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Full text of "I Santi Irlandesi in Italia [microform]"

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-f- 



FR. ANSELMO M. TOMMASINI O. F M, 




SOCIETA EDITRICE VITA E PENSIERO - MILANO 

1932 



. ANSELMO MARIA f 6MMASINI O. #. M. 

I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 



PR. ANSELMO M. TOMMASINI, o. ?. 



I SANTI IRLANDESI 
IN ITALIA 




M 1 L A N O 

SOC1ETA EDITRICE VITA E PENS1ERO 

1932 




PROPRIETA LETTERARIA RISERVATA 




EX PARTE ORDINIS NIHIL OBSTAT QUOMINUS IMPRIMATUR 
ROMAE, E COLLEGIO S. ANTONII DIE XXVI JANUARI MCMXXXII 
FR. BONAVENTURA MARRANI, O. F. M., MINISTER GENERALIS 



NIHIL OBSTAT QUOMINUS IMPRIMATUR 
SAC. CAROLUS FIGINI - CENSOR ECCL. 
IMPRIMATUR 
IN CURIA ARCH. MED., I MAII MCMXXXII 
CAN. HYACINT. TREDICI, VICARIUS GEN. 



TlPOGRAFIA 'PONTIFICIA ED ARCIVESCOVILE S. GIUSEPPE - MlLANO 



AL LETTORE 

Nel prossimo giugno (1932) si celebrera con grande solen- 
nita a Dublino il XXXI Congresso Eucaristico Internationale 
e insieme il XV Centenario dell'arrivo dell'Apostolo S. Pd- 
trizio in Irlanda. 

M'ero accinto da qualche tempo a raccogliere dati sul culto 
ai santi irlandesi e sulle fonda&oni irlandesi in Italia, e ho\ 
pensato che non dovevo lasciar passare tale circostanga senga 
presentare al pubblico il frutto del mia madesto lavoro^: sia 
per fare un umile ma affettuoso atto d'omaggio verso I'isola 
cost benemerita della civilta cristiana, e render e piu noti e 
piu can agli italiani, in questa festosa occasione, i fasti dello 
spirito religi&so irlandese f sia per accendere in altri studiosi 
I'amore di ulteriori e piu complete ricerche sull'argomento 
da me considerate. 

Forse la Provvidenga destina I'Irlanda e I'ltalia a nuove 
prove e a nuove glorie, nelle future lotte dello Spirito del, 
male contro la Santa Chiesa di Cristo e contra i popoli a lei 
fedeli, ed e cosa buona che le due na&oni imparino a sempre 
meglio conoscersi ed amarsi. 



Roma, 17 novembre 1931 



L'AUTORE 



i 



INTRODUZIONE 



i. II fenomeno eccezionalmente interessante dell'e- 
spansione apostolica irlandese sul contiinente europeo dal VI 
al XII secolo, non e in genere adeguataimente conosciuto. 

S. Santita Pio PP. XI, nella lettera diretta nel 1923 al* 
rEm.mo Card. F. Ehrle t Legato Pontificio alle feste di Bob- 
bio in onore di S. Colomlbano, cosi si esprimeva : Quanto 
maggiormente gli studi degli eruditi vanno lumeggiando i 
punti piu oscuri del Medioevo, tanto piu appare manifesto 
che il rinascimento alia sapienza cristiana e alia civilta in 
varie parti della Francia, della Germania e dell'Italia, si deve 
alle fatiche e allo zelo di Colombano; il che dimostra i me- 
riti del sacerdozio e specialmente della cattolica Irlanda . E 
piu innanzi S. Santita ricordava come con Colombano co* 
minciasse <( quel succedersi di migrazioni dall'Irlanda che, 
nel decorrere dei secoli, tanto giovamento doveva arrecare a 
si gran moltitudine di popoli (i). 

Non possiamo cominciare con piu augusta e autorevole te* 
stimonianza. 

L'opera magistrale e fondamentale di D. LuiGl GOUGAUD, 
Benedettino di S. Michele di Farnborough, Les chretientes 

(i) V.i Civilta Cattolica , agosto 1923. 



INTRODUZIONE 



i. II fenomeno eccezionalmente interessante dell'e- 
spansione apostolica irlandese sul continente europeo dal VI 
al XII secolo, non e in genere adeguataimente conosciuto. 

S. Santita Pio PP. XI, nella lettera diretta nel 1923 al' 
TEmumo Card. F. Ehrle t Legato Pontificio alle feste di Bob- 
bio in onore di S. Colomlbano, cosi si esprimeva: Quanto 
maggiormente gli studi degli eruditi vamno lumeggiando i 
punti piu oscuri del Medioevo, tanto piu appare manifesto 
che il rinascimento alia sapienza cristiana e alia civilta in 
varie parti della Francia, della Germania e dell'Italia, si deve 
alle fatiche e allo zelo di Colombano; il che dimostra i me- 
riti del sacerdozio e specialmente della cattolica Irlanda . E 
piu innanzi S. Santita ricordava come con Colombano co- 
minciasse quel succedersi di migrazioni dall'Irlanda che, 
nel decorrere dei secoli, tanto giovamento doveva arrecare a 
si 'gran moltitudine di popoli (i). 

Non possiamo cominciare con piu augusta e autorevole te- 
stimonianza. 

L'opera magistrate e fondamentale di D. LUIGI GOUGAUD, 
Benedettino di S. Michele di Farnborough, Les chretientes 

(i) V.: Civilta Cattolica , agosto 1923. 



INTRODUZIONfi 

celtiques (i), corredata d'una ricca bibliografia, di cartine 
geografiche, e d'indice analitico, basta a spalancare davanti 
all'occhio dello studioso un quadro chiaro, organico, com* 
pleto, se pure perfettibile nei dettagli, del fenomeno dell'e- 
spansione irlandese t e introduce il lettore in tutti i vari cam* 
'pi in cui essa ha prodotto i suoi preziosi frutti. 

Il GOUGAUD non ha avuto occasione di occuparsi in mo* 
do speciale delle traccie del movimento irlandese in Italia, 
movimento a cui pur son legati alcuni santi assai popolari in 
alcune zone della nostra penisola. Sopra i santi irlandesi 
d'ltalia, in particolare, abbiamo soltanto una opera: quel-- 
la di Miss MARGARET STOKES, Six months in the Apenni* 
nes or a pilgrimage in search of vestiges of the Irish 
Saints in Italy (2). Tale opera in realta non tratta pero con 
qualche estensione che di alcuni di questi santi (S. Frediano, 
S. Silao, S. Colombano, S. Donato, S. Andrea e S. -Brigida 
di Fiesole) : degli altri fa appena il name. Lascia inoltre mol* 
to a desiderare dal punto di vista della critica storica, met* 
tendo allo stesso livello fatti certi e leggende fantastiche, e 
identificando fra loro personaggi storicamente distinti come 
ad es. S. Finnian e S. Frediano, oppure i vari Dungals (3). 

Ho quindi pensato che un lavoro un poco piu moderno e 
piu completo sopra Targomento dei santi irlandesi d'ltalia 
potesse ancora presentare un certo interesse. 

Purtroppo si nota di solito negli scrittori italiani che si so- 
no occupati di essi, piu che altro a scopo di fame il panegi* 



(1) Paris, Gabalda, 1911. 

(2) Londra, Bell and Sons, 1892, 

(3) V. il giudizio che di lei da il GOUGAUD in: Gaelic Pioneers of 
Christianity, Dublin, Gill and Son, 1923, p. 99 s. 

> 

4 



INTRODUZIONE 

rico come santi locali, una scienza ' inadeguata non solo ri- 
guardo alia storia del movimento religiose irlandese, ma ri- 
guardo alia storia civile dell'Irlanda, e spesso anche riguardo 
al semplice significato della parola irlandese che vien presa 
per sinonimo di scozzese o d'tngZese. Scarsissime sono le ri- 
cerche locali di carattere veramente storico, tanto sui santi 
quanto sulle fondazioni irlandesi: persino sulle fondazioni 
irlandesi a Roma, storici del valore e della serieta dell'UuEi,- 
SEN hanno preso abbagli. D'altra parte gli scrittori irlandesi 
hanno spesso ignorato le fonti storiche italiane, e create nuo- 
ve confusioni identificando erroneamente i loro santi venuti 
in Italia come peregrini, con santi di nome uguale od ana- 
logo che avevano rappresentato parti importanti nella vita 
religiosa della patria. 

L'agiografia irlandese e sorta, come scienza, <nel secolo 
XVII per merito sopratutto dei Francescani irlandesi, e spe- 
cialmente di quelli rifugiatisi, durante la persecuzione prote- 
stante, nell'illustre Collegio di S. Antonio a Louvain (Belgio). . 
I francescani irlandesi dice il GOUGAUD (i), sono i 
primi ad aver preso direttamente contatto con le antiche fon- 
ti della storia ecclesiastica deU'Irlanda. Il frate laico MiCHELE 
O* CLERY compile nel convento di Donegal, dal 1632 al 1636, 
con Taiuto di altri tre principali collaboratori, sulla scorta di 
vecchie cronache irlandesi oggi in parte iperdute, gli Annali 
di Donegal, generalmente conosciuti sotto il nome dato loro 
da Colgan di Annali dei Quattro Maestri (Annals of ihe\ 
Kingdom, of Ireland by the Four Masters). Vanno dalTanno 
del mondo 2242 all'anno 1616 dell'era nostra... Inoltre O* 

(i) Les chr. celt., p. VII s. 

. j W T-j-.r-r 



INTRODUZIONE 

CLERY compile un martirologio dei santi irlandesi servendosi 
di documenti martirologici anteriori : questa compilazione >e 
conosciuta sotto il name di Martirologio di Donegal... Final- 
mente O' CLERY compose un Glossario delle parole piu diffi- 
cili e piu oscure del vecchio e medio irlandese incontrate nel 
corso delle sue letture, che publblico a Lovanio nel 1643* II 
Francescano GIOVANNI COLGAN utilizzo materiali latini e iiv 
landesi fornitigli dai Bollandisti, dai confratelli O* Clery e 
Ugo Ward, dai padri Brendan O* Connor e Stefano White, 
pubblicando le sue due celebri raccolte agiografiohe : i) Acta 
Sanctorum veteris et majoris Scotiae seu Hiberniae, sancto* 
rum insulate (Lovanio, 1645); 2 ) Triadis Thaumaturgae seu 
divorum Patricii, Columbae et Brigidae... acta. (Lovanio, 
1647). Un altro francescano, PATRIZIO FLEMING^ pubblico 
Collectanea sacra seu S. Columbani hibemi abbatis... necnon 
aliorum... Sanctorum acta et opuscula (Lovanio 1667). Sui la* 
vori storici dei francescani irlandesi del secolo XVII si pos* 
sono consultare: CH. P. MEEHAN, The rise and fall of the 
Irish Franciscan Monasteries, Dublin, 1877; DE BUCK, L'ttr* 
cheologie irlandaise au Convent de St. Antoine de Padoue a 
Louvain (Etudes pubblicati dai Padri della Compagnia di 
Gesu, t. XXII, 1869, pp. 409-437, 586-603); DENIS MURPHY, 
The College of the Irish Franciscans at Louvain (in Journal 
of the Society of Antiquaries of Ireland, V serie, t. II, 1898, 
p. 237-250 (i). 

AU'opera iniziale dei Francescani s'e aggiunta quella po- 
derosissima e dottissima dei Bollandisti con gli Acta Sancto* 
rum, con la Bibliotheca hagiographica latina, e con le Awd- 

(i) V. anche la nota di P. F. O* BRIAIN, O. F. M., neirAtoma- 
num, 1927, pp. 500-504 sulla Restitutio Collegii S. Antonii, Lovanii. 

6 



INTRODUZIONE 

lecta Bollandiana. Essi hanno recentemente presentato agli 
studiosi (1925) anche una Miscellanea hagiographica hiberni" 
ca dovuta a quel CH. PLUMMER che gia nel 1910 aveva pub- 
blicato ad Oxford i due important! vohuni Vitae Sanctorum 
Hiberniae partim hactenus ineditae. 

Due recentissime opere capital! sono: J. F. KENNEY, The 
sources for the early history of Ireland, Vol. I, Ecclesiastical, 
New York, Columbia University Press, 1929, e J. RYAN, S. 
}., Irish Monasticism, Dublin, Talbot Press, 1931* 

Ma molte delle nostre pubblicazioni di carattere locale 
non attingono a queste fonti sovrane: si limitano a ripetere 
leggende e notizie tratte da lavori sopratutto dei secoli XVI, 
XVII e XVIII, in cui tra 1'altro, un po' per ignoranza, un 
po f per malafede, gli Irlandesi vengocno spesso presentati co- 
me Scozzesi. 

2. neeessario che il lettore acquisti idee ben net- 
te fin da principio su questo punto fondamentale. 

Il nome latino antico dell'Irlanda era Hibernia o Scottia. 
II termine Scotti appare nei testi latini nella seconda meta del 
secolo IV a proposito delle frequenti incursioni degli Irlan^ 
desi nella Britannia. Dal sec. IV al X la Scottia o Scotia e 
Tlrlanda e gli Scotti o Scoti sono gli Irlandesi. 

l/odiema Scozia in detti secoli non esisteva ancora come 
nazione; II suo antico nome era quello di Caledonia, ma ger- 
neraknente si indicava come Britannia settentrionale. Essa era 
abitata da varie tribu fiere e selvaggie, fra cui quei famosi 
Pitti contro le incursioni dei quali i Romaaii avevano elevato 
i loro famosi due valli. 

Nel V secolo, o forse anche prima, una colonia di Scoti di 
Irlanda ando a stabilirsi in Granbrettagna, al sud dei Pitti, 

7 



INTRODUZIONE 

nella Dalriada, regione che corrisponde all'attuale contea di 
Argyle. Questa coloinia scotica ece si che al suo territorio si 
applicasse il nome di provincia Scottorum, septentrionalis 
Scottorum provincia, ossia provincia degli Irktidesi o Scotti 
stabiliti in Granbrettagna. Questo e il nome che gli da Beda 
neirVHI secclo: a tale epoca la Scottia propriamente detta 
e ancora unicamente 1'Irlanda. La Scozia fa parte della Bri- 
tannia. 

Nel IX secolo il re Kenneth Mac Alpin (844'858) degli 
Scoti della Dalriada, o come vogliono alcuni per vit- 
torie riportate, o come vogliono altri per parentele di- 
nastiche, divenne signore anche dei Pitti, estendendo verso il 
nord il proprio dominio e il nome della propria nazione. Dal- 
1'amalgamazione degli Scoti'Pitti con altri due gruppi di tri- 
bu, cioe con tribii di Bretoni che, probabilmente spinti verso 
il inord dalle invasioni anglo'Sassoni, s'erano stabiliti ra il 
Solway Firth e il Firth of Clyde, e con tribii di Angli che 
nella seconda meta del VI secolo s'erano impadroniti dei 
Lothians e delle contee di Selkirk, Peebles e Roxburg, si 
fondo poi sotto il re Duncan (1034) il Duncan del Mac* 
beth di Shakespeare il regno e la nazionalita scozzese 
(Scotland). 

Si distinse allora la Scottia major o Irlanda, dalla Scottia 
minor o Scozia. 

La denominazione Scottia divenne -Pappannaggio esclusivo 
degli Scozzesi soltanto verso il XII e il XIII secolo, al tempo 
di Giraldo Cambrense, cioe nel momento in cui la potenza 
dei veri Scoti declinava in Irlanda sotto la conquista Anglo- 
Normanna, e Tisola madre riprendeva, per distinguersi, il 
nome latino di Hibernia. La parola Eriu (di cui Erin e il caso 



8 



JNTRODUZIONE 

dative) delTantico idioma irlandese, trasformatasi gradual- 
mente nelle forme Eri, Erie, Ire, diede luogo ai derivati com' 
posti di tipo sassone Eireland, Irland, che appaiono nei secoli 
XI e XII (i). 

Nei testi e docuinenti dell'XI e XII secolo il nome Scottia 
pub quindi significare tanto Irlanda quanto Scozia: bisogna 
distinguere caso per caso, considerando specialmente la pa- 
tria di chi scrive: sotto la penna d'uno scrittore irlandese 
significa prdbabilmente Irlanda, sotto quella d'uno scrittore 
inglese o scozzese significa piuttosto Scozia (2). 

Nei secolo XIII significa correntemente Scozia. Certamen- 
te scozzese e il famoso Michele Scoto o Scotto (1175-1232) 
messo da Dante alTinferno (3), nominate da Boccaccio (4), 
da Fra Salimbene, da Fazio degli Uberti. Scozzese e il Dot- 
tor Sottile, Giovanni Duns Scoto (1266-1308), conteso dal- 
Tlrlanda alia Scozia solo finche non e s'tato possibile docu- 
mentare che la parola Scoto e ivi indicazione di naziona- 
lita( 5 ). 

Ma quel che per noi e importante di aver sempre presente 
e lo ripetiamo che fino a entro il secolo XI Scotus 

(1) V. GOUGAUD, Les noms anciens des ties Britanniques in Re- 
vue des Questions Historiques , 1907, p. 537-547; GoUGAUD, Les 
chr. celt., pp. 2, 139 s. f 368 s.; MoNTALEMBERT, I Monad d'Occi*- 
dente, trad. Carraresi, Firenze, 1870. V. .p. 195 s. The Encyclo* 
paedia Britannica, i4. a ediz., 1929, vol. XX, p. 154. 

(2) V. GOUGAUD, Les chr. celt., p. 161. 

(3) Canto XX, 115-117. 

(4) Ebbe nome Michele Scotto, percio che di Scozia era... , 
Decam., Giorn. VIII, nov. Q. 

(5) V. P. GREGORY CLEARY, O. F. M., Saint Francis and Ireland 
in Studies , Dublino, marzo 1927, p. 65; P. STEFANO SiMONIS, 
De vita et operibus b. Joannis Duns Scoti in Antonianum , 1928, 
p. 451 ss. e P. A. CALLEBAUT, A propps du Bx. Jean Duns Scot de 
Littkdean, in Arch. Franc. Hist. , luglio 1931, p. 305 ss. 

9 



INTRODUZIONE 

vuol dire Irlandese e Scottia vuol dire Irlanda. Scotti o 5co- 
ti, abitanti celtici dell'Irlanda, spesso nominati nella tarda 
epoca romana per le loro incursioni nella provincia romana 
della Britannia, stabiliti gia dal IV secolo nella parte setten- 
trionale della Granbrettagna, che deve ad essi il suo attuale 
name di Scozia. Ma tale denominazione, che comincia ad 
apparire neirXI secolo, divenne d'uso corrente soltanto nei 
secoli XII e XIIL Dal nome degli abitanti, Scoti, derive il 
nome del paese Scottia, Scotia=Irlanda (i). 

3. Alia fine del secolo XI, quando Scoti comincio a 
voler dire Scozzesi, questi approfittarono della confusione del 
nome per farsi passare per i veri fondatori dei monasteria 
Scottorum sul continente europeo, in luogo degli Irlandesi, 
e per prendere insensibilmente il loro posto nei conventi stes- 
si (2). Ma ben piu grande fu il torto che gli Scozzesi tenta- 
rono di fare, e in parte fecero, agli Irlandesi nei secoli XVI 
e XVIL Un gruppo di agiografi 'Scozzesi, fra cui Giovanni 
Lesley (3), David Chambers (4) e sopratutto Tommaso Demp- 
ster (5), si misero sistematicamente ad esaltare la propria pa- 
tria a spese dell'Irlanda. La reazione ci fu da parte degli Ir- 
landesi, malgrado le loro disastrose condizioni politiche e 
religiose: Luca Wadding, Ugo Ward, Stefano White, Pa- 
trizio Fleming, Donato Roirk, David Rothe, cercarono di 
ristabilire la verita e di smascherare il gioco degli avversa- 

(1) Paulys Real Encyclopedic, Stuttgart, 1921, 2. a serie, 3. vol., 
p. 838. 

(2) V. GOUGAUD, Les chr. celt., p. 174. 

(3) 1 527^1 596, il LESLAEUS, autore di De origine, moribus et rebus 
gestis Scotorum, Roma, 1578. 

(4) 1520-1592, il DAVID CAMERARIUS autore di De Scotorum fortu 
tudine, doctrina et pietate, Parigi, 1631. 

(5) 1579-1625, il DEMPSTERUS. 



10 



INTRODUZIONE 

ri (i). Ma il male seminato da quegli Scozzesi in parte at> 
tecchi: specialmente dannoso fu il ben noto Dempster, uo- 
mo urbo e di gran cultura, ohe visse a lungo in Italia, scrisse 
e stampo in Italia molti libri, piagigiando inelle dedicatorie 
sovrani e personaggi altolocati e falbbricandosi una gran re* 
putazione. Le sue opere piu note, che hanno avuto tanta 
nefasta influenza sui nostri agiografi locali, sono: Apparatus 
ad historiam Scoticam accesserunt Martyrologium Scoticum 
Sanctorum et Scriptorum Scotorum Nomenclatura, Bologna, 
1622; Historia ecclesiastica gentis Scotorum, sive de scripto* 
ribus scotis, Bologna, 1627; De Etruria regali, Firenze, 1724 
(ediz. ipostuma). 

Non c'e santo irlasidese, a cominciare da quelli d'ltalia, che 
egli non abbia tentato di far passare per scozzese, contando 
sulla generale ignoranza circa il significato storico della parola 
Scotia, alterando f atti, inventando citazioni di documenti e 
di libri inesistenti, od attribuendo ad autori esistenti passi 
che non hanno mai scritto. Nel corso del volume ne vedre* 
mo numerosi esempi. Di nessuna asserzione del Dempster ci 
si puo fidare. A suo riguardo cito due soli giudizi: quello 
del GOUGAUD e quello del LANZONI. II GOUGAUD dice (2): 
Nessuno ha f orse mai trattato le questioni storiche con una 
disinvoltura cosi rivoltante e con un'assenza piu completa di-. 
imparzialita che il Dempster . II LANZONI (3), di fronte a tre 
esametri composti dal Dempster e da lui intercalati in uri 
testo di. Alcuino (IX secolo), cosi si esprime: II Dempster 

(1) V. O* HANLON, Lives of the Irish Saints, 9 vols, Dublino, 1875 
ss., Vol. I, p. XXXV ss. e CONCANNON, The life of Saint Columban, 
Dublino, 1915, p. XXI. 

(2) Les chr. celt., p. IX. 

(3) Le Diocesi d' Italia, Faenza, 1927, I, p. 597. 



ii 



1NTRODUZIONE 

non abborri dal tradire la verita per magaiificare e accrescere 
i santi e gli uomini illustri del suo paese, e fu falsario con- 
vinto . 

Considerando (i) come negli scrittori anche di cose sacre 
del seicento sia molto frequente la vanagloria, Tinteresse 
locale, la cortigianeria, e il mercimonio delle falsificazioni, si 
comprendera la gravita dell'influsso esercitato dal Dempster 
sulla nostra agiografia. 

Questo ha contribuito a persuadermi che un lavoro stii 
Santi irlandesi d'ltalia, sulla scorta dei recenti studi fatti ra 
noi con seven criteri storici dall'attuale Sommo Pontefice 
Pio XI, quand'era 1'illustre Prefetto dell'Ambrosiana, dal 
Lanzoni, dal Savio, dal Majocchi, dal Gianani, dal Guidi, 
dal Lugano, dal Blandamura, ecc. poteva riuscire opportuno. 

4. II lavoro che presento e diviso in tre parti. 

Nella prima parte (sei capitoli) ho creduto necessario espor^ 
re succintamente la storia di tutto il movimento spirit uale 
irlandese fino ai nostri giorni, per mostrare quanto Tltalia 
debba ad esso, inquadrare convenientemente dentro la gene" 
rale intelaiatura storica le figure dei singoli santi scoti che 
s'incontrano nel nostro paese, e per evitare di dover fare 
a proposito di ciascuno di essi una esposizione di condizioni 
d'ambiente, che sarebbe riuscita forzatamente frammentaria. 
Per i primi quattro capitoli mi sono basato in gran parte sul 
GOUGAUD, Les chr. celt., che ho riassunto e qualche volta 
tradotto, procurando d'integrarlo per quel che riguarda l'Ita< 
lia, di cui egli non si e quasi affatto occupato. 

Nella seconda parte, composta di diciassette capitoli, ho 

(i) V. LANZONlf &., I, 21. 



INTRODUZIONfi 

trattato dei singoli santi irlandesi che hanno culto in Italia, 
dedicando a ciascun santo un capitolo. I primi tre, S. Patri- 
zio, S. Brigida, S. Gallo, non sono morti nel nostro paese, 
ma vi hanno goduto e vi godono popolarita, anche per alcune 
antiche istituzioni sorte sotto il loro nome. Gli altri quattor- 
dici santi sbno tutti morti e sepolti in Italia. Credo di non 
averne dimenticato alouno. Ma siccome i peregrini scoti so- 
no stati fra noi molto numerosi, e inon tutti (ad es. S. Emi- 
liano) sono stati messi in evidenza dagli scrittori irlandesi, 
non escludo che qualche figura secondaria mi sia potuta sfug' 
gire, per quanto abbia esaminato attentamente van dizionari 
agiografici. Non ho parlato di quei peregrini irlandesi che 
sono solo passati per Tltalia senza lasciarvi traccie. Uno dei 
santi da me preso in considerazione, S. Fuko Scotti, non si 
puo a rigor di termini considerare irlandese perche nato cer^ 
tamente a Piacenza; ma essendo stato fatto da alcuni scrittori 
parente di S. Donato di Fiesole ch'e puro Scoto, m'ha of' 
ferto occasione di toccare Tinteressante argomento dell'ori' 
gine delle varie famiglie Scotti che si trovano fiorire in mol- 
te citta d'ltalia nel secolo XII, e che indicano, a mio avviso, 
una importante diaspora secolare irlandese su tutta llEuropa, 
provocata principalmente dalle invasioni danesi. 

D. Mauro Inguanez, O. S. B., Archivista di Montecassi- 
no, mi comunica cortesemente il nome di un sacerdote irlan- 
dese, il Rev. Broughal, morto in concetto di santita a Mon- 
tecassino circa un secolo addietro. II Broughal, nacque in 
Irlaaida a Kildare da padre protestante e madre cattolica: 
fu alunno del collegio di Maynooth, ma compi gli studi ec- 
clesiastici in Spagna, a Salamanca, dove fu ordinato sacer- 
dote. Fu curato di Graigne nella contea di Kilkenny, verso 

13 



iNTRODtJZIONfi 

il 1807, per quattro anni, poi amministratore della parrocchia 
di Rahleen per sette anni, parroco a Newbridge per poco 
tempo, indi parroco a Graigne, dove nel 1822 si ammalo e 
fece il voto, se guariva, del pellegrinaggio in Terra Santa, 
Dopo sette anni si trova a Lisbona e rinunzia alia sua par* 
rocchia. Si reca quindi a Montecassino dove muore in con- 
cetto di santita nel giugno 1847. Le forme piu recenti della 
santita irlandese illuminano bene quelle piu antiche, che so* 
no spesso mal comprese o messe in dubbio; un rev. Brou- 
ghal illumina un b. Taddeo Machar che a sua volta illumina 
S, Silao. 

Voglio qui segnalare anche un gruppo degno d'attenzione 
di santi delle Isole Britannkhe ch'ho lasciato da parte perche 
non irlaiidesi. Piu che bretoni, sono molto probabilmente 
anglo'Sassoni. Essi appaiono distrilbuiti sopra una ristretta 
zona di paese, ra il Lazio e la Campania, e potrebbero essere 
oggetto d'un interessante studio collettivo che non mi risulta 
sia stato ancora fatto. Sono: S. Ardukxo di Ceprano, S. Ber" 
nardo di Rocca d'Arce, S. Folco di Santopadre, S. Gerardo 
di Gallinaro, S. Eleuterio d'Arce, e S. Grimoaldo di Poiite- 
corvo: ai quali si potrebbe aggiungere, benche piu tardo e 
fiorito altrove, S. Bertoldo di Parma, pure anglosassone. 

Per ciaseuno dei diciassette santi irlandesi da me constde- 
rati, oltre a dare notizie biografiche aggiornate secondo i piu 
recenti studi, ho cercato di raccogliere tutte le memorie che 
di loro si conservano in Italia (chiese, conventi, cappelle, 
ospizi, denominazioni geografiche e topografiche, folklore), 
con cenni del culto passato e presente. L'elenco delle parroc" 
chie d'ltalia coi rispettivi sainti titolari, contenuto nell'ultima 
edizione usoita dell'Anntwino delle Diocesi e del Clero d'l* 



14 



INTRODUZIONE 

talia (i) e Vlndice generate delta Carta d' Italia del T. C. L, 
mi sono stati di igrande aiuto. 

Nella terza ed ultima parte, in un capitolo unico piuttosto 
esteso, ho trattato anche a mo' di sintesi di tutto il libro 
d'un bell'argomento, gia toccato, ma in modo improprio 
e fuggevole, da alcuini scrittori stranicri: delle somiglianze 
tra il movimento religioso irlandese e il movimento france- 
scano. 

5. Nessuno piu di me ha coscienza deirimperf ezione 
del lavoro che presento, dovuta e alia ddbolezza delle mie 
forze e alle condizioni sfavorevoli in cui mi son trovato a 
compierlo. 

Ad esse ha in certa misura supplito la carita grande di al- 
cuni studiosi che mi hanno aiutato nelle ricerche fornendomi 
notizie e libri, e dandomi preziose indicazioni di persone e 
monumenti; fra essi sono in dovere di ringraziare putxblica' 
mente Mons. Faustino Gianani, Mons. Pantaleone Michelet- 
to, il Conte Emilio Nasalli'Rocca t il Prof. Giulio Scotti, D. 
Placido Lugano, Mons. Enrico Carusi, Mons. Giuseppe Blan* 
damura, il Rev. D. Stefano Rebolini, il Rev. D. Annibale 
Maestri, il Rev. D. Gio. Battista Baggi, il P. Raifaele M. Vi- 
tale S. J., il P. Ferdinando Antonelli O. F. M., il P. Aniceto 
Chiappini O. F. M., il P. Benvenuto Bughetti O. F. M., il 
P. Teodorico Asson O. F. M., il Comm. Fortunato Pintor, 
il March. Francesco Carandini. 

Contuttocio, ripeto, il lilbro non pretende di essere scevro 
ne di qualche omissioine ne di qualche errore. Vi si note- 
ranno anche certi squilibri: su alcuni monumenti, ad esem- 

(i) Roma, Tip. Vaticana, 1924. 



INTRODUZIONE 

pio, fornisco notizie particolareggiate, su altri solo accenni. 
Ma la colpa non e tutta mia: nei lavori in cui bisogoa ne^ 
cessariamente ricorrere al concorso altnii, per mezzo di cor- 
rispondenza, avviene che da certe persone si hanno risposte 
esaurienti e precise, da altre risposte incomplete e vaghe, da 
altre neppure uin rigo , come dice il LANZONI essere capi* 
tato alTUghelli ed a lui (i). 

Credo tuttavia che questo lavoro possa non inutilmente 
presentarsi al pubblico cosi com'e. Anzitutto puo servire ad - 
illustrare i meriti dei santi irlandesi dinanzi ai fedeli delle 
cemtoventi parrocchie d'ltalia dove essi sono pregati ed ono^ 
rati quotidianamente, il piu delle volte come esseri miste^ 
riosi. In secondo luogo puo spronare gli studiosi locali a rac' 
cogliere quei dati d'archivio che tuttora mancano, tanto sui 
santi quanto sulle fondazioni scotiche, e inquadrare le loro 
ricerche entro linee storicamente esatte t il che finora non e 
sempre awenuto. Quasi cgni capitolo di questo libro (ma 
speeialmente il Cap. II 9, il Cap. XIV e il Cap. XXIV), 
potrebbe, fra le mani di qualche volonteroso, dar origine a 
un intero volume non privo d'interesse. 

(i) Op. cit., p. 21. 



16 



T 



PARTE PRIMA 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 



CAPITOLO PRIMO 

LA CONVERSIONS 

i. I Celti delle Isole Britanniche si dividono in due 
gruppi: Gaeli o Goideli, e Bretoni o Britanni (i). 

I Gaeli arrivarono primi nelle isole, probabilmente verso 
T8oo a. C., e v'introdussero 1'uso del bronzo: la razza soo 
nosciuta, forse turanica, ohe <li aveva ipreceduti ignorava 1'uso 
dei metalli (2). 

La seconda invasione celtica, Tinvasione bretone, ebbe 
luogo soltanto cinque o sei secoli dopo (verso il 200 a. C.) 
Questi nuovi invasori erano Galli del ramo belga. iEssi intro- 
dussero 1'uso del ferro nelle Isole Britanniche, e sostituirono 
a poco a poco la loro lingua, il bretone, al gaelico, che si 
conserve soltanto in Irlanda, dove le occupazioni bretoni fu- 
rono di poca importanza. 



(1) V. H. D'ARBOIS DE JUBAINVILLE, Les Celtes depuis les temps 
les plus anciens jusqu'en Van 100 avant noire eve, Paris, 1904, e 
G. DOTTIN, Manuel pour servir a I'etude de I'antiquite celtique, Pa* 
ris, Champion, 1906. Un buon riassunto delle attuali cognizioni sul* 
Torigine e migrazioni dei Celti fino ai tempi romani, secondo gli 
studi del Dechelette, Rice Holmes, Fleure, Obermayer e Peake si 
trova in PATRICK POWER, The problem of the Celts, nella rivista 
Studies , Dublino, marzo 1927, p. 99-114. 

(2) Su questa razza v. anche Tarticolo di L. A. CoNSTANS, pro- 
fessore delPUniversita di Parigi, in: Enciclopedia Treccani , VII, 
883-891, alia voce Britannia. 



19 



LA CONVERSIONS 

Sappiamo che 1'Irlanda si chiamava in antico irlandese 
Eriu, e che in latino si chiamo fino ai sec. XII e XIII d. C. 
Scottia, il paese degli Scoti, altro nome dei Gaeli. 

Le armi romane, con le due spedizioni di Giulio Cesare 
(55 e 54 a. C.) t con quella di Claudio (43 d. C.) e coin quella 
d'Agricola (83 e 84 d. C.), occuparono la Gran Brettagna 
fino ai piedi dei Monti Grampian! ; ma Roma non riusci mai 
ad assoggettare le popolazioni del nord (la Caledonia) e non 
mise mai piede in Irlanda. L'Irlanda rimase indipendente fi' 
no al sec. IX d. C., quando senti per la prima volta il giogo 
straniero, quello degli Scandinavi. 

Per difendersi dalle incessanti incursioni delle popolazioni 
del nord, i Romani innalzarono in Gran Brettagna fortifica^ 
zioni giganteschet il vallo d'Adriano (122) e il vallo d'An^ 
tonino (142), rafforzato quesfultimo nel 208 da Settimio 
Severn. I piii temibili dei popoli settentrionali erano i Picti 

Pitti, che occupavano 1'attuale Scozia. I Pitti settentrionali 
stavano al nord dei Grampiani, quelli meridionali stavano ra 

1 Grampiani e il golfo di Forth. L'origine dei Pitti e oscura. 
Sir JOHN RHYS ha voluto vedere in essi i rappresentanti di 
una razza pre^ariana, parlante una lingua affine al basco. Al' 
tri scienziati li considerano come Celti e li ricollegano al ra^ 
mo bretone. 

La conquista romana in Gran Brettagna f u lenta e diffi' 
cile, e non mai completa : non awenne ivi queirassimilazione 
che creo in Gallia il tipo Gallo'romano. Fino alia domina^ 
zione anglo'sassone sembra che la lingua bretone sia stata 
parlata in tutto il paese (i). 

(i) V. GOUGAUD, Les chretientes celtiques, p. 1*5, e CABROL, 
L Angleterre chretienne avant les Normands, p. 8-15. 



20 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO 1RLANDESE 

2. Come in quasi tutte . le provincie, I'occupazione 
romana servi anche in Gran Brettagna di veicolo alia predi* 
cazione del Vangelo. Secondo una leggenda t il primo apo* 
stolo dell'Inghilterra satebbe stato Giuseppe d'Arimatea: il 
nobile decurione , fuggendo dinanzi alle persecuzioni *dei 
Giudei, avrebbe portato con se, unico tesoro, qualche goccia 
del san'gue di Gesu. Sbarcato con dodici compagni nell'In-* 
ghilterra occidentale, si sarelbbe fermato in quel luogo che 
e poi divenuto celebre nella storia religiosa deiringhilterra, 
Glastonbury. su questa reliquia del san'gue di Oristo por- 
tata dal discepolo, ch'e fondata la leggenda del San Graal 
(sangue reale). fi attorno a questo monastero, ove si credeva 
sepolto re Artu (sussistette fino al 1539* quando Enrico VIII 
fece squartare Tultimo abate sulla porta della chiesa t per im." 
possessarsi dei suoi tesori) che si svolgono i racconti della 
Tavola Rotonda (i). 

Il fatto positivo piii antico a cui si pub risalire e la pre^ 
senza di tre vescovi bretoni al Concilio di Aries del 314 (un 
anno dopo 1'Editto di Milano che dichiara libera la Chiesa 
Cristiana). Parecchi vescovi bretoni si trovano al Concilio di 
Rimini del 359. Ma sembra che la chiesa bretone fosse allora 
formata in gran parte da romani che avevano seguito le 
legioni, e che gli indigeni avessero accolto molto tepidamente 
il Cristianesimo. 

Onorio richiamo le legioni dalla Gran Brettagna nel 410 



(i) Testi patristic! sugli inizi del Cristianesimo in Gran Brettagna 
sono TERTULLIANO, Adv. Judaeos, Cap. VII; S. IRENEO, Adv. Haer. t 
I f X, e ORIGENE, P. G., XIII, 595, 1655 e 1813. Circa Pabbazia di 
Glastonbury, le connesse leggende, e gli important! risultati archeo- 
logici dei recentissimi scavi, v. la bibliografia data dal ViSMARA, 
Storia benedettina, in: Aevum , 1931, p. 573 e 574 (V. Ii69'ii75). 



LA CONVERSIONS 

in cui Alarico prese e mise a sacco Roma), e abban" 
dono i Bretoni a se stessL S. Germano d'Auxerre, le cui mis- 
sioni ebbero una cosi grande influenza sulle comunita celti- 
che, arrive per la prima volta in Inghilterra nel 429, quando 
erano appena awenute le prime scorrerie dei Sassoni (428). 
Sembra che a tale data il Cristianesimo fosse gia piuttosto 
diffuso fra gli indigeni, perche S. Germano predicava non 
soltanto nelle chiese, ma anche per le strade e per le cam- 
pagne onde contentare i fedeli desiderosi d'ascoltarlo : e da 
un passo di S. GIROLAMO (i) risulta che pellegrini bretoni 
andavano spesso a Roma e in Palestina. 

Nella prima meta del V secolo Peresia pelagiana mise in 
pericolo Tintegrita della fede dei Bretoni, non degli Scoti di 
Irlanda presso i quali pare non abbia attecchito. Pelagio nac* 
que in Gran Brettagna, probabilmente proprio da genitori 
scoti: lascio la patria per stabilirsi a Roma, sotto il pontifi- 
cato di Damaso (t 384) o al piii tardi sotto quello di Ana* 
stasio (399^401), e soltanto quando fu nella citta eterna si 
mise a professare gli errori sulla Grazia che poi propago in 
Sicilia, in Africa, in Oriente. Questa eresia fu introdotta in 
Brettagna da un certo Agricola, figlio di un vescovo pela- 
giano, Severiano, e fece progressi cosi rapidi che i Bretoni 
ortodossi, non sentendosi piu abbastanza forti per combat' 
terla da soli, chiesero soccorso alia Chiesa Gallica, un cui 
Sinodo designo appunto Germano, vescovo di Auxerre, co^ 
me massimamente adatto a ricondurre i pelagiani bretoni al" 
Tortodossia. Su domanda del diacono Palladio, il papa Cek" 
stino voile confermare personalmente il vescovo prescelto per 

(i) P. L., XXII, p. 489. 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

tale incarico: gli u unito S. Lup9 di Troyes. I due vescovi 
compirono bene la loro missione fra il 429 e il 431, e ricon- 
dussero sul retto sentiero molti fuorviati. Ma dopo la loro 
partenza 1'eresia rialzo il capo e S. Germane, nel 447, do- 
vette ripassare la Manica, accompagnato da Severo di Tre* 
yes. Il pelagianesimo inon sopravvisse nell'isola a questa nuo* 
va campagna. 

A una data sconosciuta, anteriore alia prima missione di 
Germano, un bretone, istruito a Roma nella fede e nelle 
sacre lettere, traversava la Gallia e 1'Inghilterra per portare 
a luce del Vangelo alle popolazioni del nord, Bretoni dello 
StratyClut e Pitti di Galloway: era Ninian. Que'sto vescovo 
si stabili nella penisola di Galloway ove costrui una chiesa 
che ricevette il nome di Candida. Casa per la bianchezza del- 
e pietre adoperate. I Pitti del sud, convertiti da Ninian, non 

jerseverarono nella fede. S. Patrizio, in una lettera scritta 
* 
verso la meta del V secolo, li tratta gia d'apostati. Tocchera 

a Columba e ai suoi discepoli e successor!, i monaci di Jona 
e di Lindisfarne, di riprendere Topera di Ninian fra queste 
rudi popolazioni, e di estendere piu a nord il regno del Van^ 
gelo. 

Tragico fu lo scompiglio portato dagli invasori sassoni in 
mezzo alle cristianita Ibretorii: sacerdoti massacrati, altari 
profanati, chiese spogliate e incendiate. Ruebant edificia 
publica simul et privata, passim sacerdotes inter altaria tru* 
cidabantur (i). Alle prime orde, provenienti dal basso We* 
ser e dalla bassa Elba, che fondarono il regno sassone di 
Kent nel 455, succedettero altre orde che nel 477 fondarono 

"t 

(i) BEDA, H. E., I, 15. 

23 



LA CONVERSIONS 

quello di Sussex e nel 495 quelli di Wessex e di Essex. I 
Celti lottarono disperatamente : re Artu personified nelle 
poesie del loro bardi la resistenza agli invasori e divenne il 
centro del famoso ciclo di leggende cavalleresche che da lui 
prende il nome. Altre popolazioni germaniehe, gli Angli, se- 
guirono da vicino i Sassoni, e, stabilendosi a nord di essi, 
con 1'aiuto dei Pitti cacciarono nel 559 i Bretoni, fondando i 
tre regni di Northumbria (1'attuale Yorkshire all'mcirca) di' 
visa in Bernicia e Deiria, di East'Anglia e di Mercia. Questi 
sette regni sassoni ed angli costituirono la cosidetta eptar- 
chia . II nome degli Angli fu dato al paese intero, senza te- 
ner conto delle altre razze {Engel-seaxna-land, Engla^land, 
England = Angleterre = Inghilterra), II paganesimo germanico 
rimase cosi padrone del paese fino alia venuta di Agostino 

(597)- 

Dalle occupazicni anglo'Sassoni i Bretoni furono respinti 

verso occidente. I Bretoni dello Strat'Clut (attorno all'attuale 
Carlisle), stretti ra i Pitti e gli Angli di Bernicia, difesero 
fino al IX secolo la loro indipendenza contro i due tembili 
vicini. Altre popolazioni si mantennero sulTantica Cumbria 
(Lancaster), al sud delle precedent!. Ma e nel paese di Gal" 
les, nella Cornovaglia e nell'Armorica (Brettagna francese) 
che le tradizioni bretoni e la lingua bretone trovarono piu 
sicuro asilo e si ccnservarono piu a lungo. 

Nei territori prossimi a questi principali rifugi dei Celti, 
gli elementi celtico e sassone si mescolarono in dosi variabili. 
I pro-gressi della linguistica hanno rilevato, nei .territori che 
hanno formato poi le contee di Somerset, Gloucester e Cunv 
berland, Tesistenza di una popolazione mista che si potrebbe 
chiamare Anglo-Celtica. 

24 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

A seguito di tali avvenimenti i Bretoni vissero in un isola* 
mento quasi complete del resto della cristianita. Non prova* 
rono il contraocolpo delle grandi lotte ariane, nestoriane e 
monofisite che agitarono nel V e VI sec. le cristianita d'o* 
riente e d'occidente: rimasero estranei al movimento dog" 
matico, disciplinare, e liturgico: mentre tutto marciava at* 
torno ad essi, essi restarono stazionari. Cosicohe quando alia 
fine del VI sec. e al principio del VII Agostino e i monad 
romani entrarono con essi in contatto, li considerarono un 
po* come degli estranei, quasi degli eretici (i). 

3. Fra gli Scoti d'Irlanda, per le loro relazioni com* 
merciali coi Bretoni e coi popoli del continente europeo, per 
le loro incursioni armate oltremare e il sorgere di loro colo* 
nie in Gran Brettagna, per la tratta e per la cattura in guer* 
ra di schiavi in gran parte cristiani, il Vangelo era certamente 
gia penetrato alia fine del IV secolo. Nel 431 papa Celestino 
mando agli Irlandesi che credevano in Cristo, ad Scottos in 
Christum credentes, come loro primo vescovo, Palladio, da 
lui ordinato: quindi communita cristiane d'una certa impor* 
tanza dovevano esistervi. Ma lo stesso Prospero d'Aquitania 
che da tale notizia, soggiunge in un altro testo, a lode di 
Celestino, che questo papa, mentre si sforzo di conservare 
cattolica Tisola romana (alludendo alia missione antipelagiana 
di S. Germano in Gran Brettagna), si adopero anche per cri* 
stianizzare Tisola barbara (cioe Tlrlanda): dum romanam in- 
sulam studet servare catholicam, fecit etiam barbaram cnri* 
stianam: la necessita di cristianizzare Tisola barbara degli 
Scoti prova ch'essa non aveva fatto ancora molti progress! 

(i) G'OUGAUD, op. tit., 28*35; CABROL, op. tit., 21-43. 

r^^j M ^ 



LA CONVERSIONS 



nella fede. E questa e anohe rimpressione che si ricava da 
tutti gli scritti di S. Patrizio. 

Il lavoro apostolico di Palladio in Irlanda, di cui si sa po* 
chissimo, fu in ogni caso estremamente breve: o egli falli 
nella sua missions, o mori dopo pochi mesi. Ben sipetta a 
Patrizio il titolo d'apostolo delTIrlanda. 

Patrizio nacque in Gran Brettagna nell'ultimo quarto del 
IV secolo. Era nipote del prete Potito e figlio del diacono 
Calpurnio, ch'era anche decurione: il luogo di nascita, che 
di solito gli si assegna, Banayen Taberniae, era forse una mu- 
nicipalita romano-bretone, retta da decurioni, derivata da un 
posto militare collocato alia foce della Clyde per difendere 
1'estremita del vallo d'Antonino. Pare che MRS. CONCANNON, 
in un libro su S. Patrizio ch'e in corso di stampa, lo dimostri 
nato nel Galles meridionale. AU'eta di circa sedici anni t Pa^ 
trizio fu preso da pirati che lo condussero schiavo in Irlanda 
con molti compatriot!. Non si sa in quale regione dell'isola 
fosse trasportato. Forse e esatto che fu venduto a un mago 
o druido di nome Miliuc, che lo mise a custodir le sue man' 
drie. Egli si rimprovera amaramente, nelle sue Confessions, 
d'aver vissuto fino aU'epoca della sua cattivita nell'oblio del 
Signore e nella negligenza dei suoi doveri di cristiano. Ma 
nei rigori deiresilio e della servitu, il suo cuore si volse a 
Dio: imparb a conoscere la bointa di Lui e a corrispondere 
alle Sue grazie; la sua pieta si accese. Durante la servitu ac^ 
quisto anche la conoscenza della lingua irlandese, che dove- 
va un giorno essergli indispensalbile. 

Questa prkna cattivita durb 'ben sei anni : dopo tal periodo 
di tempo gli riusci di fuggire, raggiunger la costa, imbar^ 
carsi sopra una nave in partenza. Dopo 'tre giorni di naviga* 



-26 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

zione, i passeggeri discesero -in un paese deserto, che impie* 
garono 28 giomi ad attraversare, mancando di viveri. Se 
questo paese deserto fosse in Gallia o in Gran Brettagiia non 
si sa. Dopo qualche tempo, Patrizio fu di nuovo fatto schia^ 
vo, ma questa volta per due mesi soltanto. 

Infine torno in Gran Brettagna, dove ebbe la gioia di ri- 
trovare i suoi genitori, che lo ricevettero teneramente e lo 
pregarono insistentemente, dopo tante tribolazioni, di non 
lasciarli mai piu. Fu allora che in una visione, ebbe il primo 
invito a evangelizzare 1'Irlanda: visione che ricorda quella 
che ebbe S. Paolo a Troade (Atti f XVI, 9) per I'evangeliz^ 
zazione della Macedonia. La voce dell'Irlanda lo chia< 
mava. Egli si ricordava i suoi giorni di prova, ch'erano stati, 
come spesso avviene, anohe giorni di penrimento e di fer^ 
vore. Aveva cercato Dio, e Taveva trovato. Si ricordava di 
quella povera isola dove la Provvidenza Taveva gettato fra 
genti incolte, non ancora illuminate dalla luce del Vangelo. 

L'amore della famigUa non pote trattenerlo. Decise di ap- 
profondire i disegni che Dio aveva sopra di lui, di mettere 
alia prova la propria vocazione, di istruirsi e d'aoquistare la 
scienza della legge divina e delle sacre lettere, per poter com- 
piere se Dio persisteva a chiamarlo la difficile missione. 

Patrizio andb in Gallia e si spinse fino al famoso mona" 
stero di Lerins, sulle coste della Provenza, fondato inel 410 
da S. Onorato. Oltre a Lerins, il giovane viaggiatore visito 
Tltalia, ma non si spinse sino a Roma. Dove pero Patrizio 
soggiorno piu a lungo, circa quindici anni, fu ad Auxerre: 
ivi egli si f ormo sotto la direzione di due vescovi d'eminente 
pieta, Amatore (morto verso il 418) e Germano, e si prepare 
alia sua missione futura. 

27 



LA CONVERSIONS 

Al ritorno di S. Germano dalla Gran Brettagna, nel 431, 
egli dovette informarsi avidamente sulla situazione religiosa 
nel suo paese natale, e sopratutto sui bisogni spiritual! del' 
1'isola vicina, ch'era oggetto continuo dei suoi pensieri. Fu 
nello stesso 431, come abbiamo accennato, che Palladio ve* 
niva inviato dal papa presso gli Scoti. Ma dopo pochi mesi, 
due discepoli di Palladio gli portarono la notizia della morte 
prematura di lui. II campo d'azione era libero. 

Patrizio, ricevuta probalbilmente la consacrazione episcopa- 
le dalle mani stesse di Germano, si mise senza ritardo, nel 
432, in istrada, per Tisola lontana verso cui Dio lo chiamava. 
Christus Dominus qui mihi imperavit ut venirem. 

Si suppone ch'egli sia approdato nel Leinster, non lontano 
dall'attuale citta di Wicklow. Ma riprese presto il mare, e 
costeggiando la costa orientale tocco Inis Patrick, alia foce 
della Boyne, e arrive all'Ulster per lo Strangford Lough. La 
convert! un potente iprincipe chiamato Dichu e fondo la 
chiesa di Sabhall Patrick, chiamata piu tardi Saul. 

San Patrizio percorse tutte le cinque provincie deH'Irlan* 
da, e ritorno spesso nelle regioni gia evangelizzate. Egli cer- 
cava anzitutto di convertire i capi e i nobili, di cui le folle 
facilmente seguivano resempio, e che, come unici possessor! 
del suolo, potevano fornire al missionario il terreno per co- 
struire una chiesa: distruggeva il prestigio dei druidi com- 
piendo prodigi di fronte ai quali le loro arti magiche face- 
vano ben meschina figura. Costruita la chiesa, ordinava sul 
posto uno dei suoi discepoli diacono, sacerdote o vescovo, e 
gli affidava la cura della missione nascente. Qualche volta 
lasciava a dei monaci la custodia dei neofiti. Prima di allon- 
tanarsi consegnava a questi o ai loro pastori un libretto, co- 



-28 



1L MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

piato spesso di propria mano, che conteneva un riassunto 
della dottrina cristiana e dei canoni. 

Qua e la dava il velo a donne particolarmente pie, che si 
ritiravano forse gia in monasteri o che, come le prime ver- 
gini cristiane, conducevano una vita di continenza in seno 
alle loro famiglie. 

I risultati della sua predicazione furono straordinari; ma 
egli si guardo bene dalFattribuirli alia propria debolezza, ma 
sempre alia grazia di Dio. Certamente egli non giunse a con* 
vertire tutti i pagani dell'isola; ma ne guadagno tanti a Cri- 
sto, fondo tante chiese, ordino tanti chierici, accese tanto 
zelo inei cuori, che sembra legittimo di credere che la mera* 
vigliosa fioritura cristiana che distinse Tlrlanda nei secoli se- 
guenti, sia proceduta direttamente da lui. 

Patrizio fondo, pare nel 444, la sede di Armagh, destinata 
a divenire la sede primaziale d'Irlanda, Qualche anno prima 
(441) si sarebbe recato a Roma, ma questo viaggio resta dub- 
bio. certamente morto nel 461 (i). 

Per avere annesso Tlrlanda al regno di Dio, fra infinite 
tribolazioni e minacce, con tin eroismo cristiano senza pari, 
gli Irlandesi Thanno onorato e Ibenedetto attraverso i secoli 
come nessun altro apostolo nazionale Fe mai state (2). 

II 17 marzo, giorno di S. Patrizio, e la vera festa nazionale 
irlandese, e in quel giorno, in tutte le parti del mondo, i 
figli della yerde Erin, giovani e vecchi, secolari e religiosi, 
poveri e ricchi, con un giubilo ed un orgoglio magnifici di 



(1) V. JOHN RYAN, S. J., Irish Monasticism, Talbot Press, 1931, 

P- 75- 

(2) GOUGAUD, op. cti., p. 39-59, e G. DOTTlN,-Les livres de St. Pa* 
trice, apotre de I'lrlande, Bloud et Gay, Paris. 

29 



LA CONVERSIONS 

entusiastica fraternita, vanno alle loro chiese .per assistere alle 
solenni funzioni in suo oraore, portando appuntato sul petto, 
spesso con una coccarda dai colon nazionali (giallo, bianco e 
verde) o con la piccola arpa dei bardi gaelici, un mazzettino 
di shamrock, cioe di quel minuto verdissimo trifoglio spe- 
ciale alPIrlatida, che per 1'occasione i parenti o gli amici spe* 
discono in tutto 1'orbe terraqueo, a ricordare ai fratelli le 
dolci praterie dell'isola natia e I'inesauribile affetto della ma- 
dte patria. 

Ancor oggi fa parte del fireside*lore irlandese 1'opinione 
corrente gia'nel VII secolo (i) che il giorno del Giudizio 
universale ogni figlio d'Erin godra del privilegio di compa' 
rire davanti a S. Patrizio, sedente nelle supreme assisi a lato 
di Cristo. 

4. II monachismo aveva fatto, sotto Tinfluenza di 
Tteves, di Lerins e di Tours, molti progressi in Gallia gia dai 
tempi di S. Germano d'Auxerre: e le missioni di S. Ger- 
mano in Gran Brettagna non ebbero solo il risultato di ri" 
portare la chiesa bretone all'ortodossia, ma cointribuirono an- 
che allo sviluppo del monachismo oltre Manica. Nel VI se- 
colo esso era gia fiorente nel Galles: al monastero di Llant- 
wit si formarono probabilmente S. Sansone, S. Paolo Aure- 
liano, forse Gilda, e il santo nazionale del Galles, fondatore 
di Menevia, S. David: S. Cadoc aveva fondato Llancar- 
van (2) : il monastero di Bangor Iscoed, sulla Dee, contava al 
principio del VII secolo oltre 2000 monad. 

Ma piii che la Gran Brettagna, I'lrlatida, convertita solo 
nel secolo precedente, conobbe nel VI secolo uno sviluppo 

(1) V. GOUGAUD, op. dt., p. 285. 

(2) V. RYAN, Irish Monasticism, pp. 109, 112, 115. 

30 



IL MdVlMENTd RELiGIOSO IRLANDESE 

prodigioso delle istituzioni monastiche. Gia S. Patrizio, che 
aveva soggiornato tanti anni ad Auxerre con S. Germane, 
non contento di convertire le folle pagane, inizio alia vita 
perfetta tm gran numero di convertiti delTuno e dell'altro 
sesso. I primi monasteri dovevano essere molto simili a sta* 
zioni missionarie. Secondo il GOUGAUD, due cause spiegano 
lo sviluppo straordinario dei monasteri irlandesi. 

La prima e lo zelo ardente dei primi apostoli, spessissimo 
monaci essi stessi, che miisero grande impegno, come mo^ 
strano gli scritti di S. Patrizio, a far fiorire sin dalla prima 
ora le istituzioni monastiche. II temperamento vivo dei neo- 
convertiti secondo mirabilmente il loro impulso. fi caratteri^ 
stica la generosita con cui le figlie di Loegario si diedero a 
Cristo. Un gran numero di battezzati, appena rigenerati dal 
contatto con le acque battesimali, si sentirono attirati sulle 
vie dei consigli evangelici, alia perfezione cristiana. Una 
potente ondata d'ascetismo trasporto i convertiti. II primo 
ardore della ede ha scritto F. OZANAM (i) che ovun* 
que altrove conduceva i cristiani al martirio, spingeva i neo* 
fiti irlandesi al monastero . 

La seconda causa e nella condizione politica e sociale del 
paese, diviso in dans, che favoriva il rapido fiorire della vita 
monastica. Quando il capo del clan si convertiva, tutto il 
clan seguiva il suo esempio. Non v'erano citta in Irlanda: 
e il bisogno d'unione e di stretta coesione s'imponeva, in 
mezzo a un popolo ancora pagano sotto molti riguardi, stra^ 
ziato dalla schiavitu, dai dissensi e dalle guerre. II monastero 
divenne 1'asilo tranquillo e sicuro delle anime elette, e siello 

(i) La civilisation cheg les Francs, Paris, 1849, p. 97. 

31 



LA CONVERSIONS 

stesso tempo uii centre di cultura intellettuale. E il fatto che 
queste citta monastiche, civitates, come si chiamavano, 
furono spessissimo sede di yescovato, contribui ad aumen* 
tarne il prestigio. II vescovo era nello stesso tempo 1'abate, e 
la sua giurisdizione s'estendeva su tutto il territorio circo" 
stante. 

Il monastero di Killeany, posto nella principale delle isole 
Aran, nella baia di Galway, passa per il piii antico di questi 
famosi centri che fecero la fama dell'Irlanda fin dalla prima 
meta del VI secolo. II suo fondatore fu S. Enda o Enna 
(t circa 542), capo d'una potente tribii. Appena battezzato, 
Enda sarebbe andato alia Candida casa, poi, avendo ottenuto 
Aranmore dal re di Cashel, vi avrebbe aperto un monastero 
che si riempi rapidamente di scelti discepoli (i). Fra essi vi 
fu Brendan di Clonfert, Ciaran di Clonmacnois, Finnian di 
Moville, Columba di Jona, tutti futuri fondatori di nuove 
ablbazie, tutti iscritti gia. dall'VIH secolo nel Catalogo 
dei grandi sainti d'Irlanda. Altro S. Finnian fondo Clonart, 
nel Meath (verso il 520), ove una tradizione gli assegna 3000 
discepoli. L'abbazia di Moville, non lontana dallo Strang-* 
ford Lough, nelTUlster, fu fondata verso il 540 dal Finnian 
(t circa 590) prima nominato. S. Ciaran Mac In Tsair fondo 
(nel 544 o 548) Clonmacnois sulla riva sinistra dello Shan" 
non, che fu per vari secoli un prospero centro culturale. Ac- 
cenneremo anche a Derry e Durrow, monasteri fondati da 
S. Columba prima della sua partenza per Tisola di Jona: 
Glendalough, fondato da S. Kevin nel 549 (?); Clonfert 
fondato nel 552 (?) da S. Brendano il Navigatore; e final' 

(i) V. RYAN, Irish Monasticism, pp. 106 s. e 214. 

32 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

mente Bangor eretto da Comgall nel 558 (?), a nord di Mo* 
ville, sulla costa meridionale del Golfo di Belfast. Ivi S. Co* 
lombano e S. Gallo appresero le virtu, le tradizioni e la di- 
sciplina, di cui fecero piu tardi profittare cosi mirabilrnente 
PEuropa continentale. 

Ncn si puo non rimanere sorpresi davanti al numero inau' 
dito di monasteri irlandesi, popolati fin dal VI secolo da cen* 
tinaia e migliaia di monaci ciascuno. E accanto a queste folle 
di cenobiti, la vita religiosa era inoltre rappresentata, sopra* 
tutto a partire dal VII secolo, da un numero grandissimo di 
eremiti. In nessun luogo, eccetto forse in Egitto ai tempi dei 
Padri del Deserto, le istituzioni monastiche si svilupparono 
con tanta rapidita, e produssero tipi piu originali o d'una san- 
tita piu sicura e generosa. 

I monasteri celtici erano molto diversi dalle grandiose ab* 
bazie medioevali. Rassomigliavano piuttosto a settlements di 
pionieri. Comprendevano un gran numero di celle separate. 
Ogni cella accoglieva uno o piu cenobiti. Erano costruite di 
pali e di f rasche, o di pietrame. Queste ultime, di forma ro- 
tonda, ovale o rettangolare, erano edificate con pietre grezze, 
senza malta: e venivano coperte, come i trulli di Puglia, con 
cupolette ottenute dal progressivo aggetto d'un corso di pie* 
tre sul corso sottostante. L'abate occupava spesso una capan- 
na situata sopra un poggetto. Oltre alle celle dei monaci, la 
citta monastica racchiudeva uno o piu oratori, di struttura e 
di dimensioni parimenti assai modeste, una cucina, un refet* 
torio, una foresteria e delle officine (i). 

Un simile monastero era presto costruito. In Irlanda i fon* 

(i) V. RYAN, Irish Monasticism, p. 285-294. 

33 



LA CONVERSIONE 

datori sceglievano di solito il posto d'un antico forte dell'e- 
poca pagana, negli altri paesi quello d'una cinta fortificata 
rimontante ai Romani. II terrapieno del forte o del castrum 
forma va la chiusura del nuovo monastero. Del resto le piu 
antiche colonie monastiche dell'Oriente e della Gallia s'erano 
stabilite allo stesso niodo, con celle separate, cinte da un val- 
lum. 

La vita ascetica nei monasteri celtici era molto intensa. La 
piu elementare delle mortificazioni era il lavoro manuale : la* 
voro agricolo e artigianato (lavoro di fabbro, falegname, ore- 
fice, copista, miniaturista). La preghiera liturgica, foasata so- 
stanzialmente sui Salmi, occupava gran parte del giorno e 
della notte: ed era spesso accompagnata da gesti di adora- 
zione, da dimostrazioni di penitenza (immersione nelle acque 
fredde dei flu-mi e dei laghi), da prostrazioni e genuflessioni 
(fino a 300 il giorno e 300 la notte), dal rimatiere a lungo 
con le bracoia aperte in croce (crossfigill = crucis vigilia). Si 
narra che S. Kevin di Glendalough sia rimasto per sette an> 
ni, appoggiato contro una tavola, in posizione di crossfigill, 
senza chiudere occhio ne giomo ne notte, e talmente immo- 
bile che gli uccelli facevano i loro nidi nelle sue mani. II 
regime alimentare era estremamente austero: esclusa la car^ 
ne, e spesso anche il pesce, si basava su legumi secchi e sul 
piccolo pane monastico, paximatium, classico in Oriente. 
Molti cenobiti si ritiravano per alcuni periodi o per sempre 
a far vita eremitica, nei boschi o fra le roccie, nel cosidetto 
deserto (disert in irlandese) : o si rinchiudevano in una du- 
ra prigione di pietra (carcair dal latino career). Non pare 
che questi eremiti si facessero murare solennemente nelle 
loro celluzze, come i reclusi del tardo Medio Evo. La vita 



34 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

eremitica era circondata da particolare considerazione e vene- 
razione, ed e stata fiorente e rispettata fino al XII secolo (i). 
5. In seno ad una societa ancora in parte pagana e in 
preda ad ogni genere di violenze, le. vergini irlandesi con* 
sacrate a Cristo avevano a subire persecuzioni, minaccie, mo- 
lestie continue, dalle famiglie stesse, come si rileva gia dagli 
scritti di S. Patrizio che ne consacro in gran numero. fi na* 
turale ch'esse cercassero quindi di vivere in comunita, sotto 
la protezione degli uomini di chiesa che le avevano iniziate 
alia vita della fede e alia continenza. Ai tempi di Adamnano 
(t 704) esistevano certamente presso i Celti monasteri di 
donne. Nel VII secolo si vede lo scoto Aidano, primo abate 
di Lindisfarne, dirigere 1'abbadessa Hilda e dare il velo alia 
prima monaca di Northumbria, Heju. 

La vergine irlandese piii celebre di cui la storia ci abbia 
trasmesso il nome e S. Brigida di Kildare. Disgraziatamente 
le biografie della santa hanno carattere imprecise e incoeren* 
te. Semibra ch'essa sia nata da genitori cristiani a Foughard 
neirUlster verso la meta del V secolo. Si vuole che i suoi 
genitori fossero stati battezzati da S. Patrizio. Avendo rice' 
vuto il velo dalle mani del vescovo Macaille, essa fondo un 
monastero di religiose a Kildare, nel Leinster (2), che diven- 
ne subito un centro intensissimo di vita religiosa. Numerosi 
furono i miracoli operati per sua intercessione. Essa avrebbe 
anche indotto un vescovo chiamato Conlaed a uscire dalla 
solitudine per condividere con lei la direzione di questa co- 
fa) GOUGAUD, op. dt., pp. 60-92, 96*104; CABROL, op. tit., 182* 
195; MoNTALEMBERT, I monad d'Occidente, libra X, Cap. II e III; 
ALBERS, Aforismi di storia monastica, 125*144. 

(2) Kildare = cella della quercia, perche dicesi essa si fosse costruita 
una prima cella sopra una grande quercia. 



35 



LA CONVEftSIONE 

munita e di tutte quelle ad essa affiliate, e per compiere le 
funzioni piu sacre nella Chiesa eccezionalmente vasta e ricca 
ch'essa vi aveva fatto costruire, e di cui il GoUGAUD (i) da 
la descrizione secondo il biografo Cogitoso. Questo Cogitoso, 
che si crede che abbia scritto nel VII secolo (2), lascia inten- 
dere che Brigida, non contenta di govcrnare delle religiose, 
avrebbe anche retto un monastero doppio, di gente delTuno 
e delTaltro sesso, accorsa da ogni parte per mettersi sotto la 
sua cbbedienza. Tuttavia, poiche egli e il solo dei biografi 
della santa Ibadessa che riferisce questo fatto importante, gli 
storici si sono domandati se il monastero doppio di Kildare 
(che sembra essere realmente esistito ai tempi di Cogitoso) 
risalisse proprio ai tempi di S. Brigida. In ogni caso, non si 
conosce altro esempio di monasteri di questa specie in Irian- 
da o in alcun'altra cristianita celtica. Brigida mori verso il 
524 (3). I martirologi, a partire da quello di Beda, conten- 
gono il suo nome sotto la data del i felbbraio. 

La popolarita di S. Brigida presso gli Scoti, che la consi- 
derano Protettrice dell^rlanda insieme con S. Patrizio, e 
quasi uguale a quella del grande apostolo. La sua festa si 
celebrava gia certamente nell'VIII secolo in Irlanda e nelle 
fondazioni scotiche d'lEuropa (4). Nel libro di Leinster (5), 
Santa Brigida e associata alia Vergine Maria. Con una fanta- 
sia che sorpassa ogni limite, la badessa di Kildare, non solo 
era paragonata a Nostra Signora, ma era comunemente quasi 
identificata con lei. Si chiamava la Maria dei Gaeli . Broc- 

(1) Op. cit., p. 317. 

(2) lb., p. 93. 

(3) V. RYAN, Irish Monasticism, p. 112. 

(4) V. GOUGAUD, Gaelic Pioneers, p. 103 ss. 

(5) V. GOUGAUD, Les chr. celt., p. 261. 

, -36- 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

can, in un inno in sua lode, la chiama : la madre del mio 
celeste re . E non senza stupefazione si legge nell'Inno di 
Bithmaith questa strofe : Ch'essa (Brigida) estirpi da noi i 
vizi della carne, essa, il ramo fiorito, essa, la madre di Ge- 
su! In queste stranezze di scrittori apocrifi noin bisogna 
vedere che un'eco della grande purita e santita della badessa 
di Kildare e della grande influenza ch'essa ha esercitato sul- 
la vita religiosa e monastica' dell'Irlanda. 

6. La rapida conversione delTIrlanda, avvenuta senza 
effusione di sangue, e rimmediato germogliare d'una vita 
collettiva cosi intensarnente e cosi profondametite cristiana, 
con una fioritura ininterrotta e senza pari di santi e di sante 
durata per tre o quattro secoli, con una fedelta a Roma, inin- 
terrotta e senza pari, durata in mezzo a inenarrabili martiri 
per quindici secoli, e un fatto stotico che s'impone alia me- 
raviglia di chiunque lo consider! e tenti spiegarlo. 

Sembra veramente che la frase di Tertulliano anima natu' 
raliter Christiana non possa trovare applicazione piii giusta 
che per la razza celtica. II RENAN, d'origine bretoiie, ha scritto 
un famoso saggio La poesie des races celtiques (i) in cui as- 
serisce {p. 436) che questa dolce piccola razza era natural- 
men te cristiana . Alcuni autori trovano giustamente esage- 
rata questa affermazione, ricordando che le virtu cristiane 
incontrarono ed incontrano, come presso tutti gli uomini, 
ostacoli anche nei cuori dei Celti, e che non mancano traccie 
storiche e poetiche (2) del contrasto fra gli istinti primitivi 



(1) In Essais de morale et de critique, lo.eme ed. t Paris, Caiman- 
Levy, 1929. 

(2) V. le leggende del Mago Merlino e delle dispute fra Ossian e 
S. Patrizio. 



37 



LA CONVERSIONS 

della razza e 1'ideale cristiano (i). Ma forse il RENAN toccb 
un pun to molto importante quando osservb (p. 379) che 
mai famiglia umana ha vissuto piii isolata dal mondo e 
piu pura da qualsiasi mescolanza estranea:... ha tutto tratto 
da se medesima, ha vissuto solo delle sue risorse . A nostro 
awiso, se si congiunge questa verita storica, con 1'altra ve- 
rita, fondamentale della dottrina cristiana, del decadimento 
dell'umanita dopo il peccato, si trova forse il segreto del fe- 
nomeno irlandese. Mai si deve dimenticare (2) che la bar- 
barie successe alia prima eta felice, in cui Puomo ebbe la giu- 
sta e vera nozione di Dio, il quale si rivelo aU'worno, come 
n'e sicuro documento la Bibbia; la barbaric ifra gli errori che 
poi seguirono anche riguardo alia religioine e a Dio, non po" 
te cancellare del tutto, nemmeno nei popoli imbarbariti, la 
nozione della tradizione prima; sicche non s'ha da concepire 
propriamente una religione che si va formando, ma piuttosto 
una tradizione religiosa che si va deformanda, pur rimanendo 
sempre spontanea nei popoli e negli individui la facolta di 
assurgere dalle cose create al Creatore, almeno sotto una no' 
zione generica . fi noto che gli studi etnografici di P. W. 
SCHMIDT (3) hanno portato una luminosa conferma di que- 
sta verita in opposizione ai preconcetti semplicisti dell'evo' 
luzionismo materialista. Ora i Gaeli, rimasti isolati tnell'uUima 
Thule irlandese, dall'Soo a. C., non avevano subito tutte le 



(1) V, GOUGAUD, op. cit., p. 26; CABROL, op. tit., p. 15-20; 

TIN, Saint Colomban, p. i ss. II GRAF, Miti, leggende e superstiftoni 
del Media Evo, Torino, Loescher, 1892-3, II, 282-3 e 396, da note 
di bibliografia italiana sul Mago Merlino, di cui tratta, II, 254 ss. 

(2) V. Civilta Cattolica , i nov. 1930, p. 246-7. 

(3) Origine dell'idea di Dio, L'anima dei primitivi, Le Grand Dieu 
de la civilisation primitive, in: La vie intellectuelle , 10 febbraio 
1931. 

-38- 



IL MOV1MENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

progressive e profonde dejwmd&oni del paganesimo conti* 
nentale, non avevano conosciuto tutte le raffinatezze della 
corruzione orientale e greco*romana, e quando nel V secolo 
si ritrovarono con Patrizio di fronte alia verita originaria, la 
riconoiblbero e la rivissero con un'intensita di slancio straor- 
dinario. Come, nel campo individuale, i grandi convertiti, 
appena sotto il tocco della Grazia acquistano il sensus Chri* 
sti ed esperimentano la sua potenza capovolgitrice di tutti i 
valori, arrivano d'un salto alia concezione del cristianesimo 
quale concezione eroica della vita, e non possono fare a me- 
no di lasciar tutto per seguire e servire Gesu Signore, 
che vuoi tu ch'io faccia ? (Atti, IX, 6) cosi. il popolo 
irlandese, unico esempio nella storia, ha mostrato colletti* 
vamente questa improvvisa, radicale e incancellabile rige- 
nerazione e trasformazione. Signore, che vuoi tu ch* io 
faccia? ha gridato con una voce sola alia fine del V secolo. 
Ed un esercito di Santi veramente eroici ed origiinali e sboc^ 
ciato in quell'isola privilegiata, e di li ha inondato il mondo, 
portando nelle piii lontane terre il suo fervore instancabile 
d'apostolato e rumile suo desiderio di martirio. II Gou- 
GAUD (i) ha mostrato come vivo fosse il desiderio e il culto 
del martirio nei primi santi irlandesi, a cominciare da Pa- 
trizio, e ha ricordato i nomi di S. Fingar e de* suoi compagni, 
della Vergine Dimphna e della sua guida Gerebern, di S. 
Livin, di S. Kiliano, di S. Blaithmac, che hanno imporporato 
le antiche pagine del martirologio insulare. Ma se le circo- 
stanze dei tempi hanno chiamato solo pochi di essi alle glo- 
rie del martirio di sangue, del martirio rosso (derg martra), 

(i) Les conceptions du martyre che% les Irlandais, in: Revue be- 
tiedictine , 1907, p. 360. 

39 



LA CONVERSIONS 

come lo chiamavano, infiniti altri si presero ben la rivincita 
crocifiggendo esemplarmente la loro came nel lento marti- 
no bianco (ban martra) della rimmzia e della castita (i) t e 
spesso nel martirio verde (glas martra) della penitenza piu 
rigida e della mortificazione piu aspra (2). 

Questi eroici servi di Dio, per 1'eminenza delle loro virtu 
e per Timponenza del loro numero, hanno meritato aU'Irlan- 
da il nome di Insula Sanctorum (3), nome che si trova gia 
registrato nella Cronaca di Mariano Scoto di Fulda (t 1083), 
e ch'e stato adoperato poi da infiniti autori che hanno trat* 
tato dell'Irlanda. Nel sec. XIX gli Inglesi hanno cercato di 
usurpare questo titolo (4). Mons. .HAGAN, pur cercando di 
spiegare come sul continente sia nata in detto secolo XIX un 
po' di confusione al riguardo (5), rivendica trionfalmente i 
diritti dell'Irlanda su questa gloriosa antichissima denomi- 
nazione. 



(1) Habet et servata pudicitia martyrium suum, diceva S. GIRO' 
LAMO, Epist. 130 ad Demetriadem, P. L. XXII, no: cfr. LUGANO, 
S. Colombano, p. 14, in nota, dove ricorda il significato del color 
bianco dell'abito di molti monaci, fra cui gli Irlandesi, e il martyrum 
candidatus exercitus del Te Deum: da principio il bianco era il 
colore unico del martirio, poi se ne distacco il martirio rosso: vos, 
purpurati martyres, vos, candidate praemio conjessionis, distingue 
1'inno dei Vespri per la Festa di tutti i Santi. 

(2) II verde era secondo il Labar Breec il colore liturgico di lutto, 
perche ricordava la tomba alia fine della vita, sotto la terra verde. 
V. a riguardo dei tre martiri anche RYAN, Irish Monasticism, 
p. 197 s. 

(3) V. Card. MORAN, Ireland the Island of Saints , Australa* 
sian Catholic Record, ottobre 1909, p. 444, e Mons. J. HAGAN, 
Insula Sanctorum: la storia d'un titolo usurpato, Roma, Ferrari, 
1910. 

(4) A cominciare da LINGARD, History and Antiquities of the An' 
glo'Saxon Church, 1806. 

(5) Op. cit., p. 60. 

40 



CAPITOLO SECONDO 

L/ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

i. Abbiamo gia accennato come la santita che fiori in 
Irlanda subito dopo la conversione, fosse animata da un ar* 
dente spirito di proselitismo e agitata da una grande forza 
d'espansione. I coaivertiti di ieri divennero a loro volta apo- 
stoli; i monaci entusiasti bramarono di portare al di la dei 
mari i loro metodi ascetici. 

Non ci fermeremo a parlare deiremigrazione irlandese in 
Armorica, perche ebbe una parte molto secondaria rispetto 
a quella gallese alia quale e dovuta 1'organizzazione eccle^ 
siastica e lo sviluppo religioso della penisola aranoricana su 
cui s'erano principalmente riversati i Bretoni espulsi dalla 
conquista anglo^sassone (i). 

II vero movimento d'espansione irlandese, che comincio a 
prodursi gia dal VI secolo, si diresse verso altri campi : verso 
il nord della Granlbrettagna e verso il centro della Gallia, 
donde si sparse nei vicini paesi continentali, giungendo fino 
aU'Italia. 

L'espansione irlandese e stata sempre accompagnata dal" 
1'amore delle arti e delle lettere: i suoi santi hanno sempre 

(i) V. GOUGAUD, op. cit. t p. 109-133. 

41 



L'ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

sentito Forigine divina di tutto cio ch'e bello, e nelle oppres- 
sioni morali e nelle soff erenze fisiche hanno sempre cercato 
sollievo, oltre che negli insegnamenti divini naturalmen- 
te e nelle dottrine dei SS. Padri, anche nei grandi prosa* 
tori e nei grandi poeti: e sono stati, piu o meno, quasi tutti 
poeti essi stessi. 

Sint tibi divitiae divinae dogmata legis 
Sanctorumque Patrum castae moderamina vitae, 
Omnia, quae dociles scripserunt ante magistri, 
Vel quae doctiloqui cecinerunt carmina vates; 
Has cape, divitias semper contemne caducas 

scriveva Colombano al discepolo Set (i). 

Ma in questa espansione possiamo distinguere due fasi: 
una prima fase, che va dal VI alia fine dell'VIII secolo, in 
cui gli emigranti sono quasi esclusivamente dominati da pen^ 
sieri d'ascetismo e dal desiderio dell'apostolato fra i pagani 
e gli ariani; e una seconda fase, che comincia ai tempi dei 
Carolingi e si sviluppa dopo le prime invasion! danesi, in 
cui gli uomini di chiesa e i dotti irlandesi passano neU'Eu" 
ropa continentale precipuamente per dedicarsi alia cultura 
mtellettuale altrui e propria. 

Troveremo in Italia esempi luminosi della prima emigra- 
zione in S. Orso d'Aosta, S. Colombano di Bobbio, S. Fre^ 
diano di Lucca, S. Cataldo di Taranto: e della seconda in 
Dungal di Pavia e in S. Donate di Fiesole. 

Durante la prima fase, di cui ci occuperemo in questo ca^ 
pitolo, 1'espatrio volontario sembrava agli emigranti, in mag' 

(i) V. anche RYAN, Irish Monasticism, p. 365*383. 

42 



1L MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

gioranza monaci, un'immolazione suprema, sovranamente atta 
a perfezionare 1'opera di rinunzia ch'avevano intrapresa. Si 
noti che I'amore degl'Irlandesi per 1'isola loro e la loro faini- 
glia e fortissimo, quanto la loro tendenza a distaccarsene, 
e che anche oggi la nota dominante delle loro canzoni po- 
polari e Taccorata nostalgia dei figli lontani, al ricordo della 
casa e della madre (i). Lasciare il paese per 1'amore di Dio 
(peregrinatio pro Dei amove), per il nome del Signore 
(peregrinatio propter women Domini), per 1'amore o il no> 
me di Cristo (ob amorem, pro amove, pro nomine Chrtstt), 
per la guarigione delTanima (pro remedio animae), per 
Tacquisto della patria celeste (pro adipiscenda in coelis pa* 
tria, pro aetema patria), tali sono le formule che i biografi di 
questi santi viaggiatori impiegano di preferenza, per carattc^ 
rizzare i motivi delle loro peregrinazioni. Essi stessi si chia* 
mano peregrini, cioe stranieri, esiliati volontari. S'interdicO' 
no il piu delle volte per la vita intera il ritorno in patria. Gli 
agiografi li assomigliano per questa ragione ad Abramo. Sem* 
bra ch'essi abbiano tutti udito la voce che disse al patriarca : 
Egredere de terra tua et de cognatione tua. 

I monaci irlandesi visitarono di buon'ora i mari- settentrio" 
nali. Alcuni, avidi di petfetta solitudine, vi cercarono un luo 
go di ritiro inaccessibile agli uomini. Tale fii quel Cormac, 
per cui Columba di Jona ottenne da Brudo, re dei Pitti, la 
protezione del principe delle Orcadi, suo signore. Cormac 
sbarco difatti in queste isole, ma vi trovo degli abitanti, a 
cui fu certo il primo a parlare del Vangelo. 

Secondo il geografo irlandese Dicuil, che scrisse 

(i) V. RYAN, Irish Monasticism, p. 262. 

43 



L'ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

825 il suo trattato De mensura orbis terras, altri monaci ir- 
landesi avevano visitato, cent'anni prima, le isole Far Oer, 
situate quasi a mezza strada fra le Orcadi e 1'Islanda. Lo 
stesso geografo aflEerma ch'essi scoprirono anche quest'ultima 
isola verso il 795, cioe 65 o 70 anni prima della data gene- 
ralmente fissata per la sua scoperta da parte degli Scandinavi. 
La sua testimonianza e d'altra parte confermata dalla tra* 
dizione islandese conservata nell'Islendigabok e nel Land' 
namabbk. 

possibile che S. Brandano il Navigatore, fondatore del 
monastero di Clonfert (552) t e i suoi compagni, a cui la leg- 
genda attribuisce una serie di meravigliose awenture di cui 
dovremo parlare nel V Capitolo, abbiano realmente eseguito 
lontani viaggi marittimi (imrama) per uno scopo che a noi 
sfugge. Certo le loro odissee hanno esercitato un fascino 
graindissimo sulla gente del Medio Evo, e se ne trovano tra^ 
duzioni od adattamenti in quasi tutte le antiche letterature 
europee 

Si e persino preteso che ardite navi di monaci celti, tra- 
scinate dalle correnti o spinte da venti propizi, abbiano toe' 
cato, otto o nove secoli prima di Cristoforo Colombo, il con- 
tinente americano (i); ma quest'ipotesi non e riuscita a farsi 
accettare dai critici esigenti. 

2. Lo stabilirsi di Columba nell'isoletta di Jona fu la 
prima tappa deirespansione irlandese nella Gran Brettagna 
settentrionale. 

S. Columba nacque nel 521 (?) da una famiglia irlandese 
molto nobile. Ricevette la sua educazione letteraria e la sua 

(i) V. bibliografia al riguardo in CABROL, op. cit., p. 187 e Gou- 
GAUD, op. cit., p. 138. 

44 



IL MOVIMENTO RELIG10SO IRLANDESB 

formazione religiosa a Moville, poi a Clonard, e divenne a 
sua volta fondatore di monasteri. Derry (oggi Londonderry) 
e Durrow sono le piu importanti delle sue fondazioni irlan* 
desi, che si fanno salire a trentasette. 

Nel 563 (?) Columba lascio 1'Irlanda. Gia dal V secolo gli 
Scoti d'Irlanda s'erano stabiliti come abbiamo detto nel' 
1'Introduzione in Albione, al sud dei Pitti, nella Dalriada, 
regione che corrispcnde all'attuale contea d'Argyle (Airer 
Gaidhel = territorio dei Gaeli). Nell'VIII secolo Beda chia^ 
ma questa regione provincia Scottorum, septentrionalis Scot- 
toruw- provincia, ossia provincia degli Irlandesi o Scotti sta^ 
biliti in Gran Brettagna. Gli Scoti di Dalriada erano cristiani 
piu di nome che di f atto. I Pitti meridionali erano stati, co^ 
me si ricordera, evangelizzati nel V secolo da S. Ninian; ma 
in seguito avevano perduto la f ede. I Pitti del nord, che abi- 
tavano la parte piu settentrionale delTisola, la piu difficil^ 
mente accessible, al di la dei Grampiani, erano rimasti sem- 
pre pagani. Ai Pitti e agli Scoti della colonia dalriadica pen- 
sava Columba lasciando 1'Irlanda (i). 

Egli si fisso a portata di ciascuna di qiieste due popola- 
zioni, in un'isoletta lunga un po* meno di cinque chilometri, 
che apparteneva ad una di esse, ma su cui Paltra esercitava 
un diritto d'alta sovranita. Entramlbe rinunziarono ai loro 
diritti in suo f avore, ed egli vi si stabili con piena sicurezza. 
Quest'isoletta, situata 115 Km. a nord dell'Irlanda, e sepa- 
rata dal continente scozzese dall'isola di Miill, e da questa, 

(i) V. in VISMARA, Storia benedettina, Aevum , 1931, p. 510 
la bibliografia degli studi piu recent! su S. Columba (V. 809-815 bis) 
e la polemica suscitata dal libro del DoUGLAS-SiMPSON, The histori- 
cal St. Columba, Aberdeen, 1927, di cui si trova cenno anche nelle 
Analecta Bollandiana, 1928, p. 410. 

45 



' L'ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

da un canale largo circa un miglio.' Si chiamava I o Hy, da 
cui raggettivo Jova, che per un errore di grafia ha dato Jo- 
na, nome che le e restate. II soldato insulare , insulanus 
miles, come lo chiama Adamnan, ha vissuto in tali solitu- 
dini per trentaquattro anni. 

Quand'egli lascio 1'Irlanda non era accompagnato che da 
dodici monaci; ma i discepoli non tardarono ad aocorrere in 
gran numero a Jona. Presto altri monasteri od eremitaggi si 
organizzarono nelle isole vicine, a Ethica, Elena, Himba, 
Scia. Queste case formarono con quelle di Scozia (si fanno 
salire in tutto a 53) e con quelle d'Irlanda, che il santo fon* 
datore non aveva cessato di dirigere, una vasta fondazione 
monastica, che i testi designano coi nomi di muintir Colum~ 
cille, familia Columbae (i). 

Poche notizie abbiamo dei lavori di Columba e dei suoi 
aiutanti, ma certamente gran parte dei trentaquattro anni che 
duro la peregrinatia del santo, fu impiegata nella dura e pe- 
ricolosa opera d'apostolato fra i Pitti e gli Scoti di Dalriada, 
il cui re Aedhan mac Gabhran fu consacrato nel 574 a Jona 
da Columiba stesso. La parola eloquente di Columba (egli era 
poeta, amico e difensore dei bardi), il prestigio della sua na- 
scita, il suo rigido esempio, fecero grande impressione sui 
barbari e seminarono la sua strada di conversioni. Quand'egli 
mori (597) la Scozia era in parte convertita, ed egli ben me' 
rita il titolo che gli e stato dato, di Apostolo della Caledonia : 
i suoi discepoli continuarono e compirono Topera. 

Secondo Adamnan, il nome di S. Columba fu venerate 



(i) Egli aveva ricevuto il nome di Colum, colomba, in latino 
Columba. In seguito gli si dette quello di Columcille, che vuol dire 
colomba di chiesa o di monastero. 

-46- 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

fino in Spagaia, in Gallia, e al di la degli Appennini, a Ro- 
ma capitale di tutte le citta ; gli Anglo'Sassoni gli defo* 
bono una particolare riconoscenza, per 1'opera che i figli di 
lui svolsero a loro vantaggio come ora vedremo (i). 

3. noto che chi voile la conversione degli Anglo* 
Sassoni fu il pontefice Gregorio Magno. I monaci bretoni di 
Inghilterra nulla avevano voluto, o forse ipotuto, intrapren* 
Here per la redenzione dei loro massacratori e conquistatori. 
S. Gregorio, benedettino, diede ad Agostino e ad altri qua* 
ranta benedettiini romani di S. Andrea al Celio, 1'onorevole 
incarico d'evangelizzare quei Germani (2). LUGANO (3) so- 
stiene che 1'esempio delle fondazioni borgognone di Colom* 
bano suggeri a Gregorio di mandare non monaci isolati o 
in piccol numero, ma un intiero monastero che, fin da prhv 
cipio, mostrasse agli occhi dei pagani lo spettacolo meravi* 
glioso della vita cristiana, vissuta com* era predicata . 

Agostino arrive in Inghilterra nel 597 (1'anno stesso della 
morte di Columba), e trovo efficacissimo appoggio nella mo- 
glie del re del Kent, Berta, figliuola del re franco Cariberto, 
fervente cattolica. Quand'egli si spense, nel 604 o 605, erano 
guadagnati alia fede due regni dell'eptarchia, il Kent e 11Es* 
sex; il secoaido fu ben presto riperduto. I monaci romani ri* 
masero a lottare da soli fino al 633: convertirono nel 627 
Edwin re di Northumbria, e in seguito a cio la nuova reli* 

(1) GOUGAUD, op. dt., p. *i39'i4z; CABROL, op. cit., p. 46-48; 
MONTALEMBERT, I Monaci d'Occidente, libro XI. 

(2) V. CABROL, op. cit., p. 93 ss.; GRISAR, S. Gregorio Magno, 
Roma, Desclee, 1898, p. 233 ss.; BERLIERE, L'ordine monastico, Bari, 
Laterza, p. 35 ss. V. anche P. GROSJEAN, Quelques textes irlandais 
sw Saint Gregoire le Grand, Revue celtique, 1929, p. 223^25 1. 

(3) S. Gregorio Magno e S. Colombano nella storia della cultura 
, Riv. Stor. Benedettina , 31 agosto 1915. 

47 



APOSTOLICA E ASCETICA 

gione penetro anche negli altri due regni degli Angli; ma 
una strepitosa vittoria di Penda, re pagano di Mercia, su 
Edwin, che rimase ucciso in battaglia, interruppe bruscamen* 
te inel 633 ogni progresso del cristianesimo: i monad do* 
vettero fuggire dalla Northumbria. 

A Edwin succedette sul trono il principe Osvaldo (633- 
642), che, per rivalita di famiglia, aveva passato la sua gio- 
ventu in esilio presso gli Scoti: o presso quelli d'Irlanda, o 
piu probalbilmente presso quelli di Dalriada o a Jona, Era 
stato da essi battezzato e, come ardente cristiano, dal giorno 
del suo awento al trono ebbe in animo di restaurare la f ede 
nei suoi stati. Si rivolse a Jona chiedendo che gli mandas" 
sero un vescovo. Gli Scoti, che non avevano sofferto i ter* 
ribili danni dell'invasione e non avevano, come i Bretoni, 
rancore verso gli Anglo-Sassoni, mandarono da Jona (dopo 
una prima scelta non felice) il vescovo Aidano. 

Aidano si stabili nel 635 in un'isoletta del mar del Nord, 
accessibile dalla costa a bassa marea, e posta di faccia alia re- 
sidenza reale di Bamborough. Quest'isoletta si chiamava 
Lindisfarne. Ora si chiama Holy Island, Tlsola santa . Fu 
contemporaneamente, alia maniera celtica, sede di monastero 
e di vescovato. Durante una trentina d'anni, sino al sinodo 
di Whitby (664), fu il centro d'influenza religiosa piu po* 
tente deiriaighilterra. 

Aidano, secondato dal pio re Osvaldo che al bisogno gli 
serviva da interprete, spiego una tale attivita apostolica che 
LIGHTFOOT (i) non ha esitato a dire: Non e Agostino ma 
Aidano il vero apostolo delPInghilterra . Beda fa i piu gran* 

(i) Leaders in the Northern Church, Londra, 1890, p. 9. 



It iVtOVIMENTO RELIGIOSO iRLANDESg 

di elogi delie virtu e dell'opera di questo santo personag-* 
gio (i). 

Aidano mori net 651. Un altro scoto, Finan, gli succedet- 
te: il quale voile elevare a Lindisfarne una chiesa piu degna 
di una sede vescovile t ma inon adopero la pietra, bensi il le- 
gname, more Scottorwm. Finan contribui alia diffusione del 
cristianesimo fuori delle frontiere della Northumbria. Bat' 
tezzo due re pagani: Peada, figlio di Penda, re di Mercia, e 
Sigeberto, re dell'Essex. Mando quattro sacerdoti in Mercia 
fra i quali figurano ranglo'Sassone Cedd e lo scoto Diuma. 
Entrambi furono piu tardi innalzati all'episcopato. Cedd di- 
venne vescovo negli stati di Sigeberto t Diuma resto in Mer- 
cia. Il suo episcopato fu di breve durata. Alia sua morte gli 
succedette un altro scoto, Cellach. 

Il successore di Finan alia sede di Lindisfarne fu aincora 
uno scoto, Colman. 

Molti degli Anglosassoni, che a cominciare da S. Wilfri- 
do (634-709) si misero poi in rapporti diretti con. Roma e 
diedero alia loro chiesa nascente un orientamento rigidamen- 
te romano e antiscotico, furono istruiti e formati a Lindi- 
sfarne. I Celti dice il CABROL (2) trasmisero ai Sas- 
soni, con la fede, la fiaccola della scienza . 

Nel sud dell'Inghilterra, si trovano due colonie mona- 
stiche fondate da Irlandesi : il piccolo monastero di Bosham, 



(1) Per la storia della conversione degli AngloSassoni v. anche 
Mons. DUCHESNE, L'eglise au Vleme siede, Paris, E. De Boccard, 
1925, p. 591^624. 

(2) Op. cit,, p. 90. 



49 

4 



L*ESPAKSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

nell'attuale Sussex, foindato da Dicul, e Malmesbufy, fon- 
dato da Maeldub, il maestro di S. Aldelmo (i). 

4. II grande iniziatore delle migrazioni monastiche e 
apostoliche irlandesi sul continente europeo fu S. Colombano. 
Egli nacque nel Leinster verso il 450. Avendogli una reli- 
giosa consigliato di lasciare il mondo e servire il Signore, si 
diresse prima verso il pio abate Sinell a Cluain Inis, poscia 
al grande monastero di Bangor, nell'Ulster, fondato da Com' 
gall nel 558. Qui u ordinato sacerdote nel 572, e rimase va^ 
ri anni, dedito all'ascesi, agli studi letterari, all'erudizione 
sacra. Delbitamente preparato e temprato, lascio verso il 589 
1'Irlanda con dodici compagni, come Columba, per evangeliz- 
zare altri popoli. Avendo fatto da principio vela per la Gran 
Brettagna, traversa quest'isola, poi la Manica, e sbarca sulle 
coste della Gallia. Arriva in Borgogna verso il 590. La fonda 
successivamente i monasteri di Annegray, di Luxeuil e di 
Fontaines. 

Luxeuil non tardo ad esercitare, per la novita della sua 
regola, per lo zelo ardente e per il prestigio del fondatore, 
un'attrazione potente sulle popolazioni circostanti. La regola 
di S. Colombano divenne presto Toggetto di una tale vene* 
razione che, verso la meta del VII secolo, molti chiostri di 
Gallia Tadottarono congiuntamente a quella di S. Benedetto. 
Non c'e dice il GouGAUD (2), negli annali del mona- 
chismo, altro' esempio d'una simile combinazione di regole, 
di spirito d'altra parte cosi differente. Parlereano nella Parte 
III della sostituzione, presto avvenuta, della unica regola di 



(1) V.: GOUGAUD, op. tit., p. i43'i45 e C. H. SLOVER, William of 
Malmesbury and the Irish, Speculum, 1927, II, p. 268*283. 

(2) Op. cit., p. 146. 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

S. Benedetto a questa regola doppia o alia regola semplice 
di S. Colombano. 

Cacciato di Borgogna da Brunechilde nel 610, Colombano 
riprese le sue peregrinazioni. Esse non furono sterili. II suo 
esempio, le sue esortazioni, e piu d'una volta la sua sola be* 
nedizione data al figlio d'un signore che 1'albergava, fecero 
germogliare vocazioni preziose, molte delle quali dovevano 
poi sbocciare in nuove fioriture monastiche. Si puo cosi dire 
che, per rendersi conto del progress del monachismo in Gal- 
lia nel VII secolo, non c'e che da seguire 1'itinerario del no' 
stro santo. I monasteri della Brie, Faremoutiers (627), Jouar* 
re (630), Rebais (verso il 636), dovettero la loro origine ai 
suoi discepoli o ai suoi amici. In seguito gli Irlandesi se ne 
ricordaroino. Apprendiamo dalla Vita Agili ch'essi presero l*a- 
bitudine di passare per Rebais andando a Roma. Vi si ripo* 
savano e vi lasciavano quelli di loro ch'erano esausti dalle 
fatiche del cammino. 

Faron (morto verso il 672), fratello di Santa Fara o Bur* 
gundofara, la fondatrice di Faremoutiers, che Colombano 
aveva benedetta piccina, fu ugualmeaite molto caritatevole 
verso i viaggiatori irlandesi quando divenne vescovo di 
Meaux. Per suo consiglio due di essi si fermarono definiti" 
vamente in Gallia, S. Kiliano, a Auibigny vicino ad Arras, e 
S. Fiacre, ineireremitaggio di Broilum, nei dintomi della 
citta di Meaux. 

Le fondazioni che si riattaccano alle peregrinazioni di S. 
Colombano e dei suoi bianchi monaci in terre tedesche e in 
Italia sono particolarmente note. Dopo essersi fermato qual* 
che tempo a Bregenz, sul lago di Costanza, Colombano si 
mise in istrada per Thalia. Ma S. Gallo, uno dei suoi com- 



51 



L'ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

pagni, che aveva appreso la lingua del paese e aveva stfap> 
pato molti indigeni all'idolatria, anche perche preso da un 
violento attacco di febbre, nan pote continuare il viaggio e 
domando di restate in quei luoghi (612). Si costnri una cella 
a qualche distanza dal lago, e con qualche compagno vi con* 
dusse vita eremitica. Dopo la sua morte fu li eretta una chie- 
sa in suo onore. Prima della meta dell'VIII secolo la chiesa 
si trasformo in monastero. S. Othmar ne u il primo abate. 
Tali furono le origini della celebre abbazia, poi della citta 
di San Gallo (i). 

Altri due compagni di S. Colombano t ritiratisi a vita ere* 
mitica uno sulle rive del Doubs e Taltro nei Grigioni, S. Ur* 
sicino e S. Sigeberto, hanno dato origine piii tardi alle ab- 
bazie svizzere di S. Ursitz (Saint-Ursanne) presso Delemont, 
e di Dissentis. Il Beatenlberg'sul lago di Thun prende pure 
il nome da un santo eremita irlandese. Glarus venera S. Fri- 
dolino, pure irlandese. 

Frattanto Colombano, col resto della compagnia, era di- 
sceso al di qua delle Alpi. Fu accolto benignamente dal re 
longobardo Agilulfo e dalla regina Teodolinda, cattolica; du* 
rante il suo soggiorno a Milano regalo al re uno scritto con- 
tro 1'eresia ariana. Su consiglio d'un certo Giocondo, che 
segnalo ad Agilulfo una localita selvaggia della valle della 
Trelbbia, alia confluenza del torrente Bobbio, dove sorgeva 
una vecchia chiesa dedicata a S. Pietro, il re fece dono del 
luogo a Colombano, che vi si reco nel 614, e v'inizio subito 



(i) V. : I. M. CLARK, The Abbey of St. Gall as a Centre of Lite' 
rature and Art, Cambridge, University Press, 1926; M. JOYNT, The 
life of St. Gall, London, S. P. C. K., 1927; A. FAEH, Die Stiftsbi' 
bliotek in St. Gallen, St. Gall, Fehr, 1929. 

52 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

la costruzione di quel famoso monastero di Bobbio che fu 
giustamente chiamato la Monte Cassino dell'Italia settentrio 
nale. Nella configurazione della cittadina attuale di Bobbio, 
si possono ritrovare le grandi Knee della topografia del mo- 
nastero primitivo. 

Un anno dopo essersi fissato nella vallata della Treblbia t la 
domenica 23 novembre 615, Colombano passo all'eterno ri- 
poso. 

Nei secoli seguenti San Gallo e Bobbio furono meta di pio 
pellegrinaggio da parte degli Scoti. Nel IX secolo si vede il 
vescovo irlandese Marco, di ritorno da Roma, lasciare i suoi 
libri alia biblioteca di San Gallo, si vede il suo nipote Moen- 
gal (o Marceilo) fissarsi in tale monastero, si vede im irlan- 
dese di <nome iEusebio fermarsi nei dintorni, nella solitudine 
del Monte San Vittore, dove visse trent'anni. Un necrologio 
ci ha conservato i nomi di molti irlandesi morti a S. Gallo. 
Anche a Bobbio, dairVIII al X secolo, si trovano un Cumia- 
no, un Dungal e altri religiosi di nomi irlandesi (i). 

5. L'azione personale esercitata in Gallia da S. Co- 
lombano u considerevole. t>opo la sua morte, le sue idee 
sulla necessita della confessione frequente e della direzione 
spirituale (anmchara), e suiresenzione dei monasteri dalla 
giurisdizicine vescovile, continuarono a propagarsi grazie allo 
zelo dei suoi numerosi discepoli immediati o dei discepoli di 
questi ultimi. Fino al VII secolo, i monaci non avevano 
fatto, in Africa e in Gallia, che timidi sforzi per sottrarsi alia 
giurisdizione dei vescovi diocesani. I notevoli progressi realiz- 
zati dalla teoria dell'esenzione dei regolari, a partire da que- 

(i) V.: GOUGAUD, op. cit., p. 145-148; ALBERS, Aforismi di vita 
monastica, p. io8'ii4; MONTALEMBERT, op. cit., libro IX. 

53 



L ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

st'epoca, sono certamente dovuti a S. Colombano e ai suoi 
disoepoli, che propagarono sul continente i principi irlan- 
desi (i). II caso di Bobbio e speciale. L'abate Bertulfo sol' 
lecito dalla Santa Sede 1'esenzione nel 628. Essa gli u accor- 
data da un privilegio d'Onorio I che dichiara I'abbazia af- 
francata da ogtni giurisdizione episcopale e la pone diretta- 
mente sotto quella del papa; e il piu antico privilegio di 
questo genere (2). 

Molti ipersonaggi importanti dell'epoca, che sotto rinfluen- 
za scotica abbandonarono la carte franca per il chiostro o per 
Tepiscopato, come Dadone, Farone, Eligio, Wandregisilo, Fi' 
liberto, sembrano aver particolarmente apprezzato la forma- 
zione ascetica di Luxeuil e lavorato alia sua diffusione. 

S. Wandregisilo, avendo rassegnato le sue dimissioni da 
conte, si da nella solitudine a pratiche d'orazione e d'auste^ 
rita (recitazione integrale del Salterio, genuflessioni, immer- 
sioni ineiracqua gelata) che ricordano singolarmente le morti- 
ficazioni dei monaci irlandesi. Soggioma qualche tempo pres- 
so la tomba di S. Ursicino, il discepolo di Colombano di cui 
abbiamo parlato : si reca a Bobbio, e forma anche il progetto 
di passare in Irlanda. 

Il futuro abate di Jumieges, S. Filiberto, sembra posseduto 
dalla stessa tendenza. Segue prima a Rebais la regola di San 
Colombano, visita Luxeuil e Bobbio, e dedica a S. Colom- 
bano uno degli altari di Jumieges. 

S. Eligio, ancora secolare, eresse il monastero di Solignac, 
nella diocesi di Limoges, che fece esentare dalla giurisdizio- 
ne episcopale e mettere sotto quella deR'abate di Luxeuil. 

(1) GOUGAUD, op. cit., p. 219. 

(2) ib., p. 221. 

54 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

La carta di fondazione stabiliva, secondo Puso del momento, 
come norma religiosa, la doppia regola di S. Benedetto e di 
S. Colombano. 

Due antichi ufficiali della corte di Clotario II e di Dago- 
berto I furoino in contatto diretto con gli Scotti: S. Cyran, 
che divenne abate di Longrey nel Berry e che dovette in 
parte la sua conversione all'incontro col vescovo irlandese 
Flavinus, e Didier di Cahors, la cui amicizia con uno scoto 
di nome Arnaous, ha meritato di essere ricordata dal suo 
biografo. 

Mommelino, successore di S. Eligio nella sede di Noyon, 
usciva da Luxeuil; cosi S. Valerio di Leuconoe, che aveva 
conosciuto S. Colombano; cosi S. Omero e S. Bertino, disce- 
poli d'Eustasio, suo successore. Fu attraverso i monaci mis* 
sionari che le tradizioni monastiche irlandesi s f impiantaro8io 
nel nord della Gallia. parimenti a Luxeuil che Batilde, 
moglie di Clodoveo II (639'657), domando il primo abate 
di Corbia, abbazia costruita a sue spese; ed e infine al dop* 
pio monastero di Jouarre ch'essa ando a cercare la prima 
abbadessa del suo monastero di Chelles. 

Quest'ultime fondazioni non erano ancora fatte quando 
un irlandese che peregrinava gia da qualche anno in Gran 
Brettagna per il Signore , era venuto a stabilirsi sulle rive 
della Marna a Lagny. Questo personaggio era S. Fursy. Fu 
in relaziooe con Clodoveo II e col prefetto di palazzo Erchi* 
noaldo, da cui Batilde era stata strappata alia schiavitu; ma 
non sappiamo se la pia regina e il monaco irlandese si siano 
conosciuti. 

Senza dubbio la fama e Tesempio di S. Colombano e la 
prosperita delle colonie monastiche della Brie, attrassero Fur- 

55 



L'ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

sy in questi luoghi. La sua camera noin fu di lunga durata; 
egli mori nel villaggio di Macerias (oggi Frohein) nel Pon- 
thieu, lasciando 1'immaginazione dei contemporanei colpita 
dai racconti che si facevano delle sue strane visioni, -di cui 
parleremo in altro capitolo. I suoi resti furono trasportati a 
Peronne, per ordine di Erchinoaldo. Quantunque non abbia 
spiegato un'attivita paragonabile con quella di S. Colomlba' 
no, il suo nome merita tuttavia d'essere ricordato, per le 
visite che la sua tomba ricevette da molti compatrioti : que- 
sti vi elevarono il primo monastero che si veda sul conti' 
nente, riservato ad uso esclusivo degli Scoti: Perrona Scot* 
toYum. Almeno fino al 774, gli abati che si succedettero a 
Peronne furono tutti irlaindesi, A Foillan, fratello maggiore 
di Fursy, arrivato in Gallia prima del 652, succedette, quan^ 
do 'fu chiamato da S. Gertrude di Nivelles alia direzione 
deirAbbazia di Fosses, Paltro suo fratello Ultano; a Ultano, 
Cellanus (morto nel 706). Questo monastero rimase certa' 
mente nelle mani degli Irlandesi fino alia sua distruzione per 
opera dei Normanni (880). I Quattro Maestri menzionano nel 
774 la morte di Moenan, come dell'abate della Citta di 
Fursy in Francia (i). 

6. I peregrini irlandesi erano penetrati gia prima del- 
T8oo in ben altre regioni del continente europeo, vicine e 
lointane da queste prime zone d'influenza. Nel VII secolo si 
trovaino gia disseminati in Belgio. Rumoldo evangelizza la 
popolazione di Malines, Livino quella di Gand e vi si fa mar' 
tirizzare. Celestino diviene abate di Saint'Pierre au Mont' 
Blandin, a Gand (fine del VII sec.). Nelle Argonne, Rodin- 

(i) GOUGAUD, op. tit., p. 148-151; ALBERS, op. dt.,-p. 115-124. 

-56- 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

go fonda Beaulieu. Disibodo costruisce fra Treviri e Magon- 
za, alia confluenza delta Nahe e del Clan, il monastero di 
Disibodenberg. S. Kiliano annunzia il Vangelo in Franconia 
e muore a Wurzburg, verso il 689, vittima del suo zelo apo- 
stolico insieme con due suoi compagni (i). I monasteri di 
Honau, in un'isola del Reno vicino a Strasburgo, e di Alto- 
miinster, nella diocesi di Freising t dovettero ugualmente la 
loro origine a due monaci scoti, Tuban e Alto. Virgilio il 
geometra, abate di Aghaboe in Irlanda, s'esilia volontaria- 
mente per Tamore di Cristo , si fissa nel monastero di 
S. Pietro a Salisburgo, di cui diviene abate, poi, malgrado 
le sue contese con S. Bonifacio a proposito delle sue opinioni 
sul battesimo, e malgrado la novita, molto in anticipo sui 
tempi, delle sue teorie sugli antipodi, finisce col salire sul 
seggio episcopale della stessa citta (767-784). Ebbe per coa- 
diutore un certo Tuti, altrimenti detto Dobdagrec, che di- 
venne abate di Chiemsee, nell'Alta Baviera. 

La Gallia pure, scelse piu d'uri vescovo fra questi stranieri. 
Nel 747 Pipino il Breve su consiglio di S. Bonifacio chiamo 
lo scoto Abel, abate di Lobbes, al governo della chiesa me- 



(i) II nome di Kiliano divenne frequcnte in Franconia come nome 
di battesimo. Nel 1155 Kiliano di Lymburg, uno dei quattro liberi 
signori di Germania, scese in Italia con forte numero di soldatesche 
per sostenere il re normanno Guglielmo nella sua guerra contro 
Adriano IV, e per i servizi militari resi ebbe in dono dal re le terre 
di Castromediano, Pietrapertosa e Castrobellotta in Basilicata, con la 
facolta di prendere 1'attributo nobiliare da Castromediano, la mag* 
giore delle terre avute in dono. V.: BRIZIO DE SANCTIS in un Cenno 
biografico che segue alle Memorie del Duca Sigismondo Castrome* 
diano (morto nel 1895), Lecce, 1895, vol. II. In fondo al cortile del 
palazzo feudale dei Castromediano in Cavallino, presso Lecce, v'e 
una statua delta volgarmente il Gigante, di questo Kiliano capostipite 
della famiglia. 



57 



L ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

tropolitana di Reims, scelta che il papa Zaccaria s'affretto a 
confermare. I Celti insulari s'introdussero fino nelle regioni 
oltre Loira. Abibiamo gia nominate Arnano, il protetto di S. 
Didier di Cahors. II vescovo di Poitiers, Ansoaldo, diede asilo 
nel suo territorio a un altro irlandese chiamato Romano, che 
visse a Mazerolles. II vescovato d'Angouleme fu, a due se- 
coli d'intervallo, governato da scoti, Tomeo (verso il 668) e 
iElia (morto nell f 86o). 

7. Carlomagno protesse i monaci irlandesi. Quando 
quelli di Honau furono spogliati d'una parte dei loro beni, 
Carlomagno costrinse i detentori, con un diploma del 772- 
774, a restituire senza indugio quel che avevano preso. Si 
quis eorum hoc non fecerit, recognoscat se regis precepto- 
tutn non obaudire, quia reges Francorum libertatem dede* 
runt omnibus peregrinis Scotorum, ut nullus rapiat aliquid 
de rebus eorum, nee ulla generatia praeter eorum generatio- 
nem possideat ecclesias eorum. Egli amava i peregrini, al 
dire del suo biografo Einhard, e li riceveva con una tale bon' 
ta che presto la loro affluenza ingombrb il palazzo e fu di 
carico alia stessa nazione. 

Le relazioni strette dei Carolingi con la Santa Sede ebbero 
per risultato di popolarizzare e di facilitare il pellegrinaggio 
a Roma. Quantunque i peregrini insulari, come abbiamo ri' 
levato al principio del capitolo, non fossero pellegrini nel si- 
gnificato ordinario della parola, pure non mancarono fra di 
essi quelli che orientarono il loro viaggio, fin dall'inizio o 
per occasione sopraggiunta, verso un determinato santuario. 
San Gallo, Bobbio, e Peronne attirarono, dopo la morte dei 
loro fondatori, molti loro compatrioti. Ancora nel X secolo, 
Cadroe inaugurera la sua peregrinazione con una visita alia 

-58- 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 



tomba di S. Fursy; Mariano Scotto si fara ordinar prete nefla 
Basilica di S. Kiliano a Wiirzburg. Ma naturalmente i ivmina 
Apostolorum furon quelli che esercitarono la piu grande at" 
trazione sulla devota fantasia degli insulari. Si racconta che 
S. Molua (morto verso il 609), desiderando di compiere un 
pellegrinaggio alia tomba degli Apostoli, ando a congedarsi 
dal suo maestro S. Maedoc. Movendogli questi alcune dif- 
ficolta, il santo avrebbe efficacemente espresso la violenza del 
suo desiderio con queste parole: Nisi videro Roman, cito 
moriar (i). 

Roma fu dunque frequentemente visitata dai pellegrini ir- 
landesi; gli Anglo-Sassoni si mostrarono anche piu premurosi 
nel visitare la Citta eterna e oell'ingraziarsi i pontefici. Ad 
essi risale Porigine dell'obolo di S. Pietro (2). sorprendente 
il vedere con quale frequenza re, prelati, religiose e religiosi 
inglesi compiono questo lungo viaggio. 

La corrispondenza di S. Bonifacio c quella di Carlo Magno 
ci forniscono istruttivi dettagli sulle abitudini dei pellegrini e 
degli pseudo-pellegrini di tali tempi, e ci rivelano anche gli 
inconvenienti che si verificavano. 

Un monaco in buona salute che non avesse viaggiato a 
piedi, si sarebbe reso passibile di scomunica, secondo la 



(1) CORRADO Ricci, Santa Cristina e il lago di Bolsena, Milano, Tre* 
ves, 1928, p. 24, parlando della chiesa di S. Stefano nell'isola Mar- 
tana e della sira donazione da parte di Pasquale I alia chiesa di 
S. Stefano dei Mori presso il Vaticano, aggiunge: Da poco Leo- 
ne IX [1049-1054] aveva confermato tale donazione, quando il re 
irlandese Donnohadt III v'approdo in umile veste di penitente e vi 
si chiuse monaco, partendone solo per recarsi a Roma, gettarsi ai 
piedi del papa, offrirgli il patronato dell'Irlanda e morire nel mona- 
stero di Santo Stefano Rotondo . 

(2) V.: CABROL, op. cit., Appendice II. 

59 



L'ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

sa Regola. Sappiamo positivamente che S. Aidano, S. Cead- 
da, S. Kentigern feoero a piedi tutti i loro giri missionari. 
Del resto, 1'astensione da cavakature e da veicoli era consi- 
derata come una tradizione apostolica e messa qualche volta 
alia pari con la continenza e con Tastinenza. probabile che 
gli asceti e i missionari irlandesi si conformassero a questo 
uso. I testi non lo dicono proprio categoricamente, ma I'e* 
strema stanchezza di cui parecchi dei nostri viaggiatori si 
lamentano, la poverta dei piu, la miseria di panni a cui sono 
ridotti per la maticanza di bagaglio, tutto induce a credere 
che non usassero d'altro mezzo di locomozione che delle pro* 
prie gambe. Personaggi come Clemente, Dungal, Sedulio 
Scotto sono ridotti a implorare ogni momento la carita d'un 
principe, d'un prelato, d'un grande del regno per se mede' 
simi o pei loro compatrioti bisognosi (i). 

8. Parecchi vescovi, alcuni dei quali abbiamo gia no^ 
minati, si sono segnalati per il loro zelo nell'assistenza agli 
Scotti : Faron di Meaux, Didier di Cahors, Ansoaldo di Poi' 
tiers, Hartgair e Franco di Liegi, i vescovi di Cambrai. Altri 
prelati s^nteressarono a far restituire agli Irlandesi gli sta' 
bilimenti di soccorso o di rifugio ch*essi avevano fotndato 
per i loro compatrioti nei luoghi da questi piu frequentati, 
e di cxii erano stati ingiustamente spogliati. Erano ospizi spe^ 
cialmente destinati a ricoverare i viaggiatori e i pellegrini 
(hospitalia 5cottomw), o monasteri aperti unicamente agli 
Scotti che desideravano termionare i loro giorni in un ritiro 
in terra straniera (monasteria Scottorum). Parecchie istituzioni 
servivano contemporaneamente ad uno scopo ed all'altro. 

Molte ne sorsero sotto i Merovingi e i Carolingi. Peronne 

(i) GOUGAUD, op. cit., p. 156-166. 



IL MOVIIWENTO RELldlOSd IRLANDESfi 

t Hcxnau furono forsc i piu antichi esempi di monasterid 
Scottorum. II concilia di Meaux dell'845 ordinb la riorganiz- 
zazione di certi ospizi degli Scoti ch'erano stati usurpati sot- 
to la fine del regno di Carlomagno, e la loro restituzione ai 
legittimi proprietari e amministratori. Carlo il Calvo (il mi? 
gliore protettore degli Scoti dopo Carlomagno) confermo alia 
dieta di Epernay (846) le misure prese a Meaux per il rista- 
Ibilimento degli hospitalia Scottorum. 

A partire dalla meta del IX secolo, i monasteri e gli ospizi 
irlandesi si moltiplicarono sopratutto fuori del regno franco 
occidentale. Nell'883, Carlo il Grosso eresse nella Rezia un 
monasterium Scottorum al Monte San Vittore, la dove Tere- 
mita irlandese Eusebio s'era ritirato ventinove anni prima. 
Due anni dopo, lo stesso principe cedette a questo mona- 
stero le rendite d'una delle sue tenute per il mantenimento 
d'un ospizio destinato a ricevere dodici pellegrini diretti ver- 
so Ronia. 

Nel X secolo i sovrani germainici disseminano i loro stati 
di fondazioni simili. Troviamo gli Scoti stabiliti, circa il 945, 
a S. Michele in Tierache e a Waulsort, nelle Arderme. 

L'abate Cadroe di Waulsort, essendo stato chiamato a Metz 
dal vescovo Adalberone I (929-964) per rilevare il monastero 
di S. Clemente (953), fu rimpiazzato da un irlandese, Foran- 
nan, che negozio con Thierry, successore di Adalberone, 
1'annessione al suo monastero dell'abbazia vicina di Hastieres. 

Adalberone II (984-1005) non si mostro meno disposto dei 
predecessori a confidare agli insulari gli stabilimenti mona- 
stici della sua diocesi. Scotti et reliqui sancti peregrini sem- 
per sibi dulcissimi habebantur, osserva il suo biografo Co- 
stantino di San Sinforiano. In quei tempi 1'ablbazia di San 

61 ~ 



L'ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

Clemente aveva alia testa 1'irlandese Fingene. Adalberone lo 
prego di prendere anche il governo di S. Sinforiano, mona- 
stero ch'era stato distrutto molto tempo prima, probabilmen- 
te dai Normanni. Fingene lo restauro e lo acquisi all'influen* 
za scotica. Due carte, ch'emanano una da papa Giovanni 
XVII, 1'altra dall'Imperatore Ottone III, prescrissero di nan 
ricevervi che religiosi originari d'Irlanda, fino a tanto che 
questo paese avesse fornito reclute sufficienti. Fingene ter- 
mino la sua camera di riformatore a Saint' Vanne di Ver- 
dun. Sette dei suoi compagni avevano sciamato con lui. 

Colonia possedette anche, in quest'epoca, un'importante 
colonia irlandese. Nel 975 rarcivescovo Eberger immolo 
agli Scoti in sempiterno il monastero di S. Martino. Mariano 
Scotto, che vi soggiornb dal 1056 al 1058, cita nella sua Cro- 
naca i nomi degli abati di S. Martino dal 975 al 1061 : 
sono tutti irlandesi. Ai tempi dell'abate Elia, un altro mona- 
stero di Colonia, quello di S. Pantaleone, passo alia sua yolta 
nelle mani degli Scoti (1042). 

Essi erano accolti, nell'XI secolo, anche fuori dei loro pro- 
pri monasteri, con un particolare interesse. Si tenevano per 
gente santa e il lavoro di penna ch'essi eseguivano per i loro 
ospiti facevano apprezzare il loro passaggio. Sotto Tabate 
Riccardo (m. nel 1034), si ricevettero a Fulda con estrema 
benevolenza. 

Abbiamo messo in rilievo la forte tendenza aireremitismo 
che s'ebbe fin dalle origini nel monachismo irlandese. Nel 
IX secolo, lo stesso Ibisogno di solitudine anima S. Findan. 
Preso e rapito dai Vichingi, sfugge loro nelle Orcadi, s'af- 
fida alToceano, sbarca presso i Pitti, compie per voto un pel- 
legrinaggio ad limina, poi al ritorno, si fissa al monastero 



IL MOV1MENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

di Rheinau, in una penisola formata da un'ansa del Reno 
a valle di Sciaffusa, dove passa, recluso, gli xiltimi venti- 
sett'anni della vita sua. 

Nell'XI secolo questa pratica d'ascetismo si propaga. 
Fulda accolse successivamente due reclusi irlandesi: Anim- 
chad (m. nel 1043) e lo stesso cronista Mariano che vi visse, 
chiuso fra quattro mura, dal 1059 al 1069. Per ordine del' 
Pabate di Fulda e del vescovo di Magonza, fu trasferito in 
quest'ultima citta dove termino, in condizioni identiche, il 
suo esilio terrestre. A Paderborn in Westfalia, lo scoto Pa^ 
terno si fa bruciare vivo nella sua clausola, all'incendio del- 
la citta, dopo lunghi anni di solitudine (1058). Quando 
romonimo del recluso di Fulda e di Magonza, Mariano 
Scotto di Ratisbona, arrive in Baviera verso il 1075 incon- 
tro un compatriota chiamato Murcherato che viveva anche 
in reclusione. Uno dei suoi compagni di viaggio, Giovanni, 
u preso anch'esso, dopo qualche tempo, dal desiderio della 
vita eremitica. Lascio la Baviera, si mise per la vallata del 
Danubio, passo a Melk (dove Enrico II il Santo aveva in- 
nalzato, mezzo secolo innanzi, un sepolcro all'irlandese S. 
Cholomano, assassinato nel 1052 a Stockerau), e trovo final- 
mente. a Gottweig, nella Marca Austriaca, la solitaria cella 



in cui spiro. 



L'intenzione prima di questo Mariano era di compiere il 
pellegrinaggio di Roma. Ma 1'accoglienza che ricevette a 
Ratisbona, i consigli del recluso Murcherato, I'offerta che 
gli si fece del priora1:o di Weih-St-Peter, lo trattennero 
lui e i compagni nella citta bavarese. Formaroino il primo 
nucleo d'una Congregazione che doveva sussistere, malgra- 
do qualche interruzione e molte vicissitudini, fin quasi ai 

-63- 



' . .. -.- ,1 

L'ES&ANSIONE Ai>ostoLiCA e ASCETICA 

giorni nostri, la Congregazione benedettina detta scozzese 
(Schotten'Congregation), il cui superiore generale era 1'abate 
di S. Giacomo di Ratisbona. 

La costruzione di S. Giacomo fu cominciata verso il 1090, 
con 1'aiuto del burgravio Ottone e grazie alle lilberalita dei 
nobili dei dintorni e dei ricchi Iborghesi della citta, per dare 
asilo ai monad. scoti, il cui numero s'era rapidamente accre* 
sciuto. 

II famoso Schottenring di Vienna prende il nome dalla 
vicinanza dello Schottenhof, imponente gruppo d'edifici che 
formava un tempo il monastero irlandese di Vienna. La 
storia di questa fondazione non e senza ititeresse. Quando 
la citta di Vienna ^ec. XII) sembrava decaduta quasi senza 
speranza di rialzarsi, un gruppo di mercanti di Ratisbona 
furono invitati dalla corte a stabilirsi li. Essi acconsentirono, 
ma a patto di essere accompagnati da qualche monaco MV 
landese. II patto fu accettato t e 1'abate Gilk'na'Naemh, con 
un piccolo stuolo di confratelli si stabili alia periferia di 
Vienna, al N. O. Quel monastero fu il germe da cui nel 
corso dei secoli si sviluppo il famoso Schottenhof (i). 

curiosa la coiincidenza che, fra i paesi tedeschi, quelli 
rimasti ancor oggi prevalentemente cattolici (Renania, Ba- 
viera, Austria), sono quelli in cui piu intenso e stato Tapo- 
stolato degli Irlandesi, e piu nuimerose le loro fondazioni 
monastiche (2). 

La fondazione di S. Giacomo di Ratisbona apre un 



(i)V.: Card. MORAN, Ireland, the Island of Saints , Australa- 
sian Cath. Record, ottobre 1909, p. 495; v. anche la bibliografia 
sullo Schottenkloster di Vienna data dal VlSMARA, Storia Benedet* 
tina, in: Aevum , 1931, p. 576 e 577 (V. 1184*1187). 

(2) v. anche seguente. 

-64- 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESB 

vo periodo nella storia delle istituzioni monastiche degli Sco- 
ti sul continente, periodo molto meno interessante, molto 
meno movimentato dei precedent!. Ormai la Germania e 
quasi 1'unico paese verso il quale continua 1'emigrazione re- 
ligiosa, e il numero degli emigranti va senza cessa dimi* 
nuendo. Una sostituzione di nazionalita s'opera d'altra parte 
nei chiostri. Gli Scozzesi, favoriti dall'identita attuale del 
loro nome latino con quello antico degli Irlandesi, riescoino 
a farsi passare per i veri fondatori dei monasteria Scattorum 
e prendono gradualmerite il posto degli Irlandesi, la dove 
non si soho gia installati i monaci tedeschi (i). 

9. Abbiamo lasciato per rultimo le fondazioni irlan- 
desi in Italia. Esse sono state poco studiate, ma certamente 
furono meno numerose che quelle delle regioni francesi e 
tedesche, 

II COLGAN, principe degli agiografi irlandesi, aveva scritto 
un'opera in quattro libri suirApostolato degli Irlandesi al* 
1'estero, di cui disgraziatamente non si hanno piu traccie. 
Harris, I'editore delle opere di Sir James Ware, ha visto il 
manoscritto (2) al Collegio di S. Antonio a Louvain prima 
del 1745. probabile che il manoscritto sia stato di li tra* 
sferito al Conveinto di S. Isidoro in Roma, e che sia stato 
distrutto aU'epoca napoleonica quando i soldati francesi usa* 



(1) V.: GOUGAUD, op. cit., p. i66'i74, e Gaelic Pioneers, p. 68. 
Sull'opera dei missionari irlandesi in Europa v. anche W. FlNSTER- 
WALDER, Wege und Ziele der irischen und angelsachsischen Mission 
itn frdnkischen Reich, Zeitschrift fur Kirchengeschichte, 1928, p. 203- 
226; G. GOYAU, Missionaires d'lrlande dans I'Europe merovingienne, 
in: Revue generate , 1928, p. 129-146; A. DE MOREAU, L'lrlande 
et le monachisme de Saint Benoit, in: Revue liturg. et monast. , 
1928, p. 30-37. 

(2) Secondo quanto gentilmente mi comunica P. O.Briain, O.F.M. 

-65- 



L ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

rono detto convento come caserma. Alcuni frammenti su- 
perstiti si conservano era nel Convento di (Merchants' Quay 
a Dublino, e fra questi si trova 1'indice del IV libro, che 
trattava De Monasteries pro veteribus Scatis seu Hibemis per 
suae gentis viros sanctos, vel olios, extra patriam suam olim 
jundatis, vel eisdem post fundationem traditis. Questo indi- 
ce, gia prezioso in se, e stato pubblicato da CH. MAC DON* 
NELL (i) e poscia da J. T. GILBERT (2). Da tale indice si ri- 
le va che il Colgan aveva considerate 10 monasteri nella Sco- 
zia, 8 nell'Inghilterra, 16 nell'Armorica, 6 nella Gallia, 9 
nel Belgio, 7 nella Lorena, 4 nella Borgogna, 16 nella Rezia, 
Elvezia e Svevia fino al Danubio, 17 nelPAlsazia, 5 lungo la 
sponda sinistra del Reno dall'Alsazia fino alia Geldria, 6 nel- 
la Franconia, Turingia e regioini ^prossime sulla destra del 
Reno fino al Danubio, 16 in Baviera e regioni prossime a 
destra del Danubio, e finalmente 6 in Italia. 

De coenobiis per Scotos sive Hibernos vel pro iisdem 
in Italia fundatis: Cap. I. De coenobio Scotorum Romano 
S. Trinitatis dicto. Cap, 2. De Latino S. Endei coenobio. 
Cap. 3. De monasterio S. Cannechi. Cap. 4. De Lw- 
censi S. Fridiani archicoenobia. Cap. 5. De Bobiensi no* 
bilissimo coenobio. Cap. 6. De Messulano S. Martini 
coenobio . 

Del primo, cioe del Monastero della SS. Trinita degli Sco- 
ti in Roma, tratteremo fra poco. Del quarto, cioe del Mona' 
stero di S. Frediano di Lucca trattiamo nel Cap. XVII 7: 



(1) Nei Proceedings of the Royal Irish Academy, vol. VI (1853-57^ 
Dublino, 1858, p. 103 s. 

(2) In: Historical Manuscripts Commission: Appendix to Fourth 
Report, Londra, 1874, p. 609-610. 

66 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

del quinto, cioe del Monastero di S. Colomlbano di Bobbio, 
nominato nel preeedente 4, trattiamo nel Cap. Ill 3 e 
nel Cap. XII : del sesto, cioe del Monastero di S. Martino a 
Mensola, trattiamo inel Cap. XX. 

Diremo qui quakHe cosa del secondo e del terzo. 

Endeus o Enda e il santo irlandese di cui abbiamo fatto 
menzione al Cap. i 4 (i). I BoLLANDiSTi nel Commenta* 
rius praevius (p. 267) notano come del monastero Latino 
fondato da S. Enda non si trovi traccia o menzione alcuna 
se non nella Vita di S. Enda (B H L 2543), e come il Col- 
gan, collocandolo in Italia, si sia lasciato ingannare dalTam- 
biguita della parola irlandese Leta che puo significare tanto. 
Latium, quanto Letavia, Armorica. Che il monastero fondato 
da S. Enda si debba cercare in Armorica risulta dalla vita del- 
la sua sorella e maestra S. Fanchea (AA. SS. i gennaio). 

Cannechus o Cannicus e un altro santo irlandese conside- 
rate dai BOLLANDISTI in AA. SS. Oct. V., 642 s. Essi non 
menzionano alcun monastero da Ixu fondato in Italia: ricor- 
dano come, secondo le lezioni deirufficio di S. Canneco quale 
si diceva nella chiesa di Kilkenny nel 1509, il santo, viag- 
giando per Tltalia, fu preso da ladroni che, spogliatolo, vo- 
levano ucciderlo; ma le braccia loro rimasero miracolosamen- 
te irrigidite e paralizzate, e furono solo risanate per interces- 
sione del Santo, al quale i briganti s'affrettarono a rendere 
omaggio. I Bollandisti osservano che, oltre ai testi a noi per- 
venuti, il Colgan dovette avere a disposizione altri Atti del 
Santo, perche sia negli AA. SS. Hibemiae sia nella Triad. 
Thaum. loda vatic volte una Vita del Santo che si ripro- 

(i) V.: BOLLANDISTI, AA. SS. Mart., Ill, 266-274, e COLGAN, AA. 
SS. Hiberniae, p. 7o5'7io. 

-67- 



L*ESPAtfSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

metteva di pubblicare al giorno n ottobre, e che non pate 
pubblicare per la sopraggiunta sua morte; che fosse diversa 
dai testi a noi giunti, risulta dal fatto ch'egli cita altrove dei 
passi della medesima che in essi mancano. Non ho trovato 
menzione di un monastero di S. Canneco ne nel LUBIN (i), 
ne nel KEHR (2), ne nel CAPPELLETTI (3). Potrebbe darsi che 
la Vita di cui disponeva.il Colgan parlasse d'un monastero 
fondato in relazione all'incontro del santo coi briganti. Ma 
in ogni caso tale monastero, se pure il Colgan non e stato 
a suo riguardo tratto in inganno come per quello di S. En* 
da, non ha avuto importanza alcuna. 

Quindi le fondazioni certe, delle sei da lui menzionate, si 
riducono a quattro: il Monastero della SS. Trinita di Roma, 
quello di S. Frediano a Lucca, quello di S. Colombano a 
Bobbiov e quello di S. Martino a Mensola. 

A queste fondazioni si puo aggiungere Tospizio per i pel' 
legrini irlatndesi, fondato a Piacenza nell'85o da S. Donato 
vescovo di Fiesole, menzionato anche dal GOUGAUD (4). Di 
quest'ospizip, annesso ad una chiesa dedicata a S. Brigida, 
parliamo al Cap. VIII 5 e anche al Cap. XIV 2. Un al- 
tro Ospedale degli Scoti sorgeva a Vercelli; sembra essere 
stato il piu antico fra i vari ospedali della citta e certo era 
gia eretto nel 1140: anch'esso era unito ad una chiesa de- 
dicata a S. Brigida: ne parliamo al Cap. VIII 2 e al Cap. 
X 7. Anche in Pavia troviamo un Ospedale di S. Brigida, 
menzionato nel Libellus de descriptione Papie di Opicino d 



(1) Abbatiarum Italiae brevis notitia. 

(2) Italia Pontificia. 

(3) Le chiese d'ltalia. 

(4) Les. chr, celt., p. 168. 

68 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

Canistris (i), ma non sappiamo se fosse fondazione scotica, 
per quanto cio appaia probabile fv. Cap. VIII 4). Le ricer^ 
che locali sono ancora troppo scarse .per sapere se abbiano 
avuto carattere scotico alcuoni dei numerosi ospizi derivati 
dalle istituzioni scrte presso le tombe dei due santi irlandesi 
Orso e Pellegrino (v. Cap. X e XIV). 

11 LANZONI (2) ha messo in evidenza che TArcivescovo di 
Ravenna possedeva nel territorio di Senigallia una diaconia 
chiamata 5. Maria degli Scotti, e che in Ravenna stessa un 
monastero della citta fu detto 5. Pietro degU Scotti: secondo 
il LANZONI erano due fondazioni destinate a ricevere gli Ir- 
landesi. I documenti relativi sono delle pergamene dell* Arch. 
arcivescovile di Ravenna pubblicate dal FANTUZZI (3) a schia^ 
rimento del Codice Bavaro (4). Da essi risulta che la diaco* 
nia see marie scotorum si trovava presso il fondo Serbiniano 
in territorio di Senigallia, pieve di S. Giuseppe. Quanto al 
monastero in Ravenna, un documento del 1049 parla di 
omnes res cum mansionibus et curtibus et ortis q. detine- 
bant de jure Mon. S. Petri q. v. Scotarum ante Portas 5. 
Andree Apostoli q. v. majoris in Civit. Rav. Regione 5. 
Andree majoris , e un documento del 1190 parla di man* 
siones Rav. in Regione Herculana prope Pontem Candavarie 
viam q. vadit ad S. Petrum Scotorum et ad stradam de 



(1) V. : F. GlANANI, Opicino da Canistris, l' Anonimo Ticinese , 
Pavia, Fusi, 1927, p. 90 e 131. 

(2) Le Vite dei Quattro SS. Protetton di FaenZd, RR. II. SS.*i 
nuova ediz., Zanichelli, 1921, t. XXVIII, parte III, p. 333. 

(3) Monumenti ravennati de' secoli di meggp, Venezia, 1801, to* 
mo I, p. 52, 393 e 397. 

(4) V. 1'edizione del Codice Bavaro data dal Bernhart, Codex tra* 
ditionum ecclesiae ravennatensis, Monachii, 1810. 

-69- 



L'ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

Riassumendo, alle quattro sicure fondazioni scotiche in Ita* 
lia menzionate dal Colgan, non possiamo aggiungere che al- 
tre quattro: quella di Vercelli, quella di Piacenza, e le due 
dipendenti dalla diocesi di Ravenna. 

Circa le fondazioni irlandesi in Roma regna tuttora molta 
oscurita ed incertezza: esse potrebbero formare oggetto di 
uno studio speciale attraente. 

Fra le chiese romane medioevali si trovano menzionate tre 
chiese Scottorumt S. Benedicts Scottorum, S. Salvatoris Scot* 
tovum, S. Trinitatis Scottovum. 

La chiesa 5. Benedicti Scottorum e citata nell'elenco di 
Cencio Camerario (1192) e sia secondo THuELSEN (i), che 
secondo TARMELLINI (2), coinciderebbe con un'enigmatica 
chiesa chiamata 5. Benedicti Sconchi o Sconchii o Scon%i; 
ma mentre TARMELLlNi considera Schonchi come corruzione 
di Scotti t THuELSEN considera Scotti come corruzione di 
Sconchi. L'ARMELLINI prendendo per certa una congettura 
del GRIMALDI (presso MARTINELLI) la fa coincidere inoltre 
anche con 5. Benedicti de Arenula. che sorgeva sul luogo 
deirattuale Chiesa della SS. Trinita dei Pellegrini: 1'HuEL' 
SEN corregge tale affermazione e ritiene che 5. Benedicti 
Sconchi sorgesse non lungi da Ponte S. Angelo. Piuttosto che 
direttamente della nazione scotica sembra al GRIMALD'I e al" 
TARMELLINI che tale chiesa prendesse il nome dalla famiglia 
degli Scotti, baroni romani domiciliati aiel rione della Regola. 
A suo tempo mostrero come sia verosimile che tale famiglia 
derivasse il suo nome dalla patria d'origine del capostipite 

(1) Le chiese di Roma nel Media Evo, Firenze, Olschki, 192*7, 

p. 211 e 587. 

(2) Le chiese di Roma, Tip. Ed. Rom., 1887, p. 153 e 155. 

70 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 



(v. Capo XIV). L'AMAYDEN-BERTiNi (i) dice che Dominus 
Gottifridus de Scottis de regions Arenulae, che morl nel 
1452, fu sepolto nella chiesa di S. Salvatore in Campo o de 
(Dowwo) Campo. Questa chiesa non ha ne un inome ne una 
storia molto chiara (2). La chiesa medioevale dice 
THUELSEN non sorgeva la dove si trova quella moderna; 
narra il Ciampini che Tantica era e conspectu ecclesicte Smae 
Trinitatis Convalescentium, e che nel 1690 furono scavati 
avanzi di sepolture ad essa appartenenti in via quae a platea 
Montis Pietatis ad ecclesiam S. Trinitatis ducit ( = via del 
Pettinari). Fu demolita nel 1639 per la costruzione del Pa- 
lazzo del Monte di Pieta . Ho Tidea che sia bene tener 
presente questa chiesa inelle ricerche attorno a 5. Benedicti 
Scottorum e 5. Salvatoris Scottonim. 

Sul luogo preciso e le vicende della chiesa 5. Salvatoris 
Scottorum (3) nulla si puo stabilire. anch'essa citata nel- 
Telenco di Cencio Camerario. L'HuELSEN crede ritrovare lo 
stesso titolo nel catalogo di Parigi sotto la forma Salvator 
de Scrote in cavill(is) che propone di correggere in Salvatoris 
de Scotis in harenula, dove con de Scotis s'indicherdbbe il 
nome della famiglia gia citata. Anche 1'ARMELLINI e incline 
a riferire il titolo Scotorum alia famiglia omonima. Il WlL- 
MART (4) lo riferisce invece alia nazione scotica e si doman- 
da se non fosse* cosa possibilissima, una dipendenza della 
Trinitatis Scottorum. 



(1) La storia delle famiglie romane, Roma, Collegio Araldico, vo- 
lume II, p. 191. 

(2) V. : HUELSEN, p. 434; ARMELLINI, p. 594. 

(3) V.: HUELSEN, p. 452; ARMELLINI, p. 601. 

(4) La Trinite des Scots a Rome et les notes du Vat. Lot. 378, 
in: Revue benedictine , luglio 1929,- p. 218. 

71 



L'ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

La chiesa 5. Trinitatis Scottorum, con annessa abbazia, ki- 
dubbiamente della nazione scotica, e menzionata nelle liste 
di Pietro Mallio e di Giovanni Diacono e in quelle di Cencio 
Camerario (i). UHuELSEN, seguendo un errore trasmesso dal 
Forcella airArmellini e al Calvi, identifica tale chiesa con la 
chiesa di S. Tommaso di Canterbuy del Collegio Inglese in 
via Monserrato, confondendo fondazioni affatto indipen- 
denti di nazioni diverse. 

Spetta al WILMART (1. c.) di aver chiarito questo quasi 
inesplicabile errore. Egli ricorda (2) come gli Inglesi abbiano 
avuto a Roma due successivi stabilimenti. Eblbero nell'VIII 
secolo una Scola S&xonum con ospizio nel Views Saxonum 
presso il Vaticano, con una chiesa, S. Maria in Sassia, il cui 
nome sopravvive ancora (Borgo S. Spirito); questa istituzio* 
ne per varie ragioni decadde nel XII secolo e fu abolita nel 
1204 da Innocenzo III che ne fece un ospedale, affidandolo 
alia Confraternita di S. Spirito. Dopo il giubileo del 1350 
sorse una nuova fondazione, interamente indipendente da 
quella abolita da Innocenzo III : la societas pauperum Anglo* 
rum,, che si stabili in via Monserrato sotto il vocabolo della 
Trinita, poi di S. Tommaso, e che verso la fine del XV se- 
colo assorbi anche un altro ospizio inglese sorto nel 1396 in 
via dei Genovesi in Trastevere sotto il vocabolo di S. Criso" 
gono e di S. Edmondo martire, rimanendo la sede in via 
Monserrato. Ivi, naturalmente, dopo lo scisma, prese dimora 
nel 1575 il Collegio Inglese del D. Allen, che Gregorio XIII 



(1) V.: HUELSEN, p. 493, e ARMELLINI, p. 645. 

(2) V.: Card. GASQUET, A History of the Venerable English Col- 
lege, 1920. 



72 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

eresse canonicamente nel 1580 sotto il titolo della Trinita c 
di S. Tommaso. 

Quindi queste fondazioni inglesi non hanno mai avuto 
nulla in comune con la Trinita degli Scoti. II WiLMART po- 
ne la S. Trinitatis Scottorum all'angolo sud-est del Palatino 
e la identifica con la S. Trinitatis presso il clivo di Scauro (i) 
di cui parlano le Mirabilia (redazione del XII secolo), il cata* 
logo di Torino (circa 1320) e quello del Signorili (circa 1425). 
In certe note del Cod. Vat. Lot. 378, contenente un marti- 
rologio ad uso della prossima chiesa di S. Maria in Palladio 
(ora S. Sebastiario al Palatino) il WiLMART ritrova due elen- 
chi dei component! la comunita della Trinita degli Scoti alia 
fine dell'XI e al principio del XII secolo. Poiche tale mona- 
stero non figura nel gran catalogo di papa Leone III (806), le 
note del Vat. Lat. 378 segnalate dal WILMART sarebbero i 
primi documenti, sebbene assai tardivi, che lo riguardano. 
iEra una piccola comunita (composta di un abate, due prevo- 
sti t sei monaci e sette commensali) che, come tale, e gia 
scomparsa nel 1249, quando papa Innocenzo IV, con un pri- 
vilegio indirizzato da Lione all'abate del monastero di S. 
Gregorio in clivo Scauri de urbe (2) riconosce e canonizza i 
diversi possessi di questo monastero fra cui Sancte Trinitatis 
de Scotis... (ecclesiam) cum omnibus pertinentiis (eiusdem). 
L'assorbimento da parte di S. Gregorio doveva essere awe- 
nuto senza rumore al principio del XIII secolo. L'ultimo ri- 
cordo esplicito del nome di Trinita degli Scoti e, secondo il 
WILMART, in una bolla di Bonifacio VIII del 17 giugno 



(1) V.: HUELSEN, p. 493, n. ii. 

(2) V.: A. GIBELLI, L'antico monastero dei SS. Andrea e Crego- 
rio al clivo di Scauro sul monte Celio, 1892. 



73 



L'ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

1299 che confeima quella d'Innocenzo IV. In una Vita, di S. 
Frediano, citata da Mons. GuiDi (i), che la da come non 
anteriore al sec. XIII (Ms N. 880 delk Bibl. Pubbl. di Luc* 
ca), ho trovato questo interessante passaggio : Pauca de 
pluribus quae de vita et moribus et genealogia beatissimi 
Fridiani a viris litteratis et orthodoxis Scotiae limina Aposto- 
lorum et Romanam ecclesiam visitantibus accepimus, videli- 
cet Aralda, electo Virginensis Ecclesiae et Cathalico Prime 
Sanctae Marine Vallis Salutis et Malachia Priore Sanctae Tn- 
nitatis, quae sita est Romae, atque Dionisio germano suo 
sacerdate quoque et canonico Sancti Brandani, ad posterita* 
tis memoriam, sicut in vita eius legitur, quae in insulis Sco- 
tiae solemnis habetur, et nabis studiose inquirentibus dili* 
genter narrarunt, auribus fidelium intimare curavimus . II 
5. Mariae Vallis Salutis potrebbe forse essere il monastero 
cistercense irlandese di tal nome fondato a Baltinglas ra il 
1142 e il 1152 (v. Cap. IV 5). Il WlLMART aveva notato 
(p. 225) che verso la fine dell'XI sec. era stato inserito il 
nome di S. Frediano nel martirologio (18 marzo) che in quel* 
Tepoca era stato adattato ai bisogni della piccola comunita 
del Palatino. I canonici di S. Frediano (v. Cap. XVII) reg* 
gevano nel XII secolo la Basilica Lateranense, quella di S. 
Croce in Gerusalemme t quella di S, Maria Nova ecc. e quin- 
di avevano rapporti contiinui con Roma, ed e da supporre 
essendo la chiesa di S. Frediano di Lucca ancora un cen^ 
tro vivo di attrazione 'per gli Irlandesi con gli Scoti di 
Roma. una vera jattura che 1'Archivio di S. Frediano di 
Lucca, dove forse si conservavano memorie preziose per 

(i) V.: GuERRA*GuiDl, Compendia di storia ecclesiastica lucchese, 
Lucca, 1924, p. 45*. 

74 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

queste nostre ricerche, sia rimasto preda delle fiamme nel 
1596 (i); ma forse potrebbe riuscire sempre utile lo spoglio 
delle carte delle chiese rette dai detti Canonici. 

II WILMART dice che il monastero S. Trinitatis Scottorwn 
non dovette mai essere fiorente : 1'Isola del Santi era trap* 
po lontana, malgrado i gusti nomadi della razza, per procu* 
rare a questa fondazione eccentrica un reclutamento che le 
garantisse Tawenire conformemente alle sue origini . 

Per quanto grande possa essere I'importanza delle dedu- 
zioni e delle opinion! del dotto benedettino, mi pare che 
un- certo contrasto sussista fra la modestia ch'egli assegna al 
monastero del Palatine alia fine del sec. XII e il fatto che 
la Trinita degli Scoti e contemporaneamente posta dal Mal- 
lio e da Giovanni Diacono fra le venti maggiori abbazie di 
Roma, la cui chiesa ha due soldi di presbiterio come le chie^ 
se maggiori. fi da augurarsi che nuove ricerche confermino 
Tubicazione e delucidino 1'origine dell'abbazia irlandese che 
deve risalire prdbabilmente all'VIII o IX secolo. Cosi pure e 
da augurarsi che si ottengano ulteriori notizie sulle altre due 
chiese 5. Benedict! e 5. Salva&oris Scottorum, essendo proba* 
bile che oltre ad un'abbazia nei pressi del patriarchio latera'' 
nense, gli Irlandesi avessero anche vicino a S. Pietro un 
ospizio per i loro numerosi pellegrini. 

10. iPrima di chiudere questo capitolo, dobbiamo av- 
vertire il lettore che abbiamo espressamente taciuto, neU'e" 
sposizione sin qui fatta, d'un 'punto importante nella storia 
delle cristianita celtiche, cioe del tenace particolarismo di 
cui esse hanno dato prova in certe questioni, e dell'inaudita 

> 

(i) V.: GUERRA-GUIDI, op. cit., p. 95. 

75 



L'ESPANSIONE APOSTOLICA, E ASCETICA 

fiducia ch'esse hanno dimostrato in certe loro tradizioni in- 
sulari. Ne abbiamo taciuto perche la conoscenza dettagliata 
di questo particolarismo e di queste tradizioni, che non in- 
firmano in nulla la loro salda ortodossia dogmatica, non e 
necessaria a illuminare le figure dei santi irlandesi d'ltalia, 
escluso S. Colombano. Questo santo d'altra parte non puo 
essere studiato a pieno in un lavoro come il nostro, ch'ha una 
finalita tutta speciale. Ci limitiamo quindi ad awertire che 
questa questione esiste, e circa la storia delle aspre e lunghe 
controversie sul computo della Pasqua, sulla tonsura celtica, 
sull'amministrazione del battesimo e sulla consacrazione epi- 
scopale controversie che terminarono con la completa sot^ 
tomissione delle cristianita celtiche al prkicipio dell'VIII se- 
colot quando i rapporti dei vescovi irlandesi con la chiesa 
anglo'Sassone e con le chiese del continente avevano reso 
meglio noti gli usi romani rimandiamo il lettore a quanto 
dice il GOUGAUD nei capitoli VI e VII delle Chretientes 
celtiques. 



-76- 



CAPITOLO TERZO 

L'ESPANSIONE CULTURALE 

i. La Gran Brettagna era stata sottomessa alia domi- 
nazione romana, e non sorprende quindi di trovare inel VI 
secolo i suoi monaci per es. Gilda, il Geremia dei Bre* 
toni in possesso d'una certa cultura classica. Ma come mai 
1'Irlanda, che non aveva mai fatto parte dell'Impero romaino, 
acquisto la conoscenza delle lettere? 

I primissimi missionari bretoni e continental! che porta- 
rono la fede agli Irlandesi nel V secolo, non eblbero certo 
agio di occuparsi di studi, e di dedicarsi alia diffusione della 
cultura. Lo studio delle arti liberali non tardo >per6 ad tw- 
porsi al clero indigeno. Per celebrare il culto, per leggere la 
Scrittura, per indagare le verita della religione, esso dovette 
necessariamente apprendere la lingua latina. Insieme con i 
libri biblici e dei Santi Padri, furono importate a poco a po* 
co dall'isola prossima e dal continente anche le opere degli 
antichi autori. II grande numero dei monaster-i favori i ra- 
pidi progressi della cultura dello spirito: oltre ad essere cen- 
tri di pieta, tutti i grandi chiostri ch'abbiamo yisto sorgere 
nel VI secolo, Moville, Clonmacnois, Clonfert, Clonard, Ban- 
gor, non tardarono a divenire centri di studi verso i quali 
affluirono, anche dall'estero, le persone avide d'istruirsi. 



77 



L'ESPANSIONE CULTURALE 

Noin possiamo sapere quale fosse Testensione e il valore 
dell'insegnamento d'un Finnian di Clonard o d'un Comgall 
di Bangor, non essendoci pervenute le opere personal! di 
questi maestri. Ma dagli scritti dei loro discepoli, Columba 
di Jona, ad es., al quale si attribuisce una specie d'inno, 1'AZ- 
tus pr&sator, e Colombano di Bobbio, rileviamo che, gia nel 
VI secolo, si poteva acquistare in Irlanda una conoscenza 
estesa e pratica del latino, fino a poter scrivere in tale lin* 
gua, se non con eleganza e semplicita, almeno con corret* 
tezza, ed a poter comporre anche versi in vari metri. Di 
Golombano possediamo un Carmen Navale, in otto strofe 
di tre esametri ognuna, un'Esortazione a Set, un Acrostico 
ad Hunaldum, dei Carmi Ibipedali condita versu (versi 
adonici) diretti a Fidolio (i). Le opere dei Padri latini piu 
celebri, e sopratutto la Bibbia, erano oggetto di seri studi. 
Quanto agli scrittori romani profani, essi erano gia abbastan- 
za letti e coltivati. Nelle opere di Colombano si trovano ci- 
tazioni o reminiscenze di Virgilio, Ovidio, Orazio, Persio, 
Sallustio. I rari e corti scritti che ci sono pervenuti di Cella* 
nus e di Adamnan rivelano la conoscenza di Virgilio. S. Ca* 
doc, quello strano personaggio gallese ch'abbiamo gia no- 
minato come fondatore di Llancarvan, eremita, abate, bardo 
e feudatario a un tempo, s'era formato a Lismore in Irlanda 
e aveva una predilezione speciale per Virgilio, che faceva 
imparare a mente ai suoi discepoli. Un giorno passeggiava 
col famoso Gilda sulla riva del mare tenendo sotto il braccio 
il suo Virgilio, quando una raffica di vento gli porto nel 
mare il prezioso libro. Cadoc se ne rattristo, e con la per- 



(i) V.: LUGANO, S. Colombano monaco e scrittore, p. 34*39. 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

dita del libro comincib a piangere anche la sorte delTautore 
che f orse si trovava alTinf erno, ma Gilda gli rimproverb qucl 
forse, sostenendo la condanna eterna del poeta pagano. Per- 
tanto il santo, rientrato nella sua cella, disse tra se : Non 
mangerb una briciola di pane ne Iberrb una goccia d'acqua, 
prima ch'abbia saputo quale sorte sia toccata a coloro che 
hanno cantato in terra come cantano gli angeli in cielo . 
Di li a poco s'addormento e nel sonno gli parye d'udire 
una voce che gli diceva: Prega per me, prega per me, non 
stancarti mai di pregare; canterb in eterno la misericordia 
del Signore . II giorno dopo Cadoc ricevette da un pesca* 
tore un grande salmone, e sventratolo ritrovb nel pesce il 
suo Virgilio (i). 

Le opere di Pliinio il vecchio, Cicerone, Frontino, Vegezio, 
Valerio Massimo, Macrobio, Donato, Prisciano, Carisio, Boe^ 
zio, ecc. erano penetrate in Irlanda prima del IX secolo. 

Nel IX secolo sono legione gli Irlandesi che, installati in 
maggioranza sul continents, si danno a scrivere versi latini: 
fra i piu conosciuti di essi ricordiamo Sedulio Scotto, Gio- 
vanni Scoto Erigena, due dei Dungals, Giuseppe lo Scoto. 

Nel IX secolo si afferma nel mondo insulare anche un 
progresso negli studi del greco. Ne troveremo traccie nella 
Parte II a proposito di Donato di Fiesole. Si contano cin- 
que o sei Irlandesi stabiliti a tal'epoca nell'impero franco, 
che possedevano nozioni di greco. Si conservano ancora glos- 
sari greco-latini, paradigm! delle declinazioni greche, e an- 
che testi biblici greci, salteri, traduzioni in latino di proverbi 
greci, ecc. scritti dagli Scoti di quel tempo. Nessuno di essi 

(i) V.: MONTALEMBERT, Op. dt., V, 63-85. 

79 



L'ESPANSIONE CULTURALE 

conobbe il greco meglio di Giovanni Scoto Erigena. Egli ha 
composto dei versi in greco, e si sa che tradusse in latino 
dopo un soggiomo, tuttavia, d'una diecina d'anni in Fran- 
cia le opere dello pseudo Dionigi TAreopagit^, le quali, 
fin allora, non avevano potuto trovare in occidente un tra- 
duttore capace: ed egli si trasse cosi bene d'impaccio che lo 
stesso Anastasio il Bibliotecario ne scrisse a Carlo il Calvo, 
protettore di Giovanni : Mirandum est qwomodo vir ille 
barbams, in finibus mundi positus, talia intellectu capere in 
aliamque linguam transfene valuerit (i). 

Ma non bisogna credere che questa passione piii o meno 
pronunciata per gli studi antichi abbia prodotto il risultato 
di diminuire negli Irlandesi dell'alto Medio Evo Tattacca- 
mento alia lingua e alia letteratura nazionale. In Gallia, in 
quell'epoca, la classe ecclesiastica sdegnava di parlare il vol- 
gare ancora informe, veramente che trattava da lin- 
gua laica. Niente di simile in Irlanda. Preti e monaci, pur 
dandosi allo studio delle lettere classiche e delle scienze ec- 
clesiastiche, continuarono a coltivare con vivo interesse la 
lingua gaelica (2). 

2. - Come abbiamo accennato a principio del capitolo 
precedente, 1'educazione religiosa e Teducazione letteraria u- 
rono in Irlanda due fatti paralleli e simultanei. Le arti libe- 
rali, lo studio delle liingue antiche, tutta la cultura profana 
erano in principio considerate come le ancelle dell'educa- 
zione religiosa, e non avevano altro scopo che di rendere gli 
spiriti atti alia lectio divina, cioe allo studio del pensiero 

(1) Sulla conoscenza del greco in Irlanda nel Medio Evo, vedi an* 
che uno speciale capitolo in GOUGAUD, Gaelic Pioneers, p. 55'6j. 

(2) V. : GOUGAUD, Les chr. celt., p. 

80 



1L MOVEMENT 6 RELIGIOSO IRtANDESE 

divino racchiuso nelk sua espressione scritturale e tradizio- 
nale. La calligrafia e la miniatura, arti tenute tanto in ono- 
re in Irlanda, servivano quasi unicamente a moltiplicare e 
ablbellire i libri di religione, i testi liturgici o biblici. Colum- 
ba di Jona, settuagenario, il giorno prima di morire, attese 
per 1'ultima volta ad una trascrizione del Salterio. Giunto 
al Salmo 33 e al versetto Inquirentes autem Dominum non 
deficient omni bono, si fermo e disse : Qui mi convien 
rimanere: Baithen scrivera il resto . Baithen era Teconomo 
di Jona, che gli succedette come abate (i). 

A partire dal secolo VII, folle di stranieri affluirono alle 
scuole d'lrlainda ed a quelle aperte dagli Scoti fuori della 
loro isola. Conosciamo i nomi di molti di questi studiosi stra- 
nieri: Agilberto, poi vescovo di Parigi: il santo prete Eg- 
berto; Wigberto che tento per prime* 1'apostolato della Fri- 
sia; Willibrordo, il futuro apostolo dello stesso paese; i due 
Evaldi, suoi compagni; Haengils, Chad, Ethelthun, Ethel- 
win, iEahfrid; i principi anglosassoni Osvaldo, Oswy, Aid- 
frith. Un vescovo pitto di cui non sappiamo il nome, ando 
pure a studiare in Irlanda. Un quartiere della citta santa di 
Armagh, cosi rinomata per le sue scuole, era chiamato il 
quartiere degli Anglo-Sassoni. Aldelmo dipinge non senza 
gelosia gli studenti d'linghilterra che vanno a stuoli, portati 
da flottiglie, nell'isola vicina (catervatim, classibus advectfy 
e fonda la scuola di Malmesbury perche i suoi compatriot! 
non emigrino piu. Un altro autore fa ammontare a migliaia 
il numero del personale insegnante in Irlanda: Scatti multa 
millia pedttgogum habebant. Gli Scoti diedero prova, verso 

(i) V.: MONTALEMBERT, Op. Cft., V, p. 323. 

81 

6 



L*ESPANSiONE CULTfURALe 

i loro discepoli stranieri, d'una rara liberalitL Non solamente 
Pinsegnamento, ma alloggio, vitto, libri, tutto era fornito 
gratuitamente (i). 

Tutti questi discepoli cercavano presso i maestri scoti di 
acquistare Tarte dell'ascesi e la scienza delle Sacre Scritture. 
Gli uomini di chiesa celti erano tutti nutriti della Scrittura: 
Patrizio, Gilda, Colombano, Cummiano, Aidano, Adamnano, 
Sedulio. 

I testi Ibiblici latini in uso nelle cristianita celtiche fino al 
VI secolo, erano versioni anteriori alia Volgata: questa pren* 
de piede in Irlanda e in Inghilterra nel VI secolo, e guada- 
gna terr>eno con Colombano, Cummiano, Adamnano, e con 
la collezione canonica irlandese, ch'e d'ispirazione romana. 

I testi della Volgata della famiglia irlandese non rimasero 
confinati nelFisola. I manoscritti, trasportati dagli stranieri 
ch'erano andati a studiare in Irlanda o dagli emigranti scoti, 
si sparsero sul coaitinente: in modo che il puro testo irlan- 
dese si trova in manoscritti biblici provenienti da Tours, An- 
gers, Mans, Epternach, San Gallo, Reichenau e Bobbio. 

I piu antichi monumenti del vecchio irlandese sono delle 
glosse bibliche, alcune delle quali rimontano all* VIII secolo e 
la cui quantita e relativamente considerevole. Meglio delle 
glosse, importanti sopratutto dal punto di vista linguistico, i 
commentari propriamente detti dei libri della Bibbia, com- 
posti o trascritti dai Celti, ci possono istruire circa il loro 
modo d'interpretare le Sacre Scritture. Fra essi v'e un trat- 



(i) V.: W. G. HANSON, The early monastic schools of Ireland, 
Cambridge, Heffer, 1927; TH. ALLISON, English religious life in 
the VIII century as illustrated by contemporary letters, Londra, 
S. P. C. K., 1929. 

82 



1L MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

tato De mirabilibus scnpturae sanctae, compreso fra le opere 
falsamente attribuite al vescovo d'Ippona e dovuto invece ad 
un Agostino irlandese del VII secolo : trattato che getta una 
luce interessante sulle dottrine allora correnti in Irlanda in 
materia di fisica, teologia e d'esegesi. Si hanno codici irlaav 
desi d'un Commentario latino su Giobbe, e un sunto dei 
Moralia in Job di S. Gregorio Magno. 

Il Salterio, base della preghiera liturgica e della preghiera 
privata, era oggetto di studi particolarmente approfonditi da 
parte dei monaci, ed era appreso a memoria. Giona di Susa, 
biografo di S. Colombano, racconta ch'era tale la ricchezza 
del tesoro di divine Scritture ch'egli portava nel cuore, che 
compose, quand'era ancora adolescente, un dotto Commen^ 
tario sui Salmi, ora perduto ma di cui si trova traccia in 
antichi cataloghi delle biblioteche di San Gallo e di Bobbio. 
Altro commentario del Salterio, scritto da un Irlandese del' 
rVIII secolo, si trova nel Cod. Pal. 68 della Vaticana. 

Esiste anche un commentario di Giuseppe lo Scoto sul li- 
bro d'Isaia. Abbiamo diversi lavori sui Vangeli e sulle Epi^ 
stole di S. Paolo. Sedulio ci ha lasciato vari lavori esegetici. 
Di Giovanni Scoto Erigena abbiamo un'Omelia sul primo 
capitolo di S. Giovanni e frammenti d'un Commentario del- 
lo stesso evangelista. 

Bastino questi cenni per mostrare come il pensiero cristia^ 
no degli antichi Irlandesi fosse tutto impregnato di Bilbbia. 

Gli Irlandesi ebbero presto anche dei canoni disciplinari, 
alcuni dei quali risalgono certo aH*epoca di S. Patrizio stesso. 
La collezione cainonica irlandese piii celebre e quella chia^ 
mata generalmente per abbreviazione I'Hibernensis. I testi 
canonici irlandesi e bretoni passarono i mari nella seconda 

- 83 - 



t/ESPANSIONE CULTURALE 

meta del secolo VIII e hanno avuto una parte importante 
nella legislazione della Chiesa dei Franchi. La materia era 
in essi disposta per argomento e non cronologicamente come 
in altre raccolte del tempo (la Dionysiana, YHispana, ecc.). 

Oltre ai canoni disciplinari, presso le cristianita celtiche 
nacquero e si svilupparono i Penitenziali, che poi, nell'VIII 
e IX secolo, passarono presso gli Anglo-Sassoni e sul conti- 
nente. S. Colombano e i suoi discepoli hanno attirato lo ze* 
lo dei popoli ad medicamenta penitentiae, secondo Tespres' 
sione di Giona di Susa, e si sono sforzati di rendere la con- 
fessione piu frequente, principalmente nei chiostri, ma an' 
che fra i devoti secolari. La Regula coenobialis, il Poemten* 
tide e I'Ordo de vita et actione monackorum di S. Colom- 
bano (i), la Regula cujusdavn patris ad virgines, quella di S. 
Donato di Besancon per le religiose di Joussan, gli usi di Fa* 
remoutiers tutti impregnati dello spirito di Luxeuil prescri" 
vono ai religiosi e alle religiose confession! molto frequenti. 
In Irlanda la confessione era molto usitata anche fra i seco- 
lari, e il confessore aveva tin nome che merita d'essere rile- 
vato: si chiamaya in vecchio irlandese anmchara, che viiol 
direj Amico dell'anima . Un uomo senza anmchara. 
avrebbe detto Comgall di Bangor, il maestro di Colombatio 
e un corpo senza testa . fi qui evidente il concetto, sia 
pure in germe, del direttore spirituals (2). 

3. Ablbiamo gia fatto qua e la vari accenni aU'onore 
in cui era tenuta Tarte calligrafica e la miniatura presso gli 
Irlandesi. In tema d'espansione culturale, non possiamo non 



(1) V.: LUGANO, op. tit., p.. 24-27. 

(2) V.: GOUGAUD, op. tit., p. 250-278; RYAN, Irish Momsticism, 
p. 223. 

-84- 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

fennarci un momento sopra questo punto, e sulle bibliote- 
che delle grandi fondazioni scotiche all'estero, specialmente 
del nostro Bobbio. 

Prima deirintroduzione del Cristianesimo i libri mancava- 
no quasi eompletamente in Irlanda. La necessita di provve- 
derne improvvisamente un gran numero per soddisfare alle 
esigenze della straordinaria fioritura monastica successiva, 
spiega il rapido sviluppo del patrimonio bibliografico degli 
Irlandesi. Nel lavoro di trascrizione e d'ornamentazione dei 
manoscritti religiosi essi hanno dato prova d'una pazienza, 
d'una ingegnosita, d'una abilita e d*una iniziativa sorpren^ 
denti: molti dei codioi irlandesi sono fra i prodotti piu belli 
ch'esistano, nel campo della calligrafia e della miniatura. 

Gli scribi erano teaiuti in altissima considerazione nei mo- 
nasteri e nella societa, quasi quanto un abate o un vescovo. 
Sotto gli ordini dello scriba principale lavorava in silenzio, 
nello scriptorium del monastero, tutta una falange di copisti 
subalterni strettamente sorvegliati : si adoperava di solito, dal 
VII al X secolo, una pergamena {di montone, 3i vitello, di 
capra) piu spessa di quella usata sul continente alia stessa 
epoca: le penne da scrivere erano di cigno, o d^xia, o di 
corvo. 

Le scritture irlandesi derivano da quelle latine, e sono di 
due specie : una semi-onciale d'un tipo particolare (meno ar- 
rotondato della semi'onciale romana), e una minuscola sot- 
tile e puntuta, con maiuscole acute e speciali legature. La 
semi'onciale s'e forse formata nel VI secolo; nel VII trovia- 
mo entrambe le scritture. La minuscola ha poco variato dal- 
1'VIII secolo sino alia fine del Medio-Evo, anzi siino neU'era 
moderna, cosicche la datazione dei manoscritti irlandesi die- 

-85- 



L'ESPANSIONE CULTURALE 

tro il solo esame della scrittura e impresa estremamente 
ardua. 

I manoscritri irlandesi non si trovano solo nelle Isole Bri- 
tanniche; a Parigi, San Gallo, Torino, Milano, Dresda, Ber- 
na, Carlsruhe, Zurigo, Vienna, alia Vaticana, se ne conser- 
vano dei preziosissimi. La scriptura sc&ttica, cosi diffusa, di- 
venne familiare ai continentali dall'VIII al X secolo. 

La scrittura anglo'Sassone precede dall'irlandese ed e in 
certi casi molto difficile a distinguere da questa : nel seicento 
le due furono confuse insieme sotto la denominazicme CO' 
mune di scriptura saxonica. Soltanto al principio dell'ottocen' 
to fu ristabilita la distinzione fra di esse e riconosciuta la 
priorita della scriptura scottica. 

L'ornamentazione dei manoscriti irlandesi e caratteristica : 
gli Evangeliari di Kelts e di Lindisfarne, dell'VHI secolo, 
sono d'una meravigliosa beliezza e ricchezza d'ornamenta' 
zione. I lavori di penna e di pennello raggiungono presso gli 
Scoti una perfezione, una complicazione, un'armonia sorpren^ 
denti. I colori piu impiegati sono il rosso, il giallo e il veiv 
de : Toro eon apparisce mai. Questi colori, combinati con 
finissimo gusto, producono un beH'effetto e conservano an' 
cora, dopo dcdici secoli, una prodigiosa freschezza. 

II punto debole della miniatura celtica e la rappresenta' 
zione della figura umana e degli animali (1'arte celtica au" 
tentica non trae nessun elemento dal regno vegetale); ma 
dove non si tratta piu di copiare esseri viventi od oggetti 
naturali, bensi di trarre dalla propria fantasia combinazioni 
di motivi ornamentali complicati e variati, a base di T, di 
Z, di croci gammate, di spirali, e sopratutto d'intrecci e no^ 
di, Tartista irlandese arriva ad imsuperabili creazioni: veri 



1L MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

labirinti leonardeschi di nastri e di cprreggiuoli che si svol- 
gono, s'incrociano e s'intrecciano all'infmito, senza che nei 
viluppi di linee estremamente complesse e variate, I'occhio 
sia mai turbato da un'impressione di disordine e di aggrovi- 
gliamento (i). 

Quando S. Colombano venne in Italia, la tradizione vuole 
che portasse sospeso al collo, in una bisaccia, un codice de- 
gli Evangeli, che alia sua morte rimase nel monastero di 
Boibbio. Esso ancora esiste. il celebre codice della Biblio- 
teca Torinese (ms G VI 15), note* ai critici sotto la sigla K. 
Da quest'unico lilbro, come da un seme fecondo, si venne 
costituendo la famosa biblioteca di quel cenobio. 

Da un documento che risale al IX secolo, ai tempi cioe 
dell'abate Wala (833-835), e dove figurano fra le cariche piu 
importanti del monastero quella del bibliotecario e del custos 
cartarum, rileviamo Tesistenza d'una biblioteca e d'un ar- 
chivio. 

La nascente biblioteca ricevette contributi e da pellegrmi 
irlandesi di passaggio, e da monaci fuggiti di patria per le 
incursioni danesi e ivi ricoveratisi, e da donatori van come 
Amalefredo, uno dei Dungals precipuus Scotorum, Petroaldo, 
Boniprando, Tabate Agilulfo, Teodoro, due monaci di Lu- 
xeuil Pietro e Guglielmo, e altri, ch'ebbero cura di traman- 
dare ai posteri il loro nome scrivendo sui volumi alcuni versi 
commemorativi. Alcuni, fra cui il Beer, ritengono anche che 
molte opere siano derivate alia biblioteca di Bobbio dal ce- 
nobio di Vivario, dove Cassiodoro, il celebre ministro di 
Teodorico, aveva trasportato le sue famose biblioteche di 
Ravenna e di Roma. 

(i) GOUGAUD, op. tit,, p. 330*344. 

-87- 



L'ESPANSIONE CULTURALE 

Accanto agli accrescimenti dovuti a queste varie prove- 
nienze esterne, dobbiamo porre quelli dovuti alia produzione 
interna dello scriptorium di Bobbio, che sussisteva almeno 
fin dal secolo IX : codici sicuramente copiati a Boblbio, anche 
nel secolo VIII, sono ora airAmbrosiana. Ci restano i norni 
di almeino quattro amanuensi (Giorgione, Amando, Nazeris 
ed Ermengario) di quest'antica scuola ch'ebbe caratteristiche 
e motivi d'ornamentazione propri, improntati alle scuole ir- 
laindesi, e che non e indegna d^essere messa accanto alle isti- 
tuzioni sorelle di Luxeuil e di S. Gallo. 

La biblioteca conteneva opere riflettenti le varie discipline 
ecclesiastiche (testi e commentari biblici, libri liturgici, scrit- 
ti dei Padri, opere agiografiche, trattati teologici e polemici) 
e anche opere profane (trattati di grammatica e retorica, scrit^ 
ti di medicina e astronomia, le opere dei principali poeti e 
scrittori latini). Notevole la rarita o la quasi assenza di ma^ 
noscritti greci : (nei f ondi giunti fino a noi trovansi parecchi 
palinsesti con la scrittura inferiore greca, ma con la scrittura 
superiore cosi antica da far ritenere che siano arrivati a Bob' 
bio nel loro stato attuale). 

In un catalogo della biblioteca compilato verso il secolo X, 
non cstante le molte lacune sono elencate non meno di 660 
opere; ma esso e ben lungi dal darci un'idea completa di 
quel che fu la biblioteca nel periodo aureo del monastero. 
Infatti fra il secolo VII e il IX quando la pergamena era 
scarsa o troppo cara, o quando mancavano persone in grado 
d'apprezzare convenientemente libri come la versione gotica 
della Bibbia e autori profani come Cicerone, Lucano, Plauto, 
Frontone, si raschiavano quelle pagine per riprodurvi sopra 
testi ritenuti piu utili : cio si f ece anche con libri di carattere 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

religioso che forse esistevano in duplicate o erano di facile 
scstituzione. Altre opere deteriorate per 1'uso frequente e 
messe fuori uso, furono adoperate a far da fogli di guardia 
nelle rilegature di volumi nuovi. 

cosi che troviamo una gran copia di palinsesti fra i ma^ 
noscritti di Bobbio, e molti frammenti di scritture antichis" 
sime nei volumi giunti fino a noi. 

Col graduale languire della vita monastica nel venerando 
cenobio, anche la biblioteca ando dissolvendosi e subendo 
manomissioni. 

A partire dalla fine del quattrocento, vari umanisti, Pom' 
ponio Leto in testa, bracconieri di codici e di antichita clas^ 
siche, cominciarono a spogliare Bobbio per arricchire le Bi' 
blioteche di Firenze, Wolfenlbiittel, Napoli, Vienna, Parigi, 
Nancy, e deU'Escuriale. 

Federico Borromeo, fondatore dell'Ambrosiana, pote assi< 
curare ad essa ben 73 codici bobbiesi. L'Ambrosiana deve 
a loro una gran parte deH'importanza ond'essa gode presso 
i dotti e gli studiosi, puo ben dirsi, di tutto il mondo (i). 

Paolo V, attratto forse daU'esempio del Card. Borromeo, 
pote ottenere per la Vaticana 28 volumi, fra i quali si trova 
il oelebre palinsesto del De republica di Cicerone scoperto 
dal Card. Mai. 

Altri volumi passarono a Torino ai tempi di Carlo Ema* 
nuele I. 

I Francesi nel 1801 presero possesso della Biblioteca di S. 
Colombano, e nel 1803 le fecero subire 1'estrema jattura: i 
volumi che non andarono preda alle fiamme passarono nelle 

(i) V.: ACHILLE RATTI, Le ultime vicende della biblioteca e del" 
I'archivio di 5. Colombano di Bobbio, Milano, Hoepli, 1901, p. 10. 

-89- 



L'ESPANSIONE CULTURALE 

mani di monaci secolarizzati, di privati cittadini, di agenti 
della republblica : non uno di essi passo allora in biblioteche 
pubbliche. 

Grazie allo zelo e all'intuito dell'abate Peyron, ra il 1820 
e il 1824 molti frammenti e una sessantina di manoscritti 
poterona pero essere recuperati e raccolti a Torino. Disgra- 
ziatamente un grave incendio che funesto quella Biblioteca 
nel gennaio i9O4 t doveva distruggerne una parte. 

Ho tratto queste notizie da Mons. GRAMMATICA, La Bi* 
blioteca di Bobbio (i) e dalla citata nota di Mons. A. RATTI. 
Valgano esse ad illustrare 1'importanza che ha avuto nel 
campo della cultura la grande fondazione irlandese d'ltalia. 

E, chiusa la parentesi, riprendiamo il nostro filo e vediamo 
la parte ch'hanno rappresentato gli Scoti nella rinascenza 
carolingia. 

4. ben noto come il periodo compreso fra il prin^ 
cipio del VII e la meta dell'VIII secolo sia stato per I'vcci* 
dente continentale un periodo d'ignoranza senza uguale: gli 
studi 'Ccclesiastici e classici erano caduti in piena'decadenza: 
pochissimi fra i secolari, anche delle classi piu elevate, sape^ 
vano leggere e scrivere: i religiosi sapevano male il latino, 
ignoravano del tutto il greco, disprezzavano le lingue nazio- 
nali in formazione, mancavano di libri di studio e di libri 
di chiesa. Carlomagno comprese la necessita di migliorare 
questo stato di cose, specie nei riguardi del clero, se voleva 
affermare il prestigio del sorgente impero. Organizzb scuole 
con larghezza di vedute e sicuro senso pratico, e chiamo in 
Francia i piu reputati maestri stranieri: gli italiani Pietro da 

(i) In: Scuola cattolica , 1923. 

90 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

Pisa, Paolino, Paolo Diacono, lo spagnolo Claudio, gli anglo- 
sassoni Alcuiaio t Sigulfo, Wittone e Fridugisio. Circa il 782 
due Irlandesi vennero a completare questo gruppo accade- 
mico : uno si chiamava Clemente (da non conf ondere con 
1'eretico dello stesso nome), 1'altro, piu difficile a identificare, 
chiamato da molti Albino, pare fosse quel Giuseppe lo Scoto, 
amico e discepolo d'Alcuino, di cui abbiamo gia menzionato 
un Commentario sul lilbro d'Isaia. Nelle Gesta Karoli Magni 
e raccontato Farrivo in Francia dei due Scoti, in compagnia 
di mercanti bretoni: si presentano essi pure come mercanti: 
mercanti di scienzaj si quis sapientiae cupidus est, veniat 
ad nos et accipiat earn. Carlomagno, informato delle loro di- 
sposizicni, s'aff retta a chiamarli a palazzo e a domandar loro 
le condizioni a cui consentirebbero d'impartire il loro sapere 
ai giovani franchi. Essi, che mancavano sin del necessario, 
non si mostrano esigenti: loca tetntum oportuna et animos 
ingeniosos, et sine quibus peregrinatio transigi non potest, 
dimenta et quibus tegamur. Clemente rimase come profes^ 
sore alia scuola di palazzo, e, dopo la morte di Carlomagno, 
u da Ludovico il Pio confermato in tali funzioni, che non 
abbandonb se non per andare a morire a Wurzburg, presso 
la tomba di S. Kiliano. II suo compagno u mandato da 
Carlomagno in Italia, a insegnare nel monastero di S. Ago' 
stino a Pavia. 

Piu celebri sono i Dungals. In Irlanda si trovano nume- 
rosi re, abati, vescovi, scribi, di questo nome, il quale non 
e legato ad alcun luogo o ad alcuna eta. Sul continente, in 
Francia e in Italia, sotto Carlomagno e i suoi successori, bi' 



9 i 



L'ESPANSIONE CULTURALE 

sogna distinguerne cinque (i). II primo, che conosciamo at' 
traverso Alcuino, e vescovo. II secondo e Tautore della let> 
tera a Carlomagno sul preteso doppio eclisse solare dell'Sio: 
piange sempre miseria: pare che si possa identificare col 
recluso di St. Denis, e anche col personaggio che chiama se 
stesso Hibernicus exul in certi versi indirizzati all'imperato- 
re. II terzo e quello destinato da Lotario a prendere nell'825 
la direzione della scuola di Pavia. II quarto, piu cscuro, e 
un poeta legato con Sedulio e autore d'un carme diretto a 
un Baldo magister. II quinto e il Dungalus precipuus Scot' 
torum, monaco di Bobbio dell'XI secolo, gia da noi menzio" 
nato fra i donatori di libri a quella biblioteca. 

Il piu interessante per gli italiani e il terzo. noto che 
Lotario, allarmato della decadenza generale della cultura 
anche in Italia, promulgo neir825 un famoso editto con cui 
istituiva nove scuole in nove citta d'ltalia (Pavia, Ivrea, To- 
rino, Cremona, Firenze, Fermo, Verona, Vicenza, Cividale 
del Friuli) per la gioventii che intendeva dedicarsi alia car- 
riera ecclesiastica (2). 

Alia direzione della scuola di Pavia, egli chiamo questo 
irlandese. In Papiam conveniant ad Dungalum de Media* 
lano, de Brixia, de Laude, de Bergamo, de Novaria, de Ver* 
cellis, de Tertona, de Aquis, de Janua, de Aste, de Cuma . 
Basta quest*elenco dei centri vdi reclutamento dei suoi futuri 
discepoli, per far comprendere Timportanza della missione 
che gli veniva afEdata, e quindi della stima che s'aveva di 



(1) V. : LUDWIG TRAUBE, O Roma nobihs, Abhandl. der k. bayer. 
Akademie der Wiss., I Cl. t XIX Bd. f II Abth., Monaco, 1891, p. 36. 

(2) V. il testo dell'Editto in: Scuola cattolica , 1922, vol. XXII, 
p. 108. 



92 



1L MOVIMENTO RELIGIdSO iRLANDESfi 

lui. Nella Parte II vedremo come un altro Irlandese, S, Do* 
nato vescovo di Fiesole, abbia avuto gran parte nella scuola 
istituita contemporaneamente da Lotario in Firenze per tutte 
le diocesi toscane. Al Dungal di Pavia si deve il ben noto 
trattato contro 1'iconoclasta spagnolo Claudio, eletto vescovo 
di Torino nell'8i6 da Ludovico il Pio, che appena entrato in 
possesso della diocesi aveva fatto togliere dalle chiese le cro- 
ci, le pitture sacre, le imagini dei santi, opponendosi anche 
al culto delle reliquie e ai pellegrinaggi ai Luoghi Santi. Le 
Dungali responsa contra perversas Claudii Taurinensis epi* 
scopi sententias sono importanti per le citazioni di Padri gre- 
ci e latini, di poeti classici, e di poeti cristiani, come Pru* 
denzio, Paolino da Nola e Fortunato di Poitiers, di cui con- 
tengono vari estratti: alludono anche all'epigramma compor 
sto da S. Ambrogio per la sepoltura del fratello S. Satiro (i). 

Alia fine deirVIII secolo e al principio del secolo seguente, 
sembra che Cambrai e Laon siano stati in Francia i ritrovi 
favoriti degli Scotti, i quali avevano anche colonie a Reims, 
Soissons e Liegi. 

Il piu celebre degli emigranti di quell'epoca (IX secolo) e 
Giovanni Scoto OErigena, che abbiamo gia menzionato come 
latinista e grecista provetto, e che soggiorno a lungo a Laon, 
sia come professore della scuola di palazzo di Carlo il Calvo, 
sia come amico del vescovo Hincmar il giovine, nipote di 

(i) V., a riguardo di Dungal di Pavia: GOUGAUD, op. cit., p. 287; 
TRAUBE, loc. cit.; OzANAM, Documents inedits pour servir a Vhistoi' 
re litteraire de I'ltalie depuis le VIII siecle jusqu'au XIII, Paris, Le- 
coffre, 1850, p. 36 ss.; F. SAVIO, Gli antichi vescovi d' Italia: il Pie* 
ynonte, p. 3oi'3i9 e La Lombardia, parte I, p. 916, e STOKES, Six 
months in the Apennines, p. aoi'226, la quale da molte notizie che 
possono riuscire utili, quando si tenga presente la distinzione da 
farsi fra i vari Dungals, ch'essa invece confonde insieme. 

93 



L ESPANSIONE CULTURAL^ 

Hincmar di Reims: grazie a lui e ai suoi compagni scotti, 
divenne ivi di moda di parlar in greco. Fu certamente una 
delle menti piu forti dell'alto Medio iEvo, ma disgraziata- 
mente la sua audacia non scevra di errori esercito un'infiusso 
pericoloso e provoco a suo carico varie condanne. Le traccie 
delTinsegnamento filosofico d'Erigena, sono sensibili nell'XI 
e XII secolo, in S. Anselmo, Ugo di S. Vittore, Onorio d'Au-- 
tun, come ben sanno tutti quelli che si sono occupati di 
questi autori. Alcuni hanno sostenuto che 1'Erigena albbia 
soggiomato anche a Vercelli e che da lui sia derivato quello 
Studio Generale (i). 

Altro importante campione deiremigrazione irlandese del' 
la meta del IX secolo e Sedulio Scotto, che si fisso a Liegi 
come professore nella scuola di S. Lamberto. Poeta facile, 
abbondante, amabile, interesso alia sua sorte, economicamen^ 
te poco brillante, i sovrani e i piu grandi personaggi delFe- 
poca: conosceva abbastanza bene il greco, senza pero rag- 
giungere 1'abilita dell'Erigena : come questi, possedeva un 
sapere enciclopedico. Ha commentato i gramatici Eutichio, 
Donato, Prisciano, ha spiegato I'Isagoge di Porfirio e ha 
composto per Lotario II il De rectoribus christianis, trattato 
in prosa e in versi sui doveri dei principi. 

Non bisogna dimenticare che gli scrittori di questa gene" 
razione beneficiarono non poco del loro soggiorno sul con- 
tinente. Dungal di Pavia, Giovanni Scoto Erigena, Dicuil, 
Sedulio, perfezionarono in Europa le loro conoscenze patri- 
stiche, geografiche, filosofiche, letterarie. Ma se noi racco- 
gliamo le testimonianze dei contemporanei sui dotti venuti 

(i) V.: PASTE, Sulk traccie dei Monaci di San Gallo, in: Scuola 
cattolica , 1913, vol. HI, p. 



94 



IL MOVlMENTO RELICIOSO 1RLANDESE 

d'Irlanda (e ai maggiori nomi dobbiamo aggiungere una 
quantita di monaci oscuri che insegnavano ortografia e gram* 
matica, commentavano la Scrittura, portavano dalla loro iso- 
la e copiavano sul continente manoscritti Ibiblici e liturgici, 
canoni e penitenziali), constatiamo ch'essi contemporanei 
consideravano come superiore la scienza dei figli d'Erin, e si 
rendevano perfettamente conto che il progresso realizzato 
nella vita spirituale e intellettuale europea era in gran parte 
opera loro. 

Beda il Venerabile apprezza altamente Teccellenza delle 
tradizioni di pieta e di dottrina inculcate agli Angli dai mo* 
naci di Lindisfarne, e cosi pure Tinaudita liberalita con cui 
gli Irlandesi avevano accolto presso di loro t inel VII e VIII 
secolo, gli stranieri desiderosi d'istruirsi. Altri autori non 
adoperano che superlativi per rendere la loro ammirazione 
per i dotti Scotti. II biografo gallese di S. Cadoc mostra il 
suo eroe che va a prendere lezione da questi ecceUenti mae* 
stri, dalla bocca dei quali raccoglie la somma del sapere 
occidentale . Alcuino ricorda i servizi resi al Cristianesimo 
dai wdottissimi maestri irlandesi, che fecero compiere cosi 
grandi progressi alle Chiese di Cristo in Britannia, in Gal- 
lia e in Italia , II monaco di S. Gallo ci presenta Clemente 
e il suo compagno come uomini incomparalbilmente istruiti 
nelle lettere sacre e profane . Un altro rappresentante del* 
Terudizione germanica del IX secolo, Ermenrico d'Elwangen 
(m. neir874), nella sua lettera all'abate Grimoaldo esalta 1'i* 
sola irlandese da cui ci sono giunti lumi cosi splendidi, e 
che, dispensando la filosofia a piccoli e grandi, ha riempito 
la Chiesa della sua scienza e della sua dottrina . 

Queste citazioni, pur tenendo conto del loro tono gene* 

95 



L*ESt>ANSlOt4E CULTbRALg 

falmente enfatico, danno un'idea della stima in cui gli stta- 
nieri tenevano la scienza irlandese nel suo momento piu 
bello (i). 



(i) V.: GOUGAUD, op. cit., p. 285-294, e Gaelic Pioneers, p. 42-54; 
L. MAITRE, Les ecoles episcopates et monastiques en Occident avant 
les Universites (768-1180), Paris, Picard, 1926. 



-96- 



CAPITOLO QUARTO 

DALLA CONQUISTA DANESE 
ALLA CONQUISTA DEGLI ANGLO-NORMANNI 

i. Nel IX secolo, la disgraziata Erin divenne preda 
dei Vikingi. I monasteri furono saccheggiati, i monaci di< 
spersi, le grandi scuole abbandonate, i maestri obbligati a 
lasciare la patria sconvolta in cui non potevano piii vivere 
della loro scienza. AU'emigrazione spontanea si aggiunse 
questa emigrazione forzata. 

Uno der primi punti del litorale inglese del mar del Nord 
attaccati dai pirati scandinavi fu il monastero di Lindisfarne. 
La sua chiesa fu distrutta e messa a ruba nel 793. 

La prima apparizione degli Scandinavi sulle coste deirir- 
landa avvenne nel 795. Qualche anno dopo si stabilirpno nel" 
Tisola di Man, che doveva restare per parecchi secoli in loro 
potere. Da priincipio naturalmente attaccano le isole piccole 
poco popolate. Jona fu saccheggiata una prima volta nel^ 
I'8o6, e piii volte in seguito. Le reliquie di S. Columba sono 
in perpetuo moto, nel corso del IX secolo. Per sottrarle al* 
1'empia rapacita dei Vikingi, si fanno passare prima in Sco* 
zia, poi in Irlanda? ripassano di nuovo il mare quando 
landa diviene a sua volta preda degli invasori. 

97 



DALLA CONQUISTA DANESE ALLA CONQUISTA DEGLI ANGLO'NORMANNI 

La prima aggressione nella Brettagna armoricana fu quella 
che potto al sacco di Nantes neir843. Sul principio del secolo 
X gli uomini del Nord presero stabile dimora nella Francia 
settentrionale e presto si fecero cristiani. Nel 912 quel Rol- 
lone ch'era stato uno dei piu fieri fra gli invasori, ricevette 
il Ibattesimo col nome di Roberto ed ebbe in feudo da Carlo 
il Semplice, re di Francia, ,tutto il paese che fu poi chiamato 
Normandia. 

Il Galles non sembra essere stato seriamente visitato prima 
della seconda meta del secolo IX. Nell'853 e devastata An* 
glesey. D'allora in poi gli attacchi si rinnoyano afrbastanza 
frequenti. I monasteri di Llanbadarn, Menevia, Llaniltud, 
Llancarvan, Landydoch sono messi a sacco nel 987. Menevia 
attira particolarmente i pagani. Due dei suoi vescovi, Mor^ 
genen, nel 1023, e Abraham, nel 1078, cadono sotto i loro 
colpi. 

Le incursioni contro ringhilterra si susseguono continue 
durante il IX secolo, e sempre piu gravi: i pirati risalgono 
piii volte il Tamigi fino a Canterbury e Londra. Terribile 
fu sopratutto Tinvasione dell'870, quella che si chiama la 
grande invasions, durante la quale fu martirizzato il re del- 
TEstanglia, S. Edmondo (nel luogo ove poi sorse la magni' 
fica abbazia di Bury-St'Edmund's) e furono oltraggiati e 
massacrati monaci e monache con incredibile perversita e 
ferocia (i). Nell'875 e 876 furono devastate la Northumbria, 
il paese dei Pitti e lo Strat-Clut. fi noto come il re del Wes' 
sex, Alfredo il Grande (871 '890) riuscisse a respingere gli 
invasori e a ridare per qualche tempo un po* di pace al pae* 

(i) V. : F. HERVEY, The history of King Eadmund the Martyr and 
of the early years of his abbey, Oxford, University Press, 1929. 



1L MdVliVIENtd ftELIGIOSO IRLANDESE 

se; ma la lotta continue sotto i suoi successor! in Estanglia, 
Essex e Mercia. Nel 988 cominci'a un periodo di nuove in- 
vasion! e di nuovi feroci massacri e saccheggi: Canuto di 
Danimarca, battezzato nel 1013, diviene nel 1016 padrone 
unico dell'Inghilterra. Dopo di lui, per mancanza di eredi, 
torna a salire sul trono un sovrano sassone, S. Edoardo il 
Confessore (1042-1066); ma alia morte di questi, Guglielmo 
il Conquistatore, duca di Normandia, con la battaglia di Has- 
tings (14 ottobre 1066) afferma definitivamente sull'Inghil- 
terra la sovranita normanna. 

Anche in Irlanda, le conquiste degli uomini del Nord di- 
vengono nel corso del secolo IX sempre piii estese. Non un 
solo dei grandi monasteri, cosi fiorenti ancora nell'VIII seco- 
lo, sfuggi alia loro avidita. Le loro flottiglie risalivano i fiu- 
mi gettavano le ancore nei laghi interni dell'isola, e di li 
a momento favorevole, essi piomlbavano sulle chiese e sui 
monasteri, uccidendo e mettendo in fuga i monaci, impadro- 
nendosi degli oggetti preziosi, gettando in aoqua le reliquie, 
di cui non sapevano che fare, e saccheggiando le biblio- 
teche. 

Nell'832 il capo norvegese Thorgest (Turgesius) s*impadro- 
nisce d' Armagh, il cui vescovo Forannan prende in fretta 
la fuga con la sacra cassa di Patrizio. Si rifugia nel Munster; 
ma presto altre bande scorrazzanti nel sud s'impadroiniscono 
di lui e distruggono il suo prezioso carico. Thorgest estende 
la sua dominazione su tutto il nord dell'isola. 

A partire dal IX secolo si costituiscono in Irlanda tre re- 
gni danesi, quello di Dublino all'est, quello di Waterford al 
sud, e quello di Limerick all'ovest. La conquista e favorita 
dalle division! fra i sovrani locali che non cessano di com- 

99 



DALLA CONQUISTA DANESE ALLA CONQUISTA DEGLI ANGLO-NORMANN1 

battersi fra di loro, anziche unirsi contro 1'invasore: alcuni 
di essi arrivano persino ad allearsi con lo straniero. 

Tuttavia sorge un eroico campione, Brian Boru, che riporta 
sui danesi, il venerdi santo del 1014, la brillante vittoria di 
Clontarf, presso Dublino, la quale arresta il progresso della 
loro dominaziome, ma non ebbe tuttavia per risultato, come 
quella di Barbatorta in Armorica (939), d'espellere gli stra- 
nieri dall'isola disgraziata. II regno danese di Dublino sussi* 
stera fino alia conquista dell'Irlanda da parte degli Anglo- 
Normanni (i). 

2. Queste guerre, questi rivolgimenti politici, causa' 
rono i piii grandi mali alia Chiesa d'Irlanda. 

Anzitutto gli studi per mancanza di maestri e di libri cad- 
dero in basso. Non si segnala una sola opera irlandese scritta 
in latino nel X secolo. I monaci fuggiaschi avevano por^ 
tato nel continente i loro piii preziosi manoscritti. II re- 
sto delle bilbliobeche fu disperso e saccheggiato senza ritegno 
dai Vikingi. Quando Brian Boru (1002-1014) voile restau- 
rare gli studi, fu obbligato, ci dice un cronista, a mandare 
ad aoquistare libri al di la dei mari. Ma non bisogna cre- 
dere ch'ogni vita intellettuale fosse completamente spenta 
nei secoli X e XI : la letteratura nazionale e le arti plastiche 
continuarono ad essere coltivate. 

Il monachismo era certo molto decaduto dal suo antico 
'splendore. Tuttavia sarebbe eccessivo di credere, con S. Ber- 
nardo, che prima delle riforme di S. Malachia e delTarrivo 
dei Cistercensi in Irlanda, i monaci non fossero piu cono^ 
sciuti nell'isoia che per il ricordo delle fondazioni del passato. 



285. 



(i) V.: GOUGAUD, op. cti., p. 348-353; CABROL, op. cit., p. 215- 
U. 



100 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

Si produsse un profondo rilassamento della fede e della 
moralita, come del resto avvenne anche in Inghilterra (i). In 
seguito alia presa d'Armagh da parte di Thorgest, il culto 
di Thor fu stabilito nella citta santa. L'intero paese ripiombo 
in uno stato non molto diverso da quello che vi regnava 
prima dell'arrivo di Patrizio. La parola barbaro riviene 
a ogni passo sotto la penna di S. Bernardo per qualificare il 
popolo di cui S. Malachia ebbe a riformare i costumi. Le 
lettere scritte da Lanfranco (1070-1093) e da S. Anselmo 
(1093-1114) sono al riguardo important! e attestano uno 
spiccato abbassamento del livello spirituale e morale in Ir- 
landa. 

La gerarchia ecclesiastica era stata sempre costituita pre- 
cariamente nella Chiesa d'Irlanda: ora i vescovi continuano 
ad aumentarsi senza ragione, con consacrazioni episcopal! 
fatte da un solo altro vescovo. La mancanza di organizza- 
zione diocesana e metropolitana, che prima non aveva avuto 
conseguenze gravi grazie allo zelo e all'elevato spirito del 
clero, aveva portato* nella perturbazione e nella demoraliz- 
zazione gecierale, all'anarchia completa. La -dove la liturgia 
non era del tutto abbandonata, la libera fantasia e lo spirito 
d'indipendenza dettavano legge. 

Gli annali d'Irlanda ci forniscono pochi lumi sulla storia 
teligiosa degli Scandinavi. Circa il 925^ Sitric, re di Dublino, 
si convert! al cattolicismo, durante un soggiorno che fece in 
Inghilterra ma in seguito apostatb. Olaf, suo successore t mo- 
ri pagano nel 942. La conversione di Olaf Cuaran, figlio di 
Sitric, determine) nella seconda meta del .X secolo, quella 

(i) V.: CABROL, op* rit., p. 238*9. 



101 



DALLA CONQUISTA DANESE ALLA CONQUISTA DEGLI ANGLO'NORMANNI 

di buon numero dei suoi sudditi. I matrimoni misti fra in- 
digeni e invasori, che sembrano essere stati frequenti in Ir- 
landa, poterono contribuire ad accelerare la penetrazione 
della religione cristiana fra i fedeli di Thor; ma furono an- 
che, come sempre awiene, pregiudiziievoli in molti casi alle 
convinzioni della parte cristiana. 

3. Verso il 1035 la colonia danese di Dublino con* 
tava abbastanza fedeli per possedere im proprio vescovo. 
Qu/ella di Waterford fece nei 1096 dei passi presso S. Ansel* 
mo per ottenerne uno, e le fu accordato. a Canterbury e 
non ad Armagh che si rivolsero le cristianita danesi. la 
che. i primi cinque vescovi di Dublino ricevettero la consa- 
crazione. attraverso queste cristianita che rinfluenza ro- 
mana penetrera in gran parte dell'Irlanda. Gillelberto, vesco^ 
vo della colonia danese di Limerick, forse d'origine danese 
egli stesso, sara il primo Legato della Santa Sede nell'isola. 

Roma non aveva mai cessato d'essere considerata come la 
capitale del mondo cristiano, e il pontefice, per quanto mi- 
steriosamente lontano, era sempre considerato come il capo 
supremo della gerarchia ecclesiastica. Ma la gerarchia locale 
restava confusa, e senza forza nei 'gradi superiori. Questi 
d'altra parte ricevevano molto raramente un'opinione diretta 
da Roma. In confronto della Chiesa anglo^sassone, cosi stret^ 
tamente e filialmente iinita alia Santa Sede, cosi completa* 
mente da essa animata e formata, quella d'Irlanda poteva 
quasi sembrare indipendente ed autonoma. S'imponevano 
serie riforme per sopprimere incertezze, abusi, negligenze 
innumerevoli nella vita religiosa, nella liturgia, nei costumi. 

La spinta venne da Canterbury. Riteniendo da un lato che 
Gregorio Magno, dando I'autorita primaziale a S. Agostino 



102 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

sui Bretoni , avesse incluso sotto tale denominazione an- 
che gli Irlandesi, e considerando d'altro lato il carattere mal 
definite e mal dimostrato della primazia d* Armagh, gli Ar- 
civescovi di Canterbury non esitarono a rivendicare i diritti 
spiritual! suU'Irlanda, come sulk Scozia e sulle isole adia- 
centi. Abbiamo visto che Lanfranco fece entrare alle dipen- 
denze di Canterbury le recenti cristianita danesi. Eadmer, 
Tistoriografo di S. Anselmo, connette positivamente la dio- 
cesi di Waterford (il cui vescovo era stato consacrato da An- 
selmo) con la provijicia di Canterbury. Ci mostra Gille" 
berto di Limerick che assiste,, in qualita di suffraganeo di 
Canterbury, alia .consacrazione di Bernardo, vescovo di S. 
David's, il 19 settembre 1115. S. Anselmo, come il suo pre- 
decessore, scrive difatti ai vescovi deirirlanda come a dei 
su/Eraganei, non solo a quellivdei regni danesi, ma anche agli 
altri, segnalando loro gli abusi da correggere e le riforme da 
promuovere nelle loro diocesi. 

Fu Gilleberto di Limerick che prese Tiniziativa della ri* 
forma in Irlanda. Scrisse un trattato De statu ecclesiae, im- 
portante riassunto della dottrina cristiana e del diritto eccle- 
siastico, che dedico a tutti i vescovi e sacerdoti d'Irlanda, 
molti dei quali .avevaao .-r ; egli dice vivamente reclamato 
un : la voro simile. . 

Lo zelo di Gilleberto attiro su di lui Tattenzione di Roma, 
ed egli fu nominato Legato della Santa Sede in Irlanda. 
Nessuno prima di lui aveva ricoperto tale funzione in quel 
paese. nella sua qualita di Legato ch'egli u chiamato a 
presiedere rimportante concilio che si riuni verso il r-u.8. a 
Rathlbreasail, e che delimitb le circoscrizioni diocesane, met-* 
tendo dodici sedi vescovili sotto la giurisdizione del metro- 

103 , 



DALLA CONQUISTA DANESE ALLA CONQUISTA DEGLI ANGLO-NORMANNI 

politano di Armagh, e le dodici sedi piu meridionali sotto 
quella deirarcivescovo di Cashel. Armagh conservava il suo 
primato onorario su tutta la Chiesa d'Irlanda, e Dublino ri- 
maneva alle dipendenze della provincia di Canterbury (i). 

4. Gilleberto nel suo De statu ecclesiae aveva fatto 
menzione del pallio, per quanto tale sacro arredo fosse, e 
rimanesse ancora a lungo, sconosciuto in Irlanda. Fu S. Ma* 
lachia che nel 1139 prese 1'iniziativa dei passi per farlo con- 
cedere ai metropolitani insulari. Grazie a S. Bernardo, suo 
biografo e amico, nessuna figura di queU'epoca c'e meglio 
conosciuta della figura di Malachia. 

Egli nacque ad Armagh, nel 1094 o 1095, di famiglia di* 
stinta. Un recluso ch'ivi viveva, chiamato Imar, lo formb 
alia pieta e 1'orientb verso la vita ecclesiastica. A venticin* 
que anni fu ordinato sacerdote da Celso, arcivescovo d* Ar- 
magh. A trentun'anni fu chiamato, malgrado le sue vive 
resistenze, alia cattedra episcopale di Connor. Grandi erano 
la barbaric, Tignoranza, la depravazione del suo gregge. Con 
estremo zelo cercb di riformare i costumi, di restaurare la 
liturgia, il canto, la disciplina ecclesiastica. Ma essendo scop* 
piata nell'Ulster una rivoluzione, il vescovo fu costretto ad 
abbandonare la sua Chiesa ed a fuggire verso il sud. Allora 
fondb il monastero di Ibrach (Kerry). Qualche anno prima 
aveva gia trovato modo di restaurare 1'antico monastero di 
Bangor. Malachia era potentemente attirato dalla vita asce* 
tica e dalla disciplina cenobitica. 

Essendo f rattan to morto 1'arcivescovo Celso (1129), la 
cattedra d' Armagh cadde nelle mani d'intrusi. Si cercava un 

(i) GOUGAUD, op. cit., p. 356*361. 

104 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

liberatore: tutti gli sguardi si rivolsero verso Malachia, che 
Celso morente aveva del resto designate per sup successore. 
Il conquistare tale cattedra era difficile impresa, in cui si ri- 
schiava anche la vita. Ci vollero parecchi anni di lotte per 
cacciarne gli illegittimi possessor!. Una volta padrone della 
situazione, e dopo aver ristabilito Tordine nella metropoli e 
occupato per tre anni quel posto eminente, Malachia rasse- 
gno le dimissioni (1137). Si ritiro nella sua vecchia diocesi 
di Connor, che divise in due circoscrizioni, conformemeaite 
all'antico stato di cose e alle decisioni di Rathbreasail, la- 
sciando la piu importante al titolare in carica della cattedra, e 
riserbandosi la minore, cpn residenza nella borgata di Down. 

Anziche restare ozioso in questo ritiro, Malachia prese in 
pugno, piu risolutamente che mai, gli interessi generali del- 
la chiesa d'Irlanda. Due punti lo preoccupavano specialmen- 
te: il primo era di veder confermata dalla Santa Sede Tere- 
zione di Cashel a cattedra metropolitana : il secotido di otte- 
nere il pallio tanto per il suo successore come arcivescovo di 
Armagh, quanto per il nuovo arcivescovo del sud, ove la 
Santa Sede consentisse a riconoscerlo. Per sostenere queste 
due richieste, Malachia nel 1139 si reco a Roma. 

Nell'andata si fermo a Clairvaux (Chiaravalle). La fede 
vivissima, la grande bonta, il disinteresse, la semplicita del 
santo pastore, conquistarono immediatamente il cuore di S. 
Bernardo, che piu tardi scriveva commosso : Mi e stato 
dunque concesso di veder quest'uomo. Ho goduto della sua 
vista e della sua parola, e, peccatore come sono, ho trovato 
grazia ai suoi occhi. I nostri fratelli e lui, si sono reciproca- 
mente edificati: egli ci ha dato un posto nell'mtimo del suo 
cuore . 

105 



DALLA CONQUISTA DANESE ALLA CONQUISTA DEGLI ANGLO-NORMANNI 

Malachia fu parimenti accolto con grande benevolenza da 
papa Innocenzo II. La conferma della metropoli di Cashel 
fu accordata senza difficolta. Quanto alia questions dei pallii, 
il papa domando che la cosa fosse prima esaminata accura- 
tamente in un concilio nazionale : se tutto il clero d'Irlanda 
fosse d'accordo nel sollecitare questo favore, esso sarebbe 
concesso. Per dare a Malachia un pegno manifesto della sua 
benevolenza, Innocenzo gli confer!, prima di congedarlo, la 
Legazione d'Irlanda, funzione che Gilleberto, divenuto vec- 
chio, si sentiva ormai incapace^di coprire con frutto. 

II concilio domandato dal papa si pote tenere soltanto nel 
1148 a Inispatrick, e decise che il Legato tornasse a Roma 
per ricordare a Eugenio III gli impegni presi da Innocenzo 
II circa i pallii. 

In qualita di Legato Malachia si rimise in viaggio. Come 
la prima volta voile passare per Clairvaux. Vi arrive il 13 o 
14 ottobre 1148. Contava riposarsi soltanto qualche giomo 
e poi continuare il viaggio, ma il 18 s^mmalo e il 2 novem- 
bre spiro fra le braccia di S. Bernardo (i). 

5. Amico dei monaci, antico abate esso stesso, il pre- 
lato irlandese era stato cosi edificato della vita dei monaci 
cistercensi e dalla santita del loro abate, che, dopo la sua 
prima visita, aveva mandate presso di loro alcuni novizi ir- 
landesi per f ormarvisi alia disciplina monastica, con 1'idea 
di creare poi fondazioni cistercensi anche in Irlanda. Nel 
1142 S. Bernardo fu in grado di rimandarne nell'isola un 
primo sciame, che si stabili a Mellifont, nella diocesi d'Ar- 

(i) GOUGAUD, op. tit., p. 361*364; v. anche: D. GALLERY, S. J., 
St. Bernard and Ireland, Australasian Cath. Record, luglio 1904, 
p. 368. 

106 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

magh. Questa prima fondazione fu feconda. Nel 1152 con* 
tava gia cinque figlie: Beatitude (Bective), Buellium (Boyle), 
Magium (Monasternenagh), Vallis Salutis (Baltinglas) e Be* 
nedictio Dei (Shrule), e anche una nipote, Inislounagh, nata 
da Monasternenagh. 

Fino all'arrivo dei Gistercensi, i monaci d'Irlanda avevano 
tnolto probabilmente conservato Puso delle loro regole indi* 
gene. La regola di S. Benedetto, senza dubbio era letteraria* 
mente conosciuta ii Irlanda gia nei secoli VII e VIII, ma 
nessun documento permette d'affermare ch'abbia dettato 
legge in un monastero dell'isola prima dell*arrivo dei Cister* 
censi. 

Si puo ritenere che subito dopo la morte del suo amico 
Malachia S. Bernardo s'occupasse di far pervenire a Roma 
i voti della Chiesa d'Irlanda. II papa regnante, Eugenio III, 
era infatti un discepolo dell'abate di Chiaravalle. In ogni ca* 
so nel 1151 il cardinal Giovanni Paparo arrivava, in qualita 
di Legato a latere, per regolare le questioni ecclesiastiche 
pendenti. 

Nel marzo 1152 un concilio composto di 22 vescovi e 300 
altri ecclesiastici si riuni a Kells, sotto la presidenza del Le- 
gato. Opero un rimaneggiamento profondo nella costituzione 
della Chiesa insulare. Molte diocesi minuscole ifurono sop* 
presse : un arciprete vi prese il posto del vescovo. Ne furono 
conservate 38 che furono divise in 4 provincie metropoli* 
tane: Armagh nell'Ulster, Dublino nel Leinster, Cashel nel 
Munster, e Tuam nel Connaught. 

Infine il cardinale conferi il pallio da parte del Sovrano 
Pontefice, non solo agli arcivescovi di Armagh e di Cashel, 



107 



DALLA CONQUISTA DANESE ALLA CONQUISTA DEGLI ANGLO'NORMANNI 

come aveva chiesto il concilio di Inispatrick, ma anche ai 
due nuovi metropolitan!. 

Altri punti riguardanti la disciplina, la liturgia e la pratica 
dei Sacramenti, da migliorare secondo i voti di Lanfranco e 
di S. Anselmo, furono regolati a Cashel nel 1172. Con cio 
si puo considerate essenzialmente compiuta la riforma della 
Chiesa Irlandese (i). 

6. Poco dopo il concilio di Kells, da cui la Chiesa 
d'Irlanda era uscita rinnovata e rinforzata, si produsse 1'av- 
venimento politico piu importante della storia dell'isola, le 
cui conseguenze, in una certa misura, durano ancora: la sua 
conquista da parte degli Anglo'Normanni (i 169^1 171). sotto 
Enrico II Plantageneto (1154' 1189). Con tale conquista le 
sorti deirirlanda vennero a dipendere per otto secoli dal^ 
Tlnghilterra. 

Si vuole che il papa inglese Adriano IV (1154-1159) aves- 
se fin dal 1155 autorizzato Enrico, con la famosa bolla LdU" 
dabiliter, a intraprendere questa conquista, e che il suo sue- 
cessore Alessandro III (1159-1181) confermasse, con altra 
bolla del 1172, la conquista awenuta. 

Molto e stato discusso suirautenticita di questi document!. 
II papa si dice nella prima bolla avendo conosciuto il 
santo desideria del re di penetrare in Wanda ad subdendum 
ilium populum legibus, et vitiorum plantaria inde extirpanda, 
concede il suo permesso pro dilatandis Ecclesiae terminis, pro 
vitiorum extinguendo decursu, pro corrigendis moribus et 
virtutibus inserendis, e conclude esortando Enrico ad adope-" 
rarsi per gentem illam bonis moribus informare. II secondo 

(i) GOUGAUD, op. tit., p. 364-368. 

108 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO 

documento, attribuito ad Alessandro, confenna concessionem 
eiusdem (Adriani) super Hibernici regni dominio vobis (Hen* 
rico) indulto, nella speranza che eliminatis terrae illius spur* 
citiis, barbara natio quae Christiana censetur nomine, vestra 
indulgentia marum induat venustatem, et.,. gens ea per vos 
Christianae professionis nomen cum effectu de cetera conse- 
quatur. 

Mons. HAGAN (i) ritiene che lo stesso contenuto di queste 
bolle non deponga in favore della loro autenticita. Come 
gratificare egli scrive di accuse .cosi grossolane un pae- 
se che 'per tutto 1'alto medio-evo ha dato all'Europa conti* 
nentale una vera dinastia di santi e di pensatori, da S. Co 
lombano a Scoto Erigena? Come affidare una missdone di 
propaganda religiosa ai carnefici di Tommaso Becket? (2). 
II GOUGAUD (3) ritiene invece che gli argomenti dei partigiani 
dell'autenticita siano preponderant!. Egli aggiunge che si e 
molto esagerata la portata e il significato di dette bolle, delle 
quali i contemporanei parlarono pochissimo perche non die* 
dero loro grainde importanza. R. DUNLOP (4), e M. HAYDEN- 
G. A. MOONAN (5) riconoscono pure come prevalenti gli ar* 
gomenti a favore delPautenticita. 



(1) Insula Sanctorum, p. n ss. 

(2) Tommaso Becket era stato da Enrico II prima creato primate 
di Canterbury, e poi fatto uccidere a tradimento, a pie dell' alt are, 
nel 1170. 

(3) Op. di., p. 367, ove cita KATE NORGATE, The Bull Laudabili' 
ter, in: English Historical Review , VIII, 1893, 18*52, e H. 
THURSTON, The English Pope and his Irish Bull, in The Month , 
aprile e maggio 1906. 

(4) Ireland from the earliest times to the present day, Oxford Uni- 
versity Press, 1922, p. 27 e 32. 

(5)A short history of the Irish People, Longmans Green and Co., 
1927, p. 116. 



109 



DALLA CONQUISTA DANESE ALLA CONQUISTA DEGL1 ANGLO'NORMANNl 

Sta di fatto che in questo periodo dilago contro 1'Irlanda 
uoa spietata campagna denigratoria che cerco di cancellare 
ogni traccia del suo glorioso passato come se non fosse mai 
esistito. I suoi promotori furono gli Anglo-Sassoni, i quali, 
come e noto, malgrado un periodo iniziale d'antagonismo coi 
Normanni, mantennero gagliardamente la loro posizione in 
Inghilterra, e conquistarono gradualmente i propri conqui- 
statori, com'e provato, fra Taltro, dalla struttura prevalente- 
mente anglo-sassone dell'attuale lingua inglese. 

La sorda ostilita degli Anglo-Sassoni contro gli Scoti, a 
cui pur tanto dovevano, era d'antica data. 

Anche dopo la loro grande sottomissione sul terreno di- 
sciplinare dice il GOUGAUD (i) gli Scoti s'erano visti 
perseguitati, fin oltre il IX secolo, da un vago sospetto, se 
non d'eterodossia formale, almeno di temerita e di disinvol- 
tura nelle opinioni e nei metodi, sospetto prodotto dalla loro 
grande liberta di procedere e dalla loro franchezza 3i parola. 
Furono sopratutto i loro yicini Anglo-Sassoni che li scredi- 
tarono: per principio, per differenza di temperamento, e 
probabilmente anche per gelosia... II carattere spontaneo e 
ardente degli Irlandesi scandalizzava gli Anglo-Sassoni di 
sangue freddo, imbevuti di spirito romano, sempre in ascolto 
per cogliere le minime direttive pontificie, Se, come e lecito 
credere, la Santa Sede assunse informazioni sulla vita delle 
cristianita celtiche attraverso gli uomini di chiesa inglesi, oc- 
cupati a far continuamente la spola fra il loro paese e Roma, 
si spiegano facilmente le prevenzioni dimostrate da piu d'un 
documento romano . 

(i) Op. tit., p. 378 ss. 



no 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

Quando gli Anglo-Normanni, dopo la conquista dell'Irv 
landa, sentirono il bisogno d'accreditare in qualche modo le 
malignita propalate contro Tlsola verde, trovarono Tuomo 
in Giraldo Cambrense. Egli era un monaco del Galles sbar* 
cato in Irlanda coi primi invasori Anglo-Normanni : suo zio, 
David Fitzgerald, vescovo di St. David's, era stato uno dei 
piu attivi organizzatori della spedizione inglese. Fra il 1185 
e il 1190 Giraldo scrisse con stile agile e vivace due opere 
piene di velenose calunnie ch'elbbero im'immensa fortuna e 
che si ripercossero sinistramente sulla fama dell'Irlanda : la 
Topographia e VExpugnatio (i). Ecco come egli descrive gli 
Irlandesi : Gens hctec est gens inhospita, gens ex bestiis so- 
lum, ei bestialiter vivens, gens agriculturae labores aspernens. 
Gens hftec est gens spurcissima, gens vitiis involutissima, 
gens omnium gentium in fidei rudimentis incultissima,... Gens 
adultera, gens incesta, gens illegitime nata et copulata, gens 
exlex... Gens haec est inconstans, varia, versipellis et versuta, 
sola in instabilitate stabilis, sola in infidelitate fidelis. Et po* 
tius timenda eorum ars quam mars, pax quam fax, mel quam 
jel, malitia quam militia f proditio quam expeditio, amicitia 
quam inimicitia. 

Egli forni il tipo, diede il tono, divenne il modello dei 
posteriori scrittori inglesi sull'Irlanda , che, come lo Stany- 
hurst, il Campion, il Morrison, lo Spencer, riferirono indegne 
invenzioni, generalizzarono e ingigantirono i vizi degli strati 
sociali piii bassi, e sopratutto tralasciarono sistematicamente 
tutto quello che poteva essere detto con giustizia ad onore 
di coloro che lo meritavano: S. Bernardo s'era ben guardato 

(i) V.: HAGAN, op. cit., p. 12. 



in 



fiALLA CONQUISTA DANESE ALLA CONQUlSTA DEGL1 ANGLO-NORMANNI 

da cio : aveva colpito dove c'era da colpire, ma aveva esal- 
tato dove c'era da esaltare (i). 

Vogliamo far qui una breve parentesi circa I'origine dei 
Fitzgeralds che alcuni hanno derivato dall'Italia. 

Nella nuova edizione del WADDING (2) si riporta un inte- 
ressante brano d'un manoscritto d* Antonio de Terrinca, O. 
F. M, conservato nel convento d'Ognissanti a Firenze, se* 
condo il quale due frati francescani fiorentini si sarebbero di* 
retti verso 1'Irlanda nel 1230, cum quibusdam nobilibus de 
Gerardis e patria (Firenze) rebelUs (sic). Questi nobili erano 
Maurizio e i suoi fratelli Gherardo e Tommaso, i quali, ar* 
rivati in Inghilterra, sarebbero stati benignamente accolti da 
Enrico II e sardbbero entrati a far parte delle sue milizie. 
Maurizio indi sarebbe stato mandato a sottomettere 1'Irlan* 
da: conquistatala, avrebbe avuto in dono dal re vastissimi 
possedimenti trasmissilbili in perpetuo per via ereditaria, e 
sarebbe stato nominato conte di Kildare. Da questo Maurizio 
de Gerardis avrebbe avuto origine, secondo il De Terrinca, 
la nobile famiglia irlandese dei Geraldines (chiamati >poi an- 
che FitZ'Gerald); egli sarebbe stato il primo ad accogliere i 
Minori in Irlanda e a costruir loro dei conventi. In fine egli 
stesso, abbandonando il mondo e le ricchezze, sarebbe en* 
trato neirOrdine e sarebbe morto santamente nel convento 
di Youghal nel 1257 (3). 

Che gli Ordini Mendicanti al loro arrivo in Irlanda siano 
stati favoriti dagli Anglo'Normanni, che cercavano di acca^ 

(1) V.: HAGAN, op. di., p. 11*28. 

(2) Anndles Minorum, Quaracchi, 193 1, II t p. 734. 

(3) Cfr.: FlTZMAURiCE'LlTTLE, Materials for the history of the 
Franciscan Province of Ireland (1230*1450), Manchester, The Uni- 
versity Press, 1920, p. 27, 



112 



IL taOVlMENtO RELlGlOSO IfcLANDESg 

parrarseli, e esatto (i); ma qui il De Terrinca raccoglie voci 
inesatte e confonde awenimenti . accaduti a molta distanza 
di tempo ra loro. La prima invasione normanna in Irlanda, 
con Tintervento di un Maurizio FitZ'Gerald appresso a un 
Roberto Fitz-Stephen, risale al 1170, mentre 1'assegnazione 
della contea (earldom) di Kildare ai Fitz-Geralds risale sol- 
tanto al 1318 (2). vero che anche in qualche libro ingle^ 
se (3) si trova un accenno alia probabile origine fiorentina 
del Fitz*Geralds, ma cio non ha fondamento storico. II conte 
Akssandro Pecori Giraldi, di Firenze, gentilmente mi comuk 
nica non risultare dai libri di famiglia che i Fitz-Gerald it' 
lanHesi ne certi Geraldy francesi (che pur si dicono oriundi 
italiani) abbiano a che fare coi Giraldi. Nel seicento un ramo 
dei Giraldi passo in PortogaUo, e uno di essi divenne Vicere 
del Brasile. Il ramo rimasto a Firenze si estinse nella seconda 
tneta del settecento, patrimonio e nome passando ai Pecori. 

Il famoso gruppo di famiglie (Fitz^Gerald, FitZ'Stephen, 
FitZ'Henry, De Barry e altre) conosciuto nella storia .irlan^ 
dese col nome di Geraldines, e d'origine cambro-normanna. 
II Maurizio Fitz-Gerald della spedizione del 1170, fratello 
del vescovo di St. David's prima nominato, e Roberto Fitz^ 
Stephen, erano di sangue misto gallese e normanno, e preci' 
samente figli t da padri normanni diversi, della principessa 
gallese Nesta, le cui molteplici awenture sono rimaste fa^ 
mose nella cronaca di quelTepoca (4). 

locoraggiati dalPesempio inglese, gli Scozzesi presero in 

(1) V. anche: HAYDEN-MooNAN, op. tit., p f 147. 

(2) Ib., p. in e 161. 

(3) Ad es. : Leading events in the history of the Church, by the 
Sisters of Notre Dame, Washburn, Londra, 1910, IV, 226. 

(4) V. : HAYDEN-MOONAN, p. 109, e DUNLOP, p. 28-29. 

113 

8 



DALLA CONQUISTA DANfisE ALtA CdNQUlSTA DEGL1 ANGLO'tfORMANNt 

questo tempo ad approfittare del loro nome per confondere 
e alterare la realta storica, per appropriarsi le antiche glorie 
degli Scotti d'Irlanda facendoli passare per Scozzesi, e per 
appropriarsi anche com'e stato gia detto le loro fon- 
dazioni continentali. 

Sotto il peso del grave giogo Anglo-Normanno, la povera 
isola, gia prima tanto provata dalle invasion! danesi, entrava 
in un periodo di avvilimento senza pari. Ma proprio in que* 
sti ultimi secoli del Medio Evo, mentre cessava la Bella fio- 
ritura religiosa e dottrinale dei Celti, questi presero e tennero 
TEuropa sotto un f ascino d'altro genere : sotto il f ascino del' 
le arpe dei loro bardi. Alle meravigliose fonti poetiche e let' 
terarie della piccola razza politicamente stratigolata, vennero 
a gara ad abbeverarsi le imaginazioni di tutti i popoli: le 
fmzioni dei Celti, piene di sogno, di mistero, di malinconia, 
di passione, furono un fecondo lievito per tutte le nascenti 
letterature continentali. questo un altro grande servizio 
reso 4 a i Celti al mondo. 

Nel prossimo capitolo, tratteremo brevemente di tale ar* 
gomento, con speciale riguardo all'Italia. 



114 



CAPITOLO QUINTO 

L'INFLUENZA DELLE LEGGENDE CELTICHE 
SULLA POESIA MGDIOEVALE EUROPEA 

i. Una delle corde caratteristiche vibranti nella let* 
teratura celtica e lo spirito d'avventura, quel bisogno di ccav 
rer dietro all'ignoto che si ritrova nelle ardite crociere atlan* 
tiche di S. Brandano, nelle imprese di mistica cavalleria di 
Peredur, nelle terrificanti peregrinazioni sotterranee di Owen. 

Altro lato peculiare della stessa letteratura e il senso di 
mistero ch'ha portato nell'aniore, e la grande delicatezza con 
cui ha considerato la donna, idealizzandola, sollevandola in 
certo senso al disopra delTuomo. La visione classica della 
donna nan era certo questa: e basta paragonare Ginevra e 
Isotta con le furie scandinaye di Gudruna e di Crimilde, per 
vedere come non fosse neppure quella germanica. 

Nei poemi carolingi la donna e senza carattere e senza in- 
dividualita: Tamore e brutale come nei romanzi di Ferabras 
o appena indicato come nella Chanson de Roland. Invece 
presso i Celti la donna diviene un ideale di dolcezza e di 
belta che guida tutta la vita d'un eroe: la felicita di lui sta 
tutta nei servirla e nei meritare la sua stima : egli non trova 
impiego piu beilo della sua forza che nei salvare la debilita 
se minacciata e nei vendicarla se offesa. 

115 



I/INFLUENZA DELLE LEGGENDE CELTlCHE, ECC. 

Quest'ultima concezione e in fondo un aspetto particolare 
d'una qualita piu generate dell'anima celtica, cioe d'una viva 
simpatia per tutti gli esseri deboli, d'un'ardente pieta per 
tutti gli esseri sventurati. Vediamo i Celti cercare una possi- 
bilita di redenzione anche per il male piu irrimediabile : S. 
Cadoc si tormenta per la sorte dell'anima di Virgilio, S. Bran- 
dano vede sopra una roccia in mezzo ai mari polari Giuda il 
Traditore, al quale ogni settimana e concesso un giorno di 
refrigerio dalle fiamme dell'mferno. Una coperta ch'aveva 
dato una volta in elemosina ad un lebbroso, tempera li le 
sue sofferenze (i). Chi conosce gli Irlandesi sa come anch'og* 
gi, fra una lacrima ed un sorriso, posseggano una straordi* 
naria facilita alia compassione e al perdono. E forse la fami* 
glia celtica e fra le famiglie umane che hanno piu sentito il 
fascino del farsi pusilli, dello scomparire dal mondo, del cer^ 
care Dio nella penitenza, lontano dagli occhi dei parenti e 
degli amici. 

Pagine in cui giustamente il GOUGAUD (2) riconosce 
un'arte squisita , la magia d'un maestro della penna , 
ha scritto al riguardo il RENAN (3). Dal punto di vista reli* 
gioso esse risentono purtroppo dei suoi errori razionalistici, 
e da quello storico risentono d'un fervore d'ammirazione 
troppo ardente (egli era armoricano), che gli fa vedere solo 
luce la dove un sereno spirito critico vedrebbe anche omlbre. 
Egli arriva ad es. ad attribuire all' invincibile bisogno d'il- 

(1) V.: D. BERGAMASCHI, Giuda Iscariota nella. leggenda, nella 
tradiftone e nella Bibbia, in: Scuola cattolica , 1909, vol. XV, 
p. 299 s. 

(2) Les chr. celt., p. 26-27. 

(3) La poesie des races celtiques, in Essais de morale et de criti- 
que, loeme ed., Paris, Caiman-Levy, 1929. 

116 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

\ 

lusione anche il difetto non raro fra i popoli celtici, della 
tendenza all'ubbriachezza (i). 

2. L'imaginazione celtica ha agito sull'imaginazione 
medioevale delFEuropa attraverso le leggende del ciclo d'Ar- 
tu e attraverso un gruppo di speciali leggende religiose* 

Pochi eroi devono meno di Artii alia realta. Ne Gilda, ne 
Aneurino, suoi contemporanei, ne parlano. Beda non cono- 
sce neppure il suo nome; Taliesin e Liwarc'h-Hen non lo 
presentano che in seconda linea. In Nennio, autore della 
Historia Brittonum, che sembra sia vissuto nel sec. VIII o 
IX, la leggenda al contrario e ,pienamente sbocciata. Arturo 
e gia lo sterminatore dei Sassoni; non ha mai subito disfatte; 
e il sovrano d'un esercito di re. Infine in Goffredo di Mon^ 
mouth (circa il 1147) ^ a creazione epica e compiuta (2). cosi 
poco credibile che un piccolo re del VI secolo, non ricordato 
dai contemporanei, abbia preso presso i posteri proporzioni 
cosi colossali, che molti critici hanno supposto che 1* Arturo 
della leggenda e I'oscuro re di questo nome (se pure ha esi' 
stito) non ablbiano niente in comune fra loro, che il figlio di 
Uther Pendragon sia un eroe completamente ideale (3). L* Ar- 
turo della leggenda ha caratteri di universalita : e il capo di 
un ordine ugualitario dove tutti si assidono alia stessa mensa 
(la Tavola Rotonda) e dove Tuomo non vale che per la sua 
bravura e per le sue intrinseche qualita. La corte ideale pre- 
sieduta da Ginevra, dove si riunisce il fiore degli eroi attorno 
al sovrano, dove le donne, caste quanto belle, amano secon- 

(1) Op. dt., p. 386. 

(2) V. : H. OSKAR SOMMER, The Vulgate version of the Arthurian 
romances, edited from Manuscripts in the British Museum, 7 voll., 
Washington, Carnegie Institution, 1909-1913. 

(3) V.: E. K. CHAMBERS, Arthur of Britain, Londra, 1927. 



L'INFLUENZA DELLE LEGGENDE CELTICHE, ECC. 

do le leggi della cavalleria, dove il tempo si passa ascoltando 
racconti e imparando la cortesia, ha incantato il mondo. At- 
torno alia Tavola Rotonda il Medio Evo ha raggruppato tutte 
le sue idee di eroismo, di belta, di pudore e d'amore. Se si 
paragona la letteratura europea anteriore all'introduzione dei 
romanzi celtici sul continente, con cio ch'essa divenne quan- 
do i trovatori si misero ad attingere a quelle sorgenti, si ri- 
conosce senza fatica che un elemento nuovo e entrato con 
tali racconti nella concezione poetica dei popoli cristiani e 
Tha profondamente modificata. II poema carolingio, per la 
sua tessitura e pei mezzi che mette in opera, non esce dai 
dati classici. In Rolando non sp'untano ancora gli elementi 
romantici per ecoellenza, Tamore della natura, la vita nella 
foresta, Tardore deirimaginazione che corre senza posa dietro 
airignoto, Tavventura misteriosa. Perceval e Tristano, al con- 
trario, appartengono a un altro mondo, che un abisso separa 
da quello in cui s*agitano gli eroi dell'antichita. sopratutto 
idealizzando la donna e presentando I'amore come mistero e 
come volontaria servitu, che i Celti produssero la grande 
metamorfosi della poesia medioevale. Si noti che lo zelo del 
cavaliere nel difendere 1'onore della donna e divenuto un 
eufemismo malizioso solo presso gli imitatori francesi, che 
trasformarono il pudore originale dei romanzi bretoni in uina 
galanteria scandalosa, la quale grava ancora sulla reputazione 
del romanzo. Quasi tutti i tipi di donna che il Medio Evo 
ha conosciuto, Ginevra, Enide, Isotta rirlandese, vengono 
dalla corte d'Artu* Certamente la cavalleria deriva da una 
tendenza deirimaginazione che s'impadroni di quasi tutti i 
popoli delPEuropa nel XII secolo, ed e un fenomeno troppo 
complesso perche gli si possa assegnare una sola origine, ma 

118- 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

certo trovo la sua prima espressione letteraria presso i popoli 
celtici: e 1'idea di considerate la stima d'una donna come 
guida dell'attivita del cavaliere, e di erigere 1'amore a prin- 
c jpio di moralita, non ha certamente niente d'antico <ne di 
germanico (i). Fra i Romani e i Teutoni vi e storicamente 
e moralmente, una lacuna che (come dice 1'Ozanam) fu riem- 
pita dalle razze celtiche, le quail mantennero la continuita 
della catena della civilizzazione cristiana, non solo col con- 
servare in vita 1'antica cultura romana fino a che la rigo- 
gliosa virilita teutonica fosse pronta a riceverla, ma aggiun- 
gendovi quegli elementi d'entusiassmo, di fantasia e d'affet- 
tuosita che erano necessari per addolcire la barbaric teuto- 
nica (2). 

II RAJNA (3) ha fatto vedere come il ciclo d'Artu, che da 
i romanzi d'avventure, e il ciclo carolingio, che da le chan- 
sons de geste, si siano fusi nel romanzo cavalleresco italia- 
no (4). Il GRAF (5) ha un saggio sulla strana leggenda di 
Artu nell'Etna, e un'appendice (II, 339) molto interessante e 
dettagliata su Accenni a personaggi e leggende bretoni nei 
poeti italiani delle origini . Egli ricorda pure (II, 255) come 
Dante chiamasse vaghissime (ambages pulcherrimae) le leg- 
gende del ciclo arturiano. 

3. Se i racconti del ciclo d'Artu sono prevalentemente 
bretoni e cimbrici, pur tenendo sempre un piede nell'Irlanda, 
le leggende religiose celtiche che piii hanno influito sulle 
imaginazioni medioevali sono essenzialmente irlandesi: le vi- 

(1) V.: RENAN, op. cit., p. 407'42o. 

(2) Card. MORAN, Ireland the Island of Saints , p. 475. 

(3) Le fonti dell' Orlando furioso, Firenze, Sansoni, 1876. 

(4) Ib., Introd., p. 21. 

(5) Mitt, leggende e supersti^ioni del M. E., II, 303. 

119 



L'INFLUENZA DELLE LEGGENDE CELTICHE, ECC. 

sioni di S. Fursy, le visioni di Tungdalo, la leggenda del 
Pozzo di S. Patrizio, e quella di S. Braindano il Navigatore. 

D'origine cimbrica e la leggenda del San Graal, il cui eroe 
Peredur diviene Perceval nei testi francesi e Parsifal in quelli 
tedeschi. Essa tutta s'aggira sulla ricerca, in mezzo a mille 
avventure, della coppa miracolosa in cui Giuseppe d'Arima' 
tea avfeblbe raccolto il sangue divino, e con la quale Peroe 
intende guarire il Re peccatore, suo zio. Nelle versioni tede- 
sche il Graal ha un tempio e dei sacerdoti: Parsifal diviene 
un eroe puramente mistico e raggiunge la dignita di re del 
Graal mediante la castita e il fervore della preghiera (i). 

Le quattro leggende irlandesi che abbiamo sopra nominate 
e che hanno avuto uoia particolare influenza sulla letteratura 
italiana, riguardano tutte il mondo d'oltretomba. fi stato os- 
servato gia dal Dr. WRIGHT (2) che Pidea del Purgatorio ha 
assunto letterariamente forma concreta e definita sopratutto 
presso i Bretoni e gli Irlandesi: quasi tutte le prime descri- 
zioni di esso sono di Irlandesi o di Anglo* Sassoni ch'hanno 
vissuto in Irlanda, S. Fursy, Tungdalo, il northumbro Drih' 
telmo. Non e difficile per noi di comprendere come Pani' 
ma irlandese, cosi pronta alia penitenza e al perdono, si sia 
compiaciuta a soffermarsi e a fantasticare attorno alle pene 
purificatrici d'oltre tomba, che le preghiere dei vivi possono 
abbreviare. Irlandese e Pidea dei viaggi nelPaltro mondo qua- 
le Paccetto il Medio Evo, e forse a cio non e estranea la 
predilezione dei primi santi irlandesi per Virgilio. Uno dei 



(1) V.: Mons. R. PASTE, Le origini, la liturgia e la filosofia del 
Parsifal, in: Scuola cattolica , 1914, vol. IV, p. 319-340? ALBERT 
PAUPHILET, Queste del saint Graal, 1921. 

(2) St. Patrick's Purgatory, London, 1844. 

120 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

tratti pei quali le razze celtiche colpirono di piu i Romani 
osserva il RENAN (i) fu la precisione e la sicurezza delle 
loro idee sulle vita futura, furono i prestiti e i contratti che 
i Celti firmavano in vista dell'altro mondo : gli antichi guar- 
davano con un certo terrore questa razza misteriosa che sem- 
brava possedere il senso delTavvenire e il segreto della mor- 
te. Tutta 1'antichita classica e piena della tradizione d'un'Iso- 
la delle ombre, situata all'estremita della Britannia, e d'un 
popolo dedicate al trasporto delle anime, che abita la pros- 
sima costa. La notte essi sentono i morti vagare attorno alle 
loro capanne e bussare alle loro porte: allora si alzatio: le 
loro barche si caricano di esseri invisibili: al ritorno esse 
sono piu leggere. Molti di questi tratti riprodotti con sin- 
golare precisione da Plutarco, Claudiano, Procopio, farebbero 
credere che la fama dei miti dell'Irlanda sia penetrata, verso 
il I o il II secolo, nelPantichita classica (2). Plutarco racconta 
per es. riguardo al Mare Cronio delle f avole identiche a quel- 
le che riempiono la leggenda di San Malo. Procopio, desert 
vendo 1'isola sacra di Brittia, divisa in due parti, una deli- 
ziosa, 1'altra in mano ad esseri maligni, e separate da un ma- 
re, sembra avere in precedenza letto la descrizione che fara 
Giraldo Cambrense, sette secoli dopo, del Purgatorio di S. 
Patrizio. Non si pub per lo meno dubitare, dopo le belle ri- 
cerche deH'OzANAM (3), del ViLLARi (4), del D'ANCONA (5), 



(1) Op. cit., p. 449*452. 

(2) V. al riguardo: F. G. WELCKER, Kleine Schriften, 2 a parte, 
p. 19 ss. t e LA VlLLEMARQUfi, Chants popul., I, 259 ss. e 345 ss. 

(3) Dante et la philosophic catholique au XIII siecle, 1845. 

(4) Antiche leggende e tradi&oni che illustrano la Divina Comme 
dia, Pisa, Nistri, 1865. 

(5) I precursor* di Dante, Firenze, 1874. 

121 



L'INFLUENZA DELLE LEGGENDE CELTICHE, ECC. 

che f ra i molti debiti che 1'Europa ha verso il genio dei Cel- 
ti sia da mettere la cornice poetica della Divina Commedia. 

Non ci fermeremo sulla visione dell'inferaio e del cielo che 
turbo S. Fursy, e dalla quale usci con la missione tutta dan- 
tesca di denunziare come cause principali della perdita delle 
anime la negligenza dei pastori e gli esempi dei cattivi prin* 
cipi (i): diremo invece qualche parola sulle tre leggende di 
S. Patrizio, di Tundalo, di S. Brandano, inquantoche di esse 
sono numerose le antiche redazioni italiane. 

4. La leggenda racconta che predicando S. Patrizio 
il purgatorio e Pinferno agli Irlandesi, questi una volta gli 
confessarono che sarebbero stati piu certi della reale esistenza 
di tali luoghi, s'egli avesse permesso ch*uno di loro discen' 
desse e poi tornasse a riferire quel che aveva visto. S. Patri- 
zio 1 acconsenti. Si scavo una fossa, dalla quale un Irlandese 
intraprese il viaggio sotterraneo. Altri vollero dopo di lui 
tentar rawentura. Si discendeva nella buca col permesso del' 
Talbate del monastero vicino, si attraversavano i tormenti del" 
Tinferno e del purgatorio, poi ciascuno raccontava le proprie 
esperienze. Alcuni non ne uscivano : quelli che uscivano, non 
ridevano piii e non potevano piu partecipare ad alcuna festa. 
Il cavalier Owen vi discese nel 1 1 53 e il benedettino inglese 
Enrico di Saltrey fece una relazione del suo viaggio, ch'ebbe 
un successo prodigioso. Altri dicevano che quando S. Patri" 
zio caccio i folletti dall'Irlanda, fu duramente tormentato in 
quel luogo per quaranta giorni da stormi innumerevoli d'uc- 
celli neri. Gli Irlandesi vi andavano.e subivano gli stessi.as" 
salti, che valevano loro come purgatorio. Secondo il racconto 

(i) V.: MABILLON, AA. 55. O. 5. B., II, 291/6 MONTALEMBERT, 
I Monad d'occidente, IV, 396. 

123 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

di Giraldo Cambrense, 1'isola che serviva di teatro a questa 
bizzarra tradizione, era divisa in due parti : 1'una apparte- 
neva ai monaci, Taltra era oocupata da cacodemoni che vi 
facevano proce'ssioni a modo loro, con un fracasso infernale. 
Qualche persona, per espiazione dei suoi peccati, s'esponeva 
volontariamente al furore di questi esseri malvagi. V'erano 
nove fosse dove si giaceva la notte e dove s'era tormentati 
in mille guise. Per discendervi, occorreva il permesso del 
vescovo. Questi doveva sconsigliare il penitente dal tentare 
1'avventura ed avvertirlo che molta gente che v'era entrata 
non ne era piu uscita. Se il fedele insisteva, si conduceva 
processionalmente alia buca. Vi si calava per mezzo d'una 
fune, con una pagnotta e una ciotola d'aequa, per sostenerlo 
nella battaglia che doveva dare al demonio. Al mattino se^ 
guente, il sagrestano calava di nuovo la fune al paziente. Se 
risaliva si riconduceva processionalmente alia chiesa. Se non 
si ritrovava piu, il sagrestano chiudeva la porta e se ne an^ 
dava. In tempi posteriori la visita airisola sacra durava nove 
giorni. Vi si andava in una barca scavata in un tronco d'ak 
bero: si beveva acqua del lago una volta al giorno: si face- 
vano processioni e stazioni nei letti o cellule dei santi. II no- 
no giorno, i penitenti entravano nel pozzo. Si preawertivano 
del pericolo che stavano per cprrere, e si raccontavano loro 
gli esempi del passato. Essi perdonavano ai loro nemici e 
scambiavano ra loro gli ultimi addii. II pozzo, secondo tali 
racconti, era una specie di forno, basso e stretto, in cui si 
entrava nove alia volta, e dove i penitenti passavano un 
giorno e una notte, stipati gli uni contro gli altri. La creden- 
za popolare scavo al di sotto un abisso per inghiottire gli 
indegni e gli increduli. Chi usciva dal pozzo andava a ba* 

123 



L'INFLUENZA DELLE LEGGENDE CELTICHE, ECC. 

gnarsi nel lago e aveva cos! compiuto il suo putgatorio (i). 

Alessandro VI nel 1497 diede ordine che la grotticella fos- 
se chiusa e cessasse Paffluenza dei pellegrini? ma Pordine del 
papa oion ebbe per il momento esecuzione. Abbiamo un'inte- 
ressante relazione d'una visita che vi fece nella prima meta 
del cinquecento un Italiano, il Legato pontificio alia Corte 
inglese, Mons. Chiericati (2). La grotta fu interrata nel 1780, 
f arse per gli inconvenient! a cui la sua ristrettezza dava 
luogo, e oggi non e nemmeno dato di vederne 1'entrata. 
Ma sono ancora numerosissimi, da principio di giugno a 
meta di agosto, i pellegrini a questa famosa isoletta del 
Lough Derg (Lago Rosso). Si distingua questo piccolo Lough 
Derg nel Donegal, cioe neirestremo Nord'ovest dell'Irlanda, 
dal piu vasto Lough Derg formato dal fiume Shannon, un 
poco a nord di Limerick. Al nostro piccolo lago rosso si 
giunge da Dublino in circa sei ore, scendendo alia stazione 
ferroviaria di Pettigoe, che dista sette chilometri dal san- 
tuario. I pellegrini passano ora tre giorni in digiuni, in pre- 
ghiere (anche notturne) e in altri esercizi di pieta, nella 
chiesa (3). 

La leggenda del pozzo e del cavaliere ebbe grande dirfu- 
sione in Italia, come negli altri paesi d'Europa, e i predicatori 
vi hanno fatto spesso ricorso. L'ARIOSTO rammenta (Orl. 
Fur., X, str. 92): 



(1) V.: RENAN, op., cit., p. 446 ss., e WRIGHT, op. cit. 

(2) V.: MORSOLIN, Francesco Chiericati, vescovo e diplomatico nel 
sec. XVI, in: Atti delFAccademia Olimpica di Vicenza , 1873. 

(3) V. Particolo deU' Osservatore Romano del 28 giugno 1931, 
che contiene anche due illustrazioni, deH'isola e della nuova chiesa 
inaugurata nel maggio 1931. 



124 



IL MOVIMENT6 RELIGIOSO 1RLANDESE 

... Ibernia jabulosa, ove 

il santo vecchiarel fece la cava, 

in che tanta merce par che si trove 

che I'uomo vi purga ogni sua colpa prava. 

Un testo italiano della leggenda fu pubblicatp dal ViLLAM 
in appendice alia citata opera Antiche leggende e tradi&oni 
che illustrano la Divina Commedia, p. 103 ss., e fu, molto 
opportunamente, ripubblicato dal BATTELLI, Le piu belle leg" 
lenge cristiane, Hoepli, Milano, 1928, p. 436 ss. t con inte* 
ressanti annotazioni. Altro testo italiano pubblico il GRION 
nel Propugnatore, Vol. HI, parte I, pp. 116-149. Un Viaggio 
nel Pozzo di S. Patrizio u piu volte stampato in Italia (HAYM, 
Biblioteca Italiana, II, 624). Narra del Pozzo di S. Patrizio 
anche La leggenda aurea di JACOPO DA VARAGINE (v. edi- 
zione della Libr. Ed. Fiorentina, curata dal LEVASTI, p. 421 
ss.), da cui 1'ha riassunta il BAGGI, 5. Patricia vescovo, Ber- 
gamo, 1928 p. 117 ss. II GRAF, Miti, leggende e superstizio* 
ni del M. E. park di tale leggenda nel I vol., p. 92 ss., e da 
a p. 181 la bilbliografia italiana, citando fra 1'altro L. FRATI, 
II Purgatorio di 5. Patrizio secondo Stefano di Bourbon e 
Uberto da Romans (Giorn. stor. della lett. ital. 1886). Non 
possiamo non ricordare il dramma spirituale del CALDERON, 
El Purgatorio de San Patricio. 

5. La Visio Tungdali ha singolare analogia con la 
leggenda del pozzo di S. Patrizio. Anche Timgdalo era un 
cavaliere irlandese, il quale trascuraya i doveri religiosi e 
pensava a darsi bon tempo e piacere, dicendo che lui era 
Dio in questo mondo, e che altro mondo non era . Ma il 
Signore ebbe misericordia di lui, e per convertirlo gli mando 

125 



L'INFLUENZA DELLE LEGGENDE CELTICHE, ECC. 

un malore improvviso che lo lascio privo di sensi per tre 
giorni, tanto che tutti lo credevano morto. Durante quesri 
tre giorni 1'Angelo custode meno 1'anima di Tungdalo a vi* 
sitare i regni d'oltre tomba, per verificare quali pene gli 
sarebbero state apparecchiate se avesse continuato nella so' 
lita vita; e quale premio al contrario avrebbe meritato, pen* 
tendosi. Dopo tre giorni 1'anima ritorno al corpo, con som- 
mo stupore degli astanti, e Tungdalo narro quel che aveva 
veduto, esorto gli altri a penitenza e abbandono il mondo, 
ritirandosi a vita religiosa (i). 

II VILLARI riprodusse in Appendice alPopera citata (pp. 
55'74) un Libellus de raptu animae Tundali et ejus visione 
tractans de poems inferni et gaudiis paradisi e una redazione 
italiana: La Visione di Tantola. Essa e tutt'uno con quella 
idiserita in molte 'edizioni antiche delle Vite dei Santi Padri 
(i)b. p. 81). Altre redazioni italiane furono pubblicate dal 
GIULIARI, II libro di Theodolo <o vero la visione di Tantolo, 
Bologna 1870 (Scelta di curiosita letterarie Disp. 112) e dal 
CORAZZINI, Visione di Tundala, Bologna, 1872 (Sc. di cur. 
lett. Disp. 128). II GRAF (o. c. I, 268) cita la Visio Tungdali 
ed. Schade, Halle, 1869: in II, 122, WAGNER, Visio Tung* 
dali, lateinisch und altdeutsch, iErlangen, 1882: in II, 123; 
MUSSAFIA, Sulla visione di Tundalo, in Sitgungsber. d. K. 
Akad d. Wiss., philos. hist. Cl., t. LXVII, 1871, p. 162. 

6. I pellegrinaggi fantastici di S. Brandano nel va- 
sto oceano, in cerca del paradiso terrestre, di anime da con- 
vertire, di paesi sconosciuti da scoprire, hanno assunto la 
forma di visioni seinpre meravigliosamente ripiene dello spi- 

(i) BATTELLI, op. di. p. 467. 

126 



IL MOVlJVtENtO RELIGIOSO 1RLANDESE 

rito di Dio e della verita teologica. Queste vision! ponendo 
sempre a servizio della fede e dell'ideale delle virtii cristiane 
I'imaginazioine come lo spirito d'avventura hanno meritato 
di essere annoverate fra le fonti poetiche della Divina Com* 
media. Esse hanno operato una energica influenza suirim- 
maginazione dei popoli cristiani per tutto il Medio Evo, e 
fino ai giorni di Cristoforo Colombo medesimo, al quale 1'e- 
popea marittima di S. Brandano sembra abbi a mostrata la 
via dell* America (i). 

La leggenda racconta che, verso la meta del VI secolo, un 
monaco chiamato Barontus, di ritorno da una spedizione ma- 
rittima, andb a chiedere ospitalita al monastero di Clonfert. 
L'abate Brandamo lo prego di rallegrare i confratelli col rac* 
conto' delle meraviglie di Dio che aveva visto neH'oceano. 
Barontus rivelo loro Tesistenza d'un'isola circondata da neb^ 
bie, in cui aveva lasciato il suo discepolo Mernoc: e la terra, 
di promissione che Dio riserva ai suoi santi. Brandano, coin 
diciassette dei suoi religiosi voile andare alia ricerca di que* 
sta terra misteriosa. Salirono sopra una barca di cuoio, non 
portando altra provvista che un otre di burro per ingrassare 
le pelli. Durante sette anni essi vissero cosi nella loro barca, 
abbandonando a Dio la vela e il timone, e fermandosi solo 
per celelbrare le feste di Natale e di Pasqua sul dorso del re 
dei pesci, Jasconius. Ogni passo di questa odissea monacale 
e una meraviglia : ogni isok e un monastero, dove le bizzaiv 
rie d'una natura fantastica rispondono alle stranezze d'una 
vita tutta ideale. Qua e V Isold degli Agnelli, dove questi ani- 
mali si governano da se stessi, secondo le loro proprie leggi; 

(i) MONTALEMBERT, Op. cit., V, IO4'IO5. 

127 



L'INFLUENZA DELLE LEdGENDE CELtiCHE', ECC. 

altrove, il Paradise degli uccelli, dove la razza alata vive se- 
condo la regola dei religiosi, cantando mattutino e laudi alle 
ore canoniche: Brandano e i suoi compagni vi celebrano la 
Pasqua con gli uccelli, e yi restano cinquanta giorni, nutriti 
unicamente dal canto dei loro ospiti; altrove Ylsala deliftosa, 
ideale di vita mcxnastica in mezzo ai nutti. Nessuna necessita 
materiale vi si fa sentire: le lampade s'accendono da loro 
stesse per le funzioni, e non si consumano mai: e una luce 
spirituale: un silenzio assoluto regna in tutta 1'isola: cia- 
scuno sa esattamente quando morira: non vi si prova ne 
freddo, ne caldo, ne tristezza, ne malattia di corpo o di spi- 
rito. Tutto cio dura dai tempi di S. Patrizio, che ha disposto 
cosi. La Terra di promissione e piu meravigliosa ancora: vi 
e giorno perpetuo: tutte le erbe portano fiori e tutti gli al- 
beri frutti. Solo alcuni uomini privilegiati Thanno visitata. 
Al loro ritorno ce se ne accorge dal profumo che resta per 
quaranta giorni sui loro abiti. Questa natura imaginaria 
creata per un'altra umanita, questa topografia strana, a un 
tempo smagliante di fantasia e parlante di realta, fanno del 
poema di S. Brandano una delle piu straordinarie creazioni 
dello spirito umano... Tutto vi e bello, puro, innocente; mai 
sguardo cosi benevolo e cosi dolce e stato gettato sul mon- 
do... il mondo visto attraverso il cristallo d'una coscienza 
senza macchia. Gli animali stessi partecipano a questa dol- 
cezza universale (i). 

Il testo latino di questa leggenda, la Navigatio Sancti Bren- 
dani, e opera d'un ignoto monaco del secolo X o XI (2). Da 



(1) RENAN, op. tit. p. 442-446. 

(2) V.: JUBINAL, La Ugende latins de St. Brandan, Parigi, 1836, 
e GOUGAVD, Gaelic Pioneers, p. 117 ss. 

128 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

essa derivano numerosi volgarizzamenti e riduzioni io versi 
e prosa, in tutte le lingue. II VlLLARI o. c. diede in Appen- 
dice (p. 134 ss.) una redazione italiana: La leggenda di San 
Brttndano che il BATTELLI ha riprodotto nel nlenzionato suo 
libro, con utili note (pp. 471-492). II GRAF o., c. da ricchi 
ragguagli bibliografici in I, 184*185, I, 266 e II, 395: cita 
una Vita italiana di S. Brandano registrata dal LAMI e un 
testo italiano delli leggenda contenuto nel cod. 1008 della 
biblioteca di Tours, intorno al quale v. Bibliotheque de I'& 
cole des chartes, 1878, p.. 385-386. Avverte (I, 184) di non 
confondere con la leggenda del S. Brandano irlandese la leg- 
genda, che tuttavia corre per la Toscana in stampe popolari, 
di Brandano da Siena, vissuto nel secolo XVI. II NOVATI ha 
pubblicato La Navigatio sancti Brandani in antico vene&ano, 
Bergamo, 1892. La leggenda vive ancor oggi tra le popola- 
zioni marinare della Liguria: una redazione in dialetto loa- 
nese e stata raccolta da G. ViTALETTi nel Giornale Dantesco 
del 1923, fasc. II. Il BATTELLI da come il lavoro piu recente 
e piu completo per indicazioni bibliografiche il WAHLUND, 
Dt'e altfranzpsische Prosaiibersetzung von Brandons Meer- 
fahrt, Upsala e Lipsia, 1900. V. anche W. MEYER, Die Ue- 
berlieferung der deutschen Brandanlegende t Gottinga, 1918, 
citato dal Gougaud. II GoUGAUD, Gaelic Pioneers, pp. 119- 
120 parla delle tradizioni popolari relative a S. Brandano, in 
vari paesi d'Europa. 

Noi segnaleremo che delle reliquie di S. Brandano si con- 
servavano nel secolo XIV in Pavia (i) nella chiesa di S. Ma- 
ria Capella di cui il de Canistris fu fatto parroco nel 1323 

/ 

(i) V.: GIANANI, Opicino de Canistris, Pavia, Fusi, 1927, p. 55, 
82, 126. 

129 



L'INFLUENZA DELLE LEGGENDE CELTICHE, ECC. 

e di cui resta oggi in piedi solo Tossatura della fronte, rivolta 
ad occidente, nel largo di via Rezia. 

7. Gli esempi dati bastano a far comprendere Timpor* 

tanza spirituale e intellettuale d'una razza che, dopo aver 
dato al mondo una legione di santi e di dotti, gli ha dato 
Artu, Lancellotto, Perceval, Gmevra, Isotta, e le piu belle 
leggende religiose del Medio Evo. Non ad ogni popolo e con- 
cesso di far accettare i suoi eroi al mondo. 

da notare un f atto, a prima vista strano : che cioe chi 
fece la fauna delle favole oeltiche, fu il popolo forse meno 
simpatico ai Celti fra tutti i popoli: il Normanno. Di in- 
gegno svegliato ed imitatore, il Normanno divenne ovun- 
que il rappresentaaite eminente della nazione alia quale da 
principio s'era imposto con la forza. Francese in Francia, in^ 
glese in Inghilterra, italiaiio in Italia, russo a Novogorod, egli 
dimenticb la propria lingua per parlare quella del popolo 
che aveva vinto, e divenire Tinterprete del suo genio. L'ori< 
ginalita delle leggende e dei romanzi celtici non poteva 
mancare di colpire degli uomini cosi pronti a cogliere e ad 
assimilare le idee dello straniero. La prima compiuta rive- 
lazione delle favole bretoni, la cronaca latina di Gofifredo di 
Monmouth, apparve verso il 1 147 sotto gli auspici di Rober- 
to di Gloucester, figlio naturale di Enrico I. Enrico II prese 
molto gusto agli stessi racconti: a sua richiesta, Roberto 
Wace scrisse in francese, nel 1155, la prima storia d'Artu, 
e apri la via su cui marciarono dopo di lui una folia di poeti 
e d'imitatori francesi, provenzali, italiani, spagnoli, inglesi, 
scandinavi, greci, georgiani, ecc. Non bisogna svalutare la 
gloria dei primi trovatori francesi e provenzali, che traspor- 
tarono in lingue allora lette e comprese da un capo all'altro 

130 



1L MOVIMENtO RELIGIOSO 

dlEuropa, questc finzioni che senza di loro sarebbero rima* 
ste nel buio; ma ben piccola e la parte d'invenzione ch*essi 
v'hanno aggiunto, e spesso solo col risultato di snaturate To^ 
riginale (i). Vedtemo nella Parte II, a proposito di S, Ca< 
taldo, che i Normanni potevano diventare anche i propaga- 
tor! del culto a saiiti irlandesi. 

(i) RENAN, op. tit., p. 416*418, e GRAF, op. tit., II, p. 321 ss. 



131 



CAPITOLO SESTO 

IL-MARTIRIO DELL'IRLANDA 

i. Per quanto estranee, rigorosamente parlando, al- 
1'oggetto speciale del nostro lavoro, nan possiamo chiudere 
questa prima parte senza accennare rapidamente alle vicende 
deirirlanda dalla conquista Anglo'Normanna ai giorni no 
stri: inquantoche esse, meglio di mille dissertazioni, dimo 
strano con Pelpquenza dei fatti le generose caratteristiche 
degli Irlandesi, fedeli fino all'eroismo a quelk religione che 
S. Patrizio e i suoi discepoli avevano impresso nei loro cuori. 
Se ogni albero si conosce dai suoi frutti, dobbiamo ccrcare 
nell'inflessibile resistenza irlandese ad un martirio spietato 
durato quattro secoli t la prova dell'opera efficace di quei san- 
ti apostoli. Ben profonde erano le radici ch'essi avevano sa- 
puto sviluppare nel propizio terreno. 

Come S. Pietro, quando vide il Signore aEerrato, insultato t 
percossot ebbe un momento d'umana debolezza, e sconvolto 
lo abbandono, e trepidante lo rinnego, cosi 1'Irlanda, la qua' 
le forse <non sapeva ancora il significato degli apparenti suo 
cessi delk violenza, ebbe dopo le invasion! danesi un periodo 
di delusione, di sconforto, d'intepidimento. Ma come il prin" 
cipe degli Apostoli si riprese poi subito e si eresse in tutta 
Taltezza della sua gigantesca statura per compiere la divina 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

missione affidatagli e per sigillare .col sangue il suo amore al 
Sigtiore, cosi 1'Irlanda allo scoppiare della Riforma ritrovo 
se stessa e diede al mondo un esempio eroico di fedelta a 
Cristo ed a Roma, che non ha riscontro nella storia. Forse, 
nel corso del suo martirio, essa aveva anche la missione di- 
vina di spargere a larghe mani, nelle terre di forzato esilio, 
in America e in Australia, il seme della fede dei padri. 

S. Patrizio s'era dichiarato a piu riprese, nella sua Confes* 
stone, pronto a versare il suo sangue per il Cristo. Volen* 
tieri dice se ne fossi giudicato degno, sacrificherei la 
mia vita per il nome del Signore, e cio senza esitazione e 
con grande gioia ( 37). Egli aspira ardentemerite a here 
il calice del Siginore ( 57). Se io ho mai compiuto qual- 
che cosa di buono per il Dio che m*e caro, gli domando la 
grazia di spargere il mio sangue per amore del suo nome 
con questi stranieri e con questi schiavi (i), dovessi pur es- 
sere privo di sepoltura, dovessero le mie membra essere mi* 
seramente divise e gettate in pasto ai cani, alle Ibestie cru^ 
deli e agli uccelli del cielo ( 59). 

Patrizio domandava per Tlrlanda la grazia del martirio. 
L'Irlanda voleva il martirio. Ebbene, lo ha avuto. E ben 
rosso. 

Esso e documentato dai fatti della storia civile, moderna 
e contemporanea, e il lettore puo ricorrere a qualunque te^ 
sto onesto, qualunque sia la religione e la nazionalita del' 
1'autore (2). 



(1) Quelli, senza dubbio, di cui ha deplorato il rapimento nella 
Lettera contro Corotico. 

(2) Per comodita del lettore stesso, poiche i manual! piu comuni 
sorvolano a volte sugli avyenimenti d'Irlanda, indichiatno due re* 

. 133 



IL MARTIRIO DELL'IRLANDA 

La prima fase della storia dell'Irlanda inglese, che va da 
Enrico II alia Riforma, durando tre secoli e mezzo, non pre* 
senta awenimenti notevoli. Da principio gli Irlandesi accol* 
sero gli Anglo'Normanni in silenzio, probabilmente per de- 
vozione al pontefice a nome del quale si presentavano. Tut> 
ti dovettero scorgere 1'anormalita della convenzione dice 
Mons. HAGAN (i) meno gli Irlandesi, forse troppo lon- 
tani e isolati per seguire le vicende politiche nei loro motivi 
segreti . Ma poi si scossero, aprirono gli occhi, e intrapre* 
sero una reazione che duro fino al principio del cinquecento. 
tutta una serie di lotte caotiche, in cui hanno gran parte 
le rivalita dei vari elementi indigeni fra loro, e sulle quali 
non e il caso di soffermarci. Ne troveremo traccia nelle vi* 
cende episcopali del B. Taddeo Machar. 

2. Scoppiato lo scisma sotto iEnrico VIII (1509' 1547), 
il clero irlandese (salvo poche eccezioni) resiste e reagisce su- 
bito. Quando Enrico VIII si dichiara Capo Supremo della 
Chiesa, egli pretende dall'Irlanda la stessa sottomissione che 
pretende daH'Inghilterra, ma quantunque Enrico VIII an^ 
cora rispetti il dogma cattolico, trova nel clero irlandese una 
resistenza vivissima al distacco da Roma, non ostante le gra- 
vi penalita sancite dalle nuove leggi. Quando il re porta nel 
Parlamento Irlandese (1536) VAtto di successione (che tende 
ad escludere dal trono Maria, figlia della disgraziata Cate^ 
rina d'Aragona) non puo farlo passare che privando illegal' 

centi buoni volumi, di carattere ben diverse: M. HAYDEN e G. MOO' 
NAN, A short history of the Irish People from the earliest times to 
1920, Dublin, The Talbot Press Ltd., 1921, e R. DuNLOP, Ireland 
from the earliest times to the present day, Oxford, University Press, 
Humphrey Milford, 1922. 
(i) Insula Sanctorum, p. n. 

134 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

mente del diritto di voto tutti i dignitari ecclesiastic! che 
vi seggono. Quando impone con la forza 1'Atto di soppres* 
stone di tutti i monasteri, molti religiosi si fanno incarcerare 
e anche massacrare per la resistenza che oppongono alle con- 

r L 3 r-'rr" 

fische. : . ';-i 

Sotto Edoardo VI (1547^1 553), che com'e noto passo 
dallo scisma disciplinare allo scisma dogmatico, cioe alTeresia 
vera e propria, sopprimendo poi la Messa (1549) ed autoriz- 
zando il matrimonio del clero, non furono tradotti in irlan- 
dese il Communion Service, i due successivi Prayer-books, e 
il Credo in 42 articoli del 1552. Questa misura, presa con la 
mira di anglicizzare 1'Irlanda, u forse prowidenziale per te- 
nere la massa del popolo immune dal contagio. Dowdall, 
arcivescovo di Armagh e Primate d'Irlanda, difese energica- 
mente i diritti della Chiesa, e in conseguenza gli u tolta la 
primazia che venne conferita alia sede di Dublino; ma la 
riforma non prese piede nel paese. 

Sotto Maria la Cattolica (1553-1558), negli anni del suo 
regno in cui infierirono in Inghilterra le deplorate persecu^ 
zioni contro i Protestanti, molti di essi cercarono scampo iin 
Irlanda. In secoli caratteristici per la persecuzione delle co- 
scienze, la cattolica Irlanda offri i primi esempi di quella 
tolleranza religiosa che distinse piu tardi il cattolico Maiy^ 
land, fondato per i profughi di qualsietsi confessione cristiaina 
da Cecilio Baltimore nel 1633, 

3. fi noto che Elisabetta (1558-1603) dentro tre mesi 
dall'avvento al trono formo la legislazione completa della 
nuova Chiesa di Stato, e comincio subito a imporla con la 
forza. Si passo in Irlanda per gli stessi successivi gradi che 
in Inghilterra. Dapprima s^mpose VAtto di supremtizia che 



IL MARTIRIO DELL'IRLANDA 

riconosceva il Capo dello Stato come Capo della Chiesa e 
abrogava ogni gmrisdizione spirituale del papa: il clero non 
aveva altra scelta che di giurare quest'Atto o essere deposto 
dall'ufficio. Poi s'impose YAtto d'Uniformita col quale s'or- 
dinava di usare nel servizio divino e neiramministrazione 
dei Sacramenti il secondo Prayer'baok di Edoardo VI (leg- 
germente modificato da Cecil) invece della liturgia cattolica, 
e si obbligava tutti, sotto pena di forti multe, ad assistere 
al servizio protestante. Per sottomettere i cattolici si pro- 
cedette come in Inghilterra: prima si presero di mira i ve- 
scovi, poi il resto del clero, cercando d'olbbligarlo a con/or* 
nuirsi alia volonta dello Stato, finalmente il popolo, appli' 
cando le multe a quelli che non presenziavano la domenica 
il nuovo servizio divino. Qui Tlrlanda comincio a dare il suo 
glorioso esempio al mondo; a dispetto di tutte le leggi, i 
vescovi e i sacerdoti irlandesi si ritirarono nei boschi e nei 
castelli diruti delle montagne, dove il loro gregge li seguiva 
per ascoltare la Messa e ricevere i Sacramenti. Le piu feroci 
crudelta si commisero su tutti i sacerdoti che caddero nelle 
mani degli ufficiali della Corona, a cominciare dal vescovo 
di Mayo, O f Hely (1578) e dall'arcivescovo di Cashel, O* 
Hurley (1584). Nelle citta un po' grandi, ove Tesodo festivo 
non era facile, si usavano mezzi tirannici per obbligare il 
popolo ad andare alle chiese protestanti. Ad evitare le multe, 
mold andavano la mattina alia Messa e nel pomeriggio alle 
chiese protestanti : i rettori di queste s*accorsero presto dello 
stratagemma e cominciarono a fare 1'appello dei parrocchiani 
presenti alia funzione del mattino. Centinaia di sacerdoti, 
secolari e regolari, furono messi a morte per inobbedienza 
alle leggi, compresi vari profughi daU'Inghilterra. Il popolo 

- 136 - 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

alia fine si sollevo, ma non essendovi un piano prestabilito 
di rivolta, i capi vennero disfatti a uno a uno e giustiziati. 
Le terre dei nobili insorti vennero confiscate, e si riprese in 
grande il sistema, inaugurate sotto la regina Maria, d'inv 
piantare colonie inglesi in Irlanda, che porto al popolo tante 
terribili miserie. Fu incaricato Essex di eseguire questo pro- 
getto: egli impegno una guerra selvaggia contro gli Irlandesi, 
massacrando e devastando senza pieta. Le contee di Kerry, 
Cork e Limerick furono offerte agli avventurieri inglesi co- 
me campo d'imprese coloniali. Questa crudele iniquita spinse 
la popolazione, sia d'origine celtica che d'origine anglo- 
normanna, a cercare aiuto contro Plnghilterra presso le na- 
zioni cattoliche dIEuropa. Francia e Spagna erano troppo im- 
pegnate sul continente per dare ad essa ascolto. Il Papa man- 
do un piccolo esercito, che si fermo a prestare aiuto a Seba- 
stiano di Portogallo nella sua guerra in Marocco subendo 
gravissime perdite: i pochi superstiti cercarono di arrivare in 
Irlanda, ma dopo molte awenture furono fatti a pezzi. 

La storia del rimanente regno d'Elisabetta e formata da 
lotte fra i van signori locali e da rivolte contro gli Inglesi. 
Ma gli anni dal 1600 al 1602 videro in Irlanda una miseria 
senza pari. Gli Inglesi presero a distruggere e incendiare i 
raccolti per provocare la carestia, e si contarono a migliaia 
le vittime di questo mostruoso piano, che colpi prima il 
Munster e poi TUlster. 

Ma con tutto questo la regina che aveva domato Plnghil- 
terra non aveva domato PIrlanda. 

4. Come i cattolici inglesi, gli irlandesi accolsero leal- 
mente Giacomo I (1603-1625), figlio di Maria Stuarda, il 
quale congiunse sotto il suo scettro, per unione personale, le 

137 



IL MARTIRIO "DELL'IRLANDA 

due corone di Scozia e d'Inghilterra; come quelli, si aspet- 
tavaino una restaurazione del cattolicismo, e come quelli fu- 
rono condannati a un'amara delusione. Egli anzi, sebbene a 
intervalli e piu contro i singoli che contro la massa, inaspri 
con nuove disposizioni le sanzioni penali di Glisabetta, e ri- 
dusse la vita di molti cattolici ad una serie di multe con' 
tinue e rovinose, e di Ibarbare perquisizioni diurne e notturne, 
con la prospettiva della prigione, della tortura e della con- 
danna a morte per tradimento. Un centinaio di nobili irlan- 
desi lasciarono la patria nel 1607 e finirono col rifugiarsi in 
Roma: di essi O* Neill, suo figlio Ugo e due O* Donnells, 
riposano nella Chiesa di S. Pietro in Montorio in Roma. Ma 
anche questa volta si vide che iin Irlanda la legge inglese 
poteva applicarsi con successo solo nelle vicinanze di Du* 
blino; e anche ivi dopo qualche tempo, poiche quasi tutti 
gli abitanti rimanevano fedeli a Roma e nessuno voleva ce* 
dere, si dovette rinunziare all'imposizione forzata degli Atti 
di Supremazia e d'Uniformita. Giacomo I ebbe maggior sue- 
cesso con le sue colonie (plantations, piantagioni), e tutto 
1'Ulster u occupato da imprenditori inglesi e scozzesi. 
Tutti i proprietari di vasti fondi dovevano essere protestanti, 
e i loro fittavoli e contadini dovevano professare la religione 
di Stato. I fondi piccoli (appena un decimo deU'area totale) 
potevano appartenere sia a protestanti che a cattolici, i quali 
in questo caso potevano dispensarsi dal sottoscrivere 1'Atto 
di Supremazia. L'Ulster fu cosi protestantizzato, per opera 
specialmente dei presbiteriani scozzesi. Gli agricoltori irlan^ 
desi spodestati, col cuore pieno d'amarezza, rimasero nella 
miseria sulle loro colline, per le loro vallette e torbiere, senza 



-138- 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

che si riuscisse a staccarneli. Piccole piantagioni furono 
fatte anche nel Leinster. 

Bisogna ricordare che durante tutto questo tempo, e per 
molto tempo dopo, i cattolici inglesi si rivolgevano all'Ir- 
landa per il Sacramento della Cresima, non essendovi piu 
in Inghilterra vescovi cattolici. Di quando in quando un ve- 
scovo irlandese, si awenturava nell'isola vicina e cresimava 
tutti quelli che a tal fine gli si presentavano. Dall'Irlanda si 
portavano anche i Sacri Crismi per i Sacramenti del Batte- 
simo e delllEstrema Unzione. 

Nel 1616 Giacomo I nominb suo luogotenente in Irlanda 
Oliver St. John, ma dovette richiamarlo perche con 1'appli- 
cazione rigida delle sanzioni penali aveva fatto nascere un 
fermento cosi pericoloso che la sua permanenza avrebbe pro^ 
vocato una rivolta. Fu inviato al suo posto Lord Falkland, 
mite e tollerante, e i Cattolici colsero subito roccasione per 
costruire chiese e aprire scuole, malgrado lo scalpore dei Pro- 
testanti. . ;| ^-|p] 

5. Carlo I (1625-1649) lo richiamo nel 1629, e la 
persecuzione ricomincio. Ma avvennero tali tumulti che an- 
che questo re dovette dar ordine ai magistrati di desistere 
dal tentative d'abolire la Messa e d'imporre al popolo la re- 
quenza al servizio protestante. 

Wentworth, mandato a governare Tlrlanda nel 1633, ri> 
prese il sistema tirannico. Non rispetto la parola data dal re 
al popolo, che tormento con multe, confische e progetti di , 
nuove piantagioni nel Connaught, iticorrendo nell f odio 
generale. Egli inoltre fece quanto pote per rovinare il com- 
mercio fiorente delle lane. Fu richiamato nel 1640, ma quan- 
do aveva gia spinto gli Irlaindesi alia rivolta. Essa scoppio 

139 



IL MARTIRIO DELL'IRLANDA 

nel 1641. Awennero per molti anni tumulti selvaggi, assas- 
sini, massacri in massa, saccheggi d'ogni genere. In molti 
luoghi si facevan le vendette su singoli Protestanti scelti 
come capri espiatori, ma furono numerosi i sacerdoti catto- 
lici che esposero in tali occasioni la loro vita per salvare gli 
eretici inseguiti. 

Durante tale ribellione troviamo in campo quattro par- 
tita politici: quello dei Vecchi Cattolici irlandesi, quello dei 
primi coloni inglesi che s'erano convertiti in seguito a ma- 
trimoni misti (chiamati qualche volta Anglo-Irlandesi) e che 
il clero cerco d'aver dalla sua creando la cosidetta Confede- 
razione di Kilkenny, un partito di Puritani ostili al re e un 
partito di Protestanti lealisti favorevole al re. Ardeva frat- 
tanto in Inghilterra la guerra civile fra re e Parlametito. 

Carlo I tento di trattare con la Confederazione e si con- 
venne una tregua generale. Ma il Parlamento Inglese ordiino 
ai Puritani di non accettare il patto. II re tento un trattato 
segreto, promettendo piena tolleranza religiosa, ma lo scon- 
fesso quando il Parlamento n f ebbe sentore. Nel 1645 ^ 
mandato in Irlanda un nunzio papale, Giovan Battista Rinuc' 
cini, Arcivescovo di Fermo, per comporre il dissidio ancora 
esistente fra i Vecchi'Irlandesi e gli Anglo-Irlandesi, per 
propagare la fede e sostenere il re. II vicere Ormond riusci 
a provocare la rottura della Confederazione cattolica: da un 
lato i Vecchi'Irlandesi, col Nunzio, chiedevano il ritorno 
completo al culto cattolico in tutto il suo splendore, dall'al- 
tro gli Anglo'Irlandesi si dichiaravano soddisfatti di piu mo- 
deste condizioni di pace. Per timore che Dublino potesse 
cadere in mano delle truppe cattoliche, Ormond la cedette 
nel 1647 al Parlamento Inglese, che allargo le sue conquiste 

140 



II MOVlMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

nel Munster. Finalmente, dopo sette anni di guerra, fu fir* 
mata la pace, e fu promessa 1'abolizione delle sanzioni pe- 
nali. Questo awenne nel 1649; due settimane dopo Carlo I 
era decapitato. Comincio allora per 1'Irlanda un periodo an- 
che piu tremendo; 

6. Si voile imporre a viva forza la Repubblica anche 
airirlanda e alia Scozia, le quali non I'accettavano in nessun 
modo e aiutavano invece Carlo II, figliuolo del sovrano giu- 
stiziato, che tentava di riafferrare il trono. Cromwell, fan 
ferrea energia, batte Carlo II e sottomise Scozia e Irlanda 
con straordinaria rapidita e con estrema crudelta (1649'! 651). 
Fu in Irlanda una vera guerra di sterminio che lascib le gran- 
di citta prive di abitanti: veramente come molti autori 
si compiacciono di ripetere, usando la frase di Tacito la 
ferocia puritana ottenne la pace creando la solitudine. Si 
contano a oltre 600.000 i morti di spada o di fame. Agli 
stermini della guerra, successero le esecuzioni della giustizia. 
Ma a conti fatti si trovo che in Irlanda v'erano ancora circa 
otto cattolici contro un protestante, mentre 1'inviato ponti- 
ficio Panzani non aveva trovato in Inghilterra sotto Carlo I 
che 150.000 cattolici, di vari gradi di fedelta alia Chiesa. 
La massa cattolica irlandese, per quanto calpestata, non era 
stata schiacciata. Si spinse allora con la forza questa popok- 
zione cattolica nella regione del Nord-Ovest, nel Connaught, 
ch'e la parte meno fertile dell'isola: era ridotta a estrema 
poverta, travagliata dalla carestia e dalla peste. Si cacciarono 
sul continente tutti gli uomini disposti a servire negli eser- 
citi di Francia e Spagna, si trasportarono in schiavitu nelle 
Antille le loro mogli e i loro figliuoli. Un processo legale di 
spoliazione, chiamato la sistemazione degli Irlandesi (Art 



141 



IL MARTIRIO DELL'IRLANDA 

of Settlement, 1652) complete la loro miseria. Tutta Flrlan* 
da fu considerata come proprieta corifiscata. Mentre i tre 
quarti dell'isola erano yenduti o ceduti a ufficiali, soldati e 
mercanti inglesi ch'avevano prestato danari al Parlamento 
per sostenere la guerra contro Carlo I, gli sterili altipiani del 
Connaught e del Clare si riservarono a quei proprietari di 
terre irlandesi che potevano provare di non aver preso le 
armi contro gli usurpatori protestanti. Durarono per molti 
lugubri anni le dispute circa la divisione delle terre irlan- 
desi. Finalmente, dopo la restaurazione, sotto Carlo II (1660- 
1685) si riusci a ottenere una specie di componimento (1665). 
I pretendenti alle terre buone, per quanto accaniti rivali tra 
loro, si trovarono tutti d'accordo neH'opporsi a che venissero 
date ai Cattolici. Molte vessazioni furono compiute contro il 
Clero cattolico di tutti i gradi. 

Ricorderemo che sotto il regno di Carlo II avvenne il mar' 
tirio deirArcivescovo irlandese Oliviero Plunket (1681) bea- 
tificato da Benedetto XV nel 1920 : il suo processo, anche per 
quei tempi di fanatismo, e uai capolavoro d'iniquita. 

7. Durante il regno di Giacomo II (i 685"! 688), catto- 
lico, si presero anche in Irlanda le misure poco assennate pre- 
se in Inghilterra per una restaurazione cattolica, misure che 
indussero i Protestanti a sollecitare lo sbarco sul suolo in- 
glese dell'olandese Guglielmo d'Orange, che sail al trono 
col nome di Guglielmo III (1688-1702) mentre Giacomo II 
fuggiva in Francia* L'Irlanda rimase fedele a Giacomo II e 
si batte per tre anni con tale disperato coraggio da destar 
rammirazione dello stesso Guglielmo HI, il quale dopo la 
vittoria della Boyne e la capitolazione di Limerick (nel cui 
assedio brillarono di prodezza anche le dontie irlandesi) ac- 

142 



IL MOyiMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

cordo agli Irlandesi condizioni di pace apparentemente gene* 
rose (1691). Concesse loro liberta di culto, richiedendo lore* 
solamente un giuramento di fedelta, e diede amnistia, seinza 
confisca dei beni, a tutti quelli che avevano preso le anni 
per Giacomo, lasciando alle truppe di scegliere se entrare al 
servizio inglese o al servizio di qualsiasi principe straniero. 
Molti scelsero la seconda proposta e furono tasportati a spese 
del governo con armi e bagagli in Francia o Spagna. Sono 
famosi i fasti della Brigata Irlandese, the Irish Brigade, che 
si foatte per la Francia durante la Guerra per la successione 
spagnola a Cremona (1702), Blenheim. (1704), Ramillies 
(1706), Oudenarde (1708) e Malplaquet (1709), e durante la 
Guerra per la successione austriaca a Fontenay (1745). Ricor- 
deremo qui di passaggio che il maresciallo Mac Mahon, duca 
di Magenta, era d'origine irlandese, e che gli Irlandesi al' 
1'inizio della guerra del 1859 gli offrirono una spada d'ono^ 
re : e ricorderemo anche le recenti e ripetute prove d'eroismo 
dei reggimenti irlandesi nell'infelice tentativo di forzamento 
dei Dardanelli, durante la Guerra mondiale (1915). 

Disgraziatamente per Tlrlanda, dopo un breve periodo di 
relativa pace e di risveglio economico, si trovo modo di elu- 
dere le condizioni del trattato di pace, e presto comincio per 
il povero/popolo irlandese quella fase del suo martirio che 
si suole chiamare della persecu&one legale. 

8. II Parlamento irlandese, composto esclusivamente 
di aristocratici protestanti, inon cercava che di consolidare il 
dominio della classe sopra il popolo cattolico ridotto a una 
specie di schiavitu: e creo quel mostruoso complesso di leg- 
gi conosciuto sotto il name di leggi penali (Penal Laws). 

Per esse, un cattolico non poteva allevare i figli nella fede 

143 



IL MAfttlRiO DELI/IRLANDA 



dei padri loro, mandandoli a studiare nei collegi alPestero 
(come avvcniva su larga scala), pena la confisca dei beni. 
Non poteva ricevere legati di terreni, ne fare affitti per piu 
di 31 anni. Sua moglie, divenendo protestante, poteva re- 
clamare un mantenimento separate e divenite la tutrice dei 
figli. Se egli sposava una protestante che possedesse proprie' 
ta fondiarie per van. valore di 500 sterline o pm, la moglie 
perdeva la proprieta. Se i figli si facevano protestanti, sfug- 
givano alia tutela del padre, e il primogenito poteva impos' 
sessarsi di tutti i suoi beni, passandogli solo un assegno an- 
nuo. Se i figli rimanevano cattolici, egli era obbligato mo* 
rendo a divider ra loro i beni in parti uguali. Egli non po* 
teva essere maestro di scuola ne entrare in alcun ufficio 
governativo. Non poteva sedere in Parlamento, ne, dopo il 
1727, votare alle elezioni politiche. Non poteva essere ne 
magistrato ne giudice di pace, ne far parte di corporazioni 
economiche o commerciali. Non poteva essere avvocato, ne, 
se esercitava il commercio, avere piu di due commessi. Non 
poteva portar armi su di se. Tutta la sua vita era sorvegliato 
da spie e esposto alia malvagita dei delatori. Morendo non 
poteva esser sepolto in nessuna tomba di famiglia. II prete 
cattolico era colpito daU'esilio e dalWmmediata espulsione 
(dopo il i maggio 1698), e in caso di ritorno era trattato 
come reo di alto tradimento. 

Malgrado cio il numero dei preti, invece di diminuire, 
cresceva, e la Messa si diceva uguaknente. Si diceva il piu 
delle volte di nascosto, pei boschi, o pei monti, in piena 
notte, sempre sotto la minaccia delTarrivo dei delatori e della 
polizia : il sangue del sacerdote ucciso bagnava qualche volta 
le pietre degli altari improvvisati. 

V 

144 



it MOVIMENTO RELICIOSO IRLANDESE 

II Parlamento inglese pretese inoltrc che quello irlandese, 
ancora indipendente per quanto composto come s'e detto 
di protestanti, riconoscesse la sua supremazia, e s'attribui 
il diritto d'imporre all'Irlanda ogni sorta di leggi, mentre il 
Parlamento irlandese non pote piu legiferare per Tlrlanda 
medesima senza I'approvazione espressa o tacita del Parla- 
mento inglese. Cosi, per non citare che un esempio, il Par* 
lamento inglese ingiunse a quello irlandese di colpire a mor- 
te le manifatture di stoffe di lana perche facevano concor* 
renza a quelle d'Inghilterra, e il Parlamento irlandese s'af" 
fretto a ratificare questa decisione, che implicava un grande 
danno economico per Tisola (1698). 

Sotto questo iniquo regime che infieri durante i regni di 
Anna (1702-1714), di Giorgio I (iji/i'ijij) e di Giorgio II 
(1727- 1 760), specialmente ai tempi del Walpole, la povera 
isola soffocava e non dava segni di vita che per momentanee 
convulsion!. CoU'avvento al trono di Giorgio III (1760-1820) 
ebbe luogo un camlbiamento nell'attitudine dei partiti poli- 
tici inglesi, e il partito dei Whigs (Burke, Fox) comincio a 
mostrare una certa simpatia per le sventure dell'Irlanda. I 
Cattolici inglesi non potevano aspettarsi sollievo che dalla 
soluzione del problema irlandese, politicamente ben piii 
preoccupante per I'lnghilterra. Quando si delineo la rivolta 
delle colonie americane, il governo inglese fu obbligato a 
conciliarsi Tlrlanda, perche anch'essa non insorgesse. Si pas- 
sarono delle leggi che permisero ai papisti di bonificare a 
proprio vantaggio le torbiere improduttive (1771) e che 
esclusero dal giuramento di fedelta ogni espressione offen- 
siva .per i cattolici (1774). 

Nel 1778 (quando la situazione divenne anche piu allar- 

145 

10 



it MARTIRIO DELL*IRLANDA 

mante per 1'alleanza della Francia coi colon! ribelli d'Ame- 
rica) si alleviarono anche in Inghilterra certe misure, come 
Pobbligo delle denunzie, che impedivano ai preti e ai mae- 
stri cattolici la vita. La reazione protestante, capeggiata da 
Lord George Gordon, insceno nel 1780 a Londra dei tumulti 
gravi, chiederado il ritorno alle sanzioni penali precedenti. 
Invece si fini, nel 1791, coirestendere ai cattolici inglesi e 
scozzesi il giuramento di fedelta quale era stato concesso agli 
Irlandesi nel 1774: fatto provvidenziale per il prossimo gior* 
no, in cui la Rivoluzione Francese, e la coctseguente guerra 
fra Francia e Inghilterra, avrebbero riversato in patria i sa* 
cerdoti e gli studenti inglesi dei collegi di Francia e del 
Belgio. 

Nel 1782 gli Irlandesi, per merito di Grattan, ottennero il 
riconoscimento della loro indipendenza legislativa, ma con 
Tanomalia che una popolazione cattolica era rappresentata 
da un Parlamento interamente protestante, in cui per di 
piii ciascuno aveva il suo prezzo Lo scoppio della 
Rivoluzione Francese e 1'ofiferta della Republblica d'assistere 
Tlrlanda nello scuotere il giogo inglese, allarmo Pitt e Tin' 
dusse a meditare Tunione del Parlamento irlandese con 
quello inglese. Sotto la minaccia francese, si fecero nel 1792 
e 1793 delle leggi per ammettere i cattolici irlandesi ai suf' 
fragi parlamentari e alle giurie, per rimuovere la loro inca- 
pacita al possesso delle terre, per permettere loro la camera 
militare fino al grado di colonnello. Una ribellione che nel 
1798 sperava di profittare delle rivoluzioni americana e fran' 
cese per raggiungere I'indipendenza della patria, falli tragi' 
camente : Teroico Lord Edoardo Fitzgerald, f erito al momen' 
to della cattura, mori in prigione; oltre trentamila irlandesi 

146 



IL MOVIMENTO RELIG10SO "iRLANDESE 

perirono massacrati. A seguito di questa ribellione, G. Pitt 
cerco d'accelerare la contemplata unione dei due Parlamenti, 
il che tenne in agitazione il paese per il 1799 e il 1800. Ma 
nel 1 80 1, comprando i voti dei membri del Parlamento \r* 
landese, egli riusci nel suo scopo, e I'unione, per cui 1'Irlanda 
divenne una parte del Regno Unito, u consumata. Durante 
lunghi anni, dopo 1'unione, i Cattolici irlandesi dovettero 
continuare a pagar le decime per conservare in piedi la Chie- 
sa di Stato di un pugno di Protestanti, e a trarre dalla pro- 
pria poverta ma con infinite amore i mezzi per soste* 
nere il proprio clero e per ospitare nelle proprie cappelle 
il Cristo in Sacramento. 

9. Un giovane studente irlandese del Collegio di 
Douait ricacciato in patria nel 1793 dalla Rivoluzione fran- 
cese t giuro a se stesso, dopo le scene d'anarchia e di sangue 
a cui aveva assistito, di dedicarsi tutto at bene della patria 
ma rimanendo sempre sulle vie strettamente legali. Ne un 
delitto, ne una debale^/n. Era Daniele O r Connell. 

L'Unione del 1801 aveva portato il vantaggio che i depu- 
tati irlandesi sarebbero entrati nella piu vasta arena della 
Camera dei Comuni inglese; pero nessumo che credesse nella 
Transustansazione, e quindi nessun Cattolico, poteva fare il 
giuramento prescritto per sedere in Parlamento. O* Connell 
in un primo tempo si sforzo di tenere viva nel Parlamento 
la questione deiremancipazione dei cattolici per mezzo di 
deputati protestanti simpatizzanti. La questione assurse a tale 
importanza che decise la sorte di molti successivi Gabinetti. 
Nel 1823, sotto il regno di Giorgio IV (1820^1830), O' Con- 
nell, divenuto avvocato di grido e popolare oratore, orga- 
nizzo la famosa Associaftone cattolica, alia quale guadagno 



1L jMARfiRiO DfcLL/IRLANDA 



I'adesione di tutto il clero e di tutto il popolo. L'Inghilterra 
allarmata stava per sopprimerla, quando nel 1825 lo stesso 
O* Connell la disciolse. L'organizzazione pero riimase. Egli 
allora decise d'ottenere I'lngresso inel Parlamento, per poter 
rimanere sul terreno legale. Si presento candidate* per la con- 
tea di Clare nel 1828 e fu eletto deputato con votazione 
trionfale. Escluderlo dal Parlamento significava la rivolta di 
tutta Tlrlanda. II govemo tratto con lui. Si stabili che i 
Cattolici potessero finalmente entrare in Parlamento, che 
fosse soppresso il giuramento di abyura (contro la dottrina 
della Transustansazione) e modificato quello di Supremazia, 
che f ossero soppresse tutte le sanzioni penali contro i Catto- 
lici. E tutto questo non solo per i Cattolici irlandesi, ma 
anche per quelli di Inghilterra e di Scozia. L'Atto di Eman* 
cipagione fu firmato dal re il 13 aprile 1829. La secolare lotta 
deirirlanda per la liberta delle coscienze era terminata (i). 

Ci piace poter qui ricordare che O' Connell voile, morendo 
(1847), kgare il suo cuore al Pontefice, del quale era state 
sempre devotissimo; e che il suo cuore si conserva ancora 
in Roma, presso il Collegio Irlandese, che da S. Agata dei 
Goti Tha portato seco nella nuova sede di Via Santi Quattro. 

10. Con 1'Atto di iEmancipazionet si chiude il marti' 
rio religioso deU'Irlanda. 

Attraverso le tremende carestie dal 1846 al 1851, per le 
quali piu di un milione di persone mori di fame, e le conse' 



(i) Sulla grandiosa figura di O' Connell, si legge ancora con molta 
utilita lo scritto di G. ZocCHl, S. J., 5. Ambrogio e O'Connell, Pra- 
to, Giachetti, 1897, e quello di F. MEDA, Daniels O'Connell, in: 
Scuola cattolica , 1897, vol. XIII, p. 425-446. Vedi in Scuola 
cattolica , 1875, vol. VI, p. 105-125, anche D. ALBERTARIO, II 
tenario della nascita di Daniele O'Connell. 

148 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

guenti forzate emigrazioni di circa 900.000 Irlandesi (i), at- 
traverso i tumulti anticattolici di Belfast del 1864 e la insur- 
rezione feniana del 1867, attraverso 1'azione di Gladstone 
per 1'abolizione della Chiesa protestante irlandese (1869) e 
per il Land Act (1870), attraverso le lotte e le rivolte dei 
Parnelliani, si e andato gradatamente preparando anche quel' 
la lilberazione politica ch'e stata, se nan completamente certo 
in gran parte, raggiunta dopo le convulsioni della Guerra 
mondiale. Dal 1921 esiste uno State Hbero d'lrlanda, al quale 
testa estraneo solo PUlster, che si regge come dominio della 
Corona inglese. 

L'eroismo dell'isola verde, e sopratutto del suo clero, a pat" 
tire dai giorni di Enrico VIII, ci apparisoe in tutta la sua 
luce, quando si consideri un solo fatto, ma innegabile: che 
I'lnghilterra e la Scozia (malgrado gloriosissime eccezioni) 
hanno nella gran maggioranza rinnegato in breve la fede 
dei padri, meritre Tlrlanda, nella grandissima maggioranza, 
e sempre rimasta ad essa tenacissimamente fedele, attraverso 
le piu inaudite prove. 

Una volta scrive il card. MORAN (2) un devoto si 
rivolse aU'illustre Mons, Doyle, vescovo di Kildare, per avere 
una reliquia di qualche martire della fede. II prelato gli ri- 
spose: Andate in un qualunque cimitero d'Irlanda, a quello 
piu fuori mano. Raccogliete un pugno qualunque di quella 
terra. Avrete la reliquia che cercate . 



(1) V.: F. MOREHOUSE, The Irish Migration of the Forties , in: 
The American Historical Review , aprile 1928, p. 591. 

(2) Ireland, the Island of Saints , p. 496. 



~ 149 



PARTE SECONDA 
I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 



CAPITOLO SET11MO 

S. PATRIZIO 

i. Abbiamo gia dato nel Cap. i 3 le linee gene- 
ral! della vita del celebre apostolo dell'Irlanda; qui acccn- 
neremo ad alcuni pochi punti che riguardano 1'Italia. 

Dopo aver udito Tappello della misteriosa voce dell'Ir- 
landa Patrizio ando in Gallia per istruirsi e familiarizzarsi 
con la tradizione cristiana, e si spinse fino a Lerins, dove 
sorgeva il famoso monastero fondato nel 410 da S. Onora- 
to (i). In un dictum che gli e attribuito (sembra a buon di- 
ritto), il santo dice : Ho avuto il timor di Dio come guida 
del mio viaggio attraverso le Gallie e 1'Italia, e anche per le 
isole che sono nel mar Tirreno. Secondo la terminologia 
geografica del tempo, le isole di Lerins, nota il GoUGAUD, 
erano situate nel mar Tirfeno. Ma puo darsi che oltre Le- 
tins il giovane viaggiatore abbia visitato anche parecchie di 
quelle isole solitarie, Capraja, Gorgona, Palmaria, Gallinaria 
ritiri di cenobiti e di anacoreti, che S. Ambrogio (Hexame* 
ton, III, 5), paragona graziosamente a una collana di perle 
posata sul mare, e dove fra il 356 e il 360 era stato anche 
S. Martino di Tours per propria edificazione. Patrizio ag- 

(i) V.: GOUGAUD, Les chr. celt., p. 46. 

153 



S. PATRIZIO 



giunge d'essersi recato in Italia. A tale epoca, Roma e la 
parte meridionale della penisola non facevano parte dell'I- 
talia propriamente detta: semlbra da escludere ch'egli si sia 
spinto in tale occasione fino alia Citta Eterna. BURY (i) asse- 
gna tale viaggio al 441; ma anche sotto tale data resta dub- 
bio (2). Taluni hanno pensato ch'egli abbia dimorato anche 
negli eremi del Monte Pisano (3). Avendo alcuni biografi 
scritto ch'egli era stato ordinato sacerdote durante le sue pe- 
regrinazioni in Gallia e in Italia da un yescovo di nome Se* 
nior o Senator ed avendo essi indicato molto oscuramente la 
citta del vescovo ordinatore, gli antichi Bollandisti affaccia* 
rono la congettura che il santo irlandese fosse ordinato nel 
410 da un vescovo di Pisa, e quindi il Gams e lo Zucchelli 
hanno messo un Senior o Senator nella lista dei yescovi di 
Pisa. Ma Mons. LANZONI (4) non osa seguirli, mal reggendosi 
Pipotesi dei Bollandisti. II GOUGAUD (5) ritiene possibile che 
il diaconato sia stato conferito a Patrizio da Amator, vescovo 
di Auxerre, morto verso il 418, predecessore di S. Germane. 
La consacrazione episcopale di S. (Patrizio da luogo ad al- 
tre incertezze; probabilmente egli la ricevette a Auxerre da 
S. Germane (6). Ma le confuse indicazioni del biografo Pro' 
bo al riguardo, hanno avuto anch'esse ripercussioni sulle liste 
dei vescovi italiani (7) : alcuni hanno supposto che fosse con- 



(1) The life of Saint Patrick and his place in history, Londra, 1905. 

(2) V.: GOUGAUD, o. c., p. 59. 

(3) V.: GuERRA'GuiDl, Compendia di storia ecclesiastica lucchese, 
Lucca, 1924, p. 41. 

(4) Le Diocesi d'ltalia, Faenza, 1927, p. 585. 

(5) o. c., p. 48. 

(6) V.: GOUGAUD, ib. 

(7)V.: SAVIO, Gli antichi vescovi d'ltalia: il Piemonte, Torino, 
Bocca, 1899, p. 294. 

J54 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

sacrato da un vescovo di Torino, altri da un vescovo d'lvrea : 
quest'ultima opinione fu sostenuta dal Card. MORAN (i). II 
LANZONI non considera neppure queste due ipotesi. 

Egli invece (2), a proposito di un Patrizio, nominate dal 
vescovo Lupercus in un'iscrizione nolana del 786 dopo altri 
quattro santi (Felice, Paolino, Rufo e Lorenzo) rkenuti da 
alcuni scrittori locali tutti vescovi di Nola, nqta che un S. 
Patrizio episcopus era. venerato a Nola il 17 marzo, vale a 
dire nel dies natolis del S. Patrizio irlandese: e quindi il 
LANZON! ritiene che Lupercus nella sua iscrizione abbia no- 
minato prima i due protettori di Nola, quindi due martiri 
venerati nella Campania, e in ultimo il S. Patrizio irlandese 
come suo protettore particolare. 

2. Fra le feste liturgiche della Chiesa genovese si 
trova al 17 marzo (3), secondo il Calendario diocesano del 
1645 cne e il piu antico che si possegga, in Metropolitana 
S. Patritii Episc. et Conf., semid., ob reliquiam insignem ma* 
nus sinistrae. Nell'inventario della Chiesa metropolitana 
del 1386 (4) figura manus Sancti Patricii munita argento . 

3. In Pavia, che certo ha ospitato molti Irlandesi sotto 
i Longobardi e i Carolingi, era vivo un tempo il culto a S. 
Patrizio, S. Brigida, S. Colombano e anche S. Brandano (v. 
Cap. V, 6). 

Una chiesa di S. Patrizio esisteva a Pavia nel sobborgo 
che fino a pochi anni fa si chiamava appunto sobborgo S. 
Patrizio e che ora si chiama sobborgo Piave. II P. RoMUALDO 

(1) V. : Analecta Bollandiana, I, 1882, p. 554. 

(2) o. c., p. 237. 

(3) V. : CAMBIASO, L'anno ecclesiastico e le feste dei santi in Ge- 
nova, Genova, Soc. Lig. di Storia Patria, 1917, p. 23. 

(4) V.: ib. p. 453. 

~ 155 



S. PATRIZIO 

GHISONI (i) accenna a una prima antichissima chiesa sorgen- 
te sul luogo stesso di quella esistente ai suoi tempi, luogo che 
probalbilmente era il luogo d'abitazione della madre di un 
Senator (nome proprio) che fondo un monastero di Benedet- 
tine in citta, nel sec. VIII, sotto i Longobardi. In ogni modo 
la chiesa era soggetta appunto alle Monache del Monastero 
di Senatore che ne eleggevano il Rettore. Essa e meinzionata 
nel sec. XIV dal De Canistris (2). Nel 1538 venne restaura- 
ta: nel 1622 fu demolita per dar luogo ad una piii moderna, 
la quale a sua volta, nel 1655, neH'assedio posto dai Francesi 
alia citta, venne distrutta. Ma poi fu nuovamente edificata (e 
quella che il GHISONI vedeva nel 1699 quando scriveva). Og- 
gi non esiste piii : c'e solo un affresco rappresentante la Ma- 
donna col Bambino e S. Patrizio inginocchiato, sopra il muro 
esterno d'una casa. 

4. 'Presso Vertova in provincia di Bergamo yi e un 
insigne Santuario di S. Patrizio, sul quale possediamo una 
pregevole monografia, ampiamente illustrata, del Sac. G. 
B. BAGGI (3). 

L'origine deirantichissimo culto di S. Patrizio in Vertoya 
e incerta, ma pare si riconnetta con la produzione e il com- 
mercio dei panni di lana nella Valle Seriana (4): notiamo che 
ai mercanti di lana si attribuisce anche rorigine del culto di 
S. Pellegrino d'Auxerre nella vicina famosa stazione idromi- 
nerale di San Pellegrino. Ma in generale il culto dei santi 



(1) Flavin Papia Sacra, 1699. 

(2) V. GIANANI, Opicino De Canistris, Pavia, Fusi, 1927, pp. 56, 
88, 130. 

(3) 5, Patrizio vescovo, specials protettore di Vertova (Bergamo), 
Bergamo, Soc. Ed. S. Alessandro, 1928. 

(4) V.: BAGGI, o. c., p. 137 ss. 



I SANTJt JRLANDESi itf If ALlA 

iriandesi in Lombatdia pare debba collegarsi anche con fon- 
dazioni monastiche nostrane e della Rezia (San Gallo). 

II Santuario si trova in amena posizione sulla strada mu- 
lattiera che da Vertova (Val Seriana) porta a Gorno (Valle 
del Riso). Vi era anticamente una cosidetta Tribuina o Tri- 
bulina, presso cui fu poi innalzata una preziosa chiesola af- 
frescata (forse nel sec. XIV) che anche oggi si vede incorpo* 
rata in mezzo al maestoso porticato ch'e avanti al Santuario 
grande. Questo fu costruito fra il 1581 e il 1600, ma com- 
pletato solo verso il 1700. Esiste ivi anche un pozzo di S. 
Patrizio (i). 

II culto al santo irlandese e tuttora molto vivo fra i ver- 
tovesi e ha dato luogo a graziose manifestazioni durante e 
dopo la guerra mondiale (2). Le scuole elementari fanno tut- 
tora vacanza il 17 marzo (3). Il nome di Patrizio, e anche gli 
Patrizia, e frequente come nome di battesimo nelle famiglie 
vertovesi (4), e frequente e il cognome Bernini, che si vuol 
far derivare da Hibernini o Ibernini (5). 

5. Esiste in prov. di Ravenna (ma in diocesi di Imo- 
la) un villaggio chiamato San Patrizio, frazione di Conselice. 
Vi e una parrocchia intitolata al santo. Nel Ch&rtiHariuni 
Imolense pubblicato da GADDONi-ZACCHERiNl (6) e ricordata 
piu volte la chiesa S. Patritii o Patricii o Patrigii in Capite 
Silicis, Silyce plebs, Consilicis ( = Conselice), in documenti 
che vanno dall'anno 1092 (n. 732) al 1193 (n. 699), e sem- 



(t) Ib., p. 128. 

(2) Ib., p. 215 s. 

(3) Ib., p. 134. 

(4) Ib., p. 131. 

(5) Ib., p. 140. 

(6) Imola, Ongania, 1912. 



157 



S. PAfRIZtd 

pre come pieve. Dppo appare o come pieve o come rettoria. 
Dai pochi inventari del secoli XVIII e XIX nulla risulta circa 
le origini della chiesa e la ragione del suo titolare: un mo- 
nastero Ibenedettino di Imok (5. Mariae in Regula), di piu 
secoli avanti il mille, aveva possessi in pieve di S. Patrizio 
e dintorni, come risulta dallo stesso Chartularium. Nel 1500 
la chiesa aveva gia ceduto il primato alia chiesa di Coinselice, 
dove s'era andato formando un piu grande borgo. In quel 
secolo S. Patrizio era rettoria, mentre Conselice era arcipre' 
tale, Arcipretale divenne (ed e ancora) S. Patrizio dal 1705. 
La chiesa e volta ad oriente. L'ultimo rifacimento di essa, 
ex novo, e del 1875. La canonica ha subito mille trasforma- 
zioni. Il quadro del santo protettore sembra del sec. XVIII. 
S. Patrizio vi sta in basso a sinistra: in alto la SS. Trinita: 
e a mezz'aria Melchisedech che le offre il pane e il vino. Il 
quadro potrebbe aver relazione con una Confraternita del 
Riscatto che celebrava la sua festa nel di della SS. Trinita. 
Vi e un pozzo davanti la chiesa, ma fuori dei suoi confini: 
e il pozzo della parrocchia di S. Patrizio, provvidenziale nei 
tempi di magra e di siccita, col parapetto formato da un'an' 
tica conca di marrno. 

La festa del Patrono, al 17 rnarzo, in nulla differisce dalle 
feste patronali delle chiese circonvicine. Dalle visite pasto- 
rali dal sec. XVI in qua risulterebbe una certa iginoranza a 
suo riguardo (i). 

6. Parimenti intitolata a S. Patrizio e la parrocchia 
di Tirli, in comune di Firenzuola (prov. e diocesi di Firen- 
ze). Tirli fu Tultimo dei castelli delle Alpes Ubaldinorum 

(i) Devo queste notizie alia cortesia del dotto P. Benv. Bughetti, 
O. F. M., del Convento dell'Osservanza di Imola. 

158 



iRLAbtofisl IN ITALIA 

che passasse ai Fiorentini (1373) {i). Sembra che questo ca- 
stello fosse assai grande, e, per la sua posizione sulle vie ra 
il Santerno e il Seriio, importantissimo, tanto che 1'anno 1298 
tentarono d'impossessarsene perfino i Bolognesi. Avendo 
esteso il loro dominio sul contado d'Imola, tentarono un 
colpo di mano anche su Tirli; ma la trama non riusci. Il 
21 settembre 1482, secondo una pergamena autenticata dal* 
1'archivio delle Riformagioni, i rappresentanti del Comune 
di S. Patrizio , insieme coin quelli di S. Martino, Monti e 
Castiglioncello si recarono a Firenze per trattare e giurare 
perpetuam fidelitatem all'eccelso popolo di Firenze. La chie- 
sa di S. Patrizio di Tirli e notata nel Campione Vecchio: 
nel 1684, dopo la Visita Pastorale, fu decorata del titolo di 
Prioria del Piviere di Camaggiore. Il quadro dell'altare, del 
sec. XVII, rappresentante S. Patrizio in atto di distribuire 
la S. Comunione, ha un certo valore. Si celebra la festa il 
17 marzo con notevole devozione del popolo (2). da nota* 
re, per rorigine di tale culto, la relativa vicinanza di Tirli 
con Imola e con Conselice. 

7. Segnalo qui, come possibile chiave per altre ri- 
oerche, che nella Chiesa di S. Giovanni in Monte di Bologna 
esiste un quadro, sull'altare della sagrestia, opera dello Spi' 
sanelli, che rappresenta nella parte centrale S. Patrizio, men' 
tre in alto, al lato sinistro della Vergine col Bambino in 
gloria, il pittore ha ritratto S. Guarino, santo bolognese del 

(1) V. : STEFANO CASINI, Diftonario biografico'geografico'Storico del 
Comune di Firenguola, 3 voll., Firenze, Campolmi, 1914, 'v. I, p. 100 
ss. e II, p. 247. 

(2) V. al riguardo di tale chiesa anche SANTONI, Raccolte di notifte 
ecc., Firenze, Mazzoni, 1847. 



159 



s. i?ATRizi6 

XII secolo, appartenente all'ordine dei Canonici Regolari La- 
teranensi, che fino al 1800 risiedevano in detta chiesa (i). 

8. In diocesi di Fermo (prov. di Ascoli Piceno) v'e, 
fra Montegiorgio e Montegranaro, il comune di Torre San 
Patrizio, che ha avuto in altri tempi notevole importanza 
nella vita della regione. Sembra che il nome di S. Patrizio 
sia dovuto ai monaci benedettini che avevano in diocesi di 
Fermo important! monasteri; cio sarebbe confermato dal 
fatto che 1'apostolo delPIrlanda e comprotettore anche di al' 
tro luogo dell'archidiocesi fermana, e precisamente di Cam* 
pofilone, dove un tempo i Benedettini possedevano una fio* 
rente abbazia. Ne e a dimenticare che 1'editto di Lotario 
dell'825 fece Fermo sede di una delle nove scuole d'ltalia 
(v. Cap. Ill 4). Torre San Patrizio ha certo origine molto 
antica. II paese si trova compreso come Collis 5. Patritii in 
un elenoo dei luoghi soggetti alia giurisdizione ordinaria dei 
vescovi di Fermo nel sec. XI (2). Il nome di Turns dovette 
essergli dato in seguito, o per 1'esistenza sul luogo di qual' 
che torre o perche con questo nome molte volte erano chia- 
mati i piccoli castelli (3. Si ha memoria che verso il 1200 
il castello era denominate anche Turns Patritia; ma in se* 
guito e sempre Castrum Turns S. Patritii: e 1'antico Sta* 
tuto di Fermo nella classificazione dei castelli dipendenti 
dalla citta, pone Castrum S. Patritii fra i mezzani. 

Appartenne a Fermo e a questa citta fu rassegnato da re 

(1) V.: Bollettino Parrocchiale della Parrocchia di S. Giovanni in 
Monte, del 25 gennaio 1931, p. 5. 

(2) V.: G. PORTI, Tavole sinottiche delle cose piu notabili della 
citta di Fermo. 

(3) V.: PALMA, Compendia della storia. civile del Pretu&o, Tera- 
mo, Marsili, 1856, p. 68. 

160 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 



Manfredi di Sicilia 1'anno 1258 con atto solenne riferito 
dallo storico fermano FR. ADAMI.(I). Nel 1301 si mise in 
lotta contro il Papa; ma dal Rettore della Marca, nipote del 
Pontefice, venne sottomesso e condannato a pagare una multa 
rilevante. Nel 1414 fu preso dal Malatesta di Cesena che 
aspirava al domiraio della Marca. Piu tardi parteggib per Fran- 
cesco Sforza, divenuto tiranno di Fermo e nemico del Pon- 
tefice: perb nel novembre 1443 fu attaccato dalTesercito di 
Paolo del Sangue che trovavasi nella Marca a difesa della 
Chiesa e non ostante 1'eroica difesa degli abitanti fu espu- 
gnato, saccheggiato, e pressoche distrutto col fuoco. Rista- 
bilitasi la fortuna delle armi dello Sforza, questi ordinb ai 
Fermani di pagare entro otto giorni, per la ricostruzione di 
Torre S. Patrizio, una tassa speciale, e tosto si dette opera a 
ricostruire il diruto. castello per opera dello Sforza stesso 
che intese di premiare cosi la fedelta dei Torresi. 

Cacciati definitivamente gli Sforza nel 1446, Torre San 
Patrizio, sempre soggetta a Fermo, segui la sorte degli Stati 
Pontifici. 

Neirarchivio di Fermo esistono tre pergamente del 1317 
riguardanti Torre S. Patrizio, ma di interesse private e 
scarso (2). 

La parrocchia di Torre S. Patrizio ha per titolare il SS. 
Salvatore; ma S. Patrizio, protettore del luogo, vi ha la pro- 
pria cappella ove si conserva dal 1653 una sua reliquia (parte 
di cranio) sulla storia della quale il Sac. B. BONIFAZI ha pub- 



(1) De rebus in civitate firmana gestis fragmentorum libri duo, 
libro I, cap. 42. 

(2) Devo queste notizie alia cortesia di Mons. Giov. Cicconi, biblio- 
tecario della Comunale di Fermo. 

161 

i 

11 



r 



S. PATRIZIO 

blicato nel 1925 un opuscolo (i). Vi esiste tma venerabile 
Confraternita di S. Patrizio, che celdbra ogni anno con de* 
vozione la sua festa al 17 marzo. In una tela del 1599, esi* 
stente presso la Pievania, 1'Assunta, protettrice della Diocesi, 
ha da un lato S. Patrizio, dall'altro i martiri Ippolito e Gas* 
siano. 

9. A tutti e noto il Pozzo di S. Patrizio in Orvieto: 
tale denominazione, relativamente recente, non ha relazione 
diretta col santo, che non tiscuote culto in Diocesi (2). La de- 
nominazione si ritrova per la prima volta in un opuscolo 
anonimo pubblicato in Orvieto nel 1829 (3). La Strenna. Or* 
vietana pel 1848 (4) dice a pag. 32: ...fu detto di S. Pa' 
trizio per la somiglianza di costruzione ad una caverna in 
Irlanda incavata nel masso ordinata da S. Patrizio cola man' 
dato vescovo... . Analoga ipotesi si trova in FR. PENNAO 
CHI (5). II Prof. PERALI ritiene che il nome abbia avuto ori' 
gine da turisti inglesi al principio del sec. XIX: prima quei 
di fuori dicevano Pozzo d'Orvieto , i cittadini Pozzo 
della Rocca : lo stesso Prof. PERAL! aggiunge che se si VO' 
lesse supporre del nome un'origine piii antica, la si potrebbe 
forse ricercare verso il 1725, quando i Gualterio ospitarono 
gli Stuart e la loro piccola corte nella villa del Crognolo (6). 

10. Recentemente s'e dato il nome di Pozzo di 
S. Patrizio a una nuova grandiosa scala della Citta del Va- 

(1) Favoritomi dal Rev. Parroco D. Vine. Leoni. 

(2) V.: Prof. PERICLE PERALI, Orvieto, Marsili, 1919, p. 171 ss. 

(3) Descriftone del Duomo d'Orvieto e del pofflp volgarmente del* 
to di S. Patrizio, per servire di guida al viaggiatore, Orvieto, 1829, 
presso Sperandio Pompei. 

(4) Tosini, 1848. 

(5) Cenni storici e Guida di Orvieto, Tosini, 1873, p. 106. 

(6) O. c., p. 273. 

162 



1 SANtl IRLANDESI INf if ALIA 

ticano. In un articolo Le nuove opere della Citta del Vati- 
cano apparso sutt'Illustrazione Vaticana (i), si dice: A lato 
del giardino all'italiana, fervet opus per la iiuova sede della 
Pinacoteca e per il Pozzo di S. Patrizio , monumentale 
lavoro che apre Tentrata ai Musei dalla via Leone IV . 

Ricordiamo infine che in Roma, in via Boncompagni, 
esiste una chiesa moderna degli Agostiniani Irlandesi intito^ 
lata a S. Patrizio, e che il Diario Romano e Vaticano a men- 
zione di un dente del santo che si conserva nella Chiesa di 
S. Maria di Loreto al Foro Trajano. 

(i) Anno I, n. i, 25 dicembre 1930, p. 14. 



-163- 



CAPITOLO OTTAVO 

S. BRIGIDA DI KILDARE 

i. Di S. Brigida verg. di Kildare, la Taumaturga, 
abbiamo parlato nel Cap. I 5. Essa gode una notevole po* 
polarita in tutta 1'Europa occidentale, e senza dubbio tale 
popolarita e dovuta alPiaitensisskna propaganda fatta dai mo- 
naci, dai missionari, e dai pellegrini irlandesi, dovunque pe- 
netrassero in favbre dei loro santi nazionali (i). Vedremo 
qui sotto che tale popolarita non e stata minore in Italia: 
occorre pero tener ben distinta la S. Brigida vergine, d'lr-- 
landa (festa i. febbraio), dalla S, Brigida vedova, di Sve^ 
zia (i3O2'i373, festa 23 luglio e 8 ottobre), ch'e pure popo- 
lare, specialmente nell'Italia centrale e meridionale. 

2. In Piemonte si trova onorata S. Brigida verg. sia 
isolatamente sia in unione con Tirlandese S. Orso d'Aosta, 
la cui festa ricorre parimenti il i. febbraio. Sul culto a San- 
ta Brigida nelle diocesi di Fossano, Mondovi e Saluzzo pare 
ablbia influito la devozione particolare che aveva per la santa 
il beato Oddino Barotti, di nobile famiglia fossanese (XIV se- 
colo). I Barotti (2) avevano nei loro possedimenti presso 

(1) V.: GOUGAUD, Gaelic pioneers, p. 104 ss., dove sono raccolti 
numerosi dati sul culto della santa di Kildare in Francia, Belgio e 
Germania. 

(2) V.: MURATORI, Vita del lo. Oddino Barotti, 2 a ed., 1867, cap. 
X e XL 

i 

164 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

Fossano un oratorio dedicato a S. Brigida, ora scomparso, 
dove alloggiarono nel 1569 i Padri Cappuccini al primo loro 
arrivo sul posto : il b. Oddino indusse il popolo ad eleggersi 
protettrice delle campagne, desolate allora dalle brinate e 
dalla grandine, Santa Brigida, venerata nell'Irlanda, dopo 
la Vergine Madre di Dio, piii di ogni altro Santo, e ce?.ebre 
in tutta la Chiesa latima . La Santa ha culto officiale come 
compatrona della citta e diocesi di Fossano, con festa litur- 
gica nella cattedrale il i. febbraio, e festa di devozione nella 
chiesa di S. Bernardo, presso la citta. 

Parimenti S. Brigida e compatrona della citta di Pinerolo 
(se ne trova gia menzione nel 1318). Secondo notizie forni^ 
temi da Mons. Cuatto, Rettore del locale Seminario, esisteva 
fin dal sec. XIV Una chiesa di S. Brigida nei pressi di Pine^ 
rolo : fu officiata dagli Agostiniani, e parecchie volte distrut- 
ta e riedificata: ora e una cappelletta campestre. 

A S. Brigida e intitolata la parrocchia di Rocca Ciglie in 
diocesi di Mondovi e provincia di Cuneo. 

NelEfc parrocchia di Piasco (diocesi di Saluzzo) vi e una 
cappella in onore di S. Brigida vicina ad una cappella di 
S. Orso (i. febbraio), a ridosso della medesima collina sulla 
falda della quale vi e una parrocchia di S. Colombano (Co- 
mune di Pagno): le prime pero su un versante, rultima su 
I'altro versante. Nella cappella di Piasco si onora adesso la 
S. Brigida di Svezia, ma quasi certamente come dubita 
anche Moais. Allemandi, Rettore del Seminario di Saluzzo 
si tratta d'ignoranza. 

La diocesi di Aosta, che ha sempre avuto vivo culto per 



- 165 - 



S. BRIGIDA DI KILDARE 

i santi irlandesi, come nota il Can. . DoNDEYNAZ (i), a San 
Orso unisce sempre S. Brigida . 

S. Orso e S. Brigida erano gla antichi patroni anche della 
citta d'lvrea (2). E ivi t vicino alTabbazia di S, Stefano, vi 
era u<na chiesa consacrata in loro onore, secondo il DoNDEY' 
NAZ (3), ma mi risulta solo la consacrazione a S. Orso. 

S. Brigida e con S. Orso contitolare della parrocchia di 
Vallanzengo Biellese (diocesi di Biella, prov. di Vercelli). 

A Vercelli (4) esisteva una chiesa di S. Brigida annessa 
ad un Qspedale degli Scoti, che, fondato probabilmente dal 
prete Bonfiglio della cattedrale di S. Eusebio, era gia eretto 
nel 1140 e pare sia stato il piu antico fra i vari ospedali del' 
la citta: e citato come hospitale Scotorum in data 1183 e 
1184 nelle carte dell* Arch. Capitolare di Vercelli (5): servi* 
va (secondo un documento del 1305) ad utilitatem omnium 
tam clericorum quam laicorum de Hybernia et Scotia trcm* 
seuntium . Nel 1343 quest'ospedale fu unito a quello di 
S. Andrea, da un secolo fondato, e ampliato in questo tenv 
po. L'annessa chiesa di S. Brigida sembra fosse patfcbcchia, 
da un documento del 1 185. Tale parrocchia non si trova piu 
elencata nei documenti del sec. XIV, il che fa supporre che 
sia stata soppressa quando I'Ospedale degli Scoti fu assorbito 
da quello di S. Andrea (6). 

(1) Vie de Saint Ours, Aosta, Mensio, 1868, p. 30 e 104. 

(2) V.: G. SAROGLIA, Eporedia sacra, Ivrea, Tomatis, 1887. 

(3) O. c., p. 30. 

(4) V.: CARLO DIONISOTTI, Notizie biografiche dei Vercettesi illu' 
sin, Biella, 1862, Mons. RicCARDO ORSENIGO, Vercelli Sacra, Cotno, 
1909, e MANDELLI, II Comune di Vercelli nel M. E., Vercelli, 1858. 

(5) V.: Voll. 70 e 71 della Collana storica della, Soc. Storica Su* 
balpina, Torino. 

(6) V.: SAVIO, Gli antichi vescovi d'ltalia: il Piemonte, p. 

166 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

3. Anche in Liguria troviamo la devozione a S. Bri- 
gida (i). La santa patrona d'Irlanda, vissuta nel sec. VI, 
ebbe culto, oltreche in Irlanda, nelle Gallic e nelTAlta Ita- 
lia (2); non si trova invece nei libri liturgici romani. A Ge- 
nova 1'abbiamo nei codici C. M. V., con rito sem., e orazione 
propria Deus qui sanctarum virginum, che si legge pure nei 
libri ambrosiani. II suo culto fu promosso specialmente dal- 
TOrdine lateranense; e i Diarii citati hanno: La Religione 
lateranense a I'ufficio doppio di S. Brigida Vergine, sua ca- 
nonica (canonichessa) . II GOUGAUD (3) fa notare la stra- 
nezza del fatto che i Canonici Regolari reclamino S. Patrizio 
e S. Brigida come appartenenti al loro Ordine. Ritengo che 
il fatto si possa spiegare con la parte rappresentata fra i Ca- 
nonici Regolari da quelli di S. Frediano di Lucca, che hanno 
costituito a lungo un centra d'influenza scotica (v. Cap. II 
9 e Cap. XVII 7). 

In parrocchia di Gervo Ligure (dioc. di Allbenga, prov. di 
di Imperia) vi e un oratorio dedicate a S. Brigida (4). 

4. In Pavia esisteva un tempo uai Ospedale di S. Bri- 
gida menzionato nel sec. XIV da Opicino de Canistris (5): 
ora non c*e piu nulla. Non e improbabile che anche quest'o- 



(1) V.: D. CAMBIASO, L'anno ecclesiastico in Genova, Geneva, 
1917. 

(2) Ib. t p. 122: v. anche pp. 295 e 376. 

(3) In Gaelic Pioneers, pp. no-i cita questa unica notizia riguardo 
al culto di S. Brigida in Italia. 

(4) errata 1'indicazione data daH'Annuario delle Diocesi e del 
Clero d' Italia, 1904, a pag. n * che da SS. Reparata e Brigida come 
titolari della parrocchia di Aquila d'Arroscia (dioc. di Albenga, prov. 
di Imperia): tale parrocchia e dedicata soltanto a S. Reparata. 

(5) V.: GlANANI, Opicino de Canistris, p. 90 e 131. 



-167- 



S. BRIGIDA DI KILDARE 



spedale, come quello di Vercelli e quello di Piacenza inti- 
tolati alia stessa santa, fosse un hospitale Scottorum. Una re- 
liquia di S. Brigida si conservava un tempo nel Duomo di 
Pavia (i). 

Dedicata a S. Brigida e la chiesa di Ponzate in diocesi di 
Como, divenuta parrocchiale nel 1400, la quale, secondo 
quanto mi comunica il Can. Giacinto Turazza di Como, ripe* 
te forse Torigine dai Benedettini di S. Abbondio che in 
luogo possedevano dei beni. 

A Camerlata, pure in diocesi di Como, si trova altra an- 
tica chiesa di S. Brigida, eretta forse del vescovo Amalrico 
(844'865), celebre per tradizione e concorso di gente spe- 
cialmente nel giorno 2 febbraio (in vari luoghi la festa si fa 
il 2 invece del i.). 

Nel Bergamasco abbiamo due parrocchie intitolate a San- 
ta Brigida: quella di Lorentino, frazione di Calolzio Corte 
(sull'Adda) e quella del villaggio di Santa Brigida (in alta 
Val Brembana, fra Olmo al Brembo e Cusioj. Nella chiesa 
di Lorentino trovasi una lapide con questa iscrizione: 
D.O.M. Olim Dianae nunc B. Birgittae Virg. :vi e molto 
concorso di popolo, specie al i. febbraio, e se ne bacia la 
reliquia per ottenere la guarigione degli occhi ammalati. 
Santa Brigida in Val Brembana e un villaggio diviso in piu 
frazioni, in sito pittoresco. La parrocchia, arcipretale plebana, 
sede di antica vicaria foranea, e, come quella di Lorentino, 
di rito ambrosiano perche gia appartenente alia diocesi di 
Milano (2). 



(1) V.: P. ROMUALDO GHISONI, Flavia Papia Sacra, 1699, Parte 

Hit P* 2. 

(2) V.: BAGGI, 5. Patrifto vescovo, protettore di Vertova, p. 66. 

168 



I SAND IRLANDESI IN ITALIA 

5. A Piacenza e intitolata a S. Brigida una chiesa 
parrocchiale di eccezionale interesse storico, sulk quale pos- 
sediamo uno studio originate di G. TONONI (i) ed un'ampia 
monograa di Moris. V. PANCOTTI (2). Essa fu edificata fra 
1*826 e 1*850 a proprie spese dairirlandese S. Donato, vesco- 
vo di Fiesole, in onore di S. Brigida, e come cosa propria da 
lui donata il 20 agosto 850 al Monastero di S. Colombano 
di Bobbio con tutti gli edifici annessi e tutti i ibeni relativi. 
L'atto dice : Constat me Donatum sanctae Vesulanae cede* 
siae episcopum ex genere Scotorum jamdudum contulisse, 
sicut et contuli, ecclesiam meam, quae est constructs in ho* 
nare sanctae Brigidae in civitate Placentiae, monastery Bobii 
etc : fra gli scopi menzionati dal donatore vi e specificata- 
mente quello di mantenervi aperto un ospizio per i pellegrini 
irlandesi, si de gente mea aliquis peregrinus advenerit. L'O- 
spizio di S. Brigida ando col tempo perdendo importanza 
quanto al raggiungimento del fine per cui era stato fondato 
da S. Donato. D'altra parte inel sec. XIII la Chiesa di S. Bri- 
gida aveva gia perduto quasi tutte le possessioni e i beni di 
cui Tavevano arricchita con tanta larghezza S. Donato e 
altri generosi pellegrini irlandesi. Il PANCOTTI (p. 21) ritiene 
che la chiesa sia divenuta parrocchiale nella prima meta del 
sec. XI, quando il Monastero di S. Colombano, gia in piena 
decadenza e travagliato da interne ed esterne discordie, ave- 
va abbandonato la cura della chiesa e del convento di S. Bri- 
gida, che vennero cosi a trovarsi sotto la giurisdizione del 
vescovo pro-tempore. Nel 1135 (ib. p. 36) S. Brigida figura 



(1) S. Donato e la Chiesa di S. Brigida con ospi%io pei pellegrini 
irlandesi a Piacenza, Strenna Piacentina, 1891. 

(2) La Chiesa di S. Brigida, Piacenza, Del Maino, 1929. 

169 



S. BRIGIDA DI KILDARE 

come prepositura e nel 1143 il titolare di essa figura come 
appartenente alia Congregazione dei parroci urbani. Il 21 gen- 
naio 1185 fu in S. Brigida ratificata da tutti i deputati del- 
la Lega Lombarda e giurata la pace di Costanza. Nel 1471 
1'ospedale di S. Brigida (ib. p. 25), fu unito all'Ospedale 
grande. Dal 1632 al 1806 la parroccbia fu govemata dai 
padri Barnabiti: espulsi questi sotto Napoleone, fu retta da 
Economi spirituali fmo al 1906, anno in cui fu reintegrata 
k prepositura. La Chiesa e monumento nazionale dal 1911. 
II i. settembre 1923 il card. Ehrle, Legato papale al XIV 
Centenario di S. Colombano in Bobbio, celebrava Messa in 
S. Brigida alia presenza di quattro vescovi e molti pellegrini 
irlandesi. S. Raimondo Palmerio e nato nella parrocchia di 
S. Brigida e usava quotidianamente orare in tale chiesa t da* 
vanti al crocifisso romanico che ancora vi si consetva. Un 
capitolo degli anticbissimi Statuti del Comune di Piacenza 
riconosce come festivo il i. febbraio, dedicato alia patrona 
deU'Irlanda; nel qual giorno erano proibiti i lavori servili et 
forum silebak. La chiesa di S. Brigida di Piacenza e men- 
zionata in ClPOLLA-Buzzi, Codice diplomabico del Monaste* 
ro di S. Colombano di Bobbio (i). 

Una chiesa di S. Brigida esisteva anche in Parma (2). Pi- 
gura come Ecclesia nel Capitolo delle decime del 1230 (3), 
e del 1299 (4), e nelTEstimo del 1354 (5). Nel 1578 era ri* 
dotta a semplice oratorio e la cura trasferita a S. Anastasio. 



(1) 1st. St. It., Roma, I, 165, 167, II, 230, 231. 

(2) V.: A. SCHIAVI, La Diocesi di Parma, Parma, 1925. 

(3) !&., p. 29. 

(4) P 44- 

(5) PP- 7i e 89. 

170 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 



Fu pod acquistata e demolita nel 1674 da Ranuccio II per 
ampliare il Collegio dei nobili (i). 

Segnalo che fra Minerbio e Granarolo delllEmilia (Bolo- 
gna) esiste' un borgo chiamato Santa Brigida (2), ma non ho 
potuto accertarmi che prenda il nome dalla santa irlandese. 

6. In provincia di Trento vi sono due parrocchie de- 
dicate alia inostra S. Brigida: quella di Don in Comune di 
Cavareno, e quella di Romagnano in Comune di Mattarello, 
dove si festeggia con molta devozione il i. febbraio. Il 
P. Teodorico Asson O.F.M. mi segnala che riguardo alia 
chiesa di Romagnano il P. GiANGRisosTOMO TOVAZZI (3) 
dice : Eccl. s. Brigittae virginis curata Romaniani plebis 
Pedescastellanae (Trento) de qua in Parothiali t. 2 c. 135 
p. 1386. Ibi festum tituli celebratur calendis jebr. et festum 
dedicat. die 28 oct&bris . Nel detto Parrocchiale scrive poi : 
Titularis (ecclesiae) ejus est 5. Birgitta seu Brigitta vel Bri" 
gida virgo suota monialis, cujus festum colitur calendis fe* 
bruarii... In ordine recitandi divinum officium iuxta ritum 
Eccl. abbot. 5. Michaelis de Caudiana canonicorum regul. 
5. Salvatoris Congr. Rhenanae Ordinis S. Augustini pro 
anno 1777 ad i febr. habetur: Brigidae virg. semid. cano* 
nissae regularis (in margine: In directono nostrorum Fro* 
trum hibernomm Pragae commorantium pro anno 1786 ad 
i febr. lego: S. Brigidae Virginis Hibern. Patronae dup. 2 
cl.or. et l$ct. 2 noct. prop. . Cio potrebbe far ritenere che 
anche nel Trentino il culto a S. Brigida sia stato promosso 
dai Canonici Regolari: pero e a rammentare che a Piedica" 



(1) p. 160. 

(2) Carte del Touring, foglio 19, A i. 

(3) Nel Ms Notitia Ecclesiarum etc., n. 1164, p. 315. 

171 



S. BRIGIDA DI KILDARE 

stello (Tretito) vi fu un monastero di Benedettini, ove dimo- 
rarono nel 1221 i primi Frati Francescani, prima di costruirsi 
il proprio convento. 

7. Siamo cosi giunti ai limiti della zona in cui si 
estende il culto alia santa irlandese, e in cui comincia quello 
della santa omonima svedese: alia S. Brigida di Svezia e de- 
dicata S. Brigida raz. di Roncegno (Trento) e alcune cap- 
pelle di S, Brigida che si trovano in Istria. 

Ne ho trovato traccie di culto alia S. Brigida di Kildare 
in Italia oentrale e mcridionale, mentre numerose sono ivi 
le chiese e cappelle dedicate a S. Brigida di Svezia. 



172 



CAPITOLO MONO 

SAN GALLO 

i. Abbiamo dato nel Cap. II 4 le notizie biografi- 
che piu importanti su questo compagno di S. Colombano, 
che fermandosi nel 612 in Svizzera, diede origine al famo- 
sissimo monastero di S. Gallo la cui importanza per la cul* 
tura medioevale nan fu certo minore di quella del mona- 
stero di Boblbio (i). Specialmente importante u 1'infiuenza 
esercitata dai monaci di Sain Gallo suH'origine e lo sviluppo 
delle sequence e sull'arte musicale (2). II monastero svizzero 
ha conservato a lungo diversi generi di rapporti con 1'Italia 
settentrionale, e per quanto il santo non sia mai venuto al 
di qua delle Alpi si trovano numerose traccie del culto col 
quale e stato anche presso di noi onorato (3). 



(i) Al riguardo, oltre alia bibliografia data dal GOUGAUD nelle Chr. 
celt., v. quella data da B. ALBERS, II monachismo prima di S. Be* 
nedetto, Roma, 1916, p. 109 e 115, e da U. BERLIERE, L'ordine mo* 
nastico, Bari, 1928, p. 254 s. 

(a)( V. : BERLIERE, op. cit., pp. 105, 120, 125, e C. A. CINGRIA, La 
civilisation de Saint Gall, Geneve, Payot, 1929. 

(3) Per i legami fra il cenobio bobbiese e quello di S. Gallo (e in 
generale con la Svizzera) v.: ClPOLLA'Buzzi, Cod. dipl. del Mow. di 
S. Colombano di Bobbio, I, p. 90 s., 159 ss., 398 s., 410, e per i 
legami fra il cenobio di S. Gallo e la schola Eusebiana di Vercelli 
segnalo due importanti note di Mons. R. PASTE, Di una lettera di 
Notkero Balbulo a Luitvardo vescovo di Vercelli (in: Scuola Catto- 



173 



SAN GALLO 



S. Gallo mori nel 646, al 16 d'ottobre, giorno in cui si 
oelebra la sua festa in molti paesi d'Europa, specie in Sviz- 
zera, Alsazia, Germania (i), e aggiungiamo noi in 
Italia. 

2. In Piemonte e dedicata a S. Gallo e a S. Nicolo 
la parrocchia di Comeliano in diocesi d'Alba e provincia di 
Cuneo. II monastero di Nonantola possedeva nel sec. XI 
vasti tenimenti nel contado d'Alba; vi erano almeno due 
monasteri benedettini anche nelle vicinanze di Corneliano. 
II prev. D. Vincenzo Galliano mi comunica che neH'Archivio 
della Cattedrale d'Asti si conserva un documento del 1345 
da cui risulta che la parrocchia di Corneliano era gia a tal 
epoca dedicata ai SS. Gallo e Nicolo. 

II DONDEYNAZ (2) assicura che S. Gallo aveva con S. Co- 
lombaaio un posto distinto nella liturgia della diocesi 
d'Aosta. 

3. Quanto alia Liguria, Mons. D. CAMBIASO (3) nota 



lica, ign, Vol. 21, p. 91*95) e Sulle tracce dei monaci di S. Gallo 
(ib. 1913, vol. 3, p. 223'23o): quest'ultima nota riguarda anche in 
generate 1'influenza irlandese sulla scuola di Vercelli. V. al riguardo 
anche Mons. E. PASTERIS, Le prose ritmiche o sequence di Attone 
di Vercellif in: Scuola Cattolica, 1925, vol. 6, pp. 295 e 340^46. 
Rapporti fra San Gallo e Como parrebbero risultare da un documen' 
to citato dal SAVIO, Gli antichi vescovi d'ltalia, La Lombardia, Parte 

II, vol. I, Bergamo, 1929, p. 309, a proposito del vescovo di Como, 
Luitvardo I (888'9O5) la cui morte e notata nell'appendice al libro 
della confraternita di San Gallo con queste parole (v. M. G. H., Li' 
bri confratevnitatum, p. 136): VIII Kal. JiZw (24 giugno) obitus 
Luitvardi Cumani episcopi. Cui dominus Salomo episcopus (Salomone 

III, vescovo di Costanza, 889-920) et cuncta congregatio S. Galli to* 
les orationes concesserunt quales pro semetipsis agere consueve* 
runt . 

(1) V.: GOUGAUD, Gaelic Pioneers, p. 121 ss. 

(2) Vie de Saint Ours, Aoste, 1868, p. 30. 

(3) L'anno ecclesiastico in Genova, Geneva, 1917, p. 248. 

174 



I SANT1 IRLANDESI IN ITALIA 

sotto la data del 16 ottobre : S. Gallo ab. il celebre 
compagno di S. Colombano ed era giusto che fosse accolto 
nella liturgia ligure in ragione di S. Colombano. Nei citati 
codici e di rito sem., e orazione de communi. Era venerato 
specialmente dai monaci benedettini, come notano i Diarii 
del sec. XVII (i). 

4. In Lombardia vi sono tre parrocchie tuttora de* 
dicate a S. Gallo. 

La prima e quella di Ponna inferiore in diocesi e prov. 
di Como, nelle valli sul Lago di Lugano, in pieve di Montro* 
nio (Castiglione d'lntelvi). La dedicazione a S. Gallo puo 
derivare dai Cistercensi dell* Acqua Fredda che in quelle valli 
possedevano molte terre. 

La seconda e quella di Premadio in diocesi e provincia di 
Sondrio, neU'Alta Valtellina, cioe nell'antico contado di Bor- 
mio, soggetto un tempo al vescovo di Coira : il titolo di San 
Gallo e stato conservato per Tattuale parrocchiale costruita 
alia fine del sec. XV sull'area di altra chiesa di S. Cristoforo: 
1'antica chiesa pare avesse annesso un ospizio per pellegrini. 
Sulla prossima montagna di Oga vi e una chiesa dedicata 
a S. Colomlbano. II Can. G. Turazza di Como ritiene che i 
titolari di tali due chiese siano stati scelti, senza dirette in- 
fluenze monastiche, dai Propnum della diocesi di Coira, cosi 
come nel centro della Valtellina v'e una chiesa alpestre dedi- 
cata a S. Lucio, che dicesi fosse re brettone e poi primo ve^ 
scovo di Coira e martire (festa 3 dec.), santo del H. sec. (?) 
che sia detto di passaggio presenta grande inteiesse 
storico. 

(i) V. : ib., p. 337 e 427, e GOUGAUD, Gael. Pioneers, p. 124. 

175 ~ 



GALL6 

La terza parrocchia lombarda dedicata a S. Gallo si trova 
in un villaggio chiamato appunto San Gallo in Val Brem- 
bana (Bergamo) presso S. Giovanni Bianco, Pare vi fosse un 
tempo un piccolo monastero di Benedettini : vi e tuttora una 
frazione del Comune chiamata Callaba (Casa dell'abate) (i). 
II parroco mi comunica che durante gli scavi fatti nel 1908 
nella piazza della parrocchia si trovarono casse contenenti 
spoglie di monaci ancora coi loro abiti. Lo stemma del Co- 
mmie e un orso che fugge di fronte ad un monastero, 

Vi e un altro villaggio in Lombardia pure chiamato San 
Gallo, frazione del Comune di Botticino sera, in dioc, e prov. 
di Brescia, sulla strada Brescia-Salo. Vi era un monastero di 
Benedettini, che serviva di villeggiatura per i Benedettini 
di Brescia, del monastero dei SS. Faustino e Giovita, patro> 
ni della Diocesi. Essi ebbero probafoilmente a dare il nome a 
questa frazione ove avevano vaste possession!. La chiesa 
parrocchiale e intitolata a S. Bartolomeo ap. ma con altare 
laterale dedicato a S, Gallo, rappresentato su buona pala di- 
pinta. Il nome di battesimo Gallo e comune nella parrocchia. 

5. Dedicato ai SS. Salvatore e Gallo era il famoso 
Monastero Ibenedettino di Val di Tolla, in diocesi piacen- 
tina, sulla strada percorsa dai pellegrini per Roma. Le sue 
traccie sono ora scomparse (2) ma la dedicazione ai SS. Sal" 
vatore e Gallo e rimasta alia chiesa parrocchiale di Monastero 
Valtolla (Lugagnano), il cui parroco porta ancora il titolo 
di abate. 



(1) V.: MAIRONI DA PONTE, Di&onario odeporico, 1820, t. HI, 
p. 62. 

(2) V.: G. P. BOGNETTI, L'abbazia regia di San Salvatore di Tolla 
in: Bollettino Star. Piacentino, 1929. 

- 176 - 



iRLAtiDESI iti' rfALiA 

6. Nel Veneto troviamo traccie numerose del cultd 
a S. Gallo. 

In dioc. e prov. di Padova vi e Tantica (XIII sec.) chiesa 
parrocchiale del Comune di Urbana presso Montagnana, ch'e 
ad esso intitolata. In una f razione del medesimo Comune 
detta S. Salvaro rimangono avanzi d'un antico monastero. 

Intitolata a S. Gallo e parimenti la chiesa parrocchiale di 
Pesina in Comune di Caprino Veronese (dioc. e prov. di Ye* 
rona). Due conventi soppressi appartenevano al territorio 
della parrocchia, che data dal 1460. L'antica chiesa trovavasi 
ove ora e il cimitero; la chiesa attuale fu fabbricata verso il 
1760. 

Per il Trentino il p. ToVAZZl (i) indica due chiese de- 
dicate a S. Gallo: al n. 310, p. 89, Eccl. 5. Galli de Egna 
in Athesia cujus meminit charta anni 1203, ad Egna in val 
d'Adige, fra Trento e Bolzano: e al n. 706, p. 206, Eccl. 
5. Gdli de Cagnoda plebis Revodi ad an. 1500, Cagno in 
pieve di Revo, sulla strada d'Anaunia, fra Ponte di Mostiz- 
zolo e Cavareno (nel qual Comune abbiamo gia trovato la 
la parrocchia di Don dedicata a S. Brigida). Questo S. Gallo 
di Cagno e una chiesa rupestre presso cui vissero degli ere* 
miti fin dal 1491 (2). 

Altro romitaggio di S. Gallo in magnifica posizione 
trovasi sopra Soligo in prov. di Treviso, fondato pare 
da un frate Egidio di Lombardia nel 1430 sulle macerie del 
castello di Soligo dei da Camino, distrutto alia fine del seco* 

(1) Nella citata op. Notitia ecclesiarum etc. 

(2) V. Tinteressantissimo studio del sac. SlMQNE WEBER, GK ere* 
mitt nel Trentino , Rivista Tridentina , Dicembre 1912, dove a p. 
2 4J e dato Telenco degli eremiti che dimorarono a S. Gallo di Ca* 
gno dal 1491 al 1729. 

177 

12 



SAN GALLO 

lo XIV da Rambaldo da Collalto per conto ctella Serenis' 
sima. Frate Egidio voile intitolare la chiesa al santo abate 
Gallo in memoria dei primi suoi amni di vita religiosa tra* 
scorsi nell'abbazia omonima della Svizzera: di qui venue 
poi il nome che resto a tutto il monte. Egli invito poi dalla 
Svizzera un altro compagno il quale venne al seguito di uo 
mini che oercavano um capitano di ventura che li assoldasse. 
Alcuni di questi, fermatisi a Soligo diedero luogo a fami' 
glie ancora esistenti in parrocchia: i Viezzer (Sviezzer) e i 
Dorigo (Zorigo, dal canton di Zurigo). I pii eremiti si SIK> 
cedettero dalla Svizzera fino al 1800; attualmente vi e un 
eremita ma non appartiene a nessuna congregazione. Nella 
chiesa, sopra 1'altar maggiore vi e un affresco rappresen- 
tante S. Gallo che porta la data del 1442. Vi si celdbra so^ 
lennemente la festa il 16 ottobre, con numerosissimo con- 
corso dei fedeli di tutto il quartier del Piave, e anche dei 
paesi al di la del Piave: S. Gallo viene invocato in modo 
speciale per la guarigione dei bambini (i). 

.7. In provincia di Udine esiste la chiesa abba- 
ziale di Moggio Udinese (Castrum Mosnicii, in ted. Mosburg) 
che porta il nome di S. Gallo (2). Si suole comunemente asse- 
gnare al 1084 o 1085 un atto notarile o testamento col quale 
un Cacellino, conte palatine, dona i proprii beni patrimo' 
niali in Carinzia e in Friuli al suo congiunto Federico, pa- 
triarca di Aquileja, a condizione che neirallodio di Mog- 

(1) Traggo queste notizie dal bel volume di Mons. GIOVANNI PA' 
SIN, Soligo e la sua storia, Venezia, Libreria Emiliana Editrice, 19281 
p. 63 e segg. 

(2) V. : A. BATTISTELLA, L'abbazia di Moggio, Udine, Doretti, 
1903, Mons. P. PASCHINI in: Mem. Star, Forogiuliesi, IX (1913) 
ss., e KEHR, Italia pontificia, VII, Pars I, p. 66. 



1 SAfofI IRLAND6SI IN ITALIA 

gio, demolito il castello, faccia edificare un ceriobio in no- 
re della Beata Vergine e di S. Gallo, e vi chiami a reg- 
gerlo i monaci neri (i). Morto nel 1085 il patriarca Federi- 
co, il suo successore Voldarico I euro che fosse fabbricato 
il monastero di Moggio (Mosacense), interpretando cosi le 
pie intenzioni di Cacellino, e il 9 giugno 1119 pote fame la 
solenne dedicazione. Puo darsi che nella dedicazione a San 
Gallo, piuttosto che una individuazione precisa del defunto 
donatore, il patriarca seguisse un proprio sentimento di rico" . 
noscenza, avendo egli stesso tenuto il governo del celebre 
chiostro benedettino della Svizzera, Nell'agosto fu fatta la 
consacrazione della chiesa e di van altari e in quest'occa* 
sione Voldarico le fece donazione di molti altri beni ch'egli 
possedeva in Friuli e in Carinzia. In questo medesimo anno 
1119 si trova ricordato come primo abate Bebolfo. l/aba- 
te (2), pur essendo soggetto alia supremazia feudale del pa- 
triarca, supremazia confermata alia sede aquilejese dal pon^ 
tefice Innocenzo II il 29 giugno 1132, dipendeva ecclesiasti- 
camente soltanto dalla Curia romana, e aveva voto fra i pre- 
lati, nel Parlamento della Patria del Friuli. Ma con la po- 
tenza e con la ricchezza sorserp ben presto anche le invidie e 
i contrast! e Tabbazia, divenuta un grande feudo, si trovo 
avvolta in molteplici contese cod propri dipendenti e coi si- 
gnori fmitimi (specie coi Di Prampero, coi Mels, col Comune 
di Venzone) e in tali contese logorb la sua fama e la sua 
potenza. Nel sec. XIII conteneva una quindicina di mona" 
ci (3). L'elezione dell'abate dal 1184 al 1329 era fatta dai 



(1) BATTISTELLA, op. di., p. 10. 

(2) Ib.f p. 21. 

(3) lb., p. 41. 



179 



SAN dALLO 

monaci stessi. Dal 1329 u avocata a se dal papa (Giovan- 
ni XXII) e al concistoro cardinalizio. Sulla fine del seco- 
Ip XIV (i) 1'abbazia era finanziariamente in male acque e 
rovinata da un incendio. Al principio del sec. XV, si tra- 
muta in commenda come le altre abbazie friulane di Sesto, 
di Rosazzo, della Belligna e di Summaga. II patriarcato tetn- 
porale aquilejese perisce in mezzo a sterili convulsion!, nel 
1420, e cio accelera il decadimento delTabbazia. Nel 1423, 
Tabate accettando senza proteste la nuova signoria della Se- 
renissima (2), s'affretta a nominate due procuratori che risie^ 
dano a Venezia. Nell'ottobre 1422 (3) il patriarca Ludovico 
di Teck, per riconquistare lo stato perduto, con 4000 Ungari 
scende dalla valle del Fella, occupa la Chiusa e aiutato da 
un traditore irrompe nel Monastero di Moggio e lo mette 
a sacco, e soltanto dal sopravvenire delle milizie venete e 
costretto a ritirarsi, non senza trascinarsi dietro il grosso ca- 
rico delle spoglie rulbate, codici, libri, arredi sacri, che quei 
mercenari vendettero lungo la via. Con 1'abate commenda- 
tario Biagio Molin (1431-1445) s'inizia una serie di 21 abati 
tutti commendatari. Con bolla 6 marzo 1561 Pio IV con- 
feri Tabbazia al Card. Carlo Borromeo il quale dopo cinque 
anni (1566) desiderando dedicarsi tutto alia sua Chiesa Mi- 
lanese, rimmcio a molti benefizi ra i quali anche alia badia 
di Moggio. Non pare che si sia mai recato sul posto. Dopo 
il Borromeo (4) fu abate il celebre Bartolomeo di Porcia 
(1567-1571) lodato dal Tasso per Teloquenza, la prudenza e 



(1) lb., p. 55. 

(2) lb., p. 63. 

(3) lb., p. 66. 

(4) lb., p. 79. 

180 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

la dottrina. Nel 1751 fu soppresso il patriarcato d'Aquileja, 
al quale furono sostituiti i due arcivescovati d'Udine e di 
Gorizia. Fu un nuovo colpo allo sconquassato edificio della 
Ibadia mosacense, come quello che genero nuove e piu spi- 
nose difficolta in materia di giurisdizione spirituale e lascio 
solo Tabate a contendere con rarcivescovo di Gorizia e coi 
governatori imperiali di Klagenfurt e di Villach (i). Al Car- 
dinal Delfino, nel marzo 1762, come abate commendatario 
succedette il conte Felice Faustino Savorgnan, governatore 
pontificio di Perugia, che fu Tultimo abate di Moggio. Alia 
sua morte, nel 1776, la giurisdizione abbaziale di Moggio fu 
soppressa, giusta un decreto emanato dal Senato veneto fin 
dal 2 settembre 1773. La giurisdizione ecclesiastica passo 
aH'arcivescovo di Udine, per quanto riguardava le terre ob- 
bedienti alia Repubblica, e il feudo, devoluto a pubblica 
dispositione, nel gennaio 1778 fu venduto all'mcanto per 
44.000 ducata ai signori Mangilli e Leoni che, con 1'atto 
d'investitura del 4 febbraio, presero lo spe%io>so titolo di 
marchesi di S. Gallo ed ebbero la giurisdizione civile di pri- 
ma istanza, il diritto d'amministrar la giustizia, la libera 
elezione delle cariche e voto (annualmente alternato fra le 
due famiglie) nel magnifico Parlamento della Patria del 
Friuli. La chiesa abibaziale fu convertita in chiesa parroc- 
chiale, matrice per tutte le altre del Canal del Ferro, e Tar- 
ciprete ebbe il grado di vicario foraneo. Nel settembre 1869 
Pio IX, secondando il voto della popolazione, restitui in vita 
. il titolo di chiesa abbaziale e concesse al vicario le insegne 
prelatizie. Fra le reliquie possedute dal monastero di Mog- 

(i) lb., p. 86. 

- 181 - 



SAN GALLO 

gio (i) v'era una testa di S. Brigida (?) e un dito di S. Gal- 
lo. Questo dito, che era, di color verde che tintva al nero e 
stava riposto in una doppia scatola d'argento e di rame, 
nella visita pastorale del 1565 non fu piu trovato, e si rin* 
vennero invece al suo posto due carte di vecchio breviario 
arrotolate. 

A quanto mi comunica il prof. Battistella della Biblioteca 
Comunale di Udine, il titolo di marchesi di S. Gallo, che 
i Mangilli e i Leoni ottennero nel 1778, esiste ancora nella 
famiglia udinese dei Mangilli (dei Leoni, non friulani, egli 
non sa dire). Essi rebbero confermato dall* Austria nel di- 
cembre 1829, e furono poi iscritti neirElenco ufficiale ita- 
liano come nobili e marchesi di S. Gallo di' Moggio. 

All'Abbazia di Moggio si celebra sempre la festa di San 
Gallo il 1 6 ottobre, col concorso di molti fedeli e di tutti 
i sacerdoti del Canal del Ferro (Val Fella). 

8. Altra chiesa di S. Gallo, ma senza alcun legame 
con 1'albbazia di Moggio, esisteva in prov. di Udine e pre- 
cisamente in parrocchia di Strassoldo, Comune di Cervignano 
del Friuli. A circa 3 km. a ponente di Strassoldo trovansi 
una trentina di case, quasi tutte discoste le une dalle altre, 
che formano la frazione denominata tuttora San Gallo. Ac* 
canto ad una di queste vedonsi i ruderi dell'antica chiesa, 
crollata per incuria verso il 1865. Il sig. Antonio Deluisa, 
insegnante, di Strassoldo, mi comunica di aver trovato gia 
nominata detta chiesa in documenti del sec. XII e chiamato 
acqua di S. Gallo , in documenti del sec. XV, un corso 
d'acqua che passa accanto alia medesima. Sembra che sotto 

(i) lb., p. 118. 



1 SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

1'abside vi siano traccie di un tempio romano : il nome Ca- 
stra , rimasto ad altro corso d'acqua che passa ncn hmgi 
dai ruderi, fa sospettare che vi sia stato in quei paraggi un 
accampamento romano: la via Postumia passava a poche 
centinaia di metri. 

Un'antica cappella dedicata a S. Gallo esiste presso Al- 
bona (Istria). II Can. D. Silvio Zanoni d'Albona mi comu- 
nica di non aver trovato, nell'archivio parrocchiale alcun do- 
cumento che illumini circa 1'epcca della costruzione e To* 
rigine della dedicazione. fi una chiesetta in aperta campa- 
gna, non ufficiata, dove ogni anno il 16 ottobre si celebra 
una Messa cantata con intervento piuttosto numeroso di 
fedeli. 

9. A tutti note son la via San Gallo e la Porta San 
Gallo a Firenze. II GUCCERELI,! (i), dice a proposito della 
via S. Gallo : Dal centro della citta la via conduceva alia 
Porta S. Gallo edificata nel 1294 su disegno di Arnolfo. La 
localita ha questo nome fino da tempo antico perche nel 
preciso luogo dove trovasi il Parterre sorgeva nel 1218 una 
chiesetta dedicata a S. Gallo, detto TApostolo della Sviz- 
zera. Gli Agostiniani che officiavano la piccola chiesa sep- 
pero cosi bene influire sulla munificenza di Lorenzo il Ma^ 
gnifico che ottennero il suo aiuto per Tampliamento della 
Chiesa e del Convento. Giuliano di Francesco Giamberti, 
architetto celebre e assai stimato dal Magnifico, ebbe 1'in- 
carico'di tale lavoro e costrui una vasta fabbrica, lunga 90 
braccia, superba per la bellezza deU'edificio, per la buona 
disposizione dei chiostri, del refettorio e delle centinaia di 

(i) Stradario storico'biografico d?lla Citta di Firene, Firenze, 1929, 
p. 414-415. 



SAN GALLO 

celle del convento. E venne chiamato Giuliano da. Sangallo 
per la fama che si era acquistata con quella imponente ope- 
ra. Chiesa e convento caddero per le necessita dell'assedio 
del 1529-30 sotto il piccone demolitore, e le rovine vi stet- 
tero abbandonate per oltre due secoli . 

II VASARI (i) da tale spiegazione del soprannome Giuliano 
da San Gallo, ma il MILANESI sospetta della verita del rac- 
conto, perche anche innanzi al tempo della riedificazione di 
quel monastero e precisamente nel 1485, si trova il Giam- 
berti esser nominate da San Gallo (2), e ritiene che Giulia- 
no e il fratello fossero detti da San Gallo non per altro se 
non perche abitarono molti anni fuori della Porta San 
GaUo (3). 

II RICHA dice (1. c.) : Fuori di porta S. Gallo eravi uno 
spedale chiamato di S. Maria del Popolo, fondato, giusta 
Leopoldo del Migliore, nell'anno 1218 da Guidalotto del- 
TOrco e da Bernardesca sua moglie, a benefizio dei pelle- 

(1) Le vite dei piu eccellenti pittori, scultori ed architetti, con note 
e commenti di Gaetano Milanesi, Firenzc, 1879, IV, 274. 

(2) Arch, del Duomo di Firenze, Deliberaz. 1482-86, n. 107. 

(3) Sulla Chiesa di S. Gallo v.: GlUS. RlCHA, Notizie istoriche 
delle chiese fiorentine, Firenze, 1754, Tomo I, p. 264 ss., CAROCCI 
G., Firen^e illustrata. Fra la vecchia e la nuova cinta. Chiesa e con' 
vento di San Gallo (in: Firenze artistica , anno III, 1874), e Re- 
lagione e ragguaglio distintissimo della engine, fonda&one e demo^ 
li&one della chiesa e convento dei Frati di S. Gallo, esistente gta 
fuori della citta di Firenze, dalla quale chiesa fu presa la denomi' 
nazione della Porta S. Gallo; colla notizia della sua erezione e del 
modo con cui pervenne nella Congregazione dei PP. Agostiniani Os- 
servanti di Lombardia, del posto ottenuto di poi dai medesimi Re- 
ligiosi inFirenZe nel convento e Chiesa di S. Jacopo dei Fossi, e in 
qual marmra crebbe il culto e la divozione nella detta Citta alia SS. 
imagine della Madonna della Tosse, Firenze, Paperini, i74^ in 4 
Nessuno di questi testi risale disgraziatamente piu indietro del 
sec. XIII. 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

grini e dei bambini esposti, coin essere stato consegnato alia 
cura dei Padri Agostiniani: quando il pontefice Pio II ncl 
1463 aggregollo all'Ospedale degli Innocenti di nuovo fab- 
bricato sulla piazza della Nunziata, pel quale i Fiorentini e- 
ra.no impegnati e stimolati anche dalk lunga e dotta con* 
cione di Leonardo Aretino... E cosi, rimaso soppresso lo Spe- 
dale di S. Gallo, deplorabile in quel soggiorno pareva lo stato 
di quei Padri di S. Agostino, quando awenne I'intervento 
del Magnifico a favore di P. Mariano. Anche il RlCHA 
(p. 265) dice che in.lGiamberti per 1'applauso di questa 
fabbrica fu chiamato'Giuliano da S. Gallo. Aggiungero che 
il Boccaccio (i) cita un Lucifero da San Gallo come un 
Lucif ero maciullatore di dannati : e il GRAF (2) nota che, se- 
condo il Sansovino citato dal Fanfani, nella chiesa di Sain 
Gallo in Firenze era dipinto un diavolo con piu bocche. 

fi interessante notare che presso la chiesa di S. Gallo 
sorse il francescanesimo fiorentino (3). Quando nel 1211 
S. Francesco ando a Firenze accepit a, devotis civibus, qui 
eum pro viro admirabili suspiciebant, Hospitiolum juxta 
Ecclesiam Sancti Galli ad D. P. extra civitatem. Plures suo 
habitu illic vestivit; e quibus praecipuus Joannes Par ens ex 
oppido Carmignano... qui post S. Francisci obitum assump- 
tus fuit ad Generalatus apicem . Vesti ivi anche Giovanni 
Bonelli, Giuseppe Fiorentino, Michele de Albertis e molti 
altri. Requieverunt in primo illo Fratrum Coenobiclo 
juxta Ecclesiam S. Galli, non sine populi veneratione. Sed 

(1) Dec. Giorn. VIII, nov. 9. 

(2) Mitt, leggende e supersti^ioni del Media Evo, 2 voll., Torino, 
Loescher, 1892-93, II, 94. 

(3) V.: WADDING, Annales minorum, Tomo I, 113, XX e 114, 
XXIII. 

- 185 - 



SAN GALLO 

dum post multos annas exhumaretur Fratris Joseph* coda* 
ver, integrum et illaesum, sana etiam circumducta veste, 
inventum est. Extruxerunt autem Florentine in horum me* 
moriam egregium sacellum t in quo corpora honorif.ce condi- 
derunt prope dictam Ecclesiam Sancti Galli, quod magna 
populi veneratione frequentabatur, donee circa annum 1482 
(alias 1487) ipsam S. Galli Ecclesiam obtinuit Marianus 
quidam Augustinianus magni nominis Praedicator a magni' 
fico Domino Laurentio Medices, ut juxta earn suis aedifica* 
ret Coenobium. Totum autem opus voluit praenominatus 
Dominus suis absolvere expensis, et cum praedictum sacel* 
lum designatae architecture impedimenta esset, dirui fecit, 
elevatis inde prius Beatorum reliquiis. Has, ut sibi tribue* 
rentur, institerunt nostri, a multis jam annis translate in d* 
vitatem, sed frustra, renitente populo S. Galli, qui se hoc 
thesauro privari non permittebat; promiitebat tamen in ipsa 
5. Galli Ecclesia honorificum se erecturum sanctis Viris 
mausolaeum, de quo consiruendo pomposo opere, et magnis 
sumptibus dum longius consultaretur, secreto sublatae sunt 
reliquiae, et alieni, sed ignoti, factae sunt juris . 



186- 



CAPITOLO DECIMO 

S. ORSO D'AOSTA 

i. Per sgombrare il campo da possibili equivoci e 
per chiarire alcune osservazioni relative al S. Orso irlan^ 
dese, d'Aosta, awertiamo subito che in Italia sono onorati 
altri santi omonimi tra i quali: 

i.) un S. Orso o Orsio, la cui leggenda (che ricorda 
il mito d'Edipo) e simile a quella di S. Giuliano 1'ospita* 
liere e d'altri santi (i) : esso e specialmente onorato in prov. 
di Vicenza, dove da lui prende il nome il comune di San* 
t'Orso o Santorso (festa 3 maggio), e in Vejano presso Vi- 
terbo (festa 29 gennaio) (2); 

2.) un S. Orso martire, preteso discepolo di S. Teone^ 
sto con festa il 21 giugnp, venerato insieme con altri due 
martiri (S. Albano vesc. e S. Domenico erem.) in Burano 
presso Venezia (3). II LANZONI, trattando dell'antica diocesi 



(1) V. : H. DELEHAYE, Les legendes hagiographiques, Bruxelles, 
1927, p. 60 e A. GRAF, Mitt, leggende e superstizioni del M. E., 
Torino, 1892, I, p. 288. 

(2) V. : D. CASALINI, Studio giuridico'storico intorno a 5. Orso, 
in: Scuola, Cattolica, 1900, vol. 19, pp. 124*143, 296-323, 448-467. 

(3) V.: B. VERGHETTI, Set inni latini in onore dei 55. Martiri 
Albano, Domenico ed Orso, con cenni illustrativi intorno ai mode* 
simi martiri per il sac. Federico Longo di Murano, Foligno, Artigia- 
nelli, 1893. 



s. ORSO D'AOSTA 

veneta di Altinum a. cui apparteneva Burano (i), dice al 
riguardo : La semplice verita storica di questa leggenda 
di santi itineranti (simile a molte altre gia studiate) parreb- 
be veramente questa, cioe che, quando essa fu composta, 
in Magonza era venerato un S. Albano martire, in Augu- 
sta della Vindelicia, un S. Orso martire, e in Altinum un 
S. Teonesto martire, che forse e lo stesso Theonestus mar- 
tyr venerato in Treviso, in Vercelli e altrove. 

3) un S. Orso vescovo di Ravenna, del IV-V sec., fe- 
sta 13 aprile, costruttore e consacratore della cattedrale. den' 
tro Ravenna, intitolata Anastasis e dal nome dell'edificatore 
denominata Basilica Ursiana (2). Notiamo che a Ravenna si 
onora anche un martire di nome analogo, S. Ursicino o 
S. Ursiano, che probabilmente e PUrsicino martire di Pan- 
nonia (3). 

Cio posto, rimane chiaro quanto dice il LANZONI (4) a 
proposito di un preteso Orso vescovo di Aosta : Una pas* 
sione di S. Teonisto di Altinum ricorda un martire Ur- 
sus, e ne pone la morte per errore in Augusta di Rezia (ma 
della Vindelicia) sotto Teodosio (379'395); un'altra pas- 
sione sotto re Unnerico (484). In cotali documenti si e con-- 
fusa (cfr. AA. 55. febr. I, 99, 945) Augusta, Vindeliciorum 
con Augusta Praetoria, e quindi si e fatto di quell' Ursus un 
vescovo aostano (cfr. SAVIO, o. c. p. 70-71), quantunque la 
leggenda altinate non gli attribuisca la dignita vescovile 
(cfr. M. G. H., Scriptores rerum merov., Ill, 31-2) . 



(1) Le Diocesi d'ltalia, p. 907. 

(2) lb. t p. 749. 

(3) Ib., p. 7*5'733 e 4I7- 

(4) Ib., p. 1052. 

188- 



IN rTALiA 

Noto di passaggio che il SAROGLIA (i), parlando di S. Or* 
so d'Aosta lo fa morir martire e mescola fantasticamente, 
come altri autori, elementi presi dalle leggende dei van 
santi Orsi, specie di quello di Vicenza. 

2. Sul S. Orso d'Aosta (festa il i. feblbraio, cioe il 
giorno stesso di S. Brigida) abbiamo un volume (pubblicato 
anonimo) del Can. DONDEYNAZ (2), che, quantunque vec* 
chio, e ancora prezioso per la profonda conoscenza dei do* 
cumenti e per il fine spirito critico con cui e condotto. 

Orso, appartenente alle primissime schiere di missionari 
scoti, appare venuto dall'Irlanda in Italia al principio del 
VI secolo passando per la Francia, dove si sarebbe fermato 
qualche tempo a Meronnes (3) che ancora 1'onora di culto 
vivissimo. Passato di li in val d'Aosta, combattendo gli a* 
riani, sarebbe divenuto arcidiacono di Aosta sotto il vescovo 
Giocondo (4) e avrebbe condiviso le tribolazioni a lui pro* 
curate dagli ariani, tribolazioni che cessarono solo per inter' 
vento diretto di Teodorico (5). Dopo la morte di Giocondo 
sarelbbe salito sulla cattedra d'Aosta un vescovo Ploceano, 
ariano o ariaineggiante, e sarebbero ricominciate le pene del 
suo arcidiacono. Ma Orso, senza lasciarsi guidare dalla pni" 
denza umana o dal timore, si sarebbe separato dal vescovo 
intruso, e con grande carita ed energia avrebbe salvato la 
fede del suo popolo, ritirandosi con alcuni canonici della 
Cattedrale fuori della citta, presso la chiesa di S. Pietro, 
gettando cosi le basi della famosa Collegiata di S. Pietro e 

(1) Eporedia sacra, Ivrea, Tomatis, 1887, p. 169. 

(2) Vie de Saint Ours archidiacre d'Aoste, Aostc, Mensio, 1868. 

(3) lb., p. 31. 

(4) lb., p. 37. 

(5) Cfr.: LANZONI, op. at., p. 1055, n. 3 e 4. 

189 



S. ORSO D AOSTA 

S. Orso. Di li avrebbe dato opera kistancabile p.er difendere 
e diffondere Tortodossia, tanto ch'e ancora chiamato YApo* 
stole dei Valdostani. I miracoli piu noti che a lui si attri- 
buiscono sono quelli di aver fatto cessare una piena del tor- 
rente Buthier, d'aver fatto scaturire a Busseya una sorgente 
dalla roccia (la fontana di S. Orso, fans S. Ursi), d'aver pre- 
detto la morte di Ploceaino e d'un di lui servo (ministeriale), 
nonche la morte propria, che sarebbe awenuta nel 529 (i). 
3. II SAVIO sposta la morte di S. Orso alia seconda 
meta del VI secolo, ma fa sue quasi tutte le deduzioni del 
DONDEYNAZ per collocarlo entro detto secolo. Ecco quanto 
egli dice (2) a proposito di Ploceano : II nome di questo 
vescovo, che la tradizione vuole sia stato ariano, fu conser" 
vato perche unito alia memoria di S. Orso arcidiacono. Di 
lui tacciono TUghelli e il Delia Chiesa. II Besson colloco 
Ploceano dopo il 755 e lo disse infetto degli errori icono' 
clastici, ma cio senza prova alcuna. Quanto a S. Orso, alcuni 
lo credettero vescovo di Aosta contemporaneo di S. Ber- 
nardo di Menthon, oelebre fondatore dell'ospizio del Gran 
San Bernardo. Cosi nel breviario dei Canonici regolari, stam- 
pato a Roma nel 1613, si dice di S. Bernardo canonicum 
habitum ab Urso ejus civitatis episcopo suscepisse. que- 
sto un errore provenuto da una mala lezione degli atti di 
S. Bernardo di Menthon, nei quali si lesse ad ursum devo* 
tissimum episcopum, in luogo di ad virum devotissimum. 
Cosi osserva il Papebrochio nella leggenda di S. Bernardo di 
Menthon, ai 15 giugno. Il canonico Gal (Chart. II, 29) 
conferma Tasserzione del dotto bollandista comprovandola 

(1) Altri miracoli sono riferiti nell'of). ctt. a pp. 89-92 e 101. 

(2) Op, ctt., pp. 77-81. 

190 



1 SANtI IRLANDESI IK ITALIA 

con mss. da Itii veduti. Laonde si deve ritenefe che ei fu 
semplice sacerdote ed arcidiacono delk chiesa d'Aosta, co- 
m'e detto nella sua vita. Di un S. Orso e parola nella leg- 
genda di S, Teonesto, della quale, come gia dissi, non si 
puo fare verun conto. NelTappendice al tamo I di feb- 
brajo, pagine 936-939, diedero i Bollandisti una vita di 
S. Orso di autore ainonimo, assai piu degna al riguardo. Da 
essa si ricava che S. Orso era prete e che aveva in cura 
la chiesa di S. Pietro d'Aosta. Ploceano e qui rappresentato 
come uomo crudele, invasore e tiranno, ma non gia ariano 
ne iconoclasta... I Bollandisti non indagarono il tempo in 
cui fu scritta questa vita, ne manifestarono la loro opinione 
sulla sua autorita. Essa e certamente anteriore alia jBne del 
sec. XI, come ne son prova i codici di questo tempo che 
la contengono, quale, per es., il codice CXXXIV, alias 19, 
deirArchivio capitolare di Vercelli. La scoltura che an- 
cora vedesi sopra un pilastro del chiostro di S. Orso, rap- 
presentante Ploceano tormentato dai demoni, ed e lavoro del 
secolo XIII [o XII?], ad essa si riferisce. Ma non e nep- 
pure molto piu antica del sec. XI, e puo esserne sufficiente 
indizio il termine di ministeriale, che, nel senso di vassallo 
o servo, si trova molto adoperato nei secoli VIII, IX o X, 
ma forse poco o nulla prima. Tuttavia, sebbene scritta forse 
verso il mille, v'e a credere che sia stata composta sopra 
memorie piu antiche e degne di fede. Cio che m'induce a 
tal credenza e il ricordo che ivi si fa dei SS. Severo e Gin- 
lio. Migravit ad Christum, dice la vita narrando la morte 
di S. Orso, saciatusque et adjunctus sacerdatibus Christi Be* 
vero et Julio . II SAVIO, ritenendo che il S. Giulio sia quello 
dell'isola omonima sul lago d'Orta e S. Severo quello di Ra- 

191 



S. 6RS6 D'AOSfA 

Venna, asssegna, con ragionamento che invero non e moltd 
stringente, S. Orso e Pioceano alia seconda meta del sec. 
VI. Se e vero che Pioceano fosse ariano continua a 
p. 80 come la tradizione vuole, e nulla. in essa vi e d'in* 
verosimile, piu ci confermiamo nel pensiero che egli posse' 
desse la sede d'Aosta nel sesto secolo, quando in Italia an- 
cora dominavano gli Ostrogoti ariani (cioe fino al 553) op- 
pure nei primi anni del regno dei Longobardi, anch'essi 
ariani. Dico nei primi anni del regno dei Longobardi, poi- 
che, dopo la morte di Clefi nel 574, Aosta con la sua valle 
venne in potere di Gontranno re di Borgogna, e sotto di 
lui ed i suoi successori e sotto i re Franchi rimase fino a 
Carlomagno. E poiche ne sotto i re borgognoni ne sotto i 
re franchi non attecchi piu rArianesimo, forza e supporre 
che Pioceano, se fu ariano, fosse vescovo prima del 574... 
Si aggiunga ancora Targomento che si trae dal culto di 
S. Orso, gia assai antico in Aosta nel 923 [anno della do- 
nazione del vescovo Anselmo I al Capitolo di S. Orso], co- 
me ne e prova 1'esistenza in quel tempo di una chiesa e 
di una collegiata di canonici, che prendevano il nome da 
lui. Vedesi pure da un decreto del vescovo Giso verso il 
960 che gia una delle porte della citta portava il nome di 
porta di S. Orso [decreto riportato dal SAVIO a p. 85] , 

II PATRUCCO (i), propende ad assegnare Pioceano al pe- 
riodo longdbardo 569-574. 

II LANZONI (2), pur diffidando della vita di S. Orso BHL 

(1) Aosta dalle invasions barbariche alia signoria sabauda, in: Mi- 
scellanea valdostana (Vol. XVII della Bibl della Soc. Stor. Subal- 
pina. 

(2) Op. at., p. 1056. 

192 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

8453, dice, a proposito di Ploceano, che tuttavia e diffi- 
cile persuadersi ch'essa abbia inventato il nome di quel ve- 
scovo , e sembra rimettersi al Savio che lo colloca nella 
seconda meta del sec. VI. Mons. DuCHESNE [Pastes Episc. 
1 2 ] non ne parla . 

Nella bellissima pubblicazione illustrata, L'insigne colle* 
giale d'Aoste (i), fatta dall'Accademia di S. Anselmo in 
memoria del XIV Centenario di S. Orso, e ripubblicato il 
testo della Vita di Sant'Orso (data dai Bollandisti nel- 
1'appendice al tomo I di febbraio) secondo un antico Leg- 
gendario appartenente alia Collegiata di S. Orso: ivi si at- 
tribuisce la paternita di tale Vita ad un agiograf o milanese 
o vercellese del 580 circa, per le affermazioni antiariane 
che contiene (2), e si insiste, per la morte di S. Orso, so- 
pra una data prossima a quella tradizionale del 529. In ve- 
rita gli argomenti del SAVIO per portare tale data alia se- 
conda meta del secolo non sembrano perentori, e forse Plo- 
ceano potreblbe trovar posto, con maggior rispetto della tra- 
dizione, fra il n. 4 e il n. 5 delTelenco del LANZONI (p. 1055) 
cioe fra il 511 e il 528. 

Per spostare S. Orso alia seconda meta del sec. VI, con 
S. Frediano, mi pare che le ragioni si troverebbero piuttosto 
in Irlanda che in Italia. Si deve rammentare che alia pri- 
ma meta del VI secolo si assegna la morte di S. Brigida e 
risale la fondazione dei primi grandi monasteri irlandesi 
(Killeany, Clonart, Moville, Clonmacnois), che Columba 
parti per fondare }ona solo dopo la meta del secolo, e che 
solo alia fine del secolo Colombano arrive in Borgogna. Non 

(1) Ivrea, Viassone, 1929. 

(2) V. : p. 24. 

193 

13 



s. ORSO D'AOSTA 

e impossible un'attivita individuale isolata di Orso e Fre- 
diano in Italia nelk prima meta del VI secolo, ma anche 
quando essi si assegnassero al tcrzo quarto del secolo reste- 
rebbero ra i primissimi peregrini scoti. 

4. Le memorie di S. Orso in Aosta sono natural- 
mente molte e irnportantissime. 

La Chiesa dei 55. Pietro e Orso e I'annessa Colkgiata 
di 5. Orso cotitengono preziose memorie e veri tesori arti- 
stici, ampiamente illustrati dalla pubblicazione speciale in- 
nanzi 'ricordata. Sull'antica chiesa di S. Pietro, le cui traccie 
rimangono ancora nella cripta detta Confessione di 5. Or- 
so, sorse nel X secolo, per opera del vescovo Anselmo, la 
nuova Chiesa di S. Orso, che nel XV sec. Tarcidiacono 
Giorgio di Challant trasformo, ingrandi ed abbelli di volte, 
di pitture, di stalli, di vetrate: egli ingrandi ed abbelli an- 
che la Collegia ta: graziosissimo il Chiostro e il Priorato: 
il campanile e del sec. XII: preziosi i reliquiari (ra cui la 
grande cassa contenente il corpo di S. Orso) e i messali. La 
Collegiata, alia cui ombra sorse nel secolo passato 1'Acca- 
demia di S. Anselmo, e sempre stato un centro di vita im- 
portainte dal punto di vista religioso, intellettuale e sociale 
(specialmente con la fondazione di Ospedali). Ignoriamo del 
tutto 1(1) come visse nei primi tre secoli la congregazione 
fondata da S. Orso: le prime notizie storiche risalgono al 
923. Nel 1184 aveva alle sue dipendenze molte parrocchie, 
menzionate in una bolla di Lucio III, situate in diverse dio- 
cese Nel 1133 i canonici di S. Orso abbracciarono la vita 
regolare sotto la regola di S. Agostino: nel 1629 furono se- 

(i) V.: DONDEYNAZ, op. cit., p. 108 ss. 

194 



I SANtl IRLANDESI IN ITALIA 

colarizzati da una bolla di Urbano VIIL Fu in questa Col* 
legiata (i) che il canonico Bonifacio di Challant col vesco- 
vo e altri cationici tennero bravamente testa nel sec. XVI a 
Calvino, obbligandolo a rinunziare alia sua propaganda e 
ad abbandonare la valle d'Aosta. rimarchevole la fedel- 
ta di questa vallata, di cui un Irlandese era stato Tapostolo, 
alia Chiesa di Roma (2). 

L'Ospedale di 5. Orso in Aosta (3) risale probabilmente al 
VII o VIII secolo: il primo documento in cui figura e un 
atto di donazione del 1177: di soli to e designato come 
ospedale de porta Sancti Ursi, e gia negli atti puibblici del 
XIII secolo e chiamato vetus hospicium Sancti Ursi. fi stato 
da principio servito da religiosi conversi dei due sessi (con- 
versus o conversa kospitalis, conversus o convevsa Sancti 
Ursi), ma non si puo dire se essi appartenessero alia fami* 
glia della Collegiata, dove come abbiamo visto nel 
1133 fu iintrodotta la vita religiosa secondo la regola di 
S. Agostino, oppure se appartenessero ai frati e alle suore 
ospitaliere di S. Antonio, approvati da U-rbano II nel 1095, 
oppure se fossero semplicemente persone che, donando i lo* 
ro beni alia casa di S.. Orso, si mettevano al servizio del" 
1'ospedale, senza voti regolari. Certo I'ospedale era sotto la 
direzione d'un canonico della Collegiata chiamato Rettore 
deH'Ospedale. Protetto dai Pontefici e dalla casa di Savoia, 
favorito da legati frequenti (di cui restano i documenti pel 

(1) lb., p. 123. 

(2) Per la storia della chiesa e della collegiata di S. Orso v. anche 
SAVIO, op. cit. da p. 69 a p. 108. 

(3) V.: DONDEYNAZ, op. cit., p. 57 e M. MARGUERETTAZ, Memoirs 
sur les hopitaux anciens du Val d'Aoste, nel IX Bollettino dell' Ac* 
cademia di S. Anselmo, 1876, pp. 68*94. 

195 



Ifev 



s. oftso D'AOSTA 



periodo 1177-1295) da parte di vescovi, ecclesiastic!, nobili 
e borghesi, 1'ospedale di S. Orso raggiunse una grande pro* 
sperita. Ma malgrado le donazioni, cadde sulla fine del se- 
colo XIII in miseria. Aimone di Challant, yescovo di Vereelli, 
lo raccomandava ai fedeli della sua diocesi nel 1285, e Ni- 
cola I de Bersatoribus, vescovo d'Aosta, per provvedere al 
suo mantenimento, dovette unirlo nel 1298, con tutti i suoi 
diritti e Ibeni, alia casa religiosa dei SS. Pietro ed Orso d'Ao- 
sta. L'ospedale andb gradualmente decadendo inei secoli : nel 
sec., XVII il fabbricato era ridotto in cattivo stato e subi 
anche i danni di un incendio. Fu riparato, ma fin dal 1703 
comincio a servire da caserma per truppe di passaggio. Al- 
ia fine del sec. XVIII fu venduto dal Capitolo, iinsieme con 
varie altre proprieta, campagne e oggetti preziosi, per com- 
pletare la somma t enorme per lo stesso Capitolo, di 170.000 
franchi pretesa come imposta straordinaria di guerra a se- 
guito degli Editti 28 decemlbre 1797 e 31 decembre 1799. 
Tuttavia la carita si continua a praticare: una Cassa, del 
tutto estranea ai fondi dell'ospedale, e rimasta disponibile a 
vantaggio dei poveri, come Opera pia della Collegiata. 

Alia Porta di 5. Orso abbiamo gia accennato (i); vi erano 
anche in Aosta o dintorni un Borgo di S. Orso (2), una Fon- 
tana di S. Orso (3), una Pietra di S. Orso (4), una Terra di 
5. Orso (5). Nell'XI sec. esisteva, e non si sa da qual tempo, 
la nobile famiglia De Porta Sancti Ursi, che ha dato un 



(1) V. : DONDEYNAZ, op. cit., pp, 57, 74, 98. 

(2) lb., p. 57 e 74. 

(3) lb., p. 74- 

(4) lb., p. 89. 

(5) lb., p. 57 * 98. 



196 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

vescovo ad Aosta (i). Vive ancbra presso la chiesa un Tt- 
glio di S. Orso (2), sotto il quale il Consiglio generale della 
Vallata soleva tenere seduta. 

Un curioso dato folkloristico e il seguente, dato da MAR* 
GUERETTAZ (3). Una delle forme di carita praticate da 
S. Orso consisteva nel distribute scarpe (zoccoli di legno) 
ai poveri, e in tale ufficio lo rappresentava un marmo della 
parrocchia di S. Cristoforo. In sua memoria, questa pratica 
si conservo per molti secoli nella Collegiata da lui fondata, 
e si vuole ch'essa sia stata I'origine del mercato di uten- 
sili e di vasi di legno, che si fa ancora la vigilia di S. Orso, 
davanti alia casa dov'era 1'antico Ospedale e davanti alle case 
prossime. Questo mercato non si fa che nel borgo di S. Or^ 
so d* Aosta e a Donnaz dove la Collegiata aveva anche un 
ospedale di antica data (4). 

5. La vallata di Cogne, dove S. Orso aveva svolto 
opera missionaria, conserva molti ricordi di lui: la chiesa 
parrocchiale e a lui dedicata (5). La primitiva chiesa era al 
Cret: nel 1202 fu fabbricata una nuova chiesa di S. Orso 
nel luogo detto Villa, ch*e il luogo dell'attuale parrocchia 
(1'atto nelativo esiste ancora); questa fu ricostruita ex novo 
nel 1642. Si hainno traccie d'una chiesa di S. Orso di Cogne 



(1) Ib. t p. 98. 

(2) V.: VACCARI, Come vivono le piante, Torino, Lattes, 1930, 
fig. 286 a p. 155. 

(3) Op. cit., p. 68 s. 

(4) Per le ricerche su S. Orso in Aosta ho avuto cortesissimo aiuto 
dairillustre Can. Pantaleone Micheletto, Priore della Collegiata di 
S. Orso e Rettore del Seminario Maggiore. 

(5) V.: DONDEYNAZ, op. cit., pp. 6i'64, Mons. Due, Histoire de 
I'Eglise d'Aoste, Aoste, Imprimerie Catholique, 1901, I, 105 e PlERO 
GIACOSA, Cogne, Ivrea, Viassone, 1925, pp. 66, 234 ss. 

197 



s. ORSO D'AOSTA 

"~-y 

nel gia citato breve di Lucio III del 1184; pare fosse un'al- 
tra chiesa, diversa da quella del Cret. Si chiama Praia di 
S. Orso di Cogne una vasta prateria dove si vuole che il 
Santo abbia predicate. 

In diocesi d'Aosta si ha vivo culto per S. Orso anche nel- 
le parrocchie di Derby, Jovencan e Donnaz (i). Quella di 
Jovencan lo ha ancora per titolare. 

Una bolla di Alessandro III del 1176 menziona la parroc- 
chia dei SS. Pietro e Orso a Donnaz (2), che ha ora per t> 
tolare S. Pietro in Vincoli. Fu probalbilmente in seguito ad 
un'alluvione disastrosa del 1177 che u fabbricata la cappella 
di S. Orso in cirna al borgo di Donnaz, sulla roccia che 
s'avanza verso la Dora, al sud della grande strada romana; 
e cio sia per elevare un edificio in onore di S. Orso che 
era stato fino allora patrono della parrocchia, sia per invo" 
carlo li protettore contro le inondazioni terribili della Dora. 
V'era a Donnaz un ospedale (Hospitde, hospicium paupe* 
perum de Donacia) che dipendeva dalla Collegiata dei SS. 
Pietro ed Orso d'Aosta (3). 

6. 6 probabile che il culto di S. Orso sia passato 
nella Valsoana (Vallis Soquanae), diocesi d'lvrea, dalla val- 
lata di Cogne che aveva con quella stretti rapporti (4). La 
parrocchia di Campiglia, ch'e la prima parrocchia che S'HV 
contra passaindo da Cogne in Valsoana, lo ha per titolare; 
in un atto del 1281 e menzionata la Pid^a di S. Orso in 
Valsoana. La Chiesa di Campiglia, la piu antica e la madre 

(1) V.: DONDEYNAZ, op. cit., pp. 68 e 99. 

(2) Ib., p. 99. 

(3) V.: MARGUERETTAZ, mem. cit., X Boll. 1879, p. 242. 

(4) V. : DONDEYNAZ, op. cit., p. 64 e 103, SAROGLIA, Eporedia sfr 
era, p. 98. ' 

198 



I SANTI IRLANPESI IN ITALIA 

di tutte quelle della vallata, in seguito alia successiva foiv 
mazione delle parrocchie di Ronco, di Valprato Corsonera, 
di Ingria e di Valprato Pianetto, e rimasta la piu piccola, 
come accade spesso alle chiese'madri. 

Nella citta d'lvrea, di cui S. Orso era uno dei patroni (i), 
c'era una chiesa a lui dedicata. II BENVENUTI (2), dice sotto 
il titolo Chiese non piii esistenti : La chiesa di S. Orso 
Attidiacono d'Aosta fu edificata circa il principio del se- 
colo XII nel luogo circa ove dicevasi ad petram mali can* 
silii; percio la strada che va al palazzo gia del Conte Per- 
rone sino al principio dell'ora cadente secolo (XVIII) nei 
castasti ed istromenti si trova detta Ruca S. Ursi. Era 1'Or- 1 
so unitamente a S. Brigida V. uno dei protettori delk citta 
e se ne celebrava la festa di precetto maxime intra civita- 
tem Epor. al 2 di febbraio come dagli antichi statuti con^ 
fermati da Vescovi, La chiesa probabilmente ifu distrutta al- 
lorche si principio il Naviglio [canale irrigatorio dell'Agro 
Vercellese, derivato dalla Dora Baltea, a Ivrea, costruito 
fra il 1433 e il 1468] . Il CARANDINI (3) spiega Tubicazio" 
ne della Ruca 5. Ursi, attuale Via Perrone, ricordando che 
essa e menzionata in atto 1075 di conferma dei possessi e 
privilegi del Monastero di S. Stefano (4). 

Un ospedale molto antico, tenuto dai Canonici regolari di 
S. Orso d'Aosta si trovava fra Donnaz e la citta d'lvrea, 



(1) V.: DONDEYNAZ, p. 103. 

(2) Istoria dell'antica Citta d'lvrea dalla sua fondaftone alia -fine 
del sec. XVIII (ms. inedito di proprieta del Cav. Aw. Mario Rossi 
d'lvrea), p. 317. 

(3) Vecchia Ivrea, II ed., Ivrea, Viassone, 1927, p. 528. 

(4) V.: BARELU, Cartario dell'Abba&a di S. Stefano d'lvrea, Pi" 
nerolo, 1902, p. 285. 

199 



s. ORSO D'AOSTA 

alle porte quasi di questa citta, con la sua cappella sotto il 
vocabolo di S. Antonio (i). Si chiamava 1'Ospedale dei XXI, 
secondo alcuni a causa dei 21 letti o posti che aveva a di' 
sposizione dei pellegrini: pare che sia stato fondato verso 
il mille dai signori di Challant e Solerio patrizi. Fu dato 
alia casa di S. Orso d'Aosta da Alberto, vescovo d'lvrea, 
nel 1310, e accettato dal priore Guglielmo de Lydes 1'an- 
tico, intendentes illud, licet nunc modicum hospitale, mul* 
tis ampliare bonis cum Omnipotentis auxilio, sicque hospi* 
talitas perfecta servetur ibidem et divinus cultus multiple 
citer augeatur. L'awenire provo come erano giuste e ben 
fondate le belle speranze del vescovo Alberto. La cappella 
deirOspedale dei XXI divenne una pia stazione dove le 
confraternite della citta d'lvrea si recavano processionalmen- 
te. Ritroveremo quest f ospedale alia fine della nostra peregri' 
nazione per le terre d'ltalia dietro ai santi irlandesi. Questo 
ospedale u distrutto nel 1544 durante la guetra franco-spa- 
gnola: ine rimangono le mura; la chiesa fu ricostruita dove 
ancora sussiste, sotto il titolo di S. Antonio Abate. II card. 
Richelmy per accogliere in Ivrea i figli di Don Bosco, in- 
dusse la pro'pria madre a donar loro Timportante prossima 
villa di S. Antonio. 

II Can. GlACOMO BOGGIO (2), parla di una cappellania di 
S. Orso istituita da Bertolino de Lance nel 1361, ancora esi' 
stente nel I477t e che non comparisce piu al tempo del pas' 
saggio della parrocchia di S. Maurizio ai Domenicani, quan' 
tunque Taltare sussistesse ancora presso il coro (visita Ce- 



(1) V.: MARGUERETTAZ, X boll. p. 285. 

(2) I rettori delh parrocchia di S. Maurifto d'lvrea, Ivrea, 
sone, 1911, p. 7. 



200 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

sare Ferreri, 12 aprile 1584). Potrebbe trattarsi di quel be- 
neficio che il DONDEYNAZ (i) dice essere esistito in Ivrea 
sotto il titolo di S. Orso: egli pero (2) menziona un benefi- 
zio sotto il titolo di S. Orso e S. Brigida. 

Trovo (3) che Guido vescovo d'lvrea, gia canonico di 
S. Orso in Aosta, oriundo probabilmente dei valdostani Si- 
gnori di Quart, con atto del 1136 dono ai Canonici di S. Or* 
so d* Aosta le chiese site in Pavone, borgo distante quattro 
chilometri circa da Ivrea (4). 

7. Ablbiamo gia ricordato a proposito di S, Brigida 
una cappella di S. Orso in parrocchia di Fiasco, diocesi di 
Saluzzo. 

Nella diocesi di Torino si fa da tempi immemorabili Pof- 
ficio di S. Orso il i. febbraio come ad Aosta, ma quale 
conf. pont., essendosi, per 1'errore gia spiegato, creduto ve- 
scovo. Come tale figura neiraintico quadro d'un altare eretto 
in suo onore nella navata laterale di sinistra della Metropo- 
litana (5). Un tempo a Torino S. Orso era il patrono dei 
conciatori (6). 

A tempi immemorabili risale il culto di S. Orso anche 
nella diocesi di Novara (a cominciare dalla celebre colle- 
giata di S. Gaudenzio) e in quella di Vercelli (7). 

(1) p. 103. 

(2) A p. 30. 

(3) V.: GABOTTO, Documenti e studi sulla storia d'lvrea, Le carte 
dell'Archivio vescovile d'lvrea fino al 1313, I, p. 16*17. 

(4) Per le ricerche su S. Orso in Ivrea ho avuto valido aiuto dal 
Marchese Francesco Carandini e dall'Avv. Galileo Pinoli. 

(5) V.: DONDEYNAZ, p. 35 s., e anche GALLIZIA, Atti dei santi che 
fiorirono nei Domini della Real Casa di Savoia, Torino, R. Stam- 
peria, 1756, tomo HI, p. 226. 

(6) V.: DONDEYNAZ, p. 105. 

(7) V.: DONDEYNAZ, p. 68 e 104 s. 



201 



s. ORSO D'AOSTA 

Quanto a Vercelli, il DONDEYNAZ cade in errore dicen* 
do (i) che vi esisteva gia prima del XIII secolo un con* 
vento di S. Qrso fuori delle mura della citta, chiamato a 
volte TOspedale degli Irlandesi (Scoti), a volte il convento 
di S. Orso o di S. Brigida sua inseparabile compagaia E- 
sistevano invece due distinti ospedali e chiese amnesse: I'O- 
spedale degli Scoti e annessa Chiesa di S. Brigida, cM quale 
abbiaimo gia parlato a proposito di tale santa, e un Ospedale 
di S. Orso con annessa Chiesa di S. Paolo. L'ospedaie di 
S. Orso era gia -proweduto di vari- beni e diritti nel seco' 

10 XII. L/anno 1173 religiosissimus prior de Augusta. (Ao* 
sta) Guillelmus suo nomine cum fratribus suis supplico il 
vescovo Guala Bondoni perche concedesse ecclesiam 5. Pau* 
It quae est supra Sicictellam (un braccio del fmme Sesia) 
cum hospitali ibidem construct*). Ottenne la concessione e 
per questo d'allora in poi chiesa e ospedale si chiamarono di 
S. Paolo e S. Orso. Pare che TOspedale non sia durato oltre 

11 secolo XIII: la Chiesa passo ai Domenicani nel 1234 (2). 
In diocesi di Vercelli e intitolata a S. Orso la parrocchia 

di Rongio, presso Masserano. E in provincia di Vercelli e 
anche la parrocchia di Vallanzengo dedicata a S. Orso, per 
quanto appartenente alia diocesi di Biella (3). 

8. II culto di S. Orso e esteso anche fuori d'ltalia: 
in Francia e in Svizzera (4). A Meyronnes, Basses Alpes, 

(1) p. 104. 

(2) V.: SAVIO, o. c. p. 483 s., a proposito del vescovo Guala, 
(i 170'! 182). 

(3) V.: S. LESNA, Vita popolare di S. Orso, Varallo Sesia, Unione 
tip. valsesiana, 1916. 

(4) V.: DONDEYNAZ, pp. 31, 68, 79 s., 94, 100 e 103, e BURLET, 
Le culte de Dieu, de la Sainte Vierge et des saints en Savoie avant 
la revolution, Chambery, Librairie cath., 1916. 



202 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

diocesi di Digne, a pochi passi dal Colle della Maddalena, 
V. di Stura, e un celebre Santuario di S. Orso, dove affluisce 
una grande moltitudine di pellegrini da diverse valli e dio- 
cesi, anche del Piemonte. Rovinato al principio del sec, XVII 
il vecchio S. Ours, la chiesa fu ricostruita a un chilometro 
di distanza nel Plan S. Ours: e divenne la parrocchia di 
5. Ours, frazione staccata di Meyronnes dal 1855 (i). La 
festa vi si celebra il 17 giugno: si riferiscono di miracoli 
operati alia cappella di S. Orso a Meyronnes. 

S. Orso e onorato in Francia anche a Barcellonnette, a 
Guillestre (Hautes-Alpes) dove vi e una cappella di S. Or- 
so con festa il 17 giugno come a Meyronnes, a Montbar in 
diocesi di Langres (Borgogna) dove vi e una chiesa di San- 
t'Orso con reliquie, a Bernex e Vacheresse in diocesi di An- 
necy (Savoia) dove le due chiese parrocchiali sono a hri in- 
titolate, e nella parrocchia di La Thuile pure in diocesi di 
Annecy. 

S. Orso ha culto in Svizzera a Sion nel Valais: vi figu- 
rava gia sopra un messale del XVIII sec. al i febbraio come 
ad Aosta: si ricorre ivi specialmente a S. Orso contro i 
danni delle inondazioni e della grandine (2). 

(1) V. nelle Carte del Touring, f. 14 B 3 : S. Ours e Rochers de 
S. Ours. 

(2) V. : DONDEYNAZ, p. 105. 



203 



CAPITOLO DECIMOPRIMO 



SAN GUNIFORTTE DI PA VIA 



i. S. Guniforte, il cui corpo, vestito da soldato e tra- 
passato da freccie, racchiuso in una belk urna, si venera in 
Pavia nella chiesa dei SS. Gervaso e Protaso, sussidiarda alia 
Parrocchiale del Carmine, e molto enigmatico, come S. Emi* 
liano di Faeinza e S. Pellegrino di Garfagnana. 

La sua leggenda e la seguente. 

Egli e suo fratello Gunibaldo, genere Scoti, era.no di no^ 
bile prosapia: avevano anche due sore'lle, a cui un testo at- 
tribuisce i ncani di Pusillana e Favilla. Infienendo in regno 
Scotie una persecuzione contro i fedeli di Cristo, decisero tut' 
t'e quattro, per amor di Dio, parentibus et patrie renuntiare 
et crucem Christi nudam portare. Partirono segretamente 
dalla patria e si recarono in Germania, ad nequissimos leu* 
ihonicos. II loro apostolato incctitro vivissime ostilita. Furono 
imprigionati e tormentati; Pusillana e Favilla furono con' 
dannate a morte e decapitate. Crudelis Scotia sed crudelior 
Teuthonica, Scotia, mater fuit, Teotonica noverca. Guiniforte 
e Gunibaldo, posti in liberta, risolvettero di partire, e, pas- 
sate le Alpi, giunsero a Como, dove ancora quotidianamente 
si scannavano i cristiani: ubi quotidie christianum nomen 
se habere confitentes jugulabantur. Quivi si fiecero a predi' 



204 



IRLAfcDfiSi flf ITALfA 

care il Vangelo con buoni frutti; . ma furono denmnziati al 
princeps civitatis, che li fece prendere e li interrogo: Scott 
sumus genere risposero sed christittni professione. Si 
condannarono entrambi a morte, ma poi, nella speranza che 
il supplizio d'un fratello, facesse per timore rinunziare 1'altro 
alia fede, si decapito soltanto Gunilbaldo, il cui corpo fu sep- 
pellito nella notte seguente segretamente dai cristiani di Co 
mo, e si lascio in liberta Guniforte, Questi si reco a Milano 
dove predico senza posa il nome di Cristo et multorum er* 
tores conculcavit. Invitato invano a sacrificare agli idoli e 
denunziato al tyrannus, fu condannato ad essere decapitate 
fuori della citta, nonche saettato e battuto con verghe di fer^ 
ro lungo la strada. Fu siffattamente tormentato dalla ferocia 
hereticorum che, asperso tutto di sangue e indebolito per le 
molte ferite, prima di giungere al determinato luogo fuori 
delle porte di Milano, cadde a terra sfinito. I persecutori, ere* 
dendolo morto, rabbandonarono sul luogo stesso, senza ese" 
guire la sentenza capitale. Riavutosi dopo qualche tempo, 
Guniforte si alzo e si avvio verso Pavia. Ivi s'imbatte in una 
devota e pia matrona, la quale scorgendo il santo uomo si 
malconcio, con rispetto e carita lo condusse in casa propria 
juxta ecclesiam Scti Romani, e con molta pieta lo euro; ma 
in capo al terzo giomo, il 22 d'agosto, rese Tanima al Si' 
gjiore, mentre le campane di Pavia si mettevano da sole a 
suonare. Fu sepolto nella chiesa di S. Maria presso S. Ro' 
mano. 

2. La leggenda fu pubblicata la prima volta nel sec- 
XV dal milanese B. MOMBRIZIO (i) e poi dal TATTI (2) e dai 

(1) Sanctuarium seu Vitae Sanctorum, I, 338*40. 

(2) Annali sacri della citth di Como, 1663, I, 903. 

205 



SAN GUNIFORTE DI PAVIA 

BoLLANDISTI (G. Cuperus) {i), sull'edizione del Mombrizio, 

che pub esser tratta da un Passionario Lateranense o da un 

codioe del sec. XV conservato nell'Archivio della Fabbriceria 

del Carmine in Pavia (2). II codice del Carmine, gia apparte* 

nente a Sinibaldo Mezzabarba (1350-1441) di Pavia, ha, in 

piii del testo del Mombrizio, la narrazione dei miracoli che 

si attribuiscono al martire, e termina con notizie storico'li- 

turgiche sulle feste di S. Guniforte a Pavia (22 Agosto), di 

S. Gunibaldo a Como (13 Ottobre) e delle sorelle, di cui da 

i nomi, in Alamania (9 Gennaio). Aggiunge che il corpo di 

S. Gunibaldo e quelli di Pusillaina e Favilla sono sepolti a 

Como nella Chiesa di S. Carpof oro, fuori le mura della citta, 

II martirio di S. Guniforte e stato attribuito date le in- 

certezze del testo da alcuni ai pagani, da altri agli ariani. 

La sua data e stata fissata da F. FERRARI (3) alTepoca dell'im- 

peratore Costanzo (337'36o); T. DEMPSTER lo troviamo 

qui naturalmente a far di Guniforte un Santo scozzese, e 

purtroppo lo hanno seguito su tal terreno molti autori po^ 

steriori, fino al Majocchi (4) la fissa al 417. II TATTI (5), 

i BOLLANDISTI (6), il P. SEVERING CAPSON! (7), GIUSEPPE 

ROBOLINI (8) e il MAJOCCHI (9) propendono per il 303, cioe 



(1) Ada Sanctorum, vol. IV del mese d'agosto, pp. 524*30. 

(2) V. : Mons. R. MAIOCCHI, La kggenda^ e il culto di S 
forto mart, in Pavia, Pavia, Artigianelli, 1917, p. 12. 

(3) Catal. Sonet. Italiae, Milano, 1613. 

(4) Histor. eccles. gentis Scotor., Bologna, 1627, p. 309-10. 

(5) Op. cit. 

(6) AA. 55., agosto IV, p. 524 ss. 

(7) Mem. istor. di Pavia, II, p. 112. 

(8) Notizie... di Pavia, I, p. 23. 

(9) Op. cit., p. 24. 



206 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

per Tepoca della grande persecuzione di Massimiatio e di 
Diocleziano. 

3. Ma esaminiamo il valore storico della leggenda, 
la cui compilazione e evidentemente molto tarda (dal sec. 
XII al sec. XIV). 

Notiamo anzitutto che all'epoca romana imperiale non 
esisteva ne regno di Scozia ne Scozia; ne vi furono mai in 
Gran Brettagna o Irlanda gravi persecuzioni contro i Cristia* 
ni. Contrariamente a quanto racconta Gilda (VI sec.), senv 
bra che la persecuzione di Diocleziano non si sia estesa oltre 
Manica, grazie agli sforzi del govematore Costanzo Cloro, 
padre di Costantino; e si dubita anche del precedente mar- 
tirio di S. Albano e dei santi Aaron e Giulio (286 o 287), 
che sareb'bero in ogni caso gli unici martiri della conversione 
di quelle isole al cristianesimo (i). La Chiesa di S. Romano 
a Pavia non esisteva ancora: il primo cenno di essa e del 
sec. VII: nel 476 v'erano a Pavia due sole chiese, S. Ger- 
vaso e S. Invenzio (2). Non v'e traccia del martirio e del 
culto delle due sorelle, ne in Germania ne in Svizzera (Gri^ 
gioni), ne a Como (3); ne a Como si trova traccia di Guni* 
baldo, dove pure la Chiesa di S. Carpoforo, suo preteso luo" 
go di sepoltura, ancora sussiste e di cui la storia e ben no- 
ta (4). Nel cap. VII del P. DELEHAYE, Les engines du culte 



(1) V. : F. CABROL, L'Angkterre chretienne, Paris, Gabalda, 
1909, pp. 17 e 25. 

(2) V.: MAJOCCHI, op. cit., p. 26. 

(3) lb., pp. a6'3i. 

(4) lb., 32-35 e 176. Qui tanto per illustrate i sistemi del 
DEMPSTER noteremo di passaggio come nell* Apparatus de Reli* 
gione, I. II, cap. II costui inventi che in antico s'erano eretti in 
Como in onore di S. Gunibaldo un tempio e un monastero posse* 
duti gia un tempo dalla nazione scozzese . 

207 



GUNIFORTE DI PAVIA 

der martyrs (i) che presenta la lista dei martiri italiani piii 
sicuri (2) non si fa menzione di S. Guniforte. 

Il fatto che i quattro nomi (quelli delle due sorelle sono 
certamente spuri) <non suonino celtici, non vorrebbe dir mol- 
to: si sa che i peregrini scoti cambiavano spesso nome (3) e 
in particolare TO* HANLON (4) dice che mold fanno irlandese 
un Cunibald o Chunibald, missionario in Baviera con S. 
Ruperto (5). In ogni modo da quanto abbiamo esposto ri- 
stilta assai probabile che nella leggenda di S. Guniforte si 
abbia uno di quei centoni che, come dice con frase scultorea 
il P. DELEHAYE (6), differiscono dagli atti storici quanto 
differisce dal capolavoro d'un artista il prodotto industriale . 

II piu antico ricordo liturgico di S. Guniforte e dato dalle 
Litanie dei Santi che si cantavano a Pavia nella processione 
delle Crocette, la quale risale al sec. X: il testo a noi per' 
venuto di tali Litanie, dov'egli e posto fra i martiri ponte* 
fid, contiene pero anche i nomi di S. Lanfranco, S. Tom- 
maso d* Aquino e S. Rocco, ed e del sec. XIV; quindi non si 
puo aaserire che il nome di S. Guniforte fosse compreso nel 
testo primitive di tali Litanie (7). 

Il piu antico ricordo storico di lui e contenuto nel Cata- 
logo Rodobaldino dei Corpi santi di Pavia (8), ch'e la rek' 



(1) Bruxelles, 1912. 

(2) V.: LANZONI, op. cit., p. 70. 

(3) V.: MONTALEMBERT, I Monad d'Occidente, trad. Carraresi, 
Firenze, 1870, vol. V, p. 115. 

(4) Lives of the Irish Saints, Dublino, che tratta di Guniforte al 
vol. VIII, p. 322. 

(5) Vol. IX, p. 536, al 24 settembre. 

(6) Les passions des martyrs, Bruxelles, 1921, p. 236. 

(7) V.: MAJOCCHI, op. cit., pp. 37-43. 

(8) V. ediz. BoNl*MAjocCHl, Pavia, Fusi, 1901. 

208 



1 -SANtl iRLAttoESi IN ItALlA 

zione della visita compiuta alle.chiese della citta nel 1236 
dal vescovo di Pavia Rodobaldo II (1230-1254), il quale nel- 
la ecclesia sancte Marie apud sanctum Romanum majorem 
trovo custodito il corpus S. Guinifortis martins (i). 

Neirintroduzione all'opera Le Diocesi d'ltalia il LANZONI 
ha tratteggiato molto bene la formazione e il valore di Gesta 
o Passioni, dove gli scrittori hanno lavorato di fantasia 
(p. 52) a desciivere le tappe di questi martin itineranti 
(p. 56) e in alcuni casi hanno anche fatto passare per mar- 
tire chi mai non lo fu (p. 62), chiamando martiri sem- 
plici confessori, vuoi nel senso antico, vuoi nel senso recen- 
te (p. 65) e creando a volte anche dei marriri-vescovi (p. 
75 e segg.). Noi rimaniamo perplessi davanti al caso del no- 
stro Guniforte che sembra indubbio fosse scoto e il cui pel- 
legrinaggio apostolico assomiglia stranamente airitinerario 
di S. Colombano. 

4. Abbiamo detto che il suo corpo si trova cmorato 
nel 1236 nella chiesa di S. Maria presso S. Romano. Ivi lo 
trova ancora VAnonimo Ticinese nel 1330 (2) aggiungendo 
che vi era una cappella a lui intitolata : tiel sec. XIV la chiesa 
comincio a chiamarsi S. Guniforte. Nel 1443 si stabili a fian- 
co della chiesa di S. Guniforte, in un monastero detto di S. 
Maria di Giosafat o Monastero nuovo, una comunita di Ca- 
nonichesse Regolari o Rocchettine, le quali ottennero di farsi 
una chiesa propria, aderente e compenetrata con quella di 
S. Guniforte, la quale passava pure ad esse nel 1511, ma 
andava gradualmente in rovina: nel 1650 il corpo del santo 

(1) lb., 43^5. 

(2) V. : MAJOCCHI, p. 49-51 e GIANANI, Opicino de Canistris, 
PP 54 79 e 124. 

209 

14 



SAN GUNIFORTE DI PAVIA 

fu traspcrtato nella loro nuova chiesa, detta appunto di S. 
Maria di Giosafat. La comunita, per le pessime condizioni 
finanziarie in cui versava, fu soppressa nel 1768, e nello stes- 
so anno le reliquie furono portate alia parrocchia di S. Ma* 
ria Gualtieri e nel 1769-70 il corpo fu ricomposto e vestito 
nella forma attuale. Soppressa nel 1789 la parrocchia di S. 
Maria Gualtieri, S. Guniforte fu portato la sera del 7 gen* 
naio 1790 alia chiesa di S. Gervaso dove ancora si trova. 
Per decreto della Congregazione dei Riti del 21 ottobre 1914 
la festa del Santo si fa il 26 agosto, cadendo nel 22 Potta- 
vario dell'Assunzione. 

5. Dopo la peste del 1373 e 1374, Galeazzo Viscon- 
ti fece stabilire in Pavia una festa armuale votiva alia chiesa 
di S. Guniforte, alia quale si recavano processionalmente 
tutti i Paratici d*arti e mestieri (i). Ma all'affermarsi del cul' 
to del Santo nei sec. XIV e XV piu d'ogni altro contribui 
quello Stefano Mezzabarba, che fece trascrivere il codice del 
Carmine della sua leggenda. Egli infatti, che custodiva la 
chiesa di S. Guniforte, ottenne nel 1415 che Filippo Maria 
Visconti le assegnasse i proventi del Dazio della Pesa coimi' 
nale di Pavia (2), e nel 1424 assunse egli. stesso Tappalto 
della pesa: ottenne nel 1416 che TUniversita dei Giuristi 
stabilisse una festa e ucn'offerta annuale al santo, come agli 
altri santi suoi protettori (3): ottenne che Martino V con 
Bolla da Mantova del 7 gennaio 1419 conoedesse speciali 
indulgenze ai fedeli che visitavano la chiesa; e euro egli 
stesso nel 1423 i restauri occorrenti alia medesima (4). 

(i)V.: MAJOCCHI, 54-57. 

(2) Ib., 62*64. 

(3) Ib., 65-69. 

(4) Ib., 69-73. 

210 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

Dal 1374 al 1396 si stabili nella chiesa di S. Guniforte 
una Confraternita fondata nel 1216, che conserve anche do- 
po il 1396 il nome di Confraternita dei Disciplini di S. Gu- 
niforte (i). 

Uno dei miracoli piu clamorosi del Santo riguarda le vi- 
cende finanziarie della ricca famiglia pavese dei Da Morza- 
no nel sec. XIII (2), e un altro il salvataggio del mercante 
genovese, Francesco Pastecca, caduto a mare nel porto di Pe- 
ra (Costantinopoli) nel 1340: quest'ultimo miracolo fa sup- 
porre che vi fosse un certo culto di S. Guniforte a Gene- 
va (3)- 

Il nome di Guniforte era imposto, nelle provincie di Pa- 
via e di Milano, aibbastanza di frequente al battesimo, dal 
sec. XIV al XVI : il MAJOCCHI (4) da molti esempi che vanno 
dal 1372 al 1525, a cui si pub aggiungere quello di Guyni* 
fortts de Canibus de Papia, abate di S. Colombano di Bob- 
bio dal 1390 al 1408 (5), e quello di Gunifortis de Papia 
prior (6). Noteremo che nel Milanese il nome e spesso tra- 
sformato in Bcniforte. 

6. Quantunque nella liturgia ambrosiana non vi sia 
oenno di S. Guniforte t troviamo che nel 1446 il milanese 
Giacomo Manzoli edifice e doto una chiesetta dedicata a 
S. Giacomo e S. Guniforte a Porta Ticinese sul Naviglio, 
cioe proprio sulla strada di Pavia : detta cappella e chiamata 
tde sancto Boniforto sopra il Naviglio in un atto del 



(1) lb., 58-62. 

(2) lb., 45-49. 

(3) lb., 51-54. 

(4) lb., 85-89. 

(5) V.: CIPOLLA-BUZZI, Cod. Dipl. di S. C. di Bobbio, I, 33. 

(6) lb., I, 51. 



211 



SAN GUNIFORTE Dl PAVIA 

1564 (i) e Oratorio S. Boniforti super ripam Magni 
foris Mediolani in un istrumento del 1580, conservato nel- 
PArch. Arciv. di Milano. Con esso S. Carlo Borromeo cede 
detto oratorio semidiruto alia Confraternita di S. Maria al 
Naviglio, che lo fa sconsacrare per fame una scuola della 
Dottrina Cristiana. 

Sono anche al giorno d'oggi dedicate a S. Guniforte due 
parrocchie : precisamente quella di Nosate, in dioc. e prov. di 
Milano, e quella di Casatisma in prov. di Pavia e diocesi di 
Tortoina. 

Sulla chiesa di Nosate, paese sulla sponda del Ticino, si 
ha un opuscolo d'un parroco (2) dove e detto che la chiesa 
fu fatta edificare da Filippo Maria Visconti e venne eretta 
in parrocchiale dal Card. Arciv. Federico Borromeo; ma il 
MAJOCCHI (3) dubita di queste notizie non documentate. La 
pan-occhia possiede una reliquia del Santo, donata nel 1726 
daH'abate di S. Epifanio, D. Giulio Buonsignori. II SIRONI 
menziona come corrente in Pavia il curioso proverbio: Chi 
si vota a S. Guniforto 1 , dopo tre giomi e vivo o morto (4). 
In un opuscolo sul Santo, senza copertina e senza data (ma 
stampato evidentemente a Pavia dopo il 1865) (5) ^ spiegato 
che quando nelle famiglie del popolo qualcuno cade grave- 
mente ammalato, suolsi mandare, come ultimo spediente, a 
far benedire sulla cassa del santo una camicia che poi si fa 
indossare all'infermo, in omaggio a quel proverbio. La ere- 



(1) V.: Arch. Stor. Lombardo, luglio 1916, p. 141. 

(2) E. SIRONI, Vita di S. Guniforte Martire che si venera in No- 
sate, Milano, 1855. 

(3) P- 76. 

(4) Opusc. cit., p. 23 . 

(5) Favoritomi dal Parroco D, Enrico Aspesi. 

212 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

denza nella decisione in tre giomi dei casi di malattia grave 
si ha anche in Aquila, per gli infermi che si fanno segnare 
in fronte col bastone di S. Bernardino. 

Nella parrocchia di Casatisma la devozione a S. Guniforte 
e ancora dovuta alia famiglia Mezzabarba (famiglia estintasi 
alia fine del sec. XVIII) che vi aveva grandi possedimenti, 
passati poi per eredita ai D'Adda e Borromeo. Una reliquia 
del Santo era stata data appositamente al conte Mezzabarba 
nel 1670 dal vicario Barusio (i). Vi e tuttora in Casatisma 
una via dedicata a S. Guniforte. 

Reliquie di lui si trovano (2) nella parrocchia di Villalbese 
in dice, di Milano e nelle seguenti parroechie della diocesi 
di Pavia: Monticelli, Borgarello, Torriano t Torre d'Arese, 
Mirabello, Villanterio e Zerbo. Ve ne sono anche in una par' 
rocchia di Francia (Meoties in Normandiaj e presso privati. 

Nel 1916 il vescovo di Pavia ordinb una ricognizione del' 
le reliquie di S. Guniforte m. di cui il MAJOCCHI da la rela- 
zione in appendice. 



(1) V.: MAJOCCHI, p. 148. 

(2) lb., pp. i50'i55 



213 



CAPITOLO DECIMOSECONDO 

S. COLOMBANO DI BOBBIO 

i. Abbiamo gia tracciato nel Cap. II 4 le grandi 
linee della vita di questo gigantesco santo irlandese (540? - 
23 nov. 615), che ha impresso un'orma cosi profonda nella 
storia delle missioni e del monachismo, della cultura e della 
pieta. S. S. Pio PP. XI nella sua Lettera airEm.mo Card. F. 
Ehrle, legato pontificio alle feste di Bobbio del 1923 (i), 
ha mirabilmente dipinto la figura e Topera del santo. 

La letteratura che riguarda il fondatore dell'abbazia di 
Boblbio (614) vera Monte Cassino dell'Italia settentrionale 
e vastissima : ed egli e certamente il piu conosciuto f ra i 
santi di cui ci occupiamo. Non e qui il caso di entrare a trat- 
tare a fondo di lui, e crediamo limitarci a dare il nudo elen- 
co, per ordine cronologico, delle piu important! e recenti 
pubblicazioni italiane che lo riguardano, dalle quali si puo 
risalire a tutta la bibliografia colombandana : 

i) F. NOVATI, Due vetustissime testimonian^e dell'esisteri' 
ZCL del volgare nelle Gallic e nell'ltalia esaminate e discusse 
(La vita di S. Mammolino e L'epistola di S. Colombano a 

(i) V.: Civilta Cattolica , 1923. 

214 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

Bonifacio IV), Milano, 1900, estratto dai Rendiconti del R. 
Istituto Lombardo di Science e Lettere. 

2) ACH. RATTI, Le ultime vicende della Biblioteca e del* 
I'Archivio di S. Colombano di Bobbie, Milano, Hoepli, 1901. 

3) ACH. RATTI, Reliquie di antic codice bobbiese ritro 
vote, in: Miscellanea Ceriani, Milano, Hoepli, 1910. 

4) PL. LUGANO, 5. Gregorio Magno e 5. Colombano nella 
storia delta cultura latina, in: Riv. Storica Benedettina , 
1915, p. 161-165. 

5) PL. LUGANO, S. Colombano, monaco e scrittore, in Riv. 
Storica Benedettina, luglio 1916 (p. 5-47). Nel-fasc. del di' 
cembre 1920 della stessa Rivista e dato (p. 185-202) il testo 
della Regula Monackorum, dell'Ordo de vita et actione mo* 
inachorum e dell'Oratw). 

6) B. ALBERS, Afonsmi di storia mon'astica, Roma, 1916, 
estratto dalla Rivista Stor. Benedettina (p. 1 08' 124). 

7) D. CAMBIASO, 5. Colombano. Sua opera e suo culto in 
Liguria, in Riv. Diocesana Genovese, 1916, p. 121. 

8) G. DOMENICI, S. Colombano, Roma, Civilta Cattoli- 
ca , 1916. 

9) D. CAMBIASO, L'anno ecclesiastico e le feste dei santi 
in Genova nel loro svolgimento storico, Genova, Olivieri, 
1917. 

10) CiPOLLA'Buzzi, Codice diplomatico del Monastero di 
S. Colombano di Bobbio fino all'anno 1208, 3 voll., Roma, 
Istit. Stor. Italiano, 1918. (Giovera a chi deve servirsi di tale 
grandiosa raccolta lo studio di D. PL. LUGANO, II Cod. dipl. 
del Mow, di S. Colombano di Bobbio in: Riv. St. Bened. , 
Dicembre 1920, p. 173). 



S. COLOMBANO DI BOBBIO 

n) G. MICHELI, Le carte bobbiesi dell'Archivio Doria di 
Roma, in : Arch. stor. per le prov. Parmensi , 1923, p. 375. 

12) G. B. CURTI-PASINI, 11 culio di S. Colombano in S. 
Colombano al Lambro, Lodi, Bosini-Ablbiati, 1923. 

13) Mons. P. CALCHI-NOVATI, vesc. e conte di Bobbio, 
Lettera pastorale al clero e popolo delta diocesi di Bobbio per 
la quaresima del 1923, Bobbio, Baldini e Foppiani, 1923. 

14) M. CORDOVANI, II XIII Centenario di S. Colombano e 
'il'Apostolato Internationale della Chiesa, in : Scuola Cat' 
tolica , 1923, vol. II. 

15) A. PELLIZZARI, S. Colombano e le lettere, in: Scuo 
la Catt. , 1923, vol. II. 

16) L. GRAMMATICA, La Biblioteca di Bobbio, in: Scuo^ 
la Catt. , 1923, vol. II. 

17) G. CEJLI, Cimeli bobbiesi, Roma, in: Civilta Catto' 
lica , 1923. 

1 8) I. REPOSI, Pagine di storia bobbiese, Piacenza, Del 
Maino, 1927. 

19) S. REBOUNI, S. Colombano di Bobbio, Num. del dec. 
1928 della Collezione I Santuari d'ltalia illustrati, supple" 
men to del Pro Famiglia, Milano, Via Broggi, 10. 

20) MARIA MASSANI, S. Colombano di Bobbio, nella sto* 
ria, nella letteratura, nell'arte, in Didaskaleion, Torino, Soc. 
Ed. Intern., VI, 1928. 

21) E. NASALLI ROCCA, Bobbt'o e i suoi Statuti, Arch. Stor. 
Lombardo, fasc. nov. 1929 e marzo 1930. 

22) E. NASALLI ROCCA, Pievi della montagna piacentina, 
Parma, La Giovane Montagna, 1930. 

23) E. NASALLI ROCCA, Le giurisdi&oni territoriali delle 



216 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

Pievi piacentine secondo gli studi di A. Wolf, in : Arch, 
stor. per le Prov. Parm. , 1930, p. 117. 

24) N. GRIMALDI, San Colombano ed Agilulfo, in : Arch. 
stor. per le Prov. Parm. , 1930, p. 79 (i). 

Delle opere straniere ricordiamo quelle f ondamentali : 

1) MONTALEMBERT, I Monad d'Occidente, trad. Carraresi, 
Firenze, 1865, vol. V. 

2) MARG. STOKES, Six months in the Apennines etc., Lon- 
don, Bell, 1892 (p. 109-200). 

3) MRS. CONCANNON, The life of St. Columban, Dublin, 
Cath. Truth Society, 1915. 

4) E. MARTIN, Saint Colomban, Paris, Lecoffre, 3me ed., 
1921. 

2. Oltre al gran santo di Bobbio, vi sono vari altri 
Colombani onorati dalla Chiesa, fra cui il Colombano junior, 
dei dodici primi compagni di peregrinatio del grande Colom- 
bano, e menzionato dal suo biografo Giona, che ne racconta 
anche la santa morte (2): e un S. Colombano del sec. X, 



(1) Segnaliamo anche i seguenti numeri di giornali: 

1) La Trebbia di Bobbio, 9 sett. 1923, con la Relazione delle feste 

del XIII Centenario. 

2) La Trebbia di Bobbio, 7 sett. 1930, con II Millenario della tra* 

slaftone di S. Colombano celebrato a S. Colombano al Lambro. 

3) II Cittadino di Lodi, 21 agosto 1930, II Millenario della traslaftone 

di S. Colombano (930*1930). 

4) L'ltalia di Milano, 14 sett. 1930, con importante articolo di 

Mons. GlANANI sulla Traslazione di S. Colombano. 

5) La Trebbia di Bobbio, 5 dec. 1931, con II Culto di S. Colombano 

nella Diocesi di Lodi di D. A. Maestri. 

6) La Trebbia di Bobbio, n dec. 1931, con Le Idrie di Cana, re* 

censione di uno studio al riguardo, di Corrad? Ricci, apparso 
in Felix Ravenna (1931, fasc. 2). 

(2) Vita Columbani, I, 17. 

217 



S. COLOMBANO DI BOBBIO 

pure irlandese, che visse come recluso .presso la chiesa di 
Saint- Bavon a Gand (festa 2 febbraio). 

In Italia albbiamo un S. Colombano penitente ed eremita, 
vissuto e morto, in epcca incerta ma remote, in provincia di 
Forli, diocesi di Bertinoro e comune di Meldola, in una fra- 
zione detta S. Colombano (i) ove se ne conserva il corpo (2). 
Dicesi fondatore di vari ospedali per pellegrini nella valle del 
Bidente. Mons. PASINI di Forli (3) ricorda come a lui dovuto 
anche un Ospedaletto di S. Colombano, di cui si ha memo 
ria fin dal sec. XIV, nel sobborgo di Pianta di Forli, in lo* 
calita che ancor oggi si chiama Ospedaletto. Presso Forli, 
fuori Pcrta Ravaldino (ora Diaz), in localita S. Colombano, 
vi e ucna chiesa dedicata a S. Colombano Eremita, la quale 
un tempo fu cappella gentilizia dei Marchesi Colombani di 
Forli. Altra chiesa dedicata a S. Colombano Eremita si trova 
secondo quanto mi assicura Don Z. Francesconi nelle 
vicinanze di Ravenna. 

Abbiamo in Italia anche un S. Colombano martire (una 
cui ireliquia e in possesso della chiesa di S. Colombano al 
Lambro), che si venera nella chiesa parrocchiale di S. An^ 
drea a Mosciano presso Firenze, dove il suo corpo, vestito 
da guefriero romano, e deposto in un'urna dorata, sotto I'al- 
tar maggiore. Dicesi provenga dalle Catacomlbe e sia state 
concesso dal Card. Guadagni, verso il 1810, ai Missioaiari di 



(1) Carte Touring, f. 19, D. 4. 

(2) Debbo al Priore di S. Pietro in S. Colombano, per mezzo di 
D. Z. Francesconi, un opuscolo stampato recentemente a Castel' 
nuovo, ma senza nome d'autore e senza data, con Brevi notifte 
sulla vita e culto di S. Colombano Eremita. 

(3) V.: La Madonna del Fuoco, marzo 1920 e U Momenta, 24 
maggio 1930. 

218 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

S. Vincenzo de' Paoli in S. Jacopo Soprarno, che in quel 
tempo avevano il patronato della chiesa di Mosciano. La 
sua festa si celebra la prima domenica di settembre. 

3. Passiamo ora a cercare le traccie del gran santo 
irlandese, procedendo come al solito regionaknente, e comin- 
ciando dal Piemonte. 

Nella provincia di Alessandria, la piu prossima a Bobbio, 
e dedicata a S. Colomlbano la parrocchia di Variana, frazio* 
ne di Grondona, diocesi di Tortona. 

II Buzzi (i) menziona nel patrimonio della mensa dellV 
bate di S. Colombano una Ecclesia Sancti Columbani de 
Monteclaro cum pertinentiis suis, 5. Columbani de Monte 
Clara Albensis diocesis. Il centro amministrativo dei possess! 
del Monastero neirAstigiano' era Camariano (Camerano Ca^ 
sasco) nel mandamento di Montechiaro d'Asti (2), prov. di 
Alessandria. 

tuttora dedicata a S. Colombano la parrocchia di Pez* 
zolo (Valle Uzzone) in diocesi d*Alba e prov. di Cuneo. 

In prov. di Cuneo, ma in diocesi di Mondovi, vi e una 
Cappella dedicata a S. Colombano, e se ne fa la festa, nella 
parrocchia di Monasterolo'Casotto, dove vi era un tempo (3) 
tin monastero di religiose cistercensi. 

Sempre in provincia di Cuneo, ma in diocesi di Saluzzo, 
e dedicata a S. Colomlbano la parrocchia del Comune di Pa- 
gno, ove vi era una famosa abbazia fondata da Astolfo, e il 
Vescovo di Saluzzo ha il titolo di Priore perpetuo Commen* 
datario di S. Colombano, Signore di Pagno: ricordiamo che 



(1) Cod. dipl. di S. Col. di Bobbio, vol. Ill, 136 e 137. 

(2) lb., p. 92. 

Oj) V.: CURTI-PASINI, op. cit., p. 10. 



219 



S. COLOMBANO DI BOBBIO 

le cappelle di S. Brigida e di S. Orso, menzionate in prece- 
dent! capitoli, si trovano a ridosso della collina sulle cui fal- 
de serge la chiesa di S. Colombano, 

Finalmente in provincia di Cuneo, ma in diocesi di Fossa- 
no, S. Colombano si festeggia nella parrocchia di S. Biagio, 
frazione di Gentallo. 

In provincia di Torino chiamasi San Colombano una fra- 
zione del Comune di Exilles, nella valle della Dora Riparh 
(diocesi di Susa, patria del biografo Giona): pare che il no- 
me della frazione derivi dall'antico monastero benedettino 
della Losa. Sempre in provincia di Torino si trova un Mon- 
te Colombano (alto m. 1658) a S. E. di Viu (i) alia testata 
della valle della Mortiera, che esso monte divide dalla valk 
della Stura di Viu. 

II DONDEYNAZ (2) dice che la Collegiata di S. Orso di Ao- 
sta possiede nei suoi tesori delle reliquie di S. Colombano, e 
che S. Colombano e S, Gallo erano onorevolmente ricordati 
nell'antica liturgia della Chiesa d'Aosta. In provincia d'Aosta 
e un villaggio chiamato San Colombano Belmonte, frazione 
di Cuorgne, con chiesa, dal 1822 parrocchiale, dedicata a 
S, Grato. 

II CuRTi'PASlNl (3) dice che v'e un villaggio di S. Colom- 
bano presso Gattinara in provincia di Vercelli, ma non risulta 
ne dalle Carte ne daU'Annuario del Touring. Non.lungi da 
Gattinara ablbiamo incontrato Masserano con la parrocchia di 
Rongio dedicata a S. Orso. 

In provincia di Novara, ma in dioc'esi di Vercelli, e la 



(1) V.: Carte Touring., f. 8, C, 6. 

(2) Vie de Saint Ours, p. 30. 

(3) Op. cit>, p. 10. 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

parrocchia di Biandrate, dedicata a S. Colombano. Mans. 
PASTE (i) dice: Osservo nell'antico calendario liturgico 
vercellese essere venerati fra i santi irlandesi il grande vesco- 
vo Patrizio e Tabate Gallo, laddove non a mai capolino il 
nome di San Colombano precisamente nella Chiesa Buse* 
biana, che pure aveva giomi dedicati ad altri santi oltremon- 
tani, come Bricio, Amando, Annando, Gotardo e Leodegario. 
Similmente nessun codice nostro parla di San Colombano, 
il cui cu'lto tuttavia e certo essersi diffuse in diocesi e preci* 
samente nelle vicinanze di Caresana e nella prevostura di 
Biandrate. 

II piu antico documento e del 18 aprile 996 (Carte del- 
I' Arch. Capit. di Vercelli, S. S. S. t Vercelli, Unione Tipogr. 
Vesc. 1911). In esso domna Adelegida Imperatris dona ai 
Canonici di S. Eusebio corte una domui cortile que vocakuv 
carisiana cum castro inibi abente et cum capella fort's (di S. 
Matteo) et cum porto sicide (Sesia) cum omnibus alueis suis 
de capella sancti Columbani usque in fluvio pado. Ma dove 
precisamente fosse collocata la cappella di S. Colombano, 
non e ben certo. 

Tre altri documenti riguardano invece la chiesa di Bian* 
drate che fu poi prepositura. In una pergamena dello stesso 
Archivio Capit. dell'anno 1174 relativa all'Ablbazia 5. Na* 
Zfirii de Biandrate si momma in fine la Ecclesia Sancti Co- 
lumbani. Da una convenzione del 1217 fra Novara e Veav 
celli risulta pure Tesistenza della Chiesa di S. Colombano di 
Biandrate ufficiata da monaci (cfr. VIGLIO, Ricordo storico, 
ecc.). Nel Necrologio Eusebiano n. 155 (Ballettino stor. bi<> 

(i) Sulle traccie dei monaci di S. Gallo, in: Scuola Cattolica , 
vol. Ill, p. 223-230. 



221 



S. COLOMBANO DI BOBBIO 

bliografico subalp.) il 2 marzo del 1217 leggesi che 1'Arci- 
diacono Guidalardo dono alia Chiesa di S. Eusebio una casa 
acquistata dal Monastero di S. Colombano di Biandrate in 
hora (sic) Sancti Eusebii apud portam araldi, cioe vicino a 
S. Andrea . 

Deirantichissima Chiesa di S. Colombano di Biandrate ha 
trattato estesamente Mons. G. BoRGOMANERO in una biogra' 
fia di S. Sereno vescovo di Marsiglia (VI secolo), il cui corpo 
e conservato nella chiesa stessa (i). incerto se essa deriva 
il nome del titolare dai Benedettini, che certo gia prima del 
sec. IX erano nella vicina Badia di S. Nazaro, oppure da 
una sua filiazione diretta da Bobbio (2). 

4. II CAMBIASO (3), parlando della rapida estensione 
della potenza del monastero 1 di Bobbio sui territori liguri, di' 
ce : Un diploma di Carlo Magno del 5 giugno 774 confer- 
mava al Monastero di Bobbio una vastissima zona di territo- 
rio che si estendeva dalla Valle d'Aveto al mare. Altri 
documenti analoghi dei secoli VIII'X, ricordano molte loca' 
lita poste in quelle regioni ed altre vicine, come dipendenti 
dallo stesso monastero, con chiese e celle monastiche, orata* 
ria, cellae, ecclesiae, plebes, di cui molte erano dedicate a S. 
Colombano'. Nell'antica circoscrizione della diocesi nostra por- 
tavano il suo nome le chiese di Moranego, Certenoli, Costa, 
Noano, Piazza (presso Framura), e quella di Getiova presso 
I'Ospedale dei Cronici. Vicino a questa era il celebre mona- 
stero, poi parrocchia urbana di S. Stefano, pure dipendente 



(1) San Sereno, Vescovo di Marsiglia e Protettore di Biandrate, 
Grottaferrata, Tip. S. Nilo, 1911. 

(2) Ivi, pp. 71 e 130-13 1. 

(3) L'anno ecclesiastico in Genova, p. 262. 

22.i 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

da Bobbio, la cui cripta si fa risalire al sec. VIII, mentre nel- 
la parte piu centrale deirantica citta e indicata gia nel 972 
come filiazicne di Bobbio la chiesa di S. Pietro in Banchi: 
Ecclesia sancti Petri que est sita in civitabe Janue (GRASSI^ 
Vescovi di Geneva, p. 12-13). 

Da questi document! risulta che Popera di S. Colombano 
e dei suoi figli nei secoli VIII -X era diffusa da Bobbio a Ge- 
neva e in una zona assai vasta all'intorno. Ma non basta. 
Parlando di S. Benedetto albbiamo osservato come il suo or- 
dine sia stato diffusissimo in Liguria sino dai primi tempi 
della sua istituzione, e accennammo a molti monasteri come 
quelli di Portovenere, di S. Andrea di Sestri, S. Fruttuoso. 
di Capodimonte, S. Stefano e S. Siro di Genova, S. Siro di 
Struppa, S. Gregorio e S. Maria del Porale sugli Appennini, 
S. Clemente presso Gordena, S. M. del Tiglietto presso I'Ol* 
,ba, S. Pietro di Savignone e S. Pietro di Precipiamo in valle 
Scrivia, S. Giustina di Sezze, e Giusvalla in val Bormida, S. 
Marziano e Vindersi in val Borbera, S. Maria in val di Taro, 
S, Onorato di Patrania, S. Andrea di Borzone etc., dei quali 
alcuni hanno document! certi dei secoli VI- VII, ed altri po- 
steriori, ma tutti in genere si fanno dagli storici risalire alTe- 
poca dei Longobardi e dei Carolingi, benche, devastati dai 
saraceni.nel sec. X, siano poi stati ricostruiti in epoche piu 
recenti. 

Ora a tanta fioritura di vita monastica non pub essere 
stata estranea Topera dei monaci di Bobbio. Si sa che essi, 
dopo la morte di S. Colombano adottarono la regola di S. 
Benedetto... e diedero il piu largo contingente all'ordine be- 
nedettino in Liguria; sicche il loro monastero di Bobbio deve 
ritenersi come il centre principale, da cui si diffuse fra noi 

223 



S. COLOMBANO Dt BOBBlO 

la vita r> eligiosa e monastica. Anzi ad essi si attribuisce anche 
in parte la conversione delle popolazioni deirAppennino, tut- 
tora infette di paganesimo alia venuta di S. Colombano. 

Coll'opera di S. Colombano e de* suoi monaci si diffuse 
nei popoli la venerazione verso il santo stesso e quindi la 
sua festa. La troviamo assai d'antico... nell'alta Italia, ove 
1'hanno f ra gli altri i calendari liturgici di Mantova, Brescia, 
Verona: manca invece totalmente nella liturgia romana. 

In Liguria pure essa e molto antica. 

Infatti essa non solo si trova in tutti i nostri libri litur- 
gici piii antichi con orazione propria Deus qui nos beati Co- 
lumbani, ma inoltre e indicata fra i giorni di feria ecclesia* 
stica e civile nel catalogo del 1375, che e il piu antico, e 
non nei successivi, il che dimostra che la festa diminui di 
grado colPavanzarsi del tempo. Anche la festa liturgica scorn- 
parve dal calendario genovese. Nel graduale di S. Matteo 
nel 1412 ha ancora la semplice commemorazione, ma in se- 
guito anche questa spari, e il calendario diocesano del 1645 
si Hmita a notare semplicemente al 21 novembre: Dies S. 
Columbani, ma nulla di lui neirtiffiziatura, che e tutta della 
Presentazione di Maria SS. il che dimostra che la festa di 
S. Colombano non era piu che un ricordo. L'averla.trasfe- 
rita al giorno della Presentazione, che e di gran devozione 
pei genovesi, contribui a farla scomparire. 

Fu osservato, e giustamente, che S. Colombano non oc- 
cupa ne nella liturgia, ne nella memoria dei fedeli, il posto 
che sembrerebbe avergli dovuto assicurare Topera sua e la 
sua influenza su tutto il movimento monastico e religioso nel 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

sec. VII (Analecta Bollandiana, 1906, p. 119, MARTIN, o. c. t 

p. 197) (*) 
Alia chiesa di S. Colombano in Genova CAMBIASO asse* 

gna (p. 44 1 Ex-empti) la data del sec. XIII t mentre al Mona- 
stero prossimo di S. Stefano assegna (p. 430) la data del se-. 
cob VIII. 

Anche oggi e dedicata a S. Colombano la parrocchia di 
Moranego presso Davagna (in dioc. e prov. di Genova), al 
colle della Scbffera, sulk strada Bobbio-Genova. Una tra- 
dizione, purtroppo non suffragata da documenti, ci park 
dice il CAMBIASO a p. 262 di tin viaggio che avreblbe 
fatto il santo da Bobbio a S. Fruttuoso di Capodimonte sul 
promontorio di Portofino; come pure ricorda il suo presunto 
passaggio a Moranego sulk Scoffera, dove avrebbe ksciato 
in ricordo una crocetta che tuttora si conserva. In memoria 
di questi fatti e per invito del santo stesso, come si dice, la 
popolazione di Moranego e regioni limitrofe uso in passato 
recarsi ogni anno in processione a S. Fruttuoso di Capodi* 
monte (v. REMONDINI, Parrocchie dell'Archidioc. di Genova, 
Reg. X, p. 55) . 

Scendendo verso Chiavari troviamo tutte quelle valkte 
che fanno capo al torrente Entella piene di ricordi colomba^ 
niani: ivi, quasi di fronte una all'altra, sono le due parroc- 
chie di S. Colombano di Vignale e di S. Colombano delk 
Costa, antichi'ssime fondazioni bobbiesi; su per valle Sturk, 
e Caregli di Borzonasca, centro della famosa corte di Carelio 
appartenente al Monastero di Bobbio (2) con abbazia a Boi> 

(1) Pel culto a S. Colombano v. anche: CAMBIASO, op. cti. t 
PP 12, 14 e 395. 

(2) V.: CiPOLLA'Buzzi, op. cit., Ill, 92. 

225 

15 



S. COLOMBANO DI BOBBIO 

zone o Bresone; in Gomorga presso S. Colombano di 
le era il centre amministrativo di tutti i beni posseduti dal 
Monastero nel territorio dei mandamenti di Chiavari, Lava* 
gna, Ne, Sestri Levante, e di quelli sparsi nella Tuscia ma- 
rittima (i); a Graveglia vicino a Ne, c'era una corte, con 
Monastero e chiesa (2). 

La citata chiesa parrocchiale di S. Colombano della Costa, 
che risale al 1207, sorge a Costa S. Salvatore presso Cogorno, 
sopra Lavagna. Quella di S. Colombano di Vignale, del 1 142, 
ha dato il nome, insieme con la frazione di Certenoli, al Co* 
mime di S. Coloirabano'Certenoli, al principio della valle di 
Fontanabuona. II Monastero vi possedeva la curtis Vigm* 
Us (3) e il luogo era detto anche Bembelia o Benbelia (4) o 
Binbegia (5). 

Il culto a S. Colomfoano in queste vallate liguri e ancora 
vivo, e le feste in suo onore si celebraino, specie a Vignale, 
con concorso di popolo e con generose offerte dei figli emi' 
grati in America (6). CAMBIASO ha trovato tali due parroc' 
chie menzionate nel Registrum talee omnium ecclesiarum 
Januensis dioecesis del 1360 sotto i nomi di 5. Columbani de 
Costa e 5. Columbani de Bombelio (7). Ivi figura anche (8) 
nel territorio di Sigestra (Sestri Levante) la chiesa 5. Colum* 

(1) lb., p. 96. 

(2) lb., p. 220. 

(3) lb., HI, 135. 

(4) lb., Ill, 192. 

(5) III, 194. Per la storia di queste chiese v.: A. FERRETTO, L 
pievi baktesimali e le chiese minori, Atti Soc. Lig. di St. Patru, 
vol. XXXIX. 

(6) V. Popuscolo: Soknni feste celebrate per il XIII centenarto 
di S. Colombano a Vignale, Chiavari, Artigianelli, 1920. 

(7) Op. cit., pp. 434'435 

(8) P. 436. 

226 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

\ 

bani de Noano, fondata nel 1190, fra le chiese di Casarza e 
di Velici e quelle di Loto e di Montedonico. La parrocchia 
di Piazza, presso Framura, diocesi di Chiavari, Comune di 
Deiva e provincia della Spezia, e ora intitolata a S. Maria. 

In provincia della Spezia e la parrocchia di Cornice, ancora 
oggi dedicata a S. Colombano, presso Sesta Godano in dio- 
cesi di Luni-Sarzana, non lontano dal Passo del Bracco. 

A ponente di Geneva, in provincia di Imperia e diocesi di 
Albenga, e dedicata a S. Colombano la parrocchia di Gave- 
nola, frazione di Borghetto d'Arroscia. - 

II CuRTl-PASlNl (i) menziona un San Colombano frazione 
di Lodisio (Savona). In prov. di Savona vi e un Lodisio fra- 
zione del Comune di Santa Giulia {con parrocchia dedicata a 
S. Colombano e Angelo Custode, diocesi di Acqui), sui colli 
che 'separano la valle della Bormida di Spigno dalla vallata 
dell'Uzzone, cioe prossima a quella parrocchia di Pezzolo in 
provincia di Cuneo che ablbiamo gia trovata dedicata a San 
Colombano. 

5. Passiamo alia Lombardia, e cominciamo dalla pro- 
vincia di Milano. 

Chi percorre la Hnea Pavia'Casalpusterlengo vede presso 
la stazione di Miradolo una singolare collina, a vigneti, che 
si alza isolata per una settantina di met-ri sulla grande pia- 
nura: e la collina di S. Colombano. Dietro alia collina e la 
cittadina di San Colombano al Lambro (circ. di Lodi), con 
un castello del Barbarossa, poi Visconteo, ora restaurato dai 
Barbiano di Belgiojoso; gli affreschi che nella cappella ora 
demolita aveva dipinto Bernardino Campi furono traspor- 

(i) O^j. cit., p. 10. 

227 



SAN COLOMBANO DI BOBBIO 

tati nella parrocchia t dedicata a S. Colombano. II luogo an- 
ticamente era chiamato Mombrione o Mombrone o Brioni (i). 
Una antkhisssima e yerosirnile tradizione vuole che il santo 
vi sia passato nel suo viaggio da Milano a Bobbio (2), con- 
vertendo gli abitanti eretici o pagani, insegnando loro la col- 
tivazione della vite e lasciando il nome alia localita: essa si 
trova mnzionata col nuovo nome in una donazione di Ari- 
berto del 1034. II Redi ricorda nel Bacco in Toscana il: 

... bel colle 

cui bacia. il Lambro il piede 
ed a cui Colombano il nome diede. 

Il culto dei banini per S. Colombano e molto vivo; la fe* 
sta patronale si celebra al 21 novembre, e al 30 luglio la 
festa della Traslazione di cui parleremo tra poco. 

II CuRTl'PASiNl (p. 9) dice dedicata ai SS. Pietro e Colom- 
bano la parrocchia di Fombio, pure in circondario di Lodij 
ma essa ufficialmente appare dedicata ai SS. Pietro e Paolo. 
L* AGNELLI (3) park di una chiesa che il santo ebbe ivi, co- 
struita dal re Liutprando (4). 

A Pavia il culto di S. Colombano sorse, pare, in occasione 
della Traslazione (5). noto come Ugo, re d'ltalia, sugge- 
risse alTabate di Bobbio, il quale si lamentava dell'usuripa' 
zione di beni deirabazia compiuta da vari signori feudali nel 
secolo X, di far chiedere la restituzione dal santo stesso, por- 



(1) V.: ClPOLLA'BUZZI, III, 92. 

(2) V.: LUGANO, S. Colombano, p. 17; CURTI-PASINI, op. cit., 
pp. 1017. 

(3) Lodi e il suo territorio. 

(4) Sul culto a S. Colombano in diocesi di Lodi v. su La 
5 die. 1931, 1'articolo di D. A. MAESTRI, gia menzionato. 

(5) V.: MABILLON, Annaks Ord. S. Ben., sec. II. 

228 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

tandolo a Pavia in occasione del consiglio solenne del regno 
che ivi si doveva tenere nel 930. 11 santo fu difatti proces^ 
sionalmente portato in Pavia nella basilica di S. Michele, e 
per i miracoli awenuti durante il tragitto e durante la per* 
manenza del corpo in Pavia i feudatari si commossero e 
consentirono a restituire il mal tolto e Ugo concesse alTab* 
bazia nuovi privilegi, oltre quelli concessi dai precedents so 
vrani. Ainche il ritorno del corpo a Bobbio fu effettuato so* 
lennemente, e fu perenriemente ricordato dai monaci di Bob' 
bio con una festa che si celebrava il 30 luglio. Tale festa e 
tale data furono riconosciute da un decreto della S. Congr. 
dei 'Riti del 27 agosto 1836 (i). 

Dopo questi fatti si eressero a Pavia due chiese a S. Co^ 
lombano, una chiamata major e una minor (2). La chiesa di 
S. Colombano maggiore (detta anche S. Colombanino) ora 
semidistrutta e ridotta a laboratorio di falegname, ma inte* 
ressanti'ssima, come osserva Mons. GlANANl, per la sua strut* 
tura lombarda, sorgeva nel vicolo che tuttora porta il nome 
di S. Colombano. La chiesa di S Colombano minore (detta 
anche 5. Columbani de Cellanova) era forse situata all'angolo 
dell'attuale via Roma con via XX Settembre: ultimo avanzo 
ne era forse 1'Oratorio dell'antico Istituto dele Orfanelle, di" 
strutto quando gli orfanotrofi furono concentrati nel Mona- 
stero di S. Felice. 

In Pavia il monastero di Bobbio possedeva fin dair862 uno 

(1) V.: CURTI'PASINI, op. cit., pp. 26 e 36. 

(2) V. : Mons. GIANANI, Opicino de Canistris, p. 57 e per la 
major pp. 80 e 125, per la minor pp. 79 e 124. V. anche: P. Ro* 
MUALDO GHISONI, Flavia Papia Sacra, I, pp. 61 e 73 e Mons. MA- 
IOCCHI, Le Chiese di Pavia, p. 138. 



229 



SAN COLOMBANO DI BOBBIO 

xenodochium (i). In un diploma delT893 (2) e chiamato are-* 
nodochium cum ecclesia ma il CIPOLLA dubita che la frase 
cum ecclesia sia errore di copia perche non si trova al punto 
corrispondente in diplomi dell'888, dell'SgS e del 903. 

Una cascina chiamata S. Colombankio si trova segnata 
sulle Carte del Touring (f. 10, C. 5) presso Catpignano (Cer- 
tosa di Pavia). 

Cinque parrocchie si trovano anche oggi dedicate a S. Co- 
lombano nelTOltrepo pavese, dove cosi numerosi erano i pos- 
sessi dell'albbazia di Bobbio: tre in diocesi di Tortona, che 
sono Corbesassi (in val Trebbia, a sud di Bobbio), Santa Giu- 
lietta (fra Stradella e Voghera), e Torre Menapace (a notd 
di Voghera), e due in diocesi di Bobbio, che sono Monte- 
forte (presso Varzi in val Staffora) e Ottone soprano (in val 
Trebbia). La chiesa di Monteforte (Varzi) e menzionata come 
Eclesia S. Columbani de Monteforte da CiPOLLA-Buzzi (3), 
che nomina anche una vicina Ecclesia. S. Columbani de Co* 
xasco presso Menconico, a sud'ovest del Passo del Penice (4). 
II CURTI-PASINI (p. 10) cita un Colombano frazione di Ci- 
cognola (Voghera) ma sulle Carte del Touring (f. 10, D. 5) 
e segnata presso Cicognola (sulle colline fra Santa Giulietta 
e Stradella) una localita Colombarone. 

A Como vi era uin antico monastero di Benedettine con 
chiesa dedicata a S. Colombano, la cui fondazione si attri- 
buisce al vescovo Amalrico (844-865) che anche come pre- 
aule di Como conservb titolo e funzioni di abate di Bob- 



(1) CIPOLLA-BUZZI, HI, 248. 

(2) lb., It 247. 

(3) HI, 116. 
(4)Ib., HI, 116. 

230 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

bio (i). Un monastero con chiesa di San Colombano esiste- 
va, forse fin dal VII secolo, in Mantello sopra Dubino (bassa 
Valtelliina), che passo ai Cluniacensi: i quali di li andarono 
poi ad elevare la grandiosa abbazia e chiesa di S. Pietro in 
Vallate sulle rovine del castello di Cosio, distrutto nel 1304. 
Esiste ancora li presso, in diocesi di.Como ma in provincia 
di Sondrio, una chiesa dedicata a S. Colombano, parrocchiale 
dal 1704; e quella di Campo, presso Novate Mezzola, sul 
lago di Mezzola. Essa e stata eretta quando contado di Chia- 
venna e Valtelliina erano soggette a Coira. Si chiama ancora 
Boochetta della Colombana, in quei pressi, il passo ra Val di 
Fraina e Valle del Bitto di Gerola, a nord del Pizzo dei Tre 
Sigiiori (v. Carta Touring 4, D. i). 

In alta Valtellina, nel contado di Bormio soggetto gia alia 
signoria del vescovo di Coira, troviamo il Coma di S. Co*- 
kmbano (m. 3022) nel gruppo della Cima di Piazzi, con una 
cappella di S. Colombano per il sentiero verso la Valle Viola 
Bormina: a S. Colombano e ivi ancora dedicata la chiesa 
parrocchiale di Oga, presso a quella di Premadio dedicata a 
S. Gallo. 

In provincia di Bergamo sono dedicate a S. Colombano 
due parrocchie, quella di Valtesse, borgo subito a nord di 
Bergamo in val Morla, e quella di Parzanica, sulla sponda 
bergamasca del lago d'lseo: la prima, che risale al secolo XI t 
e si chiamava 5. Colombani de Tegete, fu gia sede di un 
Monastero di Benedettini (Celestini), della seconda Tarchivio 
fu completamente distrutto nel 1700: a Valtesse la festa si 

(i) V.: CiPOLLA'Buzzi, III, 185. 



231 



SAN COLOMBANO Dl BOBBIO 

a il 21 novembrie come a S. Colombano al Lambro, a Par- 
zanica il 7 novembre (i). 

In provincia e diocesi di Brescia e dedicata a S. Colom- 
bano la parrocchia di S. Colombano, firazione di Collio, nel- 
1'alto Mella: e in provincia e diocesi di Mantova quella di 
Riva di Suzzara, in sponda destra di Po. 

6. In provincia di Piacenza e il Santuario e Mona- 
stero di Bobbio (Babio, Aebobium, Ebobium, Ebovium, Po- 
pium), che i'l grande cenobiarca fondo un anno prima di mo- 
rire (614), in una parte allora incolta della Val Trebbia, pres- 
so una chiesetta diruta intitolata a S. Pietro, ch'egli restauro 
ed ingrandi, insieme coi suoi pochi compagni. Ivi egli riposa 
da tredici secoli. 6 opportuno ricordare che Monte Cassino, 
fondato nel 529, era stato ridotto in cenere dal furore Ion- 
gobardo nel 581, e non risorse che verso il 717. I suoi mo 
naci erano frattanto riparati a Roma, nello stesso Laterano. 
Non ci fermiamo a descrivere il Santuario di Bobbio, riman- 
dando il lettore ai libri gia citati e particolarmente alia pub- 
plicazione illustrata, faciknenfce reperibile, del REBOLINI e al 
libro della STOKES dove (p. 109*200) sono descritti tutti i 
ricordi del santo che si fcrovano in Bolbbio e nelle vicinanze 
(La Spanna, Coli, ecc.) (2). Gran parte del territorio bobbiese 
ha appartenuto in antico al Monastero ed estesi erano i suoi 
possessi in tutto il Piacentino. Si chiama ancora Monte Co- 
lombano un monte fra val Trebbia e val Tidone, a nord del 
paese di Monteventano (Carte Touring, f. n, E i), ricordato 

- '% 

(1) V.: CURTI-PASINI, pp. 8 e 32. 

(2) A riguardo di questi ultimi v. anche Tarticolo di GoUGAUD, 
Archeologie de Saint Colomban, in: Diet, d'arch. chret., col. 2196. 
e Gaelic Pioneers, pp. 122 s. Aggiungiamo alia bibliografia gia data 
il libro del RossETTl, Bobbio ittustrato, 2 voll., Torino, 1795. 

232 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA / 

anche da NASALLi-RocCA (i) t a proposito della Pieve di Mo* 
meliano dalla quale dipendeva una chiesa di S. Colom- 
bano (2). 

In prov. di Piacenza si trovano ancora quattro parroechie 
dedicate a S. Colombano: quella di Vicobarone, frazione di 
Ziano Piacentino, a N. O. di Pianello Val Tidone: quella di 
Muradello, frazione di Pontenure, verso il Po: quella di Lu- 
surasco, frazione di Alseno, presso PArda, fra Fiorenzuola e 
Castellarquato : e quella di Vernasca, comune in val d'Ar- 
da, a sud di Lugagnano d'Arda. 

SCH'IAVI (3) park d'un Oratorio di S. Colombano in Par- 
ma, ricordato nella Vita di S. Giovanni I Abate* In CiPOLLA- 
Buzzi (4) e menzionata una ecclesia Sancti Columbani in 
val di Taro, di cui nel 1204 viene investito Tarciprete della 
pieve di S. Giorgio di val di Taro. 

In prov. di Reggio Emilia e ancora dedicata a S. Colonv 
Ibano la parrocchia di Fogliano, frazione di Reggio Emilia, a 
S. E. della citta sulla strada di Scandiano. 

Riguardo al Modenese, nella pubblicazione L'Appennino 
modenese (5) opera di vari autori, D. EMILIO BENTI nel Cap. 
Vicende e condizioni ecclesiastiche parlando al IV del- 
rantichissima pieve di Fanano alle falde del Monte Cimone 
dice : Eravi (nel territorio di Fanano) Tospedale dei Pelle- 
grini dedicato a S. Jacopo, dipendente daH'Ospedale di Val 
di Lamola, con chiesa sacra a S. Colombano e posto sul cri- 
nale del monte . Attualmente, mi assicura D. Camillo Bul- 

(1) Pievi della montagna piacentina, p. 7. 

(2) CAMPI, Storia ecd. di Piacenza, III, pp. 84 e 134. 

(3) La Diocesi di Parma, Parma, 1925, p. 158. 

(4) II, 319. 

(5) Rocca S. Casciano, Cappelli, 1895. 

233 



SAN COLOMBANO DI BOBBIO 

lariini rettore della Chiesa di S. Colombano in Bologna, non 
vi e piu nulla di tutto cio, e Tospedale di val di Lamola e 
ota una piccola patrocchia di alta montagna, canonicamente 
eretta nel 1559, con chiesa dedicata a S. Giacomo. II terri- 
torio di Fanano era stato donato da Astolfo all'abate di No- 
nantola. 

Un'antica Chiesa di S. Colombano come si e accennato 
esiste ancora a Bologna, in via Parigi (i). Sembra che ri- 
salga al VII secolo e che vi fossero dapprima i Benedettini 
della Congregazione di S. Gallo: ad essi succedettero nel 
1144 i Cluniacensi. Circa questo tempo vi si sarebbe eretto 
un campanile, che sarebbe stato il primo in Bologna. Nel 
1073 Gregorio VII, confermando a Lamberto vescovo di Bo^ 
logna i diritti della chiesa, nomina gia un Monasteriutn S. 
Columbani. Negli ultimi anni del sec. XII il Monastero di 
S. Colombano fu ceduto alle Monache di S. Clemente che 
vi rimasero fino al sec. XIV quando cioe nel 1332 il Legato 
Bertrando soppresse questo e altri conventi, e qui istitui una 
Collegiata di Canonici, composta di un Priore, un decano e 
cinque canonici, la quale fu una delle quattro Collegiate dei 
quattro quartieri della citta: cioe: S. Colombano, S. Jacopo 
de* Carbonesi, S. Sigismondo, S. Michele dei Leprosetti. 

Nel 1334 sotto il pontificato di Benedetto XII le suore ri- 
cuperarono il convento, ma nel 1347 ^ Card. E. Albornoz, 
Legato del Papa Clemente VI, soppresse nuovamente il con- 
vento e vi rimise i canonici ripristinando la Collegiata con 
. cura d'anime, il cui curato era il Priore. 

(i) V.: GUIDICINI, Cose notabili della, Citta di Bologna, Bologna, 
Vitali, 1868, IV, 47-49 e GUIDICINI, Miscellanea storico^patna bolo- 
gnese, Bologna, Monti, 1872, p. 279. 

234 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

Nel 1595 la parrocchia di S. Colombano venne soppressa 
da Clemente VIII e gli abitanti distribuiti fra le parrocchie 
circonvicine. Nel 1597 la Priorale di S. Colombano fu ac* 
quistata da Padre Giovanni Califani, quale procuratore e 
mandatario di S. Camillo de Lellis, per fondare a Bologna 
un convento per i Ministri degli Infermi. 

I Caniillini nel 1679 cedettero la Chiesa al Collegio di 
S. Tommaso d* Aquino, indi a questo subenfcrarono i Con* 
fratelli di S. M. dell'Umilta: appresso il convento fu acqui- 
stato dalla 'Repubblica di Lucca che vi trasporto un Collegio 
per studenti: soppresso questo nel 1788, fu venduto al pro* 
prietario dell'attiguo palazzo. La chiesa nel 1704 fu concessa 
alia Congregazione dell'Angelo Custode che si estinse nel 
1798. Ebbe funzioni parrocchiali per la parrocchia dei SS. 
Fabiano e Selbastiano (demolita nel 1797) fino al 1805. Dal 
1808 al 1820 rimase chiusa. Nel 1820 fu riaperta al culto 
dalla Confraternita della B. V. della Mercede, alia quale an" 
cora appartiene (i). 

7. II monastero di Bobbio aveva vasti e redditizi pos- 
sessi nel Veronese, che formavano la corte di Garda (2). Tro- 
viamo menzionata una ecclesia sancti Columbani de Bardo* 
lino e un prioratus sancti Columbani de Bardolino (3): sem^ 
bra fosse presso Bardolino anche la ecclesia 5. Columbani in 
Corte, in Costa (4). A Garda vi erano due cappelle; la 



(1) V. anche un articolo illustrate di D. CAM. BULLARINI in una 
pubblicazione per le Noge d'oro di Mons. Giovanni Nardi, Tipogr. 
Luigi Parma, Bologna, 1929. 

(2) V. : ClPOLLA'BUZZI, III, 98. 

(3) lb., Ill, 207. 

(4) Ib., II, 149*150. 



235 _ 



SAN COLOMBANO DI BOBBIO 

prima era la ecclesia S. Columbani in Garcia, la seconda, di 
cui ignorasi il nome, forse sorgeva nella sors de Sigebaldo (i). 

Nel Trentino, lungo la strada da Rovereto al Pian delle 
Fugazze, a circa km. 2 e mezzo da Rovereto, trovasi il Ponte 
di 5. Colombano sul profondo burrone dal quale il Leno di 
Terragnolo sbocca nel Leno di Vallarsa. Quasi di f route al 
ponte, sul lato sinistro della Vallarsa, e Tantico santuarietto 
di S. Colombano, ricordato fin dal 1319, in un testamento 
di Guglielmo di Castelbarco (2), aggrappato pittorescamente 
alia roccia verticale con la casuccia dell'eremita-eustode. II 
WEBER (3), da 1'elenco degli eremiti che vi sono stati dal 
1698 al 1740. 

Una localita Colombano si trova presso Badia Polesine in 
provincia di Rovigo (v. Carte Touring f. 13, D i). 

In provincia di Treviso e dedicata a S. Colombano la par' 
rocchia di Pero, frazione del comune di Breda di Piave, fra 
Maserada e S. Biagio di Callalta. Nel 1899, demolita la vec' 
chia chiesa, ne fu costruita una piu grande. Sembra che la 
parrocchia di Pero, come quelle prossime di Breda e di S. 
Biagio di Callalta, abbia avuto origine dai Benedettini, che 
possedevano un Priorato in Pero. La grande abbazia di Mo- 
nastier, di cui esiste tuttora il fabbricato, u costruita piu 
tardi a 10 Km. di distanza. La chiesa parrocchiale di Mona- 
stier ha oggi per titolare S. Maria Assunta de Pyro, e si vuole 
che cio sia dovuto al fatto che nel nuovo edificio si trasferi 

(i)Ib., Ill, 98. 

(2) V.: P. TOVAZZI, Natitia ecclesiarum etc., vol. 35 al n. 22, 
p. 24 e al vol. 37, I, c. 65, p. 809. 

(3) GU eremiti nel Trentino, Rivista Tridentina, dccembre 1912, 
p. 244. 

-236- 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

allora il priorato di Pero, la cui chiesa s'intitolo invcce a S. 
Colombano. 

8. Per trovare altre traccie di S. Colombano dobbiamo 
passare in Toscana: esse si riallacciano con quelle trovate in 
Liguria e nella diocesi di Luni-Sarzana. 

In provkicia di Massa-Carrara, troviamo a Pontremoli di 
val di Magra t sulla strada della Cisa, fra Parma e Sarzana, 
una parrocchia dedicata ai SS. Giovanni e Colombano. Nella 
stessa provincia, e sempre in diocesi di Pontremoli, e dedi- 
cata ai SS. Colombano e Martino la parrocchia di Canneto 
e a S. Colombano quella di iPosara: Canmeto e Posara sono 
frazioni di Fivizzano, in valle Rosaro, sulla strada del Cer- 
reto, fra Reggio Emilia e Sarzana. 

In provincia di Lucca, proprio la dove il Serchio, seen* 
dendo di Garfagnana, sbooca in pianura, troviamo il villag- 
gio di S. Colombano, sulle collirae a oriente di Marlia : e ra- 
zicyne di Capannori: la chiesa parrocchjale, che pare sorgesse 
nel secolo XI, e dedicata al santo. Nel paese di S. Colombano 
tiene villa 'rArcivescovo di Lucca. 

Nella citta di Lucca ha esistito una chiesa di S. Colomba- 
no (i). Una carta del 730 da notizia di una chiesa o diaco- 
nia di S. Colombano che, ai tempi del vescovo Talesperiano, 
disposero di edificare e dotare 1'arciprete Sigemondo, fratello 
del vescovo, e altri rispettabili uomini, in susceptionem pe- 
regrinorum (2). Era il terzo ospedale che costruivasi nel se- 
colo VIII fuori e presso la porta S. Pietro. L'edificazione, 

(1) V.: BERTINI, vol. IV delle Memone e documenti per servire 
alia, storia di Lucca, pubblicate dalla R. Accademia lucchese. 

(2) Al documento si assegna di solito la data del 729, ma Moiv 
signor Guidi 1'ha corretta in 730. V.: GUERRA-GuiDI, Compendia di 
storia ecclesiastica lucchese, Lucca, Coop. Tip. Editrice, 1924, p. 70. 

237 



SAN COLOMBANO DI BOBBIO 

iniziatasi sotto Talesperiano, subi van ritardi: il vescovo 
Walprando, morto net 755, dispose per testamento che le 
rendite di tuna quarta parte dei suoi beni andassero a van- 
taggio dell'ospedale di S. Colombaiio, fondato com'ei di- 
ce dal suo predecessore. II vescovo Peredeo, che segui 
Walprando sulla cattedra lucchese, vide compita 1'importante 
costruzione e consacro la nuova chiesa. Morendo nel 779 la- 
scio anch'esso parte dei suoi beni all'ospedale di S. Colom- 
bano, aumentando di dodici il numero dei poveri da ali- 
mentarvisi per ogni settimana (i). Un bastione delle attuali 
mura meridionali della citta (sec. XVI), che sorge sulParea 
dell'antica chiesa e ospedale di S. Colombano, porta il name 
di Baluardo S. Colombano. 

In provincia e diocesi di Firenze troviamo due parrocchie 
dedicate a S. Colombano: S. Colombano a Settimo e S, Co- 
lombano a Bibbione. 

S. Colombano a Settimo, frazione del comune di Casellina 
e Torri, sorge circa 10 Km. a ponente di Firenze, a breve 
distanza dalTAmo, presso Badia a Settimo: la quale badia 
beinedettina, fondata nel X secolo (Badia di S. Salvatore a 
Settimo) e passata nel XIII sec. ai Cistercensi, famosa nella 
storia di Firenze fino al 1782, e ora in inani private. A que- 
sti monaci si deve certamente il culto locale a S. Colombano 
e la dedicazione di questa antica chiesa, che doveva essere 
una loro succursale: del popolo di S. Colombano era la fa- 
miglia Gbzzoli da cui sort! Benozzo Gbzzoli (2). La festa vi 
si celebra il 21 inovembre, come a S. Colombano a Bibbione. 

La chiesa di S. Colombano a Bibbione, detta anche S. Co- 

(1) V.: GUERRA-GUIDI, o. c., pp. 64-5, 70, 75, 85. 

(2) V.: CAROCCI, I dintorni di Firenze, Firenze, 1907, II, 448. 

- 238 - 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

lombano alia Collina, sorge circa 23 Kin. a sud di Firenze, 
in comune di S. Casciano in val di Pesa, sulla strada senese. 
Rimonta al sec. XI, ma dell'antica costruzione rimangono 
traccie solo nell'abside. La devozione a S. Colombano, tut- 
tora viva, deriva probabilmente dalla vicina antica Badia di 
S. Michele Arcangelo a Passignano val di Pesa, dei Vallonv 
brosani, dove riposa il corpo di S. Giovanni Gualberto dal 
1073 (i). 

Un monasterium S. Columbani presso Castro, di Benedet- 
tini, gia esistente nel 1027, e citato dal KEHR (2). 

9. Vogliamo ancora accennare a un villaggio chia* 
mato S. Colombano in Francia (Nizza), nella valle del tor* 
rente Vesubia presso Lantosca (v. Carte Touring f, "14 E 6), 
e a Saint'Colomban de Villards in Savoia, presso S. Giovan* 
ni di Moriana (3); ma sopratutto in Corsica troviamo fre- 
quente il nome di S. Colombano (4). Lungo la strada da 
Ponte Leccia a Calvi si trova un Rio di S. Colombano, un 
Passo di 5. Colombano, un Monte di 5. Colombano, una 
Tone di 5. Colombano diruta. G. CAMBIAGI (5) ricorda co* 
me Gregorio VI, nel 1045, P er pacificare Tisola divisa in 
faziotii facenti capo a Pisa e a Genova, vi mandasse il Mar* 
chese di Massa di Maremma: e come questi, per diminuire 
le forze delle insolenti famiglie degli Amondaschi e Pinaschi 
edificasse un Castello detto di 5. Colombano nella pieve 



(1) V. circa questa Badia LUGANO, L'ltalia benedettina, Roma, Per* 
rari, 1929, p. 357. f 

(2) Italia Pontificia, II, Latium, p. 218. 

(3) V. per quest'ultimo CURTI'PASINI, p. 6. 

(4) V. Carte Touring, f. 25 bis, A 3 e Guida del Touring, Sflr* 
degna e Corsica, 1929, p. 425. 

(5) Istoria del Regno di Corsica, 4 voll. 1770-72, I vol., p. 92. 



239 






SAN COLOMBANO DI BOBBIO 

Giussani (la quale fa sei villaggi e confina con la pieve di 
Ostriconi, nella provincia di Balagoa) . Nel 1267 trovia- 
mo (i) uno dei Marchesi di 5. Colombano nel campo di Giu- 
dice, e uno in quello del suo awersario Giovanninello. Oltre 
a questo castello nel cuore deirisola, a cui si riferiscono i 
nomi topografici citati, esisteva in Corsica uin secondo Ca> 
stello di S. Colombano, e precisamente nel Capocorso, che 
fu espugnato dai Genovesi nel 1554 dopo viva resistenza e 
demolito dalle fondamenta: sulle sue rovine e sorto Roglia* 
no (2). Nella Cronica corsa di Pietro Cirneo (3), questo ca- 
stello aiel Capocorso e chiamato Sancti Columbani civitas, e 
Giacomo Man, figlio di Simone, Signore del Capocorso, spo- 
so di una Pallavicino di Genova, e chiamato (p. 367) Sancti 
Coluynbani princeps. fi noto che Innocenzo II nel 1133 sot^ 
topose a Genova tre vescovati di Corsica (4). 

10. Da quanto abbiamo esposto, si vede quanto nu^ 
merose siano le traccie di S. Colombano che rimangono in 
Italia. Le sole parrocchie a lui ancor oggi dedicate ammon- 
tano a trentaquattro : vuol dire che ci sono ancora in Italia 
trentaquattro centri vivi, in cui il popolo impara a conoscere, 
onorare, pregare e ringraziare il grande Irlandese. Attual- 
mente Tofficiatura di S. Colombano e in uso, oltre che nelle 
parrocchie di cui e titolare, nel proprio diocesano di Bob" 
bio, di Lodi, di Tortona, di Saluzzo e delTOrdine Benedet' 



(1) lb., p. 136-7. 

(2) lb., II, 51. V. per questo secondo castello anche I, 287, 302, 
329, II, n. In IV, 7 e citato un Angelo Colombani che fa opera' 
zioni contro il Paoli nel 1755 e in IV, 229 un Pietro Maria Colom- 
bani, deputato del Terzo Stato, nel 1770. 

(3) Pubblicata dal LETTERON, Bastia, 1884, p. 17. 

(4) V. anche: ClPOLLA'Buzzi, II, 13. 



240 



i SANTi IRLANDESI IN ITALIA 

tino: fino alia riforma del Breviario del 1911 era anche nel 
proprio diocesano di Piacenza e di Chiavari. L'hanno, come 
gia menzionammo nel 4, i calendar! liturgici di Mantova, 
Brescia e Verona. 

Lo studio completo e approfondito deH'origine di tutte le 
chiese e fondazioni che prendoino nome da S. Colombano, 
potrebbe alimentare un volume a se. 

evidente che Bobbio e il centre d'irradiazione principale 
del culto a S. Colombano in Italia. Bobbio ha agito in tre 
modi: attra verso le fondazioni monastiche da esso diretta^ 
meinte derivate (come forse per Biandrate) nel Ibreve periodo 
in cui fu in esso vigente la sola regola di S. Colombano (r) : 
attraverso le fondazioni 'monastiche benedettine t dopo che 
esso divento abbazia benedettina (come probabilmente per 
quelle delle Alpi piemontesi, quella di Pero presso Treviso, 
quelle in diocesi di Firenze, quella di Castro, ecc.): e attra^ 
verso i suoi possessi fondiari (come per le chiese della Li- 
guria, del Tortonese, del Veronese). 6 bene notare come le 
ecclesie sancti Columbani menzionate nel Cod. Dipl. (2) 
siano appena otto, compresa Bobbio; il Cod. Dipl. si ferma 

r* 

pero al 1208. Il patrimonio fondiario del Monastero di Bob' 
bio nei secoli IX'XII e stato dal Buzz! studiato in HI, 77- 
141. Ivi da p. 85 a p. 115 e dato il catalogo alfabetico delle 
corti al 1014, quando il Monastero fu eretto in vescovato. 
Esse sono estese e fitte nella zona attorno a Bobbio (Pavia, 
Voghera, Tortona, Asti, Alba, Piacenza, Parma, Genova, 
Chiavari); ma se ne trovano come abbiamo in parte avuto 
occasione d'accennare anche nel Corriasco, nel Cremonese, 

(1) V.: QpoLLA'Buzzi, I, 88. 

(2) V.: CIPOLLA-BUZZI, III, 207. 

241 

16 



S. COLOMBANd Dt BOBBIO 

nel Lodigiano, nel Mantovano, nel Veronese, a Comacchio, 
a Marradi, mel Casentino. II catalogo dei beni formanti la 
mensa vescovile costituita nel 1014, ma che ritornarono al 
Monastero appena il vescovato se ne separo, e dato dal 
Buzzi da p. 117 a p. 134. Da p. 134 a p. 141 e da lui dato 
il catalogo dei beni costituenti il patrimonio della mensa 
conventuale e delle varie obbedienze monastiche. 

Ma se Bobbio e stato il priaicipale centro d'iiradiazione del 
culto a S. Colombano in Italia, non e detto che sia stato il 
centro esclusivo. Probabilmente vi ha contribuito, diretta* 
mente o indirettamente, anche 1'ablbazia di S. Gallo in Sviz' 
zera per le chiese di Valtellina e per quella di Bologna: e 
f orse vi hanno contribuito i Canonici di S. Frediano di Luc' 
ca per quelle di Lucchesia. 

Di'sgraziatamente rimane ancora da fare 1'elenco completo 
dei monasteri d'ltalia dal VII al XIII secolo. 



CAPITOLO DECIMOTERZO 

S. CUMIANO DI BOBBIO 

i, Nella cripta della Basilica di S. Colombano di Bob' 
bio fu compiuto con grande pieta e con ammirevole senso 
storico e artistico un generate restauro nel 1910 per volere 
del card. Logue, arcivescovo di Armagh, con le offerte dei 
cattolici d'lrlarada. Ricollocato il corpo di S. Colombano nella 
bella area quattrocentesca, istoriata e policromata, di Giovan- 
ni dei Patriarchi, si lasciarono, a fianco della tomba del fan* 
datore, addossate alia parete, le due arche del VII secolo con* 
tenenti i corpi di S. Attala, borgognone, secoiido abate, e 
di S. Bertulfo terzo abate, consanguineo di Arnolfo vescovo 
di Metz. E si raccolsero reverentemente, sotto il nuovo altare 
marmoreo, le ossa degli altri venti santi boblbiesi, successori 
o discepoli di Colombano, fra cui quelle di S. Bobuleno di 
Luxeuil, quarto abate, e quelle delTirlandese S. Cumiano. 

La pietra tombale di S. Cumiano, e i frammenti di un'ar* 
ca cointenente le sue e altre reliquie, e della mensola che 
sosteneva tale area, si portarono, con altri miportanti avanzi, 
in un reparto della cripta chiuso dalla splendida cancellata 
quattrocentesca in ferro battuto che prima recingeva 1'arca 
di S. Colombano, e si costitui cosi una specie di piccolo mu* 
seo lapidario (i). 

(i) V.: REBOLINI, S. Colombano di Bobbio nei Santuari d'ltalia 
illustrate, e ClPOLLA-Buzzi, Cod. dipt., I, 118 ss., 132 ss. 

243 



S. CUMIANO Dl BOBBIO 

2. Chi era questo S. Cumiano? 

L'UGHELLI (i) da alcune povere notizie storiche che dice 
desunte dal Chronicon Bobiense, quod extat in bibliotheca 
Aniciana; ma gli unici dati positivi che del resto con esse 
sostanzialmente s'accordano sono quelli forniti dalla iscri- 
zione della pietra tombale, la quale e stata pubblicata piii 
volte con piu o meno errori, e che noi diamo qui sotto se* 
condo il testo critico del ClPOLLA (2) 

t Hie sacra beati membra Cumiani solvuntur. 
Cuius caelum penetrans anima c(um) angelis gaudet. 
Iste fuit magnus dignitate, genere, forma. 
Hunc misit Scothia fines ad Italkos senem. 
Locatur Ebovio D(omi)ni constrictus amore, 
Ubi, venerandi dogma Columbani servando 
Vigilans, ieiunans indefessus, sidule orans 
Olimpiadis quattuor uniusque circolo anni. 
Sic vixit feliciter ut f elix modo credatur. 
Mitis, prudens, pius fratr[i]bus, paceficus cunctis, 
Huic aetatis anni fuerunt novies deni 
Lustrun quoque unum, mensesque quattuor simul. 
At pater egregie potens intercessor exsiste 
Pro gloriosissimo Liutprando rege qui tuum 
Praetioso lapide tymbum. decoravit devotus 
Sit ut manifestum almum ubi tegitur corpus. 

D(e)p(ositus) est hie d(o)m(inu)s Cumianus ep(iscopu)s. 
Xlili. k(a)l(endas) s(e)pt(em)b(ri)s. 

Fecit f lohannes magister. 



(1) Italia sacra, II ed. Venezia, 1719, IV, 959'6o. 

(2) Cod. dipl., I, 122. 

244 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

Da essa apprendiamo che S. Cuiniano era un vescovo ir* 
landese che lascid 1'Irlanda gia vecchio, che se ne venne a 
Bolbbio per seguire la regola di S. Colombano, che ivi visse 
diciassette o ventun'anni, a seconda che si fanno le olimpiadi 
di quattro o di cinque anni (i), e vi morl all'eta di 95 anni 
e 4 mesi un 19 d'agosto, all'epoca di re Liutprando, cioe 
fra il 712 e il 744. Quindi egli e certo nato nel VII secolo 
e morto nella prima meta delPVIII secolo. 

La lapide tombale ha grande interesse per i caratteri del-* 
ri'scrizione e per le ornamentazioni opere pampinacea che la 
incorniciano. Descritta .dalla STOKES (2) sulla scorta di RE- 
MONDINI (3), e stata oggetto di ampio studio da parte del 
CiPOLLA (4). Quando nel 1910 la lapide fu rimossa per es- 
sere trasportata nel museo, si ebbe la lieta sorpresa di trovare 
che anche il suo verso era ricco di decorazioni a nastri in^ 
ttecciati, divise in died specchiature : il REBOLINI nel citato 
numero dei Santuari d'ltalia illustrati riproduce le due faccie 
della lapide. 

Anche molto importante pur non avendo rif erimento 
col santo e Tenigmatica iscrizione dell'VIII sec. scolpita 
sui frammenti della mensola che reggeva 1'arca di S. CunuV 
no, e che /allude a un re dei Frisoni (5). 

II nome di Cumiano, che in inglese vien di solito scritto 
Cummian, si trova in latino sotto le forme Cumianus, Com* 

(1) V.: USHER, Works, IV, 420. 

(2) Six months in the Apennines, p. 170 ss. 

(3) Iscrigioni medioevali della Liguria, in Atti della Soc. Ltg. di 
St. Patria, 1887. 

(4) O. -c., I, p. 118*123. 

(5) Era stata in parte osservata dalla STOKES, o. c., p. 167 s., ma 
e stata oggetto anch'essa di complete studio da parte del CiPOLLA, 
o, c., I, i32'i34. 

245 



S. CUMIANO DI BOBBIO 

meanus, Cuminus. Dobbiamo awertire che si ricordano van 
Irlandesi di questo nome, i quali vanno tenuti ben distinti 
tra loro. Oltre al nostro santo di Bobbio, il GOUGAUD (i) ri- 
corda il Cumiano che scrisse nel 632 YEp. de controversia 
Paschali (P. L. LXXXVII, 969) grazie alia quale 1'Irlanda 
meridionale si rimise, per il computo delta Pasqua, all'uso 
della chiesa romana: e (2) il Cumiano, del VII o delTVIII 
sec., che scrisse il Peniten^iale di Cumiano, (P. L. LXXXVII, 
985). La STOKES park (3) di un vescovo Cumiano, nato nel 
592, figlio di Fiachna, re del Munster occidentale, che 1'U- 
GHELLI a torto identifico col nostro Cumiano: e di un Cu- 
miano, vescovo di Nendrum, morto nel 658, col quale era 
incline ad identificarlo il COLGAN (4). 

Quanto alia data della festa del santo, il CIPOLLA (5) os- 
serva : Neirarchivio parrocchiale di S. Colombano a Bob- 
bio vidi una carta del sec. XVIII che reca trascritta [1'iscri- 
zione tombale di Cumiano], seguita dalla nota: In calends 
rlis antiquis legitur ejus festum quinto idus julii. In codice 
signato N t ad diem 9 iulii legitur S. Cumiani. Anche il 
RossETTl, III, 58, riferita ri'scrizione, cita il Cod. N t, ma 
dice che il nome di S. Cumiano vi si leggeva sotto il 9 giu- 
gno. II codice N t e registrato nel catalogo del sec. XVIII, 
che fu attribuito all'abate Carisio, con questa descrizione: 
Psalterium et Kalendarium, utrumque pervetustum, in fol., 
ex membr. . II codice non fu identificato. V'e quindi moti- 
vo a credere che sia andato perduto. Aggiungo che di 

(1) Les chr. celt., pp. i82'i86. 

(2) Pp. 212, 235, 276, 305. 

(3) O. c., p. 174. 

(4) Act. 55. Hib., p. 58. 

(5) O. c., p. 122-3. 

246 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

sto catalogo si ha un testo assai anteriore al Carisio; e di 
Giov. Antonio de Cantellis, e spetta al 1722. N'ebbi la pri* 
ma notizia dal compianto carionico A. Civardi di Bobbio, e 
sta nelTInventeno dei codici e delle carte bobbiesi posseduto 
da S. E. il marchese Obizzo Malaspina... Anche oggidi a 
Bobbio la festa di S. Cumiano si celebra il 9 luglio . In uno 
spoglio liturgico del sec. XVII (i) si trovano indicate le feste 
in uso a celebrarsi dal monastero in onore dei suoi santi, 
Quivi si legge : Die XII ianuarii, in monasteria Bobiensi, 
S. Cumiani sive Cumini episcopi, Ibemi patria, qui pro... eius 
corpus est in ecclesia S. Columbani, in tuguria (tiburio?) 
Bob. . Alcuni dizionari agiografici (2) gli assegnano la data 
della morte, cioe il 19 agosto. O* HANLON (3) da S. Cumiano 
sotto il 9 giugno, come i BoLLANDlSTl. 

Non ho trovato traccie di culto a S. Cumiano fuori di 
Bobbio. ,- 



(1) Tratto dalla busta 70, cat. IV, Miscellanea, dell' Arch, dell' Ah* 
bafta di Bobbio, v. ib., p. 123. 

(2) Per es. : Dom. BAUDOT, Dictionnaire d'hagiographie, Paris, 
Bloud et Gay, 1925. 

(3) Lives of the Irish Saints, VI, 605. 



-247 



CAPITOLO DEClMOQUARTO 

S. FULCO DI PIACENZA EX GENTE SCOTA. 

i. Premetto subito che S. Fulco non e irlandese, nel 
sense che non e nato in Irlanda. A multis didtur S. Fulcus 
natione Scotus fuisse, sed certissime Placentiae natus est (i). 
Vedremo pero come sia naturale ed opportune partire da lui 
per una divagazione storica piuttosto interessante, sull'emi- 
grazione scotica in Italia e, piu generalmente, in Europa, 
durante il medio evo* 

In tutte le opere che trattano della storia civile ed eccle- 
siastica di Piacenza e di Pavia (2) si narra di un S. Fulco 
nato nel 1164 in Piacenza da un ramo povero della fami- 
glia Scotti che in detta citta s'era gia in quei tempi note' 
volmente propagata e suddivisa. Entrato nel 1185 nelTOf' 
dine dei Canonici regolari di S. Eufemia, u mandato a stu- 
diare a Parigi. Ri tomato in patria verso il 1192, fu poco 
dopo consacrato sacerdote e nel 1194 nominato Prevosto di 
S. Eufemia. Durante i torbidi dell'interdetto piacentino del 
1203^1207 si rifugio col vescovo Grimerio suo amico a Ca' 

(1) AA. 55. Oct. XII, p. 3. 

(2) V. ad es.: CAMPI, Dell'historia ecclesiastica di Piacen%a t PoG- 
GIALI, Memorie storiche di Piacenza, MAGANI, Cronotassi dei vescovt 
di Pavia, e in particolare C. MoLINARJ, Compendia della vita di San 
Fulco vescovo, Piacenza, Tononi, 1901. 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

stellarquato. Rientrato in citta, partecipo al sinodo diocesano 
del 1208, fu nominato canonico, e subito dopo arciprete 
della Cattedrale. Morto Grimerio nel 1210, fu eletto vesco- 
vo di Piacenza. Alcuni asseriscono che partecipasse al Con- 
cilio Lateranense indetto da Innocenzo III nel 1215, ma cio 
non risulta (i). Morto nel 1216 il vescovo di Pavia, fu no* 
minato vescovo di quella citta, e dopo aver spiegato ivi ope- 
ra altarnente caritatevole e abile di pacificazione, fra Pia- 
centini e Pavesi e fra le varie frazioni cittadine, vi mori il 
26 ottobre 1229, a quanto generalmente si ritiene (2). Fu 
sepolto in quella Cattedrale presso Taltare di S. Simone: 
nel 1579 fu collocate nell'altar maggiore insieme con S. Siro 
e altri vescovi pavesi. Gli si attribuiscono vari miracoli. La 
sua festa fu fissata al 26 ottobre. Il suo culto, dapprincipio 
tenue a Pavia, crebbe dopo il 1579. Il culto in Piacenza e 
dovuto in gran parte al Campi (3). 

Avvertiaino che c'e un un altro S. Fulco che si onora 
esclusivamente nella Parrocchia di Saletto (S. Maria in Du- 
no) in diocesi di Bologna, e che FERRARI, per analogia al 
S. Fulco di Piacenza, ho posto sotto la stessa data del 26 ot- 
tobre. Forse e del sec. XI. Le sue res gestae ignorantur. Quae 
de eo circumferuntur partim falsa aperte sunt, partim valde 
dubia, dicono i BOLLANDISTI (4). 

2. II lettore domandera : Che cosa ha da vedere 
S. Fulco di Piacenza con 1'Irlanda? . C'e qualcuno che ce 



(1) V.: AA. 55. 1. c., p. 14. 

(2) Ib., p. 19. 

(3) Ib., p. i. 

(4) AA. 55. Oct. XI, p. 1039. 



249 



S. FULCO DI PIACENZA EX GENTE SCOTA 

1'ha voluto connettere per vie traverse: nod ce lo corunette^ 
remo da lontano, ma per la via maestra. 

Nel cap. VIII abbiamo narrate come Donato di Fiesole, 
de genere Scotorum, donasse al Monastero di Boblbio una 
chiesa di S. Brigida con annesso ospedale, da lui costruita 
in Piacenza. II PANCOTTI nella sua m'emoria su La Chiesa 
di 5. Brigida (i), ha delle pagine che meritano di essere ri* 
prodotte integralmente : Ma dobbiamo rispondere . ad un 
dubbio che il documento surriferito lascia ancora sussistere. 
II documento dice che questo Donato vescovo di Fiesole era 
de genere Scotorum. Rileviamo intanto che erra il SANSO 
VINO quando dice {Delia origine et de t fatti delle Famiglie 
illustri d'ltalia, Vinegia, Altobello Salicato, 1582, I, 3, De 
Familia Scota) che il fondatore di S. Brigida era vescovo di 
Bobbio: il documento, su questo punto, e di una evidenza 
che non ammette dubbio di sorta. Come si hanno.da inten- 
dere queste parole: ex genere Scotorum? Stanno soltatito 
ad indicare che Donato era scozzese d'ori'gin'e, come vogliono 
alcuni, oppuTe come altri intendono, vogliono significare 
che Donato appartenesse alia famiglia Scotti? CRISTOFORO 
POGGIALI (Memorie storiche di Piacenza) rigetta la discen- 
denza dalla famiglia Scotti di questo Donato e chiama favo- 
loso il Sansovino che la afferma. Trattandosi di una delle 
piu illustri famiglie piaoentine, che ebbe altresi il vanto di 
avere nel suo' seno un altro santo vescovo, Fulco Scotti, la 
questione presenta un carattere di interesse locale che non 
puo essere trascurato. Dalle testimonianze del cronista citato 
dal CAMPI [Dell'hist. eccl. di Piacenza, I, 215: Anno Do- 

(i) Piacenza, Del Maino, 1928, p. 13 ss. 

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S. FULCO DI PIACENZA EX GENTE SCOTA 

mini DCCCLXVIII: Donatus Episcopus, qui fuit de Scotis 
(ut aliqui dicunt) aedificavit etc. ] sembrerebbe che il fon- 
datore della Ghiesa di S. Brigida fosse uno Scotti e precisa* 
mente Donate Scotti, vescovo di Fiesole, figlio di Gugliel- 
mo I. Pei lettori che si dilettano di genealogie riportiamo 
un quadro genealogico dei conti Douglas-Scotti (ramo ita- 
liano) nel quale figufa il preteso fondatore della chiesa. 

Questa genealogia venne tratta dal Giornale Araldico 
genealogicO'diplomatico pubblicato per cura della R. Ac- 
cademia Araldica Italiana e diretto dal CROLLALANZA (v. 
Tomo XI, Pisa, 1864, p. 126, Tav. I). Tutte le genealogie 
che risalgono, come questa, fino al 700, prima del mille, 
non presentano serie garanzie di attendibilita. Ragioni per 
dubitare della loro autenticita ncn mancano* Intanto non sono 
appoggiate a nessun documento riconosciuto come autenti- 
co; si tratta, generalmente, di vaghe tradizioni le quali tro- 
vano il loro fondamento, quasi sempre, nell'ambizione delle 
famiglie. Altri libri da me consultati in merito cominciano 
da molto piu tardi. Una memoria interessante su questa fa' 
miglia, dal titolo: Noti&e genealogiche relative alle famiglie 
dei nobili signori conti Douglas Scotti di Vigoleno, Sarmd- 
to e Fombio, Piacenza, Tip. Tedeschi, 1859, reca, a p. 12, 
il quadro genealogico della famiglia Scotti di Vigoleno, che 
fa risalire al 1200 circa. Il capo stipite sarebbe David Scotti 
vissuto verso la fine del sec. XIL L'autore di questa memo' 
ria afferma che questo David si ha da riguardare come il 
capo di tutte le famiglie Scotti. Allo stesso risultato condu- 
ce la synopsis genealogica della famiglia Scotti da me con- 
sultata presso il competentissimo di questa materia, conte 
Dionigi Barattieri. Di questo San Donato si occupa un po' 

252 



1 SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

ampiamente il Can. BALDUZZI nel suo libro I Douglas e gli 
Scotti Douglas (Pisa, 1883, presso la Direzione del Giornd- 
le Araldico). Questi pure fa cominciare la famiglia da uno 
Sholto de Douglas (sec. VIII). Da Sholto sarefobe nato Ugo 
e da Ugo Guglielmo, creato da Carlo Magno Governatore 
della Lombardia. Da lui, che venne a stabilirsi a Piacenza 
nel primo trentennio dopo 1'ottocento, sarebbe nato Donato, 
che poi fu vescovo di Fiesole e fondatore della nostra chiesa. 
Lo stesso Baldini perb esprime molti dubbi in proposito. 
Ecco le sue osservazioni : Di questo Guglielmo alcuni con 
molta sicurezza dissero figliuoli Donato e Giovanni, il primo 
dei quali, che fu vescovo di Fiesole e santo, fabbrico presso 
Piaoenza una chiesa in onore di S. Brigida, monaca scozzese, 
chiesa che fu arricchita da Donato stesso di molti beni. Per 
verita tanta sicurezza neiraffermare S. Donato e Giovanni 
figliuoli di Guglielmo a me pare troppa, e troppa parve an' 
che a Federico Scotti giureconsulto, oratore e poeta di chiaro 
nome; il quale apertamente confessa che dal primo Gugliel* 
mo a tutto il 1200 non si hanno dati autentici per stabilire 
una genealogia continuata dei discendenti del medesimo. 
Da questo S. Donato il Martirologio romano annuncia il 
22 ottobre: In Tuscia Sancti Donati Scati episcopi Fesula* 
ni (?). Del resto a non dividere totalmente tale dubbiezza 
sull^ppartenere il vescovo Donato alia famiglia Scotti, e per 
me il vedere come questa famiglia ab antico abbia mantenuti 
rapporti assai stretti colla chiesa e monastero surricordati, ne 
abbia avuti beni in enfiteusi e ne sia stata riguardata come 
compadrona. E quel procaeciare che fece Donato culto e 
devozione ad una santa Scozzese, non viene come a confer^ 
ma di quanto si e detto della origine scozzese della fami' 

253 



S. FULCO DI PIACENZA EX GENTE SCOTA 

glia, e della pertineinza di Donato alia famiglia Scotti? 
(BALDUZZI, o. c. p. 31)* Dalle quali ultime parole si Heave- 
rebbe che il Balduzzi fra il si e il no e di parer favorevole. 
La questione per noi ha un interesse secondario. A noi im* 
porta sopratutto stabilire che la chiesa di S. Brigida, se nan 
da Donato Scotti, certamente perb deve essere stata fondata 
da un irlandese o da irlandesi, che volevano avere in Piacen- 
za, nodo di strade importantissimo agli scopi dei loro pelle- 
grinaggi, una stazione di ricovero , 

3. Fin qua il PANCOTTI. Abbiamo voluto riferire per 
disteso le sue osservazioni, perche il lettore vegga a quale 
groviglio di assurdi e di falsi porti la confusione in buona 
e in mala fede fra Scott e Scoest. La figura di S. Do' 
nato, irlandese, e storicameinte molto ben definita, e parrebbe 
incredibile che si siano potute fare a suo riguardo supposi' 
zioni come quelle del Sansovino e del Balduzzi! 

Tutta la genealogia della famiglia Scotti di Piacenza, che 
per nessuno dei suoi rami comincia ad avere serieta storica 
prima del 1190, e infetta dalla tardiva velleita di derivarla 
dalla Scozia. 

F. ALESSIO (i) riferendosi ad un libro di DAVID HUME (2), 
ripete la leggenda dell'origine scozzese (VIII secolo) degli 
Scotti piacentini. II capostipite sarebbe Sholto [il motto di 
famiglia Sholto du Glasse vorrebbe dire in antico scozze- 
se Ecco la basso quell'uomo< vecchio bruno {!)] che avrebbe 
salvato il re Solvazio (767) da un attacco di certo Donald 
Bain. Sholto avrebbe avuto due figli: Ugo e Guglielmo. 

(1) Rezftinello, monografia storica, Piacenza, Del Maino, 1883. 

(2) The History of the House and Race of Douglas and Angus, 
Edimburgo, 1644: 1'Alessio cita veramente 1'edizione del 1743. 



254 



I 

I SANTI 1RLANDESI IN ITALIA 

Guglielmo con quattromik uomini sarebfoe andato, per of' 
dine del re di Scozia Achajus successore di Solvazio, ad aiu- 
tare Carlo Magno nella sua spedizione in Italia (773) con* 
tro Desiderio. Al ritorno da Roma Guglielmo si sarebbe am- 
malato a Piacenza, ove si sarebbe fermato e avrebbe sposato 
ima certa Spettino piacentina, f ondando una f amiglia che 
si chiamo Scotti perche Guglielmo era scozzese. Come si 
vede, il quadro del Crollalanza, dato dal Pancotti, deriva 
daH'Hume: e forse 1'Hume deriva dal Grescenzi. 

II CRESCENZI (i) risalisce appunto ai quattromila soldati 
di Guglielmo nobile scozzese e (2) aggiunge : Da questi 
stessi soldati di Guglielmo vogliono gravissimi scrittori che 
derivassero gli Scoti di Piacenza, i Mariscotti di Bologna e 
Siena, i Biarii di Savona, gli Scozia di Mantova, i Paparoini 
di Roma, gli Schizzi di Mantova, di Cremona e di Verona, 
con altri innumerabili 

II NALDI (3) considera come capostipite certo della ami" 
glia David junior di Manfredo, perche a detta sua il 
suo nome risulta dal testamento del conte Alberto II Scotti 
(Rog. Lodovico Ciceri, Not. Milanese, 6 dicembre 1429) e 
dal testamento del conte Francesco (Rog. Giacomo Carasi, 
Not. Piacentino, 9 luglio 1464). II figlio di David, Lanfran^ 
co, si trova come Legato del Comune di Piacenza nel 1222: 
da David discendono, secondo lui, tutri gli Scotti. 

In U. LOCATI (4), si citano i primi documenti in cui conv 
parirebbe il cognome Douglas; e sardbbero un diploma 



(1) Corona della nobilta itatiana, Bologna, 1639. 

(2) Parte I, p. 153. 

(3) Notice genealogiche delle Famiglie Scotti etc., Piacenza, 1859. 

(4) De placentinae urbis origine, 1564. 

255 



' t 
S. PULCO bi PiACENZA EX GEtffE SC6TA 

I'lmperatore Sigismando del 12 febbraio 1414 e altri 
mi del .medesimo imperatore e del medesimo anno, in cui 
si troverebbe dato questo nome ai Conti Pietro e Alberto II 
Scotti (quello del testamento (Naldi) del 1429, Consigliere 
Imperiale, letterato e mecenate, morto nel 1462), allora deco* 
rati di moltissimi feudi piacentini. Da quell'amno daterebbe 
la rivendicazione del cognome Douglas e la sua aggiunta al 
nome Scotti: Scotti Douglas. Di fatto nel BOEHMER (i) si 
trova cenno di un diploma (N. 863} di Sigismondo, rila^ 
sciato da Cremona il 12 gennaio 1414* col quale egli no-- 
mina suo consigliere e familiaris Alberto de Scottis, conte 
di Duglessum (?) e Vigoleno, e familiares suoi Pietro e 
Giovanni de Scottis (2). 

Mi si riferisce che alia Consulta Araldica Italiana la fa- 
miglia, interpellata circa la propria origine, ha affermato che 
proviene della Scozia che il suo vero nome e Dougks, e 
che il nome di Scotti e una specie di soprannome aggiunto 
in Italia per designare la sua provenienza scozzese (teoria 
Hume). La famiglia non ha potuto documentare questa. sua 
affermazione; ma trattandosi di famiglia antichissima che 

(1) Regesta Imperil XI (W. ALTMANN, Die Urkunden Kaiser Sig* 
munds, I Band (14101424), Innsbruck, 1896-97, p. 51). 

(2) Altri documenti (N. 947-952) riguardanti gli stessi Scotti pia- 
centini trovansi a p. 55 sotto la data del 21 febbraio 1414. Tali do- 
cumenti si conserverebbero nell'Archivio di Stato e di Corte di 
Vienna fra i Reichs-Registraturbuecher Sigmunds, vol. E, 69, V. 
Bisognerebbe esaminare a fondo 1'autenticita, o almeno le circostanze 
accompagnatorie, di questi diplomi. II CAMPI, prendendo le mosse 
dal LOCATI, usa in proposito 1'espressione ambigua: dicono che Re 
Sigismondo abbia spedito. II POGGIALI, che nel T. II, p. 259-284, fa 
una critica acerba dell'asserita discendenza degli Scotti dal Guglielmo 
dei tempi di Carlo Magno (che chiama una leggenda, una favola), 
sorvola, senza pronunziarsi, sulla questione Douglas, forse per ra- 
gioni di riguardo verso la cospicua famiglia piacentina. II BoSELLI 

256 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

risulta stabilita a Piacenza fin dal sec. XIII t e non essendovi 
nessun dooum'ento che contrasti con tale tradizione, la Con- 
sulta Tha accettata, fino a prova in contrario. 

4. A riguardo d'essa 'tradizione e ded suoi van soste- 
niton, dobbiamo fare alcune osservazioni. 

Anzitutto notiamo che la casa Douglas di Scozia non ri- 
sale alTepoca carolingia. The Encyclopaedia Britannica (i), 
al nome Douglas dice anzi : II primo membro della fami- 
glia che emerge un po f distintamente, e Gugliekno de Dou- 
glas, o Dufglas, il cui nome appare spesso in documenti che 
vanno dal 1175 al 1213 , cioe la ndbile casata scozzese af- 
fiora nella storia contemporaneamente alia nobile casata pia- 
centina. In secondo luogo notiamo che fra i Douglas scoz- 
zesi non si trova il nome Sholto o qualche nome simile: i 
nomi che appariscono nei secoli XII, XIII e XIV sono Wil- 
liam (Guglielmo) Freskin, Brice, Archibald, James (Giacomo) : 
il nome Sholto du Glasse e stato probabilmente inventato 
in Italia da chi voleva qualche cosa che suonasse simile al 
nome Scotti Douglas (2). In terzo luogo diremo che THume 
(1560-1630), segretario di Archibald Douglas, 8. conte di 

(Storie Piacentine, 1804, T. II) che consulto assai 1'archivio dei conti 
Scotti di Agazzano, dice di aver veduto un diploma di Sigismondo 
del 21 febbraio 1414 che concedeva agli Scotti Castelnuovo Terzi e 
un dispaccio dello stesso a proposito di Vigpleno, ma del diploma 
del 12 gennaio relative al cognome Douglas dice so che esistette, ma 
che non lo vide. II conte Emilio Nasalli Rocca, il quale ha compiuto 
per me con la sua ben nota competenza e con la sua signorile cor* 
tesia, queste ricerche piacentine, mi ha poi comunicato che i discen- 
denti della famiglia conte Riccardo Douglas Scotti di Vigoleno e 
conte Anguissola Scotti, da lui interrogati, gli hanno dichiarato di 
non possedere i diplomi di Sigismondo. 

(1) 14 ed., vol. 7, p. 550 ss. 

(2) Quanto all'etimologia di Douglas 1'Enc. Brit, dice: II nome 
rappresentava il gaelico dubh glas, acqua scura . 

257 

17 



S. FULCO DI PIACENZA EX GENTE SCOTA 

Angus, gode poca reputazione : Era uno storico partigiano, 
e le sue asserzioni non possono accettarsi che con caute- 
la (i). 

Ancora un passo. Abbiamo visto che il Crescenzi (1639) 
asseriva che gravissimi scrittori vogliono far derivare gli 
Scotti di Piacenza e le altre famiglie italiaaie di nome ana- 
logo, dai famo'si soldati di Guglielmo. Chi sono questi gra- 
vissimi scrittori? Ce lo dice il prof. Giuno Scorn di Mi- 
lano (2) : II guajo e che quei gravissimi scrittori sono il 
Lesleo, il Dempster (3) e il Coneo, del secolo XVII, quindi 
relativamente assai recenti, ne citano le fonti in appoggio di 
quanto narrano. Si sa inoltre come fosse allora facile la piag- 
geria nel compilare genealogie di famiglie illustri e potenti. 
E la Histaria ecclesiastica gentis Scotorum e dedicata dal 
Dempster proprio ad uno Scotti piacentino: Illustrissimo 
viro Fdbio Scoto piacentino Niceni Com. . 

Assai sospette sono anche le due fonti che cita il BALDUZ" 
ZI, cioe un Sunto storico (probabilmente ms.) sulla famiglia, 
scritto attorno al 1745 per conto del Marchese Annibale 
Scotti che desiderava ottenere la decorazione francese dello 
Spirito Santo, e un Chartier jranqais di cui non da indica-- 
zioni. 

(1) Ib. Non ho potuto consultare le fonti moderne citate dall'Enc. 
Brit, e precisamente : Sir WILLIAM FRAZER, The Douglas Book, 4 
voll., Edimburgo, 1885; Sir. H. MAXWELL, History of the House 
of Douglas, 2 voll., 1902; G. E. C. (okaine)'s Peerage: Douglas's 
5cots Peerage. , 

(2) L'antica famiglia Varennate degli Scotti, Como, 1916, p. 10. 
Debbo anche a lui molta riconoscenza per 1'estrema gentilezza con 
cui mi ha comunicato i dati da lui raccolti. 

(3) Era da aspettarsi di trovarlo anche qui a pescar nel torbido ! 
Non ho potuto verificare se il Crescenzi abbia attinto a lui, come 
sospetto. 

258 



1 SANTI IRLANDfiSI IN ITALIA 

Da tutto questo appare manifesto che la tradi&ondle 
nealogia della famiglia Scotti e fabbricazione tardiva, veto- 
similmente non anteriore al secolo XV (Alberto II Scotti): 
cioe di un periodo in cui si era dimenticato, o si voleva di* 
menticare, che Scotus fino al sec. XII significava semplice* 
mente irlandese e che ai tempi di Carlo Magno gli scozzesi 
non esistevano come tali. 

5. Ma se fin qui abbiamo demolito, dobbiamo pur 
provare a ricostruire. 

II fatto storicamente accertato e quello della presenza iin 
Piacenza nel sec. XII di una ragguardevole famiglia di Scotti. 
Non ho fatto ricerche circa i testamenti citati dal Naldi men^ 
zionanti il capostipite David junior, ma, quantunque uno 
dei testamenti sia di quello stesso conte Alberto II del co- 
gnome Douglas, non ci sono ragioni per negarli a priori. Il 
CAMPI cita (II, 1 6) un Manfredo Scotti al seguito di Rinaldo 
d'Este nel 1 162, e (II, 75) un Guido Scotti fra i membri del' 
la Comunita di Piacenza nel 1 194, cioe ai tempi di S. Fulco, 
e tra i primissimi Piacentini che si trovino ad usare il co- 
gnome Scotti. Era una famiglia gia pervenuta in posizione 
preminente, dalla quale usci nel sec. XIII quell* Alberto Scot-- 
ti detto il Magno, che, capo di una vasta e rioca societa di 
mercatores, ebbe anche grande importanza politica, signo^ 
reggiando Piacenza come guelfo e combattendo contro Ga- 
leazzo Visconti. II TONONI (i), ricorda come la Societa degli 
Scotti piaoentini (Societas Scotcrum) faoesse prestiti ai cro' 
ciati ai tempi di Luigi re di Francia (i 265^66), e come di un 
Bernardo Scotti di Piacenza si servisse Gregorio IX per ri* 

(i) I mercanti piacentini in Francia, Strenna Piacentina, 1894. 

259 



S. FULCO DI PIACENZA EX GENTE SCOtA 

scuotere somme da diverse parti della cristianita. Gli Scotti 
avevano agenti a Famagosta nel 1301. Sono riconosciuti 
come ricchi mercanti piacentini negli atti editi dal Belgra- 
no (1238-1267). La loro Compagnia prestava una grossa 
somma al Papa nel 1272. Bernardo Scotti era incaricato da 
Filippo III di regolare i suoi conti col papa, Ai tempi di 
Gregorio X gli Scotti componevano la loro societa con Gu- 
glielmo della Vecchia, Opizzone di Farignano e Rolando di 
Ripalta, domestic! del papa. Della loro compagnia, per conti 
e pagamenti, sono ricordati Ferrante di Ferrara e Ero- 
de (1228), Bernard Espi (1292), Francesco (1296), Giovan- 
ni (1298), Giovanni Miquitin, forse Michelino (1299). Si ha 
il loro sigillo che porta uno scudo con una Stella di otto rag- 
gi sopra una mezzaluna, e la leggenda + 5, Escoti drapier. 
Nei conti del Tesoro del Louvre (1296) e inotato un contrattc 
fatto da Alpicio Dyan de Societate Scotorum de Placentia. 
Negli Archivi Nazionali di Francia foa le quietanze rilasciate 
dai Lombardi alia Regkia Bianca, ve n'e una d'uno Scotto 
drappiere del 1249. Nelle operazioni dei Templati figura 
Ferrato de Ferrari e Erode della Societa degli Scotti, per mu- 
tuo restituito nel 1285 (i). 

Ora e evidente che se questa famiglia si presenta numero- 
sa e importante gia alia fine del sec. XII, ci deve essere stato 
un precedente periodo di preparazione nascosta piuttosto 
lungo; e nel far risalire Torigine della famiglia all' VIII secolo 
puo darsi che la tradizione non sia lontana dal vero. Ma se 



(i) II TONONI si e basato sul volume di C. PlTON, Les Lombards 
en France et a Paris, Paris, Champion, 1892, p. 76 ss., di cui si e 
servito anche il PANCOTTI nella sua recente opera I parotid -piacentini 
e i loro statuti, Piacenza, Del Maino, 3 voll., 1925-1930, I, 106 ss. 

260 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

dobbiamo risalire indietro, alTepoca in cui Scoti significava 
sicuramente soltanto irlandesi, ne viene di conseguenza die 
la famiglia era di origine irlandese. Nulla di piu verosimile 
che qualche irlandese si sia fermato e accasato a Piacenza, 
citta di transito prossima a Bobbio, e nella quale esisteva, 
attorno alia chiesa di S. Brigida, il centro irlandese fondato 
da Donate di Fiesole. Guardando la tradizione da questo 
punto di vista, essa si illumina di nuova luce e molte delle 
sue nebbie si dissipano ritorcendosi a favore deila nostra tesi 
gli argomenti male adoperati dai citati autori in sostegno di 
tesi sbagliate. Per es. il fatto notato dal BALDUZZI dei rap* 
porti assai stretti mantenuti ab antico dalla famiglia Scotti 
con la chiesa e il monastero di S. Brigida, anziche dimostrare 
Tapparten'enza di S. Donato alia famiglia degli Scotti, pub 
semplicemente essere prova del naturale attaccamento degli 
Scotti verso la santa patrona della loro madre-patria e verso 
i compatrioti che si riunivano attorno alia sua chiesa. 

L'ALESSIO (i) cita dubitativamente il De Mussi; ma ve* 
diamo bene che cosa dice il DE~Mussi, cronista piacentino 
che scriveva fra il trecento e il quattrocento e le cui fonti 
erano tradizioni locali ancora abbastanza pure (2) : Cum 
rege Caralo venit miles quidam Scotus, in armis probissimus, 
et ex casu cujusdam aegritudinis Placentiae remanens, sa* 
natus in civitate damum emit, et uxorem accepit, quae fuit 
illorum de Spetinis, habuitque possessiones ultra Padum, et 
filios quctm plures generavit. Qui longo tempore fuerunt 
egregii mercatores, et cives peropiimi. Et ex istis postea, de* 
scendit anno Christi MCCXC Dominus Albertus Scotus , 

(1) Appendice al Chronicon Placentinum, RR. II. 55., vol. XVI. 

(2) O. c., p. 89. 

261 



S. FULCO DI PIACENZA EX GENTE SCOTA 

In tutto questo non vi e niente di mverosimile; forse e quan- 
to di piu precise possediamo sull'origine della famiglia Scot- 
ti; e ben possibile che un cavaliere irlandese si sia fermato 
a Piacenza alia fine delPVIII secolo e vi abbia fatto un buoin 
matrimoTiio con una Da Spettine (antica famiglia piacenti- 
na) t e che da lui sia derivata gradatamente (longo tempore) 
quella famiglia di mercatores che e poi venuta alia ribalta 
della storia nel sec. XIII. 

L'ALESSIO cita tendenziosamente anche Eginardo. Che 
cosa dice Eginardo? (i): .. Scotorum quoque Reges sic ha* 
buit ad suam voluntatem per suam munificentiam inclina* 
fas, ut eum nunquam aliter quctm Dominum, seque subditos 
ac servos ejus, pronuntiarent. Extant Epistulae ab eis ad il- 
ium missae, quibus huiusmodi affectus eorum erga ilium in* 
dicatur . II Lesleo aveva da cio tratto argomento per con- 
validare la spedizione dei quattromila scozzesi del re Acha* 
jus (2), ma il testo d'Eginardo non parla d'altro che delle 
buone disposizioni di Carlomagno verso gli Irlandesi, Iben 
note anche per altri passi citati ad es. dal GOUGAUD (3). E 
questa simpatia rende piu verosimile che qualche capo o 
cavaliere irlandese (miles Scotus) sia con lui venuto in Ita- 
lia nella spedizione contro Desiderio, a sostegno della Chiesa 
Romana. 

Del resto anche se rinsediamento del primo Scotus a Pia- 
oenza si dovesse assegnare al IX o'al X secolo anziche al- 
1'VIII, cioe all'epoca delle invasion! danesi t cio non avrebbe 



(1) V.: EGINARTHUS, De Vita ei gestis Caroli Magni, cum com 
mentario Besselii et Bollandi, 1711, capo XVI, p. 79. 

(2) V. le acute osservazioni di G. SCOTTI, o. c., p. 9. 

(3) V.: Le$ Chr. celt., p. 156. 

262 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

alouna importanza per la nostra questione. L'esame che ab- 
biamo fatto, per quanto sommario, mi pare dimostri suffi- 
cientemente 1'origine irlandese della famiglia Scotti di Pia/ 
cenza. 

6. Ma il caso da noi studiato nell'ambito piacentiino 
appartiene a un fenomeno molto piu vasto e piu grandioso. 
Alia fine del secolo XII noi vediamo affiorare in moltissi- 
me parti d'ltalia, specialmente lungo le vie che dalle Gallic 
e dall'Elvezia conducono a Roma, delle famiglie di Scotti. 
Cera dunque qualche cosa di profondamente vero e inte- 
ressante in quel rawicinamento di varie famiglie italiane che 
faceva il Crescenzi nel 1639, per quanto egli desse loro a 
torto per comune capostipite il Guglielmo scozzese. Uno che 
ha intuito Timportanza di questo fatto e gli ha assegnato la 
spiegazione giusta, in migrazioni scotiche, doe irlandesi, e 
il Prof. G. ScOTTi di Milano, neiropuscolo gia citato del 
1916 e in uno studio successive (i). Il nome Scotti si trova 
scritto nelle carte italiane dei secoli XII e XIII, sotto le piu 
diverse forme: scotus, scottus, schotus, scoto, scotta, schoto, 
scota, scotta, schotta, scoti, de scotis, de scottis, de schottis, 
e altre. 

Dairultimo quarto del XII a tutto il XVIII secolo 
dice lo SCOTTI nel secondo studio citato vi furono 
pre in Varenna parecchie famiglie di questo nome, assai 
babilmente derivate da un unico ceppo (2); II documento 
piu antico finora conosciuto ci porta ad un ser Anselmus 



(1) Famiglia Scotti di Varenna, nel volume del Col. V. ADAMI, 
Cenni genealogici sidle famiglie di Varenna e del Monte di Varenna, 
Milano, Coop. Tip. Ed., 1923. 

(2) Sopprimo le note. 

263 



* . 

S. FULCO DI PIACENZA EX GENTE SCOTA 

de Scottis vel de Scotta fit. q. Andreae che il 5 maggio 1278 
era teste in un atto rogato nell'Isola Comacina, e il 16 dello 
stesso mese e anno acquistava beni in Varenna dai de Pino, 
Donde egli fosse provenuto non e certo; ma su tale argomen- 
to si hanno due curiose informazioni, tra di loro contrad- 
ditorie, che ci sono date nei primi anni del cinquecento da 
due noti storici comaschi, i fratelli Benedetto e Paolo Gio- 
vio. II primo, in un'epistola a Giov. Maria Scoto, si compia- 
ce coiramico della loro' comune remota origine da quel pa- 
triziato dell'isola Comacina di cui i Giovio si gloriavaino. Ma 
il fratello Mons. Paolo, anch'esso amico dello Scoto, nella 
sua Descriptio Larii Lacus (Venezia, 1559), esce a dire cate' 
goricamente, parlando di Varenna : Negat se ortum ab In- 
sulanis.. quum genus suum altius deducat, Joannes Maria 5co> 
tus, jurisconsultus inter Varenates facile princeps . Queste 
parole hanno Taria di una smentita un po* disdegnosa dello 
Scoto a quanto aveva affermato Benedetto Giovio 1 . E nessu- 
no invero dei molti documenti deU'Isola nei secoli XII e 
XIII attesta che gli Scotti abitassero o possedessero beni cola, 
prima che trasmigrassero a Varenna. Troviamo bensi nell'I' 
sola un altro Anselmo de Scoto (forse avo delTAnselmo piu 
sopra citato), prima nei 1173, pod a Chiavenna nei 1176, e 
un Obertus Scoto pure a Chiavenna appare nei 1163, ma 
tutti semplicemente come testi, il che puo indicare un sog' 
giorno temporaneo, non un domicilio fisso. Curioso poi il 
trovare in Rivoli (Piemonte) tra il 1190 e il 1195 un altro 
(o forse lo stesso?) Anselmus mediolanensis scota che pare 
abitasse cola {RossANO, Cartario di Rivalta). Comunque sia, 
gli Scotti non si possono porre, come i Caginosa loro parenti, 
come i de Pino, i de Conca, i de Murofracto e i Giovio, nei 

264 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

numero di quei nobili isolani trasmigrati a Varemia dopo il 
1169, quando 1'Isola fu presa dai Comaschi e ne furono scac- 
ciati gli abitatori, quasi certamente d'origine milanese, poi- 
che tre Caginosa troviamo fra i consoli nei secoli XI e XII. 
Ne si puo pensare che gli Scotti provenissero da Como o dal- 
1'agro comasco, ove solo assai. tardi compaiono ne fino al 
trecento ioioltrato tiei documenti di quella regione v'e di essi 
la minima traccia. Qual'era diinque quel piu alto luogo di 
origine a cui alludeva lo Scoto per booca di Paolo Giovio? 
Essendo qui inopportuna una larga ricerca a tale proposito. 
bastera riportare alcuni fra i piu antichi esemplari di Scotti 
milanesi e monzesi t ai quali probabilmente si collegano gli 
Scotti varennati: 

Anni 1130-57, in Milano: Scotus not. index ac missus Do* 
mini secundi Chunradi regis (Mss. Bonomi in Ambrosiana, 
vol. 20 e 23). 

Anni 1145-52, in Morimondo, agro milanese: Lanfr em- 
eus de Scota (Codice Monti, in Ambrosiana). 

Anno 1146: Scoto qui dicitur Bacco de dint. Medial, de* 
canus de schola S. Michaelis (ib). 

Anno 1207: Johane qui dicor Scoto not. Dow. Henrici 
Regis, in loco Gradi (Agrate?). Confrontisi questo ]ohannes 
Scoto, figlio o parente dello Scotus qui succitato all'anno 
1130-57, con uno Scotus imp. not. scriptor de Placentia (sic) 
che rogava nel 1200 due atti nell'Isola Comacina (Ambro- 
siana, Carte pagensi). 

In territorio ancor piu vicino a Varenna, a Monza, tro- 
vansi degli Scotti legati certamente in parentela con quelli 
milanesi (V. Gius. TRIVOLZIO MANZONI, Memorie intorno 
ai Gallarati Scotti, Milano, Artigianelli. 1897; ultima tavo- 

-265- 



S. FULCO DI PIACENZA EX GENTE SCOTA 

la). Uno scotus abitava in Monza sin dal 1132; v'e uno Scot*- 
ti de Morgora (1148), Ugo de Scota (1175), Scotti de Capo* 
nago (1176), Arnulphus de Scoto (1198). 

Ma il piu notabile per la nastra rioerca e un Petrus de 
Scoto che possedeva beni prope Cixinusculum, e appare fra i 
Decumani ossia canonici minori della Basilica Monzese fra 
il 1208 e il 1220 (Arch, di Stato, Milano, Pergamene Capi- 
tolo di Monza). La mente corre ad un probabile nesso fra 
gli Scotti milanesi, monzesi e varennati, sapendo che la chie* 
sa di Varenna dedicata a S. Giovanni Battista, fondata ed 
eretta in giuspatronato degli Scotti, appare sin dal 1143 tra 
le filiali della Basilica di Monza (Arch. Arcivescovile Milan. 
Pievi lacuali, vol. X. Processo contro i Serponti che usurpa' 
vano il giuspatronato a danno degli Scotti) . 

G. SCOTTI ha trovato gli Scotti fin dal XII sec. in Piemen^ 
te a Rivoli, a Saluzzo t ad Aglie, a Casal Monferrato, ad Asti t 
a Ivrea ecc.; ma sopratutto a Vercelli, dove esisteva il noto 
hospitale Scottorum (v. Cap. VIII 2) e ove troviamo An<- 
ricus Scotus (1176), Scotus Sartor (1186), Petrus Scoto notaio 
e canonico (i22i) t Dominus Jacobus de scoto de alice iudex 
et consul iustitiae (1252), e altri poi. Nel Cartario di Oulx 
(Susa) per Giov. COLLINO (i), ha trovato traccia di uno sco* 
to, che nel documento segna come un periodo di trapasso, 
O'scillando fra I'aggettivo indicativo del luogo d'origine e il 
vero e proprio cognome: in un breve recordadonis di patti 
coi canonici ulciensi (in un anno che sta fra il 1050 e il 1079) 
compaiono infatti i testi: Guigone de Torrenco, Wilelmo 
rupho, Guigone de valle Bonisio, Wilelmo de Cuneolo, Pe* 
tro Scoto, Petro heron., Amaldo gubiano f Guidone forti. 

(i) Pinerolo, 1908, p. 4, 5. 

266 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

Anche in Geneva gli Scotti sono antichissimi. In N. BAT- 
TILANO (i), e detto che cola gli Scotti erano gia nel 1 190 di- 
visi nei due rami: i) di Gerardo e Ogerio, che gia vecchio 
stipulava atti nel 1214, e: 2) di Ugo. Nei rog. di Giov. scri- 
ba, all'anno 1158 trovasi un atto fatto da Ugo Scotto del 
quondam Idone, con Lamberto figlio di Lamberto (2). II prof. 
Scotti mi segnala nella Biblioteca civica di Genova un ms. 
Origins e fasti delle nobili famiglie di Genova, per GIRO- 
LAMO GlSGARDl, frate (a. 1774), ove nel vol. IV, p. 1813 si 
legge: Scotti, nobili cittadini genovesi tranno (sic) origine 
dalla Scozia et indi si stabilirono in Albenga e Lomlbardia, 
quali si fecero dire alcuni Salvaghi et altii Centurioni... e ve 
ne sono di Colonne Scotti. Gherardo Scotto fu console di 
Genova Tanno 1127, -u bandito, come uno dei capi delle 
discordie civili per le quali mori nel 1130 . Poi cita un In* 
gono Scotto (i 1 70*72) che prese una galera ai Pisani nel 
1175, un Ido Scotto che fu con 1'armata alTimpresa d'Al^ 
meria nel 1127 , poi un Balduino, un Ogerio. E altrove di- 
ce : Verso la meta del secolo XIV ebbe origine in Genova 
VAlbergo Centurione, e fu composto di 5 famiglie della fra- 
zione dei nobili Gibellini, cioe Cantelli, Becchignoni, Besta- 
gni, Oltremarini e Scotti, le quali tutte si unirono di inte- 
ressi e di nome... la sola di esse antichissima degli Scotti (3).)) 
Nell'obituario inserito nel Collettario metropolitano di Ge- 



(1) Genealogie delle famiglie nobili di Geneva, Genova, 1825, 
vol. I. 

(2) Vedi anche BUONARROTI, Genealogie genovesi. 

(3) V.: sull'Albergo Centurione, a propositp di Becchignoni e Be- 
stagni, V. SPRETI, Encyclopedia storico^nobiliare italiana, Milano, 
1929, vol. II. 



267 



S. FULCO DI PIACENZA EX GENTE SCOTA 

nova pubblicata dal CAMBIASO sono menzionati sette mem- 
bri della famiglia Scotti probabilmente pero dei secoli XIV- 
XV. A proposito degli Scotti di Genova mi place finalmente 
ricordare (i) che nel 1376 la grande santa domenicana fu 
ospitata in Genova presso la pia Manna Orietta Scotti nel 
palazzo Scotti, poi Centurioni, sito yicino al porto, in via 
del Canneto N. 44. 

Sugli Scotti di Roma abbiamo notizie dal GREGOROVIUS (2) 
Glaricia, madare di Innooenzo III, fit donna romana della 
casa di Romanus de Scotta . Al vol. II, p. 673, nota 2, e 
detto: I gesta eroneamente scrivono Scorta invece di Scot- 
ta. Evvi un Romanus de Scotta dell'anno 1109 e un Sena- 
tor Bobo donnae Scottae deU'anno 1180. II GRIMALDI, Liber 
canonicorum sanctae Vaticanae Basilicae (Man. Vat. 6437, 
f. 162) dice che gli Scotti dimorassero nella regione Arenula 
presso a 5. Benedicts Scottorum oggidi 5. Trinitatis Pere- 
grinorum, e che la famiglia era in Roma assai mimerosa . 
Nel vol. II, p. 491 e detto: Tra le famiglie patrizie di 
maggior rinomainza nel sec. XII v'erano gli Scotti . Nel vol. 
Ill, p. 387 e nominato un Goffredo Scotto del principle* del 
secolo XIII, sindaco al tempo di Cola di Rienzo. Troviamo 
un senatore Scotto Paparone che giura fedelta a Innocenzo 
III nel 1 198. 

Come ho acceninato nel cap. II 9 a proposito delle 
ecclesiae Scottorum in Roma, ho I'impressione che uno stu- 
dio serio e completo sugli Scoti in Roma potrebbe serbare 

(1) V.: G. JOERGENSEN, Santa Caterina da Siena, Roma, Ferrari, 
1921, pp. 325 s. 

(2) Storia della citta di Roma nel media evo, Roma, Soc. ed. naz. 
1900, 4 voll,, vpl. II, p. 651. 

268 



I SANTl IRLANDES1 IN ITALIA 

interessanti sorprese, ed e a meravigliaie che nessuno ci si 
sia ancora accinto. L'AMAYDEN (i) da a proposito degli Scot' 
ti solo le poche e inesatte notizie seguenti : Fino dal XV 
secolo, alouni della nobile famiglia Scotti di Piacenza, si sta- 
bilirono in Roma e nel 1452 Dominus Gottifridus de Scot* 
tis de regionae Arenulae mori e u sepolto nella chiesa di S. 
Salvatore in Campo. Nel 1593 Bernardino Scotti fu Con- 
servatoire di Roma. II cognome si conserva ancora . 

II prof. Scotti ha trovato degli Scotti a Orvieto, fra i con- 
soli del sec. XII, e a Benevento nel sec. XIV. Aggiungero 
che uno Scotus fu l*ultimo eroico podesta di Semifonte, fa- 
mosa cittadina della Val d'Elsa distrutta <nel 1202 dai Fio- 
rentini (2). 

Si puo dire che non c'e cronaca o cartario italiano che 
non contenga il name di qualche Scotus. Trascrivo qualche 
esempio capitatomi casualmente sotto gli occhi: 

a) CIPOLLA-BUZZI, Cod. dipl di S. Col. di Eobbio, II, 
309, anno 1203 terram quam filii scoti ibi tenent . 

b) GADDONI-ZACCHERINI, Chartnlarium Imolense: p. 
559, uno scottolus nel 1143: p. 619 una Scotia monaca nel 
monastero di S. Stefano nel 1163; p. 637-9, unO1 Scottolinus 
Mctnscotti, fratello di Rodolfo, nel 1169; p. 687, uno Scot* 
tws, nel 1189. 

c) GUIDICINI, Cose notabili della citta di Bologna, I, p. 
228-237, Caterina del fu Roberto di Scogia calfplaro nel 1522. 

d) NiCOLLi, Della etimologia dei nomi di luogo degli 
Stati Ducali di Parma Piacenza e Guastalla, 2 voll., Piacen- 



(1) La storia delle famiglie romane, ediz. Bertini, vol. II, p. 191. 

(2) V.: R. DAVIDSOHN, Storia di Firenfts. Le origini, Firenze, San- 
soni, 1909, vol. II, p. 982. 

269 



S. FULCO DI PIACENZA EX GENTE SCOTA 

za, Tedeschi, 1833, II, 185, uno scotolinus nel 1180. Nel 
Nicolli ho trovato anche due indicazioni di localita: I t 257, 
Paule de Scott's (a. 1494) cap, 258 (a. 1320 e 1333) habi* 
tant ad Paulle Scotorum (il KEHR, Italia Pont. VI, Pars I, 
Lombardia, p. 256 park d'lm monastero a Paullo presso Lo* 
di); II, 214 (sec. XIII) prope molendinum coheret scotorum. 

7. Una ricerca sistematica (estesa anche ai cognomi 
analoghi, come Marescotti etc.) perfezionerebbe il quadro; 
ma quanto abbiamo riferito basta a persuaderci che degli 
Scoti appariscono dal principio del sec. XII in qualita di giu- 
dici e di notai (1120 Isola Comacina, 1130 Milano), di con^ 
soli (1127 Genova), di podesta (1202 Semifonte), di cano- 
nici (1208 Moinza, 1221 Vercelli), di capitani di mare (1127, 
1170 Genova), contemporaneamente in moltissimi luoghi del" 
ritalia settentrionale e oentrale: che per conquistare queste 
posizioni eminenti essi dovevano e&sersi fermati gia da qual- 
che tempo nel paese: che la loro origine irlandese viste 
le date non sembra quindi dubbia. IE qualche cosa di si' 
mile deve essere awenuto anche in Belgio, in Francia, nei 
paesi tedeschi, dove i nomi Schott, Schotte, L'Escot, Lescot 
sono ancora comuni, cosi come in Inghilterra, in Scozia, e 
di li in America del Nord, i nomi Scot e Scott. In Olanda 
si trova anche Schotanus. 

Poiche il passaggio della parola scoto dal significato geo- 
grafico d'irlandese a quello di sco&ese e awenuto proprio 
nel periodo in cui nell'onomastica I'aggettivo indicante la 
nazione o la citta d'origine si trasformava in cognome, non 
e escluso che i citati casati indichino, in qualche caso tardi" 
vo, un'origine scozzese, ma nella massima parte dei casi, in 
cui si puo ritenere che 1'espatrio sia awenuto anteriormente 

270 



J SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

al sec. XII, essi indicano quasi certamente un'origine irlan* 
dese. 

Questa importantissima migrazione laica di Scoti in Eu* 
ropa, che fa riscontro a quella ecclesiastica (apostolica e cul' 
turale) di cui abbiamo parlato nella prima parte, deve in 
generale risalire, a mio awiso, all'epoca delle invasion! da- 
nesi (IX e X secolo), che tante rovine seminarono nella po- 
vera Irlanda e che obbligarono tainta gente a cercar salvez^ 
za nella fuga. Non e da escludere che in piccola parte sia 
anteriore e indipendente dalle inva-sioni danesi (VIII secolo). 
Essa del resto rientra perfettamente nel carattere degli Iiv 
laaidesi, che, come hanno dato i grandi santi, haatino dato 
anche i cavalieri della Irish Brigade di Ramillies e i Mac- 
mahcn di Magenta. A me pare che questa sia una conclu- 
sione piuttosto interessainte, e non messa mai da nessuno 
nelTevidenza che merita. 

Chiudo con cio questo capitolo, sperando di aver mante* 
nuto la promessa fatta in principio, cioe quella di dimostrare 
che S. Fulco rientra fra i santi che riguardano, sia pur da 
lontano, 1'klanda. 



271 



CAPITOLO DECIMOQUINTO 

S. EMILIANO DI FAENZA 

i. Su questo santo abbiamo uno studio completo fat' 
to dalTillustre storico faentino Mons. FRANCESCO LANZO- 
Ni (i) e recente e pure lo studio dei BOLLANDISTI (2.) 

Si tratta di un vescovo irlandese, viaggiante al solito con 
nome latinizzato, che di ritorno da un pellegrinaggio a Ro^ 
ma sardbbe deceduto in Faenza, alia fine. del VII o al princi- 
pio deirVIII secolo. 11 suo corpo sarebbe stato sepolto pres- 
so la chiesa di S. Clemente che, prima dell'allargam'ento 
delle mura (sec. XV), era fuori di citta, presso la cosidetta 
porta del Conte, Porta Comitis (3). Nella distruzione piu o 
meno completa di Faenza sotto Liutprando (740) sarebbe 
andata dispersa ogni traccia del sepolcro. Fra il IX e 1'XI se^ 
colo, ai tempi in oui dominavano i Conti, questo sarebbe 
stato ritrovato in modo f ortuito e straordinario. Due uomini, 
ignari del luogo sacro su cui stavano, amimucchiavano del 



(1) Le Vite dei quattro santi protettori della Citta di 

(S. Terenzio, S. Savino, S. Emiliano e S. Pier Damiano) in Appen* 
dice al Tomo XXVIII della nuova edizione (Bologna, Zanichelli, 1921) 
dei RR. II. 55., pp. 285-395. 

(2) AA. 55., tomo III di novembre, p. 291 e segg. 

(3) Tale chiesa, ricostruita e trasformata, esiste ancora, sebbene 
dissacrata, in via Naviglio n. 39 dirimpetto alia Caserma S. Chiara: 
v.: LANZONI, o. c., p. 327. 

272 



1 SANTI IftLANDESl IN ItALlA 

fieno pariottando fra loro. A un tratto uno di essi riceve un 
ceffone: non essendovi altri presenti, 'se la prese natural- 
mente col compagino: il compagno nega, ma mentre nega 
riceve a sua volta un ceffone piu potente e altrettanto mi- 
sterioso: allora i due, impiressionati, se ne vanno al Conte e 
gli riferiscono 1'accaduto. II Conte ordina di fare subito uno 
scavo iin quel posto: sollevata una pietra, si ritrova la tonv 
ba, che, aperta, esala un fragrantissimo odore. II santo corpo 
e posto sopra un carro tirato da buoi, e per ordine del Conte 
e della Contessa condotto dentro la citta alia Chiesa di S. 
Maria presso il praetorium consults (S. Maria del Conte, S. 
Maria Cvmitis). Dopo un poco i buoi si fermano, s'impun' 
tano, e a nessun costo vogliono' proseguire, I due sposi in* 
tendono che il santo non vuole entrare nella chiesa senza 
dote, e subito gli donano mansi o fondi. I buoi allora si muo- 
vono e continuano il viaggio, e il corpo e portato trionfal' 
mente nella chiesa. Dopo aver accolto il santo la chiesa di 
S. Maria del Conte, come e awenuto spesso in casi analoghi, 
fu chiamata anche di S. Emiliano, e poi esclusivamente di 
S. Emiliano. Sotto questo nome la troviamo inel sec. XII. La 
Chiesa parrocchiale di S. Emiliano (i) era alia testa del Quar- 
tiere di S. Emiliano o Rione Rosso, e la Congregatio 5. Ae- 
miliani comprendeva nel 1192 nove parrocchie situate nella 
parte N. O. della citta (2). 

2. II piu antico documento del culto a S. Emiliano a 
Faenza e una carta di donazione del 15 febbraio 1139 a Fa^ 



(1) Dissacrata, esiste tuttora anch*essa in via Naviglio n. 5, dirim* 
petto al vicolo Ugolino d'Azzo Ubaldini, a circa 150 m. da S. Cle* 
mente: v. : LANZONI, o. c., p. 327. 

(2) Ib., p. 328. 

273 

18 



. EMILIANO Di &AENZA 

rolfo arcidiacono della cattedrale, presente tra i testimoni 
presbiter I/go Sancti Emiliani; forse lo stesso presbiter I/go 
ecclesiae Sancti Miliani, che compare in altra carta del capi* 
tolo della cattedrale, 10 luglio 1147, e in una terza dell'8 
dec, 1159. Nel 29 agosto 1182 in un isfcrumento delTarchi- 
vio capitolare di Faenza viene pure ricordata una regio Sane* 
ti Emiliani, e nel 21 settembre 1191 un- legato a favore del' 
la ecclesia sancti Emiliani. 

Nelle carte del XIII secolo, ed anche prima, alcuni faen' 
tini portano il nome di Emilianus, Milianus o MilliAmts. 

In un sinodo diocesano del 1321 ft\ comandato cU cele* 
brare nella citta e nei sobborghi le feste di S. Emiliano ve- 
scovo e di S. Terenzio diacono, perche presso i loro corpi, 
situati nelle ri&pettive chiese, ogni giorno awenivano pro* 
digi. 

Da quel tempo il nome dell'uno o deiraltro santo, o di 
tutt'e due insieme, compare spesso fra i santi protettori della 
citta. Da un calendario faentino della prima meta del sec. 
XV apprendiamo che la festa di S. Emiliano cadeva il 6 no- 
vembre, come ancoir oggi. 

Nel 1468, forse in occasione di restauro o di ricostruzione 
della chiesa, si fece una traslazione delle ossa del santo in 
una nuova urna. Cio risultava da un'iscrizione scolpita forse 
alia base delPurna, iscrizione oggi scomparsa: Nova trans* 
latione in hoc tumulo Sancti Emiliani episcopi et confesso* 
ris ossa quiescunt, 1468, 24 aprilis. Nel 1782 quest'uma fu 
aperta e vi si trovarono dentro due lamine di piombo, nel- 
Tuna delle quali leggevasi Corpus sancti Emiliani episcopi, e 
neiraltra non si pote rilevar niente . 

Nel 1512, conoscendo la orrenda devastazione di Ravenna 

274 



I SANTI IRLANDESt IN ITALIA 

9 

awenuta per opera delle truppe francesi di Gastone di Foix, 
i faentini fecero voto di celebrare come feste di precetto i 
giorni sacri alia memoria del quattro santi Emiliano, Teren- 
zio, Savino e Pica: Damiano, se la bonta di Dio scampasse 
la citta dalla strage, dal saccheggio e dall'incendio. La citta 
di Faenza riusci ad accordarsi col nemico e ad evitare il sac* 
co, e il culto ai quattro santi crebbe: dal 1524 essi constan- 
temente vengono invocati insieme come quattro protettori 
della citta, anzi come i quattro protettori, quasi ad esclusione 
di tutti gli altri. 

La Chiesa parrocchiale di S. Emiliano fu soppressa per 
i noti decreti napoleonici, dissacrata, e venduta a un privato 
nel 1809; e il corpo di S. Emiliano fu portato nello stesso 
anno in Duomo, in una cappella a lui dedicata. Tre soulture 
del suppedaneo delTurna quattrocentesca furono ivi portate : 
altre sono finite a Parigi nel Museo Jacquemart- Andre : un 
frammento e smarrito (i). 

Faenza e sede esclusiva del culto a questo S. Emilia* 
no (2). Nel sec. XVI una chiesuola a lui dedicata trovavasi 
pure nelle colline di Pergola, presso la citta (3). 

I miracoli a lui attribuiti sono tutte guarigioni d'indemo' 
niati, meno una guarigione di paralitica e urn salvataggio <^i 
naufrago. 

3. Le fonti storiche su S. Emiliano sono le seguenti : 

a) fra PIETRO CALO da Chioggia, domenicano, m. 1348, 

il cui libro Legendae de sanctis, compilato inel 1340 c. t con- 

tiene un capitolo De sancto Emiliano (la Vita prima), dovuta 

(i)V.: LANZONI, o. c., pp. 310*11. 
(i)Ib., pp. 325 e 393. 
(3) Ib. t p. 287, nota 4. 

275 



S. EMILIANO DI FAENZA 

secondo i Bollandisti allo stesso Calo, e secondo il Lanzo- 
ni (i) a qualche faentino del XIII o XIV secolo. 

b) fra. PIETRO NATALI, che nel suo Catalogus Sancto- 
rum, tra il 1369 e il 1372, compendio le Legendae del suo 
confratello Pietro Calo (2). 

c) Giov. ANTONIO FLAMINIO, umanista imolese m. 1536, 
che ha scritto, fra il 1526 e il 1534, le Vite dei quattro 
santi protettori di Faen%a. 

d) Ser BERNARDINO AZZURRINI, notaio faentino, m. 
1620, che compose nel i6o9'io un Compendium o Summa* 
rium delle Vite dei quattro santi che trascrisse nel suo Li' 
ber Rubeus. 

Il punto piu delicato della storia di S. Emiliano e quello 
di sapere come i faentini, dopo la .fortuita invenzione del 
tumulo fra il IX e TXI secolo, abbiano appreso che quella 
sepoltura conteneva il corpo di.un vescovo scoto, denomi- 
nato Emiliano, defunto in Faenza mentre tornava dal pel- 
legrinaggio di Roma. Fra PIETRO NATALI narra che il Cotite 
di Faenza trovo il corpo di S. Emiliano cum epitaphio in 
quo praedicta continebantur. I BOLLANDISTI pensano che il 
Natali desumesse questo particolare, ignoto alle altre fonti, 
da una recensioine della Vita diversa da quella utilizzata dal 
Calo. 

Il LANZONI non condivide questa opinione. Ammette CO' 
me possibile che, pur essendosi perdute prima della in- 
ventio le traccie del sepolcro del santo, fqsse tuttavia 
rimasta presso i cittadini la memoria di un vescovo scoto 



(1) lb., p. 

(2) lb., p. 332. 



-276 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

Emiliano ivi sepolto in antico (i). Ma affaccia anche il so* 
spetto che lo scrittore medioevale, dovendo redigere la vita 
di un santo sconosciuto o inventus, lo abbia fatto passare 
per scoto, solo perche cio era allora un espediente famiHare 
a certi agiografi. A me pare che questo sospetto non sia ah* 
bastanza giustificato, e che sia piu naturale attenersi all'i' 
potesi dei Bollandisti o alia prima ipotesi del Lanzoni. 

Il LANZONI ha pubblicato anche il testo di una Lauda in 
onore di S. Emiliano, contenuta in un cod. della Vaticana, 
del 1426. 

(i) O. c., p. 332. 



CAPITOLO DECIMOSESTO 

S. PELLEGRINO DELLE ALPI DI GARFAGNANA 

i. La strada che dalla Garfagnana conduce a Pie- 
vepelago, al Frignano e a Modena, supera la catena degli 
Appennini a uin valico che si chiama Foce delle Radici, a 
1528 m. sul mare. Dal valico, un cammino quasi pianeg* 
giante di circa tre chilometri, diretto verso sud, conduce 
all'antichissimo santuario di S. Pellegrino. 

Questo santo (i) e stato recentemente oggetto di studio 
da parte dell'illustre Moms. ANGELO MERCATI (2), quindi il 
nostro compito, a suo riguardo, rimane grandemente faci- 
litato'. 

La leggenda si puo riassumere cosi. Pellegrino nasce in 
Scotia da un re Romano, gia convertito al cristianesimo : nel 
pieno vigore della gioventu rinunzia al regno, distribuisce 
ai poveri le proprie sostanze, e parte in incognito per la 
Palestina: visita tutti i Luoghi Santi: rimane quarant*anni 
nel deserto della Quarantena, dove Gesu aveva compiiito 
il suo grain digiuno: di li si reca a predicare alia corte 
del Soldano: e battuto, incatenato, gettato in prigione: H^ 
berato miracolosamente, e sottoposto alia prova del jEuoco 

(1) V.: AA. 55., Agosto I, p. 77 s., B H L w. 6630. 

(2) 5. Pellegrino delle Alpi in Garfagnana, Roma, Tip. Vat., 1926. 

-378- 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

e ne esce illeso: per celeste suggerimento iparte alia volta 
cTItalia : buttato in mare dalla ciurma durante uina tempesta, 
si fa del mantello zattera, del Ibastone albero, della borsa 
vela, e in sette gioraii arriva ad Ancona: visita i sepolcri 
degli Apostoli a Roma, S. Nicola di Bari, il Santuario di 
S. Michele sul Gargano: poi, ,per nuovo awertimento cele- 
ste e sotto la guida di una Stella, sale nella parte piu sel- 
vaggia dell'Appennino, nella selva a cui dara il nome di 
Romanesca: in dodici anni di terribili prove libera quella 
foresta dagli spiriti maligni: si ritira in una caverna, ove 
vive d'erbe e di rugiada, in compagnia d'animali selvatici: 
dopo molti anni abbandona la caverna: in un luogo chia- 
mato Thermae salcnis, trova tin bell'albero secolare dal 
tronco cavo: v'entra e vi prende albergo per sette anni: 
arrivato all'eta di 97 anni, 9 mesi e 23 giorni passa di que- 
sta vita. 

Un certo Pietro, che viveva colla moglie Adelgrada in un 
paese del prossimo Frignano 1 , ha la rivelazione della morte 
del santo anacoreta: i due sposi, aiutati da un angelo, sal- 
gono alia montagna, rinvengono il corpo, da una pergame- 
na che il santo stringe ancora nella mano apprendono la sua 
storia, gli danno onorevole sepoltura : sparsasi per i due ver- 
santii deirAppennino la notizia del prezioso rinvenimento, 
Toscani e Lombardi salgono contemporaneamente al monte, 
per impadronirsi della reliquia: a evitare conflitti, i vescovi 
presenti propongono che il corpo sia messo sopra un carro, 
che si attacchino al carro due buoi indomdti, uno toscano e 
uno lombardo, che si lascino andare i buoi liberamente: 
cosi si fa. I buoi partono con tale mansuetudine da pa- 
rere domati, e si fermano al confine tra la Toscana e la 

279 



S. PELLEGRINO DELLE ALPI DI GARFAGNANA 

Lomlbardia, alle Thermae salonis: ivi si comincia senza in* 
dugio la costruzione di una basilica in onore del santo, la 
cui canonizzazione e traslazione awiene insieme con la de* 
dicazione della basilica, il i. agosto 643, Dio comincia su- 
bito ad operare infiniti miracoli per mezzo di lui, e il con' 
corso dei fedeH diviene cosi grande che si deve innalzare 
un Ospizio viicino alia Chiesa : i primi a prestar ivi le cure 
ai pellegrini sono Pietro e Adelgrada : la esta rimane sta- 
bilita, fin da quell'epoca, al i. agosto. 

2. Questa leggenda non ha nessun valore storico (i). 
e, criticamente esaminata, apparisce composta non prima del- 
la, meta del sec. XIV. Poiche 1'unico codice che la contiene 
e il codice del secolo XV n. 1061 della Biblioteca governa- 
tiva di Lucca t il Mercati inclina a far risalire la leggenda 
a un Lionello de Nobili> di cui fra poco parleremo, che 
tanto s'interesso del santuario. La piu antica memoria certa 
di S. Pellegrino e della sua chiesa conclude il MERCATI 
a p. 31 e del mo: ora un compilatore del secolo XIV 
o forse del sec. XV, che imbastisce un tessuto di errori, cro- 
nologici e storici, che altera persino altri fatti storici, non 
puo meritare fiducia alcuna e ci lascia nella piu grande in- 
certezza su quel che possa essere sfondo realmente storico 
della sua leggenda, che al pari di tante alrre pub averne. 
Se Pellegrino non u nome di battesimo, ma dato a colui 
che, venuto ignoto sull'Appennino tosco-emiliano, vi con- 
dusse vita eremitica e santa e fu detto quindi il Pellegrino, 
potrebbe non improbabilmente pensarsi anche ad uno di 
quei taaiti irlandesi, che dalla patria ebbero il nome di 

(i) V.: MERCATI, o. c., pp. 26^1 e 66. 

280 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

Scotti, i quali dal VI secolo per voto religioso, pdu o me- 
no esplicito, talvolta emesso fin dall'infanzia, con o senza 
Taggiunta di imprese d'apostolato, si interdicevano per lun- 
go tempo od anche ed era il caso piu frequente per 
tutta la vita, il ritorno nella loro patria (v. GOUGAUD, L'oeu* 
vre des Scotti in Revue d'hist. ecc., IX, 1908) . In questo 
senso essi erano detti pellegrini , nome che praticamente 
diveintb nel continente termine tecnico per indicare un mis- 
sionario irlandese (v. CH. PLUMMER, Vitae Sanctorum Ht- 
berniae, I, Oxonii, 1910, p. CXXIII, N. 2). E il nome pub 
avere indotto il compilatore a fare del santo eremita un pel* 
legrino di professione, inventando le varie sue pellegrinazio- 
ni... La presenza del corpo, presuppcxnendosi I'autenticita, 
contro cui non c'e base positiva d'eccezioni dalla 'prima atte* 
stazione del 1255 in poi, non permette d'identificarlo con altri 
santi del medesimo nome onorati altrove e in giorni diversi... 
Quanto al tempo in cui S. Pellegrino visse e mori nulla pub 
dirsi fuorche nel mo egli era gia venerato portando il nome 
suo la chiesa dell'Appenino tosco^emiliano. Dobbiamo ri- 
salire piu alto, ma manca qualsiasi base per stabilire quan- 
to . II Mercati, forse per la particolarita del nome, non 
accenna alfipotesi di un nome latinizzato o accomodatizio, 
ipotesi ammessa ad es. dal LANZONI per S. Emiliano (i). 
S. Pellegrino e stato costantemente considerate fra i santi 
irlandesi del VII o VIII secolo (2). 

3. La prima menzione sicura del nostro S. Pelle* 



(1) V.: Le Vite dei Qitattro SS. Protettori di Faenfti, p. 332 s. 

(2) V.: O* HANLON, Lives of the Irish Saints, VIII, 20. SuU'in 
tervento del DEMPSTER anche in questo caso v.: MERCATI, o. c., 
pp. 9, 27, 31 e BANORRI, S. Pellegrino in Alpe, Modena, 1915, p. 15. 

381 - 



S. PELLEGRINO DELLE ALPI DI GARFAGNANA 

grino, come si e gia accennato, e contenuta in una carta del- 
PArch. arcivescovile di Lucca in data 6 agosto mo, ove si 
park di ecclesia sancti Pelegrini e casa, quod est ispetale, 
qui est positam in loco et finibus, ubi dicitur Terme sen* 
loni (i). 

Alessandro III nella conferma del 1168 dei possessi e pri- 
vilegi della pieve de Foxiano (Pieve a Fosciana) enumera 
fra i primi Hospitale S. Peregrini de Alpibus. Nel 1254 In- 
nocenzo IV decide a favore del pievano di Fosciana una 
questione che verteva fra lui et nuigistrum et fratres ho* 
spitalis sancti Peregrini de Alpibus eiusdem dioecesis (di 
Lucca) super subjectione dicti hospitalis (2). 

La prima menzione del corpo del santo e delle grazie che 
si ottengono al santuario e contenuta in una lettera di Ales- 
sandro IV del 1255 mandata da Anagni rectori et fratribus 
sancti Peregrini de alpibus inter Tusciam et Lombardiam 
in confinis Lucane, Regine et Mutinensis dioecesium existen-- 
tis, in cui per le opere di carita che ivi si esercitano, pren- 
de sub speciali beati Petri Apostolorum principis protectio- 
ne Pospedale, la chiesa, le persone e i Ibeni, esimendoli da 
ogni giurisdizione e dominio di persone ecclesiastiche o se- 
colari. Ma essendo S. Pellegrino in luogo di confine, dimen- 
ticata la immediata soggezione alia Santa Sede, a secondo 
della vigilanza maggiore o minore dei vescovi di Lucca (al- 
ia cui diocesi ecclesiasticamente apparteneva), sono interve- 
nuti qualche volta nei suoi affari anche i vescovi di Reg- 
gio e di Modena (3). 



(1) V.: MERCATI, o. c., p. 36. 

(2) Ib., p. 37. 

(3) Ib., 38-9. 

282 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

L'lmperatore Enrico VI con tre diplomi del 1187, 1191 
e 1187 fece special! concessioni all'ospedale, che il figlio Fe- 
derico II confermo ed aumento nel 1239 (i), Nel diploma 
del 1187 si accetma alle elemosine che si raccoglievano dai 
frati questuanti dell'Ospedale nelle diocesi e terre di Luc- 
ca, Pisa, Volterra, Pistoia, Luni, Parma, Reggio, Modena, 
Mantova e Bologna (2), il che spiega come TOspedale di 
S. Pellegrino fosse conosciuto in vasta cerchia e potesse dare 
origine a fondazioni lontane, come quella di S. Pellegrino 
presso Moena nel Trentinov di cui parleremo. L'Ordine di 
5. Pellegrino dell'Alpe non era un ordiine a se, ma una 
congregazione di religiosi professanti la regola di S. Ago- 
stino, come la maggior parte delle congregazioni allora de- 
dicate alia cura degli infermi e dei poveri, prendente il no- 
me dal luogo (3). Non si sa quando precisamente fosse fon- 
data tale comunka, che nel secolo XIII era fiorente (circa 
20 religiosi) e di cui si perdono le traccie dopo il 1379 (4). 

Nel 1290 Niccolb IV sottopose alTOspedale Taltro di 
S. Giacomo de Ponte populi in quel di Loppia, presso Bar- 

ga (5) 

Un grande cambiamento avviene nella storia dell'Ospe- 

dale nel quattrocento. 

Durante il pontificate di Niccolo V (1447-1455) fu nomi- 
nate Commendatario deU'Ospedale di S. Pellegrino e abate 



(1) Ib., 40-41. 

(2) Ib., 42. 

(3) Ib., 42. Per I'officiatura del santo seguita da tali religiosi v.: 
BANORRI, o. c., 22 e BINDOLI, Una gita a S. Pellegrino in Alpe, Luc- 
ca, 1925, p. 24. 

(4) V.: BANORRI, 42 e BINDOLI, 24 ss. 

(5) V.: KEHR, It. Pont., Ill, 465 s. 

- 283 - 



S. PELLEGRINO DELLE ALPI DI GARFAGNANA 

di Frassinoro, Lionello de Nobili con cui il Papa era con- 
giunto da vincoli di parentela (i)t e nel 1461 Pio II con- 
cesse alia famiglia de Nobili il jus patronatus in dicto ho- 
spitali ac presentandi personam ydoneam quotiens ipsum 
vacate contigerit (ib. 49-50). Praticamente il rettorato di 
S. Pellegrino rimase d'allora in poi esclusivamente in per* 
sone della famiglia de Nobili, e i beni dell'Ospedale fecero 
una fine deplorevole, per la rapacita e litigiosita dei bene- 
ficiari (2). 

Il nominato Lionello aveva invero fatto restauri e rin- 
novazioni importanti nelle fabbriche di S. Pellegrino, e 
svolta uaia benemerita attivita in favore del pio luogo: e 
il MERCATI, come si e accennato, sospetta che a lui si debba 
far risalire la compilazione della Leggenda e rorigine del 
codice lucchese che la contiene, con la Messa ed officio pro- 
prio del Santo (3). 

Al Lionello successe nel 1473 il nipote Giacomo, che fece 
erigere nel mezzo della chiesa il bel tempietto per i Corpi 
Santi, lavoro sicuro di Matteo Civitali. II monumeiito sorse 
a poco a poco: eseguita 1'urna marmorea fin dal 1475, nel 
1484 il resto non era ancora terminato (4). Ho detto per i 
Corpi Santi, perche con S. Pellegrino riposa anche un altro 
santo, S. Bianco. Su di lui non si sa nulla: si ritiene un 
compagno o un imitatore del primo: la 'sua festa si celetbra 
il 3 marzo. La prima menzione del corpo di S. Bianco si 
trova in una descrizione che 1'umanista reggiano LuDOVICO 



(1) MERCATI, 46-7. 

(2) V.: BANORRI, p. 44 e BINDOLI, p. 23. 

(3) O. c., p. 51. 

(4) Ib., p. 52, 58. 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

PARISETTI junior (1503-1570) ha lasciato di un suo devoto 
pellegrinaggio lassu (i). Se ne trova ,poi traccia nella Sa- 
cra Visita del 1659. 

Ippolito de Nobili, divenuto nel 1663 Rettote di S. Pel- 
legrino, voile far riconosoere i due Corpi Santi e collocadi 
diversamente. La ricognizione u fatta inel 1666, alia pre- 
senza dei delegati del vescovo di Lucca, da Girolamo Cre- 
mona uno dei primi anatomici di Lucca , che poi se- 
condo il suo uso, compagino i corpi, mettendo tutti i fram- 
menti e ceneri inel vano dell'abdomine di ciascheduno , 
li adomo e vesti riecamente, e li corico 1'uno a fianco del- 
I'altro, cosi come ancor oggi si ammirano. (Vedremo a suo 
luogo che il Cremona ricompose anche i corpi di S. Fre- 
diano e di S. Silao). In tale occasione il tempietto del Ci- 
vitali, dal mezzo della chiesa u trasportato nel coro, die- 
tro all'altar maggiore: Turna del 1475, vuotata, u fissata 
alia parete posteriore del coro stesso, sopfa delle mensole: 
e i due corpi ricomposti furono bensi ricollocati nel tem- 
pietto, ma entro una piu ampia cassa di legno e vetri, che 
recentemente e stata sostituita da un'urna matinorea dise- 
gnata dall'Arch. Collamariini (2). 

La Garfagnana, e con essa S. Pellegrino, passb al prin- 
cipio del sec. XIX dalla diocesi di Lucca alia nuova diocesi 
di Massa Carrara. I privilegi della famiglia de Nobili ces- 
sarono solo nel 1897. Allora il vescovo di Massa Carrara 
incarico della custodia del santuario il prevosto di Piande- 
lagotti. Nel 1908 S. Pellegrino fu eretto a Pairocchia e nel 
1913 il parroco ebbe il titolo di Arciprete. Come giurisdi- 



(1) !&., 57. 

(2) lb., p, 65. 



-385- 



S. PELLEGRWO bELLE ALPI Di GARFAGNANA 

X" 

zione civile il borgo di S. Pellegrino appartiene in parte al 
Comune di Frassinoro (prov. di Modena), e in parte al Co 
mune di Castiglione di Garfagnana (prov. di Massa Car- 
rara (i). 

4. Non e facile determinare con sicurezza i luoghi 
in cui si presta culto al nostro S. Pellegrino, essendo ono- 
rati in Italia molti altri santi di tale nome anche negli stessi 
giorni. Nello SxADLER-GiNDL (2) si enumerano ben 34 santi 
di nome Pellegrino, di cui 25 anteriori al mille. RIGOLLOT (3), 
ne novera 23 illustrati o citati nei primi dieci mesi dai Bol- 
landisti, e altri 4 da illustrarsi (4). La questione dei santi 
di nome Pellegrino, venerati in tutte le provincie d'ltalia 
dalle Alpi al Lilibeo, sarebbe degna di studio dice il LAN- 
ZONI (5), e io non posso che ricordare e raccomandare que* 
st'invito del compianto storico faentino. A S. Pellegrino 
d'Auxerre e dedicata la chiesetta presso S. Pietro in Vati' 
cano fin dai tempi di Leone III (795-81 6): e da lui prende 
il nome la famosa stazione idrominerale di Val Brembana 
e la relativa parrocchia (dove pare che il culto fosse intro- 
dotto nel sec. XIV dai tessitori di panni di Piazzo Basso 
che per ragioni di commercio frequentavano la Francia), 
nonche la parrocchia di Navarons in Comune di Meduno 
(Udine). Con S. Pellegrino d'Auxerre pare debbano iden- 

(1) V. : BlNDOLI, o. c,, p. 27. Sui due antichi ospedali dei dintorni, 
S. Bartolomeo di Cicerana o Saltello, e S. Geminiano De Alpibus 
v. rispettivamente: BANORRI, o. c., p. 73 s. f e BucciARDI, La Pieve 
di Rubbiano nell'Appennino Modenese, Parma, La Giovane Mon- 
tagna, 1930, p. 12 s. 

(2) Vollstandiges Heiligen'Lexicon, IV, p. 761 ss. 

(3) Ad Acta Sanctorum Supplementum. 

(4) V.: MERCATI, o. c., p. 32. 

(5) Le Diocesi d'Halia, p. 384. 

286 



I SANTI IRLANDESI IK ITALIA 

tificarsi, malgrado le deformazioni delle leggende locali, an* 
che i santi omonimi onorati in Terni, in Ancona, in Gual- 
do Tadinov in Nocera Umbra, in S. Pellegrino di Nor* 
cia (i). II BINDOLI (2) ricorda un S. Pellegrino festeggiato in 
Piacenza il 10 febbraio. Un S. Pellegrino mart, si onora a 
Siena il 25 agosto nella parrocchia di S. Pellegrino alia Sa* 
pienza. Altro S. Pellegrino mart, si trova nella diocesi di 
Amiterno (3): ed un terzo Pellegrino mart, del III secolo, 
discepolo e contemporaneo di Marciano, si trova nelle dio* 
oesi di Taormina, di Girgenti, e di Tricola presso Caltabel* 
lotta, in Sicilia (4). Il MAZOCHIUS (5) identifica quello di 
Caltabellotta con quello festeggiato in Napoli, la cui leggen* 
da a sua volta si awicina a quella di S. Pellegrino delle 
Alpi (6). A Forli e venerato S. Pellegrino Laziosi, dei Ser* 
viti. 

Data questa molteplicita di santi omonimi puo darsi che 
nelle notizie che seguono, sul oulto al nostro santo, vi sia 
qualche esclusione od inclusione indebita, per quanto sia 
stato guardingo nel vagliare le informazioni ricevute. 

5. A lui sono certamente intitolate le prossime par* 
rocchie di S. Pellegrino al Cassero nel Comune di Sambuca 
Pistoiese e di Cascianella in Comune di Camporgiano. Due 
parrocchie (di S. Pellegrino e di S. Pellegrinetto) si trovano 
in frazione Pariana del comune di Massa. 



(1) V.: LANZONI, pp. 384, 406, 454. 

(2) P. 30. 

(3) LANZONI, p. 363. 

(4) V.: LANZONI, pp. 619, 640, 641. 

(5) In vetus marmoreum sanctae Neapolit. eccl. Kalendarium com' 
mentarium, Napoli, 1744, v. : MERCATI, p. 35. 

(6) V.: MERCATI, p. 32 s., BANORRI, p. 81 ss., BINDOLI, p. 30 ss. 

287 



S. PELLEGRItfO DELLE AtPI Dl GARFAGNANA 

Non e improbabile che fosse dedicata al nostro santo 
la chiesa di S. Pellegrino in Lucca, di cui si ha memoria 
fin dal 1078, e dalla quale piu secoli dopo una Confrater- 
inita soleva portarsi ogni tre anni per un pellegrinaggio a 
S. Pellegrino delle Alpi (i). Detta Confraternita e ancor 
viva, ed e ricomparsa al Santuario nel 1926. 

Un villaggio S. Pellegrinetto e sul monte Bicocca, presso 
Trassilico, sopra Gallicano (Lucca), I nomi di Gallicano, Pie' 
ve a Fosciana e Loppia si trovano fra le Pievi fondate da 
S. Frediano. 

6. Un borgo detto S. Pellegrino trovasi presso Par- 
ma sulla strada di Fornovo. 

Nel suburbio di Reggio Emilia esisteva fin dall t 857, come 
da un documento publblicato dal Tiraboschi, un oratorio de- 
dicato a S. Pellegrino; ricostruito piu volte, fu elevato a 
parrocchia nel. 1787 e festeggia ancora il nostro santo al 
i. agosto. Fra le pietre della facciata era incastrato un bas- 
sorilievo del IX'XI secolo, molto interessante ma di diffi- 
cile interpretazione, ch'ora conservasi nella sagrestia. Non 
comprendo bene perche il MERCATI, contro I'opinione e la 
tradizione comune (la prima Vita di S. Pellegrino che sia 
stata stampata, quella dell'Isachi, lo u a Reggio nel 1586), 
non creda lecito pensare che tale oratorio fosse dedicato al 
nostro S. Pellegrino, pur riconoscendo che la data dell'857 
offrirebbe un termine ante quern importante per la crono- 
logia del santo (2). II BANORRI aggiunge che in diocesi di 
Reggio vi sono pure altri tre o quattro oratori dedicati 



(1) MERCATI, p. 35: cfr.: BANORRI, p. 23 e GUERRA-GUIDI, Cow- 
pendio di st. eccl. lucchese, p. 68 s. 

(2) V.: MERCATI, p. 35, BANORRI, pp. 21 e 33. 

288 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 



al santo. Segnalo la parrocchia di Ceredolo in comune di 
Ciano d'Enza. 

7. In un catalogo delle chiese modenesi scritto 
verso la fine del sec. XV dice il BANORRI (i) -^ si a 
menzione d'un oratorio dedicato a S. Pellegrino, situato sul* 
la strada che va da Modena a Carpi. A S. Pellegrino e de* 
dicata una cappella nella chiesa parrocchiale di Semelano 
(Modena) ed una campana di quella Pieve porta il nome di 
lui. Anche nella chiesa parrocchiale di Montecorone (Mode- 
na) v'e un altare dedicato a S. Pellegrino. Imagini del santo 
esistono in varie chiese ed oratori delle diocesi modenese e 
nonantolana, fra le quali mi piace ricordare quella murale 
dell'Oratorio della Riva presso Maserno . Aggiungiamo noi 
la cappella di S. Pellegrinetto lungo la strada da Prignano 
a Monfestino in Serra Mazzoni, il borgo di S. Pellegrino 
presso Spilamberto, la cappella fra Frignano e Montepicco- 
lo, e la borgata Ponte di S. Pellegrino a nord di S. Felice 
sul Panaro e a est di Mirandola. 

A Sestola (Nonantola) il culto risulta da documenti del 
1630 (2). II popolo di Piandelagotti (Modena) sale al San* 
tuario il i. agosto, quello di Riccovolto (Modena) la 2. a do- 
menica d'agosto (3). 

8. Anche la regione bolognese ha sempre avuto in 
venerazione S. Pellegrino, gli ha dedicato altari e oratori, gli 
ha mandato contributo di pellegrini. Nella citta di Bologna 
vi e un Istituto con Oratorio afferma il BANORJU (4) 

d) P. 23- 

(2) lb., p. 25. 

(3) ft. 

(4) P. 24 s. 

289 

19 



S. PELLEGRINO DELLE ALPI DI GARFAGNANA 

che ha la scritta 5. Pevegnno de Alpibus. II GuiDlGlNi (i) 
da notizia di una chiesa e compagnia delle Stimmate di 
S; Francesco detta di S. Pellegrino che ebbe engine nel 
1518 dov'e la porta S. Isaia : mi pare non debba trattarsi 
del nostro santo'. 

A Casacalistri (Bologna, Comune di Granaglione) e dedi- 
cata a S. Pellegrino la parrocchia, e si fa gran festa il i. 
agosto. 

9. Sulla strada Imola-Firenze, lungo la vallata del 
Santerno, si trova un borgo denominate S. Pellegrino, fra* 
zione del comime di Firenzuola. Questo borgo prende il 
nome da uin'antica chiesa con ospizio per viandanti, fornito 
di buone rendite, che esisteva lungo la riva del fiume: ec* 
clesia S. Peregrini juxta Salternum (2). Ricordo che qui pres' 
so e la parrocchia di Tirli dedicata a S. Patrizio. 

10. Non si trova traccia del nostro santo in diocesi 
di Geneva (3). Invece nella diocesi di Chiavari cioe nella 
zona ligure dove abbiamo trovato numerosi i possessi del 
monastero di Bobbio e intense il culto a S. Colombano, tro' 
viamo pure intenso il culto a S. Pellegrino. Antichissimo e 
a S. Maria di Sturla, frazione di Carasco (Chiavari) : ivi nella 
chiesa v'e un beiraltare con statua di legno, dedicate al santo 
anacoreta, ed esiste un'antica Confraternita che porta il suo 
nome. V'e grande devozione: anche presentemente il gior- 
no della festa (2. a domenica d'agosto) v'accorrono numerosi 
fedeli dai paesi vicini, specialmente da. Rapallo, S. Michele 

(i) Cose notabili detta Citta di Bologna, II, p. 303. 

(2)V.: KEHR, It. Pont. HI, p. 71, e CASINI, Dizionario biogr. 
geogr. star, del Comune di Firenzuola, I, p. 98 s., nonche il RE' 
PETTI, Difton. geografico detta Toscana alia voce S. Pellegrino . 

(3) V.: CAMBIASO, o. c. 

290 



I SANTl IRLAtfDESI IN JtALlA 

di Pagana e Santa Margherita Ligure (i). S. Pellegrino e 
pure venerate nelle seguenti parrocchie (2) di cui e interes* 
sante studiare la distribuzione geografica: 

1) Porcile, Diocesi di Chiavari, Comune di Borzonasca; 

2) Pbntegiacomo di Foce: Diocesi di Chiavari, Comu- 
ne di Mezzanego; 

3) Semorile: Diocesi di Chiavari, Comune di Zoagli; 

4) Monticelli : Diocesi di Chiavari, Comune di Cogorno; 

5) Breecanecca: Diocesi di Chiavari, Comune di Co- 
gorno; 

6) Cembrano: Diocesi di Chiavari, Comune di Mais- 
sana; 

7) Pavareto di Carro: Diocesi di Chiavari, Comune di 
Carro. 

8) Priosa di Scorfbo: diocesi di Bobbio, Comune di 
Rezzoaglio; 

alle .quali si pub aggiungere Villafranca di Lunigiana in 
Diocesi di Pontremoli, ove il giorno della festa si tiene an- 
che una grande fiera. 

ii. Finalmente ricordero che rantichissima chiesa di 
S. Pellegrino di Viterbo, la quale sorge sulla piazzetta omo- 
nima, nel famoso quartiere della citta che meglio ha conser" 
vato il carattere mediovale, s'intitola al nostro santo, e, 
secondo quanto gentilmente mi comunica il Rettore di quel 
Seminario interdiocesano, lo festeggia T8 di agosto. 

12. Una filiazione certa di S. Pellegrino delle Alpi 
e il S. Pellegrino del Trentino. Chiamasi ivi Voile di S. Pel" 

(1) V.: P. CASTELLINI, S. Pellegrino in Val di Sturla, Chiavari, 
1903, e BANORRI, o. c., p. 24. 

(2) V. : BANORRI, I. c. 

291 



S. PELLEGRitfO DELLE ALPI DI GARPAGNAKA 

legrino una valle che, partendo da Moena di Fiemme, s'in- 
terna verso oriente per Iben tre ore di cammino fino ad un 
valico detto pure di S. Pellegrino, donde si discende nel Ca- 
nal d'Agordo. Presso il valico, a circa 1920 m. sul mare, v'e 
un laghetto, una chiesa, un ospizio, un albergo, che portano 
tutti il nome di S. Pellegrino. Di qui, nelTeta di mezzo, 
passava una delle vie dirette per mettere in comunicazione 
il Veneto con Bolzano e 1'Alemagna. 

La storia di questa chiesa e ospizio fu illustrata dal P. 
GlANGRisosTOMO ToVAZZi O K M., detto meritatamente 
il Muratori del Trentino , che noi abbiamo gia imparato 
a conoscere e i cui numerosissimi manoscritti si conservano 
nell'Archivio del . Convento di S. Bernardino in Trento. In 
una memoria del 1794 intitolata Documenti antichi deU'0- 
spi&o di S. Pellegrino appresso Moena in Fiemme egli tra' 
scrive con una dotta prefazione sedici pergamene, conser- 
vate attualmente nell'Archivio Comunale di Moena, che van^ 
no dal 1358 (documento di fondazione dell'Ospizio) al 1577 
(testamento e legato in favore dell'ospizio stesso). Una in- 
teressante e completa monografia e quella di D. LORENZO 
FELICETTI di Predazzo (i), il quale parla piii succintamente 
di tale fondazione anche nel volume Racconti e Leggende 
del Trentino (2). 

Nella prefazione del P. TOVAZZI si legge che il S. Pelle- 
grino a cui e dedicate quest'ospizio noh e il Laziosi da For- 
li ne verun altro dei rammentati dal Martirologio Roma- 
no; ma bensi quello che al i. giorno d'agosto nel Calen- 

(1) L'Ospizio di S. Pellegrino presso Moena nel Trentino, Cava- 
lese, Tabarelli, 1906. 

(2) Terza edizione, Zordan, Valdagno. 

292 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

dario Bolognese dell'anno 1761 si nomina 5. Pellegrino Re. 
Nel Calendario parimenti Bolognese del 1777 5. Pellegri* 
no creduto Re di Scogict. Nel Calendario pur Bolognese del 
1782 5. Pellegrino Re di Scoria, e nel Calendario Parmigia- 
no del 1787 5. Pellegrino Confessore, giacche la di lui festa 
celebrasi nel primo giorno d'agosto anche dai Moenati. 

Col documento del 14 giugno 1358 gli uomini della Re- 
gola (Comune) di Moena, radunati sul monte Aloch (pra- 
teria della valle detta poi di S. Pellegrino) donarono a un 
certo fra Gualtiero delTOrdine di S. Pellegrino delle Alpi, 
ricevente in nome e vece deH'Ospedale di S. Pellegrino del* 
le Alpi , una pezza di terra prativa con foosco in quelle 
pertinenze, per edificarvi un ospedale in onore di S. Pel- 
legrino, affinche gli uomini che passano pel medesimo mon* 
te possano essere ospitati etc. . Si convenne espressamente 
che se il futuro ospizio non avesse a durare, tutte le sostan- 
ze sue dovessero tornare alia Regola di Moena. Fu provviden- 
ziale riserva, poiche, avvenuta verso il 1420, a seguito del 
Concilio di Costanza (1418), la soppressione di quello come 
di molti altri conventi (p. es. di S. Martino di Castrozza), 
i beni delTOspizio ritornarono agli uomini di Moena a cui 
appartengono tuttora, mentre in altre parti caddero in ma- 
no di signori feudali. Do>po il 1420, il Priore dell'Ospizio 
veniva nominato fra i concorrenti di Moena da tutti i capi- 
famiglia della Regola a maggioranza, pagando un annuo af- 
fitto per le malghe, Talbergo e i prati. Ora la Prioria viene 
affittata dal Comune al maggior offerente. Il Priore aveva 
obbligo di far suonar le campane nelle sere invemali per 
orientare eventuali viandanti smarriti, di teaiere un cane 
awezzo a rintracciarli, di dar gratuito vitto e alloggio ai 

293 



S. PELLEGRINO DELLE ALPI DI GARFAGNANA 

poveri per tre giorni, e di plantar lunghi pali per indicare la 
strada quando era coperta dalla neve. 

II 24 maggio 1915, alia dichiarazione di guerra gli Au* 
striaci bruciarono la chiesa, Tospizio e Palbergo; ma il tutto 
e stato ricostruito dopo la pace. Credo che ben pochi dei 
turisti che passano Testate per quei bellissimi luoghi pen^ 
sino aU'eremita irlandese dell'Appennmo tosco'emiliaino', da 
cui i luoghi stessi prendono il nome. 



294 



CAPITOLO DECIMOSETTIMO 

S. FREDIANO DI LUCCA 

i. Con S. Frediano rientriamo nel campo storico: 
la 'sua figura si puo nelle linee general! ricostruire abbastati' 
za bene, e veder torreggiare per pieta, per zelo apostolko, 
per attivita pratica, in quella terribile tempesta che attra- 
verso la Chiesa nel VI secolo, per le guerre ostrogotiche e 
la calata longobarda, e dalla quale soltanto un atleta come 
S. Gregorio Magno poteva trarla in porto. 

E S. Gregorio Magno parla anche del aiostro S. Frediano: 
ne parla nei Dialoghi (III, 9), dicendo di aver appreso da 
Venanzio, vescovo di Luni, un prodigio operato da Fredia- 
no, vescovo di Lucca, gia defunto: fuisse mirae virtutis vi- 
rum, Frigdianum nomine.. II fatto era recente; il S. Dottore 
aveva dichiarato poco prima (III, 4) di voler abbaindonare 
gli awenimenti remoti e raccontare fatti del giorno, ut 
priora taceamus, ad ea- quae diebus nostris sunt gesta ve<> 
nmmus. Non si puo comprendere tutto il valore encomiasti- 
co di questa menzione di S, Frediano, se non si hanno pre- 
senti le circostanze in cui Gregorio scrisse i Dialoghi. 

L'instancabile zelo di Gregorio dice il P. GRISAR (i), 



(i) San Gregorio Magno, Roma, Desclee, 1928, p. 62, v. anche di 
lui: Roma alia fine del mondo antico, Roma, Desclee, 1908. 



295 



S. FREDIANO DI LUCCA 



onde rinnovellare nello spirito e nella pieta cristiana il greg- 
ge commessogli da Dio, grinspirb il pensiero di scrivere il 
libro dei Dialoghi. Il Santo pontefice si accinse a questo la- 
voro nel 593 e lo condusse a termine, come diremmo noi, 
quasi di getto: tant'e spcntaneo nell'mvenzione, efficace 
nella materia prescelta ad argomento t schietto e oltre ogni 
dire scorrevole nella forma... Pietro Diacono, che e il conf:* 
dente di Gregorio e rinterlocutore dei Dialoghi, pieno di 
ammirazione per le cose gia narrate, cosi esprime il pensiero 
f ondamentale di tutto il libro : Dawero che ogni giorno 
vediamo compiersi la parola della verita, la quale dice: Pa- 
ter meus usque modo operatur et ego operor '. I lettori do' 
vevano dunque toccar con mano che 1'Italia di quei di, 
per quanto visitata fosse dai flagelli, non era pero abbando^ 
nata da Dio e aveva in gran copia dimostrazioni evidenti 
della potenza divina in suo favore. La storia ecclesiastica dei 
periodi simili a questo di cui scriviamo, racconta quasi sem- 
pre awenimenti in buon numero, che dimostrano cotale di- 
vina potenza. Nessuna conversione di popoli barbari si e o- 
perata nel medio evo senza che per testimoni autentici si 
sapesse di miracoli in aiuto e conforto delle chiese nascenti; 
giacche la lotta della civilta cristiana con la pagana super' 
stizione suscitava dapertutto uomini straordinari per san- 
tita di vita e per doni di forza e grazia soprannaturale. 

S. Frediano e uno degli esempi che, in quella tristizia di 
tempi, Gregorio propone ai fedeli, per loro edificazione ed 
incoraggiamento. 

2. Narrasi che Frediano nascesse di regio sangue in 
Irlanda: beatus igitur Frigianus sicut prisci catholici 
derunt ex Ybernia insula Scotiae partibus oriundus 

296 



.1 SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

tit (i): alcuni precisano nella provincia dell'Ulster. Abbrac- 
cio da giovinetto la religione cristiana, alia quale pur con- 
vert! i suoi parenti. Cresciuto in eta, crebbe altresi in virtu, 
divenne 1'amore e 1'ammirazione di quel popolo, fu illu- 
strate da Dio del dono dei miracoli. Ma egli, schivo degli 
onori e desideroso di mortificazione, lascio la patria e si re- 
co in Italia, dove si fermo a far vita eremitica in uno di 
quegli eremi del "Monte Pisano, presso Lucca, che erano ve- 
nuti in fama per il soggiorno che si diceva vi avesse fatto S. 
Agostino e come abbiamo visto a suo luogo anche 
S. Patrizio (2). Ma fama de eo boni opens circumquaque 
crebrescente, a populo lucane civitatis heremum deserere 
coactus est: e morto il venerabile Obsequenzio, vescovo di 
Lucca, consentientibus civibus omnibus, beatus Frigianus CCL* 
thedram pontificalem Lucanae civitatis suscepit, circa il 560 : 
e la tenne per ventotto anni. Egli si trovb nei tristi tempi 
che immediatamente seguirono l*invasione longobarda: i 
barbari avevan seminato discordie e terrori, e S. Frediano 
parlava di fraterno amore e di pace; i barbari avevano perse~ 
guitato e ucciso i sacerdoti e le vergiini a Dio consacrate, e 
Frediano di nuovo li raccoglieva; i barbari avevano distrutto 
chiese, ed egli le riedificava (3). Molto, e con ottimi frutti, 
egli si adopero per la conversione dei conquistatori ariani al- 
Tortodossia. 

Si danno come fondate o ricostruite da lui le seguenti 
ventotto plebes baptismales (tante quanti sono gli anni che 

(1) Cod. Ambr. B 55 Inf. Fol. 228 r, del sec. XI. 

(2) V.: STOKES, Six months in the Apennines, p. 50-62: su Ru* 
pecava o meglio Lupocavo v. anche GuERRA-GuiDl, Comp. di storia 
eccl. lucchese, p. 193. 

(3) V. : GUERRA'GUIDI, o. c. t p. 48. 

297 



S. FREDIANO DI LUCCA 

si attribuiscono al suo episcopate), di cui, tre in citta e venti- 
cinque nelle campagnet 

1) la chiesa suburbana di 5. Vincen^o in Lucca, detta 
anche dei tre Leviti, ove fu seppellito egli stesso, e che prese 
indi il nome di basilica di 5. Frediano; 

2) la chiesa di 5. Giovanni Battista in Lucca, gia an" 
tica pieve della citta; 

3) la chiesa urbana di 5. M artino, dbve sull'altare di 
S. Stefano si vedeva, sino alia fine del sec. XVIII, risen- 
zione Disponente episcopo Fric, iano valerianus presbyter al* 
tare cum calumellis suis fecit e una croce (della consacra- 
zione) gemmata, di cui ci sono conservate riproduzioni fe- 
deli e che presenta tutti i caratteri del VI secolo (i). Detta 
chiesa divenne Cattedrale, assorbendo la cappella di 5. Ma- 
ria ad praesepe in essa posta (2); 

4) la pieve di Lunata, dedicata a S. Giov. Battista, ora 
detta San Frediano di Lunata (3); 

5) la pieve di Lammari, ora dedicata ai SS. Giacomo 
ap. e Cristoforo (4); 

6) la pieve di Segromigno, dedicata a S. Lorenzo; 

7) la pieve di Villa Basilica, dedicata a S. Maria As- 
sunta; 

8) la pieve di 5. Gennaro; 

9) la pieve a Compito. 

10) la pieve di S. Giovanni Battista di Camajore. 

n) la pieve di Diecimo, dedicata a S. Maria Assunta; 

(1) V. : GUERRA-GUIDI, p. 54 *. 

(2) lb., p. 117 *. 

(3) V.: STOKES, o. c., p. 92. 

(4) V. : STOKES, p. 93 che da la riproduzione dell'originalissimo 
fonte battesimale. 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

12) la pieve di Gallica.no, dedicata a S. Giov. Battista; 

13) la pieve di Controne, dedicata a S. Giov. Battista; 

14) la pieve di Sesto a Moriano, ora dedicata a S. Ma- 
ria Assunta (i); 

15) la pieve di Monsagrati, dedicata a S. Giov. Battista; 

1 6) la pieve di Brancoli dedicata a S. Giorgio (2); 

17) la pieve a Ilice, dedicata a S. Pantaleone; 

18) la pieve d'Arliano, dedicata a S. Giov. Battista (3); 

19) la pieve di S. Maria Assunta, divenuta poi la Catte- 
drale della citta di Pescia e capo della provincia della Val 
di Nievole; 

20) la pieve di 5. Ginese di Vico-Vallari, allora capo 
della provincia del Valdarno di sotto e dioc. lucchese, ed 
ora unita alia cattedrale di S. Miniato al Tedesco (4); 

21) la pieve della Voile Arriana, gia dedicata a S. Giov. 
Battista, e di poi a S. Tommaso ap. e a S. Ansano, ora dioc. 
di Pescia; 

22) la pieve di 5. Pietro in Campo, ora unita con la 
Chiesa di S. Andrea, prepositura di Monte Carlo; 

23) la pieve di Massa Buggianese; 

24) la pieve di Montecatini in Val di Nievole; 

25) la pieve di S. Maria in Monte, ora. in dioc. di San 
Miniato; 

26) la pieve a Fosciana, allora capo di tutte le chiese 
lucchesi della Garfagnana; 

27) la pieve di Loppia, ora unita alia pieve di Barga; 



(1) V.: STOKES, p. 88. 

(2) V.: STOKES, p. 89. 

(3) V.: STOKES, p. 96. 

(4) V.: GuERRA'Guioi, p. 134* ss. 



299 



S. FREDIANO DI LUCCA 

28) la pieve di S. Giov. Battista di Val di Castello e 
zano, detta poi la pieve di S. Felicita, nella Versilia, 
distretto di Pietrasanta. 

Durante la costruzione della chiesa di S. Vincenzo (San 
Frediano) avvennero due dei quattro miracoli compiuti da 
S. Frediano in vita cioe quello del prodigioso trasporto di 
un enorme blocco di pietra da Vaccoli a Lucca, e quello 
della borsa del ricco che aveva negato 1'elemosina, perduta 
in acqua, ritrovata in bocca a un ipesce e rifiutata con mira' 
bili parole dal Santo (i). 

S. Frediano aveva molta devozidne per S. Miniato mar' 
tire: consuetude juerat beato Frediano ecclesiam 5. Miniati 
martins, que non longe a Florentina urbe distare videtur, 
annis singulis debita veneratione visitare (2); un anno t es- 
sendo TArno in piena straordinaria, il santo per attraversarlo 
operb il terzo miracolo, cioe fece venire prodigiosamente a 
se una Ibarca ch'era sull'altra sponda del fiume, insieme con i 
barcaioli che non avevano osato awenturarsi sull'impetuosa 
corrente. Questo racconto, che non e pero contenuto nella 
piu antica Vita di S. Frediano, anteriore all'VIII sec., del 
codice C (cart. 103) della Bibl. Capitolare di Lucca (3), ha 
contribuito alia popolarita di S. Frediano in Firenze (4). 

L'ultimo miracolo, a tutti notissimo, e quello descriuo da 
S. Gregorio Magno, cioe quello della deviazione dell'Awser, 
che u da S. Frediano portato a sboccare direttamente a 



(1) V.: GuERRA-GuiDl, p. 49*50. 

(2) V. : LANZONI, Le Diocesi d'Halia, p. 575. 

(3) V.: LANZONI, ib. 

(4) V. : GuERRA'GuiDl, pp. 39 * e 58 *. 



300 



iRLANDESI !JN If ALIA 

mare, mentre prima sboccava nelPArno (i). storicamente 
provato che questa deviazione, che rappresento una vera 
bonifica idraulica 'per le campagne luochesi, awenne ai 
tempi del nostro santo (2). 

Non molto dopo questo prodigio, per amore di solitU' 
dine si ridusse a Lunata. Ma insultato ivi e percosso dai 
contadini, che forse avevan sentito danno dal nan poter piu 
esercitare la pesca nel fiume gia li vicino, se ne ritorno a 
Lucca, ove in breve termino la sua vita, il 18 di marzo di 
un anno, che la tradizione la quale non puo essere molto 
lontana dal vero, come vedremo dice essere il 588* 

3. I testi che riportano la sua vita sono molto nume' 
rosi e, come accennammo, molto antichi (3). Di S. Frediano 
parlano naturalmente tutte le opere sulla storia ecclesiastica 
di Lucca : antiquato e lion critico, ma abbondante di notizie 
sul culto il FANUCCHI (4). 

4. La cronologia di S. Frediano e stata discussa: an- 
che in tempi recenti vi e stato chi ha voluto farlo risalire 
piu indietro, fino al III secolo (5), ma la discussione non ha 
servito che a confermare la sua attribuzione tradizionale al 



(1) II letto abbandonato, o meglio uno dei letti abbandonati, con- 
servo il nome di Auser, Ozzeri, il letto nuovp si chiamb Atisercu' 
lus onde Serchio. 

(2) V.: GuERRA'GuiDl, p. 50 e 59*. 

(3) V. al riguardo: GUERRA'GuiDI, o. c., LANZONI, o. c., GuiDI- 
PELLEGRINETTI, Inventan del vescovato, della Cattedrale e di altre 
chiese di Lucca, in: Studi e testi , pubbl. dagli Scrittori della 
Bibl. Vatic. 

(4) Vita di S. Frediano, Lucca, Landi, 1870. 

(5) A. PEDEMONTE, I primi vescovi della Paroecia Lucensis, Lucca, 
1915. 



301 



S. FREDIANO DI LUCCA 

VI secolo (i). I motivi che hanno dato appiglio alia discus- 
sione sono essenzialmente quattro: 

a) 1'ordine nan cronologico in cui i primi vescovi di 
Lucca sono disposti in due Cataloghi non sorpassanti il VI 
secolo, contenuti nel Cod. Capitol. 124, scritto di mano della 
seconda meta del secolo XII, ma probabilmente trascritti da 
documenti molto piu antichi (2); 

b) I'affermazione errata di Giov. VILLANI (Cronache, I, 
49) che S. Frediano sia stato il primo vescovo di Lucca (3); 

c) il significato discutibile delle parole diebus nostris del 
Dialogo di S. Gregorio Magno che nello stesso libro cita, ac- 
canto a undici santi del VI secolo, anche un santo del V e 
forse uno del IV secolo (4); 

d) il ravvicinamento, riguardante invero il solo spirito 
apostolico, fra S. Frediano e S. Martino (morto Tanno 400), 
che si trova in certi versi di RANGERIO, vescovo di Lucca 
(1097*1112) (5). 

Ma la questione si puo considerare 'esaurita e non v'e ora 
piu dubbio che il Santo appartenga al VI secolo, pur non 
potendosi precisare gli anni in cui egli opero e mori. 

5. Non sembra dubbia la sua provenienza dal- 
Tlrlanda (6) affermata concordemente da tutti i testi. II 
GUIDI considera il suo nome come un nome latino o latiniz* 
zato assunto in Italia (7) sulTorigine del quale non e stata 

(1) V.: GuERRA'GuiDl, o. c., Appendice HI. 

(2) V. : GUERRA-GUIDI, p. 7 *, LANZONI, p. 589 s. 
.(3) V.: GUERRA-GUIDI, p. 38*, LANZONI, p. 591. 

(4) V.: GuERRA'GuiDl, p. 37 *. 

(5) Sancti Anselmi Lucensis episcopi Vita, De la Fucnte, Madrid, 
1870, p. 153: v.: GuERRA'GuiDl, p. 41 * 

(6) V. : GUERRA-GUIDI, p. 47 *. 

(7) lb. 

302 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

del resto ancora detta 1'ultima parola, essendo noi ancora al- 
1'oscuro sulla sua vera forma grafica primitiva. Le forme a 
nod giunte sono molto varie: Frigidianus, Frigdianus, Fnc- 
diemus, Frigianus, Fricianus, Fndianus, Fredianus, con la F ini* 
ziale spesso mutata in Ph e il primo i in y. Molti agiografi 
irlandesi, a cominciare dal COLGAN (i), lo hanno identificato 
con S. Finnian o Findian o Fiaidbar, di Moville, probabile 
introduttore in Irlanda del testo della Volgata (2), pure del 
VI secolo; ma i Bollandisti, a cominciare dallo SVYSKENS (3) t 
O. HANLON (4), GuERRA'Gumi (5), GOUGAUD (6), dichiarano 
inammissibile tale identificazione. La vita antica di S. Fredia- 
no e prettamente lucchese, prettamente irlandese quella di 
S. Finnian. La narrazione di miracoli operati in Irlanda e af^ 
fatto estranea ai testi aintichi delk Leggenda di S. Frediano: 
almeno fino al sec. XIV Tlrlanda nulla seppe delle gesta di 
S. Finnian a Lucca, e Lucca ignore assolutamente le azioni 
di S. Frediano in Irlanda. La confusione, allora creatasi, pas^ 
so nei libri agiografici divulgati per mezzo della stampa nei 
secoli XVI^XIX (7). 

6. II culto a S. Frediano si estese subito a tutta la 
Toscana, e in altre regioni d'ltaHa. La salma del santo, rin^ 
chiusa in un'urna di marmo, fu gelosameinte riposta sotterra, 
nei tempio stesso che porta il suo nome, come gia si disse. 
Famoso e il rinvenimento di quest'urna, di cui non si cono* 



(1) Acta Sanctorum Hiberniae, 1, p. 642. 

(2) V.: GOUGAUD, Les chr. celt., p. 253. 

(3) AA. SS., al 25 settembre. 

(4) Lives of the Irish Saints, IX, 254. 

(5) O c., p. 44 * ss. 

(6) Les chr. celt., p., 254. 

(7) V. : GuERRA-GuiDi, pp. 45 *, 46 *. 

303 



S. FREDIANO DI LUCCA 

sceva piu I'esatta ubicazione, awenuto circa due secoli dopo, 
con un miracolo. Un di, volendosi dar sepoltura in quella 
chiesa al cadavere d'una fanciulla, e scavatasi percio una 
tomba, costei, tornata in vita un istante, disse : Den ! non 
collocate il mio corpo corruttibile sopra il corpo del beatis* 
simo Frediano ! Sotto una gran pietra, comparvero infatti 
le ossa di S. Frediano, che furono onorevolmente collocate 
in luogo elevato e munito di canoelli, e sopra alle quali u 
eretto un altare. In questa occasione fu stabilita la festa della 
Traslagione, in data 18 novembre, festa che ha oscurato quel- 
la stessa del dies natalis (18 marzo). Alcuni (anche il GUER- 
RA) hanno attribuito tale traslazione al vescovo Giovanni II 
(XI secolo), ma e stato dimostrato dai GUIDI essere avvenuta, 
come correva la tradizione (che la attribuiva al 782), sotto 
quello stesso vescovo Giovanni I (780-800) che nel 781 fece 
la traslazione da Gualdo di Populonia a Lucca del corpo di 
S. Regolo vescovo e martire, e che nel 782 arricchi Lucca 
del simulacro del Volto Santo. Che si tratti di Giovanni I 
e non del II, oltre che da altri vari argomenti, risulta da un 
documento de!T857 in cui gia si park di festivitate S. Fri- 
diani, quod sunt in mense novembrio (i). Una seconda 
traslazione, dalPurna di marmo in un'urna a vetri u fatta 
nel 1152: una terza nel 1566: finalmente una quarta nel 
1652, dopo regolare ricognizione delle ossa e dopo la loro 
ricomposizione da parte del famoso anatomico Gerolamo Cre- 
mona a noi gia noto, in un corpo che, rivestito degli albiti 
pontificali, fu collocato sotto 1'altar maggiore entro una nuo- 
va cassa di cipresso e vetri, come ancor oggi si vede (2). 

(1) V.: GuERRA'Gumi, Appendice VI, p. 112 *. 

(2) FANUCCHI, o. c., p. 193 ss. 

304 



i $Afrrfi iRLAtioesi tti if ALIA 

I 7. E necessario ricordare che S. Frediano iohdb ac- 
canto alia chiesa che porta il suo nome, un monastero di mo* 
naci, retto regolarmente da un abate; in esso si raccoglieva- 
no anche altri religiosi e forse ha vissuto lo stesso sainto. La 
esistenza del monastero risulta da due importantissime per- 
gamene del 685 e 686, colla prima delle quali il vescovo 
Felice gli accorda larghi favori, e colla seconda delle quali 
il re Cuniberto conferma le esenzioni accordate da Felice e 
le donazioni fatte dal proprio maggiordomo Faulone. Tale 
pergamena, dice il GuiDi (i), pub dirsi una sintesi di glo- 
riosa storia precedente e specchio di lontani orizzonti. Come 
ultimo testimone di tutto un lungo passato, echeggia nomi 
latini nel ricordare il vescovo e il suo clero. L'elemento lon^ 
gobardo vi partecipa appena, mentre ben presto lo vedremo 
trionfare rigogliosamente o nel suo completo contenuto o in 
latinizzate desinenze di radici longobarde, o in lombardizzate 
desinenze di radici latine. Cosi la serie dei vescovi che per 
quasi tutto il secolo VII conserva ronomastica latina, proprio 
sul passaggio dal sec. VII all'VIII diviene prettamente Ion- 
gobarda e dura tale per parecchi decenni: e un clero Ion* 
gobardo fara corona al vescovo longobardo. Ci parla inoltre 
quella carta del culto, gia importante, d'uri nostro grande 
santo, e d'un monastero, non allora fondato ma restaurato, 
d'una speciale liturgia gia passata in consuetudine, d'un cle* 
ro che gia da tempo soleva portarsi a quel monastero . II 
monastero, forse il piii antico di Lucca, tramontava nel se- 
colo VIII. 'Ai tempi del vescovo Walprando (737'755), piu 

(i) V.: GUERRA-GUIDI, p. 54 s. 



305 

20 



S. FREDIANO DI LUCCA 

Aon v'erano monad: chiesa e beni relativi erano passati 
nelle mani dei vescovi (i). 

Ma presso la tomba di S. Frediano sorse piu tardi un'altra 
istituzione famosa, quella dei Canonici Regolari di S. Fre, 
diano. Per combattere rincontinenza e la simoinia del clero, 
dilaganti nel sec. XI, molti vescovi, e anche quelli di Lucca, 
pensarono a raccoglierlo in collegiate ove potesse convivere 
sotto una discreta e savia regola, e fosse prowisto del neces* 
satio per una vita decorosa. II vescovo Giovanni II fece a 
Lucca un primo esperimento fin dal 1025 nella Chiesa pie- 
vanale di S. Maria a Monte; troviamo poi la vita comune 
gia introdotta nella Chiesa di S. Maria Forisportam nel 1041, 
nella Chiesa di S. Dona to nel 1063, e piu tardi in quella dei 
SS. Giovanni e Reparata. Per altro fra tutto il clero luc- 
chese principalmente si segnalarono in questo i Sacerdoti e 
chierici della Chiesa battesimale di S, Frediano, La vita CO' 
mune, se non di tutto il clero di questa chiesa, almeno di 
gran parte, gia vi esisteva nel 1039, e c ^ P 61 " cura ^ ve ' 
scovo Giovanni, e non di S. Anselmo che gli successe, come 
alcuni hanno scritto. iE quindi ebibe principio quella riforma 
che rese poi cosi celebri nella Chiesa e cari ai Sommi Pon' 
tefici, i canonici o clero di S. Frediano (2). Quando nel 
1105 Pasquale II visito Lucca, ebbe occasioine di ammirare 
la santa vita che da loro si conduceva, ed oltre ad encomiarli 
e ad accordare loro vari privilegi, li chiamo a Roma per ri' 
formare sul loro modello il clero della Chiesa Lateranense, 
onde poi Tordine prese il nome di Canonici Lateranensi & 



(1) V. : GUERRA-GUIDI, p. 56 e 105. 

(2) V.: GUERRA-GuiDl, p. 138. 



306 



1 SAtfTI IRLANDESl IN ITALIA 

5. Frediano. II KEHR (i) enumera le seguenti chiese che da 
altri pointefici furono affidate al lore governor 5. Petri juxta. 
Pistorium (da Onorio II) t 5. Joannis in Capite burgi (ii35)t 
5. Pantaleonis de Luca (n.37)t S. Salvatoris in Mustiolo 
(1140), 5. Mariae Novae de urbe (ii40'42), 5. Mariae de 
Montebello, dioec. Bononien. (1150). 5. Andreae de Carraria 
dioec. Lunen. (ii5i)t 5. Crucis in Hierusalem (1166), 5. Sal" 
vatoris de Ficarolo dioec. Ferrarien. (1181), 5. Martini Sena' 
rum (1182), 55, Quadraginta de Tarvisio, 5. Bartholomew de 
Monte Scalocchio, Canonica 5. Floridi Castellana (Citta di 
Castello), quarum pnorem ecclesiam 5. Fridiani Lucanam 
ejusque priorem velut caput et priorem generalem totius con* 
gregationis recolebant. Ita 5. Fridiani congregatio floruit us- 
que ad a. I5i7t quando cum Lateranensi congregatione unita 
est (2). La comunita dei Canonici di S. Frediano di Lucca 
u soppressa da Pio VI il 19 luglio 1780. 

Quasi certamente sia il primo monastero fondato da S. 
Frediano, sia poi la congregazione dei Canonici di S. Fre- 
diano, hanino costituito un centro di ritrovo dei peregrini 
scoti e un centro di dififusione del culto ai santi irlandesi, 
come gia fu osservato al Cap. II 9. 

8. Abbiamo gia accennato alia fondazione della Chie- 
sa di S. Frediano in Lucca sotto il nome di Chiesa di S. Vin- 
cenzo, e al diploma di Cuniberto del 686, che la riguarda. 
II vescovo Walprando, morto nel 755, che per testamento 
dispose a favore della Chiesa di S. Colomfoano, dispose anche 
a favore della Chiesa di S. Frediano. In essa sono raccolti 



(1) Italia Pontificia, III, p. 412. 

(2) V. anche: N. WlDLOECHER, La Congregazione dei Canonici 
regolari lateranensit periodo di jormaftone, Gubbio, Oderici, 1929. 

/ 

307 



S. FREDIANO DI LUCCA 

numerosi carpi di santi, fra cm S. Riccardo re dei Sassoni oc- 
cidentali morto a Lucca nell'VIII secolo, padre di S. Willi* 
baldo, S. Wunibaldo e S. Walburga (i). Nell'VIH secolo vi 
fu sepolto il b. vescovo Giovanni, nel IX secolo vi furono 
portati da Narni i corpi dei SS. Cassio, Giovenale e Fausta, 
nel X secolo vi fu sepolto il b. vescovo Corrado, nel XIII 
secolo S. Zita. La chiesa possiede anche reliquie molto im- 
portanti (2). Essendo nel XII secolo mal ridotta, il priore Ro- 
tone comincio a riedificarla nel 1112 (3) e nel 1147 la nuo* 
va chiesa fu consacrata da Eugenio III. Nel 1220 vi fu an* 
nesso un cimitero con cappella dedicata a S. Caterina, di cui 
ora non rimangono che pochi avanzi. Le molte cappelle la- 
terali della Basilica sono dovute a secoli posteriori al XIII. 
La STOKES da un'ampia descrizione di questa chiesa (4) con 
illustrazioni. 

Il bastione delle mura di Lucca prossimo ad essa, dicesi 
Baluardo S. Frediano. 

Il nome Frediano e comune nelTonomastica lucchese fin 
dai secoli VII e VIII (5). 

9. Pare che la Chiesa parrocchiale di S. Frediano a 
Firenze, al di la d'Arno, sia stata costruita nel secolo VIII (6). 
II santo godeva a Firenze molta celebrita : da lui prende 



(1) V.: GuERRA-GuiDl, p. 66 ss., naturalmente DEMPSTER fa scofc 
%esi tutti questi santi (v.: FANUCCHI, p. 185); famoso e il falso del 
DEMPSTER a proposito del preteso protovescovo di Lucca S. Paolino, 
v.: LANZONI, p. 597. 

(2) V.: GUERRA-GUIDI, p. 194. 

(3) lb., p. 192. 

(4) O. c., p. 64-83. 

(5) V.: GUERRA-GUIDI, p. 67. 

(6) V.: LAMI, Mo. Eccl. Florent., Ill, 587. 



308 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

me il Borgo S. Frediano e la Porta S. Fredia.no. II patronato 
di tale Chiesa ha appartemito un tempo al monastero di 
Nonantola (i); nel 1190 u assegnata al convento di Settimo, 
che vi trasferi la sua sede principale (2). Famosa e la cupola 
del Ferri (1680-89). 

Anche a Pisa esiste un'antichisima Chiesa di S. Frediano t 
in una piazzetta fra il Lungarno e la Piazza dei Cavalieri? la 
diocesi di Pisa e stata fra le prime a tributar culto a S. Fre- 
diano, sotto la data del 18 marzo. II KEHR (3), parla di un 
monasterium S. Martini et S. Fridiani in Pisa. 

Chiamasi S. Frediano a Settimo una frazione del Cornune 
di Cascina in prov. di Pisa. 

Una localita S. Frediano e segnata sulle carte del Touring 
(. 22, A i) a nord di S. Ermo, tra Bagni di Casciana e Fau- 
glia : delle Case S. Frediano (f. 22, D 2) sono segnate a nord 
della fermata di Vignale, fra Campiglia e Follonica. 

Nel GUIDICINI (4) e menzionata una chiesa di S. Frediano 
in Bologna, fuori Porta S. Mamolo: pare che essa fosse un 
tempo del convento dei Frati della Penitenza di Gesu Cri* 
sto, detti del Sacco, e sia poi passata ai canonici di S. Fre- 
diano di Lucca. 

10. Cio che da un'idea della devozione ancora viva 
a S. Frediano in tutta la Toscana, e il numero delle parroc- 
chie ancora a lui dedicate. Esse sono ventitre e precisa- 
mente : 



(1) V.: DAVIDSOHN, Storia di Firene, p. 103. 

(2) lb., p. 1086. 

(3) Italia Pont., Ill, p. 346. 

(4) Cose notabili della Citta di Bologna, III, 88*89. 



309 



S. FREDIANO DI LUCCA 

In diooesi di Lucca N. 1 1 : 

1) Aramo, Ccmune di Pescia (ex Villabasilica). 

2) Arsina, Comune di Lucca. 

3) Chifenti, Comune di Borgo a Mozzano. 

4) Compignano, Comune di Massarosa. 

5) Crasciana, Comune di Bagni di Lucca (iintitolata ai 

SS. Jacopo e Frediano). 

6) Deccio, Comune di Lucca. 

7) Lunata, Comune di Capannori. 

8) Montefegatesi, Comune di Bagni di Lucca. 

9) Piazzano t Comune di Lucca. 

10) Valgiano, Comurne di Capannori. 
n) S. Frediano in Lucca. 

In Diocesi di S. Miniato N. 2: 

12) Camugliano, Comune di Ponsacco. 

13) Forcoli, Comune di Palaja. 

In Diocesi di Pistoia N. 2: 

14) Burgianico> Comune di Pistoia. 

15) Pavana, Comune di Sambuca Pistoiese. 

In Diocesi di Pisa N. 4: 

1 6) S. Frediano in Pisa. 

17) S. Frediano a Settimo, Comune di Cascina. 

1 8) Sommocolonia, Comune di Barga. 

19) Vecchiano, Comune di Vecchiano. 

In Diocesi di Firenze N. 2: 

20) S. Frediano in Firenze. 

21) Neblbiano, Comune di Montespertoli. 

In Diocesi di Volterra N. i : 

22) Montignoso, Comune di Montajone. 

310 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

E una in Diocesi di Massa Carrara: 
23) Sassi, Comune di Molazzana. 

Solo tre o quattro di questi nomi si trovano nella lista 
delle ventotto pievi fondate da S. Frediano, e da lui natu- 
ralmente intitolate ad altri: e invece da notarsi che alcune 
di quelle ventotto pievi sono state anche centro di culto per 
S. Pellegrino, cosi come in Diocesi di Chiavari abbiamo vi- 
sto spesso sovrapposti i culti di S. Pellegrino e di S. Colom- 
bano. 

1 1. - Ben moke altre chiese dedicate a S. Frediano 
dice il FANUCCHI (i) si trovano ed esistono tuttora, di 
origine assai antica, nella nostra Diocesi [di Lucca], come 
in quella di Pescia, di Pistoia, di Volterra, di S. Miniato ed 
altrove, che troppo sarebbe il volerle qui riferire. II nome di 
S. Frediano s f invocava nelle Litanie per uso della Chiesa Fio' 
rentina, Senese e Lucchese nei secoli XI e XII; per non far 
qui parola deiruffizio, e messa propria, che celebravasi in 
un giorno, descritti in vari codici e Rituali di diverse diocesi. 
Il martirologio romano al giorno 18 marzo nomina S. Fre- 
diano, dicendo: Lucae in Tuscia. natalis S. Frigiani Episccpi 
virtute miraculorum illustris, cujus festivitas XIV Kalendas 
decembris, quando ejus corpus translatum fuit, recolitur. E 
rantichissimo Martirologio divulgato dal Fiorentini al di 18 
novembre a menzione del nostro santo colle parole : In Tu- 
sciae Luca civitate, depositia (ossia come nota lo stesso Fio- 
rentini) translatia S. Fridiani Episcopi, e lo chiama in aquis 
Thaumaturgum . 

(i) P. 192. 



S. FREDIANO DI LUCCA 

Aggiungero che il FANUCCHI (i) dice esistere una chiesa 
di S. Frediano in Sartene, nell'isola di Corsica, dove la de- 
vozione pel nostro santo sarebbe abbastanza diffusa. 

La personalita potente di questo attivissimo e santo ve* 
scovo vero fratello d'Orso e di Colombano ha lasciato 
indiscutilbilmente un'impronta profonda tiella storia ecclesia- 
stica della regione toscana, e costituisce una delle piu pure 
glorie delTespansione irlandese (2). 



(1) P. 192. 

(2) II GoUGAUD, in un recentissimo articolo: Les surnumeraires de 
I' emigration scottique, apparso in: Revue benedictine , ottobre 
1931, p. 296 ss., si e proposto di dare un elenco di personaggi pre* 
sentati dagli antichi agiografi come Irlandesi, ma ai quali tale na- 
zionalita e stata attribuita falsamente, o la cui origine insulare e per 
lo meno dubbia . Per 1'Italia, citando J. F. KENNEY, The sources 
for the early history of Ireland, I, p. i84'85, mette in quest'elenco 
S. Frediano e S. Cataldo. Nel caso particolare di Lucca sopravvivono 
documenti antichissimi e numerosi che sono stati esaminati da stc* 
rici della serieta d'un Mons. Guidi. Certamente (come abbiamo no 
tato gia per S. Orso) la data del VI secolo ci riporta a un'epoca pre- 
colombaniana; ma la tradizione e concorde, ed e in grado di spiegare 
Tesistenza del culto a parecchi altri santi irlandesi in Lucca e nel 
suo territorio, e precisamente a S. Colombano (fin daU'VIII secolo), 
S. Pellegrino, S. Silao, S. Cataldo, e il fatto che la citta di S. Fre* 
diano ha costituito durante tutto il Medio Evo un centre d'influenza 
scotica in Toscana (v. Cap. II, 9). 



312 



CAPITOLO DECIMOTTAVO 

S. SILAO Dl LUCCA 

i. Nato in Irlancla, naturalmente di regia stirpe , 
educate cristiaiiamente insieme con la sorella Ermengarda 
(Mionghar?), abbraccia la camera ecclesiastica e diviene sa- 
cerdote: indi, per desiderio di maggior petfezione, distribui- 
te ai poveri le sue sostanze, si ritira in un Monastero detto 
di S. Brandano, del quale dopo poco diviene abate. Resasi 
vacante un'importante sede episcopale d'Irlanda, della quale 
la leggeoida non da il nome, ne e dal clero e dal popolo elet- 
to vescovo; ma egli non accetta se non dopo essersi recato 
a Roma, ed aver esposto il caso a Gregorio VII, che lo con* 
sacra di sua propria mano. La sorella Ermengarda, poco dopo 
il ritomo del fratello, parte anch'essa in pio pellegrinaggio 
alia volta di Roma : si f erma strada f acendo a Lucca, ove un 
signorotto Suffredo, vedovo con un figlio, s'invaghisce di 
lei: e attesala al ritomo da Roma, la rapisce e la rinchiude 
nel castello di Chiatri j i consoli di Lucca assalgono il castello 
per punire un modo d'agire che disonora Tintera citta, e si 
accende un'aspra guerra civile: la donna, per amor di pace, 
si piega al matrimonio con Suffredo. Dopo aver convissuto 
nove anni con lui senza aver figli, si ritira, col suo consenso, 
fra le monache di S. Giustina, e ivx si spegne. Frattanto Si' 
lao in Irlanda, nell'esercizio delle sue mansion! episcopali, e 



S. SILAO DI LUCCA , 

oggetto cTinique sopraffazioni da. parte della potesta civile: 
esaurita ogni altra risorsa, egli torna per aiuto e consiglio a 
Roma. A Lucca apprende da Suffredo la morte della sorel- 
la, e nel palazzo del cognato si ferma anohe al ritorno. Ma, 
ammalatosi, e sentendo vicina la morte, preferisce finite in 
una povera cella anziche in un appartamento fastoso, e si fa 
portare in una stanzetta sopra la sagrestia delle monache di 
S. Giustina, ove spira un 21 di maggio, circa 1'anno noo, 
cadendo in tal giorno la domenica fra I'Ottava dell'Ascen- 
sione. 

2. A questa parte di Leggenda (i) si innesta nel 
testo piu antico (XII secolo) un'altra parte, in piena contrad- 
dizione con quanto> espcsto, che ci riporta al V secolo e fa 
di S. Silao un discepolo i.li S. Patrizio. 

Tale seconda parte e da considerarsi assolutamente spuria, 
a giudizio degli stessi Bollandisti, pur molte riserve doven- 
dosi fare anche sulla prima parte. Gli storici lucchesi men- 
zionano concordemente nell'XI secolo Ermengarda e Silao (2), 
Circa la data precisa della sua morte, i Bollandisti, fondan* 
dosi sulla circostanza riievata nella Leggenda, della coinci' 
denza del 21 maggio con la Domenica fra TOttava dell' A* 
scensione, la pongono (3) o al 1094 o al 1105: non v'e mo- 
tivo di preferenza fra queste due date (4). 

(1) V.: BOLLANDISTI, AA. 55., Maggio V, 21 maggio, e B H L 
II, 1118; O' HANLON, Lives of the Irish Saints, V, 528; STOKES, Six 
months in the Apennines, p. 97 ss.; F. M. FlORENTINl, Vita di 5. 
Silao, Lucca, Paci, 1662; R. SALVETTI, Vita di 5. Silao, Lucca, Lan- 
di, 1903; G. BlNDOLI, Brevi noti&e sul paese di Chiatri, Lucca, Lan- 
di, 1902. 

(2) V.: SALVETTI, o. c., p. 15 s.; GUERRA-GUIDI, Camp, di storia 
eccl. lucchese, p. 202. 

(3) AA. 55., vol. cit., p. 62'68. 

(4) V.: SALVETTI, p. 55. 

314 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

3. II culto di S. Silao e intimamente -legato con la 
storia del Monastero di S. Giustina, che il SALVETTI espone 
in dettaglio (i). Questo monastero fu fondato nell'VIII seco- 
lo dal duca Allone in onore Domini et Salvatoris : dal secolo 
VIII a tutto il X figura nei documenti solamente col nome 
di S. Salvatore. Circa la meta del secolo XI comparisce il 
titolo di S. Giustina; dapprima anche insieme col precedente 
di S. Salvatore, poi nei secoli seguenti sempre da solo. L'ab- 
badessa aveva gia nei X secolo il privilegio d'usare il pasto- 
rale nelle solenne funzioni di vestiziotie, professione e sacra 
vela delle monache (2), e di vestire il manto imperiale or- 
nato d'ermellino (3). 

Per i prodigi operati da S. Silao, la Chiesa di S. Giustina 
riceveva molte offerte. SuJEfredo, con speciosi pretesti, pre- 
tendeva averne parte, e )e monache, per noin inimicarsi per- 
sona cosi potente, gliene dovettero accordare una terza par- 
te. Dopo Tindegno patto cessarono immediatamente i mira- 
coli, la devozione di conseguenza decadde, e gradualmeinte 
si perde anche la memoria del luogo preciso ove era collo- 
cato il sacro corpo. Dopo un'ottantina di anni, le monache 
pero ne fecero ricerca, e il 3 dicembre 1180 (4) ritrovarono 
la cassa intatta con questa iscrizione: Divi Sylai corpus qui 
in Hibernia episcopus fuit summa veneratione hoc sepulcro 
conditum ob praecipua, miracula religiosissime custoditur. Un 
nipote vivente di Suffredo, di nome Lotario, rinunzio a qua- 
lunque diritto, e la fama del santo rifulse di nuovo. Lucio 



(1) Pp. 56-83; v. anche: GuERRA-GuiDI, o. c., p. 92. 

(2) V.: SALVETTI, p. 78. 

(3) Ib., p. 79. 

(4) Circa la data v. : SALVETTI, p. 91. 



S. SILAO DI LUCCA 

III, papa lucchese, passando nel 1183 per la sua citta natale, 
autentico il culto di S. Silao (i). 

Nel secolo XVI le religiose posero sull'urna un'immagine 
giacente di lui, scolpita in marmo, opera pregevole della scuo- 
la del Civitali, ch'e ora nella Pinacoteca di Lucca (proprieta 
dei RR. Spedali). 

Nel 1662, il dottor Girolamo Cremona ricompose e rivesti 
il corpo di S. Silao. 

Dopo i decreti napoleonici di soppressione del 1806, le 
monache di S. Giu-stina insieme con le Gesuate di S. Giu- 
seppe dovettero trasferirsi nel Monastero di S. Ponziano. Ivi 
fu trasportato il 31 agosto 1808 anche il corpo di S. Silao. 

L'insigne primitivo Monastero di S. Giustina fu demolito 
or sono pochi anni per costruire dei nuovi padiglioni del- 
TOspedale Givile t ed esso non e ricordato se non dal nome 
della via che ad esso conduceva e che ora conduce all'ospe- 
dale. 

Dopo il decreto del i8ri che ordinava la chiusura di tutti 
i monasterr entro due mesi, S. Silao fu da S. Ponziano por- 
tato, neiraprile di queiranno, in una cappella appositamesi- 
te preparata dal marchese G. Sardini, fratello della badessa, 
dentro il suo palazzo. 

Dopo la caduta di Napoleone, nel 1817, il sacro corpo tor- 
no improvvisamente al culto pubblico nella Chiesa parroc- 
chiale di S. Maria Corte-Orlandini; ma appena le monache 
di S. Giustina poterono ricostituire la loro comunita e otte- 
nere dal pontefice Pio VII il Monastero gia dei PP. Serviti 
con la contigua Chiesa di S. Lorenzo ai Servi, 1'urna del 

(i) V. : GUERRA'GUIDI, p. 202. 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

santo fu trasportata, il 12 maggio 1825, in detta chiesa, sot' 
to 1'altar maggiore. 

Nella ricostituzione delle Benedettine di S. Giustina, ebbe 
luogo il distacco di cinque monache, che invece d'andare a 
S. Lorenzo ai Servi, fondarono il monastero delle Benedet* 
tine riformate delta Zecca. 

Le religiose di S. Giustina rimasero a S. Lorenzo col corpo 
di S. Silao fino al 26 luglio 1912, epoca in cui, essendo le 
pensionate ridotte sotto il numero di sei stabilito dalla leg* 
ge, dovettero lasciare il monastero al.Comune di Lucca t che 
a cura della Congregazione di Carita vi pose un Ricovero di 
vecchi. Le religiose di S. Giustina si ritirarono aliora nel 
Monastero 'delle Madri Cappuccine in parrocchia di S. Leo* 
nardo, e ivi rimasero fino al 5 agosto 1915* quando riusci* 
rono ad avere il monastero detto di S. Scolastica gia dei PP. 
Francescani a Buggiano Alto, in diocesi di Pescia. 

Airuscita delle monache dal convento dei Servi, il corpo 
di S. Silao fu provvisoriamente collccato presso le Benedet* 
tine riformate della Zecca, in una stanza dietro Taltar mag* 
giore: e ivi si trova tuttora (novembre 1931). 

4. Quanto al culto al santo, ecco quainto dice il SAL* 
VETTI (i): Ne solamente nella Chiesa di S. Giustina ebbe 
il santo vescovo venerazione dai fedeli, ma altresi nelle pub* 
bliche processioni fatte dalla Chiesa Cattedrale, fu invocato 
come santo. Egli ebbe ufflcio proprio, il quale fu stampato 
in Lucca neU'ainno 1527, e questo solevasi reci tare nel gior* 
no della sua solennita, fino a che non ne fu sospesa la con* 
tinuazione dalla S. Sede, con un editto generale. La sua fe* 

(i) P. 100 s. 

317 



S. SILAO Dl LUCCA 

sta, come abbiamo gia veduto, era inserita nel calendario 
diocesan o ai 21 di maggio, con caratteri rossi, come erano 
notati gli altri giorni festivi. Nei secoli decorsi, dice il Fio* 
rentini, u pure S Silao iaivocato pubblicamente nella pro* 
cessione delle Rogazioni, coine si rileva da un rituale mano' 
scritto conservato nella sagrestia della Cattedrale, che s'inti' 
tola Ord& litaniarum... Cosi in un messale secundum consue* 
tudinem sanctae Romanae Ecclesiae, stampato in Lucca nel 
1561, un frammento del quale si conserva nell'Archivio cli 
Stato per esclusiva rarita dell'edizione, nelle litanie che si 
recitavano dopo la beriedizione del Sacro Fonte, dopo S. 
Frediano e S. Teodoro viene invocato S. Silao . 



CAPITOLO DECIMONONO 

S. DONATO DI FIESOLE 

i. L'abbiamo gia incontrato due volte, di passaggio : 
come donatore della Chiesa di S, Brigida di Piacenza al Mo" 
nastero di Bobbio, e come preteso parente di S. Fulco Scotti. 
Ma ota e venuto il momento di mettere in piena luce la 
vera figura di questo vescovo irlandese, che ha seduto per 
quasi mezzo secolo, dall'829 all'876, sulla cattedra fiesolana, 
in mezzo alle speciali difficolta dell'epoca caroHngia, lascian' 
do grande fama di se sk come politico sia come letterato. 
Egli non si e trovato a dover convertire ariani, come Orso, 
Frediano, Golo'mbano; ma si e trovato a dover difendere da 
molti assalti i beni della sua chiesa. Nella corruzione e nel' 
1'anarchia che accompagnarono le beghe familiari dei sue" 
cessori di Carlo Magino, TufEcio di vescovo era poco facile 
e poco sicuro. Basti ricordare il caso capitato pochi anni 
innanzi ad un altro vescovo di Fiesole, Alessandro. Costui, 
recatosi nell'823 a Pavia presso Lotario per lagnarsi di certi 
feudatari che si erano impossessati di beni del vescovato, 
aveva ottenuto non solo la conferma di tali beni, ma ahre 
conoessioni importanti per le sorti future della citta e per le 
sue relazioni con Firenze: cioe la cittadella di Fiesole, la 
fortissima arce dei tempi etruschi, il cui possesso doveva 

319 



S. botiAf o DI 

fare i vescovi signori del luogo: e il munito castello di Mofl> 
teloro, ergentesi nella Val di Sieci, a distanza di otto o nove 
chilometri (i). La notizia del successo diplomatico del ve- 
scovo, riusci cosi poco gradito ai feudatati, che una schiera 
di costoro si affrettb ad andargli incontro*, quasi per deside* 
rio di rendergli onore e per dimostrazione di fedelta, ma 
col segreto proposito di cogliere una propizia cccasione e 
ucciderlo. Infatti, mentre stavano attraversando il Reno pres^ 
so Bologna, gli piombarono addosso e lo annegarono. Ne 
gli assassini vennero mai puniti. II vescovo fu sepolto an 
Fiesole nella chiesa che da lui prende il nome e che allora 
si trovava entro le possenti mura dell'arce, ma nemmeno nel 
sepolcro gli fu concessa requie, e la sua tomba fu violata 
da saccheggiatori (2). 

Un altro fatto esterno rendeva piu difficile la missione di 
Donato, gia difficile per le ragioni interne che abbiamo dette. 
Nel IX secolo due minaccie dal mare mettevano in continuo 
pericolo la vita civile della penisola, e anche della Toscana: 
la minaccia saracena e la minaccia normanna. Quest'ultima 
s'era concretata nell'825 in un'impresa fulminea e impres- 
sionante, con particolare danno della chiesa fiesolana. Biso^ 
gna rammentare che oel IX secolo, la Cattedrale di Fiesole 
sorgeva, come era costume del tempo, fuori della citta for- 
tificata, nella sottostante campagna, e precisamente li dove 
e oggi k Badia Fiesolana (di S. Bartolomeo), non lontano da 



(1) V.: DAVIDSOHN, Forschungen zur alteren Gesch. von Floreng, 
Berlin, Mittler, 1896, p. 26 ss., Die Bischofe Alexander und Dona* 
tus von Fiesole, e DAVIDSOHN, Storia di Firente, Firenze, Sansoni. 
1907, p. 119. 

(2) V.: AA. SS. jun. I, 749 ss. 



320 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

S. Domenico (i). Nell'825 i Normanni avevano improwisa* 
mente risalito TArno nei loro agili battelli fino a monte di 
Firenze, erano sbarcati, s'erano buttati sulle campagne fie* 
solane. Mentre le popolazioni atterrite avevano cercato scam.' 
po entro le fortissime mura della citta, il palazzo vescovile 
fiesolano era stato dai predoni nordici comipletamente sac* 
cheggiato. La perdita dei documenti d'archivio aggravb le 
difficolta del vescovo nella difesa dei suoi legittimi interes' 
si : Tempore... illo dice la Vita S. Donati (2) contra 
praedictam Fesulensem ecclesiam, in rebus facultatibusque 
suis multae olim factae fuerant invasiones per praecepta 
imperatorum et chartularum amissvonem, quae ob devasta- 
tionem crudelissimae gentis Normannorum acciderat. Unde 
aliqiiantis ecclesia solimata fuerat, et pro huiusmadi facul* 
tatibus redimendis multum angebatur . 

Accanto all'attivita politica che Donate, vescovo e feuda- 
tario deirimpero, doveva svolgere e svolse iin queste partico' 
larmente difEcili circostanze, importante e rattivita ch'egli 
svolse anche come uomo di lettere, e come uomo di lettere 
caratteristicamente irlandese. Sappiamo che Lotario, allarma' 
to della decadenza generale della coltura, aveva promulgate 
nell'825 il famoso editto con cui istituiva nove scuole in nove 
citta d'ltalia per k gioventu che doveva dedicarsi alia carrie' 
ra ecclesiastica : e che in particolare alia direzione della scuola 



(1) Fu solo nel 1028 che il vescovo di Fiesole Jacopo Bavaro, dopo 
il rincrudire di quegli atti di ostilita da parte dei Fiorentini (v.: 
DAVIDSOHN, Storia di Firenge, p. 195) che dovevano un secolo ap- 
presso portare alia distruzione della citta (ii25) t eresse 1'attuale Cat' 
tedrale sull'alto della collina. V. anche: V. Vm, La Badia Fiesola* 
na, Paging di storia e arte, Firenze, Tip. Giuntina, 1926. 

(2) AA. 55., Oct. IX, p. 657. 



321 

21 



S. DONATO DI FIESOLE 

di Pavia aveva chiamato 1'irlandese Dungal. Per la Toscana 
fu destinata a sede di studio Firenze. Non consta per prove 
dirette, ma si raccoglie da molti indizi, fra cui inon ultimo 
la chiusa della sua epigrafe mortuaria, che Donato dovette 
essere magnet, pars di essa scuola e dovette farvi regnare 1'a- 
more tutto scotico per la coltura classica. Egli conosceva 
dice il DAVIDSOHN (i) e insegnava a conoscere Virgi- 
lio... Nei versi che faceva precedere alia biografia di S. Bri' 
gida, sua compatriota nominava Democrito >ed Esiodo: an^ 
che dopo vari secoli le opere poetiche di lui venivano tenute 
in gran pregio: 1'operosita, come docente, del vescovo irlan^ 
dese deve aver avuto un*efficacia t sia pure indiretta, su molte 
future manifestazioni di vita intellettuale . 

I BOLLANDISTI (2) dainno la Vita Sancti Donati episcopi, 
Christi familiaris, ex ms. Minervae, pluteo 21, collate cum 
Ms. Chronicae Fesulanae, et altero Ms. Card. Strozzi. Una 
Vita S. Donati aveva prima pubblicato I'OzANAM (3) molto 
adoperandosi per mettere in luce i suoi nieriti di caposcuola. 
La STOKES (4), si occupa di lui a lungo (a pag. 227 ss. e an- 
che nelle Appendici) ma al solito senza spirito cririco. Pre^ 
cise notizie biografiche si contengono in G. TONONI (5). Ele- 
menti relativi a S, Donato si traggono dalla Vita S. Andreae 
suo arcidiacono, di cui ci occuperemo appresso, 

2. Donato, nato negli ultimi anni del secolo VIII o 
nei primissimi del IX, dovette farsi certamente una solida 

(1) Storia di Firen%e, p. 122. 

(2) AA. SS., Oct. IX, al 22 ottobre, p. 648 ss. 

(3) Documents Inedits pour servir a I'histoire litteraire de I'ltdie 
depuis k Vttl siecle jusqu'au Xlll.eme, Paris, Lecoffre, 1850. 

(4) Six Months in the Apennines. 

(5) S. Donato e la Chiesa di S. Brigida, Strenna Piacentina, 1891. 

322 



i SANTI iRLAtrofisi IN ITALIA 

cultura presso una dellfe migliori scuole delTisola nativa: al- 
cuni parlano della scuola di Iniscaltra, dove sarebbe stato 
anche insegnante, e dove avrebbe conosciuto quello scolaro 
Andrea che lo segui poi fedelmente per tutta la vita. Un 
giorno Donato ed Andrea partono per il viaggio d'ltalia: 
vogliono vedere tutti i luoghi santi, visitare le tombe dei 
martiri, i monasteri, i romitaggi, Passando per Fiesole, sono 
accolti dalla folia dei fedeli misteriosamente adunata nella 
chiesa, e trepidante in una non meno misteriosa attesa. Si e 
in periodo di sede vacante : la folia domanda appena i inomi 
ai due pellegrini, e subito sceglie Donato per Vescovo; inutili 
le proteste. Christus eum adduxit ex occiduis; eligamus 
nos in Fesulis. Et ecce nunc Domino dignum a Christo de* 
monstratum, a Domino Donatum; ad sedem nunc perduca* 
tur, ut nobis a Domino datus sit pater Donatus; si est volun* 
tas resistendi fiat vis eligendi (i). 

La vita pubblica di Donato comincia con questa elezione, 
che risale all'Sap. Noi non abbiamo che cinque notizie franv 
mentarie, relative ai suoi quarantasette anni di episcopate 
( octonis lustris septenis insuper annis ), ma queste notizie 
ce lo mostrano in costante accordo coi vari sovrani d'ltalia, 
e confermano 1'esattezza dei versi deU'epitaffio : 

Regibus Italicis servivi pluribus annis, 
Lothario magno, Ludovicoque bono . 
Neli'844 troviamo Donato, con molti altri vescovi italiani, 
certo a capo dei propri vassalli, prender parte in una spedi- 
zione militate che Lotario fece guidare dal figlio Ludovi- 
co (2). 

(1) AA. SS., p. 656*657. 

(2) V. : DAVIDSOHN, p. 123. 

323 



S. DONATO Dl FIESOLfi 

o Donato si trova col vescovo di Firenze a Roma 
per rincoronazione di Ludovico da parte di papa. Leone IV, 
ed entrambi seggono a giudizio col papa e con rimperatore 
per decidere una vecchia contesa ra i vescovi d'Arezzo e di 
Siena, che viene questa volta risolta in favore di Siena (i). 

Nell'862, partecipa al concilio romano indetto da papa 
Niccolo I contra Giovanni arcivescovo di Ravenna. 

Nell'866 e alia testa dei suoi vassalli, con Ludovico II, 
nella campagna che questi, dopo la morte di Lotario, con* 
duce ccntro i Saraceni nelT Italia meridionale. Sotto le mura 
di Capua, Donato, che gia si era fatto riconfermare le anti- 
che concessioni che avevano costato la vita ad Alessandro. 
ottenne che i suoi territori vescovili venissero innalzati a di- 
stretto d'immunita, rendendosi cosi indipendente dagli uffi- 
ciali regi ed acquistando per concessione imperiale il diritto 
delle imposte e il diritto di giurisdizione (2). 

Neir876, ai primi di febbraio, Donato riceve davanti a 
Piacenza, da Carlo il Calvo, presso il quak si era recato, la 
conferma delle immunita di cui sopra (3). Non figura pre- 
sente al sinodo di Pavia che nomino Carlo il Calvo re d'l* 
talia. 

Accanto a questi cinque momenti della sua vita pubblica, 
ricordiamo la donazione della Chiesa di S. Brigida di Piacen- 
za al Monastero di Bobbio, fatta il 20 agosto 850 (4). II testo 
dell'atto di donazione e interessante per lo spirito irlandese 
che tutto lo anima, per la .devozione a S. Brigida, per 



(1) V. : DAVIDSOHN, p. 124. 

(2) V. : DAVIDSOHN, p. 127 ss., 540. 

(3) V.: DAVIDSOHN, p. 129. 

(4) V.: Cap. VIII 5, e TONONI, o. c. 

324 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

fetto verso il beatissimo Colombano e i suoi monad, per la 
carita verso i pellegriini della sua nazione, e anche per la ge- 
nerosita con cui S. Donato dota il suo pio religioso istituto 
piaeentino. E anche caratteristicamente irlandese e I'mcorag* 
giamento ch'egli da a S. Andrea arcidiacono per il restauro 
della Chiesa di S. Martino a Mensola. 

La morte di Donato e avvenuta certainente il 22 ottobre 
876, perche nelTSyy e gia vescovo Zanobi. 

3. Vari sono i miracoli che si narrano come da lui 
compiuti in vita: d'un bambino strappato dalle fauci di un 
lupo: della conversione d'un dilapidatore del beni della Chie- 
sa; d'una montagna prima insterilita e poi ridivenuta fertilet 
grazie alle sue preghiere; della sua guarigione da una ma- 
lattia ai piedi, per alcune goccie d*olio lasciatevi cadere da S. 
Brigida, dalla propria lampada t durante un f apparizione: del 
suo passare senza bagnarsi attraverso una violenta pioggia. Si 
racconta anche questo miracolo avvenuto dopo morte: per 
guasti al tetto, una inotte goccie di pioggia cadevano con in- 
sistenza sull'urna di pietra in cui giaceva il corpo di Donato. 
Egli appare a un chierico, e lo prega vivamente di rimuo- 
vere tale stillicidio: lo prega una seconda volta, e quello 
non si muove: la terza volta apparuit et inter verba etddidit 
et verbera. Quegli allora sunexit et paruit : verbd annuncid' 
vit et vulnera declaravit. 

4. Dell'attivita letteraria di Donato ci sono conservati 
solo tre esempi: i Bollandisti citano il LANIGAN (i), che ri- 
prende il Dempster il quale consueta sua impudentia, efftnxit 
titulos operum quae a sancto viro composita somniaverat. 

(i) An ecclesiastical History of Ireland, III, 283. 

325 



S. DONATO DI FIESOLE 

Confer Biographiam universalem aggiungono i Holland!* 
sti ubi nihilo mitius vapulat Dempsterus, et quidem jure 
merita. I tre esempi, conservatici dalla Vita, sono: un suo 
Credo poetico recitato fra gli amici e discepoli poco prima di 
morire, I'Epitaffio da lui dettato per la sua tomlba, e le Lodi 
di S. Brigida. 

II Credo suona cosi: 

i. Christe Dei virtus, splendor, sapientia Patris, 
in genitore manens genitus sine tempore, et ante 
saecula, qui nostram natus de Virgine formam 
sumpsit; nutritus, lactatus ab ubere matris; 
5. qui sancto nostras mundans baptismate culpas, 
nunc nova progemes coelo deducitur alto; 
noxia qiii vetiti dissolvit prandia ligni, 
vulnera quique suo curavit sanguine inostra, 
qui moriendo dedit vitam, nos morte redemit; 

10. cumque sepultus erat, mutavit jura sepulchri, 
surgens a morte, et mortem, damnavit acerbam; 
Tartara qui quondam, qui nigri limina Ditis 
destruxit, scatebras superans acherontis avari, 
qui hostem nigrum tortorem detorsit in imo; 

15. ascendit; duxit captivum dextera Patris; 
laudant virtutes victorem millia mille. 
Tu quoque, qui tantas pro nobis isumere poenas 
dignatus, miseris coelestia regna dedisti; 
da mihi praecelsas paradisi scandere scalas; 

20. fac bene pulsanti portas mihi pandere vitae. 
Non mihi perveniat tumidus, non hostis avarus, 
nee me externa manus tangat, nee praemia tollat; 

-326- 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

sed me t Christe, tuum miserum nunc suscipe servum, 

ut merear pavidus convivas visere claros, 
25. qui tecum gaudent; videam cohvivia Sancti, 

qui cum Patre manes regnans per saecula semper. 

Spiritus et Sanctus. Numero Deus impare gaudet. 
Notevole e al verso 6 di questo Credo il ricordo della f a* 
mosa IV Egloga virgiliana, v. 5-7, rilevato dall'OzANAM (i) 
e anche dal COMPARETTI (2). noto che Dante all'egloga 
del Mantovano fece 1'onore non soltanto d'una precisa pre* 
dizione della venuta di Gristo, nia anche delk conversione 
al Cristianesimo di eletti ingegni di Roma imperiale. 

Quando dicesti : Secol si rinnova, 
torna giustizia e primo tempo umano, 
e progenie scende dal ciel nuova, 
per te poeta ui, per te cristiano. 

(Purg. XXII, 70-73)- 

L'Epitaffio dettato da S. Donato per la sua tomba suona 
cosi: 

Hie ego Donatus, Scotorum sanguine cretus, 
solus in hoc tumulo, pulvere verme voror. 
Regibus Italicis servivi plurilbus annis, 
Lothario magno, Ludovicoque bono. 
Octonis lustris septenis insuper annis, 
post Fesulana praesul in urbe fui. 
Grammata discipulis dictabam scripta libellis; 

(1) O. c., p. 55. 

(2) Virgilio nel Medio Evo, 2 voll., Livorno, Vigo, 1872, I, 137, 
V. al riguardo il recentissimo studio: II Messianismo ebraico e la 
IV Egloga di Virgilio in: Civilta Cattolica , 4 e 18 aprile 1931. 

327 



S. DONATO DI FIESOLE 

schemmata metrorum, acta beata senum. 
Posco viator, adis quisquis pro munere Christi, 
te, homo, non pigeat cernere busta mea, 
atque precare Deum, regit qui culmina caeli, 
ut mihi conoedat regna beata sua. 

Esso e notevole per i dati biografici e cronologici che con- 
tiene, e specialmente per Taccenino alk sua attivita di do* 
cente. 

Circa le Lodi di 5. Brigida, la STOKES parla d'un prologo 
di Donato a una Vita metrica della santa d'un. certo Caolan, 
monaco ad Iniscaltra, contenuto in un Codice di Montecas- 
sino (i): altrove parla di un manoscritto della Laurenzia- 
na (2). I Bollandisti riportano il principio di questo prologo, 
descrivente rirlanda : 

Finibus occiduis describitur optima tellus, 

nomine et antiquis Scotia scripta libris. 

Dives opum, argenti, gemmarum, vestis et auri; 

commoda terrigenis corporibus acre, putre, solo. 

Melle fluit pulchris et lacte Scotia campis, 

vestibus atque armis, frugibus, arte ruris. 

Ursorum rabies nulla est ibi, sacra leonum 

semina non unquam Scottica terra tulit; 

nulla venena nocent, non serpens serpit in herba, 

nee conquesta querit garrula rana lacu, 

in qua Scotorum gentes habitare merentur, 

inclita gens hominum, milite, pace, fide. 



(1) O. c., p. 228. 

(2) P. 237. 



- 328 - 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

II DAVIDSOHN (i) accenna a un ms. del secolo XI, Bibl. 
Naz. di Firenze, C. 4', 1791, f. 138, contenente del versi che 
egli ritiene non editi. Titolo: Incipiunt versus Donati epi- 
scopi in laude S. Brigide . 

Has ego Donatus virtutes sanguine Scottus 
Bricte descripsi presul et exiguus 
Virginis indocto carptim sennone repertas 
pangere presumpsi carmine dactilico. 

L'OzANAM rileva come nella Vita Donati si riscontrino 
alcune locuzioni greche: per es. nel racconto del miracolo 
del lupo v*e un'invocazione Theologo et Pneumate (al Verbo, 
Theou logon, e allo Spirito Santo, Pneuma); piu in la si dice 
che multa mox in doxa Patris cecinit populus . Egli ne 
conclude che il greco era conosciuto in Fiesole, oel sec. IX, 
tenuto in onore come lingua del Nuovo Testamento e dei 
Padri Greci, e citato con piacere quasi che desse un sapore 
mi'sterioso e solenne al discorso. 

5. San Donato, morendo, u sepolto nella Cattedrale 
che, come abbiamo detto, sorgeva dove sorge ora la Badia 
Fiesolana. E ivi le sue reliquie sono rimaste amche quando 
presso la chiesa, spogliata nel secolo XI del titolo di catte" 
drale, sorse prima un'abbazia di Benedettini, poi, nel sec. XV, 
un monastero di Canonici Lateranensi detti Rocchettini, ami' 
cissimi dei Medici. II monastero fu soppresso nel 1778. 

II vescovo di Fiesole Ranieri Mancini, malgrado i calami' 
tosi tempi napoleonici, penso a portare quei sacri resti (di cui 
fece eseguire nel 1810 regolare ricognizione) accanto ai resti 
degli altri graindi vescovi fiesolani nella nuova Cattedrale, e 

(i) P. 122. 

329 



S. DONATO DI FIESOLE 

a tal fine fece ivi costruire un altare dedicate a S. Donate, 
nelTultima cappella a destra dietro alTaltare maggiore. II tra- 
spotto delle reliquie awenne pero dopo la morte del Mah- 
cini, il giorno di S. Pietro del 1817 (i). ' 

La pietra tombale portante 1'epitaffio dettato da 'S. Donate 
stesso, e andata perduta. 

II capo del Santo, contenuto in. un uiteressante busto di 
rame dorato, rappresentante S. Donato, pregevole lavoro di 
oreficeria in rame, eseguito nel 1546 da un Maestro Niccolo 
Guascone, appartiene ad una antica Compagnia di S. Donato 
di Scozia che fin da tempo remoto aveva sede presso la Ba- 
dia Fiesolana. Alia soppressione della Badia, la Compagnia 
si trasferi a S. Domenico, e nel 1792 si edifice un nuovo ora- 
torio a fianco della Chiesa stessa di S. Domenico. II busto si 
conserva in detto Oratorio, ancora appartenente alia Com.' 
paginia. 

Secondo inchiesta fatta (2) non esistono parrocchie dedi- 
cate al nostro S. Donato, ma solo un Ibenefizio nella Catte- 
drale di Fiesole, di padronato della famiglia Bocchi di Fi- 
renze, per n. 104 Messe feriali. 



(1) V.: AA. 55., p. 662 e STOKES, o. c., p. 258 ss. 

(2) Presso il gentilissimo Mons. Luigi Turini, Cancelliere della Cu- 
ria Vescovile di Fiesole. 



330 



CAPITOLO VENTESIMO 

S. ANDREA DI FIESOLE 

i. Andrea, <nato di nobili genitori in Irlanda, sul 
principio del IX secolo, ebbe la fortuna di imbattersi giovi- 
netto in quel Donato che poi divenne vescovo di Fiesole. Si 
lego a lui di cosi viva devozione e simpatia, da non separar- 
sene mai piu. Quando decisero d'intraprendere insieme il pel' 
legrinaggio d'ltalia, fu un gran dolore per Andrea il dover 
lasciare la sorella Brigida. 

Le Vite d* Andrea narrano 1'arrivo dei due pellegrini a Fie- 
sole e Telezione di Donato a vescovo, in termini molto si- 
mili a quelli usati dai biografi di Donato. Sembra che An- 
drea ricevesse dal nuovo vescovo I'orJinazione sacerdotale e 
compisse per lui molti incarichi di fiducia. Un giorno un no- 
bile fiesolano che aveva una figliola paralitica chiese a Do- 
nato d'intercedere presso il Signore per la sua guarigione. 
Donato invio Andrea al letto dell'inferma: e questi dopo 
aver intensamente 'pregato, la segno in fronte: la fanciulla 
fu miracolosamente sanata. La fama di tale prodigio fece 
accrescere 1'affetto dei Fiesolani per il santo compagno di 
Donato. Questi lo nomine arcidiacono della Cattedrale e si 
servi molto di lui per ridurre il clero e il popolo a un te- 
nore esemplare di vita. Un giorno passeggiando insieme i 

331 



S. ANDREA DI FIESOLE 

due prelati per le campagne settignanesi salirono sopra un 
poggio ove trovarono una chiesetta diroccata, ch'era stata un 
tempo dedicata a S. Martino di Tours. Mostrandosi Donate 
afflitto di tale spettacolo d'abbandono, Andrea propose di 
dedicarsi alia ricostruzione di quella casa di Dio, e, col per" 
messo di Donato, compiuto il restauro, fabbrico a lato della 
chiesetta un monastero, perche non mancasse mai chi atten* 
desse alia sua custodia; anzi egli stesso si ritiro a conviyere 
con quei monaci. 

Poco dopo la morte df Donato (876) Andrea infermo. Men- 
tre giaceva sul letto di morte circondato dai suoi confratelli 
ebbe il desiderio di rivedere la sorella Brigida, che aveva la- 
sciato circa dieci lustri prima in patria : ed ecco che miraco- 
losamente essa, che trovavasi a casa sua in Irlanda, iintenta 
a un frugale pasto d'erbe e di pesciolini, si trova trasportata 
con tavola e tutto, nella cella del fratello a S. Martino a 
Mensola. Reciproca meraviglia, e felice trapasso del santo 
arcidiacono che vide cosi esaudito dal Cielo il suo desiderio. 
Egli fu sepolto nel mezzo della chiesa. 

2. Dopo qualche tempo il monastero rimase senza 
monaci, e fu concesso verso il 1050 ad alcune monache be- 
nedettine, che stavano gia a S. Andrea in Mercato Vecchio 
di Firenze. Esse nel 1285 ritrovarono il sacro corpo nella se^ 
guente maniera. Essendo stata tumulata nella chiesa una 
fanciulla famosOe pulchritudinis et praecipuae vanitatis (i), 
il santo apparve di notte al cappellano delle monache ordi- 
nandogli di allontanare il proprio corpo da quello della don' 
na : non avendo il cappellano ubbidito, il santo gli riapparve 

(i) V.: AA. 55., Agosto, IV, 539 ss. 

332 



i SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

la notte successiva: e persistendo la disubbidienza di lui, gli 
riapparve la terza notte minari verbo primum, et asperrimo 
deinde fiagello percussit. Questo miracolo ricorda quello mol* 
to simile di Donate (Cap. XIX, 3). 

II sacro corpo ricercato e rintracciato, fu collocato in unHuv 
na di marmo sotto Paltar maggiore, e in tal congiuntura fu* 
rono operati da Dio vati prodigi, fra cui I'istantanea guari- 
gione d'una persona di casa Filicaja. Nel sec. XV, essendo 
arcivescovo di Fitenze S. Antonino, le monache furono tra- 
sferite altrove e S. Martino a Mensola, restaurato a cura 
della famiglia Gheraixli, tomo ai Benedettini della Badia di 
Firenze, i quali pero, soppresso il Monastero nel 1451 da 
Niccolo V, conoessero parte dei locali al parroco e allivelk- 
rcwio il rimanente. Nel 1611 awenne una nuova traslazione 
del Santo in un altare fatto costruire dall'abate della Badia 
don Luca Bartolini da Buggiano e consacrato da mons. Bor- 
ghi, vescovo di Borgo S. Sepolcro. 

Un busto d'argento contenente la testa del Santo, e do" 
nato alle monache nel 1380 dalla famiglia Filicaja, si teneva 
per sicurezza in Firenze alia Badia, e si esponeva ivi il 22 
agosto sopra Taltar maggiore. 

S. Andrea e menzionato nel Martirologio Fiorentino del 
Vespucci sotto il 22 agosto. XI Kalendas septembris Sancti 
Andreae diaconi et ministri Sancti Donati de Scotia, episcopi 
fesulani cujus corpus honorifice sepultum est ecclesia S. M&Y' 
tini de Mensola, in territorio Fiorentino. 

Una ven. Compagnia di S. Andrea di Scozia ha ancora 
la sede presso la chiesa di S. Martino a Mensola. Essa e mol* 
to antica. Secondo i BOLLANDISTI, discioltasi la piu antica 
congrega, se ne ricostitui una, con sezioni maschile e femmi- 

333 



S. ANDREA DI FIESOLE 

nile, nel 1473, per ihiziativa della Badia di Firenze: la quale 
la riorganizzo anche nel 1600. 

3. Notizie biografiche si hanno dal libro dell'abate 
benedettino della Badia di Firenze, PucciNELLl (i). II BROO 
CHI (2) menziona un antico Passionario che si trova ancora 
nell'Archivio Capitolare di Fiesole, la cui narrazione diffe- 
risce in alcuni dettagli da quella del PucciNELLl (3). La 
STOKES, Six months in the Apennines parla di S. Andrea a 
p. 264 ss. : a p. 269 accenna a una chiesa di S. Martino che 
sarebbe stata edificata da Andrea in via dei Magazzini in Fi- 
renze, nel 786 (4). 



(1) Vita ed actioni del B. Andrea di Scotia etc., Milano 1645 e Fi- 
renze 1676. 

(2) Vite dei Santi e Beati Fiorentini, 1752, Parte II, p. 120. 

(3) Oltre ai BoLLANDlSTl gia citati, v.: B H L, I, 74, II, 314, e 
Suppl. 21. 

(4) V. anche: CAROCCI, I dintorni di Fivenfte, 1907, I, 54-56. Que- 
sti nel volume II, p. 114, dice: Lungo la via Chiantigiana, sull'an- 
golo formato da essa e dalla via del Paradise, vi e un bel Taber' 
nacolo o maesta che conserva quasi intatta la sua struttura originaria 
del XV secolo. Tanto nell'interno dell'edifizio quanto all'esterno si 
veggono avanzi di pregevoli affreschi del XV secolo: nell'interno e 
rappresentata la Madonna in trono col Bambino Gesu, fra S. Brigida 
e S. Andrea di Scozia? all'esterno i dipinti, illanguiditi per le intem- 
perie, raffigurano 1'Annunziazione e due santi. II tabernacolo fu edi' 
ficato dalle monache del Paradiso lungo il muro d'uno dei loro po- 
deri . 

E molto strano trovare S. Andrea di Scozia onorato dal Monastero 
di S. Salvatore e Brigida al Paradiso, fondato nel 1390 da Antonio 
degli Alberti per il nuovo Ordine religiose create da S. Brigida di 
Svegia. Vi u ivi un opulento monastero brigittino misto, di frati e 
monache; per gli inconvenienti che vi si verificavano, verso la meta 
del secolo XVI i Pontefici impedirono la vestizione di nuovi frati e 
ordinarono la completa divisione dei due monasteri: le monache ces- 
sarono d'esistere nel 1776 (ib. t p. 115). 



334 



CAPITOLO VENTESIMOPRIMO 

SANTA BRIGIDA A OPACO 

i. La dolce figura dell'unica santa irlandese che ri- 
posi sotto il cielo d'ltalia, ci e gia inota attraverso le Vite di 
Donate e di Andrea, alle quali rimandiamo il lettore (i). 

Pcco sappiamo della sua gioventu se non che amava molto 
il fratello e che le fu assai penoso il doversene distaccare 
quando egli parti per Tltalia col 'maestro Donate. Alcuni 
hanno -preteso che si f acesse monaca in Irlanda, ma oib non 
risulta. Noi non la ritroviamo che verso la fine della sua 
vita, quando, miracolosamente portata da un angelo, viene 
a visitare il fratello morente in S. Martino a Mensola, che 
atdentemente desiderava di rivederla. 11 Bollando il quale 
personalmente si e occupato delia inostra santa (2) soggiun* 
ge (3): Probabilius est fortasse, quod idem tradit Lahierius, 
divinitus edoctam fratrem propediem migraturum e vita, il* 
lico ejus visendi studio profectam e patria, summaque usAm 
edentate, Faesulas tempori appulisse, ut morienti adesset. 
In ogni modo sappiamo ch'essa diede questa grande con" 
solazione al fratello, e che subito dopo il trapasso di lul, 

(1) Cap. XIX e XX. 

(2) In AA. 55., Febr., I, p. 243 ss. 

(3) A p. 247. 

335 



SANTA BRIGIDA A OPACO 

scomparve da S. Martino a Mensola. Ando a ritirarsi alia 
testata di Val di Sieci, dove ora sorge, fra la grazia esile di 
un gfuppo di cipressoli toscaini, rantichissima parrocchia di 
S. Martino a Opaco. Alcuni, fra cui il DEMPSTER, pretesero 
ch'essa vi fondasse un monastero dedicato appunto al santo 
di Tours. Ma il BOLLANDO, rilevando le inesattezze e le false 
citazioni del Dempster, secum ipse pugnans, dice : Monaste* 
rii a S. Brigida conditi nulla usquam mentio. Di li, la leg' 
genda narra che si spostasse piii tardi di qualche chi'lometro, 
lungo il fianco sinistro della Valletta che digrada dolcernente 
all'Arno, per ritirarsi a far vita di penitenza in una caverna 
che ancor oggi si vede e si venera, sotto la chiesa della bor^ 
gata che da lei ha preso il nome: Santa Brigida a Opaco. 
Ci piace pensare a questa vecchierella, venuta dalla lontana 
Irlanda a consolare il suo santo fratello, e rimasta poi in 
mezzo a noi a dare esempio di mortifkazione, di spirito di 
sacrificio, di pieta ardente, nella solitudine di Val di Sieci. 
Ivi essa si spense quasi centenaria, sulla fine del secolo IX, 
un i. febbraio, cioe nel giorno stesso in cui s'era spenta 
la grande patrona dell'Irlanda, la vergine di Kildare. Fu 
sepolta nel luogo stesso ove mori, e in suo onore fu ivi 
eretta una chiesa a lei ancora intitolata, per quanto vane 
siano finora riuscite le ricerche degli avanzi della sua spoglia 
mortale. La STOKES, Six months in the Apennines, riprodu- 
ce a pag. 275 la fotografia della caverna di S. Brigida, e a 
pp. 271 e 274 i disegni delle due chiesette di S. Martino a 
Qpaco e di S. Brigida a Opaco. 



- 33 6- 



CAPITOLO VENTEStMOSECONDO 

SAN CATALDO DI TARANTO 

i. Forse a nessun altro santo irlandese, neppure a 
S. Colombano, si tributa in Italia un culto cosi esteso come 
a S. Cataldo, che noi troviamo onorato come grande tau" 
inaturgo dalla Lombardia alia Sicilia. La sua figura storica 
ha avuto fino a pochi anni addietro conform molto vaporo- 
si; ma ora e abbastanza inquadrata, in gran parte per la 
felice intuizione di Mons. G, BLANDAMURA (i) che vide 
tutta 'rimportanza che aveva per la cronologia del santo la 
datazione di una crocetta aurea rkivenutasi nel suo sarcof a*- 
go nel 1071, e che vide la necessita di collegare le memorie 
tarantine con quelle della Chiesa d'Irlanda, ignorate da molti 
agiografi italiani dei passati secoli. Gli studi recenti sulle liste 
episcopali italiane dell'alto Medio lEvo (2) hanno permesso di 
comipletare il quadro storico (3). 



(1) Un cimelio del secolo VII esistente nel Duomo di Taranto, 
Lecce, Spacciante, 1917. 

(2) LANZONI, Le diocesi d' Italia. 

(3) Per la Leggenda di S. Cataldo v.t AA. 55. Maii II, p. 569 ss.; 
BUTLER, Lives of the Irish Saints, IV, p. 610; O' HANLON, Lives of 
the Irish Saints, V, p. 196; O f RlORDAN, The Life of S. Cahal of 
Lismore; CASSINELLI, Vita e memorie di 5. Cataldo vescovo di Ta* 
ranto, Napoli, Mosca, 1717; COSTANZI, Vita e Miracoli di 5. Cataldo 
(trad. ital. dal latino di Bartolomeo Moroni), Napoli, Migliaccio, 1779. 

337 

22 



S. CATALDO DI TARANTO 

2. Cataldo nacque in Iflanda, nel Munster, nei primi 
anni del VII secolo, forse in Canty (diocesi di Waterford) 
a sette miglia da Lismore (i). Fu allievo e poi maestro nel 
oelebre monastero di Lismore, fondato verso il 630 da San 
Carthage che vi mori .nel 637. In questa scuola affluivano 
studenti da tutte le patti d'Europa e anche S. Cadoc di 
Llancarvan (il grande santo gallese ammiratore di Virgilio) 
vi passo tre anni finche vi ebbe appreso la perfezione del 
sapere delTOccidente (2). Alcuni ritengono che Cataldo vi 
tenesse 1'inseginamento fin verso il 665, anche quando ,era 
gia vescovo. Cataldo pervenne alTepiscopato in modo ecce- 
zionale. Distribuito il suo patrimonio ai poveri, dopo la mor- 
te dei genitori, e fattosi sacerdote, aveva operato vari mira- 
coli, ra cui il risveglio d*un morto. A seguito di cio, de- 
nunziato per esercizio di arti magiche da Meltride, duca 
dei Desii, al re del Munster, u imprigionato. La morte irn- 
prowisa di Meltride e I'apparizione notturna di due angeli 
al re, portarono alia scarcerazione del santo, e alia sua no- 
mina a vescovo di Rachau, la cui mensa vescovile fu dallo 
stesso re dotata delle rendite dei possedimenti di Meltride. 
Dopo aver retto per alcuni anni la diocesi, Cataldo parti (se- 
condo alcuni verso il 666) per il pellegrinaggio di Terra 
Santa. Al ritorno compi in mare alcuni miracoli, risuscitan* 
do un marinaio caduto dall'albero della nave e sedando una 
tempesta. Secondo alcuni approdo tranquilkmente sulla 
spiaggia adriatica, ad portum Hydrunti, Otranto (3), o nel 
luogo detto anche oggi Rada di S. Cataldo presso Lecce (4) : 

(1) V.: BLANDAMURA, p. 30 s., O' RIORDAN, p. 4 s. 

(2) V.: GOUGAUD, Les chr. celt., p. 77. 

(3) V.: BOLLANDISTI, p. 578. 

(4) V.: O' RIORDAN, p. 10. 

-338- 



1 SANTI 1RLANDESI IN ITALIA 

secondo altri (i) fece naufragio nel golfo stesso di Taranto, 
dopo girato il Capo Santa Maria di Leuca. Incamminatosi a 
piedi verso Taranto, guari per isfcrada una pastorella sordo* 
muta, e all'ingresso della citta guari e battezzo uai mendican- 
te cieco. A richiesta dei Tarantini, che in quel momento era* 
no senza vescovo, accettb di salire sul seggio episcopale, e 
si dedico subito con grande zelo alia predicazione e alia ri- 
forma dei costumi del clero e del popolo, risollevando la li- 
turgia e specialmente la recitazione delTofficio, e costruen- 
do nuove chiese. Dopo aver retto la chiesa di Taranto per 
circa quindici anni, un 8 di marzo, pronunziata un'edificante 
omelia, in Domino obdormivit saeculo septimo ad finem 
vergentey). Fu sepolto sotto il pavimento, della cattedrale. 
3. Com'e noto, la citta di Taranto, dopo un tremen' 
do 'eccidio, fu distrutta dai Saraceni nel 927 e, ridotta a un 
mucchio di rovine, rimase abbandonata per quarant'anni. 
Poi, a poco a poco, la popolazione comincio a ritornarvi e 
a intraprendere 1'opera di ricostruzione. Per tali circostanze 
s'era perduta la inemoria del luogo della sepoltura di Catal' 
do. Nel 1071 sotto il vescovo Drogone, riedificatore della 
cattedrale di Taranto, si ebbe rinvenzione, il giorno 10 di 
maggio, del corpo di S. Cataldo nella Cappelk di S. Gio- 
vanni in Galilea, che corrisponde all'attuale battistero (2); 
e il Vescovo lo colloco onorevolmente, nell'urna primitiva, 
sotto 1'altar maggiore della nuova cattedrale. In tale occa^ 
sione si compirono quattro grandi guarigioni miracolose. Nel 
1107 il vescovo Rainaldo compi una ricognizione delle reli- 



(1) V. : BLANDAMURA, p. 35. 

(2) V. : BLANDAMURA, II Duomo di Taranto, Taranto, Tip. Arrive* 
scovile, 1923, pp. 1 19-123, 

339 



S. CATALOG DI TARANTO 

quie, e le ricompose in altra urna, senza toglierle dall'altare 
maggiore (i). Nel 1151 fu fatta la traslazione delle ossa del 
santo dall'altar maggiore alk cappella speciale fatta costrui- 
re dall'arcivescovo Giraldo,.in cornu epistolae della crociera, 
cappella corrispondente al vestilbolo deirattuale cappello' 
ne (2). In tale circostanza, in cui avvennero nuove numero' 
sissime guarigioni di paralitici, ciechi, energumeni, epilettici, 
scrofolosi, fu riaperta 1'urna del santo e le sue reliquie fu* 
rono poste in una nuova uma d'argento, con una croce d'o- 
ro ricca di gemme : probabilmente fu in questa occasione 
che si tolse dalTurna la crocetta aurea di cui abbiamo park- 
to da principio (3). Nel 1598 Mons. Vignati, Vicario Apo- 
stolico in Taranto t ideo k trasformazione delk cappella di 
S. Cataldo, sollecitando aU'uopo rautorizzazione di Clemen' 
te VIII; e la cappella rifatta da mans. Vignati, esistette fino 
al 1657, nel quale anno mons. Caracciolo f profondendo som- 
me rilevantissime, mise mano alia costruzione del magnifico 
cappellone, cosi caro al cuore dei Tarantini, le cui decora- 
zioni furono completate solo al principio del sec. XIX (4). 

4. Questa la Leggenda del santo e la storia dell f in- 
venzione e delle traslazioni. Se Tattribuzione di S. Cataldo 
al VII o al principio delTVIII secolo non fu mai dubbia per 
gli agiografi irlandesi, altrettanto non puo dirsi degli agio- 
grafi italiani che la fecero, senza alcun serio fondamento, 
oscillare fra il II e il X secolo. Abbiamo gia accennato come 
chi pose fra noi k questione cataldiana sopra un terreno so- 

(1) Ib,, p. 119. 

(2) Ib. t p. 120. 

(3) V.: BLANDAMURA, Un cimelio, etc., p. 18. 

(4) Per dettagliatissime notizie al riguardo, come sulle reliquie, v.J 
BLANDAMURA, II Duomo di Taranto, pp. 155^211. 

34 o 



I SANTJ IRLANDESI IN ITALIA 

lido fu il Blandamura, che rilevo come i piu antichi docu- 
menti storici relativi a S. Cataldo fossero le notizie fomiteci 
dal diacono tarantino Berlingiero dell'XI secolo, contempora- 
neo o quasi del rinvenimento dei resti del santo, nelle quali 
si legge che col corpo si ritrovo crucem auream nomen sane* 
ti litteris latinis designantem (i), e che fece studiare la cro- 
cetta dal dottissimo Mons. Cosimo Stornaiolo, Scrittore della 
Vaticana. Tale crocetta appartiene al numero delle croci de1> 
te benedizionalit perche si infiggevano in un bastoncino o 
ferula pastorale, che si soleva dai vescovi di quei tempi reg- 
gere con la mano sinistra, mentre. con la destra benedice- 
vano (2). 

Su una faccia di tale crocetta si trova Tiscrizione Cataldus 

i 

Rackou. Lo studio del Prof. Stornaiolo <e di altri paleografi 
da lui consultati ha portato ad attribuire unanimamente Tin- 
cisione della parola Cataldus al VII o alTVIII secolo. Tale 
nome puo essersi trovato inciso sulk croce, gia vivente Ca- 
taldo, come indizio di proprieta, o esservi stato inciso al- 
1'atto dell'inumazione, per indicare il personaggio tumula- 
to. Il principio Rd deirap'pellativo tradizionale Rachau vi u 
probabilmente aggiunto nel ritrovamento del 1071 : e la fine 
chau vi fu aggiunta o nella ricogniziooie del 1107 o in oc- 
casione della traslazione del 1151 (3). In ogni modo rimane 
assodata la morte di Cataldo alia fine del VII o al principio 
deirVIII secolo. 
Notiamo di passaggio che il DEMPSTER fece Cataldo scoz- 

(1) V. anche : A. HOFMEISTER, Der Sermo de inventions Sancti 
Kataldi, Miinchener Museum, IV, pp. 101*114, citato dalle Analecta 
Bollandiana, XXXIX, 1921, p. 364. 

(2) V. : BLANDAMURA, Un cimelio etc. p. 14. 

(3) lb., p. 22. 

341 



S. CATALDO DI TARANTO 

zese e lo attribui al IV secolo e riusci nientedimeino a preci- 
sare 1'anno della morte: il 361 (i). II COSTANZI (2), dopo 
aver rif erito le elucubrazioni sue, dice : Non avverti que- 
sto industries Rapsodiatore quante cose fra loro e colla veri- 
ta repugnanti abbia in questo mirabile confarcimento adu- 
nate. Per lasciar da parte la fede di Dempster in questa, co- 
me in tutte le altre sue citazioni sempre sospetta, puo dubi- 
tarsi etc . 

5. Due punti, anche dopo gli studi del Blandamura, 
restavano a delucidarsi: 1'episcopato di Cataldo a Rachau e 
il suo episcopato tarantino. 

Gli agiografi irlandesi, a cominciare dal COLGAN (3), ban- 
no in generale tutti ammesso che Cataldo esercitasse Yepi* 
scopatum Rachau. Ma siccome ora in Irlanda non esiste nes- 
sun luogo che si chiami Rachau, hanno dovuto fare varie 
supposizioni. Gia il COLGAN, rilevando come ai suoi tempi 
vi fossero vari posti chiamati Rathan o Rathen, ha suggerito 
che Rachau fosse una deformazione di Rathan. Questa e To^ 
pinione piu corrente. Il Blandamura (4) dice che Mons. Fo- 
garty, vescovo di Killaloe, gli scriveva nel 1913 che il nome 
indigene Rath'Cua, divenne poco alia volta Rachau, Rachan, 
Rathan, Sen Raghain, e ora Shanrahan, ossia vecchia Rachan. 
O'RiORDAN (5) osserva quanto segue : Dov^ra Rachau? Il 
Dott. LANIGAN (History of Ireland, III, 125) e O'HANLON 
(Lives of the Irish Saints, V, 194) sembrano proclivi a 
identificarlo con Shanraghan, localita situata un poco a 

(1) lb., p. 25. 

(2) O. c., I, p. 106 s. e 144. 

(3) AA. 55. Hiberniae, 1645, II, 555. 

(4) Un cimelio etc. p. 30. 

(5) O. c., p. 8. 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

nente di Clogheen, nel South Tdpperary, appena fuori dai 
confini di Waterford e Cork. Vi rimangono ancora le rovine 
d'un'antica chiesa con annesso monastero, e in certi blocchi 
di muratura giacenti ii presso si possono distinguere le trac- 
cie di costruzioni anche piu antiche (v. un articolo del Rev. 
P. LONERGAN neir/ra/j Ecclesiastical Record del maggio 
1896)... Non c'e presentemente nessuna diocesi che porti il 
name di Raghan, ma puo esserci stata. Si dice che durante 
il periodo glorioso di Lismore, Raghan fosse un posto d'im- 
portanza; ma ha subito la sua decadenza, ed e divenuto il 
nome di una localita di campagna. I secoli possono aver fat- 
to della diocesi di Raghan quello che hanno gradualmente 
fatto delle diocesi di Emly, Aghadoe, Ardfert, Kilmacduag e 
Clonmacnois, che sono state assorbite da Cashel, Kerry, Gal- 
way e Ardagh, e che vanno gradualmente scomparendo dalla 
memoria del popolo. Raghan potrebbe forse essere sparita 
come diocesil nella ridistribuzione ecclesiastica delTIrlanda 
awenuta sotto il papa Eugenio III [XII sec. GoUGAUD, Les 
ch. celt., p. 365 s.]. Oppure Cataldo, quale abate d'un impor- 
tante monastero, puo aver avuto il titolo canonico di epi* 
scopus nullius come Tha ora 1'abate di Montecassino... Que- 
ste sono tuttavia mere supposizioni; la certezza storica ne 
esula completamente . Non si puo concludere in termini piu 
esatti; resta il fatto che Tantica tradizione irlandese concor- 
demente assegna a Cataldo Tepiscopato di Rachau. 

6. Quanto all'episcopato tarantino, i recenti studi lo 
negano recisamente. Il BLANDAMURA (i) dice che Cataldo 
dove governare la chiesa di Taranto nel periodo fra il 

(i) Un cimelio etc., p. 38 s. 

343 



S. CATALDO DI TARANTO 

vescovo Germane (680) e il vescovo Cesario (743) pur ri- 
conoscendo che d'un tanto awenimento patrio mancanb 
fmora i documenti . II LANZONI (i), discutendo le liste epi- 
scopali taraiitine, ne cancella il nome di Cataldo. Egli comin- 
cia a discutere (p. 79) le pretese origini apostoliche o petrine 
di molte diocesi italiane, e osserva come la leggenda aposto- 
lica di Cataldo di Taranto (B H L, 1652) risalga soltanto al 
sec. XII. Quattro citta si contendono il primo sbarco di San 
Pietro nella penisola, doe Pisa, iPozzuoli, Gallipoli e Taran- 
to (2). Vedi, riguardo a Taranto, anche nel libro del BLAN- 
DAMURA, Choerades Insulae (3), il capitolo La leggenda di 
S. Pietro in Taranto , in cui il dotto Arcidiacono tenta la 
difesa della tradizione. Il LANZONI invece la nega recisamen- 
te: Anche la citta di Taranto dice a pag. 315 si 
vanta di aver aocolto nel suo porto il principe degli Apostoli 
con I'evangelista S. Marco, la prima volta ch'egli si reco in 
Italia. Un documento (B H L, 1652-3), composto nel XII 
o nelTXI secolo, pieno di particolari favolosi come quello di 
Pisa, vuole che S. Pietro, quando giunse da Antiochia in 
Italia, neira. 45, sbarcasse a Taranto, vi guarisse un ortok- 
no di nome Amasianus, e convertisse alia fede cristiana i 
tarentini per mezzo deU'evangelista S. Marco. Qu.esta leg- 
genda (che potrebb'essere pau antica) non dice ohe Amasia- 
nus diventasse vescovo di Taranto; ma con il tempo i ta- 
rentini si persuasero che rAmasianus della leggenda fosse 
stato il loro primo vescovo, benche per brevissimo tempo. 
Invece un'altra leggenda tarentina (B H L, 6679), probabil- 



(1) Le Diocesi d'ltalia. 

(2) lb., p. 313. 

(3) Taranto, Tip. Arcivesc., 1925, p. 139-166. 



344 



I SANTJ .IRLANDESI IN ITALIA 

mente posteriore alia prima, sostiene ohe S. Pietro, slbarcato 
con S. Marco a Taranto, nomimasse e eomsacrasse vescovo di 
Taranto rai S. Cataldo. II GAMS (p. 929) comprese natural" 
mente >che basognava pronunziarsi o per Ainasiano o per Ca- 
taldo protovescovo; e credette togliersi d'impaocio mettendo 
tra parentesi il primo e in corsivo il secoindo. Ma 1'antico 
Bollandista gia riconobbe (AA. 55., maii, II, ^6^^) che que- 
sta consacrazione apostolica di S. Cataldo non poteva soste* 
nersi. Infatti questo S. Cataldo, venerato a Taranto, fri sen* 
za alcun dubbio un vescovo irkundese, di Racbau, del VII 
secolo, morto a Taranto mentre era in procinto di partire 
per Terra Santa o da poco da essa ritomato. I ta*entini lo 
seppel'lirono piamente nella loro cattedrale; e, distrutta que- 
sta per opera dei Saraceni nell'a. 927, nel 1094 ritrovarono 
tra le rovine il corpo con una crocetta d'oro nella quale era 
inoiso il nome del vescovo irlandese e della sua sede (vedi 
BLANDAMURA e Aw. Boll, 1921, p. 368). Di piu i tarentini 
che nel 1094 trovarono il sepolcro di S. Cataldo nell'antica 
cattedrale, pensarono che egli fosse stato un vescovo di Ta^ 
ranto, e non ebbero nessuna difficolta a collegarlo con lo 
sbarco di S. Pietro e di S. Marco nel loro porto. Con Tandar 
del tempo, Ticonosciutasi la vera eta del vescovo di Rachau, 
non si ebbe il coraggio di rinunziare alia leggenda, stabilkasi 
in Taranto, quindi si colloco un Cataldus I nel primo secolo 
e un Cataldus II nel VI secolo (veramente VII o VIII). Da* 
vanti al Mare Grande di Taranto sorgono due isole [le 
Cheradi], a destra la maggiore detta S. Pietro, a sinistra la 
minore chiamata S. Paolo, molto vicina alia prima, isole che 
ebbero una gran parte nefl'evoluzione della leggenda taren- 
tioa. Ora non e improbalbile che fino dai tempi antichd K- 

-345 



S. CATALOG DI TARANTO 

sola di S. Pietro avesse una chiesuola sacra al pescatore di 
Genesareth . E a proposito del Cataldus II, posto dal CAP- 
PELLETTI (XXI, 132) e da altri nel sec. VI, conferma a pagi- 
na 316 che il catalogo autentico tarentino non comporta 
ne un Cataldo 1 I nel sec. I, ne un Cataldo II nel sec. VI, per- 
che S. Cataldo e un vescovo irlandese del VII o delTVIII se- 
colo, sepolto nelTantica cattedrale di Taranto. E non si sa 
che abbia mai tenuto il seggio episcopale tarentino . In altre 
parole il caso di S. Cataldo rientra nel quadro generale. de- 
scritto dal LANZONI a pag. 1 1 : Piu spesso che non si creda, 
in parecchie diocesi, santi venerati nella citta episcopale o in 
altri luoghi della diocesi furono considerati o creduti vescovi 
locali e aggregati nel novero e nella lista dei medesimi, ben- 
che non fossero stati tali e talora neppure avessero rivestito 
la dignita vescovile. Nelle diocesi che smarrirono per lungo 
tempo i dittici, cioe le liste intere e genuine dei vescovi an* 
tichi del luogo, e in tempi posteriori le ritrovarono (ad eseni' 
pio in Verona) e dato constatare con certezza che cotali con- 
fusioni sono avvenute in larghe proporzioni e il catalogo ve- 
scovile locale u molto inquinato; ma questo fatto e accadu- 
to un po' dappertutto, sebbene nelle diocesi dove manca il 
controllo dei dittici k dimostrazione di questi scambi non 
possa raggiungere sempre la certezza o Tevidenza, ma soltan" 
to la probabilita. Questi equivoci inon devono fare meravi' 
glia. Quando un santo, massime invesrito della dignita ve- 
scovile, da molto tempo veneravasi in una chiesa di una 
citta o di una diocesi, specie nella chiesa cattedrale, e in essa 
era sepolto 1 o vi si riteneva sepolto; quando le sue rehquie, 
vere o presunte, si conservavano in essa chiesa con quelle di 
altri vescovi diocesani o creduti tali; quando questo santo 

346 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

era il titolare della cattedrale o un contitolare iinsieme con 
altri santi vescovi locali; dileguatasi da anni e secoli nella 
memoria degli abitanti la storia di quel santo e delle origin! 
del suo culto nel paese, perduto o smarrito tra le polveri di 
un arehivio o altrove 1'autentico catalogo episcopale della 
diocesi, e pero reso impossible o quasi ogni controllo, era fa> 
cile che nel popolo, da una parte ignaro e dall'altra deside* 
roso di sapere la storia del santo, s'insinuasse e prendesse 
piede Topinione (massime se espressa in prima da uomini 
rispettabili per autorita, per virtu e per una cotal quale cul- 
tura) che quel santo fosse stato vescovo del luogo, e questa 
opinione individuale o particolare diventasse convinzione 
universale, e fosse tramandata come cosa certa . 

7. Altro punto che non trova appoggio su fonda^ 
mento storico sicuro e quello d'un preteso S. Donato vescovo 
di Lecee, fratello di S. Cataldo, menzionato ad es. anche 
dalla STOKES (i). II BLANDAMURA (2) dice che secondo 1'lN- 
FANTINO S. Cataldo venuto da Ibernia con suo fratello 
chiamato Donato, che fu poi vescovo di Lecce, sbarcati in 
questa nostra spiaggia, dov'e il porto di Lecce, che oggi in 
memoria di questo medesimo santo chiamiamo S. Cataldo, 
edificarono una cappella che sin'oggi si vede a guisa di pic* 
cola grotta e menarono per quattordici anni vita eremitica, 
ed essendo morto in quel tempo il vescovo di Taranto, i Ta* 
rantini ad intercessione dei Leccesi lo fecero loro Pastore . 
Il BLANDAMURA aggiunge che lo stesso ripetono il GALATEO 
e il MARCIANO, giustamente smentiti dal LENORMANT (3). 

(1) Six Months in the Apennines, p. 202. 

(2) Un cimelio etc., p. 52. 

(3) La Grande'Grece, Paris, Levy, 1881, I, 75. 

~ 347 



S. CATALOG DI TARANTO 

Di f atto non e mai esistito ne un santo leccese ne un vescovo 
leccese di nome Donate. C'e una Iborgata 5. Donato di Lee- 
ce, a sud di Lecce ma ha per protettore S. Donate d'Arezzo, 
e la festa vi si oelebra regolarmente il 7 agosto; cosi pure 
c'e presso Taran-to,' quattro chilometri verso oriente, una va- 
sta contrada denominata 5. Donato con una comoda cappel- 
la campestre ove una volta si celebrava la Messa nei giorni 
festivi; ma anche questa, come si rivela dal quadro esistente 
sull'altare e dalla data deilk festa pubblica (7 agosto) che un 
tempo vi si faceva, secondo quanto 'gentiilm'ente mi comunica 
il BLANDAMURA, prende nome da S. Donato d'Arezzo e non 
gia da un preteso S. Donato di Lecce. La prima menzione del 
Donato di Lecce sembra sia dovuta allo storico leccese GIA- 
COMO ANTONIO FERRARI, scrifctore d'una Vita di S. Catal- 
do (i), che avendo scoperto nel martirologio, ai 22 ottobre 
la festa d'un S. Donato vescovo irlandese (e il S, Donato di 
Fiesole!), lo fece diventare fratello di S. Cataldo e episcopus 
lupiensis in Salentinis. II LANZONI (2), dice di Donato : Det- 
to dalTUghelli {IX, 70) fratello di S. Cataldo vescovo di Ta* 
ranto [ma senza il titolo di Santo], e attribuito da lui 
al 163. II continuatore delTItelt'tf Sacra, da prima (X, 125) lo 
conservo, spostandoilo al 173, quindi (1. c. 199) lo espunse, 
perche il S. Cataldo vescovo di Taranto sarebbe vissuto, non 
nel primo', bensi nel VI secolo. Ma le piii antiche memorie 
di S. Cataldo non parlano di questo suo 'preteso fratello di 
nome Donato... II volgo di Lecce inoltre, secondo una ten- 
denza comunissima a tutti i popoli, H ha condotti ambedue 
a far vita solitaria nel suo stesso terntorio . 

(1) V. : UGHELU, IX, 94 e COSTANZI, o. c., p. 73. 

(2) Le Diocesi d'ltalia, p. 311. 

-348- 



1 SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

8. AS. Cataldo isi sono attribuite certe Profe%ie, ri' 
guardanta speciaiknente la famiglia regnante sul trono di 
Napoli, contenute in im volume sotterrato sotto una croce 
di pioxnbo, scopecto nel 1492 nella chiesa di S, Pietro della 
Porta in Taranto, chiesa ora scomparsa (i). Queste profezie, 
riferite anche dalTO* RiORDAN (2), si trovano menzionate in 
molte cronaohe e memotie itajiane della fine del quattro' 
cento (3). Tali profezie sono evidentemente spurie. I BoL' 
LANDISTI (4) notarono gia: Prophetiam ipsam ex libro Pe^ 
in Galatini Ordinis Minorum de Ecclesia destmcta, Romae 
in bibliotheca Araecoeli adservato edidit Morenus in Vita 
S. Cataldi; quam omittimus, ut rem obscurant, et forte sub 
nomine Sancti confictam. 

9. E ora, dopo tante cose negative o dubbie passiamo 
a qualche cosa di molto positivo, cioe all'estesissimo culto 
che S. Cataldo ha riscosso e riscuote ancora in tutta Italia, 
utilizzando in parfce i dati raccolti dal BLANDAMURA, dal 
CASSINELLI, dal DE CRISTANO. Quest'ultimo ha pubblicato 
presso Migliaccio, a Napoli, nel 1780, come Parte II o Co* 
rollario del 'libro del COSTANZI molti dati relativi al culto 
al inostro santo, f atiche fra le cure del foro. 

Procediaimo regionalmente, cominciando al solito da'H'Ita- 
k settentrionale. 



(1) V. : BLANDAMURA, o. c., pp. 9 e 18. 

(2) O. c., pp. i7'i8. 

(3) V. ad es.: O. ToMMASiNl, Diario della cittb di Roma di Ste- 
jano Infessura, Roma, 1890, p. 272 e A. G. TONONI, Note storiche 
e Rime politiche e morali tra gli atti di un notaio piacentino del 
sec. XV [Marco Antonio Gatti], in Strenna Piacentina , anno 
1892. 

(4) AA. SS., maii II, p. 576. 



349 



S. CATALOG DI TARANT6 

A Geneva (i) la festa di S. Cataldo si celebrava gia alia 
fine del sec. XIII al 10 di maggio, mentre tale festa non si 
riscontra nei calendari romani dei secoli XII e XIII. II culto 
del santo u portato a Geneva assai presto, probabilmente 
dice il Cambiaso dai commercianti della bassa Italia 
che ne frequentavano il porto. II Collettario metropoKtano 
Tha in tutt'e 'tre i cataloghi, con orazione propria, e lezioni 
prese dalla sua Vita. II santo riscuoteva pure culto nella 
Chiesa delle Vigne, dove gli era dedicate un altare, con 
cappellania fondata dalla famiglia Grille che ne era patrona 
e protettrice. Nella sua festa vi era distribuzione corale di 
quattro denari ai canonici e due ai cappeliani, secondo gli 
Statuti del 1375 (2). Oggidi il culto al santo e totalmente 
scompanso. 

10. In Lombardia troviamo dedicata a S. Cataldo 
la parrocchia di Mottabaluffi in provincia di Cremona. Pare 
vi fosse un tempo una cappella dei De Baluffi t signori della 
terra, dipendente dalla pieve di Scandolara Ravaro; diven- 
ne parrocchia nel sec. XV, prendendo il titolo da una chiesa 
di S. Cataldo che sorgeva nei sobborghi di Cremona e che 
venne soppressa e poi distrutta dai Veneziani, insieme ad 
altre, al iprincipio del cinqueeento (3). La parrocchia di Mot" 
tabaluffi possiede una pregevole tavola quattrocentesca, ri' 
toccata nel seicento, rappresentante S. Cataldo vescovo in 
abiti pontificali, la Madonna sedente col Bambino, e S. 



(1) V.: CAMBIASO, L'anno ecclesiastico in Genova, 1917, pp. n, 
157, 285, 311, 379. 

(2) Arch. Arciv., Statuti N. 3, p. 7; Arch. S. M. delle Vigne, 
Fabbriceria, Cappellanie, 

(3) Secondo quanto gentilmente mi comunica Mons. Illemo Camelli 
del Civico Museo. 



350 



1 SANTI 1RLANDESI IN ITALIA 

seppe appoggiato a un bastone da pellegrino. Vi si celebra 
la festa al 10 di maggio. Sono particolarmente devoti a S, 
Cataldo i malati d'ernia, in rispondenza delTantica tradi^ 
zione di Malta (v. 22). 

Troviamo in provincia di Mantova una borgata chiamata 
S. Cataldo, frazione del comune cli Borgoforte. Anche ivi 
si celebra la festa al 10 di maggio. La parrocchia, dedicata 
ai SS. Floriano e Benedetto, rimonta al 1550. Possiede una 
teca contenente particulas ex ossibus S. Cataldi, come ri* 
sulta dal Deer, di Mons. De Rubeis, Arcivescovo Tarsense, 
emesso a Roma 1'8 ottobre 1743. 

n. In Emilia e intitolata a S. Cataldo la parrocchia 
della frazione omonima del comune di Modena, dove pure 
si celdbra la festa del santo con gran solennita al 10 di mag^ 
gio. Una prima chiesa di S. Cataldo molto antica sorgeva 
sotto le mura cittadine preerculee tra porta Cittanova (poi 
S. Agostino) e porta Ganaceto: si nomdna in una bolla di 
Lucio III del 1181, iinsieme con I'Ospedale di S. Cataldo, 
fra i possedimenti del Capitolo della cattedrale di Modena. 
Nel catalogo delle chiese modenesi del secolo XIII figura ap- 
partenente al Monastero di S. Pietro. In un catalogo del se- 
colo XV appartiene alia pieve di S. Maria di Collegara. Nel- 
lo stesso secolo XV assorbi la prossima antica parrocchia di 
S. Giacomo maggiore. La prima chiesa fu abbattuta nel 
1546, e una seconda piu ampia sorgente in locaHta prossima 
airattuale, fu consacrata nel 1564. Un elenco nominativo 
completo dei parroci si ha dal 1506: la parrocchia fu tenuta 
da preti secolari fino al 1701. Nel 1702 fu smembrata fra 
quelle circonvicine di S. Faustino, S. Matteo, e Freto, ma 
fu ricostituita nel 1703 e affidata ai Frati Minori, che la res- 

351 



S. CATALD6: DI 

sero d'allora ad oggi ininterrottamente. Net 1880-82 fu co- 
struita 1'attuale ter^a chiesa di S. Cataldo, che possiedc va- 
rie reliquie del santo, una delle quali tinvenuta durainte la 
demolizione del 1546 neU'altar maggiore della primitiva 
chiesa. Esiste una Confratetnita di S. Cataldo, almeno dal 
secolo XVIII (i). 

Una Chiesa di S. Cataldo de* Lambertini in Bologna e 
menzionata dal GUIDICINI (2> Vi si dice che nel 1506 era 
deU'eredita di Ulisse del fu Guidantonio Lambertini, frate 
dell'Osservanza deil'Ordine dei Minori, nel cui inventario e 
qualificata per casa grande con la chiesa piccola di S. Ca* 
taldo , in confine della via detta del Pavone. 

Anche a Rimini, in prov. di Forli, 'esisteva un'antica par- 
rocchia di S. Cataldo. Fu nell'antico borgo delk marina, 
fuori porta S. Tommaso. II suo primo ricordo e in una ven- 
dita fatta da Revelone ai 20 novembre 1168 (3). Nel 1254 
fu eretto presso la chiesa un convento di Domenicani che 
ufficiarono la chiesa fino al 1796, nel qual anno passarono 
al convento di S. Francesco Saverio dei soppressi Gesuiti; 
ma nelTanno seguente per ordine governativo furono tra- 
sferiti al Convento dei Serviti, dove nel 1798 furono sop- 
pressi anch'essi. II convento e la chiesa di S. Cataldo ser- 
virono da caserma di cavalleria, finche nel 1816 furono in^ 
teramente demoliti: oggi di essi resta appena il ricordo sto* 
rico: sull'area di S, Cataldo e sorto negli ultimi tempi un 
nuovo quartiere della citta. NeU'antico^ convento di S. Ca- 



(1) Traggo queste notizie da alcuni stampati favoritimi dalla 
tesia di P. Samuele Roveda O. F. M., attuale curato. 

(2) Cose notabili della citta di Bologna, 1868, IV, 16. 

(3) V.: TONINI, Storia di Rimini, II, 423. 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

taldo forse abito S. Tommaso d* Aquino, certo S. Vincenzo 
Ferreri: e il Goldoni vi frequento per qualche tempo le 
scuole di filosofia. La chiesa era ricca di pregevoli quadri, 
oggi passati nella Pinacoteca civica (i). 

12. Per Venezia, il Blandamura cita questo passo 
del Lo JODICE (2>: La B. Giuliana da Collalto Benedet- 
tina fondo a Venezia un monastero di religiose del suo or' 
dine sotto il titolo di S. Biagio e di S. Cataldo; dessa fu la 
prima badessa, e vi mori santamente; ivi il di lei corpo si 
mantiene iiicprrotto . , 

A Verona il DE CRISTANO (3) dice che si conservava una 
reliquia di S. Cataldo nell'insigne monastero di S. Spirito. 
Detto monastero ora non esiste piu, trasformato nelTattuale 
Ospedale civile, e della reliquia non se ne sa pi'u nulla. 

13. In Toscana non troviamo onorato S Cataldo se 
non inei pressd della citta di S. Frediano* nella parrocchia di 
S. Maria a Colle, in comune di Lucca. Ivi il culto e anti' 
ohissimo, e da dooumenti del 1337 risulta che a tale epoca 
gia vi esisteva una Confraternita delk Nativita di Maria SS. 
e di S. Cataldo. La Confraternita possiede del santo una sta- 
tua e una reliquia; un'altra reliquia del braccio di S. Catal- 
do ora piu inon esiste. La festa si oelebra con gran concorso 
di -popolo il 10 maggio (4). 

14. - Nel Lazio ablbiamo molte traccie del culto a S. 
Cataldo. Una reliquia ce n'era anche a Roma t al Collegio dei 



(1) Devo questc notizie alia cortesia di Mons. Rubertini, Rettore 
del locale seminario vescovile. 

(2) Memorie storiche di S. Cataldo, Bologna, 1879, p. 132. 

(3) Parte II, n. 38. 

(4) V. : BLANDAMURA, p. 68. 



353 

23 



S. CATALDOJH TARANTO 

Franoescani Irlandesi a S. Isidore nel 1664, ma risultb scorn- 
parsa in una ricognizione del 1826 (i). 

II CASSINELLI (2) dice che il famoso convento di Gradii 
dei PP. Domcnicaoi di Viterbo possedeva una 'tenuta sotto 
il inome di S. Cataldo, e altrettanto riferisce il DE CRISTA- 
NO (3). Nelle carte del Touring e segnato un casale S. Ca- 
taldo nel f . 27, B 5, fra 1'Acqua Rossa e Vitorchiano; ma 
non sono riuscito ad avere notizie di questa tenuta. Del te- 
sto (4), non risulta che in Viterbo si sia mai tributato culto 
a S. Cataldo. 

In provincia di Rieti abbiamo dedicata a S. Cataldo la 
parrocchia di Montenero in Sabina (diocesi di Poggio Mir- 
teto). Vi si eelebra festa solenne il 10 maggio con concorso 
di gente anche dai paesi vicini: vi si posseggono due reli- 
quie, una posta sulla croce pettorale della statua, e una in 
un reliquiario apposito. E sempre in provincia di Rieti, gran 
culto riscuote S. Cataldo nel comune di Cottanello, per 
quanto la parrocchia sia intitolata a S. Andrea ap. : vi si 
celebrano le feste dell'8 marzo e del 10 maggio, nelle quali 
si espone una reliquia del santo. II DE CRISTANO (5) dice che 
circa il 1760 il taumaturgo compl ivi uno strepitoso prodi- 
gio t facendo ricuperare la vista al figlio del Dr. De Cesaris, 
medico condotto di Cottanello. Una leggenda locale pre- 
tende che S. Cataldo abbia dimorato in una grotta vicino 



(1) V.: G. CLEARY, O. F. M., Father Luke Wadding and St. /'- 
dore's College, Rome, Roma, Tip. del Senate, 1925, pp. 223 e 224. 

(2) Vita di S. Cataldo, libro HI, cap. XIII, p. 137. 

(3) P. II, n. 40. 

(4) Da informazioni assunte presso il Seminario interdioccsano di 
Viterbo. 

(5) P. II, n. 43. 

354 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

al paese, dove tuttora esiste una cappella con una nicchia 
speciale ove il santo, riposando, avrebbe appoggiato il capo. 

In provincia di Frosinone, troviamo a Supino (diocesi di 
Ferentino) il famoso Santuario di S. Cataldo, meta di nume- 
rosi pellegrinaggi, in oocasione della festa delTS marzo e 
specialmente di quella del 10 maggio. Oltre al Santuario, 
eretto nella Chiesa Arcipretale dedicata a S. Pietro, vi e la 
Parrocchia di S. Cataldo. In un reliquario d'argento, a forma 
di braccio, si venera un osso del braccio del santo, donato 
nel 1632 dairarcivescovo di Taranto Mons. Caracciolo. 

C'e molta devozione a S. Cataldo anche nel comune di 
Patrica, limitrofo a Supino, che lo venera come protettore 
principale. La festa religiosa si fa il 10 maggio, e quella ci- 
vile si riporta alia domenica fra Tottava. 

Parimenti e dedicata a S. Cataldo, in prov. di Frosinone, 
una delle parrocchie di Sant'Elia Fiume Rapido (dioc. di 
Monte Cassino): tale chiesa parrocchiale conserva un gran 
quadro del santo ed una reliquia. La festa vi si celebra la 
prima domenica di 'settembre. 

Una Cappella di S. Cataldo e segnata sulle carte del Tou- 
ring (f. 35, A i) presso la Centrale Elettrica del Liri, a S. 
Giovanni Incarico, presso Ceprano, pure in provincia di Fro" 
sinone. 

15. Nelle Marche troviamo S. Cataldo come uino dei 
patroni del comune di Esanatoglia in provincia di Macerata 
e diocesi di Camerino. La sua chiesa, veneratissima, e a circa 
tre chilometri dal paese e a m. 700 d'altitudine, sul monte 
Consegno: vi si conservano due reliquie (una porzione di 
cranio e un dente) donate nel 1616 dall'arcivescovo di Ta- 



355 



S. CATALOG DI TARANT6 

ranto, Card. Bonifacio Gaetano. Con solenne processione la 
festa ha luogo il 10 maggio. 

1 6. Passando agK Abruzzi, noteremo ohe il DE CRI- 
STAND (n. 49) dice che v'e memoria di S. Cataldo in Pen, 
tima (ora Corfinio), sede della diocesi di Valva, presso Sul- 
mona. Ai dintorni di Sulmona appartienc una leggenda di 
S. Cataldo, raccolta da A. DE NINO (i) che riportiamo per 
il silo* interesse folkloristico e che e stata citata, per I'inter* 
pretazione d'un suo dettaglio, dal P. DELEHAYE in Legen- 
des hagiographiques (2). Ecco il testo del De Nino: Catak 
do era un kdro? e se la faceva sempre con altri ladri. La 
moglie sua pero era buona, e non cessava di fare prediche al 
marito affinche abbandonasse quella brutta via. E dagli og" 
gi> e dagli domani, Cataldo si veniva cambiando. La nioglie 
raddoppiava il lavoro e faticava di giorno e di notte per non 
far mancare nulk in famiglia e per persuadere il marito che 
si poteva tirare avanti senza le ruberie. Cataldo, alia fine, 
fece la santa risoluzione di non andare piu a rubare. Un gior' 
no, gli altri kdri, suoi vecchi compagni, con belle maniere lo 
condussero fuori deirabitato, e ruccisero, perche temevano 
dovesse rivelare alia giustizia i loro furti. Poi portarono il 
cadavere nella cantina del morto e lo messero per poggiolo 
sotto una Ibotte di vino. La moglie, in quel mentre, era usci' 
ta di casa per le faocende. Passa un giomo, passano due 
giorni, ne passano tre, passa una settimana: e Cataldo non 
torna a casa. La moglie disse: Ah! e riandato per quella 
brutta via ! Gesu Cristo lo possa illuminare! Erano passati 
tre mesi, e Cataldo non si vedeva. La moglie pensb di 

(1) Usi e costumi abruftt/esi, Firenze, Barbera, 1887, IV, 194. 

(2) Bruxelles, 1927, p. 51. 

-356- 



I SANT1 IRLANDESI IN ITALIA 

dersi \m po* di vino per fare le prowiste di famiglia. Vendi 
e vendi, e il vino non finiva mai* La gente diceva : Come 
pud darsi che un botticello possa dare tanto vino? E il vi- 
no non finiva mai; tanto che si comincio a pensare a un mi- 
racolo. Tutti gridavano : Miracolo! miracolo ! Ando il 
papa con tutti i cardinali in processione alia casa dd Catal- 
do. Visito tutta la cantina e non ci fu nulla di straordinario. 
Mentre stava per andarsene, vide un giglio sotto il botticel' 
lo. Fu alzato il botticello e si trovo che quel giglio usciva 
dalla bocca di Cataldo. Il papa allora grido: Cataldo e 
santo ! 

II comune di Giuliano Teatino', in prov. e arciv. di Chieti, 
ha per protettore S. Cataldo, del quale 'possiede una statua 
di legino che dicono rimonti al cinquecento, donata da Folco 
de Bosis giulianese, che verso il 1700 la porto seco da Taran- 
to. Si commemora il santo al 10 maggio, ma e festa religiosa. 
La festa civile si fa al 18 agosto, e si celebra con gran 
pompa, preceduta dalla novena (i). 

Sulle carte del Touring (foglio 35, A 5) e segnata una 
Masseria 5. Cataldo nel Molise, sulla strada da Isernia a 
Fomelli. 

17. Nella Campania, coll'approssimarci a Taranto, 
troviamo molto piu dense le manifestazioni del culto a 
S. Cataldo. 

In prov. di Napoli troviamo segnata sulle carte del Tou- 
ring (foglio 35, B 3) una Taverrut 5. Cataldo sulla strada 
fra Casskio e Mignano. Dedicata a S. Cataldo e una delle 
parrocchie di iRoccaromana, comune in dioc. di Teano, di 

(i) V.: BLANDAMURA, p. 63. 

357 



SAN CATALOG DI TARANTO 



cui egli e considerate protettore. Se ne celebrano solentie- 
mente le feste dell'8 marzo e del 10 maggio: e una spe- 
ciale festa si fa anche in tuna delle domeniche di settembre, 
per ringraziare il protettore dell'immunita concessa al paese, 
dal sec. XV ad oggi, in varie epidemic di peste e di cole* 
ra ohe hanno duramente provato i paesi vicini. Il CASSI- 
NELLI (i), dice che a Maddaloni, comune presso Caserta, 
nella chiesa di S. Agnello, vi e un altare dedicate a S. Ca- 
taldo, e un benefizio eretto col medesimo titolo, nella qual 
chiesa si fa regolarmente la festa del santo. Anche nella cit- 
ta di Napoli, S. Cataldo si trova associate a S. Agnello (2). 
Gio. Maria Puderico nobile napoletano, morto nel 1574* che 
tenne 1'arcivescovato di Taranto ,per quindici anni, eresse a 
proprie spese la maggior parte della Basilica di S. Agnello 
dei PP. Canonici Regolari di S. Salvatore, e consacro a 
S. Cataldo Taltar maggiore, ornato di marmi e bassorilievi, 
in mezzo al quale fece collocare Timagine della SS. Vergine 
con S. Cataldo a desta e S. Agnello a sinistra. Ogni anno 
i devoti tatientini abitanti in Napoli si recavano ivi a fe- 
steggiare solennemente il 10 maggio. II CASSINELLI aggiuin- 
ge che nella parrocchia di Porta nova a Napoli si trova fon- 
dato tin benefizio sotto il titolo di S. M. delle Grazie e 
S. Cataldo. S. Cataldo e il protettore del comune di Massa- 
lubrense nella penisola sorrentma. La chiesa ex - cattedrale 
dal titolo S. M. delle Grazie, possiede una cappella a lui de^ 
dicata nella quale si venerano due ireliquie donate da Mons. 
G. Capecelatro, arciv. di Taranto. Si celelbrano entrambe le 
feste dell*8 marzo e del 10 maggio. 

(1) P. 140. 

(2) V.: CASSINELLI, pp. 138*9. 

-358- 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

In provincia di Salerno, esisteva nel sec. XVII un mona- 
stero di monaehe benedettine intitolato a S. Cataldo in 
Scala, frazione di Ravello, nelTarchid. di Amalfi. Questo mo- 
nastero, che u per oltre due secoli insigne decus di Scala, 
passo recentemente in possesso di un signore danese e fu 
indi trasformato in albergo. Pare che le suore del monastero 
del SS. Redentore posseggano una reliquia del santo (i). In 
Cava dei Tirreni sarebbe esistita un'antichissima chiesa di 
S. Cataldo menzionata in tre documenti delTArchivio dei 
Benedettini delk SS. Trinita, del sett. 1161, marzo 1165, 
decembre 1165 (2). 

Nel comune di Campagna esisteva gia nel 1156 (3) una 
chiesa e un monastero dedicati a S. Cataldo, costruiti dai 
Normanni, di cui rimangono alcune tracce (4). S. Cataldo 
e tuttora compatrono del comune di Castelnuovo Cilento; se 
ne celebra ivi solennemente la festa al 10 maggio, in una 
chiesetta extra moenia f bersagliata dai fulmini, mentre la 
statua lignea di S. Cataldo in essa contenuta e rimasta sem^ 
pre illesa (5). Sulle carte del Touring e segnata (foglio 41, 
D 6) una cappella. di 5. Cataldo a Rocchetta, fra Celie di 
Bulgheria e Torre Orsaja, e la lunga Galleria di S. Catal* 
do (ib.) della ferrovia Salerno - Reggio Calabria. 

1 8. Nelle Puglie, S. Cataldo e protettore del comune 
di Cagnano Varanp nel Gargano (prov. di Foggia), dove nel- 
la chiesa di S. Cataldo si celebra la festa dell'8 marzo e spe- 



(1) V.: BLANDAMURA, p. 55. 

(2) V.: Lo JODICE, p. 127. 

(3) V.: Can. A. RIVELLI, Storia di Campagna. 

(4) V. : BLANDAMURA, p. 58 e DE CRISTANO, n. 54. 

(5) V.: BLANDAMURA, p. 59. 



359 



SAN CATALOG DI TARANTO 

cialmentc quella del 10 maggio. Vi si conserva un'antica 
statua del santo e vi e eretta pure una Confratemita. 

In prov. di Bari, troviamo a Barletta un'antica chiesetta 
di S. Cataldo presso Porta Marina, di cui si ha memoria fin 
dal secolo XIL tuttora mantenuta al culto da una fiorente 
Confratemita, che raccoglie quasi tutta la gente marinara 
del paese, e che nel 1885, a tutte sue spese, dono alia chiesa 
un'artistica statua d'argento del santo. In un antico ostenso- 
rio d'argento e racchiuso un osso d'un suo braccio. Le due 
feste dell'8 marzo e del 10 maggio sono state soppresse con 
Tadozione del caleedario della Chiesa universale; ma rima- 
ne una vivace festa popolare che si celebra in onore di 
S. Cataldo nell'ultima domenica di luglio, quando tutte le 
paranze hanno fatto ritomo a Barletta. Ad Andria e in tutta 
la diocesi omonima si recitava fino al 1883 con rito doppio 
Tantico ufficio di S. Cataldo, ma dal 1884 1'orazione fu de' 
sunta ex ccwwn. Con/. Pont, e le lezioni del II nott. furono 
riformate e abbreviate, con la Messa de camm. A Trani, 
come ad Acquaviva delle Fonti, fino al 1913 si celebrava la 
festa liturgica all'8 marzo con rito doppio, lezioni proprie 
del II nott. e Messa de comm. : con Tadozione del calenda- 
rio della Chiesa universale la festa e stata soppressa. L'in- 
troduzione del culto di S. Cataldo in Corato, di cui e patro^ 
no principale, e ricordata in una leggenda del sec. XIV (i). 
Nella peste del 1483 la citta rimase immune grazie all'inter^ 
cessione del santo. Vi si fabbrico una chiesa sontuosa, rima- 
sta a lungo unita a un convento di PP. Francescani e tornata 
ora al parroco, dove si conservano due reliquie del santo; 

(i) Riportata in Apulia, Riv. di Archeol. Filolog. Star., Bari, Ago* 
sto 1914. p. 26. 

360 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

vi si celebrano le feste deU'8 marzo e del 10 maggio, que- 
st'ultima con solenne processione. Vi si teneva una volta 
una fiera, dal 3 al 10 maggio, ch'era ra le principali del re- 
gno di Napoli. Sulla carta del Touring e segnata (foglio 38, 
D 3) una cappella di S. Cataldo sulla spiaggia fra S. Spirito 
e Bari: e una masseria S. Cataldo (foglio 37, E 5-6) presso 
Poggiorsini, fra Spinazzok e Gravina di Puglia. A Putigna- 
no vi era un'antica cappella ora distrutta, intitokta a San 
Cataldo, da cui il nome e rimasto alia contrada. Monopoli 
venera il santo fin dal 1476, quando il vescovo A. Manfredi 
nobile tarentino, costrui in Duomo una cappella di S. Ca- 
taldo, affidandola a una Confraternita, pure da lui instituita. 
Distrutta la cattedrale, la Confraternita di S. Cataldo otten- 
ne da quel Capitolo di poter solennizzare la festa del santo 
nella chiesa ricostruita, ove esiste k statua in paramenti 
pontificali. La festa si fa il 14 maggio invece del io 

In prov. di Taranto, a Castellaneta, si celebrava la festa 
liturgica dell'S marzo fino al 1913, quando fu adottato il ca- 
lendario della Chiesa universale* Sul culto reso in Taranto al 
patrono S. Cataldo, ricorderemo che fino al 1913 nella cat- 
tedrale a lui dedicata (parrocchia) si celebravano tre feste, 
F8 marzo con rito doppio di i. a classe, il 10 maggio con pari 
rito e ottava, la i. a domenica di settembre {festa del Patro- 
cinio) con rito doppio maggiore. Per I'adozione del calen- 
dario universale, la prima festa (in depositiona S. Cetialdi 
E. C.) e stata ridotta a doppio maggiore: la seconda (Invert* 
tionis die) e rimasta immutata, e la terza (Patrocinii festo), 
senza alcuna variazione di rito, e stata fissata al giomo 3 
settembre. Sulla riva deserta del Golfo di Taranto, presso 
k f oce del fiumicello Bevagna, ove un tempo era sito Fclli* 

- 361 - 



SAN CATALOG DI TARANTO 

num, a pochi passi dal santuario di S. Pietro, vi e ancora un 
pozzo di S. Cataldo presso il quale si sarebbe riposato il 
santo naufrago e alle cui acque si attribuiscono tuttora dal 
popolo virtu medicinali (i). Un Ponte di S. Cataldo e se- 
gnato sulla carta del Touring (foglio 43, B 6) sulla strada 
fra Taranto e San Giorgio sotto Taranto. Chiamasi Anello 
di S. Cataldo una sorgente sottomarina del Mar Grande (2). 
In Grottaglie, comune della prov. di Taranto, il culto al no- 
stro santo e antico e dimostrato da documenti della fine del 
quattrocento. Nella Chiesa Collegiata di Grottaglie vi e una 
cappella dedicata al santo, costruita nel 1651 ,per iniziativa 
di Mons. Caracciolo, arciv. di Taranto, che concorse nella 
spesa: vi si celebra gran festa il 10 maggio. 

In prov. di Brindisi, e precisamente nella sede vescovile 
di Oria, il culto a S. Cataldo fu introdotto nel 1898 per ini- 
ziativa di Mons. Gargiulo, con la celebrazioaie della festa 
al 10 maggio. 

In Lecce esiste una monumentale chiesa dei SS. Nicole e 
Cataldo, costruita, con annessa abbazia, nel 1180 da Tan- 
credi, ultimo re normamno. a tre navate; presenta un 
complesso straordinariamente suggestivo: ha subito molte 
trasformazioni nel settecento per opera degli Olivetani che 
vi furono dal 1494 al 1788, ma ha conservato alcuni antichi 
portali e un affresco del XIII secolo (3). A dodici chilome- 
tri dalla citta sull'Adriatico e il Porto di S. Cataldo, ch'e 
il Porto deiraintica Lupia (Lecce), con un approdo di pesca 

(1) V.t BLANDAMURA, p. 35 e DE CRISTANO, n. 35. 

(2) V.: Guida del Touring, Italia merid., I, ed. 1926, p. 685. 

(3) V. : L. DE SIMONE, Illustrations dei principals monumenti di 
Terra d'Otranto, Lecce, Campanella, 1889, pp. 29*30, e DE GlORGl, 
La provincia di Lecce, Lecce, Spacciante, 1888, II, 384*394. 

362 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

e un Faro di S. Cataldo e un luogo di bagni che pure si 
chiama S. Cataldo. L'Opera Nazionale Combattenti ha 
compiuto ivi recentemente la bonifica (Bonifica di S. Ca- 
taldo) di circa 1710 ettari di terrene paludoso e malarico. 
Sulla carta del Touring (foglio 44, C 4) sono segnate alcune 
Case S. Cataldo presso Trepuzzi. A Nardb come ad Alliste, 
comuni della prov. di Lecce t il cuko a S. Cataldo fu rawi- 
vato net 1899 dal tarantino Mons. Ricciardi, con festa al 10 
maggio (i). 

19. In Bagni di S. Cataldo, frazione del comuine di 
Bella (prov. di Potenza) fra Muro Lucano e Avigliano, il. 
culto al santo e mantenuto ab immemortibili in una cap- 
pella del principe Torello di S. Antimo, intitolata a S. Ca* 
taldo, che da il name al tenimento e al bosco limitrofo (v. ; 
Carte Touring, foglio 37, F. 2). II piccolo santuario possiede 
una bella statua del santo, la cui festa si celebra al 10 
maggio. 

Una cappella di S. Cataldo e segnata sulle carte del ToU' 
ring (foglio 42, A 4) sotto Pietrapertosa prov. di Potenza. 
II comune di Brienza, nella stessa provincia, diocesi di Mar- ; 
sico Nuovo, ha per protettore principale S. Cataldo, di cui 
si celebrano con gran concorso di forestieri le due feste del- 
1*8 marzo e del 10 maggio. La chiesa consacrata era sita 
nel mezzo del paese, ma fu 'poi demolita e 1'area ridotta a 
piazza. La statua del santo fu rkoverata nella Chiesa dei ; 
PP. Francescani, ora officiata da sarcerdoti dipendenti dalla 
parrocchia di S. M. Maggiore Assunta. A Gorgoglione, co> 
mune della provincia di Matera, dioc. di ! Tricarico, si con" 

(i) V.: BLANDAMURA, pp. 53 e 56. 

- 363 - 



SAN CATALDO DI TARANTO 

serva nella chiesa parrocchiale intitolata a S. Maria Assunta, 
una statua di S. Cataldo molto venerata dai fedeli: la festa 
vi si celebra ai 20 di maggio anziche ai 10. Una Regions 
S. Cataldo e segnata sulle Carte del Touring (foglio 42, B 5) 
a nord-ovest del paese. A Saponara di Grumento comune 
della prov. di Potenza, dioc. di Marsico Nuovo, esiste un 
Santuario di S. Cataldo, rovinato a seguito del terremoto del 
16 dicembre 1857: diroccata la chiesa cessb il culto del 
santo: rimane il ricordo delk processione che vi si faceva 
il 10 maggio, e il detto popolare: Quando e il giorno di 
S. Cataldo, passa il freddo e viene il caldo (i). Sulle carte 
del Touring (foglio 42, E 4), sono segnate delle Case S. Ca- 
taldo a tiord di Viggianello (prov. di Potenza, dioc. di Cas- 
sano airjonio). 

20. Una cappella dedicata a S. Cataldo sorgeva a 
circa due chilometri da Morano Calalbro (prov. di Cosenza, 
dioc. di Cassano alTJonio) con attiguo fabbricato per abita- 
zione d'un eremita. La cappella e distrutta, ma la contrada 
ancora ritiene il nome del santo (2). Cariati (prov. di Co-- 
senza, sede vescovile) ha per protettore S. Cataldo: il cul- 
to vi fu introdotto in epoca molto antica da naviganti ta- 
rentini che avevano facile e frequente approdo su quei li- 
di. Vi si celebra la festa al 10 maggio, con larghissimo con- 
corso di forestieri, in una chiesa a due chilometri dall'abi- 
tato (v. Carta del Touring, foglio 48. A 3), nella quale il 
popolo trasporta dalk cattedrale la statua del santo, lascian- 
dovela per quindici giornii dopo il qual tempo essa viene 



(1) V. : BLANDAMURA, p. 52. 

(2) V. : BLANDAMURA, p. 55. 



364 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

rilevata con sontuose feste (i). In Giro Marina, fraz. di Gird 
(prov. di Catanzaro, dioc. di Cariati) e dedicata a S. Cataldo 
la parrocchia di recente istituzione, perche edificata sul po- 
sto di un'antica cappella di S. Cataldo. Vi si venera una 
reliquia del santo, e vi si fa la festa al 10 maggio. 

21. Passato lo Strctto, troviamo una chiesetta de- 
dicata a S. Cataldo, con nelativa statua del santo, nel comu- 
ne di Gualtieri Sicamino (prov. di Messina e dioc. di Santa 
Lucia del Mela), ove si celebra la festa il 10 maggio. Dedi- 
cata a S. Cataldo e la chiesa parrocchiale di Gagliano Castel- 
ferrato (prov. d'Enna, dioc. di Nicosia), di cui e il patro- 
no. La ohiesa gia menzionata in un documento del 1334, 
sorgente nel punto piu alto del paese, possiede due statue 
del santo, di cui la piu ipiccola d'argento, e una reliquia, con 
autentica del 1612. Si fa festa 1*8 marzo e il 10 maggio, ma 
specialmente nei giorni 29, 30, 31 agosto e i. settembre. 
Il 31 agosto si fa una gran prooessione in cui si porta in 
giro la statua antica del santo. Durante tutto il mese d'ago^ 
sto i fedeli vanno, secondo un*antichissima usanza, a fare 
per voto la raccolta dell'alloro nei lontani boschi di Caronia, 
donde tutti insieme ritomaino devotamente alk chiesa, per 
offrirlo al santo (2). Anche in Nicosia (prov. d'Enna e se- 
de vescovile) e assai antico il culto di S. Cataldo, come ri- 
sulta da un messale del 1346 appartenente alia chiesa di 
S. Michele. Una chiesetta di S. Cataldo, officiata un tempo 
dai Domenicani, da il nome a un quartiere delta cittadina. 
In Enna, prima Castrogiovanni (capoluogo di prov., dioc. di 
Piazza Armerina) vi' e una chiesa parrocchiale dedicata a 



(1) V.: BLANDAMURA, p. 59. 

(2) V.: BLANDAMURA, p. 62. 



-365- 



SAN CATALDO DI TARANTO 

S. Cataldo, dove sopra. una colonna e dipinta un'imagine 
del santo, di epoca normanna, simile ad altra esistente nel 
Duomo di Cefalu. Sulle Carte del Touring (foglio 55, A 5) 
e segnato a S. O. di Enna, fra il M. Cannarella e il M. Pa- 
squasia una regione 5. Catalda: e un'altra regione S. Ca* 
taldo e segnata a S. E. di Caltagirone (foglio 56, C i) lun- 
go la strada verso Grammichele. 

In prov. di Caltanisetta v'e una citta di 22000 abitanti che 
si chiama San Cataldo, con chiesa parrocchiale (attualmente 
elevata a dignita di Collegiata) intitolata al santo. Il nome 
di San Cataldo fu dato alia citta dal fondatore Nicolo Gal- 
letti, col permesso di Filippo III re delle due Sicilie : tanto la 
f amiglia principesca Galletti, quanto il sovrano, avevano 
molta devozione al taumaturgo di Taratito. Il nome di S. Ca* 
taldo venne applicato al paese per la prima volta nel 1607, 
ma registrato ufficialmente nel 1610 (i). Si fanno due feste 
all'anno: nella domenica dopo T8 marzo e nell'ultima do" 
menica di maggio, con gran processione. La Congrega di 
S. Cataldo conta circa 300 fratelli, con propria cappella al 
cimitero. Anche in Gangi (prov. di Palermo, dioc. di Ce^ 
falu) e vivo il culto al santo: nel sec. XVII era a lui intito- 
lata una delle due parrocchie del comune, la cui chiesa 
passo poi filiale all'altra che e Tunica parrocchia odierna, 
dedicata a S. Nicolo. Si venera in Gangi una reliquia di 
S. Cataldo chiusa in una mano di bronzo, e si celebrano 
le due feste dell'8 marzo e del 10 maggio. Nel Duomo di 
Cefalu (prov. di Palermo, sede vescovile) su una grossa 
colonna di granito, appoggiata al grande pilastro sinistro del 

(i) V.: CATALDO URSO, Due secoli di storia del Comune di S. Co* 
taldo, p. 36. 

366 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

primo arco del transetto, si vede dipinta una severa figura 
di S. Cataldo, seduto su di una sedia a braccia, col capo 
coperto da una mitra vescovile di forma antica, e recante 
fra le mani un'urna sulla quale sono rappresentate due te* 
ste, probabilmente quelle dei SS. Vincenzo e Paolo mar* 
tiri. figura deU'epoca normanna, e precisamente di re Rug* 
gero II, fondatore del Duomo (secolo XII). In un magnifico 
bastone d'avorio (opera del sec. XVI) conservato nel tesoro 
dell'istesso Duomo, e scolpita una figura di S. Cataldo si' 
mile a quella della colonna (i). A Palermo, nelle vicinanze 
dei Quattro Canti, presso la chiesa normanna della Marto' 
rana o S. Maria delTAmmiraglio (1143) con la quak molti 
autori la confondono, s'erge un'altra chiesa normanna inti- 
tolata a S. Cataldo, che gia esisteva nel 1161, perche in 
quell'anno il Conte Silvestro de Marsi vi tumulava la figlia 
Matilde come da superstite iscrizione sepolcrale. La chiesa 
di S. Cataldo, ottimamente restaurata nel 1884 dalTarch. 
G. Patricolo conserva meglio della Martorana le forme ar* 
chitettoniche primitive di sapore orientale, con le arcate 
esterne e tre singolari cupolette dipinte in rosso. L'interno 
e profondamente suggestive : un rettangolo di m. 10x7 e 
diviso in tre navate da sei colonne tolte ad antichi mom> 
menti: ii pavimento a mosaico e Toriginale; cosi pure 1'al- 
tare con la croce ed i simboli degli Evangelisti. 

II BLANDAMURA (p. 54) dice che su uno dei pilastri del 
presbiterio si vede una figura intera di S. Cataldo, in abiti 
pontificali con pallio, che con la sinistra sostiene un volume 
e con la destra una verga. Oggi il tempietto normanno, di" 

(i) V.: BLANDAMURA, p. 60. 

j 

-367- 



SAN CATALDO DI TARANTO 

chiarato monumento nazionale, e chiuso al culto, ma molto 
visitato per la sua importanza artistica. A Piazza Marina, 
sempre a Palermo, vi e il moderno Palazzo S. Cataldo, nel 
cui fianco, per il vicolo Palagonia all'Alloro, N. 5, vedesi 
il vecchio Palazzo S. Cataldo, con belle ed ornate bifore del 
Rinascimento, gia della nobile famiglia dei S. Cataldo. La 
Villa S. Cataldo a Bagheria e divenuta casa di noviziato dei 
PP. Gesuiti. Nel Duomo di Monreale, la piu bella chiesa 
normanna di tutta la Sicilia aocanto al piu bel convento Be- 
nedettino, esiste fino al 1519 una cappella dedicata a S. Ca* 
taldo: vi si conserva ancora una reliquia: e un'imagine a 
mosaico del santo e sul pilastro a destra del presbiterio, con 
abiti vescovili, pallio, baculo pastorale nero e diritto, e un 
libro nella sinistra. Sulle Carte del Touring (foglio 49, D 4) 
e segnata una cappella di S. Cataldo sulk spiaggia presso 
Partinico, sul Golfo di Castellammare, e una Torre di S. Ca* 
taldo, a mezza strada ra il mare e Partinico. Ne accenna 
anche il DE CRISTANO a p. 37. A Monte S. Giuliano (prov. 
e dioc. di Trapani) e dedicata a S. Cataldo un'antichissima 
chiesa parrocchiale, probabiknente del XII secolo, che pare 
funzionasse come chiesa madre fino al 1321, anno in cui 
Federico II d'Aragona designo come tale la chiesa di S. Ma* 
ria. La chiesa di S. Cataldo continue) perb per molti secoli 
ad esser la sede delle adunanze civiche e a serbar traccie, nei 
rapporti con le altre parrocchie, del suo originario primato. 
Possiede una reliquia e una statua del santo del 1781. La 
festa vi si celebra il 10 maggio. Sulle carte del Touring 
(foglio 49, F i) ha il name di S. Cataldo una regione a 
sud'est di Marsala che si stende in sponda destra del 
me Mazzara, che scende in mare a Mazzara del Vallo. 

368 



1 SANTI IRLANDESi IN ITALIA 

22. ^ Memorie di S. Cataldo si trovano anche fuor/ 
d'ltalia. Per Malta il BLANDAMURA, p. 34, ci dice: A chi 
recasi nell'isola di Malta pub essere indicata anche oggi 
presso Medina, 1'antica principale citta dell'isola, e quasi 
nel centre* di essa, prope cryptam 5. Pauli, et contigutt cryp* 
tae S. Mariae de spe... alia crypta 5. Cataldo dicata cum coe- 
metervo, supra quod est hadie parvula ecclesia in honorem 
ejusdem Sancti consecrata, multumque frequentata a devoto 
populo propter continues gratias, quas ibidem ejus interces* 
sione referunt hemiosi; qua ex causa ibidem fere semper 
celebratur missa (i). Di cimiteri veramente in quella Icxa^ 
lita se ne rinvengono sei, tutti antichissimi e costruiti sot- 
terra. Prendono rispettivamente il nome di S. Agata, di 
S. Veneranda, di S. Cataldo, di S. Maria della Virtu, di 
S. Paolo e dell'Abbadia, il piu vasto di sei, e tutti hanno 
il loro tempietto sovrapposto. Pub darsi che questa cripta 
di S. Cataldo ci dica di-una sosta fatta dal nostro apostolo 
lungo la via che dovette percorrere nell'epoca in cui la na- 
vigazione non ancora inuoveva sicura di se e indipendente 
nei lunghi viaggi . 

II DE CRISTANO (2) dice che in Francia una parrocchia 
della diocesi di Sens ha per titolo il nome del santo, come 
awisa il Tillemont, che lo chiama S. Cartaud. Cosi il Ca- 
stellini scr^se ai Bollandisti nell'Appedice di maggio: ivi 
opera molti miracoli 

23. Da tutte queste notizie sembra risulti che il 
culto a S. Cataldo s*e sviluppato subito dopo 1'invenzione 

(1) Giov. FRANC. DE AVILA, Vice Cane, della sacra et inclita relig. 
dei Cav. di Malta, nella Descri. dell'isola, 1647. 

(2) 0. c. t n. 66. 

369 

24 



SAN CATALD6 JM TARAtfTO 

del 1071 e s'e allargato dopo la traslazione del 1151. I pro- 
pagator! principal! del culto (a parte certi casi relativamen- 
te recent! di devozione personale o familiare, o di inizia- 
tiva di prelati tarantini) sembra siano stati ecclesiasticamente 
i Benedettini e politicamente i Normanni, i quali hanno 
qualche volta operate concordemente. P. LUGANO (i) ricor* 
da che, dopo la prima naturale ostilita verso gli invasori nor- 
manni, fu proprio Montecassino che fmi 'per spingere la 
Chiesa a riconciliarsi coi Normanni . II vescovo Drogone 
dell'XI secolo, che fece I'invenzione del corpo di S. Cataldo, 
era van. prelato normanno, consacrato dal papa per prendere 
possesso della diocesi di Taranto, appena tolta ai Bizanti- 
ni (2). Egli e intervenuto a Montecassino alia consacrazione 
della splendida Basilica di Desiderio il i. ottobre 1071 (3). 
cioe pochi mesi dopo 1'invenzione del sacro corpo, ed e pro* 
babile ch'abbia promossa la devozione del nuovo santo, che 
doveva considterare un poco come suo, presso i Benedettini, 
in quel loro principale Monastero. Si not! che (4) Torazione 
Propitiare deU'officio di S. Cataldo e Torazione medesima 
dell'officio di S. Enecone (i. giugno), abate benedettkio di 
Onia in Spagna, morto in quel tomo di tempo. Semlbrano 
dovute ai Benedettini le fondazioni di Borgoforte (Poliro' 
ine: la parrocchia di S. Cataldo ha fra i titolari S. Bene^ 
detto), di Modena (fl Monastero di S. Pietro era un mo" 
nastero Benedettino della Congregazione Cassinese), di Ve- 
nezia, di S. Elia Fiume Rapido, di Maddaloni, di Scala, di 



(1) Italia benedettina, Roma, 1929, p. 31. 

(2) V.: BLANDAMURA, II Duomo di Taranto, p. 42. 

(3) V.: LEO OSTIENSIS, Chronicon man. Casin., Ill, 30. 

(4) V.: DE CRISTANO, p. 39. 

370 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

Brienza, forse anche quelle di Genova e di Cremona: ai 
Normanni quelle di Enna, Cefalu, Palermo, Monte S. Giu* 
liano : ai Benedettini e ai Normanni insieme, quelle di Cam.' 
pagna, Cava dei Tirreni, Leoce, Monreale. II P. LUGANO, 
nelTIteKa Benedettina cita monasteri benedetrini a Brienza 
(p. 217 e 211), a Maddaloni (p. 224), a S. Maria di Porta 
Nuova in Napoli (p. 225); e anche un Monastero di S. Ca* 
taldo di Oderano presso Salerno (p. 225) fondato nel 1168 
e soppresso nel 1550, e un altro Monastero di S. Cataldo 
di Taurasio, Avellino (p. 226), fondato nel 1193 e soppresso 
nel 1610. 



371 



CAPITOLO VENTESIMOTERZO 

i 

IL B. TADDEO MACHAR D'lVREA 

i. Commovente e la figura delTultimo santo irlan- 
dese coin cui noi chiuderemo it devoto pellegrinaggio com' 
piuto attraverso le varie regioni d'ltalia sulle orme della san- 
tita ilbernica; e questa figura, di umilta pan alia dignita, 
stranamiente si ricoUega con quella del primo santo irlan- 
dese incontrato al di qua delle Alpi, con quel S. Orso cioe, 
apostolo della Val d*Aosta, da cui hanno preso il nome tan^ 
te chiese e tanti ospedali ove nel corso dei secoli il culto 
del Signore avtebbe dovuto, secondo le parole profetiche 
del vescovo Alberto d'lvrea (v. Cap. X 6), fiorire sotto 
inolteplici forme. 

II b. Taddeo ci porta alia fine del quattrocento. Egli ap' 
partiene ad una veramente nobilissima, anzi regale famiglia 
del Munster, alia famigh'a dei Mac Carthy, che aveva dato 
un discepolo a S. Malachia, che aveva fondato il castello di 
MiEstreet sulla via da Mallow a Killarney, 1'abbazia e il 
castello di Kilcrea fra Cork e Macroom, e t con Cormack 
Mac Carthy, il magnifico e ancora visitatissimo castello di 
Blarney, nove miglia a N. O. di Cork. Regia progenies, d* 
to de sanguine Machar. 

Taddeo nacque nella contea di Cork nel 1455. Datosi alia 

372 



t ANTI IRLANDESI IN ITALIA 

carriera ecclesiastica, ricevette gli ordini sacri in Cork, pro* 
babilmente dai vescovo Guglielmo Roche che successe nel 
1479 a Giordano Purcell. Con queste date a. ritroviamo 
nel bel mezzo della Guerra delle due rose (1455 - 1485), 
decimatrice delTaristocrazia britannica, combattuta fra la 
casa di Lancaster (rosa rossa) e la casa di York (rosa bianca). 
In tal periodo I'lrlanda fu molto lasciata a se stessa, e la 
sua storia e essenzialmente la storia della lotta pel predo- 
minio fra le due famiglie Butler e Fitzgerald. Mentre i si- 
gnori Anglo - Normanni d'Irlanda erano occupati e preoc* 
cupati per le vicende d'lnghilterra, a cui vivamente parte- 
cipavano, i signori di pura stirpe irlandese facevano pace o 
guerra coi vicini e si mettevano da una parte 6 dalTaltra, 
nel corso del grande conflitto, secondo ropportunita perso* 
nale. 

Morto un certo Donaldo, vescovo di Ross, piccola diocesi 
deU'estremita sud^ovest dell'Irlanda (ancora esistente con re^ 
sidenza a Skibbereen, e dipendente dalla metropolitana di 
Cashel), Sisto IV (1471^1484) penso di nominarvi il nostro 
Taddeo, che pet la sua virtu e la sua scienza aveva meri- 
tato la stima universale. Poiche egli non aveva pero ancora 
raggiunta Teta prescritta dai sacri canoni per essere vescovo, 
il Papa ne lo dispense, e la sua consacrazione awenne in 
Roma nel 1482 {aveva solo ventisette anni) nella chiesa di 
S. Stefano del Cacco per mani deirarcivescovo di Anti" 
vari. 

Recatosi nella sua diocesi, dopo poco si trovo di fronte 
un certo Oddone che gli contrastava la legittimita della no' 
mina, pretendendo di essere stato nominato vescovo prima 
di lui. Gli Anglo'Normanni di Cork erano in quel momen* 

373 



IL B. TADDEO MACHAR b'lVREA 

to yorkisti e awersi ad Enrico Tudor (poi Enrico VII, fon- 
datore della dinastia dei Tudor, 1485*1509) figlio di una 
Lancaster: ad essi teneva testa Edmondo de Coursey, ve- 
scovo di Clogher, legato da intima amicizia con Taddeo, in 
cui favore aveva rinunziato all'abbazia di Fonte vivo. Gli 
Anglo^Normanni di Cork denunziarono Taddeo al papa In* 
nocenzo VIII (1484-1492) come amico del vescovo di Clo- 
gher e come intruso nella sede di Ross, alia quale dicevano 
aver diritto Oddone. 

II papa con bolla del 21 agosto 1488, dichiaro Taddeo fi- 
glio d'iniquita, scomunicato e interdetto. piu facile imma- 
ginare che descrivere, quello che dove soffrire il beato. Con 
molta dignita, per non essere di scandalo ai suoi fedeli, 
chiese alia S. Sede che si facesse un'inchiesta. 

Da una bolla di Innocenzo VIII in data 21 aprile 1490 
si apprende che Oddone aveva pochi anni prima rinunziato 
ad una Vicaria parrocchiale per entrare in un convento di 
Frati Minori, ch'era uscito da questo convento prima del- 
Tanno di noviziato e che volendo ricuperare la Vicaria ave- 
va dato denari e fatto regali a chi 1'aveva in essa surro- 
gate (i). Donaldo aveva frattanto rinunzJato in favore di 
Oddone alia diocesi di Ross, e aveva mandate Oddone stesso 
come suo procuratore a Sisto IV, per anmmziargli la rinun- 
zia; ma mentre Oddone era in viaggio per Roma, Donaldo 
era morto. La rinunzia era stata da lui fatta prima che il 



(i) Dobbiamo notare che nelle Comunita Francescane d'Irlanda 
Vinfluenza dei Frati Anglo-Normanni era grande sin dalla fine del 
secolo XIII, e ch'essi, come i Domenicani, ricevevano regolari ele- 
mosine dal re d'Inghilterra, v. GREGORY CLEARY O. F. M., St. Fran> 
cis and Ireland, in: Studies, an Irish Quarterly Review, Dublmo, 
dec. 1926, p. 542 e marzo 1927, p. 56. 

-374- 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

papa, conosciuta la sua morte, nominasse Taddeo. Tanto 
Oddone quanto Taddeo, reputandosi vescovl di Ross, soste- 
nevano le proprie ragioni. Dopo due anni, Innocenzo VIII, 
per porre termine alia questione, incarico Oliviero, vescovo 
di Sabina, di chiamare a se i due pretendenti, di invitarli a 
produrre documenti e lettere in propria difesa, e di emettere 
poi il suo giudizio al riguardo. Questo fu fatto; e, avuta la 
relazione del vescovo di Sabina, Innocenzo VIII con la men- 
zionata bolla del 21 aprile 1490 pronuhzio che Oddone, per 
priorita di tempo, doveva considerarsi vescovo di Ross, e 
imponeva quindi silenzio a Taddeo; ma nel giorno stesso, 
a proclamare Pinnocenza di quest'ultimo, lo nominava ve- 
scovo delle due diocesi di Cork e Cloyne, le quali erano 
state canonicamente unite nel 1430 (i). 

Taddeo cosi succedeva a quel Gugliekno Roche che gli 
aveva dato gli ordini sacri, e che spontaneamente e libera- 
mente rinunziava ora alia propria diocesi. Per tale rkumzia 
il papa assegnava a Guglielmo una terza parte delle rendite 
della mensa vescovile. Nella bolla di nomina di Taddeo, in 
data 21 aprile 1490, Innocenzo VIII dichiarava apertamente 
ch'egli era stato nomkiato e consacrato da Sisto IV ecclesiae 
Rossen tamquam vacanti licet in vero non vacaret, e che lo 
nominava alle altre due diocesi siccome degno per oinesta 
di vita e di costumi, prudente e vigilante nelle cose spiri- 
tuali e temporali, e adomo di altri doni e virtu. Dati i tem- 
pi Iburrascosi, in previsione di nuove difficolta, con una ter- 
za bolla di pari data il papa diceva a Taddeo : Vogliamo 
e di Autorita Apostolica stabiliamo che la provisione e pro- 

(i) Ora sono separate: la residenza della diocesi di Cloyne e in 
Queenstown. 

375 



IL B. 'TADDEO MACHAR D'IVREA 

mozione da noi fatta di tua persona, abbiano la pienezza di 
valore ancorche le Chiese di Cork e Cloyiie avessero a va- 
care per la morte dello stesso Guglielmo o in qualsiasi altro 
mcxlo . 

Ma i dolori di Taddeo non erano finiti. Quantunque no* 
minato vescovo egli non pote entrare in possesso della sua 
Chiesa, perche i beni della mensa vescovile, connivente il 
Comune di Cork e la cittadinanza di Youghal, erano stati 
presi sacrilegamente da quegli stessi signori Anglo *Nor- 
manni che avevano contrastato la sua elezione .a vescovo di 
Ross. Per ben due anni egli fu costretto ad aggirarsi di pae- 
se in paese miseramente: le sue tribolazioni ricordano quelle 
di S. Malachia: ritornb indi a Roma t e ottenne che Inno- 
cenzo VIII, con lettera motu proprio del 18 luglio 1492, 
ammonisse severamente gli invasori, e i loro complici e se- 
guaci, di desistere dal manomettere i beni di quelle due 
diocesi e dal conculcare i diritti del nuovo vescovo. 

Papa Innocenzo moriva sei giorni dopo aver firmato quel 
foglio, il 24 luglio. 

Taddeo fidente neU'efficacia della lettera del Santo Pa- 
dre, mosse da Roma per 1'Irlanda. 

Questo gran signore, questo gran dignitario della Chiesa, 
sul declinare di un secolo pieno di fasto e di rilassamento, 
senza fame motto a nessuno, si mette in strada per la sua 
lontana diocesi a piedi, solo, col bastone e la bisaccia del pel- 
legrino, visitando chiese e santuari, chiedendo ospitalita a 
conventi e ospizi, come un povero mendicante di Gesu Cri- 
sto. La via romana dall'Italia alle Gallic passava per Ivrea. 
Una sera d'ottobre il pellegrino, giunto alia bella cittadina 
posta sull'ingresso della valle della Dora Baltea, dopo essersi 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 

indugiato a pregare, nella penombra del Duomo, dinanzi al- 
rimagine di S. Maria d'lvrea, esce dalla porta settentrionak 
della citta in cerca d'un tetto sotto cui passare la notte: 
discende la rapida china, prende la via d'Aosta. malato e 
stance: forse le protratte penitenze lo hanno indelbolito; or- 
se e affranto dal lungo cammino; certo il martirio morale 
sofferto silenziosarnente negli ultimi quattro o cinque anni 
ha fiaccato il suo cuore: si ferma alia porta di un ospizio. 
Misteriosa coincidenza. 1'Ospizio dei XXI che noi gia co- 
nosciamo, tenuto dai canonici di S. Orso d'Aosta. II ret- 
tore, il Rev. Francesco Chabaud, Vicario Generale e Offi- 
ciale di mons. Francesco Despre, che tenne quell'unicio dal 
1483 al 1498 (i), lo accoglie caritatevolmente; ma in quella 
stessa notte, o piu esattamente all'alba del 24 ottobre 1492, 
lo sconosciuto pellegrino spira. Non aveva che trentasette 
anni. Una luce vivissima circonda il letticciolo al momento 
del suo trapasso: gli inservienti, credendo si tratti d'un in- 
cendio, accorrono per spegnerlo, ma in mezzo a quel chia- 
rore soprannaturale non v'e che la salma sorridente dell'ul- 
timo ospite. Al mattino seguente il Rettore va a riferire il 
caso al Vescovo Niccolo Garigliatti, che si reca a constatare 
ravvenirhento. Per sapere chi sia il morto ne apre la bisac- 
cia, e con maraviglia sua e degli astanti vi trova una croce 
vescovile, un anello, e delle carte che lo qualificano per Tad- 
deo, vescovo di Cork e Cloyne in Irlanda. 

La notizia passa di bocca in bocca, i fedeli accorrono dalla 
citta e dai dintorni, alcuni malati sono miracolosamente gua-- 



(i) V. MARGUERETTAZ, Memoire sur les hopitaux anciens du Val 
d'Aoste, Bollettino dell* Ace. di S. Anselmo, Aosta, 1879, appendice, 
p. 285. 

377 



IL B. TADDEO MACHAR D IVREA. 

riti. II vescovo ordina il trasporto solenne del cadavere alia 
Cattedrale, ove rimane esposto per qualche giomo: indi lo 
a collocare sotto la mensa dell'altare di S. Eusebio (dive- 
nuto poi di S. Andrea) con 1'iscrizione : Cava 5. Eusebii et 
sepulcrum B. Taddei Ep. Hib. D'allora sino al presente il 
corpo u oggetto di culto ed il suo nome venerato col ti" 
tolo di beato. In un breviario del secolo XV, in uso in que- 
gli anni presso il clero, leggesi in nota del calendario del 
mese di ottobre che il b. Taddeo aveva fatto molti mira" 
coli, fra i quali aveva guarito un certo Legerio travagliato 
da fefobri. Del beato si park nelle visite pastorali del 1585 
e del 1647. Nel 1742, Mons. M. de Villa fece fare da tre 
medici della citta la ricognizione del corpo, e rinvenne nella 
cassa una conchiglia da pellegrino e 1'anello vescovile. 

Deposte le sacre spoglie in una nuova cassa, le fece col" 
locare prima nella cappella del SS. Sacramento insieme con 
altre casse contenenti reliquie di Santi, indi sotto 1'altar mag" 
giore della cattedrale ove si conservano tuttora. 

Il Capitolo della Cattedrale ne fa la solenne commemora" 
zione nella 2. a Domenica dopo Pasqua. 

Mons. Agostino Richelmy (poi Cardinale), nominato ve" 
scovo d'lvrea da Leone XIII nel 1886, d'accordo con Mons. 
O' Callaghan, vescovo di Cork (i), promosse il riconosci" 
mento ufficiale del culto prestato ab immemorabili al b. 
Taddeo. La sentenza favorevole della S. Congregazione dei 
Riti, in data 13 agosto 1895, con cui si dichiarava degno 

(i) Domenicano, che era stato a lungo in Italia sia come studente 
sia poi come Maestro dei Novizi e come Priore del Convento di 
S. Clemente in Roma. 



-378- 



I SANTI IRLANDESI IN ITALIA 



degli onori degli altari, u confermata da Leone XIII il 26 
agosto dello stesso anno. 

Nel settembre 1896 si fecero in Ivrea grandi feste in ono- 
re di lui (i). 



(i) Vedi al riguardo del b. Taddeo Analecta Bollandiana f XV, 
p. 458, SAVIO, Gli antichi vescovi d'ltdUa: il Piemonte, p. 179, le 
Vite dei Santi del Piemonte del GALLIZIA e del MASSA, le storie ma* 
noscritte d'lvrea' del P. BENVENUTI e del Can. RoBESTI (citate al 
cap. X, 6), Can. VAUDAGNOTTI, Vita del Card. Richelmy, il Nu- 
mero unico in onore del b. Taddeo Machar, pubblicato dai Chierici 
del Seminario e altri ammiratori, Ivrea, Tomatis, 1896, e sopratutto 
Topuscolo del Can. GIOVANNI SAROGLIA, II b. Taddeo Machar ve- 
scovo irlandese, Ivrea, Tomatis, 1895, dove sono raccolte notizie 
complete e precise. 



379 



PARTE TBRZA 

IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDiESE 
E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 



CAPITOLO VENTESIMOQUARTO 

IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 
E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

i. Venne ima volta nella vallata degli Appen- 
nini in cui riposano le sacre spoglie di Colombana dice 
Mrs. CONCANNON (i) uno che era destinato ad essere co- 
nosciuto da tutto il mondo, proprio sotto la designazione che 
Colombano aveva scelto per se medesimo (peregrinus, pan* 
perculus, Epist. V, Migne, P. L. t T. 8o t c. 274). II Poverello 
d'Assisi ha in comune col peregrinus e pauperculus di Bob- 
bio molto piii che una autodesignazione. Le Conf ormita 
ra Colombano e Francesco sono cosi strette, che si resta 
meravigliati ch'esse non abbiano colpito i biografi di que- 
st'ultimo santo. Per quanto io sappia, nessuno ra loro ha ri- 
cordato la visita di S. Francesco a Bobbio; e tuttavia la de- 
vozione verso S. Colomlbano ch'essa rivela, deve aver avuto 
una notevole influenza sullo sviluppo spirituale di S. Fran- 
cesco e sulle direttive del suo Ordine. 

Non soltanto i due Santi hanno preso a modello lo stesso 
grande Maestro, e hanrio interpretato egualmente i Suoi in- 
segnamenti, in quanto li hanno interpretati letteralmente : 

(i) The life of St. Columban, Dublino, 1915, p. XVI. 

- 383 - 



IL M6VIMENTO RfiLlGlOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO 

non soltanto la rappresentazione che ci facciamo di S. Fran- 
cesco sotto la quercia della Verna, circondato da una mol- 
titudine di uccelli festanti, ci ricorda a forza lo spettacolo 
che vide Cagnoaldo quando serviva Colombano nelle sel- 
vagge foreste del Giura; ma sembra quasi che S. Francesco 
abbia attinto dalla vita e dalla Regola di S, Colombano i 
piccoli dettagli esteriori della vita quotidiana e della Regola 
dei suoi frati. L'abito che portavano, di lana grezza, con un 
cappuccio, era 1'abito dei monaci irlandesi. I luoghi dei 
priml Francescani, format! da piccole capanne di frasche, 
circondate da una siepe come da un vallum, potevano sem- 
brare ricostruzioni di un antico monastero celtico. Davanti 
alia porta di Rivo Torto sappiamo che v'era una gran croce 
di legno, simile a quella che stava davainti alia porta dell'a- 
bate Attala a Bobbio (i). Seguendo i serpeggiamenti di quel 
rivo torto si saliva a certe piccole grotte sui fianchi del 
Subasio, che Francesco chiamava le Carceri e usava per 

10 stesso scopo di ritiro e d'orazione per il quale Colombano 
usava il suo cdrcair. Ci puo esser dublbio ch'egli prendesse 

11 nome in prestito da lui? 

E la missione dei due uomini era la stessa. Francesco 
e stato inf atti definito inella Legenda Trium Sociorum : 
pads et paenitentiae legatwnem amplectens. Questa frase 
sintetizza anche per Colombano Topera di tutta la sua vita. 
La missione di pace fu compiuta nelle scuole da lui fon^ 
date e nei campi riscattati dalla selvaggia sterilita dei de- 
serti mediante la dura fatica sua e dei suoi compagni. La 
missione di penitenza u compiuta in quel ministero dell'a- 

(i) V. RYAN, Irish Monasticism, p. 234. 

384 



' .1,,., 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

micizia delle anime (i) che tanto giovo a incorporate il lai' 
cato nel solido edificio della Chiesa. Il simbolismo del Me* 
dio Evo cosi ammirevolmente interpretato nelle pagine de 
La, Cathedrale di Huysmans, vedeva nel laicato le pietre 
delle mura della Chiesa alcune delle quali eraiio grandi ed 
altre piccole , unite imsieme come i forti e i deboli nella 
comunione dei fedeli. In quella terribile Gallia del VI se- 
colo (di cui Gregorio di Tours ci ha fatto la cronaca e ci 
ha dipinto uomini e donne) le mura della mistica Catte- 
drale erano quasi completamente sgretolate e polverizzate, 
sotto Tassalto di appetiti e passioni orrende. Religionis vvt' 
tus pene habebakur. Fides tantum nutnebat christiana n&m 
frenitentiae medicamenta et mortificationis amor vix vel 
paucis in ea Yeperiebatur locis, dice Giona. Colombano rigua^ 
dagno il laicato al vero cristiahesfmo, lo incorporo di nuovo 
nelle mura della Chiesa col suo ministero de!T amicizia del' 
le amme e lo 'puntello con le numerose comunita religio^ 
se maschili e femminili che derivarono il loro primo impul^ 
so da Luxeuil. Chi ha la mente aperta alTinterpretazione 
del simbolo e del mistero non trovera strano ch'una delle 
chiese di Colombano fosse costruita sulle rovine d'un antico 
tempio romano di Diana, quasi a significare cio che la sua 
missione di pace , nelle scuole e nei campi, doveva fare 
per la nuova civilta cristiana d'Europa, riconsacrando Teredi- 
ta culturale lasciataci dalTantica Roma; che un'altra fosse 
ottenuta riconsacrando una chiesa cristiana contaminata dagli 
adoratori degli idoli; ch'una terza fosse innalzata di nuovo 
sui ruderi d'una diroccata basilica dedicata a S. Pietro. Allo 

(i) Anmchara, v. cap. II, 5 e III 2. 

-385- 

25 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

stesso modo Francesco restauro molte chiese e papa Inno- 
cenzo ebbe un sogno in cui lo vide, povero omicciattolo, 
miseramente vestito, tender su la possente mole del Late- 
rano. 

In quelk concezione cavalleresca della santita per cui 
Francesco vide nei suoi campagni i Cavalieri di Cristo, ri* 
conosciamo Tantica idea irlaindese dei Milites Christi. I pa- 
ladini di Carlo Magtio e gli eroi della Tavola Rotonda d'Ar- 
tii, erano certo presenti alia mente di S. Francesco, allor ch'ei 
considerava i rapporti suoi e de' suoi frati con Cristo, come 
i rapporti di Cavalieri col loro Sovrano. Quando vediamo 
come venisse facile alia peiina di Colombano la metafora 
della milizia sia scrivendo ai compagni rimasti a Luxeuil, 
sia scrivendo a Papa Bonifacio siamo costretti a credere 
che anch'egli pensasse a quei Cavalieri della sua patria che 
avevano insegnato la Cavalleria aU'Europa. 

Si potrebbe scrivere un lungo capitolo sulle conf or- 
mita fra Francesco e Colombano. Ma abbiamo detto ab' 
bastanza per poter fondatamente asserire che se i Benedet- 
tini furono gli eredi materiali di Colombano, i Francescani 
furono i veri eredi del suo spirito. E forse e in cio una 
buona spiegazione della meravigliosa propagazione deU'Or" 
dine Francescano in Irlanda. Quando i figli di S. Francesco 
misero la prima volta il piede sul suolo irlandese, essi ri- 
portavano indietro all'Irlanda quello ch^ssa aveva dato al" 
Tltalia alcuni secoli innanzi. E questa e forse una delle ra- 
gioni per cui il frate bruno, the Brown Friar, ha avuto il 
privilegio di trovarsi sempre presente ai momenti supremi 
delTeroismo e dell'agonia dell'Irlanda . 

In queste pagine vi sono delle cose, a mio awiso, molto 

386 



It MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCAN6 

giuste, e delle cose che inon si possono assolutamente accet- 
tare. 

Anzitutto non e ammissibile, perche ncttamente contra* 
rio alia verita storica, presentare S. Francesco come una de- 
rivazione da S. Colombano, quasi come un imitatore e un 
resuscitatore degli ideali di lui t che assai probabilmente mal 
conosceva ed eventualmente, pel nome di Bobbio, identifi- 
cava come doveva avvenire presso quasi tutti gli Italiani 
del sec. XIII con gli ideali benedettini (i). Ne Pimita- 
zione si puo appoggiare su argomenti cosi tenui quali la coin- 
cidenza fortuita dei nomi cdrceri e carcdir, k somiglianza 
deirabito (ch'era di diretta ispirazione evangelica), o Pere- 
zione di una croce di legno. L'originalita tutta italica di San 
Francesco e storicamente fuori discussione* 

In secondo luogo non e ammissibile, quando non si vo- 
glia indurre il lettore in errore, tacere le differenze enormi 
fra la personalita dolcissima del saaito serafico, e la persona- 
lita di Colombano, veemente, sdegnosov terribile nelle uv 
vettive e nelle apostrofi, un vero profeta come ben dice 
il MARTIN (2) della famiglia degli Elia, degli Eliseo, dei 
Giovanni Battista. 

Pero che fra lo' spirito del movimento irlandese del VI- 
VIII secolo e lo spirito del movimento francescano del XIII- 
XIV secolo vi siano dei' punti di contatto, e a mio avviso 
perfettamente vero. E appunto per questo, in tutte quelle 
cose in cui certi lati del carattere di Colombano si eclis- 
sano, e in lui rimane soltanto un illustre rappreseintante del- 

(1) Dante non fa neppure un posticino a Colombano, in Paradiso. 

(2) Saint Columban, p. 174 ss. 

-387- 



it MOVIMENtO RELlGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENt6 FRA&CESCAN6 

la religiosita celtica in generate, e vero che S. Colombano e 
S. Francesco sono ravvicinabili. 

Mi propongo in quest'ultimo capitolo di fermarmi un poco 
su tale argomento particolarmente interessante 'per gli Ita- 
liani e per i Francescani, anche perche il confronto ci per- 
mettera di fare un'utile sintesi delle caratteristiche di quel 
movimento irlandese del quale albbiamo cercato le traccie 
sul nostro suolo. 

La CONCANNON dice in una nota (p. XVII) che il Dr. 
SHAH AN era stata Tunica persona (i) che prima di lei aves* 
se richiamato Tattenzione sulle sorprendenti somiglianze 
ra S. Colombano e S. Francesco. Mi sono procurato una 
copia dell'articolo dello Shahan, ma non vi ho trovato nul- 
la al riguardo: imagine sia errata la citazione. 

Invece trovo nella prefazione scritta dal Padre Augustin, 
O. S. F. C., per il volume del GOUGAUD, Gaelic Pioneeers 
of Christianity (2), i seguenti accenni (pp. XVIII e XIX): 
Ci sembra di vedere questi Confessori irlandesi mettersi 
in cammino, qualche volta da soli ma in generale a piccole 
bande o a gruppi di dodici, senza un piano prestabilito, ab' 
bandonandosi, nella pienezza della loro ede, alia guida del* 
lo Spirito di Dio. Generalmente portavano una tunica di la* 
na non tinta, alia quale poi s'attacco un cappuccio, simile 
alTabito che fu piu tardi adottato dal dolce S. Francesco 
d'Assisi; il loro bagaglio si limitava a un bastone, a una bor- 
raccia di pelle pendente dalla spalla, e a una borsa o bisac* 
cia contenente qualche libro prediletto e qualche reliquia 

(1) An Irish Monastery in the Apennines, nell' American Catholic 
Quarterly Review del luglio 1901. 

(2) Dublino, 1923. 

-388- 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

di santi... Come 11 gentil Poverello, la cui vita e la cui re- 
gola hanaio tanto in comune con le loro, e che qualche se- 
colo dopo doveva portarsi per devozione al Santuario di Co- 
lombano a Bolbbio, essi erano veramente tutti presi 'd'a- 
more per Cristo e possedevano in piena e generosa misu- 
ra quell'affezione persdnale a Lui che purtroppo manca al- 
1'eta presente, ma che alimentava inei loro cuori il calor bian- 
co di una passione che nessun sacrificio poteva saziare e 
nessuna sofferenza vincere. 

Un accenno alia visita di devozione di S. Francesco, coihe 
fatto sicuro, si trova nel bel discorso tenuto dal Card. Lo- 
GUE a Bobbio il 25 marzo 1906 : Come ci e caro pensare 
che il Poverello d'Assisi e penetrato un giorno, mosservato, 
nella cripta di questa Basilica, e li, con le braccia stese, s'e 
prostrate dinanzi alia tomba del nostro gran patrono e pro- 
tettore (i). E menzione del pellegrinaggio del Padre Sera- 
fico si trova anche neirappello lanciato dallo stesso Cardi- 
nale agli Irlandesi per i restauri di quel Santuario il 24 no- 
vembre 1906. 

In modo dubitativo e esso rammentato nella Lettera pa* 
storale per la Quaresima 1923 di Mons. P. CALCHi-NovATi, 
vescovo e conte di Bobbio (2) : Una pia tradizione (e per- 
che non accoglierla?) ne da che S, Francesco d'Assisi pelle- 
grinb a questa venera'ta cripta, dando il suo bacio al grande 
monaco irlandese , 

Onde prima d*ogni altra cosa sara bene vedere rapida- 
mente quale documentazione possediamo circa questa in- 
teressante visita. 

(1) V.: Irish EccL Record, vol. XIX, maggio 1906, pp. 446-450, 

(2) Bobbio, Tip. Baldini e Foppiani, 1923, p. 19. 

-389- 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

2. Nessuno degli antichi biografi. di S. Francesco 
ne parla: e neppure per quel ch'io sappia dei mo- 
denni. Le notizie che possediamo al riguardo, si trovano 
soltanto ra le notizie storiche del convento di S. Francesco 
di Bofobio, certamente uno degli antichi dell'Ordine, fon* 
dato molto probabilmente gia nella prima meta del sec* XIII 
e appartenente alia Provincia bolognese (i). 

FRA SALIMBENE racconta nella sua Cronica (2) dresser 
passato per Bobbio nel 1249. Item millesimo supraposito 
post festum sancti Antonii Paduani, sive Hyspani, qui est 
ex ordine fratrum Minorum, de conventu lanuensi recessi 
cum socio meo [lohdnnino de OHt's] t et venimus Bobium, 
et vidimus unam de ydriis Domini, in qua Dominus ex aqua 
vinum fecit in nuptiis. Dicitur enim esse una ex illis. Si est, 
Deus novit, cui nota sunt omnia, aperta et nuda. In ea sunt 
multe reliquie. In altari monasterii Bo bit est. Et sunt ibi 
multe reliquie beati Columbani, quas vidimus. Post hec ve* 
nimus Parmam... . Egli npn accenna al soggiorno bobbiese 
di S. Francesco, ne esplicitamente all^esistenza d'un convento 
bobbiese di Minori. Tuttavia e verosimile che la dicitura 
venimus Bobium sottintenda al nostro convento , come 
la successiva dicitura venimus Parmam. 

II GONZAGA (3) cosi parla de conventu 5. Francisci Bobij: 
Extra istius igitur civitatis muros conventus hie, Seraphico 

(1) Qualche documento riguardante la sua fondazione potrebbe 
trovarsi ra le carte bobbiesi dell'Archivio di Stato di Torino, anche 
perche il suolo fu generosamente donato ai Francescani, come di 
consueto, dai Benedettini. II Codice Diplomatico pubblicato da Cl- 
POLLA e Buzzi si ferma al 1208. 

(2) Ediz. Holder-Egger, MM. GG. HH., p. 332- 

(3) De origine Seraph. Religionis Franciscanae, Roma, 1587, 
parte II, p. 268. 

390 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

Patri Francisco sacer, atque a 12 fratribus inhabitatus, exsur* 
git: qui sane antiquissitnus est, atque eidem Seraphico patri 
co'evus: cum, indubia seniorum traditione, ab eo aliquando 
inhabitatus fuerit. Innititur vero huiusmodi traditio duabus 
Pontificiis bullis in huius loci tabellario asservatis: quarum 
altera a Nicolao III Summo Pontifice 30 anno a morte divi 
patris Francisci, altera vero ab Alexandra IV Pont, itidem 
max. iij tantum anno post ejusdem patris mortem, data fuit : 
et utraque hujus sacrae aedis tamquam omnino perfectae, 
retroque aedificatae mentionem facit... . Qui troviamo ben 
stabilita la tradizione del passaggio di S. Francesco per Bob' 
bio e appoggiata airautorita di due bolle pontificie che 
dovrebbero dimostrare essere stato il convento edificato pri- 
ma della di lui morte. Ma la crpnologia non e rispettata, 
Alessandro IV essendo stato papa dal 1254 al 1261, e Nic* 
colo III dal 1277 al 1280. 

II WADDING (i) nomina il convento ma solo in occasione 
di indulgenze ad esso concesse da Niccolo IV (1288-1292) 
nel 1290 (2). 

Mons. Stefano Rebolini, di Bobbio, mi scgnala VQrdo pro- 
cessionum Cleri Bobiensis (3), ove, descritto Titinerario della 
processione della feria III in Rogationibus usque ad Eccle* 



(i) Annales Minorwn, tomo V, p. 244, n. 27. 

(2). Nel tomo XIII, p. 146, n. 75, all* anno 1459 parla di un mo- 
nastero di Clarisse in Bobbio, denominate da S. Chiara e fondato 
ante aliquos annosi e nello stesso tomo, a p. 380, n. 27, alia data 
del 1465, parla di Sorores Monasterii Sanctae Claras Bobiensis Tertii 
Ordinis, alle quali omnia et singula conceduntur privilegia et gratiae 
quomodolibet concessa sororibus quibusvis ejusdem Instituti, sub re- 
gimme Fratrum Mtnoram de Observantia degentibus. 

(3) Mediolani, 1756, ap. Federicum Agnellum. Ne esistono due 
precedent! edizioni, del 1459 e 1627. 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

siam S. Francisci, e detto (p. 63 ss.): Etsi superioribus an* 
nis renovata fuerit h&ec D. Francisci Ecclesia, una tamen 
cum adiuncto Coenobio antiquissimae fundationis procul du* 
bio dignoscuntur. Siquidem constans veterum traditio est, 
eundem Seraphicum Patrem Franciscum aliquando hanc se- 
dem incoluisse prout comprobari videtur, turn ex angusta 
quadam Cella, in superiori Conventus Dovmitorio adhuc ex. 
tante, quam inhabitasse creditur, turn etiam ex Pontificiis 
Bullis Alexandra IV 1256 et Nicdai III 1278 editis, et in Ta< 
bulario Fratrum ttsservatis. Olim in hoc coenobio alebantur 
duodecim Religiosi ad minus, et magna erat Civium ergo. 
Seraphicum Institutum devotio, cum omnes ferme Bobien* 
ses incolae Tertio S. Francisci Ordini, qui nutxime alias flo* 
ruit in hac Ecclesia, adscriberentur . Qui si parla d'una cosa 
nuovat dell'esistenza d'una cella di S. Francesco, nel con- 
vento bobbiese (i). 

FLAMINIO DI PARMA (2) invece fa passare S. Francesco per 
Bobbio prima dell'edificazione del convento, anzi ne fa il 

(1) Noteremo che quest* Ordo processionum (p. 71) parla anche 
del Monastero e della Chiesa di S. Chiara. Perantiqua est haec 
S. Clarae Ecclesia, penes quam degunt Sacrae Deo Virgines sub 
Regula Seraphici P. 5. Francisci, cujus institutum jam fere per sex 
saecula ab ipsis amplexum, religiose adhuc servatur. Olim supra 
triginta sorores in hoc asceterio commorabantur, sanctitatis et obser- 
vantiae fama celebres, quae licet ex antiqua institutione a claustris 
egredi libere possent, a Pio Papa II anno 1458 supplices petierunt, 
ut sibi sub arctissima Clausurae custodia et lege vivere imposterum 
ex solemni voto liceret, quod, prout ex Pontificis litteris ejusdem 
datis Mantuae primo sui Pontificatus anno, in earundem Archivio 
asservatis, evincitur, impetrarunt, et hue usque ab ipsis diligenter 
observatur . II Monastero ha sussistito fino alia soppressione napo' 
leonica del 1802. 

(2) Memorie istoriche delle chiese e del conventi dei frati minor* 
dell'Osservante e Riformata Provincia di Bologna, Parma, 1760, 
It p. 4 

392 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

fondatore. Ripete gli errori cronologici del Gonzaga. Egli 
dice : Conviene riferire lo stabilimento dei Frati Minori in 
Bobbio, imperocche seblbene nan ritrovisi alcun monumento, 
che di cio ci erudisca, pure la costante tradizione e molte 
congruenze ci persuadono essere cio avvenuto in occasione 
del passaggio per cola del Serafico P. S. Francesco. II Vadin- 
go in piu luoghi, ed altri scrittori delle gesta del S. Padre 
ce lo descrivono nella Lombardia e nel Piemonte ora ivi 
giunto ritornare addietro, ora di solo passaggio mentre por* 
tavasi verso le Gallic e Spagne, e mentre ine ritomava, pie* 
gando talvolta il suo cammino verso Alessandria e Monfer- 
rato, talvolta verso Cuneo, e proseguendo per gli occidentali 
Appennini della Liguria, passando anche pel ivi vicino Cairo, 
ed inoltrandosi verso gli orientali della Liguria stessa, donde 
poi penetrare nella Toscana. Or certo essendo che il Santo 
Padre passo per le scoscese montagne dei Liguri e che neili 
suoi viaggi espressamente visitava li piu venerati Santuarii, 
anzi talvolta soggiornava alcun poco in quelli, e nelli luoghi 
celebri per le virtu d'austerissimi monaci, e dei Santi loro 
Fondatori, come avvenne in Camaldoli ed altrove, riesce in- 
verosimile che scorrendo pe* monti dei Liguri non decliinasse 
a visitare il vicino Santuario, e Monistero di Bobbio celebra^ 
tissimo nell'Italia, e nell'Europa pei Sagri Corpi ivi venerati 
degli Abbati Santissimi Colombano, Attala, Bertulfo, Bobu- 
leno, pel veneratissimo Cumiano dalla sua sede vescovile in 
Iscozia passato a soggiomare in qualita di semplice monaco 
in questo Monistero, e per la santita di una moltitudine di 
altri austerissimi monaci. Quanto consolante sara riuscito al 
Santo Padre il visitare nelle confessioni della Chiesa del Mo^ 
nistero li sagri depositi di quegli Uomini Santi, rammirare 

393 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO PRANCESCANO 

I'edificante vita di quelli allora numerosi monaci, il vedere 
quei luoghi scoscesi sequestrati dagli strepiti del mondo, con 
altrettanto avra bramato di qui edificare un Convento pei 
Frati del suo Ordine, e I'ottenerme da quei Venerabili Mo" 
naci un sito suffkiente, non sara stato malagevole a lui, che 
e la sua prediletta chiesuola della Porziuncola, ed altri molti 
luoghi per la edificazione di Conventi e propagazione del" 
I'Ordine Suo da Ibeneficentissimi Monaci Benedettini aveva 

^ 

ottenuto. Non mancherebbero certamente di tali cose le ri" 
spettabili antiche e forse anche autentiche memorie, se con* 
servate si fossero nell'edificato Convento le vecchie scritture, 
delle quali era quasi iniuna ritrovasi, sicche conviene atte^ 
nersi alia tradizione, ad alcune osservazioni sulla qualita del" 
Tantico edifizio, e a qualche documento indicante se non la 
fondazione, almeno Tantichita del Convento, ai giorni del 
Santo Padre quasi contemporanea. II Vadingo lo suppone 
e^ificato nel secolo stesso in cui fiori fl Santo Padre, e cio 
argomenta dalla concessione di alcune indulgenze fatta dal 
Sommo Pont. Nicolo IV (Wad., V, anno 1290, n, 17). Piu 
antichi sono perb due monumenti, che nei giorni del Gon" 
zaga conservavansi in convento, e dal medesimo citati, cioe 
una bolla di Niccolo III, emanata 30 anni, ed altra di Ales' 
sandro IV data 3 soli anni dopo la morte del Serafico Padre 
(Gonzaga, P. II, De prov. Bonom. num. 3), nelle quali sup" 
ponesi la Chiesa ed il Convento gia edificato, e dai Religiosi 
stabilmente abitato, imperocche Nicolb III concede alcune 
indulgenze a chiunque nelle forme prescritte visitera la Chie" 
sa di S. Francesco di Bobbio nei giorni dedicati al medesimo, 
a S. Antonio di Padova, ed a S. Chiara. E da quella di Ales> 
sandro IV rivelasi che in quei critici giorni nei quali bolli" 

394 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

vano le gia descritte dissenzioni ra il Clero, e il Popolo, e 
li Monaci, anche 11 poveri Frati non furono esenti dalle in- 
quietudini; imperocche pretendevasi loro impedire il dare se- 
poltura nella propria Chiesa a quei devoti, che desideravaino 
e disponevano di essere ivi seppelliti, onde il Sommo Ponte* 
fice ordina che niuno possa in cio essere loro d'impedimento. 
Smarritasi la bolla citata di Nicolo III si conserva pur anche, 
unico antico monumento in quelTarchivio, la bolla di Ales* 
sandro IV . 

Detta bolla e riprodotta nel Bullarium Franciscanum (i) 
sotto la data del 23 luglio 1257 (terzo del Pontificate di Ales* 
sandro IV) con questa nota: <.< Ut ex cit. Gonftiga colligi 
posse videtur: hujus porro loci, Cenobiique meminit Wad* 
dingus ad annum 1290 n. 27, sed tantum occasions Indul* 
gentiae illi a Nicolao IV elargitae; caeterum origo ejus adhuc 
ignoratur, fuitque 5 locus Custodiae Parmensis in Provincia 
Bononiensi ex veteri Provincial} Ordinis apud Auctorem Po- 
lychronici, et Pisanum Conform. XI, Saeculo XV a nostris 
ad FF. Mmores Observantes translatus . 

Dalla provincia di Bologna il Convento di S. Francesco di 
Bobbio passo nel 1782 alia prov. di Torino (2), alia quale 
rimase fino alia isoppressione napoleonica del 1802. Ecco quel 
che ci dice al riguardo P. CORRADO (3) : Extra huiusce urbis 
! (Bobii) moenia iam ab antiquis temporibus extabat Minorum 

(1) Fr. J. H. SBARALEAE, Romae, 1761, t. II, p. 230. V. anche: 
Eullarii Franciscani Epitome redegit CONRADUS EUBEL, Quaracchi, 
1908, p. 93, n. 958 in nota. 

(2) V.: P. G. PlCCONl, Centone di memorie storiche concernenti 
la Minoritica Provincia di Bologna, Parma, Tip. della SS. Nunziata, 
1906, tomo I, p. 4. 

(3) Historia et chronologica Synopsis almae prov. Taurinensis de 
Observantia, Taurini, typ. Castellazzo e Caretti, 1856, p. 104. 

395 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

conventus, quern Ordinis scriptores ex non dubiis monumen' 
tis eidem Seraphico 5. Francisco coaevum asserunt. Hie con- 
ventus Divo P. Francisco dicatus a duodenis Fratribus ui 
plurimum incolebatur, atque ad Bononiensem Ordinis Pfo- 
vinciam spectabat. Ast anno 1783 huic Divi Thomas Apostoli 
accessit, in eoque fratres habitavere, spiritualia pro tempoTa* 
libus subsidia Civibus sedulo praestantes, usque ad annum 
1802 . 

Nella soppressione napoleonica, le carte degli Archivi del 
Monasteri di S. Francesco e di S. Chiara subirono la stessa 
sorte di quelle delTArchivio di S. Colombano. Dopo esser 
rimaste fino al 1815 depositate presso la Sottoprefettura di 
Bobbio, furono inventariate e passarono (per Voghera e forse 
per Alessandria) airArchivio di Stato torinese, ove erano gia 
nel 1821 (i). Oggi il fabbricato del Convento di S. France- 
sco e della Chiesa annessa esistono ancora; ma la Chiesa e 
diventata un fienile, e il Convento fa compassione per lo 
squallore desolante a cui e ridotto. In una parte di esso abi- 
tano due famiglie di mezzadri, il resto e disabitato. Quella 
ch^era la sagrestia e ora il laboratorio di un falegname. Il 
tutto e proprieta del Senatore Marchese Obizzo Malaspina, i 
cui antenati lo comprarono dal Demanio dopo la soppres- 
sione del 1802. Due magnifici elci secolari, che sorgevano 
dinanzi alia Chiesa e che il popolo diceva piantati da San 
Francesco, furono abbattuti durante Tultima guerra. 

Da quantO' abbiamo >esposto risulta ben chiaro come accan- 
to alia tomba di Colombano sia fiorito sin dal secolo XIII 
un centra di francescanesimo, e come sia antica la poetica 

(i) V.: ACHILLE RATTI, Le ultime vicende della BibL e deWAf" 
chivio di S. Colombano di Bobbio, Hoepli, Milano, 1901, p. 26. 

396 



iL fttbViMBN'ro RELidioso IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCISCANS 

tradizione del passaggio di S. Francesco per Bobbio, e delk 
sua devozione verso S. Colombano. Ma mi pare che ci dob' 
biamo contentare di lasciare ad essa un valore simbolico, 
piuttosto che storico. Infatti la mancanza di ogni accenno al 
riguardo nei primi biografi di S. Francesco e specialmente in 
TOMMASO DA CELANO che pur ricorda il passaggio di lui per 
Alessandria ove awenne un miracolo (i), il silenzio di FRA 
SALIMBENE che pure passo per Bobbio nel 1249, cioe solo 
23 anni dopo la morte del Serafico Padre, il silenzio del 
WADDING, irlandese, che pur conosceva la tradizione gia rac- 
colta dal Gonzaga, la discordanza delle memorie locali circa 
Tepoca della visita, che ora e posta prima della fondazione del 
convento ora e posta dopo, fanno dubitare assai della realta 
di essa. Alcune fonti storiche bobbiesi che attriibuiscono la 
fondazione del convento a S. Francesco, dicono ch'ei sarebbe 
passato per la Val Trebbia andando da Genova, dove avreb- 
be tenuto capitolo, a Piacenza; ma il prlmo Capitolo gene- 
rale in Genova u tenuto solo nel 1244 (2), e il CAMPI 
nega (3) che S. Francesco, nelle sue peregrinazioni in Lom- 
bardia e in Francia, sia passato per Piacenza (4). 

D'altra parte la visita a Bobbio non si pu6 smentire cate- 
goricamente, perche siamo molto al buio circa gli itinerari di 
S. Francesco in Alta Italia, sia nel periodo 1213-1215 (viag- 
gio in Francia e in Spagna), sia nel 1220 (dopo il ritorno dal- 



(1) Vita II S. Francisci Assisiensis, cap. XL VIII. 

(2) V.: HOLZAPFEL, Maniide historiae Ordinis Fratrum Minorum, 
1909, p. 622. 

(3) Storia Eccl. di Piacenza, II, libro XVI, all'anno 1221. 

(4) V.: P. ANDREA CORNA, Storia ed Arte in S. Maria di Caw 
pagna (Piacenza), Bergamo, Istituto Italiano di Arti Grafiche, 1908, 
p. 116. 

397 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

1'Oriente). Anche per le varie citta di Lombardia che vanta- 
no visite del Santo Milano, Monza, Treviglio, Oreno, 
Iseo, Bergamo, Brescia i document! mancano del tutto e 
non abbiamo che tradizioni piu o meno antiche (i). 

3* Se fra. S. Colombano e S. Francesco, presi nelle loro 
caratteristiche individuality mal si sostiene il paragone, e se 
la devozione personale di S. Francesco verso S. Colombano 
non risulta storicamente provata, e pero innegabile come 
abbiamo detto che fra il movimento monastico irlandese 
e il movimento francescano vi sono delle intime rassomi' 
glianze, che colpiscono chiunque osservi iserenamente ed at- 
tentamente i due fenomeni. 

Prima di entrare nella sostanza di queste rassomiglianze, 
credo necessario di fermarmi un momento ad esaminare la 
vera importanza di una connessa questione, ch'io considero 
di forma ma che, con gli equivoci cui da luogo, potrebbe im- 
pedirci d'arrivare al midollo del fenomeno storico e impri' 
gionarci in una visione ristretta ed errata del medesimo. 

Parlo della questione delle Regole. 



(i) V.: P. P. M. SEVESI, Gli albori del Francescanesimo in Lorn* 
bardia, Saronno, 1930. Ci sia qui lecito indicate di passaggio uno 
strano equivoco in cui e incorso il PENNACCHI nel tradurre lo Spe* 
culum Perfectionis (FRATE LEONE, Lo Specchio di Perfe&one, volga^- 
rizzato da Francesco Pennacchi, Soc. Editr. Toscana, S. Casciano 
Val di Pesa, 1925), che potrebbe indurre qualche lettore in errore 
cipca i rapporti di S. Francesco con S. Colombano. In ben tre punti 
(67, no, 115) egli chiama eremo di S. Colombano presso Rieti 
il romitaggio di Fonte Colombo (eremitorium de fonte columbarum). 
II nome di fans columbarum, com'e noto, si ritiene imposto all f e' 
remo da S. Francesco per la fontana ivi esistente a quo heremito* 
rium ibidem constructum usque hodiernum diem locus fontis co* 
lumbe vocatur (Actus S. Frtincisci in Voile Reatina, cap. II). Non 
si hanno indizi di cappelle dedicate a S. Colombano ne in Umbria 
ne in Diocesi di Rieti. 

-398- 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

In verita, i monaci irlandesi non hanno avuto, fino a San 
Colombano, vere regole, e spesso hanno applicato usanze 
straniere, come queile di Lerins introdotte gia da S. Patri- 
zio (i). Sino alia fine del VI secolo, cioe fino all'affermarsi 
della Regola benedettina, la stessa cosa aweniva del resto 
anche in Italia, e nelle isole del Mar Tirreno, e in Gallia: i 
molti monasteri ivi esistenti (compreso quello di Cassiodoro 
a Vivario, e quelli di Lerins stesso e di Tours) avevano cia- 
scuno le loro usanze e le loro speciali tradizioni, basate in 
molti casi sulle norme di Cassiano o su altre norme orientali, 
ma non avevano vere e proprie regole scritte.(2). Non deve 
quindi far meraviglia se anche presso gli Irlandesi la parola 
regola non indica a quell'epoca, nelle loro Vite di Santi, un 
insieme di prescrizioni sistematiche di vita religiosa, ma sol" 
tanto I'insegnamento ascetico d'un dato santo, dispensato 
oralmente o per via d'esempio, oppure 1'osservanza tradizio- 
nale, non codificata, d'un dato monastero, Sono in genere 
pie sentenze ed esortazioni, in prosa o in versi (3), Sotto il 
nome di Columba va una brevissima regola per eremiti. Uo 
poco piu sviluppata e la curiosa regola dei Culdei, attribuita 
a Maelmain di Tallaght. Ma in fatto di regale monastiche 
propriamente dette, uscite di penna irlandese, non si puo ci- 
tare altro che quella scritta in ktino da S. Colombano. Per 
quanto composta per monaci continentali, essa contiene mol- 
te disposizioni che certo riflettono le consuetudini dei mo- 
nasteri d'Irlanda e in particolare queile di Bangor. 

(1) V.: GOUGAUD, Les chr. celt., p, 85 ss.? ALBERS, Aforismi di 
vita monastica, p. 135-144; MARTIN, St. Colomban, p. 4-5 e 192. 

(2) V.: ALBERS, op. cit., p. 61, 89 e 191, e MARTIN, op. cit. t 
p. 28. 

(3) V.: RYAN, Irish Monasticism, p. 411. 

399 ~ 



it MOVIMENTO RELIGiOSO IRLAfcDESE E IL MOVIMENT FRANCESCANO 

Dobbiamo qui ricordare che gli scritti monastici di Colons 
bano sono quattro: la Regula monachorum, che tratta dei 
principi fondamentali e della ragione del vivere monastico; 
la Regula. coenobialis che tratta delle trasgressioni monacali 
e delle relative pene; il Poenitentiale che specifica alcuni di 
tali punti; e VOrdo de vita et actione monachorum, che con- 
tiene bellissime istruzioni o meditazioni pel profitto spirituale 
dei monaci (i). dovere di giustizia rilevare dice il LU- 
GANO (2) a proposito della Regula monachorum come un 
irlandese, educate al monachismo nel cenobio di Banger, e 
fermatosi, apostolo peregrinante, tra i Vosgi, con seguaci e 
discepoli irlandesi e franchi, abbia loro proposto un metodo 
di vita, modellato sulle austerita degli antichi Padri, e, nel 
medesimo tempo, temperate da uno spirito di sapiente di- 
screzione, tutto proprio dei Latini e della Chiesa romana . 

Invece quella che di solito si prende come rappresentante 
dello spirito monastico irlandese e la Regula coenobialis, e su 
essa specialmente s'appuntano le critiche. 

La legislazione di Colombano e stata nel complesso messa 
in confronto da una parte con la legislazione di S. Benedetto 
e dalTaltra con quella di S. Francesco: ed e stata trovata 
in entrambi i casi soccombente. In rapporto alia regola di 
S. Benedetto le si muovono di solito due principali accuse: 
quella di indeterminatezza e quella di eccessiva rigidita E a 
queste due cause si attribuisce generalmente il suo rapido tra- 



(1) V.: LUGANO, San Colombano, p. 18-27; ^ primo e il quarto 
scritto di S. Colombano sono riprodotti secondo 1'edizione critica del 
Seebass nella Riv. Star. Benedettina del 31 dec. 1920, p. 185 ss. 

(2) Op. cit., p. 18. 



400 



IL MOVIMENTO RELIG10S6 IRLANbfiSe fi IL MOVIMENT6 FRANCESCANd 

monto, e la sostituzione con la regola benedettina, meno ri- 
gorosa e piu precisa, che lascia minor campo alia discrezione 
delTabate (i). In rapporto alia regola di S. Francesco, le si 
muove la seconda accusa: quella di eccessiva rigidita (2). 

Nessuna delle Regole antiche dice il FELDER 1. c. 
rimmcia alle pene corpordi, cioe al castigo di commesse 
mancainze, per mezzo di colpi di verga, flagellazione ecc. 
da parte dei Superiori. Il piu inesorabile era S. Colomlbano 
(545-615). Nella sua Regola [il Felder cita soltanto la Regu* 
la coenobiaUs"] il piii grande come il piu piccolo fallo era 
punito con le battiture. Chiunque a tavola dimentica di fare 
il segno della croce sul cucchiaio; chi tralascia 1'araen dopo 
la preghiera; chi parla di se medesimo; chi si scusa dopo un 
rimprovero; chi sputa inutilmente; chi commette tali e cento 
altre consimili cose, deve sottostare alia pena. Ovunque si 
minacciano colpi, che vengono poi anche somministrati cd 
esattamente contati: sei, dodici, cinquanta, cento; tanto che 
ad un povero monaco, con tutto il suo buon volere, era dif- 
ficile passare un giorno solo con le ossa sane. La severita 
quasi barbarica della Regola di S. Colombano fece si, che, 
prescindendo da altre ragioni, dal secolo VII in poi si andas- 
se introduoendo man mano la Regola di S, Benedetto (480* 
543) nella maggior parte dei Monasteri deU'occidente. Bene^ 
detto, da romano finemente abituato ed ^struito che era, pose 



(1) V.: LUGANO, op. dt., p. 41, MARTIN, op. tit., p. 192, CON* 
CANNON, op. cit., p. 277, CABROL, L'Angleterre Chntienne, p. 189, 
GASQUET, Saggio storico della costitugione monastica, p. 22-24, PA- 
SCHINI, Le^j'ont di storia ecclesiastica, II, 8o'8i, PAGNINI, Manuals 
di sloria ecclesaistica, III, i88'i8g, e anche le osservazioni del Gou- 
GAUD, op. cit., p. 381. 

(2) V.: FELDER, L'ideale di S. Francesco d' Assist, I, 336. 



401 

26 



IL MOVIMENTO RELlGlOsO IfeLANDfiSE E 1L MOVIMENTO 1FRAMCESCAN6 

da banda Tinesorabile sistema di punizione, senza pero rinun- 
ciasre totalmente alle pene corporali medesime. Egli orditia 
tnnanzi tutto, che gli elementi piu giovani e meno colti, i 
quali non hanno una conveniente intelligenza per altre peni- 
tenze, commettendo delle colpe gravi, vengano puniti con 
straordinario digiuno oppure con severe battiture . Gli altri 
monaci vengono condannati alia flagellazione allora almeno 
che, castigati gia piu volte prima, non si indussero all'emen< 
dazione. Anche gli statuti della riforma cluniacense-benedet' 
tina (compilati nel 1123) prevedono delle pene corporali gra* 
vissime, in cui, spogliato il dorso del monaco prevaricatore, 
secondo 1'antico costume, lo si lacerava a colpi di verga , 
Persino i Domenicani si attennero fedelmente a questo uso, 
di far flagellare i religiosi, i quali si erano resi colpevoli di 
gravi fatti, nelle pubbliche adunanze, ai piedi di ciascun 
confratello . 

La soppressione delle pene corporali voluta per i suoi figli 
da S. Francesco (il quale tuttavia ha mortificato il proprio 
corpo con una crudezza per nulla inferiore a quella di tutti 
gli altri santi, e quindi anche dei grandi santi irlandesi) (i), 
mostra il concetto altissimo che egli aveva della penitenza e 
la sua indefettibile e inuguagliata fedelta all'insegnamento di 
Gesu Cristo, che con tanta efficace mitezza aveva corretto 
Tadultera (Giov., VIII). Ma gli stessi esempi citati del Felder 
.di altre regole che contemplano punizioni corporali, dimo- 
strano che Colombano seguiva in cio tradizioni ritenute 
vevoli pel bene delle anime da fondatori di comunita 



(i) Hoc solo documento, dice TOMM. DA CELANO, II, n. 129, dis* 
sona fuit manus a lingua in patre sanctissimo. Corpus enim suum 
utique innocens flagellis et penuriis subigebat, multiplicans ei 
nera sine causa. 

402 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOV1MENTO FRANCESCANO 

giose di tutte le epoche, a cominciare da quelli dei cenobi 
della Tebaide (i): ne si deve dimenticare che se egli e stato 
piu rigido degli altri, legiferava in un'epoca ed in mezzo 
a un popolo d'una brutalita e d'una immoralita particolar- 
mente f amose : la Gallia merovingica (2). II giudizio del PEL- 
DER, che dipinge Colombano come un barbasro ignorante 
(mentre inoi sappiamo che cosa rappresentassero allora gli Ir- 
landesi per la cultura occidentale) e che si basa unicamente 
sulla Regula coenobialis e non altresi sulla Regula monadic* 
turn di cui il LUGANO riconosce la discrezione, non deve quin- 
di indurci in errore nell'apprezzamento complessivo dell'idea^ 
le monastico di Colombano, e tanto meno delle caratteristi' 
che di tutto il movimento irlandese, di cui egli e stato certo 
uno dei piu illustri rappresentanti, ma ch'era cominciato gia 
prima di lui e che in molte parti, come nella Scozia e nella 
Northumbria, s'e sviluppato indipendentemente da lui, e pre- 
cisamente sotto Tinfluenza di Jona. Ne e da dimenticare la 
grandissima parte che in tutti i monasteri irlandesi era kscia^ 
ta alia paterna beai'evolenza, al senso di responsabilita, ed al- 
Tiniziativa dell'abate, neirapplicazione delle regole di gover- 
nor Colombano esplicitamente rammenta che la conrezione 
deve essere sempre un rimedio piu che una punizione, e che 
quindi, nelTinterpretazione di un esperto superiore, essa deve 
variare col temperamento, colle abitudini e coi bisogni di 
ciascuno (3). 



(i)V.: ALBERS, op. cit., p. 15 e RYAN, Irish Monasticism, pag. 
282-285. 

(2) V.: MARTIN, op. cti., p. 70-76. 

(3) V. j MARTIN, op. cit., p. 57 e 58. E in omaggio a questo senso 
di responsabiilta del superiore, S. Francesco, d'altra parte, non ha 
esitato in alcuni casi eccezionali ad infliggere anche a* suoi frati vere 

403 



:.-'- . Jt,.. 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

Nessun movimento religioso si puo giudicare unicamente 
sul testo di una Regola scritta: bisogna guardare ai fatti. 
II testo d'una Regola, specialmente quando essa ha quattor- 
dici secoli di vita, e in parte lettera morta; e solo dalla tradi* 
zione che vien vivificata, illuminata, ed interpretata dice il 
BERLIERE a proposito della Regola benedettina (i). E difatti 
questa Regola benedettina, cosi misurata e precisa, ohe de- 
termina fino nei piu piccoli dettagli, tutto cio che riguarda 
Timpiego delle giornate, la distribuzione degli uffici, 1'am- 
missione dei novizi, i voti, il governo della comunita, 
ecc. (2), non ha impedito, nel corso del secoli, la piu straoiv 
dinaria varieta di consuetudini religiose, eremitiche e cenobi- 
tiche, e ha avuto interpretazioni differentissime, starei per 
dire opposte, come ad es. presso i cluniacensi ed i cistercen- 
si (3). Altrettanto si puo dire della Regola Francescana, sotto 
la quale si sono formate, coll'andar dei secoli, non poche fa- 
miglie diverse. Il testo d'una Regola non riceve luce e valore 
se non dallo spirito di coloro che lo applicano. 

Dico di piu. I testi delle Regole il piu delle volte non met 
tono affatto in evideinza quei punti che nello svolgimento 
storico dei rispettivi Ordini, son poi destinati a formare ]? 
speciale caratteristica e la piu bella gloria degli Ordini stessi. 
S. Colombano, ad es., non dice nella sua Regola una parola 
sulTapostolato; eppure egli ha fatto per proprio canto, e ha 
permesso ai suoi discepoli di fare (grazie alia latitudine delle 



e proprie punizioni corporali (v. ad es. TOMM. DA GEL., II, n. 182 
e 206). 

(1) L'ordine monastico dalle origini al secolo XII, Laterza, Bari, 
1928, pag. 73. 

(2) MARTIN, op. cit., p. 192. 

(3) V.: BERLIERE, op. cit., p. 



404 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

facolta riservate agli abati) opera missionaria di meravigliosa 
vastita su tutto il contmente europeo. Nella Regola di San 
Benedetto manca qualsiasi prescrizione riguardo allo studio 
delle lettere (i); eppure la piu durevole gloria dei Benedet- 
tini attraverso i secoli e stata quella del costante ed intenso 
amore per gli studi, della gelosa e prowidenziale custodia 
dei mezzi di studio, dello speciale ardore con cui hanno ono- 
rato della loro profonda dottrina e della loro competeinza 
liturgica la Santa Chiesa di Gesu Cristo. Cosi pure la Regola 
di S. Francesco, che pure e stata la prima a considerare 1'a- 
zione apostolica presso gli infedeli, nan ne parla che con que- 
ste poche parole delTultimo capitolo, che tratta anche di altro 
argomento (del Cardinale protettore dell'Ordine) : Tutti 
quei Frati che, per ispirazione divina, vorranno andare fra i 
Saraceni ed altri infedeli, ne chiedano licenza ai loro Ministri 
provinciali; i quali pero non concedano tale licenza se non a 
quelli che troveranino idonei ad esservi mandati (IL a Re- 
gola, Capo XII). Tutta la meravigliosa fioritura di missionari 
franoescani, che entro pochi decenni dalla morte del fonda- 
tore gia raggiungevano sicut Agni inter lupos i con- 
fini del mondo conosciuto (Giovanni da Pian del Carpine bat- 
teva gia nel 1245 le vie dell* Asia centrale e Giovanni da 
Montecorvino giungeva verso il 1290 a Pechino), e sorta da 
queste poche parole. 

Da cio ben si vede come chi vuol giudicare di un movi- 
mento religioso in base al testo del suo certificato di nascita, 
e non in base al suo spirito animatore, rivelantesi nel pro- 
gresso del suo svolgimento storico, e portato facilmente a 

(i) V.: ALBERS, op. cti., p. 155. 

405 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

cadere in inganni gravi. II movimento irlandese, e in parti- 
colare quello colombaniano, non pub essere giudicato solo 
in base a qualche disposizione scritta penitenziale. La Regola 
di Colombano, malgrado la sua innegabile rigidita in materia 
disciplinare che metteva certo a dura prova la vocazione dei 
monaci (i), aveva mostrato nel VI e VII secolo una grandis- 
sima forza espansiva: e noi siamo dell'awiso che il suo im- 
provviso trampnto, sia dovuto precipuamente a cause di tut- 
t'altro genere, e non si possa rettamente spiegare se non te- 
nendo presenti le circostanze in cui si trovava la Chiesa a 
quell'epoca. 

II MONTALEMBERT (2) nota come i modesti primordi e gli 
oscuri progressi della Regola benedettina in Gallia sfuggano 
quasi alia storia: nessun uomo straordinario, nessun santo 
celebre, ha contribuito con la sua influenza personale a que- 
sta sorprendente vittoria. A Luxeuil e a Bobbjo, la sovrap' 
posizione delle due regole avviene sotto i successori diretti 
di Colombano, e la sostituzione completa della regola bene- 
dettina a quella del fondatore, dopo cinquant'anni dalla sua 
morte. II Concilio di Autun del 670, a cui son presenti cm- 
quantaquattro vescovi presieduti da S. Leggero, ch'aveva egli 
stesso abitato Luxeuil, prescrive ai religiosi 1'adozione della 
Regola di S. Benedetto. Aggiungeremo noi che contempora- 
neamente la Regola di S. Benedetto sostituisce nella Scozia 
e nella Northumbria la Regola di Jona (3). 

II Montalembert vede la ragione di cio (4) nell'unione 

(1) V.: MONTALEMBERT, I monad d'occidente, IV, 312. 

(2) Op. cit., IV, 428 ss. Che cosa divenne la Regola di S. Co' 
lombano : v. anche p. 336 ss. 

(3) V.: ALBERS, op. cit., p. 139. 

(4) Op. cit., p. 433. 

406 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

molto piii intera e manifesta della regola benedettina ccm 
1'autorita della Sede Romana . 

Credo che egli albbia colto nel segno. 

Altra volta prosegue abbiamo dimostrato che non 
vi era in Colombano, e neanche inei suoi discepoli e rampolli, 
nessuna ostilita contro la Santa Sede, e abbiamo citato le 
prove del rispetto dei papi per la sua memoria. Come lui, 
neanche Benedetto aveva ne ricercato ne ottenuto in vita 
sua, pel suo istituto, la sovrana sanzione del papato. Mr 
lungo tempo dopo la sua morte, nel momento stesso in cui 
Colombano s'occupava di far barbicare Topera sua inella Gal- 
lia, quel santo e dotto pontefice che fu Gregorio Magno 
aveva spontaneamente impresso alia Regola benedettina il 
suggello dell'approvazione suprema. A quest'adozione dell'o' 
pera, Gregorio aveva fatto precedere la glorificazione dell'au- 
tore in quei famosi Dialoghi il cui successo dovette essere si 
grande in tutte le comunita cattoliche. II terzo successore 
di Gregorio, Bonifazio IV, in un concilio tenuto a Roma 
nel 610, e con un decreto famoso del quale ci facciamo co^ 
scienza di non avere punto ancora parlato, aveva condannato 
quelli che, piu accesi di gelosia che di carita, sostenevano 
che i monaci, essendo morti al mondo e non dovendo piu 
vivere che per Iddio, erano per questa ragione indegni o in- 
capaci di esercitare il sacerdozio e di ahiministrare i sacra^ 
menti. Il deoreto del concilio riconosce nei religiosi legitti- 
mamente ordinati il potere di legare e di sciogliere, e per 
confondere la folle pretesa dei loro avversari, cita Tesempio 
di Gregorio Magno, che nella sua qualita di monaco non si 
era allontanato dalla sede suprema, e di molti altri i quali 
sotto la veste monastica avevano gia portato 1'anello ponti' 

407 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

ficale. Ma egli invoca sopratutto I'autorita di Benedetto cui 
da il titolo di venerabile legislatore dei monaci e che non 
aveva proibito lore altro che gli affari secolari. Questo era 
un proclamare di nuovo, e nell'occasione piu solenne, che la 
regola di Benedetto era la legge monastic! per eccellenza. 
Era un imprimere una nuova sanzione a tutte le prescrizioni 
di colui che era chiamato trent'anni piu tardi {'abate della 
citta di Roma, da un altro Papa, Giovanni IV, da cui Luxeuil 
aveva ottenuto la sua esenzione dall'autorita episcopale. In 
tal guisa la regola di S. Benedetto adottata e glorificata dal 
papato, identificata in qualche modo con 1'autorita della stes* 
sa Roma, pote vedere il suo. ascendente seguire lo stesso pro* 
gresso di quello della Chiesa romana. lo non ignoro che al 
VII secolo rintervento dei papi nelle faccende della Chiesa 
di Francia fu molto meno sollecitato e meno efficace che nei 
secoli posteriori, ma esso era gia incontrastabilmente sovrano 
e piu che sufficiente per conquistare Tas'senso di tutti ad un 
istituto romano per eccellenza. 

Senza indebolire il valore di questa spiegazione, si po- 
trdbbe rawisare altresi un*altra ragione del fenomeno che 
fece, innanzi che scorresse un secolo, eclissare la regola ed il 
nome di Colombano e trasformo in mona'steri benedettini 
tutte le fondazioni dovute alia potente propaganda deH'apo- 
stolo irlandese. Si puo credere che la causa che ha prodotto 
in Occidente la supremazia di S. Benedetto sopra Piilustre 
suo rivale, sia la stessa che aveva fatto prevalere la regola 
di S. Basilio su tutte le altre regole monastiche dell'Oriente, 
cioe la moderazione, la prudenza, lo spirito piu liberale nel 
governo. Allorche ambedue le regole, di Montecassino e di 
Luxeuil, si sono trovate di fronte Tuna aU'altra, dovette es- 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

sere manifesto che I'ultima era eccessiva sotto il triplice 
aspetto del regime alimentare, della disciplina penale, e del 
modo di governo. S. Benedetto la vinse in forza del senso 
pratico che alia fin fine decide sempre di tutto . 

II Montalembert dichiara di essere debitore di questa os* 
servazione al Padre Lacordaire? noi ammiriamo I'obiettivita 
del conte, e con lui siamo pronti a riconoscere un valore se* 
condario a questo fattore, ma notiamo pure ch'egli -prospetta 
Tosservazione, dicendo espressamente che con essa non vuole 
indebolire il valore -della prima spiegazione. 

P. FERDINANDO ANTONELLI O. F. M. nel suo bello studio 
De re monastics in Dialogis S. Gregorii Magni (i), dopo 
aver rammentato che vari monasteri non benedettini passa^ 
rono anche in Italia alia fine del VI e nel corso del VII se* 
colo, alia Regola di S. Benedetto, osserva : Quod factum 
non solum ex ipsius Regulae excellentia, sed etiam ex fa* 
vore (JMO summi Pontifices institutum 5. Benedicti prosecuti 
sunt explicandum videtur (2). 

Dalle condizioni della Chiesa all'epoca di Gregorio Magno, 
e facile dedurre le probabili, per non dire imperiose, ragioni 
dell'aiuto chiesto e della preferenza concessa dai Pontefici 
ai figli di S. Benedetto. 

Quando Gregorio occupo la sede di S. Pietro (590), 1'Im* 
pero di Occidente era sommerso dallo straripamento barlba- 
rico e Plmpero d'Oriente si sgretolava visibilmente, tentando 
d'asservire la Chiesa e favorendo le tendenze scismatiche, 
funzionalmente incapace ormai a difendere rintegrita del 
suo territorio, minacciato da ogni parte. L* Africa del Nord 

(1) In: Antonianum, 1927, p. 435. 

(2) V. anche: RYAN, Irish Monasticism, p. 412. 

409 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

e ancora agitata dall'eresia donatista: la sua fede si spegne, 
e il paese si rivela mature per la non lontana schiavitii isla- 
mica. La Spagna e preda dei Visigoti e degli Svevi, entrambi 
appena convertiti dall'arianesimo e ancora assai bisognosi di 
formazione religiosa e civile. Nella Gran Brettagna, ripiom- 
bata da oltre un secolo nel paganesimo con 1'invasione anglo- 
sassone, solo i Bretoni di Cambria e di Cornovaglia, e le colo- 
nie irlandesi, mantengono accesa la fede di Cristo e gli usi 
della Chiesa celtica. La Gallia e cattolica ma la disciplina 
ecclesiastica e in essa molto rilasciata per la simonia e Tin- 
continenza del clero* L'ltalia e invasa dai Longobardi contro 
cui lottano a stento i Bizantini: coi vincitori si diffonde il 
loro arianesimo, e non mancano disordini nelk vita eccle> 
siastica, paralizzata dalle violenze e dalle strettezze di una 
situazione penosissima. Esaurita gia dalle guerre gotiche e 
dalla peste del 566, Roma va cadendo in rovina mentre i 
nuovi invasori sono alle porte. 

Gregorio ebbe chiara Tintuizione dell'apporto che le 
razze barbariche avrebbero dato alia storia del mondo e 
quindi delPurgente necessita di prowedere all'apostolato in 
mezzo ad esse : ed ebbe anche chiara Tintuizione della neces- 
sita di sostenere il giovane dominio dei Franchi, ch'era quasi 
la personificazione della cristianita in Europa. Se sotto l f inv 
peto simultaneo delle diverse forze avverse, esso fosse scorn- 
parso, sarebbe stata minacciata di fine la Chiesa e k ci- 
vilta (i). 

La Chiesa romana, che nella sua grande saggezza guarda 
sempre al di la dei fatti contingenti, tenendo sempre lo sguar- 

(i) V. il magistrate libro del GRISAR, San Gregorio Magno, e BER- 
, op. cit., p. 39 ss. e 60. 

410 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

do fisso alia meta assegnatale da Gesu Cristo di conquistare 
a Lui tutti i popoli, che non fa differenza fra vincitori e 
vinti, sapendo come ogni autorita viene da Dio e come i vin* 
citori materiali di oggi saranno spessov spiritualmente, i vinti 
di domani, ch'e abituata a considerate tutte le anime umane 
come ugualmente preziose, doveva naturalmente preoccu- 
parsi e della conversione degli Anglo-Sassoni e di elevare il 
livello morale dei Franchi e della loro Chiesa pur mantenen^ 
doli legati a se. II momento era molto critico e bisognava con 
fermezza, ma anche con tatto t cercar di sapprimere i perico- 
losi particolarismi nazionali e imprim'ere a tutto il corpo della 
Spcsa di Cristo lo spirito universale della romanita. 

Il GRISAR fa acutamente notare (i) come 1'occasione imme- 
diata per revangelizzazioiie degli Anglo-Sassoni fu offerta a 
Gregorio Magno dal fatto the Brunechilde, a lui favorevole, 
venne a riunire nelle sue mani, nel 596, il governo di tutti 
gli Stati Franchi, e quindi si apri per lui la via della Gran 
Brettagna ch'era rimasta chiusa sotto il predeoessore Childe- 
berto, alleato dei Bizantini nelle guerre coi Longobardi. 

Gregorio Magno non ha mancato di scrivere lettere affet- 
tuose a Brunechilde e di colmarla di lodi, sia per gli aiuti 
da essa dati alTApostolo Agostino e ai suoi compagni (2), sia 
per Tappoggio ch'essa accordava al progetto pontificio della 
riumione di un sinodo che riparasse ai gran mali della Chiesa 
franca, e per il quale Gregorio aveva spedito in. Gallia un 
altro suo fido, Tabate di S. Andrea al Celio, Ciriaco (3). Brii' 
nechilde non era un modello di virtu; ma a quel pontefice 



(1) Op. cit., p. 235. 

(2) /&., p. 237. 

(3) lb., p. 252-270. 



411 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

1 

che scriveva saggiamente a Mellito, riguardo a certe costu- 
manze religiose riallaciantisi con tradizioni pagane, che la 
Chiesa permette talvolta la continuazione di qualche abuso 
a fine di sradicarlo a poco a poco con maggiore efficacia (i), 
si puo ben applicare dice il GRISAR (p. 269) Tosserva" 
zione del Card. Caraffa: Principes laudibus demulcebat ut 
audientes, quotes esse debeant, fierent mansuetiores. 

L'atteggiamento invece sdegnosamente intransigente di 
San Colombano verso Brunechilde, Tostinazione di lui nel 
sostenere il computo celtico della Pasqua, in una lettera al 
Papa che sembra non abbia avuto risposta, la renitenza dei 
monaci bretoni a concorrere in primo tempo nelTevangeliz' 
zazione degU Anglo^Sassoni, la simpatia dei monaci celti in 
generale verso i classici pagani che Gregorio temeva (2), 
erano tanti buoni motivi per fargli dubitare, non della salda 
ed esplkita fedelta a Roma di Colombano e dei suoi figli 
ma delTaiuto che da essi >poteva trarre in riguardo alle ne- 
cessita momentanee della Chiesa, la quale aveva bisogno 
d'unificazione e non di particolarismi, di prudenza somma e 
non di veemenza. Gregorio ricorse ai Benedettini di S. An^ 
drea al Celio, sia per gli Anglo-Sassom che per i Franchi, in 
mansioni che pure erano estranee alia loro Regola, perche 
non vi erano altri ordini religiosi organizzati, e perche essi 
eran per cosi dire gente di casa, strumenti sicuramente fedeli, 
interpreti sicuramente prudenti delle direttive di Roma, nati 
e cresciuti vicino, quasi sotto gli occhi, della Santa Sede (3). 

(1) lb., p. 249? v. anche: Vita e Pensiero, 1931, p. 150. 

(2) V. : GRISAR, op. cii., p. 273 e LUGANO, S. Gregorio Magno e 
S. Colombano nella storia della cultura latino., estratto dalla Rtv. St. 
Benedettina, 31 agosto 1915. 

(3) V. : LUGANO, ib., p. 3-7. 

412 



1L M6VIMENTO RfiLIdiOSO IRLANDESE E It MOVIMENf PRAKCEfiCANd 

La lettera di Colombano a papa Bonifacio IV sulla questione 
dei Tre Capitoli (i) e le accuse portate da Agrestino contro 
Colombano al concilio di Macon (2), devono aver contribuito 
a far si che i pontefici succeduti a Gregorio vedessero di 
buon occhio la sostituziohe della regola di Colombano con 
quella benedettina: e le oocasioni in cui la Santa Sede po- 
teva influire in tal senso, erano quelle in cui le si chiedeva 
di accordare o confermare 1'esenzione dei monasteri dalla 
giurisdizione vescovile (3). 

Abbiamo creduto necessario di soffermarci un poco sulla 
regola colombaniana e suile cause del suo tramonto, awe- 
nuto entro il sec. VII, per sgombrare il campo da pregiudizi 
che potrebbero facilmente formarsi, circa lo spirito animatore 
del movimento irlandese, dalla lettura di pagine di autori 
seri come il Felder, prese isolatamente. 

Il tramonto di detta regola non ha d'altra parte modificato 
quello spirito, ine arrestato storicamente respansione del mo- 
vimento religioso scoto, ch'ha raggiunto anzi Tapice nel se- 
colo VIII, come abbiamo visto nel Cap. II. Sotto la regola 
di Colombano o sotto la regola di Benedetto era sempre IV 
nima celtica che vi'brava. 

E possiamo ora passare, sufficientemente illuminati, a con- 
siderate i punti di contatto fra il movimento irlandese e il 
movimento francescano. 

4. Nessuno meglio del FELDER (4) ha messo in rilie- 
vo la perfietta limpidezza e armonia raggiunta da S. Francesco, 



(1) V.: MONTALEMBERT, Op. cit., p. 295 SS. 

(2) Ib., p. 331 ss. 

(3) V. il caso di Luxeuil, ib., p. 336-342. 

(4) Op. cit., Cap. I. 



413 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MoVIMENTO FRANCESCANO 

e nella sua vita e nell'impulso dato ai suoi primi seguaci, 
grazie al ritorno puro e semplice, ma assoluto ed integrate, 
allo spirito evangelico. L'esempio di Cristo e li, per insegnarci 
in ogni caso e vicenda della vita, che cosa doblbiamo pen- 
sare e fare. Uniformarci a quello che ha detto e fatto Gesu 
Cristo. Ideale estremamente arduo ad attuarsi, ma guida sicu- 
ra e forza indefettibile. L'alter Christus, ch'ha saputo rima^ 
nere fedele a quell'ideale, ha fatto del suo passaggio su que- 
sta terra un capolavoro spirituale, un poema di tal cristallina 
e lineare purezza, che non ha riscontro nella storia delTu- 
manita. 

I grandi santi irlandesi, come tutti i precedenti fondatori 
di ordini, sono stati ben lungi dall'avere una visione co- 
sciente cosi chiara, cosi semplice, e cosi completa, della meta 
da assegnare ai loro figli. Ma forse piu di qualsiasi altro, nel 
loro ardente amore ^per Gesu Cristo, si sono avvicinati ad 
essa: vita di preghiera ed opera di carita, esempio e predi- 
cazione, rinunzia al mondo e apostolica attivita nel mondo. 
Noi non troviamo nella storia se non due soli movimeati 
religiosi, quello irlandese e quello francescano, che abbiano 
assunto contemporaneamente, ispirandosi all'esempio del Si- 
gnore e dei suoi primi discepoli, le tre forme cenobitica, ere* 
mitica, ed apastolica, sia per gli individui che per le comu- 
nita (i). Le vite di S. Francesco e del beato Egidio (2) si riav- 
vicinano sotto quest'aspetto a quelle di S. Columba e di 
S. Colombano. Gli uni e gli altri sapevano come la vita di 
comunita fosse una salutare difesa contro i pericoli della vita 
eremitica (egoismo spirituale e orgoglio ascetico) e contro il 

(1) V.: MARTIN, op. cit., p. 19. 

(2) FELDER, II, 149. 

414 



IL MOV1MENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

pericolo de!T impolveramento dei piedi spiritual (spirituO" 
Hum pulverizatio pedum, Bonav. XII 2) della vita errante di 
predicazione. 

Essi sono gH unici due movimeinti che abbiano assunto una 
missione mondiale, non solo in estensione ma in profondita, 
non solo geograficamente ma socialmente. Anche in questo 
S. Francesco ha agito con deliberazione geniale e sicura, 
creando il Terzo Ordine, mentre gli Irlandesi hanno agito per 
oscuro istintOt e memo efficacemente; ma non si puo non ri- 
conoscere nell'affollamento dei mpnasteri maschili e femmi^ 
nili d'Irlanda subito dopo la conversione, che fece deirisola 
quasi un unico grande cenobio (i), e poscia nella pratica del- 
I'anmchara o direziohe spirituale, di cui abbiamo a piu ripre^ 
se parlato, una tendenza ad estendere a tutta Tumanita, a 
tutte le classi sociali Tideale della vita secondo la forma 
del Santo Vangelo (2). 

Dalla stessa comune origine biblica deriva 1'impulso a pel" 
legrinare che caratterizza i due movimenti, ed essi soli. 

Il bisogno di pellegrinare lontano da ogni cosa e da ogni 
persona cara e un corollario diretto del sentire questa vita 
terrena come un pellegrinaggio, come un esilio, rispetto alia 
patria celeste (3). Una delle distinzioni piu fondamentali del' 

(1) V.: GouGAUD, Les chv. celt., p. 73. ' 

(2) Parlando della predicazione di S. Patrizio, il RYAN dice (Irish 
Monasticism, p. 93): In mezzo alle donne la proporzione di quelle 
che desideravano di consacrare la loro vita a Dio era cosi grande che 

10 stesso Patrizio rimase sorpreso. Esse furono poste in piccoli grup- 
pi ad assistere il clero nel servizio della chiesa, piuttosto che in veri 
e propri monasteri . La sorpresa di S. Patrizio ricorda la sorpresa 
se cosi si puo chiamare di Francesco, che lo porto a fondare 

11 Terzo Ordine. 

(3) Advena ego sum apud te, et peregrinus, sicut omnes patres 
mei , canta il Salmo XXXVIII, v. 12: extraneus foetus sum fro* 

415 



IL MOVIMENTO RELlGlOSO IRLANDfiSfi 6 1L MOVlAflENTd FRANCsCAN6 



1'umanita e forse quella ra agricoltori e pastori, fra coloro 
che stanno e coloro che vanno, fra coloro che s'attaccano a 
un pezzo di terra e lo vogliono considerare come proprio, e 
coloro che passeggiano eternamente per gli sconfinati giardini 
della Terra e li sentono di Dio, fra i discendenti di Caino e i 
discendenti di Abele. E sappiamo che le offerte che riusci* 
rono gradite al Signore furono quelle di Abele : e che fu ai 
pastori che 1'Angelo di Dio andb ad annunziare la nascita 
del Salvatore. 

Abbiamo gia ampiamente parlato, nel Capo II i, delle 
peregrinationes pro Christo, pro amore Christi, pro adipi* 
scenda in coelis patria., pro aeterna patria, dei sainti irlan' 
desi (i) t del loro continuo sitire ad patriam. 

In S, . Francesco e nella prima letteratura francescana si 
ritrovano frequentissime espressioni uguali od analoghe. 
Tutti i Frati si studino d'imitane I'umilta e la poverta del 
nostro Signore Gesu Cristo... e non si vergognino di cer- 
care 1'elemosina perche il nostro Signor Gesu Cristo, Figlio 



tribus meis, et peregrinus filiis mains meae , il Salmo LXVIII, v. 
9: cantabiles mihi erant justificationes tuae in loco peregrinationis 
meae t il Salmo CXVIII, v. 54. A questo senso fa appello il Signore 
in Mat. XIX, 29, ad esso fanno appello gli Apostoli in II Cor. V, 
6 ss., Phil. Ill, 20, I Petr. If, n (tamquam advenas et peregrinos), 
e specialmente in Hebr. XI, 12 ss. : Propter quod et ab uno orti 
sunt (et hoc emortuo), tamquam sidera coeli in moltitudinem, et si- 
cut arena, quae est ad or am maris, innumerabilis. Juxta fidem de* 
functi sunt omnes isti, non acceptis repromissionibus, sed a longe 
eas aspicientes et salutantes, et confitentes quia peregrini et hospites 
sunt super terram. Qui enim haec dicunt significant se patriam in* 
quirere. Et si quidem ipsius meminissent, de qua exierunt, habebant 
utique tempus revertendi; nunc autem meliorem appetunt, id est, 
coelestem : ad esso fanno appello S. Cipriano (De mortalitate) e 
S. Agostino (De Cantico novo). 
(i) V.: GOUGAUD, op. dt., p. 135, MARTIN, op. cit., p. 10, 30. 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO ifeLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

di Dio onnipotente, non si vergogno e fu povero e fora-' 
stiere, e visse di limosine lui e la Beata Vergine e i suoi 
discepoli (i). I frati non si approprino nulla, ne casa 
ne luogo, ne cosa alcuna; ma come pellegrini e forestieri in 
in questo mondo, servendo al Signore in poverta ed umil' 
ta, vadano per la limosina con fiducia (2). Si guardino 
assolutamente i Frati dalTaccettare chiese, abitazioni, e tutte 
le altre cose che vengono per essi fabbricate, se non fossero 
conform! alia santa poverta che abbiamo promesso nella 
Regola, sempre dimorandovi come forestieri e pellegrini (3)^ 
Leges enim peregrinorum in filiis suis semper quaesivit, 
sub alieno videlicet colligi tecto, pacifice transire, sitire ad 
patriam (4). I Frati Minori dice il FELDER (5) si 
votavano a Dio, ma non per una casa, volendo portare O' 
vunque la loro attivita senza giammai avere nel mondo un 
posto, benche piccolo, che si potesse dire loro proprio. Essi 
peregrinavano per amore di Grata e conoscevano sola' 
mente ospizi di .pellegrini, giusta la parola del Salmo: I 
mie caaiti sono le tue leggi nel luogo del mio pellegri* 
naggia . 

E il primo periodo deH'ordine francescaho, in conformita 
a questo principio evangelico, e stato quasi direi nomade, 
come il movimento irlandese, per poter predicare la peni- 
tenza a tutte le genti. Famosi sono i successi di Haymo di 
Faversham nel 1224 a Parigi, e quelli di S. Antonio a Pado* 



(1) Regula I, c. 9. 

(2) Regula II, c. 6. 

(3) Testamento di 5. Francesco. 

(4) Tomm. da Celano, II, n. 59. 

(5) I. 172. 



417 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

va nel 1231 (i). La predicazione di questi apostoli nomadi 
della penitenza tendeva a eccitare tutte le classi del popolo 
alTosservanza dei comandamenti e delle leggi evangeliche, a. 
spronarle alia conversione e al mutamento della vita, a ricon- 
durle al cristianesimo pratico (2): e anche in molti casi a in- 
segnare le verita della fede a chi le ignorava, e a convertire 
gli eretici che le negavano, raccogliendo quei meravigliosi 
frutti che valsero ad Antonio il nome di nudleus heretico* 
rum (3). Queste volanti milizie francescane, ch'erano in ve* 
rita affiancate dalle fraterne falangi domenicane, ricotdano 
le volanti milizie di S. Columba fra i Pitti, dei monaci di 
Lindisfarne fra gli Angli, di S. Colombano e S. Gallo in 
Francia, in Svizzera, in Italia (4). 

Tocchiamo qui il punto piu importante di somiglianza fra 
i due movimenti : quello deH'apostolato. 

Lo riconosce in parte anche il FELDER. Gli antichi mo^ 
naci (5) egli dice si votarono essi pure certamente alia 
vita apostolica. Ma con questo essi volevano semplicemente 
dire che, a norma degli apostoli, il monaco si obbligava al- 
Tosservanza nan solo dei comandamenti di Dio, ma anche 
dei precetti evangelici. Ma che egli fosse tenuto, al pari 
degli apostoli, all f azione esteriore, che consiste nell'apostO' 
lato nel proprio senso, non lo pensarono mai. Solo S. Colom* 



(1) V.: FELDER, II, 

(2) lb., II, p. i5 

(3) lb., II, p. 166^168. 

(4) Una societa missionana, fondata verso il 1312 da Innocenzo IV, 
a cui parteciparono anche i Francescani, aveva il nome di Societas 
peregrinantium propter Christum. V.: WADDING, Annales Minorum, 
ed. 1931, III, p. 328 e GOLUBOVICH, Biblioteca btO'bibUografica della 
Terra Santa e dell'Oriente francescano, T. I, p. 228, nota 5. 

(5) II, 102. 

418 



IL MOVIMENTO RELlGlOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

bano si voile assumere il ministero apostolico. Nella sua Re- 
gola infatti non v'e alcun accenno all'attivita >missionaria. 
Che se egli ed i suoi discepoli si acquistarono meriti impe- 
rituri nella predicazione del Vangelo, cib lo si deve innanzi 
tutto alia tradizione irlandese, secondo la quale i monasteri 
dovevano essere i centri della cura delle anime. II medesimo 
vale per le posteriori abbazie benedettine aoglo - sassoni, 
dalle quali uscirono S. Bonifacio e i suoi discepoli. La re- 
gola benedettina, come tale, separava totalmente il monaco 
dal mondo, impedendo cosi la sua attivita missionaria nel 
mondo stesso. 

Infatti la stabilitas loci viticolava perennemente il mona- 
co al chiostro in cui aveva pronunziato i voti (i). Gregorio 
Magno, in via eceezionale, si e servito dei figli di S. Bene- 
detto, per 1'apostolato, in un momento critico per la Chiesa, 
in cui non poteva disporre di altri elementi egualmente fi- 
di. Ma riconosce il BERLIERE (2) la partecipazione 
deirordine monastico [benedettino] non u generale e du- 
revole; se si eccettui la missione romana iin Inghilterra, que- 
sta partecipazione sembra sia stata sopratutto il monopolio 
delle comunita anglo-sassoni, celtiche, e delle loro colonie 
continental! . 

Rileviamo di passaggio che le comunita anglo-sassoni se- 
guirono perb in cib quelle celtiche, cronologicamente e spiri- 
tualmente. Wilfrido, divenuto abate, fece di Lindisfarne il 
centre della reazione romano-sassone contro i Celti, ma lo 
spirito di cui era stato alimentato era proprio quello apostoli- 
co irlandese: Tinfluenza celtica sui monaci anglo-sassoni, spe- 

(1) V.: FELDER, I, 24. 

(2) Op. cit., p. 74. 

419 



1L MOVlMEfcTO RELiGiOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO frRANC;ESCAN6 

cie per quel che riguaida appunto I'attivita apostolica e am- 
messa da tutti gli storici (i). Lo stesso BERLIERE ricono- 
see (2) che uno dei grandi vantaggi del contatto del mo- 
nachismo anglo - sassone col monachismo celta, u la forza 
d'espansione ch'esso ne ricavo, il fascino verso I'apostolato . 
Cosicche 1'opera missionaria di Bonifazio e dei suoi discepoli 
deriva anch'essa, sebbene di seconda mano, dal movimento 
irlandese. Forse lo scopo vero raggiunto pure dai monaci 
d'Agostino non e stato tanto quello di convertire gli An- 
glo-sassorii (opera compiuta in gran parte dai Celti, v. Capi- 
tolo II, 3), quanto quella di portatie oltre Manica la w- 
manita, e di far scomparire 1'elemento debole del movi- 
mento celtico, il suo particolarismo. 

Si puo ben dire, concludendo, che oel medio'evo Tapo- 
stolato, nel suo doppio aspetto di miglioravnenta dei ere* 
denti (predicazione e confessione) e conversione degli infe* 
deli (fino alle piu lontane terre), e un punto fondamentale 
soltanto del programma monastico irlandese e del program- 
ma francescano (3). Giovanni da Pian del Carpine e Gu- 
glielmo Rubruck si spingono, vestiti dell'umile sajo france- 
scaoo, fin dai primi decenni della vita dell'Ordine, nel cuore 
del regno mongolico (4), cosi come Cormac e Brandano s'e- 
rano spinti coi loro imrama, agli inizi del movimento irlan- 
dese, sino alle Orcadi ed all'Islanda (5). 

(1) V.: CABROL, op. ctt., p. 187-191. 

(2) Op. ctt., p. 52. 

(3) V.: GOUGAUD, op. cit., 72; CABROL, op, ctt., 188, e FELDER, 
op. dt., 102). 

(4) V.: FELDER, II, 130-131). 

(5) V.: GOUGAUD, op. cit., 136-138; CABROL, op. cit., 187. 



420 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

Per quanto naturalmente comune a tutti gli intensi mo- 
vimenti religiosi, e a notare il valore fondamentale che ha 
nei due che consideriamo, la preghiera liturgica e la pre- 
ghiera privata. Le lunghe orazioni notturne e la recita quo- 
tidiana dell'intero salterio, le tre cinquantine, imposta da 
molte regole e da molte costumanze irlandesi (i), ricorda le 
preghiere prolungate di Francesco, totus won tarn orans 
quam oratio factus (2). 

Degna di nota e la predilezione di S. Francesco per Tan" 
tica posizione di preghiera con le braccia stese in alto o aper* 
te in croce (3), ch'e anche la posizione di crossfigill fami- 
Hare agli Irlandesi (4). Il Caeremoniale romano-seraphicum 
0. F. M., fino all'edizione del 1908 (5), prescriveva, ex Or- 
dinis consuetudine, che il frate che serve la Messa, fra TE- 
levazione e il Pater Npster, recitasse sei Pater, Ave e Gloria 
genuflexus, brachiis per modum cruets extensis . 

La conciliazione della vita di romitaggio con la vita ce- 
nobitica e con quella apostolica e un'altra caratteristica co- 
mune ai due movimenti. Non solo S. Francesco amava riti- 
rarsi ogni tanto nella solitudine, sotto una rupe o in mezzo 
a un bosco, in luoghi diventati poi famosi come Greccio, le 
Celle di Cortona, le Carceri del Subasio, I'lsola del Trasi- 
meno, Sartiano, la Verna; ma dettava disposizioni speciali, 
De religiosa habitatione in eremo, anche per i molti suoi 
frati che volevano vivere temporaneamente o continuamen- 



(1) V.: GOUGAUD, op. cit., 97. 

(2) TOMM. DA CELANO, II, n. 95. 

(3) V.: FELDER, I, 177; S. BONAVENTURA, X, n. 4. 

(4) V.: Cap. I, 4, e GOUGAUD, op. cit., 98. 

(5) Quaracchi, p. 266. 



421 - 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

te nei romitaggi, abbandonandosi a vita di ininterrotto rac* 
coglimento e di perenne orazione (i). 

Lo stesso aweniva fra i monaci irlandesi. Abbiamo gia 
parlato nel Cap. I, 4, dei loro deserti e delle loro carceri. 
Alcuni vivevano continuamente vita eremitka: molti altri 
senza rinunziar per sempre ai vantaggi della vita di comu* 
riita dice il GouGAUD (2) provavano il bisogno di ab- 
bandonarsi per qualche tempo, nella solitudine, a una con- 
templazione piu intima, a macerazioni piu accentuate. A cio 
si sceglieva spesso qualche isola. Ma le isole erano per al- 
cuni di difficile accesso e soggette alle spiacevoli visite dei 
corsari. Quelli che non volevano azzardarsi a cercar la soli- 
tudine in mezzo ai flutti, si ritiravano in luoghi appartati 
della terraferma, spesso non lontano dai loro monasteri . 

Sopra gli scogli sconosciuti dell'oceano, dove anima viva 
non osasse raggiungerli, cercavano Columba e i suoi disce- 
poli un ritiro anche piu profondo, un asilo anche piu recon- 
dito di quello di Jona (3): in luoghi solitari presso la stessa 
Jona, come la Collina degli Angeli, passava gli ultimi suoi 
giorni TApostolo della Caledonia, fra terribili macerazio^ 
ni (4), Colombano amava ritirarsi nelle foreste o nelle ca^ 
verne della Gallia per quaresime di cinque o sette settima' 
ne, con un unico compagno a portata di voce, oppure com' 
pletamente solo. Quando lo vediamo ivi fra gli uccelli e i 
leprotti che lo circondano riverenti, non possiamo non pen' 
sare a S. Francesco, solo o con Frate Leone a portata di 



(1) V.: FELDER, II, 247*252. 

(2) Op. dt., p. 103. 

(3) MONTALEMBERT, V, 270. 

(4) lb., V, 313. 



422 



JL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

voce, nelTisola del Trasimeno o fra i dirupi della Verna. E 
anch'egli ha passato gli ultimi giorni della sua laboriosa 
vita in grotte e in cappelle solitarie, vicine a Bobbie (La 
Spanna, Coli etc.), implorando fra i digiuni la dolce prate* 
zione di Maria (i). L'agiografia irlandese e piena di rac- 
conti analoghi: ci mostra S. Gallo, il futuro patrono del- 
1'abbazia omonima, fra i boschi e le caverne della Svizzera 
nord-orientale (2), ci mostra S. Sigiberto, patrono di Dis* 
sentis, in una cella di frasche sul San Gottardo, presso la 
sorgente del Reno (3). 

E in.questa vita di romitaggio i santi irlandesi si trova- 
vano a contatto della natura con la stessa letizia, ed eser- 
citavano sugli animali lo stesso familiare ascendente, che da 
tanta poesia ai racconti francescani. Naturalmente qui ci 
troviamo di fronte a un carattere universale della santita, 
che rifulge in modo forse insuperato gia nelle Vite dei Pa^ 
dri del Deserto; ma nei rapporti dei santi irlandesi con gli 
animali (4) ci sono delle sfumature di francescanesimo che 
non possiamo lasciare passare inosservate. Ne daremo un 
esempio col racconto di S. Gallo e dell'orso, che ricorda sin- 
golarmente quello di S. Francesco col lupo di Gubfoio. San 
Gallo, con pochi compagni, scelto nella foresta un luogo di 
ritiro, vi dispose due tronchi di nocciolo in forma di cro^ 
ce, vi attacco le reliquie che portava al collo, e passo la 
notte in preghiere. Mentre durava ancora la sua orazione, 



(1) lb., IV, 301; STOKES, Six months in the Apennines, 187*200. 

(2) MONTALEMBERT, IV, 3I9'32O. 

(3) lb. t IV, 317. V. anche: RYAN, Irish Monasticism, p. 407. 

(4) V. in MONTALEMBERT, IV, 128 ss. il bellissimo capitolo: I 
monaci c la natura ; MARTIN, op. eft., 10 e anche RENAN, La poesie 
des races celtiques, 402*444. 

.423 






IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

un orso scese dal monte per raccogliere gli avanzi del desi- 
nare dei viaggiatori. Gallo gK getto un pane e gli disse: 
in norne di Cristo ritirati da questa valle: le vicine morita* 
gne ti saranno in comune con noi; ma a condizione che tu 
non farai piu male ne agli uomini ne alle bestie . E su que- 
ste basi fu concluso il patto (i). 

L'amore vivis!imo per la poverta e un altro punto di con- 
tatto fra i due movimenti. S. Cadoc non ammetteva nes- 
suno nel suo monastero, se non s'era spogliato d'ogni suo 
avere, persino del suo ultimo vestito: nessuno poteva essere 
ricevuto, secondo respressione precisa della regola, se non 
nudo come un naufrago (2). L'espressione e regale, quanto 
le piu regali espressioni di S. Francesco sulla poverta (3). 
Un giorno che S. Columba (4), tutto gia incurvato dalla 
vecchiaja, aveva cercato, forse in un'isola vicina, un sito re^ 
moto ancor piu del consueto per pregarvi solo, vide una pO' 
vera donna che raccattava delle erbe selvatiche ed anche 
delle ortiche, e che gli racconto che la sua miseria la ridu- 
ceva a non aver altro di che nutrirsi. Subito il vecchio abate 
rimprovero se medesimo amaramente di non essere ancor 
giunto a questo : Ecco qui diss'egli questa povera don- 
na trova che la sua vita miserabile vale la pena di essere cosi 
prolungata! e noi che pretendiamo meritare il cielo con le no- 
stre austerita, viviamo nelle mollezze. Rientrato nel mona- 
stero ordino che non gli si somministrassero altre vivande 
che le stesse erbe selvatiche e amare delle quali la mendi- 



(1) MONTAL., IV, 318. 

(2) MONTAL., V, 71. 

(3) V.: S. BONAV., VII, n. 2; TOMM. DA CELANO, II, n. 194. 

(4) MONT., V, 314-315- 



424 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

cante faceva suo pasto . Cosi S. Francesco se vedeva qual- 
cuno piu povero di lui, subito lo invidiava, e temeva, nella 
gara della poverta d'essere vinto da quello (i). 

I primi monasteri irlandesi erano costituiti, come abbia- 
mo visto nel Cap. I, 4, da celluzze di frasche o di pie- 
tre a secco, contornate da una siepe, come quelli pacomia- 
ni (2) e come poi furono costruiti i primi luoghi francesca- 
ni di Rivotorto (3) e della Porziuncola (4). Altrettanto po- 
vere e modeste erano le chiese, in entrambi i casi. Gli Ir- 
landesi, come attesta S. Bernardo, conservarono in gene* 
rale fmo al XII secolo 1'uso di costruire chiese di legname e 
non di pietra (5). Un belTesempio di spirito di poverta e 
d'umilta offrono gli inizi del monastero di Luxeuil (6) e 
di quello di Bobbio (7). Notiamo che con questo spirito ir- 
landese di poverta fa stridente contrasto ramore caratteri- 
stico della razza anglo-sassone per il lusso e per le appa* 
renze: ne abbiamo degli esempi gia nel VII secolo, nella 
pompa orientale della consacrazione del vescovo Wilfri' 
do (8), nel lusso regale e nelle imponenti costruzioni in 
cui egli amava di vivere (9), nella grandiosita delle abba- 
zie di Wearmouth e di Yarrow innalzate con operai fran- 
cesi e italiani da Benedetto Biscop (10), e nel sec. VIII, nel 



(1) TOMM. CEL., II, n. 83: v. anche Tepisodio del n. 84. 

(2) V.: ALBERS, op. cit., p. 8-9. 

(3) FELDER, II, 153. 

(4) FELDER, I, 167-173. 

(5) V.: MONT., V, 170-171 e LUGANO, op. cit., p. 12. 

(6) MARTIN, op. cit., 33 ss. 

(7) lb., 170-171. 

(8) CABROL, op. cit., 120. 

(9) lb., 125. 
(10) lb., 141-143. 

~ 425 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

lusso delle badesse e delle monache inglesi contro cui si sea- 
gliarpno le proteste di Beda, di Bonifacio e d'Aldelmo. Es- 
se portavano tuniche scarlatte o violette, cappucci e maniche 
guarnite di pellicce e di merletti, trasformavano il sacro velo 
in un'acconciatura d'eleganza che le avvolgeva sino alle ca- 
viglie, s'arricciavano i capelli, tutt'intorrib alia ronte t col 
ferro caldo, e s'aguzzavano e si curvavano le unghie in mo* 
do da farle rassomigliare a artigli di falco (i). 

Con lo spirito di poverta si ricollega sia in S. France- 
sco (2) che in molti santi irlandesi, per es., in Colombano t 
la preferenza per le piccole comunita. Era uso dei mo- 
naci irlandesi di creare, attomo al monastero principale, pic- 
cole comunita che rimanevano alle sue dipendenze: il go- 
verno era cosi piu facile per i superiori, e c'era meno a 
temere il rilassamento, che si produce piu facilmente nei 
chiostri troppo popolati (3). 

Per lo stesso spirito, i monaci irlandesi come i frati fran- 
cescani non si servivano in viaggio d'altro mezzo di tra- 
sporto che delle proprie gambe (4). 

Il FELDER (5) ha molto ben tratteggiato il sentimento co* 
valleresco di S. Francesco. Il cavaliere di Cristo non era piu 
il semplice miles Christi di S. Paolo (II Tim. II, 3), dei Pa- 
dri, e dei fondatori d'ordini religiosi fino a Benedetto: era 
diventato anche il giullare di Dio (6). C'erano passati di 
mezzo i cicli cavallereschi d'Artu e di Rolando, i Trovatori, 



(1) lb., 205. 

(2) V.: Spec, perf., c. 10, e FELDER, I, 168. 

(3) MARTIN, p. 41. 
(4)GoucAUD, 163, e FELDER, I, 173. 

(5) I, 3 ss., 31 ss., 41 ss. t II, 3, 123, 184 ss. 

(6) Joculator Domini, Spec, perf., c. 100. 

426 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

e le Crociate. Quindi s'intende che il sentimento cavallere* 
sco di S. Francesco nan si puo trovar tal'e quale nei mo- 
naci' irlandesi del VI-VIII secolo. Pero nello spirito di quei 
Celti, che proprio in detti secoli davan forma alle eroiche 
leggende ch'affascinarono il Santo d'Assisi fino al punto di 
fargli chiamare i suoi frati cavalien della Tavola Rotoav 
da (i), c'era gia, come in lui, la gioia indicibile di ser- 
vire Cristo come nn Sovrano, di servirlo fedelmente come 
vassalli, d'affrontare qualsiasi avventura per lui, e di annum* 
ziarlo al mondo intero, come veri cavallereschi trovatori. 
Essi respingevano come profani (2) gli antichi racconti 
che avevano dilettato la loro infanzia: le awenture d'Os- 
sian, rimasto per tanto tempo nella terra di giovinezza dove 
1'aveva trasportato una donna montate sopra un bianco 
corsiero: di Bran figlio di Febal, andato a visitar 1'altro 
mondo, o di Artu condotto dalle fate, per non piu ritor- 
nare, nell'isolotto misterioso di Avalon; ma essi si compia- 
cevano di seguire, non senza invidia, il cavaliere Owen e 
tutti i suoi imitatori ch'eran discesi nel pozzo di S. Patri-r 
zio e che, dopo aver espiato i loro peccati in un purgato< 
rio fantastico, avevano contemplato coi loro occhi cio che il 
Signore riserba agli eletti: e parimenti il gran S. Brandano 
che di sorpresa in sorpresa aveva navigate fino al punto in 
cui il sole cala in mare, e incontrato Tisola fortunata dove 
Dio raccogliera i beati, nell'ultima sera dell'umanita. E 
nella leggenda celtica del San Graal (3) e il primo germe di 
quella cavalleria religiosa che poi coue Crociate si svilup* 

(1) Spec, perf., c. 72. 

(2) MARTIN, p. 9. 

(3) V. cap. V, 3. 

427 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

pera nell'Ordine dei Templar! e negli altri ordini militari- 
religiosi. E appunto per lo spirito cavalleresco della loro 
razza, gli Irlandesi avevano anche la letizia francescana e 
il bisogno d'estrinsecarla con la poesia e con la musica, co* 
me S. Francesco. Della poesia e della musica gli Irlandesi 
facevano quasi una parte integrante della religione. Quasi 
tutti i grandi santi irlandesi ci hanno lasciato degli inni o 
dei poemi. Abbiamo parlato al Cap. Ill, I, dei poemi di 
Colombano. II gusto e la pratica della musica erano una 
passione nazionale, presso il popolo irkndese dice il MON- 
TALEMBERT (i). I missionari e le monache furono essi pure 
signoreggiati da quella passione, e seppero prontamente vol- 
gerla alia condotta e alia consolazione delle anime , come 
ad esempio nella bellissima leggenda di Mochuda, fonda- 
tore della citta monastica di Lismore (2). Columba, . amico e 
protettore dei bardi e dei poeti, sfogava in canti la sua te* 
inerezza per le fondazioni che il Signore gli aveva concesso 
di fare, o per le glorie di altri Santuari, o per Brigida la 
raggiante (3), o la sua fede nella Prowidenza quando do- 
vette fuggire dal re Diarmid (4). La musica e la poesia 
s f identificarono sempre piu con la vita ecclesiastica. Fra le 
reliquie dei santi sopratutto veneravasi Tarpa ch'essi avevan 
toccata in vita. Ai tempi della prima conquista inglese, i 
vescovi e gli abati cagionavano la sorpresa degli invasori 
col loro amore alia musica, accompagnandosi da se stessi 
coU f arpa (5). E forse non tutti sanno che la poesia, cosi 

(1) V, 106. 

(2) Ib., 107*108. 

(3) Ib., 133-138. 

(4) Ib., 145*148. 

(5) Ib., 241. 

428 



1L MOVlfaENTO REUGlOSd IRtANDfiSE E 1L MOV1MENTO FftANCESCANfi 

radicata nel popolo vinto, fu proscritta e perseguitata dai 
vincitori come arma di ribellione, prima e dopo la Riforma. 
II successore del bardo, il menestrello (minstrel) fu incarce- 
rato e decapitato come il piu pericoloso dei patriot! prima, 
e dei papisti dopo. Egli fu sempre a fianco del sacerdote 
nel celebrare i santi misteri del culto proscritto. Nella 
legislazione inglese contro Plrlanda si trovano a ogni 
passo speciali pene contro i menestrelli, sotto Edoardo III, 
sotto Elisabetta, sotto gli Stuardi, sotto i Cromwellisti (i). 
A tutti e nota la predilezione che S. Francesco aveva per 
la musica e per il canto, e 1'episodio commovente del con- 
certo angelico che console una notte a Rieti il malato d'oc- 
chi, il quale nella giornata precedente aveva dovuto rinun^ 
ziare, per non offendere Topinione comune, a sentir le melo* 
die del frate musicista suo compagno (2). L'autore del Can' 
tico di Frate Sole cantava spesso laudi al Signore in lin^ 
gua francese, c nei momenti di maggior letizia spiritualc si 
faoeva di due ramoseelli violino e archetto. La musica e 
il canto dice il FELDER (3) ebbero una grande impor- 
tanza nelTOrdine minoritico primitive. II canto spirituale 
venne coltivato da Francesco e dai suoi figliuoli in tutti i 
luoghi c in tutte le forme: come corale. come inno e prosa, 
come cantilena sia ad una voce che polifona, tanto in lin- 
gua latina che in quella volgare. E questa e una delle cau- 
se principali, per cui TOrdine divenne tanto simpatico in 
un'epoca tanto singolarmente appassionata per canti e suo- 
ni. E questo ci rende facile il comprendere come diversi 



(1) lb., 24Z-247. 

(2) TOMM. CEL., II, n. 126. 
(3)11, 14. 



429 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOV1MENTO FRANCESCANO 

trovatori di sentimenti artistici si unissero al coro dei po* 
veri cantori di Dio, e la loro musa che sino a quel giorno 
aveva cantato avventure cavalleresche e lodi femminili, si 
dedicasse poi ad inneggiare all'amore eterno ed alia divina 
fanciulla che forma 1'ideale del santo. Fra Ginepro e Fra 
Egidio erano eccellenti giullari del Signore (i). 

E, come poi i Francescani, gli Irlandesi furono i caValieri 
anche del Cristo eucaristico e del Cristo mistico, la Chiesa. 
Nel VI secolo i Sacramenti della Penitenza e delTEucari- 
stia erano molto poco praticati in Gallia, e la vita cristiana 
miseramente languiva. In Irlanda non era cosi dice il 
MARTIN (2): gli abati avevano trattato i sudditi, nelle loro 
semi^diocesit un po* come dei monaci: li avevano abituati 
a confessare le loro colpe, anche quelle lievi, e a ricevere 
dal sacerdote una penitenza privata appropriata al biso- 
gno delle anime loro. Questa e Torigine dei peniten&di di 
Finnian, di Gilda,. di Colombano ecc. E questo ardore per 
condurre le anime al tribimale della penitenza, con lo sco* 
po di riammetterle al privilegio incomparabile deU'Eucari- 
stia, gli Irlandesi lo trasportarono in Europa con maginifici 
frutti (3). noto come PEucaristia fosse il centro di tutta 
la vita religiosa di S. Francesco, e come il suo rispetto ed 
amore per il Corpo di Cristo s'estendesse a tutto cio ch'e 
in relazione, diretta o indiretta, con tale mistero, ai sacer- 

(1) TOMM. GEL., Vita S. Clarae, c. 6, n. 51; Vita Fr. Aegidii, in: 
Anal. Franc., Ill, 105 ss. 

(2) P. 71. 

(3) V.: CONCANNON, op. di., p. 47*152; Mons. DuCHESNE, L'eglise 
au VI sieck, p. 549. 



430 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

doti che lo consacrano e I'amministrano, agli arredi sacri che 
1'onorano e lo toccano, alle chiese che Tospitano (i). 

La devozione di S. Francesco alia Chiesa cattolica roma- 
na e alle gerarchie ecclesiastiche brilla pure di vivissima 
luce in quel secolo XIII pieno di eresie. La sua Regola non 
si stanca di esprimere la sua venerazione pel Pontefice, per 
i vescovi, per tutto il clero secolare, di inoulcare il princi- 
ple (2) che TOrdine domandi sempre al Papa uno dei Car- 
dinali della Santa Romana Chiesa, che sia governatore, pro- 
tettore, e correttore di questa fraternita affinche tutti i 
frati siano sempre sudditi e soggetti ai piedi della mede- 
sima Chiesa (3). Tutti i veri eroi della vita spirituals han- 
tio sentito che fuori della Chiesa non v'e salvezza ma sola- 
mente superbia, che fra gli uomini, come diceva re- 
centemente Lars Eskeland, Cristo impallidisce o risplende 
nella misura in cui la f ede nella Chiesa si af onda nelle te- 
nebre o brilla in piena luce. E la fedelta a Roma e una del- 
le caratteristiche fondamentali del movimento religioso ir- 
landese fino dai tempi di S. Patrizio. Questi nel suo terzo 
dictum, riconosciuto genuino, dice: La Chiesa degli Scoti 
e una chiesa di romani. Siate cristiani e romani a un tempo 
(Aecclesia Scotorum immo Romanorum, ut Christiani ita 
et Romani sitis) . S. Colombano nella sua V Ep. (a Boni- 
facio IV) grida : Noi irlandesi, che abitiamo le estremita 
del mondo, siamo i discepoli di S. Pietro e di S. Paolo, e 
degli altri Apostoli che hanno scritto sotto la dettatura del- 
lo Spirito Santo. Noi noai riceviamo niente di piu della 



(1) V.: FELDER, I, 62-87. 

(2) Regola II, Capo XII. 

(3) V.: FELDER, I, 88*1 12. 



431 



1L MOViMENTO RELl<3l6$0 IRLANDESE E 1L MOVlMENTO FRANCESCANO 

dottrina apostolica ed evangelica. Tra noi non fu mai rie 
eretico ne dbreo ne scismatico... Noi siamo legati alia cat' 
tedra di Pietro; imperocche se grande e gloriosa e Roma, 
per noi la e tale per questa cattedra. Quantunque il nome 
delTantica citta, gloria dell'Ausonia, si sia diffuso nel mon- 
do come cosa sovranamente augusta, grazie alia troppo gran- 
de ammirazione dei popoli, per noi voi non siete grandi ed 
augusti che dopo rincamazione di Dio, dopo che lo Spi- 
rito di Dio ha soffiato sopra di noi, e che i figli di Dio, 
sul carro condotto dai due grandi ardenti corsieri di Dio 
Pietro e Paolo, hanno solcato i flutti dell'oceano dei popoli 
per pervenire fino a noi. Inoltre, a cagione di questi due gran- 
di apostoli di Cristo, voi siete quasi celesti, e Roma e il ca- 
po delle Chiese del mondo intero (prope coelestes estis et 
Roma orbis terrarum caput est ecclesiarunty, salvo la singo- 
lare prerogativa del luogo della divina resurrezione (i). 
Queste dichiarazioni, dice il GRISAR (2) sono un istruttivo 
commentario alle parole di Patrizio. Anche S. Kiliano (3) 
chiamava Roma la testa del mondo, la vetta della fede 
cattolica . 

Molti altri punti minori ricordanti S. Francesco, in gran 
parte corollari dei punti gia toccati, si ritrovano ad ogni 
passo nella lettura delle Vite dei santi irlandesi. Accenne- 
remo di volo ad alcuni fatti ed episodi che si possono ad es. 
rilevare scorrendo la vita di S. Colombano del MARTIN : an- 



(1) V. : ' MONTALEMBERT, IV, 297-299; CONCANNON, 233-235; MAR- 
TIN, 160-165. 

(2) Roma alia fine del mondo antico, 2* ed., Roma, Desclee, 1908, 
p. 827; v. anche p. 704 s. 

(3) V.: MARTIN, p. 10. 



432 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

che S. Colombano fu restauratore di chiese (i), anch'egli 
aveva la stessa confidenza assoluta nella Prowidenza e nella 
preghiera, per il sostentamento e in genere pei bisogni ma- 
teriali (2), e lo stesso disinteresse pel domani (3): anch'e- 
gli non faceva distinzione fra sacerdoti e fratelli laici nella 
vita di comunita (4): anch'egli riempie la sua Regola, co- 
me S. Francesco la Regola i.% di lezioni evangeliche (5): 
anch'egli ha per primo saluto una parola di pace (6). 

5. Giunti a questo punto possiamo domandarci: 
C'e una spiegazione delle tante, intime e sostanziali ras- 
somiglianze fra il movimento irlandese e il movimento fran- 
cescano? 

A me sembra che k spiegazione si possa trovare nell'ar- 
dore e nella forza espansiva che segue ogni vera e profonda 
conversione. Quando S, Francesco insiste tanto a definire 
conversione il suo abbandono del mondo (7), ci indica la 
misteriosa potentissima molla che ha spinto dietro a lui a 
schiere, rumanita del sec. XIII. I Tre Qompagni (8) ci dico- 
no che, come Saulo sulla via di Damasco, egli un giorno 
ha gridato: Signore, che vuoi tu ch'io faocia? S. Bona' 
venfcura (9) ci ripete quel suo grido: Signore, che vuoi tu 
ch'io f accia? Ma la sua conversione non era la conversione 
d'un'anima, era la conversione d'un'epoca. Per comprendere 



(1) P. 139, 141, 170. 

(2) P. 35 4 4i 

(3) P. 68. 

(4) P. 62. 

(5) P. 47-48. 

(6) P. 121. 

(7) V.: FELDER, I, 7, 9, 51 s., u6'i2o. 

(8) C. II. 

(9) Vita di S. F., I, 3. 

433 

28 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

il valore prowideaiziale dell'appello del Santo d'Assisi, bi- 
sogna aver presenti le condizioni della Chiesa e della societa 
al principio del duecento : il pullulate e il dilagare delle ere- 
sie, sopratutto dei Valdesi e degli Albigesi, le persecuzioni 
e le sopraffazioni di Federico Barbarossa, d'Enrico VI, di Ot- 
tone IV, di Federico II contro la Chiesa, le disastrose condi- 
zioni dell'Oriente della IV Crociata, le discordie fra gli Stati 
del Nord, le lotte delle plebi d'ltalia per svincolarsi dal feu- 
dalesimo e per costituire i comuni, la corruzione e Pignoranza 
del clero, 1'usura spietata dei giudei : miserie, vizi, rovine, vio- 
lenze ovunque : Cristo misconosciuto. Il Signore si servi vera- 
mente di S. Francesco, affiancato da S. Domenico, per sal- 
vare la Chiesa e incanalare nel grande alveo del cattolici- 
smo il fermento spirituale e sociale che stava ribollendo in 
mille campi diversi e prendendo mille vie traverse. Turbe 
innumerevoli, in cui s'affratellarono mendicanti e sovrani, 
seguirono il Poverello: grazie a S. Francesco 1'umanita ri- 
trovo Gesu Cristo. E, ritrovatolo, si mise con lo slaticio d'a- 
more del convertito, a seguire il Gran Re e Taraldo del Suo 
nome sino agli estremi confini del mondo: proprio cosi co- 
m'era awenuto nell'Irlanda, ndestata alia fede da S. Patri- 
zio, al momento della grande crisi delle invasion! Ibarba- 
riche. 

II movimento monastico irlandese e morto e sepolto, 
qualcunb pensera, e quello francescano perdura invece rigo- 
glioso. Perche? 

La ragione principale e, a mio avviso, nella maticanza 
d'ogni organizzazione nel movimento irlandese: se esso a- 
vesse avuto un capo e una direzione, avrebbe avuto molte 
pa-obabilita di soprawivere. Fu un movimento francescano 



434 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL jyiOVIMENTO FRANCESCANO 

senza un S. Francesco. Del resto, fino al sorgere degli Or" 
dini Mendicanti, non troviamo organizzazione centraie in 
nessun ordine religioso: i tentativi di S. Benedetto d'A- 
niano nel IX secolo per unificare, almeno in parte, i Bene^ 
dettini, non raggiunsero lo scopo (i) : lo raggiunsero in qual* 
che modo al principio del sec. XII i Cistercensi (2); ma solo 
gli Ordini Mendicant! (i Domenicani accainto alia regola di 
S. Agostino avevano i loro Statuti) crearono un vero gover* 
no centraie, con un Ministro o Maestro Generale, coman* 
dante in capo di tutti i figli dell'ordine, divisi in provincie, 
che poteva seguire e dirigere fino ai quattro capi del mondo. 

La decadenza politica e morale dell'Irlanda prodotta dalle 
invasioni danesi, poi la sua conquista da parte degli A;nglo' 
Normanni, e finalmente le ruberie materiali e spiritual! de* 
gli Scozzesi, finirono col sommergere e coprire d'oblio le 
gloriose gesta e f ondazioni dei monaci scoti. Ma il loro spi- 
rito apostolico non s'e mai! spento: e rimasto nel clero seco- 
lare, alto e basso, e anche nel nuovo clero regolare. Magni^ 
fiche traccie se ne trovano nel loro comportamento di froti" 
te alia Riforma, e nel modo in cui essi hanno seguito in 
America e in Australia la diaspora nazionale (3). Ed e re- 
centemente rifiorito nei Missionari di San Colombano , 
andati subito a occupare le trincee di prima linea della Chle- 
sa, in Cina. 

Non possiamo chiudere meglio il capitolo e il Hbro che 
con alcune sublimi e terribili parole di S. Francesco. 

Di cio che pub fare anche un peecatore, nessuno si 

(1) V. : BERLIERE, op. at., 132-136. 

(2) V.: BERLIERE, op. di., 191-193. 

(3) GOUGAUD, Gaelic Pioneers, Prefazione, XXL 

435 



IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

deve gloriare con ingiusto vanto. II peccatore infatti puo be* 
ne digiunare, pregare, piangere, macerare la propria car* 
ne; questo soltanto non puo : rimanere fedele al suo Signo* 
re. Percio ci ddbbiamo gloriare, se rendiamo a Dio la gloria 
che gli compete, se servendolo fedelmente ascriviamo a lui 
tutto quanto ci dona. II maggior nemico dell^omo e la car* 
ne; non sa ricordare nulla per dolersene, nulla sa prevede* 
re per intimorirsene; il suo studio e di abusare del presen* 
te; e cio che e peggio, essa si usurpa e si reca a gloria quan- 
to e dato non a lei, ma aH'anima. Essa va cercando esterior* 
mente lode per le virtu, ammirazione per le vigilie e le pre* 
ghiere; e non lasciando nulk all'anima, cerca trar profitto 
anche dalle lacrime (i). 

L'Irlanda e rimasta fedele al suo Signore. 

(i) TOMM. DA CELANO, II, n. 134. 



436 - 



INDICE 



INTRODUZIONE pag. 3 

i. Notizie bibliografiche generali. * 2. Significato della 
parola Scott - 3. Gli agiografi scozzesi e i santi scoti. - 
4. Piano del presente libro. * 5. Ragione della sua 
pubblicazione. 

PARTE I * IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 

CAP. I - LA CONVERSIONS 

i 

i. I Celti delle Isole Britanniche. - 2. I principi del 
Cristianesimo in Gran Bretagna. S. Germane d'Auxerre. 
Ninian. L'invasione anglo-sassone. * 3. I principi del 
Cristianesimo in Irlanda. Palladio. S. Patrizio. - 4. La 
fioritura del mpnachismo irlandese. * 5. S. Brigida di 
di Kildare. - 6. Insula Sanctorum ....... pag. 19 

CAP. ii - L'ESPANSIONE APOSTOLICA E ASCETICA 

i. Inizio della emigraziohe apostolica. S. Brandano. - 
2. S. Columba di lona. * 3. S. Aidano di Lindisfar- 
ne. * 4. S. Colombano e S. Gallo. - 5. I discepoli di 
S. Colombano in Gallia. S. Fursy. - 6. Irlandesi in 
Belgio e in Germania. > 7. Pellegrinaggi ad limina. * 
8. Le fondazioni scotiche in Europa. - 9. Le fonda- 
zioni scotiche in Italia. - 10. II particolarismo celtico . pag. 41 

437 



INOICE 



.CAP. HI - L'ESPANSIONE CULTURALE 

i. I monasteri irlandesi primi centri di cultura. II latino 
e il greco. - 2. Le scuole irlandesi. Gli studi biblici e 
canonici. * 3. I manoscritti irlandesi. La biblioteca di 
Bobbio. * 4. Gli scoti nella rinascenza carolingia . . pag. 77 

CAP. IV - DALLA CONQUISTA DANESE 
ALLA CONQUISTA DEGLI ANGLO - NORMANNI 

i. La conquista danese. - 2. Decadenza religiosa e mo* 
rale. * 3. Le chiese danesi in Irlanda. La supremazia 
di Canterbury. - 4. S. Malachia. * 5. I Cistercensi 
in Irlanda. II compimento delle riforme ecclesiastiche. * 
6. La conquista anglo'normanna. II discredito gittato 
sull'Irlanda pag. 97 

CAP. v - L'INFLUENZA DELLE LEGGENDE CELTICHE 

SULLA POESIA MEDIOEVALE EUROPEA 

i. Le caratteristiche della prima letteratura celtica. * 
2. II ciclo d'Artu. * 3. Le leggende religiose. 
* 4. II Pozzo di San Patrizio. * 5. Le visioni di 
Tungdalo. - 6. La Navigazione di San Brandano. * 
7. I Normanni propagatori della poesia celtica . . . pag. 115 

CAP. VI * IL MARTIRIO DELL'lRLANDA 

i. L* Irlanda dalla conquista anglo-normanna allo scop* 
piare dello scisma. - 2. Sotto Enrico VIII, Edoar* 
do VI e Maria la Cattolica. * 3. Sotto Elisabetta. - 
4. Sotto Giacomo i. * 5. Sotto Carlo I. * 6. Sotto 
la Repubblica e Carlo II. - 7. Sotto Giacomo II e Gu- 

-438- 



INDICE 

glielmo Hit fino al 1691. * 8. La persecuzione legale. 
Dal 1691 all'Unione del 1801. - 9. O' Connell e 1'E* 
mancipazione del Cattolici. * 10. Dall'Emancipazione 
ai nostri giorni .............. pag. 132 

J*&\ ' ' ; ' ! ' ' ; . ; , , 

PARTE II - I SANTI IRLANDESI IN ITALIA . 

CAP. VII * S. PATRIZIO 

i. S. Patrizio e 1'Italia. ' 2. Culto di S. Patrizio z Ge- 
nova. * 3. A Pavia. - 4. A Vertova (Bergamo). * 
5. A San Patrizio di Conselice. * 6. A Tirli (Firen- 
zuola). * 7. A Bologna. * 8. A Torre San Patrizio 
(Fermo). * 9. II Pozzo di San Patrizio ad Orvieto. * 
10. A Roma pag. 153 

CAP. VIII * S. BRIGIDA DI KILDAREi 

i. S. Brigida vergine irlandese e S. Brigida vedova sve- 
dese. * 2. Culto a S. Brigida vergine in Piemonte. 
L'Ospedale degli Scotti di Vercelli. * 3. In Liguria. - 
4. In Lombardia. L'Ospedale di S. Brigida in Pavia. 
* 5. In Emilia. La Chiesa di S. Brigida e I'Ospedale 
pei pellegrini irlandesi in Piacenza, - 6. Nel Trentino. 
7. Limiti geografici del culto a S. Brigida vergine . . pag. 164 

CAP. IX - S. GALLO 

i. I rapporti fra 1'abbazia svizzera e I'ltalia. - 2. Culto 
a S. Gallo in Piemonte. - 3. In Liguria. - 4. In 
Lombardia. * 5. II Monastero di Val di Tolla. - 
6. Nel Padovano, nel Veronese, nel Trentino, a So* 
ligo. - 7. L'abbazia di Moggio. * 8. A Strassoldo 
e in Istria. - 9. A Firenze . . . pag. 173 

' 439 



INDICE 

CAP. x - s. ORSO D'AOSTA 

i. Vari santi omonimi onorati in Italia. * 2. Dati bio 
grafici su S. Orso d'Aosta. L'Apostolo dei Valdostani. 
* 3. La cronologia di S. Orso. * 4. Le memorie e il 
culto di S. Orso nella citta d'Aosta. - 5. Nella dio* 
cesi d'Aosta. - 6. Nella diocesi d'lvrea. L'Ospedale 
del XXI. * 7. Nelle altre diocesi piemontesi. J- 8. In 
Francia e in Svizzera pag. 187 

CAP. XI * S. GUNIFORTE DI PAVIA 

i. La Leggenda di S. Guniforte mart. - 2. I testi. * 
3. II valore storico della Leggenda. * 4. Traslazioni 
del sacro corpo. - 5. Culto a S. Guniforte in Pavia. 
6. In altri luoghi di Lombardia pag. 204 

CAP. XII - S. COLOMBANO DI BOBBIO 

i. Bibliografia italiana su S. Colombano. * 2. Altri 
santi omonimi. - 3. Culto a S. Colombano in Pie* 
monte. * 4. In Liguria. - 5. In Lombardia. * 6. In 
Emilia. - 7. Nel Veneto. - 8. In Toscana. - 
9. Memorie di S. Colombano in Corsica. * 10. Os' 
servazioni sulla propagazione del culto a S. Colombano 
in Italia pag. 214 

CAP. XIII - S. CUMIANO DI BOBBIO 

i. Le reliquie di S. Cumiano a Bobbio. - 2. Dati bio* 
> grafici e culto pag. 243 

CAP. XIV ' S. FULCO DI PIACENZA, EX GENTE SCOTA 

/' 

i. Vita di S. Fulco Scotti. * 2. Errate connessioni tra 
S. Fulco e S. Donate di Fiesole, Scotti entrambi. ; 

-440- 



INDICE 

3. La genealogia tradizionale della fatniglia Scotti di 
Piacenza. * 4. Osservazioni in merito. * 5. Verosi* 
mile origine irlandese della famiglia. * 6. Famiglie 
Scotti appariscono in molte parti d'ltalia in posizioni 
eminenti alia fine del sec. XII. - 7. Loro verosimile 
comune origine irlandese. Diaspora laica irlandese in 
Europa nell'alto Medio Evo . pag. 24 



CAP. XV - S. EMILIANO DI FAENZA 

i. La Leggenda di S. Emiliano. - 2. Vicende del suo 
culto in Faenza. * 3. Fonti storiche . pag. 272 

CAP. XVI * S. PELLEGRINO DELLE ALPI DI GARFAGNANA 

i. La Leggenda di S. Pellegrino delle Alpi. * 2. Suo 
valore storico. * 3. Le vicende del Santuario. * 4. Nu* 
merosi santi omonimi. - 5. Culto di S. Pellegrino nei 
dintorni del Santuario. 6. A Parma e Reggio. - 7. A 
Modena. - 8. A Bologna. * 9. Nella Valle del San- 
terno. - 10. In Liguria. * u. A Viterbo. - 12 .Nel 
Trentino pag. 278 

CAP. XVII - S. FREDIANO DI LUCCA 

i. S. Gregorio Magno e S. Frediano. * 2. Vita di 
S. Frediano. * 3. I testi. * 4. La cronologia di 
S. Frediano. * 5. S. Frediano e S. Finnian di Mo* 
ville. * 6. Le traslazioni. * 7. II Monastero di 
S. Frediano. * 5. S. Frediano e S. Finnian di Mo* 
8. Culto di S. Frediano in Lucca. * 9. In altre citta 
d'ltalia. * 10. Parrocchie a lui intitolate. - n. No* 
tizie varie sul culto al santo pag. 295 

- 441 



INDICE 



CAP. XVIII * S. SILAO DI LUCCA 



i. Leggenda di S. Silao. * I 2. Osservazioni al riguardo. 
* 3. II Monastero di S. Giustina in Lucca. Le trasla* 
zioni del santo. - 4. II culto del medesimo pag. 313 



CAP. XIX * S. DONATO DI FIESOLE 



i. L'epoca di S. Donate. * 2. Notizie biografiche. * 
3. Suoi miracoli. * 4. Attivita letteraria di S. Dec 
nato. ' 5. Sue traslazioni e suo culto pag. 319 

CAP. XX - S. ANDREA DI FIESOLE 

i. Notizie biografiche. - 2. II Monastero di S. Martino 
a Mensola. * 3. Notizie sul culto al santo .... apg. 331 

CAP. XXI - S. BRIGIDA A OPACO 
i. Notizie sulla santa pag. 335 

CAP. XXII - S. CATALOG DI TARANTO 

i. Introduzione. * 2. Leggenda di S. Cataldo. * 
3. Invenzione e traslazioni. * 4. Cronologia catal- 
diana. * 5. L'episcopato di Rachau. - 6. L'episco- 
pato tarantino. * 7. Donato di Lecce. * 8. Le Profe- 
zie di Cataldo. - 9. Culto a S. Cataldo in Liguria. - 
10. In Lombardia. * n. In Emilia. - 12. Nel Ve* 
neto. * 13. In Toscana. * 14. Nel Lazio. - 
15. Nelle Marche. - 16. Negli Abruzzi. - 17. Nel- 
la Campania. * 18. Nelle Puglie. * 19. In Basilicata. 
- 20. In Calabria. * 21. In Sicilia. * 22. A Malta 
e in Francia. * 23. Osservazioni sulla propagazione 
del culto a S. Cataldo pag. 337 

442 



INDtCE 

CAP. XXIII ' IL B. TADDEO MACHAR D*IVREA 
i. Notizie sul santo e sul suo culto . . ... . . pag. 372 

PARTE HI - IL MOVIMENTO RELIGIOSO IRLANDESE 
E IL MOVIMENTO FRANCESCANO 

CAP. XXIV * i. Confront! impropri fra S. Francesco e 
S. Colombano. - 2. S. Francesco e Bobbio. ' 3. La 
Regola di S. Colombano di fronte alle Regole di S. Be- 
nedetto e di S. Francesco..* 4. Reali somiglianze fra 
il movimento irlandese e il movimento francescano. * 
5. Ragioni probabili di queste somiglianze. * Con- 
clusione pag. 383 



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CON I TIPI DELLA TIPOORAFIA PONTIFICIA 
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