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DE' VELENI CHE COMPRENDE VARIE DISSERTAZIONI MEDICHE DEL SIGNOR BOISSIER DE SAUVAGES MEDICO CONSIGLIERE DEL RE DI FRANCIA, Primario Professore di Medicina e Botanica nella Università' di MONTrELLIER , MeMSRO DELl' ACCADEMIA REGALE DELLE SCIENZE DEL MEDESIMO LVOGO , ED ACCADEMICO DELLE SoCIETa' DI Upsal, di Stockholm , DI Londra, e della Imperiale Società' Fisico-Botanica di Firenze. DAL f'RANCESE IN ITALIANO TRADOTTE , E GOMENTATE DOTTORE IN MEDICINA. Bai quale dire nuove DlJJertazìonì j e molùjjime note fi fono aggiunte . TOMO SECONDO. In cut fi contiene .* rA dissertazione su li veleni minerali, e vegetabili. lA dissertazione su gli animali velenosi . a oppiò , e lA NVJRICE matrigna. NAPOLI MDCGLXXXV. Presso Vincenzio Orsino Qqi» ltiien%0 de' Superiori , ^: - Tm^^if^i^if^ ^J^sm^i^^ fj^k^^n^ ^- ^^^mi^m^ '^^ w w w p^ 1% i!''^\ /■^% /^'W^% efi 1^ Vo^y ^^>» \.^y II I SS ERTA ZI ONE L su LI VELENI MINERALI j E VEGETABILI o, ^v^^'^ì^^N: troppo breve fito io debbo ora defcrivere "^i^^'^à^^ un' affai ampia provincia, qual'è la ftoria de' '^k ¥ 1*3^ veleni minerali e vegetabili, e de'fegni e de' ^H % ■*• ^ *5i^ rimedii loro r. ftoria che non è mica da ftì- ^S:.TSk>f»»>^{^ marfi una galante dipintura di varie naturali ^^^^^^^ foftanze , o da leggerfi quando per una certa curiofita ci vien talento di palTar l'ore a di- porto ; ma ella è una materia che intereflà ogni uomo in ge- nerale, e pili afleniutamente quelle nobili perfone , che viven- do fotto le ali d'una trionfante Fortuna , e negli amorevoli influfii degli alti porti , fon poi foggette a ricevere venenaté bevande , mercè i fieri imbrogli de'lor nimici. Mai fi dubbi tò, che de' mali che fìrepitofamente metton foffopra e fcompiglia- no la pubblica tranquillità, e '1 beato pofleflb de Dominanti, lì più na'cono da quel sii potente tiranno dell' Univerfo, cioè dal- la furiofa e pazza voglia deirambizione^e dal livore di altrui.. Vie più fi ravvi fa la neceffita di fapere fiffatta dottrina de' ve- leni e degli antidoti , quando fi volge il guardo a quelle gelo- fie, ed a quegli occulti amorofi intrighi, che fovente an fatto rinunciare al facro nome dell'amicizia r e con orrore tante voi- Al te 4 Dissertazione I. te fi è veduto ( il che pure a dirlo m' è grave ), che uomi- ni e donne a vicenda , dalla foga degli appetiti trafportate , per d'ìùo di novelli amori , anno con iftrani e prefentanei ve- leni la morte de'loro procacciata. Tant'è vero, che iferoci mo- fìri, e le fere fi trovano ugualmente nelle Società degli uomi- ni, che nelle contrade deferte, e ne'bofchi. Innanzi tratto qualche zotico uomo qui ben potrebbe con mille lievi e profuntuofe ragioni andar foftenendo e predicando, che quello divifamento de' veleni minerali e dell'erbe ch'io do fuori , fi debba aver a fchifo e difpregiare , come perniciofo ; perciocché fa egli fchierare , come In una gran piazza o fiera , tante peftifere merci , che miglior configlio larebbe il tenerle ce' -te nell'obblio, e fepolte ne' profondi abiflì deli' ignoranza , acciò maggior campo non fi apra alF iniquità, ed affinchè colla piacevole lufinga di volere guarire que'mali ch'elle producono, noi non paffiam rifchio di procacciarne de' peggiori. Io però di leggieri mi difciorrò da tale epifonema; e convien mettere ben in chiaro quello punto. Egli non fi niega, che quefì:' opera , in cui contengonfi gii antidoti e i veneni infieme , poffa divenir a foggia della fpada, utile alle Società in mano de'Sapienti , e rociva in mano de' pazzi; ma ciò non fa che non fi debba par- lare, e fi debbano gl'ingegni metter in grofli ceppi. Se mai per trilla ventura trovifi un fuggetro cosi perverfo , la cui vo- lontà travolta ed afTafcinata dai l'empito delle paffioni, fìrafcini la mente a delirar con feco , ed abbia il mal cuore di voler avvelenare taluno; egli il farà fenza aver bifogno di quello mio, o di altri libri. La ragione, maefira e direttrice, ella a guifa di buffola, debbe fcorgcre gli uomini , acciò non urtino come navi a fcoglio , e non trabocchino in mofl:ruofi errori . E' da riflettere inoltre, che mai traili rimedile i veleni fi è veduto l'equilibrio nella bilancia : e le più volte coloro che an trangog- giato un veleno, gì urto in quell'incontro fi fon trovati fprovveduti delle cognizioni degli antidoti ; e non an faputo in quel me- defimo {piacevole fpettacolo a qual porta buflare , per ritrar- ne aiuto e follievo . Troppo palpabile adunque fi è la illufio- ne di chi fi sbraccia a perfuadere la gente del danno eh' evvi nel maneggiare quello si diffidi argomento. Noi al certo .veg- gia- su LI VELENI MINERALI, £ VEGET ÀBILI T 5 giamo tuttodì, che pafleggiano con chiara fronte , e con piede franco nella Città i libri anche più fpinofi : e poi vorrebbefi, che gli uomini rimangano defraudati delle notizie le più inte- reflanti alla medefima fanita. Per la qual cofa io crederò fati- ca molto giovevole , e terrò per ben impiegate quefte pagine, fé a ciò che diflero gli autori antichi fulla materia de' veleni io accoppi! le ultime offervazioni, onde fi pofla render efatta e compiuta la mia imprefa. In due parti verrà divifa quefta Diflertazione; nella prima fi determinerà quali fieno que' minerali e quelle piante, le qua- li , comunque fi tracannino , poffono talmente fcompaginar la macchina, che fovente ne fegua la morte. La ftoria delle pian- te nocive , benché non fempre mortifere , benanche fpetta a quello luogo . Nella feconda parte parlerò de' caratteri per di- ftinguere i veleni negli uomini viventi , e ne' cadaveri ; e ai un tempo ifteflb m' ingegnerò di defcrivere i veri poderoli an- tidoti , che debbonfi a tal uopo adoperare . PARTE PRIMA. ^uali fieno i veleni minerali , e vegetabili. Non fi può da una fchietta fila di fieri li offervazioni che leggonfi in parecchie delle opere degli antichi , ritrarre tali con- feguenze , mercè le quali fi poffa formare un fiftema perfetto della natura, e delle proprietà di tutt' i veleni, e fpecialmehte degli animali, per giugner poi al dilettevol conquido de'rimedii, trovandofi più che fovente regiftrati in quelle opere gravi falli, ed opinioni inverifimili ed incredibili (i) . Gli uomini oggidì 1 foa _ (i) In udirli dire qui fopra , che gravi falli , ed opinioni inverifi- mili ed incredibili abbiano fpacciate gli antichi in tutta la materia de* veneni ; io giuro che più d' uno fi iarà maravigliato forte di un tal lin- guaggio . Ma quando fi efaminerà 1' affare più da preflb , e fi laran let- te con una certa attenzione le lor credenze che andremo ordinatamente efponendo in quello Volum.e • ceflTerà davvero sì grande flupore , e ri- marrà perfuafo ognuno , che gli antichi autori in variiflimi incontri ben radevano il fuolo,ed infioravano di favole i lor racconti. Da quefti fon- ti 6 Dissertazione!. fon divenuti più dilicati , cioè più guardinghi . Io noH me la. pafferò con un femplice sfoggio di erudizione , né vorrò infra- fcare tante varie dottrine, affinecchè giufio profitto da ognuno fi confegua. Vedrò foitanto di raddolcire quell'auftero, che fuo- le ti^ di anticaglie in feguito prefero i lor punti e le fentenze tutti que'va- tìi Trattatori de' veleni, che fon ufciti in Pubblico fin craj e chi più, chi meno , con una importuna e tediofa farragine di citazioni , anno fcritte le medefime cofe y cangiandone folamenfe 1' antica fopravefta : lad- dove r opinione anticipata della loro efattezza , fece dall' altra banda pa- rer oro tutta quella muffata mercatanzia . Anche le vili dicerìe delle fem- mìnuzze anno incontrata buona credenza nel Tribunale di cotefia gente. Però, affinecchè i Giovani ftudiofi abbiano una idea de'varii Medici che an maneggiata la materia de' veleni, fic bene ch'io li rammenti qui. Pietro d'Albano die fuori tra' primi alcune oflervazioni . Jacopo Grevino compofe la fua opera de Venenls. divifa in due libri : indi fe- guirono Ambrogio Pareo , di cui è da leggerfi il ventefimo libro delle fue opere: Pietro Forefto a' libri XXX , e XXXI: Rodrigo da Fonzeca nel libro de Venents , eorumque curatìone • e Giovanni Schenkio , il più credulo e franco uomo tra tuttiquanti , nel Trattato fuo de Venenis.Vo- fcia vengono davanti Stefano Strobelger , che compofe una Difputa in- titolata dt Venenorum natura ^ Ù" qualitatibus : Gabriele Naudeo il qua- le pubblicò una opericciuola con un titolo alquanto fclpito : Quaejì'w an magnum hom'tnì a Venenis fericutum : Giovanni Prevozio de Fenenìs eorumque alexlpjbarmacis : Tommafo Cafiello de Venents .- Attilo Burge- zio nel Trattato de morbis venenq/ìs venentfque .• Valer Loeber de Vene* nìs eorumque antidotis'^ e Beniamino Scarf nella fua Toxicologia . Seguo- no apprelfo Giovanni Slegel , il quale compofe una Diffcrtazione Medi- co-Pratica de venenìs , 6^ morbis venenofis s Federigo Schroder in una ■ Difputa de Venenìs & antìdotis : il Frefe nel libro pubblicato in Lei- den nell'anno 1724 col titolo de Venents , eorumque antidotìsj e Giovan- ni Linden , o fia Lindefìolpe,. che anche diede alle fìampe il fuo Tratta- to de Venenìs , che fu crefciuto di varie annotazioni da Goffredo Stent- zel • il quale in appreffo , credendo aver detto troppo poco in quelle jjote , volle dare feparatamente il Trattato fuo de Venenìs ^Moìti ài ciueiìi libri , con raccontare troppo fpelfo tante frottole e falfità con barbaro e rozzo ftile» faziano ben prefto , e tediano i Lettori . Voglionfi però ec- cettuare i due dotti Scrittori Meffer Francefco Redi , e '1 Dottor Mead. Ed oh Dio voleffe, e quelle lunghe ed efatte ricerche, che fece fu delle vipere il Redi, grande ornamento de' Medici , ed abiliffimo Offervatore in quella così inviluppata materia , le aveffe fatte fopra ogni veleno in particolare ; ed il Mead , siccome poche coferclle ha fcritte in quel fuo Tra- su LI VELENr MINERALI, E VEGETABILI.' ^ le portar feco la floria di quefta materia , con ^uel vago e ^olce delle filìche, e mediche rifieffioni (2). Ve, Trattato de Venenls, si fofle dilungato di pih^ non farebbe flato di uopo, che altro Scrittore avefle fatto più motto su di un tal fuggetto . Ma mi era io dimenticato del Bocrhaave, la Fenice degl' ingegni del tem- po fuo. QLiefti fcriflfe benanche parecchi aforifmi falle claffi de'veleni nelle ine Iftituzioni Mediche con uno ftile grave e filofofico ^ e dove fi av- vifa , non un profluvio di parole, ma una ricchezza d'idee : però nell' ifpacciar egli tal roba , vi apparifcono eziandio varie slogature e maga- gne , ficcome ce n'accorgeremo in apprefTo , (2) Benché il vocabolo Venenum preflb gli Scrittori Latini abbia avu- to più d' un fignificato , trovandoli da Cicerone ufato per eiprimere T incantefimo e la malìa , ed altre volte s' è veduto dinotare il colore con cui tingonfi le lane , o altri panni • cotefte però fon più preflofcher- zofe forme o ingegnofe ironìe, che veri lignificati di tale dizione. Pref- fo il comune vien intefo quella foftanza fifica , che in piccioliiìlma dofe produce effetti flraordinarii : Venenum, etfi quantìtate minimum, nSìivita- te tamen ejì maximum . E' però da notare , che per 1' effetto che ne fe- gue , fi debbe giudicare della natura d'un corpo, fé fia veleno o rimedio. Se una fofianza traccannata da alcun malato, lo rimandi con precipizio al fepolcro , ognuno dirà eh' egli abbia prefo un veneno ., poiché non s' è cangiato in lui lo flato egroto in quello di fanità : laonde i vocaboli di veneno, e di rimedio fon relativi, e non mica affoluti. Quella veri- tà che fembra nuova, inafpettata , o flrana , ella è nondimeno antichif- fima , e fu ben nota ad Omero . Quello Gran Poeta, mentre nel quarto libro dell' Odiffea con bel concerto di mirabili colori e d'ombre, defcrive il vaghiffimo e pellegrino racconto, con altro ingegnofo gruppo di £roi , della cena di Menelao , da cui fu Telemaco ben ricevuto j affin- chè ogni triflezza ed amaritudine cacciaffero dell' animo , la bella Elena vi mife, un ìnedicamento nel vino ( t'i's oivov BocXt (^xpfjiàìiov )• Queflo far- maco 1' avea Elena apparato da Polidamna moglie di Tone. Cortei era della terra di Egitto , dove e rimedii e veneni abbondevolmente vi crefcono . HoXv^xiavx "Ko'pev 0a>voj ir^ipaKoiTi? , ^xpixoiy.x, xoXXa jttf'v eVSXjs jJ.efxiyiJ.ivcc, ToKKÒ, Sé Ku'ypoi' • Polfdamna praebuìt Thonts uxor , •^egyptia j ubi plurima producit alma terra Medie amina , 'multa quidem bona mixta , multa autem perniciofa , In quefio ultimo verfo dee rifletterfi , che la Moce medicamina{ (j;xpij.xTi») fi riferifce a bona ( eaShx ) , e a perniclofa ( Kvypx): laonde il vocabolo fdi> 9 Dissertazione I. Veleni minerali. Comincerò dunque da'minerali . Per ridurre tali fuftanzei» clafTì , varie divifioni ne an fatte i Naturalifti . Jo, fecondo il mio bifogno, acconciamente li dividerà in femimetalli, metalli ^ fall, e pietre. I. Il primo ch'efce in campo fi è il da tanti fecoli giu- flamente screditato e detefiato veneno , e pel cui mezzo tante morti fi fon recate "quello altresì con cui e preftamente e len- tamente fi può toglier la vita a chicchefia ; che dato in qual- che dofe cagiona formidevoli fintomi, ma propinato fcarfamen- te, forma la debolezza delle membra, il tremore, e la febbre attica, che pian piano confurna chi lo ha prefo . Quefìo primo toffico fi è appunto Y arfenko. Egli è un femimetallo, che in diverfe guife fi trova nel- le vifcere della terra ,~ e di svariati colori. Delle volte fi trae ' dalle miniere a foggia di lucida pietra e fplendente , ma di co- lore di oro, o roffo come un cinabro; ed è quelT arfenico che non ignorò Galeno, né Diofcoride . Ma ficcome l'arfenico de* moderni era fconofciuto agli antichi, qui dirò che fi cava que- fìo in Germania dalla miniera chiamata Gobalt, e da parecchi luoghi dell'Inghilterra ancora . Or il cobolt fpofto al fuoco di riverbero di modo che fi'polTa accendere , produce un bianco fumo , che bene ^\ fperderebbe nella malfa dell'aria, fé tena- cemente non fi appiccalfe egli alle pareti, donde poi fi ricoglie fotto forma di filigine ; e da quefta fi ottengono gli arfenichi di vario colore . La fuligine fola fublimata ne' vafi di vetro , produce l'arfenico criftallino : fé la medefima fi fublimi colla decima parte dello zolfo comune, vedranfi alquanti lucidi , pe- fanti , e fragili granelli di colore giallo , e che formano un al- tro arfenico:e finalmente l'arfenico roffo nafce dallo fieifo me- fcolamento dello zolfo e della fuligine infieme , aggiugnendovi una piccola porzione della fchiuma del rame . Pre- farma»o potea preflb de' Greci efprimere ugualmente irimedii,che i ve- ]eni . E quefta foggia di dire fu comune ne' tempi appreflb agli autori Crcci di Medicina » su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. p Premefla ora da me in acconcia maniera quefta abbozzatura fulla formazione dell' arfenico, ognuno rimarrà perfuafo che tre forte di elementi vi concorrono nella formazione di eflb , che debbon effere da ciafcheduno ben ponderate . Sulle prime vi fi vede di dentro una piccola quantità di zolfo , la quale fi manifefta all' odore che manda , quando fi efpone al fuoco . Manifeftamente ancora fi ravvifa un altra porzione di fale acetofo forte, quindi avviene che fi Icioglie nell'acqua: e- da quefti due elementi ftivati infieme , nafce quella proprietà di quefto veleno di efler volatile in indicibil maniera. Quando fé ne mette al fuoco qualunque quantità in vafo adatto , ad un tratto fi fcioglie, e fi produce un fumo, che qual lieve vapo- re all' aura fi fperde . Di qua gli avvelenatori an prefo argo- mento di formar i veleni volatili; perciocché mefchiato l' arfe- nico con altre foftanze , dalle quali forza riceve , calore , ed affottigliamento ; egli fviluppa ben prefto quel micidia- le fumo , che immantinente affiderà i nervi , e leva la vita . In fine vi è la parte metallica neli' arfenico ifteflb , chia- mata da parecchi mercurio , la qiiale benché paia afcofa , ne apparifca ben prefto come gli altri due elementi; pure deftillato, vedelì forgere una parte fotte foggia metallica . Adunque que- fio zolfo, quefto fale acido, e quefto metallo , che feparatamen- te non farebbon un veleno forte , o pure che poco nocumento alla vita recherebbono ; infieme uniti producono, quefta veleno- fa fuftanza, non altramenti che s'avviene nella formazione del fublimato corrofivo : quantunque per me fi confefli , che nelle unioni forgono fovente quelle proprietà, le quali ne'componenti non fi offervavano^. Or quando quefto minerale ridotto in polvere fina, ed in-- corporato in qualche vivanda fi fomminiftriatalun infelice, egli non può avere fperanza alcuna di fcampar la morte : perciocché tanti mali fi fregheranno nei fuo corpo, e tal fuoco interno fi accenderà ne'vifceri e nel fangue, e difturbi e convellimenti fi detteranno ne'nervi, che forz'è che oppreflfo da tanti difagi,mi- feramente ne muoia . Tolto che farà giunto allo ftomaco la bevanda, od il cibo venenato dall' arfenico ; ecco fvegliarfi un calore fulla prima, che a grofli paffi crefcendo, genera un tor- B men- IO Dissertazione I. mentofo dolore. Se la quantità che fé n' è prefa dell'aifenico ,, Tara rtata molta, tutto che inviluppata, nel cibo o nel liquore, non potrà, non avvenire , che le prime fenfazioni non fi fperi- mentino ne labbri, nella volta del palata, nella, lingua, e nel- le fauci : ed a quello utiliffima indicio. ben. fi. dee attendere,, poiché dimolta egli potrà, giovare nell' intraprendere una pre- fìa curagione . Al certa, che quando, vi paflano groffi fofpetti di nimicizìe e di malivoglicnze , e fi fenta calore e corrofione ne' detti luoghi della bocca , io amerei che. ciafc.heduno allora forpicafle di aver prefo un veneno. Ma. nel ventricolo l'incen- dio farà, più forte e più durevole , comecché, in, quel vifcero alligna, e ftanzia. l'arfenico. Più nel finillra orificio, e nel pi- loro,, o fia verfo il deliro lato farà grave il dolore , laddove i nervi foa più numerofi , e le parti più feiifibili : ma in fe- guito il male occupa il facca intiera del ventriglio . Più fiate la natura iileflà chiede, di sgravarli , eccitaada il vomita, ,, che nel principio del male fuole efler falutevole ; vale a, dire in- nanzi che fi, faccia profonda, impreflione ,, o infiammazione qualunque nello ftomaca , nel qual tempo come fintomo della infiammagione della parte , detta vomito è fegna di vi- cina morte. Seguona pofcia di concerta le tenfioni in quel luo- go, ed un fenfo di affogamento; cominciano i vacillamenti del capo, e l'arfura nella lingua da non temprarfi con qualunque diluente , l' oppreffione del refpiro , alcuni fvenimenti e tremo- ri del cuore; i polfi divengon febbricofi , ma con i fegni li piii maligni d' inuguaglianza , d' intermittenza , di piccolezza , e di fpoflamento: tutti chiari indici! che grandi battaglie, e groffi. tumulti fìa foffrendo la povera macchina già affalita da formi- devole nimico .. la non fegua di più a metter in villa s\ ne- ra dipintura, poiché in appreflb difenderò maggiormente que- llo, medefimo argomento.. Maraviglia non fia , fé gli antichi Greci, quello,, o quel iìmile minerale che noi oggidì dichiamo orpimento, lo appel- larona col vocabolo arfenìco ( «P'-'^vihox ); voce che fi deriva da o<-?<^n , che fignifica Y mmo ,. e *"»«« che dinota, vincere ; quafi che dir eglino voleflero , che alla violenza di cotefto veneno noa paffon refiftere le forze umane , ficcome né tampoca quel- le su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. II le degli altri animali; e che fa melììeri che :tal veleno fuperi, e l'uomo vinto e conquifo rimanga. Quando poi dell' arfenico fi fanno deboli o leggiere infufioni , allora fecondo la varia do- fé , nafcono quelle acquette , eh' eran in tanta fama fali- te una volta nell'Italia, e fono deffe veri lenti veleni. Quefti cagionano la febbre lenta . Quei maliziofi e mordaciffimi fali rigirano per tutt' i canali dei corpo, cominciano fui principio a sfibrare ed aflbttìgliare gli umori ; i quali acri divenuti, pro- ducono pofcia abbondevoli fudori , che cotanto infralifcono la macchina, la quale afciutta e fparuta rimane . Anche le fibre e gli organi , che fono le ruote maeftre, e le ruote neceflarie del corpo, foffrono detrimento. Da quefte verità si notoriamente ciliare, recherà in vero flupore r udire, come fiafi penfato da non pochi Medici di da- re r arfenico per un valevole rimedio: ed egli è pur noto, co- me gli antichi faceano prendere il fumo dell' orpimento nelF afima, ed eziandio varii granelli di detto minerale faceano pi- gliare internamente. Jl realgar, che per poco dall'orpimento fi difcofta, venne raccomandato da Diofcoride-,.e prima di lui da Ippocrate . Nelle febbri intermittenti fu 1' arfenico configliato da qualche moderno Medico ; e da Pitcarne fu creduto buon medicamento della diffenteria prefo per bocca; e l'efempio de- gli antichi fervi di ragione dettatrice aZacutoLufitano, per pre- fcriverlo ne' cliftieri '-nella diffenteria ifteffa. Ma tempo è ormai che facciamo un rimprovero a noi altri Medici , che troppo arditi e con penfare molto fìrano diamo di piglio a poderofi veleni per guarire certi mali i quali comunque fembrino rubelli ai rimedii dell'Arte; fon però minori malattie ch'effi veleni. Mal le querce daranno uve o pomi ; e mai 1' arfenico potrà fanare alcuno . Ma qui nondimeno tornerà qualcuno a replicarle ìftanze; e che n' addiverrebbe fé 1' arfenico venga trattato davvicino , o pure fi applichi efteriormente ? Un tempo che mantenevano un alto credito gli Alchimifti,i quali non altro disio aveano, che ì preziofi metalli, ma che in vero non «rano effi altri fugget- ti, che tanti impoftori che vendean menzogne, e fpaccìavano illufionì , 0 fia che fapeano le arti e gì' intrighi più fini de B 2 ciar- f 12 Dissertazione I. ciarlatani ; cotefìi andavano in cerca di trasmutar rarfenlco in argento , Ma li più di effi ben pagaron il fio della lor leggie- rezza ; poiché nel volerlo troppo davvicino trattare efponendolo al fuoco, infelicemente ne morirono. Le pruove di questo non oc- corre addurle; e ben fi conofce la ragione. Avvegnaché nel re- fpiro , ne'pori del corpo, quando fpecialmente egli è rifcaldato, s'infinua una porzione di tal veneno, e tanto che bafta a far morire. Quindi fi comprende , il perchè un uomo fia perito per eflergli (tato applicato fulla teda un impiaftro di arfenico, ficcome Jacopo Weffer nel fuo Trattato della cicuta aquatica racconta : ed il Signor Degner rapporta ancora , come due fol- dati eifendofi fregato il corpo con un decotto per curar dalla rogna, dove v'era fciolta porzione di arfenico; tuttaddue in- ciamparono in una violenta febbre ardente , da cui dopo l' ufo d' innumerevoli medicine ne furon liberi . Bafievolmente abbiam noi , e qui , ed altrove refo corno dell'arfenico, e de'fuoi trifti effetti: ma fcommetterei che non tutt' i Lettori fi acqueteranno in udire dalla comun fama i tanti bizzarri fenomeni di que' veleni che prefto fanno l'effetto loro, ed anche fecondo il volere di chi li propina ; quando fi fa altronde, che in molte di quefte polveri ed acquette, bafe e prin- cipale ingrediente fi è effo arfenico. Io non farò qui maflicar tanto nel midollo queflo affare; ma tuttavia pur conviene che ne ac- cenni alcun poco, affinchè fi conofca,dove giunga la forza mor- tifera del veleno di cui fi parla . Preffo gì' intendenti di tali materie è noto l'olio dell'arfenico, ch'è un liquore butirrofo, che fi prepara dall'arfenico ifl:effo,edalfublimatocorrofivoinfieme. Gotefto è un fuoco, ed un veneno abbrunante e micidialiffimo. Ma ognuno fi lamenterebbe di me , s'io in ragionando dell'ar- fenico lafciaffi indietro di narrare ciò che avvenne nel Reame della Francia nel paflfato fecolo.Una nobil Dama inventò una pol- vere, la quale propinata da lei la prima volta di foppiattoadun giovine uomo, lo avvelenò, fenza che da alcuno fi foffe fcoverto l'orrido misfatto. Cofìiei, ch'era ben fovente occupata a paffar le giornate intere colla fchiera di coloro che tengon la mente neghittofa,e nelle combricole di tutti gli svenati cervelli, non mol- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI." JJ' molto andò che l'arcano della fua mirabil polvere palesò ; e videfi allora a guifa d' incendio crefcere preflb quella ci vii Na- zione gii avvelenatori . Le mogliere e i mariti a vicenda fi av^. velenavano : ognuno chiedea di torfi dinanti chi non potea ve- dere- e giunfe il contagio fin nelle cafe dominanti. La morte, mercè della polvere , che chiamavafi poudre de fuccefton , era la tafla d' ogni giorno . Dopo qualche tempo fu fcoverto tale fe- greto mercè le inquifizioni attente del Governo; e trovaronfi ar- rolati fotto tal bandiera di delinquenti molti e diverfi magni- fici guardinfanti . Varii furono agramente puniti dalla Camera erdente a tal uopo iftituita . Luigi XIV , il più iticlito e in- vitto Re della Francia , che badava a dar favie Leggi pel pub- blico bene, rimediò a queft' empio delitto. Egli dopo aver da- to fuori il neceffario provvedimento contro il duello , la quale Bianìa e barbarica ufanza era diffufa , e campeggiava preflb gl'in- furiati e i fanatici, pubblicò ancora la memorabii Legge contro gli avvelenatori. Nell'anno 1Ó82. eflb Luigi il Grande ordinò, che non meno i fabbricatori de' veleni , o coloro che li mani- polavano, ma eziandio chi li fomminifìrava , o che avendone notizia non ne facea dinuncia alla Pubblica Potefta, erano im. mantinente condennati alle fiamme . Dopo varii efemplì di pu^ Bigioni, fatte efeguire dall'anzidetta Camera ardente , eflendo rimafti inviliti, e pieni di terrore coloro che preparavano! veleni, tornò la calma, e la tranquillità preflb di quella nobil Nazio- ne . Qualche Scrittore Franzefe ha fatto fapere , che in taì veneno vi entrava 1' arfenico . Benanche nella Citta dì Napoli nel fecolo corrente decimotravo infieriva F ufo di una cert' ac- qua che da una donna fi- difpenfava per metter pace nelle fa- miglie , che ad un dato tempo realmente l'inducea, con levar la vita a chi bevea quell'acqua di pace. Un tantino di arfenico, e l'acqua delle canterelle con alcuni fuchi di erbe, n' erana gì' ingredienti . E qui dirò, che quell'infetti anno parti volatili s\ vivaci e corrofive , che per la fola refpirazione arrecano de' danni. Ruberto' Boyle racconta , che alcune perfone per aver «enute in mano le canterelle , inciamparono nel bruciore dell' mina: ed un altro' avendo prefa una pozione di cantarelle iftefle, che doveano fervire perempiaftro , rimafe avvelenato. Molte altre 14 Dissertazione I. altre non inutili notizie fu di certe preparazioni di veleni mer- cè dell' arfenico , cercherebbon licenza di ufcire a far comparfa in Pubblico ; ma elle fon corrette a rimanerfene nella penna. Piacemi ora di trattare de' veleni che fi preprano dall' <7;;- t'monìo^ cioè da quel femimetallo ifteflb , da cui noi fiam for? ni ti di parecchie veramente efficaci medicine . Gli antichi ufa- Tono quefto minerale folamente per medicamento efterno . Ga- leno il chiamò un corpo freddo e fecco ; e perciò lo ftimava difeccante ed aftringente . Non accadde che nel fecolo duodeci- mo che il conobbe e fi fcovr\ la fua virtù catartica . Nel fe- cole decimofeflo molti Medici il voleano dare internamente per rimedio ; ma ne fu proibita F ufanza dalla Facoltà Medi- ca di Parigi: e nell'anno l'^óó venne quella proibizione con- fermata da un chiaro e precilo Decreto del Parlamento. Ad onta di quelle decifionì, un valente Medico Francefe chiamato Paumier osò fervirfene nel fecolo decìmofettimo ; e neli' anno i6oy avvenne, eh' egli fu degradato dalla Scuola Medica. Dopo varie battaglie ed intrighi fi giunfe a ravvifarfene T utilità ; e nell'anno ló-^j alla fine furon riconofciute per vere le fue vir- tù medicinali. Allora fi conobbe, che tutte le preffo che innu- merevoli preparazioni di quefto femimetallo, fono o purganti, o diaforetiche. L'antimonio crudo prefo per bocca, fcioglie gli umori lenti e le oftruzìoni , ed è gran rimedio ne' mali della pelle. Ma quai piaghe s' inferlflero nel tempo Ifteflb alla fanitk degli uomini , mercè il ritrovamento di varii poflenti veleni, qui, fé non m'inganno, fi anno da riferire. Il vetro di anti- monio fi ottiene , mettendo di quefto femimetallo ben polveriz- zato una porzione in un vafo fui fuoco. Il fumo -fetente ch'e- fce , è nimiciffimo del petto , fuffoca , o almeno produce rielle profonde magagne ne polmoni. Tanto fi crefce il fuoco , fino che quel fumo velenofo termina, ceflando lo fvaporamento del- le parti volatili . Quella polvere diverrà rolfa e poi gialla ; e fi può dire veramente calcinata. Tale calcina, melfain un vafo coverto , efpofta di nuovo ad un fuoco violentiffimo, egittandola dipoi fu d' un marmo; diverrà una foftanza alquanto trafparen* te e dura, chiamata il vetro di antimonio. Q.uefto è un vele- no. su LI VELENI MINERALI,, E, VEGETABILI^ 15 ^a , ed un emetica potente ; e tre o quattro granelli fon più che baftevoli per uccidere, chiunque . Anzi lo fteflb conviea dire della polvere calcinata , la quale benanche è de' vomitivi li più violenti ; e pochiffimi granelli fanno morir vomitando , e con convulfioni chi l'ha prefa .. In. fine la. medefima forza ftrabocchevole in cagionare il vomito ha il: regolo, di antimo- nio,, o fia la parte metallica; la quale tanto è più pura, quan- to la feparazìone della parte zolforata riefce più perfe|:ta. Per mezzo, di eflb regolo fi fanno alle volte delle tazze , nelle quali per poco, che vi fi tenga del vino, quefìio acq^uifta ezian- dio, la forza emetica.. Ma evvi anche di più. Quefta razza di fabbricieri di ve- leni non fi è fermata in quefto poco. Si è trovato il modo di diftillare il butirro di antimonio. , è ritrarne un olio, liquido. Queft' olio velenofo , che un tempo fu tenuto per un fegreto, è uno de' più caufHci e corrofivi :. brucia le. carni ; e fé poca dofe s' intrometteffe con del cibo, nello fiomaco ; li eccite- rebbe un. fuoco, che infiamma , ed uccide . Quando an voluto alcuni formare cotefto. veneno , fé non. fono flati a tempo ad, isfuggir il fumo, ne an riportata la. confeguenza la più, funefta, cioè la. perdita della vita .. Inoltre fé queft' òlio di antimo- nio a goccia fi verfi nell'acqua pura, cadrà egli in fondo ia foggia di poi vere .-al quale aggiugnendo un. pò di fale acido ma- rino, ne verrà formata una polvere velenata, cui dopo, eflergli fìata cangiata più volte l'acqua, detta, polvere diviene fenza. fapore, e fenza odore alcuno . Ella è molto più da temerfi , raercechè fi può dai furbi avvelenatori propinare ai poco cauti o mal avveduti,, fenza che punto queftife ne accorgano .• Molti perciò l'an chiamata il mercurio, della wor^e .Finalmente v'è da, notare lo zafferano, dell'antimonio,, che fi forma da quefto mi- nerale fottilmente polverizzato, e dal nitro: la polvere è ugual- mente infipida e velenofa, e forfi più, cha le altre preparazioni dello. Stibio (3) .. L'ar- (3) Se. r arfenico è un. ferociffimo. veleno ,, fecondo abbJam. vr^ii- to ; non si potrà dubitare , che il cobalto, non che il bismuto debbano effer eziandio allogati traili fcmitnetalii velenofi .. Il cobalto che da n: ' l5 D I S S E R T A 2 I O N E I. L' argento vivo ,, che tante volte fi truova nelle mi- niere fotte forma fluida , colla femplice lavatura fi fepara dalla terra . E s' è fotto foggia ài glebe o di zolle , al- lora colla diftillazione fi cava e fi divide da quella matrice . Questo minerale non è un metallo , poickè è volatile e non malleabile; e neppure un vero feraimetallo ; perciocché non fi brucia né fi avvampa. Egli fi dee riguardare più prefto come un corpo Angolare, o come uno fcherzo della Natura nell'ordi- ne de' femimetalli ; mentre dall'altra parte evvi la platina ch'è particolare traili metalli iftefii . Siccome coloro che fi vertano nelle miniere dell' arfenico , fono foggetti a mille mali nervini: cos'i per gli vapori mercuriali, i quali attaccano il fistema de nervi, al dire del famofo Chimico il Signor Leraery ; i lavo- ratori in tali caverne non vivono lungamente,, e per lo più o tabidi j o paralitici finifcono . Il Juacker crede che dappertutto celle ti è riguardato come una remplice matrice delf arrenico , egli e un mi- ' nerale duro , pefante , e friabile , ma che rimane affai fiflb al fuoco ■. Egli non fi unifce sì di leggieri col mercurio ; ma agevolmente fi me- fcola col rame . Molti avean creduto che il cobalto foife una terra vt- trifìcabile j la quale opinione non viene oggidì applaudita j effendofi dal Signor Brand negli Atti di Upfal dimotirato, ch'ei fia un vero femi me- tallo ; la quale fentenEa ha ricevuto il pieno confenfo degl' Iftorici Na- turali . Eifendofi impertanto notato più fopra , che i' arfenico fi ricava dalla miniera Cobalt ; quello cobalto arfenicale dee tene diftinguerfi dal- le altre fpecie de'femimetalli che anche tengono un fiffatto nome, e che fon molto utili nella pittura e negli utenfiii della porcellana . Tuttequan- té però fi debbono riporre traile foftanze velenoi'ej effendo effe congiun- te o col rame, o col bismuto, che fon corpi nociviffimi . Indaghiamo ora brevemente le qualità del bismuto . Eg'i pare che non foffe ftato conofciuto da' Greci , e dagli Arabi Medici . La fua fo- ftanza foventemente è mineralizzata coli' arfenico ; quinci è , che mai i Medici an tentato di darla per bocca. O che fi parli del bismuto ver- gine, o di quello ch'è mineralizzato col cobalto, o del bismuto in li- ne ch'è mefchiato coli' arfenico , e collo zolfo ; fi crederà fempre da noi, che tutti fon dannofi ^ e da ftimarfi quai veleni . La Chimica, la quale impara di fcomporre le foftanze minerali , e ravvifarne i compo- nenti , ella ci fa fapere, che cotedo femimetallo, che fi fonde alla fem- plice vampa d'una candela ,, è un comporto di fale minerale, di terra, di un tantino di arfenico, di zolfo, e di mercurio. su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI ." I7 nelle miniere vi abbondino i vapori ed i fali arfenicali; laon- de vuole, che per quefti volatili veleni nafcano le tante malat- tie nervine ai cavatori de' minerali . Ma fenza adottare una ta- le fuppofizione, la quale non mi fembra né idonea , né necef- faria a tal uopo; egli fi può credere che fieno venenofi ugual- mente gli effluvii dell' arfenico, che quegli degli altri minerali eziandio. I minatori del mercurio, ficcome difiì , tutto che ro- bustiiTima gente, difficilmente arrivano a' quattr'anni, fenza che gli fopra venga una paralifi,che finifce colla perdita della vita. Anche quelle perfone che dimorano nelle grotte , dove fi tro- vano lo zinco e '1 bismuto , fono nel pericolo di morire per l'efalazione di tai minerali, e fovente ne muoiono. Si produ- cono fpeffo in costoro dolori atroci nelì' addomine, che corri- fpondono a'iombi e al dorfo ; fopraviene in feguito un torpore agli arti fuperiori , ed indi fegue una vera paraiifia . A buon r. conto par che 1' attacco di tai veleni veramente fi faccia a' nervi della fpìna : e quindi l'Illustre Signor Astruc denominò tal malore rachialgia. Accostiamci però a mirar più davvicino i prodotti del mercurio; e per non perdermi in un troppo vasto argomento, dirò quello foltanto che fa al nostro bifogno . Altrove fi dilTe che gli antichi riputavano l'argentovivo come un veleno. Ip- pocrate noi nominò punto; Galeno non lo maneggiò mai; ma fulla fede e fulla testimonianza di Diofcoride , egli il noverò traile fustanze corrofive . I moderni fotto varie preparazioni , l'an truovato un utile ed efficaciffimo rimedio. Ma però fi for- ma dal mercurio il precipitato rojfo , che fi prepara dalla rifo- luzione. dell' argentovivo , fatta mercè i' acqua forte ; e questo precipitato è un vero caustico e corrofivo veleno. La femplice foluzione di eflb mercurio fatta nell' acqua forte, è cosi bruciante, che cònfuma le carni per poco ch'ap- plicata vi fia. Che n'addiverrebbe egli mai, fé una cucchiaiata di tale foluzione mefcolata con talun vino , fi defle a bere ? Ma pur è certo ancora, che il precipitato rofib, anche applica- to esternamente, forma 1' efcara . Se fi dia poi internamente , non vi ha mestieri di molta dofe per uccidere ogni gigante . ' Infiamma ben tosto i vifceri , produce gli affanni, i dolori , i G vo- i8 Dissertazione!. vomiti. Si fon fatti de'varii cimenti ia diverfi cani, gatti, ed in altre bestie ancora; e per poca dofe , effe in ninna maniera an potuta sfuggire ia morte . E benché diverfe vie fi fon ten- tate da parecchi Chimici per raddolcirlo , stillandovi fopra dell'alcool,, o dell'acqua della chiara d'uovo, o pure facendo- lo bollire con poderofo aceto ^ e poi feltrandolo e purificando- lo; pochiffimo anno efTì acquistato: e fenza temenza di errare, meglio fi può dire, eh' an buttato vanamente il tempo. Lo steffo debbefi credere del turbte minerale ^c\\q fi forma dair argentovivo purificato , e mefchiato col doppio di buon olio di vitriolo . Il mercurio fi precipita nell' olio isteffo , e totalmente fi fcioglie . Si dee ben ifcanfare quel velenofo fu- mo che vola, come nimicifiìmo del petto , e valevole a fare cacciar fangue da' polmoni . Quel mercurio, difeccato che fia , e ridotto a foggia di calce, che di poi melcolandofi coli' acqua calda , fi viene a ridurre in una infipida polvere , è il vero turbit minerale. Tantc^ maggiormente dobbiamo temere gl'in- canti di quello fcaltro veleno ; perchè altro egli non è , che una fecca polvere , di cui non fi può affaporare l'indole mali- gna . Vero è che qu\ un' altra volta i Chimici ( e tra quelli il Paracelfa prima, e poi gli altri appreflo ) an cercato addol- cirla di molto , per Ibmminiftrare minimiffima dofe a certi mali quafi difperati ; ma conviene a noi fempre prender guar- dia, acciò non ci faceffimo incappare nei iufinghevole fteccato di cotefte perniciofe medicine. Veggiamo appreffo di fare trafparire più quefl:a medefima luce in confideranno il folimato carrofivo , ficcome io promifi più fopra ; la quale luce par che fi afconde agli occhi noftri » Egli fi prepara in diverfe guife da' Chimici; ma i componenti ben confrontano fra di loro . Si fcioglie prima una baftevole quantità di mercurio nell'acqua forte, la quale foluzione fi fa svaporare , finché vi refti una mafia fecca . Prefa una certa quantità di fai comune decrepitato , ed altrettanto di fino vi- triuolo comune e calcinato , fi triturano feparatamente quefti due fali, e poi fi mefcolano aggìugnendovi il mercurio. Que- fta meicolata materia fi mette in un matraccio conciato nel fornello in fulla rena ; fagliera su il mercurio fublimato corro- fivo su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI." ip fivo,che fi attaccherà alle pareti del vafo,fotto forma dì braa- chi e mezzo trafparenti criftalli. Chi guarda un pò nel di den- tro di quefta procedura, egli ben ravvi fera , che tutta la ope- razione confìfte in formare mercè la mifcela de' detti fall un acqua regia, ia quale unita all' argento vivo, dà quel veleno di cui fi parla. Il mercurio è unito coli' acqua forte ; lo fpirito acido del vitriuolo mefchiato col fai marino , fprigiona da que- llo fale il fuo fpirito; e quefto fi uaifce col mercurio per for- mare il folimato . Dunque il mercurio vien penetrato e dallo fpirito del nitro,e dallo fpirito del fai marino; il vitriuolo al- tra figura non vi f^ , che quella di fprigionare ' lo fpirito dal fale comune. Qui notifi eziandio che T argentovivo è una fuftanza ed una medicina innocente. Tante volte le donne, mentre fi fon trovate incinte per fegreti amori , quando noa fi avea contez- za degli altri illeciti mezzi, an prefa tutta una volta una lib- bra di argentovivo per poter con effetto abortire ; né fi è re- cato incomodo veruno alla di lor fanità. Altre fiate i lavora- tori nelle cave delle miniere del mercurio, per poterne furare una quantità, ed afconderla nel tempo medefimo , an tracan- nata ftrabocchevole dofe di codefta fuftanza ; né perciò ne fon morti. All'incontro lo fpirito del fale marino , come anche quel- lo del vitriuolo, e del nitro medefimamente , fono nei vero veleni corrofivi ed abbrucianti , ma non da agguagliarfi al fo- limato . Delfi però ricevono forza ed attività dall' unione del mercurio : ed in tal propofito confeflb francamente, che l'ac- qua regia corrode il mercurio , ed il converte in un vero vi- triuolo fecco, e corrofivo. Se il fublimato corrofivo applicato efterlormente fulle car- ni brucia e confuma ; confiderate cofa ne debbe avvenire, allor- ché fi dìi internamente . Sogliono effere nel vero impefati ed improvvifi i fuoi afifalti . Pochi granelli di elfo fon baftevoli a levar ia vita a chicchefia. Ma che difli pochi granelli? Anche due foli acini pigliati fchiettamente , e quando lo ftomaco è difarmato di quegli aiuti co' quali fi fuole fomminiftrars , in- veftifcono si fattamente la macchina , che formano un podere- fo veleno . Soffrono quegl* infelici che il prendono un' arfura C 2 nello :ìo D I s s e r t a z I o n e I. nello ftomaco, ed un dolore; fi muove potentemente li vomi- to, che tal fiata è fanguigno: fi fcioglie il ventre; delle vol- te fi genera la iliaca affezione e la diffenteria; fi affaccia il me- teorismo; dopo del quale colle convulfioni finifcono effi di vi- vere . Il Baccio al fuo Trattato de Venenh defcrive , come a un giovine uomo fu recato nel cibo il folimato , e ne mori . Tagliato il cadavero fi vide fangue rravafato nel ventricolo, e nella duplicatura dell'epiploon : il ventricolo ifteffo era corrofo, e gl'inteiUni trovarono piagati. Con quefto si neceifario occhiale confderando noi le for- ze del folimato , ben fi rileva che molto cauri e guardinghi dobbiam eflere nel prefcriverlo perle veneree malattie. Si puli- fcano innanzi le prime ftrade con qualche purgante, ed indi fi facciano prendere a tali infermi le tiepide bagnature, acciò s'inaf- fìino gli umori , e non rimanga il corpo smunto e difeccato dall'azione di quel poderofo rimedio. Pofcia fi cominci a dare tal medicamento dalla dofe di mezzo granello fin ad un acino dilciolto nello fpirito di vino, e foprabevendo del latte, affinchè fi temperi rarfura,che con feco fuole recare alloftomaco.Ne'fec- chi e deboli temperamenti non fi dee ufare cotefta medicina , là quale riufcirebbe in vero fatale. Il fublimato eorrofivo pro^ pinato cosi a fpilluzzico, fuole effere buon medicamento nelle veneree ottalmie , ne' dolori provegnenti da virulenza Gallica,, e benanche in certe piaghe fordide , le quali riconofcono una medefima cagione (4). IL (4) Blfogna ancora far conofcere F indole di certe altre prepara- zioni mercuriali , le quali voglionsi da noi fcanfare ugualmente , che gli tefìè accennati veleni. Io mi troverei così ben in arnefe fu tal materia da farne de' lunghi arringhi ; ma chiederò di sbrigarmi presto, poi- ché non anno effe tanto da occupar la penna d' un difcreto autore . Primieramente 1' olio igneo del mercurio , è un caufiico potentiffimo ed acerrimo, ed un vcneno de' più viojerti . Egli fi prepara dall'argento- vivo ridotto in fecca polvere, mercè l'olio del vitriuolo . Meffavi un al- tra ugual porzione del detto olio , si pone a fvaporare , fuggendo quei venenosi vapori che fagliono su . Ma'agevolmente si difeccherà tale mi- fcela j ma pur rifeccata che sia , fa mestieri aggiuonervi 1' altra quantità dell'olio del vitriuolo allo stef/o pcfoy e ripetenao la medesima opera- zio- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABÌLT; SI II.Tuttochè fieno noti ad ogni Torta di gente i pericolufiO - mi, e ben terribili effetti del rame ; non fi vede però che ài cotefto metallo , che tien afcofo ed occultato nel fuo feno usi potente veleno ^ ne fìa l'ufo minuito . Si oflerva, che tutto il vafellame delle noftre cucine, i tubi delle fontane , ed altri co- modi da tener folidi o fluidi nutrimenti, non di altra fuftanza fon formati che di rame . Appena ana leggiera bagnatura evvi di riparo , la quale coli' ufo {l logora e fi confuma ; ed allora riefcoQO ben venenate quelle vivande che cola entro fi prepara- no. Nel Regno della Svezia da quel Governo, traile altre più nobili e più gloriofe leggi pubblicate per eftirpar gli abufi , e procurare la pubblica falute , una è fiata di proibire in tutti gli Ofpedali , negli alberghi , ed in altri luoghi alla fua giuris- dizione fpettanti, 1' ufo del rame nella formazione delle caldaie, e degli altri vali . E pure in quel Reame uno de' migliori ca- pi del fuo commerciojf fi è ilrameifteffo^^cliefi cava in Stora-Ko- parberg, o fia nella gran montagna del rame. Il Signor de la Motraye , che fece il fuo lungo viaggio nella Svezia , ha de- fcritte le diciffette aperture che vi fono nel detto mon-- te , la più ampia delle quali è di fettanta paffi di profondità fino alla prima pofata . Quefto abilTo artificiale da -fuori uà fumo grandemente ofFenfivo, e che pute di zolfo. Il detto Si- gnore volle rifchiarfi a fcendere- in una di quelle caverne , d' onde ufci tutta annerito a guifa dì negro fumo, ed: anelante,» mezzo affogato per la puzza degli zolfi. Gli alimenti, e k acque che tengonfi- n^' vafi dì rame.,, producono, dolori di stomaco fortiffimi, voir.iti , coliche, colere, tenesmo, e piagamenti aegl' intestini. Si ofT^rvano ancora dolo- ri zione 5 sì formerà queirolio venenofo che si cerca , del quale poclie goc- 6Ìe fon lufficienti si mandar all' altro mondo qualunque più robufto uo- mo . Medesimamente si dee notare e fuggire il precipitato verde', che si prepara dal mercurio purificato , e dal rame tagliato in lamette , e fat- to fciogliere innanzi feparataraente nello fpirito del nitro. Qlù avverto per chi noi fapefle, eh' eBbevi di quei Chimici, i quali con iiplendidif- fime promefle confultarono di prender in bocca o per bocca alcuni po- chi {fimi granelli di cosiffatta polvere verde j ma io, fenza dir altro, ri- corda ai miei Lettori la ^.ualità velenofa del rame . 22 Dissertazione I. ri acuti e convulfivi negli arti inferiori. Ella è nota quella lu- netta tragedia che avvenne in Francia ad alcuni Padri Benedet- tini; i quali per .Ognun vede oltracciò nel detto luogo Jlerilitatem '& foli madera . Il Cluverio dottiflimo Geografo, dopo avere data una fcura fentenza fuUa vera fituazione de' Leucogei , chiamando così tutto quel tratto di terreno che vi paffa-dalla Zolfatara fino a Pofilipo , in- torno alla origine del nome fi Ipiegò così : Colles -, atque fontes diceban- tur a colore JLeucogaei .' Se poi da taluno fi trovi ofcurità fui parlare di Plinio, laddove ha detto emicantque fontes oraxi, oculorum claritati, fap' -piafi che la voce 'oraxis viene da opaco -video, onde oraxis o pure orajis dinota fenfus •videndi ; e le parole oculorum claritati , fono una di- chiaraziqne fatta-da Plinio fleflb alla medefima . Quindi fi conofce un altro errore del Cluverio , il quale favellando della voce oraxis , o pure araxis ., difTe , che utraque ejì nihili -vox , in ciò falfamente feguito dai 'Pellec;i*im)"i ^6 Dissertazione I. Ila; e di cotefta pafta le più delle Dame oltramontane, e fpe- cialmente le Inglefi , fi avvagliono per dare una certa dili- catezza e confifìenza alla pelle dei lor corpo . Mercè 1' analifi. chimica dall' altra banda an conofciuto i moderni, che lo allu- me contiene uno fpirito acetofo niente diffomiglievole dallo fpi> rito del vitriuolo, benché non contenga un licore cos'i podero- fo, qual'è l'olio del vitriuolo ifteflb . Per lo che fi dee con- thiudere , che quando di detto allume fi dà per bocca qualche dofe , ella debb'eflere difcreta, e molta prudenza del Profefiora vi fi richiede. Ma fé fi dia in quantità, e a difagio, grandi malan- ni potrete afpettare,, che non faran mica inferiori a quelli che fi producono da qualche dofe di vitriuolo. IV. Le pietre , che formano un'altra claffe de' corpi folli- li, anche contengono qualche fpecie,ch'è venenofa. Non avrebbe al certo il torto chi riponeffe fotto le perniciofe fuftanze la calce^ e'I geffo. Il gelfo artefatto è una pietra a guifa delle calcarie; ma nell'aria non fi fcioglie, né fa bollore coli' acqua . Induri- to ch'egli è una volta, mercè del fuoco, non fi trasmuta più in calce . SoraìgUevole natura dimoftrano il geffo oltramare , e'I ceruleo moJirana, che fi pi'eparano dal lapis lazuli , e dalla pietra armeno, le quali due pietre ben furono da varii Medici rrpofte traile claffi de' veleni. Tuttaddue fono corrofive, e muo- vono il ventre ;. ed anche prefe in poca quantità fpecialmenre innanzi di ridurle in calce o geffo, arrecano la morte. Ma fu della Galee ordinaria fa meftieri trattenerci un pò di più. La calce viva fi può preparare non folo dalle ordinarie pietre calcarie, ma eziandio con tante altre , non eccettuando- ne il marmo . La medefima fé fi efl:ingua nell'acqua piovana, e di poi fi formi la feconda e la terza acqua di calce; di nuo- vo fi può fare calcinare. Diofcoride al libro quinto fcrifTe,che tutte le calci fon calde , mordaci , e caufiiche . Galeno anche dìife , che la calce viva è di una natura s'i cauftica che fa le- fcara. Quindi gli antichi avvalearifi di effa folamente per l'e- ftcrno , avvegnaché internamente la temevano come un vene-no, da poter abbruciare lo fìomaco e le budella .' E' nel vero cosi è, quando fi parli della calce viva, fé afTieme col cibo foffe mefcolata . La calce raedefiraamente può fare bruciare i corpi ac- su LI VELENI MINERALI, E VEGEATBILI . 27 accendibili. Si fon veduti de'trifti cafi ^ ed un vafceilo carico di calce viva, perciocché fece acqua, s' incendiò ► Il fumo, e i vapori che fi follevano dalla calce ,. debbo- no altresì riputarfi perniciofi. Coloro che dormono , o lunga* mente, dimorano nelle cafe fabbricate di frefco , mercè il detto vapore di calce ch'efce dalle muraglie fon foggetti ad incomo- di gravi , ficcome la fperienza giornaliera ha fatto conofcere : ed. al certo fi producono per tal cagione le febbri, e i mali di petto, che di poi crefcendo,. generano un fenfo di affogamento, e '1 refpira fafìidiofo . Tal fiata fon nati diverfi mali nervini ^ e le paralifie. Nel Giornale de'Curiofi di Natura fi nota, che un giovine uomo talmente fa riprefo dal vapore della calce vi- va, che fu tormentato da una forte oppreffione di vifceri , da una toffe violenta » e da continui ftarnuti , i quali difagi pii'i volte fecero ritorno . Maggiore e più violenta è la forza del fumo, che faglie pel mefcolamento della calce viva,, e dell'ori- na. Egli ha delle qualità ignee, e molto acri. Ma da più ragioni e fperienze vengono confermati i fune- ili effetti della calce internamente , Ridotta ella in polvere fi- na , fé fi mefcoli collo zucchero , è un micidialilTimo cibo a tutt' i topi. Nel Giornale ifteffo , di cui non ha guari abbiam fatta rimembranza, fi recita, che una donna per aver mangia- ti due pomi ch'erano flati in un facchetto , dove priaia fi era tenuta là calce viva ; la raedefiraa ebbe a fofierire un calore grande nella gola, una forte oppreffione dì ftomaco ,e di cuo- re. La fete in lei fu ineflinguibile; fopravvennero i fudori, le Gonvulfioni ; e fi affacciò il meteorismo . Quinci mai fi è du- bitato da' moderni di riporre la calce trai numero de'veneni,,!» quella guifa appunto, come la fiimarono gli antichi. Leggan.fi, il Foreflo, il Lanzoni , Joel , ed altri Medici. Ma io il con- fermo con un chiaro efempio y del quale fiam forniti dalla Storia . Dopo- che neir undccimo fecolo fi era ftabilito fu di fer- me bafi il regno della Palefiina da' guerrieri Francefi , i Mao- mettani riavendofi da quel terrore a cui fi erano abbandonati, fecero cangiare quella profpera fcena, e fecero piovere fu degli Europei cola dimoranti , le più terribili calamita e defola^ zìo 38 Dissertazione I. zioni . Quindi ve^gendofi vacillare queli' imperio nella Pale- fìina ., fu predicata la feconda fpedizione con tanta facondia , the ben s indulfero nel fecoio duodecimo il Re di Francia Lui- gi Wll , e Corrado ili Imperadore della Germania ad andare alla volta del Levante con riovelle truppe. All'apparire di quel gran nuvolo di Crociati ne' territorii dell'Imperio di Oriente, rimperadore di Gollantinopoli di allora, ch'era Manuele Com- neno , con fede Greca, e colla più nera perfidia , oltre di aver fatti apparecchiare vani agguati negli anguiti paffi da diverfe partite de' fuoi foldati per forprendere i battaglioni Francefi ed Alemanni ; fece eziandio melcolare della molta calce , e del geffo nel pane che li vendeva ai detti Crociati , ficchè tanta fu la mortalità che fi recò a quegl' infehci, che di tutte quel- le truppe un raiferabile pugno di uomini fopravviffe , incapace di poter fare alcuna degna imprefa contro degl'Infedeli. E nel vero prima di me lu oliervato dal Boerhaave, che la calce iftef- ia, comecché non ha fapore né odore alcuno, non nuoce men- tre mefcolata alla farina fcende giù nel ventricolo: ma quando poi colà fi è pofata , afforbe i fuchi gaftrici , chiude e tura i vali j e per la forza abbrunante , diitrugge e confuma lo fto- maco ifleffo . Non vi abbifogna al certo molta dofe di calce nel pane per fare morir un uomo- Anche ne' tempi più antichi nella Repubblica di Atene , dov'era il facrairio delle Scienze migliori , furpnvi de lamenti, che i popoli di Sparta aveffero avvelenate colla calce le acque de' lor pozzi per dar loro la morte, mentre aveano elfi quelle fiere fcambievoli guerre. Però fé taluno aveffe voglia di lapere: e donda mai la calce ottiene tanta forza corrofiva e caullica, "Ticchè produce la putrefazione e^la morte? Io rifpondo,che di varie brighe e litigi ebbevi fu di quello punio : ed anche fé sfavillaife qui in me 1' anfietà di volerle recitare tutte e chia- marle ai conti , r anguftia de' limiti che mi ho prefilfi , noi compoi'ta. Che il Du-Hamel dica, che vi alligni nella calce un fale' marino con bafe terrea: che il Signor Pott foìtenga, che * fia un fale acetofo : e che il Naudot pretenda, che fia un acido nitrofo ; tutti quelli Scrittori quando non ci recano qualche precifa fperienza , che ci ferva di mallevadrice e di autentica delle su 1,1 VELENI MINERALI,. E VEGETABILI.' 3(7' delle lor fentenze , elTi abbiana pazienza fé non gli fi pretb fede . Qui mi fia lecito ancora ài emendare coloro che prete- fero, che nella calce i fall che fi ravvifano, fieno prodotti de' fa- li acidi delle legna, colle quali le pietre calcarle fi abbruciano, A mio ,avvifo fempre farà, miglior configlio che fi creda , che nella' calce vi fia una fpezie di fale alcali fiflb : e perciò fi ve- de , come, notò il Signor Homberg , che la calce viva cogli acidi produce una. effervefcenza^ maggiore,, che non colla calce eftinta.. Finalmente chiudono quella fchiera dì veleni minerali , i crifialli, e i diamanti , ai quali debbe aggiungerfi il vetro ri- dotto in- ifchieggk . Ben fi fa come il criftallo e '1 diamante fono bei lavori della Natura , la quale forma, nel grembo del- la Terra, tali concrezioni, mercè le venette delTacqua che vi fona fparfc (11) . Oe q^uando q^ueftì corpi ridotti ia polvere Q. tran- (11) Le parti" piìi omogenee che fi attraggono- tenacemente nelle làfcere della Terra, formano i criftallì , i quali anno maifempre una or»^ dinata figura . Sotto- tal nome lì allogano varie pietre calcarie , e vitre- fcibili- , metalli , e piriti', i quali, comunque tracannati , per la lor du- rezza, offendono- Io Ifomaco . I criftalli traggono il lor colorito dalle fo-» ftanze metalliche, difciolte nel feno della terra, e ftrafcinate dalle acque.. Dal ferro fi. produce il roflb , dal piombo il giallo , dal rame il verde e '1 turchino - Il crifìallo d'Islanda , che fi difciogjie negli acidi , ha pei- jqualità diflintiva di far comparire gli oggetti raddoppiati ,, mercè la dop- pia rifrazione de' raggi ,, che .nafce dalla particolare difpofizione delle par- ti . I criftalli di rocca , mandano delle fcintilla elettriche , allorché fon percoflì coU'acciaio . Eifi fon la bafe delle pietre preziofe • e fi è trova- ta r arte di' colorirli a caldo e a freddo , mercè i fuchi de" vegetabili incorporati ne* liquori eterei.. Il diamante altresì , che fregato , a foggia delle altre pietre trafparenti , dimoerà il fuo elettricifmo , ed attrae i corpi leggieri • è un criftallo puriffimo che ha; acquiftata una rego'are figura, un pefo notabile , ed una bell'acqua o trafparenza ,. nel che con» fifte la fua perfezione , quando egli non abbia de'punti e degli; appanna- menti . Effendo intanto, quefta pietra preziofa di una durezza grandifli- ma^ egli: apparifce , che le fue parti trangoggiate , colle lor punte s.'in- finuano nelle tuniche dello stomaco , a guifa delle fpine del pefce ; lo tagliano , e l'impiagano in maniera,, che divengono quegli ulceri inlana- bili . Le punture de' nervi , le convulfioni , e Ì vomiti languigni, ne fo- gli ono^ eifere le certe feguele.. 40 DlSSERTAZIONEl. trangoggiano , avendo la figura di tante lancette taglienti , fi aitacca^no fortemente alle tuniche del ventricolo o degl'interi. ni e dal moto periilakico, ricevono prefTura, e vie più s'infi- nuano in efle membrane , iìcchè malagevolmente fi poiTono e- fpellere: fanno poi delle ferite ne' detti vifceri , infiammagioni , e cancrene . . . , Tutt'i veleni minerali noverati fin qui , conducono gli uomini violentemente all'altro mondo, e la loro azione fi fa fubitamente nelle prime vie. Quivi impiegano la faldezza del- le lor particelle, e quivi corroaono le membrane, e producono un predo sfacelo. Ma nelle piante non avvien cosi. I di loro fall comecché più fievoli de' minerali., non ifpedifcono cosi pre- diamente gli uomini ali altra vita; ma danao tempo un pò di più' e perciò s'introducono ne' canali, e negli umori, laddove poi|o raddenfando i fluidi o dilciogliendolì , o corrodendo i fo- lidi'o ftimolandoli, producono la morte. Veleni Vegetabili , Si dee ora fare acconcio paflkggio alla d«fcrizione de' ve- lenì che ci fommmiitrano 1' erbe e le piante . Se altro Scrit- tore di quefta materia abbia a ciò foddisfatto pienamente , io noi fo già : ma veggendo io medefimo che gli altri fi taccio- no , Ilo creduto, qualunque io mi ha, di llendere qui una Sto- ria di elfi veleni vegetabili , che contenga le più femplici ed utili notizie , fenza metter in villa racconti di cofe da nulla. E' da liìperfi m generale, che i veleni delle piante non fon miea affoluti ; ed una bizzarra varietà di effetti producono effi. ne'diverfi animali, come dirò appreffo. In fecondo luogo d'una pianta illefla non tutte le parti fon velenofe, ma in alcune fi ve°°iono tali le radici , in altre le fole frondi o le foglie , ed io altri ancora i puri frutti . Evvi diverfità parimenti ne' ve- oetabili fecondo il rapporto del clima dove allignano : e final- mente una pianta ifieifa velenofa , allorché fi prepara in certa guifa, può riufcire di cibo . Ma quefte fon voci fcure : dichia- riamole con degli efempii. Altrove fi notò, che l'aconito, non contiene in altra parte il fuo veleno , che nelle radiche ; e Pli- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI . 41 Plinio francamente avanzò , che tra tutt' i veneni quefto fia ii più micidiale, la quale aflerzione per altro non è ftaìa da' mo- derni ricevuta con plaufo; perciocché fi è faputo,che nelle In- die, e nelle regioni caldiffime dell'Africa vi fono veneni mol- to più poderofi . Io però lafciando nel lor buio quelle opinioni di parecchi- Medici, i quali anno immaginato, che tal fenome- no procedelTe non altronde , che dalla varia grandezza e figura de pori della pianta, per gli quali in certi luoghi fi dà il paf- faggio ad umori agri e perniciofi , ed in altri a molli e blan- di fughi; e mettendo da banda la forza della fimpatìa,cui fe- cero ricorfo le Scuole ; farà più aggradevole a me medefirao il credere, che ficcome i varii veleni nella noftra macchina fer- bano un rapporto colle diverfe fibre , e quello rapporto preci- fo nafce dal vario pefo fpecifico delle raedefime ; cosi la diver- fa gravità fpecifica degli organi delle piante, accoglierà gli sva- riati fuchi 5 de' quali per confeguenza certuni faran venenofi in certe parti, ed altri nò^ Medefimamenie .fi dee ben ponderare il vario clima, e la diverfa qualità del terreno dove le piante vi crefcono . Egli è pur certo, che quantunque la terra -dappertutto fia ripiena di abitatoji , né i gieli , i freddi, le lunghe tenebre ne' poli, né i Calori cocenti della zona torrida impedifcono che gli uomini vi poflan vivere ; i quali mercè le pelli e le ftufe fi riparano nelle prime regioni, e mercè le acque e le alte montagne ri- piene di nevi , ed i venti orientali vengono aiutati a poter vivere ne'chmi caldi; pur tuttavia le piante le quali più foffro- no le azioni dell'aria , non iftan miga dello fteffo modo. Ef- fendo nelle fredde zone l' erbe in certa guifa agghiacciate , e in- ceppati i lor fughi; quelli o lentamente fi muovono, o groffo- lani divengono; ficchè non poflbn fomminiftrare quei fali atti- vi", o non gli attraggono dal terreno, come s'avviene nell' in- focato cielo , e dove il bollore delle terre trae una focofa fu- fìanza, ficcome dalla fperienza manifeftamente fi è conofciuto . Ne' terreni umidi e pantanofi accade,che certe erbe riefcano più micidiali, che ^non ne'luoghi afciutti e monruofi : perciocché le parti venefiche che in quelle fi truovano ,, vengono difciolte più agevolmente dove umido abbonda, che non in quelle con- F tra- 4^ DlSSERTAZiaNEl. trade nelle quali una (ècchezza più torto , ed uq arfura v* è nella terr^t . Di qua aafce che una iltefia. erba in. diverfi luo- ghi piantata, non gode Tempre delle medefirae forze. In tal guifa fi fpiega, perchè la cicuta acquatica del Gesnero m ella in altri terreni e non nelle paludi , né vegeta della maniera iflef- fa, ne ha il medefimo potente veneno , Quindi la teoria del Signor Giovanni Woodward Inglefe , il quale fi. credette c!ie il numniento de' vegetabili procede dalle parti eterogenee fali- ne, che affieni colle acquofe fagliono nelle fibre legnofe, e ne' rami , e nelle foglia ; egli è un fifteraa che vien comprovato dalle giornaliere offervazioni che fi fanno full'erbc' velenofe . In. fine che realmente dalle piante velenate, mercè di kg'- giere preparazioni, fiafi giunto a fare degli utili cibi, la Storia del nuovo mondo ci fornifce di un precifo- efempio. Il manioc, eh' è un arbofcella che ha le radici foniìglievoli alle paftinache, delle quali radici il fugo, è un. terribil'iffimo veneno,, dagli A- rriericani veniva preparato in forma di focaccie,le quali benché al gufto fcipite, riufcivano però di utile nutrimento (12).. Ma diamo principio alla defcrizione particolare delle pian* te: (12) Prima della fco verta dell'America que' popoli efTendo caccij^- tori, avvezzi ad una vita libera e vagante, e fenza capacità di applicarli ad alcun lavoro , non curavano , o stimavano un' arte da vilipendere la coltura delle piante ,- e quindi fovente erano ridotti ai difastri più fata- li . Per lo che grande follie vo ed aiuto Ibmmihistrava loro il manioc , o fìa fuco, fol'tis. cannabinis . Comineianda dalla Florida fino allo. Strét- to Magellanico ella ferviva loro di cibo ; dovendo effi prima fpogliare queir arbolcello delle fue qualità venefiche. Lo fl:elo,o il tronco di que- sto vegetabile è fragile , ma pieno d' un midollo , eh' è fomiglievole a quello, del fambuco: però la radice le fi mangiafle cruda, farebbe un mor- t taliffimo veleno .. Que'Nazionali , immerfi nelle più folte tenebre dell' ignoranza , fcovrirono questi ed jaltri finsili veleni potentiffimi , mercè la morte de' lor compagni . E fi può dire con molta ficurezza, che tut- te quelle terre imboìchite , ripiene di stagni e di acque putride , e di tanti ferpi che colà entro morivano , fo.mministravano nocivi alimenti all' erbe di quelle allora infislici contrade ; motivo per cui abbondavano lì tante piante velenofe , le q,uali anche purificate, non rimangono fpo- gliate delle lor qualità venefiche . Il veleno del manioc confiste ia un latte caustico , e corrofivo • le cui volatili particelle fi diflipano , mercè le su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. 43 te velenofe . La prima da numerarfi fi è 1' aconito colle fue varie fpecie , Gran guerra di opinioni vi fu fulla etimologia di cotefla pianta . Io lafciando ogqi altra fentenza , mi appiglio al fentimento del famofo Vefcovo Greco Euftazìo , il quale volle, chi la dizione aconito fignificafle veneno fortiffimo ed invincibile (13). Plinio diede all'aconito il nome di Scorpton ^ Fardalìanches , Mj/o^onon : o perchè ha le radici itorte e cur- ^ 2 ve le preparazioni , e la forza del fuoco . TI Signor Ray nota in fine , che questo fugo è ugualmente micidialifTimo a tutte le forte degli anim^ali . CI' Indiani medefimi dell' Occidente an trovato il modo di prendere ì tanti pefci e le testuggini che fi trovano nelle vque dell' America Set- tentrionale , e nel fiume Orinoco , mercè le piante che chiamano curu- pe , che gittano nell'acqua , le quali ammaliano, e rendono ubbriachi i pefci , che poi galleggiano fulle acque , o vengono buttati in fulla rena. Anche gli Americani isteffi ne prendono di effa pianta , che gli rende ebbri per un giorno intiero ; e ne fanno iifo eziandio come noi faccia- mo del tabacco . Elfi inoltre an imparato di non ufare dell' arbofcello guao , il cui legno è verde , e zeppo di fugo agro e caustico . Appli- cato altresì fugli animali , fa tosto loro cader il pelo ^ (13) Sono Ben diverfe le origini della parola aconito , date dagli antichi medefimi . La più comune fi fu, ch'ella nafceffe da ufconae città della Bittinia ., dove tal pianta abbondevolmente crefce : ma coinecchè vi ha parimenti di altri luoghi , ne' quali fuole 1' aconito vegetare pre- stamente ^- ognun capifce, che non dee menarfi tuona questa etimoloa'ìa, E Hel vero può dimandarfi : questo aconito così velenofo ,. perchè debba pigliar il nome da una città della Bittinia ? Non è egli comune ad al- tri paefi ancora , de' quali fa precifa menzione Diofcoride ? Diranno ; è vero cotesto • ma forfi fu in ^Aconae o in maggior abbondanza , o la prima volta trovata. Adunque, dico io, per caratterizzare una pianta, che in altri luoghi vi alligna bene; eh' è tanto mortifera , quanto Ni- candro , e Plinio di«ono , non fovvene agli uomini voce più adatta ed acconcia , di quella prefa dal paefe ? Ridicola e fcipita maniera farebbe stata cotesta degli antichi Greci nell' imporre i nomi alle cofe . Plinio ( Lib. XXVII. ) defcrivendo la natura dell'aconito -effcr tale, che prefo per bocca , uccide 1' uomo -, purché nel ventriglio o negl' intestini al- tro veleno non ritrovi, poiché in questo cafo egli non cagiona più dan- no immaginabile , ma la fua malignità la impiega nello infievolire ed 'abbattere quel veneno ; Plinio ci fa fapere, che due pareri anno feguiti gli Scrittori fulla origine di fiffatto nome • O da iA'conae che fignifica rocca , e dinota eziandio i fafli fcoverti , su de' quali , o tra de' quali egli 44 Dissertazione L ve come la coda dello fcorpione, o pure perchè anche a queiJli infetti è un peftifero veleno ; ed altresì perchè uccide le pantere ed i topi col fem.plice fetente odore. Fu detto ancora CynoHo- tìony e LfcoHom?!^ perchè del pari da la morte ai cani, ed ai lupi . Nicandro famoib Poeta della Grecia , che viffe ai tempi di Tolomeo VII , nel libro de Jbcriacis , defcriffe una fpecie fola dell' aconito ; ma Diofcoride ne numerò quattro fpecie di- verfe :_ e fé noi vogliam feguire i moderni , troppo facili e leg- gieri in far mille divifioui, troveremo tante forte degli aconi- ti, che nulla più . Io in particolare mi fermerò fui nappello, eh' è una fpecie di quella pianta. Crefce egli, vi fi alligna , e- pLillula mirabilmente nella Slefia , nelle Alpi,, ed ancora nelle falde de monti dell'Abruz- zo. Ed al certo non minor mefle di nappello fi mirerebbe far- £ in quelle ultime montagne, di quello che fi faccia nelle re- gioni più rigide della Germania. La fua radice è fomiglievole ad una piccola rapa di colore negrognolo o fofco; ma taglian- dofi , fi vede di dentro di colore bianchiccio . Quefte radiche maeftre producono fovente di altre radichette laterali , le qua- li dan fuori de' tronchi , che anno dentro di fé il midollo , e non fon facili a romperfì . Da tutti quefii fufii fporgono delle larghe foglia di un verde fcarico, ritonde di figura, e fibrofe. Da fuori nel mefe di Maggio , o di Giugno i Tuoi fiori erma' froditi, i quali contengono innumerevoli ftami ; e perciò dal Linneo fu l'aconito meflb in una claffe particolare . Quefto valen- tuomo notò, che i frutti che producono le piante di quella clafle, le più volte fon velenofi . Che perciò quello che fi dice qui de' frutti dell'aconito, e del nappello, fi dee intendere di que- gli della fiafifagria, dell'elleboro, dell' euforbio, e di altre pian- te parimenti . Fu voce ben degna di Giovanni Bauino,che farebbe fag- gio configlio di sbandire e fare sloggiare da' prati, da' giardini, e da- egli fuol nafcere ; o pure perchè a guifa che le pietre an la virtli dì aguzzar il ferro , e di toglierne prefto le fcabrofità ; così 1' aconito pre- ftamente recide il filo della vita . A me però pare più credibile , e me- no sforzata la fpiegazione eli Euflazio , come fi è detto qui fopra . Sb LI VELEKr MINERALI, E VEGETABILI « ^ 4 i e ciarli orti il nappeilo , pianta terribile a tutte ie razze d;;£ir animali, ed anche agli uomini . Tanto più che per farlo ger^ moo'liare non v'ha bifogno di coltura , o che fia il terreno in- graffato di ktaine o delle fpazzature delle cafe, acciò con quei fall, e con quegli zolfi le terre men feconde , feconde divenga» no; ma ne terreni li più Aerili, o dove appena vi allignano altri fterpi , e nelle montagne le più fpelate , il nappeilo ben vi crefce. Tutte perniciofe intanto debbonfi ripufare le. parti di quella pianta ; ma non fa meftieri dubitare , che la radice fia la più micidiale- fra tutte quante. Tant'è vero che dj qua pre- fero appoggio^ alcuni Scrittorelli moffi dall'ammirazione, i qua- li fi credettero e fpacciarono, che la fua- radice , anche un fio a lungo maneggiata o rifqaldata nelle mani , è cspevole di man- dar la gente per le pofte all'altra vita. Debbe compiangerfi la sventura di coloro , che prendono della radice del nappeilo , o in polvere , o in infufione nell' acqua, ne' brodi , e all'aceto . Diviene ella un cauftico poten- te, ed un forte corrofivo nello ftomaco . Mille infelici cafi aii comprovata quefta verità ; e varie luttuofe fcene fi foh vedute nafcere dalla radica di quella pianta , della quale fovente gli avvelenatori fi fon avvalu-tì . Si comprova quella, verità coli' ©ffervare ,. che a cinque minuti. Lo fciolfe dalla fune che il h'gava , gli fopravvenne_ ure refpiro fafìidiofo. Volea il cane camminare, ma- non potea . Indi gli fé pigliare uà' altra oncia e mezza dell'acqua medefima , che lo abbattè in guifa , che dopo due minuti perì' . Tagliatolo dopo ,, vi vide- che nello flomaco vi era tutta 1' acqua eh" avea tracannata ,• ma non fi oflervava in tal vifcero alterazione alcuna,, né circa al colore ,, né in rapporto al- fa confluenza,, efiendo fcevro da qualunque infiammagione ,. o altro qual- fivopjia cangiamento'.. Il cervello era fano; il fegato, e la vemchetta del fiele- in /buono ftato ; né al cuore vi apparivano marchi, di deviamento dal naturale- .. Soltanto il fangue fi ravvisò- più- attenuato e più difciol- to, e tutto raccolto nelle- vene . Al di 24. di Ottobre il Signor Mad- den diede- un'" oncia e mezzo dell' acqua di lauro cirìegio ad una cagna di mediocre grandezza.. Sul fatto s' infievolì , e perdette le forze in gui- fa , che volendo camminare, non reggevafi , anziché cadette^ Dopo cin- que o fei minuti ebbe degli affalti fieri di convulfioni , fimilr a quelle che noi altri chiamiamo con vocabolo Greco opijlotonos ^ ed era il con- vellimento così forte, che il capo dal didietro fi curvò fino alla coda . Vomitò in quel tempa, e fi quietarono alquanto le convulfioni : ma era flrabocchevole la ofFefa della refpi razione, e la quantità della bava fchiu- mofa che le ufciva dalla bocca. Pofcia l'Oflervatore, avendo data un'al- tra oncia dell'acqua, quefla in due minuti la fé morire. Lafezione del corpo della cagna fu , come nel cafo antecedente . Il giorno appreffo ad un cane della medefima grandezza avendo il Signor Madden date due on- cie di acqua, dopo mezz'ora morì. Si volle poi olTervare , quale effetto producea ne' cani 1' acqua dì lau- ro ciriegio mercè delle fciringhe ,. e fi offervò , eh' eflendofi introdotta nel!" inteftino retto un' oncia della medefima ad un gagliardo cane brac- co , in due minuti cominciò a perdere le forze , ma le convulfioni che feguirono , fi furono più fiere che mai . Tutta la fpina i^i movea , e gli occhi eziandio furono convulfi . Cacciò tanta fchiuma dalla gola , latrò fortemente, e '1 refpiro fu più che mai difiìcoltofo. Durarono venti mi- nuti cotefti con velli menti; dopo de'quali fi addormentò, ma cogli occhi •aperti e fiffi . Non tardò pofcia quindici altri minuti , che forprefo da 64. D I S S 2 R T A Z r O N E I. un odore acutiffimo di mandorle amare: fegno ben Hcuro, chi tale acQiia fiviluppa un mortifero vapore, che agifce su de'nervi, irrlrandoli , e producendo violentiffime convullioni. Qnefto me- d-^fimo argomenrare debbe aver luogo, quando fi parla del huro rofa, o fìa rofnlloro.^ chiamato eziandio Leandro , ed in Latino un'altra forte e violenta convulfione, fini di vivere. AI dì 30 di Otto* bre mededmamente s' introdufì'e con un picco! cliftiere per 1' ano un'on- cia e mezza dell' acqua di lauro diluita con tre altr' oncie di acqua co-. jnune nd una cagnolina . Perdo ancora l' ufo delle membra , fi convellet-f te, refpirò difficoltofamente; e dopo fette o otto minuti morì . Inoltiie al di 30 di Novembre fi fece un cliftiere , in cui eranvi quattr' oncie dell' acqua , ad un forte cane , ma di n>ezzana grandezza . Appena erano paflati due minuti , che fu incomodato da convulfioni , e da difficoltà di refpiro infìeme. Cacciò da circa quattr' oncie di fangue florido pel nafo* dopo i quali convcllimenti morì pochi minuti dopo < A due altri cani fatti gli efperimenti nel mefe di Dicembre dell' anno ifleffo , fomigliau- temente fi morirono dopo brieve tempo. Il Signor Madden per fapere , fé dal fuoco nafceffe la forza vele- nofa neir acqua del Jaurociriegio , mentre fafii la diftillazione j' vi trova che il fuoco nulla vi agoiugne del fuo . Prefe ecli delle foglie acciacca- va _o ^ o D te di lauroceralo, le mife in un vafo , e vi versò sii l'acqua calda , ac- ciò fé ne facefle una ben forte e carica infufione . Facendo delle varie pruove , cioè introducendone un' oncia la volta con varii intervalli nella bocca del cane, queRo avea degl'incomodi, e pativa de' tremori, e delle convulfìoni ^ ma di poi fi ripigliava da quello flato di patimento . Ma in feguito venticinque minuti dopo li primi efperimenti, avendogli fatte trangoggisre due oncie di fugo fpremuto dalle frondi della detta pianta, e pol'cia un' altra oncia appreffo , cominciò il refpiro a renderfi difficol- tolo , lopravvenpero violentiffimi convellimenti j e morì circa tre quarti d' ora dopo avej- pre a 1' ultima oncia di fuco di laurociriegio . Furono fatte su diverfi altri animali importanti fperienze , per afTodare le qua- lità nocive dell'acqua onde fi parla • e tutte provarono che la medefima è un veleno violento , e che può toglier la vita fenza rimanere ne'vifce- h legni di iua prefenza . Si è tentato pili d' una volta di dar la morte agii uomini con quell'acqua* né vi è ftata illufione . Io ben configlierei a Magnati di afienerfi di quefto faporetto , e di proibire onninamente a' cuochi che introducano nelle cucine le foglie di quella' pianta • ricordan- dofi effi Signori che da quelle frondi fi trae un sì poderofo veneno , che con Jaicia fegni di corrofione nello ftomaco ^ e che da quelle puot'efle- re con franca mano alTaffinata la vita loro . Ed su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI." 6^ fierìon (20) . Qusiìo arbofcello produce lunghe bacchette divife in rami, corredati di varie foglie oppofte a due a due, o a tre a tre.I fuoi fiori fon raccolti a mazzetti. Vi ha de'rofalljri con bei fiori roffi , e con fiori bianchi . Plinio , e Diofcori- de fino da' tempi loro notarono, che tanto i fiori , quanto le foglie di quella pianta, fono un vero veleno ai muli, agli afi- lli, ai cani, e agli altri quadrupedi: ma che nel tempo medefi- mo poffono agli uomini fervire di buon'antidoto per le morfu- re de'ferpenti velenofi. Galeno ancora regiftrò nelle fue opere-, che il ner'ionh velenofo, prefo internamente da tutte le forte degli animali . Boerhaave numerò cinque fpezie di rofallori , o lean- dri, e dice, che il fuco di quefta pianta fofpende ad un tratto la deglutizione, mercè una forte infiammagione che produce nel- I l'efo- Ed ecco quello cV io dir dovea in quello propofito , e eh' io nuda- mente e brevemente ho fpofìo , credendomi che le fperienze fin qui re- sitat-e , debbano comparir fortiffime a chiunque ^i lafcia vincere dal lin- guaggio del vero^ e che fi dovranno sbandire per tal ragione tutt' i fu- chi del laurociriegio dalle vivande , e da' licori . (20) Sulla etimologia della voce nerion , che dafìì al leandro , fi può óire che gl'ingegni de'Medici fi fono aflbttigliati , ed an fatto che lo fte- rile luffurcggi , e che un vocabolo femplice s' adorni ài troppi fiori , e di molte frafche . Io che chieggo folamente di efporre le cofe con chia- rezza , non cercherò molti ornamenti , acciò non ifpaventi nò offenda i medefimi uomini vogliofi di leggere. Accenno foltanto alcune etimolo- gie le più graziofe . Giovanni Budeo feri (Te , che la parola nerion fi de- riva dalla particella negativa vv\ , e dal verbo spxij.xi amare , quafi di- notaffe non amare: che vale quanto il dire , che il rofalloro è una pian- ta , che debb' edere pel fuo veneno defedata . Altri folìennero , che fif- fatta voce fi tragga da vv\poc, , che fignifìca umido • avvegnaché nafce egli e crefce ne' luoghi umidi e paludoii. Certuni s' infinfero , che nerion proceda a, vìj pdv, che fi fpiega non i/correre^ perciocché prefo per bocca, raddenfa ed inceppa i fluidi , togliendo ai medefimi il moto , e non fa- cendoli fcorrere per gli vafi. In fine efce in veduta una quarta fpiega- zione, la quale è la più geritile e poetica che fiafi mai penfata . Tutti fan- no, quali erano le Ninfe con tanta dilicatezza defcritte da' Poeti , e par- ticolarmente da Omero, e da Efìodo , i primi due maestri della Favola. EfTì diflinfero le Ninfe de' monti , de' fiumi, e del mare. Le ultime , cioè le Ninfe marine , come più degne , furono chiamate Dee da Ome- ro, il quale nominoJle Nereidi, ficco me fi legge apertamente laella^ Iliade. * Or 66 Dissertazione I. l'efofago: indi muove la colèra, facendo vomitare violentemen- te, e purgare per le vie diretane, non altramenti che fa 1' a, pochio (21) . Inoltre una ben carica decozione delle foglie del lean- Or fé dunque le Nereidi fon le Ninfe delle acque , il rofalloro che ni' fce ne' luoghi acquidofi , neyion fi dovette chiamare . Dopo aver detto quefto , io non farò per aggiugnervi una parola di più. (21) L' apocino getta de' lunghi rami, ed ha le foglie fomiglievo- li a quelle dell' edera . Le frutta fono ben grofie , ed anno per fopra- vefte due corteccie , che contengono una fpecie di bianco e finiffimo cot- tone . Plinio troppo alla buona fi mife a fentenziare , quando fcriffe , che il feme dell' apocino prefo col vino guarifca la pleurifia , e i do- lori di fianco. Parlò più a propofito Diofcoride, mentre, dopo autenti- che e qualificate oflervazioni , fi avanzò a dire che le fue frondi e la farina impastate infiemej fono un mortifero veleno ai cani, ai lupi , alle volpi, e agli altri animali, quando efli man;^,ino di quella palla . Vi fono fiati alcuni Botanici , i quali fon giunti a contare fino a ventidue fpezie di apocini : le quali divifioni , a mio avvilo , fon ingegnofe , e belle a vederli come i bei lavori delle tele de' ragni, ma poi inutili on- ninamente. Meglio farà il difiinguere due fole fupreme famiglie degli apocini- cioè quella fpezie che fi truova abbondevolmente nell' Egitto, e nelle pertinenze della Città di AlefTandria , eh' è 1' apocino vero , il cui fugo è velenofo : e T'altra pianta che vien recata dall' America, e- Ja cui radice ha un bruno colore , che ha eziandio delle venefiche qua- lità. Debbefi qui avvertire , che tante volte per una fpecolativa e lotti- le malizia, o pure per femplicità fon venute daU' America le radiche dell' apocino in vece delle radici d' ipecacuana , le quali anno una pa- rità molto ftretta , anzi fon fimiglianti fra loro. Vengono queste radi- che di apocino dall' ifola Giamaica , e dalla Virginia; ed anno 1' atti- T^ità di muovere potentemente il vomito , e di fciopliere strabocchevol- mente il ventre fino a produrre de' languori , e de' deliquii di animo , e fnerva'e , ed opprimere le forze . Perciò i Medici , i quali per questi difavventurofi sbagli più d' una volta fon rimasti vilmente atterriti , debbono con diligenza investigare, fé la ipecacuana , eh' e il vomitivo comunale , fia o nò fincera . Però fi dimanderà : e come conofcere una ta le difparità ? Io dico , eh' è malagevole , anzi impoflibile il distinguere la radice dell' ipecacuana da quella dell' apocino quando fon elle ridotte in polvere fina: ma quando efle radiche fono intiere, il giu- dizio non farà difficile. Perciocché nell' ipecacuana evvi nel dimezzo della ra.ice di certi fi'etti che 1' attraverfanó, i quali fon bianchicci di colore, o al più di co.ore di cenere: ma nella radica dell'apocino effi Hi fo- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI.' 6y leandro, produce infoffribile anfieta e meteorismo, cui fegue un cancrenifmo generale de' vifceri del ventre baffo . Quelle fpezie di laurirofe , che fon chiamate nerium Indicum , e che fpargo- no un foavilTimo odore, allorché fi tengono ne'chiufi gabinetti, producono la fonnolenza , la quale quando fi, fupera , termina in dolor fiero di capo . Dopo tutte quelle confiderazioni eh' io tenea ferbate per altro luogo, e che al propofito degli anemoni mi ho fatte fcap- par dalla penna qui, Voi ben ifcorgete , che noi abbiam fatti degli acquifti importanti fui noftro argomento, donde meno lo fperavamo . Ora fenza più intartenerci,feguitiamo la llorica de- fcrizione delle piante velenofe , e vegniamo a riflettere un po- co fulle forze dell'elleboro (22). I 2 Qui fono gialli. Nell'America evvi ancora una pianta , che fomiglia moltiflìmo all' apocino . Il Signor Tournefort le diede il nome di Plumeria in onore «lei P. Pluniier Botanico famofo , che confumò molti anni nell' Ameri- ca nella ricerca delle piante . II fuo fuco è caustico e velenofo . Ta- gliato col coltello qualche ramo , fé non fi rafciughi presto, fi annerifcc la lama in guifa che non può acquistare più il color primiero . Meffo il medefimo fulle tele, le corrode come un' acqua forte. (22) Dubbio è nato a' tempi noflri , fé l'elleboro de' moderni fia Io fteflb , che quello adoperato dagli antichi Medici , per curare le ma- lattie del capo , e fpecialmente la malinconìa , e l' infania . Il Dottor C^j-ùncy recentemente ha dato fuori un memorabil parere, ed ha pretefo che l'elleboro di cui noi avemo cognizione fia inferiore in forze a quel- lo degli antichi, celebrato, e decantato cotanto da elfi per ifcuo^tere co- loro che trovanfi oppreffi da foporofe affezioni , e da ingombraménto del celabro . Le fperienze del Boulduc fu dell' elleboro , pare che confermino la medefima fentenza . Ma oltracciò , fa fi confronti la defcrizione , che fece Diofcoride dell'elleboro negro coli' elleboro nero de' moderni , vi fi troverà difparità fomma . Egli dice , che le fue foglie fon minori dì quelle del platano , benché abbiano fimilitudine colla figura del medefi- mo j che fono svariatamente incife j che il tronco , o fufto è ricolmo di molte afprezze* e che i fiori fon bianchi , e uniti fra loro , come fé follerò tanti racemi. L'elleboro de' moderni al contrario non ha le fron- di più piccole del platano , né lo ftipite afpro ed inuguale , né i fiori come tanti racemi allegati . Per lo che in tale varietà di dd'crizione , alcuni , che fi piccano di fapere le dilicatezze della Critica , anno prete- fo , che qualche fconciatura , od errore vi fia in quel capitolo di Dio- fcoride • La quale opinione foggiace al gran rilchio di efler chiamata infufiidente , e fenza plaufibili conghietture. In- 6^ Dissertazione!. Qu\ fi dee avvertire che quefta pianta contiene due gene- rali fpecie , cioè l'elleboro negro helleborus mger\ e l'elleboro bianco , detto in Latino "oeratrum . Il negro elleboro è una pianta intieramente diverfa dal bianco, nel che camminano di concerto il Tournefort , e '1 Linneo. Anzi quell'ultimo famo- {o Botanico, fìccome ha mefib l'elleboro propriamente chiama- to, cioè il nero nella fua clafle decimaterza che comprende le piante poliandrie , al bianco elleboro ha ferbato il nome anti- co di veratro . Le radici dell' elleboro negro svilupp;ino un gran numero di fibre o fili , che al di fuori fono altresì di negro colore , ma nel di dentro fi veggono di color bianco o bigio . Il lor fapore , allorché fono recenti e frefche , è afpro , acrimoniofo, amaro, e che cagiona la naufea ; e l'odore fi fentc molto pe- netrante ed acuto. Quella pianta non ha tronchi : i fuoi fiori le più volte fon comporti di cinque grofli petali, difpofti a guì- fa delle frondi delle belle rofe. Siffatti fiori che durano lunga pezza fulla pianta, vengono fucceduti da un frutto , compofto di parecchie borfette o guaine , che tengon chiufe le femenze ritonde e nere. Ma l'elleboro bianco, o fia il veratro ha nu- merofe radici fibrofe, che efcono da una tefla giallafira : il tron- co, eh' è ritondo e voto, è di altezza tre piedi a un di prefib, da cui efcono le frondi di un verde chiaro, e fporgono i fiori eziandio che fono di un verde fcarico , e bianchiccio . Tan- Intanto il Mattiuolo s' hnmagìnò , che il vero elleboro antico lìa quello , che produce i fiori a foggia delle rofe . Il Bauino ha pretefo , eh' egli fia 1* helleborus ni^er , tenui folio , buphtalmi flore , il quale itU' tìmento né t;ìmpoco accorcia colle ricerche de' piìi periti Botanici . Per- ciocché la detta pianta del Bauino, dal celebre Tournefort , e da altri , venne ripofla traile famiglie de' ranuncoli j nia di quelli che an le radi- che fomiglievoli a quelle dell' elleboro .• e di più effe non anno tanta forza di purgar le viCcere . Or colui , che ben confiderà la incertezza , con cui tali notizie vengon accennate, le quali ben difettuoie , e con- fufe alla prima fi ravvilano ; farà ben tentato a credere , che 1 elleboro degli antichi , è a noi fconoiciuto ; abbenchè il Signor Tournefort, do- po aver fornito il fuo lungo viaggio al Levante, fpacciò avere già tro- vato r elleboro cotanto ricercato degli antichi : ed è fenza odore , len- aa amarezza, ed acredine, e piìi polputo, e nudrito del noflro. f su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. 6^ ■'Tanto dell'elleboro negro, che del bianco vengono diHin- te varie fpecie, ma che convengono affai fra loro. Quello che dicefi elleboro negro fetido , o pure elleboraflro e falvatìco , è f uila prima da temerfi ^ e forfè più degli altri ^ elTendovi mol- ti brutti efempli delle fue qualità nocive . Quando le gregge talora an diretto il cammino per contrade deferte , e ripiene di nevi , per ifcarfezza di erbe fi fon imbattute a mangiare dell' elleboro fetente; la maggior parte di effe fon perite, eccetto alcuni pochi animali che lo an vomitato . Per io che fi debba quello vegetabile ftimare internamente ripieno di perigli , e dee- fi sbandire dalla claffe delle ficure medicine. Tutte le forte de- gli ellebori contengono fall agriffimi ed irritanti, che sviluppa- no particelle focofe ed infiammanti . La radice del negro elle- boro purga violentemente, ond' è che viene non ufata da' mo- derni, come fofpetta. Ma ne' tempi antichi non s'avveniva co- si. La medicina comuniffima di que' fecoli era quefta pianta, la quale fu foventemente adoperata da Ippocrate,e da Galeno. Plinio notò varie clrcoftanze in tale prefcrizione . Vietavafi di darfi ai ragazzetti , ed ai vecchi ; ai fievoli dì corpo , ed alle donne dilicate ; a coloro eh' aveano fputato fangue , o che in generale erano accagionati , e pativano di una tediofa malfa- nia . Oggidì certuni nell' Inghilterra il fogliono precettare fin a quindici e venti granelli , come alterante e fndorifero medi- camento . Ma fi guardi ciafcheduno de' Medici noftri di farne ufo , non effendovi bifogno di ricorrere alle medicine dubbie , quando vi è dovizia di purghe piij blande, più piacevoli, me- no fofpette, e più accreditate. Molto più gagliardo e l'elleboro bianco, eh' è un catar-' tico benbene violento , e nel tempo medefimo risveglia degli sforzi di vomito. Ceffo ciò non oftante il precettava agli apo- plettici ; ed Areteo il celebrava come buon purgante , benché poffemte ; che operava per una intrinfeca e particolare virtù . Io ricordo di nuovo ai Medici , che la radice dell' elleboro bian- co prefa nel cibo , è mortifera a molti animali ; e perciò fi dee proibirne l'ufo artatamente (23). Ma (23) Efpofta ali' analifi Chimica la radice dell' elleboro negi'o , fi ri- 70 Dissertazione I. Ma già che ftiamo fui difcorfo degli effetti pernizlori de- gli ellebori , io non poflb tralalciare di dire alcune utili cofe fu delle altre nocive purghe, le quali anche turbano e ferifco- no le vifcere e i nervi, rompono le minime vene; e corrodo- no le inteftina, cagionando crudeli dolori , e facendo eziandio fgorgare fangue da effe budella. Sovente tali uomini muoiono convulfi . Recherò fulle prime la coloquinttda , pianta che dal pae- fe de' Turchi a noi vien portata; ed in fatti abbondevolmente vi crefce nelle Ifole dell'Arcipelago, ed in altre fpiagge orien- tali. Ella produce un gran numero di fieli ferpéggianti, e vil- iofi: k fue frondi fon biancaftre , e larghe ; i fiori giallicci ; ed ritrae fulla prima buona dofe di un licore pungentiflltno , che raefcolato col fugo dell' eliotropio , non produce alcun vifibilc cangiamento . Pofcia fi cava un altro fluido più in abbondanza, che da agro ch'egli è , ap. poco appoco fi converte in un liquido acetofo , e che ha dell' auftero e dell' aftringente^ in guifa tale che mefchiato allora eoi fugo dell' eliotro- pio , acquifta il colore di porpora . In feguito n' efce un'altra liquida lliftiinza , la quale fé fi mefcoli collo fpirito del fai comune , fa bollore ed effervefcenza , e precipita il mercurio folimato difciolto nell' acqua . Ewi altresì una porzione di olio fetente • Ma fé iì fponga al fuoco la radica dell' elleboro bianco , nel bel principio fi fprigiona uno fpirito fli molanti Aimo , che coagula ad un tratto la foluzione del mercurio fu- blimato . Vi feguono appreflb una porzione di liquore acido, il fale vo- latile , e la parte oliofa . Qi.iinci fi comprende a puntino , il perchè la radice dell'elleboro abbia un' efficacia sì ftrabocchevole in fondere gli umori , e purgar le vifcere . Per altro egli è noto , che il fugo della radice del veratro, refo denfo, e difciolto poi in qualche licore, è fia- to un potente veneno , che ha levata la vita a molti , Il Gesnero, benché non abbia egli dimolto elercitata la Pratica Me- dica ; tuttavia quando era confuitato dagl' inferrai , mife in ufo varii p<.irticDJari medicamenti , traili quali uno ne preparò dall'elleboro. Non fo- ìamente dunque per purgante fi avvalfe di tal pianta , ma eziandio 1' usò come alterante , e diaforetico rimedio , e valevole ad incidere gli umori lenti del corpo . Egli foilecitando ì filetti nervofi de' corpi glan- dulari, è buono per le ofiruzioni , ed ancora contro 1' afima , 1' apople- fia fierofa, e per promuovere le purghe alle femine. Anche nell' aftezio- ne iliaca, in cui gì' intefiini foffrono un moto antiperifialtico , il Ges- nero adoperò l'elleboro, e '1 veratro, facendolo pigliare agi' infermi , o in infivfione, mefcolandovi 1' ac-eto e '1 mele , o pure ia fuftanza . su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI.' 7I ed il frutto è groflb come un meJarancio. E' amariffimo, naa- feofo , e punge ed irrita la gola . La coloquintida purga violentemente ; e perciò il Signor HofFman la noverò traile piante velenofe. Sì credettero alcuni, che agifca quefto veleno, mercè le particelle refinofe , che bene fi fciolgono nello fpiri- to del vino ; la quale foluzione acquifta qualità molto più violente . Altri foftennero che la fua virtù rifegga nelle parti vifcofe; e parecchi l'attribuirono ad un fai volatile penetrante. Il Signor Boulduc nelle Memorie dell' Accademia Regale delie Scienze del 1701. , dopo aver fatti varii tentativi e diverfe cu- riofe fperienze , per raddolcire la coloquintida ; avendo fpecial- niente precettata ad un malato un oncia di liquore, nato dal- la divinazione del vino , e della polpa di efla ; quello cagionò forti naufee , e coliche violente . Laonde conchiufe , che cosi fìraordinarie operazioni nafcono da' fali ( che in detta pianta fon più abbondevoli degli olii , e delie particelle zolforate ) , i quali fon invifcliiati in quella mucillagine . Quelli colle lor punte acute cagionano un fluffb ftrabocchevole di fangue , che vien fuccetluto da piagamento degl'inteftini, da convulfioni gè. nerali, e da una morte funefta. Per lo che temerario colui fa- rebbe, che volefle praticar tal polpa, anche alle perfone le più robufìe e giovani . Merita particolar menzione V elaterio y o ciò che noi chia- miamo cocomero falvàttco ed aftn'mo^ il cui fugo è uno de' vio- lenti purganti . Gli antichi fono tal nome intendevano tutte U purghe forti; e fotto la medefima voce tal volta è flato da Ippocrate intefo l'elleboro bianco . Ma il cocomero faivatico , è propriam-ente una pianta che ha molti fieli ferpeggìanti : il frutto è grolfo come un'uliva tutta ruvida e corredata di mol- te punte, ed è ripieno d'un fugo polpofo. Effendo uno de' fu- chi li più flimoianti , produce ad un tempo iftefTo e vomiti , e fcioglimenti ventrali; ond'è che in varii incontri fi fon fer- vite le femine per procurare 1' aborto , si prendendone una por- zione della fua polvere, o del fuco polpofo per bocca; e s'i an- cora in forma di pelfario introducendolo nella vagina.^ Del re- fio fé fi abbia mira a quello che ne an detto gli antichi , ri- leveremo ch'eglino avean contezza di due fpezie di elaterio; uno rji DrSSERTAZiON fi T. \ uno che preparavafi dalla fuftanza più interna del frutto , era di color verde , e vien chiamato di Teofrafto ; 1' altro faceafi dalle iole parti iluide, o pure dal fuco folamente,ch' era bian- \ chiccio • ed è l'elaterio di Diofcoride, più attivo del primo; e \ ne baftava un granello folo per muover grandi turbe nella \ macchina. Per lo che abbifognando tale fuco di molta cautela, ì e gli effetti effendone molto dubbiofi , oggidì niuno degli av- ì veduti Medici l' ufa più- ^ ^ ^ ^ j Segue in ordine un altro più violento purgante, e fi è l' j euforbia^ pianta Africana, cos\ nominata da Euforbio , celebre | Medico del Re Giuba , e fratello del famofo Antonio Mufa; 1 il quale Euforbio il primo mife in ufanza la gomma che da ! efla pianta fcola , e colia medefima , Gccome fama ne corfe , ; suari r Imperadore Cefare Augufto; abbeachè il dottiffimo Sai- 1 mallo Letterato di alta fama, e diligente ed accuratiffimo Scrit- j tore e Critico, pruovò che quefto vegetabile era noto fotto it ! nome ifteffo di euforbio lunga pezza innanzi del tempo del ; Medico del Re Giuba i Checché ne fia di quefto punto, da noa iltimarfi da noi di gran rilievo, egli è certo che cotefta pian- ! ta ha delle molte relazioni col cereo Peruviano , o fia cerea ■ fpinofo, defcritto dal Signor de JufTieu , la cui relazione vede- | f) regiftrata negli Atti della Regal Accademia di Parigi . Ma | quefto cereo fpinofo ifteffo bene fi diftingue dall' euforbio in al- j tri incontri : perciocché non pure differifce ne' fiori, e nel frut- • to, ma eziandio nel fuco, che non fi ravvifa così nel cereo, i come nell' euforbio medefimo. . i L' euforbio altresì è un arbofcello che crefce nelle fabbie ! e nelle terre lenofe all' altezza di più di dodici piedi . Ha il j frutto, il fiore, e'I latte fomiglievoli al tiftmalo (24). Il frut- ] to i i (24) il titimalo , di cui fi diftinguono piti e^più fpecie .compven- | de fpecialmente la efula , il titimalo minore -, e 1' arboreo , il paluftre \ e '1 lalvatico . L' efula fi divide in minore e maggiore . QLiefta trovafi j ne' cjmpi : ma 1' efula vera chiamata efula paluftre , è lo fteffo che il \ titimalo delle paludi . Il Linneo diftinfe 1' efiila che ha i fiori mafGhi , ! e quella che gli ha ermafroditi -. Le radici dì tutte quelle piante infuo- | cano la linsua e la gola, un poco che fieno aifaporate j e purgano vio^ i "^ lens i su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. 73 to è a guifa di pifello . Quando nella pianra fi fa l'incifione , n'efce un fugo latraginofo ed acre : ma tali incifioni le fanno i campagnuoli in una certa diftanza , per ifcanfare le fottili efalàzioni, le quali fon penetrantiffime, violente, ed offenfive. Si riduce il fuco medefimo in foggia di refina gialleggiante , fenza odore alcuno, ma di un fapore che brucia, e muove to- K fto lentemente per sii é giìi, che non v'ha cautela che bafti . Son corrofive ed acri - e vengono da alcuni chiamate il riobarbaro de' contadini . Nota- rono il Forefto, il Joel , ed altri Trattatori de' Veleni, che i titimali, e le mercorelle , contengono de' fuchi lattei , chi più e chi meno , ma che votano gli umori con violenza, turbano Io ftomaco , generano le co- liche , ed impiagano gì' inteftini j e debbono per ciò effer mefli tra' ve- leni . Lo che è veriffimo quando fi carica un pò la dofe . Il fuco me- defimo applicato fulle carni, le infiamma , o vi genera la rifipola. Dio- fcoride , ed Etmullero vanno di concerto con coftoro . Deefi parimenti qui notare, che tanto T^ro, quanto io fpìgo jalvatko detto in Latino afarum , furono da alcuni autori meffi traile piante dan- nofe . L' aro ha la radice che contiene molta acrimonia , in guifa che aflaggiata che fia, produce un caldo nella lingua ed un fenfo di vellica- zione, che lungo tempo dura. Le frondi , e tutte le parti della pianta, anno un fapore agrifTimo , e contengono uno fpirito niente inferiore in forza allo fpirito del fale ammoniaco. Però debbe effer frefca , acciò fia attiva j poiché quando è fecca , perde quel!' olio fottile e pungente , fi- mile a quello dell' elleboro , che avea mentre verdeggiava . Lo fpigo falvatico poi ha una piccola radice , la quale è amara , acre , muove la naufea e '1 vomito , e potentemente ancora evacua per gì' inteftini „ La fua forza (limolante la fé tenere per velenata agli antichi . Tanto efia radica , quanto le frondi fue contengono uno fpirito niente inferiore allo fpirito del vitriuolo dolce, mefcolato con uno fpirito volatile , oliofo, e pungente . Inoltre la camelea che ha le divifed'un arbuHo, e le cui foglie fon lomiglievoli a quelle dell'ulivo , dagli antichi era tenuta niente me- no purgante e nociva che la laureola . Si dubita meritamente da' moder- ni , fé quello vegetabile fia lo (leifo di quello che ci defcriffero gli an- tichi , e fpecialmente Plinio . Perciocché fi vuole dal Bauino che in al- cuni luoghi fé ne faccia ufo nelle Spezierìe . Il camaleonte nero , o fia chamaeleon mger , che crefce nella Grecia , e 'I cui feme è di color bru- no di fuori , è cotanto acre , che brucia la pelle , ficcome fu teftificato da parecchi Scrittori .La corona hnpeyiale , ^hnU che originalmente nafce ne' paefi dell'Oriente, ha la radice come una cipolla, fimile a quelle che fi mangiano , e '1 fuo odore raffbmiglia all' aglio . Le foglie le ha come il 74 D I S S E R T A Z I Q N F r. fìo la naufea , anche che licvemetne con eflb fi tocchi la lin- gua . Tutte le parti dell' euforbie fon penetranti : e quando fi vogliono peflare , bifogna Rare anche da lungi , acciò il vapo- re non colpifca le narici e '1 cervello, onde ne feguono conti- nui Carnuti, dolore, e calore al nafo . L'euforbio mai fi dcb- be ufare per bocca , fenza gran riichio di perder la vita . In fatti egli cagiona fìncopi, fudori freddi, e piaghe nel ventrico- lo, e nelle budella. Tanta è la fua qualità acrimoniofa , ed abbruciante nell'atto che purga. Coloro, che an voluto pren- der a gabbo fiflatta veritj. , e fi fon rifchiati a fare fperienza appoftatainente , gli è accaduto di effer rimafte vittime di quel ven^no , da effi fino a quel punto meffo in novelle (25). Non il gìglio* e'I fiore è campaniforme. Boerhaave , il quale difthife tredi- ci Ipecie di quefta pianta, dice che tutte le parti fon velenofe. La cle- matite , o vitalba , è un' altra pianta con fiori rofacei , di quattro pe- tali. Quella eh' è di color porporino, vien creduta la defcrltta da Dio- fcoride . Ma fa d'uopo fapere , che i fuoi fiori , e le foglie fono corro- five e cauftiche : quindi è che molti penfarono poterla adoperare per qonfumare le carni bavofe e lufllireggianti delle piaghe antiche , o pui^ i contorni callofi delle fifìole . Ma quando vi fono nella Natura altri rimedii corrofivi blandi, e meno Ibfpetti j non fi dee far ufo di cotefto metodo. Si forma medeflmamente dalla clamati te un' acqua , che s'infiam- ma a guifi dello fpirito del vino. (2.5) Traile fpezie degli euforbii è flato allogato dal Linneo il rì- cino ,0 fia cataput'ia tna'tor ^nova^ cha daffi a varie forte di mandorle, o fave purganti . Venne tal pianta chiamata col nome di ricino , per la fomiglir.nza che ha con una certa besriuola , o picciolo inlerto del nome isteffo, di cui ne parlò, oltre 1' Aldrovando , benanche il Ray nella fua Storia degl' infetti. Cotesta bestluola è livida di colore, ? Iporchiffi- ma, € fi appicca fortemente ai bovi, alle capre , ai. cani , e ad altri ani- nìali ancora. Venne da qualcheduno il ricino nominato palma Cbylììi . Ma di tal vegetabile fono state distinte parecchie fpecie . // ricino voi- gare è una pianta comune nell' Egitto, e nelle Indie; ed è un arbo- fcello , il di cui tronco fuole crefcere all' altezza di più di fette piedi di colore fcuro , ricoperto d' una fpezie di farina verdastra : le foglie fono grandi, lifcie , verdi, e tenere, ma' fomiglievoli a quelle del fico: «d i fiori fono piccioli , che poi formano le frutta negrognole , le ^uali tengono chiufa una fustanza midolhìre , ch'è fimile alla fostanza della mandorla bianca, ed ha un fapore dolce naufeofo, e talvolta acre. Notò il su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. y$ Non an il torto neppure gli (ieflTi Medici, quando rivela- no, che niente felici effetti fogliono apportare altri crudi pur- ganti, che un tempo da alcuni malaccorti erano impiegati nel- la Medicina. Tali fono la graziola, fpecie di quella pianta che fu detta d'tgitalis , di cui fé ne noverano più fpezie . La pian- ta digìralh purpurea , folio a/pero purga violentemente per su e giù ; abbcnchè il Signor Parkinfon abbia fpacciato , che la fua decozione mefcolata colle radici del polipodio in una dol- ca birra, fia non difpregevoìe rimedio nella epilefiìa . Ma la pianta graziola, o pure digiralis miiiima, che nafce nelle Alpi, e nelle montagne , è di una natura violentiffima . Boerhaave notò parimenti, che tanto quella che chiamafi digitalis rubella^ quanto quell'erba che fi nomina digitalii alba ^ fiano un vio- K 2 len- ii Signor Lemei-y , che in Ifpagnai! ricino non fupera 1' altezza d'uà uomo • ma nel!' ifola di Creta ap^uaglia gli alberi più alti . Cotefìe trutte, o mandorle contengono una certa quantità di olio temperato • ma evvi poi una porzione di olio caustico , che in prenderfi infiamma la gola ed è un purgante fortiffimo , ed un potente veneno . Allorché Diofcoride fi avanzò a dire, che trenta di queste iemenze o mandorle pur- gano il ventre , facendo evacuare la bile , e gli umori fierofi ; o egli non conofcea le forze del frutto di quefìa pianta , o altra cofa intendea ai dire, che pure non ifpiegò a bastanza. Bastano tre o quattro fola- mente di effe Iemenze per ifconvogliere tutto lo stomaco , e muovere il ventre in guifa , che ne fgorghi fangue,. Gli Americani , che anno una tempra più gagliarda e rifentita di noi altri , non giungono mai a pren- dere lei o fette frutta di ricino fenza pericolo : anziché il Bolfiiigio gr^ ve Scrittore testificò , che de' medefimi mo'ti repentinameute ne morii groffi e ritcndi ; le frondi anno un odore rancido e difpia- ce- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. 8l cevole; e'I fiore è monopetalo. Varie fpecie fi fono dipinte: ma la divifione più comune, è liarain giusquiamo negro e bianco; avendo quefto fecondo gli Iteli, le frondi,e i fiori più piccoli del primo. Il fumo di tal pianta , le fcilinghe del fuo decotto, e l'ufo interno di elfa, turbano potentemente il capo, e muo- vono i delirii . Galeno fcriffe , che il giusquiamo negro cagio- na la pazzia e'i letargo. Boerhaave ha notato, che il giusquia- mo ubbriaca; s'è un pò troppo , produce il fopore ; e fé più fi crefca la dofe, cagiona fiere convulfionì,e la morte. Ma pri- ma di lui recarono ficure teliimonianze delle qualità venefiche di quefta pianta Jacopo Weffer, Scultzio,ed altri autori (27). Paffo ora a vedere quello che deefi temere dello fìramo- f2Ìo y pianta chiamata da gran tempo con vocabolo non Greco, L né (17) Sono ben molti quegli autori che an riportate delle fmcere oflervazioni per far fapere alla gente le qualità velenofe del giusquiamo. Diofcoride narra , che a' tempi fuoi era noto , che dalle foglie del gius- quiamo fatto un decotto, ed ufandolo per cHRiere , avea prodotta l' in- iania . Il WefFer nel fuo Trattato della cicuta acquatica , racconta ciò che avvenne ad alcuni Padri Benedettini , i quali con delle cicorie fat- te in infalata , fi cenarono eziandio le frondi, e le radici del giufquia- mo . Perciocché tali radiche erano ben polpute , ne mangiarono tutti avidamente . Ma fubito che il veneno cominciò ad agire , furono affa- liti da gravi fintomi, e da ftranì delirii . La mattina il Medico che fu chiamato , conobbe le qualità della pianta eh' aveanfi trangoggiata . Si congratulò fecoloro , che la forza venefica di tali piante era fiata tem- prata mercè delle cicorie, del fale , dell'aceto, e dell'olio , co' quali erafi condita l'infalata , altramenti mortali fciagure avrebbono effi fofferte. In- tanto die a bere a tutti acqua diflillata di ginepro. Dallo Schultzio al- tresì , e nel Giornale de' Curiofi di Natura vengono rapportati altri fo- miglievoli cali di delirii , e di vertigini , prodotti cialle decozioni del giusquiamo . Ha molta fomiglianza a quefto vegetabile la mandragora , della quale molte favole ridicolofe ne fcriffero e vantarono gli antichi , Je quali da me fi tralafciano . Ella è una pianta che non ha tronchi , ma le fue foglie, che fono ben lunghe, di color verde fcuro, e di fpiacevole odore, efcono immediatamente dalla radice. A' fiori i'uccede il frutto un poco ritondo , a guifa di nefpola , che contiene alcune bianche femenze . Due fpezie di mandragora vengono diflinte ; quella eh' è di color bian- co, e dicefi mafchio , e quella eh' è fcura , e fi chiama fémina . Vien meffa 82 Dissertazione L uè Latino, datura. E'cotefta una pianta ftraniera, che trovafi ne' luoghi ombrofi , dappreffo alle acque. Giugne alle volte fin all'altezza di un uomo: il Tao tronco è grò ilo , e da fuori de' molti rami; e le fiondi, non pieno che il fiore, danno un puzzo quafi impraticabile . Il fuo frutto è a guifa di nocciuo- ìo , che noce methcl , o pure datura methel era nominata das^li, Arabi . Il fapore di ogni parte della pianta è amaro . Or qui ame- mefra queRa pianta traile narcotiche, e Hupefacienti . E'certo, chedi rado fi tifa internamente. Si veggono dilcor.^ie traili Medici, fé i frutti del- la mandi-agora fieno nocivi . Aezio attribuì tutte le qualità maligne a* femi,febbene i-ilcuni fperimenti fatti ultimamente, non avefìero ciò com- provato . Ma è fuori di dubio-, che ficcóme differifcono tra loro quefte piante, e per la bruttura, e per le qualità del clima* cosi varii effetti an prodotti. Il fuo fetore che feri.'ce la teda , ne dimoftra la forza fo- porifera : e vi ha delle prove, che prela per bocca , ha mofìb potente- mente il ventre per fu, e giù . Diofcoricle al libro quinto fcriflfe , che il vino di mandragora , o fia il vino dentro cui per lungo tempo vi fieno fiate infufe le fcorze della radice di effa , è flato valevole a pro- durre la più profonda fonnolenza . Inoltre non debbo tralafciare di dir due parole fu della forza flupe- faciente e narcotica dello "zafferano , da cui per 1' ufo ecceffivo , fi ioii veduti cagionare triRi effetti , anche per gli avvifi , che negli antichi tempi ne diedero Diofcoride , e Ga'eno. Il primo autore diffe , che tre dramme di efib, prefe in acqua, fon bafìevoli a recar la morte: e Gale- no allogò lo zafierano traile fbflanze , che fconvolgono lo fpirito , e qualche fiata recidono la vita. Or quella è una fpczie di pianta, che al- ligna ugualmente ne' luoghi caldi che ne' freddi , ond' è che nell'Inghil- terra , nella Francia, nell' Italia , e nella Sicilia ben vi crefce : ma più ne' terreni neri , ed alquanto labbiofi , che nelle terre bianche , e pelan- ti . La radice dello zafferano è tuberofa e carnoi"a,da cui fi lievano va-' rie foglie, in mezzo alle quali vi apparifce un fiore a guifa di giglio, che contiene tre fili , e flami , da' quali rifeccati fu di un forno , fé ne fanno delle picciole maffe, che vendonfi da' Droghieri . Chi defiderafle di avere una contezza elatta fulle malattie di quella pianta , fui modo di farne la ricolta, e full' analifi efatta , può confultare il Signor du-Ha- nìel , che dillefamente ne ha ragionato . Ma quello che deefi notare da noi , è appunto, che lo zafferano venne da molti moderni riputato no- civiffimo, o come un veleno narcotico. Etmullero, che fu rifchiarato dal dottilfimo noftro Niccolò Cirillo, pretefe , che mercè un olio volatile congiunto con un fale agro e penetrantilfinio , cferciti lo, zafl-crano le fue su LI VELENI MINERALI, E VIEGETAEILI. 83 amerei che fi tiorafle, che cjueflo vegetabile, è una pianta po- tentemente narcotica, ed ha fomminiftratì de' forti veleni. Anche il decotto di due o tre de' Tuoi nocciuoli , ha recati incomodi gravi. Perciocché un uomo di età avanzata che l'a- vea bevuto, fentiffi aflalito da vertigini. Non avea naufea^ma i {"enfi erano ofcurati : la lingua era afciutta , balbutiva, deli- rava: gli occhi erano trifti e gravi: perde la voce , e pofcia L 2 a gui- fue forze venenofe, ed alle femine irriti l'utero. Però, a mio avvifo , in quefìo punto ( che fi controverte cotanto traili Medici di diverfo partito ) fi dee diflinguere il clima , e I' affuefazione . Non fu fal- lace , egli è vero , fafierzione di Diofcoride poc'anzi recitata , ma ciò non oflante è sì familiare l'ufo dello zafferano preffo i Polacchi, che lo mefcolano eflì ne'loro alimenti a dofi ecceffive . Un'oncia di zaffera- rano , che a' Polacchi niente di male farebbe, fé fi tracannaffe da qual- cuno di noi , cagionerebbe la gravezza del capo , le convulfioni , e la morte ifleffa . Camminano qui di concerto Io zafferano , e 1' oppio . Ma che diffi niente di ma^e farebbe . A tutti gli uomini è nota quella crudele malattia , che dalla Tartrria , e dalla Ucrania propagoffi nella Polonia ; quella appunto , che chiamano Plica Polonica . Pericolo- fffmo è quello ma'e,fpecialmente fé la foilanza vizio.'a non fi deponga verfo i capelli. Questi mjrabilmente s'intrecciano, s'allungano, e s'in- groffano , e formano il più mostruofo fpettacolo . Se fi recidano , efce fangue da' medefimi , e ne fequono fintomi fieri . Ma fé fi ricerchi la cfgior.e di tal malore , non folo vi troveremo Ja poca nettezza del lor corpo, i luoghi umidi e baffi dove abitano, le acque torbide e pefanti che beono , e la materia gentilizia, che fi trasfonde da' padri ne'fgliuo- ]i ; ma pili di ogni altra cofa , dovremo noverare le acquavite , e le altre bevande ipiritofe, e preci:amente la dole avanzata dello zafferano che fi trangogpiano . Qi-iindi non debbonfì tenere per favolofi i racconti del Rivera idi Simon Piuli , e di Amato Lufitano , i quali inculcarono che non troppo fi uùìf/e lo zafferano, effendofivi de'cafi molto lugubri. Una femina , diffe il Rivera , che avea trangogoiata Una dofe ecceffiva di zafferano , per provocare la meflruazione , ebbe uno fbocco abbondevole^ di fangue , e dopo tre giorni mori . Simon Pauli dice , che una gio- vinetta fu in periglio di perder la vita. E '1 Lufitano nel Tuo comento fopra Diofcoride, riferì un altro trifto avvenimento per g'i eff-iuvii del- io zafferano . Non fenza ragione il Boerhaave lo mife traili veleni nar- cotici . In fine dirò anche due parole fu de! loglio, eh' è una forta di gra- migna che creice ne' campi in mezzo ai grani , ed agli orzi . Varie of- fer- 84 Dissertazione I. a guifa di furibondo fi dimenava per lo letto; dopo di che fi calmò, e fterte bene. Viene notato quefìo cafo da un celebre Medico di Edimburgo , ficcome fi legge nel Giornale Medico dell'anno 1757. Se dunque un femplice decotto de' nocciuoli metliel, produf- fe effetti cos'i Urani; figuratevi di grazia cofa ne avvenga, quan- do lo ilramonio in foftanza fi prende. Non vi farà dunque che un matto difperato, il quale, fentendo le forze venefiche dello llramonio, talvoha fino ad uccidere, vorrafTì muovere a farne pruova fu Ha fua vita (28) . Debbo accennare ora alcune notizie del folano. Su del fo- lano ortenfe o pure ofiicinale veggio un inviluppo di opinioni. Boerhaave fi credette che folle una pianta medicamentofa , da poter fervazioni an fatto conofcere, che fatto il pane dalla farina dove v' era mefchiato del loglio , coloro che lo an mangiato , fon refi ebbri , e de- liranti , o pure an fofferte delle vertigini , delle fonnolenze , o di altri mali di capo . Già è noto che queft' erba ha lunghi gli flipiti , e fibro- fe le radiche. Gli ftipiti raedefimi di tratto in tratto anno de'nodi , in ciafchediino de' quali efce una foglia verde, e lungarle fommità caccia- no delle fpighe, ed in fine efcono i ferni roffigni , non molto farinofi , e più piccioli de' grani del frumento. Oggigiorno i più celebri Natura- lifli , tra' quali il Vallifneri , il du-Hamel , e '1 Bonnet, an dimoflrato , eh' è una favola troppo baffa e volgare quella eh' avcano tenuta per ve- rità contante gli antichi , e non pochi moderni fulla degenerazione del frumento in loglio, e del loglio in frumento. Fu più bizzarro di tutti il Ray ; il quale fcrif'e , che non fon rade tali trafmutazioni di vege- tabili da una in un' altra fpecie , ve^genlofi , l'econ'.o lui , che la rapa fi muta in ravanello , il cavolo fiore in verze , e così degli altri . Ma non mi fi vieti di hv fapere di paffaggio, che Giovanni Ray non ebbe tutti quei talenti Botanici , de' quali iono fiati altri valentuomini in queRo genere ornati. Siccome ofiervò Haller , egli fu di grm lunga inferiore al Tournefort • non ebbe orto botanico , fi k.vì di pochi libri , vacillò fovente nel metodo , avendo quali fatti tanti generi quante fpezie . Dopo tutto quello ritorno di nuovo alle qualità perniciofe del loglio ; e dico , che molte fincere relazioni de' pacfì di là da' monti, fan fape- re, che il lo.alio mefchiato col frumento per far la birra, èriufcito tan- te volte fatale . (28) U cxhz. flramonìum , detta più comunemente il pomo fpinofo, fu chiamata da alcuni ancora 1' erba del Diavolo . Siccome avvifano de- gnif- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. 85 poter rinfrefcare gli umori nel loro maggior rigoglio. Ma, tut- to che quefto fentimento ci venga da un uomo Filofofo, e da mani cosi deftre; nientedimeno meffe a confronto fenza impa- gno gniffimi autori, meglio farebbe flato, che quefto vegetabile fi fofle igno- rato ; perciocché non fi farebbono cagionate tante morti agli uomini , quante ognun fa. Tutte le fue parti fono narcotiche: e perciò giammai fi debbono ufare internamente. Non ha molti anni, che nel territorio di Montpellier , certi ladroni metteano nel vino le femenze peftate dello ftramonio : coloro che di tal vino avvelenato beveano in maggiore dofe, col letargo, e colle convulfioni morivano* ma fé in minor dofe lo tra- cannavano, dopo pochi minuti iacea dormirete dopo il fonno mille de- liri , e fanciullefche fcene feceano . II Miniftero di Montpellier conden» nò alla morte cotefti ribaldi uomini . Le cortigiane tante volte pongono in qualche dilicato liquore una prefa di tali femi peftati dei pomo fpi- nofo; e profittano di quei deliri : tanto più che mentre ceffa l'azione di cotefto veneno , 1' uomo fi rende inabile alla venere . Ciò non oflante il Signore Storck ha tentato in fé medefimo lo ftra- monio, per poter trovare qualche utile medicamento . Egli fulla prima ftrofìnò traile dita le foglie del'o {tramenio, e ne fentì Io fpiacevole o- dore , che gli muovea la naufea , e 'I vomito . II giorno appreflTo premè otto libre di fugo di tali piante , fenza che il vapore gli avefle recato nocumento^ bensì gli p'rodufTe il fonno. Cominciò inappreffo affieme col fuo fervo a fare fvaporare detto fugo per ridurlo in eftratto^nè altro fen- tivano in tale procedura , fuori che un ingrato odore . Tale eftratto fi ridufTe in foggia d'una maffa nera, in cui vedeanfì fplendere le particel- le faline • L' autore volle far prova , fé la dofe di un granello e mezzo, fi poteffe fopportare fulla lingua ■ e fi fconvolfe allora talmente lo fto- maco , che foffrir non potea il femplice toccamento di tal maffa : ma pur egli tringoggiò tale pafta , né rifenti alcuna alterazione nel fuo ca- po , né ne'Ie operazioni della mente . Da quefèa ofTervazione Angolare , cominciò a far prendere 1' eftratto del pomo fpinofo a quelli che pati- vano fieri convellimenfi j né gli effetti, fecondo egli dice , furono fune- ili . Per lo che conchiuse poi , che fia cotefto eftratto un buon medica- mento nelle vertigini ,, ne'la pazzia , nel delirio , nella epileffia , e ne' tremiti delle membra ^ quando fpecialmente tai mali fi fono fperimenta- ti rabelli ad altre medicine. Però io avverto qui, che lo flramonio , e particolarmente le fue femenze , ne' climi caldi , e non già ne' freddi della Germania, iono pili velenofe : laonde non fi dee azzardare a pre- fcriverlo internaraenre • tanto piti che bravi Medici di credito oggidì anno profcritto, e proibito 1' ufo anche prudente d' un veleno') che le pii» volte è riufcito micidialiflimo . 26 Dissertazione T. gno veruno tante altre prove che vengon recate da idonei au- tori ; effe da cima a fondo pongono in difordine tale opinione. Quindi è che il Signor Halier , con animo dirgombro da pre- giudizi!, {crilìfe , che il detto folano orienfe fia non privo di qualità venenate . Non perchè non fi diano de' folani innocen- ti, ficcome vi fono fra gli acri ranunculi anche i dolci e mol- li, e fra gli agriffimi tiiimali gl'infipidi. Ma quello (ìa detto all'ingrofio. Fermiamci per poco a confiderare la belladonna, pianta , com'eila pare-, della fpecie de' folani. Quello vocabolo fulla prima non amerei che rifve- gliaffe alla mente la idea di una maeftofa n^atrona che con in- dorati ceppi fia intanata, o pure foggiorni ne' cupi nafcondigli delle bofcaglie, per tarfi vagheggiare ; ma ella è una pianta che ha i fiori d'un purpureo cupo, cui fuccedono i frutti limili ai granelli dell'uva; ed ottenne fiffatto nome pompofo ed orre- vole, perciocché le Dame componevano coH'acqua di eil^i , un belletto piacevole per imbiancar la faccia. Ha la radice fucofli, e gli fieli ben lunghi, donde fporgono le foglie che an la fi- gura del folano ortenfe, ma piìi grandi due o tre volte . Per cotefta fìruttura, e per gli effetti mortiferi che cagiona , vien chiamato folano fonnifero , furiofo, e folano mortale. Meffa a diftiilazione, da fuori quantità di fale,e di olio acre e narcotico. Della malignità della belladonna vi ha delle molte offervazioni funefte. Il Signor Boulduc, ficcome visn .regiftrato nella Storia dell'Accademia Reale delle Scienze dell'anno i703,aLteflò all' Accademia ideffa , che quattro ragazzi , entrati in un giardino incolto, quattro leghe lungi da Parigi , mangiarono de' frutti della belladonna; e da li a non molto furono affaliti da vio- lenta febbre , accompagnata da convulfioni , e da palpitazione di cuore, perdendo i fenfi altres'i, e la ragione. Uno di effi fi mori il giorno dietro: e nel ventricolo furon offervate tre pia- ghe con de' grani di folano manicati . Certi altri giovani In- glefi , per temprar la (ete , avendo per imprudenza mangiati de' frutti della belladonna, dopo mezz'ora di fopore , furibondi e pazzi morirono . Due altri giovani nel giardino di Leiden, avendo trangoggiati alcuni 'acini di coteflo folano; uno di e(Ii flette maliffimo, e l'altro morì nel giorno appreffo. Il LobeU lio. su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. 87 lio, n Bodeo fon autori di quefti racconti; e molti altri po- trei recarne, fé fofle di meftiero. Tytte quefte folerini fperi^a- ze vanno di accordo ; e dalle medefime fi rileva , che la bel- ladonna fia veramente quella pianta cotanto temuta , per cui r uomo o fi muoia , o almeno cada in pericolofiffimo male . Traili vegetabili venefici noti debb' efler neppure tralafciata la no^e -vomica (29). Innanzi che m'innoltri di più nella defcrizione , lafciate ch'io faccia alcune rifleffioni , e getti alcuni lampi fui rufco con foglie di mirto . L'erba de' pellai, ch'è il fummaco , è una {zg) Qiiefta è una mandorla piccola e dura , di color bigio, che trovafi in un frutto di un albero che vegeta nell' Indie Orientali , e par- ticolarmente nei Malabar . Alcuni aveano creduto, che fofle la noce me- thel degli Arabi , o pure una fpezie di fungo ; ma tutto ciò avanzoifi erroneamente. Evvi nelle Indie medefime un legno di colubrù , ch'è una radice legnofa , ma di un fapore amaro ed acre : dalla quale radice cre- fce un arbofcello, che caccia de'nocciuoli molto fìmili a quelli della no- ce vomica . Per lo che viene flimato fentimento più proprio il crede- re , che detta noce nafca da un albero fomiglievole al legno colubro , E' velenofa Ja noce vomica agli animali quadrupedi , ed agli uccelli . Tal veneno non corrode le menibrane del ventricolo, né quaglia il fan- gue ; ma allorché è fcefo giia nello flomaco , e vien ad effere difcolto da quei fughi j principiano a farfì fentire gli effetti fuoi perniciofi. Ol- tre del Gesnero , e del Bauino, il Ray è di avvifo,che non debba mai la noce vomica effer ufata dagli uomini , ai quali può riufcire ugualmente micidiale che a'ie beflie . Antonio Ude, e'I Dottor Hulfe anno fatte del- le fperienze i'ugli animali . Qiiefto fecondo Profefìore avendo rotte in pezzetti due noci vomiche , ed impalate con del burro e del pane; ne diede a mangiare di quella mefcolata palla ad un cane. Il quale un'ora dopo foffrl un generale tremito, non potè reggerfi , ed ebbe rigide e convulfe le membra: ed andando la cofa in peggio , dopo mezz'ora morì. Tagliato dall' Ofiervatore , lo fìomaco era pregno di langue, den- tro cui vedeanfi i pezzetti della noce vomica, refi più molli. L'efofa- go , le budella, e'I celabro , erano" nello Rato naturale : i polmoni più rubicondi , e più rir^onfii fi videro gli orecchietti del cuore . Fu repli- cato ajtro fperimenro fu di un gatto , e feguì la ftefla fcena di finto- mi . Le quali cofe tutte fan conofcere veritiera quella fentenza che corre prefifo i moderni , che tal veneno sviluppi particelle fottili , che agi- icono fui fluido de' nervi , mettendolo in fuga , ed eccitando feroci con" vulfioni . 88 DlSSERTAZIO N~E I. una rpecic di tal vegetabile, o fia del rufco, e lì adoperanel- la tintura de' marroccbini , e per ammollire i cuoi . Il rufco falvatico, fecondo una vana credenza di Plinio, fu creduto uti- le per refiflere al veleno , e per fanare gli ulceri dell' ano e degli orecchi. Le fue bacche fono fiate credute buone a forma- re un ingrediente in certe vivande. Ma l'oflervazione ha fatto vedere , che da quedo vegetabile fi ottiene un veleno fingola- riffimo . Egli cagiona un'acuta epilefsìa agli uomini che man- giano i fuoi frutti, e produce i capogiroli agli animali che di- vorano i fuoi teneri germogli , o le fue foglie . Quando gli agnelletti, e le capre talvolta tornando dai pafchi , li fon ve- duti tremare, e convellere, andare col capo chino , ed urtare fenza diftinguere, fi è manifelìamente conofciuto, che tai moti non altronde nafcevano , che dall' aver elfi mangiate le fron- di del rufco. I paftori, e i contadini fi fono aiTicurati di ciò. Gli agnelli , e i capretti folamente vengono delufi dall' o- dorè di cotefta pianta: mentre dall'altra banda le pecore, e i caproni lo fchifano , e temono i dolci incanti di quefto vele- no. Sì è conofciuto parimenti, che contengono meno di umor maligno le frondi tenere di tal pianta , che le frondi vecchie e le frutta. Il fapore , e f odora de' frutti raffomiglia dimolto al frutto del ribes , eh' è rifondo e fugofo . Gli Accademici di Montpellier anno fcoverto , e fon ri- maci convinti ; cha quefle bacche di rufco falvatico fono un potente veleno benanche agli uomini . Djs perfone che ne mangiarono , furono alfalite da convuifione , e da delirio ; e diventando tutto lividura, perdettero la vita. Sparati i cadave- ri, nello flomaco non vi apparirono marche fenfibili. Al certo poche bacche, che di tal pianta per bocca fi prendano, o nel ventricolo fi avvallino ; fono origine di fciagure mortali . Per lo che fi dee pur credere, che la foftanza del rufco, ch'è di un fapore agretto, fviluppa fall cos\ potenti, che fi offendono i ner- vi, e fi generano le convulfioni. Ma tempo è ormai di aprire a Voi i fentimenti veri che debbonfi nutrire fulle qualità velenofe de' funghì . Dichiamola com' ella fia : non fi può non compiangere l'ufo, che con tan- ta franchezza fi fa di quelli vegetabili , quando tuttodì fi fon ve- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. 8^ vedute morti violente , cagionate unicamente da tal vivanda . &uae tanta ancipitis òhi voluptas ? An ufque adeo vitae taedet^ ■ut eam tam vili offa permutemus , mortemque femper m procin- Bu flantem folli citcfnus^ Cosi efclamò giuliamente il Gran Pli- nio. Nello {viluppo di quello punto, io andrò con brevità rac- cogliendo, e mettendo infieme buon numero di quelle rifleffio- ni, che fono fiate fparfe qua e Ik da varii Medici -di fino giu- dizio: ma oltracciò qualche cofa di nuovo fentirete qu'i pro- dotta peravventura. Il fungo così chiamato fecondo alcuni a filiere agendo , perciocché foyente porta al fepolcro chi fé ne ciba , venne ri- guardato dagli antichi e da alcuni moderni autori , come una fchietta efcrefcenza, e non già come una pianta fingolare. Ma dopo la fcoveria delle femenze che fi fece da un Botanico Italiano , è rimalo fuori di dubbio , <;he debbano i funghi ef- fer allogati traile piante. Anno molta affinità colla pianta li- chene, non avendo né rami, né foglie'. Non v'ha vegetabile dove fi ravvifi maggior varietà di quella che fi vede nel fun- go. Sì trovano de' funghì piccoli , e di quelli che anno grof- fezza flrabocchevole. Si fon fatte da' Naturalifti varie clafsi di efsi , diftioguendoli in tartufi, prugnoli, funghi di primavera, ventofità di lupo, e agarici (30). Io feguirei ben volentieri quella naturale e femplice di- vifione che fi è fatta de' funghi; cioè in velenofi o nocevoli , ed in funghi buoni da mangiare; ma le varie confeguenze ac- M ca- (30) Non richieggono particolare defcrizione tutte le fpecie de'funghi, e neppure i tartufi , che fono come mafie carnofe , informi , e fcabre , lavorate con tante vene . Quando i tartufi nafcono , non fon più gran- di di un pifello ; ma poi giungono a pefare cinque, e fei oncie . Efli crefcono fotterra , ne apparifcono in alcuna guifa al di fuori . Ma con- vien fermarci un poco nell'indagare la natura dell'agarico, del quale va- riamente ne parlarono gli antichi Scrittori , Diofcoride , Galeno , Egine- ta, e degli altri . Il nome fi deriva dagli Agari , popoli della Sarmazia, da dove gli antichi lo feppero la prima volta. Crerce l'agarico fui larice. Plinio benanche ne fa parola , e difle precilamente , eh' egli è un fungo che crefce fu gli alberi che portano le ghiande . Checché ne fia di tutto quello , e della diverfità che vi paffa tra l' agarico degli ^{itichi , e quel- io ^o Dissertazione I. cadute rendono dubbìofa quefta forra di ragionare.. I maeflri della golofita , e che fi pregiano di polTedere il gran fapere de- gli Apicii, an chiefto gli è vero di coltivare i funghi fu de' letami ; ma quefte cautele non foddisfano al pericolo . Percioc* thè evvi di varii funghi, cli'elfendo maligni, deludono gl'in- ■cauti con far credere, che fi poffano fenza periglio tracannare . Tanto più, che quelli che fono ftimati buoni, mercè la catti- va qualità del terreno dove allignano, per la qualità del fuco che aflbrbono e per cui fi nutricano , come ancora per la vi- cinanza de' corpi putrefatti o velenofi che vi ftanno al dintor- no , acquiftano tai forze maliziofe , che divengono venenati. Oltrtcchè , per comune confentimento de' più gravi ed autore- voli Scrittori, i medefimi funghi innocenti fpeflb mangiati, of- fendono maifempre , comecché malagevolmente fi digerifcono , formano un cattivo chilo, e generano degl' inceppi nella bile. Il P. Atanagio Kircher , uomo immerfo tutto ed aflbrto nella Letteratura , Je cui beile doti e cognizioni in ifpecolare e re- citare le cagioni delle vicendevoli metamorfofi , il refero uno de' primi fuggetti del fuo tempo ; egli abbattendofi nel libro fulla PeRe , a parlare con molta fua compiacenza de' funghi e delle loro qualith, di certo e faldo propofito deci fé, che i fun- ghi, di qualunque (orta fieno, fon fèmpre maligni, e maifem- pre forniti di apparecchio da poter uccidere chi fi ciba di lo- ro . E quando fi crede da noi , che facciano il condimento più tlol- io de' moderni • egli è certo che cotefìo fungo , eh' è compoftp come di tante lamelle , ha i fuoi femi , i quali gittati fu gli alberi , gene- rano gli altri agarici. Non crefcono sì pretto come gli altri funghi y ma quando fi prendono internamente, formano un violento purgante. Aezio li mife traile velenofe foftanze, non altramenti , che l' aconito , la tapfia , e l'elleboro biancone che in qualche perfona ha cagionati de' tremori del- le membra , e delle rifoluzioni de' nervi . Paolo Egineta defcriffe l'aga- rico negro, o lìa il velenofo . Il fuo fapore è amaro, e naufeofo . Se fi de- ftilH , dà fuori molto fale volatile, ma poco fale eflenziale : per la quale compofizione fi rende ofFenfivo a' nervi . In fine quegli agarici, che cre- fcono iiille querce vecchie, o fopra i faggi, fono acri , e perniciofiflìmi. In tanto a'mo derni è venuto in concio di fare delle fperienze fugU agari- ci, in quanto che fi è Icoverto che abbondano nelle Alpi, e nel Trentino. su LI VELENI MINERALI, S VEGETABILI . pX dolce, e'i manicaretto più bilicato che fappia di mille profumi, allora appunto nocivi effetti ordifcono alle interne parti del corpo. Pretende^ da certuni che vi abbia di certe fpezie di fun- ghi, il cui femplice odore ha cagionata la epileflia a certe per- fone ; e che una donna per aver mangiati alcuni funghi , fu malata e poi divenne pazza ; e che col foJo maneggiare certi altri funghi di cattivo genio fi fieno fofferti degl'incomodi gra- viffimi . l^erò tutti quefti enormi ed inuditi accidenti fon bei racconti, che fi leggono in Foreflo, ed in Ildano; ma de' qua- li io non ofo dare precifo fentimento . Intanto merita di effer notato queir orribil cafo che racconta il Signor le Mounier; il quale celebre documento fi regiftra in una delle Memorie dell' Accademia Reale delle Scienze dell'anno 174^. (31)' Che però ho detto e ridetto , e convien anche qui ripe* terlo , che fa raeftieri avvezzarfi a que' cibi che fon femplici ; e che conviene dar il bando ai funghi , i quali poflbno ben prefto far andare alla volta del fepolcro . Io ben fo che que- fìo avvifo non è per la vii gentaglia , la quale non leggerei M 2 cer- (51) Furon colti alcuni funghi di mezzana grandezza tutti bian- chi nel luogo nominato Chategnerai de Chambourcis . Una donzella ne mangiò , e quattr' ore dopo pranzo foffrì un do'lore forte di ftomaco : nella notte fentì de dolori acuti : le naufee , i vomiti , le evacuazioni biliofe la tormentarono in guifa , che fi abbattè di forze . Durando tut- ta la notte cotefta colèra , la mattina appreffo trovoffi con polfi picco- li ; r epigaflrio era gonfio , e fi fentivano le pulfazioni della medefima aorta . Il Medico le prefcrilTe il decotto della radice di altea e delle femenze del lino , i eli ftieri' replicatamente , i foti delle piante emollien- ti filile vifcere , ed un tantino di triaca. Non vomitò affatto; ma ben fei volte in quella giornata ebbe beneficio per le vie del federe , aven- do benanche dati fi.iori alcuni pezzetti di Ringhi. Al terzo dì ia diar- rea fi quietò ; ma fi crebbero la cardialgia , la debolezza , il meteoris- mo nella regione epigaftrica , la pulfazione ; e feguitò lo fcarico del ^'entre con altri pezzetti di funghi. La notte la pafsò tranquilla ; la pelle fi vide più umida, il poi io più ravvivato e migliore, e le orine abbondevoli : prefe la manna e 1' eflratto cattolico, e cacciò de' pezzi di fungo; i fintomi fi quietarono , e '1 fonno fopì i fuoi dolori. Nel quin- to giorno fi affacciò il delirio , e l' opprelTione del petto ; era tutta fofpi- ran- 5>2 Dissertazione I. certo quefto libro: ma dico alle perfone faggie, che mentr' el- le anno tanta temenza, che qualche mano traditrice non T avveleni, coll'ufare quefte ftrane imbandigioni de' funghi, che i maeftri dell'arte cucinatoria regalano , effi fanno ogni atten- tato per troncarfi il filo della vita. Io rante ed angofciofa ; non avea polfi , rlcufava ogni aiuto , s" impallidì , divenne tutta fredda^ e comecché in atto avea i fuoi fiori , quefti ceC- farono, abbenchè poi per mezzo de' pediluvii fieno tornati in pochilii- ina quantità . S'ifiitul un falafib dal piede j fi crebbe l'affanno : avea delle convulfioni nelle ganafce , per cui fi replicò la cavata del fangue^ ma fopravvenne l'itterizia. Nel mattino del feflo dì, effendo fparito il giallore della pelle , e fopragiunta una macchia verde nell' uno e nell' altro canto dell' occhio , fpirò . EfTendofi fparato il cadavero , fi vide una piccola flogofi nel ventricolo ; il duodeno tutto rigonfio , era allac- ciato fortemente nella parte di baffo. Il fegato fi offervò rubicondo è fefo ^ il condotto coledoco firetto nel dimez/io , in guifa che la dilcefa della bile era impedita : e quindi era turgido nella parte dappreffo ai fegato , dove vedeafi la veffica del fiele pregna d'una bile fofca, e verde. Ma non fi vide la medefima luttuofa fcena nella madre dell' anzi- detta donzella. Lei, che avea 1' età dì quarantacinque anni,, piìi parca- mente erafi cibata degli fieffi funghi . Nella mattina vegnente anche l'of- fri la colica , i vomiti biliofi , il meteorismo , la lingua fecca e lorda , gli fcarichi della bile , i polfi piccoli , e la fievolezza delle membra . Mercè di alcuni aiuti ,- la fera pafsò meglio . Nel quarto giorno fu pur- gata con blandura , e 1' evacuazioni furono liquide e fetenti : nella fera fé gli diedero quindici goccie di laudano liquido. Nel di quinto fegui- tarono le medefime fetide evacuazioni, che poi divennero fanguigne con raffreddamento degli eftremi , e con tenfione nella regione epigaftrica -: ma la notte, mercè d'un lieve narcotico^ fi addormentò. Nella fcfì^a giornata fcguì la di/Tenterìa , fu come fiupida* ebbe una affezione fopo- rofa, una cardialgia continua, gli occhi erano aperti e fiffi , ma nien- te vedea , ficcome né tampoco udiva i difcorfi degli afianti j ed intanto alquanto delirava . Nel giorno fettimo prefe uno fcrupolo di emetico , ma lenza che aveffe vomitato : bensì ebbe degli fcarichi per le vìe dii- ' retane. Prefe una tintura di rofe con un tantino di fpirito di vitriuo- io , per cui cefsò la diifenterìa . Nel giorno ottavo il polfo acquiftò di forza , tornarono i fenfi , e la notte ludo e dormì. Andò migliorando iino al giorno decimoquinto , in cui dopo avere copiofamente urinato , cefsò il giallore della pelle j e 1' inferma flette bene . La medefima al certo fcappò la morte , perchè poca quantità avea trangoggiata de' furi- ghi velenofi . su LI VELENI MINERALI, E VEGETABIL._ pS - Io mi veggo tenuto di pur dirvi , che tanta violenza e bizzarria di fintomi nel ventricolo e negl'inteftini, non altron- de dovelTe ripeterfi , che da quelle particelle acri , fottiii , e caufliche de' funghi , che ftimolando le membrane e i nervi, ne producono quelle funefie confeguenze . Il dianzi lodato Si- gnor le Mounier ha feguita la medefima credenza ; che perciò fu egli di avvifo , che farebbe ben fatto , prima di metter a. cuocere que' funghi che fi ftimano buoni e fenza qualità noci- ve, lavarli benbene nell'acqua frefca, o meglio nell'aceto, ac- ciò fi pulifcano da quelle parti acri, che non mai mancano da elfi. Fara meftieri arltres'i olfervare 1' odore e'I colore de' fun- ghi. Perciocché vengono tenuti per innocenti quelli, che predo crefcono , fon mediocri di grandezza , ben polputi e carnofi, bianchi al di fopra , e roffigni di fotto , e che oltracciò anno un odore grato , ed un fapore apperitofo . Ma que' funghì al- lo'ncontro, che tardamente fon crefciuti, fono dati lunga pez- za di tempo fui terreno, ed anno un color roflb, o negrogno- lo, o turchino; vengono ftimati dubbiofi, o mortiferi. Ma poiché fiamo in produrre delle notizie fulle quanta de funghi , io nominerò in ultimo luogo quella fpecie , la quale è fiata onninamente la più vilipefa ; e fi è quella che chia- mano ventofità di lupo : nome accordato loro dagli antichi, poiché erroneamente credettero , che lo flerco del lupo fi can- giafle in quella forta di fungo . Vegeta nell' autunno trai- li pafchi , ed ha una sferica figura, le più volte della grolTez- za di una noce, e'I cui pedicello appena fi vede. E' compoito di, un gran numero dì piccole veffichette o granella , che in- fieme formano una pelle bianchiccia . Quando tal fungo e al grado di fua maturità, fé fi f>rema , gitta fuori con una ven- tofita un puzzolente fumo, eh' è il fuo feme. Perciò fu chia- mato fungus ptdverulentm , o pure crepìtus lupi ' gli antichi il defignarono col nome lycoperdon. In certi luoghi , come nelle Alpi giunge alla groflezza di una tefia da uomo , ficcome fu fcritto dal Tournefort . Tutte le fpezie di quella clafife di fun- ghi, fono un poderofo e pefnrno veleno; ma difeccati, e ridot- ti in polvere , formano un bell'afiringente per frenare l emor- ragie ; la quale polve è cotanto in ufo nella Germania . Sic- P4. Diss-ertazioneI. Siccome vedere , varii acquifti di lumi abbiam noi fatti andando fcorrendo le varie piante velenofe ; la qual cofa fcu- fera la proliirità che non fi è potuta evitare . Ora prima di fornire l'intiero racconto, mi fi prefenta alla memori? la »w/7«- canìlla^ bell'albero dell'America, che ha l'altezza dell'albero della noce . lì tronco è groffo , ed ha la fcorza ben levigata ; la quale fé s'incida, dà fuori un fuco latteo, eh' è uq veleno cauftico e mortifero . Anche le Tue frondi fono lattaginofe , e capevoli di avvelenare. I frutti fono una fpezie di pomi appii di buon odore ; ma la fufianza de'medefimi ha un fuco forai- glievole a quello delle foglie , ed è altresì veneno . Quando gli Europei colà approdati , an voluto affaggiare di quelli po- mi ; o an fofferto affai, o pure ne fon morti. Secondo teftifi- ca il Miller, il medefimo fuco, o le foglie applicate fulia cu- te , fanno inalzare le vefiiche, e formano delle ulcere : e mef- fo fu de' pannilini , li brucia e confuma. I Viaggiatori mede- limamente raccontano, che la vicinanza di quefìi alberi, nuoce agli animali , ed agli uomini , non per altro, che per gli va- porofi effluvi! che tramandano. Trovanfi dappertutto nelle Ito- le Antille verfo la riva del mare : ed è noto , che i frutti , che tal fiata cadono nelle acque, vi avvelenano i pefci. Io mi credevo con- quefta pianta Americana chiudere la fchiera de' vegetabili nocivi e velenofi : ma mi è fovvenuto che non fi è detto tutto ancora ; e che per defcrivere ciò che vi rimane , fa bifogna offervare effer troppo vera quella la- gnanza che fuole farfi dalla comune , e fi è che ne tempi no- flri i forti mali del capo , e le morti ripentine fono vie più fa- mihari ed irreparabili, che non erano ne' tempi andati. Ma al- lorché diligentemente taluni fi fon meffi ad inveftigare la ca- gione principale di quello fenomeno ; di primo colpo fon iti infelicemente ad invilupparfi in lacci, da non poterfi s'i di leg' gieri fciorre . Si è ricorfo peravventura da elfi alla natura in- ferma e fconcertata de'noftri corpi, quafi vicina al fuo disfarfi. Ma volete vedere quanto fia agevole e naturale la dichiara- zione di quefto punto, attenendofi a diverfa teoria? Udite. Ne' vecchi tempi gli uomini erano più temperanti , e meglio polTedeano quella virtude , che fobrietà fi chiama. E fé fi ab- ban- su LI VELENI MINERALI) E VEGETABILI. p5 bandonavano alle delizie delie menfe ; non avean però quelle occafioni che fi anno oggi, e che cotanto infralifcono ed oppri- mono la cofa più preziofa fra i beai della Terra, la fanita.Io dico , che la noftra difgrazia fi è , di fare in tutte 1' ore uno fìrabocchevole abufo del tabacco, e de' vini; i quali in quella guifa che fono apparecchiati, fomminiftrano de' veri veleni. Ver- rò dunque a fpiegarvi quefto mio fentimento a parte a parte, onde fi ritrarrà un invincibil argomento della noftra aflerzione. Il tabacco^ pianta originaria dell'America , fu cosi chia- mata, perciocché gli Spagnuoli a Tabago fui mare del Meffico la ritrovarono la prima volta. Se ne diftinguono tre forte: quel- la che dlcefi tabacco femina o falfo, è più debole, ed ha me- no odore degli altri . Prima quefta era come una pianta fal- vatica : ma quando fi vide rapidamente fpargere il fanatifmo preflb gli Europei di ufarlo in polve pel nafo,ed in foglia per mafticarlo o fumarlo, ne fu grandemente aumentata la coltura, SI nelle varie provincìe Americane , come ancora in parecchie Europee. Varii divifamenti fi fentirono fatti da' Medici, alcuni approvandone, ed altri vietandone l'ufanza : ma il pregiudizio o abufo ha avuta la conferma del tempo; ne fi fìk più al gra- do di emendarlo. E' da leggerfi il Trattato di Simon Pauli:;dycs , e da! quale fatto il mele dal- le api , è queflo pericolofo cotanto , che può cagionare la morte . Ma su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. (}p pcrcino, rimane ii mele avvelenato allorch'è frefco . Ed ecco, o Lettori, dato fine alla ftoria de' veleni mine- rali, e vegetabili. Quinci vi prego a muover un paflb,e a con- nderare la cagion3 , per cui le velenofe foflanze producono tut- ti que' ripentini fconcerti già recitati : nel dichiarare il quale punto noi poco tempo vi fpenderemo. Gli antichi, che fovente nelle materie fpeculative ci fece- ro comparir la verità in abito deforme, rufticano , e fpiacevole, in dìfegnare la natura de' veleni variamente fi efpreffero . Alcu- ni differo, che la foftanza di elfi è di natura contraria alla or- ditura del corpo animale ; e contraria altres'i alla natura degli alimenti. Certi altri difefero, che il veleno non procedeffe al- tronde, che da qualche qualità de' corpi crefciuta, come farebbe dal caldo , dal freddo, e dal lecco ftrabocchevole . Farei torto a N 2 Voi, Ma fé taluno aveffe difio di fapere, qual' è la ftruttura di cotefto aegolethron di Plinio, ecco che ne dice il Tournefort . QLieflia pianta è più alta di un uomo: il tronco è accompagnato da molti fieli, e guer- nito di mazzetti di foglie Ibmiglianti di molto a quelle de' nefpoli de' bofchi . I fiori nafcorìo pure a guifa di mazzetti negli eftremi de' rami di un colore gialleggiante. Mi rimane a dire , che fe'obene il mele fia una fuftanza zuccherofa raccolta dalle api per lor nuti-itura , e per nutrimento altresì de'loro fi- pli • tuitavolta non Tempre produce nepii uomini il medefimo effetto . Vero è, che prefl'o gli' antichi Medici non eravi bevanda più aperitiva, attenuante , e difciogliente , quanto i' idromele , ma non avvien a tutti il medefimo beneficio . Il mele della Sardegna è per io pia amaro, poiché in quelle terre le api il fucchiano dagli f.fTenzii . In alcMji fuggetti , fic- come vien regifìrato nelle Tranfazioni Filofofiche, il mele iig cagionati gli effetti di un vero veleno . Il Signor Morley tormentato dali'-afinia , prefe per confìglio de' Medici una cucchiaiata del miglior mele d'Inglril- terra . Il fuo corpo fi rigonfiò orribilmente , quafi che avefTe tracanna- to un potentilTimo veleno . Il Signor Goodrieck gli ordinò un fudori- fero , mercè del quale dopo qualche tempo fparirono quei tormentofi fìn- tomi . Per renderfi ficuro, fé il male era nato peravventura dalla nociva qualità del mele , ne fecero prendere al medefimo infermo un' altra cuc- chiaiata di un altro mele prefó in altro luogoj e ne avvennero a punti- no i medefimi fintomi , da' quali un' altra volta coli' aiuto de' rimedii fudoriferi guerl . Quefto fatto comprova ciò ch'io flava dicendo. *00 t)lSSERTAZIÓNE I. Voi , s io m' impegnafl] di far conofcer loro , quanto conte- ile fpiegazioni fi allontanino dalla buona Filofofia , ficchè fono fiate da' moderni valorofamente combatttute,ed affatto fconfitte. Allorché venne poi la Medicina in mano de' Chimici, non il può fupporre, quali tenebre fi fieno formare in ifpiegare cer- ti fenomeni. Dappertutto erano efahate con gran bocca fermen- tazioni, fali acidi, ed alcalini, putrefazioni, ed altre fimili vo- CI , che dimolto impofero ai fempliciotti . Non poflb contener- mi dal dire, che la Chimica, la quale tanti bei lumi ha fpar- fi , non ifpiega intieramente i fenomeni de' veleni . Vero farà , che le qualità de' fali nocivi che in efii allignano, poffono pro- durre degli fconcerti nella macchina; ma non baftano le qualità chimiche ad ifpiegare i mirabili effetti de'veneni. Per lo che paragonando ogni cofa attentamente , non vi larà dubbio delle feguenti propofizloni.I veleni de' minerali fon più maligni, e potenti che quelli delle piante. Quando gli uni, o gh altri fi trangoggiano, le loro imprefìTioni primiere fi fan- no nel ventricolo , e negli altji vifceri del ventre baffo. Qui- vi producono i primi difiurbi,e i primi dolori. Ma come mai fi ipiegheranno il delirio, le convulfioni generali, il fopore, le offefe del refpiro , i palpiti del cuore, e le moffe irregolari de polfi, fenza che fi dica che il fluido nerveo è attaccato ed in- ietto dall'aura venefica, onde muove quelle violente turbe nel - corpo umano? I veleni adunque, febbene corrofivi ed abbrucian- ti in fé, mentre flanno nello flomaco fviluppano vapori lottili ed elaflici , che s infinuano ne' filetti nervofi . Cos'i agifce il kurociriegio , il rufco a foglie di mirto , la belladonna , ed altri fimili . Se la dofe è alquanto avanzata , infettano ad un tratto effo fluido nerveo, e ìoffocano ogni azione di vita. Pa- rimenti i vapori delle miniere dell'arfenlco , dell' argentovivo , dell'antimonio, del bismuto , del piombo , del rame, e dello ftagno , perciocché fon volatili , ed a guifa di arie fiffe , e di fumi elaftici , penetrando per l'odorato, per lo refpiro, e forfi anche per la via della pelle, prefiamente s' infinuano ne' nervi, e mettono in ifcompiglio , ed in fuga il fluido nervofo . Quel- le febbri che diconfi maligne , fi vede fubito che fanno la lor imprellione al cervello. Alcune pefiilenze agifcono nel modo i- sief- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABIL • lOr fteffoie quando in taluni appartati fi fon olTervati gli fvenimen- ti , le vertigini , e le convulfioni , i più favii Medici anno de- xlotta quella fchiera di fintomi da male nervino. Ma ci reca un'altra convincente prova l'oflervazione j che fi fa de' veleni infufi , e deìk ferite avvelenate-^ la quale dot- trina è ftata maifempre riputata neceifarìa ai Medici , ed ai Cerufici. Molto guardingo debb' effere ogni Profefibre in deci, dere , fé una ferita fia fiata o nò fatta da armatura avvelena- ta. Alcuni nel vero penfarono , che fi dee fcorgere e pondera- re , fé nel luogo ferito ad un tratto fi producano violenti fin- tomi, e cambiamenti , come a dire fé fubiio acquifti cattivo e non praticabile odore ; e fé il colore diventi tofio livido o ne- ro , feguendo pofcia prefentanee mutazioni nelle parti interne . Ed ognuno rimarra certamente pieno di ftupore, quando vedrk che per una ferita fi veggano in ifcena tanti interni fcompigli, come raffreddamento, tremore, convulfioni , lipotimie , ed al- tri effetti repentini e violenti. Però fi dee innanzi aver riguar- do , che tante volte la cattiva temperatura di colui eh' è fen- to, può fviluppare fintomi cos'i maligni, , che faccia com- parire effer un veleno propinato mercè del ferro tagliente , quello che non è nato, fé non da una cattiva difpofizione de- gli um.ori della macchina. Galeno, ficcome in un luogo delle fue Opere diffe , che nelle fenfibili qualità de' veleni niente fi vede, donde poffan forgere tanti mali interni; così altrove ben avvisò, che mille fiate nei corpo noftro fi generano certi umo- ri ben fomiglievoli ad un veneno. E chi fa, che quefto fortu- nofo cafo non avvenga egli, giufto in quell'infrangente, che ta- luno ha ricevuta uni ferita? Perciocché fé una volta fola pati- fcano eccezione quegl' indiai, che taluni an ofato di affegnare; non potrà da effi prenderfi motivo di afficurare con certezza quella ferita effere ftata realmente avvelenata. Ma vero fempre farà, che quando talun infelice ha ricevuta una ferita le^^giera, che non fia penetrante dimolto , che non abbia recifi mufcoli , o nervi confiderevoli , ma che intanto fi veggano in un fubito apparire ftrani fintomi nel luogo ferito, e fieri effetti eziandio nelle parti interne, avendo intanto quel malato una falute ga- gliarda, ed età giovane; fi potrà credere che veramente il fer- 102 Dissertazione I. ro abbia introdotta un'aura velenofa ne' nervi. Ma fate pur cooto,che per giudicare con maggior precifi'o- ne , e con giuftezza migliore d'idee , fi vuole da'Medici, e da' Cerufici fapere la iloria efatta di quelle foftanze , colle quali le armature s'infettano . Quella partita è ftara mirabil- mente efarainata in queft' ultimi anni . Molte foftanze che per bocca non farebbono nocive, introm.effe nel corpo per la ftrada delle vene, diventano potenti veneni. (53) Inol- (33) Una volta gli antichi Galli nelle loro battaglievoli imprefe tin- geano le freccie con un' erba , che Plinio chiama limeum , in ciò eflen- do di accordo Fefto , e Celfo . Toxìcum,, fcriffe Fefto , clkitur cey- varium venenum, quo quidam pentnguere faglttas [oliti funi. E Cello dif- fe ancora: Venatoria venena , quibus Galli ufi funt . Ed il Padre Ar- duino nella nota a quel luogo di Plinio confermò la fìeflb . I popoli A- mericani , prima della Icoverta di quel continente , avendo della guerre continue fra loro , in cai non cercavano di vincere , ma di diftruggere, ufavano nel ferirfi le freccie avvelenate , le quali toflo che pungevano la pelle , e toccavano i vafì fanguigni , dopo pochi minuti cagionavano una ficura morte. Gli Orli, che non erano flati avvelenati da' piìa forti ve- neni , mercè di tali freccie Americane torto perivano . Gli Sp^gnuoli medefimi riabiliti nel nuovo Mondo an imparato dal fugo delle radici del veratro fermentato , un veleno si potente, che avvelenano le freccie, e rendono incurabili le ferite che fanno . Arceo altresì mentre parla del- la cura delle ferite , fa menzione dell'elleboro bianco per avvelenarle j la cuale ufanza era ancora conofciuta a' tempi di Galeno . GÌ' Indiani me- defimi dell'Occidente an comunicata la qualità venefica alle armi ed al- le freccie , mercè il fugo della mancanilla . Si fon portate di colà in Europa parecchie di tali freccie avvelenate da tanti anni per avanti , e fi fon fatte delle fperienze co' medefimi fucceffi . In Brufelles non ha molto, in prefenza di varie peifene di rango , fu lanciata una di tali freccie nel di dietro d' un cane : e quantunque foffe ftata infettata dal veleno più di cenquarant' anni innanzi , tuttavia il cane prePiamente fi morì: fegno ben ficuro , che in tanta lunghezza di tempo non crafi an- cora il veleno evinto . In varii Mufei di Storia Naturale fi confervano der>r iflromenti e delle freccie avvelenate nel medefimo luco della man- canilla , che coniervano il veneno . I Caribi , o Caraibi , che fono 1 lelvaggi delle Ifole Antille , e che traggono 1' origine loro da quelli della Florida, popoli ben robufti , e nerboruti , ma cradeliffirai co' lor nemici , allorché fi avvicinano all' albero della mancanilla , per avvele- nare le loro freccie, tengono la faccia rivoltata , temendo che qualche fchizzo mòn falti sii agli occhi loro . I Turchi medefimamente , mercè - l'el- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. IO? Inoltre le freccie bagnate nel fugo della pianta thota ^ di- veggono attofficate; e quando fon lanciate, balìa che facciano picciola ferita, e che tuccliino il fangue,che predo uccidono uà;": animale qualfivoglia , rendendo le carni tenere, e molli. Nelle Indie Orientali fi anno armature avvelenate s\ terribilmente , che in un minuto fo.lo uccidono. Neirifola dì Macaifar , o fia cU Gelebe?, quafi gl'infulari rutti, che fono i pii^i coraggiofi e feroci dell'Afra meridionale, avvelenano le Ioro.,£rmi; e'I loro peggior toffico è il fuco di certi alberi dell' ifola Bornco , il quale lo diftemperano, fecondo l'effetto tardo o pronto che vi vogliono dare . Il Re di Macaffar fi vanta egli medefimo dì poffeder veleni cosi pronti e deftri,che niun antidoto del mon- do può, non che iirjpedire, ma ritardarne 1' effetto. Egli e no- to quel trifìo cafo avvenuto ad un Inglefe , ferito dal Re di Macaffar nel dito groflb del piede deliro con una freccia avve- lenata . Tutto che repente foffe flato recifo il dito da due Ce- rufici Franchi; pure l'Inglefe in un fubito cafcò a terra, e mo- ri. Il Re di Acen medefimamente donò al Signor Croke , In- viato del Generale di Batavia, venti freccie attofficate, il qua- le per molti anni le confervò . Ma un giorno andando a cac- cia, ne tirò alcune a ceni fcoiattoli , li quali tofto cl^e furoQ feriti , morirono . Se fi mettano al paragone i veleni che fi preparano, e fi ufanq nelle Indie Occidentali , con quelli delle Orientali, que- fìi fi troveranno più poderofi,e repentini.il Signo*' de la Con- damine nella Relazione d'un Viaggio all' America meridionale, e '1 viaggio degli Ollandefi alle ìndie Orientali , confermano quefto qui (34) . Or l'elleboro, e la colloquintida, avvelenano le punte delle loro fciable , e de' coltelli . (34) In Gottinga nell'anno lySjii^fu pubblicata una Differtazione, il cui titolo fi fu : Difputatìo raaugm-a'l-0 , qua experimenta circa venena in variis animalibus injìituta continenrar . Da qnefìo libro , e da varii •altri ancora di diverfi autori , dove fi vede maneggiato cotetlo non di- fpregevole argomento , egli fi può ripefcare , quali iono i varii veleni che a guifa delle ferite avvelenate , vengono introdotte nel fangue , ed arre- ca* / I04 Dissertazione I. Or la maniera colla quale agifcono cotefti violentifllmi veleni , ficcome io promilì dover dire , non è divcrfa da quel- la con cui agifce il fuoco elettrico . Anziché tai veneni fembra- no produrre tutti gli effetti del fulmine. E nel vero le folgo- ri uccidono gli uomini, non già perchè ad un tratto quefti per- dono il fiato, e fi vota di aria il polmone, ma sì bene perchè, a guifa di fcoppio elettrico, fcuotono l'intiero fiftema de' nervi, e ne intercetu.io tutt'i moti . Coloro che muoiono con tale difaftro , fovente non trovanfi abbruciati ; appunto perchè la materia elettrica velocemente penetra i corpi più duri, e li tra- pafla: e vedefi , che le forti fcintille elettriche uccidono gli a- nimaletti . Adunque i veneni così ripentini , quali fon quelli delle Indie, anche in menoma dofe intromefTì o infufi nel fan- gue, eccitano un bollore, e fviluppano uno fpirito volatililfimò empireumatico, che di repente s'infinua ne' nervi, ne infetta il fluido, e flringe e fcuote tutto il fìftéraa nervofo,che prefìamen- te fi cagiona la morte . Quefto parlare io amerei che bene en- trafìe nell' animo de' Giovani Medici ; poiché da quello poco qui detto fi poflbno intendere tutt'i fenomeni de' veleni. Se Voi vedete , che un tantino di folimato , o di arfenico , produce la morte, non dovete credervi , che fia effetto folo della forza cor- rofiva di elfi; ma dovete fapere, che quefte fuftanze nel difcio- glierfi nel ventricolo, e nell'iftfinuarfi nei fangue , dan fuori olii co- caiio la morte . Alberto Haller anche novera varii dì quefti veleni . Io ne accennerò li più intere/Tanti. S'intromife pochiflìma quantità di fpiri- to di vitriuolo nella vena di un animale , e dopo quattro minuti ne feguì la morte, trovandoli pofcia il fangue tutto rappigliato . L' olio del vitriuolo fa lo fteflb effetto. L'olio di zolfo per campana , o lo fpirito del fale , o V acqua regia, o l'acqua forte, benanche cagionano la mor- te violenta. Se s' intromettano nelìa vera di qualunque animale , o al-, cuni granelli di tartaro emetico , o la tintura delle canterelle , o la fo- Juzione dell' arfenico , o l'olio del tabacco, o il decotto del medefimo , o lo fpirito 4el fale ammoninco , o l'olio di tartaro , anche ne fopravven- gono fiere convulfioni , e la morte iftelfa . Ma tutti cotelìi veleni non agifcono per quel male, che inducono nella ferita ; ma fi diifondono efifi per tutto il fangue , fviluppano un flogifio che s' intromette nel fluido de' nervi , e distrugge ad un tratto la vita . su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI» ^ I05 cos\ volatili e brucianti , che s' infinuano fubito ne'nervi : ed in tale guifa fi dichiara, perchè coloro che fono attofficati da fiffatti veleni , fofTrano delie fiere convulfioni , e degli altri fin- tomi nervini. Quefia è la gran differenza, che vi paflTa traili veleni. Av- vi di alcuni , che infufi nel fangue riefcono raicidialiflìmi ; ma non s'avvien cos'i quando fi tiacannano . Ciò che accadde nel regno di Camboia ai Ponoghefi,ci moftra quefta verità. Quefìì foventemente ne' bofchi danno la caccia agli elefanti felvaggi , come anche ai bufali, ed agli armenti . Effi anno certi pezzi di ferro con punta aguzza , che conficcano nella fcorza di un albero, che tiene un fueo velenofiffimo . Effi lanciano quelli pezzi di ferro , ed avvelenano tali animali, che muoiono di fu- bito. Ma quello medefimo fuco cosi mortifero , ferve loro di refrigerante , mentre trovandofi ne' bofchi, ardono di fete . Se poi qualche fcorticatura vi fofle nella lingua, e ne' labbri, rie- ke un ficuro veleno fenza alcun rimedio. E' da leggerfi l'Ha- milton nel nuovo racconto delle Indie Orientali, al fecondo vo- lume. Noi medefimi oiTerviamo giornalmente , che un pò di tabacco fatto in corda, prefo in bocca , non è un ventino : i coltelli poi intinti nell'olio di elfo tabacco, debbonfi da noi ri- putare per armature avvelenate . Ma abbaftanza di quello : ci rimane anco! a un pò di" viaggio . Più volte è fiata rinnovata quella fiera battaglia da'troppo cu- riofi mortali, e fi è : come polTa da un Dio infinitamente buono elTere flato formato in queflo vafto teatro delmotldo un reggimento tale di efferiy che invoglie tanti slogamenti, ed obbietti di cenfura. Egli non puote fpiegarfi, quando fi crede perfettiffimo l'Univer- fo, quella continua fcena di mali , che forgono e fon cagiona- ti delle fuftanze velenbfe, le quali lungi dal mantenere la Na- tura nel fuo ammirevole concerto , e nella collante armonìa , veggiamo al contrario, che l'ordine ne fcompongono . Mercè de' veleni minerali, de' fuchi maligni dell'erbe, e delle mor fu re del- le beftie velehofe , veggionfi perire non che gli uomini fola- mente, ma la gran torma ancora degli animali . E' fiata vifta quella gran difficolta da alcuni altri Trattatori de' veleni, quan- tunque non molto effi fi fieno impiegati di fciorre s'i temerarii O dub- io5 DissertazioneI. dubbii. Il Dottor Mead fcrifle quefte poche parole : Multarum venena dìfputationum caufa juere Philofophìs in fiflema Mundi ìnquirentibus . Alii alienum dixerunt a Creatoris bemgn'tfate^quod venena produceret Natura, lo veggendo adunque che non molto fi è faticato finora per ifviluppare fifFatti imbrogli e fottigliez- zejmi fon provato io medefimo d'ifnodare brevemente tai dub* biezze, e nuvole, che velano, e rendonfofco tutto queftofuggetto. Una delle orride confeguenze che dovette certamente produrre 1' ofl'ervazione del perenne fpettacolo di maraviglia, di bellezza , e di diletto infieme delle tante diverfe fatture delle foflanze, fi fu il riconofcere due imperi del bene e del male , fecondo la particolar natura degli efferi. Quefto ripiego facri le. go, e quefìo fogno pur troppo fcreditato, lira vagante , e ridi- colo, die origine alla fentenza de' Manichei . L'ente perfettiffi- mo, fecondo elfi, produfle tante fpezie di frutti, di erbe', di animali, e di tante diverfe creature, che fanno fempre nuove comparfe, e grande giovamento elle recano agli uomini. All'in- contro le malattie , i rabbiofi venti, i tremuoti, i fulmini, i veleni, e lo flerminato mifcuglio de mali fifici che da quefti ultimi fon prodotti, fecero credere, che vi fofle un ente male nella Natura ifleffa. Neil' Indoftan fuvvi una fetta di Bracraa- ni , i quali oflervando le onde dell' Oceano da una parte in burafca , mentre dall'altra veggionfi i battelli vogare fenza pe- riglio fulle onde tranquille; e ravvifando inoltre le belle pian- te da una via, il fugo , e la frefchezza delle quali producono tanti utili agli nominile dall'altra nubi che fi fciolgono in tem- pefte , torrenti che inondano le campagne , neri vapori che o- fcurano il giorno , e fuchi d'erbe che in un -baleno uccidono ; non potettero non accomodare un fiftema in rapporto ai lor clima, e cosi trovare un Dio de' Manichei. Siftema egli è que- llo cotanto antico , e prefiTo di varie Nazioni cosi applaudito , che parve al Signor Bayle eflere (lato univerfalmente creduto . Quefto Critico che fi è refo difenfore e tromba degli argomen- ti de' Manichei , ha chiefto di perfuaderci che gli Egiziani, i Caldei , i Perfìani , buona parte de' Filofofanti Greci, gli Fr- mogenlii, i Mar cloniti , gli Aibigefi , e degli altri , aveffero tutti a puntino nutrite le medefime fentenze . Pe- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. IO7 Però iafciando quefti punti di Storia , che non molto fi -eoofanno colla nofrra inchiefta; veggiamo d' islargare alquanto la fpiegazione di un tal punto . Il Dottor Mead per dare una plaufibile rifpofta all' argomento, egli notò che le pian- te velenofe , abbenchè non idonee anziché nocive alla raz- za degli uomini , anno però un manifefto ufo a varie beftie , le quali di effe li cibano a crepapancia , fenza foffrirne danno, e fenza che lì guafti , o s' interrompa 1' uffizio del loro ftoma- co . Alìis aufém animalthus ^ ei dice, non folum funt meà'tc'ma^ fed alimonia qune fuus inJìÌ7ì&:u$ fert ad haec devo randa • quaff deinde Ò' ammalia ipfa , & bonus cibus nobis funt , & faepe contra^ morbus remedia. Parva infera quae nobis videntur molejìa^necejfa- ria funt ad vitam falubrium avium , animaltumque aliorum . ' Caprae^ coturnicefque helleboro pingue fcunt ^fturni cicuta^ fues fine damno devorant bfofciamum-^quae omnia nos veìiena dicimus .Sìcco- me dunque da una banda 1' elleboro, la cicuta, e '1 giufquia-- mo , che in certe dofi fon veneni agli uomini , trovanfi poi delle beftie che fé ne cibano francamente ; cosi dall' altra par- te avvi di molte erbe, le quali tutto che giovevoli cibi a noi altri, e facciano le veci ancora di bei faporetti , divengono a certe beftie poderofi veleni . Il petrofellino ortenfe, di cui noi fovente ci avvaliamo per condir le vivande , è veleno per le lepri, e per gli conigli. Le mandorle amare , che agli uomini- fono un piacevole ftomachico, uccidono i bovi, i cavalli , i galli d' India, ì gatti, e le volpi. Non evvi dunque in Natura di al- cun veleno affoluto, ma tutto è relativo; e quella piànta che all' uomo è cibo , divien veneno a certe beftie ; e quell' erbe parimenti che fi veggiono velenofe agli uomini , riefcono cibo falutevole a molti animali . (35) O 2 Ma (35) Si può dare rifalto e pefo maggiore a quefta rifpofta , fé noi poniatn per vero , quello che fcriffe il Dottor Robinfon Inglete in_ una lettera diritta al Signor Ray . Egli dà un ragguaglio di molte piante velenofe, le quali riefcono lalutevoli medicine, quando fono acconciamen- te preparate , o pure fi preferi vono fecondo le regole dell' arte . Nel ve- ro, egli dice, che 1' elleboro incorporato con i fali alcalini , e prefo alla dofe di uno fcrupolo per volta , è ottimo rimedio nelle vertigini , nelle epi' io8 Dissertazione I. Ma io non fon contento di ciò: vo aggiugnere, che fi può dare un'adatta dichiarazione di quefta controverfia,ed una rifpofta generale , che giuftifichi la perfezione , e l'ottimifmo del mon- do prefente. Fa meftieri fulla prima notare , che la Natura procede per digradamento, e per ircala,in guifa che con un or- dine impercettibile fa ella pafìaggio dal minerale al vegetabile, e dal vegetabile all'animale, fen^a che il paflb fia afpro, od in qualunque maniera violato. Conobbe il Signor Leibniz, che ogni corpo nella. Natura è organizzato, e che quei chaos, o quell' aramaflamento fenza ordine che fi ravvifa a tutta prima in molte foftanze che fem- bran rozze, non è che apparente. Tutt' i boli, le marghe , le argille, le crete, e le terre pingui e fìerili , ed anche i fan- ghi-, coftituifcono la parte più bajGTa nella fcala degli efferi . Le arene, le felci, le coti, le pietre calcarle, li geffi , e le altre, formano un ordine alquanto fuperiore . Appreffo fi procede al- le pietre figurate; ed un altro ordine ne fanno i bitumi , ed i fall . Da quello gran genere di corpi fi paffa alle piante pie- trofe marine, le quali col lor pefo , colla durezza, e colla maniera di nutricarfi , non mercè le radici , partecipano delle qualità de' minerali, benché abbiano poi delle proprietà de' ve- getabili . Quefte foftanze unifcono, e ligano infieme le pietre, e le piante terreftri . -Nel dipartirfi poi la Natura da'vegetabili per paflTare agli animali, chiunque non è novello nella Storia , ben fa quanti corpi intermedii vi fi rinvengano . Gli zoofiti , li epilefsie, e ne' letarghi. Lo fpigo falvatico, la cicuta , e '1 nappello , egli le vanta quali erbe efficaci per curare i dolori periodici , e le febbri. IÌ giufquiamo Io decanta per buona medicina nelT emorragie , e nelle in- fiammagioni . Il feme dello ftramonio è buono anodino per gli dolori reumatici , e per 1' ifterifmo . E 1' elaterio può recare molto utile ne' morbi cronici, e fpecialmente nella idropisìa. Quefte bizzarre 'invenzio- ni , che fon fembrate graziofe , e amene a non pochi Medici moderni , debbono elTere attentamente per ognuno efaminate , prima che s'immer- ga egli in qualche dubitofa medicina di quefte . A me veramente mai- fcmpre ha fatto ribrezzo e pa ura di voler intromettere in corpo di al- cun malato qualunque minim a dofe di r>appello , o del fuo eftratto , quando fpecialmente la macchina è già ftanca ed impoverita per la ga- gìiardla del male . su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. 10^ 11 polipi del Trembley , e quelle fuftanze che non an fenti- Kiento, né movimento fpontaneo , che non an feflb , o gli an- no tuttaddue fono i mezzani corpi che annodano le piante, e gli animali : e la Natura non falta di lancio , ma dolcemente fi va allontanando e fcoftando da un genere per giungere nell' altrp tutto differente, Negli animali in fine, qual turba non fi mi- ra, e quali varii generi di vivere F Che mirabile^ fpettacolo non ci prefenta il regno degl'infetti? Efli piantano in ogni re- gione, ed in ogni elemento il lor dominio: fvolazzano per 1 aria , camminano fulla terra , folcano le acque . Che piacevole teatro non aprono agli occhi nollri la voraciffima turba de pe- fci, abitatori delle acque falfe, e delle dolci, delle correnti, e delle [lagnanti ? Io non feguo a fcorrere il vaftiffimo campo della Natura, per far conofcere a Voi, come tutti gli efferi in- diflblubilmente fieno incatenati con tutti, quando anno ftefo,ed ampliato quefto bello argomento il Vallifneri, e '1 Bonnet . \Fo ritorno adunque nel mio fentiero. Tutte quefte innumerabili fatture del mondo, noi dobbiam crederle come fono, cioè perfette nel genere loro , benché mef- fe al paragone, fembrino l'una perfetta, e l' altra difettofa e brutta . Il cofpirare al fine, coftituifce la perfezione di una fo- fìanza; o ciò che monta lo llefìb , quando più parti infieme tendono ad un oggetto folo . Che perciò fi limarono da' Filo- fofi neceflarie tre condizioni per ottenere efla perfezione; il fi- ne, la pluralità delle parti, e l'armonia . Chi con quefto si neceflarìo mezzo mira i varii corpi della Natura , non potr^ non giudicare , che ognuno fecondo la sfera non iìa ricolmo di perfezioni; tal che non è da meno perfetto un baco da feta, ed un ragnatele, che un bove, ed un elefante ; né è inferiore nel fuo grado il nappello al rofmarino , la cicuta aquatica al giglio, la mancanilla alla rofa. Tal fiata, egli è vero, fi veg- giono alcune collifioni , che par che turbino il concerto delle parti : ma ciò s'avviene nelle perfezioni compofte, e dove più utili ad un tempo ifteffo ne ridondano ; le quali collifioni in- oltre non fono difetti che apparenti, né tolgono la perfezione al tutto. Avvi ancora, che niente al mondo accade di balzo, e fenza una ragione fufficiente; ma tutto fecondo quelle leggi che no Dissertazione L che dal divino intendimento fi concepirono , avendole adattate Egli alle particolari nature ed eflenze . Iddio, che gode d'una vo- lontà perfettiflima, cioè che fi diletta, e compiace di tutto ciò che buono, e che mai preferifce i minori ai maggiori beni, e che ha delle ragioni che il determinano a volere il bene; Egli nel- la creazione del mondo non potè che non eleggere il lìftema prefente eh' è il più perfetto , né altro migliore da lui poteafi creare . Ma fi dira : con tanti animali nocivi , e con tant' erbe mortifere, e con tanti minerali, che generano una frotta di mil- le mali? Appunto con quelli rifpondo io. Né noi ftolte e vi- liffime creature col corto guardo fiamo al cafo di poterne dare giudicio . Chi chiede di concepire il mondo , non debbe egli mirare una parte di elfo folamente , né un periodo folo ; ma tutta la unione delle cagioni e degli effetti infieme , fucceduti in tutt'.i tempi. Quinci è, che la perfezione di elfo non può effer conofciuta dalla fperienza, ed a po/ìerìorì; fé non quando i mortali giugneflero ad avere una contezza efatta dì tutta la va- ila macchina, e del fuo bello artifizio . Quella gran catena di efferi, tutti congiunti fra loro, come tanti anelli, richiede ne- ceffariamente la gran varietà , e la diverfa qualità delle fofian- ze. Chi concepì coli' intendimento infinito quello perfettiffimo ordine dell' Univerfo, che vedea tutt'i rapporti degli enti, che corrifpondono ad un fine gloriofo ; Egli conobbe che v' era di meflieri in quello teatro 1' animale domeftico , il falvatico , la belva, e'I velenofo; la pianta nutritiva, la medicinale, e la velenata; i fati incifivi dolci , ed i corrofivi ; le pietre aflbr- benti , e le cauftiche ; i metalli fplendenti, e i minerali mor- tiferi, COSI ricercando la bellezza, la proporzione, e l'eleganza del fiflema. Se il mondo fofle (lato un gruppo di foli utili a- nimali , di cert' erbe comunali , di certi metalli foli , e non più ; quale deferto non farebbe il mondo ? E che fcena fenza diletto e fenza gufto non fi mirerebbe dappertutto? Ma veggen- dofi continuamente fempre nuove comparfe , e varietà di effet- ti, cos\ fi dà rifalto ad effi ; non altramenti che per far ifpic- care i lumi , giovano le ombre , e per fentir il piacevole de' prati e delle fruttifere campagne, fa bifogna guatare le rup^,e l'or- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. lH l'orrore de' folti bofchi, e delle felve.Se dall'Univerfo fi toglief- fero , non dico tutte l' erbe velenofe , ma una fpezie fola di effe ; ciò baderebbe a romper la catena , e render imperfetto tutto il fiflema é Le leggi, e l'ordine naturale fono non altro, che le neceflarie confeguenze delle medefime foftanze . Oltreché io non fo concepire , perchè debbano chiamarli imperfette e cattive foftanze 1' arfenico , e il folimato, il nap- pello , lo ftramonio, l'afpide, e la vipera;quando elle anno il loro ufo neir ordine generale del mondo. Forfi dall'effetto che fovente producono, qual' è la morte all' uomo, ed alle beftie? Ma quefte non è una confeguenza (incera: ne la bontajO ma- lizia delle foftanze debbefi pefare con tale bilancino. Con que- llo argomento ifteflb l'uomo farebbe l'animale il piìi imperfetto perchè egli è il più perniciofo e '1 diftruttore degli animali tutti . Che altro da noi faffi tuttodì coli' ufare il cibo delle carni , che uccidere e confumare tante beftie, quante alle fmo-, deratezze della noftra gola, ed agli ftravizzi ne fagrifichiamo ? Ma ben fi conofce l' occulta cifra . Il mondo è iftituito coti tal concerto, che fempre i maggiori animali fi cibano de' mi- nori, o pure de' fimili. Molt' infetti vivono di altr' infetti : e tutti gì' infetti vagliono di nutrimento agli uccelli ; e que- fìi fervono o per l'uomo, o per le beftie . I vegetabili, che ne' lor utricoli, e nelle frondi ferbano una infinita di anima- letti, efli vengono divorati dalle beftie , e dall'uomo ifteflb . Ingiufta li fu adunque l'accufa , e l'afpra cenfura di Plinio , quando diffe, che la Natura avea operata da madre con tutti gli animali , e da matrigna poi coli' uomo . In fine anch' io. comincio a perfuadermi , che quefte que- rele degli uomini contro i veleni minerali e delle piante , e contro gli animali dannofi, nafcono non da altro , che da un raffinamento di ragione, da una opinione, e da una dilicatezza di vivere . Diali un' occhiata a que' popoli , dove la voce della ragione non è che rozza e fioca , e vedraftì che non fi lamentano eglino , a guifa di molli femine, di ciò che patifco- no in Natura . Gli fpeculativi lor penfieri fi confinano dentro picciol recinto : i loro naturali difideri fon pochi , baftando per lor nutritura tutto ciò che fpontaneamente produce la ter- ra. 112 Dissertazione I. ra, fenza efler molefkti da quei faticofi e duri efercizii d'in- gegno e di vigore, che abbifo^nano nelle eulte Società . Man- giano allorché anno diche foddisfar l'appetito, e fon temperanti quando la necelTità cosi gli obbliga . Siccome elTi fono in uno flato di Natura, cosi accettano come vengono tutt* i doni del- la Natura iflefla . Non fi crucciano per le pompe , non ari idea de' pretefi alberghi delle felicità, né defiderano cariche da dominare, le quali fon foggette a parecchie eccliffi e precipizii, ed a molte dure, e molefte penfioni . Mai alzano fiere , e fu- perbe le voci contro la pretefa malignità di alcune piante o animali. Ali' incontro nelle grandi Città, dove la ragione for- ma un nome ben maefiofo , e fonoro , ed al cui Tribunale tutte le cofe fi appellano; dove il luflb è fenza briglia, e col- le lue voragini profonde, co' fuoi incanti, e colla volubihtà , ha cotanto fnervati gli animi ed ammolliti; quivi appunto rie- Ice fenfibiliffima , anzi infoffribile agli uomini ogni puntura, e cafo avverfo . EfTì avvezzi alla neghittofa oziofità , ed a paf- far il tempo ne' bei palagi, nelle tappezzerie e mobili fontuofi, ne' deliziofi giardini, e ne' verzieri, nelle dorate carrozze, e nelle tavole le più fquifite, quafi che allevati nelk bambagia, fi offendono per ogni picciol foffio di aria . In mezzo a quefte gaie delizie, effi anno con follia fparlato contro le imperfezio- ni di molti efferi; an tacciata la malizia di varii mmerali, ed an cercato ripefcare i difturbi che cagionano le piante velenofe, e gli animali . Si 1' uomo avvezzo nelle magnificenze cittadi- nefche , e negli fplendori dell' oro , egli crede fcioccamente il mondo formato per lui {blo; e quando vede o fente cofa che r affligge o il molefta, egli la crede tofto difetrofa e cattiva. Ma, di grazia, perchè ci lamentiamo della Natura, e non del- la malizia dell' uomo ifieffo , che ha,faputo rifinarfi ad inven- tare e manipolare tanti veleni ? Parlò fedamente Phnio il Na- turalifla : Ecquìs mvenit illa praeter hominem ? Nos & fagittas t'tngtmus , ac ferro ipft nocentius alicfuid d^mus . . . Nec ab ullo praeter bomìnem veneno pugnatur alieno, Fateamur ergo cidpam. PAR. su LI VILENI MINERALI, E VEGETABILI PARTE SECONDA, rr 4/ili ftefio ì caratteri , e gli antìdoti de veleni minerali , e vegetabili . PRelTo tutte le pulite Nazioni in ogni tempo i delitti di propinar i veleni fono flati agramente puniti , e maifem- pre coir ultimo fupplizio. Qualf pene ne deflero gli antichi Perfiani, i favii Greci, e i nobili Romani, a tutti è conto 6 palefe . E pure ad onta di tanti rigori, quelle pedi nel mon- do giammai fon mancate . Ma fappiano di buon' ora gli av- velenatori, che febbene effi fatichino con diligenza ne' luoghi i più ripofti per apparecchiare le mortifere bevande , e fpenda- no molte veglie notturne per occultare un veleno ; mai ac- cadere , che non fi fcopra il lor misfatto . Anche le campa- gne e i bofchi, non che le cafe , anno occhi ed orecchi. Efll faran palefe ciò che a loro fembra occultiffimo. Dopo la mor- te deli' avvelenato^ufciranno delle falfe voci, che con mirabi- li intrecci Svilupperanno le vere . Saran chiamati i Profeffo- ri, affinchè oflervino lo flato del cadavere, e fi vedranno in varii luoghi di quel morto i fegni del tracannato micidiale in- grediente. Dall' altro canto que fuggettl , che credonfi effere di una fpecie particolare , e al di fopra degli altri uomini; che fprov- veduti tante volte di qualità morali, e di talenti, e di virtù, mirano con difprezzo gli altri ceti di perfone , i quali perav- ventura avran refi de' fervigi importanti ; non farà maraviglia, che fi traggano fovente la indignazione di molti, e l'invidia di tutti. Quefl.e paffioni veramente di maligna natura, e che fo- no un terribil oratore per fare tralignar la mente, anno tro- vati de' forti mezzi per levar dal mondo quelli che ftimanfi di rango fubhrae . Di qua veramente fon nate le tante follecitu- dini ad inventare, e a preparar i veleni. E molte volte è ve- ramente applicabile agli avvelenatori quella decifione dell' Areo- pago di Atene , pronunciata verfo di chi propinò un veleno . P Ten- 114. Dissertazione I. Tengafi per fermo , che in mille guife e mille fi può morir avvelenato , ficcome il Lettore avrà poturo fcorgere dalla par- te prima di quefta Diflertazione. Non molta dofe di arfenico , o di folimato corrofivo temprati coli' oppio, e con i fuchi dell' erbe per occultarli ; alcuni granelli del vetro di antimonio , o della polve calcinata del medefimo ; qualche dofe di acqua forte , o di acqua regia , e le foluzioni metalliche fatte in tai cauftici; il vitriuolo , e la calce mefla nella farina ; il fu- co della radice del nappello , e della cicuta acquatica ; tre o quattr' oncie dell'acqua ftillata di lauro ciriegio ; i fuchi fpef- fati del veratro, della coloquintida , dell'elaterio ^ e di quella che dicefi gummi gotte ; la radice del giusquiamo mefla nell' infalata ; le femenze dello firaraonio peliate e mefcolate col vino; il fuco delle bacche della belladonna polio ne' licori, co- me anche molto fuco de' frutti del rufco in certi climi ; que- fti ed altri fimili ingredienti , prefìamente levano la vita agli uomini . Ma io tronco ad un tratto quello difcorfo , e fo paf- faggio alla teorìa de'fegni de' veleni. Per ifciogliere le varie difficulta , ed infieme per efporre quello SI neceffario argomento, difaminiamone i fondamenti . Certa cafa è, che quando taluno ila bene, e dopo aver prefo cibo, o alcuna bevanda, fi fente affali ro da bruciore di Ifoma- co, da cardialgìa , e da tormini di ventre , dee predo fofpet- tare di aver tracannato un veleno . Quello è il primo fegno, il quale però merita le fue confiderazioni . Se vuolfi ben por mente, chiaro apparirà, eh' egli vi abbia di certi temperamen- ti, ne' quali vi abbondano de' fuchi nello fiomaco , che talvol- ta divengono pungenti , ed acerrimi ; ma che fon capevoli a produrre una fiera cardialgia. Non di rado avvi di cert' altre perfone, nelle quali vi abbonda la bile, e quefta fcendendo da' ricettacoli fuoi nel duodeno , ed ancora fagliendo nel ventri- colo, facilmente fi rifcalda, s' inafprifce , e fi accende, ficchè induce un troppo agitimento , ed un impetuofo bollore nello fìomaco, onde fi forma il dolore . Ne' temperamenti ipocon- driaci , e dove la bile è inerte e vifchiofa , non fi producono quelli peffimi effetti , e quelli dolori ; ma pii!i todo allora la macchina rimane opprefla, vengono in capo trilli penfieri, e fo- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. I15 foverchia malinconia , cke rende 1' animo pigro , Itupido , e mutolo . Ma quando fi vedrà, che gl'incomodi crefcono, e che le gagliarde agitazioni, e gli aggiramenti prendono avanzo, e che la coftitu2Ìone della macchina non è fiata per lo innanzi fog- getta a coteiti cumuli biliofi , e di fughi degenerati , potrà il paziente allora ben temere di aver prefo un veleno . Ma a che mai penlera egli ? Sulle prime deefi volgere il guardo al vafellame , dovs il cibo è itato tenuto, o dove fi è preparato. Perciocché cotefti fintomi fon prodotti ancora dal rame , dove le vivande fi cuocono. Se quello fofpetto neppure abbia luogo , allora ficuramen- te fi può affermare della prefenza del veleno. Si dovrà dal Me- dico riflettere alle qualità dell'erbe, che il malato abbia man- giate; poiché neir infalata fovente vi fon corfi degli sbagli pe- ricolofi ; e badare medefimamente , fé in alcun condimento vi fieno fiati de' pezzetti de' funghi . Dopo di ciò fi dovrà volge- re il penfiero ad alcun veleno bruciante o corrofivo , e fap- piafi eziandio , che tutti fiffatti veneni producono i raedefi- mi fintomi nelle vifcere ; e tutti fovente muovono il vomito . Vero fi è, che nella fpofizione iftorica , che noi abbiam fatta di effi, non abbiam fempre veduto il medefimo corredo di fin- tomi ; anziché una gran varietà di effetti con alto flupore ab- biamo ammirata. Quella non è una materia digiuna, arida, ed audera, che non pofla efl'ere maneggiata con gli appoggi di va- rie offerva:zioni, onde fi prende l' elatta contezza de' fintomi. Primieramente la cardialgìa è un effetto ben ficuro dell' arfenico, e del vetro di antimonio, come ancora di que'violen- tf purganti altrove da me narrati . Ella è come una molefta fenfazione che fi forma nella regione epigaftrica , e la cui lede Galeno volea che folle nel finiflro orifizio dello fiomaco.I cafi di coloro che fono flati attofficati per l' arfenico ,. non fono ra- di; ma tutti foffrono un dolore nello fiomaco . Medefimamente i ranunculi'fcellerati, gli anemoni ,. la mancanilla , ed i funghi velenofi, cagionano foventemente la cardialgìa. Con quefto do- lore del ventricolo fi accoppia il vomito , il quale è una mof- fa falutevole della Natura nel principio del male; ma che il più P 2 fpelTo Ile Dissertazione I. fpeffo arreca la morte . Il Salmuth nella prima Centuria defcri- ve un vomito, che in breve fu mortale; e nacque dall' aver un uomo prefo l'arfenico . Il WefFer nella iua Opera della cicuta acquatica, fa parola di un cane, il quale aperto da lui dopo aver tracannato l'arfenico, vide che febbene lo liomaco fofle elpoflo all' aria, e libero da ogni preflura,tuttavolta anche debolmv:nte (i contraeva, producendo un vomito leggiero . Inoltre 1' affezione iliaca è un fiero fintomo prodotto dairarfenico,e da molti ve-' leni , come ancora la colèra . Gli antimoniali , i mercuriali , e'I vifrìuolo , fecondo riflettè Amato nella centuria quinta , producono elfa colèra. Né quefti dolori fono acuti fcmplicemen- te , ma fovente fon accompagnati da sfinimenti , e da fincopi . E fanno lo ftelfo ancora l'acqua regia, l'acquaforte, il vitriuo- lo Romano, ed il folimato corro fi vo . Ma oltracciò molti avvelenati foffrono un affanno fubita- neo e fublime, con fenfo di foffocazione . I funghi velenofi , e gli agarici an prodotto un fimile fintomo : anzi i medefimi an tanta forza, che fé fi tenga un pezzetto di fungo nel latte , le mofche,e gli altr' infetti, che vanno a fucchiare di quel latte, fi muoiono preftamente . Tai malati al certo foffrono con un gravativo e diftenfivo dolore alla regione dello ftomaco,un fen- fo di flrangolamento, il finghiozzo, i rigori, gli fvenimenti, i fudori univerfali , e molti altri fegni , che ben dimoftrano la vicina cancrena. Similmente il fuco dell' euforbio è fiata pode- rofa cagione di gravi affanni; di che ne parla il Signor du-Ha- mel nella Storia dell'Accademia delle Scienze di Parigi. Di più feguendo i veleni ad agire, fi fuole produrre la in- fiammagione vera nello ftomaco . Gravi autori, tra' quali il Si- gnor Meyferey,an paragonato quefto flato ad una fpezie di feb- bre maligna ; e tante volte il rame ha prodotto un fimile fin- tomo; come anche il folimato, l'arfenico, ed i veneni ftibiati. Ma notifi pure , che per^difiinguere da cofiffatto fegno il ve- leno, non è baftevole la offervazione de'polfi , i quali , mer- cè la veemenza del dolore , e le fincopi , rimangono piccoli e fepolti, ficcome ne tampoco altro fegno . Perciocché gli av- velenatori , allorché fomminidrano cos'i prefentanei veleni , gli mefchiano ed inviluppano coli' oppio , il quale fnerva le forze loro irritanti, e gli occulta. Pe- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. II7 Però fi contenti il Lettore di trovar qui in uà iafcio raccolte le fvariatiffime oflervazioni di molti dotti Medici , i quali di fermo proposto fono entrati in quefla briga ilteffa , in cui ci troviam noi ; cioè a dire an chieito dichiarare da" varii fintomi la natura de' veleni . I. I dianzi mentovati corrofivi , anche quando fi mefcolano coli' oppio , verfo la fine del male cagio- nano il meteorifiiio . Più velocemente fra tutti il fa la manca- nilla , ficcome dal PeyfiTonel nel Giornale di Medicina del- l' anno 1757., e dal Signor Jacquin Medico di Leyden, è fia- to chiaramente divifato . II. Il fìnghiozzo è un fintomo di mol- ti veleni . Il Brunning lo defcrive nato dall' enante ; il Mead dalla cicuta;Timeo al libro fettimo lo dilfe prodotto dall' eufor- bio ; ed il Barbette nella Pratica Medica al libro quarto, lo vi- de nafcere dall'olio del vitriuolo. III. Tante volte certi ragaz- zi che imprudentemente anno aflaggiate le bacche dell' atropa , o fia belladonna, o le radiche dell' enante , o alcune poche ra- dici della cicuta acquatica, o pure le bacche del rufco, anno fofFérte le più forti convulfioni . IV. Le convulfioni medefime nafcono dal rafano falvotico , quando fi m.efcola abbonda vol- mente colla fegala , e preffo gli Svedefi cagionò una crudele epidemia . E* da leggerfi su di ciò la DilTertazione del Signor Linneo de Raphania^ chi vedefi nell'Opera j^moeyiit.^tes Acade- -mtcas . La fegala cornuta poi ha prodotto lo fteffo male, e più fov^nte la fecca cancrena (3ambe co' femori • e pur viffero in quello fiato si difpia- . cevole per molti giorni . Non accade mai alcuna emorragia in tale per- dita di membri: perciocché il fangue fi è refo vifcido , fccco , e- nero ; e tale appunto fi ravvila , quando a fimili malati fi pratica la cavata del fangue. Da tutto quello racconto , ogni difcreto Leggitore rileverà, che la legala cornuta, o fpetonata, tiene parti così velenofe, che incep- pa la linfa, debilita i nervi , e produce quegli effetti che nafconp da' veleni coagulanti . Forma fulle prime uno diffipamenfo delle part"^ celle fottili, e degli umori più fluidi del corpo j ma polcia ciò che vi rima- ne , è tutto vifchiofo , ed acerrimo . Anche fi è fatto 1' efperimento a molti animali, e fi fon veduti i medefimi funefii accidenti . (37) Non ritrovo luogo più acconcio di quefio per nominare il fanclaio, eh' è un legno dell'Indie , di cui fi difiinguono il citrino , il bianco , e '1 roflb . La prima l'pezie òsi faudalo , cioè il citrino è affai odo- su LI VELENI MINERALI, E VEGETABIL._ II? no ancora l'apoplefia; come fono tra gli altri gli oppiati, e 1 fummo de' carboni; e non di rado cagionano un roffore per tut- ta la pelle (38). Ma quando i Profeffori dovranno profferire faldo giudicio fulla efiflenza di un veneno in un cadaver.o , fa meftieri , eh' elfi attendano diligentemente a ciò che fi offerva nello floma- co. odorofo , e d' un fapore un tantino amaro ed aromatico. Qiieft' albero ha l'altura di quello della noce . Il Bonzio ( de medicina Indorum cap, 15. ) ci fa fapere , che coloro che ncll' Ifola di Timor , vanno al ta- glio de' fandali , per quell' odore così ofFenfivo al celabro , che da eflì fpira, vengono affaliti da una febbre putrida continua, con delirio , ed alienazione di mente, fpecialmente nelle prime quattr'ore del parofilmo. Sperimentano eziandio una fame canina , mangiando le fozzure le più vili, e più fetenti . (38) Che il vapore de' carboni fìa di quei fumi , che fomniamente offendono il capo, e fpefle volte cagionano la morte, ella è una veri- tà , in compruova della quale vi hi un gran numero di cali lugubri . Le Storie delle Accademie , e le Opere de' Medici ne anno una gran- de dovizia. E non folamente ciò fi produce dal fumo che fi He va quan- do i carboni bruciano in qualche ftanza chiula , ma eziandio per 1' efa- lazioni , le quali efcono dal terreno , mentre fi cava il carbone foffile neir Inghilterra. Egli è pur vero, che di siffatti carboni di terra fi fa grand' ufo nella Città di Londra , dal fumo de' quali molti Medici de- rivarono la cagione della tifichezza de' polmoni, cotanto frequente in quella gran Città ; benché il contrario partito abbia difefo il Walleriò . Ciò non oftante chiunque confiderà , che quelli carboni fovente fono mefchiati con parti metalliche, e minerali; da quelle poffono forgere de' furai , che producano de' mali di petto . Né altronde traggono ori- . gine i carboni minerali, che dalle rivoluzioni, e dalle ruine accadute nel nofiro globo : perciocché è avvenuto ,' che per gli tremuoti va- rii bofchi fono rimafti fotterra affonc'ati , dove dopo il corlb de'fecolii legni fi fono fcompofti , e fi fono cangiati in una materia terriccia.Nel- la ftcffa giiifa agifcono le altre efalazioni offenfive , come fono tutte le mofete-, e più violentemente quelle che tante volte -nafcono attorno del Vefuvio , e fono paffaggiere , L' Abbate Nollet , il quale, allorché di- morò in Napoli , ed in se medefimo provò i v.ipori della Grotta deca- ni , diffe , che detti vapori non producono effetti perniciofi , né porta- no- periglio di morte, ma che efercitano la loro azione nella maniera ifiefla del vapore dell' acqua bollente , fé un animale foffe obbligato a refpirarlo ; quella fua conclusione si trova dal vero lontana, e ripugna alle offervazioni . 120 Dissertazione L co, negli altri vifceri del ventre baffo , ed anche ne! petto , e nel capo . Ebbevi di certi rufticani Medici, ì quali riputarono inutili tanti fudori che nella Noromia più éfatta fi fpargono tuttodì, dicendo eglino, che a nulla monti quella minuta glan- dola, quella membrana , quel meato, e quel fottiliffimo refe nervofo , dietro a' quali rimafusli gli antichi non fi perdettero d' intorno . Ma le tale obbiezione non ha luogo in generale , fervendo la Notom'ia acciò il Medico agifca con franca mano , e non per azzardo ; dove fi tratti poi d' indagare le fedi delle malattie, e le cagioni della morte degli avvelenati , tale diffi- colta refia onninamente annullata . Vinta adunque la naturale ripugnanza che vi era un tempo in quefia parte, eh' è bafe e fondamento della Medicina , i Cerufici debbono fere tagli ed olfervazioni , affinchè refii fiabilita la loro afferzione. Fu inveterato coftume dopo lo fparo del cadavere , in- zuppare un pò di pane in quel fuco che trovafi nello fiomaco, e darlo ad un cane: il quale fé non ne vuol mangiare , o pu- re fé divorandolo, preftaraente ne muore ; farà fegno che ve- leno vi allignava nel ventricolo di quel!' uomo già morto . E molto più, fé recifo quel cane Ifteffo dopo la morte, fi vegga nello ftomaco fuo corronone,e lividura. Ma tale conchiufione, come ognun vede, non è ben falda, e certa. Perciocché i ca- ni poffono naufeare quel cibo s\ ftomacofo : e di più , anche tracannato che fé l'abbiano , ne può loro feguir la morte per altre efficaci cagioni. Chi ignora, ctìe mille volte vi ha negli ftomachi de' cadaveri certi fuchi già corrotti, e puzzolentilfimi, i quali formano un verace veneno ? In molte malattie di dif- foluzione,e corruttore fi formano cotai fughi degenerati e ve- lenofi . Che perciò potraffi bene iftituire quefto cimento fu di un cane; ma la confeguenza farà maifempre incerta, fé non vi fieno altri forti indicii da poter afficutare la efifknza d' un ve- leno. Or i veleni corrofivi lafciano marchi ben -chiari del- la lor prefenza . L'arfenico , ficcome ulcera fovente le mani, e i piedi de' lavoratori delle miniere , quando effi non fé le coprono ; 1' ifleffo effetto cagiona nelle parti interne . Ma è da offervare , effere una proprietà fingolare ài effo arfenico di su LI VELENI MINERALI, E. VEGETABILI . 121 ^i non foiamente corrodere le tuniche del ventricolo , quanto di aflbttigliarlé ; tal che in certi luoghi elle paiono poco più groffe delle foglie del papavero , laddove gì' inteftini veggio nfi forati in molti luoghi. E' da notare altresì , che quello vele- no corrompe talmente gli umori , e ne diffblve la reffitura del- ie medelìme parti falde ; che il corpo tutto fi rigonfia , e ft sfaccia, e maiTimamente fi corrompono li genitali negli uomini. Quefto effetto fi debbe rifondere a ciò, che molti veleni , e precifamente l'arfenico, attaccano le pudende , di che ne fece chiara ricordanza Plinio lo Storico. Il Boneto ancora nel Se- pulcrero Anatomico fa motto di un fimil accidente,. E dalla corruzione generale di tutto il tefluto della macchina, trae ori- gine quel fenomeno per molti veleni accaduto; cioè, che s'iili- vidifcono le unghie , cadono i peli della barba naturalmente, come ancora i capelli. Già Galeno notò, che foventi volte gli umori viziofi , e corrotti del corpo corrodono i capelli ; non altramenti faremo per dir noi , che certi veneni guadando è putrefacendo prefìa mente o tardamente, non pure la radice de* capelli, ma la fteifa pelle, e tutte quelle glandole che vi flan- no in quelle fedi, ne debbano i peli tantoilo cadere, e cadere altresì i capelli fteffi. Ma affinchè fi pofla diftinguere , fé in una tal compofi.- zione flavi mefcolato l'arfenico, bafìa gittate una parte di eifa fui fuoco: perciocché fé vi fpiri un forte puzzo di aglio , egli farà ben indizio, che di fatto vi fia eflb arfenico rnifchiato. Qui dirò di paffaggio, che il Signor Hoffman la , dove parla delle condizioni che debbonfi trovar in un corpo acciò fi polfa chia- mar veleno , dice che veramente meriti tal nome 1' arfenico de' moderni, ma non gih il realgar degli antichi. Noi empie- remmo una pagina di citazioni fenza utile, fé voleffimo dimo- flrare il contrario di quello che il detto Scrittore pretende. , , Per, aver poi fotto un'afpetto tutto quello che fi può di- re fu i fegni che lafciano i veleni' rie' cadaveri , fi dee riiiettere alle feguenti cofe . Sulla prima voglionfx notare due claffi ge- nerali e fupreme delle fuftanze velenofe. O i veleni fon corro- fivi, e cauftici; o pure fon narcotici , e nervini. I primi cor- -rodono il ventricolo, e le budellame di noi lo sfacelo fa paf- Q ' fag- 122 Dissertazione I. faggio al fegato, a' rognoni , e agli altri vifceri . Si richiede però da' Medici di trovare la fuftanza velenofa in effe vifcere , acciò fi poffa decifivamente affermare , che in realta fia ftata ella la cagione dell'accaduta morte. Perciocché dove vi folle innanzi Hata qualche acuta malattia , vi poffono beniffimo ac- cadere le cancrene, e. gli sfaceli nelle vifcere del ventre baffo. Ma direte: dunque, fé non vi fi trovi albergare il veleno nel- lo ftomaco , non faremo mai al cafo di pronunciare , che da fiffatta cagione fìa la morte cagionata ? Io qui affermo , e fo- ilengo , che le cancrene , e le putrefazioni di tali organi non fono un ficuro indizio del veleno ; ma però fé fi trovi in ta- luno corrofione nella bocca , nelle fauci , nell' efofago , e nello ilomaco; ciò farà un fe^no ficuro,che realmente qualche tradi- tore abbia dato quell'aiuto mortifero per troncar la vita. Ma tutt' altro è l'effetto, che cagionano i veleni narcoti- ci. Effi agiscono col folo ftarfene nel ventricolo. Tali fono Y oppio, il giusquiamo, lo ftramonio , la mandragora, e i frutti del rufco, e degli altri. Ma quei vapori , che nell'interno da tali fuchi fi sbrigano , opprimono tantoflo il capo , producono la fonnolenza profonda, o il delirio, e molte fiate la morte. Tagliati i cadaveri di quell'infelici, eh' eran morti per qualun- que di cofiffatte cagioni , fi fon trovati mai Tempre i vafi del celabro rigonfiati dimolto , e pieni di fangue , e qualche vol- ta fiero , o fangue travafato fi è, veduto nelle cellette , o ne ventricoli del cervello medefimo . Gli occhi , offervandofi con diligenza , fi veggono e da fuori , e da dentro affollati^ da molto umor fanguigno ivi corfo. In fimili cafi i Notomifti an offervato, come, non pure que' vafi che fono fparfi per le membrane degli occhi, ma ancora quelle arterie e vene mini- me che nelle più interne fi ramificano, fieno turgide in guifa che ben poteano premere la fuftanza de' nervi ottici, e turba- re il meccanifmo della vifla. Per quefto morivo tutti coloro, che fono attofficati da' veleni narcotici, quando quelli comin- ciano ad operare , e che mettono in turbolenza il fangue , gì» fi comincia a fcurare la vifla , e ad avere de' capogiroli , ed in fine giungono a niente più vedere. Di .più i vafi de' polmoni, tanto gli ^rteriofi , che i ve- no se LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI.' I23 lìoG , fi fon ravvi fati eziandio pieni di fangue ; il quale pari- ir.enti era cumulato ne' ventricoli del cuore . La lingua fi è veduta ingrofl'ata, come ancora tutta la circonferenza del col* lo : e la epiglotide follevata , ficchè durava fino all' ulti- inio fiato libera l'introduzione all'aria , In una parola: tutti coloro che fi muoiono per tal razza di veleni, anno a punti- no tutt' i fegni precifi di una vera fanguigna apoplefia. Io noa debbo dilungarmi in queOi trifti racconti, si perchè i principa- li punti toccati finquV, fon baftevoli alia intelligenza di quello articolo , s'i ancora perchè i Lettori potranno confultare noti foiamente il Signor Hoffman nella Differtazione : de cauta ^ & ctrcumJpsHn veneni arculatione ; ma fimilmente 1' Opera di Fe- derico Wagner nel Trattato ufciro alla luce nell' anno 1707, in un tomo in quarto, e'I cui titolo {ì h',de ftgnts veneno in- ierfeElorum , Ma innanzi di venire alla cura de' veleni, parte la più im- portante di quella Diflertazìone , e della comune afpettativa, fi richiede dichiarare due punti. Il primo: fé fi dia peravventura un generale contravveleno, e fé taluno pofla prepare il fuo corpo in maniera, che pigliando o bevendo un veleno, non patifca al- cun travaglio. Galeno diftinfe tre fpezie di antidoti: la prima contro i veleni che fi prendono col cibo : la feconda per le morfure degli animali velenofi : e la terza per curare i malori che nafcono dalla cattiva maniera di vivere. Credette eziandio ei mcdefimo , che fi dia veramente un antidoto generale per gli veneni tutti; e queflro fi è la triaca detta di Andromaco , che per poco differì fce dal mitridato . Plinio ( Lib. XXIX. ) E maravigliò forte de' tanti ingredienti ch'entrano nella compo- fizione di elfo mitridato , per lo che lo ftimò formato per una furberia, e per oftentazione dell'arte medica (39;. Ma Q_ 2 chec- {^p) Le parole -di Plinio fono : Mìtridatìum antUotum ex rebus quìn- ^a^Jnta quatuor componhttr' ìvterhn nullo fondere aequaii ■,& quammdam rerum Jexagejìma denarii iin'ms imperata... Homìnum en'im fubtthtas tanta ej]e non potuh • oflentatlo artis , f?" portento/a fcientìae ■vendttatio man't- fejìa e/i. Intanto Mitridato, ficcome non temea , che i veleni animali. 124 Dissertazione L checché fia di quefto, e benché non fi truovi un generale- an- tidoto, pur tuttavia egli è ficuro , che quando lo ftomaco è di- giuno, ed onninamente difarmato, Ja forza del veleno riefce più poderofa. Fuori della triaca, fé alcuno empiefle il ventri- colo di acqua, o di cibo, non farà ugualmente ftrapazzato dal veleno. Ma il fatto fi è, che quando (ì ilee medicare qualche avvelenato, le più volte non fa, né il Medico, né 1' infermo Ja qualità del veleno tracannato ; per lo che deefi allora ricor- rere agli antìdoti generali . Il fecondo punto da ferbarfi alla niente , egli é quefto . Non tutt' i veleni ammettono curagione, poiché non tutti dan- no tempo e campo da poter adoperare i riraedii. Quelìi fono fpecialmente i veneni de' fali metallici refi volatili , che furio- faiTn^nre tolgono la vita. L'azione di quefti è ben diverfa di quella con cui agifcono gli fpiriti dello zolfo, del fai marino, del nitro, e dell' olio del vitriuolo, i quali refpiràti , (Iringo- iio potentemente il polmone, ed uccidono. Ma quelli, onde noi parliamo, non offendono il refpiro, ma una fubitanea azio- ne r impiegano nella bafe della vita, cioè nel fondamento de' fenfi e de' moti, qual è appunto il cervello. Sappia ognuno che in cotefta guifa operano i veleni, che la gente iniqua ha meffi- non di rado nel tabacco, e nelle lettere. Una volta per preparare (ìffatti vapori di morte , grandi e mifteriofi appa- recchi faceano , applicandofi una tefta di cuoio dentro cui refpiravano , e per mezzo di due ritondi cxiftalli oflervavano ogni procedura dell' operazione : ma oggid'i tante belle cautele non fi ftimano necelfarie . Perciocché fogliono ftare un pò lun- gi dal fumo, e tenere dell' aceto, o degli altri acidi vegeta- bili perciocché a' tempi fuoi era ignorato 1' arfenico , e non fi fapeano al- tri veleni minerali, così potea ben ritrarre profitto dal Ino antidoto • ma oggidì grande ufo non può avere contro i veleni , fpecialmente fé il male è nel principio . In quanto poi a quella efficacia , che molti anno vantata del mitridato , o della triaca in potere prefervarfi da un veleno qualfivoglia • io dico folennemente , che non mi piglierei nep- pure un acino di arfenico , o di altro toflìco di tal fatta , con tutto che mi medicafTì lo flomaco cogli antidoti i pili celebrati e Iquifiti , •che fi traggono da' boiroJi delle Spezierie piii famofe dell' Europa . su LI VELENI MINERALI, E VEGJETABILI. 125 bili e grati verfc Ja bocca, e le narici, i quali rifrangono, o difìruggono la forza venefica. Gli efempli dell' Elmonzio con- vincono di quefìe verità . Avvegnaché , mentr' egli attendea alle operazioni sa de' minerali, da quel fummo peftifero tal- mente gli fu colpito il cekbro, che quafi cadette con tocco apoplettico. Udite k parole lue : Etenim iam pene corruebam'. & nifi caput a vafe^ unde teter jp'trabat flatus^ di'vertiJJ'em^apo- pleBkus niijfem^ & cadere paratus eram . Ed in altro luogo quafi ripete lo fìeffo. Or da quefte guife di operazioni gli av- velenatori cercarono d'infettare di quei tali lumi avvelenati il tabacco, e le lettere. Ma in che modo il metteano elfi? Non occorre eh' io dichiari dimolto quella perniciofa dottrina. Ma bafti fapere, che i fall volatili metallici, e fpecialmente quelli del rame, congiunti coli' arfenico, o còme taluni fece- ro , coli' olio dell' arfenico ifteffo, e meffi nella lettera in vece di arena, o incorporati nel tabacco, fono flati cagione d^ una ficura morte . Intanto per la cura de' veleni non è ch'io qui prometta mari, e monti a guifa de'cerretani : dico folo, che il vomitivo^ e acqua ^ H latte ^ folio ^ l'oppio^ fono generali contravveleni; co- me, fi ricaverà dalle feguenti riflefTioni. I. Sovente la Natura cerca di fgravarfi del veleno merce del vomito: e quando non fark paflato tempo lungo da che il tofsico fi è trangoggiato , quello è il primo cafo di ordinare r emetico, prefcrivendone la dofe , fecondo la varia gagliard'ia de' fmtom-i: ed in quello incontro ha l' ufo il più buono il tartaro emetico. Maggiormente quella medicina vale ne' veleni vegetabili, i quali più facilmente che gli altri muovono il vo, mito. IL II Sidenham nella Pillola prima a Ruberto Brandy feri- va , eh' egli guari colf acqua calda un fervo di uno Speziale, il quale fi avea prefo il folimato corrofivo . Egli è certo, che quantunque il folimato fia de' veleni li più pernieiofi , tutta- via anche alcuni granelli di elfo, difciolti in gran copia di ac- qua, perdono di forza, e non attofllcano più. Ma udite le pa- role dell' Ippocrate Inglefe , cioè del Sidenham, il quale met- te a confronto, e cerca diniollrare, quanto l'acqua fià da àn- i2<^ Dissertazione I. teporfi all'olio. Aquam calicìam^ egli dice, oleo ( quod h'te una cum opere ignari perdere folent ) atque aliis omnibus liqmribus ideo praetuli , quod eum ea mctgts efuriat ^ exinde magis idonea mihi videreftir devoraadis falinis hujus veneni particulis , quam ^lius quilihet liquor ^ qui vel crttfjìor ejjet ^ 'uel particulis alicujus corporis jamdiu praegnamior. Perciò i' acqua calda, ficcume è il meftruo di tutt' i Tali, cosi affaltando le acute e taglienti punte delle particelle del folimato, fubito le divide, e dalle men-.biane dello flomaco e degl' intelìini, dove forte erano at- taccate , le diftacca , e dentro i vani della fua mafla le lira- fcina fuori, cosi domando la di loro orrenda malizia. IH. Il latte in terzo luogo, è un gran dolcificante e di- luente de' veneni corrofivi ; ma giova particolarmente in quel- li che aglfcono su de' nervi, producendo fiere ed orrorofe con- vulficni. Vi fovvenga qui alk memoria quello che fi difleful- le forze velenofe dell' acqua diftillata tre, o quattro volte da falle foglie del lauro-cirie^io. Quella è un veleno il piij for- midevole per tutt'i ver fi : non ha cattivo gufto; anziché con dolce incanto invita a farfi bere a molta dofe , né cagiona do- lore, o bruciore allo fìomaco ; che perciò fi dee chiedere di non farla venire in copnizione della gente per quanto fi puo- te;eflendo inoltre il veleno il più facile ad effer preparato , richie- dendo femplice ed agevole operazione, qual'è la replicata diftilla- zione. Inoltre dappertutto vi abbonda il lauro-ciriegio , è alla cognizione di ogni forta di uomo, e non molto fi debbono paf- feggiare le campagne per ritrovarlo. Tante fperienze fi fono fatte da uomini dótti; e non fi è trovata fallacia alcuna. Ultimamente l'Abate Felice Fontana uomo ingegnofo,edi giudizio cosi affinato e fquifito,che ben può paflare nel ruolo di quelli, che non fi fon fermati fulla fcorza. delle cofe, ne comprovò le forze venefiche di tale, acqua di lauro . Ma intanto, quale antidoto fi è trovato fin ora per un veleno cos'i tremendo? Il Dottor Kutty ci alTicu- ra,che tale acqua velenofa data ad un cane, mentre bafi va, fattogli bere il latte, ceffarono prefto tutt'i fintomi violenti, e '1 cane guari , Il latte adunque raffrena quello veleno ; e debb' eflere quefta tale notizia ben imprefla nella mente di ognuno , giac- ché quefto gran veleno oggidì fi è refo troppo comune , ed è ia su LI VELENI MINERALI, E VEGETABIL. "127 in moda. Vale eziandio' il latte contro que' fuchi infiammanti dell'erbe, fpecialmente contro l'elaterio , ed il fuco del titima- lo. Il titimalo bene fi diftingue dalla mercorella, e quefta non cagiona quegli effetti crudeli, che fi cagionano da quel fuco. ■ IV. Oltracciò 1' olio venne da molti Pratici Medici pre« fcritto , come buon antidoto . E credonfi coftoro , che quante perfone vengono afflitte da rodenti veleni , ottima cofa fia ri- correre agli oliofi, e a butirrofi, ed in generale a tutte le fu- ftanze ingraffanti, le quali non faranno che le acute puate de' fall lacerino le tuniche del ventricolo e delle budella , ve- nendo quelle inviluppate dalle parti raniofe e vifchiofe de^ fuddetti pingui rimedii . A dir poi la cofa com' ella va , 1 olio non fi debba generalmente preferi vere contra ogni vele- no, fé non ne' cafi foli , ne' quali fi sa per efperimento , eh' egli è mefiruo di quel tal veneno , come addiviene all' arfent- co , il quale neir olio agevolmente fi difcioglie. Negli altri cafi tutti, i butirrofi, e gli oliofi, debbono crederfi offenfivi . Perciocché avendo effi le parti invifchianti , vie più faranno che alla tunica villofa dello ftomaco fi attacchino le parti venefi- che, e cola quefte foffermate , maggiormente la lor forza efer- citano. Adunque 1' acqua calda è il rimedio ficuriffnno; e per la ragione fteffa vagliono i cliftièri , fpecialmente s e panato qualche tempo da che il veneno fi è tracannato . V. In fine ogni toffico agifce a ragione della forze della vita; e me' temperamenti li più gagliardi i veleni prendono più fuoco. Quindi è, che a ragione venne allogata tra gli antidoti qualche dolce medicina oppiata, la quale produrra una quie- te nelle fibre e negli umori, e meno di forza acquiftera il ve- neno. Ma per adattare tale dottrina ad tìn cafo Pratico, fingia- mo, che fia un Medico chiamato da un pover' uomo, che fia veramente avvelenato . Egli domanderà fulla prima del tempo che vi fia fcorfo, da che egli abbia prefo il veneno : fe poche ore fieno paffate, dovrà egli fenza indugio aver ricotfo al vo- mitivo. Qui ha luogo l'avvifo del Ferdinando , che fu uno de bravi Medici del tempo fuo: nam ft aìiqualis mora hitevcedat , ei dice , locum non habem , nam tranfwìf occaffo , cum J^>^ '^^' ne. i2§ Dissertazione I. menum /id ahiora fé coutulit. Siccome il difTijfi può prendere la ipecacuana, o pure il tartaro emetico, fecondo la prudenza del Profeflbre. Dopo od vomito fi debbono inaffiare le vifcere , mercè le copiofe bevute di acqua calda, ed in certi cafi altresì •mercè le bevute de' brodi lunghi. Ma notifi ancora, che coloro che fomminiftrano i veleni, non di altri fi avvagiiono le più volte, che de' minerali , come più poderofi, e tra quefìi particolarmenre del fublim,ato corro - (ivo, e dell' arfenico. Alcune iìate , per paliarne gli effetti, fi fervono delle canterelle pedate, e fatte a guifa di pilole, o di bolo. Quelle non producono gli effetti loro nello ftomaco, ma eccitano la ifcuria la più maligna, attaccando i rognoni , ed i canali urinarii . Ed ecco che traile bevande in quefti cafi li debbono fcegliere l'olio, ed il latte . Tali rimedi! al certo li fono riputate utiliifime, <]uando arfenico annida nello ftomaco. Le fuflanze alforbenti, ed alcaline prefe a dofe difcreta, vengono . eziandio lodare; avvegnaché 1' arfenico ha la proprietà di com- binarfi e di neutralizzarfì in certo modo colle dette foftanze alcaline. Medefìmamente i fall attivi delle canterelle, non pol- fono elfere altramenti difciolti e dolcificati , che per mezzo del latte. Quando fi fapefie per qualche indizio, che il veleno pre- fo, è ftata veramente una dofe ^i effe, allora fi porranno ordi- nare all'infermo il firoppo delle cinque radici aperienti , bevu- to dentro blandi decotti diuretici ; e fare- parimenti de' cliftieri col latte , e delle fcilinghe del medefimo nella vefìca per pre- venire gli flimoli che da tali infetti fi debbono formare nells vie urinarie. : Inoltre nell' Inghilterra fi. è fcoverto per efficace antidoto contro il veleno delle cantarelle benanche la canfora. Il Signor Yonge con tale unione le prefcrivea internamente con buono effetto nella fupprefsione de' mefi, e delle purghe o de' lochii, nella ritenzione delle fecondine, ed eziandio ne' parti difficili , e nelle idropifie . E quando elle venivano prefe cos'i congiunte colla canfora, e gli dice, che lo (limolo ,,o il dolore nella veffica Qra prefio che infenfibile , e minore di quello che fi -fuole cagionare .dalla applicazione de' ve ffican ti. Quella fperien- za del Signor. Vonge, abbenchè non ha indotti molti Medici --: ' ' ad rJ LI VELENI MINERALI, E VEGETABILI. 12^ ad ufare internamente le canterelle, ha dimoftrato però a noi, che la canfora è un foaviflimo rimedio contro di tal veneno . Quelli fono le femplici medicine , che fi debbono ufare, quando i veleni ftanziano ancora nelle prime vie . Ma fé molto tempo è fcorfo da che il veleno fi è prefo, allora deefì diftinguere, o eflb veleno è della ciaffe degl' in- fiammanti e de' corrofivi , e (1 vedrà venir in ifcena il corteg- gio di tutt' i fintomi, che nafcono da (limolo, e H produrran- no i'mali organici de' vifceri del ventre baffo: o pure effi ve- leni faranno della ciaffe de' narcotici , quali fi fono per noi deferirti. Perciocché in rapporto a' veleni lenti, e che danno tempo di molti mefi a confumare la vita , ogni favio Profef- Ibre ha Icritto, che la dieta lattea è il rimedio più efficace , per raddolcire quelle afprezze già indotte n-egli umori: e- dì tratto in tratto bifogna far ufo di un pò di ferpentaria, che nafce nella Virginia, provincia dell'America Settentrionale. Se- condo che lì è dimoftrato da bravi Medici , quella pianta è blandamente fudorifera, refifte alla corruzione; e quando il ve- leno lento non ba dimolto difeccata e fmunia la macchina, gli refille, e promuove l'efpulfione dal corpo. I veleni corrofivi producono quali tutt' ì fintomi li pili fìranì , ed anomali ; e quando il male è giunto a tal- termine, riefce la cura difficiliffima, tanto più, che allora tutt' i rime- dii rifcaldanti riefcono pernici ofi : e la malattia fi dee trattare, come fé foffe infiammatoria. Il falaffo, ed una cura molle e diluente ne dp-bbono effere i veri rimedii , abbenchè tante vol- te rìefcano deboli , ed inefficaci . Veniva l' idromele dagli anti- chi grandemente (limato, e fpecialmente da Ippocrate, e daE- gineta ; come anche vengono lodate 1' emulfioni rinfrefcanti y e le bevande addette. Ma ne' veleni narcotici, fé niente di follievo fi è potuto ottenere mercè di un efficace vomitivo, e delle purghe le quali anno fimilmente orrevole luogo contro tutt'i veleni, fidee niai- fempre aver ricorfo a' rimedii acidi. L'ofsimele, ed anche l'ace- to folo, portano il primo vanto traile medicine contro invele- nì oppiati, ed- in generale contro tutt'i narcotici. Ma oltrac- ciò i vefsicanti, e le bagnatura frefche, acciò fcuotano i ner- , ^ R vi 130 Dissertazione I. vi opprefsì, vengono commendati affai. Quando fi vede che il malato è fopito in modo, che non ha fenii, né movimenti, fi può allora trattare, come fé TdiTe un vero apoplettico ; e va- gliono in quel frangente tutti que'medicamenii, che fogliono i Profeffori ufare nella cura della vera apoplefia, fenza ommette- re la cavata del fangue dalla vena giugulare.. Ma ficcome io difsi più fopra, varie malattie fogliono av- venire alla gente, mercè del piombo pr^fo per bocca, e del vino altresì, in cui per dargli fenro,e produrre una imprefsio- ne iulla lingua, vi fia flato mefcolaro d^l litaigirio . In Paran- oia, come ognun sa, con iftupore , e maraviglia di tutti , fi è giunto a vendere per vini faporofi certi fuchi d' alberi, dentro a' quali non v' è neppure una goccia di vino .. Chieggono al- tresì quafi tutti gl'intendenti de' vini di levare il graffo, ola parte oliofa fuperflua del vino ifteffo , mercè la colla di pefce difciolta in qualche licore che verfano nella botte, agitando il vino col baitone, acciò quella colla fi fpanda ,. e ài poi ap- poco appoco fi ^precipiti . Quelle, e mille altre manipolazioni , che fi fanno su de' vini, li rende pregni di mifture, ed of- fenfivi. Quindi nafcono il pallore dei volto, la ftrettezza del ventre, la debolezza de' nervi, e '1 tremore degl' infelici bevi- tori . Inoltre i fumi arfenicali, gli alimenti ne' vafi arruginiti cagionano i medefimi cattivi effetti. Per curare fiffatte confe- guenze alcuni, traili quali il 'Signor Dubois, fi fervono di pur- ghe violente, cioè prendendo de' vomitivi efficaci, e di clifiie- ri, formati dal decotto della foglia di fìena, della polpa di coloquintida, di vini, e di altri purganti: ma altri Medici , forfi più accreditati, tra' quali il Signor de Bordeu,ed in Vien- na il Signor de Haen, trattarono cotefti malati, mercè de' ri- medi! lenitivi. In quella cura bene adopranfi i cliftieri di ac- qua di malva con due oncie di olio di mandorle dolci , o di olio comune, il fiero per bocca , ed altre fomiglievoli be- vande , che non ifiimolano i nervi , né più li debilicano . In tal guifa fi fon vedute delle cure molto felici. DIS- DISSERTAZIONE su GLI ANIMALI VELENOSI DEL SIGNOR FRANCESCO BOISSIER B m S A cr V A G E S, Premiata dall' accademia di Roven, e comen"" tata dal dottor in medicina MICHELE ATTUMONELLI; 23 J T A Z I O N E SU GLI ANIMALI VELENOSI. ■^^^'^ Hiamanfi veleni tun' i corpi,, i qvali prefi iti! ^iàW'-^às^!^ poca dofe poflbno eccitare nel corpo umano- ^i- f^ k"^^ ^^' grandi, e funefti cangiamenti: in quefto Kv f |-y^ raffomigliano a' medicamenti energetici : infatti ^•J^-^jf^??^:^ gli uni, e gli altri agifcono per principii lìfiei: S^^^^^^^Vj^ gli uniyC gii altri prefi in ifcarfa dofe polTonO' Gag! onare de' grandi fconvolgìmenti; di maniera, che può dirfi,. che fé in- alcune malattie non fi preferi vono con cautela, e fecondo le regole dell" arte, il loro- ufo è pericolo^ fo;e foprattutto fono efsi nocevolifsimi & tutti coloro che go- dono perfetta- falute (i) o, Le fr) Non fa mefiìerr cHe fi fmaltlfcano affai' pas'oìe ,. e" die fi adu- ni molta roba per intendere , il perchè i veleni fien nocivi a coloro più, che godono buona falute. Grida la Iperienza di tutt' i fecoli,, che i rimedii traggono la forza l'ora dalla, vita della macchina , che ne si- fottiglia le parti , e le rende pronte, all' agire : laddove fc gli umori fieno in certa gnifa ligati e groffolani' , o pure con lentezza fi aggiri- no , ogni medicamento dato allora fi perde =. Quindi- ficGorae dall' una delle parti fi è manifeftamente conofciuto ,, che un vomitivo introdotto nel ventricolo- del eadavero niente fa „ e le canterelle né tampoco agi- fcono nello fteffo corpo morto j. così dall' altra Ti è comprefo ancora^ che ne' viventi tali fofianze fanno de' gran fracafifi , e cagionano vani e repentini- effetti . Quindi fi legge nelle Tranfazioni FiJoCofiche ,, che ia- ti: ^2^ 134 Dissertazione II. Le foftanze che agifcono per principii fifici fi manifeftano fotto forma liquida; ora i liquidi degli animali, e de' vegetabi- li chiamanfi umori, o fuchi. Si può dunque dire, che gli ani- mali velenofi fono quelli , i di cui umori anno I3 proprietà de* veleni; e che le piante velenofe fieno quelle, delle quali i fuchi fono ancora veleni. I veleni iono^o nativi ^o accidentali: i nativi negli animali fono quelli , che fono flati concefsi dall' En- te Supremo a fine di poter adempire le loro funzioni : ma le malattie che cagionano i veleni accidentali, chiamanfi virus , o umori virulenti, come il fifilitico,il peftilenziale ,il variolo- fo, de' quali noi non pretendiamo parlare in quella Diifertazio- ne (2). Noi ci proponiamo folamente cercare due punti: il primo confifte in determinare quali fono gli animali di Francia , clie atjno veleno nativo, cioè a dire quelli, de' quali gli umori comu- nicati a' noftri corpi per morficatura , punture , o altramenti , poflbno in picciola dofe eccitare de' grandi , e funelli cangia- menti. Il fecondo confifte a determinare, quali fono i caratteri, e gli antidoti de veleni veramente offerv^ti negli animali della Francia (3) . PAR. tromeflì in una vena dodici granelli dì tartaro emetico ne feguì una mor- te funefìa. Quefto cafo a puntino fi avvera ne' veleni tutti . Effi infi- nuandofi nella macchina, fciolgono le loro particelle, le quali fìltran- dofi per tutt'i canali, ed aflìem col fangue rigirando, da quel moto con. certato ed armonico vitale acquiftano tanto di vigore, anzi di ferocia, che quafi immantinente troncano i fili della tela della vita . (2) Mercè del veleno variolofo non di rado fi è chiedo di avve- lenare i bambini di nobile profapia , per privarli di qualche fucceffione di dominio . Quando fi è fatto 1' innefto del vaiuoio per mezzo di una marcia maligna-, il vaiuoio che fi è sviluppato, è flato ficuraraente pe- ftifero e mortale . (3) Il Signor de Sauvages fi propone in quefla DifTertazione dì parlare degli animali velenofi di Francia fuo natio paefe ; per far fape- re a quelle genti , che poco debbono temerfi gli animali in quel Rea- me , elTendo afiai fcarfi quelli che ferban veleno . Io in quefie note renderò 1' argomento molto più ampio , eftendendolo all'Italia noftra , <à adducendo eziandio quelle notizie che fon rare, ed utili, e perciò da fai- su GLI ANIMALI VELENOSI. 1-35 PARTE PRIMA ^ali fono gli an'tmalt "velenoft. SE fi prefìa fede alle ftorle degli aatichi , ed alle opinìo- - ni volgari , il numero degli animali velenofi è grandiflì- ma i non avvi fpecie alcuna di farpentl che non fia riguarda- ta farne incetta^ Medefìmamente, acciò, fi abbiano le autorità su delle qua-' li fi poggiano franti racconti di' animali di fmifiarate grandezze , o che avvelenavano! cogli occhi , o- che aveano i fiati velenofi, io non mancherò di Ieri vere colla più poffibil brevità molte non difpregevoli: cofe , affin- chè poi dair altro canto- rintuzzate elle con chiare rifleffioni , e con evidenti ragioni y. non oferanna pili di comparire in un. mondo così gen- tile , qual' è il prefente . Ma qual conto haffi a fare de' libri antichi j, per ciò che fpetta agli animali velenofi ? Se Voi leggerete tra gli antichi Natiu-alifli ArifEotile ,, Teofrafio ,, Strabene, Diodoro^ di Sicilia,. Diofi:oride ,. e qualch' altro ,, Voi nel ve- ro troverete tanti racconti fl:upendr, maravigliofi ,, e che contengono un bello Poetico j ma la- verità Voi medefimi la cercherete indarno . Se poi di mano in mano vorrete accollarvi alla lettura delle opere di Gef- nero , di Aldrovando ,, e di Jonfton ,. Voi fentirete in tanti groffi volu- mi varie volte refrigere quelle medeflme ftorie. Particolarmente yeggendo lo fmoderato corpo dell' opera, di Uliffe- Aldrovando- , per Dio che per paura non vi tornerete la feconda, volta r perciocché collo fpendervi sì gran tempo in q.uella. lettura ,, vi farà rubata la comodità d' imparar al- tro . Soventi volte i gran libri fono un gran male , e che contengono molto fuco viziofo ; lalciando' ftare che fpeffo' altro non. fi trova di più, che la varia dicitura , credendo quegli Scrittori , che col ricoprire quei racconti con. nuovi veli ed. ammanti , foffe fiato neceffario di fatica- re i torchi ^ Però lafciando di allungare- più quefto difcorfo , che ad al- cuni potrebbe fembrare alquanto mordace ,, vegniamo al. noftro fuggetto,. premettendo, innanzi alcune generali rifleffioni ., Egli è certo che fé un'animale- velenofo= mordendo- ,. può uccidere un altro animale ,, ammazzerà ancora tutte le beftie di qualunque fpe- zie . Se il veneno della vipera è da tanto- ,. che- toglie la vita ad un uomo , recherà la morte- benanche a tutti gli altri animali di qualun- que grandezza ,. come al topo, al cane,, al bove, e a degli altri ^ e non fi dà cafo , che una morfura fia micidiale e perniciofa a certi animali SÌ , e ad altri nò . Gli ftefli animali poi , e fieno- venenofi quanto fi vo- f^é Dissertazioni: IL ta come dannofa . Riiifcliio non ha egli avanzate effervi tan- ti loglia , non apportano nocumento , fc mordono i lor fimili. In tale guifa e vipere fé azzannano altre vipere, niun travaglio ioro cagionano; per- ciocché anno le vipere iflcfife nel lor corpo tanti fali , i quali refiftono alla forza del lor medefimo veleno . Lo fteflTo dicafi degli altri animali venenofi , fé morficano i lor finiili . Ciò ben il conobbe Galeno , il quale al libro de inaequalitate intemper. SeSi. IH. così fpiegoflì : e'I tronco formano un corpo continuo a tutte le parti , alle quali le vibrazioni fi co- municano . Jn quello cafo fi può toccare la torpedine preffo a poco impunemente, come l'ha infegnato Kempfer , e come fi. è verificato da molte fperienze (io). T Le (io) Furono ben molti quegli antlclii Scrittori , come ancora non pochi moderni , che immaginarono i fenomeni della torpedine effere effetti de' fuoi effluvii velenoll j per lo che il Signor de Sauvages fi è veduto neir obbligo di fpregiudicare la gente su g^ueflo punto . L' Al- berti fra gli altri , tanta forza velenofa concedè a quello pefce , che fi credette , che un uomo che il toccafle o vivo o morto, ne potefle mo- rire . Io mi contenterò di prefentare ai Lettori tutto quello che an pen- fato i^Js^^turalifìi per ifpiegarc le così fiiravaganti apparenze che fi mL» rano 14^ Dissertazione II. Le Raie fpiaofe credute velenofe, fono le feguenti. I. La Ra- fano nella torpedine , la quale non è per molto diverfa dalle altre fpe- zie delle raie . Sonvene in vero varie forte di torpedini , benché il Salviano. non ne riconofca che una^Rondeleziio però, ne deferì ve quattro, ed Aldrovando due fpecie . Il fenomeno che fi debbe fpiegare ^ egli è queflo . Chiunque tocca quello pefce, egli fente un torpore prima, e poi lo ftupore nella parte: e non folamente quefto. effetto fi oflerva quando- la torpedine fi prende in mano ^ ma medefimamente in certa dlfianza .. Fu ciò non ignoto a Plutarco , come il diranno le feguenti parole "di lui : Torpeda quam vlnt habet y memo nefcit ,. nempe qua. non folum tangentes alligat , fed per ip- fttm et'tam rete obftupefacientem gravedinem pifcatorum manibus inducit . t/fi narrant quidam pertclitati faepe^ft quis. cum vma elaèitur fuperne , ìnterea manibus agitep aquain-y vim ad manus re>neante>n ^ &- tatìuni ob- Jlupefacientem penetrare , aqua prius omni y ut videtur, mutata, infcBa- que- , Qi.iel piuttolto che fi dee avvertire da quefte parole fi è, che P Ut tarco conobbe » che la forza della torpedine fi propagava, non pure per gli corpi folidi ,, ma eziandio per gU fluidi . Traili moderni , ben fi è diflinto in defcrivere con accortezza quello pefce il pulitiflfimo France- fco Redi . Lafciando oramai tutte quelle frivole contefe che noi leggiama in quei benedetti libri degli antichi , fie lecito a me di raccogliere il buo- jio foJamente ,, onde meglio fi poflTa affaparare il fuga più guflolò di tutta quefla bella controverfia . Cercarono una volta gli Scrittori , fé la forza di recar il torpore rifiedeffe nell' intiero corpo della to-rpedi- •ne, o pure fieffe rannicchiata in qualche parte fola, e di là fi dilatalTe. Il Cardano diffe , che la virtù Hanziava nelle ali del pefce; Aldrovan- do la mife nel fiele . Son fue parole: Et quidem fel y calidijfima anìma- titim pars y & e Torpedine non ftmpliciter , fed vivente tantum y idejì re- eens exemptum, Jìuporem parti bus qttibus il/ ini tur , inducere putarem ( De Pijcibus Lib. IIL ) . Oliando poi gli antichi fi affacciarono un poco ad inveiligare la cagione di effo torpore , o atterriti vilmente dalla prima divifa che in fatti è orrida , o pure rapiti ed incantati dalla flranezza della cofa ; fi rimafera nel buio delle lor tenebre , e differo ch'era in- tieramente occulta la chieda cagione . Ctarijftma rationc intelligitur , fcrifie il Salviano preffo Aldrovando, eam flupefacìendi vim, non a ma- nìfejla qualitate . . . , fed a coeca & nobis incognita ( cujiis viveri s fo- tum particeps ejl ) emanare . Chi vorrà leggere di più di cofiffatte ga- lanterie che correano una volta fulla torpedine , vi troverà un buon Ibr- limento preffo il citato Aldrovando ^ raccoglitore indefeffo di fimili ran- xide memorie , Ru- su GLI IKIMALI VELENOSI • 147 Raìa riccia o la fpinofa,/? orribile animale di di- vorare un uomo- intiero.. „, Voi noni leggerete ia- alcua luogo, dice Plinia ,, effervi nel mare altri animali che fomminiftrino veleni per gli loro, pungiglioni ,. quanto- lo- fcorpione , il dra- gone, il ragno,, il porco marino, e l'aquila marina ,, de'quall può dirli, con ragione ,, non. effervi cofa. più. crudele nel mare ,, che i loro raggi». Se. noi abbiamo* liberato? dal delitta di veleni tutt'' ì pe- fci che. anno, pungiglioni , che non fono, cavi,, e che non pol^- fo.no. riempierfi di un umore acre nel momento^ della: puntura j, noi fiamo, aflài lontani da dichiarare innocenti alcuni altri pe»-- fci ,. che poffono fervire ài alimento; fi può legittimamente do- lere de" mali effetti del luccio, del mullo,, del gatto, marino j, e di alcuni altri.. Il luccio,, in latino Lucìur ^ e feconda la frafe di Arte- dio il Sox. a becca appianato : il mullo- ,. in latino.' B arbus yO.. fecondo la frafe di' Àrtedio il Cyprinus oblongo a mafcella; fei- periorè più lunga, a quattro cirri, l'ala deirano. a. fette- offer- ti.. Quelli due pefci anno, dell'uova; molta atre a produrre, la colica chiamata. Cotera : fi ha gran cura, nella: pefca: di Strasr hurg ,. ed in più alni luoghi di gettare le uova: del luccio ;; Gesnero rapporta molte iftorie de.' mali effetti,, eh" effe pro--- ducono (n)- Quanto a que'del; mulio,, io ha pifi; efempH domefticidel la. (11) Viene temuto grandemente if luccio jdifamatai da- Linneo» Efox. Plìntt .. Egli è un; voraciffimo pefce ; e comecché talvolta, gli accade d' ingoiare le poma: della mancanilla- , che fono- un gran veleno ;, di: qua nafce, che allora, fi prova: un difguftofo, e cattivo ciBo' . Gefnero ,. che ia UH paragone tralfe uova del luccio ,, e queEe del mulLo ,. fcrifle :; ae-- ì"3- Dissertazione IT. la loro qualità velenofa . Cinque perfone aveano cenato infie- me : due di loro che avevano mangiate di quefte uova fritte ^ furono Tei ore dopo, cioè un ora dopo mezza notte , attaccati da cardialgia, da vomici biliofi, e da violente diarree. Vi voile molto a- rintuzzare la forza di quefto veleno, con far prendere agli ammalati una gran quantità di brodo lungo di poUaftrino, fn in bevanda, o in cHiticre: allorché effi furono un poco ri- meffi , li tre amici che avevano cenato infieme, avendoli fatta una vifita, afllcurarono eh' effi altre volte aveano provata la Goleray per aver mangiate le uova del mullo, e che quefta ma- lattia gli aveva pofti in gran rifchio di perder la vita. Ma ec- covi un cafo pin forprendente , quantunque meno pericolofo . In un paefe chiamato Bias vicino Agde , Gervafio calzolaio , fua moglie con due de' fuoi figli in età di dieci in dodici an^ ni, ave vano mangiato nella loro cena il fegato di un pefce chia- mato gatto marino (d). Appena pafsò un ora dopo la cena , che Gervafio, fua mioglie, e figli caddero in un profondo fopore; fi gettarono fu ài un monte di paglia , né rivennero che il terzo giorno. I vicini che avevan veduto il terzo figlio di Gervafio errante nelle vie, ed eftenuato per la fame, ( quello era il folo, che non avea mangiato del fegato del gatto mari- no ), entrarono nella cafa -del calzolaio , e trovarono la mo- glie profondamente addormentata ; il marito era flato meno fo- pito , e gli figliuoli affai più meno , avendo effi poco mangia- to del fegato . Gervafio ne aveva mangiata una buona porzio- ne , la fua moglie avea prcfa la maggiore ; però ella fu più prefto liberata dagli accidenti che furono cagionati dal veleno. Gervafio avea il vifo ellremamente roffo ; il giorno feguente aven- ^ue haec vìdentur tióxta . Intanto è da notare , che Marthio -Lifler no- verò varii pelei velenofi : ma fecondo il ragionare più fodo , tal nome a' pefci non fi confà molto bene . Perciocché a torto dafiì tal nome odiofo a ^ue' pefci j i -quali o anno pungentiflime (pine , o pure fa di lor carne non è digeribile, e cagiona de' mali di ffomaco, e delle vifcere . (d) Quefio è il catulus minor di Salviano-, lo Squaltis Catuhts ài ■Linneo ; la carne di queflo pefce è lafciata alle genti comunali ^ ma i •Pefcatori nz levano comunemente il fegato .prima di venderlo. Str GLI ANIMALI VELENOSI.' IS3 avencio lafcìatl i fuoi abiti per calmare i pruriti che Io tor- mentavano, tutto fi fìupi in vedere la fua epidermide , o Tua cuticola , Tepararfì in lamine larghe come fogli di carta , ciò che calmò il Tuo prurito : impiegò tre giorni a diftaccare que- fìa epidermide: quella delle mani, e de' piedi era più attaccata di quella delle altre parti; quella della tefta cadeva in ifcaglie fenza eflere feguita dalla alopecia, o perdita de' capelli. Aven- do deiìderato di vedere quello fingolare fenomeno , l'occafione fé ne prefentò venti giorni dopo l'accidente: la malattia della femmina non era durata che fei giorni ; la fua epidermide èra di già feparata : vedevanfi ancora pezzi di cuticola a' pie- di diGervafio,ciò che gli dava pena nelcammino: quello buon uomo non fi diede pena di fpogliare quafi tutta la pianta, de' fuoi piedi per regalarmi l'epidermide. I figliuoli che aveano poco mangiato del fegato di quello pefce , provarono folamen- te r epidermide in quella parte , Io domandai il pefcatore che avea prefo quello pefce , e quello olie i'avea venduto : que- lli mi confefsò ingenuamente , eh' egli aveva dato il fegato a quella povera gente . Io non ho mai apprefo, eflerfi olìervata cofa fimile : quantunque abbia fcritto lu di quello fuggetta a molti de' miei amici che dimorano vicino a' porti del mare; io fteiTo non ho ancora potuto procurare gran copia di gatto marino per farne le fperienze, quantunque fia di già pallate un anno dall'accidente che fi tntta. IV. Si numerano tra gl'infetti dannofi la cantarella, la vefpa , il calabrone, il fuco, il tafano, lo fcorpione aquatico j il terrellre, il ragno, la fcolopendra. Lo fcorpione aquatico o !a Nepa del Linneo , la cimice a remi, o la NofoneHt delio llelTo autore, portano vicino la. bocca un pungiglione con cui pungono: io fono (lato ferito da quell'infetti, e dallo icrocantaroregli è vero che la loro puntura cagiona dolore, ma io poflb aflicurare ella efler meno velenofa di quella della zanzara . Le api , e le loro differenti fpecie , come il calabron?, la vefpa, il fuco ferifcono col pungiglione, che portano nella eflremita del ventre : è quello un cannelietto fi- tuato in un tecettacolo , o follicolo pieno di veleno , eh' è fpremuto a goccie nel canale per la compreffione de mufcoli V chf 154 Dissertazione IL che cingono l'ano: fi fa che vi fono tre varietà fra queft' in- fetti : li più numerofi y e li più comuni fono i muli : fecondo le oflervazioni del Vallisneri, e delReaumur, effi fono desinati al travaglio: la femmina è loro Regina: i mafchi, o gli Re fono uccifi da' muli allorché la loro Regina non ha più bifogno di effi;quefta è la ragione perchè i muli anno foli un pungiglione che refta fovente nella piaga che producono (12). Il calabrone è uà (12) Io non dirò in quefto luogo tutto quello eh' è ftato fcrìtto da tanti autori fulle leggi del vivere delle api , e su della loro repub- blica j poiché in parte tai racconti fon inventati da begl' ingegni , ed in parte crefciuti dalla fantafia de' creduli uomini. Ogn' infetto non deb- be occupare più luogo nel cervello d' un Fiiofofo , di quello che occu- pa nella Natura . Fra tanto fi nota nel tefio , che non tutte le api an forza di pungere, ma folamente le operane. In ogni fciamo di api una, o due femine fi trovano » le quali fon fecondiflìme : i mafchi fon in piìi numero^ ma il numero maggiore l'occupano le operarie , cioè le desi- nate al lavoro della cera > e del mele, (^uefte fole producono quelle vi- ìze punture , le quali producono il roflbre nella parte , il dolore , e '1 gonfiore . Lo flromento , di cui fi avvsgliono fi è il pungiglione , eh' è fituato nella eftremità del ventre dell' ape , ed entra nelTè carni con una celerità , mercè V azione di alcuni mufcoli , che ftanno attorno a quell'aculeo. Non altramenti pungono le vefpe, delle quali una compiu- ta fioria tefsè il celebre Rcaumur, ornamento del'a fua Nazione. Cice- rone in certo propofito fcrille : l'efpas aculeis uti ■videmus . Qiieflo pun- giglione , o dardo , è un picciol tubo voto , dentro cui , ficcome notò il Derham y vi ha due lancette acute , e barbute che anno 1' eftremità a guifa di fegfl con piccioli denti , imitanti le punte d'una freccia. Nel- le vefpe quefio autore vi offervò otto di tali barbe ne' lati di ciafcuna lancetta . [1 veleno delle api è più attivo nell.i ftagione della fiate , che non nel verno . Tale veneno rilìede in un particolare ricettacolo , o fia vei- fichetta , la quale fi giace alla radice del pungiglione, e da effa n' eico- no alcune goccioline di umore , il quale alle api ferve per difefa . Per- ciocché i ragni , e i calabroni vengono a combattimento colle api , e talvolta le fventrano : i lacerti , e le rane talvolta le divorano : laonde queflo veleno delle api , ferve per dar la fuga a tutte cotèfte befliuole offenfive : elle guerreggiano co' loro dardi , i quali fan la moftra dell? freccie avvelenate de' lelvagji Americani . Egli è noto altresì , che 1' a.pc nel ferire , lalcia fovente il pungiglione nella carne , ed ella le ne mU' su GLI ANIMALI VELENOSI . 155 è un animale temuto: io n'ho maneggiati mei ti fenza ufar cau- tele, e pofib adicurare non efferne (tato giammai ferito . La puntura del fuco è più dolorofa, però efla è molto prefto gua- rita fenza tumore, né gonfiore . La vefpa cagiona un dolore pili vivo di maggior durata di tutti quelli che noi abbiamo parlato; ma può dirfi, che quefle ferite fono efenti da veleno» Non fi dee meno temere il fuo pungiglione, quantunque effa ab- bia la teda feparata dal corpo dopo 24. ore: ella ha per que- lla circoftanza, qualche rapporto colla vipera , la di cui teda feparata dal corpo ferifce anche co'fuoi denti. Lemery ha pro- vato efler quella ferita pericolofiffima. Io ho fpelfo maneggiati rutti gP infetti coleopterì , o a cannelli duri , anche i più fofpetti , come il buprefto mangia- bruchi, in latino Carahus cruàvorus^ il Bupreflo verde Cavabus virtdis; logli ho tutti trovati efenti da veleno (13}, Mi fono V 2 afll- muore ; poiché non di rado fi rompe la veffica , e fi fpczza tal fiata ima parte dell' intefiino . Suir ìndole particolare di tale umore velenoio delle api , ne anno fcritto il Signore Swammerdam nel libro de apibus , Schrader nel libro de armatura animalium hrutormn , Neumann nella Chimica al Tomo ter- zo j e Carlo Bonnet nel fecondo Tomo della fua contemplazione della Natura . Il Dottor Mead ofiervò , mercè di una efatta lente , l'umore dell' ape ; ed afficura efferfi vedute da lui tante particelle faline nuotan» ti in un fluido . Lo Sw^ammerdam teftè lodato dice , che applicato un pò di cotefto veleno fulla lingua , produce un'amaro fapore , ed un bru- ciore ben fenfibile. In fine il Signor de Reaumur tefiimonia , che il do- lore dalla puntura dell' ape cagionato , imita dimolto il dolore di una mezzana contufione . Le memorie di queflo autore meritano di ben effer lette , come ancora tutto quello che fcriffe il Signor Maraldi nelle Me» morie dell'Accademia delle Scienze dell'anno 1712. (13) Aldrovando fcriffe, che mai egli ebbe la ventura di oflerva» re il bupreflo , il quale fecondo Plinio i, è un infetto ben rado nell'Ita-'. lia . Nella Libia effi trovanfi in abbondanza ^ ed i Viaggiatori afferilco- no , eh' effi fon velenofi quando fi trangoggiano ■ ed eziandio cagiona- no de' gravi fintomi , anche che fi tocchino . Internamente infiammano il ventricolo e le budella , difpongono il corpo ad un generale can- crenil'mo ^ ed effèrnamente cagionano una fuppreffione di urina, ed àncora la morte. Tutt' i moderni altresì convengono nel dire, che mangiandofi i buprefli , ne avvengono gli effetti medefimij che fé fi tracannaflero le canterelle . i5<^ Dissertazione II. aflìcurato,che la formica roffa non cagiona per la fua morficatura, che un dolore acuto fenza confeguenza dannofa . Le offervazio- ni del Signor Reaumur provano, che tutt' i bruchi fono privi di veleno . Se ne trovano egli è vero due o tre fpecie pelofe, che pel loro pelo cagionano pruriti fimili a quelli che nafco- no dal pifelio pedicolare , o Corinto. La canterella , o Meloe 'ueftcntonus del Linneo , Cantha- Yus e più dannofa che tutti gli altri coloepteri,o infetti a can- nelli: applicata fuUa pelle l'infiamma, innalza l'epidermide ia veffica ; prefa interiormente , anche in poca dofe cagiona difu- ria 5 o difficoltà di orinare, il priapismo, o erezioni involonta- rie : quefto veleno che produce un efito mortale di fangue, è utiliffimo agi' idropici, fé fi dia in piccola dofe, ed in infuGo- ne, o corretto dal metodo di Gronevelde. Il ragno negro che abita in cantine profonde, e che ha molle fiftulofe , o cannelli, è riguardato con ragione come fo- fpetto : però non è provato con alcuna ofTervazione effer egli velenofo. In quanto a' ragni volgari, effi certamente non fono tali. Appena fi troverebbe perfona , che non abbia inghiottiti de ragni mangiando dell' uva : intanto giammai fi fente parla- re di alcun cattivo effetto. Il Signor Bon,Prefidente alla Corte degli Aiuti, Membro delle Accademie di Parigi e di Montpellier, che molto tempo ha feguiti queft' infetti , nella fperanza di ottenerne una fpecie di feta , non riferifce alcun efempio fune- Ilo (14). Intanto non fi dubita, che la tarantola, fpecie di ragno che (14) Traile trentadue fpezie A^^ ragni diTegnate dal Linneo , dub- bio è nato , fé mai vi fieno de' velenofi . Prima di determinare quello punto, fi dee fapere , fé la tela che cacciano , e lavorano i ragni , na- Ica dagli efcrementi e dal loro fuperfiuo , come immaginò Democrito • o pure da quella lanugine , o da que' piccoli peli, da' quali il corpo di elfi ragnateli è ricoperto ^ ficcome pensò Arilìotile , feguito pofcia dal Cardano . Ariflotile nel vero al libro nono de natura tìnhmìium fcriffe cosi : aranci flattm cum editi funt , fJa mittiuit , non ìntrinfecus , tam- qtiam excrementam, ut Democritus ait , fed extrinjecus de fuo carpare ve- luti corticeiìt, aut more eorum , quae fiios vHlos jaculantur , ut Hi/lricis. Ma amendune cotefte fuppofìzioni debbono efler rigettate , elTendofi co- iiolciuto da' diligenti Ofiervatori , che i f li della tela i ragni li caccia- no Su GLI ANIMALI VELENOSI. I57 «he fi trova in Puglia, non fia la cagione della fingolar malat- tia no dall' interno del corpo per certi tubi particolari , bene diverfi da quelli, che dan fuora gli efcrementi : i quali fili inoltre innanti ufcire, fono molliflìmi e vifchioll • ma dalla conformazione che ricevono da t[ue' canaletti , e dall' azione dell'aria divengono afciutti y e capevoli d* efler divifi in nuovi fili. Checché ne fia di quello fenomeno , come anche della crudele guer- ra e nimicizia che ferbano tra loro i ragni , e della maniera del loro generare , e della gran fecondità • venghiamo ad affodare quello che di certo debba crederfi del cotanto lor temuto veneno . Nicandro defcrifle un falangio, ceruleo da lai chiamato , che mordendo , arreca graviffimi affanni, e palpiti di cuore. Diofcoride , ed Aezio parlano altresì dimoi- ti ragni velenofi . Eliano fece motto di un ragno , il quale fenza mor- dere, ma col femplice toccar un uomo, gli cagiona la morte . Ma noi niente di ficuro poffiam fapere di quelli terribili veleni , fé fieno o nò tali ; e molti moderni gli an tenuti nella maggisr parte per mere vi- fioni di uomini fanatici , e d' ignoranti relatori . Non fi potrà dubita- re , che veleno contengano alcuni ragni de' climi caldi , come fi rac- contano certi delle ifole Àntille , e deirifola di Ceylan ,. dove 1 fuchi fono degenerati , ed i veneni tutti più efaltati j ma noi che in Europa abbiamo contezza folamente de' ragni domeftici , di quelli delle cantine, de' vagabondi , e di altri fimilr^ di quefti dobbiamo cercare fé mai con- tengano qualche veneno . Il Berger fcriffe , che le vacche , che nel campo flan bene , rin- chiufe , tante volte foiFrono variì mali , e talvolta la morte r il quale effetto , fecondo raflerzione de' contadini , nafce dalle morfure eh' efl'e anno da' ragni . Ruberto Boyle , preflb il Mead , regiflrò la fioria di un uom-o divenuto- cieco per lo veleno del ragno ^ fiiilato dentro 1' oc- chio . Harveo notò parimenti , eh' eflendofi egli punta fa mano con un ago , e di poi in altra parte con un altro ago , ifropicciato su di un ragno , vi fu notabile differenza fra 1' una , e 1' altra puntura ; feg'io ficuro della- efiftenza del veleno ne' ragnateli . Jonfton fé fàpere ancora, che il ragno mordendo il rofpo , l'uccide . Epifanio Fei^tiinando medefi- mamente avanzò , che di tante fpezie di ragni , due fole non fon vele- nofe : e che fé fi metta in infufione nel vino talun ragno » bevendo di quel vino , ne po/Ta un uomo morire . Ed ecco meffe in vifta tutte le autorità de' Maturaltfti , e de' Me- dici , i quali tennero per certa e ficura la efiftenza dell' umor venefico ne' ragni . Ma che direm poi , quando fentiremo che vi ha delle innu- merevoli oiTervazioni in contrario , e più fincere , le quali onninamente cfcludono ogni veleno- di qualunque forta di ragnatdi ^ che fon noti ira' Eia. 15^ D I S S E E. T A 2 I O N E IT. tia defcricta da Baglivi , quantunque noi fiamo obbligaci confef- fare col Signor Taranti Medico del Papa , che il tarantismo non è al giorno d'oggi offervato, che da' contadini, razza ere» du]a,per cui non puoffi avere alcuna fidanza a fimiliruggetti( 15). Lo fcorpione è ancora celebre pel fuo veleno : Valiis- neri ha affai bene defcritte le due aperture che fi offervano all' eftremità della coda 5 per le quali lancia un liquore che fi cre- de lÉuropa? Non fi creda a me; 'credafi fulla prima al Signor Bon , primo Prefidente della Camera de' Conti di Montpellier . Egli maneggiò aflai , e trattò tal razza d'infetti, per ottener la leta da quegl' inviluppi , re' quali elTi fogliono racchiudere le uova : ed' in fatti nelTanno l'jog egli fpedì alla Reale Accademia delle Scienze di Parigi un paio di guanti , e di calze , così forti come fon quelle della feta ordinaria , fatte uni- camente da'ragnateli. Egli, il Prefide Bon, afficura, che le morfure de' ragni, non fon miga velenofe. Udite le parole di lui iìcKo: Je puts af- Jurer , que ìes araignèes ne font pas venimeiifes ; f en ay etè morda fori fotivent , fans qu' il ni en fch arrìvs aucun mal . E' nota la ftoria della celebre Anna, la quale avidamente andava in cerca de'ragni, e delizio- famente fé li tracannava. Lafcio da parte di dire che le fcimie, edi'verfi uccelli, fi cibano de'ragni. Da tutto quello, io mi credo, che ognuno farà per conchiudere , che la morficatura di ogni ragno farà men male d' un ape , d' una vefpa -, e d' una zenzara ; e ii rileverà , che 1' Aldro- vando andò lungi dal vero , quando fcriffe : Phalangia autem , non fo- lum i£ìii pemkiojà funt -, fed etiam in cibo -, aiit potione fumpta : tnae- qualiter uni-verfum corpus -, calore , /rigore -, horrore , prurigine ajficiunt -, inflammant , tumefaciunt , torquent , fed cerebrmn maxime tentant , v.nde feqnitur nervorum dijlen/ìo ^ tremar -, v.rinae reddendae afjidua libido &c, (15) Non vi è flato punto di Storia Naturale , e di Medicina, che fiafì trattato con più accuratezza di quello che fi è fatto fui ragìio di Puglia , o fìa tarantola . Ma non credo , che vi farà perfona , che veggendo -ine preftar la penna a tal materia , ed entrarvi di pafTaggio per ifcovrire gli arcani di quefto fenomeno ^ mi voglia vietare , eh' io mi filTi un poco . Sappiafi da ognuno, che quello campo non è difpre- gevole ad un Trattatore de' veleni animali: anziché in quafi tutt'i Me- dici noi abbiam viste formarfi fonore diipute , ed eflere fchisrati innu- merevoli fistenii anche di là da' monti , per intendere la cagione della cotanto bizzarra malattia del tarantil'mo . E questo pregio farà più^che bastevole a raccomandar 1' attenzione de' Lettori in questa inchiesta ; e convincere di malignità , o d'ignoranza chi poco la prezza , o la biafima. I Greci antichi , traili quali Platone , chiamarono il ragno col no- me su GLI ANIMALI VELENOSI. 159 de velenofo . Io ho verificate tutte le fperienze che fi rappor- tano a quefto fuggetto ; la prima confifte in attorniare lo fcor- pione di carboni ardenti ; la feconda in chiuderlo in una bot- tiglia con un topo. Ora lo fcorpione volgare , o il roflb , po- fìo in mezzo del cerchio del carbone rovente, fa più giri me- ditando il fuo efito, ed alzando la coda: alla fine maggiormente tormentato dal calore cammina più, fi brugia. fovente le zampe,, fi met- me dì falangio ^ e ciò^^ perchè ficcome ì ragni anno- nelle gambe varie articolazioni , cosi queste erano, foniiglievoli agi' internodii delle dita , che diceanfi. da' medefimi Greci i^xKyrfya; . Alcuni /blamente distinlero» questi due vocaboli ,. ckiamando falangio non ogni forta di ragno , ma quello, eh' è velenofo . Plinio, al libro XI della Storia Naturale , favel- lando de' ragni fcriffe t Fbalangia appellantur y quorum noxii morfus ,. cor- pus exiguum . Però preffo gli antichi Scrittori ^i vede effere stati .meffe in ufo queste due voci a fignificare la cofa isteffa . QLiello eh' è mala- gevole ad indagare fi èj e perchè mai questo ragno, o. falangio Puglie- ìe fìafi chiamato, tarantola » Una gentile fchiera di autori ,. traili quali Cardjano , Aldrovando , Salraafio , Brodeo^, Impei-ato ,. Bagli vi ,, Mead ,, e degli altri, fi credettero- che il nome tarantola fìa originato dall'an- tica Città dì Taranto. , laddove i falangi copiofamente fi trovano , ed 'ivi il rimedio, verace per guarire i tarantati fu rinvenuto .. Ma perchè tale bestiuola debba prender il fuo- no-me più tosto da Taranto ,, che da altra Città della Puglia; e perchè lo stellione, piccolo ferpentello , ben diverfo. dal falangio fìa stato apprefìb i Tofcani chiamato benanche ta- rantola,, non. faprebbe ben. ridirli . Per queste ragioni il fu D.. Francefco Serao , celebre Medico nella Città nostra ^ nella Lezione prima della tarantola ,, conchiufe che altronde dovea ti-arfi 1' origine di tal noaue - Egli oifervò,, che dagli Scrittori antichi fu defcritta un'animale, abita- tore della Scizia, il quale elTendo: da' cacciatori infeguito> avea la pro- prietà di adattare il colore della fua pelle al colore de' corpi che gli erano da prelTo ; e con tal mezza ingannava i cacciatori . Le parole di Plinio fono r colorem omnium arù-orum y, frutkum' , fiorum , locorumque rea- dit , m quib.us latet metuens ;■ ideoque raro- capitar. Qassta. bestia^ T«pav- So; fu detto da' Greci , e da' Latini tarantus. ,. a pure tarandulus^ ; don- de il nome tarantola potè formarfi per una certa fimilitudine di colori» Udite le parole istefle del Sig^nor S^rao. „I popoli del Settentinone do- veano aver contezza del Taranto,, animale' loro- terrazzano-, o almen vi- cino . Doveano eifer perfuafi , o per prett® abbaglio , o per 1' autorità della tradizione , o per altro ,. che quefto- animale godelTe il vantaggio di poter efprimere in fé molti e fvariati colori.. E di vero fé i popoli fieiìì iSù Dissertazione IT. fi mette due o tre volte nel dorfo la punta delia coca, 'conti- tiua ad errare qua, e la, fino che muore per lo fuoco; alme- no non fi vede immediatamente morire dopo che fi è ferito col fuo dardo. Se fi metta uno fcorpione 5 ed un topo in un boccale di vetro , efil fcambievolmente non fi perfeguitano ; ma bifogna eccitarli per farli battere: il topo è comunemente ferito ai mu- fo, stefll del Settet^trione non avefleL' creduto e fpacciato questa novella , non avrebbon certamente potuto fingerfela né i Greci , né i Latini Sto- rici da noi dianzi additati ^ i quali intanto cofpirano tutti nella defcri- zione di questa prodigiofa bestia . Bifogna inoltre far conto , che non lolo il falangio nostro Pugliefe , ma i Ragni generalmente amino paeii temperati, anzi caldi per loro stanza j e perciò nell'ultimo gelido Set- tentrione non fé ne dee vedere fé non pochi : e questi pochi non faran- no di gran lunga per lo colorito comparabili a, quegli , che fono così frequenti , e talora , cosi vagamente dipinti qui tra noi . Or i nuovi abitatori delle noftrc contrade venuti dai freddiflimi paefi del Nort do- vettero veder con fenfo di meraviglia , e come cofa nuova tanta molti- tudine di Ragnateli ^ e quegli loprattutto , i quali fono più macchiati , e tinti a diverfi , talora vivaciifimi colori . Quiindi avendo per la fan- tasìa viva e frefca l'immagine del veduto , o più tofto creduto Taran-" do in cui fpicca quella diverfità di colori , per quell' analogia innata a tutti gli uomini di qualunque tempo , loro fovvenne di chiamar quefie beliuole , Tarante , 0 Tarantole . Ed ecco nata , e Coniata una nuova voce ignota a' Greci, ignota parimenti a' Latini , e produzione folo dì popoli , e di tempi barbari „ . Qijefto divifamento del Serao , io non vo tacere , che ha un verifimile romanzefco, e popolairefco , e cK'è tratto dalla fantafia non mefla in ceppi . Per cercar l'origine d' una voce ta* rantola , o di una beftiuola di Puglia , voi ben vedete the fi dee vo- lare col penfiero ad un favolofo animale della Scizia . Al certo quando fi fente tutto quefto racconto , egli non porgerà un ferio diletto al no- bile Senato de' Letterati , che anzi offenderà la dilicatezza di ogni ho» mo faputo . Ma lafciando Io fquittinio di tal parola , fa meflieri fapere , che le tarantole fi rinvengono in molte regioni della Terra , come nell'Ita- lia dappertutto , in Ccdìca , ed in molti paefi dell'Afla . Ma la fua abi- tazion vera , fi è la noftra Puglia , o fia quel gran tratto di terra , che giace alla ripa del m^re Adriatico, e forma quafi una bella aprica pianura, la quale abbraccia l'antica Calabria, chiamata Meflapia , Salentina , Ja* pigia, ed oggi terra d'Otranto* la terra di Bari , nominata Aufonia , Pu- su GLI ANIMALI VELENOSI. l6l fo, eh' è più a portata dello fcorpione ; la parte fi gonna un poco , il topo la gratta più volte fenza lafciare il combatti- msnto , attacca egli per riprefa lo fcorpione , lo piglia final- menre , lo sbriciola co"" fuoi denti , ma non 1' inghiotte : frattanto continua a ftar bene , ed in poco tempo il gonfiore del mufo fparifce. Si può aflerire , che mille perfone fono fìa- ce punte dagli fcorpioni in difFerenri parti del •coj'po : quei di X Lin- Puglia Peucezia , ed anche Etolia; e la Capitanata, che gli antichi di- fegnarono col nome di Daunia . La tarantola , eh' è una fpezie di ra- gno , avrà come i ragni tutti , otto gambe , ed otto occhi . Il Baolivi fi credette con Martino Lifter , che fi trov^ino ragni a due occhi • la quale fentenza non è da alcun Naturalità abbracciata . Ogni oamba del- la tarantola ha fei articolazioni , benché non vi fieno mancati di colo» ro , che le aveffero aflfègnate quattro , ed anche tre falanahe , come il •Baglivi . Alla e^remità dell' ultima falanga fon fituate le unghie della tarantola , ed anche un pò di umore vifchiofo , che le ferve di appog- gio , quando vuol camminare . Oltre delle otto gambe , ha nella parte di avanti due fili lunghi, che velocemente fi muovono, fatti con varii articoli , e chiamanfi antenne . Alla efl:reraità di quefte molti autori vi aveano collocati due occhi ^ altri il fenl'o dell' odorato , come il Geof« froy ; altri -gli organi della generazione , come il Lifter • ed altri core più ragione anno riputati cotefii fili come due mani , non provandofi col microfcopio alcuna delle dette fuppofizioni . Recife le oambe e le antenne, rimane il tronco della tarantola, compofio della parte fuperio- re , che forma il torace , e '1 capo , e della inferiore , in cui fi com- prende 1' addomine . Nella parte più fuperiore , che può dirfi il capo ., vi fono i primi quattr'occhi , fotto de' quali giacciono quattro mafcel- le; in mezzo alle quali vi ha un forame , o fia la bocca della taranto- la, da cui ella caccia una proboCcide , quando ha pigliata la preda . (Jui- ■fìionarono i Naturalifti full' ufo delle dette mafcelle, e della probolcide. Certuni credettero , che le tarantole fucchiano 1' umore di quegl'infetti, de' quali fi cibano. Il Leeuwenoek nel libro de aranets , e'I Vallifneri penfarono che da «n piccolo bucherfillo di effe efca fuori una ooccetta dì veleno , quando le tarantole mordono^ febbene tai forami sieno sfuo- giti alla diligenza del Signor Mead , anche ofìervando col microfcopio una mafcella del ragno Americano , Che peFciò faran tenute quelle ma- fcelle per iftrumenti da tener fermi gl'infetti , La probofcide poi è quel- la , la quale fuccia veramente il fangue degl'infetti, che dalle tarantole fi divorano ,9 nel tempo ifieffo dà fuori una gocciolina di_ umore nelì' atto della morlùra » ElTa vieji creduti^ la materia del cotanto bizzarro -veneno , ^ róz D E S S R T A Z I O N E IL Linguadocca na trovano in tempi umidi fin ne loro letti , in-^ tan- Se noi dlam mente alle dicerìe del volgo della Puglia ,, al certo che- refteremo carichi di fìupore in udire i tanti ftrani fìntomi che cagiona la morficatur.1 d'una tarantola. EfTì dicono , che fubito che fi è ricevu- to il morfa , o poche ore dapoi, fi comincia a fentire un bruciore nella parte morfa ; ed intromettendofi il veleno nelle interne fedi , fi fente una oppreffione di cuore , un calore bruciante tutt' ì vifceri , una fete ftra- bocchevole, una mancanza di refpiro , una lafTezza, td uno svenimento. Difle il Raglivi , che la tarantola fia una befiiuola che morde , o che venga, o che non venga irritata ; e che maifempre il fuo, morfo è ve- lenofo ., Tarantulam , fon fue parole , vigilantes aeque ,, ac dormìentes ,. irritataci ,, vel non irritatam femper mordere , & jemper venenofam labeyn offerire^ Ma l'analogia colle altre beftie velenofe ^ e le oflTervazionì quo- tidiane ,, ci fan comprendere , che le tarantole non mordono , fé non ven- gano ftizzite ^ Che veramente tanti e tali fieno i fìntomi cagionati da Cffiitto infetto, il Ferdinanda cerca di perfuaderlo; né va molti lun- gi il Vallisneri . Ma udite una bella defcrizione dell' Aldrovando , come £i legge nel Tomo de InfeBis .. Jam vero a Tarantula { quae & ipfa Fhalangii fpecies. ejl ^ unde- Phalanglum Italicum. Scaliger doSìffimus ap-- pellavit ) iBi , varie & diverfe torcH-.entur :■ fiquidem alti perpetuo ca- nunt , aia rident, alti plorant , alìi clamitnnt , alti dormiunt , alti vi- gtliis afficiuntur , plerique vomitionibus Jaborant , nonnulli Jaltant , funt qui fudant ,. alti tremebundi fiunt , quidam pavortbus infefiantur , '& alti alta patiuntur ìnaommoda , fiuntque phreneticis , lymphat'ich , & maniaci s Jimtles ^ Quae quidem sfmptomata tam varia , ac diverfa , non altunde proventre, dìcendum ejl , quam ex varia horum. antmalium veneno , aut ex demorforum hominum temperamentis: . Ridotto il tarantolato al dettò ffato di abbandbnamento e di fin- cope, egli correrebbe gran rifchio di perder la vita, fé non fi dia ido- neo aiuto. L'unico rimedio di tal male fi è la Mufica , per mezzo di cui il tarantato principiando una furiofa danza ^ in tal guifa dopo qual- che ora efpelle falubre fudore .• e farà egli libero dal male , fino a che Dell' anno vegnente non fi rigeneri nuovo veleno ,, e non produca i me- defimi difagi .. Non mi dilungo a raccontare, come varii morficati dalla tarantola amino diverfe forte d' ifìrumenti , e varie fpezie di fuonate ; e come certuni della plebe pretendano , che le tarantole fieno portate anch'elle alla danza, come ancora gli altri animali che da effe fieno, morficati,, fìccome fì fpicgò il Ferdinando; ed in fine, come i taranta- ti defiderino avere guernita la ftanza dove ballano di panni tinti di tolor vivace. QLiefie ciancerelle fono fiate per altri minutamente defcrit- te; ma non è della mia penna il ritjirle. Yegniamo alla fifica fpofizio- ne del fenomeno . Mar- su GLI ANIMALI "VELENOSI. ' l6^ Tanto non fentefi dire efìer eglino più incomodati dai dardo di queftì X 2 ani- Martino Lifìer ciotto autore Ing'-efe , pubblicò in Londra nell'an- no lóyS. un'opera che intitolò : Hijiorìa -animnlium ^ngtiae tra£iatus tres , i^e araneis , cochleis ìerreftribus , flwciatilìbus , & marìnìs ■, Quivi egli deferi ve le lumache, ed il CeiTo androgino delle medefime j ma prin- cipalmcnte a lungo «famina le qualità de' ragni, la maniera di generare, e di telTer la tela . L' altra opera , eh' «gli diede alla luce in Londra ■ nel IÓ85. fi fu : lAppendix hijioriae ■animalium ^Ingliae . In tuttaddue quefle alla sfuggita toccò ciò che appartiene alla noftra tarantola ., Ma più chiaramente fra tutte ne fé menzione nelle fue Efercìtaxjoni medi- ctnalL Egli dunque fcrifiTe , che gli animali velenofi nel comunicar il veleno , imprimono i loro peeuliari caratteri , in ciò recando i' efempio del can rabbiofo . Cosi le tarantole avendo la proprietà in fé medefimc di faltarejnon è maraviglia fé i tàrantati abbiano la pazza voglia anch' efli di danzare. Da quefte poche parole -ognun capifce , quanto fia fci- pita quella fpiegazione : che anzi è tanto fredda , che fupèra il ghiaccio ifleffo . Chi ha detto mai a quefto autore Inglefe , che le tarantole can> minano faltando ? Di più, s'egli è vero che gli animali velenofi comtr» nicano ad altraì le lor proprietà , perchè i tarantati non dan la caccia alle mofche anch' «ffi ? Ma oltre a quefio il ballo de' tarantati nafce dai fuono de'muficali ftromenti , e non dal ragno. Wolfredo Senguerdo Ollandefe nell'anno 1668 fin da quei paefi lì volle provare a dichiarar quefto fenomeno. Egli difie , che quan» do la tarantola ne' giorni di canicola morde taluno , il veleno fuo , eh.* è una fuftanza falivale fommamente efaltata, vi cagiona grandi moffe nel- la macchina. Ma la parte vifchiofa di quel veneno impedendo, che gli fpiriti fi partano dal cervello , così nafce la lipotimia de' tarantati . Ed oltracciò lo fleffo veleno congiungendofi in feguito cogli fpiriti fteffi , cagiona xm titillamento ed un moto ftraordinario a' mufcoli , d'onde fi fpiega la danza di elfi. Quefto fiftema dell' Ollandefe , egli è fimile a quella fontana immaginata da' Poeti , che ad un tempo ifteflo producea il nio , e'I pianto : non altramenti appunto la faiiva della tarantola ren- de il corpo mobile, ed immobile. In terzo luogo il Signor Geoffroy, clie mentre flette in quefte con- trade , varie notizie apprele fulla tarantola , cercò d'isnodare quefto grup- po con ricorrere alle corde tefe in concordanza , di che ne favellano i Fifici . Siccome notarono il Mairan , e '1 Bernoùlli , non rifuonano fola- mente le corde unifone , ma quelle altresì che fon tefe in ottava , sr quinta, ed in terza maggiore, -Or il fuco vèlenofo della tarantola infir nuandofi nell' interno , cangia la naturale tenfione delle fibre j e da que- fto cangiamento fpiega l' autore la privazione del conofcimento , e del yioto BC tarantati . Ma pofcia quando gì' ìftrumenti ìj^uficali rimbomba, no 164. ^ _ Dissertazione II. animali di quel che il farehbono da uiia tromba d'una niofca. Ag- no pel lor fuono ^ le vibrazioni delle eorde di effi per la ragione del- la concordanza, deflano e temperano fìmili triemiti ne'nervi e nelle fibre de' mufcolì , d' onde ne nafce il ballo . Quante improprietà 11 ravvi- fino in quello terzo fiflema , ognuno da fé medelimo il comprende . Una goccia del pretefo veleno della tarantola dee cangiare tutte le tcnfioni delle fibre, e de' nervi ; e di più l'aria tremula per gli fuoni debbe ec- citare uno sfrenato ballo ; quello è ciò eh' è sfornito d'ogni apparenza di verifìmile. Per lo che, lafciando da parte tutti quelli recitati fiftemi , acciò fi pofia intendere la ragion fifica di quello fenomeno , fa meflieri notare alcune coferelle fulla forza della Mulìca . Ella , che fecondo Plutarco, riconofce per inventore Apolline , era in alta Rima falita fino da' tem- pi^ antichiffimi , fìccome fi può rilevare da ciò che fcriffe Omero nella Iliade, e da' canti Pitii altresì di Pindaro. QLielli nell'Ode terza, di- ce ch'Efculapio era abiliffimo Medico , e che cogl' incantefimi fanava le malattie • fapendofi che in tali tempi la Mufica lì confondea con effi in- cantefimi . Il Ferdinando , mentre vuol afìRsdare il hel rimedio della Ma- lica ne tarantati , così fi fpiega. Patet igitur Thaletis, Democriti y Theo-- p'yrajli , tA'clepiadis , Diogenis Laertii , P lutare hi , ^uli Gellii , muftcara aliqi'.os fanare rnorbos .... ergo fortajjis a fimili aliquis magnus Phi- ■lofophus , & Medìcus ex Salentinis , & fupradiScri'.m atiBornm leBura hoc remedii genus in Tarantatis adin-venire potuit temporibus illJs ,de qiio qtndem nulla extat apud antiquiores memoria . Or due dimande fecero qui i Medici: fé la Mufica de' moderni ab- bia tanta poffanza , quanta ne vantano gli antichi della loro : e donde nafca tal forza nella Mufica ifieffa , che pofl^a divenire giovevole medi- cina a crudeli malori . Rapporto al primo punto il celebre Giovanni Wallis fcrilTe , che i mirabili effetti attribuiti all'antica Mjfica , non ad altro rifonder fi debbono , che alla novità dell' arte , ed alle iperboli degli antichi medefimi : che anzi fé la Mufica di oggidì foffe fiata in tali circofianze , avrebbe prodotti gli fteffi, anzi maggiori effetti . Qiieflo sì è vero, che ne' tempi da noi lontani , erano in cognizione agli uo- mini le cetere,le tibie o pive, e gli altri ftrumenti muficali » o di fia- to , o di corde. Dal fecolo quindicefimo propriamente fu la Mufica col- tivata, ed è giunta allo fiato prefente , in cui con ifiupore miriamo il dilettevole concerto di tanti flrumenti , e di tante voci, le quali Ipira- no più tofto mollezza e corruttela di cofìurai , che quella gravità del canto degli antichi . Il fecondo fquittinio non è sì facile ad efi^ere intefo , avvegnaché non per altro principio la malica arreca degli utili a delle malattie, fs jGon su GLI ANIMALI VELEICOSI. -' _ ^ 1^5 Aggiungafi a quefte offervazionij trovarfi malti fcorpioni bian- chi non per la mirabile armonìa , e pel piacere che allo fp irito produce. Ma quale mai è la cagione di fiftatta armonìa? Il Signor Hefteve,pog> giandofi a' principii del Cartefio, fcriffe- che nelle conibnanz.e vi ha più tuoni armonici , l'ac^dove efli mancano nelle dìffonanze . Il- dottifiimo Eulero cerca fpiegare il fenomeno per mezzo de' tuoni- gravi- , e degli acuti, che- fi fuccedono fcamòievolmente . Il celebre Jacopo^ Rofseau nel Tuo Dizionario di Mufiea , dopo aver accennati e- ributtati varii pareri di Fifici , erpone il fentim'ento del Signor Mairan , il quale fi sbrigava di leggieri da tale inviluppo, dicendo ch^ le confonanze confiftono nell uni- fono , o pure nelle vibrazioni , che- fi corrifpondono con qualche rappor- to . Il Rofsò annulla quefto parere , con dire fu41a prima , che non (I trovano i perfetti unifoni ; ed i concerti delle vibrazioni né tampoco dichiarano il fenomeno . Perciocché le corde che fuonando , fanno le vi- brazioni in ragione fefquifefta,o fia. di fette a fei, forniano la diffonan- za. la pib fpiacevole ed ingrata j laddove- fé 1-e vibrazioni fienO' in ragio- ne fesquiquinta ,. o dr fei a cinque, formano la confonanza la pili dili- eata ed aggradevole-, qu-ale è la terza maggiore. Meritamente conchiufe ^uefto autore , che il fenomeno della confonanza è inefplicabile , il qua-r- le fentim-ento fi legge eziandio nella operetta del Signor Alembert , il feui- titolo è :■ Ekmens de Mitfiquo- iòeoriqne , e pratiqui , fdon h princi^ fes di M. Rameau . Ma checché ne fia della origine delia confonanza- , egli è certo-,. che la Mufiea ella è , che muove i tarantati ad una furiofa danza ; poi- ehè fé i fuonatori nell' atto del ballo- ad un tratto ceffino di fuonare, i tarantati idefìì- cadranno a terra- Ma cofa mai fa il ragno quando mor- de, ficché cagiona tutta quefta curiofa fcena? Nella Ciclopedia diChan-i- bres fi legge-, cht; il noftro Medico Tommaio Cornelio fia ftato il pri? sho di avvito , che il' tarantifmo non provenga affatto' dalla moriura della tarantola , ma che fia un vero delirio malinconico de' Pugliefi . Alberto- Mailer -riflette , die q-aefio fentimento del Cornelio è fiato fe- guito da molti Autori . Su'ammerdam volle che il tarantifmo altro noa fofle , che una- favola di uomini vagabondi .• Ma udiamo come la di- fcorre il Signor Serao nella feconda Lezione,.,, Il tara^ntifmo è prodot- to dalla velenofa qualità de' ragni , o tarantole j, o^ che il veleno entri nel corpo per morficatura di quelle- befiiuole ,- o- che vi entri ia altra guifa : e quefii ragni fono di molte , e differenti fpecie , e diftinte per le fattezze , colore , coflume ,■ e per altra .... Ma ragni di- tutte , o di. m.oIte delire fuppofie fpecie fono in altri- paefi ; ne da loro mai è lucce- duto il fimile effetto : dunque la malattia ch3 fi pretende , o ella non è effetto del veleno de'ragni,- ma altro male de' Pugliefi j. o ella non è sa il 66 DlSSERTAZIONB II. chi due volte più groflfi de'domeflici: cfTì fono afì'ai comuni ne' Paefi , in nefTun modo j ma è puro inganno, è un'impoftura „ . Né fi può re- plicare, che peravventura il caldo della Puglia, la natura del terreno , e le altre influenze, vagliano a produrre tale velenofità ne'ragnij percioc- ché quefte cagioni larebbono capevoli a fare lo ftefib effetto nelle altre beflie velenoi'e della Puglia mcdefima. Il Birch , e 'I Dottor James , nie- garono fpacciatamente , che il tarantilmo nafca dal morfo di quei ra- gni, ma lo attribuirono ad un delirio malinconico , prodotto dal calore del Sole, e da ^uel clima -ed a delirio parimenti indipendente dalla ta- rantola, lo attribuirono il Kehler , e Pier Antonio Micheli . Quefta è ancora la preci la fentenza di D. Francefco Serao . „ Paffo ad offervare , egli dice , un altra importantiffima cagione , e quèfta fi è il temperamento -degli abitatori della noftra Puglia . Or a volere ben capire quefto temperamento bifogna gittar gli occhi fui clima, e quindi fulla qualità degli alimenti che quelle terre fomminiOrano » II clima della Puglia piana , come ognun fa , è caldo oltremifura: effetto più torto dell' effere quel paefe niente difefo da' monti , niente coperto da alberi , pochiflìmo inafiìato da acque , e da fiumi j che del c'ima propriamente detto ,o fia dell' afpetto -del cielo. La natura poi di quella terra è tale, che tutt' i frutti di effa , 1' erbe , le biade, e per confe- guente le carni degli animali -, che anno ivi la loro paftura -, fono di robufiezza , e di efficacia ftraordinaria -. Or tutte quefte cofe deono^ par- torire una qualità de' fughi del corpo in colui, che lo ufa giornalmen- te; e una tefTitura del corpo fleffo tale , da render gli uomini parte violenti , ed impetuofi ne' movimenti del loro animo : parte ponderofi « compatti ^, e di elementi troppo flretti , ed -affollati infieme -: dalla qua- le difpofizione nafce di leggieri, a quel che fi può capire medicinalrnen- te, l'ifierica nelle donne, e -una fpecie d'ipocondria negli nomini ; o fia per dirla con meno parole nella lingua de' vecchi Medici , il tempera- mento malinconico ; quello eh' efaltato di poco , coflituifce gli uomini, aflài vicini a!Ia melìizia luttuofa , alla Piattezza, è talora al furore , e all'infania „ . Fin qui il Dottor Serao. Finalmente dopo aver io melfo qui il fugo di quanto in varii , e graf- fi volumi è flato fcritto da diverfi autori , dirò ora due parole a modo mio fu queflo fenomeno del tarantifmo . Quando pel rinnovellamento delle Lettere, la Filofofia cominciò a fare de' rapidi voli, Cartefio dif- fe, che dovea dubitarfi , per difingannare la mente prima d' iftruirla . Il fuo dubio fu il più fegnaiato fervigio che fi foffe potuto rendere alla ra- gione nelle tenebre , e nelle catene filof jfiche -, nelle quali ella era av- volta . Ma dal feno di tai tenebre nacque la luce : la Filofofia tolfe la mafchera all'ignoranza , e "1 velo alla verità. Se fi rifletta , come le dan- ze su GLI ANIMALI VELENOSI » l6j Paefi di Sauviguargues. vicino Saumier,e Manoubler, nella Dio- cefi di Alais . Il Signor de Maupertuis. ha fatte molte fperien- ze fopra quefti animali : efl? provano , che non fon punto ve- lenofi , eccetto una fola,, ch'eflendo fiata fatta fopra un cane , fembrò indicare qualche fegno di veleno. : fi può intanto dubi- tare di quefla ultima dal confiderare che non è mai fucceduto alcun accidente agli abitatori di quefli villaggi , quantunque elfi raccogliano in ciafcun anno una quantità grande di quelli fcorpioni bianchi,, co' quali lì prepara l'unguenta del Mat- tiuolo.. Vallisneri crede che in Italia quelli animali fono velenofi. ne' gran calori ^ Baglivi ancora alTicura che lo fcorpione di Pu- glia cagioni col fuo morfo' una fpecie di tarantismo ; checché ne fia, noi non oflèrviamo niente ò^\ fimile in Francia. Si può. dunque afferire,, che i noftri fcorpioni noa fon, velenofi (idj .. La. ze de" tarantati' per le- piazze- e- campagne- delfa, Puglia? medeflma' fon ite in difufo ^ e come ,. mentre era fparfo tale fanatismo , le più volte le donne fanatiche , e- gli uomini- ì pia deboli di mente , e li più rozzi ^ pativano foltanto di tale pretefo- tarantismo j per me- non; vi farà fera» polo veruno di affermare-,, che il detto- tarantifmo , noa era miga pro- dotta dalla morfurai del ragno ,, né- tampoco da male endemico de' Pu» glieli^ ma che- fia ftatoi egli- una. vera, e pretta impoffui-a, , cui; la. gente predava ferma' credenza... La falda. Filofofia oggidì ha- difingannato per lèmpre lo fpirito umano j, ed. ha. cercato.- diffi pare tutti cotefti: fpettrl del- la immaginazione .. (i(5) A tutta: la defcrizione fatta nell" antecedènte- nota: filila ta- rantola y. aggiungiamone- ora un'altra, fullo. [carpione-.. Fra gli antichi uà gran- numero? di Scrittori vi fu, che parlarono alTai fu., di tale infetto , e fulle ftravaganze- del fuo^ veléno- ^ x fentimenti: de' quali fé- fi mettano- al paragone colle olTerva-zioni de'moderni , par ch2 vi pafli grande di- vario fra. gli uni, e- le altre-.. Alcuni perciò per metter in freno certi: £i-anchi cervelli , non; ao; avuta fcrupolò. di tenere- per puerili le fperien- ze de' moderni (leflì. ,, dicendo- che noa an> quefte confeguito- ancora il figillo' dell.*' antichità',, cioè- l'approvazione de'fecoli ,. come, le antiche:, e può in vero: un, autore frefco. aver abbagliati eoa fàlfo lume, gli occhi del: m.ondo- • che- poi: la; pofterità; accorta ne fcoprirà le- debolezze- Ma. per quanto è- ingiuft'a e- fconcia una' tal cenfiara ,. altrettanto non* fi con- - viene eflTer rimproverata, la diligenza de' Naturaiifti recenti'.- Dopo, varii altri Offervatori ,. il- Signor de Maupertuis ,. critico fevero' Franzefev.nel- le. Memorie: àtWl Accademia delle. Scien^^e. dell." anno. 1731 ». ha regifira- fiat ^^8 D I s s E u T A z r o H E ir. La Scolopendra terreftre -c corauniffinia a Monrpelller ; i cu- te k varie fperienze iflituite fu degli fcorpioni , e di altre beftie . li inerito di qucfto autore è si conofciuto e predicato da tutt' i Savii , e. Ja fua gloria è si legittima , per confeflìone de' medefìmi Francefi j che men prudente , anzi temerario colui farebbe , elle voleffe fofpettare de^ racconti di così rifpettabile lljggetto . Io però con modefta franchezza qui dimoflrerò, che fé fi pongano a confronto le fperienze ultime con quelle de' primi Maeftri della vecchia età , non fi troveranno tante di- fcordanze , quante taluno potrebbe crederfi j ma che colui può avere giur ita contezza di tutta quefta materia , che non confuma folamente dietro gli antichi tutta la fua flima , e ciie non adora a chiusi occhi le fen- tenze de'modemi j ma che fa il paragone fra gli uni e gli 'altri , acciò fi lodino e gufino i veri pregi di ciafcheduno , per fitrarne poi la ve- rità . Q_uefto metodo mi fon impegnato io di feguire nella richiefia ch« fafìì fulla natura dello fcorpione . Nicandro , Strabene, Luciano, e Plinio difìinfero due forte di fcor- pioni , cioè i terreftri o comuni , e gli aer^i o volatili , che anno le a- ii membranofe o nervofe, e fono una fpezie di mofca . 'Qiiantunque Al- àvovando abbia fcritto, mai efierfi veduti da lui g'i fcorpioni co'le ali, pure dopo il Cardano i moderni Naturali gli an veramente oflervati .. Ecco il primo punto , fu di cui accordano gli autori della vecchia , e della nuova età . Strabene in vero defcrivendo gli fcorpioni Africani , e partitamente della Mauritania fcriffe così al Libro XIV. Scoyp'wnum co- -pia ejì , tam alatorum , quam fine alìs . E Luciano medefimamente : Scoypiontim gentis duplex.' unum quidem terrejlre ^& pedejtye permagnu»}, &" multas in cauda vertebras habens : alterum vero aereum & l'olacrs membranets alìs , quales locujlis , cicadis & vefpeftilìonibus .LlO fcoi'pionc «acquatico , e '1 marino, non an che fare in queflo luogo. Lo fcorpione terrefìre intanto , che nelle cafe e nelle "cantine fo- 'Vente vi stanzia, è un infetto di cui fi diftinguono nove fpecie, fieco- -me Plinio ,' ed Eliano lafciarono fcritto nelle opere loro ^ febbene Nicandro non ne abbia credute che otto , Tale diverfità confifle foltanto nella varietà de' colori ^ veggendofi alcuni bianchicci, altri gial- li , verdi , o negrognoli . Gli antichi ammettevano diveda poffanza al veneno, fecondo il colorito particolare degli fcorpioni . Quattro parti fon rimarchevoli in quello infetto: il capo, il petto, il ventre,, e la coda. La tefta è larga un tantino ,• ha due occhietti verfo la parte davanti : !a bocca è munita di due mafcelle , del'.e quali quella di baffo, ha come •due picciole feghe dentate , mercè le quali tritura gli alimenti . Da a- -mendue le latora della teda, fi veggiono altresì ufcire due antenne, cia- •fclieduna delle quali è divilì\ in quattro giunture , e foggiate a guila di ta- su GLI ANIMALI VELENOSI. I<^p «uriofi la maneggiano impunemente . Io ho veduto in Agde la Y fco- tanaglia . Al di fotto del petto fi ofTervano otto piedi ; ognuno di eflì è diviib in fei falanghe ; che perciò Efìchio , vecchio Greco, chiamò lo fcorpione O'atoùttovì. Dall' eflremo del ventre , che fi divide in fette a- nelii , efce la coda lunga e n<^dofa , che terribile fu nominata da parec- chi antichi . Nella flruttura riiirabile di cotefia parte , convien fermarci un pò di più . Ella è compofta ordinariamente di fei o ktts bottoni o nodi ri- tondi , ligati fra loro come fé foffero tanti granelli . Strabone , ed E- liano ne noverarono ktte , benché Nicandro abbia ecceduto , avendone contati nove . Il vero fi è , che il numero non è maifempre lo fieffo . Plinio difle, che gli fcorpioni piti velenofi fon quelli , che anno fette articolazioni nella coda • e che quelli che ne anno di meno , conten- gono men veneno . Io non fo qual buona ragione aveffe avuta cofluì in così credere ; ma fo bene che ingiufta e mal fondata fi fu una tal fentenza , ficcome evidentemente ognuno rimane perfuafo , quando riflet- te a ciò che fcrilfe il celebre Swammerdam , peritiffimo nella fl:oria de- gl' Infetti , e alle cui fatiche molto dee il Signor de Reaumur . Swam- merdam dunque defcrive uno fcorpione cieli' Indie terribile per lo vene- no^ ma che intanto non avea che tre foli nodi o vertebre nella coda .. Seguendo appreffo ad indagare la via, per cui fcappa V umor vele- nofo , prefib il Bociarto leggefi un plauflbile pafTo di Avicenna , che fi efprefle a quefto modo; Omnis autem Scorpioni^ acukus perforatus ejl^ha' bens fidulam quamdam , quae prae tenuitate -videri nequit , unde -venenofa fanies amittitur.Da quefte rimarchevoli parole, egli fi rileva, che gli an- tichi non furon troppo allo fcuro fu della ftrada che faceva il veleno , per ufcire dalla coda . Meffer Redi vide ufcir dal dardo di quefto infet- to una gocciolina di fuco bianchiccio , che rimanea nel luogo della pun- tura ; febbene con ufare egli varie ricerche, giammai potè vedere a.icun bucherello, donde quel mordace umore ufcifle . Ma ciò che non ebbe fortuna di vedere il Redi , fu fcoverto in feguito dal Signor Leeuwe- noek. Il quale vi trovò un pò di più di quel che cercava . Perciocché vi oflervò ben due pertugi , o buchi , da' quali efce fuori V acre umore . Il Vallifneri dilatò vie più le ricerche; e ci afficura fchiettamente ,the dentro la coda evvi un cannello , per lo quale fcorre il fugo velenofi» fino all'ultima articolazione, in cui s'impianta il pungiglione , il quale^ prima dell' ultima punta , forma una fpezie di triangolo , dove vi ha i due buchi ovali . Se quefti forami sfuggirono il guardo de^li altri Offer- vatori , eia derivò dal perchè fé li figuravano nella punta della coda ; ma la Natura non gli ha fituati colà . Perciocché la coda non farebbe fiata così pontuta, ma troppo fragile, come vota al di dentro . Per Id che i7o Dissertazione IL fcolopendra marina , e le ho più volte tirato il fuo prepuzio tar- che i detti due forami fon allogati lateralmente . Finalmente 11 Mau- pertuis ha dichiarato di piti quefìo punto , coli' offervare , che l'ultima vertebra o nodo della coda dello fcorpione è una boccetta cornea , la quale termina con un collo negro e duro, ch'è il vero pungiglione. E- gli ha riconofciuti i due bucherelli più lunghi che larghi . Se si prema la fiala , vedesi il licore eh' ella contiene fcappare a dritta , e a manca per gli detti foricelli . Ma per non errare nella ricerca che qui ftiam facendo fulle quali- tà velenofe del detto umore che alligna nella fiala della coda dello fcor- pione, o fia nella guaina, come la chiamò Swammerdam ,dee ofTervarsi che non tutti gli fcorpioni fon ugualmente velenosi , né in o^ni tempo, ne in ogni clima . In tempo di verno effi fono più torpidi e men fieri, the non ne' caldi ertivi : e quindi il Vallifneri giudicò , che follmente nella fiate efli comunicano il veneno . Macrobio ( Satumal. lilf. l'^.cap. ai. ) feri {Te a tal proposito: S carpì tu hyeme torpefcit , et tranJaÙa haa aculeum rurfus erig'tt vi (uà , nutlum Natura damnum ex hibenio tempo- re perpeffa . Ne' luoghi freddi del Nort, pochilfimo o pur niente queft* infetti ^fon conofciuti , laddove non moftrano fegno alcuno di veleno • nia ne climi temperati e ne' caldi, meno o più manifeflano le lor qua- lità velenofe . Gli fcorpioni delle Indie , siccome fon più grofll de' no- fìri, fono ancora più venefici. Quelli di Tunisi fono gialli di colore ; ma più grandi e più perniciosi di quelli d'Italia . Gli Europei approda- ti al capo di Buona fperanza , vi trovarono innumerevole quantità di fcorpioni di un verde bruno macchiato di negro; ma tali che pungendo, metteano fovente la vita in pericolo. Dicali ìo lleflb di alcuni fcorpioni Americani , e particolarmente di quelli del Brafile . Quali fieno gli effetti della puntura dello Scorpione , Diofcoride ri- Ipole ( Lfi>. VI. ) : Cum quts a Scorpione ynorftu efl , locus quamprimum inflammarl incipit , tiurufque effe & ruber , & 'vebementì dolore affeBus . E CIÒ appunto corrifponde alle oflervazioni d' oggidì . Non fempre ac- cadono gli fieffi incomodi : ma non fi potrà dubitare, che gli fcorpioni dell'Italia, e fpecialmente quelli della Puglia, ch'è la parte più calda dell' Italia istefla , non fieno velenofi . Vallifneri , che dimorava in Lombardia, clima temperato anzi che nò, vide , che una giovinetta in tempo di canicola effendo fiata punta dallo fcorpione, fu tormentata da atroci fintomi , e partitamente tutte le fue membra divennero un gielo. Io ho veduto per una puntura medefima , che una ganiba d' un robusto uomo si rigonfiò tutta , diventò nera, e dopo una attenta cura , ne feguì una fuppurazione ben grande , e la piaga durò per molti mesi • Qualche altra volta poi non è avvenuto il medesimo male; ma la pun- tura su GLI ANIMALI VELENOSI. I71 cartilaginofo . I Pefcatori di Linguadocca fanno beiiiflìmo, che Y 2 que- tura tomamente fi è guerita . La varia stagione , ed il diverfo apparec- chio degli umori àel morsicato o dell'infetto , certamente che anno da- ta origine a tale varietà di effetti • Ma veggiamo in breve, quali furono i feguiti delle fperienze del Signor Maupertuis , fatte cogli fcorpioni , per determinare fé sia legitti- ma ed acconcia la conseguenza del Signor de Sauvages , il quale pre- tende , che gli Scorpioni della Francia sieno efenti da qualunque veneno. Egli innanzi distingue due Ipeziedi quest'infetti. Quelli che lòn minori» e si trovano foventemente* nelle cafe : ed i maggiori , che stanno nella campagna . Quelli di Souvignargues , eh' è un villaggio cinque leghe lungi da Montpellier , fervono di traffico ai contadini , e per ufo deplì Speziali. Avendo l'autore irritato uno Scorpione di quefìi, fé pungere eoa tre o quattro colpi un cane . Un'ora dopo questa bestia divenne tutta ri- gonfia e tremante j' vomitò varie volte; ed il ventre si refe telò . Dopo tre ore fu aflaltato da fiere convulsioni, morde la terra, e dopo cinque ore si morì . Nel luogo della puntura non v' era gonfiore , ma sì bene ar- rofsimento ; fenomeno che olfervò in tutti gli altri animali, che fé pun- gere dagli Icorpioni . Alcuni giorni appreffo avendo fatto ferire un al- tro cane con cinque o fei colpi; efTo non dimostrò alcuna malattia. Gli fece replicare le punture con altri fcorpioni ; e neppure vi feguì alcun danno . Inoltre avendo fatti pungere fette altri cani con varii fcorpioni * efTì mangiarono fecondo il folito , nò diedono alcun fegno di aver rice- vuto veneno per quelle trafitture . Finalmente avendo replicate le fpe- rienze fopra i polli , i quali furono punti fotto le ali , e al petto ; niu- no di questi die fegno d'incomodo, o di malore. Da tutte queste autorevoli fperienze , ognuno dedurrà , che in que* luoghi , donde prefe gli Scorpioni il Signor de Maupertuis , pochi o niuno fé ne trovino, che fieno velenosi. Ma non si potrà dubitare dal- l'altra banda , per testimonianza de' medesimi autori Franzesi , che nel- le Provincie meridionali della Francia , come sarebbono Valenza , e 'i DeTfinato , vi sieno fovente fcorpioni , le cui punture arrecano pravi dan- ni-, non altramenti che avviene per quelli d'Italia . Io non mi affati- cherò molto ad efporre quell' altro fentimento di Giorgio Baglivi , il quale fpacciò , che nella Puglia chiunque è morfo dallo fcorpione , fof- fre i sintomi del Tarantifmo . Ma due ragioni fole atterrano cotesta popolare credenza . Gli fcorpioni Africani fon più velenosi di quegli della Puglia , per testimonianza del Redi , e del Baglivi medesimo . Per- chè, dunque non fuccede un tanto strano effetto per gli fcorpioni vele- nosi dell'Africa, ma per quelli della Puglia folamente , che contengono men veleno? Di più : fé gli fcorpioni terrestri, e le tarantole produco- no li cotanto stupendi fenomeni j' perchè non fanno lo steffo gli altri venenosi animali della Puglia, e le vipere medesime? 17^ D I S S E R T A Z I O N E II. quefto infetto polipodo (/r) non è velenofo : io mi fono anche afficurato che un'altra fpecie di fcolopendra terreftre, chiamata da Linneo elettrica , non morfica punto , quantunque fi tenga fo- vente tra Je dita (17) . Si (a) Che ha molti piedi . (17) La fcolopendra è 1' ultimo infetto , che fi dee qui defcrive* re: perciocché parlarono dimolto del fuo veleno Ariftotile , Eliano , e Diofcoride tra gli antichi , a' quali debbon eflere aggiunti il Signor Lindeflolpe , Teodoro Klein nelle Tranfazioni Filofofiche , e '1 Signof Carré negli Atti dell' Accademia delle Scienze di Parigi. Arifiofile in - primo luogo al Libro fecondo della Storia degli animali , parla del ve- leno delle fcolopendre marine, le quali a fuo credere , non mo-dono , ma toccando la pelle d'un uomo, tortamente l'infiammano. Se fi para- goni quella breve defcrizione , con ciò che racconta un moderno Viag- giatore d' una certa fpezie di lacerte abitatrici della Paleftina , con ciò che altri antichi ne differo de' bruchi , e con quello che a noi fé fa- pere Plinio fu delle locufie ; vi troveremo fomi^lianza ben molta. Pli- nio appunto delle locufie fcriffe .• mitlta conta£tu adurunt . Fn fecondo luogo Claudio Eliano diftinfe la fcolopendra marina dalla tcrertre; ma ^S8'"g"s che la prima è più velenofa dell' altra , e che accalora, e bru« eia afl'ai di più . Finalmente Diofcoride al Libro fello , avanzò il luo dire , con darci ad intendere , che le fcolopendre avvelen; no parimenti col mbrficare. Vuole che la parte morfa predo divien nera, che poi s' impiaga, e fi cancrena- e che ogni rimedio che fi tenti , riefce inutile, effendo quel malore onninamente incurabi'e . Pare che a quefto ultimo Scrittore fi fia attaccato LindeRolpe; poiché afficura, di efier egli fiefìb flato tefiimonio di vifia , che le vacche morie dalla fcolopendra an da» ti manifefii fegni di cancrenifmo. Ma molti moderni Oflervatori fi fon meffi di propofito ad ofTerva- re l'intiera orditura di quefto infetto, e tra gli altri il Leeuwenoek , e '1 Dottor Mead . Il primo celebre fcrittore , mentre premea le braccia della forbice della fcolopendra , vi vide di colà dentro ufcire una goc- Cetta di umore . Il Mead inoltre , facendo altre attente diligenze in un braccio della forbice ifìefla , eh' avea tenuta per qualche tratto di tempo nello fpirito del vino , vi offervò un picciol buco verlb la punta , alla parte di fopra . Quelle oflervazioni paragonate con quegli effetti che fon nati da morfi delle fcolopendre, an dimofirato chiaramente, ch'efli non fon miga diverfi da quelli che procedono dalle morfure delle api , de' ragni , degli fcorpioni , e di altri fimili infetti , che contengono u- mori acri , e pugnereccì . Dovraffi però , ficcome tante volte fi è detto , aver mira alla varia qualità del clima , dove le fcolopendre allignano: per- su GLI ANIMALI VELENOSI.' ^^7V Si trovano nella clafle de' vermi di Linneo gì' inteftinali i moUtjfchi, i teftàcei, i litofiti, e gli zoofiti. Tra efìTi molti fo- no nocevoliffimi agli uomini . Si può riferire in queft' ordine . L La furia infernale, Furia Infsmilis di Linneo : quello è il più terribile de' vermi; egli è filiforme, piccoliffimo , a ciglìe delle due partì, pungenti ricurvati, e applicati fu del corpose Jungo due linee, aflai comune nella Svezia, e nell'Ollanda. Que- fli vermi cadono dall'aria, penetrano i corpi degli animali, e deli' uomo , e gli ammazzano in un quarto d'ora, cagionando atroci dolori . Il cafcio frefco applicato fopra della parte ferita è il gran rimedio a quefto flagello ; fa tornare in dietro 1' in- fetto che defidera mangiarlo (i 8). IL II crinone , o il Gordim medimnfts di Linneo, è un verme affai lungo, filiforme, bianco, che s'infinua in differenti parti del corpo , cagiona de' dolori atroci yjs. la morte ifteffa , a meno che rotolando deliramente , e con precauzioni intorno uno fpiedo di legno , fi ritira appo- co appoco: fi trova non folamente nell'Africa e nell'Afia, ma anche nell'America (15?). III.I vermi àtììnomo^Lumbricus buma- nus perciocché vero fempre farà , che nelle regioni fredde elle non conter- ranno veleno affatto , ficcome il Moufeto teftilìcò avvenire de' ragnateli. In frig'tdljjimìs regionìbus , ei dice , multi arami , nulla autem f baiati' già s vel Jt qua fuerint , veneni, & malignitatis omnis exortia . (iS) In fentire quefto breve racconto, che ne diranno i Lettori? Effi efclameranno forte , che la defcrizione della furia infernale ha varie difficoltà inefplicabili . I vermini non anno ali, ficcome né tampoco ne anno quelli de' quali parliamo : e pure fi feri ve , che le furie inferna- li cafchino dall' aria . Inoltre , perchè la puntura di cotefto verme arre- ca tanto presto la morte ? E' forfi per lo gran numero , con cui s' in- tromettono nel corpo, laddove infinuati , effi corrodono le parti inter- ne , e le piti nobili ? Uno fcrittore Franzefe propofe quefte , ed altre molte difficoltà contro le proprietà bizzarre della furia infernale. Perlo che io reciterò qui le fagge parole di Erodoto , le quali fono ; io non ofo »on crederla , ma non fono facile a perfuadermela è (ip) Due fupreme fpezie di crinoni dobbiam noi diflinguere , fé non vogliamo urtare in pericolofo errore. Quelli che nafcono da cagio- ni interne, e da' mali umori della macchina^ e quegli altri che dal di fuori s' infinuano nelle parti interiori . In certe contrade dell' America, al riferir di Antonio UUoa , fovente gli uomini patifcono il mal d^' ver* 174 Dissertazione IL «Mj di Linneo ; tutto il mondo conofce le ftragi alle quali da luogo, allorché è annidato nelle prime vie, cagiona cardialgie, eclampfie, o convulfioni fenza perdita di conofcenza, febbri fi- noche &c. IV. L'afcaride, Afcans Verm'tcularis di Linneo, cagio- na vellicamento, prurito all'ano, e marasmo , o smagrimento ec- cefTivo . V. Il verme folitario , o la Tenm di Linneo : fé ne di- vermini nella pelle ; e tal vermini s' intromettono , mentre que' rozzi popoli dormono ignudi all'aria fcoveita . All'incentro certe altre genti Africane, che abitano fulle frontiere dell'Etiopia, che per mancanza di pefci, e di befiiami , fi cibano di grilli, e di locufìe , fon foggette nel- le parti cutanee a vedere fviluppati varii infetti alati , i quali in tal numero fi moltiplicano , che tante volte penetrando nelle interne fedi , divorano gli organi nobili , e cagionano la morte . Strabene , tra gli antichi Geografi , già avea defcritti quefli popoli Acrioofagi , o pure mangiatori di locufte . AI libro decimolefto egli dice : Vivunt ex lecu- ftis , quas venti %/ffrki , & Fa-vonii fehementius flantes in ea ìcca conu pellunt , II celebre Signor Drack poi nel fuo Viaggio del Mondo, racconta minutamente il principio , ed il feguito di tale malattia . Ognun vede in quefl:a narrativa , che il naufeofo cibo delle locufie^ generando degli umori cattivi , fa inverminire 1' abito del corpo . A quella feconda interna cagione fi debbono riferire quei crinoni , che milk fiate foffrono i bambini nel dorfo, ed in tutto il tratto della fpina . Tali vermini confumano la fuftanza , e'I nutrimento, ficchè tante volte con atrofia o t- ventemente negl' inteftini de' cani . Scrifle di più, che la tenia fi ri- genera, a guifa de' polipi del Trembley . Non in tutt' i luoghi fi pro- duce ugualmente quello verme ■ ed è ben rado neli' Ita'ia . (21J II aonije latino- hirudo , ch'efprime la fa ngui fiiga , fi vuole che derivi ab haerendo^ perciocché le mignatte tutte fi attaccano alle carni. Ma la vei'a Cgnificazione fi^ dee prendere dalla Greca parola ihxi , che vooi lyó Dessrtazioi«Je il Si conchiudera che turt'i vermi, de' quali abbiam parlato, non anno alcuna qualità velenofa , fé s'attenda , che i mali eh' efiì cagionano poflbno fpiegarfi meccanicamente , o almeno attribuirfi agli alimenti alterati , che loro fervono , come di proprio nido per isvilupparli nelle prime vie. I litotìti , e zoo- fiti fono altresì efenti da veleno come i vermi inteftinali : ma Vuol dire palude ; perciocché le fanguifughe fi generano , e vivono ne' luoghi paludofi, e nelle acque ftagnanti . Si può confermare quefta eti- mologia da quel verfo di Teocrito, dove la migratta Aif/Vjtr^s, cioè ptx- lujlre vien chiamata . Aldrovando ( de hifeCiìs aquaticis ) diftinfe due fpezie di fanguifughe; quelle di mare, e quelle di acqua dolce , e de' fiumi . Le prime mai contengono alcun veneno , ficcome fi può altresì rilevare dalle deicrizioni de' Signori Garcin , e Bat Ker nelle Tranfazio- nì Filofofiche ( num, 415., e 472. ). Il timore delle fanguifughe vele- nofe è. tra quelle di fiume: ed il Redi anche ebbe gran temenza di certe mignatte di tal forta . Il Linneo fa menzione di quattro fpezie di fanguifiaghe : quelle che trovanfi nelle acque delie paludi ; quelle delle acque comuni; quelle altre che fiauno alcofe lotto delle pietre nelle acque iftefle, e lon banchiccie di colore , e le uitime che trovanfi ap- piccate fu de' pefci . Il Rondelezio da gran tempo parlo d' una fangui- fiig'a, lunga un dito, colla tefta picciola , e che viv« Ibvente ne' fan- ghi. Egli ce la dei'crive per velenofa : ma quello eh' è da confiderarfi > è appunto, che i pelei che trovanfi nelle acque tangofe , mangiano -di tal forta di fanguifughe, e fi nutricano . VcJigono lefcrit^e ancora cer-» te altre fanguifughe velenofe , che anno il capo groOo, e fono di colore Verdaftro . La loro mcrficatura fi vuole, che fia feguita da infiamma- zioni , da fiftole , da cancrene , e da fimili accidenti faftidiofi . Se tut» to ciò è vero , vi abbifogna dell'attenidone nella lecita di effe fangui» fughe, prima di adoperarle per trar l'angue da'le vene emorroidali. Ciò non ofiante il Signor de Sauvages dichiara , efì^re una volgare <:redenza quello timore delle languii ughe velenoie . Ma vero fempre fa* rà , che Iciegliendofi quelle che fon piccole di corpo e di tefta , che anno il dorfo di varj colori, col ventre roffigno , e che trovane nelle acque correnti e chiare; elle non potran mai recare alcun effetto catti- vo . La fanguifuga ha una bocca triangolare , guernita -di tre denti for- , tiffimi , nel cui fondo fi vede una papilla di carne, ben dura, iftronien- to per fucchiare il fangue . Qiieilo fangue entra in una borfa membra- brofa , divifa in tante cellule . Si conofce molto bene , che ingoiatH una fanguifuga , o pure introdotta nell' inteftino retto , ha cagionati de' fin- tomi molto crudeli : avvegnaché tai vermini fi; attaccano alle vene , e . • ca- su GLI ANIMALI VELENOSI .' 177 ma non fi poffono liberare alcune fpecie che fi trovano tra' te- ftacei , e mollufche , come i datteri di mare , le ortiche , e 'i lepre marino. Meibomio, Hoffmann , Bautzmann, Mentzel, Grimrae,e fopra tutto Berhenfio nell'opera di Werlof , afficurano che i dattelì di mare comuni , volgari, molto fimili a quelli che 11 mangiano ( forf: fono gli fìelfi ),a'':ino cagionati de'fm tomi gra- viffiini . Araraanno, e Valentino citano anche un efempio di morte cagionata da quelli vermi . Berhenfio_ racconta che fi fen- te dire comunemente a Brunsvvik , che una o due perfone fo- no morte per aver mangiati i datteli di mare : efTì pruovano qualche tempo dopo, più preflo, o più tardi, cardialgie, anfic- t^a, dolori nel baflb ventre, naufee, vomiti, diarree, difficolta di rerpiro,fudore freddo, svenimenti, e foprattutto rifipole coti febbre, o fenza febbre, femplice , o,come accade più fovente, corredata di piccioLe bolle, che fi pigiierebbono per eruzioni, le quali caratterizzano la porpora a fegni di urtica de' Tedefchi . Quella rifìpola attacca in un fubito la faccia, paiTa al tronco, all'eftremita, ed occupa in poco tempo tutto il corpo , imitan- do dimolto la febbre fcarlarina : aggiungono movimenti verfo la regione dell' emorroidi con pruriti viviffimi agli uomini , e cella matrice alle donne : quelli pruriti accelerano il loro fluf- fo meftruo. Mentzel ha olfervate in una feraina convulfionì collanti, che accompagnavano i fintomi, de' quali noi poco fa abbiam parlato . Quella fcena dura al più due o tre giorni : Z effa cagionano degli ftrani fintomi , fpecìahnente la cardialgia , e li dolori atroci net,r interini . Egli fi è trovato però un' utile rimedio : e fi è , che quando la fanguifuga annida nello ftomaco , fa meflieri bere molt* acqua (alata , e dopo pui"gare l'infermo col mercurio dolce . E fé fiali introdotta nell' inteflino retto, fa uopo preflamente fare de' replicati cliftieri parimenti di acqua falata , fino alla llia efpuifione . Checché ne fia di quello infrangente, niun Medico potrà dubitare , che il ca- var fangue dalle vene emorroidali , fia giovevole rimedio . Particolar- mente quando fi richiede minuirne la quantità , e nel tempo fiefTo fgra- vare i vafi delle vifcere , ottima coTa è il fare tale operazione, la qua- le fi fperi menta utili ffima nelle infiammazioni del fegato , e negl'ipocon- driaci . . ■ J78 Dissertazione II. ella qualche volta finifce dodici ore dopo il principio. Sarebbe da diriderare,che vi follerò de' caratteri certi per diftinguere i datteli di mare velenofi da quelli che poffono mangiarfi fenza danno alcuno ; non fi può dire che quelli che fanno il fuggetto di noftra rifleflione coftituifcano una fpecie differente ; non fi può né meno ricorrere per ifpiegare quelli fenomeni a' tempi dell'anno, alle fafi lunari, alla putrefazione de' datteri , alla loro magrezza , o alla idiolmcrafia , o difcra- fia del fuggetto che li mangia. Pare più verifimile a Berhenfio, che i mali cagionati da' datteri fono dovuti ad alcune malat- tie di quelli tellacei: non nega però che non poflano effere ef- fetti della nutrizione che il datreio ha prefa prima di fervire d' alimento agli uomini , o di alcuni inietti velenofi , i quali éffendo flati alforbiti da quelli vermi , poifono cagionare tutt' i fintomi rapportati di fopra . Lo fteffo autore penfa che uno o due dattili folamente poifano cagionare tutti quefti mali : non dubita che fé tutti quelli che un uomo aveif^ mangiati, fof- fero flati infettati, non ne prò valle de' fintomi molto più gra- vi , e che ancora non ne morille prontamente . Si fcanferebba facilmente quefto pericolo, pigliando fenza perder tempo qual- che rimedio capace di eccitare vomito , ed evacuare gì' i ntefti- ni, dopo di che fi termina con trattare dolcifìcanci, diluenti, oliofi, diaforetici, ec. L' ortica marina è comuniffima al porto di Gette . La fi- gura del Ruifchio prefa dal Mattiuolo è migliore di quella del K.ondelezio . Quello animale chiamato medula, Medufa dal ce- lebre Linneo, è un corpo come gelatinofo, trafparente, di co- lor di carne : fi vede ella fluttuare qua e la alla fuperficie del mare, portata dalla corrente dell'acqua . Eiaminando il movi- mento di contrazione, e di dilatazione di quello particolare ani- male, mi fon accorto, ch'egli efala un vapor fottile che infiam- mava gli occhi , come quello eh' efce dalle cipolle tagliate : fé per cafo, dopo averlo maneggiato, portava la mano agli oc- chi, prima di lavarla con attenzione, l'ardore, e'I prurito cra- fcevano confiderevolmente ; perciò avvi morivo da credere, che l'ortica marina contiene principii velenofi analoghi a quelli che danno energia alla pianta dello llelfo nome , di cui i peli fo- su GLI ANIMALI VELENOSI. I^p no fiflulofi, fecondo nota Hooke (22). In quanto al lepre marim , badate di non confonderlo collo Scorpioide -di Rondelezio , che i Pefcatori di Linguadocca chiamano lepre marino. La prima fpezie di lepre marino, che Linneo chiama Thetis Leporina^ è incognita ne' Porti di Lin- guadocca: fecondo Diofcoride , Aezio , Paolo Egineta , ed altri autori , fé fi mangi quefta fpecie di lepre marino , produce un fapore naufeofo , fimile a quello de' pefcì , dolori di ven- tre; la pelle in un fubito diviene gialla , appreffo piombina ^ vi è fuppreffjone di orina , o fé fé ne rende , mentre che la malattia fa progreffi , ella coraparifce affai roifa: gli ammalati anno naufee , vomitano materie biliofe tinte di fangue , e 'i loro fudore fi rende puzzolente . Ma non poffiamo dare giudi- zio ragionevole fu le qualità velenofe di quello lepre marino , non avendone occafione alcuna di offervarne gli efFettì . L' al. tra fpécie di Rondelezio, ch'è glutinofa,trafparente come l'or- ca marina, non ci fa vedere alcuna qualità dannofa ; noi l'ab- biam fentita e guflara , e ci è parfa affai infiplda (.23) . VL Ci refta cercare quali fieno gli amfibii velenofi ; bifo- gna confeffare, che queffa claffe ne contiene maggior numero d'ogni altra: tutt'i ferpenti fono in orrore: farebbe un opporli alla opinione comune il far dubbio alcuno fu de'loro veleni (24): Z 2 in- (22,) La Medufa del Linneo , che noi qui in Napoh* chiamiamo ortichella , fu dagli antichi filmata avere una forza infiammante . Eliano partitamente la paragonò colJa fcolopendra . Viene fcritto ancora,, che un giovine effendo ito alla marina in tempo di fiate per ibllazzarfì nelle acque , trovò colà la ortichella ': f app icò fililo icroto , dove fi produfìe una infiaramagione , la quale durò parecchi giorni , Ma il Si- gnor de Reaumur in una DifTertazione inferita negli Atti dell' Accade- mia Regale <, dice , che cotefle ortiche non cagionano in alcuna guifa cocenti pruriti a coloro che le toccano j e che quelle fon animali vera- mente organizzati . (23) Non fi sa , perchè quello verme fia flato chiamato lepre ma- rino , quando non ha fomiglianza alcuna col lepre . (24J Traili ferpenti delle varie regioni , trovafi un baflevole nu- mero di velenofi • ma il lor veleno è di varia attività , fecondo la lo- ro ftrutlura particola re , e'i diverfo 'clima » Qi.undi a ragione fcrifTe Ari- iSo Dissertazione IL incanto io arclifco aflerire noi non avere tra gli amfibiì che la vi- Arifìotile ( L'tb. Vili. Hijlor. animai. ) .- Serpentum morfus multum dtf' ferunt . Ma quando fi leggono preffb degli antichi certi ferpenti di grof- fezza flrabocchevole , e lunghi a difmifura, ognun intende che vi fia del favolofo in tutti quei racconti . Conobbe quefta verità fino da' tempi fuoi Diodoro Ciciliano , il quale ai libro terzo regiftrò : Serpentum multa genera , & magnitudine incredìbil'ta v/derì .... centum enim cu- bitorum longos vìderi quidam pronunci'antes , jure merito non nobis folum, fed & aliis omnibus mmdacìi fufpeSii funt . Gli Arabi riduflero a tre claffi le morfure de' ferpenti velenofi . Certuni mordendo , levano la vi- ta fra due , o tre ore : altri morficando , cagionano de' mali , che fi guarifcono mercè de'' vomitivi ; e 1' ultima clafTe comprende que' ferpì de' quali i morfi fi curano co' rimedii ertemi folamente . Lafciando però da parte quelìe antiche divifioni de' ferpenti , note- rò folamente quello che ne ha fcritto il celebre Linneo . Egli li di- ftingue in fei ordini : I. Quelli che anno il corpo nudo , il labbro fu- periore elevato, e niente di coda , come il ferpente cieco . IL Qiielli che anno degli anelli attorno del corpo, e della coda , qual' è V am- fefibena. IH. Que' che vanno coverti di fquame all' addomine , e fulla coda . IV. Quelli che an 1' addome coverto di fafcie circolari, come fono varii colubri, e tutte le vipere. V". Quelli che anno fuU'addome , e fulla coda delle fafcie fquamofe , e la coda fenza appendici . VI. Fi- nalmente quei ferpenti, che anno delle fafcie fquamofe alla coda- alla cui cima inoltre anno certi fonagli compoili di fquame . Tal' è il fer- pente a campanello dell' America , che trovafi fpecialmente nella Vir- ginia , nel Meffico , nel Brafile , come ancora nelle Indie Orientali, e neir Africa . Ma prima di defcrivere quei ferpenti , che veramente debbonfi por- re nel ruolo de' velenofi, fie bene eh' io brevemente efponga tutto quel- lo che gli antichi fpacciarono fui gran veneno de' bafìlifchi, e de' dra- goni • materia , che peravventura farà calunniata da alcuni , ma non guftata, né ben intefa* forfi da altri . Egli tende al profitto della Gio- ventù il faper 1' origine , e le fentenze degli autori più accreditati dell' antichità . Il bafilifco era flimato il Re de' ferpenti, e dalla voce Greca S«ti;- Xty? ne traffe il nome . Fu defcritto da Nicandro , i cui verfi tradotti fon i feguenti , l^anc modicum , & dominum ferpentum perfpice Regem : Eminet argutum caput , ejì flavo ipfe color? , Et tribiss exten/o porreSìus corpore palmis . Nella Cirenaica, nell' Egitto, e nella Libia fcrilTero gli autori , che fi tiovaife il bafilifco . Plinio al libro ottavo diffe : Cyrenaica bmc gene- tfit su GLI ANIMALI VELENOSI. iSl vipera , che fia veramente velenofa , quantunque la Francia prò- vat provìncia^ duodecim non amplius dighorum magnitudine . Ammiano regiftrò parimenti .• Serpente^ quoque ^egyptus alit innumerof , ultra omnem perniciem faevientes , Bafilifcos , & ^mphisbaenas . Ed Eliano fcriffe lo fteflb de' deferti della Libia . Se fi parli della nafcita del ba- filifco, gli Egiziani credevano, che foffero generati dagl' Ibi ( forta di uccelli , de' quali ne parlarono Erodoto , e Strabone ) . Ma la opinione volgare de' tempi di mezzo fi fu .■ che il gallo vecchio faceffe un uo- vo, e '1 feppelliffe nel letame per fecondano . Quindi fi formaffe un ferpe di dodici dita e più di lunghezza , avendo piccole ali . Se noi po- niam mente a quanto ne fcriffe Plinio, Galeno, Aeaio , Solino, e de- gli altri fui potente veneno del bafilifco , noi molte maravigliofe noti- zie fentiremo . Bafti il riferire quello che ci volle far fapere Galeno . Il quale così fpiegbflì : Fifas folum , atque auditus , cum fibilat , ur- dentes , & audientes fé necat ( ,Ad Pijonem Ctp. Ì^III, ). E Solino fcrif- fe ancora : Terram polluit , & exunt , ubicumque ferale fortitur recepta^ culura . Aggiunfero di più gli antichi autori che tal veneno penetra i corpi più duri ■ e che il bafilifco tramanda gli effluvii veletiofi anche dopo la fua morte . Però gli i'pecchi fon quelli , che 1' offendono di- molto : laonde veggiamo fcritto , che chi gli va all' incontro con un grande fpecchio alla mano, o pure che vada tutto coperto di effi {pec- chi , il veneno fuo da quefti ripercofso è capevole di ucciderlo . In fi- ne Eliano a tanti bei racconti ve n' aggiunfe un altro più fpeciofo , e fi è ; che il bafilifco vien tolto di- vita, per lo canto del gallo'. Dopa quello che fcriffe il Vallisneri, non dovremmo noi fai=e prù motto di quella curiofa novelletta della nafcita del bafilifco . Nel vero come mai puote il gallo generar l'uovo, quando non ha utero ^ né ova= ia ? Dall' altra banda egli è certo , che le galline qualche fiata danno fuori qualche uovo degenerato, donde fi sviluppa piccol mofì:ro. Quefio fu tenuto dalla gente- credula effer un- vero pFodotto del gallo . Ecco dunque, che fé per bafililco s'intende una befl:iuol3 così mofi:ruofa ,egli farà fenza alcun veneno ,. come fono le galline ifieffe . Ma è un' altra- fannc|iia quel racconto degli fpecchi » De fpecula ,. fcriffe Aldrovando- ( TraB. de Serpentibus , &' Draaonibus ) nugamentum effe apla-amur j quan- doquidem venenum , cum fìt naturae B.i/ilifci conforme , in auBorem' etiam lyeciprocatum. , nullum ei afferret detrimenturn . Però ne' t"empi' fri fcuri y anche qualche barlume vi trafparì nella mente di Erafiflrrato y ri quale- nego fpacciataraente ogni qualunqiie veleno negli occhi al bafilifco . Se" poi intendiamo per tale animale una fpezie di ferpente> noi- faremo nel diritto di crederlo della natura di tutti gli altri ferpì . I quali per tut- t' i verfi offervati da' moderni Viaggiatori ,, niente effi anno fcovetto di q^uefto veleno del fibilo,. e degli occlu » Usua» i82 Dessrtazione il „ produca molte fpecie di ierpenti, di falamandre, di lucertole, ec. Io Uguali maraviglie fentiremo su del dragone . Si pretende , che co- teRo animale nalca dall' aquila e dal lupo, mentre quefti fi accoppiano ne' bofchi delle alte montagne , quali fpecialmente fono il monte At- lante , e r Olimpo : che tai dragoni anno i piedi del lupo , e le ali -dell' aquila . Quindi fi legge un paflb dello Scaligero preifo il Gefnero: Genera omnia Draconum peiJes habent .: e di più : Quaedam genera Dra- conum a!as habent. Ma Plinio chiaramente gli negò e i piedi, e le ali. Se fi parli della grandezza di quello animale, che altro abiffb di difpLi- reri fi vedrà . Plinio ifìeffo deicrivendo i dragoni dell' Etiopia, li fa lunghi venti cubiti ; Eliano quegli della Frigia di trenta cubiti ^ ma Strabene, Svetonio, e Dione crefcono affai di più. Dà orrore quella deicrizione che fa Strabone al 'ibro XVI dove dice ^ vifum fuiffe Dra- conerà r/iortuum plettri ( feu centum pedum ) longitudine ,_ d^ tanta craJJÌ- iudìne , ut equites utrinque aj]rjìentes fé non viderent invicem &c. E Dione al libro primo defcrive .un dragone lungo ottantacinque piedi , Che fé mi dirà taluno : e colà mai credevano gli antichi della natura di cotefii dragoni ? Rifpondo , che non tutti diflero la fteffa co- fa . Fermifì dunque il Lettore un poco a contemplarvi dentro , e vede- re quanto fi è lavorato dalla lor fantafia . Senza adoperar molte parole, diremo tutt'infieme , che per fentimento di molti Scrittori dell' anti« -chità, non pure i dragoni contengono il veleno • ma il fiato loro iflef- fo è talmente pefiifero, che uccide chiunque fi trova in quell' avvele- nata atmosfera . Il Jonfton fece una diflinzione , che i dragoni che flanno nella montagna Atlante , o in quel dintorno , levano la vita a chi toccaffe il lor corpo j ma quei che fi trovano in altre con- trade Africane , uccidono colla fola veduta a guifa de' bafilifchi . Leg- gefi inoltre prefib Arifiotile, che a'tempi di Filippo Re di Macedonia, un monte dell' Armenia era inacceffibile , poiché tutti coloro che giun- gevano ^, mercè il fiato peftilenziale de' dragoni , in un fubito morti cadevano ; ma tali befiie effendo dipoi sloggiate di colà , redo libero quel paffaggio . Ad onta però di quelle tefiimonianze , Nicandro , Plinio, ed Aezio, negarono tuttavia che i dragoni foffero velenofi . Draco non hixbet 'venenum fcriffe Plinio . Anziché -, fé vi aggrada , io addurrò i' autorità di Omero . Il quale nella fua Iliade diffe , che li dragoni al- lorché voglion nuocere , fi cibano di erbe velenofe . Il folo aver riferito all' ingroffo quello che fi è detto dagli anti- chi su de' dragoni , è baftevole a farci intendere , che abiffo di favole effi regillrarono nelle opere loro . Tutt'i Viaggiatori , allorché an ve- duta qualche befiia fingolare nelle rimote contrade della Terra , an avu- to il piacere di condurla in Europa, per accrefcirnento dello ftudio del- la su GLI ANIMALI VELENOSI. l8? Io non ignoro trovarfi in Italia e Svezia una ipecie di ferpen^. ts Ja Storia Naturale . Per ciò che dunque effi giammai portarono alcuno di quelli dragoni morti i,elle parti nofire , fi dee pur credere , che tal ferpenti non efiflevano nel molte Atlante, e nell' Olimpo , non in al- tre terre dell' Africa , e_ nell' Armenia ; ma più torto nella fantafia di coloro che gli an narrati , o di quegli autori che gli anno fcritti . Che Filoftrato racconti , che nel celabro di effi dragoni vi fi trovi una pie- tra, maraviglia a noi recherebbe, fé non fapeifimo f indole fallace e fanatica di tal fuggetto . Egli è pur noto , che Filoftrato in quegli ot- to libri , dove compilò i fatti egregii del fuo Eroe , cioè di A- pollonio Tianeo, di giunta alle tante menzogne, ed impofìure,, fece va- rii divifamenti de' fatiri , de' pigmei , delle pantere Armene delle fé- aiici , e di tante altre bagattelle, che noia a me apporterebbe il volerle folamente toccare . Inoltre fé udiamo prefTo i Medici nominare a pie- ne bocche il fangue del dragone , come rimedio difeccante, ed afirin^^en- te ; deefi fapere , ch'egli è una fuftanza refinofa , ed infiammabile, e d' un roflb carico , che per lo più vien portato in Europa dalle Ifole Ca- narie , o dalle Indie Orientali ; e fi ottiene da alcuni alberi , che in certa guifa raffomigliano al pino . Quinci fi rileva quanto fia sfornita di appoggi il fentimento di Plinio, e di Solino, i quali fi credettero che il dragone venendo a zuffa coli' elefante , ne fucchiaffe il fanoue' di quefto animale ; laonde V elefante cafcando a terra ichiaccialTe ed'uc- cidefle il dragone ifteffo , dal fangue de'quali mefcolato colla terra ,avef- fe origine quella foftanza che tutti chiamano fangue di draoone . La de- fcriffe pur Plinio quella novelletta al libro ottavo , dicendo : Dracones effe tantos , ut totum faiìguinem. capiant . Itaque Elephantes ab tis eJi- bi , ficcatofque coincidere v & Dracones inebriatos. opprimi , commorique Ma lafciamo ormai quefte nenie . Si dee necefiariamente far paro- la di quello che importa al veleno de' ferpenti . Molti antichi furono di avvifo, che tutt' i ferpenti foffero velenofì , e che il veleno ftefie ri- porto in luogo particolare del lor corpo. Plinio credeva la lede del ve- neno de' ferpenti effere la borfeta del fiele, il quale fentimento, parlan- dofi delle vipere, fu feguito da Galeno, da Avicenna , e da Rhazis : laonde ho ripefcato dall' opera del Jonrton , che chiunque prende in bocca , o per bocca il fiele della vipera , in un baleno cade in isfini- mento . Pur tuttavia il contrario dimortrano le fperienze precife di Meffer Francefco Redi . Avendo egli dato a molte fpezie di animali come al gallo, al gallo d' India, al pavone, ed al cane il fiele della vipera internamente, ed erternamente avendolo applicatola' medeumi su d' una ferita fattali , tutti rtettero bene , né danno veruno fé gli recò . la. fine, certi altri autori della vecchia fcuola difefero a fpada tratta , cke 1S4 Dissertazione II. ' te chiamato da. Aldrovando ammod'ne^ che non è meno vek- Kofo della vipera (25). Io fo trovard in America un ferpente a campanello,© il Crotalus borrìdus di Linneo; egli attrae dicefi, nella (uà gola gli uccelli , e gli fcoiattoli : il fuo veleno non può che fotto della lìngua de'ferpenti vi fofle un' artifiziofa veffichetta , ni- do' fpeciale di quel/ atro veneno j ientimento che il ò veduto leggia- dramente abbracciato da molti moderni . Noi per altro non cambiere- mo opinione , quando mercè la legge della fomiglianza colla vipera , col ferpente a campanello , e con altri , fofieniamo che da' denti fcen- de il veleno di tutt' i lerpenti . Per ?Itro fé fi mettano a confronto negli antichi le varie defcrì- zioni de' ferpenti velenoll , io foRengo , che non vi fi trova nelle •medefinie quel!' accorcio di fentimenti per poter dirli chiari e lìnceri i detti loro . l\ [epe di cui pjirla Aezio, il dìpfa ^ ed il prefler di Pli- EÌo , tutti vengono defcritti come velenofiffimi . Se il fepe morde, in un fubito, i4 corpo tutto 11 sfacela , € le offa medefime s' imputridi fco- no . Anche Ariftotile fé parola di un ferpente , la cui morfura produce la cancrena di tutto il corpo . Il Prejler cagiona col fuo morfo la cadu- ta de' capelli , la dilTenteria , e 1' allucinazione, o il delirio,- ed in fine il dipfa fa venire una gran fete . QLiefle iono in abbozzo le defcrizioni dqgli antichi . Ma fé a noi venilfe voglia di apprendere qualche minuz- zolo di cofa fu della flruttura di cotefli ferpenti , noi ci faticheremo indarno. Perciocché Aezio riduce il dipfa al genere delle vipere j e Ni- •candro ammette il fepe , e '1 confonde col dipfa . Ecco il gran buio , ond' è attorniato queflo punto d^ iflorla . (25) Il ferpente ammodite fu minutamente defcritto da Diofcori- de, da Aezio, da Solino, e da altri antichi autori. Solino difTe , che fre- cillatus ; i Porroghefì il chiamano Cobra de Capello ; ma tutte quefte beftie crudeli fono flraniere, né fi trovano in Francia » Tutt' i ferpenti del Regno pofiTono ridurfi ai due generiì di Linneo, chiamati ferpcìHy e colubsr^ ferpenti ,, e colubri ;: il pri. lenofì,, il ferire co* denti canini , acciò fi prepari la via al veleno , al riflettere del noflro Marco. Aure'io Severino nel Trattato de Vipera Py» th'ta. Tralafcio di riportare la lunga, ed efatta defcrizione del ferpente a campanello , la quale fi può leggere , fé aggrada , nel Signor Tv'on , e nei Dudley nelle Tranfazioni Filolofiche ^ come ancora nell' Efl-ratto degli Eruditi dì Lipfia . Solo a me fia lecito aggiugnere , che qnefto' rettile è voraciffimo, e furibondo allorché vien tormentato dalla fame . Molto più furiolb , quando nuota full' acqua- perciocché, fé allora vede qualche barca, o battello,, egli vi fi lancia con tanta rapidità, che gli uomini non poffono fcampare affatto da' denti fuoi. Qiiafi in un baleno egli fi raccorcia,, fi lancia, ferifce, e fi riti'-a> A chi è morfo da tale ferpente, che non ha più di cinque piedi di lunghezza, fi rigonfiamo» fìruofamente tutto il corpo, s'infiamma la bocca e la gola, e la lin- gua ftrabocchevolmente s' ingroffa . Tale infelice fcflre un'arfura indici- bile, ed una fete inefiinguibile : ma ogni picco! forfo éì acqua^ accre- fce più i fìntomi, ed accelera la morte, la qup.le maifempre accade con una violentiffima polmonìa. Se talvolta, mercè de' rimedii, o per la particolare gagliarda dilpofizione della macchina il morfìcato non fi muore, porterà però pel rimanente della fua vita de"^ manifefti fegni della patita difavventura . Li più refiano ittericf . Due dimande curiofe fecero i Naturalifli fui ferpente a campanello» Donde nafca quel fuono della coda , e qual ulb egli tenga : e fé ve- ranaente con una virtù,, che incanta ed ammalia, tragga a fé le hefìi- uole , e gli uccelli. Preffb il Jonfion al fuo Trattato de Serpemibus fi leggono le defcrizioni del fonaglio di quefto ferpente,. fecondo il Marc- gravio , Fifone , e Nierembergio . Ma a dirla in breve, egli è un pa» rallelogrammo piatto, meffo fulla coda, che vien formato da certi anel- Ji voti, e fonori , congiunti infieme, ed attaccati air ultima vertebra. Serve quel fuono, per difcacciare gli uccelli, che fono acquattati a rami degli alberi per farne preda . Rifpetto poi alla forza incantatrice di que- llo ferpe, di cui fi parla nelle citate Tranfazioni ( num.4:50. ) , ella al certo non è mica qualche forza fimpatica, a cui molti fecero ricoifo ; ma fi dee dire, che quelle infelici befliuole veggendo quel nimico sì pò» derofo fenza aver lena di fuggire, fi sbalordìfcono, e cafcanoa terra: end "è' che il ferpe lanciandofi furiofamente, tantofio le fa fua preda. su GLI ANIMALI VELENOSI 187 primo è determinato dalle fcaglie del ventre , e da quelle <^i fotto la ceda. V orvaf ^ cecilia njulgaris d'Aldenande , [^ angui s fragilis di Linneo, fi trova nel primo genere : i Linguadocchi il chiamano, naduelyO 77adiol ^ parola che fignlfica feoza occhi; ha cento trenracinque feudi addominali , ed altrettante paia di fcaglie dall'ano fino alla eftremita della coda : egli è lungo nove pollici , di figura cilindrica : fi trova ne' prati , donde nafce perchè fi porta fovente.col fieno nelle cafe ; egli pafla per COSI pericolofo , che il volgo afficura che fé egli non fofle ■cieco, potrebbe far cadere un cavalcante da fopra il fuo caval- lo . Frattanto è certiffimo eh' egli non è privo di vìfta ; io ho molto evidentemente veduti ì fuoi occhi; dirò di più, io ho fovente data occafione di farmi morficare,nè folamente non ne fono ftato ferito,* ma né anche ho intefo dire efferlo flato per- fona alcuna : quello ferpente non ha alcun dente canino fimile a quelli della vipera , e la fua morficatura non può cagionare alcun incomodo (27). Noi abbiamo in Francia molte fpecìe di colubri , ma elfi non fi pofTono deflinguere dalle defcrizioni degli autori , ec- A a 2 cet- (27) Quefto mi fembra il luogo acconcio per notare alcune cofe fu dell'idra, forta di ferpente, così chiamata da' Greci, e così nominata ■parimenti da'Latini. Tutti gli antichi riputarono velenofe le idre: ed O- mero volendo fpiegarci il modo, che tenne Ercole per uccidere il cen- tauro , dice elle gli fcag'iò un dardo intinto nel veleno di tal ferpente . Credette fimilmente l'antichità , che fofle velenofiffmio il fiatò delle idre: anziché Diofcoride favellando di tal veleno , prefcrifTe parecchi rimedii per prefervarfene . Ma ficcome favola è quello refpiro velenofo delie idre, favole eziandio faranno tante medicine, credute efficaci per tal'uo- po . Un' altra fentenza fpacciarono gli antichi fu di quefto ferpente ; e fi è, che aveffe egli più tefle, e che recifa una di leffe , ne rinaFceffero delle altre. Qiiindi leggiamo a chiare note preflb Ulifle Aldrovando , « preflb il Jonfton , delle idre a fette , ed a otto teRe^ Ma fappiafi qui da ognuno, che non v'ha in Natura alcuna befìia , che realmente abbia più di una tefl:a- le fi eccettuino que' pochi cafi di certi ferpentelli mo- ilruofi , che talvolta fon nati con due capi . Sarem dunque noi per con- chiudere j che l'idra altro animale non è, che una fpecie di~ ferpente , che alberga particolarmente ne' ■deferti dell' Arabia , cui la favola , l'igno- sanza , la fuperftizione, e Ja rozzezza dé'Popoli, vi fecero agpiungere tan- te meraviglie, eh' erano vere menzogne di pianta . i88 Dissertazione II. eectuata folamente la fpecie chiamata in latino Natrix , e la vipera . Gli fcolari del Collegio di Alais fcherzano impune- mente con differenti fpecie di colubri , li maneggiano fenza ti- more , dando a ciafcuno nomi differenti . Il Sibilatore , o il Sibilator ha 155. feudi addominali , porta fui dorfo macchie angolofe, e finuofe, fpargendo un odore difpiacevole : fé fi fol- letica , va indietro fìfchiando . Il Nocrafo^ o Nocratus ha 2^4. feudi nell'addome, 120. paja di fcaglie fotto la coda: la Natri- ce ha iy6, feudi addominali , e do. paia di fcaglie fotto la co- da: XAfptde o Afpìì ne ha 217. feudi neiraddomine,e do. pa- ia di fcaglie fotto la coda : ha egli il ventre bianco, il dorfo roffo, macchiato , le fcaglie piccole , la tefta gialla alla parte inferiore ; quefto è il folo traili noftri ferpenti che fia audace: egli attacca, avendo la gola aperta, que' che fi approffimano, fovente ci morde, ma fenza funefto evento. Se ne trovano due fpecie; la prima è chiamata nafìro o taetna^'^zxzh.h ha fui dorfo de' nallri roffi , e longitudinali ; l'altra fi chiama rmiftca , che prefenta fui dorfo, e fopra la coda, macchie che imitano affai bene le note di mufica : fi offervano anche i colubri rolfi , e bianchi che vivono eell' acqua; ma fon rari a trovarfi (28). Tra (28) Sebbene il Signor de Sauvages ci faccia fapere , che non fie- no miga velenofi gli afpidi di Francia • ciò non oftante altri autori Francefi dicono il contrario: e nella Italia manifeftamente tai ferpi fon velenofi al pari delle vipere . PrelTo gli antichi l'afpide fu in varie gui- fe chiamato . Quidayn Serpentem Nifiacam , & lA'egyptiam dinere , fono parole del Jonston , quod ^A'e-gypto fìt peculJaris .• Propertìus Sacrum colu' éntm , quod in fimitlacris Ifidis adhìberetur\ d'ixìt : aln Hypnel'tn a fo- mni induBione, Nicandro defcri vendo' gli afpidi diffe, che tal' è la forza del lor veleno , che fnpera di molto il veleno della vipera medefinia . Benanche il tengono ripofio in eerte veffìchette , che ricoprono i loro denti canini. Plinio concedette agli afpidi due denti fìRu'ofi , e lunghi, per io voto de' quali credette pafliir il veneno . Chi riceve una morlura dall' afpide , foventemente fi rigonfia la parte morfa j fi produce f offu- fcamento della vifta, il pallor del vifo , il fonno ; e qualche volta i do- lori atroci , e le convulfioni , le quali terminano in una morte ficura » Da quefia breve defcrizione fi può dare ajudizio fulla cagione del- la morte di Cleopatra Regina di Egitto. Cortei pel dolore della perdita di Marcantonio , 11 volle levar la vita facendofi mordere djU' afpide , ed uc. su GLI ANIMALI VELENOSI _ lop Tra le fpecie de' colubri , de' quali poco fa abbiam par- lato , noi non ne conofciamo" alcuna che apporti qualche dan- no ; fono affai quieti ^ almeno quando non fi maltratta- no : allora morficano il più forte che poffono : ma in quei mo- mento fteffo fi pacificano , rotolandofi attorno la roano , o al collo , né ofano più attaccare co' denti : fra tanto bifogna ec- cettuarne r afpide che non fi dimeftica cos'i facilmente . Un giovine che ne fu morficato,ebbe la mano gonfiata: ma neffun altro ha provato lo fteffo accidente : puoffi credere che queliq aveva qualche alterazione di umori , o che fia flato morficato in parte eitremamente fenfibile . Da tutto ciò che abbiam rap- portato, ninno dubiterà che le ftorie de'Pfilli,e degli Ofiogeni, che foli avevano il potere di ftruggere il veleno de'ferpenti, non fia una favola nata da' pregiudizi! . lo'paffava anni fono in un paefe della Diocefi di Lodeve, chiamato S. Michele de' Serpenti; ficconie m'informai dell' eri- gi- uccìdendo ancora in tale guìfa due Tue damigelle . Ne' tempi nofln , ne quali ogni punto fi è meffb in dubbiezza , molti moderni Scrittori an» no creduta una falfa opinione , e divolgata preffo la gente malaccorta , quella di dire , che Cleopatra fofTe morta pel veleno dell' afpide . Ma quefìa critica cosi in Tana , viene totalmente confutata dagli autori anti- chi fteffi . Strabone al Libro decimofefto per incidenza parlando di Cleo- patra, fcriffe : Seipfam in ciijìodia clam Inter fech morfu afpid'is . E Ga- leno ( Liù. I. ad Pifonem ) dopo aver numerate le varie fpezie degh afpidi , foggiunfe : Harum igitur ferarum unam Reginam Cleopatram, cum •vellet latere cnflodes , ftatim & cifra fufpicionem mcrtem fibi confciviffe . Il dotto Redi riflettè , che Cleopatra non potè con uno ifteffo afpide uccidere fe> e le due danìigelle: avvegnaché il ve'eno di tal ferpente alla prima, o feconda morficatura, fi farebbe tutto votato, e'I terzo raorfo ficu- curamente non avrebbe potuto -^{fo vdenofb . Per Io che credette egli , che la Reginafi potè ferire con un ago infetto da quel venenorago eh' ella portar folea per ornamento del crine^ ma che niun danno arrecava, fé non fé quando s' introducea nel fangue, ficcome teftifica Dione , Chec- ché ne fia di quefto , egli è certo, che la morte di Cleopatra fommini- ftra un argomento per affodare la noftra fentenza , cioè che 1' afpide è un ferpente velcnofo . Non fo dunque , fé abbia ragione il Morgagni , il quale foftenne, Cleopatra non elfer morta pel velen® del afpide, ma per un potente narcotico che fi prefe j mentre i' antichità è contfaria a tal fao fentimento. ipo Dessrtazione il gìne di queflo Dome , così apprefi che ogni anno nel mefe di Luglio, ne più predo, né più tardi, una moltitudine ftupenda di ferpenti efcono dal monte, accanto al quale il Villaggio è poggiato , eh' entrano nelle cafe per cercarvi acqua e fuoco , nix non s'è giammai ofiTervato eh' effi prendeflero topi, né in- fetti: quefti ferpenti non fon temuti che da' foraftìeri ; gì' in- fanti- ne giuocano , li prendono per la coda , gli unifcono a due a due, e gli obbligano correre cos\ iigati per le ftrade ; effi fono lunghi tre piedi in circa d'un verde carico, macchiati di bianco, e gialli fu del capo : molti ne fono flati morficati ai piedi ed alle mani, non folamente fenza rapportarne danno al- cuno, ma quali fenza fentirne dolore : non anno che picciolif- fimi denti, che facilmente li cacciano in prefentarli un cappel- lo, ed in un fubito ritirandolo» La vipera è comune nel Poitou , nelf alta Linguadocca , «e' monti di Cevennes ; i mietitori -, e i Botanici prudenti debbono fempre portare degli fìivali molli, allorché percorrono i prati : diftinguefi quella fpecie tli colubro -da' due denti canini , che il mafchio , e la femina anno nella mafcella fuperiore . Mead , e Vallifneri ne anno qualche volta oflervati quattro : quefti denti fono più lunghi degli altri, fiftulofi, o canaliculati, Curvati interiormente, articolati come in ginglimo, avendo cia- fcutio quattro buchi, cioè due verfo la bafe, ed altrettanti ver- fo la punta , eh' è nulb.dimeno folida . Non bifogna dunque aver fede a Nichols, che foftiene non elfervi che un buco alla punta del dente , al quale gli da la figura d'uno fteccadenti, quantunque egli abbia beniffimo defcritto , e defignato il mec- canifmo per cui T umor velenofo della vefcìchetta é fpremuto , e fpinto nel canale del dente . Allorché la vipera \'uole raor- ficare , i fuoi denti fi ridrizzano , i follìcoli velenofi , fu de' quali fon locati , vengono compreflTi , e '1 liquore é fpinto nel canaletto del dente eh' è dirimpetto ; quefto liquore ha il co- lore,e fapore -dell'olio delle mandorle dolci. Vallifneri, accertato da Redi , 1' ha gufìato , ed avendo ripetute tutte le fperienze dì quefto illuftre Naturalifta , le ha trovate molto conformi alla verità. I dubii di Seba,e di Charras fu l'efiftenza del follì- colo, e del canale del dente della vipera, fono dunque fenza su GLI ANIMALI VELENOSI. ^ I^I fondamento ^foprattutto da che Nichols ha darà l'anatomia efat- ta d.lla vipera , e che fi conofce 1' analogia che trovafi tra la vipera j e '1 ferpente a campanello (zp) , • Noi (29) Dovendofi da me ora favellire della vipera e del fuo veleno, non mi affaticherò tutt' una volta per efpon-e compiutamente tale fuggetto colla fcorta de' Naturai idi . Perciocché fo fapere» che quefto è un cam- po SI ampio , ed un erario cosi doviziofo , che innumerevoli valentuo- mini antichi e moderni vi fi fon provati , lenza averlo intieramente potuto evacuare. Nicandro , Ariftotile,- Diofcoride ,, Galeno, Aezio fr» gli a tichi ^ Baldo Angiolo Abati, Mercuriale,. Marco Aurelio Severi- no, Aldrovando, Redi, Charas, Bourdelot, Togwod , Tyfon , Mead , Sprengel » Charles, ed altri molti traili mo lerni , anno da fenno tratta- to, ed illuftrato quefto si utile e dilettevole punto- di Storia Naturale . Ma non polfo fare di meno di non rallegrarmi meco medefimo dell' O- pera già accreditata dell' Abate Felice Fontana , e 'I cui titolo fi èr Rf- cerche Fifiche jul veleno della Fìpera , In quelta 1' autore fi è moftrat» ingegnofo , ed ha fquittinato a puntino tutti gli organi, e le parti che la vipera impiega nel mordere. Il fuo genio ebbe una inclinazione par- ticolare , ed una intelligenza penetrante in cotali perigliofe ofièrvazioni. Ma là , dove fi tratterà della natura di cotedo veneno , e del fuo modo di agire , farà il Fontana una nuova e ben diffente comparfa in teatro j anziché il ravviferemo per primo banditore di novelle teorie talvolta bizzarre j e ardite, E mentre agli ammiratori crefce la confolazione di vederlo fare con quelf acuto ingegno eccelfi viaggi nelle pellegrine fpe- culazioni^ io qualche volta mi- contenterà di un penfare minore, e piti confacevole a quel ragionare quieto ,, di cui mi glorio, e fon pa-qo . Cominciando dunque dalla origine , la parola vipera fembra. con- ti-atta da vivtpera^ poiché, ficcome nota Ariftotile ,. traile fpezie tutte de'lerpenti , effa fola dà alla luce i figli fviluppati, e non già le uova. Si dee da ogni faggio Naturalità tenere per una volgare, e fallace opi- nione, che le vipere , allorché dan fuori ì loro- germi , ó i viperini , quefli forano la matrice e i fianchi ,. e così recaao la morte alla lor propria madre, Qi-iedo si , che il parto delle vipere è dolorofìffimo j, mercè la ftrettezza de'loro' organi naturali. la non mi fermerò dimolto a defcrivere partitamente la fingolare conformazione delle vertebre , e delle cofìe dì quefto ferpe , V orditura e lìtuazione della 'matrice e del- le ovaie, poiché già quefte minuzie fono' fiate lungamente da altri fpie- gate . Dappertutto nella Ten-a trovanfi delle vipere : ma più elle ama» no i luoghi faflblr e le montagne ,. che non le. contrade vicino al mare , Ariftotile, e Celio Aureliano n'eccettuarono 1' Ifola di Creta ^ o> fia di Can- ip2 Dissertazione IL Noi dobbiamo ancora efaminare i generi di raiaocchie , e lu- Candiaj in cui fecondochè efli d 1 fiero , non folamente non vi ha delle vipere, ma neppure di altre forte di beftre velenofe . La lingua della vipera è biforcata ^ e quando quello animale è pie- no di frfegco , ed irritato, la vibra con tant' empito, che lembra una fiaccola, o un folgore . Alcuni antichi credevano , che la lingua delle vi- pere foffe venefica j ma niente è men vero di queftoj ed ella altro ufo non ha, che pigliare i piccioli animali, che cerca di mangiare . Se poi fi parli de'denti maggiori , o pure feritori delle vipere, fi veggono que- fti nella di lor bocca • ma gli autori non corcordano nella defcrizione di effi . Udite , come parla il Redi . „ Paolo Egineta , Ali Abate, tanto nel mafchio , quanto nella femmina fanno menzione di due foli denti . Vincenzio Belluacenfe dice che fon tre, Baldo Angelo Abati , ed il Vef- lingio che fono quattro , ed Alberto Magno afferma che il mafchio del- le vipere ha due denti nella mafcella di fopra, e due in quella di fotte corrifpondenti fra di loro. Giovannij Batti fta Odierno nella fua diligente, e curiofa lettera de dente viperino , Idopo aver detto che i denti minori fon quarantotto , venendo a favellar de' maggiori , pafla fotto fìlenzio il loro numero . Marc' Aurelio Severino aflerifce, in ciafcheduna delle raafcelle fuperiori averne veduto almeno tre, quattro, ed anche cinque, e fors' anche fei . A chi creder dobbiamo? Dirovvi quello che ho vedu- to in più di trecento Vipere . Le Vipere dell' uno , e dell'altro feifo anno folamente due denti canini , co' quali mordono , {labili , e lodi, e fpuntano dall' olfo della mafcella fuperiore uno per banda , e Hanno co- perti da quelle guaine, delle quali di fopra vi ho favellato... E' pere vero, che dentro a quefie guaine alle radici de' fuddetti due denti ne nafcono molti altri minori , ed io ne ho contato fino a (ettz per ogni guaina , e tutti uniti infieme in un mazzetto, come nal'cono colà ne' prati alcuni funghi minori alle radici del fungo maggiore , e non ugua- li in grandezza, ma uno ordinariamente minor dell'altro, e non fon co- sì duri , e così radicati nella ganafcia , come il dente maggiore , anzi pochiffimo s'attengono, e buzzicati, faciliffimameiite cr.fcano , dove che il dente più grande fenza violenza fi svelle,,. Da quelle parole del Re- di fi fa da noi, quale fia il numero de'denti feritori delle vipere. Per ifpiegare acconciamente in che guifa da tali denti s' inlmui il veneno nelle carni quando la vipera mordere flato anche coteflo un grof- fo litigio. Il dianzi lodato Redi ben fi avvide, che fiffatti denti fon vo- ti in fino alla punta: ma egli nega onninamente , che le vipere nel mor- ficare fchizznno l'umore giallo per quell' an^uHiffimo forame ; ed affer- ma inoltre di aver fempre veduto, che il detto liquore quando la vipe- ra morde, corre per lo dente, non già per dentro il canale, ma per la via ■su GXI ANIMALI VELENOSI, Ipj iucertoni -. fi rapporta al primo il rofpo, e la rana verde; il B b fé. via di fuori dalla radice fino alla punta . Egli inoltre afficura , che nella -guaina del dente fia il ricettacolo del veleno , il quale lì fepara da una vicina glandoletta , fìtuata fotto gli occhi della vipera . Il Vallisneri fcrif- 'fe , che in ciafchedun dente canino vi fieno quattro forami piccoli , e laterali : laonde conchiufe ., che la parte più vifchiofa e groflblana del veleno fcorra pel canale efterno , o per la fuperficie del dente • dove che la parte più fottile e mobile nel luogo ferito vi penetra , mercè i detti quattro foricelli . Il Signor de Sauvages altresì .nel Tello accenna , e con- 'futa la opinione del 'Celebre -per altro Netomifla Nichols . Il quale dopo -avere defcritte a puntino le parti della vipera caudifona , per una legge di fimilitudine foftennc , che tutto il veleno efce maifempre per la pun- ta del dente che morde e che ferifce ., dove avvi una fenlìbile apertura, ■Il medefimo ivJichols pretende , che vi ha un particolare ricettacolo del veleno fuori della guaina del dente ifieffo della vipera . Ma per metter in moftt-a i ricchi e forniti addobbi che fi veaaono nell'opera del Fontana, io accennerò quanto mi parrà neceffario al no- ftro ilìituto, fervendomi della fcorta di lui medefimo. La vipera nella .parte anteriore del capo ha due mobili offa , che formano una porzione della ganafcia fuperiore; in cadauno -delle quali offe veggionfi due alveo» li, feparàti da una lamina fpugnofa . In quelli quattro alveoli s'impian- tano i denti maggiori ., o canini' , che non fono fempi'e quattro di nu- mero ; ma talvolta tre, e foventemente due. Allorché fon quattro, uno o due di eiìi trovanfi deboli , m,obili , e vacillanti . Attorno di effi den- ti maggiori evvi lei o fette altri denti minori j ma -che flanno fuori degli alveoli , varii tra loro di durezza e di grandezza , che fon con- giunti alla mafcella, mercè di alcune fottiii e molli membrane. In fine la. vipera ha un terzo ordine di denti chiamati dall' autore minimi , che £ono dieci,© 'inidici di numero per parte ; e ^affomigliano a tanti pic- ma con qua- le attività non attacca egli la gola , e lo rtomaco ? Di qui fi può conchiudere che qualfifia veleno non agifce fempre come tale, ma bifogna che trovi un diflblvente pr-oprio a sviluppar- lo. Verfate l'olio fu della calce, quefia non bollirà , ma il fa^ ra fubito fé fi mefchi con dell'acqua (3 (^): la pietra infernale not> agifce già mai col folo foccorfo dell' aria ; ella per rodere le carni ha bifogno del concorfo dell' umido della pelle , in vece che (^6) Se defiderate uno de' bei fenomeni che fi veggono nella Na- tura , Voi r avrete nelle fermentazioni si varie de' fluidi . Egli fi do- manda , perchè la calce fermenta coli' acqua , e non coli' olio • e per- chè r olio di tartaro per deliquio fa effervefcenza mefcolato con qual- fìafi fpirito acetofo , e non con altri licori j laddove lo fpirito del fale ammoniaco, e lo fpirito del tartaro fan bollore collo fpirito del vino rettificato . Per islargare di più quefta fottile teorìa , fa meftieri fapere, che un fluido acciò penetrar polTa un corpo folido ,.0 un'altro fluido, fa bifogna,ch' egli fia di minore gravità fpecifica del folido ,0 del fluido da effer penetrato , e che abbia parti adatte per infinuarfì ne' pori dicoftoro. Or r acqua applicata fu della calce vìva , per rapporto di gravità fpe- cifica, e per determinata configurazione di parti , penetra in un iftante: e tutte le parti ehftiche , che nella calce fi trovano, quali fono quelle dell' aria , e del fuoco ^ debbono fvilupparfi ed ufcire per dar luogo alle acquidofe . Ma tali foltanze aeree ed ignee diradandofi e fpanden- dofi , producono la effervefcenza . I corpi elafiici tutti maiferapre chieg- gono di fpanderfi ( Wolf. ,Aerometr. ). Per ciò riflettendo , che la calce è un corpo folido fulfureo, o per dir meglio pieno zeppo di particelle ignee ^ che 1' acqua per analogia di gravità fpecifica fcioglie detta cal- ce in un momento : la qual cofa non può produrla 1' olio come corpo vifchiofo^ fi comprende quinci la origine di tutte 1' effervefcenze . Con quefto ragionare noi rileveremo , che tutti que' corpi che fan bollore e fermentano, debbono avere le medefime, o le fomiglievoli proprietà dell' acqua e della calce a vicenda : e che quelle fuftanze le quali non fer- mentano, deono confiderarfi , come fé foffero l'olio e la calce medefìma. In quefta guifa , allorché noi poniam per certo le varie denfità, e le diverfe gravità fpecifiche traili veleni, e i fluidi diverfi del corpo uma- no, capiremo donde nafcano le affinità ed i varii attacchi de' detti ve- leni . su GLI ANIMALI VELENOSI 205 che il fosforo di Kunkel opera fenza queftoconcorfQfjy): le can- terelle combinare colla faliva , non producono effetto , ma le loro parricelle ricuperano tutta la lor forza da che fono unite colla urina, e col feme:in fimìl guifà, affinchè il mercurio fia cambiato in Sublimato corrofivo , ha bifogno di effer congiun- to coir acido marino per foprabbondanza ; fimilmente anche tut- t' 1 fall vogliono effere difdolti colla faliva per potere irrita- re la lingua. Da tutti quelli fatti fi può afìal ficuramente conchiuderej che i veleni non agifcono come tali , ma che fono i midi che rifuhano dalla loro unione colle molecole di certi fluidi del noftro corpo ; i veleni narcotici , come V oppio , fi miichia» no col fugo de'nervi, dalla quale unione effi penetrando la io-» ro origine gli oftruifcono (38)&;c. Que'che feparanorepidermidein lamine , corae il fegato del gatto marino , fi combinano colla materia della trafpira2Ìone,che rendono acre e corrofiva; il ve- leno della idrofobia fi unifce coU'umor mucillaginofo delle glan> dole febacee deli' efofago : fé il fifilitico è recente , ei fi por- ta (37) Il fosfoi-o del Kuncliel , che fi fórma dalla orina , prefenta a'- gtrardi noflri un fenomeno troppo curiofo , e fi è > che nelle tenebre egli rifplende a guifa di zolfo accefo . Un fomigliante effetto fi ravvi- fa nel pirófoi-o , il quale si prepara dall' allume , e dalla farina . Gior- GÌo Hambei^ger , e '1 Signor Mufchembrò anno dichiarate, fecondo que- fìa medefima nofira teoria , tutte le varie circofianze , che fi notano in tali produzioni » L' O P P I O. (38) Quefl:o- è il luogo di ragionare dell' oppio , e ragionarne non come un medicamento, mi come un veleno^ giacché egU è un pode- rofo narcotico , o che internamente , o che efternamente fi adoperi j ed ha fervito ben fovente agli avvelenatori , come di un mezzo ficuro e eerto per levar la vita ad uomini infelici . Nicandro in vero allogò T oppio traili veneni . Egli fi ottiene da una pianta , che fi chiama pa- pavero, di cui fi diftinguono due fpezie, il bianco, e '1 nero . La grof- fezza della radice del papavero bianco , è quanto quella del dito picco- lo, che dà fuori un tronco di tre, o q.uattro palmi alto , guernito di larghe foglie bislunghe, e di color verdemare . I fiori fon rofacei , e tetr apetali , i quali ad ogni foffio di dolce aura, di leggieri cafcano . Dal calice efce una piccola teftaj d' onde T oppio propriamente fi trae. Ma 2o6 Dissertazione li. ta nelle glandole delle anguinaglie ; s è antico attacca quelle del Ma il "papavero negro fi difllngue in ciò , che il fiore talora è roffo , talvolta di fvariati colori; e la coccola, o fia tefta è più ritonda. Or r oppio vero fi è quello, il quale fpontai^eamente cola dalle incifìoni fatte nelle coccole de' papaveri, in quella guifa che il defcrif- fero fra gli antichi Diofcordie, e Plinio: e non già dal fugo fpremuto e raddenfato , come penfarono Profpero Alpino , Lemery , e'I Signor de la Condamine . La fentenza di quedi per altro dottiffimi uomini viene impugnata agramente da cento, e cento fperienze , che non fa me- ftieri qui riferire . Per troncar le ali a tal- fenti mento, dirò folo , che r oppio ordinario tiene tante parti attive , le quali non potcebbonfi avere, nò fi anno dal fugo Ipremuto : e di più il fugo latteo che fi ottiene per incifione , e rileccato al fole , o all' ombra , ha il colore , r odore, e '1 gufto, come ancora la confiRenza dell'oppio buono che fi iifa da noi . Ed oltracciò mettendoli a confronto 1' oppio comune col- lo eftratto del papavero, o col fugo fpremuto, v' è tanta differenza fra r uno , e r altro , che fa ftrafecolare . Vero è pero , che mille fiate i mercatanti in una giufta proporzione vi mefcolano coli' oppio la gom- ma del glaucio, e '1 iugo della lattuga falvatica , piante anch' effe nar- cotiche i ficcome fu avvertito dagli antichi medefimi ^ Se l'oppio folfe Rato fcoverto da' Greci , o pure dagli Egiziani , non mi pare ancor decifo : Tna tutto che quefto lìa uno fcuro indovi- nello , vi appaiono tuttavia de' bei lumi . Egli a me fembra pur certo che di quefta gloria sfornir non fi dee 1' Egitto .• anziché il nepeyithes da Polidanna Egiziana meffo nel vino ,iu l'oppio ficuramente .A farmi feudo, e gloria di queft' autorità, uop' e fapere , che varii divifamenti an fatti gli autori fui vero fenfo di tal voce di Omero , meffa dal Poe- ta nel quarto libro della fua ammirevole Odiffea . Sulla derivazione dì quello vocabolo nepenthes , le molte lentenze -degli Eruditi veggionfi fclaierate in una Differtazione de! celebre Signor Pietro Petit, pubbli- cata in Francia nell' anno lóSp. Defiderio intenfo io avrei di accenna- re le più principali interpretazioni de' Dotti .; ma mi allargherei di- molto dal mio icopo . Baderà fapere, che alcuni de' moderni Medici , feguendo le orme di parecchi antichi-, con un fol colpo an chiefto di atterrare ogni contro verfìa , con dire , che il nepenthes di Omero non fu r oppio affiitto ; e che di più tale dizione Poetica allegoiicamente fi debba intendere . Nel vero per allegoria la intele Plutarco lulìa prima , ed ìndi Macrobio ( Saturnal. L'tb. VII. Cap. I. ) Queft' ultimo fcriffe così : Sì Homeri latentem prudentlam fcmtcyis aìtìus , delenunentum il' luci , quod Helena -vino mìfcnit .... non herba fntt , non ex India fuC' ciis y /ed narrandi cpportunìtas , qua-: hofnitem , mo^roris oblitum , flexit ad sa GLI ANIMALI VELENOSI. 207 ed gaud'tum . .'. . Ù' ita cyeditmn efl cantra raoerm-em vino r^me-dium mi/cKtffe . Anche il celebre Vefcovo Euftazio fece eco a quelli autori . Ma fuori di coftoro , mille e mille furon quelli , i qual pel mptnthes di Omero intefero. T oppio . E '1 celebre Samuel Qarcke , la cui auto- rità io tengo in gran conto, cotefte ricercate e peregrine allegorie di Plutarco, di Macrobio , e di Euflazio ^ le tenne; per penfieri fpiritofi , e per fottili efcogitazioni ^ animate da una viva fantafìa • Ma checché fìa di questo , egli è certa che febbene agli Egiziani foflero state note le proprietà dell' oppio , nulladimeno furono elfe fparfe e divolgate da' Greci, moltiffimi anni innanzi la età d' Ippocra te .L'op- pio abbondevolmente pullulava nell'Egitto, e fpecialmente nelle perti- nenze della Città dì Tebe, ond' è che fu chiamato, oppiò Tebaico.Qg-. gidì nelle Indie Orientali , nella Perfia , nella Notolìa , veggionfi ampie amene campagne ripiene di papaveri , giacché que' popoli , non che ufano, ma fanno un abufo dell' oppio, eh' effi mefcolano. col mele per temperarne 1' amarezza, e col cardamomo , collo zafferano » e colla cannella , per ottenerne una fustanza eh' efii tracannano fovente in pilo- Je, o pure la fciolgono in- un licore , del quale ne beono fovente, ed sbbondevolmente . Tutto ciò il fanno, affinecchè fi delti in loro una gra- ta ubbriachezza , o pure fi procuri la tranquritità della macchina .. Tan«i to può r afTuefazione nel noftro corpo , ficchè fi avvezza egli a tran- goggiarfi bellamente de' veri veleni, fenza che in menoma parte- fi ftur- bi , ò fi fconvolga V armonia del moto de' nofiri folidi , e de' fluidi. E vale il medefimo difcorfo nel cafo noftro , che in quella donna Atenie- fe defcrittaci da Galeno , la quale appoco appoco fi avvezzò a pafcerfi di cicuta fenza ricevere nocumento . Anzi degli efempli frequenti veggiamo in coloro che fono afluefatti a beverfi de' licori fpirìtofi , Ma vegnendo a parlare degli effetti perniciofilfimi 'dell* oppio , e com' egli può di leggieri uccidere chi il prende , ed eflere in tal guìfa un potente veneno , dichiaramone in generale poche cofe. Il Weffer nel fuo Trattato della cicuta acquatica molte ftorie regiftra de' fintomi tor- mentofi , e delle morti che in varii fuggetti fi fon recate unicamente per r oppio . Anzi quel eh' è più , foventi volte non fi é prodotta in- fìammagione nello fìomaco , o altra qualfivoglia alterazione' e 1 oppio ancora nel ventricolo annidava . Quando talune perfone fono fiate avvele- nate mercè di una dofe di oppio ; fé la Natura ha mofTo il vomito,an-i no sfuggita la morte. La dofé è molto incerta : e vi ha degli efempli nella Storia Medica, che con dodici granelli , con otto, ed anche con quattro acini foli fi è levata la vita agli uomini . In generale coloro , che fono affuefatti di meno a tali bevande oppiate, con minor quantità ne muoiono . Nel vino , ne' licori , ed ancora introdotto e mefcolato con qualche vivanda, fi è fomminiftrato dagli avvelenatori , I quali mai.i fempre fono fiati guardinghi a non darlo in verun conto coli' aceto ^ col 2o8 Dissertazione TI. ■col fugo cieli' agrefto , coli' agro di limone, o con altro acido dì fi. mil fatfa j perciocché in ^uel cafo la forza dell' oppio viene minuita, e talvolta eftinta . Ma fuori di quefti acidi , 1' oppio è fempre un veleno. Hoifman racconta , che un Medico di Hall per aver prefi alcjuanti gra- nelli di laudano , acciò potefle pigliar fonno , con tale dofe dormì per fempre . Nel Forefto fi legge d' un infermo malfano , il quale per far calmare i fuoi dolori nefritici pigliò 1' oppio , e fi morì . In Ungheria un foldato per fette pilole di oppio ifteilb da lui trangoggiate, fu ve- duto morire dal Sartorio. Sono da leggerfi il Willis, Marcello Donato, Sennerto , i Saggi dell'Accademia di Edimburgo, e degli altri mo'ti , per trovare un fondaco doviziofo di olTervazioni , onde dedurre, che l'op- pio è un veleno. Dal Willrs partitaroenìe abbiamo apprefo, che uh uo- mo eh' avea la doglia colica, pigliata un'avanzata dofe di oppio, ad un tratto fi lagnò di un grave pefo nelìa regione dello floraaco : gli amici gli diedono del vino, e de' cordiali j ma la opprefTione , e le interne fmanie fi accrebbero, ficchè dopo tre ore terminò di vivere, IlSjnnerto altresì fa fede, che l'oppio fomminiftrato per cliflieri , levò la vita a molte perfone . Ma fé la dofe non è avanzata dlmolto, e fc il temperamento di rhi lo piglia è rifentito , e gagliardo , ne verranno altri mali graviifimi, e pericolofi . La vertigine, la fpoffatezza de' nervi, l'itterizia, lofma- grimento del corpo, la impotenza alla venere, la paralifia ibno gli ef- fetti dell' oppio, i quali dopo una vita ben corta e penofa , fon i'eguiti dalla morte . Rari fono quei cafi che taluni fon guariti , iol perchè la Natura ha promoffa un' abbondevole diarrea, o che fieno appariti de' Copiofi fudori, i quali axeano il lezzo dell' oppio . Per ifplegare finalmente come V oppio agifca , a quattro fupreme tlaffi ridurre fi poffono tutt' i varii peiiiamenti e fiflemi de' Medici. Gli antichi credettero che gli oppiati efercitaffero la loro azione , j-adden- fando , e quagliando il fangue , o fia mercè una qualità velenofa e fred- da , che ammorzi o eftingua il calore del corpo. Quello generale fenti- mcnto fu variamente modificato da' Medici di tal fetta . Nel vero il Willis tenne 1' oppio per un veleno , che affoghi o incateni gli fpiriti animali, niente danneggiando il fangue, o le fibre. Cartello nel fuo Trat- tato de Homine , dichiarò , che l' oppio coagula il fangue , mercè le fue parti fpiritofe e oliofe, o per mezzo di un etere firaniero , nella guifi appunto che fanno lo fpirito d' urina, e lo fpirito del vino rettificato. Per lo che le fibre de' nervi venendo rilalciate da tai fali volatili nar- cotici , perdono la loro tenfione , e non poffono comunicare al comune fenforio le impreffioni degli obbietti eilerni , Ma varie ragioni de' moderni anno ributtato , ed annullato queRo primo fiflema. Ippocrate fino da' tempi fuoi conobbe, e ci fé fapere , che r oppio lunge dall' effere un corpo freddo , debbe iìimarfi una iu- fìaa- su GLI ANIMALI VELENOSI. 209 Uanza calcia , ed un compoflo infiammante : quinci è che applica- to efteriormente , ammollifce i tumori , e li difcioglie . Qui di- . rò di paffaggio , che l'applicazione dell' oppio fuUe parti cfterne del corpo, debb' eflere ufata anche con cautela : e mi ricordo in quefto pro- pofjto di ciò che fcrifle Galeno , che un gladiatore per averfi mefTo l* oppio fui capo , mori in poco d' ora .• laonde egli ben di rado di tale droga fi avvalfe, e ne' bifogni li più preflànti . Falfo è ancora , che r oppio agifca per mezzo dell' acido zolfo; avvegnaché niuna orma dì acido fi ravvifa nell' acqua del papavero falvatico , ficcome né tampoco negli altri narcotici, come nello zafferano, e nel giufquiamo . In rap- porto poi a queir etere firaniero da alcuni ammeflb , egli è un puro fogno . Che perciò la comune de' Medici fi gittò nel contrario partito, che è il fecondo fiftema. QLiafì giurarono tutti coftoro, che 1' oppio operi fciogliendo , e diradando il l'angue , dal qual principio intendonfi mani- feflamente tutt' i fenomeni. Il fangue fi fpande, e fi accelera, nafce uk calore nel corpo, ficcome il WefFer da più oflervazioni ha dedotto; e le fecrezioni diventano più copiofe . Se la dofs dell' oppio è difcreta » mercé la moffa che s' induce negli umori , nafcono la veglia , e i' alle- gria: ma fé la quantità oltrepaffi, fi producono il fonno , il letargo, ed anche la morte. Io non poffo far di meno di non regiftrare xjuì le pa- ro'e del celebre Fifiologo il Signor Hambcrger, il quale dichiara queflo fiftema nella maniera feguente ( P/jf/fioleg" Med. ^. 1385.) Potus fpiri- tuosi fertnentantes , ^ei fermentati , ut vina genevofa , itemque Opium,uti jnitiore quantitate fumpta refoivendo maffam fangu'tneam , motum fpirltuw/» augetìt , adeoque vigllias producunt y Jìc majori doft fiimpta , globulos fiuidorum in aliena d-eferunt "uaja , ferofos nempe m Ij/mphatica , fangtii^ nees in/erofa , di£la -vafa obflruunt , adeoque fecretionem fpiritumn ìh ranffa fangtttnea , quamvis abundantiiim impedìunt , interdum ad mortem , t'el ad [ìuporem afque. Il Dottor Mead , che ha maneggiato quello ar- gomento con gli fieffi principii , dice chiaramente , che ficcome quando a tempo , e nelle occafìoni proprie 1' oppio da' Medici fi fa prendere a' malati, è un rimedio da cui varie utilità fi ritraggono; così egli prendendofi in dofe avanzata riefce un gagliardo veleno , Allora s' in- fiamma il ventricolo, fi dirada il fangue, i vafi fi rendono gonfii e te-'^ fi, e feguono tutt' i fintomi d'una vera apoplefia . Egli a tal propofito, per forza fé tracannare ad un cagnolino una mezza dramma a un di prcflb di oppio difciolto nell'acqua bollente. Il cane preftamente vomita quella foluzione con molta làliva fchiumofa . Ma egli volle ripetere 1' efperienza ; e fece prendere al cane più dofi , dando d'intervallo trall'una» e r altra di circa un quarto d'ora. Pofciachè ii cane ebbe trangoggia- te quafi due dramme di oppio , il Signor Mead, (lette alla vedetta per ravvilàrne gli andamenti , e per ifcorgerne gli effetti . Vide , che il ca^ D d ne .2 10 Dissertazione II. ne fi sopì ^ (li poi deftatofi cominciò a tremare ed a convellerfi • avea: una difficoltà nel reipiro ^ non potè camminare, e le gambe fi rendet- tero tefe e ngide, quafi che fofìero ftate di legno. In quello fiato aven- dogli fatta bere un alti-a dofe di foluzione di oppio , fpirò. Aperto il "ventricolo vi vide eh' era fommamente diftefo- ma che altro non con- tenea che un tantino^ di acqua coli' oppio. Egli avendolo lavato benbe- ne , vi otTervò un arroffimento, quafi che foiTe una leggiera infiamma- gione . U pi'oro era contratto: i vafr del celabro pieniffimi, erinr^onfia- -ti : e recifo il feno longitudinale de' medefimi ,, vi eflrafle di colà un grumo di fangue rappigliato, in quella gui'a , che fuole ofTervarfi ne' cadaveri di coloro che fon morti apoplettici . Tutto quefto lunghetto divifamento de' Dottor Mcad vien comprovate dal Signor Tralles nel ■Trattato deiroppio, e dal "Signor Whytt medefimamente. Per altro quantunque vero fìa» che l'azione dell'oppio ha delle fo- miglianze ben dimolte a quella del vino, e de' licori fpiritofi ^ e quan- tunque prefo r oppio in poca dofe non di rado induca un calore cocen- te nel corpo : tuttavia egli è certo, che 1' oppio iovente coagula il fan- gue, ed in molti cafi nori' lo difcioglie. Dalla ilpezione de' cadave- ri fi deduce queffa certa confeguenza . Perciocché mailempre fi o/Terva re' cadaveri avvelenati dall' oppio, il fangue grommato , e coagulato y .non pure ne' vafi del cervello, ma eziandio ne' vafi attorno al cuore medefimo . SÌ conferma quefìa verità, facendo quella oflTervazione per 'altri reiteratamente già fatta. Se nel fangue tratto dalla vena fi mefcoli ■un pò di tintura di oppio, fi fa cofiantemente nel fondo del vafoun gru- gno , ed un pezzo inceppato y o quagliato j laddove ciò che rimane nel- la parte fuperiore , benanche fi oflerva piti raddenfato . Mefcolato altresì -col fangue il laudano liquido del Sindenham , dopo un giorno fi vedde »efi'o fangue di colore più nero, e rei fondo del vafo un pezzo piùden- f o . Oiiefìe fperienze rintuzzano , ed abbattono il fecondo fìflema de' Medici, dove in vece che 1' oppio fciolga, più toRo egli fiffa , e ferma il fangue. Oltracciò negli Atti dell' Accademia ài Edimbui-go vi fi leggono altre fperienze, che confermano ciò che ftiamo dicendo. In fine nel Giornale di Medicina , dove fi fa parola dì un altro cane , fatto morire per 1' oppio, fi legge a chiare note, eh' efi'endo dagli Of- fervatori fparato , il fangue ne'^ vafi non fi vide, né più. rubicondo, né più fluido, come avrebbe dovuto eflere , giufìa i difenfori di quello fe- condo fifiema . Ma paffiamo- innanzi. Dopo che dal Signor Haller fi divulgò il nuovo e peregrino fentimento, che in ogni fibra animale, oltre dell' elatere , e delle altre proprietà conofciute , vi foffe medefimamente «na forza , che irritabilità fi chiama ; quefta forza vitale ben diverfa tla quella che anima i^ nervi , e che in diverfi organi variamente 4ì ritrova , viene riconofciuta per cagione del movimento del cuore. su GLI ANIMALI VELENOSI. 211 more, degl' inteHini , del diaframma, e di tutt' i mufcoli della mac- china nofìra . II cuore più di ogni altro organo è irritabile ^ e per- ciò i moti fuoi fon continuati , avvegnaché continuo fìimolo vi afjifce fopra la orditura di quelle fibre che il compongono . Tali fono i lenti- menti degli Halleriani ; e tali fono i rifultati di quelle tante fperienze^ che fi fon fatte , mercè 1' affiftenza continua alle offervazioni . Io qui non entrerò nel dettaglio che abbifognerebbe per ifviluppare tutte quefte zuffe tra^ ^^^g^' J"3^g"i • ciò farebbe il ridire il già detto , e Jo ftretta campo che mi ho prefilfo, noi comporta. Ma non farò ritrofo di di- chiarare , come i fautori della irritabilità fpieghino 1' azione dell' op. pio , mercè gli appoggi eh' effi anno al nuovo fifiema . Effi difendono , che 1' oppio minuifce quella forza irritatile delle fibre mufcolari jond'è ch'elle ceffano di agire, efì rilafciano : e non vi fon mancati di coloro, i quali an pretefo , che 1' oppio sminori la forza irritabile del cuore ifleffb effendofì ofiervato da alcuni , che in tempo che l'oppio nel ventricolo internamente lavora ,' le battute del polfo fi veggono più rade , e più fnervate.Per lo che quella forza d' irritabilità , che gli Halleriani avea- ro allogata nel glutine , che unifce ed incolla gli elementi terrei, onde la fibra è compofla , mercè delle fpiritofe, e volatili particelle el qu'tdlibet al'iud , quo calor movendus ejì , ne 'humorem intus coire pati atur: nam maxima pars venenorum frigore intcimit. (4<5) Per decidere quel gran punto cotanto in quiftione, quale na- tura abbia il veleno della vipera , fi debbono paragonare le sì varie Tpe- rienze fatte da' Naturalifti , per ritrarne quella confeguenza , che più co' fenomeni fi accorda . Ella pertanto è manifeftiflìraa cofa , che il volcrfi tuffare in quefto mare, ed in quefti cimenti , è una imprefa rifchiofa , e di perigli ripiena : perciocché gli uomini più fperti in co- tali azzrrdi di volere fpremere il licor velenofo dalle veflìchette delle vipa-e , fono fiati infelicemente morduti . Vi ricordo , che Ambrogio Pare, Cerufico famofo, in volere oflervare 1' oi;ditura del mirabile lavorìo de' denti della vipera, ebbe un morfo nel dito, nel luogo che v' è tra 1 unghia e la carne . Charas medefimamente , fpeitilfimo nel maneggiar le vipere , facendo alcuni fperimenti in prefenza dell' Accademia , ri- cevette pure una morficatura . Ma venghiamo al nodo . Due su Gl-I ANIMALI VELENOSI. %2$ ftrereino colle fperienze più polìtivc,che quefto veleno può ef- f f fere Due contrarli pareri nutrivano diverfi Medici . Alcuni difendeva- no , che il veleno della vipera folle di acida natura ; traili quali deb- bonfi aJinoverare il Signor Homberg nelle Memorie delf Accademia dell' anno 1712. , Riccardo Me.d nella prinaa edizione del fuo Tratta- to de' veleni , il Signor Planque nella Biblioteca Medica al tomo ter- zo , e degli altri . Dall' altra banda Federigo Slare ., Hoffman , e Boer- haave , foftengono in generale , che in niuna ibrta di animale fi contenga alcun iale acido . E le ciò è vero , com' egli è veriffimo ., molto meno fi conterrà fale acetofo nelle beftie carnivore , le quali in coniegu^nte fon loggette ad imputridirli , o fia a fviluppare de' Tali al- calini . Il Pinelli nd Ilio Trattato de Podagra aiTerilce ., che niuno animale dà fuori alcun iugo acido., o che fi cibi, o nò di vegetabili , Benanche le canterelle fono alcaline : in fatti elle polverizzate , fanno bollore collo fpirito del oiitro., ficcome il Grew Inglefe ci ha fatto fa- pere. Per quello motivo ( e ciò fìa detto di palfaggio ) coloro che volerò formare un lento veleno , cercarono di minuire la forza corro- fiva dell' arfenico , mercè la infufione delle canterelle. Per tutte quelle ragioni egli dovrebbe conchiuderfi., che ficcome. gli umori della vipera tendono all'alcalino, nella guila ifteflk fi debbe penfare che avvenga al» fuo veneno . Ma ciò nulla oliando , niente è men vero . L' Abate Fontana , ficcome nel!' aver rifatti con fomnia attenzio- ne gli fperimenti del Mead , non vi ha trovato quel l'ale acido nei ve- leno viperino, che il detto Inglefe avea fctitto nella fua prima edizio- ne • cosi dall' altro canto , avendo replicate tutte le molte fperienze , ed oflervazioni -degli -altri Medici che anno adottate diverfb ipotefi per lo più infuUe, puerili , e frivole^ non ha oHervato che il veneno della vipera fermenta cogli acidi, ficcome dovrebbe avvenire, s' egli foffe di natura alcalina . Per lo che con ragione il Signore de Sauvages dichia- .ra nel Tefto ,che le teorie chimiche non ifpiegano i fenomeni de'mor-» fi di cotello ferpe . Ma dopo tutto quello, fentiamo la fpiegazìone del Signor Abate -Fontana, uomn di gran dottrina, e d' ingegno vivo e brillante , ma che per iRerminato amore di novità , fovente pensò diverfamente dagli altri uomini . Io innanzi di riferire i fuoi penfieri , mi -fo umile pro- tellagione , e -confeflTo o la mia ignoranza, o il mio ardire : e vo qui credere mio errore piìl tofto che fuo, fé la di lui teoria fia difgullofa al mio palato,, e non mi piaccia. Egli dice che il veleno della vipe- ra non è di gran lunga diverfo dall' oppio negli effetti : che tuttad- due operano fulla fibra animale nella maniera illefla , cioè togliendo la forza della irritabilità ■; che araenduni eccitano yialente convuilioni, e vo» 226 Dissertazione IL vomiti violenti : eh' entrambi inducono la debolezza nelle membra j e non di rado la parilisia r e che il cuore per T azione di quefti due veleni per qualche tempo ferba la fua forza irritabile , ed in fine op' preffo , termini il fuo continuo movimento . Ma di cotefta peregrina fpiegazione chi farà contento e pago? Sentite . Più acini di oppio fi richieggono , acciò un uomo ne muoia : ma minimiflTima dofe di vele- no di vipera è baflievole per uccidere ogni gigante. I/oppio afpilluzzico cominciato a prendere, e poi pian piano crefcendo- , fi rende analogo al noftro corpo, e più non è veleno: ma il veneno della vipera mai fempre farà veleno . L' oppio fa morir un uomo apoplettico^ il liquore de' denti della vipera folve il fangue , e cancrena la macchina. L' oppio non uccide varii animali- anziché il Signor Mailer , che varie fperien- z.e mercè dell' oppio ha fatte fugli animali ifielTi , a molti di elfi non gli fiufcì di levarli la vita con dofe ben forte di tale droga : ma nel- la vipera cotefta difficoltà non fi ravvifa. Non vo tacere , che 1' Abate Fontana, mercè le tante prove da lui fatte e rifatte, ci dice che alcu- ni animali , comunque addentati dalla vipera non muoiono : ma quelli fon pochiffimi, e di niun conto. Le fanguifughe, le tartarughe, le lu* mache, e le chioccole vengono regiftrate nel Tuo libro . Nulla dico , che il credere , che 1' oppio agifca togliendo la forza della irritabilità , del'a quale il Signor Fontana è ftato il più autentico banditore , è un concettino arguto y ma non vero. E la cotanto millantata forza della irritabilità , di cui fi riempiè la Europa , non che la Italia tutta , è flato un fantafima , o una chimera, che ingannò nel bel principio il mondo , il quale pofcia colla morte del di lei autore , fi è rifcoflo, e fviluppato da quella malia, che 1' inceppava . Ma troppo ormai ci fiaiTi perduti intorno a quello punto . ^ Io intanto ben incorrerei rrella indignazione , o nel difpregio dì chiunque, fé effendo domandato, e come agifce il veleno della vipera non rifpondeffi : Dirò pure fulla prima, eh' io non mi alzo tant' alto da poter col mezza di qualificati ed ingegnofi fiRemi dieiferare quell' cnimma cotanto involuto : ma fé fi attenda a ciò che diflì nella pagi- na (105) di quefìo volume , non iftenteremo gran fatto a dichiarare quello bel fenomeno . Certi fuchi che prefi in bocca non fon velenofi , divenaono mortiferi tofio che toccano il fangue. Tal' è il veleno , del quale fi avvagliono i Portoghefi nel regno di Camboia.Non altramenti il liquore giallo della vipera, che per bocca non cagiona danno , infi- nuato nel fangue fviluppa vapori cosi velenofi e micidiali , che vengo- no attaccati preftamente i nervi , e vien mefifa la vita in repentaglio . La Chimica in quefto incontro è zeppa di groflTi viluppi : e non fi è né pure in miniraiffima parte fcorto e faputo nelle mifcele de' varii fughi , de' diverfi fall , e de' tanti licori , quali fermentazioni fi pro- ducano , e quai vapori fi lievino. Ma vero fempre per me farà, che torto su GLI ANIMALI VELENOSI. -^27 fere tliftrutto dagli alcalf volatili , e che noa fi conofce atitìdcì- to più certo ^ie'faii ài quello genere (47). P t 2 I. ìofto elle una gocciolina di veneno vipereo , 5' intromette nel fangue , egli sbriga un' aura, che attaccata a' nervi, e poi nel corpo riprodotta, fa quegli effetti , bencliè fotto diverfe fafi , che cagiona una gocciola di veleno idrofobico nella macchina iffelTa. (47) Dopo efTerfi dichiarato tutto quanto appartiene alla natura del Veleno della vipera, venghiamo ora all' ordine della cura che dee te- nerfi nelle m orfica tu re di efTa . Parlerò prinaa de' rimedii efterni . Qui il dovrebbe ripetere , *d allungare di più quello che fu fcritto dagli au- tori fulla forza magnetica di quelle pietre cotanto vantate, che veniva- no dalle Indie a noi fpedite . Il Padre Attanagio Kircher preftava mol- "Tà fidanza alle medefìme , credendo che veramente elle fucchiaffero il veleno della vipera, quando veniffero applicate fui luogo del morfo J Chi fofTe vago, di leggere de' lunghi aringhi su di queflo punto, po- trebbe confultare il Boyle, Dale, HofFman , Lemery, ed altri Scrittori. Ma fi vegga quello che da me fi diffe nella nota (75) alla DifTertazio- ne fulla Rabbia. Ora a tutto vi aggiungo la folenne autorità di Cha- ras, il quale inutile riputò tutte coliffatte pietre artificiali . L' altro pretel'o fpecifico fi è la lagrima pietrofa , di cui parlarono lungamente Schroder, Zacuto , Hoffman, ed altri Medici . Il Mattiuolo fcrilTe ne'' cementi al libro fecondo di Diofcoride , che tali lagrime pietrofe , di' effraggonfi dagli occhi de' cervi , applicate fui "luogo morfo, fon mara- vigìiofe contro le morfure de'lerpenti velenoli- Ma tanto di quefto fpe- cifico , quanto di quell'altro da me notato innanzi , cioè della pie- tra dell' iffrice, defcritto e predicato da Bonzio , e da Hoffman , quale gran rimedio, ognun fa quale giudicio debba darfi • e furono efl e mere impofture di chi prima le fcrifTe . In fine Engelberto Kempfer gra- vifTimo Scrittore in quel libro veramente degno -, il cui titolo fi è - ^momitates exotùae , deicrive una pianta., chiamata /c;èw«wyivii ,. i quali da' ferpenti né tampoco erano ofFefi . Or gli antichi non potendo miga intendere , come tali uomini poteffero beverfi il veleno, fenza ch^ moriffero , fi diedono in balìa delle cagioni fopranaturali , ed agi' incantefimi attribuirono tutti que' portentofi effetti . Ma queflo è un penfare fcioperato de'l' uomo , cioè il voler ri- cor» SU' GLI ANIMALI VELENOSI ^ i2,p .trettanto del fole di vìpera , e del loro graffo ) , guarifce la loro morficatura. La fece che tormenta quelli che prendono que- fìi rimedii in larga dofe, dinioftra affai le loro particelle alcali- ne, La carne deìi'afpide produce lo. fteffo effetto. Io mangiai u- na con-ere a fuperiori cagioni, quante volte egli non ne percepì fce gli ef- fetti naturali . Mi fovviene a propofito ciò che fcriffe Lucrezio ( L'A* VI. ) : Ignorantia eaufarum conferve Deorum Cogh ad imperi ur/t res ,. & concredere regnum- r Quorum operum caufas nulla ratione -oidere Poffìint , Baec fieri divino numine rentur .< Non fi fu tale però ri fentimento degli antichi più dbtti . Lucano fflef- fo in quel medefimo libro teftè citato dice , che Catone mentre ani> isiar volea le fue truppe , che marciavano per gli renofi terreni della Libia, affinchè beveflero,. temendo que' foldati dt bere l'acqua, dentra cui vedeano tanti ferpenti , diffe così ,, fecondo 1' efpreffione del Poeta.;. Noxia S erpentum efl admlxto fangittne peflis , Morfus virus habent , & fatum dente min anturi Pocula- morte carenf . Dixit^ dubìttmque venenum-: Haufit ..... Udiamo ora, come in tal propofìto fpiegoffi il gravìffimo Celio- 5 iJ quale dopo aver precettate le coppe fui luogo morfo dal ferpente j. per poter trarne il veleno , foggi ugne così . Si ne id quldem ?/r,, homo (tdhihendus efl , qui ■vulnus exugat . Ncque hercules. fcient-iam praectpttam habent hi ,. qui Pfylli nominantur ,, fed audacìam ufu- ipfo confirmatam .- nam venenum Serpentis ,. uP quaed'am etiam venatoria venena , qmbus Galli praecipue utuntur , non guflu, fed in vulnere nocent ; tdeoque colu- bra ipfa tuta eflur ; iBus ejus occidit . Et fi flupent ea , quod per quae>^ dram medicamenta Ciroulatores faciunr : tn os digttum- qtris indidit , nc- que percuffiis efl .- nulla in ea faliva noxa efl . Ergo quisquis exemplum Pfylli fequutus ,. id vulnus exuxerit, & ipfe tutus erit, et tutum borni- veni praeflabit .- illud ne intereai artte debebit attendere , «^ ì^'^ '" gingivis , palatove , aliaqu-e parte oris ulcus hnbeat . — Tutto queflo , che per prette fpeculazioni fcrìffero Lucano, e^Cel^ fo , mercè la induftria del Redi , già fi è comprovato colle offervazioni-o. Jacopo Sozzi cacciatore di vipere fi bevve la fchiuma e la= bava della vi» pera fenza fentirne danno • e varii cimenti furon fatti per rimaner con- vinto, che il veleno vipereo per bocca non è- veleno . Quindi eonchiu» derò quefta nota alquanto lunga con un paflb del Boerhaave • H quale: Icriffe così ( Inflitut. §. I13.2. ) : Id fiebat olim mirabili twn habito^ jam indufiria Redi facile intdleBo , fuBu. Mar forum ,. & Pfyliamm. . !23o Dissertazione li. ma fera a tavola con fei de' miei amici un afplde fritto, e fum- mo dalla fete tormentati turta la notte. Tutt'i fall alcalini volatili, come quello della vipera , o del Tale ammoniaco, pioducono preffo a poco gli fìefli eifetti : cffi felicemente diftruggono il veleno della vipera , (ìa che fi prendano eflerìormente , iia che applicati vengano efteriormen- te: l'acqua di luce, che altro non è che un alcali volatile fuc- cinato , è di quefto genere: quella è quella con cui M. JulTieu guar'i un giovine che fu morfìcato da una vipera mentre anda- vano oflervando erbe (a) . Egli è certiffimo , che queflo ce- lebre Naturali fta ha fatte molte felici pruove cori gli alca- li : non dubita che in mancanza degli alcali volatili non pofla fervirfi altres'i con utilità delle piante alcaline, come fo- no le crocifere : fi poflbno verfare fulla piaga alcune gocce di acqua di luce, ciò che fi ripeta fre o quattro volte al gior- xd: fé ne preferivano altrettante volte cinque o fei gocce da prenderfi interiormente , il che dee eflere ripetuto , fé vi fia fvenimento: queQo trattamento eccita il fudore : fé non fi tro- vi pronto quello liquore vi fi può fupplire per 1' ufo interno ed eflerno del fugo delle piente crocifere, che anno un fapore «.1 un odore forte, come il crefcione di giardino, Tacquatico, il ippidio,la ruchetta, la modarda, il ramolaccio acquatico &:c. (48) IV. L' olio cavato dalla carne delle vipere guarifoe la lo- ro morficatura. Kalme, Se Mitcheli comprarono quello fegreto ■da (a) Vedetene l'iftoria ìielle memorie dell'Accademia di Parigi del- l'anno 1747. (48) La cura fatta dal celebre Bernardo de JulTieu fu appunto a' ventitré di Luglio dell' anno 1747- j mentre egli, «d alcuni fuoi allie- vi marciavano per alcune montagne sbarbicando dell' erbe. Uno de' fuoi fcolari , credendofi che fofle un ferpente innocente, prefe in mano una vipera, la quale trovandofi,ftizzita , o pel caldo cocente del Sollione -, •effendo inoltre 1' ora. del mezzo-giorno , o perchè brufcamente fu prefa, •diede tre morfi al giovine • uno al dito pollice della mano manca , e due altri nella mano delira , cioè uno al pollice, e 1' altro all' indice - Subito che ricevè quelle morficature , fopravvennero al paziente , non ■pure il gonfiore delle dita e della mano , ma eziandio un torpore nel- 'le medefime , Allora «orrendo il Signor Juffieu , trovandofi perav ventu- ra su GLI ANIMALI VELENOSI. 231 da un venditore di vipere in Londra, che l'avea provato con lungo ufo ; ma 1' olio di oliva non guarifce , come il provò quel contadino , che fi lafciò morficare da una vipera in pre- fenza dell'Accademia di Londra: farebbe ftato punito della fua temerità fé non 1' avelTcro prontamente foccorfo cogli alcali volatili (4p) . Mead ha fatte alcune fperienze col graffo della vipera, che non fono fiate fenza fucceTo. Si sa che la radice di Seneka,o Poligala A^'irginiana è ec- cellente rimedio contro la morficatura del ferpente caudifono , fé ra dell' acqua dì luce, gliene diede fei goccie in un bicchiere di acqua e colla medefima acqua così medicata fece lavare le ferite. Due ore da- poi feguirono all' infermo dolori fieri , deliqui! dì animo , un certe* delirio , ed anche il vomito : ma eflendofegli dati de'- fali volatili ^ i fintomi tantofto fvanirono . Durando il gonfiore delle mani anche nel giorno appreflb , fi fece alle medesime una unzione- di olio di olive , mefcolato con dell' alcali volatile , mercè del quale aiuto si dileguò la enfiagione, e riufcì all' infermo di chiudere le dita . Tre gior- ni dopo si vide il giallore , il quale benanche fvanì colla medesima un- zione, feguendo intanto il malato a bere tre volte al giorno un bic- chiere di acqua con due goccie la volta dell' acqua di luce » Seguitan- do quefio metodo y gueri perfettamente , Queflo avvenimento ferve di efemplare per poter dinVgere un uo- mo qualfivoglia moi-fìcafo dalla vipera . Un moderno Scrittore ha difap- provati i fali alcalini in tale infrangente^ e la ragione che fi aflegna contro un tal rimedio fi è, che il veleno' della vipera non è miga urt fale acetofo . Ma quello dubbio viene dileguato, allorché fi riflette, che J' oppio non è pregno di fali alcalini, e tuttavia gli acidi , ficcome dif- fi pili innanzi , ne fono il ve^o rimedio. Adunque i fali alcalini non agiranno con una forza peculiare fpecifica , ma sì bene per la legge ge- nerale cioè per la virtù rifolvente, e diaforetica che anno* Quinci a propofito fcrifle il Boerhaave al fecondo Tomo della Chimica : K^'crì /li- mulo ftw /ìmtif inertla mo'usnt ^ h^incque tir'tnamyfudorem^falii/ammoi^ent^ unde diapboretkt , diuretici , [udori feri cenjentur • Per la ragion medefima i fali della vipera iftella, che fon molto vo- latili, ed ancora quelli del corno del cervo, e la triaca vecchia parimen- te poffono recare gran giovamento » (49) Altro che quelli lenitivi ci vogliono per curare sì avvelena- te piaghe . Il Signor Hunauld negli Atti dell' Accademia delle Scienze dell' anno 1747, ha provato che T olio delle ulive niente di bene ia agli uomini morficatt dalla vipera „ 23-^ D I S S E il T A Z T O N E IL fé la diano interiormente, o fi applichi efìeriormente : ora 'que- {\o ferpente è una fpezie ci vipera : perchè dunque la fteffa ra- dice non guarirebbe la morficatura di quella del noftro Paefe? Se n'è novellarnente mólta portata in Francia : io l'ho gufta- ta , ed ho provato un fapore acre , molto fimile a quello del lepidio , e della coclearia : ora le analifi chimiche fatte dall' Accadem.ia delle Scienze provano che le crocifere contengono una gran quantità di alcali volatili. L'iliuftre Buikard che ha analizzato la radice di Ceneka, ne 'ha ottenuti gl'iitefìTi principi» delle crocifere, o delle piante della Tetradinamia del Linneo. Quello ultimo ha oflervato,che la tintura di quefta radice con- tiene moke parri fpiritofiflime :che fé fi verfi fopra la foluzio- ne del fublimato corrofivo, fi ottiene un precipitato bianco: ef- fa rende verde il firoppo di viole : ha dunque tutt' i carat- teri de' rimedii che poflbno polTentemente diflruggere il veleno della vipera. Da che gl'Indiani fono fiati morfìcati dai ferpen- te caudifono , elfi fucchiano la piaga; dopo di che applicano la radice di feneka (50). La fuzione non è meno utile per la morfi- catura della vipera, foprattutto fé prima fi riempia la bocca dì elio di olive per ammortire l'impreffione che può -cagionare il veleno ; dall' altra parte noi avvertiamo che non bifogna ripo- •farci fopra più rimedii vantati contro il veleno della vipera ,, come la pietra ferpentina, il corno d' alce mezzo calcinato , la terra bianca di Malta : tutte quefie droghe fono fen^a virtù al- cuna 5ficcome l'ha dimoftrato Vallifneri, Non fi dovtebbe trop- po "(50) Il Valli fn eri credette, che la -pianta J0er montanus fìa un buon antidoto contro il veneno della vipera . Egli ne fece delle fpe- rienze , che non mi Ihrà grave qui riferire^^ Si radettero i peli nel pet- to ad un cane; -indi fu fatto azzannare da una vipera furiofa: effendofi pofcia flrofìnata per qualche tempo la parte ferita colla detta pianta , il cane benché foffe flato fonnacchiofo per qualche tem.po , non pertanto flet- te bene . Il medefìmo cane fu fatto mordere nell' addomine da un' altra vipera frizzata; e la feconda volta pure flette bene. Il cane ifteflb ven- ne morficato dalla medefima vipera; indi afpettando venti minuti, e po- i'cia applicandovi il rimedio, niedelimamente guarì . In fine la quarta, volta fatto ferire da due altre vipere, benché vi foffe applicato il m«- -dicamento, pure morì, dopo aver fofferte varie -fiere con vulfioni. su GLI ANIMALI VELENOSI. ^3 3 SU GLI ANIMALI VELENOii. ^6i po ìnfiftere qui fopra; poiché è certo che il volgo non ha me so di pregiudizii sja'gli aatidoti, che fu i veleni (51.)- G g LA (51) Dalle tre DifTertazioni del celebre Filofofo e Medico il Si- gnor da Sauvages mefle in quefti due volumi , e dalle due Differtazionì pofte da me, una cioè nel primo Tomo, e l'altra nel fecondo, con tut- te le varie note che ho aggiunte, egli mi pare che fi ottiene un com- piuto Trattato de' veleni . Quivi ognuno rimarrà ben pago , ed infor- mato, che numerofa è la torma de* veleni fteffi/ fé fi confiderino i na- tivi, e gli accidentali, i veleni lenti, e i prefentanei , i veleni fiffi, e volatili , i quali fi traggono da' minerali , dalle piante, e dagli animali. Avendo avanti gli occhi tutto ciò eh' io dlftefi nelle note alla DifTer- tazione della Rabbia, intenderà di leggieri chicchefia la fpiegazione de' fenomeni , e de' fìntomi de' veleni tutti . Sentite ora dalla penna del ce- lebre Linneo molte ed utili notizie, per aver idea degl' ineonveniea» ti che nafcond dal Jatte delle nutrici mercenarie . • 23S LA NUTRICE MATRIGNA, ) DISSERTAZIONE su GLI EVENTI FUNESTI DEL NUTRIRE MERCENARIO COMPOSTA DAL Mali che l'incoftanza, e1 furare d' innovare ca- gionano al genere umano, fono si numerofi,che la lingua più feconda appena bafterebbe ad efpri- merli : in fatti chi ignora che i deboli mortali fono cosi fottopofti alla vanita , che tirano ram- picare in una vergognofa fervitù su di qu«fto a- troce tiranno ;o più tofto che avendo rotti tutti gl'impedimen- ti , efli mordono , e fi sforzano di rigettare il freno , che loro era flato dato dalla giuftizia, e dalla virtù? Nel vero fé qual- cuno paragoni i noftri cofìumi si contrarli alla natura colla piacevole femplicita de' noftri antenati , fi afficurera ben preflo,, che i noftri infelici contemporanei fi an meffo un giogo molto duro e gravofo. Tutto l'apparecchio delle noftre tavole annun- cia il luffo il più sfrenato : gli antichi ignoravano le preziofe droghe degl' Indiani che fanno le noftre delizie . I noftri ricchi confumano più di zucchero che dì fale , mentre V antichità. che il conofcea fotto il nome di tabaxir , non ne ufava che come rimedio . Le cantine de' moderni fon fornite di vini d,* ogni paefe del mondo: non fi contentano ancora di quelli che fono delle terre vicine dell'Europa ; fi vogliono licori portati da Madera , dalle Ifole Canarie , dal Capo di buona fperanza : i' Afìa fomminiftra 1' urak -, 1' America il rum , le Indie il btf- coff^ il tè, il caffè, la ciccolata: tutti quefti liquori , de'quali gli antichi non conofcevano né pure il nome, a noi piacciono: noi r ufiamo con paffione , e poco ci manca die non ifpregia- G g 2 , , mo t^à Dissertazione II. mo quelli, che la Natura produce ne'noftri climi. Non fi pof= fono guardare fenza fdegna i frequenti cangiamenti che faccia- mo de- noltri abiti : fi vede con pena quefìa innumerevole mol- titudine di mode, fpeffo ridicololè , che noi pigliamo da Pari. gì , come dalla lorgeme del buon gufto : Koi cominciamo a dì- fprezzare le pelliccie alTai conformi al noftro clima : non piac- ciono più che foli abiti di feta .• le nol;r2 caie "non più fomi- gliano agli antichi edifizii , i quali intanto erano coitruiti uni- formemente alla natura de luoghi, e al clima de' paefi : vogliono che le parti fettentrionali dell' Europa raffomiglino dell' intatto alle meridionali: non fi amano c-he arazzi Indiani : in fine da ogni parte non (i veggiono , che vani ornamenti , i quali an- nunciano il fafto del fecolo , ma che fon poco confacevoli a' ■noftri reali bifogni . I noftri corpi non fono ftati efenti da que- fli cangiamenti : fi difprezza 1' abito naturale : fi propongono maeftri per piegarli fecondo le regole della ginnnaftica . Le bam- ijine appena ufcite dalla culla , le fìringono dentro delle mac- chine, perchè il gulio del fecolo efigge , ch'ella fieno dritte , come canne d'India. Lafciamo appena l'utero delle nodre ma- dri per un coftu me cotanto più barbaro, quanto né le balene, né ie formidevoli leoneffe , né le tigri feroci non niegano le lor mammelle ai proprii parti . Non fi può vedere fenza dolore i pregi udizii aver fatti si grandi progreffi , che tutte le madri , the fi credono un poco al di fopra del volgo , per.fano eifer loro poco decoro allattare da fé i proprii infanti. Per rimedia- Tó a quello abufo noi crediamo dovergli dare alcuni configli . Non pretendiamo flruggere un'abito già contratto : non fi può- te ne meno fperare;ma crederemo non aver perduto il tempo, fé giungiamo a perfuadere ad alcune madri di fcuotere cotello ^annofo pregiudizio, ^§ L La fperlenza ci fa vedere , che le mammelle delle donne "onfiano allorché il feto giugne alla fiia maturefcenza: fappiamo ancora, che da che il bambino è nato, l'utero fi contrae, di- minuifce 'in volume, ed appoco appoc© ripiglia la fua prmiiera . * " gran- su GLI ANIMALI VELENOSI r 237 gfande^za: il rellringiniento di quefto vifcere non perniette,che gli umori vi poflano più penetrare : effi dunque fon obbligati, di far ritorno verfo le poppe , le quali due giorni dopo fi a- prono dopo alcuni ribrezzi , € danno un latte mefcolato col fangue , che fi chiama coloitro, colo[ìrum ^ che raolto differifoe, e per la fua mifcela , e per le fue proprietà dal latte ordinario: poiché fé fi metta fui fuoco, fi coagula preflb a poco come la -chiara dell' uovo : prefo intert:amente purga l'infante, -che ha di- morato nove mefi chiufo negl'inviluppi , chiamati chormi. , ed amnim^ e che ha nuotato in un liquore , come il pulcino nei bianco dell'uovo., s'è nutrito per la bocca dei. liquore che lo circondava da ogni parte : la fua madre gli ha fomminiftrato diietra-mente il nutrimento pel cordone umbilicale eh' è attac- cato alia fecondina, ciò che raolto bene ralfomigUa ai njodo , con cui il pulcino fi nutrica per m^zzo dei rolTo dell' uovo. Ma quefto bambino non fi può purgare de'fuoi fcreraenti prima d' , aver refpirara l'aria efìerna, ciò che fa, che quefio liquore che prende per la bocca fomminillra una materia tenace, glutine»^ fa, nera , a guifa di pece : fi è chiamata meionium'. quefto fere- mento debb'efiere efpulfo qualche tempo dopo il parto. La Na- tura, quella madre tenera e prevedente, ha beniffirao preferva- ti i bambini da tutti gli accidenti, a' quali eran efpofti in la- fciare la loro -prima abitazione: ella ha unto tutto il lor cor- po d' un umore glutinofo , per paura che 1' aria non irritaffe troppo le loro fibre, che fon molto fenfibiii : la membrana di Haider impedifce che il lume percuotendo troppo afpramente gli occhi, non ne infievolifca la organizzazione ; gli orecchi fo- no preffo che intieramente turati , per paura che i fuoni troppa groflolani non ferifcano la membrana del timpano : le narici tappezzate interiormente dalla pituita , affinchè i cattivi odori non affettino dannofamente l'odorato : finalmen-te la natura ha deftinato al nuovo nato infante un eccellente liquore che puo- te facilmente inghiottirfi , che non ha afprezza alcuna, che nu- trica beniffimo, e facilmente fi digerifce; proprietà che conven- gono tutte al latte materno. Ma fa meftieri olfervare , che il bambi^^no debba cacciare il meconio innanzi di prender nutrimen- to: s' egli il ritiene, può quello efcrenaento degenerare in for- .1-1 » • - ■• "» 238 Dissertazione II. gente funefta e feconda di molte croniche malattie , come co» lica, tifichezza, fcabbia , e molte altre , delle quali i monu- menti della Medicina offrono una folla di efempli. Ma quefto purgativo, che noi crediamo neceflario agi' in- fanti , efler dee proporzionevolé al male , e dee perfettamente convenir al fuggetto. Per adempiere quefte condizioni, fa bifo- gna fulla prima, ch'egli fia fotto forma liquida: fecondo, che fìa graffo ed affai fluido per ifciogliere un umore si glutinofo, e per ammollire , e rilafciare il tubo intefiinale : terzo , che fia fenza acrimonia per non irritare gì' inteftini, che fono fen- fibiliffimi negl' infanti . Ora il coloftro offre tutte quefte quali- tà, come fé ne può afsicurare in efaminando ciò che noi abbia- mo già detto : egli è graffo, liquido , leggiermente purgante , agifce in due giorni , in guifa che fi può fperare , eh' egli fia molto proprio , a qacciar fuori tutti gli efcrementi : la Natura ha fagacemente preveduto , che una fola dofe di medicamento non potrebbe produrre un tale effetto . Il latte materno ha le medefime proprietà che il nutri- mento dell' embrione ; egli crefce a proporzione che la matrice contraendofi , riceve minor copia di umori ; ciò che dimoftra che il fangue, che fomminiftra l' alimento al feto , dà la ma- teria del latte, e che niente affievolifce più le nutrici, quanto i medicamenti che promuovono le meftruazioni . Tutt'i Medi- ci convengono, che il latte della femina è il più dolce: e co-, mecche il chilo ne fomminiftra i principi! , egli è evidente che dee provare alcuni cangiamenti, fecondo le fuftanze che la nutrice riceve come alimento , e come medicamento . Si può paragonare il latte degli animali ad una emulfione fatta con delle semenze; in fatti egli pruova gli fteffi cambiamenti: qual- che tempo dopo che fi è fpremuto dalle mamme, fi quaglia , fomminiftra una crema , da cui fi fa il burro , una parte fi cangia in cacio . Molti efempli potranno far vedere , quanto il latte puot'effere alterato da' differenti alimenti , e da tutte le altre foftanze: fé una femmina piglia l'affenzio,!! fuo latte da- rà alcuni fegni di amarore; ingiallirà fé ha prefo dello zaffera- no ;^ darà un odore puzzolente, se ella mangi molta quaatità di olio . Noi su GLI ANIMALI VELENOSI 239 Noi oiTerveremo ancora, che gli umori degli uomini va- riano fecondo i temperamenti : alcuni anno il fangue denfo , altri più fluido: alcuni 1' anno dolce , altri acre: in alcuni la mafia del fangue è pregna di una bile nera , in altri domina i' acido: alcuni confuraando molto fale, dan prova che l'acrimo- nia muriatica attacca i loro umori . Or ficcome il latte è fe- parato dalla malfa del fangue , dee fuccedere che farà alterato da alcuni principii ftranieri , fecondo la coftituzione e'I tempe- ramento della femmina : donde fegue che la nutrizione del bam- bino varierà fecondo la natura del latte , e che in confeguente fi oiferveranno differenti effetti: a quelle cagioni dee apportarli il temperamento degl' infanti, il quale una volta contratto, dif- ficilmenre cangerà . Non fi dee reftar fofpeso , eh' elfi ricevano dalle lor nutrici la quaHta del loro fpirito, e '1 lor carattere . Il latte materno è un chilo che l'infante piglia in tempo che i fuoi inteftini effendo troppo deboli , non poflbno ritrarne ali- menti folidi; il che ha dato luogo al feguente alfioma : quale è la nutrice , tale il chilo ; quale il chilo , tal' è il fangue ; quale il fangue, tali fono la nutrizione, e gli umori che na- fcono . Allorché il bambino Sa ancora nell'utero, egli è nutri- to da' liquidi che (i feparano nella fecondina : egli partecipa dunque delle buone e ree qualità degli umori della madre : ma ficcome noi 1' abbiamo già fatto vedere , il latte che gli fom- miniftra la fua nutrice è proporzionato alla natura del fangue: è dunque propriiflìmo a fortificare le fondamenta del tempe- ramento . Le affezioni dell'anima, ed i rozzi cangiamenti dello fpi- rito , cangiano non pure i fluidi , ma alterano vie più i folidi del corpo umano : di qua nafce perchè molte perfone di tem- peramento poltrone, laflo , e foprattutto le femmine , provano dopo, violente agitazioni, deliquii, convulfioni , palpitazioni , apoplelìa : che impallidifcono ,, divengono qualche volta negre , fon attaccate da violente coliche, diarree, Scc. Gl'infanti pro- vano altresì nell'utero molte malattie, come itterizia , epileflìa, hyeronofia (/z). Tutto concorre a provare, che quelle malattie fono (a) Agitazione continua del corpo , indolente , convulfiva , coh fenfibilità . 240 Dissertazione II. fono i trifli effetti delle paffioni delle madri : ciò ehe porta a credere, che tutt' i cangiamenti che prova la madre, fi comuni- chino all'infante , quantunque i Fifiologi ignorino , come que- flo effetto addivenga. Per riaffumere , gl'infanti ricevono dalla madre, o dal latte, i germi della k>r fanita , e dei loro tem- peramento §. IL Si trovano molto meno efempli di madri, che non polTo- no nutrire come fi penfa comunemente ; e fé alcune non poifono adempiere quefto dovere, ciò nafce: I. perchè effe non an latte : II. perchè ne anno sì poco , che non balìa per nu- tritura all' infante : III. perchè le loro papille non fon affai lunghe :_JV. perchè il lor petto è affetto da qualche malatria, o da vizio di conformazione . Egli è evidente, che in tutte quefte cìrcoftanze effe debbono ricorrere alle nutrici: noi le crcr diamo ancora più neceffarie, allorché una morte inafpettata, o altri accidenti togliono la madre al bambino ; 0 che cortei fia attaccata da lue celtica, da atrofìa, &c. Vi ha, egli è vero, di alcuni efempli di madri, che an mandati fuori de' fanciulli fani e vigorofi , quantunque elle foffero infette di mal venereo; ma non vi ha ancora efempli di nutrici , che abbiano allattati in- fanti fenza loro comunicare cotefla vergognofa malattia . Co- me noi non conofciamo altre cagioni che obbligano a prender Je nutrici, fi può conchiudere che le madri che fono in impof- fibilità di nutrire, fono affai rade : è dunque vano, che mol- te che vogliono fottrarfi a quefìo dovere,. pretendono abbagliarci, aflìcurandoci : I. eh' elle rrop an forfè iaste baflevole per nutrire i lor bambini: IL che fé il facciano, elle fi priveranno di un chilo preziofo,. che loro è affoluiamente neceifario per la pro- pria confervazione : lìL che non poffono invigilare a lor figli a nutrirli , effendo angariate da affari domefiici : IV. elle non dicono la quarta e principal ragione: ma s' indovina di leggie- ri : 1 lor mariti firebbono lungamente privati da' piaceri del matrimonio . Perciocché fé noi cotifultiamo fa di ciò la Natu- ra, che procede maifempre con leggi generali , " vedremo che tutt' su ■GLI ANIMALI VELENOSI. 241 tutt'I quadrupedi fon in caldo, e deiìderano il colto da che aii perduti i lor parti ; perciò i contadini di Veftrobotnie fon fe- condiffimi : effi nutricano i loro figli con latte di vacca : le femmine vecchie fi addoffano quella occupazione , perchè le lor madri fon tuttodì fuori delle lor cafe occupate agli affari eco- nomici : d' altronde , coni' elle mangiano ahmenri faliti dimolto, ii può credere, che danno quell'attività neceflària per facilmen- te concepire : in tal guifa elle partorifcono ogni anno . Le madri non fono nel diritto di lamentarfi di non aver latte, almeno fé elle non fé ne fieno aflìcurate allattando per otto dì i lor bambini ; perciocché foven temente noi veggiamo madri , ftaqche di cangiar sì ipeffo le nutrici, prefenur le lor mammelle agl'infanti, e fomminiflrare quantità grande di lat- te . Noi altresì conofciamo femine lungamente tormentate da fcorbuto, da cacheflia, 8cc. che an celfato di lamentarfene , da che an nutrito : com' effe pigliavano abbondevolmente latte , brodo &c.,non folo an ricuperata la fanità , ma ancora an ri- pigliata una carnagione frefca, e fon impinguare. Noi intanto conveniamo , che il nutrire è p^enofo, allorché le mammelle fo- prattutto fono fpaccate, fcoiate, attaccate da tumori., o che il latte diflilla : ma quelli accidenti fon radi , e non debboii effer paragonati ai mali che minacciano le madri, che non voglioa nutrire i lor bambini . In fatti elle foven te anno alle zinne tumori fcirrofi , i quali terminano in una orrorofa malattia , chiamata caccro. Molte madri fi acquetano per avere fcelte con cura le nutrici : ma non fanno attenzione ., che quefto latte ftraniero , è preffo che più cattivo fempre del loro, che cagionerà a' bam- bini una folla di malattie , eh' avrebbono elfi fcanfate , fé fof- fero fiati allattati dalle proprie madri. Perciocché effi primieramente fon privi di coloftro , che come noi abbiamo detto nel primo paragrafo , caccia fuori il meconio ragunato-, e ritenuto negl'inteitini ; purgagione tanto più neceflaria , quanto che molti mali minacciano l'infante , H h s'eflà 24i Dissertazione IL s'ella non ha. luogo.. Noi non ignoriamo, che le levatrici fup'^ plifcono. al coloftro per mezzo delle zucchero , della manna ,, e di altre fufìanze dolci : ma quei che paragoneranno quefti leggieri eccoprotici col purgante che noi abbiam creduto necef- fario- per purg-are l'infante ,. fi afficureranno cflere infuflìcienti .. Si fcelgono il piìt fovente- le nutrici traile femine le più povere , e che fono Hate per differenti accidenti obbligate di abbandonare i di loro. bambini,0' che gli an perduti: come elle fono fiate accodumate dall'infanzia, ad un nutrimento groffola- no 5, e ad un Travaglio, violento ,. ed allorché fono nelle nollre cafe,, fono oziofe, mangiano e beono molta , non fi nutricano che di alimenti foltanzioiì ,,. elle, ben torto fon tormentate dalla pletora, dalla malinconia-,., dalla. luffuria ; divengono gravofe ,, lafcive, malinconiche . Poiché, niuno ignora , che un paffaggia rozzo di alimenti: grofTì^ e di; efercizio violento, ad una nutri- zione abbondevole, e ad una oziofita aflolura, fviiuppa un aci- do fponraneoj ch'è propriiffuTio a generare la manìnconia : la- madre appena ne prova: i leggieri effetti, di cui l'infante né la vittima : egli è foggetto alle coliche ,, e a' vomiti che fe- guono . Il latte troppo fortemente fi coagula , lo fìomaco fi gonfia, apparifce duro ai tatto, incapace di digerire quella maf- fa lattaginofa: gli fcrementi divengono verdaftri , il volto pal- lido , apparifcono eruzioni fuU'a pelle , ed in fine termina la fcena,, o-. in convulfìone , o in febbre ettica . Se fi faccia chia- mare il Medico ,. egli prefcrive al bambino gli afforbenti che calmino i dolori, e ftruggano gli acidi:: egli aggiunge il riobar- baro 5 che col fuo amarore da forza agi' intcftini , e purga le prime vie ; con quelli foccorfi egli guarifce per alcuni giorni : ma come la cagione della malattia fuffifle fempre nella nutri- ce ^ l'infante ben tolto ricade ne' fuoì primieri malori . I Me- dici anno ancora provato rimediare a quello accidente : eglino» an data la magnefìa bianca alla nutrice per iftruggere 1' aci- do nella fua origine: queflo' metodo è eccellente , ma non ba- ila ad ifradicare il male r forfi riufcirebbe perfettamente, fé fi obbligaffero le nutrici a paffeggiare ogni di' innanzi pranzo ,0 ad occi:parfi in qualche opera ^ che polfa eccitare il fadore . su GLI ANIMALI VELENOSI. 245 Q_ue!Ro modo farebbe utile al bambino , che ogni altro medi- camento. Egli è probabili (fimo, che le nutrici pletoriche, e larci\;'e comunicheranno molti vizii a bambini che loro faran fidati. La fperienza c'infegna, che i coftumi, e le inclinazioni paffano da' padri agl'infanti. Óra molte oflervazioni provano, che il latte molto contribuifce alla produzione di quefto fenomeno . Tutti ^itrelbno, che le nutrici lufluriofe , ubbriache ^ ladre, n*alinco. niche, crudeli, feroci, comunicano quefti vizii a loro lattanti. Deodato racconta , che ima figlia di fett'anni era appaifionata per gli licori fpiritofi, perchè ella avea avuta una tiutfice fog- getta alla crapoìa , Si legg-^ negli autori che anno fcritto fuUa dieta , che la nutrice di Claudio Tiberio Nerone era ubbriaca, perciò quello fmperadore ebbe un appetito ìnfaziabile di bere : COSI i Romani il chiamavano per difpetto calidus biherius .Egli- no ancora ci afficurano^che la "nutrice del fuo predeceffore Ga- jo Caligola, per impegnarlo a pigliare pila prontamente la pa- pilla -, la um*='nava di fangue , ciò che il refe s'i feroce, e si iniifr.ano , ficchè in appreflb egli non folamente fu valevole a più omicidii , ma defiderò pili volte che il genere umano non •aveffe che un fol capo ., a fine di aver il piacere di abbatter- lo. Si poflono qua ancora richiamare gli antichi Eroijche nu- tricavano, dicefi, i loro infanti con latte di lionefla, per ren-" 'derli pili coraggiofi . Noi vergiamo continuamente -, che Je nutrici poco inihe- vute de'principii della Morale, fi lafciano fenza ritegno alle loro fregolate paliioni, donde neceflariamente fegue, che lo fpirito de' lattanti farà tanto più affetto, quanto faranno fiate più violente le loro afì^ezioni. La collera, quefla paffione impetuoTa, che ia •un batter d' occhio rende l'uomo furiofo, e cangia la fua fifono. 5uia,lofa arroffire, impallidire ec. altera talm.jnte il larte,cha il rende acre,velenofo, draflico-, ed in qualche modo fimile ali' acqua forte. Si fon veduti morir bambini con convulfioni, co- me fé eglino aveffero prefa la cicuta -, per aver fucciate le lor inutrici dopo accefii di collera , Le nutrici accoftumate agli alimenti folidl , è conditlfTi- mi -j s'infaftidifcono ben prefto d'un ìiatrimento più legtjiero , H h 3 e pili 244 Dissertazione IL e più dolce : cos'i che deficlerano con ardore le lor antiche vi- vande. Or il chilo cornfponde nelle fue qualità al nutrimento, ■ il latte corrifponde al chilo, ed in generale lo flato degli umo- ri dell'infante corrifponde a quello della nutrice : quella è la ragione per cui i medicamenti che purgano la madre , fono di purgativo nel tempo iftelTo all'infante : fé per efempio una fe- mina maiala la morella , il fuo lattante proverà gli accidenti medefimi di lei : gli alimenti fallì della nutrice , cagionano al bambino lo fcorbuto : quinci è , che non è rado il vedere i denti degl'infanti appena ufciti da' loro alveoli, che fon caria- ti, rafchiati dal tartaro, ec. Le contadine , che tutto il di faticano , prendono volen- tieri il nr.attino qualque bicchiere di acqua vite : com'elle fo- no in moto perpetuamente , molto bene fopportano quello li- core: ma allorché effe Hanno in ripofo efTendo nutrici , e che voglion bere quello licore fotto preteflo , che avendo dato a fucchiare tutta la notte , o effendo Hate in veglia , che an bi- ibgno di un riftorante , i loro lattanti ne fon le vittime : efll fono ben prefto attaccati da convulfioni , che rapidamente gli ammazzano , come l'ha offervato il gran Boerhaave . Sovente veggiamo infanti vigorofi , di fubito morire nelle braccia delle Ipro nutrici: ne faremmo forfi meno forprefi , fé conofceffimo gli errori, ch'elle an commeflTi nel lor modo di vivere. Accade molto fpeflb , che allorché i genitori efcono per vifitare i lor vicini, le nutrici follecite di profittare d'un mo- mento di libertà , lafciano la llanza calda per refpirare aria fredda: quantunque effe ne fieno incomodate, i loro lattanti ne provano toffi violente, ec. Come fi obbligano alla continenza quelle femine , eh' era- no avvezze a godere ampiamente li piaceri del matrimonio , elle fono ben tofìo foggette all'ifterifmo ; ciò che cagiona agi* infanti dolori colici, che fon feguiti da convulfioni , ec. Se fi confideri ,che quella trilla e contagiofa malattia chia- mata lue venerea, è l'effetto delle fornicazioni cotanto comuni nella gente volgare , non fi rimarrà forprefo , fé le nutrici fre- no fovente le cagioni di orrorofi accidenti . SL diede nel 1740, una nutrice infettata all'infante di un Capitano; ella ben pre- fto su GLI ANIMALI VELENOSI. 245 fio gli comunicò la lue celtica col latte : la madre che ogni mattina applicava il bambino al Tuo feno , più to!l:o per trat- tenerlo , che per allattarlo , fi avvisò fubiro che le fae mam- me eran coperte di bolle piagate: ella s'indirizzò con una don- na di età avanzata , che per mezzo dell'unguento , cacciò la materia virulenta verfo le parti interne : qualche tempo dopo quefto veleno eccitò delle iafiammagioni al collo : quella femi- na fi perfuafe di elTerfx le glandole ingorgate, per cagione dell' aria fredda, o di una bevanda troppo frefcarquefta idea gl'ira- pedi di fofpicare alcun danno ; ma il fuo marito avendo avute piccole ulcere alle labbra dopo di averla frequentata , il Medi- co foFpettò di veleno venereo: e perciocché dopo alcune prove adoperò i mercuriali, i quali tolfero la infiammagione dal col» lo , e manifellarono la cagione della malattia . In prendere le informazioni neceliTarie , fi afficurò che la nutrice che avea la fifilide , era fiata la cagione di tutto il male . Quefta mifera , elfendo fiata licenziata fi prefentò per nutrice ad un Barone : ma come il bambino di quello Signore era di una fievole co- fìituzione , lei gli diede in ponchi giorni la morte , facendogli fucciare un latte infetto . Quefìi efempli non fon radi in Cit- ta grandi : e quantunque le nutrici fi facciano efaminare da' Medici li più fperimentati , effi non polTono foventeniente fco- prire le tracce del veleno ; la qual cofa getta più famiglie in grandi malori. Le nutrici non pofìbno mai patire per gli lor lattanti queir ifiinto potente, che la Natura ha ifpirato alle madri : e febbene effe ne imitino gli affetti , giammai non giungono a farli provare ai loro infanti in tutta Ja lor forza . La fperien- za conferma , che quantunque molte accarezzino i bambi- ni in prefenza delle lor madri ; elle appena fon lontane da' parenti, che li trattano quai ferpenti ; inoltrano la crudeltà fi^ no a batterli , a pizzicarli , a rozzamente buttarli , e ad op. primerli di maledizioni. E dopo quefti inumani trattamenti, i quali rendono a' lor parenti figli zoppi, gobbi , fiftulofi , ec. , mol- te tra effe ifpirano loro terrore : effe niente rifparmiano per fargli paura , ciò che li rende si pufiUanimi per tutta la lor vita, che temono le tenebre. 24(5 Dissertazione ÌI. Le nutrici mangiando molto , e vivendo nell' ozio , fono fopite , dormono profondemente ; cosi efle affogano fovente gì' infanti che fon loro confidati : le madri allo 'ncontro , tutte inquiete fuUa forte de' lor bambini, preveggono tutti gli acci- denti , fi deltano al menomo fpavento .• cosi elleno rade volte fon cagione de' lor mali , Noi fappiamo altronde da una folla di efempli, che l'amo- re naturale per gl'infanti fi crefce .nel nutrirli : perciò veggia- mo , che le madri fono più attaccate a quelli , eh' efì'e anno al- lattati, che a quelli che an confidati alle nutrici flraniere. L'ufo ha prevaluto in Francia, ed in altri paefi d'invia- re gl'infanti in campagna, di confidarli, per nutrirli e per al- levarli per alcuni anni , a femine •di frefco partorite : ma come effe amano affai più i loro proprii figli , che gli eftranei , puo- te accadere , che i genitori ricevano figli di contadini in vece ■de' loro: tanto più ch'è difficile di conofcere la furberia , poi- ché le fattezze de' ragazzetti cangiano sì fenfibìLnente, che co- loro ch'aveano gli occhi turchini nel lor liafcimento, gli anno d'ogni altro colore allorché fon avanzati in età: i loro capelli provano gli fteffi cangiamenti nella fìeffa guifa , che le altre fattezze del lor vilo differentemente fi modificano da un anno all'altro,, Noi intanto confeffiamo ingenuamente , ch'è più vanta*, giofo per gli bambini , eh' effi fieno nutriti col latte di femi- na, che con quello di vacca. Perciocché: L Quefto cambia iu- bito eh' è fiato tirato dalle mammelle ; la fua mifcela si alte- ra : II. Il fuo fapore non è più lo (leffo : III. Non ha più il fuo calor naturale , ch'è però ncceffario al lattante ". fé fi fa rifcaldare, egli fi altera ne' vafi che il contengono : IV. Som- miniftra più di acido , il che è conferma'o dalle offervazioni del Linneo, fatte nel fuo viaggio nella Lapponia . I contadini di Vefirobotnie generano più figli , che quelli di altre Provin- cie ; intanto effi non ne confervano un maggior numero : ciò che debb' efTere attribuito al latte di vacca , di cui effi li nu- trifcono: aggii-ngete la gran differenza, che fi offerva preffo gli animali antropomorfi, o di figura umana, ed i befiiami: d'al- «troude fi veggiono di rado gli erbivori allattare i carnivori ^ o que- su GLI ANIMALI VELENOSI." "^ 247 o quefll gli erbivori, quantunque i cagnolini fucchiano i gatti, e i becchi le pecore., §. IV. Noi faremmo un volume , Ce apportaffima tutto ciò chff appartiene a quella importante materia: contentiamci dunque y per conchiudere y di dire , che non fi dee ricorrere alle nutri- ci, che in preflante bifogna . Se le femine afcoltino la lor co- fcienza e grinterellr de'" lor bambini , elle non negheranno ad effi un latte ,, eh' è flato deftinata dalla Natura » Noi F aflTicu- riamo , ch'elleno- faran felici , fé fi fottomettano; ad un dovere SI giulio : i loro infanti faran felici ,. fé effe gli accordino la loro cura : almeno , fé 1 deftini non fieno ben contrarli , elfi riceveranno corpi fani,. il carattere della lor madre, e Io fteffo^ amore delle virtù :. faranno^ efentt da ogni macchia, e da ftra-- laiera malattia . Conchiudiamo' dunque ^ che fé i figliuoli de' nobili dege- nerano,, fé quelli de' piìi ingegnofi fi> arrozzifcono, de' vigorofi fon fievoli e dilicati, e fé molti perifcono allorché cominciano' ad efiftere, le nutrici il più fovente cagionano^ tutte quefte dif- grazie . FINE DEL TOMO SEGONDO» COUNTWAY LIBRARY OF MEDICINE RA 1201 S21 19 1785 voi. 2 RARE BOOKS DEPARTMENT » '^^y-^ -i^^ ^, *-^ / y '>' ■^^^^ :»i -^ # •#. V ■-' '^^ "'^^ -é"* ''^ ' '-^ '"i? ■•'! ,' -y y •'# •'.-'' -^ 7^ <^. •'*5, •.^^ • »^ .% ^^ •% •> •.% .-,% jt f^ ■^. •> -^ *^':-'a -0 -é -'^ -J \ -^ -J^ .* ■ * ■> -".^^^.V .%■ «i •.•*» -.n -.«ìè o-^à'-^ ''^ '-^ •^' '■'^ '•?^/'^. ■•■ N ■-.•%• ^ ^ s "«• ■ '^ ■ %. \ • %. \ £f ■ 0 ■ 0 ■ / ' ■i^ ' " .y - -^ ■* .0 * ■ ■• *ì > . % X \ N ^ N *• "^ ^ ^ : / f f / jf ^ p v« V N V ^^ V N Nt ^ V /• • • • V y ■/ > ^ r \ vv \ '.x ■.% •\» -.V x ■ \ / cf if M -y > ^' 'JP Jff *f 0 é. ■ ui ■ *^ -^ . 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