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Full text of "Alessandro, signor d'Albania : azione accademica : da rappresentarsi nel Ducale Teatro Grande il felicissimo giorno natalizio del serenissimo signor principe di Modena : composta, recitata, e dedicata all'Altezza Serenissima di Rinaldo I., duca di Modena, Reggio, Mirandola ec."

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ALESSANDRO 

SIGNOR    D  ALBANIA 

AZIOKE     ACC  ADEMICA 

DA     RAPPRESENTARSI 

NEL  DUCALE  TEATRO  GRANDE 

IL   FELICISSIMO    GIORNfO   NATALIZIO 

DEL  SEKEKISSIMO  SIGNOK 

PRINCIPE   DI    MODENA 

COMPOSTA.  RECITATA,  E  DEDICATA 

J/r  Ahe^i'^a  SeremJJìma 

DI  RINALDO  L 

Duca   di   Modena,   Reggio, 
Mirandola   ec. 

DA'  SIGNORI   CONVITTORI 
DEL    COLLEGIO   DE' NOBILI. 


IN    MODENA  ,    Mdccxxxvii. 


Per  Bartolomeo  vSoliani  Stampator  Ducale. 
Con  Lìcen\et   de  Superiori, 


ARGOMENTO. 


I  o  R  G I  o  Signor  d' 
Albania  5  e  poi  Ke 
dell' Epiro, fu  eoa 
altri  tre  fuoi  fra- 
telli maggiori  da- 
to dal  Padre  per  oilaggio  di 
pace     ad    Amurat    Secondo 

*     i  Gran- 


Granfignore  de  Turchi  ;  il 
quale  fcorgendonel  giovinetto 
una  mirabile  leggiadria  ,  ed 
indoleguerriera,  lo  diftinfe  da- 
gli altri  Fratelli  ,  e  qual  fuo 
proprio  figlio  il  fece  ammae- 
flrar  nella  Leg^e  Maometta- 
na  5  e  in  tutte  l'arti  cavalle- 
refche.  Vedutane  poi  fempre 
più  la  vivacità ,  e  la  deftrez- 
za  nel  maneggio  delFarmi,  V 
onorò  nell'età  ancor  frefca  d* 
anni  diecinnove  del  comando 
d'eferciti ,  e  per  le  fegnalate 
vittorie  riportate  da  Lui,  gli 
mutò  il  nome  di  Giorgio  in 
quello  di  Scanderberg  ,   che 

in 


in  noftra  lingua  fuona  Alef- 
fandro  ,  e  con  cui  egli  fu  poi 
Tempre  chiamato  per  l'invin- 
cibile fuo  valore.  Morto  il 
Padre  di  lui,  Amurat  occu- 
pò gli  Stati  d'Albania,  e  av- 
velenati i  fratelli  d'AleflTan- 
dro  ,  promife  a  quefto  di  ri- 
metterlo a  tempo  opportuno 
ne  fuoi  Principati ,  ritenen- 
dolo intanto  preflfb  di  se  per 
valerfene  in  altre  conquifte. 
Inorridito  Alessandro  del- 
la morte  de' Fratelli  ,  e  fcor- 
to  l'animo  infedele  dell'Ot- 
tomano ,  rifoluto  poi  anco- 
ra di  profelTare  apertamen- 
te 


te  la  vera  Religione  ,  fcam- 
pò  con  fagaciffimo  artifizio 
dalle  mani  del  Tiranno  ,  e 
fotto  abito  Turchefco  entra- 
to inCroja,  Capitale  de  fuoi 
Stati  ,  fece  ftrage  di  quanti 
Turchi  occupavano  le  fue  ter- 
re. Punto  nel  più  vivo  dell* 
animo  da  fatto  sì  ardito,  ne 
meditò  Amurat  acerba  ven- 
detta, e  mandò  Vun  dopo  T 
altro  due  groffi  eferciti  ad  ef- 
pugnar  Croja,  ma  tutti  e  due 
furono  fconfitti  dal  forte  Alef- 
fandro,  reftando  de  i  due  Ge- 
nerali Turchi  T  uno  uccifb,  r 
altro  prigioniero  i  onde  rifo- 

luto 


luto  pure  Amurat  di  riufcire 
nel  fuo  difegno ,  andò  egli  ftet 
fo  in  perfona  con  160.  mila 
Soldati,  e  numero  ftraordina- 
rio  d'Artiglierie  a  quellaffe- 
dio  :  e  dopo  averlo  con  arti, 
e  affa  Iti  vanamente  tentato  , 
prefo  da  rabbia  e  furore,  im- 
provvifamente  mori. 

Spond.  5  B'^ovlus ,  ^ainaìd  in 
Annaì.  Eccl. ,  Leveficlajus  m 
Pandjur.y  PauLJov,  ^  Sagre  do. 


AT. 


ATTORI. 

ALESSANDRO,  Sig.  d'Albania,  Sig.  Co:  Frati. 
cejco  C'wfeppe  Magnani  Modenese  Pr'tnc'tpe  di  Lettete, 
r  Decano  del  Collegio. 

A  M  U  R  A  T  ,   Imperadore  de'  Turchi  ,    Sìg.  Co:  Fra»' 

cejco   Marefcahbi  Bologneje  Accademico  dì  Lettere  ,  e 
d'  Armi . 

ARANIA     )  Sig.  Co:  Giammaria    Rìmtnaldo    Ferrarese 
)       Accademico  di  Lettere. 

) 

)     Altri  Principi  nell'Albania. 

; 

SPANO       )  Sig.  Aleffandro  Lupi  Bergamafco  Accade» 
)      mìco  di  Lettere. 

ERNESTO  ,   General  d'Aleffandro  ,  Sig  Co:  D,Car. 

lo  Leonardi  Novarefe. 

OSMANO  ,    Agà  de' Giannizzeri ,  Sig.  Co:  Giufeppe 
Calori  Modenefe. 

SELIM  ,   Ambafciadore  d'Amurat  ,  Sig.  Co:  Ghvanm 
Zambeccari  Bologne/e. 

ACMET,    Bafsà   Prigioniero,    Sig.  Marchefe  Caetane 
Meli  Lupi  di  Soragaa  Parmigiano  N.  V. 

La  Scena  è  in  una  Campagna  tra  i  due 
Eferciti  di Aleflandro  ,  e  d'Amurat. 


AZIO. 


AZIONE 

PRIMA* 

Coa  tre  dherfe  fidare  dinotarono  gli  Aftticht  la  Dea  ^cate, 
0  fia  la  Luna ,  per  le  tre  diverfe  regkni  da  e^a  Militate ^ 
e  con  tre  nomi  pur  la  diftìnfero  ,  chiamandola  Proferpina 
ncll'  Inferno y  Cintìa  in  Cielo ^  e  Diana  in  terra.  A  que» 
fie  tre  figure  fi  nferifirono  i  primi  tre  talli,  atte/a  la  ve- 
nera^ìcne  ,  che  a  tal  fognata  Deità  tributano  i  Turchi  in 
quejla  Astone  rapprefentati .  Nel  primo,  in  una  Campagna 
piena  di  mature  /piche,  nel  mezzo  della  quale  è  un  monte 
con  dirupi  atti  ad  aprirfi ,  fi  figura  il  Ratto  dt  Prcferpina, 
che  mentre  da  quattro  Agricoltori ,  ed  altrettante  Donne 
ji  mleton  le  fpii  he  ,  va  fulla  cima  del  monte  or  cogliend» 
fiorii  or  temendone  ghirlande,  finché  dal  monte  prima  fu- 
mante ,  e  poi  apertofi  ,  ufcito  in  cocchio  con  fuoi  jeguact 
Plutone ,  pojìe  io  fuga  le  Donne  rapifce  Proferpina  ,  ter- 
nando  poi  col  cocchio  fra  ì  dirupi,  che  fi  rinferrano ,  e  ri- 
manendo  i  fuoi  feguaci  a  fefieggiare  il  felice  rapimento . 


Aleffan* 


II 

Aìeffandro  ,  Aranìa  >   Spano . 

^M^-    ^  "^  ^  ^^^  valor  vien  la  vittoria,  o  Prenci, 
EU' è  per  noi  decifa,  han  vinto  ì  Greci, 
Aleflandro  trionfa  :  e  già  di  fiera 

Orrida  flragc  fon  presaghi  i  Traci  : 

E'  per  me  faufto  augurio,  i  prodi  miei 
Mirar  guerrieri  ,    come  oftentan   lieti 
Più  fèrvido  il  coraggio,  eh'  altre  volte 
Mi  dier  di  lor  certe  vittorie  in  fcgno. 
Vedefte  voi  con  quanta  gioja  mai 
Fefteggian  per  la  tricgua  oggi  fpirante? 
Avidi  fono  di  fnudare  il  brando, 
£  gir  contro  i  nemici:  Io  loro  in  fronte 
Leggo  il  piacere,  che  doman  fi  pugni. 
Ora  Amurat  paventi  ,   e  Talta  fpeme 
Di  trionfar  nel  gioir  noftro  ei  vegga . 
Si  tornerà  domani  all'armi,   e  alfine 
D'Epiro,    e  d'Albania  vcdraflì  il  fato. 
La  coftante  mia  Croja  udrà  ben  l'alto 
Fragor  di  novo  de  gli  ardenti  bronzi  , 
Che  fue  mura  percotono  ,    e  di  fumo 
E  di  faville  vedrà  l'aria  ingombra  , 
Ma  per  la  gloria  di  oftentarfi  invitta. 
Dal  noflro  canto  è  il  Cielo  ;  ed  alta  è  pruova 
Del  fuo  favor  l'ardir,  eh'  egli  c'infonde. 
Già  trionfo  per  noi  fu,  che  ia  triegua 
Mi  chiedeflè  il  Sultano  ,  allorché  a  fronte 
Stavanfi  ambe  l'armate  :   Egli  è  mancante 
Di  molte  fchiere  da  noi  flefe  al  fuolo  , 
E  fcorgendo  cmai  vana  la  tentata 
Barbara  imprefa,  altri  ha  penfieri  in  mente. 
iAran.  Aìeffandro,  fei  troppo  fòrte  invero, 
Per  non  effer  guardingo.  I  genetofi 

Di  fro- 


I 


Sg  III  g 

Di  frodi  fofpettar  non  fsnno^  chiefè 
Triegua  Amurat ,  s'ofirì  tofto  da  Croja 
Difcoftarfi  ,  adempiè  Tua  data  fede  ; 
Ma,  Signor,  credi  tu,  ch"e  fatto  ci  l'abbia 
Senz'arte?  Ha  meditato  qualche  inganno, 
Non  ti  potendo  fuperar  con  forza . 
E  certo  egli  non  vuol  trattar  di  pace. 
Troppo  difficil  parmi  ,    ch'egli  quindi 
Queft'imprefa  abbandoni,  in  cui  riporta 
Sta  la  fua  gloria.  Già  due  grandi  Armate 
L'una  appo  l'altra  ci  fpinfe  in   Albania 
Sotto  i  più  efperti  Duci  a  trar  le  mura 
Della  tua  Croja  a  terra;  Tu  d'entrambe 
Fefli  alta  flragc;  un  Duce  cadde  efHnto, 
L'altro  è  tuo  prigionier.  Da  fue  fconfìtte 
Irritato  cgnor  più  viene  egli  fìeflo 
Col  ferro,  e  il  foco  in  man  con  cento  e  cento 
Mille  guerrieri  all'ardua  imprefa;  e  vuoi, 
Ch'ei  parta  fenza  il  fuo  defio  far  pago? 
Qual  vergogna  per  lui  tornare  addietro 
Vinto,  e  delufo!  Ha  fue   Città  perdute 
Il  Prence  Spano,  ed  io   le  mie  :  La  fola 
Riman  tua  Croja  a  fuperarfi  ,  e  il  fiero 
Non  fcffrirà  Amurat,  ch'ella  refifta, 
E  che  Cittsde  mai  vantar  fi  pofla , 
Che  afialita  da  lui  non  fia  caduta. 
Spa».  Saggio,  Arania,  ragioni;  ma  il  Sultano 
Tanto  non  volge  or  le  fue  mire  a  Croja  , 
Qaanto  a  trarre    AlefTandro  in  fuo  potere. 
Deh  perrfa,  o  Prence,  qual  furor  lo  accenda 
Contra  di  te:  fofti  in  fue  man;  da  lui 
Ne  fuggifli:  Il  tuo  fcampo  è  a  lui  d'oltraggio. 
A  i  violenti  è  reo  chi  fi  difende. 
Sai  quanto  ei  tema  tua  guerriera  flirpe: 

Al  E  oh 


E  oh  troppo  ne  fur  prova  i  tuoi  germani 
Ucc'ìCi  col  veien  da  lui;  tu  folo 
Refti  a  far  pago  l'odio  fuo:  tu  fei 
Del  fuo  timor  fol  la  cagion:  tu  fòle  "? 

Lo  fpavento  de' fuoi  Soldati;  il  tuo 
Forte  braccio  disfà  ,  fuga  ,   e  difperde 
Le  barbariche  fchiere ,    e  fa  di  tracio 
Sangue  correre  i  fiumi:  ah  quefto  ,  o  Prence, 
Quello  tuo  braccio  il  devaftar  gli  vieta, 
E  tutta  arder  la  Grecia:  E  qual  per  effo 
Onta  non  è  ,   ch'a  lui  d'Africa  ,   e  d'AQa, 
E  d'  Europa  Signor  or  faccia  fronte 
Chi  folo  r  Albania  regge,  e  l'Epiro? 
Forte  AiefTandro   per  tua  gloria  il  Cielo 
Regno  ti  die  sì  angufto  ;  al  tuo  s'afpetta 
Valor  farlo  più  grande:  al  tuo  valore 
Trar  di  mano  al  Sultano  i  noftri  Stati; 
Ma  col  valor,  con  cui  s'abbatton  fchiere. 
Non  fi  deludon  fempre  infidie,  e  frodi. 
^kfs.  Potea  Amurat  penfarle;  or  più  temerle 

Non  poffiam  noi,  fpira  la  triegua,  e  il  Trace 
Non  può  forprender  con  fecreti  afìalti: 
Ne' giorni  andati  egli  il  potta;  noi  fece; 
Di  frodi  alfin  non  è  doman  più  tempo. 
La  forza  ufar  fi  dee  ,  vincerlo  io  fpero . 
Triegua  forfè  mi  chiefe  nuove  fchiere 
Dall'Afra  egli  attendendo;  ma  noi  pure 
Quelle  attendiam,  che  non  lontane  affretta  _ 
L'Adriaco  Duce:    Ed  a  voi  noto,    o  Prenci, 
Per  tante  e  tante  ardue  fdkì  imprcfc 
E' il  valore  de  Veneti  Guerrieri. 
So  la  lor  fede  ,  e  il  lor  coraggio,  e  giuda 
E' la  mia  lieta  fpeme  in  lor  ripofta. 
Cinta  alfiii  non  è  Croja  tutta  intorno 
Or  dall'  olle  nemica  ,  e  un  varco  «p;rto 

Serba 


.  3?  V  ^ 

Serba  a  i  foccorfi  ancor.  Noi  fiam  del  Trace 
Al  fianco,  e  i  fuoi  polTiam  vietare  aflalti. 
Ardire,  o  Prenci;  Noi  trattiam  la  caufa 
Del  Gel,  fperifi  in  lui.    Veggano  intanto 
I  nemici  anco  in  finte  pugne  il  noftro 
Impaziente  ardor  della  Battaglia. 

C'tOjìra  formata  prima  di  Picche  ,  e  Bandiere  intrecciata 
con  diverfe  Figure  y  e  con  varj  giuochi  a  foh  di 
Bandiera i  e  dìverfi  adatti  di  Spada. 

Aleffandroy  Araniay  poi  Ernefto. 

Akfs.  Come  tal  voce  è  giunca  ora  nel  campo.'* 

Aran.  L'hanno  fra  noftri  fparfa  i  Traci.  Or  vedi 
Della  ridiiefta  triegua  il  rio  difegno. 
L'infedele  Amurat  volea  di  trupp» 
L'efercito  fcemar  per  fòrte  corpo 
Spingerne  in  Servia:  all' improvvido  afTalto 
Ella  ha  ceduto.  Mifera  mia  Figlia, 
Ch'io  là  credea  ficura  !  Oh  vana  fpene! 
Or  farà  prigioniera.  Sì,  Aleflandro, 
Irene  già  da  me  ferbata  Spofa 
AI  più  forte,  al  più  degno  Eroe  del  Mondo 
In  man  cadrà  del  barbaro  Tiranno. 

Akfs   A  quefla  nuova  ahi  mi  fi  agghiaccia  il  fangufli 
D^l  tuo  dolor  di  padre  in  me  comprendi 
Quello,  Ara:nia  ,  di  fpofo.  Ma  verace 
Forfè  non  è  [al  voce.  (  viene  Ernefio  ) 

Erti.  Ambafciadote 

Del  Sultano,  o  Signor,  giunto  nel  campo. 
Chiede  torto  parlarti:  a  quefte  tende 
Io  prefTo  il  traffi;  ora  il  tuo  cenno  attetwlo» 

Ahjs.  A  me  lo  guida,  Errerò,  e  fa  che  Spano 
A  me  pur  venga.  Qacl  cagion  può  mai 
Trarre  a  noi  tal  méllaggio  ?  {  parte  E/nefio  ) 

Atan. 


ss  VI  ^ 

Aran.  Ella  non  certo 

Lieve  farà.  Fia,    che  più  chiaro  almeno 
Si  difccpra  da  nei,  Te  pur  Ibrprefa 
La  Servia  fia.  (  vkne  Spam  ) 

Aìefi.  Vientene,  Spano:  Udrai 

Tu  ancor  del  trace  Ambafciador  gli  arcani . 

ritorna  Ernsjio  con  Selim. 

Sei  L'alto  mio  Imperador  sì  amico  al  Cielo, 
Si  terribile  in  terra  ,   e  ctie  del  Mondo 
Ha  in  fua  mano  il  deftin, 

Alefs.  (  barbari  vanti  :  ) 

Sei.  A  te  m'invia:  di  favellarti  io  quefto 

Giorno  egli  brama  in  qual  luogo  a  te  piaccia. 

Se  a  lui  tu  andrai,  t'accoglierà  qual  merti, 

E  a  ficurezza  tua  darà  gli  oflaggi 

Più  graditi  da  te  ;  benché  la  fede 

Della  triegua  oggi  renda  ognun  ficuro. 

Se  al  fuo  non  vuoi,   verraffi  ei  nel  tuo  campo, 

Né  ortaggi  chiede  a  te  :  Verrà  con  pochi 

Solo  de  fuoi  cuftodi  .  Egli  ripone 

Nel  tuo  volere  il  loco.  Or  tu  Io  eleggi. 

Akfi-  Il  tuo  Signor  durqu'è  nel  campo.'  in  Servia 
Fama  il  dices  per  trarla  in  iiio  potere. 

Sei,  Sol  la  tua  Crcja  ha  il  vanto,  che  il  Monarca 
Dell'Oriente  a  farla  fua  conquida 
Venga  egli  fleffo:  Ad  occupar  la  Servia 
Uopo  non  v'era  del  fuo  braccio:  a  lui 
Non  mancan  fchiere  da  tentare  infieme 
Più  d'un  imprcfa.  Tu,  AlefTandro,  il  fai. 
Europa  ,    Africa  ,   ed  Afia  ,    fu  cui  (tende 
Egli  l'ombra  del  fuo  fcettro ,  feconde 
Son  di  popoli  ,   e  ftimano  le  genti 
Alta  fortuna  lor  morir  per  lui . 
Ti  rammenta  Andrinopoli:  tant'anni 
la  Tua  leggia  traedi}  e  fai>  ()ual  fia 

La  fua 


La  fua  grandezza,  il  (uo  valor,    la  forza. 
^Icfs.  Ma  s'egli  ha  tante  armate,  a  che  la  triegua 

Chieder   per  girfi  ad  occupar  la  Servia? 
Sei.  Ragion  non  debbo  render  io  dell'opre 

Del  mio  Monarca  :  in  fue  mani  e  la  Scrvia: 
Di  parlarti,  ove  a  te  più  aggrada,   ei  chiede, 
Udiili  il  fuo  penfier:  io  attendo  il  tuo. 
j4k/s.  U  udrai  fra  poco.  Duce,  alla  tua  tenda 

Scortalo  intanto,    ed   ai  miei   cenni  il  ferba. 
£rn.  Il  tuo  voler    pronto,   qual    debbo,    adempio. 

parte  Brnejìo  con  l'  Ambajcìadore . 
Spati.  Prence,  A  murar  parlarti  ?   e  a  te  lo  chiede? 
E  foffre  di  venir  lin  nel  tuo  campo? 
Suo  penfier  ron  intendo. 
Aran.  Ei  certo   fcende 

Dall'  ufato  fuo  orgoglio  ,  e  da  tenaerfi 
E'  perciò  più  la  frode. 
Akjs.  Ah  di  qual  mai 

Frode  temer  fi  può,  quando  nel  campo 
JNoftro  egli  venga.-*  Ma   che  venga  in  quefto 
Campo,  io  con  voglio:  non  fia  mai,  ch'io  moflri 
Temer  di  lui,  fia  finto,  o  fia  fincero. 
L'armi  fue   fprezzo  al  pari,  e  le  fue  frodi. 
Parli  di  ciò,  che  vuole,  io  vo' piegarmi 
Aà  afcoltarlo.    Egli  piacere  eftremo 
O  a  mi  apporta  al  core,  lo  vado,  o  Prenci, 
Rilpofia  a  lui  recar  di  propria  bocca, 
Vado  al  fuo  carrpo  ,  e  a  lui  non  chieggo  ortaggi: 
Libero  ovunque   apre  la  triegua  i)  varco. 
Non   fon    più   in  Andrinopoli:    Le  mie. 
Delle  fue  fchiere  (tanfi  a  fonte:  Il  loro 
Può  fottrarmi  coraggio  ad  ogni  rifchio. 
Span.  Non  lo  potran,  Sgnor,  quando  in  fua  mano 
T'abbia   Àmurat:  anzi  è  fol  quefto  il  mezzo 
D'  intimonr  le  fchiere  tue  :   11  Sultano 

Minac 


vili  5S 

Minacciando  tua  vita,  allor  tarla 

Tutti  tremar:    E  chi  vietare  a  lui 

Potria   di  porti  i  ceppi  al  piede ,  o  un  ferro 

Immergerti  nel   fen  ?  Se  a  lui  gir  vuoi, 

Chiedi,  e  fa,  che  a  te  pria   vengan  g!i  ortaggi. 

Aran.  Chiedere  ortaggi  ad  Amurat?  e  quali 
£i  potria  dar  per  renderti  ficuro? 
OfTriffe  ancora  un  de'  Tuoi  figlj ,  e  il  figlio 
A  lui  più  caro,  noi  dovrefti,  o  Prence, 
Stimarlo  egual  compenfo.    11  fìer  Sultano 
Tutta  darla  fua  prole,  ed  egli  fteffo 
La  fveneria,  purché  poteffe   il    core 
^  te  fveller  dal   fen:  Meglio  comprendi 
Quell'odio  fuo  feroce,  e  non  fidarti 
O  di  triegua,  o  di  pace:  Alma  ottomana 
Fede  non  cura,  e  non  conofce,  e  vani 
Per   lei    fono    quei  nomi  altrui  sì  cari. 
Vuol  parlarti   Amurat?  giuflo  è  1'  udirlo, 
Ma  non  fi  dee  garrir  per  fcierre  il  !cco. 
Quefto  è  lo  fpazio,  che  fra  un  campo,  e  l'altro 
A  entrambi  fé  ccmun  la  triegua  :   In  quefto 
Libero  a  tutti  ei  venga,  e  qui  fi  parli. 

Ak(s.  Sempre  caro  mi  fia  faggio  coniglio, 
E  fempre  il  feguirò.  Pi  enei,  nel  voftro 
Zelo  difcopro  il  vortro  smor,  e  veggio 
Quanto  1' efperta  etade  è  p-ù  fagace. 
Voi  col  braccio  non  fol,  ma  con  la  mente 
Siete  il    fofiegnomio:   con  tal  foccorfo, 
E  con  tal  guida  fperar  tutto   io  pofTo. 
Andiamo:  al  Trace  Ambafciador  fi  rechi 
Col  tuo  configlio  la  rifporta,  e  il  nortro 
Campo  ad  accor,  quale   convienfi    il  grande 
Aito  Ottomano  Imperador,  s'apprerti. 
Endimione  jinto  da  Posti  invaghito  dì  Cintta  per  le  af- 

fidue  offerva^ìom  da  luì  fatte  del  corjo ,  e  delle  fafi  dì  quel 

flave' 


^  IX  5g 

pi(ìncta  ,  rf^/f-y/  /ct;y4  »;.-<«  collineita  addormentato  ,  mentre 
otto  Cacciatori  prima  lottano  con  una  fera,  e  poi  vanno  in- 
jeguendùla  nella  fuga.  Al  lor  partire  juccedono  altri  otto 
Uomini,  e  quattro  Donne,  che  in  aria  je{\evole  con  muftcalì 
jhumentì,  e  tamhuretti  in  man»  ^  tentano  più  volte,  ma  in- 
darno, di  fveghars  Endimìone  ,  fwchè  vedendo  al^arfi  l'  a- 
jlro  della  Luna,  fi  pongono  in  ordinar^^a,  e  divi  fi  in  due  ah 
con  piegamenti  di  corpo,  e  di  tejia  ,  eincrocìcchiamentìdi  brac- 
cia, e  di  mar.i ,  moftrano  di  adorar  quei  Pianeta.  A  i  rcgg) 
di  elfo  jvegliafi  Endimione ,  che  prima  con  varj  inchini  onora- 
tolo ,  dan^a  a  folo  ,  e  ternata  la  fiera  già  fugata  da  Cac- 
ciatori parte  infeguendola  :  terminandofi  poi  tìa  i  precedenù 
Personaggi  con  aria  piacevole  il  Ballo. 


Fine  della  prima  Azione. 

Componimento  del  Sig.  Ottaviano  Dìodati  Tatrh 

f^io  Lue  e  he  fé  Co:  del  S.  2^.  /.  Vrincipe  d' Ar* 

mi  )  e  Aceademico  di  Lettere . 


B 


CAN. 


3S  X  35 

CANTATA 

PRIMA; 

Enàim'otìe. 

VAga  notte,  agli  occhj  miei 
Pm  gradita,     e  cara  fei, 
Che  del  giorno  il  bel  feren." 
Nel  tuo  candido  pianeta, 
Onde  vai  fuperba,    e  lieta) 
Mio  defir  fo  pago  appien. 
Vaga  &c. 
Quel  candid'  Aftro,    che  a  noi  più  vicino 
Su  la  terreftre  mole 
Ripercoffi  ne  getta  i  rai  del  Sole, 
Che  l'aria  preme  a  fé  foggetta,    e  vago 
Splende  fra  l'ombre,   e  un  fol  non  ferba  afpettOj 
£'  la  mia  fola  cura,    e  il  mio  diletto. 
Degli  altri  intorno  erranti 
Lucenti  globi  il  corfo 
Non  m'occupa  il  penfier:  troppo  lontano 
S'aggira  il  Cielo,  e  il  defir  noftro  è  vano. 
Porfi  in  traccia  delle  Stelle 
Su  per  r  alte  eccelfe  vie , 
Son  follie,    fon  vanità. 

Può  mirar  forme  sì  belle 
Noftro  fguardo  di  qua  giù. 
Ma  virtù  maggior  non  ha. 
Porfi  &c. 
Del  Stg.  AìeJJandro  Lupi  Bergamafco  Accademico  dì  Lettere  : 

AZIO. 


XI 


AZIONE 

S  E  C  O  N  D  Ax 


A 


Ernejlo  ,  ed  Acntet . 

Ern.         -^        Cmet,  vedrai  fra  poco  il  tuo  Monarca: 
Co' due  Prenci  Aleffandro  or  or  porto ffi 
A  i  confini  del  campo  incontro  a  lui; 

Ed  io  fol  qui  reftai  ,  perchè  le  fchiere 

Al  luo  arrivo  fefteggino  con  l'armi. 

Tu  libero  farai.  Tal  d' Alefiandro 

E  '1  cenno  :  puoi  bramar  più   lieto  avvifo? 

Acm.  Dì  >  che  udirne  non  poflo  un  più  affannofo.' 
Io  vedeie  Amurat  ?  io  prigioniero? 
Come  a  fuoi  fguardi  potrò  cfiVirmi  mai 
Senza   coprirmi  di  vergogna  il  volto, 
Senza  gelar  nel  fangu-j  ?  ah  quai  m'afpetto 
Pungenti  afpri  rimproveri  da  lui  ! 

Ern.  Rimpioveri  ?  e  perchè  ?  Sei  forfè  il  primo 
D'armate  Condottier  ,  che    de*  nemici 
Sia  prigioniero  ?  il  primo  ,  e  il  fol  non  fei.' 
Valor  non  bafta  a  confeguir  vittoria; 
Querta  è  dono  del  Ciel  ,  e  la  fconfitta , 
Quand'  è  fventura,  non  s'imputa  a  colpa. 

Acm.  Jbì  ragionate  voi  gente  più  faggia  ; 
Ma  il  feroce  Amurat  sì  non  ragiona  : 
Uomo  di  fangue  amante  ,  e  violento, 
L' ira  il  trafporta  ,  ed  il  non  vincer  crede 
Colpa  ,  e  viltà  ;  per  lui  meglio  è  reftarne 
Morto  fui  campo  :  affai  più  fortunato 

B     z  Di 


^  X  1 1  ':g 

Di  me  fu  1  altro  Duce  ,  che  trafirto 
Cadde  di  Croja  fotto  l'alte  mura. 
Ei  fvenato  reftò  da  braccio  forte  ; 
Ed  io  il  farò  da   mano  vii  ;  né  folo 
Del  Sultano  temer  deggio  Io  fdegno  ; 
L'  odio  d' Ofman  mio  SuccefTore  io  temo  ; 
Ei  de*  cuftodi  è  il  Duce  :  e  quanto  furo 
Al  mio  comando  pronti  ,  e  ubbidienti , 
Son  tanto  al  fuo  ritrod  ;  e  il  nome  mio 
Che  rifuona  tra  loro  è  la  fua  pena . 
Qualunque  alfin  refiro  fu   di  quefta 
Guerra,  sfuggir   non  poffo  acerba   morte. 
(  /'  0^1?  fiiono  ili  frumenti  militari .  ) 

Ern.  S'appreffa  il  gran  Sukan  :  guerrieri,  all'armi. 

^ct».  Io  ne  fuggo  la  vifta.    Oh  fatai  giorno/ 

Cììtìivo  armeggiamento  di  due  Reggimenti  di  Alhanefi  , 

e  dì  Egirott  ,  i  quali  tra  loro  mtjcbiandoft ,  vanua 

mutando  ordinanza  ,  con  giochi  poi 

a  folo  di  Piaa. 

Aìeffandro  ,  Amurat ,  Ai  anta  ,  Spano ,  ed  Ofmano. 
Alef.  Ernefto  venga,  ed  il  mio  cenno  adempia. 
Gran  Sultano,  l'onor  ,  che  tu  mi  fai, 
Non  ha  compenfo  :  almen  grato  ti  Ga 
Quel  poco  ,  eh'  io  far   poffo.    Ecco  ti   resdo 
Il  tuo  Duce  ,  che  fu  mio  prigioniero. 
viene  Ernefto  eon  Acmet ,  la  cui  jpada 
tiene  Ernefto  in  mano. 
I!  brando  Q  ritorni  al  di  lui  fianco. 
Ernefto  vuol  rejlìtuìrgU  lafpada  ,  ed  egli  la  ricufa^ 
gittandoft  a  pie  d'  Amurat . 
/Acm.  Solo  il  mio  grande  Imperadore  il  fianco 

Del  brando   ornar  mi  può  ;  ma  più  noi  merto; 
Ed  altro  ferro  a  me  non  or  convienfl 

Che 


XIII 

Che  quel  de  le  catene  ;  almen  ,  Signore, 
Io  poflo  dirti  ,  che  cercai  colante 
Una  morte  più  degna   d'un  tuo  Duce 
Tra  le  fpade  ,  e  tra  il  fnoco.    O  quante  volte 
Credei  fpargere  il  mio  fui  fangue  altrui  ; 
Ma  il  mio  crudo  dedin 

Amur.  Tal  piti  non  dei 

Chiamarlo  ,  or  che  mi  vedi ,  e  ch'io  t'afcolto: 
Ofman ,  prendi  quel  brando  :  a  piedi  miei 
O/mano  prende  dalle  mani  d' Ernejlo 
la  fpada  d'  Acmet , 
Con  quel  ferro  lo  fvena  :  ei  così  il  nverta . 

O/m.  Legge,  e  piacer  m' è    Tempre  il  tuo  comando.* 
(  Nel  fervire  al  Aio   fdegno  io  sfogo  il  mio^ 
O/mano  /nuda  la  fpada  ,  AÌeffandro  fi  oppone . 

Akf.  AiTiurat  non  è  quefto  il  tuo    ferraglie ,  , 

Qui  non  hai  loco  all'ira;   è  quefto  il  campo 
Securo  per  ciafcun,   e  tale  è  il  patto. 

Amur.  Io  diritto  ho  fu  miei,   dovunque  io  fia. 

Aleji.  Il  tuo  dritto  s'eftende   per  l'immenfo 

Tuo  vafto  Impero,   e  ciò  ti   dee  far  pago: 
Non  voler,   che  fi  (tenda  anche  fu  quefto 
Angufto  fpazVo,   in  cui  non   vuol  la  tregua, 
Che  fangac  ora  fi  fparga;   ah  la  mia  offèrta 
Non  diventi  mia  pena;   s'io  il  tuo  Duce 
Libero  volli,   noi  voler  tu    eftinto. 

Amur.  Io  vo  piegarmi  al    tuo  defir:  fi  faccia. 

Quefto  è  il  tuo  giorno:  Ofman,  traggilo  al  campoJ 

Ofm.  Aleflandro  non  fempre  avrai,    che  parli 

ad Acm.  In  tuo  favor:  il  tuo   deftin  già  udirti. 

Amur.  Or  pailarti  pofs' io  da  folo  a  folo? 

Akf.  Se  il  brami,   il  puoi,  Signor.  Principi  udifte.' 

Aran.  Sovvengati,  Signor,  ch'egli  è  un  infido. 

Span.  Su  te  ftaranno  aperti  i  noftri  fguardi; 

ArMt, 


JgXIV 

Aran.y  e  Spano  fi  ritirano. 
Amir.  Dell'amor  mio  non  è  la  prima  pruova 
Il    voler  favellarti  ancor  nemico: 
Tali  noi  fiamo  fol ,  perchè  tu  il  vuoi  : 

10  noi  volea.  Tacer  non  poffo  il   vero. 
Tu   fai  quanta  diftanza  infra  noi  due 

Ha  pofta  il  Gelo:  Europa,  Africa,  edAfìai 
Pieganfi  a  cenni  miei;  me  chiama  il  Mondo 

11  grande  fra  i  Regnanti  ,  e  tu  non  reggi 
Che  d'Albania,  e  d'Epir  ftretti   confini 

Aleff.  Perchè  dunque ,  Signor ... 

Amur.  Io  non  ti  chiefì 

Parlar  io  folo  :  parlerai  tu  ancora: 
Ma  pria  m'afcolta.   L'aita  mia  grandezza 
Per  te  il  mio  amore  ncn  frenò  :  tu  il  fai. 
Tu  co'  fratelli  tuoi  dato  in  ortaggio 
Folli  a  me  da  tuo  padre  :  io  ti  diftinfì 
Da  lor  benché  di  te  maggiori  :  il  primo 

10  ti  feci  tra  lor  :  ma  piti  ancor  feci. 
Qual  mio  Figlio  t'  amai  .*  di  noftre  leggi 
Ti  volli  iflrutto  ,  e  te  addedrando  all' armi  j 
Ed  ai  Corfieri ,  ti  educai  nell'Arti 
Convenienti  a  Principe  guerriero. 

Non  ancor  attingea  tua  frefca  etade 

11  quarto  lurtro ,  che  in  tua  mano  pofì 
Il  fren  delle  mie  forti  armate  fchiere. 
E  poco  alfin   reftava  a  farti  tale  , 
Che  dirtinguermi  fol  da  te  potcffe 

Il  trono  mio.    Potea  per  un  fuo  Figlio 
Oprar  di  più  Araurat  ?  niegal  ,  fé  il  puoi. 
Ma  noi  potrai  negar.   Or  qual  compenfo 
Mi  delti  poi?  Seduci  i  miei  Cuflodi,  , 

Fuggi  dalla  mia  Corte  ,  e  ritornato 
Ne*  tuoi  paefi,  contro  i  miei  Miniftrij 
£  i  miei  foldati  >  il  cuo  furor  fcateni  , 

E  di 


E  di  tutti  fai  cruda  orrida   ftrage; 

E  i  Turchi  poi  di   Barbari  avran  nome/ 

Sì  grato  a  me  tu  forti  :  tal  dell'arte 

Guerriera  da  me  apprefa  ufo  facefti . 

Tal  frutto  io  traiTi  dal  mio  amor.   Io  dunque 

Dovea  educarmi  un  mio  nemico  in  feno? 

Io  il   nemico  trovare  in  un  mo  Figlio? 

Sì,  ripeterlo  il  vò  p-r  tuo  rimorfo; 

Io  da  Figlio  ti  amai  ;  chi  dee  nel  trono 

Sucòedermi  ,  di  più  forte  potea 

Afpettarfi  da  me  ?  parla  ,  rifpondi  '. 

AÌeJ.  Cheto  io  attendea  il  reftante  :  altra  del  vero 
Parte  a  dir  fi  riman  :  tu  la  tacerti. 
Io  la  dirò .   Negar  non  vo'  la  cura; 
Che  di  me  ti  prenderti  in  far  che  Tartì 
Di  guerra  io  pofTed^ffi  ;  ma  tu  fai  , 
Che  in  tuo  favore  il  primo  ufo  io  ne  feì» 
Dilatai  tue  Province  ,  i  tuoi  rubelli 
AI  tuo  pie  tralTi  fra  catene  ,  i  tuoi 
Vinfi  nemici  :  in  fingolar  cimento 
Al  fuol  dtftefi  il  Tartaro  fuperbo  > 
Che  avea  frenati  i  tuoi  guerrier  più  forti, 
E  te  fei  più  pofTente  ,  e  più  temuto. 
Per  mio  vanto  noi  dico  ,  il  dico  folo 
Per  rammentarti  ,  che  al  tuo  amor  non  mai 
Ingrato  io  fui.    Ma  il  tuo  come  mai  puoi 
Chiamarlo  amor  ?  Perchè  ,    mio  Padre  ertintoj 
Uccidermi  i  Fratei  f    perchè  renermi 
Ortaggio  anche  in  tua  man  ?  perchè  con  Tarm» 
Prenderti  il  mio  retaggio  ?  amor  tu  quefto? 

jémur.  Io  previdi   l'  àccufa,  e  a  quello  paffo 

A  punto  io  ti  vo'ta;  sì  :  amor  fu  querto. 
'^        I  tuoi   prima  di  te  nati  Fiat::Ili 

Su  te  dovean  regn'':r  :  con   lor  lo   flile 
Seguii  dezii  Octoaiaa  :  con  U  lor  mor^e 

Dell* 


Dell'  Albania  ti  tei  Signor  ,   a!  primo  - 

Di    lor  dovuta:  ingrato!  fol  per  farti 

Kegnar  gli  uccifi.   S'io  bramato   aveffi 

PoHcder  le  tue  Terre,  avrei  te  ancora 

A  morte  tratto:  a  me  ferro,  o  veleno 

Mancar  forfè  potea  ?  nel!'  Albania, 

Sol  per  ferbarla  a  te  ,  1*  armi  mie  fpinfi  : 

E  preflb  me  (  non  vo'  celarti  il  vero  ) 

Ti  ritenni  non   fol  per  1'  amor  mio. 

Ma  per  far  col   tuo  braccio  altre  conquide.' 

Io  far  volca    1'  Impero  mio     più   grande , 

Ma  far  più  grande  anche  il  tuo  ftato  :  in  fine 

Io  ferbava  al  tuo    brando  il  gran  trionfo 

Dell'altera  Bifanzo  :  e  a  te  gran  parte 

10  deftinata  avea  de'  tuoi  trofei . 

Tu   fconvolgefli,  ingrato,   l'alte  idee. 
Ch'io  volgeva  in  penfier  di  tua    grandezza.' 

^/(?/j.  Tal  grandezza  non  voglio.   Io  dovea  dunque 
Dell'  alterigia  tua  farmi  ftrumento? 
Co'  Greci  io  pugnar  Greco  ?  Io  co*  feguaci 
Dell'alta  legge  mia?  Non  mi   conofci. 

Amur   Non  tt  conobbi  :   il  fo  :   fei   giunto  a  farmi 
Pentir  d'  avere  uccifi  i  tuoi  Germani. 

11  primo  or  regnerebbe  in  Albania, 

E  fra  miei   fchiavi  tu  farefti   ancora.  * 

^efu  Schiavitù  mi  farrebbe  men  penofa, 

Che  la  morte  d'  un   fol  de' miei  Germani. 
A  noi  non   piace  di  regnar   con  colpa, 
Né  fcpra  il  fangue  altrui  di   gire  al    trono. 
Queila  la  gloria  fia  degli   Ottomani, 
E  di  chi  fiegue  l'arabo   Impoftore. 
AmuY.  Da  tuoi  fcherni  comprendo  ornai,  che  fiero 
Tuo  nemico  mi  vuoi  :  tale  mi  avrai . 
Il  tuo  valore  ,  e   la  fortuna  accrefce 
A  te  r  orgoglio  ;  ma  vedrai  fé  pofla 

Or  do* 


_XVII__ 

Or  domarlo  Amurac.  Teco  non   chieggo 
Più  d'eflcr  fol:  qui  venga  anche  Arania. 

yile[s   E  qui  l'avrai.  parte  Ahffandro. 

Amur.  Poiché   d'cfìètto  vuote 

Van  le   lufìnghe  mie  per   trar  cedui 
Al  mio  voler,  diafi  la  mano  all'ira. 

torna  Ale^andro  con  Atonìa . 
Prence,  io  volea  con  Aiedandro  il  primo 
Stringere  nodo  d'  amiftà  ;  rdegnofo 
Egli   il  ricufa:  or  che  parlar  gii  debbo 
Da   nemico,   io  te  voglio  a  parte  ancora 
De*  fenfi  miei:   fo,  che  d'amore  a  i  nodi 
Mcditafle   d*  unir  quei  pur  del  fangue; 
E  che   la  Figlia  tua  far  vuoi  fua  fpofa. 
Ora  mi  udite.  In  mio  potere  è  Irene. 
£  pria  che  cada  il  dì,  l'avrò  nel  campoJ 
A    me  cedafi   Cioja,  e   torto  a  voi 
Irene  renderò;  fé  a  me  non   vuolfi 
Cedere   la  Citrade  ,   smbo  vedrete 
Svenata,  tu  la    Faglia,  e  tu    la   fpofa." 
Forte  Aiedandro,  impallidifci  ?  e  pofTo 
Io  incuterti   timor?  dov'è  il  tuo  orgoglio? 
Dov'è  il  tuo  invitto  cor?  non   mi  conofci- 

Aran    Ah  Signor,  la  tua  gloria.... 

Atejs.                                             E  il  fangue  ancora 
D'una  innocente  Principcffa 

Amur.  Ah  fai. 

Che  gloria  è  fol   degli  Ottomani  il  fangue 
Sparger  de'  Tuoi  :  penfa  tu  poi  ,  qual  fu 
Dolce  per  lor  piacer  fparger  l'altrui. 
Ma  fé  quello  d' Irene  oggi  fi  fparge , 
Tu  fol  lo  fpatgerai;  tu  fol  coftringi 
Amurat   a  fvenarla.   Allor  poi  vieni 
Ad  infultarmi  ,  perchè  io  t'  abbia  uccifi 
I  tuoi  fratelli.  Su  franco  decidi, 

c  Oh»* 


XVIII  ^ 

Qual  più  cara  ti  fia  Croja  ,  od  Irene .' 
Principi  ,  il  fui  piegar  del  giorno  a  voi 
Ritornerò  :  dal  mio  difegno  è  vano 
Lo  fperar  di  ritrarmi  :  o  Irene  ,  o  Croja." 
Prefo  è  il  confìglio   mio  ,  prendete  il  voftro,' 
Giunfe  infine  Amurac  a  far  tremarti. 

parte  Amurat. 
tÀran.  Barbaro,  infido,  difpietato  ,  in'quo. 

Vedi  or  ,  Prence,  in  qual  rifch  o  era    tua  vita» 
Se  al  fuo  campo    potea  trarti  quei  crudo. 
jtìcff.  Vi  foflì  io  pur   della  tua  Figlia  in  vece  ; 

Ah  qual  confìglio  prenderò? 
Aran.  In  tumulto 

Ho  l'Alma  sì  ,  che  la  mia  mente  ondeggia 
In  più  pensieri  ,  né  me  (ledo  intendo , 
Il  riparo  ci  additi  il  Ciel . 
Alcf  Da!  Cielo 

Sperarlo  io  vo* ,  non  dee  morire  Irene 
Per  mano  del  crudel,  temer  noi  voglio; 
O  fé  pur  dee  morir,   non  morrà   (ola. 
Il  fatto  à'  Ifigenia  ,   quando  Sacerdoteffa  dì  Dìan^t  in  Tau» 
ride  ,  per  non  uccìdere  il  rìconofciuto  fuo  Fratello  Orejìe ,  fug- 
gì  con  lui  traendo  feco  il  fimulacro  della  Dea  ,  è  il  foggeU 
io  di  quedo  Ballo .    Scoprefi  nel  fondo  della  fcena  il  Tempio 
coir  Altare  dì  Diana  ^   e  vi  fi  porta  Ifigenia  accompagnata 
da  quattro  Paggio  che  recano  i  ftmboU  del  Sagrìfiz'o  da  far  fi  ; 
t  mentre  quefiì  dannano ,  feì  Littori  conducono  Orejìe  avan- 
ti air  Altare  ponendolo  in   atteggiamento  proprio    di    vìttima 
col  capo  /coperto  ,  e  con  un  ginocchio  a    terra.    Sul  punto  , 
€he   Ifigenia  al:^a  il  braccio    per  fare  il  colpo  ,  Filarie  ,    [o- 
praggiunto  con  fei  compagni  la  trattiene  ,  indicanaole  ,  che 
quegli  è  fuo  Fratello  Oiefle  :  il  quale  tratto  fuor  del  perì- 
colo ,  dan^a  a  folo  ,  ringraziando  or  la  Sorella  .  or  /'  Amico  . 
Trattanto  i  fei  Littori  da  due  gran  piante  di   Lauro   pofie 
avanti  ai  Tempio  tronchi  alcuni  rami ,  li  pittano  a  p.è  dell' 

AU 


..  X I X  ^^ 

Altare  ,  e  dannano  in  aria  allegra  ,  lanciando  poi  fuor 
dflk  lor  mani  le  /curi  ,  e  volgendoft  furiofamente  a  levar 
dalla  fua  ba[e  ti  Simtdacro  ,  che  avvolto  ne'  già  tronchi  ra. 
mi ,  tra/portano  altrove  ,  mentre  gli  altri  Perjonag^  con  Ite* 
ta  contraddanza  fejìeggiano  per  tale  fuccefft. 

Fine  della  feconda  Azione. 

Componimento  del  Sig,  Co:  Gìufeppe  Vejenù 

BsrgamnfcO'y  Secretarlo  àeir Accademia '^ 

e  Accademico  d*  Armi . 


JiSlfr'^ 


C      2 


CAN. 


e  A 


^  X  X  ^ 

N  T  A  T  A 

SECONDA. 

Diana . 
El  barbaro  fcita 
Già  lafcio  gli  altari , 
Per  terre  per  mari 
Al   fuolo — i  men  volo 
Di  gente    fedel. 

Per  monti  per  felve 
Io  fveno  le  belve, 
Ma  vittima  umana 
Non  vuole   Dana, 
Non  è  sì  crudel 

Del  barbaro  ec. 
Aflai  di  fangue  io  vidi 
Al  flmulacro  mio  fparfo  !  gl'incenfi, 
E  i  voti  odio  degli  empj  ,  e  degli  infidi. 
Sia  Grecia  il  mio  fcggiorno, 
Ed  un  popol  più  faggio ,  e  piìi  gentile 
Si  vegga  ftarfi  all'ara  mia  d'intorno. 
Tempo  verrà ,  che  ancora 
Da   quelle  /"piagge  fuora 

Trar  dovrò  il  piede  ,  allorché  il  Greco  Impero 
Ponga  Aio  freno  in  mano  a  pii  Regnanti, 
E  Templi  innalzi  al  Nume  eterno  ,  e  vero. 
Verrà  il  dì ,  che  fu  le  fcenc 
Il  mio  nome  folo  andrà. 

Ma  il  mio  ftil  fempre  fevero 
Stuol  di  fagge  imiterà. 

Verrà  ec,' 
Del  Sìg.  Co:  Giovanni  yincim  Reggiano  Accademico 
di  Lettere  ,  e  d' Armi. 

AZIO. 


^  XXI  2g 

AZIONE 

TERZA* 

Al'ffandr»  ,  Aratila  ,  Spano  . 

Arati.     W      ^   Ove  ,  S  gnor  ,  sì  frettolofo  ?  i  paiTi 

*         ^    Non  inoltrar  . 


D 


i'pÉjw.      B  M  C°"  P'ù  faggio  configlio 

Jl,     ^    Ufa  di  tua  fortezza,  e  qui  t'arrefta. 

Aìe/s.  Dth  lafciatemi.,  o  Prenci  ;  ad  Àmuratte 
Soie  recarmi  io  voglio:  efler  debb'io 
La  fua  vittima  :  io  vo'  fai  vare  Irene. 

Arati.  Che  mai  dicefti  ?  a  me,  Signor,  s'afpetta^ 
A  me  falvar  la  Figlia  mia  :  per  lei 
Più  ,  che  lo  Spofo  ,  il  Padre  cffir  fi  dee. 

Ale/s.  Più  ,  che  il  Padre,  lo  Spofo  :  a  ciò  mi  ftring* 
Il  dolce  nodo  a  me  pomello  :  Irene 
Già  cefsò   d'effer  tua  per  efler  mia 

Arati    Ma  coli'  ofTritti  ad  Àmuratte  ,  qaefto 
Ntdo  fi  fc'oglie  ,  e  tu  non  falvi  Irene; 
Tu  la  ritorni  in  libertade  ,  è  vero; 
Ma  tu  le  togli  poi  la  vita  :  il  duolo 
La  ucciderà,  veggendo  il  tuo  periglio. 
Se  il  Tiranno  crudel  la  tragge  a  morte; 
Ella  morta  più  lieta  ,  e  più  contenta 
In   penfar ,  che  tu  vivi ,  e  che  uà   dì  puoi 
Far  Tua  vendetra  ;  me  prigione  ,  o  morto. 
Alla  fì.i  non  fi  fcioglie  il  vcflro  nodo, 
E  )a  ^pofa  lu  fslvi  ,  e  la  tua  R.ggia. 

Alfff.  Ccl  mio  morir  fia  falva  e  Regrià  ,  e  Spcfa ." 

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Span.   Ah  òl,  che  l'una,  e  l'altra  è  allor  perduta; 
Tu   falvar  fol  puoi  l'Albania  ,  tu  folo 
Domar  degli  Ottomani  il  fiero  orgoglio: 
Te  perduto  la  Grecia  ornai  difpera 
Di  fua  forte  ,  e  vedraflì ,  aimè,  ben  pretto 
Tra  le  ruine  fue  giacer  diftrutta; 
Né  fol  la  Grecia,  ma  l'Europa  ancora 
Tema  ftragi  ,  e  catene  ;  il  Ciel  riporta 
Ha  in  te  noftra  falvezza  ;  ah  non  cpporti 
A  fuoi  difegni  :  il  tuo  deftin  feconda, 
E  aflai  più  ,  che  da  Amante  ,  opra  da  Eroe . 

viene  O/mano 
Off».  Signor,  reccelfo  mio  Sultano  chiede 

Torto  parlarti  ,  e  ver  te  move  il  parto. 
'jilef  Digli,  che  qui  l'attendo. 

O/mano  parte. 
Empio  Tiranno! 
Dopo  d'  avermi  fotto  gli  occhi  uccifi 
(  Ahi  rimembranza  /  J  i  miei  germani  ,  e  dopo 
Portata  aver  barbaramente  intorno 
Su  mie  genti  la  morte  ,  ed  il  terrore. 
Paga  non  era  ancor  la  tua  fierezza. 
Se  il  cor  non  mi  rapivi  !   Ah  già  che  vuoi 
Sparfo  il  mio  fangue  ,  io  fon  pronto  a  verfarlo. 
Ara».  Ah  per  quel  dolce  amor ,  che  il  cor  ti  Utinge, 
Per  quel  foave  ftabilito  nodo. 
Per  la  nortra  amicizia  io  ti  fcongiuro 
A  depor  sì  funerti  atri  penfieri: 
Per  me  ti  parla  Irene. 
Spaa.  Ecco  Amuratte. 

jiief  Armiamci  di  coraggio ,  or  che  n'  è  duopoT 

viene  Amurat. 
Amur.  Eccomi  ,  o  Prenci  -,  hai  tu  decifo  ancora 
Sul  deftino  di  Croja  ,  e  quel  d' Irene  ? 
Qual  di  noi  ae  fìa  Tarbicro  ?  la  fcelta , 

Alef. 


^  XXII r  35 

^leflandro  ,  è  in  tua  man  :  che  tardi  ,  e  penfi? 

Tu   non  rifpondi  ,  non    rifclvi  ancora  ? 

Su,  parla  al  fine  ,  e  fa  ,  ch'io  vegga  ornai 

Quale  dentro  al    tuo  eoe  abbia   più   forza 

Se  il  Regno,  o  pur  l'amar  ,  fé  Croja  ,  o  Irene; 

Una  fola  Città  chieggo  in  compenfo 

Della  tua  Spjfa  ;  e   ti  dovrefti  ,  o  Prence, 

Sdegnar  centra  di   me  ,  perch'  io  sì  poco 

Irene  apprezzi;  o  almeno  efiermi  grato. 

Perchè  di  sì  vii  cambio  io  fia   contento: 

E  certo  fo  y  che  Tdegneriafì    Irene 

Porta  in  confronto  tal  :  voi  dell'amore, 

E  della  fedeltà  fiete  gli  Eroi . 

Non  una  Città  fola,  un  vafto  impero 

Darefte  ancor  ,  non  Còl  per  una  amata , 

Ma  per  un  lieto  fguardo  ,   e  un   dolce  rifo ." 

'jiraf7.  Tu  credi  d'infultarci  ,   empio  Tiranno, 

E  ne'  tucì  fcherni  ha  parte  il  vero  :  amore, 

E  fedeltà  vantiam  ;   ma  in  noi  la  gloria 

Più  affai  può  dell'amor  :  la  gloria  è  il  primo j 

Ed  il  più  fòrte  ardor  delle  noftr'  alme. 

Ma  ad  Alcffandro  non  ti  volger,  crudo  ; 

A  me  ti  volgi  :  egli  penfar  non  dee. 

Se  ceda  Croja  ,  o  Irene  :  la  mia  Figlia 

Sua  Spofa  ancor  non  è  :  del  fao  rifcatto 

Degg*  io  prendermi  cura  :  fé  tu  vuoi 

Uf^r  del   tuo  furor,  qual' è  tuo   flile, 

L'ufa,  ch'io  t'cflio  altro  in  fua  vece  oggetto 

Atto  pù  a  foftener  la  tua  fierezza. 

Rendi  la  figlia  ,  e  fovra  il   Padre  sfoga 

La  tua    barbrrie  :  alle  catene  il  piede. 

Al  ferro  il  collo  ,  e  il  petto  offro  contento. 

jiJejf.  Non  udirlo,  o  Sultan  :  ciò,  che  tu  chiedi 
D'Irene  in  cambio,  è  in  mio   potere  ,  ed  io 

Solo  tra  Irene,  e  Ctoja,  or  fceglier  deggio. 

Amur, 


2S  XXIV  ^ 

Amif.  Di  confìgliàrmi  non  ti  prenda  affanno; 
Me  a  baftarza  non  fa  pago  il  compenfo , 
Ch' ei  m'offre  :  un  altro  ora  da  te  ne  voglio. 
Afcoltami,  AlefTandro  ,  io  parlo  aperto: 
Mi   volerti  nemico ,  e  da  nem  co 
Oprar  io  vo'  :  di  cofa  a  te  più  cara 
Io  vo  fpogliarti  ;  e  veglio  ,  che  il  lafciarmi 
Ciò  ,  che  in  mia  man  lafciar  tu  non  vorreflìj 
Ti  fia  di  pena  al  pari,  e  di  rimorfo. 
Vo* ,  che  la  tua  troppa  alterigia  ,  o  il  tuo 
Amor  ne  frenra  :  or  ti  agiti  ,  e  confondi 
Per  elegger  la    vittima  ;  tra  poco 
Ti  agiterai  pivi  per  averla  eletta. 
Sì,  qualunque  tu  fcelga,  hai  da  pentirti: 
Fra  i  duoi  beni  ,  che  a  te  fono  sì  cari. 
Ti  diverrà  più  caro  il   già  ceduto: 
Penfa  infine   AlefTandro  ,  che  per  farti 
Sventurato  ho  piacer  d'effere  ingiuflo , 
E  mollrarmi  crudel  ;  e  eh'  io  ti  voglio 
Mifero  ,  od  infelice  :  o  fenza  Reggia 
O   fenza  fpofa  hai  da  reflare  ;  il  giuro, 

^leJJ.  Ah  ,  Sultano  ,  fé  pure  efTer  mi  vuoi  ' 

Afpro  crudel  nemico  ,  opra  da  tale 
Non  da  1  iranno:  la  tua  rabbia,  il  tuo 
Odio  più  genercfo  a  me  fi  mo^ri  ; 
E*  quefta   mai   d^gna  di  te  vendetta  ? 
Sei  venuto  con  l'armi  ad  affalirmi , 
E  con  quefte  cercar  dei  la  vittoria: 
Non  di  barbarie  ,  no  ,  ma  il  tuo  trionfo 
Sia  di  va'or  :  qual  gloria  aifin  puoi  trarre 
D'opra  sì  cruda? 

Amur.  La  maggior  mia  gloria 

E'  in  tormentarti  ;  in  parte  io  già  ne  godo; 
Ma  non  fon  pago  appien  ;  la  voglio  intera; 
Vo',  che  tu  lenta  tutto  il  mio  furore. 

Akff. 


^  XXV 

AÌ''IJ.  Vuoi,  che  tutto  io  lo  fenta  ?  or  dunque,  o  crudo, 
Ti    appagherò  :  la  vittima  ho  alfin   fcelta 
Dell'odio  tuo  più  degna,  e  a  te    più  cara. 
Rendafi  Irene  al  Padre  ,  e  fi  ridoni   . 
La  pace  all'Albania;  fovra  Aleflandro 
Solo  ti  sfoga  ;  in  tuo  potere  io  vengo. 

parte  Span$. 
Amur.  Accetto  il  patto  :  piìi  di  Croia  ,  e  Irene 
Tu  mi  fei  caro  :  il   tuo   voler  s'adempia, 
Aran.  Barbaro,  un  tal  piacer  tu  non  avrai; 
Non  lufingarti  già  di   ta!  ccmpenfo; 
Odi,  Aleffandro  :  tu  non  Tei  òignore 
Della  tua  vita  ;  tu  la  devi   al   Cieloi 
£d  a  i  Popoli   tuoi  ;  fagriiicarìa 
A  un  Tiranno  non  puoi  :  fi  fveni  Irene. 
Io   il  primo  Padre  non  farò ,  che  Grecia 
Abbia  veduto  al  ferro  cfìrir  la  Figlia: 
E  fcl  ducimi,  ch'io  il  primo  efler  non  poffa. 
Con   franco  volto  ,  e  con  afciutte  ciglia 
Per  sì  giufta  csgion   vedrò  fvenata 
La  Figlia  mia  :   lo  fpofo  imiti  il  padre: 
Tu  non  andrai  ,  che  o  morto  ,  o  prigioniero 
Nelle  man  d'  Amurat  ,  e  non  vi  andrai , 
Sinché  noi  fpirto  avremo ,  e  che  le  noflre 
Schiere  non  reftin  là  fui  campo  eftinte. 
E'  quefto  ,  o  Prence  ,  il  folo  tuo  difegnoi 
Ch'  efeguir  non  fi  dee  ;  di  noftre  vite 
Tu  dei  difporre  j  e  noi  falvar  la   tua. 

Spano  ritorna* 
Spari.  AlefTandro,  all'udir,  che  tu  vuoi  porti 
Nelle  man  d' Amurat,  fremon  le  fchiere, 
E  di  feroci  grida  il  Cielo  empiendo, 
Scorron  quai  folli  ;   oh  fé  vederti ,  quale 
Gli  agita  accefo  impaziente  fuoco  ! 
Corrono  air  armi  ,  e  van  gridando  intorno, 

D  Che 


5H  XXVI  5L 

Che  fi  rompa  Ja  tregua  ;  e  intanto  ognuno 
Alla  pugna  s' appretta  ,  e  franco  sfida 
Le  oppofte  fchiere  de'  nemici  :  e  tutte 
Già  fi  adunan  le  tue,  per  tuo  malgrado 
Chiuderti  il  pafio  di   Ainurat  al  campo. 

Amur.  Perfidi,    intendo  l'arri  voftre  inique; 
Ma  fcherniile  faprò  :  rompafi  dunque 
Ornai  la  trfgua  ,  all'  armi  ornai  fi  venga: 
Ma  preceda  la  mia  giuda  vendetta  : 
Deludere  Amurat  non  fia  per  voi 
Facil  trionfo  :  la  vittoria  ftefla, 
Se  pur  farà  per  voi  ,  tormento  ,  e  pianto 
Vi  cofierà  :  voi  lìon  ne  andrete  alteri. 
Pria  che  le  voftre  ,  e  mie  fchiere  a  vicenda 
Si  fvenino  tra  loro ,  il  primo  fangue 
Su  gli  occhi  degli  efèrciti ,  fu  i  voftrì 
Il  primo  fangue  io  fpargerò  ;  ed  il  primo 
Quel  d' Irene  farà  ;  la  triegua  in  quefto 
Spiri  momento  :  fu,  correte  all'armi. 
Spettatori  del  colpo  io  già  v'attendo. 

parte . 

jikfs.  Ah  Irene  ,  Irene  !  ah  che  il  mio  amor  t' uccide  ! 
Ah  fé  te  amata  non  avefiì  unquanco, 
Or  non  farefti  (oh  Cielo  !  )  io  tal  periplio! 

Aran.  Non  di  lamenti  è  tempo  :  il  Ciel  fuoi  fempre 
L'Innocenza  falvar  ;  ma  vuole  ancora 
L'opra  del  nofiro  braccio  . 

Spaa.  Hai  già  full' armi 

Pronte  tutte  le  fquadre  :  il  nuovo  giorno 
Non  s'attenda  al  cimento:  ha  il  reo  penfiero 
Del  feroce  Amurat  rotta  la  triegua . 

Aran.  Odi  gli  alti  clamcri  ,  onde  il  nemico 
Campo  rifuona  :  balenar  le  fpade 
Vedi,  e  l'afte  ondeggiar  :  tardar  non  puote 
Molto  la  mifchia  ;  &h  mirai  a  noi  s'apprefia 

Già 


§?  XXVII  5g 

Già  fòrte  armato  uuol. 
>4.Vy}  Non  ci  prevenga 

il  fiero  Trace  >  o  non  ci  affalga  invano. 
Corrafi  all'armi  :  dell' eftremo  ardire 
Quefto  è  il  momento  :  dal  fera!  periglio 
Irarrcmo  Irene,  o  cadrem  tutti  eftinti . 
Sedizione  de'  Giannizzeri  contro  Amurat  ,  fegutta  con 
un  combattimento  prima  di  jpade  ,  e  alabar- 
dini  t  e  poi  con  fciable  ,  e  targhe  ;  in 
fine  del  quale  viene 

Acmet  tnfeguendo   Amurat  ,  poi  Aleffandro  ,  ed 
Araniit  con  nude  jpade  alla  mano. 
Acm.  Muoja  Amurat  ,  e  Micm^t  lia  il  njilro 

Imperador  . 
Amur.  Fellone  ,  in  me  rifpetta 

L'alto  Angue  O.  toma  no. 
Acm.  Invan  Io  fperi, 

Mori ,  barbaro  ,  mori . 
Akls.  /h  per  tua  mano 

ne    ad  Ei  nofl  morra . 

j^nuT  Su  mi  fvenate  entrambi. 

Fra  un  nemico  sì  odiato  ,  ed  un  sì  vile 
Tiaditor  io  non  io  ,  qual  più  mi  fcelgai 
E  qual   renda  la  morte  a  me  più  cruda. 

AUji.  D4I  traditor  ti  falva  il  tuo  nemico. 

Rammentati,  Amurat,  chequi  non  volli 
Sparfo  il  langue  d*  Acmet  ,  e  qui  non  voglio 
Che  il  tuo  (i   fparga  ,  né  per  man   de'  tuoi 
Lo  fpargerai ,  finché  al  tuo  fi.inco  io   fono. 

Amur.  E  a  te  dovrò  la  vita  ?  ah  generofo 
Non  efler  meco  :  io  vo*  potere  odiarti 
Senza  trarne  rcffor  :  da  te  difdegno 

D    1  Opra, 


^  XXVIII  i^{ 

opra  ,  che  ì'cdio  mio  renda  men  giuflo. 
Vincerlo  più  non  puoi  :  già  noi  renderti 
Men  fòrte;  e  pur  la  vita  or  mi  falvafti 
Dalle  man  d'un  fellon  :  Co  ,  che  tu  il  fai 
Non  per  pietà  ,  ma  per  maggior  tuo  orgoglio. 
Tu  il   vanto  vuoi  di  torla  a  me  ,  tu  vuoi. 
Ch'ella  fia  tua  rapina  ,  o  fia  tuo  dono. 

^kfi.  Meglio  il  mio  cor  ravvifa  :  i   vanti   miei 
Non  fur  mai  querti  :  né  donar  pretendo  , 
Né  rapirti  la  vita  :  un   dono   io  chieggio 
A  te  bensì  :  libera  rendi   Irene. 

^miir.  Cofa  troppo  a  te  cara  ora   mi  chiedi; 
Difperato  morrei  ,  fé  ti  vedefTì 
Coti  felice  :  e  l'eCfere  in  mia  mano 
La  tua  felicitade  è  il   fol  conforto, 
Che  mi  rimane  :  ah  fé  tra   miei   v'  ha  un  fido, 
Irene  /veni  ,  e  qui  ne  rechi  il  fangue 

giunge   Ernejìo. 

Ero.  Prenci  ,  libera  è  Irene  ,  e  dentro  a  Croja 
Pofa  fecura . 

jileff.  Ah  d'onde  il  lieto  avvifo.'* 

Aran.  E  con    qual  mezzo  ?  ah  dì  torto. 

Da  Croja 

Ern.  Viene  il  Mertagoio  :  il  gran  foccorfo  è  giunto 
Delle  Venete  /chiere  :  il   loro  Duce 
Le  Turchefche  fcopiì ,  che  prigioniera 
Traeano  Irene  al  campo  :  e  benché  artai 
Vinceflero  di  numero  le  fue  , 
Et   le  affaltò  con  tal  vigor,  che  tutte 
Fiere,  e  oftinate  in  cuftodir  la  preda, 
Le  ftefe  al  fuolo  ,  e  lor  di  man  la  tolfe. 

Aìeff.  Oh  Tempre  invitta  Adriaca  gente  !  oh  folo 
Degna  del  tuo  coraggio  imprefa  .'  oh  quanti 
Beni  in  un  punto  sì   tuo  valor  mi  reca  1 

Aran.  Oh  amé^ta  xial'd  I  per  te  fempre  dclce 

Mi 


3?  X  X I X 

Mi  fonerà  nel  cor  dell'Adria  il  nome, 
Awur.  Sì  ,  del  gioir ,  che  il  fen  v'  inonda  ,  io  tutto 
Vegga  lo  sfogo  :  il  piacer  voflro  accrefca 
La  pena  mia  :  celarla  almen  potcfli 
Per  farvi  men  giulivi  :  Irene  uccifa  - 
Efler  dovea  tuo  affanno  ;  or  falva  è  il  mio 
Scorno  ,  e  furor  :  fu  ,  rompi  ogni  ritegno. 
Su,  m'infuira  ,  e  deridi  :  io  già  gli  fcherni 
l'i  leggo  in   fronte  :  dì  ,  eh'  io  vada  in  Croja 
A  termi  Irene  ;  dì,  eh'  io  qui  l'uccida 
Su  gli  occhi  vollri  :  irrita  il  mio  tormento; 
^leff.  Tu  il   farefH,  Amurat  :  non  è  da  noi 
.Sì  barbaro  piacer  :  del  Cielo  i  doni 
Io  non  rivolgo  in  altrui  fcherno. 
Amtir.  Il  Cielo 

Vanta  per  te  cortefe  ,  a  me  sì  ingiuflo  , 
Se  vuoi,  che  un   Prence  d'Aibania  più  altero 
Dell' Ottomano  Imperadore  or  vada. 

viene  Spano. 
Span.  Lafcia,  Aledandro,  a  me  l'onor  ,  che  il  primo 
La  tua  deftra  real  io  b.^ci  ;  Roma 
A  te  fpedì  fcettro  ,  e  diadema  ,  e  il  grande 
Titolo  facro  :  il  Re  d'Epiro  or  fei. 
■^lef  Gr;  to  mi  fa  l'onor,  ma  non  fuperbo. 
jìmtir.   Ah  non   fingerti  umil  :  forfè  non  pago 

Sei  di  Regno  sì  angusto.    Ah  deggio  io   tutte 
Oggi  l'onte   fcffrir  di  ria  fortuna? 
Cruda  fortuna   !  empio  deftino  !  il   mio 
Nemico  ,  eh'  io  volea  depreffo  ,  ognora 
Più  fadofo  vedrò  .''  dov'  è  il  potere  , 
Dove  la  g'oria  mia  ?  Sì  ,  dunque  ho  in  feno 
Un  inutil  furor  ?  fei  Re,   Alelfandro; 
Na  il   farai  per  m  o  falto  :  il  tuo  novello 
Titol  farà  più  altero  il  mio  trionfo. 
Tornerai  nel  ferraglio  ;  ho  da  vederti 

Fri 


__xxx5_ 

Fra'  miei  fchiavi  ,  e  i  più  vili  :  oh  lieto  giorno 
Che  t"  avrò  in  mio  poter  !  ma  pria  vedrai 
Tu  cader  Croja  ;  io  vo'  (tenderla  a  terra  , 
E  Je  fue  ftrade  di  fvenatì  ingombre 
Con  l'aratro  folcar  :  le  moli  tutte 
Indi  n'  andran  difciolte  in  fiamma  :  il  foco 
Scorrer  dee  l'Albania  ,  fcorrer  l'Epiro. 
Vo* ,  che  de'  Regni  tuoi  non  altro  retti 
Che  cenere  ,  e  che   poi  la  fparga  il  vento. 
Jikjj.  fLafciam,  che  tutto  il  fuo  furor  fi  verfij 
Amtir.  Non    fi  tardi  la  pugna  :  in  vano  fperi 
Nel  tuo  valor  :   una  vittoria  fola 
Bafla  a  disfarti  ,  a  me  non  battan  mille  : 
*,5jf«. P"2  che  Amurat  fia  vinto  Africa,  ed  Afia 
</e wmr  D' abitatori  han  da  vuotarfi  :  Ofmano 
©/'""««Toao  fi  dia  della  battaglia  il  fegno. 
Ofm.  E*  vano  il  darlo,  alto  Signor:  ricufa 

Contro  Aleffandro  di     pugnare  il  campo. 
Troppo  ne  teme  il  fatai  brando,  e  troppo 
Ne  onora  il  nome,  e  più  tentar  non  ofa 
La  forte  fua:  né  queHo  è  il  fol  dehtco; 
Per  non  vile  parer  fi  fa  rubello. 
Il  tumulto  di  pochi  invade  omai 
Tutte  le  fchiere ,  e  vanno  alto  gridando i 
Che  Meemet  è  il  loro  Imperadore; 
E  già  depongon  1'  armi ,  e  molti  i  pafli 
Volgon  ver  Andriiiopoli    giulivi. 
Per  tofto  porgli  il  regio  velo  in  fronte. 
Amur.  Ohe  puoi  farmi  di  più,  barbira  foite? 
Quefto  è  l'ultimo  colpo,  empio  deftino, 
Cbe  ti  reftava  ancor  :  perfidi  !  ah  fìrage 
Si  faccia  degl'  infidi  :  ah  laccio  ,  e  ferro 
Chi  apprefterà  per  vendicarmi?  il  fallo 
Comune ,  a  tutti  è  fcampo  :  il  mio  comando 
Non  s' ode  più  :  non  ho  chi  uccida  i  rei . 

Ah 


^  XXXI  3? 

Ah  mio  furor  dslufo!  ah  qual  ria  fiamma 
M'entra  nel  fenol  oh  come  arde,  e  divora, 
E  mi  ftrugoe  nell' incimu!  mirare, 
Come  già  fuor  n'efcon  le  vampe:  in  Croja 
Già  ferprggiano:   Epiro,  e  l'Albania 
Già  fciolgopfi  in  faville  :  un  denfo  fumo 
Per  l'aria  ondeggia  :  ferrea  luce  adombra 
Il  giorno ,  e  il  cielo  ;  dalle  fiamme  Irene 
Spaventata  fen  fugge  ;  eccola  :  ah  torto 
Un  ferro  a  me,  ch'io  vo'  fvenarla!  ah  quefla 
Non  è  Irene  :  le  furie  fon ,  che   in  mio 
Vingon  foccorfo  :  fi(chiano  i  fcrpenti 
Avvolti   al  crin  ,  /cuoton  flagelli  ,  e  faci. 
,Su  ,  lacerate  ,  fu ,  sbranate  ,  ardete , 
O  tartaree  miniftre  i  miei  nemici. 
Gittate  il  Trono  d'Aleflandro  in  terra. 
Ah  voi  gittate  il  mio  ?  come  ?  ah  che  veggio! 
Il  fembiante  cangiato  :  i  tuoi  fratelli 
Da  me  uccifi  fon  quefli  :  in  me  fi  volge 
La  rabbia  lor  :  chi  mi  fottrae  dai  colpi? 
Ove  fuggo  ,  e  m'  afcondo  ?  apriti ,  o  terra , 
Ingcjatcm'i ,  o  abiiTi  ;  entro  de  voftri 
A cct fi   gorghi  a  feppcUirmi  io  vengo: 
Queft'  alma  difperata  attendi ,  o  Inferno. 

partr  furhfo  ,  Ofmano  lo  /ìeguf , 
^ìef  II  fuo  furor  di  fenno  il  ti  affé  ,  e  mille 
Per  la  tuibata  niente  erran  fantaTmi. 
Mi  fa  pietà  la  fua  fventura  :  io  vinto 
Volea  Amuiat  ,  non  difp'rato;  e  mai 
Creduto  io  non  svrei  ,  che  la  vittoria 
Mi  doveffe  recare  sfl'.:nno.   Oh  quali 
Occulte  (Irade  ,  e  al  corto  umano  fguardo 
Ignote  ha  il  Cielo  :  in   vn  momifaro  folo 
Tratto  è  l'Epiro  ,  e  l'A'b^nia  di  rjfchio. 

jiran.  Dove  fcorge  ìùaQQ^nzi  >  a  fuo  favore 

Vol- 


/ 

3g  XXXII 5? 

Volger  fa  ancor  le  p'ù  lontane  ,  e  inHeme 
Contrarie  cofe  il  Ciclo  ;  e  quanto  a  lui 
Or  tu   fia  caro  ,  in  ciò  fa  a  noi  palefe . 
Span.  Vitni,  Aleffandro ,  e  nel  fuo  Duce  il  campo 
Vegga  ancora  il  fuo  Re  :  col  ferto  in  fronte 
Vegga  Irene  il  fao  fpofo  ,  e  alfin  d'obblio 
Ricoprendo  gli  andati  affanni  ,  in  volto 
Lampeggiare  ti  veggano   le  fquadre 
Queir  ufata  tua    gioja  ,  in  cui  fon'  afe 
Fondar  la  loro  ficurezza  ,  e  fpeme. 
j^cm.  Pace  ,  o  Signor  ,  chieggono  i  Traci  :  è  morto 

Il  crudele  Amurat. 
jìlelf.  Tu  l'ucciderti? 

Acm.  Il  fuo  furor  l'ha  uccifo  :  appena  il  piede       , 
Porto  tra  le  fue  fchiere  in  lui  frementi 
Minacciarle  tentò  :  dal  troppo  sforzo 
Tronchi  gli  accenti  fur  :  gli  fi  contorfe 
11  già  fpumante  labbro  ,  e  il  fofco  fguardo; 
E  fui  volto  cadutogli  repente 
Un  orrido   pallor  ,  fvenne  ,  ed  a  terra 
Piombò  ,  qual  uom  da  folgore  percoffo. 
Ei   freddo  or  giace  ,  e  in  tale  atto ,  che  rende 
Pietà  ,  e  terror  del  pari  :  il  campo  nortro 
Scioglie  l'artedio  ,  ed  al  partir  fi  accinge. 
^lefj  Sia  di  freno  agi'  iniqui  il  fua  deftino: 

Siam  noi  fempre  al  Ciel  grati  ;  e  tal  fia  il  fine 
Di   quante  imprefe  tenteranno  i  Traci; 
Sinché  forga  in  Europa  un  braccio  fortCì 
Che  l'Ottomana  rea   rtirpe  disperda, 
E   la  memoria  infino  anco   n'eftingua. 
N.el  fondo  della   leena  apprejìatafi  al  Ballo  fi   vedrà  fu 
gran   Pìedefìallo  la  fìat  uà  d'  Aleffandro  a  cavallo .  Per  ono- 
rarla vengono   pkcìole    truppe  di  Maneft ,  Epìrott ,  Paggi  , 
e  Danae  con  quattro  Schiavi  incatenati  ,  e  àa/cuno  di  det' 
te  truppe    avrà  in  mano   o  fmhlì ,  o  jirumenti  di  guerra , 

ì  qua- 


^  XXXIII  ss 

i  quali  fui  fnir  della  prima  parte  del  Ballo  faran  difpojlt  m 
arco  dì  trionfo  d'  intorno  alla  (ìatua.  Comparirà  quindi  in 
aria  giuliva  con  fei  feguact  il  Genio  d'  Europa  ,  a  cui  con 
altrettanti  fuccederà  la  vittoria ,  e  dannando  infieme,  rende» 
ranno  tigli  /chiavi  la  libertà  ,  feguendo  poi  viva  ,  ed  allegra 
contraddaré^a  de'  primi  accennati  Perfonaggi  fejìeggìanti  per 
lo  felice  avvedimento. 

Fine  della  terza  Azione J* 

Componimento  del  Sìg.  Co:   Fràncejco 

Magnam  Modevefe  Vrincìpe 

di  Lettere, 


CAN. 


?  XXXIV  3? 

CANTATA 

TERZA. 

La  Vittoria . 

IO  fola  a  i  vincitor, 
Dì  belle  palme,  e  allor 
Fregio  le  chiome. 

E  ovunque  fplende  il  Sol, 
Fo  girne  intorno  al  fuol 
Faflofo  il  nome. 

Io  d'eterne  ghirlande 

Fregiai  la  chioma  del  Guerrier  di  Pelld) 

Cui  diede  il  mondo  titolo  di  grande. 

Or  d'altro  Eroe,  che  il  nome  ebbe  da  lui^ 

Con  più  bel   ferto   cingerò  la  fronte. 

Qucfti   domò  '1  feroce 

Amurat ,  più  del  Perfo  affai  temuto. 

Oh  quai  ferri  preparo 

Al  forte  Eroe  ,  ch'alle  rimote  arene 

Spinga  dell'  Afia   il  Trace  ,  e  a  Paleftina 

Sciolga  il  cattivo  pie  dalle  catene  ! 

Quefto  ebb^r  vanto  già  i  Guerrieri  Eften/ì, 

Ed  ancora  1'  avran  :  fui  Tranfilvano 

Preflb  al  lido  Ottomano  - 

Regnerà  1'  alta  ftirpe 

Sempre  d'  Eroi  feconda 

AlIor,  che  fegga  in  trono  il  gran  RINALDO, 

Alla  cui  mente  il  Cielo 

I  provvidi   penfier  darà  del  Regno . 

Ei  neir  altera  prole 

Trasfonderalli,  onde  l'eccelfe  ancora 

Sagge  Figlie  vedranfi 

Dì 


__  XXXV  _ 

Di  felice  governo  a  fparger  lampi.' 
Ma  r  imitarlo  appieno 
5crbat'è  all'alto  fuo  Fglio  FRAbrcESCo: 
Le  più  fplendide  Regge  ,  e  le  più  infìgni 
Città  d'Europa  ne  vedran  l'altero 
Sembiante  »  e  fia  ,  che  la  grand'  Alma  ovunque 
Degne  di  lei  difcopra 
Sublimi  idee  feguite  cgnor  dall'opra. 
Quanto  liete  per  Lui  fra  le  fponde 
Gir  limpide  l'onde 
11  felice  Panaro  vedrà/ 

Quanto  altera  facendo  ritorno 

Col  primo  fuo  giorno 

Lunga  etadc  l'Aurora  n'  andrà  / 

Quanto  liete  ec. 


Dfil  Slg.  Vaoììno  Ottoììnì  Tatrì^h  Lucchese 
Accatiemko  di  Lettere, 


£      2 


Signo- 


y 


XXXVI 

SigDorl  )  che  danzano ,  tirano  in  afTalto  j  e  fì 
efercitano  ne*varj  maneggi  5  e  Giuochi  di 
Spada  )  Picca  ,  Bandiera  ,  e  Àlabardino  y 
diftinti  per  cadauna  Azione  fecondo  le  ope- 
razioni ,  e  carattere  ,  che  in  quelle  avranno 
efercitato  ^  o  portato. 

Ne  Uà   prima   A^wne. 

BALLO    PRIMO, 

Rapprefentano 

Gli    Agricoltori. 

Sig.  Co:  Ciò:  Ancìnt  Reggiano  Accademico  di  Lettere  ,  e 
d' Armi. 

Sig.  Marcbefe  Ferrante  Agnelli  Scardi  Mantovano  Acca- 
demico d'  Armi. 

Sig  Ottaviano  Diodati  Patrizio  Lacche/e  Co:  del  S.  R.  / 
Prencipe  d'  Armi ,  Accademico  di  Lettere  ,  e  Laureato 
in  arnhe  le  Leg^i. 

Sig.  Don  Giacomo  Cajìellì  S.  Nazaro  Reto  Accademico  ds 
Lettere . 

Le     Ninfe. 

Sig.  Co:  Lodovico  Malvafia  Bolognefe. 

Sig.  Kav:  di  Malta  Fra  Ciujeppe  Marcolinì  da  Fami 

Sig.  Co:  Toccolino  Toccoli  Parmigiano. 

Sig,  Marfhefe  Palla  ^froll»  Mantovano, 

Pro> 


3£XXXvn3S 

P  R  O  S  «  R  P  I  N  a: 

Si^.  Marchefc  Ftàncefco  Marta  Riva  Mantovano  \  che  bai-, 
la  a  folo. 

P  L  u  T  o. 

Stg.  Marche  fé  Luigi  Pindemonti  Veronefe  Accademico  d'Ai" 
mi ,  che  balla  a  folo. 

Suoi    Seguaci. 

Sig.  Marche/e  Gio:  Battijìa  Spreti  Ravennate  Kav.  di  S.  Ste» 
fanoy  Accademico  d*  Armi. 

Sig.  Marcbefe  Pio  Enea  degli  Ol>izzi  Ferrarefey  Accadernt' 
co  di  Lettere. 

Sig.  Co:  Ferdinando  Cefi  Modenefe^  Accademico  d' Arm)  ì 
che  balla  a  Colo. 

Stg.  Co:  Amos  Cavalca  Bologne je^  Accademico  d"  Armi. 

Sig.  Marcbefe  Francesco  GavaJJìni  Ferrar  e  fé. 

Sig.  Marcbefe  Gaetano  Fafjati  di  Cafal  Monferrato  Acca- 
demico d*  Armi . 

Sig.  Co:  Michele  Mofcardo . 

Sig.  Marcbefe  Giacomo  Pindemonti  Veronefe  Accademico  d\ 
Armi. 

GioAra  di  Picche  i    e  Bandiere 

Maneggiano   le   Picche. 

Sig.  Co:  Gio:  Ancini. 
Sig    Ottaviano  Diodati. 

Sig   Co:  Michele  Mofcardo.  .  - 

Sig.  Marcbefe  Vincenzo  Sfriggi  Mantovano  ì 

ìliSL* 


xxxviir 

Maneggiano  le  Bantliere. 

Sig.  Co:  Federico  Bevilacqua  Al'^ert  Vervnefe ,  Accademic$ 

dt  Lettere. 
Sig  Co:  Francejco  Marefcaìcbi . 
Sig,  Co:  Andrea  Maziini  Ravennate. 
Sig.  Marthefe  Tommafo  Sacrati  Ferrarefe. 

Fanno  aflalti  di  Spada. 

Primo    Assalto. 
Sig.  Ottaviano  Diodati,        Sig.  Co:  Frawe/co  Mare/calchi . 

Secondo    Assalto. 

Sig.  Co:  Giovanni  Ancini. 

Sig  Marche je  Luigi  di  Cantffa  Veronefe  ^  Accademico  d*  Arm'. 

Terzo    Assalto. 
5;^.  Co:  Amos  Cavalca.        Sig.  Marche/e  Luigi  Pindemotttfl 

Qjj  arto    Assalto. 
Sig.  March.  Ferrante  Agnelli.      Sig.  March.  Gaetano  Fajfati. 

Giucca  a  folo  di  Bandiera. 
Sig.  Co:  Francejco  Marefcakhi. 

BALLO    SECONDO. 

'^apprefentatto 

l    Cacciatori: 
Sig.  Marcbefe  Kav.  Giamy Battila  Spreti, 
Sig.  Co:  Ferdinando  Cefi. 
Sig.  Co:  Amo!  Cavalca. 

Sig: 


3S  XXXIX  5g 

Sig.  Marcbefc  Francefco  Marta  Riva. 

Sig.  Co:  Marcantonio         ">      1-^7/.,.       >.  . 

Sìg.  K^.  Fra  Gìufeppe     j     ^'^^'^^*  Marcol,m. 

Sig.  Marcbefc  Francefco  Calcagnìnì  F  errare  fé . 

Sig.  Co;  Toccolino  Toccolì. 

I    Turchi. 

Sig.  Marche  fé  Ferrante  .Agnelli. 

Sig.  D.  Jacopo  Caflelli. 

Sig.  Ottaviano  Diodatì. 

Sìg.  Marche(e  Pio  Enea  degli  Ohìi^t. 

Sig.  Marcbefe  Luigi  Pindemontì. 

Sig.  Marcbefe  Gaetano  F affati. 

Sìg.  Co:  Michele  Mofcardo. 

Sig.  Co:  Francefco  Marefcalcbi, 

Donne    Turche. 

Sig.  Marcbefe  Palla  Strozzi. 

Sig.  Co:  Andrea  Vallemam  da  Fahrìatio. 

Sfg.  Michele  Amando  d'  Althann  Co:  del  S.R.  l  di  Brim 

in  Moravia. 
Sig.  Carlo  Colloredo  del  Friuli  Co:  del  5.  R.  l 

Intrecciano  un  Ballo  a  due. 

Sìg.  Kav.  Marcbefe  Ciam-.  Battifìa  Spreti. 
Sig.  Marcbefe  Francefco  Cakagnini. 

E  N  D  I  M  1  O  N  E. 

Sìg.  Co:  Giacomo  Pìndemontì ,  che  balla  a  fole' 


Nella 


J^ 


XL 

Nella  feconda  Ai(ione. 

Armeggiamento  formato  da  due  Squadre 
di  Albanefi  ,  e  di  Epiroti. 

Capitani. 

Sig    D.  G'tufeppe   Be»dont  M'danefe . 
Sig.  Co:  Enea  Captar  a  Bologne  fé. 

S  Q^u  ADRA    Albanese. 

5;^.  Gh:  daìl  Olmo  Bergamafcol 

Sig.  Manhefe  Muzio  Spada  Faentino'. 

Sig.  Co:  Cefare  Campori  Modenefe. 

5I  Co:Gìujeppe    }  ^^^^^^^^  Bevilacqua  Lavfc  Veroneft.^ 

Sig-  Sertorio  Polcajìrt  Padovano. 

Sig.  Co:  Nìccola  dalla  Branca  da  Gtihbio . 

Sig.  Co:  Guglielmo  Caftellì  S.Na^aro  Reto. 

Sig.  Co:  Gìambattijla  Leonardi  NovarefC' 

Sig.  Marcbefe  Cefare  Gavajfìnì  Ferrare  fé. 

Sig.  Co:  Antonio  Vallemani  da  Fabriano. 

Sig.  Aleffandro  Baldaffmi  de'  Marchefi  di  Poltno  Pefarefe  l 

Sig   Co:  Annibale  Sacrati  Reggiano. 

Sig.  Don  Pietro  Maria  Cattaneo  Novarefe. 

Sig.  €0:  Paolo  Radini  7 edefcbi  Piacentino. 

Sig.  Co:  Agofìino  dal  Sale  Ravennate. 

Sq^uadra    Epirota. 


Sig.  Domenico  Volpi  da  Bari. 

Sig,  Co:  Francefco  Pafitui:ii  Bolognefe, 


% 


XLI  3g 

Stg.  D.  G'tatnlattìfìa  Camelli  S.  Na^aro  Reta  : 

Sig.Co:Gìambattì^a    |  Fratelli RadinìTedefchìPkuntm. 
Stg.  Co:  Antonio.       j  ' 

Stg.  Girolamo  Parenfi  Patrizio  Ijtcchefe. 
Sig.  Co:  Niccvlò  Paft  Jppoliti  da  Rimim. 
S/g.  Co:  Ciro  Tu^Tiom  Imolefe. 

%.  Ce:  "     }  ^"""'  ^"'"""-r-  Macerate;.. 

Ì:S;l;f'     }.    ^'^""■'  n^tcieu:  Mc^enefi. 

Sig.  Marchefe  Lodovico  Andreaft  Mantovano. 
Sig.  Co:  Niccolò  Caprera  Bologne  fé . 
Sig   Ce:  Francefco  Vincenzo  Mcjìi  Ferrare/e. 
Sig.  Co:  Luigi  Bulgarini  Mantovano. 

Giuocsno  a  folo  di  Picca  .^ 

Sig.  Co:  G'ovarjù  AncUii. 
Sig.  Co:  Michele  Me/cardo. 

BALLO    TERZO. 

I{npprefentano 

Ifigenia; 
Sig.  Marchefe  Francefco  Calcagnìnì. 

I    Seguaci. 

Sig,  Marchefe  Francefco  Maria  Riva  ,  che  balla  a  folo. 

Sig.  Conte  Lodovico  Malva fia; 

Sig.  Co:  Toccolino  Toccoli . 

Sig.  Marche je  Francefco  Luccbefint  Luccbefc. 

Sig.  Marchefe  Palla  StroiZ'- 

E  Ore. 


XLII  3g 
Oreste. 

S/^   Oltavtano  D'iodati ,  che  balla  a  foio . 
I    Littori. 

S'g    Co:  Francefco  Fornì  Modenefe . 

Sìg    Marche/e  Luigi  di  C  ano ffa  Veronefe  Accademico  d'Armi. 
S.g.   Co:   Antorào  Bcjchetti  Modenefe. 

Sìg.    Marchefe     Annibale    Gaetano    Millo    dì     Cajal    Mon- 
ferrato . 
Sii,.  U Inolino  Mannelli  Fiorentino. 
Sìg   Co:  Galeazzo  Grumellt   Bergamafco . 
Sìg.  Co:    M  re'  Antonio   Marcolinì. 
S'g.  Co:  Federico   Bevdacqua  Veroneje . 

P  I   L   A   D  E. 

Sig.  Marchefe  Ferrante  Agnelli  ,  che  balla  a  folo. 

Suoi     Compagni. 

Sig.  Co:  Giovanni   Àncinì. 

Sig  M  irch  fé  Ciò:  Batttjìa  Spreti, 

S'g  Don   Giacomo  Calìelli . 

Sig.  i  o:  Amos  Cavalca  . 

Sig.  Co:   Ferdinando  Cefi. 

Sig.  Marchefe  Francefco  Gavaffim. 

Sig.  Marchefe  G  jet  ano    F  affati. 

Sig.  Marchefe   Luigi  Piedemontì. 

Formano  un  Ballo  a  due . 

Sig    March'^ff  Ferrante   Agnelli . 
Sig.  Marchefe  Francefco  Calca^nìm, 

Nelle 


XLIII  2g 

Nella  ter^a  A^iofie. 

Gioftra  )   e  Cciiìbattimento . 

Maneggiano    l'Alabardino. 

Sìg.  Marche  [e  Ferrante  agnelli  Scardi  M"ffet. 
SJg.    Marche  I  e   /il fon  fino  Trotti. 
Sig.  Ce:   Michele   Moj'cardo. 
Sìg.  Marche/e  Luigi  Pmdcmonte. 

Maneggiano  le  due  Spade. 

Si^-  Ottav'icno   "D'iodati. 

Sìg.  (  o:    Anici    Cavalca. 

Sig.  Ugolino  Mannelli. 

S'ig.  Marcheje  Giacomo  Pìnder}:onte , 

Combattono  armati  di  Spada  ) 
e  Targa . 

Stg.    Co:   Francesco   Trotti   Ferrare/e. 

Sig.   Pro/pero  Tofchi  Reggiano. 

Sig.   Sertorio  Orjato  Poicafìri  Padovano. 

Sig    Cavell. ere  di  S.  Stefano   Niccolò  F aironi  Pijlojefe. 

Sig.   Co:  Giambattifìa  Leonardi   Novarefe . 

Sig.  Marche/?   Cejare   Gcwa/Jini  Ferrare/e. 

Sig.    Co:  Giamhattijìa  Radìni  Tedefchi   Piacentino. 

Sig    Co:   Paolo  Radìni  Tedefchi  Piacentino. 

Sig    Co:  Galeazzo   ylr conati  Milane/e- 

Sig.  Girolamo  Par  enfi  Patrizio   Luccheje. 

F     z  Sìg. 


XLIV_ 

:  Agojììm  dal  Sale  Ravennate 
tavh    Mkheli  Patrìih  Lucchefe  . 

Fanno  aflalto  di  Spada. 


S'ìg.  Ottaviano  D'iodati. 
Slg.  Co:  Michele  Mojcardo. 

BALLO    au  ARTO 

Kapprefentano 

Il    Genio    d'  Europa. 

Sig.  Co:  Amos  Cavalca  ,   che  balla  a  folo. 

Suoi    Seguaci. 
Sig.  Marche/e  Ferrante  Agnelli  Scardi . 
Sig.  D.  Giacomo  Cajìclli. 
Sig.  Ottaviano  Diodati. 
Sig.   Marchefe  Pio    Enea  degli  Ohi^^t. 
Sig.  Marchefe  Luigi  Pindemonti. 
Sig.    Marchefe  Gaetano  Paffuti . 
Sig.  Co:  Michele  Mofcardo. 
Sig.  Co:  Francejco  Marefcakhi. 

La    Vittoria; 

Sig.   Marchefe  Francefco  Caìcagnim  . 

Le    Ammazoni. 

Sig.  Marchefe  Francefco   Maria  Riva. 

Sig.  Cavaliere  di  Malta  Fra  Giufeppe  Marcolim. 

Sig.  Co:  Toccolino  Toccoli , 

Sig.   Marchefe  Palla    Stro^z^. 


Se. 


E  LX  V 
Seguaci  della  Vittoria. 

Sìg.  Cavalìer  di  S.  Stefano  Mar  che  [e  Giamhattfla  Spreti, 

Si^.  Co:   Antonio  Bofchetti, 

Sig.  Co:  Ferdinando  Ceft. 

Sìg.  Marche/e  Annibale  Gaetano  Millo: 

Sig.  Marcbefe  Carlo  Monti  Bologne/e. 

Sig.  Co:  Marc' Antonio  Marcolìni. 

Sig.  Co:  Lodovico  Malva ft a. 

Sig.  Marcbefe  Giacomo  Pindemontt. 

Gli     Albanesi. 

Sig.  Co:  Giovanni  Anclnt, 

Sig.  Co:  Francefco  Forni. 

Sig.  Marcbefe  Giufeppe   Monti  Bologne  fé. 

Sig.  Marcbefe  Francefco  Cavafftni. 

Sig.  Co:  Federico  Bevilacqua. 

Sig.  Marcbefe  Alfonfmo  Trotti. 

Sig.  Marcbefe  Ce  far  e  Gavajfmi. 

Sig.  Marcbefe   Francefco  Lucchefinì. 

Sig.  Micbek  Amando  d'  Altbann  Co:  del  S.  R.  I. 

Sig.  Marcbefe  Vincenzo  Sfriggi. 

Gli     Epiroti; 

Sig.  Co-.  Francefco   Trotti. 
Sig.   Profpero  Tofcbi  . 
Sig.  Marcbefe  Mu^io  Spada  . 
Sig.  Co:  Ce  fai  e  Campori. 

%.  Co:  Giufeppe  }     ^'''^*^^''  ^^-''^^^l"^  Laz^fe. 

Sig. 


3?  XLVI 

ySig.  Co:  Andrea    Vallemam. 
S'tg    Marcbefe    Spcrello    Antonio   Sperelli    Mdnànforte    Ajji- 

[ano. 
SJg.  Carh       -\   p^^j^m  Colloidi  Co:  del  S  R.  1. 

Formano  gli  Archi  di  Trionfo. 

Sìg.  Co:  Alfonfo   Magnaci  Madenefe . 

S'tg.  Marchese  Sàp'ior.e   Filonardi   Romano. 

Sìg.  D.  Ciujeppe   Are  fé  Mi  la  ne  fé. 

Sìg.    Co:  Francefco     Fani  uzzi. 

Sig.  Cavalier   Niccolò   Ffibronì. 

Sig.  Co:  Niccola   della  Bréinca. 

Sig.    Marchefe  Alefandro    Baldixfftnì. 

Sig.    Filppo  del  S.  R.  l    Co:  ai  Daunn  Vìe^nefe'. 

Sig.  March.  Francejco  R.^gh     "ì    p,^,,/;;,.;  Canolfa  Vmnefi. 

Sig.  March.  Francejco  Borgia     J  ''  ^ 

Sig.  D.  Guglielmo   CaflelH  S.  Na^aro. 

Sig.  Co:    Antonio   Vaihmam. 

Sig.  Co:  Profpero         ^     p^^^^jj.  Buonaccorft. 

Sig.  Co:  Domenico       j 

Sig.  D.  Antonio  Bendoni  Milanefe . 

big.  Ciangirolamo   Priaroggia  Nohile  Genove  fé. 

Intrecciano  un  Ballo  a  due. 

Sig.  D.  Giacomo  Caftellt . 

Sig.  Marcbefe  Pio  Enea   degli  Gjìhì. 


For- 


XLVII  5 

Formano  un'altro  Ballo  a  due. 

Sig.  Co:   j4mos  Cavalca  . 

^'tg.  Marcheje  Francesco  CalcagnìaK 


IL     FINE. 


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