ALEX. AGASSIZ. Librarp of the Museum OF | COMPARATIVE ZOOLOGY, AT HARVARD COLLEGE, CAMBRIDGE, MASS, Founded dv private subscription, in 1861. Deposited by ALEX. AGASSIZ. % No. Y000 ero. LR SR | VIVIANI UNI) Mod PODI Hiv ; : er i ì É DAR SUE AA VI IA DE RIA ITRPA CENNI i I Md ì INCA Wai Di Ù î Ue LOTO CIAO MOL VU ela i LR OA MLA pino coi HAVI I NALETOOA Ù, pi II DI MILE I, I, l'Io TRARIL) IT Vi) i Wa ULUIANAAA NOTAI (TREMILA TRO 7; LOVA #7 Di | CIRO toi ARPPAAGOTOTI Ù Ni i DUE ni 4 PASSI STUDI COMPARATIVI SUI PESCI FOSSILI COL VIVENTI DEI GENERI CARCIARODON ONYRIINA E GALEOCEDO ROBERTO LAWLEY Gav. della Corona d'Italia — Socio corrispondente della R. Accademia dei Georgofili di Firenze — Socio fondatore della Società Malacologica Italiana — Membro effettivo della So- »a di Vienna — Membro corrispondente della Società Geologica di Vienna — cietà Malacol Socio ordinario della Società Italiana di Antropologia e di Etnologia di Firenze — Membro della Società Entomologica Italiana — Socio corrispondente del Museo Cittadino di Rove- reto — Membro onorario della Società Belga di Microscopia a Bruxelles - Membro corri- zione dei Benemeriti Italiani a Palermo — Socio onorario della spondente della Asso S. e R. Società di Storia Naturale a Mosca — Socio corrispondente della R. Accademia Raffaello d'Urbino — Membro titolare della Società Reale ed Universale per l’incoraggia- mento delle arti ed industrie di Londra — Socio corrispondente della R. Accademia dei Fisiocritici di Siena — Socio corrispondente della Società Empolese di Scienze Economiche teorico-pratiche — Socio fondat. della Società Toscana di Scienze Naturali residente a Pisa, PISA TIPOGRAFIA TT. NISTRIE O. Ilustr. Sig. Comm. Prof. CAPELLINI I sensi della pù sentita considerazione e stima, che l'animo muo, ha sempre nutriti verso di Lei, Chiarissimo “Professore, ed il reciproco scambio di idee e di apprezzamenti nelle investigazioni paleon- tologiche, nelle quali Ella mi fu largo di consigli, incitandomi a nuove ricerche e a più accurati raf- fronti, mi incoraggiano ad offrirle il risultato di questi mici nuovi studj comparativi fra denti di pesci fossili con quelli di pesci consimili viventi. Accolga Egregio “Professore, quale attestato di sincera amicizia, questo mio tenue lavoro che le offro e mi ripeto suo Dev. Amico e Collega ROBERTO LAWLEY. Montecchio 30 Giugno 188r. - f Ù ve t) È è I i, ì p è 9 iu 4 i A ' Ù , \ ì Ù x : de d ti I, UU î] ) du i , DI ATTO ( 4 6) v i (1 \ i PAN iMe; n « fi + » ì ON DI NESTA FLO Ri Mi DI DI SALI ui 2 MY VII À Ias ’ y | 13% y \ È; [A PIA, I b 1 fi ve 4 Wi È sh I td ' 1,0 l ‘00 0 N LO Ti A n Pa e n E ì e De La mec n ‘ i vv ro n ba Mur: A è ®. hi ata } | hoc 0 C.: hi î “ Ì h ì % I 4 È) 53 o» v' » i E x À L_ La è ) © dai ae " PA * Il ni 24% i Di | te; . Ù î Ù) Vigg T È SAU GENERE CARCHARODON LAMIA, ROND. I genere vivente del Carcharodon fu proposto per il primo dallo Smith. È uno Squalide di prima grandezza, e lungamente venne confuso nello Squalus Carcharias Lin. che non fu altro che una riunione di vari pesci della famiglia Squalidi, e non una vera e ben definita specie, della quale oggi se ne è formato diversi ge- neri; così egli corrisponde al nome Francese di Requin, ed al Pesce Cane degl'Italiani; i quali nomi, per così dire, non sono che una confusione di diversi generi e specie di imponenti e vo- raci pesci ('). Fu il Bonaparte, Principe di Musignano, che per il primo ne dette un bel disegno, e ne fece buona e dettagliata descrizione nella sua Opera , Iconografia della Fauna Italica ,, e fu esso che lo distinse col nome di Carcharodon'lamia Rond. accettando il (1) La famiglia degli Squalidi, appartiene all'Ordine denominato e distinto dal- l'Agassiz come Placoidi, dall'avere sulla loro pelle irregolarmente placche smaltate di più e diverse grandezze, più o meno numerosamente sparse sopra di essa. Altri in- vece, di questo stesso Ordine, portano sulla pelle una gran quantità di tubercoli di svariate forme e di varia grossezza come nelle rajadi. Ma che nella famiglia degli Squalidi consiste in piccole punte, le quali formano una sagrinatura che rende più o meno ruvida la pelle al tatto della mano. 2 ROBERTO LAWLEY nome fatto pel genere dallo Smith, e per dritto di priorità, non accettando il nome di specie fatto da Muller et Henle che lo chiamarono Carcharodon Smithi. Il Carcharodon lamia Rond. non porta nessun dente impari centrale, come lo portano altre specie della famiglia, ma invece il terzo dente dalla sinfisi in ambo le branche delle mascelle è alquanto differente di forma dai due primi accostanti alla sinfisi, non meno che dai seguenti quattro, è molto più piccolo di essi quantunque a questi di forma ana- loga. Muller et Henle proposero di allontanarli dai Carcharias per avvicinarli alle OxyrRine, a cagione dei loro denti larghi e piani assomiglianti alla forma che queste portano nelle mascelle, e perchè hanno interna costituzione fra loro molto analoga; pro- posta oggi quasi da tutti accettata, e la sola differenza, che dalle Oxyrhine esiste, viene a consistere che mentre queste sono del tutto privi di dentellatura sopra al contorno del bordo dei denti, perciò lisci e taglienti; i bordi dei denti del genere Carcharodon sono in ambo le mascelle seghettati da dentelli, che, quantunque molto taglienti ancora essi, lo sono molto meno in paragone dei denti delle Oxyrhine. Il Carcharodon lamia Rond. nella parte superiore del suo corpo è di un colore plumbeo scuro, mentre il disotto è di un bianco sudicio; porta un rostro piramidato, acuto e dritto, non ha nes- suna piega alla bocca; il capo è munito tutto di piccoli fori puntiformi i quali si trovano essere più fitti ai lati del muso da dove emette abbondante umore viscoso; la caudale è lunga, ed ha forma di crescente; molto più grande è la parte superiore dell’inferiore; ha occhi piccoli in proporzione della grossa mole del suo corpo; la pupilla è tonda e nigriscente, mentre l’ iride è nera. La testa è di forma conica, depressa sulla fronte, e mi- sura un quinto dell’ intiero pesce; spiragli evidenti, quantunque STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 3 piccolissimi. Il suo corpo turgido, è fusiforme; la sua maggiore altezza, è prima dell'origine della prima dorsale; ha la bocca lunga, arcuata, senza pieghe; la lingua è libera per un buon tratto, quasi senza orlo; le aperture branchiali sono poste fra la testa e le pettorali e sono in numero di cinque, lunghe, quasi parallelle, e quasi equidistanti l'una dall’ altra di forma poco meno che diritta, rilasciate, e molto sovraposta l'una con l’altra. La parte posteriore del suo corpo forma una carena stiacciandosi, cosic- chè ancora superiormente forma una costola eguale alla sotto- posta carena, che si mantiene tale fino alla caudale. La pelle è rustica, resa tale da piccoli tubercoli che la rivestano come riscontrasi in quasi tutte le altre specie di Squalidi; essi tuber- coli sono depressi, e quasi squammiformi, insolcati, e con tre piccole punte. Questo genere per quanto è a mia cognizione è rappresentato da questa sola specie la quale trovasi vivente nel nostro Mediterraneo. La descrizione dei denti delle mascelle, sarò a darla in breve; intanto dirò come nel Decembre 1876 potei vedere uno di questi mostri marini che pesava Kil."®' 1400, il quale fu pescato nel Canale di Piombino, e ne asportai la testa che pesava kil." 36, della quale fu fatta la preparazione scheletri- ca dal mio amico Caifassi. La mascella di questo immenso pesce, che può giungere fino alla lunghezza di 24 piedi, è adattatissima per addentare, tagliare e rompere, ancora sostanze dure, ma non possiede alcun dente adattato a masticare e macinare sostanze dure o molli, per cui è ben facile che l’animale, appena abbia addentata la preda el appezzata la getti nello stomaco, dove con potenti sughi gastrici sollecitamente venga da esso digerita. La bellissima descrizione datane dal Principe di Musignano, nell'opera citata, molto più estesa e dettagliata della mia, meglio adatta sarà per riscontrare questa specie di pesce, oramai però 4 ROBERTO LAWLEY ben constatata e conosciuta. Ma mentre è adattatissima come descrizione per un ittiologo, parlando della dentizione come tale, quantunque anche di questa ne dia una assai esatta e giustis- sima diagnosi, pure a mio parere resta molto incompleta per il bisogno che ne viene richiesto dal Paleontologo; il quale trovando nel nostro pliocene denti sparsi, isolati, e distaccati dalla ma- scella, sente il bisogno di una descrizione più minuziosa ed estesa, sulle differenze di ogni dente, di quella che ne fu fino ad ora fatta dagli studiosi e valenti Autori che d'ittiologia trattarono; i quali avendo il completo pesce sottoposto ai loro studj, intero ed in un sol pezzo riunito, vengono esponendo le sole parti ester- ne poco curandosi della dentizione e delle parti ossee, mentre il geologo non avendo a sua disposizione che dei frantumi di ossa fossilizzate, o di denti per lo più distaccati dalle mascelle, ap- partenuti a diversi individui, di età diversa non solo, ma anche di diversa grossezza, ricerca lunghe e dettagliate descrizioni degli scheletri di pesci, e dei loro denti. Imperocchè non potendosi giovare delle parti esterne, quelle appunto che dagli ittiologi a preferenza vengono descritte, andando le parti molli per la de- composizione della sostanza, in breve tempo in sfacelo non vi restano che le sole parti solide atte alla fossilizzazione, se in con- dizioni favorevoli si troveranno poste. Per cui dicevo che dall’ Itiologo si richiede che ogni più piccola differenza venga avvertita nella descrizione delle parti ossee, con prolisse e forse ancora noiose descrizioni, ma tratte da larga sup- pellettile di individui di scheletri di pesci, cosa tanto difficile ad aversi; perlochè sembrandomi che le descrizioni già fatte sopra le mascelle ed i denti del Carcharodon lamia Rond. dai prece- denti autori siano molto succinte ed incomplete, ritengo che una dettagliata e minuziosa esposizione di essi, possa essere pel Pa- rendimenti STUDI SUL CARCHARODON LAMIA Ò leontologo di qualche utilità. Ecco perciò quello che di essi denti sembrami dover dire per lo studio speciale fattovi. I denti che porta il Carcharodon lamia Rond. nella mascella sono ordinati sopra a varie file, spaziati l'uno dall'altro, piatti, sottili più che grossi, triangolari con punta acuta, taglienti al loro margine, irregolarmente seghettati, piani dal lato esterno, convessi da quello interno, slargati senza alcuna iutaccatura nè da un lato nè dall'altro della base della corona; triangolari ed equilateri sul davanti, quelli dai lati cordiformi triangolari an- cora essi, dal lato che guarda la sinfisi fanno una curva svilup- pata in fuori, e dal lato opposto presentano invece una curva rientrante, il quale lato per essere più corto dell’ altro, costringe la punta stessa a volgersi verso l'angolo della bocca. La punta del dente volgesi ancora leggermente sul lato piano del dente stesso, cioè dal suo lato esterno. Fino al dente sesto (') il quale ha punta diritta che non si rivolge da nessun lato; il settimo dente invece rivolge la sua punta sulla sua faccia interna, esso ritorna ad altra forma, quella cioè equilaterale; tutti i successivi pure si rivolgono dal solo loro lato interno, fino a quelli ultimi cioè in fondo alle fauci, che ben spesso mancano di seghettatura, e gli ultimi piccoli sono quasi informi. I denti dalla sinfisi decre- scono in ambo le branche delle mascelle con rapida proporzione mano mano che essi s’inoltrano verso gli angoli della’ bocca. I denti in parola costano di due parti ben distinte cioè, della corona, e della radice; la corona è ricoperta di smalto duro, levi- gato e lucido, la radice è affatto priva di smalto; ben distinta e (1) Quando necessita contare i denti, principio sempre a contarli dalla sinfisi di ambo le mandibole; ciò avverto onde non vi sia confusione di quale dente intendo parlare. 6 ROBERTO LAWLEY marcata la linea della divisione delle due parti da un visibile cordoncino, il quale dal lato anteriore del dente e quasi rettilineo, facendo leggerissimo angolo ottuso. La radice da questo lato è diritta, seguendo l’asse normale del dente stesso; dal lato oppo- sto, cioè interno, il cordoncino discende un poco più in basso for- mando perciò da questo lato un angolo ottuso più sentito, Ja radice ancor’essa segue per circa una sua metà diritta l’asse del dente, e di lì piegandosi, va ad incontrare la faccia anteriore, la quale, come dissi, essendo diritta forma da questo lato interno un ben sentito angolo verso la metà della sua altezza. Detta radice rilevandosi sopra i bordi del dente, va a formare le sue due bran- che; però facendo essa un abbassamento a metà della sua lar- ghezza, in questo punto trovasi la traccia chiaramente marcata del nervo atrofizzato, che ha curato la formazione del dente stesso. Altra osservazione interessantissima è da farsi sulla radice del dente, ed è che le due branche, che essa forma, non sono eguali che nel solo dente il più prossimo alla sintisi, mentre una più dell'altra è sviluppata ed alta, e questa è appunto quella branca la quale resta rivolta dal lato della sinfisi, e per conseguenza dalla parte stessa dove il dente forma la curva all'infuori; cosìc- chè curva in fuori, e branca più alta e sviluppata sono da uno stesso lato del dente, della mascella. Sulla corona dei denti, dalla base della radice, si dipartono numerose e ben marcate pieghe e solchi, tanto dalla faccia ante- riore che dalla posteriore, e vanno a discendere verso la punta del dente, circa alla metà di esso, obliterandosi chi più presto, chi più protraendosi spariscono e si disperdono; pieghe che quanto più l’individuo è adulto vi si rendono più visibili; le quali pieghe rinvenendosi in quasi tutti i denti della mascella posson ben prendersi, come un vero e proprio carattere della specie, e consi- STUDI SUL CARCHARODON LAMIA di derare come un'anomalia la loro assenza da esso. I denti della mascella presentano ben cinque forme alquanto diverse fra loro che andrò dettagliatamente esponendo in seguito. Ora vediamo ciò che è da osservarsi sopra i denti che sono sulla mandibola del Carcharodon lamia Rond. Spaziati ancor questi hanno direzione uguale a quelli della mascella; sono di quelli più stretti e più grossi; senza intac- cature alla base della corona, e sono lanceolati; i più alti e più grossi sono quelli posti due per lato alla sinfisi ed i seguenti decrescono rapidamente più che essi s'internano verso gli an- goli delle fauci. La loro faccia esterna che è quasi piana, porta nel centro un leggero rilievo, che abbassandosi alquanto, for- mando la faccia stessa, va ad incontrare il bordo del dente, dove sì rialza alquanto; questi rilievi ed abbassamenti però sono così insensibili che se uno vuole accertarsene, può solo farlo osser- vando i riflessi che forma la sua superfice. Sono essi pure se- ghettati sul loro bordo con seghettatura eguale a quelli della mascella. La faccia del dente che guarda l'interno delle fauci è convessa, e la punta, la quale è acuta quanto quella dei denti della mascella, e forse più, si rivolta leggermente dalla parte stessa dei superiori, cioè dalla faccia esterna fino al quinto dente, mentre nei successivi essa si rivolta verso l'interno delle fauci e perciò verso la faccia interna del dente. 1 denti della mandibola essi pure constano della corona smal- tata, e della radice formata da sostanza spungiosa molto grosso- lana, che è del tutto priva di smalto, la radice specialmente nei denti anteriori è molto più spessa, e grossa. Si rileva ai suoi lati formando le solite due branche, una delle quali più sviluppata, che è quella che guarda la sinfisi, la radice alla sua base con la corona, come nei denti della superiore mascella, tiene un cordoncino che 8 ROBERTO LAWLEY nella faccia anteriore del dente forma nel suo centro un leggero an- golo ottuso, mentre dalla faccia opposta forma una curva la quale si abbassa assai più, limitando la corona con essa; dalla faccia an- teriore la radice segue piana l’asse della faccia stessa del dente, come in quelli della mascella, mentre dal lato interno, circa alla metà altezza, forma un angolo dove porta le traccie ancora essa del foro per cui passava il nervo nutritivo. I denti della mandibola alla base della corona, a differenza dei superiori, non portano mai pieghe in nessuna delle loro faccie, ne mi è mai avvenuto il vederne; carattere ancora questo molto rilevante. | Come accennai poco anzi tanto i denti della mascella, quanto quelli della mandibola sono disposti sopra a diverse file o ranghi, gli uni dietro agli altri. La prima fila, o rango, è l’unica che in ambe le mascelle resti verticalmente eretta, e fa con questi mo- stra della potenza e ferocia dell'animale stesso: gli altri ranghi, quelli cioè destinati a rimpiazzare i primi, se per qualche caso vengono a mancare, restano più o meno sepolti nella gengiva se- condo il loro rango. Dalla preparazione scheletrica vedesi, che mentre sul davanti questi ranghi sono in numero di sei, alla metà delle due mascelle vanno restringendosi al numero di quattro filate che in fondo alle fauci si riducono a sole tre. Da questa disugua- glianza di filate sembra che la divina sapienza abbia voluto sup- plire, formando all'animale un abbondante numero di denti da so- stituire, dove maggiore era il caso di perdita di essi, onde questo punto non ne resti mai sprovveduto e con ciò pure supplire alla lunga formazione di altri denti. L'ultimo rango, cioè quello il quale è maggiormente acco- stante alle mascelle, e per ciò tutto immerso nella grossezza della gengiva non apparente al suo esterno, è quello che è destinato STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 9 alla formazione dei denti stessi; a differenza dei ranghi anteriori, in esso vi si trovano tutti i denti in via di formazione, ed in questo rango si trova che principiandosi a formare la punta, essi sono più o meno avanzati, e formati da una scorza solida che ha l'aspetto, la consistenza, ed il colore di guscio di seme di zucca, la quale di poi diverrà il cono del dente che non è ancora nè lucido, nè consistente come lo sarà nella sua com- pleta formazione. Una sostanza gelatinosa, ne riempie la parte interna che stà formando i denti assodandosi; sono del tutto privi della radice, la quale sembra che venga a formarsi ad essi nelle successive filate, mentre lo smalto del cono del dente deve acqui- stare la sua solidità e la sua splendida lucentezza al contatto del- l’aria quando il dente viene fuori della gengiva stessa. Una parti- colarità poi, degna di osservazione, si è quella, che ogni dente delle successive file o ranghi è di forma uguale a quelli della prima, che sono eretti; questi sono destinati a subentrare gli uni agli al- tri e l’unica differenza che in essi si rinvenga, si è quella di essere alquanto più grandi e larghi, cosa agevole ad intendersi dovendo essi venire in sostituzione col crescere dell'età dell'individuo, che quanto più è adulto devono essere naturalmente più grandi. I denti del Carcharodon sono del tutto indipendenti dallo sche- letro, col quale non hanno nessuna aderenza, nè sulle mascelle esiste la menoma traccia d’alveolo; essi sono assolutamente for- mati ed immersi nella sola sostanza della gengiva, ed in nessuno altro pesce come in questo, e in altri placoidi, sono così indipen- denti e così completamente sospesi, ed infissi nella parte molle della mascella stessa, nè è a mia cognizione che altre famiglie tranne questa, possedano tanta mobilità. Chiunque per poco si ponga ad osservare la dentizione del Car- charodon, non può che restare molto sorpreso della differenza che 10 ROBERTO LAWLEY quei denti offrono allo sguardo paragonandoli con quelli stessi sciolti e staccati dalle mascelle; questa differenza vien fatta giusto appunto dalle grosse radici, che col loro centrale abbassamento, e le sue branche rilevate non sono visibili quando restano im- merse nelle gengive. La mascella dell’individuo scheletrito, che io possiedo, dalla sinfisi al fondo delle fauci misura centim. 50, e la mandibola cen- tim. 35, nè io ne conosco di individui più adulti o più grossi, di quella esistente nel Museo di Modena, che per una gita che ebbi occasione di farvi, e che per la squisita compiacenza del prof. Car- ruccio, potei minutamente esaminare e fare su di essa molti e profittevoli studi e prendere gli appunti necessari a questo mio lavoro. La mascella che tengo scheletrita, nella branca destra porta N. 12. denti; come pure nella branca sinistra stessa ne ha al- tri 12; la mandibola poi, dal suo lato destro, nè ha soli 11; que- sta differenza bene si ravvisa avvenire per mancanza di uno dei denti piccoli in fondo delle fauci, mentre la stessa mandibola dal suo lato sinistro ne porta N.° 12, come nelle mascelle. Ora passerò a descrivere partitamente ogni singolo dente; e siccome i due rami delle mascelle, e delle mandibole, partendo dalla sinfisi, sono formate da denti simetricamente disposti sopra di esse; nelle sue curve, ed altre particolarità essendo pure uguali, solo che disposte in senso opposto, così basterà descrivere una delle branche della mascella, e della mandibola intendendo detto con questo, che nell'altro lato si è ugualmente e simetricamente rappresentato lo stesso. Il primo dente accosto alla sinfisi (vedi Tav. 1. fig. 1, che rap- presentata l’intiera mascella del vivente, ridotta ad un terzo della sua grandezza naturale) è dritto, ha lati equilaterali se- ghettati con seghettatura ineguale cioè dopo alcuni, che sono STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 11 simili fra loro; ora ne viene uno, più grande e marcato, e ora un altro più grande viene formato dall'unione di diversi dentelli. L’apice del dente, che in generale porta dentellatura più fine, è in parte privo di dentellini, e qualche volta ne porta dei mi- nutissimi, ed appena fra loro divisi; a poca distanza dalla base la dentellatura trovasi essere la più grande e la più marcata. La radice, come già dissi, dal lato esterno è dritta; dritta e piana è la punta del dente la quale si rivolge un poco in fuori: presso il cordoncino che divide la radice dal cono, si trovano le pieghe delle quali superiormente parlai, in maggior copia e più marcate da questo lato, mentre dal lato interno la radice forma un an- golo, che dimostra il foro atrofizzato del nervo nutritivo; la faccia del cono da questa parte è convessa; presso il cordoncino della radice si vedono le pieghe in minor quantità e meno marcate. Le due branche della radice sono uguali di altezza fra loro. Viene quindi il secondo dente, ancor’egli uguale in tutto a quello sopra descritto, Tav. 1, fig. 2 è rappresentato dalla fac- cia anteriore, e nella fig. 2", è veduto di fianco a grandezza natu- rale, solo differisce nella sua radice che ha la branca dal lato della sinfisi alquanto più alta. Il terzo dente, cioè l’impari, è del tutto differente nella sua forma dai due primi, ed è di loro ancora molto più piccolo; è pure assai più piccolo dei tre seguenti, quantunque cordiforme come essi. Come vedesi alla Tav. 1, fig. 1, la sua curva è svilup- pata in fuori, cioè dal lato della sinfisi mentre il lato opposto per essere più corto, obbliga il dente a fare una curva rientrante e piegare la punta nel senso della filata, mentre essa, e maggior- mente quella dei successivi denti, si volge sulla faccia esterna; simil cosa si ravviserebbe se si vedessero le branche della radice, che da questa medesima parte resterebbe sempre più alta, che 12 ROBERTO LAWLEY dal lato opposto. Il dente porta pieghe alle due faccie; l’ esterna, la quale è piana, anzi quasi concava mentre quella interna è con- vessa, secondo il solito ha bordo irregolarmente dentellato. I denti, quarto, quinto, sesto, e settimo della mascella sono di forma eguale all’impari, ad eccezione del quarto che è molto più grande, gli altri gradatamente diminuendo si succedono ad esso con tutte le particolarità del quarto, e dell’impari, che non starò a ripetere. Il dente ottavo è quasi di forma uguale a questi ultimi, solo più piccolo, ha la curva meno sviluppata sul lato anteriore; come pure meno rientrante dalla parte delle fauci; la punta non si volta dal lato esterno ed è perciò diritta; i rami delle radici ritor- nano ambedue ugualmente sviluppati. Il nono dente, equilaterale, è alquanto più piccolo del*prece- dente; rivolta la sua punta dal lato interno, cioè dalla parte opposta dei precedenti, ha le due branche ugualmente sviluppate. Tutti gli altri denti che vanno diminuendo fino a quelli quasi informi, che restano infondo alle fauci, voltano la loro punta dalla parte interna di essa, ed hanno radici uguali, qualche volta però se ne trova qualcuno che è privo di dentellatura, o con bordi sfrangiati, in tal caso è impossibile di riconoscerli da quelli pic- coli delle OryrRine, se isolati. Alla Tav. 1, fig. 3, viene rappresentato il secondo dente della mandibola il quale è quasi uguale a quello presso la sinfisi, cioè al primo. Alla fig. 3°, della stessa tavola è rappresentato lo stesso dente veduto di fianco. I denti che il Carch. lamia, Rond. porta nella mandibola, sono più uniformi di quello che lo sieno quelli della mascella; si riscon- trano tutti lanceolati, di forma assai più stretti di essi, alla loro base sono molto più grossi, ed i due più prossimi alla sinfisi sono STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 13 i più grandi; dopo di essi diminuendo gradatamente ogni dente, giungono ai piccolissimi di fondo alle fauci, poco più, poco meno, conservando la stessa forma lanceolata, però più svelta dei primi; sono seghettati ai loro bordi, con seghettatura assai irregolare come fu descritta per quelli della mascella, per essa non differi- scono dai denti superiori, come pure per questa non trovasi nes- suna differenza fra loro. Niun incavo si rinviene neppure alla base del cono del dente. Nulla di particolare che meriti di essere descritto per ciò che riguarda il solito cordoncino che divide la radice dalle due faccie sì esterna che interna del dente; questo cordoncino forma alla faccia interna un angolo ottuso molto più sentito dei denti della mascella; dalla parte poi interna forma una curva, che ugualmente discende alla medesima altezza della fac- cia anteriore, perciò le due faccie si mostrano quasi di uguale altezza. La punta, di poco più acuta dei denti superiori, si volge leggermente in fuori verso la faccia esterna, fino al quinto dente, il quale è dritto, nè piegasi da nessuna parte mentre i seguenti . fino all'ultimo si piegano con curva opposta, rivolgendosi dal lato della faccia interna. Ancora in questi piccoli denti la dentellatura qualche volta fa difetto; nel qual caso lo studioso trovasi nel- l'incertezza se essi appartengono veramente al genere Carcha- rodon o ad altro genere. Le branche delle radici del primo dente, presso la sinfisi, sono ugualmente sviluppate ed alte, ma nei suc- cessivi denti fino al quinto vanno alzandosi dalla parte della sinfisi, eda questo punto in seguito ritornano uguali fino agli ultimi; chè di questi la radice è molto più larga, in proporzione del- l'altezza del loro cono, cosa che succede ancora negli opposti denti superiori. Dalla preparazione microscopica sottilissima che ho potuto ottenere di un dente della mascella posta presso la sinfisi del 14 ROBERTO LAWLEY vivente Carch. lamia, Rond. che ho fatto disegnare, come si vede alla Tav. 5, fig. 3 e di altro dente della parte mediana della stessa mascella, il quale però non venne disegnato, si vede chiaramente che quasi tutto il dente viene formato, da vaso-dentrina, o den- trina vascolare, che partendo dal disotto della radice costituisce un sistema di grossi vasi, o canali di Havers, e di tubi dentrinici i quali seguendo la direzione della lunghezza del dente stesso vanno formando una dentrina semplice e di grana molto più fina di quella che costituisce la dentrina della massa della radice; vasi che vanno diramandosi all’infinito; assottigliandosi fin verso la periferia del dente al punto di divenire appena visibili. Nella den- trina poi della radice mancano affatto i grossi vasi, o canali; vi si trova invece, dove più e dove meno, la dentrina spessa, rozza, e densa ed in molte parti di essa, non molto lungi gli uni dagli altri, esistono piccoli fori, o vacui che non hanno nè forma de- terminata, nè posto fisso, irregolarmente sparsi per ogni dove di essa. La parte esterna del cono del dente viene costituito da den- trina smaltoide formata da un ammasso di tubetti fittamente stretti, gli uni agli altri formandone l’esterno strato di smalto. La diversa formazione che in questo dente si ritrova mi con- ferma sempre più in ciò che dissi, parlando della loro formazione cioè, che venga prima formato la punta ed il cono del dente, nel più interno rango immerso nella gengiva, e quindi la radice si formi nei ranghi successivi, mentre che lo smalto, già formato venga a prendere la sua durezza, e lucentezza al contatto del- l’aria quando il dente viene ad escire, e mostrarsi sopra alla gengiva stessa. Da tutte quelle differenze costanti che sono venuto giù giù enumerando nella dentizione del vivente Carcharodon lamia, Rond. STUDI SUL CARCHARODON LAMIA 15 si trovano essere le medesime di raro interesse, per lo studio dei denti fossili di questo genere, e quantunque essi si rinvengano sempre sparsi e separati, come avviene nei nostri terreni, ben presto, e dopo un leggero confronto fattone con quello dei viventi, sì riconoscerà a qual parte della mascella dovranno riportarsi. La sua forma larga, piana, triangolare, e sottile di grossezza, denoterà subito che sono denti che appartennero alla mascella; se equilateri, saranno quelli che l’animale portava sul davanti di essa; se cordiformi, o sarà il dente impari, o qualcheduno dei successivi, lo chè farà riconoscere la sua grandezza. La punta rivolta verso una delle sue facce denoterà quale sia la esterna, il che servirà pure per riscontrare la posizione dove si trova la traccia del nervo nutritivo atrofizzato, che sempre si rinviene alla faccia interna del dente. La curva poi sporgente in fuori che viene formata dal bordo del dente, sarà segno manifesto pei denti della mascella, e ser- virà pure per riscontrare da qual parte essi appartengano, se a sinistra, o destra, e la maggior sporgenza del ramo della radice stessa servirà altresì di base per la sua constatazione. Se la punta invece, è rivolta dalla faccia interna del dente, farà riconoscere subito che trattasi di denti quasi di fondo alle fauci; i caratteri poi di quelli della mascella ben presto saranno riconosciuti dalle loro forme più slanciate dei denti che stanno sopra alle man- dibole. Finalmente i denti più stretti, ma lanciformi e massicci, con le loro punte rivolte dalla faccia esterna, si distinguerranno ben presto da quelli anteriori e mediani, con quelli di fondo delle fauci, che voltano la loro punta dalla parte della faccia interna. Se poi saranno posti dal lato destro, o sinistro, farà pronto riscon- tro la branca maggiormente sviluppata della radice, mentre l’esi- 16 ROBERTO LAWLEY stenza di una qualunque seghettatura sul margine del dente servirà a dimostrare i denti del Charcarodon; come l'assenza della seghettatura sopra di essi li farà riportare subito al genere Oxyrhina. E sembrami non essere di troppo severo, verso gli Autori, molto più di me versati nella Paleontologia, se dico loro che quando un dente fossile che si può riferire al genere Carcharodon, e questo porta ancora le sue forme di quelle già conosciute del Carcharodon lamia Rond. perchè non riunire tutte queste forme sotto un solo nome specifico, ed esaminare se per una qualche analogia si debbano ravvicinare frà loro, e riunirli prendendo per base i veri caratteri comuni invece di tener conto di ogni minima differenza, la quale potrebbe derivare da una qualche anomalia? E davvero sarebbe improprio crearne una nuova specie, come spesse volte venne fatto, portando lo studio sopra un dente iso- lato, il quale era in qualche parte per di più ancora mutilato. Questo andamento, che proporrei di adottare, se non erro, mi sembrerebbe più consentaneo e logico di quello fin ad ora se- guito. Ma per tale scopo, lo studioso di questa branca, deve ri- volgere le sue mire a fare abbondanti raccolte, riunendo il più possibile numero di esemplari dei resti di questi pesci ancorchè sieno doppi, e fin d'ora io riconosco che la ristrettezza del locale destinato a tali raccolte ben spesso non si presta a questa copiosa riunione di esemplari e resta al raccoglitore, ancora il più assi- duo, di non lieve imbarazzo ed ingombro. Con quanto superiormente ho esposto parmi di avere esaurito tutte le ricerche che sopra il vivente Carcharodon mi è stato possibile fare; non dispiaccia ora all’amatore della Paleontologia seguirmi anche sulle altre che per le identiche specie di fossili mi propongo trattare. STRU DI SULLA SPECIE CARCHARODON ETRUSCUS, LAW. Con una memoria letta alla Società delle Scienze Naturali, residente a Pisa il 14 Marzo 1877, proposi di distinguere col nome specifico di Carcarodon Etruscus una gran quantità di denti che in molta abbondanza vengono reperiti, allo stato fossile, nelle nostre colline plioceniche toscane. In essa esposi le ragioni per le quali ritenevo essere essi i veri antenati della specie del Carch. la- mia Rond.inquantochè i loro resti rendono testimonianza irrefra- gabile della loro esistenza in que’ mari antichi, prima che quei terreni fossero emersi. Da quell’epoca ad oggi, quantunque abbia seguitato i miei studi sopra di questi resti fossili, non avendo trovato ragioni per dovermi ricredere, andrò con maggior lena, e più estesamente a riprendere questo soggetto. Primieramente dirò che da tutti gli autori vennero confusi que- sti denti di Charcarodon lamia con altri denti, cioè con quelli del Carch. megalodon, productus, angustidens, Agas. cosa che anche a me venne fatta nel mio primo lavoro, non avendo allora da con- frontarli con lo scheletro del vivente, ma appena mi fa dato di possederlo, mi feci ben presto accorto dell’errore e ne pubblicai la nota sopra citata in proposito. 18 ROBERTO LAWLEY L’Agassiz nella sua opera “ Poissons fossiles , fa la sua specie Carcharodon sulcidens come si può riscontrare al Vol. 3, pag. 254, Tav. 30, fig. 3-7, dalla quale chiaramente rilevasi, non essere che i denti della sinfisi di adultissimo individuo della specie in questione cioè del Charcarodon Etruscus, e tanto è vero che egli li cita come provenienti dalle località plioceniche d'Italia, e più specialmente da Castelarquato, che nella suddetta Tav. 30, alle fig. 5 e 6, rap- presenta quelli avuti da tale località; non può restar perciò dubbio alcuno sull’esame che anche per poco su di essi sì porti per dichiararli appartenenti al Carch. Etruscus, quantunque di individui più o meno adulti. 1l Gibbes “ Monograph of the fossil squalidae of the United States , a pag. 147, fig. 46-51, propone una nuova specie di Char- carodon con nome specifico di lanciformis, e dalla descrizione che ne fa, e dalla figura che ne da al N.° 46, ben si ravvisa non trattarsi che del Carch. Etruscus. Gli altri denti dal suddetto figu- rati a numeri più alto citati, lasciano qualche dubbio. Il medesimo Gibbes alla stessa pagina 254 cita la specie Carch. sulcidens Agas. e lo rappresenta alla fig. 52, 53, ma questo dise- gno riproducendo un individuo molto mutilato, più dalla descri- zione che dalle figure, non lascia alcun dubbio, che non sia pure il Care. Etruscus. Da ciò vedesi ancora che questo Carcharodon esisteva in America; solo resta di dubbioso, che questi denti pro- vengano da altre formazioni da quelle nostre, per la ragione che il Gibbes, cita quelle località come Eocenica, e Miocenica. Gaetano-Giorgio Gemellaro “ Ricerche sui pesci fossili della Si- cilia , cita pure a pag. 88 tav. 4. fig. 5, 6, 7, la specie del Carch. sulcidens, Agas. figarandone però esemplari in assai cattivo stato di conservazione; ed ancor quì, più che ai disegni dobbiamo atte- nerci alla descrizione che ne fa e troveremo che veramente trat- STUDI SUL GENERE CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 19 tasi di questa specie lù dove più specialmente egli si esprime. “ Ciò che bisogna tenere in considerazione nella diagnosi di que- sta specie è la disposizione delle dentelle marginali, che sono bifide. Questo carattere, per quanto mi sappia, non è stato no- tato da diversi paleontologisti, che si son occupati del genere Carcharodon ma trovandolo costante nel Carcharodon sulcidens, .Agas, di Sicilia, credo che possa servire a differenziarlo a colpo d'occhio da congeneri, quante volte si trovi tale disposizione in que’ di tutta altra contrada ,. Ora questa particolarità è giust’appunto quella che io chiamo dentellatura irregolare del vivente, e dell’Etruscus; per cui mi sembra ben constatato per tale il Carch. sulcidens, Agas. Questi denti provengono da una località Sicula, detta Leonforte, costituito da Calcare-arenario-terziario. Ancora la specie Carch. Tornabene Gem. potrebbe appartenere al Carch. Etruscus. Il dottor Eugenio Sismonda “ Descrizione dei pesci, e dei Cro- stacei fossili nel Piemonte , a pag. 33 e seguenti, descrivendo con molta precisione le specie di Carcharodon che di quella località ha rinvenuto, non da indizio di avervi trovato il Carch. Etruscus, Law.; e dai disegni che ne dà vedesi bene che tratta del Carck. megalodon. Certamente non ha mai incontrato il Carch. sulcidens, Agas. perchè accurato, come egli è, non avrebbe mancato di ci- tarlo. Trovasi pure il Carck. Etruscus fra i resti fossili della pietra leccese, però in scarsissimo numero, come ho potuto riscontrare fra i denti fossili che il cav. Ulderigo Botti, Direttore del Museo Provinciale di Lecce, ebbe la gentilezza di mandarmi in comuni- cazione per lo studio della specie del Carch. megalodon; mentre di questa specie in quella località se ne rinviene in grandissima quantità, dei quali il prelodato mio amico me ne fece invio di ben 20 ROBERTO LAWLEY 150 esemplari; fra i quali non vi rinvenni che soli tre esem- plari appartenenti alla mascella, e tre pure alla mandibula che potessero referirsi al Carch. Elruscus. Ora la pietra Leccese è ritenuta per una fanghiglia di mare la quale sta pure attual- mente formandosi in alcuni posti dell’ Adriatico. Ma gli autori ritengono la pietra leccese come formazione Plio-Miocenica ('). Da questi esami si può stabilire le seguenti osservazioni. 1.° Che, la specie Carch. Etruscus è abbondantissima nei ter- reni Pliocenici. 2.° Che quantunque in scarso numero, egli ha convissuto con la specie del Carch. megaledon. 5.0 Che il Carch. megalodon, per quanto io sappia, non trovasi nei terreni pliocenici (?). 4.° Che il Carch. Etruscus si trova in Europa nei terreni Mio- cenici in scarso numero, all’opposto è abbondante nel Pliocene; ed in America, trovasi nel Miocene, e nella formazione più antica Eocenica, mentre egli non è ancora constatato nel Pliocene, ma non tarderà molto, son certo, ad esservi rinvenuto ed in quella grande abbondanza come succede ora fra noi. 5.° Che il trovare resti del Charch. Etruscus in scarso numero nei terreni Miocenici, ed in maggior copia nel Pliocene, sembre- rebbe che nel Miocene ha avuto il suo principio, mentre il suo sviluppo maggiore lo fu nel Pliocene; come il non trovare rap- presentanti del Carch. megalodon nei terreni Pliocenici, prove- (1) CapeLLINI. Della pietra Leccese e di alcuni suoi fossili. Memoria. Bologna 1878. (*) Fu da me parlato di un esemplare del CarcA. rectidens, Agas. che citai pure nel 1876 nel mio lavoro « Nuovi Studi sopra ai Pesci ec. » proveniente dai pressi del Ponte Ginori sulla Cecina, ma non avendolo da me raccolto, dubito che esso venga dal plio- cene, ma che piuttosto venisse trasportato e deposto in questo terreno dalle piene del torrente e che provenisse da qualche altro terreno superiore, e di formazione più antica. STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 21 rebbe che questa specie, abbondante nei terreni più antichi, si di- sperdesse nelle formazioni più moderne dove venne sostituito dall'altra specie, Carch. Etruscus. 6.° E da avvertire che nelle colline di Torino, e del Vicentino, non fu trovato la specie del Carch. Etruseus, Law. come ebbi agio di osservare dai denti maudatimi dal prof. Carruccio, direttore del Museo di Modena, che in copia, non indifferente, gentilmente mi diede in comunicazione alcuni anni or sono. Fra le circostanze che possono aver contribuito molto potente- mente a fare passare inosservata la differenza che esiste fra il Carch. Etruscus Law. ed il Carch. megalodon, Agas. e delle altre specie fatte, dal sommo illustratore d’Ittioliti, non seconda causa deve essere stata quella della scarsa raccolta fatta nel Pliocene di questi denti dai cultori di quell'epoca, come ben si rileva dalle lacune lasciate dallo stesso Agassiz, nella sua classica Opera fte- cherces sur les Poissons fossiles ,, che del Pliocene appena quà e lù cita ben rare volte, e dal non aver egli visitato le collezioni italiane ma solo a Parigi ove studiò quelle del Monte Bolca fattivi dal Ve- ronese trasportare dal Generale Napoleone in occasione della con- quista da esso fatta in Italia. Come pure non parla delle colle- zioni di denti rinvenuti nei terreni di Castellamare, di pietra, Roja, e di quelli del calcare marnoso sub-appennino simili a quelli che trovansi ‘a Sinigaglia, come egli dice al Vol. 1, pag. 39, e seguenti; le quali collezioni per essere di altre formazioni, e per- chè non furono da lui visitate, non ebbe perciò agio di riscon- trare collezioni ricche di fossili provenienti dal Pliocene, e dove questo era appena rappresentato. Sicchè gli studi da Agassiz fatti sopra i denti dei Carcharodon vennero da esso eseguiti specialmente sopra esemplari del Car- charodon megalodon sparsi nei Musei di Europa, particolar- 22 ROBERTO LAWLEY mente nelle collezioni svizzere, tedesche, francesi ed inglesi, fa- cendo, per le considerazioni portate sopra di esse le sue ditferenti specie e per non avere una sua propria collezione da potergli per- mettere di bene riscontrarli con quelli che trovava; denti che per la loro grandezza dovevano attirare più gli sguardi dei rac- coglitori, e che furono forse scartati quelli dell’ Etruscus come denti di giovani individui del Carch. megalodon che a prima vista potevansi per tali ritenere non essendovi differenze molto notabili ed apprezzabili da coloro che alla sfuggita le osservavano, come egli stesso disse per la maggior parte provenienti dall'Isola di Malta. Provenienza della quale grandemente dubitava, come ap- punto si esprime in una nota, apposta al Vol. 3, pag. 249. Lo stesso Agassiz aveva con la sua sagacia distinto i denti del Carch. sulcidens dichiarando la specie differente dal Carch. me- galodon. Se poi avesse visto in copia i denti che costituiscono la specie del Carch. Etruscus Law.o ne avrebbe dovuto far tante spe- cie quante sono le forme di denti che in esso si trovano, o forse si sarebbe avvisto dell’errore e li avrebbe ritenuti come specie che dovevano riunirsi in una sola. Per tutto quanto io sono andato esponendo non può restar dubbio alcuno per doversi ammettere due specie di Carcharodon fossili, le quali fino adesso andarono confuse fra loro: l’una es- sendo il Carcharodon Etruscus Law. e l’altra il Carcharodon mega- lodon Agas. Del primo trovasi le traccie in piccola copia nel Mio- cene d’Italia. In America si rinvenne pure nel Miocene, e nel terreno più antico, cioè Eocenico. Questa prima specie va gran- demente sviluppandosi nel Pliocene, specialmente nelle colline Pisane, mentre non trovasi più esistere il Carch. megalodon Agas., e tutte le altre forme di denti, delle quali egli fa le sue specie, che per me ritengo non essere che li stessi denti delle mascelle STUDI SUL CALCHARODON ETRUSCUS LAW. 23 del megalodon, devono ammettersi, come appartenenti a più an- tiche formazioni del pliocene. Oggi che conosciamo a perfezione la dentizione del vivente Carch. lamia Ron., della quale feci figurare la intiera mascella alla Tav. 1, fig. 1 ridotta ad un terzo della sua grandezza na- turale, confrontiamone i denti fossili con quelli della vivente. A tale scopo esaminiamo la Tav. 2, ove si trovano rappresen- tate tutte le diverse forme dei denti fossili, le quali costitui. scono la intiera mascella del Carch. Etruscus Law:, ed ora che sappiamo che i denti devono essere piatti, sottili più che grossi, triangolari con punta acuta, taglienti, aventi al loro margine se- ghettatura irregolare, piani dal lato esterno, leggermente convessi da quello interno, slargati alla base della corona, senza però ri- scontrarvi nessuna intaccatura; con queste cognizioni dei denti, che costituiscono la mascella del vivente, ben facilmente li distin- gueremo da quelli della mandibola. La Tav.2, fig. 1, rappresenta un dente di sul davanti veduto dal suo lato esterno, mentre la fig. 1°, lo rappresenta dalla sua fac- cia interna, e la fig. 1", lo mostra di fianco. Ora se confrontiamo questi denti con quelli rappresentati nella Tav. 1, fig. 2, 2°, che sono quelli della specie vivente, li troveremo ambedue dritti, equi- laterali, quasi piani dalla loro faccia esterna, portando alla base del loro smalto, quando più e quando meno numerose pieghe, e solchi, chiaramente marcati, che verso la metà di ambo le faccie dei denti stessi vanno obliterandosi e disperdendosi; ne è che ca- sualmente che in qualche dente non ne troviamo che tenue traccia; per la qual cosa conviene ritenersi che queste pieghe sieno, come nel vivente, una loro speciale caratteristica. La faccia esterna, alla base della radice, forma un cordoncino presso allo smalto che ne divide la corona dalla radice. Questa radice è formata da 24 ROBERTO LAWLEY sostanza spongiosa e priva di smalto, come nei viventi; dal lato esterno essa è dritta seguendo l’asse della corona del dente stesso mentre la faccia interna è alquanto convessa, seguendo pure la radice questa conformazione fino verso la sua metà d’altezza piegando bruscamente va ad unirsi alla faccia anteriore facendo così un ben marcato angolo, dove, come nei viventi, trovasi mar- cato il posto atrofizzato per dove passava il nervo nutritivo del dente. Il cordoncino dalla faccia anteriore del dente, segna un leg- gero angolo ottuso, mentre dalla faccia interna, scendendo un poco più basso, che nell’anteriore, forma una leggera curva per limitarvi il cono del dente. La punta del fossile, come nel vivente, è leggermente rivolta in fuori verso la faccia esterna; ai bordi ha la solita dentellatura irregolare, e talvolta bifida; in ambedue vi sì può riscontrare, nè vi manca neppure la quasi uguaglianza delle due branche delle radici, per essere uno dei denti della sinfisi; tutto insomma corrisponde tanto nel vivente quanto nel fossile, tanto che mi sembra dover stabilire per essi una perfetta identicità. La fig. 2, 2* e 2° della stessa Tav. 2, riporta il dente impari del Carch. Etruscus Law. veduto da tre parti, e quantunque il disegno non ne rappresenti uno dei più caratteristici, come dalle successive ricerche, in seguito ne ho potuto ottenere il con- fronto col dente terzo del vivente niente lascia a desiderare per poterlo ammettere identico; non manca neppure dal lato an- teriore la curva sviluppata in fuori; come pure da questo lato vedesi la branca più sviluppata della radice. Questi due carat- teri mostrano essere dalla parte più ravvicinata alla sinfisi, men- tre il dente dal lato opposto, formando la sua curva rientrante, ne obbliga la punta a voltarsi in quel senso. Cordoncino, che STUDI SUL CALCHARODON ETRUSCUS LAW. 25 quasi retto, delimita il cono del dente dalla radice della sua fac- cia esterna; radice che segue diritta l’asse del dente stesso dalla faccia interna. Il medesimo cordoncino incurva seguendo la con- vessità della faccia stessa, si abbassa più dell’opposta parte per delimitarne il cono, mentre la radice, alla sua metà, di altezza, ad un tratto piegasi per andare ad incontrarsi nella radice del lato opposto, formando un angolo assai pronunziato, dove è posta la traccia atrofizzata da cui passava il nervo nutritivo. La forma di questo dente richiama, come nel vivente, quella dei successivi, e sia in questo quanto nel fossile porta dentellature ugualmente irregolari e fra loro perfettamente simili. La fig. 3, 3° della stessa Tav. 2 mostra il dente di forma quasi analoga al precedente che confrontato col quarto della mascella del vivente, come può riscontrarsi alla Tav. 1, fig. 1, niente lascia a desiderare per dichiararlo ad esso identico. Nel vi- vente trovasi essere il maggiore in grandezza dei successivi, te- nendo però tutti forma quasi eguale fra loro, ma che vanno gra- datamente diminuendo d’altezza, come lo dimostra la fig. 4 della Tav. 2. La fig. 5, 5° di detta Tav. è destinata a rappresentare il dente del fossile Carch. Etruscus che corrisponde al dente nono del vivente, nel quale si vede che il dente cambiando di curva, forma la curva stessa dalla sua faccia interna, mentre i prece- denti la rivolgevano dal lato della faccia esterna; questo pure sì riscontra essere affatto simile al corrispondente di quello vi- vente. Le fig. 6. 7, 7° S, 8° 9, 9* della Tav. 2. sono destinate esse pure a mostrare, che tutti i denti rivoltano la loro punta dalla parte interna delle fauci, come lo sono nel vivente, e sono ad essi simili, queste forme tutte si riscontrano esistere nel fondo della 26 ROBERTO LAWLEY mascella del vivente, per cui sono da ritenersi appartenenti al Carch. Etruscus Law. e corrispondenti a quelli che il vivente porta in tal parte della mascella stessa. Ora che siamo andati confrontando i denti che formano la mascella del Carch. Etruscus con quelli del vivente lamia, guar- diamo se si potesse costatare una simile uguaglianza, con i denti che tanto formano la mandibola vivente quanto quella fossile. Nella Tav. 3, furono da me fatte disporre tutte le forme dei denti del fossile, le quali ben visibilmente costituiscono la man- dibola, deducendole dall'esame delle mandibole del vivente Carch. lamia Rond. Il dente della Tav. 3, fig. 1, rappresenta uno dei denti posto sulla sinfisi veduto dalla sua faccia anteriore; la fig. 1." sta a rappresentare lo stesso dente dalla sua faccia interna o dalla parte delle fauci; la fig. 1° invece lo mostra veduto di fianco; il dente fossile se si confronta con quello disegnato nella Tav. 1, fig. 3 e 3°, che rappresenta quello del vivente, posto egli pure sulla sinfisi della mandibola, si troverà del tutto simile; infatti, è lanceo- lato di forma, i bordi sono ugualmente dentellati con irregolare dentellatura, che tanto nel vivente che nel fossile è simile nella sua irregolarità, ed in ambidue troviamo qualche dentello che si mo- stra diviso in diverse punte, quali più, quali meno grandi, e la punta del dente non di rado è priva di dentellatura nei medesimi. Cono del dente smaltato, radice spongiosa, del tutto priva di smalto con un cordoncino che ben visibilmente ne delimita le due parti, il quale facendo un leggero angolo ottuso, sopra alla sua faccia anteriore, scende pure un poco meno in basso che nella faccia opposta, che seguendo la convessità di essa faccia posteriore, è più unitamente rotondeggiante. La radice dal lato anteriore, od esterno del dente, che può dirsi STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 27 relativamente piano, segue in tutti e due l’asse della faccia stessa; trovasi essere ancor essa piana, fornita delle due consuete bran- che, quasi ugualmente sviluppate dal lato interno seguendo la rotondità della faccia, circa alla sua metà altezza fa un angolo per andarsi questo a congiungere colla radice della faccia an- teriore, la quale è diritta; in questa parte sfuggente si ritrova in tutti e due la traccia del suo atrofizzato nervo nutritivo. E se noi esaminiamo la punta del dente, essa pure egualmente ritrovasi volgere verso la loro faccia esterna. Sicchè bisogna convincersi che tanto nel fossile quanto nel vivente non si ravvisa ragione per dichiararli differenti. La Tav. 3, fig. 2, 2,2», è diretta a mostrare il terzo dente, che quantunque di poco differisca dagli altri denti della mandi- bola, pure tanto nel vivente, quanto nel fossile segna il dente impari che si ravvisa un poco più piccolo, e più basso dei due primi, e degli altri due successivi. Nella stessa tavola è rappresentato il sesto dente (fig. 3) veduto dalla sua faccia esterna; e la fig. 3° mostra come la sua punta cam- bia curva, ed invece ella volgesi dalla sua faccia posteriore, mentre quelli che Io precedono la portano rivolta verso la loro faccia an- teriore; la fig. 4, mostra pure il successivo dente 7"° che come si vede benissimo dalla fig. 4* rivolge esso pure, come tutti i suc- cessivi, la punta dal lato interno delle fauci. ‘ Nella stessa Tav. 3 alle fig. 5, 6, 7, 8, si trovano rappresentati tutti i denti piccoli di fondo delle mandibole; essi pure volgono la loro punta indentro alle fauci. Questi, come i piccoli della ma- scella, sono più larghi che alti; ben spesso mancano di dentel- latura, la quale viene sostituita da una sfrangiatura del bordo del dente, e quando la dentellatura non esiste, allora manca affatto ciò che può distinguerli dai denti piccoli di fondo delle mascelle di Carcharodon da quelli del genere Oxryrhine. 28 ROBERTO LAWLEY Tutti i denti posti sulla mandibola del fossile non portano presso la base della corona nessun solco, o piega, come si ravvisa acca- dere nel vivente; essi invero portano delle linee, o fenditure nello smalto, lo che avviene spesso ancora nei denti fossili della ma- scella, ma di subito si vede che non si tratta di veri solchi e re- lative pieghe che alterano la regolarità della superficie dello smalto, ma di semplici traccie di fenditura, le quali debbono av- venire nel tempo della fossilizzazione, che non alterano per niente la levigatezza della superficie smaltata dei denti; insomma sono quelle linee le quali si riscontrano quasi generalmente in tutti i denti allo stato fossile. Ho ben spesso nel corso di questo scritto, parlato della specie Carch. sulcidens Agas, per la qual cosa, ho voluto far rappresen- tare un dente dei più perfetti e dei più caratteristici che io pos- sedessi; ed alla Tav. 4, fig. 2, l'ho fatto disegnare dalla sua faccia esterna, mentre la fig. 2°, lo rappresenta dal lato opposto, cioè dalla saa faccia interna. Nulla, secondo il mio credere, autorizza a fare di questi denti una specie distinta da quella del Carch. Etruscus. Law. Essi sono, quanti io ne possedo, denti anteriori della mascella, cioè quelli posti presso la sinfisi; di tal posto pure della mascella sono quelli disegnati alla Tav. 30°, fig. 3, a 7. L’Agassiz nella sua opera citata, e alla pag. 254, dove ne fa de- scrizione, non lascia dubbio che questi denti, che fece disegnare alla tavola citata, a questa specie debbansi referire, per la descri- zione che egli ne dà. Ed a conferma di quanto io dico, quantunque egli li avesse a studiare nelle collezioni Tedesche, si osservi che quelli della sua specie del Carch. sulcidens Agas. in esse furono segnati come provenienti dai terreni terziari Italiani; fra questi denti i più caratteristici, sono quelli provenienti dalla località di Castelarquato, dove predomina essenzialmente il Pliocene. E quan- STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 29 tunque l’Agassiz abbia disegnato denti di differenti età, compre- sivi quelli giovanili; manifestamente provengono della medesima parte della mascella. Dunque se per la loro provenienza dai nostri terreni pliocenici, se per la loro particolare sottigliezza, che tanto ha colpito l’autore della specie del Carch. sulcidens Agas, non si può rinvenire diffe- renze nè dalla forma di essi denti, nè dalla dentellatura, nè per altri caratteri al mio Carch. Etruscus, mi sembrano a questa specie doversi riunire, tanto più che questa mia specie non è composta di una sol forma di denti, ma bensì è una riunione di tutte le forme dei denti che sono portate egualmente sopra all’ intiera mascella del vivente Carch. lamia Rond. E per avere essi qualche solco o qualche piega di più, e queste più marcatamente sopra di essi impresse, è da ritenersi che ciò provenga per una maggior robustezza, di un qualche individuo nel formarlo. E come per tal fenomeno, viene da me proposto doversi ragionevolmente ritenere invece di riguardarlo per altra specie distinta. La Tav. 5, fu destinata a mostrare le preparazioni microsco- piche dei denti fossili del Carch. Etruscus Law. a confronto di quelle del vivente, del quale ho già parlato in altra parte di que- sto mio lavoro. La fig. 1, mostra la sezione longitudinale di un dente veduto di fronte di sulla sinfisi nella mascella di un fossile, mentre la fig. 2, mostra la sezione dello stesso dente fatta longi- tudinalmente nel senso del suo spessore; e la fig. 83, rappresenta la sezione longitudinale veduta di fronte di uno dei denti del Carch. lamia Rond. ancor esso posto sul davanti della mascella presso la sinfisi; però tutti questi denti sono alquanto ingranditi. La preparazione del vivente essendo riuscita molto più sottile lascia meglio apprezzarne l’interna sua costituzione di quel che non possa apprezzarsi dalle due preparazioni del fossile, del quale 30 ROBERTO LAWLEY non ho potuto raggiungere la desiderata sottigliezza. Ciò nonostante dal confronto di questi disegni, vedesi i grossi canali i quali si suddividono in rami minori fino vicino alla periferia, dove diven- tano sottilissimi e quindi vanno a perdersi, e si scorge visibil- mente la massa della dentrina formata nel cono del dente essere più fina di quella formata nella radice, dove nel vivente, come nel fossile, non si riscontra grossi vasi, e solo vi sì trova una quan- tità non indifferente, di piccoli vuoti di nessuna determinata forma sparsi ovunque per la radice stessa, cosa che non accade di vedere nella dentrina del cono del dente. In tutte queste pre- parazioni non trovandovi differenze di sorta, bisogna convenire essere esse uguali ancora nella loro formazione interna, ed i denti fossili si devono ugualmente formare nella grossezza della gen- giva come lo si formano nel vivente; e di fatti ancora fra i resti fossili di sovente avviene, che si riscontrino denti in via di for- mazione, come dissi nei viventi, e che per lungo tempo ritenni come denti guasti dall’intemperie, mentre oggi non mi resta al- cun dubbio per ritenerli come denti non giunti alla loro com- pleta formazione, e fossilizzatisi in questo stato. x Dalle preparazioni microscopiche della Tav. 5, ben rilevasi non esservi nessun vuoto centrale nella grossezza del dente, ed essere di vero Carcharodon, che se fossero di Carcharias, do- vrebbero nella grossezza loro, e perciò nella dentrina che forma il dente, portare un vuoto, come asserisce l’Agassiz al Vol. 3, p. 302, che lo rappresenta alla Tav. N. fig. 6-7; e di tal vuoto centrale pure discorre a pag. 240 ('). Dall’assenza di tal vuoto (1) Asserisco questo vuoto nel dente del Carcharias sulla fede dell’ Agassiz e con poca mia convinzione non avendo ad esporre fatti per proprio conto, sopra a questo genere e ritenendolo molto dubbio perchè il suoCarcharias tenuis Agas. fu da lui STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. 31 nei denti dei Carcharodon l’Agassiz trova conveniente di ravvici- nare il suddetto genere alle Oxyrhine come propone il Muller et Henle nella sua opera “Systematische Beschreibung der Placio- stomen ,. Ora dunque fatto il confronto di tutti i denti delle diverse forme del fossile, si è trovato che tutti questi corrispondono con quelli del vivente, cioè dentellatura egualmente irregolare, sot- tigliezza nei denti della mascella, curva che in ambedue concor- dano che i denti della mandibola, sono densi e lanceiformi, e nep- pure manca di trovarsi denti fossili in via di formazione simili an- cor questi a quelli viventi; punte che si volgono dallo stesso lato, in ambedue i rami delle radici sviluppati piu dal lato che guarda la sinfisi; pieghe nei denti ugualmente e ben di rado non esi- stente nei denti della mascella, mentre del tutto sono mancanti nei denti della mandibola, ed in tutti i denti fossili riscontrasi il solito foro per cui passava il nervo nutritivo ugualmente che nei viventi; sezioni microscopiche che non danno nessuna differenza fra il vivente, ed il fossile; infine la possibilità di poter rifare, come ho già detto in altro mio lavoro, un’intera mascella con i denti fos- sili, che per nulla differisce dal vivente. A questa riunione di forme ho proposto che venga chiamata col nome di Carcharodon Etru- scus, non solo per distinguerlo con nome speciale, perchè è fossile, fatto sopra ad un frammento di dente tuttora adeso alla roccia il quale se si dovesse giudicare dalla descrizione da lui datane e dal disegno, sarebbe da ritenersi per un dente della mandibola del CarcA. Etruscus Law. E l’altra sua specie di Carc4. acu- tus Agas: lo ha stabilito sopra ad un disegno, di un dente mutilato che egli ha ri- portato Vol. 3 Tav. 36, fig. 8 e 9, che a vero dire è molto dubbioso per la sua forma. Perciò mi sembra aver egli avuto molta difficoltà di stabilire se esistesse in ambi due l'interno vuoto che essi dovevano portare per dichiararli come di Carcharias. Onde secondo il mio credere, dobbiamo per adesso attendere qualche conferma per ammet- tere questo genere fossile, e queste due specie per ora assai incerte. 32 ROBERTO LAWLEY quanto ancora perchè questa nostra Toscana ci fornì il materiale adattato onde constatare questa osservazione. E se fino ad ora si presentò qualche difficoltà per ricostruire la suddetta intera ma- scella, tal difetto provenne da doversi servire di denti di ogni età, di diversi individui, è fossilizzati sotto varie condizioni, il chedà alla ricostituzione un sembiante un poco disuguale. Ma non dubito punto che non andrà molto lungi che mi sarà dato rinvenire l’in- tera mascella di uno stesso individuo fossilizzato sotto le stesse con- dizioni, che sanzionerà il fatto. Dovremo noi dunque tardare a dichiarare che il vivente non sia altro che il discendente dell'antica specie fossile, che neppure per la grossezza dei suoi denti in nulla differisce? E solo se qual- che dente fra i fossili si trova più grande, deve ciò provenire dal non avere noi che difficilmente dei Carch. lamia Rond. adulti, nè trovasi cambiata fra il vivente ed il fossile neppure la località, per- chè questo vivente pesce cartilagineo, abita tuttora il Mediter- raneo, e di poco perciò si allontanò col ritirarsi del mare, da dove visse nell’epoche Plioceniche. Allo stato fossile, deducendolo dalla grandezza dei denti e ri- tenendo il Carch. Etruscus come l’antenato del vivente, di poco deve avere oltrepassato di grandezza e di peso l’attuale, il quale sappiamo da Miller et Henle potere arrivare fino alla lunghezza di piedi 14. L’ Agassiz a pag. 246 del vol. 3, dice che ha figurato alla Ta- vola /, fig. 3, a grandezza naturale, l’intiera mascella del Carch. lamia, che riscontrata con quella che tengo scheletrita doveva essere di un individuo ben piccolo, essendo i denti della mia ma- scella almeno di un terzo, se non di una metà, maggiori della sua, e questo che possiedo non lo posso riguardare per il più grosso individuo ch'io abbia incontrato, perchè al Museo di Modena mi STUDI SUL CARCHARODON ETRUSCUS LAW. Hi fu permesso dal Direttore Prof. Carruccio di ‘prendere sopra ad una molto più grande mascella tutti quegli appunti che mi ab- bisognarono, solo non pensai di appuntare la sua misura, nè no- tare la grandezza dei grossissimi denti. I denti del Carch. Etruscus Law., sono comuni in tutte le nostre Colline plioceniche, e fino a questo giorno ne ho radunati un numero ragguardevolissimo, incirca N.° 250, di molte loca- lità; questo numero, benchè vistoso, non si approssima minima- mente alla copia di denti, che in quelle medesime località si rin- viene di Oxyrhina Agassiz Law. e dell'Oxyrhina Desorii Agas., delle quali specie potei riunirne qualche migliaio, perciò sono costretto a dirlo, relativamente raro. Non vi è dubbio alcuno, che quelle località dove maggiormente abbonda il Carch. Etruscus non sieno le argille di Orciano, ne ho però rinvenuti a Volterra, Lucardo, e Peccioli: Siena me ne ha forniti parecchi. Ne ho notati diversi nella collezione del signor Achille Mariani di Castellarquato, che visitai nel 1880. Molti da me furono rinvenuti nella pietra lenticolare di S. Frediano presso Casciana; come pure non devono mancare nella lentico- lare di Parlascio se vi fossero attivati gli scavi per pietre come lo fu per S. Frediano. Me ne furono dati due, di cui uno della mascella, e l’altro della mandibola, dal Dott. De Stefani da lui raccolti presso San Mi- niato al Tedesco. Altri denti di questa specie mi furono mandati dal mio amico Dott. Foresti, aiuto Professore della cattedra di Geologia di Bologna, onde li studiassi. Questi provenivano dalle località circonvicine, e più specialmente dalle argille turchine di Pradalbino e da Monte Biancone. Il suddetto sig. Foresti rinvenne pure in Pradalbino denti di adultissimo Curcharodon che potè giustamente riportare alla specie del Carch. sulcidens Agas. ma 3 34 ROBERTO LAWLEY che per ciò che sono andato discorrendo, non sono che denti di adultissimi individui del Carch. Etruscus Law., e di questi denti ne ho raccolti ben dodici esemplari nelle località di Orciano, di Volterra e di Siena. Buon numero, ebbi agio di vedere e studiare nella collezione di Don Antonio Ferretti, Prevosto a S. Rufino presso Scandiano nel Modenese, e da esso raccolti nelle vicine argille, denti tutti da riferirsi a questa specie. Il Museo di Pisa, come pure quello di Firenze, ne possedono una discreta quantità nelle loro collezioni, e nei loro magazzini. Il cav. Ulderigo Botti ne ha pure trovati diversi nella pietra Leccese. SUD] SUL GENERE CARCHARODON MEGALODON, AGAS. Fino da data antichissima i denti del Care. megalodon Agas. at- tirarono l’attenzione degli studiosi di cose naturali, ed invero non poteva avvenire altrimenti in quanto che qualcuno di essi denti acquistarono dimensioni veramente colossali da sembrare impos- sibile che avessero potuto far parte di una mascella di pesce; per cui la mente umana esaltata ed incerta sulla possibile esistenza di mostri tali, andò per lungo tempo ricercando a che potere attri- buire simili resti fossili. Gli antichi nostri scrittori per dar loro un nome, li chiamarono Glosso-petre, come la parola stessa lo esprime, ritenendole per lingue pietrificate provenienti dalle bocche di alcuni grossi ser- penti; ed altri denti di pesci furono chiamati Buffoniti, che per la loro bizzarra forma attribuirono ad occhi di pesci, o di rane. Ma a togliere su di ciò ogni incertezza, fu Scilla che lungamente discutendo su di essì, riportò i primi a denti di pesce, cioè al Carcharodon, ed i secondi a Chrysophrys. E questo avvenne pel con- fronto che egli ne fece coi denti viventi, come con altri confronti scoprì quelli di OxyrRina Desori Agas. e gli altri di Notidanus. D’allora in poi niuno più li messe in dubbio, e lo studio di 36 ROBERTO LAWLEY questi resti di pesci fossili, quantunque lentamente, progredì fino al punto d’oggi e sempre più progredirà per lo studio che su di essi si verrà a fare. Tutti i Musei di Europa si dettero cura di scegliere e riunire a preferenza i più belli esemplari di questi denti, che per la loro grandezza sì erano resi più appariscenti, e per essa si eran posti più in evidenza, e molto più sparsi si trovavano nei terreni an- tichi, i quali furono i primi ed i più esplorati che quelli di altre epoche; perlochè questi denti vennero ad essere i primi studiati. L’Agassiz finalmente gli distinse col nome specifico di Carch. megalodon col quale oggi sono conosciuti e nominati in tutte le collezioni. Doveva essere riserbato al terreno Pliocenico di far conoscere, e constatare l’altra specie del Carch. Etruscus, Law., mancando in questo terreno affatto il Carch. megalodon, mentre tanto ab- bondava di resti dell’ Etruscus, i quali denti forse potevano pas- sare per quelli di giovani megalodon che come già dissi, in scarso numero si rinvenivano sparsi nei terreni più antichi. L’Agassiz non facendo una propria e vera raccolta, andò stu- diando per tutti i Musei d'Europa gli sparsi denti facendone così non meno di 18 differenti specie, fra le quali mise quelle che sono da riportarsi al mio Carch. Etruscus. Per tal fatto fu indotto a moltiplicare le specie stesse basandole su di ogni più piccola differenza che in detti denti ravvisava, e per distiuguerli dagli altri gli convenne mutare nome, non considerando poter essere semplicemente differenza di posizione. Alla qual cosa serve di conferma quello che il Gibbes dice nella sua memoria sopra gli Squalidi degli Stati Uniti di America, da lui riportati a pag. 139, che dimostra essere la sua collezione, in genere di Squalidi, la più amplia, e ricca che in America si STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 37 rinvenisse tanto per quelle particolari, quanto per quelle pub- bliche, e facendo elogi della costanza del lavoro, della scienza, del coscienzioso candore scientifico manifestato dall’Agassiz, non meno che della sua gentilezza unita alla sua libera mente, scevra di ogni personale considerazione. Questo gran Paleontologo, fece os- servare al Gibbes stesso che dei molti denti da lui stati descritti come singole specie, dalle osservazioni di altri studiosi, e per le maggiori cognizioni acquistate da esso Agassiz, si sarebbe indotto a rigettare alcune specie per riunirle ad altre. Lo stesso Gibbes riportò le medesime parole dette dall’Agassiz in idioma francese, per mostrare quanta fosse la difficoltà di questa riunione e scelta di denti. Questi dubbi forse molte volte furono dall’Agassiz visti, e sen- titi e se non li manifestò deve essere la circostanza dell’impossi- bilità di poter vedere riunito assieme un ingente quantità di ma- teriale di denti di Squalidi della stessa specie, che forse gli impedì di rendersi ragione che le differenti forme di denti non potevano provenire che dalla diversa posizione che tenevano nella mascella. A persuaderlo dell’errore bastò lo aver veduta la prima volta la collezione del Gibbes, e fu allora che ne propose la soppressione di diverse specie. Ora con dubbi emessi così esplicitamente, dal celebre Natu- ralista di Neuchatel; dalle osservazioni della similitudine della dentizione che queste hanno con quelle del vivente Carch. lamia. Rond. e di queste con quella del fossile Carch. Etruscus, Law. ritrovandovi in essa tutte le forme del vivente, credo di potere emettere una proposizione, la quale se, come spero, verrà accet- tata da coloro che sono in località adattate da poter fare una riunione di qualche centinaio di denti del Carck. megalodon, facil- mente sì convinceranno e riteranno provato che questa specie 38 ROBERTO LAWLEY porta dentizione di forme simili tanto nel vivente quanto nel fos- sile citato, e sparirà ogni dubbio e difficoltà ad ammettere che la specie del Carch. megalodon, Agas. potesse avere una simile den- tizione, tanto più che di essi denti si rinvengono quasi tutte le forme che attribuire si possono alle differenti posizioni in cui sono posti nelle mascelle, e soltanto nel megalodon aumentate le proporzioni, non mai variate le forme. Perciò mi parrebbe, di non solo riunire alcune delle specie, ma tutte quelle che avessero dei caratteri comuni e far diventare una sola specie le tante fattene dall’ Agassiz, per marcare ogni minima differenza della sua dentizione; esempio pure seguìto dai successivi Paleontologi, ogni qual volta gli avveniva trovare denti con qualche piccola differenza peranche non avvertita, nè peranche descritta da altri; dentizione che poi ritrovasi uguale per forma pur nella fossile Oxyrhina Agassizii Law. esclusione fatta dalla dentellatura mar- ginale dei denti di essa. Questo fu il motivo per cui fu ritenuta, e giustamente, dal Muller et Henle per dentizione da avvicinarsi al genere Oxyrhina, cosa che Agassiz ritrova giusta. E se oggi posso dare una qualche idea, ed emettere un qualche ragionamento sulla specie ora in questione, lo debbo alla cortesia e bontà, le tante volte esperimentata del distinto naturalista e mio amico sig. cav. Ulderigo Botti, direttore del Museo Pro- vinciale di Lecce, che alla capacità riunisce il raro pregio di ze- lante raccoglitore. Imperocchè di Lui non e a dirsi, come di qual- che Museo, od altri collezionisti, che quando hanno raccolto il materiale in piccolo numero d’esemplari di una stessa specie non seguitino a raccorne una quantità, quantunque sia ben vero che spesse volte per ottenere una tal riunione di esemplari fa osta- colo la ristrettezza dello spazio, che uno può concedere alle proprie collezioni. Ma certo molte volte fra i resti di pesci STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 39 fossili non si può, che da un abbondante raccolta venire ad una pratica conclusione, come precisamente avverrà in questo caso. Ora dunque dicevo che se il cav. Botti, ancora egli persuaso della verità di riunire in gran copia i resti di Carch. megalodon Agas., non avesse profittato della località della pietra Leccese, dalla quale, quantunque con qualche difficoltà, pure gli fu dato di estrarne numerosi esemplari della specie accennata, e non si fosse dato cura di riunirne ben 150 esemplari, e con gran liberalità non me li avesse passati in comunicazione, per certo non avrei potuto fare le seguenti osservazioni. E se non ne stimo sufficiente il numero da lui riunito per averne senza il menomo dubbio la certezza, è però un numero assai cospicuo da potervisi approssi- mare; perciò non posso che a lui porgere i miei più vivi ringra- ziamenti per avermi offerto il mezzo per le mie osservazioni qua- lunque esse sieno. Ora valendosi degli studi già fatti sopra la dentizione del vi- vente Carch. lamia, Rond., quanto sopra a quella del fossile Carch. Etruscus, Law. e della specie del Carch. megalodon, Agas. resterà ben facile, e ad ognuno sarà permesso, di fare la divisione delle due forme di denti che ne adornano la mandibola, da quelli che stanno nella mascella, facendone la separazione stessa secondo le due forme già conosciute nelle due specie ora citate, cosa possibi- lissima a ravvisarsi dalla grande analogia di forme che fra loro esiste. Il maggiore sviluppo che prende una delle due branche delle radici unitamente alle curve del cono del dente, evidentemente stabilisce il lato dritto, o sinistro che il dente riteneva nella ma- scella; se si separerà da quelli della mandibola quando viveva l’animale, ben presto si vedranno, per le loro forme caratteristi- che, i denti anteriori della sinfisi, da quelli laterali mediani delle 40 ROBERTO LAWLEY mascelle; come pure scopriremo i denti piccoli del fondo prossimi alla gola; altrettanto potremo dire per quelli delle mandibole. Ora, se per tale analogia, e se con i dati che abbiamo tolti dalle forme delle altre due specie succitate, abbiamo potuto trovare il posto che occupavano i denti stessi nelle due mascelle del Carch. megalodon Agas.misembra che sia bastante prova per stabilire, che con le debite proporzioni di grandezza si debba ritenere che tutte le tre specie di pesci avessero uguali forme di dentizione. Certa- mente però le dimensioni dello squalide che portava i denti, che è convenuto riconoscersi sotto il nome specifico di Carch. mega- lodon, Agas., non potevano essere che di molto maggiori, delle al- tre due specie. Verrò a dire in seguito quale era l'opinione dei vari autori, e a quale grandezza approssimativamente essa specie di megalodon potesse giungere, e da quali dati l’arguissero. Il numero degli scrittori che hanno parlato del arch. megalo- don Agas. essendo ragguardevolissimo ed avendone di esso date buone figure, mi esime di replicarne molte delle forme in discorso, piuttosto farò delineare le principali tre forme di una località certa ed italiana, provenienti dalla pietra Leccese; forme le più caratteristiche favoritemi dal cav. Botti, ricordato. Per ora i denti che la specie Carch.. megatodon porta nel fondo della bocca mi sono del tutto ignoti, e non ci vorrebbe che una fortunata combinazione, come lo fu per l’Oxyrhina Agassiz Law. di poter trovare un cento o più denti riuniti in un sol posto, che dimostrassero essere appartenuti ad uno stesso individuo, fossi- lizzati insieme e sotto condizioni uniformi, dal che risulterebbe la scoperta dei piccoli denti di fondo, non solo, ma ancora di quelli in via di formazione, la qual cosa sempre più avvalore- rebbe l’idea di un eguale formazione di dentizione. La forma di questa specie ha un aspetto che ben si distingue STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 41 dai denti del Carch. Etruscus, Law. che è quanto dire dal vivente Carch. lamia, Rond., ed è che i denti d’individui adulti, la loro incomparabile grossezza e grandezza li fa ben distinguere, men- tre quelli d’individui giovani, ancorchè fossero più piccoli dell’altra specie, vengono distinti, e ne denotano tale differenza, sì per la relativa grossezza, che per la loro forma speciale, che l'occhio del più inesperto dilettante di tali studi subito li riconosce ancor se son confusi gli uni con gli altri. Ma quello che maggiormente fa apprezzare la differente specie, sì negli adulti che nei giovani in- dividui, è l’incomparabile unitezza della seghettatura dei loro bordi; unitezza ben sensibilmente apprezzabile in tutti i denti, di qualunque siasi parte provenghino dalla mascella. Una più larga impressione della gengiva, dove divide la base della radice, dal cono del dente, che ben spesso sorpassa sopra lo smalto del dente stesso, cambiandone il colore. È poi da notarsi una particolarità assai singolare di questa specie, la facilità con la quale il dente tende ai lati della base, presso la radice, di auricolarsi; partico- larità che mentre ha fatto crearne di questi denti, dove maggior- mente questa auriculatura trovasi più sviluppata, specie distinta dai diversi autori. Io però questo carattere non lo ritengo come specifico nè sufficiente, rinvenendo questa tendenza ad auricolarsi in quasi tutti i denti delle specie in questione, ma più poi sensi- bilmente e quasi di frequente riscontrasi in quelli delle mascelle, quantunque non di rado avvenga anche in quelli delle mandibole, cosa che fu pure avvertita dal Gibbes, nella sua monografia; ed alla p. 142, dichiara tal particolarità, priva di qualunque carat- teristica per poterne fare specie separata. Altra osservazione da farsi si è quella, specialmente nei denti posti presso la sinfisi, cioè che quelli anteriori delle mascelle por- tano un elegante ondulatura sulla loro faccia anteriore od esterna, 42 ROBERTO LAWLEY la quale cosa ho più in particolar modo osservato in quelli pro- venienti dalle colline di Torino, che per lo studio ebbi dal Prof. Carruccio Direttore del Museo di Modena. Di questa ondulatura ne vien fatta menzione dal Gemellaro che dice rinvenirsi, in quei denti da lui raccolti in Sicilia. A me però non mi è avvenuto di poterla osservare nei denti provenienti dalla pietra Leccese. Altro carattere, che ben spesso s'incontra nei denti di questa specie, sono certe fenditure nello smalto delle due faccie, anteriori, e po- steriori, che più spesso si possono osservare in quelli di individui adultissimi; le quali fenditure longitudinalmente si dipartono dalla base della radice e qualche volta si estendono fino quasi al bordo dentellato; tali fenditure le riterrei per uno degli effetti della fossilizzazione nè saprei ad altro attribuirlo. La radice più grossa e densa, che non lo è quella delle altre due specie, ha però la stessa loro struttura, cioè piana dalla fac- cia esterna, ed angolata da quella opposta, dove trovasi co- stantemente il segno per dove passava il nervo nutritivo che fu atrofizzato; come pure troviamo i coni dei denti con caratteri uguali e comuni alle due stesse specie, cioè piani, e quasi che con- cavi dalla faccia esterna con punta rivolta all’infuori, mentre l’op- posta è convessa in proporzione della grandezza dei denti. Scelti che si abbiano i denti della mascella, per le ormai co- nosciute forme, da quella lanceolatura che distingue quelli che sono posti sulla mandibola. Esaminandola a prima vista vi trove- remo quelli che restano accostanti la sinfisi della mascella, che è facile riconoscerli dai susseguenti, essendo essi, come nelle altre due specie, di forme equilaterali. Alla tav. 6, fig. 1, e 1* ho fatto disegnare uno di tali denti il più bello che io mai abbia visto, e che forma parte di quelli che il cav. Botti ha riunito per il Museo STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 43 di Lecce ('). Questo dente dalla sua faccia anteriore misura in lun- ghezza mill. 0,110; dalla sua parte concava, le sola radice misura mil. 32, le branche, di questa rilevandosi sono di mill. 0,020, e dal suo abbassamento centrale forma un dente di mill, 0,130 nella sua to- tale lunghezza; la larghezza alla base della corona, è mill. 0,100, ela grossezza, o densità, misura mill. 0,028. La sua forma e trian- golare, i suoi bordi elegantemente flessuosi sono equilaterali, mu- niti di fitta ed unitissima seghettatura che lo percorrono per tutto il suo bordo; dente molto concavo dalla sua faccia ante- riore. La radice da questo lato forma circa la quarta parte della sua altezza, è l'impressione della gengiva è appena visibile, ma però avente un altro colore che si mostra ricorrente alla base del cono del dente; la radice segue dritta l’asse del dente stesso; è priva di smalto, e costituita al solito da una sostanza spun- giosa. Esaminando il dente dalla opposta faccia interna lo tro- viamo assai convesso, come possiamo vedere alla Tav. 6, fig. 1; la radice con la larga impressione della gengiva, che scende sullo smalto del cono del dente, forma più della terza parte dell’in- tiera faccia, e più della metà del cono stesso; questa impressione della gengiva che nel centro del dente misura mill. 0,005, va as- sottigliandosi da questo punto fino al bordo del dente, dove si riduce ad una sola riga che quasi perdendosi gira la faccia giù descritta; la radice, che per un poco segue l'andamento del dente ad un tratto ritirandosi, va ad incontrare la radice stessa della faccia opposta facendo perciò un angolo ottuso assai pronunziato (1) Di questo dente trovasi un ammirabile modello fatto eseguire dal Prof. Ca- pellini per il Museo Geologico di Bologna. Ciò prova che fu ritenuto meritevole di riprodursi. 44 ROBERTO LAWLEY nel punto ove trovasi l'impressione del nervo nutritivo atrofizzato nel dente; specialmente sopra a questa faccia posteriore, si rin- vengono le fenditure delle quali parlai superiormente. Di questi denti se ne debbono trovare, disposti due per parte, alla sinfisi come si ritrovano nel vivente. Dalla stessa Tav. 6, fig. 1° si potrà vedere quanto la punta del dente volta sulla sua parte esterna, per cui da questa faccia viene ad esser concavo. Prendendo l’Agussiz in considerazione la varietà di forme di questi denti ne formò le 3 specie, quella cioè di Carch. mega- lodon; quella del Carch. equilateralis; e quella del Carch. subau- ricolatus; ed a quest’ultimo forse è da riportarsi la varietà della quale fra poco parlerò. Il Gibbes però di questi denti conferma la specie di Carc4. megalodon Agas. e da quanto lo stesso Agassiz le disse, vi unisce pure le altre due specie del Carch. equilateralis Agas. e del Carch. restidens Agas. Il Gemellaro nel suo lavoro “ Ricerche sui pesci fossili della Sici- la , ritrova in questi denti il Carch. megalodon Agas. che li rap- presentò alla Tav. 2, fig. a, è, c. Lo stesso ha fatto il Gemellaro alla Tav. 3, fig. 1, 2, 3, sopra a differenze individuali, ed a posi- zione nella mascella, dimostra la sua specie del Carch. megalodon, Agas. varietà Sicula; ma la fig. 3, evidentemente ci mostra essere dente proveniente da altra parte della mascella stessa, cioè da quelli della parte centrale di essa. Ancora Eugenio Sismonda nel suo lavoro “ Descrizione dei Pesci, e dei Crostacei fossili del Piemonte, constatò fra i denti che raccolse a Monferrato la specie Carch. megalodon Agas. ed alla sua Ta- vola 1, fig. 8, a 13, li figura, con ragione, come denti apparte- nenti a questa stessa specie. STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 45 Fsaminati bene i suddetti disegni mi farebbero credere trat- tarsi piuttosto di alcuni di essi che occupassero la sinfisi della mandibola anzichè della mascella. Agostino Scilla nel suo lavoro “ De Corporibus marinis lapidi- scentibus , disegnò molti denti che visibilmente si riscontrano per denti del Carch. megalodon Agas. come si può vedere nelle sue Tav. 3, 5, 6, quantunque nessuno di questi sia da riportarsi a quelli della sinfisi della mascella, eccetto quello che disegnò alla Ta- vola 6, fig. 1, che quantunque delineato in scorcio ben si ravvisa provenire dalla sinfisi della mascella mentre gli altri apparten- gono ad altre parti della mascella stessa e nessuno ne disegnò di questa specie che appartenesse alla mandibola. Per maggiormente apprezzare le specie dei denti in parola alla Tav. 7, fig. 1, ho fatto disegnare altro dente che questo pure fa parte della collezione del Museo di Lecce, ed ho quasi certezza che esso occupasse il posto della sinfisi della mascella, ed è di quella specie stessa, ma differisce assai di forma da quello che ho rappresentato nella Tav. 6, fig. 1 essendo di esso meno denso; si presenta con bordi più diritti e meno flessuosi; è seghettato con simile ed unitissima dentellatura per tutto il bordo stesso; l’im- pressione della gengiva, dalla sua faccia interna, ha diverso co- lore; è ugualmente alta, e marcata nel centro del dente da dove va assottigliandosi verso il bordo, per venire poi a marcare sulla sua faccia esterna la sola divisione del cono del dente dalla ra- dice. Questo dente ha la punta meno larga dell’esemplare ripro- dotto nella Tavola 6, però è di esso molto ‘più rivolta verso la faccia esterna come si può apprezzare dalla fig. 1* tav. 7, ove vedesi il profilo, perciò si presenta da questa sua faccia, molto più concavo; l'angolo alla base del cono con la radice, tracciato sullo smalto, è molto più basso, e risentito in questo punto che dalla 46 ROBERTO LAWLEY sua faccia esterna; un orliccio poi ben marcato ne stacca la ra- dice dal cono stesso, il quale ha tendenza, ad auricolarsi al suo margine. Misura mil. 0,100 di lunghezza, alla sua faccia esterna, sopra mil. 0,090 dalla base della sua radice; ed ha una densità eguale alla metà centrale della base stessa che è di mil. 0,023; dal che vedesi non essere esso molto più piccolo dell’altro rappre- sentato alla Tav. 6; in tutto il resto della sua descrizione, è com- pletamente uguale al già descritto, che per brevità non starò qui a ripetere. La fig. 11, Tav. 30° vol. 3, e la descrizione che a pag. 251 nè ha data l’Agassiz per il Carch. subauriculatus, Agas. perfettamente corrisponde con questo dente, e giust’ appunto questa specie è una di quelle che l’Agassiz consigliò al Gibbes di riunire al Carch. megalodon, Agas. Io veramente pure sono di opinione che esso sia, come riten- gono i due citati autori, una stessa specie di Carck. megalodon, Agas. Ma fra i denti speditimi dal cav. Botti ho avuto luogo di rinve- nirne alcuni che provengono dalle altre parti delle mascelle, e delle mandibole, i quali mi richiamino questa special forma di denti tutta sua propria, non potendo supporsi che questa loro conforma zione così variata, possa essere portata da uno stesso individuo nel medesimo tempo e nella stessa dentatura, salta bene alla mente che tali differenze di forme provenghino piuttosto da una varietà, che benissimo potrebbe attribuirsi al sesso. Nella Tav. 7, fig. 2, e 2* feci pure disegnare un dente prove- niente dalla parte mediana di una mascella, che è da ritenersi esso pure di quella stessa forma variata della fig. 1, 1° della stessa Tav. 7, mostrando esso pure l’auriculatura alla base della radice tanto a destra, che a sinistra. Come pure alla Tav. 9, fig. 2, STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 47 2° fu disegnato altro dente della sinfisi della mandibola che lo riguardo appartenere ad un individuo molto adulto. Questo pure è da riportarsi alla forma variata in questione. Alla Tav. 10, fig. 1, 1° 1" volli pure che fosse disegnato altro dente di un grosso indi- viduo, che doveva essere posto verso il fondo della mandibola in prossimità dei piccoli ultimi; anche esso è di eguale variata forma. Per brevità non starò a farne minutamente la descrizione di nessuno di essì denti, solo pregherò l’amatore di tali studi a porre la sua ispezione sulle citate figure e ne concepirà le loro signi- ficanti differenze. Il dente fatto disegnare nella Tav. 8, fig. 2, 2° 2° in tre posi- zioni differenti, affinchè ciascuno meglio lo possa apprezzare in tutte le sue parti, per la sua speciale forma, quantunque prove- niente da un individuo non adultissimo, lo ritengo per il dente impari della branca sinistra della mascella. Infatti questo dente, di una perfettissima conservazione, è auricolato da tutti e due i suoi lati. Se si pone a confronto con quello del vivente, dell’ana- logo posto, mi sembra che non lasci nessuna traccia di dubbio, mentre che non puossi trovare parole atte per esprimere questa intima convinzione, la di cui forma evidentemente dimostra es- sere di una dentizione normale (!). Nella stessa Tav. 8, fig. 1, 1° è disegnato un dente della pietra Leccese, che ben probabilmente è quello che vien subito dopo (1) E qui conviene ripetere ciò che dice l’ Agassiz, che senza una mattematica certezza per l'occhio esercitato e per la mente messa a tortura, l’intima convinzione equivale in alcuni casi, ad una quantità di caratteri speciali che possono servire di guida per apprezzare od essere sicuro del proprio giudizio, quantunque, non possa venire espresso con parole. 48 ROBERTO LAWLEY l’impari. Il suo stato di conservazione, se non è perfettissimo, poco lascia a desiderare, e con ragione può dirsi magnifico. Non mi perderò a farne una dettagliata descrizione, sembrandomi che non ve ne sia assoluta necessità, solo dirò che la curva esterna del dente e molto dritta, e meno flessuosa di quelli del Carch. Etruscus, Law., cosa che si rinviene in quasi tutti gli esemplari aventi la stessa provenienza, e che per mancanza di esemplari di altre località, non ho potuto farne il confronto respettivo nè so se questo carattere possa riguardarsi estesa alla specie. Questo adultissimo dente della mascella, può dirsi ancor’esso apparte- nere ad un individuo di dentizione normale, quantunque non vi sì scorga traccia di orecchiette. Alla Tav. 6, fig. 2, 2°, trovasi pure altro dente di un individuo molto più piccolo, esso pure proveniente dalla parte mediana della mascella ed è auricolato dal suo lato interno; dente in per- fetto stato di conservazione, ed appartenente a normale denti- zione. Però per adesso mancano fra i denti della pietra Leccese quelle forme che si potrebbero attribuire al fondo delle fauci. Non du- bito però che ben presto vi saranno rinvenuti, dalla ormai ben nota solerzia del Direttore di quel Museo cav. Botti. Una osservazione è pure da farsi sopra i denti delle mascelle di questa specie, ed è che mentre nella specie fossile, Carch. Etruscus, Law. come nel vivente, è quasi una eccezione che le due faccie dei denti sieno prive di pieghe, e che quella in gene- rale esterna, ne sia la più provvista, mentre nei denti della ma- scella del Carck. megalodon, Agas, si è invece una eccezione il trovarvene qualcheduna, e se vi si rinvengono riduconsi ad una, o poch’altre vestigie per tracciarne meglio lo spigolo centrale della faccia esterna. STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 49 Si trova pure che il dente da questa parte può considerarsi come relativamente piano, perchè le depressioni ed i rilievi che in esso vi si trovano possono essere apprezzati più da riflessi, che da vistosi abbassamenti della superficie, perchè mentre nel centro del dente esiste una linea elevata che ne traccia la sua metà, lateralmente vi sono due leggeri abbassamenti qualche volta formati dalle pieghe come già dissi; ma verso il bordo si rialza, e di nuovo diminuendo ne staccano il bordo stesso assai poco più rilevato; mentre poi in totale il dente viene ad essere molto più concavo, e maggiormente quanto più la punta viene a rivolgersi sopra a questa faccia esterna. Notevolissima è la tendenza che i denti delle mascelle hanno ad auricolarsi; ma di ciò andrò a parlare più estesamente in se- guito. Particolarità poi che ha indotto molti Autori a formarne specie differenti, quando qualche dente fu in questo stato rinve- nuto, e considerato isolatamente. La mandibola, come ora mai sappiamo, deve avere denti di forma meno variata, cioè tutta lanceolata, piana, o quasi piana dalla sua faccia esterna, e l'angolo che è alla base della radice forma col cono del dente un angolo molto ottuso ed aperto, mentre dalla faccia interna lo segna quasi che retto; questa faccia si trova essere molto convessa; la punta al solito si rivolta leggermente sulla sua parte anteriore come lo è nel vivente; questa faccia anteriore è, relativamente, sempre piana, e alla sua metà delle radici si trova il solito abbassamento, per formar poi le due branche, una delle quali, quella cioè che riguarda la sinfisi, è più sviluppata dell’altra, e la radice è di sostanza spun- giosa; la solita seghettatura caratteristica, fine ed unita, orna il bordo di questi denti come quelli della mascella. Alla base del cono, dalla sua faccia interna, trovasi pure la larga impressione 11 50 ROBERTO LAWLEY della gengiva, che monta sopra ailo smalto, e che decrescendo fino ai bordi, non lascia di se che una traccia per seguitare sul- l’opposta faccia anteriore la divisione del cono stesso con la sua radice. La radice poi, con la base del cono dal lato della sua faccia esterna, presso l'impressione della medesima, forma un angolo molto ottuso, cioè slargato, mentre dalla faccia interna scende assai più in basso sul cono, e l’ angolo che vi forma è molto più stretto che in alcuni denti si avvicina all’ angolo retto. La radice della faccia anteriore segue come nel vivente diritta l’asse del dente, e dalla faccia opposta, cioè posteriore, mentre è dritta fino alla sua metà altezza, fa angolo molto sentito per andar poi a congiungersi con quella dritta dell’opposta faccia, e precisamente dove in mezzo di quest’angolo trovasi sempre la traccia dell’ atrofizzato nervo nutritivo. I denti più robusti, più grossi, ed i più grandi della mandibola, saranno certamente quelli posti sulla sinfisi, come lo sono nel vivente, i quali portano le branche delle radici ugualmente svi- luppate, ed i successivi diminuendo di grandezza, susseguiranno fino agli ultimi piccoli quelli posti nel fondo delle fauci man- canti essi pure in questa mandibola ('). Onde è che da questi principieremo a discorrere. (1) Dai denti della prima spedizione fattami dal sig. cav. Botti nel maggio del 1880, quelli che adornavano le mascelle erano rappresentati da bellissimi esemplari, come si può vedere da quelli fatti disegnare nelle Tav. 6, 7, 8. Gli esemplari poi che rappresentavano la mandibola, quantunque non disprezzabili, ne scelsi i migliori per farli rappresentare alla Tav. 9, 10, per quanto non stiano a confronto dei primi. E mentre nella Tav. 9, fig. 2, 22, è disegnato il dente più bello, e più adulto, esso appartiene alla forma variata; e la fig. 1, 12, Tav. 9, rappresenta la forma tipica di questa specie, assai più piccolo della forma variata. In una seconda spedizione dallo stesso cav. Botti fattami nel gennaio 1881, di circa una trentina di bellissimi denti tutti appartenenti al Carch. megalodon, ne trovai un magnifico esemplare tipico, che dimostra essere dalla sinfisi della mandibola di adultissimo individuo. STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 51 Alla Tav. 9, fig. 1, 1° venne rappresentato un dente della man- dibola, al solito di sulla sinfisi, che se non è il più accostante, certo lo è il successivo; esso appartiene ad un individuo molto adulto, di una dentizione di forma regolare non solo, ma ancora tipica; però questo individuo doveva essere assai più giovane di quello i di cui denti si vedono disegnati nella medesima Tav. 9, fig. 2, 2‘; disegno fatto eseguire, come dissi, per la forma variata che lo ritengo per il primo della sinfisi. Questo dente, fig. 1 della Tav. 9, quantunque appartenente ad un più giovane indi- viduo, ben dimostra a destra della sua faccia esterna, un prin- cipio di auricolatura, che la palesa pure a sinistra della stessa faccia, mentre quello della fig. 2, che è d’individuo molto più adulto, nè dà appena un cenno dal lato sinistro della stessa sua faccia. Anche di questo dente, segnato di numero 1 Tav. 9, non starò a farne una dettagliata e minuta descrizione rapportandosi esso, come ho parlato superiormente, ad una dentizione normale; solo mi limiterò di fare osservare che oltre ad essere alla base della sua radice molto meno slargato della fig. 2 della stessa tavola, ha il suo bordo molto meno flessuoso che lo fa essere più svelto, perciò apparisce più lanceolato. Quantunque dal disegno citato si possa ricavare alcune delle sue dimenzioni per essere rappresentato a grandezza naturale, pur tuttavia procurerò qui di trascriverlo per quanto, ben s’in- tende, che non possono essere di molto valore per la specie in questione, vedendosi in questa specie, come negli altri Carcha- Questo dente mi giunse troppo tardi perciò fui dolente di non aver potuto esso pure far rappresentare insieme alla classica riunione di denti che così bene riproducano questa specie tante volte rammentata, i di cui esemplari si potranno sempre ammirare nel Museo Provinciale di Lecce. 52 ROBERTO LAWLEY rodon, che i denti crescono successivamente col crescere dell’età dell’animale. La sua misura alla base del cono è di mill. 0,060; dalla punta, compresa la radice, misura mill. 0,080; la radice ne segna mill. 0,020, e questa stessa misura la porta pure la sua grossezza, o densità. In molti denti della mandibola la base del dente ai suoi lati, sorpassa quella della radice, ed è in questo punto giusto che essi mostrano la loro tendenza ad auricolarsi. Per quanto io mi dassi a studiare, e ricercare una forma più svelta fra ì denti fossili della mandibola che potessero essere rite- nuti come i rappresentanti dei denti impari del Carcharodon me- galodon Agas., non mi venne fatto trovarne uno che soddisfacesse al bisogno benchè fra questi denti se ne abbiano alcuni che per la loro forma richiamino tal dente della mandibola, ed è perciò che sarei per ritenere che la bellissima raccolta dei denti della Pietra Leccese, non è per ora arrivato l’epoca del suo rinveni- mento, lo che spero sarà ben presto per avvenire, quantunque re- sterà sempre assai difficile stabilirlo. Non avviene però questa difficoltà per il dente che feci deli- neare alla Tav. 10, fig. 1, 1°, 1°, potendosi ben presto ravvisare, sia per l'abbassamento del cono del dente, che per lo slargamento della sua radice, e per conseguenza della base del cono stesso; con tali dati vedesi subito potersi riportare al sesto dente della mandibola stessa, dove questi cambiamenti di forma si riscon- trano pure nel vivente; però in quelli del vivente la loro punta sì rivolta ad un tratto dalla faccia opposta, cioè da quella interna, cosa che come sì vede alla fig. 1°, non avviene in questa specie. Altri ci dirà se questo succede ancora nei successivi denti. Questa forma di denti la feci disegnare per dimostrare quanto ebbi a dire nella forma variata. STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 59 Denti di conformazione consimile ai suddetti mi sembra che fossero pure disegnati dall’Agassiz alla Tav. 30, fig. 1 a 2, Vol. 3, formandone con essi la specie del suo Carch. lanceolatus, del quale parla alla pag. 257, Vol. 3 del testo, dove però non ne dà de- scrizione. 11 Costa pure di questa forma ne ha fatta una specie no- minandola, Carch. arcuatus. Il Gibbes alla sua volta, nella rammentata Monografia degli Squalidi degli Stati Uniti, dal n.° 10 al n.° 38, figura un’ infinità di forme, le più svariate, fra le quali vi sono pure quelle di un in- dividuo disegnato alla fig. 10, Tav. 19, che certamente uguaglia quello in questione della mia Tav. 10, fig. 1, 1.* 1... Lo stesso Gibbes dice, che tutte quelle forme le ha riunite in- sieme per consiglio dell’ Agassiz, e sono appartenenti al Carch. angustidens Agas.; come si può vedere molti di questi denti sono auricolati, e molti nò, resta perciò a credersi se ancora questi due autori ritenessero tale particolarità per un carattere specifico e insufficiente, come lo ritengo io; ma dall’ispezione di tutte que- ste forme, vedesi non essere tutte appartenenti alle mandibole, mentre per me le riterrei spettare anche alle mascelle. . Alla Tav. 11, fig. 1.° 1.° non ho mancato di far disegnare una preparazione microscopica di un dente della sinfisi della mascella. Tale sezione è delineata per la larghezza del dente, e pel senso della grossezza di esso; e la fig. 2, ne mostra uno di quelli che stanno sulla sinfisi della mandibola. Mentre però la Pietra Lec- cese conserva mirabilmente i suoi fossili, come lo si può benis- simo osservare dai denti così eccellentemente mantenuti nella collezione di quel museo; quella pietra fossilifera sembra che non abbia la proprietà di renderli molto duri e compatti, per cui non fu impresa molto facile quella di farne eseguire le prepara- 54 ROBERTO LAWLEY zioni microscopiche, che per ottenerle si dovè superare molte dif- ficoltà che resero pure difficile l'esecuzione dei disegni. Dal confronto di queste nuove preparazioni con quelle della Tav. 5, cioè del vivente, e di quelle consimili del Carch. Etruscus, si può facilmente scorgere non esservi fra loro differenze molto notabili: solo ritroviamo che la massa della dentrina è molto più unita di qualità, e neppure troviamo tanta differenza di gros- sezza fra quella che ne formò la radice, con quella che ns co- strusse il cono del dente; come pure nella radice non si trovano nemmeno quei vuoti, che abbiamo avuto luogo di vedere in quelle dell’ Etruscus; cosa che feci osservare a suo tempo. I grossi canali, che pur essì si diramano per la massa della dentrina del dente, non trovansi così potenti come nell’ Etruscus, e le piccole diramazioni che da questi si dipartono, molto più presto vanno disperdendosi in vicinanza dello smalto restando essi pure molto meno marcati. Anche lo smalto sembra più sottilmente formato di quello che non si riscontra nella specie citata; ma la sua lucentezza e re- sistenza che ha, di essere attaccato con qualche ferro, sembrami esserlo maggiore nella specie dell’Etruscus, lo che potrebbe av- venire dalla diversa fossilizzazione, come pocanzi ebbi a notare, esser cioè minore la solidità dei fossili della Pietra Leccese. Ad onta delle piccole differenze che sono andato notando qui sopra, davvero non mi sembra che ancora dalle sezioni micro- scopiche sì rinvengano caratteri tanto marcati da farmi rite- nere che la formazione dei denti della specie del Carch. mega- lodon possa essere riguardata differente dalla specie vivente, e da quella fossile del Carch. Etruscus. Questi denti dovevano pure essere immersi nelia grossezza della gengiva nel tempo della loro formazione come abbiamo riscon- STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. d9 trato avvenire su quelle del vivente, e venir fuori dei nuovi an- cor’ essi sempre aumentando in grandezza. Più volte ho parlato della orecchiatura effettiva, o della ten- denza che i denti del Carch. megalodon Agas. sembrano avere, specialmente quelli provenienti dalla Pietra Leccese, che, per vero dire, sono quelli dei quali più particolarmente io possa par- lare, sia per averli avuti a mia disposizione per qualche tempo onde meglio poterli studiare, quanto ancora per il rispettabile numero di esemplari che a questa specie si possono referire; ciò che devo, come più volte ho detto, alla gentilezza del sig. cav. Ulderigo Botti. Se noi anche per poco ci mettiamo ad esaminare attentamente i denti di questa specie, troviamo che presso alla base del cono molti di essi sono un poco più larghi della radice, e vanno presso di essa rientrando per poi riunirvisi e congiungersi seco lei. Altri invece in questo punto, oltre ad esser più larghi alla ra- dice, vi demarcano una piega assai sentita e mostrano evidente- mente, che hanno molta tendenza a disporsi al seguente stato in cui sì trovano quelli di cui vado a parlare. Frequentemente in molti esemplari, che referisco a questa spe- cie, lo slargamento non avviene, ed il cono del dente non su- pera la larghezza della radice, ma per quella tendenza che ha di formare una piega come dissi, in luogo di essa, produce una appendice che veramente può dirsi un’ orecchietta, la quale in alcuni esemplari trovasi molto sviluppata da prendere la forma di un vero e proprio dentino posto ai suoi lati che, quasi direi, supplementare del cono principale, del quale ne prende ancora la forma e l'aspetto. La forma in parola porta una punta centrale, ed il piccolo dentino è del tutto dentellato per il contorno del suo bordo da dentellatura quasi unita quanto quella del dente 56 ROBERTO LAWLEY stesso. Il dentello dalla faccia esterna prende pure l'aspetto pia- neggiante della relativa faccia stessa; come pure da quella opposta che si mantiene come d’essa, ma un poco convessa e rigonfia. Non trovo però che questi dentini, od orecchiature, si ravvi- sino a preferenza negl’individui i più adulti; in tale caso po- trebbe ritenersi come segno di stato molto adulto; ma invece nel maggior numero dei più grossi denti detta orecchiatura manca affatto, come possiamo vedere da quelli figurati alla Tav. 6, fig. 1, dovenon solo non esiste la orecchietta, ma non mostra neppure nes- suna tendenza di divenirla; l’altro dente disegnato alla Tav. 7, fig. 1, quantunque egli pure non sia auricolato, dal suo lato de- stro accenna una certa tendenza a divenirlo, mentre in diversi altri ancora appartenenti a individui molto più piccoli dei quali ho dati i disegni, vi si vedono assai appariscenti e sviluppate queste orecchiette. Nè per tuttii denti che portano questa orecchiatura dal loro aspetto potrei trovar ragione da doverlo attribuire ad una forza di robustezza di dentizione; invece sarei inclinato a ritenerla come possibilità che i denti di questa specie hanno tendenza ad auricolarsi a preferenza delle altre, nè saprei ravvisarvi un ca- rattere specifico per poterne fare una specie distinta, come ne hanno alcuni autori già fatta, prendendo norma da una specia- lità puramente accidentale. Se poi noi poniamo mente a questa loro possibilità che mi- ra ad orecchiarsi, e vogliamo studiare se vi sia qualche dente di una posizione speciale nelle mascelle che abbia a preferenza questa possibilità, bisogna allora pure convenire, che qualunque dente può prendere questo carattere, che più di frequente non si riscontra che nei denti della mascella; e quantunque in questo stato ben snessa vi si trovino ancora quelli che sono posti nella STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 57 mandibola, è giocoforza convenire che non vi può essere ragione plausibile, che possa dare spiegazione a questo loro stato. E poichè di questa specie di denti trovansi sempre isolati e sparsi per ogni dove, non abbiamo perciò dati che servino ad indicarci se un individuo porti tutti denti auricolati, ossivero se ne rin- vengano alcuni sì, od altri nò. Abbiamo esaminato che i denti della mascella del Carch. Etru- scus, Law. portavano sulle loro due facce, quasi in tutti gli esem- plari, delle traccie di linee e di solchi da potere ritenere che la loro assenza altro non essere che un’ anomalia. Ma se uno si pone ad esaminare quelli del Carch. magalodon, trova che di loro è affatto il contrario; e se nei denti delle forme referibili alle mascelle, non ne sono del tutto prive, riducesi a qualche raro esemplare, che ne mostra delle traccie alla sua faccia esterna, quasi direi, per maggiormente marcarne lo spigolo centrale di quell’individuo. Se poi osserviamo i denti che costituiscono le forme delle mandibole, in queste troviamo in tutti lo spigolo cen- trale del dente, e qualche rara piega presso di esso, cosa ehe mai avviene nel dente del Carch. Etruscus. Diversi autori sì sono occupati onde vedere, se gli veniva fatto poter precisare a quale grandezza potessero giungere questi formi- dabili Squalidi. Agassiz su tal proposito ne parlò facendone questa giudiziosa osservazione, , che non è da prendersi a norma della loro grandezza la grossezza della dentizione, perchè, è da osservare che giusto appunto, il Selache (Squalus) marimus, Linn. il più grande di essi giunge a m." 12, e 13 di lunghezza; non ha denti che di mill.' 0,003; come è oramai a tutti noto, mentre il Carch. lamia Rond. porta denti mill." 0, 045 di lunghezza sopra mill. 0, 035 di larghezza, e non giunge che a circa m." 6 ,. Citerò pure che l’Ovyrhina Spallanzani Bonp. arriva essa pure a m." 6, o poco più, 58 ROBERTO LAWLEY mentre non ha che denti piccoli, i maggiori dei quali misurano, presso la base della loro radice, mill.i 0,020, e alla loro massima lunghezza possono arrivare a mill. 0,030; perlochè bisogna con- venire che il prendere per norma la proporzione dei denti per la misura di essi, resta molto incerto e pericoloso per venire a stabilire la grandezza e la dimensione del corpo del pesce. Questa osservazione però può essere buona, se trattasi di un medesimo genere quale si è il Carcharodon; per cui crederei che per le tre succitate specie di Carcharodon potesse esservi una qualche ra- gione di confronto. L’Agassiz però mentre dice che il Carch. megalodon deve essere molto maggiore del vivente, nè punto, nè poco fa conoscere, nep- pure per approssimazione, la misura a cui il pesce possa giungere. Anche il Gibbes non dà la sua opinione della grandezza alla quale possa arrivare il megalodon; dice che dei denti di questa specie possono raggiungere la dimensione di sei pollici e mezzo. Mentre riporta le parole del Prof. Owen, che scrive nella sua Odentografia a pag. 13, dicendo: , Denti fossili, precisamente » corrispondenti di forma a quelli di Carcharodon si trovano ab- » bondanti nelle formazioni terziarie del vecchio, e nuovo con- » tinente, dei quali qualcuno presenta delle dimensioni straordi- » narie di sei pollici di lunghezza, e cinque di larghezza. Perciò » Se le proporzioni di quest’ estinta specie di Carcharodon cor- » risposero con quelle della vivente specie, essi avrebbero dovuto uguagliare le più grandi Balene in grandezza; e combinandosi n » l'organizzazione con il sanguinario, ed insaziabile carattere » dei Pesci Cani, essi devono aver costituito il più terribile, ed » il più irresistibile mostro di preda delle antiche profondità ,. TH ssioiS: Bowerbunk, in una sua memoria letta nel 1851, ad una adunanza , Of the British Association ,, il quale par- STUDI SUL CARCHARODON MEGALODON AGAS. 59 tendosi dal confronto di una mascella di un Carcharias vivente preso in Australia, ed al quale dà il nome di Carcharias glaucus; senza citare il nome dell'autore, prendendo a norma la larghezza dei denti con la grandezza della mascella, e questa con la lun- ghezza del corpo del vivente, con tali dati egli giunge a sta- bilire, che approssimativamente dalla proporzione dei denti di Carch. megalodon Agas., avrebbe dovuto giungere, tenendo conto di queste stesse proporzioni, secondo il suo computo, a metri 33 circa di grandezza, per vero dire assai rimarchevole ed alla quale non ho nessuna osservazione di mio da opporre. E qui darò fine ai miei limitati studi sul genere Carcharodon, lasciando al giudizio di più esperti scenziati e dilettanti della partita, il dire qual valore questi miei studi possono avere, astrazione fatta dalla proposta, che vengo a manifestare, di sop- primere cioè nelle tante collezioni le belle specie fatte da emi- nenti autori, le quali andranno etichettate sotto un nome solo. Ma d'altra parte mi tranquillizza che per non conoscere pesci i quali nelle loro fauci portino denti, di una ed identica forma; come pure che il nome specifico, in Scienze Naturali, non servì che come mezzo di riconoscimento per gli autori, e per gli stu- diosi di simili scienze fra loro. po RO NA VIVENTE CARCHARODON LAMIA, BONP. TAVOLA PRIMA aa cacacal VIVENTE, CARCHARODON LAMIA, BONP. Fig. 1. Mascella dal vero; Carch. lamia Bonp. '/3 STANCEZZANE . Pag. 10, 11, 23, 25 » 2. Dentedisulla sinfisi della mascella, veduto dalla parte anteriore a grandezza natu- Polen un rete e e e E LZ » 2. Lo stesso dente veduto di fianco. . . , 11,23 » 9. Dente di sulla sinfisi, mascella inferiore, o mandibola, veduto dalla sua faccia an- teriore a grandezza naturale. . . . , 12,26 2 a 9 lo stesso veduto (di'tinanco MM e 2: CARCHARODON LAMIA. BONP. Y R.LAWLI Panis, Firenze t. Ac Ll elit NI A Manzella di EER A Di | FOSSILE CARCHARODON ETRUSCUS, LAW. ur alli TAVOLA SECONDA DO DENTI FOSSILI DELLA MASCELLA DEL CARCHARODON ETRUSCUS, LAW. Fig. 1. Dente della sinfisi veduto dalla parte esterna » 1° Lo stesso veduto dalla parte interna s 1° Lo stesso veduto di fianco. RIOT 6 » 2. Dente impari, cioè dopo i due della sinfisi, Tal dalla parte esterna. » 2. Lo stesso veduto dalla pon interna s 2. Lo stesso veduto di fianco . a 3. Dente primo, dopo quello impari, SAT DIA par Li estern@ O , 3. Lo stesso veduto di sese call » 4. Dente settimo veduto dalla parte esterna. È s 5. Dente che cambia curva volgendosi all’interno, ve- duto dal lato esterno. s 5. Lo stesso veduto di fianco. n »s 6. Dente dei piccoli che volta come sopra veduto dal lato esterno . > MURS OMO EVATtrI degli dei sica dell fondo delle fauci, veduti dal lato esterno . NB. I denti descritti dalla presente Tavola fino alla Tavola 5.t@ provengono da Orciano. 25 25 CARCHARODON yY R. LAWLE =) ® d a=i g ne ® N E LA Zi dA ness ETA Da FOSSILE CARCHARODON ETRUSCUS, LAW. den — Fig. 1. Dente della sinfisi veduto dalla parte esterna e. ” » TAVOLA TERZA Matacavari DENTI FOSSILI DELLA MANDIBOLA 0 MASCELLA 1.° Lo stesso veduto dalla parte interna . 1. Lo stesso veduto di fianco. Sn, PI 2. Dente impari, cioè dopo i due della sinfisi, parte an- teriore . so: 2. Lo stesso dalla parte interna . 2 Lo stesso dalla parte di fianco : 3. Dente sesto veduto dalla parte esterna, il quale cam- bia la sua curva all'indietro come i seguenti. 3.2 Lo stesso veduto di fianco . È 4. Dente settimo veduto dalla parte esterna . 4. ri stesso veduto di fianco. : . Denti piccoli del fondo della o OMO INFERIORE DEL CARCHARODON ETRUSCUS, LAW. - (Bag: » » | a CARCHARODON R.LAWLEY MII NIETO Firenze ls \ch. Pari Lat 5 MILA Lento RVANVOTA 5 | FOSSILE CARCHARODON TAVOLA QUARTA e DENTI FOSSILI DI CARCHARODON. Fig. 1. Dente della sinfisi del Carch. megalodon Agas. della » » » quale Agassiz fece la specie Carcharodon rectidens Asg., veduto dalla parte esterna 1.° Lo stesso veduto di fianco. ir E RONDE 2. Dente di Carch. Etruscus, Law. che porta molte pieghe veduto dalla parte esterna che Agassiz fece la specie Carch. sulcidens. 2.° Lo stesso veduto da quella interna . . Pag. 20 20 28 28 | R_LAWLEY CARCHARODON TACE, A.Manzella dis.elit. Tit. Ach Paris, Firenze RESVLOLE A SEZIONI CARCHARODON ETRUSCUS, LAW. TAVOLA QUINTA rr SEZIONE DEI DENTI DI CARCHARODON. Fig. 1. Sezione di fronte ingrandita di dente fossile . . . Pag. 29 » 2. Idem di fianco idem idem a dida vis OZ » 3. Idem di fronte ingrandita di dente della specie vi- vente cioè del Carcharodon lamia Bonap. . . . 14.29 a ZU dLy ‘SIME] YY IT ‘I[ ast eTpozuegi yi MVI SNISNBLI NOCOUYVHOYWI AUTMVI TAV OA i | 6. “(88 FOSSILE | ‘—_°‘’‘’CARCHARODON MEGALODON, AGAS. h — remo ì Fig D' n » TAVOLA SESTA ann DENTI FOSSILI DI CARCHARODON MEGALODON, AGAS. 1. Dente della mascella posto sulla sinfisi, veduto dalla sua faccia interna onde mostra l’ impressione della gengiva (grandezza naturale) 1. Lo stesso veduto di fianco. RIA CREO. 2. Dente della parte mediana della mascella di un in- dividuo più piccolo del precedente veduto dalla sua faccia esterna, il quale tende ad auricolarsi a sinistra. Dee: 2. Lo stesso veduto di fianco . NB. J denti descritti in questa Tavola fino alla 11. provengono dalla Collezione del Museo di Lecce. . (Pao: 45 44 48 48 3) MORETTO] 2 È SIVE o ne G N (°] Si RA pù (Co) D < Ò < Z (@; (©) ©) i < Ò Lu > Z (©) A (©) NICG < CE (©) De I (©) Cristofani dis. elit R.LAWLEY a è è) i &u (6 RL qy! a bo! ] \ f \ Il lisi TIVI OLA PA FOSSILE CARCHARODON MEGALODON, AGAS. n Me TAVOLA SETTIMA 6 DENTI FOSSILI DI CARCHARODON MEGALODON, AGAS. Varrerà. Fig. 1. Dente della sinfisi della mascella Carchar. megalo- don, Agas. di forma affatto differente dall’ altro, n proveniente forse da varietà, o da differenza di sesso, veduto dalla sua faccia esterna a grandezza matarale n). Ra aaa sd il Sl'oNstesso vedutondi fiancofmmntii Cf oO » 2. Dente della parte mediana della mascella ma di forma variata, e da potersi rapportare alla ‘sud- detta, il quale tende ad auricolarsi da ambo le PALDE SI e) PR a AME i I ENZO STESSO VELO AI ANCO SN 46 Uni CARCHARODON MEGALODON ACASS DA RLAWLE R.Lit, Gozani Pisa Cristofani dis.elt MEO 8. FOSSILE CARCHARODON MEGALODON, AGAS. —cssatoet TAVOLA OTTAVA I CARCHARODON MEGALODON, AGAS. Fig. 1. Dente della parte mediana della mascella di un in- dividuo adultissimo, veduto dalla faccia posteriore per dimostrare l'impressione della gengiva che in parte è mutilato, di grandezza naturale . s 1° Lo stesso veduto di fianco. AI 2. Dente da potersi ritenere per il dente impari, di un individuo però meno adulto, veduto dalla sua faccia posteriore, grandezza naturale . s 2. Lo stesso veduto di fianco . " 2 Lo stesso veduto dalla faccia anteriore od esterna, e che si presenta auricolata da sinistra, e da destra . » s 3 ACASS CARCHARODON MEGALODON RLAWLEY Pisa Lit:Gozani dis.elit Gristofa TAVOLA = i FOSSILE in por sniegio sO Fig. LL TAVOLA NONA Maararari CARCHARODON MEGALODON, AGAS. 1. Dente della sinfisi della mandibola disegnato dalla parte posteriore, appartenuto individuo di mez- zana grandezza di forma tipica, a grandezza na- i 1.° Lo stesso veduto di fianco. . . . + +. * ® 51 9. Altro dente della sinfisi della mandibola disegnato dalla parte anteriore di un individuo più grande appartenuto alla varietà, sua grandezza naturale . , 46,51 2. Lo stesso veduto di prefilo . . . - - « . ta 47,51 RLAWLEY CARCHARODON MEGALODON. AGASS. T.9. Cristofani dis elit. RLit.fozani Pisa VIRALI: A TO FOSSILE | CARCHARODON MEGALODON, AGAS. re !( Loto TAVOLA DECIMA DA CARCHARODON MEGALODON, AGAS. Fig. 1. Dente quasi del fondo della mandibola di un grosso individuo della forma variata, veduto dalla sua ì faccia interna, grandezza naturale . . . . . Pag. 47,52 » 1° Lo stesso veduto dal suo lato anteriore , 702 » 1° Lo stesso veduto di fianco. RAS » 2. Dente laterale della mandibola veduto dal suo lato interno di un individuo di mezzana grandezza, che tende ad auricolarsi da un lato, forma tipica, a grandezza naturale. E 53 » 2. Lo stesso veduto dalla sua faccia anteriore . SIMS » 2. Lo stesso veduto di fianco. 3, 158) 2 5 Si pa di fa] n N o ie) =) 6 (>) < (©) < zz (©) A (©) Cui 4 & Lu = Z {i D (©) cc < sui (©) o } da @ [ai su TH sE 3 s s Gi A 5 & TAVOLA ale SEZIONI | °°‘ CARCHARODON MEGALODON AGAS. TAVOLA UNDICESIMA n CARCHARODON MEGALODON, AGAS. Fig. 1.° Sezione longitudinale di fronte di un dente della sin- fisi della mascella, ingrandito . 1. Sezione traversa di fianco, ingrandito . 2. Sezione longitudinale di fronte di un dente della sin- fisi della mandibola, ingrandito » . Pag. 53 53 ID\GRIE esig uezog3ItTY Ssvov ‘NOCOTV9IN ‘3I] 2 SIP [uggo]sIayg E TORTE STUDI SULLA VIVENTE OXYRHINA SPALLANZANII, BONP. STUDI SULLA VIVENTE OXYRHINA SPALLANZANII, BONP. Il tipo delle OxyrRine è un pesce che tutt’ ora trovasi vivente nel nostro Mediterraneo. Ebbi la fortuna di vederne un’ indivi- duo in un magazzino di pescivendolo a Livorno, che misurava in lunghezza M. 4, e pesava K. 1000, al quale feci estrarre la testa che poi venne scheletrata dalla nota pazienza del mio amico Caifassi. Questo pesce, come gli altri Squalidi, fu per lungo tempo con- fuso nel genere Squalus di Linneo. L’Agassiz lo prese per tipo delle sue OxyrRine, cioè degli Squalidi a denti lisci, senza den- telli ai loro bordi, essendo essi internamente pieni. Il Bonaparte Principe di Musignano accettò questo genere e fece la sua Oryrhina Spallanzani, dandone la descrizione che più sotto vado a riportare per essere essa più completa di quella che potessi io fare con i pochi appunti che presi con l’amico Caifassi, quando per la prima volta vidi quel mostro marino pescato nel canale di Piombino, ove tutto l’anno arditi pescatori pongono a cimento la propria vita per venire in possesso di questi grossi e feroci pesci, che col nome volgare e comune a molte specie chiamano Pesci Cani, ma questa specie la distinguono col nome 5 62 ROBERTO LAWLEY di Smeriglio, e tanto è vero che con tal nome se ne vedeva, qualche anno addietro, dipinto uno di enorme grandezza, in una delle muraglie della pescheria di Livorno, ove eravi pure mar- cato il suo peso in K. 1800. Le svelte forme di questo pesce contribuiscono molto a darle una maggior forza, e a renderlo ardito a segno tale da attac- care l’uomo, ed è perciò che lo ritengono per il più terribile fra i pesci cani. Questo è appunto il pesce che Bonaparte ne fece la Oxyrhina Spallanzani, della quale come ho detto di sopra vengo ora a riportarne la descrizione. » Ha il corpo fusiforme, appianato leggermente sul dorso, è notabilmente turgido, dietro le pinne pettorali, ove offre la mag- giore altezza, la quale si comprende sette volte nella intiera lunghezza del pesce. Il capo di forma piramidale, senza gibbo- sità veruna, va sensibilmente assottigliandosi verso il muso ter- minante in punta, e forma la sesta parte di tutto il pesce. Le orbite collocate ai lati del capo sono piuttosto grandi, più lun- ghe che alte, e distano tra loro un terzo dello spazio che corre dai rispettivi centri alla punta del muso, dalla quale dividele un tratto minore della metà di quello che le separa dalla più prossima apertura branchiale. Le narici collocate al doppio della | distanza dalla punta del muso che dal lembo dell’occhio, sono di forma bislunga e grandi la terza parte appena delle orbite. La bocca leggermente arcuata all’insotto del muso ha il suo squarcio eguale allo spazio che corre dagli angoli suoi alla se- conda fessura branchiale: la mascella eccede notabilmente dalla mandibola: questa e quella tondeggiano nel mezzo: la seconda però più della prima. I denti non contigui, anzi disposti in gruppi separati diretti trasversalmente dal di fuori al di dentro, lasciato un largo spazio vuoto nel mezzo sì dell’una che dell'altra ma- STUDI SULL’OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 63 scella, sono crassi, unguiformi allungati, piani al dinanzi, convessi al didietro, privi affatto di laterali dentelli, lisci ne' margini, acuti, taglientissimi, doppiamente e profondamente radicati, ricurvi, piegati cioè verso la gola; gli anteriori sono lunghissimi, ma scemano gradatamente più che si accostano agli angoli della bocca fino ad assumere la forma di un semplice triangolo isoscele: quei della mascella sono quasi eretti, e quattro soltanto in ogni gruppo: quelli della mandibola, dei quali lo Spallanzani ne annoverò ses- santaquattro nel suo esemplare, hanno una sola differenza, cioè che i due loro gruppi più vicini allo spazio vuoto di mezzo son composti di cinque ordini, non di soli quattro come i rimanenti, e che l’ordine esterno è verticale mentre tutti gli altri sono orizzontali. Considerata poi la relativa proporzione di essi denti, il terzo della mascella è più piccolo degli altri, il primo e il secondo da ciascun lato dello spazio intermedio sono grandis- simi, e dopo il terzo piccolissimo, come abbiam detto, ricrescono, e quindi diminuiscono di bel nuovo: nella mandibola poi decre- scono tostamente a partir dal primo. Le cinque aperture bran- chiali si accorciano per gradi, e si approssimano tanto più tra loro quanto più si allontanano dal capo: la distanza che passa tra l'ultima e la prima, è il quarto dello spazio che corre tra questa e l’apice del muso. L’ano apresi dietro la metà del pesce. La prima pinna dorsale spicca dopo il terzo anteriore; la sua maggiore altezza cape otto volte nell'intera lunghezza dell'animale; la sua forma è quasi di un quadrante, verso la cui base posteriore vedesi un’ orecchietta acuta. La seconda dorsale molto inclinata all'indietro, cuneiforme, emarginata all'apice con l'estremità posteriore molto prolungata ed acuta è quattro volte più stretta alla base, e altrettanto più bassa che l'anteriore, e ne distà più del doppio di quel che corre tra questa e l'origine 64 ROBERTO LAWLEY della coda. Le pettorali, larghe di base e lunghe quasi la quinta parte dell'intero pesce, triangolari-falceiformi coll’apice smus- sato, nascono immediatamente dietro l’ ultima fessura branchiale, e un poco al di sopra dell’estremità inferiore di essa. Le ventrali trapezoidi, piccole, e col margine terminale notabilmente inca- vato, hanno origine oltre la metà del pesce. L’anale nasce alcun poco al di là della seconda dorsale, e ne ha presso a poco la forma e la grandezza. La caudale è quasi regolarmente semi- lunare, col segmento superiore poco maggiore dell’inferiore; la distanza tra le due punte, maggiore alquanto della stessa pinna, misura un quinto di tutto il Pesce. Colore dell'animale è un cenerino quasi di ardesia nella parte superiore del tronco, ne’ fianchi, nelle dorsali, nella caudale e nelle facce esterne delle pettorali: nel rimanente è di un bian- castro sudicio ,. Fu lo Scilla il primo che nel suo oramai tanto conosciuto lavoro, riportò i denti fossili a quelli di alcuni pesci viventi, e quelli che disegnò alla sua Tav. I, nella sua metà inferiore, e nella Tav. II, fig. 2, non che nella Tav. VII, fig. 3, in fondo della tavola stessa, vedesi bene che intese mostrare denti che egli riferiva alla specie che si ritiene col nome Oxyrkina Spal- lanzanii Bonp. e lo stesso alla Tav. VI, fig. 2 disegnò un intiera filata della vivente, ed alla fig. 4 della medesima Tav. VI, uno staccato della stessa specie. i Il tipo del genere vivente è l’Oxyrhina Spallanzanii Bonp. la quale fu descritta e disegnata a questo articolo dal Principe di Musignano nella sua opera Iconografica della fauna Italica dove ne da un esatto disegno parlando ancora dei suoi denti. Il Miller et Henle, pure col nome di Oxyrhina gomphodon da un disegno tratto da un individuo del Museo Zoologico di Berlino, STUDI SULL’OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 65 e da questo ben si rileva trattarsi di questa stessa specie dandole questo nuovo nome, per cui non è da ritenersi che per sinonimo. Ne descrive però una seconda specie, che chiama Or. glauca Miil- ler et Henle, la quale proviene dai mari di Giava, perciò sono le due sole specie viventi a quest’ oggi conosciute. L’Agassiz fa molte specie di Oxyrhina riunendo in questo ge- nere molti denti fossili, senza seghettatura e privi di dentelli, separando questi da quelli che portano dentelli alla base del loro cono, per farne il suo genere fossile Otodus il quale non ha rappresentanti viventi secondo ciò che dice; e l’altro di Odon- taspis del quale esiste il vivente rappresentato dalla sua specie Odontaspis feror Agas. e molti fossili, che egli descrive. Del genere OxyrRina, non ne descrive meno di quattordici specie fossili, che nel corso di questi studi andremo discutendo se esse hanno dritto di esistere, o sivvero debbano riunirsi sotto un numero di specie molto ristretto. Il carattere specifico sul quale è stabilito questo genere, risiede principalmente per i fossili nei denti, e per le specie viventi oltre ai caratteri di questi, vi si uniscono quelli esterni che ritrovansi sul loro corpo utili per l’Ittiologo, ma non per il Geologo. Questi denti debbono avere assenza assoluta di dentelli alla base del loro cono, come pure privi affatto debbono essere di den- tellatura ai loro bordi, i quali oltre che lisci, devono essere ta- glientissimi, la punta di essi è molto acuta; piani sulla loro faccia anteriore, alquanto grossi, e assai rigonfi da quella interna in alcune specie, mentre in altre questa deve essere grossissima e molto convessa; cono ricoperto di lucido smalto, radice spongiosa senza smalto; doppiamente, e profondamente radicata, questa alla sua faccia anteriore come nei Carcharodon segue dritta l’asse del dente, ed è perciò relativamente piana, mentre dalla faccia 66 ROBERTO LAWLEY interna, in aleune specie è molto grossa e seguendo fino alla metà della sua altezza l’asse della faccia stessa, va ad un tratto a ritirarsi onde unirsi alla faccia anteriore che è dritta, perciò vi forma un angolo risentito ed in questo tratto nella parte sua centrale ritrovasi costantemente la traccia dell’atrofizzato nervo nutritivo che ne curò la formazione. Ancora per questo genere il Paleontologo sente la necessità di una più dettagliata descrizione della dentizione delle specie viventi, le quali sempre studiate da Ittiologi furono più per esteso descritte con i loro caratteri esterni del corpo, che per le parti interne e solide, per essi tanto maggiormente utili, onde ancora la sua dentizione non fu che appena esposta per le sue più ovvie e salienti particolarità ('). Perciò ritenendo di fare cosa di qualche utilità pratica per il Geologo ho creduto bene alla Tav. I dare un esatto disegno della mia Oxyrhina Spallanzanii Bonp. ischeletrita, della quale andrò qui facendo una esatta e dettagliata descrizione, per quanto mi sarà possibile . Ta mascella del mio individuo misura Centimetri 27 dalla (1) Agassiz fa a pag. 262, a proposito della dentizione, le seguenti riflessioni alle quali mi associo, e perciò le riporto tradotte. — Nei generi i quali furono creati in seguito la dentizione considerasi come più interessante, e diversi generi furono di- stinti unicamente a causa della forma dei loro denti. Le modificazioni le più impor- tanti che ha subito la classificazione dei Pesci Cani, sono state proposte quasi simul- taneamente dal Principe di Canino nella sua Tavola analitica dei Plagiostomi e da Miller et Henle, nella loro opera sopra ai Plagiostomi. Ma insomma la forma dei denti non ha per loro che un valore secondario ed in fatti non saprebbesi non conve- nire che al di là di certi limiti, i caratteri presi dalla dentizione sieno più conelu- denti. Ma è ella una ragione di contestar loro ogni valore reale nell’ aggruppamento delle famiglie, dietro le loro affinità le più naturali ? Io non ne convengo davvero ed in quanto ai caratteri che questi Scienziati hanno cercato di sostituire ai denti, io devo convenire che non mi sembrano felicemente scelti. Io non credo sopra a tutto che la presenza, o l'assenza di una membrana nittitante, ed i fori abbiano un’ im- STUDI SULL'OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 67 sìnfisi al fondo di essa; è composta di tredici filate di denti per branca, incominciando a contare dalla sinfisi; nelle branche di questa, porta quattro forme di denti ben differenti gli uni dagli altri disposti a filate una sopra all'altra. Essa mascella non ha denti impari centrali, come avviene in qualch’ altro Squalide, ma bensì il terzo dente, cioè l’impari, oltre ad essere più pic- colo degli anteriori e dei seguenti, è pure di forma ben parti- colare. Tutti i denti che trovansi disposti sulla mascella hanno la loro faccia anteriore relativamente quasi piana, in qualunque parte essi sieno posti sull'asse di questa; gli anteriori, quelli cioè di sulla sinfisi, si volgono leggermente verso l’interno della fauce quantunque sieno, come dissi, piani e dalla stessa parte interna di essa s'inclina ancora l’impari; tutti gli altri della parte me- diana sono eretti, e forse rivolti un poco in fuori. I denti come ho già detto sono disposti in filate e perciò formano dei ranghi; di questi sulla sinfisi se ne possono contare sei, con l’ultimo in via di formazione, che è il più immerso nella gengiva. I denti delle Oxyrhine sono pure indipendenti dalle mascelle, nè sopra a queste sì rinviene nessuna traccia di alveolo, come ebbi a dire per quelli portanza così generale come pretendono Miller et Henle, tanto più che questi fori possono essere transitori nello sviluppo delle specie che ne sono sprovviste. Se essi avessero realmente l’importanza che gli sì vuole attribuire, non si potrebbe rico- noscere il genere, od ancora qualche famiglia che quando avessimo da fare con degli animali intieri, e bisognerebbe rinunziare alla speranza di determinare delle specie fossili. Ora dunque, la natura non è così avara di caratteri per mezzo dei quali essa imprime a ciascuna famiglia, a ciascun genere, come pure a ciascuna specie la sua forma speciale. Questa nuova classificazione proposta da naturalisti così eminenti come questi che ho nominato è perciò per me una ragione di sottoporre le mie ri- cerche ad una nuova revisione, ed ho acquistato la convinzione, che le parti solide hanno dei caratteri i quali non cedono per niente alle molli, e specialmente per i denti, ed importa che essi vengano studiati per gli Squali per la loro forma esterna, e per la struttura microscopica ec. 68 ROBERTO LAWLEY dei Carcharodon, e vengono formati in egual modo nella gros- sezza della loro gengiva. I denti nei sottoposti successivi ranghi sono simili ai superiori e l’unica cosa che vi si possa avvertire, è che sono alquanto più grossi di quelli eretti in prima fila, do- vendo essi sostituirli in più avanzata età, quando cioè la neces- sità lo richiede; tal differenza avviene gradatamente, ed in modo non molto sentito ('). La mandibola misura Centimetri 24, essa pure dalla sinfisi al fondo delia medesima; trovasi pure composta di tredici file di denti disposti uno sopra all’ altro, per ciascuna delle due branche, contate ancor queste partendosi dalla sua sinfisi. Le mandibole pure portano quattro forme di denti differenti li uni dagli altri compreso il terzo dente, cioè l’impari, che quantunque assai differente dai primi due e dai successivi, non lo è tanto quanto trovasi esserlo nella mascella. Questi denti della man- dibola quantunque presentino la loro faccia piana Tav. 1, fig. 2, 2* (1) Dal non avere i denti nessuna aderenza con la mascella dell'animale, ed in questa non esistere traccia d’ alyveolo perchè i denti si formano nella grossezza della gengiva, deve restar facile di separare una filata intiera di denti i quali, col dissec- carsi della gengiva vengono ad acquistare una consistenza non indifferente. Strap- pando la gengiva dall'osso della mascella non so davvero se essa presenti diffi- coltà perchè io non mi sono trovato nel caso di poterlo fare. Ma dirò che nelle collezioni ben spesso troviamo queste filate di denti dell’ OxyrRina Spallanzanii Bonp. forse incitati a far ciò i pesciaioli, od i pescatori, dall’ elegante forma dei loro denti, e dal vedere queste belle filate. Da quella che io ritengo nella mia col- lezione sembrerebbe che per distaccare la gengiva dalla mascella si richiedesse al- quanta forza perchè alla parte interna della gengiva tiene con se una porzione della formazione tutta particolare della parte solida della mascella la quale viene composta da piccoli corpiccioli a punte diverse che alla loro prima apparenza sono a forma di stella, ma che considerati bene sono globulari di forma per la disposizione contigua di queste punte. Questo uso sembra essere di antica data da che Agostino Scilla nella sua opera più volte citata, fino dal 1752 alla sua Tav. 6, fig. 2, ne figurava una filata come quelle che accenno, ugualmente preparata, e tolta dalla mascella di questa specie vivente. STUDI SULL’ OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 69 come quelli della mascella; per la loro lunghezza presentano una curva assai sentita, come vedesi disegnata alla Tav. I, fig. 2°, per cui se posti sopra ad un piano, la loro punta e la radice non possono toccare il suddetto piano come quelli della mascella, e tal curva presentandosi sopra qualunque di essi posti nelle di- verse parti della sua asse mandibolare essi provengano, li farà ben presto riconoscere da quelli. Questa curva che i denti por- tano per la loro lunghezza fanno sì che i denti della mandibola restano molto più rivolti verso la parte interna della fauce, e perciò più adattati a ritenere la preda di quello che lo sieno quelli della superiore mascella. Disposti come dissi in filate, for- mano dei successivi ranghi dei quali, il più accostante alla sinfisi ne conta sette compreso quello in via di formazione che è il più immerso nella gengiva; mentre la filata successiva ne conta soli sei; così pure sei ne conta la terza filata, cioè quella dell’im- pari, mentre le filate dei mediani della mandibola hanno solo cinque ranghi, compreso anche qui quello in via di formazione. Tanto i denti della mascella quanto quelli della mandibola hanno punta acutissima; la loro faccia anteriore è piana, mentre la faccia interna, o posteriore essendo invece molto rigonfia e con- vessa, per l’incontro degli spigoli che formano le faccie restano molto decise; lo smalto delle due facce risulta al loro incontro sul bordo, taglientissimo. Essi sono tutti privi di dentelli alla loro base, se escludiamo il dente impari della mascella, e della mandibola come in seguito dirò. Le radici dei denti sono pronunziatissime, e grosse, qui pure riscontriamo che una delle due branche delle quali esse sono formate una resta più alta dell'altra ed è appunto quella che resta dalla parte della sinfisi, e non vi è che il più accostante ad essa che abbia le due branche quasi uguali. 70 ROBERTO LAWLEY Ora vediamo come vengono disposti i denti sulla mascella, e quale ne sia la loro forma. Sulla sinfisi vi resta un vuoto privo di filate di denti di circa Cent. 3, quindi viene un gruppetto di tre filate di denti dove è compreso ancora l’impari; segue altro vuoto pure di Cent. 3 e dopo ritrovasi un altro gruppo di dieci filate dove sono compresi i piccoli, quelli cioè del fondo delle fauci: questa stessa disposizione ha pure l’altra branca della mascella, perchè essa trovasi simetrica, perciò fatto il dettaglio per una branca lo stesso si riterrà per l’altra. Il dente presso la sinfisi piano dalla sua faccia anteriore, è dalla posteriore convesso e rigonfio, però come dissi è taglientissimo presso il suo bordo, e con punta pure acutissima, questa si piega sulla destra ed il bordo fa una leggera curva elegantemente flessuosa per seguire la punta, questo dente è il solo che pre- senta le sue due branche quasi ugualmente alte; egli misura mill. 24 sopra mill. 9 di larghezza. Il secondo dente cioè quello più accostante ad esso, un poco meno flessuoso quasi ritiene la medesima sua forma, e solamente le sue branche sono disuguali, che come sappiamo la più alta è quella dalla parte della sinfisi, egli ha un millimetro o due di più in lunghezza, ed è pure di tanto più largo. Questi due primi denti essendo quasi uguali fra loro, costituiscono la prima forma che si rinviene sulla mascella. Il terzo dente, cioè l’impari è di forma affatto differente, come si può vedere Tav. I, fig.3, perciò appositamente disegnato, piano ancora questo dalla sua faccia esterna, con curva assai risentita volge la sua punta verso la destra; questa è acutissima, ed i bordi della sua faccia pure taglientissimi, la sua faccia opposta assai convessa; la solita branca della radice è più alta. Ma la cosa più singolare che in questo dente si riscontra è STUDI SULL'OXYRHINA SPALLANZANI! BONP. 71 giust’ appunto che mentre tutti i denti che esistono in questa mascella, sono come si disse privi di dentelli alla base del loro cono, nell’impari però ne esistono due cioè uno per parte, presso la base del cono con la radice, eguali a quelli che servono per riconoscere e stabilire il genere Ofodus, il quale non ritrovasi che allo stato fossile, non potendosi rinvenire nessun rappresen- sentante vivente. Potrebbe questo dente impari della vivente Oxryrhina Spallanzanii Bonp. essere stato qualche volta descritto per una qualche specie d'Otodus? Io accenno questo dubbio, ma non avendo nessun dato in proposito, mi asterrò dall’esprimere qualunque giudizio sopra di esso; ma bisogna convenire però che questo esempio infirma molto la validità del genere Otodus. Questo dente che rappresenta la seconda forma che trovasi sulla mascella è di forma cordeiforme, egli misura una lunghezza di Mill. 19 sopra a Mill. 9 di larghezza circa, sempre misurato so- pra al mio individuo vivente ischeletrito. Dopo questo viene lo spazio vuoto di denti, ed il quarto dente porta una forma meno flessuosa dei primi due, perciò più equi- laterale, quantunque però il suo cono pieghi pure un poco a de- stra come gli altri, egli è più piccolo dei due primi, e del suc- cessivo, misura mill. 17 di lunghezza, sopra mill.' 8 di larghezza, è acuto e tagliente come i precedenti; esso è il primo della terza forma differente che sono nella mascella. Il quinto dente, il sesto e settimo, quantunque un poco più equilaterali del quarto, portano una medesima e quasi identica forma, e in tutti i denti fino al settimo si trovano avere la punta rivolta un poco sopra alla loro faccia esterna; questo quinto dente trovasi essere assai più lungo del precedente, misura mil- limetri 23 sopra a millimetri 10 di larghezza; da questo fino ai piccoli del fondo della mascella tutti i denti vanno rapidamente decrescendo. 2 ROBERTO LAWLEY L’ottavo dente prende la forma veramente equilaterale, ri- volta la sua acuta punta verso la faccia interna, cioè verso la fauce. Ed è la quarta forma che esso assume nella mascella, mi- sura mill.' 7, sopra ad una larghezza di mill. 5; il nono e decimo alquanto di esso più piccolo, hanno forma pure eguale; e quindi vengono gli ultimi quasi informi e piccolissimi di fondo in nu- mero di tre. E non avendo altre osservazioni da fare sopra alla dentizione della mascella dell’OxyrRina Spallanzanii Bonp. passerò a parlare di quella che essa ritiene nelle mandibole. Nella Tav.I, fig. 2, 2°, 2", fu rappresentato uno dei denti, di sulla sinfisi del vivente se non il più accostante, il successivo della man- dibola. In questo punto come nella mascella sì trova uno spazio privo di denti sopra alla sinfisi, quindi viene il primo dente che meno flessuoso di quello della mascella, sporge assai più in avanti dei successivi della mandibola, la sua faccia è piana all’esterno quella interna è convessa, ha punta acutissima, e bordi taglienti come gli altri. Questo dente come ben si può vedere dalla fi- gura 2°, Tav.I, invece di esser piano nel senso della sua faccia anteriore, verso la metà di questa curvandosi, impedisce che posato sopra ad un piano, la punta e la radice tocchino il sud- detto: il che lo distingue da quelli della mascella, e la qual par- ticolarità estendendosi a tutti i denti della mandibola, da quelli potranno subito essere distinti. La punta pure del primo dente, come del secondo volgesi un poco sopra alla sua faccia anteriore. Il primo misura mill.i 24 sopra ad una larghezza di mill.' 7, sette sono i ranghi sui quali è disposta questa filata compreso quello in via di formazione. Il secondo ben poco differisce da quello descritto, solo egli ha la branca della radice dal solito suo lato più alto e sviluppato. STUDI SULL’ OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 73 Soli sei sono i ranghi sui quali egli è disposto, compreso sempre quello in via di formazione. E queste due filate costituiscono la prima forma dei denti della mandibola. Questo che viene per il terzo, che è l’impari della mandibola trovasi essere assai differente dai due primi, cioè più equilate- rale di essi, si volge pure inclinandosi sulla destra e mentre è accosto al secondo dente, lascia uno spazio fra esso ed i susse- guenti; non ha la forma dell’impari della mascella, anzi per es- sere più equilaterale ben ne distà; ma come quello porta alla sua base due piccoli dentini che restano più sviluppati dal suo destro lato e meno su quello sinistro. Per tale particolarità que- sto dente assomiglia pure agli Otodus, ed è l’unico della man- dibola che tiene dentelli in questo punto; egli misura mill. 18 di lunghezza sopra una larghezza di mill. 9. Questo dente rappresenta la seconda forma distinta della man- dibola, e si può ritener simile ai due successivi. Nè farò com- menti sopra a questa somiglianza con gli Otodus, solo dirò che con qualche altro esempio questo genere può aver bisogno di essere riformato ('). Il quarto dente cioè quello che sussegue, è un poco distante dall’impari, ma molto più vicino del quarto della mascella, il quale distando molto più, lascia un intervallo maggiore o vuoto senza denti. Questo quarto dente non è come quello della sovraposta ma- scella più piccolo del quinto, ma invece essendo il più grande (1) Vedi ciò che dico a questo proposito a pag. 28 nel mio scritto: « Quattro memorie sopra a resti fossili», lette nella adunanza della Società Toscana delle Scienze Naturali residente in Pisa nel 1877, ed ivi ristampate l’ anno 1878, da ciò può vedersi che ancora in quell'epoca io avevo principiato a dubitare della solidità di questo genere. 74 ROBERTO LAWLEY di tutti i successivi, questi vanno diminuendo di lunghezza ra- pidamente giungendo ai piccolissimi di fondo delle fauci. Egli, leggerissimamente flessuoso, è equilaterale perciò poco differente a quello impari ed ai successivi; rivolta la sua punta molto verso la faccia interna; ha punta acutissima, e bordi taglienti come tutti gli altri di questa dentizione; misura mill. 18 di lunghezza sopra ad una larghezza di mill. 9. Il quinto, sesto, settimo, ottavo, ed il nono dente simili fra loro, sono eguali di forma al quarto, andando però ognuno di loro decrescendo in grandezza, ma tutti come gli altri conservando la curva della quale feci menzione sulla metà del cono, per cui le loro acute punte si voltano sentitamente verso l'interno delle fauci; questi denti marcano perciò la terza forma che l’OwyrQina Spallanzanii Bonp. porta nella sua mandibola. Il decimo dente, piccolissimo, è pure assai equilaterale, ma il suo cono diventa molto ottuso e basso avvicinandosi alla forma che portano i seguenti tre, che sono quasi informi, e l’ultimo informe affatto termina la serie dei denti, e chiude perciò la la mandibola dell'animale. Nella Tav. I, fig. 4 ho disegnato una vertebra, la ventinove- sima dopo quella cervicale, quasi a sua grandezza naturale che possedeva l’individuo di cui vengo a dare la descrizione della sua dentizione. La sua semplicità mi esime da farne una detta- gliata descrizione, e se la mia posizione così lontana dal mare non mi avesse impedito di poter aver vertebre di un individuo di Carcharodon lamia Rond: ben accertate, ne avrei ancora di questo fatta disegnare una; lo che farò se ne vengo in possesso. Questo esemplare del quale ho descritto la dentizione è l’ indivi- duo maggiore che io possedo ischeletrito che come dissi lo vidi fresco a Livorno. Altri due esemplari mi furono forniti dal mio STUDI SULL'OXYRHINA SPALLANZANII BONP. 75 amico Caifassi, uno dei quali ritenni per lungo tempo, per un individuo di Lamna cornubica Lin. ma che oggi non mi resta alcun dubbio che egli sia un giovane individuo di Ovyrhina Spal- lanzanii Bonp. La mascella di questo misura cent.' 10, e la man- dibola non misura che cent. 8, differenza proporzionale, che trovai esistere ancora nella grande già descritta. La disposizione della dentizione della mascella è ugualissima a quella già descritta, non riscontrandovi differenze di forme che per la grandezza, cosa ben naturale a comprendersi, come lo è pure per i denti che debbano avere le solite loro quattro forme. I primi due presso la sinfisi misurano in lunghezza cent. 1, so- pra la larghezza di appena mill. 2, avendo la loro faccia piana e la stessa flessuosità della prima. Il dente impari misura in lunghezza mill. 4 sopra ad una larghezza di mill. 2. Credo però che provenga dalla giovinezza dell’individuo ossia perchè a tal età questo dente non abbia ancora sviluppato i suoi dentelli ]a- terali, quantunque presenti un rigonfiamento fra la radice ed il cono del dente per la larghezza delle sue facce, ma non si scorge in esso traccia di dentelli. La mandibola ancora di questo piccolo esemplare, porta le so- lite forme di denti come nella grande; non vi si distingue nessuna variante di disposizione di essi, salvo in grandezza, la solita curva nella metà del loro cono li distingue perfettamente da quelli della mascella che come sappiamo sono piani; dei primi tre denti, le punte loro sono leggermente ricurve verso la faccia anteriore come nella grande, dopo la curva che si presenta nella sua metà del cono dei denti, e neppure manca ad essa la solita flessuosità del dente; misurano mill 11 di lunghezza sopra a mill. 3 di larghezza. Il dente impari misura mill. 6, di lunghezza sopra alla sua larghezza mill. 2, ma in esso come in quello della superiore ma- 76 ROBERTO LAWLEY scella, mentre vi si trova l’orliccio che separa il cono del dente dalla radice, non vi si scorge nessun rudimento di dentellini come qualche volta sono ben visibili nella grande. La misura di questo piccolo indivividuo, ritenuto che la testa formi la sesta parte del suo corpo come dalla descrizione datane dal Bonaparte, egli doveva misurare M. 1, 60 circa. L'altro individuo di mezzana grandezza che mi trovo ische- letrito, doveva misurare circa M.* 2,50 misurato col medesimo metodo. La mascella misura circa cent.i 18 di lunghezza e la mandibola cent. 13. Le solite quattro forme di denti simili e corrispondenti ritrovansi nella sua mascella come negli altri due esemplari già descritti; nelle mandibole esistono pure le altre forme di denti simili e corrispondenti alle altre quattro, ed in tutte non differiscono sia pel numero di filate di denti, sia an- cora per i ranghi ugualmente disposti. Il primo dente accosto alla sinfisi della mandibola scorgesi discendere più in basso, come negli altri due individui; si ri- trova insomma in questa tutte le particolarità nei suoi denti come descritti in quella maggiore, e si riconoscono le traccie di dentelli più sviluppate nell’ingrossamento, o bordo che marca la divisione del cono dalla radice del dente impari, sia della ma- scella, quanto in quello della mandibola onde non è a riscontrarvi differenza nessuna fra gli individui di diversa età, e possiamo esser certi, che fino dalla più tenera esse costantemente si man- tengano di queste forme fra loro uguali. Onde non avendo a fare nessun’ altra osservazione di qualche utilità pratica per il Paleontologo, andrò confrontando con mag- gior sviluppo alcune specie di denti fossili che in grand’abbon- danza ritroviamo nelle nostre Colline Pisane, le quali sono rite- nute come essenzialmente formate dal Pliocene. Ao a Cdl Ofen da SULLA FOSSILE OXYRHINA DESORII, AGAS. ——f_ Numerosissimi denti da doversi tutti riferire al genere OxyrRina si trovano sparsi per le nostre Colline Plioceniche Pisane, però studiando le loro forme, molte di esse si possono riunire, e le forme ben disparate le une dalle altre si riducono a molto poche. Parecchie di queste forme come andrò dicendo in questi miei studi, sono da riportarsi alla vivente OxyrRina Spallanzani, Bonp. che per le oramai conosciute forme della sua dentizione, propongo, come feci per il Carcharodon Etruscus, che vengano queste forme fossili fra loro simili, ritenute come aver appartenuto agli ante- nati di quelle lontane epoche, e che quella stessa specie sia giunta per mezzo della riproduzione mantenendosi immutata fino alla nostra epoca tremendi abitatori viventi delle acque marine. Propongo perciò che sotto il nome Oxyrkina Desorii, Agas. sì continui a denominare, e così non mutando il nome imposto dal suo scopritore, e sotto il quale trovasi segnata una forma di questi denti in tutte le collezioni, sia ad essa aggiunto tutte le diverse forme delle fossili che corrispondono, a quelle della vivente; evitando con ciò un nuovo nome alla scienza, e ren- dendo il dovuto omaggio al suo celebre scopritore; mentre così 78 ROBERTO LAWLEY viene ad evitarsi con lo stesso vocabolo di confondere quelle fos- sili con la vivente. Questa specie è certamente fra i denti fossili quella che più estesamente è rappresentata per tutto il mondo, ed in molte formazioni diverse. L’Agassiz col nome di Oxyrhina Desorii Vol.3, pag. 282, Tav. 37, fig. 8-13. forma la sua specie, sopra i denti che visibilmente si riscontrano per quelli della Oxy. Spallanzani Bonp. posti nelle prime file presso la sinfisi della mascella; egli la dice molto co- mune nella Molassa Svizzera di dove la studiò formandone la sua specie. Io poi ritengo per fermo che trovandosi questa forma nella Molassa Svizzera con qualche poco di cura nelle ricerche da farsi di essa debba scaturire ancora tutte le altre forme della dentizione della 0xy. Spallanzani Bonp. come avviene nelle nostre colline Toscane del Pisano, dove vi si trovano tutte unite; questo fatto se fosse riscontrato servirebbe ad avverare la mia proposta ('). Il Gibbes alla pag. 203 della sua memoria sugli , Squalidi degli Stati Uniti, fa una specie nuova di Oxyrkina Desorii Gib- (1) Che questa specie abbia costato molte difficoltà per stabilirla ben si desume da ciò che l’Agassiz stesso dice a pag. 282, quando fa la descrizione della specie: «Questa specie ci fornisce un esempio rimarchevole della difficoltà a determinare delle specie, allorquando abbiamo a fare con un gran numero di esemplari che pre- sentano ogni sorta di variazioni. È molto probabile che se io non avessi avuto a mia disposizione che un esemplare dell’Oxyr%ina Desorù, per esempio il dente della fig. 10, Tav. 37, io non avrei esitato un memento a distinguerla dall’ Oxy. hRastalis Agas. e specialmente dai denti larghi e piani che sono descritti alla fig. 8, 9, 10 e 16 della Tav. 34. Ma siccome esistono un gran numero di denti, i quali a prima vista sta- biliscono un passaggio insensibile da una specie all'altra, perciò sono stato molto indeciso in qual maniera tracciarne i limiti fra loro. Ed è stato il sig. Desor il quale per il primo mi ha fatto osservare il carattere essenziale che la distiugue dalle sue congeneri, cosicchè io mi sono affrettato di dedicarla al mio amico il quale ha già acquistato tanti altri titoli più importanti alla mia riconoscenza, per la costanza con la quale egli mi ha assistito da molti anni nelle mie ricerche scientifiche ec. STUDI SULL’ OXYRHINA DESORII AGAS. 79 des e la rappresenta alle fig. 169-171, dicendo: Il Prof. Agassiz descrive sotto questo nome alcuni esemplari i quali la successiva esperienza lo ha indotto a considerarli identici con la Lamna cuspidata Agas. con la quale egli ha trovato una rassomiglianza. Per cui si fa un piacere di rimettere il nome al distinto sig. Desor, l’amico ed il collaboratore dell’Agassiz per la sua spe- cialità della quale si occupò. E perciò rimette questo nome ad altre forme di denti che possono benissimo rappresentare denti di adultissimi individui della specie fatta dall’Agassis, i quali ven- nero corrosi dal trasporto delle acque per qualche tratto di fiume, ed hanno tutta l'apparenza di avere appartenuto alle mandibole della Oxyrhina Desori Agas. come proposta da me, della quale forma, l’Agassiz fece la sua specie OxyrRhina Subinflata Agas. L'Oxryrhina leptodon Agas. quale trovasi descritta nella sua opera al Vol. 3, pag. 382, Tav. 34, fig. 1-2 ed alla Tav. 37, fig. 3-5 sono pure denti di forme provenienti dal sesto e settimo dente della dentizione dell'Oxy. Spallanzani Bonp. Agassiz la dice rin- venuta nelle Ghiaie di Flohnhein della Vallata del Reno. Di que- sta forma ne ritengo altre delle nostre località, da Malta, e da Bruxelles che devo alle numerose e fitte spedizioni che il sig. Lefévre mi fece da quella località. Le Hon pure la cita averla rinvenuta nel Pliocene di Bruxelles. L'Oxyrhina Subinflata Agas. descritta al Vol. 3, pag. 284, e rappresentata alla Tav. 37, tig. 6-7, sono denti simili e prove- nienti da grossi individui della vivente Spallanzani posti presso la sinfisi della mandibola che hanno dato luogo all’Agassiz sta- bilire per quelli fossili la suddetta specie, ed in essi per quanto uno si voglia ingegnare, non riesce trovare differenza di sorta, per cui uno si trova costretto a dichiararli identici. Leggendo la descrizione di questa specie alla pagina citata, ancora l’Agassiz 80 ROBERTO LAWLEY conviene che per molti rapporti l’ 0xy. subinflata assomiglia alla sua specie 0xy. Desorti, e non vi trova altro carattere degno di essere osservato se non che la sua faccia esterna in luogo di essere piana come in quest’ultima specie, nell’ Oxry. sudinflata Agas. invece è molto marcatamente ricurva. La qual particolarità come dissi facendo la descrizione della dentizione della vivente Oryrhina Spallanzanii Bonp. si rinviene in tutti i denti che co- stituiscono quelli della sua mandibola per la quale possiamo con la massima facilità riconoscerli da quelli della mascella. L’Agassiz cita questa specie come proveniente dal Gres-Vert di Kemmertingen, dal Gault della perdita del Rodano; io la pos- siedo da tutte le solite località del pliocene delle nostre Colline, dal Bruxelliano, e da molti altri posti. Questa specie viene citata da quasi tutti gli autori che di Oxyrhine fossili hanno discorso, e da molti fu ancora rappresentata per la sua caratteristica ed elegante forma. Eugenio Sismonda a pag. 44 del più volte citato suo lavoro alla descrizione che fa della Oxyrhina Desorii Agas. dice: , Come identici alla 0xy. Desorii si presentano qui parecchi denti, che naturalmente si collegano per un facies simile, ancorchè un esame dei singoli individui possa far vedere negli uni, fig. 7-9, l’ Oxy. leptodon, in altri, fig. 12, 13, l'Oxy. subinflata ec. Ma tutti avendo come dissi, l’istessa fisonomia, e provenendo ancora da un mede- simo terreno, anzichè dividerli, par cosa più naturale il riunirli in una specie sola, e ripeterne le modificazioni dalla diversa età, e dal diverso sito che i denti han potuto occupare nella gola dell’ animale ,. Egli dice che queste specie furono da lui comu- nemente rinvenute nelle argille mioceniche, che alternano col calcare di Grassino. Il Gemmellaro sembra aver confuso questa specie con la STUDI SULL’ OXYRHINA DESORII AGAS. 81 Lamna crasidens Agas, come si può dedurre dalla descrizione che egli ne dà a pag. 42, e dalla fig. 16, Tav. 6, del suo già più volte citato lavoro sopra ai Pesci fossili della Sicilia, dalla qual fig. 16, ben si vede che essa è l’Oxyr. subinflata Agas. che ha inteso rappresentare, e che alla fig. 12 e 13 ha rappresentato 1’ Oxy. Desorit Agas.; ma però è ben vero che l’Agassiz al Vol. 3, a pag. 292 dove descrive la sua Lamna crassidens ed alla Tav. 35, fig. 8-21, rappresenta un ammasso di forme di denti molto le une disparate dalle altre, la maggior parte delle quali rappre- sentano quelle provenienti dall’ Ory. Desorii e dall'Oxvyr. sub- inflata, e nel testo dice che questa specie molto richiama alla memoria quella della sua 0vyr. Desorti. Per cui da questi disegni il Gemellaro deve essere stato indotto a confonderla. Egli dice che i suoi esemplari provengono da Leonforte Provincia di Ca- tania, dal Calcario nummulitico di Pachino, Provincia di Noto, e dal calcario-arenario-terziario di Castrogiovanni Provincia di Caltanisetta. L'Oxyrhina gracilis Le Hon specie ancora questa fatta dal sud- detto Autore per qualche dente da lui trovato nel terreno mioce- nico del Bruxelliano; da dove provengono pure alcuni esemplari che sono nella mia collezione, non sono che le forme solite che porta la vivente Spallanzanii, Bonp. nei denti di presso la sinfisi della mascella; per la qual cosa mi sembra che questa specie non dovesse comparire che come sinonimo della Oxyr. Desorii Agas. Ed altre di questa particolare forma, pure trovate nelle solite località Toscane, non sono che da attribuirsi a giovani individui, come quelle del Le Hon, lo devono essere pure. Il Gemmellaro a pag. 48, Tav. 6, fig. 17, descrive la sua specie di Lamna inequilateralis Gemell., che sembra essere qualche dente posto sopra alla parte media della mascella di un non adultis- 82 ROBERTO LAWLEY simo individuo proveniente dalla solita 0xryr. Spallanzanii Bonp., e forse per qualche anomalia, o per la sua non adulta età pre- senti qualche differenza, e sotto queste differenze sia vennto fos- silizzandosi, cosicchè egli ne fece per esse questa distinta specie, ma che non può venire attribuita che all'Oxyr. Desorii Agas. e da riportarsi alle forme della parte mediana della mascella, che distinsi quando ne enumerai le diverse forme nella vivente, e che secondo questa mia proposta deve essere compresa ancora questa in tutte quelle che sotto il titolo di Oxyrhina Desorii Agas, ap- partennero alla vivente, e che immutate sì rinvengono ancora allo stato fossile. Ma le due specie seguenti sono quelle fatte dall’ Agassiz nel » Reporter of a Geological Reconessence of. California. New. York, Baillier 1858, che in quest'anno pubblicava in esso rap- porto con le seguenti annotazioni dicendo che trovava: , Che alcuni denti portati dal sig. Blake dalla California sono di 0xy- rhina, e dei quali resta molto difficile a stabilirne la specie, per- chè havvi una cosa da osservare, cioè la somiglianza veramente sorprendente con l’Oxyrhina Sp.?.... tuttora vivente nel Medi- terraneo ,. Ed a pag. 315, dello stesso rapporto trova: , Che le specie rinvenute in California presentano molta difficoltà per es- sere stabilite per la loro somiglianza con quelle d'Europa; cosa che gli sembra molto imbarazzante a spiegarsi ,. A queste due specie egli propone provvisoriamente il nome di Oryr. plana Agas. alla pag. 315 e ne dà la figura nella an- nessa Tav. I, fig. 29, 30. E alla seconda specie, della quale dà pure nello stesso punto la descrizione e che nella Tavola prima figura pure, dà il nome provvisoriamente di 0xryrRina tumula Agas., le quali due specie provenivano dai depositi terziari di California della località chiamata , Ocoya-creck ,. Perciò se esse hanno dato STUDI SULL’ OXYRHINA DESORII AGAS. 83 all’Agassiz molta difficoltà per trovarle differenti a quelle di Euro- pa, si può ritenere quelle per eguali alla Oxyr. Sp?.... tut- tora vivente nel Mediterraneo, la quale ritengo dovesse finire col determinarla, per l’ Oxyr. Spallanzanii Bonp. Così che mi sembra da queste osservazioni dubbiose dell’Agassiz che egli cominciasse dalla lontana America a dubitare che tutte le specie fossili rap- presentassero quelle estinte. Questa specie con tutte le sue diverse forme fu ritrovata dal- l’Agassiz nella Molassa Svizzera, nelle Ghiaie di Hohnheim della Vallata del Reno; a Malta e da Bruxelles da me; dall’ Agassiz nel Gres-Vert di Kernmertingen, nel Gault della Perdita del Rodano; da Eugenio Sismonda nelle argille mioceniche che alternano col Calcare di Grassino; dal Gemellaro nel Calcario-nummulitico di Pachino, ed altri terreni di Sicilia; da Le Hon nel Miocene del Bruxelliano; dal Blake in Acoy-creek di California molto di- stante dagli Stati Uniti, dove fu riconosciuta dall’ Agassiz; da me in tutte le località conchiglifere delle nostre Colline Plioce- niche Toscane; ed in tutte queste località citate, fu da tutti ri- trovata di essa molta copia di esemplari. Dico perciò che non sì potrà negare a questa specie che in gran numero d' individui ella abbia avuto una grande estensione, quasi direi mondiale, e negare a lei di aver assistito a numerose formazioni di terreni antichi, ed avere potuto giungere immutata a vedere quelli degli attuali, e impugnare neppure la possibilità di poter giungere sotto queste forme a quelle venture. Se prendiamo a confrontare i denti fossili delle nostre colline Toscane con quelli della vivente, subito ci convinceremo della verità del fatto, e troveremo in quelli fossili tutte le forme corri- spondenti alla vivente. A tale scopo alla Tav. 2, ho fatto dise- gnare tutte le diverse forme dei denti fossili che per essere piani 84 ROBERTO LAWLEY dalla loro faccia esterna ben sì ravvisa che erano appartenenti alla mascella quando era vivente, e non distaccati dalle gen- give. Ed alla Tav. 2, fig. 1, 12, 1’, si trovano disegnate quelli corrispondenti alla prima filata che sono presso la sinfisi della vivente, essi certo rappresentano la specie Oxyr. Desoriî Agas. descritta, Vol. 3, pag. 286, e disegnata alla Tav. 37, fig. 8-13, dalle quali figure ben si vede che. gl’ individui rappresentano questa filata e specialmente la fig. 8, 10, 13, sembrandomi quelle disegnate sotto i numeri fig. 11 e 12 appartenere ad altre parti della bocca, e più specialmente delle mandibole. Ma mi sembra che la fig. 9 della stessa Tavola dell’Agassiz rappresenti invece un dente della seconda filata, la quale nella mia Tav. 2 ho rap- presentato sotto la fig. 2, 2°, 2°, che per la poca differenza che esiste fra le due filate citai nella descrizione della vivente come la prima forma di denti esistenti nelle mascelle. Dunque la fig. 1, Tav. 2, è un dente la cui faccia anteriore si presenta quasi piana, nel centro di essa mentre vi sì trova un leggero spigolo per cui il dente è di alquanto più rilevato, che verso i suoi due bordi, si abbassa, per rilevarsi e formare con ciò i bordi che risultano taglientissimi; questa faccia però quan- tunque si presenti piana, porta la sua punta acutissima come si vede, e ad un quarto della sua altezza da essa si rivolge dalla sua faccia anteriore, mentre che tutto il dente voltandosi verso la parte interna cioè dei denti di fondo, forma con la curva di già descritta della punta una flessuosità tutta sua particolare la quale risulta elegantissima all’occhio. Un nero cordoncino separa la base della sua faccia da quella della radice; prodotto dalla gengiva egli ingrossa verso la sua parte esterna al fianco della radice, mentre che nel centro del dente forma con essa un an- golo che in alcuni denti è quasi retto. La radice grossa, e densa STUDI SULL’OXYRHINA DESORII AGAS. 85 slancia le sue due branche lasciando un abbassamento centrale; essa da questa faccia esterna segue l’asse del dente dritto se- guendo la faccia stessa del dente. La faccia interna del dente è convessa ed assai rigonfia, essa va ad incontrare i bordi della faccia anteriore, e all'incontro delle suddette risultano taglientissime, e da questa forma convessa il dente risulta quasi semicircolare; la base di questa faccia si slarga molto per abbracciare la larga radice quale viene sepa- rata dall’unito ed uniforme cordoncino che è la prosecuzione di quella dell’anteriore faccia, e che soltanto seguendo la conves- sità di essa non forma nessun angolo; la radice da questa fac- cia segue l’asse del dente stesso per un poco, ed alla sua metà altezza piega bruscamente per andare ad incontrare la faccia di quella anteriore; nella metà di questa radice scorgesi ben chiaramente il foro dell’atrofizzato nervo nutritivo. Le due bran- che delle radici si trovano essere assai stiacciate alle loro estre- mità; in questi primi denti sono ambedue ugualmente svilup- pate; ela curva che presenta la faccia esterna per piegarsi verso i denti piccoli delle fauci resta naturalmente rivolta verso la sinfisi. Alla Tav. 2, fig. 2, 2°, 2°, fu disegnato sotto i suoi tre diffe- renti aspetti un dente fossile il quale proviene dalla seconda filata e del tutto simile a quello posto in quello stesso sito della vivente. Egli di poco differisce, dai primi già descritti, e le sue differenze principali consistono nell'essere più di loro flessuoso, alquanto più denso, ed avente la branca della radice più alta dalla parte che guarda la sinfisi, la quale particolarità nella ra- dice dei successivi resta sempre più pronunziata fino alla filata settima la quale, le porta quasi uguali, ed uguali pure sono quelle dei successivi fino all'ultimo. 86 ROBERTO LAWLEY Nelle fig. 8, 3°, 8', della stessa Tav. 2, viene rappresentato pure sotto differenti aspetti il terzo dente, cioè quello che ritengo per l’impari del fossile, e corrispondente all’impari del vivente. Egli come dissi parlando di quello del vivente, ha una figura del tutto diversa dai primi due, e dai successivi, e di questa sua forma è l’unico rappresentante in tutta la dentizione della vivente Oxyr. Spallanzanii Bonp.; forma che ritrovandosi assai comunemente fra i denti fossili nelle località stesse dove abbon- dano le altre della Oxyr. Desoriî Agas. perciò la propongo come a questa speciale forma ancor essa appartenente. L’esemplare che servì di modello per il disegnatore, non è certamente uno dei più grossi per cui appartenne ad un indi- viduo giovane, 0 piccolo, ma lo preferii ad altri per la sua forma così caratteristica ed elegante che egli aveva. La forma del dente è cordeiforme, la sua faccia esterna, come in tutti gli altri si presenta piana, i bordi di esso lisci, sono taglientissimi; e la sua acutissima punta si rivolge verso i piccoli denti del fondo delle fauci avendo perciò la sua curva infuori voltata verso la sinfisi, che corrisponde con la branca della radice la più elevata. La slargata base del cono del dente da questa faccia trovasi sepa- rata dalla sua radice da un cordoncino, come nei denti anteriori già descritti dello stesso colore scuro, che segna fin dove la ra- dice era immersa nella gengiva; ai bordi esterni questo cordon- cino va slargandosi, in alcuni formandovi un ingrossamento, in altri una ben distinta punta, o dentello che lo fa rassomigliar molto ad un Otodus. La sua faccia interna, è ancor essa come negli altri della dentizione convessa, la solita impressione di co- lore scuro marca l'impressione della gengiva e separa ancora da questo lato il cono dalla sua radice; questa dalla faccia interna divide il cono e resta più alta, da dove facendo un angolo va STUDI SULL'OXYRHINA DESORII AGAS. 87 ad incontrare la faccia della radice opposta, quivi nel suo centro è posta la traccia del solito foro. Ma la radice della faccia esterna seguendo l’asse stesso del dente resta diritta per cui l’incontro delle due facce resulta sottile, gli apici delle due branche nella quale si divide la radice di questo dente sono ancora esse stiac- ciati ed assai sottili, mentre la solita branca è pure più alta, come dissi. Tutte queste dettagliate particolarità, esclusa quella del cor- doncino di altro colore, che separa il cono dalla sua radice, ritro- vandosi nel dente della vivente, mi tranquillizzano di non aver errato proponendolo come dente impari dei fossili. In qualche esemplare di questi e non sempre fra i più adulti, alla metà della base della faccia esterna si trova qualche piega, ma que- sta particolarità non mi sembra sufficente per escluderli o farne una specie a parte. Le forme rappresentate alla solita Tav. 2, fig. 4, 5, 6, 7, servono a mostrare che fra i denti fossili, pure si ritrovano quelle simili alle filate 4, 5, 6, 7 del vivente, le quali mantengono le loro pun- te tanto negli uni che negli altri rivolte infuori mentre quelli segnati con i numeri fig. 8, 9, che voltano la loro punta dalla faccia interna trovano riscontro in quelli della vivente; come pure dalle fig. 10, 11, che rappresentano quelli piccoli di fondo le ma- scelle, si vedono essere piccolissimi, e quasi informi. Non avendo da osservare niente altro sopra ai denti fossili della mascella, passiamo alla Tav. 3. Sappiamo che tutte le forme di denti che si trovano posti sopra le mandibole della vivente Oxyr. Spallanzani Bonp. hanno la particolarità loro propria di avere la faccia anteriore quasi piana per la sua larghezza, ma però per la lunghezza del dente facendo esso una curva assai forte, da questa non li viene per- 88 ROBERTO LAWLEY messo di riposare se posti sopra ad un piano. Ora alla Tav. 3 vennero riprodotte tutte le forme differenti dei denti fossili che con questa particolarità si rinvenivano, e come vedremo corri- spondono benissimo a quelli che sono posti sulle mandibole della vivente. La Tav. 3, fig. 1, 1°, 1°, rappresenta un dente fossile che cor- risponde a quelli della prima filata della mandibola del vivente e di poco differisce dalla prima filata dei denti della stessa posi- zione posti sulla mascella del fossile e del vivente; la maggiore differenza consiste nell'essere un poco più denso alla sua base, il che benissimo si scorge, se lo confrontiamo con la fig. 1° Tav. 2, per le quali fisure si può giudicare la sua maggior gros- sezza, e la differenza della curva che fa il cono del dente in esse. L’Agassiz sopra a questo special dente forma una sua specie, e nel dettaglio della descrizione che fa dell’ Oryrhina subinflata Agas. a pag. 284 dice; , E sotto alcuni aspetti, questo dente assomiglia molto all’ Oxyr. Desoriî Agas., specialmente per la sua grossezza considerevole, e per la sua forma flessuosa, quando si esamina di profilo alla fig. 6.* della sua Tav. 37 ,. Da queste parole ben si vede che ancora egli ravvisava che le differenze delle due forme erano minime, e con ciò che disse per la specie Desoriù che trascrissi poco sopra, egli era imbrogliato a fare di queste forme quasi uguali fra loro tante specie differenti. La sua specie Oxyrhina subinflata dice provenire dal Grès-Vert de Kemmertigen. To non starò a farne una dettagliata descrizione, esimendo- mene quella già fatta per la forma della prima filata di quelli della mascella, avendone rimarcato le sole differenze che vi si rinvengono, Ben poca disparità si ritroverà alla Tav. 8, nei denti disegnati sotto le fig. 2, 2°, 2", da quelli già descritti che stanno STUDI SULL’ OXYRHINA DESORII AGAS. 89 nella seconda filata della mandibola, e chi sì pone a confrontarli li troverà essere soltanto un poco meno curvi, e con una branca cioè la solita un poco più alta. La fig. 3, 3°, 3', sta a rappresentare il terzo dente della man- dibola cioè l’impari nel quale un poco più flessuoso, e di poco più alto dei successivi, non ho riscontrato i dentelli che in qual- che dente del vivente si vedono provenienti da quella filata, ma però in tutti ritrovasi ai bordi laterali del suo cono dei rigon- fiamenti molto ben marcati, e distinti del solito colore scuro. Da questo dente tutti i susseguenti sappiamo decrescere rapi- damente fino ai piccoli di fondo alle fauci. La fig. 4, 4°, 4, Tav.3, rappresenta il quarto delle sue due facce esterna e di fianco per mostrare quanto le branche delle radici vadano in essi riunendosi d’altezza e come la sua punta che vol- gevasi verso la sua faccia esterna nei precedenti vada rivolgen- dosi in questo dalla sua faccia interna, come succede pure nel vivente, mantenendosi ancora di forma eguale fra essi. I denti poi marcati col numero fig. 5, 6, 7 sono quelli succes- sivi, ed i piccoli posti in fondo alla mandibola. Sicchè mi sembra di aver potuto dimostrare che dandosi cura di riunire in gran copia denti di Oxyrkina Desorii Agas. può trovarsi tutte le forme che io disegnai alle Tav. 2, 3, e che queste confrontate con la Tav. 1, si possa dire che sono perfettamente uguali le fossili, a quelle della vivente Oxyrhina Spallanzanii Bonp. Questa possibilità mi sembra perciò che ci permetta di poter dire, e che resti provato aver antichissimamente esistita questa specie, la quale è giunta immutata a vivere nelle no- stre acque. Alla Tav. 10 ho creduto bene di rappresentare tutte le sezioni microscopiche che ho con ogni cura preparate dei seguenti denti 90 ROBERTO LAWLEY fossili e ben volentieri avrei ancor fatto disegnare i corrispon- denti del vivente a confronto, se io ne avessi avuti disponibili, ma la mancanza di esemplari me lo ha impedito, perchè come altra volta ebbi a dire sarei ben contento di possederne la cen- tesima parte di quelli della vivente, di quanti ne tengo fossili. La fig. 1, Tav. 10, è la sezione microscopica di un dente presso la sinfisi della mandibola, veduto di fronte per la sua lunghezza, ed alla fig. 2, vedesi quella dello stesso dente, ma sezionato e preparato di traverso. La fig. 3, Tav. 10, fa vedere la preparazione longitudinale fatta del quarto dente posto nella mascella. La fig. 4 della medesima Tav. 10, mostra quella di un quarto dente della mandibola. La fig. 5, rappresenta quella dell’impari della mascella, e da una parte alla base del cono riuscì salvare la preparazione di un suo dentino. E finalmente con la fig. 6, Tav. 10, viene rappresentato con la sua preparazione nel senso della lunghezza quello impari proveniente dalla mandibola. Come si vede da queste preparazioni microscopiche, tutti i denti dell’ Oxyr. Desoriù Agas. appartengono al secondo gruppo nel quale l’ Agassiz divide gli Squalidi secondo la costituzione interna dei loro denti, data dalle sezioni microscopiche. E di fatti sono composti da dentrina solida non trovandosi in essi, nessuna cavità principale, e di nessuna forma decisa quantunque vi si rinvenga qualche piccolo vuoto; i quali vuoti più fitti nelle loro radici qualche volta esistono ancora nella corona del dente stesso, ma non avendo in questi nè forma nè località fissa, come può benissimo vedersi dalle fig. 2, e 5, della Tav. 10, i quali pic- coli vuoti notai ritrovarsi ancora nelle sezioni microscopiche del Carcharodon Etruscus Law. L'abbondanza con la quale si rinvengono tutte le forme dei STUDI SULL'OXYRHINA DESORII AGAS. 91 denti dell’Oxyrhina Desorii Agas. provenienti da qualunque parte della sua dentizione, mi suggerì d’intraprendere con essi una ricostruzione di un intiera mascella e perciò disposi sopra a quattro ranghi tutte le forme di essi, come gli ho descritti nella vivente Oxyrhina Spallanzanii Bonp, ed in questa tediosa e mi- nuziosa ricerca molto ha contribuito la pazienza, e l'abilità a fermarli sopra ad un cartone, del mio amico Antonio Della Croce, il quale in elegante circolo li dispose. E questa artificiale mascella non lascia nulla a desiderare per forme precise della vivente, solo si può osservare come questi denti fossili riuniti, provenienti da tanti posti diversi delle no- stre colline plioceniche toscane, fossilizzati sotto tante condi- zioni diverse, appartenuti a tanti individui e di diverse età, dar dovevano naturalmente un aspetto, come ben è succeduto, di una riunione di forme simili si, ma non di un medesimo individuo, una somiglianza incerta e non uguale di fossilizzazione. Dalle località già citate e da quelle di tutte le nostre colline ben si può dedurre quanto questa specie sia stata comunissima in tutte l’ epoche e non starò a rinominare le località Toscane fos- silifere nelle quali ella vi si ritrova potendo piuttosto dire che essa è comunissima per ogni dove sono terreni pliocenici emersi dalle acque marine. La qual cosa per ogni dove avviene se si debba giudicare dalle masse che io ho dai miei gentili corrispon- denti, fra i quali non posso non enumerare il mio particolare ed attivissimo Collega sig. Teodoro Lefévre di Bruxelles il quale me ne ha fornite diverse centinaia provenienti da tutte le posizioni dell'asse mandibolare da lui riunite nell’Eocene medio del Bru- xelliano, e che egli volle cortesemente darmi dopo aver di essi fatta bella mostra all’ Esposizione Universale, dove fu uno degli Esponenti, giudicato dei più degni di Premio. 92 ROBERTO LAWLEY — STUDI SULL’ OXYRHINA EC. E non sembrandomi sul soggetto dell.OxyrWina Desoriî Agas. forse troppo oramai discusso avere niente altro a dire, verrò trat- tando di altra riunione di forme diverse del genere OxyrZina che ancora queste in ingenti masse si trovano nelle nostre Colline Toscane, e delle quali forme molti autori hanno fatto diversi nomi specifici tratti a ciò dal considerarle essi individualmente separate, come le trovarono. St E SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII, LAW. Nell’ Aprile del 1877, in una località detta Le Case Bianche (*), nel Volterrano sulla via che dalla Bacchettona conduce alle Sa- line ebbi la fortunata combinazione che alcuni miei cercatori vi ritrovassero un intiero pesce allo stato fossile. In piccolo spazio ritrovarono le mascelle di esso fossilizzate e poterono riunire 150 o 160 denti tutti provenienti da esse, e molti più ne avrebbero potuti riunire se fossero stati coadiuvati dal terreno e da una dote di pazienza. Ma essendo questi resti implicati in tenacissima argilla, molti ne devono essere andati dispersi. Uniti ad essì si trovò le mascelle, le quali in terreno così duro vennero fuori in diversi pezzi e non poterono essere riunite, mentre qualche pezzo al contatto dell’aria, come ben spesso succede, si disciolse e si guastò, ma però da questi pezzi potuti salvare ben si scopriva trattarsi dell'osso mascellare dell’animale. Ancora moltissime ver- (*) All'adunanza del 6 Maggio del 1877, tenuta dalla Società delle Scienze Natu- rali residente in Pisa, lessi una memoria sopra a questi resti che riunii ad altre nella ristampa che ne feci col titolo «quattro memorie sopra a Resti Fossili ec. » pubbli- cati nel 1878 per mezzo della Tipografia Nistrì di Pisa, ivi si può trovare alcuni det- fagli che sopprimo in questo mio attuale lavoro. 94 ROBERTO LAWLEY tebre di esso poterono essere salvate, delle quali volli rappresen- tare alla Tav. 8, fig. 1, cinque di esse al posto come si trovavano implicate nell’argilla ed alla fig. 2, della stessa tavola se ne vede una di faccia, che alla Fig. 3, viene rappresentata di fianco. Se queste vertebre vengono messe a confronto con quella della vi- vente che fu disegnata alla Tav. 1, fig. 4, presto vedesi essere pur vertebre di un’ Oryrkina. Fu insieme ad esse ritrovato una punta di freccia in silice che trovasi pure disegnata nella Tav. 8, fig. 4, in questa freccia non vi si trova nessuna traccia di tenta- tivo per rendere la punta ne’ suoi lati più acuta e tagliente; per la qual cosa essa si può ritenere come una delle più primitive, perciò della più antica manifattura preistorica. Con un numero così cospicuo di denti dello stesso individuo ben si capisce che fra loro dovevansi ritrovare tutte le forme dei denti che stavano nei differenti punti dell'asse mandibolare sia superiore sia inferiore. Da questa riflessione dedussi che quei denti dovendo presentare tutte le diverse forme che l’animale doveva portare, con essi avrei facilmente potuto aver qualche lume onde poterla ricostituire e capire come dovevano essere disposti nella dentizione dell'animale, quando era vivente. Nè vi fu bisogno di molto studio per riconoscere quelle forme fra le OxyrRine, delle quali l’Agassiz ed altri autori hanno formato tante e diverse spe- cie che qui sotto andrò enumarando, e che hanno la loro specia- lità di grossi denti a base larga e stiacciata; e che al genere Oxyrhina devono appartenere, perciò essere privi di dentelli alla base del cono, come pure i bordi dei denti devono essere taglienti, uniti e senza portare dentellatura, come appunto essi erano. Vidi che per le forme che portavano si distinguevano in denti larghi e stiacciati; mentre altri erano più stretti, e lancei- formi, dal che mi avvidi che trattavasi di una dentizione asso- 3 STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW. 95 migliante ed analoga a quelle di Carcharodon, e che i primi do- vevano stare nella mascella, gli altri nella mandibola come av- viene in questa di Carcharodon. Le curve in fuori, unitamente alle branche più o meno alte e sviluppate mi diedero molto lume per disporle su qual parte dell’asse mandibolare esse dovevano re- stare; non vi mancavano molti denti in via di formazione nè i piccoli. Le quali cose tutte mentre confermavano trattarsi di denti di forma simile alla citata dentizione constatavano pure essere appartenenti ad uno stesso e completo individuo. In quei giorni venne a visitare le mie raccolte il sig. Prof. Theodoro Fuchs Direttore del Museo di Vienna ed al quale feci vedere i denti disposti secondo le mie osservazioni e restò ma- ravigliato e convinto della grande analogia che fra le due denti- zioni passava, e mentre non trovava obiezioni da fare in contra- rio come egli disse ('), mi confortò a rendere di pubblica ragione quelle osservazioni; cosa che io feci pochi giorni dopo con la memoria poch’anzi citata. E profittai della pazienza del mio amico Della Croce per far disporre e legare sopra ad un cartone, l’intiera dentizione come da viva doveva portare questo pesce. Alla Tav. 5, fig. 1, feci rappresentare l’intera mascella dedotta dai denti trovati tutti insieme, e da me restaurata: mentre la fig. 2 e 2° rappresenta un dente di Oryrhina Agassizii Law. di- staccato ed isolato ancora esso il quale fu trovato in altre loca- lità del Volterrano e lo ritengo per un dente anomale appartenuto a qualche individuo di questa specie, che in tale stato egli si (!) Il sig. Fuchs parlò della medesima mia raccolta « Studien uber die Gliederung Ober-Italiens. Gesammelt auf In einer Reise in Frihlinge 1877. Von Theodor Fuchs Custosam k. k. Hoj. Mineraliencabinet (Milt 6 Abildungen) ( Vergelegt in der Sitzung am ll April 1878) Aus dem LXXVII bande der Sitzb der k Akad. d. Wissensch I Abth. Maj — Hift Jahrg. 1878. 96 ROBERTO LAWLEY sia fossilizzato. Perciò non starò a farne nessuna descrizione, ba- stando la sola ispezione del suo disegno per apprezzare in che consistono le differenze che vi si trovano; egli è certamente un dente che proviene dalla parte sinistra centrale di una mascella della suddetta specie. Alla Tav. 6, ho disposto tutte le forme dei denti come l’Oxy- rhina Agassizii Law. poteva riunire nella sua mascella, princi- piando da quello della sinfisi e andando fino ai piccoli di fondo della gola. Il dente di sul davanti vien subito riconosciuto ai suoi lati equilaterali, e dall’eguaglianza delle branche della radice; questo venne pure rappresentato alla Tav. 6, fig. 1, 1°, 1°, sotto le sue tre solite posizioni per meglio essere apprezzato. I quali denti della Tav. 6, fig. 1, 1°, 1°, tanto possono essere riferiti alla specie Oxyrkina trigonodon Agas. perchè in essi cor- rispondono tutti i caratteri descritti dall'autore, quanto ancora all’Oxyrhina plicatilis Agas. perchè porta distintissime pieghe alla base del dente dalla sua faccia esterna, come benissimo si vedono dalla fig. 1, Tav. 6, pieghe che come nel Carcharodon Etru- scus Law. vi sono tracciate fino verso la metà del cono da questa faccia, mentre nell’opposta non ne ho mai riscontrate, nei nume- rosi esemplari dei quali ritengo parecchie centinaia. E sembra pure non riscontrarsi queste pieghe nelle due faccie dei denti posti sulle mandibole. Le due specie di Oxyrhina trigonodon Agas. e specialmente l’Oxyrhina plicatilis Agas. vengono citate come esistenti in molte località d’Italia e dal Gibbes in America. La fig. 2, 2°, 2°, rappresenta certamente il terzo dente, cioè l’impari, perchè la forma tutta sua speciale lo fa distinguere da tutti i successivi, quantunque come esso ancora sieno cordiformi e con radici dal solito lato più sviluppate. Volli rappresentare alla fig. 3, della solita Tav. 6, uno dei denti che ritengo per quello STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW. 97 posto subito dopo l’impari per essere egli il più grande dei denti cordiformi, come trovasi esserlo pure nella disposizione dei denti del Carcharodon, che già descrissi a suo tempo. Però questi non solo si trovano i più grandi fra quelli di questa forma; ma ancora alla base della corona si trova in esso una sfrangiatura come si vede disegnata alla fig. 3; la stessa sfrangiatura ritrovasi non solo nel suo analogo dente corrispondente, ma in tutti quelli che ai successivi ranghi si trovano al medesimo posto; però e ben vero che ancora questa sfrangiatura ritrovasi in altri dei più piccoli della stessa dentizione; ma a dir vero questa particolare sfrangiatura non ebbi mai a riscontrare negli altri denti di que- sta specie provenienti da individui diversi da questo, nè sopra a quelli che mi furono spediti da molti corrispondenti, e perciò d’altre località; e fra gli altri citerò quelli provenienti dal Plzo- cene d’ Anversa che in gran quantità me ne furono spediti dal sig. Léfevre, lo che farebbe supporre essere una particolarità di questo individuo. La fig. 4, Tav. 6, rappresenta un altro dente delle forme poste sulla parte mediana delle mascelle di questo individuo, forme che l’Agassiz scelse per fare di loro la sua specie Oxyrhina riphodon Agas. la qual forma fu riscontrata e citata da molti autori Italiani, e per fino dal Gibbes fra quelle della lontana America. È perciò da avvertire che tutte queste forme delle citate figure hanno la loro punta rivolta sulla faccia anteriore, od esterna, perciò ancora per questa particolarità la citata dentatura non dif- ferisce da quella del Carcharodon. La specie di Oxyrhina isocelia E. Sismonda, specialmente quella disegnata alla sua Tav. 2, fig. 4 e 5, venne fatta sopra a denti provenienti dal fondo della fauce della Oxryrhina Agassizii Law. e tanto può provenire da questa spe- 98 ROBERTO LAWLEY cie, come dalle altre per essere tutti in questo genere simili di forme in quella parte. La fig. 5 Tav. 6 è il dente vicino ai piccoli, e non differisce neppur questo dalla dentizione dei Carcharodon per aver egli un’altra forma, e per rivolgere come i seguenti fig. 6, la loro punta dalla faccia opposta, cioè interna come in quelli avviene. La Tav. 7, rappresenta pure, le principali forme che compon- gono la dentatura della mandibola della specie OryrRina, Agassizi Law. e come in quella dei Carcharodon essì si distinguono per la loro forma slanciata, grossa alla base, e lanceiforme, ma però il bordo è privo di dentellatura, e mancante del tutto di dentelli alla sua base. I più grandi devono certamente trovarsi presso la sinfisi, perchè hanno lati equilaterali, e radici quasi ugualmente svi- luppate nelle sue branche. La fig. 1, 1°, 1°, rappresenta uno dei denti posti presso alla sinfisi della mandibola se non il più acco- stante egli è certamente il successivo. L’Agassiz sopra i denti di questa mandibola fece la sua specie Oxyrhina hastalis Agas. che per essere fatta su denti isolati pro- venienti da individui di diversa età, come egli dice al Vol. 8, pag. 277, gli presentarono molta difficoltà per limitarne le forme in cui essa doveva restare compresa, e di fatto avendone dise- gnato l’intera Tavola 84, da questi egli pensò bene di togliervi le forme disegnate sotto le fig. 1, 2, per dichiararle appartenenti alla specie OryrRina leptodon Agas.; che come abbiamo visto e una delle forme da attribuirsi alla OxyrRina Desorii, Agas. È tolse pure quelle disegnate sotto la fig. 14, che attribuì all’ Oxy- rhina crassa, Agas. lasciando tutte le altre della tavola con dubbio che essi fossero di fatto da riferirsi a quella specie, tanto sono fra loro differenti le forme che vi rappresenta. Egli stabilì pure su forme provenienti dalla mandibola di que- STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW, 99 sta dentizione la sua specie Owyrhina Mantelli, Agas. la quale fece sopra soggetti che trasse dalle collezioni inglesi provenienti dalla Creta di Lewes., fatte dal sig. Mantell, la quale specie chiaramente sì scorge essere fatta sopra a denti provenienti di sulla mandi- bola di questa specie. La dice molto comune nella Creta d’In- ghilterra, e dichiara che ancora per questa specie fu molto im- brogliato per delimitare le forme, e dichiara di dover accordare ad essa un'estensione maggiore; perciò alla sua Tav. 35, ne fi- gura una buona quantità, con le quali deve aver inteso prendere le forme più disparate per costituire i limiti della estensione che aver dovevano; e a pag. 280, del Vol. 3, facendo di essa la de- scrizione dice inquanto alla sua forma essere quella di mezzo fra l'Oryrhina hastalis Agas. e la Desorti, e fa costituire la sua prin- cipale diversità in due depressioni più marcate alla base del dente presso lo spigolo centrale, e in una maggior grossezza della radice e del cono del dente. Dalle quali cose crederei che ancora di questa specie abbia preso uno dei denti presso la sinfisi per descriverla e farne la diagnosi includendovi pure forme molto diverse, come rappresenta alla indicata tavola. Alla Tav. 7, fig. 2, e successivi numeri ho rappresentato il terzo dente, cioè l’impari della mandibola. Questo dente non si distingue dai restanti della suddetta per nessuna sua forma parti- colare, nè trovasi in esso altra differenza che l’essere più stretto presso la base del cono, per cui sembra più svelto, quantunque egli sia veramente un poco più piccolo dei successivi, ma per que- sto suo aspetto speciale ben presto si distiague dagli altri, ed essendosi trovato formante parte dell’intera dentizione di un me- desimo individuo subito ciò lo fa riconoscere, e gli farà asse- gnare questo suo posto esclusivo, cosa che non sarebbe forse av- venuta se essa fosse una riunione di soli denti isolati provenienti da diverse località. 100 ROBERIO LAWLEY La fig. 3, Tav. 7, rappresenta il dente dove la punta cambia parte per rivolgersi sulla faccia interna, e fino a questo dente gli altri la rivolgono costantemente in fuori sulla loro faccia esterna, ma da questo dente essa si rivolge ad un tratto sulla sua opposta parte. Non si può assolutamente dire qual sia nel fossile il numero progressivo che egli occupi, ma nel vivente Car- charodon lamia, Rond. ciò avviene al quarto dente della mandi- bola, cioè a quello dopo l’impari, e similmente accader deve nella Oxyrhina Agassizii Law., chè in caso diverso sarebbero avanzati nel disporli, alcuni dei denti che voltassero la loro punta in fuori, o sivvero essi vi avrebbero fatto difetto. Una particolarità però degna d'osservazione è quella che presso la base di tutti questi denti che compongono la dentizione della Oxryrina Agassizii Law. si ritrova quella stessa traccia ed ingros- samento laterale con una ben marcata e distinta linea di un co- lore oscuro come si riscontra nell’Oxyrkina Desorii, Agas. la quale sembra prodotta dall’impressione della gengiva, poichè sopra ai denti nella vivente Oryrina Spallanzanti Bonp. non si vede nessuna differenza di colore, fossilizzandosi essi sembrano tirarlo fuori, e non so davvero concepire per qual fenomeno ciò possa avvenire. Sappiamo che nella mandibola del Carcharodon i denti vanno decrescendo dagli anteriori posti sulla sinfisi, per essere essi i più grandi, fino al fondo delle fauci. Ed in questa Oxylrina Agassizii Law. pure avveniva lo stesso, giudicandone dalla precisione di non averne trovati di più o di meno, nè di quelli grandi, nè di quei piccoli, e dispesti che furono in tal maniera confermarono con ciò questo loro andamento. E alla Tav. 7, fig. 4, ne feci rappresentare un individuo che proviene dalla parte mediana della mandibola. Come pure non volli mancare di rappresentare nella stessa Tav. 7, alla fig. 5, una STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW. 101 forma speciale di un dente, quello cioè posto quasi all'ultimo dei denti della parte mediana della mandibola, che nella vi- vente del Carcharodon occuperebbe la sesta filata e che è di forma un poco più slanciata, ed un poco differente da quelli d’avanti vedesi pure la forma dei successivi, che sono disegnati alla fig. 6, e dopo questi vengon quelli informi e perciò gli ultimi, più piccoli. Come si vede questa Oryrhina Agassizii, Law. al pari dell'Oxy- rhina Desorti, Agas. è specie propria dei terreni terziari, e non manca con la stessa abbondanza di esservi rappresentata da’ suoi resti fossili, e devesi ad una fortunata combinazione, come quella che ebbi, se è stato possibile di scoprirne la sua completa den- tizione, e ridurre per essa tante forme di denti ad una sola spe- cie. Dall’Agassiz sappiamo che ella si trova nelle seguenti loca- lità: a Castelnaux vicino a Dax, all'Isola di Malta, nel terreno pliocene di Castel Arquato, da dove io ne tengo due esemplari provenienti dalla mascella, che mi furono donati dal sig. Giro- lamo Forlini farmacista a Lugagnano di Val d'Arda. Trovasi pure nei terreni terziari della vallata del Reno, nelle Molasse di Wurenlos, e nelle ghiaie terziarie di Flohnheim. Il Gemellaro l’ha trovata nell’arenaria terziaria di Leonforte. (Provincia di Catania), nel nummulitico dei dintorni di Pachino, nelle marne solfilifere di Castel Termini. Da Eugenio Sismonda fu trovata nell’arenaria del Colle di Torino, nelle argille di Gassino, e in un Grés ver- diccio presso Acqui di Piemonte: nei gessi di Parigi, egli la dice rinvenuta pure. Il mio amico cav. Botti me ne ha date in comunicazione di diverse località della pietra leccese. Finalmente venne riscontrata dal Gibbes, come proveniente dal Miocene di Virginia in America, e dall’Eocene della Carolina Settentrionale, e dice averne avuto un individuo solo proveniente dal Cretaceo di Alabama. Nelle 102 ROBERTO LAWLEY nostre località delle Colline Toscane la troviamo sotto tutte le sue forme in grandissima quantità; ma più abbondantemente l'ho trovata ed avuta dal Volterrano. Nelle Colline d’Orciano Pisano pure vi si trova molto comune, ma ivi predominano le forme della Oxyrhina Desorii, Agas. e del Carcharodon Etruscus Law. Le cave di San Frediano me ne hanno pure fornito qualche esem- plare, trovato nella Pietra Lenticolare di quella località. Dunque in somma può dirsi ancora di essa quello che dissi per l'Oxyrhina Desorii, Agas. che ella è molto sparsa, e che pure si mostra in gran profusione con i suoi resti fossili. Ma solo questa specie non posso citarla come vivente perchè non è a mia cogni- zione che sì ritrovi nei nostri mari, nè in altri, e perciò per ora ella può venire considerata come specie estinta, ma che altre volte deve essere stata abbondante nei mari dell’epoche terziarie. La fig. 1, della Tav. 9, rappresenta la preparazione microsco- pica di una sezione longitudinale alquanto ingrandita, di un dente posto sulla sinfisi della mascella dell’Ouyrkina Agassizià Law. che feci per tal proposito. In essa non trovasi niente di differenza dalle preparazioni già descritte per le altre OxyrRine, e per i Carcharodon; la stessa differenza di dentrina più grossolana, forma e fa distinguere Ja sua radice dal cono del dente. In essa notasi al solito l’assenza dei grossi canali che la formarono, e vi si ri- scontrano come nella formazione dei medesimi, i piccoli vuoti privi di una forma regolare qualunque, e posti per ogni dove senza nessuna posizione fissa nè determinata; mentre nel cono del dente stesso vi si vedono i grossi canali che discendendo perpen- dicolarmente e suddividendosi in infinite diramazioni terminano per disperdersi in prossimità dello smalto, il quale egli pure è composto come in quelli, di un ammasso di piccoli tubetti tra- sversalmente uno sopra l’altro disposti, e fittamente sovraposti. STÙDI SUL GENERE 'OXYRHINA AGASSIZII LAW. 103 I denti ancora di Owyrhina Agassizit Law. vedonsi appartenere alla seconda sezione che l’Agassiz. propone, disponendo i generi dalla interna costituzione, e che discopre il microscopio, cioè privi di un vuoto nell’interna sostanza della polpa del dente, e compo- sti perciò da dentrina compatta per ogni dove nel loro cono. La fig. 2, Tav. 9, dimostra la preparazione microscopica, ma però fatta nel senso trasversale, di un dente posto sopra alla mascella presso la sinfisi, e ancora questo non presenta nulla di particolare, nè vi si rinviene nessuna differenza degna d’osserva- zione da quelle fatte per Carcharodon e le Oxyrhine. Alla fig. 3, della stessa Tav. 9, vedesi pure una preparazione miscroscopica di una porzione di vertebra ancor essa fatta per l’oggetto di vederne l’interna costituzione, ma non presenta, sembrami nulla di ben particolare; la sua parte centrale è for- mata da una sostanza spongiosa in cui si vedono numerosi vuoti quali più piccoli, quali più grandi, quasi di forma ellittica; questa viene rinchiusa da due strati di sostanza molto più fina e disposta dalla sua parte esterna costituendo la forma di fuori della verte- bra stessa e rinchiudendo la sostanza spongiosa e grossolana; in questo strato di sostanza involvente non vi si vede nessun vuoto, ma esso è formato di sostanza compatta, che lascia vedere delle colonnette longitudinali costituite appunto da essa sostanza più o meno dura e fine. Se i resti di pesci cartilaginei fossili, sono facilissimi a rinve- nirsi peri loro denti e placche dermiche, però di essi ben diffi- cilmente trovansi altre parti allo stato fossile, giust’appunto per la poca solidità che esse presentano al loro sfacelo e dissoluzione, però sembrano presentare un poco più di solidità le vertebre, che se non in grandissimo numero, pure qualcheduna di queste pro- venienti da qualche Squalide è dato trovarne sparse insieme ai 104 ROBERTO LAWLEY denti. Essendomi capitato ed avendo potuto trovare di questa Oxyrhina Agassizii, Law. quasi tutte le parti delle mascelle fos- silizzate insieme ai suoi denti, per la sua difficoltà nel rinvenirla quanto ancora essendo resti ben constatati, a quale specie essi ap- partennero, ho creduto bene di far pure di loro una preparazione microscopica onde presentare il suo disegno alla fig. 4, della stessa Tav. 9, veduta di fronte, ed alla fig. 5, della medesima Tavola altra preparazione per mostrarla veduta di fianco. La mascella da queste due preparazioni si vede essere formata d’una massa di materia assai solida la quale è di un colore scuro quasi nero, cementa una gran quantità di piccoli corpi di for- ma globulare più o meno regolari, che sono di un colore gial- liccio chiaro; la forma di questi corpi data dalla sezione ne fa vedere la loro irregolarità e fa vedere che essi sono pure stel- lariformi, cioè da un punto centrale alquanto più scuro, sì dipar- tono delle diramazioni più marcate, che arrestandosi irregolar- mente formano questi corpi rotondeggianti, quali più o meno ellittici, secondo non venga impedito farlo dal contiguo corpo in formazione e del quale uno di essi si allunga per entrare nel vacuo lasciato da esso, così prendendo forma diversa, ed alla so- stanza involvente dando maggior pressione in qualche punto. Questo è perciò che trovo a dire sopra alle diverse prepara- zioni microscopiche di questa specie, e che le mie deboli forze hanno sopra di esse saputo esporre. Con quanto io venni a ragionare sulla specie Oxyrhina Agassizii mi pare di aver esaurito ciò che di essa potevo dire in brevi parole, ma mi sembrava che il tema fosse di non lieve interesse per la paleontologia, da non doversi trascurare unendovi un nu- mero sufficente di tavole per la sua illustrazione necessaria. Solamente sembrerà che io pure dovessi fornire di una singola STUDI SUL GENERE OXYRHINA AGASSIZII LAW. 105 descrizione ogni dente che nelle Tavole ho fatto disegnare, ma ho creduto inutile far ciò, perchè me ne esimevano le belle ed esatte descrizioni datene dagli autori; delle quali io con questa scoperta venivo ponendo in sinonimia le specie da loro fatte; e mentre veniva ad essere un lavoro superfluo, non avrei potuto che ripetere le loro descrizioni, e quasi copiarle, mentre d’altra parte mi sembrava più che sufficiente l’aver riprodotte, nelle mie tavole le figure che costituivano una stessa dentizione che per poco differiva da quella del Carch. Etruscus Law. del quale io ho già dato forse ancor troppo estesa descrizione. Non potendo oramai a tante forme differenti dal caso riunite, preferire nessun dei nomi già dagli autori stabilito, stimai mi- glior consiglio, come dissi nella mia memoria inserita nelle quat- tro memorie sopra a Resti Fossili ee. in onore del celebre autore della maggior parte di esse, questa venisse chiamata Oxyrhina Agassizii, comprendendo col suddetto nome specifico tutte le di- verse forme che compongono questa bellissima dentizione. Si potrebbe come fu fatto per il Carcharodon megalodon Agas. prendendo per norma la grandezza dei denti, desumere appros- simativamente la sua lunghezza, ma da ciò non sembrami che risulterebbe nessuna pratica utilità per lo studio di essa. E giu- dicando dalla sua dentizione, ben si può dire che essere doveva un Pesce Cane d’imponente forza, e la sua grandezza doveva ugua- gliare quella del Carcharodon vivente del quale porta denti di quasi uguale grandezza oltre che di egual forma. DA « --—-< RENE vxi lg”; ro Y Ù } Ù f t Ù Ù ' He i dba ld fol ti Ù è ‘ one sti vale bf) Uiiyo(a A P0000 nia VALI Li u 3° i Mi di LAI . [i n MiA p' ' Ade Pi VS, I L] "a i ( / lar; IA n ù i È we Unità Seu. SPECIE OXYRHINA CRASSA, 4AG4S. Nel mio lavoro intitolato “ Nuovi studî sopra ai Pesci ed altri vertebrati fossili delle Colline Pisane ,, stampato a Firenze 1876, Tipografia dell’ Arte della stampa, io citai sommariamente questa bella specie fatta dall’ Agassiz, descritta da lui a pag. 282, vol. 3, e disegnata alla Tav. 34, fig. 14, sotto il nome di Oxyrhina hastalis e altro disegno ne da a Tav. 37, fig. 16 sotto il nome di Oxyr- hina Crassa. La fig. 14, Tav. 34 per vero dire mi sembra che corrisponda poco con la descrizione che dà della specie alla pag. 288: del che sembra dubitare l’Agassiz stesso quando dice nella pagina successiva: La fig. 14 della Tav. 34 è probabilmente la medesima specie; essa presenta lo stesso rigonfiamento dalla sua faccia esterna, ed è ugualmente spessa. Cosa che veramente non mi sembra, confrontando le figure della Tav. 37, con quelle della Tav. 34; ma gli esemplari che di- segna nella Tav.34 sotto la fig. 14 e della quale rettifica il primo nome di Oxyrhkina hastalis sotto cui egli prima l’aveva disegnata, io la riterrei invece per una delle tante forme di denti che si rinvengono nelle mascelle dell’Oryrkina Agassiziù Law. e più pre- cisamente proveniente dalla parte mediana di essa; forse con ra- 108 ROBERTO LAWLEY dice un poco più dell'ordinario ingrossata, come qualche volta trovasi avvenire ancora in altri esemplari fra quei tanti che conservo in magazzino. Però quella figurata alla Tav. 37, fig. 16, la ritengo per la vera sua specie di OryrRina Crassa Agas. e ben differisce veramente da tutte le altre specie; egli dice ritenere per tipica quella in questa figura disegnata. Alla Tav. 4, fig. 1, 1°, 1", feci disegnare il mio migliore esem- plare che ritengo in collezione. Essa è veramente una magnifica specie, anzi oserei dire la più bella e la più caratteristica di tutte le altre congeneri. Questo dente come vedesi dalle citate figure, è grosso e raccor- ciato, misura cent. 4 e mezzo in altezza, e cent. 3 e mezzo mi- surato nella massima sua larghezza presso la base del cono; men- tre lo spessore della radice misura cent. 2 scarsi. La radice forma la terza parte dalla sua faccia esterna, ugualmente che dalla sua parte interna. La faccia esterna resta relativamente piana, come nelle altre specie, però uno spigolo centrale che in alcuni esem- plari trovasi più marcato mentre in altri meno, segna la metà di esso. Una larga striscia nera separa il cono del dente dalla radice, vedesi che questo era il punto dove faceva maggior pressione, la gengiva, da avervi fatto un abbassamento per il quale il cono risulta assai più rialto dopo tal pressione, e sopra a questa faccia esterna questa pressione, forma quasi un angolo retto; ed all’apice di questo angolo in parecchi esemplari, sopra al centro del cono del dente vi si vede un abbassamento che va a ritrovare lo spi- golo centrale stendendosi sopra al cono. Molti dei denti come quello disegnato ritrovansi equilaterali e taglienti, terminano in acuta punta alla congiunzione dei dne bordi: però in altri esem- plari trovasi che un lato è un poco curvo e flessuoso, e dalla parte della curva sviluppata in fuori, si vede ritrovarsi la branca STUDI SULL’ OXYRHINA CRASSA AGAS. 109 più sviluppata della radice. Questa particolarità denoterebbe che questi denti dovrebbero essere quelli posti nella parte mediana della mascella e questa forma potrebbesi ritenere per quella che la rappresentasse, se in questa specie succedesse lo stesso come nelle altre descritte. La faccia interna ritrovasi essere molto convessa alla base del cono presso la sua radice, una larga striscia scura ed alquanto infossata segna pure in questo punto dove la gengiva su di esso faceva la sua maggior pressione; essa montava sopra allo smalto del cono stesso come vedesi dalla fig. 1° della Tav. 4, il quale lo rappresenta veduto dalla sua faccia interna. Le due branche delle radici vanno rilevandosi, ed alle loro punte si trovano più e meno depresse e stiacciate; e poco più o meno alte secondo che più o meno si trovano distare dalla sinfisi, deducendolo per analogia di ciò che accade nella dentizione delle viventi. Dalla faccia esterna la radice va assai dritta, ma non tanto quanto nelle specie già descritte. Dalla opposta, cioè in- terna, questa rigonfiasi al di sopra del cono, per il che essa resta più larga, e giunta allargandosi fino ad un certo punto, si volge per andare ad incontrare la faccia esterna, formando un ripiano in curva, dove al solito trovasi la traccia dell’atrofizzato nervo nutritivo del dente. Una cosa ben degna d’osservazione è quella, che in questa specie a differenza di tutte le altre specie congeneri, la punta del dente invece di volgersi sulla faccia esterna come a quelle succede, in questa si trova voltata dalia faccia interna, almeno tal par- ticolarità si rinviene in tutti i denti che sembrano provenire dalla parte anteriore della dentizione. E ciò noto giusto appunto perchè mi nasce qualche dubbio, che lo stesso accada per i denti che possono essere ritenuti per quelli, che si trovino posti sulla parte mediana della mascella. ù 110 ROBERTO LAWLET Ben spesso nei denti di questa specie, e meglio sarebbe dire in quasi tutti, dalla parte interna della radice, nel punto dove la radice ho indicato volgersi per andare a trovare la sua faccia esterna, avvi una crepatura che approfondasi assai nella so- sostanza della radice stessa, come trovasi segnata nella fig. 1°, ed in quella fig. 1°, della solita Tav. 4. Io non saprei davvero dire se ciò avviene prima della sua fossilizzazione cioè mentre essi si trovavano tuttora posti nelle mascelle del vivente, oppure av- venga in conseguenza della fossilizzazione di essi. Non credo che questa specie fossile abbia nessun riscontro fra le viventi specie; perciò fino a questo giorno essa si può considerare fra quelle estinte, quantunque da un momento a un altro potrebbe ritro- varsi vivente. Per ora essa sarebbe da ritenersi per specie che abbia avuto la sua esistenza nel tempo della formazione Plio- cenica e fosse convissuta in unione dell’Oxyrkina Desorii, Agas. e della Oxyrhina Agassizii, Law. perchè si trovano depositati i suoi resti, consociati alle medesime, in tutte le località stesse. Questa specie venne ritrovata ancora dal Gemellaro in Sicilia a Aidone (Provincia di Caltanisetta), ma la figura che ne da poco uguaglia la specie della Tav. 37, fig. 16, che l’Agassiz rappre- senta e più assomiglia a quella che disegna nell'altra tavola ci- tata. L’Agassiz la dice provenire dal terreno terziario della Val- lata del Reno. Nelle Colline Pisane plioceniche, fu da me ritrovata a Or- ciano Pisano e in quelle di Volterra, e di queste due località ne ho potuto riunire numero sessantotto esemplari, dei quali al- cuni non sono in perfetto stato di conservazione. Il Gibbes dice pure di averla trovata nell’Eocene della Carolina settentrionale, ma guardando le fig. 159 e 160 della sua Tav. 27, poco esse ri- chiamano ]a specie dell’ Agassiz. STUDI SULL'OXYRHINA CRASSA LAWLEY 111 Ho più volte pensato nel tempo che studiavo questa OxyrRina crassa Agas. e ho detto fra me: se questi esemplari che ho rac- colto nelle nostre colline Toscane rappresentassero veramente le forme della dentizione che questa specie portava nelle sue ma- scelle, quali potrebbero essere quelle che teneva nella sua man- dibola? Mi sembra che ancora qualcuna di quelle forme si dovessero nelle nostre località fossilifere ritrovare, a meno che ambe mascelle non portasse che una sola forma di denti, cosa che per ora non sembrami poter ammettere, perchè ciò non mi fu dato riscontrare in nessuna dentizione che io conosca. E nessuna altra forma per ora fu ritrovata da potersi attribuire menomamente alle maadi- bole. Ora andrò esaminando un’altra specie essa pure dall’ Agas- siz scoperta, descritta, e figurata, che nelle nostre colline in al- quanta abbondanza ancora di essa rinvenni nelle mie esplorazioni. S.TUSDAl SPECIE OXYTRHINA QUADRANS, AGAS. Ancora dall’Agassiz venne stabilita questa specie, e al Vol. 3, pag. 281, ne fa la descrizione, mentre alla Tav. 37, fig. 1 e 2, egli la rappresenta sopra ad individui alquanto mutilati. La de- scrizione che egli ne dà resta assai concisa ed incompleta, il che può derivare appunto dall’avere avuto due soli esemplari ed assai guasti che sono giusto quelli che rappresenta nella sua tavola. Io pure parlai di questa specie nel mio lavoro “ Nuovi Stu- di ec. , alla pagina 28 e successiva e la dico comunissima nelle nostre colline Plioceniche, da dove ne ho potuto avere ben 140 esemplari di tutte l'età, e dimensioni, non escluso di avervi tro- vato ancora i denti in via di formazione. Il più piccolo fra quelli che io ritengo misura mill. 10 di altezza e mill. 13 di larghezza preso dalla base della radice, essendo questo il punto della sua maggior larghezza, perciò egli resulta più largo che alto. Dal suo aspetto e dalla sua forma raccorciata che egli ritiene ed essendo pure una forma non ben definita e spiccata, mi sembrerebbe uno di quelli, che nella dentizione di questa specie dovesse essere po- sto, in fondo delle fauci fra i piccoli ultimi; egli ha la punta STUDI SULL’OXYRHINA QUADRANS AGAS. 113 molto rivolta verso la sua faccia interna, ed il cono dalla faccia esterna trovasi essere in esso molto convesso, cosa osservata an- cora dall’Agassiz, perlochè egli lo cita come un carattere specifico. Da questa misura essi vanno crescendo fino al più grande che ho in collezione, il quale misura mill. 52, di altezza presa dalla punta a tutta la radice in linea retta, e mill. 52 di larghezza alla base della radice, dove si trova essere in esso la maggiore, egli ha un apparenza più svelta di molti, essendo gli altri quasi tutti più larghi che lunghi. Un dente mutilato nella sua radice sarebbe stato forse il più grande per darne la sua misura, ma per il suo difetto non resta possibile il farlo. Il cono di questo misura mill. 47 dalla base alla punta mentre, quello del quale ho più so- pra dato la misura, non è che di mill. 38, misurato nella stessa maniera, cioè dalla punta alla base del suo cono; dal che si vede quanto egli sarebbe stato più grande in lunghezza, se non gli mancasse la sua radice. Per la loro forma tutti questi denti poco differiscono l'uno dall’altro: perciò appena visto uno di essi, restando così carat- teristici, non è possibile il dimenticarli. Ora ne farò la diagnosi descrivendone uno fra i più rimarchevoli, e della grossezza me- dia che la maggior parte di essi ritiene. Alla Tav. 4, fig. 2, 2°, 2°, 2°, 2% dove venne rappresentato può vedersi essere un dente molto arcuato e grosso, come nella precedente, il cono del quale da una parte del bordo forma una curva sporgente in fuori, e dall’opposta porta una curva rientrante. Dalla faccia esterna egli trovasi in quasi tutti rela- tivamente piano, porta uno spigolo centrale mediano, formato dall’abbassarsi un poco che fa la sua faccia lungo esso, per quindi rialzarsi alquanto prima di giungere ai suoi bordi, presso i quali essa faccia si rialza per formarli. In molti denti trovansi mar- 114 ROBERTO LAWLEY cate delle pieghe e relativi solchi, ma conviene ricordare che tutti questi spigoli e depressioni non sono apprezzabili che per i ri- flessi che vi si formano, più che per essere essi veramente rile- vati, per cui la faccia in sostanza risulta piana. Hanno bordi taglientissimi, punta molto adunca ed acuta; la base del cono è più alta da questa faccia esterna della radice a cagione della pressione che la gengiva vi faceva. Alla base del cono esiste la solita linea di colore scuro prodotta dalla gengiva, che fa un angolo più o meno ottuso in essi, fino a che in qualcuno egli diventa retto. La radice alzando le sue due branche seguita ad essere al solito piana da questa sua faccia, la branca dal lato della curva sporgente in fuori, è ancora in questi denti la più alta; è perciò a ritenersi che ella fosse quella che restava dalla parte della sinfisi, come abbiamo riscontrato nelle viventi. La sua faccia interna invece è molto convessa, e presso l'unione del suo cono con la radice questa e molto rigonfia, e la traccia della maggior pressione della gengiva viene ad essere marcata parte sopra di essa, e parte sopra allo smalto del cono, alteran- done un poco la sua lucentezza. La radice come in tutti i denti degli altri Squalidi, seguendo per un poco l'andamento del cono si allarga, per andare quindi curvandosi ad incontrare la faccia dell’opposta parte che, come sappiamo è dritta, e quivi come in tutti i denti, ritrovasi la traccia del foro per cui passava l'atrofiz- zato nervo nutritivo. L'impressione della gengiva da questa faccia, interna scende assai più in basso che nell’opposta, dove fa l'angolo del quale ho parlato; in questo invece fa sul suo cono una rego- larissima curva, seguitandone la sua forma convessa. La radice sì trova pure essere notabilmente stiacciata alla punta delle sue due branche, in tutti i denti. 1 denti di questa Oryrhina quadrans Agas. richiamano molto STUDI SULL’ OXYRHINA QUADRANS AGAS. 115 alla memoria per la loro forma, quelli dell’ Oxyrkina crassa Agas. e la ditterenza che vi troviamo più spiccata fra l’una specie e l’al- tra si è che mentre il dente di questa trovasi essere equilaterale, quelli dell’ OxyrRina quadrans Agas. sono formati in curva; come ì denti della prima essi sono assai grossi e densi, in molti indi- vidui la radice dalla sua faccia interna, dove curvasi per andare a ritrovare quella della faccia esterna, vi si vede quella crepatura tanto particolare, che citai trovarsi posta nella crassa. Una particolarità che ritrovasi in molti di questi denti, è quella che invece di aver piana la sua faccia interna, la presentano con- cava, e la punta del dente per il suo alzarsi verso questa faccia, costringe il lato del suo bordo a portarsi in fuori per seguirlo, onde questo deve descrivere un elegante e flessuoso giro per rag- giungerla come può vedersi rappresentato nella Tav. 4, fig. 2°, 2°, dove perciò essi vennero espressamente disegnati. Mentre al- l'opposto trovansi alcuni denti che invece di presentare la loro faccia interna concava o piana, essa si presenta convessa, ed in questi la punta è dritta, non rivolgendosi sopra a nessuna delle due faccie, per cui la presentano di questa forma come disse l’Agassiz, che la diede come carattere di questa specie, il che poteva accadere benissimo avendo fatto la sua specie sopra due soli individui, i quali per di più si trovano in buona parte an- cora mutilati. Queste due particolarità che ho avvertito, con- viene che io faccia osservare non averle ritrovate che in individui che misuravano tutto al più mill. 30 di altezza, per cui possono essere detti fra i piccoli, e che per questa loro particolarità ri- terrei dovessero gli uni e gli altri trovarsi posti in una posizione determinata e costante dell'asse mandibolare dell'animale. Questi 140 esemplari che io ritengo in magazzino, n.° 67 pro- vengono dalla parte sinistra e n.° 73, dalla parte destra della mascella. 116 ROBERTO LAWLEY E se dovessi emettere un giudizio, il quale però io dichiaro fin d’ora molto avventato, direi, che i denti che formano questa spe- cie Oxyrhina quadrans Agas. facilmente dovessero occupare il po- sto della mascella di una stessa specie, e che i denti dell’ Oxy- rhina crassa Agas. non fossero che quelli posti sulla mandibola, e così queste due specie si dovessero riunire in una sola, formando una stessa e medesima dentizione, che dovrebbe secondo me por- tare un solo nome specifico. L’Agassiz al Vol. 3, pag. 281, parla di un dente che trovasi nel Museo di Calsruhe di provenienza ignota, ed alla Tav. 33, fig. 10, ne dà il disegno e fa la sua specie di Oryrhina retro- flera, costituendola per la particolarità con cui è voltata la punta, ma mi sembra in tutto avere la medesima forma della quadrans, e la sola differenza consiste nella suddetta, dalla parte dalla quale volta la sua punta; per questo può essere ritenuta per un'anomalia, come io crederei. L’Oxyrhina quadrans Agas., sì può a giusto titolo dire molto comune nel pliocene delle nostre Colline Toscane, e come vedesi, possedo di essa un buon numero di esemplari, dei quali una tren- tina in perfetto stato di conservazione. Ne ho trovati in Orciano Pisano, nelle argille del Volterrano, nelle stesse località nelle quali si trovano le altre specie già de- scritte. Il cav. Botti me ne ha mandati tre esemplari in comuni- cazione, provenienti dalla pietra Leccese, nei quali non seppi trovare differenza di sorta da quelli nostri pliocenici; essì erano di perfetta conservazione, non trovo citata dal Gemellaro questa specie come esistente in Sicilia, ma essendovi l’ Oryrkina crassa Agas., credo che debbasi ritrovarsi ancora questa essendo sempre da me stata rinvenuta consociata con essa. Il Gibbes pure non la cita, ma cita l’Oxyrhina crassa Agas., STUDI SULL'OXYRHINA QUADRANS AGAS. Ta l7d tuttavia per le osservazioni che feci sulle figure da lui riportate nella sua Opera, ritengo questa specie per dubbia. Non fu citata neppure da E. Sismonda fra i fossili di Piemonte. Ora andrò descrivendo un’altra specie. STE SULLA SPECIRK OXYRHINA GIBBOSISSIMA LAW. outro _—_—î Un singolarissimo dente presento alla Tav. 4, fig. 4 veduto dalla sua faccia esterna, ed alla fig. 4° vedesi rappresentato di fianco, onde si possa ben concepirne la stranissima sua forma. Fu da me proposto come specie sotto il nome di Oxyrhina gib- bosissima nel mio lavoro già più volte rammentato “ Nuovi Studi sopra ai Pesci ed altri vertebrati fossili delle Colline Pisane , fino dall'anno 1876, specie fatta sopra a due esemplari, i quali sono molto simili l’uno all’altro, ma non possono dirsi identici fra loro, e furono da me trovati in una delle tante gite che ho fatto in Orciano Pisano, a far ricerca di Conchiglie e resti di Pe- sci fossili. È un dente che si presenta oltremodo raccorciato, e le due branche invece di erigersi come negli altri denti, esse si stac- cano sporgendosi in fuori di parecchi millimetri verso la sua fac- cia anteriore od esterna, per cui la radice dalla sua parte supe- riore, viene a presentare un piano stiacciato sopra il dente stesso; una di essa al solito sì presenta più sviluppata e lunga dell’ altra, e questa sarà certamente quella che resta dalla parte della sin- fisi; ma non sapendo se tal dente appartiene alla mascella o alla STUDI SULL'OXYRHINA GIBBOSISSIMA LAW. 119 mandibola, non se ne può giudicare; si può dire però non trovarsi essere posto dalla medesima parte della curva formata dal cono del dente, come avviene negli altri di questo genere, e nei Car- charodon, ma dalla parte della sua curva rientrante, cosa ancora questa assai strana e bizzarra. La punta del cono essa pure ad un certo punto torcesi in tronco verso la sua faccia posteriore, cosa che dà alla sua figura sempre maggior aspetto raccorciato e gibboso; alla base del cono un ben marcato cordoncino di colore oscuro separa questo dalla sua radice formandovi un leggerissimo angolo ottuso dalla faccia esterna, mentre che dall’interna, fa- cendo una curva, va, a seguire la convessità di esso cono; i bordi lisci ed uniti del dente fanno chiaramente vedere che senza ve- run dubbio trattasi di un dente proveniente da una Oxyrhina. I bordi pure piegansi dove la punta del dente volta bruscamente, come dissi; essi pure volgendosi dalla faccia interna, fanno un angolo risentitissimo onde seguirla, e presso la base del dente sono assai taglienti, mentre verso la punta essi sono molto più ottusi, per cui lo sono meno; la punta mentre non può dirsi acu- tissima, tuttavia lo è assai. Il dente dalla sua faccia esterna misura mill. 25 di altezza dalla punta, compresa la radice, la sua larghezza e di mill. 26, misurato nella sua maggior estensione che trovasi essere presso la base del cono del dente. La radice che come dissi sì stiacca invece di elevarsi, forma un ripiano di mill. 19, per il suo senso minore e mill. 28 per l’altro sua più grande. La radice, come dissi per l’Oryrhina crassa Agas. ad una certa sua altezza mostra un’ assai profonda crepatura, la quale si ri- scontra ancora nella Oxyrhina gibbosissima, e come in quella re- sta dalla faccia interna. L’altro esemplare, il quale è molto più piccolo del descritto e 120 ROBERTO LAWLEY ancora esso assai raccorciato, è meno gibboso, meno irregolare, non ostante che come quello credo provenga da una dentizione simile, ma che potrebbe essere di un individuo meno sviluppato. La forma di questo dente, quantunque in esso si trovi così irregolarissima, nondimeno debbo convenire che richiama per molte sue particolarità la specie testè descritta dell’ Oxyrhina quadrans, Agas., e la rarità con la quale si rinviene, mi farebbe sospettare che ella potesse essere una qualche anomalia di quella dentizione, e perciò stimo meglio di averne fatta la sua descri- zione acciò venga constatato col tempo e con le ricerche, se ella abbia diritto a restare come una specie reale e costante, o debba venire dichiarata come una semplice anomalia di qualche specie di Oxyrhina. Essendo esaurito l’ esame di questa specie ora andrò proponen- done un’altra che fu fatta e descritta sommariamente nel mio più volte citato lavoro. SARIUZoNI SULLA SPECIE OXYRHINA FORESTII, LAW. Ancora questa specie pubblicai nel 1876, nel mio più volte citato lavoro “Nuovi studi sui Pesci ec., e fu da me fatta so- pra a due denti di una forma particolare provenienti da una dentizione ben differente di una qualche specie di Oxyrhina già descritta, ma davvero non oserei dire che essi non potessero tro- varsi portati in qualcuna di quelle, e non fossero piuttosto denti posti in qualche posizione speciale delle loro dentizioni per cui ammettendo questo caso, credo che essi dovessero essere posti verso i piccoli di fondo alle fauci; perciò ho voluto dar loro un titolo speciale, e rinnovare in questo mio lavoro con più detta- glio la loro descrizione, avendola fatta nel precedente molto som- mariamente sopra di essi, attendendo il giudizio che ne verrà dato da qualche giudice competente. Il mio amico dott. Foresti pure ne rinvenne uno nelle argille del Bolognese, che ebbe la gentilezza di mandarmi in comuni- cazione, per confrontarlo con i miei esemplari: esso si trovava corrispondere perfettamente con i suddetti. Uno dei due denti trovasi disegnato alla Tav. 4, fig.8 dalla sua parte esterna, ed alla fig. 3° vedesi il medesimo dente rappresen- 122 ROBERTO LAWLEY tato di fianco, questo è dei due il più grande ed il più caratte- ristico, ma disgraziatamente la faccia esterna della sua radice è un poco guasta, non tanto però da non concepirne la sua vera forma. La faccia esterna compresavi la radice misura mill. 22, l'altezza di questa sola si trova essere di mill. 12; lo spessore della radice, misurata dalla sua faccia anteriore alla posteriore, potrebbe essere fra mill. 10 e 12, non potendosi dare esatta per il guasto che già dissi in essa ritrovarsi; la larghezza alla base del cono del dente è di mill. 15, dal che si vede essere un dente portante grossissima radice in confronto del suo cono. La punta è acutissima e si rivolge dal lato della sua faccia interna, come avviene ai denti ultimi di fondo alle fauci; i suoi bordi sono taglientissimi, e presso la base si alzano assai al disopra della faccia esterna del dente, e mentre che la punta va voltandosi verso la destra, il suo bordo sinistro fa una curva flessuosa onde seguirla, tracciando una curva in fuori; dalla qual parte resta pure la branca più alta della sua radice. E quando sì potesse sapere se egli apparteneva alla mascella, o sivvero alla mandi- bola sarebbe subito riconosciuto se egli restava a dritta od alla sinistra della sua dentizione; chè queste due particolarità subito lo accerterebbero. Vedesi tracciare dalla radice sulla faccia esterna un angolo alquanto ottuso, ma in esso non distinguesi se delimitato dal so- lito cordoncino, per essere quivi il principio del guasto della ra- dice, come pocanzi accennai, ma osservando l’altro dente, si può dire che questo cordoncino non vi esistesse, non ritrovandolo nep- pure in lui; dalla faccia interna poi la radice forma un arco ro- tondeggiante per seguire la convessità che vien formata dalla sua faccia. In questo dente non trovandosi altre particolarità degne di osservazioni, in tutte le altre parti non citate uniformasi agli altri già descritti. STÙDI SULL'OXYRHINA FORESTII LAW. 123 Il dente più piccolo porta ancor esso i suoi due bordi presso la base assai rilevati; la radice quantunque molto grossa in pro- porzione del suo cono, pure non lo è tanto quanto nel già de- scritto, ed ha la branca della radice, che resta dal lato della sua curva che si volge in fuori, molto più sviluppata dell'altro mentre ambedue l’estremità di esse, invece di essere stiacciate come ne- gli altri denti, si trovano appuntate e rotonde. In ogni sua parte è conforme all’altro più grande già descritto. Questi due denti mi provengono dalle argille d' Orciano Pisano, località or mai divenuta celebre per la sua ricchezza non solo di conchiglie fossili, ma ancora per le tante forme di resti di Pesci fossili che mise in evidenza, non mai veduti prima d'ora nel pliocene. Prima di chiudere questo lungo dettaglio sulle Oxyrhine, mi piace palesare l’impressione ricevuta tutte le volte che mi sono dato ad esaminare e studiare le loro dentizioni. E se non poco effetto produsse in me i 150 denti che armavano le fauci del Carcharodon Etruscus Law., e la grossezza ed unitezza di forme di quelli del Carcharodon melagodon Agas., ripensando alla loro forza e potenza nell’afferrare la preda, non minore effetto mi produsse l'esame della mascella e dei denti delle OxyrRine che per l’acutezza loro, per la disparità di forme dovevano nel met- terli in opera cagionare lacerazioni assai più strazianti. Concludo quindi, che se la fossile Oxvyrhina Desoriù Agas., uguagliava in ferocia, come è a ritenersi, la vivente OwyrRina Spallanzanii Bonp, quanta maggior potenza non dovevano avere le altre fossili Oryrhine Agassizii, crassa, e quadrans per essere i loro denti an- che più grossi? MI CA, bia Vo WILL? CA ver, ì i VD! ir riga dl eee uc i Afef Y L sl Va Anze «re TA VOTA e a VIVENTE. OXYRHINA SPALLANZANII, BONP —sogtoo— TAVOLA PRIMA _——€& OXYRHINA SPALLANZANII, BONP. Fig. 1. Mascella dal vero dell’ Oxyrhina Spallanzanii ” ” » ” Bonp. metà della grandezza naturale . 2. Dente di prima fila sulla sinfisi della Mandibola veduto dal lato esterno . 2.* Lo stesso dal lato interno 2.° Lo stesso di fianco . a Dente impari dal lato esterno : 4. Ventinovesima vertebra dell’Oxyrhina SIL nii Bonp. . . Pag. 68 68, 72 68, 72 68, 72 70 74, 94 BONP OXYRHINA SPALLANZANII B Y hi 4 Hi R.LAWI 2 @ S £ i) = , G Re d) < (©) FOSSILE ba: _ OXYRHINA AGASSIZII, LAW. À : fl } ti ì è nni i i . » (Ea VO gl Fig. 1. Cinque vertebre in posto in tenacissima argilla . » » ”» TAVOLA OTTAVA O VERTEBRE DI OXYRHINA AGASSIZII, LAW. 2. Vertebra veduta di faccia . 3. La stessa veduta di fianco . i MES SI 4. Freccia di Silice verdastra trovata con le Vertebre. “MEas: Li » 94 94 94 94 RLAWI.EY OXYRHINA AGASSIZII. LAW T.8 A Manzella dis.elit Lit Ach Paris Firenze Mai r ME UR 1 PAIONO eli . T i » e e. ) | | NA n | = nÒ 5 \ È Ù | a | n; i P I : a] DO (è AI0a 27 La PERO Si FOSSILE OXYRHINA AGASSIZII, LAW. _TDDR—_——_ SEZIONI tor Ut a door TAVOLA NONA arr OXYRHINA AGASSIZII, LAW. Sezione ingrandita di dente fossile veduta di fronte. Idem di fianco. . Sezione di Vertebra . . Sezione di Mascella di fronte . Idem di fianco. Pag. 102 » 103 ; 108 , 104 , 104 LAW. OPAIRICUINTARZAGYASISIZZIO R. LAWLEY Lit. Ach Parìs, Firenze A .Manzella dis. e lil du A NESLELA 10. SE ag FOSSILE i US OXYRHINA DESORII, AGAS. Sezione longitudinale di un dente della sinfisi della TMANIPOlaKtt = lee e e ee e reo RA 2. Trasversale del medesimo dente . . . . . . . 3. Longitudinale del quarto dente della mascella . . , 4. Longitudinale del quarto dente della mandibola. . , 5. Longitudinale dell’impari della mascella . . . . |, 6. Longitudinale dell’impari della mandibola. . . . , TAVOLA DECIMA DNS SEZIONI DELL’ OXYEHINA DESORII, AGAS. DENTI INGRANDITI DEL DOPPIO 90 90 90 90 90 90 e’... snR e e NR Re I A e Re RR kt eee Ta JT 9:SIp E]eZUENY AHIMVI & deri scad #00 mi FOSSILE OXYRHINA QUADRANS, AGAS. SEZIONI TAVOLA UNDECIMA arr SEZIONI DELL’ OXYRHINA QUADRANS, AGAS. INGRANDITE DEL DOPPIO. r . Sezione di un dente della sinfisi nel senso trasversale. DO — . Longitudinale dello stesso. . Trasversale per grossezza dello stesso. . Longitudinale dell’ apice della Fig. 2, per completarlo. 3 o 0 92091) SUPg UT UT ‘NT9/SIp EAZUEN Y [NBA ‘sv9v ‘SNVUOYVNO VNIHHAXO ATTIMVTÙ si STUDI — GENERE GALEOCERDO, NULL. EV HENLE SUL e» In “el nd è SHE DE SUL GENERE GALEOCERDO, MULL. ET HENLE Il genere Galeocerdo venne proposto dal Miller et Henle, ma non è che uno smembramento di alcuni pesci della famiglia degli Squalidi, che erano prima dal Cuvier inclusi nel genere Galeus. Questa separazione venne da loro proposta, servendosi per di- stinguerlo dal Galeus, delle differenze che trovansi esistere nella dentizione di qualche specie di esse, le quali vengono riscontrate costanti e ben caratteristiche; è perciò da ritenersi il genere per ben stabilito; fu per questa ragione che appena venne esso proposto, da tutti fu accettato. E mentre che i denti dei veri Galeus si trovano al loro bor- do anteriore del tutto liscie e privi di dentellatura, non avendo che qualche dentello sulla loro parte posteriore presso l’incavo che essi vi tengono, quelli del genere Ga/leocerdo invece, sono dentellati per tutto il loro contorno, ma però questa dentella- tura si trova in essì spartita in maniera inegualissima, e mentre la base del dente, ritiene la dentellatura molto marcata e forte, la punta del cono, ed il cono stesso la presentano molto più fine. Il Miller et Henle mantengono il genere Galeus per le specie a denti piccoli, quali sono il Galeus canis Rond. e Galeus 9 126 ROBERTO LAWLEY japanicus Mill. et Henle, mentre propongono le due specie, tigri- nus Mill. et Henle, ed articus Mill. et Henle di ritenerle come Galeocerdo, le quali specie oltre ad avere per tutto il contorno dei denti la seghettatura in questione, portano dei denti molto più grandi delle due prime specie citate. L’Agassiz propone la sua specie fossile di Galeocerdo minor Agas. per alcuni denti molto somiglianti al vivente Galeus canis Rond., e dice che essi sembrano privi di dentellatura sul cono del loro dente, o seppure in essi vi si trova, l’ hanno appena vi- sibile ed incerta. Nel nostro pliocene ritroviamo con frequenza, denti analoghi a questa specie Galeocerdo minor Agas., i quali pure sono privi di dentellatura sul bordo del loro cono, ed in qualcuno, piuttosto, troviamo in tal posto una leggera sfrangia- tura prodotta dall’incontro che fa lo smalto delle due faccie an- teriore e posteriore in quel punto il quale così incontrandosi dà una incertezza al contorno del dente, restando lo studioso perciò incerto se debbasi essa ritenere per una qualche indecisa dentella tura; ma del resto, osservandola con una lente ancora di piccolo ingrandimento, si resta subito ben persuasi che non si può rite- nere per tale, perchè essa dovrebbesi rilevare dalla sua unitezza, e dalla marcata distinzione dei suoi dentelli che ha sul bordo del cono. Questa notabile differenza, che per ora costantemente si man- tiene senza eccezione, citata è vero, con un poco d'incertezza dall’Agassiz, ma che egli pure ritrovava in quelli da lui esami- nati, mi farebbe ritenere che il conservare il genere Galeus per essi, sarebbe cosa ben fatta, e perciò adattata; andrò dunque ponendo fra parentesi ed aggiungendo (Galeus), al genere Ga- leocerdo, ogni qual volta un dente di quel genere mi si presenti occasione di citare. STUDI SUL GALEOCERDO MiLL. ET HENLE 127 Dei denti di Ga/eocerdo, secondo ciò che dice l’ Agassiz, non avendo avuto per mio conto la possibilità di procurarmene nessun esemplare vivente; come pure non ho mai potuto neppure avere che per pochi momenti, in altri tempi, una testa ischeletrita di Galeus canis Linn. (che trovasi presso il Museo di Firenze, e che sotto speciosi pretesti costantemente era negata, per ragioni che non voglio indagare). E giacchè fortuna mi fu avara, nè mi concesse di poterne mai fino adesso trovarne un individuo, che mi rendesse indipendente comprandolo, dico sulla fede del- l’Agassiz, che i denti di Ga/eocerdo vivente sono eguali nelle due mascelle, e quasi alti quanto larghi; portano curva sviluppata in fuori sulla parte anteriore del dente, mentre la parte poste- riore di esso, è molto incavata, e giust'appunto nell’incavo presso il cono del dente, trovansi posti i dentelli più grossi, che vanno diminuendo in seguito, fino che essi si congiungono con la ra- dice; invece sopra tutto il contorno del dente stesso, la seghet- tatura è marcata da dentellatura più fine, e specialmente in tal modo ritrovasi nella sua punta. La faccia esterna è piana, quella interna è più o meno convessa. La radice non ritrovasi essere molto spessa o densa, essa è in generale concava e parallela alla base della corona. I denti impari, che in ambe le mascelle ri- trovansi centrali, nel Ga/eocerdo articus Mill. et Henle sono sen- sibilmente più piccoli degli altri, ma hanno quasi la stessa forma, sia nella mascella dove si ritrovano esser alquanto più grandi, sia nella mandibola, dove essi sono assai più piccoli. Il cono del dente porta un lucido e brillante smalto, mentre la radice spon- giosa come negli altri Squalidi, ne è del tutto priva. Ma ciò che prova che i generi Galeus e Galeocerdo sono vera- mente ed essenzialmente differenti da altri Squalidi, e che perciò questi generi sono stabiliti sopra una base certa, e non solo su 128 ROBERTO LAWLEY differenze di dentizioni, nasce appunto dall’ esame interno delle preparazioni microscopiche, alle quali devesi ben certamente an- nettere una non piccola entità. . Queste preparazioni microscopiche mostrano che nel pieno della dentrina del dente in ambedue i generi si ritrova un vuoto conico interno che va seguendo la forma esterna del dente; dal centro di tal vuoto sembrano partirsi le diramazioni dei canali che ne formano la sostanza della dentrina del dente stesso, a differenza dei denti di Carcharodon, nelle cui preparazioni microscopiche i canali, partendosi dalla base del cono del dente si possono con l’occhio seguire per tutta la loro lunghezza e le loro infinite sud- divisioni, mentre nei Galeus e nei Galeocerdo i canali vengono a formare un angolo e per poco possono essere essi seguìti nella ristretta grossezza della dentrina che resta dal vuoto alla parte esterna del dente. La radice dei Ga/leus e dei Galeocerdo è pure formata da den- trina di grana molto più grossolana, come trovansi essere for- mati i denti nei Carcharodon, cosa che ho già fatto osservare; ed in essa pure trovansi sparsi i molti numerosi vuoti che vi si vedono di forme incostanti e di variabile posto ben differenti dalla cavità che vedesi posta nel centro del dente, e di questi vuoti potremo farcene una giusta idea esaminando la Tav. 2, ove furono disegnate molte di queste sezioni delle diverse specie. Ancora l’Agassiz alla Tav. 0, vol. 3, dà una preparazione mi- croscopica che nella detta Tav. fig. 1, mostra la sua sezione ver- ticale presa nel senso della maggior larghezza del dente, ed alla fig. 2 è la sezione verticale per la parte della minor grossezza di un dente del Galeus canis Linn. mentre ne fa il dettaglio al Vol. 3, pag. 303, ed alla stessa Tav. O, fig. 3 dà pure la sezione microscopica di un Galeocerdo aduncus Agas. parlando al Vol. 3, pag. 304, delle differenze che vi trova con la specie prima citata. STUDI SUL GALEOCERDO MiiLL. ET HENLE 129 Dall'attento esame delle specie fossili posso arguire che i denti pure dei viventi debbono avere alcuni caratteri in comune. Dal ritrovare che nei fossili al solito posto dal lato della loro faccia interna, nella radice esiste la traccia dell’atrofizzato nervo nutri- tivo che curò la formazione del dente stesso, devesi pure rite- nere avvenire ciò nel vivente; e per questa parte non rinvenirvi nessuna differenza da quelli di Carckarodon, nè da quelli delle Oxyrhine. Ritengo pure per fermo che i denti del Galeocerdo debbano essere ancora essi formati nella grossezza della gengiva, e nel- l’ultimo rango, cioè quello più immerso nella medesima, per cui il più accostante alle mascelle, vi si debbano ritrovare i denti in via di formazione, come nei due generi citati; e parimente non debbasi sulle mascelle stesse dei viventi trovarsi nessuna traccia di alveolo. Avendo riscontrato che nei fossili si trova nella massima parte dei denti un ramo alquanto più alto e sviluppato, quantunque esso lo sia meno che nelle OxyrRine, provenendo ciò dalle diffe- renti forme che essi portano; dico che questo ramo più svilup- pato debba essere posto dalla parte che guarda la sinfisi, e la curva sviluppata in fuori, debba essere posta dallo stesso lato come nei due generi poc’ anzi citati, e perciò lo stesso debba avvenire nelle specie viventi, quantunque io non abbia avuto luogo di riscontrare questo fatto sopra ai loro scheletri. Gemmellaro nelle sue ricerche sui pesci fossili della Sicilia, sem- bra non aver avuto occasione di riscontrare altro che un Galeocerdo, e per trovarlo differente da quelli descritti, ne fa la sua nuova specie Galeocerdo Sismondae, del quale dirò in breve, per averne riscontrati molti esemplari ancora nelle nostre colline pisane. Eugenio Sismonda nel suo lavoro , Descrizione dei pesci e dei 130 ROBERTO LAWLEY crostacei fossili nel Piemonte, mentre non vi cita nessun Ga- leocerdo, nell’appendice che pochi anni dopo vi fece a pag. 12, cita il Galeocerdo aduncus Agas., e quantunque egli vi trovi al- cune differenze, non le crede sufficienti per formarne altra specie. Sembra che il Gibbes fosse più fortunato nelle ricerche, di questo genere, e tanto nell’eocene della Carolina del Sud, come nel miocene del Maryland egli ne abbia avuti in abbondanza, e dopo avere riscontrato tutte le specie fatte dall’Agassiz, pro- pone il suo Galeocerdo contortus Gibbes, per alcuni denti dove trova differenze per costituirli in specie distinta. Furono in assai discreta abbondanza ritrovati nella pietra lec- cese dal Cav. Botti, direttore del Museo Provinciale di Lecce. Il Dott. Foresti rinvenne questo genere nelle argille del Bolo- gnese, e me le passò in comunicazione qualche anno addietro. Tutte le località fossilifere Toscane mi fornirono in quantità esemplari di questo genere. Il Dott. De Stefani mi donò un esem- plare di Ga/eocerdo aduncus Agas., proveniente da Monsindoli presso Siena. Ed altri esemplari ne furono rinvenuti dal Prevosto Antonio Ferretti nelle argille del Reggiano. Perciò devesi con- venire essere un genere largamente rappresentato nel pliocene, e nel miocene egli pure vi si mostra, se non in tanta abbondanza, almeno con frequenza. Avendo fin qui per quanto mì è stato possibile, trattato sopra il genere Ga/eocerdo, ora darò qui sotto la descrizione che fa il Bonaparte del Galeus canis Lin. per non potere dir nulla di mio intorno a questa specie, onde così mettere in confronto questi due generi che molto e in quasi tutto si assomigliano. » Corpo fusiforme, mediocremente allungato. Capo grande spor- gente in un muso depresso, lunghetto. Occhi grandi, più vicini alle aperture branchiali che alla punta del muso. Fessure degli STUDI SUL GALROCERDO MiLL. ET HENLE 131 spirali piccole, orizzontali, bislunghe, collocate dietro agli occhi. Narici anguste quasi lineari poste presso il contorno del capo, poco distanti dalla bocca, con una piccola valvula rivolta orizzon- talmente all'indietro, inserita sul lembo anteriore, e presso questa un’ appendice tenue, larga, breve, concava, quasi rettangolare, rivolta verso l'interno; il lembo posteriore quasi uniformemente incurvato verso l'interno. Bocca tagliata ad arco acuto, ampia, collocata di mezzo fra le aperture branchiali e l’apice del muso, con una piega di figura parabolica presso l’uno e l’altro de’ suoi angoli, e fra l'angolo e il ramo esteriore della piega una traccia d’appendice linguiforme orizzontale rivolta all’ indietro. Denti disposti in due o più file, piatti, triangolari, con la punta acuta inclinata verso l’angolo della bocca; immediatamente al di sotto della qual punta evvi sul margine di quel lato un angolo rien- trante piuttosto profondo, e tutto il tratto inferiore a questo è occupato da una serie di dentelli acuti, decrescenti a gradi dal- l'alto al basso: il margine esteriore è privo affatto di dentelli. Dente di mezzo dell’una e dell’ altra mascella retto, unicuspide, con que’ lobi ottusi un di quà, un di là verso la base. I denti prossimi a questo men grandi dei laterali e con le punte men inclinate, oscuramente lobati alla base del solo margine este- riore. Ano che si apre alla metà del corpo o poco dietro, in ispecie nelle femmine. Pinne, eccettuata la caudale, piuttosto piccole, cuneiformi a rovescio, troncate obliquamente. Le petto- rali hanno origine al di sotto della quarta apertura branchiale. Dorsali inermi, crasse presso la base, alternanti con le pettorali e le ventrali. L'anale opposta alla seconda dorsale. Caudale con due lobi distinti, il superiore basso col tratto terminale cunei- forme a rovescio troncato obliquamente, l’ inferiore orecchiuto tanto risentitamente che può dirsi biforcato. Tubercoli che ri- coprono la pelle fittissimi, ovati, depressi, unicuspidi ,. 132 ROBERTO LAWLEY Come vedesi bene, questa diagnosi è molto più utile per l'it- tiologia, per riconoscere cioè il pesce intero, di quello che possa servire al Paleontologo, ma non avendo potuto far meglio, spero che in qualche altro lavoro mi si presenterà occasione di poter essere ad esso più utile. Non avendo più nulla ad osservare sopra alle cose generali di questi generi passerò allo studio individuale delle specie che a questi possono essere riportate e ne farò la loro descrizione Esse provengono tutte dalle nostre località plioceniche. » SPEC IBS GALEOCERDO ADUNCUS. AGAS. Agassiz dice che questa specie sotto molti aspetti assomiglia ai denti del vivente Galeocerdo articus Mill. et Henle dei mari boreali; e di questo a Tav. E. fig. 5-6 del Vol. 8, tratto da un disegno dato, dallo stesso autore della specie, ne esibisce un altro in contorno. Nè davvero sarei lontano dal credere, che messa a confronto con qualcuno dei denti del vivente, si venisse a riscontrare questa forma fossile rappresentata fra quelli della sua dentizione. Quello che io posso asserire, è che le nostre località plioce- niche sono ben lontane da fornire in molt’ abbondanza questa forma di denti di Galeocerdo, in proporzione delle altre forme delle quali si ritrovano a migliaja, come avrò da osservare de- scrivendole. Questo dente leggermente adunco, come ben lo qualifica il suo nome specifico, si può vedere alla mia Tav. 1, fig. 1; esso è quasi lungo quanto largo, il margine dalla sua parte anteriore, si pre- senta alquanto ricurvo in avanti, mentre all'incontro, il margine posteriore presenta larga e profonda intaccatura, che forma quasi 134 ROBERIO LAWLEY un angolo retto con il cono medesimo; in questo punto restano i dentelli grossi, e ben marcati, che in numero di cinque a sette diminuendo in grandezza, vanno a congiungersi alla radice; il resto del contorno è marcato con dentellatura molto irregolare, ed in alcuni punti appena visibile; dalla sua faccia esterna è al solito relativamente piano, mentre dalla opposta faccia interna trovasi essere assai convesso, la punta nell’ essere molto acuta è leggermente piegata sulla sua faccia esterna. La ralice è assai alta ed incavata, come vedesi nella fig. 1.* e 1." della Tav. 1, e discende sulla faccia esterna assai più in basso, descrivendo una leggera curva meno regolare di quella che lo sia sulla faccia interna, dove per la sua convessità, forma una curva molto più marcatata. Una delle branche della radice, e giust’ appunto quella che resta sopra alla curva in fuori, trovasi più alta e sviluppata del- l’altra, come ebbi a osservare nei generi Carcharodon e Oxyrhina. Essa pure, dalla faccia esteriore, si trova seguire piana l’asse stesso del dente mentre dal lato interno, seguito che abbia il maggior sviluppo, piega subitaneamente per andare ad incon- trare la radice dalla faccia esterna, per la qual cosa è costretto a formare un angolo; ed in questo punto trovasi marcato il posto dell’atrofizzato nervo nutritivo, come riscontrasi avvenire nei due generi citati. To di questa specie conto un numero ben limitato di esem- plari, che mi provengono da Orciano Pisano; un individuo lo debbo alla gentilezza del Dott. De Stefani, che trovatolo nella citata località di Monsindoli presso Siena, me ne fece un dono. Il mio amico Dottor Lodovico Foresti ne trovò nelle argille di S. Lorenzo delle Colline presso Bologna. Eugenio Sismonda lo ha rinvenuto nella Pudinga miocenica delle colline di Torino. GALEOCERDO ADUNCUS AGAS. 135 L’Agassiz lo cita proveniente dalla molassa di Wurenlos, e da qualche altra località. Ed il Gibbes lo raccolse pure nelle solite sue località Americane. Per il ristretto numero che io ne ritengo, non potei di questa specie fare nessuna preparazione microscopica, ed a tal oggetto rimando, quando ve ne fosse ne- cessità, a quella fatta dall’Agassiz e rappresentata alla citata Tav. 0, fig. 3, Vol. 3. ISS SPEGHEBI. DE GALEOCERDO EGERTONI, AGAS. Sinonimia. Cora Egertoni Agas. Carcharias minor Agas. L’Agassiz al Vol. 3, pag. 228, Tav. 86, fig. 6 e 7 descrive e igura col nome di Corax Egertoni un dente, del quale non avendo egli sott'occhio che un disegno, restava in dubbio, se doveva essere posto fra i Corax od i Galeocerdo. Ora essendosi riscon- trato che denti di questa specie portano il caratteristico vuoto dentro il cono, così essi devono perciò essere riportati fra i Ga- leocerdo, come faceva pure osservare l’ Agassiz alla pagina citata. Dente cordeiforme con curva sviluppata in fuori, al sno bordo anteriore, come si può benissimo vedere alla Tav. I, fig. 2, 2?, 2*, 2°, espressamente disegnato per rappresentare questa specie, mentre dall’altro bordo interno, forma una curva rientrante, dove ritrovansi più marcati i dentelli presso l’alto della curva; ma però è da osservare, che nella dentellattura di questa specie, ora in questione, non vi si rinvengono differenze molto marcate per trovarsi questa disposta più unitamente per tutto il con- torno del suo cono. La punta, che è acutissima, si volta legger- mente in fuori verso la faccia esterna, e quantunque di poco, trovasi la dentellatura essere assai più fine. Altro esemplare di questa specie trovasi pure disegnato alla Tav. 3. fig. 7 e 7°. La faccia esterna del dente è essa pure relativamente piana, mentre quella interna, è all’opposto alquanto convessa. La ra- GALEOCERDO EGERTONI AGAS. 137 dice dal lato esterno si mantiene assai regolare e parallela e non discende molto sul cono di esso, formando però un leggero angolo ottuso; ma dalla sua faccia opposta, cioè interna, scen- dendo più in basso, forma con il suo cono, una curva molto ro- tonda, seguendo la convessità dello stesso. Il dente trovasi sem- pre più largo che alto, il che lo rende all'occhio di forma assai piana, e la radice, quantunque porti una branca più dell’altra sviluppata, pure la differenza non è tanto marcata. La branca più alta trovasi in questo dente essere posta dalla parte ante- riore, come nella precedente specie. Dalla parte interna della radice al solito posto ritrovasi, come nelle consimili specie, il segno per dove passava l’'atrofizzato nervo nutritivo, come chia- ramente riscontrasi alla Tav. 1. fig. 1°. Come vedesi dalla Tav. 2, dove ho fatto rappresentare le pre- parazioni microscopiche di diverse specie, la fig. 1, mostra quella del Galeocerdo Egertoni Agas. riprodotta tre volte maggiore della sua grandezza naturale, da dove vedesi che l’ interno vuoto, il quale risulta di forma triangolare, dal lato della sua base segue parallela e dritta l'andamento della radice stessa, mentre i suoi due lati vanno unendosi assieme verso l'apice del dente, seguendo uniformemente l'esterno contorno di esso, lasciandovi un sodo per ogni verso, per costituirvi la sua solidità; il vuoto centrale che vi si è formato risulta di doppia grandezza del suddetto suo pieno. Il sodo è all'occhio, elegantemente vellutato dal fitto ed unito ammasso dei tubi disposti a raggio che l'hanno formato, e che insieme uniti vanno a terminare quasi vicino allo smalto, for- mato questo pure da più fini e serrati tubetti ancor essi disposti l'uno accanto all’altro. I piccoli dentelli marginali non hanno nessun vuoto apparente. Nè nella grossezza formatasi all’interno 135 ROBERTO LAWLEY del dente vi si vede nessun canale più marcato e grosso l’uno del- l’altro. La radice che non è molto grande si vede formata da deu- trina assai ordinaria al confronto del resto del dente, dove ser- peggianti si vedono dei canali che la formarono, e dove pure ritrovansi dei più o meno grandi vuoti in essa restati, ma che non hanno nessun rapporto con il vuoto centrale nè fra loro, essendo disposti nella radice senza veruna continuità nè avendo essi nessuna forma decisa e simile. Alla fig. 1° della citata Tav. 2 vedesi la preparazione di un dente di questa specie eseguito per il senso longitudinale, della minor sua grossezza dove riscontrasi tutte le stesse particolarità già descritte di sopra le quali non starò qui a ripetere. La fig. 1° essa pure rappresenta la sezione di un dente, veduto orizzontal- mente, dalle quali sezioni ben si ravvisa la diversa forma che assume il vuoto centrale. Il Galeocerdo Egertoni Agas. è certamente la specie più co- mune che trovasi di questo genere nelle colline Pisane; ne ho trovate da per tutto in grande abbondanza, da possederne assai più di un migliaio, dalle località di Orciano, Peccioli, Volterra e Siena. Eugenio Sismonda, nel suo ora mai tante volte citato lavoro a pag. 31, parla e descrive un Corax pedemontanus. E. Sism. e la figura che dà alla Tav. 1, fig. 19-24 veramente richiama la specie ora in quistione; ma avendola trovata del tutto piena nel suo interno, lo ha determinato a disporlo nel genere Cora», e per le differenze che egli dettaglia nella sua descrizione, lo ha denomi- nato pedemontanus. Il Gibbes pure lo riscontrò in America, e lo dice ancora esso molto abbondante a Richmond e Virginia, e nel miocene del Ma- ryland. SAPrERC Iene GALEOCERDO SISMONDAE GEMELLARG Il Gemellaro, come già dissi, fece questa nuova specie dandone la descrizione a pag. 18 del suo già citato lavoro, figurandola alla Tav. 1, fig. 7°. Ma da quella figura si vede bene quanto l’esem- plare sul quale egli la formò era in pessimo stato di conserva- zione, e quanto esso fosse guasto nella sua radice. Da quello che egli ne dice sembra essere molto rara in Sicilia, e che di questa specie non ne avesse altri esemplari. To ho creduto potere identificare ad essa molti esemplari dei quali ora andrò a darne la descrizione. Dente cordiforme, e di poco più largo che alto, la faccia esterna è relativamente piana, ed in questa, nel centro, si vede un piccolo rialto, al quale al- cune volte fanno seguito diverse pieghe, le quali dalla base del cono dirigendosi verso l’apice del dente, quasi alla sua metà, vanno disperdendosi ed obliterandosi, mentre il rialto centrale, del quale fa cenno il Gemellaro, seguita a mostrarsi fino al- l'apice stesso. La faccia interna invece trovasi come nelle altre specie assai convessa, e da questa parte discende la radice più in basso sul cono, di quello che discenda sulla faccia esterna, fa- cendovi al solito una curva. Non è difficile ancora che dalla parte della faccia interna vi si veda qualche traccia di pieghe. Il bordo anteriore del dente leggermente arcuato in avanti, 140 ROBERTO LAWLEY sul lato opposto forma un angolo assai rientrante, la dentellatura del suo margine, come la descrive il Gemellaro, è d’ambo i lati uniforme, ed ingrossa avvicinandosi alla radice. Questa presenta poca altezza e non è tanto incavata al suo centro; in essa ancora al consueto posto trovasi la traccia dell’atrofizzato nervo nutritivo; la branca che più alta e sviluppata in essa, resta al solito dalla parte del bordo anteriore. Alla Tav. 1, fig. 3, 3°, 3*, fu da me fatta di- segnare questa specie in tre diversi sensi, onde meglio se ne con- cepisca la sua forma. Alcuni denti di questa specie si mostrano essere assai più svelti del Galeocerdo Egertoni Agas.: ma però, come ebbe a dire lo stesso Gemellaro, bisogna convenire che ella vi abbia molta analogia; nè mi farebbe specie, che alla fine po- tesse venir constatato che egli non fosse che un dente dello stesso Galeocerdo Egertoni Agas. che più svelto, e segnato con pieghe, stesse in una data posizione particolare nell’asse mandibolare, per modo da doverlo dichiarare la stessa specie. Alla Tav. 2, fig. 2, vedesi rappresentata la sezione, onde potere apprezzare la forma dell’interno vuoto centrale di questa specie Galeocerdo Sismondae Gemell. Come vedesi, esso non è triangolare, come nella specie precedente, ma invece è quasi di forma semi- circolare, e la corda dell'arco resta posta parallelamente alla base della sua radice. Il sodo di questo dente specialmente verso il suo apice resta assai maggiore, e perciò la sua consistenza deve essere più grande che nell’altra specie che poc'anzi descrissi. Nella sua radice non trovasi tanta differenza di formazione di grana; ma invece più omogenea con la restante porzione soda, lascia al solito diversi vacui, indipendenti ancor essi dal vuoto centrale; il sodo, per la stessa ragione che nella preparazione già descritta, presenta lo stesso vellutato, e non vi si riscontra nessuna differenza nella sua formazione. GALEOCERDO SISMONDAE GEMELL. 141 Questa specie il Gemellaro l’ebbe dal calcario-nummulitico dei dintorni di Pachino (Provincia di Noto), ed io la rinvenni a Or- ciano, Volterra, e a S. Lucia presso Siena, unita e frammista alla precedente specie. SPE GALEOCERDO ETRUSCUS LAV. Sinonimia. Carcharodon minimus, Les. Nel mio lavoro , Nuovi Studi sopra ai Pesci ed altri vertebrati fossili delle colline Toscane, a pag. 24 ritenni poter classificare un numero non indifferente di denti; centocinquanta circa, fra i Carcharodon chiamandoli col nome minimus Law. per essere essi piccolissimi, ma imitando perfettamente le forme del Carcharo- don megalodon, come si può benissimo riscontrare alla Tav. 3, fig. 2, 2°, 6, 6°, mentre alla medesima Tav. 3, fig. 1, 3, 4, feci rappresentare la stessa specie, ma di esemplari che presentavano qualche piccola differenza, però non tale da poterli ritenere per specie distinta. Ma avendo però di alcuni esemplari di questa specie fatto di- verse preparazioni microscopiche, mi dovei persuadere che invece di appartenere essi al Carcharodon dovevano essere posti fra i Galeocerdo, per avervi trovato internamente il noto caratteristico vuoto centrale di questo genere. E trovando ancora che il distin- tivo di minimus non era più adattato a questo dente una volta che sì poneva fra i Galeocerdo, credei bene di cambiarlo propo- hendo per esso quello di Etruscus. GALEOCERDO ETRUSCUS LAW. 143 Dente equilaterale di mill. 17 di altezza, compresa la radice, sopra ad una larghezza di mill. 12; piano dalla sua faccia esterna, convesso da quella interna; l'impressione della gengiva scende assai più in basso da questa faccia, di quello che discenda nella esterna; la radice ritrovasi assai grossa in proporzione del dente; essa rialza ben poco le due branche delle radici, le quali sono ambedue ugualmente sviluppate; esiste il solito segno per dove passava il nervo nutritivo del dente. Porta dentellatura per tutto il contorno del suo bordo quasi unita, ma verso la base del cono essa resta di poco più marcata. Sopra alla faccia esterna porta ben spesso un leggero rialto, come descrissi per il Ga/eocerdo Sismondae Gemell. susseguito da qual- che traccia di leggere pieghe, che vanno disperdendosi verso la metà del cono stesso. A Tav. 8, fig. 8, 9, 10, dove sono figurate tre preparazioni mi- crospiche, rilevasi dalla fig. 8 che il vuoto centrale ritiene ancora in questa specie la solita forma triangolare, con la sua base pa- rallela alla radice; e mentre il sodo del dente è alquanto più grosso che nella specie già descritta, il suo vertice protraendosi si avvicina molto più verso l'apice del dente stesso; però è da os- servare ancora che questo vuoto essendo assai più ravvicinato alla faccia sua anteriore che alla posteriore, in alcune delle pre- parazioni avendolo superato, assumono l’aspetto che vedesi nella fig. 9. Dalla preparazione disegnata alla fig. 10 si può vedere al- tra sezione per il senso della minor grossezza di un di essi. Del resto da questi tre disegni, ben rilevasi che l’interna co- stituzione microscopica di questa specie non differisce per niente dalle altre già descritte. Questa specie abbonda tanto a Orciano Pisano, quanto a Vol- terra e Siena; dalle quali località ritengo quelli che sono nella collezione. 144 ROBERTO LAWLEY Il dott. Lodovico Foresti ne ha trovati nel Bolognese, nelle sabbie gialle di Zolapedrosa. 1l cav. Ulderigo Botti me ne mandò due esemplari in comunicazione, i quali aveva raccolti nella pie- tra Leccese, che sappiamo, essere dell'epoca miocenica. Ancora Don Antonio Ferretti di San Ruffino, ne ha trovati nel Reggiano, nella località detta Tellina, che trovasi nell'alto Ap- pennino, nella roccia chiamata dal suddetto, Calcare cristallino, essa pure dell’epoca Miocenica-Media. SEELC'LTECDA GALEOCERDO CAPELLINII LAW. Questa specie di (aleocerdo, da me proposta col mio scritto pubblicato nel 1876, è senza dubbio la più bella e distinta fra tutte le altre di questo genere; ed una quarantina di esemplari di questi denti là stanno a rappresentare nella mia collezione, dei quali la maggior parte provengono da Orciano Pisano, quantunque ne trovai anche diversi individui nelle argille di Volterra. Essa sì può vedere rappresentata alla Tav. 1, fig. 6, 6", 6°, dove fu disegnata a grandezza naturale. Il più grande individuo mi- sura in altezza mill. 28, sopra una larghezza di mill. 30. Questo dente porta una curva al suo lato anteriore sviluppatissima, e l’apice del cono molto piegato verso il hordo posteriore, questo invece forma un angolo rientrante pronunziatissimo, dove dal cono alla radice sono disposti, decrescendo al solito, da 7 a 11 den- telli più grossi e marcati di quello che non lo sieno sul resto del loro bordo. Tutti i dentelli che su questi si trovano posti riten- gono una figura semicircolare, e sul suo perimetro vedonsi pure marcati finissimi e regolari dentellini a modo di frangia. La faccia esterna è relativamente piana, mentre quella interna trovasi molto rigonfia e convessa; l'impressione della gengiva di- scende sopra questa assai più in basso, formando un angolo ot- 146 ROBERTO: LAWLEY tuso, di quello che discenda nell’esterna faccia, che forma perciò quasi una linea retta. La radice poco alta dal lato esterno, è grossa e più alta dall’ opposta parte; essa trovasi molto incavata nel centro, e le due branche, della quale l'anteriore lo è maggior- mente, sono ambedue assai rilevate. Al solito luogo trovasi mar- cato il segno per dove passava l’atrofizzato nervo nutritivo. La fig. 5, 5°, della Tav. 2 ne rappresenta l’ interna costituzione per mezzo di due preparazioni microscopiche, una delle quali nel senso della maggior larghezza del dente, l’altra per quella mi- nore. L’interno centrale vuoto, è come in quasi tutte le altre specie di forma triangolare, seguendone la forma esterna del con- torno, ed avendo la sua base parallela a quella della radice. Però il sodo risulta minore dalie altre specie misurando solamente la sesta parte del vuoto. Nella formazione della sua radice di cui la grana ne è più grossa, vedonsi segnati i canali serpeggianti che la formarono, ed in essa pure esistono diversi vuoti indipendenti da quello centrale. Il sodo vedesi formato sempre di un ammasso di tubetti, che danno alle preparazioni un elegantissimo vellutato; la formazione del suo esterno smalto è, come nelle altre, in egual modo for- mato. Oltre i denti di questa specie provenienti dalle due citate lo- calità, me ne venne fornito uno in dono dal dott. De Stefani pro- veniente da Monsindoli località presso Siena. Ed il prof. Panta- nelli di Siena nel 1879 me ne inviò uno in comunicazione, onde io lo studiassi e lo determinassi. SEEC.ILETTOR GALEOCERDO MINOR AGA4S. (GALEUS) Questa specie formata dall’ Agassiz fu da principio ritenuta da esso come denti appartenenti al genere Galeus, e sotto questo nome generico li fece disegnare alla Tav. 26, fig. 15 a 21; ma in ap- presso essendo stato proposto il genere Galeocerdo, dal Mull et Henle, a questo nuovo genere li trasportò, avendo creduto tro- varvi una qualche incerta seghettatura sul loro bordo, come egli stesso ebbe a dire a pag. 282, vol. 3, dove ne fa la descrizione. Nei numerosi esemplari che io ho ritrovato nelle nostre località fossilifere, non seppi mai riscontrare sul cono dentelli di sorta, come dissi dal principio della mia descrizione generale, e per certo essi non sono riferibili altro che a questa specie. Dai disegni che ne dò alla Tav. 1, fig. 4, 4*, 4”, 4°, ingranditi del doppio, dimostrano essere quasi tutti denti piccolissimi, alti quanto larghi. Il bordo anteriore è liscio, senza dentelli, ma piut- tosto porta una leggera sfrangiatura in qualche esemplare di essi, mentre dal lato interno vi sì trovano cinque o sei dentelli ben di- stinti, che dal cono decrescendo vanno a raggiungere la base della radice, formandovi il solito angolo rientrante. La radice grus- sissima in proporzione del dente alla sua parte interna porta il segno per dove passava l’atrofizzato nervo nutritivo, marcato 148 ROBERTO LAWLEY per mezzo di un solco assai profondo come vedesi Tav. 1, fig, 4'. L'altra sua faccia, cioè l’esterna, trovasi essere piana come la rappresenta la fig; 4. La punta del cono è acutissima, ed il suo bordo riscontrasi essere pure molto tagliente. Essi misurano quat- tro millimetri di altezza e poco più in larghezza. Alla Tav. 1, fig. 4°, il disegno dà la grandezza naturale di questa specie. La preparazione disegnata alla Tav. 2, fig. 3, ne rileva 1 al- quanto differente disposizione dell'interno vuoto centrale quasi triangolare, alla sua base segue parallelo quello della radice, ma gli altri due lati seguendo essi la forma esterna dei bordi del dente, ad un certo punto non chiudendosi i suoi lati, come sembravano voler fare, il vuoto si protrae prolungato fino quasi all'apice del dente di forma strettissima. In ogni altra parte può considerarsi ugualmente conformato, come l’altre specie nella tavola già rappresentate; perciò per brevità ritengo di non stare qui a ripeterne il dettaglio. Questa specie non può indicarsi come comunissima, ma però ritrovasi con qualche frequenza nelle argille Orcianesi Provincia di Pisa, come pure diversi furono da me reperiti a Volterra. Una ventina e più di esemplari tengono posto nella mia raccolta di resti fossili di pesci Pliocenici. a ——--< SÙ SPEGILESIÀ GALEOCERDO PANTANELLII LAW. (GALEUS). Da me fu pure proposta nel 1876 con questo nome una specie molto affine alla precedente, dalla quale però differisce assai, come andrò esponendo, è per averne trovate di questa forma oltre una ventina di esemplari, sempre più mi conferma doversi ritenere per specie da essa ben distinta. Alla Tav. 1, fig. 5, 5‘, 5°, 5°, venne disegnato in confronto con il Galeocerdo minor Agas. onde poter meglio giudicare delle dif- ferenze che fra loro esistono. Dente questo pure piccolo rap- presentato alla fig. 5° a grandezza naturale, mentre nelle altre figure si vede del doppio ingrandito. La forma del dente resta molto più della precedente slanciata e svelta, come vedesi alla fig. 5, 5° della stessa Tav. 1, ove è stato disegnato dalle sue due faccie; da quella interna trovasi, come la precedente specie, convessa assai, ed il punto per dove pas- sava l’atrofizzato nervo che ne curava la formazione, viene ancor qui marcato da un profondo solco come vedesi rappresentato alla fig. 5". L'altra faccia, cioè l'esterna, è relativamente piana. Il bordo anteriore del dente, è del tutto privo di dentellatura, come pure senza dentelli ritrovasi quello posteriore fino verso la sua metà; dove vedonsi da due a cinque dentelli marcatissimi, che 150 ROBERTO LAWLEY vanno a raggiungere, diminuendo, la base della radice, ma non facendo nessun angolo rientrante, come dissi avvenire nel Galeo- cerdo minor Agas. ma invece essere essi la continuazione del bordo, fino alla congiunzione della radice. È per questa particolarità caratteristica, che per ritrovarvela costantemente in tutti gli esemplari, ritennì utile farne questa mia specie distinta. La punta del cono trovasi essere essa pure acutissima, ed il liscio bordo del suo cono è ancora molto tagliente. La totale altezza del dente, nel maggiore esemplare, misura mill. sei sulla sua larghezza essa pure di mill. altrettanti. Nella fig. 4 della Tav. 2, vedesi l’interna costituzione micro- scopica di questa specie messa a confronto con quella che già descrissi alla Tav. 2, fig. 8. Da essa rilevasi che, inquanto al vuoto centrale, avvi molta analogia con quello del Galeocerdo minor Agas. e quantunque esso si trovi essere molto più regolarmente trian- golare, pure lo somiglia assai, perchè dove i lati dovrebbero in- sieme chiudersi definitivamente, ivi invece esiste un esile e sot- tile vuoto che allunga fino presso l'apice del cono del dente; ed altro vuoto esile ancor esso va partendosi dal vuoto centrale e termina presso il primo dentello posto sul bordo esterno. Però nessun altro vuoto trovasi esistere presso gli altri dentelli. La radice formata ancora in questa specie di grana assai gros- solana, trovasi avere qualche vuoto meno che nelle altre prepa- razioni dei Galeocerdo, mentre in tutte le altre sue parti non so vedere differenza alcuna nella sua microscopica interna forma- zione. Tornando a ripetere ciò che dissi nell'altro mio scritto dirò di ritenere questa specie come rappresentante l’attuale vivente Galeus canis Rond., il quale trovasi tuttora nel nostro Mediter- raneo; e per non creare confusione con la vivente specie, intito- — GALEOCERDO PANTANELLII LAW. 151 lato questa fossile al mio amico sig. professore Dante Pantanelli di Siena. Per questa special forma, insieme con la precedente, sarebbe il caso di conservare il genere Galeus. Tutti i miei esemplari mi provengono da Orciano Pisano. Il prof. Pantanelli me ne mandò uno pure di questa specie, onde io lo identificassi con le mie; esso proveniva dalle vicine argille d’intorno Siena. E nel 1878 il Professore Seguenza di Messina pure me ne mandava allo stesso scopo, un altro esemplare pro- veniente da quelle località Siciliane. BA VOLA Li FOSSILE GALEOCERDO, MÙLL. er HENLE tomo TAVOLA PRIMA n___r- DENTI FOSSILI DI GALEOCERDO, MULL. sr HENLE Fig. 1. Galeocerdo aduncus Agas. Veduto dalla parte esterna Pag. 133 di: Idem IE Idem Veduto di fianco con la punta in basso . 2. Galeocerdo Egertoni Agas. Veduto dalla parte interna a Idem Altro dente veduto dalla parte interna 22 Idem Veduto di fianco 2° Idem Veduto dalla parte esterna 3. Galeocerdo Sismondae Gemel. Veduto dalla parte esterna 3 Idem Veduto dalla parte interna 3 Idem Veduto di fianco 4. Galeocerdo minor Agus. Veduto dalla parte esterna ingrandito del doppio. 4.° Idem Veduto dalla parte interna ingrandito del doppio. 4.0 Idem Veduto di fianco ingrandito 4° Idem Veduto dal lato esterno grandezza naturale. 5. Galeocerdo Pantanellii Law. Veduto dalla parte esterna ingrandito del doppio. Da Idem Veduto dalla parte interna ingrandito del doppio. Da Idem Veduto di fianco ingran- dito del doppio . 5.° Idem Veduto dal lato esterno grandezza nuturale. 6. Galeocerdo Capelliniù Law. Veduto dalla parte esterna CE Idem Veduto dalla parte interna 6. Idem Veduto di fianco ne »” n » Veduto dalla parte interna 134, 137 134 136 156 136 136 140 140 140 147, 148 147, 148 ” 147 147, 148 »n n ” LL 149 149 149 149 145 145 145 GALEOCERDO A RS R.LAWLEY. e,lit:C.Leir TAVOLA 2. GALEOCERDO MULL. rr HENLE TAVOLA SECONDA ann DENTI FOSSILI DI GALEOCERDO MULL. er HENLE ig. 1. Galeocerdo Egertoni Agas. Sezione di fronte ingrand. Pag. 137 la Idem. Idem. Sezione di fianco ingrand. , 138 RAI den: Idem. Sezione orizzont. ingrand. , 138 2 Tdem.Sismonda e Gemell. Sezione di fronte ingrand. , 140 3. Idem. minor Agas. Sezione di fronte ingrand. 148,150 4 Idem. Pantanellii Law. Sezione di fronte ingrand. , 150 5I Tdem. Capellinii Law. Sezione di fronte ingrand. , 146 5. Idem. Idem. Sezione di fianco ingrand. , 146 R.LAWLEY. GALEOCERDO « TAVOLA TERZA Caavarani GALEOCERDO ETRUSCUS, LAW. . 1. Dente veduto dalla parte esterna. NESSANTAS id. id. interna. Epi IL id. id. difuanco fee e 2. Altra forma di dente veduto dalla parte esterna Zio IG id. id. id. interna 20601 dI id. id. di fianco. 3. Altro dente veduto di fronte . 4. Altro dente veduto dalla parte esterna. A STI id. id. interna. ò 5. Altra forma di dente veduto dalla parte esterna 6.2 di id. id. id. esterna . cpr SIGLE id. id. id. interna 7. Galeocerdo Egertoni Agas. dalla parte esterna . dos Id. id. id. id. interna . 8. Sezione di fronte ingrandita del Galeocerdo Etru- scus Law. SR elia lele "SINO 9. Sezione di fronte di altro dente ingrandito . 10. Id. di fianco ingrandito . 142 142 142 142 142 142 142 142 142 142 142 142 136 136 143 143 143 1] a’‘Stp. e[[azuegnty azuelt] ‘S11eg UV INT PRAGA FILONI l YA li VO \ A i NÒ ori (RIV IT RI MY VA (107) À MaI | d I) iv DN \ NO | MU DI) HA] iui) Va Ì VIDI n Ù ] Ù) ‘ Î Î LI | I } Ni di ‘ Vi tag \ flo ANIA Hu Î) Wi il it Di | EIA JURARE | Jun ì (Hi \ AU i PILITIRI I i MARTI Ti ni VERTICI ( ) i ib VILLE JA VR i î Di NUTRO \ ì ; \ i ui hi DI Va MiA MAO MEO dui UNY f L; Date Due AUB=R=0=1988 TIT