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Full text of "Un'Idea di Vita"

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UN'IDEA DI VITA 




L'autore desidera ringraziare: 

- Monsignore Orazio Soricelli, Arcivescovo della Diocesi Amalfi-Cava de' Tirreni 

- Il Sindaco di Tramonti, sig. Armando Imperato 

- Mons. Riccardo Arpino, Cancelliere della Curia della Diocesi 

- Il prof. Salvatore D'Amato che ha pazientemente ricercato e trascritto i testi delle 
visite pastorali effettuate alla Chiesa di Novella 

- Don Emilio D'Antuono, parroco della Chiesa di San Bartolomeo Apostolo 

Senza la loro assistenza e partecipazione non sarebbe stata possibile la realizzazione di questo 
libro che ha l'ambizione di gettare le basi per il recupero della memoria civile e religiosa della comu- 
nità di Tramonti e di indicare alle nuove generazioni il percorso da intraprendere per la costruzione 
di un futuro migliore. Spetta a loro il compito di approfondire la loro identità: conoscendo se stessi si 
conoscono gli altri, nella stessa misura in cui gli altri ci aiutano a conoscere noi stessi. La Valle di 
Tramonti ha una lunga, ricca ed ancora inesplorata storia alle sue spalle che merita di essere studia- 
ta. Ver questa ragione ci permettiamo di ipotizzare ricerche ed approfondimenti su questi argomenti: 

- storia locale: le frazioni e la valle 

- storia cittadina: la città e il territorio 

- storia religiosa: le chiese ed i religiosi 

- storia sociale: arti e mestieri 

- storia politica: gli uomini e le idee 

- storia amministrativa: i cittadini e la cosa pubblica 

- storia dell'arte: artisti e mecenati 

- storia dell'ambiente: catastrofi e progetti 

- storia della cultura: letterati e artisti 

Questo libro vuole essere solo un'occasione di risveglio ed un "segnale", pur con i suoi limiti ed 
errori dei quali l'autore è l'unico responsabile. 



Antonio Gallo 



UN'IDEA DI VITA 

Una Chiesa e un Villaggio da salvare 




"San Bartolomeo Apostolo" 

Novella di Tramonti 

Costa d'Amalfi 



Ed. Buonaiuto 



L'Autore rivendica la proprietà morale dell'opera e rinuncia a qualsiasi com- 
penso di natura economica. Ogni provento ricavato dalla vendita e diffusione del 
libro andrà a favore della Parrocchia di S. Bartolomeo Apostolo di Novella. 

È vietata la riproduzione, diffusione e riutilizzazione del materiale scritto, gra- 
fico e fotografico senza il permesso dell'Autore. 



© Chiesa S. Bartolomeo Apostolo 
Novella frazione di Tramonti (Sa) 2007 

Fotocomposizione e Stampa: 

Tipolitografia Buonaiuto - Sarno 

Tel. 081 942663 - E-mail: stampabuonaiuto@virgilio.it 

Aprile 2007 



A Concetta e Antonio 



Indice 



Presentazioni Pag. 9 

Un'idea di vita » 13 

Un "murale". La vallata. Novella "intra-montes". S. Bartolomeo Apostolo. 
Chiesa e dintorni. La presenza del passato. Il vecchio tiglio. Il valico. La grande 
fuga. Passato e presente. I nuovi insediamenti. Nuove strade. La pietra inci- 
sa. L'antica Chiesa. Novella alta. 

I documenti » 41 

a.D. 1550, 1574, 1593, 1632, 1632, 1709, 1883. Le carte. Un matrimonio del 
1846. Il Registro delle nascite del 1759. Un certificato di nascita in latino. La 
Platea di S. Erasmo. La Confraternita di S. Antonio. 

La Chiesa oggi » 61 

Il coro e l'organo. Papa Clemente. Madonna e i Santi. S. Antonio, L'Immaco- 
lata. L'Annunciazione. Il Martirio di S. Bartolomeo. La Madonna Addolora- 
ta. Il Cristo morto. Il Presepe. I segni del tempo. Il tesoro. 

Le voci narranti » 73 

Una storia particolare. "Volare" su Novella. Le "voci" di dentro. La "voce" 
del Parroco. 

La "Tramonti" di Matteo Camera » 93 

Appendice e nota bibliografica » 143 



Presentazioni 



Ringrazio il Prof. Antonio Gallo per avermi procurato il piacere di dare una scorsa, 
purtroppo rapida, alle bozze del libro che ha scritto su Novella di Tramonti e la rispettiva 
Chiesa parrocchiale dal titolo a prima vista sorprendente: "Un'idea di vita". Egli stesso ne 
fornisce la più idonea chiave di lettura, assimilandolo a "un viaggio alla scoperta di un 
minuscolo Villaggio e di un'antica Chiesa degni di essere salvati in nome di "un'idea di 
vita". Un viaggio, dunque, che egli intraprende ed effettua, mosso dalla convinzione che 
"l'uomo, per realizzare il suo sogno di un'idea di vita possibile, debba partire dalla conser- 
vazione dei sentimenti che lo legano al suo passato", per arrivare a "conciliare il reale e 
l'ideale, la tradizione e la modernità, il nuovo e l'antico". 

A suo conforto è di identico avviso il Signore, laddove - a proposito del dotto giudeo 
che conserva ed amministra tutta la ricchezza dell'antica alleanza, accresciuta dai perfe- 
zionamenti della nuova, afferma: "Ogni scriba divenuto discepolo del Regno dei cieli, è 
simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt. 
13,52). 

Se poi si considera che il Prof. Gallo ha alle sue spalle una pluridecennale attività di 
apprezzato docente nelle Scuole Statali, è legittimo ipotizzare che nell'ideazione e stesura 
del testo si sia lasciato guidare da quella attitudine, propria di ciascun educatore, ad aiuta- 
re l'allievo a saper leggere dietro la facciata di qualsivoglia realtà (luoghi, persone, eventi, 
cose), per cogliervi, in profondità, moventi, ideali, linee di sviluppo, valori e quant 'altro, 
per una possibile, appunto, "idea di vita" che favorisca un presente migliore ed assicuri un 
futuro più degno dell'uomo. 

Ed è così che l'Autore - mi limiterò a qualche accenno esemplificativo - ora attingendo 
a fonti documentarie, ora tratteggiando, in maniera visiva, scenari da sogno di luoghi, 
panorami e vedute, ora registrando dal vivo storie commoventi e significative, ora richia- 
mando lo sguardo e l'attenzione su cose particolari o foto singolari, coinvolge il lettore - 
incuriosito, prima, interessato, poi, affascinato, infine -eh introduce via via, con la sua 
ricerca attenta, anche se parziale, nella microstoria di una comunità, di cui passato epre- 



sente, alla luce della Fede, trovano ideale e quasi plastica sintesi nella icona di una piccola 
ed antica Chiesa parrocchiale, permanente centro irradiatore, nel fluire del tempo, di valo- 
ri autentici e duraturi. 

Credo si possa tutti convenire che è degna di lode ogni iniziativa che, attraverso il 
recupero della memoria, concorra a far meglio conoscere uomini e luoghi da loro abitati, 
tanto più se la stessa iniziativa favorisce e promuove la cultura del bene e del bello, dell'an- 
tico e del moderno, della realtà e di quanto la anima e la nobilita. A me sembra, senza tema 
di smentita, sia proprio il caso di questa originale, intelligente, appassionata ed appassio- 
nante opera del prof. Gallo, cui auguro la più favorevole accoglienza, soprattutto da parte 
dei giovani, fortemente tentati di allontanarsi dalla propria terra, senza ricordi e senza 
speranza, verso miraggi spesso ingannevoli e dannosi. 

Benedico tutti di cuore. 

Amalfi, febbraio 2007 



Orazio Soricelli 
Arcivescovo 



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Il minuzioso lavoro del prof. Antonio Gallo sviscera il passato della nostra gente e del 
nostro territorio, per riportarne alla luce gli elementi più pregnanti e caratteristici e conse- 
gnarne la conoscenza ed i valori alle generazioni attuali e future. Recuperare la memoria e 
favorire il ricordo del nostro passato è opera altamente meritoria che la pubblica amministra- 
zione non può che encomiare, impegnandosi a valorizzarla se si considera che testimonianze 
scritte sulla storia di Tramonti sono scarse o quasi inesistenti. 

Se, poi, sulla ricerca puramente storica s'innesta la ricerca delle proprie origini, delle 
proprie radici, allora l'opera si ammanta di un nuovo valore letterario e si arricchisce di pas- 
sione e poesia. E proprio nella nostra terra, nel grembo materno di una nostra concittadina, 
Concetta Arpino, germina il seme della vita del prof. Antonio Gallo. La sua ansia nel seguire 
il desiderio di recuperare le tradizioni e la storia passata è perfettamente chiara agli occhi del 
lettore, così come chiaro appare lo sforzo di trarre dalla sua ricerca l'idea stessa della vita. 
Nello scorrere del tempo e degli avvenimenti, nel maturare delle esperienze, l'indefinitezza di 
"un'idea di vita" diventa per noi tutti luminosa e definita "idea della vita". 

Nel piccolo villaggio di Novella si compie il miracolo; l'autore si diparte fanciullo e vi 
ritorna adulto: nella memoria e nei ricordi ancestrali di luoghi, persone e avvenimenti coglie 
il senso della vita, della sua vita vissuta, certo, per "seguir virtute e conoscenza" ma in cui 
hanno trovato spazio privilegiato sentimenti e amore, pensieri e sogni. Questo è l'uomo che 
vive e pulsa per la sua gente e per la sua terra. 

Un caloroso riconoscimento alla sua opera per il valore letterario e storico, ma soprattutto 
per la grande lezione di umanità. Un sentito ringraziamento anche alla Comunità parroc- 
chiale e al parroco di S. Bartolomeo Apostolo di Novella, Rev. Emilio D'Antuono, per aver 
saputo custodire negli anni valori e beni che oggi, attraverso l'opera del prof. Antonio Gallo, 
vengono consegnati alla conoscenza di noi tutti, a costruire la storia della nostra Tramonti. 

Armando Imperato 
Sindaco di Tramonti 



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Per diversi mesi, in graditi incontri e fruttuosi confronti con il prof. Antonio Gallo, ho 
avuto il piacere di accarezzare con lui l'idea di un libro sulla Chiesa di San Bartolomeo 
Apostolo di Novella che mi vede suo devoto Parroco da ormai quasi quaranta anni. 

Oggi, che ho il piacere e la gioia di avere tra le mani le bozze del libro, non posso fare a 
meno di esprimere il mio compiacimento per il lavoro realizzato. Un libro che porta un 
titolo ambizioso perché si propone non solo di affermare memorie di fede e di tradizioni 
della nostra gente, ma anche di offrire prospettive e idee per il recupero della identità di un 
territorio quale quello della Valle di Tramonti, che ha una lunga storia dietro di sé. 

A mio modesto parere, il "racconto" che l'Autore è riuscito a "tessere" nel suo libro 
intorno a questa antica Chiesa ha il pregio di conciliare la realtà del passato con quella del 
presente. In essa si ritrova la giusta sintesi che getta le basi per un futuro migliore della 
nostra comunità, alla luce della sua fervida, costante ed antica Fede. 

Un messaggio semplice ma importante, diretto in particolare ai giovani di tutta Tra- 
monti affinché le memorie del passato siano loro di insegnamento e li aiutino a costruire il 
futuro senza disperdersi nella confusione del presente. 

Don Emilio D'Antuono 
Parroco 



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Un'idea di vita 



Sommario: Un "murale". La vallata. Novella "intra-montes". S. Bartolomeo Apostolo. Chiesa e 
dintorni. La presenza del passato. Il vecchio tiglio. Il valico. La grande fuga. Passato e pre- 
sente. I nuovi insediamenti. Nuove strade. La pietra incisa. L'antica Chiesa. Novella alta. 



Ognuno di noi ha un'idea della vita, di come vorrebbe viverla in tutte le 
sue pieghe possibili, ideali e reali, concrete ed astratte. La vita propria e quella 
degli altri si confrontano, si incrociano, spesso si scontrano oppure sono de- 
stinate a non incontrarsi mai. La famiglia, l'ambiente, le relazioni umane, quelle 
sociali, sono variabili universali che si materializzano in fatti concreti come la 
famiglia, le scuole, le biblioteche, gli uffici, i servizi, le fabbriche, gli ospedali. 




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Durante il viaggio terreno ognuno di noi aspira ad una vita migliore in 
termini di qualità, che non é però un prodotto di mercato. Sono ben altri i 
"prodotti" di cui l'uomo ha bisogno per vivere meglio. Spesso è merce 
non comune, non in vendita, anche se non costa nulla, e la si può trovare 
senza grandi sforzi. Basta volerlo. Preziosa, astratta e leggera, fatta di amore 
e di sentimenti, di pensieri ed illusioni. Difficilmente gli esseri umani rie- 
scono a goderne, ma sono "prodotti" ai quali tutti anelano, si affaticano a 
cercare, lottano per difenderli se riescono ad averli. Molti li ignorano, per- 
ché hanno fatto altre scelte e così non sapranno mai cosa si sono persi. 
Eppure, esiste la possibilità di costruire "un'idea di vita" che possa conci- 
liare il reale e l'ideale, la tradizione e la modernità, il nuovo e l'antico. 
Siamo convinti che l'uomo, per realizzare il suo sogno di un'idea di vita 
possibile, debba partire dalla conoscenza della tradizione, dalla difesa della 
memoria, dalla conservazione dei sentimenti che lo legano al suo passato. 
Questo è il senso di questo viaggio che diventa libro, alla scoperta di un 
minuscolo Villaggio e di un'antica Chiesa, degni di essere salvati in nome 
di un' "idea di vita". 



Un "murale" che è un "segno" 

Questa foto non riproduce un af- 
fresco, una pittura, un dipinto tradi- 
zionale. È soltanto un "murale" fatto 
da qualcuno che non è un artista, e 
nemmeno un abitante del posto. Pro- 
vetto pittore in erba, risponde al nome 
di Giuseppe De Stefano. Ha voluto 
dimostrare il suo amore per i luoghi e 
la sua passione per l'arte donando a 
questa comunità il suo tempo prezio- 
so. Il lavoro è stato commissionato da 
chi scrive, con il consenso del Parroco 
della Parrocchia. Esso ha il significato 
di un "segno" per la conoscenza ed il 
recupero della memoria sia orale che 
storica della piccola Frazione di No- 
vella, una delle 13 che caratterizzano 
questo antico Comune dell'entroterra 
della Costiera Amalfitana. 




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Un "segnale" per dire che questa piccola Chiesa non può continuare ad 
essere dimenticata. Non può decadere e presentarsi spoglia, anche di se- 
gni esteriori, che la indichino non solo come luogo di fede e di preghiera, 
ma anche come riferimento comune di una testimonianza nel tempo e nel- 
lo spazio. Un "segno" ed anche un auspicio per riaffermarne l'identità e 
conservarne i tesori, siano essi grandi o piccoli. 

La vallata 

Tramonti è uno tanti piccoli Comuni d'Italia. È formato da 13 villaggi di- 
versi e distanti tra loro, disseminati in una delle vallate della penisola 
sorrentina. Fa parte dei Monti Lattari, un antico promontorio naturale che si 
distende armoniosamente nel mare Tirreno, tra il golfo di Salerno e quello di 
Castellammare di Stabia. Va dalla vetta del monte Cerreto alla Punta Campa- 
nella, arrivando quasi a toccarsi con l'isola di Capri. Una realtà umana, stori- 
ca, sociale e culturale diversificata nel tempo, caratterizzata dallo spazio in 
cui si colloca, un territorio famoso sin dai tempi antichi, ma rimasto quasi 
tagliato fuori dalle grandi trasformazioni del mondo circostante. 

Matteo Camera, noto storico amalfitano, (1807-1891), oltre cento anni 
fa, e precisamente nell'anno 1876, tracciò di Tramonti un sintetico e docu- 
mentato quadro nelle sue "Memorie Storico-Diplomatiche dell'Antica Città e 
Ducato di Amalfi". 



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Il lettore troverà riprodotto integralmente in appendice questo testo e 
avrà il piacere di scoprire non solo il sapore degli anni passati, ma anche 
il valore del tempo trascorso, memoria preziosa per tutti. La descrizione 
che il Camera fa della Valle di Tramonti, dei suoi tredici villaggi, degli 
abitanti e delle loro battaglie per la sopravvivenza, è abbastanza schematica 
e pittoresca, ma resta sempre documentata e realistica. Non mancano os- 
servazioni, valutazioni e giudizi a tutt'oggi ancora validi. 

Ci separano più di cento anni da quando quella storia fu scritta. Eppure 
sembra che da essa ci divida non solo un secolo ma anche un millennio. 
Siamo certi che per molti sarà un'occasione di riflessione sul passare ine- 
sorabile del tempo. Ma riteniamo che lo scritto avrà anche il valore di un 
documento storico. Gli anni hanno trasformato radicalmente questo terri- 
torio, le abitudini dei suoi abitanti e la loro visione del mondo. Questo 
libro intende ricostruire una piccola parte del microcosmo che è il Comu- 
ne di Tramonti. Un tempo chiamato "casale", come tutti gli altri villaggi, 
Novella ha una sua specificità. Cercheremo di indagare, per quanto possi- 
bile, i segni del suo passato, interpretando quelli del presente dando una 
mano a costruire il futuro. 

Novella "intra montes" 

Novella è uno degli ultimi villaggi del Comune di Tramonti che prende 
questo nome perché, appunto, "intra montes". Ed è proprio sulle balze a 
terrazze ondulate di questi monti, che scendono dolcemente verso il mare 
della Costiera Amalfitana, che si incontrano le sue case, in discesa libera 



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dal valico di Chiunzi. Un luogo che "pendola", oscilla tra cielo e terra, come 
la borgata che lo precede e che porta, appunto, il nome di "Pendolo". La stra- 
da provinciale non tocca nemmeno la frazione. C'è solo un'indicazione stra- 
dale che ne segnala l'esistenza. Ci si arriva dopo una doppia curva ad esse, 
pochi minuti prima che il viaggiatore arrivi sul lungomare di Maiori. Si svol- 
ta a sinistra e si affronta un breve ed ondulato percorso che conduce verso 
uno dei più sug- 
gestivi poggi na- 
turali che l'occhio 
possa incontrare. 
Tra orti fioriti dal- 
la natura, vigneti 
e limoneti lavora- 
ti dall'uomo, si 
nascondono pic- 
cole, grandi, nuo- 
ve o antiche case 
che sembrano so- 
spese nel tempo e 
nello spazio. 




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Se si arriva di prima mattina, 
ci si ferma nella piazza antistante 
la Chiesa dedicata dalla devozio- 
ne popolare ad un santo moder- 
no: San Padre Pio. L'edificio pre- 
senta all'occhio del visitatore le 
sue linee semplici e squadrate. In 
apparenza sembra solo una picco- 
la Chiesa di montagna, come tan- 
te. Senza pretese, in beata solitu- 
dine, la costruzione ha alla sua de- 
stra la casa canonica e a sinistra un 
edificio contiguo che scopriamo 
essere stato sede di un'antica 
"Congrega di Sant'Antonio". Sul- 
la facciata, in testa alla porta di in- 
gresso, si nota il recente affresco di cui abbiamo detto innanzi con le im- 
magini di San Bartolomeo e di Sant'Antonio che si affacciano sul paesag- 
gio circostante in maniera autoreferenziale. 




San Bartolomeo Apostolo 

San Bartolomeo Apostolo è il titolare della Chiesa e Sant'Antonio è il 
cointestatario, per così dire, venerato anche come Santo Patrono protetto- 
re di tutto il Paese. Santi antichi e di grande devozione per tutti i fedeli 
della Costiera Amalfitana. A lato della Chiesa, sulla facciata dell'edificio 
che era della "Congrega", c'è una cornice bianca e vuota che aspetta di 
essere riempita. Qui ha inizio la rivisitazione di questi luoghi che vedono 
la Chiesa al centro della storia del Villaggio. Quasi cinque secoli di grandi 
sconvolgimenti naturali, umani e sociali. Molteplici sono i cambiamenti 
che hanno messo a rischio l'identità di questo ambiente. La sua trasforma- 
zione l'ha lasciato isolato e solitario agli attacchi di una modernità diven- 
tata sempre più aggressiva, accettata, e passivamente adottata da chi l'ha 
fatta propria senza nemmeno conoscerla. Il prezzo pagato è alto ed è quel- 
lo della perdita dei ricordi e delle testimonianze umane che fanno parte di 
ogni comunità. 

Il nostro è un invito rivolto a tutti gli abitanti non solo di Novella ma 
anche a quelli degli altri villaggi che formano il Comune, e si estende a 



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tutti coloro i quali hanno a cuore la difesa e la conservazione dei valori 
umani, civili e religiosi, ambientali e comunitari. Quei tanti piccoli centri, 
comuni, casali, borgate, frazioni e villaggi disseminati per tutta la nostra 
penisola, minacciati dalla modernità. Un invito ad adoperarsi affinché si 
facciano difensori e custodi del proprio patrimonio culturale. Nel caso di 
Novella, partiremo dalla restaurazione della sua Chiesa, riportando alla 
luce documenti e memorie sia orali che scritti. 



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Cercheremo anche di esplo- 
rare il suo ambiente naturale, 
riscoprire le tradizioni, valoriz- 
zare le attività. Ritroveremo te- 
sori inaspettati fatti di sentimen- 
ti profondi e di realtà concrete 
che sono beni di tutti. 

La Chiesa e i dintorni 

L'edificio della Chiesa è cir- 
condato da un ampio spiazza- 
le con grandi aiuole di gerani 
e di rose esposte alla luce del 
mattino. Il sole sorge alle sue spalle e ricopre la valle tutta di colori. Men- 
tre gli uccelli elevano al cielo i loro canti di gioia, il tempo si è come ferma- 
to, sospeso tra il finito del verde e l'infinito dell'azzurro del cielo, in un 
incantevole scenario naturale. Tutt'intorno ci sono tracce di animazione 
religiosa, simboli, immagini e scritture che testimoniano il segno comuni- 
tario della fede. Nessuna presenza umana sembra turbare l'opera del Cre- 
atore. Niente si nasconde allo sguardo dell'incantato visitatore. Leggeri 
veli di fumo si innalzano verso il cielo e segnalano la presenza dell'uomo 
e di chi dei campi fa ancora il suo lavoro quotidiano. Questo è il punto di 





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arrivo, ma anche il punto d'inizio della scoperta del Villaggio. Una minu- 
scola comunità che è alla ricerca della sua identità, delle sue radici perdute 
o dimenticate. La lettura della realtà di cui vive e in cui si dibatte un villag- 
gio come questo, abitato da neanche un centinaio di persone, riunite in 
non più di una trentina di famiglie, lascia il campo aperto per una rifles- 
sione importante sulla sua sopravvivenza e sulla condizione umana, sia di 
chi ci abita come di chi è andato via. 

Il vecchio tiglio 

Novella è un posto fuori del tempo e dello spazio, anzi vive in un suo 
proprio spazio-tempo, in una specie di sospensione esistenziale della qua- 
le neanche i pochi residenti sembrano rendersi conto. Non c'è nemmeno 
un negozio, di nessun genere, un bar per piccolo che sia, un chiosco di 
bibite, una edicola di giornali, un scuola, un luogo pubblico dove ci si pos- 
sa incontrare, conoscere, intrattenere. Nulla di tutto ciò. La Frazione pos- 
siede soltanto la Chiesa, tanto vecchia che può dirsi antica. Una Chiesa che 
è più di un luogo di culto, è un centro di riferimento intorno al quale ruota 
la vita dei suoi abitanti. Di chi crede, come di chi non crede. 



Il Parroco don Emilio vi svolge il suo ministero, condividendolo con 
quello di altre due Chiese di villaggi vicini, per mancanza di sacerdoti. Ci 
vive ormai da quarant'anni, occupandosi con amore e passione dei biso- 
gni spirituali e materiali dei fedeli. 

Di ognuno di essi conosce 
virtù e difetti, come dei suoi 
Santi conosce opere e miraco- 
li. E stato ed è testimone fida- 
to di vita e di morte per tutti. 
Da buon Pastore trova anche 
il tempo e il modo di prender- 
si cura sia degli orti che delle 
parrocchie, come anche dei 
tanti gatti che affollano il giar- 
dino della Canonica. 

Quarant'anni, a cavallo di 
un millennio, in una valle ir- 
regolare e tortuosa che corre 




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veloce verso il mare e che 
ha visto al di fuori dei suoi 
confini grandi trasforma- 
zioni. Il pensiero viaggia 
nel tempo e nello spazio. 
Va a chi, dalla grande, fer- 
tile, ed oggi iper-affollata 
Valle del Sarno, al di là del 
valico, risaliva a piedi il 
Chiunzi su per questi mon- 
ti, ad una quota di oltre sei- 
cento metri. Fino a poco 
dopo la seconda guerra 
mondiale, la strada provin- 
ciale non era che una via 
impervia e difficile da per- 
correre. Molti preferivano, 
per abbreviare il cammino, 
ed in mancanza di un mez- 
zo di trasporto, percorrere 
l'intreccio di sentieri e di mulattiere. Oggi, quella stessa strada è trafficata, spe- 
cialmente d'estate, da lunghe file di auto, di autobus e da ingombranti camion. 




Più di settantanni, invece, ci dividono dalla fotografia che qui presen- 
tiamo e che abbiamo scovato nella biblioteca della Parrocchia. Scattata agli 
inizi degli anni trenta, l'immagine testimonia la coralità della fede della 
comunità intorno al Parroco del tempo, don Domenico Capone, ed al San- 
to Patrono Sant'Antonio. Volti sfumati dal tempo che qualche vecchio del 
villaggio ancora ricorda con malinconia e nostalgia. Qualcuno é tuttora 
presente sulla scena della vita. Si rivede e si ritrova, e il suo pensiero va a 
quando si veniva da queste parti su per la mulattiera a piedi, o a dorso di 
un mulo o di un cavallo. Chi se lo poteva permettere... 

La presenza del passato 

Oggi quel grosso albero di tiglio, nella piazzetta della Chiesa, non c'è 
più. Aveva più di cento anni ed era diventato come un grande ombrello 
sotto al quale intere generazioni di fedeli e di abitanti del villaggio si sono 
riuniti e ritrovati. 



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Sono rimasti, a poca distan- 
za, solitari e testimoni silenziosi, 
quei due cipressi alti ed antichi 
che gli facevano da dirimpettai 
nel terreno circostante. Su di esso 
si è insediato un nuovo condo- 
minio che ha preso il posto dell' 
antico casale. 

Continua a vivere come tale, 
però, solo nella memoria di chi 
lo ricorda popolato di voci e di 
ricordi che appartengono al pas- 
sato. Come tutti i casali antichi, 
anche questo era diventato un 
edificio fatiscente ed abbandona- 
to. Ridotto ad una gruviera di 
spazi, che non avevano ormai più 
nulla di abitabile. Il terremoto 
aveva dato la spallata risolutiva 
ad un pezzo di storia del villag- 
gio. Le ruspe dei costruttori fe- 
cero il resto, dando mano al nuo- 
vo edificio. Ma fu solo dopo ol- 
tre venti anni di lotta contro le ot- 
tusità della burocrazia che l'edi- 
ficio è riuscito ad avere la sua mo- 
derna identità. Molte sono state 
le generazioni vissute nelle stan- 
ze tra quelle mura antiche. 

Risuona ancora delle grida di 
bambini intenti ai giochi nei cor- 
tili, le voci ed i canti allegri di contadini al lavoro nei campi, le stalle con 
gli animali che facevano parte della famiglia dell'uomo. E poi l'alter- 
narsi delle stagioni che cadenzavano il ritmo delle fatiche dei raccolti, i 
canti nell'aia dopo la mietitura, i riti della semina e della vendemmia, i 
cicli della natura scanditi dal suono delle campane della Chiesa a poca 
distanza. 




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Anno dopo anno, gene- 
razione dopo generazione, 
nascite, comunioni, matri- 
moni e trapassi hanno se- 
gnato la vita di questo 
casale, come di altri del vil- 
laggio. 

Ma i ricordi, spesso, han- 
no anche un sapore amaro. 
Come quelli che aveva 
Concetta. Quando il figlio le 
parlava della bellezza di No- 
vella, delle carte che si dove- 
vano fare per ricostruire il 
casale dopo la sua fatiscenza 
e dopo che il terremoto ave- 
va dato i colpi decisivi all'ab- 
battimento. Quando lui dice- 
va che ormai era facile andar- 
ci perché avevano costruito 
la strada, che ci si poteva ar- 
rivare in macchina, che con 
la ricostruzione sarebbe sta- 
to bello viverci (nessuno avrebbe mai potuto immaginare che sarebbero pas- 
sati oltre venti anni!) che le sarebbe certamente piaciuto rivivere i giorni felici 
della sua infanzia in quei campi sospesi tra il cielo e la terra, sul suo volto si 
smorzava all'improvviso il sorriso che quelle parole avevano acceso. Diven- 
tava seria, pensierosa, quasi triste. 

"Tu non sai come faceva freddo d'inverno lassù. In quella casa fatta di stanze enor- 
mi, le mura ed i soffitti affumicati, i grandi camini sempre accesi, le scalinate sconnesse 
ed appese. Nel suo ventre si snodavano impenetrabili ed oscuri depositi, grosse stalle e 
puzzolenti porcilaie. Nelle lunghe notti d'inverno, fatte di vento e di tempeste, si sentiva 
il mare che saliva infuriato da Maiori. L'acqua arrivava fin sotto i nostri letti. Tu non 
sai com'era severa la mia nonna. Non sai quanto era duro il suo lavoro, quanti rosari in 
latino dovevo dire insieme a lei prima di addormentarmi. Rigida ed inflessibile, prima 
con se stessa e poi con gli altri. Quando arrivava qualcuno nel cortile, a cavallo di un 
asino, su per la mulattiera, pregavo Iddio che mi portasse via da quel posto". 




26 



Il figlio l'ascoltava perples- 
so e incredulo. Come perples- 
so ed incredulo rimase il suo 
volto quando, (a distanza di 
venti anni e passa!), la riportò 
al suo villaggio, in macchina. 
Tutto era cambiato, non solo 
per lo scorrere degli anni del- 
la ricostruzione, ma anche per 
i "suoi" anni trascorsi da lei 
altrove. Sessanta, settanta 
anni, la "sua" vita. Entrarono 
nella nuova casa, non ancora 
arredata. Si sedette su una sedia guardandosi intorno, gettando lo sguardo 
fuori dal balcone sulla vallata di fronte: Sant'Elia, Polvica, Paterno, Maiori, 
erano sempre là. Cercava con lo sguardo il suo vigneto, i suoi terreni, la 
"chiana", le "chiazze", gli alberi di fico, l'albero di prugne. Disse che non era 
cambiato nulla, ma era tutto diverso. Il suo "Antonuccio" ormai non c'era 
più. Se n'era andato solo qualche mese prima, lasciandola sola di nuovo, tra 
quei monti dai quali lui l'aveva salvata. Ma il figlio le disse che ora, lì a "Casa 
Mario", tutto era nuovo, pulito, ordinato. Lo guardò con un sorriso appena 
accennato e disse: "Le cose cambiano. Voi non potete capire. " 




Il Valico 

Uomini che un tem- 
po, come muli, e con i 
muli, portavano su e 
giù, oltre le montagne, i 
loro carichi di frutta e di 
verdura da vendere ai 
mercati di Nocera, di Pa- 
gani, di Sarno, oggi viag- 
giano su mezzi moderni 
e veloci. In alcune di 
queste zone, di difficile 
accesso, il mulo è anco- 
ra compagno di lavoro e 
di trasporto. 




27 




Il pensiero corre a chi scende- 
va in carrozzella verso il mare di 
Maiori col sacco della posta. A 
chi, guardando passare quella 
carrozzella, tirata a fatica dal ca- 
vallo, su per quelle strade scon- 
nesse e solitarie, sperava di pote- 
re un giorno andare via da quei 
luoghi di malinconico isolamen- 
to e triste solitudine. 



Ieri come oggi. Questo è l'ambiente in cui vive una comunità che stenta a 
resistere agli attacchi della modernità, pur vivendo di essa e con i suoi stru- 
menti. Anime residenti che si spostano di continuo, che lavorano quella poca 
terra rimasta all'invasione del cemento, con moderne macchine agricole. Gente 
bombardata da tutti i tipi di messaggi della moderna comunicazione. Ogni 
giorno vanno altrove per lavorare, comprare, vendere, farsi curare, far stu- 
diare i propri figli, per poi rientrare a sera nelle proprie case dove incontre- 
ranno i cani ed i gatti, forse accudiranno le galline nel pollaio e qualche altro 
animale domestico. 



Ma sono sparite le greggi e gli armenti di un tempo. Le pecore e le mucche 
non sostano più nei recinti coltivati a grano. In quelle grandi stalle di case 
coloniche ad ampie arcate non trovano più posto né i tanti animali né le gran- 
di balle di fieno. Negli spazi dei cortili e delle assolate aie non razzolano più le 
galline, né si sentono più i colpi cadenzati della battitura del grano disteso al 
sole. Non si odono più le campanelle al collo delle capre che pascolano in 
libertà per quei campi scoscesi nei quali le colture della vite e dei limoni sono 
ancora attività redditizie. Non si sente più il battere dei colpi di tanti artigiani 

del tempo che fu. Sono scomparsi 
i bottai, i cestai, gli impagliatori, ca- 
tegorie umane e sociali che hanno 
ceduto il passo alla modernità. 

Al loro ritorno a casa queste 
anime residenti ed erranti del Vil- 
laggio rivedranno i propri anziani 
lasciati a coltivare l'orto, a ripulire 
la vecchia cantina. 




28 



Forse li ritroveranno seduti in salotto davanti al televisore a guardare il 
mondo degli altri. Mondi che non conoscono e che non sanno comprendere. 
Immagini che appaiono e scompaiono sullo schermo, finestre aperte su una 
realtà che farebbe loro compagnia se solo essi la sapessero leggere. Ma spesso 
si sorprendono a guardare senza vedere, sentono senza capire, parlano senza 
comprendere. Vecchi che osservano muti ed immobili i giovani che parlano, 
chattano, si inviano messaggi al telefonino, vanno e vengono, compaiono e 
scompaiono. Ma non parlano con loro, monologano, ascoltano musica scari- 
cata dalla rete, preferiscono correre lontano inghiottiti dalla folla del tempo, 
sulle spiagge della costa o tra la folla delle città vicine e lontane. 



La grande fuga 

Giovani che corrono su grosse moto, come marziani col casco. In fuga dal- 
la scuola, dopo quella dell'obbligo, perché troppo lontana, faticosa da segui- 
re, difficile da capire. Eppure facilmente raggiungibile, non più a piedi, come 
una volta, su e giù per le mulattiere. E poi, ogni ora passa l'autobus che sale e 
scende da Maiori. In mezz'ora ti porta in città, in un'ora puoi essere in aero- 
porto, puoi andare al porto e salire su di un aliscafo per le isole e per altri 
orizzonti. Molti di loro sono spariti al nord, tra pizzerie e ristoranti, fabbriche 
e alberghi. Sono riusciti a diventa- 
re altri. Via non solo da Novella ma 
anche dagli altri villaggi. Come 
una grande fuga. 

Si vede il mare di Maiori dal- 
la piazzetta davanti alla Chiesa. 
Pochi minuti e sei nel cuore della 
divina Costiera. Si sente il suo 
profumo dopo la pioggia, con 
l'aria che si impregna di limoni. 
Di terrazza in terrazza, l'orizzon- 
te sfuma, degrada, discende dol- 
cemente verso il mare, confon- 
dendosi con i vigneti. Ma i gio- 
vani non sembrano ricordare che 
la loro terra é "la terra dove fiori- 
scono i limoni", come nelle pa- 
role del poeta. 




29 



Corrono sempre più veloci, di curva in curva, sulle loro moto, verso la 
spiaggia, il calore e i colori dell'estate, in testa caschi integrali forniti di 
auricolare, al ritmo dell'ultima musica di moda. Non potranno ascoltare il 
suono delle campane della Chiesa di San Bartolomeo, e delle tante altre 
chiese che fanno sentire, da secoli, i loro rintocchi. Sono altre le "cose" da 
fare, da vedere, da sentire. 

Corrono verso la folla delle spiagge, il turismo di massa o di elite, il 
party sulla spiaggia, la sfilata di moda, il concerto "rock" al castello, i fuo- 
chi di mezzanotte, il battello sulla strada del mare, la folla dei turisti. Altri 
riti, altre aspirazioni, altri incontri. Ma le campane della Chiesa continua- 
no a risuonare, come sempre, da secoli. Non solo d'estate, quando le spiagge 
sono affollate e non si trova un posto per parcheggiare, nemmeno a pagar- 
lo a peso d'oro. Anche d'inverno, quando il mare diventa feroce e sferza il 
lungomare. I giovani non si fermano, continuano ad andare. Chissà se ri- 
tornano. Altri luoghi, altre storie, altre vite. Hanno dimenticato la propria 
storia. Disertando i luoghi di origine, hanno cambiato la propria identità. 
Sono ormai senza radici. Chi non ha radici, non ha storia. Chi non ha una 
sua storia, non ha un futuro. Ecco il grido di allarme di questo libro: ricor- 
dare ad essi chi sono, da dove vengono, dove devono saper ritornare. Ma 
anche conoscere chi è rimasto in un Villaggio come questo dove oltre la 
metà della gente ha superato i sessantanni, dove i bambini sono rari, dove 
i vecchi sono pochi, sono soli e vivono di ricordi. Dove alla mancanza di 
un negozio, di un'edicola, di un bar, si sostituiscono il telefonino, il televi- 
sore, la parabola satellitare, l'auto. E, forse, anche un pezzo di terra che 
qualcuno si ostina ancora a coltivare, come facevano i loro padri. Magari 
anche una casa da arredare, in stile ultramoderno. E, forse, una vecchia 
Chiesa da frequentare. Qualche volta, alla domenica. 

Passato e presente 

E le memorie chi le conosce? Chi le conserva? Dove si racchiudono? 
Chi le raccoglie? Chi le custodisce? Che razza di Villaggio è questo? O 
meglio: che cosa era, è stata e sarà questa Frazione del Comune di Tra- 
monti nel terzo millennio? Una realtà umana che cambia, si trasforma e 
diventa altro. Un'idea di vita diversa. Chiamatelo come vi pare: casale o 
borgata, frazione o villaggio, il nome vi dirà ben poco. Chi sono le famiglie 
che ci abitano, come ci vivono, perché restano e, se non restano, perché 
vanno via? 



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Quali sono i loro bisogni, le proprie speranze, le loro illusioni, i loro 
desideri? Che cosa unisce queste persone come comunità civile, realtà re- 
ligiosa, entità sociale? Vogliamo andare alla ricerca della loro identità, far- 
le venire fuori dal guscio dell'anonimato, aiutarle a raccontare le loro sto- 
rie e le loro speranze. Anche se la memoria degli uomini è labile e fugace, 
restano le immagini che parlano del tempo trascorso. Una memoria così 
fatta sta ad indicare che questo passaggio non è mai vano né inutile anche 
se, a volte, gli uomini fanno di tutto per ignorarla, presi come sono dalla 
corsa in avanti, verso la costruzione del futuro. Confrontate le immagini 
del vecchio e del nuovo edificio e vi renderete conto di quello che stiamo 
cercando di dire. Due realtà e due mondi completamente diversi. Qui è 
come se il tempo si fondesse in un solo attimo e facesse rivivere il passato 
ed il presente, facendolo diventare futuro immediato. Gli animali sono 
spariti da quelle stalle abbattute di quell'antico casale. Come le persone 
che vi abitavano. Eppure pare che continuino a far sentire la loro presen- 
za, anche se in forma del tutto diversa. Ma tutto sembra stravolto e muta- 
to, e ogni cosa è segnata da una inevitabile trasformazione che porta ad 
altro. Il tempo appare fermo, immobile, appeso alle ore di un futuro inevi- 
tabile. 



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Sarà mai possibile conservare, preservare, custodire le voci, le immagi- 
ni, i ricordi di un passato che fugge, si trasforma e diventa sconosciuto a 
chi non c'era? 

Voci di antenati che, come tanti estranei, sembra ci guardino, ci ascolti- 
no, come a circondarci silenziosi e discreti. Ci parlano dei loro giorni lon- 
tani. E' come se ci rivelassero fatti e vicende dimenticati, ci raccontassero 
storie dette, eppure mai conosciute. Sembra che ci invitino a restare, per 
non dimenticare. E noi siamo qui a ricercare per conservare, raccontare 
per ricordare. A chi sa, eppure non ci crede. A chi dice, ma non sa narrare. 
A chi conosce ma preferisce ignorare. A chi ormai ha scelto il silenzio e 
preferisce tacere. A chi è nuovo ma vuole conoscere l'antico, per restare. 



Raffaele ed Elvira rappresenta- 
no il classico, e sempre più raro, 
esempio di ciò che è rimasto del- 
l'idea di famiglia patriarcale, espres- 
sione tipica di quella che fu la realtà 
umana e sociale della comunità 
tramontina di un tempo. Una tradi- 
zione che affonda le sue radici in un 
mondo ormai perduto per sempre. 
Un "tempo" che si basava sull' alter- 
narsi lento e cadenzato dello scor- 
rere delle stagioni, in perfetta armo- 
nia con la natura e le sue compo- 
nenti. La famiglia dell'uomo vive- 
va in stretto legame con il suo 
habitat naturale, costituito non solo 
dalle piante e dai suoi frutti, ma 
anche dagli animali suoi compagni di vita e di destino. Si era come una gran- 
de famiglia allargata che tutti comprendeva ed accettava. 




Agli inizi del secolo a Novella c'erano numerose famiglie composte da 
decine e decine di figli. Basti ricordare la famiglia D'Auria che ha abitato 
a Novella alta fino agli inizi degli anni venti del secolo scorso e che conta- 
va ben 21 figli. C'è ancora chi ricorda le famiglie dei fratelli " Angelone" e 
Alessandro, formate da decine di figli, ormai lontani e sparsi per il mon- 
do. Nuclei vitali di una comunità che vedeva nella famiglia la sua forza 



32 




naturale radicata sul territorio. Si caratterizzava nelle tante attività vitali 
necessarie per vivere. Questa era gente che viveva in assoluta simbiosi 
con la natura, e dai cicli naturali di essa riceveva stimoli ed inviti a parte- 
cipare alla realtà della vita. 

Dall'amore per la terra nascevano mille occasioni per vivere sceglien- 
dosi un'attività, un lavoro, un mestiere che potessero poi provare la loro 
laboriosità. L'agricoltura e la zootecnia; la produzione del vino e quella 
dei cereali; la coltivazione del tabacco e quella delle piante e dei fiori; la 
grande varietà di frutta ed i lavori dei boschi; l'industria dei cesti e le arti 
dei bottai; il commercio dei pali ed i lavori in ferro; la lavorazione della 
carta e quella della bambagia, della lana, della seta; le attività casearie e 
l'allevamento del bestiame, le attività venatorie . . . 

Tante e diverse realtà individuali che davano vita a un piccolo e sofisti- 
cato artigianato che nasceva nella famiglia patriarcale e si diffondeva sul 
tessuto della comunità sparsa su un territorio difficile ed accidentato, an- 
che se caratterizzato da una bellezza unica, spesso misteriosa e sconosciu- 
ta. Quanti di questi mestieri sono oggi conosciuti, se non praticati, dai gio- 
vani tramontini del ventunesimo secolo? 



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La famiglia di Elvira e Raffaele è forse l'ultimo esempio di una trasfor- 
mazione familiare che ha inciso in maniera decisiva sul cambiamento di 
questa comunità. Leggendo la sua storia possiamo capire quanto sia im- 
portante il legame di sangue che unisce la realtà familiare e quanto la real- 
tà sociale, esterna alla famiglia, concorra, come sempre, a determinare scelte, 
prendere indirizzi e decisioni dei singoli. Sei figli, quattordici nipoti, un 
nucleo familiare ancora unito e compatto, pur se con tante trasformazioni 
e adattamenti. Ora che Raffaele non c'è più i suoi figli continuano ad esse- 
re grandi lavoratori, non solo contadini, ma anche imprenditori, artigiani, 
commercianti, studenti, ancora radicati sul territorio, sempre legati alla 
realtà della piccola Chiesa che si leva al centro del villaggio. 




I nuovi insediamenti: Borgo S. Bartolomeo 

Gli uomini non si stancano mai di incidere sulla realtà che li circonda. 
Sono portati continuamente a pensare per sé e per i propri figli nuove possi- 
bilità di vita, nuove occasioni di riscatto da una condizione di precarietà e di 
sacrifici. Danno sfogo e forza alla loro voglia di fare, di costruire, di investire 
insediandosi là dove la vita attende e merita di essere vissuta, sfidando il 
destino, affrontando grandi fatiche, progettando nuove e diverse soluzioni 
alla esigenze di vita. Se molti abitanti di Tramonti hanno deciso di lasciare i 
luoghi che li videro nascere in cerca di fortuna altrove in Italia e per le strade 
del mondo, (sono migliaia i tramontini andati via in questi ultimi anni), molti 
altri, anche se relativamente pochi, hanno deciso di restare, di rimanere legati 



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alla loro terra, alle proprie origini, im- 
pegnandosi a dar forza e vigore a 
nuove radici. Diversi e mirati, anche 
se sporadici e personali, sono stati i 
nuovi insediamenti residenziali e pro- 
duttivi nelle tredici frazioni. 

Se insediamenti si sono avuti 
sono stati tutti fatti su di una base 
ed una spinta volontaria, anche con 
grandi rischi economici. È mancato 
però, nella lunga ed antica storia dei 
13 villaggi, la capacità di avere uno 
spirito di cooperazione aggregativa 
che portasse i singoli a superare le 
diversità a favore del raggiungi- 
mento di obiettivi comuni. Tutto 
questo ha significato molta fatica 
per far fronte alle grandi trasforma- 
zioni intervenute. 




Una realtà sociale in origine agricola e contadina, chiusa nei suoi spazi 
limitati ed isolata nel tempo, dedita a piccole attività artigianali, legate 
allo scorrere ed all'alternarsi delle stagioni, che ha visto perdere lentamente 
la sua identità, subendo da un versante l'invasione di altre culture locali 
provenienti dalla valle oltre il valico del Chiunzi, e dall'altro le diversità 
che salivano dal mare provenienti dai grandi flussi turistici dei paesi della 
Costiera. Il grande fraziona- 
mento della proprietà 
terriera, le piccole rivalità in- 
dividuali e locali, il tradizio- 
nale conservatorismo legato 
alle colture della terra, ha fat- 
to il resto provocando in rela- 
tivamente breve tempo, più o 
meno cinquanta anni, una 
sorta di frana o cedimento nel 
modo di vivere e pensare del- 
la gente del posto. 




35 



Paradossalmente sono spariti arti e mestieri nonostante la crescita del- 
l'istruzione pubblica. La corsa al posto fisso, la volontà di riscatto dalla 
fatica fisica del lavoro nei campi, la modernizzazione dei mezzi di co- 
municazione hanno spinto le nuove generazioni ad allontanarsi dal tra- 
dizionale modo di vivere dei loro genitori. Una sorta di "cocktail socia- 
le", come un mitico e nuovo "eldorado", composto di turismo, musica, 
consumi, moda, tv e arti effimere, ha fatto il resto creando modelli di 
vita impensabili ed inaspettati solamente qualche decennio fa. In questo 
contesto, rimanere a vivere da queste parti aveva, e tuttora ha, dell'eroi- 
co di fronte all'imprevedibilità del futuro se si resta e le allettanti possi- 
bilità di lavoro ritrovabili altrove. Chi è rimasto merita di essere fatto 
conoscere, apprezzato, valutato e valorizzato. È il caso della famiglia di 
Luca. 

Una famiglia di tre fratelli titolari di un'impresa di edilizia, e di un 
ristorante a Bergamo. Classico esempio di chi non vuole tagliare le pro- 
prie radici e non rinuncia a metterne altre altrove, dando prova di co- 
raggio e di spirito di iniziativa. Coraggio per aver voluto e saputo inse- 
diarsi nella Frazione di Novella in un momento storico in cui tutti anda- 
vano via in cerca di fortuna altrove. Luca ed i suoi fratelli hanno stabili- 
to la loro residenza nella zona alta e più antica di Novella dando vita ad 
un nuovo insediamento urbanistico che porterà il nome di "Parco San 
Bartolomeo". Va assegnato a loro merito anche la realizzazione del col- 
legamento viario tra le frazioni di Gete, Pendolo e Novella alta voluta 
fortemente per favorire lo sviluppo di quella zona che risulta essere, dal 
punto di vista ambientale e paesaggistico, una delle più belle di tutta la 
Valle di Tramonti. 

Nuove strade 

È allora il caso di dire che questa piccola Chiesa al centro del Villag- 
gio sopporta il peso di quasi cinquecento anni di vita, risuona ancora 
delle voci di tanti, silenziosi e dimenticati antenati che in questi luoghi 
hanno vissuto, amato, lavorato, sofferto. Riposano sconosciuti e muti 
negli angoli bui e segreti delle sue fondamenta. Questa Chiesa rappre- 
senta ancora una possibile "idea di vita" nel mondo di oggi? C'è qualcu- 
no che ha scelto di vivere questa "idea di vita"? Chi è scappato via per- 
ché lo ha fatto? È stato sostituito da qualcuno che ha scelto di vivere in 
questi luoghi? Perché qualcuno è rimasto? Cosa ha trovato? 



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La pietra incisa 

Chi fu a scolpire questa pietra che si trova nel giardino della Chiesa e 
che porta la data del lontano anno MDXXXXIIII? Giovanni Matteo Mar- 
ciano fece sicuramente parte di una delle famiglie nobili locali che ha le 
sue origini nel capostipite Giovanni Marciano risalente all'anno 1080. Lo 
storico Camera li elenca a partire da quella data e li identifica nei luoghi 
sino alla fine del XVII secolo: Bartolomeo, Matteo, Perrotto, Andrea, nelle 
loro varie mansioni di consiglieri, giudici, reggenti... Una delle tante fami- 
glie vassalle di un potere civile o/e religioso che si materializzava in ma- 
niera concreta sul territorio. Fu un giudice, un politico, un amministrato- 
re, un laico, un religioso? Certamente non fu 
persona di poco conto, tanto da poter permet- 
tersi di affidare al marmo la sua presenza, nel- 
lo spazio di una Chiesa che sicuramente gli fu 
cara, come lo fu per tanti altri, poveri e poco 
illustri abitanti del piccolo villaggio della cui 
memoria niente resta. Antenati dei quali anco- 
ra si avverte la presenza nelle notti di inverno, 
quando si sente la voce del vento che sale dal 
mare di Maiori ed avvolge la Chiesa e si infila 
sibilando tra le case del villaggio. 





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37 




L'antica Chiesa 

La storia orale - ma forse è 
solo una leggenda - racconta 
che l'antica Chiesa di San 
Bartolomeo Apostolo crollò cir- 
ca cinquecento anni orsono, 
precisamente nell'anno 1582, 
come si evince da un documen- 
to del Parroco don Antonio "de 
Borrelli" intitolato: "Libro della 
Congregazione di S. Antonio del Casale di Novella della città di Tramonti". 
Purtroppo lo stesso documento non ci dice nulla di come e quando il crollo si 
verificò, quale la sua entità, gli sconvolgimenti che ne seguirono, sia da un pun- 
to di vista ambientale che ecclesiale. Unica certezza è quella della collocazione 
della Chiesa, a monte della posizione in cui si trova l'edificio di oggi, a "Novella 
di sopra". Ancora oggi è possibile quasi toccare con mano probabili mura, sia- 
no essi fondamenta, pareti o archi della vecchia Chiesa e delle case, palpabile 
presenza umana del tempo passato portata alla luce dalla zappa del contadino. 
Resti raccolti in silenzio e restituiti al mistero del tempo. 



Novella alta 

Una visita ai luoghi di Novella alta, dove si pensa fosse la Chiesa origi- 
naria, conferma l'impressione che quei posti dovessero essere stati scelti 
per la posizione davvero incantevole in cui la zona si viene a trovare. An- 
che se di non facile accesso, il visitatore del terzo millennio ha come l'im- 




38 




pressione di toccare con mano un passato che non esiste più materialmen- 
te, ma di cui si avverte forte la presenza. Quando si parla con chi come 
Teresa e Raffaele in questi luoghi vi è nato, ci è cresciuto ed ha potuto 
ascoltare la voce della memoria orale dei propri antenati, si riceve una 
forte e indimenticabile impressione. 

Un'atmosfera sospesa tra il cielo e la terra avvolge il mistero dei fatti 
avvenuti in quei posti, oggi solo campi e terrazze coltivati a vigneti, limo- 
ni e verzure. Si dice che in una notte di tregenda, avvolta dalla nebbia dei 
secoli, una costola del monte sovrastante la Chiesa sia venuta giù travol- 
gendo in un attimo tutto il mondo conosciuto: case e vigneti, viottoli e 
sentieri, campi e terrazze, persone e animali. 

Terreni che avevano visto quella gente arrampicarsi e affaticarsi a siste- 
mare spazi e terrazze per costruire case e dimore, scegliendo di vivere 
vicino al Cielo. Avevano eretto lì anche la loro Chiesa. La voce narrante 
continua dicendo che il villaggio era grande, che si poteva andare da una 
parte all'altra della montagna, che una grande folla di fedeli lo attraversa- 
va cantando dietro la statua del Santo, che non poteva non essere che quel- 
la di San Bartolomeo Apostolo e Martire, uno dei dodici Apostoli che Gesù 
aveva chiamato al suo seguito nella evangelizzazione della Palestina. 



39 



Ancora oggi colpisce l'immaginazione e la devozione di questi fedeli: con- 
tadini, pecorai, allevatori e montanari di allora, gente che sapeva, però, guar- 
dare anche oltre l'orizzonte delle montagne, alla costa, verso l'azzurro del 
mare di Amalfi e del golfo di Salerno, là dove erano arrivate le spoglie del 
Santo Apostolo. Il Santo dal martirio davvero impossibile: decorazione, o 
scuoiamento, con successiva decapitazione. Sì, perché, San Bartolomeo, fu 
prima scuoiato vivo e poi decapitato, per ciò che predicava. 



È interessante a questo punto cercare di capire come mai, una piccola chie- 
sa di montagna, all'interno di una delle tante valli della penisola sorrentina, 
in cima ad un'inaccessibile montagna, venisse intitolata a questo Santo. Que- 
sto legame, che è sia storico che culturale, trova la sua ragion d'essere in due 
date fondamentali: la prima tra gli anni 838/839 in cui avviene la traslazione 
delle spoglie del Santo dall'isola di Lipari, al largo delle coste della Sicilia, e la 
seconda tra il 999 e il 1000 allorquando ha luogo la pretesa traslazione delle 
stesse da Benevento a Roma. Ma per capire la successione degli eventi biso- 
gna articolare bene la narrazione. Ci muoviamo su di un terreno in cui le 
notizie certe e documentate sfumano nella leggenda, e le leggende assumono 

il sapore del mistero. Le stesse 
notizie, prima di essere microsto- 
ria, devono trovare conferme e 
riscontri per potere poi entrare 
nella storia vera. Le fonti da cui 
attingiamo per accertare la pre- 
senza del Santo in questo territo- 
rio sono abbastanza complesse. 
Per questa ragione riportiamo il 
testo di una documentata ricer- 
ca pubblicata qualche anno fa. 
Citiamo i passi salienti, senza 
metterne in discussione i conte- 
nuti. Non è questa la sede per 
una ricerca storica, né tanto 
meno ci riteniamo abbastanza 
competenti per affrontare uno 
studio del genere. Chi volesse 
saperne di più può facilmente 
rifarsi al testo che segnaliamo 

Benevento, Chiesa cattedrale, Atrio - Nicola da . . 

Monteforte, statua di S. Bartolomeo (sec. XIV: particolare) qui a piede di pagina. 




40 



"La "legenda" ci narra che, dopo aver predicato il vangelo nell'India "seriore" 
e in varie regioni del Medio oriente, l'Apostolo convertì al cristianesimo il principe 
Polimmo. Figlio o fratello di Astiage, re dell'Armenia maggiore. Proprio a causa di 
tale conversione egli subì il martirio in Albanopoli per ordine di quel re che lo 
mandò a morte mediante fustigazione o, piuttosto, secondo una tradizione più dif- 
fusa (che si rifa a Isidoro di Siviglia e a Beda), per via di decorazione o scuoiamento 
e successiva decapitazione. 

A distanza di poco più di quattro secoli, intorno al 507 (e quindi in connessione 
con le guerre tra Bizantini e Persiani) l'imperatore Anastasio I il Silenziarlo ne 
trasferì le spoglie in Mesopotamia, nella città di Darae, dove furono conservate per 
poco più di un settantennio. Tra il 574 e il 592, però, per mera avversione al cristia- 
nesimo, il corpo fu gettato in mare dagli invasori persiani. L'arca marmorea ovvero 
il "loculus" (o sarcofago) di piombo, in cui esso era racchiuso, solcò miracolosa- 
mente i mari ed approdò infine nell'isola di Lipari durante il vescovato di Agatone 
che in suo onore edificò una splendida basilica. [...] 

In Lipari il corpo dell' Apostolo fu conservato e venerato fino agli anni '30 del IX 
secolo, allorché governava in Benevento il principe Sicario (832-839). Nell'aprile 
dell'838, però, i saraceni di Sicilia invasero l'isola e, distrutta dopo breve assedio la 
città di Lipari, sfogarono il furore della loro rabbia contro la tomba dell'apostolo; in- 
frantala, ne sparsero le ossa sul lido del mare, frammiste a quelle dei fedeli che per 
devozione s'erano fatti tumulare nella sua basilica. Ma esse non restarono a lungo 
abbandonate. Ben presto, infatti, furono ritrovate e raccolte dal custode della basilica, 
un monaco di nome Teodoro che s'era salvato dandosi alla macchia e al quale, in so- 
gno, lo stesso santo aveva indicato il luogo e il modo per poterle individuare e ricono- 
scere. La notizia del luttuoso evento, intanto era giunta alle orecchie del principe Sica- 
rio, il quale spedì in esplorazione alcune navi (forse di amalfitani) alla volta di Lipari. 

Trovato il monaco Teodoro che aveva con sé il preziosissimo corpo, i marinai 
longobardi l'imbarcarono su una delle loro navi e immediatamente ripresero il mare, 
facendo rotta verso Salerno; ma ben presto furono scoperti e inseguiti dai saraceni 
e, per porsi in salvo, abbandonarono la nave che trasportava quel sacro "pegno". I 
nemici erano già convinti di poterla catturare con estrema facilità, quando all'im- 
provviso, nonostante lo sfolgorante chiarore del giorno, su di loro si abbatté una 
fitta caligine che consentì agli abbandonati marinai di sottrarsi all'accerchiamento 
e ricongiungersi, non senza unanime meraviglia, al resto della loro fiotta. 

Così dopo pochi giorni, col favore dei venti, le navi longobarde raggiunsero la 
sospirata terra del litorale salernitano. Non appena si diffuse la notizia del loro 
arrivo, subito il popolo salernitano si precipitò a frotte fuori delle mura e corse al 
lido. Quindi, riposto il santo corpo in una lipsanoteca, con inni e lodi lo portò nella 
basilica cattedrale. In Salerno esso restò solo per qualche tempo, fino a quando cioè 
non vi giunse Sicario di ritorno dalla piana di Pompei dove si era accampato con un 
numeroso esercito per difendere il litorale da eventuali attacchi saraceni. E infine, 
tra il tripudio dell'intera regione beneventana, quel principe, valoroso nel difende- 



vi 



re la patria e sollecito imitatore dei suoi predecessori nel fare incetta di corpi santi, 
con l'aiuto del Signore lo trasportò in Benevento tra la fine dei mesi di aprile e di 
ottobre del medesimo anno 838".* 

Fin qui la narrazione degli eventi dai quali si può arguire il fatto certo 
su come la fama abbia seguito il nome del nostro Santo e sia giunta anche 
tra questi monti tanto da spingere a far sorgere una chiesa che ne perpe- 
tuasse il nome e ne tramandasse ai posteri il culto e la memoria. Questi 
vennero spazzati via da una catastrofe naturale sulla quale si sa ben poco. 
La primitiva Chiesa collocata a Novella alta scomparve senza lasciare trac- 
cia. Si narra che il Parroco del tempo riuscisse a portare in salvo il Santissi- 
mo nella sottostante "Congrega di S. Antonio", dove si trova la chiesa di 
oggi. In seguito i confrati non avendo una loro sede ne costruirono una a 
fianco dell'attuale sede parrocchiale. 

Superate le difficoltà causate dall'evento, si sperava che la stessa Chie- 
sa potesse essere ricostruita là dove era prima. Ma, col tempo, ci si accorse 
che il territorio aveva completamente perduto il suo assetto originario. La 
natura aveva deciso di dare un corso diverso da quello che il povero e 
impaurito Parroco, insieme ai suoi pochi parrocchiani superstiti, aveva 
immaginato. 

I pochi fedeli abitanti sopravvissuti, a causa delle grandi difficoltà del 
vivere, in quell'isolamento quanto mai estremo, insieme alla necessità di 
trovare un posto più sicuro, si convinsero a rimanere nella Confraternita. 
Ed è qui che è rimasta per i quasi cinque secoli. Fu così che la Chiesa di 
Novella continua a vivere nel nome dei suoi Santi Bartolomeo e Antonio. 
Almeno così narra la voce popolare in assenza di documenti certi. 



' Salvatore Moffa, "Tre Apostoli, una Regione", Di Mauro Editore, 2000. 



42 



I documenti 



Sommario: a.D. 1550, 1574, 1593, 1632, 1632, 1709, 1883. Le carte. Un matrimonio del 1846. Il 
Registro delle nascite del 1759. Un certificato di nascita in latino. La Platea di S. Erasmo. La 
Confraternita di S. Antonio. 



Prima di dar voce alla "storia orale" di chi sui luoghi ci vive da generazio- 
ni, è bene esaminare documenti certi sulla identità della nostra piccola Chiesa 
di cui si hanno le prime segnalazioni in fonti documentarie edite come quelle 
del Codice Perris voi. Ili p. 775, doc. CCCLXXVII del 15 settembre 1301 in cui 
si legge che i beni della chiesa vengono citati tra i confini di un castagneto "... 
per hocfines. . . rerum ecclesiae sancti bartholomei de pred. Loco Novelle ..." E poi 
sempre dallo stesso codice Perris IV, p. 1446 doc. DCIV - 1459 marzo 12, - si 
legge, il riferimento ai confini di un podere in Novella del Monastero di S. 
Lorenzo di Amalfi " ...ab uno lettere bona S. Bartholomei ..." . 

Anno del Signore 1550 

Le fonti archivistiche inedite fanno capo alle visite pastorali effettuate nel 
corso dei secoli. Cominciamo da quella che porta la data del 17 aprile 1550 
effettuata da Mons. Crispo : c.217 r. - 218 v. Al e. 119v. nella quale si legge: 

"Prefatus reverendus dominus vicarious continuando actum visitationis 
praedictis accessit una cum omnibus suvradictuis presbiteris ad ecclesiam 
parrocchialem sancti bartholomei de Novella. Precedentibus orationibus accessimus 
ad altarem maius in quo reponitur sactissimum corpus in quodam tabernaculoi 
ligneo: intus quod est quidam cassetta in qua est repositum Sactissimi Corporis 
quod bene manet recognitum cum davi. In altera vero cappella supra altare est 
quidam cassetta in qua reponetur sacramenta et intus tandem et est carafe intus 



43 



qua ait presbiter Sai (?) citatus rector et cappellanus dicti parrochailis ecclesie qu .. 
ibi manet atqua baptismalis: qua male gubernantur et conservantur. Ecclesia vero 

ipse luit undique prou apparet ex visu caret fenestris et bonis clausuris. Circa 

januam plenam lapidibus et terra cum campana. " 

Anno del Signore 1574 

II 16 settembre del 1574 (c.54 r.) Mons. Montilio scrive: 

e. 58v: " Eodem die idem ill.mus et re.mus dom.nus Archiepiscopus continuando 
visitationem tandem aceexit ad Parrochialem Sancti Bartholomei casalis Novelle de 
qua est rector et beneficiates Nardus Antonius Contus eiusdem terre et ibidem visitavit 
maius altere diete ecclesie quod liguaeum inventi cum pallio tele linee facto et intus 
tobaleis. Erecta in eodem altari lignea ancona depista imaginibus beati Bartholomei, 
Sancti Andrea ac beate Marie Virginis in pindaculo vero adest depista resurrectionem 
domini nostri Iesu Christi. Sacramentum vero SS.ma eucharestie translatum est ut 
ait rector ex dieta ecclesia ad ecclesiam confraternitatis sancti Antoni dicti casalis 
Novelle et hoc propter distanciam diete parrochialis ecclesie a casali db quam non 
poterai sacramentum opportune et comode temporibus necessariis egentibus ministrare 

quod sacramentum rector dixit deferire ad infirmos ut relacionemfecit sui crucis 

Factam in dieta ecclesia sancti Antoni. 

Fons vero baptismalis flit visitatus et inventus cementarius baptismalis vero aqua 
conservatur in vase figulino ut in alia visitatione quem contegit ligneum coperculum 
clauditur fons ipsum a ligneo ciborio seratum clave munito. [59 r.] Sacramenta oleorum 
conservantur in tribus vasculis stam [. . .] duobus coniunctis etaliopro oleo infirmo[rum] 
separato. Quiternos ordinatos per sacramentum inveniuntur cum suis circumstantiis 
ferisse rector dixit. Neminem exeomunicatur concubinarium usurarium aut qui 
matrimonium in gradu pe [. . .] et alio casu sedi apostolice aut rev.dum A[...] reservato, 
occupato sub una ecclesie esse retulit rector. Pavimentum ecclesie humidum, corrosum 
et effo[satum] repertum est. Ecclesie lambie et paries licet dealbatus ap[. . .] tamen dixit 
rector aquam pluvialem per for a[...] parietum existenti ex parte sinistra interitum 
eiusdem intus ecclesiam penetrare et abad[em](?) causatur humiditas pavimenti predicti. 

Ostium vero ecclesie ligneis feribus serate davi munitis clauditur. Alia mobilia in 
ecclesia non sunt reperta nisi eadem que in alia visitacionem sunt annotate [59v]. Et 
cum ecclesia sit pauperrima et eius introitus non sufficiant ad providendum suis 
necessitatibus et ut sacramenta in eadem honorifice conservantur et venerari possint 
ideo mandat filianis quod ecclesiam predictam taliter restaurent, reponent et reficiant 
ac suis ornamenti set indumentis prò altari necessariis et serviciis vestibus 
sacerdotalibus in optima forma sub forma sub pena suspentionis sacramentorum et 
interdicti a celebratione missarum ipso facto incurrenda et serbandam penarti'' '. 

Anno del Signore 1593 

Il 9 agosto del 1593 Mons. Rossino riporta: 

"odem rev.dus dom. vicarius continuando visitationem eadem accessit cum 
prenotatis rev.dis presbiteris ad parochialem ecclesiam Sancti Bartholomei de No- 
vella ... intus confr aternitate et ecclesie Santctorum Fraudi «sic» et Antonimi 



44 



dicti sacalis de qua ets parrochus rev.dus Scipio de Brancho et precedentibus debitis 
orationibus corani SS. Sacramentum eicharistie quod reconditum in n[...] altare 
latus tabernaculum ligneum inauratum in custodia argentea recontitum cappitella 
sericis purpurei quod est candelabras ornata tribus tobaleis et pallio rosi purpurei 
repertum listatum cum portabile ante quod ...[UOr.n.n.] Postmodum visitavit 
fontem aque baptismalis cementarium est caper ... ligneo coboreo ..." 

Anno del Signore 1632 

Ecco il testo inedito delle notizie inviate al Vescovo dal rector Domenico 
Salsano nell'anno 1632 con lo stato delle anime della Parrocchia. 

A. V. MONS.TEODOLO, CART.ll 1632 [ e. 206 r.J: 

La parrocchiale chiesa di Santo Bartolomeo di Novella pertinenti e della terra di 
Tramonti antiquamente stava situata sopra Novella, dove al presente è l'oliveto di 
detta chiesa, da poi è stata translata dentro la chiesa dei Santi Francisco et Antonio 
cappella dei confratri. 

E situata nella piazza pubblica di detto casale; è de iure patronatus della famiglia 
Borrelli; d'essa non se ne ritrova fundatione essendo antiquissima. In detta chiesa vi 
sono tre nave con la cupola dietro l'altare maggiore, la nave di mezzo con la cupola è 
lunga palmi cento et tre, le altre due nave sono lunghe palmi ottantacinque ciascheduna 
di esse; tutte tre le navi sono larghe palmi cinquantacinque misurate in mezzo. In 
detta chiesa vi sono tre porte, cioè per ogni nave di mezzo vi sono sette fenestre cioè tre 
dal lato a dextris et tre a sinistris et un'altra sopra la porta, sopra l'altare maggiore vi 
sta un'occhio benché sopra l'altare maggiore vi siano due altre finestre quali non resta- 
rono: ma finita sarà la chiesa si faticheranno. Nella cupola vi è un'altra porta et 
un'altra finestra. Nella nave a dextris vi è un'altra finestra sopra la porta. Nella nave 
a sinistris vi sono cinque altre finestre, ciò è una sopra la porta et quattri altre dal lato. 

Nella nave di mezzo vi sta eretto l'altare maggiore dove sta la custodia indorata 
con il gradino, dove sta conservato il Santissimo Sacramento; vi è ancora in detto 
altare una statua di Santa Sofia con la reliquia in petto, vi sono tre para di cande- 
lieri indorati, dui para di fiori di candoli d'India novi con quattro vasetti per detti, 
vi sono in detto altare quattro altri para di fiori con quattro altri vasetti vecchi, vi 
è una carta di gloria indorata, una croce d'ebano. In detto altare vi sta eretta la 
confraternita di laici sotto il titolo predetto di Santi Francisco et Antonio. 

In detto altare vi sta istituita la confraternita del SS. mo Sacramento. Nella cupola 
vi sta una cona di detta confraternita con l'immagine della Madonna della Grazia in 
mezzo, di Santo Francisco a dextris et Sant'Antonio a sinistris, nel quatro piccolo di 
sopra sta [206v.] l'imagine di Nostro Signore, di Santo Domenico et di Santa Maria 
Matalena; detta cona è longa palmi sedici con il gradino et larga palmi nove. Nella 
nave a dextris vi sta eretto l'altare di Santo Bartolomeo traslato, dov'è una cona vec- 
chia con l'immagine di una Madonna in mezzo di Santo Bartolomeo a dextris et di S. 
Andrea a sinistris; è alta palmi sette con il gradino rt larga palmi sei, è de iure patronatus 
della famiglia delli Burrelli compatroni di detta parrocchia di S. Bartolomeo. 

Appresso in detta nave vi sta eretto un altro altare sub titulo di S.Maria della 
Gratta il quale fu eretto per il quondam Notar Giovan Angelo Cito annesso con 



45 



detta parrocchia di S.Bartolomeo et anco detta erettione appare per instromento 
rogato per mano del quondam Notaro Giovan Ferrante di Rosa d'Amalfe sotto lì 
15 febraro 1584. La cona è longa palmi otto et larga palmi sei: vi sta l'immagine 
della Madonna della Gratia.Vi è la sepoltura. Ci sono annui carlini 21. 

In detta nave accosta al predetto vi sta eretto un altro altare sotto il titulo di 
S.Antonio da Padua ex legato del quondam Notaro Luciano Burrello. E' de iure 
patronatus però questo altare è translato nella nave a sinistris. In detta nave accosto 
al predetto vi sta eretto un altro altare sub titulo dello Spirito Santo, quale fu eretto per 
il quondam Pompilio Burrello.Vi è uno quatto piccolo dell' Annuntiatione della Ma- 
donna. Non vi è nullo ornamento, solo una tovaglia; vi è beneficiato don Sabatino di 
Somma di Marano Casale di Napoli. Ci sono annui carlini trenta per messe. 

Nella nave a sinistris vi sta eretto un altro altare sotto il titulo di S.Antonio di 
Padua traslato dalla nave a dextris, è stato eretto ex legato del quondam Notaro 
Luciano Burrello, come appare per il suo testamento fatto per mano del quondam 
Notaro Pantaleone Conti di Tramonti sotto VII gennaro 1528. Dopo la sua morte 
fu fondato detto altare de iure patronatus nella nave a dextris et per il quondam 
lacon' Aniello Burrello è stato traslato nella nave a sinistris. 

Vi sono beneficiati il Rev.do don Iacono Coccia di Napoli delli annui carlini trentadui 
et il Rev.do don Pietro [207r.] Chirico del aumento fatto per detto quondam lacon' Anello 
quali sono docati 34 ci è l'obbligo di messe annue come ci appare in strumento di detto 
aumento rogato per mano del quondam Notaro Francisco Gambardella d'Amalfe. La 
cona è lunga palmi sederi et larga palmi nove in mezzo ci è l'immagine della Madonna 
del Carmine, a dextris S. Antonio , a sinistris S.to Biase et nel quatto piccolo di sopra la 
consolatione delli afflitti, S.to Giovanni Battista et Santo Agostino. 

Nella nave di mezzo vi era eretto un altro altare sotto il titolo di S.to Ambrosio 
ex legato del quondam Ambrosio Cito è stato demolito, quanno se fece la nave a 
sinistris ci era la sepoltura vi è beneficiato il Rev.do don lacon' Antonio Cito. Ci 
sono annui ducati nove per celebratione di messe. Nella nave di mezzo vi è costrutta 
una sepoltura delli confratri del Ss.mo Sacramento. Nella cupola vi è costrutta 
un'altra sepoltura di Santo Bartolomeo et Santo Antonio. 

Nella piazza vi sta costrutta una cappella sotto il titulo di Santo Sebastiano 
fondata per Schiano Cito. Ci sono annui carleni sidici per celebratione di messe. Vi 
è beneficiato il clerico Nicola Ambrosio di Lieto di Napoli. In capo detto casale vi 
era un'altra cappella sotto il titulo di Santo Iacono et di Santo Nicola. E diruta; vi 
è beneficiato il Rev.do don Pietro Battimello di Ravello. Fufundata per il quondam 
Andrea Burrello. Ci sono annui carleni 30 per messe. 

In mezzo di detto casale ci è un'altra cappella fondata per Ippolito Marciano sotto il 
titulo Santo Iacono; vi è beneficiato il clerico Onofrio Avitabile di Napoli. Ci sono annui 
carlini vinti per celebratione di messe. Ita est dominus Dominicus Salsanus rector. 

Nella predetta chiesa parrocchiale vi sta la fonte del battesimo di marmo et nella cima 
dentro vi è uno vase di rame dove sta l'acqua del Santo battesimo et una scatolina dove 
sono dentro tre vasetti d'argento dove stanno conservati li ogli santi et anco due fioriti per 
l'acqua santa. Sopra la nave a sinistris vi è uno campanile fittizio con due campane: una 
grossa et una piccola et questa piccola dicono sia comune con la parrocchia. 

Segue la sottoscrizione: Dominicus Salsanus rector. 



46 



Anno del Signore 1632 

Nell'elenco che segue sullo "stato delle anime della Parrocchia" si ritrova- 
no cognomi ancora moderni e contemporanei. Famiglie di "anime" che ci 
aleggiano intorno e ci invitano a ricordare. Una "serva", una "parvula", un 
"forestiero", mogli, mariti, figli e figlie, come tanti. Va notato un dettaglio di 
non poco conto: il "circa" riferito agli anni di molti presenti nell'elenco ci dà la 
misura della relatività del tempo in chi aveva difficoltà a ricordare la data 
esatta delle propria nascita e fare la giusta conta degli anni passati. L'anagrafe 
computerizzata era ancora di là da venire! 

A.V. MONS. TEODOLO (CART.ll cc.218r-221r) 

Alfonso Andrea Burrello d'anni 26 

Francisc' Antonio Burrello d'anni 24 

Iacobus Aniello Burrello d'anni 10 

Matalena Manzo moglie di Francisc' Antonio d'anni 25 in circa 

Graziosa Manzo d'anni 60 in circa 

Angela Manzo di Giovann' Andrea, serva d'anni 19 in circa 

Sebastiano Vitagliano d'anni 48 in circa 
Helena Flammea moglie d'anni 30 in circa 
Carlo Vitagliano figlio d'anni 8 
Camilla Vitagliano figlia d'anni 17 
Giulia Vitagliano figlia d'anni 12 
Angela Vitagliano figlia di mesi 9 

Beatrice Mazzo 

Fabrizio di Sansevero d'anni 18 in circa 

Giuliana Mazzo d'anni 50 in circa 
Vittoria Marciano d'anni 60 in circa 

Briggida Roppolo d'anni 30 in circa 
Aniello Manfrella d'anni 4 
Antonio Manfrella d'anni 11 
Angela Manfrella d'anni 7 

Narda Vaccaro d'anni 50 in circa 
Geronima Apicella d'anni 31 
Marc' Antonio Apicella d'anni 26 
Antonia Francese d'anni 25 in circa moglie 
Francisc' antonio De Rise d'anni 7 

Damiano Schiavone d'anni 22 in circa 
Monica Vaccaro d'anni 36 in circa, moglie 



47 



Delia Vitagliano d'anni 50 in circa 
Marzia Schiavone d'anni 29 in circa 

Antonio Marciano d'anni 21 
Giulia Marciano d'anni 32 
Gioanne Marciano d'anni 17 
Lucrezia Burrella d'anni 50 in circa 

Pietro Marciano d'anni 45 in circa 
Grazia de Mauro moglie d'anni 35 in circa 
Luca Marciano d'anni 
Beatrice Marciano d'anni 
Margarita Marciano d'anni 4 
Gioanna Marciano, parvula 

Berardina Corvino d'anni 55 in circa 
Gennaro Salsano d'anni 32 
Giovan Lorenzo Salsano d'anni 20 
Adriana Salsano d'anni 32 
Gioanna Salsano di anni 26 
Sebastiana Salsano di anni 23 

Santillo Marciano di anni 30 

Sabella Venosa moglie di anni 30 in circa 

Sebastiano Salsano di anni 60 in circa 
Giulia di Marchese di anni 38 in circa, moglie 
Mattia Salsano di anni 22 in circa 
Vittoria Salsano di anni 17 
Costanza Salsano di anni 9 
Geronima Salsano di anni 4 

Minico Marciano di anni 55 in circa 
Orazio Marciano di anni 35 
Simone Marciano di anni 20 
Olimpia Marciano di anni 27 
Catarina Marciano di anni 22 

Orazio Salsano di anni 55 in circa 
Luisa Scalzo, moglie, di anni 40 in circa 

Francisco Burrello d'anni 53 in circa 
Lucchina Burrella d'anni 55 in circa , moglie 
Giulia Burrella di anni 24 
Marzia Burrella di anni 16 



48 



Matteo Burrello d'anni 
Cannia Cito, moglie, d'anni 40 in circa 
Laudonia Burrella d'anni 19 
Camilla Burrella d'anni 14 
Carmin' Antonio Burrello d'anni 4 
Giovan Battista Burrello di mesi 7 

Valerio Marciano d'anni 32 

Susanna Romano, moglie, d'anni 30 in circa 

Angela Marciano di anni 3 

Porzia Cito di anni 70 in circa 

Giovan Geronimo Burrello d'anni 70 in circa 
Vittoria de Sate, moglie, d'anni 45 in circa 
Marza Burrello d'anni 24 
Antonia Burrello di anni 10 
Giovan Lorenzo Burrello di anni 6 

Vincenzo Masiello, forastiero d'anni 45 in circa 
Giulia Fiorella di anni 40 in circa moglie 

(Trascr. Prof. Salvatore D'Amato) 

Anno del Signore 1709 

Dalla visita effettuata da Mons. Bologna il 10 ottobre 1709 (c.7r.) sap- 
piamo che a quell'epoca erano interdetti l'altare maggiore, quello della 
Vergine del Monte Carmelo, quello di S. Maria delle Grazie e delle Anime 
del Purgatorio a causa delle cattive condizioni in cui versavano. Erano 
invece in buono stato l'altare dell'Annunciazione della famiglia Cito e 
quello di S. Antonio appartenente alla Confraternita. Anche la sacrestia 
era ben conservata. 

Anno del Signore 1883 

Il 7 luglio del 1883 ( c.22 r) Mons. Majorsini scrive: 

"Die decima ad horas vespertinas visitavit ecclesiam Sancii Bartholomei Ap. 
quae est in pago Novella et statuit ut Baptisterium efficiatur in eadem ecclesia ut 
est in voto fidelium eiusdem pagi immo tota cura animarum quam vitius fieri potest 
reducatur ad pristinum et Parochus de novo instituatur interfines antiquae parociae 
et ob spirituale bonum Christi fidelium separatur a parocia S. Erasmi cui db causas 
tunc temporis et ob ordinario fuerat unita. Praescripsit autem curato et omnem 
diligentiam adhiberet ut singola altaria eiusdem ecclesie providerentur 
suppellectilibus necessariis ad sacrum cultum ab illis ad quos pertinet titulo 
fundationis". 



49 




Le carte 

In quarant'anni di attività pastorale il Parroco don Emilio ha raccolto 
un cospicuo numero di libri di varia natura, tanti ed abbastanza da poterli 
definire una vera e propria biblioteca. Non mancano alcuni manoscritti 
antichi degni di essere fatti conoscere come importante memoria storica 
dei luoghi. Sono documenti di una microstoria che merita di essere cono- 
sciuta poiché indica individualità precise in un tessuto umano e sociale 
che testimonia nel tempo la sua dignità. Piccole storie, eventi minimi, se- 
condari accadimenti che messi insieme concorrono a fissare la tela della 
grande Storia. 

N (STA MENTO 

(^upitcfo éx^rmomì; come ané& rtó Jh^ 
ck fiomdt, Èfrytttst citine? mifit saitrrtìtt 



Nettamento delle rendite nell'anno di grazia 1766. "Nettamento delle rendite che possiede il Reverendo 
Capitolo di Tramonti come anche delle Messe ed Anniversari tiene di peso e deve soddisfare. Raccolto dalle 
antiche Scritture e Libro del fu Re. do D. Giacomo Cita, dal Re. do Parroco D. Andrea de Borrelli in quest'anno 
mille settecento sessanta sei. 1766" 



50 



Una lettera autografa a Papa Gregorio XVI in data 1841: 

B.mo Padre 

L'Arcivescovo di Amalfi ossequiosamente espone che sulla montagna in Novella di 
Tramonti, luogo di sua Diocesi, esiste la Parrocchia di S. Bartolomeo soppressa da 
molti anni per mancanza di congrua, la qua! Chiesa al presente ha l'annua rendita 
di circa Ducati ventinove, liberi di ogni peso, bensì vi sìa speranza di ottenere un 
legato di ducati quaranta lasciato in testamento, quali uniti ascenderebbero a Ducati 
sessantanove e appena potrebbero essere sufficienti per le spese di culto e manuten- 
zione della Chiesa. Non essendovi in detto villaggio Sacerdote di altro villaggio, 
neppure confessore per assistere in qualche modo a questa Chiesa, essendovi già li 
pesi di questa Parrocchia un legato di Messe che ascende a Ducati trentadue: sup- 
plica la S. V, a volersi degnare di ridurre queste Messe il numero di due al mese e 
condonare l'arretrato di più anni affinché possa darsi un compenso a qualche Sa- 
cerdote di alieno Paese, onde quelle povere anime siano assistite con maggiore im- 
pegno, giacché non può stabilirsi un Parroco permanente. 



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Niente di nuovo sotto il sole, potremmo dire, a distanza di oltre 150 
anni. La realtà di un territorio e di una comunità che lotta per la sua so- 
pravvivenza, di cui la Chiesa sembra essere l'unica testimonianza. L'unità 
del Paese Italia è ancora lontana, non esiste un governo centrale o locale 
che possano aiutare a vivere queste anime dimenticate da tutti, ma non da 
Dio. Si sopravvive contando sulla forza della Fede e sull' alternarsi delle 
stagioni, il vero motore produttivo per questa gente. Allora come oggi? 

Un matrimonio del 1846 

Antonio Bonito di Maiori prende in moglie Maria Anastasio di Tra- 
monti come da pubblicazione di matrimonio in data 10 giugno 1846 emes- 
sa dalla Curia Arcivescovile a nome di "Mariano Bianco, per la Dio Grazia e 



52 



della S. Sede Apostolica Arcivescovo di Amalfi e di sua Real Maestà consigliere a 
latere" . Un documento che testimonia gli stretti legami che intercorrevano, 
ed ancora intercorrono, tra i due paesi confinanti. Un legame stretto, con- 
solidato dal tempo e dalla storia, che potrebbe essere visualizzato nello 
scorrere del fiume che fluisce come un'arteria vitale nel corpo del territo- 
rio. Un corso d'acqua che nasce tra i monti della vallata del Chiunzi col 
nome di Satrono e sfocia sul lungomare di Maiori come "Reghinna Maior". 
Sembra portare con sé la linfa vitale della natura da quei monti sparsi sui 
quali sorgono i tredici villaggi del Comune di Tramonti. 







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l . e «1 lUivdn-i Jmn uumui infidi Incuta,, u*|in 



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53 



Da quei luoghi, la piccola comunità di Tramonti, contadina e artigiana 
insieme, ha alimentato e favorito la crescita di Maiori concorrendo a farla 
diventare una moderna cittadina turistica di importanza internazionale. 
Maria va in sposa a Antonio ed evade così dal suo isolamento sicuramente 
con grande orgoglio e soddisfazione. 

Va via da una terra montana difficile ed avara per sé e per tutti i suoi abitan- 
ti. Maria, come tante altre giovani donne in fuga, ieri come oggi, dalla propria 
storia, in cerca di una nuova e diversa identità. Uomini e donne che guardava- 
no al di là dei monti, verso il mare e oltre, in cerca non solo di lavoro. Di là a 
qualche anno, e precisamente nel 1870, sarebbe stata costruita la strada che 
unisce Maiori a Corbara, attraversando la valle dei tredici villaggi. Si sarebbe 
rotto così l'isolamento del passo di Chiunzi. Quel valico che era stato come una 
barriera di confine per il cui passaggio i tramontini, per secoli, avevano dovuto 
pagare un pedaggio. E per questa gabella dei tempi si erano ribellati, come 
ricorda lo storico Matteo Camera. Una battaglia su due versanti: da una parte 
per poter accedere alla Valle del Sarno e da un'altra sul versante del mare, per 
difendere i Romani i quali, sempre secondo gli storici, già dal IV-V secolo d.C. 
avevano fissato a Cesarano, (da Cesare), uno dei villaggi del Comune, la base 
difensiva dei loro insediamenti a Scala ed Amalfi, sul versante occidentale. 

L'avviso di matrimonio non dice nulla circa il villaggio di provenienza di 
Maria. Tutto lascia pensare che sia stata una "novellina" finita in costiera o 
altrove sulla via dell'emigrazione. Un percorso comune a tanti degli abitanti 
delle tredici frazioni di Tramonti che, in quegli anni in cui visse Maria, era for- 
mato da tredici borgate non assurte ancora alla dignità di frazioni. Isolotti abi- 
tativi privi di strade, collegate solo da mulattiere e viottoli, ponti e passaggi 
pericolosi, aperti per superare valli e valloni. Tanti giovani residenti di villaggi 
diversi, a poca distanza l'uno dall'altro, si sarebbero conosciuti solo allorquando 
sarebbero andati a servire la Patria nel nuovo Stato italiano, dopo l'Unità. 

Da quegli anni in avanti, e fino alla conclusione del secondo conflitto mon- 
diale, la realtà esistenziale di questi tredici villaggi, diventati frazioni, è muta- 
ta rapidamente. L'anno dell'alluvione del 1954 che colpì la zona può essere 
preso come riferimento per stabilire il punto di inizio del cambiamento del 
territorio. Il progresso tecnico e tecnologico ha trasformato le relazioni ed i 
contatti a livello globale. Su scala locale, il territorio del Comune è radical- 
mente cambiato. Tutte le frazioni sono collegate da moderne strade asfaltate, 
facilmente percorribili, tutte sufficientemente illuminate, servite ed assistite 
da una buona cultura amministrativa locale. Anche Novella è raggiungibile 
dalla strada provinciale e presto lo sarà anche da Pendolo. 



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Registro delle Nascite di Novella del 1759 



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Certificato di nascita in latino del 1864 



55 



Ma l'altra faccia della medaglia non è così rosea come potrebbe apparire. 
Gli anni sessanta hanno segnato anche l'inizio della grande emorragia 
migratoria verso altri luoghi e altri mestieri. Da contadini e artigiani che era- 
no, i Tramontini hanno assunto altre identità, inventandosi diversi mestieri 
altrove, in tutti gli angoli del mondo. Sono diventati, in particolare, i veri 
maestri della pizza. A Modena come a Milano, a Londra come a New York, a 
Tokyo come a Parigi, la pizza ha il sapore di Tramonti. Nel giro di pochi anni 
la popolazione si è dimezzata. A Novella sono circa una trentina le famiglie 
che ci vivono, per un totale di poco più di cento persone. Abitanti rimasti 
come anime sperdute in cerca di una identità che dia un futuro sicuro per i 
quelli che non vogliono andare via. E' possibile trovare un nuovo ruolo a 
questa comunità ed in particolare a questo Villaggio di Novella? Sarà possibi- 
le inserire il villaggio, come tutti gli altri villaggi, nell'ambito dello sviluppo 
turistico che investe l'intera costa di Amalfi? La vallata, a parere di molti, 
sembra spezzata in due: in alto Tramonti si sforza di sopravvivere, ma ormai 
non è più ciò che era un tempo. Sulla costa Maiori è come affogata nel suo 
turismo fatto di cemento, di ingorghi stradali e di esosi parcheggi. Mancano 
le idee forti, ma sopratutto manca il coraggio di cambiare per il bene comune. 
Sembrano vincere gli egoismi di pochi e l'improvvisazione di tanti. Quale 
futuro per i pronipoti di Antonio e Maria? 

La Confraternita di S. Antonio 

La riproduzione di questo documento originale che si trova nell'archivio 
della Chiesa ci dà la possibilità di accennare ad una realtà storica molto impor- 
tante del territorio di Tramonti, e della Costiera Amalfitana in generale. Allu- 
diamo alla tradizione delle Confraternite religiose. Questo tipo di organizza- 
zione di fedeli caratterizzava la religiosità della gente con la quale tendeva ad 
occuparsi della formazione morale e spirituale dei propri iscritti, sviluppando 
il senso di appartenenza alla comunità che dalla Parrocchia si estendeva all'in- 
tera comunità. Per mezzo di esempi di vita e testimonianza di azione i Confratelli 
facevano di tutto per incrementare la fede cristiana, favorendo azioni sociali ed 
assistenziali, con azioni caritative, per mezzo di lasciti e donazioni sia da parte 
degli iscritti che da altri membri esterni alla stessa Confraternita. 

Era un modo per aggregare parti diverse e distanti del tessuto sociale che 
allora, come oggi, anche se in tono minore e differente, costituisce la realtà 
sociale della comunità. La parola che univa questi membri era la "fratanza", 
termine di origine medioevale risalente alle Corporazioni di arte e mestieri. 



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Il documento, di 44 pagine, porta la data del 1784 ed è in pratica l'atto 
notarile col quale la Confraternita di S. Antonio di Novella chiedeva a 
Ferdinando IV di Borbone il riconoscimento ufficiale della sua attività. 
Riproduciamo le prime tre pagine e le due conclusive. Stilato in latino e 
italiano è firmata dagli undici confratelli fondatori i quali manifestano le 
loro intenzioni di attività e si sottopongono al riconoscimento del Re. Nei 
tredici villaggi del Comune di Tramonti, come del resto per tutta la Co- 
stiera, e in gran parte d'Italia, le Confraternite erano numerose e molto 
attive. Col tempo e col passare degli usi e dei costumi questa tradizione è 
venuta a scemare, decadendo nello spirito sempre più laico dei tempi 
moderni. 

Un segnale, come tanti altri, della incapacità, o mancanza di volontà, 
da parte della società tramontina di riconoscere ed apprezzare i valori di 
certe tradizioni laiche o religiose, saperle mantenere, magari trasforman- 
dole e adattandole al mutare dei tempi. Un segnale, abbiamo detto, ma un 
segnale negativo, che ritroveremo ricorrente anche negli altri settori della 
vita di questa gente. Si segnala, allora, l'importanza e la necessità di ritro- 
vare lo spirito comunitario in senso moderno che vede nell'associazionismo 
cooperativo e partecipativo l'unica via di sviluppo e di progresso sia mo- 
rale che sociale, passando per il recupero della propria identità, della dife- 
sa dei valori religiosi e morali che hanno da sempre caratterizzato questo 
popolo di Tramonti. 



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La Chiesa di oggi 



Sommario: Il coro e l'organo. Papa Clemente. Madonna e i Santi. S. Antonio, L'Immacolata. L'An- 
nunciazione. Il Martirio di S. Bartolomeo. La Madonna Addolorata. Il Cristo morto. Il Prese- 
pe. I segni del tempo. Il tesoro. 



La facciata della Chiesa è suddivisa verticalmente in tre parti dalla pre- 
senza di lesene. Quella centrale consente l'accesso all'edificio tramite un 
ampio portone in legno sopra al quale, inquadrato da elementi decorativi 
a rilievo, si trova il nuovo affresco con la riproduzione dei due Santi e del 
paesaggio di cui abbiamo già detto innanzi. 





Nella parte superiore corre una cornice aggettante che suddivide in due 
parti orizzontali il prospetto, anche qui scandito verticalmente in tre parti 
con aperture, una a sinistra dove attualmente è sistemata la cella 
campanaria, una al centro che illumina la navata, ed una cieca a destra. 
Un'altra cornice aggettante inclinata, e a più modanature, è posta a coro- 
namento della facciata. 



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L'interno dell'edificio presenta una 
navata unica coperta da una volta a bot- 
te. Lo spazio dell'ampia aula, partendo 
dalle pareti che lo delimitano in prossi- 
mità dell'ingresso e, proseguendo in 
direzione dell'altare principale, è carat- 
terizzato dal succedersi, con ritmo arti- 
colato, di diversi elementi architettonici 
quali archi, paraste, lesene, cornici e 
dagli altari laterali, tre a sinistra e tre a 
destra. In corrispondenza degli ultimi 
due, lo spazio si dilata per la maggiore 
ampiezza e profondità degli stessi, 
evidenziato dalla presenza di quattro 
archi, due orientati longitudinalmente 
e due ortogonali ad essi. Questi forma- 
no l'imposta del tamburo sul quale si 
innalza la cupola che illumina con le sue 
aperture la zona centrale della Chiesa 
dalla quale pende un grande Crocifis- 
so che segna lo spazio e determina i 
volumi. 



Proseguendo troviamo l'abside di 
forma lineare con calotta semicircolare 



di copertura. In posizione sopraelevata 
sull'ingresso è situato il Coro caratte- 
rizzato da una balaustra in legno deco- 
rata e dall'organo dalle dimensioni con- 
siderevoli. La Chiesa, nella sua parte 
interna, si presenta decorata con stuc- 
chi e cornici semplici, in gran parte de- 
gradati dal tempo e dalle infiltrazioni 
di umidità. I marmi che decorano le navate su ambo i lati sono chiaramen- 
te a rischio e necessitano interventi urgenti di manutenzione per assicu- 
rarne la stabilità e garantire la incolumità di chi frequenta i luoghi. La 
pavimentazione è in marmette a scaglie di marmo colorato, l'altare princi- 
pale e i secondari sono in marmi policromi. Posteriormente all'abside si 
trova la sacrestia che colpisce per la sua spazialità in quanto i lati che la 



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delimitano sembrano aprirsi verso lo spazio esterno per la presenza di 
rientranze i cui contorni sono definiti da archi e cornici. Tale affetto è ac- 
centuato dalla luminosità assicurata dalla presenza di una finestra che 
guarda verso il mare e da due aperture a forma ovale sulla parete più 
corta. 

Il Coro e l'organo 

Questo interessante strumento ha un secolo di vita essendo stato co- 
struito nel 1907 da Francesco Venditti, un artigiano di Cava de' Tirreni. 
Conta 494 canne ed è, a detta degli esperti, di ottima fattura, ma risente 
delle gravi condizioni in cui versa per il peso degli anni. 




Rimane praticamente originale in tutte le sue componenti ma si rileva- 
no danni provocati dai tarli ai materiali lignei. Le canne di metallo hanno 
ammaccature e squarci che abbisognano di cure. Il somiere ha anche biso- 
gno del restauro di tutti i ventilabri e dei ventilabrini, come anche la 
manticeria, composta da un mantice a lanterna collocato a sinistra dello 
strumento che deve essere reimpellato. C'è anche la necessità di installare 
un nuovo elettro ventilatore. 

Passiamo ora a descrivere i dipinti che compaiono nelle cappelle latera- 
li partendo da sinistra. 



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"La gloria di Papa Clemente" 

Un quadro attribuito a Miche- 
langelo Pannaca risalente al secolo 
XVIII. È un dipinto su tela e misu- 
ra 183,00x130,00. Non è ben chiaro 
a quale Papa Clemente si riferisce 
il dipinto, se VII oppure Vili. 
L'iconografia tradizionale sembra 
propendere per Clemente Vili. 

"Madonna con i Santi" 

Dipinto su tela di anonimo. 
Misura 185,00X128,00 e risale al 
XVIII secolo. Raffigura i Santi 
Antonio, Sebastiano e Biagio con 
la Vergine. Era tradizione degli 
artisti del tempo riprodurre i 
Santi che si trovavano raffigura- 
ti anche nelle altre Chiese locali. 
In questo caso San Sebastiano è 
presente nelle Chiesa di 
Campinola, San Biagio era pre- 
sente in una Chiesa della Frazio- 
ne Pendolo, andata perduta, e 
Sant'Antonio già presente qui. La 
Vergine dovrebbe essere stata 
quella raffigurata nella Chiesa di 
Santa Maria del Cimitero. 



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"Sant'Antonio" 

Una statua in legno del protettore di Tramonti. Presenta diversi pezzi 
restaurati nel tempo. 




Due quadri ad olio raffiguranti S. Antonio. 



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"L'Immacolata" 

Una statua in legno anche questa con diverse tracce di restauri. En- 
trambe le statue hanno oltre cento anni di età. 




"L'Annunciazione della Vergine"- Una tela di anonimo risalente al XVIII secolo. Misura 250,00x195,0 



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"Il Martirio di San Bartolomeo" 

Una tela di anonimo risalente al XVIII secolo. Misura 164,00x130,00. Il 
tema del martirio dell'Apostolo è comune in varie opere di pittori anche 
famosi nella storia dell'arte italiana. Una tela simile a questa è presente 
nella Chiesa di Corbara attribuita a Luca Giordano. Bartolomeo è uno dei 
Santi che più hanno ispirato gli artisti. E' ritratto per lo più con la barba 
nera e ricciuta; talvolta essa è piuttosto corta. L'Apostolo indossa spesso 
un mantello bianco, porta i sandali o è scalzo. I suoi attributi sono: libro, 
rotolo delle Scritture, bandiera, coltello per scuoiare, bastone da pellegri- 
no oppure terminante a forma di croce. Accanto a lui si vede spesso un 
demonio domato. Talvolta tiene in mano la pelle che gli è stata tolta o la 
testa che gli è stata mozzata. Con la pelle che gli è stata tolta, lo ritraggono 
il famoso reliquiario dei Re Magi nella Cattedrale di Colonia ed un affre- 
sco di Michelangelo nella Cappella Sistina del Vaticano. I preparativi per 
il martirio sono stati fissati sulla tela da Rivera, in un dipinto del 1630 oggi 
esposto al Prado di Madrid. È il patrono dei macellai. 



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Una statua in vetro resina della Madonna Addolorata donata alla Chiesa dalla Signora Michela Fantasia, 
mamma del Parroco don Emilio, nell'anno 1985. 




Una realistica immagine del "Cristo morto" in carta pesta risalente all'anno 1932. 



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La rappresentazione del Presepe della Parrocchia con pregevoli pastori in vetro resina. 



I segni del tempo 

Una comunità che si riunisce ogni giorno in assemblea per pregare trova 
il tempo per farlo sottraendolo ai propri impegni, alla propria famiglia, al 
proprio lavoro. Trova il modo per farlo a volte anche con grandi sacrifici e 
rinunce. Nella propria Chiesa ci si ritrova con se stessi e con gli altri, ma so- 
prattutto si va in cerca di Dio e della sua parola, una parola che dia conforto, 
aiuto e sicurezza nella fatica del vivere quotidiano. Sicurezza non solo nello 
spirito e nell'anima, ma anche nel corpo e nel fisico. Se guardate attentamente 
le foto che proponiamo alla vostra 
attenzione, potete pensare che 
quei marmi messi lì a decorare i 
muri di questa piccola Chiesa sia- 
no davvero sicuri per l'incolumità 
fisica di chi qui si ritrova a prega- 
re? Sono in posizione verticale da 
anni ed anni, forse più di un seco- 
lo, e sembrano in grado di sfidare 
il tempo a venire. 




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Un'apparenza che inganna. Se ci date un colpo sopra, con le nocche 
delle vostre dita, la prossima volta che vi capita di venire qui a pregare, 
sentirete un suono vuoto e secco che vi segnala il rischio di una loro cadu- 
ta in verticale dai muri sui quali sono soltanto poggiati. In qualunque 
momento si possono staccare e rovinare a terra con grande pericolo per 
chi si trova nei pressi. 



Siamo consapevoli del fatto che una 
dichiarazione del genere può generare 
paura e timore in chi qui viene per prega- 
re ed incontrare il Signore. Non sarebbe 
opportuno che chi ha a cuore la vita spiri- 
tuale dei fedeli avesse anche quella della 
sicurezza della loro incolumità fisica? Non 
sarebbe possibile assicurare meglio la po- 
sizione verticale di questi marmi in ma- 
niera da prevenire danni di sorta? 

È un appello che, insieme al Parroco, 
rivolgiamo alle autorità preposte. Che dire 
poi del decoro interno della Chiesa? Tut- 
te le sue mura interne soffrono della pre- 
senza di macchie di umidità dovute a pas- 
sate infiltrazioni dal tetto, che è stato poi 
restaurato. Il delicato colore celeste che 
riveste gli interni dell'edificio sta ormai 
per scomparire del tutto. 

La macchie sono ovunque e danno al- 
l'ambiente un'atmosfera di penoso degra- 
do, oltre che di una certa sciatteria. Situa- 
zioni entrambi inaccettabili se toccano la 
casa di Dio. Basterebbe poco per rimette- 
re le cose a posto e dare dignità e decoro 
ad un ambiente che segna l'incontro con 
Dio dei superstiti di questa comunità che 
vuole sopravvivere custodendo l'unico ed 
esclusivo riferimento esistenziale che ri- 
mane nel piccolo villaggio: la sua Chiesa. 




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Il "tesoro" 

Come può essere il tesoro di una Chiesa di montagna? Piccoli, semplici 
e decorosi oggetti di culto. Preziosi per i ricordi che essi custodiscono ge- 
losamente delle tante cerimonie alle quali hanno assistito i fedeli del vil- 
laggio nel corso di quasi cinque secoli. Passati tra le mani di Parroci scono- 
sciuti, pazienti e fedeli alla Parola di Dio, dediti alla loro missione per il 
bene della comunità. Sono oggetti in oro e argento, antichi e moderni, usa- 
ti per il culto Eucaristico. Nella foto qui sopra tre ostensori in oro e argento 
con pissidi di varia grandezza per la conservazione dell'Eucarestia. 



Un incensiere turibolo e navet- 
ta ex-voto in argento dedicato a 
S.Antonio con la data dell'anno 
1843. Calici per la S. Messa di 
diverse misure ed epoche. 




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Un reliquiario argentato contenente un pezzetto di ossa di S. Antonio datato 1914 con l'iscrizione "ex 
ossibus S. S. Ant. Patavino" 



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Le "voci" narranti 



Sommario: Una storia particolare. "Volare" su Novella. Le "voci" di dentro. La "voce" del Parroco. 



Una storia particolare 

La storia degli uomini prende sempre strade diverse e percorsi miste- 
riosi. Vie comuni ed indirizzi individuali che nessuno può conoscere in 
anticipo, ma che tutti possono "leggere" dopo che i fatti della vita, di tutti 
e di ognuno, si trasformano, appunto, in storia. Una vicenda semplice sem- 
bra essere quella di Carmela e Antonio, una storia d'amore legata a Novel- 
la, in un certo qual modo esemplare per capire come i fili che tessono la 
tela dell'esistenza umana siano davvero intrecciati da una mano invisibile 
ed in maniera del tutto imprevedibile. Carmelina ha vissuto tutta la sua 
vita a Novella. Non conosce di certo la storia di "Evelina", uno dei raccon- 
ti che fanno parte del libro "Gente di Dublino" del grande scrittore irlan- 
dese James Joyce, un classico della letteratura inglese*. Carmelina, comu- 
nemente conosciuta a Novella come Y "americana" - pur non essendo mai 
stata in America - impersona la figura di chi ha visto realizzarsi in maniera 
inaspettata le proprie aspirazioni inappagate, i suoi sogni inavverati, le 
illusioni deluse, comuni a tanta gente di questi posti come di altrove. Con 
una differenza sostanziale e cioè: Carmelina è una persona viva, vera e 
reale, mentre "Evelina" è un personaggio letterario, frutto del genio crea- 
tivo di uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi. 



* Potrete leggerlo integralmente in appendice 



75 



Aspirazioni: evadere da un mondo piccolo e spesso ostile. Sogni: trovare 
l'amore, sposarsi, formare una famiglia. Illusioni: una vita diversa. Tra senti- 
menti veri e stati d'animo tormentati, sia "Evelina" che Carmelina si dibatto- 
no nel proprio ambiente semplice e piccolo, spesso troppo semplice e troppo 
piccolo. Entrambi aspirano a evadere da un mondo che amano poco, ma che 
le trattiene con tradizioni e convenzioni alle quali, nonostante tutto, esse ap- 
partengono. A Dublino come a Novella di Tramon- 
ti: tutto il mondo è paese! Evelina, pur amando Frank, 
decide di non seguirlo, non per mancanza di amore, 
ma per timore di lasciare la propria vita, i propri af- 
fetti, le proprie memorie. Carmelina, pur innamora- 
ta di quel giovane soldato americano di stanza in Ger- 
mania, venuto da New York a chiedere la sua mano, 
decide di resistere, con tutte le sue forze, alla tenta- 
zione di andare a costruirsi una nuova vita dall'altra 
parte del mondo. 

Anche per lei tutto ciò avrebbe significato abban- 
donare i suoi cari, le sue memorie, la sua Novella. A 
Buenos Aires "Evelina" avrebbe avuto una casa tut- 
ta sua, la gente l'avrebbe trattata con rispetto, non 
avrebbe avuto problemi economici. Frank, il suo 
fidanzato, avrebbe sicuramente continuato a volerle 
bene. Carmelina avrebbe potuto seguire quel colto, 
gentile e romantico italo-americano che la implora- 
va di seguirla nel nuovo mondo. L'avrebbe fatta fe- 
lice come sposa e come donna, lei che non si era mai 
allontanata da quei monti, che non voleva lasciare 
quei luoghi, non intendeva abbandonare al suo de- 
stino i suoi familiari che accudiva con tanto amore. 
Lo avrebbe fatto poi per circa 40 anni, prendendosi 
cura dei suoi f amiliari,i nonni, lo zio americano e anche sua mamma che vive- 
va a Salerno. Oh! come avrebbe voluto fuggire da quei posti, verso altri oriz- 
zonti e nuove speranze. 




Anche "Evelina" era legata ad una promessa fatta a sua madre sul letto 
di morte, quella di tenere unita la famiglia. Queste due donne avrebbero 
potuto entrambe scegliere una "nuova vita", come facevano e avevano 
fatto tanti altri, sia a Dublino che a Tramonti. A Buenos Aires "Evelina" 
avrebbe avuto sicurezza, affetto, stabilità. Non una vita di duro lavoro, 



76 



fatta per vivere giorni sempre eguali. Ma, come Carmelina, anche "Evelina" 
pensava ai rischi che correva scegliendo quella "nuova vita" con Frank, 
dal quale la dividevano i "mari del mondo". Le due giovani donne intui- 
vano i rischi del distacco, della separazione, del nuovo, dell'inesplorato. 
Entrambe erano come in fuga da un mondo semplice, conosciuto e tradi- 
zionale, verso un mondo diverso ma ignoto. E scelsero l'immobilità. 
Carmelina rimase a Novella, "Eveline" restò immobile, in piedi sulla ban- 
china del porto, lasciando partire la nave con Frank senza di lei. 

Ma se la storia di "Evelina" finisce là, al molo di quel porto, nella Dublino 
fredda e nebbiosa di Joyce, la storia di Carmelina continua verso un epilogo 
molto diverso. Gli anni passano, le stagioni si succedono, il tempo trascorre 
inesorabile sui "mari del mondo", sia da questa che da quell'altra parte del- 
l'Atlantico. Da quella Buenos Aires dove non era andata "Evelina", ritorna a 
Novella, Antonio. Era partito per il sud America pochi giorni dopo l'alluvio- 
ne di Salerno che colpì la costa amalfitana la notte del 25 ottobre 1954. Ritor- 
nava dopo 40 anni di vita laggiù. Era partito da Novella, come Frank, per 
l'Argentina, da emigrante. Aveva lavorato sodo, aveva avuto successo nel 
commercio, una moglie, due figlie. Ma un destino crudele lo aveva privato 
della consorte. Le due figlie avevano una vita propria, lui aveva cominciato a 
sentire forte il richiamo delle sue origini. Gli era rimasto nella mente l'imma- 
gine di quella ragazza con la quale era andato nella stessa scuola, anche se in 
classi diverse. Quella piccola scuola del villaggio che l'aveva visto crescere, e 
che era raggiungibile dalla provinciale solo per mezzo di un' appesa mulattiera. 
Una scuola fatta di poche aule, sistemata alla meglio in quel palazzotto che si 
affaccia tuttora nella piazzetta del villaggio che oggi porta il nome di Padre 
Pio. Erano gli anni dell'immediato dopoguerra. I due giovani abitavano vici- 
ni, in due case diverse, a poca distanza l'una dall'altra e collocate perpendico- 
larmente su un costone di montagna, da dove si può godere una delle più 
belle viste naturali sul mare di Maiori. Lui, per farsi notare le lanciava da 
sopra le pietre. Lei, che aveva qualche anno in più, manco lo guardava... 

Antonio ritornava in quei luoghi e andava alla ricerca di quel volto che 
aveva lasciato tanto tempo prima. Chissà se l'avrebbe riconosciuta a di- 
stanza di quaranta anni. Nel piccolo villaggio si era sparsa la voce del suo 
arrivo e qualcuno diceva che era arrivato il suo "innamorato" dall'Ameri- 
ca. Lei negava che avesse un fidanzato, non aveva mai dato a nessuno la 
sua parola, tanto meno a qualcuno di cui nemmeno poteva ricordare il 
volto, a distanza di tanti anni. 



77 




Sì, era vero, le avevano parlato di lui, le avevano ricordato che 40 anni 
prima se n'era andato in sud America, che si era sposato, che aveva due 
figlie, che era rimasto vedovo e che aveva intenzione di ritornare a Novel- 
la. Gli anni erano trascorsi e il tempo aveva scolorito i suoi ricordi di scuo- 
la, delle pietre che lui le lanciava dalla sua casa, dei piccoli giochi fatti in 
quella piazzetta davanti alla Chiesa. 

Eppure in cuor suo si sentiva agitata, perplessa, smarrita davanti a qual- 
cosa che sentiva le stava per succedere. Qualcosa che la spingeva a pensa- 
re, a riflettere sulla sua vita di oggi, sugli anni trascorsi, sul futuro che 
incombeva. Sentiva il peso di dover prendere delle decisioni, da sola que- 
sta volta. Sola di fronte a se stessa. Aveva nelle sue mani il futuro della sua 
vita. Non c'era più nessuno che potesse consigliarla, che volesse ostacolar- 



78 



la, a decidere quale strada intraprendere. Quando Antonio le apparve da- 
vanti, dopo quaranta anni riconobbe a stento in quel volto il viso del gio- 
vane che abitava nella casa di sopra alla sua. Una casa oggi ridotta ad un 
rudere, destinata a diventare presto qualcos'altro. Quando poi lui le chie- 
se se si fosse sposata, ebbe come un tuffo al cuore. Si sentì come una nave 
in piena tempesta dopo che lui le chiese se voleva sposarlo. Anche lui era 
solo ed era ritornato a vivere a Novella. Carmelina si sentì davvero sola e 
smarrita nel prendere una decisione che ormai non pensava di dover mai 
più prendere. 

Ma questa volta non sarebbe dovuta partire, andare lontano, oltre i 
"mari del mondo", come avrebbe dovuto fare "Evelina" e lei stessa mol- 
to tempo prima. Sarebbe rimasta dove era nata e cresciuta, dove la lega- 
vano gli affetti ed i ricordi. Il piccolo mondo del villaggio di Novella le 
avrebbe dato la sua idea di vita. Alla sua richiesta Carmelina rispose 
chiedendo di volere tempo per pensarci. Disse a se stessa ed agli altri che 
avrebbe chiesto consiglio all'unico vero, fedele consigliere al quale lei, 
nella sua semplice innocenza e nella sua fede profonda, sentiva di rivol- 
gersi: Padre Pio, il Santo che aveva eletto a suo protettore. Non era una 
decisione facile da prendere. La voce della ragione interiore la portava a 
respingere quella proposta di matrimonio, certamente fuori del comune. 
Era troppo consapevole della sua condizione, degli anni trascorsi, di 
quello che era stata la sua vita precedente, dei rischi che avrebbe potuto 
correre. Sarebbe stato meglio, forse, per lei e per il suo antico compaesa- 
no, se fossero rimasti soltanto amici e non se ne fosse fatto niente. Gli 
anni passati, le esperienze personali di entrambi, l'ambiente in cui si tro- 
vavano, tutto sembrava pesare come un macigno e faceva pendere la 
bilancia per un rifiuto. Ci furono un paio di settimane di grande tormen- 
to per entrambi. Antonio quasi l'assediava con la sua presenza. La gente 
di Novella, e anche altrove, viveva una vicenda che sembrava impossibi- 
le potesse concludersi felicemente. 

Il giorno dopo il suo ritorno dalla visita al paese di Padre Pio, Carmelina 
sembrava avere preso la decisione giusta. Aveva portato alcuni oggetti 
ricordo e stava per consegnarglieli, manifestando la sua intenzione di non 
accettare la sua proposta di matrimonio. C'era anche un piccolo quadret- 
to col volto del Santo. Gli disse di prenderlo e di portarselo come ricordo. 
Lei non se la sentiva di accettare la sua proposta. Lui, come d'istinto, prese 
il quadro dalla sue mani e disse che lo avrebbe lasciato a lei. 



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Lo appese al muro, là dove ancora oggi si trova. Carmelina stava per 
porgergli una tazza di caffè ed improvvisamente ebbe come un'epifania, 
una specie di visione improvvisa. Nel guardare il volto di Antonio le 
apparvero davanti agli occhi come dei petali di rosa che lei subito colle- 
gò all'immagine del volto del Santo che era stato appeso da lui al muro 
un attimo prima. Ebbe come un tuffo al cuore, tutto le sembrò diverso e 
possibile. Gli buttò le braccia al collo e lo abbracciò in lacrime. Sentì che 
poteva prendere quella decisione che avrebbe cambiato radicalmente la 
sua vita. 

Il giorno delle loro nozze, qualche mese dopo, vide la partecipazione 
non solo degli abitanti di Novella, ma di gran parte dei tramontini e anche 
di altrove. Oltre duecento persone si autoinvitarono partecipando alla ce- 
lebrazione del matrimonio nella piccola Chiesa che li aveva visti nascere, 
crescere, rimanere, partire e ritornare. L'ottimismo della volontà aveva 
avuto la meglio sul pessimismo della ragione nell' affrontare i giorni futuri 
della loro vita. Qualcuno, commentando la vicenda dei due non più gio- 
vani innamorati, ha detto che Carmelina non è stata "fortunata" ma è stata 
"miracolata". Credere ai miracoli può essere l'idea giusta che si ha della 
fortuna. Quella di Carmelina e di Antonio è stata la loro "idea di vita" che 
continuerà a tenerli uniti per sempre. 

''Volare" su Novella 

E così siamo giunti a Novella. . . La prima volta che da Napoli attraver- 
sai il Valico di Chiunzi ero così "imbacuccato" che non mi accorsi di ciò 
che avevo davanti. Sarà forse stata un'aria frizzante, un clima perfetto, un 
paesaggio come lo si può trovare solo nelle valli alpine alla ricerca di un 
po' di pace, di un po' di tranquillità che mi fece dormire profondamente 
per ore.Si inizia ad apprezzare la bellezza dei posti all'età della ragione, 
quando si é in grado di fissarla nella memoria in maniera così indelebile 
da farne, poi, una compagna per tutta la vita. Non sto farneticando e chi 
mi legge ha certamente intuito che quella mia prima volta, "imbacuccato 
al valico di Chiunzi" ero in fasce tra le braccia di mia madre che sin da 
quando aveva 7 anni, puntualmente andava a far visita alla sorella di sua 
madre, zia Emma, nella piccola frazione di Corsano dove la zia dava lezio- 
ne di cucito alle bambine, alle adolescenti che, a piedi, da ogni frazione di 
Tramonti si recavano da lei, "a' maestra", così era chiamata e conosciuta 
da tutti Zia Emma. 



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È proprio nella sua casa che ho trascorso, da fanciullo, le mie prime 
vacanze estive; cominciai ad andarci anch'io a 7 anni e ricordo perfetta- 
mente le cene con il lume a petrolio, - la luce elettrica nelle case non era 
ancora arrivata - e l'uso parsimonioso dell'acqua che veniva attinta dal 
pozzo sotto casa che serviva per tutte le esigenze domestiche mentre quella 
destinata ad essere bevuta veniva attinta "abbasc 'o vallone", dove ricor- 
do che spesso mi recavo con il mio "Doccione di vetro" da due litri sulle 
spalle insieme alle "compagne" della zia che di litri sulle spalle o sulla 
testa ne portavano a decine per volta. La mia infanzia e, quindi, l'adole- 
scenza si sono rincorse un'estate dopo l'altra fino a quando decisi di entra- 
re in Accademia Aeronautica per divenire pilota militare. Anche gli inizi 
della mia carriera hanno visto Tramonti privilegiato nella scelta dei miei 
periodi di riposo estivo perché solo tra le sue montagne silenziose, affasci- 
nanti ed ammaliatrici riuscivo a ritrovare quella serenità di cui sentivo il 
bisogno e che mi ricaricava prima di rituffarmi nel mio lavoro, tra il frago- 
re dei motori. Innumerevoli volte ho sorvolato queste montagne e non 
certo "in punta di piedi" perché a 800 Km/h c'era giusto il tempo di salu- 
tare, alla maniera dei piloti, con il fluttuare delle ali che insieme al rombo 
dei motori segnalavano il mio "passaggio" che voleva essere un saluto per 
tutti coloro che mi conoscevano e che a modo loro mi seguivano, trepidanti, 
nella mia carriera e gioivano ad ogni mio successo. 



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Nonostante il lavoro di pilota mi portasse a conoscere l'Italia in lungo e in 
largo è, comunque, sempre a Napoli che feci l'incontro più bello e fortunato 
della mia vita, con la donna che sarebbe diventata poi mia moglie. Non sto 
qui ad elencare le sue preziose doti perché mi taccereste di partigianeria. Come 
la sua intelligenza come l'ha portata, subito, a condividere le ansie e i sacrifici 
giornalieri per il mio particolare lavoro così, senza costrizione alcuna, la por- 
tò a riconoscere che Tramonti era sicuramente il luogo ideale dove ritemprare 
fisico e mente. Le due figlie che il Signore ci ha donato hanno stupendamente 
completato questo quadretto familiare; abbiamo fortemente voluto che cre- 
scessero con l'aria, gli odori, i paesaggi, i sapori che il loro papà aveva avuto 
la fortuna di assaporare dalla nascita, e così è stato perché nel loro DNA sono 
state trasmesse e metabolizzate sensazioni che non tutti sono in grado di af- 
ferrare. Corsano, Polvica, Capitignano, queste le frazioni che, insieme ai loro 
abitanti, hanno squisitamente ospitato e quindi accolto me e la mia famiglia 
negli anni. C'è stato un momento in cui lo sconforto stava per assalirci quan- 
do non riuscivamo a trovare una nuova, idonea dimora per tutta la famiglia; 
ma, l'amore, l'affetto e l'attaccamento a questa terra di Tramonti sono stati 
così forti da far apparire all'orizzonte, pensiamo con l'intervento di una mano 
"Superiore", l'opportunità di trovare la casetta che rispondesse alle nostre 
esigenze, se non di più: questa è nella frazione di "Novella". 

Già il nome di questo "borgo" è sinonimo di ottimi auspici e da subito ha 
favorevolmente ipnotizzato tutta la famiglia. Qui tutto sembra avvolto da un 
velo invisibile di serenità e non a caso, arrivando nella "piazzetta", si ha la 
sensazione di essere accolti in un abbraccio da una presenza soprannaturale 
che, lì davanti ai nostri occhi, sotto le sembianze di una Chiesa, sembra dire a 
tutti, "benvenuti a Novella". Non si esagera affermando una verità; qui si 
concretizzano tutte quelle condizioni ideali per ristorarsi dalle fatiche quoti- 
diane. È attraverso la semplicità dei suoi abitanti, la vocazione di vivere la 
quotidianità con umiltà e tranquillità che fondendosi, rendono la permanen- 
za al villaggio estremamente benefica per la mente e per lo spirito. 

Si colgono e si apprezzano in questo borgo, l'incontaminata bellezza 
della natura, gli inconfondibili profumi della montagna, i suoni armoniosi 
degli uccelli che qui ti accompagnano, quasi ti carezzano, sempre e talvol- 
ta, discretamente ci raggiungono anche i profumi della vita animale, di 
quelle rare stalle che ancora resistono all'evoluzione dei tempi. È in tutto 
questo che si avverte quella sensazione di benessere così coinvolgente da 
ipnotizzarci e isolarci dalle frenesie della vita quotidiana di città. 



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È da tali considerazioni che scaturisce la convinzione di ritenerci dei 
privilegiati se oggi possiamo ancora godere dell'aria, degli odori, della 
genuinità della gente di Tramonti che da sempre è stata ed è compagna e 
parte indissolubile della mia vita, prima e, della mia famiglia, oggi. Grazie 
zia Emma, grazie Tramonti. 

Le "voci" di dentro 

La scoperta e la lettura di carte antiche, specialmente se manoscritte, 
sono le attività più gratificanti che un cultore di microstoria possa speri- 
mentare. Carte minute, carte grandi, manoscritte, leggibili o incomprensi- 
bili, scritte a penna o a matita, cancellate, riscritte e riviste, copie originali 
e brutte copie, carte pensate e scritte prima, molto prima dell'arrivo della 
macchina da scrivere o del computer. Allora, leggendo quei fogli mano- 
scritti, si poteva capire molto, molto di più di quanto non si possa fare 
oggi scorrendo le righe di una scrittura digitale. Il pennino usato, l'inchio- 
stro, la carta a righe per mantenere l'allineamento delle parole e tenere 
ferma la mano sulla pagina, la forma della calligrafia, inclinata in avanti, 
dritta, all'indietro, regolare, irregolare, arrotondata, piccola e minuta, le 




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cancellature, a tratto, lineari o a gomma, le macchie di inchiostro, la carta 
assorbente... Insomma, si intuiva chi ti scriveva, cosa pensava, se diceva 
la verità, se mentiva. Ti diceva del suo umore, della sua impazienza, delle 
sue aspettative. La scrittura moderna, a macchina o con "word", è fredda, 
asettica, imparziale, burocratica, diretta, impassibile. Un documento è tale, 
e nuli' altro. Niente fronzoli, impressioni, allusioni. 

Se, invece, ti capitano tra le mani delle lettere o dei documenti scritti nel 
passato, come quelli che mi sono trovato a leggere rovistando tra le carte della 
Parrocchia allora hai la possibilità di far venire alla luce un mondo ignoto che 
credevi perduto per sempre. Se poi scopri che quella lettera, o quel documento, 
fu scritto quasi cento anni prima da tuo nonno, la cosa assume un sapore ed 
una dimensione diversi. È quello che mi è successo allorquando ho avuto tra le 
mani un fascicolo con delle carte della Cappellania Laicale della Parrocchia. 
Mio Nonno materno intrattenne una corrispondenza con le autorità religiose 
agli inizi degli anni trenta riguardante la gestione e la risoluzione di alcune 
rendite lasciate in eredità alle Chiese di Novella, di S. Elia e di Campinola da 
parte di suo fratello sacerdote, Vincenzo. Il tutto ammontava a L. 627,30 e risa- 
liva a un testamento del 12 marzo 1828 con il quale si istituivano due cappellanie 
laicali, una nella Parrocchia di Novella e l'altra a S. Elia. 

Copia di lettere inviate e copie di risposta che, al di là dei contenuti 
delle stesse, documentano l'esistenza di radici profonde e antiche sul ter- 
ritorio da parte della famiglia di chi scrive. Questa è la ragione per la quale 
ho voluto citare queste carte per provare quanto sia decisivo ed importan- 
te documentare fatti ed avvenimenti che uniscono storie individuali e sto- 
ria comunitaria. Un legame con questo Villaggio che trova le sue radici nel 
tempo trascorso della storia di Tramonti e, allo stesso tempo, mi offre la 
possibilità di dare fiato alla mia "voce narrante". 

Sono nato nel villaggio "capitale" di Polvica, in una casa in piazza. Gran 
parte della mia infanzia l'ho trascorsa lì, dove ancora mi legano affetti e 
legami di sangue. Ricordo il tempo trascorso a Corsano con la nonna. Le 
lunghe estati, le fatiche nei campi, Nerina la capretta con la quale lei parla- 
va a sera quando la mungeva. 

I terreni, la "roba", a quel tempo erano ricchi di verzure e di frutti, ma anche 
di lavori pesanti e continuati: l'acqua dal pozzo, la fonte da riempire per irriga- 
re, l'erba da tagliare, i canali da solcare, la frutta da raccogliere, i "faticatori" che 
dovevano portare a vendere i cofani di frutta montati sulle spalle, con l'aiuto 
del ciuffo, ai mercati di Pagani e Nocera, varcando il valico a piedi. 



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La sera andavo alla sede del "dopolavoro" a sentire il "comunicato", come 
veniva chiamato il giornale radio di allora. Si andava a letto con le galline 
chiuse nel pollaio, i paletti ben fissati perché veniva giù dalla selva la volpe e 
se le mangiava, almeno così mi diceva la nonna. E poi, prima di addormen- 
tarsi, via a dire il rosario. La nonna mi faceva recitare con lei un rosario che 
non finiva mai, tutto in latino, al lume di una candela all'olio, che doveva 
essere poi essere presto spenta per risparmiare sia l'olio che il lucignolo. Al 
mattino ci si alzava all'alba per tirare l'acqua dal pozzo prima che arrivassero 
gli altri. Poi si doveva raccogliere la frutta, tanta e tanta frutta, di tutte le spe- 
cie e per tutte le stagioni: persiche, pere, prugne, mele, noci, fichi, uva. Oggi, 
in quella terra tutti quei frutti sono spariti. E poi, verzure da irrigare, letame 
da raccogliere ed immettere nei solchi, alberi di fico da scalare, fichi da coglie- 
re e mangiare, ma anche da spaccare e mettere al sole, a seccare per l'inverno, 
granoturco da sgusciare e battere nell'aia . . . Corsano, Polvica, bivio di casa 
Salsano a piedi, a prendere il bus della Sita per Pagani. Poi quello della Carrella 
per Sarno. E viceversa. Feste, stagioni, ricorrenze, di corsa dai nonni. Un salto 
all'ufficio postale in piazza Polvica, un saluto veloce, perché non ci si poteva 
fermare a lungo a parlare. I baffi del Nonno, severo ed inflessibile Ufficiale 
Postale, si sarebbero fatti ancora più dritti se mi fossi trattenuto troppo a lun- 
go. Ricordo ancora come fosse oggi allorquando lui, Sindaco del Comune, 
andò a salutare qualcuno che era sceso da un grosso elicottero appena atter- 
rato nello spiazzale che allora fungeva da campo sportivo, giusto all'altezza 
del bivio per Corsano. 




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Erano i giorni immediatamente successivi alla tragica alluvione del 1954. 
Mi ero avvicinato troppo alle lunghe pale rotanti del grosso veivolo e lui mi 
ingiunse perentoriamente di andare via e tornare a casa. Più di mezzo secolo 
ci separa da quel tempo e sembra un millennio. 




Il filo dei ricordi continua a dipanarsi su per "Perticella", a piedi verso 
Corsano, dalla Nonna. Novella era lontana, quasi irraggiungibile. Biso- 
gnava salirci per una mulattiera, dalla strada provinciale. In quel vecchio 
casale erano in tanti a viverci: fattori, contadini, coloni, braccianti, 
"faticatori", chiamateli come volete, tutta gente che la terra la lavorava, la 
conosceva davvero. Uomini ed animali, piante e frutti, famiglie composte 
da decine e decine di figli, tutti intorno, come da secoli, ad una Chiesa. Ieri 
come oggi. La Chiesa è rimasta sempre lì, loro sono spariti. 

Volano i ricordi, passano le immagini davanti agli occhi, alla ricerca del 
tempo perduto, che sembra ritrovato, come in un improvviso flusso di 
coscienza. Una coscienza che nasce da lontano e corre a quella di un'altra 
memoria, quella di mio padre, venuto anche lui da lontano da queste par- 
ti, per incontrare la donna della sua vita. Veniva da oltre il Valico, dalla 
Valle dove serpeggia il fiume che scorre dai monti fino al mare. Prendeva 
il treno o l'autobus per Pagani o Nocera, per poi salire a piedi, di mulattiera 



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in mulattiera, fino al Valico. Da lì, sempre a piedi, in quattro e quattro otto 
piombava alle spalle di Polvica, in quella casa in piazza dove l'aspettava il 
suo amore. E lei sperava in lui, per evadere da quel mondo piccolo e chiu- 
so, al di là dei monti, là dove scorreva il fiume e passava il treno. E ancora 
oltre, verso il mare, dopo la grande città di Napoli. Una città che lei non 
aveva mai visto prima. Napoli, poi Pozzuoli. Qui vissero fino a quando il 
vento della guerra li riportò a Tramonti in cerca di scampo e di rifugio. Il 
vento del destino li fece fermare, poi, da dove lui era venuto. E lì restaro- 
no. Ma la strada per Tramonti era sempre là, da percorrere, non più a pie- 
di, come un tempo, o con la vecchia Sita, ma in macchina. In un giorno si 
poteva andare e venire. 

Anche Novella, ormai era raggiungibile. La vecchia mulattiera era sta- 
ta sostituita da una nuova strada panoramica a monte, che portava diret- 
tamente, guarda caso, al cuore del Villaggio, nella piazzetta. Ci si poteva 
anche sedere davanti alla Chiesa. Il Parroco aveva fatto costruire un tavo- 
lino e dei sedili in muratura. D'estate si ascoltava il canto delle cicale, e si 
contavano le stelle di notte, al canto dei grilli. Un silenzio assordante che 
rivelava, però, anche tanta solitudine. L'ultimo negozio che vendeva un 
po' di pane e della pasta sfusa aveva chiuso. Ma oggi il silenzio dei luoghi 
ha ritrovato la parola nella scrittura delle carte. Queste carte tra le mie 
mani, che mi parlano del passato di questa Chiesa e di questo Villaggio 
che vanno salvati. 

Dove ''volano" gli aquiloni 

Tre diversi tipi di venti spirano e si incontrano proprio all'altezza della 
Frazione di Novella: un vento di "tramontana" che, senti che nome, scen- 
de dal Chiunzi e avvolge tutta Tramonti, uno che viene da lontano, dal 
mare di Maiori, ed un terzo vento trasversale che soffia dai monti di Cava. 
Correnti ascendenti, discendenti e trasversali che concorrono a rendere 
l'aria quanto mai pura, leggera e benefica, in un continuo ricambio di ossi- 
geno e scambio di profumi che solo la natura di questi luoghi sa dare. Il 
profumo dei fiori, dei limoni, dell'erba appena tagliata, dei campi umidi 
dopo la pioggia, dei solchi appena concimati, delle stalle appena governa- 
te, sono presenze che il vento rinnova di continuo. Venti conosciuti e stu- 
diati dal pilota Dino, quando felice come un bambino, sorvolava queste 
valli, oppure quando Gennaro e Gabriella fanno viaggiare i loro sogni die- 
tro gli aquiloni che amano far volare da quassù. 



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La storia di Gabriella e di Gennaro 
è il racconto di due giovani che hanno 
fatto il viaggio inverso rispetto a quel- 
lo di tanti altri coetanei tramontini 
andati via o "fuggiti", se preferite, da 
Novella, come dagli altri villaggi. Un 
viaggio inverso perché dalla turistica, 
ricca e gaudente Costiera hanno pre- 
ferito stabilirsi a Novella. All' "inferno" di Maiori hanno scelto la "pace" 
di Novella ed è stata una decisione non facile e che merita di essere cono- 
sciuta. Il rapporto tra Maiori e Tramonti è stato sempre caratterizzato da 
un costante legame nel tempo. C'è traccia di questo in numerosi libri e 
documenti e lo si rileva ogni giorno nelle pagine dei giornali locali. Un 
continuo interscambio umano, sociale e commerciale. Due comunità che 
si alimentano a vicenda, in un'atmosfera raramente conflittuale. Da en- 
trambe le parti c'è un atteggiamento quasi "romantico" che gli uni hanno 
nei confronti degli altri. Pur essendo di origini diverse e, per certi aspetti 
anche contrastanti - montanari gli uni, pescatori gli altri - le due varietà 
umane si osservano, si incontrano, si frequentano, interagiscono. Spesso si 
legano per interessi comuni, per convenienza, per scelta. E' gente consa- 
pevole della propria condizione come delle loro origini. Una specie di si- 
lenziosa, sottintesa complicità unisce i montanari di un tempo, diventati 
commercianti e i pescatori di ieri trasformati in operatori turistici. Sono 
soltanto delle categorie mentali di comodo che usiamo per descrivere in 
maniera rapida, e speriamo efficace, le trasformazioni che la gente di que- 
ste due comunità contigue ha subito. 

Pescatori e montanari, realtà umane e sociali un tempo distanti e con- 
flittuali, oggi attori e soggetti economici rappresentanti di un terziario che 
da primario si è trasformato in secondario, e poi in terziario avanzato. Se 
non è successo la stessa cosa a Tramonti, la trasformazione è evidente in 
Costiera. Forse un tempo quei pescatori guardavano ai monti che incom- 
bono sulle loro case come luoghi di impossibile fuga, abitati da montanari 
duri e laboriosi che vivevano tra lupi e volpi e che del loro isolamento 
avevano fatto virtù. 

I montanari, a loro volta, pensavano al mare come ad una delle due 
possibili vie di fuga che avevano davanti, per evadere da una realtà picco- 
la ed oppressiva, verso orizzonti più ampi ed aperti: scendere verso il mare 



oppure affrontare il valico e scendere nella Valle del Sarno. Oggi, come 
allora, a distanza di secoli. Vie di fuga esistenziali che si incrociano inver- 
tite da una realtà che è però mutata rapidamente, ed è destinata ancora a 
cambiare in maniera imprevedibile. 

Gabriella e Gennaro sono un esempio di "fuga" all'inverso: alla moder- 
na, festosa e ricca Maiori hanno preferito il piccolo e solitario villaggio di 
Novella, verso "un'idea di vita" diversa da quella di cui stiamo parlando. 
Dai loro primi incontri, in compagnia di altri amici, lassù in cima al San- 
tuario della Madonna dell'Avvocata, dove la terra tocca il cielo ed incon- 
tra l'infinito, cominciarono a frequentarsi, inoltrandosi ad esplorare la 
Vallata che porta su verso il Chiunzi. A piedi o in moto, da soli o in grup- 
po, su per sentieri e mulattiere, per esplorare, scoprire, evadere e dar for- 
ma ai loro sogni. Si fermavano spesso davanti alla Chiesa di Novella, dove 
all'angolo si sedevano su quei sedili di pietra e giocavano a carte o a mo- 
nopoli. Cominciarono a dar forma alla loro idea di vita che solo quei luo- 
ghi potevano favorire. Pensare di stare insieme, trovare una casa per vi- 
verci, costruire un futuro speciale. Si stabilì tra i due giovani un contatto 
immediato con quell'ambiente così diverso da quello da cui entrambi pro- 
venivano. Si promisero, forse senza nemmeno dirselo, di scegliere Novel- 
la come il posto giusto per vivere. Ma Gennaro dice che fu anche Novella 
che li spinse a prendere quella decisione. Fu il Villaggio a scegliere loro. 
Non avrebbero potuto decidere di stare insieme a Maiori, un posto troppo 
piccolo per le loro aspirazioni ed i loro sentimenti. Ma, soprattutto, per la 
loro libertà. Solo questi monti, questa valle, questa natura potevano dare 
la forza di guardare avanti verso un'idea di vita possibile che conciliasse 
libertà, amore, natura. Una scelta ecologica nel cuore e nella mente, come 
ecologica e mentale è la passione che Gennaro ha per l'ambiente. 

Tante sono le scelte da lui fatte per vivere, tutte comunque indirizzate 
alla conoscenza ed alla difesa dell'ambiente: da vigile urbano a vigile del 
fuoco; da volontario nel servizio della protezione civile a panettiere e a 
cuoco; da ecologista e ambientalista del WWF a esperto di sistemi infor- 
matici diplomato in CAD; da sportivo di terra e di mare ad aspirante pilo- 
ta nell'aeronautica militare italiana, sono solo alcuni dei lavori che Gennaro 
ha svolto, svolge, purtroppo ancora saltuariamente. Su di essi spera di 
costruire un futuro solido insieme a Gabriella. Anche lei ha un lavoro pre- 
cario a Maiori ed aspira a qualcosa di diverso. Stanno mettendo su casa in 
un piccolo appartamento nella nuova "Casa Mario". 



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Lavorano sodo per sistemarlo e quanto prima sperano di convolare cele- 
brando le nozze proprio in quella piccola Chiesa della Parrocchia che ha visto 
nascere il loro amore. "Un'idea di vita" che si avvera e si realizza ed alla quale 
tutto il Villaggio di Novella si augura di assistere come testimone. 

La "voce" del Parroco 

Quando si è chiamati a celebrare la fedeltà più santa e più nobile, vale a 
dire quella di un sacerdote che alla Chiesa ha consacrato i migliori anni 
della sua vita, allora un convincimento mi assale e fa sorgere nell'animo 
quella giusta volontà che fa proseguire sulla strada del bene e che porta 
alla contemplazione della luce di Dio. Questo intervento non vuole essere 
un'auto celebrazione del tipo "per non dimenticare..." in occasione della 
pubblicazione di un libro su Novella e in previsione del raggiungimento 
dei miei quaranta anni di servizio pastorale prestato in questa Parrocchia. 
Molto più modestamente intende essere il filo narrante di una voce che 
per tanti anni ha cercato di essere la guida spirituale di una piccola comu- 
nità montana che ha visto grandi cambiamenti e trasformazioni trascorsi a 
cavallo di un secolo ed un millennio. 

Nacqui oltre il valico, ai piedi del Chiunzi, a Corbara. Frequentai la 
Scuola Media nel Seminario di Nocera Inferiore. All'età di diciassette anni 
vestii l'abito clericale e sei anni dopo ricevetti la tonsura a Visciano. 




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Da lì a qualche mese gli 
ordini minori e due anni 
dopo quelli maggiori a Roma. 
Il 18 settembre del 1966 ven- 
ni ordinato sacerdote nel Se- 
minario di Domicella, in pro- 
vincia di Avellino, e di lì co- 
minciai a percorrere la strada 
dell'educazione dei ragazzi e 
dei giovani nei gruppi parroc- 
chiali del territorio. Fui vice 
direttore e padre spirituale 
della Scuola Apostolica di 
Domicella e poi Vice Diretto- 
re del Centro professionale 
"Arte e Mestieri" a Mariglia- 
no e a Granturco, in provincia 
di Napoli. Poi Prefetto di di- 
sciplina e Vice-Rettore nel Se- 
minario di Nocera Inferiore. 



Divenni Parroco a Novella di Tramonti il primo gennaio del 1969 e poi 
delle Frazioni di Campinola, S. Elia e S. Erasmo. Per circa otto anni fui Segre- 
tario di Mons. Nuzzi ed Insegnante di Religione in vari istituti dell'agro 
nocerino prima di dedicarmi interamente alla cura delle anime del popolo di 
Dio di questa minuscola frazione che vede nella mia umile persona il simbolo 
di quella religiosità semplice e schietta che genera doni più graditi a Dio. 

Mi sono sempre sentito un uomo di preghiera che vuole alimentare e for- 
tificare il dialogo con il Signore e con la sua Chiesa in terra, sforzandomi di 
praticare il dono dell'umiltà e della semplicità. Ho cercato sempre di coinvol- 
gere i fedeli in un afflato di socialità schietta e convinta alla luce della Parola 
del Signore che è speranza e vita. In questo senso mi sono sempre sentito un 
evangelizzatore alla ricerca della sua identità nel cammino della missione 
della Chiesa, attraverso l'attività pastorale rivolta alla salvezza delle anime. 

Sono un uomo di vita sacramentale che cerca di realizzarsi nella vita 
cristiana in un contesto di collaborazione con le Autorità religiose nella 
persona dei vari Vescovi che si sono succeduti e con le numerose genera- 
zioni di fedeli nel corso di quasi mezzo secolo. 



91 



Ma mi sento anche un uomo di governo e mi sono sforzato di esercitare 
la potestà spirituale in nome del Vescovo, riunendo la famiglia di Dio come 
fraternità animata nell'unità. Sono un uomo di sacrificio per essermi sfor- 
zato di offrire sempre e comunque me stesso agli altri senza mai aspettar- 
mi o chiedere gratificazione o comprensione. 

Dovrei parlare del piano di lavoro svolto in tutti questi anni. Dirò sinte- 
ticamente che ho cercato sempre di attenermi agli atti del Convegno eccle- 
siale "Evangelizzazione e Promozione Umana". La famiglia è stata al cen- 
tro del mio messaggio pastorale in quanto essa ha un compito specifico in 
una realtà comunitaria piccola come questa di Tramonti ed in particolare 
di Novella. Una Chiesa "domestica" che naturalmente si allarga alla sua 
realtà universale. Un impegno per così dire "familiare" nel senso che sono 
sempre stati prioritari i rapporti con e tra tutte le famiglie del posto, non 
solo quelle presenti, ma anche quelle lontane o in crisi. Il mio impegno 
costante è stato, e ancora è, quello di portare a tutti la consapevolezza di 
essere una comunità evangelizzante ed evangelizzatrice. Importante è stata 
anche l'idea di far comprendere ai giovani, prossimi alle nozze, la "novi- 
tà" del matrimonio, del "mistero" coniugale, che vede al suo centro il va- 
lore della vita, l'importanza dell'educazione non solo religiosa, ma l'edu- 
cazione alla religione da parte dei figli e di tutta la famiglia. 




In questo delicato periodo di trapas- 
so e di grandi trasformazioni culturali 
non ci si può limitare a stare inerti di 
fronte ai cambiamenti che ci circonda- 
no e sembrano a volte assediarci. Ognu- 
no di noi deve prendere coscienza e re- 
sponsabilità del fatto che ogni cultura 
rappresenta una propria visione del 
mondo con i relativi atteggiamenti e 
modi di vivere, con grandi ripercussio- 
ni sulla morale, sui costumi e sul modo 
di vivere. Per mezzo del messaggio 
della Liturgia, della Catechesi e di tut- 
te le attività collaterali ho cercato di pu- 
rificare, migliorare e mediare il messag- 
gio pastorale. Forse non sempre ci sono 
riuscito per il meglio, non sempre ho 



92 




avuto il consenso dei miei parrocchia- 
ni, ma sono certo di avere sempre affer- 
mato l'importanza della Parola di Dio 
come messaggio di Fede, di Speranza e 
di Amore. In questa azione sono stato 
affiancato da uno stuolo di giovani e 
non giovani Catechisti, i quali insieme 
alle sempre disponibili sorelle Suore si 
sono a me affiancati e di giorno in giorno sono diventati sempre di più 
insostituibili. Ciò che mi preoccupa maggiormente in questi tempi di 
turbinose novità è, in particolare, il futuro dei giovani e il futuro della 
Chiesa. I giovani di Tramonti, e di Novella in particolare, hanno bisogno di 
riferimenti certi per poter affrontare le insidie e le gioie di questa vita che non 
è fatta solo di realtà effimere e passeggere. Essi hanno bisogno di certezze 
esistenziali basate sul lavoro, sull'amore, sulla famiglia, sulla fede nel presen- 
te per poter costruire un futuro di certezze. E tutto ciò, come sempre è stato 
nel corso dei secoli, solo la Fede nella Parola di Dio lo può dare. 



La Casa del Signore è la Casa degli Uomini, specialmente in una picco- 
la Comunità come la nostra. La Chiesa di Novella ha ormai oltre cinque- 
cento anni di vita ed ha bisogno di guardare avanti, considerando le con- 
dizioni del presente, senza dimenticare il passato. Come Pastore di questa 
Comunità mi avvio a completare i 40 anni di servizio pastorale, avverto il 
peso degli anni e mi sento sempre più piccolo di fronte al mistero del tem- 
po che passa. Sono ben consapevole che il mio cammino sarà sempre illu- 
minato dalla luce della Parola che non ci abbandonerà mai e insieme ai 
miei parrocchiani completerò il compito che mi è stato assegnato di svol- 
gere per l'amore esclusivo dei miei fedeli e del mio Signore. 



93 



94 



La Tramonti di Matteo Camera 



Arrivati a questo punto il lettore dovrebbe avere chiaro nella mente le 
ragioni del viaggio che abbiamo intrapreso alla scoperta di Novella, della sua 
piccola Chiesa e del suo territorio. Il mondo di una Vallata formata da tredici 
micro-mondi sui quali convergono e si ritrovano voci e colori, sogni e realtà, 
memorie e pensieri, assenze e presenze, il tutto in veste moderna, ma con un 
sapore d'antico, tanto da sembrare quasi sconosciuto. Per questa ragione ab- 
biamo deciso di proporre, alla fine del libro, il testo integrale, in copia anastatica, 
delle "Memorie Storico-Diplomatiche dell'Antica Città e Ducato di Amalfi" 
che lo storico amalfitano Matteo Camera pubblicò nel 1876. Due volumi di 
quasi duemila pagine, ricche di informazioni e documenti che nessuno stu- 
dioso, o semplici appassionati come noi di storia locale, può permettersi di 
ignorare. Una Storia locale che diventa "microstoria" senza per questo perde- 
re la dignità della Storia con la lettera maiuscola. Anzi, la precede e ad essa dà 
forma e sostanza, facendo provare al lettore il gusto dei saperi perduti, i mi- 
gliori, per conoscere il passato. 

Matteo Camera si occupa del territorio della "Città e del Ducato di Amalfi" 
dedicando a Tramonti oltre 40 pagine di densa scrittura. La Tramonti di oltre 
cento trenta anni fa, visitata a grandi linee, in maniera sempre documentata, 
quasi romantica, inseguendo all'indietro la freccia del tempo. Cento trenta 
anni non sono molti in tempi storici. Ma in termini moderni esistenziali e 
psicologici abbracciano lo spazio di un millennio. 

Tanta, infatti, è la distanza che ci separa dai tempi di quando visse Matteo 
Camera e scrisse di Tramonti. Una lettura non sempre facile ma ben argo- 



95 



meritata e sostenuta da trascrizioni di documenti originali, ormai dimentica- 
ti, ignorati o addirittura perduti. Una scoperta, o riscoperta, che tutti coloro 
che amano le storie, le tradizioni, i personaggi, l'ambiente di questi luoghi 
dovrebbero leggere o rileggere. Quanti giovani di Novella, o degli altri villag- 
gi di Tramonti, conoscono l'opera di questo storico che ha dato tanto alla 
cultura del territorio? Chi era Matteo Camera? Ci pare importante dare qual- 
che cenno alla sua vita ed alla sua opera per sapere chi dobbiamo ringraziare, 
se intendiamo davvero conoscere e valorizzare le nostre radici. 

Vissuto tra il 20 novembre 1807 e il 2 dicembre del 1891, lo storico era figlio 
di un ricco commerciante di nome Andrea e di una nobildonna di nome 
Ferdinanda Proto. Studiò architettura a Napoli, disciplina che fu il suo primo 
amore, nella quale si laureò giovanissimo, a soli 22 anni. Si avvicinò agli studi 
storici, che divennero poi la sua vera passione e che non abbandonò mai. 
Amore per la piccola storia, soprattutto, la storia che giorno dopo giorno ve- 
deva intorno a sé, quella della sua città e del suo territorio. Molto religioso e 
devoto alle tradizioni, si sposò con la marchesa napoletana Gaetana Ventapane 
dalla quale non ebbe figli. Fece parte della "Società Storica" napoletana e, nel 
triennio 1845-47, fu sindaco di Amalfi. La sua azione politica venne sempre 
rivolta alla soluzione dei problemi pratici dei cittadini e della città come co- 
munità. Di animo affabile e generoso, coltivò amicizia con numerosi uomini 
illustri del tempo, come il ministro e letterato Francesco De Sanctis, il princi- 
pe Filangieri e Salvatore Renzi. Intrattenne corrispondenza con personaggi 
come lo storico Gregorovius, lo studioso Mommsen e altre figure del tempo. 
Cultura locale e cultura internazionale si fondevano in lui anticipando in un 
certo qual modo il multiculturalismo su cui poggiano le fortune turistiche e 
culturali che fanno della nostra Costiera "Patrimonio dell'Umanità". 

Non dimentichiamo che di questo patrimonio naturale fa parte anche la 
Valle di Tramonti, con i suoi tredici villaggi. Un ambiente dalla bellezza stra- 
ordinaria ed incomparabile, che dal valico di Chiunzi sembra come abbrac- 
ciare l'intera vallata: a destra, verso Ravello, giù fino ad Amalfi; a sinistra, 
verso Tramonti e i suoi villaggi, che si snodano armoniosamente fino a rag- 
giungere il lungomare di Maiori, per poi proseguire verso Amalfi. Due per- 
corsi che sono due tracce della natura. 

È come un'idea di vita "circolare" che, passando per quote e livelli, segna 
la vita e definisce l'infinito. È questa l'idea di base che caratterizza il messag- 
gio di questo libro e che si ritrova nel logo della sua copertina. 



96 



DELL 1 AMTKA 



CITTÀ E DUCATO DI AMALFI 



fflosaiociuja™ «rubati e mhtiscati sud ll show hiie 



K DIVISE LT DITE VOLITI I 



V* 



MATTEO CAMMA. 

«lBÌ.IJIHWUltHTE BUI 1 JGCJLHMA KBTTJlFIAnA. MLL' lBirTUTO ARCHE»- 

Liwietì b4 *OMy r u hilud, m *a im,li. pi corali* . nr r*rjipiJiio. 

BCLLA FLC&IHtìFTAHA TIMIKtsI, 111 TlUrai , DILW «JùtTA MÙMOhKai* 
DKU Uim, CI FMITOFiTO UT, «. «e. 



VOLT ."ME PRIMO 



1S76 



97 



Erga non *TUiÌiLiiicii dnroLixiL amplificano 1 » £mA«i «ni 

ipo MiaiD rBIPrr*n^H *otlipiaÌÌ* jiliaLlik Ajllil- 

C-HB OjUHD (WHGID'l* kt^IL cb»i:iiriii iin jmji'.ulii. <[ ijijiil 

rrpLJANd hikLri j^arint, luuriu upùoiri. ut pHiurAinm 
farmi it uuiu una tarapara at num dElKtatJonE Uhm- 
r..i:i -. 

[ M^ftA-nm, Aqiwi, mdrf, «wf A- J, p<-*4f$t- ) 



98 



PREAMBOLO 



E wnnlo XIX coita ormai BM[«Ì5skio e fecondo dì esperire- 
te, di fslLFj. (fi osservazioni, di notizie, di dati, e poi di comparazioni, 
H cùngniHDpe f di corollari, e pero di lliciibraEiOui Eteriche promovi- 
tore indefesso, e di autentici tiu* uin«nt£ infaticabile raccoglitore. 

Senza far posa., esso esamina le testimonianze, rovista i monu- 
menti, fruga gli nirhivii, interro^ i diplomi, osserva e dilucida le 
monete, interpelli le iscrizioni, disottcrra ed apre lo antiche tombe. 
Tutto db che concerne a famiglia o tribù o nazione o nriiieijialo, 
esso ne guardo* io origini i mutamenti i progressi lo declinazioni. 

Al ui li di un secolo prima, ti Vico ed il Muratori, due som- 
mi uomini, misero i yemi della Illusoli» storica, e della storia posi- 
tiva, presso I moderai. Ida quei semi tardarono indiscre-tamente il fruito; 
ctilpa del tempo che forse a quelle dottrine non era ancora maturo. 

Fortunatamente coi Tiriamo ad uo J epoca in cui tutta Italia è- 
dedicata, utfu istoria ; e ne fan prove, non; fesse altro le molteplici puli- 
bbcazìonj di opere isteriche e di codici diplomatici, per io più impor- 
tantissime, cJih tuttora ti succedono in ogni parte della peninola. 

D' altronde, si rimane oggidì spaventato della moltitudine d' i- 
sterfo o dì monopufie patrie che compongono le nostre biblioteche 
pubbliche a privata. Ha quando le Isterie particolari eoo giunte ad 
un numero che non si possono tutte raccorrà ne legga™ faeilmBDle, 
allora b die si dcrtùfA ad. pubblico il desiderio di uno Scrittore che 
le riunisca e lo coordini, a dia loro aspetto « forma ili Storia gena- 
rale- non già riferendo minutamente quanto io esse trova, ma sce- 
gliendo da ciascuna ciò. die |wfl&a interessare maggiormente. 

Da vantaggio, grande utilità ne lorqerehba alla scoria italiana 
dei medio evo, se oggi viltà si adoperasse ad illustrare le memorie 
delta parie arota negli eventi di quella (li. 

Si sa, cha, T Istoria, quale scuola de" costumi e della politica, 
k la biograu* dell" individuo - nazione. Essa ci svela e narra le a- 
zlooi e le operi) degli uominij non che ci metto innamì agli occhi 
le menoorie, le gesta e le peripezie ite' nostri, ari che prima di noi 



99 



abitarpno questa terra, ove, sulla loro |wJ.Yora germogliano i fiori che 
abballano fa vi tu presente. E di vera: la Mijtfrtjeici rM nastro glulw 
non è formato, «ha dalla polvere dell' uomo-j il quale Ea calpesta, ed 
orgogliosamente yì passeggia E 

Volge oramai gran tempo daf che pubblicammo in ristretto una 
Storia dd!a ttttà t tastiera ili Amaìfill); la iiaaln In benignamente 
accolla dal Pubblico, o quettii edizione è oggidì affiaLto esaurita — 
Da aita prima prova, non si potava alluri» (fa noi sp^raru di più. 

In precesso dì tempo, noi volgemmo in mente di coordinare ed 
arricchire di gran lunga quel anatro lavoro, e di riprodurlo sotto 
altra migliore ed ampia Torma. E mentre die a lai iiO|m» Mavajn gii 
raccogliendo altre pntrio notizie di qua fi di cola sparsa fra i rege- 
sti del grande Àrehirio Napolitano, atta non, penala, ci sì offerse 
la favorevole occasione di raccorrò ed acquistare una preziosa ggp- 
pellettiEc dJ antichi codici palrit 3Jss., di pergamene, di craniche, di 
alatoti, di privilegi e di altri monumenti (inediti) aipaljiuui, ra>ellesì 
ce. ; i quaJj costituiscono la Uase essenziale del presente nostro lavoro, 

Giova perb avvertirà, che sai trascrivere e qui pubblicare sif- 
fatti antichi documenti, abbiamo voluta Bcrupotojsamontù osservare la 
qualità della scrittura, ritenendo leltornlmenl* gli errori grammaticali 
cittì a prima vista vi ai scorgono, senza punto «ipendarli; alGudiè il 
leggitore vegga la naturalezza disila scrittura, usata infelicemente ndbs 
nostre carie notarili a nelle cancellerie nel medili evo» ed anco nei 
flecolE posteriori. 

Considerata dj pei la portata o La mole di questo lavora stori- 
co-diplomatico, noi abbiam stimalo di distrihitirlo in due volumi se- 
parati ; cunleneule il primo, cronologicamente, la seria de' fatti e vi- 
cissitudini di Amalfi a suo Ducato; ed il secondo Ea infeudasi one di 
esfiO falla agli Orsini, Colonna e Piccolomini; nonché la. descrizione 
generalo e particolare de r l»ntghi (ti questa Diocesi. 

In fine nutriamo Mata fidanza che tutti coloro i qui li Ini ria n, 
ceto gli Studi storici e I" onore della terra natale, vorranno retribuire 
la gravezza dfclJc- nostro faiieha col far degna di accoglimento li pre- 
senta opera che dedichiamo alla stessa nostra Patria diletta- 
ti] hpll, «tHi^BM hi nbnm iF** 



100 



TXtA. 3£OTS" TX 



QuaVupniioTie mw prora il riajnlaHire 
iruaudu per la primo, volla risila lutti 
ijtitót' immessa ed Ampli ^aJLatd, f jùì-ne £- 
laU da odi lunga Calcila, di mutiti clic 
■—si SC:i ic-rj si djaLEcdE sinu alla tura di? (la 
di GAntas*.— AH" aspetto di qualo luogo 
magico e riden|a r tvri aaakhs cou di 
Calma, di dnJw h di fliMOllóo. die pfe- 
fan l'anima ■ aortiro db] temuta itila 
npLdi e lolle- agitatori dì questa, ri la 
di fallati iJloaioniJ Jtì li salubrità JeJ- 
l'aiLa, la pureno del tielo & le dolci 
aure campestri, destane in un come sen- 
sibile un ya SO tìM di dolcetta 41 di 
grata impressiona. 

Sensi ampLLOtìr «m parola ijneslfl wr- 
prendente. piaonma, dieiom ili di::i tro- 
vaisi nltrmè più iigghiilevol-i e graiio» 
Boggiofoo. fili alli monti quiri Jormana 
udì specie 4L cerchio, in m«io 4 cui 
jfiaccioa-3 immessa vaili, dui di IraLta in 
trattu som liUeireUfl da coliioattB ed o3- 
[ipiani, tatti cortili di VCfiuiu a di tu- 
taaiirtvcJi beEtq di castagni e. di altri 
alberi fiuLtuVri, li Tia^iascra Eerpreso 
acuiuft essale tutta ad un'or* If&apnrta- 
lo actt'altru Ciclo, La lontana regienc, Ei 
crc-nerèùaa di Efotìtbì in una dai pae- 
saggi della. STiiitrt, in cui gli ocelli oi- 
touti DOS SAorgouD- din Cielo, boschi e, 
montagne, e (love gli svariali impili si 
preseotlQO aollo loraia iu tutto rjnlia a 
pittoresdui. 

IX Interim interno a questui nato lu- 



tino, earooata da" monti, veggonii di di- 
stinta la distami sparai saprà ineguali 
piani, tredid borgbi eoa allnillante par- 
rocdile, duo uiUcrùmo in jpprwwK 

Ecco tiù cita cosìituiaco Ja lem di 
faiiosm, rotatola, eoe spiega ed iodica 
La sua posiziono x inira mónisi; i od atti 
può il irsi il Jran (JoRo della Costiera Àraal- 
Glana (t). Bulla tuTba il sttenxio di co- 
desto au-Jing* e pielite toogo , de pa- 
trelibe cascrc delta per ritiro della con- 
temolaiion* e de.Uj tìSModi- 

Il suolo A di notula argilla:», b [e bjb 
rocce sene «lare* « /^j*js*. 

QuLtì , lungo la ?alj|la ( t! passa II 
Burnitila, deoofinjailo fl. Sutruu die knv 
tondo dalla parto accidentale il canata di 
Pattino colli sua parrocchia, e questa uti- 
le uùtictic scrittore Tiene denominala 3. £- 
Jia o> Patirmi, tinti A*, fnhiu. Lq JU& 
=■■-■-■_■■ j|iiuia.M piò mulini 6 Cartiora; e 
ùopa luDga carso ed ialui'J rigiri , at- 
travenuidù il piane sottostaine di Makri h 
nona a sJHKima al lido di njucsta tilli. 

ii itteria e. nula ialn-Tou ai primi a - 
DitatorL li Tramonti. Ma dui crediamo , 
non «uà fnpd|Eqenl4 doTaraeaa allfi- 
hairti ]' orijfine agli Espulsi e dispersi 
PjceaCini (ì), L <£fla]i d riroaaj wuVtiLLUti 
a fugati da' fiumani, fiumi tìtetielti a «r- 
cara ricalerò Della Tirine imrjate. 

Lo urtìo cinenrie ramose, i faai StlìLi 
E le mescle; dall' alte e baaso Imperio ^ul- 
ti ubetìantc e rfareuuLu a' nasLri fiorai. 



tl|- ■ IrrT» 7pjHra*iii lir- p prim'» t^l^ni» nm- 
tcptu, déiti nomrn rw ■:L'i*tBU'hit rti, qnli inni 

Ifl^^f^l ; n i^4i Lim^irn csi\ Eppvrlri L^bicaltar: 

pr«nmimr a; rppn diiimu fi III ■ TJTiraltlTii 
UBurtbDi-, Dira ^ImBA CJiif>a tmiot Ttntt 

ij^nii iiunr ah rr ln^iirm L#rnrKrlf ,ftl Jlralum 

dEm^niicit ■uilqTliurrn Iki. ii.ai.iam ni ■ I ■ n d in 
Ijcr'.iùif-jl li -C^tklil Filami , npi PViruiHk i 

»n>ip!ni| ™*rapi1yr ba^ a-t^pi fji*rq a^ra —n 
CainHro nr t.'uLi i <L lankl ta molyj idiItbIi 



i<ifttmrt< , hdiu AffaLÉLM <auri!i in <ulii- 
rioai Itile ■nli=ra^i. ri jn^'i' ii^arx durala! 
rÉ^ii TjJliSil, il riflidifi iHDbi" rrnninqlum r io- 

frnl-m nln iddìi Iti cirri, puri ti tfOIOrùlllt 
qnùbfl. SìbwdIi Wina\m{f* TnaanL») r — Crc- 

nicliillÉ HBJilSLÉDl Ie-é CaUrPlluUlHn fm(ltfil/\M 
Muratili E-ijinip innnimi |J IèwIiU, uilm pHti 

Doaioani Hirullom So«-MDtl. 

Il} r^npn dL Eni 4SE ^1- B. C. MBÌ, inll* il 
MDMtl» di Ij, tTÉTBlHt * 41 C|J« Fidilo PUMft- 



101 



pan Bellona in dubbio I" alfe aatidhtiì iti 
*5<sii luogo (1). 

Il ewAo a barena di Tramonti i ài ai - 
Un ejltìireo-flrftilluso, o tu montagne ikl - 
l'Albania eh* la HanjcncgjLirio. aera foraiata 
di e*l« ìtrtlORa, la tuj giogaia al Esten- 
do- SJQD 1 fioca» B Olii Quiri B Qflt 

HfliitMpgù di Pacata aJ i (nitri* dall'ar- 
jfjin jo tastas a di. tjlfjuki,- Timi elio degli 
caormi bandii di poEiaLaai o tnTo Incili- 
tiao, dì marmi} atro, di quarto ialite ce-. 

la uà uilico squarcia ras. Ira-Tiara fatta 
il iftguemla rl«pdje : 

a A n il gcaaiJo Ì5T3 il sinjmir Ja- 
« cana Antonio «E SnipioiuB FuIljImg dia 
i. Ebulu, uoTernatura et auditora di oju"> 
k sta Dusita de Amili furpo i Minna,, 
i 64 ti infamili rnir ilt ccrlc reno film- 
a nta da uno ikrontiuo rairmoriw , 
i «lo* in TrtHiunti, ri!«i*t* iihé t»o 
a de jtìeUd marmorei ncnjro bellissimi da 
c lir sepolcri d tacile , del cha qb 
e ha ùtlo parlila tuo il Padrona de- detta 
e maptagps y?) ducati BO par mai atta, 
« ut fattevi iJoUdIjwhi, et altari da fare. 
e o[ ha spaso di docati £3 per £tre ae- 
« comodare ]a strada (3), «t pUtlm ri- 
I Uov-ato ima vena ila ernia da far piatii 
« più belli dia queJU di beau , del 
[ due Tolse privilegio dell' lUontriad- 
■ n» dflu GioTinw pjcwlftDiJDl (dna di 
i Amalfi} ehm atsauno possi far UJttì- 
i k defl* erela ; il dia eoocetsa, ma 
a ddd specilla lampa; ili più ha rltTCr 
a nti una altra ver.* dei meglio piena 
a acari in li girotta lidia Nuuliala di 
t Hiiura ; et sì pretende , die s Tra- 



o monti labbia lilronto ™na da ar- 
gento i (3). 

— L" origine di Tiamoatì. perdendoci 
nulla caligine de' Ittnjii , vanamantu- si 
durerete* felici a. tio tra coi a ria uaflll 1Q- 
oiii d-a" Lampi, É perù di bLbojb ossere 
dita Bnilaro, come- dicemmo, do 1 finti s 
diiparal PicantinE che liu nomade (nifi 
menaiattn Imago la falde dell' Albinio — 
La disottarrata reliquia di se-poltri , di 
rati e wonclft di apnea roani cjuÌtì ri- 
|rarata , ea na raadaou non 6q4LTK4 
prora. 

Ih Bagnilo codesti ibnrigioi furoiw aoili 
a untoralo dai Rùiìiihì É fonditori di 
Scala a di Amali ; i quali . per alou- 
rem e oropugoBeolo d'I eajl luoghi r dal 
Iiloc-Ccidontak.da principio vi edilkaronu 
ili borgo di CzaiHAiH], il riferir del cra- 
nULi Andiȃ Mula di Tramonti : m [Hm- 
da fiuta wiìùju, ti ifMHJ Aabitaflitei pra- 
dtetì duo_ P^pvli Rwwmim [ Picectini 
t KvnaBHL % ut h,oòencnl noz^TiHm w- 
nwdiialftm <& in jiìmmhii tfjiiu , alqu* in 
antuft rcnionef crrew» mMa (nMjIfllic anni 
«i JramOTio Celuìiti, diefwpi a Caa- 
w primi hAinUtttrfCy -ni tmMwto in iU- 
iwre «mnditatém haiwanf mnifi al «» 
d«irfutt h e( «*ip([ttri *i* la« J*f«|fato C*' 
jarom-i ; si tu* tws\c ihqtk- ad h^dùniBmi 
diem ftitì et «E m*ci"d omteitii , tì 
oi-n.Jfrdiraiia , al bubib in ter Aominei pr*- 
jfiiJfl ettftidljf Scala ri àonwt AA^vbm- 
Iff predicci loci £auram {4-}. 

Quello vinario. falnnannn«ile propU- 
gnaeoLo prindnale di Tjimoptl; «a ali» 
4 BOfliuer gjujacn eoptre ì principi Dm- 



[1) T»*1 1^ i-* pif ■ ». *H» rnoon npm— 
X qpi nn-ianoMm? chv avi bwio dlC\iru»<d 
In illrl [in.ll di TtukideI, ri« ht <UÉrl, r«hH riu- 

HBsUlt idLLArik dui rnni.pU Jl TibfiHn A.q[Hl4f J>- 

bromo 41 1,- mndgtt, i ntl r*rt**\'i II jlob* t*l tri- 
dtnfe — Hi(. iinn branil J, ^tipiiiuu iTIjtìd) cri- 
\'tf\tt*G, MF. Ci RI). Vici hJL$l AM , AUtì . CVS. Ili; 
« r.Fl ri-rF-j-in, l'CfHtln,. [OD Li t'iliDijl tllli BJbù 
drllHtd ■«■ Utili IluiUrr, <H mcJln A£CjY|TJLi 
àTOTFfl— *Ì4u ninniti Ji DfKlDIO di l T mi» 
4«l* di teauillM [-ID L'*pigrifl Cà£9, D|71 TESP. 



r- KUilTllfl.; i ni nmili lint «iKtia in 

4iU t KIdd F 6 «M ItlfJIDdi cnii.Jllln JiHicj- 
Diuu ll[ M. PK. 

[Il Fral4lHI[DHlH ■1lJlE v 'Dll ptl iru^tru. 

|1) nÉnbbA prrLnnln uLli II rePtlET In dei }<[f1 
pj| P*WTT4llnnC> JHC rltri»' MDU^lUéil-IOFU, [4- 
rnt de-l piti Mitida J* IHIirim ■ [nn tjnan» 
l'*flf*riil«i« piriti Villi Cruv1ri4l 41 VfralDCflIa 

[«■■Idi i>n «I pan direnai» uhi taf* |] j. 

[ti iBdHÈ HùIa dÉ Trt»ù*i# frnoin JmoUtrf- 



102 



riiMsdil ed Àragancai di Jfancuj — Sotto 
l n uarmatial di Sicilia ti Fu cdilkica. 
uni baili di; la £|uaLc stava tutta vii io t> 
KTCJtio rryalndo GiofaJiiiii II (1). 

— SecoDdociiGi quelli n-apoSaiioa& mdu 
mano a mano crescendi, ella largamente ai 
bùhsb pei il mdjejjmo luogu cbe. ifiiae 
diviso iti f JlLaggL r al dire de] su-acilJtn 



crmiftì ■ j PwPmfldum itt pnmrjiu km- 
pancini. Dvmiiw dùpaniiUa ti corwadante; 

Jiiifatt Ri>m<m mvltipl\eizrr.ti>n{ /■< u ax- 

isnientni in dirmi! bei e( j dtJììh* eff- 
da, TldelJetU ]q Tra Muto PiTiitnu. r" -ipìt- 
laggia ) dietim i Patrilio «iig haUìa- 
Jm, Corrvptv wstabùta ; FVbIAùam (tìU 
laggig) timiEi)» Àbtam a Populeo, flOf» 
rupia H luniJilrr a prinw haAiitaton; h- 
am *ti|j*riifir js PflITJ Ci4flraJ, litrium 
a avcniilato iapidun ibi sziiìahììih *ìi 
pfl^i wftriorit pintt« ptthìk* ptc&idi 
Lxi r ai demum iotum Tbxhoktuj. , ifcfum 

Ascila iJ ud sdraiai 6 allusila* ; Uà 
monti io/mgatìti da Inni WtSMaU, 

M presenta i riiliggi di Tramanti soda 
nel dqveju di 13, <gud alirelliain piffM- 
cbln, tutte antielitisiEna — negli loiiahi 
t£mpi djlhjbLo ultima aria malto di più t 
ma diatrulte dalle pulì ed allr* «limila, 
pubblici^ Eoi casali dcnonùuuLsi Pto- 
caffl — Sr £ Jl* — J 1 fltónui — /YflflUfl — 
la Pietra — Cmojvjjm — Capii ìjthit» — 
GfttWt — Poktóo - Cartnfiniiioi — ftìt- 
fa — tfda — .fufsJJa. 

Nullo HDtlcba scrllLanS d*l Ciolioi tem- 
po- tremi 1*11* memoria ai. altri norohi 
aiH^iiin col marna prcM dal famiglie- &»■ 
iQiow. (tua quivi IT6W ibitaxiotia a pro- 
prietà ; comi! Jfclnle , JenvmtUo , Trv- 
gtum, Grùijiwrw l &i PfltóoEa, e Swf- 



filnioavi. Mi colla edliBilflao di Bao fa- 
mifllie. j] tìsjla Jcr dato a quo' Risali. 
■ poco a p«o iltìdù lai ilimunticiinii, e 
qnjfjill ad ama ad uiao fenderà annessi 
■tic borgata cmii vkme.— I?u doiwmiiuto D 
Cubile di PblLi.. (mtlnincoEe. Pecorai e 
PWdr*), Li fai cJJiusa panoodiialei i At- 
dicaLi a 5. Ervuiiui, ] y u^raMuo l'epoca 
di ma Furjrtaiioaa. Fu riedificata béJ 141 ì 
e di pni nel 1533; ma. dàjia 44 anni mj- 
Oa.ullD.di] mcLu. fu LiUrdeUa, « di poi 
nDovamfml^i fuydlala sui nidcri dall' intU 
tliiai-inii due;» di ft. S^hàiLiaau t slccLù 
cininiaiido -y I-i aalkai Dumi presa quello di 
B. Jilnrii HaddaleflS fi} — Ndle cappaJli 
litorali ti ai amniiianù de' quadri dal ti- 
Inani Linea. Giarda ao napuLiLinu, ed ùriun- 
dil dj Tracannli. — Soavi in ([aestu cbicaa 
molla lapide sepolcrali delle cospicue fa- 
EDiylJe Cito, a Bieca;!, baDeriUOTt e pa- 
"-'i ni della DUidcainu : 

D. 0. M. 

JfsiHiniflliiini» hoc POMUUAU «db magit 
«Hgtvmtniu dima quam pinata , a^àud 
«ehi* axJu^t ubi a Situine a Polirmi 
HJiy'it^i amaniitamaa atqui ipimtte; ti- 
Uffa dediftiiiw ci fampJa, da qua iuu. 

whtiu /bflfst — yta r DM KB6SXI 

— Baéù ui iPpiilfura Praantìerumnl 
&» Idasfa ìlìswJujh Jieu, JI Aula. Lab- 
1EXIE1 CjBparoth. Ah. Dtiì. Jfi3£XJJ, 

— Ì9. AaDUU Cttcs , prò u si ha- 
rediinii, ei p/a Zbeobuo Ulto h*jio]5 ontt- 
tlntnim jmit — A, D. 15*1). 



[ih ■ H«tuW L'i ut* Htafiu d» Ùru^H4 mh- 

PM'i qaid uhm PiùUu furcul iiTrrrri'j-t ti Ci- 
BiLuaut |l^»l*u Aviari, <t G4IK14I Fmv> UU 

■filli it Ititt tfit.tr ihiuùl tura (-ini tn*nt*iv 

jLH^Élìilhl da AIftìd Je fl^"^nLipn h u cjaliqim 4l" 
VDWWl IH htflrfl L'lHirfl*f pdf IttOKa nnuai 
iU B1U UE U lEttsJs " L "»r^ ln,u ■ W** 1 *f B ' 

uiil h nJlawri pr* ducili 300; fi* tyiqnu» ■■■• 



LlificItHit piMii «hildta Hi.rphi-iia HèIJecb Ih. 

I ulti ftaUttl, ri lULlrumcuLnra dE^ih E4EJL iu fi.ELcn] 
A.nilriw fi Hihiiii» Ja (J ijnLfnr, ; kJ qg|, JaHrap. 
EDbalUn pCfJ'UUm tul fiilQJB- pel hem il ■LclUai, 

riapLirna aallBriL prqTinunrah ]ihli^ip la |n. 11X4- 
JTfl JlJURj, /<i|**iaÌ. tt [ti, 1*4 r . 
(1| rtrincult. dH duUìu Vllh» AUiao' 41 Tlt- 

pwU U H laf IL* tifi. 



103 



— Cotttptoncttise barrii, Me WHflnegal. 

urna, jornrM 
Bmc Jffflt Ut Viid t/HXw** uhi amor. 
Hoininieiu. Jv. fiffBitltw filo PfGErW- 

nfifariui 

^jwa(fliiCK) frttdtffftt pno li, a^trt se- 

rarità* S. JfrrrÌM,eti6 CtCuta C^tnjjuitf Jtuiuj. 

— jtfmiiimffifiiiH |tau LirninTU Clio ot 
iriwtafci» dintTum. Fruicunu Pùaams 

Jta«re propria istìauraril *TflK( orna- 
ta — Arti» £km. ffiDCCI. 

— AfigJidfifru (Jiriua, e( JÓTami. flw- 
MPMw JirrU h prt it muovi fta*rnflifrUi 
ti lucttsiortiu — 15JS. 

mfftlotu , ri /Vuntuc. JuImìIu Jfrari 
iwpoffl , prs ipiù ci patini — f JSS. 
JJI JEal. m, sprito. 

P. Q, H. 

jlltortMdef fdccdri £. iVrumi nrfù? 
WH ;9TD0Aui fa» fc tenuto, ni decori 
aìqtit «nunmnb fl« [otef* u*jnb tnt- 
peisn unisciti {fc/vic, niartakiiaCù mmw 
&m<B. #rimul«n irttnu riti, »kkho- 
fiftui fui'j rtcrnrju» unif^np, ma jietuitia 
fiitìiifJlBiiA airsrii. iEepnraisa iclvìis as- 
™ MDCCUDCXTT. 

— M.tfnntt intonali et F ■vitina* ila 
Viro amjuonm prò je (prii tt palerà 1561. 

Nella aicniUi ìtotbjì no' uroauj ci- 
lenrtl romana, coarsndia pai oar» d*k 
1" acqua btneieUi e Ma questa loy-yiiuiliì 



D. M. 

PLàKNtAE. 

3YHPHERYSAE 

P1VRELIV5 HHEI13 (*) 

CA.. PATBO B. M. F. 



|") Li pandi lui rrjni ■ binali, rf i rigui- 
H|uu li pervia JOtai di uiù A-jdit^j. 



L' din diesa dì S r Crm di Poeta , 

un lampo parraedLLita , pit non esista, 
Eih di coarlna traile due Unlversila. di 
Ultori fi di Tramonti. iDtifiamAnln confa- 
darala iitÙHM. le Stflatì di tal prami- 
Hcm allearla Tedarisi in sulle pareLl di 
*5» ciiesa duo mani oriita cba. ai atrin- 
-goraDja. Caliti un Bini li aotOra aTijano J dilli 
cleri LimJIniS, ebo uni di drilli reati (ita 
Italia 3, Croco , LalerroniTann in &s9 
chiesa pn»wswn*lfiieRtó {!). 

ffel ÌG78 fu EfElloi ari suddetta bor- 
do di Potar* Un. Gansurya torta di duùiio 
arnie il litata di S, ffim»pp< , par di' 
ipusiuoiiD UilarrjcQtarii di Frantesela 
lauta Rieti, di e» Imago {142tì). 

Suicido sii intìDlrasi ilei sale di S, Eu 
de .?<](f otte , li tu i jjairo«lia f-.i ngyregiL 
a rjualta di 3, Vietale Araofjeta di Palnr. 
Da CQI T era poca dimoila. Nuli' Uni e 
BBÌf libi, ariii?l aiBBSie lipidi »pfl?nrili: 

D. PtìrVi Qmitìb V. J. D. Pntlfr- 
naiam* JtfflitoKrH « fStì*T pjrruchiB- 
ìtt icrleaiat. 3. Alisi, ùtum iìpciìL [vnu- 
Jum pm « rHiigiH «Hcaranfiftiu , Hi ór*- 
tìK(it cfiuni «fttfffflJ KM *atJ- Art. 
£ron HDDXJ], 

— J>. Jpruinnii PiTtiu Vitaliamui ■ 
SVamaiifg, «(MB* «DJ jefWT* /nflJtìJSTWl 
Aww (ampli Ptliie^TW AngAlapim euim 
fili eonpatroAtH i( nartcAm, nofriliiKn- 
{ttfli flirntf ^n> n el Hcenbtrhu tì ota- 
n'ci'i tantum ; ntr/uopai uCitu afurAama- 

(ij riiifldo oi JTI*» AftATepiseeiM «vJisifl-, 

— Queiù «d allre clùtsc di Tri 
mnBU arni nella maggipf ptrta di dirilt 
patrDmtr> di JimigUc — Prnasu- ailu pn 
notiU chiau esiBtìTa l' slira di 5. JTe 
ria Alila Piatii » gin 6 su punita de 
I' iceeM^ru Dtl lildn;u detto la jrUmu» 

d> AlW nUll» M hbu> rttniw BLilkii 
41 >Ul*lL H , JtHl 



104 



eoa BigniSca [pad™ < del pennello dì 
Andrea Viictoru ; non cl»e le chiese -d-el 
SS. Orpc rii Crtiia — di 8. ttriantia 
e di 5. Maria , co; U-alinenLe dèlta delia 
pwHH — dj S r {ftevìa di Pipinu vi- 
nto d« ftuwfcca — di S. ffaria drì Prtn- 
fflpto — d i S. Gol*™» iW pwww del 
«™ , fondita vene l' tCMi UdO di 
don Leonardo Amedeo — di S. fliasla 
da Gttrbmarià — della SS. Atkfumaata 
da' CaoptoUt (tonigli* wtbcBBtgirn); e 
tubo l'anso HOB, presaa alla meduiini, 
f u"j fondalo imo spedale, intitoliti) della 
SS. Aftw*tiala> dilla famigli! Palombo 

dì easo ]gttg9, 

QiìÌtl sulT e] ut al» cina del iunDla oc- 
tidenlilo cstollcvasi V antica rocca di 
Jhmln£l4 , eie altra miti fronteggiò alle 
anni di re RngnjMri , d ifeaa dal tbIc-tùìo ea- 
s-tcllamo Giovanni iklaon dì Tramonti (1). 

— U casale Piamo, lu 11 tua parto** 
dita witii il tiìtìLo di 3, Pietra «pati.; 
a passando oltre . incontrasi il villa i| giù 
daltc Pimi, tìill" antichissima «ila chiesa, 
panrowliiale Intitolila S. FtHw itila 
rstnia. Era dapprima a 3 nifi, a poscia, 
rialauTati nel 1532. Crollali poi nel trE- 
mnc-lo del 1fj&6, Tu ricOatrtlia 6 ridotta 
ad iì il adi* nave. — le w» erauTi; pjt 
lapidi lepolenli con questa ismiiirai : 

— Arnonins FunTiinaLA 7. ./. J>. Re- 
gi} Fieri patroni! » .prorcrtrin Wtwri- 
polui altri, Al Clorito Btlpraiù uxor P. F. 

. — yWroWfl fllm«off, SmìAìo Èamantf 
jwi'ri oplùi» nurito, auiiou* omnifriu «e 
Itutonraito ponili .4». Xhm. 1595, 

— <h» BÌflfliTHtó* oWi'rtitftaf , WJHM, 
ZW pff«(#ff- ipeftwfw dafiMeitàt — fla- 
ifor FontahiUù ardii-pnebitef rtgiao Tw- 
nu Tramonti tt noróobut 3. FtUefl F. 
F. Arni. 1B05-. 

Erimi poro nel medesimi casale h 



chiese di S, iVtoia; di S. Barnaba a~ 

d.; dalli SS- inwittcùilflj e della 
toltone della D, Vbtojìih , fondata 
diLla Uflimnitì di Tramonti oc] 1516; 
noncbè li chiesa di H. Antonio abalé 
delta da Viswi*, ltniciats cui H2U, du- 
ra ni* le turìtoleuM e fiiierre cb" tulieio 
loor/o soLUi tignosa IL 

— L'antico- casale di Coirci, fu annesse 
a quello ìltlit jntirt in uni colla $04 

panOfiCBii*. 

1 — Far ienno,, non v'ori sasso in Tra- 
monti otc non fosso una diinti eoli" 
coli, sparsi ipo 4 la negli anLicbi lem- 
pi, rjjLbi tutto di Enodaiinna laicale; i| die 
prora quanto lassa in cpnùi cittadini le. 
npiilf.iiiM t la pietà.. 

— Piti altro incoDlrsai il aule di Ci- 
i*ubl. cella ma asticoisaLma chiesa, de- 
dicata all' Smista, ovo si venera, la ìn-r 
algn* reliquia del braccia iti S, Trifone» 
marti™ (l). Sul panmeatti di questa 
chiesa cvtJ nna lipidi sepolcrali! «ini la 
leggeodi : Moauua Antenna tt Fìttili- 
u *tp r^o w>iTi»girttt , prò tt tyrb «I 
noctn-ii ISBI. 

tTcllo stesso jieoiHleljo furenri innnl- 
iaie incile k ciicsc in cuore tiv'SS. Fi- 
lippo t Oiacuma , di S. Jfiartji ifejU Ja- 
ftli, e di S. tficùlo. 

— D'appresso quesld casale angue* ljoeIIij 
di CiiniORUH>K Qn-ilinii tri loro, e situali 
nuli' esiremù ramo di questa ngitHie, dal 
lata- mcrd-BVEBl. 

la partOcdiia dì Ciptti fl fl Jr» è Intitola- 
ta l S. Matte ifeUa Jf««: ut 4 nuc*etfi»ùì 
■li' altra parrocchiale , gii fondata da 
tempo immemorabUc e dedJHuìo 3. Gia- 
como a pai. , aui eiu piTimento kg-nevaaì 
njuesta lapida aeDolerale .: 

— Dommui JfafUwue Vitoli'onui , m 
ole/Wtoni» curam nUam Jtì4* f li*I*ù rt- 



S 



S] TEjfiil 4«. 1.' pi[. 910 Jl lanl'' «petj . 
j L* *ll* * itirli éi qiMHA SiùL* MEEIidI 6- 

nari z Tedi H IfiiiHt ibi dr* w fiu S, iVe'Tjiijij», 
M*i ihJmM Jiìj|iJ-i>- p-j. ft . |al ài* l,° 
riltfkÉV^. IMI alDMlv LBllBtUB EMttImib» 4U1- 



1SM, !■ Multiti Ai E... Trlbaa ani H<d ■■■<. 

|QÉl<] ijAl tU «THvbn r *B »» , a*F^ra lh Ttt- 

rm Tiéiéi iitf f. LaaqiM dùd ki olii bri roll'il' 
Ifù S. Titlani, K'inulD [m#, 



105 



Ugutttf, t-ivMU, hoc iibì fùuiil XlìXll; a 
atlln -cfljrpD]]D delti Cohc*eìqm della B. V. 
sJlotjge: Cfaudius Fifaniiaiiiit hoc fijws firn 
fati fffl l»j ci ptìafrrH patrtfTuJus t!iil£. 

Netto cripta eiavi la Nicola di S. Vii* 
mitri, i forma di rjratla ; i yì e li 
spnrsfi le altre tiliese ^1 S, JfarjJienio, 
Idia Jtfodonn* dfJle Oasioj e -ij ■ .?, ,Vii- 
rfetd 5. Jfan'n dtlV arco , situala so- 
pri di uno collina e* CSillcnl* nel U4S. 
0[j-y idi sa ne ?egg{ic,o apjjeoo I, ruderi. 

Sul falò D-jJEBlaJo alcde raptichisaimn 
borgo elle B'iÉiìipL meilùÉTalL appellifsal 
Tr^noiu , « di poi thiafflStà Cdbbuii 
[Cvpuraaiaaa). 

T^ prioria, tm paifoedua tra dedicala 
a tf. Pufrj spastoio , eie. per la bob 
alU icIueLJ é decadenza la unita b quella 
odierna M SS. SolrdlWfl. . 

Erari pure li efates» di 5, Caterina 
delia iti!» piana ed anco della tgatri, 

IMI calale di CisuaDLi ( mliam. 
fan^siofai 1 eroml jub' «api remoti le 
clie*e parrocchiali di 5. GatraaT* , di 
9. Maria iti ducuto e db 5. Giireawiai- 
tùia, cb'è L'ultima riniji* s..ipeTfci lite fra 
use ; la uaolc era. di patronale della fa- 
mifllij VieedMiicl, ikeoae della lapidi 
«ipeEcriba aeguenle : 

— liicr MzUcila «cmCasa J?J>. Afta». 
ITUmtM y«eaVmisi «storie, TuJJij /ity' r 
PcmjK-i ntnaiia ,■ Fflio? k( JJantu ffcr- 
VAu flMiru^ tua, jaEri et /Vuiri &foe- 
nermnNti paiu*f* 7JJJ titorlij' *J^i; 
hai antifliiiluj Jiuùu Jan ^alraii. 

M-ulLc HJÈr-c aaliefat cJiicsc aoiénfl qflt- 
sio eaaaje; lina tutta distrutte dall' edadtà 
del tempo. E Ira fli altri sacri ddilbd 
Malagna] quelli di S, Alzilo it Ufi*i 
di $, Caia-ina ; di fti4i' l Sanji ; del- 
l'isiitnia; dì 3 Giacarta spini, j di S. Lv- 
eia ; di 3, Jfffftai delia *eei; di J. óot- 
nàr\>i di i\ J!dbu n - di S. SensrlKtìtf d* 
/retwle; delta B. Teigbo delle Griiie «- 

— Stila onpCggna detta AtóHHiflltMJ 

MoLunniac fra Tramnoti Kwtfra e Cura. 

Eumm. finn- fitor. ^p+5«- T«JL ti, 



efbdtì la due chiesa di S, Angelo 4d 
Pliiiiculella, n quella di S. Vito. mirt. 
imllo £(e$» sito (teoùffiitiulo pkiSfl/Wce- 
ne — £ di falla, ta gneiEn aLtianinuì toc- 
t& tur» C^taniD ti cdJJtiCHDDi i Jalcooi. 
U iu^ugto. Federi» n eh' tn pa^iana- 
LissJDDD ftr ti caccia, aerina al GiuHti- 
tiere di FfiiuipitD di. di inalidirgli i 
binasi che, ai piandenno in Tramonti , 
in ApjLrola, in Fobìluw e Capri. 

La lUU die si gode dalla suimci III de! 
DQDDte auddeUa d«Tla Wiaiifii^ili ( {pa- 
gali dell' Àlitioìa ] r non panasL EDunigi- 
nire plij vaga., più. bella e iSfpifeiKJeele, 

Da ausila luogo f,l sfinigcno ia luaL 
UiCiLgqbì Jo BdllapoaLc a fertili campagne 
di Cave, di TSaijui, e di floren wlm 
miartienej di aoLditi; non cqb Pùrapai, il 
VdbutìD' . il torreggiarne Faliìw ec-. — 

Dal fenice di q-jestu nrnott dominan- 
ti;, cixuuii sembra, i' oseie carne Giova 
anpra 1' Olmipe, e lutto gode» il pllten 
di quel Ninna. 

MflTEdda dal casale di CflmjviivD[n s^in- 
CObtrt Ponici, bbtqo centrnle e pruict^ 
pala del Cemm» di Trimoati, «m dtieu 
arciprelaEa non cnc.llo. lungi dall' aolieo o 
Dijn-Billw castella che le su i avalien^ 
nolàfclB per Ja Bua meda e per li som 
ferma, omo nfae poetico per le. giaeiiiira. 
e pLtiorHC4 pel ano erlwule r 

Dtsso pi.tslaLle Bulla a^hicna dispaaiB- 
aa collina, e domina bQrrODJ h faUi F um- 
parjan h t cose disseminata. 

L'ÌDCB3[e,Talc praapclliia. la soliTudtQO 
del luogo , il cinoreaii cove ai svolge 
da coli in noe catena di rnaraiiglic. la 
muestì del «lek dui lo incorona, ed il 
siltaiia mjii mai interrali^ , eoo tali a 
tenie facilone cfac le imnupjinl più Ti- 
fici pcneao appeau darne una languida 
idea. 

Il suddetto castèllo e di Ggure niaiili- 
nei, tutto murata intornia intorno e cinta di 
GOrtinja Con tlicca lontcelìe e stile rneul 
bastioni quadrali. Contoom nd ano ra- 

H 



106 



cinti doj edicola in ancic della D. Ver- 
gine, da' «tiratoi di acaos picrane . di 
rTifgJnni da bpnci e di para. (Juiri 
uLacsIa ubi campa di spcd aLmcnte 
per antan l'altra lene di Glpwtwn, a 
àq aitanae per chiamare L rianuai in 
aiuto ed accorrer* contrai il nemici. 

Qafsta rof^a ippcLta[a di &. W#rÌ9 
itila j\ara t CTTcrO di ^ariueUd , fu cn- 
tbcbclìIb a costruirsi oel U-Sfl per Co- 
dina di Raimondo de] Batic-Orsino., conto 
palatina di Hcla e di Sarai t maestra 
giustiziere deJ Rogna, principe di Siler- 
so , « duca di Amali ( per ragione di 
Elconcra d r Aiagoaa sua moglie j| — Ha 
Tenuto «gli 4 morto nell" mjitio itopo , le 
Tederà principessa Etflanora monU w.rr.lr 
«rdiaii Ea ccn^inaiinne della fabbrica. (1), 
insiem celli torre di Chino», KUBÌBcIiN 
i costruire nel 14it. 

Onesti a.uLitli propugnatela the pel 
corso di Dltn (piatirà saeoll furane rdeI- 
latori di tante lioeudo e pene , it aie 
caddero la maffgiar pitto ia mriQB, di- 
THQEDda ricevere di rettili a di pA I 

— Or terniirne n^ellicaeiitc. a regi- 
strare allre »aticìie cbiea& d| p«tt enn- 
[radi, ooda Li Ipr merceria pan vada dal 
tutta pennata. 

[Tel medesima, casale di ritira enfi 



6 ri e nel messa delti piani Ti elicsi 
di S. CtaombaCfòto (2): ì^oft nrefisja 
.. I • an'ipo per [ pubblici «rara] C per le 
BKcmliltc ddl r 'UjiiTCTEÌCB di TranwiDtl — 

rJdLvi jiel 1414 r pnr dispcsiiieno tesCl- 
ir cu Leda del borghese Matteo de Augelis, 
iTJTTi «fltto UE MB»eaito di frati france- 
scani, mercé ere™ del papa S-isEU I¥— In 
questa chiesa scuri mie leoni» e lapidi 
sflpoltJ.li die rapporteremo a ama luogo. 

SccdcmìdIe Ecmti le altre diiesa di 
S. Gfownrw erurt^tóstd e- di 3 ìrìooto,, 
ad altre ri a' d 04 5- flisoimo apastoli; ed 
inetta acLcjMLcdì Gm d qucltc di 5. JW* 
«ria, di 3. ferii de b fiflo. di 3. tviiia 
ipcH., e del S- Sfllsfliofa. 

Questa cibbIb di firla (<k Otti*), flppcJ- 
Ijtom eh' tempi remati Grisfjiuuw. iriTi 

S-jtc I' altro bnrrftì (tea parrocchia) duetto 
e! J^FiHfar*, eli a per essere temila mene 
di abiti ali , llsleme WD, (Trino™!» r furio 
BuncaBL a tìeFa. Rasa ehiesi parroCGLinle 
& solle it titillo di S, AdepeU & Gei» m 
da jr^ii {sic], _ 

— Questa chiesa, fa distraila, di or- 
ribile iH[umeaB net di fl t»Ten>1m 
1135. Qjantn io, essa eoatftDjeTiu, lo Ilei 
andò perdiutoT 1b sepolture allagate ed. 



(I] CJ f l pl 'l 11 dnMariiH : 
- Eli'jD'.'n d< inRtTDli prlnrCpiiii Silrrnl, h- 
m>IC-i|Di il urini Tic. dilprL* njcli nnlLm ilEÉH 

dà Tire de ttpn antri Irarmwll i^jLIud fi hinm 

■ nlnnlilrra. [irn fii'Lé unioni Itili ■[ liilliirii t*l 

ftiE^ dl<bi Itrrr [Murt IrnnMll f»ll oAu nup?r 
pt|K« latti iVprrniLir ([nrf tu» ■•ptrlurl Jiifidi»» 

ioni an^Jim hdne rnmiifE hfirrrnHivviDBi 
(nnj'ji tiri «aiifr iDlt ptittilbur Nutrii ni l#- 
■*■ idr?mm li [<<nwiMrlQ* laper r»hr" , »m 

Uftt BErtlH UÙECf- HlEit Dùlà M ili!* LtJTli^DD- 
ra'i ') r>EJjwmfndf rfiJfn J^ C ^l'univi |- ^prlinFnlu- 
E*B dJCLI ltf-r lrllEl>4ll E.DED ttLUlB 4L ID»II««D1» 
Fi ainnqllm fiilFìU:iliii-. nrlipint ne in Ii.Iti> 
ptt Indili» qDubJlEB EuDJDIEDJ DHlKTjm nHT bll 
f xped^'n vq u,n»j Hip wnmmriK IjLJii 4DDEÌDFEDp r 

Dobli ìiumllinr iDpphEJDC» ai Vai cL rjaimodl 

4-nnrniÌHimtn^ nBV-in miLfe InninH L'IEtrulira 
HFlEB rinflrmiN IfDlJDlU dlfblFEVBr. RDI IH' 
tini rlui^idi ■D|ipliÉi.'.lum& Di Iv^i^nlUr Liwt^D' 

lt»; TtlEEkvci- la bii pirtE iam i:tn dlciiaor Sr- 
miftiml UBjhtili ihiH M*ir*i*i P**} puh* 



iii.i ?|.; liiiii.-n ir:- -Tir -,-i-iil Ir -I rL|ir^- 

ie DDbii eIIeoi feSfiJ* iITlfinm cammFtiifliiDn. 
iprididEUn Ib^Li prpiliclimni l'ILfrirnni ìfrFm 

plfDiorEm la «niuiliùi ei c-sr ituii diiuBrmiant, 

41 dp mipn -{nnr*n , l>ni m% ■rrliBiHjon, vt.iimIjiiiL^i 

tlJim DpIrEnlLti-Lni- ri tamiùibn» iit|t*Mi qata 
ppinnii Ijrlj^ birri qnilra«i inh|t Tn^r'in^ 1 *T~ 
dlDlLll^lbai C-riti ipiltJI tQI<<J IdftibrlIFtLiHXn] 
piprill lpifc#aÌHDl p-fE:icilrr ■■ inl«pd»Pl -pE cp> 

1nrl*>« »H ticlfùi qatiilim ffii ira Milr>-TB ti- 

rthl ìli iti LM. Iltlt lù Kirt «Miri InmiiL dli 
TltEWj qg-rit nc"iml*>i Vili LbdkL HBH— Lto- 

■WU. SI lUh'.'l-ll . 

tlommi prlnrlptHi munirli 

■LiEBI AD[.pLilln A* H|un'p. 
[90 Hi ■.■ni Inrpl i* rHip-.i pirricibl+M <\' f*1- 
llEI, tri «Uà II twEBt di a. Maria dm Parli'iriNt, 

tlln^iii. rfptjrD i-l TinklÌ"iqddrl4* J llqatlfj rlroi- 

Ilb OE^lKIn I tbblC'JrillEI la Uilt «àllt àllEU, Il 
CKritj .i-EiTPH:r.iil K Hjl p,tiiiq il rnt <d|4 ■ ciur- 
lili di hh ■ f« dlaiari ■■ inmlu, («a itti \ft 
fitti di omb riHlUrH pbli Bntan i fKlnmik 



107 



interrite; gli oircdi Bacìi, le fuppcIlcJJili, 
a per HDD li sacra pisside culle pirtleuSe 
portate vii dalli piami Traila sluraia- 
pollnrc intcrraLc vi fu quella della. fami- 
glia Cardamomi ebe j>iù Unii fece riat- 
tare tùlio l*!Ta«ndaL 

rumuJijm. ngiwnHtt impeto Cito paro- 
ctóiiK cedavo KwiifB* — JferuJiimiij Qar- 
J4im(nifi JVmij ConjuUua, «x iudùì jania 
Cardanuiusna t faxdxjMKtii dcuio ai' 
arudum sibi siusqiu fuìbii Kaimi. w- 
Is^. a*. 1777. 

UJijqbd bugoi dì TflraMli e ttctuu., 
con. latici jiarrctcliiì d.-Ji'-iil- dapprima 
i S, AnlonjO 6 pei a ji- flirtolomeù. 

Anche njupJito «Uiggia ìvuì delle chiu- 
se 9 edicola, che per V alti lor antlchiLà 
Budaita perdute: gioì quella 41 5, Set»- 
stiano-, di S, Func-fiacc,, S. Mattia, 5 r Ce- 
Bario e B. ULaeoceQ. Scemata Ti populauo- 
dd di jVaitlJa e ridotta quasi al Piente, fu 
t^réguto al WMlfl suddetto di Uefa — 1- 
gatti rimangane preuuileinuiilu i sili degli 
altri antichi vUJa^jigd dcOemifuli JMrito, 
PeJnWui. OEci-ctlfl 6 Jkniui'lij; nomi fa.- 
dimeni* improoilati daLLc primilivo fami- 
glie di cj'jlj I ikii]:i Cuia cattale)» e da case 
fondalo — IL UHk Joaaelta , in epoca 
remota dc*vea Basare di qualche rilievo , 
■ «miranti* del minerù 41 cliesù, tb,ù 
nelle, latitile act iltare twansi regimate: 
aer.DDfl JD'altia infornala; 

4 In Jinimtlfa, ifòlesiv S$ r Trinai- 
[Ci, S, rfartt etano, nuscupata ih Gar- 
ecaoTL*, Saldai JÌqxùk 4? Carismi™, 
i\ A'ittKK, Sorteti JU^ii mori,, 5. ift- 
f (H, liccio de (urti , 5 . Angeii it [a por- 
la, 5. JTaria 4e aradu, ti S. Vili vur- 
tffù P. 

— Parrebbe dal tutto incredibile la 
eeisteiLU e l'csurhilaDtc numero di chiese 
allra. volta hmtenote sella Costieri anni- 
fltioj, a prÌDCjpaJiDCD.te in Tramenìi, W 



li loro rea] esUtemi pan ti lenisse Éeeer- 
LiL;i daUa antiche purgamene e ilajjli liti 
di iifiim in tssi BuiiLuarj fatte dai Tesco.fi 
diottei.D.1 ré' di versi leeajii, a depositila 
pressoi i polverosi Bichirj delle Curie d- 
piscepali ed meo notarili. 

La Mliolitìce dalle famiglia fondatrici 
(felle sunnoLila chiesa ( fleueralmeole fi- 
pc:Ltc ed specie vicino alle ÌVù abitiiioni, 
sì per propri;.! comodo, e pur cacate ac- 
«jsìo, che noi culla jiuLil-ltn* de' fedeli), 
aoiDortbi 1" abbaaduuD e Ifl tovìdi di esse. 
Anco la naie aDiroia^MiHZJcaie tenutili* ilii 
rellari ad econooii, cfatj stata coseieiiaa, 
ne dilapiduruu le readitt, I heonliii Eo r ; 
limili le pfiùCJpll wjjiaai dm, iuta <\\; 
ed io alici Lttonjhi dépenre tanti oiùqu- 
Eoauti dia poita.vatì l'iùinronla dello -cce- 
dujiic criiliune, in tui il tempo n anea 
spiegai» tutte il Mìa detl' irle. 

— CI limane ora di favellare della 
Sfuria citile ed ammbuslcitka di todnato 
jiacsfi, che. da principiti ebbe i augi giudici 
e njaetLrr aiuoli h geieraalori uhijiilj, e di 
poi jj.iH'1-pnita ila dd Biadato- e sei eletti, 
f adi verme ridalla i f aSMllaggio, naa a- 
slante dio, MOipres* f^a le aJlru eitla. e 
ter» del Datalo ÀmatlltiM, fjedessa pn> 
vilEjjie d' inimiiujli. e di demaoia. 

Gli stessi arcife&GQvi di Àiiulll, fa n Ir- 
ti di antichi privilegi lumen) petiasaa]- 
li (I) La Tramenili li 4ue caaali e fami- 
glie Jltìojjub d Stjde». E poJiihtL coàlftfa 
CuQ DJl4ir del tEmpoi,, si ricysaroDi di ru? 
mponderc all' aedvescovo di A i n il II (in- 
dica CipniDuj l' aaPDOi canoae djaiougli, 
ricorse egli a re Cade li. die rltantodìiitì 
il di Ini dinllc t din filari 11 «guente 
jinjvviaiu:ie. : 

.'. Scriptum fri Juniiiuilù PrincIpelnB, 
dti«te Blu eie. V«n±rBfal!ii La Chrulo ptler 
domJiitia a. arctKpuwfsx im.ilfltiitut de- 
tùìIub uiiitùr, Ltpcr d«Ihi eipmiull. gjjad 



|1| Li chiiyt mitrD|>»llHD4 dk Hjfrtll, dì CàUul, 
H *l\xtUK dU Brinili, Éj T^i>| D| Il Tir»*, A 



r.LrLi t« min tjrnirnjtnit fniHtf il di T4411I- 
IwIp , itm tIIIìhI * xrri mll» lin JìkhL 



108 



rum imilMinn «virala. lenent 85 D*mU*j[ 
)■ |(rn Tm"P(fTil!- -Him r4!JlflB de molli*. 
Ginnim una pwntur domili ifa Ituppulà m 
■111 iroMlur ita S^otIi, d dlcLl n&Blli m- 
nt.intur-piLi iretileplKJpu *L etÉktffl m- 
nualtm («ere «ria Itim reddiiua al p™- 

TtnhJB; ti requisiti [illirica, ipsa iura r?j- 
diLua £1 prarenlai ipiii flnrbieplicn|i» fll -CC' 
f-kf-id. rd-rrn* de prcilqrfl, ut [r/n-nriLlN ti 
deb* ni. JnnnDenI ti rKdiscnI in ipEÌU! (C- 
tlcMr pTcijilifliun rTmiiiff:«jra ; tuppltaii-ll 
]■ un Inter q rchkpIsHjpii i \<ttm- al praT¥ldejE 
tib| iiìpvr hit! aporian* pro^| B |«nii rrnin- 
din <)ljìrur«injr, Citici auppNcBUcne Burlila, 

dtYDLlOni irHrc ii£*rihtiH auLliarilile njun 
fanglrlMr prtCi|hicniiù muailirraiti, qynli]- 
IIH1. TLMLllil 4flji faninl Tiicnfidi, ti iUrn- 
jiibriif . de filnnu. «birjuc iCrrpiLn fi figura 
le JidL intih «nstllerll in .prcdlciJ». pr*ra.lu* 
ifliill*i [fleto «a«lflttn« ecdcslt, Ad \*n- 
llqmrEuiD EÌd>mDrCule|jl4COp« dtEtl Lufa.. teli- 
dllu et profetilo* prouL Burnitili L ìuMjiìl. 
^noipallùila. Ijùlutìn ÉlMprìli per Jiiminiim 
RoJlhdùiiieiiiiL de lj|mi cto. Biiq» Dnrqirilt 
XGCCt'Ul. die pcnyllinm UiivhtU VI Indi- 
tìtaiiB (|). 

— A malijridu ebo I' ugiista T$A$- 
ricu H r 59ETtt, tanveedato aTeasu priTiJ&a-lù 
di foruÉnlo id Afi^roLs a TnindJili, lul- 
Et&ila it ss» fialiaalo bastardo, j» Km- 
fredi, nel I2&Q, Infeudò outal" al tlma b] 
flItiiKO Giovarmi di Placida t prèpiralora 
del vespro siciliano; iatitataDiliHi a m* 
rjJliH rim SflEmti É dWlrni» «unta* Pw- 
itìflfl , TrammUi , Gt4WH'«w *( oarutiiaa 
J3fl*ttlfwii , oc uomini T0$it (MitìffJdi) 
Micii ti [amiìittù *. 

¥crso aiJtì' tempi H Tramanti , mniTi 
MUClti par fuoaliL UT, « eairiapnaid*.™ 
il regio Fisco once 2S\ mi T ili (2). 

Bt Cario 1.* DTAugtS, nel I3B3 diede 

Iititì Ttìrra in feudo, al fraux£*o GìoiiqoL 
i ^phi^iib, indite, par HgTrJgi pfMliligJi; 
& pur I' iop,an latore di gpcc 200 — Io, 



p*ri Eompa creai caKLillano del fflcnTtaT-ilo 
castnllii di M\mtal\i il di lui pir*aU Pon* 
eìo ii e .-tEtninw.. «<in palpita in rJala di 
Melfi 12 mirto IS93 (1) r 

Quello «asScllu-, gii posta ini eon:i di 
alLisjilni-o monte, tloconrib indica il aun 
aumo a JfuBiaitj i , durpinni al bórd- 
rjvfst UQg gmn pirla delia gingili del- 
fAihLah; ad a\-tn lUura an> quirnirriicic 
di i& soldoii «d un cMnellaao, I loro- 
Ruldi truionsL cosi bdddULÌ in nm pm?- 
Tismnn dui iji ostiere iti Pi i acijia la: i ^on- 
tio d* ìItìiiww!, Cfljt^tftWcajÉii Tr*rton,(i 
pf ytiilW pra f*i«i*fl.M fi'u.i.Noruirl jjf« ip eJ 
jeTcinLl^onu {siiliJotij j*a^dectm, ad tutiv- 
inn (nren. f J pr» iftì» tìuaicJJuw: , ci 
larmw. ff pra awoltbai ^*niM)lJ^lpfl■ nutt- 
™, i'n tìintu fieTf i (4). 

— Il sft.-nn-Jy Cèrio d Angin, imi 1 2M0 
doai Tnnjaaii il valiorflao mitilo it accese 
GitaiJeloBii Slcodardu (fo l' Éìevinrd) , mi- 
lÉac-iiillo iì gnm OuulestBljile del reejao 
di Napoli (S); a. comi izicofl punì; u ^w.i 
Utofvl rtfta Curia <p«tm paiFnim Tfi- 
iraritt KHÉuearc in ticnuuitìritt,, [Jafa ri am- 
tamhio. rì, ti qmanto rtpmrtttàr di ttn- 
HMmu tpio fattiti dato priut ruaiwlt «B- 

filWiq'i} «TTTVpeJEflCI i n 

(Ìu«tìfl Binala, di Trungati ( ^oaliD- 
ealo tao Ei t-olo- di aJamìntu ) , qnoletuì 
tempo dopa si bsersIù OjbI n^no r uania 
perintSM) 0*1 hithuìo ■ «afro rtasdatam 
flfwfrurii i , e per lai tris(jie$siou * 1 ii f ■ i! 1 1 ; 
sequestrati il CMt*|]o a li um di Tr«- 
macii (5) d caia jwt al suo ritorno ebba 
a. TicajMfnrt— Vjejddì a. morire r *i faon il 
sua testamenti ( cui crolla nominai Um- 
berto arai-amano i\ NlpoJÈ pera5Ecn(ùre) r 
9 legò El Sigoaria di Tramoati il ano 
llglìiial ]i?iiii5yeaiLo Taama^ ; la, qnnlft 
(.■V-lintrtd il Cutiii jaif, /ribddiH tsrt>t(tfl **ìh 
miWJwn. , fJ fiitìm [ftjotiii tiiam ausit 



[1} Ee rrpu- Iti. 130S rie. F. TdI. Ir» nt,' 
H f.i r^Miri, In , ina um a. fai. 43 w». 
(il ii hjhl u. ma in, ■. b |, ^ (£ BP| 

1(1. .11(1. 



m ihii* riviNi iniruiM i*t|ì riputi 

(>il,ll mrrj. «é> biEDrrr liflfr fìi«nnri# IrtiJilr «. 
imparmluta rnftó «Ufl- di llu Jfirrn pi(. JllHI wtn. 
I*) £[ (rpiL JutinL 33 TùL. IW r IH. 



109 



PuuuKofli al ureum, aitarti in Juttitit- 
raiu Terra lattati! ntb jctu'Il.. wiu roi- 
Itìita ciò. — Ito Carlo ti pr^stì j] ho aa- 
scuso , sub dfffa iVeaBoli pw JViootaiim 
f rtcew ife flapjdk 1 Inj'jlVJflit* «te. mi 1 ab 
Ì* jtmii t Sfili {I). 

Il 5*iaoonmia Le Tommaso, Ap-iMn <|-n-::- 
nle URltfi Calabria, auncflssn ni padje n-l 
]hm!c dimenio del li TCTTH dLTmnonli, sti- 
mala del]' ìou.lkj vaJwc (ti gntìi 1 13 e lori 
■141. Pochi nJiuidapo. agii venne i[iiii| g cn-11- 
ifcS* fìiii le- mcaLiiTita JimiglJB InnjlubSL 
da' fltiflji|iùK e degli Siimi, vasai Li «iella 
chiosa amalDUaa, saprà de' quali ej ^re ■ 
(endm'HCJDrVKrnEciMjtcraci diritti, alLa me- 
desima apetUulU Ctìdae, apparisce in odi 
pio* tìsjdeo di re JtuSurLn che cominciai 
, i T$n\t*toi& ti tinjfÀtf J/ami'iLfbHf He 
imitar- («RaSi] Scto-t^ntni ci Jt\sjfp$tvr\im 
4e IWnwnÉD, HiMsuUh nuiòrù smal^pj^ 
bkJwj>, piKjTtìiiw «nJna TomsMum Fx- 
icniffiTiium miltfMn r iet\&tttm lajnUdia- 
■n*m ch^lì™ Ì'htb lagil eoi ad *iW»- 
dum ai fura ad q>e Mn icaetittcr a Btc.(2). 

desiato- poi di Tiver* Tcraimaan &l«u 
dardo skjùur di Tramcnti , iu«esseglj bg]Ie 
ragioni feudili Filippa Sihj HjjÌjuuÌb, bara- 
rì Ai JJ-ucLaLbaon — 3Ij i TrarBOtituLiÈ. in- 
tolleranti d-et lor ra-Esallaggio. psr bìiid 
da'tera modaci ALtìiiulJo FcntanElta e flte- 
eardiu db Àngclii aaLaio, aiappliflifoiin re 
Roberta a gnwJ Ì 3 n.i'Jjp^Bi £iriendorftnj 
jUieu fiwndam 7Wnti«y, nepntatu i* n4- 
fjert riMHRUHil iwn Tram&tà , t aJcDarf 
Mhe^t Mt pft vuxaJIii; nudi ajFjKwiwtf r 
suwf fluì tTafcffilto tpsa; , al A«rrftt*B 
ijtfj'lH ai onfifiii* tenjwri&iis fimiif d> 
rapili £ttmjttno h ovai nallaiésua prciiubu 
i'^iìippiu id attrntons praiinnat i. 

Alte fon pwflliejft e reclami , il Re 
rimine, per \.\ cGuoacama della cantai al 
FwwnaftrtB areiTe^oviulL Capila, 07311 Cau- 
ceJltere de] Ragna-, a G-L-9V0U1IÉ Gri!|i> di 
Salerno Tt^ucuatn dal Gran Ptatooola- 
rle. ed a GiùTMui io L^oà^q a Capili 

IH ee upu, h, ìtas. bt. q, bi r n, ut. 



raiiaeale della Mig^a Curii « vi nrubn- 
Iflu paritfisi JuJAiara forami a. Papa 
mol(o disputare aau ^eoirae a capo, re 
Roberto, paso dt mejlio daaji™ Tfl- 
mt'UlJ (1123 1 ) alla regina Slnch bui raa- 
g|ia r eoeici In &e.opMntR, d«lifcer«iùn.t; Ti 
rjuale cmohIo tnciiia, sarà btaa di trai 
tcuariH «Dio (ier lì Istoria di epe,' tempi; 
eccola: 

.'. Hot+rtui Pi-i iETa15i Uri tìt. lu'Tiiiiri 
(frrc Ibbnrisi f L rnmilnlui mnlLiij fomiliiri 
el fiilf li ino iiTi.fi.im ^uura cL buoioi ìnloii- 
laLcm. Ilnhiti impeT inriinnndon* plranrlfl. 

quad «tiiram TmiubblI d» prarircin pria- 
«FjulasciierfcrlSi sarraa Mr>nrnrLj. q^j guigc. 
Jan* Thwnaslaa Eil*n-rl.iMim milti « Curin 
■«tra dna TlxJt (tra nlcr« non. ucftr.acrl 
113 lami lO.tLluh w^tìiSb fllnrln c^atifunLi 
Uriutral de BiilEajua anatro dera» ni», ninric 
«e pfi«ileglc JifLi CtiEd Snvminltioii Judura 
LnrJc t*D**ifiù per q'jùnJjiin Pf?dcrleam Fa- 
iuaii'iTulL Iir>|wrnli>rEin. ani* InLtm depqcU 
LIoi'iH HiileBLlAKi^bilhciiUiperfclteli r*™r- 
daUOBila AEtliadrum papj.nL IV. pcdlmoduni 
Brillle|)lULer Con Orni a. lg. Qncri^DC < T>tl4rBD 
jplum pe-r dire memorÌE hìdeid incili ubi do- 
ni bum Pilrem luixlTigDi jnb n EgudUÌBTiL> 
ciirircmcni rxLiL^»L qnnnclBEn ftgillfÈnw El- 
Irndirdo ttlìeKL pnEri di^Li Th^nii'ij, quud 
Ikwnel ILIgd TWrira (tenHori pEllD ad Jp- 
snm iTioean ctoraanilirii li, ti ipiajido n- 
p^rirelnr ded«man<n kpM ftilwe t^ala piiuj 
«linde ejtumbka eorapclt nll M« Ce^nua 
JpsaiBi praaL noilrt reipublSee «BiBiadiii- 
IVì ratio penimi L iJ detain ium Ipaum n«TU 
lerdoilmul rtiriÉiiiduai. ipiuctìijLiE CaaCniin 
tura JiomialLui TnalLllil, jLpritma. rjlinnilmj, 
*L pcrLiaenliis nuh cduutbui Siucii Hhtti 
CtiDMrU DHln cnrisiIntB dcnjiirno.] alqnt 
Lridldljniui ile librai iL»L*i nwim, urU Btltn- 
Ub, eI bttiEEa ?prri.ilL Lf-nttnrjnn per «tal BC 
eEu tirrrjES linuV ci T«rrn& bÌlii. el ÌKX6. 

feudaliB d« dcmniils nn^iin stitmlià, ^lub 
id preMTis a Calia c«(n tene)- d*n*n e*- 
dam Cornsorfl aoilra prò Cui» predillo ter- 
ram allquam, au[ tBitrum, aeu bLìb ^detì* 

b»B equItnJenLll *ic*mDEj. qwh dèmipiilla. 
lì- il i- vi =(ùiil rtihli:r j-aiViLiLLlur. F-rcfiiLi 
Itira Ke^ak tl>1édi in bU paMe rnde pcn- 
il^iill Kbllippi Fj.lindnriil preilictl ThiinpBij. 
IliL bemlli. ic Jcgltlni umeaierla «p|Hr- 

f3> El rtfdi. èb r IPiA-IHt 1M- 1. ti. IKfT. 



110 



luce pnisnirr.re. Ei plìi it, le ehm henAi- 
huiti suit riiqiL-rr lif ilimr Ji'jnprirUnlil.irjH 
Ja jifiprluurn nnlij inni e[ in inlnn [UloL- 
ìurii. En r ifjjnliium ipxiui eq^Lri frananti 
cerm i*rfn- fi lionn fr uiLilLi a ut de iiiuni- 
itecnll* floati* d*ao itnctmt m rreno. n< m n.- 
Iinn ™uwBb[Hi* H-ri «ted^nU* Tutor, ita. 
uilri TcBBnUfiti lajndkli de a&emu ti Le- 
■cpticllo tatua JeiU. IfidIJii, ti immiaii; 
Ilo CjuMeOj ai thlllppui ipae Jeudnlia. buon 
prcdicia. a -Curia uudl.» in naLri jub -ed- 
iliùi Regina. Lf inaL. .ali[ue. ji'jiiidfiL pno td- 
luTibua annuii. el aub rMilinjjfnlitiui (■xlfidB 
«■/rlllli. pjn quiLux T>rwr, fi bau l[nn 
in rejnlìi .TtiUria n*gi]t|infr d'ieflbunkl' 
eJr. ]|q cium qnwl ti PlliUppian* eutlIdCQi 
»dprjd:cl* Retina prtmnil lìunaAt, uMù 
malli ..yri; .e. il imi* hLuin ci suv Culaia 
n«n TtJlclli. Terre, u barn Ipn pru dicLu 
utunLk Ulster eJ daia, ad iudlua IbrIde 
fflUua. befedumqile. iuùfuia libera re*er- 
imisr, it ubi alcun Ae^Idrui ncciiltri'L 
■allii hereJlLni lupenlitlbnji libi ikw- 
dere bau endeni uranii ad rvOBlTBn Clirum 
rr.lrnnt. i qiLi im.nw>dla1eL el In Capile- t*- 
PtnrUiiTi Fi Iqinrlnti Jimhlirlla Qvtìt fleyiu* 
mii fiuril um |irtKfijùi ujuBriÉ auctauii* 
fui iris ItìrlsdiLiaiUinu «OtuHù iJuTJuiBquOll ud 
erlminalLiTtJrLkeioMrteBni liberi, ai* ut il- 
luil bjtMiil Is T<nli ijjaiiiM ìeeIbie eJLu ntr- 
cere, Cuun e.BDa Lu LunLi ipui xiful In Terni 
BU.it ceIejLi l'urici lolnirnis Jihere. meri el 
tnliii Imptril pulcaiBLfl, prau-ì. hw, il Oli, 
In ù/imt gii|a PJDiirli, iam pru IjhItji fregi- 
ne, quo dicU Pklllppl cauto I* itrlauua 
innilncDlui ; «-1 qol.i Inter bona feudali*. 
qtie pr«ni>min»ln Reflua Nnilti)» pjeul« In 

t li CÙUibiudU KB4 dKii CDilrl I JlfUUU J,l da- 
tili ut trtdidll. uL prele.rtnr Iiùijjl aus la 
UUjE £lrÌ£BQL: b1uu.ua buia. 4tuB iu ea.- 
lallbiu S. ArcbBauelL Nullril- CirdÉul «t 
CbuI1± de lErriCuria licruna. dt ilm:rf-l.i 
liba pirninf.ig »p«aiHler fiUi!in*n!uT. Tn- 
luonus e( fldflìliaM me prc4cBLlom Ecflo-rarrE' 
■elpinnn <njutl«iuji rceoplli prtitnliliat un* 
cum lubliliDrio Bfjlnùll T«r«rum diete Ivo- 
tJijEÌc- tuJ fiailem Be^lee per bui IJcLeni 

Inde WJlllLt 1E.I Ukfl tJlal DlLfitìD ud lise Bll- 
liùiil* ptr fcBoi ad pf euLuUJ Fbi]hp|nuuj leu 
p[4Cjriikii4m «Ini, «L auncijin p/ù- BtMvDI 
in cnipurBli pUMHliana Ludujuui JpbùrUilu. 



iiin Thglu Ifhu In -abdee ÉSaallLni «ib- 
llfi«l «le. siiti ucéij Ijìa1mi[cr Eie. De ttfr- 

qijlliJlit KJiJ JjfuM-n LiuiiL cum Tomia iiini 
Duri rji'ui Cjuuljur pubUlkCJi riunirai hi In - 
ELTuiUldLI. qi>uriiiiL iNli EuiJiLiiiriù Hf^tiuN 
UDìdiElùi. rei nujiLUk f.L FfjxL FblHppq kj 
diùLtj Pr&curaluri jdik dijE nunfù» Indilli, 
tlin li Ul iclriilui lui mlloninij Lrm-BOF* pru- 
ducf ndi>. .ilii>iai mn(i;isl||| H<lll«nini|>Us ma- 
fiii: nfiMrr Curio JtCDpolJE mldenElLUì Je- 
iliriaF*: prtirufl In tldltrlo Iptlus Curii? 
c^QKrTPFiillint, lliìlimi [Ìe*|i4ll pL-r Jonn.nfju 
GrMllini ili' SnIhrnO I. Còusullum l'eriLuiu 
ilCfDayeT('r<lf[nr[(iltì4i[iulirij rejni SiciJic an r 
Bciutlnl 15Ì'J. liic 11 Jii.ilj IndiuL. XII, r- 
glflT. naiAwvF, dquu AMI (1). 

Ln segniti», li (atte di Trimouii ricn- 
Lri bJ ntnÌD Ue-miula, Ma ta cmJEdpattì di 
i* Rolejtu' h Ginvaon* ].*, tbe una sonni 
gTa.lJludL[ia e dirnii-DUB ìéqlìtb poi taEDi- 
gcnta ino ftiduciLco NicoLB AcctiLuiill di 
FiniaEe , di Yirit cJUà e tetra de] rea- 
me jjli fexe doiiU , e fralle muli ao,r;h,B 
i]uc!li di TriiDDDtì deJI'bh. Ì514 — Nd 
privitcgiD 41 nn^asiuufi kj Jcgigt- ; 

JcimflBi deh grulli eie- PUcotiui Ab Adertiti! 
MiiMiaiit terra/uidi Udlere, JeSbe, Ceunlu 
(Ti, Genuiij, Sanhij, SfiMCIùid. OrL* h Pili 
cL .tfriuDi in jierpElumii pta Urrllila é\. In. 
buribui, ri iirrcip-ii-e, 4uil lini laae, nju»ni 
|)Li» de |ennrr liic curuerual CJt Ejpi Ji»- 
PBUjiq nùilrpiq rkjlnn- eL Jpie [ficulaua i 
Lecerli irmi? LddniLcujn {pnneifa di Ta- 
ratiio) liùDùlnum Tliuna ndurum nujLniirli el 
crcrii iiiTùntiilum; el Ed- «lieihimliius 111I1 
El nnalnii jj;i rLl« uì UlILlt, OC Ul Hlltllll 
twilJif.ii in, n^DlBJue piilibua , el Jb CaJk- 
bpn mliLiiikL, ei per re^cm ftnbertum full 

dBtUJl dlclu.* Hiniiluui fjdena Luiiurito In 
ConilllirluiD Cetlj.l*nJem al dinecturem ; 
uél non dlCtUS l-udn-iicuji le.ra,[Mire polire 
TldnLLdllS, «BiLti «aLTBCtujp nofìnim nihLri. 
muiiiiiin. iJ* h^UBLIIiìIi el T&|ufitJq(E S3, pnp* 
LlemanLil ieril. («nceult eldflD PKcoIbo CO- 
Mnjin PJuceiie Lkrl aElJJiOrUuj , UilKU Juà.- 
■IHli, aLiiLiLem Lcl'jje, auto* l y ini , PinKiiiliS 
Ci i!Lr*ni-iiiJ Eie. iub die deddaùi tìÉfiteiaJrfLa 



it] Hi nEtii. uè. I. mit I.* non, 11, 
ilj Ei r* f ni. 44. |a.*l!l im B- JU. 13, 44L t"— 
Il gnu llBifMilM niC«L IfltuVBBll UPd Ui DB< 



■nll i|li 1 t+TEBbn SStJ i ri 11 «ù EH]», Iflk- 

ttr""-, fy LriipiiLii* la Fimuib mi filitk. 



Ili 



— Indi k stessa lam di Tremolili 

OCJ SW0l4 XT fu^lHDO * TMIH) posse- 
duta dai Cijlortneai , darjLi Orsini ed in 
uHifln) dai Pitaulomlni ù-rinliiarii di Siena. 
Ma iE maggini- infortUD-lo di' eMic a pro- 
Tarc, udii Milo muffilo pjRKg, mi indio 
gli altri luojM dalle ooBlifiri , sì fu il 
TRlliiple o Baliatico pai pasBiy;gio di 
dumeto f CAimun J , di cui rtiMOrKmniO 
Riunii fpjjf. 13. li). 

— CudusLu paraci i£iiinci]l(Miuin.tfl af/rario 
e sllvino, a con un suolo dj granita latco- 
siorn, rinunic-TiiCiltfi dUw/iKtn da] more, ed In 
una pu&iiiniiQ assai olavata n pilloreaca — 
I SUDI Iliadi SOS tuLLi HKpertl di Tipactì 
e. finiteli, ed i monti d' itìtomo veggoasi 
Testiti di casUrfaEti , selni fi Jioirofllie 
ili Jb tali ili Olà— -No secoli di ociiir, gli 
smnUlUmi, gli alrJMsi, flli Stìted , 1 Fa- 
--:Jr:F,L nii nitri nosKRKKnri dilani sLiitiili 
in AnnarcLa ed in TramoaLi, vcniTaDB da 
qaale dua Uahrùirrili, iB^Lualaniaild In- 
Tagliati ad obtvlijjni &m tieciEeueali il 
in sai iamjbi, a cnnlrilniirB iri ne" pigi- 
eaeoU dr/pcsi fiscali e- della tullcUb fi;. 

SiiTatU jtrclcnsiù-iic marito luagbl Ji.*- 
sirtii e iìsm fra nmhpdiie le jnrli, Mi i 
|ìti:|t: l'Ioni fi'r-'Lkr; i-I :■ ijlìté | -''=■=■■ :l ' va- 
llo i loro buoi, pnr farla Unita. ricuncro 
a] tu Carlo ir (HOt). end tiric ptowL- 
aigpi amano a. femore di costóro; fé ojmli 
rapportiamo qui in Jtjcriatp ■ 

■: CuflLlJI eie. Ifomim'nw emtolu i' 
mal/fa fi Aff ani prnriifo canfr a fcorRiiKI 
Tranantf «f iljerflK , ^eiC pr*J*»dtìf}Ì ùi 
eottrriis isxwe lumina ^nuil^é e.t Atra- 
fli rotiMe Dóne/iim ona jinaiulnl tu diedi 
terna, if iwpfrtsif prtriiwniByj e.Tjif"I(' 
tii pn- iVannuidlui (jpiw fai sii «m- 



pietitDuhmli /ilEPififl* de* nifi Aie t aprir- 
la II hiidvmw 1304 {2). 

Usn — i Cupus eie. SminSm ù- 
vitatia Amati* ti Aironi nwerendtnua 
htmìnis Trainanti at Agonie, in appra- 
Jto, avvi fa&ml Ouute* Amaiftm» . 
jUranflUH ratio** tunorw» («e pcsjiiimi 
in carina jiradùFia osnlra- pwrm kilc 
inijtrt uildf edi, a Jonjiiaimi* nsÉro cem- 

jiflfiiJlS iil^ir.:$.-;(! ,:'.jlii- .■„ii , :n\:t vl.ZM- 
rutum ; pranain «TO' oijertaniia- aacti 
fflerfl ; V gu*J JlTsmuivIani et J^cm- 
bsuei in sjjjjreKo ffldnsdo Jrt"W mpf?m 
antittin. «bi^reffl-t É aj ftv&un tanfr» A- 
™tl|fi[mwi ci JiiraneniM euiirai prciv- 
mrml ftìcers «Titoton ; iuìi din fltep- 
itmbpa 11 frdi«J, yj« (3). 

Cii ano uslaulfl, i [Hinicad, Tramnnlii- 
ui non SÌ pigliinm multa puna di tali riso- 
luriomi anTran*. « gli Amilfltaai ed altri 
oqiatarEBaati noai riflniropni di roctiiEBiriB 
al aonaauij D quale limisi lt Loru qucalio- 
al ti ntaeitrì RuleniJi dalla H. Curi*, die 
decisero la cauaa a faon di guasti otti' 
mi reclamimi — Ef code il dBcumeiitii : 

C^nQuqg etc, R?minihw JlTVO^a, JÌOh 
«!E r «t JlÉf ani J]*Denl*ttJ fufljliiinan 
cmn rtniiu fram&fUi da immutrifnfe poa- 
f*saioninn ci b-f^rum annuii , prò qua 
/urrunl nuUfl tbc gì dttnfiJtMitflj; «fij- 
twa , inuai nulJo menta noiarieKtur J> 
dufù Èonù <a TraadoJaiiiu riid'm, ^did 
dùnisld Cdbu4 per mugiilraJ iiiHicnal» 
WdaiM fJom, mii caf^tfi , f( ^uaiw- 
1tif GaìitdariàBL TriiflvsnK /kici i^ronttini 
THi-Ua nnoTwm ianpare Amal^CiUiea, if*' 
TeUema ri itranania dimJH&tiÙaa pn 
fornii £» ienmi IVoitioiiK etr. w& dia 
« *gi3emfrna Jff I»dtó r I3fl* (►)■ 



(IJ |l>| (fcfilMlitin ipmtiD, Ti|cn«l ■ TTf l'-wìonl i/f- 

ClCElirtM I* tlDlTtHtil di LrlEm É Ljr.ffildD EHi 

i*»fli£cilnl r4i> pnHdrriaa 4rrriDl ir q^eil* dn 
pani : ni li rrtr>* fjuii «Éikl non r»r*l l^igfl i 

BOtllli »|-rnTi» i tfr»*r«rA V p [hnirt-lfj frati iGHÉlr 
■ f Piamfhl/ Gfrnuni #T Ii'rJiri in rcilh-rir jlra 

btU| fm* avirUnri in ifmtioMrit; pmCiff fufrf 



■ni <mim<lu ; #u( d~'l f? Mf Imki'l ^-run^P !<♦■ 
JbUirttil tal» (El rifili. 4,, <>M JiL ■ IWL 

134 t.* 3- 

■Sii 111, C, r B |, UT, afifl ¥.- 
IMI III. X, fui. 134 T.*, IO T.*, 

KM 

(If b lEfHlL u. 13D^I34M ÌIL C f.L H . 



1M T. J. 

rrj Ex n|ttL i 
oj ri hihl, i 

■ lì f,\ IBI *-* h 



112 



TjI dEdainna EBanimi dura ai Tnunnp- 
tial , i quindi ctrearaa di senitsi di 
modi fllegili e violenti, eoa isfo^are la 
Iure cdIIéx* sulle tipe e terreni che ali 
Amalfitani, Àtrannai e, fijTclleaJ pasECttE- 
VIHO iii TraKMili, Quindi nuoTi redi- 
mi a n Botarlo, (Jie prOQtorotfll* MI- 
Jd cndioc il oinstiiiene di Prippi patii cit. 
di procedere q amira Tra.mMta.m^i, qui 
tu/tesiti retiti ad 4L5TTUU iwum ijha J* 
htnf rVffliiiDBifl, /raclù j pssii« < Dtwirfi «0- 
rwn ctiTW DtprriHri prò CuMtcHi vt m- 
pra ^ ej jjìom rfOmrAi'jmniur ; propani 
Tiianadniif evui atuiat Trmontìm ti 

Sùw&aX a/nlra &* pre Jiii, ti inieniav- 
T JMWtìlMif Me ÌIHfa «rpBdit* «I JH- 

p™ eie, a (1). 

D' aJErtcdc jhiqdViiU. j] gJudilLo, UD- 

«rw preso li regia Corta j] giudi» 
etn de Kajo fife Maiio) di TrornoaLi, 
1 afianfia Jfmrwttt JidrtAoJuhtì. p( rto- 
uuwiimi /tlium J^jrt Gopwuri dm AflUl- 
JU ttrOtfflntói frfjwiaa in riennum jVi- 
«M 4* Apj»Io Js Ttotikiho 1 « «un 
primato emani ^SfaftUtì f prtìlmPiMl* 
mi tao Opriti fi epurati JFrancjWWm Ì6 
Magno , PttW /rat™ eiva , Cuarao da 
Atajiuj, PkOippiy Copuli» dtcJs Macci- 
rftoe , PririJlo 4> fluirti «1 Ff nitrita* 
/Vii hv *vud , Andrea Quatrono , Jdoìiiw 
Cajjpajrmtfl D%flfó fonante si /"eira Sve- 
ttila (talli jirEpoLecli sicuri amalfitani) 
«la. in* dia ÌJ tKsif «;w»4(i J*iicKiHH* 
rJM (2). 

■QqBBte tctsUfE ed oltraggi scimoia- 
Ttìli, dorami) jncon p«r qualche tempo. 
Hi i Tramontani lerjaroMJ 4L dito gii 
affronti flià rieeruti dagli Amalfitani, 1- 
apEttaodo I" otasioat Ji arti p adiro; 
quDEUi non ai IP, molto OUeit'lcra, lAUPOfl 
ioelll. UlihEraili 4Ìolibora d" imporro, nuo- 
to dado ani predetti iodicjEiu ; D «1» 



gì» prtterhi fratadii tsi&m Aatim 
prediclvm , da tino , Ifjnjimittihjii , al 
fhwJièuj pmenùnJifriu co? honir Juuil- 
fEJtìiumitn, gite tìtvni-I ì» JniTiwnia ;i \ì). 
CuDiflchi in preniiidiiio al cùlriiiNirùio d«, 

SU innlfitfliii , ro Jtoiierto, al redimire 
i WSburo si iicasi por 1" approvoiione. 

C<»d«94« bitt«. IcadisLLc Irtfc piraiili. 
furoo lungamente il Hipllo delte città 
lialijnt, com pinmfttfinrlù la ganorila ed 
tndÌTÌdiia.]c Eraniiuillitó e ai corona. 

— La ewUjii* fedeltà serbila, dai Tn- 
mnnlaiii vetbo i prineinj d.«ila raal Casa 
di Àociù a di qudlB di I>unnci di Na.poti f 
frsltó Imo guerre e ool*efio — Grano- 
ni li, eampBOBtDQaodù il toro auto- infe^ 
licc r dÌEgra.v&Ui di cuce tra ani parrimcnli 
delle collette , con cdottlcn all' oopo 11 
RegvenlA privilegio : 

• JoflJJDU IttiinJi dri jMLlia «Et. Cfit- 
yariìS àù thlum moriiura aiiiHJua KAUklA 
J>rtEtrHL LurUnli Uinipiiri?. t-À ex nllii r-.iwm 
daerluiinjtui f,<iLI* (Mum mi]lLlpLI?5HT'vl*lfl' 
prenpn ^runlii rì«Lr« c«njhl«riUni]h (iv- 
11 i 1 11 m . i|--;ii p|«. carapaUmnr et de imjìVto 
pr^iidl* resplrtul 1 pnbamlùùtiLlboB oorum 
ontnbur. T^ietaL mliirittir-d \nt lutivonlrl. 
&AÙÌ- d4pMUar> HhLu Cnii^railnSLa èL IiuDU- 
BDtn ttìnE DiMLre Trqnnnll parti ura Dil ifllcB 
niiàLri imiin« *ii05(iufl ]MirlinrB[iàciiiii. et 
UiiLrinLu n«iMiWDm fdJnllnm rtLItcltìrum t/K 
TfJubitli hrlu ne varili eientlbui BubiwiuU. 
dwvlolco c»oipa.liÉuLoitMÌficLuir «E nltnifltto- 
doLtaa Ipiorum JétùIIijdji. t\ odel ol rue^ 
rlEaenja ium tbiiiLablllla; conprobato^ d±m- 
Dague Virlt«aruDi. cL Loninun tìiuJLlfitkaU 
dbptndùh. nini EJniTrrnlliu eI LmìlIdeI l]iil. 
lUEn EideLiCntc Illibati iettpoiIo jjrcLnrith 
gqwnnTvr> l^mpprlbiar m^lilp-lkiEcr *eppftr- 
laiunl. p«r quo iptl ooiEnm gnlians m*- 
tìIij i-innJlcaruiiL u-éc dIoub li onalr* vtv 
aUenlioiihi lìeddeentaa «umloe ojuod dici* 
DdJvuHìUU eI bumloet q-A «lìùfl CkdHDi .™- 
plo iiurutrc ti opilini abandtlkuil. eauaui- 

UbUJ mUUil[lAlibu4 ci ]J*(LaJHmjì e-1 gu«- 



jll if NpH. ■■. ISM. IH- L bl. 14, 143. riti 

<1) EdJu repu. id, 1ÌW 111. E, M. Iltr' AxJ 

[?■) i> tpil, I* I33I-LSM 111. h, M.lMriL 11 

III. ». lib. H. rrrcNniUBnii I liti]kil a*t- 
m III* ■! TniMi m it , ■ f uil UNMa tmm^- 



&ùl*\ii , Értìd> *i'^[yi pralina, in. i'Jùj fWI » [li 

nwll. JutKul. ■ M . HI Jl 



113 



rsiuu pnleiHlamcn lurìiinibiiis. suni mkn 
(jiilwii nummi dLminnilJ nr aulilli t£.i n*lii 
ficiiMutl]iui. mi Delirium ad fiirbiirinm nrlfù 
tununa u( l'iilrm. njiiud iJ iolirjidu.nL Gijthj 
nuMrulidLnLin.ruiiitnnlur [t-r-n jLlli Imrmlrn- 
tei;. fi hilmEES Kid tllnjjarn HllFTialinnem 
i in ji ■= ii-J t; j"l;_ i|iu jisinnl rnmn-ni'.liii-; Il -=i i ì.Lì.-i 
tìDÈfi Buppótlurn. innuliCLi* l'iiivrirnilnli fb 
uràuiiiitruS i|iiiu9 EnnfÈ cùslrr Traianabl^pEr- 
liluKlIhimai «I dkiLrir.Lua Euaiiia un nini biÈfl 
«roiervorutìi argtinbl puadcrisi eesetdIuj pra 

4]ulkli«l CijIIélI* In pnrueluum. qun hk pn ■ 

rULur under. 1S eEù. Unum Ln elitra nmsbm 

dattili ArcrSé per ciiniiua niulrl prndictE 
RulBB. die 14 Augnili ¥, luilitlftir.ia inno 

Ut KlhflUù EjeIdiIì Ed HliUUIDI rh#gùl B** 

I.FFI-1 I . 

AKÙlULLCi |1J 

— Dpnntfl le arcaDila pana cha auc- 
cc5ai?am.euLu chbora tuaujo n*l fegnO tn 
Il du.« d' Angjii doncfo b jiTiruajìi Dlctu- 
icsdii ad Aragonesi, Tramonti, che toMu- 
par!eflBjl*w per V anglolnn, suha iss#dii, 
punizioni e- stia^ura, u BcpitamEobn LI 
hio caule di CttWflita, (fii divenuto « 
aria' tuEani oca va» V'anima, Essendo hi- 
Itti quel a,Ui meglio fortluMlUi 4L rubini 
a di Jcalibiiib ppté bovclIu sostenire gii 
urti di guarnì. L'istori* eh» 4 nulla ci 
rivali degli aTwnibQEnrti eoo {puri edIicio 
luog-o. Ol dò, loggier* ricordici" tw- 
lism iàlti di passeggia 1L1L cronista ltul- 
Tito, che strusa; u Psgu» Cooran* a tea> 
leruioiM oEim rMiijIcuJiim et ù» jmterìo- 
tinnì Eftnjiwftiu |Stìi ftìctonii jTi^dui- 
tia* (sic) i (2). AnefaG i registri durane 
Brìi di quell'epoca JtfgLiggluciQ «aera- 
alato il borgo di CeaaTBBn tisi liì! asse- 
diato di" nemici epre» do] rinMe Fran- 
cesca Hamikk di Napoli, ribelle; i in hit? 
ni cBjjJjftrtJ ntmriuiì, ti- pw Franmiilscuni 
JTufanitaa capii /WanmE infra«ript'ÙP p*r ■ 
ima Ae (erro IVaituji*[J i- iutaig no- 
iO a Amiu^* nidcKcei Jarifatf Cdo, AtrU- 
ln> fonte, itawiftfra Aie», Csuftflup- 



jwto, J>ibw a> aini£(fi. jUtóitHe FaMmo"* 
Fr&uittD Crispo. Guitti-Ma flosaautu, Tul- 
Jid fttCtfrTD , (X twEerio J'aufo CcEe ! 
iùdarn BasteutflEitì j| &fHàù.t\v pTi> aimti 
acid' <p,Hn jru oi^Irs jUeiifdJe jurbauia va- 
fta Jjmsu piiist tttlt( h <rt fl-n iuì 1 122 » ; 1) . 
Piii Lardi Basendo morto. » Alfonso 1. r 
la. duchaasa .11 Amalfi taia lia (Elt.nLurj 
d r Aragona tciIq?! di Riimoada Orsini 
ìmntipe di Saltrac ), rau dolasi ribelie. al 
liaf lardo Fcrdjrjarjda 1.* d'rVragou, mnaaoi 
a EiTtìlU tiìDl» di lui Agicroli, Stek, Ri- 
filini e TranaoBli, ose [a *u« HÌHri« abba- 
M 1 pitftMH UBI gagliardi a lungi re- 
bì»|atim jlg]]' oppugujilr.ot di Casaranoi. 

I rimanenti villaggi chn aartur Tollero 
Tedelta *IL" Aragonese fiitiio da. lui pre- 
miali, bob per il rnonLoTalo iorgo di Ha- 
saisoiiD non fi fu. misciicordla: & uietò, e 
fu mese- « laglgce, 

H u I Lri.'iiJc t b EruQacbo di bisso liiOyil 
nirTjuù, die Ea luag^iuruttLi deTr4m<mti- 
ni dtvbr'j i re Fcrdiuaudu, mollo ooidiuvi- 
rniiln nilla di«stì(Ha gHorsiata .di 9jnmi 
{1 Luglin li 50), ove gnd. h»7tbdo, iimaslO 
comonituio, Urnìy riTiigio appo di uh gra- 
ta;, ad in compenso dell'oanitalilà rlccTuU,, 

II dir.t.iiri uomini tusiblb' — E caitu fiarn 
uliu db! mcmoFBlo casata di l'ubica , ani 
mitn deSEn prwwu.iile dai em innaasa al 
seggio municipnlu, avi an' antica lipidi 
duj countg attesti — Ec-culi. : 

D. 0. H. 

Tiiionri — blc noiiLea ira ¥1 luti' 
JIUu>?a iil — IrBùa BTircTiiTrl IT PKU- 
ami, in mjuh JE(H)TIi «scBifliniri. i. 
L>, HbLIi. 

Nel tempu stessu, i[Ud ufnnu . In 
pramiù doLui fedeli! aeibalagll dai Tra^ 
mouUiai, pubblicò il legueote pTLviLerjio i 

■.P*fdui|Bdi| hi imtll TWX Sbrillu eIC. 

UcIk-thi prtMutal Ikiur» lfl,p*cU^ii Lidi 



HJ El "AMI. Ita fui. 101. ri «i fluii in la- 

Caiutri JTtiHr. fior- dfptorti. VoL II. 



ili Bollili. Vùtiùrm* nr MS. in. 1* 
ÌHH At nf*Hr BMklh, M, tei, l'Ir 



« 



114 



pneiculilKii mura futuri^ mèlnribTiJi nitrì- 
Lls deberUiiT nmpll&Tn rppendln «1(11, rum* 
qua dtitribuline JatiLliae «niun protalil* 
JFl, Ut nruclm nliaéujulii nUlcti Juburihua 
UTTrLiia UTDEinku.ni ctJipLeaLui ; quii ilum 
Ile nn-utn cuminr-nsiiniLur. >iL allod calife- 
Ttnlil app;irrL , ri rnamijirfin pn-.rlilcaLirt , 
et EdM creifiL Ir labilitia, (uni JnLur ba- 
nfDcinni prnpi>rr,li}n.ihili[nr uiiirnriii i pr il , 

rit nihijiiifl Jiprlflcnli-v ri L*nsin r et ane- 
ti ngETimth eompalimur In apportimi! 
e-nittus de Hjlqahli beTieO«&n iur>T(nrun.iij. 
Sane lm naUrae mentis tumlDD il-rrfwwn- 
let LtdelilaLii MntnriÉ «rtllBffitlnm forenin- 
rum et nabilium. rlrutain UnltfT*ilBl.lj «I 
homir.un; T*rjn.n TTuxLm^ Trnmoiili de J^rft- 

ijncli Pilnetruiuj Ciit» f eiuntue perlirieti- 
UlTlDì 11 disertatili, CjìbJc. Cernili penimi 
!ttCluda h hOfiLrort]nl fldclLum dilmlnrun «fi 
HoMnna ItileitaLem cfTeelU , e( nperc Iiih 
dabllilrr CTmpracjLi» dunnacTip rari* rei- 
Ila d primi»! ia , ac rerum f ei, lionoruni 
ni mip li-c-.ih-i ri imperni in p«f c<H jraiM • BD- 
ilrh Emuli», ul TEbelltblM T>™ Non™ flde- 
IHarr ILiibalPi nenatìda , pTQpUr quad Ira- 
pmentep «Afeli ami r ■* frenltatibus dimlr- 
nuli; et InLtndeiìtrii e? wkmrs proni in- 
aerà* Irride InlerKiinriuk eilaMi carie-m ir- 
ai leraHatera H et twBiFne*. t pruni «trunjl- 
BTJT k et teneaadr prò dedn. lpaniuna (IdtIE* 
lete, jn d.imnia il IrnwrHDJinnuUIplleJbi™ 
per eaila u*n*re el In ijjccIe- loHernii* ari- 
linse prawquL-, el fondura «I» imp*Ujrt, ut 
Mlquoktn r*naumtfcnem damno-ram rean- 
mal, per (ranni paìslut In ilici* terra rain- 
maTirl et Tre qqnDiiai tivlum ibidem de tono 
lo TDeNui noB-fBLur, ila certa nuaLra acletì- 
Liù, propria nostra didLu. el d* Rf- B l* Ba- 
sirà. pMitetìale ewdnni DaireraiCDican et bo- 
nalnen Ipìltìj. Terno noma* TirnumLI, elm 
perLlaanLltl et dlUrleLn* . ditto CbhIi Ce- 
Mr«nl, ut prtedlcllur . eiclm*. k orane» 
ei iinfiultji Cìtéb, «1 liorninea nararrtna et 
hnliiinDLe» in tórra praedi^a r el mi» pt- 

tinr nllix in u*ii*re el In spccir , dJlilbJ»la 

hinnlnHjna El ruifliùmlflìbui nuncnIMnlllT , 
Bintrap Tiamlna et CQfiP-nrnipn. iirEf^lilibui 
Jltlarll Titloanas pfEEdù-minaLis parlirnlunlsr 
et eiprrHla rr» quIUuKumque rrhni, be- 

BLlll, pnnnÌM r ùie«lbui, raertiiìlIlB CttlospuH- 

flwi Inierlirt BwiBtls (I ip«?iEi. « Iwnh »- 
Illa njjlbiiKiiBinjiw per tei arjl alici Ipw 
mnv n.uùiin* h el p-ra perle «fnendii el Tin- 
rjr;nil:v el de qolbiiairl* CirlCaUSjB*, Tur/la. 
Culrft, et iKtap «K** pattini halùi Ba- 



imi ncslrl Sldltne, e! alf^i-mler de ciritali 
r«tn neipclii ad iiunscumiuE CìtìIbipm , 
Terra*., Cnslri , et luta meli R*fl ni , et ai- 
gftjinlu diclnm CLùIèLf m Cltiptilis, ad Tun-- 
dwus r dolmnaip dbcllaa Allea didamm Ci- 
filai um, Tcrrinim ilkli Iterai, rt pEr ehi, 
bu[ .il ina ipiaruin mimine, ri pra pnrLi: il lì 
dirlia HirLlDliboM. Tnreil el lnrii-, rundncj; h 
c9 1 h-1 1 .1 il i » , El CnLcllis nLrtìbcnJin la Tri dif- 
Iihd nrj^iuni Jclr.ikinriiria, el pnTlDniJit per 
cnnTr nuia qrilmsirix ahiifiii eLtuei cniri- 
Unit, [Ite ptr terrnm Epia u^tiu nd |||- 
innm, hirr n:rrnKn.jj ci hùbm In rjniifljEn- 
qDC filarini q»J1llil4l* r ac pr*rl|nj h ni q|gn 

de imni In *nrura in n*rpeluuun , k ta-. 
liei, quoli«. eia, e! un lco»q im> Ipaaruin pli- 
ciieHt, eL intimi risiim eri lp.ro njiilbuscuaa - 
que ftlfua » belila t ci bonli Jni pminda 
debMuoi Jaslrae UnriBe, r>ka perttìnia allia 
qulljusfiuiiitiue » 1nn: p» Jurlbuj lunlnrum 
luniLitorum, dabiniriinl,. ClLélInrjiDi. inb- 
cìlIi-t-I inruin i]iMnuii| lìrnsìitìé, piijn|i;lonnn r 
(ranjjlui, plnltArgm, ifatatutni el di-rirLni. in 
tadrerE lenennlur, ex nuiU) In anlnq in. "pcr- 
prliiiiin rVEmpUni nlcìbuii, [monna ptinler, 
El imiDijuri, ; Ili nund Jd lalutinneni Jo- 
ri urq dcllintnjfll CnbrLInTuun, ;gb 4rfh*lla- 
rum Ipiaruin Griulu, piair^inraira; Erjn- 
bIids, piatearum P acnfirunn. , et dlrccLuon 
allorum prj*dle4vrunn, pra Ip-njli rtbui H be- 
aiila r ]iiii3iis 1 Diertìbua , raRrcamli» , baali 
ad qpaDDnuitinjiH auaaa et Talora et prie - 
ti ii ui iMiEnifeniiLoi pra quaBTla tìfflctilei 
nnjlrus pTDfienleii el fiilurù!, AC CùÉaitfttf. 
barnani, mlidiLu. et ndEiea ilj'H fluid eoi 
Henri enfi , nnmp*lli , Iti HHlefltlri ng>- 
nJUCBTH , bIt* pDflt3aL reatller, le] peHamaj- 
lllir, ■DJt aJllsr qunrii djoiJhi h p mirali le n.tu 
nibikimlnui CBTQmdrra lunare pruienliiun 
di dltla BcLtnUi carili pmCt», m Bubrer- 
ba, al Ade ridirla rcfrelibua Ammiri palli- 
eentes preieolem Jlmiram rrDicbiiJam 1 éi- 
ciurli infuni , eL BraHirrv d$dcm llnlicmilaU 
el hàBBlnitPiia tìlelae Terrea cwtric Tn- 
bdvdiì . dulhetui h el rKminenlianifn e]», 
dii:La Calali HeuriDl ejtDleso-^ In gentr*, il 
prxedir Itnr , el in apeelB , ic umnltiap et 
flnrolla Eiribiti et hùaiiiiilbui riBrirUJbuji . 

g| bitiLLinlilrai la TeHn pHEdldB CillMPOC 

pcrrlin«nliii ci riiilritlii, ni diulnr enn«s- 
Bli lldDfTr riljm, ifmlnd, El flriDITu , lp- 

umqn* cbwrriTe T El P* r oiancs cIBdir 
h*, BUtMJItoa , El Udrlei auain nbv. rit- 
ti Euere IriifJoiliblLlier, nuibnafuiDqne ed lo- 
tti, Jegltiuij bob orrliruUontbiu, cdnceaal*- 



115 



nlbui, mn fliUn.nl ha» . privilegili , cùeanH' 
■lanihni. Kiisp*n?i^nibua 3 Intarli , cedulii, 
ti mHDil»Lii in coDLrariutn hcLil 9€i de Ufr 
teca fuiienilin iuL ■i[iiibiij,i,i( LcnQr>l>!i£ K [ii^j 
■urlb.il , «t cIbujuUì alili nnanLidic'jiDiiu-'' 
■angilttrill \ù, *lfl Éipcraui el dedmali* 
H pTltienM Nostre* untile Oualrbriia ub 
qunciurvguG Tema etcìoreulane nJbortiru 
preceutnnl i(J de «Blffù «lùdliùYérltL , 
per iiui eLquac Eifceuni praefironUum Im- 
pedlrl |kjueL In ilin.ua, t«4 ellferrf, rfi+m 
Il it ilNi ftl Itiqua Llliwujnj Kll Uluru.cn 
CUuduli ciirl Si* jji.juìaIìi, al nipreiu , 
HU Je i« rlHJ Id TKrltunj ndULJa LideDiLi , 
Kll Nostra eeeieÉeiiHi tùnujiLuiJn In àtfit»- 
ili Tri ordinili, n u HuL* nuà Ineiud&lnf,, aeJ 
ab ilJis in arimi trentu* accestitili:, «I cam 
EiElurlfeLDr , Et aicludi d^but nn*fi|litEr , 
El j;)itiLiilcj . situi txfr&nr. rrsiiìi:! iumi'l 
Ria (rie : bum icjlendumui *l itliDLiu 4im- 
riiiu orutniijkik liuiniinij non utidlAalibiu , 
««Od kp-àld Uriìrt/aliBti *LLi>min*d dlcUe l"*/- 
'ri* anatra* Trimoetl, at elmi utrtlueiiLm, 
vi didlrldm li gene» mi prùsdldlur. et lo 
■peci* Cinsi libinola! Li ea. dieta fraocul- 
lii, Jmnujnil+l* , ci («Ui IruJ el gauip» 
posimi , Uiu* h-IeioI; libero , et un* od> 
■LìcuJd et injpriiliiiirriLfj qqn^uDnquR [. di fin- 
Casale Ceiirini Eum^LHon numiff d pu trillo, 
Si Nirti» rébtiMu uqcqìEuj , ut prttedicilur , 
Melata ; «Le. fi*, la eoiui rei Ie4iim,uniuia 
premiai lr1terflD«iilDilGDejrl, eL lucimi fallii 
I* p*nd« iti Aaktl4.1l! noHH* Ju^lmiia eùdu- 
miuiLn. imum m eltUuta Acerrimoi per 
iptruiilfc] Et rajEniSnuin riruro KnjwM- 
liioi tieflBBUrOi fuBjdarim] f)oiBÌtct> hiiim 
Flefjiii contri lojntlbeE>[n r e( PnùLhaAitljriuqi 
Co liniera t eia Ci la lì luti uni Et iilrlfjn. fiatili 
plurimum JileclLun. die II meojii ($Lvruu- 
flj II Irtilltti.juil, BBBa « pitirlule Binami 
liflì. legAiitami h'jsItui, ah, IV. — lln 
FiiiiiniHntd — Lii-.im.Lnuj Jirjft nt in il al mi hi 
BarlAo4onm» Jb JìitcJLiuuiJù Ijbu ver Jo- 
rumJdn^KteuL miLUJii l.'unujaru Al J-Jji'iii'iinj 
L > HJb-ilifìi]iriO' ptu idrofili SarLun — Sutiat 
IUU. n.-KJm — fiÌEB'L^h^ii in CdnceUcrhl pe < 
fui* ttilKiitùHum ih rtfued, If. 



QituuD [irlrllfgji> iccwiiltD it Tntii- 
aiiulc dbTrjM'JtiLiai agli 11 fcbbfik li SI, 
dello ati2jiu mudo cgti l' auyjfldii aJ Rj. 
t-pI Iti.-si JB i|yia iltl KS ipriÈE del mcun- 
sLm« b dei » — foco alante , Bifiodù dat* 
]a. sua UgliiLboLn jiaLujale Maria (i) in iuo- 
QjLIe idi Antonia Pic*aL'DrnLnj di Sinai , 
coLLìtuEgli ncr date «d in fòiHto LI Duj- 
cjLm AlmjIIILiu'j a' 34 nua^jgiu dello sIumd 
lima ilil. 

U rilATOir a] MS9i1tagGÌo B ara TCJdCflK]- 
1* un idea poca piaceraJc par queste pa- 
lioljTiaiii; ìicchi Eqi>]|isiiia(i faoiifl-lifi di* 
ìJljjuueuÌuqu la. «rrìtii o naa mleiujo ri- 
^linoiaaìa per ìtna aignert ^cnigr^itinii 
ia ujiinsLii eeDitfadu. 1] .II?; attra nuli- 
LUÌ di TuoMiti si Irumittareiie al Jori 
in Bipoli, Cura, Salerno, Ncwtrs, Fnjr 
(fii. iljtuaLu^ AlaDapoli e Lttacri. ao' cui 
liiùjhL pagare dimori a boLbteba di fan- 
ni» di leJb h di bimtugii h di laccaro è di 
dfLjji: i:.i:J.-..nh!i. 

— Camumiiifi priTa. di awr^iadi JfnLil' 
tà, (utta^tìlti TrdmflùLl cri 1D SSiiqu^ po- 
pùtata. di genie cbiira, paeroa, igiilà ed 
Lnlluenjfl., amuisUddi) beili fami ■ QEictin 
fiiuri tifila. Tgtjb tutiri, donde muSti suoi 
cittadini ai dLsiJQwa per IhUatc., aciame, 
diynitJi (4 uScii da laro tcajetjunli . 

L' isteria, i ninni e, le aatiidLè itìrii- 
toth « 04 hit scrltóle qualeiei tBBtiwrLi 

— E Intle fair-lgHc piti laticlme «a- 
sp-acna del Inojo a di' arano più hit pre- 
dicato Golaiulh : U S^UiH , CumpLJ^Ut , 
da tìfiTg (3), jPdJiflnùfl, de Miài. Viteèa- 
miiti. .nroTuwJd, floltUM*, Soiiono, ifuta, 
VtìajjJiaiw, de Vito, Pùsmt > F^TUauut 
lo. JWmd. ^parittifllLnifl, j7t?rreJli , I* 



llL ■uiufb El pidrt 1 11 llllDùlÉ. 

fl) t>« ma» d'Ili 4ml|tii £i>e>, a^jji. « iw 



tìttit. Àt Trtiui'iu *rif>iBdrh *•* A m liti, 4te in 

uueiu bUilKl rhlM «appEilÉ k IriÉnlttUÉ fJKIlJI- 
IH |.<>ii In. I.' * bcELj (Mi- 111 Tr>mKll 

quin fjmljlii irip-iDWHi. matbt >• H«+« < 4t 

Il L* Hip*li, *lt [ili Lkcd. Uliq'ii ItI MilùIi DjU- 
U» AiflJ «tu IPItLllllll ■ Jurii [fliuaJfÉil fa- 



l'IeillÉ ■ DUUilie» prufllir.H di diifli* fmdiJn 

Ddb r. rjbUiriiii4J NifdU nei itw-nu*. Il tic- 

CTBl4>IJl r fljiw tì ftnfi*ii in ^m^iUttd I». ^ 

N4i «hIm qiuiiÉ fiaiilN hI dcKiinr' li tiu-l 

lb HUllt « 'I hllJlll«M ÉaillUfJI*. Il fili» fa 

p***fiwri di uo» riHii*d'T°l> bbllalàCl , IW- 
Blu di EiplùU Biudierliii, mliit ■»■*•*■■ » '* ri - 



116 



Cima, Conia. Co&drt h dtl Cwfl ^ Sa-it- 
tttìdj Cetìnrtie, ^rù^mnuH Situate (11, 
T&lm r Piftitaw, Itaca. ^«*ara ec. 

■ — UeufiniTsrBC — Edio prima troiani 
essersi distinto uni laro RaflEBI* MiRANTA, 
nato i Trafilati nel 1IJ0. figlio di Pie- 
tri» e dj Viltflri* BnMto, Ei fu il primo 
di bob prosapia b Inraalaiai ìq Venosa. 
Oto talae in muflliu Ikatrice MMaa. di 
Holfatta in aetimde noli* 42), 

Applbcalosi djf primi all'^tìfflirt E- 
tickci&j divenne il pi! grap pratico dal 
fari» j'suat (empi. — Spieff-4 \b ffiiirisprii- 
òaaa in Salano, donde pud fu. Gllianiata- 
ad insegnarti ìlwIm ìq Sicilia, Nati* jm- 
TltwaiiHie da" faocbi dalla terra di Tri- 
□nói] li, fallai dlI 1512, dta eanflervavasi 
da Gir?; TùliuniSQ- d'Ancora rdisunoic della 
Cimerà Mli Sommari» , tra gli altri 
fuochi numerati, peL C4Ra!a di Ptoleica ii 
essa l'arni travi coal scritto ; a Magni- 
li lltó Roberto Mutanti V. J_ Jj. di anni 
t, *5. aietst elle abita. 1 Yenuaa da mòlli 
a anni wa m^liera. et flgEI ; D^m pa?- 
« siede casa inabitati 1, 

Natia è fluln cimi il Inpce e 1" anno 
delli di lidi marta — làida uq3i varia 
opere tepli r imitolató C*ni?^* e*» 3 
tnuiaj, da mvl^itci aftÈtmliDhfl pftìltf* 
dj-Ic Jam n Iti/* , fiwnn dò ibnriiM ; a[ 
dd vo,™ ptaeoeptij j inficimi et sonim 
OWCfvrir*!* — Ke.HL £e fùtììi fCTJiedn* nar- 
tauemi CMm ^iWBjiJ(mJitìi gUtfciiiwHÙiis 
ad jfraiÉrani Jiuìlls Jfpjfni ,YmjioJl(, *[c, — 
De ondine ju-iictof ara, sic* ipecyJsjm w 
ram JVflsri* BiuiJif, Vaiai 1 . 4flQ5 — Uv 
ipflf&rtotMI X qbmliomrn ttgatiim Lugd, 



D prenc-tito Roaart-a Warantl fu pi- 
rico (3j Pompcniir, di Fbdìd, di Lucra u 
di altri fljtLMlL — Il jitimc tnaituido £d 
rirtù paterna difeaiw iIJustr* nvTocato ; 

Sii altri duo furoii tebcg-tì - — Di coLtoro^ 
ìff-ycsl Pti tìflùrtn'olo cpitalto usila chiesi 
dj & r &eT*rino in Kapoll. <x&'i concepito : 

PamjKPVùu Amaranta cauja^um japfo- 
Uin , Nitrii j-:r.Lu:i:s filiìis, 1 qu-j ]..;ì£ 
ihmUIj , ftue «4 /iirispniflÌEiiHflm dbt H- 
lunf tu' JufflB «oVlA, vatutv foni* hHut> 
rimi artimn ii'acqsliiu* in jwstcf ai A»*" 
Jttru4t t cam LuEw .Sanfipeiiuy Rpijr^p» 
fìtàri itvfi,m.pdJ-flBi"Ji , i'ahifl ^alvaiui epi- 

lia rnf^amnu, (ri&iie prtìtì^^j fldJi^ii)- 
Rj tì<Id«;[Ì5 Btia™aÌFTn'a pfEiù , ^(i([t5i[er 
piue»t h /wliciiw; n-T ifarinulumeu-m Jaciij- 
*mram ninu», «4 SiZntfffl Ctìkiiiinm i?u- 
«m fruffifla op[. Hign praerijm41(je[ , tri 
iijism KWrùnii cui liesat , anifliSl, pifl> 
io>ù r «f Jìwtm'KJi'onij <|Jflriaa ntawmaii^ 

tal p. r*#J (3). 

Qtìcrta latino e- coajiicao legaajjwi , 
nemn ]' oridDij di Lcdde SfanitUi (vi- 
fCDle Mi 1108 ) r pajdra di Pietra . e 
areali di Leone cosi ria™ — La Blf5aa 
stirpa jiiodusaa gradatimealft ed in ogni 
lebapO una surio di nomini tliiiri dcJLu 
sCtÉDIE/, t preci piLamcnto ned nnlariato (1). 
e 1: :!l" .11 : • watim. 

— lt*no)(?m*i) Bfaraatt, naiivo di Ve- 
nou fid o-riuDdii di T;a ùlDCitt vEtcilLb T-or- 
so alla melai del secolo XTI . fu medi- 
co e tolSu-l-cu- di grande rinomiDip « MS' 
lare del Gliibi. DI Cast» ti panola ut- 
■:h.f. il [j'iii|riic:tn; (5) d stfiftìflifc: i Borts- 
iomed Murante, M i Yeiiij» ou Tewsi, 



|1| Là r> rn I h E I ■ Simuli di Tmniunii w «fIìdr 
^{■ItI ni IDH ulli fkaJ|;lli VIuiILhù. 
\Vl Li piiitn. niQE 1 '* 'uiil«i VJr^dvmlD» ditti- 

HÙLli. 

tt) fri. Insta, frriultl» Jn^cb iwm pig. Rtt^ 

(1) E±dg uà 1 MA>°>14 -H nuLil f ^irlnuLlH ll- 

1r» polii éL cimi' Hiruu di TitmanU: BImIé 
■tbJw Uri I H»~ Tiiwllg hL I*» — Aidni do- 
UId ■ jtndb:* l««vM» 4L T^m«DH mi IW — 



Pi«™ atiBln VJUW. ÌIhh «fi |379-»g3 — 

ribrlu* iW»-j4Sj._i r i.ru di ]yi &*}■», iifiù- — 
OjuIiid» nel i*M-14lt — hnulnmtu 4d>n mL 

IBM — Qui. Inluuln f\ \m\ BgLlu IMA — OlùT|» d 
Sfl'T d' Ut*. A&luBlù, r*m uri 1373 «[.<H. 

(1) F- l. SEML'Ht hlliniru ÌNUr.In. d" Itili! 
In. TEL f. U r dilfv !B, p*É ffT f fclltlCD, d± Ml- 
IM 1811, 



117 



dans ]* rojnflBiei de HipLas. Da ratour 
dana san paya, aprcs aioir liui scs étll- 
dea . it Et pcrfe*ti.iiaiLì:i fificwe dalia un 
jardin, paitiniilier qua CùinrLn«aE) Pi' 
ncjH aieii funse a Naples, «t dan* 1*- 
quel it HHmaoa.it Isa plantEB Lgs pLus 
neccie uius et Jet pina rana, dforaTila. de- 
lia par rtìtMiriajssince , 9U proprieLa.ira 
de K jarfin, £i Jfìl.'iDiirj pour rmnoiC™ 
lea piVuiles (1), Od ì amai ile ini, mlia 
cd ftiLiAD, un traiti? de I» Tb&ùquie et 
ilii Mithridatti,, ijui fili imauLle tradnit cu 
iatio (ì). Il n' cLait pai sedcnietìl bùH.- 
oste et raédetio, mai; litterateiir, p i- 
Tatt composti dea dia.lop.uoa poctl-pes aur 
V'itile, u/ il cuuiptait pubiier; it wn»- 
[ilait marne tìcriv&it — il a.u calibra Ai- 
aVwHhfi , ti itt Muàta io faVoriftiieUl , 
d'ire ndjeo. aox terbea et bui «mpL-es [ì); 
tati* ii mucrul avant d' irair fail eoi cs- 
BaJ ifu ranuciisucC littéraLre,, pi petit sUfe, 
lui eflt mal récuad n, 

— Catta Baronia LinliO di Sciastiiiia 
di Tramenati , fu prete « dottoro in 3 iute Iti 
leggi ; uop dia nrntonotario ipoatolico a 
conwrLortì DAL Lnlianah- d" InqucsiiiiKie- ; 
ed iungoilD det titolo di conte palatimi, 
Nai idi! fu consacntu vescovo iti tìio- 
vlqbiii>. o liei 1651 Irtsloak itti »d* 
di Trepea (i) , e nello stesso urne da 
Filippa IV creiti} Cappellano maggiora — ' 



Muti pietà di anni t dì merilì i T £9 mag- 
gio HrS+,. o SMMdo i^Ltri nai 21 gan.- 
a&ie dello stessa anno — laàfiii pittali- 
cato p*r le stampe.: a jtjot&eeficeg p 
inn$ua Eeclhstaa ■ — . JfeduUa Gstreii — 
Ctmitavtniaz ìutù «Jriu^jw K. (5) s. 

— Lueto Miranti origlnBnfl- di Tr»- 
moaili . mtiva e canonico iti YkdMO , 
create ^eiCO¥0 di Lucile in Puglia, a' 31 
jùDiiiiù latti , e -di poi Inalatalo alla 
sede epiacffpalo dì nfeuLupùlaHu a'2 giu- 
go» 1518. Kart rarao il l5flÈ— Fa 
Damo mollo esempla™ a vumtn u«l di- 
ritte ttiiùQiCi}. fntÈri&flne uJ Contilie dì 
Trento, 

— Falrio miranti , fratello il pKtì»- 
raiuto (enifumlK Oajll del surrifaritDi Bd- 
berto ). Tu dottore io amila le tcgyt , 
proleoùlariui JposPjlioo , l- vl«rjd gene' 
rala del eardiiule Ottai io Aiqua.TÌ?a. del 
titolo di S. friisade arciicswTO di Pa- 
pali [16*1) — Di ItìMMOlù XI fu CQD,- 
BajOratO TEacoTO di Calli , ìeiso 1' luuti 
15S6 (&;. 

Altri di quatta famigli furoo Arci- 
prati di Tramonti, (7). cine Andrea Saa.- 
riitlfl dal 1312 t 1519 ; il (jitik fu 
iccbe Tiflirlfl geoienla dal ?ajtoTù di Ca- 
paccio; « Cesate iltred arcipruta di Tri- 
monti dal iì Sborsili 156? a 1C01. 

— Di Tramenìi furopi pura il dottora 



IcnprdiM i TfDuli ■<] lEn. Cudiiiù hho A di 

■HliflH In ttttim di i|«idIi nitri laH^ 1 f li ■• f^*- 
dÉiK- ia eéI± Hjltrli. L* tff'TÉ-ftji'jr, pFediturt- il- 

1' Hdìt^y^Hé J!l J?aiTr B l' -rnrE^ip d|Ef ndn; 4 AVno 

«Jr^rhu, r«£uJpn->*j *r Apirniu ^jpifmll fdrion» 
il\t£i£rnmdi «E rJppnndi' £^iaiEdn'd\i -■ — Hill, rei 

Sub* ri;* ili i.iip lll.p IH 11 PiinnisrrL-jih 

fOtt Ai Diluii .Tnfmli'j r:. luruHiuui ^oMf/i" 

(2f Pu IlimpiL'j J rihUj.nu nil 1 ET J la 4.- «-rii4fl 
■n ••Aftrr, rh' 'hhn Tini tdailntil ad •■■ rcrilùD» 

iJLlni. di GiMCtblDD Clllrrina. 

(1,1 ^t TWihDirlii apparii rjqnlÉ Inlin e. lì 
| 9t. 

(*f Hall' ÉhElUli» dtl|i rc-rrti» Cn>i| fP»l"pOli- 

Lidi di ■Imilii riTl udì Ihiih del liEdluit C*- 
lùriùi Mitili di Eibl if IT |U|J|d irltfT H |b<U- 
riLL» ■ C-ratiE' fi-Min i irE-iraiaTD dL Amili , emL- 
Li qaaLi eULifiii.lij i p.tiT«n hU» hi sul I* 



■ alila ^biplnhl di Ipji 4L CUlp pp1pJv>IJ bùfol- 
MIO -ptE Dùlslt» KKHII 4l TMpH. 

|,I| |n JTppall ™dni IL I ■ luir,ri,U i,r li rS ■- 

h drMi L'irap+KDk d«' Bìi^tltA ditta 6i<nt\ria- , 

■j-c il UirÉiiLi iip rr* Il ^'U|iinur*. 

pTji L h m4ki cblEH f pirapili dL Ciln i idi, 

Cedi*- I. f*E offrili] dri DEillllimù nHfE-FdiLà 4*1 
101-8 fu 'noni i ■idtII* di In* ri, 

PI E ìrtiiiEi fjiiLi 41 TfimiiùLi <ùd éIetpUJDC* 
<l>fH pi rri'r-Ehlnl' «mml'u'iii' 4-il riisrlilTl pir- 
emI, ailii ìuiIe-xùe caoipaDEDb* ■&■ ip^eFp di tùl- 

|r[|D g cnnfTEB 1 ! L» tn ' !" Anclpridit- n" 4 it ktfl 
■riiptv ILLbOEjiDU» 111' CrdlDUlD dlMEdUk db A- 
hpIH. Kl prr*d* T l pnlplMé drllj uni, rlijnHi M Ml 
<falEM djtL [-9 3 1. E 1 1 di S. Wirifl i-li] KME4^i -flit-- 

fETÉUEL llpi |l|3WQC1 KuddaLLl r tpjl I illlllFfU | K J | m ■ ' 

■ In 4<. «li «ElLdE pJMHEMt rjIHUV qilLIL I" ULEU 
Al #11* vi-lurr Milli ■!. et. —•■\. pnil*CE,l. dal iid- 
ItiD ritKtPKn llJEaiudtlll 4J XBUll IH. UHM 
*dHil 3 JpjpMMr. 



118 



Stefana HaianlE, uditc-r gjEBeraln delln 
CIUM lèi DuCito Amalfitano (UT 2), a 
LjisaEtflDlfl Kanpta dawrito tal ucfjoli* 
militi re ^ mtfea d mI 1510. 

Di itHisuO uiì gran numero di doLturi 
fisici irnTiirapi loentoraU nello pergamene 
d negli atti notarili, di cui qui paliamo 
i «giMttll: — Andrea detti» Atukilto Hi- 
tsdIi ., dpltorr fisi» nel 1571 — Pietre 
dj lui llglia iluttcr lisico e di tir ja- 
fitMi (111S-1I1&)— LandiùLEd tiglio 
jl a-udde-lto (H51). fu allresi huou me- 
dica o caraigliare, dj Eleonora d' Ar^go- 
Di duchessa di Amili -" Silvestro di lui 
flgSig indw dottor fok« (1504-1521) — 
iloszDS. Sjliuglc di Tnjpfo pnla-TO , i^K* 
nfil 1488 — Martino Italia di osso Gaama, 
Ktem (1525.1534) «.. 

— A. ocssiiii altra secondi en la. F:i ^ 
Miglia CiMPimjj, origiLiiiio di 'Iru'ii-jiili, 
domi* ittto la mela d<d iecculfl XVI iti- 
pilotassi in 'Trini, «re, fa in.rjr+>ga|4 ■ 
quel Sedila duuso di S. Marco a"Ì6 set- 
temlite 1420 — Gin. B«maidid» Cinipe 
tei Li Aglio iti Pi-Stro (1) e. prntino di 
S^hutiiao (arciprete di Traili net 15 IH), 
fi U prima i fermar cola, dimora. 

In Tnswili i Campiteli] godevano, jio- 
trooaLo sopra la cbi-p.se del SS- Salu- 
tarti di Corano fi), 

Lt medesima, facoiglia futa™ «Ila, jil- 
Uchita ; ed io usi .pergamena dei fisa 
Indù. 1 XI , coaLriLiiDlc- uiu Tcoiita di 
beni r in Tramanti patita m SuI/ìciópw 
Vili A-teitvr ruprtmu. u. h[ fa rùéttiione 
degli erodi di a Ltatve. KamyiiKÌtu, et de 
htttdei (at) JcJUnin.ii da Rampiteli i» w ( i.ij. 

la Un tììia istruraiMila di Henttill dai 
ti iprite ludi*,* V r Amili, anno iVl 
del regno di Guglielmo II si legeo : 



„*» Girti tmui ima Jìucca jttia Ser- 
jij Matta, lì rt-tid* qw&tem Jtààtimìt 
da GampiteHa ^uan ti hm Piìniz ti 
Joltaww fllttW reri ecmanù fitij pre- 
dicci JhJjflSlPlL! IJLLt SUBÌ Si* DkUdr *j jlJij , 

guortrt e£ !Ki Ajka filia Leonii Kranaa- 
tìiii tt itìtff prc/ati Pdri. «Hi si noi 
T^sedoftì fitta Ptìti Gta&tGmpars +;[ itcttf 
predfeii Joàginrù. ci ^utadcmtarrLU ùiud 
j!fu parie de tjyis ^liii mairi nuwn'tiu. 
JerpiLLj ^lig 4 rVajre u^w o^ndia. !«.- 
itro tjtn tunt màdo- iùm JhiJflffl. A pre- 
lerlti die pnErapJimma talvnlaia tcbiuv- 
dfidimu* 4E (fiMliiIintNi TtìtiÉi h/AAAntti /!■ 
Eio (fLcomicim Uni in PiitmuJ* f.t l'nscka, 
ambu ùifaiù fiii-a Crii de Gwngìltlla. 
i&iti pteiUrid cf intfifrtì Euin ijmìi jiriiTiiu, 
«drifa it «ÙU4 ^w etr jucf numefum 
psfeul* f misuri ) dtttnrt si ruroani iwlt 
pfn trvmsKna qwsn\ Èattuimu in ÌV^mon. 
lt* (aie-) f witutit lucu mrmiurflfl od aul- 
^ciraa. iieul ai piijium aiij-uc fa^uum 
eum toCd ipas caie et fabrieù A4lt*(tti- 
hw ett r etc. Dfwk flKfj»mtu -deinde a 
«tot» fitnai it taira tanalians- (paijamai- 
te). iiicsi auri E^lidi iria^iiiLE wriJest dfl 
tsn toni rie amdjU de MActCF Tuintrue da 
awi> at ayinqw da, aresnù ana ian eva- 
fuor per juiiii tienf tnier noi Ì0H* **■ 
dmUCù «Tivciiit eie. ( Si soliflscrisstro ), 

-j- Strgiuf ^iiiu j^gfld. Serjij de tu 
Judiee tèsili srt. 

*J- faiidat/iM /iiiua demvivi JfAuri te- 

f ATon» ^Uìua damint JafcosjHi C*' 
puani (hìij est. 

£go CtraslwHwnu jfihM dflfliÉni Lc«itù 
ftiadrij ieripai (4), 

— Il un diri urti di "penditi the, 
rappofljaJIW ÌD iransuBlo, ii tegge : 



Jlp PnUOl. Jtl D»Ulà fliùT. r*rr»hlJ Jk Imi 
d. JLs.LB «. tNl |c| Ut, 

(li Prtui«1. dri Atula rriUÉicn di CUwpoh 
A imilS m. t*M M. H— CU Utili Ci<Bf.ml IL 
rtriED LttUùDt dti iujdiju ptcMii* ad ir*i 



j'n(^iri VlLigllana diLIn Élilli Imjfù. PillDIDtld 

drl BtDloTiu. nùiÉlo tnif. frnJi"' d< 1>»« «"■ 

■ift- r.ii . tra, i», 
sii Ai'.ìit iirHItBi. i<ritm, n. f Ut, 
\r t Cut, urblT. p«i-im. •-■ «. 



119 



,*. Knlend. lunEI bdkl. HL ftnnaonir. 

iu. 11Bt r er prima inno c*(jai CtaiNc'ai 

lina lìliaa quondam l'ulti ila CdAùpi lulla eJ 
ìhcoiloniiiUj c|ul uior Olia i[iKJnUain J-n- 
ìijnrta !>[urnn(i , ramino! |irn nari xiIÌiIl] 
liginU hi de tari Limi de AmilQi Julien- 
ni ri PcLna [{errimi* nndrJphi frxLrihuH 
rcpiNlisi idìiIÌÌmk i|ii'-'n-H.irn >ilimn de Cini- 
ci ÌLpIII> [io r.aruwn, pejgulu quiuquaglull ia 
liLia, ci cn?!4nida, qut hnklwiL In Tll- 
■narili nel SuIJii'innn «il Ip-Jl lnBÌTldlli h Idltl 
eq>QK»R) ffcfli} ipuaniD J& timjriLeHc «I 
doni*! L'rEflfiM Poppl-rL 

■f- Signori traci! miini5*rtlj(lHiiaqi]0nd. 
Tauro de f upnivii. 

\ Slgniim crucis dibdu P-etro {ite) miai 

quondim JóliUiJMi di dirupi leUu. 

| Stesura crucia innnu Lumini Qliirt quan-- 
dBEl JnbBiini da i*J n eu |j i L-7 1 1 1 s . 

Kf-j J.jh.innrM preihllar DliQf quandlll 
Lfdiih i\.\ Li;i urti teifji-ii, 

— S-'-tl n In linuiioniioTio da' re Aiu- 
cjùaflsd dì Rapali, un altro ranni dJ cflld- 
ila farai [fi. la , & precisatramLil quello di 
DoEnfttìiw CarapitRlLL (jfarjiaiatctfai iti Tra- 
monti aaìii Ca a JUk, ma ì di lui ttflliuoU 
Gregorio, Ve»C*aJae « Gallieno, cmiutwi 
la hcsBTolaiiia suTrana dd, ottennero ca- 
riche- ed uauriQccaìfc, 

Gnic-ùnto , fii uomo molla caro i ra 
AITociM) 1,* T e da lui carata affixlàtt rt- 
njfalralore da' dispàcci t fatati pf*"Q In 
R. Game» dall* ^c.mrn,ir« ; e eia «di 
Irii^ra rnijia a luì mdiritLa,, B con dpaE- 
ala Euprascritta. : 

« ffiifrVH tiro Svario de Camjptìffla rf? 
7Vmmiu(d prrjcitritìflTi Jìejioe Oanuroa «- 

miw IIMEns «otwìHW «*d. (in Ini lÈtDJ- 

1 flÙeTCTO n'rw firri/nri.» de Campirlo 
dfl aVflfflMlTd JlrjfjPrururi Rtqitia t'fljtfftìl 
SuPlIfUirÙIÉ CPTtfW ■Orini iirTMlnn — Itt 
jttf* cnJn1e«Jfa ju/Jlciniita e[ Cfpdd'jfjÉfl ftio 
Icpfiitfi&nia neeepto pirnnm ti indvbiteiam 
/hlircùim r.imJfllflUfH 0* riporlo i* Aetù- 
l-um mujkh-uitl p*0 p ffTJft TK^Sfl fdinrfTfl* 
fiununirriat rx ittìl* et l«gu< ad imikIhjhi 
BaiiBjiiopÌHPn pei- tfniuv Ruan^npn tfa- 

(I) Cmlri. imiltH:.i mi. A' mmù édmh. 

(fi t* lJnri[t> h.JiolÉUiii Self, Militili lifitfi- 

■ùiu 4it npn * Jftgnrii puf. H*i diuflfficulq 



mimmi Jfin^idntpmi *; B^nMiJrHj ntifSmm «• 
nmilwwiitórii oim S«?f*l *t fUKitnTiWlHH 

cnn#«(if£) rr (JWitfi <?ndfiì aniiH eie. Datimi 
tn eJin'Wto jTo^paJ** tu A^iju^j iwirra* 
rt*t<tetiti<w tilt Xyi ittnufi tìtfth-jf V/Jf 
JtedtCd. OH. fJ*< 



— YaciccslBd Campile]]» di TraffltìDjtt, 
frflleUo di ci» Gregorio, Hi dapprima re- 
gin- tf-HoriWft in Calabria , a di. poL.ra- 
gioi caEuidierB di ra ^ardiDadda I. d'À- 
ra^oua (U31'f 410) h da cui Tv. inraatìta 
dal feudo di ifttt^te-dT Jpaia dcJIb parti" 
nenia di Policastro. ajoi dì qacltd di fife- 
lisa (CaJalirO eoa btitlu di conta ; ed in 
seguilo carapero da Pietra Stucca dd 0- 
rìaìa ]a [erra di ^Èngli'ans atì terrilo- 
rio di Collane cui altri fluidi — TcJaa 
In nioglja Luci* da ComeiUbulo r tid la 
leadd jiadra di Luanna, il quale tnlila- 
lavasi barouo di 31ttl341. Fu eqli malCp 
dft7ata Sii ra araganasa - a qchji'w 'mi 
t-^i Federica d> Ard^mtifl , lì jra(ùm 
-tìfwiinJ .;-;ji.'t ra?rfirm3ji«wm ffffliii Jfr 
luia ùi aaao IJ#(?. jìsiUe aiwd ea?p*n.- 
ii i!. One*!» futHj9lV« in i"Jtw GalHct] prò 
|ertsi'Ji'() «iMjJim Heaia ■ (I). 

— Guijna h fraHilb al suddetto T1g- 
Cial» r fu irtilft*, a reg»r> peroettara qeILd 
piQTÌDCie di Baii a di l'erri d' OtraùEO' 
f léfJHMI }■ Sjotó Teritt Conjianla 
di GngaaDO, la «ru-ita ara Tedo?a di lui 
ne] 1*94 — Ed fa il ava testa raurttn in 
TramaatT a h 27 glu-gno 1385. B di lui 
SgliOi DoiBJItno , ta sacrata a maestro por- 
tillQaia Calil>rJB h apcjLrùajiotaSnifltC*{Sj. 

— GiiBHArria'El Ganipiteilo, piiaiouata 
di LocCT'tO i marita di Caterina, Malea, 
fu piriui«ali conio d] Melissa, e ne] dl- 
tBmbrrj t5 i 1 comperò la lam di Gut- 
baca ( Bl*brn W, > dm tibia di Hv- 
ebeaa ; qiieatl feudi paasarojl | » midft a 
mano à'auiN discendenti in linea retta, 
eLoO a. fiio r rrBDCB&n CunpiLellI , fra- 



JfllÉ nnlrlii CimphilM , tenuta li p*mi>ùi di 
IXimeuig in * «ti* Al Gt*0ti* i 



120 



Idlo dì Annibale i n cpiale, a" B& scl- 
teraitre 1C2.0 ccmpenS JL pTinnipato di 
tiLron jjnJi par ducali IO miia (1) < — Mark) 
cralui a' 17 (fUDcaiu 1(24, e di poi il 
di lui flerruBDU ^SECondogcnìEo) Gio, Fran- 
cai», addi 21 migàLti 16&8; il priuci- 
paia, di StMBj&lj a 1 feudo di Maligni 
penamelo nJ sua Dipela materna don 
Eoùldlco PipaUdli, napoli laiia, dus ac 
ne tremi» neJ pùsks&u neU" anna dupo. 
lisumin rin i] litalc di jjft»ajifl ^ 3ìrw- 

In Njpuli, la Cirapileili contrasse- qd- 
bflissimi parentadi cab ]' Aytrlu , Tr> 
iaido, Ctofa, Sfol** e*, e tome i^ »■ 
poltura gEnliiim nell' antica e diaEiutra 
tliraa, di S, Linai iti Palaitt, odo cpi- 

D. 0. M. 

D. Pamjtv* CamptieUi", nureAio Ca- 
3ctyiae r «n pnwsipttMi Sltirngali, ti ro- 
HtttìiiH Jfclùsw , spalmimi ft** «i «■ 
&4liim a jflriGvH fiJflM injaniUJo dinijum, 
tu pittai é^-àitrt.i , .Imaruirt samum ci- 
rtcnlrae insfaurariC , fttìtflttoft fiaagM 
*wtfwiistìj$*jr; rti* tfivMM pwntì, Amo 
aalufci MPCH,!?. 

— Inoltre. DDU TJILiOÙ LLlus(?6 Deflii bD- 

sali ap-parisCA !b pitóauia D* Muo di Tra- 
Dienti , donde, un ramo di rbbb tnpiau- 

I J'.':Ì IL Haprjlj E,:il T-BHUil lini tul"LUÌ' 

autore Ajicjj&lnù — Leggi smo io cui pror- 
riajonfi di rt Carlo : 

„". ScrlpUiD eiL JuHHUrtn Tflrre l^lwru 
«le. HirlkiU! de Nadia tiiii nnap^IsLiniu 
ridalla Guatar Se refi. li H tiHlre burnihler lep- 
pi Iciut, ut tufii Ipj* LriliierlLerIgàn-cm de 

gfrUÉfÉ LfilliLaH, *[ ptfr>ù.ler (Li Lini él iÌÙTO- 
■iiiijHiii i[iui a.J Hiiniaiuin EMI ili DHL Bei- 
seli!, i:p|iTnrf< r :iiiiM quarti plurimi! III P*F- 
|iEi:sjdh , quamjfiqciE 4« fcu<la l*Dfll Culle 
maire icrrtat ic din tote tum alili ulJl- 

4.t> Qilvtin. 14 *■■ »— T. (NuM r . CiApinlli 
Httlf* u~i hL'li.Vd I.JJ. 112, Ut. 
(V Ei mm Cir. [, tm- tHflllLdbl.4. r- 
LU li huki. #ltn iIbgìi.13BJ liL r. hi. Iti r.' 



tlliuB BMp^lHùflh pr* frgitn |i«wliql|r> ci «- 
]iiiH lnMinrLucn finii in icjdh <cE .imiti j ?t 
cam fÌK)pm [nilitftllB el lisn CUfll poftilfl- 
rilnn ìb rmoilm» tallii. cirìletLii ci hifa< 
nslleiilbJE h ilplai[uf afriitLis *1 inirrilnu 
qaa p«i lempùtb |iur UOilTum Carinin ini' 
pOiiuBliir cnr,Lnl>iif:rr p rtti hcnipiiLi.14 ntU 
m*ru1a ramni j[iu.trriiJ3 jJ ilB Mi . ipHim 
Hrirtiimm rf*i ^pLflHJ f(»nlTÌÌi|HIE In nccdlct 1 » 

finn rnlillihiu iittpolllnnk» tit\w, eiui pec- 
mlitas. eufli Clipei EeluHatie pnJidùi^B a 
BfjputarlliHì cHitatia ei&dciD allquulcnua r:ic • 

l*!iùrl- DnLuùJ Cìpoe » ùi;ir[ij , £111 Li 

Ib. tio' al tra prgTfiflwiiEi del k Cario 
11, il legge, : 

"„" SfflA&qn «I Anflint d« Marlin , «{ 
flàriuclo fMLri dm df Hf*pntl rL Donnlni 
fìefilx BJrJlrnij eie. Voltala i«h1» ad ie- 
Klrnm fidici «iQlllùLlùdl, Il 4JtWtl«DiEBri Ifi- 
EaffrnD piiriLaLÉtu. t^uitiii lu^Naf ctf n Dr>^ 
OiLaUui l'utnr-m niisLrum , e! 5ua LluilAbUi- 
IfiT luk r/.rjiriLiLÌ!i fraliim faceti 3[ii:cLalroi, 
i|unJ p>auiLii Jiher^ inililnrL cin^uLu (Jeep • 
tìitI , rmn «batiate , quod tln rnULLum pi- 
mw -ariclncn nca iruiUti, qji>qj cunrarra 
lEDirunlBÌ tuia Usipaillfliiii miULltiu Jb eaJ- 
ìtah. at *Ulà i!TTilila rEuJIa, alqu« noalrirj» 
ptlJUrn hq|ici fait mDnibuj IìllùLÌBBi rùMl 
l-'ii'-rr: jiri'M^nliiLrTi ImpniLiniui ; jjr-Ébftiittl 
inUrnrj LkUrBfl iob Ì5 in uulgn ini LnsLmu- 
niura kìdc*d>iHm. SbIiibi Dnnpotl |i*r Bar. 
iholomÉUiB de tipo* eie. die 6 mal) Mi 
ladletloùii (Iteli) (3). 

La de Maio fu ascriUa aJ QBgdjia di 

WODtagDB ÌJ1 Tfapoli- 

Orw dJe.Jrla.ic] cxa ucIbìd fiuriaJe dj Tra- 
acuti nel 1121 — JVttata . giudice »■ 
dubIb di Tnmnpti pel 1311, indi creala 
iffliiild, Miscia ffiiidiw della iDipa Ca- 
ria io Napoli (13G1) — Pietro e» u- 
iapana di ft^sa, dUà Dei 13iT — C^- 
waDni. maturo raiianaLa delia iruyat Cu- 
ria r regnaudù Carlo LD. e Miil'erousJffl di 
ib Liilisia-a uni t3J0 (1) — Plpiiniafl» 

Juc. Carli J*tdl4l 1uh4 J» KiJln 4f Trimniil* 
indi' tiri »t»f*»]lu^*. i»m prtmlnn* ■db. uh 

<Ur, f Iftillr MpEI iDUrnll'h" Xmiwriàt il IriDHBr 

U ■ — M* rrgttt- **t- LaWl* tm, Ktf Ut, », 
{i-\. t. 



121 



de Haio di Tiamcati i fri iW&m sii- 
[nif tMfcandwtt i» tossii FtUiai mona- 
aimum immialium sub tibia aouclM Ca- 
ln*fiM( t (1} , rwiv cba um «j»Li*lla 
ll^nLiliiij sullo il titolo di £. Ilaria, de 
io Mo in esso Casata, davo ti muri del 
lGlfl— -Francaaco tiiìLtn rTitì» , altresì 
di TVsmBntì. fu giudice bqdiuìc del me- 
dfsirao luogo uni 13fl2 ; <! G-icTajipi, Tu 
TTitKIfl, giorecansu-lta, maestra 111 lionata 
della mogul Corto, e signore di (k-jJii'lu 
« di LiLUbrieti ia Calabria, imi UGU — 
BirtolomeQ do, Milo spasa Ippolita di 
Durano HglLuoEi di Ri n u Ulr> r il Guata era 
Ggliu Qi-LuraJo del ru Ladtalia (i) — iVi- 
MlarifaìfNard^, mtWa , dì Tramonti , fu 
anele [DBBalra Rastaule ed «letta per 

S'udì» del sedile di Hooligan nel u!3. 
a Fiualias Zc-rla *ua inonjlle, ebbeiKT 
li»! ni- ii i Gui-ranni si! Ang.tlù marito di LI fi- 
li* Waianta, e WttfJi'iw arci^rtiltì del CJero 
di Traamotl ani 14 51 a vii j rio g^ne- 
itile della, Biottsd arnilllliu; indi ele.Ho 
vesce ire di ftua.Gr.ia nei 14-15, -e nel liti 
fll traslocato alla sede di Bisuglic. TI 
cardinala Iiuiifo apiitescftto di Timi 
I' ebbe per sud Ticirta neperiLe. Ma. di- 
«nato ermul proietto di ultra gli anni 
aellanla. , quu ebe tTavnij Li j.Lù dalla po- 
disti ed affatto aontastro. ci giudico dj 
DOTJ potar più reggere uè Hlwderu ilio 
cute- della sui chiesi di BÌM*plÌE. Lmd- 
de :i' U ugreabra VII Indis ' 13413, gol 
ittn pubblico (3) dcuuaridiì un coadiutore 
Ed ena. sede al papa Giulia JI , e, nel 
tempo HtE-isa Hupplia^ilo « tAc, OÌÌfl- 
» li EipmnKivIflij nruflVnja, cnp&cita 
ii e$park'?4 d*tF raregic- dott'jrz don 
GUuifn {fa Moto ma aipvijA, ta Aunuiut 
Caria ri /B4M dr^Jiaia dargiteta j^f earj- 
AibUK, oèBj /Un* « StftóèinOiiB e — Un 
qiwl pottltUce, seniB dare lactelto ■ lai 
Bua desiderio , mandorli por caadiatn- 
ns r lyfljiu JrfJtìrt e pnllla don Fnfl- 



JJ l BùlTlIDI Furinr. Bù . Jil. 

KtJ Vidi tu, 1,- dL fBHL' iptfi , < ftMÙ UH 

■eli ;ij. 

Cui*» IHikt. Star. «Hpfen. yoJ. //. 



ecSCO die 9toCCftnsu3u. E sdl-Jàgcnarie. 
IftjtoTO Martin*, ^eduEn ànesicditi 1 SiWÌ 
ioti si tì trasse i Tramoati sui patria r eia 
due salii dono passi «II' illm vita ; ud 
ii di Idi carpa trenta a*l]a diiesa par- 
rottbiBle di Palpici, vedqb- ivi BappcUilBi 
In una caga di marna!» bianco, the ori 
TodEsi dÌEÌir> ut porti d>ntraU eap queiLa 
eptEallo : 

LìzrtHtìi frimai tlrruni tua tilt nterH t 
ean Prativi , bwrirtìit Omnia pkntì fa 
mii . jl-iì iHidtd juùqj .Ifijwjrnvi ni A - 
PIO ejiMeOfmj ^sji'Jjcsiia. candire feuit 
afM. In, MBYL 

— U famiglia feiviTo 41 Tramonti (Evi 
ostinisi }, fu uni ddEa più, anlJcbfl Ed illu- 
sili dì qtieslù lu&gu, Jaq-juie iliòancbciL 
amo essalo sd uo^i di a]iie' villaggi — Sin 
dtlXJIL ouì troTiam odd-JIj individui diqnE- 
sta legnarlo a.rcr ili userei Latu gli uGdìj 
di giudica b di bgjuhi , « di aver con- 
Imiti piitulcLi con rin/ffuaidaTOJJ fiaii- 
glia. e puraKO tu-Do stirpa di LuuriUO; 
ci della quale, Rinaldo Brintipe di Ca^ 
più [ Cfjlìo usturak del re Lulislao), 
die. Jj buj ùrjli-da'ip Cul/.rjn,» ad Andrei 
JMvilo, uomo do?!sioM e palridai di Tn- 
Tnonli. dimonLte id Foggia (4) — E I* 
starli i mula inloido t njiiRRta farrjirrlia, 
e ues-sun. [fcDealogiata ne ili flaara fitlu 
aroli, Impertanlo, i poter upniire tale. 

,nna. e bdccid pcrelia mia vada lIIl- 
riaTfflenlri dimentitató la cbuteiza del 
cauta de' Solvili a?ifjioaiii dj Trsmaati 
(dende poi si tramulsrauB iu Dìapoli, F^rj- 
gia e Bavirin}, farli capo dal pubblicate qui 
tre sciilluie anlenlidiiE elun jhkIbtiBì la. dati 
del U novembre 1SS2 , dei % ottobre 
IdOT o del 31 aprile UH, rjrjuirdajili 
Il rlVeadicennnB; del regia ior pstreoato' 
«lille due oippÉlle da' priùeipi Dur*t^- 
sebi , limala eatco U majggiBH Chiesa 

\t\ r*nL*cgl. dei dHi-o U zmtit Pitaml» di 
TriBHfl u. IBU Cui. «7. 

[1] T*4I te. i.* H fHfl'ipnAfurU VE. 

58 



122 



t tiU aftn il salita sigilla pcadautu di 
« detta cittì). Ditoni Heupfili io tribu- 
ti ult cùitrn S, l^uryilij dia nona rota- 
ie sii adobria 15411. 

{ iob>Mè Ep firma ) 
ù'a '. Eittiitii d*J]a 3lina pei Hip ubdd 
-Oralii» Sinfelico per Jìusbgiia 
ÀfllaiUd de (rQUjuro par Parto 
tita. YiancDin Miiaiiii per Nido 
ÀlfauStì d& Ligono per Parta uaia 
Fabia Snrjjeals par HoDOgea 
Amelio da Marina par il fedelissi-mu 

Julius Cassar CapacdflS secratarlua, 

{ tonti j-iaiUi ) 
la privilegiar. 16. 
Et in riiLlifcLtfl iM £1} 



L" iltm 6 »el tf pretta : 

i Jti nejifl Caria terra Trame nJi eJ earom 
d*Trti!iCi ("riyAi^.nij/i.tt-ri mudc-n, tTarapotrnit 
M- Mwenfnu 4 £ucaj JNatftoiu flaJtóii 
fraWa t; trmini J'atritij patria*, dieeiUeB 
iplDf UH ttfOt n[ Jegl'lim« d)H?cn^:4J<t 
HO suoni, tìtmitta AsaVfla Jr.lvib ti JJ - 
lui Irai, ùluhìm Caterina DuroJja. /fiùi 
Vitina et niftiita.ii an.vn.iJ JJ ki n'.«imi 
JVtTitì'pù Capuo* Jiinaidi iid BitraJio ita 
piatii fune Ifm/wrii intra K*oljlo.e, ti vii 
(twMiadfiniu ex p*o<&:tti fam* ti «W 
ni quesi pmseijìcim Jurù parrenfliiis /?c- 
jlm CàfptU&n amie Marina Pittata fru- 
iteti flamini printipfi in dieta tema J'fla- 
aùi* fuijoritor nuneupaia li cappella Ho- 
■fi-a ferrea!» una cu* rfcmUia aV) fla^a 
iéÀtiis Jfon tanto*, (;( apredicia guitidam 
Andrea 4 E £«!erÌM fonjujfilj» /ìiwsa et 
Min naJiim Pstrum. Jfir^nfnu figfri(nin ti 
a- fttdicbit Ptint Anla/iàa- [uàis et uh 
nolo* 1A1 : taurnariiiiTt sHiiurem et J* : 
dndfeam Jfutuiiat s( a Jn : £aiir«iiifl fi 
Poiana Ltoglt { dì Cila ) nui canjugt 



ijV" -^ : Andraaa fui! itmiiiiar UEoraituf K 
et j'uljjì. et tue naJo* Ja : flaptisfom, 
fVaipcruTTi et Je ; Anìanivm JMWcu et a. 
jjrtdJeft) Jg ; Daptiito et domina. JntanJt 
Cartaria fini uamr& isti noloj t r tFjaiia.nu»i 
Jtoiibùwro ti Faujs;]n<37.'i !.:t;t-hi, f i « J.j r 
Aniimia ac Pgmina AuGheria J'atumaa elu» 
nutra taw naks Jer Un*rt ni tinti *t lucuw 
tffiCfAeutrt ffdMw . »t Pnajùar wm fmt 
maratiu, ti a ptikta Luta- Matteo tiBu- 
mina fluratiua Pdfai» rjiy «idre sub 
nalOJ Ciniim il Jm Antonini^ ftAO «Jfl 
Afliiam et Cora tatvlùm naau* ad arecenj; 
et 0/utQ da piedicfij sirtrtÉEiH iprtrum et 
iti /utlkMM «t tiiÉiriùriani ùikndunt fa- 
ri, tapi aiimmariam iR^bnuJianan ac bsti- 
mPHiotem, ìi&TiMì beOhìflldri in/yalÈrip ■ 
E«ì iMtei ptWl tic ptivnt at imtand itn- 
darari, d*dit«n.(n emiua «mui Jio gIA. 
ursfjL made uwIi'otIl 

PrtsimfuJ* p<sf wtftfiariiLta Jiii dii« 2f 
vmtit apriti* JSfi IVamanti . p4Ì*n- 
f« Ut, 

— Di tilllbao. due toni dapa^ la. Cgrta 
bajtilaffi di Traionoli laauia picsenla La 
pnne EEalimaoJaJì di «Si dismdeuia , 
COSI decreto' : 

e Titti tumularla informaiiont Itìiìvm 
dipatitiojàb\u lumnvuHt jtt Pi^fù « ecf (f- 
(jh"iì pT4Hltta[to d^tmiu deeerniinui ai 
diclaramia cradieloa JroftuMl Jtì ; £ati- 
nenti¥irt p( tini* jVatlhtum flùti'itoi /jb- 
itu pùlrijifl! jiairiaa (aie) hatu-rc deic«n- 
{itnliam et nioiitanl « wbiiibws A**kta 
tot Àmlriv-ttift ^LiLÉù.ei Cathzrina. Du- 
ritìa tìjniu^iaui. front prdten-ti Attirilo 
j'pai *g- anaseripla Uva. at dfsoetufanjta 
wcLiirarnuj od" fntbiram rei PKincTwitn. ftoc 
tHHH — £,■ Antonini it trfftiuid* bd;^ 
Iuj 3Vananti — Arta>*ai fìam^anitu can- 
auitar tù.\ ieclum. lolum dia ti «icìhù 
majj f f I ti ùi iVanUttf Curio — TOflivi 
ruriniu pra Jii«draa unum. 



(Il Ltf&tli 1 p* : EimflL tu prtMDI. Ctfil 1 
fVbllin liHiumpta flFpii Liuru iummjrny 

Bibl iiiblLu pit T. 1 r. Ldcéih lUiUuum Bulb,- 



itra <■ Éldnn nibiiula. Cim in fieli cbIIuIùbé 

[.En,-:r,TiSi1 iiItk Mlicn tlt. Il JD Bil4* DI lufc- 



123 



— Questa ati'ss.i fa ■ : ■ L ■ 1 1 i n ebba paino, 
nata iu Tramonti sulla anali tHe, Co> 
Wina dj FultTiftiJ (i52i} ; ed aucr> in 
H*[ui5t, TcflVvasine^a cale» dclk S5 L ^n- 
ini nini [i di lotto al piiljiitfr, guaite ejii- 

Gmlirno flctofo flPbiJrbvF or£g meinrihui. 
£( n'rJuiura prafaCarLlia tnn^anrla 
tttyiii magishatibvs iJuleoOTrmo fimcti^ 
E( A. AnfotttD *Jt_ aunnai) tjwi intuii 
Piritiflàì Cantar fidila Ani jMtìììh. 

l'airi aptimo ór ctthi^w fencmcri'o 

Salii lii jm, fjf£# 
JrJtòw JuJii, attutii avita fi? moriiw. 
Ff*(riyu« du.Itì&r.fflu jKftdiiitìaifl pajt 

mi jlkIl 

ileru P. 

]p(ri(r6 F man trarrti™ ndk istori* ne?- 
ima ritardanti 4 memoria bic^raflc-a in- 
tPFM alla pEreoni di GuUiirnsii Bùl- 
firn Datili] nopulLUao e ilgtioolo di Gil- 
lieilu (2) di Tramanti ; Iraimt aaHuite 



■ 11 f.nfrtl.(.Bt4lx\aì'^'ITùp- Mfffl p4f.ia7M^n. 
||J| E4I4DI l« riMflLla I 1 lltltrttlu lljLId di du- 
■ L ■ i. rin r • 

0lllL» 

mnrlo a* I IMS lo di 
41 «avi *» 

I L 



TIhIhii1> 



Hi LO Ht 1WI; 

tMrt« ori UU. 



Ilio «■!>■!■ 



I 



Ala 

limala jDElfialit 

ila Jii'i di rriniifl-.il 
«! 1%ÌÌ; aWEW «il 

ino. i|.'t*j fluirli 

Min. 

-I. 



KllJlOTtd^HEIKl 
nauUrl TeuiDl. 



LI fiiputrio, cìk di lei scrisse; t cfte i 
Fatisi aoiw maiaflrìi' di Pisa , mj la 
i Vi ■ A- i J f ù. MpaMtws ttevt cswr (Ora aiata, 
f.rocchi' Giam/'ait iiia lìaltHa fa tt pfi* 
ma cJjd atmin&è a scvprin i Cesari na 
intuii dilla iVaiiiÙi delU famialit Udjin. 
NCaiu , t etd ttt uasMKm* chi andana 
frufaiufa rfelic nolùis BEltomrt atta juj 
/'aim^Ko; m* f -tua artr ^Ei farti mano 
lina a guai ffmpa a tale impresa ; itui- 
laiùp-Hus /¥ dn^i ajnpé^l* l'OfaMfo dulie 
tose aalicic di Napoli a (3J r 
_ TitiffiSHu si la «pel la cauilale la (io' 
ruurrjilaau o I" BicbLidop/Li , e- dimiofl 
tata de' JMÙ rioMiiiti antiquari! da' UdAfjt 
tool (1). 

Epjiura, qnHflto. JiManflriKJ iOliquOTio. 
prcltrjutEao Jii tuogiafl o isggEfirmcntB 
Ludi«id , cui jioa ijli 'instò h vili u«r 
racwyhcru- Uato mlidio mcEDoria atari- 
C04 dajli archlTJ a dil r^jUfi e nwtul- 
mcali qua b Sa so«rjitrjli a iraaasduli . 
POE meritaTi nu iagiu$(o sileeiioad db' 
ilio (S)— 1] dà lui Mud del Solvila non è 
libtta ricardtto ip n«flaa dii|ga»rio bb- 

flrnllco litliug 1 Ha. t iii ai- 

ciiro, tha tiumbattiala BgTrLlo, vefillls- 
simo delle DUlmtki Ul uOtriii, fo r uxme cEL— 
Cfmmo, luùlicainlE riuertltwe t BCCO- 
glil^rn di ddtlilPEtiti presiasi pur la filaria 
3 nlira dulie anitra reamui, e »4ptt*iM0.le 
delle UTLijim ddta Ikiaigllu arJa[DCJ!licii2 r 
Mfl ft.r qnaalo el fosso- aio«iro « i^n- 
dico Qtrralùre delle cose de' suoi lem- 

Si , DQfl poco credalo e fÌToloto al ti- 
imoalri deJId cporra Con poco diacer- 
Dinecta. i fitti d*' secoli renali, Tytk- 
- Asia egli reputarsi deve kuWola e be- 
nemerita per tlit (atto, rivivere * ritOr- 

DSTfl a DDTDUJ ÌWIA [UtB SCHttUra fTE- 



(1| <Hnr. Caar*C«a|^ÌBi| Forwttrrw pil 10S. 

ll-J K 41 Fai «taipjfr IL Ck<4f<LHl]l ;Bkiii]bAiiuJ 
JrJ'c-.'Ili irli ilUd} di ■al-ttila . a djiaaaa pn 
n-ic-ipLiL-irF di inrirl. r-.-iniiiri' *4< C-Hril 

■IB^ E ralriM M -CMh ihà «tutu 11 aul iu- 

dlllù di dihgr*dftja la caia nuiLEa, f farri dilla 
iMrnl Irnpp» multimi I ■:. d ■ 1 1 1 i lilidU Itili* 
ioti uri I! I 



124 



garati di lui raCHille, eoe infili ihilmenta 
wrfthbfirD andate perLiute, e massimamen- 
te qudlu ripiraiiuti !' iniic* Ducato A- 
fltnlfltniìo — ■ Nacqui; eoli uv.ì t"il) , e, 
passe- di rito pI 1.' O^MStf Ì5&3. Eolo 
Ul'SDOL ftgljiiùH Francesca dia Fu reli- 
girai luti», il quale, Eli memori* Jelba 
rir(ù paterno, lasciò scritte il seguente 
ricorda stanco {inedia). |] quale jflntul- 
nialrp varie; a pretiuse netiiie-; «cale. : 

i II «amor Gio. Ballisti Boi ■vile mio 
* jMdre [ti leneranda memoria fu por 
« naturai inclinatici* nolto cariai* delk 
I con antiche eùmceiDcnti la citta e 10- 
■ une di Jf apuli , 6 k «etla di Annali 
ri donde la biu ramiobi trasse L'origine. 
■ tur tuQrtfl iure Creato ftue Il-hC qoosl 
a tulli i Hagiatri dcJJ'ArcbiT in &oaJBdalk 
e Zrficci ; f *uOl quinterni « Bla*"- PI 
r pl-3 la scritture di' 8. Giorgia, dì £, A- 
e grippino, et 3.1 Lfi meu4*tefii di fl-ipoli; 
1 le strillerò di Mani» asina , della 
e SS. 1 Trinàia della Con , e della 

d Olii et influite ichtda di notori 

a. antichi, 

« Mentre risse In Btimttn come CU' 
« cala; né dulia stia buc&j. Bel mai casa 
< pregiuditialB ad alcuno; et elisati «ri- 
d tari ilopn In su» morìe chbern i ìuùì 
e aeriti nelle mani . nnlLe Lem opere 
g vollero antan Liurt ajad che diaawn 
a «n citarla., «me ai «do io molti li- 
« bri dopo da.lt ikle aUmpe. Ebbe djdJ- 
i f assidua la penna ueJEn meni , acri' 
i T:=ado quanto li parevo degno* di me- 
e noria. Far il din gli Tennero pieni 
a circa ad volani iti «Mi tìiiamoti Va- 
b tit rt m THwaa, li primi quattro in fo- 
>- glie, li line uttiurl la i,', e pow ffl&n- 
i ti ebe noe facesae ance il 1/, EuLEi 
a dì uria annieriB «ene ha delio, e UB- 
4 ìa ordina , pnrebe lotta la ami min 
e era d' istruire cornei buon ptdre nud 
I cjnmja a»ni figli. Bi risolse di «m- 
e puma bIcmì ULri , da. tw tfLkniati 



e Begistti, e delle «se familiari di caga 
E nostra. 9' indusse a wmmenEara eoa 
Cronaca di amali] mia-ascritta , ritro- 
vala fabbricala dentro ma muro, dote 
ai faCe-va menliu-nC di rnolbi iaiorioan- 
ttebe e di longobardi , par venirmi* 
indi a poco sino Bile curai minute del- 
l' ultimo giorno torrente M;. C L aa 
comuJ tre flerjiairl, mo Fu sopfagìntìto 
dalla morte noli' anno cinniiauteaimo 
aerando della bili eie . al primo il 
aerato mille: cinquecento novanta Lrc, 
esoenuTo ub anno primi e poco più. , 
morto il lenu ano Aglio pei nomo An- 
drei. 

r Dn mas. depo la tua morte ebe fn 
ali 3 di settembre 1593, io fui Fitto 
dsen& di entrare in pesta santi Efl- 
ligicne (TVaKitaJ, et iu quieto, cada 
da' SS. Apostoli, essendo ni anni quin- 
dici.. E mi ricordo bau*, efen in casa 
t' eramo li sudelli Lio Registri e sei 
Toluml ; e di più nn libro d'arme,. 
Pcrcbt quando i\ giusti il tupportiw 
dell.ì «ibi da Lottredi, in eaae 111011 
dipinte lajite aiTH di ftralflljf; nobili, 
chi Le Teca csem piare da un puhrjl ioo 
lutare . e poi per *nO jtìJHate-muo li 
bdIsìOì con i debiti colori, 
n ti] pìùi fi enno libri COW^oeli da 
aun o par lei meglio uccelli ; come 
di aoUHal di UH teutJW, di PrTFvnr- 
bjj, di C04O giocosa e BomJpjiiBnli: ol- 
tre altre opere, di litri autori , etimo 
I" Annali dj Gi uliano Fasaaro A tutti 
djihLLì dnppo La sua morta SOBO- abili 
coAfleguti MeLiaaLrnamenlB. alla Gasa 
Santa dello AnuunLiata, in tMttitiooa 
del a4n p4rtieai*K legoto- 
a Sepl li ntEtigii del morte nostro 
atgaor Padre . Il aigaor Antonio min 
primo frateUa , ma «litro In alita di 
quello. lUTcafk molli amici, tatti ne 
cffirapiacfljun eoa larceli Tcdeie r e fera 
comare : et dmJ quelle LatigLu- OOfflia- 



(I) IL Erìitte wsrìwm f*n 1* tMìu» mII' idlu- ai UUdp, A f É n i ff farri Migtf Ibmi/Ki- 



125 



( nonio od emir polilieh*. Tallio pio a] 
< mese ili agoito lSDSJ mori il 2. , "o0- 
■tra fratello; et ultiinamculfl iJ sudali* 
Siy." Antonio ancor esso Dui t elmi 
giorni J" anno l&OQ, rilrovaiidonii io 
io Acmi Illa studiti della, teologia, ; 
lavando il tutta divc&iwi in mano del 
eijjDftr Paolo coserò quarto fratello et 
homi* di tutto, 

i Fa ukoi tao Peate per dd poto 
liberale ; mi dappc- tinto tfeìOEO, che 
uà indie tua db toUs compiacere. Mi 
proposi di* dandomi i Begaatri , lia- 
tesai unta [a Cronica Latini, a fatto 
latine 11 Gommantiriù- del alftaer Pa- 
dre, et deietù J>Indu ]" narrai diti 
il luca, illuatraudu cuoi it ìtug nome, 
4 rjLùvitilD ti putdito. Ciò fu doppo 
ets*Tfl italo k in Sicilia, Hea fu mai 
po.^i^ilf: , u perche, si Fusmi agC'lu ti- 
fato della ipeaa etiti stampa, o per- 
ella DOn are&ae iheso if [ dm tutta quella 
nfTsttJMe Lbu dorai; a per 11 91» Jil- 
Lara irresoluta e timida , o per altti 
Caiua dui me non pencEnla. Li richiesi 
eoe mi ajBua lille rode» -qu^t libra 
dall' Arme ; e tua gianmeota mi jf- 
fermo pio. mite di uod ha?Exto L Dia 
Sa, the ne rossa fatta di una gioia cosi 
pnaiu», e quii fine, hareue □.Tuta io 
priraraena, 
a Da quel tempo. UHI la Staio *tm- 

Et mathiiia.njdo par l'acquisto di quelle 
tlgfae del nca-lro padre n per la po- 
ltra hLhllnJtci manoicrilla. (aie); ma 
sema ciotto. Et «CO U «iguor duca 
di Medina ricenù di napoli nel mse 
di d iterai™ ÌGÌQ di palccu ( prt- 
jKriralametìiO IDauda E. Antonio Ni- 
varrete iudilor del campo SpagaUolo 
C4Q tini Guardia, in tu di GioaeJJò. 
di Fumo « li prende quali famuao li- 
bro dell' innf di tutta quasi La di' 
Ultaila, t o aeam ricognitigne alene* 

Ber unì | itila di preuo hulimiLilc . 
r anralsj dj questo, persiiadeadutui , 
che ad Lstinu di qualche Antiquario, 



lufTenlirro potuto db giano far Io 

stesso usa, e scoia bevamela fralia,. 
Come tuo tra Etinidu soprammudn, el 
haiea molti danari cantanti , li face 
impresaiMie 11 mio diaconi}, et dubi 
l:.:.o 1,1..- ...n. | occasiona di cercar 
tulli i niSModlgli venissero a scoprirai 
i dinari t per occasiono dj quali, sup- 
posta Ei sua solitudine ci cohIìqui u> 
rermiiA , Baratte «Laici tspaatn « ru- 
berie do udri , et anco alla perdita 
dalli vita, ti riaolaa di farjiionG dyao. 
a fri L'ogiva dell'Epifania del 1 G- 4 -| 
ini oanaenjae il 1.* H*giaiJD b ma diali- 
{T4lo a nuLicbuTale db]la ietterà dui fo- 
gli ; et il 1/ mancicTolo doUa meta, 
coma ai ava dulie Duetre ilucncrali (ait) 
dolli fogli, pur diaejoltOj e li iciiui- 
Inmj, Io riceverli dod potei tritteoer 
la lacrime ricordandomi con quanti fi- 
iiga i| nostro luoa Padrua aTéa eom- 
piEu il 1* Itegiatrù, di p.bso ufcllfc po- 
atllle dolll -altri spesso citato, 
e Volle giuramento da mo di uoo farli 
radere i dè-isudo Le HU3 TlU, Ite an- 
elila di rommDQicBra illi cu num Ba- 
rella quello dono, 

i Nelli G Registri, nastro Pad™ notò 
molto coaa dafjll irchlviipreDijlili 4L 
hOQuI. iulorao ad elcune famigSle; essa 
temeva di ojuukLe I ned elfo dagli in- 
teressali, par parai asposta La liifljo 
Visibile ss non in tju. r in marte di 
Idi e mia te loro vergogno. Per que- 
sto eaao volle promiBaiflcu da me, di 
uCancelLarc ogni cosa di prcgiuiìLlia ad 
litri per viver quieto, anco con ara- 
tura ovuLuteBte i libri tutti Tiniclteo- 
doscnc a me , par 9i sili impatansa 
dj l*agtre. par il utìl d'occhi. Pen- 
sai darli quakEio loddufritvorje* parte 
per gjratitudina parla per renderlo ijulb-' 
to . Rifeci il 1 .* voi urne , perchè fi 
trovai mo| te tese di &*nti. the vi era- 
no miDOdcrifli Della nastra biblioteca.. 
Nel 1.* e £.' Vtfunie In cui vi eraao 
motti JegU in biiacnc ed. alenili opu- 



126 



f Beali dì aUri talari. 13 fisti lìgare cia- 
i scili* aepaDtamsntfl; anzi bo noi flt- 
t tono un primo taro», rcatindn ielatti 
t il 2,* 3,* n t.\ bentha questo pria» 

a lana , mm 4 gasilo di* fluì citila 
4 ottlc poELilla par prima. 

i !5vi|iraiflunli la irapravise sua morta 
i *ELL 15 nav&mbra H3*i, felice benolifl 
i JniproTLja , par*oà cri pfirFfiLto eiri- 
C Stianti. cbsIhsìidd di tìL- , nemice ilalla 
e TObha alimi «1 della mornioratiooe, 
i Pia bitulnlB patovi Begere, mi In op- 
ti tura timidi ed irresoluti lu Eicctb tale. 

f la vili di lai liu tcdutO detti libri 
a in cimerà ; Bdeuo 11 ponga in libreria 
i do H Dunuinrpl., ras non ti mito nei 
a Btili>^c H ne li ft tedtre- ad altri; ri- 
n CQrdftralfl di Annoto fece il Sirp." Conta 
i i|i:2ìi Cena , nTcliontu il Siy. r Duci 
i dj 41 cali il nostro Tosso originile, et 
a il dottor Birtatompo Cbinefiirello col 
t SinV finca di Medina ancor Ini TÌcero r 
n per il LiLrn M\t arme del Bepo inai 
i più ritornata. 

■ Che ai m> fatto dì lauti, acridi {fella 
r buon anima di nostre Padre a non In 
( poso bdOTLniPÉ, So bttie, the la si- 
i guori Sfinì noitn eonslli pit ioli* 

mi ha riatto, gaalmente, avanti ch'io 
a ttnuaasi di Lombardia., duo fa aLli 35 
d dj nuTcnitto HiA. Stand* tH ndll 
a ea»i del manimei dì Cilflnarn (7) r 
e baca da' Pisciceli!, hiitm più Tolto afc- 
■j ceaa fuoco nel cortile e bruciateci delk 
n carte (ti). Se et «ri cow di momento, 
n ae ne Mti pentita, et Iddio bEnedetto 
a glie 1" luTari perdonato, Pnb essere 
4 tue a 1 incontrasse tale incendia quando 
a lui «a «trenta diligenti* TcriJlco noo 
e so cine parentado d'ano dfi'jiotlri con 
e lt Caaa ili fiorano t et cejj bavesse 

1 TOluto sopprimerò tulle la strillarli 
1 ebe, partii no II _ nostra (fescendenn. 
e da. Amalil; semplicità par eerlo assai 
j flriinLo p coma ae -sj IJ paLessei opporrei 



i il disccndare da (al pirte, con f Kar- 
( rannidi., Capnani , Brinci!, dal fljn- 
i difiS. ArTTJ itti . Grisoni. Frena.. 

i £ poitha nn giorno io noi djmotìral 
K Li tu 111 a unte di antichità diflcornandja ocj 
e predetto miti fratello , egli per com- 
ic pianarmi mi diede tutte lo scrittura 
i. folle dotte racatoTata famiglia eh' io 
r conserta in mia camera . 

a Ri san dubbiosa del loro desili» 
K dopo la mia maria, essendo ebe eoa 
1 II morto del suddetto mio frateria 
i Big/ Paolo, rimane «tinta li Dualra 
i faniinlia ad 11 nostri) ceppo,. 

« Sicché tonthkdo-, eoe li sedetti scritti 
r del Signor mio Padre di frana me- 
e maria ai conaenine con aegretana di 
4 tiiuaque aocccdcri In Djucata olilicdieii- 
o ss, (inwHbca} cella q-i^te al presente 
b io- mi raljtrare ds ventidue 3-iuii in 
4 qua BiMiotoevdo della. Casa de'SS. A- 
n pentoli ia natiti; e (od scriTO alti 1 
b di fèbrira 1842 l. 

fafi.FBir^B»fioLirnCBlfiuco tUcoLill 

— Ed b Tcrt : il ricordirEi degli no- 
mini CMniciii, ebo enerarOM altra Telai 
il propria paese ; e debito di nratUndi- 
ne. £ quatta debito Jntandiimn qui di 
oomrjier«, onde non iadl perduti la ma- 
rnarci di ealflra eba imaraioao ae' diTenl 
tempi la loro patria. Egli e pinecbjè eoin- 
proTiio h elie ùa' secoli andati molta * 
mette illustri fìmffllie di Tramonti di ih 
presero D primo volo ; trapiantandoli 
principalmente ne"s«ca]i, XV XV[ e XVII 
in Pnglii, in Nipoll, Vocerà, fon e*. + 
eie 3(Ml*DDero oiidkitoIì eiriebe a mi- 
oiauralere-. Tra easo xa noferuta. la Vi- 
Tlouijo. orirjioarii dì Tramouli, (Ila fu 
ditiaa io pia rami. La pit latici me- 
moria efee abbiamo di eoa ci Tieti eei- 
uifaatata i a una pergamena dcJ] h ajma 11£4 
ladii.' 1E in Tramimi) (I), in. Cui tro- 
riflin uamltutd i ^ohdxwu /ttiuj Sani 



[I) Ik inhii. iceIb. fejTilLtbi. pttjtn. ufi. b." tu. 



127 



Vitallani 1 puasassane dj fondi nisliti in 
CUcl luogo. 

— Lmfi ViTAUUAiiD, gLurecnasulln ili 
Traronuli fa da G'mtruì 11 dichiarati] 
tupjta.uu di MolTeLta [àci. USI 1 119] [1). 

— FniMiEBù VtTinujjin, notaio- di Tra- 
sjw|j e BjjLf u-aLa -d i Gabriela. tramijlataflL 
a Sirletti iDsieni «n altri iodi viiM della, 
riviera «mdlfJlaiis. . «mceraeTtì colà alla. 
fflcdatioM del Mmtc della l'iati {iZIS), 
di (Sai jub furano BlucìlO AlnfEiinstraton. 

La stesso- Jl^rifij,p*ro legù » quel Houle 
ducili contadÌÉci p*r duo mesi La setti- 
mana (E) — Altri indiridiii di OTiostO 
ceppo, di TrunoDti passarono a dimora 
àa WBpoLi ( Salerno, Homi*, CiTB* Artidi. 
S. GcrmìUD ( Casrimj > [licato , Ritoa* 
lo (3) «. 

— tra MiinaccB VaTiourKo dì Tn- 
monti, ara Aliata del monjalero di S. Ni- 
col* da CvWuru (*) n«t It^i — [Min 
fcfUa peDEiflck Tien appallala t Vtwtf*- 
fritti et Ij^WsHìi /ralrr ifaduriiu ttW.aa 
S. Svolai ót Cflrtwwritì j*iriatofi.itaiiii* 
Disama a. 

— PaQtrtlfl Vmoiitiro , naaflnblt» „ 
ilgJtuKjlp. dj Toóndaso. crnfeio, in ariuda 
di Tramonti; fu dippriflii ammogliata no- 
WLwcnla {ISSI), Ed ebbe unica figliuola 
ciriaiMti Ippolita, spanala, ad Orati* Hu- 



accltcla napalitano del sedilo di MmUo- 
Udb, CgtLo di Cosare a $1 Cumilli Rocca. 
Pntpnt> inUntu, divenuto Tartufa, itsLl 
E' abitn chÌMa$Lic4j; addoLLaiossi bau pn^ 
siti in ambe Jn Iejtjtì, 4 iJuLiidi diTCGon 
prataro^rit] auoaloliea e TiearUi gaDUMlÉ 
del cardinale Mirto Csrnfi artifOlcaTa 
di Cfapuli nel IS-B8 — Indi r'H aprile 
dair 1.41110 npprEBRn- fu trcdtu VtawTO di 
Uisignonn. ili Calabria , flie poi j[?arjta- 
Mamcnto rinuncia liei 1 J T 5- — Eì mori 

TC-falr ]' 0DC.H 160Q r fl 11 31UL lli]IÌUfi-ld Jjl- 

potltfl djf ciioo di Lui creda universale (5) : 

— Al jirc&cn£e r mooiignor Fhiucksci} 
t'iTagllud df Cava [ già originaria di 
Tramonti ) d inaigne muodìCìj IcnJogo di 
tuftLla ottódrab (tì) , *■ adattì testt da- 
gnjtnHile jiroraussn iLLti aedi episcopali 
riunite di flavo u di DitùnEo. 

— Gjb. Vinca» Vmgmiio Djlb di 
^in.lauiu di Tramonti, ad aynegio dottar 
Laica, (i&snoatuQìi in Ascoli con aua mu- 
gli* OttiTii FanUDcUd e tiqh ( ISM- 
ISSI), era diTEnoft iurujjtiùtiirin di suiti 
IntiJiraidi, 

— ■ Cujiiti al mEElo^ata Prepara trf 
Sdmoi di Budgiiiiiici . ori VcspaBiauo ¥i- 
L^lilino h natiTDi di Trafflimii C domici- 
liato io. CTupolif a?e ioli* La hioa;udGé- 
Eouuni de Maia di notiti legnagyio ( f . 



[tj * fi*lilH ih* L««l TìtiEltw df TnndDCÉ 

/HFlprMp DéiLi ptftrt Eh fBH«J.ilfcr fri pjlrf-igni 

h'piB^iii Ljp|i;iB*l 111 eItìeiIi UHpbkLie- * eie. 

Di Tal Ci rhhiibtar il rrin !*Iè B4l ti lu r^inr. iwi(. t,* 

ItO V. Ftine. 'Plùlu 6* |.pdp dpi'Jf riilTtmj _ mi( 

«tHj Cm | r™j#J[. 1 »iB ^t Aiùf tb_b i n L fJ 4i' 

■orJitlfl -. Ohud ValdBi «|a||4 k[l 11 blHloEf» 
JTllbHUlHi Jl (f| P n|<: td Hit plf. 11. I[|, lrV«MDli t 
n..mi dlTMdJLcik Jl 4 uk1 UH», rEJ 1 q-Jli nniF- 
MDIF FrLll l r.eiTld*! ■■■LOUiil nuli 4«ll k ChJIU 
d> Aviti, «I irjnn; ik igtllp FlWpitu Tilifll^np 
di Trirawli - Ci KlItEl tlMnnicFln Firrl^uu — 

fiutili empii*!* — Omn vpifikEtlIi. — BilTUpr 

H Ctalnn — KtEtlDa d'IDunln— AKJrr» dlE^É 

Il di AmiiD «iF.iurr lamino— ihrt», ■ i«g tCltlI 
I" t.rmù Sl^lv-liMI Cittiùn, |Hiaal|Sl|»4 r TlM if>i- 
HRkiL4 qui ftonitol 411 quel MinU [ dtl 1 

OClait i.lifll-IBMl. iti di I DHUbrt ! 3 ttfi- 
BflJb a'fTl Jrtttt II ■□ddfLHn HH4 ? fui inni 

ì .i^iti.iD. . ircn-. .. |u 4 CCI*:VU ;idh*-iF.HV dJl 
a rtbLrji* » i «ni» iratut wuia c^ncirAi'rtT 



f*r «1 tot» PPBQ. <l PEtIlE4BIIDSjlltLcr* Liminn |- 
»»Hilir.» ; I dal S pmiqhn ! $ fcbb-fiio P 1 ttM 
friart l| iqJd^LlO [■[ U.111 TrMjkrL Vi l«(jlipi.i , 

l'JJ IMf ura+uLi f hr orbimi fnm i' iduh — 

LCUitulnpin YriljlltM ByliUnln di CILi l'iflcrdl 
Aq.Mli Gkidinn, Intrlb» dt Lucrnlj BJift / leu ti 

41 Tnm,]rni;.. HÌlmùri» tpq mi nitrii |p S|WD|d 

m\ iMl-lli?, 
h*J ^uUcbiuimù. 1 riilSi lindi irkuULe «Ili 

I>IM(J| Ami^FlLini 4 idIIé JlikuiLL di imi mpnt* 
**t i^itult II intrida 4\ F*c\ùi, s< M «(j^hiu i 
r»*irL di ini jidli : ■fiMflBWM hmadliki 
d'I wiwfI ldfeU tH innrangg «rnt"]ldi r 

■|B| P-fiJLfr^1, di|| nOUl* Tullia 5jlinr, di Tu- 
muliti u, IHO ibi. H T ,* É |MI I» dlEeCnbnllB- 
dl£. EIV. 

(0; 1I«JE4 E#ùaina|« || h ItlID ElBàblàu El. freu- 
IilH TlLi|liiB» di Ctki , Uifitfp in JJ, 1"<pMhIl 
wtB.. .Tlrùù CLlUjin pi f-.il |(|'](' ; iluiri iirnkp 

ria unir, iTrt— t. JihA abfniFwum. S. rii*. 
(fjiBi Migrai lftppa\if»MQt Vniktf iitatii n», ild. 



128 



dinanzi f4j. lofi ), flj in iji^sitl pelli 
pairocciia di &. Giopgja marjniorii a" i 3 
ott*}ire I5Ì9 (i) — aiccomt MiitiiJaJliad 
dell' aratitn Ditatu AraaJiltJUio, ti fece i- 
**anH. presso Ji Regia. Camera di tbIit 
pdcre jirivtk|jio di ci n'Ita EiaeoliEajH, d| 
cui altrore disfiofrenirto (3) — DJ lai 
domandi mi aEibianùft ilnr nmciiLu auLCa- 
Eico- «d tirigsatle, di' * in i|ii6ftta ftjfmii 
# \ * Si f* feda qua.UnQD.tfl medlanla 
t deereLa ìEiicrpcisEiT ptr h rcgUt Canne- 
i r* aij 39 de àtflrjp;Lfl 16*0. VotjUfe' 
a no Yitagliana è stato deel in tu aita La 
i ^ terra, de Tramonta d.sL Ducslu de 
i ÀmaiG «E KiHS& cittadino nato in la 
a temi predella et trèMtiBte in questa 
a faiUlUsima Citli de Napoli pendone 
a \t lite ira la rej> fccu, el quelli da 
a Li etisia ita AmeSfi daicre godere tutti 
a pHÌTk|^g|j É IraDCÈuti n , gratin , «t altre 
e eicnipEiinij tM h»DD.ù floddle, et gn- 

* denti t' altri napolitani mejijf e. ebe 111' 
i biliri fa detta Citta da tìapflli.. deli 
« quii' hflaiEatiiMe ile debbia portare in 

* Li regia deaera feda dal flap ilarm de 
i li piana dora lubila. mmt \&<ta ki- 
i bllaLu . flt Rabica in. dotta fif(à con 
e maglie et fiaig'ia, ollrameaile, ddd a&li 
f obotti ti detti frustai Lia p«f aaaer- 
f Vùnlia do le. quali ira Tiriti de detlfl 
n DerretO nt* GOdb stntc csperiile per 
« dalla rejia enmrH-a al Tallirne- del dettò 
i Mesa de Maggia t&flQ la debita pa- 
li lente lettere de rifiliti registrato in 
b Cam.- 41. n." 2fl Q , ftoma da. delle pa-- 
a leale ur. ;i i n-j.l i esibito. Li eiinenli resla- 
« Lara al preaentoule alili quali se baìlbla 
e reìalione, at in fede la pjeacnje. ai a Sr- 
c mata ei jsifl filala del «jìLLosiggiLlDi dal- 
b l' infriacriUOi prò magiatre aflturura di 
a delta regia Camera, Nespoli io aadenne- 

^1| Dilli \lt UE40J MEdW 'il Ripulì QlMt- 
lullriLJ Vil> E luDD r burnii il Ì- T jptllt 15» 
nttli pim:<hli di B. àr* atipia ijll aratati; iL 

filili fa |n i ilti"rdnl»- . 

(Il fedi In. l,' 4M li hcueiIi dbuj . i f»i£ii 
ITO Kftt. 

(Il *"■ BeIetIot. LTIC bt. )W il 1030. 

jt| Vidi ftJrtl diti jlli »L(rTip* p«r Ti (ijnnrJ 

CuHfL ifiaar «toc. 4**m. Y*L U. 



r giacimela. iit^OJcceainrEs ili fi — 
< .■inìBJviuj — eugcllnfl prò mirji*a,iro atto- 
>T rirn — Johan. D^minEniLi Sengearai|].Lju; 
4 attuari Us — JatuliiE Russus a. 
(t'H «jjMftiu >, 

— PI OlTJTL'j VjtlCLUUlBi tJttadJDB QB- 

pctitiaa , UgEiuglo dì Hii), Girolamo ed 
ariflirjiirl u della terra di Trarqaniì, pociia 
afltiiie d aTiivialW dilla di lai nla — 
Tolse in maglie [npolitì Orlisele, efee lo 
remlfitte padre 41 OUbtIb inainrn, di Gi- 
rfliBmo, di iitnel*, « di Ire femniiìt ; 
i : - 1 1 ■ ■ , Ippolita maritala a Ciambittiiti 
Ituraiiw; Ter*» a Cesare Aniura di Sor- 
rento, a Cburi flliR fu religiosa, prefetti 
aei rnoaislerfr di ùeaù delia nuiaacne- ■ 
porta S, Gennaro lu tfapoli. 

— Orario jerunrfl . nonii> dovitl^H e 
MJice Vcutìt a More , eoa cdunjwraTQ i 
{cadi di CampoblssOn Oraliao, Fcrrtuj- 
aO, Jdsi a Santa Cro« ebe . wa tuo 
ttstimeotu' mlili&o ini 1 Ingtia 163Ì (ì) 
tarrab di mai feudi un fedttfrttmew-u, di- 
l'biinrtd'jpe nsafrattairii rapatili Eran- 
eii sua maalie L» — EL Cu. uccisa anLla 
[eTriu l' n ri rniuitnne dal Mj,un,ift| lo ( ] tllT) . 
Moltissimi nunt iirimi eri slato egli ag- 
rjrogita al Patriziato B^aevecEariOi ne] di 
1(1 febbraio lliO 5. 

□TTiVU Iiuiiu di lui Qgltnola, fu a- 
gregia aviociEa del Toro DiivU'liUau e aom- 
niJtBUEe atiiuBtij dai aaci eanciUadial e. 
eliEati. n Haniejjilo dj Ni pati elbtì tanti 
Oducii ira lui Pbe aflldoftLi le eause njùi 
rile»anti di tìSu BEnanaLstriEioafl — Por 
nondimeno , non minrjracirjli emuli e 
competi lu n nou meno TnJcati di tal nella 
afToctiBrii; e \tt queUl Alitatile Carie- 
aiolo e ijìu, (Jamitln Carica , che il dir 
del Eimga j legiati D'indrnl. [i] t la ml- 

ViiailimHn-ìraiA i' éutM.\ £ fl>r«*(W tatfn ti 

tvni* ili PofltaAtm * b «t# tv.'itit. ttììt f'Cp. 

■irli Jirid S. flirti ITieUi ■■ (rvpla ifj rfjMj^ *f r ^- 

r'ipf'li #1 mtrila IMI — fm- flt tìwaimt É m+ 

H* fr(utctrpt jr#ri* — ftl^fiuli InrrJM — ^ifJ. 

CflfmW— fj-BIKWIM tìP!T*lfi — ^fi^ip» C&f+dff. 

Ul) F l'Ili*, d 1 jLiird. EhSIi Mizriimm, a «mrik- 



129 



perirano dì jrin lunga nel peroraro », 
Ha cessini alerà ebbe a pareggi Brio pei 
oatiUi «1 inaurili; a p*rò il Giugliano 
con-sigfLiiva sniRotR i suoi r:li-snti ■ ivii- 
Sirfl i magistrali nurrniarii nella loro cau- 
se, e tiù gli attiro il loro odio; i\ mudo 
che- Funli di MUoola i poter meritare- gli 
Onori delti toga — finn p^rlanto, il Vita- 

!|Bhh età datata d' inawao acuta, pro- 
nodo e »jfKe, 6 Tu audia gran «Kore 
dc-ila Italiana lettor* — Nel nt3»prttn. 
Napoli per «anta bqd- proprio una, lipogra- 
fti nelli Villi Titti* , l alle porla, in cui 
impara» «pnjlHMJitfl I" storio rialto di 
PiÉfr-o ffurn-uoriB (1). Dio pare alla stam- 

fi mi: in jllefiEicBi fuicnsi negli anni 
Hi , iiao , mi , ma K UoOe 

1710 (i) ; ma ia qnHlo uJlima man oi 

usci di fila, Wn fama di unni tcalo, mon- 
desto, IcHcmltì e 'buon cittadino-, 

■ — Ed JDiCrOn nessun allrm ]a<Kjo di gufi' 
il» r?gioEie crlhj m^giar matto di uoml- 
ni distinti per Uleoli, per dignità i per 
uffici! a Wlirrenla di Tramnoli p in cui 
T'ebtaro More natali, o cito vi Lraucrn 
la. loro origine. 

Oltre ilT«cc«stiT4 numero di medici e 
d| untai di detta {Madl-tinna (3) Iti prodotti 
in ou/qì Clà ; altri io dimoila a giuriapru- 
detti* hciirneflle quJTl od dime li «E- 
luppiroao, CQeatefl in fiflSQ' lii-ijii la alena 
discipline non abboni cha pocnuumi cul- 
tori. D" Bllroid* , sèmlora. che il kewe 
onda foderano «desta principili r.imi- 
fllia appresso la 'Corta, faceia ai eia a 
queflll Haiti sultìdlo si dedicassero, ebe 
pi*, di onori ITBSMTQj partufiLo. 

Or ceco coma ia cadeatoi silfl mantuoaa' 
un li elber* dm YewoTi h Ministrati, 
Medici s Curiali. ITE ciò paia *dtok;o.ki 

CI] Ur»«w Hhwlnlinl niEBHtt iMHlild iif\\ 
ieimcdm Icfill 16. 1, pif. fi. 
BJ Idi» u. Ipn tot 

rll S* iindllJi iiigEPÉllMI, M jLÌVl.mt rldrft- 
dà agni rirTiiflIi Dtiibh 41 T'rimMil pr»tu»- 

H ID 4fli III iDUBBirkfglI EUIll p di 1 l|ùlll rtùU 



esageralo, quanda IrovEiran 4rai da apj' 

Siaopr* ni kltg.1 Scric di prelature e 
i ffeoto lanata ed illustre, 

— Aibbwiq iloiion. dottor* ia ambe 
le leggi, patriiio a a,»tivo di Tramonti {4}; 
inco minatasi allo itatn chiesastico-, Fu dap- 
prima parroc* dal rilbyflio di Cfisarani» 
e coppellino di Giovanna d" Aragona du- 
ciewa di Amato. (13113 I. e di poi tou,- 
Mtrjtfl itworu di Misofi a' 3 setlflm- 
bre 1109 — Rj Del di rivcra dna anni 
dopo in Tramonti sua patria . ava il di 
lui germano Luigi, Uditore Mei Due* di 
Amali], rjt' iao.»I?.h un nurnsorao oepulcra 
CfllTO la cJliesa de.' Minuri Osscrranli cud 
ojneato epitaflo : 

Aìbbosiu Oariira EinoflfW atnioaaaai. 
qcri Jcua Kanricu trvaà, Tirimai JH- 
TEcaiTis iLLOarurtT. iT cuttia ritrttffTiÉi 
kt fmiE Barn Auwxsi AiAiraux Duma; 
CL'hrlisisiH ciRJk HEiJiirnàti ut. 

UTEtDS RuiJL^Da c-rapiii! eliIsbu Dir- 
Cl9_lCfl|T^B. fuiTU KJiEHIEirri P0B01T llf. 

Dm MDXI. 

Irci HoUNo, lana lio o nratelk , fq 
arciprclc (capo del eie» ) di Immoliti 
dal 1101 aE 1513 — Attorte di lui pro- 

DÌpo4a a marito di Eletmara da Maia dat 
Riddo df Montagna, fuudu- ìtì od 1S25 
naa napp^Ha aCTtilitio [o, Oftore di S, Lu- 
cia, enlrn la cniasadi S P J?e1ìce i4la Ta»- 
ia, *. cinti f<rr*tt ih lEftJlwa anta ip- 
Kn tappeti/m » — PIÙ. tardi , nna dj 
lui discEDdnato, vi pois aocbR (rues-ta lapi- 
da colla scritta ; 

VjpCanta Samum , Suiiils Somma 
patri aplima mfnM J^ifjik'. rt-oiniiui ss 
reatumBiito nontef. oa, fteoìtm" f JSJ, 

Cjlltu' antica prtìWpda si bStia» in Tri- 

tintfat poait. piKiL , te dh q-iiH'io Lknnl 41 

(PI-I Ci lE^trln» TBf^n»!' Hi p.rlicq|.rt «uni I-M, 

(lì ErruhEÉatDU r minili di Mirti i»rnntinn 

/■l M^Ld^H Tltll ni pF°H-g ili Jittt^HI» |É. » ' 

pif. uà. 



130 



meati aoUa. tremenda peste del !B1€ ; 
di cui non riuUMro jnioérstlli thn dita 
femmine Hitumta, 

— Altri TesGOTi pJ^dussa jelcIlo qao- 
ito ilessa luogo; tutti appartengali a di- 
i Lli-L li i|ie i.l-j-. 

— Cobeìbo Spibjlm:- prelato domestica 
Iciifiicutarius) di BguifudoIX, fu weJie- 
Jtiijti dj ITllohlì, iddi di Uilta nei 11112. 

PlETBJhTDBloVltEaOÌILSI,. CIMlVL'DLwtOUl 

ambe lo leggi, fu filaria genErala del car- 
dinal Cjiafa iiejmkokq di Napoli (1 5 2-4-ji ; 
indi Yàctgwuute del vicario di Boma — 
Ha Giegoiiù X|il fa consacro Lu vescovo 
di S. Angelo de' Lombardi Le] IT ilo- 
«uuVfc 151*, « di pai traslocalo alla, sedo 
di Aiolliao il di 4 novembre 1 SflU — Muri 
Dal Iddi. 

— * Cu&IM PjH-nrBO di Tramonti. Aglio 
di ÀcitflJiio- o di laura inW iLìnimit, fu 
dapprima canonico 6 viterio J.I Jj...im.i 
di Zìpoli , iodi eruilo it&ouKO di Siiti 
b SyrlMisri n f Africa), t* Jtdriti'lw, nel 
IGalf, £1 muri Torso il 1&50 ; ed in 
un Mflfldiiù mancsciiltu troviamo nula Lu : 
■j (,'urliii-: PdJuuii'UJ eanuniflia iV^apaZi 
Ifl-auj, ftpùetìf uj Jilularu umili tuuds dv 
aniu a — tìmio ; di lui pipoLe fu lu- 
che tìaflfl*icù dei duomo diiHapoli. 

— Già. Ajéubtiboi Cimimi, tupoJita- 
no ed oriundo (iella, terra di Tramanti, 

SÉ b dottoralo ìd aacra. leoloy ia e cauriuico 
elio EEcasu duomo — Fu pregia duma- 
Blìcb di papa Pania lf F b poscia da Pia 
T enaito vescovo di Niuurl ìjll 8 ign 
alo 1S&5, dui di tìU ia Napoli alla ri- 
vie» di CeuMi, a" i Luglio IjÌÌ a fa 
aeppeULlu Mia chiesa di $ r Pietro i 
■K-i ifijlla nella sua cappcik goatilixia — 
li di lui nipote Girolamo Campanile fu 
poi temoto d" Infoia. 

— Ajimeì CéUuihue mjlliiiib di iva 
GiiohuiO, Min > T Timoali a" 1 (I uqrRca- 
fcro ti SU — Fa dottoro ia ambo le leg- 



gi ad in aiera teologia. Per lo spàiiù di 
t» luiUi fui Ticario geaeialc nella diu- 
ecsj di CuaTcrsauo. di ChiEti. di Squil* 
latt e di C*b£diì (IIH-ITIS). 

Sililo in bulla ripukmuno pur dullu- 
aa e pur «adidena di tùsi-m> t ycqp.b 
craato. da Pia VI irckcscaTO di Uowauj 
net 171 8 y nella Cai sede lu-orl fi L 2fl mir- 
ili 1500 — Il di ini pannina don Dome- 
nica Giniiniuiit fu regia CoaiigiLoK del 
CoLlaLeralo nal 1752. 

— Nativo di Tramonti fu para Mittiì 
bu Ghie, duttore 111 untili loggi, prolotìo- 
tirìo apostolico «Tira urltm , a vicaria 
g-unende dulia Diocesi di Aria IH HlUfil. 

— Gì£Pirk l^PJn™. &gliuo] di Aìlsdìù 
ujiujTCQQiulto t nacque, m Traoluati aul 
15S9 — Apulics L-osi H busa ara aUo 
ytalù chìiaastico-, daltorasd in vtrituipu 
fun l'Eli oLluhra 1ul7, e prese il sa- 
UTdaiiu a" 21 fcjiiiraia Ì&22 ; ud meu 
doo4 teciiiu eletta pei Aiciancle di Tia.- 
muoùj e dt poi insiguitu piulooataf le i- 

E [istillici! eoÀra É7rbam e pj-nocndi S. Fa- 
co di GeU — Et muri vllUffla del fiè- 
ro toatajfio i" jiriccipii di luglio 1$5>C, 
ia olà. di iiDci óS . 

Il Liiiiani, tu erudita jcriltora a podta 
laliao, e compose ia qiiestu idiùma ed in 
Tirai un póèiiu in H*f^i>!iC9 A*M^'- 
[ana, od laeho un'opera genealogici delle 
famiglie arislucraUCbe dal Bucalo Imal- 
flliu-O ttkfi rimistì ambedac-joadila (1), 
PulLLicò nel lGJCE ( io ajc-ii d^.'-re al a- 
Cflrdoiio ) la Vit& di $' iSatia. iladda- 
Uvci, eoa dadica a moasigum £ioilio Pi- 
lunaruii,, ardfesceva di Apolli Buittio 
Apoatolicd La Napoli; uon ebo vari opu- 
actìli e siriooui latini *c. 

— KilUHTCOlto Lwaiin di lui gEmu- 
ua, dùtlora in ambe le leggi o tìEebre glu- 
reDoaauiio i' tempi Huot. TqIbc in mogli* 
Livia GrciiaoD, a Irapiaatossi di lianioti- 
li ia Angn) epperb- ol A Iguata 1' 6D*H 
deli! di lui marte — Sappiamo soltanto 



Li) Viti «. 1* Me. 1*, ««li pFIMIllHf#Ti. 



131 



di inr dato alla I are un' opthi tbÌOJ>:i- 
aUca k Iflltfoìita; Aaritririfcm di Ktdptia, 
«I uniWt fl4#[tìiffl,. *tW SBOwaswc pinza 

Napoli dal Baltniio nel IÉH.1 in B," 

— Rialto pure Lo. Tr3 ramili Pjuolu 
JJau, flirta ad inaile professare di rM- 
diana nell'Archi;] innesta aipol i(ano a'iem- 
pi di Giovanna II * — Veni™ ei deno- 
minato il Psdopaso pertfcè avea studiato 
medi-rina nella OsuveimLa di Padova. Di 
lui fossi cneniifloe in no priTilogio dato 
fuori dalla. Massa, regina a pr-tì del Col- 
legio medico di asciali, aecopdo acriao 
Il memorato arcbcoloy;i> iliaminiIEiiti Bah 

— Inaigli] uomini nella rnpuhblico lfjt 
tCTàrìa produsse àaclia la kin-lglii Porr- 
TUnJlLA, una ddte piti autieri* e rayfgujr- 
deiali di Tramonti (2J. 

Li medesimi . cLÀra ivi palatrici pro- 
ffUi , situato net ««te dtite Pteitt — 
Imparentii colla olJn'jEol& di N.inoli, 

— Erio. Jt/iman PohìsbcECo. fu cara- 
tiew dell' ordine fffiMsnliraitiinu . o Giu- 
lio Cesano { morto nel 158& } semi di 
loca/ateneati; il licere di ffapuli duca di 
Ostina — Tì!/niv< ù 'I suo UijLLucjLq Ve- 
tpmano, manica di TlUOTio. etoftrda di 
Njpnl], fumo ittouLì rinomati drI foro 
napolitano ( 1$e-[J-l&l8 ) — Giacomo fl- 
pjliiwlo di esso >'e$p33ÌìfiQ f tuni^uiLi gli 
B(ndj in Tramonti aoa patria, do lai *p- 
pel lata i aniif uom «1 iwiikm Htmaiianm 
eeiMr'dan p, rÉdtBSj tu Napoli ai apparare 
la BcieDia legale, del prefàsow Leowpd* 
Amc-rclli. caci applicare La mente allo stu- 
dili della. sdéLnii det diritto , b precipuameai- 

■«[< inuEOdeLa 4\i\tuù- 1 eh r narebdù DULlDU 
irmi £rhnr,I.Li;i: -ur r'J-V Ji.nfiW l'Ili d4 lai! Wt- 
d IL duD I4BMU tìint* idilli lu ilàllj «addilli lp- 

pjlii»!: ■mniùfrliiiri t n n tigrj-Ter^ti Lr-Hom*: 4 

LM'lll'ùùt pirb Itll IIM HlD Ingolli! Igglnjpl 4l- 

■■»• *t n*it4&i«jG4jniH[> di Faùnnt'il* r r twi fa 
ril» Cttim illuli u femi il |iuhhllc» li w#i- 

riLJi" mnMp ; ■ B4 ppiDM aa /Mi , i r incanì 

«Ju JUll.' ■- 

[1) BqItHdj t^plar. ul w 11* — BainmanE» 



la i (niello dello leggi rinouklia e cfcicsa- 
stiitii: rLe rjll urecacciaran.ii Ik-II.i fr.nu — 
Abbionio di lui flfcsotutionai» do j\tr« pj- 
irosatw r atipia Ai attuane ed de Èùdetiae 
Pt&'Ulit ; alacnpaLa in Napoli pe" tipi di 
Km - ollr> de Dijuìe 16&1, 

Francejeo Foildrififta fieli), deiinna 
in amba In leggi e BrjtLuplo di V«|ja.- 
atBDfl preuKMii inalo, fu giudico in Stantio 
di Calabria — Ei Mae* la mogi la Ippo- 
Lrli della nai-i'isaimi prosapia SiSau- di 
Scila, ,' dio , con lata alJfiaajj pj^ft il 
gecniaoi cagato Start FuntinuUa- {S), 

Mcrilaaa di e£»re audlfl dui ricurdati 
gli ooai'jiadi annoi di tliuaeppc a Coirlo 
Poatanalla di Trjmninii ; padre « Hglio — 
L 1 iiuj addoloratosi tlt legye preso, la 
iauruu nella UoJTcrsta. di Padova sf 1J 
luglio 1539 , o fu in primi Lidi tare « 
poscia Pratorfl dfj]];l Booti da BoIiktor o 
di Ferrarli raltro, parinoente cuB^uatato 
in !;iofispnnJcau a B&l&gna a J il loglio 
13TDJ , aaefcito l" avtodlBrii . lisciando 
di so oflorati fama., 

— Nod mepo ioaigno fo la funiglia 
Gioaoiao e pi Jouuirc * di Traioouli , 
donde piò rimi di qomìo Htipll* tramu- 
toroaad In HapolL. Foggia , Ascoli , 9ft- 
lemo ce. — EhieJD in Tramonti casa ai- 
onotrilo noi tango dj Capill^uauu vi anco 
due CaujHitle gantitiiie. , «od mpoELilre 
nelll parroKiia di S. Moria la ìVe»; 
rons sotto il {italo delll B$* IWntìi, n 
l' altra di S. Leonardi}, gjlì fondita crfl 
1115 da AatoncJlo a JSirela d* jTofdmv.3, 
fnl*lJi. 

ìM-al prototolk dfl rwfolo Aagofa Haf- 
ciaua dui lasdcaimo loooo, si fa raeniione 

ttioU ài ITapnli hr, 1. Uh. i.' F ij «ih 

(1} Il pi n jDtlr» lùdludfiD di qaciLi. iUpiLi «hi 
jppferlMt aiIIh jutieftc pcj'pjioHn?' f i <i ifinringi * 4f 
FittfBMwliB. t di Trjm'inil «IL 1 u. 1100, p'^rr di 
JUd^U, glaaid» Jl mH^m n rpi ti toni liJfl. jl*i. 

(Il li KHM4U0 ttllM€ WthbCéhto FonUliillj Lr- 
iU'i I 10 fdbbnla |ArJI [t|r m4"D d<l «Mll? DD 
1DIQIC4 UHI» 41 THmuùLi. ERk ili hi dui Afilli - 

li, C«.td-, (,bn p«d Jt EhrlE*r < SHrifm. Cai 



132 



ili Giuliano Giordano rinomato- modica, e 
dimorante ip Napati nel 141S; jI i]uak 
travasi in licito protocollo e™ OTialiflcala; 
d fffl+toi JaEtenauj 44 ^fdflflo 4e Tra- 
monto ortiism ti m«duHUfl dogar X (1). 

Onoratoli mumurio si Itiaiui di [pirata 
famiglia in dna lapidi federili, poste 
nella suri-dcELa chiesa parrocchiale di &- 
picijjiuno i ed in r^iir-ib fi.T n.i : 

jeTicOikJì Jordan d Pki'Eippi f^^i £*■ 
tìfici rf KWrtdiìri) scriba^ mommi pno- 
bitate wiim «ni et erudiftofié turignU — 
jtwWiu Mandila vkt, u*tc sua ùjjlcg cau- 
li irirg^flwa^stwtfterTto panni ci rubi; 
mi am qua *ùi* fiKTtfa i-ùrtl h Ttfjrfitn ri- 
mal qviavul, Obiii aiuto MÙLXXX, BWtfi 
Jmuarij 2J fi), 

Self altra lapida si Ispira : 

_f ir ifoawlfl /flriartrt^ Arj^a JJa Fino 
dui caajnr, \\anc fwaulum Q?&iìi<miiwa 
conia fuiwuitm enric-it, fi libi wihu- 
jw ]»i(9r<f , 

Originario di Tramonti 6 nativo napo- 
litani fi) fa ((uni Finir, G-injuAftj, noma 
di stupenda a annata arudiiiona, e som- 
marafluCt ammiralo- i* quinci lo Conob- 
bero — - Oltre- di tosar «ali valente giù- 
rtìtdDBidiD e facondo aratolo latino, col- 
tivo eoa triBpoil» la storti, l' irtneuto- 
gia. la poesia, la botanica e la diploma- 
tica , i-lir-he diiamansi poteva uomo ae- 
cidonediop — Scrii» PClla Lingua, dui La- 
zio ima tìaria di jVopoIi', die, nn tempii 
Jtilvj strbav^BL manvviniia- neLl'archiriù 
e- PP. Teatini *" 9$. Apostoli, f doado 
lo storica Capatelo allinea delle preziosa 
Dotili* per ]a KB storia (ti Capati — 
Dopo aver egli Iubjo lampo esercitata. Il 



urica di Governatore io Isarnla, , mori 
io Napuli nel 153-9. in eia di dicci la- 
afri «mptali, e (fulvi eMe sepoltura OeU* 
chiesa di 3. Severino eoa epilafla : 

fttóa JWìut» JttrMMridtì, niloa iV 
tubuIìa-, et doeérina ilityirì, in jumiiiù 
Wn v ài r-j ■ i !■!« #wwqa ewn laude [«nato, 
AfSitTSJiiflA w&ij Pi afi/fltìo. PflJri iipjjnw. 
Caimani mi.iV. Ù6iiiMt.Jr".fl..KXA"IA"— 
Et ismnss do JÌnm "wEri inrcctiai-i- 
maa r *ua i-iarit ai- iA".¥ tV- oMit P, 
M.B.LXXXiX — Foìlbu /ardami pa- 
*|u.nui$ /ttfuj rWNJi (4). 

■ 

— Fratto onorande famiglia di Tramonti 
abbe ajieg poafa dipinta la Vincuno- la 
qmlc pnè dirai oaaina-politi, par Je ft- 
m dimore tflaote la divora altri luoghi^ 
CÙA in Napoli, Somma, ùian/liano, Dorai- 
iinoet. - tìiovvtmi, sii gito di gaiata prò- 
Beviti, rirea n. TranioaLi gel Klflfj, *■. Xa- 
rmdo di lai Dgliunta era. redava di Leo- 
i;i! J' fiaiil'ìt* dd]0 I44SH looflO D&l 
Il 13 (.1) — fiiPtolnmeQ e JfittM faraa 
quivi gioftiol annuali; 1* ano nel llìù e 
130B; rallr* nel Etflt. 

Ptìlotto Jfofciaiw di Tramoali fu da 
Giovatisi IT.' inviato p*r regio iiuiiiiil- 
fa» io Basilicata nel 1115, coflie ai ba 
nel regiìtra di quu])a icflina : a ìtabibà 
*n> Jtultìc PwtwEtu ic Jffl*nftiw d* tem 
Tramonti Jvritptrùvt , famiitariifi of Jl- 
d«J(t «ortor iliEeoIiu , ùid/niritor in Aìh 
nrtoa ^diilkiKiM eie. (f ) — Tullio , 
Itaimundo, Sentii la, GiaatoaTingilio Ifar- 
d*M, fralelll, di iSramonti, morinin Latti 
in Calabria eolia eeoendi MÉti del st- 
ento XV — ifidratt fia caTalier [fEmsiili- 
milajie in Malta , ajcdtco a i[ulL ruolo 



\i) E» pr»t*=nl, qui, AutN HlKlllI JD- 1*B 
M, 1*7, 

IJS A.lb Hnn rirl »fri-]ri X.TIJ h ohi» Hp4][n 
BieiDOni *ri IDIIITII la pl*é\ *cA|pll^ Hjnn ]' jn- 

ittj effluii -il ih» nVcbfljf t itpi» di »ò*m * 

1 miTt t («□ Il l«» WBnlÉ. 

11,1 L 1 jnliq^mjrin Illuni» d'ifflj^L-3 ID DD VII 
^ ih tHfatdl di Fiblù OììtJiud , Itili craLmrj , 

tu imt, A* i Trvwu>nti ruiÌHA fStrUtH A- mtr 



Aaìv i natali ùfti nnlfiGrf Ji' Uu FaMd- t. ib- 

ch* i| p.ii ii in EniiUnipqr»o*G dp ini rp pirli eqd 

BE-lU lùdr. 

EaiEBa* CJrKbMEL jTri^Mff MAI puy. SS. 314. 
1*1 -i:!"" :■'■ ^ |'l->l 7-'Jim . =.-11X11. mU. 

il) ti n Bn (. ; ? h. il. », utf. r lldkt. M, 
UL 



133 



i H 13 ginnjna 1É5*; e Fra GleWMii ca- 
nlicri « capitino delle -galee di Malta, 
j' 2H maggia |&S,° fj)— (Jucsii famiglia 
ebba cappella di suo palTfluitn, sotto iL 
li Lola (itili ALirtnrjQa od Carmine g Jr 
damo Uaittma a nella chiesa di $, Vi- 
caule di Pitcriui — Iodi alti meta d«L 
lettila XVII uà camp de' Marciumi ondi» 
* Stabilirsi in Rapali r da™ bella fama 
icfiLiìUriicii acJS 1 arringa del fard Già. 
Francesco e 1 dim Camelli MiiTi'iann (sa- 
flior-e 4 incuoro), occupando pttìtà linai- 
Jicsi di tiOPsLyljGji. di giudici « di R>j- 
flauti di Vicaria — Mimai di «ai nugiL- 
atnii. 4 ti aigiuLiittr rj^rsisonim abbaiò- 
D r JornUnit iiaptitiat rejtt omniiiiry , 
Jarniuf Frtìkwri , 1). Max ulti, fi. jtn- 
drafli , £l. -fairanh et D. Jamircu Mardov- 
ni id JVrajKtó i mene istrumealtì di pro- 
cura del t dicembre 165^ pel netìJa 
Già. Carlo Piatopu ili Napoli, fecero i- 
alauia por ras*™ 9^-Qrtgùti il Studio del- 
la NotolLì ili Scala. IL rj» MRMujuurtian 
mere* allo deluKia.tÌTO di cjael lìediLo i'2 
mano 14153, o?e uitodu aggregali a aA 
kssarei tt dijntUUM. it prtngatinai no- 
tìftsm jjfrtac cw-iJflJii 3?ol4G. tftuE .-.-hl- 
&flI«l*riito&iJcj Cirixaiu «uaaVm {2) ]. 

— E ani iian umetteremo di rtyisiraré 
sDinrairiiiDCDtG malie altre «aspirilo fami- 
glio; od ]rj ^riraa Li Pauth. che, menava 
J' origine da, Serjfio, pi dm di Leoac a di 
Gionani, di Trajiwnii, ihtnii nel 1101, 

Uà allfo Hiaraimi, era t*vìY\m ILI' 
bendiamo g. cDiwa attjMiidiariiw », praiac 
Enncnn/inuo do 5nbrn-n caule di Aliano 
e gnu Giusliiiflue del regna nel 1305 [ì]. 
Ritarda Palumbo eh gì udir* di Tra- 
monti pel 1231 ; uou. eoo UcnurJj d 
Raimonda EgualioeTUegioilici nel 13SS- — 
Ufi raum di ouealQ stipdl* tramtillHU In. 



Rapidi , ave, eibp. a«p pel [in anta ncJta 
dllela di S. Chiara. , gitisi* I' epilaJLo 
rapportato dall' Enyciiio (i). 

Hoc «4i atjraJdirwnl Aatawij Jìujmj" Pa- 
lumhe de rrtìMìiìifcr.ii . nj J^miime fitomn- 
titto ikTo™ ciiu ; tu giù toc«c puff Aa- 
jrfeiu; PtfttsTJlB /iliiia «ih, gui nati; di* 
5J a,jH-ili* prisco Jitil'd. Napoli sub anno 
Dvmijii Ì3iJt. 

— GutJumìu iWanac- Fu. tesoriere del 
Duca di AhuIG Yootostao SauacTcrinu-, eva- 
le di Tncarica a di Chi a rumo a Le (t(4rj) — 
^rbofiiafu, ilullor fliico muri in Najlrjli 
■d 15&3 — ffttfjfip, di Ini uipula a I- 
jLìù dì Anlonio , fd Vèscdvu LiUjIbic. di 
Sirfi cu-nm ìddbdzl ricordaGfimd — ' Qunla 
Stessa famiglia ercssu nal cagala 4L Pa- 
terne k cbicsa dell' iaonaciata caa un 
acLe-iRO sellale ]«' pòveri : caia paja- 
fio prapriù oel casale- Ifl i^MCft, ara tal- 
tara ditesi Casa PaJum«a; n-DU elle cap- 

Selk eoa sepulture gentilizie acLLa tUita 
i PaJufca ed io quella, di S. FcEicu ddìa 
jftB[«, aie btiì questo HpiUdu : 

ffaiariui Santitiia faCutnbbu prù te al 
piaicrii juìj armo IfUS. 

— Nca mea c>puleaiti a rajg^nardcTC" 
Io fiiwi la ciniglia GaKn , di cui Via- 
cfifjjfl' di ul ougpanie Hi feifltu AL Gins- 
atra ds-La-h[i}n(ai]Jia nel SenevREilailO ; 
fuiiila da lai comparata aa! Ì6D-3 per du- 
cali li.ìlSO (S), Auubt questa famigUa 
il jutì delle Utre n&libili del 5 aese ebbe 
cappella proprii patii iija, intitolata. £, Ma.- 
ria dei aowwia, eotni la chiesi di S. L- 
nandO di Putìra, ; mi Cui cauta tea un 
afaicaiìan* propria, e qnel liuijodÈntulii- 
nasi tuttora C/na, Canti. 

— Aatioa, 1: 1 jj j Miri ; ok: Ju paranco 
lo ramiujLig Pbihu di Traiaiiatl. li quate 
non. hi tao tara cun L'tLtra omaDipot ed 



(1) DJ pil. ««lai f* padre dtlLi4>b 6 r rr ,ii*i, 
JiU' OpiiiarN la fli.p«Ji. 

(1| hnki^l. dr-i ohiId Fi*uti£rCmpHllidi 
full, IL JBGJ, CI, 44 KIB 



em n«cM- in 11U-1»1 Me. D. hi. I3H. 
Ecgjtn. CirueJùlii, Jfpnpri ioti hi< Si- 
\m*. in ViiDtfrD. US, OiL. SGrJ. 



134 



ori qì amia amalflUin , ngjldl ITliTTJi**i 
di Paaurula in Napoli (ljj né tampoco 
con. aline di aimil n&guciru. 

Li Galfrrlna da' tempi che, Filtotiq ascon- 
do I' origine di essa, famiglia. Sia poichà 
Julia ittriutii sua orìjluc marnino a. Boi 
documenti Rirari . ci ha?Ui a ri i chi ararla 
A uqejthj ad itiastro — Giocamo Panno di 
Tramonti [nvEam yualilab ami idolo di 
cavalLer* Kflirileia nel iStrH,, e da ra Gir- 
lo 1/ pruTTialonBtc di bddub pensione di 
30 nana d" «o; danJcjtdaLi^Lt di poi an- 
che diL Retando Carlo {!) — 71»» Pi». 
tu o ano fralallo TtiGtirdo Tersa il 13IHÌ. 
Felice. Pisano viJcute poeta Ialino ilo] XVI 
secolo, BBiiTodi Tranunti — Contpse La 
esso idioma no ode tulli- gmiutaiiB J«Ua 
Agitili» JtrioJ^rfl*l4, di cui ci iraniano 
sul tanto ìIgotjj frammenti (J) r Altri della 
medesima prosapia na'bassi tempi ai Irosino- 
Uroùo in Pa poli r LU Trani, iu Astuti, in 
Botìho, in tìajMftTEriini «d jd SaJenn>. 

In Tramonti posafidarano molti tani pro- 
dilli con palagio di proprio di aJrilaiJooo 
nil usile di Fìffline, oie ani tonttì dei 
portone posero il loro stamina gentiliilo (i) 
(J UHI quarta ìscririuna ; 

YaCvriiaiimirt Pìt&tot famftiM w*f- 
flit™» lopidm «a niMi (tHfwwn itom»- 
*vrn urraìum , u£i Majorca prilli wi- 
dwn eoii-ri to/ecIù dWti» «jwiwtvtti, 
M.DC.X?ia. 

Ebbero quivi dna capjisJla qedEìiLìzjr con 
«polturfc nella ebbra di S, Piatto di Fi- 
glino; l' uni aùtia l' inNMiianfl delll Ni- 



tmii di anatro S-ignoro, fondali di Hi- 
cola-Dcnurdo Fiaann, che tÌ appaia que- 
lli lapida 1 

jYiMlmij Nsnwr*w Puonia jfW et pc- 
lùrrw f 620; l'altra, Ce oretta terao il 1 JT+ 

di C-iacumo Pisano, soft* 1" intoc-axjDon 
de" Ss. Apostoli Piatto e Piota, 

Questa famiglia impanato colla Capo- 
lijiiui;if di BcacTcata marchesi ili G-arill, 
con Costo iti Noterà, Ferrari, BuMte, 
Vioedonsini «- 

— AhUcììbbì mi ufi poro k CiairjLia 
Cesaiuio che diede il suo «saio al bor- 
go di tal noma in Traininoti — In nn In. 
Tnalario dell" anno 9&3 sì fa mensione 
di un lai Giunoni i« Cetarasn prete (5)— 
Duggiaro era, demanio da] cingolo militare 
« ittita i a lampi dell' Angioino, ed an- 
che feudatario del Gasale di Cesaraso io 
Trattomi. Alln di Ini morlu il ano igliueta 
Lioorio jaecoloa k credili paterna, asc- 
elle nel feflislroìBjioii» delhino 1318 
trariamq cosi notilo^ 

i A domino Liguria Cansrana wra Cor 
mW Ctiantoi tó iiHtwifoK! qvm&n* Jfa- 
Ssry {Teeojwsi miiiitt un*. I , ttut4. 
fff (1) — Non ibbiemo elio oniaste poche- 
msiltuM noUiie iutóroo a Ni suacteD-na-li 
famiglia di origina tramootina. 

— Alla stasM caaalo di Craaraco at ap- 
pariennen} itlrtaJ p*T nttaii 6 por tìsIo- 
se. possidsnie le ran;n;u»ritaraLi Eannìc|l>& 
Baianta r Spartirai lano. Mola, da ?in r 
Fonnnsa oc-,; lutto laiidìtridl di appalla 
geotlL'Elft , erette cairn ]■ cbieu parrac- 



[IJ ti Aimo di Imill rlntaini i 1 Irmpl di 
fidila tlhitn Hrpibbl*»- latri imiMiTDMti tnl| ? 
n-'bil nlmt Einirjlla ri^tiio^ , A.DfU'-ui'kfiL-, 4tl 
fìlkJ-vt »*. — LnrTnin l'ina? f»i <ladln A A- 

TTUlB Hi 1313 ; I FCIFhllù ^UdHI fcHl Idilli 
x«-IIh 1vfwi d> Mif|l»qO 4dI|d QlnT^nna |t, vlrEQm-P 

»i Irf |t ntl rtfiiiu-j dtll" -inso 1113 : - Tir noi- 

Iclcj J>lnjr«j ^ijuins.! J<f imul.tn ^aaif ■«■■ fwm- 
*it\(* (m Tirra jtfjflflùnf Pnti<lAt FtiflffjlflÉ»* 
rifni f IL rriml, Jctlin, M, j^, NP fri. |l»l— 
UhllHi JtlHHO ;n ITiUEMil iB Bkf*ll 1FH» Il I4W, 
#Tfc IJi Lai diAciiiJ^nLj ilin>arviBnii k 111 piupi dplll. 
Jh'JdHì ( t. PIE. CirUELL lùfogrétra. dt\is etiti 
4f irtptti ,mj. S33 nur? |ij J-VId Lfnirdd. Nr- 

■uclili, ■ Lil4. AiiLùdIj aidlu latffoi. tf ll«»U 



di Winlrll" Plunn. rk*if*np. • iràn fui la- j ; 

UlBtùLt tbj 14 IIeJI* Gì']. AalHdl <OTD|)t[4 4ìl 

Uiin.r. CioEi |L nui. ài nrr-imli »fTIH *-»fl" 
ptr ducili H.B» t'IB jprMi iifl.7. Ei mori diI 
IW, IfumlLi li i H ('*** ■ ffTvmp h* ■- 

JIImE* r Burli» di FrildujL Gèi Uè *■' tonti di 
■ •Li drr»i-n|. wr. ir. 
|1} Il hrh4. id. I3V7 lEL B. tu]. 1B, 
ini l>. ■-' pai:- ■*< *». drllj pnidLi *p>r*. 
Ll^ C(«iiHt»it In uno lendp *•» TikIi LNinr- 

uff, p crn Iri rAÉa ^uppri»ii ■ dna IpyTpriArl. 

L^| Ttdl Ld. 1.* d* IlL prtHDtt frpUL I pffL Iti 
In prui! i |'i". 

{li EL ItRHIt. ID. 1310 IlL B. fui. Ifd , IH 1 

In finpjuLB hrtpeìpL. «jLanarl». 



135 



duale di $► Maria di Cebbibdo — Altre 
cappdlc paLr&natc fuudujt'n pure Calco Ja 
pprrocetiin di tiinpluela le ewpieae. fa- 
miglie Salaano , Teleae a Caccilo. 

— Nativi ed orijLnìrii di Tramuti fu- 
rai; -ii.rc , Fiumu YiciHuin podestà » 
ffonfroatort di Genova, per beudu* ral- 
le- — Ottani- ViafamìnÀ mafia-ino ìacih ieie 
dìi qudla Repubblica Ligule — ffeJjrfJa 
Sp)ttkstt&\« A[ Tramonti, notaio curiila 
di re BalwleiwJl'BrfJjifiodiJliiiiiPra- 
Tuia , Stalo a lui ■pprleseuia (1 ) — 
CiuicppB Cviiantim 4i Trtmoali, iiynegiO 
«f MttO Ss»L« d*L reni FalTJUKjnio omaso 
la rngla Camera — Gimtvpc Pùsiiana e- 
BbjÌoToieeo, flaarebese di MaiEMollì SUO 
fratello, eoaaiifllieri del & r fì. CcujigLicj 
ILtl ] D 1 — Gin. FraucGBcn RaLum ve- 
nretaria del ita! TriLuoli'c di campagna 
{tiSO) — Grjflfo Mftdt, giudice dalli, 
G, ditte d; Tfipoli 1S&Q-1&7D: altri fu- 
rona mistradalli , eia* Guglielmo e Fi- 
lippo Ctonio fn-telli della al»» Terra 
di TrtcnC-nLi; l'uno maatrodatto afilla citta 
di. ViLala- fl di JfiootEra, TiLtre in Ttni 
di Bici nel 1144. 

— Oriundi) di Tramonti , ma. mta ■ 
Salerno, era Denio GruijiMiiB, il quale 
compaia ima comifredij jutilclata il Yt- 
fn r cesia l'astutn, mc-lto plaudita , a rap- 
jinscùtal* in. Salerno usi 15&S, e nello 
JStES» anno impressa 1 YeDSsia. (3). 

— Altra fanujlie Tramontana tropi anla- 
Ic in Solerli* , truilani pura degni; di ed- 
Etn ricordo par li lidia laiDà che di sé 
lasciarono nei perimetro dalla, toro patria 
iti di foari, Mane la aro. Cobe ^ anti- 
an. Xhìffird ); la Ojanira di cui il tu 
i JVnaiEù AntotMJJHf da jUrajlw d* Ttu- 
nMb tì*1J So4*i«iafl«i r erariu od ti- 



«se (1) a; la <f Onorato k <juw- f. fn- 
r»nn(u S'òicrnum jjfiUil & (t) e casi la Vi- 
tagiiina . la Grisinoiau ni otLrt ebe in 
Satcrma, Ascoli., Bovino e Fcm-yia bì sLb- 
bilirano — Gran rioamanza al ebbe Pirro 
del Core dj Tramonti, uom dciiiiasissi* 
uhi n probe; il guale- passato a aomjciliire 
a Solarità quiii accrebbe vieppiù: le Bua 
forluue. ed apri banca pubblico in Na- 
poli — Il di lui al pale Kaliia dtl Cora, 
dettare in ambe; le Ifiggi e EiratouDiarig 
apeatolico. fu vicario noDaiale della Dia- 
celi di AouLG oeI 19(1. 

— AnojimJ PI Tua, nata a Tramonti, 
itali ]' abita tra oli arcmltiml di 3. Ago- 
stina. Fa uorau dette,, pie, e pK(kiaib>re 
apostatico , a per djnei iaai ivi din£±e 
lù apirilnalc nella i:bkii di S. MaJia la 
Dilava, Meno liti EserapUrissIlrUI ; k ti 
VA u/lim. fuit hn soiaUanum ijuiui luci", 
tei tiiam asMfdtìum in maflia pari? À* 
nKiJpWtoiMw ìJi>«mj i (1), jfort in oiara 
di aanllCa in Tri-roimli aua patria il 1/ 
diceaibic Hat, e- io sappclliiQ nella ctio- 
sa di £. Polite te Pietri dittami all' al- 
tere raggiere — Coropnae un libra utile 
di cosa didiEcalidie inlitalata: Studio di 
%«a supieniBi. 

— NatìTc di TnDMDti ma dimorania in 
rTapcJi em Gic.T,iiriir Joaiiuo , ittaigiuo 
pittoiB db! secolo XVI. il quale dipinse 
un oTàu quadra della TWtarim» àtila 
B- F. «an S, J?tìiaiit«(Éa ec> su tavola a 
ancona per la cìuese a-uddctlà di £. Mb> 
ria Ea ntRHol (tti' era sLtmta entro il «- 
Mallo); e eli pel prww di ducali 50 (ÉJ. 

— ÀLtri del mèdBBlnu laogoi Ctìprtron 
«ridia citili e militari, e pr«clpuamenta 
qielli del IHliru^ ove in o-gni Lampa 



(11 S* risia. B.vnkR» », iiw l»t 114, L 

fai- SH T,- 

|ì) ■ Il l'a/ft, «pppHiM*i*r*ijMr ilirip Cn- 
^■'j— '— " J ■ . t^puMntma da Suti-frn t&H. 

|3} El Et|.4il. J^i. IE éDl 14dL 

S) aillw PifcM MnhMl. 
) àdllfù lp>, <Ll. 



(4J ItlDDDDEBlDriP fltMrtl (Uff t^ ltW l*^ f fllr 
<nl| diL lini! dM p*t |I*JLiU * [DÉllCTll n t I 
lihij MI 'mi LtnniD,. AnL«Mlln E G'O. Tnmmiiu 
il F Ji,n,mrl!à di Tnawih, r.-irMi VìéH-Iu jl Ih il ru- 

mrnt* drl MUMBi ilr«o?p pi»fhIi^» ™ Trijt»*^ 
^1 Kit*» IH! ME ikiU.» SlrkEÉt SéIsidu rfaL*- 
[41 ddrtn- iHl-lHd fat, ifò 



136 



Uva Fd famiodlD che non aveste a, contano 
un buoi] mnEtìB di mstflj. 

— Memi di CéutJi — Niun paese di 
njucSEfi renionc imBlliLma ebbn friso lauto 
pifc isliluiioni ^DSJiltì Tramutiti me' pas- 
aali tempi, Sfai m tacemmo piti iaMull 

Ed ùitetc; i «li popoli nel ed semi 
vive Ji Ifeliyi-uEji: dtJ tristo erano desti' 
aiti a "fl.iTfl si ]iii RiaLilinirBli età ri- 
veJando li aaitdt daLLe stirpi BflstEnnpiro 
t»lkm*iil* te iUontrupiu uniTfiraale. l'c- 
rigin* di ebbi 4 da rìBitteciBrzi primÌE- 
nmEDlD molla CEiopaaaiQa* dfgli uuriLui; 
ìndi w" ^DtiotBoili oiDTUJi e religiosi, SI 
5i eh* la arila eiifttUna A ud JsCìdlLd na- 
tnrslo, dio Basca dal piarare ebe L'uOidìd- 

CD od rimuoitìrt da si un" iclep do- 
H, qna1 r e- epoelti dalla rista d'un b- 
ùilicc-,. d iIeII 1 amore. DDEcnato di ihiE ffln- 
ilsìitfli — Ma ti d' UJOpO ComlaaaarUi:. talk 
marjiiraBEiEJ JeHb licctam, dell' inumili 
a della raliuioB* de" nostri nujjglcifi non 
SoB Alate HM prova, di più delia laro B3- 
pi^.iia. 

Sarete* faciln, la ElLIì, il dlmcutrxn 
die tali BUbiliniemi caiuerraodo truaai 
|nl|i flou a" loitii giorni la spirito dt'st- 
toli in evi nacque™, Ettreliccmenle j*r- 
iÌtoh per lungbuaiEBa ad ai uliifluoima 
nelle- ultime cJaaaì del popolo UP^Burtia 
disEfuLtrica di ogni ewirgii , Ridendo 
inoperose iboIiìeeìqui braccia, Ma Bua e 
d' noe* 3TÌ]upp*lfti qui tcuriosii L : ■ '. i |.-r - 
posilo; fi perà paaaianio olire, 

— Sa TrjrsMlì tbWfl o pur do avuto 
Le sue- Couiuetodioi patrie In ianrilm . 
eia do] di« listo/la. Ha. non sambrtj c.cn'j 
Eterna * he ccilr:s.ta mvìc-pc .eruitLiotumenta 
e*] ricali! , Antica e popolosa, sin atala. DO'rn- 
moti tempi sfornita di JliLnLi arbaoi e ru- 
rali, flalcTùli & poter dirimere le questio- 
ni campestri rii* hi JnSorgEiaii-o, Tutta. 
Hata , noi abbiamo aall' eccbio UB iaLrm- 
menta atipubtoivL ad 1293, riguojdBBte 



no contratta locatizio di una scita quii! 
situata, in cui vico dichiaralo par palio, 
efaa I" nLMajiiolo al termine della candii - 
liont riminxiar devo» i pittiti faft ti Cer*- 
siir[ii|ttTi|! framanJi jud par TV airuit fatui 
indugia eit; nf frtìjikifljatii non jmhhJ 
nrì^sn avi aitili ie CM'Ji pstunùi fium 
Jw;jIi»( fui coriKn^crE Ut purLt^iifliry «e-uj 
«Imi Ae pmwimibui giWJ eaacni eto . — 
Ha va! meglio raciUrfl questo dwiioieoito. 
a di^teu ; Éfitofo : 

,', In nnmlma domini etc- Bono ali fecar- 
tlcdi rluH pikl l*-.]|.rao dtiunLtiimo aMap- 
ilmc i*!f|[fl. Et oanj anno wgul Jutulul ao- 
sLri clruninl Kar«ll ÌKUiiJL Iftl £Mlik %hi- 
rUudMlmS ragli Jeruail«m. Sicilie ducami 
ajnilic, prllnttpatua tiipu* AmEn^.ni»! [ira- 
Tlnck (| ror*]iiili|u.ftrij ttriilli. dir primo 
mentis februarlj iena leiiLlcLlnnlx ipnd Tn- 
m«nlnDB. ftol ilia^GauJInus latin TunujaLL 
vicolo Ud d* H.irnaLi |iu]i,kun ciiH'Irni ir:n 
nolarJiii ti lEatni. j-uhmijiiL nd hoc Toeill 

JJìedfilIlHr el racDEt, PfriSTiLl f[Tipli> pupìJ- 
fn Cilennir gund B^hiTLu? fl> FQBtaiuMD dt 
•franwiniù HUm quondam J^hioota de FoaIi- 
oella [*Erph n kih-uit inula loralla-iiH a 
EvrMblLnm inurki Hint* do rkiello Kitari 
me f.i|ijicJLinoc4eleile wneta Uarie imi un- 
cloiB Me eadnn t»m Ha.x]ll prò mala ujula- 

i]ue nim[ilftli| nulli ennd! B [irédiCLii iJji: pil- 

a,t ]irnwn.LlF ovanii! telruùfll tmlua pinea- 
li* wWt IfldltLwala ho DBLet, pl^uriuii et 
inlecnan DjUUddm iLllBD qvutD \\t\> paria 
pwfdle itie eeclÉiJa bobet et|jciuldet In jire- 
dicla lein ttua-tail lece uliL pnijirlc dicL- 
Ln r ad l'fMu. qua iomIjiéL per Iuk in«[ 

I capile pi'iclliil - Bnii- r-erijra tirjTi-lij-n] -quel- 
li DB ooghLrJ FEtwjLcimLt de PnlQmtK!, H ned* 
poniLur litii iìlIhiu., iL ohq Jotare p-Diilur 
Dola LefÉJjm quiteiUmi lire Heniki Friw- 
Ilj di ScuIj el it allcjul ioal Ihkdeoi (4B- 
Haéb «L Quei, -ara Lir^n'i turi dlltbuJ al 
dlmldbo tjunihrrlp; Rnonnlli BOtieOJlJ. aau.ua- 
bm u^ur ili [kradLcLon l*rmlrniflù ali [em- 
piii nb endein BaiiccLo el «ma bfiKdiUDl fire- 
BklD pi^ÉbiLnrc Acazio *t sueeeiùùribua mjìI 
kiCulkiEili [HRilpi [KHOlTellltLcB qBldein r«- 
cincu al | pridielOi prlmùi dia prirau denta- 
ri Drml.il herutnj preacam inlL« JaiJ icLa- 
bìi u*HU4 *d prEilKlaa italnnju^ uanai eum» 
jilfloi dodi ll«àL aldeiu presbiLaro Xcgtla 
■uit ali inecauuiLhui pretaLnm RahtiUu d» 



137 



F<HilaneSEi sul clos bmfet de predirti ta- 
citiane inumi ani TeJditam iirtriirhim un- 
aiium iararalirt Sa Wllrfi-L JWHu*0 -ni quiete 
Idrm Inferrici rt sul lic.radea inndnlim rirr- 
fi-Vt profilerò Angola «i mliaacceHoritnii 
predici»! tir, Duri d m>» ni mrdil pra Eacuikiae 
predicci et l>en* eu&lQil tarli et culuerll iJE- 
Tin predi cium, ]itd ili q.uod da >»>"> in im- 
Uni luirPHtur pl tu nuUù Tnl?m drrniiiin. 
<J,uini iuta prapriii *3t|>fDala é< IVRIDtlblia b- 
rr.rr promlsH- cLjtjiilIrpnliKr ùlillgiTEI. crti- 
neinae prùirnliiB el irddlles njiun pcr-ripc™ 
pfllu«rit Idem BotMrlo? dfl predlcii iili*. nt 
ad trinimi predictùium innonun 4j:riin.-q-u« 
cnaiplrtniunn. lint aah n4itetlltl «1 ItfFtdura 
iiwrun «I rictandui* lml= urani» qu* *o- 
luarll alni unirti toniruricinie predì-cU Iùci- 
Eorla et iiitìruniMiMtwjnim in ji* r ìh- m uni . 
Innijitf pmlleldi H*bertui cendutior tb- 
luniDrh ri rv eetEi Étl*n1bi uarncJi'rr na*i 
Jr»J ir CflinjEr7Pi«r Tiibimti quij nt Ti*.- 

JtSRTiBaa IBDPCT1 IFT- UT Iwi^Tlil 107 H5I~ 
MI* H[U m liHllf d« CnrU JWCUill* 

iluint bienni tua con li-ngerc al jnnLiiìmwij 
«U «ninni dr puBi«S&lc-lnLu! qisns LriiprE n 
clitbvi narrili. mi campititi tempur? hjea^ 
llnfli] prf/dicll' lfll*ni ai.lia.ni. predìci.ini ln- 
legre elsln* nllqna «ttfUinntnu.lwlitr.KlHi- 
l« realgnablL Incalorì prtriicLn «i ancensioti 
ami. EliI cóntri premiala In loia i*u le (iurta 
feteriL, otilifimiL le «L 14J61 h<TC df* cum]io- 
H*rc Curi*- n rimiri* praÉ. uncilIQ acri umm. 
ti predilla omnia Tiinhltgmvinua- idimptcni 
et DhiEttir« drusa', L~n4a id rulurjm. m*- 
iruDrNm ri riksl prtibllerl rinculi canuta m 
lartuiiii «inde r|r ptùOùiisla prrseni p-u bll- 
tiiin tiiainuni-nlmn per miiiuj. ror-L iMtLfifF] 
lupnuHCEl 110114 riWD punntnni subsc-ripUoi* 
nliinih usurimi ii.ul tupro Judmla et lutiicrip^ 
■anim luti-uni. jT?b*r*Lu m. ftiurf acrlpiL t§o 
idem nclirini njul predldiJ regama Inter- 
Ini ti [HO TOBEUctc *L llllì1l> iluno JifilUTI 

(vi ti parojbj. 
■f tjr<i «lui aupri Urani fudtx- 

■j TflaUrtlluft da Fenlarell* trs.Ua lum^ 
+ E^dj LnuiEDtlua C«nail«. (1), 

ISCWI]CTt SEfDlnMLI 

Tn le Usile lapidi Fatutorl dimniL np- 
pettate, ne gagiaogLima qui ilcunn alUftt 

(I) Si «cIm. »il«r, idilEf . ■ntlliai, ■«•>■<• 

High- m' ina. 



fina i la STjannmcnl* allogata io diiuma 
cbi-G», ailuaHi imi Trie^EEiiBD- tfirritDrio. 
Ed Ju. pflrtiJi osila Kacrnstia delti chiu- 
u di S r Fiauff-Lcn di ruirica, Cttì nu 
urna cintnria romana , iaVtrUla ad 099 
di JjvamiDi, o Cud pati hciLlLi t 



I5IIS MAtTJBTS 
C. POrdPONIYS H, F, 

QTntrw. X SEHMIVS 

JVRT STVDIOSVS OJ 

V1X1T a^w. xxxn 
UIC SITV3 EST, 



— Sol piTimenlD dalla atwsa tniasi 
SdQTl puro le srBcmLi lipidi sepnlimii: 

Harìhalfmnis Poni usi** PnrlJn4nJp£Ur 
Jurispefiiiw he mjin« ttuóalw 7>fl.moii(B!' 
mi, n£ mmuiiHJiSa ntfrri'fflftuiia aair-mlu 
a cJitri'fiilmis stiir pifoipia uuuaribmi ■» cm- 
ftqLO pTnjm'flflTta to^riin canditct dtf lflH' 
pli rM(flii.r£L!aan* tftJrifa, fuatififfnfrni ^»- 
ttWCfo rt*lih«Tri h Jtó (rtiHtftffltd*™ pura- 

là An. AiT jbdlkxxxtii. 



Io. laid. 



ffoc racettum *i6i rtlfdrif duijtwJIciIi 
ViryiMm SpBr*niiJ jm *(■ ri yMiliria — 
irtPM DÀClSW; in qutt fanti arpa ma- 
js^ln /nla.ftflti Ln.ufBi[\f ViaAirnbvi tf- 
flàDiì fienalù. 

Id. Ihid. 

Marita ti J3to*II« SatadrtO «diari; ^a- 
fra — fittivi SatjaiM V. ir P. ijinw 

.Ifiiry /tCiue, tini ri .siiti t^itftuietwpO- 



(ai L'»aaiTU,iw injfuiiii cd1 Jiilf* J^aJ h 
vinti inibi dj PJmm, 



138 



IbUL 

Grtgmtit [.ìLtianwt tivtm, murìitw»' 
tttar, libi niyaiìina ptrpatatinit jatìtri- 
laii fieri fedi. An. Uomini ilDLXXXr 



Mi. 

FrarfLCàcvi A-ni&viiu Canjianiìi) Otta- 
vìi {Miti pra -5C ti jJWttffa art, /oJfl. 

Niwlaa Vittimiti* és Tv&mnta, fon- 
Mini ^nier, fui cum ed. tnAonr&ttr V mi, 
ti itili ac iìÒ3 potuti. MLiillL. 



Ibid. 

Oyui pÉflSicf dàlia tua mente sgODlbtBp 
E j>bdu gal ette Hi tiolMfe ed ombri, 
ìiti Lacerto l*twrt ptfji&LuiLni ftiy. 



— * Nfl]]a pajTLhLLtiiilB cilasa di Cesi» 
niui evvi questa, lapida kiura : 

3LVKPM 

c\s DLfuain 

PAG f EVLP1VS 

XIII C&LEJiDAS 

IAI« ; II C1I.EHOAS DKS. 

[hidrm, E|g n h T |.piLi| p^lldMl, WUO<* EipiDILI 
liDtll/4 EMlaiù ttm UILUluUi grtlinl. li tm\/\U li- 
I"n I' immiirL; i ,' |r- Jf-, llb^l *.:.|-&mtil ; *L fai ! 
Imene Lilc Ude fiaidrtfi Bjiuir, 

r . t 

DA PI 



N 

IJrtL (Xml, ljlitfjl. djyn* leu pUtrifA a *Ué i«T» 
W IlirUÙN, marmi Tripoli H). 

[i\ Uu*nrt Lipidi h Iti Kopcli mi rossi di t- 

(MU) IH 14, ib ùtdÉliubc di riMrli J*lklL< ilnjjlu- 

h « riid.-iEr.irp li i bH iiIì pm-iùthlj . Fi icguLi 
di IrlllH li ti Hit iti dell' tlLin | Ulti Li* cu un* 



Nello stessa cììiIé Ai Ctsirito IrurasL 
li ssguajitfi lapida post* *ul jurLooi di 
un vinai-La : 

Unni l'i! GùAcabitt it Travuiniù- rAà$iit&r 
setoftm M&$ni Cwit Aimiraìit ff*g»i Sv 
(Hit- H&nt pc;i£j£L0ft£iti slsn'kiJi et n.v 
muTGsam eviti, ti deixtic ijiiirpaii cf cat- 
ari /«il . Aiuta Dvnfai 31. CC OC . LXJLXX . 



Nella chiesa parrocchiale di CapiLifpiaag^ 
Nit&ivvt Pj'twanva Ktwtarftli ettjfjwJ- 

lallK* JHJM ÌjJjlJì Ir". — ilùtiìit ti Pf 
ir us fr:i!f« pn] JlKf* putrii uni lì! prc h 
i$t\» tprmqm p«ffl"H ^u-KiIdHUItrù ex- 
ItvtrartiRt ti isfara-unt. furici /Jgrflinf 
31DLXXXVIL 



fiktf, 

>jiia cappella dulia Cganeiirae 

blandii» ViilLHjliilriM huc apus pie-ri 
eie prò sn e! iiotKd-is patriirtaCuj 15D 



Idem 

JtalJa qhicsa pamiLcbLiLn del Casale 

le PiilTtì 

AnCortitti FouJoiuita V J. D. Rtgij Fi- 
ati JHf.tr->A\ti ttl JJTdi Liifi» frùic; pulii s «I- 

ira ; *| (rtarj* Jrijrafs f«n/iwj F.F. 

— La t^ntndi di Traiauoti^ tutìic di- 
Jiami d[«mtnQ, èsswLatwneBte agrlcalB — 
L" Ldiidlcìi ^anUlà di boschi , he Ite e 
caslaujiKLi , aommLuisliHin) oJ cOmmartio 
un altibijijduiib crjiuttgsljtil* di cirbnjQÌ . 
e di bctjaamtjwiT b eastriiiitìDft dnlkv foiv 
Lr ijLi-; noa che |.-:rl>7orLdJ cesCmì. bh- 
dlle. duglie, <lcj[fireLI*! « taidlelli per Latti 
« lincdui , ed aiictie per MuEeiigni ili a ji wtó H 
pjajL, ac. che TcngoDB traiporLatì e po- 
sti la Tcadija. alliuvc- — Questa i» l'ulna 

etuciu di Lfjùù ÈDLirblnlitu r cùbUDt44c II arieti* 
a A' Ihim raiw di E. Tnfi*f, hI» wuiui oh 
p*ii* imi 4..U, BlfMl*, UHM *** miiorUu T t- 



139 



patri i a auLldiissLnu — frrlù \* di' Anflltu 

per U odiGCNIÉIJ-BC iti ^asil'lD'JlUTD (i23li) 

rea ordine a Dieblsii) del Olii dio- Riccar- 
da ài AMA, secreto H Principolo a di 
Terra di Lavoro, di prpmannenlcì deporre 
19 Jvnij;: da calcina La CviMillamroair'e 
di Stilila per tale e-pe-ra. ed iDsiflmamfuLR 
elio LiLjiuj-ifisge i: itwrtnVfum x ai cnll et- 
tari dì Tramonti, e ^afliiitti((rtr.É COFlltOs 
y/r<t mi((cftn!fl; kjIcfj old Gaffa* IH&rit lrj. 
fjms Coatrl iwui jVrffpybs i (JJ. 

L' arie e mestiere di hHlai> , pttavj 
qj''']!i abitatori, ricnc-nti e' tempi tao/Ua 
remoti, o puri! che Eh] fisurcdiin sìa. njgL¥( 
ptìsaalo -di gÉOftrailOM in pncraiiens. Ti- 
linii di cotesti fabbri faloaaami si Irasle- 
TÙroiMi ad esarailap il kr mealieru nelle 
Tejtu di Ottaiauo. di Bapitna. , di San- 
Maxiaji'j w., & sin meo h SiciLis. Di 
ri* De danai) ragione motte: intlchn scrit- 
tura, e fruirà aJlra rjp «ìutraLtu bilaterale, 
dot 1521 Ira mi particola™ di lUyalJg 
«d Ha balti|0 di Tjj iiuacH, il {{iuta ia- 
>i:i| jìmMuì : | iv.- j .ii-.1 : ||ì B»mn in- i;; 
tini di Termini ia Sicilia — Eccolo: 

,*, Pia liij ninnala dee* mbjli ìlj ln<!kt. 
L1U Hii*IHl p«J6iHialitÉf lo cMtri preseli. 
lil HirUlillttl CiMBùùi nicbn f JSiVtvj |i iln Tr.i 
mùntfi tgent GLd. et pnite non; Kt Liiycel- 
hw Inaili (fltijitvnvf) de lUiicli» mpnc bI- 
roillUr ale- 'i imrte altera: jk efuta ! qaJ- 
dfni Coihhs «ponto &jnieobl*iu p-rliti eL 
ulte omnia Ut, prùbiint uMeai Lucila 

pr-Érenli e1(j Chi aero mi imi li' 1 m iLui|ili<* m 
n-njiiiiiIlHniHh i*l iolltrir;itÌ4-in.nnq iptilji Lny- 
p.(IJ r( jkt Liilmn eurrenli menfa BOjuifl 

Eiroi Imi fàuni pwwntli inni *LJu ptrlibiu 
nauta J»lclll4 et prapite uL-J if kum ud T tf- 
ralti* ad factenduui artiia do bnuLiriii sub 
p&rtil al (-Ui'hJ'IIiiJiiiLcji lnrTrii3cripr.lt tI.ìlJì- 
tt-\. li In ritiri- li nJ k ;r,iii.', ilueL'unù i ! i • > - ■ j ■ ■ j I -. 
rmiBEjn piiui per librai un El In qiwrlB- 
nh> od iTB^mt da crani onta- fuco, puro 
de q nella mocfltn : Et li barrili ad grana 

tìKU IllCC pìlti de -qualU. mancia ti** Si. 
clllàiìa. : Gt la peraLurB mi grana, denu Jyiin 

(13 Gì ikhL h in. 1XU Cut. 1» bl. li i." 
IH Fttt,f±*L £i| onL,b ArmUn tiUimrltl 41 
Indi» m. I1&M3U 0)1- IMI. 



da larontara. : nnim de 4|iirJln ntMGlu r Et 
lfttinlit*h n il i i : I in snrritin al *Me te nan 
jiIihiitctu iLux*™ k ihihi» pr-cilitto. j-Buno 
■trtfrt Ir^nii^j {si iiJuUitr : ri mi com- 

mi(!l«r* fUrlUflL «td- ci Hit ccmmicUtrc ic- 

luai. Et a- cùflTefìii ritelua I.nyy!Jui jji. n- 

tó ut Silura uronti^ll Eiitenq OofllBa prn- 
JfiiLì de (dIg iQD(fij-:ciin pr-t'illt to pretini]- 
Ai fl4liÉrfr riil^m ]i«lllii|im prenQirLinnCnn 
■kil uiiiiiMUi hih -iiffllilif-f-rvi fei^liilinnnen et 
noi iiiitnli'oi , n«c iLuik darà dumi {fip) ,i li u Ji| ti! 
swn? *J|K , n , ]DB [uriluui eL non. ni Ira in- -diùto 
]qjs Tor^nliL Iti Ijjkh €i>iniBi aptiDi-n cda-' 
Jasma fjlt ni* jjIjbb prò dlelia wntllii pre- 
atludit u iti^tn- Lijywll') urtllùa detam ile 
carolnnis Argenti niellila duuiitla bui un tf- 
fin-I "nnp^lit ì ptìjew tubdfa tL riu-jnsM Pf- 
mulo Inter eo» ijuhJ al Ipne Cmmi dra- 

tCWt Eli pridiclii aUqwi- \a,\i v tbI «Ujia , 

■-jj-.-d Fpii: Liij-n ilan; toincnliir et dtc-ett e- 

kg*rt lui'hnriB ti! Fllbcra BttiMO (nipiLruni 

ili fjcirn.rlB.nii ditLim rutaun praut ]»l*rit 
*it damiiB iiUtridùÈ «t iiprnan. ijitiot Co- 
lmi l BL hiièreii I|i;m CiumniPi ItntiLlir r*- 
Acara di rr-MF^-lrn nonne» «t alnfitl^ (i- 
p#ivua Uirana s| mitre»* pBtitodBB *t «upr 
ptfrLtnrJan per eom prò arie pmlkla lìo« 
ailqu.l txcnpUOiiÉ. 1)4 rjnlLut éM. IV^jéiì- 
lilma b!Cl i;S). 

— L n atte»mcQloi prjj do' «tosai e minuti 
h^itiami. era «l è dai della più, estete ed 
LnporLz n.ti iodu^tri^ de"ii3 tarali il Traili no- 
ti, e- prccipufimexilA di animali Taccici — 
Quivi 1 Jbnniajni fitraBi b sana malto sa- 
poriti ptK li laiile crbtì ofomatielìD dui 
laiKJQ ; ma k Inidixinpali ricotte: tu* j. 
TU7a.nB uni Tetusta rinoinapia , iKjjidl 
ita cocamarcifli ìj LroTaji ilHjirciiatB, ìIbo 
-riiò comi licioni ìtL a cna.ai fattura io il b\u- 
rt>, eolanto rteut-calo da por latto (ì). 

IntperaulLè si ita tia i caciùca?al]i a 
la tlcoMb rieswrtn squisiti cjiiBDBe Tolta 
non fica fodla dal latte la parte Lutirosa^ 
e al allbEk cura (fi e^UH badipiikiiotie 
e rj[ gEiLtto rjTudo dt ealore — Parimaati 
mollo decanute, e straiatlo arsi] Degli bel- 
Licii Lcnapi le giiiEcatc di Tramonti ; 

faji il tati*, idei' a Btd\ u ;■ ìi m budi±j<: 
JlI laUt (Vrwn, dilli ir 



■ lil ImJilli it- 



--vm U^VH» BfM'^du*, 



140 



c]m readaraiiai a regalafansi , ù ciò si 
Alimi dai fiHajmuli a* prima, diretti del 
fondo, sii jj^r catone, od a titoSo di prcsti- 
liomi acrniis. la uoa scritturi di locaiio 
ne ili uni tì^juel , olim apparteDcoLB al 
mc-Distcro laulieirc benedeHinu -ri i S, La- 
Twia di Amai 11, Erogali ivi neL 1210, 
tradii ilLm Guadili™! « riserbo T^ft ume- 
tta : k SfrrtWef pff MtiM divimn <ietW 
mu.! dare votiti ìaìute {1} 4n ^(jeiJdCtf 
S. tiau.ren.tij Insulti* imu eh valiaittd 
/ori Cnriw* (trraT) «turi, ri licDcamui niu 
fi ttajjrt kire&tM aiiiìtuMT* tuguo fu no- 
muforiuni SL1SG orniti «oisK-nt £ ;!!). 

Imn^ltLKiLrric acf^tlurK (ti t a k' ri i ai do'te lu- 
pi nredicM»»U ed. buco de'u»LL a mi viet- 
ili, tro?ÌBn] ia csae di freq^nnutn dolio appo- 
slo risene è prtilaikùL allunali in lutlici- 
nj, «pretti, patti r flTujIi*. frulla., fini «. 

— I noi di fra nuoti, atteso Ja. elsva- 
iloqd del siiti fi la freddi temperatura del 
dJEùl »M leggieri e di non molto pre- 
gip. NdiiLL autidil tficani ari andare ik- 
qinlala T Ufi delti mot^fAgUrfrii. Lal- 
troud.dk-- (tutta fi sono nquisita, « lo cista- 
Uri ino! tu aapHrosa — il euu Eerriloria non 
catóbifl iQ-nfl Specilla VT14 lo iiopalitm 
«reaMe SpWW 3tWM di quadrupedi <■ -pa- 
lali], 004 ÉruTUksi nng,Li altri liuigjbi ale- 
Tati di njaesti regioni ri eguali liceo 
isoterme. — Vere (, co?, la «ceti £ il- 
giunta diminuii*: da Tari anni a i[u-Bsta 
parte colle uosLre contrade: pur o:aere alali 
massi i cdtun am flTan parte dì sili ba- 
serai, ed 1DM p« essoraj j«re«ÌTno i] 
BUDùem dei' cacciatori, 

— Tramonti, i ami Mia lopojnli- 

\i J JdT«dl. tnlUtU IH. bari].; d bai la Elia «U. 

urti di pmUilow, T*dl la. J." mi, HI 3D ■ 

*» cu. 

(f| TihnUr hwiiIiL S, UannUj di JLmilph. 
*W*». ù." 1B. 

|J) YrJl Lo, 1.' JtU» prE-nu4* nptEi aia, HJ, 

t*| £r fitftif. Rvnixm « *nr fmfiri, TO' 

JlT. fi- /far. 9f : Di CJIHJulJ ThrtJQr. In IdlfnillÉ 

li^liur rcKpliH ib AdtDilf'j *r ì'd»Ik*<II1i tIm- 

Uria BlMÉrdo dà iB^Élù di TfUUDlJk SlUdlf li 
dwL* Tuta TruuinU BaVd. IH da •**. 90t, fw 



ti <gja«1tun ffloatiiiEa, fu, privi na)r«[i- 
titbJla. di Etrid* tìstert», C«nodfl « pra- 
ticabili. E di tal difetto ai ebbe a II- 
parsi Eleonora il" Anuom JjcLceei di 
Amalll, fJha un mtìd prima, BT£a, IcfidlO 
flaJuiorQD culi (ll&O); alccumo altre™ 
dÌKorremiM (3J. 

Fu questa Terra aotnmamDDtu, danls e 
ligia ai «moL aogiu-iui di Napoli h e> llìj- 
fjpalmajita a te, BoliErta, tui dono iponj. 
tiaflanienlB ulhxxnta Coma d' H0 L JÙtro 
«niicaite dc-pstico gii presento- i\ matti 
Viaacesco Itutrito (1 ). Ma. a dirla, faar ^do- 
ra , q n-il suvrp u -i prtf ^Jeiilcmflalo mei t !i 1 1 
Btalut. -clie i TiiraoDtani loMero imninjii 
dal pagare il daiìu di ujnda 15 ani vino e 
audio (rutti ractìHo oe'lurO' podarl (1). 

— Alia mùfto di roftolBita, i onlnritì di 
Tremolìi sùrlureDi pari fedeli ìt » Gim'ID- 
Bel i'j i Ilaria 111 di Dj»Lu n a LadUllO, 
e pur qualcba Lampo bicda a Gìotbodb 11." 
Ma par Ja ponili ili « lulbaleaiu din buscì- 
UTOUli usi i*piQ a causa delle adùjiocji 
tallii da, DjuiustB regiai a l'arerà li Alfonso 
d' Ariani e poi di LudcviM ni tfAn- 

S~0 , Tremolili, flaveilu- ad ilguai altri 
oghì oacara^ parteggjiindu p*r quast'ol- 
timo, solleiaroBsi ca-Jiuui'Anu/aneM.Ikipu- 
Jorl4 reaiittoia, dispariaiia aiuto, ritor- 
njrouo all' ulibcditazi di Giorenoa (6); 
la quitte- , CQOuiienado i nuli da cui 
SOuTerti, piò laidi dimora ?olli dal pjga- 
mREtD di oacij 3 in pcrpcluo, anpri oajai 
oattutta, di cui TnuKiQti già trefmil 
tassata per od» 15, «ioeume dal pririls- 
oio ad esEi indirillo: ( Johanna Din. LU- 

L'iiidrilsM Desini J,:-:n1.l C rimino BdEl- 9 n > * n 

quM Tfrr» l^i" t»rp,Lun fuil *J Eagl-Dra d«Kil- 
Dlaaa Kn«iL4 — Ei In ndrm com^ji.-u ilrrom (*- 
ajLpf |aqppi»i ■ mapiLf» FraOAiMu -Ci SqH-Iù t 
H BUNillr* lafObù Zrnuli di Tnmnnln nnelia 

llirLl L-l-'"-ÌL,bil Bue. 100 Eb fuiuJKKUIH •UlilT, 

BC#, |Dti il[-ii (J-TrrriJ'i-) dnpiT'L dp*fi>* H*|< 

flahrluj 1 , ai ra q^*aJ Taf ti l«H ptrptfQjQ hit é4 
EM-am OinunluB ry-iaciti i Eq4**> 



■om Ocrntni 

ET 111. Jf. /m! 



nvwln 
1 Ai r fjvri, Jnv K H J» mm- 1 ». 

li Vfdi Ljv l r + B*r, SU dcllJ BlH|BU ipm. 



141 



Dfffltofl Trwvmti pflrfiw« Purfljua w 
itri Àmalflt -ctn. ole. Quia printer ie,- 
prurum ifflJnm Aula Terrn Tram)ntu ci 
Jj^i.'jiì tana rerum , ri bnAii/u?.u irtu|!i 
pittata dìsptnim prò nastro [Sdeilite-I* iir- 
*«Bita preferitu j)ivrT7crKm km-f ^tiì-uj gue 
nLLLLpJjcttef ajtjijigiiiiediìnii, et disti* ^mn 
dieta -LTiiiTcrs iias: qiiB a li tu rtwiirai amfia 
Rimira ti Optimi nittidshal, taudantibitf 
iTLprlaiitaiinti* a[ pori jetli«rtaU ttow . 4 
giHTrarii!» jmieriidTBBi jwt/fiuibuj anni 
(iites Ciiiiw diiALTWuli d do jaEitti tirat- 
eci fooiltatiittit, rcàvtiiqwi ai /orina*» 
aito Ccmem ijundl ad loirandiiin turi* 
jtiflflJÙt Bsrfra f cdUiuitHr pcMiui impolen- 
iaii Propesa eie. «te. ÌJsHiIH in CtìsTn» 
jiciCr-ì cùritatù jltéf te eer nanu* «atìri 
predici* Jttgiw din f J awaKjfi V indi- 
clisnu diuki fi27 fi}. 

— SucccaaLTBiiniiitc, altre, calamità 4L 
guerre , -di oìresLio e di putì; apporti- 
mbu t «desto [>msc la, de»ltiiODti t In 
jdivegEo a ]a roijsftrja; e gagaatiiTi^n.'Le i 
due IudcsLi aiutili conUfioai nel 1523 e 
ItìStì. Il primo, Milli FeilaEaai itera meato 
aj'j I sua rasili; di Unta, nucdi i morte più, 
CttUiuia di iiUidini - J'bJItd (l63Bjcnn 
pnn ra.iif(fitiH intendila « fumtc, foce mai 
bassa. sìiJLa pupc-lnionr- che deciinfc 41 
DEH tetti paite 1 —Tatti i tredici par- 
aci dolili alLtelLanLe pieve del luuum fuic-n. 
liUima. dal morta , ìnai*nse- ««I memri- 
riCjJ lor Cipri { aiunprela ] D. Gaajiaja 
Xbcuiì , pUrialo 4 tbÌedEo scrittore e. 
jittta (v. diaseli pajj, 1(JT 9eg.i *^1K 

— CtLudkuiu iatiùc <]UjgìLb oairijLitf • 
De, cor rapportire mi lirino ms. {duco 
drJLi ftclaxiuna ftlta JG Quel tù/Dii da un 
GouluieHaxio renio , infialo dal {pnieradj 
a bolla poa|a oc' liujy.ij.1 di questa Cuìlic- 
ia, per blorniBrsL « poi riferire s-ulle \ùia 
rirtrtlteue d alila di mùtria, « di jj-ru^- 
porne i mani «ma pulirli aollevarn hj, 

Qiiittu Bile industrie, e muslitri dtTra- 
EtKiUlii , al Cui scjia£D : 

{1} fi rtpnt. IAid. II. u. lU3 r M. ini. 

15} Jjtlil'ÙTir |.l!n*,j 4 «4u |Baf JiLMlfl 4UÌSlfr riDl'4 



c Oli Bumlai di usa Terra 41 Tra- 

H minili psr la piti laaciando la magli u- 

i l];|li la casa, vanno per diverse porti 

t M Tiqvù et lioL-itiiiu lauri di lurciCAUi 

K par La mirjfliflj parie dell' aotìfi , oM 

u per uno cscrcitLo- et citi in uà iJlro. 

D Due 90314 tn airir uiù iiuineroS* ia 
u eiij p ]■" arte, della ria.mlkiec « l'irle del 
t Icg/BiiLC- ; in quelle s-' octupiiin Itilo- 
i mici Jd bitkre (Is butti), k dount nel 
g ilajia la banthica, qnala dgpq JllaLa sa 
e TEndn ai Lìv.iì doli; ulti DBlf'arln- de'lr;» 
i f aamL , alili in. La^Narli niella kLvo , 
« altri ia pulirli i Riditi Lli egrPÉpiarli 
< (iTaipariarli iuE duriù) alla maiioa. di 
i Muffii La mig-flior pirt* La prepararli 
« par ecridTirLL poi a schiena di mula pv 
& «imporne carratcili n nanLoiEt al all- 
'i nvero jui di «tLumiLi, 

e VL aaBCft (iii) seix perFflttaaima: , 

■i filata arrivi t miELeejpqiitirxiila Jibdure 

i pfif cjàstuo miD. 

a VL tiMfjium) di DneuJk twioli di 
6 eranrj I' anno , et li fieni portata da 
■ Puglia a scaleni di muli ; la somma 
i pane poca a, rispetta dà' fuo-cli > ma. 
a non a maraTiy-lii perdlè gr» pitta de- 
li. 4 li uumÌDi biLitEiQD fcoii della Tona. 

* Vi msgmq (ikj da CiDlUlCOSiitO lotti 

t di fine I" anne , el ve n." ftalrano da 

e lucri, uarLicitlarmialE da. Naccra rfiial- 

■) troctnU» ; I' ttoiiii la riceva dì fuori 

t snpn mille. « ducente (iiuriptiai. 

a L' arto della tiiobicc pai qui oa- 

« *ÉW suiLtvuU eoa dar eiutu di ijfciict- 

i sa ai suoi laroratlti, allbicnt boq sia- 

j nei coaliElii di buttire la laro mcrnaii- 

j Lii ài iiiuruoll ddla Giva u di San- 

i ureriDJo , et multo più *L Boìleieri i 

j ptrlettioae Tarta, iptroilucEDdo gli ua- 

■] latori di essa nollm Stato pur amiLtire 

o la, mercantti d*UJ ^oMilelli et altre, 

a tale bìidlìì, per La Cicilia, Genova o in 

e il Ira JucjliJ iIjtc jeihi> Eiandale dai Ca- 

t vainoli ». E di ciò LailL 

A mutila drilli CNlLpr4 JmqJCttkB. in «wr#I* 
d.ll',*. Hit, 



142 



Appendice e nota bibliografica 



L'ultimo libro, abbastanza documentato, pubblicato su Tramonti risale 
a diversi anni fa per merito del francescano fra Salvatore Fierro. Il suo 
testo porta la data del primo novembre 1981, un quarto di secolo oggi. 
Molta acqua è scesa dalla vallata di Tramonti verso il mare di Maiori, ma 
molte informazioni che il benemerito studioso scrive nel suo libro sono 
ancora valide. Alla bibliografia che egli riporta alla fine del suo lavoro ab- 
biamo deciso di riferirci perché non molto è stato pubblicato di veramente 
rilevante sul territorio di Tramonti in questo lasso di tempo. Abbiamo già 
avuto modo di dire all'inizio di questo libro che nel corso degli anni don 
Emilio D'Antuono, parroco della Chiesa di S. Bartolomeo di Novella ha 
messo su una biblioteca abbastanza ricca ed aggiornata. La segnaliamo 
all'attenzione dei lettori e dei giovani di Tramonti ansiosi di ricercare le 
proprie radici. Se tredici sono i villaggi che costituiscono la realtà del Co- 
mune di Tramonti, le Chiese che su questi villaggi insistono sono anche di 
più. Ne parla estesamente il Camera ed è la prova che ogni chiesa custodi- 
sce gelosamente tesori di identità e di memorie che attendono ancora di 
essere conosciute ed apprezzate. Un invito allo studio ed alla ricerca affin- 
ché queste memorie, queste tradizioni e questi valori non vadano smarriti 
o svenduti in nome del futuro. 



143 



AxtuDiu Cu.t.'.-'ìl-. Compendio Istorie/a-, mi., pubtliriNij drilli Rivinti E ■.; ■.: I ■-? i : i t^ i i^h AffifllrV 

tom. l9d£-]9&]. 
tiAMPrt'. Matteo, Memaifo $i(u\QQ-4tfpÌ4\tti£ltclte dell'Aulica Città -e Durato dì À!7wi<i, 

l e ti VOÌ., 6flkrr». Ed- T*8laEerrtl*. 1973, 
CASBBBE LéoFOU». Amalfi e lo sua Corti ora. Ruma, Ed. SAIUmlA, *J- 
CERAfilfOli FilihiO, S^ur-arioiTi Storiche, Archeotot^he. T&pvsmfitfK tini miWia*lrM( e 

dcfir.nfii.'i' in l'ia Ciilà di Malori, SjOtmo. Ed. Miafinrcio, IB&5. 
Curmu Canhiiki, .Vaiar! - La Cjiiiij J( $. Francato dei Frati Miliari", Cava dfi Tirreni. 

Ed. DI Mow. TW- 
Cudud Cv-inrrKi, Nwiirji JrjjMrfOr* - JJ CtìflYtfTpie <fr 5, Jrfflria p>gfJ JugicN - ira' La ad Arie, 

Cùmù *S Titani, EJ. Di Mmiru. USI. 
Cn/Ghfc-ftM Mrrnrfprtuduniftrji, Ed. Muratori: AnrigLnraier ir-afrene .V«dfj j1*tì. 
D'AMaTO CERAIO, Stola ■ £fa ccitiro armrJifJarrci di civiltà. A1rani r Ed. fwisw. 1975, 
FlERBO bUYjtrOiX, Mia Madri, Cava del Tirreni. Ed. PalirniboEipaiilD. 1979. 
[MnaATa Giuseppe. Vjf£ Kfitffl/Mti tifila Coma di /tmalfUfanairen^ ccnuejiti' * cmtfja- 

lentite. Ed. Palladio, Salerno ]«1. 
tMreiATQ Gru*»™;, Andolp; t ti tuo «mnrfr^. SAltrttO. b"d- l*fll1«JfO. 1*»™. 
libisi Lcuer. UlriilrfoioTe dei Principali Monumenti di Art» p Ji' SirY* d'ai Yaifanle 

1 .'fif^iic. R.JHIJ. Fil IJc-ltu. I f=M^. 

Pj*.-hka Frurrcxsoa, Prton&s Jcfi 1 "^ .i 1 1" i cj Rtpubòiica d'Amalfi, Napoli, 1734. 

RjirrATi.i: (-dj Pdtcrnùr, rJc /1/aho PWticl'pajAU Proui'iBoLi iidoii CferorrcjJGifrènv Hi&torica ac 

Fidttlf fJeterfpila Atmaf rVPM'rfaf&v Whìctpaiiu Fiatriim Mrnarum Sancii Francaci 

Uè ObflUmliUih N*ptìli h Ed. RLiìflldi t SclHTIr. >M0 
SCtfHJfflflEGO ATPOfJfluy Cernir Statiti iùJTj OrrpVflp- dtff Santuario Mia Vedine doiTAvuo- 

wJfl in Maturi, Napoli. Ed. De Atirl-Ms- Bellisario. JB9I. 
S*Htamiu«lO GKmlluihiiv Tramanti iicVia Corto d'i Amorfl. mi., ptibilra.1i>, in parLfc, Jjd- 

l'Eco di Trainiti, 1-9T1-1ST*. 
T ai ani Vikeehzd, La DìockI di Amalfi ' -Brevi Cenni Starici -e Sviluppo Denirjflniftcu. 

Ariani, Ed. T-nvone-, 1172. 

Archileo AalcrtìUann di Vjp^ì. 

ÀreMviv Munkipafo ,fl Tramonti 

rirttVrì Mk <flVtsw jMrn&wtofllf di Tnmrtttìi 

Ari-hivi 4fi .jJLHPf Coirlrolenrite di Tramonti. 

OilUtttafiO EiìritìiìpeAlk-4 Moderno. Ed. Ldmc. Milano. IM3. 

DlilofMrrfJ EntfK-toptfrfittr Traiano, Ed. Treccani, Roma, 19J0. 

iKltilto GtìternÌKO Dr Anatrini. Novara, IMI. 



144 



La storia di "Evelina" 

L'edizione del libro "Gente di Dublino" dalla quale abbiamo tratto il racconto 
"Evelina" collegato alla storia di Carmelina "l'americana", è quella apparsa nella 
collana "Capolavori della narrativa" dell'lstituo Geografico De Agostini di Novara, 
1982. 

L'autore 

James Joyce nacque nel 1882 a Dublino, in Irlanda, da una famiglia 
borghese. Studiò nei migliori collegi cattolici e assorbì un'educazione for- 
temente impregnata di moralità religiosa. Dopo essersi laureato in lettere, 
nel 1904, lasciò l'Irlanda, di cui non sopportava il provincialismo cultura- 
le, e si trasferì in volontario "esilio" nel continente, dove sarebbe rimasto 
quasi sempre e dove avviò fin dall'inizio proficui contatti intellettuali con 
i principali esponenti della cultura europea. Fu così a Zurigo, dove tentò 
invano di ottenere un posto di insegnante, poi a Pola e a Trieste. Qui visse 
dal 1905 al 1915, dando lezioni di inglese e stringendo amicizia con lo 
scrittore Italo Svevo. Allo scoppio della guerra si trasferì a Zurigo, dove 
conobbe Ezra Pound e, alla fine del conflitto, si stabilì a Parigi, dove fre- 
quentò Eluard, Aragon, Eliot, Hemingway e Beckett. Nel 1922, la pubbli- 
cazione del suo capolavoro, "Ulisse", gli conferì grande notorietà, ma 
suscitò anche vaste polemiche. Negli ultimi anni si dedicò alla stesura e 
alla faticosa revisione del romanzo "La veglia di Finnegan". Sofferente di 
gravi disturbi alla vista, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, si 
stabilì a Zurigo, dove morì nel 1941. Tra le sue opere ricordiamo, oltre ai 
suddetti romanzi, la raccolta di racconti "Gente di Dublino" (The 
Dubliners, 1914), il romanzo "Dedalus" (1916) e le raccolte di liriche "Mu- 
sica da camera" (1907) e "Poesie da un soldo" (1927). Personalità singola- 
re e complessa, anche per i rapporti che lo legarono alle diverse culture 
europee, Joyce ha rivoluzionato radicalmente le tecniche e i modi della 
narrativa occidentale. La sua opera più nota e più importante, il romanzo 
"Ulisse", è uno dei libri fondamentali della letteratura contemporanea. In 
esso, Joyce rappresenta la realtà esasperando l'analisi introspettiva dell'io 
e registrando, in un ordine stilistico volutamente incomprensibile, il libe- 
ro "flusso" dei ricordi, delle emozioni e dei sentimenti, sulla base di una 
tecnica di scrittura estremamente suggestiva sulla quale gran parte di 
questo libro è costruita. 



145 



Il racconto 

Evelina è tratto da "Gente di Dublino" . Di questo libro fanno parte quin- 
dici racconti. Il libro è stato scritto verso il 1915 E' un testo narrativo. 
Tutti i quindici racconti sono ambientati a Dublino, luogo di nascita del- 
l'autore. La protagonista del racconto è Evelina, una ragazza costretta a 
vivere una vita monotona, a causa della morte di sua madre, perché poi 
dovette badare a suo padre e ai suoi fratelli, tra cui uno grande andato via 
di casa e due più piccoli. Il fratello più grande è anch'esso morto. 

La trama 

Una ragazza di nome Evelina, viveva col padre e i suoi due fratelli più 
piccoli. Viveva una vita molto monotona, perché non faceva altro che la- 
vorare in una sartoria e lavorare in casa. Aveva però, un fidanzato, di nome 
Frank, che le voleva molto bene, e che avrebbe fatto di tutto per farla feli- 
ce. Le propose di fuggire insieme a lui e vivere una vita nuova. Lei era 
insicura per molti motivi. Uno poteva essere dato dalla promessa fatta a 
sua madre prima di morire e cioè che si sarebbe sempre presa cura della 
sua famiglia. Inoltre aveva paura dei giudizi della gente, paura del futuro, 
quindi paura della situazione economica. Un altro motivo poteva essere 
l'attaccamento agli oggetti, alla famiglia e alla sua città. Infine si decise a 
partire, perché glielo doveva a Frank, dopo tutto quello che aveva fatto 
per lei. Arrivata al porto, gli vennero tanti rimorsi di coscienza tanto che 
decise di non partire più. 

Il testo 

"Stava seduta presso la finestra ed osservava la sera che invadeva il viale. Pog- 
giava la testa contro le tende e aveva nelle narici l'odore della cotonina polverosa. 
Era stanca. Pochi passanti. L'uomo dell'ultima casa passò per rientrare; sentì il 
rumore dei suoi passi battere il selciato di cemento , poi scricchiolare sul sentiero 
di scorie davanti alle nuove case rosse. Una volta c'era un campo, in quel luogo, 
dove i ragazzi del popolo ogni sera giocavano fra loro. Poi uno di Belfast aveva 
comprato il campo e vi aveva costruito delle case - non come le loro piccole case 
brune, ma delle case chiare, a mattoni, coi tetti lucenti. Tutti bambini del viale 
avevano giocato insieme in quel campo: i Devine, i Water, i Dunn, il piccolo Keog 
lo zoppo, lei e i suoi fratelli e le sue sorelle. Ernesto, però, non giocava mai: era 
troppo grande. Suo padre, spesso, per farli tornare a casa, li cacciava via dal campo 
col suo grosso bastone di rovere; ma di solito il piccolo Keog stava in vedetta e 



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chiamava quando vedeva arrivare il padre. Eppure sembrano tempi felici, quelli! 
Suo padre, allora, non era così cattivo; e la mamma era ancora viva. Quanto tem- 
po era passato da allora; lei e i suoi fratelli e le sue sorelle erano diventati grandi; 
la mamma era morta. Tizzie Dunn anche lui era morto ed i Water erano tornati in 
Inghilterra. Come tutto cambia. Ed ora anch'Ala stava per andarsene come gli 
altri, stava per lasciare la casa. 

Oh, la casal Si guardò attorno nella casa passando in rivista tutti gli oggetti 
familiari che aveva spolverati una volta alla settimana per tanti anni, meravi- 
gliandosi da dove mai venisse tanta polvere. Forse non avrebbe più rivisto quegli 
oggetti familiari dai quali non aveva mai pensato di doversi separare. Eppure in 
tutti quegli anni non era mai riuscita a sapere il nome di quel prete la cui fotogra- 
fia ingiallita pendeva dal muro, sopra l'armonium rotto, vicino all'oleografia delle 
promesse fatte alla Beata Margherita Maria Alacoque. Era un compagno di scuola 
di suo padre; ogni volta che questi mostrava la fotografia a qualche conoscente 
passava oltre dicendo: 

- Ora è a Melbourne. 

Ella aveva acconsentito ad andarsene, a lasciare la casa. Era ragionevole tutto 
ciò? Cercava di pesare il prò e il contro. Nella sua casa aveva, ad ogni modo, un 
tetto e un pezzo di pane; aveva attorno gente che conosceva da quando era nata; 
ma, certo, aveva da lavorare molto, tanto in casa che all'impiego. Cosa avrebbero 
detto di lei ai magazzini quando avessero scoperto che era scappata con uno? Che 
era una sciocca, avrebbero detto, forse, e il suo posto sarebbe stato subito coperto 
per mezzo di un avviso economico. Come sarebbe stata contenta la signorina Gavoni 
Ce l'aveva avuta sempre con lei, specialmente se c'era gente che ascoltava: 

- Signorina Hill, non vedete che quelle signore aspettano? 

- Svegliatevi, signorina Hill, per favore! 

Oh, non avrebbe certo pianto nel lasciare i Magazzini! Ma nella sua nuova 
casa, in un paese lontano e sconosciuto, non sarebbe stata la stessa cosa. Allora 
sarebbe sposata - lei, Evelina. La gente la tratterebbe con rispetto, non come era 
stata trattata sua madre. Perfino ora, sebbene avesse più di diciannove anni, si 
sentiva talvolta sotto il pericolo della violenza del padre. Sapeva benissimo che era 
stato lui a darle le palpitazioni. Quando erano diventati più grandi, il babbo non 
si era mai scatenato contro di lei come con Harry ed Ernesto, perché lei era una 
ragazza; ma più tardi aveva cominciato a minacciarla e a dirle che, se non ci fosse 
stata di mezzo la memoria della mamma morta, chissà cosa le avrebbe fatto. Ed ora 
non aveva nessuno per proteggerla. Ernesto era morto ed Harry, che faceva il 
decoratore di chiese, era quasi sempre via in qualche paese. Del resto le eterne 
discussioni di danaro al sabato sera avevano cominciato a stancarla in modo indi- 
cibile. Dava sempre tutto il suo stipendio - sette scellini - ed Harry mandava 



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quanto poteva, ma il difficile era ottenere danaro dal padre. Diceva che lei era una 
scialacquona, che non aveva testa, che non era disposto a darle il suo danaro così 
duramente guadagnato per vederlo gettare dalla finestra, ed altro ancora, perché, 
di solito, il sabato sera era piuttosto di cattivo umore. Finalmente le dava il danaro 
e le chiedeva se aveva l'intenzione di prendere qualcosa per il pranzo della dome- 
nica. Allora doveva correre fuori il più presto possibile a fare la spesa, tenendo la 
borsa di cuoio stretta stretta in mano, facendosi strada coi gomiti attraverso la 
folla, e tornava a casa tardi, carica di provviste. 

Aveva avuto un bel daffare per tenere su la casa e badare che i due piccoli, 
affidati alle sue cure, andassero a scuola regolarmente e prendessero regolarmente 
i loro pasti. Era un lavoro duro, una vitaccia - ma ora che stava per lasciare la casa 
non trovava più quella vita tanto insopportabile. Stava per tentare una nuova vita 
con Frank. Frank era molto carino, di carattere virile, di cuore aperto. Doveva 
partire con lui col piroscafo della notte per diventare sua moglie e andare ad abita- 
re con lui a Buenos Aires dove egli aveva una casa che lo aspettava. Come ricorda- 
va la prima volta che l'aveva veduto: egli alloggiava in una casa sulla strada prin- 
cipale ove ella andava spesso a trovarlo. Le pareva che fosse stato poche settimane 
prima. Egli era sul cancello, col berretto tirato indietro sulla testa, i capelli scom- 
pigliati davanti sul viso Bronzeo. Egli l'aspettava di solito fuori dei magazzini 
ogni sera e l'accompagnava a casa. L'aveva condotta a sentire la "Mignon" ed ella 
si era tanto entusiasmata vicino a lui, in quell'insolito posto a teatro. Egli adorava 
la musica e cantava anche un po'. La gente sapeva che facevano all'amore. Quan- 
do egli cantava la canzone della ragazza che ama un marinaio, lei si sentiva sem- 
pre dolcemente commossa. La chiamava Poppy, così per ridere. In principio era 
stato come uno svago per lei di avere un compagno, poi si era messa ad amarlo. 
Egli conosceva racconti di paesi lontani; aveva cominciato col fare il mozzo ad una 
sterlina al mese su di una delle navi della Aliati Line che andava in Canada. Le 
diceva i nomi delle navi sulle quali era stato e le spiegava i diversi servizi. Aveva 
attraversato lo stretto di Magellano e le raccontava storie terribili sui Paragoni. A 
Buenos Aires le cose gli erano andate bene, diceva, ed era tornato al vecchio paese 
per passarvi un po' di vacanze. Naturalmente il padre di lei aveva scoperto tutto e 
le aveva proibito d'avere relazione con lui. 

- Conosco quella razza di marinai, - aveva detto. 

Un giorno il padre aveva litigato con Frank e da allora ella dovette incontrare 
segretamente il suo amore. 

La sera si faceva cupa nel viale. Il quadrato bianco di due lettere che aveva 
sulle ginocchia si fece indistinto. Una era per Harry , V altraper suo padre. Ernesto 
era sempre stato il suo preferito, ma amava anche Harry. Il padre diventava vec- 
chio in quegli ultimi tempi, aveva notato; avrebbe sentito la sua mancanza. Tal- 



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volta anche lui sapeva essere carino. Non molto tempo prima, quando era stata 
indisposta per un giorno, egli le aveva letto una storia di fantasmi e le aveva 
preparato il pane abbrustolito. Un'altra volta, quando ancora era viva la mamma, 
erano andati tutti insieme a fare una merenda in collina di Howth. Ricordava che 
il babbo aveva messo su il cappellino della mamma per far ridere i piccini. Il 
tempo fuggiva, ma ella rimaneva seduta vicino alla finestra, la testa appoggiata 
contro la tenda, respirando l'odore della cotonina polverosa. Laggiù, lontano, nel 
viale, un organetto suonava. Conosceva la melodia. Strano che proprio quella 
sera fosse venuta per ricordarle la promessa alla mamma di tener su la casa più a 
lungo che potesse. Le tornò alla mente l'ultima notte della malattia della mamma; 
si rivide nella stanza chiusa e buia dall'altra parte dell' atrio; fuori si udiva una 
malinconica canzonetta italiana. Avevano fatto allontanare il suonatore, dando- 
gli sei pence. E si ricordò che il padre, quando tornò serio e grave nella camera 
dell'ammalata, aveva detto: 

- Maledetti! Proprio qui vengono! 

Mentre pensava, la visione pietosa della vita di sua madre operava una specie 
di maleficio nel più profondo del suo essere - tutta una vita di meschini sacrifici 
chiusa con la pazzia finale. Tremò riudendo la voce di sua madre che diceva co- 
stantemente con sciocca insistenza: 

- Derevaun Seraun! Derevaun Seraun! 

Si alzò sotto l'impulso subitaneo del terrore. Fuggire, fuggire doveva! Frank 
l'avrebbe salvata! Egli le avrebbe dato la vita, forse l'amore, anche. Ma voleva 
vivere. Perché doveva essere infelice? Aveva diritto alla felicità. Frank l'avrebbe 
presa tra le sue braccia, l'avrebbe avvolta nelle sue braccia! L'avrebbe salvata! 

Ella stava in mezzo alla folla ondeggiante della Stazione di North Wall. Egli la 
teneva per mano ed ella sapeva che le stava parlando, ripetendole qualcosa della 
traversata. La stazione era piena di soldati coi loro bagagli scuri. Attraverso le 
larghe porte delle tettoie ella vedeva la massa bruna della nave attraccata vicino 
alla parete del molo con gli oblò illuminati. Non rispondeva. Sentiva che la sua 
guancia era pallida e fredda, e nel dedalo della disperazione ella pregò Iddio di 
illuminarla, di mostrarle quale era il suo dovere. La nave diede un fischio lungo e 
triste nella nebbia. Se fosse partita, l'indomani sarebbe stata con Frank sul mare 
diretta a Buenos Aires. Aveva già fissato i posti. Poteva ella ritirarsi dopo tutto 
quello che lui aveva fatto? La disperazione le provocò una specie di nausea e con- 
tinuava a muovere le labbra in una silenziosa e fervente preghiera. Una campana 
le suonò nel cuore. Sentì che egli le afferrava la mano: 

- Vieni! 

Tutti mari del mondo s'infrangevano contro il suo cuore. Ed egli la trascinava 
dentro: la voleva annegare. Si afferrò con ambedue le mani alla ringhiera. 



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- Vieni! 

No, non no! Era impossibile! Le sue mani si aggrappavano al ferro frenetica- 
mente. Dal mezzo dei mari che la sommergevano ella diede un grido di angoscia. 

- Evelina! Evy! 

Egli si slanciò precipitosamente dall'altra parte della barriera chiamandola 
perché lo seguisse. Gli gridarono d'imbarcarsi, ma egli continuava a chiamarla. 
Ella voltò verso di lui la faccia bianca, passiva, come quella di un povero animale 
impotente. Gli occhi non ebbero un segno né d'amore, né d'addio: non lo ricono- 
scevano. 



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