano, condotto agli stipendi di Mo'tadhed. Il quale sendosi fitto in capo (1068) che sovrastassegli la morte e la ruina di sua casa, volle ca- var augurio dai versi che a sorte gii fossero recitati; 0 fatto venire il Musico Siciliano e seder seco con grandi onori e carezze, e richiestolo di cantare, ven- ner detti al Siciliano cinque versi , che incomracia- vano: ""Consumiam le notti, sapendo ch'esse ci deb-

' Ciò si dee pensare a priori. Lo conferma il Ditvdn d'Ibn-Hamdls, che abbiamo ìmero, dal quale Imàd-ed-dln, Ibn-KhalliVàn, Scebàb-ed- dtn-Omari^ scelsero qualche bello squarcio e parecchi nediocrl e laisciarono i migliori, quasi sempre a rovescio del gusto nostro.

s Kharida, estrattr d' Ibn-Kattà', nel MS. di Parigi, AncTen Fonds, 1375, fog. 27 verso, e altrì epigrammi d' ibn-Tazi dal fog. 34 recto; altro di M.oscerif-ibn-Ràscid , a fog. 39 recto; e la descrizióne d' una festa d' Ibn- Hamdìs, qui innanzi a p. 831.

545 -— {Secolo Xl,|

boDO consumare; " ed appunto a capo di cinque giorni il principe si morì.*

Aggiugnendo i nomi rassegnati in questo capi- tolo a quei che notammo nel capitolo XI del terzo Libro, si hanno (salvo il raddoppiamento di qualche nome che non ci sia venuto fatto di chiarire) a un di presso centoventi Musulmani di Sicilia e una doz- zina di stranieri dimoranti neir isola ^ che segnala- ronsi nelle scienze e nelle lettere sino al fin della dominazione musulmana. Il quale abbozzo , disteso la più parte senza conoscer le opere, su i cenni sola- mente di autori arabi, è imperfetto di certo; pur adombrerà la cultura della Sicilia in quei tempi, sup- posta anzichà conosciuta qudnd' io mi accinsi a co- teste ingrate ricerche. Pervenuti che saremo, nei sesto Libro , ai letterati e scienziati che rimasero fino ai tempi di Federigo , mi proverò a indagare la parte che si debba attribuire ai Musulmani nel risorgi- mento degli studii in Italia.

CAPITOLO XV.

Copiose abbiam visto le sorgenti della ricchez- za ; coltivati i comodi sociali ; svegliati ingegni va- ghi di scienze e d' ogni maniera di lettere; gli uo^ mini ad uno ad uno non mentire al valor del san- gue arabico, greco italico, non ignorar arte

•>

^lbn-AbbAr, presso Dozy, Historia Àbbadidarum t tomo II» p. 6S, ed estratto nella Biblioteea Araba-Sieula , p. 539.

n. 38

stromento di guerra che appartmesse a qae tempi. Costumi tra buoni e tristi: da un lato, invidia , avari- zia, abbominazioni di taluno, stravizi di tal altro, ma r universale condannarli ; dall' altro lato, carità di figliuoli, costanti amicizie, liberalità , alti e generosi spiriti, raggi d'amore che balenavano fin entro le mura degli baleni; talché soli vizii profondi della società mufitulmana di Sicilia comparìscon due: la violenza e il sospetto. era menomata di certo Ut fede musulmana in Sicilia, dove non prevalsero scuole scettiche , non si udirono scismi^ non sètte kharegite, fonatismo di casa d*Àli: allegri gio- vani beveano, dilèttavansi di canti e suoni e balli, e poi se ne pentivano; più numero assai di devoti {Hratieava e predicava la rigorosa disciplina, la vita ascetica, e fin le follie sufité; Il qual doppio egoi- smo dei gaudenti e degli asceti, inèvitabil falto in certe religioni, va noverato tra i sintoittì non tra le cause della tabe che consumava la Sicilia , come ogni altra colonia arabica , senz' eccettuarne veruna. Tabe nel vincolo dello stato; quando i corpuscoli sociali non stanno insieme per amor di patria forza di comando, ma ciascun fa per sé. Dicemmo già come r impero arabico nacque con tal germe d' immatura morte: per T indole dei conquistatóri, T imperfetta assimilazione dèi popoli vinti , T immóbililà delle leggi-, la neeei^sità e impotenza' insieme del dìspoti^ sma, i meréenarii stranieri^ T ordinàmenta aristocra* ti£0 dei gimd^ la confusa dènìocrazia municipale, le consorterie per le multe del sangue : anarchia generale sotto sembìani^a di assoluta unità religiosa e poli-

547 {4055-1060]

tica. Indi s*era scisso il califato; i pezzi s'erano riaft*anti; gli sminuzzoli, nello undecimo secolo, si trituravano; e pur la forza dissol Tonte non restava di commuovere e rimescolare quegli atomi polvere. La Sicilia, spartita tra la g'emd^ di Palermo , Ibn-Haw- wasci, Ibn-Mektàti, ed Ibn-Menkùt, perseverò nella discordia sino air ultimo compimento del conquisto normanno, seodo aggravato il vizio delle istituzioni dalla diversità delle genti. A levante, popolazioni cri- stiane soggette a nobiltà arabica; nel centro, le plebi di Siciliani convertiti air islam ; a ponente , la cittadi- nanza d^lle grosse terre; tramezzati in tutto questo rimasugli di Berberi di non so quante immigrazioni, e rifuggiti arabi d' Affrica e di Spagna. Era proprio la mano simboleggiata da Ibn-Hamdfs, la quale nel- r ora del pericolo non potè impugnata la spada.

Ai fomenti di discordia s' aggiugnea l'ambizione di Moezz-ibn-Badts e il subito danno che la distrus- se, il cómtraccolpo d(3l quale si risenti Necessariamente in Sicilia. Appunto alla metà delftindecìmo secolo, pas- sarono in quel ch'è oggi lo stato di Tùnis gli Arabi che desolarono e ripopolarono l'Affrica settentrio- nale, ov'era assottigliata e snervata la schiatta dei primi conquistatori. La causa della quale irruzione fu che Moezz, disdetta T autorità pontificale de Fate- miti, avea gridato il nome dei califi Bagdad; onde il ministro lazùri, che tenea la somma delle coseal Càiro, non potendo ripigliare la provincia con le armi, la volle inondare di masnadieri: indettò le. tribù beduine di Hilàl e Soleim, ospiti infestissimi dell' Alto Egitto; dispensò a ciascuno un mantello e un dinar

d'oro; e scaraveotolli a ponente dei Nilo (1051). Ed entro sei anni aveano compiuta T opera; sos[nnto Moezz all'estrema riva del mare, sa li scogli di Mehdia inespugnabili , dond' ei comandava molto dub- biamente a qualche città della costiera mercè Y ar- mata e gli schiavi assoldati. ' In questa guerra gli Arabi saccheggiarono il Kairewdn (novembre 1 057} , i cui cittadini si rifuggivano chi nelle parti più occi- dentali d' Affrica, chi in Spagna e chi in Sicilia.' Pre- cipitando per tal modo le cose di Moezz, veggiam calare in Sicilia la fazione che s' era affidata a lui nel principio della guerra civile , gli si era poi volta contro (10 40), e non mi sembra inverosimile che avesse rannodato le pratiche, afforzata ch'essa fu a Castrogiovanni e Girgenti con Ibn-Hawwasci.

Ma cacciato di Palermo Simsàm e poi spento, par che la repubblica di Palermo ed altri grossi mu- nicipii venuti in sospetto di quelle pratiche si colle- gassero con la parte dei nobili a danno d' Ali-ibn- Hawwasci. Perchè allor si destava novella tempesta in Sicilia; ' sorgeva improvvisamente capo di parte un Mohammed-ibn-Ibrahim-ibn-Thimna, dei principali

* Si cofifroiltino: Iba-el-Alblr , MS. C, tomo V, anni 455^ 442, 4IS, 453, 4S5; Abolfeda, stessi anni; Baian, testo, tomo I, p. 288 e segg.; Ibn-Khaldùo, Ekioire des Berbères, versione di M. De Siane, tomo f, p. 31 e seg., e II, p. 21; Tigiani nel Journal Àsiatique, d'agosto 1852, p. 84 a 96; Leone Africano , presso Ramusio , Navigatione et Viaggi ^yoL I, fog. 3 recto e verso , edizione di Venezia isè3.

s Marrekosd, The history ofihe Àlfnohades, testo arabico, pubblicato dal professor Dozy, p. 259.

Nowairi , presso Di Gregorio , Rerum Arabieartm , p. 24 , dice che la Sicilia di nuovo e si commosse come le onde del mare, i 11 Di Gregorio pensò correggere il testo, e tradurre e et solemnit preeatio prò eo fiebat in imula, » accennando ad Ibn-Hawwasci. Ha il testo è chiaro e senza mende.

0Ì9 1^053-1060.1

ottimati, se leggiam beoe un luogo d' Iba-Khald'ùn , ' certo non uscito di sangue plebeo , ' insignoritosi di Siracusa, non si sa come quando, se quella fosse sua patria. Ibn-Thimna|, assalito Ibn-Meklati,ft:d2(2 di Catania, che avea sposata la Meimuna sorella d'Ali- ibn-Hawwasci, lo debellò, gli tolse la vita, lo stato e la donna; e, dopo i termini legali di vedovanza, chiese ed ottenne la man di lei dal fratello. Donde è chiaro che il signor di Castrogiovanni non ebbe poter d' aiutare il cognato confederato suo di certo, di ricusar la sorella all'uccisore. Nel medesimo tempo finisce ogni ricordo dei Beni-Menkùt , signori della punta occidentale dell'isola. La più parte dell'isola obbedì a Ibn-Thimna, che osò prendere il medesimo titolo d' un califo di Bagdad ' Kddir-billah, o diremmo * Possente per grazia di Dio; " e in Palermo si fece la Khotba per lui. * È verosimile che la gernóH gli ab- bia dato nella capitale un' autorità di nome; bensì r abbia aiutato all' impresa di Catania e altre città marittime col navilio, il quale non si armò mai al- trove che in Palermo. Si ristorava così un'apparente

< UUtoire de VAftiqm et de la Sieile, p. i81 della versione di M. Des Vergere. Quivi si legge "ran des principaux cbefs des habiUnts les plus turbulenis de la ville; * e la voce che ho messo in corsivo, sarebbe tradu- zione. plausibile dell* arabico awghàr, come M. Des Vergers corresse il testo dell* unico e mediocre MS. eh' egli ebbe alle mani. Quivi si legge arghàd, che significherebbe * uomini di viver lieto ; " ma non si adatta alla parola * caporioni " che precede. Ma un MS. Tunis, ha la variante agivàd^ "nobili* che io seguo nella j&tfr/io/eca Àrabo^Sicula , p. 484. Le lezioni inoltre del MS. e del testo di M. Des Vergers , darebbero voci arcaiche o neologie ; la variante dei MS. di Tunis al contrario è di uso comunissimo, e con la voce precedente fa il senso preciso "capi dei nobili."

' Si vegga il passo di Leone d* Ostia che citai nel cap. XII di questo Libro, p. 421 in nota.

> Questi regnò , o stette sul trono dal 991 al 1031 .

* Ibn-Khaldùn e Nowairi.

(4055-406O.| S50

unità di comando di guerra , se mai la Sicilia fosse assalita. Suppongo compiute queste vioepde il mille- cinquantatrò dell'era cristiana, qus^ndo Moezz eracon r acqua alla gola; ritraendosi che il quattrocento- quarantacinque dell' egira (1053-4), mandato da lai il navilio a ridurre Susa che gli s' era ribellata, trovò in que' mari V armata del Sàheb di Sicilia, e temen- dola ostile die di volta. ^ La quale denommaz^one di Sdheb s' adatta a Ibn-Tbimna e non meno la nimistà contro casa zìrita.

Durò quanto potea la concordia tra i due capi di parti, r uno vittorioso, sciolto d'ogni timor di fuori, l'altro umiliata; rivolti entrambi ad ayvantaggis(rsi con la forza neutrale eh' erano i municipi!. Il paren- . tado did occasione a scoprir nuovamente la nimistà. Meimuna, donna d'indole altera, pronto ingegno e lingua troppo più pronta, solea bisticciarsi col ma- rito; il quale forse non l'amava ella lui, forse rinfacciava Y indole plebea a|la figliuola del Dema- gogo. Una sera Ibn-Thimna, acceso dal vino, rico- mincia i piati domestici, trascorre alle villanie; Mei- muna gliene di rimando; e il feroce ubbriaco, come se avesse letto i fasti di Caligola o di Nerone, le fa segar le vene d' ambo le braccia. Ma un figliuolo di lui per nome Ibrahim accorreva a tempo, chiamava i medici , ed arrestavano il sangue; si che la dimane rientrato in Ibn-Thimna, andò a scusarsi dei furori dell'ebbrezza, e Meimuna sembiante di perdonarlo. Dopo onesto spazio di tempo, ella il pregava le con-

* Tìgianì, TersioDe, op. cìt., p. iOO, e testo nella Bèbiioleca Arabo- Sicula, p. 377, 378.

eedesse di rivedere i parenti; quegli, o non sospet- tando 0 non curandola, o ch'ei cercasse pretesto d' attaccare briga con Ibn-Hawwasci , le die HcenKa; mandoHa con onorevole scorta e ricchi presenti a Castrogtovanni. Contò allora il caso al fratello; quei le giurò che mai non la rimanderebbe air efferato si- gnore. Indi Ibn-Thimna a rivendicar i diritti di marito e di re, a minacciare quel che tenea vassallo e plebeo : ma Ibn-Hawwasci non si spuntò dal niego; ed en- trambi apparecchiarono le armi.

Ibn-Thimna movea air assedio di Castrogio- vanni; T altro gli usci air incontro; lacerò a brani a brani T esercito nemico, dicon gli annali, e lo inse- guì fin presso Catania con grandissima uccisione. Se prima o dopo della sconfitta non si sa, la Sicilia tutta da Catania, qualche altra città .air infuori, prestava obbedienza al vincitore, anche Palermo. Indi si scorge che la cittadinanza della capitale e delle città mag- giori, la quale avea deciso altre fiate i litigi tra le due parti, gittandosi or con Tuna or con F altra, com- piè quest'altra rivoluzione a favor d\Ibn-Haw- wasci. E in vero, dileguato il timore delle armi di Moezz, il capo dei gentiluomini avea dovuto aggra- var la mano su la cittadinanza al par che su la parte siciliana, e provarsi a prender in quelle regioni del- l' isola r autorità, della quale non godeva altro che il nome. Il terzo partito dunque, com'or si chiama, lo messe giù al par di Akhal, del figliuolo di Moezz e di Simsàm. Ibn-Thimna coùdotto agli estremi, si ricordò che v'erano in Sicilia e in Calabria i Cristiani. Pratiche s erano cominciate al certo tra

gli uni e gli altri fia quando si videro sventolare da Messina su T altra sponda dello Stretto le gloriose bandiere normanne. Il signor musulmano si cacciò, traditore a sua schiatta e religione, tra le sante trame di chi volea scuotere il giogo: corse a Mileto offe- rendo la Sicilia al conte Ruggiero, con la solita spe- ranza eh' ei la conquistasse per fargliene dono/

' Si confrontino: Ibn-el-Àlblr , anno 484» nella Biblioteca Àrabo- Sieula, p, 275, 276 del testo; Abulfeda; ÀnnaUs Moslemiei, tomo Hi, p. 274 e seg., anno 484; Ibn-Kbaldùn, Histoire de V Àfrique et de la Si- Cile, versione M. Des Yergers, p. i8i e seg.; Nowairi, presso Di Gre- gorio, Rerum Àrabicarum, p. 23 e seg. ; Ibn-Abi-Dinèr, Storia d' Affrica , nella Biblioteca Àrabo^Sicula , testo, p. 533; i quali con più o men par- ticolari ripetono unica tradizione. Si veggano ancbe Amato , V Ystoire de li Normant, Lìb. V, cap. 8; 1* Anonymi Chronieon^Siculum , presso Caru- so, Bibliotheca Sicula, p. 836, e versione francese nello stesso volume di Amato, p. 278; Malaterra, lib. II, cap. 3; e Leone d'Ostia, lib. lil, cap. 45: dei qaali cbi dice d'ibn-Tbimna cacciato di Palermo; chi del cognato d* Ibn-Hawwascl ucciso da lui ; e da lor soli si ritrae che Ibn- Hav^wasci fosse riconosciuto principe in Palermo. I nomi storpiati pur si ravvisano. Ibn-Thimna, è scritto Bettumenus, Vullbuminus, Vultimi- noec; Ibn-M eklati , Belcamedas, Bercanet, Benneclerus, e in una va- riante det Caruso, op. cit. , p. 179, Benemeclerus; d* Ibn-Hawwasci si è faUo ma|;giore strazio, Belchaoib, Belcbus ec. Sempre della voce ibn rimane la &, vi s'aggiugne la / deirartlcolo che segue, ed è esatta anche la prima consonante del nome patronimico; il resto si dilegua.

Debbo aggiugnere che Ibn-Giùzi, autor delXllI secolo, seriamente una fiivola assurda che non cavò di certo dagli annali musulmani , ma da qualche tradizione orale o raccolta d* aneddoti. Scrive che 1 Franchi conquistarono la Sicilia il 463 (1070-71) , chiamati da Ibn-Ba'ba*, governa- tore dell'isola, per paura del califo d'Egitto il quale gli domandava il tributo ed ei non potea pagarlo. Si legge nel Merat-ei^Zemin^ nella Bi- blioteca Arabo-Sicula , p. 326.

SOUSMARIO

DEI CAPITOLI CONTENUTI NEL SECONDO VOLUME.

lilBRO TKBSO.

Capitolo I.

àn. 827 900. Società musulmana di Sicilia. finir di provincia in

dritto comune Pag. ^1

Secondo il fatto in Sicilia 5

Amministrazione della giustizia 7

Amministrazibne civile 8

Municipio ossia gema* 9

Proprietà delle terre in dritto comune. . 42

' Tassa fondiaria. EharAg 48

Proprietà in Affrica 24

E in Sicilia 22

Stipendii militari. Giwnd ^ 2$

J?e». IhiA' 27

Altre partì dell'azienda 29

Schiatte in Sicilia. Arabi e Persiani 31

Berberi. 55

Antagonismo d'Arabi e Berberi 37

Tendenza della colonia a governo proprio 40

Contrasto interiore delle due schiatte 44

Come l'usa Ibrahim-ibn-Ahmed 42

Capitolo n.

S7$_ 904. Indole d'Ibrahim 43

Esaltazione. Primordii del regno 46

Opere pubbliche. Fuochi di segnale \ . . . . 48

Fondazione di Bakkftda 49.

Tirannide , tumulti e stragi 30

Orribili crudeltà 34

Parricidio su mogli, fratelli, figli e figliuole 38

Capitolo lU.

898. Rivoluzione spenta in Sicilia ; 62

899. E ridesta. ; 63

900. « Aba-Abbas figlio d'Ibrahim viene con l'esercito 64

» Combattimenti. Resa di Palermo 66

554 SOMMARIO DEI CAPITOLI

an. 904 . Gaerra sopra i Crìttiani in Sicilia e in Calabria. . . Pag. 69

902. Abdicazione d'IbraUm 75

Gajpttoio nr.

Ibrahim in Sicilia ^ 78

Prende Taormtaa d'assalto Si

Stragi. Martirio di San Procopio S3

Ridotte Demone , Mico, Ad e Bameita 85

Deboli proTTcdimenti di Leone il Sapiente 87

Ibrabim passa in Calabria 89

Terrore e miracoli a Napoli 90

Ibrabim muore alV assedio di Cosenza 95

Capitolo T.

Secolo VII a IX. Scismi masolmani 97

promosse le scienze. Scoole scetticbe. 99

Sette misto. f&arey»(t 402

Sciiti ^ 405

loflaensa delle antiche sètte persiane 408

Zindik, Khorramii ec 444

Origine degli Ismaeliaqi 444

Karmati 446

Ordinamento di setto ismaeltana 448

893— 900. Propaganda in Affrica 420

Abn-Abd-Allah ed i Berberi di Kotoma 422

904. Pigliano le armi contro gK Aghlabitì 423

Capitolo ¥1,

902. Riforme dell' Aghiabita Abn-AUls. 424

908. Ucciso per pratica del figlio . 426

» Bagno di Zìadet-Allah 427

904 —908. Yittorie dello Sdito 428

909. Foga di Ziadet-AIIah 429

» Occupato il regno d^li Sciiti. 454

> ' Obdd-Allab detto il Mehdi supporto discendente d'Ali e

Fatima 432

» Imprigionato a Segelmessa. 435

940. Fondazione del califato Fatomito 455

910 920. Ordinamenti e misfatti del nuovo prìncipe 437

945 ~ 920. Fabbrica clttli di Mebdìa 439

€aplt»U> WU.

902 940. Emir cbe succedoosi in Palermo 440

940. Ibn-Abi-Khinzir mandato dal Mehdi 442

942. Cacciato dal popolo 444

» Potonza della nobiltà !.. 445

948. MaeiTa rivolniione. Il p^olo etog^ emir Ibn-Korliob. . 447

» Gverra ai Crìttiani: .' 448

CONTENUTI NEL SECONDO VOLUME. SSS5

aa. 944. Investìtora de^^i Abanidì Paf. 440

B ViUoria navale ia Affrica 4^0

945—946. Naufragio e aconfitta ' 454

n Trattato coi Bizantini 453

n ControriToInsìone 454

946. Sttpplifio d'Ibn-Korbob 456

947. Asaedio e dediaiona di Palermo 457

Capitolo ¥||I.

882-^945. Colonia dal Garigtiano 460

I* Sne acorrerìe. . , * 462

Difeae di GioTanni X 465

945. . Laga contro quei MnaiUaaoi 466

946. Diatrntta la colonia ivi

948. Condizione della Paglia e Calabria 468

n Slavi assoldi dei Fatemiti ivi

948 925. Fazioni di Reggio ed Oria. 470

B Trattato dei Fatemiti coi Bizantini 473

826 929. Scorrerìe degli Sebiavoni e Siciliani in Terraferma. ... 476

934 935. Affricani a Genova 479

Capitolo UL

947 957. Salem emiro con scemata autorità 484

934—936. Inondazione. Vento infocato 484

937. Rivoluzione di Girgentì 485

E di Palermo. 487

Khalil-ibn-Isbak 488

Edifica la Khaleaa 489

938. Muove contro Gìrgenti 491

» Stragi e fame in vai di Mazara. 492

940. I Girgentini 8* arrendono 495

944. Vanti di Khalil in Affrica e sua morie 496

' Capitolo X.

> Rivoluzione dei Nekkarìti in Affrica. Aba-Iaiid ^^

n Boscera il Siciliano 499

945. Assedio di Mehdia. 200

» Morte d'Abtt-Iezid 204

947. Carestia, bargelli ed eaattori Sicilia 203

» Tumulto in Palermo. ....... .^ 304

948. Basan primo emir kalbitii .^ 207

n Prende lo stato in Palermo 208

> E spegne a tradimento i capi della nobiltà 240

Capitolo XI.

895—948. Condizione dei Crìatiani in V«ldemoBe a Val di Nato. . . 242

> Popolazione del Val di Mazara.: ^^

B

a

556 SOMMARIO DEI CAPITOLI

•D. 893^948 PrJncipii ai cnltora inldleUaale ìfaQ. 218

9o\ . Norella Tenione di Dioscoride ivi

B GiàrìtU « libri malekiti 220

« Il cidi Meìmftn in Palermo 222

" Altri giarisii. Ibn^KhorattAn filologo 224

» Raecontatori di biografie 225

» Meno coltÌTati gli altri sindtì 226

» SicillaDi che si segnalarono fuori 228

Il Devoti e superstizioni 229

Capitolo I.

948. Gasa kelbita dei Beni-Abi-Hosein 253

» Basan non ebbe nuovo titolo aatoriti, se non che di

emlr generale y come quei del nono secolo 254

969. L'emirato di Sicilia dÌTien di fatto ereditario e independente. 258

Capitolo n.

950. Guerra di Basan in Calabria . 242

952. Mosehea a Reggio. Patti '. . 248

953. Confermato Basan con sostituzione del figliuolo Àhmed. . 249 955. Fazione di Basan in Spagna ivi

956 960. NuoTa guerra coi Bizantini. 250

Capitolo UI.

961 . Basan e Ahmed coi nobili sieilìani a corte del oalife Moezz. 254 n Disegni contro i Cristiani di Val Demone «... 235

962. Feste di dreoncbione in Sicilia 256

Presa Taormina. 257

965. Rametta sola resiste 259

Nieeforo Foca le manda in unto Uanuele e Nieeta. . . . 260

964. Sbaroo e fazioni dei Bizantini 263

Battaglia di BametU 264

» Morte Basan. 269

965. Espugnazione di Rametta 270

» Vittoria nayale dei Musulmani 274

Capitolo I¥.

967. ' Ristorazione di città e ordinamento degfì iklim 274

. Pace tra Moezz e i Bizantini 278

Niccolò ambasciatore greco 279

968. Indole e arti di regno di Moezz. 281

» Giawher liberto siciliano. ... ; 282

» Reca le armi di Moezz fino all' Atlantico 285

969. E gli consista PEgitto 284

970 .— 974 . Conseguenze in Oriente 286

CONTENUTI NEL SECONDO VOLUME. 557

nn. 972. Moezz mata la sede in Egitto Pag. 2S7

» Lascia on laogoteneòte in Affrica , senza aatorìtà su la

Sicilia. . 288

CapHolo ¥.

969. I Keibiti richiamati in Affnca 290

i> RÌT<9azione in Sicilia ìtì

970. Moezz cede e manda emiro Aira-I-Kéaem-Ali , kelbita. . 295

972. II viaggiatore Hm-HankAl 294

. » Descrizione di Palermo 296

n Numero approasimatÌYO degli abitatori 504

» Costami e asanze « . . .^. . 506-

» Riflessioni d'Ibn-Haokal sa i Masolmani di Spagna e

delia isole 509

Capitolo ¥1.

968^970. OtonelnelVIUlia meridionale. . . ; 540

» Lega dei Fatemiti coi Bizantini 542

975. SpezzaU » 545

976. Guerra d'Aba-l-Kft8Ìm in Calabria 544

977. Arse Taranto, Oria e Bovino 545

905 9u0. San Nilo da Rossano 547

954. Assalto del Monastero di S. Mercorio 549

977. Frati presi a Rossano ivi

Lettera di San Nilo ad Aba-l-KAsem 520

984. Otone ir muove contro i Bizantini e i Masulmani. . . . 524

982. Viene a Taranto e Rossano 522

« Sconfitto a Stilo. Vittoria e morte d'Abo-l-Kflsem. . . . 524

n Fuga d'Otone. ' 525

» Ritirata dell'esercito siciliano.' 529

Capitolo Vn.

982 985. Emiri. GiAber; Gia'far; 550

985 989. Abd-Allah ; e lùsuf 55t

990 997. Potenza dei Keibiti in Egitto ~. ivi

990 -- 998. Ottimo governo di lùsuf 532

» n poeta Ibn-Moweddib a corte di Palermo 535

» E Mobammed-ibn-'Abdftn 534

» Poema di Abd-Allah*Toookhi a lode di lAsaf e del figlinolo. 555

B Fama cavalleresca della corte 357

985 998. l Bizantini occupan la Puglia e la Calabria 558

9S6 4005. Assalti dei Siciliam in quelle provìnce. . . 539

4004. Assedio di Bari 544

4005 4044. Altre fazioni -. ivi

4016. I Normanni a Salerno 545

4020 4054 . I Siciliani assaltano tottaria la Puglia e la Calabria. ... 545

» Altre fazioni loro supposte da nomi geogrefid 546

S58 SOMMÀRIO DEI CAPITOLI

CaI^ICoIo JfWBL,

w. 998. Gia'far-ibii-lAsnf , «miro Pag. 548

4015. Ribellióne e tnpplizio del frtieHo Ali 550

I* Nuoto ordinamento deiP esercito 554

Grateue. 552

'lO'IO. Rivoluiione in Palermo 553

» Cnedato Gia'far e ^orregatogli il fratello Alchal 354

975 998. Dominaiione degli Zlriti in Affrica 555

999. Iftnia il SicilUno 556

n. Condizioio dei Berberi nelF Affriea propria 557

4004^4023. Calamità ed emigrazioni d'Affrica in Sieilia 558

4648. Moen-ibn^Badts lo Zlrita . 539

» Persecnzione degli Sciiti ìtì

4049. Rifaggiti in Sicilia 564 <

4049 4052. Industria e riccliena dell'Affrica propria 562

4025. Armamenti di Moen 565

Capitolo IX.

4025. Prìmordii d'Akhal inSioiUa 364

» Esercito bizantino in Calabria 565

4026. Naufragio degli Affrioani 566

4034 4035. Scorrerie navali dei Siciliani ed Affrieaol in Grecia. ... 367

n Akbal faTorisce in Sicilia U parto «he si «Uftmò degli Af-

firiemU contro U parte dei SieiUani 368

» Schiatto e condizioni delle due parti 369

» I nobili 372

La cittodinanza 373

» Intenti e modi di Akhal 374

» sottometto ai Bizantini 376

4035 4037. I Siciliani chiamano Moezz. Guerra civile 377

4038. Ucciso Akhal, Moezz resto padrona dall' isola. ...... 378

Capitolo X.

» Impresa di Maniaco 379

» Racconti dei mercenirìi Scandinafi o Yarunp 380

» Vittorie di Maniaee. 384

4088-^4039. Assedio di Siracusa 584

4Ó40. Battoglia di Tr^na 887

» Rivolta di Ardoino eoi Normmni 889

« . Maniaco e V ammiraglio Stofauo. ... 1 890

» Maniaca si afforza in Sicilia. . . ^ < 594

4044.. . È scambiato e catturato 892

4042. DiferilB di Gatacafone a Messna 898

4045. RibeHiono e morto di Maniaca 394

CONTENUTI mi SECONDO VOLUME. 559

aii.4(M5 40$4. G^ndiiiéM ilei Grìflliam di ^ioiìia Pag. 895

» La più parte dtimmi, 597

» Di schiatta greca e italica 598

» Stadii e indostrìa loro 599

» Il clero 40V

» I frati. i 405

» Poco teUreli^oao 404

948—4064. San Vitale da Castroaovo 406

9$0'-994. San Loca da Demona 408

4020 4070. San Filareto 440

964 —4054. San Simeone da Siracasa. < . . . * 442

S27 4064. Il Cristianesimo non mancò giammai )n SieiKa 444

» Due tradizioni rigettate. 445

Capitolo XH.

4040. Difetto di notiaie storiche 417

n Condizioni d^ Abd^lfah-ibn-Moezz in Sicilia. ..... 448

» È eaccrato e fatto emiro Simsfini-ed-dawla 449

't040 4052. Sorgono ì regoli Ibn-ll^enkùt, Ibn-Hawwasci, Ib-MekUti,

e Palermo si regge a repubblica. . . .* 42Ó

n Riforma sociale a Malta 422

» Come cadde la dinastia kelbita 425

Parti 424

» Intenti politici dei Palermitani 426

Capitolo XIII.

XI Secolo. Prosperità materiale e Ietterai. . < . , 428

» Notizie geografiche d' Abìi-Ali e à? Ibn^KatMi' sa la Sicilia. ivi

« Numero delle città) ròcche e villaggi 450

NoBit 451

» Distribuzione delle schiatte « 434

» Cenni su alcune città 496

*> Descrizioni dell' Etna ad eruzioni 458

» Prodotti minerali dell' isola, . 444

» Acque e boschi 445

» Agricoltura , . . . 444

» Pastorizia 446

» Pratiche agrarie dei Siciliani ivi

Manifatture . 448

Commercio 449

» Architettura 450

» laarizioni e é41Ug(àfia 452

> Monete., . < 456

n Tarì d^òro df Sidiìs uiiiiati s Napoli , Si^erÀo a Auitlfi. 459

»

560 SOMMARIO DEI CAPITOLI.

C^pltoto XKV.

XI S«eo1o. Stadii degli Arabi. Prtnlgono le Mienie eoranicbe e le

lettere - ^"S- ^^

Fonti di storia letteraria ; 462

Aetronomi e matematìei sieiliaiii 465

LaTori geografia matematica. 464

Ififliire itinerarie della Sicilia 466

» Scrittori di medicina. Abn-Sald-ibn-Ibrablm 467

Lo Bceriffo Ahmed 470

Altri medici 474

Verso il 4000. Stndii filosofici. Sa'id-ibn-Fethfta da Cordova. 472

> Lettore del Corano ivi

4062 'l'IBa. Ibn-Fehhàm 474

m. 4063. Aba-TAher*-Isma'il 475

Verso il 4400. Ibn-Omar e Ibn-Hainn 476

B Altri lettori del Corano 477

» La Tradirione di Maometto , . . . . 479

Verso P84a. Tradinonbtì: il Kalawri. . , ivi

Verso il 900. Abo-Bekr-Temlmi 480

Verso il 4030. AmmAr principe Kelbita ed altri tradisionisti. 484

m. 4444. Mazarì giarìsta , tradiàonista , teologo e medico 482

m. 4039. Stndii legali. Ibn-Iftnis detto il Siciliano 486

Verso il 4030. Abd-el-Hakk 487

» Altri scrittori e professori di dritto 488

m. 4072. Sementari, giurista e ascetico , 490

Verso il 4040. Ibn-Hamsa 494

» SetU dei Safiti. 492

X e XI Secolo. Safiti SioUiani ; . . . . 493

» Altri ascetici e teologi 494

» Opera di teologia d' Abd-er^Baliman-4Siktlli 495

Lettere ivi

» Varii filologi e grammatici siciliani o veneti in Sicilia. . ivi

4033 4448. KattAni 498

4000 4070. Ibn-Resdk . 499

Falsa etimolopa della voce Sicilia 304

Verso il 4030. Ibn-Abd-el-Berr. . ivi

» Gia'far-ibn-KattA' 305

4044 —4424. Ali suo figlinolo ivi

» Opere d' Ali-ibn-KattA» 307

» Altri filologi 344

Verso il 4070. Ibn-Mekki giurista ed oratore 345

» Prosatori. Hascem-ibD-Iùnis 344

> Altri prosatori. I Segretarii 343

X e XI secolo. Storia. Cronica di Cambridge; Abn-Ali, e pòchi altri. . . 346

n Poesia arabica in questo tempo 347

verso il 4030. Poeti eroici , ossia di KaMe; Ibn-Tùbi ivi

verso il 4040. 4064.

» 4032 4444. 4056 4433.

»

«»

Veno il 4050.

» 953 4400.

X e XI Secolo.

IX e XI secolo.

>| 053— 4060. 4054 —4057.

4053 4054.

4054 4060.

CONTENUTI NEL SECONDO VOLUME. 561

Ibn-Sebbàgh. Pag. 549

Ibn-BUcir, Billanobi ed altri rifaggiti in Egitto 520

GomanicazioDÌ con la Spagna 523

Aba-l-Arab 524

Ibn-Hamdis 525

Saa descrizione della yita dei gioyani nobili 530

Vanti gaerrieri 532

Carità patria e gindizio scTero su la Sicilia 534

Altri poeti di Koiide 555

Satirici. Ibn-Tazi. 536

E Rozaik 537

Poeti di casa kelbita ivi

Altri prìncipi e magistrati 539

Poeti sa argomenti morali 540

E molti altri 544

Come vadano Radicati i poeti arabi in Sicilia 542

I musici. 544

Epilogo su gli stadii dei Mosolmani di Sicilia fino al con- quisto 54^

Capitolo XV.

Condizioni e costumi pubblici e cagioni della decadenza. . 545

Grande avvenimento da Affrica 547

Ibn-Tbimna signor di Siracusa occupa Catania ed è rico- nosciuto prìncipe di tutta V isola 548

Armata siciliana a Susa 550

Meimuna moglie d'Ibn-Tbimna si rifugge appo il fratello. ivi Guerra tra Ibn-Thimna e Ibn-Hawwasci signor di Castro-

giovanni ^ . . 554

Ibn-Thimna sconfitto ohiama i Normanni ivi

FINE DEL SECONDO VOLUME.

n.

36

AWVBBTBNZA DBIX' AVTOBB.

In cono di stampa del presente yolome , si son pabblicati i testi nella Biblioteca ÀraboSieula. Mi è parso dan^e, nel IV libro, di dtare la BiUiokea anziché i MSS. ; e eosì farò nei libri V e VI. Per comodo dei lettori , le pagine di qnei testi saranno notate nella versione, ^ando m' avrerrà di darla alla Ince.

Pongo qni in fine qualche oorreiione d'error di stampa ed alcune aggiunte.

Parigi, gmnaio 4858.

Pag. lÀtt. 40. 1. Agia«bUi;f aelMliftto

36. 11. « veniMM , p. 128.

37. 18. origiM Ulint.

50. 13. (903)

75. Un. ult. pncadente, p. 58.

92.

32.

agosto. Cui

160.

31.

epùt 75.

178.

38.

riòiPi

'i14.

21.

tratto e ti dilegua alla

258.

6.

Pertbè Mootria non fu*

bieoeea da Mhiavi o da li- berti fu lasciata al certo la popolaiiooe agricola nel contado, e la gente minata, mercatanti o arteSd , nella citU.

263. 276.

22.

19.

toglie a lAardg

Aghlabiti; t di totte le citU dUOrtea nei primordii deUa dinasUa fatemita (a); dd califato

{a) Il MiAii nsaTa far leggere i saoi rescritti e cttIsì di vittorie nella feauP di dascena cittk. Baióit, testo, tomo I , anni 290 a 800.

e versione, p. 128. Si vegga anche Edrisi, versione di M. Jaobert, tomo I, p. 275. li Mtnùid, di lakAt, edi- sioni di Leyde, tomo III, p. 150, nota nna fortesn Min- «ei<fr presso PBofirate.

origine latina.

XIII. MuUtno, nel fendo del Landre (vai di Muara), dUto da Tinabianca, Skttia mobile, tomo n, p. 345. Media era nome di tribù berbera, secondo Ibn-KddAn, HUtoire du Btrberu, tomo I, p. 241 della versione, e 1, 158 dd testo.

(000)

precedente, p. 68. Debbo avvertire che secondo nna va- riante proposta dal prof. Fldscher nd testo di Nowairi, invece di "malattia bUiosa* d dovrebbe tradarre "gli si fece incontro con vestimenta negre." BlbUoueaAraào- Sie»la, testo, p. 451, e Introdadone, p. 68. Ma non n'è certo qod dotto orientaUsta ; io.

agosto e in novembre. Col

epist. 75. Altri divieU simili ai Venedani neU'887 e 960 sono notati dal Mnratori, AmuUì d*luUia, 900.

robd'i

tratto alla

Perohè Moeida non foese nna bicocca , d laadò al certo la popoladone agricola nd contado, e la gente minata, mercatanti o artefici, ndla citlk, da scliiavi o da liberti.

tagliare e tìtarag

Pag.. Lim. 302. 2.

criftUna.

ertstUna; « U nidtiilM tcMIcÙM riìforiU d* Bokri & , inv«ee d Aristotile, il nome di Gtleno , che da Roma andaMe a IroTare i Crbtiani ia Siria, e foese morto, in tiaggio,ia8icUia(a).

\a) Ibn-Scebbàt , nella BiblioUta Anòe-Sieuia. te- tto, p. 210.

323. 4.

e quei

0 qnei

334. 30.

Reèd'i

Rabici

» 31.

par che valeisa

valeva

378. 13.

Bfinleee

Maniaca*

» 2C.

da Sicilia

in Sicilia

382. 26.

Si

*Si

417. iin. ult.

Abn-AU

Aba-Ali

431. :: 15.

ain

Olir,

»

le note 2 3 4 t'ùwtrtano coti:

34 2

446. 13.

Si

«Si

450. 4.

franca

franco

460. 19.

rtbd'i

robó'i