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Full text of "Annali d'Italia"

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ANNALI  D' ITALIA 


D    I 


LODOVICO-ANTONIO  MURATORI 


ADIZIONE     NOVISSIMA. 


TOMO    IL 


IN   VENEZIA    MDCCXCIV. 

Presso  Antonio  Curti  q.  Giacomo 

WELLA     TIPOGRAFIA     P E P O L I A V A 

Con  Approvazione , 


In  questo 

TOMO    IL 

Si  comprende  Io  spazio  di  tempo  scorso 
dair  anno  di  Cristo  hx.  IndizÌGne  ir. 
iìno  all'anno  di  Cristo^  cxxi.  di  Adria- 
na imperadore  5. 


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ANNALI  D'ITALIA 

Dal  principio  dell' Era  Volgare 
fino  air  anno   1500. 

Anno  di  Cristo  lix.  Indizione   11. 
di  Pietro  Apostolo  papa  31. 
di  Nerone  Claudio  imperadore  6, 

p,        ,.  j"  Lucio  Vipstano  Aproniano, 
Consoli  S^  Lucio  Fontejo  Capitone  . 

V-^omunemente  da  chi  ha  illustrato  i  Fa- 
sti consolari ,  il  primo  di  questi  consoli 
è  chiamato  Vipsanio  .  Ma  secondo  le  os- 
serva zipni  del  cardinal  Noris  ^  il  suo 
vero  nome  fu  Vipstano  ;  e  ciò  può  anco- 
ra dedursi  da  un' iscrizione  pubblicata  an- 
che da  me  *  .  Jn  essa  s' incontra  Gajó  Fon- 
tejo  .  Se  ivi  è  disegnato  il  console  di  que- 
sti tempi ,  Gajo  ^  e  non  Lucio  sarà  stato 
il  suo  prenome  .  Giunse  in  quest'  anno  ad 
un  orrido  eccesso  la  più  che  maligna  na^- 
tura  di  Nerone.  Erasi  rimessa  in  qualche 
credito  Agrippina  sua  madre  ^  dappoiché  le 
riuscì  di  superar  le  calunnie  di  Giunia  Sila" 
na  ;  ma  dacché  entrò  in  corte  Poppea  Sabl' 
na ,  cominciò  una  nuova  e  più  fiera  guerra 
contra  di  lei.  Aspirava  questa  ambiziosa  ed 
adultera  donna  alle  nozze  del  regnante,  al 

A  2  che, 

.»  Noris  Ef.  Consuh    »  Thes.  Ncv.  reter.  Ime  /».  305-  «•  j' 


4  Annali    d'Italia 

che,  vivente  Agrippina , le  parea  troppo  dif- 
ficile di  poter  giungere  ,  sì  perchè  Agrip- 
pina amava  forte  la  saggia  e  paziente  sua 
nuora  Ottavia  ,  e  sì  perchè  non  avrebbe 
potuto  soiFerire  presso  ii  figliuolo  chi  a 
lei  fosse  superiore  negli  onori  e  nel  co- 
mando .  Cominciò  dunque  Poppea  a  sti- 
molar Nerone  con  dei  motti  pungenti  ,  de- 
ridendolo ,  -percìih  tuttavìa  fosse  sotto  la 
tutela;  ed  oh  che  bel  padrone  del  mon- 
do ^  che  ne  pure  è  padrone  di  se  stesso  ! 
Passò  poi  in  varie  guise  ,  e  coli"  ajqto  de' 
cortigiani  nemici  d'Agrippina,  a  fargli 
credere  che  la  madre  nudrisse  de'  cattivi 
disegni  contra  di  lui .  Ingegna  vasi  air  in- 
contro anche  Agrippina  di  guadagnarsi  V 
aflFetto  del  figliuolo  contra  di  questa  ri- 
vale ;  e  fanno  orrore  le  dicerie  che  cor- 
sero allora ,  delle  quali  Dion  Cassio  ^  e 
Tacito  ^  fanno  menzione ,  contraddicen- 
dosi quegli  autori  anche  in  parlar  di  Se- 
neca ,  che  alcuni  vogliono  concorde  colT 
iniqvio  Nerone  alla  rovina  della  madre , 
ed  altri  parziale  della,  medesima  ,  anzi 
macchiato  di  un  infame  commerzio  con 
lei.  La  stessa  battaglia  fra  quegli  scrit- 
tori si  osserva ,  rappresentando  alcuni  ^  ^ 
eh'  ella  con  carezze  nefande  ,  ed  altri 
colla  fierezza  e  colle  minacce  procurava 
di  rompere  1'  abbominevole  attaccamento 
del  figliuolo  a  Poppea  .  Se  nulla  è  da  cre- 
dere ,  è  l'ultimo.  Perciò  Nerone    annoja- 

to 

^  JDf'o  eod.  lib.     *  Tac  /.  14.  r.  a.     ^  Sueton.  in  Nrone^ 


Anno     LIX.  5 

to  cominciò  a  sfuggirla ,  e  ad  aver  caro 
eh'  ella  se  ne  stesse  ritirata  nelle  delizio- 
se sue  ville,  benché  quivi  ancora  l' in- 
quietasse, con  inviar  persone,  le  quali  in 
passando  le  diccano  delle  villanie ,  p  del- 
le parole  irrisorie .  Finalmente  si  lasciò 
precipitar  nella  risoluzione  di  torle  la 
vita.  Non  si  arrischiò  al  veleno,  perchè 
non  apparisse  troppo  sfacciato  il  colpo  5 
siccome  era  avvenuto  di  Britannico ,  e 
perchè  ella  andava  ben  guernita  d'  antido- 
ti .  Nulladin^eno  Suetonio  scrive ,  che  per 
tre  volte  tentò  questa  via,  ma  indarno. 
Pensò  anche  a  farle  cadere  addosso  il 
volto  della  camera  ,  dov'  ella  dormiva  ,  e 
vi  si  provò.  Ne  fu  avvertita  per  tempo 
Agrippina,  e  vi  provvide. 

Ora  Aniceto  liberto  di  Nerone  ,  presi- 
dente deir  armata  navale  ,.  che  si  tenea 
sempre  allestita  nel  porto  di  Miseno  ,  sic- 
come nemico  di  Agrippina  ;,  si  esibì  a  Ne- 
rone di  fare  il  colpo  con  una  invenzione 
che  parrebbe  fortuita ,  e  risparmierebbe  a 
lui  r  odiosità  del  fatto  .  Ck)nsisteva  que- 
sta in  fabbricare  una  galea  congegnata  in 
maniera,  che  una  parte  si  scioglierebbe^ 
tirando  seco  in  mare  chi  v'era  di  sopra, 
^^sempio  preso  da  una  simil  nave ,  già 
fabbricata  nel  teatro.  Piacque  la  proposi- 
zione ;  fu  preparato  nella  Campania  V  insi- 
cliatore  legno  ;  e  Nerone  per  celebrar 
1  giuochi  d'allegria  in  onor  di  Minerva, 
chiamati  Quinquatrui  ;,  si  portò  al   palaz- 

A  3  zo 


6         Annali     d'  Italia 
zo  -li  Bauli,  situato  fra  Baja  e    Mi  seno  ^ 
conducendo  seco  la  madre  sino  ad  Anzo, 
giacché  era  qualche  tempo  che  le  niostra- 
ya  un  finto  aiFetto  ,    ed  usavale  delle    fi- 
nezze .  Quivi  stando  Nerone  si  udiva  di- 
re :  che  toccava  ai    figliuoli    il    sopporta- 
re   gli  sdegni  di  chi  avea  lor  data  la  vi- 
ta ,  e  che  a  tutti  i  patti  volea  far  buona 
pac<{>  colla  madre  ;  acciocché  tutto  le  fos- 
se riferito ,    ed   ella   secondo    V  uso    delle 
donne,  facili  a  credere  ciò  che  bramano, 
si  lasciasse  meglio    attrappolare.    Invitol- 
la  dipoi  a  venire    ad  un    suo   convito   ad 
Anzo  5  ed  ella  v' andò  ,  accolta  dal  figliuo- 
lo sul  lido  con  cari  abbracciamenti  ,  e  te- 
nuta poi  a  tavola  nel  primo  posto  :  il  che 
maggiorm.ente  la  assicurò .    O   sia ,    come 
vuol    Tacito ,    eh'  ella    quivi    si    fermasse 
quella  sola  giornata  ,  oche  al  dire  di  JDio- 
ne  si  trattenesse  quivi  per  alcuni    giorni , 
volle  ella  infine  ritornarsene  alla  sua  villa . 
Nerone  dopo  il  lungo  e  magnifico  convi- 
to ,  la  tenne  fino  alla  notte  in  ragionamen- 
ti ora  allegri  ,  ora  serj  ,  baciandola  di  tan- 
to in   tanto  ,    ed    animandola    a    chiedere 
tutto  quel  che  voleva  ,  con  altre  parole  le 
più  dolci  del   miondo  .    Accompagnata    da 
lui  sino   al    lido  ,    s' imbarcò    nella    nave 
traditrice  ,    superbamente    addobbata  ,    e 
andò  servendola    Aniceto.   Era    quietissi- 
mo il  mare ,  e  parve  quella  calma  venuta 
apposta  ,   per   far    conoscere    ad   ognuno, 
che  non  dalla  forza  de' venti,  ma  dal  tra- 
dì- 


Anno    IJX.  7 

flimento  pvocedea  lo  sfasciarsi  della  na- 
ve. Alla  divisata  ora  cadde,  secondo  Ta- 
cito ^  il  tavolato  di  sopra  j,  che  soffocò 
Crcperiò  Gallo  cortigiano  d'Agrippina  ; 
ma  essa  con  Acerronia  Polla  sua  dama  d' 
onore  si  attaccò  alle  sponde  ,  né  cadde . 
In  quella  confusione  i  marinai  credendo 
che  Acerronia  fosse  Agrippina,  coi  remi 
la  uccisero  ;  Ad  Agrippina  toccò  solamen- 
te una  ferita  sulla  spaila.  Fu  .voltata  in 
un  lato  la  nave  ,  perchè  si  affondasse  j  .ed 
Agrippina  cadutavi  pian  piano  dentro  , 
parte  nuotando ,  e  parte  soccorsa  dalle 
barchette  che  venivano  dietro,  si  salvò, 
e  fu  condotta,  al  suo  palazzo  nel  lago 
Lucrino.  Dione  in  poche  parole  dice  ,  che 
sfasciatasi  la  nave ,  Agrippina  cadde  in 
mare,  ne  si  annegò.  Più  minuta  ^  ma  im- 
brogliata è  la  descrizione  che  fa  di  que- 
sto fatto  Tacito  3  ma  comunque  succedes- 
se, per  consenso  di  tutti  Agrippina  scam- 
pò la  Vita. 

Ridotta  nel  suo  palazzo,  e  in  letto  , 
per  farsi  curare^  ricorrendo  col  pensiero 
tutta  la  serie  di  quel  fatto ,  non  durò  fa- 
tica ad  intendere  chi  le  avesse  tmmata 
la  morte  .  Prese  la  saggia  determinazione 
di  tutto  dissimulare  ,  ed  immediatamente 
spedì  Abetino  suo  liberto  al  figliuolo,  per 
dargli  avviso  d'  avere  per  benignità  degli 
dii  sfuggito    un    gravissimo    pericolo ,    e 

A  4  per 

*   Trichus  iih,  14.   cap.  3. 


8  Annali   d'  Italia 

per  pregarlo  di  non  farle  visita  per  ora,' 
avendo  ella  bisogno    di   quiete   per    farsi 
medicare.  Nerone,  ch'era  stato  sulle  spi- 
ne la  notte ,    aspettando    nuova    dell'  esi- 
to degli  escrandi    suoi    disegni  ,    allorché 
intese    come  era  passata  la  cosa  ,    ed  es- 
serne uscita  netta  la    madre  ,  fu  sorpreso 
da    immensa    paura  -,    immaginandosi    eh' 
ella  potesse  spedirgli  contro  tutta  la  sua 
servitù  in  armi ,  o  muovere  i    pretoriani 
contra  di  lui ,    o  comparire  ad    accusarlo 
in  Roma  al  senato  e  al    popolo  .  Sbalor- 
dito non  sapeva  allora  in  qual  mondo  si 
fosse.  Fece  svegliar  Burro  e  Seneca,  chia- 
mandogli   a    consiglio  ,    essendo    ignoto  , 
s'  eglino  sì  o  no  fossero  prima  consapevo- 
li del  delitto.  Restarono  un  pezzo  amen- 
due    senza  parlare  ,    o   perchè   non    osas- 
sero   di    dissuaderlo,  o  perchè  credessero 
ridotte  le  cose  ad  un  punto ,  che  Nerone 
fosse  perduto  ,  se  non  preveniva  la  madre. 
Nerone  in  fatti    propose    di    levarla    dal 
mondo  ^    e    Seneca ,    imputato    da    Dione 
d'aver  dianzi  dato  questo  medesimo  con- 
siglio, voltò  gli  occhj  a  Burro  ,  come  per 
domandargli    che    ne  comandasse    ai  suoi 
pretoriani  V  esecuzione .    Ma    Burro  ,  non 
dimenticando  che  da   Agrippina  era   pro- 
ceduta la    propria    fortuna  ,   prontamente 
rispose_,  che  essendo  obbligate  le  guardie 
del  corpo  a  tutta  la  casa  cerasea ,    e    ri- 
cordandosi del  nome  di  Germanico,    non 
si  potea  promettere  in  ciò  della  loro  ub- 

bi- 


Anno       LIX.  9 

bidienza  ;    e  che    toccava    ad    Aniceto   il 
compiere  ciò  ch'egli  aveva  incominciato. 
Chiamato  Aniceto  ;,    non    vi    pose    alcuna 
difficoltà ,  cosicché  Nerone  protestò  che  in 
quel  giorno  egli    riceveva  dalle  sue  mani 
ì'  imperio  ;  e  quindi  gli  ordinò    di   pren- 
dere quegli  armati  che  occorressero  dalla 
guarnigione  delle  sue  galee  .  Intanto     ar- 
riva   per    parte    di    Agrippina    Agcrino . 
Sovvenne  allora  a  Nerone  un  ripiego  de- 
gno del    suo    capo    sventato .    Allorché  V 
ebbe  ammesso    all'udienza^    gli    gittò    a' 
piedi  un  pugnale ,  e  chiamò  tosto  ajuto  , 
con  fingere  costui    mandato    dalla    madre 
per  ucciderlo  ,  e  il  fece    tosto   imprigio- 
nare )  e  poi  spargere  voce  ^  eh'  egli  s' era 
ucciso  da  se  stesso  per  la  vergogna  della 
scoperta   sua     mala    intenzione  .    Intanto 
Agrippina ,  eh'  era  negli  spasimi  per   non 
veder  venire  Agerino ,    né    altra    persona 
per  parte  del  figlio,  in  vece  di  essi  mira 
entrar  nella  sua  camera  Aniceto ,  accom- 
pagnato   da  due    suoi  ufiziali ,    senza  sa- 
pere se  in  bene,  o  in  male.    Poco  stette 
ad  avvedersene  :  un   colpo  di    bastone    la 
colse  nella  testa  ;  e  vedendo  sguainata  la 
spada  da  un  di  essi,  saltando  su,  gridò: 
Ferisci    questo ,    mostrandogli    il    ventre  . 
Fu  dipoi  morta  con.  più  ferite  ;  e  porta- 
tane la  nuova  a  Nerone.  Non  mancò  chi 
disse  ,  d'  averla  voluta    vedere    estinta    e 
nuda,  non    fidandosi    di    chi  gli  riferì    il 
fatto,  e  d'aver  detto;   Io    non    sapea   d/ 

ci\e^ 


IO  Annali  d  Italia 
avere  una  madre  sì  bella.  Tacito  lascia 
in  forse  questa  circostanza  .  Fu  in  quella 
stessa  notte  bruciato  secondo  il  costume 
d' allora  il  suo  corpo  ,  e  vilmente  sep- 
pellito. Ed  ecco  dove  andò  a  terminare 
la  sbrigliata  ambizione  di  questa  donna  , 
figliuola  di  Germanico  ,  nipote  del  grande 
Agrippa,  pronipote  d.'' Augusto,  moglie  e 
madre  d' imperadpri .  Le  iniquità  da  lei 
commesse  ,  per  salire  il  figlio  al  trono  ^ 
riportarono  questa  ricompensa  dallo  stesso 
suo  figlio,  mostro  d'ingratitudine  e  di 
crudeltà . 

Fece  susseguentemente  Nerone  una  bella 
scena  ,  mostrandosi  inconsolabile  per  la 
morte  della  madre  ,  e  dolendosi  d'  aver 
salvata  la  vita  propria  colla  perdita  della 
sua^  giacché  voleva  che  si  credesse  aver 
ella  inviato  Agerino  per  ucciderlo^  e  eh' 
ella  dipo?  si  fosse  uccisa  da  se  stessa .  Lo 
stesso  ancora  scrisse  al  senato  ,  con  ag- 
giugnere  una  filza  d'altre  accuse  contro 
la  madre  per  giustificar  se  medesimo, 
e  con  dire  fra  l'altre  cose  ^:  Ch^  io  sia 
salvo ,  appena  lo  credo ,  e  non  ne  godo . 
Perchè  quella  lettera  o  era  scritta  da  Se- 
neca^ o  si  riconobbe  per  sua  dettatura, 
fu  mormorato  non  poco  di  questo  adula- 
tor  filosofo  ,  il  quale  compaì:*iva  appro- 
vatore  di  sì  nero  delitto  .  Mostrò  il  se- 
nato ^  di  credere  tutto;  decretò  ringra- 

zia- 

*  Qjuntillianus  Iti.  6.  Insti t.     ^   Tacitus  lib- 14-  f-^^- 


Anno    LIX.  ii 

^lamenti  agli  dii,  .e  giuochi  per    la   sal- 
vata vita  del  principe  j  e  dichiarò    il    dì 
natalizio  .di  Agrippina  per  giorno    abbo- 
minevole .    11    solo    Publio  Feto    Trase.a , 
senatore  onoratissimo  ,  dappoiché  fu  letta 
quella  lettera  ,  uscì    dal  senato  ,  per    non 
approvare  né  disapprovare     il  che  poi  gli 
costò  caro .  Ma  Nerone  dopo  il  misfatto  ^ 
si  sentì  gran  tempo  rodere  il  cuore  dal-' 
la  coscienza  ;    sempre   avea  davanti  agli 
occhj  l'immagine    dell' estinta  madre ,    e 
gli  parea  di  veder    le  furie  che  il  perse- 
guitassero   colle    fiaccole    accese  .    Ne    il 
mutar  di  luogo  ,  e  1'  andare  a  Napoli  ed 
altrove  ,     servì  a    liberarlo   .dall'  interno 
strazio .    Neppure  s'  attentava  di  ritornar 
più  a  Roma,  temendo  d' essere  in  orrore 
a  tutti.  Ma  ^gl' ispirarono  del   coraggio  i 
bravi  cortigiani ,  facendogli  anzi    sperare 
cresciuto  V  amore  del    popolo ^    per   aver 
liberata  Roma  dalla  più  ambiziosa  e  odia- 
ta donna   del  mondo  .   In   fatti    restitui- 
tosi alla  città ,  trovò  anche    più  di    quel 
che  sperava  ,  movendosi  e  grandi    e    pic- 
cioli per  paura  di  un  sì  spietato   princi- 
pe a  fargli    onore  .    Andò    dunque   come 
trionfante  al  Campidoglio ,  persuaso  ch'egli 
potea  far  tutto  a  man  salva  ,  dacché  tut- 
ti  o  perchè  V  amavano ,  o  perchè  avviliti 
non  sapeano  se  non  adorare  i  di  lui  su- 
premi voleri .  Affettò  ancora  la  clemenza 

con 

*  Suetort.  in  Neron.  e.  34. 


tt  Annali  d'  I  t  a  l  i  a 
con  richiamare  a  Roma  Glunia  Calvina^' 
Calpurnia  ,  Valerio  Capitone  ,  e  JAcinlo 
Gabolo ,  esiliati  già  dalla  madre .  Ma  iti 
questo  medesimo  anno  col  veleno  abbre-^ 
viò  la  vita  a  Domizia  sua  zia  paterna , 
con  occupar  tutti  i  suoi  beni  posti  in 
quel  di  Baja  e  di  Ravenna,  prima  ancora 
disella  spirasse.  Quivi  alzò  de' magnifici 
trofei ,  che  duravano  anche  ai  tempi  di 
Dione  ^  .  Mirabil  co^a  nondimeno  fu, 
che  parlando  molti  liberamente  di  tali 
eccessi ,  ed  uscendo  non  poche  pasquina-^ 
te  ,  pure  egli ,  benché  dalie  sue  spie  in- 
formato  di  quanto  succedea ,  ebbe  tal  pru-- 
denza  da  dissimular  tutto j,  e  da  non  ga-^ 
stigar  alcuno  per  questo  ,  paventando  di' 
accrescere,  altrimente  facendo  ,  il  remore 
nel  popolo . 

Anno  di  Cristo  lx.  Indizione  iix» 
di  Pietro  Apostolo  papa  23» 
di  Nerone  Claudio  imperad.  7»' 

r  Nerone   ClaU3!)io  Augusto 
Consoli  -^^        per  la  quarta  volta, 

L  Cosso  Cornelio  Lentulo- 

-L'icendoSuetonio,  che  Nerone  tenn'e  que- 
sto consolato  per  soli  sei  mesi,  nelle  ca- 
lende  di  luglio  dovettero  succedere  a  lui  e 
al  collega  due  altri  cònsoli .  Il  nome  loro 

ci 

»  Dio  lib.  61. 


A  N  NO     LX.  15 

.GÌ  è  ignoto.  Alcuni  han  sospettato  die  fos- 
sero Tito  Ampio  FlavianOj,    e  Marco  Apo-^ 
nio  Saturnino  ,  perchè  da  Tacito  son  chia-» 
mali    uomini   consolari  ,    ed  ebbero    poscia 
de'  governi .  Andossi    poi  sempre    abbando-^ 
nando  Nerone  ^  ai  divertimenti  e  piaceri , 
dappoiché  non  vi  ve  a  più  la  madre^    che   il 
tenea  pure  in  qualche  suggezione .    Sin    da 
fanciullo  si  dilettava  egli  di  andare  in  car- 
retta ,  e  di  condurre  i  cavalli .  Avca  ^nche 
imparato    a  sonar    di  cetra,    e  a    cantare. 
Diedcsi  ora  in    preda  a    questi  solazzi,    sì 
sconvenevoli    ad    un  imperadore.    Seneca  e 
Burro  gli  permisero  il  primo,    per  distor- 
lo dagli    altri  ,   purché   corresse    co' cavalli 
uel  circo  vaticano  chiuso ,  per  non  lasciar- 
si vedere  dal  popolo .  Ma  non  si  potè  con- 
tenere   il  vanissimo    giovane  ;    volle    degli 
spettatori,  e  il  lor  plauso  l'invogliò  ad  in- 
vitarvi anche  del  popolo^  il  quale  godendo 
di  veder  fare  i  principi   ciò  eh'  esso  fa^    e 
perciò  gonfiandolo  con  alte  lodi ,  maggior- 
mente r  incitò    a  quel  plebeo    mestiere   *  . 
Tuttavia  ben  conoscendo ,  che  i  saggi  era^ 
no  d'altro  sentimento,  credette  di  schivar 
il  disonore,  con  cercare    de' compagni    no- 
bili ,  che  imitassero  lui  ne'  pubblici  diverti- 
menti .  Perciò  venutogli  in  capo  di  far  de' 
giuochi  di  somma  magnificenza  in  onor  del- 
la m^dre ,  che  durarono  più  giorni,  si  virr. 
defo  nobili  dell'uno  edeiraltro  sesso,  non 

solo 

^  Tachui  Annoi.  Uh.  14.  e.  14.         *  -D/o  ihid. 


iZj.        Annali    d'  Italia 

solo  dell'  ordine  equestre ,  ma  anche  del  se- 
natorio, comparir    ne' teatri,    ne' circhi,    e 
negli  anfiteatri,  con  esercitar  pubblicamen- 
te   le  arti ,  riserbate  in  addietro    alle    sole 
persone  vili  e  plebee,  con  sonar    nelle  or- 
chestre ,  rappresentar  commedie  e  tragedie , 
ballar   ne' teatri,    far  da    gladiatori,    e    da 
carrettieri  :  alcuni  di  propria  loro    elezio- 
ne,   ed    altri-  per   non    disubbidir    Nerone 
che  gF  invitaya.  Mirava  il  popolo,  ed  an- 
che i    forestieri  riconoscevano ,   che    quegli 
attori ,  dimentichi  della  lor  nascita ,  erano 
chi  urr  Furio  ,  chi  un  Fabio  j,  chi  un  Vale- 
rio, un  Forcio,  un  Appio,  ed  altri    simili 
della  nobiltà  primaria.  AI  veder  cotali  no- 
vità e    stravaganze,'  ne  gemevano    forte    i 
saggi  ,  sì  pel  disonor  delle  famiglie  ,  come 
ancora    perchè    veniva  con    ciò  a    crescere 
troppo  smisuratamente  la  corruttela  de' co- 
stumi .  Ptammaricavansi  inoltre    osservando 
lé  incredibili'  spese  che    facea  Nerone;  non 
solamente  in  questi  sì  sfoggiati  divertimen- 
ti,  ma  anche  negl'immensi  regali  alla  ple- 
be ,  congittar  dei  segni^  ne'quali  era  scrit- 
to quella  sorta  di  dono   che   dovea  darsi  a 
chi  avea  la  fortuna  d'aggraffarli,  come  ca- 
valli, schiavi,  vesti,  danari.  Ben  prevede- 
vano che  tanto  scialacquamento    anderebbe 
a  finire  in  nuovi  aggravj  ed  estorsioni  so- 
pra il  pubblico,  siccome  in  fatti  avvenne. 
Istituì  eziandio  Nerone  altri    giuochi ,   ap- 
pellati Giovenali  in  onore  della  prima  vol- 
ta, ch'egli  si  fece  far  la  barba:  rito  festi- 
vo 


Anno        LX.  15 

vo  presso  i  Romani .  Que'  preziosi  peli  in 
una  scatola  d'oro  furono  consecrati  a  Gio- 
ve. Ip  que' giuochi  danzarono  i  più  nobili 
fra  i  Romani  I  e  bella  figura  fra  T  altre  da- 
me fece  Elia  Catula ,  giovinetta  di  ottanta 
annl^  che  ballò  un  minoetto.  Chi  de' nobi- 
li non  potea  ballare^  cantava^  ed  eranvi 
scuole  apposta,  dove*  concorrevano  ad  im- 
parare uomini  e  donne  di  prima  sfera  , 
fanciulle  ,  giovinetti ,  vccchj ,  per  far  po- 
scia con  leggiadria  il  lor  mestiere  ne' pub- 
blici teatri.  Che  se  taluno  ,  non  potendo  di 
meno  ,  per  vergogna  vi  compariva  masche- 
rato, Nerone  gli  cavava  la  maschera,  e  si 
venivano  a  conoscere  persone  impiegate  ne' 
più  riguardevoli  magistrati. 

Ne  lo  stesso  iSTeroné  volle  in  fine  esserie 
da  meno  degli  altri.  Uscì  anch' egli  nella 
scena  in  abito  da  suonator  di  cetra  ,  ed  ol- 
tre al  sujonare,  fece  sentir  la  sua  da  lui 
creduta  melodiosa  voce,  la  qual  nondime- 
no si  trovò  sì  somigliante  a  quella  de' cap- 
poni cantanti ,  che  niun  potea  ritener  le  ri- 
sa ,  e  molti  piagneano  per  rabbia.  Se  cre- 
diamo a  Dione ^  Burro  e  Seneca  assistenti 
servivano  a  lui  di  suggeritori ,  e  andavan- 
gli  poi  facendo  plauso  colle  mani  e  coi  pan- 
ni,  per  invitare  allo  stesso  l'udienza.  Ta- 
cito ^  anch' egli  lo  attesta  di  Burro,  ma 
con  aggiugnere  che  internamente  se  ne  af- 
■Qiggeva .    Né  già  era  permesso  - ,    allorché 

can- 

*  ^acitus  ìib.i^^  f.  15.         ^  Suéton.in  Ntrcne  cap.  ij. 


i6  Annali    d'Italia 

cantava  questo  insigne  maestro,  ad!  alcuno 
l'uscir  di  teatro  per  qualsivoglia    bisogno, 
che  gli  occorresse .    Quella  era  la    voce    d' 
Apollo  ;  niun  v'  era  che  potesse  uguagliarsi 
a  lui  nella  melodia  del  canto.  Così  gli  adu- 
latori .  Volle  egli  ancora  ,  che  si  tenesse  una 
gara  di  poesia  e  d'eloquenza,  e  v'entrò  an- 
ch' egli  coir  invito  de'  giovani    nobili .    Non 
è  diÌRcile  r  immaginarsi    a  chi  toccasse    la 
palma  e  il  premio .  Furono  similmente  ri- 
chiamati a  Roma  i  pantomimi,  perchè    di- 
vertissero il  popolo  ne' teatri,  ma  non   già 
ne"*  giuochi    sacri .    Apparve    in    quest'  anno 
una  cometa  .    Il  volgo    imbevuto    dell'  opi- 
nione ,  che  questo  fenomeno  predica  la  mor- 
te de' principi,  cominciò  a  fare  i  conti    su 
la  vita  di  Nerone  ,   e  a    predire    chi  a  lui 
succederebbe.   Concorrevano   molti  in    Ru- 
helUo  Plauto^  discendente  per  via  di  donne 
^alla  famiglia  di  Giulio  Cesare,   personag- 
gio ritirato  e  dabbene  .  Ne  fu  avvertito  Ne- 
rone. Si  aggiunse,    che  trovandosi  a    desi- 
nare il  medesimo  imperadore  in  Subbiaco , 
un   fulmine    gli    rovesciò   le  vivande    e    la 
tavola.  Perchè  quel  luogo  era  vicino  a  Ti- 
voli ,  patria  de' maggiori  d'esso  Plauto,  la 
pazza  gente  perduta  nelle  superstizioni  mag^ 
giormente  si  confermò  nella  predizione  sud- 
detta .  Fece  dunque  Nerone  intendere  a  Ru- 
bellio  Plauto ,  che  miglior  aria  sarebbe  per 
lui  l'Asia,   dove  egli   possedeva  dei   beni* 
Gli  convenne  andar  là  colla  sua    famigli*  ; 
m     per   poco    tempo ,   perchè  da  lì  a  due 

an- 


Anno       LX.  17 

anni  Nerone  mando  ad  nccideiio.  Venne  in 
questi  tempi  a  morte  Quadrato  governato- 
re della  Siria  ,  e  quel  governo  fu  dato  a 
CorbuloiiP.,  da  cui  dicemmo  che  era  stata 
acquistata'  T  Armenia.  Trovavasi  da  gran 
tempo  in  Roma  Tlgranc ^  nipote  d'Arche-- 
laOy  che  già  fu  r€  della  Cappadocia ,  av- 
vezzato ad  una  servile  pazienza .  Ottenne 
egli  da  Nerone  di  poter  governare  l'Arme- 
nia con  titolo  di  re;  e  andato  colà,  fu  as- 
sistito da  Corbulone  con  un  corpo  di  sol- 
datesche tali,  che  al  dispetto  di  molti,  più 
inclinati  al  dominio  de'  Parti  ,  ne  ebbe  il 
pacifico  possesso  ,  benché  poi  non  vi  potes- 
se lungo  tempo  sussistere .  ^  Pozzuolo  in 
quest'  anno  acquistò  il  diritto  di  colonia , 
e  il  cognome  di  Nerone  :  intorno  a  che  di- 
sputano gli  eruditi  ,  perchè  da  Livio  e  da 
Vellejo  abbiamo  ,  che  tanti  anni  prima  Poz- 
zuolo fu  colonia  ,  e  Frontino  fa  autore  Au- 
gusto di  una  nuova  colonia  in  quella  cit- 
tà. In  questi  tempi  Laodicea  illustre  città 
della  Frigia  restò  rovinata  da  un  tremuo- 
to  ;  ma  quel  popolo  la  rimise  in  piedi  col- 
le proprie  ricchezze  senza  ajuto  de'  Ho- 
mani , 


Tom.  il  B  An- 

/  Tacitus  lib,  14.  Cfip.  17. 


i8  Annali    d'  Italia 

Anno  di  Cristo  lxi.    Indizione  iv. 
di  Pietro  Apostolo  papa  33. 
di  Nerone    Claudio     imperado- 
re  8. 

^  Gaio  Cesonio  Peto, 
Consoli  J    Gaio    Petronio    Turpilia- 

i\l  on  è  certo  il  prenome  di  Gajo  pel  se- 
condo di  questi  consoli ,  né  sappiamo  chi 
nelle  calende  di  luglio  loro  succedesse  nel- 
la dignità.  Motivo  ^  ai  pubblici  ragiona- 
menti diedero  in  quest'  anno  due  iniquità  , 
commesse  in  Roma ,  V  una  da  un  nobile  , 
r  altra  da  un  servo.  Mancò  di  vita  Domi- 
zio  Balbo  ,  ricco  ,  e  della  prima  nobiltà  sen- 
za figliuoli.  Valerio  Fabiano  senatore  con 
un  falso  testamento,  a  cui  tennero  mano 
altri  nobili  colle  lor  soscrizioni  e  sigilli , 
corse  all'eredità.  Convinto  di  falsario  ,  de- 
gradato con  gli  altri  suoi  complici,  ripor- 
tò la  pena  ,  statuita  dalla  legge  Cornelia  . 
Ucciso  fu  da  un  suo  servo,  o  vogliam  di- 
re schiavo  ,  Pedanio  Secondo  ,  prefetto  di 
Roma.  Ne  aveva  egli  al  suo  servigio  quat- 
trocento tra  maschj  e  femmine,  grandi  e 
piccioli ,  essendo  soliti  i  ricchi  romani  a 
tenerne  una  prodigiosa  quantità  al  loro  ser- 
vigio .  Benché  fossero  quasi  tutti  innocenti 

*   Idem  c.7^,  40. 


Anno      LXI.  19 

di  quel  misfatto ,  doveano  morire    secondo 
il  rigore    delle    antiche  leggi  ;    ma    fattasi 
2;rande  adunanza  di    gente  plebea,    per  di- 
fendere quegl' infelici,  l'affare  fu  portato  al 
senato;  ed  intorno  a  ciò  si  fece  lungo  di- 
battimento^  con  prevalere    in  line  la    sen- 
tenza del  supplicio  di  tutti .  Nerone  man- 
dò un    ordine    alia   plebe    di    attendere   ai 
fatti  suoi,  e  somministrò  quanti  soldati  oc- 
corsero per  iscortare  i  condennati  i  I  mali 
portamenti  degli  uiìziali  romani  nella  Bre- 
tagna   cagion  furono    di  far    perdere    circa 
questi  tempi  quasi  tutto  quel  paese  che  vi 
aveano  acquistato  i  Bomani  ;    e  ciò  perchè 
si  volle  rimetter  ivi  il  confiscò  de'  beni  de' 
delinquenti  ,  da  cui  Claudio  gli  avea  esen- 
tati. Anche  Seneca  ,  se  crediamo  a  Dione  ^_, 
avea  dato  ad  usura  un  milione  a    que'  po- 
poli, e  con  violenza    ne    esigeva  non    solo 
i  frutti,  ma  anche  il  capitale  .  Inoltre  Boen- 
dlcla  ,  o  sia  Cundulca ,    vedova  -    di  Fra-- 
sutago  re  di  una  parte  di  quella  grand'  iso- 
la ,  si  protestava  anch'essa  troppo  sconten- 
ta   delle    infinite    prepotenze    ed    insolenze 
fatte  dai  Romani  a  se  stessa,  a  due  figlie, 
e  a  tutto    il    suo  popolo.    Questa    regina, 
donna  d'  animo  virile  ,  quella  fu ,  che  sonò 
in  fine  la  tromba   col  muovere  i    suoi  e    i 
circostanti  popoli  a  sollevarsi  centra    degl' 
indiscreti  romani  ^  con  prevalersi  della  buo- 
ila  congiuntura    che    Suetonio  Paolino,  go- 

B  2  ver- 

'  l>h  lib.61,        »  Taiìtus  lìLii.  e.  29. 


20        A  N  K  A  L  I    d'  Italia 

vernatore  della  parte  della  Bretagna  remar 
na,  e  valoroso  condottier  d'armi,  era  itQ 
a  conquistare"  un'isola  ben  popolata,  adia- 
cente alla  Bretagna.  Con  un'armata^,  dico- 
no ,  di  cento  ventimila  persone  vennero  i 
sollevati  addosso  alla  nuova  colonia  di  Ga- 
maloduno ,  e  la  presero  d'assalto.  Dopo 
due  di  ebbero  anche  il  tempio  di  Claudio, 
mettendo  quanti  Romani  vennero  alle  lor 
mani  ,  tutti  a  fìl  di  spada ,  sen2^  voler  far 
prigionieri.  Petilio Cereale,  venuto  per  op- 
porsi con  una  legione ,  fu  rotto ,  messa  in 
fuga  la  cavalleria  ,  e  tutta  la  fanteria  ta- 
gliata a  pezzi .  Portate  queste  funeste  nuo- 
ve a  Suetonio  Paolino,  frettolosamente  si 
mosse,  e  venne  a  Londra,  luogo  di  una 
colonia  scarsa  ,  ma  celebre  città  anche  al- 
lora per  la  copia  grande  dei  mercatanti  e 
del  commerzio.  Benché  pregato  con  calde 
lagrime  dagli  abitanti  di  fermarsi  alla  lor 
difesa  ,  volle  piuttosto  attendere  a  salvare 
il  resto  delia  provincia.  S'impadronirono  i 
ribelli  di  Londra  e  diVerulamio,  né  vi  la- 
sciarono persona  in  vita.  Credesi  che  in 
que' luoghi  vi  perissero  circa  settanta  o  ot- 
tantamila fra  cittadini  romani  e  collegati  . 
Si  trovò  poi  forzato  Suetonio ,  perchè  man- 
cava di  viveri ,  ad  azzardare  una  battaglia  ^ 
ancorché  non  avesse  potuto  ammassare  che 
diecimila  combattenti  ;  laddove  i  nemici  da 
Dione  si  fanno  ascendere  a  dugento  tren- 
tamila persone  ,  numero  probabilmente ,  se-r 
condo  r  uso  delle  guerre ,  o  per    disattenT 

zion 


Anno      ITKL  21 

iion  de'  copisti ,  troppa  amplificato  *  Boo- 
dicia  stessa  comandava  quella  grande  arma- 
ta.  Dopo  £ero  combattimento  prevalse  la 
disciplina  militare  dei  pochi  allo  stermina- 
to numero  de' Britanni ,  che  furono  sconfit* 
ti ,  con  essersi  poi  detta  che  restassero  sul 
campo  estinti  circa  ottantamila  d'essi,  nu- 
mero anch'esso  eccessivo.  Comunque  sia, 
insigne  e  memoranda  fu  quella  vittoriar. 
Boodicia  morì  poco  dappoi  o  per  malata 
tia  ,  o  per  veleno  eh'  essa  medesima  prese , 
e  colla  sua  morte  tornò  fra  non  molto  alF 
ubbidienza  de'  Romani  il  già  rivoltato  pae- 
se ,  con  avervi  Nerone  inviato  un  buon  cor- 
po di  gente  dalla  Germania  ,  il  quale  servi 
a  Suetorrio  per  compiere  cfueli' impresa. 

Anno  di  Cristo  lxii.  Indizione  v, 
di  Pietro  Apostolo  papa  34. 
di  Nerone    Claudio    imperado-^" 
re  9, 


r  Publio  Mario  Celso 
Lucio  Asinio  Gallo» 


Con  oli   -^   i^^USLIO    IVI  ARIO    ll^ELSO  5 


1  crchè  Tacito  sul  principio  di  quest'  anno 
nomitia  Giunio  Marnilo  ,  console  disegnato  , 
il  quale  poi  non  apparisce  console  ,  perciò 
possiam  credere  ch'egli  fosse  sostituito  ad 
alcuno  d'  essi  consoli  ordinar;  ,  oppure  all'' 
tino  degli  straordinarj ,  succeduti  nelle  ca-* 
Ier>dc  di  luglio ,  i  quali  si  tiene  che  fosse- 
ro Lucio  Anneo  Seneca  ^  maestro  di  Nero- 
fi  3  ne. 


22  Annali  r>'  Italia 
ne  ,  e  Trehellio  Massimo .  Nel  gennaj©  deìP 
anno  presente  ^  accusato  fu  e  convinto  An- 
tistio  Soslano  pretore  ,  d'aveii^xomposto  dei 
versi  contro  T  onor  di  Nerone.  I  senatori 
più  vili ,  fra'  quali  Aulo  Vltellio  ,  che  fu 
poi  imperadore ,  conchiusero  dovuta  la  pe- 
na della  morte  a  questo  reato.  Non  osava- 
no aprir  bocca  gli  altri .  Il  solo  Feto  Tra-- 
sea  ruppe  il  silenzio ,  sostenendo  che  ba- 
stava relegarlo  in  un'isola,  e  confiscargli 
i  beni  :  nel  qual  parere  venne  il  resto  dei 
senatori.  Nondimeno  fu  creduto  meglio  di 
udir  prima  il  sentimento  di  Nerone  ,  il  qua- 
le mostrò  bensì  molto  risentimento  contra 
d'Antistio,  eppur  si  rimise  al  senato,  con 
facoltà  ancora  di  assolverlo.  Si  eseguì  la 
sentenza  del  bando .  In  quest"*  anno  ancora 
il  suddetto  Trasea  ,  uom.o  di  petto ,  e  ri- 
volto sempre  al  pubblico  bene  ,  propose  che 
si  proibisse  ai  popoli  delle  provincie  il  man- 
dare i  lor  deputati  a  Roma  ,  per  far  1'  elo- 
gio dei  loro  governatori  3  perchè  questo 
onore  sei  proccuravano  e  comperavano  i 
magistrati  colla  troppa  indulgenza ,  e  col 
permettere  ai  popoli  delle  indebite  licen- 
ze, per  non  disgustarli.  L'ultimo  anno  fu 
questo  della  vita  di  Burro  prefetto  del  pre- 
torio ,  uomo  d'  onore  e  di  petto  ,  che  avea 
iìnquì  trattenuto  Nerone  dall'  abbamionar- 
si  affatto  ai  suoi  capricci ,  e  massimamen- 
te alla  crudeltà.    Restò    in  dubbio,    s'egli 

mo- 

'  Taeitus  lib.  14.  cap-  48. 


Anno      LXII.  23 

morisse  di  m^i  naturale ,  oppure  di  veleno  , 
per  quanto  ne  scrive  Tacito  ^  ;  poiché  per 
conto  di  Suetonio  ^  e  di  Dione  3  ^  amen- 
due  crederono  che  Nerone  rincrescendogli i 
oramai  d' aver  un  soprastante  che  non  si 
accordava  con  tutti  i  suoi  voleri ,  il  faces- 
se prima  del  tempo  sloggiar  dal  mondo . 
Gran  perdita  fece  in  lui  il  pubblico,  e  mol- 
to più ,  perchè  Nerone  in  vece  d'  uno  creò 
due  altri  prefetti  del  pretorio ,  cioè  Fenio 
Rufo^  uomo  dabbene,  ma  capace  di  far 
poco  bene  per  la  sua  pigrizia ,  e  Sofonio 
TlgelLino ,  uomo  screditato  per  tutti  i  ver- 
si ,  ma  carissimo  per  la  somiglianza  de' de- 
pravati costumi  a  Nerone  .  Con  questo  ini- 
quo favorito  cominciò  Nerone  ad  andare  a 
vele  gonfie  verso  la  tirannia  e  pazzia  .  Al- 
lora fu  ,  che  Seneca  conobbe  che  non  v'era 
più  luogo  per  lui  presso  d'un  principe^  il 
quale  si  lascerebbe  da  lì  innanzi  condurre 
dai  consigli  de' cattivi  ^  e  già  cominciava 
a  dimostrar  poca  confidenza  a  lui .  Il  pre- 
gò dunque  di  buona  licenza,  per  ritirarsi 
a  finir  quietamente  i  suoi  giorni  ,  con  of- 
ferirgli ancora  tutto  il  capitale  de'  beni  a 
iui  fìnquì  pervenuti  o  per  la  munificenza 
del  principe,  o  per  industria  propria  ^, 
Nerone  con  bella  grazia  gliela  negò ,  ed 
accompagnò  la  negativa  con  tenere  espres- 
siorTi  d'affetto  e  di  gratitudine ,  giugnendo 

B  4  sino 

'   Idem  cap.^i,         *   Sucton.   in  Nerone  f;?/».  35. 
i  Dio  lib.61,         4  Siieton,  in  Ntrone  f.  35. 


24  Annali  d' Italia 
sino  a  dirgli  di  desiderar  egli  piuttosto  k 
morte  ,  che  di  far  mai  alcun  torto  ad  un 
uomo ,  a  cui  si  professava  cotanto  obbliga- 
to .  Quel  che  potè  dal  suo  canto  Seneca, 
giacché  non  si  fidava  di  sì  belle  parole  _,  fu 
di  ricusar  da  lì  innanzi  le  visite  ,  di  non 
volere  corteggio  nel!'  uscire  di  casa  :  il  che 
era  anche  di  rado,  fingendosi  mal  concio 
di  salute ,  ed  occupato  da'  suoi  studj  .  Si 
ridusse  ancora  a  cibarsi  di  solo  pane  ed 
acqua  ,  e  di  poche  frutta  ,  o  per  sobrietà , 
o  per  paura  del  veleno. 

Già  dicemmo ,  che  Ottavia  figliuola  di 
Claudio  Angusto,  e  moglie  di  Nerone,  era 
per  la  sua  saviezza  e  pazienza  un'  adora- 
bile principessa  ;  ma  non  già  agli  occhj  di 
Nerone,  troppo  diverso  da  lei  d""  inclinazio- 
ne e  di  costumi .  Certamente  egli  non  eb- 
be mai  buon  cuore  per  lei ,  e  dacché  in- 
trodusse in  corte  Poppea  Sabina ,  cominciò 
anche  ad  odiarla  ^  per  le  continue  batte- 
rie di  queir  impudica ,  che  non  potea  sta- 
bilir la  sua  fortuna ,  se  non  sulle  rovine 
d'  Ottavia .  Tanto  disse  ,  tanto  fece  questa 
maga  ,  che  in  quest'  anno  col  pretesto  del- 
la sterilità  d'essa  Ottavia  Nerone  la  ripu- 
diò ,  e  da  lì  a  pochi  dì  arrivò  Poppea  air 
intento  suo  di  essere  sposata  da  lui .  Non- 
dimeno qui  non  ^nì  la  guerra .  Poppea  ^  sov- 
vertito uno  de'  familiari  di  Ottavia^  la  fe- 
ce accusare  di  un  illecito    commerzio    con 

un 

'   Tacit.  lih.J^  CMp.Co,  Dir)  lib.ói.  Su$tcnius  ca^,  l^. 


Anno       LXII.  25 

un   sonatore   di  flauto ,    nominato    Eucero  J 
Furono  perciò  messe  ai  tormenti    le  di  lei 
damigelle,  ed  estorta  da  alcune  con  sì  vio- 
lente mezzo  la  confession  del  fallo;  ma  al- 
tre   sostennero    con    coraggio    2'  innocenza 
della  padrona  ,    e  dissero  delle    villanie    a 
Tigellino ,    ministro    non    meno  di    questa 
crudeltà,  che  della  morte   data  poco  innan^ 
zi  a  Siila  e  a  Rubelllo  Flauto  ^  già  manda- 
ti da  Nerone  in  esilio.    Fu  relep-ata    Otta-^ 
-via  nella  Campania  ,  e  messe    guardie  alla 
di  lei   casa  ,  per  tenerla  ristretta.  Ma  per- 
ciocché il   popolo    che  amava    forte    questa 
buona  principessa,  apertamente   mormorava 
di  sì  aspro  trattamento  ,  la  fece  Nerone  ri- 
tornare a  Roma.  Pel  suo  ritorno  andò  all' 
eccesso  la  gioja    del  popolo  ,   perchè  ruppe 
le  statue  alzate  in  onor  di  Poppea,    e  co- 
ronò di  fiori  quelle  di  Ottavia,    con    altre 
pazzie    d'allegria  sediziosa  :    il    che    diede 
motivo  a  Poppea    di  caricar  la  mano  con- 
tra  dell'odiata  principessa  ,  persuadendo  a 
Nerone,  che  il  di  lei  credito  era  sufficien- 
te a  rovesciare  il  suo  trono.  Fu  perciò  chia- 
mato a  corte    T indegno    Aniceto,    che  già 
ayea  tolta  di  vita  Agrippina,  acciocché  ser- 
visse ancora  ad  abbattere  Ottavia,  col  fin- 
gere  d' aver    tenuta    disonesta    pratica    coti 
lei.  Perchè  gli  fu  minacciata  la  morte,  s6 
ricusava  di  farlo,  ubbidì.    Promossa    l'in- 
fame accusa  colla  giunta  d'altre    inventate 
dal  maligno  principe  di  aborto  procurata :, 
di  ribellioni  macchinate  ,  V  infelice    princi- 

pes* 


2G  Annali  d'Italia 
pessa  in  età  di  soli  ventidue  anni  venne  re-" 
legata  nell'isola  Pandataria  ,  dove  passato 
poco  tempo  Nerone  le  fece  levar  la  vita  , 
e  portar  anche  il  suo  capo  a  Koma ,  ac-^ 
ciocché  r  indegna  Poppea  s'  accertasse  della 
verità  del  suo  crude!  trionfo .  Di  tante  ini- 
quità commesse  da  Nerone  ,  forse  niuna  riu- 
scì cotanto  sensibile  al  popolo  romano,  co-^ 
me  il  miserabil  fine  cV  una  sì  saggia  ed  ama- 
ta principessa^  la  quale  portava  anche  il 
titolo  di  Augusta  ;,  e  massimamente  al  ve- 
derla condennata  per  così  patenti  ed  inde- 
gne calunnie.  La  ricompensa  ,  eh'  ebbe  Ani- 
ceto dell'indegna  sua  ubbidienza,  fu  d'es- 
sere relegato  in  Sardegna ,  dove  ben  trat- 
tato terminò  poscia  con  suo  comodo  la  vi- 
ta. Fallante  già  potentissimo  liberto  sotto 
Claudio  ,  morì  in  quest'  anno ,  e  fu  credu- 
to per  veleno  datogli  da  Nerone ,  afKn  di 
mettere  le  griffe  sopra  le  immense  di  lui 
ricchezze . 

Anno  di  Cristo  lxtii.  Indizione  vi. 
di  Pietro  Apostolo  papa  35. 
di  NERONE  Claudio  imperad.   io. 

r  Gaio  Memmio  Regolo  , 
Consoli  H'    Lucio  Virginio  o  sia  Ver- 
1^       GiNio  Rufo  . 

Jllirano  tuttavia  imbrogliati  gli  affari  dell' 
Armenia,  dacché  Nerone  avea  colà  inviato 
con    titolo  di    re    Tlgrane  ^  .    Vologeso    re 

de' 

*   Tacitus  Annui'  Uh.  25.  ca^.J. 


Anno      LXIIL  27 

de' Parti  persisteva  più  che  mai  nella  pre- 
tension  di  quel  regno  ,  per  coronarne  Tiri" 
date  suo  fratello  che  gliene    faceva    conti- 
mie  istanze  .  Ma  andava  titubando ,    finché 
Tigrane  il    fece  risolvere    a  dar  di    pìglio 
air  armi ,  per  aver  egli  fatta  un  incursione 
nel  paese  degli  Adiabeni  o    sudditi  o    col- 
legati de'  Parti .  Dopo  aver  dunque  Vologe- 
&o  coronato  Tiridate  come  re    dell'  Arme- 
nia, e  somministratogli  un  possente  eserci- 
to ,    per    conquistar    quel  paese  ,    si    diede 
principio  alla  guerra.  CoròuZone  governator 
della  Siria ,  in  ajuto  di  Tigrane  spedì  due 
legioni ,  .e  xiello  stesso  tempo  scrisse  a  Ne- 
rone ,  rappresentandogli  il  bisogno  d'  un  al- 
tro generale  ,  per  accudire  alla  difesa  dell' 
Armenia ,  mentre  egli    dovea  difendere    le 
frontiere  della  sua  provincia .  Nerone  v'in- 
viò Lucio  Ccsennio  Peto^   uomo  consolare^ 
cioè  eh'  era  stato    console  :    il  che  ha    fatto 
ad  alcuni    crederlo    lo  stesso   che  Gajo  Ce- 
sennio  Peto^    da  noi    veduto    console    nelT 
anno  superiore  61   di  Cristo,  ma  che  da  al- 
tri vien    tenuto  per    personaggio    diverso . 
Intanto  i  Parti    entrati    nell'Armenia,    po- 
sero r  assedio  ad  Artasata  capital    di  quel 
regno,    dove  s'era    ritirato    Tigrane,    che 
non  mancò    di    fare    una    valorosa    difesa . 
Corbulone  allora    inviò  Casperio   centurio- 
ne a  Vologeso,  per  dolersi  dell' insulto  ,  che 
si  facea  ^d  un  regno  dipendente  dai  Roma- 
ni, minacciando  dal  suo  canto  la  guerra  ai 
Parti ,  se  non  desistevano  da  quello,  violen- 
ze. 


2:8         Annali    d'Italia 
xe.  Servì  quest'  ambasciata  ad  inchinar  Ve- 
logeso  a'  pensieri  di  pace,  ed  avenda chie- 
sto di  mandare  a  Nerone  i  suoi  legati  per 
trattarne  ,  e  pregarlo  di  conferire  lo  scet- 
tro dell'  Armenia  a  Tiridate  suo    fratello  , 
accettata  fa   la  di  lui    proferta  ,   con  patto 
di  far  cessare  T  assedio  di  Artasata:  il  chs 
ebbe  esecuzione .  Ma  non  è  ben  rroto ,    che 
eonvenzioi^e  segreta  seguisse  allora  fra  Gor-^ 
bulone  e  Vologesò  ,  avendo  alcuni  creduto , 
che  tanto  i  Parti ,  quanto  Tigrane  avessero^ 
da  abbandonar  l'Armenia.  Venuti-  a  Roma 
gli  ambasciatori  di  Vologeso  ,  nulla  potero- 
no ottenere  ;  e  però  il  Parto  ricominciò  la 
guerra  in  tempo  che  Cesennio  Peto  giunse 
al    governo    dell'  Armema ,    uomo    di    poca 
provvidenza  e  sapere  in  quel  mestiere  ;  ma 
che  si  figurava  di  poter  fare  il  maestro  agli 
altri .  Prese  Peto^  alcune  castella  ,  passò  an- 
che il  monte  Tauro,  pensando   a  maggiori 
eonqiTÌ-ste  ;-  ma  all'  avviso  ,  che  Vologeso  ve- 
niva con  grandi  forze,  fu  ben  presto  a-  ri-= 
tirarsi,  ed  a:  lasciar  gente  ne'passi  del  mon- 
te suddetto,  per  impedir  l'accesso    de' ne-= 
mici ,  con  iscrivere  intanto  più  é    più  let- 
tere a  Corbulone ,  che  venisse  a  soccorrer- 
lo .  Forzò  Vologeso  i  pa^si  :    a    Peto  cadde 
il  cuore  per  terra,  perchè  avea  troppo  di-' 
vise  le  sue  genti ,  e  colto  fu  con-  du^  sole? 
legioni.  Però*  spedi  nuove  lettere  af?  aifret^^ 
tar  Corbulorle  ,  il  quale  intanto  avendo  pas- 
sato F  Eufrate  ,    marciava    a  gran    giornate 
verso  la  Gomagene    e  la    Cappadocia ,    per 

cn- 


Ann®    1.XIII.  29 

^entrar  poi  nell'Armenia ..  Nulìadimeso  pò* 
<co  giovarono  gli  sforzi  di  Corbulone  .  In 
questo  mentre  Vologeso  strinse  il  picciolo 
esercito  di  Peto,  molti  n«  uccise^  e  t^l 
terrore  mise  al  capitano  de'  Romani ,  cV 
egli  solamente  pensò  a  comperarsi  la  sai» 
vezza  coH  qualunque  vergognosa  condizio-» 
ne  che  gli  fosse  esibita.  Dimandato  dunque 
un  abboccamento  con  gli  ufìziali  di  Volo- 
geso  ,  restò  conchiuso,  che  i'armi  romane 
bi  levassero  da  tutta  l'Armenia  ,  e  cedesse-^ 
ro  ai  Parti  tutte  le  Gastella  e  munizioni  da 
bocca  e  da  guerra  ;  e  che  poi  Vologeso  se 
r  intenderebbe  coli'  imperador  Nerone  pel 
resto.  Le  insolenze  de' Parti  furono  poi  mol- 
te; vollero  entrar  nelle  fortezze  ^  prima 
che  ne  fossero  usciti  i  Romani;  affollati 
per  le  strade  ,  dove  passavano  i  Romani , 
toglievano  loro  schiavi ,  bestie  ,  e  vesti  ;  ed 
i  Romani  come  galline  lasciavano  far  tut- 
to per  paura  che  menassero  anche  le  ma- 
ni.  Tanto  marciarono  le  avvilite  truppe., 
che  piene  di  confusione  arrivarono  fìnaU 
mente  ad  unirsi  con  quelle  di  Corbulone , 
ii  quale  deposto  per  ora  ogni  pensier  dell' 
Armenia  ,  se  ne  tornò  alla  difesa  della  Si-- 
ria  sua  provincia . 

Secondochè  abbiam  da  Tacilo  ,  tutto  ciò 
avvenne  nel  precedente  anno  .  Dione  ne  par- 
la più  tardi.  Nella  primavera  del  presente 
comparvero  gli  ambasciatori  di  Vologeso  ^ 
che  chiedevano  il  regno  dell'Armenia  per 
Tlridate  ;  ma  senz.a  eh'  egli  volesse  presen- 
tar- 


30  Annali  d' Italia 

tarsi  a  Roma  .  Seppe  allora  Nerone  da  un 
centurione ,    venuto  con  loro  ,    come    stava 
la  faccenda  dell' Armenia  ,  perchè  Ccsennia 
Peto  gliene  avea  mandata  una  reìazion  ben 
diversa.  Parve  a  Nerone  ed  al  senato,  che 
Vologeso  si  prendesse  beffa  di  loro,  e  per- 
ciò rimandati  gli  ambasciatori  di  lui  sen- 
za risposta ,  ma  non  senza  ricchi  regali ,  fu 
presa  la  risoluzione  di  far  guerra    viva  ai 
Parti.  Richiamato    Peto,  tremante    fu    ali* 
udienza  di  Nerone  ,  il  qual  mise  la  cosa  in 
facezia ,  dicendogli ,    senza  lasciarlo    parla- 
re, che  gli  perdonava  tosto  ^    acciocché    es- 
sendo egli  sì  pauroso ,    non  gli  saltasse  la 
febbre  addosso.    Andò  ordine  a    Corbulone 
di  muovere  V  armi  contro    de'  Parti  ,    e  gli 
furono  inviati  rinforzi    di  nuove  truppe    e 
reclute  ;  laonde  egli  passò  alla    volta    deli' 
Armenia .   Tuttavia    non    ebbe   dispiacere  , 
che  venissero    a   trovarlo  gli    ambasciatori 
di  Vologeso,  per  esortarli  a  rimettersi  al- 
la clemenza  di  Cesare.-  S' impadronV  poi  di 
varie  castella  ,  e  diede  tale  apprensione  ai 
Parti,  che  Tlridate  fece  premura  di  abboc- 
carsi con  lui  .  Mandati  innanzi  gli  ostaggi 
romani ,  Tiridate  comparve  al  luogo  desti- 
nato; e  veduto  Corbulone,  fu  il  primo    a 
scendere  da  cavallo,    e  seguirono    ai^iiche- 
voli  accoglienze  e    ragionamenti,    pe' quali 
Tiridate    restò   di  voler    riconosc/^re    dall' 
imperador  romano  V  Armenia  ,•   <^  che  ver- 
rebbe a  Roma  a  prenderne  la  corona  ,  qua- 
lora piacesse    a  Nerone    di    dargliela:    del 

che 


Anno    LXIII.  31 

che  Corbulone  gli  diede  buone  speranze. 
In  segno  poi  della  sua  sommessione  andò 
Tiridate  a  deporre  il  diadema  a  pie  dell' 
immagine  delF  imperadore  ^  per  ripigliarla 
poi  dalle  mani  del  medesimo  Augusto  in 
Roma .  Noi  non  sappiamo ,  che  divenisse 
di  Ti  grane  ^  re  precedente  dellArmenia  ^. 
Nacque  nelFanno  presente  a  Nerone  una  il- 
gliuola  da  Poppea^  fatta  andare  apposta  a 
partorire  ad  Anzo ,  perchè  quivi  ancora 
venne  alla  luce  lo  stesso  Nerone.  Ad  es- 
sa e  alla  madre  fu  dato  il  cognome  di 
Augusta  3  e  il  senato,  pronto  sempre  alle 
adulazioni ,  decretò  altri  onori  ad  amen- 
due,  ed  ordinò  varie  feste.  Ma  non  passa- 
rono quattro  mesi ,  che  questo  caro  pegno 
sei  rapì  la  morte.  Nerone,  che  per  tale 
acquisto  era  dato  in  eccessi  di  gioja,  ca- 
de in  altri  di  dolore  per  la  perdita  che  ne 
fece  .  Si  fecero  in  quest'  anno  i  giuochi  de' 
gladiatori ,  e  si  videro  anche  molti  senato- 
ri e  molte  illustri  donne  combattere  :  tan- 
to innanzi  era  arrivata  la  follia  de'  Ro- 
mani . 


An- 

'  Tacitus  lih^i^.  ca^.xì. 


32        Annali    d'  I  t  a  l  i  a 

AiJNo  di  Ckisto  lxiv.    Indizione  vir. 
di  PiETKO  Apostolo  papa  36. 
di  Nerone  Claudio  imperadore   11. 

f^        ,.  ^    Gmo  Lecanio  Basso, 

t  Marco  Licinio  Crasso. 

jnlndò  in  quest'  anno  Nerone  a  Napoli  ^ 
per  vaghezza  di  far  sentire  a  qne'  popoli 
nel  pubblico  teatro  la  sua  canora  voce. 
Grande  adunanza  di  gente  v'intervenne  dalle 
vicine  città  ,  per  udire  un  imperadore  mu- 
sico ,  un  usignolo  Augusto  ♦  Ma  occorse  un 
terribil  accidente ,  che  nondimeno  a  niun 
recò  danno  ,  Appena  fu  uscita  tutta  la  gente, 
ch'esso  teatro  cadde  a  terra.  Pensava  quel- 
la vana  testa  di  passar  anche  in  Grecia  ,  e 
in  altre  parti  di  Levante,  per  raccogliere 
somiglianti  plausi;  ma  poi  si  fermò  in  Be- 
nevento, né  andò  più  oltre  ^  senza  che  se 
ne  sappia  il  motivo.  Fra  questi  diverti- 
menti fece  accusar  Toniuato Silano  ^  ìmìs^nQ 
personaggio  ,  discendente  da  Augusto  per 
via  di  donne  ,  Il  suo  reato  era  di  far  trop- 
pa spesa  per  un  particolare;  ciò  indicar 
disegni  di  perniciose  novità.  Prima  d'  es- 
sere condennato  ,  egli  si  tagliò  le  vene. 
Tornato  a  Roma  Nerone  ,  volle  d^re  una 
cena  sontuosa  nel  lago  di  Agrippa ,  co- 
me   ha    Tacito .  Dione  ^    scrive  ciò    fatto 

neir 

*  Tacitus  Ulf'iS'  <:'3Ì'     '  ^'O  Uh. 61. 


^A  N  N  o      LXIV.  33 

reir  anfitearo ,    dove    dopo    una    caccia    di 
fiere,  introdusse  l'acqua  per  un    combatti- 
mento navale;  e  dopo  averne  ritirata  l'ac- 
qua ,  diede  una  battaglia  di    gladiatori  3  e 
finalmente  rimessavi  1'  acqua   fece  la    cena . 
N'ebbe    l'incombenza    Tigellino  .  V  erano 
superbe  navi  ornate  d'oro  e  d' avorio  ,  con 
tavole  coperte  di  preziosi  tappeti ,  e  all'  in- 
torno taverne   disposte  in  gran  numero  con 
delicati  cibi  preparati  per  ognuno.    Canti, 
suoni  dappertutto,  ed  illuminata  ogni  parte. 
Concorso  grande  di  plebe  e  di  nobiltà ,  tan- 
to uom.ini  che  donne,  e  tutta  la  razza  del- 
le  prostitute.  Che  Babilonia  d' infamità  e  di 
lascivie  si  vedesse  ivi  ,  noi  tacquero  gli  an- 
tichi ^  ma  non  è  lecito    alla  mia    penna    il 
ridirlo  .  A  questa    abbominevole    scena    ne 
tenne  dietro  un'altra,  ma  sommamente  ter- 
ribile e  funesta.  ^  Attaccossi  ,  o  fu  attac- 
cato  nel  dì   19  di  luglio  il  fuoco  alla  parte 
di   Roma,  dov'era  il  Circo  Massimo  ,  pieno 
di    botteghe  di  venditori  dell'  olio  .  Spirava 
un     vento  gagliardo  ,  che  dilatò  l' incendio 
pel  piano  e  per  le    colline    con  tal  furore , 
che   di  quattordici  rioni  di  quella  gran  cit- 
tà ,  dieci  restarono  orrida  preda  delle  fiam- 
me ,    ed  appena  se    ne     salvarono  quattro . 
Per  così  fiera  strage    di    case^,    di    templi, 
<li  palazzi,  colla  perdita  di  tanti  mobili,  e 
preziose  rarità  ed  antichità,  accompagnata 
ancora  dalla  morte    d' assaissime    persone, 
Tom.  il  C  che 

*   TacJt.  Anììal,  tib.  i;.  f.  38.  Dio  1- 6x,   Suet'  :r.  A'sr.  e- 3^' 


34  A  N  N  A  L  I    d'  I  T  A  L  T  A 

che  strida^  che  urli,  che  tumulto  si  pro- 
vasse allora  ,  più  facile  è  1'  immaginarlo , 
che  il  descriverlo.  Per  sei  giorni  durò  V 
incendio  (  altri  dissero  di  più  )'  senza  po- 
ter mai  frenare  il  corso  a  quel  torrente  di 
fuoco.  Trovavasi  Nerone  ad  Anzo  ,  allor- 
ché ebbe  nuova  di  sì  gran  malanno  ,  né  si 
mosse  per  restituirsi  a  Koma ,  se  non  quan- 
do seppe  che  le  fiamme  si  accostavano  al 
suo  palazzo ,  e  agli  orti  di  Mecenate  ,  fab- 
briche anch'  esse  appresso  involte  nell'  indi- 
cibil   eccidio  « 

Che  quella  bestia  di  Nerone  fosse  l'auto- 
re di  sì  orrida  trageclia ,  a  cui  non  fu  mai 
veduta  una  simile  in  Italia  ,  lo  scrivono 
risolutamente  Suetonio  e  Dione ,  e  chi  po- 
scia da  loro  trasse  la  Storia  romana.  Ag- 
giungono, esser  egli  venuto  a  sì  diabolica 
invenzione,  perchè  Roma  abbondante  al- 
lora di  vie  strette  e  torte^  e  di  case  disor- 
dinate ,  o  poveramente  fabbricate ,  si  rifa- 
cesse poi  in  miglior  forma ,  e  prendesse  il 
nome  da  lui  ;  e  che  specialmente  egli  desi- 
derava di  veder  per  terra  molte  case  e 
granai  pubblici ,  che  gì'  impedivano  il  fab- 
bricare un  gran  palazzo  ideato  da  lui . 
Dicono  di  più  ,  che  fur  veduti  i  suoi  ca- 
merieri con  fiaccole  e  stoppa  attaccarvi  il 
fuoco;  e  che  Nerone  in  quel  mentre  stava 
ad  osservar  lo  scempio,  condire  :  Che  bela- 
la Jiavima  !  Aggiungono  finalmente  ,  eh' 
egli  vestito  in  abito  da  scena  a  suon  di  ce- 
tra cantò  la  rovina    di    Troja.    Ma   fra  le 

tan- 


Anno       LXIV.  35 

tante  iniquità  di  Nerone  questa  non  è  cer- 
.  la .  Tacito  la  mette  in    dubbio  ;    e    V  altre 
suddette   particolarità  sono   bensì  in    parte 
toccate  da  lui ,  ma  con    aggiugnere  che  ne 
corse  la  voce  .  Trattandosi  di    un  sì    scre- 
ditato  imperadore  ,    conosciuto    capace    di 
qualsisia  enormità  ,  facii  cosa  allora    fu    V 
attribuire  a  lui  l' invenzione  di  sì  gran  ca- 
lamità, ed  ora  è  a  noi  impossibile    il  di- 
scernere, se  vero,  o  falso  ciò  fosse  .  Si  ap- 
plicò tosto  Nerone  a  far  alzare  gran  copia 
di  case  di  legno,    per    ricoverarvi    tutti    i 
poveri  sbandati,  facendo    venir    mobili  da 
Ostia  e  da  altri  luoghi  ;  comandò    ancora  , 
che  si  vendesse  il  frumento  a  basso    prez- 
zo. Quindi  stese  le  sue  premure  a    far    ri- 
fabbricare la  rovinata  città ,  la  quale  (  non 
può  negarsi)  da  questa  sventura  riportò  un 
incredibil  vantaggio .  Imperciocché  con  bel 
ordine  fu  a  poco  a    poco  rifatta,  tirate  le 
strade  diritte  e  larghe  ,  aggiunti  i    portici 
alle  case ,  e  proibito  V  alzar  di    troppo    le 
fabbriche  .  Tutta  la  trabocchevol  copia  de' 
rottami  venne  di  tanto  in    tanto    condotta 
via  dalle  navi  che  conducevano    i  grani    a 
Roma,  e  scaricata  nelle  paludi  d' Ostia.  Vuo- 
le Suetonioj  che  Nerone    si    caricasse    del 
trasporto  di  quelle  demolizioni  ^    per  pro- 
fittar delle  ricchezze  che    si    trovavano    in 
esse  rovine;  né  vi  si  potevano  accostare  se 
rìòri  i  deputati  da  lui .   Determinò    òi    sua 
borsa  premj  a  chiunque  entro  di  un  tal  ter- 
mine di  tempo  avesse  alzata    una  casa  ,    o 

C  2  pa- 


3^        Annali    d'  I  t  a  l  i  a 
palagio  ;  e  del   suo  edificò  ancora  i    porti-* 
ci.  Fece  distribuire  con  più  proporzione  V 
acque  condotte  per  gji  acquidotti  a  Roma  , 
e  destinò    i    siti    dj/ esse  ,    per    estinguere 
al  bisogno  gl'incendj,  con  altre  provvisio- 
ni che  meritavano  ^ran    lode  ,  ma    non    la 
conseguirono  per  la    comune    credenza  che 
da  lui  fosse  venuto  sì  orribil  malanno.  An- 
ch' egli  imprese  allora  la  fabbrica  del    suo 
nuovo    palazzo  ,    che    fu    rairabil    cosa ,    e 
nominata  poi  la  Casa  (V  oro ,  Suetonio  ^  ce 
ne  dà  un    picciolo    abbozzo  .  Tutto    il    di 
dentro  era    messo  a  oro  ,  ornato    di    gem-^ 
me  ,  intersiato  di  madreperle  .    Sale  e    ca-^ 
mere  innumerabili  incrostate  di  marmi    £-. 
ni  ;  portici  con  tre    ordini  di    colonne    che 
si  stendevano  un  miglio  j  vigne  ,  boschetti  , 
prati ,  bagni ,    peschiere  ^    parchi   con    ogni 
sorta  di  fiere  ed  animali;  un  lago  di  stra-. 
ordinaria  grandezza ,    con    corona    di    fab- 
briche   air  intorno    a  guisa    di    una  città  ; 
davanti  al  palazzo  un  colosso  alto  centoven-r 
ti  piedi ,  rappresentante    Nerone .    Allorché 
egli  vi  andò  poi  ad  alloggiare  ,  disse  :  Ora 
sì  die  quasi  comincio  ad  abitare  in  un  al- 
loggio conveniente  ad  un  uomo  .  Ma  questa 
sì    suntuosa    e    stupenda    mole  ,    con    altri 
vastissimi  disegni  da  lui  fatti  di  sterminati 
eanali  ,  per    condur    lontano  sino    a    cento 
sessanta  miglia  per  terra  V  acqua    del   ma-^ 
re  5  costò  ben  caro  al  popolo  romano  ,  per-. 

cioc- 

»  Sueton.  in  Ner.  e.  n-  &  ^z.  Tactt.  /.  IS-  e.  ^z.  &  seqq^i 


Anno     LXIV^  57 

biocche  smunto  e  ridotto  al  biso^^no  il  pro- 
digo Augusto ,  passò  a  mille  estorsioni  e 
rapine,  confiscando  sotto  qualsivoglia  pre- 
>  testo  i  beni  altrui ,  imponendo  non  più  uditi 
dazj  e  gabelle  ,  ed  esigendo  contribuzioni 
rigorose  da  tutte  le  città ,  ed  anche  dalle 
libere  e  collegate;  il  che  fu  quasi  la  rovi- 
na delle  Provincie.  Né  ciò  bastando,  mise 
mano  ai  luoghi  sacri ,  estraendone  tutti  i 
Vasi  d'oro  e  d'argento^  e  T  altre  cose  pre- 
ziose .  Mandò  anche  per  la  Grecia  e  per  V 
Asia  a  spogliar  tutti  que'  templi  delle  ric- 
che statue  degli  stessi  dii ,  e  di  ogni  lor 
più  riguardevole  ornamento. 

Diede  occasione  lo  spaventoso  incendio  di 
jRoma  alla  prim.a  persecuzione  degF  impe- 
radori  pagani  ^  contra  de'  Cristiani .  S'  era 
già  non  solo  introdotta  ,  ma  largamente 
diffusa  nel  popolo  romano  per  le  insinua- 
zioni di  san  Pietro  Apostolo  e  de'  suoi  Di- 
scepoli,  la  religione  di  Cristo;  giacché 
non  duravano  fatica  i  buoni  a  conoscerne 
la  santità  ed  eccellenza  in  confronto  dell* 
empia  e  sozza  dementili*  Nerone  ainn  di 
scaricar  sopra  d'altri  l'odiosità  da  lui  con- 
tratta per  la  comune  voce  d' aver  egli  stes- 
so incendiata  quella  gran  città:  calunniosa- 
mente secondo  il  suo  solito  ne  fece  ^accu- 
sare i  Cristiani ,  siccome  attestano  Tertul- 
liano ,  Eusebio  ,  Lattanzio  ,  Orosio ,  ed  ài- 
tri  autori ,  e    fin    gli    stessi    storici    Pagani 

C  3  Ta- 

'   Suiton.  ibid'  e,  i6,   Tacit.  ihiti.   cap,   eodéfn . 


38  Annali  d'Italia 
Tacito  0  Suetonio.  Scrive  esso  Tacito  ,  ma 
non  già  Suetonio,  che  furono  convinti  d' 
aver  essi  attaccato  il  fuoco  a  Roma  quando 
egli  stesso  poco  dianzi  avea  attestato  che 
la  persuasion  comune  ne  facea  autore  Io 
stesso  Nerone  •  e  Suetonio  e  Dione  ciò  dan- 
no per  certo  .  Non  era  capace  di  sì  enor- 
me misfatto  ,  chi  seguitava  la  legge  puris- 
sima di  Gesù'  Cristo  ,  e  massimamente 
durante  il  fervore  e  1'  illibatezza  de"*  primi 
Cristiani  .  A  che  fine  raaij,  gente  dabbene  , 
e  lasciata  in  pace  ,  avea  da  cadere  in  si  mo- 
struoso eccesso  ?  Perciò  una  gran  moltitu- 
dine d"*  essi  fu  con  aspri  ed  inuditi  tormen- 
ti fatta  morire  sulle  croci  ,  o  bruciata  a 
lento  fuoco  ,  o  vestita  da  fiere ,  per  essere 
sbranata  da'  cani  .  Vi  si  aggiunse  ancora  V 
inumana  invenzione  di  coprirli  di  cera , 
pece,  e  d'altre  materie  combustibili,  e  di 
farli  servir  di  notte  ,  come  tanti  doppieri 
della  crudeltà ,  negli  orti  stessi  di  Nerone  . 
Così  cominciò  Roma  ad  essere  bagnata  dal 
sacro  sangue  de' martiri .  Confessa  nondi- 
meno il  medesimo  Tacito ,  che  gran  compas- 
sione produsse  un  così  fiero  macello  di  gen- 
te, tuttoché  secondo  lui  colpevole  per  una 
religione  contraria  al  culto  de'  falsi  dii . 
In  questi  tempi  avendo  ordinato  Nerone  , 
che  r  armata  navale  tornasse  al  porto  di 
Miseno,  fu  essa  sorpresa  da  così  impetuo- 
sa burrasca,  che  la  maggior  parte  delle 
galee  e  d'  altre  navi  minori ,  s'  andò  a  ffci- 
cassare  ne' lidi  di  Cuma  . 

An- 


Anno       LXV.  39 

Anno  di  Cristo  lxv.  Indizione  viii. 
di  Lino  papa  i. 
di  Nerone  Claudio  imperadore  12. 


r 

Consoli  ^ 


L. 


Aulo  Licinio  Nerva  Silia- 

NO  , 

Marco  Vestìnio  Attico  . 

>-. 

1  n  una  iscrizione  rapportata  dal  Doni  e  da 
me  ^  ,  si  legge  SILANO  ET  ATTICO  COS. 
Se  questa  sussiste  ,  non  Slliano  :,  ma  Silano 
sarà  stato  1'  ultimo  de'  suoi  cognomi .  Il 
car  dinal  Noris  €d  altri  sostentano  Siliano  . 
Per  attestato  di  Tacito  avea  Nerone  dise- 
gnati consoli  per  le  calende  di  luglio  ,  Plau- 
tio  Laterano  y  dalla  cui  persona  o  casa  rico- 
nosce la  sua  origine  la  Basilica  Lateranense  , 
ed  Anìcio  Cereale  .  Il  primo  in  vece  del 
consolato  ebbe  da  Nerone  la  m.orte ,  sicco- 
me dirò .  Fece  lo  stesso  fine  Vestìnio  At- 
tico ,  cioè  r  altro  console  ordinario  .  Però 
si  può  tenere  per  fermo  ,  che  Cereale  suc- 
cedesse nel  consolato  .  Roma  *  in  quest' 
anno  divenne  teatro  di  morti  violente  per 
la  congiura  di  Gajo  Calpurnio  Pisone  ,  che 
fu  scoperta  .  Era  questi  di  nobilissima  fa- 
miglia ,  ben  provveduto  di  beni  di  fortuna, 
grande  avvocato  dei  rei ,  e  però  comune- 
mente amato  e  stimato  ,  benché  dato  ai  pia- 

C  4  ceri 

*  Thesaurus  Ncvus  Inscription.  pag.  lo^.  vum-  <^' 

*  Tacitus  Annal.  lib,  15.   Qap.  48.  C^  ic^-  Dio  Uh.  61,  Stiet. 
in  Ntrone  tap.  36. 


40  À  N  ]^T  A  L  I    d'  I T  A  L  T  A 

ceri  ed  al  lusso  ,  e  mancante  di  gravità  di 
costumi  .  Sarebbe  volentieri  salito  sul  tro- 
no ,  e  per  salirvi  conveniva  levar  di  mez- 
zo Nerone  ;  il  che  non  parea  tanto  difficile, 
stante  V  odio  comune  .  S'  egli  fosse  il  pri- 
mo ad  intavolar  la  congiura ,  non  si  sa . 
Certo  è  bensì  che  Subrio  ^  o  sia  Subio  Fla- 
vio ,  tribuno  d'  una  compagnia  delle  guar- 
die ,  e  Mario  Anneo  Lucano  ,  nipote  di 
Seneca  ,  e  celebre  autore  del  poema  della 
Farsalia  ,  furono  de'  primi  ad  entrarvi  ,  e  de' 
più  disposti  ad  eseguirla.  Per  una  giovanil 
vanità  Lucano  (  era  nato  nelF  anno  39  dell' 
Era  nostra  )  non  potea  digerire,  che  Nero- 
ne per  invidia  e  pazza  credenza  di  saper^ 
ne  più  di  lui  in  poesia  ,  gli  avesse  proibi- 
ta la  pubblicazion  del  suddetto  poema  ,  ed 
anche  il  far  da  avvocato  nelle  cause.  Entree 
in  questo  medesimo  concerto  anche  Plautio 
Laterano  ,  console  disegnato ,  per  V  amore 
che  portava  al  pubblico  .  Molti  altri  o  se- 
natori, o  cavalieri _,  o  pretoriani  j  ed  alcu- 
ne dame  ancora ,  chi  per  odio  e  vendetta 
privata ,  e  chi  per  liberar  l' imperio  da  que- 
sto mostro^  tennero  mano  al  trattato.  Pro- 
posero alcuni  di  ammazzarlo  ,  mentre  can- 
tava in  teatro ,  o  pur  di  notte ,  quando 
usciva  senza  guardie  per  la  città .  Altri 
giudicavano  meglio  di  aspettare  a  far  il 
colpo  a  Pozzuolo ,  a  Miseno ^  o  a  Baja  ,  aven- 
do a  tal  fine  guadagnato  uno  de' principali 
ufiziali  dell'  armata  navale  .  In  fine  fu  sta- 
bilito   di  ucciderlo   nel     dì     12    di    aprile, 

in 


Anno       LXV.  L\i 

in  cui  si  celebravano  i  giuochi  del  Circo 
a  Cerere .  Messo  in  petto  di  tanti  il  segre- 
to ,  per  poca  avvertenza  di  Flavio  Scemino 
traspirò  .  Fece  egli  testamento  ;  diede  la 
libertà  a  molti  servi  ;  regalò  gli  altri  ;  pre- 
parò fasce  per  legar  ferite:  ed  intanto  ben- 
ché desse  agli  amici  un  bel  convito  ,  e 
facesse  il  disinvolto  ,  pure  comparve  malin- 
conico e  pensoso  .  Milico  suo  liberto  osser- 
vava tutto  ;  e  perchè  il  padrone  gli  diede 
da  far  aguzzare  un  pugnale  ruginoso ,  s' 
avvisò  che  qualche  grande  affare  fosse  in 
volta.  Sul  far  del  giorno  questo  infedele j, 
animato  dalla  speranza  di  una  gran  ricom- 
pensa ,  se  n'  andò  agli  orti  Serviliani ,  do- 
ve allora  soggiornava  Nerone  ,  e  tanto  tem- 
pestò coi  portinai  ,  che  potè  parlare  ad 
Epafrodito  liberto  di  corte ,  che  V  intro- 
dusse air  udienza  del  padrone .  Furono  to- 
sto messe  le  mani  addosso  a  Scevino ,  che 
coraggiosamente  si  difese  ,  e  rivolse  1'  accu- 
sa contro  del  suo  liberto .  Ma  perchè  si 
seppe,  avere  nel  dì  innanzi  Scevino  tenuto 
un  segreto  e  lungo  ragionamento  con  An- 
tonio Natale  ,  ancor  questo  fu  condotto  dai 
soldati.  Esaminati  a  parte,  si  trovarono 
discordi;,  e  poi  alla  vista  de' tormenti  con- 
fessarono il  disegno ,  e  rivelarono  i  com- 
plici .  Air  intendere  sì  numerosa  frotta  di 
congiurati ,  saltò  tal  paura  addosso  a  Ne- 
rone ,  che  mise  guardie  dappertutto ,  e  né 
pur  si  teneva  sicuro  in  qualunque  luogo  eh' 
€gli  si  trovasse. 

Vien 


4a  Annali    d'  Italia 

Vien  qui  Tacito  annoverando  tutti  i  con-r 
giurati,  e  il  loro  fine.  Molti  firrono  gif 
uccisi,  e  fra  gli  dlìvì  Gajo  Plsone  ^  capo  del- 
la congiura ,  e  Lucano  poeta  ;.  altri  con 
darsi  la  morte  da  se  stessi^  prevennero,  il 
carnefice  ;  ed  alcuni  ancora  la  scamparono 
colla  pena  dell'  esilio .  Fra  gli  altri  denun- 
ziati v'entrò  anche  Lucio  Anneo  Seneca^ 
insigne  maestro  della  stoica  filosofia  ;  ma 
che ,  se  si  avesse  a  credere  a  Dione  ^ , 
macchiato  fu  di  nefandi  vizj  d' avarizia , 
di  disonestà ,  e  di  adulazione .  Di  lui  par- 
la con  istima  maggiore  Tacito  j,  scrittore 
alquanto  più  vicino  a  questi  tempi .  Consi- 
steva tutto  il  suo  reato  neir  essere  stato 
a  visitarlo  nel  suo  ritiro  Antonio  Natale , 
e  a  lamentarsi  ,  perchè  non  volesse  ammet-* 
tere  Plsone  in  sua  casa  ,  e  trattare  con 
lui.  Al  che  avea  risposto  Seneca,  non  es- 
sere bene  y  che  favellassero  insieme  ;  del 
resto  dipendere  la  di  lui  salute  dò>  quella 
di  Pisone ,  Trovavasi  Seneca  nella  sua  vil- 
la 5  quattro  miglia  lungi  di  Roma  ,  e  men- 
tre era  a  tavola  con  due  amici,  e  con  Pom- 
pea  Paolina  sua  moglie  cara  ^  arrivò  Silva- 
no tribuno  d'una  coorte  pretoriana  ad  inter- 
rogarlo intorno  alla  suddetta  accusa.  Ris- 
pose con  forti  ragioni,  nulla  mostrò  di  pau- 
ra, e  parlò  senza  punto  turbarsi  in  vol- 
to .  Portata  la  risposta  a  Nerone  ,  dimandò 
il  crudele  ,  se  Seneca  pensava  a  levarsi  col- 
le 

'  Di6  lib.  é\. 


Anno     LXV.  43 

le  proprie  mani  la  vita.  Disse  Silvano  di 
non  avene  osservato  alcun  segno.  Farh 
bene ^  replicò  allora  Nerone,,  ed  ordinò  di 
farglielo  sapere  ?  Intesa  V  atroce  intimazio- 
ne ,  volle  Seneca  far  testamento ,  e  gli  fu 
proibito  »  Quindi  scelto  di  morire  collo  sve- 
narsi,  coraggiosamente  si  tagliò  le  vene,  ed 
entrò  nel  bagno  per  accelerare  V  uscita  del 
sangue .  Dopo  aver  lasciati  alcuni  bei  do- 
cumenti agli  amici ,  morì  .  Anche  la  mo- 
glie Paolina  volle  accompagnarlo  collo  stes- 
so genere  di  morte,  e  si  svenò,  ma  per 
ordine  di  Nerone  fu  per  forza  trattenuta 
in  vita ,  ed  alcuni  pochi  anni  visse  dipoi , 
ma  pallida  sempre  in  volto  .  Le  strordina- 
rie  ricchezze  di  Seneca  si  potrebbe  cre- 
dere ,  gì"*  inimicassero  V  ingordo  Nerone  , 
se  non  che  scrive  Dione  eh'  egli  le  avea 
dianzi  cedute  a  lui ,  per  impiegarle  nelle 
sue  fabbriche  .  Ancorché  il  console  Vestinio 
non  fosse  a  parte  della  congiura^  pure  si 
valse  Nerone  di  questa  occasione  per  levarlo 
di  vita  ,  e  lo  stesso  fece  d*  altri  ,  qh'  egli 
già  mirava  di  mal  occhio . 

Andò  poscia  Nerone  in  senato  ,  per  in- 
formar que'  padri  del  pericolo  fuggito  e  dei 
delinquenti  ;  ^  e  però  furono  decretati  rin- 
graziamenti e  doni  agli  dii  ,  perchè  aves- 
sero salvato  un  sì  degno  principe  ;  ed  egli 
consce rò  a  Giove  vendicatore  nel  Campi- 
doglio   il    suo    pugnale .    Capitò    in    questi 

tem- 

^  Tacitus    Annaì.  lib.  i6.  ca^>  x. 


4*4  ANNALI     d'  I  T  A  L  I  A 

tempi  a  Roma  Cesdllo    Basso  ^    di -nascita 
Africano ,    uomo   visionario  ,    che    ammes-- 
so  air  udienza    dj   Nerone  ,    gli  narrò    co- 
me cosa  certa  ,  che  nel   territorio    di  Car- 
tagine   in  una  vasta  spelonca    stava  nasco- 
sa una  massa    immensa    d'oro    non   conia- 
to ,  quivi  riposta  o    dalla    regina    Didone , 
o  da  alcuno  degli  antichi  re    di    Numidia  * 
Vi  saltò  dentro  a  pie  pari  1' avido  Nerone, 
senza  esaminar  meglio  l' aitare  ,  senza  pren- 
dere alcuna  informazione  ^  e  subito    subito 
fu  spedita  una    grossa    nave  ,    scelta    come 
capace  di  sì  sfoggiato  tesoro,  con  varie  ga- 
lee di   scorta  .  Né  d' altro  si   parlava    allo- 
ra ,  che  di  questo  mi^'abil  guadagno  fra    il 
popolo.  Per  la  speranza  di  un  sì  ricco  aju- 
to  di  costa ,    maggiormente    s' impoverì    il 
pazzo  imperadore  ,  perchè  si  fece  animo  in 
spendere  e  spandere  in    pubblici    spettacoli 
e  in  profusion  di  regali .  Ma  con    tutto    il 
gran  cavamento   fatto  dal    suddetto  Basso  , 
uè  pure  un  soldo  si  trovò;    e    però    delù- 
so il  misero ,    altro  scampo    non   ebbe   per 
sottrarsi  alle  pubbliche  beffe ,  che  di  toglie- 
re colle  su-e  mani  a  se  stesso  la  vita  .    Ma 
se  mancò  a  Nerone  questa  pioggia    d'  oro  y 
si  acquistò  egli  almeno  un'incomparabil  glo- 
ria .in  quest'anno,  coli' aver  fatta  una  pub- 
blica comparsa  nella  scena  del  teatro,  do- 
ve recitò  alcuni  suoi  versi .  Fattagli  istan^ 
2a  dal  popolazzo    di    metter    fuori   la    sua 
abilità  anche  in  altri  studj  ,  saltò  fuori  col- 
la cetra  in  concorrenza  d'altri  sonatori,  e 

fé- 


Anno        LXV.  45 

fece  uclir  delle  belle  sonate  .  Strepitosi  fu-* 
rono  i  viva  del  popolo  ,  la   maggior    parte 
per  dileggiarlo^  mentre  i    buoni    si    torce- 
vano tutti  al  mirar  sì  fatto  obbrobrio  del- 
la maestà  imperiale .    E    guai  a    que'  nobili 
che  non  v'' intervennero  :  erano  tutti  messi 
in  nota.  Fu  in  pericolo  della  vita  Fe^spasìa- 
no  (  poscia  imperadore  )    perchè    osservato 
dormire  in  occasione  di  tanta  importanza. 
Conseguita  la  corona  ,  passò  Nerone  ,  secon- 
do Suatonio  e  Dione  ^  a  far  correre  ,  stan-* 
do  in  carrozza  ,  i  cavalli ,  Ito  poscia  a  ca- 
sa *  ìutto  contento  di  sì  gran  plauso  j,    tro 
vò  la  sola  Pop2?ea,  Augusta  sua  moglie,  che 
gli  disse  qualche    disgustosa    parola  .    Ben^ 
che  r  amasse  a  dismisura  ,  pure  le  insegnò 
a  tacere  con   un   calcio   nella    pancia  ,    Era 
essa  gravida  ,  e  di  questo  colpo  morì  .  Don- 
na sì  delicata    e    vana ,    che    tutto    dì    era 
davanti  allo  specchio  per  abbellirsi  ;  vole- 
va le  redini  d'oro  alle  mule  della  sua  car- 
rozza ;   e  teneva  cinquecento    asine    al    suo 
servigio  ,  per  lavarsi  ogni  dì   in  un    bagno 
formato  del  loro  latte  .    S'  augurava    anche 
piuttosto  la  morte,  che  di  arrivare  ad  es- 
ser vecchia,  e  a  perdere  la  bellezza.  Opi- 
nione è  d*  insigni  letterati  ^   che  nel  dì   29 
di  giugno  del  presente   anno  per   comanda- 
mento di  Nerone  fosse  crocifisso    in    Roma 
ri    principe    degli   Apostoli    san   Pietro  ;    e 

che 

^  Sueton.   in  N'-'rone  e.  z'y.    Dio  lib.ói.     *  Tacic  lìb.  1.1^.  f^- 
^  Baron.   in   /Innal.  BUncbin^us  ad  Anr.stiiiyjn .    Pa^aa    m 
Critica  Baroni ana , 


i^G  Annali  d  Italia 
che  nel  medesimo  giorno  ed  anno  venisse 
anche  decollato  l' Apostolo  de'  Gentili  san 
Paolo .  Certissima  è  la  loro  gloriosa  morte 
e  martirio  in  Roma  ;  ma  non  sembra  e- 
gualmente  certo  il  tempo  ;  intorno  a  che 
potrà  il  lettore  consultare  chi  ha  maneg- 
giato ex  professo  cotali  materie .  Nel  pon- 
tificato romano  a  lui  succedette  s.  Lino . 
Dopo  la  morte  di  Poppea  ,  Nerone ,  perchè 
Antonia  figlia  di  Claudio  Augusto ,  e  so- 
rella dì  Ottavia  sua.  prima  moglie  j,  non 
volle  consentir  alle  sue  nozze  ,  trovò  de^ 
pretesti  per  farla  morire  .  Quindi  sposò 
Statilia  Messalina^  vedova  di  Ve  stinio  At- 
tico console ,  a  cui  egli  avea  dianzi  tolta 
la  vita .  Certe  altre  sue  bestialità  racconta- 
te da  Dione ,  non  si  possono  raccontar  da 
me  .  E  Tacito  aggiunge  V  esilio  ,  o  la  mor- 
te da  lui  data  ad  altri  primarj  Romani  , 
che  mai  non  gli  mancavano  ragioni  per  far 
del  male  e- 

Anno  di  Cristo  lxvi.  Indizione   ix!.- 
di  Lino  papa  2. 
di  Nerone  Claudio  imperad.  i^v 

p        ,0    r  Gaio  Lucio  Telesino, 
t^onsoli  ^^  ^^^^  SuETONio  Paolino. 

X  unesto  ancora  fu  V  anno  presente  a  Ro- 
ma per  r  infelice  fine  di  molti  illustri  Ro- 
mani ^  che  tutti  perirono  per  la  crudeltà  di 
Nerone  ,  principe  giunto  a  non  saziarsi  mai 

di 


Anno    LXVI.  A7 

di  sangue ,  perchè  questo  sangue  gli  frutta-* 
va  l'acquisto  de' beni  de' pretesi  rei.  Taci- 
to empie  molte  carte  *  di  sì  tristo  argo- 
mento .  Io  me  ne  sbrigherò  in  poche  paro- 
le j,  per  risparmiare  la  malinconia  a  chiun- 
que è  per  leggere  queste  carte .  Basterà  so- 
lo rammentare  che  Anneo  Mella^  fratello 
di  Seneca  j  e  padre  di  Lucano  poeta,  accu- 
sato si  svenò  ,  e  terminò  presto  il  proces- 
so. Gajó  Petronio^  che  ha  il  prenome  di 
Tito  appresso  Plinio^  uomo  di  somma  leg- 
giadria ,  e  tutto  dato  al  bel  tempo ,  era 
divenuto  uno  dei  più  favoriti  di  Nerone. 
La  gelosia  di  Tigellino,  prefetto  del  pre- 
torio^ gli  tagliò  le  gambe ,  e  il  costrinse 
a  darsi  la  morte  o  Ma  prima  di  darsela  fe- 
ce credere  a  Nerone  di  lasciarlo  suo  ere- 
de ,  e  gli  mandò  il  suo  testamento.  In  que- 
sto non  si  leggevano  se  non  le  infami  im- 
purità ed  iniquità  d'esso  Nerone.  La  de- 
scrizione de'  costumi  di  costui  lasciatasi  da 
Tacito  ,  ha  dato  motivo  ad  alcuni  di  cre- 
derlo il  medesimo,  che  Petronio  Arbitro^ 
di  cui  restano  i  frammenti  d'  un  impurissi- 
mo libro.  Ma  dicendo  esso  Tacito,  cht5 
questo  Petronio  fu  proconsole  della  Biti- 
nia ,  e  console  :  egli  sembra  essere  stato 
quel  Gajo  Petronio  TurpiUano^  che  abbiam 
veduto  console  nell'anno  6i  di  Cristo,  e 
però  diverso  da  Petronio  Arbitro.  Più  di 
ogni  altro  venne  onorato  dalla  compassione 

di 

'  Tacitus  Uh.  Ì6.  cap,  14.  6*  seq. 


48  Annali  d^  I  t  a  l  i  a 
di  tutti  ^  e  compianto  il  caso  di  Peto  Tra- 
sea ,  e  di  Berea  Sorano ,  amendue  senatori 
e  personaggi  della  prima  nobiltà ,  perché 
non  solo  abbondavano  di  ricchezze  ,  ma  più 
di  virtù  ,  di  amore  del  pubblico  bene ,  e 
di  costanza  per  sostenere  le  azioni  giuste, 
e  riprovar  le  cattive.  Per  questi  lor  bei 
pregi  non  potea  di  meno  V  iniquo  Nerone 
di  non  odiarli ,  e  di  non  desiderar  la  mor- 
te loro  .  Però  il  fargli  accusare ,  benché  d' 
insussistenti  reati  ,  lo  stesso  fu,  che  farli 
condannare  dal  senato ,  avvezzo  a  non  mai 
contradire  ai  temuti  voleri  di  Nerone.  Co- 
sì restò  priva  Roma  dei  due  più  riguarde- 
voli  senatori ,  eh'  ella  avesse  in  quc'  tempi  , 
crescendo  con  ciò  il  batticuore  a  ciascun' 
altra  persona  di  vaglia  ,  giacché  in  tempi 
tali  Tessere  virtuoso  era  delitto.  Non  par- 
lo d'  altri  o  condennati,  o  esiliati  da  Ne- 
rone neir  anno  presente,  mentovati  da  Ta- 
cito, la  cui  storia  qui  ci  torna  a  venir  me- 
no,  perchè  l'argomento  è  tedioso. 

Secondo  il  concerto  fatto  con  Corhulone 
governator  della  Soria ,  Tirìdate  fratello  di 
Vologeso  re  de' Parti,  ^  si  mosse  in  quest' 
anno ,  per  venir  a  prendere  la  corona  dell' 
Armenia  dalle  mani  di  Nerone,  conducen- 
do seco  la  moglie,  e  non  solo  i  -figliuoli 
suoi,  ma  quegli  ancora  di  Vologeso ,  di  Pa- 
coro ,  e  di  Monobazo ,  e  una  guardia  di 
tremila  cavalli .  V  accompagnava  Annio  VI-- 

■via-- 

'  Dio  lib.  6i, 


Anno       LXVL  49 

Viano,  genero  di  Corbulone  ,  con  gran  co- 
pia cV  altri  Ronfani..,  Nerone  ,  che  forte  si 
conipiaccva  di  veder  venire  a'' suoi  piedi 
questo  re  barbaro,  non  perdonò  a  diligen- 
za ed  attenzione  alcuna^  affinchè  egli  nel 
medesimo  tempo  fosse  trattato  da  par  suo, 
e  comparisse  agli  occhj  di  lui  la  magnifi- 
cenza dell'imperio  romano.  Non  volle  Ti- 
ridate  ^  venir  per  mare,  perchè  dato  alla 
magia ,  peccato  riputava  lo  sputare ,  o  il 
gittar  qualche  lordura  in  mare .  Convenne 
dunque  condurlo  per  terra  con  sommo  ag- 
gravio de' popoli  romani  ;  perchè  dacché 
entrò  e  si  fermò  nelle  terre  dell  imperio , 
dappertutto  sempre  alle  spese  del  pubblico 
ricevè  un  grandioso  trattamento  (  il  che  co- 
stò un  immenso  tesoro  ) ,  e  tutte  le  città 
per  dove  passò  ,  magnificamente  ornate,  V 
accolsero  con  grandi  acclamazioni.  Marcia- 
va Tiridate  in  tutto  il  viaggio  a  cavallo, 
con  la  moglie  accanto ,  coperta  sempre  con 
una  òelata  d'  oro ,  per  non  essere  veduta  , 
secondo  il  rito  de'  suoi  paesi ,  che  tuttavia 
con  rigore  si  osserva.  Passato  per  Bitinia  , 
Tracia,  ed  Illirico  ,  e  giunto  in  Italia,  mon- 
tò nelle  carrozze  che  gli  avea  inviato  Ne- 
rone, e  con  esse  arrivò  a  Napoli,  dove  V 
imperadore  volle  trovarsi  a  riceverlo.  Me- 
nato all'udienza,  per  quanto  dicessero  i 
mastri  delle  cerimonie  ,  non  volle  deporre 
la  spada.  Solamente  si  contentò  che  fosse 
Tom.  II.  D  ser- 

'  P lini  US  Uh.  30.  cap.  a. 


^o  Annali    n'  I  t  a  l  r  a 

serrata  con  chiodi  nella  guaina  .  Per  que- 
sta -renitenza  Nerone  concepì  più.  stima  di 
lui;  e  maggiormente  se  gli  affezionò,  al- 
lorché sei  vide  davanti  con  un  ^^itfocchio 
piegato  a  terra  ,  e  colle  mani  alzate  al  cie- 
lo senti  darsi  il  titolo  ài  Signore.,  Dopo 
avergli  Nerone  fatto  godere  in  Pozzuolo  un 
divertimento  con  caccia  di  fiere  e  di  tori  , 
il  condusse  seco  a  Boma  -  Si  vide  allora 
quella  vastissima  città  tutta  ornata  di  lu- 
mi ,  di  corone,  di  tapezzerie  ^  con  popolo 
senza  numero,  accorso  anche  di  lontano ^ 
vestito  di-  vaghe  vesti ,  e  coi  soldati  ben 
compartiti  coir  armi  loro  tutte  rilucenti , 
Fu  soprattutto  mirabile  nella:  mattina  del 
di  seguente  il  vedere  la  gran  piazza,  e.  i, 
tetti  anch^ essi  coperti  tutti  di  gente.  Mi-, 
ravasi  nel  m^ezzo  d^'essa  assiso  Nerone  in 
veste  trionfale  sopra  un  alto  trono  coj  se-, 
ratój  e  le  guardie  intorno.  Per.' mezzo  di 
quel  gran  popolo  condotti  Tiridate  .  e  il 
suo  nobil  seguito  ,  s' inginocchiarono  davan- 
ti a  Nerone  5  ed  allora  proruppe  il  popolo 
in  altissime  grida  ^- òhe  fecero  paura::  a  Ti- 
ridate ,  e  il  tennero"  sospeso  per  qualche 
tempo.  Fatto  silenzio,  parla  a  Nerone  con 
umiltà  non  aspettata,,  chiamando  se  stesso» 
suo  schiavo^  e  dicendo  d' essere  venuto  ad 
onorar  Nerone  come  un  suo  dia,  e  al  pa- 
ri di  mitra ,  cioè  del  sole ,  venerato  dai 
Parti  •  Gli  pose  dipoi  Nerone  in  capo  il 
diadema,  dichiarandolo  re  dell' Armenia  ; 
t  dopo  la    funzione  y   passarono  al' teatro  , 

eh' 


A.N  N  o      LXVI.  5t 

ch'era  tutto  messo  a  oro,  per  mirare  i  giuo- 
chi .  Le  tende  tirate  per  difendere  la  gen- 
te dal  sole,  furono  di  porpora,  sparse  di 
stelle  d'  oro ,  e  in  mezzo  d'  esse  4a  figura 
di  Nerone  in  cocchio ,  fatta  di  ricalilo.  Suc- 
cedette un  sontuosissimo  convito,  dopo  il 
quale  si  vide  quel  bestion  di  Nerone  pub- 
blicamente cantare  e  sonar  di  cetra  ;  e  poi 
montato  in  carretta  colla  canaglia  de'  coc- 
chieri,  vestito  deir  abito  loro^,  gareggiar 
nel  corso  con  loro. 

Se  ne  scandalezzò  forte  Tiridate,  e  pre- 
se maggior  concetto  di  Corbulone,  dacché 
sapeva-  servire  e  sofferire  un  padrone  sì  fat- 
to ,  senza  valersi  dell'  armi  contra  di  lui  . 
Anzi  non  potè  contenersi  dal  toccar  ciò  in 
gergo  allo  stesso  Nerone  con  dirgli  :  Signo- 
re ^  voi  avete  un  ottimo  servo  in  Corhulo- 
ne  ;  ma  Nerone  non  penetrò  l' intenzion  se- 
greta di  queste  parole .  Fecesi  conto  ,  che 
i  regali  fatti  da  esso  Augusto  a  Tiridate 
ascendessero  a  due  milioni.  Ottenne  egli 
ancora  di  poter  fortificar  Artasata  ,  e  a  que- 
sto fine  menò  via  da  Roma  gran  quantità 
d'  artefici ,  con  dar  poi  a  quella  città  il  no- 
me di  Neronia .  Da  Brindisi  fu  condotto  a 
Durazzo ,  e  passando  per  le  grandi  e  ric- 
che città  dell'Asia,  ebbe  sempre  più  occa- 
sion  di  vedere  la  magnificenza  e  possanza 
deir  imperio  romano-  Ma  non  ancor  sazia 
1»  vanità  di  Nerone  per  questa  funzione, 
che  costò  tanti  milioni  al  popolo  romano  , 
avrebbe  pur  voluto,  che  Vologeso  re  de' Par- 

D  2  ti 


52  A  i?C  N  A  L  I      d'  I  T  A  L  I  A 

ti  fosse  venuto  a  neh*  egli  a  visitarlo,  e  i* 
importunò  su  questo .  Altra  risposta  non 
gli  diede  Vologeso ,  se  non  che  era  più  fa- 
cile a  Nerone  passare  il  Mediterraneo:  il 
che  facendo  ,  avrebbono  trattato  di  un  abboc^ 
camento.  Per  questo  rifiuto  a  Nerone  saltò 
in  capo  di  fargli  guerra  ;  ma  durarono  po- 
co questi  grilli  j,  perchè  egli  pensò  ad  una 
maniera  più  facile  d'  acquistarsi  gloria  :  del 
che  parleremo  all'  anno  seguente .  Nacque  ^ 
bensì  ncir  anno  presente  la  guerra  in  Giu- 
dea ,  essendosi  rivoltato  quel  popolo  per  le 
strane  avanie  de'  Romani ,  mentre  Cestio 
Gallo  era  governator  della  Siria,  il  quale 
durò  fatica  a  salvarsi  dalle  loro  mani  in 
una  battaglia .  Fu  obbligato  Nerone  ad  in- 
viar un  buon  rinforzo  di  gente  colà  ,  e  scel- 
se per  comandante  di  quell'  armata  Vespa-* 
siano,  capitano  di  valore  sperimentato.  Io 
so  che  all'  anno  seguente  è  comunemente  ri- 
ferita la  morte  di  Corbulone ,  ricavandosi 
ciò  da  Dione .  Ma  al  trovar  noi  per  atte-» 
stato  di  Giuseppe  Storico^  allora  vivente, 
il  suddetto  Cestio  Gallo  al  governo  della 
Siria,  senzachè  si  parli  punto  di  Corbulo- 
ne ^  può  dubitarsi  che  la  morte  di  questo 
eccellente  uomiO  succedesse  nell'  anno  pre- 
sente .  E  per  valore  e  per  amor  della  giu- 
stizia non  era  inferiore  Corbulone  ad  alcu- 
no de'  più  rinomati  antichi  Romani  .  Nero- 
ne ,  presso  il  quale  passava  per  delitto  l' es- 
'  sere 

^  Joseph,   de  Bello  Judaico  Uh.  a.  ca^.  40. 


Anno       LXVI.  53 

sere  nobile ,  virtuoso ,  e  ricco ,  non  potè 
lasciarlo  più  lungamente  in  vita .  Coli'  ap- 
parenza di  volerlo  promuovere  a  maggiori 
onori,  il  richiamò  dalla  Siria,  ed  allorché 
fu  arrivato  a  Cenere ,  vicino  a  Corinto  ,  gli 
mandò  ad  intimar  la  morte.  Se  la  diede 
egli  colle  proprie  mani ,  tardi  pentito  di 
tanta  sua  fedeltà  ad  un  principe  sì  inde- 
gno ,  e  d'  essere  venuto  disarmato  a  trovar- 
lo .  Perchè  a  noi  qui  manca  la  Storia  di 
Tacito ,  la  cronologia  non  va  con  piede 
sicuro  . 

Anno  di  Cristo  lxvii.  Indiziane  x. 
di  Clemente  papa   i. 
di  Nerone  Claudio imperadore  140 

^        ^'    r  Lucro  FoNTEjo  Capitone, 

Consoli   -i     n  n  T) 

V  Gajo  Giulio  ivufo- 

^econdo  le  congetture  di  varj  letterati ,  a 
s.  L'ino  papa  ,  che  martire  della  Fede  finì 
di  vivere  in  quesf*  anno ,  stìccedette  Cle- 
mente^ personaggio,  che  illustrò  dipoi  non 
poco  la  Chiesa  di  Dio  .  Ho  riserbato  io  a 
parlar  qui  del  viaggio  fatto  da  Nerone  in 
Grecia,  benché  cominciato  nelF anno  prece- 
dente, per  unir  insieme  tutte  le  scene  di 
quella  testa  sventata  .  La  natura  in  mette- 
re lui  al  mondo ^  intese  di  fare  un  uomo 
di  vilissima  condizione,  un  sonator  di  ce- 
tra, un  vetturino  j  un  beccajo  ,  un  gladia- 
tore, un  buffone.  La  fortuna  deluse  le  in-^ 

D  3  ten- 


^4  Annali    d'  Italia 

tenzioni  della  natura  ,  con  portare  costui 
al  trono  imperiale  ;  ma  sul  trono  ancora 
si  vide  poi  prevalere  l'inclinazion  natura- 
le .  ^  Invanito  egli  delle  tante  adulatorie 
acclamazioni,  che  venivano  fatte  in  Roma 
alla  suavità  della  sua  voce  ,  alla  sua  mae- 
stria nel  suono,  e  bravura  nel  maneggiar  i 
cavalli  stando  in  carretta  :  s' invogliò  di  ri- 
scuotere un  egual  plauso  dalle  città  della 
Grecia^  le  q^li  portavano  anche  allora  il 
vanto  di  fare  i  più  magnifici  e  rinomati 
giuochi  della  terra .  Perciò  si  mosse  da  Ro- 
ma a  Cjuella  volta  con  un  esercito  di  gen- 
te ,  armata  non  già  di  lance  e  scudi ,  ma 
di  cetre,  di  maschere,  e  di  abiti  da  com- 
media e  tragedia  .  Con  questa  corte  degna 
di  un  tsl  imperadore,  comparve  egli  in 
quelle  parti ,  astenendosi  nondimeno  dal  vi- 
sitare Atene  e  Sparta  per  alcuni  suoi  par- 
ticolari rÌ2:uardi.  Fece  nell'altre  città  in 
mezzo  ai  pubblici  teatri,  anii teatri  e  cir- 
chi ,  da  commediante-,  da  sonatore ,  da  mu- 
lÌco  ,  da  guidator  di  carrette,  abbigliato  ora 
da^^ervo  ,  ora  da  donnei,  ed  anche  donna 
parturiente,  da  Ercole,  da  Edipo,  e  da  al- 
tri simili  personaggi .  Le  corone  destinate 
per  chi  vinceva  ne' suddetti  giuochi,  tutti 
Fenza  fallo  toccavano  a  lui  .  Dicono  che  ne 
riportasse  più  di  mille  ottocento.  Si  gli 
V  rano  care  ,  che  arrivando  ambasciatori  del- 
le città,    per   offerirgli  i    premj  delle    sue 

vit- 

^   Dio  Uh.  6-^.  SiietOKÌus  in   N-^rone  cip.ii. 


Anno       LXVIL  55 

vittorie  ,  questi  erano  i  primi  aila  siia-ttdien- 
za,  questi  tenuti  alla-  sua  stessa  tavola . 
Preeato  da  essi  talvolta  di  cantar  e  sona- 
re dopo  il  desinare,  o  dopo  la  cena,  senza 
lasciarsi  molto  importunare,  dava  di  mano 
alla  chitarra ,  e  gli  esaudiva  .  Si  mostrava 
ognuno  iacantato  dalla  sua  divina  voce  :  egli 
era  il  dio  della  musica,  egli  un  nuovo 
Apollo:  laonde  ebbe  a  dire^  non  esservi 
nazione  ,  che  meglio  della  greca  sapesse 
ascoltando  giudicar  del  merito  delle  perso- 
ne, e  d'aver  trovato  essi  soli  degni  di  se 
e  de'  suoi  studj .  Le  viltà;,  le  oscenità  com- 
messe da  Nerone  in  tal  occasione  furono 
infinite  j  immensi  i  regali  e  le  spese.  Ma 
nello  stesso  tempo  per  supplire  ai  bisogni 
della  borsa ,  impoverì  i  popoli  della  Gre- 
cia ,  saccheggiò  que'  lor  templi ,  a'  quali  non 
per  anche  avea  stese  le  griffe  ;  confiscò  i 
beni  d'assaissime  persone,  condennate  a  di- 
ritto e  a  rovescio ,  Mandò  anche  a  Roma 
e  per  l'Italia  Elio  libei'to  di  Claudio  con 
podestà  senza  limite,  per  confiscare,  esi- 
liare, ed  uccidere  fino  i  senatori;  e  costui 
il  seppe  servire  di  tutto  punto,  facendo  da 
imperadore,  senza  essersi  potuto  cònchiu- 
dere,  chi  fosse  peggiore  o  egli,  o  Nerone 
stesso. 

Volle  questo  forsennato  imperadore,  che 
i  giuochi  olimpici  d'Elide,  benché  si  do- 
vessero far  prima,  si  differissero  sino  al 
^uo  arrivo  in  Grecia,  per  poterne  riporta- 
re il  premio.   Colla  sua  carretta    anch' egli 

D  4  en- 


f^ù  Annali  d' Italia 
entrò  nel  circo,  ma  caclutoric  ebbe  ad  ac- 
copparsi ,  e  più  giorni  per  tal  disgrazia 
stette  in  letto.  Con  tutto  ciò  il  premio  a 
Ini  fu  assegnato.  Passava  male  per  chi  a 
lui  non  vo.lea  cedere .  ^  Ne'  giuochi  istmici 
un  tragico^  miglior  musico,  che  politico^ 
perchè  non  ebbe  V  avvertenza  di  desistere 
dal  canto  ,  per  lasciar  comparire  quel  di 
Nerone ,  che  dovea  certamente  essere  più 
mirabile  del  suo  ,  fu  strangolato  sul  teatro 
in  faccia  di  tutta  la  Grecia  ,  V.ennegli  poi 
in  pensiero  di  far  un'opera  stab\lc,  per  cui 
s' immortalasse  il  suo  nome  :  e  fu  quella  di 
tagliare  lo  Stretto  di  Corinto,  per  unire  i 
due  miari  Ionio  ed  Egeo  *  :  disegno  conce- 
puto  anche  da  Giulio  Cesare  ,  e  da  molti 
altri  ^  ma  per  le  molte  difficoltà  non  mai 
eseguito.  Nulla  parca  difficile  alla  gran  te- 
sta di  Nerone  .  Fu  egli  nel  destinato  gior- 
no il  primo  a  rompere  la  terra  con  un  pi- 
cone  d'oro,  e  a  portar  la  terra  in  una. ce- 
sta, per  animar  gli  altri  air  impresa:  il 
che  fatto  si  ritirò  a  Corinto,  tenendosi  per 
pili  glorioso  d'Ercole  a  cagione  di  così  gr^n 
prodezza.  Furono  a  quel  lavoro  impiegati 
i  soldati,  i  condennati ,  e  gran  copia  d'al- 
tra gente  :  e  Vespasiano  ^  gì'  inviò  apposta 
seimila  Giudei  fatti  prigioni .  Non  più  di 
cinque  miglia  di  terra  è  lo  Stretto  di  Co- 
rinto; eppure  con  tante  mani  in  due  mesi 

e  mez- 

'  Luci/in.  in  Nerone. 

*  Dfo-iih.  6i.  Suctcnitis  in  Nerone  c.rp.  19. 

i  Joseph.  //^.  3.  f/(?  Bello  Judaico, 


Anno     LXVII,  57 

e  mezzo  di  lavoro  non  si  arrivò  a  cavar 
neppure  un  miglio  di  quel  tratto..  Non  si. 
andò  poi  più  innanzi ,  perchè  affari  premu- 
rosi richiamarono  Nerone  a  Roma.  Elio  li^ 
berlo ,  mandato  da  lui  con  plenipotenza  di 
far  del  male  in  Italia,  l'andava  con  fre- 
quenti lettere  spronando  a  ritornarsene,  in- 
cuicando  la  necessità  della  sua  presenza  in 
queste  parti.  Ma Ne^'one  perduto  in  un  pae- 
se ^  dove  giorno  non  passava  che  non  mie- 
tesse nuove  palme ,  non  trovava  la  via  di 
lasciar  quel  cielo  sì  caro  :  quand'  ceco  giù- 
gnere  in  persona  Elio  stesso  ,  venuto  per 
le  poste  ,  che  gli  mise  in  corpo  un  fastidio- 
so sciroppo,  avvertendolo  che  si  tramava 
in  Roma  una  formidabil  congiura  contra  di 
lui.  Allora  sì,  che  s'imbarcò,  dopo. essersi 
quasi  un  anno  intero  fermato  in  Grecia^ 
alla  quale  accordò  il  governarsi  co'  proprj 
magistrati,  e  l'esenzione  da  tutte  le  impo-? 
ste  ;  e  venne  alla  volta  d' Italia .  Sorpreso 
fu  per  viaggio  da  una  tempesta^  per  cui 
perde  i  suoi  tesori ,  laonde  speranza  insor- 
se fra  molti ,  che  anch'  egli  in  quel  furore 
del  mare  avesse  a  perire.  Sano  e  salvo  egli 
compiè  la  navigazione,  ma  non  già  chi  avea 
mostrata  speranza  o  desiderio  di  vederlo 
annegato  j  perchè  ne  pagò  la  pena  col  suo 
sangue.  Come  trionfante  entrò  in  Roma  sul- 
lo stesso  cocchio  trionfale  d' Augusto  ,  su 
cui  veniva  anche  Diodoro  citarista  suo  fa- 
voritQ  ,  corteggiato  dai  soldati ,  cavalieri , 
e  senatori .    Era    addobbata    ed    illuminata 

tUt'  " 


58  Annali    d'  I  t  a  l  i  a 

tutta  la  città,-  incessanti  le  acclamazioni 
dettate  dalF  adulazione  :  Viva  Nerone  Er-- 
colcy  Nerone  Apollo^  Nerone  Tlncltor  di 
tutti  i  giuochi.  Beato  chi  può  ascoltar  la 
tua  voce!  A  questo  segno  era  ridotta  la 
maestà  del  popolo  romano.  Mentre  succe- 
deano  queste  vergognose  commedia  in  Gre- 
cia e  in  Italia,  avpa  dato  principio  F/avio 
Vespasiano  ^  alla  guerra  contra  i  sollevati 
Giudei .  Già  il  vedemmo  inviato  colà  per 
generale  da  Nerone .  La  prima  sua  impre- 
sa fu  r  assedio  di  Jotapat  ,  luogo  fortissi- 
mo per  la  sua  situazione.  Vi  spese  intor- 
no quarahtasette  giorni ,  e  costò  la  vita  di 
molti  de' suoi;  ma  de'Giudei  vi  perirono 
circa  quarantamila  persone  ,  e  fra  gli  altri 
vi  restò  prigione  lo  stesso  Giuseppe ,  stori- 
co insigne  della  nazion  giudaica^  il  quale 
comandava  a  quelle  milizie .  Perchè  predis- 
se a  Vespasiano  F  imperio,  fu  ben  trattato. 
Di  molte  altre  città  e  luoghi  della  Galilea 
s'impadronì  Vespasiano ,  e  Tito  suo  figliuo- 
lo riportò  qualche  vittoria  in  varj  combat- 
timenti, con  istraee  di  2;ran  quantità  'di 
Giudei . 


An- 

Joseph,  eodcm  Uh.  . 


Anno       LXVIII.  59' 

Anno  di  Cristo  lxviii.  Indizione  xi. 
di  Clemente  papa  2. 
di  Nerone  Claudio  imperadore  15. 
di  Servio  Sulticio    Galea    impe- 
radore  I.  '' 

p        T  X  Gaio  Silio  Italico, 
Lonsoli  ^j^  M^p^co  Galerio  Tracalo. 

Il  console  Siilo  Italico  quel  medesimo  è  , 
che  fu  poeta,  e  lasciò  dopo  di  se  un  poe- 
ma pervenuto  sino  ai  dì  nostri.  S'era  egli 
meritata  la  grazia  di  Nerone^  e  nello  stes- 
so tempo  r  odio  pubblico  ,  col  brutto  me- 
stiere d'accusare,  e  far  cóndennare  varie 
persone.  Consisteva  la  riputazion  di  Tra-^ 
calo  neir  essere  uomo  di  singoiar  eloquen- 
za^ trattando  le  cause  giudiciali.  Non  du- 
rò il  loro  consolato  più  del  mese  d' aprile , 
a  cagion  delle  rivoluzioni  insorte  ,  che  li- 
berarono finalmente  1*  imperio  romano  da 
un  imperador  buffone  ,  mostro  insieme  di 
crudeltà  .  ^  Ne'  primi  mesi  dell'  anno  pre- 
sente Gajo  Giulio  Vindice ,  vicepretore  e 
governator  della  Gallia  Celtica ,  il  primo 
fu  ad  alzar  bandiera  contro  di  Nerone  ,  col 
muovere  a  ribellione  que^  popoli  :  al  che 
non  trovò  difficultà,  sentendosi  essi  troppo 
aggravati  dalle  estorsioni  e  tirannie  del  fu- 
rioso imperadore  ,  vivamente  ancora  ricor- 
da- 

'  Dio  lib.61.  Sueton.  in  Nerone  r .  40.   &  seq. 


^0  Annali  d*  Italia 
date  loro  da  Vindice  in  questa  occasione. 
Non  teneva,  egli  al  suo  comando  legione 
alcuna  ,  ma  avea  ben  naolto  coraggio  ,  e  in 
breve  tempo  mise  in  armi  circa  centomila 
persone  di  que' paesi .  Contuttociò  le  mire 
sue  non  erano  già  risolte  a  farsi  im.pera- 
dore  ;  anzi  egli  scrisse  tosto  a  Servio  Sul- 
incio  Galba^ ,  governatore  della  Spagna  Ta- 
raconense  ^ ,  ^  personaggio  di  gran  credito 
per  la  sua  saviezza  ,  giustizia ,  e  valore  , 
esortandolo  ad  accettar  l' imperio  ,  con  pro- 
mettergli anche  la  sua  ubbidienza .  Perciò 
circa  il  principio  d'  aprile,  Galba ,  rauna- 
ta  una  legione  eh'  egli  avea  in  quella  pro- 
vincia,  con  alquante  squadre  di  cavalleria  ^ 
ed  esposte  la  crudeltà  e  pazzie  di  Nerone^ 
si  vide  proclamato  imperadore  da  ognuno. 
Egli  nondimeno  prese  il  titolo  solamente 
di  legato,  o  sia  di  luogotenente  della  re- 
pubblica. Dopo  di  che  si  diede  a  far  leva 
di  gente ,  e  a  formare  una  specie  di  sena- 
to .  P^rve  un  felice  augurio  e  preludio ,  l' 
essere  arrivata  in  quel  punto  a  Toitosa  in 
Catalogna  una  nave  d' Alessandria ,  carica 
d'armi,  senzachè  persona  vivente  v;  fosse 
sopra.  In  questi  tempi  soggiornava  l'impaz- 
zito Nerone  tutto  dedito  ai  suoi  vergognosi 
divertimenti  in  Napoli,  quando  nel  giorno 
anniversario  ,  in  cui  avea  uccisa  la  madre  , 
cioè  nel  di  21  di  marzo,  gli  arrivarono  le 
nuove  della  ribellion    della  Gallia  ,    e  deir 

atten- 

*  SuetoTì.  in   Qaih.\   r.  «?.  <jT  stn^ 


Anno    LXVIIT.  61 

"attentato  di  Vindice.  Parve  che  non  se  nò 
mettesse  gran  pensiero ,  e  piuttosto  ne  mo- 
strasse allegria,  sulla  speranza  che  il  gasti- 
go  di  quelle  ricche  provincie  gli  fruttereb- 
be degl'immensi  tesori.    Seguitò  dunque    i 
suoi  spassi ,  e  per  otto  giorni    non    mandò 
né  lettere  ne  ordini ,    quasiché    volesse  co- 
prii' col  silenzio  V  affare .  Ma  sopraggiunta 
copia    degli    editti    pubblicati     da    Vindice 
nella  Gallia  ,  pieni  d**  ingiurie  contra  di  lui , 
allora  si  risenti.    Quel  che  più  gli    trafisse 
il  cuore ,  fa  il  vedere ,  che  Vindice  in  ve- 
ce di   Nerone    il    nominava  col    suo  primo 
cognome    Enobarbo    ^ ,    e     diede    poi    nelle 
smanie,  perchè  il  chiamava  cattivò  sonator 
di  cetra.  Ne  conoscete  voi  un  migliore  di 
me  ?  gridò  allora  rivolto  ai    suoi ,    i  quali 
si  può  ben  credere  ,  che  giurarono    di  no  . 
Venendo  poi  un  dopo  V  altro  nuovi  corrie- 
ri,  con  più  funesti  avvisi^    tutto  sbigotti- 
to córse  a  Roma ,  consolato  nondimeno  per 
avere    osservato    nel    viaggio ,    scolpito    in 
marmo  un    soldato    gallico    strascinato   pe' 
capelli  da  un  Romano  :  dal  che  prese  buon 
augurio.  Non  raunò  in  Roma  né  il  senato, 
né  il  popolo  ;  Solamente    chiamò  una    con- 
sulta de' principali  al  suo  palagio.,    e  spese 
poi  il  resto  della  giornata  intorno    a  certi 
strumenti  musicali^    che  sonavano  a    forza 
d'  acqua  .  Fu  posta  taglia  sulla  testa   di  Vin- 
dice ,  ed  inviati  ordini^    perché    le  legioni 

dell' 

'  Pbilottr&ius  in  Apoll. 


62        Annali    d'  Italia 
deir  Illirico ,  ed  altre  soldatesche   marcias- 
sero centra  di  lui . 

Ma  sopraggiunto,  l'avviso,,  che  anche  Gal- 
ba  s'era  sollevato  in  Ispagna  ^,  oh  allora  sì 
che  gli  cadde  il  cuore  per  ^^erra  •  Dopo  lo 
sbalordimento  topiato  in  se  ,  si  stracciò  la 
veste  ,  e  dandosi  de'  pugni  in  testa  ,  gridò 
che  era  spedito  ,  parendogli  troppo  inau- 
dita e  strana  cosa  il  perdere,  ancorché  fos- 
se vivo  5  r  imperio  .  E  pure  da  lì  a  non 
molto  ,  perchè  vennero  nuove  migliori , 
tornò  alle  sue  ragazzerie  ,  lautamente  ce- 
nando ,  cantando  poscia  versi  contra  de' 
capi  della  ribellione  ,  e  accompagnandoli 
ancora  con  gesti  da  commediante  .  Andava 
intanto  crescendo  il  partito  de'  sollevati 
nelle  Spagne  e  nelle  Gallie  ,  e  tutti  con 
buon  occhio  ed  animo  miravano  Galba  , 
Fra  gli  altri  che  aderirono  al  suo  partito, 
uno  de'  primi  fu  Marco  Salvia  Ottone  ^ 
governatore  della  Lusitania  ,  il  quale  gli 
mandò  tutto  il  suo  vasellam.ento  d'oro  e 
d'argento,  acciocché  ne  facesse  moneta,  ed 
alcuni  ufiziali  ancora  più  pratici  de'  Gal- 
lici per  servire  ad  un  impcradore  .  Ma 
nelle  Gallie  si  turbarono  dipoi  non  poco 
gli  affari.  Lucio  (  chiamato  PztòZio  da  altri  ) 
Virginio^  o  sìa  Verginio,  Rufo,  y  governatore 
dell'  alta  Germania  ,  che  comandava,  il  mi- 
glior nerbo  dell'  armi  romane ,  o  da  se 
stesso  determinò ,    oppure    ebbe    ordine  di 

mar- 

*   Pltitarchvs  ztt  Calla.  Suetcnius  in  Neroic  cap.  ^i. 


Anno      LXVIIL  63 

marciar  centra  di  Vindice ,  In  favor  di 
Nerone  stette  salda  quella  parte  della  Gal- 
lia  che  s'accosta  al  Reno,  e  sopra  tutto 
Treveri^  Langres  ,  e  infin  Lione  si  dichia- 
rò centra  di  Vindice  .  Pare  eziandio,  che  V 
arma^ta  della  bassa  Germania,  cioè  della 
Fiandra  ed.  Olanda,  si  unisse  con  Virginia 
Ilufo ,  il  quale  marciò  air  assedio,  di  Be- 
sanzone.  Corse  colà  anche  Vindice  con  tut- 
te le  sue  forze  ^  per^ifendere  quella  cit- 
tà ,  e  seguì,  un  Segreto,  abboccamento  fra 
,0[uesti  due  generali  ^  anzi  parve  nel  sepa- 
rarsi,  che  fossero  d' accordo ,  verisimilmen- 
te  centra  di  Nerone .  JJa  accostatesi  le  sol- 
datesche di  Vindice*  per  entrar  nella  città 
(il  che  si  suppone  concertato  con  Virginio) 
le  legioni  romane  non  informate  di  quel 
concerto ,  senza  che  lor  fosse  ordinato ,  si 
scagliarono  addosso  alla  milizie  galliche^ 
e  trovandole  non  preparate  per  la  batta- 
glia ,  e  mal  ordinate ,  ne  fecero  un  macel- 
lo .  Vuol  Plutarco  ^ ,  che  contro  il  voler 
de' generali  quelle  due  armate  venissero  al- 
le mani .  Vi  perirono  da  ventimila  Galli- 
ci ;  e  tutto  il  resto  andò  disperso ,  con 
tal  affanno  di  Vindice,  che  da  se  stesso 
si  diede  poco  apprv'^sso  la  morte  ,  Se  di 
questa  non  voluta  vittoria  avesse  voluta 
prevalersi  Virginio  Rufo ,  per  farsi  e  man- 
tenersi  imperadofe  ,  poca  fatica  avrebbe  du- 
rato :  cotanto  era  egli  amato    ed    ubbidita, 

da 

'  Piutarchus  in  Cilba, 


b*4  A  N  N  A  L  r     d'  I  T  A  L  I  A 

eia  tutfà  la  sM  possente  armata.  Gliene 
fecero  anche  pia  istanze/  allora  e  dipoi  i 
suoi  soldati  5  ma  egli  d^a  Vero  cittadiii  ro- 
mano ,  e  con  impareggiabil  grandezza  d* 
animo  ricusò ,  sempre  dicendo , ,  aiiche  dopo 
là  morte  di  Nerone  ,  che  qud  solo  dovea 
essere  imperadore  ,  che  venisse  eletto  dal 
'Senato  e  popolo  romano .  Per  questo  magna- 
nimo rifiuto  si  rendè  poi  glorioso 'Vir- 
ginio ,  e  tenuto  fu  in  sqmma  riputazione 
presso  tutti  i  susseguenti  Augusti  ^,  e  ca- 
rico d'onori  menò  slia  vita  in  pace  sino 
air  anno  ottantatrè  di  sua  età  ,  in  cui  re- 
gnando Ne  r  va  ,  finì- i  suoi  giorni.  In  non 
picciola  costernazione  si  trovò  Galba  ,  al- 
lorché intese  la  disfatta  di  Vindice  ,  e  per 
vedersi  anche  male  ubbidito  dai  suoi ,  spe- 
dì a  Virginio  Rufo,  per  pregarlo  di  volere 
operar  seco  di  concerto ,  afTmchè  si  ricupe- 
rasse dai  Romani  la  libertà  e  V  imperio  . 
"Qual  risposici  ricevesse  ,  tìon  si  sa .  Sola- 
mente è  noto  =•  che  Galba  perduto  il  co- 
raggio si  ritirò  con  gli  amici  a  Clunia  cit- 
tà della  Spagna ,  meditando  già  di  levarsi 
di  vita,  se  vedea  punto  peggiorar  gli  affari . 
Era  intanto  stranamente  inviperito  Nerone 
per  questi  disgustosi  movimenti.  Nella  sua 
bàrbara  mente  altro  non  passava ,  che  pen- 
sieri d' inumanità  indicibile  .  Quanti  di  na- 
zione   gallica    3    si    trovavano    ò  per    suoi 

af- 

*  Piinìus  junior.  Ub.6.  Ep.jo.   Tacìt.  Histor.  lib.  x.  e  49» 

*  Dio  lib.6^.  Sueton.  in  Galba  cap.  Ji. 

*  S:ieton.  in  Nerone  cap.  43. 


Anno     LXVIII.  ^5 

affari j,  o  relegati  in  Roma,  tutti  li  voleva 
far  tagliare  a  pezzi  ;  permettere  il  saccheg- 
gio delle  Gallie  agli  eserciti  ;  levar  dal 
mondo  l'intero  senato  col  veleno  ;  attaccar 
il  fuoco  a  Roma  ,  e  nello  stesso  tempo 
aprire  i  serragli  delle  fiere,  acciocché  al 
popolo  non  restasse  luogo  da  difendersi . 
Nulla  poi  fece  per  le  difncultà  che  s'incon- 
travano. Quindi  pensò  che  s'egli  andasse 
in  persona  contro  i  ribelli ,  vittoria  si  ot- 
terrebbe .  Figuravasi  egli  ,  che  al  solo  pre- 
sentarsi piagnendo  alla  vista  loro,  tutti  ri- 
tornerebbero alla  sua  divozione .  Credendo 
inoltre  _,  che  a  vincere  la  Gallia  fosse  ne- 
cessario il  grado  di  console^  per  attestato 
di  Suetonio  ,  deposti  i  consoli  ordinar]  cir- 
ca le  calende  di  maggio,  prese  egli  solo  il 
consolato  per  la  quinta  volta .  Trovasi  non- 
dimeno in  Roma  un  frammento  d'iscrizio- 
ne, da  me  dato  alla  luce  ^,  in  cui  si  leg- 
ge NERONE    V  .    ET   TRACHA pa- 

i*endo  per  conseguente ,  che  Tracalo  non 
dimettesse  allora  il  consolato  .  Ridicolo  fu 
il  preparamento  suo  per  questa  grande  spe- 
dizione .  La  principal  sua  attenzione  an- 
dò a  far  caricare  in  carrette  scelte  tut- 
ti gli  strumenti  musicali  e  gli  abiti  da 
scena  con  armi  e  vesti  da  Amazoni  per 
le  sue  concubine  .  E'  certo  s'  egli  cantava 
una  delle  sue  canzonette  a  que'  rivoltati , 
potevano  eglino  non  darsi  per  vinti  ?  Ma 
Tom.  II.  E  oc- 

*   Thesaurus  Novus  feter,  Inscrt^tion-  p-  lo6,  num.  a. 


ێ  An-nali  d' Italia 
occorreva  danaro  ,  e  assaissimo ,  a  questa 
impresa .  Pose  una  gravosissima  colta  al 
popolo  romano^  facendola  rigorosamente  ri- 
scuotere .  Servì  ciò  ad  aumentar  V  odio  d' 
ognuno  contro  di  lui ,  e  ad  affrettar  la  sua 
rovina  ,  tanto  più  che  in  Roma  era  care- 
stia, e  quando  si  credette  che  un  vascello 
d'Alessandria  portasse  grani,  si  trovò  che 
conduceva  solamente  polve  per  servigio  de' 
lottatori .  Cominciarono  allora  a  fioccar  le 
ingiurie  e  le  pasquinate ,  e  tutto  era  dis- 
posto alla  sedizione  .  Per  buona  fortuna  av- 
venne ^,  che  anche  Nlnfidio  Sabino  ^  eletto 
in  luogo  di  Fenio  Rufo ,  prefetto  del  pre- 
torio ,  uomo  di  bassa  sfera  ,  ma  fiero ,  mos- 
so a  compassione  di  tante  calamità  di  Roma , 
tenne  mano  a  liberarla  dal  furioso  tiranno  . 
Anche  V  altro  prefetto ,  o  sia  capitan  delle 
guardie ,  Tlgellino ,  che  tanto  di  male  avea 
fatto  negli  anni  precedenti  ,  giunse  ora  a 
tradire  V  esoso  padrone  .  Essendo  stato  av- 
vertito Nerone  del  mal  animo  del  popolo , 
e  giuntogli  nel  medesimo  tempo  avviso , 
mentre  desinava  ,  che  Virginio  Rufo  col  suo 
esercito  s'  era  dichiarato  contra  di  lui  , 
stracciò  le  lettere,  rovesciò  la  tavola,  fra- 
cassò due  bicchieri  di  mirabil  intaglio  ,  e 
preparato  il  veleno  si  ritirò  negli  orti  ser- 
viliani  y  meditando  o  di  fuggirsene  fra  i 
Parti  ,  o  di  andar  supplichevole  a  trovar 
Galba ,  o  di  presentarsi  ai  senato  e  al  pò- 

po- 

*   Pivtare.   in  Gai k». 


Anno       LXVIII.  67 

polo  ,    per    dimandar    perdono .    Di    qucst2^ 
occasione  profittò  Ninfidio   ^ ,  per  far  cre- 
dere ai  pretoriani,  che  Nerone  era  fuggito, 
^  per  far  acclamare  Galba  imperadore  ,  pro- 
mettendo   loro  a    nome  di   esso  Galba    un 
esorbitante  donativo  .  Verso  la  mezza  not- 
te   svegliatosi  Nerone  ,    si    trovò  abbando- 
nato dalle  guardie  ,   e   con  pochi    andò  gi- 
rando   pel    palazzo  ,    senzadio    alcuno    gli 
Tolesse  aprire ,  e  senza  impetrar  dai  suoi , 
che  alcuno  gli  facesse  il  servigio  d'  uccider- 
lo.  Si  esibì  Faonte  suo  liberto    di    ricove- 
rarlo ed  appiattarlo  in  un  suo    palazzo    di 
villa ,  quattro  miglia  lungi    da    Koma  ;  ed 
in  fatti  colà  con  grave  disagio  per    luoghi 
spinosi  arrivato  si    nascose  .    Fatto    giorno 
vennero  nuove  a  Faonte ,  che  il  senato  ro- 
mano avea  proclamato  imperadore    Galba  , 
e  dichiarato    Nerone    nemico    pubblico  ;    e 
fulminate  contra    di  lui  le  pene    consuete . 
Dimandò  Nerone ,  che  pene  fossero  queste  ? 
Gli    fu  risposto    d' essere    strascinato    nudo 
per  le  strade ,  fatto  morire  a  colpi  di  bat- 
titure ,  precipitato  dal  Campidoglio  ,  e  con 
un  uncino  tirato  e  gittato  nel  Tevere.  Al- 
lora   fremendo    mise    mano  a  due    pugnali 
che  area  seco  ,  ma  senza  attentarsi  di  pro- 
vare ,  se  sapeano  ben    forare .    Udito    poi , 
che  veniva  un  centurione  con  molti  cavalli 
per  prenderlo  vivo  ,  ajutato  da    Epafrodito 
suo  liberto,  si  diede  del  pugnale  nella  go- 

£  2  la. 


^8  Annali  d*  I  t  a  l  i  a 
la.  Arrivò  in  quel  punto  il  eenturione ,  fin* 
gendo  à'  esser  venuto  per  ajutarlo  _,  e  cor-* 
se  col  mantello  da  viaggio  a  turargli  la  fe^ 
rita.  Allora  Nerone,  benché  mezzo  morto, 
disse  :  Oh  adesso  sì  ,  che  è  tempo  !  E  questa 
è  la  vostra  fedeltà  ?  ^  Così  dicendo  spirò 
in  età  d'  anni  trentuno  ,  o  pure  trentadue 
nel  dì  9  di  giugno ,  restando  i  suoi  occhj 
sì  torvi  e  fieri ,  che  faceano  orrore  a  chiun- 
que il  riguardava  .  Permise  poi  Icelo  , 
liberto  di  Galba  ,  poco  prima  sprigionato  , 
che  il  di  lui  corpo  si  bruciasse.  Le  ceneri 
furono  seppellite,  per  quanto  s'ha  da  Sue- 
tonio ,  assai  onorevolmente  nel  sepolcro  dei 
Domizj  .  E  tale  fu  il.  fine  di  Nerone ,  degno 
appunto  della  sua  vita  ,  la  quale  è  incerto 
se  abbondasse  più  di  follie  o  di  crudeltà , 
Manifesta  cosa  è  bensì ,  eh'  egli  fu  conside-^ 
rato  qual  nemico  del  genere  umano  ,  qual 
furia  5  qual  compiuto  modello  de'  principi 
più  cattivi ,  anzi  dei  tiranni ,  non  essendo 
mai  da  chiamare  legittimo  principe  chi  per 
forza  era  salito  sul  trono  ,  ed  avea  carpita 
col  terrore  V  approvazion  del  senato  e  del 
popolo  romano  ,  accrescendo  dipoi  col  cru-r 
del  suo  governo  ,  e  colle  tante  sue  ingiu-^ 
stizie  e  rapine  la  macchia  del  violento  in-! 
gresso  .  E  tal  possesso  prese  allora  ne'  po^ 
poli  la  fama  di  questo  infame  imperadore , 
che  passò  anche  ai  secoli  seguenti  con  tal 
concordia,    che^  oggidì  ancora  il  volgo  del 

no- 

'  Dio  l.  6z>  Stieu  in  Ner.  e  57-  Euseè.  in  Chr^  Eutrop^  &  alU . 


Anno      LXVIIIo  % 

nome  eli  lui  si  serve  per  denotare  un  uomo 
crudele  e  spietato .  Nulladimeno  fra  il  mi- 
nuto popolo  ,  vago  solamente  di  spettacoli , 
e  fra  i  soldati  delle  guardie,  avvezzi  a 
profittare  della  disordinata  di  lui  liberali- 
tà ,  molti  vi  furono  che  amarono  ed  onora- 
rono la  di  lui  memoria  .  Fu  anche  messa  in 
dubbio  la  sua  morte  ,  e  si  vide  uscir  fuori  in 
varj  tempi  più  d'  un  impostore  ,  che  finse  d' 
essere  Nerone  vìvo ,  con  gran  commozione 
de' popoli,  godendone  gli  uni,  e  temendo-* 
ne  gli  altri. 

Non  si  può  esprimere  T  allegrezza  del 
pòpolo  romano ,  allorché  si  vide  liberato  da 
quel  mostra.  V'ha  chi  crede,  che  tolto  di 
mezzo  Nerone ,  fossero  creati  consoli  Mar-' 
co  Plautio  Silvano^  e  Marca  Salvia  Otto- 
ne ,  il  quale  fu  poi  imperadore .  Ma  di  que- 
sto consolato  d'  Otton.e  vestigio  non  appari- 
sce presso  gli  antichi  scrittori  3  e  Plutar- 
co ^  osserva,  ch'egli  venne  di  Spagna  cori 
Galba  :  dal  che  sì  comprende  ,  non  aver  egli 
potuto  ottenere  sì  fatta  dignità  in  questi 
tempi .  Fuor  di  dubbio  è  bensì ,  che  conso- 
li furono  Gajo  Bellico  Natale  ,  e  Publio  Cor- 
nelio  Scipione  Asiatico.  Cia  costa  dalle  iscri- 
zioni ch'io  ha  riferito  ^.  In  esse  Natale  si 
vede  nominato  Bellico  y  e  non  Bellicio  ,  e 
gli  vien  dato  anche  il  cognome  di  Teba- 
niano .  Galba  intanto  col  cuor  tremante  se 

E  3  ne 

'   Plutar.  in  Galba . 
Thesfiur.  Novus  Jnscription.  fag,  30^.  ntim,  ^■> 


7©  Annali  d'Italia 

ne  stava  in  Ispagna  aspettando  qiial  piega 
prendessero  gli  affari  ;  quando  in  sette  dì 
di  viaggio  arrivò  colà  Icelo  suo  liberto ,  ed 
entrato  al  dispetto  de' camerieri  nella  stan- 
ca, dov' egli  dormiva,  gli  diede  la  nuova,^ 
che  era  morto  Nerone  ,  e  d'  essersene  egli 
stesso  voluto  chiarire  colla  visita  del  cada- 
vero,  ed  avere  il  senato  dichiarato  impe- 
radore  esso  Galba .  Racconta  Suetonio,  eh' 
egli  tutto  allegro  immediatamente  prese  il 
nome  di  Cesare .  Più  probabile  nondimeno 
è ,  che  aspettasse  a  prenderlo  due  giorni 
dopo ,  nel  qual  tempo  arrivò  Tito  Vinio 
da  Roma ,  che  gli  portò  il  decreto  del  se-? 
nato  per  la  sua  elezione  in  imperadore . 
Servio  (  appellato  scorrettamente  da  alcu^ 
ni  Sergio  )  Sulpicio  Galba  ,  che  prima  avea 
usato  il  prenome  di  Lucio ,  uscito  da  una 
delle  più  antiche  ed  illustri  famiglie  roma-^ 
ne,  dopo  essere  stato  console  nell'anno  di 
Cristo  53  y  e  dopo  aver  con  lode  in  varj 
onorevoli  governi  dato  saggio  della  sua  pru- 
denza e  del  suo  valor  militare ,  si  trovava 
allora  in  età  di  settanta  due  anni  ^ .  Ne 
sperò  buon  governo  il  senato  l'omano  ,  ed 
ancorché  si  venisse  a  sapere ,  eh'  egli  era 
uom  rigoroso  ,  ed  inclinato  all'avarizia,  ma- 
le familiare  di  non  pochi  vecchj  :  pure  il 
merito  di  avere  in  lontananza  cooperato  ad 
abbattere  l' odiatissimo  Nerone ,  fece  che 
comunemente  fosse  desiderato  il  suo  arrivo 

i^  Ro- 

*  Suetsn.  in  Galha  ea^^  la. 


à 


Anno    LXVIII.  71 

a  Roma.  Partissi  egli  di  Spagna j  e  a  pic^ 
ciole  giornate  in    lettiga   passò    nelle  Gal- 
lie,  inquieto  tuttavia   per  non  sapere    se  V 
armate    dell'alta    e  della    bassa    Germania, 
comandate  1' una  da  Virginio  Rufo^  e  l'al- 
tra da  Fonteo  Capitone  ^  fossero  per  venire 
alla  sua  divozione  .  Soprattutto  gli  dava  dell' 
apprensione  Virginio,  siccome  quello  a  cui 
vedemmo    fatte  cotante    istanze ,    acciocché 
assumesse  l'imperio.  Ma  questi  con  eroica 
moderazione  indusse  ì'  armata  ,  benché  non 
senza  fatica,  a  giurar  fedeltà  a  Galba  ;  ed 
altrettanto  anche  prima  di  lui  fece  Capito- 
ne .    Poco  dipoi    grato  si  mostrò    Galba    a 
Virginio  ,  perché  chiamatolo  alla  corte  con 
belle   parole,     diede  il    comando    di    quell' 
esercito  ad   Ordeonio  Fiacco^  e  da  lì  innan- 
zi trattò  assai   freddamente  esso    Virginio  , 
senza  fargli  del  male,  ma  neppur  facendo- 
gli del  bene . 

I  due  maggiormente  favoriti  e  potenti 
presso  Galba  cominciarono  ad  essere  Tito 
Vinto ,  dianzi  da  noi  mentovato  ,  che  ci 
vien  descritto  da  Plutarco  ^  per  uomo  per- 
duto nelle  disonestà,  ed  interessato  al  mag- 
gior segno  ;  e  *  Cornelio  Lacone ,  uomo 
dappoco,  e  di  parecchi  vizj  macchiato,  che 
Galba  senza  dimora  dichiarò  capitano  del- 
le guardie,  o  sia  prefetto  del  pretorio.  Per 
mano  di  questi  due  passavano  tutti  gli  af- 
fari. Volle  anco  Marco  SalVw  Ottone^   vi- 

E  4  ce- 

'  Fiutare,  in  Caliga.         *   Tachus  Histor.  lih.\,  cap,6. 


72  Annali  r>'  I  t  a  l  t  a 
cepretore  della  Lusitania  ,  accompagnar  Gal- 
ba  a  Roma  .  Era  egli  stato  de' primi  a  di- 
chiararsi per  lui  ,  né  lasciava  indietro  os- 
sequio e  finezza  alcuna ,  per  cattivarsi  il 
di  lui  affetto,  e  quello  ancora  di  Vinio , 
avendo  conceputa  speranza,  che  il  vecchia 
Galba,  sprovveduto  di  figli,  adotterebbe  lui 
per  figliuolo.  E  qualora  ciò  non  succedes- 
se ,  già  macchina\*a  di  pervenire  all'  impe- 
rio per  altre  vie.  Giunto  Galba  a  Narbo- 
na,  quivi  se  gli  presentarono  i  deputati  del 
senato ,  accolti  benignamente  da  lui ,  ma 
senza  eh'  egli  volesse  ricevere  i  mobili  di 
Nerone ,  inviati  da  Roma^  e  senza  voler 
mutare  i  proprj  ,  benché  vecchj  :  il  che  gli 
ridondò  in  molta  stima,  per  darsi  egli  a 
conoscere  in  tal  forma  signore  moderato  e 
lontano  dal  fasto .  Non  tardò  poi  a  cangiar 
di  stile  per  gli  cattivi  consigli  di  Vinio . 
Intanto  in  Roma  si  alzò  un  brutto  tempo- 
rale ,  che  felicemente  si  sciolse  per  buona 
fortuna  di  Galba.  Nlnfidio  Sabino  prefetto 
del  pretorio ,  che  più  degli  altri  avea  con- 
tribuito alla  morte  di  Nerone ,  e  air  esal- 
tazione di  Galba  ,  si  credea  di  dover  essere 
r arbitro  della  corte,  e  far  da  padrone  al- 
lo stesso  nuovo  Augusto  che  tanto  gli  do- 
vea.  Perciò  imperiosamente  depose  T'igei- 
Uno  suo  colleg  a ,  e  sotto  nome  di  Galba 
si  diede  a  signoreggiare  in  Roma .  ^  Ma 
dappoiché  gli  fu  riferito  che  Cornelio    La-- 

Cime 

'  Pluf  are,  in  Galha^ 


Anno  LXVIIL  '  75 
cone  aveva  anch' egli  conseguita  la  dignità 
di  prefetto  del  pretorio ,  e  eh'  esso  con  Ti^ 
to  Vinio  comandava  le  feste ,  se  ne  alterò 
forte  ,  perchè  non  amava  né  voleva  compa- 
gno neir  ufizio  suo.  Mutate  dunque  idee, 
meditò  di  farsi  egli  imperadore.  Trasse 
dalla  sua  quanti  soldati  delle  guardie  po- 
tè ,  ed  anche  alcuni  senatori  e  qualche  da- 
ma delle  più  intriganti  ;  e  giacché  non  si- 
sapea  chi  fosse  suo  padre ,  sparse  voce  d' 
esser  egli  figliuolo  di  Gajo  Caligola .  Gli 
si  rassomigliava  anche  nella  fierezza  del  vol- 
to, e  nell'infame  sua  impudicizia.  Voleva 
spedire  ambasciatori  a  Galba ,  per  rappre- 
sentargli che  s'egli  si  levasse  dal  fianco  Vi- 
nio e  Lacone  ,  riuscirebbe  più  grata  la  sua 
venuta  a  Roma.  Poscia  in  vece  di  questo, 
tentò  d'intimidirlo  con  fargli  credere  mal 
contente  di  lui  le  armate  della  Germania , 
Soria^  e  Giudea.  E  perciocché  Galba  mo- 
strava di  non  farne  caso,  determinò  Ninfi- 
dio  di  prevenirlo  con  farsi  proclamar  im- 
peradore dai  pretoriani .  E  gli  veniva  fat- 
to ,  se  Antonio  Onorato  ,  uno  de'  principa- 
li tribuni  di  quelle  compagnie ,  non  avesse 
con  saggia  esortazione  tenuta  in  dovere  la 
maggior  parte  de' pretoriani.  Anzi  arrivò 
ad  indurgli  a  tagliare  a  pezzi  Ninfidio:  con 
che  si  quetò  tutto  quel  romore. 

Informato  Galba  di  quest'affare,  ed  avu- 
ta nota  d'alcuni  complici  di  Ninfidio,  e 
specialmente  di  Clngonio  Varrone  ^  console 
disegnato,  e  ài  Mitridate  ^  quegli  probabil- 

men- 


74  Annali  d' jI  t  a  l  i  a 
mente,  ch'era  stato  ré  del  Ponto,  mandò 
r  ordine  della  lor  morte  senz'  altro  proces- 
so ,  e  senza  accordar  loro  le  difese  :  dal 
che  gli  venne  un  gran  biasimo .  Nella  stes- 
sa forma  tolto  fu  dal  mondo  Gajo  Petronio 
TarpUiano^  stato  già  console  nell'anno  di 
Cristo  Si  ,  non  per  altro  delitto  ,  che  per 
essere  stato  amico  ed  ufizial  di  Nerone. 
Giunto  poi  Galba  a  Ponte  Molle  colla  le- 
gione condotta  seco  dalle  Spagne  ,  e  con  al- 
tre milizie  ,  se  gli  presentarono  senz'  armi 
alcune  migliaja  di  persone,  che  Suetonio  ^ 
dice  di  remiganti ,  alzati  all'  onore  della 
milizia  da  Nerone  :  Dione  ^  pretende  di 
soldati,  che  prima  erano  dall' armata  nava- 
le passati  al  grado  di  pretoriani.  Galba 
avea  comandato  che  tornassero  al  loro  eser- 
cizio nella  flotta,  ed  eglino  con  alte  gri- 
da faceano  istanza  di  riaver  le  loro  ban- 
diere.  Rinforzavano  essi  le  grida,  e  secon- 
do Plutarco  3  j  che  li  suppone  armati ,  al- 
cuni misero  mano  alle  spade.  Galba  allora 
ordinò  che  la  cavalleria  di  sua  scorta  fa- 
cesse man  bassa  contra  di  loro.  Per  quel 
che  narra  Suetonio,  furono  messi  in  fuga, 
e  poi  decimati.  Tacito  scrive  che  ne  far 
rono  uccise  alcune  migliaia;  e  Dione  giù- 
gne  a  dire  che  furono  settemila  :  il  che  par 
poco  credibile.  Quel  che  è  certo,  per  azio- 
ni tali  entrò  Galba  in  Roma  già  scredita- 
to ; 

"   Sueton.  in  Galha  cap.ix.         *  Dio  Uh.  6/^, 
*  Fiutare,  in  Calh  . 


Anno    LXVIII.  75 

to;  ed  ancorché  facesse  alcuni  buoni  rego» 
lamenti  in  benefizio  del  pubblico ,  e  ralle- 
grasse il  popolo  colla  morte  d'Elio,  Poli- 
ciato j  Petino,  Patrobio ,  e  d'altri,  che  con 
calunnie  aveano  fatto  perire  molti  innocen- 
ti :  pure  tant'  altte  cose  operò  ,    che  fecero 
sparlare  molto  di  lui  il  popolo .  Impercioc- 
ché contro  r  espettazion  di  ognuno  non  pu- 
pi TLgellino ,  ministro  primario    delle  cru- 
deltà d' esso    Nerone ,    perchè  costui    seppe 
guadas-narsi    la  protezione    di  Tito  Vinio  , 
che  tutto  potea  nel  palazzo  imperiale.  Chie- 
dendogli i  pretoriani  le  immense  somme  di 
danaro  ,  promesse  loro  da  Ninfidio  ,  con  fa^ 
tica  donò  pochissimo.  E  pervenutogli  a  no- 
tizia^   che  se    ne    lagnavano    forte  j,    diede 
una  risposta    da    saggio  Romano ,    con    di- 
ye  :  ^  C/i'  egli  era  solito  ad  arrolare  per  gra- 
zia ,  e  non  già  a  comperare  i  soldati .    Ma 
se  n'ebbe  ben' presto  a  pentire.    Seguitava 
^  in  questi  tempi  la  guerra  de'  Promani  sot- 
to il  comando  di  Vespasiano  contra  de' Giu- 
dei .  Si  andò  egli  disponendo  per  far  1'  as~ 
sedio  di  Gerusalemme  ,    con  prendere  tutte 
le  fortezze  ali- intorno ,  e  quella  città,  che 
nel  di  fuori  provava  tutte  le  fiere   pensio- 
ni  della  guerra  ,  maggiormente   era  afflitta 
nel  di  dentro  per  le  funeste  e  micidiali  di- 
scordie degli  stessi   Giudei  ,  che  diffusamen- 
te si  veggono  descritte  da  Giuseppe  Ebreo. 

Ma 

'   Sueton.  in  Galha  cap.   16. 

*  Joseph,    de  Bello  Jud^ico  lib.  4, 


7^  Annali  d*  Italia 
Ma  perciocché  arrivarono  le  nuove  colà  del*- 
la  ribellione  delle  Gallie  e  della  Spagna, 
che  facea  temere  d'  una  guerra  civile  ,  e  poi 
della  morte  di  Nerone,  Vespasiano  sospese 
r  assedio  suddetto ,  e  spedì  Tito  suo  fi- 
gliuolo ad  assicurar  Galba  della  sua  divo- 
zione ed  ubbidienza  ;  ma  da  lì  a  non  mol- 
to cangiarono  faccia  gli  affari ,  siccome  ve- 
dremo andando  innanzi  * 

Anno  di  Cristo  Lxix.  Indizione  xrf.- 
di  Clemente  papa  3. 
di  Servio  Sulpicio  Galea  ,  impe- 

radore  2. 
di  Marco  Salvici  Ottone  impera*^' 

dorè   I. 
di  Flavio  Vespasiano  imperad.  i.- 

f  Servio  Sulpicio  Galba  im-* 
^        Y    J        peradore    per  la     seconda 
(        volta , 
L  Tito  Vinio  Ritf fino  ,- 

1  erchè  Clodio  Macro  vicepretore  dell'Afri- 
ca s'  era  anch'  egli  ribellato  centra  di  Ne- 
rone ,  e  continuava  a  far  delle  estorsioni  e 
ruberie  ,  Galba  nell'  anno  precedente  ebbe 
maniera  di  farlo  levar  dal  mondo.  ^  Fu 
ancora  accusato  di  meditar  delle  novità 
nella  bassa  Germania  Foritelo  Capitone  ^  il 
qual  pure  vedemmo  che  avea    riconosciuta 

Gal- 

*   Tacitus  fUimìétt.  lih^J',  cap.7.  Dio  ìib.'ó^ 


Anno     LXIX.  77 

Galba  per  imperadore.  Vero,  o  falso  che 
fosse  questo  suo  disegno  ,  anch'  egli  fu  uc- 
ciso ,  senza  aspettarne  gli  ordini  da  Roma, 
Al  comando  di  quell'  armata  ^  inviò  Galba , 
a  suggestione  di  Vinio  ,  Aulo  Vltellio ,  uo- 
mo pieno  di  vizj ,  eppur  creduto  tale  da 
non  far  bene  né  male,  e  cke^  purché  po- 
tesse appagar  la  sua  ingordissima  gola  ,  pa- 
reva incapace  d' ogni  grande  impresa .  Fu 
questa  elezione  il  principio  della  rovina  di 
Galba.  Costui  pieno  di  debiti  per  aver 
troppo  scialacjquato  sotto  i  precedenti  Au*- 
gusti  y  arrivò  all'  armata  della  Germania  in^ 
feriore,  e  niuna  viltà  o  bassezza  lasciò  in- 
dietro per  conciliarsi  1'  amore  di  quelle  mi- 
lizie, senza  gastigar  alcuno,  con  perdona- 
re e  far  buona  ciera  a  tutti ,  e  donar  loro 
quel  poco  che  potea .  Avvenne  che  le  le- 
gioni dimoranti  nell'alta  Germania^  già  ir- 
ritate per  r  abbassamento  di  Virginio  Ru- 
fo^ udendo  le  relazioni,  accresciute  molto 
nel  viaggio,  dell'avarizia  e  della  crudeltà 
di  Galba ,  cominciarono  ad  inclinar  tutte 
alla  sedizione;  né  Ordeonio  Fiacco  lor  co- 
mandante, uomo  vecchio  ,  gottoso,  e  sprez- 
zato dai  soldati ,  avea  forza  di  tenerle  in 
dovere.  In  fatti  benché  nel  primo  giorno 
di  gennajo  dell'  anno  presente  ,  secondo  il 
costume  giurassero,  ma  conistento,  fedek 
ta  a  'Galba,  nel  di  seguente  misero  in  pez- 
zi  ^G  di  lui  immagini,  e  giurarono  di  ri- 
co- 

^  Suetort.  in  rhelh'o  ca^.  7. 


78        AiTN-ALi    D^  Italia 
conoscere  qualunque  altro  imperadore ,  die 
fosse  eletto'  dal  senato  e  popolo  romano  ^ . 
Tacito  scrive    che  la  ribellione  ebbe  prin- 
cipio nelle  calende  di  gennajo.  Volò  presto 
r  avviso  di  tal  novità  a  Colonia  _,  dove  di- 
morava Vitellìo ,    che   ne  seppe    profittare  ^ 
con  far  destramente  insinuare   ai  suoi  sol- 
dati della    bassa  Germania    di  elegger   essi 
piuttosto  un    imperadore ,  che  di  aspettar- 
lo dalle  mani    altrui .    Non  vi  fu    bisogno 
di  molte  parole .  Nel  dì  seguente  Fabio  Va- 
lente ,  venuto  colla  cavalleria  a  Colonia ,  e 
tratto  fuori  di'  casa  Vitellio  ,  benché  in  ve- 
sta da  camera ,  V  acclamò  imperadore .  Po- 
co stettero  ad  accettarlo  per  tale  le  legic^ 
ni  deir  alta  Germania.  Le  città  di  Colonia, 
Treveri ,  e  Langres^  disgustate  di    Galba , 
s'affrettarono    ad    esibir  armi,    cavalli,   e 
danaro  a  Vitellio.  Accettò  egli  con  piace- 
re  il    cognome    di   Germanico:    per    allora 
non  volle  quello    d'  Augusto  ;    né  mai    usò 
quello  di  Cesare,  Formò  poi  la  sua  corte; 
e  gli  ufizj  soliti  a  darsi  dall' imperadore  ai 
liberti ,  furono  da  lui  appoggiati  a  cavalie-s 
ri    romani.    Valerlo   ^Asiatico   legato    della 
Fiandra ,  p^r  essersi  unito    a  lui ,   divenne 
fra  poco  suo  genero.  E  Giunio  Bleso ^  go- 
vernatore della    Gallrù  lugdunense ,    perchè 
il  popolo  di  Lione  era  forte  in  collera  con- 
tra  di  Galba,   seguitò   anch' egli  il  partito 
di  Vitellio  con  una  legione^  e  colla  cavai;* 
leria  di  Torino. 

Gal- 

*  P lutare  in  Galba .  T^f/r,  HistorUr-  Uh- 1.   c/tf'  55- 


J 


Anno       LXIX.  79 

Galba  in  questo  mentre,  il  meglio  che 
potea,  attendeva  in  Roma  al  governo  ', 
ina  per  la  sua  vecchiezza  sprezzato  da  mol- 
ti ,  avvezzi  alle  allegrie  del  giovane  Nero- 
ne, e  da  molti  odiato  per  la  sua  avarizia . 
Il  potere  nella  sua  corte  era  compartito  fra 
Tito  Vinio  ,  che  già  dicemmo  console ,  e 
Cornelio  Lacone  prefetto  del  pretorio  ,  e 
per  terzo  entrò  Icelo  liberto  di  Galba,  uo- 
mo di  malvagità  patente  .  Costoro  emuli  e 
discordi  fra  loro ,  abusando  della  debolez- 
za del  vecchio  Augusto ,  si  studiavano  ca- 
dauno di  far  roba  ,  e  di  portar  innanzi  chi 
succedesse  a  Galba .  Ma  eccoti  corriere  , 
che  porta  la  nuova  della  sollevazion  delle 
legioni  dell'  alta  Germania .  Andava  già 
pensando  Galba  ad  adottare  in  figliuolo  e 
successor  nell'imperio  qualche  persona,  in 
cui  si  unisse  la  gratitudine  verso  del  pa- 
dre, e  l'abilità  in  benefizio  del  pubblico. 
Più  degli  altri  vi  aspirava  ,  e  confidato  nell' 
appoggio  di  Tito  Vinio  sperava  Marco  Sai- 
vio  Ottone ,  più  volte  da  me  rammentato 
di  sopra  come  uomo  infame  per  molti  suoi 
vizj  ,  e  veterano  negl'  intrichi  della  corte  • 
Air  udir  le  novità  della  Germania  non  vol- 
le Galba  maggiormente  differir  le  sue  riso- 
luzioni, per  procacciarsi  in  un  giovane  fi- 
gliuolo un  appoggio  alla  sua  avanzata  età 
e  alla  mal  sicura  potenza .  Fatto  chiamare 
all'improvviso  nel  di  io  di  gennajo  ,  Lucio 
risone   Frugi    Licinlano  ,   discendente     da 

Cras- 

*   Tadt.  Hisfriar.  Uh.  i,  caf>.  13. 


So  Annali  d'Italia 
Crasso ,  e  dal  gran  Pompeo ,  giovane  di 
molta  riputazione  e  gravità  ^  in  età  allora 
di  trentun' anno  alla  presenza  di  Vinio,  di 
Lacone ,  di  Mario  Celso  console  disegnato, 
e  di  Ducennio  Gemino  prefetto  di  Roma^ 
dichiarò  che  il-  voleva  suo  iigliuolo  adotti- 
vo e  successore  .  Pisone  senza  comparir  tur- 
bato ,  né  molto  allegro,  rispettosamente  il 
ringraziò.  Andarono  poi  tutti  al  quartie- 
re de' pretoriani  ,  e  quivi  più  solennemen- 
te fece  Galba  questa  dichiarazione  per  ispe- 
ranza  di  guadagnargli  V  affetto  di  que'  sol- 
dati .  Ma  perchè  non  si  parlò  punto  di  re- 
galo, quelle  milizie  mal  avvezze  ascoltaro- 
no con  silenzio  ed  anche  con  malinconia 
quel  ragionamento .  Per  attestato  di  Taciu- 
to ,  la  promessa  di  un  donatiro  poteva  as- 
sicurar la  corona  in  capo  a  Pisone  ;  ma 
Galba  non  sapea  spendere  ,  e  volea  vivere 
all'  antica  ,  senza  riflettere  che  erano  di 
troppo  mutati  i  costumi.  Anche  al  senato 
fu  portata  questa  determinazione  ed  ap- 
provata . 

Ottone,  che  di  dì  in  di  aspettara  questa 
medesima  fortuna  da  Galba ,  allorché  vide 
tradite  tutte  le  sue  speranze,  tentò  un  col- 
po da  disperato ,  Coli'  aver  ottenuto  un  po- 
sto in  corte  ad  un  servo  di  Galba,  avea 
poco  dianzi  guadagnata  una  buona  somma 
d""  argento.  Di  questo  danaro  si  servì  egli 
per  condurre  ad  una  sua  trama  due  oppur 
cinque  soldati  del  pretorio  ^ ,  a'  quali  con 

tirar 

^  Suetan.  in  Othont  ca^.  5. 


A  N  N  o    LXIX.  8t 

tirar  nel  suo  partito  pochi  altri ,  prodigio- 
samente riuscì  di  fare  una  somma  rivolu- 
?ion  di  cose .  Costoro  ,  perchè  furono  cas- 
sati in  questo  tempo  alcur>i  ufiziali  delle 
guardie,  come  parziali  dell'estinto  Ninil- 
dio ,  sparsero  voci  di  maggiori  mutazioni  . 
Quel  poltron  di  Lacone,  tuttr^chè  avvertito 
di  qualche  pericolo  di  sedizione ,  a  nulla 
provvide.  Ora  nel  dì  15  di  gennajo,  Mar'- 
co  Salvia  Ottone^  dopo  essere  stato  a  cor- 
teggiar Galba,  si  portò  alla  colonna  dora- 
ta, dove  .trovò  secondo  il  concerto  venti- 
tré soldati  :  che  cosi  pochi  erano  i  congiu- 
rati .  ^  L'  acclamarono  essi  imperadore  ,  e 
messolo  in  una  lettiga,  T introdussero  nel 
quartiere  de'  pretoriani^,  senza  che  a  sì  pic- 
ciolo numero  di  ammutinati  alcun  si  oppo- 
nesse. A  poco  a  poco  altri  si  unirono  ai 
precedenti,  e  non  finì  la  faccenda,  che  tut- 
to quel  corpo  di  milizie,  colla  giunta  an- 
cora dell'  altre  dell'  armata  navale ,  si  di- 
chiarò per  lui ,  mercè  del  buon  accoglimen- 
to, e  delle  promesse  di  un  gran  donativo 
che  Ottone  andava  di  mano  in  mano  facen- 
do a  chiunque  arrivava.  Avvisati  di  questa 
novità  Galba  e  Pisone,  spedirono  tosto  per 
soccorso  alla  legione  condotta  dalle  Spagne  ^ 
e  ad  alcune  compagnie  di  Tedeschi .  Uscì 
Galba  di  palazzo  per  una  falsa  voce  ,  che 
Ottone  fosse  stato  ucciso,  sperando  che  il 
suo  presentarsi  ai  perfidi  pretoriani j,  li  fa- 
ToM.  II.  F  reb- 

^  Tacitus  KistoYiar.  Uh.  i.  cap.  17.  Plutavchus  in  Galh . 


82  A  N  N"  A  L  r     d'   I  T  A  L  r  A 

rebbe  cedere.  Ma  al  comparir  essi  in  armi 
con  Ottone ,  e  al  gridare  che  si  facesse  lar- 
go ,  il  popolo  si  ritirò  ,  e  Galba  in  mezzo 
alla  piazza  rimasto  abbandonato  >    fu  steso 
con  più  colpi  a  terra,    ed  anche    barbara- 
mente messo  in  brani.  Il  console  Finio  an- 
ch' egli  restò    vittima    delle  spade ,    Fisone 
malamente  ferito  tanto   fu  difeso  da   Sem- 
pronio Denso  centurione  5    che  potè  fuggire 
€  salvarsi  nel  tempio    di  Vesta,   ma  sapu- 
tosi dov' egli  era,  due  soldati  inviati  colà, 
anche  a  lui  levarono  la  vita  ,>  e  il  medesi- 
mo fine  toccò  a  Lacone  capitan  delle  guar- 
die. Avvicinandosi  poi  la  sera,    entrò  Ot- 
tone in  senato,    dove    spacciando    d'essere 
stato  forzato  a  prendere  l' imperio  ,  ma  che 
volea  dipendere   dair  arbitrio    de'  senatori . 
trovò  pronta    la  volontà   e    V  adulazione  d' 
ognuno  per  confermarlo ,  e  per  mostrar  an- 
che gioja  della  di    lui  esaltazione.-   Gli  fu- 
rono^ accordati  tutti  i  titoli  e  gli  onori  de' 
^  precedenti  Augusti  ;    e  il  matto  popolo  gli 
diede  il  cognome  di  Nerone^    per  cui    non 
cessava  in  molti  l'affetto.    Giacche  non  vi 
erano  più  consoli  ,  fu  conferita    questa  di- 
gnità al  medesimo  Marco  Salvia  Ottone  ìttx- 
yeradore  Augusto ,  e  a  Lucio  Salvio  Ottone 
Tiziano  suo  fratello  ,  per  la  seconda  volta  . 
Nelle  calende  di  marzo  succederono  ad  es- 
si Lucio  Virginio  Rufo,  e  Vopisco  Pompeo 
Silvano .    Cedendo    questi  nelle    calende   di 
maggio  furono  sustituiti    Tito  Arrio  Anto- 
nino ,  e  Publio  Mario  Celso  per  la  seconda 

voi- 


Anno       LXIX.  83 

^olta  .  Continuarono  questi  in  quel  decoro- 
so grado  sino  alle  calende  di  settembre; 
ed  allora  entrarono  consoli  Gajo  Fabio  Va^ 
lente ,  ed  Aulo  Alleno  Cecina .  Ma  essendo 
stato  degradato  il  secondo  d'essi  nel  dì  31 
di  ottobre^  fu  creato  console  Roselo  Rego- 
lo ,  la  cui  dignità  non  oltrepassò  quel  gior- 
no; perciocché  nelle  calende  di  novembre 
venne  conferito  il  consolato  a  Gneo  Cedilo 
Semplice ,  e  a  Gajó  Qidnzio  Attico .  Tutto 
ciò  si  ricava  da  Tacito  ^ . 

Sul  principio  si  studiò  Ottone  di  procac- 
ciarsi r  affetto  e  la  stima  del  popolo.  Lu- 
minosa fu  un'azione  sua»  Mario  Celso  ^  po- 
co fa  mentovato  ,  che  comandava^  la  compa- 
gnia delle  milizie  dell'  Illirico  ^  ed  era  con- 
sole disegnato,  avea  con  fedeltà  soddisfatta 
af  suo  dovere,  nel!' accorrere  alla  difesa  di 
Galba.  Dopo  la  di  lui  morte  venne  per  ba- 
ciar la  mano  ad  Ottone  ^ .  GÌ'  iniqui  pre- 
toriani alzarono  allora  le  voci,  gridando; 
Muoja.  Ottone  bramando  di  salvarlo  dalla 
lor  furia  ,  col  pretesto  di  voler  prima  ri- 
cavare da  lui  varie  notizie  ,  il  fece  caricar 
di  catene,  fìngendosi  pronto  a  toglierlo  di 
vita.  Ma  nel  di  seguente  il  liberò,  l'ab- 
bracciò^ e  scusò  l'oltraggio  fattogli  sola- 
mente per  suo  bene»  Né  solamente  il  lasciò 
poi  godere  del  consolato ,  ma  il  volle  an- 
cora per  uno  de' suoi  generali ,  e  de' più  in- 
timi amici  5  con  trovarlo    non  men    fedele 

F  2  ver- 

'  Tdcitus  ìih^  I,   (.  77.         *  Fiutare,  in  Othone . 


E4        Annali    d'  I  t  a  l  f  a 
verso  di  se,  che  verso  T  infelice  Galba.  AU 
le  istanze  ancora  del  popolo  indusse  a  dar-r 
si  la  morte    Soffrilo  Tigellino  ^  da  noi  ve-* 
duto  infame  ministro  delle  scelleraggini  di 
Nerone- .    Inoltre  si    applicò    seriamente    al 
maneggio  de'  pubblici    affari ,    e  restituì    a 
molti  i  lor    beni    tolti  da   Nerone  :    azioni 
tutte  ,  che  gli  fecero  del    eredito  ,   non  pa-» 
rendo  egli  più  quel  pigro ,   e  quel  perduto 
nel  lusso  e  ne'  piaceri ,  che  era  stato  in  ad-^ 
dietro .  Ma  i  più  non  se  ne  fidavano  ,    co-« 
noscendolo  abituato    ne' vizj,    e  simile  nel 
genio  a  Nerone,  le  cui  statue ,  come  ancor 
quelle  di  Poppea  ,  permise  che  si  rialzasse- 
ro. Osservavano  parimente  ,  eh'  egli  mostra- 
va poco    affetto    al  senato  ,    moltissimo    ai 
soldati:  laonde  temevano,  che  se  fosse  ces- 
sata la  paura  dell^emuloVitellio,  si  sareb- 
be provato    in  lui    un  novello   Nerone .    E 
certo  egli  era  comunemente  odiato   più  di 
Vitellio ,  non  tanto  pel  tradimento    di    lui 
fatto  a  Galba  ,  quanto  perchè  il  riputavano 
persona  data  alla  crudeltà  ,  e  capace  di  nuo- 
cere a  tutti;  laddove  Vitellio  era    in  con- 
cetto di  uomo  dato  ai  piaceri  ,  e  però    irt 
istato  di    solamente    nuocere  a    se    stesso  : 
benché  in  fine  amendue  fossero  poco  ama-^ 
ti ,  anzi  odiati  dai  Romani.  Intanto  era  di-« 
Vno  il  romano  imperio  fra  questi  due  com^ 
petitori.  Ottone  si  trovava  riconosciuto  im-^ 
peradore  in  Roma,  e  da  tutta  l'Italia.  Car- 
tagine con  tutta  l'Africa  era  per  lui. T^Iu- 
^iano  governator   della  Siria,    a  sia    della 

So- 


Anno       LXIX.  85 

ìaria  ,  ^li  fece  prestar  giuramento  dai  ipO* 
poli  di  quelle  contrade .  ^  Altrettanto  fece 
V€S}msìano  nella  Palestina  .  Aveva  egli  in-^ 
viato  già  Tito  suo  figliuolo  ,  per  attestare 
il  suo  ossequio  a  Galba  ;  ma  dacché  arri- 
vato a  Corinto  intese  la  di  lui  morte  ,  se 
ne  tornò  indietro  a  trovar  il  padre .  Anche 
le  legioni  della  Dalmazia  ,  Pannonia  ,  e  Me- 
ssia aderirono  ad  Ottone.  Così  T  Egitto ^^e 
r altre  città  dell'Oriente  e  della  Grecia. 
Ancorché  Ottone  fosse  un  usurpatore ,  il 
nome  nondimeno  di  Roma  e  del  senato  ro- 
mano ,  che  r  avea  accettato,  bastò  perchè 
tanti  altri  paesi  s'uniformassero  al  capo 
dell'imperio. 

Ma  in  mano'  di  Vìtellio  erano  le  miglio- 
ri e  più  accreditate  milizie  de' Romani  , 
raccolte  dall'alta  e  bassa  Germania,  dalla 
Bretagna  ,  e  da  tina  parte  della  Gallia  .  * 
Ne  formò  egli  due  eserciti ,  V  uno  di  qua- 
rantamila combattenti  sotto  il  comando  di 
Tahlo  Valente  ,  V  altro  di  trentamila  ,  co- 
mandato da  Alleno  Cecina ,  a'  quali  si  uni- 
rono varj  rinforzi  di  Tedeschi.  Ardevano 
tutti  costoro  di  voglia  ,  non  ostante  il  ver- 
TìOy  di  far  dei  fatti ,  per  aver  occasione  di 
bottinare  (  fine  primario  di  chi  esercita  quel 
mestiere  )  mentre  il  grasso  e  pigro  Vitel- 
lio  attendeva  a  darsi  bel  tempo,  con  far 
buona  tavola  ,  ubbriaco  per  lo  più .  Anche 

F  3  vi., 

*"  Tacitus  Histor.  lib.  I.  cap.  I. 

*  Idm  Hfstw,  Uh.  j.  cap.  61.  (ff  se^- 


S^        Annali    d'  I  t  a  l  i  a 
vivente  Galba  èi  mossero  tante  forze  sotto 
i  due  generali  per  due  diverse  vie  alla  vol- 
ta d'  Italia  ;  cioè  Valente  per  le  Gallie  ,    .e 
Cecina  per  l'Elvezia.    Vitellio  facea  conto 
di  seguitarli  dipoi  ;  Nel  viaggio  ebbero  nuo- 
va della 'morte    di  Galba,    e    delF  innalza- 
mento di  Ottone  .  Dovunque  passò  Valente 
per  la  Gallia,  il  terrore  delle  sue  armi  con- 
dusse i  popoli    all'ubbidienza  di    Vitellio. 
Sopra  tutto  con  allegria  fu  ricevuto  in  Lio- 
ne. In  altri  luoghi  non  mancarono  saccheg- 
gi ed  anche  stragi.  Non-  fece  di  meno  Ce- 
cina nel  passare  pel  paese   degli    Svizzeri . 
All'avviso  di  queste  armate,  che  si  avvici- 
navano air  Italia ,  un  reggimento  di  caval- 
leria ,  accampato  sul  Po\,    che  avea  servito 
una  volta  in  Africa  sotto  Vitellio,  l'accla- 
mò imperadore  ,  e  cagion  fu  ,    che  Milano , 
Ivrea,  Novara,     e  Vercelli    prendessero    il 
suo  partito .  Perciò  si  affrettò  Cecina  ver- 
so la  metà  di  m.arzo  per  calare  in    Italia  , 
ancorché    i  monti  fossero    tuttavia    carichi 
di  neve  ,  e  spedì  innanzi  un  corpo  di  gen- 
te ^  per  sostenere   le    suddette  città .    Gran 
dire  ,  gran  costernazione    fu  in  Roma ,    al- 
lorché si  udì  là  mossa  di  tante  armi  ,    e  V 
inevitàbil  guerra  civile.  ^  Mosse  Ottone  il 
senato  a    scrivere  a    Vitellio   delle   lettere 
amorevoli,  per  esortarlo    a  desistere    dalla 
ribellione,  offerendogli  danaro,  comodi  ,  e 
una  città.  Ne  scrisse    anch' egli,  e    dicono 

che 

*  Fiutare»  in  Othone. 


'Anno      LXIX.  87 

fibisse  segretamente  di  prenderlo 
per  collega  neir  imperio  ,  e  per  genero.  Gli 
rispose  Vitellio  in  termini  amichevoli,  ta- 
li nondimeno,  che  mostravano  di    burlarsi 
di  lui.  Irritato    Ottone  gli  rispose    per    le 
rime,  cioè  gliene  scrisse  dell'altre  piene  di 
vituperj  ,  e  con  ridicole  sparate  ,  ricordan- 
dogli soprattutto  V  infame    sua  vita    passa- 
ta. Non  furono  meno  obbrobriose  le  rispo- 
ste di  Vitellio .    Né    alcun  di    loro     diceva 
bugia .  Amendue  ancora  inviarono  degli  as- 
sassini,    per   liberarsi    cadauno    dall' emulo 
suoj    ma  riuscì    in  fumo    il    loro  disegno. 
Adunque  chiaro  si  vide^    non  restar  altro  , 
che  di  decidere  la  contesa  coli' armi.    Unì 
Ottone  una  possente  armata  anch'  egli ,  com- 
posta della  maggior   parte  de'  pretoriani    e 
delle  legioni  venute  dalla  Dalmazia  e  Pan- 
nonia  .  E  lasciato  al  governo  di  Roma  Ti- 
ziano suo  fratello  con    Flavio  Sabino    pre- 
fetto d'essa   città,    e  fratello  di    Vespasia- 
no, dato  anche  ordine,   che  pon  fosse  fat- 
to torto  alcuno   alla  madre ,    alla    moglie , 
€  a'  figliuoli  di  Vitellio  ,  nel  di  14  di  mar- 
zo si  licenziò  dal  senato  ;,  e  alla  testa  dell' 
esercito ,  non  parendo  più  quelP  effemmina- 
to  uomo    di   una    volta,    s'incamminò    per 
venir  contro  a' nemici .  Suoi  marescialli  era- 
no Suetonio  Paolino^  Mario  Celso  ^  ed  An- 
mio  Gallo ,  ufiziali  non  meno  prudenti ,  che 

F  4  bra- 

'   Sueton.  in  Othone  cap.  8.  Dio  lib.  6^,  Tacita  ìib.  J.   Mi- 
storiar.  caf.  74. 


88        Annali    d'Italia 
bravi.  Mancavano  ben  questi  pregi  a  Zici- 
nlo  Procolo  prefetto  del  pretorio,   che  pur 
faceva  una  delle  prime    iìgure  in    quelT  ar- 
mata. Alleno  Cecina^  general  di    Vitellio  , 
arrivato  al  Po ,  passò  quel  fiume  a  Piacen- 
za ,    ed  assalì  quella  città ,    da  cui    Arinio 
Gallo  ^  dopo  due    dì  di    valorosa;  difesa    il 
fece  ritirare  a  Cremona  ,   malcontento    per 
la  perdita  di  molta  gente.  Fu  in  qiiella  oc- 
casione bruciato  l'anfiteatro  de'Piaceifitini, 
posto  fuori    della  città  ,    il  più    capace    dì 
gente  ,    che    fosse    allora  in    Italia.    Anche 
Marzio  Macro ^  console  disegnato,  diede  a 
Cecina  un'altra  percossa  coi    gladiatori    di 
Ottone .    Eppur  egli  ciò  non    ostante    volle 
venire  ad  un  terzo  cimento  :    tanta  era    là 
voglia    in  lui  di    vincere ,    affinchè    V  altro 
general  di  Vitellio ,  cioè  Valente ^    non  gli 
rapisse,  o  dimezzasse  la  gloria .  In  un  luo- 
go detto  i  Castori,  dodici  miglia  lungi  da 
Cremona,  tese  un'  imboscata  a  Suetotiio  Pao^ 
Uno  e  a   Mario  Celso  ;    ma  questi    avutane 
notizia  presero  così  ben  le  misure ,  che    il 
misero  in  rotta  ,  ed  avrebbono  anche  rovi- 
nata affatto  la  di  lui  gente,  se  Paolino  per 
troppa  cautela  non  avesse  impedito    a'  suoi 
l'inseguirli.  Per  questo  fu  egli    in  sospetto 
di  tradimento  ^  ed  Ottone  chiamò  da  Roma 
Tiziano  suo  fratello ,  accit>cchè  comandasse 
V  armi ,  sebben  con  poco  frutto  ,  perchè  Li- 
cinio Procolo,  capitan  delle  guardie,  ben- 
ché 

*  Idem  l/k.  a.  eap.  ai» 


^^^^  Anno    LXIX.  89 

^Wiè  nomo  inesperto ,  la  facea  da  superiore 
a  tutti. 

Venne  poi  Valente    da    Pavia    colla    sua 
armata  più  numerosa    delF  altra    ad    unirsi 
con  Cecina;»  e  tuttoché  questi  due  generali 
di  Vitellio  fossero  gelosi  T  un  dell' altro  ,  si 
accordarono  nondimeno    pel    buon    regola* 
mento  della  guerra  ,  e  per  isbrigarla  il  più 
presto  possibile .  Tenne  consiglio  dalF  altra 
parte  Ottone;  e  il  parere  de' suoi  più    as- 
sennati  generali,  cioè  di  Suetonio  Paolino , 
Mario  Celso ,  ed  Annio  Gallo ,  fu    di    tem- 
poreggiare ,  tanto  che  venissero  alcune    le- 
gioni che  si    aspettavano    dall'  Illirico .   Ma 
prevalse  quello  di  Ottone,  Tiziano,  e  Pro- 
colo ,  a' quali  parve  meglio  di  venir    senza 
dimora  a  battaglia  ,  perchè  i  pretoriani  cre- 
dendosi tanti  Marti  ,  si  tenevano  in  pugno 
la  vittoria  ,  e  tutti  ansavano  di  ritornarse- 
ne tosto  alle   delizie  di  Roma .  ^  Lo  stesso 
Ottone  impazie  nte  per  trovarsi  in  mezzo  a 
tanti  pericoli ,  fra  l' incertezza  delle    cose , 
e  il  timore  di   qualche    rivolta    de' soldati., 
era  nelle  spine  ;  e  però  si  voleva  levar    d' 
affanno  con  un    pronto    fatto    d' armi .    Ma 
da  codardo  si   ritirò  a  Brescello ,    dove    il 
fiume  Enza  sbocca  nel  Po,  per  quivi  aspet- 
tar l'esito  delle  cose;  risoluzione   che    ac- 
crebbe la  sua   rovina  j,  perchè  seco   andaro- 
no molti  bravi  ufìziali  e  molti  soldati  ,  con 
restare  indebolita    l' armata  sua  ,  in    mano 

di 

*  Fiutare,  in  Othone. 


cjo  Annali    d'  I  t  a  l  i  a 

di  generali  discordi  fra  loro  ,    e    poco    ub- 
bidienti 5  e    senza    quel    coraggio    di    più , 
che  loro    avrebbe   potuto    dar    la   presenza 
del  principe ,  Seguì  qualche    picciolo    fatto 
fra  gli  staccamenti  delle  due   armate  ;    ma 
finalmente  quella  di  Ottone,  passato  ilPo^, 
andò  a  postarsi  a  qualche  miglio    lungi  da 
Bedria'co ,  villa  posta  fra  Verona  e  Cremo- 
na ,  più  vicina  nondimeno   all'ultima,  ver- 
so il  fiume  Oglio  ,    dove  si  crede  che  og- 
gidì sia  la  terra  di  Caneto  .    Molte    miglia 
separavano    le    due    armate  ;    ed     ancorché 
Suetonio  e  Mario  ripugnassero  alla  risolu- 
zion  conceputa  da    Procolo    di    andare    nel 
di  seguente,  (  cioè  circa  il  dì    15  di   apri- 
le-)  ad  assalire  i  nemici,  perchè    l'arrivar 
colà  stanchi  i  soldati^  era  un  principio  d' 
esser  vinti  :  Procolo  persistè  nella  sua  opi- 
iiione  ,  perchè  sollecitato  da  più  lettere    di 
Ottone  ,  che  voleva  battaglia ,  Si  venne    in 
fatti  al  conibattimento  ^  che  fu  sanguinosis- 
simo ,  credendosi   che    fra   V  una    e    Y  altra 
parte    restassero    sul    campo    estinte     circa 
quarantamila  persone,  perchè  non    si    dava 
quartiere .  Ma  la   vittoria   toccò    all'  arma- 
ta di  Vitellio  .  I  generali    di    Ottone  ,    chi 
qua  chi  là  fuggitivi  scamparono  colle  reli- 
quie della  ior  gente  il  meglio  che   potero- 
;io  5  valendosi  del  favor  della  notte,  *    Ma 
perchè   nel    dì    seguente    si    aspettavano    di 
nuovo  addosso   il   vittorioso   esercito,    con 

pe- 

*  Dio  hi/.  6^,        *  FIut(ir(b>  in  Othons* 


^      AnìToLXI^!  91      1 

Sericolo  ci' essere  tutti  tagliati  a  pezzi;  gUj 

nfìziali,  soldati,  e  lo  stesso  Tiziano,  ^i'^- 1 

tello  .di  Ottone,  che  si  trovarono  insieme  ,j 

s' accordarono  di    fare    una    deputazione    al 

Valente  e  Cecina ,  per  rendersi .  Fu  accet-l 

tata  l'offerta,    eà   unitesi  le  non  più    ne-J 

miche  armate  ,  ognun  corse    ad    abbracciar  J 

gli    amici,    a    detestar    gli   odj    passati,    3.;J 

condolersi  delle  morti  di  tanti.  Giurarondl 

1  vinti  fedeltà  a  Vitellio ,  e  cessarono  tutti! 

i  rancori .  Portata  questa    lagrimevol    nuo-l 

Wk  ad  Ottone,  dimorante  in  Brescello  ,  noni 

mancarono  già  i  suoi  cortigiani  di  animar-*! 

lo ,   con    fargli  conoscere    arrivate    già    adi 

Aquileja  tre    legioni    della    Mesia ,    salvate] 

altre  buone  milizie  a  lui  fedeli ,  non  esse-] 

re  disperato  il  caso  .  Ma  egli  avea  già  de-J 

terminato  di  finirla,  chi   credette    per   or-J 

rore   di   una    guerra    civile ,    come    attest|| 

Suctonio  ^,  chi  per  poca  fortezza  d' animo ^,1 

e  chi  per  acquistarsi  una  gloria    vana    coni 

una    risoluzion   generosa  .    Pertanto    attesel 

spiritosamente  nel    resto  del    giorno  a    di>^ 

stribuir  danaro  a'  suoi  domestici  ed  amici  J 

a  bruciar  le  lettere  scrittegli  da  varie  per-?ì 

sona  contra  di  Vitellio,  affinchè    non    pre«*| 

giudicassero  a  chi  le  avea   scritte  ,  e  a  dafj 

altri  ordini  per  la  sicurezza  di    molti    no^l 

bili,  eh' erano  alla  sua  corte.  ^  Prese  anchcl 

nella  notte  seguente  un  po' di  sonno ^  J^^^^ 

di-   f^ 

*  Suetonìus  in  Otbnne  f;?*.   lo. 
^  Tacita   Ht'stoy.  i:!;.   cap\  48. 


^2  A  N  N  A  1 1    d'  I  T  A  L  I  A 

disturbato  da  un  romor  delle  guardie  ,  c-W 
minacciavano  la  morte    a    que'  senatori  ,    i 
quali  d'  ordine  suo  erano   per    ritirarsi ,    ^ 
sopra  tutto  aveano  assediato  Virginio   Ru^ 
Jo  .  Uscì    Ottone  di    camera ,  e  con    buona 
maniera  calmò    que!    tumulto  .    Poscia    suri 
far  del  giorno  svegliato ,  intrepidamente  &i 
diede  di  un  pugnale  nel  petto ,  e  di  quelk 
ferita  fra  poco  m_orì  in  età    di    trentasette 
anni  ^ .  Al  suo  cadavero  bruciato    fur    data 
quella  sepoltura    che  si  potè ,    cioè  in^  ter- 
ra, colla  memoria  del  solo  suo  nome  sen-* 
za  titolo  alcuno .  Una  massa  di  monete  d'oro-^ 
trovate  sui  primi  anni  del  secolo,  in  cui  scri- 
vo ,  sul  territorio  di  Brescello  ,  fece  crede- 
dere  ad  alcuni  ,  che  fossero   i-vi    seppellite 
in  oGcasion  delle  disgrazie  di  Ottone  .  Ben- 
ché   usurpator   dell'  imperio  ,   e    screditato 
per  varie  sue  ree  qualità,  cotanto  era  ama- 
to dai    soldati,    che  alcuni  d'essi  non  me- 
no in  Brescello  ,  che  in  Piacenza    e  in    al-* 
tri  luoghi ,  pel    dolore   accompagnarono    la 
di  lui  morte  colla  propria  ,  secondo    la  de- 
testabil    usanza     e   frenesia    di    que'  tempi-. 
Dacché   i    soldati ,   eh'  erano    in    Brescello , 
non  poterono  indurre  Virginio  Rufo  ad  ac- 
cettar r  imperio ,  si  diedero  ai  generali  ài 
Vitellio  .  In   un    fiero    imbroglio    si    ti'ovò 
allora   la   maggior    parte    del    senato,    che 
Ottone    avea    lasciato    in    Modena ,    perchè 
dair  un  canto  temeva  oltraggi  dall' armi  di 

Vi- 

'  Fiutare,  in  Othom. 


^^^H       Anno       LXIX/  95 

Tteli^^  e  dall'  altro   i    soldati    dì    Ottone  ì 
tenendoli  a  vista    d' occhio  ,    e    riputandoli 
nemici  dei!' estinto  principe  ,  cercavano  pre-  \ 
i  testi  per  menar    ie    mani    contra    di    loro.  ì 
'  Finalmente  ebbero  la  fortuna  di  salvarsi  a  \ 
Bologna  ,    dove    si    mostrarono    disposti    a 
riconoscere  Vitellio  ;  ma  per  qualche    tem- 
po se  ne  guardarono  a  eagion  di  una  falsa  ^ 
voce  portata  da  Ceno  ,  liberto  già    di   Ne-  » 
rone^,  che  i  vincitori  erano  ^«)oi    stati   vin- 
ti .  Da  queste  paure  non    si    riebbero  ,    se 
Hon  allorché    arrivarono  lettere  di    Valen- 
te ,    che    riferirono  la    vera   positura  ^egli 
affari .  In  Roma  subito  che    s'  int€3e   <^uan-  ' 
to  era  succeduto  di  Ottone  ,  Flavio  Sabino 
fratello  di  Vespasiano  ,  fece  prestar  giura- 
mento dai  senato  e    dai    soldati  ,    che    ivi 
restavano ,  a  Vitellio ,  e  ii  senato    gli    ac- 
cordò tutti  gli  onori  consueti  .  i 
Intanto    Vitellio  ,    dopo    aver    lasciato    a 
Ordeonio  Fiacco  un    corpo    di    milizie    per 
la  guardia  del  Reno  germanico  ,  col    resto 
delle  genti  che  potè  raecorre ,    si    mis€    in 
viaggio  verso  V  Italia  .   Per    istrada    intese 
la  vittoria  de' suoi  ^  e  la  morte  di  Ottone, 
e  che  eluvio  Rufo    governator    della    Spa* 
gna  avea  ricuperate  le  due  Mauritanie  .  Ar- 
rivato a    Lione,  quivi  trovò    non    meno    i 
vincitori  che  i  vinti  generali  .    Perdonò    a 
Tiziano  fratello  di  Ottone,  perchè  il  cono- 
sceva per  uomo  dappoco  .  Conservò  il  con- 
solato a  Mario    Celso,    Suetonio   e    Frocolo 
si  acquistarono  la  di    lui    grazia    con    una 

vii- 


$4  Annali    d' Itali  a 

viltà ,  asserendo  di  aver  fatta  consigliatamen- 
te perdere  la  vittoria  ad  Ottone   nella  bat- 
taglia di  Bedriaco .  Mandò  Vitellio  a  Roma 
un  editto,  per  cui  proibiva  ai  cavalieri   il 
ciombattere  da  gladiatori  fra-  loro,    e    con- 
tro le  fiere  negli    anfiteatri .  Un  altro    an- 
cora, che  tutti  gli  strologhi  e  indovini  pyi- 
ma  delle  calende  di   ottobre    fossero    fuori 
d'Italia.  Si  vide  attaccato  nella  stessa  not- 
te un"  cartello ,    in    cui    essi    strologhi    co- 
mandavano a  lui  di  uscire  del  mondo  pri- 
ma del  suddetto  medesimo   giorno.    Se   ne 
alterò  talmente  Vitellio  ,  die  qualunque    d' 
essi,  chi  gli  capitasse  alle  mani ,  senza  pro- 
cesso   il    condannava    alla    morte  .    Grande 
odiosità  si  tirò  egli  addosso ,  coli' aver  in- 
Tiato  ordine  y  che  si  levasse  la  vita  3.Gnea 
Cornelio  Bolahella  ^  uno  de' più.  illustri  Ro- 
mani ,  odiato  da  lui  per  particolari  riguar- 
di ,   che  relegato    ad  Aquino  ,  era  dopo  la 
morte  di  Ottone  ritornato  a  Roma»-  L'or- 
dine  fu     barbaramente     eseguito  .    Intanto 
a-  poco  a  poco  tutte  le  provincie  si    anda- 
rono sottomettendo  a  lui  ;  m.a  V  Italia  era 
afflitta  per  le  tante  soldatesche  del    mede- 
simo-Vitellio ,    e  dell'altre    che  furono    di 
Ottone  .   Senza   disciplina    saccheggiavano  5 
uccidevano  ,    e    sotto   1'  ombra    loro    anche 
molti     altri    faceano    ruberie    e    vendette  . 
Entrato  clie   fu    Vitellio    in    Italia ,    trovò 
modo  di    dividere  le  milizie ^  (   e   special- 
mente i  pretoriani  )  che  aveano  servito  ad 
Ottone  ,  perchè  le  conobbe  malcontente  ed 

in- 


Anno        LXIX.  s5 

inquiete  j,  e  a  poco  a  poco  le  andò  cassan- 
do\  con  dar  loro  delle  ricompense  .  Venne 
a  Cremona,  e    volle    co' suoi    occhj  vedere 
il  campo  ^  dove  s'  era  data  (  già    scorreano 
"uaranta  giorni  )    la    battaglia  3    ed    avve- 
iiachè  fossero  tuttavia  insepolte  quelle  mi- 
glia] a  di  cadaveri ,  e  menasse  un  insopporta- 
bil  fetore  ,  non  lasciò  ordine  ^  che  si    sep- 
pellissero; anzi  disse,    che    V  odore  di    un 
nemico  morto  sapea  di  buono  .  Menava   se- 
co circa  sessàntamila  combattenti ,    senza  i 
famigli  ed  altre-  persone    destinate    al    ba- 
gaglio ,  eh'  erano  più  del    doppio  .    Dovun- 
que passava  questa    gran    ciurma,    lasciava 
lagrimevoli  segni  della  sua  rapacità  e  bar- 
barie. Verso  la  metà  di   luglio  arrivò  a  Ro- 
ma ,  e  se  non  era  distornato  da'  suoi  amici  , 
volea  farvi  T  entrata  in    abito    da    guerra, 
come  in  una   città    conquistata.    L'accom- 
pagnavano m^ndre  d'  eunuchi  e  commedianti 
secondo  V  usanza  del  suo  maestro  Nerone  , 
e  questi  ebbero  poi  parte  agli  affari .  Tro- 
vata Sestil'ia  sua  madre    nel    Campidoglio  , 
le  diede  il  cognome  di  Augusta  ;  ma    ella 
non  se  ne  allegrò  punto,  anzi  si  vergogna- 
va di  avere  un  sì  indegno  imperadore  per 
figlio.  Morì^  ella  dipoi  in  quest'anno,  non 
si  sa,  se  per  iniquità  del  figliuolo,    o   per 
veleno  da    lei    preso ,    prevedendo    i   mali 
che  doveano  avvenire/Fece   dipoi    Vitellio 
una  nuova  leva  di  coorti  pretoriane  sino  a 
sedici  y  tutte  di  mille  uomini  per  cadauna^ 
e  gente  scelta  *  Due  furono    i    prefetti    del 

pre- 


9^  Air^Ti^Li  d'  Italia 
pretorio ,  cioè  Publio  Sabino  e  Giulio  Pri- 
sco. Valente  e  Cecina  potevano  tutto  in 
corte  j  ma  sempre  fra  loro  discordi  .  Die- 
desi  poi  questo  ghiottone  Augusto ,  come 
era  il  suo  stile ,  a  fare  del  suo  ventre  un 
dio ,  ma  con  eccessi  maggiori ,  a  misu- 
ra della  dignità  e  del  comodo  accresciu- 
to. Il  suo  mestiere  cotidiano  era  mangia-^ 
re  e  bere  e  vomitare,  per  far  luogo  ad  al' 
tri  cibi  e  bevande .  Consumava  in  ciò  te- 
sori ;  e  molti  si  spiantarono  per  fargli  de' 
conviti .  Non  istimava  ,  né  lodava  questo 
mostro  se  non  le  azioni  di  Nerone  ,  e  le 
imitava  bene  spesso  ,  inclinando  anche  alla 
crudeltà ,  di  cui  rapporta  Suetonio  ^  varj 
esempli  ;  e  se  fosse  sopravvivuto  molto  ,  for- 
se sarebbe  riuscito  anche  in  ciò  non  infe- 
riore a  lui.  La  maniera  di  guadagnarlo so-^ 
leva  essere  1'  adulazione  ;  ma  siccome  egli 
era  timido  e  sospettoso^  poco  ci  voleva  a 
disgustarlo  » 

E  fin  qui  abbiam  veduto  le  due  trage- 
die di  Galba  e  di  Ottone.  Ora  è  tempo 
di  passare  alla  terza.  Di  ninno  più  teme- 
va Vitellio  ,  che  di  Flavio  Vespasiano  ,  ge- 
nerale dell'  armi  romane  nella  Giudea  ,  do- 
ve si  continuava  la  guerra  con  apparenza^ 
eh'  egli  fosse  per  assediar  Gerusalemme  .  Al- 
lorché gli  venne  la  nuova  ,  eh'  esso  Vespasia- 
.no  t  Licinio  Mudano y  governator  della  Bo- 
ria ,  il  riconoscevano  pur  imperadore ,  ne  fece 

gran 

*  Suetott,  in  l^iteìlìo  cap.  24.  Die  Uh.  64. 


Anno      LXIX.  97 

gran  festa.  Ed  in  vero  sulle    prime    niuno 
j linai  s'avvisò  che  Vespasiano  potesse    arri- 
var air  imperio  ,  né  egli  vi  aspirava  ,  per- 
I  che  bassamente  nato  a  Rieti,    e    mancante 
I  di  danaro .  Si    raccontavano    ancora    molte 
'  "viltà  di  lui  nella  vita  privata;  e  Tacito  ^ 
ci  assicura  eh'  egli  si  era  tirato  addosso  T 
odio  e  il  dispregio  de'  popoli  ;  ma    i    fatti 
mostrarono  poi  tutto  il  contrario.  Comun- 
que sia  ,  Dio  i' avea  destinato  a  liberar  Ro- 
ma dai  mostri,  e    a  punire  l'orgoglio    de' 
Giudei    implacabili    persecutori     del     nato 
Cristianesimo .    Era    egli    per    altro    dotato 
di  molte  lodevoli  qualità  ,  perchè  senza  fa- 
sto,  temperante  nel  vitto ^  amorevole    ver- 
so   tutti  ,     e    massimamente    verso     i     sol- 
dati ,    che  r  amavano    non    poco ,    ancorché 
li  tenesse  in    disciplina  5    vigilante    e    pru- 
dente,  buon  soldato,  e  migliore  capitano. 
Sopra  tutto  veniva  considerato  come    ama- 
tor  della  giustizia  ;  la  sua    età   era    allora 
d' anni  sessanta  .  Si   può    giustamente    cre- 
dere che  dopo  la  morte  dì  Galba  i  più  sag- 
gi de'  Romani  al  vedere  che  i  due  usurpa- 
tori Ottone  e  Vitellio ,    senza    sapersi    chi 
fosse  il  peggiore  di  loro ,  disputavano  dell' 
imperio  ,  rivolgessero  i  lor  occhi  e  deside- 
rj   a  Vespasiano  ,  e  segretamente  ancora    V 
esortassero  al  trono.   Flavio  Sabino  di   lui 
fratello  gran  figura  faceva  anch''  egli ,   coli* 
essere  prefetto  di  Roma  ,  e  le  sue  belle  do- 
ToM.  IL  G  ti 

5  Tacitus  Histor.  lib,  a.  e.  97.  Suitonius  in  respasi  ano  r.  4- 


^8  Annali    d'  Italia 

ti  maggiormente  accreditavano  quelle  del 
fratello.  0  questo  fosse,  o  pure,  che  gli 
ufìziali  e  soldati  di  Vespasiano-mirando  quel 
che  aveano  fatto  gli  altri  in  Ispagna  ,  E.o- 
ma  ,  e  Germania ,  non  volessero  essere  da 
meno  :  certo  è ,  che  si  cominciò  da  essi  a 
proporre  di  far  imperadore  Vespasiano  . 
Quegli ,  che  diede  V  ultima  spinta  all'  irri- 
soluzione d'  esso  Vespasiano,  personaggio 
guardingo  ,  e  non  temerario  ,  fu  il  suddetto 
Licinio  Mudano  governator  della  Soria  ,  il 
quale  dopo  la  morte  di  Ottone  gli  rappre- 
sentò ,  che  non  era  sicura  né  la  comune  lor 
dignità  ,  né  la  vita  sotto  queir  infame  im- 
perador  di  Vitellio .  Si  lasciò  vincere  in 
fine  Vespasiano  ,  ed  essendo  entrato  nella 
medesima  lega  anche  Tiberio  Alessandro 
governator  dell' Egittp,  fu  egli  il  primo  a 
proclamarlo  in  Alessandria  imperadore  nel 
dì  primo  di  luglio  ^ ,  e  lo  stesso  fece  nel 
terzo  giorno  di  esso  mese  anche  T  armata 
della  Giudea  ,  a  cui  Vespasiano  promise 
un  donativo ,  simile  a  quel  di  Claudio  e 
di  Nerone .  La  Soria  ,  e  tutte  V  altre  pro- 
vincie  e  i  re  sudditi  di  Roma  in  Oriente, 
e  la  Grecia  alzarono  anch'  esse  le  bandiere 
del  novello  Augusto  .  Furono  scritte  lette- 
re a  tutte  le  provincie  dell' Occidente,  per 
esortar  ciascuno  ad  abbandonar  Vitellio , 
usurpatore  indegno  del  trQno  imperiale  .  *  Si 

fece 

'  Joseph,  de  Bello  Judaic.  lih.^. 
^   Tacitus  Ristori^)''  iilf-  a.  Cflp.  8i. 


Anno      LXIX.  99 

fece  intendere  ai  pretoriani  cassati  da  Vi- 
tallio  )  che  questo  era  il  tempo  di  farlo  pen* 
t^re  ;  e  veramente  costoro  arrolatisi  in  fa- 

)r  di  Vespasiano  ^  fecero  dipoi  delle  ma- 
laviglie  contrà  di  Vitellio  ; 

Essendo  così  ben  disposte  le  cose  ,  e  pro- 
cacciate quelle    somme    di    danaro ,   che    si 
poterono  raccogliere  ^  per  muovere  le    sol- 
datesche ,  in  uri   gran    consiglio    tenuto    in 
Berito ,    fu    conchiuso    che   Muciano    mar- 
cerebbe   con    un    competente     esercito    in 
Italia    ;    Tito ,     figliuolo     di     Vespasiano  ^ 
già     dichiarato      Cesare     5      continuerebbe 
lentamente    la    guerra   contro    ai    Giudei  • 
e     Vespasiano^   passerebbe    nella    doviziosa 
provincia     dell'  Egitto   j    per    raunar     da- 
naro ,    ed  afFam.are ,  ò   provveder    di    grani 
Roma  5  secondochè  portasse  il  bisogno  .  3111-- 
ciano  ,  uomo  ambizioso  ,    e  che  mirava    a 
divenire  in  certa  maniera  compagno  di  Ves- 
pasiano nel    principato ,    accettò    volentieri 
quella  incumbenza.   Per  timore  delle  tem-- 
peste  non  si  arrischiò  al  mare  ;  ma  imprese 
il  viaggio  per  terra  ,  con  disegno    di    pas- 
sare   lo    Stretto   verso    Bisanzio/    al    qual 
fine  ordinò  che  quivi   fossero    pronti  i  va- 
scelli  del  Mar  Nero  *  Non  era  molto  copio- 
sa e  possente  V  armata  di  Muciano  ^    ma  a 
guisa  de'  fiumi    regali    andò    crescendo   per 
via:  tanta  era  la  riputazion  di  Vespasiano, 
e  r  abbominazion  di  Vitellio.  Nella   Mesia 
le  tre  legioni  che  stavano  ivi  a' quartieri  , 
si  dichiararono  per  Vespasiano  ^  e  V  esem- 

G  2  pio 


loò      Annali    d^  I  t  a  i  r  a 
pio    d'  esse  seco  trasse  due  altre  della  Pan* 
nonia ,   e    poi  le    milizie    della    Dalmazia , 
senza  neppnr  aspettare  l'arrivo    di  Muda- 
no .   Antonio  Primo  da  Tolosa  ,   sopranno-^ 
minato  Becco  di  Gallo,  forse  dal  suo  naso 
(dai  che  impariamo  T  antichità  della  parola 
Becco ^  )  uomo  arditissimo,   ^  sedizioso,  ed 
egualmente  pronto  alle    lodevoli  ,  che    alle 
malvage  imprese ,  quegli  fu ,  che    colla  sua 
vivace  eloquenza  commosse  popoli  e  soldati 
contra  di  Vitellio_,  né  aspettò  gli  ordini  di 
Vespasiano  o  di  Muciano ,  per    farsi  gene-f 
rale  di  quelle  legioni  .  Che    più  ?    Chiama-: 
ti  in  soccorso  i  re  de'Suevi,  ed  altri  bar- 
bari, e  trovato  che  quelle  milizie  nulla  più 
sospiravano  ,  che  di  entrare  in  Italia  :,  per 
arricchirsi    nello    spoglio     di    queste    belle 
Provincie  ,  di  sua    testa  con    poche   truppe 
innanzi  agli  altri  calò  in  Italia  ,  e    fu  con 
festa  ricevuto  in  Aquileja  ,  Padova  ,  Vicen- 
za ,  Este^  ed  altri  luoghi  di  quelle    parti. 
Mise   in  rotta  un  corpo  di    cavalleria,   eh' 
era  postata  al  Foro  d'Alieno,  dove  oggidì 
è  Ferrara.  Rinforzato  poi  dalle  due  legio- 
ni della  Pannonia  (  soleva  essere    ogni  le-, 
gione  composta  di  seimila    soldati  )    s'im- 
padronì di  Verona  j,    e   quivi    si    fortificò  , 
Colà  ancora  giunse  Marco  ^ponlo  Saturnino 
con  una  delle  legioni  della  Mesia,   e    con- 
corse ad  arrolarsi  sotto  di  Primo  gran  co- 
pia  de' pretoriani,    licenziati    da   Vitellio, 

An- 

^    *  Sueton.  in  ^i  tei  ho  (op.  i8. 


A  ]jr  tr  o      LXIX.  101 

fosse  SI  grande  il  suscitato  inceiv 
dio,  non  s'era  per  anche  mosso  T  impol- 
tronito Vitellio.  Svegliossi  egli  allora  sola- 
inente,  che  intese  penetrato  il  fuoco  fino 
in  Italia,  Perchè  Fa  Zeri  re  non  era  ben  ri- 
messo da  una  sofferta  maUttia ,  diede  il 
comando  delle  sue  armi  ad  Alieno  Cecina^ 
con  ordine  di  marciare  speditamente  contra 
di  Antonio  Primo ,  Venne  Cecina  con  otto 
legioni  almeno  y  cioè  con  tali  forze ,  ch€ 
avrebbe  potuto  opprimerlo.  Mandò  parte 
delle  milizie  a  Cremona ,  e  col  più  della 
gente  ,  armata  si  postò  ad  Gstiglia  siti 
Po .  Macchinando  poi  altre  cose ,  perde 
apposta  il  tempo  in  iscrivere  lettere  di 
rimproveri  e  minacce  ai  soldati  di  Pri- 
mcf,  ed  intanto  lasciò  che  arrivassero  a 
Verona  la  due  altre  legioni  della  Mesia . 
Finalmente  ^  dappoiché  intese,  che  .  Luciano 
Basso  ^  governatore  della  flotta  di  Raven- 
na ,  con  cui  teneva  intelligenza ,  verso  il 
dì  20  d'  ottobre ,  s'  era  rivoltato  in  favor 
di  Vespasiano:  allora,  come  sé  fosse  dis- 
perato il  caso  per  Vitellio,  si  diede  ad 
esortare  i  soldati  ad  abbracciare  il  partito 
di  Vespasiano  ,  e  molti  ne  indusse  a  pre- 
star giuramento  a  lui ,  e  a  rompere  le  im- 
magini di  Vitellio*  Ma  gli  altri,  che  non 
poteano  soiferir  tanta  perfidia ,  e  quegli 
stessi  che  poc'  anzi  aveafio  giurato  ,  ^  presi 
dalla   vergogna    e    pentiti,     si    scagliarono 

G  3  con- 

*  -O/o  //^,  65,  T^fitus  Histor.  lih-z,  f^^  l|- 


102       Annali    d'  Italia 
contra  di  lui ,    e    senza    alcun  rispetto     al 
carattere    di    console  ,  incatenato  l' inviaro- 
no a  Cremona  ,    e   cominciarono  a    caricar 
anch'essi  il  bagaglio,  per  passare  colà. 

Ad  Antonio  Primo  ^  ch'aera  in  Verona, 
fu  portata  dalle  spie  Tinformaz^ione  di  quan- 
to era  accaduto  ad  Ostigli  a,  e  subito  fu 
in  armi ,  per  .  impedir  V  unione  di  queir 
esercito  con  quel  di  Cremona .  Inoltratosi 
sino  a  Bedriaco,  luogo  fatale  per  le  bat- 
taglie ,  e  circa  nove  miglia  lungi  da  quel 
sito  ,  s'  incontrò  colle  soldatesche  di  Vitel- 
lio  I  che  uscite  di  Cremona  venivano  per 
unirsi  con  quelle  d'Ostiglia.  Ciò  fu  circa  il 
di  26  d'  ottobre .  Dopo  sanguinoso  con- 
flitto le  mise  in  rotta  ,  obbligando  chi  scam- 
pò dalle  sue  spade ,  a  rifugiarsi  in  Cre-- 
mona.  Ad  alte  voci  allora  dimandarono  i  vit- 
toriosi soldati  di  andar  dirittamente  a  Cre- 
mona ,  per  isperanza  d'entrarvi ,  e  per  avidi- 
tà di  saccheggiarla .  Né  gli  avrebbe  potuto 
ritenere  Primo  ,  se  non  fosse  giunto  1'  av- 
viso,  che  s'appressava  l'altra  armata  partita 
da  Ostiglia  ,  e  in  ordinanza  di  battaglia . 
Era  già  sopraggiunta  la  notte  ,  e  pure  i 
due  eserciti  vennero  alle  mani  con  ardore , 
con  fierezza  inudita,  combattendo,  per  quan- 
to comportavano  le  tenebre ,  senza  distin- 
guere tavolta  chi  fosse  amico  o  nemico , 
Levatasi  poi  la  luna  ,  cominciò  Primo  a 
provarne  del  vantaggio  ,  perchè  essa  dava 
nel  volto  ai  nemici .  Durò  il  combattimen- 
to tutto  il  resto  della  notte,    e    fatto   poi 

gior- 


Anno      LXIX.  103 

giorno ,  avendo  la  terza  legione  ,  già  ve- 
nuta di  Soria  ,  secondo  l'uso  di  que' pae- 
si,  salutato  il  soie  con  alti  ed  allegri  Vi- 
•va  ,  questo  romore  fece  credere  a  quo'  di 
Vitellio ,  che  V  esercito  di  Muciano  fosse 
arrivato  ,  e  diede  loro  tal  terrore  ,  che  riu- 
scì poi  facile  a  Primo  lo  sconfìggerli  ed  ob- 
bligarli alla  fuga.  Giuseppe  ^  narrando  che  de' 
soldati  di  Vitellio  in  queste  azioni  perirono 
jtrentamila  e  dugento  persone  ,  e  quattromila 
e  cinquecento  di  quei  di  Vespasiano  ,  verisi- 
milmente  secondo  l'uso  delle  battaglie  in- 
grandì di  troppo  il  racconto,  ne  noi  siam 
tenuti  a  prestargli  fede .  Bensì  possiam  cre- 
dere a  Dione  ,  allorché  dice  ,  che  oscuran- 
dosi talvolta  la  luna  per  qualche  nuvola , 
cessava  il  combattimento;  e  che  i  soldati 
emuli  vicini  parlavano  1'  uno  all'  altro  ,  chi 
con  villanie,  chi  con  parole  amichevoli,  e 
con  detestar  le  guerre  civili^  e  con  invi- 
tar r  avversario  a  seguitar  Vitellio  ,  o  pur 
Vespasiano.  Ma  non  c'è  già  ragion  di  cre- 
dere che  l'uno  porgesse  all'altro  da  mangiare 
e  da  bere  ,  finché  non  si  provi  che  i  soldati 
di  allora  erano  sì  bravi  od  industriosi  da 
portar  seco  anche  nel  furor  delle  zuffe  le 
loro  bisacce  al  collo  ,  coli'  occorrente  cibo 
e  bevanda  .  Tanto  poi  Dione  ,  quanto  Ta- 
cito ci  assicurano ,  che  incomodando  forte 
una  grossa  petriera  con  lanciar  sassi  l'eser- 
cito di  Vespasiano,  due    coraggiosi    solda- 

G4  ti, 

'  Joseph,  de  Bello  Judaico  Uh.  5.   ca^.  xj. 


I04      Annali    d' Italia 
ti,  dato  di  piglio  a 'due  scudi  degli  avvef'* 
sarj  ,  si  finsero  Yitelliani  •  ed  arrivati  alla 
macchina  ne  tagliarono  le    funi ,    con    ren-^ 
der  essa  inutile ,  ma  con    restar    anch'  essi 
tagliati  a  pezzi  senza  che  rimanesse  memcn» 
ria  alcuna  del  loro  nome  .  Dopo  questa  vit- 
toria ,  e  dopo  lo  spoglio  del  campo ,  a  Gre-- 
mona  a  Cremona  gridarono  i  vincitori  sol- 
dati .  Bisognò  andarvi.  Si  credevano  di  sal- 
tarvi dentro  ;  ma    trovarono   un  impensato 
ostacolo  ,  cioè  un  alto  e  mirabil    trincera- 
mento ,  fatto  fuor  della  città  nella    prece- 
dente guerra  di  Ottone ,  alla  cui  difesa  era 
accorsa  quasi  tutta  la  milizia    esistente    in 
Cremona .  Fecero    delle    maraviglie    i    sol- 
dati di  Vespasiano^  per  superar   quel  sito: 
tanta  era  la  lor  gola  di    arrivar    al    sacco 
di  quella  ricca  città  ,   che    Antonio    Primo 
avea  loro  benignamente  accordato  :    il    che 
fatto  assalirono  la  città.  Contuttoché  que- 
sta fosse  cinta  di  forti  mura  e  torri,  e  pie- 
na di  popolo ,    invilirono    sì    fattamente    i 
soldati  Vitelliani  ,  che  non  tardarono  a  trat** 
tare  di    rendersi  .    Scatenarono   per    questo 
Alieno  Cecina ,  acciocché  s' interponesse  pel 
perdono  ^  ed  esposero  bandiera  bianca  .  Usci 
Cecina  vestito  da  console    co'  suoi   littori , 
cioè  colle  sue  guardie  ,  e   passò    al   campo 
de'vincitori ,  ma  accolto  da  tutti  con  ischer- 
ni    e    rimproveri,    perchè    la   perfidia  suo! 
essere  pagata  coli'  odio  d'  ognuno .  D'  uopo 
fu^  che  Antonio  Primo  il  facesse  scortare, 
tanto  che  fosse  in  luogo  sicuro  da   potersi 

por- 


Anno    LXIX.  105 

portate  a  trovar  Vespasiano  .  Fu   perdona- 
to ai  soldati  di  Vitellio  ,  ma  non  già    all' 
infelicissima  città  di  Cremona,  città  allora 
celebre  per  bellissime  fabbriche ,    per    gran 
popolo  ,  per  molte  ricchezze  ^  ,    Quaranta*- 
mila  soldati  <  e  un  numero  ma2:8:ior  di  fa- 
migli  e  bagaglioni ,    come    cani   v'  entraro- 
no .  Stragi  e  stupri  senza  numero  ;  non    si 
perdonò  neppure  ai    templi  ;    tutto  andò    a 
sacco  ;  e  in  fine  si  attaccò  il  fuoco  alle  ca- 
se .  Gli  stessi  soldati  di  Vitellio^  che  pri- 
ma difendeano  quella  città,  gareggiarono  in 
tanta  barbarie  con    gli    altri  ;    anzi    fecero 
di  peggio  ,  perchè  più    pratici    de'  luoghi  . 
Che    vi    perissero    cinquantam.ila    di    quegl' 
innocenti  e  miseri  cittadini ,  lo  scrive  Dio^ 
ne .  A  me  par  troppo .  Gli    abitanti    rima- 
sti in  vita  furono    tenuti    per    ischiavi  ,    e 
poi   riscattati.  Per  cura  di  Vespasiano  ven- 
ne poi  riedificata  e  popolata  di  nuovo  quel- 
la città  * 

Vitellio  intanto  se  ne  stava  in  Roma  agia- 
to ,  e  con  isfoggiata  tavola  ^  niuna  appren- 
sione mostrando  di  tanti  romori  i  Ma  quan^ 
do  cominciarono  sul  fine  d'ottobre  ad  ar- 
rivare r  un  dietro  V  altro  i  funesti  avvisi 
di  quanto  era  succeduto  ,  allora  gli  corse 
il  freddo  per  1'  ossa  *  E  poscia  udendo  che 
Antonio  Primo  s' era  messo  in  cammino^ 
pervenire  a  Roma ,  bufìava^  non  sapeapià 
dove  si  fosse  ,  ora  pensando  a  far  ogm  sfor- 
zo 

'  Tacitus  Histvrtar.  Uh-i-  r  ;j.  Dio  lib.6s^ 


10^       Annali  d^Italia 
20  per  resistere ,  ora  a  dimettere   1*  impe- 
rio, ed  a  ritirarsi  a  vita  privata,   ora  fa- 
cendo   il    bravo    con    la    spada    al    fianco , 
ed    ora   il    coniglio ,   con    far  ridere  il  se- 
nato j    e    con    trovare    oramai  poca    ubbi- 
dienza    ne"*    pretoriani  .      Tuttavia     spedì 
Giulio   Prisco   ed   Alfeno   Varo    con    quat- 
tordici   coorti  pretoriane,    e    tutti    i    reg- 
gimenti di  cavalleria ,   a    prendere    i    passi 
deirApennino  ^,  e  vi  aggiunse    la    legione 
deir  armata    navale  :   esercito   suiHciente    a 
sostener   con    vigore   la  guerra  ,    se    avesse 
avuto  capitani  migliori .  Si  postò  a    Beva- 
gna  quest'  armata  ,  e  colà  ancora    si    portò 
poi  lo  stesso    Vitellio ,    benché    solennissi- 
mo  poltrone_,  per  le  istanze  de' soldati .  At- 
tediossi  ben  presto  di    quel    soggiorno  ,    e 
i^enutagli  poi  nuova  ,  che  Claudio  Faentino 
e  Claudio   Apollinare    aveano    indotta    alla 
ribellione  l'armata  navale    del    Miseno^    e 
le   città    circonvicine ,    se    ne  tornò  a  Ro- 
ma ,    ed    inviò    Lucio    Vitellio    suo  fratel- 
lo  ad   occupar    Terracina   per    opporsi    da 
quella     banda     ai    ribelli  .     Ma     Antonio 
Primo   colle   milizie   fedeli    a   Vespasiano , 
alle    quali    egli     permetteva    il     far    quan- 
te insolenze  ed  iniquità  volevano  nel  viag- 
gio ,  passò  l' Apennino .    Pervenuto   che   fu 
a    Narni ,    se    gli    arrenderono    la     legione 
e  le  coorti  inviate  contra  di  lui  da  Vitel- 
lio. E  pur  Vitellio   in    sì    duro    frangente 

se- 

'  Tacitus  Hi  storiar*  lib.  s-  e.  ^5. 


^^^  Anno      LXlX.  J07  ^ 

^egmfàVa  a  starsene  con  tal  torpedine  in 
Roma  ,  che  la  gente  sapea  bensì  esser  egli 
il  principe,  ma  parea  di  non    saperlo    egli 

Ì Stesso  .  Ogni  dì  nuove  1'  una  più  dell'  altra 
fattive  .  A  Fabio  Valente  suo  generale ,  eh' 
era  stato  preso  nell' andar  nelle  Gallie,  e  ri- 
mandato ad  Urbino  5  tagliata  fu /ia  testa  ^ 
per  far  conoscere  ai  Vitelliani  falsa  una 
voce^  ch'egli  avesse  messa  in  armila  Ger- 
mania e  Gallia  contra  di  Vespasiano .  Vero 
all'incontro  era,  che  anche  le  Spagne,  le 
Gallie  ,  e  la  Bretagna  riconobbero  Vespa- 
siano per  imperadore.  Poe' altro  che  Roma 
oramai  non  restava  a  Vitellio  ;  e  però  Fla- 
-vlo  5aòi/io,  fratello  di  Vespasiano,  che  £n- 
qui  era  stato  prefetto  della  città ,  con  fe- 
deltà e  buona  intelligenza  di  Vitellio,  de- 
siderando di  salvar  Roma  da  più  gravi  di- 
sordini ,  avea  proposto  dei  temperamenti  a 
Vitellio  stesso,  per  salvargli  la  vita.  Al- 
trettanto aveano  fatto  con  lettere  i^iucia/i^ 
e  Primo  ;  e  già  s'  era  in  concerto ,  che  Vi- 
tellio deponendo  l'impero  ,  ne  riceverebbe  in 
contraccambio  un  milione  di  sesterzj  e  ter- 
re nella  Campania.  In  fatti  egli  nel  dì  18 
di  dicembre  ,  uscito  di  palazzo  in  abito 
nero  co'  suoi  domestici ,  e  col  figliuolo  tut- 
tavia fanciullo ,  piagnendo  dichiarò  al  po- 
polo ,  che  per  bene  dello  Stato  egli  depo- 
neva il  comando  ,  ma  nel  voler  consegnare 
la  spada  al  cònsole  Cecilio  Semplice ,  né  qué- 
sti,  negli  altri  la  vollero  accettare  .  A  tale 
spettacolo  commosso  il  popolo  protestò   di 

non 


I08  A  N  N  A  L  I    d'  I  T  A  L  r  A 

non  volerlo  sofFerire;  ma  scioGcamente-,  peiì^- 
che  tutto  si  rivolse  poscia  in  danno  della  cit- 
tà ,  e  rovina  maggior  di  Vi  teli  io  .    Trova- 
vasi  in  questo  mentre  un'  assemblea  de'  pri- 
mi senatori,  cavalieri,  ed    ufiziali    rnilita- 
ri  presso    Flavio    Sabino ^   ^    trattando    del 
buono   stato   di    Roma  ,.  còlla   persuasione 
clie  veramente  fosse  seguita ,  o    che    segui- 
rebbe la  rinunzia  di  Vitellio .   Alla    nuova 
deir  abortito  trattato  ,  fu  creduto  bene  ,  cl"te 
Sabino  andasse  al  palazzo  per  esortare  ,*  o 
forzar  Vitellio    a   cedere .    Andò    egli    ac^ 
compagnato  da  una   Buona    truppa    di   sol.- 
dati  ;  ma  per  via  essendosi  incontrato  colla 
guardia  de'  Tedeschi  y  si  venne  ad  un    pic- 
ciolo coihbattimento .  Salvossi  Sabino  nella 
rocca  del  Campidoglio  con  alcuni    senatori 
e  cavalieri  ,  e  co'  due  suoi  figliuoli  Sabino 
e  Clemente  j  e  con  Domiziano  figlio    mino- 
re  di  Vespasiano  .  Quivi  assediato  fece  una:, 
meschina  difesa;  v'entrarono  i  Germani ,  ed 
appiccato  il  fuoco  al  Campidoglio  (  non  bÌ\ 
sa  da  chi)  si  vide  ridotto  in  cenere  quell* 
insigne  luogo,  con  perir  tante  belle  memo- 
rie c^e  ivi  erano  :    accidente    sommamente 
compianto  dal  popolo    romano .    Fuggirono 
di  là  Domiziano j  i  figli  di  .Saòmo;  .non  già 
r  infelice  Sabino  ;  che    preso    dai    Germani 
insieme    con    Quinzio    Attico    console^    fu 
condotto  carico  di  catene  davanti  a  Vitel- 
lio. Si  salvò  Attico  y  ma  Sabino  ^:  uomo  di 

graiì 

'  Dio  liìf.óz,  Tadtus  tikz.  Hhtof,   CiJ^.f'9>  \ 


Anno     LXIX.  105 

grati  credito  e  di  raro  merito  ,  e  fratello 
maggiore  di  Vespasiano  ,  sotto  le  furiose 
spade  di  que' soldati  perde  la  vita  :  del  che 
più  che  d"  altro  s"*  afflisse  dipoi  Fespasia-* 
no,  ma  non  o^ìh  Muoiano  che  il  riguardava 
come  ostacolo  all'  ascendente  della  sua  for-^ 
luna . 

Antonio  Primo  informato  di  queste  lagri- 
mevoli  scene  ,   mosse  allora    il  suo   campo 
alia  volta  di  Roma  ,  dove  si  trovò   alf  in- 
<:ontro  la  milizia    di  Viteilio,    e  lo    stesso 
popolo  in  armi  .  Giacche  egii  e  Fetilìo  Ce- 
reale non  vollero  dar  orecchio  alle   propo- 
sizioni di  qualche  accordo  ,  varj    combatti- 
menti  seguirono,    favorevoli   ora    ali* una, 
ed  ora  all'altra  parte;    ma  finalmente    ri- 
masero superiori  quei    di  Vespasiano .    Fu- 
rono   presi    varj     luoghi    di    Koma ,     e   il 
quartiere    de'  pretoriani ,    commessi    molti 
saccheggi  colle  consuete  appendici ,  e  strage 
di  tanta  gente  ,  che  Giuseppe   ^  e  Dione  la 
fanno    ascendere     a     cinquantamila     perso- 
ne. *  Veggendosi  allora  a  mal  partito  Vi- 
teilio, dalpalazzo  fuggì  neiTAventino  ,  con 
pensiero    di    andarsene    nel    di    seguente    a 
trovar  Lucio  suo  fratello  a  Terracina .  Ma 
sul  falso  avviso  ,    che  non  erano    disperate 
le  cose  ,  tornò    al  palazzo ,    e  trovato    poi 
che  ognun  se  n'era  fuggito,    preso  un  vile 
abito,  cor?  una  cintura  piena   d'oro,    andò 

a  na- 

?  JoTtpb.  He  bel.   Jud.  lib.  ^.  r^/.  4s.   Dio  lib.é^. 
*  Sueton.  in  f^iteih'o  ca^.  io. 


tio      Annali   d'Italia 
a  nascondersi  nella  cameretta  del  portina- 
io, oppur  nella  stalla    de'^cani,    da  più  di 
uno  de' quali  fu  anche    morsicato.   'A  nulla 
gli  servì  questo  nascondiglio  .   Scoperto  da 
un  tribuno  _,  per  nome  Giulio    Placido  ^    ne 
fu  estratto,  e  con  una  corda  al  collo,  col- 
le mani  legate  al  di  dietro,  fu  menato  per 
le  strade ,  dileggiato  ,    e  con  picciole  pun- 
ture trafitto  in  varie  forme  da' soldati,  ed 
ingiuriato  dal  popolo  ,  senzachè  alcuno  com- 
passion  ne  mostrasse  y  anzi  correndo  ognu- 
no a  rovesciar  le  sue  statue  gotto  gli  occhj 
di  lui .  Credette  di  fargli    servigio  un>  sol- 
dato tedesco ,  per  levarlo   da  tanti    obbro- 
Lrj  ;,  e  gli  lasciò  sulla  testa  un  buon  colpo  : 
il  che  fatto  si  ammazzò  da  se  stesso,   ov- 
vero, come  s' ha  da  Tacito^  fu  ucciso  da- 
gli altri»  Termir^ò  la  sua  vita  VltelUo  ^  coir 
essere  gittato  giù  per  le  scale  gemonie  ;  il 
cadavero  suo  fu   coli'  uncino  strascinato   al 
Tevere ,  e  la  sua  testa  portata  per  tutta  la 
città*  Era  in  età  di  cinquantasette  anni;  e 
questo  frutto  riportò  egli  dalla  sconsigliata 
sua  ambizione,  alzato  da  chi  noi   conosce- 
va a  sì  sublime  grado  ,  ed  abBorrito  da  chi 
sapea  di  sua  vita  ,  riguardandolo  per  trop- 
po indegno  dell'  imperio ,  e  certamente  in- 
capace di  sostenerlo  con  tanti  perversi  co- 
sttimi ,'  e  si  grande  poltroneria»  Kestò  ben- 
sì libera  Roma  dall' usurpatore  Vitellio,  ma 
non  già  dalle  atroci   pensioni  della  guerra 
civile .    Per  lungo  tempo    durarono  i   sac-^ 
cheggi  e  gli  omicidj .  Maltrattato  era  chiun« 

qua 


Anno     LXIX.  ir: 

que  fu  amico  di  Vitellio  ,  e  sotto  queste  prete- 
sto si  stendeva  ad  altri  la  feroce  avidità  dei 
vittoriosi  e  licenziosi  soldati  :  in  una  pa- 
rola,  tutto  era  lutto  ^  confusione^  e  lamen- 
ti in  Roma,  ed  altrove.  Ancorché  Donila 
ziano  figlio  di  Vespasiano  fosse  carnato  im- 
mediatamente col  nome  di  Cesare^  pure 
ni  un  rimedio  apportava  ,  intento  solo  a  sfo- 
gar le  passioni  proprie  della  scapestrata  gio- 
ventù é  Lucio  VltelUo  5  fratello  dell'estinto  Au- 
gusto 5  venne  ad  arrendersi  colle  sue  soldate- 
sche ,  sperando  pure  miglior  trattamento  j 
ma  restò  anch'  egli  barbaramente  ucciso . 
Fece  lo  stesso  fine  Germanico ,  picciolo  fi- 
gliuolo dei  medesimo  imperadore .  Subito 
che  si  potè  raunare  il  senato,  furono  de- 
cretati a  Flavio  Vespasiano  tutti  gli  ono- 
ri ,  soliti  a  godersi  dagF  im.peradori  roma^ 
ni .  E  bisogno  ben  grande  v'  era  di  un  sì 
fatto  imperadore  si  per  rimettere  in  calma 
la  sconcertata  Roma  ed  Italia,  come  anco- 
ra per  dar  sesto  alla  Germania  e  Gallia, 
dove  Claudio  Civile  avea  mosso  dei  gravi 
torbidi  che  accenneremo  fra  poco .  ^Guerra 
eziandio  era  nella  Giudea  ,  guerra  nella  Me- 
sia,  e  nel  Ponto*  Sovrastavano  perciò  dan- 
ni e  pericoli  non  pochi  alla  romana  repub- 
blica ,  se  non  arrivava  a  reggerla  un  Augu- 
sto, che  per  senno  e  per  valore  gareggias- 
se coi  migliori. 


An- 


112      Aknali    r»' Italia 

Ai^NO  di  Cristo  lxx.  Indizione  xiii* 
di  Clemente  papa  4. 
di  Vespasiano  imperadore  2. 

'^  Flavio   Vespasiano   Augu^ 
ri        V     .'        STO  per  la  seconda  volta. 

Consoli    ^       rr>  -rT  r^  r? 

\    Tito  Flavio  Cesake  suo  n- 
L      gliuolo  ♦ 

XAncorchè  fossero  lontani  da  Roma  Fe^pa- 
siano  Augusto  ,  e  Tito  suo  figlio ,  dichiara- 
to anch'  esso  Cesare   dal  senato ,    pure    per 
onorare  i  principj    di  questo  nuovo    impe-^ 
radox'e ,  furono  amendue  promossi  al    con*- 
solato,  in  cui  procederono    per  tutto    giù* 
gno .  In  essa  dignità  ebbero  per  successori 
nelle  calende  di  luglio  Marco  Licinio  Mu- 
dano ,  e  Publio  Valerio  Asiatico  ;  e  poscia 
questi  nelle  calende  di  novembre    succede- 
xono  Lucio  Annio  Basso ,  e  Gajo  Cecina  Pe- 
to.    Dacché  ^  nell'anno  precedente    giunj 
a  Roma  Mudano ^    prese    egli  il    govern( 
facendo  quel  che  gli    parea  sotto  nome 
Vespasiano .  V  interveniva  anche   Domizia- 
no Cesare  figliuolo  dell'  imperadore ,  per  da^, 
colore  agli  affari;  ma  quantunque  egli  preidHI 
desse  molte    risoluzioni    per    le    istigazioni 
degli  amici  ;  pure  V  autorità  era  principal^, 
mente  presso  Muciano  ,  uomo  di  smoderajB| 
ta   ambizione ,    che    s'andava   vantando    d^ 

aver 


re 

1 


Taetius  l.  4.  Histor»  Die  l:b.  66. 


J 


^^  Anno       LXX.  113 

ShfCT^onato  V  imperio  a  Vespasiano ,  e  di 
««sere  come  fratello  di  lui ,  e  facendo  per- 
ciò alto  e  basso ,  come  s'  egli  stesso  fosse 
rimperadore.  Certo  la  sua  prima  cura  fu 
quella  di  metter  fine  all'insolenza  de' sol- 
dati, e  di  ridurre  la  quiete  primiera  nella 
città  .  Ma  un'  altra  maggiormente  n'  ebbe 
per  adunar  danaro  il  più  che  si  potea,  per 
rinforzare  il  pubblico  fallito  erario  ,  dicen- 
do sempre,  che  la  pecunia  era  il  nerbo  del 
Frincipato  ;  né  gli  rincresceva  di  tirar  so- 
pra di  se  r  odiosità  delle  esazioni ,  e  di  ri- 
sparmiarla a  Vespasiano,  perchè  ne  profitta- 
va non  poco  anch'  egli  per  se  stesso .  Reca-? 
vano  a  lui  gelosia  Antonio  Primo y  divenu-- 
to  in  gran  credito,  per  aver  egli  abbassa- 
to  Vitellioy  ed  Arrio  Varo  ^  perchè  alzato 
alla  potente  carica  di  prefetto  del  preto- 
rio .  Quanto  a  Primo ,  il  caricò  di  lodi  nel 
senato ,  gli  mostrò  gran  confidenza ,  gli  fe- 
ce sperare  il  governo  della  Spagna  Tara- 
conense ,  promosse  agli  onori  varj  di  lui 
amici  ;  ma  nello  stesso  tempo  mandò  lun- 
gi da  Roma  le  legioni  che  aveano  dell'  amo- 
re per  lui,  e  fece  restar  lui  in  secco.  An- 
dò Primo  a  trovar  Vespasiano,  che  il  ri- 
cevè con  molte  carezze;  ma  Muciano ,  con 
rappresentarlo  uomo  pericoloso  a  cagion 
della  sua  arditezza  ,  e  con  rilevar  gli  ab- 
bcfminevoli  disordini  da  lui  permessi  in 
Cremona,  Roma  ed  altrove,  per  guadagnar- 
si r  affetto  de'  soldati  ,  gli  tagliò  in  fine  le 
Torvi.  IL  "  H  gamr 


114      Ankali    d'Ital-ìà 
gambe.    ^  Per  conto  ^i,  Varo  gli    tolse    la 
prefettura  ,  del    j^retorio  ,    dandogli    quella 
cjeir  annona,    e  sostituì  nella  prima  carica 
Clemente  Aretino ,  p^|"ente  di  Vespasiano . 

Allorché  si  compiè  la  tragedia  di  Vitel- 
liÒ ,  si  trovava  Vespasiano  in  Egitto  ,  Tito 
suo  figliuolo  nella  Giudea .  Non  sì  tosto  eb- 
bg  Vespasiano  avviso  di  quanto  era  avve- 
nuto ,  che  spedì  da  Alessandria  a  Roma  una 
copiosa  flotta  di  navi  cariche  di  grano,  per- 
chè le  soprastava  una  terribil  carestia  ^  e 
l'Egitto  da  gran  tempo  era  il  granajo  de' 
Romani ,  affinchè  quel  gran  popolo  abbon- 
dasse di  vettovaglia .  Se  vogìiam  credere  a 
Filostrato  *  ,  Vespasiano  fece  di  gran  heno 
all' Egitto  j  con  dare  un  saggio  regolamen- 
to a  quel  paese ,  esausto  in  addietro  per 
le  soverchie  imposte  .  Dione  ^  alF  incontro 
attesta  ^  che  gli  Alessandrini  ,  i  quali  si 
aspettavano  delle  notabili  ricompense,  per 
essere  stati  i  primi  ad  acclamarlo  impera- 
dorcj  si  trovarono  delusi,  perchè  egli  vol- 
le da  loro  buone  somme  di  danaro  ,  esigen- 
do gli  aggravj  vecchj  non  pagati ,  senza 
esentarne  né  meno  i  poveri^  ed  imponen- 
done dei  nuovi.  Questo  era  il  solo  difetto 
o  vizio  (  se  pure,  come  diremo,  tal  nome 
gli  competeva,  )  che  s' avesse;  Vespasiano. 
Perciò  il  popolo  d'  Alessandria ,  popolo  per 
altro  avvezzo  a  dir  quasi  sempre  male  de' 

suoi 

T'^chus  lib. /^.  cap.og.    - 

Philostratus   in  A^o^lon.   T/au.  *  Dio  Uh.  66, 


____  'A  N  K  o     ■  LXX  'ii^ 

loi  padroni  ^  se  ne  vendicò  con  ^elte  sa- 
I^Ère  ,  e  con  caricarlo  cV  ingiurie  e  4i -nomi 
^^BdUo  oltraggiosi.  Perciò  vi  mancò'  poco, 
'^Kc  Vespasiano^  quantun()irè  ■pvincJpìc -savib 
^H  amorevole^  non  li  g^.stiga^^  a'déVere  j 
^Vr  avrebbe  fatto  ,  se  Tito  suo  figliuolo^  non? 
si  fosse  interposto,    per  ottener  loro    gra- 
zia, con  rappresentare  al  padrey  c/ie  i  sag" 
gi  principi  fanno  quel  che  debbano^  o  cre- 
dono ben  fatto  ^  e  poi  lasciano  dire.    Nella 
state  venne  Vespasiano  Angusto   alla  volta 
di  Roma .    Arrivato    a  Brindisi ,    vi    trovò 
Muoiano  ,   eh'  era  ito  ad    incontrarlo    colla 
primaria  nobiltà  di  Eoma .  Trovò  a  Bene- 
vento il  figliuolo  Domiziano  ,  che  già  avea 
cominciato  a  dar   pruove  del    perverso  suo 
naturale  con  varie  azioni  ridicole ,    o    con 
prepotenze.    Perchè    egli  ^nella   lontananza 
del  padre  si  era  arrogata  più  autorlità,  che 
non  conveniva,  e  trascorreva  anche  in  ogni 
sorta  di  vizj  :  Vespasiano  in  collera    parca 
disposto  a  de' gravi  risentimenti  contra   di 
questo  scapestrato  figliuolo .  ^  Il  buon  Ti- 
to suo   fratello    fu  quegli    che   perorò   per 
lui ,  e  disarmò  l' ira  del  padre  .  Non  lasciò 
per  questo  Vespasiano  di   mortificar  la  su- 
perbia d'esso   Domiziano.   Accolse  poi    gli 
altri  tutti  con  gravità  condita  di    cordiale 
amorevolezza ,  trattando  non  da  imperado- 
re ,  nla  come  persona  privata  con  cadauno  ^ 
Aveva  egli  molto  prima  inviato    ordine    a 

H  2  Ro- 

'  Tacìms  l.  4.   Hirtor.  cap.'sx- 


11^  Ankali  d*  Italia 
Komaj,  che  si  rifabbricasse  il  bruciato  Cam- 
pidoglio, dando  tal  incombenza  a  Lucio 
Ve  stino  ^  cavaliere  di  molto  credito.  ISIel 
dì  21  di  giugno  s'era  dato  principio  a  si 
importante  lavoro  con  tutto  il  superstizio- 
so rituale  ,  e  le  cerimonie  di  Roma  Paga- 
na, con  essersi  gittate  ne' fondamenti  assai 
monete  nuove ,  e  non  usate ,  perchè  così 
aveano  decretato  gli  aruspici .  Giunto  da  lì 
a  non  molto  Vespasiano  a  Roma ,  per  me- 
glio autenticar  la  sua  premura  per  quella 
fabbrica,  e  per  alzar  quivi  un'  sontuoso 
tempio ,  ^  fu  dei  primi  a  portar  sulle  sue 
spalle  alquanti  di  que' rottami,  e  volle  che 
,gli  altri  nobili  facessero  altrettanto ,  affin- 
chè dal  suo  e  loro  esempio  si  animasse 
maaggiormente  il  popolo  air  impresa.  E  per- 
ciocché neir  incendio  d'  esso  Campidoglio 
erano  perite  circa  tremila  tavole  di  rame, 
o  sia  di  bronzo,  cioè  le  più  preziose  anti* 
chità  di  Roma,  perchè  in  simili  tavole  era^ 
no  intagliate  le  leggi,  i  decreti^  le  leghe, 
le  paci,  e  gli  altri  atti  più  insigni  del  se- 
nato e  del  popolo  romano  ^n  dalla  fonda- 
zione di  Roma  :  comandò  che  se  ne  ricer- 
cassero diligentemente  qucile  copie  che  si 
[potessero  ritrovare  ,  e  di  nuovo  s' incides- 
sero in  altre  tavole.  Parimente  ordinò  Ves- 
pasiano ,  che  fosse  restituita  la  buona  fama 
a  tutti  i  condennati  al  tempo  di  Nero- 
ne * ,  e  sotto  i  tre  susseguenti  Augusti ,  « 

la 

"   Sucton.  int^t^asiano  f .  8.     *  Dì$  inExceyptisValesiafìis, 


Anno        LXX.  117 

"a  libertà  a  tutti  gli  esiliati ,  che  si  tro- 
vassero vivi;  e  che  si  cassassero  tutte  Is 
accuse  de' tempi  addietro.  Cacciò  eziandio 
di  Roma  tutti' gli  strologhi,  gente  perni- 
ciosa alle  repubbliche ,  quantunque  egli  nori 
disprezzasse  quest'  arte  vana ,  e  tenesse  in 
sua  corte  uno  di  tali  pescatori  dell'  avve- 
aire,  stimandolo  il  più  perito  degli  altri  ^ 
E  si  sa,  ch'egli  a  requisizione  di  un  cer- 
to Barbillo  strologo  concedette  al  popol  di 
Efeso  di  poter  fare  il  combattimento  appel- 
lato sacro,  grazia  da  lui  non  accordata  ad 
altre  città. 

Due  gucrr^i  di  somma  importanza  ebbe- 
ro in  questi  tempi  i  Romani ,  1'  una  in  Giu- 
dea ,  l'altra  nella  Gallia  e  Germania.  Dif- 
fusamente è  narrata  la  prima  da  Giuseppe 
Ebreo;  l'una  e  l'altra  da  Cornelio  Taci- 
to. Io  me  ne  sbrigherò  in  poche  parole. 
Famosissima  è  la  guerra  giudaica.  Avea 
quel  popolo  ,  ingrato  e  cieco,  ricompensa- 
to il  Messia ,  cioè  il  divino  Salvator  no- 
stro ,  di  tanti  suoi  beneflzj  ,  con  dargli  una 
morte  ignominiosa  ;  avea  perseguitata  a  tut- 
to potere  fin  qui  la  nata  santissima  religio- 
ne di  Cristo .  Venne  il  tempo ,  che  la  giu- 
stizia di  Dio  volle  lasciar  piombare  sopra 
quella  sconoscente  nazione  il  gastigo  ,  già 
a  lei  predetto  dallo  stesso  Signor  nostro. 
^S'erano  ribellati  i  giudei  all'imperio  ro- 
mano,, e  per  una  vittoria  da  loro  riporta-» 

H  3  ta 

*  Jose}>b.  lìb.  5.  de  Bello  Judaìco. 


1 18  Annali  d'  I  t  a  l  i  a 
ta  contra  Cestii,  parca  che  si  ridessero  del- 
le forze  romane.  ^  Vespasiano  irritato  for- 
te contra  di  «loro,  spedì  Tito  suo  figliuolo 
nella  primavera  delF  anno  presente  per  do- 
marli.  Gerusalemme  era  ;in  que' tempi  una 
delle  più  belle ,  forti ,  e  ricche  città  dell' 
universo ,  perchè  i  Giudei  sparsi  in  gran 
i^copia  per  l'Asia  e  per  l'Europa,  faceano 
gara  di  divozione  per  ma:ndar  colà  doni  al 
tempio,  e  limosine  di  danari.  Per  dar  an- 
che a  conoscere  Iddio  più  visibilmente,  che 
dalla  sua  mano  veniva  ilgastigo,  Tito  an- 
dò ad  assediarla  in  tempo  ,  che  un'infinità 
di  Giudei  era  secondo -il  costume  concorsa 
colà  per  celebrarvi  la  Pasqua  :  nel  qual 
tempo  appunto  aveano  crocifisso  1'  umanato 
flgliuol  di  Dio.  Che  sterminato  numero  di 
essi  per  giusto  giudizio  di  Dio  si  trovasse 
ristretto  in  quella  città,  come  in  prigione, 
si  può  raccogliere  dal  medesimo  loro  Sto- 
rico Giuseppe ,  il  quale  asserisce ,  che  du- 
rante queir  assedio  vi  perì  un  milione  e 
centomila  Giudei  per  fame  e  per  la  peste. 
Sanguinosi  combattimenti  seguirono^  osti- 
nato quel  popolo  mai  non  volle  ascoltar 
proposizioni  di  pace  e  di  arrendersi.  Av- 
vegnaché riuscisse  al  copiosissimo  esercito 
romano  di  superar  le  due  prime  cinte  di 
r;i\;ira,.di  quella  città,  la  terza  nondimeno 
più  forte  dell'altre  fu  sì  bravamente  dife- 
sa dagli  assediati,  che  Tito  perde  la  spe- 

ran- 

*  Tacftus  KistoY.  lib.'S. 


Anno      LXX.  119 

''di  espugnar  la  città  colla  forza ,  e  si 
rirtìlse  al  partito  di  vincerla  con  la  fame. 
Urf  prodigioso  muro- con  fosse  e  bastioni 
dì  circonvallazione  fatto  intorno  à  Gerusa- 
lemitie  ,  tolse  ad  ognuno  la  via  a  fuggirse- 
ne .  Però  uri'  orribil  fartie  ,  e  la  peste  sua 
compa2:na,  entrate  in  Gerusalemme,  vi  fa- 
ceano  un  orrido  macello  di  quegli  abitan- 
ti; i  quali  anche  discordi  fra  loro  e  sedi- 
ziosi, piuttosto  amavano  di  vedere  e  sof^ 
ferire  ogni  pia  orribile  scempio ,  che  di 
sugget tarsi  di  nuovo  al  popolo  romano . 
Non  si  può  leggere  senza  orrore  la  descri- 
zione ,  che  fa  Giuseppe  di  quella  deplorabil 
miseria,  a  cui  difficilmente  si  troverà  una 
simile  nelle  storie  .  Immense  furono  le  ru- 
berie e  le  crudeltà  di  quei  che  più  potea- 
no  in  quella  città;  le  centina] a  di  migliaja 
di  cadaveri  accrescevano  il  fetore  e  le  mi- 
serie di  coloro  che  restavano  in  vita;  fa- 
ceano  i  falsi  profeti ,  e  i  tiranni  interni 
più  male  al  popolo^  che  gli  stessi  Roma- 
ni. Ma  nel  dì  23  di  luglio,  il  tempio  di 
Gerusalemme  fu  preso ,  e  con  tutta  la  cu- 
ra di  Tito  Cesare  _,  perchè  si  conservasse 
queir  insigne  e  ricchissimo  edificio ,  Dio 
permise  che  gli  stessi  Giudei  vi  attaccasse- 
ro il  fuoco  ,  e  si  riducesse  in  un  monte  di 
sassi  e  di  cenere.  S'impadronì  poi  Tito 
della  città  alta  e  bassa  nel  mese  di  settem- 
bre colla  strage  e  schiavitù  di  quanti  si  ri- 
trovarono vivi .  Non  solo  il  tempio  ,  ma  an- 
che la  città  ,  parte  dalle  mani    de'  vincito- 

H  4  i-^j 


120        Annali    d*  Italia 

4Ì ,  parte  dal  fuoco  furono  disfatti  ed  at- 
terrati •  e  quella  gran  città  rimase  per  gran 
tempo  un  orrido  testimonio  dell'  ira  di  Dio, 
siccome  la  dispersion  di  quel  popolo  senza 
tempio,  senza  sacerdoti,  che  noi  tuttavia 
miriamo,  fa  fede  ^  quello  non  essere  più  il 
popolo  di  Dio,  siccome  avcano  predetto  i 
Profeti . 

L' altra  guerra  ,  che  i  Romani  sostennero 
in  questi  tempi ,  ebbe  principio  nella  Bata- 
via.,  oggidì  Olanda,  sotto  Vitellio  .  ^  Claiu 
dio  Civile j  persona  di  sangue  reale,  di  gran 
coraggio-,  avendo  prese  1'  armi;,  stuzzicò 
que' popoli^  e  i  circonvicini  ancora^  a  ri- 
voltarsi contra  de' Romani  e  di  Vitellio, 
con  apparenza  nondimeno  di  sostenere  il 
partito  di  Vespasiano  .  Diede  sul  Reno  una 
rotta  ad  Aciiiiìlo  generale  de' Romani,  e  al 
suo  fiacco  esercito .  Questa  vittoria  fece 
voltar  casacca  a  molte  delle  soldatesche , 
le  quali  ausiliarie  militavano  per  l' impe- 
rio, e  commosse  a  ribellione  altri  popoli 
della  Germania  e  della  Gallia;  e  però  cre- 
sciute le  forze  a  Claudio  Civile  ,  non  riu- 
scì a  lui  difficile  il  riportare  altri  vantag- 
gi.  Ma  dopo  la  morte  di  Vitellio,  i  mini- 
stri di  Vespasiano  inviarono  gran  copia  di 
gente  per  ismorzar  queir  incendio .  Annio 
Tallo ,  e  Petilio  Cereale  furono  scelti  per 
ca,pitani  di  tale  impresa.  Andò  innanzi  il 
terrore  di    quest'  armata ,  e  c^gion  fu ,  che 

la 

'   Tacitus  Histor,  lib.  4. 


Anno       LXX,  121 

parte  rivoltata  della  Gallia  tornasse  all^ 
ubbidienza.  -Furono  ripigliate  alcune  città 
colla  forza  ,  date  più  sconfitte  a  Civile,  e 
a'  suoi  seguaci ,  tanto  che  tutti  a  poco  a 
poco  si  ridussero  a  piegare  il  collo  ,  e  a 
ricorrere  alla  clemenza  romana .  Domizia- 
no Cesare  in  questa  occasione,  bramoso  di 
non  essere  da  meno  di  Tito  suo  fratello, 
volle  andare  alla  guerra;  e  ciuciano  per 
paura,  che  questo  sfrenato  ed  impetuoso 
giovane  non  commettesse  qualche  bestialità 
in  danno  delF  armi  romane ,  giudicò  meglio 
di  accompagnarlo.  Seppe  poi  con  destrezza 
fermarlo  a  Lione  sotto  varj  pretesti ,  tan- 
to che  si  mise  fine  a  quella  guerra ^  senza- 
chè  egli  vi  avesse  mano  ;  e  poscia  il  ricon- 
dusse in  Italia ,  acciocché  andasse  ad  incon- 
trar il  padre  Augusto,  il  quale,  siccome 
già  dicemmo j  venne  a  Roma  nell'anno  pre- 
sente^ e  i\i  ricevuto  con  gran  magnificen- 
za dappertutto. 

Anno  di  Cristo  lxxi.  Indizione  xrv-. 
di  Clemente  papa  5. 
di  Vespasiano  imperadore  3. 


Consoli  J 


Flavio  Vespasiano    Augij* 
STO  per  la  terza  volta  , 
•^  Marco  Coccejo  Neìiva. 

i\!  erva  collega  dell'  imperadore  nel  conso- 
lato, divenne  anch' egli  col  tempo  impera- 
tore. Non  tennero  ess^i  consoli  se  no^  per 

lut- 


122       Annali    d' Italia 
tutto  febbrajo  quella  dignità  ,  e  ad  essi  sue- 
cederono  nelle  calende  di  marzo  F/a*vio  Po- 
miziano  Cesare^  figliuolo  di  Vespasiano,  e 
GnfA  Pedio  Casto .  Merito  grande  s!  era  ac- 
quistato Tito  Cesare  presso  il  padre  per  la 
guerra  gloriosa-mente  terminata  nella    Giu- 
dea. Maggior  anche  era  il  merito    de' suoi 
dolci  costumi .  ^  Cotanto  si  faceva  egli  ariiar 
dai  soldati ,  che  dopo  la  presa  di    Gerusa- 
lemme ,  r  armata  romana  gli  diede  il  tito- 
lo militare  d' imperadorc;    e  volendo    egli 
venii'e  a  Koma  ,  cominciarono  tutti  con  pre- 
ghiere e  poi  con  minacce  a  gridare ,  o  che 
restasse  egli ,  o  che  tutti  li  conducesse  se- 
co. Per  questo  e  per  qualche  altro    barlu- 
me insorse  sospetto  presso  della  gente  ma- 
liziosa ,  eh'  egli  nudrisse  dei  disegni  di  ri- 
voltarsi contra  del  padre  :  il  che    giammai 
a  lui  non  cadde  in    pensiero.    Ne  fu  anche 
informato  Vespasiano,  ma  siccome  egli  avea 
troppe  prove  dell'  onoratezza  del  -figliuòlo^ 
così  non  ne  fece  caso;  anzi  udito    che  già 
effli  era    in  via^-p-io,    il  fece  dichiarar    suo 
collega  nell'imperio,  e  compagno  anche  nel- 
la podestà  tribunizia,  ma  senza  conferirgli 
i  titoli  di  Augusto  e  di  Padre    della    Pa- 
tria. Questi  onori  equivalevano  allora  ali 
dignità  dei  re  de'Romiani  de' nostri  giorni ,' 
ed  erano  un    sicuro   grado,    per    succedere 
al  padre  Augusto  nella  piena  dignità  ed  au- 
torità imperiale.  *  Passando  per  la  città  d* 

Ar-  - 

^   Sueton.in   Tuo  c.-$.     ^   Phihstrntus  in  Jpolhn.Tf7neo. 


A  N  N  o     LXXL  123 

Argos ,  volle   Tito  abboccarsi    con  Apollo-^ 
nio  Tlaneo^  filosofo  di  gran  grido  in  que- 
sti temoi ,  e  di  cui  molte  favole  hanno  spac- 
ciato i  Gentili.    Il  pregò   di  dargli    alcune 
•■---le  per  saper  ben  governare.  Altro  non 
jsse  egU,.  se  nond'  imitar  Vespasiano 
sup.  padre,  e  di  ascoltar  con  pazienza  De- 
metrio filosofo  cinico,  che  facea  professio- 
ne, di  dir  liberamente ,  e  senza  adulazione^ 
risipetto  di  alcuno ,  la  verità;  è  cke  non 
h  inquietasse,  se  l'avesse    ripreso  di    qual- 
che fallo .  Tito  promise  di  farlo .    Sarebbe 
da  desiderare  un  filosofo  sì  fatto,  e  conta- 
le autorità  in  ogni  corte  ;    e  fors'  anche    in 
oc;ni  paese  si  troverebbe  volendolo.   Ma    è 
da  temere,  che  non  si  trovassero  poi  tan- 
ti Titi .  Ebbe  Tito  sentore  per  istrada  del- 
le relazioni  maligne  portate    di  lui  al    pa- 
dre (  e  forse  n'  era  stato  sotto  mano  auto^ 
re  l'invidioso  Domiziano  )    con   fargli  an- 
che sospettare  che  Tito  non  verrebbe  ,  per^ 
che  macchinava  cose  più  grandi.  Allora  egli 
s'affrettò,  e  in  una  nave  da  carico,  quan- 
do men  s'aspettava  ,  arrivò  in  corte  ;  e  qua- 
si rimproverando  il  padre  ,  eh'  era  uscito  in 
fretta  ad  incontrarlo  ,  un  po'  agramente  gli 
disse:    Son    venuto^    Signor  e    Fadre^    son 
'venuto . 

Fu  decretato  il  trionfo  dal  senato  tanto 
a  Vespasiano,  quanto  al  figliuolo,  e  sepa- 
ratamente per  la  vittoria  giudaica.  Ma  Ves- 
pasiano che  amava  il  risparmio  in  tutte  le 
occorrenze  ,   né  potea  sofferir  tanta    spesa , 

si 


làlf       Annali    d'Italia 

^i  cortteiltò  d'  un  solo  che  servisse  ad  ameri- 
"due  .  Non  s'  era  mai  veduto  in  addietro  un 
padre  trionfar  con  un    figlio  :    si  vide  que- 
sta  volta .  Memoria  di  questo  trionfo    tut- 
tavia abbiamo  nell'arco  di  Tito  in  Roma, 
dato  anche  alle  stampe  dal  Bellorio,    e    vi 
si  mira  portato  V  aureo  candelabro  dei  tem- 
pio di  Gerusalemme.  L'essersi    felicemente 
terminate  le  guerre  della  Giudea  e  Germa- 
nia ,  diede  campo  a  Vespasiano  di    fabbri- 
car il    tempio  della    Pace ,    e    di    chiudere 
quello  di  Giano  ;  giacché  per  tutto  V  impe- 
rio romano  si  godeva  un'  invidiabil  calma . 
Questa  specialmente  tornò  a  fiorire  in  Ro- 
ma insieme  colla  giustizia ,  per  tanti  anni 
in  addietro  bandita  da  essa,    e  vi    risorse 
la  quiete  degli    animi ,  e    l' allegria  :    tutti 
effetti  dei  saggio  e  dolce  governo  di  Vespa- 
siano .  Buon  concetto  si  avea  ne'  tempi  an- 
dati di   questo    personaggio  ;    ma    divenuto 
imperadore  ,  superò  di  lunga  mano  1'  espet- 
tazion  di  ognuno .  ^  Imperocché  tosto  si  ac^ 
cinse  egli  con  vigore  a  ristabilire  Roma  e 
r  imperio ,    che  tanto    aveano  patito    sotto 
i  precedenti ,    o  principi  o  tiranni  ■;    né    si 
diede  mai  posa ,  finché  visse  ,    per  levare  i 
disordini,  e  per  abbellire  quella    gran  cit- 
tà .  Chiara  cosa  essendo  ,  che  i  passati    af- 
fanni principalmente   erano  proceduti    dall* 
avidità,    insolenza,    e  poca    disciplina    de' 
soldati  5  e  soprattutto  de'  pretoriani ,  vi  ri- 

mt- 

*   Sue:cn.  ir:  Vespasiano  cap^  8 


A  ic  N  o      LXXI.  125 

mediò  col  cassare  la  maggior  parte  di  quei 
di  Vitellio  ,  ed  esigere  rigorosamente  la 
buona  disciplina  dai  suoi  proprj .  Per  assw 
curarsi  meglio  del  pretorio ,  cioè  delle  guar- 
die del  palazzo  j,  con  istupore  d'ognuno  creò 
lo  stesso  Tito  ,  suo  figliuolo  e  collega  ,  pre- 
fetto del  pretorio:  carica  sempre  innanzi 
esercitata  dai  cavalieri ,  e  che  perciò  diven- 
ne col  tempo  la  più  insigne  ed  apprezzata 
dopo  la  dignità  imperiale.  ^  La  vita  di  Ves- 
pasiano era  senza  fasto.  Il  venerava  ognu- 
no come  signore ,  ed  egli  amava  all'  incon- 
tro di  comparir  verso  tutti  piuttosto  con- 
cittadino ,  e  come  persona  tuttavia  priva- 
ta. Di  rado  abitava  nel  palazzo  ,  più  spes- 
so negli  orti  sallustiani ,  luo2;o  delizioso. 
Dava  quivi  benignamente  udienza  non  solo 
ai  senatori ,  ma  agli  altri  ancora  di  qual- 
sivoglia grado  .  Vigilantissimo  soleva  avan- 
ti giorno  ,  stando  in  letto ,  leggere  le  let- 
tere e  le  memorie  a  lui  presentate ,  am- 
mettere i  suoi  familiari  ed  amici ,  quando 
si  vestiva,  e  favellar  con  loro  delle  cose 
occorrenti .  Uno  di  questi  era  FUnio  *  il 
-vecchio .  Anche  andando  per  istrada  non 
rifiutava  di  parlare  con  chi  avea  Insogno 
di  lui.  Fra  il  giorno  stavano  aperte  a  tut- 
ti ,  e  senza  guardia ,  le  porte  della  sua  abi- 
tazione .  Sempre  interveniva  al  senato  ,  mO' 
girando  \\  convenevol  rispetto  a  quell'or-r 
dine 'insigne  j    né  v'era  affare  d'importane 

za, 

^  Ph   //>.  66,  2    piiniyj  Junior.  Uk.  4..   E^ist-  J» 


126  Annali  d'  Itali  a 
ia ,  che  non.  comunicasse  con  loiO.-Soven^ 
te  ancora  andava  in  piazza  k  rendere  giu- 
stizia al  popolo.  E  qualora  per  la  sua  avan- 
zata età  non  potea  portarsi  al  senato,  gli 
partecipava  i  suoi  sentimenti  in  iscritto,  ' 
incaricava  i  suoi  figliuoli  di  leggerli .  Ne 
solamente  in  ciò  dava  egli  a  conoscere  la 
stima  che  facea  del  senato,  ma  eziandio 
col  voler  sempre  alla  sua  tavola  molti  do' 
senatori ,  e  coli'  andar  egli  stesso  non  rade. 
volte  a  pranzare  in  casa  degli  amici  e  dei 
familiari  suoi.  Sapeva  dir  delle  burle ^  f 
pungere  con  grazia  ;  né  s'  avea  a  male  ,  s 
altri  facea  lo  stesso  verso  di  lui.  Diletta- 
vasi  massimamente  di  praticar  colle  perso- 
ne savie,  per  le  quali  non  v'era  portiera^ 
e  fu  udito  dire  ^  ;  Oh  potessi  io  comanda- 
re a  del  sagQÌ ,  e  che  anche  i  saggi  -potes- 
sero comandare  a  me  !  Non  mancavano  nep- 
pure in  que' tempi  pasquinate  e  satire  con- 
tifa di  lui  ;  ma  egli  ^  benché  ne  fosse  av- 
vertito, non  se  ne  alterava  punto,  segui- 
tando ciò  non  ostante  a  far  ciò  che  ripu- 
tava utile  alla  repubblica.  Allorché  Vespa- 
siano era  in  Grècia  col  pazzo  Nerone  ^  , 
vedendolo  un  dì  nel  teatro  prorompere  in 
parole  e  geisti  indecenti  alla  sua  dignità  , 
non  seppe  ritenersi  dal  fare  un  cenno  di 
stupore  e  disapprovazione.  Febo  liberto  di 
Nerone,  osservato  ciò,    se  gli    accostò, 

dis- 


'  Bto  Ut;.  66.     Suttoniui  in  p'esf  asiano  cap.  14. 


A  N  N  o     LXXI.  127 

fissegli  che  un  par  suo  non  istava  bene  in 
quel  luogo.  Dove  volete  di  io  vada?  disse 
allora    Vespasiano.    E  il  superbo  ed    inso- 
nte  liberto  'replicò  ,  che  andasse  alle  for- 
che,  Costui  ebbe  tanto  ardire  di  presentar- 
si davanti  a  lui,  già  divenuto  imperadore, 
per  addurre    delle  scuse .    Altro  male    non 
gli  fece  Vespasiano ,  se  non  di   dirgli  ,  che 
se  gli  levasse  davanti ,  e  andasse  alle  for- 
che,  Con  rara  pazienza  sofferiva  egli^    che 
gli  si  dicesse  la  verità ^  e  godeva   quel  bel 
privilegio,    tanto   esaltato  da    Cicerone    in 
Giulio  Cesare,    di  dimenticar    le    ingiurie. 
Maritò   molto    decorosamente  tre    figliuole 
di  Viteìlio  ;  e  benché  si  trovasse  più  d'uno, 
che  macchinò  congiure  contra    di  un    prin- 
cipe sì  buono ,  contuttociò   niuno    mai  ga- 
stigò  se  non  coli' esilio,  solendo  anche  di-* 
re  ,  che  compativa  la  pazzia  di    coloro  ^    i 
quali    aspiravano    all'  imperio ,   perchè    non 
sapevano  ,  che  aggravio  e  spine  V  accompa- 
gnassero .  Però  sua  usanza  fu  di  guadagnar 
coi  benefizi  ,  e  non  di  rimeritar  coi   gasti- 
ghi  ,  chi  era  stato    ministro  della    crudeltà 
de' tiranni ,  perchè  volea  credere,  che  aves- 
sero così    operato  più    per  paura  ,   che  per 
malizia.  E  questo  perora  basti  de' costumi 
di  Vespasiano.  Ne  riparleremo  andando  in- 
nanzi ,  come  potremo  ,  giacche    si  son  per- 
dute le  storie  di  Tacito ,   e  con  ciò  a  noi 
manca  il  filo   cronologico    delle  azioni    lo- 
devoli di  questo  principe.  -^ 

An- 


128      Annali     d' Italia 

Anno  di  Cristo  lxxii.  Indizione  xt, 
di  Clemente  papa  6. 
di  Vespasiano  impera  dorè  4. 

r  Vesfasiano  Augusto  pe^r  la 
^         r  J         quarta  volta, 

Consoli  ^      rr^  ^        -e  !>  1 

I    liTo  Flavio  Cesare  per  la 
v       seconda ,, 


D= 


appoichè  Mudano  venuto  a  Roma  co- 
KHnciò  a  godere  de' primi  onori,  il  gover- 
no della  Siria  fu  dato  da  Vespasiano  a  Ce- 
sennio  Peto.  Scrisse  egli  a  Roma,  che  ^n- 
tioco  re  della  Comagene  ^  il  più  ricca  dei 
re  sudditi  di  Kom-a ,  con  Eplfane  suo  fi- 
gliuolo teneva  dei  trattati  segreti  con  Va- 
hgeso  re  dei  Parti ,  disegnando  di  rivoltar- 
si. Dubita  Giuseppe  Ebreo  ^y  se  Antioco 
fosse  di  ciò  innocente  ^  o  reo ,  ed  inclina 
piuttosto  al  primo. ^Peto  gl'i  volea  poco  be- 
ne ,  e  potè  ordir  questa  trama .  Vespasia- 
no, a  cui  troppo  era  difficile  il  chiarire  la 
verità,  ne  volea  trascurar  l'affare,  essendo, 
jli  somma  importanza  quella  provincia  per 
le  frontiere  della  Soria  e  dell'  imperio  ro- 
mano :  mandò  ordine  a  Peto  di  far  ciò 
ch'egli  credesse  più  convenevole  e  giusta 
in  tal  congiuntura.  Pertanto  unitosi  quel 
governatore  con  Aristobolo  re  di  Calcide , 
e  con  Soemo  re  di  Emessa  ^  entrò  coli' eser-^ 

cito 

*  Joscf^h.  de  Bella  ./.vi.7;>.  J:Ù.  7- 


Anno     LXXII.  129 

cito  nella  Comagene.  A  questa  inaspettata 
mossa  Antioco  si  ritirò  con  tutta  la  sua 
famiglia  ,  e  senza  volere  far  fronte  all'  ar- 
mi romane  ,  lasciò  che  Peto  entrasse  in 
Samosata  capitale  de' suoi  stati.  Epifane  e 
Callinico  suoi  figliuoli,  prese  T  armi ,  fece- 
ro qualche  resistenza  :  ma  tardarono  poco 
i  lor  soldati  a  rjendersi  ai  Romani.  Si  ri- 
fugiarono essi  alla  corte  di  Vologeso  re  dei 
Parti ,  che  gli  accolse ,  non  già  come  esi- 
liati,  ma  come  principi.  Antioco  lor  padre 
fuggi  nella  Cilicia  .  Peto  inviò  gente  a  cer- 
carlo, ed  essendo  stato  colto  a  Tarsi,  fu 
caricato  di  catene,  per  essere  condotto  a 
Roma.  Noi  permise  Vespasiano,  e  spedì 
ordini ,  che  fosse  rimesso  in  libertà  ,  e  che 
potesse  abitare  a  Sparta,  dove  gli  facea 
somministrar  tutto  1'  occorrente  ,  acciocché 
vivesse  da  par  suo  .  Per  intercessione  poi 
di  Vologeso  ai  di  lui  figliuoli  fu  permesso 
di  venire  a  Roma.  Vi  venne  anche  Antio- 
co, e  tutti  riceverono  trattamento  onore- 
vole, senza  più  riaver  quegli  Stati.  Siamo 
assicurati  da  Suotonio  ^  ,  che  la  Comage- 
ne^ siccome  ancora  la  Tracia ,  la  Cilicia  , 
e  la  Giudea ,  furono  ridotte  in  provincia 
sotto  Vespasiano,  cioè  immediatamente  go* 
vernate  dagli  ufiziali  romani.  Ma  non  tut- 
to ciò  avvenne  sotto  il  presente  anno .  Fe- 
ce in  questi  tempi  Vologeso  re  de'  Parti 
istanza  d' ajuti  a  Vespasiano ,  perchè  gli 
Tom.  II.  I  Ala- 

'    Tueton.  in  resf  asiano  cip.  8. 


130       Annali    d'Italia 

Alani ,  feroce  popolo  della  Tarlarla  ,  en- 
trati nella  Media  obbligarono  a  fuggirne 
Facoro  re  di  quel  paese  ,  e  T'iridate  re  delV 
Armenia^  minacciando  anche  il  dominio  di 
Vologeso.  Non  si  volle  mischiar  Vespasia- 
no negli  affari  di  que'  Barbari  ;  e  forse  di 
qua  venne  qualche  alterazion  di  animo  fra 
eli  loro .  Sappiamo  da  Dione  ^ ,  avere  quel 
superbo  re  scritta  una  lettera  con  questo 
titolo:  Arsace  re  dei  re  a  Vespasiano  ^  sen- 
za riconoscerlo  per  imperador  de' Romani. 
Vespasiano  lungi  dal  farne  rimprovero  o 
doglianza  alcuna ,  gli  rispose  nel  medesimo 
tenore:  Ad  Arsace  re  del  re  Vespasiano» 
Cretesi  *  che  in  questi  tempi  avvenisse 
qualche  guerra  nella  Bretagna  ,  dov'  era  an- 
dato per  governatore  Petìlio  Cereale j  con 
far  quivi  1'  armi  romane  nuove  conquiste  . 
Seguitava  intanto  Vespasiano  a  far  dei 
saggi  regolamenti  3  ^  per  levar  gli  abusi<> 
e  rimettere  il  buon  ordine  in  Roma.  OsfHl 
servate  alcune  persone  indegne  ne' due  no- 
bili ordini    senatorio  ed    equestre,   le  levc^ 


e  perchè  era  scemato  di  molto  il  nu^J 
de' medesimi  senatori  e  cavalieri ,  per- 


via ; 

mero 

la  crudeltà  de'  regnanti  precedenti^  aggre- 
gò a  quegli  Ordini  le  famiglie  e  persone 
più  riguardevoli  e  degno  ,  non  tanto  di  Ro- 
ma, quanto  dell'Italia  e  dell' altre  provin- 
cia .  Trovò  che  le  liti  civili  erano  cresciu- 
te 

»   Dio  Ub,66.         *   T.u:tus  in  Vita  jfgricoU  Cfi^'V' 
^  Sueton,  in  f^es^Jiian.  ca^.  9. 


Anno       LXXII.  131 

ffe  a  clismìsiira,  andavano  in  lungo,  e  si 
eternavano  anche  talvolta  :  in  ale  non  fore- 
stiere anche  in  altri  tempi ,  è  in  altri  luo- 
fhi.  Cercò  di  rimediarvi  con  eleggère  varj 
ludici,  che  le  sbrigassero  senza  attender- 
le le  formalità  e  lunghezze  ordinarie  del 
foro.  Per  mettere  freno  alla  libidine  delle 
donne  libere ,  che  sposavano  gli  schiavi , 
rinnovò  il  decreto,  che  anch'esse  perduta 
la  libertà  divenissero  schiave.  Per  frastor- 
nar Coloro  che  prestavano  danaro  ad  usura 
ài  figliuoli  di  famiglia ,  vietò  il  poterlo  esi- 
gere dopo  la  morte  dei  padri .  Ma  nulla 
più  contribuì  alla  correzion  de'  costumi ,  e 
a  far  cessare  il  soverchio  lusso  de' Romani, 
che  l'esempio  dell' imperadore  stesso.  Par- 
ca era  la  merrsa  sua;  semplice  è  non  mai 
pomposo  il  suo  vestire;  sicura  dal  di  lui 
potere  l'altrui  onestà.  II  disapprovar  egli 
colle  parole  e  coi  fatti  gli  eccessi  introdot- 
ti ,  più  che  le  leggi  e  i  gastighi  y  ebbe  for- 
za d'introdurre  la  riforma  de' costumi  nel- 
la nobiltà ,  e  in  chiunque  desiderava  d' ac- 
quistare o  conservar  la  grazia  di  lui .  Ave* 
va  ^  egli  conceduta  una  carica  ad  un  gio- 
vane .  Andò  costui  per  ringraziarlo  tutto 
profumato  .  Questo  bastò  ,  perchè  Vespasia- 
no guatandolo  con  disprezzo  gli  dicesse  : 
Avrei  avuto  più  caro^  che  tu  puzzassi  d' 
aglio;  e  gli  levò  la  patente.  Oltre  a  ciò 
per  guarire  V  altrui  vanità    e  superbia    col 

I  2  pro- 

5  Sueton.  in  res^asiarw  r^f/».  8. 


T5.2  Annali  d' Italia 
proprio  esempio  j  parlava  egli  stesso  della 
bassezza  della  prima  sua  fortuna,  e  si  rise 
di  chi  avea  compilata  una  genealogia  pie^ 
na  di  adulazione ,  per  mostrare  ^  eh'  egli 
discendeva  dai  primi  fondatori  della  città 
di  Rieti  sua  patria,  e  da  Ercole.  Anzi  ta-» 
lora  nella  state  andava  a  passar  qualche 
giorno  nella  villa,  dov' egli  era  nato,  fuo^ 
ri  di  Rieti ,  senza  voler  mai ,  che  a  quel 
luogo  si  facesse  mutazione  alcuna ,  per  ben 
ricordarsi  di  quello  eh'  egli  fu  una  volta  ,. 
E  in  memoria  di  Tenulla  sua  avola  pater-r 
na ,  che  V  avea  allevato ,  nei  dì  solenni  e 
festivi  solca  bere  in  una  tazza  d'argento, 
da  lei  usata  . 


Anno  di  Cristo  lxxHi.  Indizione  i, 
di  Clemente  papa  7. 
di  Vespasiano  imperadore  5, 

r  Flavio  Domiziano   Cesar 
Consoli  -«;        per  la  seconda  volta, 

L  Marco  Valerio  J/Iessalino 


1 


V^onsole  ordinario  fu  in  quest'anno  Pomi 
zia/io,  *  non  già  per  li  meriti  suoi ,  né  pe^, 
elezione  del  saggio  suo   padre ,    ma  pcrchéU| 
il  buon  Tito,  suo  fratello,    disegnato    per 
sostenere  anche  nell'anno  presente  sì  riguar 
devol  dignità,  la  cedette  a  lui,  e  pregò  i 
padre  di  contentarsene.   E  si  vuol  qui  ap 

ipun- 

*  Idem  C0p.  la.         *  Jdent  in  Domi  ti  ano  caf-  a- 


Anno      LXXIÌL  133 

pnrìio  avvertire  ,  cHe  esso  Tito  era  in  tut- 
ti gli  aiFari  il  braccio    diritto  del    vecchio 
padre  .    ^  A  nome    di  lui    dettava    egli   le 
lettere  è  gli  editti^    e  per   lui  recitava    in 
Senato  le  determinazioni  occorrenti .  Secon- 
dochè  é'ha  dalla  cronica  d'Eusebio  -,  cir- 
ca questi    tempi    (  se    pur  ciò  non  fu    più 
tardi  frAcaja,  la  Licia,  Rodi,  Bisanzio, 
Samo^  ed  altri  luòghi  di  Oriente  pèidero- 
ho  la  lor  libertà;,    perchè    se  ne  abusavano 
in  danno  lor  proprio  per  le  sedizioni  e  rie- 
ihicitie    regnanti    fra    i  cittadini.    Non    si 
rnandava  colà  proconsole  o  governatore  ro- 
mano in  addietro ,  lasciando  che   si  gover- 
nassero coi  proprj    magistrati,    e  colle    lor 
leggi .  Da  qui  innanzi  furono  sottoposti   al 
governo  del    presidente    inviato  da   Roma  , 
e  a  pagare  1  tributi  al  pari  dell'altre  pro- 
Vincie.  Per  attestato  ancora  di  Filostrato  ^  ^ 
Apollonio  Tlaneo  ,  filosofo  rinomato  di  que- 
sti tèmpi ,    grande  strepito    fece  contra    di 
Vespasiano,  perchè  avesse  tolta  alla  Grecia 
quella  libertà  che  Nerone ,  tuttoché  princi- 
pe sì  cattivo  ,  le  avea  restituita  .  Ma  Vespa- 
dano  il   lasciò    gracchiare ,    dicendo   che    i 
Greci  aveario  disimyarato  il  go'vernarsi  da 
gente    libera.    II    Calvisio  ,    il   Petavio,    il 
Bianchini ,  ed  altri ,  non  per  certa  cognizio- 
ne del  tempo,  ma  per  mera  conjettura,  ri- 
feriscono a  quest'anno  la  cacciata  de' Filo-^ 

1  3  sofi 

'  Idim  in  Tito  cap.6.         *  'Euuh.  in  Chron. 
^  Philostratus  in  Afollon,  Tyan, 


$34  Annali  ij' Italia 
soji  da  Roma:  risoluzione  che  par  contra- 
ria alla  saviezza  di  Vespasiano  ^  ma  che  fu 
fondata  sopra  giusti  motivi  .  Le  diede  ini* 
pulso  Elvidlo  Prisco  nobile  senatore  roma- 
no,  e  professore  della  più  rigida  filosofia^ 
degli  stoici  ,  la  qual  era  allora  più  dell'  al- 
tre in  voga  presso  i  Romani .  A  questo  per- 
sonaggio fa  un  grande  elogio  Cornelio  Ta- 
cito ^  con  dire ,  aver  egli  studiata  quella 
filosofìa,  non  già  per  vanità,  come  molti 
faceano  ,  né  per  darsi  all'  ozio  ,  ma  per  prov* 
vedersi  di  costanza  ne'  varj  accidenti  della 
vita  ,  per  sostenere  con  equità  e  vigore  i 
pubblici  ufizj  ,  e  per  operar  sempre  il  be-r 
ne^  e  fuggire  il  male  .  Perciò  s'  era  acqui- 
stato il  concetto  d'essere  buon  cittadino, 
buon  senatore,  buon  marito,  buon  genero, 
buon  ^mico  ,  sprezzator  delle  ricchezze ,  in-!- 
flessibile  nella  giustizia ,  ed  intrepido  in 
qualsivoglia  sua  operazione .  Anche  Aria- 
no ^,  Plinio.^  il  giovane,  e  Giovenale  fu- 
rono liberali  di  lodi  verso  di  Prisco.  M^ 
egli  era  troppo  invanito  dell'  amor  della 
gloria,  cercandola  ancora  per  vie  mancan- 
ti di  discrezione  .  ^  Gli  esempli  di  Trase^ 
Feto ,  suocero  suo ,  uomo  da  noi  veduto  lo 
patissimo  ne' tempi  addietro,  gli  stavan 
sempre  davanti  agli  occhj  ,  per  parlare  fran 
camente,  ove  si  trattava  del  pubblico  be-^ 
ne.  Ma  non  sapea  già  imitarlo  nella    pru 

den 


X — 

m 
1 

1 


'   Tacitus  lib.  4.  Historiar,  cap.  5.         *  Atùan.  in  B^i^ct. 
3  Piinitfs  junior  lil>.  ^  E^iìt,%ì'         ^  Dio  lib.  66, 


Anno      LXXIIL  135 

denza .  Trasea  ancorché  avesse  in  orrore  i 
vizj  e  le  tirannie  di  Nerone  ,  pure  nulla 
dicea  o  facea ,  che  potesse  offenderlo .  So- 
lamente talvolta  si  ritirò  dal  senato ,  per 
non  approvare  le  di  lui  bestialità  e  crudel- 
tà :  il  che  poi  gli  costò  la  vita. 

Ma  Elvidio  si  facea  gloria  di  parlar  con 
vigore  e  libertà  senza  riguardo  alcuno  .  Co- 
sì operò  sotto  Galba  ,  sotto  Vitellio  ;  ma 
più  usò  di  farlo  sotto  Vespasiano  ,  quasi- 
ché la  bontà  di  questo  principe  dovesse  ser- 
vire di  passaporto  alla  soverchia  licenza 
delle  sue  parole .  Il  peggio  fu  ,  eh'  egli  sco- 
prendosi nemico  della  monarchia,  e  tenen- 
do sempre  il  partito  del  popolo ,  non  si 
facea  scrupolo  di  darsi  in  pubblico  e  ip 
privato  a  conoscere  per  persona  che  odia- 
va Vespasiano.  Allorché  questo  principe  ar- 
rivò a  Roma  ^  ito  a  salutarlo,  non  gli  die- 
de altro  nome ,  che  quello  di  Vespasiano. 
Essendo  pretore  nell'anno  70,  in  ninno  de' 
suoi  editti  mai  mise  parola  in  onore  di 
lui ,  anzi  né  pure  il  nominò  .  Ma  questo 
era  poco.  Sparlava  di  lui  dappertutto,  lo- 
dava solamente  il  governo  popolare,  e  Bru- 
to ^  e  Cassio  ;  formava  anche  delle  fazioni 
contra  del  dominio  cesareo .  Andò  così  in- 
nanzi r  ostentazione  di  questo  suo  libero 
parlare,  che  nel  senato  medesimo  giunse 
a  contrastare  e  garrire  insolentemente  col- 
lo stesso  Vespasiano ,  quasiché  fosse  un  suo 
eguale j    ^  perlocchè    d'ordine    dei    tribuni 

I  4  del- 

*  Sueton,  in  ^es^ asiano  cn^,  15. 


13^      Annali    d'  Italia 
della  plebe  fu  preso  e  consegnato  ai  litto- 
ri ,  o  sia  ai  sergenti  della  giustizia  .  Il  buon 
Vespasiano,  a  cui  forte  dispiaceva  di  per- 
dere un  SI  fatt'  uomo  ,  eppur  non  credea  be- 
ne d' impedire  il  riparo  alla  dì  lui  insolen- 
za ,  USCÌ  di  senato  quel  dì  piangendo,  e  con 
dire  :  O  mio  figliuolo  mi  succederà^  o  niun 
altro  :    volendo    forse  indicare    che   Elvidio 
con  quelle  sue  impertinenti  maniere    addi- 
tava di  pretendere  all'imperio.  Pure  la  cle- 
menza   di   Vespasiano  non    permise  che    si 
decretasse  ad  uomo  si  turbolento  ^  che  in- 
quietava e  screditava  il  presente    governo  , 
e  mostravasi  tanto  capace  di  sedizioni,    se 
non  la  pena  dell'  esilio .    Ma  perchè  verisi- 
milmente  neppur    si  seppe  contener    da    lì 
innanzi  la  lingua  di  questo  imprudente  fi- 
losofo ,  fu  (  non  si  sa  in  qual  anno  )  con- 
dennato  a    morte    dal  senato ,    e    mandata 
gente  ad    eseguire   il  decreto .    Vespasiano 
spedì  ordini  appresso ,  per  salvargli    la  vi- 
ta; ma  gli  fu  fatto  falsamente  credere  che 
non  erano  arrivati  a  tempo .  Probabilmen- 
te Mudano  ,  che  men  di  Vespasiano    ama- 
va Elvidio,  il  volle  tolto    dal  mondo    c( 
questa  frode  .    E  fu  appunto    in  tale    occa- 
sione ^,  ch'esso  Muciano  persuase    all'im- 
peradore  di   cacciar  via    da  Roma    tutti    i 
filosofi ,  e  massimamente  coloro  che  profes--^, 
savano  la  filosofia  stoica,  maestra  della  su-^| 
perbia .    Imperciocché  oltre    al  rendersi    da 
questa  gli  uomini  grandi    estimatori    di  se 

stes- 

'  Dio  ab.  66. 


la-H 
:QXìBI 


Anno       LXXIII.  137 

stessi,  e  spruzzatori  degli  altri,  i  seguaci 
d'  essa  altro  non  faccano  allora ,  che  decla- 
mar nelle  scuole,  e  fors' anche  in  pubblico, 
contra  dello  stato  monarchico,  e  in  favore 
del  popolare,  svergognando  una  scienza  che 
dee  inspirare  V  ossequio  e  la  fedeltà  verso 
qualsivoglia  regnante  .  E  tanto  più  dovea 
farlo  allora  Elvidio ,  che  ai  precedenti  ti- 
ranni era  succeduto  un  buon  principe  ,  qua- 
le ognun  confessa  che  fu  Vespasiano,  e  la 
sua  vita  il  dimostra.  Fra  gli  altri  andaro- 
no relegati  nelle  isole  Ostilio  e  Demetrio 
filosofi  anch'essi.  Portata  al  primo  la  nuo- 
va del  suo  esilio ,  mentre  disputava  contra 
dello  stato  monarchico,  maggiormente  s'in- 
fervorò a  dirne  peggio,  benché  dipoi  mu- 
tasse parere.  Ma  Demetrio,  siccome  pro- 
fessore della  filosofia  cinica,  o  sia  canina, 
che  si  gloriava  di  mordere  tutti,  e  di  non 
portare  rispetto  ai  difetti  e  falli  di  chiches- 
sia  ^ ,  dopo  la  condanna  vedendo  venir  per 
via  Vespasiano ,  noi  salutò ,  e  neppur  si 
mosse  da  sedere  ,  e  fu  anche  udito  borbot- 
tar delle  ingiurie  contro  di  lui .  Il  pazien- 
te principe  passò  oltre ,  solamente  dicen- 
do :  Ve'  che  cane  !  Né  mutò  registro ,  an- 
corché Demetrio  continuasse  a  tagliargli 
addosso  i  panni  ;  perciocché  avvisato  di  tan- 
ta tracotanza,  pure  non  altro  gli  fece  di- 
re all'orecchio,  se  non  queste  poche  paro- 
le :  Tu  fai  quanto  -puoi^  yerch'  io  ti  faccia 

am- 

'  Sutnn.  in  Vacati eno  ca^.  13. 


138  Annali  d' Italia 
ammazzare  :  ma  io  non  mi  perdo  ad  ucci- 
dere can  che  abbai .  Per  attestato  di  Dio- 
ne il  solo  Gajo  Musonio  Rufo^  cavaliere 
romano ,  eccellente  filosofo  stoico ,  non  fu 
cacciato  di  Roma  :  il  che  non  s' accorda 
colla  Cronica  d'  Eusebio ,  da  cui  abbiamo 
che  Tito  dopo  la  morte  del  padre  il  ri- 
chiamò dall'  esilio . 

Anno  di  Cristo  lxxiv:.  Indizione  ir. 
di  Clemente  papa    8. 
di  Vespasiano  imperadore  6, 

r  Flavio    Vespasiano   augusto 
n        tJ        per    la    quarta    volta  j, 

Consoli    "^     m  ^         -n  /^  7 

Tito    Flavio    Cesare    per   la 
l_      terza . 

A  4 

-i^  Tito  Cesare  ,  che  dimise    il  consolato" 
succedette  nelle  calende  di  luglio  Domizia^ 
no   Cesare   suo   fratello  .    Terminarono    ijHj 
quest'anno  Vespasiano  e  Tito  il    censo,    ^^ 
sia  la  descrizione  de'  cittadini  romani  ,  eh' 
essi  aveano    già    cominciato    come    censori 
negli  anni  addietro.    E  questo  fu  Fultim 
de'  censi    fatti     dagl'  imperadori    romani 
Scrìve  Plinip  il  vecchio  ^ ,  che  in  tale  oc- 
casione si  trovarono    fra    l' Apennino  e    il 
Po  molti  vecchj  di    riguardevol    età.    Cioè 
tre  in  Parma  di  centoventi,  e  due  di  cen- 
to trenta  anni  ^  in  Brescello   uno  di    cento 

ven- 

'  Plinius  Hfster.  Naturai.  Hb.y.  ca^'AS' 


A  N  K  o       LXXIV.  139 

venticinque  ;  in  Fiacenza  uno  di  cento  tren- 
tuno ;  in  Faenza  una  donna  di  cento  tren- 
tadue ;  in  Bologna  e  Rimini  due  di  cento 
cinquanta  anni ,  se  pure  non  è  fallato ,  co- 
me possiam  sospettare ,  il  testo .  Aggiugne 
essersi  trovati  nella  Regione  ottava  delV 
Italia ,  eh'  egli  determina  da  Rimini  sino  a 
Piacenza,  cinquantaquattro  persone  di  cen- 
to anni;  quattordici  di  cento  dieci  ;  due 
di  cento  venticinque^  quattro  di  cento  tren- 
ta ;  altrettanti  di  cento  trentacinque  ^  o 
cento  trentasette;  e  tre  di  centoquaranta. 
Dal  che  probabilmente  può  apparire ,  qual 
fosse  tenuta  allora  per  la  più  salutevol  aria 
d' Italia .  Se  in  altre  parti  d''  Italia  si  fosse- 
ro osservate  somiglianti  età_,  non  si  sa  ve- 
dere ,  perchè  Plinio  1' avesse  taciuto.  Circa 
questi  tempi  ^  mancò  di  vita  Cenide',  don- 
na carissima  a  Vespasiano  ,  liberta  di  An- 
tonia ,  madre  di  Claudio  Augusto .  Avea 
Vespasiano  avuta  per  moglie  Flavia  Domi- 
tilla^  che  gli  partorì  Tito  e  Domiziano. 
Morta  costei  ,  ebbe  pei'  sua  amica  questa 
Cenide,  e  creato  anche  imperadore  la  ten- 
ne quasi  per  sua  moglie ,  amandola  non 
solamente  per  la  sua  fedeltà  e  disinvoltu- 
ra ,  e  per  molti  beneiizj  da  lei  ricevuti  , 
-quando  era  privato  ,  ma  ancora  perchè  gli 
serviva  di  sensale  per  far  danari .  Era  1* 
avarizia  forse  l'unico  vizio,  per  cui  uni- 
versalmente veniva  proverbiato  questo  im- 

pe- 

D/a  lib.  66.  SuetonJn  res^asiar.o  ca^.i. 


t^ó        Annali    dìtalia 
peradore.  ^  Mostravasi  egli  non  mai    coil^ 
tento  di  danaro.  A  questo    fine    rimise    in 
piedi  alcune  imposte  e  gabelle,  abolite  giS 
da  Galba  ;  ne  aggiiinse  delle  nuove  e  gra- 
vi^ accrebbe  i  tributi  che  si  pagavano  dar- 
le Provincie _,  ed    alcune    furono    tassate   :' 
doppio.  Lasciatasi  anche    tii'are    3l  far    n 
mercimonio    vergognoso  per   un    par    suo 
col    comperar    còse    a  buon  mercato ,    per 
renderle  poi  caro.  Genite  anch'essa  l'aju*' 
tava  ad  empiere  la  boTsa .    A  lei  si    acccf-^' 
staTa-  chitmque  ricercava  saterdozj    e   cari'-* 
che    civili    e    militarr ,    accompagnando    le;- 
suppliche    Con    esibizioni    proporzionate   ai- 
profitto  dei  posti  desiderati.    Né  si    bada- 
va,    se    questi  concorrenti    fossero,  ó    no"rìt^ 
ft)ssero  uomini  dabbene,  purché  ^ené  spre-' 
messe    d^l    sugo.  Si'   vendevano'    in    questa 
maniera  anche  T  altre  gracile  del   princiìoe^ 
e  le  pene,  per  chi  potea  ,  venivano  riscat-' 
tate  Col  danafó.  Di  tutto  si   credeva   coriì'' 
sapevole  e  partecipe    Vespasiano".  E    tanto* 
egli  si  lasciava  vincere  da  questa    avidità  ^- 
die  cadeva  in  bassez'ze.  *   Avendo' i  depu-' 
tati  dì  una  città  chièsta  licenza    di  alzare" 
in  onor  suo  una  statua,  la  cui  spesa  ascen- 
derebbe a  Venticinqùemila  dracme,  per  far 
loro  conoscere  che  amerebbe  più  il  danaro  in 
natura,  stese  la  mano  aperta  condire:  Ec- 
covi la  base,  dove  potete  mettere  la  vostra 
:ìtcLtua\  Era  egli  stesso  ilprim^o  a  porr^  ili 

bur- 

*  Idim  ibid.  ca^.  J.         *'  Id(^  i^i^-  f^P-  ^3-  ^io  Ub'.^éi' 


Anno  LXXIV.  141 
burla  questa  sua  sete  d' oro  per  coprirne  la. 
vergogna,  e  si  ridava  di  chi  poco  approvava 
le  sue  vili  maniere,  per  adunarne..  Uno  di 
questi  fu  suo  figliuolo  Tito ,  che  nori  po- 
tendo sofFerire  uua  non  so  quale  imposta, 
da  lui  messa  sopra  l' orina ,  seriamente 
gliene  parlò,  con  chiamar  fetente  queir  ag*- 
gravio  .  Aspettò  Vespasiano  ,  che  gli  por-' 
tasserò  i  primi  frutti  di  quel]'  imposta ,  e 
fattili  fiutare  al  figlio ,  dimandò  se  qiielV 
oro  savea  cfi  cattivo  odore.  Un  giorno , 
'^V  egli  era  per  viaggio  in  lettiga  ,    si  far- 

j  il  mulattiere  con  dire  che  bisognava 
ferrar  le  mule  .  Sospettò  egli  dipoi  inven- 
tato da  costui  un  tal  pretesto  ,  per  dar 
tempo  ad  un  litigante  di  parlargli ,  e  di 
esporre  le  sue  ragioni .  E  però  gli  dimandò 
poi  quanto  avesse  guadagnato  a  far  fer- 
rare le  mule  j  -perche  voleva  ecscr  a  -parte. 
del  guadagno.  Questo  forse  disse  per  bur- 
la. Ma  da  vero  operò  egli  con  uno  de' suoi 
più  cari  cortigiani ,  che  gli  avea  fatta  istan- 
z.a  d'un  posto  per  persona  da  lui  tenuta 
in  luogo  di  fratello  .  Chiamato  a  se  quel 
tale  ,  YoUe  da  lui  il  danaro  pattuito  con 
fargli  la  grazia.  Avendo  poscia  il  cortigiano 
replicate  le  preghiere ,  siccome  non  infor- 
mato della  beffa,  Vespasiano  gli  disse:  Va 

cercare  un  altro  fratello ,  perche  il  prò-- 
imto  da  te^  non  è  tuo,  ma    mio  fratello, 

Tgl^  era  l' industria  e  continua  cura  di 
Vespasiano^  per  amm.assar  danari,  cura  in 
lui  biasimata  e  non  senza  ragione  j,  dagli  sto- 


o 
rici 


142  AnistAli  d' Italia 
rici  di  allora ,  e  più  dai  sudditi .  Credevano  al- 
cuni ,  che  dal  suo  naturale  fosse  egli  portato 
a  questa  debolezza  ^  ed  altri ,  che  Musciarfo 
glieFavesse  inspirata  ^con  rappresentargli  che 
neir  erario  ben  provveduto  consisteva  la 
forza  e  la  salute  della  repubblica  ,  sì  pel 
mantenimento  delle  milizie  ,  come  per  ogni 
altro  bisogno.  Tuttavia  il  brutto  aspetto 
di  questo  vizio  si  sminuisce  di  molto  al 
sapere,  come  osservarono  Suetonio  ^  e  Dione 
*  5  che  Vespasiano  non  fece  mài  morire 
persona,  per  prendergli  la  roba  ,  né  mai  per 
via  d'  ingiustizie  occupò  V  altrui .  Quel  che 
è  più  ,  non  amava ,  né  cercava  egli  le  ric«^^ 
chezze ,  per  impiegarle  ne'  suoi  piaceri  j 
perchè  sempre  fu  moderatissimo  in  tutto  , 
né  soleva  spendere  senza  necessità ,  conten- 
to di  poco .  Appariva  eziandio  chiaramente , 
quanto  egli  fosse  lontano  dal  covare  con 
viltà  il  danaro  _,  perciocché  lo  dispensava 
allegramente,  e  con  saviezza  in  tutti  i  bi- 
sogni del  pubblico  ,  e  per  ornamento  di' 
Eoma  ,  e  in  benefìzio  de'  popoli  .  Sapeva 
regalare  chi  lo  meritava  3  ^  sovvenire  a" 
nobili  caduti  in  povertà  *  anzi  la  sua  lib 
ralità^  si  stendeva  a  tutti .  Promosse  e 
somma^  attenzione  Tarli  e  scienze,  fa\ 
rendo  in  varie  maniere  chi  le  coltivava; 
e  fu  il  primo,  che  istituisse  inKoma  scuo 
le  d' eloquenza  greca  e    latina  ,    con   bu 

sala- 

^  Sueton.  in  Vespasiano  cap.  16.         ^  Dia  Ub.  f6' 
^  Suetoftf  in  Vespasiano  cap.  i/* 


i 


Anno      LXXIV.  iz^^ 

salario  pagata  dal  suo  erario .  Prendeva  al 
suo  servigio  i  migliori  poeti  ed  artefici 
che  si  trovassero  ,  e  tutti  erano  partecipi 
della  sua  munificenza .  A  lui  premeva  spe- 
cialm.ente,  che  il  minuto  popolo  potesse 
guadagnare.  A  questo  fine  faceva  di  quan- 
do in  quando  de^'m.agnifici  conviti;  e  ad 
un  valente  artefice  ^  che  gli  si  era  esibito 
di  trasportare  con  poca  spesa  molte  colon- 
ne ,  diede  bensì  un  regàio,  ma  di  lui  non 
si  volle  servire  ,  per  non  defraudare  di 
quel  guadagno  la  plebe.  In  Romia  edificò 
degli  acquidotti  ,  alzò  uno  smisurato  co- 
losso ,  né  solamente  fece  di  pianta  varie 
fabbriche  insigni  ,  ma  eziandio  rifece  le 
già  fatte  dagli  altri  ,  mettendovi  non  già 
il  nome  suo,  ma  quel  de' primi  fondatori. 
Erano  per  cagion  de' tremuoti  cadute,  o 
per  gì'  incendj  molto  sformate  assaissime 
città  dell'  imperio  romano  .  Egli  alle  sue 
spese  le  rifece,  e  più  belle  di  prima.  La 
stessa  attenzione  ebbe  per  fondar  delle  cc^- 
lonie  in  varie  città,  e  per  risarcir  le  pub- 
bliche strade  dell'imperio  ^.  Restano  tut- 
tavia molte  iscrizioni  *  per  testimonianza 
di  ciò  .  Gli  convenne  per  questo  tagliar 
montagne^  e  rompere  vasti  macigni  3  e  per 
tutto  si  lavorava,  senza  salassar  le  borse \ 
de' popoli.  Rallegrava  ancora  il  popolo  col-  \ 
la  caccia   delle   fiere    negli   anfiteatri  j    ma 

ab- 

*  Aurelius  n&or.  in  Breviar. 

*  Gruterus  Thesanr.    Inscription.    Thesaurus  Novus    feter. 
inscrjptfofì.  Muratorian. 


144        ANNAti    d'  Italia 
abboniva  ì    detestabili   combattimenti   de* 
gladiatori .    Aggiungasi    per    testimonianza 
di  Zonara  ^,  che^  Vespasiano  mai  non  voi» 
le  profittar  dei  beni  di  coloro  qhc    aveano 

JDrese  Tarmi  centra  di  lui,  ma  li  lasciò  ai 
or  figliuoli  o  parenti .  Ed  ecco  ciò  che  può 
servire ,  non  già  per  assolvere  questo  prin^ 
cipc  da  ogni  taccia  in  questo  particolare , 
ma  bensì  per  iscusarlo,  meritando  bene  il 
buon  uso  ch'egli  facea  del  danaro^  che  si 
accordi  qualche  perdono  alle  indecenti  ma- 
niere da  lui  tenute  per  raunarlo.  Se  non 
è  scorretto  il  testo  di  Plinio  il  vecchio  ^ , 
abbiamo  da  lui^  che  in  questi  tempi  mi- 
surato il  circondario  delle  mura  di  Roma, 
5Ì  trovò  esser  di  tredici  miglia  e  dugento 
passi .  Un  gran  campo  occupavano  poi  i 
borghi  suoi. 

Anno  di  Cristo  lxxv.  Indizione  iij, 
di  Clemente  papa  9. 
di  Vespasiano  imperadore  7. 

r  Flavio  Vespasiano    AuguS 
Consoli  -^        STO  per  la  sesta  volta , 

c_  Tito  Cesare  per  la  quarta . 

IMclIe  calende  di  luglio  furono  sustituiti  nel  ^ 
consolato- F/avio  JDomiziano  Cesare  per    la  ^| 
quarta  volta  ,  t  Marco  Licinio  linciano  per  la     ^ 
ter^^a.  In  gran  favore  continuava    Muoiano 

ad 

*  Zonaras  Annali         *  Plinìus  Histor.  Natur<  lih^  3.   C:  5. 


Anno       LXXV.  145 

acì  essere  presso  di  Vespasiano .  ^  Natural- 
mente superbo ,  e    più  ,    perchè    alzato    ai 
primi  onori  ,  sapea  ben  far   valere    la    sua 
autorità .  -  Sopra  gli  altri  della  corte  pre-r 
tendea    d'  essere    ossequiato    e    rispettato  . 
Verso  chi  gli  mostrava  anche   ogni    meno- 
mo segno  di  x:listinzione  in    onorarlo  ,    an- 
dava in  eccessi  ,  in    proccurarglì    posti    ed 
avanzamenti .' Guai  all'incontro  a    chi    non 
dirò  gli  facea  qualche  affronto  od  ingiuria, 
ma  solamente  lasciava  di  onorarlo:   l'odio 
di  Muciano  contra  di  lui   diveniva    impla- 
cabile .  Costui  pubblicamente    era    perduto 
nelle  disonestà ,  e  vantava  tuttodì    i     gran 
servigi  da  lui  prestati    a    Vespasiano  :    suo 
.dono  chiamava    ancora    quel    diadema    eh' 
egli  portava  in  capo  .  A  tanto  giunse    tal- 
volta questa    sua  boria  ,    e    la    fiducia    de' 
meriti    proprj  ,  che    nemmeno    portava    ri- 
spetto allo  stesso  imperadore .  E  pure  nulla 
più   fece  risplendere  ,  che  magnanimo  cuo- 
re fosse  quel  di   Vespasiano,  quanto  la  pa- 
zienza sua  in  sopportare  quest'  uomo  ,    te- 
mendo egli    sempre    di    contravvenire    alla 
gratitudine  ,  se  V  avesse  disgustato  ,  non  che 
punito.  Anzi  neppure  osava  di  riprenderlo 
in  faccia  ;  ma    solamente    con    qualche    co- 
mune amico    talora    sfogandosi  ,    disappro- 
vava la  di  lui  maniera  di  vivere,  e    dice- 
va: Son  pur  uomo  anch'  lo  :    tutto    accioc-r 
che  gli  fosse  ritoito  ,  per  desiderio  che  si 
Tom.  II.  K  emen- 

^  Sueton.   in  Vespasiano  f.  IJ.     *  p/o  in  Excerptis  Valesìan. 


14^       Anna  L  I  d' Itali  A 

emendasse  .  ^  Fu  anche  dagli  amici    consi- 
gliato Vespasiano   di    guardarsi    da    3Ietio 
Fomposiano  ,  perchè  egli  fatto  prendere    il 
proprio,  oroscopo|si  vantava    che    sarebbe 
un  dì  imperadore .  Lungi  dal  fargli  male, 
Vespasiano  il  creò  console    (    noi    non    ne 
sappiamo  V  anno  )    dicendo    più    probabil- 
mente per  burla  ,  che  da  senno  :  Costui  si 
ricorderà  un  giorno  del  bene  che  gli  ha  fat^ 
to  .  Dedicò  esso  Augusto ,  cioè  fece  la  so- 
lennità di  aprire    e    consecrare    il    tempio 
della  Pace,  da  lui  fabbricato    in  Roma    in 
vicinanza  della  piazza  pubblica  >    per    rin- 
graziamento a  Dio  della  tranquillità   dona- 
ta al    romano    imperio  ,    e    particolarmen- 
te a  Roma  ,  dopo   tanti   torbidi    tempi  pa- 
titi   sotto    i  precedenti    tiranni .    Plinio    * 
chiama    questo    tempio  una    delle  più   bel- 
le fabbriche  che  mai  si  fossero 'f^edute .  Ero- 
diano  ^  anch'*  egli  scrive  ,  eh'  esso  era  il  più 
-vasto^  il  più  ^ago  e  il  più    ricco    edifizio 
che  si  avesse  in  Roma,  Immensi  erano  ivi 
gli  ornamenti  d^  oro  e  d"  argento  ;  e  fra  gli 
altri  vi  furono  messi  il  candelabro  ^   insi- 
gne e  gli  altri  vasi  ,  portati  da  Gerusalem- 
me dopo  la  distruzione  di    quel    ricchissi- 
mo tempio .  Ma  che  ?    questa   mirabil    fab- 
brica circa  cento  anni  dipoi  regnante  Com-  _ 
modo  Augusto  ,  per  incendio  o  casuale ,   oifj 
sacrilego  ,  rimase  affatto  preda  delle  fiamme  . 

An- 

'   Sueton.  Ì7t  Vespasiano  cap.  I4.  Dio  lib.  66- 

*  Plinitts  Uh.  36.  cap.  15. 

*  Htrodian»  Uy.i.c.i^'    ^  Joseph,  de  Bello  Judaic  Uh.  7.  c-x^- 


Ann  o    LXXVI.  t4Z 

ÌÌno  di  Cristo'  lxxvi»  Indizione  iv. 
di  Clemente  papa   io. 
di  Vespasiano  imperadore  8. 

r  Flavio  Vespasiano    Augu- 

Consoli  -{        sto  per  la  settima  volta  , 

L  Tito  Cesare  per  la  quinta. 

JiAbbiamo  sufficienti  lumi  per  credere  su- 
stituito  all'uno  di  questi  consoli  nelle  ca- 
lende  di  luglio  Domiziano  Cesare  ,  pro- 
babilmente per  la  cessione  di  Tito  suo  fra- 
tello .  Secondo  il  Panvino'  ^  succedette,  an- 
cora air  altro' console  ordinario  Tito  Plau^ 
tió  Silvano  per  la  secorl  i  volta.  Ma  non 
altro  fondamento  ebbe  quel  ciotto  uomo  dì 
assegnare  all'  anno  presento  il  secondo  con- 
solato di  costui ,  se  non  il  sapere  eh'  egli 
due  volte  fu  console .  Che  nel  gennajo  di 
quest'anno  nascesse  Adriano^  il  qual  poscia 
divenne  imperadore ,  l' abbiamo  da  Spar- 
ziano  .  Fiori  ancora  in  questi  tempi  ,  per 
attestato  di  Eusebio  *,  Quinto  AscónioFe^ 
diano ^  storico  di  molto  credito,  di  cui 
restano  tuttavia  alcuni  Commenti  alle  Ora- 
zioni di  Cicerone.  In  età  di  anni  settati-, 
tatrè  divenne  cieco  questo  letterato  ,  e  ne 
sopravvisse  dodici  altri ,  tenuto  sempre  in 
grande  stima  da  tutti.  Era  in  questi  tem- 
pi governator  della  Bretagnaì  Giulio    Fron-^ 

K  2  tino 

*  Panvin.  in  Fastis .        »  Eusebius  in  Chronico . 


T4§       A  X  N  A  L  I  "l)'  T  T  A  L  I  A 
tino^  e  gli  riuscì  di  sottomettere  i  popoli  Si- 
luri in  quella  grand'  isola    all'  imperio    ra- 
mano .  Era  venuto  a  Koma   Agrlppa    ^     re 
àeWIturea^    figliuolo  di  Agrippa    il  gran- 
de ^  stato  già  re  della  Giudea  ;   ed  avea  con-> 
dotta    seco    Berenice  ^    o    sia    Beronlce    sua 
sorella,  giovane  di  bellissimo    aspetto,  già 
maritata  con  Erode  re  diCalclde  suo  zio*^ 
e    poscia    con    Folemone    re    di   ClUcla.    Se 
n'invaghì  Tito  cesare.  Fors' anche  era    co- 
minciata   ia    tresca^    allorché    egli    fu    alla 
guerra  contra  de'  Giudei .   Agrippa    ottenne 
il  grado  di  pretore.  Berenice  alloggiata  nel 
palazzo  imperiale  ,    dopo    aver    guadagnato 
Vespasiano  a  forza  di  regali  ,  sì  fattamen- 
te s'insinuò  nella  grazia  di  Tito^,  che  spe- 
rava oramai  di  cangiar  l'amicizia  in    ma- 
trimonio y  e  già  godeva  un  tal   trattamen- 
to e  autorità,  come  s'ella  fosse  stata  vera 
moglie  di   lui.    Ma   perciocché    secondo    le 
leggi  romane  era  vietato  ai   nobili   romani 
di  sposar  donne  di  nazion  forestiera  ,  o  sia 
barbara  (  Barbari  erano   allora    appellati    i 
popoli  tutti ,  non  sudditi  al  romano  impe- 
riò )  o  pure  perché  i  re,    tuttoché    sudditi 
di  Roma^,  erano  tenuti  in  concetto    di    ti-^ 
ranni  :  il  popolo  romano  altamente  mormo- 
rava di  questa  sua  amicizia  ,  e  molto    pili 
della  voce  sparsa  ,  che  fosse  per  legarsi  se- 
co  pienamente    col    vincolo    matrimoniale  . 
Ebbe  Tito  cotal  possesso  sopra  la  sua  pasr 

sio- 

'  Dio  lib.  66.         '  Joseph.  ArAiq-  Judaicar.  lib.  l^. 


^  Anno    LXXVI,  n^^ 

siorfé  ,  è  éV  a  Cuore  il  proprio  onore ,  che 
arrivo  a  liberarsene,  con  farla  ritornare  al 
5U0  pae^.  Suetonio  ^  attribuisce  a  Tito 
questa  eroica  azione  ,  dappoiché  egli  fu  crea- 
to imperadore  ,  laddove  Dione  *  né  pada 
circa  questi  tempi  .  Ma  aggiugnéndo  esso 
Dione,  che  Berenice  dopo  ìa.  morte  di  Ve- 
--pasianò  ritornò  a  Roma  ,  sperando  allora 
di  fare  il  suo  colpo,  e  che  ciò  non  ostan- 
te rimase  delusa  ,  si  accorda  facilmente  V 
asserzione  delF  utio  e  dell'  altro  storico. 

AnUò  di'  Cristo  lxxvii/  IncJizione  v^' 
di  Cleto  papa   i. 
di  Vespasiano  imperadore  9. 

r  Flavio   Vespasiano   Augù- 

^1        V    j        STO  per  la  ottava  volta," 
consoli  -^     m  17  /-.  V  . 

.'•   Tito  Flavio  Cesare  per  fa. 

L       sesta . 

X  u  nerie  caleride  di' luglib  conferito  il  con- 
solato a  Domiziano  Cesare  per  là  sestà  vol- 
ta ,  ed  a.  Gheo  Gliitio  agricola  ^  cioè  a  quél 
medesim'ó,  dt  cui  Cornelio  Tacito ,  suo  ge- 
zievoj,  ci  ha  lasciata  là  vita.  Terminò  in 
quest'  àtinb  Gajo  Plinio^  Secondo  3  veronese 
i  suoi  libri  della  Storia  Naturale,  eli  de- 
dicò a  Tito  Cesare,  eh'' egli  nomina  con- 
sole per  la  sesta  volta  ,  e  dà  à  conoscere  , 

K  j  quan-" 

*   Sueton.   in  Ttto  cap.  7.          ^  Dio  Uh.  66, 
^  Plinius  Senior  in  Prafatione  . 


150  Annali  d' Itali  a 
quanto  amore  quel  buon  principe  avesse  pex 
lui,  e  quanta  stima  per  gli  suoi  libri.  S'è 
salvata  dalle  ingiurie  de' tempi  quest'Ope- 
ra delle  più  insigni  ed  utili  dell' antichità, 
perchè  tesoro  di  grande  erudizione;  ma  è 
da  dolersi  che  sia  pervenuta  a  noi  alquan- 
to difettosa ,  e  che  per  la  mancanza  d'  an- 
tichi codici  non  sia  possibile  il  renderne 
più  sicuro  ed  emendato  il  testo.  Anche  ai 
tempi  di  Simmaco  camminava  scorretta  que- 
sta istoria  5  siccome  costa  .da  una  sua  let- 
tera ad  Ausonio  .  Son  periti  altri  libri  di 
Plinio ,  ma  non  di  tanta  importanza ,  come 
il  stiddetto  .  Abbiamo  dalla  cronica  di  Eu-r 
sebio  ^_,  essere  stata  nell'anno  presente,  p 
pure  nel  seguente  ,  sommamente  afflitta  Ro- 
ma da  una  pestilenza  così  fiera ,  che  per 
molti  dì  si  contarono  diecimila  persone 
morte  per  giorno:  se  pur  merita  fede  stra- 
ge di  tanto  eccesso  .  Ma  questo  flagello  for- 
se s'ha  da  riferire  all'anno  80,  regnando 
Tito .  Verso  questi  tempi  *  bensì  capitaro- 
no a  Roma  segretamente  due  filosofi  cini- 
ci, che  secondo  il  loro  costume  si  faceano 
belli  con  dir  male  d'ognuno.  Diogene  s 
appellava  l' un  d'essi,  come  probabilmente 
da  lui  preso ,  per  assomigliarsi  in  tutto  ali 
.  altro  antico  sì  famoso  che  fu  a'  tempi  di 
Alessandro  Magno.  Costui  perchè  nel  pub- 
blico teatro ,  pieno  di  gran  popolo  ,  scari- 
cò addosso  ai  Romani  una  buona  tempeste 

d'in- 

*  Eusobiur  in  Chronic^         *  Dio  Uh.  66. 


Anno    LXXVII.  151 

ingiurie  e  di  motti  satirici,  ebbe  per  ri- 

Ìompensa  d'  ordine  de'  censori  un  sonante 
egalo  di  sferzate .  L' altro  fu  Eras  ^  che 
)ensando  di  aggiustar  la  partita  con  sì  tol- 
erabil  pagamento ,  più  sconciamente  sfo- 
rò la  sua  rabbia  ed  eloquenza  canina  con- 
ra  de' Romani ,  fors' anche  non  la  perdonan- 
lo  ai  principi .  Gli  fu  mozzato  il  capo .  Ri- 
erisce  Dione  ^  come  un  prodigio  ,  che  in 
un'osteria  in  una  botte  piena  il  vino  tan- 
to si  gonfiò  ,  che  uscendo  fuori  ,  scorreva 
per  la  strada .  Erano  ben  facili  allora  i  Ro- 
mani a  spacciare  de'  fatti  falsi  per  veri ,  o 
a  credere  degli  avvenimenti  naturali  per 
prodigiosi.  Molti  di  tal  fatta  se  ne  raccon- 
tano di  Vespasiano  ,  eh'  io  tralascio  ,  perchè 
o  imposture  ^  o  semplicità  di  que^  tempi  . 
E  non  ne  mancano  nella  storia  stessa  di 
Tito  Livio  .  A  san  Clemente  martire  si  cre- 
de che  in  quest'  anno  succedesse  Cleto  nel 
.pontificato  romano . 

Anno  di  Cristo  lxxvtii.  Indizione  vi. 
di  Cleto  papa  2. 
di  Vespasiano  imperadore   io. 

Consoli  -T  ^^^^^  Cfjonio  Gommo  do  , 
\  Decimo  Novio  Prisco. 

wJon  di    parere    alcuni,    che    questo    Lucio 
Cejonio  console  fosse  avolo  (  se  pur  non  fu 

K  4  pa- 

'  Dio  ibid. 


152  Annali  d'  I  t  a  i.  i  a 
padre  )  di  Lucia  Vero ,  che  noi  vedremo  à' 
suo  tempo  adottato  da  Adriano  imperado'» 
re ,  ciò  risultando  da  Giulio  Capitolino  ^ . 
Abbiamo  da  Tacito  * ,  che  Gneo  Giulio  A-^ 
gricota ,  stato  console  nell'  anno  preceden- 
te^ fu  inviato  governatore  della  Bretagna 
in  luogo  di  Giulio  Frontino  .  Era  Agricola 
uomo  di  rara  prudenza  ed  onoratezza  .  Giun- 
to che  fu  là ,  non  lasciò  indietro  diligenza 
veruna^  per  rimettere  la  buona  disciplina 
fra  le  milizie,  e-per  levare  gli  abusi  de' 
tempi  addietro ,  per  gli  quali  erano  mal-- 
contenti  que'  popoli ,  moderando  le  impo- 
ste ,  e  compartendole  con-^ordine  :  con  che 
cessarono  le  avanie  de  ministri  del  fisco  y 
e  tornò  la  pace  in  quelle  contrade.  Eransi 
negli  anni  precedenti  sottratti  alT  ubbidien- 
za de' Romani  gli  Ordovici  nell'isola  di  Mo- 
Ha,  creduta  oggidì  l'Anglesei.  Agricola  v* 
andò^  coir  armi ^  e  guadagnata  una  vittoria, 
ridusse  quelle  genti  alla  primiera  divozio- 
ne. Forse  fu  in  questi  tempi  ^  ,  che  si  sco- 
pri vivo  Giulio  Sabino  ,  nobile  della  Gal- 
lia,  che  nell'anno  70  deH' Era  cristiana, 
avea  net  suo  paese  di  Langres  impugnate 
l'armi  contra  de' Romani,  e  fatto  ribella-^ 
re  quel  popolo.  ^  Sconfitto  egli  in  una. bat- 
taglia y  ancorché  potesse  ricoverarsi  fra  i 
Barbari^  pure  pel  singolare  amore  eh'  egli 
portava  a  Peponilla  sua  moglie  ,    chiamata 

da 

'  Caditoi inus  in  Vita  "Ludi  Veri  . 

*  Tacitus  in  Vita  Agricola  ,   ca^,  9. 

^  Dio  l.  66.         ■*  P  lutar  eh»  in  Amatorio  . 


Anno    LXXVIIL  153 

da  Tacito  ^  Epponiria ,  e  da  Plutarco  Em~ 
■pona^  determinò  di  nascondersi  in  certe  ca- 
mere sotterranee  di  una  sua  casa  in  villa, 
con  far  correre  voce  di  non  esser    più  vi- 
vo. Licenziati  pertanto    i  suoi  servi   e  li- 
berti ^  con  dire  di  Voler  prendere    il  vele- 
no, ne  ritenne  sólamente  due    de' più  fida- 
ti .    E  perciocché  gli    premeva    forte ,    che 
fosse  ben  creduta  da  ognuno  la  propria  mor- 
te ^  mandò  ad  accertarne  la  moglie  stessa^ 
la  quale  a  tal    nuova  svenne  ,    e  stette    tre 
dì  senza  voler  prendere  cibo .    Ma  per    ti- 
more ,  eh'  ella  in   fatti  fosse  dietro   ad  ac- 
compagnare colla  vera  sua  morte    la    finta 
del  marito ,  fece  poi  avvisarla  del  nascon- 
diglio in  cui  si  trovava ,  pregandola  nondi- 
meno a   continuare  a  piagnerlo ,  come    già 
estinto*  Andò  ella  dipoi  a  trovarlo  la  not- 
te di  tanto  in  tanto ,    e  gli    partorì    anche 
due  figliuoli  (  r  uno  de"*  quali   Plutarco  di- 
ce d'  aver  conosciuto  ) ,  coprendo  sì  saggia- 
mente la  sua    gravidanza    e  i>   suo    parto, 
che  niuno  mai  s'  avvide  del  loro    commer- 
zio  .  Portò  la  disgrazia ,  che  dopo  varj  an^ 
ni  fu  scoperto  V  infelice  Sabino ,  e  condot- 
to con  la    moglie    a  Roma.    Per    muovere 
Vespasiano  a  pietà  ,  gli  presentò  Epponina 
i  due  suoi  piccioli  figliuoli ,   dicendo  ,    che 
gli  a-vea  partoriti  in  un  sepolcro   per  aver 
molti ,    che  il  supplicassero  di    grazia ,    ed 
aggiugnei:do    tali   parole,    che    mossero    le 

la- 

*  Tsiitus  Hist9Y'  lib.  4.   f.rp.  67. 


154  Annali  d' Italia 
lagrime  a  tutti ,  e  fino  allo  stesso  Vespa- 
siano. Contuttociò  Vespasiano  li  fece  con- 
dennare  amendue  alla  morte.  Allora  Eppo-? 
nina,  saltando  nelle  furie,  gli  parlò  ardi-^ 
tamente  ,  dicendogli  fra  l'altre  cose,,  che 
jpiù  volentieri  avea  sofferto  di  vivere  in  un 
sepolcro^  che  di  mirar  lui  imperadore.  Non 
si  sa,  perchè  Vespasiano,  che  pur  era  la 
stessa  bontà  ,  e  tanti  esempli  avea  dato  fi- 
nora di  clemenza,  procedesse  qui  con  tan- 
to rigore ,  se  forse  non  l' irritò  sì  fatta^ 
mente  l'indiscreto  parlare  dell' irata  donna  , 
che  dimenticò  di  essere  quel  eh'  egli  era  . 
Attesta  Plutarco  ,  che  per  questo  rigor  di 
giustizia  5  tuttoché  V  unico  di  tutto  l'impe- 
rio di  Vespasiano ,  venne  un  grande  sfre- 
gio al  di  lui  buon  nome  ;  ed  egli  attribui- 
sce a  sì  odioso  fatto  V  essersi  dipoi  in  bre- 
ve tempo  estinta  tutta  la  di  lui  casa.  Non 
saprei  dire,  se  i  poeti  di  questi  ultimi  tem- 
pi abbiano  condotta  mai  sul  teatro  questa 
tragica  avventura  :  ben  so ,  che  un  tale  ar- 
gomento vi  farebbe  bella  comparsa ,  sicco- 
me stravagante  e  capace  di  muovere  le  la- 
grime oggidì ,  come  pur  fece  allora  • 


Ao- 


Anno      LXXIX.         155 

Anno  di  Cristo  lxxix.  Jndizione    yir. 
di  Cleto  papa  3. 
di  Tito  Flavio  imperadore  i. 


•Consoli 


r  Flavio  Vespasiano    Augu- 
sto per  la  nona  volta, 
Tito  Flavio  Cesare  per  la 
settima. 


Urssendo  in  quest'  anno  »  siccome  dirò  ,  man- 
cato di  vita  Vespasiano  Augusto  ,  potrebbe 
darsi ,  secondo  le  confetture  da  me  recate 
altrove  ^ ,  .che  nelle  calende  di  luglio  il 
consolato  fosse  conferito  a  Marco  Tizio  Fra- 
gì ,  e  a  Tito  Vinio ,  o  Vinicio  Giuliano . 
Pacificamente  avea  finquì  Vespasiano  ammi- 
nistrato l'imperio,  .e  meritava  htnQ  il  sag- 
gio e  dolce  suo  governo ,  eh'  egli  non  tro- 
vasse de'  nemici  in  casa .  Tuttavia  o  sia 
perchè  la  morte  sola  di  Sabino  ,  compianta 
da  tutti ,  rendesse  odioso  questo  principe  ; 
oppure  perchè  Tito  destinato  suo  successo- 
re fosse,  per  quanto  vedremo,  poco  ama- 
to j  ovvero  ,  come  è  più  probabile  ,  perchè 
non  mancano  ,  né  rnancheranno  mai  al  mon- 
do de'  pazzi  ,  e  degli  scellerati .-  certo  è  , 
che  in  quest'anno  due  de' principali  Roma- 
ni tramarono  una  congiura  contra  di  Ve- 
spasiano.   "-  Questi    furono  Alieno   Cecina, 

già 

*   Thesaurus  Novus  Vtter.  Inscript.  ptg.  ili. 
'  Dio  lib.66,  Suetonius  in  Tito  cap.ó. 


i^S      Annali   d'  I  t  a  .- . .. 
già  stato  console ,   ed  Epr'io  Marcello  ,   po- 
tenti in  Roma ,  amati  e  beneficati   d-^  esso 
Augusto.  Si  credeva  egli  d"*  aver  in  essi  due 
buoni  amici y  e  non  aveà  che  diie    ingrati: 
vizio  corrispondente  ad  altre  loro   pessime 
qualità.  Venne  scoperta  la  congiura  :  si  tro- 
vò avervi  mano  r^olti  soldati  ;  e  Tiro  Ce- 
sare ne  fu  assi-curato  da   lettere  scritte    di 
ior   pugno.    Non    volle  esso   Tito    perdere 
tempo  ,  perchè  temeva  che  nella  notte  stes- 
sa scoppiasse    la  mina  ,    6  però  fatto    invi- 
tar Cecina  seco  a  cena^     dopo  essa  il  fece 
trucida-r  dai  pretoriani  senz'altro  proccssoV 
Marcello^  citato  davanti  al  senato',    à  con* 
vinto  ;,  allorché  udì  proferita'  contra   di  lt*i 
la  sentenza  di  morte  ^   colle  proprie    rt?ani 
si  tagliò'  con  un  rasojo    la  gola.    Non  pò- 
tiea-  negarsi  che  la  risoluziòn  presa  da  Ti'- 
to  contra  Cecina  non  fòsse  giusta  ,  o  almé^' 
no  s-cusabile  :  contiitto'jiò  per  cagion   cV  es- 
sa egli    incorse    nell'odio  di    molti.    Dopò' 
questa  esecuzione  sentendosi    Véspasiaho    ^ 
alquanto  incomodato  nella  salute  per  alcu^' 
ne  febbre tte,  si'  fece  portare  alla  sua^  villa 
paterna    nel    territorio    di'   Rieti;,    siccome 
èra  solito  nella  state .  In  quelle  parti  v"  era- 
no   Tacque    cutilie,    somm.ament'e    fredde, 
da  Strabone    e    da  Plinio  chiamare  utili    a 
ciurar  varj  mali.    Riuscirono  queste    perni- 
ciose non  poco  o  per  la  Ior  natura,   o  pei 
troppo  berne ,  a  Vespasiano  ,  di  maniera  che 

gì' 

*  Idem  in  re  sbastano  caf.  24; 


à 


A  N  N  o       I;XXIX.         157 
gì*  indebolirono  forte  lo  stomaco,  e  gli  sur 
scitarono    una   molesta    diarrea  .   Era   egli 
T^incipe  faceto  ,  e  dacché  cominciò    a  sea- 
.c  quelle  febbri,  ridendo  e  burlandosi  del 
superstizioso  ed  empio  rito  de' &u ai  tempi , 
ne'  quali  si  deificavano  dopo  morte    gì'  imr 
peradori ,  disse:  Pare  eli  io  ine  orni  nei  adl^ 
-ventar  dio.    Erasi    andie    veduta  poco    inr 
nanzi  una  cometa ,  e  parlandone  in  sua  pre-^ 
senza  alcuiii  :  oh ,  -disse ,   questa  non   paria 
per  me,  Qndla  sua  chioma  miàaccia  il   re 
de  Parti ^  ehe  portala  capigliatura.  Quan- 
to a  me  son  calvo;  E  perciocché  non  osta-n-r 
te  r  infermità  sua  egli  seguitava  ad  operar 
come    prima ,    attendendo  agli    affari    dell* 
imperio  ,  e  dando  udienza  ai  deputati  del- 
le città  (  del  che  era  ripreso  dai  i^edici  e 
dai  familiari  )  rispose:    Un    imperadore  ha 
da  morire  stando  in  piedi .    Morì    egli    in 
-"atti ,  conservando  sempre  il  medesimo  co- 
raggio, nel  di  23  ,  o  24  di  giugno,  in  età 
di  settanta    anni,    e  non  già  per    male    di 
podagra  ,  come  alcuni  pensarono  ;  molto  mft- 
no  per  veleno ,  che  taluno    falsamente  ^    e 
fi'a  gli  altri  Adriano  imperadore ,    disse    a 
lui  dato  in  un  convito  da  Tito  suo  figliuo-r 
lo,  principe,  in  cui  non    potè  mai    cadere 
un  S4  nero  sospetto .  Si  fecero  poscia  i  suoi 
funerali  colla  pompa  consueta ,  e  gli  fu  da- 
to il  titolo  di  Divo.  DaSuetonio  ^  si  rac- 
coglie che  a  tali  esequie  intervenivano  an- 
che 

"^  Dio  lib.  66.  *  Siic^on.   in  Fas^asiano  cap.  19. 


158  Annali  d'  Italia 
che  i  mimi,  o  sia  i  buftoni ,  ballando,  at- 
teggiando, ed  imitando  i  gesti,  la  figura  ^ 
e  il  parlare  del  defunto  imperadore.  Il  ca- 
po de'  mimi ,  che  in  questa  occasione  rap- 
presentava- la  persona  di  Vespasiano,  prò- 
babilmente  colla  maschera  simile  al  di  lui 
volto,  volendo  esprimere  T  avarizia  a  lui 
attribuita",  dimandò  ai  ministri  delFerario  , 
quanto  costava"  quel"  funerale  .  Dissero  :  Dit^ 
gemo  cinquantamila  scudi.  Ed  egli:  Da- 
temene solo'  dugentc  cinquanta  j  e  gittate^ 
mi  nel  fiume.  Gran  disavventura  si  crede- 
va allora  il  restar  senza'  sepoltura;  ma  per 
urr  pò"*  di  guadagno  ,  secondo  costui ,  si  sa- 
rebbe contentato  Vespasiano'  di  restarne 
privo . 

Era  già    suo    collega   nell  imperio  ,   cioè 
nel  comando  dell'  armi  ,  e  nella    tribunizia' 
podestàv  Tito  Flavio  Sabino  Vespasiano  Ce- 
sare ^  suo  primogenito  ;  e  però^  bisogno'non' 
ebbe  di  maneggi ,  per  acquistare  una  digni-' 
tà  di  cui  egli    già  buona^  parte    godeva 5-  e 
di  cui  anche  il  padre  V  avea  dichiarato  ere- 
de nel  suo  testamento.  Prese  bensì  il  tito- 
lo à'  Augusto  j  indicante   la  suprema  pode- 
stà ,  e  quello  di  Pontefice  Massimo;    e  dal 
senato  gli  fu  conferito  il  glorioso  nome  di 
Padre  della    Patria^  come    apparisce   dalle 
sue  medaglie.  Per  testimonianza  di  Sueto- 
nio  ^  egli  era  nato  in  Roma   nell'anno  41 
dell'  epoca  nostra ,  in  cui  Caligola  impera- 

do- 

'  Sueton^  in  Tito  cap*  i. 


Anno    LXXIX.  159 

dorè  fu  ucciso .  Siccome  suo  padre  in  que' 
tempi  si  trovava  in  molto  bassa  fortuna  , 
così  Tito  nacque  vicino  al  Settizonio  vec- 
chio entro  una  brutta  casuccia ,  in  una  came- 
ra stretta  e  scura ^  che  si  mostrava  anche 
a'  tempi  del  suddetto  Suetonio  per  una  ra- 
rità. Fanciullo  fu  messo  alla  corte,  proba- 
bilmente per  paggio,  al  servigio  di  Britan- 
nico figliuolo  di  Claudio  imperadore  ^  e  con 
esso  lui  allevato  ,  studiando  seco ,  e  sotto 
i  medesimi  maestri ,  le  lettere  e  le  arti  ca- 
valleresche. Tanta  era  la  familiarità  d'es- 
so lui  con  Britannico ,  che  in  occasion  del  ve- 
leno, dato  a  quell'infelice  principe^  ne  toc- 
cò anche  a  lui  un  poco ,  per  cui  soffrì  una 
grave  malattia .  Divenuto  poi  imperadore 
mostrò  la  sua  riconoscenza  ad  esso  Britan- 
nico, con  fargli  ergere  due  statue^  l'una 
dorata^  e  l'altra  equestre  d'avorio.  Gio- 
vanetto di  alta  statura  ^  di  gran  robustez- 
za, di  volto  avvenente  ed  insieme  maesto- 
so ,  con  facilità  imparò  l'arti  della  guerra 
e  della  pace  ,  peritissimo  soprattutto  in'ma- 
neggiar  armi  e  cavalli .  Egregiamente  par- 
lava il  latino  e  il  greco  linguaggio,  sapea 
far  delle  belle  Orazioni,  sapea  di  musica, 
e  tal  possesso  avea  in  far  versi,  che  anche 
fra  gl'improvvisatori  facea  bella  figura.  L' 
imitare  gli  altrui  caratteri  gli  era  facilis- 
simo y  e  scherzando  dicea ,  ch^  egli  avrebbe 
l)otuto  essere  un  gran  falsario  .  Fece  dipoi 
col  padre  varie  campagne  nelle  guerre  del- 
la Germania    e    Bretagna ,    e    poscia    nella 

Giù- 


i6o       Annali    d*  Italia 
Giudea  ,  siccome  di  sopra  fu  detto  ,  lascian- 
do segni  di  prudenza  e  di    valore  in    ogni 
occasione ,    e    comperandosi  dappertutto    V 
affetto  delle  milizie.  Mirabile  specialmente 
era  in  lui  l' arte    di    farsi  amare ,    parte    a 
lui  venuta  dalla    natura^  e  parte  acquista- 
ta colla  saggia    sua  accortezza ,   perchè    in 
lui  si  trovava  unita  un'aria  dolce,    e    una 
rara  bontà  verso  tutti,  con  affabilità  popo- 
lare ed  insieme  con  gravità ,  che  guadagna- 
va i  cuori ,  e  nello  stesso  tempo  esigeva  il 
rispetto  d'  ognuno  .  Ebbe  per  prim.a  sua  mo- 
glie Arrlcldia  Tertulla  figliuola  d' un  pre- 
fetto   del    pretorio.    Morta    questa  ^    sposq 
Marcia  Furnllla  di  nobilissimo  casato j,  ma 
dopo  averne    avuto    una    figliuola,   nomata 
Giulia  Sabina ,  di  cui  parleremo  a  suo  luo- 
go ,  la  ripudiò .  In  tale  stato  era  Tito  ,  al- 
lorché succedette  al  padre  Augusto  nel  go- 
verno della  repubblica  romana  ,  ma  non  sen- 
za difetti ,  la  menzion  de'  quali    io  riserbo 
all'  anno  seguente  .  Nel  presente  si  crede  ^ 
che  avvenisse  la  morte  dì  Plinio  il  ^vecchio  ^ 
celebre  scrittore  di   questi  tempi  j,    intorno 
alla  cui  patria    hanno  disputato    Verona   e 
Como .  Nel  primo  dì  di  novembre    comin- 
ciò spaventosamente  il  monte  Vesuvio  a  fu- 
mare -5  a  gittar  fiamme,  pietre,  e  ceneri, 
che  empievano  tutti  i  luoghi   circonvicini . 
Plinio  seniore ,  che  si  trovava  allora  a  Mi- 
seno  ,  comandante  di  quella  fiotta  ,  portato 

dal 


Pli'iius  junigy  lib.  6.  E^ist<  16.  6*  20.     Dio  lib. 


66^    W\ 


A  K  N  o  LXXIX.  i&i 
dal  suo  incessante  studio  delle  cose  nata-- 
rali,  sopra  una  galea  si  fece  condurre  sino 
a  Gastell'a  mare  di  Stabia^  per  essere  più 
vicino  a  contemplare  il  terribile  sfogo  di 
quel  monte;  ed  ancorché  vedesse  le  genti 
scappare  dalla  parte  del  mare  ,  per  non  es- 
sere colte  dal  torrente  del  fuoco  j,  o  dei 
sassi ,  pure  si  fermò  quivi  la  notte .  Allor- 
ché volle  anch'  egli  fuggire  ,  non  gli  fu  per- 
messo dal  mare  ,  eh"*  era  in  fortuna .  Sicché 
soffocato  dair  odore  dello  zolfo,  e  dall'aria 
ingrossata  da  quelle  esalazioni,  lasciò  ivi 
la  vita .  Flinio  secondo ,  il  giovai^^,  coma- 
sco,  suo  nipote,  e  da  lui  adottato'^per  fi- 
gliuolo ,  uomo  non  men  dello  zio  dotato 
di  maraviglioso  ingegno  ,  che  soggiornava 
allora  a  Miseno ,  corse  anch'  egli  pericolo 
della  vita  in  quel  brutto  frangente ,  ma  eh-^ 
be  tempo  da  ridursi  in  salvo. 

Anno  di  Cristo  lxx:^.   Indizione  vili, 
di  Cleto  papa  4. 
di  Tito  Flavio  imperadore  2. 


Consoli 


Tito  Flavio  Augusto   per 

l'ottava  volta, 
Domiziano    Cesare    per    la 

settima . 


V^on  tutte  le  belle  e  plausibili  prerogati- 
ve ,  colle  quali  Tito  arrivò  al  trono  impe- 
ciale ,  non  si  vuol  dissimulare  ciò  che  seri- 
Tom,  il  L  ve 


j62  Annali  d'  I  t  a  l  r  a 
ve  di  lui  Siìctonio  ^,  cioè  aver  egli  sonr-* 
ministrata.. occasione  a  molti  del  popolo  re- 
jnano  di  credere  eh' egli. nel  governo  aves- 
se da  riuscire  un  cattivo  principe,  anzi  uà 
^Itro  Nerone,  Si  perdeva  egli  talvolta  nel- 
le gozzoviglio  co'  suoi  amici  dal  buon  tem- 
po ,  stando  a  tavola  sino  a  mezza  notte  : 
dal  che  si  guardavano  allora  i  saggi  Roma- 
ni. Kecava  loro  pena  il  parere^  eh' egli  fos- 
se immerso  nella  libidine  anche  più  abbo- 
rainevole ,  stante  la  qualità  delle  persone 
della  sua  corte,  e  1' esser  egli  statosi  scon- 
ciamente^ invaghito  della-  regina  Berenice . 
Temevasi  inoltre  di  trovare  in  lui  un  prin- 
cipe, a  cui  più  del  dovere  piacesse  la  ro- 
ba altrui ,  sapendosi  che  prendeva  regali  an- 
che neir  amministrazion  della  giustizia  .  M^ 
dopo  la  morte  del  padre  cessarono  tutti 
questi  sospetti .  Tito  con  istupore  e  piacer 
d'ognuno  comparve  tutt' altro,  scoprendosi 
esente  da  ogni  vizio,  e  solamente  fornito 
di  eccellenti  virtù ,  di  maniera  che  si  con- 
vertirono in  lode  sua  tutti  i  conceputi  ti- 
mori di  lui.  Licenziò  tosto  dalla  sua  cor- 
te qualunque  persona  che  dar  potesse  scan- 
dalo ,  ed  elesse  am.ici  di  gran  senno  e  pro- 
prietà, tali  che  anche  i  susseguenti  princi- 
pi se  ne  servirono ,  come  di  strumenti  uti- 
li o  necessarj  al  buon  governo.  Tornò  a 
Roma  la  regina  Berenice^  figurandosi,  che 
-potendo  ora   Tito   far  tutto,    molto    anch* 

ella 

'   Suitcr..  in  Tacf'po  c-ìp-J* 


Anno        LXXX.  1^3  ^ 

ella  potrebbe  sopra  di  lui.  Se  ne  sbrigò 
egli  ,  e  rimandolla  alle  sue  contrade:  I  con- 
viti^ ai  quali  invitava  or  l'uno  or  l'al- 
tro de'  senatori  e  de'  nobili ,  erano  alkgri , 
ma  senza  profusione  od  eccesso.  Più  non  si 
osservò  in  lui  ruggine  d'  avarizia  3  mai  non 
tolse  ad  alcuno  il  sue,  e  neppur  ammette- 
va i  regali  soliti  a  darsi  dalle  provincie , 
città,  ed  università  agli  Augusti.  Eppur 
ninno  d'  essi  imperadori  gli  andò  innanzi 
nella  munificenza  e  magnificenza.  Imper- 
ciocché in  quest'anno  egli  dedicò  l'anfitea- 
tro ^ ,  appellato  oggi  il  Colosseo ,  stupenda, 
mole ,  incominciata ,  per  quanto  si  crede  , 
da  Vespasiano  suo  padre ,  e  da  lui  perfe- 
zionata .  Nulla  più  fa  intendere ,  qual  fos- 
se la  potenza  e  splendidezza  degli  antichi 
Augusti  ,  quanto  i  pezzi  che  restano  tutta- 
via di  quel  superbo  edifizio .  Fabbricò  ezian- 
dio le  Terme  ,  o  sia  bagni  pubblici ,  pres- 
so al  medesimo  anfiteatro,  le  cui  vestigia 
pur  ora  si  mirano  circa  la  chiesa  di  san 
Pietro  in  Vincula ,  per  attestato  del  Nardi- 
110,  del  Donato,  e  d'altri.  Ed  allorché  si 
fece  la  dedicazion  di  tali  fabbriche,  cioè 
quando  si  misero  all'uso  pubblico  ,  Tito  so- 
lennizzò la  funzione  conmaravigliosi  e  ma- 
gnifici spettacoli,  descritti  da  Dione  *.  Si 
fecero  combattimenti  navali,  giuochi  di  gla- 
diatori ,  caccia  di  fiere  ,  cinquemila  delie 
quali  furono  uccise  nell' anfiteatro  in  un  sci 

L  2  4à> 

'  Idem  ihid,    e.  %.  »  Dio  Uh.  65- 


^"54  Ànìstali  d' Italia 
Vii,  e  quattro  altre  miglia] a  ne' susseguenti 
giorni:  Né  vi  mancarono  i  giuochi  circen- 
si ,  e  una  gran  profusione  di  doni  al.  popo- 
lo.  Durarono  cento  dì  così  allegre  e  di- 
spendiose feste  . 

L'  incendio  del  Vesuvio,  di  sopra  da  me 
accennato,  che  fu  de' più  terribili,  che  mai 
si  sicno  provati ,  àvea  portata  la  rovina  o 
notabili  danni  alle  città  e  terre  della  Cam- 
pania. Tito  inviò  colà  due  senatori,  già 
stati  consoli,  con  buone  somme  di  danaro ^ 
acciocché  si  rimettessero  in  piedi  le  fabbri- 
che .  Per  tali  spese  assegnò  ancora  i  beni 
di  tutti  coloro  che  erano  morti  sen^a  ere- 
di^ benché  secondo  le  leggi  que' beni  ap- 
partenessero al  suo  Fisco.  Ed  egli  stesso 
colà  si  portò  ,  non  tanto  per  mirar  la  de- 
solazion  de'  luoghi  ,  quanto  per  affrettarne 
il  sollievo  .  Ma  a  questa  disgrazia  ne  ten- 
ne dietro  un''  altra  non  meno  spaventosa  e 
lagrime vole  .  Attaccatosi  il  fuoco  in  Roma, 
vi  consumò  il  Campidoglio ,  il  tempio  di 
Giove  Capitolino ,  il  Pantheon  ,  i  templi  di 
Serapide  e  d'Iside,  siccome  quel  di  Nettu- 
no ,  ed  altri  j  il  teatro  di  Balbo  e  di  Pom- 
peo ,  il  palazzo  d' Augusto  colla  bil)liote- 
ca-,  e  molti  altri  pubblici  edifizj .  Sì  ampia 
fu  la  strage  delle  fabbriche ,  che  ^fu  credu- 
to quell'incendio  non  operazion  degli  uo- 
mini, ma  gastigo  mandato  da  Dio.  Se  ne 
afflisse  sommamente  Tito  ,  protestando  non- 
dimeno, che  a  lui  come  principe  apparte- 
neva il  risarcimento  di  tante  fabbriche  del 

pub- 


Anno      LXXX.  1^5 

pubblico.  In  fatti  a  questo  fine  alienò  tut- 
ti i  più  preziosi  mobili  de'  suoi  palazzi  ;  e 
quantunque  molti  particolari ,  e  varie  cit- 
tà, e  alcuni  dei  re  sudditi ,  gli  ofFerisse- 
ro,  o  promettessero  di  molto  danaro  per 
quel  bisogno  ,  non  volle  che  alcuno  si  sco- 
modasse ,  riserbando  tutte  quelle  spese  al- 
la prepria  borsa .  Dopo  sì  fiero  incendia 
succedette  in  Roma  un'atrocissima  peste, 
di  cui  parlano  Suetonio  e  Dione  ,  e  che  se- 
condo ^  Aurelio  Vittore  fu  delle  più  mici- 
diali ,  che  mai  si  provassero  in  quella  cit- 
tà, e  se  ne  diede  la  colpa  alle  esalazioni 
del  Vesuvio.  Dubito  io,  questa  essere  la 
medesima  ,  che  di  sopra  all'anno  77  fu  ri- 
ferita da  Eusebio ,  e  però  collocata  fuor  di 
sito,  cioè  sotto  l'imperio  di  Vespasiano. 
La  fece  Tito  da  padre  in  sì  funeste  circo- 
stanze ,  consolando  il  popolo  con  frequenti 
editti^  ed  aiutandolo  in  quante  maniere  gli 
fu  mai  possibile.  Certo  inesplicabile  fu  V 
amore  eh'  egli  portava  ad  ognuno  ,  e  la  bon- 
tà sua  e  la  premura  di  far  del  bene  a  tutti  . 
Era  lecito  ad  ognuno  1'  andare  all'  udienza 
sua  ,  ed  ognuno  ne  riportava  o  consolazio- 
ne ,  o  speranza.  E  perchè  i  suoi  dimestici 
non  approvavano  ch'egli  promettesse  sem- 
pre, perchè  non  sempre  poi  poteva  marfte- 
ner  la  parola:  rispondeva,  noìi  doi^ersi  per- 
mettere che  alcuno  mal  si  yarta  malcanten-. 
to  dair  udienza  del  principe  suo.  Tanta  era 

*  Aurelius  ViSìos:  i^ì  Breviar. 


lèS       Annali    r/  I  t  a  l  i  a 
in  somma  l' inclinazione  sua  a  far  dei  be*- 
tiefìzj ,  che  sovvenendogli  una  notte ,    men- 
tre cenava  ,  di  non  averne  fatto  veruno  ih 
quel  di ,  sospirando  disse    quelle  sì    celebri 
e  decantate  parole   ^  :  Amici  ^  io  ho  perdita 
ta  questa  giornata»  Giunse  a  tanto   questa 
sua  benignità  e  amorevolezza,  che  nel  po- 
co tempo    eh'  egli  regnò  ,  a  niuno  per  im- 
pulso ,  o  per  ordine  suo    tolta  fu  la    vita  . 
Diceva  di  amar   piuttosto   di  perir  egli  ^ 
che  di  far  perire  altrui.  In  effetto,  ancor- 
ché si  venisse  a  sapere  che  due    de'  princi- 
pali Romani  faceano  brighe  e  congiure  per 
arrivar  all'imperio,    e  ne  fossero    essi  an- 
che convinti  ;  pure  non  altro  egli  fece  ,   se 
non  esortarli    a  desistere ,    dicendo    che    il 
■principato  -vien  da  Dio  ^  né  si  acquista  col- 
le   scelleragginl  ;     e    che    se     desideravano 
qualche    bene    da    lui,  prometteva    di    far- 
lo .  ^  Dopo  di  che  ,  per  timore  che  la  ma- 
dre d' uno  di  questi  senatòri  si  trovasse  in 
grandi  affanni ,  le  spedì    dei  corrieri  ,    ac-ti 
ciocché  l'assicurassero  che  suo  iìgliuolo  erMI 
salvo.  Inoltre  la  notte  stessa  tenne  seco   ^ 
cena  questi    due  personaggi ,    e  nel    dì  se- 
guente li  volle  allo  spettacolo  de'  gladiato- 
ri a' suoi  fianchi.   Allora  fu,  che  portate  a 
lui  le  spade  di  que' combattenti ,  come  era 
il  costume,  le  diede  in  mano   ad  amendu- 
ró ,    acciocché  osservassero ,    se    erano    ta-- 

glien- 

'    Sueron.  Dio  ^  Eutvop:us^  Eusibius  ^ 
'  Sf/eton*  in  Tito  c^   ''•  t)ìo  L  66. 


•  A  N  NO      LXXX.  1^7 

iienti ,  per  far  lóro  tacitamente  conosc*-* 
re,  che  più  non  dubitava  della  loro  fedel- 
tà. Ma  ciò  ctìé  sopra  ogni  altra  cosa  gli 
conciliò  l'amore  d'ognuno,  fu  l'aver  egli 
v'ato  via  l'insofFribil  abuso  introdotto  sot- 
-)  i -precedenti  cattivi  imperadori  ;  cioè 
;ie  a  qualsivoglia  persona  era  permesso  V 
accusare  altrui  d'  avere  sparlato  del  prin- 
cipe ,  o  d'  avergli  rtiancato  di  rispetto  :  il 
che  era  delitto  di  lesa  maestà .  Una  licen^ 
za  sì  fatta  teneva  tutti  sempre  in  un'  ap- 
prensione e  schiavitii  incredibile.  Tito  or- 
dinò ai  magistrati  ,  che  non  ammettessero 
più  si  fatte  accuse,  ed  egli  stesso  perse- 
guitò vivamente  la  mala  razza  di  cotali 
accusatori,  facendoli  battere,  omettere  in 
ischiavitù  ,  o  pure  esiliandoli .  Soleva  per- 
ciò dire  :  Non  credo  che  mi  si  possa  fare 
ingiuria  ^  perchè  non  opero  cosa  ^  di  cui  con 
giustizia  io  possa  essere  biasimato ,  Che  se 
pur  taluno  ingiustamente  mi  biasima ,  egli 
fa  ingiuria  più  a  se ^  che  a  me:  ed  io  in 
vece  d^ adirarmi  contra  di  lui  ^  ho  d'aver 
compassione  della  sua  cecità.  E  se  talun 
dice  male  de^  miei  predecessori  con  ingiù- 
stizia  ^  quando  sia  vero  ^  che  questi  abbia- 
no il  potere  che  loro  s' attribuisce  nelV  aver-^ 
li  deificati ,  sapran  ben  essi  vendicarsene 
senza  di  me .  Fece  parimxcnte  questo  buon 
principe  circa  questi  tempi  selciar  di  nuo- 
vo la  Via  Flaminia,  che  da  Roma  condu- 
ceva a  Rimini .  Ed  Agricola  ^  continuando 

L  4  la 

'  Tacitv.s  in  Vita  Agricofte 'cap   ii. 


ì68      Annali     d' Italia 
ia  guerra  in  Bretagna,  stese    i  confini    ro^ 
mani  sin  verso  la  Scozia  ,  fondando  ivi  ca- 
stelli e  fortezze,  per  mettervi  delle    guar- 
laigioni. 

Anno  di  Cristo  lxxxi*  Indizione  ix> 
di  Cleto  papa  5. 
di  Domiziano  imperadove  i. 

""  Lucio  Flavio  Silva  Nonio 
Consoli  -={        Basso, 

(^    AsiNlO   POLIONE    VkRUCOSO. 

X  ali  furono  i  nomi  de' consoli  di  quest' 
anno ,  come  apparisce  dall'  iscrizione  rap- 
portata da  m^onsignor  Bianchini ,  e  da  me  ^ . 
Ma  in  un'  altra  Iscrizione  da  me  data  alla 
luce ,  il  primo  console  è  appellato  Lucie 
FlaVw  Silvano,  Di  lagrime  e  sospiri  ab- 
bondò Roma  in  quest'  anno.  Un  ottimo 
principe  oramai  la  governava ,  che  amava 
tutti  come  figliuoli,  comunemente  ancora 
amato  da  ognuno^  e  che  perciò  avea  con- 
seguito un  titolo,  non  prima  né  poi  dato 
ad  alcun  altro  de'  romani  imperadori ,  cioè 
era  chiamato  ^  la  delizia  del  genere  urna- 
no.  0  sia  ch'egli  non  si  sentisse  ben  di 
salute,  o  che  quakhc  cattivo  presagio  gli 
facesse  apprendere  vicina  la  morte  ;  per- 
ciocché non  si  può  dire ,  quanto  i  Romani 
iV  allora  fossero  superstiziosi ,  e  dai  varj  ac- 

ci- 


Thesaùrvs  Novus  Inscvipt.  /«/t^.  311.  &  pag.  318. 
Sueu  in  Tito  f.  10. 


à 


Anno      LXXXI.         i% 
cidenti  vanamente  deducessero   i  buoni,    o 
tristi  successi  dell'  avvenire  ^  o  pur  badas- 
sero agli  strologhi  :  fuor  di  dubbio  è  ,  che 
Tito  Augusto  nulla  operò  in  quest^  anno  di 

j  singolare.  Si  fecero  degli  spettacoli,  e  vi 
assistè  ;  ma  nel  fin  d'  essi  fu  veduto  pia- 
gnere .  Comparve  ancora  in  quest'  anno  nell* 

I  Asia  un  furbo  appellato  Terenzio  Massimo  j 
che  si  facea  credere  Nerone  Augusto  ^  ,  già 
morto ,  e  fu  ben  accolto  da  Ànabano  re 
de' Parti,  Anzi  parea ,  che  quel  barbaro  re 
si  preparasse  per  muovere  guerra  a  Tito  , 
con  pretendere  di  rimettere  sul  trono  un 
sì  fatto  impostore .  Se  Tito  se  ne  mettesse 
pensiero,  non  è  a  noi  noto.  Volle  egli, 
venuta  la  state,  portarsi  alla  casa  paterna 
nel  territorio  di  Rieti,  e  malenconico  più 
del  solito  uscì  di  Roma  ,  perchè  nel  voler 
sagrificare,  era  fuggita  la  vittima  di  mano 
al  sacerdote  ;  ed  essendo  tempo  sereno  ,  s* 
era  sentito  il  tuono  .  Alloggiato  la  sera  in 
non  so  qual  luogo,  gli  venne  la  febbre.  Po- 
sto in  lettiga^  continuò  il  viaggio,  e  co-» 
me  già  fosse  certo  che  quelF  era  1'  ultima 
sua  malattia ,  fu  vediito  tirar  le  cortine  , 
e  mirare  il  cielo ,  e  dolersi ,  perchè  in  età 
sì  immatura  egli  avesse  da  perdere  la  vi- 
ta ;  giacché  egli  non  sapea  di  aver  com- 
messa azione  alcuna,  di  cui  si  avesse  a  pen- 
tire ,  fuorché  una  sola.  Qual  fosse  questa, 
non  si  potè  mai  sapere  di  certo,  quantunr 

que 

'  Zc'Jar.7  in  Cbr*.- 


^tfo         A   ..   :.   ALI      d'  1*1    ALIA 

que  molte  dicerie  ne  fossero  fatt^.  Dioii<*' 
i  con  più  fondamento  riferisce  ciò  al  tem- 
po, in  cui  vide  disperata  là  sua  salute. 
Arrivato  alla  villa  paterna  ,  dove  il  padif 
avea  terminata  la  sua  vita ,  anch' egli  ^  cre- 
scendo il  male;,  vi  trovò  la  nio¥t*e .  Sicco 
me  in  casi  tali  avviene,  ognun  disse  la  sua  , 
Per  quanto  scrive  Plutarco  *,  i  suoi  medi- 
ci attribuirono  la  cagion  di  sua  morte  a- 
bagni ,  a'  quali  s'  era  talmente  avvezzato  . 
che  noìi  potea  prendere  cibo  la  mattina, 
se  prima  non  s'era  portato  a!  bagno.  For- 
se V  acque  fredde  della  Sabina  gli  nocque- 
to  .  Anche  un  certo  Regolo ,  che  con  esso 
lui  si  bagnò  nello  stesso  giorno,  fu  sorpre- 
so da  un  colpo  di  apoplessia^  per  cui  mo- 
rì. Altri  pretesero  ^ ,  che  Domiziano  suo 
fratello  il  levasse  dal  mondo  col  veleno  * 
perchè  più  volte  anche  prima  gli  avea  in- 
sidiata la  vita  ^  ed  altri  ^^  che  veramente 
egli  mancasse  di  malattia  naturale  .  Aggiu-^ 
gne  Dione,  che  Domiziano^  allorché  Tito 
era  malato,  e  potea  forse  riaversi,  il  fece 
mettere  in  un  cassone  pieno  di  neve  ,  non 
so,  se  col  pretesto  di  rinfrescarlo  ,  o  di  ot- 
tener quell^  effetto,  che  oggidì  alcuni  me- 
dici pretendono ,  con  dar  acque  agghiac- 
ciate nelle  febbri  acute  ,  ma  con  vero  di- 
segno di  farlo  morire  più  presto.  Quel  che 
è  certo,  non    era    per  anche    morto    Tìto^ 

che 

*  Dio  Uh.  66.  ^   Plut.iY.    de  Sanit. 

*  Aureli  US  in  Brevi  ar.         ^  Dio  Uh.  66. 


1^^  k   N    N   O       LXXXI.  17  1 

^^■le  Domiziano  corse  a  Rorna^  guadagnò    i 
^^Jldati  del    pretorio,    e  si    fece   proclamar 
imperadore  colla  promessa  di  quel  donati- 
vo, che  Tito  avea  loro  dato  nella  sua  as- 
sunzione air  imperio. 

Tale  fu  il  fine  di  questo  amabile  impe- 
radore, mancato  di  vita  nel  dì  13  di  set» 
tembre  ^,  e  nell'anno  quarantesimo  dell' 
età  sua  ,  dopo  avere  per  poco  più  di  due 
anni  e  due  mesi  tenuto  l'imperio .  Credet- 
tero alcuni  politici  d'  allora ,  che  fosse  van- 
taggioso per  lui  r  essere  tolto  di  vita  gio- 
vane ,  siccome  fu  ad  Augusto  ,  l' essere  mor- 
to vecchio .  Perciocché  Augusto  sul  prin- 
cipio del  suo  governo  j  fu  costretto  per  la 
moltitudine  de'  suoi  nemici  e  delle  frequen- 
ti sedizioni,  a  commettere  non  poche  azio- 
ni crudeli  e  odiose  ;  ed  ebbe  poi  bisogno 
di  gran  tempo  ,  se  volle  guadagnarsi  il  pub^ 
blico  amore  a  forza  di  benetizj  ,  per  gli 
quali  morì  glorioso.  All'incontro  meglio  fu 
per  Tito  il  mancar  di  buon'  ora ,  cioè  in 
tempo  ch'egli  già  era  in  possesso  dell'amo^ 
re  d' ognuno ,  perchè  correa  pericolo  ,  sé 
fosse  più  lungamente  vivuto  ,  d'essere  astret- 
to a  far  cose  che  gliel  facessero  perdere. 
Volata  a  Roma  la  nuova  di  sua  morte ,  fu.. 
per  sì  gran  perdita  inesplicabile  il  dolore 
di  quel  popolo  ,  parendo  ad  ognuno  di  aver 
perduto  un  figliuolo,  o  pure  il  padre.  Al- 
trettanto avvenne  per  le  provincia  romane. 

I  sc- 

'  Sueton.  in  Tito  e  io. 


172        Annali  d'Italia 

I  sjenatori  senza  essere  chiamati  dai  conso- 
li o  dal  pretore,  corsero  alla  Curia,  ed 
aperte  le  porte ,  diedero  più  lodi  a  lui 
morto,  di  quel  cke  avessero  fatto  a  luivi-r 
vo .  Portato  a  Roma  il  suo  cadavero,  fé-, 
cegli  fare  Domiziano  il  funerale^  e  regi- 
strarlo nel  catalogo  degli  dii  ,  ma  senz' al- 
cun altro  degli  onori,  che  Roma  gentile 
soleva  accordare  agli  altri  imperadori ,  co- 
me di  giuochi  annuali ,  templi ,  e  sacerdo- 
ti per  eternare  la  loro  memoria.  Finquì 
Flavio  Domiziano  altro  titolo  non  avea  go- 
duto ,  che  quello  di  Cesare  ^^  e  di  Princl'* 
pe  della  gioventù.  Appena  prese  le  redini 
del  governo ,  che  siccome  persona  gonna  di 
vanità  ed  ambizione  ,  voile  dal  senato  tut- 
ti i  titoli  ed  onori ,  che  altri  imperadori 
partitamente  aveano  ricevuto  j,  cioè  quelli 
d' Imperadore  j  à^ Augusto  ,  dì  Pontefice  Mas- 
simo ,  di  Censore ,  e  di  ornato  della  tribu- 
nizia -podestà^  Le  medaglie  ancora  ci  as- 
sicurano, che  non  tardò  punto  a  voler  an- 
che il  bel  nome  di  Padre  della  Patria . 
Qual  fosse  il  merito  suo,  quali  i  suoi  pre- 
gi ,  lo  vedremo  all'  anno  seguente .  Egli  era 
nato  neir  anno  cinquantesimo  dell'  Era  no- 
stra ;  e  però  cominciò  il  suo  reggimento 
in  età  giovanile;  e  diede  il  titolo  d'-4u» 
gusta  3.  Domizia  sua  moglie. 


Anno      LXXXII.         173 

Anno  di  Cristo  lxxxii.  Indizione  x. 
di  Cleto  papa  6. 
di  Domiziano  imperadore  2. 

r  Flavio    Domiziano    Augu- 
Consoli  -ì        STO  per  T ottava  volta, 
[^  Tito  Flavio  Sabino. 

.£!ira  questo  Sabino  console ,  cugino  carna- 
le di  Domiziano  ,  perchè  figliuolo  di  Tito 
Flavio  Sabino^  fratello  di  Vespasiano,  e 
prefetto  di  Roma  >,  da  noi  veduto  ucciso  ne- 
gli ultimi  giorni  di  Vitellio  Augusto .  Avea 
già  dato  principio  Domiziano  imperadore 
al  suo  governo ,  non  diversamente  da  alcu- 
ni suoi  predecessori',  buoni  sulle  prime,  e 
nel  progresso  del  tempo  d' ogni  crudeltà  e 
scelleraggine  macchiati .  ^  Salito  sul  tribu- 
nale ,  posto  in  piazza ,  bene  spesso  ascolta- 
va e  decideva  giudiciosamente  e  giustamen- 
te le  liti .  Cassò  molte  sentenze  date  dai 
giudici  con  indebita  parzialità,  dichiaran- 
do infami  quei  d' essi  y  che  si  scoprivano 
aver  preso  danaro  per  vendere  la  giusti- 
zia *  .  Tanta  attenzione  ebbe  egli  anche  nel 
resto  de'  suoi  anni  all'  amministrazione  di 
essa  giustizia  non  solo  in  Roma,  ma  an- 
che nelle  provincie ,  che  per  attestato  di 
Su^tonio  non  si  videro  mai  in  tutto  V  im- 

pc- 


'  Sueton.  in  Domi  ti  ano  cap.  8. 

*  Auì-elius  n^or  ih  E-.:tfù>.  . 


174  Annali  d*  Italia  . 
perio  romano  i  governatori  e  i  magistrati 
si  modesti  e  giusti j,  eorae  sotto  di  lui.  E 
perchè  questi  dopo  la  sua  morte  lasciarono 
la  briglia  alla  loro  malnata  avidità  di  far 
danaro ,  furono  poi  per  la  maggior  parte 
condennati  e  puniti.  Come  censore  perpe-- 
tuo  fece  ancora  alcune  belle  provvisioni. 
Volle  ne' teatri,  distinti  dalla  plebe  i  se- 
dili de'  cavalieri .  Abolì  le  pasquinate  e  i 
libelli  famosi,  pubblicati  contro  l'onore  dei 
nobili  dell'uno  e  dell'altro  sesso,  G:astÌ2'an- 
done  gli  autori,  se  venivano  a  scoprirsi,, 
Cacciò  dal  senato  CecìLio  Rufino  questore  -, 
perchè  si  diiettava  di  far  il  buffone  e  i« 
ballerino .  Alle  pubbliche  meretrici  viete 
F  uso  della  lettiga ,  e  il  poter  conseguire 
eredità  e  legati.  Levò  dal  ruolo  de' giudi- 
ci un  cavaliere  romano ,  perchè  dopo  ave- 
re accusata  di  adulterio  e  ripudiata  la  mo- 
glie, l'avea  dipoi  ripigliata.  Secondo  la 
legge  statinia  condennò  alcuni  de'  seriatori 
e  cavalieri  per  la  lor  impudicizia  ^  JSÌè  il 
padre ,  ne  il  fratello  di  lui  aveano  presa 
cura  degli  adulterj  delle  vergini  Vestali, 
le  quali;,  come  ognun  sa,  venivano  obbli- 
gate a  conservar  la  virginità.  Rigorosamen- 
te volle  egli,  siccome  Pontefice  massimo^ 
che  si  eseguisse  contra  di  loro  la  pena  ca- 
pitale, prescritta  dalle  leggi  ,•  ne  risparmiò 
i  dovuti  gastighi  o  d'  esilio ,  o  di  morte  ai 
complici  dei    lor  falli .    Parve  ^  parimente 

ne" 


D'  '•vitiano  ca-p.  9- 


1 


Anno      LXXXII.         175 
nc'principj    del    suo  governo,  ch'egli    ab^ 
borrisse  il    levar    la  vita   agli  uomini ,    né 
fosse  punto  avido  della  roba   altrui.    Anzi 
inclinava  egli    molto  alla  liberalità,   e    ne 
diede  dei  gran  saggi  verso  tutti  i  suoi  cor-, 
tigiani ,  parenti  ed  amici ,    loro  poscia    se- 
veramente incaricando  di  guardarsi  da  ogni 
sordida  azione  per  far  danaro.    Le  eredità 
a  lui  lasciate  d^  chi  avea   -figliuoli ,   le  ri- 
cusò .  Mólte  terre  decadute  al  fisco  restituì 
ai  padroni  di  esse.  Decretò  l'esilio  a  qtìe-r 
gli  accusatori  che  non  provavano  le  lor  de-^ 
nunzie  ed    accuse .   jVIolto    più    aspramente 
trattò    coloro  che  intentavano  processi  ca- 
lunniosi di  contrabandi  in  favore  del  fisco; 
imperocché  egli  diceva:  Chi  non  gastlga  i 
falsi  accu sartori  ^  anima  essi  ed  altri  a  que-r 
sto  iniquo  raestiere.  Non  fu    minore  la  sua 
magnificenza  nel  rifare  il  Campidoglio  :  che 
fu  mirabil  cosa  ,    perchè    secondo  la    testi- 
monianza di  Plutarco  ^  nelle  sole  dorature 
egli  v'  impiegò    dodicimila    talenti  :    il  che 
era  un  nulla  rispetto  alle  spese    fatte  nelF 
adornare    il   proprio    palazzo .     Rifabbricò 
eziandio    varj   templi    bruciati    sotto    Tito 
Augusto,  m.ettendovi  il  suo  nome,    e    non 
già  quello  de^'primieri  autori.  Fece  di  pian-r 
ta  i]  tempio  della  famiglia  Flavia,    lo  star, 
dio  per  gii  atleti,  TOdeo  per   le  gare  de* 

usici  ,  e  la  Naumachia  per  gli  combatti-? 

-enti  navali.  Marziale  fottz  di  questi  tem-s 

'   p lutare,  iti  Vita  Polite. 


176      Annali    d'  I  t  a  l  i  a 

pi,  sfacciato  adulatore  di  Domiziano,  esal-* 
ta  alle  stelle  tutte  queste  sue  fabbriche ,  ed 
ogni  altra  sua  azione.  Ora  quanto  s' è  det- 
to iìnquj ,  potrà  far  credere  ai  lettori ,  che 
Domiziano  comparisse  figliuolo  ben  degno 
di  un  Vespasiano,  e  fratello  d*un  Tito, 
principi  che  aveano  restituito  il  suo  splen- 
dore a  Roma ,  e  air  imperio  romano .  Ma 
noi  non  tarderemo  a  vederlo  indegno  lor 
figlio  e  fratello ,  e  tiranno  ,  non  signore  di 
Homa.  Prese  egli  in  quest'  anno  il  titolo 
d' Imperadore  per  la  terza  volta ,  a  cagio- 
ne, per  quanto  si  crede,  di  qualche  vitto- 
ria riportata  da  Giulio  Agricola  nella  Bre- 
tagna.  Colà  s'inoltrò  cotanto  quel  valente 
capitano  coli' armi  romane,  che  arrivò  si- 
2:10  ai  confini  dell'Irlanda  ^. 

Anno  di  Cristo  lxxxiii.  Indizione  xi. 
di  Anacleto  papa  i. 
di  Domiziano  imperadore  ,^i 

r  Flavio    Domiziano    Augu- 
ri        T    j         STO  per  la  nona  volta  , 

Consoli   -i      r\  n  T> 

1    Quinto  Petillio  Rufo  per 
L       la  seconda . 

JTA.  Quinto  Pètilio  fu  sustituito  nel  con- 
solato,  per  quanto  si  crede,  Gajo  Valerio 
Mcssalino  .  In  quest'  anno  la  Storia  eècl^ 
elastica  riferisce  la  morte  di  s.  Cleto  papa™ 

eh' 


Tacitus  in  P'it2  jSgyicol^  taf»  14. 


Anno      LXXXIII.         177 
"he  col  suo  sangue  illustrò  la  Religione  di 
Cristo  .    A  lui  succedette  nella    cattedra  di 
san  Pietro  ,  Anacleto  ,  Durava    tuttavia    la 
guerra  nella  Bretagna  .  Giulio  Agrìcola  co- 
mandante deir  armi  romane  in  quelle  parti, 
^  riportò  un'  insigne  vittoria    nella    Scozia 
contra  di    que' popoli  .    Aveano    i    Romani 
trasportato  in  quella  grande  isola  un    reg- 
gimento di  Tedeschi  .  Costoro    non    volen- 
do più  militare  in  quelle  parti ,  fatta    una 
congiura,,  uccisero  il  loro  tribuno  ,  i    cen- 
turioni,  ed   alcuni  soldati  romani,  ed  im- 
barcatisi in  tre  bregantini  si    diedero    alla 
fuga  .  Il  piloto  d'  essi  legni    seppe    far  tan- 
to ,  che  ricondusse  il  suo  all'  armata  roma- 
na .  Gli  altri  due  fecero  il  giro  della  Bre- 
tagna j,  e  dopo  una  fiera  fame    patita,    per 
cui  mangiarono  i  più    deboli ,    giacché    non 
poteano  approdare  ad  alcun  sito  d'  essa  Bre- 
tagna ,  p€r  essere  considerati  quai   nemici , 
andarono  poi  a  naufragar  nelle  coste   della 
Germania  bassa  •    Quivi    dai    corsari    suevi 
e  frisoni  furono  presi ,  e  venduti  come  schia- 
vi .  Perchè    alcuni    d' essi    capitarono    nelle 
terre  del  romano  imperio ,  perciò  allora  so- 
lamente vennero  a  conoscere  i  Romani ,  che 
la  Bretagna  era  un'  isola  ,  e  non  già   terra 
ferma ,  come  per    la    poca    pratica    aveano 
fin  allora  molti  creduto  .  Intanto  Domizia- 
no teneva  allegro  il  popolo  romano  *    con 
dei  magnifici  e  dispendiosi  spettacoli  ,  non 
Tom.  II.  M  so- 

'  Tacitus  caf.  25.  ^  seq.     »  Suston.  /■»  'Oomìtiano  e.  4 


178      Annali  dVItalia 

solamente  nelF  anfiteatro  ,  ma  anche  nel 
circo  ,  dove  si  videro  corse  di  carattere  , 
combattimenti  a  cavallo  e  a  piedi,  sicco- 
me ancora  cacce  di  fiere  ,  battaglie  di  gla- 
diatori in  tempo  di  notte  a  lume  di  fiac- 
cole, ^  dando  nel  medesimo  spettacolo  ce- 
na ^  o  almen  vino  al  popolo  spettatore . 
Vidersi  ancora  zuffe  d'  uomini ,  ed  anche 
donne  combattere  con  le  fiere  ,  o  fra  lo- 
ro .  Mirabili  altresì  furono  i  combattimen- 
ti navali ,  fatti  nelF  anfiteatro  ,  oppure  in 
un  lago  ,  cavato  a  mano  in  vicinanza  del 
Tevere  .  Probabilmente  a  varj  anni  son  da 
attribuire  sì  fatti  spettacoli  ,  benché  da 
Suetonio  e  da  me  accennati  tutti  in  un 
fiato  . 

Anno  di  Cristo  lxxxiv.  Indizione  xii. 
di  Anacleto  papa  2. 
di  Domiziano  imperadore  4. 

r  Flavio   Domiziano    Augu- 
Consoli  -4        sto  per  la  decima   volta  , 
L  Sabino . 

i\on  ho  io  dato  alcun  prenome  e  nome 
a  questo  Sabino  console ,  perchè  intorno 
a  ciò  nulla  v'  ha  di  certo  .  Da  Giordano  , 
*  che  altri  sogliono  chiamar  Giornande  , 
egli  vien  «appellato  Fopi)eo  Sabino,  Parve 
probabile  al  cardinal  Noris,  ^    che    il    suo 

no- 

»  Dio  1.67.     ^  Jord.  He  Re!;.  Getic.  f.ij.     ^  Neris  Ep,  Consul. 


Anno    LXXXIV.         179 

nome  fosse  Gajo  Oppio  Sabino,  Ma  in    un' 
iscrizione  riferita  dal  Cùpero   (  non    so    di 
qual  peso  )  a  Domiziano  per  la  decima  vol- 
ta console  vien  dato  per  collega  Tito  Au- 
relio  Sabino  .  Noi  bensì  vedremo  nn  conso- 
le dell'  anno  seguente  ,  appellato  Tito   Au- 
relio .  In  tale  incertezza  ho  io  ritenuto  so- 
lamente il  di  lui  cognome  ,  di  cui    non    ci 
lasciano  dubitare  i  fasti  antichi .  Quantun- 
que non  si  sappia  di  certo  V  anno  ,  in    cui 
Domiziano  andò  alla  guerra  in   Germania  , 
pure  seguendo  la  traccia   delle  medaglie  ,  * 
reputo  io    più    verisimile    il    parlarne    nel 
presente .  Erano    confinanti    i    Romani    coi 
Catti ,  popolo  per  attestato  di  Tacito  ^    il 
più  prudente  e  meglio  disciplinato    che    s' 
avesse  la  Germania  ,  creduto  oggidì  quel  d' 
Hassia    e     Turingia.    Domiziano j,    siccome 
sommamente  vano  ed  ambizioso  di  gloria  , 
determinò  di  marciar  egli  in  persona  con- 
tra  d"*  essi ,  3  perchè  aveano  cacciato  Cario- 
mero  re  de'  Cherusci    dal  dominio  a  cagion 
òeW  amicizia    eh'  egli  professava  ai   Roma- 
ni.  Andò  questo  gran  campione^  assai  per- 
suaso che  il  suo  solo  nome  avesse  <ìa    sbi- 
gottir que' popoli;  e  forse    fu    allora,    che 
per    quanto    abbiam    da    Frontino    ^  ,    egli 
mostrò  di  portarsi  rielle  Gallie ,  ad    ogget- 
to ùnicamente  di    fare    il    censo    di    quelle 
Provincie  .  Ma  giunto  colà  ,  all'  improvviso 

M  2  pas- 

*  Medioharhuì  ,  GoltzJus  ,  &  alii  . 
Tacitus  de  Morib.  Germanorum  cap.  30. 

*  Dio  if(;.  67'     "*■  Fromin-  in  Stratagem.   Uh'  1.  cap»  I. 


l8o       ANltJAlI     D'iTAItA 

passò  coir  esercito  il  Reno,  e    a    bandiere 
spiegate  andò  contro  ai  Gatti .   Se    volessi- 
mo credere    agli  adulatori    poeti  ,    un    de' 
quali  era  allora  Publio  Stazio    Papinio    ^ , 
egli  domò    la    fierezza  di    que'  Barbari ,    e 
mise  in  pace  i  vicini.  Ma  non    si    sa,    eh* 
egli  desse  loro  battaglia  alcuna  ;  e    proba- 
bilmente altro  non  fece,  che  ridurli  ad  un 
trattato  di  pace,  con  rovinar  intanto  ipo- 
poli suoi  sudditi  di  là  dal    Reno .    Contut- 
tociò  ,    come    s' egli    avesse   compiuta    una 
segnalata  impresa  ,  sparse  voce  di    vittorie 
riportate  ;  e  tutto  gonfio   del    suo    mirabil 
valore  se  ne  tornò  a  Roma  per  goder    del 
trionfo  ,  che  il  senato  sulla    di    lui    parola 
gli  accordò.    Nelle  medaglie    di    quest'an- 
no si  truova  più  volte  coniato  il  tipo  della 
vittoria,  segno  di   questi    pretesi    vantaggi 
nella  guerra  germanica ,  per   cui   cominciò 
egli  ad  usare  il  titolo  di  Germanico ^    e  si 
fece  proclamar  Imperadore  sino    alla    nona 
volta.  Può  nondimeno  essere,    che    contri- 
buissero alla  gloria  di  Domiziano  anche  le 
prodezze  di  Giulio  ^gricoZa  nella  Bretagna  . 
Imperciocché ,  per  quanto  si  può   conghiet- 
turare ,    ^    nell'  anno    presente    quel    saggio 
ufiziale  sottopose  al  romano  imperio  le  iso- 
le Orcadi,  ed  altri  paesi    in    quelle    parti. 
Di  questi  felici  successi  diede  egli  di  ma- 
no in  miano  avviso  a  Domiziano  .  Qual  ri- 
compensa ne  ricavasse  ,  lo  diremo  all'  anno 
ses^uente . 

An- 

"  "  S/at.  in  Sflv.  /.  J.  f.  1.    ^  Tac.  in  Vita  Agftc  $■■  38.  «^  sfy- 


Anno      LXXXV<         i8i 

Anno  iì  Cristo  lxxxv.  Indizione  xtix. 
di  Anacleto  papa  3. 
di  Domiziano  imparadore  5, 

r  Flavio  Domiziano  Augv« 
p  ..  ì  STO  per  r  undecima  volta  5 
consoli  ^j    ^^^^   Aurelio   Fulvo  ,     o 

L       Fulvio. 


Q 


,tiestd  Tito  Aurelio  console,  per  atte- 
stato di  Capitolino  ^  ,  fu  avolo  paterno 
di  Antonino  Pio  Augusto  .  Che  solamente 
neir  anno  presente  Domiziano  solennizzasse 
il  suo  trionfo,  per  aver  ridotti  a  dovere! 
popoli  Catti  j  si  ptiò  facilmente  dedurle 
dalle  monete  o  medaglie  d'  allora  *  ,  nelle 
quali  ancora  con  isfacciata  adulazione  si 
legge  GERMANIA  CAPTA ,  quaàichè  a  que-^ 
sto  bravo  imperadore,  il  qual  forse  neppu- 
re fu  a  fronte  de'  nemici ,  riuscito  fosse  di 
conquistar  V  intera  Germania  .  Però  da  lì 
innanzi  egli  costumò  di  andare  al  senato 
in  abito  trionfale  .  Son  di  parere  alcuni  3  , 
^  eh'  egli  nella  stesso  tempo  trionfasse  dei 
Quadi,  Daci,Geti^  e  Sarmati.  Ma  per 
quanto  sembra  indicare  Suetonio  ^  ,  diverse 
furono  quelle  guerre ,  diversi  i  trionfi .  Egli 
spontaneamente  fece  la  prima  spedizione 
contro  ai    Catti;  e    l'altre    per    necessità» 

M  3  L'av- 

Julius    '^apitolinus  in  Antonino  Pio  . 
Medioh^b.  in  Numism.  Imperator. 
Bianch'itius  ad  Anastas,     -*  •ì'uit^  in  Dcmhianù  taf'  6* 


iSa  Annali  d'Italia 
L'  avviso  delle  vittorie  riportate  da  Agri- 
cola fu  ric<?vuto  da  Domiziano  con  singo- 
lare allegrezza  in  apparenza  ^  ;  perchè  in- 
ternamente gli  rodeva  il  cuore,  che  vi  fos- 
se altra  persona,  che  lui,  creduta  valoro- 
sa ,  e  da  invidioso  riputava  perdita  sua  le 
glorie  altrui .  Perciò  quantunque  per  co- 
prire lo  scontento  suo ,  gli  facesse  decretar 
dal  senato  gli  ornamenti  trionfali,  una  sta- 
tua ,  e  gli  altri  onori ,  de'  quali  fosse  ca- 
pace una  privata  persona  ,  dappoiché  si  ri- 
serbavano  ai  soli  imperadori  i  trionfi  : 
pure  determinò  di  richiamarlo  a  Koma , 
indorando  questa  pillola  ,  col  far  correr 
voce  di  volergli  conferire  il  governo  riguar- 
devole della  Siria ,  o  sia  della  Soria  ,  giac- 
ché era  mancato  di  vita  Atillo  Rufo  , 
governatore  di  quella  provincia  .  Fu  detto 
ancora,  che  gliene  inviasse  la  patente  por- 
tata da  un  suo  liberto ,  ma  con  ordine  di 
consegnargliela  solamente  ,  allorché  Agricola 
non  fosse  partito  per  anche  dalla  Bretagna  ; 
perchè  dovea  Domiziano  temere ,  eh'  egli 
non  volesse  muoversi ,  se  prima  non  rice- 
veva la  sicurezza  di  qualche  migliore  im- 
piego. Ma  il  liberto  avendo  trovato,  che 
Agricola  dopo  aver  consegnata  la  provin- 
cia tutta  in  pace  al  suo  successore,  cioè  a 
Sallustio  Lucullo  y  era  già  venuto  nella 
Gallia  j  senza  neppur  lasciarsi  vedere  da 
lui ,  se  ne  ritornò  a  Roma  ,  portando  seco 

?^      la 

"  Tachus  in  Vita  Agricola  cap,  Ì9'  (St  seq- 


I 


Anno     LXXXV.  ^         183 

la  non  presentata  patente .  Entrò  in  Roma 
Agricola  in  tempo  di  notte  ,  per  ischivarc 
lo  strepito  di  molti  suoi  amici ,  che  vo- 
leano  i^scire  ad  incontrarlo  ;  e  si  portò  a 
salutar  Domiziano  ,  da  cui  fu  accolto  con 
della  freddezza .  Da  ciò  intese  egli  ciò  che 
potea  sperare  da  un  tale  imperadore  j,  e 
rimasto  senza  impiego,  si  diede  poscia  ad 
una  vita  ritirata  e  privata.  Non  mancò  in 
corte ^  chi  animò  Domiziano  a  fargli  del 
male ,  accusando  e  calunniando  un  sì  de- 
gno personaggio ,  prima  eh'  egli  giugnesse 
a  Roma;  ma  non  avea  per  anche  Domizia- 
no dato  luo2-o  in  suo  cuore  alla  crudeltà , 
di  cui  parlerò  a  suo  tempo  ;  e  la  modera- 
zione e  prudenza  d'Agricola  ebbero  tal  for- 
tuna ,  ch'egli  giunse  naturalmente  alla  mor- 
te ,  senza  riceverla  dalle  mani  altrui .  Ab- 
biamo da  Tacito  ^  ,  che  dopo  1'  arrivo  idi 
esso  Agricola  a  Roma ,  gli  eserciti  ro- 
mani nella  Mesia  ,  nella  Dacia  ,  nella 
Germania ,  e  nella  Pannonia  o  per  la  te- 
merità,  o  per  la  codardia  de' generali ,  fu- 
rono sconfitti  ;  e  che  vi  rimasero  o  truci- 
dati ,  o  presi  m.oltissimi  ufiziali  di  credi- 
to colle  lor  compagnie  ,  di  maniera  che  non 
solamente  si  perde  alquanto  de' confini  del 
romano  imperio ,  ma  si  dubitò  infino  di 
perdere  i  luoghi  forti,  dove  soleano  star 
le  milizie  romane  a'  quartieri  d'  inverno  . 
Tali  disavventure  nondimeno,  si   può    cre- 

M  4  de- 

*  Idem  ibid,  ca^.  71. 


iS/f      Annali    d'  Italia 

dc-re  ,  che  succedessero  in  varj  anni  ;  a  noi 
resta  luogo  di  distribuirle  con  sicurezza 
secondo  i  lor  tempi,  perchè  son  periti  gli 
Annali  antichi  ,  e  Suetonio  e  Dione ^  se- 
condo il  loro  uso  ,  contenti  di  riferir  le 
azioni  degli  antichi  Augusti  ,  poca  curar  si 
presero  della  cronologia. 

Anno  di  Cristo  lxxxvi.  Indizione  xiv. 
di  Anacleto  papa  4. 
di  Domiziano  imperadore  6. 

r  Flavio    Domiziano    Augusto 
I        per  la  dodicesima  volta, 
Consoli  -ì    Servio  Cornelio    Dolabella 
Metiliano     Pompeo    Mar- 
cello • 


L 


A  utti  questi  cognomi  ho  io  dato  al  se- 
condo de'  consoli ,  seguendo  un'  iscrizione , 
da  me  ^  pubblicata  ,  e  creduta  spettante  al 
medesimo  personaggio.  Abbiamo  da  Giu- 
lio Capitolino  *,  che  in  quest'anno  venne 
alla  luce  Antonino  Pio  ,  il  quale  vedremo 
andando  innanzi  imperadore  .  E  in  questi 
tempi  ancora,  siccome  scrive  Censorino  ^  ^ 
Domiziano  istituì  in  Roma  i  Giuochi  Ca^ 
pitoliniy  i  quali  continuarono  dipoi  a  ce- 
lebrarsi ad  ogni  quarto  anno  a  guisa  de' 
giuochi  olimpici  della  Grecia.  Si  solenniz- 

za- 

*  Thesaur.  Novus  Tnscript.  pag.  113.   ?i,  a- 

*  Capitolinus  in   f^ha  Aittontni  P:ì  . 
^  Censorinus  de  Die  N.nali  cap.  18. 


Anno       LXXXVI.         185 
zavano  in  onore  di  Giove   Capitolino.   Per 
testimonianza  di  Suetonio  ^  in  que' giuochi 
varie  erano   le  gare    e  contese  dei   profes- 
sori dell'  «rti  .  Chi  più  degli  altri    piaceva 
nel  suo  mestiere  ,  ne  riportava    in    premio 
una  corona  .  Faceano  un  giorno  le  lòr  for- 
ze gli  atleti  ;  un  altro  di    i    cantori  e    so- 
natori ;  un  altro  gl'istrioni  o  commedian- 
ti.   V  era    anche  il  giorno    destinato    per 
gli  poeti  y  e  il  suo  per  chi  recitava    prose 
in  greco,  o  latino.  Stazio  Papinio  poeta  * 
recitò  allora  al  popolo  una  parte  della  sua 
Tebaide  ,  che  non  piacque  ;  e  in  confronto  di 
lui  furono  coronati  altri  poeti .  Vi  si  vide- 
ro   ancora    non    senza    dispiacer    de'  buoni 
fanciulle  pubblicamente  gareggiare  nel  cor- 
so. Come  Pontefice    massimo  presiedeva    a 
questi  giuochi  Domiziano,  vestito  alla  gre- 
ca ,  portando  in  capo    una   corona    d'  oro , 
perchè  i    sacerdoti    costumavano    nelle    lor 
funzioni  di    andar    coronati .    Abbiamo    da 
Dione  3  e  da  Suetonio  ^  che  Domiziano  ol- 
tre al  suddetto  spettacolo ,  ed  altri  straor- 
dinarj  ,  usò  ogni  anno    di    fare    i    giuochi 
quinquatri    in    onor     di    Minerva  ,     men- 
tre   villeggiava    in    Albano  .    In    essi    an- 
cora si  miravano    cacce  di  fiere ,    diverti- 
menti teatrali,  e  gare  d'oratori  e  di  poeti. 
Non  contento  Domiziano  di  profondere  im- 
mense somme  di  danaro  in  tali  spettacoli, 

tre 

*   Suetomut  in  Domiriano  e.  4.     ^   Stathu  in  Sylv, 
^  t>ÌQ  Uh,  67.     -   Sueton.  ik^ 


i86      Annali    p' Italia 
tre  volte  in  varj  tempi  diede  al  popolo  ro- 
mano un  congiano ,  cioè  un  regalo  di  trecento 
nummi  per  testa .  Così  nella  festa  dei  Set- 
te monti ,  mentre  si  facea  uno  spettacolo  , 
diede  una  lauta  merenda  a  tutto  il  popolo 
spettatore,  in  maniera  pulita  di  tavole  ap- 
parecchiate ai  senatori  e  cavalieri,  e    alla 
plebe  in  certe  sportelle  .  Nel  giorno  seguente 
sparse  sopra  il  medesimo  popolo  una  quantità 
prodigiosa  di  tessere,  cioè  di  tavolette,  nel- 
le quali  era  un  segno  di  qualche  dono,  come 
di  uccelli ,  carne  ,  grano,  ec. ,  che  si  andava 
poi  a  prendere  alla  dispensa  del  principe  . 
E  perchè  erano  quasi  tutte  cadute  ne'  gra- 
dini del  teatro  o  anfiteatro,  dove  sedea  la 
plebe ,  ne  fece  gittar    cinquanta    sopra    ca- 
daun  ordine  de'  sedili  de'  senatori  e    cava- 
lieri.  Certo  è  che  gF  imperadori ,  per  gua- 
dagnarsi l'affetto  del  popolo,  coli' esempio 
d'  Augusto  il  ricreavano  di  quando  in  quando 
colla  varietà  de'  giuochi  pubblici,  e  più  li 
rallegravano    con    dei    reg-ali .    Ma    in    fine 
queste  esorbitanti  spese  di  Domiziano    tor- 
narono, siccome  dirò,  in  danno  dello  stesso 
pubblico,  perchè  I'  erario  si  votava  con  si 
feri  salassi,   e  per  ristorarlo  egli  si  diede 
poi  alle  crudeltà  e  alle  oppressioni  de' cìt- 
t^adini . 


An- 


Anno    LXXXVII.         187 


Anno  di  Cristo  lxxxvii.  Indizione  xv. 
di  Anacleto  papa  5. 
di  Domiziano  imperadore  7. 

r  Flavio    Domiziano    Augu- 

^        ,.    !        STO    per     la     tredicesima 
Consoli  ^  ,.    ^ 

j        volta , 

[_  Aulo  Volusio  Saturnino. 

Ijencnè  Eusebio  nella  sua  Cronica  ^  non 
rechi  un  filo  sicuro  per  la  cronologia  di 
questi  tempi  ,  pure  si  può  ben  credergli  , 
allorché  scrive  che  nelF  anno  presente  co- 
minciò Domiziano  a  gustare  che  la  gente 
gli  desse  il  titolo  di  Signore^  e  fin  quello 
di  Dio  :  empietà  non  perdonabile  a  mortale 
alcuno  .  Secondo  il  suddetto  istorico  ,  as- 
sistito dair  autorità  di  Suetonio  * ,  non  so- 
lamente egli  si  compiacque  ,  ma  comandò 
ancora  d'essere  così  nominato  :  il  che,  di- 
ce Eusebio  ,  non  venne  in  mente  ad  alcun 
precedente  imperadore.  Noi  abbiam  vedu- 
to ,  avere  Augusto  veramente  vietato  con 
pubblico  editto  d'essere  chÌ2imdito  Signore  ; 
ma' anch' egli  permise  bene  e  gradì  che  in 
sua  vita  gli  fossero  eretti  dei  templi ,  e 
costituiti  dei  sacerdoti  ad  onore  della  sua 
pretesa  divinità .  Per  attestato  ancora  di 
Aurelio  Vittore ;,  3  Caligola  forsennato  Au- 

gu- 

*  E  use:;,  in  Chronico  .     *  Suetcn»  in  Domstìano  caf.  ij. 

*  Aurelius  n^or  in  Efitcmc. 


i88      Ann  .A  1 1    d' Itali  A 
gusto  volle  essere  chiamato  Signore  e  Dio, 
Di  tutto  era  vie  più    capace  la    smoderata 
ambizione  o  frenesia  di  Domiziano;  e  pron- 
ta ad  ubbidire  era  1'  adulazione    e    la    su- 
perstiziosa stoltezza  de' Pagani.  Però   fon- 
datamente   hanno    creduto    alcuni  ,    che    1 
aver    Domiziano   perseguitati  i    Cristiani  , 
avesse  origine    di  qui  ;    perchè  certo  r   se- 
guaci di  Gesù  Cristo,  professando  la    cre- 
denza di  un  solo  Dio  invisibile  ed  immor 
tale ,  non  poteano    mai    indursi   a    rieono-- 
scere  per  dio  un  imperadore ,  vile  e  mise- 
rabil  creatura  in  confronto    del   Creatore  ^ 
Abbiamo  dallo  stesso  Eusebio  ,  clie  in  que- 
sti tempi  i  popoli  Nasamoni  e  Daci  aven- 
do guerra  coi  Romani,  furono  vinti .  Quan- 
to   ai    Daci    non    ci    somministra    l'antica 
storia  assai  lume  per  fissare  il  tempo  vero 
in  cui  ebbe  principio   la   guerra   con  essi  ,- 
e  quanto   durò,  e    quando    finì.    Tuttavia 
potrebbe  darsi    che    a  questi  tempi  appar- 
tenesse il  primo  movimento  di  quella  guer- 
ra, che  continuò  molto  dipoi,  eri-usci  ben 
pericolosa  e    funesta  ai    Rorrìani  .    Credesi 
che  l'antica  Dacia  comprendesse  quel  paese 
che    oggidì    è    diviso    nella    Transilvania  ,^ 
Moldavia  ,  e  Valachia .  Èrano    popoli    fieri 
e  bellicosi  quei  di  quelle  contrade  ,  perchè 
credeano  la  morte  fine  della  presente  vita-, 
e  principio  di  un'altra-,  secondo  T  opinion 
di  Pitagora,  che  spacciò   la    trasmigrazion 
delle    anime.  Con  tal  persuasione  sprezza- 
vano ogni   pericolo-,  e    si  esponevano    alla" 

iito'r- 


A  N  K  o      LXXXVII.      189 

inorte  ,  sperando  di  risorgere  con  miglior 
mercato  in  altri  corpi.  Alcuni  Greci  ^  die- 
dero ai  Dacl  il  nome  di  Gcu  T  e  Goti -^  e  ve- 
ramente si  trnovano  confusi  presso  gli  an- 
tichi scrittori  i  nomi  delle  barbare  nazio- 
ni. Quel  che  è  certo,  capitano  d'essi  Daci 
era  allora  Decebalo ,  uomo  di  rara  maestria 
ed  accortezza  nel  mestier  della  guerra  .  E 
questi^  se  crediamo  a  Giordano  *  scrittore 
de'  tempi  di  Giustiniano  Augusto ,  mossi 
dall'avarizia  di  Domiziano,  rotta  l'allean- 
za che  aveano  con  Roma  ,  passarono  il 
Danubio,  e  cacciai'ono  da  quelle  ripe  ipre- 
sidj  romani.  3  Appio  Sabino^  che  il  cardi- 
nal Noris  *  crede  più  tosto  appellato  Gajo 
Oppio  Sabino ,  personaggio  stato  già  conso- 
le ,  e  governatore  allora  probabilmente  del- 
la Mesia,  marciò  colle  sue  forze  centra  di 
que' Barbari,  ma  ne  rimase  sconfitto,  ed 
egli  ebbe  tagliata  la  testa .  ^  A  questa  vit- 
toria tenne  dietro  il  saccheggio  del  paese, 
e  la  presa  di  molti  villaggi  e  castella. 
Giunte  a  Roma  queste  dolorose  nuove  ,  si 
vide  Domiziano  in  certa  guisa  necessitato 
ad  accorrere  colà ,  per  fermare  questo  ro- 
vinoso torrente  .  In  qual  anno  egli  la  pri- 
ma volta  v'  andasse  (  perchè  due  volte  v' 
andò  )  non  si  può  decidere  .  Sarà  permes- 
so a  me  di  rir.erbarne  a  parlar  nell'  anno 
susseguente.  Dei  Nasamoni ,  popoli  dell' Af- 
frica 

*  Dio  lib.  67.     *  Jordan,  de  Rebus  Getter s  r.t/r.  li. 

<    ?-.itou  in  DoKiitiano  r.  6.     4  Noris  Epist,  Co^sula^i  . 

*  Buirop.   lìis:or- 


igo  Annali  d'Italja 
£rica  di  sopra  nominati  ,4^  Eù^iebio,  noi 
sappiamo  da  Zonara  ^,  che  a  ragion  delle 
eccessive  imposte  si  sollevarono  contro  ai 
Romani  ,  e  diedero  nna  rotta  a  Fiacco  go- 
Vernator  della  Numidia  .  Ma  essendosi  colo- 
ro perduti  dietro  a  votar  molti  barili  di 
vino,  che  trovarono  nel  campo  dei  vinti  ^ 
Fiacco  fu  loro  addosso ,  e  ne  fece  un  gran' 
macello.  Domiziano  gloriandosi  delle  impre- 
se altrui ,  nel  senato  espose  d'  aver  annien- 
tati i  Nasamoni  ^ 

Anno  di  Cristo  lxxxviii.  Indizione  i* 
di  Anacleto  papa  6, 
di  Domiziano  imperadore  8c 

f  Flavio    Domiziano    Augu- 
Qi        ,.   J        STO  per    la  quattordicesi-* 


Mi 


I        ma  volta, 

[^  Lucio  Minucio  Rufo.      ■ 


inicio  e  non  Mlmicio  è  appellato  questo 
console  in  una  iscrizione  da  me  *  data 
alla  luce  .  Nobil  famiglia  era  anche  la  MI-» 
nlcia  ,  Derisa  fu  l'avidità  di  Domiziano 
(  r  avea  preceduto  colF  esempio  Vespasiano 
suo  padre  )  da  Ausonio  3  e  da  altri  ^  nel 
continuare  per  tanti  anni  il  consolato  nella 
sua  persona ,  quasiché  invidiasse  agli  altri 
un  tale  onore.  Arrivò  egli  ad  essere   con- 

so- 

*  Zonara  in  Annal. 

*  Thesaurus  Novus  Inscrij^tion.  p'  314'  »•  J* 
3  Ausonius  in  Panegyr. 


Anno  LXXXVIIL  191 
sole  diecìsette  volte  r  il  che  ninno  de'  stioi 
predecessori  avea  mai  fatto  ,  amaftdó  eìs,x 
di  veder  compartita  anche  ad  altri  questa 
onorcvolezza .  Osservò  nondimeno  Suéto^ 
nio  ^ ,  che  Domiziano  non  esercitava  poi 
la  funzione  di  console  ,  lasciandone  il  peso 
al  collega  ,  o  pure  ai  sustituiti .  Bastava 
alla  sua  boria,  che  il  suo  nome  comparis- 
se negli  atti  pubblici ,  T  anno  de'  quali  per 
lo  più  era  segnato  col  nome  de'  consoli  or- 
dinar] .  Del  resto  egli  costum.ava  di  depor- 
re il  consolato  alla  più  lunga  nelle  calen- 
de  di  maggio;  e  i  più  d'  essi  rinunziò  nel 
dì  13  di  gennajo  .  Ma  quali  persone  fos- 
sero a  lui  sustituite  in  quella  dignità,  e 
in  qual  anno ,  non  si  può  ora  accertare . 
Volle  Domiziano  ,  che  si  celebrassero  nelF 
anno  presente  i  giuochi  secolari ,  ancorché 
secondo  l' istituto  di  essi  si  avessero  a  ce- 
lebrare ad  ogni  cento  anni  ^  ,  né  più  che 
quarantun' anno  fosse  _,  che  Claudio  Augu- 
sto gli  avea  fatti.  La  prima  spedizion  di 
Domiziano  contro  ai  Daci  ,  insuperbiti 
per  la  loro  vittoria ,  forse  accadde  ncll' 
anno  presente .  Andò  egli  in  persona  coli' 
esercito  a  quella  volta  .  Eacconta  Pietro 
patrizio  nel  suo  trattato  delle  ambascerie  ^ , 
che  Decebalo  veduto  venire  con  sì  grande 
apparato  di  gente  un  imperador  romano 
contro  di  se  ,  gì'  inviò    degli    ambasciatori 

per 

'   Sueton.   in  Domitian.   cap.   13. 

*  Censori  nus  de  Die  Nat  al.  ca->.  17. 

^  Petrus  Patrie,  de  Legat.  Hut.'  Biz.^nt.  Tom.  L 


192        Annali    d'  Italia 

per  trattar  di  pace .  Se  ne  rise  il  superbo 
Domiziano ,  ed  avendoli  rimandati  senza 
risposta  ,  ordinò  che  le  milizie  imprendes- 
sero la  guerra  _,  con  dare  il  comando  di 
tutta  l'armata  a  Cornelio  Fosco ^  prefet- 
to allora  del  pretorio.  Decebalo  assai  in- 
formato del  valore  di  questo  generale ,  che 
avea  studiata  1'  arte  militare  solamente  fra 
le  delizie  della  corte,,  e  in  mezzo  ai  diver- 
timenti di  Roma ,  se  ne  fece  beffe ,  e  spe- 
di altri  deputati  a  Domiziano ,  offerendosi 
di  terminar  quella  guerra  purché  i  Romani 
di  quelle  contrade  gli  pagassero  annualmen- 
te due  oboli  per  testa  ;  e  ricusando  essi 
tal  condizione  ^  minacciava  loro  lo  stermi- 
nio .  ^  Contuttociò  Domiziano  j  eh'  era  un 
solennissimo  poltrone  j,  come  se  avesse  pie- 
namente assicurato  l' imperio  da  quella  par- 
te 5  se  ne  tornò  da  bravo  a  Roma ,  senza 
apparire  se  prima  che  terminasse  il  pre- 
sente anno ,  o  pur  nel  seguente .  Per  quan- 
to scrivono  Suetonio  e  Giordano  * ,  Fosco 
avendo  passato  il  Danubio  ,  fece  guerra  a' 
Daci^  e  probabilmente  ebbe  sopra  di  loro 
qualche  vantaggio  •  ma  in  fine  restò  scon- 
fitto e  ucciso ,  forse  nell'  anno  seguente . 
Circa  questi  tempi,  per  quanto  s' ha  da  Eu- 
sebio 3  ^  Marco  Fabio  Quintiliano ,  eccel- 
lente maestro  di  eloquenza  ,  nato  a  Calaor- 
ra  in  Ispagna  ,  venne  a  Roma  salariato  dal 

^   St/eton.  in  Domitiano  cap.  f- 
\    *  Jordan,  di  Reb.  Geticis  cap<  XJ. 
^  ^  Eustbius  in  Chron- 


Anno  LXXXVIII.  195 
jblico  ,  per  insegnar  V  oratoria  .  Ma  prò- 
Dabilmente  ciò  avvenne  sotto  Vespasiano  ;, 
il  quale  fondò  quivi  varie  scuole  ,  e  vi  chi  a- 
nò  degl'  insigni  maestri .  Certo  è  intanto , 
ahe  Quintiliano  fiorì  sotto  i  di  lui  figliuo- 
li ^  e  fu  anche  maestro  dei  nipoti  di  Do- 
miziano . 

Anno  di  Cristo  lxxxix.  Indizione  11. 
di  Anacleto  papa  7. 
di  Domiziano  imperadore  9. 

r  Tito    Aurelio    Fulvo    per 
>^         1*    i        1^  seconda  volta, 
onso  1  ^    Aulo    Sempronio    Atrati- 

^iamo  accertati  da  -Giulio  Capitolino  ^, 
che  Tito  Aurelio  Fulvo  o  sia  Fulvio  ,  avolo 
patierno  di  Antonino  Pio  Augusto,  fu  due 
volte  console .  Giacché  Suetonio  scrive  che 
Domiziano  volle  un  doppio  trionfo  dei  Cat- 
ti e  dei  Daci  ^  non  è  improbabile  eh'  egli 
neir  anno  presente  affettasse  questo  onore 
per  far  credere  ai  Romani  ,  che  felicemente 
passavano  gli  affari  nella  guerra  della  Da- 
cia .  Attesta  il  medesimo  storico ,  eh'  era- 
no seguite  alcune  battaglie  in  quelle  par- 
ti, e  taluna  verisimilmente  vantaggiosa  ai 
Romani  :  il  che  bastò  air  ambizioso  Augu- 
sto ,  per  esigere  V  onor  del  trionfo  «  Giac- 
ToM.  IL  N  che 

*  Capito/,  in  AntO'ìino  Pio  . 


1^4       Annali    d'  Italia 
che  sopravvenne  la  sconfìtta  e  la  nlbrte  di 
Cornelio  Fosco  nella  guerra  che   continuava 
nella  Dacia ,  potrebbe    attribuirsi    all'  anno 
presente  la  seconda  spedizione  del  medesi- 
mo Domiziano  contro  ai  Daci ,  essendo  nói 
accertati  da  Suetonio  ^ ,  che  due  volte  egli 
andò  in  persona  a    quella    guerra  v  ■  Ma    se 
non  è  possibile  il  ben   dilucidare  i     tempi 
delle  azioni  di    Domiziano ,    a    noi    bastar 
deve  almeno  la  certezza .  delle    medesime  . 
Tornò  dunque    Domiziano    alla    guerra    ^  . 
ma  perchè  facea  più  conto  della  pelle  ,  che 
deir  onore  ,  nò  gli  piacea  la  fatica ,  ma   s 
bene  il  godersi  tutti  i  comodi  ,  siccome  uo- 
mo poltrone ,  e  perduto  tra  le  femmine    ( 
in  ogni  sorta  di  disonestà:  non  osò  giamma 
di  lasciarsi  vedere    a    fronte    dei    nemici 
Fermatosi    dunque    in    qualche    città     dell: 
Mesia  ,  spedì  i  suoi  generali  contra  di  De 
cebalo  .  Seguirono  varj  combattimenti  ,  ne 
quali  per  testimonianza  di  Dione  perlbuo 
ria  parte  delle  sue  armate  •  Tuttavia  ,  per 
che  la  fortuna  delle  guerre  è  volubile  ,  e 
suoi    riportarono    talvolta   de'  vantaggi  , 
specialmente  Giuliano   diede    una    conside 
labil  rotta  a  Decebalo  :  Domiziano  di  con 
tinuo,  ed  anche  allorché  andavano  poco  be 
ne  gli  affari  ,  spediva  1'  un  dietro  all'  altr 
i  corrieri  a  Roma,  per  avvisare  il    senat 
delle  sue  felici  vittorie  .  Pertanto  a  cagio 
•  v:  di  questi  creduti  sx  gloriosi  successi,  i 

se- 


S^'eton.   /;>  Dornitiano  cap.  6.     *  Dio  lib.  67. 


I 


Ann  o  LXXXIX.  ^  195 
enata  gli  decretò  quanti  onori  mai  seppe 
nmaginare ,  e  per  tutto  V  imperio  roma- 
.10  gli  furono  alzate  statue  cV  oro  e  d'  ar- 
gento ,  se  pur  non  erano  dorate  ed  inar- 
gentate .  Con  tutto  il  suo.  valor  nondime- 
no Decebalo  cominciò  a  sentirsi  assai  an- 
gustiato dalle  forze  de'  Romani  ;  e  però 
inviò,  degli  ambasciatori  a  Domiziano  per 
Ottener  la  pace.  Nou  ne  volle  il  poco  sag- 
gio Augusto  udir  parola  ;  ma  in  vece  di 
maggiormente  incalzare  il  vacillante  ne- 
mico^ venuto  nella  Pannonia^  rivolse  l'ar- 
mi contro  ai  Quadi  eMarcomanni,  volendo 
gastigarli ,  pei*chè  non  gli  aveano  dato  soc- 
corso contra  dei  Dacie  Due  volte  que' po- 
poli gli  fecero  una  deputazione ,  per  placa- 
re il  suo  sdegno ,  non  solo  nulla  ottenne- 
ro ,  ma  Domiziano  fece  anche  levar  la  vita 
ai  secondi  lor  deputati  .  Si  venne  dipoi 
ad  una  battaglia^  in  cui  dai  Marcomanni , 
combattenti  alla  disperata  ,  fu  sconfitto  V 
esercito  romano ,  ed  obbligato  F  imperado- 
re  alla  fuga .  Allora  fu  ,  che  egli  died^  orec- 
chio alle  proposizioni  di  pace  con  Deceba- 
lo ,  il  qual  seppe  ben  profittare  della  debo- 
lezza .  in  cui  dopo  tante  perdite  si  trova- 
vano i  Romani .  Contentossi  dunque  egli  di 
restituir  molte  armi  e  molti  prigioni,  e 
di  ricever  anche  dalle  mani  di  Domiziano 
il  diadema  del  regno  ;  ma  si  capitolò ,  che 
anche  Domiziano  pagasse  a  lui  una  gran 
somma  di  danaro ,  e  di  mandargli  molti 
artefici  in  ogni  sorta    d' arti    di    guerra    e 

N  2  di 


^^6  Annali  d'  It  a  l  i  a 
di  pace  ;  e  quel  che  fu  peggio  ,  di  pagaf-^ 
gli  in  avvenire  annualmente  una  certa  quan- 
tità di  danaro  à  titolo  di  regalo.  Durò 
questa  vergognósa  contribuzione  sino  a' 
tempi  di  Trajaho,,  il  quale  ,  siccome  vedre-* 
ano  ,  avendo  altra  testa  e  cuore  che  Domi*- 
2Ìano ,  insegnò  ai  Daci  11  rispetto  dovuto 
all'aquile  romane.  Tutto  boria  Domiziano 
per  questa  pace  ,  quasiché  egli  1'  avesse  fat- 
ta da  vincitore  e  non  da  vinto,  scrisse  al 
senato  lettere  piene  di  gloria,  e  fece  in 
inanierà  ancora  ,  che  gli  ambasciatori  di 
Decebalo  andassero  a  Róma  con  una  lette- 
ra di  sommessione  ,  à  lui  scritta  da  Dece- 
balo ,  se  pur  non  fu  fìnta ,  come  molti 
sospettarono ,  dallo  stesso  Domiziano  .  Per 
altro  Decebalo  non  fidandosi  di  lui  ,  si 
guardò  dal  venire  in  persona  a  trovar  Do- 
miziano y  t  in  sua  vece  mandò  il  fratello 
Dieeis  a  ricevere  dà  lui  il  diadema .  Quan- 
to  durasse  questa  guerra  sì  perniciosa  ai 
Komani ,  e  quando  cessasse  ,  non  abbiamo 
assai  lume  ,  per  determinarlo  ;  ma  v'  è 
deir  apparenza ,  che  si  stabilisse  la  pace 
neir  anno  presente  ,  e  che  Domiziano  se  ne 
tornasse  a  Roma  nel  dicembre^  per  pren- 
dere il  cotisolato  nell'anno  seguente.  Ne  si 
dee  tacere  ciò  che  Plinio  il  giovane  osser- 
vò y  cioè  chfe  Domiziano  ^  andando  a  que- 
ste guerre  ,  per  dovunque  passava  sulle 
1:erre  dell'  imperio^  non  pareva  il  principe 

ben 

*  Plinius  in  Pane^fr. 


Anno     LXXXIX.  19  2^   . 

ben  venuto  ,  ma  un  nemico  ed  un  assassU 
no  :  tante  ei'ano  le  gravezze  ,  che  impone- 
va ai  popoli ,  tante  I-e  rapine ,  gì'  incendj  5 
ed  altri  disordini  che  commettevano  le  sue 
milizie,  braccia  cattive  di  un  più  cattivo 
capo . 

AxNo  di  Cristo  xc.  Indizione  in» 
di  Anacleto  papa  8. 
di  Domiziano  imperadore   io. 

r  Flavio    Domiziano    Augu« 
I        STO   p^r    la     quindicesima 
Consoli  -I        volta, 

■    Marco   Coccejo    Nerva  per 
'e       la  seconda. 

i\  erva  console  ,  quegli  è ,  che  a  suo  tem^ 
pò  vedremo  imperadoi'"  -  Siccom-e  il  cardi- 
nal Noris  ed  altri  mettono  la  seconda  guer- 
ra dacica  prima  di  quel  eh'  io  abbia  sup- 
posto, così  credono  che  Domiziano  cele- 
brasse nell'anno  88,  o  pure  nel  preceden- 
te ,  il  secondo  suo  trionfo  dei  Daci ,  e  pren-^ 
desse  il  titolo  di  Dacico .  Eusebio  ^  lo  dif-* 
ferisce  sino  all'*  anno  seguente .  Io  sto  col 
padre  Pagi  *^  che  riferisce  quel  trionfo  al 
presente  anno.  Su  tal  supposto  adunque,, 
fu  in  quest'anno,  per  attestato  di  Dione  3, 
che  Domiziano  solennizzò  in  Roma  le  sue 

N  3  glo- 

^  Eusah.  in  Chfonico. 

*    P.^gius  in  Critica  Baron,  ad  hw/ic  Anno 

'■■  Dio  HI;.  éT. 


y" 


198  Annali  d'Italia 
glorie  con  magnifiche  feste  e  spettacoli .  èi 
fecero  nel  Circo  varj  combattimenti  a  pie- 
di e  a  cavallo^  e  in  un  lago  fatto  a  posta 
una  battaglia  navale ,  in  cui  quasi  tutti  i 
combattenti  restarono  morti.  Levossi  in- 
oltre durante  quello  spettacolo  un  fiero  tem- 
porale con  pioggia,  che  quasi  ebbe  ad  af- 
fogare gli  spettatori .  Domiziano  si  fece  da- 
re il  mantello  di  panno  grosso ,  ma  non 
volle  che  gli  altri  mutassero  veste,  né  che 
alcuno  uscisse  ,  di  maniera  che  tutti  inzup- 
pati d'  acqua ,  contrassero  poi  delle  malat- 
tie ,  per  cui  molti  morirono  .  A  consolar 
poi  il  popolo  per  tal  disgrazia ,  trovò  lo 
spediente  di  dargli  una  cena  a  lume  di 
fiaccole  3  e  per  lo  più  fu  suo  costume  di 
eseguire  i  pubblici  divertimenti  in  tempo 
di  notte  .  Ma  specialmente  fece  egli  com- 
parire il  suo  fantastico  cervello  in  un  con- 
vito notturno  ,  al  quale  invitò  i  principali 
deir  ordine  senatorio  ed  equestre .  Fece  ad- 
dobbar di  nero  tutte  le  stanze  del  palazzo  , 
mura^  pavimento,  e  soffitte  con  sedie  nu- 
de .  Invitati  i  commensali ,  cadaun  vide  col* 
locala  vicino  a  se  una  specie  d'arca  sepol- 
crale-, col  suo  nome  scritto  in  essa ,  e  con 
una  lucerna  pendente ,  come  ne'  sepolcri . 
Sopravvennero  fanciulli  tutti  nudi ,  e  tinti 
di  nero  ,  ballando  intorno  ad  essi  ,  e  por- 
tando vasi  5  simili  agli  usati  nelle  esequie 
de' morti.  Cadauno  de' convitati,  si  tenne 
allora  spedito  ,  e'  tanto  più  perchè  tacendc 
ognuno,  il  solo  Domiziano  d'altro  non  par- 
lava , 


Anno       XC.  159 

...va,  che  di  morti  e  di  stragi .  Dòpo  sì 
gran  paura  furono  in  ^ne  licen:iiati;  ina 
appena  giunti  alla  loro  abitazione ,  ecco 
che  parecchi  di  loro  son  richiamati  alla  cor- 
te .  Oh  allora  sì  che  crebbe  in  essi  lo  spa- 
vento^ ma  in  vece  d'alcun  danno,  riceve- 
rono poi  da  Domiziano  qualche  dono  in  va- 
si d'argento,  o  in  altri  preziosi  mobili. 
Tali  furono  i  solazzi  bizzarri  dati  da  Do- 
miziano alla  nobiltà  in  occasione  del  suo 
trionfo  .  Nondimeno  il  popolo  comunemen- 
te dicea ,  che  questo  era  non  già  un  trion- 
fo ,  ma  un  funerale  de' Romani  nella  Dacia^ 
ovvero  in  Roma  estinti .  Dopo  questi  trion- 
fi la  vanità  di  Domiziano ,  che  studiava 
ogni  dì  qualche  novità^  volle  che  il  mese 
di  settembre  da  11  innanzi  s'appellasse  Ger- 
manico  ^ ,  e  T  ottobre  Domiziano ,  per  non 
essere  da  meno  di  Giulio  Cesare^  e  d'Au- 
gusto ;  e  ciò  perchè  nel  primo  avea  conse- 
guito il  principato ,  ed  era  nato  nel  secon- 
do. Ma  nqn  durò  più  della  sua  vita  que- 
sto suo  decreto .  Non  si  sa  mai  capire ,  co- 
me Eusebio  *  scrivesse,  che  molte  fabbri- 
che furono  terminate  in  Roma  neir  anno 
presente,  o  pure  nell' antecedente,  cioè  Ca- 
yuailum  j  Forum  transltorlum  ^  J)ivoruì7i 
Ponicus  ,  Islum  ^  ac  Sdraplum  ,  Stadium  , 
Horrea  plperataria ,  Vespasiani  Templum , 
Minerva  Chalcidica  ,  Odeum  ,  Forum  Tror- 

N  4  jani , 

SuetoTi-  in  Domiti  ano  cap,   13.  Plufrchm  in  Num. 
'    Eustb.   in  Chron. 


200  ^  Annali  d'Italia 
jani^  Thermoi  Trajance  ^  &  Titianas^  Sena- 
tus  j  Ludus  Matutinus  j  Mica  aurea  ^  Me-- 
ta  sudans  ,  &  Pantlieum,  Non  si  pensasse 
alcuno,  che  tanti  ediiìzj  ricevessero  il  lor 
essere  o  compimento  in  quest'  anno .  Forse 
furono  risarciti.  ÌÌPanteo  era  da  gran  tem- 
po fatto  ;  e  per  tacere  il  resto ,  la  piazza 
e  le  terme  di  Trajano  non  furono ,  sicco- 
me diremo ,  fabbricate ,  se  non  nei  tempi 
del  suo  imperioj,  cioè  da  cjui  a  qualche 
anno  . 

Anno  di  Cristo  xci.  Indizione  iv. 
di  Anacleto  papa  9. 
'  di  Domiziano  imperadore  ii. 

C  n    V  -f  ^^^^^  Ulpio  Traiano. 

\  Marco  Acinio   Glabrione  ., 

1  rajano  console  in  quest'  anno  il  medesi- 
mo è,  che  fu  poi  imperadore  glorioso.  Il 
prenome  dell'altro  console  Glabrione y  se- 
condo alcuni,  fu  non  già  Marco  y  ma  Ma- 
rno 5  siccome  proprio  della  famiglia  ^ci- 
-4ia .  Noi  abbiamo  da  Dione  ^  esser  avve- 
nuti due  prodigi,  per  T  uno  de' quali  fu 
presagito  l'imperio  a  Trajano  ^  e  per  l'al- 
tro la  morte  a  Glahrlone .  Quali  fossero  noi 
sappiamo  ,  se  non  che  per  attestato  del  me- 
d.esimo  storico,  Glabrione  benché  console, 
fu  obbligato  dal  capriccioso  ed  iniquo  Do- 

mìf 


Dìo  lib*  67* 


I 


Anno      XCI.  zot 

iniziano  a  combattere  contra  di  un  grosso 
lione,    che  fu    bravamente    da    lui   uccisq  ^ 
senza  restarne  egli   ferito  .    Questa  azione  ^ 
che  dovea  guadagnargli  lode  e  stima  pres- 
so di  Domiziano ,  altro  non  fece  ,    che  in- 
citarlo ad  invidia  ,  ed  anche  ad  odio,  per- 
chè non  gli  piaceano  i  nobili    di  raro    va- 
lore .  Però  col  tempo  trovò  de'  pretesti  per 
mandarlo  in  esilio ,  e  poi  imputandogli  che 
volesse  turbare    lo  stato    (  forse    nelF  anno 
2S  )  il  f*^ce  ammazzare .  All'  anno  present» 
vien  riferita  da  Eusebio^  la  strepitosa  mor- 
te di  Cornelia  ,    capo  delle  Vergini   Vesta- 
li.  Era  ella  stata  accusata  dianzi  d'incon- 
tinenza ,  e  dichiarata  innocente .  Sotto  Do- 
miziano si  risvegliò  questa  accusa  ;    e  Do- 
miziano affettando  la  gloria  di  custode  del- 
la religione  ,  cioè  della  superstizione  paga- 
na ,  e  volendo  rimettere  in  uso  le    antiche 
leggi ,  la  fece  condennare ,  e  seppellir  viva . 
Suetonio    ^    dice,    ch'ella    fu    convinta   de* 
suoi  falli  ;  Plinio  il  giovane  ^  ^    eh'  essa  né 
pur  fu  chiamata  in  giudizio ,  non  che  ascol- 
tata ^  ed  essere  quella  stata  un'enorme  cru- 
deltà ed  ingiustizia  .  Furono  anche  proces- 
sati alcuni    nobili  romani,    come    complici 
del  delitto,  frustati  sino  a    lasciar  la    vita 
sotto  le  battiture,  benché  non  confessassero 
l'apposto  reato.  E  perchè  Valerio  Liciniano^ 
già  senatore  e  pretore  ,  uno  da'*  più  eloquen- 
ti 

'  Eusebìtis  in  Chron,         *  Suetofu  in  Domittntìo  c^  t-, 
i  P  li  ni  US  lib.  4.  E^.  n. 


zoz  A  N  K  A  L I  d'  Italia 
ti  uomini  del  suo  tempo,  per  dvere  nasco»- 
sa  in  sua  casa  una  donna  della  famiglia  di 
Cornelia ,  fu  accusato ,  altra  maniera  non 
ebte ,  per  sottrarsi  a  que'rigori ,  se  non  di 
confessare  quanto  gli  fu  suggerito  sotto  ma- 
no per  ordine  di  Domiziano.  Tuttavia  fu 
egli  cacciato  in  esilio,  e  i  suoi  beni  asse- 
gnati al  fisco.  Questi  poi  sotto  Trajano  ri- 
tornato a  Roma  si  guadagnò  il  vitto ,  con 
fare  il  maestro  di  rettorica.  Così  inorpel- 
lava Domiziano  i  suoi  vizj  ,  volendo  ccm- 
jDarire  zelantissimo  delF  onore  de'  suoi  fal- 
si dii .  Narrasi  ancora  ,  che  essendo  mor^ 
uno  de' suoi  liberti,  e  seppellito,  dappoi- 
ché Domiziano  intese ,  che  costui  si  era 
fatto  fabbricare  il  sepolcro  con  dei  marmi 
presi  dal  tempio  di  Giove  Capitolino,  bru- 
ciato negli  anni  addietro  ,  fece  smantellar 
dai  soldati  quel  sepolcro,  e  gittar  in  mare 
r  ossa  e  le  ceneri  di  colui  :  tanto  si  picca- 
'Va  egli  d' essere  zelante  dell'  onore  delle 
cosp  sacre. 

Anno  di  Cpasxo  xcii.  Indizione  v. 
di  Anacleto,  papa  io. 
di  Domiziano  imperadore  12. 

-^  r  Flavio  Domiziano  Augusto 

Consoli  ^        per  la  sedicesima  volta , 
[^Quinto  VoLusio  Saturnino. 

^' è  disputato,    e    tuttavia  si    disputa ^    in 
qual  anno  su\;cedesse  la  ribellione  di  Lucio i 

An-     I 


Anno        XCIL  203 

itonlo ,  e  la  breve  guerra  civile  che  in 
e' tempi  avvenne.  Alcuni  ^  la  mettono 
ir  anno  88,  altri  nell' 89  ,  e  il  Calvisio  - 
difterisce  sino  al  presente  anno .  A  me 
nbra  più  probabile  l' ultima  opinione , 
confrontando  insieme  quel  poco  che  s'ha 
di  questo  fatto  da  Tacito  3  ^  e  da  Sueto- 
nio  ^  ,  e  da  Dione  ^  o  sia  da  Sifllino;  per- 
chè da  loro  apparisce  ,  che  dopo  questa  sol- 
levazione Domiziano  lasciò  la  briglia  alla 
sua  crudeltà ,  e  ciò  avvenne  ,  siccome  di- 
rò ,  nell'anno  seguente.  Lucio  Antonio^  a 
cui  Marziale  ^  dà  il  cognome  di  Saturni- 
no ,  era  governatore  dell'  alta  o  sia  supe- 
riore Germania  .  Perchè  ben  sapea  ,  quanto 
per  poco  Domiziano  perseguitasse  le  perso- 
ne di  merito  ,  e  che  specialmente  sparlava 
di  lui  con  ingiuriosi  nomi ,  mosse  a  ribel- 
lione le  sue  legioni ,  facendosi  proclamare 
imperadore .  Portata  a  Roma  questa  nuo- 
va ,  se  ne  conturbò  oghuììo  per  l'apprensio- 
ne,  che  ne  succedesse  una  gran  guerra,  e 
si  tornasse  a  provar  tutti  i  malanni  com- 
pagni delle  guerre  civili,  Domiziano  stes- 
so temendo,  che  quest'incendio  si  potesse 
maggiormente  dilatare ,  determinò  di  por- 
tarsi in  persona  contra  di  lui,  ed  avea  già 
in  ordine  l'armata.  Ciò  che  recava  maggio- 
re spavento  ,  era  il  sapersi  che    Lucio  Au- 

to- 

^   Pagius  in  Crit.  Baron.     *  Calvi stus  ^Tillemont  ,  ^  alti  • 

*  Tacitus  in  Vit.i  Agricole  . 

*  Sueton.   in  Domiti  ano  cap.  9. 

lili.^,  Episi.  9' 


204      Annali    d'  Italia 
ionio  s' era  collegato  coi  Germani ,    e  que- 
sti doveano  rinforzarlo  con  un  potente  eser- 
cito. Ma  che?  Lucio  Massimo^  che  il  Til- 
lemont    fondatamente  conjettura    essere    lo 
stesso,  che  Lucio  Ap'pio  Norb  a  no  Massimo  y^ 
il  qua!  forse  governava  allora  la  bassa  Ger- 
mania, o  pure  una  parte  della  Gallia  vici- 
na,   senza  aspettare  alcun    de' soccorsi    che-- 
gli  promettea  Domiziano ,    diede    battaglia 
improvvisamente    ad  esso    Lucio    Antonio, 
prima  che  con  lui  si  uoissero  i   Tedeschi  ^ 
Volle  anche  la  buona  fortuna ,    che  mentre 
erano  alle  mani ,  crescesse  così  forte  ii  Re-* 
no,  che  non  poterono  passare  i   Tedeschi, 
Rimase  sconfìtto    ed  ucciso  Antonio ,   e    la 
sua  testa  fu    inviata    a    Roma  in    testimo- 
nianza della  vittoria  :    il  che    risparmiò    a 
Domiziano  gl'incomodi  di  continuar    quel- 
la spedizione .  Plutarco  ^  e  Suetonio  ^  nar- 
rano ,  che  nel  giorno  stesso  ,  in  cui  fu  da- 
ta quella  battaglia  ,   un'  aquila  posandosi  in 
Roma  sopra  una  statua  di  Domiziano,    fe- 
ce delle  grida    d**  allegria;    e  passando    tal 
voce  d' uno  in  altro  ,  nel  medesimo  giorna 
si  divolgò  per  tutta  Roma,  che  Lucio  An- 
tonio era  stato  interamente  disfatto  :  ed  al- 
cuni giunsero  £no  a  dire  d' aver  veduta  la 
5ua  testa  recisa  dal  busto.  Prese  tal  piede 
questa  diceria  ,  che  gran  parte  de'magistra-? 
ti  corsero  a  far  de'  sagriiizj   in  rendimento 
di  grazie .  Ma  cominciandosi  a  cercare ,  chi 

avea 


?  Plutarchus  in  B- MmH.     '  'Snetsn.  in  Domitiano  C'-^* 


ì 


Anno      XCIL  ^05 

ea  portata  questa  nuova  ,  niuno  si  tro- 
vo 5  ed  ognuno  rimase  confuso .  Domizia- 
no, che  era  in  viaggio,  ricevette  dipoi  i 
!  corrieri  della  vittoria ,  e  si  verificò  essere 
la  medesima  succeduta  nei  giorno  m-edesi- 
mo,  in  cui  se  ne  sparse  in  Roma  la  falsa 
voce.  All'*  anno  presente  attribuisce  Euse- 
bio ^  r  editto  di  Domiziano  contro  le  vi- 
gne.  ^  Trovatosi,  che  v'era  stata  molta 
abbondanza  di  vino ,  poca  di  grano ,  s' im- 
maginò Domiziano ,  che  la  troppa  quantità 
delle  viti  cagion  fosse  ,  che  si  trascurasse 
la  coltura  delk  campagne.  Ma  Filostrato  ^ 
aggiugne  ,  che  non  piaceva  a  Domiziano  sì 
sterminata  copia  di  vino ,  perchè  V  ubbria- 
chezza  cagionava  delle  sedizioni .  Ora  egli 
vietò,  che  in  Italia  non  si  potessero  pian- 
tar viti  nuove  >,  e  ch-e  nelle  provincie  se  ne 
schiantasse  la  metà ,  anzi  tutte  nell'  Asia  , 
per  quanto  ne  dice  Filostrato  .  Ma  non  istet- 
te  poi  saldo  in  questo  proposito  ,  per  -esse- 
re venuto  a  Roma  Scopellano  spedito  da 
tutte  Je  città  dell'Asia,  il  quale  non  so- 
lamente ottenne,  che  si  coltivassero  le 
vigne,,  ma  ancora  che  si  mettesse  pena  a 
•chi  non  ne  piantava.  Forse  ancora  più  d* 
ogni  altra  riflessione  servì  a  fare  smontar 
Domiziano  da  questa  pretensione ,  1'  essersi 
sparsi  de'  biglietti  4^  ne'  quali  era  scritto  , 
che  facesse  pur  Domiziano  quanto  voleva  , 

per- 

^  Euseb.  in  Cbron,       *  Sueton.  ir.  Domitiano  cap.  7. 

'   Philostratus  in  A^-ollon.  l.  (,- 

^  AureHus  ViSior  in  Hgitcme .  fopiscws  in  Prch  . 


2o6        Annali    d'Italia 

perchè  vi  resterebbe  tanto  di  vino  per  fa--, 
re  il  sagrifizio^  in  cui  sarebbe  la  vittima 
lo  stesso  imperadore». 

Anno  di  Cristo,  xeni.  Indizione  vi. 
di  Anacleto  papa  ii. 
di  Domiziano  imperadore   13» 

ri        1'    r  Pompeo  Collega, 

Consoli   ^     ri  n 

\  Cornelio  Prisco. 

v^^redesi,  che  a  questi  consoli  fossero  su- 
stituiti  prima    del    di   15    di   luglio   Marco 
Lollio  Paolino  y  e  Valerio  Asiatico  Saturni- 
no'^  e  che  all'un  d'essi  succedesse  nel  con-' 
solato  Gajo  ^Jntistio  Giulio  Quadrato  ;  e  il 
padre  Stampa  ^  ha   sospettato  che  GajoAn" 
tlstioyO  sia  Anio  Giulio  fosse  personaggio 
diverso  da  Quadrato.  Ma  qui  son  delle  te- 
nebre, come  in  tanti  altri  siti  de' Fasti  con- 
solari ,  trovandosi  bensì    de'  consoli    sosti- 
tuiti e  straordinarj ,  nelle  antiche  storie   e 
lapidi  nominati  ,    ma    senza    certezza    dell'  ' 
anno,  in  cui  esercitarono  quell'insigne  ufi- | 
zio.    Poiché    per  altro  quai    fossero    i    due  : 
poco  fa  menzionati  consoli ,  V  abbiamo    da 
un  marmo  riferito  dal  Grutero  ^,   e  com- 
piutamente poi  dato  alle  stampe  dal  cano- 
nico   Cori    3^    che    fu    posto    M.   LOLLIO 
PAVLLINO  VALERIO  ASIATICO  SATVR- 

NI- 

^  .Stampa  ad  Fastos  Consular'  Sigontì ., 
*   Gruter.  Thesaur.  Inscript.  pag.    189. 
'    Cc'rkis  T.tìSC,-:ptfon.    Etna.  p.  é^. 


Anno       XCIII.  207 

NINO.  C.  ANTIO  IVLIO  QVADRATO  GOS. 
Se  poi  questi  nelF  anno  presente  fossero  su- 
stituiti  ai  consoli  ordinar]^  io  noi  so  dire. 
Neil'  agosto    di  quest'  anno    in  età    di    cin- 
quantasei anni  diede  fine  alla  sua  vita  Gneo 
Giulio  Agricola  suocero  di  Cornelio    Taci- 
to ^ ,  già  stato  console  3  le  cui  imprese  mi- 
litari nella  Bretagna  di  sopra  accennai.  Tor- 
nato ch'egli  fu  di  colà   a  Roma,  arrivò  l"* 
anno  in  cui  potea    chiedere  il    proconsola- 
to ,  o  sia  il  governo  deir  Asia: ,  o  dell'Afri- 
ca. Ma  non  si  sentì  egli  voglia  d' altri  ono*- 
ri ,  perchè  sotto  un  imperador  cattivo  trop- 
po era  pericoloso    il  servire .    Poco    prima 
avea  Domiziano  fatto  levar  di  vita   Civiccb 
Cereale  proconsole  dell'Asia  per    meri    sò-^ 
spetti  di  ribellione .  Questo    esempio ,  e    il 
sapere  che  Timperadore  non  avca    caro  di 
conferir  si  riguardevoli  posti   a  persone  di 
erimentato  valore,  indussero  Agricola    a 
pregarlo,  che  volesse  esentarlo  da  quel  pe- 
sante   fardello .    Era    questo    appunto    ciò, 
che    desiderava    Domiziano ,    e    ben   presto 
'gliel' accordò  5  e  permise^    che  Agricola    il 
ringraziasse,  come  se  gli  avesse  fatta   una 
grazia .    Seppe  dipoi  vivere    questo    saggio 
uomo  anche  per  qualche  tempo  ^  senza  pro- 
^ar  le  persecuzioni  del  bisbetico  Augusto, 
Acendo  conoscere  ,    che  gli  uomini    grandi 
provveduti  di  prudenza  possono  stare  anche 
sotto  principi  cattivi ,   e  non  fare    naufra- 
gio. 

*   T.Jcitus  in  Fica  Agricola  c.i^.  44. 


èoS  Annali  b'  I  t  a  l  i  a 
gio.  Dione  ^  ciò  non  ostante  scrive,  clic 
X)omiziano  V  uccise  ^  ma  Tacito  che  più 
ne  seppe  di  lui,  e  scrisse  la  sua  vita,  di-' 
ce  bensì  essere  corsa  voce  di  veleno  :  noa* 
dimeno  ne  restò  egli  in  dubbio. 

Ma  tempo  è  oramai  di  far  vedere  un 
principe  appunto  cattivo ,  anzi  pessimo , 
nella  persona  di  Domiziano;  cosa  da  me 
diserbata  a  quest'anno,  non  già  perchè  egli 
comincias^se  solamente  ora  a  riconoscersi 
tale,  ma  perchè  il  suo  mal  talento  dopo 
la  guerra  civile  di  Lucio  Antonio  andò  agli 
eccessi .  Certamente  a  Domiziano  non  man- 
cava ingegno  ed  intendimento  ;  ma  questa 
bella  dote ,  se  va  unita  con  delle  sregola- 
te passioni,  ad  altro  non  serve  d' ordina- 
TÌo^  che  a  rendere  più  perniciosi  e  male^ 
iìci  i  regnanti..  Ora  non  si  può  assai  espri- 
mere,  quanta  fosse  la  vanità,  la  presun- 
zione ,  e  la  sete  di  dominare  in  lui .  Egli 
si  credeva  la  maggior  testa  dell'  universo , 
e  eh* egli  solo  fosse  degno  di  comandare,* 
perciò  iìero,  superbo  ,  e  sprezzator  d' ognu- 
no ,  astuto,  ed  implacabile  ne' suoi  sdegni. 
Era  sicuro  dell'  odio  suo ,  chiunque  compa- 
riva eccellente  in  alcuna  bella  dote  :  che 
questo  è  lo  stile  delle  anime  basse.  ^  Vi- 
vente il  padre  ^  e  creato  Cesare  fece  di  ma- 
ni e  di  piedi,  per  non  esser  da  meno  del 
buon  Tito  suo  fratello:  ottenne  varj  ufizj  , 
che  esercitò  con  gran  boria  ed  eccesso    di 

au- 

'  Dfo  lib.  6y  *  Suetofì-  in  Damhiano  cap-  i. 


A  N  N  o       xeni.  209 

autorità  .  E  giacché  Vespasiano  ,  ben  cono- 
scente del  maligno  suo  naturale  ,  il  teneva 
Jjasso ,    non  avendo  potuto    conseguire ,     se 
non  un  consolato  ordinario  j,  almeno  si  stu- 
diò sempre  di  essere  susti tuito    come  con- 
sole straordinario  al  fratello.  Morto  Vespa- 
siano ,  fu  in  dubbio    se  dovesse    offerire  ai 
soldati  il  doppio  del  donativo  promesso  lo- 
ro da  Tito ,    per  tentar  di    levare  a  lui    1' 
imperio.  Andava  spacciando    che  il    padre 
J*avea  lasciato  collega  del  fratello  nella  si- 
gnoria ;  ma  che  era  stato  suppresso    il  te- 
stamento.  Vantavasi  ancora  d'aver  egli  al- 
zato al  trono    non    meno  il    padre ,    che  il 
fratello;    e    l'adulatore   Marziale    approvò 
questo  suo  folle  sentimento .    Vivente    esso 
Tito,    non  fece    egli  mai  -fine    a    tendergli 
delle  insidie,    non  solo    segretamente,    ma 
anche  in  palese .  Tuttavia  tanta  era  la  bon- 
tà di  Tito,  che  quantunque  consigliato    di 
liberar  se  stesso  e  il  pubblico  da  sì    peri- 
coloso arnese  ,  mai  non  volle  ridursi  a  que- 
sto passo  ,  contentandosi   solamente  di  far- 
gli talvolta  delle  fraterne  correzioni    colle 
lagrime    agli    occhj ,    benché    senza    frutto. 
Forse  queir  unica  azione ,  di  cui  Tito  pri- 
ma della  sua  immatura  morte  disse  d'  esse- 
re pentito,  fu  d'aver  lasciato  in  vita  que- 
sto fratello  ,    ben  conoscendo    il  gran  njale 
che  ne  avverrebbe  alla  repubblica  .  Divenu- 
to poscia  imperadore   ^  non  lasciava   occa- 
ToM.  II.  0  sio- 

'  Dio  ibi  ci. 


210     Annali    d' Italia 

sione,  anche  in  senato  ^ ^  di  sparlare  coper- 
tamente ,  ed  ancora  svelatamente  del  padre 
e  del  fratello  ,  biasimando  le  loro  azioni  • 
e  per  cadere' in  disgrazia  di  lui,  altro  non 
occorreva,  che  essere  ingrazia  o  delT  uno  , 
o  deir  altro ,  o  dir  parola  alla  presenza  di 
lui  in  lode  di  Tito .  Per  altro  egli  era  un 
solennissimo  poltrone  :  temeva  i  pericoli 
della  guerra  ;  abborriva  le  fatiche  del  go- 
verno. ^  11  suo  divertimento  principale  con- 
sisteva in  giocare  ai  dadi ,  anche  ne' giorni 
destinati  agli  affari.  Soleva  eziandio  ne* 
principj  del  suo  governo  starsene  ritirato 
in  certe  ore  del  giorno  i  e  la  sua  mirabil 
applicazione  era  in  prendere  mósche  ^  ^  o 
ucciderle  con  uno  stiletto.  Celebre  è  intor- 
no a  ciò  il  motto  di  Vibio  Crispo  ,  uomo 
faceto.  Dimandando  taluno^  chi  fosse  in 
camera  con  Domiziano,  rispose  Crispo  :  Nh 
])ur  una  mosca. 

Ora  non  aspettò  egli ,  siccome  dissi ,  a 
comparire  quel  crudele  che  era,  a  questi 
tempi .  Anche  ne'  precedenti  anni  diede  va- 
fj  saggi  di  questa  sua  fierezza  per  varie  e 
ben  frivole  cagioni .  Fra  gli  altri  (  non  se 
ne  sa.  Tanno  )  fece  ammazzare  Tito  F/avto 
Sabino  suo  cugino ,  perchè  avendolo  dise- 
gnato console  secondo  le  apparenze  per  là 
seconda  volta ,  il  banditore  inavvertente- 
mente  in  vece  del  nome  di  Console  gli  die- 
de 

'    Sueton.  ibiii.  *  Aurelius  V'i3ur  in  Epitome  . 

^  Sueton-   in  Domiti  ano  cip.  3. 
Dio  Uh.  67-   J'.'.reL   n&pr  ibid. 


Anno       XCIII.  211 

de  quello  cV  i  771  pera  do  re.  Questo  bastò  per 
togliere  a  Sabino  la  vita.  La  stessa  mala! 
sorte  toccò  ad  alcuni  altri,  o  pure  T  esi- 
lio :  che  questo  era  ne'  primi  suoi  anni  il 
più  ordinario  gastigo  ;  ed  Eusebio  ^  al  di 
lui  quarto  anno  scrive  essere  stati  esiliati 
da  lui  assaissimi  senatori.  Probabilmente 
ciò  avvenne  più  tardi,  .Ora  noi  sappiamo 
da  Suetonio  * ,  che  Domiziano  prima  di 
questi  tempi  avea  levato  dal  mondo  Sa Z^v io 
Coccejano  ,  solamente  perchè  avea  solenniz- 
zato il  giorno  natalizio  di  Ottone  impera- 
dore  suo  zio  ;  Sallustio  Lucullo  non  per  al- 
tro ,  che  per  aver  dato  il  nome  di  lucul- 
lee  ad  alcune  lance  di  nuova  invenzione; 
Materno  Sofista ,  cioè  professor  di  rettori- 
ca  ,  per  aver  fatta  una  declamiazione  con- 
tra  de' tiranni;  ed  Elio  Lamia  Emiliano^ 
per  cagione  di  qualche  motto  piccante  ,  det- 
to fin  quando  esso  Domiziano  era  persona 
privata  .  Moglie  di  questo  Lamia  fu  Domi-^ 
zia  Longbna  ^  figliuola  diCorbulone.  Glie- 
la tolse  Domiziano  ,  e  dopo  averla  tenuta 
per  amica  un  tempo  ,  la  sposò ,  e  diedele  il 
titolo  di  Augusta .  Ad  accrescere  la  cru- 
deltà di  questo  imperadore,'  s'aggiunse  la 
smoderata  credenza  che  si  dava  in  questi 
tempi  alle  vane  predizioni  degli  strologhi. 
Più  degli  altri  loro  prestava  fede  Domizia- 
no, uomo  timidissimo  ;  e  perchè  fin  da  gio- 
vane gli   avea  predetto    alcun    d' essi ,    che 

0  2  sa- 

*  Eusel;  in  Cbron-         a  Suetcn.  ihid.  cap.  lo. 


&  I  a         A  -V  >r  A  L  I     d'  I  T  A  L  I  A 

sarebbe  un  dì  ucciso,  perciò  la  cliffiden?a 
fu  sua  compagna  finché  visse  ,  e  massima* 
mente  negli  ultimi  anni  del  suo  imperio. 
Di  qua  venne  la  morte  di  varj  principali 
signori  dell'imperio;  perchè  egli  si  procace 
clava  l'oroscopo  di  tutti,  e  trovandoli  de- 
stinati a  qualche  cosa  di  grande,  li  faceva 
levare  dal  mondo»  Metio  Pomposiano  y  di 
cui  parlamm.o  air  anno  ^5  preservato  sotto 
il  buon  Vespasiano  ,  non  la  scappò  sotto  V 
iniquo  suo  figliuolo.  Perchè  fu  creduto ,  che 
avesse  una  genitura  ,  che  vanamente  gli  pro-<- 
gnosticava  l' imperio  ,  e  perchè  teneva  in 
sua  camera  una  carta  geografica  del  mon-r 
do,  e  studiava  le  orazioni  dei  re  e  dei  ea^- 
pitani  ,  che  son  nelle  storie  di  Livio  :  il 
mandò  in  Corsica  in  esilio  ^ ,  ed  appresso 
il  fece  ammazzare  .  Ma  soprattutto  s' accese, 
e  2-iunse  al  colmo  l'inumanità  di  Domizia-r 
no  ,  dappoiché  se  gli  ribellò  contro  Lucio 
Antonio  Saturnino;  del  che  s'è  favellato 
air  anno  precedente  .  S'  accorge  più  che  mai 
allora  questo  maligno  principe ,  che  1'  odio 
universale  è  un  pagamento  inevitabile  del- 
le iniquità.  ^  Trovò  anche  in  Roma  dei 
complici  di  quella  congiura^  e  molti  altri , 
che  almeno  sospiravano  di  vederla  cammi- 
nare ad  un  fine  felice.  Incrudelì  dunque 
contra  di  chiunque  era  stato  ,  o  si  sospet-r 
tava  che  fosse  stato  partecipe  dei  disegni 
d'  esso  Lucio  Antonio  ;  né  perdonò   se  non 

a  due 

?  Dfo  lib.  57.         *  Sueton-  in  Domitiano  caf.  ?c. 


A  N  1.^  o       XCIIi.         213 

a  due  ufiziali ,  che  con  vergognosa  scusa 
coprirono  il  loro  fallo  .  D'  altre  illustri  per- 
sóne da  lui  uccise  parleremo  all'  anno  se- 
guente .  Anche  Tacito  ^  attesta  avere  bensì 
Domiziano  commessa  qualche  crudeltà  ne- 
gli anni  addietro ,  ma  un  nulla  essere  in 
paragon  di  quelle  eh'  egli  praticò  dopo  la 
m-orte  d'Agricola,  avvenuta  nell'anno  pre- 
sente, siccome  dicemmo*  O  nel  precedente 
anno  ,  come  vuole  il  padre  Pagi  ^ ,  Ò  nel 
presente  ,  come  credette  il  cardinal  Noris  ^ 
ed  altri ,  ebbe  principio  la  guerra  de'  Ro- 
mani coi  Sarmati .  ^  Aveanò  que'  Barbari 
tagliati  a  pezzi  una,  o  più  legioni  romane 
eoi  loro  ufiziali .  Ciò  diede  impulso  a  Do- 
miziano di  accorrere  colà  in  persona  con 
nn  buon  esercito,  per  frenare  T  insolenza 
di  que'  popoli.  Da  Marziale  e  da  Stazio 
poeti ,  due  trombe  delle  azioni  di  questo 
imperadore  ,  noi  impariamo  eh'  egli  ebbe  & 
combnttere  anche  contro  ai  Marcomanni . 
Se  bene,  o  male,  non  si  sa.  Ben  sappia- 
mo 5  che  secondo  il  suo  costume  di  attri- 
buirsi le  vitttorie,,  anche  quando  egli  era 
vinto,  tornato  a  Roma  nel  gennajo  di  quest' 
anno  o  pur  del  seguente ,  fece  credere  che 
gli  affari  erano  passati  a  maraviglia  bene  . 
Tuttavia  ricusò  il  trionfo ,  e  si  contentò 
di  portare    al  Campidoglio    la  sola  corona 

O  5  d'  al- 

'    Tac/'tus  in  rita  Agricole  Cap.  45. 

*  P.7gius  in  Crit.  Baron, 

^    Noris-  Epjst.  Consulafi  ^  TilUmcni^   &  alii  . 

E'ftrap.  in  Brevi  ar.  5   Suetan.  ir.  Vomiti  a  no  f.  6. 


214      Annali    d'  I  t  a  l  i  a 
d'  alloro  ,    e    di  offerirla    a  Giove  Capito^ 
lino  . 

Anno  di  Cristo  xciv.  Indizione  yii, 
di  Anacleto  papa   12. 
4i  Doiviiziano  imperadore   14. 

r  Lucio   Nonio   Torq^uato    a- 

ri  T       '  SFRENATE, 

Consoli   ^     m  e  Tv/r  t 

I    Tito  Sestio  Magio  Latera- 

1^         NO. 

X  ra  gli  eruditi  è  stata  finora  molta  dispu-^ 
ta  intorno  ai  consoli  ordinar;  di  quest*  an- 
no, né  si  sapea  il  prenome  e  nome  di  La- 
terano.  Un'iscrizione  del  museo  kircheria- 
no ,  da  me  ^  data  alla  luce ,  ha  messo  tut- 
to in  chiaro .  Da  un  marmo  apparisce  che 
in  luogo  di  Laterano  era  console  nel  set- 
tembre Lucio  Sergio  Paolo,  Moltiplicarono 
più  che  mai  in  questi  tempi  le  calamità  di 
Roma  sotto  Domiziano,  divenuto  oramai 
formidabil  tiranno  ,  e  non  inferiore  a  Ne- 
rone .  Ne  lasciò  a  noi  un  orrido  ritratto 
Cornelio  Tacilo  ^  ,  presente  a  tutte  quelle 
scene  ,  con  dire  che  si  vide  il  senato  cir- 
condato ed  assediato  da  genti  d' armi  ;  a 
molti,  ch'erano  stati  consoli,  tolta  la  vi- 
ta; e  le  piii  illustri  dam.e  o  fuggitive,  o 
cacciate  in  esilio .    Di  persone  nobili    ban- 

di- 


'   Thesaur.   Novus  feter.  Inscript.  />.  314-  «•  a* 

*  Tacftus  Hist'  /.  !•  e  i.  &  seq.  Idem  in  f^ita  Agricola  e  4^- 


Anno       XCIV.  215 

dite^  piene  erano  le  isole,    e  all'esilio  te- 
nea  dietro  bene  spesso  la  spada  del  carne- 
fice .  Ma  in  Roma  si  facea  il  maggior  ma- 
cello.  Pareva  un  delitto  l'aver  avuto    delle 
dignità;  pericoloso  era  il    volerne;    né  al- 
tro occorreva  per  istar  tutto  dì  esposto  ai 
precipizj  ,  che  V  essere  uomo  dabbene  .    Le 
spie  e  gli  accusatori  erano  tornati  alla  mo- 
da; e  fra  questi  mali  arnesi,  si  distingue- 
vano Metio  Caro  Messalino  ,  e  Bebio  Mas- 
sa ,  assassini    del  pubblico ,  non  nelle  stra. 
de  ,  ma  ne'  tribunali  stessi  di    Roma  ,    con 
essersi     attribuita    la    maggior    parte    del- 
le    crudeltà    d'  allora    più    alla    lor    mali- 
gnità e  prepotenza^  che  a  quella   di  Domi- 
ziano.   Le  spese  .eccessive    fatte  da    questo 
prodigo  imperador,e  in  tanti  spettacoli  non 
necessarj  ,    e  in  accrescere    fuor  di    misura 
lo  stipendio  ai  soldati ,    per  maggiormente 
obbligarseli ,  1'  avcano  ridotto  al   verde  .    ^ 
Si  avvisò  di  cercare    il  risparmio    col  cas- 
sare una  porzion  delle  milizie;    e  secondo 
Zonara  ^  eseguì  questo  pensiero  .  Suetonio 
sembra  dire  ^  che  solamente  lo    tentò,    ma 
che  trovandosi    tuttavia    imbrogliato   a  dar 
le  paghe  ,  rivolse  il  pensiero  a    far  danaro 
in  altre    tiranniche  maniere,    occupando    a 
diritto  e  a  tòrto  i  beni  de' vivi  e  de'mor- 
ti  .  Pronti  erano  sempre  gli  accusatori ,  de- 
nunziando or  questo,  or  quello^    come  rei 
di  lesa  maestà  per  un  cenno ^  per  una  pa- 

0  4  ro- 

■/ì  Domi  ti  ano  cap.  12.     ^  Zonara  it  Arénalih. 


2i6  Annali  d'Italia 
rola  centra  del  principe  ,  o  centra  lino  de^ 
suoi  gladiatori  :  delitti  per  lo  più  finti  ,  e 
non  provati.  Si  confiscavano  a  tutti  i  be- 
ni j  e  bastava  che  comparisse  un  solo  a  di- 
re d'  aver  inteso  che  un  tale  prima  di  rncH 
tire  avea  lasciata  la  sua  eredità  a  Cesare  , 
perchè  tosto  si  mettessero  le  griffe  su  quel-^ 
la  roba  .  Sopra  gli  altri  furono  angariati  i 
Giudei  ,  che  da  gran  tempo  pagavano  un 
rigoroso  testatico,  per  esercitare  liberamen- 
te il  culto  della  lor  religione.  Un'esatta 
perquisizion  d'  essi  fu  fatta  per  tutto  V  im- 
perio romano ,  e  processati  coloro  che  dis- 
simulando la  lor  nazione ,  non  aveano  pa- 
gato . 

Fra  gli  altri  personaggi  di  distinzione , 
che  per  attestato  di  Tacito  ^  furono  tolti 
di  mira  in  questi  tempi  dal  genio  sangui- 
nario di  Domiziano^  si  contarono  Elvldlo 
il  giovane,  Rustico  j  e  Senecione,  Era  il 
primo  figliuolo  dì  queW Elvldio  Prisco  .,  che 
a'  tempi  di  Vespasiano ,  siccome  fu  detto 
di  sopra  all'anno  73,  perla  sua  stoica  in- 
solenza si  tirò  addosso  l'esilio,  e  poi  la 
morte.  ^  Eccellenti  qualità  concorrevano 
ancora  in  questo  suo'  figliuolo ,  per  le  qua- 
li era  in  gran  riputazione,  oltre  all'aver 
esercitato  un  consolato  straordinario.  Quan- 
tunque egU  se  ne  stesse  ritirato  per  la  mal- 
vagità de'  tempi  che  correano ,  pure  si  vi- 
de 

'   Tacitus  in  rita  Agvlcolx  cap.  43. 

*  Suett))7.  i,ì  Domftfa'2(i  e-  io.   Plinius  Uh.  9-  Eptst.  Jg- 


A  N  ]^  o      XCIV.  217 

de  accusato  davanti  al  senato,  per  avere  ^^ 
secondochè  diceano,  in  un  suo  poema  sot- 
to i  nomi  di  Paride  e  di  Eoone  messo  in 
burla  il  divorzio  di  Domiziano,  ^  il  quale 
altrove  abbiam  detto  che  prese  in  moglie 
Domizia  Longina.  Questa  poi  la  ripudiò^ 
perchè  perduta  d' amore  verso  Paride  istrio-^ 
ne,  ch'egli  fece  uccid'fere  in  mezzo  ad  Una 
strada .  Contuttociò  non  si  potè  contenere 
dal  ripigliarla  poco  dipoi  :  del  che  fu  assai 
proverbiato.  Publicio  Certo  ^  dianzi  preto- 
re, ed  ora  uno  de' giudici  dati  ad  Elvidio  , 
per  mostrare  il  suo  zelo  adulatorio  verso 
Domiziano ,  commise  la  più  vergognosa 
azione  ,  che  si  possa  mai  dire  ;  perchè  mi-* 
se  le  marti  proprie  addosso  ad  Elvidio,  e 
il  trasse  alle  prigioni .  Fu  condennato  EU 
vidio,  e  l'infame  Publicio  per  ricompensa 
destinato  console  ,  senza  però  giugnere  a 
godere  di  quella  dignità,  perchè  Domiziano 
tolto  di  vita  non  gli  potè  mantener  la  parola  . 
Contra  di  costui  si  fece  poi  accusatore  PU^ 
nio  il  giovane  ^  e  tal  terrore  gli  mise  in 
corpo  ,  che  disperato  finì  i  suoi  giorni .  £r- 
renio  Senecione^  per  avere  scritta  la  vita 
di  Elvidio  Prisco  seniore^  somministrò  as- 
sai ragione  al  crudel  Domiziano  e  al  timi- 
do senato,  per  condennarlo  a  morte,  e  far 
bruciare  pubblicamente  V  Opere  composte 
da  quel  felice  ingegno.  Un  altro  persoiiag-^ 
gio,  tenuto  in  sommo  credito  per    la  prò* 

fes- 

Sueton.  in  Domitian»  ca^.  3. 


^|8        Annali   d'Itaìia 

feesione  della  stoica  filosofia  ^ ,  fu  Lucio 
Giunio  Aruleno  Rustico.  Aveva  egli  in  un 
suo  libro  lodati  Feto  Trasea^  ed  Elvìdio 
Prisco:,  -aomini  insigni j,  de' quali  si  è  par- 
lato di  sopra  .  Di  più  non  occorse  ,  perchè 
egli  fosse  condennato  e  fatto  morire  .  Plu- 
tarco attribuisce  la  di  lui  disgrazia  all'in- 
vidia portata  da  Domiziano  alla  gloria  di 
quest'uomo  illustre.  Sappiamo  parimente^ 
che  Fannia  moglie  di  Élvidio  Prisco  in  tal 
occasione  fu  mandata  in  esilio,  e  spoglia- 
ta di  .tutti  i  suoi  beni  ;  siccome  ancora  ^r- 
ria,  vedova  di  Peto  Trasea  ;  e  Fomponia 
Gratula ,  moglie  del  suddetto  Rustico  .  Fe- 
ce anche  Domiziano  morire  Ermogene  da 
Tarso-,  perchè  in  una  storia  di  lui  scritta 
si  figurò  di  essere  stato  punto  sotto  certe 
maniere  di  dir  figurate  .  I  copisti  di  quel- 
la storia  furono  anch'  essi  fatti  morire  in 
croce..  Di  questo  passo  camminava  la  cru- 
deltà di  Domiziano,  e  Dione  ^  ebbe  a  di- 
re ,  che  non  si  può  sapere  a  qual  numero 
ascendesse  la  serie  degli  uccisi  per  ordine 
suo  ,  perchè  non  voleva  che  si  scrivesse  ne- 
gli atti  del  senato  memoria  alcuna  delle 
persone  da  lui  tolte  di  vita.  E  con  questa 
barbarie  congiugneva  egli  un'  abbominevo- 
le  infedeltà  ,  perchè  servendosi  di  molti  ini- 
qui o  per  accusare  altrui  di  lesa  maestà, 
o  per  rapire  le  altrui  sostanze,  dopo  aver- 
li 


*  Dio  Uh.  67.  Plutanhus  dt,  Cursos. 

*  Z);f  in  Excer^tis  ralesian> 


Anno       XCIVc  219 

li  premiati  con  dar  loro  onori  e  magistra- 
ti,  da  li  a  poco  faceva    ancor  questi    am- 
jnazzare  ,  acciocché  sembrasse    che  da    essi 
soli  ,  e  non  da  I14Ì ,  fossero  procedute  quel- 
le iniquità.    Altrettanto    facea    coi  servi    is 
liberti  da  lui  segretamente  mossi  ad  accu- 
sare i  padroni,  facendoli  poi  morire    anch' 
essi.    Molte  arti  usò  inoltre,    per    indurre 
alcuni  ad  uccidersi  da  se  stessi ,    acciocché 
si  credesse  spontanea  e  non  forzata  la  mor- 
te loro .  Peggiore  ancor  di    Nerone    fu  per 
un  conto ,  ^  perchè  assisteva  in  persona  agli 
esami,  e  ai  tormenti  delle  persone  accusa- 
te, «  si  compiaceva  di  udire  i  lor  sospiri , 
e  di  mirar  que'  mali  che  facea  lor    sofFe ri- 
re  ,  il  maggior  de'quali    era  il    veder  pre- 
s€nte  l'autore  iniquo  de' medesimi  lor  tor- 
menti. Aggiugneva  inoltre  la  dissimulazio- 
ne all'  inumanità ,  usando  finezze  e  carezze 
a  chi  fra  poche  ore  dovea  per  suo  coman- 
damento perdere  la  vita.  Lo  provò  tra  gli 
altri  -  Marco  Arnclno  Clemente ,    già  pre- 
fetto del  pretorio  sotto  Vespasiano  ,    e  poi 
console  (  non  si  sa  in  qual  anno  )  che  era 
anche  suo  parente ,  ed  amato  non  poco  da 
lui,  perchè  1' ajutava  nelle    iniquità.    Con- 
vertito P  amore  in  odio,  un  dibattagli  gran 
festa,    il  prese  anche    seco  in    seggetta,    e 
veduto  colui  che  era  appostato  per  denun-, 
ziarlo  nel  di    seguente^    come  reo    di    lesa- 
ma  e- 

"  Sii.ton.  in  Domic;^nu  cip    ii. 


220  Annali  d'Italya 
maestà  V  disse  a- Clemente,:  Vuol  tu^  die 
domani  ascoltiamo  In  gludlcio  quel  forfan-^ 
te  di  iServo?  Posti  in  così  duro  torchio,^ 
se  stessero  male  i  cittadini  romani,  e  par-i 
ticolarmente  i  nobili,  non  ci  vuol  molt-ol 
ad  intenderlo  . 

•      Anno  di  Ciiisto  xcv.  Indizione  viii,- 
f     -  di  Anacleto  papa   15. 

di  Domiziano  imperadore  15. 

r  Flavio  Domiziano  Augusto 
Condoli  "<i         per  la  diecisettesima  volta,- 
(^  Tito  Flavio  Clemente. 

•i-^on  zio  paterno,  fn a  cugino  di  Doniizia-^ 
no  fu  questo  Clemènte  console,  perchè  fi- 
gliuolo di  Sabino  fratello  di  Vespasiano  - 
Mostravagli  Domiziano  molto  affetto  ,  e  per 
testimonianza  di  Suetonio  ^  ,  meditava  di- 
voler  suoi  successori  due  piccioli  figliuolr 
di  lui,  a' quali  avea  anche  fatto  cangiare 
il  nome,  chiamando  F  uno  Vespasiano,  eV 
altro  Domiziano,  Ma  appena  ebbe  Clemen^- 
t^  compiuto  il  tempo  delF  ordinario  suo- 
consolato,  il  quale  in  questi  tempi  solca- 
durare  solamente  i  primi  sei  mesi ,  che  Do-' 
miziano  per  leggerissimi  sospetti  gli  fece 
l^var  la  vita .  Il  cardinal  Baronio  ^,  il  Tiì-^ 
lemont  ^  ed  altri  dottissimi  uomini  prcten- 
do- 

^   St.:?:on.  in  Dor.utiann  r.  15.     ^  BìX-:'cìu  A^y.iaì^  Ecclesrasr. 
^  Tillemont  Mem.  E:st.  Ecc/es. 


Anno    XCV.  ^21 

tlono,  ch'egli  morisse  Cristiano  e  Martire jj 
e  le  lor  ragionimi  pajono  convincenti;  Im- 
perciocché Eusebio,  Orosio,  ed  altri  scrit- 
tori cristiani  mettono  sotto  quest' anno  la 
persecuzione  mossa  da  Domiziano  contro  i 
professori  della  l<^gge  di  Cristo  i  e  insin  lo 
ètesso  Dione  *  scrittore  pagarro"^  sciìve  aver 
Domiziano  nell'anno  presente  fatto  morir 
Flavio  Clemente  Console  per  delitto  d*  em^ 
pietà  ^  cioè  per  non  credere,  né  venerare  i 
falsi  dii  del  Paganesimo  ;  e  che  furono  mol- 
ti altri  condennati  a  m.orte ,  per  avere  ab-^ 
bracciata  la  religion  de' Giudei:  che  tali 
erano  creduti  e  chiamati  allora  i  Cristia- 
ni .  Suetonio  ^  tacciando  questo  Clemente 
di  una  'vUlsslma  dappocaggine  {  contemtis- 
slmce  Inertice  )  indica  lo  stesso >  perchè  per 
attestato  di  Tertulliano  3  ^  i  Cristiani^  sic- 
come gente  ritirata  ,  che  non  compariva  agli 
spettacoli  ,  non  cercava  dignità  e  gloria  nel 
sccoloj,  e  attendeva  alla  mortificazion  del- 
le sue  passioni,  pareano  persone  di  poca 
spirito  j,  e  gente  buona  da  nulla .  Moglie  di 
questo  Clemente  console  era  Flavia  Domi-- 
lilla ,  nipote  di  Domiziano ,  Cristiana  anch' 
essa,  che  fu  relegata  nell' isola  Pandataria , 
Ebbe  inoltre  esso  Clemente  una  nipote,  ap- 
pellata  parimente  Flavia  Domitilla ,  Crede- 
ri che  amendue  queste  Domitiile  morendo 
martiri  illustrassero  la  fede  di  Gesù  Cri- 
sto , 

^  Dio  lib.  67. 

^  Suicon.    in  Domitiann  ibid. 

^   Tumd'..   /■♦>  A^olu^iticu  cap.  41. 


222.       Annali   d'Italia 

sto ,  e  la  lor  meaioria  è  onorata  ne'  sacri 
martirologi .  Ne  parla  anche  Eusebio  ^ ,  ci- 
tando in  prova  di  ciò  la  storia  di  Brutio 
Pagano .  0  sia  perchè  il  Cristianesimo  era 
considerato  come  una  setta  di  filosofia,  o 
pure  perchè  Senecione;  e  Rustico,  amendue 
filosofi  j,  uccisi ,  come -elicemmo  ^  nell'anno 
precedente  (  se  pur  non  fu  nel  presente  ) 
irritassero  non  poco  V  animo  bestiale  e  ti- 
mido di  Domiziano;  certo  è,  ch'egli  cac- 
ciò di  Roma  tutti  i  professori  della  filoso- 
fia circa  questi  tempi,  non  potendo  egli 
probabilmente  sofFerir  coloro  ,  da'*  quali  ben 
s'immaginava,  che  erano  condennate  le  sue 
malvagie  azioni,  E  che  ciò  succed^esse  nell' 
anno  presente  ,  lo  scrive  il  mentovato  Eu- 
sebio * .  Però  Filostrato  notò  ^  ,  che  molti 
d' essi  filosofi  se  ne  fuggirono  nelle  Gallie, 
ed'  altri  nei  deserti  delia  Scitia  e  della  Li- 
Bia.  jDìon  G?'isos£omo  ,  uomo  insigne  ,  se  ne 
andò  nel  paese  de'  Goti.  Epltetto^  celebre 
Stoico,  fu  anch' egli  obbligato  a  ritirarsi 
fuori  di  Roma-  Amaramente  si  duol  Taci- 
to ^  di  questo  crudele  editto  di  Domizia- 
no ,  perchè  fu  un  bandire  da  Roma  la  sa- 
pienza ed  ogni  buono  studio,  acciocché  non 
vi  rimanesse  studio  delle  virtù,  e  vi  trion- 
fasse solamente  la  disonestà  con  gli  altri 
vizj .    Pare    che  a    quest'  anno    appartenga  , 

se- 


1   Epsehhai  in  Ckrcnico  ,  e^  Hist.  Ecdesfast.  Uh-  J-^ 

*  Eusebius  in  Chroiu     ^   Philostrstv.s  in  AfolUn,  Uh.  8. 

*  Tacitus  in  l^ita  /gricoU  cap.  2. 


Anno    XCV.  225 

secondo  Dione  %  la  morte  di  Acllio  Ola-- 
orione^  che  fu  console  Tanno  91  fatto  uc- 
cidere da  Domiziano.  Epafrodlto  già  po- 
tente liberto  di  Nerone  ,  lungamente  avea 
goduto  gran  fortuna  anche  nella  corte  di 
Domiziano,  servendolo  per  segretario  de'me- 
irioriali.  ^  Fu  mandato  in  esilio,  e  conden- 
iiato  ora  solamente- a  morte,  perchè  avea 
ajutato  Nerone  a  darsi  la  morte  ,  in  vece 
d' impedirlo  :  il  che  fu  fatto  da  Domizia- 
no, per  atterrire  i  suoi  domestici  liberti, 
acciocché  non  ardissero  mai  di  far  lo  stes- 
so con  lui .  Forse  ancora  è  da  riferire  all' 
anno  presente ,  o  piuttosto  al  seguente , 
quanto  avvenne  per  attestato  di  Dione  ^  a 
Gluvenlo  Celso ,  creduto  da  alcuni  Publio 
GLuvenzio  Celso  ^  che  fu  poi  pretore  sotto 
Trajano,  console  sotto  Adriano,  e  celebre 
giurisconsulto  di  que'  tempi .  Fu  egli  accu- 
sato di  aver  cospirato  contra  di  Domizia- 
no. Prima  che  si  venisse  nel  senato  alle 
prove ,  fece  istanza  di  parlare  all'  impera- 
dore  perchè  avea  cose  rilevanti  da  dirgli . 
Ottenuta  la  permissione ,  questo  accorto  uo- 
mo se  gli  gittò  ginocchioni  davanti,  come 
per  adorarlo  ;  gli  diede  cento  vòlte  il  ti- 
tolo di  signore  e  di  dio  ;  protestò  di  esse- 
re innocente  ;  ma  che  se  gli  volea  dare  un 
po'  di  tempo ,  saprebbe  ben  pescare  ,  ed  in- 
dicargli  chiunque    avea  mal    anima  contra 

di 

'  Dio  Itb.  67.         »  Suetan.  in  Domitiano  c.it>.  14. 
'  Dio  lib.  6j. 


2,24  Annali  d' Italia 
ài  lui.  Fu  licenziato,  ed  egli  dipoi  andò 
tanto  tirando  innanzi  con  varj  sutterfugi 
senza  rivelar  alcuno  ,  che  arrivò  la  morte 
di  Domiziano,  per  cui  sicuro  poi  se  ne  vis- 
se. Abbiamo  dal  medesimo  Dione,  che  in 
questi  tempi  Domiziano  fece  lastricar  la 
via ,  che  va  da  Sinuessa  a  Pozzuolo .  An- 
che Stazio  ^  parla  d'  una  simil  via  accon- 
ciata ;  ma  questa  forse  andava  da  Roma  a 
Baja  ^ 

Anno  di  Cristo  xcvr.  Indizione  ix. 
:  di  EvAKiSTO  papa  i. 

di  Nerva  imperadore    i. 

^        T    r  Gaio  Antistio  Vetere  , 

Consoli    -^       ^  Tx/r  ^T 

\  Gajo  Manlio  Valente. 

Abrasi  ben  ridotta  Roma  ad  un  compassio- 
nevole stato  sotto  il  crudele  e  tirannico 
governo  di  Domiziano  .  Non  si  sarebbe  tro- 
vata persona  nobile  e  benestante  ,  che  con- 
tinuamente non  tremasse ,  al  vedere  tanti 
senatori,  cavalieri,  ed  altre  persone  o  pri- 
vate di  vita  ,  o  spinte  in  esilio  ,  o  spoglia- 
te di  beni.  ^  Si  univa  bensì  il  senato,  ma 
solamente  per  fulminar  quelle  sentenze  che 
voleva  il  tiranno ,  o  per  autorizzar  le  mag- 
giori iniquità.  Ad  ognuno  mancava  la  vo- 
ce per  dire  il  suo  sentimento,  parlava  quel 

so- 

*  Seatius  Salvar,  lib.  4.  cap,  3. 

^  Plinius  in  Pamgyrico  ;  O'  Uh.  7-  Bpist.  14. 


Anno  XCVI.  '  225 
solo  che  portava  gli  ordini  dell' imperado- 
re ,  e  gli  altri  colla  testa  bassa  ,  col  cuor 
pieno  dVaffanno,  approvavano  tacendo  ciò 
che  non  osavano  disapprovare  parlando.  ^ 
Esente  non  era  da  un  pari  timore  il  resto 
del  popolo  ;,  perchè  dappertutto  si  trovavar 
no  spioni,  che  raccoglievano,  amplificava- 
no ,  e  bene  spesso  fingevano  parole  dette 
in  discredito  del  principe  3  e  bastava  esse- 
re accusato,  per  essere  condennato  .  Ma  &e 
Domiziano  facea  tremar  tutto  il  mondo  , 
anche  tutto  il  mondo  facea  tremar  Domi- 
ziano :  che  questa  è  una  pensione  inevita- 
bile dei  tiranni ,  i  quali  col  nuocere  a  tan- 
ti ;,  e  massimamente  ai  migliori  e  agr  in- 
nocenti,  sanno  d'essere  in  odio  a  tutti,  e 
che  da  tutti  almeno  coi  dcsiderj  ,  se  von 
con  altro,  è  affrettata  la  morte  loro.  Però 
la  difildenza,  gastigo  che  rode  il  cuore  di 
ogni  principe  crudele  ed  ingiusto,  crebbe 
sì  fattamente  in  Domiziano,  che  cominciò 
a  non  fidarsi  neppur  di  Domizia  Augusta 
sua  moglie  ^  né  d' alcuno  de'  suoi  liberti  , 
cioè  de'  suoi  più  intimi  cortigiani  .  ^  Ad 
accrescere  i  suoi  terrori  si  aggiunsero  le 
predizioni  a  lui  fatte  in  sua  gioventù  dai 
Caldei,  cioè  dagli  strologi,  che  dovea  pe- 
rir di  morte  violenta.  Anche  Vespasiano 
suo  padre,  che  non  poco  badava  alla  stro- 
logia  ,  vedendolo  ad  una  cena  astenersi  dal 
Tom.  II.  p  man- 

'   Tacitus  in  Vita  Agricola  cap.  i. 
*  Sueiofi.  in  Dvmitinno  c^p.  15. 


226        Annali  d'Italia 

mangiar  funghi,  gli  diètie  pubblicamente 
la  burla ,  dicendo ,  che  avea  piuttosto  da 
guardarsi  dal  ferro.  Ma  specialmente  in 
quest'  annOj,  che  verisimilmente  gli  era  sta- 
to predetto  come  l'ultimo  di  sua  vita,  non 
sapea  dove  stare  :  tanta  era  la  sua  inquie- 
tudine e  paura ,  tanti  i  suoi  sospetti  con- 
tra  ancora  de' suoi  più  cari  e  familiari.  A 
tutti  perciò  parlava  brusco,  tutti  mirava 
con  aria  minaccevole.  Avvenne  innoltre  , 
che  per  otto  continui  mesi  caddero  di  mol- 
ti fulmini,  uno  sopra  il  Campidoglio  rifab- 
bricato da  lui ,  un  altro  nel  palazzo  impe- 
riale, e  nella  stessa  sua  camera,  un  altro 
sopra  il  tempio  della  famiglia  Flavia,  e  un 
altro  guastò  l'iscrizione,  posta  ad  una  sta- 
tua trionfale  di  lui ,  rovesciandola  in  un 
monumento  vicino .  Il  popolo  superstizioso 
di  Roma ,  e  più  degli  altri  Domiziano ,  fa- 
cea  mente  a  tutti  questi  naturali  avveni- 
menti ,  e  ad  altri  ch'io  tralascio,  creden- 
doli segni  d' imminente  disavventura  .  Nul- 
la nondimeno  atterrì  cotanto  questo  inde- 
gno imperadore  ^ ,  quanto  un  certo  strolo- 
go appellato  Ascletarione  ,  che  avea  predet- 
ta la  di  lui  morte.  Preso  costui,  e  condot- 
to alla  presenza  di  Domiziano,  confessò  d' 
averlo  detto.  Sai  tu  ^  disse  allora  Domi- 
ziano, cosa  abbia  da  intervenire  a  te  in 
questo  giorno  1  Signor  sìy  rispose  allora  lo 
strologo  y  il  mio  corpo   ha  da    essere  man- 

già-- 

«   Dfo  Uh.  6j. 


Anno       CVI.  22^^ 

giato  dal  cani .  Ordinò  tosto  Domiziano  j 
che  costui  fosse  giustiziato^,  ed  immante- 
nente bruciato  il  corpo  suo  .  Ma  appena  mez- 
zo abbrustolito  ,  si  svegliò  una  dirotta  piog- 
gia ,  che  estinse  il  fuoco ,  e  costrinse  là 
gente  a  ritirarsi,  sicché  poterono  i  cani  ac- 
correre ,  e  far  buon  convito  di  quel  rostOd 
Portatane  poi  la  nuova  a  Domiziano  ,  oh 
allora  sì  che  smaniò  per  la  paura.  ^  Più 
fortunato  fu  un  certo  Largino  Proclo ,  aru- 
spice, che  in  Germania  avea  predetto  do- 
ver seguire  nel  dì  18  di  settembre  gran 
mutazione  di  cose;  anzi  chiaramente,  se- 
condo Dione  /^  ,  avea  accennata  la  morte  di 
Domiziano.  Mandato  perciò  a  Roma  in  ca- 
tene negli  ultimi  tempi  d' esso  imperadore , 
fu  condennato  a  perdere  la  testa  dopo  il 
suddetto  giorno,  supponendosi,  che  falsa 
avesse  da  riuscire  la  di  lui  predizione.  Ma 
verificatasi  questa,  egli  restò  salvo,  e  fu 
anche  ben  regalato  da  Nerva . 

Vanissima  arte  è  la  strologia;  ma  Dio 
per  suoi  occulti  giudizj  può  permettere  che 
i  suoi  professori,  per  lo  più  fallacissimi, 
talvolta  arrivino  a  colpire  nel  segno.  Ma 
intanto  è  da  osservare ,  che  quest'  arte  in- 
gannatrice ,  piuttosto  che  predire  la  morte 
di  Domiziano,  fu  essa  la  cagione  della  mor- 
te medesima,  di  maniera  che  fors'egli  sa- 
rebbe sopravvivuto  molto  y  se  non  le  aves- 
se prestato  fede .  Imperciocché  ,  siccome  ab- 

P  2  bia- 

'  *  Sue  fon.  in  Domiti  ano  cap.  li.        *  Dio  ibid. 


228  Annali  d'  Italia 
biamo  detto ,  essendosi  conficcata  nel  di  lui 
animo  la  credenza  di  dover  es^sere  ammaz- 
zato un  dì,  servì  essa  a  lui  di  stimolo  per 
commettere  buona  parte  delle  sue  crudel- 
tà, e  a  divenire  odioso  a  tutti  ,  con  toglie- 
re dal  mondo  i  migliori,  e  chiunque  egli 
riputava  più  capace  e  voglioso  di  nuocer- 
gli. Il  rendè  essa  inoltre  sì  diffidente  e  so- 
spettoso, che  temeva  fin  della  moglie  e  de' 
suoi  più  intimi  famigliari;  ed  arrivò,  per 
quanto  fu  creduto  ,  sino  alla  risoluzione  di 
volerli  privar  tutti  di  vita.  Ora  tanto  Do- 
inizia  sua  moglie,  quanto  i  suoi  più  con- 
fidenti liberti,  e  N  orò  ano  ^  e  Petronio  Se- 
condo^ allora  prefetti  del  pretorio,  dappoi- 
ché ebbero  veduto,  come  per  sì  lievi  mo- 
tivi egli  avea  ucciso  Clemente  suo  cugino  , 
e  personaggio  di  tanta  probità,  e  faceva 
troppo  conoscere  di  non  più  fidarsi  di  al- 
cun di  loro:  assai  intesero  ch'erano  anch' 
essi  in  pericolo ,  e  che  per  salvar  la  pro- 
pria vita ,  altra  maniera  non  restava  che 
di  levarla  a  Domiziano.  Sicché  prendendo 
bene  il  filo  ^  la  soverchia  credenza  che  pro- 
fessò questo  screditato  Augusto  alle  ciarle 
degli  strologi ,  trasse  lui  ad  esser  crudele, 
e  a  non  fidarsi  di  alcuno  ;  e  questa  sua  cru- 
deltà e  diffidenza  costò  a  lui  la  vita  per 
mano  de'  suoi  più  cari .  Scrive  dunque  Dio- 
ne di  aver  inteso  da  buona  parte  ^ ,  che 
Domiziano  avesse  veramente    presa  la    de- 


ter- 


Dio  lib.  67. 


A  it  i?  o  CVL  ^  229 
terminazione  ài  uccider  la  moglie  e  gli 
altri  più  familiari  suoi  liberti,  e  i  capita- 
ni delle  guardie  stesse .  Subodorata  questa 
sua  intenzione,  s'accinsero  essi  a  prevenir- 
lo, ma  non  prima  d' aver  pensato  a  chi  po- 
tesse succedergli  nell'imperio.  Segretamen- 
te ne  fecero  parola  a  varie  nobili  persone, 
che  tutte  dubitando  di  qualche  trappola, 
non  vollero  accettar  quella  esibizione.  Fi- 
nalmente s'abbatterono  in  Marco  Coccejo 
Nerva ,  personaggio  degno  dell'  imperio  ,  che 
abbracciò  T offerta.  Un  accidente  fece  af- 
frettare la  di  lui  morte ,  se  pur  è  vero  ciò 
che  racconta  Dione  j  perchè  Suetonio ,  più 
vicino  a  questi  tempi ,  non  ne  parla  ,  e  lo 
stesso  vedremo  raccontato  di  Commodo  Au- 
gusto ,  anch'esso  ucciso.  Soleva  Domiziano 
per  suo  solazzo  tenere  in  camera  un  fan- 
ciullo spiritoso  di  pochi  anni.  Questi^  men- 
tre il  padrone  dormiva  ,  gli  tolse  di  sotto 
al  capezzale  una  carta  ,  con  cui  andava  poi 
facendo  dei  giuochi  .  Sopravvenuta  Domi^ 
zia  Augusta  ,  gliela  tolse  di  manOj  e  con 
orrore  trovò  quella  essere  una  lista  di  per- 
sone ,  che  il  marito  volea  levare  dal  mon- 
do,  e  d'esservi  scritta  ella  stessa,  i  due 
prefetti  del  pretorio  ,  Partetiio  mastro  di 
camera,  ed  altri  della  corte.  Ad  ognun  d' 
essi  comunicato  l'affare,  fu  determinato  di 
non  perdere  tempo  ad  eseguire  il  disegno. 
Venne  il  di  18  di  settembre,  in  cui ,  se- 
condo gli  astrologi  ,  temeva  Domiziano  di 
essere  ucciso.  L'ora  quinta   della  mattina^ 

P  3  quel- 


quella  specialmente  era.  di  cui  paventava, 
Però  dopo  aver  atteso  nel  tribunale  alla 
spedizion  di  alcuni  processi  ,  nel  ritirarsi 
alle  sue  stanze  dimandò  che  ora  era  .  Da 
taluno  de' congiurati  maliziosamente  gli  fu 
detto,  che  era  la  sesta:  perlochè  tutto  lie- 
to ,  come  se  avesse  passato  il  pericolo,  si 
ritirò  nella  sua  camera  per  riposare.  Par-- 
temo  mastro  di  camera  entrò  da  lì  a  poco 
per  dirgli,  che  Stefano  liberto  e  mastro  di 
casa  dell'  ucciso  Flavio  Clemente  ,  desidcva- 
va  di  parlargli  per  affare  di  somma  impor- 
tanza. Costui,  siccome  uomo  forte  di  cor- 
po, e  che  odiava  sopra  gli  altri  Domizia- 
no per  la  morte  data  al  suo  padrone,  era 
stato  scelto  dai  congiurati  per  fare  il  col- 
po .  Ne'  giorni  addietro  aveva  egli  finto  d' 
aver  male  al  braccio  sinistro,  e  lo  porta- 
va con  fascia  pendente  dal  collo.  ]Entrato 
egli  in  tal  positura  ,  presentò  a  Domiziano; 
una  carta,  contenente  l'ordine  di  una  con- 
giura che  si  fingeva  tramata  contra  di  lui , 
col  nome  di  tutti  i  congiurati.  Mentre  era 
r  imperadore  attentissimo  a  leggerla  ,  Ste- 
fano gli  diede  d'un  coltello  nella  pancia . 
Gridò  Domiziano  ajuto  :  un  suo  paggio  cor- 
se al  capezzale  del  letto  ,  per  prendere  il 
pugnale  ,  oppure  la  spada  ,  né  vi  trovò  che 
il  fodero ,  e  tutti  gli  usci  erano  chiusi .  ^ 
Ma  perchè  la  ferita  non  era  mortale  ,  Do- 
miziano s'avventò  a  Stefano,  si  ferì  le  di- 
ta 

*  Dto  lib'  67,  Sueton,  in  Domitiano  f.  17* 


Anno       CVI.  231 

la  nel  volergli  prendere  il  coltello ,  ed  ab- 
hrancolatisi  insieme  caddero  a  terra.  Far- 
tenio^  temendo,  che  Domiziano  la  scappas- 
se ,  aperta  la  porta  ,  mandò  dentro  Clodia- 
no  Corniculario ,  Massimo  suo  liberto ,  e 
Saturio  capo  de' camerieri,  ed  altri,  che 
con  sette  ferite  il  finirono.  Ma  entrati  al- 
tri, che  nulla  sapeano  della  congiura,  e 
trovato  Stefano  in  terra ,  V  uccisero .  In 
questa  maniera  ,  cioè  col  fine  ordinario  de' 
tiranni ,  terminò  sua  vita  Domiziano  in  età 
d'anni  quarantacinque.  Del  suo  corpo  niu- 
no  si  prese  cura,  fuorché  Filide  sua  nutri- 
ce ,  che  segretamente  in  una  bara  plebea 
lo  fece  portare  ad  una  sua  casa  di  campa- 
gna, e  dopo  averlo  fatto  bruciare  secondo 
r  uso  d'  allora,  seppe  farne  mettere  le  ce- 
neri ,  se  nza  che  alcuno  se  ne  avvedesse  nel 
tempio  della  casa  Flavia,  mischiandole  con 
quelle  di  Giulia  Sabina  Augusta  ,  figliuola 
di  Tito  imperadore  suo  fratello  .  ^  Fu  que- 
sta Giulia  maritata  da  esso  Tito  a  Flavio 
Sabino  suo  cugino  germano  ;  ma  invaghi- 
tosene Domiziano  ,  vivente  ancora  Tito  , 
l'ebbe  alle  sue  voglie.  Divenuto  poi  impe- 
radore ,  dopo  aver  fatto  uccidere  il  di  lei 
marito  ,  pubblicamente  la  tenne  presso  di 
se  ,  con  darle  ^1  titolo  di  Augusta  ,  e  far- 
le un  tal  trattamento  che  alcuni  la  credet- 
tero sposata  da  lui .  *  Ma  perchè  gravida 
del  marito  egli  volle  farla  abortire ,  cagion 

P  4  f^ 

'  hicm  cjp,  11,     2  Phihstratus  in  A^oìlon,  Tyan^  Uh.  7. 


232        Annali    dM  t  a  l  i  a 
fu  di  sua  morte .  Non  ho  detto  flnquì ,  ma 
dico  ora  ,  che  Domiziano  nella  libidine  non 
la  cedette  ad  alcuno  de'  più  viziosi .  Né  oc- 
corre dire  di  più . 

Quanto  al  basso  popolo  di  Roma  *,  non 
mostrò  egli  né  gioja  né  dolore  per  la  mor- 
te di  sì  micidial  regnante  ,  perchè  sfogava- 
si  d'ordinario  il  di  lui  furore  solamente 
sopra  i  grandi,  né  toccava  i  piccioli.  I 
soldati  si  ne  furono  in  grande  affanno  e 
rabbia ,  perché  sempre  ben  trattati ,  e  smo- 
deratamente arricchiti  da  lui  ;  però  volea- 
no  tosto  correre  a  farne  vendetta  ;  ma  i 
lor  capitani  ne  frenarono  que' primi  furiosi 
mavimenti ,  benché  non  potessero  dipoi  im- 
pedire quanto  soggiugnerò  appresso.  Air 
incontro  il  senato,  contra  di  cui  special- 
mente era  infierito  Domiziano  ,  ne  fece 
gran  festa ,  il  caricò  di  tutti  i  titoli  più 
obbrobriosi ,  ed  ordina  che  si  abbattesse- 
ro le  sue  statue ,  e  i  suoi  archi  trionfa- 
li *  ;  si  cancellasse  il  di  lui  nome  in  tutte 
le  iscrizioni ,  cassando  anche  generalmente 
ogni  suo  decreto .  Ancorché  Domiziano  non 
si  dilettasse  delle  lettere  e  dell'arti  libera- 
li ,  e  solamente  si  conti  eh'  egli  gran  cu- 
ra ebbe  di  rimettere  in  piedi  le  bibliote- 
che bruciate  di  Roma ,  con  raccogliere  ^ 
libri  da  ogni  parte,  e  farne  copiare  assais- 
simi  da  quella  di  Alessandria  :  pure  fiori- 
rono 


'  Sueton.  ibid.  c^jp.rz.     *  Dìo  lib.  67' 
*   Sueton.  ibidem  ea^.  14» 


Anno     CVI.  233 

tono  a*  suoi  tempi  varj  insigni  filosofi ,  fra"* 
quali  massimamente  risplendè  Epltetto ,  i 
cui  utili  insegnamenti  restano  tuttavia ,  ed 
Apollonio  Tianeo^  la  cui  vita,  scritta  da 
Filostrato  ,  è  piena  di  favole .  Fiorirono  an- 
che in  Roma  V  eccellente  maestro  dell'  elo- 
quenza Marco  Fabio  Quintiliano^  e  Marco 
Valerio  Marziale  poeta  rinomato  per  V  in- 
gegno, infame  per  gli  suoi  troppo  licenzio- 
si epigrammi.  Erano  amendue  nativi  di 
Spagna .  Vissero  parimente  in  que'  tempi 
Gajo  Valerio  Fiacco  ,  e  Gajo  Silio  Italico  , 
de'  quali  abbiamo  tuttavia  i  poemi ,  ma  di 
gusto  cattivo  ;  e  Decimo  Giiinio  Giuvena- 
Ze,  autor  delle  satire,  poco  certamente  mo- 
deste, ma  assai  ingegnose  e  degne  di 
stima . 

Terminata  dunque  la  tragedia  di  Domi- 
ziano ,  cominciò  Roma ,  e  seco  V  imperio 
romano^  liberato  da  questo  mostro ,  a  res- 
pirare ,  e  tornarono  i  buoni  giorni  per  V 
assunzione  al  trono  imperiale  di  Marco 
Coccejo  Ncrva  .  Era  nato  Nerva  ,  per  quanto 
ne  scrive  Dione  ^,  nell'anno  32  dell'Era  no- 
stra ,  di  nobilissimo  casato .  L' onestà  de'  suoi 
costumi  ,  la  sua  aria  dolce  e  pacifica,  la 
sua  rara  saviezza  ,  prudenza  ed  inclinazione 
al  ben  de' privati,  e  più  del  pubblico,  il 
faceano  amare  e  rispettar  da  cliichessia . 
Queste  sue  belle  doti  gli  ottennero  due  vol- 
te il  consolato  5  cioè  nell'anno  71   enei  90. 

Man- 

^  Dio  Uh.  62. 


254  Annali  d'  Italia 
Mancava  a  lui  solamente  wn  corpo  robu- 
sto,  e  una  buona  sanità,  essendo  stato  de- 
bolissimo Io  stomaco  suo.  Non s' accordano 
gli  Storici  in  certe  particolarità  della  sua 
vita  negli  ultimi  anni  di  Domiziano .  Filo- 
strato ^  vuole  che  venuto  a  Roma  Apol- 
lonio Tianeo ,  gì'  insinuasse  di  liberar  la 
patria  dalla  tirannia  di  Domiziano,  ma  eh* 
egli  non  ebbe  tanto  coraggio  .  Aggiugne 
che  Domiziano  il  mandò  in  esilio  àrTrarar+- 
to;  ed  Aurelio  Vittore  ^  scrive j,  che  Ner- 
va  si  trovava  ne'  Sequani  ,  cioè  nella  Franca 
Contea  ,  allorché  trucidato  fu  Domiziano  y 
e  che  per  consentimento  delle  legioni  pre* 
se  r  imperio  .  Ben  più  credibile  a  noi 
sembrerà  ciò  che  lasciò  scritto  Dione , 
cioè ,  che  Domiziano ,  già  da  noi  vedu- 
to persecutore  di  chiunque  o  per  le  sue 
buone  qualità  ,  o  per  relazion  degli  astro-- 
logi ,  era  creduto  potergli  succedere  nell' 
imperio,  meditò  ancora  di  levar  Nerva  dal 
mondo  5  e  T avrebbe  fatto,  se  uno  strologo 
amico  di  lui,  non  avesse  detto  a  Domizia- 
no j,  che  Nerva  attempato  e  mal  sano  era 
per  morire  fra  pochi  giorni.  Né  Dione  par- 
la punto  d'esilio;  anzi  suppone  ch'egli  si 
trovasse  in  Koma  nel  tempo  delF  uccision 
di  Domiziano,  e  che  passasse  di  concerto 
coi  congiurati,  consentendo  che  si  toglies- 
se la  vita  a  lui,  giacché  senza  di  questo 
egli  più  non    istimava    sicura  la    propria  . 

Estin- 

*  Pbilostrau  in  Vita  A-^ollonii  /.  7.     *  Aurei.  V:^,'inEpit< 


I 


Anno      XCVI.  235 

Estinto  dunque  il  tiranno,  fu  alzato  ai  tro- 
no cesareo  Marco  Coccejo  Nerva^  che  certo 
non  era  lungi  da  Roma  ,  per  opera  ^  spe- 
cialmente di  Petronio  Secondo  prefetto  dbl 
pretorio ,  e  di  Partenio  principal  autore 
della  morte  di  Domiziano  ,  con  approva^ 
I  zione  di  tutto  il  senato,  e  plauso  del  po- 
polo .  Ma  eccoti  alzarsi  un  rumore  e  una 
voce  ,  che  Donaiziano  era  vivo  ,  e  fra  poco 
comparirebbe  -.  Nerva  di  naturai  timido 
allora  mutò  colore  ,  perde  la  favella  ,  nò 
più  sapea  in  qual  mondo  si  fosse.  Ma  Par- 
tenio ,  che  co'  suoi  occhj  avea  veduto  le  fe- 
rite e  gli  ultimi  respiri  dell'  estinto  Do-^ 
miziano  ,  lo  incoraggi  ,  e  rimise  in  sella  . 
Ando  pertanto  Nerva  a  parlare  ai  soldati 
per  quetarli ,  e  promise  loro  il  donativo 
solito  neir  assunzion  de'  nuovi  imperadori . 
Di  là  poscia  passò  al  senato,  dove  ricevet- 
te gli  abbracciamenti  gioviali,  ei  compli- 
menti cordiali  di  cadaun  de' senatori  .  Non 
vi  iu  se  non  Arrlo  Antonino  ,  avolo  ma- 
terno di  Tito  Antonino  poscia  imperadore, 
suo  sviscerato  amico ,  il  quale  abbacciatolo 
gli  disse^,  che  ben  si  rallegrava  col  senato 
e  popolo  romano^  e  colle  provincie  per  si 
degna  elezione,  ma  non  già  con  lui;  per- 
chè meglio  per  lui  sarebbe  stato  il  vivere 
paziente  sotto  principi  cattivi  ,  che  assu- 
mere un  peso  sì  greve  ,  ed  esporsi  a  tanti 
pericoli    ed  inquietuàini ,  col    mettersi    fra 

i  ne- 

*   EutYop.  in  Brev.  Dio  Hb.  68.     ^  Aurei.  riSi-  i.i  Epst- 


2^6     Annali    d' Italia 

i  nemici  ^  che  mai  non  mancano  ,  e  fra  gì 
amici,  i  quali  credendo  di  meritar  tutto 
se  non  ottengono  quel  che  vogliono,  diven 
tano  più  implacabili  degli  stessi  nemici 
Contuttociò  Nerva  fattosi  coraggio  ,  presi 
le  redini  del  governo ,  e  si  accinse  a  so- 
stener con  decoro  la  sua  dignità ,  sicco- 
me ancora  a  restituire  al  senato  il  primiei 
suo  decoro,  e  la  quiete  e  l'allegria  ai  po- 
poli. Vivente  ancora  Domiziano,  e  non  pei 
anche  cessata  la  persecuzione  da  lui  mossa 
a'  Cristiani ,  sant^  Anacleto  papa  coronò  la 
sua  vita  col  martirio  o  nel  precedente  ,  o 
piuttosto  nel  presente  anno  ;  ed  ebbe  per 
successore  n-el  pontificato  romano  Evarisi 

Anno  di  Cristo  xcvn.  Indizione  x» 
di  EvARiSTo  papa  2. 
di  Nerva  imperadore  2. 

r  Marco  Goccfjo  Nerva  Air 
r^        1,.     !         GUSTO  per  la  terza  volta. 

Consoli  -^     r  X7^  -o 

I    Lucio    Virginio    Rufo  per 
L       la  terza  . 


V, 


arj  altri  consoli  V  un  dietro  1'  altro  si 
credono  dall'  Almeloven  sustituiti  in  quest' 
anno ,  e  fra  gli  altri  certo  è ,  che  Cornelio 
Tacito  istorico ,  siccome  osservò  anche  Giu- 
sto Lipsio ,  succedette  a  Virginio ,  o  sia 
Verginle  Rufo ,  Tal  notizia  abbiamo  da 
Plinio   il    giovane    ^.    Era    Virginio    Kufo 

quel 

'  P  lini  US  Uè.  i>  ep.i. 


Anno      XCVII.  23? 

quel  medesimo  che  nell'  anno  68  ricusò  più 
d'  una  volta  V  imperio ,  datogli  in  Germa- 
nia dai  soldati.  Gloriosamente  avea  egli 
menata  finquì  la  sua  vita,  senza  incorrere 
in  alcuna  disgrazia  ,  rispettandolo  ognuno, 
e  fin  quella  bestia  di  Domiziano  ,  e  serban- 
do queir  animo  grande,  ch'era  stato  supe- 
riore agi' imperj .  Ncrva  anch' egli  volle  far 
conoscere  a  lui  ed  al  pubblico,  quanta  stima 
ne  facesse  con  crearlo  suo  collega  nel  con- 
solato .  Abbiam  di  certo  da  Plinio  suddetto  , 
che  questo  fu  il  terzo  consolato  d' esso  Vir- 
ginio: al  che  non  fece  riflessione  il  padre 
Stampa  ^  ,  quantunque  il  cardinal  Noris  ^ 
ed  altri  lo  avessero  avvertito  ,  e  si  raccol- 
ga eziandio  da  Frontino  e  dai  Fasti  d' Ida- 
zio  .  Fu  egli  sotto  Nerone  neir  anno  63  per 
la  prima  volta  console  ordinario .  Credesi 
che  neir  anno  69  gli  toccasse  il  secondo 
consolato  ,  ma  straordinario  ,  sotto  Ottone 
Augusto  .  Intorno  al  prenome  di  Rufo  s' è 
disputato.  Chi  Tito  j  chi  PubblloV  ha,  volu- 
to. E' più  probabile  Lucio.  Ora  per  la  ter- 
za volta  creato  console  nell' anno  presente, 
siccome  e'  insegna  Plinio  il  giovane  ,  mentre 
sul  principio  dell'  anno  si  preparava  a  recita- 
re in  senato  il  rendimento  di  grazie  a  Nerva 
per  la  dignità  a  lui  conferita  ,  essendo  in 
età  di  ottantatrè  anni ,  colle  mani  treman- 
ti ,  e  stando  in  piedi,  gli  cadde  il  libro  di 
mano  ;  e  nel  volerlo  raccogliere  gli  sdruc- 
ciolò 

*  St.impi  ad  Fastus  Consul.  Sì^.     *  Nurì's  Epij:o.'.  dmuL 


2Ì38  AwNAti  d'Italia 
ciolò  il  piede  pel  pavimento  liscio  e  lu- 
brico ,  in  maniera  che  si  ruppe  una  coscia  . 
Non  essendosi  questa  ben  ricomposta  o  riu- 
nita ,  dopo  qualche  tempo  se  ne  morì ,  e 
gli  furono  fatti  solenni  funerali ,  mentre  era 
console  Cornelia  Tacito^  eloquenlissimo  or^^* 
tore  e  storico^  il  qual  fece  l'orazione  fu^ 
nebre  in  sua  lode .  Scrive  il  medesimo  Pli- 
nio, che  questo  Virginio  Rufo  era'  nato  iri 
una  città  confinante  alla  sua  patria  Como* 

Dacché  V  Augusto  Nerva  si  vide  sufficien- 
temente assodato  sul  trono  ,  fece  tosto  sen- 
tire il  suo  benefico  genio  a  Roma  e  a  tut- 
to il  romano  imperio .  ^  Richiamò  dalF 
esilio  una  copia  grande  di  nobili ,  che  avea- 
no  patito  naufragio  sotto  il  precedente  t 
rannico  governo  ,  ed  abolì  tutti  i  processi 
di  lesa  maestà.  E  perciocché  questi  erano 
proceduti  da  mere  calunnie  ,  perseguitò  i 
calunniatori ,  e  fece  morir  quanti  servi  e 
liberti  si  trovarono  aver  intentate  accuse 
contra  de' loro  padroni,  proibendo  con  ri- 
goroso editto  a  tal  sorta  di  persone  T  accu- 
sare da  lì  innanzi  i  padroni .  Vietò  parimen- 
te r  accusar  chichessia  d'  empietà  ,  e  di  se 
guitare  i  riti  giudaici  :  il  che  vuol  dire 
egli  estinse  la  persecuzione  mossa  de'  C 
stiani  ,  che  dai  Pagani  venivano  tutta 
confusi  coi  Giudei  .  Perciocché  per  conto 
de' Giudei  era  loro  permesso  l'osservar 
loro  legge  .  Quanti  preziosi  mobili  si  tr 

va- 

»  Dio  Uh,  d»' 


se- 

1 


Anno    XCVII.  239 

varono  neli'  imperiai  palazzo  ,  ingiustamen- 
te tolti  da  Domiziano,  furono  da  lui  con 
tutta  prontezza  restituiti.  Non  volle  per-^ 
mettere  che  si  facessero  statue  d'  oro  e  d' 
argento  (  se  pur'  non  erano  dorate  o  inar- 
gentate )  in  onor  suo  ,  abuso  dianzi  assai 
gradito  da  Domiziano.  A  que' cittadini  ro- 

:  mani ,  che  si  troravano  in  gran  povertà , 
assegnò  terreni ,  eh'  egli  fece  comperare  , 
di  valore  di  un  milione  e  mezzo  di  drac- 
me ,  con  deputare  alcuni  senatori  ,  che  ne 
facessero  la  divisione  .  Perchè  trovò  smun- 
to affatto  r  erario^  vendè  a  riserva  delle 
cose  necessarie^  tutti  i  vasi  d'oro  e  d'ar- 
gento, ed  altri  mobili,  tanto  suoi  parti- 
colari ,  che  della  corte  ,  e  parecchj  poderi 
e  case,  con  usar  anche  liberalità  ai  com- 
pratori. E  ciò  non  per  covare  in  cassa  il 
danaro  ,  ma  per  dispensarlo  al  popolo  ro- 
mano ,    apparendo    dalle    medaglie    ^  ,    eh' 

,  egli  distribuì  due  volte  nel  breve  eorso  del 
suo  governo  danari  e  grano  .  Giurò  che  d' 
ordine  suo  non  si  farebbe  mai  morire  alcu- 
no de'  senatori  ;  e  quantunque  un  d' essi 
fosse  convinto  d'  aver  congiurato  contra  di 
lui,,  pure  altro  mal  non  gli  fece,  che  di 
cacciarlo  in  esilio .  Fu  da  lui  confermata 
la  legge,  che  non  si  potessero  far  eunu- 
chi ;  e  proibito  il  prendere  in  moglie  le 
nipoti .  Attese  ancora  al  risparmio  ,  dopo 
aver  conosciuto  il  gran  male  provenuto  dal- 
lo 

'  Mediobarbus  in  Numiimat,  Irr.terat. 


240  Annali  d' Italia 
lo  scialacquamento  esorbitante  di  Domizia* 
no .  Levò  dunque  via  molti  sagrifizj  ,  moU 
ti  giuochi ,  ed  altri  non  pochi  spettacoli^ 
che  costavano  somme  immense  ,  ^  Suppres- 
se  tutto  ciò  che  era  stato  aggiunto  agli 
antichi  tributi  a  titolo  di  pena  contro  quei 
eh'  erano  morosi  al  pagamento  :  siccome  an- 
cora le  vessazioni  ed  angarie  introdotte 
contro  ai  Giudei ,  nel!'  esigere  le  loro  im- 
poste .  Le  città  oppresse  da  troppe  gravez- 
ze ebbero  sollievo  da  lui  ;  ed  ordinò  che 
per  tutte  le  città  d'Italia  si  alimentassero 
alle  spese  del  pubblico  gli  orfani  dell'uno 
e  dell'  altro  sesso  ,  nati  da  poveri  genitori , 
ma  liberti  :  carità  continuata  anche  dai  sus- 
seguenti buoni  imperadorij  anzi  accresciu-. 
ta ,  come  apparisce  dalle  antiche  iscrizio- 
ni .  Ristrinse  ancora  1'  imposta  della  vige- 
sima  per  le  eredità  e  per  gli  legati ,  intro- 
dotta da  Augusto»  Fra  le  lettere  di  Plinio 
il  giovane  *  si  trova  un  editto  di  questo 
imperadore ,  che  assai  esprime  quanta  fosse 
la  di  lui  bontà,  con  dir  egli,  che  ciascuno 
de  suol  concittadini  poteva  assicurarsi  , 
aver  egli  preferita  la  sicurezza  di  tutti 
alla  propria  quiete ^  e  non  aver  altro  in 
animo ,  che  di  far  di  buon  cuore  de'  nuo^ 
vi  benefizi  ,  e  di  conservare  i  già  fatti  da 
altri  .  E  però  per  levar  dal  cuore  d' ognu^ 
no  la  paura  di  perdere  quel  che  aveano 
conseguito  sotto  altri  Augusti ,  0  di  dover'- 

ne 

*  Jitrt/.  f^ici.  in  E^it.     '  Plìnius  lib.  io.  E^ist.  66» 


Anno      XCVII.  241 

ne  cercar  la  conferma  eoa  delle  preghiere 
d'  oro  ,  dichiarava ,  che  senza  bisogno  di 
nuovi  ricorsi  j  chiunque  godeva  avesse  da 
godere  ;  perchè  egli  volea  solamente  atten" 
dere  a  dispensar  grazie  e  henefizj  nuovi  a 
chi  non  avea  finora  goduto  . 

E  pure  con  un  principe  sì  buono  ,  il  cui 
dolce  Q  salute  voi  governo  tanto  più  dovea 
prezzarsi  ,    quanto   più    si   paragonava    col 
barbarico  precedente  ,  non  mancarono    no-^ 
bili  romani,  che  tramarono  una  congiura. 
^  Capo  d'  essi  fu    Calpurnio    senatore    dell' 
illustre  famiglia  de'  Crassi  :  degli  altri  non 
si  sa  il    nome .   Con   esorbita^ni    promesse 
di  danaro  sollecitava  egli  alla  rivolta  i  sol- 
dati .  Scoperta  la  mina  ,  Nerva  il  fece    se- 
dere   presso    di    se,    assistendo    ai    giuochi 
de'  gladiatori ,  e  nella  stessa  guisa  che  ve- 
demmo operato  da  Tito ,    allorché   gli    fu- 
rono presentate  le  spade    di    quei    combat- 
tenti, le  diede  in  mano  a  Crasso,  accioc- 
ché osservasse ,  se  erano  ben   affilate ,  mo- 
strando in  ciò  di  non  paventar    la  morte  . 
Fu  processato  e  convinto    Crasso  :    tuttavia 
Nerva  per  mantener  la  sua  parola    di    non 
uccidere    senatori,    altro   gastigo    non     gli 
diede ,  che  di    relegar    lui    e    la   moglie    a 
Taranto.  Fu  biasimata  dal  senato  sì    gran- 
de indulgenza    in  caso  di  tanta    importan- 
za, e  jn  altri  ancora^  perchè  egli  non    sa- 
pea  far  m^le  ai  grandi ,  benché    sei    meri- 
ToM.  II.  Q  tas- 

'  Dio  lib.  6Z.  Aurelius  rieìor  in  Epitome . 


242       Annali    d' Italia 

tasserò.  ^  Trovavasi  un  dì  alla  sua  tavola 
Vcjcnto^  o  sia  Vejentone  ^  già  console,  uo- 
mo scellerato  ,  che  sotto  Domiziano  era 
stato  la  rovina  di  molti .  Cadde  il  ragiona- 
mento sopra  Catullo  Messalina ,  che  neir 
antecedente  governo  tanti  avea  assassinati 
colle  sue  accuse  e  colla  sua  crudeltà ,  ed 
era  già  morto.  Se  costui^  disse  allora  Ner- 
va ,  fosse  tuttavia  vivo  y  che  sarebbe  di 
lui?  Giunio  Maurico^j  uomo  di  gran  pet- 
to ,  di  egual  sincerità  ,  e  uno  de'  commen- 
sali ,  immantenerite  rispose  :  Cori  esso  noi 
sarebbe  a  questa  tavola  .  Ma  quello  che 
maggiormente  sconcertò  Nerva  ,  fu  V  atten- 
tato d^  Eliano  Casperlo\,  creato  non  so  se  da 
lui ,  o  pur  da  Domiziano ,  prefetto  del  pre- 
torio, cioè  capitan  delle  guàrdie.  O  sia 
che  costui  movesse  i  soldati  ,  o  che  fosse 
incitato  da  loro  ,  certo  è  ,  che  un  di  for- 
mata^ una  sollevazione  andarono  tutti  al 
palazzo  *  j  chiedendo  con  alte  grida  il 
capo  di  coloro  che  aveano  ucciso  Domizia- 
no ^  A  tal  dimanda  si  trovò  in  una  som- 
ma costernazione  Nerva;  contuttociò  pa- 
rendogli ,  che  non  fosse  mai  da  com- 
portare il  dar  loro  in  manoy  chi  avea  li- 
berata la  patria  da  un  tiranno  ,  ed  era 
stato  cagione  del  proprio  suo  innalzamen- 
to j  coraggiosamente  negò  loro  tal  sod- 
disfazione, dicendo  che  se  si  voleano  sfo- 
gare, piuttosto  sulla  sua    testa    cadesse    il 

lo- 

•  Ph'nsus  l,  4.  £;>.  ai.  Aur.  riSl.  ih.      *  Plinius  in  Panegj/r» 


Anno    XCVII.  243  , 

loro  sdegno.  Ma  costoro  senza  fermarsi 
per  questo,  e  con  disprezzo  all'autorità' 
imperiale,  corsero  a  prendere  Fttrónio  Se- 
condo ^  già  prefetto  del  pretorio  ,  e  lo  sve- 
narono. Altrettanto  fecero  a  Partenlo  già 
maestro  di  camera  di  Domiziano,  trattan- 
dolo anche  più  ignominiosamente  d  eli''  al- 
tro .  E  Casperio^  divenuto  più  inso  lente  , 
obbligò  Nerva  di  lodar  quest'  azione  al  pò- 
polo raunato  ,  e  di  protestarsi  obbligato  ai 
soldati  ,  perchè  avessero  tolta  la  vita  ai 
maggiori  ribaldi  che  si  avesse  la  terra  • 

Una  sì  atroce  insolenza  de*  pretoriani  ser- 
vì a  far  meglio  conoscere  a  Nerva  ^  eh'  egli, 
stante  la  sua  vecchia] a  e  poca  sanità  ,  non 
potea  sperare  l'ubbidienza  ed  il  rispetto 
dovuto  al  suo  grado  ,  e  piuttosto  dovea  te- 
merne degli  altri  oltraggi .  Il  perché  da 
uomo  saggio  pensò  di  fortificar  la  sua  au- 
torità, cori  associare  all'imperio  una  per- 
sona che  fosse  non  men  forte  d'  aninlo  ,  che 
vigorosa  di  corpo .  E  siccome  egli  non  avea 
la  mira  se  nort  al  pubblico  bene^  e  desi- 
derava di  scegliere  il  migliore  di  tutti ,  * 
così  dopo  maturo  esame ,  e  consigliato  an- 
che da  Lucio  Licinio  Sura^  senza  punto 
badare  ai  molti  parenti  ,  che  avea  (  giac- 
che non  si  sa,  ch'egli  avesse  mai  moglie) 
fermò  i  suoi  pensieri  sopra  Marco  Ulpio 
^rajano ,  generale  allora  dell'  armi  roma- 
ne nella  Germania.  Era  questi  di    nazione 

Q  2  spa- 

*   Aurfliui  n^or  in  Epitome  . 


&44      AxSrNÀit  d'Italia 

spagnuolo  ,  perchè  nato  in  Italica  città  del- 
la Spagna ,  come  si  raccoglie  da  Dione  J 
e  da  Eutropio  ^ ,  benché  Aurelio  Vittore 
4  il  dica  venuto  alla  luce  in  Todi  ;  né  aU 
cpno  finora  avea  ottenuto  l' imperio,  che  non 
tosse  nato  in  Roma,  o  nel  vicinato  :  contutto-^ 
ciò  Nerva  fu  di  sentimento ,  che  per  iscegliere 
chi  dovea  governare  un  sì  vasto  imperio,  si 
avea  da  considerare  più  che  la  nazione,  1' 
abilità  e  la  virtù  .  Pertanto  in  occasion  di 
una  vittoria  riportata  nella  Pannonia ,  fat-» 
to  raunare  il  popolo  nel  Campidoglio  nel 
dì  i8  di  settembre,  come  alcuni  vogliono 
4 ,  o  piuttosto  nel  dì  27  ,  o  28  di  ottobre, 
come  pretendono  altri ,  ad  alta  voce  dichiarò 
eh'  egli  adottava  per  suo  figliuolo  Marco 
TJlpto  Nerva  TrajanOy  a  cui  nei  senato 
diede  nel  giorno  stesso  il  titolo  di  Cesare 
e  di  Germanico  ,  e  scrisse  di  suo  proprio 
pugno  ,  avvisandolo  di  tale  elezione .  5 
Fors' anche  ,  secondo  alcuni,  non  era  per^ 
venuta  questa  nuova  a  Trajano,  soggior- 
nante allora  in  Colonia ,  che  Nerva  il  pro-^ 
clamò  Imperadore  ^  ,  conferendogli  la  trij 
bunizia  podestà ,  ma  non  già  il  titolo  fl|| 
Augusto  ;  cioè  il  creò  suo  collega  nelF 
imperio .  Può  essere  che  ciò  avvenisse  alquan- 
to più  tardi  .  Almen  certo  è ,  che  il  dise- 
gnò console  per  V  anno  seguente .  Il  meri- 
to assai  conosciuto  di  Trajano  ch'era  stc^r 

to 

'   Dio/.  6?.     »  EutY.hiJirev.     ^   Aurei- l^iEì.   in  Epitome  . 
4  Pa>7vi/i.  ,  Petav-,  Pagius  .,  Dodyuellus  ^  Fabrett-  ■,  Tillcnt, 
'   Plinius  in  Panegj/rico  .     •  Euseb.  in  Cbrofz. 


Anno       XCVII.  HS  .. 

io  console  nelV  anno  91  ,  ed  avea  avuto  il 
padre,  stato  anch'esso  console  (  non  si  sa 
in  qual  anno  )  fece  che  ognuno  ricevesse 
con  plauso  una  sì  bella  elezione,  e  cessas- 
se ogni  sollevazione  e  tumulto  in  Roma. 
Si  trovava  allora  Trajano  nel  maggior  vi- 
gore della  virilità  ,  perchè  in  età  di  circa 
quarantaquattro  anni . 

Anso  di  Cristo  xcviii.  Indizione  xie 
di  Eva  RISTO  papa  5. 
di  Traiano  imperadore   i. 

r  Marco  Coccejo  Nerva  Aù- 
art  1*.  I  GtJSTo  per  la  quarta  volta  ^ 
Consoli  J    ^^^^Q  Ulpio  Traiano  per 

[^  la  seconda. 

V^redesi  che  a  questi  consoli  ne  fossero 
sustituiti  degli  altri  nelle  calende  di  lu- 
glio ,  ma  quali ,  noi  possiam  sapere  di  certo  ; 
Poco  sopravvisse  il  buon  imperadore  Nerva, 
né  già  sussiste  ,  come  taluno  ha  pensato  ,  eh' 
egli  deponesse  V  imperio  .  Riscaldossi  egli 
un  giorno  forte  in  gridando  coritra  di  un 
certo  Regolo  ^  che  doveva  aver  commessa 
qualche  iniquità^  di  modo  che  quantunque 
fosse  di  verno  ,  sudò  ;  e  questo  raiFredda- 
tosegli  addosso,  gli  cagionò  una  tal  feb- 
bre, che  fu  bastante  a  levarlo  di  vita.  Au- 
relio    Vittore    gli    dà    sessantatrè    anni    d' 

Q  3  ^tà 

j^ure/.  r,-^,  inBpit,  Tf'Ucm,  Min.  Ritf  Pagius  Crtt.  Bar, 


2/iG  Annali  d' Italia 
età  ^.  Dione  sessantacinque*,  Eutropio  set- 
tantuno  3  ^  ed  Eusebio  settantadue  .  ^  Co^ 
munque  sia,  lasciò  egli  anche  deposi  cor- 
to governo  un  glorioso  nomea  cagion  del- 
le sue  lodevoli  azioni  di  bontà  e  saviezza  : 
azioni  tali ,  eh'  egli  ebbe, a  dire  di  non  sapere 
d'  aver  operata  cosa  ,  per  cui ,  quando  an- 
che egli  avesse  deposto  l'imperio,  non  aves^ 
se  da  vivere  quieto  e  sicuro  nella  vita  pri- 
vata .  Ma  nulla  certo  gli  acquistò  piìi  cre- 
dito e  gloria  ,  che  V  aver  voluto  per  suc- 
cessore neir  imperio  un  Trajano  ,  che  poi 
divenne  il  modello  de' principi  ottimi .  Con 
funerale  magniiìco  fu  portato  il  suo  corpo  , 
o  vogliam  dire  le  ceneri  ed  ossa  sue  ,  dal 
senato,,  nel  mausoleo  d'Augusto.  Intojrno 
al  giorno  di  sua  morte  disputano  gli  eru- 
diti .  Inclinalo  i  più  a  credere  che  questa 
avvenisse  nel  gennajo  dell'anno  presente, 
e  nel  dì  27  Aurelio  Vittore  scrive  che  quel 
giorno ,  in  cui  egli  mancò  di  vita  ,  fu  un 
eclissi  del  sole  .  Secondo  i  conti  del  Calvi- 
sio  si  eclissò  il  sole  nel  dì  21  di  marzo  di 
quest'  anno  ;  ma  non  s'  accorda  ciò  con  chi  s 
gli  dà  sedici  mesi  e  nove  o  dieci  giorni 
d' imperio .  Sappiamo  bensì  da  Eusebio 
dalle  medaglie  7^  e  dalle  iscrizioni  ^,  ci 
Nerva  per  decreto  del  senato  fu  alzato  al 
onore  degli  dii ,  e  che    Trajano,    non   nu 

stan- 

'   Aureìius  ViBor  ibidem  .     *  Dio  /.  69. 

3-  Eutrop.  in  Bveviar.     ■*  Eusehius  in  ChYon. 

'  Dio  ibidem .  Eutropius  in  Brev.     ^  Eusebius  in  Cbron. 

>  Mediobarbus  Numism,  Imperata     *  Cruter,  Thasaur.   Insc. 


Anno       XCVIII.  247 

-*anco  di  mostrar  la  sua  gratitudine  a  quc- 
o  buon  principe  e  padre,  che  l' avea  al- 
zato al  trono,  alzò  anch'egli  a  lui  dei  templi^ 
secondo  la  cicca  superstizione  e  temerità  del 
gentilesimo.  Allorché  terminò^  Nerva  i  suoi 
giorni,  Publio  Elio  Adriano ^  che  fu  poi 
imperadore  ,  giovane  allora ,  ed  amicissimo  , 
anzi  parente  di  Trajano  ,  lasciato  già  da 
suo  padre  sotto  la  tutela  di  lui ,  ^  si  tro- 
vava nella  Germania  superiore .  Arrivata 
colà  la  nuova  della  morte  di  Nerva  ,  Adria- 
no volle  essere  il  primo  a  portarla  a  Tra- 
jano ,  dimorante  allora  in  Colonia;  e  tut- 
toché Serviano  di  lui  cognato  cercasse  d' 
impedirglielo  ,  i:on  fare  segretamente  rom- 
pere il  di  lui  calesso  ,  per  aver  egli  V  ono- 
re di  far  penetrar  con  sua  lettera  il  lieto 
avviso  a  Trajano:  nondimeno  Adriano  cam- 
minando a  piedi  ,  prevenne  il  messagger 
di  Serviano  .  Ricevute  poi  eh"*  ebbe  Traja- 
no *  le  lettere  del  senato  ,  gli  rispose  di 
,  suo  pugno  ;Co'  dovuti  ringraziamenti  ,  fra  1' 
altre  cose  promettendo  ,  che  nulla  mai  fa- 
rebbe contro  la  vita  e  l'onore  delle  perso- 
ne dabbene;  il  che  poscia  confermò  con  suo 
giuramento.  Mentre  egli  tuttavia  3Ì  trovava 
in  quelle  parti ,  o  certo  prima  di  tornarsene 
a  Roma,  chiamò  a  se  Eliaao  Casperio  pre- 
fetto del  pretorio  ,  e  i  soldati  da  lui  di- 
pendenti, facendo  vista  di  volersi  valere  di 
lui  in  servigio  disila  repubblica.  Nerva    in 

Q  4  r^g- 

^  Spartianus  in  Radriano^     *   D/'o  Uh.  6$. 


2^8  Annali  i>' Italia 
ragguagliarlo  dell'elezione  sua,  l'avea  par- 
ticolarmente incaricato  di  far  te  sue  ven- 
dette contra  d'  esso  Casperio ,  e  di  quelle 
milizie  che  ammutinate  gli  aveano  fatto , 
siccome  dicemmo  >  un  sì  grave  affron- 
to.  Trajano  l'ubbidì.  Tolta  fu  a  Caspe- 
rio  la  vita  ,  e  a  quanti  pretoriani  si 
trovò  che  aveano  avuta  parte  in  quella 
sedizione.  Comandava  allora  ad  una  pos- 
sente armata  Trajano,  né  v"*  è  apparenza 
ch'egli  nell'anno  presente  venisse  a  Roma^ 
ma  bensì  eh'  egli  si  trattenesse  in  quelle 
ed  anche  in  altre  parti  per  dare  buon  se- 
sto ai  confini  dell'  imperio  ,  e  alla  quiete 
delle  Provincie  .  ^  Sparsasi  nelle  nazioni 
germaniche  la  fama  ,  che  Trajano  era  di- 
venuto imperadore  ed  Augusto,  tale  già 
correa  la  rinomanza  e  la  stima  del  di  lui 
valore  e  senno  anche  fra  quelle  barbare 
genti,  che  ognun  fece  a  gara  per  ispedirgli 
dei  deputati^  e  chiedergli  supplichevolmente 
la  continuazion  della  pace .  Erano  soliti  i 
Tedeschi  nel  verno ,  allorché  il  Danubio 
gelato  si  potea  passare  a  piedi,  di  venire 
ai  danni  de'  Romani .  Nel  verno  di  quest' 
anno  non  si  lasciarono  punto  vedere .  Tro- 
vavasi  in  quelle  contrade  Trajano,  e  tut- 
toché le  sue  legioni  facessero  istanza  d^i 
valicar  quel  fiume ,  per  dare  addosso  a^j 
Tedeschi  :  tuttavia  egli  noi  permise .  Una 
delle  sue  principali  applicazioni   era  stata ,. 

e  mag- 

*   Plinius  in  Panegyr. 


Anno  XCVIIL  249 
e  maggiormente  fu  in  questi  tempii  di  ri- 
stabilire F  antica  disciplina,  l' arnor  delia 
fatica  ,  e  V  ubbidienza  nella  milizia  ro- 
mana ;  ed  egli  stesso,  con  trattar  civilmen- 
te tutti  gliufiziali  e  soldati,  si  conciliò  più 
che  prima  V  amore  e  il  rispetto  d'ognunov 

Anno  di  Cristo  xcix.  Indizione  y^ii^ 
di  EvAKiSTO  papa  zj. 
di  Traiano  imperadore  2. 

>^        r  J"  Aulo  Cornelio  Palma, 
^.onsoii  s^  g^^^  g^gj^  Senecione  . 

XLrano  questi  consoli  due  de' migliori  mo'--- 
bili  che  si  avesse  allora  il  senato  romano, 
e  particolarmente  godevano  della  stima  ed 
amicizia  diTrajano.  Aveano  costumato  al- 
cuni de' precedenti  Augusti  di  prender  essi 
il  consolalo  nelle  prime  calende  di  genna-^ 
jo,  susseguenti  alla  loro  assunzione  j,  Ges-* 
sando  perciò  i  consoli  disegnati.  ^  Traja-* 
no  tra  perchè  non  si  pasceva  di  fumo  ,  e 
perchè  gli  affari  non  gli  permettevano  di 
trovarsi  air  apertura  dell'anno  nuovo  in  Ro- 
ma^ ricusò  nelTanno  precedente  l'onore  del 
consolato ,  offertogli  dal  senato  secondo  lo 
stile ,  e  volle  che  entrassero  i  due  consoli 
sopraddetti .  Verisimilmente  venuta  che  fu 
la  primavera ,  fu  il  tempo  in  cui  egli  dal-* 
la  Germania  s^  inviò  a  Roma ,  Ben  diverso 

fa 

'  Id^m  ibid. 


z^o  ANxNfALi  d'  Italia 
fu  il  suo  passaggio  da  quei  di  Domiziano . 
Quegli  €rano  un  saccheggio  delle  città ,  do- 
vunque passava  egli  colle  sue  truppe  .  Tra- 
jano  benché  scortato  da  più  legioni ,  con 
tal  disciplina,  con  sì  bel  regolamento  fa- 
ceva marciare  e  riposar  la  sua  gente  ,  che 
diventò  lieve  ai  popoli  quel  militare  ag- 
gravio. Abbiamo  ancora  da  Plinio  l'entra- 
ta di  Trajano  in  Roma.  Fu  ben  lieto  quel 
giorno  al  veder  venire  un  bu.on  principe  , 
non  già  orgoglioso  sopra  carro  trionfale  , 
o  portato  dagli  uomini ,  come  costumò  al- 
cuno de'  suoi  antecessori ,  ma  a  piedi ,  e  in 
abito  modesto  :  che  non  accoglieva  con 
fronte  alta  e  superba ,  chi  gli  si  presenta- 
va ,  per  rallegrarsi  con  lui  e  per  ossequiar- 
lo ,  ma  bensì  gli  abbracciava  e  baciava  tut- 
ti ,  come  suoi  cari  concittadini  e  fratelli . 
Andò  al  Cam,pidoglio ,  e  poscia  al  palaz- 
zo. Seco  era  Pompea  Flotina  sua  moglie  , 
donna  d'alto  affare,  ed  emula  delle  virtù 
del  marito.  *  Allorché  ella  fu  sulle  scali- 
nate del  palazzo  imperiale ,  rivolta  al  po- 
polo disse  :  Quale  io  entro  or  qua  ,  tale  de- 
sidero anche  d'  uscirne  j  cioè  ben  voluta,  e 
senza  rimprovero  d'alcuna  iniquità.  In  fat- 
ti con  tal  modestia  e  saviezza  visse  ella 
sempre  dipoi,  che  si  meritò  gli  encomj  di 
tutti,  e  massimamente  perchè  cooperava 
anch'essa  a  promuovere  il  ben  pubblico  e 
la  gloria  del  marito.  ^  Haccontasi ,  che  in- 
fo r-» 

'  D;ci  Itif.  ó8.         *  Aurelius  P'j5ior.  in  Epitome  . 


Anno     XCIX.  251 

formata  delle  avanie  e  vessazioni ,    che    si 
praticavano   per   le    provincie    del    romano 
imperio  dagli  esattori  de'  tributi  e  delle  ga- 
belle ,  sanguisughe  ordinarie  de' popoli,  ne 
fece  una  calda  doglianza  al  marito ,    come 
egli  fosse  sì  trascurato  in    affare  di    tanta 
premura  ,  permettendo  iniquità  ,   che    face« 
vano  troppo  torto  alla  di   lui  riputazione . 
Seriamente  vi  si  applicò  da  lì  innanzi  Tra- 
jano ,  e  rimediò    ai  disordini,    riconoscen- 
do essere  il  fisco  simile  alla  milza,  la  qua- 
le crescendo  fa  dimagrar  tutte  le  altre  mem- 
bra.  A  Plotlna  fu  probabilmente  conferito 
dopo  il  suo  arrivo  a  Roma  il  titolo  di  Au- 
gusta ;  siccome  a  Trajano  quello  di  Padre 
della  Patria ,  che  si  trova    enunziato  nelle 
monete  di  quest'anno,  come  pur  anche  quel- 
lo di  Pontefice  Blassimo,  Avea  Trajano  una 
sorella,  appellata  Marciana ,  con  cui  mira- 
bilmente andò  sempre  d'  accordo  la  saggia 
imiperadrice  Piotina.  La  città  di  Martiano- 
poli ,  capitale  della  Mesia ,  per  attestato  di 
Ammiano   ^    e  di  Giordano  * ,  prese  il  no- 
me da  lei .  Ebbe  anche  Marciana   il    titolo 
d' augusta ,  che  si  trova  in  varie  iscrizio- 
ni e  monete.  Da  lei  nacque  una  Ma t Idia  ^ 
madre  di  Giulia  Sabina  y  che  fu  moglie  di 
Adriano  Augusto^  e  per  quanto    si  crede, 
di  un'  altra  Matidia . 

Le  prime  applicazioni  di  Trajano  ,  dac- 
ché fu  egli  giunto  a  Roma,  furono   a  cat- 
tivar- 

'  AmTnianus  Uh.  i7«         *  Jordan,  de  Reb.  Geticis  ♦ 


25^^         A  N  N  A  L  I     d'  I  T  A  i  I  A 

tivarsi  r  amore  del  pubblico  colla  liberali- 
tà. ^  Aveva  egli  già  pagato  alle  milizie  là 
metà  del  regalo   che    loro  ^olea    darsi    dai 
novelli  imperadori .  Ai  poveri  cittadini  ro- 
mani diede  egli  l' intero  congiario ,   volen- 
do òhe  ne  partecipassero  anche  gli    assenti. 
e  i  fanciulli  ;    spesa  grande ,   ma  senza    ar- 
ricchir gli  uni  colle  sostanze   indebitamen- 
te rapite  ad  altri,  come  in  addietro  si  fa- 
eea  da'  principi  simili  alle  tigri ,    le    quali 
nudrisCono  i  lor  figliuoli  coirà  strage  d'  al- 
tri animali .    Da  gran  tempo  si    costumava* 
in  Roma,  che  la  repubblica  distribuiva  gra--" 
tis  di  tanto  in  tanto  una  prodigiosa  quan- 
tità di  grano  e  d' altri  viveri  al  basso  po- 
polo de'  cittadini    liberi ,    perchè    anóh'  esso 
riteneva  qualche    parte  nel   dominio  e    go- 
\^erno.  Ma  i  fanciulli,  che  aveano  m/eno  di' 
undici  anni  5  non  godevano  di  tal  distribu- 
zione. Trajano  volle  ancor  questi  partecipi 
della  pubblica  liberalità.  E  perciocché,  sic- 
come dicemmo,  Nerva    avea  ordinato,    che 
anche  per  le    città  dell'  Italia    a    spese    dei 
pubblici  erarj    si   alimentassero    i    figliuoli- 
orfani  della  povera  gente  libera  :  diede  al- 
le città  danari  e  rendite^  afiinchò  fosse  con- 
servato   ed  accresciuto    questo    brrón    uso  v 
Rallegrò  parimente  il   popolo  romano    con 
alcuni  giuochi  e  spettacoli  pùbblici,  cono-^ 
scendo  troppo  il  genio  di  quella  gente  a  sì 
fatti  divertimenti.  Per  altro  non  se  ne  di- 

let^ 

*  In  Panegfu 


Anno      XGIX.      .       ^si 
tettava  egli;  anzi  cacciò  di  nuovo  da  Ko-. 
ma  i  pantomimi ,  come  indegni  della  gra- 
vità romana.    Cura  particolare    ebbe    dell' 
annona,  con  levar  via  tutti  gli  abusi  e  mo-' 
nopolj  ,  con  formare  e   privilegiare    il  col^ 
iegio    de'  fornaj  :  di  modo  che  non  solo  in 
Roma,  ma  per  tutta  Tltalia  si  vide    fiori- 
re r  abbondanza   del  grano ,    talmente    che 
l'Egitto,    solito  ad  essere    il  granajo   dell' 
Italia,  trovandosi  carestioso  in  quest' anno, 
per  avere  il  Nilo  inondato  poco  paese  ,  po- 
tè   ricevere    soccorso    di   biade    dall'  Italia 
stessa  .  Ma  ciò  che  maggiorm.ente  si  ijieri- 
io  plauso  da  ognuno,    fu  l'aver    anch' egli 
più  rigorosamente  di  quel  che  avessero  fat- 
to Tito  e  Ncrva^    ordinato  processi   e  ga- 
stighi  contra  de' calunniosi  accusatori,  che 
sotto  Domiziano    erano  stati    la  rovina    di 
tanti  innocenti .  Nella    stessa  guisa    ancora 
abolì  r  azione   di  lesa    maestà ,    eh"*  era    in 
addietro  V  orrore  del  popolo  romano.  Ogni 
menoma  parola  contra  del  governo  si  ripu^ 
Cava  un  enorme  delitt© .  Ma    egregiamente 
intendeva  Trajano  ,  essere  proprio  de'  buo- 
ni principi  r  operar  bene  ,  senza  poi  curar- 
si delle  vane    dicerie    de"*  sudditi  ;    laddove 
i  tiranni,  male  operando ;,  esigerebbono  an- 
cora ,    che  i  sudditi  fossero    senza  occhj  \§ 
senza  lingua  ;    né  badano   che  coi    gastighì 
maggiormente  accendono  la  voglia  di  spar- 
larti di   loro,  e  l'odio  universale  contra  di 
se  stessi.  Assistè  Trajano  nell'anno  presen- 
te, come  persona   privata,   ai  comizj ,    ne' 

qua- 


s^4       Annali    dItalia 

quali  si  dovea  far  1' elezion  de' consoli  per 
l'anno  seguente.  Fu  egli  disegnato  console 
ordinario,  ma  si  durò  fatica  a  fargli  ac- 
cettare questa  dignità;  ed  accettata  che  V 
ebbe,  con  istupore  d'ognuno  si  vide  il  buon 
imperadore  andarsi  ad  inginocchiare  davanti 
al  console  ,  per  prestare  il  giuramento,  come 
solevano  i  particolari  ;  e  il  console  senza  tur- 
barsi ,  lasciò  farlo .  Altri  consoli  da^  susti- 
tuire  agli  ordinarj  ,  furono  anche  allora  di- 
segnati, siccome  dirò  all'anno  seguente. 

Anno  di  Cristo  c.  Indizione  xiii* 
di  EvAKiSTo  papa  5. 
di  Traiano  imperadore  3.' 

p  Marco  Ulpio  Nekva   Tra- 

I        jANo  Augusto  per  la  ter- 

Consoli  -^        za  volta, 

i    Marco  Cornelio  Fronton 
•^      per  la  terza  . 


I 


Vj'ran  disputa  fra  gli  eruditi  illustrator 
de' Fasti  consolari  '  è  stata  e  dura  tutta- 
via, senza  aver  mezzo  finora  da  deciderla, 
quale  sia  stato  il  collega  ordinario  di  Tra- 
jano  nel  presente  consolato j,  cioè  chi  con 
lui  procedesse  console  nelle  calende  di  gen 
najo.  Parve  al  cardinal  Noris  *  più  proba 
bile,    che  fosse   Sesto    Giulio   Frontino  jj 

la 


*  Panvinius  ,  Pagius  ,  TilUmont ,  Stampa 

*  Norfs  Epistol.  C§nsuìari  * 


Anno     C.  255 

ta  terza  volta ,  scrittore  rinornato  per    gli 
suoi   libri ,    conservati   sino    ai  dì    nostri . 
Poscia  inclinò    piuttosto   a  crederlo    Marco 
Cornelio  Frontone  per  la  terza  volta  ^  come 
avea  tenuto  il  Panvinio  ,  e  tenne  dipoi  an- 
che il  Pagi .  V  imbroglio    è  nato  dalla  vi- 
cinanza dei  cognomi  di    Frontone  e   Fron- 
tino, Certo    è  che  Frontone    fu  console    in 
quest'  anno  .  E  perciocché  sappiamo  da  Pli- 
nio ^,  essere  stati  disegnati  per    quest'an- 
no   oltre    all'Augusto    Trajano    due    altri, 
che  sarebbono  consoli    ;per  la  terza    volta , 
perciò  alcuni    han  creduto    anche    Frontino 
console  nelT  anno  presente  ;    m^a  senza    ap- 
parire   in    qual    anno    preciso    tanto    egli  , 
quanto   Frontone ,    avessero   conseguito    gli 
altri  due  consolati .    Credesi  ben    comune- 
mente ,  che  nelle  calende  di  settembre  fos- 
sero sustituiti  in  quella  illustre  dignità  Ga- 
jo  Plinio  Cecilia  Secondo  comasco,    celebre 
scrittore  di    lettere ,    e    del    panegirico    di 
Trajano  ,  eh'  egli  per  ordine  del  senato  com- 
pose e  recitò  in  questa  congiuntura ,  e  Spu-* 
]rÌo  Cornuto  Tertullo ,  personaggio  anch'  es- 
so di  gran  merito .   Secondo  il    Panvinio  e 
r  Almeloven ,    nelle    calende    di    novembre 
succederono  Giulio  Feroce  ,  ed  ^cutio  Ner^ 
va .  Ma  io  *  ho  prodotta  un'  iscrizione  po- 
sta nel  dì  29  di  dicembre    dell'  anno    pre- 
sente^ da  cui  ricaviamo  essere  allora  stati 

con- 

■   Ph'nius  in  Panegirico  . 

*   Thesaurus  Novus  Injcr/^t.  p/7g.   303.    nura.  5. 


25^  An-nali  d*  Ita  LIA 
consoli  Lucio  Roselo  Eilario  e  Tiberio  Clau 
dio  Sacerdote .  Benché  fosse  assai  conosciu- 
to in  Roma  il  mirabil  talento  di  Trajano 
Augusto,  pure  assunto  ch'egli  fu  al  trono, 
maggiormente  comparì  qual  era ,  con  ve- 
dersi inoltre  un  avvenimento  ben  raro ,  cioè 
eh'  egli  non  mutò  punto  nella  mutazion  del- 
lo stato  i  buoni  suoi  costumi ,  anzi  li  mi*- 
gliorò  'y  e  che  V  altezza  del  suo  grado  e 
della  sua  autorità  servi  solamente  a  far  cre^ 
5.cere  le  sue  virtù.  Fasto  e  superbia  spira- 
vano le  azioni  di  molti  suoi  predecessori  .  ^ 
Continuò  egli ,  come  prima ,  la  sua  affabi- 
lità,  la  sua  modestia,  la  sua  cortesia.  Am^ 
metteva  alla  sua  udienza  chiunque  lo  de^- 
siderava,  trattando  con  tutti  civilmente ,  e 
massimamen|:e  onorando  la  nobiltà ,  ed  ab^- 
tracciando  e  baciando  i  principali  :  laddo- 
ve gli  altri  Augusti,  stando  a  sedere j,  ap-^ 
pena  porgeano  la  man  da  baciare .  Gli  sta- 
va fitta  in  mente  questa  massima,  che  un 
Sovrano  In  vece  d^ avvilirsi  coli'  abbassar- 
si^ tanto  più  si  fa  rispettare  e  adorare. 
Usciva  egli  con  un  corteggio  modesto  e 
mediocre  ;  ne  andavano  già  innanzi  lacchè 
o  palafrenieri  per  fargli  far  largo  colle  ba- 
stonate ,  anzi  egli  talvolta  si  fermava  neW 
le  strade ,  per  lasciar  che  passasse  qualche 
carerò ,  o  carrozza  altrui .  Per  un  impera- 
dore  erg  assai  frugaje  la  sua  tavola  ,  ma 
condita  dall'allegria  di  lui,  e  da  quella  di 

va- 


PlUiiiì  in  Paneg^rr 


Anno       C.  257 

irie  persone  sayie  e  scelte,  ch'erano  ori' 
.ma,  or  l'altra  invitate.    ^  Distinzione   di 
posto  non  voleva  alla  sua  mensa  ,    né  sde- 
gnava di  andare    a  desinare  in    gasa    degli 
amici  ,  di  portarsi  alle    lor  feste  ,    di  visi- 
tarli malati^    di  andar  talvolta  nelle    loro 
carrozze.  In  somma  per  quanto  poteva^  si 
studiava  di  trattar  con  tutti  non    meno  in 
Roma  ,  che  per  le  provincie    con  tanta    ci- 
viltà e  moderazione  ,  come  se  non  fosse  il 
sovrano,  ma  un  loro  eguale,  ricordando   a 
se  stesso  ,  eh'  egli  comandava  J3ensi   agli  uo- 
mini, ma  ch'era  uomo    anch' egli.    E  per- 
chè un  dì  gli  amici  suoi  il  riprenfleyano ,  per- 
chè eccedesse  nella  cortesia  verso    d'  ognu- 
no ,  rispose  quelle  memorande  parole  :  Tg- 
le  desidero  d^  essere  Imperadore  \'erso  i  p7*i- 
wati^    quale  avrei  caro    die   gV  imiìer adori 
fossero  verso  di  77ie,   se  fossi    uomo  priva- 
to .  Lo  stesso  Giuliano  Apostata  *,  che  an- 
dò cercando  tutte    le  macchie    e  i  nei    de' 
precedenti  Augusti ,   non  potè  non   confes- 
sare ,   che    Trajano    superò    tutti    gli    ajtri 
imperadori  nella    bontà  e    nella    dolcezza  : 
il  che  punto  non  facea    scemare    in  lui    la 
maestà ,    e  ne'  sudditi    il  rispetto    verso    di 
lui .  Per  questa  via  ,   e  col  mostrar    amore 
a  tutti ,    egli    era    sommamente    amato    da 
tutti ,    odiato  da  niuno  ;    e    dappertutto  si 
godeva  una   somma  pace,    e    un' invidiabil 
Tom.  IT.  H  tran- 

*  Eutropius  in  Brevi ar. 

*  Julianui  df  C<esaribus  . 


258      Annali    d'  Italia 
tranquillità ,  come  si  fa  nelle  ben  regolate 
famiglie . 

L'  adulazione  come  in  paese  suo  proprio 
suol  abitar  nelle  corti  j  non  già  in  quella 
di  Trajano,  che  l'abborriva  .  ^  E  però  nep- 
pur  gradiva,  che  se  gli  alzassero  tante  sta- 
tue ,  come  in  addietro  si  era  praticato  con 
gli  altri  Augusti ,  e  di  rado  permetteva  che 
se  gli  facesse  quest'  otìore ,  né  altri  ,  che 
puzzassero  d'adulazione.  Per  altro  mostra- 
va egli  piacere,  che  il  nome  suo  comparis- 
se nelle  fabbriche  da  lui  fatte  o  risarcite  , 
e  nelle  iscrizioni  de'  particolari  ;  laonde  ap- 
parendo" poi  esso  in  tanti  luoghi ,  diede  mo- 
tivo ad  alcuni  di  chiamarlo'  per  ischerzo  ^ 
Erba  Parletarlay  erba  che  si  attacca  alle 
muraglie.  Ma  conferendo  le  cariche,  nep- 
pur  voleva  esserne  ringraziato  ,  quasi  eh* 
egli  fosse  più  obbligato  a  chi  le  riceveva  , 
che  essi  a  lui.  Le  ordinarie  sue  occupazio- 
ni consistevano  in  dar  udienze  a  chi  ricor- 
ica per  giustizia,  per  bisogni^  per  grazie  , 
con  ispedir  prontamente  gli  affari ,  special- 
mente quelli  che  riguardavano  il  ben  pub- 
blico. Sapeva  unire  la  clemenza,  la  piace- 
volezza colla  severità  e  costanza  nel  puni- 
re i  cattivi,  nel  rimediare  alle  ingiustizie 
de'  magistrati ,  nel  pacificar  fra  loro  le  cit- 
tà discordi.  Sotto  di  lui  in  materia  crimi- 
nale non    si    proferiva  sentenza    contro    di 

chi 


Plinius  in  Pancgyn'co  . 

Ammianus  tit.  27.  /lurelius  ri6ior.  in  Epitome 


J 


Anno     C.  ^59 

:hi  era  assente  ;  ne  per  meri  sospetti ,  co- 
me si  usava  in  addietro,  si  condannava  al- 
cuno.  Un  bellissimo  suo  rescritto  vien  ri- 
ferito ne' Digesti  ^,  cioè:  Meglio  è  in  dub-^ 
bio  lasciar  impunito  un  reo ,  che  condan-^ 
nare  un  innocente.  Sotto  altri  principi  il 
fisco  guadagnava  sempre  le  cause.  Non  già 
sotto  Trajano,  che  anche  contra  di  se  ama- 
va che  fosse  fatta  giustizia .  Quanto  era 
egli  lontano  dal  rapire  la  roba  altrui ,  al- 
trettanto era  alieno  dal  nuocere  o  inferir 
la  morte  ad  alcuno.  A'^suoi  tempi  un  solo 
de' senatori  fu  fatto  morire,  ma  per  sen- 
tenza del  senato,  e  senza  notizia  di  lui  ^ 
mentre  era  lungi  da  Roma:  tanto  era  il 
rispetto  eh'  egli  professava  a  quel  nobilis- 
simo ordine.  ^  Ed  appunto  in  quest'anno 
fu  un  bel  vedere,  come  creato  console  egli 
si  contenesse  nel  senato,  in  esercitando 
queir  eminente  dignità .  Nel  primo  giorno 
dell'  anno  volle  salito  in  palco  nella  pub- 
blica piazza  prestare  il  giuramento  di  os- 
servar le  leggi,  solito  a  prestarsi  dagli  al- 
tri consoli,  ma  non  dagl'imperadori ,  che 
se  ne  dispensavano .  Portatosi  al  senato  , 
ordinò  ad  ognuno  di  dire  con  libertà  e  sin- 
cerità i  lor  sentimenti ,  con  sicurezza  di 
non  dispiacergli .  Così  diceano  anche  gli  al- 
tri Augusti ,  ma  non  di  cuore  ,  e  i  fatti  poi 
lo  mostravano  .  Ordinò  ancora ,  che  ai  vo- 
ti ,  i  quali  non  meno  in  Roma  ,  che  per  le 

R  2  pro- 

'  Lc^i  5.  Df^estis  de  Pvenh  .         ^   Piinitis  in  Panegyu 


i^o  Annali  d'  I  t  a  1  r  a 
Provincie  nel  dì  3  di  gennajo  si  faceand 
per  la  salute  dell'*  imperadore^  s' aggiugnesr 
se  questa  condizione  :  Purché  egli  governi 
a  dovere  la  Hepubblica  ,  e  proccurl  il  bene 
di  tutti.  Egli  stesso  in  pregar  gli  dii  per 
se  medesimo ,  solea  dire  :  Se  pure  la  merirr 
tm'ò  ^  se  continuerò  ad  essere  quale  sono 
stato  eletto  ,  e  se  seguiterò  a  meritar  la 
stima  e  V  affetto  del  Senato.  Con  tal  pa»- 
zienza  accudiva  egli  ai  pubblici  affari,  ascoU 
tava  i  dibattimenti  delle  cause,  e  con  tan- 
ta attenzione  distribuiva  le  cariche ,  pror- 
movendo  sempre  chi  andava  innanzi  nel 
merito  ,  che  il  senato  non  potè  contenersi 
dal  palesar  la  sua  gioja  con  delle  acclaraaT 
zioni  ,  che  mossero  le  lagrime  al  medesi-r 
mo  Trajano,  coprendosi  intanto  il  di  lui 
volto  di  rossore ,  cioè  di  tm  contrassegno 
vivo  della  sua  modestia  .  E  verisimilmente 
il  senato  circa  questi  tempi  conferì  a  Tra-r 
jano  il  glorioso  titolo  di  Ottimo  Principe . 
Plinio  nelle  sue  epistole  parla  di  molte  caur 
se  agitate  in  questi  tempi  nel  senato  ,  con 
aver  Trajano  ben  disaminati  i  processi,  e 
custodita  rigorosamente  l'osservanza  delie 
leggi .  Il  primo  gran  dono ,  che  fa  Dio  agli 
uomini ,  quello  è  di  dar  loro  un  buon  na-^ 
turale,  un  intendimento  chiaro,  e  un'in- 
dole portata  solamente  al  bene .  Convier 
ben  dire ,  che  ottimo  fosse  il  talento  d 
Trajano  ,  dacché  confessano  gli  storici ,  eh 
egli  poco  o  nulla  avea  studiato  di  lettere 
ed  era   mancante  d'eloquenza.    Ma  il    sue 

in- 


Anno      C,  2§r 

irfgcgnD  e  giudizio^,  e  il  pendìo  à  quel  so- 
k),  che  è  bene,  supplivano  questo  difetto. 
E  però  benché  non  fosse  letterato ,  somma-* 
mente  amava  e  favoriva  i  letterati^  e  chiun- 
que era  eccellente  in  qualsivoglia  profes-* 
^ione . 

Anno  di  Cristo  ci.  Indizione  xiv, 
di  EvARiSTo  papa  6u 
di  Traiano  imperadore  ^^ 


Consoli 


r  Marco  Ulpio  Nerva  Tra- 
J  jANo  Augusto  per  la  quar- 
ti       ta  volta  y 


Sesto  Articolato, 


V^i*edesi  che  Tuno  di  questi  consoli  aves- 
s'e  nelle  calcride  di  marzo  per  successore 
nel  consolato  Cór/ieZto  Scipione  Orfito  ^  e  ch6. 
rtelle  calen'de  di  maTZo  fossero,  sostituiti 
Bebìò  Macro  ^  e  Marco  Valerio  Paolino;  e 
poi  nelle  calende  di  luglio  procedessero  col- 
la trabea  consolare  Ruhrio  Gallo  e  Quinto 
Cello  Ispone  .  Trovasi  un'  iscrizione,  da 
me  ^  riferita  ;,  posta  a.  Marco  E  pule]  o  (for- 
se Apvulejo  )  Procolo  Cepione  Ispone ,  eh'  era 
stato  console .  Sarebbe  da  vedere ,  se  si 
tratti  del  suddetto  Ispone .  Per  me  ne  son 
persuaso,  quantunque  chiaro  non  apparisca 
in  qual  anno  cada  il  di  lui  consolato.  Han 
creduto    molti    storici,    che    in    quest'anno 

R  3  av- 

'  Thesaurus  Ncvus  Veter.  Inscri^t'  ^ag'  3-i<5.  num.  i. 


^8i  A  N-  N  A  L  I      D     I  T  A  L  r  A 

avvenisse  la  prima  guerra  di  Trajano  con- 
tra  dei  Daci .  Tali  nondimeno  son  le  ra-F 
gioni  addotte  dal  giudiziosissimo  cardinal 
Noris  ^ ,  che  pare  doversi  la  medesima  ri- 
ferire air  anno  seguente.  Nulladimeno  il 
Tilìemont  ^,  scrittore  anch'esso  accuratis- 
simo ,  inclinò  a  giudicarla  succeduta  in 
quest'anno.  Più  sicuro  a  me  sembra  il  dif- 
ferirla al  seguente  ,  quantunque  si  possa 
credere  cominciata  la  rottura  nel  presen- 
te .  Già  vedemmd  fatta  da  Domiziano  una 
vergognosa  pace  con  Decebalo  re  dei  Da- 
ci ^  a  cui  egli  s'obbligò  di  pagare  ogni 
anno  certa  somma  di  danaro  a  titolo  di  re- 
galo ,  che  in  fatti  era  un  tributo  .  AH'  ani- 
mo grande  di  Trajano  parve  troppo  igno- 
miniosa una  sì  fatta  concordia  e  condizio- 
ne^ né  egli  si  sentì  voglia  di  pagare .  ^ 
Per  questo  rifiuto  Decebalo  cominciò  a  for- 
mare un  possente  armamento^  e  a  minac- 
ciar le  terre  dell'  imperio  con  delle  sgara- 
te.  Fors' anche  le  sue  genti  commisero  qual- 
che ostilità .  Pertossi  perciò  nell'  anno  sus- 
seguente l'Augusto  Trajano  in  persona  a 
que' confini^  per  dimandargliene  conto;  ed 
allora,  come  io  vo  credendo,  ebbe  princi- 
pio la  prima  guerra  dacica .  Non  istettt 
certamente  in  ozio  in  questi  tempi  Traja- 
no. Stendevasi  la  di  lui  provvidenza  e  li- 
beralità a  tutte  le  parti  dell'imperio.  Ab- 
bi a- 


'  Noris  Ebrstol'i  Consulari  . 

^  Tilhmont ,  Memgiret  dcs  Em^ereurs  .         ^  Dio  ìib.  é8.  ì 


1 


Anno       CI.  2^3 

)iamo  da  Eutropio  ^^  eh'  egli  riparò  le  cit- 
■1  della  Germania,  situate  di  là  dal  Reno  . 
rebbe    ciò    essere    succeduto    nell'  anno 
)resente.  E  senza  questo  noi  sappiamo   eh' 
jgli  fece  far  infinite    fabbriche  per  le    cit- 
tà romane ,  e  porti ,  e  strade  ,  ed  altre  ope- 
re o  per  utilità;,  o  per  ornamento  4  ed  era 
facile  a    concedere    ad    esse  città    privilegi 
ed  esenzioni,  e  a  sollevarle  ne' lor  bisogni. 
Tale  ancora  il  provavano  i  particolari.  Ba- 
stava avere    avuta  con  lui    anche  una  me- 
diocre familiarità ,    e  poi  chiedere .    A    chi 
[ricchezze,  a  chi  compartiva  onori,  riman- 
dando consolati  gli  altri  colla  promessa  di 
dar  ciò  che  allora  pon  potea .  Ma  partico- 
larmente premiava  egli ,  chi  avea   più  me- 
rito ;  e  laddove  sotto  i  precedenti  Augusti 
chi  era  uomo  di  petto  ,  e  odiava  la  servi- 
tù ,  e  solca  parlar  franco  ,  o  dispiaceva ,  o 
correva  pericolo  dell'  esilio  ,    o  della    vita  : 
questi  da  Trajano  erano  i  più   stimati ,  ben 
voluti,  ed  esaltati.    E    tuttoché  la    nobiltà 
sua  propria  si  stendesse  poco  indietro,  pu- 
re gran  cura    aveva    egli  di  chi   procedeva 
dagli  antichi  nobili  romani  ,  e  li  preferiva 
agli  altri   negl'impieghi.  Ne' tempi    addie- 
tro troppo  spesso  si  vide  ,  che  i  liberti  de- 
gl' imperadori    la  faceano    da    padroni    del 
pubblico  e    della    corte  stessa.    ^    Trajano 
scelti  i  migliori  fra  essi,  se  ne  serviva  ben- ^ 
sì,  e  li  trattava  as-sai  bene;  ma  in  manie- 
li  4  ra 

*  EutYo^ius  in  Brevìiirlo  .         *  Plinius  in  Panegyrico  . 


264      Annali    li'  Italia 

rà  che  si  ricordassero  sempre  della  lór  con- 
dizione, e  d"  essetè  stati  schiavi;  e  che  per 
piacere  altra  maniera  non  v'  era  ,  che  d'  es- 
sere uomini  dabbene ,  e  persone  amanti  deìV 
onore .   ^  Proibì  alle  città  il  far    dei  regali 
col  danaro  del  pubblico,  ma  non  volle  che 
si  potessero  ripetere  i  fatti  prima    di  ven- 
ti anni    addietro ,    per    non    rovinar  molte 
persone  ,    conchiudendo    il    suo  rescritto    a 
Plinio  :  Perchè  a  me  appartiene  di  non  aver 
men  cura    del  bene    de'  particolari  ^    che  di 
quello  del  pubblico.  Così  procurava  egli  an- 
che alle  città  il  risparmio  delle  spese.  Pe- 
rò sapendo  *  questa    sua  buona    intenzione 
Trebonio  Rufino  ,  duùmviro  ,  cioè  principal 
magistrato  scelto  dal  popolo  di  Vienna  del 
Delfinato  ,  proibì  che  si  facessero  in    quel- 
la città  i  giuochi  ginnici ,  i  quali  oltre  al- 
la spesa  riuscivano  anche  scandalosi  e  con- 
trari a'  buoni   costumi ,    perchè  gli    uomifl^Bj 
nudi  alla   presenza    di  tutto    il  popolo   fa- 
ceano    la    lotta .    S'  opposero    i    cittadini  . 
Fu  portato  V  affare  a  Trajano  ,  che  racco!-- 
se  i  voti  de' senatori.  Fra  gli  altri  Giunta 
Maurico  sostenne^  che  non  si  doveano  per- 
mettere que' giuochi  a  quelle  città,    e    poi 
soggiunse  :  Volesse  Dio  ,  che  si  potessero  an- 
che levai;  via  da  Roma^  città  perduta  dic-^ 
tro  a  simili  sconci  divertimenti. 


An» 


Anno      CIL  26$    . 

Anno  di  Cristo  cu.  Indizione  xv. 
di  EvARiSTo  papa  7. 
di  Traiano  imperadore  5. 

r  Gaio   Sosio   Senecione  peir 

^        ,.    f        la  terza  volta  , 
Consoli  J    T  T      *         e  t^ 

^    Lucio  Licinio  Sura  per  la 

1^       seconda . 

i^erto  è  bensì ,  che  Sur-a  fu  console  ordi- 
nario neir  anno  presente.  Non  v*ba  la  me- 
desima certezza  di  Stnecione .  Il  solo  Gas- 
siodoro  quegli  è^  che  cel  mette  davanti* 
Discordano  gli  altri  fasti .  Ho  io  seguitato 
in  ciò  i  più  che  han  trattato  de"*  consoli  . 
Erano  questi  due  i  più  cari  e  favoriti ,  che 
s'avesse  Trajano  ,  degni  bene  amendue  del- 
la di  lui  confidenza  ed  affetto  ,  perchè  or- 
nati di  tutte  quelle  virtù  ,  che  si  ricerca- 
no in  chi  dee  servire  ad  un  buon  principe. 
Ma  specialmente  ^  amava  egli  Licinio  Su- 
ra per  gratitudine  ,  avendo  questi  coopera- 
to non  poco,  affinchè Nerva  adottasse  Tra-^ 
jano.  Salì  questo  Sura  a  tal  ricchezza  e  po- 
tenza ,  che  a  sue  proprie  spese  edificò  un 
superbo  ginnasio,  o  sia  la  scuola  de' lotta- 
tori al  popolo  romano.  Non  andò  egli  esen- 
te dai  soiFj  deirinvidia,  compagna  ordina- 
riamente delle  grandi  fortune  ,  avendo  più 
d'uno   proccurato    d'insinuare  in    cuor    di 

Tra- 

^  Aurelio  rieìor^  in  F/'/;n)?f.    Dj'p  /•  t'§. 


266       Annali    d' Italia 
Trajano  dei  sospetti    della   fedeltà   di  que» 
sto  suo  favorito,  calunniandoro  come  giun- 
to a  meditar    delle    novità  contra    di    Ini. 
Trajano  la  prima  volta  ,  che  Sura  l'invitò 
seco  a  pranzo,  v'andò  senza  guardie .  Vol- 
le per  una    flussione    che  aveva  pigli  occhj , 
farseli  ugnere    dal  medico  di    Sura .    Fatto 
anche  venire  il  di  lui  barbiere  ,  si  fece  ra- 
dere la  barba  :    che  cosi  allora    usavano    i 
Romani .  Adriano  fu  quegli ,  che  poi  intro- 
dusse il  portarla.  Dopo    aver  anche    preso 
il  bagno j,  Trajano  si  mise  a  tavola  ,   e  al- 
legramente desinò.    Nel  di  seguente    disse 
agli  amici,  che  gli  mettevano  in  mal  con- 
cetto Sura  :  Se  costili  mi  avesse  'voluto  am-s^. 
m azzare ^    ri' ehhe   jeri    tutta   la    comoditajK\ 
Fu  ammirato  un  sì  fatto  coraggio  in  Tra- 
jano j,  ben  diverso  da    que' principi  deboli;, 
che  temono  di  tutto .  Aggiugne  Dione  ,  che 
iin  altro  saggio  di  questa  sua  intrepidezza 
diede  Trajano.  Nel  crear    sulle  prime    un 
prefetto  del  pretorio    (  si  crede   che    fosse 
Saburano  )  dovea  cingergli  la  spada  al  fian- 
co .    Nuda   gliela    porse ,    dicendo  :    Prendi 
(juc sto  ferro ^    per  valertene  in  rnia  difesa^ 
se  rettamente  governerò:  contra  di  me j  ^^M 
farò  il  contrario.  Forse  fu  lo    stesso  Sabu-^' 
rano  ,  come  conghiettura  Giusto  Lipsio  ,  che 
gli  dimandò  licenza  di  ritirarsi,  perchè  Pli- 
nio ^  attesta    essere    stato  un    prefetto    del 
pretorio,  che  antepose  il  piacere    della  vi- 
ta, 

*  PI:  ili  US  in  Pane^yrico  $•  S^. 


Anno       CU.  267 

ta  ,  e  della  quiete  agli  onori  della  corte . 
Trajano,  perchè  gli  dispiaceva  di  perdere 
un  ufìzial  sì  dabbene ;,  fece  quanto  potè  per 
ritenerlo.  Vedendolo  costante,  non  volle 
rattristarlo^  col  negargli  la  grazia;  ma  V 
accompagnò  sino  all'imbarco  ,  il  regalò  da 
par  suo,  e  baciandolo,  colle  lagrime  agli 
occhj    il    pregò  di  ritornarsene  presto. 

L'anno  yerisimilmente  fu  questo,  in  cui 
Trajano  con  poderosa  armata  marciò  con- 
tro a  Decebaìo  re  ,dei  Daci .  Poco  sappia- 
mo delle  avventure  di  quella  guerra .  Ecco 
quel  poco,  che  ne  lasciò  scritto  Dione  ^. 
Giunto  che  fu  l'Augusto  Trajano  ai  confi- 
ni della  Dacia ,  reggendo  Decebaìo  tante 
forze  in  ordine^  e  un  sì  rinomato  impera- 
dorè  in  persona  venuto  contra  di  lui ,  spe- 
di tosto  deputati ,  per  esibirsi  pronto  alla 
pace.  Trajano,  oltre  al  non  iìdarsi  di  lui, 
un  gran  prurito  nudriva  di  acquistar  glo- 
ria per  se  ,  e  di  ampliare  il  romano  impe- 
rio :  però  senza  voler  prestare  orecchio  a 
proposizione  alcuna,  andò  innanzi.  Si  ven- 
ne ad  una  terribil  battaglia,  che  costò  di, 
gran  sangue  ai  Komani  ,  ma  colla  sconfitta 
de' nemici.  Raccontasi  che  in  tal  congiun- 
tura girando  Trajano ,  per  osservare  se  i 
soldati  feriti  erano  ben  curati,  al  trovare 
che  mancavano  fasce  per  legar  le  ferite  , 
fece  mettere  in  pezzi  la  veste  propria,  per- 
chè servisse    a    quel  bisogno .    Con    grande 

ono- 

^  Dio  ìib.  cS. 


268      A  N  NA  LI    tì'  Italia 
onore  data  fu  sepoltura  agli  estinti  ;  ed  afl- 
zato  un  altare,   acciocché    ne' tèmpi   avve- 
nire si  celebrasse  il  loro  anniversario .  Col 
vittorioso  esercito  s'  andò  poi  di  montagna' 
in  montagna  inoltrando  Traiano,  iinchè  per- 
venne alla  capitale  della  Dacia,  òhe  si  ctè^ 
de  Satmigetusa^  città  posta  iti  quetta  pro^ 
vincià ,    che  oggidì    appelliamo"    Trdnsilva- 
rìia;    che  divenne  poi    colonia    de' Romani , 
col  nome  di  Ulpia  Trajana  ^ .  Nel  medesi^ 
mo  tempo    Lucio  Quieto  ,    Moro  di   nazio- 
ne, ufìzial  valoroso,  da  un'altra  parte  fe-^' 
ce  grande  strage  e  mólti  prigioni  dei  Dà- 
ci  :  e  a  Massimo  uno  de' generali  riusòì   diHI 
prendere  una  buona  fortezza/  éntro  laqua-^" 
Te  si  trovò  la  sorella  di  Decébaro .    AHora 
dovette  accadere  ciò  che  narra    Pietro  Pa-' 
trizio  *  ,  cioè  che  Decebalo  mandò  a.  Tra-*^| 
j-ano  prima  alcuni  de' suoi  conti,  pòscia  al -iB| 
tri  de' suoi  principali  ufisiali    a  supplicarla' 
di  pace  ,  esibendosi    dr    restituir  T  armi    e' 
Te  macchine  da  guerra,  e  gli  artefici  gua---- 
dagnati  nella  guen*a  fatta  a  tempi    di  Do- 
miziano. 3  Accettò  Tra]  ano  Te  proposi  zio- 
lìi ,  con  aggiugnervi  che  Decebalo  smantel- 
lasse le  fortezze  ,  rendesse  i  desertori .,  ce- 
desse il  paese  occupato   ai  circonvicini  ,    é\ 
tenesse  per  amici  e  nsm.ici  quei  del  popo-^ 
lo  romano .  Decebalo  suo  malgrado    venne*' 
a  prostrarsi  a-  piedi  di  Trajano ,  e  ad  im--i 

plo- 

'  iFf/esaurus  Novus  reter-  Iiùcript.  p./g-  itii.  7-  ni/-  !•  i- 
-  Petrus  Patritius  de  Legatianib.  Tom-  i-  Htstor.  Byz,anti: 
i  Dio  ihid. 


A    N    >^    O         GII,  2% 

plorar  la  sua  grazia  ed  amici7-ia.  Non  si 
sa ,  se  in  questa  prima  guerra  e  pace  Tra-^ 
jano  restasse  in  possesso  di  S.ajrmig.eUisa  ,  e 
di  quanto  egli  avea  conquistato  in  quelle 
contrade.  Certo  è,  che  per  questa  impresa 
riportò  egli  jl  titolo  di  Dacico  ,  né  aspet-r 
tò  a  conseguirlo  nel!'  anno  seguente  ,  con;ic 
immaginò  il  Mezzabarba  ^  ;  ma  nel  pre-?» 
sente,  siccome  ancora  apparisce  da  due 
iscrizioni  da  me  date  alla  luce  -,  ueU 
le  quali  è  chiamato  Dacico ,  correndo  la  su^ 
tribunizia  podestà  V,  che  terminava  circ^ 
il  fine  d'ottobre  in  quest'anno. 

Anno  di  Ckisto  Giir.  Indizione  i, 
di  EvARiSTo  papa   8. 
di  Traiano  imperadore  6, 

f  Marco  Ulpio  Nerva    Tra* 
:        JANO  Augusto  per  la  quin-^ 
Consoli  ^        ta  volta, 

\    Lucio   Arno   Massimo   per 
L       la  seconda  . 

Intorno  ai  consoli  di  quest'  anno  han  di- 
sputato varj,  letterati,  pretendendo  che  il 
consolato  quinto  di  Trajano  ^  e  il  secondo 
di  Massimo  cadano  nelT  anno  seguente  ^;  e 
che  ciò  si  deduca  da  due,  o  tre  medaglie, 
nelle  quali  Trajano,  correndo  la  sua  setti- 
mei 

'   Mediobarbi<s  Numifm.it.  Imperatof. 

*  Thesaurus   Novus  Inscrìption.  p.ig.  449.  j.  450.  i. 

3  Norh  Epfstol.  ponsulari  , 


170        Annali   d' Italia 

ina  podestà  tribunizia  j  è  chiamato  COnSuì 
mi.  DESignatus  V.  Ma  concorrendo  gli  an- 
tichi fasti    ne' consoli  sopraccitati ,    si    può 
forse  dubitare    della    legittimità    di    quelle 
monete,  oppur  di  errore  nò' monetar] .  Fin- 
ché si  scuoprano  migliori  lumi ,  io  mi  at- 
tengo qui  al  Panvinio ,  al  Pagi ,    al    Tille- 
mont ,  e  ad  altri  j,  che  non  ostante  l'oppo- 
sizione di  quelle  medaglie,  mettono  in  quest' 
Anno  il  consolato  quinto  di  Ti*ajano.  j7ia5- 
simo    il    secondo    d*  èssi    consoli   verisimil- 
mente  è  quel  medesimo,  che  nell'anno  pre- 
cedente s'  era  segnalato  nella  guerra    daci- 
ca,  e  fu  premiato  per  la  sua  prodezza  coli* 
insigne  dignità  del  consolato.  Era  ^  già  tor- 
nato a  E-oma  ntl  precedente  anno  il  vitto- 
rioso Trajano-  Perchè  egli  da  saggio  e  buon 
principe  cercava  il  proprio  onore ,    né    di- 
menticava quello  del  senato  romano,    avea 
fra  V  altre  condizioni  obbligato  Decebalo  a 
spedire  ambasciatori  a  Roma  ,    per  suppli- 
care il  senato  di  accordargli  la  pace,  e  di 
ratificare  il  trattato  .  Vennero    essi  ve  risi- 
milmente  in  quest'  anno ,    e  introdotti    nel 
senato ,  depósero  V  armi ,  e  còlle  mani  giù 
te  a  guisa    degli  schiavi ,    in  poche    paro 
esposero   la  lor  supplica  .  Furono   benign 
mente  ascoltati ,  e  confermata    la  pace  : 
che  fatto,  ripigliarono F  armi,  e  se  ne  to 
narono  al  loro  paese.  Trajano  dipoi    cele- 
brò il  suo  trionfo  per  la  vittoria  riporta" 

ta 


lel 

i 


Dio  lib,  6S. 


Anno       CUI.  271 

la  dei  Daci  ;  e  v'ha  una  medaglia  ^5   cre- 
duta indizio    di    questo  suo    trionfo,    dove 
comparisce  la    Tribunizia  Podestà  VII;    il 
che  può  far  credere  differita  questa  funzion 
trionfale    agli    ùltimi    due    mesi    dell'  anno 
corrente  6  Ma  quivi  egli  è  intitolato  CON- 
SUL  IIII. ;  il  che  si  oppone  alla  credenza, 
eh'  egli  rieir  anno  presente  procedesse    con- 
sole per    la   quinta  -volta .    Un    qualche    dì 
potrebbe  disotterrarsi    alcuna    iscrizione   o 
fuedaglia    che    dileguasse    le  tenebre ,    nelle 
quali  resta  involto    questo  punto  di    storia 
e  cronologia  .  Aveva  Trajano  trovato  nelle 
parti  della    Dacia    Dione    Grisostomo ,    elo- 
quentissimo  oratore  ,    e  filosofo  greco  ;    di 
cui  restano- tuttavia   le    orazioni.    Seco    il 
condusse  a  Roma,  e  tale  stima  ne  mostrò, 
che  ,  se  dice  il  vero  Filostrato  ^  ,    nel  suo 
stesso  carro  trionfale  il   volle  presso  di  se , 
con  volgersi    di   tanto  iti    tanto  a    lui    per 
parlargli j  e  far  conoscere  al  pubblico,  quan- 
to r  apprezzasse  «  Al  trionfo  tenne  dietro  un 
combattimento  pubblico  di  gladiatori ,  e  un 
divertimento  di  ballerini  che  Trajano  ,  do- 
po averli  due  anni  prima    cacciati    di  Ro- 
ma ,  ripigliò,  dilettandosi  decloro  giuochi, 
e  sopra  gli  altri  amando  Pilade   uno  d'  es- 
si .  Ma  s'  egli  talvolta  si  ricreava  con    tali 
spettacoli ,  ciò  non  pregiudicava  punto  agli 
affari^    e  massimamente    s'applicava    il  vi- 


gilan- 


'  Mediobarbus  in  Numism.  Imperata 
*  Philostratus  in  Sorbii i.. 


2^       Annali    d'  I  t  a  l  i  a 

gilante  imperadore  all' amministrazione  del- 
la giustizia ,  Una  bellissima  villa  era  pos- 
seduta da  Trajano  a  CentoccUe  ,  oggidì  Ci- 
vita Vecchia ,  dove  egli  andava  talvolta  a 
villeggiare j  con  attendere  anche  ivi  alla 
jspedizion  delle  cause  e  liti  più  rilevanti . 
Plinio  ^  scrive  d' essere  stato  chiamato  a 
quel  delizioso  soggiorno  (  probabilmente  in 
quest'anno  )  per  assistere  ad  alcuni  giudi- 
^i  eh'  egli  descrive .  Fra  gli  altri  era  accu- 
3atQ  Euritmo  liberto  e  proccur?itov  di  Tra- 
jano di  aver  falsificati  in  parte  i  codiciHi 
di  Giulio  Tirane,  i  cui  eredi  alla  presear 
■za  di  Trajano  pareva  che  non  si  attentaci 
spro  a  proseguir  la  causa ,  trattandosi  " 
un  ufÌ2.ial  di  casa  del  principe .  Fece  lor 
animo  il  giusto  principe ,  con  dire  :  Eh  che 
colui  non  è  PoUcleto  (  liberto  favorito  di 
Nerone  )  ne  io  son  Nevane .  Abbiamo  dal 
medesimo  Plinio,  che  Trajano  in  questi 
tempi  facea  fabbricare  un  porto  vastissimo 
^  foggia  di  un  anfiteatro.  Già  era  compiu- 
to il  braccio  sinistro,  si  lavorava  al  de- 
stro ,  e  vi  si  andavano  co.nducendo  per  ma^ 
yje  grossissimi  sa&si.  Tolomeo  *  parla  del 
porto  di  Trajano ,  lo  stesso  che  oggidì  Ci-^ 
vita  Vecchia  •  e  Rutilio  nel  suo  Itinerario 
■^le  fece  la  descrizione  ^ , 


'   Pinzi  US  lib.^.  Episi.  SJ-         *  Ptohir.^us  Oeogrjph. 

^  Rutiì:ui  in  Itinerar.  9^ 


Anno     CIV.  27^ 


L3 


Anno  di  Cristo  civ.  Indizione  n. 
di  EvARiSTo  papa  9. 
di  Traiano  imperadore  7. 

r  Lucio  Licinio  Sura   per  la 
Consoli  -J        terza  volta, 

•[_  Publio  Orazio  Marcello. 

i-l  cardinal  Noris ,  il  Fabretti ,  e  il  Mez- 
zabarba  stimarono  che  questi  fossero  i  con- 
soli dell'anno  precedente,  e  che  nel  pre- 
sente Trajano  Augusto  per  la  quinta  volta 
insieme  con  Appio  Massimo  amministrasse- 
ro il  consolato  .  Finché  si  possa  meglio  chia- 
rir questo  punto  ,  io  seguito  gli  antichi  Fa- 
sti ,  abbracciati  in  ciò  anche  dal  Panvinio , 
dal  Pagi  ,  dal  Tiliemont ,  e  da  altri.  Dispu- 
ta ancora  c'è  intorno  al  primo  d'essi  con- 
soli ,  credendo  alcuni ,  eh'  egli  sia  stato  non 
già  Sura  ,  ma  Suburrano .  Sarebbe  da  desi- 
derar qualche  marmo,  che  decidesse  la  qui- 
stione ,  Uno  de'  più  riguardevoli  amici  di 
Trajano  fu  il  suddetto  Orazio  Marcello .  Le 
conghietture  dei  migliori  letterati  concor- 
rono ^  a  persuaderci ,  che  in  quest'  anno 
prendesse  origine  la  seconda  guerra  daci- 
ca .  Non  sapea  digerir  Decehalo  la  pace  fat- 
ta con  Trajano,  perchè  com.perata  con  trop- 
po dure  condizioni  •  e  però  subito  che  si 
vide  rimesso  in  arnese  ,  cominciò  delle  no- 
ToM.  IL  S  vi- 

-   Lo/ditij  ,  Pagiits  ^  Tillemo-uiuSì  5ir  alti  > 


-274  Annali  d' It  alia 
vita,  e  a  chiedere  un  nuovo  accordo,  la- 
mentandosi specialmente  ,  che  molti  de'  suo^ 
sudditi  passavano  al  servigio  de' Romani. 
Perchè  nulla  potè  ottenere ,  determinò  di 
venir  di  bel  nuovo  alF  arqii .  ^  Diedesi  dun- 
que a  largente,  a  fortificar  i  suoi  luoghi ^ 
ad  accogliere  i  disertori  rotnani,  e  a  sol- 
lecitare i  circonvicini  popoli ,  acciocché  en- 
trassero seco  in  lega ,  per  timore  ,  diceva 
egli,  che  un  dietro  l'altro  non  rimanesse- 
ro oppressi  dall'armi  romane.  Gli'  Sciti, 
cioè  i  Tartari,  ed  altre  nazioni  si  unirono 
con  lui .  A  chi  ricusò  di  sposare  i  di  lui 
disegni,  fece  aspra  guerra,  e  tolse  ancora 
ai  Jazigi  una  -parte  del  loro  paese  .  Queste 
furono  le  cagioni ,  per  le  quali  il  senato 
romano  dichiarò  Decebalo  nemico  pubbli- 
co, e  Trajano  fece  tntti  gli  opportuni  pre- 
paran^enti  per  domarne  la  ferocia.  Se  sus- 
siste ciò  che  racconta  Eusebio  *,  in  qiiest^ 
anno  Pvoma  vide  bruciata  la  casa  d'oro, 
cioè  per  quanto  sì  può  credere,,  una  parte 
di  quella  fabbricata  da -Nerone,  che  si  do- 
vea  essere  salvata  nell'incendio  preceden- 
te. Furono  di  parere  il  Loidio  e  il  Tille- 
mont ,  che  circa  questi  tempi  Plinio  il  gio- 
vane,  già  stato  console,  fosse  inviato  da 
Trajano  al  governo  del  Ponto  e  della  Biti- 
nia,  non  come  proconsole,  ma  come  vice- 
pretore  colla  podestà  consolare  .  Scabrosa  è 
la  quistione  del  tempo,  in  cui  ciò  avven- 
ne 

1  Die  Uh.  68.         *  Buschi  US  in  Chfon. 


Anno       CIV.  i^S 

ne ,  e  mancano  notizie  per  poterla  decide- 
re ^  A  me  perciò  sarà  lecito  di  differir  più. 
tardi  quest'  impiegp  di  Plinio^ ,  siccome  haa 
fatto  il  Noris ,  il  Pagi ,  il  Bianchini ,  ed 
altri  . 

Anno  di  Cristo  cv.  Indizione  iii. 
di  E  VARI  STO  [papa  io. 
di  Traiano  ixnperadore  8. 

r  Tiberio     Giulio    Candido 

*^        T    !        per  la  seconda  volta, 
Consoli  -^      A  ^  r\  . 

^j    Aulo  Giulio  Quadrato  pei! 

(^       la  seconda. 

1  re  iscrizioni  spettanti  a  questi  consoli 
lio  io  rapportate  altrove  ^ .  Credesi  che 
r  anno  presente  quel  fosse  ,  in  cui  l'Augu- 
sto Trajano  imprese  la  seconda  sua  spedi- 
zione contra  ài  Decehalo  re  dei  Bacì  ^  per 
aver  egli  creduta  necessaria  la  sua  presen- 
za anche  questa  volta  conTÌ'o.  ad  un  sì  ri- 
guardevole avversario  ,  e  che  non  fosse  im- 
presa da  fidare  ai  soli  suoi  generali .  A- 
driano  suo  cugino  ,  che  fu  poi  imperado- 
re  ed  era  stato  in  quest'anno  tribuno  del- 
la plebe ,  ^  andò  servendolo  per  comandan- 
te della  legione  minervia ,  e  vi  si  portò 
cosi  bene  ,  che  Trajano  il  regalò  di  un  dia- 
mante .  a  lui  donato  da  Nerva .  ^  Non  era- 

/  S  2  no 

J  hesatfy.  News  Imcriptiov.  pag.316.  n.  3-  &  seq~ 

■S  p.:    '  ::;k'.:    in    i:  ,:.ÌYia7iu  ,  i    Dia   lib.  àZ,, 


&1^  ANNAti  d'  Italia. 
no  certamente  le  forze  di  Decebalo  tali  da 
poter  competere  con  quelle  di  Trajano^,  il 
quale  seco  menava  un  potentissimo  agguer- 
rito esercito .  Perciò  tentò  il  Daco  altrt^ 
vie  per  liberarsi,  se  gli  veniva  fatto,  dall' 
imminente  tempesta,  con  inviar  nella  Me- 
sia  ,  dov'  era  giunto  V  imperadore  ,  dei  di- 
sertori bene  instruiti  per  ucciderlo .  Poca 
mancò  che  non  succedesse  il  nero  attenta- 
to,  perchè  Trajano  oltre  alla  sua  facilità 
di  dare  in  tutti  i  tempi  udienza  ,  special- 
mente la  dav^  a  tutti  nelle  occorrenze  del- 
la guerra  .  Per  buona  fortuna  osservati  al- 
cuni cenni  di  un  di  costoro ,  fu  preso ,  e 
messo  a' tormenti ,  confessò  le  tramate  in- 
sidie :  il  che  sconcertò  anche  le  misure  de- 
gli altri .  Up'  ajtra  vigliaccheria  pur  fec& 
Decebalo.  Dgto  ad  intendere  a  Longino, 
uno  de' più  sperim.entati  generali  d' armi, 
che  s'avessero  i  Romani,  dì  volersi  sotto- 
mettere ai  voleri  dell'  imperadore  ,  V  indus- 
se a  venire  ad  una  conferenza  con  lui  ;  ma 
da  disleale  il  ritenne  prigione ,  sforzandosi 
poi  di  ricavar  da  lui  i  disegni  e  segreti  di 
Trajano .  La  costanza  di  questo  generale 
in  tacere  fu  ,  qual  si  conveniva  ad  un  uo- 
mo d'onore  par  suo .  Decebalo  ij  fece  ben- 
sì slegare ,  ma  il  mise  sotto  buone  guar- 
die ,  con  iscrivere  poscia  a  Trajano  d'es- 
sere pronto  a  rilasciar  Longino ^  ogni  vol- 
ta che  si  volesse  trattar  di  pace  :  altrimen- 
ti minacciava  di  torgli  la  vita.  Trajano, 
benché  irritato  forte  dall'  iniquo  procedere 

di 


.J 


Anno    CV.  27? 

^i  costui ,  gli  rispose  con  molto  riguardo  ^ 
cioè  mostrando  di   non  fare  tal  caso    della 
persona  e  salute    di  Longino  ,   che    volesse 
comperarla  troppo  caro  ;  ma  senza  trascu- 
rare la  difesa  della  vita  di  quel  suo  ufizia- 
le.    Stette  in    forse  Decebalo  ,  qual  risolu- 
zione avess'egli  da  prendere  intorno  a  Lon- 
gino; e  perchè  forse  si  lasciò  intendere  di 
volerlo  far  morire  sotto   i  tormenti,  Lon- 
gino guadagnò  un  liberto  d'esso  Decebalo , 
che  gli  proccurò  del  veleno  ;  e  per  salvar- 
lo dalle  mani  del  padrone,  ottenne  di  po- 
terlo spedire  a  Trajanó  ,  sotto   pretesto  di 
proccurar  un  accordo.  Il  che  eseguito,  pre- 
se Longino  il  veleno  ,  e  si  sbrigò  dal  mon- 
do. Allora    Decebalo  inriò  a    Trajano    un 
centurione^,    già  fatto  prigione  con   Longi- 
no ,  e  seco  dieci  altri    prigionieri ,  esiben- 
dogli il  corpo  di  Longiuo,  purché  Trajano 
gli  restituisse    quel  liberto.    Ma  F  impera- 
tlore  che  trovava  aliena  dal  decoro  del  ro- 
mano imperio  una  tal  proposizione,  né  gli 
volle  consegnare  il  liberto,  e  neppur  lasciò 
tornare  a  lui  il  centurione,   siccome  preso'  .^ 
contro  il  diritto  delle  genti. 

Pare  che  fondatamente  si  possa'  dedurre' 
da  quanto  narra  Dione  ^,  che  nel  presente 
anno  nulla  di  rilevante  fosse  operato  da- 
Trajano  per  conto  della  guerra  contra  di 
Decebalo.  Le  applicazioni  sue  prima  di 
esporsi  a  maggiori    imprese,   consisterono 

S  3.  in 


278      Annali    d'Italia 
in  far  fabbricar  un  ponte  di  pietra  s>il  Da- 
nubio .  Considerava  jl  saggio  Gondoliere  d* 
armate  ,  che  essendo  egli  passato  Ài  là  da 
quel  fiume ,  se  venissero  assaliti  zi  Romani 
dai  Barbari ,  poteva  esser  loro  impedito  il 
ritirarsi  di  qua,  ed  anche  il  ricevere^ nuo- 
vi rinforzjUPei:ò  volendo  assicurarsi  di  si- 
mili pericolosi  avvenimenti ,  e  mettere  una 
stabile    buona   comunicazione    fra  il    paese 
signoreggiato  di  qua  e  di  là  dal  Danubio, 
voliti  prima  ,  che  si  edificasse  lui  ponte  su 
quel  fiume ,  per  quanto  credono  alcuni  ^  tra 
Belgrado  e  Widin:  intorno  a  che  è  da  ve- 
dere il  Danubio  del  conte  Marsigli  '^ .  Al- 
tre opere  di  somma  magnificenza  fece  Tra- 
jano,  ma  questa  andò  innanzi  all'altre  per 
sentimento    di  Dione^^^il  quale    non    sapea 
abbastanza  ammirarla,  ìiè    decidere  ,    qual 
fosse  più  grande,  o  la/spesa^^ccòrsa  persi 
gran    lavoro ,    o   V  arditezza    del    disegno  • 
Ognun  sa  che  vastissimo  nume  si-rin  quel- 
le parti  il  Danubio,  e  tuttoché  fosse  scel- 
to pel  ponte  il  più  stretto*   che  si  potesse 
dell'  alveo  suo  ,  ciò  nonnostante    occorreva 
un  ponte  di    lunga  estensione^    e    cresceva 
anche  la  difficoltà,  perchè  Tacque    ristret- 
te in  quel    sito  tanto  più    veloci  e    rapide 
correano,  e  il  fondo  del  fiume,  ricco  sem- 
pre  d'acque  era  profondissimo    e  pieno  di 
gorghi  e  di  fango .   Ma  alla    potenza  e    al 

YO- 

••   CeU-irìus  Geor,^.  Tom-   L 

^-  %l:irsfìius  in  D^inubif  Dcscriptione  . 


.\   N    :c  o      CV.  279 

Toier  (^i  unTrajano  nulla  era  difficile  .  jo;v 
za  poter  divjgrtirè  l'acque  del  fiume,  qui- 
vi furono  piantate  venti  smisurate  pile  tut- 
t<t  di  grossissimi m^rnii  quadrati,  alte  ce n- 
lo  cinquanta  piedi  senza,  i  fondamenti,  lar- 
ghe sessanta  ,  distainti  V  una  dall'  altra  cen- 
to settanta,  ed  unite  insieme  con  archi  e 
volte.  L'architetto  fu  Apollodpro  Damascfy 
no:  ^  e  di  qua  e  di  là  da  esso  ponte  fu- 
rono fabbricati  dy-é^Forti  castelli  p^u  guar- 
dia deL medesimo.  Eppure  questa  mirabil 
fabbrica  da  lì  a  pochi  aqni  si  \^de  in  par- 
te smantellata ,  noìi^^ià  dai  Barbari ,  ma 
ca  Adriano  successor  di  Trajano,  col  pre- 
testOj  che  per  quel  med^imopaate  i  Bar- 
bari pptrebbono  passare  ai  danni  dei  Ro- 
mani. Ma  da  quando  in  qua  non  potea  la 
potenza  romana  difèridere  un/ ponte ,  difeso 
da  due  castelli  ?\  Oltre  dir(che  nel  verno 
tutto  il  Danubio  agghiacciato  non  era  for- 
se un  vasto  ponte  ai  Barbari  ,.j)er  passar 
di  qua ,  se  volevano  ?  Però  fu  Creduto ,  e 
con  più  ragione  ,  che  Adriano  mosso  da  in- 
vidia per  non  poter  giugnere  alla  gloria  di 
Trajano,  così  gloriosa  memoria  di  lui  vo- 
lesse piuttosto  distrutta.  Vi  restarono  in 
piedi  solamente  le  pile  ;  e  queste  ancoi:a 
;^' tempi  di  Procopio  non  comparivano  più. 
Ija  quest'  anno  parimente  ,  per  quanto  sirrac- 
-^oglie  dalle  medaglie  ^^    e  da  Dione  ^  ,    1' 

S  4  Ara- 

^    Procopi'us  Uh.  \.  de  Mdific. 

^   Uojixhts  NuTfihm.  Imi^evat'         *  Dio  Uh.  é2r. 


28o  Annali  d'Italia 
Arabia  Petreà  ,  che  avea  in  addietro  avuti 
i  proprj  re,  fu  sottomessa  con  altri  popo- 
li all'imperio  romano  per  valore  di  Aulo 
Cornelio  Palma  ^  governatore  della  Soria, 
€  stato  già  console  nell'  anno  99  .  Una  nuo- 
va Era  perciò  cominciarono  ad  usar  le  cit- 
tà di  Samosata,  Bostri,  Petra,  ed  altre  di 
cfuelle  contrade* 

Anno^  di  Cristo  cri.  Indizione  ir. 
di  EvARiSTo  papa   11. 
di  Traiano  imperadore  9. 

"r  Lucio  Cèionio  Comodo  Vè-^ 
Consoli  -i        ROj, 

f    Lucio  Tuzio  Cereale 


M 


Il  primo  di  questi  consoli,  cioè  Gommo 
Vero ,  fu  padre  di  Lucio  Vero^  che  noi  ve- 
dremo a  suo  tempo  adottato  da  Adriano 
Augusto .  Il  secondo  concole  nella  cronica 
di  Alessandria  è  chiamato  Ceretano  in  ve- 
ce di  Cereale y  e  fu  creduto  dal  Tillemont 
^  diverso  da  Tuzio  Cereale .  Ma  sufficiente 
ragione  non  v'ha,  per  aderire  alla  di  lui 
opinione,  siccome  neppure  di  tener  con  lui, 
che  neir  anno  precedente  avesse  fine  la  se- 
conda guerra  dacica.  Chiaramente  scrive 
Dione  ^ ,  che^Trajano  ,  dopo  aver  fatto  il 
maraviglioso  ponte  sul  Danubio  (impresa, 

che 


TiUenìont  Me-rócir^s  des  E/npereurs . 
Dio  libro  codem. 


Anno      €VI.  :é8i 

che  senza  fallo  costò  gran  tempo  e  danari  > 
passò  di  là  da  quel  fiume ,  e  fece  la  guer- 
ra piuttosto  con  sicurezza,  che  con  celeri- 
tà; non  volendo  arrischiar  combattimenti  y 
e  procedendo  a  poco  a  poco  nel  paese  ne- 
micò. Plinio  ^  con  poche  parole  riconosce , 
che  immense  fatiche  durò  l'esercito  roma- 
no ,  guerreggiando  in  que'  montuosi  paesi  ^ 
e  gli  convenne  accamparsi  in  montagne  sco-' 
scese ,  condurre  fiumi  per  nuovi  alvei ,  e' 
far  altre  azioni ,  che  pareano  da  non  cre- 
dersi, come  simili  alle  fole.  Dione  *  ag- 
giugne^  aver  Trajano  in  tal  congiuntura 
dati  segni  di  singoiar  valore  e  di  savia 
condotta  ,  e  che  1'  esempio  suo  servì  ai  sol- 
dati, per  gareggiare  insieme  in  esporsi  a 
molti  pericoli,  e  per  giugnere  al  sommo 
della  bravura .  Fra  gli  altri  un  cavaliere  , 
che  ferito  in  una  zuffa  fu  portato  alle  ten- 
de ,  per  farsi  curare  ,  dacché  intese  dispe- 
rata la  di  lui  guarigione ,  mentre  era  an- 
cor caldo ,  rimontò  a  cavallo ,  e  tornato 
alla  mischia  ,  vendè  ben  caro  ai  nemici  il 
poco  che  gli  restava  di  vita.  Le  apparen* 
ze  sono ,  che  né  pure  in  quest'  anno  con. 
tutti  i  suoi  progressi  Trajano  terminasse 
la  guerra  suddetta ,  come  altri  han  credu- 
to .  Tutte  le  medaglie  3  riferite  dall'  Oc*» 
cone  e  dal  Mezzabarba ,  per  indizio  che 
nel  presente  anno    Decebalo  fosse  vinto,   e 

ridot- 

\ 

*  Pliftt'us  Uh.  S.  Episto!.  4. 

*  Dio  iìe:d,         i  Medféàarha  in  Numismat.  Imperata 


28a       A5J2CALI    d'  Italia 
ridotta  la  Dacia  in   provincia   delFi^ipc rio 
romano^  nulla  concludono,  percliè  possono 
appartenere  anche  all'anno  107  e   108.  Pe- 
rò chr  de' moderni  scrive  ,  che-Traj^o  non 
solamente  tornò  in  quest'anno  a  iloma;   e 
dopo  avere  ordinata  una  strada  psr  le-  pa- 
ludi pontine,    partì  tosto,  alla   .volta    doli' 
Oriente,  con  trova]«si  in  Antiochia  ue'pri- 
mi  giorni  dell'  anno  seguente  ,  probabilmen- 
te anticipò  di  troppo  le  di  lui  imprese  .  E 
r.oi  abbiamo  bensì  dalla  cronica  alessandri- 
na ^  sotto  quest'  anno,  che  mossa  guerra  dai 
Persiani,    dai  Goti ,    e    da  altri    popoli    al 
romano  imperio,  Trajano  marciò  contra  di 
loro,  e  sospese  1' esazion  de' tributi  sino  al 
suo  ritorno  ^  ma  questo    ha  ciqra  di    favo- 
la. Più  che  mai  abbisognava  egliallQra  di 
danaro ;'#  senza  dubbio  avvennp  molto  pii 
tardi  la  guerra  coi  Persiani,  o  sia  coi  Par- 
ti .  Può  ben  verificarci    della  guerra    daci- 
ca ,   perchè    sotto    nome  di   Goti    venivano 
in  que' tempi  anche  i  Daci ,  come  attestano 
Dione  e  Giordano.  Rapporta  il  P^nvinio  - 
a  quest'  anno  l'iscrizione  posta  a  Lucio  Va^ 
lerio  Pudente ,  il  quale  benché  in  età  di  so- 
li tredici  anni ,  nel  sesto  lustro  de'  giuochi 
capitolini  fatti  in  Roma^,    fu    vincitore  ,    e 
riportò  la  corona  so^    "  gli  altri    poeti  la-^ 
tini . 


Al 


*  Chronuurt  Per.sch.7lc  ^  seti  Alcxc 

*  P.'tnvtaiui-  Fast.,  Consular, 


Anno      CVIL  283 

A:v-^o  di  Cristo  cvii.  Indizione  v. 
di  EvAiixsTo  papa   12, 
di  Traiano  imperadore  io. 

r  Lucio  Licinio  Sura  per   là 
,.  J        terza  volta  , 
Consoli  -j    Q^j^   g^gj^   Senecione   per 

L       la  quarta  . 

IVla  questo  Sura  da  Sparziano  ^  vien  det^ 
to  Consiil  bis  neir  anno  presente  insieme 
con  Servlano.  x\ir  incontro  il  Panvinio  * 
con  altri  fu  di  parere ,  che  i  due  suddetti 
ordinar]  consoli  nelle  calende  di  luglio  aves- 
sero per  successori  Gajo  Giulio  Servilio 
Orso  Serviano ,  che  avea  sposata  Paolina  so- 
rella d'  Adriano ,  e  cugina  di  Trajano ,  e 
fu  molto  amico  di  Plinio  ,  e  Surano  per 
la  seconda  volta  .  Certo  non  mancano  im- 
brogli ne' fasti  consolari  ;  ed  è  ben  facile 
il  prendere  degli  abbagli  nell'  assegnare  ai 
consoli  sustituiti  il  preciso  anno  del  loro  con- 
solato. Nel  presente  si  può  ragionevolmenfe 
credere  che  Trajano  con  felicità  bensì,  ma 
dopo  immense  fatice  ,  conducesse  a  fine  la 
seconda  guerra  contra  de'  Daci .  Per  atte- 
stato di  Dione  ^  s' impadronì  egli  della  reg- 
gia di  Decebalo^  o  sia  della  capitale  della 
Dacia,  chiamata  Sarmigetusa  :  il    che    reca 

indi- 

'  Spartt.Tiuf  in  riti  fi. 7. i ri. ini  .  ">■   Panviniui    ibid. 

'  Dio  lib,  i3S'. 


2.84     Annali    d^Italìa 
indizio  ,  eh'  egli  non  ne  fosse  restato  in  pos-* 
sesso  nella   pace    stabilita    dopo    la   prima 
guerra.  Pertanto  Deccbalo  vergendosi  spo- 
gliato di  tutto  il  silo  paese,  ed  in  pericolo 
ancora  di  restar  preso ,  piuttosto  che  veni- 
re in  man  dei  nemici ,  si  diede    la    morte 
da  se  stesso ,  e  il    capo    suq  fu    portato    a 
Roma .  Cos'i  pervenne  tutta  la  Dacia  in  po- 
tere del  popolo  rorfiano ,  e  Trajano  ne   for- 
mò una  provincia ,  con  fondare    in  Sarmi- 
getusa  una  colonia ,  riominata    nelle    iscri- 
zioni della  Trarisilvania ,  che  il  Grutero  ^ , 
ed  io  ^  abbiam    datò    alla    luce.'    In    oltre 
abbiam  da  Dione  che  Decebalo  ,  trovando- 
si in  mal  punto  ,  affinchè  i  suoi  tesori  noit 
cadessero  in  rnano  de'  Romani  ,  distornò  il 
corso  del  fiume  Sargezia ,  che  passava    vi- 
cino al    suo    palazzo  ,  e    fatta    cavare    una 
gran  fossa  in  m.ezzo  al  seccato  lido  di  quel 
fiume _,     vi  seppellì  una   gran  copia    d'oro, 
d'argento,  e  d'altre  cose  preziose,  che  si 
poteano  conservare .  Quindi  ricoperto  il  si- 
to con  terra  e  Con  grossi    sassi  ,    tornò    a 
far  correre  1'  acqua  pel  solito  alveo .  I  pri- 
gioni da  lui  adoperati  per    iquelia  fattura  , 
acciocché  non  rivelassero  il  segi^eto  ,  furo- 
no tosto  uccisi .  Ma  essendo  poi  stato  pre- 
so dai  Romani  Bicilis,  uno  de' familiari  pia 
confidenti  di  Decebalo,  questi  scoprì  tutto 
a  Trajano,  il  quale  ne    seppe    ben   profit- 


ta- 


'  Gruterus  Thesaur.  Inscriptron., 

^  Thesaur.  Novui^  f^eter.  Inscri^tioru 


Anno      CVIL  '285 

f^re-  RijTiasto  spopolato  quel  paese  ,  ebbe 
furaTrajano  di  mandarvi  ad  abitare  un  nu- 
mero infinito  di  persone ,  e  di  fondarvi  ^ 
pltre  alla  suddetta^  altre  colonie,  che  si 
veggono  menzionate  da  tJlpiano  ^  :  con  che 
divenne  la  Transilvania  una  fioritissima 
provincia  de'  Romani  ,  essendosi  perciò  in 
quelle  parti  trovate  negli  ultimi  due  secoli 
molte  iscrizioni  romane  ,  che  si  leggono 
presso  il  suddetto  Grutero  ,  pressa  il  Rei-- 
nesio  ,  e  nel  mio  nuòvo  Tesoro  . 

Anno  di  Cristo  cviii.  Indizione  vi. 
di  Alessandro  papa  i. 
di  Traiano  imperadore  11. 

r  Appio  AnnioTrebonio  Galt 

Consoli  -i    Marco AtilioMetilio  Bjia 


DUA 


V' 


ha  chi  dà  il  C02;nome  di  Trehonlano  al 
primo  di  questi  consoli  ;  ma  in  due  iscri- 
zioni ,  riferite  dal  Panvìnio  *  ,  si  legge 
^rebonio  .  Se  crediamo  al  medesimo  Pan- 
vinio  ,  nelle  calende  di  marzo  succederono 
nel  consolato  Gajo  Ulullo  Africano ,  e  Ciò- 
dio  Crispino.  Ma  un'iscrizione,  conservata 
in  Verona  5  e  riferita  dal  marchese  Scipione 
Maffei ,  e  poscia  anche  da  me  ^  ^  ci  fa  sufflè 

'cien- 

'  Lege  Sciendum  jf.  de  Censthus  » 
Panvinius  Fast.   Cnnsulari. 
Tbeyaurus  I>lovuji  Imcriptìon,  psi^.  317.  num-  4. 


^86  Annali  d'  I  t  a  l  i  a 
cientemente  conoscere  ,  che  nel  dì  23  eli 
agosto  dell'  anno  presente  erano  consoli  Ap- 
ino  Amilo  Gallo ^  Q , Lucio Verulano  Severo. 
o  pur  Seyeriano  ..  O  sul  £ne  del  precedente 
anno  ,  o  nella  primavera  del  presente ,  sbri- 
gato dagli  affari  della  Dacia  ,  se  ne  ritornò 
Trajano  a  Roma,  edivi  celebrò  il  secondo 
suo  trionfo  dei  Daci  con  magnifiche  feste,  e 
massimamente  perchè  correvano  i  decennali 
del  suo  imperio  ,  che  solevano  solennizzarsi 
con  gran  pompa .  ^  Attesta  Dione  che  arriva- 
to Trajano-  a  Koma  ,.  vennero  molte  ambasce- 
rie di  nazioni  barbare,  e  fino  dell'India, 
a  visitarlo,,  chi  per  bisogni^  chi  per  osse- 
quio .  Quattro  mesi  durarono  ih  iloma:\i 
pubblioi  spettacoli  e  divertimenti ,  consi- 
stenti per  lo  più  in  combattimenti  di  Ho- 
ni  e^  altre  feroci  bestie  ,.  oppur  di  gla- 
diatori .  Giorni  vi  furono  5  ne'  quali  si  vi- 
dero uccisi  mille  di  questi  fieri  animali  ,\c 
in  più  altri  arrivò  la  somma  a  diecimila  « 
Si  fece  conto  che  anche  dieci  migliaja  di 
gladiatori  diedero  orrida  mostra  della.  Io r 
arte,  combattendo  fra  loro  negli  anfitea- 
'tri .  In  questi  tempi  ancora  attese  Trajano 
a  formare  e  selciare  una  strada  pubblica 
per  le  paludi  pontine  ,  con  fabbricar  an- 
che, case  e  ponti  di  gran  magniiicenza  lun- 
go di  essa  vi(a  ,  .per  comodo  de' viandanti 
<:.  del  commerzio  .  E  perchè  si  trovava 'mol-^, 
ta  moneta  o  di  bassa  lega,  o  strozzata^ 

fai. 


Anno    CVIII.  28?" 

falsa:' ordinò  il  saggio  imperadoi  e,  che  luta- 
ta fosse  portata  alla  zecca,  dove  fu  disfat- 
ta ,  per  rifarne  della  buona  e  di  giusto  pe- 
so» A  quest'anno  si  crede  che  appartenga 
il  terzo  congiario  o  regalo,  che  Trajano 
diede  al  popolo  romano ,  espresso  da  una 
medaglia,  riferita  dal  Mezzabarba  ^.  Met- 
te il  Tillemont  ^  con  altri  scrittori  in  que- 
sti tempi  la  spedizion  di  Trajano  contra 
de' Partii  ,  o  sia  de' Persiani  *  ma  certamente 
anteporre  la  sentenza  d' altri ,  che 
moi::o  più  tardi  parlano' di  quelle  imprese. 
Succedette  secondo  la  cronica  di  Damaso  2 
nel  presente  anno  il  glorioso  martirio  di 
sant'  Evo.risto  ]pa'pa ,  in  cui  luogo  fu  posta 
^ '(' s sancir o  . 

Anno  di  Cristo  cix.  Indizione  vir« 
di  Alessandro  papa  2. 
di  Traiano  imperadore  12. 

r  Aulo  Cornelio   Palma  *per 
V    "'        ^^  seconda  volta, 

;    Gaio   Calvisiq    Tullo    per 
•_       la  seconda* 

>^i  tien  per  certo,  che  a  questi  consoli 
ordinar]  fossero  sustituiti  (  forse^elle  ca- 
lende  di  luglio  )  Publio  Elio  Adriano,  che 
poi/  divenne  imperadore  ,  e  Lucio  Tuhlilio  :,  o 
\  piut-. 

M.'di'o'yarè.  in  Numirrj.  Inperat, 
T r ; s}!^,2 ont  ^  Memoires  tks  Em^ereurs  • 
■    A.ìjitas.  Bibliothec, 


!aSS  Annali  d'  I  t  a  l  i  a 
piuttosto  Fnblicio  Celso,  Era  sid,to  Adriano 
jprctore  in  Roma  nell'  anno  107  per  testi- 
monianza di  Sparziano  ^ ,  e  Trajano  gli  avea 
donato  due  milioni  di  sesterzj ,  che  si  credono 
far  la  somma  di  cinquantamila  scudi  d'ar- 
gento 5  acciocché  potesse  celebrare  i  giuochi 
soliti  a  darsi  da  chi  entrava  in  quel  ri- 
guardevole ufizio .  Pretende  il  Salmasio  ^ , 
che  Sparziano  scrivesse  il  doppio .  Fu  nel 
precedente  anno  inviato  con  titolo  di  le- 
gato pretorio  ,  o  sia  di  vicepretore  esso 
Adriano  nella  bassa  Pannonia  :  mise  in  do- 
vere i  Sarmati,  che  aveano  fatto  qualche 
novità  ne' confini  dell' imperio  romano;  re- 
stituì la  disciplina  fra  le  milizie  di  quelle 
parti;  e  fece  altre  azioni^  per  le  quali 
si  meritò  il  consolato  nell'  anno  presente  . 
Non  avea  figliuoli  Trajano,  e  Adriano  suo 
cugino  non  ometteva  diligenza  ed  arte  al- 
cuna ,  per  giungere  a  succedargli  nell' 
imperio  ,  ajutandosi  spezialmente  con  far 
la  corte  ali'  impcradrice  Plotina ,  e  col  te- 
nersi amico  Lucio  Licinio  Siira ,  uno  de' 
favoriti  di  Trajano.  Fu  appunto  in  quest' 
anno  ,  che  Sura  gli  diede  la  buona  nuova  , 
qualmente  Trajano  pensava  di  adottarlo  ; 
e  perchè  i  cortigiani  ed  amici  d'esso  im- 
peradore  scoprirono  qualche  barlume  di  que- 
sta sua  intenzione  ,  laddove  prima  mostra- 
vano di  poco  stimare ,    anzi    di    sprezzare 

Adria- 

'  Spartiat.  in  yita  Uadviani . 
*  Sadìnn»  in  Notis  Sci  S^artisn. 


Anno        CIX.  289 

Adriano ,  da  lì  innanzi  cominciarono  ad 
onorarlo,  e  a  procacciarsi  la  di  lui  ami- 
cizia .  Mancò  poi  di  vita ,  forse  circa  que- 
sti tempi,  il  medesimo  Sura  ,  Trajano  che 
si  serviva  di  lui ,  per  farsi  dettar  le  ora- 
zioni ed  allocuzioni  al  senato  e  al  popo- 
lo^ perchè  egli  sapea  poco  di  lettera,  jion 
ignorando  che  Adriano  ,  siccome  persona 
letterata,  era  capace  di  servirlo  in  quella 
funzione,  il  volle  presso  di  se  ,  e  si  vale- 
va della  di  lui  penna  :  il  che  gli  accrebbe 
la  familiarità  e  l'amor  di  Trajano.  Al  de- 
funto Sura  fece  fare  Trajano  un  solenne 
funerale ,  ed  alzare  una  statua  per  gratitu- 
dine ^.  Lo  stesso  fece  egli  dipoi  alla  me- 
moria di  Sosio  Senecione ,  e  di  Palma ,  e 
di  Celso  ,  che  abbiam  detto  essere  stati  con- 
soli neir  anno  presente  _,  come  ad  amici  suoi 
cari.  Noi  sappiamo  che  Gajo  Plinio  Cedilo 
Secondo ,  rinomatissimo  autore  del  pane- 
girico di  TrajanOj,  dopo  essere  stato  con- 
sole neir  anno  100,  fu  poi  mandato  con 
titolo  di  vicepretore  al  governo  della  Bi- 
tinia  e  del  Ponto .  Le  sue  lettere  scritte 
di  là  a  Trajano  si  leggono  nel  libro  de- 
cimo .  Ma  per  quanto  finora  abbiano  di- 
sputato fra  loro  gli  eruditi  non  s' è  potuto  , 
né  si  può  decidere  in  qual  anno  egli  fos- 
se spedito  colà  .  Il  Loidio  e  il  Tillemont 
*  attribuirono  la  di  lui  andata  al  fine  dell' 
anno  103^  il  cardinal  Noris  3  al  presente 
Tom.  il  T  109, 

*  Dia  lib.  <58.  *  Tillemont  ibid.   »  Noris  Epist.  Consulari  • 


290      Annali    d'Italijl 
109 ,  o   pure   al    susseguente ,    come    anco. 
fece  ^  il  padre  Pagi .  Eusebio  *  mette    all' 
anno  decimo  diTrajano,  cioè  al  107,  delF 
Era  nostra  ,  la  lettera  celebre  scrittagli  dà 
Plinio  ,  esistente  allera  nella  Bitinia .   Ida-* 
ciò  3  ne  parla    all'anno  112.    In    tale    in- 
certezza di  teniipi  sia    lecito   ai    lettori    1' 
attenersi  a    quella    opinione    che    più    loro 
aggradirà ,  e  a  me    di    seguitar    più    tosta 
il  Noris,  il  Pagi,  e  il  Bianchini .  A  questi 
terapia  ma  colla  medesima  incertezza  ,  vien 
riferita  dal  Mezzabarba   "^    e    dal    suddetto 
Bianchini  ^    la    selciatura    della    via   traja- 
na  ,  fatta  per  ordine  di  esso  Trajano  .  Al- 
tro essa  non  fu ,  che    la    via    descritta    da 
Dione,  di  cui  si  parlò  al  precedente  anno, 
cioè  la  via  appia  ,  che  da  Roma  va  a  Capoa  : 
la  pili  magnifica  di  quante  mai  facessero  i 
Komani ,   ed  opera  di  molti  secoli  avanti . 
Perchè  la  rimodernò  ed  arricchì  Trajano  di 
varj  ponti  e  di  fabbriche  a  canto  alla  me- 
desima ,  perciò  egli ,  o  il  pubblico  le  die- 
de il  nome  di  via  trajana  .  Credesi  parimen- 
te ,  che    in    quest'  anno    Trajano    dedicasse 
il  Circo  ,  cioè  il  Massimo,  ristorato  da  lui 
coi     marmi     presi    dalla    Naumachia   ^    di 
Domiziano  . 


*  Pagius,  in  Critlc.  Bavon.  ^ 

*  Eusebius  in  Chron.         ^  Idacius  in  fastis  . 
^  Módiobarbus  in  Numirrnat.  Im^erat- 

5   Blanchinitis  ^d  Anastasium  . 

*  Svetontus  in  Domitians  ca^,  15. 


A  N  N  o     ex.  ^Ai 

Anno  di  Cristo  ex.  Indizione  viti. 
di  Alesa NDRO  papa  5. 
di  Traiano  impera  do  ré   13. 

p        ,.    r  Servio  Salvidieno  Orfito  , 
Uonsoli  -s^  p/j^Rco  Peduceo  Priscìnio  . 

-L'è  iscrizioni  pubblicate  dal  Fabretti ,  dal 
Bianchini  ,  e  da  me  ,  ci  assicurano  tali  es- 
sere stati  i  nomi  e  cognomi  di  questi  con- 
soli ,  che  si  trovavano  ignorati  o  guasti 
presso  i  precedenti  illustratori  de' Fasti . 
Non  si  sa  intendere,  perchè  il  Mezzabar- 
ba  ^  e  monsignor  Bianchini  pretendano , 
clie  solamente  in  quest'anno  il  senato  ac- 
cordasse a  Trajano  il  glorioso  titolo  di 
Ottimo  j  quando  questo  ti-tolo  comparisce 
in  tante  altre  medaglie  ,  che  si  rapportano 
agli  anni  precedenti.  Plinio  .  anch'^ egli  ne 
jDarla  nel  panegirico ,  che  dicemmo  compo- 
sto neir  anno  100 .  Dione  ^  per  lo  contra- 
rio scrive  che  solamente  dopo  la  conquista 
dell'  Armenia  egli  fu  cognominato  Ottimo  . 
Vogliono  i  suddetti  scrittori,  che  Trajano 
l' accettasse  solamente  in  quest'  anno .  Ma 
non  era  tale  la  di  lui  umiltà^  da  far  sì 
lunga  resistenza  a  quest' elogio  j,  per  altro 
ben  meritato  da  lui,.  Augusto  non  voleva 
esser  chiamato  Signore  .  Trajano  all'  incon- 
tro assai    gradiva  che    gli  si    desse    questo 

"  T  2  no- 

'  Mediobarbus  in  Numisnh  Imper,         *  Dio  'ih.  68. 


^^2  Annaii  d^  Italia 
Kome.  Abbiamo  da  Eusebio  %  che  il  fa-» 
nioso  tempio  del  Panteo  di  Roma ,  oggidì 
la  Rotonda,  fu  bruciato  da  un  fulmine. 
Chi  sa  che  in  quella  nobilissima  fabbrica 
non  entrava  legno ,  crederà  bensì  ,  che  un 
folgore  cadesse  colà;  ma  che  T  incendiasse, 
non  saprà  intenderlo  .  Sotto  Nerone ,  e  sot- 
to Domiziano  ,  principi  nemici  della  virtù  ;, 
maraviglia  non  è ,  se  fu  perseguitata  la 
santa  religione  di  Cristo  •  Potrebbe  ben  ta- 
luno stupirsi,  come  essa  trovasse  un  per- 
secutore in  Trajano  -  ,  principe  ^mator  del- 
le virtù  ,  delle  quali  vera  maestra  è  la  so- 
la religion  de'Cristiani .  Pure  fuor  di  dub- 
bio è ,  che  sotto  di  lui  la  Chiesa  di  Dio 
pati  la  terza  persecuzione,  non  già,  come 
osservò  il  cardinal  Baronio ,  eh'  egli  pub- 
blicasse editto  alcuno  particolare  contro  d' 
essi  Cristiani,  ma  perciiè  riferito  a  lui,  co- 
me s'andava  a  gran  passi  dilatando  la  lor 
credenza  con  pregiudizio  del  dominante  cul- 
to degl' idoli  _,  con  gravi  lamenti  de' falsi 
sacerdoti  del  Paganesimo  ,  e  con  delle  sol- 
levazioni de' popoli  contra  chi  professava 
la  fede  di  Cristo:  Trajano  ordinò,  o  per- 
mise che  fossero  osservate  rigorosamente  le 
antiche  leggi  contra  gl^  introduttori  di  nuo- 
TC  religioni.  Però  i  governatori  delle  pro- 
vincie  ,  massimamente  dell'Oriente,  comin- 
ciarono ad  infierire ,  probabilmente  circa 
questi  tempi ,  contra    chiunque  si    scopriva 

se- 

'  Eusebius  in  Chroniio  .       *  £«/f^.  Histot'  Uh.  3.  cuf-  5i- 


A 


Anno      CX.  29^ 

seguace  dei  dogmi  cristiani;  laonde  si  vi- 
dero molti  forti  campioni  attestar  coi  loro* 
sangue  la  verità  di  questa  religione.  Ne 
han  trattato  amipiamente  il  cardirfal  Baro- 
hio  ^,  il  Tillemont  *,  i  Bollandisti  %  ed 
altri;  Fórse  a  questi  tempi  appartiene  la 
scoperta  della  congiura  tramata  da  Cras^ 
so  contra  dei  buon  imperador  Trajano  ,  che 
vien  solo  accennata  da  Dione'*-,  senza  dir- 
ne circostanza  alcuna.  Altro  di  più  non  ab^ 
biamo ,  se  non  che  Trajano  ne  lasciò  la  co- 
gnizione al  sèaata,  da  cui  gli  fu  dato  il 
meritato  gastigo  ,  senza  apparire  ,  se  pagas- 
se il  delitto  col  capo  ,  o  coir  esilio.  Rac- 
conta Sparziano  5,  che  Adriano,  successor 
di  Trajano,  ne' primi  giorni  del  suo  inipe- 
tio  fu  consigliato  da  Taziano  di  levar  la 
vita  a  Lab e.r io  Massimo  ^  e  a: Chiasso  Frugl  ^ 
relegati  nelle  isole,  per  sospetti  di  aver 
aspirato  all'  imperio  ;  ma  eh'  egli  affettan- 
do sul  principio  il  buon  concetto  di  essere 
principe  clemènte  ,  niun  male  avea  lor  fat- 
to. Tuttavia  perchè  Crasso  dipoi  senza  li- 
cenza era  uscito  fuor  dell'isola,  il  proccu- 
ratore  di  Adriano  ,  senza  aspettarne  alcun 
órdine  da:ir  imperadore ,  1'  avea  ucciso ,  qua- 
siché egli  macchinasse  delle  novità  .  Questi 
forse  è  il  medesimo  Crasso^  di  cui  parla 
Dione . 


T  3  An- 

'  Baron.  in  Annui. 

^  Tillemnnt  Msm.  de  /'  Eglise ,  '  ABa  SanSiorum . 

■*  Dio  Ifb»  C%.         \  Scarti  attui  in    Ha  ari  ano» 


^94      Annali    d'  I  t  a  l  i  a 

Anno  di  Cristo  cxi.  Indizione  ix. 
di  Ai^ss ANDRO  papa  4. 
di    Tua jANo  imperadore   14. 

c^ ^  1.    r  Gaio  Calpurnio  Pisone  , 

L  Marco  Vlttio  Dolano. 

Un'iscrizione  pubblicata  dal  Panvinio  ^  ci 
fa  vedere  console  nelle  calende  di  marzo  , 
se  pure  è  v^ero,  correndo  la  tribunizia  po- 
destà XIV.  di  Trajano_3  cioè  nell'anno  pre- 
sente, Oap  Orso  Scr viario  per  la  seconda 
volta  ,  e  Lucio  Fabio  Giusto .  Quando  sia 
vero,  cll^^  Plinio  in  questi  tempi  governas- 
se il  Ponto  e  la  Bitinia,  probabil  cosa  sa-. 
rebbe,  che  a  quest'anno  appartenesse  la  ce- 
lebre lettera  *  da  lui  scritta  a  Trajano  in- 
torno ai  Cristiani .  Era  cresciuta  a  dismi- 
sura in  quelle  parti ,  non  meno  che  nell* 
altre  dell'Oriente,  la  religione  di  Cristo; 
e  si  scorge  che  Plinio  avea  ricevuto  ordi- 
ne da  Trajano  di  processare  e  punire  i  di 
lei  seguaci .  Plinio  ne  fece  diligente  ricer-* 
ca  ;  ma  ritrovato  più  di  quel  che  credea  , 
esorbitante  il  numero  de'  Cristiani  d' ogni 
sesso  ed  età;  e  quel  che  più  importa,  ào' 
^o  maturo  esame  scoperto ,  ad  altro  non 
tendere  questa  religione,  che  a  professar 
la  pratica  delle  viriù  ,  e  1'  abborrimentp  ai 

vi- 


\  Panvin»  Fast-  Consular. 

^   IHinius  .lib>  10.  E'£ist'^7'  ^  9^' 


^  A  N  N  o    CXI.  295 

.  izj ,  volle  prima  informarne  Trajano,  per 

sapere^  come  s'avea  da  condurre  in  circo- 

istanze  tali .  Abbiamo  anche  la  risposta   dell' 

imperadore ,  che  gli  comanda  •  di  non    fare 

Icerca  de' Cristiani;  ma  se  saranno  denun- 
ziati, e  trovati  costanti  nella  lor  fede,sie- 
no  puniti ,  con.  perdonare  a  chi  proverà  di 
non  esser  tale,  sagrifìcando  aglidii,  e  col 
non  badare  alle  denunzie  orbe ,  cioè  date 
contra  di  loro,  senza  il  nome  dell' accusa- 
tore .  Tertulliano  ^  ben  inform.ato  di  que- 
ste lettere ,  fa  conoscere  V  ingiustizia  di 
Q?raj  ano  in  non  volere  che  sieno  ricercati 
'come  innocenti,  e  in  volerli  puniti ,  se  ac- 

asati.  Però  continuò  la  persecuzione,  cor- 
me  prima  ;  e  quantunque  non  mancassero 
degli  apostati ,  pure  senza  paragone  mag- 
gior fu  il  numero  degli  altri,  che  amaro- 
no piuttosto  di  sofferir  coraggiosamente  la 
mort_e ,  che  di  sagriiicare  ai  falsi  dii  del 
Gentilesimo.  Crede  il  padre  Pagi  ^  ,  che  sia 
piuttosto  da  riferire  al  seguente  anno  la  let- 
tera di  Plinio.  Il  vero  è,  che  non  si  può 
accertar  questo  temgo . 


T  4  An- 


'  Te^tttllr'antis  in  Apologetico  cap.  1. 
*  P.igius  Critica  Baro,ì, 


z^6       Annali    dItalia 

Anno  di  Cristo  cxir.  Indizione  x. 
di  Alessandro  papa  5. 
di  Traiano  imperadore  15. 

f  Marco  UlpioNerva  Traja-* 

Consoli  J        '''',  Augusto  per   la  sesta 
j         volta , 
(^  Tito  Sestio  Africano. 

X  ossiam  credere  che  a  quest'  anno  appar-^ 
tengano  due  opere  di  Tra] ano  ,  fatte  pri- 
ma d'  imprendere  la  spedizion  verso  V  Ar- 
menia ,  delle  quali  fa  menzione  lo  storico 
Dione  ^ .  Cioè  V  erezione  in  Roma  di  al-^ 
cune  biblioteche  ,  e  la  fabbrica  della  piaz- 
za ,  che  fu  poi  appellata  di  Trajano  nel  si- 
to ,  dove  anche  oggidì  si  mira  la  sua  co- 
lonna. Un  tesoro  impiegò  Trajano  in  for- 
mar questa  piazza  ,  perchè  gli  convenne  spia- 
nare una  parte  del  Monte  Quirinale ,  e  ser- 
vendosi di  Apollodora  insigne  architetto , 
ornò  in  varie  maniere  tutta  la  circonferen- 
za di  bei  portici ,  e  Y  atrio  di  alte  e  gros^ 
sissime  colonne  con  capitelli  e  corone  ,  e 
con  istatue  e  ornamenti  di  bronzo  indora- 
to,  rappresentanti  uomini  a  cavallo^  e  ar- 
nesi militari.  Nel  mezzo  dell'atrio  si  ve- 
dea  la  statua  equestre  d' esso  Trajano.  Era 
sì  vaga  e  sì  magnifica  tal  fattura  per  al- 
tre giunte  fattevi  da  Alessandro  Severo  im- 

pe» 

*  Dìo  Uh.  6%, 


\ 


Anno     CXII.  297 

peradore,  che  restava  incantato  chiunque  I si 
mirava .  Ammiano  Marcellino  ^  scrive ,  che 
venuto  a    Roma  Costanzo   Augusto ,    allor-^ 
che  giunse  alla  piazza    di  Trajano,   fattu- 
ra, che  non  ha  pari  tutto  il  mondo,  e  che 
mirabil  sembra    fino  agli    stessi    dii    (  cosi 
uno  storico   pagano  )    rimase    attonito    all' 
osservar  quelle  gigantesche   figure  ,  e    tanti 
begli  ornamenti.  E  Cassiodorio  -  anch' egli 
scriveva ,  che  a'  suoi  tempi ,   per  quanto    si 
andasse  e  riandasse  alla  piazza  di  Trajano, 
sempre  essa  compariva  un  miracolo.  In  som- 
ma non  vi  fu  opera  fatta  da  Trajano,  che 
non  desse  a  conoscere  che  il  suo  bel  genio 
era  im.pareggiabile ,  e  il  suo  buon  gusto  mi- 
rabile in  tutto  .  Credesi  che  in  quest'  anno  , 
e  nel    seguente  fosse   compiuta  e    dedicata 
quella  piazza .  Il  Tillemont  3  ^    fidatosi    di 
Giovanni  Maiala,    scrittore  abbondante    di 
favole  e  di  sbagli,  mise  all'anno  106,  e  al 
seguente,  la  spedizion  di  Trajano  verso  T 
Armenia .    Le  ragioni  recate    dal    cardinal 
Noris ,  dal   Pagi ,    e    da  altri ,    e  lo    stesso 
racconto ,  che  fa  Dione    di  quella    guerra  , 
persuadono    abbastanza ,    che  solamente    iri 
quest'  anno  Trajano  si    mosse  verso    quelle 
parti  ^.  V'ha  in  oltre  qualche  medaglia  5^ 
indicante  i  voti  fatti  pel    suo  buon    ritor- 
no .  Ardeva  di  voglia  Trajano  di  far  qual- 
che 

*  Ammianus  TAarcelUnus  /•  t6.  e.  3©. 
^  Cassiodoriiis  f^ar.  lib.  7.  e.  6. 

''   Tillemont  Memotres  de^  Empeveurs  .  "^  Dio  lib,6Z, 

*  Mediobarbus  in  NttmisTnai.  Ivr^eratcr. 


29»  Annali  p'  ì  t  a  l  i  a 
che  altra  militare  impresa ,  per  cui  sem- 
pre più  crescesse  la  gloria  sua .  Gli  se  ne 
presentò  un'  occasione ,  perche  egli  non  era 
di  que'principi,  che  trovano,  sempre  che 
vogliono  nei  lor  gabinetti  ,  delle  ragioni 
di  far  guerra  ai  loro  vicini .  Erano  soliti 
i  re  deir  Armenia  (  1'  abbiam  già  veduto  ) 
di  prendere  il  diadema  reale  dai  romani 
imperadori ,  dalla  sovranità  de'  quali  si  ri- 
conosceano  in  qualche  maniera  dipendenti. 
Esedare  nuovo  re  di  quella  contrada  T  avea 
preso  da  Cosdroe  re  de'  Farti ,  dominator 
della  Persia.  Trajano  fece  intendere  le  sue 
doglianze  a  Cosdroe,  il  quale,  come  se 
fossero  burle  ,  o  per  sua  superbia ,  ninna 
adeguata  risposta  diede  .  Trajano  allora  de- 
terminò di  farsi  fare  giustizia  con  un  mez- 
zo più  concludente,  cioè  coli' armi.  Si  mi- 
se dunque  in  viaggio  nelF  anno  presente 
con  un  possente  esercito  verso  il  Levante  «> 
11  solo  suo  muoversi  (epe  calar  tosto  l'al- 
terigia di  Cosdroe ,  e  spedire  ambasciatori 
a  Trajano  con  dei  regali ,  per  esortarlo  a 
desistere  da  una  guerra  di  tale  importan- 
za ,  giacché  egli  diceva  d'  aver  deposto  Ese- 
dare  ,  e  il  pregava  di  voler  concedere  V  Ar- 
menia a  Partamasire  j  che  forse  era  fratel- 
lo del  medesimo  Cosdroe.  Trovarono  que- 
sti ambasciatori  T/ajano  già  arrivato  ad 
Atene,  ma  non  già  in  lui  quella  facilità^ 
di  cui  si  lusingavano .  Rifiutò  egli  i  lor 
presenti,  e  disse  conoscersi  l'amicizia  dal- 
le azioni^  non  dalle  parole,  ed  esser   egli 

in- 


Anno     CXII.  299 

incamminato  verso  la  Scria  ,  dove  avrebbe 
prese  quelle  misure  che  più  converrebbo- 
no .  Continuato  poscia  il  viaggio  per  ter^ 
ra,  secondo  Giovanni  Maiala,  nel  dì  7  del 
seguente  gennajo  ,  oppure  nelF  ottobre  dell' 
anno  presente  entrò  in  Antiochia  capitale 
della  Soria  con  corona  d'  ulivo  in  capo  * 

Anno  di  Cristo  cxiir.    Indizione  xr- 
di  Alessandro  papa  6, 
di  Traiano  imperadore   16. 

r  Lucio    Publicio  Celso  per 
Consoli  -ì        la  seconda  volta  , 

L  Lucio  Glodio  Pkiscino. 

Vogliono  alcuni,  che  nell'occasione^  che 
Trajano  Augusto  si  trovò  in  Antiochia  o 
sul  ilne  del  precedente  anaOj,  o  sul  prin-- 
cipio  del  presente^  gli  fosse  condotto  d' 
avanti  santo  Ignazio  vescovo  di  quella  cit- 
tà, ^  accusato  d'essere  cristiano^  e  pasto- 
re de' Cristiani.  Confessò  il  santo  vecchio 
intrepidamente  il  nome  di  Gesù  Cristo  ;  e 
però  d'ordine  di  Trajano  fu  mandato  a 
Roma ,  per  essere  esposto  alle  iìcre  nell' 
anfiteatro .  Gli  atti  del  suo  gloriosissimo  mar- 
tirio ,  compiuto  secondo  i  Greci  nel  dì  20 
di  dicernbre  ,  e  le  sue  lettere  ,  spiranti  un 
mirabile  amor  di  Dio,  e  una  tenerissima 
divozione,  restano  tuttavia  per  edifìcazion 

del- 

*  ASìa  San^ìoYum  a^ud  Bolhnd.  (st  aPud  Rutnartur,*. 


goD      Annali   D'ItALiA 
(iella  Chiesa .  Altri  mettono  più    presto    i^ 
suo  martirio  ;  ma  a  noi  basti  di  sapere  1: 
certezza  del  fatto  ,  se  non  possianio'  quella 
del  tempo.  L'iscrizione^,  che  si  legge  nella' 
base    della    nobilissima    Colonna    Trajana  , 
tuttavia  esistente  in  Roma  ,  ci  vien  drcen- 
do  ,  che  nell'  an'no  presente  seguì  la    dedi- 
cazione di  questa  maravigliosa  fattura  a  no- 
me del  senato  in  onor  di  TrajanOj,  che  non 
ebbe  poi  il  contento  di  vederla  prima  di  mo- 
rire. Nella  gran  copia  delle  figure  illustra- 
te dalla  penna  .del  Fabretti  ,    rappresentata 
sji  vede  la  guerra  di  Trajano  contra  ai  Ba- 
ci. Proseguendo  intanto  Trajano  il  suo  viag- 
gio,-   arrivò    con    un    poderosissimo    eser- 
cito   ai  confini    dell'  Armenia .  Allora    i   re 
e  principi  di  quelle  contrade  *  si  portarono 
a  gara  a  visita-rio  con  ricchrssiiTii  presenti  , 
fra'  quali  si  vide  un    cavallo  così  ben    am- 
mwiestrato  ,  che  s'inginocchiava  e  chinava  il 
capo  a' piedi  di  chi  si   voleva.  Abgaro  re ^' 
o  principe  di-  Edessa  nella   Osroena- ,   parte 
della  provincia  della  Mesopotamia-,    gì'  in- 
viò f egali  e  proteste  di  amicizia  ,  ma  sen- 
za venire  i-n  persona,  perchè  non  voléa  JDer- 
dere    la    bona     grazia    di     Cosdroà    re    de' 
Farti.  Tuttavia  in  sua    vece    gli    mandò  ? 
Arbando  suo  figliuolo,    giovane  di  bellissi- 
mo aspetto ,   che    s' insinuò    così    bene    nel 
cuor  di    Trajano,    che   quando  poi    questo 
^  im- 

'   Gruterus  pag.  190.  num.  4.         *  Dio  /.  6S. 
■'•  Idem  in  Excerpt:s  ralesian. 


Ann  o      GXIII.  501 

!mperaclore  passò  per  Edessa,  Abgaro  an* 
datogli  incontro  ,  agevolmente  ,  per  interces- 
sion  del  figliuolo  ,  ottenne  il  perdono  .  Far- 
tamasire  s' era  già  messxì  in  possesso  dell' 
Armenia  con  favore  de'Parti ,  ed  avea  preso 
ii  titolo  di  re.  Con  questo  titolo  scrisse 
egli  lettera  di  sommcssionea  Irajano;  ma 
ijon  vedendo  venire  risposta ,  ne  tornò  3. 
scrivere  un'altra,  senza  più  intitolarsi  re; 
supplicandolo  di  voler  inviare  a  lui  31arco 
Glunlo  governatore  della  Cappadocia  ^  per 
trattar  seco  d'  accordo  .  Trajano  gì'  inviò  il 
figliuolo  di  Giunio  ,  e  intanto  continuò  il 
suo  viaggio  5  con  impossessarsi  del  paese  , 
dovunque  passava  ,  senza  trovarvi  resistei!^ 
za  alcuna .  Arrivato  a  Satala  città  dulT  Ar-» 
menia  minore  ,  venne  ad  inchinarlo  Anelila^ 
lo  re  degli  EniocKi ,  popoli  della  Circas- 
sia  verso  il  Mar  Nero  .  Trajano  il  ricevè 
con  grande  onore ,  il  rimandò  carico  di 
Tingali .  Allora  fu  ,  che  anche  Partamasire  , 
considerando  il  brutto  aspetto  de' suoi  affa- 
ri ,  probabilmente  consigliato  dal  figliuolo 
di  Giunio  ,  a  rimettersi  nella  clemenza  ce- 
sarea ,  ottenuto  il  salvocondotto  ,  venne  a 
presentarsi  a  Trajano.  Noi  volle  egli  rice- 
vere ,  se  non  assiso  sul  trono  in  mezzo  al 
campo .  Se  gli  accostò  Partamasire  ,  e  de- 
l^osG  a'  suoi  piedi  il  diadema  senza  profe- 
rir parola:  il  che  veduto  dall'immensa  co- 
rona de'soldati  di  Trajano  ,  si  alzò  un  sì  alle- 
gro strepitoso  grido  di  Viva ,  che  quel 
principe  atterrito  fu  in  procinto  di  fuggir- 

se- 


go2      Annali    b'Itaìià 

&ene,  se  non  si  fosse  veduto  attorniato  da 
sì  gran  copia  d' armati .  Chiesta  poi  una 
particolare  udienza  da  Trajano ,  l'ottenne 
egli  bensì  ,  ma  non  già  il  diadema ,  sicco- 
me egli  dimandava  e  sperava  coli'  esempio 
di  Tiridate  a''  tempi  di  Nerone  .  Era  ben 
diverso  dal  codardo  Nerone  il  coraggioso 
Trajano.  Ne  uscì  in  collera  Partamasire  ; 
ma  risalito  suL trono  Trajano,  il  fece  ri- 
chiamare ,  acciocché  pubblicamente  ricono- 
scesse il  ragionamento  seguito  fra  loro  in  di- 
sparte. Lamentossi  Partamasire  d'essere  trat- 
tato come  un  prigioniero:  quando  egli  era 
Volontariamente  venuto ,  e  fece  nuova  istan- 
za, per  impetrare  il  diadema  dalle  mani 
di  Cesare ,  a  cui  giurerebbe  omaggio .  Tra- 
jano gli  rispose ,  che  essendo  V  Armenia 
jiertinenza  del  romano  imperio  ,  non  vole- 
va concederla  a  chichessia  ,  ma  bensì  met- 
tervi un  governatore  ;  e  licenziatolo,  il  fece 
tosto  partire  ,  scortato  da  un  corpo  di  ca- 
valleria, acciocché  non  potesse  manipolar 
nel'  ritorno  qualche  intrico  colla  gente  del 
paese.  Si  venne  dunque  alla  guerra  ,  di  cui 
altro  non  sappiamo ,  se  non  che  Partamasi- 
re, dopo  essersi  sostenuto,  finché  potè, 
coir  armi  alla  mano  ,  finalmente  fu  ucciso  , 
e  tutta  l'Armenia  jrestò  in  potere  dell'Augu- 
sto Trajano ,  il  quale  ne  fece  una  provin- 
cia del  romano  imperio. 


An- 


Anno      CXIV.         303 

Anno  di  Cristo  cxiv.  Indizione  xiio 
di  ALESSANDRO  papa  7. 
di  Traiano  imperadore   17. 

r^        1-    r  Quinto  Ninnio  Hasta  , 

Consoli    -{      n  n/r  .    ^T 

|_  Publio  ManilicJ   v'^opisco  , 

VJran  disavventura  è  stata  ^  che  uno  de' 
più  gloriosi  imper adori  che  s'  abbia  avuto 
Koma  ,  quale  ognuno  confessa  Trajano  ,  con 
un  regno  fecondo  di  tante  belle  imprese  , 
e  di  sì  grandi  uomini  ',  qual  fu  il  suo  ,  non 
sia  passato  a  noi  con  esatta  e  convenevole 
storia  della  vita  e  delle  azioni  di  lui .  Non 
mancò  già  agli  antichi  secoli  una  tale  sto- 
ria ,  anzi  più  d'una  ve  ne  fu,  atttestando 
Lampridio  ^,  avere  Mario  Massimo  y  Fabio 
Marcellino  ^  Aurelio  Vero  ^  e  Stazio  Valen- 
te scritta  la  di  lui  vita,  ed  asserendo  Pli- 
nio ^  il  2;iovane ,  che  Caninio  era  dietro 
a  descrivere  la  guerra  dacica .  Pure  tutti 
questi  scritti  son  rimasti  preda  del  tempo  , 
e  son  periti  i  libri  di  Arriano  ,  che  avea 
descritte  le  8:uerre  dei  Parti  ;  sicché  altro 
a  noi  non  resta  che  il  compendio  di  Dio- 
ne y  fatto  da  Giovanni  Sifilino  ,  dà  cui  si 
possano  ricavar  le  imprese  di  Trajano^  ma 
appena  abbozzate,  e  senza  poterne  noi 
trarre  i  tempi  distinti  ,  in  cui  furono  fat- 
te . 

'  Lamprìdius  in  Fha  Alex.tnd'^-i  Severi . 
^  Plin.  lib.  8;  ep.  4. 


304  Annali  d'Ita  l'i  a 
te  .  Perciò  solamente  a  tentone  andiamo  ri- 
ferendo a  questo  e  a  quali'  anno  le  di  lui 
imprese ,  senza  poterne  fondatamente  as- 
segnare il  tempo  preciso  .  Sia  dunque  eh' 
egli  nel  precedente  anno  compiesse  la  con-* 
quista  di  tutta  l'Armenia,  o  che  ciò  av- 
venisse in  parte  ancora  del  presente,  cer- 
to è  per  testimonianza  di  Dione  ^ ,  che 
sparsasi  maggiormente  la  fama  del  di  lui 
valore,  e  de' suoi  acquisti  per  l'Orien- 
te, i  re  e  i  principi  circovincini  venne- 
ro ad  assuggettarsi  all'  aquile  romane  ,  op- 
pure a  chiedere  amicizia  e  pace.  Diede 
egli  un  re  ai  popoli  Albani  ^3  e  i  re  delF 
Iberia,  de' Sauroniati ,  del  Bosforo,  e  della 
Colchide  gli  prestarono  giuramento  di  fe- 
deltà. Avea  notato  Plinio  ^^  che  Traja- 
nOy  se  volea  ricrearsi  talvolta  dalle  ap- 
plicazioni e  fatiche  del  governo,  non  pas- 
sava già  a  divertimenti  puerili  di  giuoco, 
meno  poi  ad  altri  di  maggior  vergogna , 
perchè  illeciti  e  scandalosi ,  ma  a  passatem-^^ 
pi  faticosi,  per  tenere  in  esercizio  il  cor- 
po ,  e  giovare  alla  sanità .  Il  cavalcare  ,  la 
caccia  erano  i  suoi  trastulli  ;  e  se  si  tro- 
vava vicino  al  mare  o  ai  fiumi ,  solea  tal- 
volta far  da  piloto  in  una  nave ,  e  metter- 
si a  remigare,  facendo  a  gara  co' suoi  cor- 
tigiani a  chi  meglio  sapea  esercitar  quel 
duro  mestiere  in  romper  1'  onde ,  e  passa- 
re 


*  Dio  Ita.  óS.        '  Eutro^.  in  Brezhr. 

*  P.imus  in  Par.egyrico    r.  8l. 


A 


Anno     CXiV.  505 

te  gli  stretti.  Non  operò  di  meno  questo 
saggio  imperadore  in  Levante ,  insegnando 
coir  esempio  suo  ai  soldati  V  amore  e  la 
tolleranza  delle  fatiche.  ^  Marciava  anch' 
egli  a  piedi,  e  al  pari  d' essi  passava  a  pie-» 
di  i  guadi  dei  fiumi  ^  Ordinava  egli  in  per^  > 
sona  i  soldati  nelle  marcie  ,  e  camminava 
innanzi,  come  un  semplice  ufiziale  .  Tene- 
va molte  spie  ^  per  saper  nuove  de'  nemi- 
ci ,  e  talora  ne  spargeva  egli  delle  false  , 
per  avvezzar  la  milizia  ad  ubbidir  con  pron- 
tezza^ a  star  vigilante  e  preparata  sempre 
con  coraggio  a  tutti  i  pericoli  ed  avve- 
nimenti.  Son  di  parere  il  Mezzabarba  e 
monsignor  Bianchini,  che  Trajano  conqui- 
stasse in  quest"*  anno  V  Assiria  ,  perchè  in 
una  sua  medaglia  si  legge  ASSYRIA  IN 
POTESTATEM  POPVLI  EOMANI  REDA- 
CTA.  Ma  quella  medaglia  si  può  riferire  ai 
due  seguenti  anni  ,  non  avendo  caratteri- 
stica particolare  dell'  anno  presente  ;  e  da 
Dione  secondo  me  si  ricava  ,  che  più  tar- 
di succedette  V  acquisto  dell'  Assiria  ,  o  sia 
della  parte  della  Soria ,  che  allora  era 
posseduta  dai  Parti, 


k 


Tom.  il  T  Att- 

*  Dio  Hb.  6%. 


^o€      Annali    d'  I  t  a  l  i  a 

Anno  di  CrasTO  cxv.  Indizione  xiir. 
di  Alessandro  papa  8. 
di  Traiano  imperadore  18. 

r^vtc^r  S  Lucio  Vipstanio  Messala, 

Consoli  ^      ^^/^  TX  -n  ' 

[_  Marco  vergili  ano  Pedone. 

v^he  Vipstanio^  e  non  Vipstano  fosse  il 
nome  del  primo  di  cjuesti  consoli ,  appa- 
risce da  un' iscrizione  <(a  me  ^prodotta, 
e  da  due- altre  del  Grutero  * .  Se  credia- 
mo al  Tillemont ,  l'anno  fu  questo  delle 
grandi  imprese  di  Ti'aj ano  in  Levante  ,  per- 
chè egli  entrò  nel  paese  de' Parti,  e  fece 
quelle  grandi  conquiste  eh'  io  accennerò 
all'anno  seguente.  Se  non  c'inganna  Dio^ 
ne  3^  altro  non  sappiamo  dell'operato  da 
lui  in  questo,  se  non  ch'egli  s'impadronì 
della  città  di  Nisibi  ,  capitale  della-  Meso-^ 
potamia  ,  e  di  Singara,  e  diBàrhe,  città, 
o  luogo  amenissimo  di  que'  contorni  :  il  che 
indica  abbastanza,  che  alle  sue  mani  venne T 
intera  ricca  provincia  della  Mesopotamia , 
avendo  noi  anche  osservato  di  sopra,  eh* 
egli  passò  per  Edessa  ,  città  parimente  di 
quel  tratto ,  dove  signoreggiava  il  re ,  o 
sia  principe  Abgaro.  Parla  dipoi  Dione  ^ 
e  parlerò  ancor  io  fra  poco ,  del  tremuo- 
to  orrendo  d' Antiochia ,  accaduto  sul    fino. 

del 

'  Thesaurus  Novus  Inscription-  fag.  319.  nunt.  a. 
*  Gruterus  fag.  74-  ^  1070.         ^  Dio  eod,  libro  » 


Anno       CXV.  jq^ 

del  presente  anno.  Dopo  di  che  descrive 
i  gloriosi  progressi  di'  Trajano  contra  de' 
Parti ,  i  quali  perciò  debbono  appar- 
tenere air  anno  seguente ,  e  non  già  al 
presente.  Anche  ^  il  Mezzabarba  mette 
in  quest'  anno  la  dedicazione  fatta  in  Ro- 
ma della  basilica  Ulpia  ;,  o  sia  di  Traja- 
no j,  che  può  anche  riferirsi  all'anno  112^ 
e  ai  quattro  susseguenti  •  Certo  è  che  que- 
sta basilica  era  contigua  alla  piazza  di 
Trajano,  superbo  edifìcio  che  accresceva  la 
bellezza  di  quella  piazza  ,  sapendo  noi  ^  che 
le  basiliche  de'  Romani  furono  suntuosissi- 
me fabbriche,  simili  a  molte  grandi  chie- 
se de'  Cristiani^  con  trofei ,  statue  ,  ed  al- 
tri ornamenti  in  cima,  e  con  portici  ma- 
gnifici air  intorno,  destinate  per  gli  giudi- 
ci che  colà  andavano  a  tener  ragione ,  con- 
correndovi anche  i  negozianti  a  trattar  de' 
loro  affari .  Tornando  ora  a  Trajano  ,  men- 
tr'  egli  attendeva  all'  acquisto  della  Meso- 
potamia  ,  Manue  capo  d''  una  nazion  degli 
Arabi  ,  Sporace  principe  dell'  Antemisia  , 
cioè  di  una  parte  d'essa  Mesopotamia ,  e 
j??fanisare  anch"*  egli  signore  in  quelle  con- 
trade ,  faceano  vista  di  volersi  a  lui  sotto- 
mettere ,  ma  con  trovar  pretesti  ogni  di 
per  dichiararsi  ,  e  per  venire  a  trovarlo  ** 
Non  si  fidava  Trajano  di  costoro,  e  molto 
meno  se  ne  fidò,  dappoiché  3Iebaraspe  re 
deir  Adiabene  ,  avendo  ottenuto  da  lui  un 

V  2  cor- 

Me.iiobarhus  in  Numiim.  Im^erat^         '  Dio  lflf,68. 


g:oB        A  IT  N  A  L  I     d'  I  T  A  L  r  A 

corpo  di  soldatesche  per  difondersi  contra 
di  Cosdroe  ,  avea  da  traditore  parte  tru- 
cidati, parte  ritenuti  prigioni  que' soldati. 
Fra  gli  ultimi  fu  un  centurione  chiamato 
Sentio,  il  quale  con  altri  imprigionato  in 
un  forte  castellò-^  allorché  1'  esercito  di 
Trajano  •,  irritato  contra  deltraditore  ,  ar- 
rivò neir  anno  seguente  in  vicinanza  di 
quel  luogo  ^  ruppe  le  catene ,  yccise  il  ca- 
stellano, ed  aprì  le  porte  agH  altri  Roma- 
ni.  Scrive  Eutropio  ^,  che  Trqtjano  s'im- 
possessò dell' Antemisia.  Dovette  essere  in 
quest'anno,  perchè  quella  era  i^ma  delle 
Provincie  della  Mesopotamia  .  Secondo  che 
abbiam  da  Dione ,  per  queste  vittorie  fu 
dato  a  Trajano  il  titolo  di  Partivo;  ma 
egli  più  si  compiaceva  dell'altro  di  Otti-' 
mo  ,  perchè  esprimente  la  soavità  de'  suoi 
costumi^  e  il  possesso  in  cui  egli  era  di 
tutte  le  virtù. 

Finita  la  campagna  coli'  acquisto  della 
Mesopotamia  ,  venne  Trajano  *  a  svernare 
con  parte  dell'  armata  ad  Antiochia .  Ma 
mentre  ivi  soggiornava  ,  avvenne  in  quella 
città  uno  de'  più  orribili  e  funesti  trcmuo- 
ti  che  inai  si  leggano  nelle  storie.  L' ordi- 
nario popolo  di  quella  vasta  città  ascende- 
va ad  un  numero  esorbitante  :  ma  1'  avea 
accresciuto  a  dismisura  la  venuta  colà  del- 
la corte  imperiale  ^  e  di  gran  copia  di  sol-* 

da- 

.'  Eutrop.  in  BreviaV. 

'*  Johannes  Maiala  in  Chran.  Dio  lib>  éS. 


Anno      CXV^  '303^ 

datesche  .  V  era  inoltre  concorsa  un'  im^. 
mensa  moltitudine  di  persone  di  quasi tutn 
to  r  imperio  romano ,  chi  per  negozj ,  chi 
per  bisogno  del  principe,  chi  per  veder 
quelle  feste .  In  tale  stato  si  trovava  quel- 
la nobilissima  metropoli  dell'  Oriente  ; 
quando  nel  di  23  di  decembre  ,  come  pre- 
tende il  padre  Pagi  ^ ,  venne  un  sì  impe- 
tuoso tremuoto ,  preceduto  da  fulmini  e 
da  venti  gagliardissimi  ,  che  rovinò  buona 
parte  delle  fabbriche  della  città  ,  con  re- 
stare oppressa  sotto  le  rovine  gran  móì/ 
titudine  di  persone  ,  ed  innumerabili  altH 
con  ferite  e  membra  rotte .  Si  vide  il  vici- 
no monte  Corasio  scuotere  sì  forte  la  ci- 
ma ,  che  parca  dover  precipitare  addosso 
alla  città  p  uscirono  da  più  luoghi  nuove 
fontane ,  e  si  seccarono  le  vecchie  .  Acque-' 
tato  il  gran  flagello,  si  comincio  a  pescar 
nelle  rovine  ,  e  moltissimi  vi  si  scoprirò-^ 
no  morti  di  fame.  Trovossi  una  sola  don- 
na ,  qhe  avea  sostentato  per  più  giorni  se 
stessa  e  un  suo  pargoletto  col  proprio  lat- 
te ,  ed  amendue  furono  cavati  vivi  ;  il  che 
par  cosa  da  non  credere  .  Trajano  che  s* 
incontrò  ad  essere  in  sì  brutta  frangente  , 
per  una  finestra  del  palazzo  ,  \n  cui  abi- 
tava ,  se  ne  fuggì  ;  e  scrivono  che  un  per- 
sonaggio d' inusata  e  più  che  umana  statura 
r  ajutò  a  salvarsi.  Tal  fu  nulladimeno  la 
sua  paura,  che  quantunque  fosse  cessatola 

V  3  SCO- 

'  P-jigius  in  Cr/'t.  Baron, 


5^0  Annali  -d  Italia 
scotiménto  delk  terra,  pure  per  molti  gior- 
ni volle  abitare  a  cielo  scoperto  nel  Cir- 
co .  In  questa  sciagura  perde  la  vita  Peclo^ 
ne  console ,  che  terminato  il  suo  consola- 
to ordinario  ne' primi  sei  mesi,  potè  mol- 
to ben  venire  per  suoi  affari  ad  Antio- 
chia ;  se  pur  non  fu  un  altro  pedone  ^  sta- 
to console  in  alcun  degli  anni   precedenti. 

Anno  di  Cristo  ex  vi.  Indizione  xiv. 
di  Alessandro  papa. 9. 
di  Traiano  imperadore  19. 

i^        T    r  Lucio  Elio  Lamia. 
Consoli  -ì    -e  TT 

5^  Eliano  Vetere. 

P  . 

^^-'hiaramente  scrive    lo    storico    Dione  ^, 

qhe  dopo  il  tremuoto  d'  Antiochia  (  e  pera- 
neli'  anno  presente  ,  e  non  già  nel  preceden- 
te )  venuta  la  primavera,  Trajanocon  tut- 
to lo  sforzo  delle  sue  genti  si  mosse  per 
portar  la  guerra  nel  cuore  del  regno  de' 
Parti .  Conveniva  passare  il  rapido  fiume' 
Tigri,  le  cui  sponde  dalla  parte  del  Levan- 
te erano  ben  guernite  di  nemiche  milizie  . 
Avea  egli  fatto  fabbricar  nel  verno  una 
prodigiosa  quantità  di  barche  con  legni 
presi  dai  boschi  di  Nisibi  ;  e  per  introdur- 
la nel  suddetto, fiume  ,  pensò  ad  un  ardi-- 
tissìtiio  e  dispendioso  ripiego ,  cioè  di  ti- 
rare un  gran  canale  d'  acqua  dalF  Eufrate  ne! 

Ti-   . 


>   D/#  //^.  68. 


i 


Anno      CXVI.  gix 

Xigri ,  per  cui  si  potessero  condurre  le  .tia» 
vi .  Nacque  sospetto ,  che  esseiida  più/  alta 
r  Eufrate  ,dj?U'  altro  fiume  ,  potessero  Iq^  di 
lui  acque  accrescere  di  soverchio  la  rapidità 
del  Tigri ,  e  che  colasi  volgesse  tutto  l'Eu- 
frate, con  perdersene  anche  la  navigazione  ; 
e  però  non  si  compiè  i'  impresa  ;  o  se  pur 
sì  compiè,  non -se  ne  servì  Trajano.,  L' al- 
tro ripiego ,  a  cui  s' attenne  ,  fu  di  condur- 
re sopra  carra  le  barche  fatte ,  ma  sciolte , 
per  unirle  poi  insieme  sulle  ripe  del  Ti- 
gri, e  lanciarle  quivi  nel  fiume.  Così  fu 
fatto .  Di  queste  si  formò  un  ponte  ;  e 
tanta  era  la  copia  dell'altre  navi  cariche 
d' armati ,  che  infestavano  i  Patti  schierati 
sull'opposta  ripa^  e  d'altre  che  minaccia- 
vano in  più  luoghi  il  passaggio  dell'  arma- 
ta; che  i  Parti  non  sapendo  intendere,  co- 
me in  un  paese  privo  affatto  d' alberi ,  fos- 
sero nate  cotante  navi ,  e  perciò  sgomenta- 
ti ,  presero  là  fuga .  Passò  dunque  felice- 
mente tutto  r  esercito  romano ,  e  piombo 
sulle  prime  addosso  al  traditor  Mebaraspe 
re  dell'  Adiabene ,  con  sottomettere  tutta 
quella  provincia.  Quindi  s' impadronì  di  Ar- 
bela  e  di  Gaugamela  (  dove  Alessandro  il 
Grande  diede  la  sconfitta  a  Dario  ) ,  e  di 
Ninive  e  di  Susa  .  Di  là  passò  a  Babilonia  , 
sènza  trovare  in  luogo  alcuno  opposizione, 
perchè  i  Parti  non  erano  d'  accordo  col  re 
loro  Cosdroe  ,  e  più  d'una  sedizione  e  guer- 
i:a  civile  in  addietro  avea  snervata  la  po- 
tenza di  quella  nazione.  Volle  Trajano  os- 

V  4  ser- 


3ia  Annali  d*  Italia 
servare  in  quei  contorni  il  lago,  onde  si  ca- 
vò il  bitume  ,  con  cui  in  vece  di  calce  fu- 
rono unite  le  pietre  delle  mura  di  Babilo- 
nia. Sì  fetente  è  l'aria  di  quel  lago,  che 
r  alito  suo  fa  morir  gli  animali  e  gli  uc- 
celli che  vi  s^  appressano.  Di  là  passò  Tra- 
jano  a  Ctesifonte ,  capitale  allora  del  regno 
de'  Parti  ,  dove  fu  fatto  un  incredibil  bot- 
tino ,  e  presa  una  figliuola  di  Cosdroe  col 
suo  ricchissimo  trono  .  ^  Cosdroe  se  n'  era 
fuggito  :  ne  parleremo  a  suo  tempo  ,  Stese 
dipoi  il  vittorioso  Augusto  le  sue  conquiste 
per  quelle  parti  ^  soggiogando  Seleucia  ^  , 
e  i  popoli  Marcdmedij  e  un'isola  del  Ti- 
gri _,  dove  regnava  Atambilo  ,  e  giunse  fi- 
nò  air  Oceano  .  Svernò  coli'  armata  in  quel- 
le parti ,  e  vi  corse  varj  pericoliper  cagion 
delle  tempeste  insorte  in  quel  fiume  ,  vastis- 
simo verso  le  basse  parti  per  V  union 
dell'  Eufrate  - 

Lo  strepito  di  tali  conquista  arrivato  a 
Roma  riempiè  di  giubilo  quel  popolo,  che 
non  sapea  saziarsi  di  esaltar  le  prodezze  di 
questo  Augusto  ,  giacché  l'aquile  romane  non 
aveano  mai  steso  sì  oltre  ,  come  sotto  di 
lui ,  i  lor  voli .  Perciò  il  senato  gli  confer- 
mò il  cognome  di  Panico ,  con  facoltà  di 
trionfalmente  entrare  in  Roma  quante  vol- 
t^  egli  volesse ,  perchè  in  Roma  non  erano 
conosciuti  tanti    popoli  da    lui  soggiogati  ^ 

Truo-. 

*  Spartìanvs  in  Vita  Ilad'/iani  . 

*  Eutrop'  in  Breviau 


Anno     CXVI.  313 

Truovasi  ancora  in  qualche  medaglia  ^  ao 
cresciuto  per  lui  sino  alla  nona  volta  il  ti- 
tolo d' Imperadore  ^  e  datogli  il  nome  d' 
Ercole,  Ordinò  parimente  il  senato,  oltre 
ad  altri  onori ,  che  gli  fosse  alzato  un  ar- 
co trionfale .  Preparavansi  ancora  i  Roma-* 
ni  a  fargli  uno  straordinario  onorevol  in- 
contro ,  allorché  egli  fosse  ritornato  a  Ro- 
ma ;  ma  Dio  altrimenti  avea  disposto  .  Tra- 
jano  più  non  rivide  Roma,  né  potè  goder 
del  trionfo  .  Intanto  stando  egli  ai  confini 
deir  Oceano ,  vista  una  nave  che  andava 
alle  Indie  ,  cominciò  ad  informarsi  meglio 
di  quel  paese  ,  di  cui  avea  dianzi  udito 
tante  maraviglie,  e  gran  desiderio  mostra- 
va di  portarsi  colà .  Poi  dicea  ,  che  s'  egli 
fosse  giovane,  v'andrebbe;  e  chiamava  bea-^ 
to  Alessandro  il  Grande  j,  per  avere  in  età 
fresca  potuto  dar  principio  alle  sue  irapre^ 
se  .  Contuttociò  gli  durava  questo  prurito  ; 
ma  neir  anno  seguente  gli  sopravvennero 
tali  traversie  ,  che  gli  convenne  cacciar  que* 
ste  fantasie  ,  e  cangiar  di  risoluzione.  In- 
tanto egli  fece  dell'Assiria  e  della  Meso-. 
potamia  due  provincie  del  romano  imperio  . 
Da  una  iscrizione  ^ ,  esistente  tuttavia  nel 
porto  d'Ancona,  e  riferita  da  più  lettera- 
ti, si  raccoglie^  che  circa  questi  tem- 
pi fu  compiuto  il  lavoro  di  quel  por^o 
per    ordine    di    Trajano  ,    il    quale    t?opQ 

ave? 

'  Mtdich^irbus  in  Numisrnat.  Imperatow 
'  Cruterut  ^a^.  147.  num.  é> 


^14  A  Njs-  AL  I.  d'  Italia 
avei»  provvedvito,. il  Mediterraneo  del  por- 
to di  Civita  Vecchia  5  volle  ancora  che 
V.Adriatico  ne  avesse  il  suo.  A  lui  ha 
questa  obbligazione  Ancona ,  ed  ivi  tut- 
tavia sussiste  uì}  arco  trionfale,  posto  in 
onore  di  cosi  beneiìco  principe .  Abbia- 
mo ancora  da  Eusebio  ^ ,  che  verso  questi 
tempi  la  nazione  giudaica ,  sparsa  per  la 
Libia  e  per  l'Egitto  ,  si  rivoltò  dappertutto 
contra  de' Gentili ,  e  ne  seguirono. innume- 
rabili morti .  Ebbero  i  Giudei  la  peggio  in 
Alessandria .  Secondo  i  conti  di  Dione  vi 
perirono  dugento  ventimila  persone  ;  in 
Cirene  essi  Giudei  commisero  delle  incre- 
dibili crudeltà  contra  de' Pagani. 

.    Anno  di  Cristo  cxvii.  Indizione  xv. 
di  Sisto  papa  i. 
di  Adriano  imperadore  i. 

r  Quinzio  Necro, 
Consoli  •<;    Gaio    VirsTANio    Apronia- 

[_         NO  . 

fecondo  V  opinione  de'  migliori  V  anr^o  fu 
questo,  in  cui  santo  Alessandro  ipapa.  glo- 
riosamente terminò  i  suoi  giorni  col  mar- 
tirio.  Dopo  lui  Sisto  5  tenne  il  pontificato 
romano.  Soggiornando  Trajano  verso  V 
Oceano,  tuttavia  co' pensieri  e  desiderj  di 
veder  V  Indie ,  si    fece    condurre    in    nave 

pel 

*  Eusehius  in  Chronico . 


Anno      XCXVIL        315 

pel  GolFo  ,  che  Dione  ^  ed-  Eutropio  ^  chia* 
mano  il  Mar  Rosso ,  ma  che  secondo  tut- 
te le  apparenze  fu  il  Golfo  Persico  .  Aggiunge 
Dione  5  eh'  egli  s' innoltrò  in  quelle  parti 
sino  al  luogo ,  dove  si  crede  che  moris- 
se il  grade  Alessandro,  con  far'  ivi  le  ce- 
rimonie funebri  in  memoria  di  lui .  Ma  re- 
stò ben  deluso  ,  perchè  popò  la  relazio- 
ne di  tante  belle  cose  che  si  diceano  di 
que'  paesi,  altro  non  vi  trovò  che  fa- 
vole e  luoghi  rovinati.  In  questo  mentre 
gli  vien  nuova,  che  i  Parti  si  sor!  ribella- 
ti,, e  si  son  perdute  tutte  le  conquiste  del- 
la Persia  e  della  Mesopotamia,  colla  mor- 
te e  prigionia  delle  milizie  lasciatevi  di 
guarnigione.  Non  tardò  Traj ano  ad  inviar 
colà  Mlasslmo  e  Lucio  Quieto .  Differente  fu 
là  fortuna  di  questi  due  generali.  Massimo 
in  una  battaglia  vi  lasciò  la  vita.  Lucio 
Quieto  air  incontro  Moro  di  nazione,  ri- 
cuperò Nisibi ,  ed  espugnata  Edessa  ,  le  die- 
de il  sacco,  e  l'incendiò.  Alla  medesima 
pena  fu  esposta  la  città  di  Seleucia ,  prcsii 
da  Ericio  Claro  ^  e  da  Giulio  Alessandro^. 
Tali  novità  fecero  risolvere  Trajano  a  mu- 
tar disegno  intorno  a  que' paesi,  scorgendo 
assai ,  che  non  gli  sarebbe  riuscito  di  con- 
servarli ,  come  provincia ,  e  sotto  il  gover- 
no de'  magistrati  romani .  Però  tornato  a 
Ctesifonte,  e  fatti  raunare  in  una  gi'an 
pianura  i  Komani  e    i  Parti,    salito   sopra 

un 

*  Dìo  lib.  d8.         *  Eut'ro^yus  m  Bre'vìar, 


giG      Annali    r>   I  t  a  l  t  a 
un    eminente    trono ,   dichiarò  re    dei  Paiv 
ti  Partamaspare    personaggio  di  quella  na- 
2LÌone ,    chiamato    Psamatas siris     da    Spar- 
2Ìano  ^  ,  e  gli  pose    in  capo    il    diadema  : 
risoluzione    abbracciata  volentieri ,   ed  ap- 
plaudita da    que'   popoli.    Indi  passò  nell* 
Arabia  Petrea ,  che    s'  era  anch'  essa    ribel- 
lata 'y  ma  vi    trovò    il    paese    molto    brut- 
to ,    né    vi    pQtè    prendere    Atra  lor    capi- 
tale ,    con    patirvi  ancora    insoffribili    cal- 
di   e    molti    altri    disastri  .    Credesi    non- 
dimeno da    alcuni  ,    eh'  egli    pervenisse/  fi- 
no all'Arabia  Felice.  Negli  stessi  tempi  * 
continuarono  più  che   mai    le    sedizioni    e 
ribellioni  /de'^iudeìi    nella     Mesopo.tamia  , 
nell'Egitto,  e  Incipri.  Attesta  Eusebio  3^ 
che    in    Salamina    città    di   Cipri    prevalse 
la    forza    de' Giudei    contra  de' Gentili^  di 
modo  che  quella  città  rimase  spopolata.  Ma 
Artemione    capitano  de^'Cipriotti  così    fat- 
tamente perseguitò  i  Giudei  in  quell'isola^ 
che  li  disertò  affatto  ,  facendosi  conto  ,  che 
ivi  tra  Gentili  e  Giudei   perirono   dugento 
quarantamila  persone  ^  Fu  anche  spedito  Lu- 
cio,  Quieto    il    Moro    contra    de'  medesimi 
nella  Mesopotamia ,  che  col  farne   un'  orri», 
da    strage ,  diede  fine    alla    loro    inquietu-. 
dine. 

Ma  che?  tutte  queste  vittorie  e  conqui- 
ste di  Traj^no,  che  costarono   tanto    san-, 

'  Spartranus  in  Vita  Hafìrianr.         *  Djo  eoder»  Ul^ro- 
^  Busebitit  in  Cìj.oh, 


Anno  CXVIL  '317 
^uè  3  e  tante  spese  e  fatiche  ai  Komani  ^ 
non  istettero  molto  a  svanir  in  fumo  ;  per- 
chè appena  ritirossi  da  quelle  contrade  Tra- 
jano  ,  che  le  cose  ritornarono  nel  primiero 
stato  ,  senza  restarvi  un  palmo  di  dominio 
^e*  Romani .  E  se  ne  ritirò  per  forza  Tra- 
jano,  perchè  nel  mese  di  luglio  cominciò 
a  sentire  aggravata  la  sua  sanità  da  male 
pericoloso  ,  che  da  lui  fu  creduto  veleno  ; 
ma  si  attribuisce  da  altri  a  cessazion  del- 
le emorroidi  ,  e  da  altri  ad  un  tocco  di 
apople-ssia ,  per  cui  restò  offesa  qualche  par- 
te del  suo  corpo .  Altri  in  fine  vogliono 
eh'  egli  fosse  assalito  dall'  idropisia  »  Que- 
sto qualunque  sia  malore  sopraggiunto  a 
Tra] ano  ,  allorché  meditava  di  tornarsene 
in  Mesopotamia  5  gli  fece  cangiar  pensie- 
ro ^  e  l'invogliò  di  ritornarsene  in  Italia, 
dove  era  continuamente  richiamato  dal  se^ 
nato  ;  e  però  versò  queste  parti  frettolo^- 
samente  s' incamminò  .  ^  Giunto  ad  Antio- 
chia capitale  della  Soria,  lasciò  ivi  EUg 
Adriano  suo  cugino  con  titolo  di  governa- 
tore ^  e  gli  consegnò  T  esercito  romano  . 
Continuato  poscia  il  viaggio  sino  a  Seli- 
nonte ,  città  marittima  della  Cilicia ,  ap- 
pellata poi  Trajanopoli  ,  oppresso  dal  ma- 
le ,  che  Eutropio  *  chiamò  flusso  di  ven- 
tre, quivi  in  età  di  scssantuno  ,  altri  di- 
cono di  sessantatrè  anni ,  compiè  il  corso  di 
Bua  vita  ,  per  quanto  si  crede  nel  di   io  d' 

ago- 

'  A'UYelius  rìHor  in  Epitome  \         *  -Butrop.  in  Brevi aiu 


3 18  Annali  d'  I  t  a  l  i  a 
agosto.  Il  detto  finora  ha  condotto  i  let- 
tori a  comprendere  le  mirabili  belle  doti^ 
che  concorsero--a  rendere  Tra] ano  uno  de' 
più  gloriosi  imperadori  che  s'abbia  mai 
avuto  Roma,  e  a.  cui  pochi- altri  possono 
uguagliarsi ,  non  che  andare  innanzi .  Ol- 
tre alle  belle  memorie  eh' egli' lasciò  in  Ro- 
ma ,  e  in  varie  parti  del  romano  imperio 
in  fàbbriche  sontuose,  strade^  porti ^  pon- 
ti y  si  trovano  ancora  varie  città  o  fabbricate 
fla  lui ,  o  che  presero  il  nome:  da  lui.  A 
lui  ancora  principalmente  attribuisce  Aure- 
lio .Vittore  r  istruzione  del  Corso  Pubblico  , 
oggidì  appellato,  le  Poste,  che  veramente 
ebbe  orìgine  da  Augusto,  ma  fu  ampliato 
e  regolato  in  miglior  forma  da  Trajanò , 
acciocché  si  pò  lessèi'o  speditamente  e  rego- 
larmente saper  dall' imperadoré  lo  nuove 
del  vasto  imperio  romano,  e  andar  evenir 
prontamente,  gli^  ufiz^iali  cesarei  :  giacché  , 
come -dottamente  osservò  il  tJotofredo  ^, 
serviva  allora  la  posta  solamente  per  gli 
ministri  ed  uomini'  dell'  imperadóre ,  e  non 
già  per  le  persone  private,  ed  era  mante- 
nuta alle  spese  del  Fisco  con  cavalli,  ca- 
lessi^ e  carrette.  Ma  siccome  osserva  Au- 
relio Vittore  ^,  e  si  raccoglie  'dal  codice 
teodosiano,  questo  lodevol  istituto  col- tem- 
po ,  e  sotto  i  cattivi  imperadori  degenerò 
in  uno  intollerabil    aggravio'  delle  •pròvin-r' 

eie 

^  Gcthofrsdus  ad  Legcm  S.  Tit.  5.  Cod/c  Tbeod.o,siani . 
*  Aureli  US  P'iSior.  de  Cxsarib.  '"  \^^\.^m^ 


Anno      CXVII.  319 

eie  e    de' sudditi .' Non    fu   già    esente    da 
ogni  difetto  Trajano  ,  e  van  d' accordo  Dio- 
ne   S    Aurelio   Vittore*,    Sparziano    ^^    e 
Giuliano  l'Apostata  ^  ,  in  dire  ch'egli   ca- 
dea  talvolta  in  eccessi  di  bere  :  ma  non  si 
sa  eh'  egli  commettesse  giammai  azione  aU 
ciina    contra   il    dovere,    allorché    era    ri- 
scaldato dal  vino.  Anzi  sé  crédiamo  ad  es- 
so Vittore,  egli    ordinò    di    non   aver    ri- 
guardo   a  ^ciò    eh'  egli   avesse   comandato , 
dopo  essere    intervenuto    a  qualche    convi- 
to. Aggiiigne  Dione,   ch'egli    fu    suggetto 
ad  un'  infame  libidine ,  abborrita  dalla  na- 
tura stèssa  j  ma  senza  fare  violenza ,  o  tor- 
to ad  alcuno.    Tutti    effetti    della    falsa    e 
stolta  religione  de' Geritili ,  la  quale   acce- 
cava e  affascinava  talmente    le    loro    men-^ 
"ti  ,  che  non  si    attribuivano  a    vergogna   6 
peccato  le  maggiori  enormità ,  che  san  Paolo 
chiaramente    nomina    e    riconosce   per     un 
gran  vitupero  del   Gentilesimo    allora    do- 
minante .  Contuttociò  nelle  virtù  politiche  , 
e    massimamente   neir  amóìrèvolezz^a  ,  xfle^' 
menza ,  e  saviezza  fu  sì    eccellente    questo 
Augusto,  che  5  da  lì  innanzi   nelle    accla^ 
mazioni  che  faceva   il    senato    al    regnante 
imperadore  ,  si  usò  di  augurargli ,  che  fos- 
se -pili  fortunato  d' Augusto  ,  -più  buono  di 
Trajano.  E  ben  godè  sotto  di  lui  Roma  e 
r  imperio  tutto  una  mirabil  calma,  ^e  non 

che 

*  Di^  Uh.  <58.         »  AureL  Vi^.  ihid, 

«  Spart.  in  Fita  Hadriani.        ^  JuUan,  de  C tesar* 

'  Eutrop.  in  Brev- 


§2o     Ankali    d' Italia 
che  si  sentirono  tremuoti   in    varie    città  ; 
e  peste  e    carestia    in    varj    luoghi;    e    in 
Horaa  seguì  una  fiera  inondazion    del    Te- 
vere ;  malanni    nondimeno ,    che    servirono 
solaoiente  di  gloria  a  Trajano^  perchè  egli 
in  quante  maniere  potè  si  adoperò  per  ri- 
mediare ai    lor    pessimi  effetti,  e  per  sov- 
venire chi  era  in  bisogno.  Fiorirono  anco- 
ra  sotto    questo    insigne    imperadore    varj 
eccellenti  ingegni,  perchè  egli  al  pari  degli 
altri  più  rinomati  regnanti  amò  i   lettera- 
tij  e  promosse  le   lettere.    Restano    a    noi 
tuttavia  le  Opere    di    Cornelio    Tacito^    di 
Flinio  il  giovane,  e  di  Frontino^   per    ta- 
cer d'  altri ,  che  fiorirono  anche  sotto  Adria- 
no ,  e  d'  altri  de'  quali  si  son  perduti  i  li- 
bri . 

Ora  Plotina  imperadrice^  che  accompa- 
gnò sempre  in  tutti  i  suoi  viaggi  il  mari- 
to Trajano  ,  dacché  egli  fu  morto ,  non  la- 
sciò traspirare  la  di  lui  perdita ,  se  non 
dappoiché  ebbe  concertato  tutto  per  fargli 
succedere  Publio  Elio  Adriano  di  lui  cugi- 
no ,  giacché  non  si  sa  che  Trajano  avesse 
mai  figliuolo  alcuno  .  La  fama  è  varia  in- 
torno a  questo  punto.  Crederono  alcuni  ^^ 
che  fosse  corso  per  mente  a  Trajano  di 
hsciar  r  imperio  a  Nerazio  Prisco  giuris- 
couulto  di  que'  tempi ,  e  che  gli  dicesse  un 
giorno  :  ^  'voi  raccomando  le  provincia  ,  se 
<iualclie  disgrazia  mi  accadesse .  Altri  pen 

sarò- 

f  S^anianus  in  Vita  Hadriani  , 


Anno      CXVIL  521 

«arono  ^  ch'egli  avesse  posti  gli  occhj  so- 
pra Servlano  cognato  di  Adriano,  ed  altri 
fin  sopra  Lucio  Quieto^  che  già  dicemmo 
Moro  di  nazione.  Lo  creda  chi  vuole.  Vi 
fu  chi  disse  essere  stata  sua  intenzione  di 
nominar  dieci  persone ,  lasciando  poi  la 
scelta  del  migliore  al  senato  ,  dopo  la  sua 
morte  .  Nulla  di  ciò  fu  fatto  .  Solamente 
sul  ^n  della  vita  adottò,  e  nominò  suo 
successore  Adriano ,  e  ciò  per  opera  di 
Plotina  Augusta  e  di  Celio  Taziano  o  sia 
^ttiano  ^  tutore  d'esso  Adriano;  perchè 
veramente  Trajano  non  mostrò  mai  tenC'» 
rezza  alcuna  d'  amore  per  lui ,  conoscendo- 
ne assai  i  difetti  ;  e  1'  avea  bensì  solleva- 
to alla  dignità  di  console  ,  ma  senza  dar- 
gli cariche  riguardevoli  sussistenti  :  il  che 
non  si  accorda  con  ciò  che  abbiam  detto 
rivelato  a  lui  da  Licinio  Sura  *  nell'  anno 
109,  cioè  che  fin  d'allora  Trajano  medi- 
tava di  adottarlo  per  suo  figliuolo .  Con- 
vengono nondimeno  gli  storici  indire,  che 
Plotina  co' suoi  maneggi  portò  il  marito 
infermo  a  dichiararlo  suo  figliuolo  e  suc- 
cessore, siccome  quella  che  se  vogliamo  pre- 
star fede  a  Dione  ^  ^  era  innamorata  di 
Adriano  :  il  che  facilmente  potè  immaginar 
la  malizia ,  solita  a  far  dei  ricami  alle 
azioni  altrui,  e  massimamente  dei  graudi* 
Anzi  non  mancò  chi  credesse  essere  stata 
l'adozion  di  Adriano  una  tela  interamen- 
Toivi.  IL  X  te 

'  Dìo  lib.  69.         »  Spartianus  ibid'         ^  Dio  ibid* 


3^2  Annali  d'  Italia 
te  fatta  da  essa  Plotina  senza  notizia  e 
consentimento  di  Trajano,  ed  anche  dopo 
la  di  lui  morte  ,  tenuta  celata  apposta  per 
qualche  dì,  con  fingere  fatta  da  lui  l'ado- 
zione suddetta".  A  questo  sospetto  diede 
qualche  fondamento  V  essere  state  spedite 
le  lettere  al  senato  colF  avviso  di  tale  ado- 
zione ,  ma  sottoscritte  dalla  sola  Plotina . 
Fece  la  medesima  Augusta  per  solleciti 
corrieri  intendere  ad  Adriano  la  nuova  dell' 
operato  da  Trajano  (  se  pur  tutta  sua  non 
fu  quella  fattura  )  nel  dì  9  di  agosto.  Po- 
scia nel  dì  II  gli  arrivò  la  nuova  della 
morte  di  Trajano  ^ .  Non  perde  tempo 
Adriano  a  scriver  lettere  al  senato ,  intito- 
landosi Trajano  Adriano  ,  e  pregandolo  di 
confermargli  1'  imperio ,  e  protestando  di 
non  ammettere  onore  alcuno,  ch'egli  non 
avesse  prima  domandato  ed  ottenuto  dal 
medesimo  senato,  con  altre  sparate  di  non 
voler  fare  se  non  ciò  che  fosse  utile  al 
pubblico j,  di  non  far  morire  alcun  senato- 
re,, aggiungendo  a  tali  proteste  gravi  giu- 
ramenti ed  imprecazioni ,  se  non  eseguiva 
ciò  che  prometteva  .  Niuna  difficoltà  si  tro- 
vò ad  approvare  la  di  lui  successione,  ben 
conoscendo  i  senatori  ,  che  comandando 
egli  al  nerbo  maggiore  delle  milizie  roma- 
ne ,  pazzia  sarebbe  il  negare  a  lui  ciò 
che  colla  forza  potrebbe  ottenere.  Oltre  di 
che   l'esercito    stesso   della   Scria,  appena 

udi- 


*  Dio  lib.  69, 


d 


Anno      CXVII.  323 

udita  r  adozione  di  lui  e  la  morte  di  Trà-^ 
jano  ^^  r  avea  riconosciuto  per  Im-pcrado- 
re  :  del  che  fece  egli  scusa  col  senato .  Uscì 
Adriano  di  Antiochia  ,  per  veder  le  cene- 
ri ed  ossa  dello  stesso  Trajano  ,  che  Plotina 
sua  moglie  ,  3Iatldla  sua  nipote  e  Taziano 
portavano  a  Roma  ;  è  poscia  se  ne  ritornò  ad 
Antiochia ,  per  dar  sesto  agli  affari  dell'Orien- 
te ,  prima  d' imprendere  anch^egli  il  suo  viag- 
gio alla  volta  deir  Italia  .  Furono  accolte  in 
Roma  esse  ceneri  colle  lagrime  e  con  un 
trionfo  lugubre  ,  ed  introdotte  in  quella 
città  sopra  un  carro  trionfale ,  in  cui  si 
mirava  l'immagine  del  defunto  Augusto^ 
e  poscia  collocate  in  un'  urna  d'  oro  sotto 
la  colonna  trajana  ,  cori  privilegio  conce- 
duto a  pochi  ini  addietro  ,  perchè  non  era 
lecito  il  seppellire  entro  le  città.  *  Egli 
certo  fu  il  primo  degl'  imperadori ,  che  fos- 
sero entro  Ptoma  seppelliti  •  Scrisse  Adriano 
al  senato,  acciocché  gli  onori  divini,  se- 
condo r  empio  costume  del  Gentilesimo  , 
fossero  compartiti  a  Trajano .  Non  sol  que- 
sti ,  ma  altri  ancora,  come  templi  e  sacer- 
doti ^  decretò  il  senato  alla  di  lui  memo- 
ria; e  per  molti  anni  dipoi  si  celebrarono 
in  cuor  suo  i  giuochi  appellati  Partici  « 


X  2  An- 

'  Sfartianus  in  Vita  Hadriani.     »  Eutrof.  in  Breviar. 


324       Aniv/ali   d'Italia 

Anno  di  Cristo  cxviii.  Indizione  i, 
ài  Sisto  papa  2. 
di  Adriano  imperadore  2. 

r  Elio  Adriano  Augusto  per 

Consoli  J    ^  ^^  '^^^;ì^^  ^'^^^^  ' 

I     JLiBERio  Claudio  Fospo  A- 

^         LESSA  NDRO. 

V->/rèdesi,  che  Traiano  avesse  all' anno  pre- 
cedente disegnato  console  Adriano  per  1* 
anno  presente.  Ma  anche  senza  di  questo, 
il  costume  era,  che  i  novelli  Augusti  prendes- 
sero il  consolato  ordinario  nel  primo  anno 
del  loro  governo.  Era  nato  Adriano  nelP 
anno  76  della  nostra  Era  ,  nel  dì  24digen- 
najo ,  per  testimonianza  di  Sparziano  ^ ,  dacui 
abbiam  la  sua  vita  .  Ebbe  per  moglie  Giulia 
Sabina ,  figliuola  di  Matidia  Augusta  ,  di  cui 
fu  madre  Marciana  Augusta ,  sorella  ài 
Trajano.  Perchè  in  sua  gioventù  comparve 
scialacquatore ,  si  tirò  addosso  lo  sdegno 
di  Trajano,  suo  parente,  e  già  suo  tuto- 
re .  Tuttavia  tal  era  la  sua  disinvoltura  e 
vivacità  di  spirito ,  che  si  rimise  in  grazia 
di  lui,  e  ricevè  anche  molti  onori  da  lui; 
ma  non  mai  giunse  in  vita  del  medesimo 
ad  essere  accertato  di  succedergli  nell' im-r 
perio  a  cagion  del  suo  naturale  ,  in  cui 
quel  saggio  imperadore  trovava  bensì  mol- 
te 

'  Spartianus  in  Vita  Hadrisni, 


\ 


Anno      CXVIII.  ^as 

te  belle    doti,  ma   insieme    sapea    scoprire 
non  pochi  vizj  ,  quantunque  Adriano  si  stu- 
diasse di  dissimularli  e    coprirli,   fe' ambi- 
zione traspariva  dalle  di  lui  azioni  e  paro- 
le ,  molto  più  k  leggerezza    e    V  incostan- 
za j  e  sopra  tutto  il  suo  essere    stizzoso  e 
vendicativo ,  facea  temere  che  sarebbe  por- 
tato alla  crudeltà.  Non  si  può  negare,    la 
penetrazione    del     suo     intendimento  ,     la 
prontezza  delle  sue  risposte  ,  un'applicazio- 
ne a  tutto  quanto  può  riuscir  d' ornamento 
a  persona  nobile,  Tajutavano  a  brillar  nel- 
la corte  e  negli  ufizj   a  lui  commessi.  Pro- 
digiosa era  la  sua  memoria.  Tutto  quanto 
leggeva  ,  Io  riteneva  a    mente  ,  Fu    veduta 
talvolta  in  uno  stesso  tempo    scrivere   uria 
lettera  ,  dettarne    un'  altra  ,  ascoltare    e  fa- 
vellar con  gli  amici .  Non  si    lasciava    an- 
dar innanzi    alcuno    nella   cognizion    delle 
lingue  greca  e  latina ,  sapea    egregiarncnt^ 
comporre  tanto  in  prosa ,  che  in  Versi  ;  ed 
anche  improvvisava    talvolta    con    garbo  ^ . 
La  medicina  ,  V  aritmetica  ,  la  geometria  le 
possedeva;  dilettavasi  di  sonar  varj    stru-^ 
menti  ,  di  dipignere ,  di  lavorar    delle   sta- 
tue ;  e  la  sua  non   mai    sazia    curiosità    il 
portava  a  voler  sapere  di  tutto,  con    insi- 
no  inoltrarsi    molto    nel    vanissimo    studio 
della    strologia   giudiciaria ,    o    nell'  empio 
^ella  magia  .  Lasciò  anche  dopo  di  se  varj 
libri  di    sua    composizione    in   prosa  e    in 

X  3  ver- 

*  Dio  lib.6% 


^26  Annali  d'Italia 
versi .  Suo  maestro ,  o  pure  ajutante  eli 
studio  fu  Lucio  Giulio  Vestinio  ^  che  servi 
poscia  a  lui  divenuto  iniperadore  di  segre- 
tario, e  vien  chiamato  soprantendente  alle 
biblioteche  di  Roma  greche  e  latine  in  una 
iscrizione  ^.  Questo  suo  amore  alle  scienze 
rd  arti  cagion  fu,  che  a' suoi  tempi  fiori- 
rono in  Roma  le  lettere  ,  e  vidersi  i  profes- 
sori d'esse  sommamente  onorati  e  premia- 
ti ,  come  attesta  anche  Filostrato  *  .  Piena 
era  la  sua  corte  di  gramatici ,  musici ,  pit- 
tori ,  geometri ,  ed  altri  simili .  Spezial- 
mente si  compiaceva  di  conversar  coi  filo- 
sofi ,  poeti,  ed  oratori,  e  li  teneva  bene 
in  esercizio  ,  proponendo  loro  stravaganti 
quistioni  ,  per  imbrogliarli,  e  rispondendo 
loro  con  egual  vivacità  tanto  sul  serio ,  che 
burlando.  Per  altro  a  misura  del  suo  volu- 
bil  cervello  era  anche  bizzarro ,  ed  instabi- 
le il  suo  genio  e  gusto.  E  credendosi  per  istajH 
re  sopra  gli  altri  come  imperadore,  di  ave^" 
anche  questa  medesima  superiorità  nell'in-^ 
gegno  e  nel  sapere  ^  portava  nello  stess(  ' 
tempo  invidia  a  chi  parea  sapere  più 
lui,  con  giugnere  a  maltrattarli,  e  a  tr 
Var  da  dire  sopra  tutte  le  lor  fatiche  , 
quel  eh'  è  peggio  ,  a  perseguitarli .  Facevasi 
anch  e  ridere  dietro  ,  allorché  antepone  ' 
ad  Omero  un  certo  cattivo  poeta  appellati 
Antimaco,  Ennio  a  Virgilio,    Catone   a  Ci- 

ce- 

-   Thesaurus  novus  Inscrip  tion. 
*  Philostratus  in  Sofhis$» 


Anno       CXVIII.  327 

cerone  ^  Celio  a  Sallustio  .  E  questo  suo 
maligno  ed  invidioso  talento  il  trasse  fino 
a  screditar  le  azioni  e  le  fabbriche  di  Tra- 
jano,  quasiché  egli  andasse  innanzi  a  quel 
grand* uomo  nel  giudizio  enei  buongusto. 
Ma  questo  per  ora  basti  del  novello  impe- 
radore  Adriano  ,  e  intorno  alle  sue  doti  e 
^ostumi . 

Dacché  fu  egli  creato  imperadore  ,  giu- 
dicò di  non  dover  partire  di  Antiochia , 
senza  lasciare  in  istato  quieto  le  cose  d' 
Oriente  ^ .  Avea  ben  Trajano  aggiunte  al 
romano  imperio  le  proyincie  della  Mesopo-r 
tamia,  dell'Assiria,  e  dell'Armenia;  ma 
il  mantener  quelle  provincie  nella  dovuta 
ubbidienza,  non  era  da  un  Adriano,  prin- 
cipe che  s' intendea  del  mestier  della  guer- 
ra per  parlarne  in  sua  camera  _,  non  per 
esercitarlo  in  campagna  ^  perchè  mal  prov- 
veduto di  coraggio  e  di  pazienza  nejle  fa- 
tiche .  Però  si  rivolse  egli  a' trattati  di  pa- 
ce con  Cosdroe ,  già  re  de'  Parti ,  e  con  que' 
popoli^  contento  di  salvare  la  dignità  del 
popolo  romano  ;  giacche  non  si  credea  da 
tanto  da  poter  conservar  quelle  conquiste. 
Cedette  dunque  l'Assiria  e  la  Mesopotamia 
a  Cosdroe ,  mandandogli  probabilnicnte  il 
diadema ,  con  ritener  qualch'  omb.ra  di  su- 
periorità ,  e  riducendo  il  confine  romano 
all'Eufrate,  come  era  prima.  Levò  via  Par- 
tama spare  ^  cioè  quel  re  che  Trajano    avea 

X  4  da- 

*  D;'q  lib.  69'  Sfarti anus  in  Vita  Hadriani  * 


328  Annali  d' Itali  a 
dato  ai  Parti ,  costituendolo  re  iri  qualche 
angolo  di  quelle  contrade.  Permise  anche 
ai  popoli  deirArmenia l'eleggersi  il  loro  re. 
Parve  che  in  tutto  questo  egli  cercasse  d' 
estinguere  la  gloria  diTrajano;,  di  cui  per 
attestato  di  Eutropio  ^,  si  mostrò  sempre 
invidioso.  Fece  poi  anche  per  questo  distrug- 
gere contro  il  volere  di  tutti  il  teatro  fab-* 
bricato  da  esso  Trajano  nel  Campo  Marzio . 
Poco  mancò^  che  non  restituisse  ancora  la 
Dacia  ai  Barbari  .  Impedito  ne  fu  dalla  per- 
suasion  degli  amici ,  acciocché  non  cades- 
sero sotto  il  giogo  barbarico  tanti  cittadi- 
ni romani ,  che  Trajano  aveva  inviato  ad 
abitare  colà.  Creò  Adriano  sul  principio 
due  prefetti  del  pretorio,  cioè  Celio  Ta- 
ziano per  gratitudine  ,  avendolo  avuto 
per  tutore  in  sua  gioventù  ^  e  per  mez- 
zano a  salire  in  alto  ;  e  Simile  per  la 
moderazione  ed  onoratezza  de"*  suoi  costu- 
mi .  Di  questi  ne  dà  un  saggio  lo  stori- 
co Dione  *  con  dire  che  mentre  Simile 
era  solamente  centurione  ,  trovossi  ncll' 
anticamera  imperiale  ,  per  andare  all'udien- 
za di  Trajano .  V  erano  ancora  molti 
altri  da  più  di  lui,  cioè  ufiziali  prima- 
rj  ,  che  la  desideravano  anch' essi .  Trajano 
il  fece  chiamare  innanzi  agli  altri  ^  ma 
egli  si  scusò  con  dire ,  essere  contro  V  or- 
dine, che  un  par  suo  dovesse  goder  quest' 
onore  ^    con   fare    intanto    aspettare  i    suoi 

co- 

'  Eutro^.  in  Sreviar.        *  Di»  lib-  69* 


Anno  CXVIII.  ^  329 
comandanti  nelF  anticamera.  Accettò  Simile 
con  diiTicoltà  la  carica  di  prefetto  ,  e  da  lì 
forse  a  due  anni  scorgendo  che  verso  di 
lui  s'era  raffreddato  Adriano,  dimandò  ed 
ottenne  il  suo  congedo.  Ritiratosi  alla  cam- 
pagna ,  quivi  per  sette  anni  sopravvisse  in 
tutta  pace  ,  comandando  poi  alla  sua  mor- 
te ,  che  nel  suo  epitaffio  si  scrivesse  come 
egli  era  stato  settantasei  anni  sulla  terra  , 
ed  esserne  \dvuto  solamente  sette.  D'altro 
umore  fu  ben  Taziano  ,  perchè  uomo  vio- 
lento .  Egli  sulle  prime  scrisse  da  Roma  ad 
Adriano  di  levar  dal  mondo  ^  Behio  Marco 
prefetto  di  Roma  ,  e  Laherio  alassimo  ,  e 
Crasso  Frugi y  relegati  nell'isole,  come 
persone  capaci  di  novità.  Adriano  non  vol- 
le dar  pricipio  al  suo  governo  con  queste 
crudeltà.  Alcune  poi  ne  comniise  andando 
innanzi,  e  di  queste  diede  la  colpa  ai  con- 
sigli del  medesimo  Taziano.  Depresse  Lu- 
sio  Quieto  y  valoroso  uiiziale ,  con  levargli 
la  compagnia  de' Mori  j,  perchè  si  sospetta- 
va che  aspirasse  all'  imperio.  Mandò  anco- 
ra Marzio  Turbone  ad  acquetare  un  tumul- 
to insorto  nella  Mauritania  .  Probabilmente 
verso  la  primavera  di  quest' anno  Adriano, 
dopo  aver  dato  ai  soldati  il  doppio  di  quel 
regalo  che  solevano  dar  gli  altri  nuovi  im- 
peradori  ,  e  lasciato  al  governo  della  Soria 
Catllio  Severo  ,  si  mise  in  viaggio  per  ter- 
ra alla  volta  di  Roma.  Il  senato  gli  avea 
Tom.  il  X  5  de- 

'  Sfartioìtus  tn  Vita  Hadriant  . 


530        Annali    r>'  I  t  a  l  i  a 

clecretiito  il  trionfo.  Lo  ricusò  egli ,  volen^ 
do  che  a  Trajano,  benché  defunto  ;  si  des^ 
se  quest'onore.  Perciò  entrò  in    E.oma    sul 
carro  trionfale,  su  cui  era  inalberata  l'im- 
magine di    esso   Trajano  .    Cominciò  dipoi 
il  suo  governo  ,  come  far    sogliono  per    Io 
più  i  principi  novelli  ,  con  somma  bontà  e 
dolcezza ,  e  con  far  bene  a  tutti .  Diede  uà 
congiario  al  popolo  romano  ^ ,  e  pare  che  n 
avesse  dato  due  altri  nell'  anno  antecedente  , 
Rimise    alle  città    d' Italia  tutto  il  tributo 
coronario  ,  cioè  quello  che  si  solca  pagave  . 
per  le  vittorie  degl'  imperadori ,  e  per  1'  as^ 
sunzione  d'essi  al  trono.  Lo  sminuì   anche 
alle  Provincie    fuori    d'Italia,    benché    egli 
pomposamente  esprimesse  ,  quanto  allora  Io 
stato  si  trovasse    in  gran  bisogno  di  dana- 
ro ,  che  ciò  nonnostante  egli    faceva  quella 
remissione .  Ciò  nondimeno  che  gli  produs!:||« 
se  un  incredibil  plauso,  fu  l'aver  condona-iM 
to  tutti  i  debiti  ^   che    aveano    le    persone 
private  da  sedici  anni  in  addietro  coli'  era-s^, 
rio  imperiale  tanto  in  Roma,  che  in  Italia  5"' 
e  nelle  provincie  spettanti  all'  imperadore  , 
secondo  la  division  d'Augusto:  nonsapen-~ 
dosi,  se  questa  liberalità  si    stendesse    an-^ 
cora  alle    provincie  governate    dal    senato 
Parla  di  questa    sua   memorabil    generosità 
Sparziano  ,  e  ne  conservarono    la    memori; 
le  medaglie  eie  iscrizioni  antiche  3.  Se  noi 
^  fai- 

'   Medìob:irbus  in  Nurnhm.it-  Tmperat.     '  Dio  lib-  69, 

Spartianus  in  t'ita  Hadriani  . 
•   Pifnvinius  Fast'  Consulau 


Anno     CXVIII.  331 

fallanno  i  conti  del  Gronovio  ^ ,  questa  re« 
missione  ascese  a  ventidue  milioni  e  mezzo 
di  scudi  d'  oro  :  il  che  sembra  cosà  incredi- 
bile. Per  dare  maggior  risalto  a  questa  sua 
insigne  azione,  e  per  maggior  sicurezza  dei 
debitori ,  fece  bruciar  nella  piazza  di  Tra- 
janò  tutte  le  lor  polizze  ed  obbligazioni  . 
Apparisce  dalle  medaglie  suddette  ,  eh'  egli 
appena  creato  imperadore  prese  i  titoli  di 
Germanico  .,  Dacico  ,  e  Particó ,  come  se  an- 
cor questi  fossero  passati  in  lui  coli'  eredi- 
tà di  Trajano.  Trovasi  anche  appellato 
Pontefice  Massimo,  Ma  per  conto  del  titolo 
di  Padre  della  Patria ,  benché  il  senato  non 
tardasse  ad  esibirglielo ,  e  tornaàse  da  lì 
a  qualche  tempo  ad  offerirlo  ,  noi  volle 
sull'  esempio  di  Augusto  ,  che  tardi  V  avea 
«iccettato  . 

Anno  di  Cristo  cxix.  Indizione  11. 
di  Sisto  papa  3. 
di  Adriano  imperadore  3. 

'  f  Elio  Adriano  Augusto  per 
Consoli  -J        la  terza  volta, 

•^  Quinto  Giunio  Rustico. 

1  erchè  non  abbiamo  storici ,  che  abbiano 
con  ordine  di  cronologia  distribuite  le  azio- 
ni di  Adriano,  e  di  molti  altri  susseguen- 
ti imperadori ,  possiamo  ben  rapportar  con 

X  6  si- 

5  Qronovtus  de  Sesteniis . 


532        Annali   d'Italia 

sicurezza  ciò  che  operarono ,  ma-  non  già 
accertarne  i  tempi .  Le  stesse  medaglie  man- 
cano in  questi  tempi  di  note  cronologiche , 
perchè  non  vi  si  esprime_,  se  non  in  gene- 
rale la  podestà  tribunizia  ,  e  il  consolato 
terzo^  ripetuto  sempre  ne'  susseguenti  an- 
ni, perchè  egli  più  non  fu  da  lì  innanzi 
console.  Diede  (  forse  nel  precedente,  e 
non  meno  nel  presente  )  dei  solazzi  al  po- 
polo romano  ,  troppo  vago  degli  spettacoli  ^ 
correndo  il  suo  giorno  natalizio  ,  cioè  ^  il 
combattimento  de'  gladiatori  ,  e  molte  cac- 
ce di  fiere  .  Giorni  vi  furono ,  ne'  quali  cen- 
to lioni ,  ed  altrettante  lionesse ,  restarono 
uccisi.  Tanto  nel  teatro,  che  nel  circo, 
dove  si  fecero  altri  giuochi,  sparse  dei  do- 
ni separatamente  agli  uomini  e  alle  don- 
ne. E  perciocché  regnava  in  Roma  Tabbo- 
rninevole  abuso  ,  che  al  medesimo  bagno  e 
nello  stesso  tempo  si  andavano  a  lavar  uo- 
mini e  donne  ,  proibì  così  enorme  indecen- 
za. Durò  *  il  suo  consolato  dcir  anno  pre- 
sente solamente  i  primi  quattro  mesi,  sen- 
za che  si  sappia  ,  che  gli  fosse  sustituito  in 
quella  dignità.  Ed  allora  attese  ad  ascol- 
tar e  decidere  le  cause  ^  che  erano  portate 
al  senato.  Meglio  regolò  le  poste,  accioc- 
ché i  magistrati  delle  provincie  non  aves- 
sero r  incomodo  di  provveder  le  vetture  ai 
bisogni.  Ordinò  che  da  lì  innanzi  le  pene 
dei  condennati  non  si  pagassero    al   Fisco, 

cioè 

*  Dio  Uh.  69.        *  Spartianus  in  Vita  Hadriani  » 


Anno      CXIX.  333 

cioè  alla  camera  cesarea  ^  ma  bensì  all'*  er^ 
rio  della  repubblica  .  Accrebbe  gli  alimen- 
ti ai  fanciulli  e  alle  fanciulle  orfane  pove- 
re per    tutta  V  Italia ,    ampliando    la    bella 
istituzione  ,  che  aveano  dianzi  fatto  i  buo- 
ni imperadori  Nerva  e  Trajano.    Ai  sena- 
tori ,  che  senza  lor  colpa  aveano    sminuito 
molto  del   patrimonio,    che  si  esigeva    per 
essere  di  quel!'  Ordine  eminente ,  diede  egli 
il  supplemento    con    pensioni    ben    pagate, 
finché  egli  visse .    Per  le    spese    occorrenti 
neir  ingresso  delle  cariche  a  molti  suoi  ami- 
ci poveri  somministrò  un  buon  ajuto  di  co- 
sta ,  e  ciò  fece  ancora  con    alcuni  che   noi 
meritavano  *  Sovvenne  ancora   molte  nobili 
donne  ^  alle  quali  mancava  il  modo  onesto 
di  sostentar  la  vita.  Scelse  i  più    accredi- 
tati deir  ordine  senatorio    per  suoi    dome- 
stici e  familiari ,  e  li  teneva    alla  sua    ta- 
vola .  Fuorché  nel  giorno  suo  natalizio ,  ri- 
cusò i  giuochi  circensi,  che  in  altri  tempi 
volle  il  senato  decretare  in    onore  di    lui* 
Spesse  volte  ancora  parlando  al  senato  e  al 
popolo  ,  protestò  di  voler  far  conoscere  nel 
suo  governo ,  eh'  egli  proccurava  il  ben  pub- 
blico ,  e  non  già  il  proprio  . 

La  cronica  di  Alessandria  mette  sotto 
questi  consoli  l'andata  di  Adriano  a  Geru* 
.salemme  ^,  per  quetare  i  tumulti  eccitati 
dai  Giudei  anche  in  quelle  parti.  Prese,  se 
vogliam  credere    a  quello  storico  ,    la  città 

di 

*  Coronici  Patthsl*  Tom.  I.   Hirtcr.  B/rantin, 


354  Annali  d'  Italia 
di  Terebinto,  e  vendè  schiavi  al  pubbliccr 
i  Giudei  quivi  trovati.  Atterrò  il  tempio 
di  Gerusalemme  ;  fabbricò  ivi  due  piazze  . 
un  teatro,  ed  altri  edifìzj .  Divise  quella 
città  in  sette  rioni  coi  lor  soprantendenti , 
ed  abolito  il  nome  di  Gerusalemme  ,  volle 
che  quella  città  dal  suo  si  chiamasse  Elia. 
Anche  Eusebio  ^  qualche  cosa  di  ciò  parla 
air  anno  presente;  e  il  padre  Pagi  ^  tien 
per  fermo,  che  allora  seguisse  il  viaggio 
suddetto  di  Adriano  ,  e  che  Gerusalemme 
fosse  da  lui  rifabbricata.  Ma  non  è  rautò- 
re  della  cronica  alessandrina  dì  tal  peso', 
da  dovergli  tosto  prestar  fede  in  questo 
punto  di  cronologia,,  quando  Dione  e  Spar- 
ziano  nulla  di  ciò  dicono  verso  ì  tempi 
presenti;  e  quello  scrittore  patentemente 
s' inganna  in  attribuire  ad  Adriano  la  di- 
struzione del  tempio,  accaduta  nella  guer- 
ra di  Tito.  Non  è  perciò  a  mio  credere 
assai  sussistente  il  viaggio  colà  di  Adria-^ 
no^  in  questi  tempi.  Possiamo  bens'ì  tenere, 
che  nell'anno  presente  i  sediziosi  Giudei 
facessero  qualche  movimento,  e  restassero 
abbattuti,  come  scrive  san  Girolamo  ^  ^  e 
vien  accennato  anche  da  Eusebio  .  Abbiamo 
innoltre  da  Eutropio  ">• ,  che  Adriano  ebbe 
una  sola  guerra  ,  di  cui  parleremo ,  né  que- 
sta la  fece  in  persona,  ma  per  mezzo  di 
un  suo  generale  e 

'  Eusehius  in  Chron,         *  Pagius  Cri  tic.  Barctu 
3   Hieronymuy  Comment,  in  D^^ielem  (a{.  9- 
^  Eutvop*  in  BrevfaV' 


W^  Ann( 


Anno     CXX.  335 


Anno  di  Cristo  cxx.  Indizione  in* 
di  Sisto  papa  4. 
»di  Adriano  imperadore  4. 

ri        ^'    r  Lucio  Catilio  Severo, 

Consoli     ->        rn  V  T? 

|_  Tito  AuifìiLio  Fulvo. 

1  er  quanto  c'insegna  Giulio  Capitolino  ^5 
r  innperadore  Antonino  Pio  fu  prima  nomi- 
nato Tito  Aurelio  Fulvio  o  Fulvo  )  ed  era 
stato  console  con  Catilio  Severo .  Quando 
quello  storico  non  prenda  abbaglio  ,  il  se- 
condo de'consoli  dell'anno  presente  dovet- 
te essere  il  medesimo  Antonino ,  Non  iu- 
clo  Aurelio  ,  come  per  errore  è  corso  ne' 
Fasti  del  padre  Stampa  ,  ma  Tito  Aurelio 
fu  il  prenome  e  nome  d'  esso  console  ,  co-^ 
me  s'  ha  da  un'jiscrizione  riferita  dal  Pan- 
vinio  * .  Ora  all'  anno  presente  ,  secondochè 
immaginò  il  padre  Pagi  3  con  altri ,  e  non 
già  al  precedente,,  come  volle  il  Tillemont  j, 
pare  che  s'abbia  da  riferire  la  guerra  mos- 
sa ^  dai  Sarmati  e  dai  Hossolani  contro  le 
terre  dell'imperio  romano.  A  questo  avvi- 
so Adriano  Augusto  immediatamente  man- 
dò innanzi  l'esercito  romano,  e  poi  tenen- 
dogli dietro,  arrivò  anch' egli  nella Mesia, 
e  si  fermò  al  Danubio  ,  frapposto  fra  lai  e 
i  nemici.  Il  Cellario  j,  che  mette  i Sarma- 
ti verso  il  Mar  Nero,  e  i  Rossolani    circn 

la 

^  Julius  Capitolinus  in  T.  Antonino  . 

*  Panvinius  in  Fast-  Confutar. 

^  Pagius  in  CritìC,  Barcn.     ^  Dio  Hb.  C9'     ^  Celiar.  Gcogr. 


53^  Annali  d' Italia 
la  Palude  Meotide,  non  50  come  ben  sì  ac- 
cordi col  racconto  di  questa  guerra .  Un  di 
la  cavalleria  romana  ,  di  tutte  armi  guer» 
nita,  all'improvviso  passò  a  nuoto  il  Da- 
nubio :  azione  sommamente  ardita  ,  che  mi- 
se tal  terrore  ne'  Barbari ,  che  trattarono 
di  pace  ^ .  Lamentavasi  il  re  de'  Rossola- 
Xìì  *,  che  gli  fosse  stata  sminuita  la  pen- 
sione solita  a  pagarsegli  dai  Romani .  Adria- 
no ,  che  abborriva  i  pericoli  della  guerra  , 
jl  soddisfece^  con  accordar  vergognosamen- 
te quanto  il  Barbaro  richieden .  Fu  in  que- 
sti tempi,  ch'egli  diede  il  governo  della 
Pannonia  e  della  Dacia  3.  Marzio  Turhone  ^ 
eh'  era  stato  presidente  della  Mauritania , 
conferendogli  la  medesima  autorità  ,  che 
avea  il  governator  dell'Egitto.  Fors' anche 
allora  fu  ,  eh'  egli  fece  fabbricar  nella  Me- 
sia  una  citth,  che  da  lui  prese  il  nome  di 
Adrianopoli^  oggidì  Andrinopoli ,  città  mol- 
to cospicua  tuttavia.  Secondo  T ordine  che 
tiene  Sparziano  nel  suo  racconto,  parreb- 
be che  appartenessero  all'  anno  presente  al- 
cune crudeltà  usate  da  esso  Adriano.  Dio- 
ne 3  sembra  metterle  molto  prima,  cioè 
all'anno  118,  o  iig  .  Siccome  Adriano  era 
principe  diffidente  e  sospettoso,  e  che  fa- 
cilmente bevea  quanto  di  male  gli  veniva 
riferito .,  così  prestò  fède  a  chi  accusò  Do-* 
inizio  Ntgrino  6.^  aver  macchinato  contro 
la  di   lui   vita:  dei  qual  delitto    (  vero,  o 

fai- 

?  Euseh.  in  Chton. 

*  S^anianus  in  Vita  Hadriani .         ■*  Dio  h'h>  69. 


Anno      CXX.  537 

falso   che  fosse  )    furono    creduti   complici 
Cornelio   Palma ,    Lucio  Publicio    Celso  ,    e 
Lucio    Qideto^    tutti   e  quattro    personaggi 
di  gran  credito  e  nobiltà  j,  e  stati  già  con- 
soli ordinar]   o  straordinarj .  Ma  non  s^  ac- 
cordano insieme  Dione  eSparziano.  Il  pri- 
mo scrive  che  doveano  ammazzare    Adria*- 
no,    allorché    era    alla    caccia;    e    l'altro, 
mentr'  egli  si  trovava  impegnato  in  un  sa- 
grifizio .  Si  può  anche  dubitare  che  un  tal 
fatto  accadesse,  quando  Adriano    si  trova- 
va nelle  vicinanze  di  Roma^,  e  non  già  nel- 
la Mesia.    Ne    scrisse    Adriano    al    senato. 
Pare  che  queste  persone  prendessero  la  fu- 
ga ,  perchè  Palma  per  ordine  del  senato  fu 
ucciso  in  Terracina,  Celso  a  Baja^  Negri- 
no  a  Faenza,  e  Lucio  in  viaggio .  Protestò 
dipoi  Adriano^  non  essere  accaduta   la  lor 
morte  di  commessione  sua  ,  e  lo  scrisse  an- 
che nella  sua  vita,  libro  che  più    non  esi- 
ste .  Ma  per  quanto  egli  dicesse  ^  ^    comu- 
ne credenza  fu  ,  che  per  insinuazioni  segre- 
te da  lui  fatte,  il  senato  levasse    a  sì    ri- 
guardevoli  suggetti   la  vita  ;    né  alcuno   si 
sapea  persuadere^  che  persone  di  tanta  ri- 
putazione fossero  giunte    a  meditar    simile 
attentato .  Lo  stesso  Adriano  poi  in    qual- 
che congiuntura  non  negò    d'  aver  data    la 
spinta  alla  loro  morte  ,   con  rigettarne  poi 
la  colpa  del  consiglio  sopra  Taziano^  prei* 
fet to  del  pretorio. 

Né  fu  questa  la    sola  crudeltà    tjsata  da 

Adria- 

-  Dio  lib.6$. 


338  Annaii  d' Italia 
Adriano.  Altre  nobili  e  potenti  persone 
credute  colpevoli  per  la  suddetta  congiura  , 
o  per  altre  cagioni^  ed  in  altri  tempi,  per- 
derono  la  vita  d'ordine  suo,  tuttoché  l'astu- 
to principe ,  anche  con  giuramento ,  atte- 
stasse d' essere  in  ciò  innocente .  Così  in 
un  altro  anno  egli  fece  levare  dal  mondo 
Apollodoro  Damasceno  ^.  Siccome  di  sopra 
accennamrho  ,  era  questi  un  architetto  mi- 
rabile. Avea  fabbricato  il  maraviglioso  pon- 
te di  Trajano  sul  Danubio.  Sua  fattura  pa- 
rimente furono  la  superba  piazza  di  Tra- 
jano, rodeo,  ed  il  Ginnasio  in  Roma.  Un 
giorno  si  trovava  presente  Adriano,  allor- 
ché l'Augusto  Trajano  ed  Apollodoro  trat- 
tavano di  una  di  esse  fabbriche  ,  e  volle 
anch'  egli  fare  il  saccente  ,  come  quegli  che 
credea  di  sapere  di  tutto.  Rivoltosegli  A- 
pollodoro  gli  disse:  Andate  di  grazia  a 
dipignerc  delle  zucche  :  che  di  questo  non 
"v^ intendete  punto.  Questa  ingiuria  non  si 
cancellò  mai  più  dal  cuor  di  Adriano,  e 
fu  cagione  che  mandò  poi  con  de'  pretesti 
quel  valentuomo  in  esilio.  Tuttavia  mag- 
gior male  per  questo  non  gli  avrebbe  fat- 
to ;  anzi  in  qualche  tempo  si  servì  di  lui. 
Avvenne  che  Adriano  fabbricò  il  tempio  di 
Venere  e  di  Roma,  dove  erano  le  magni^ 
fiche  statue  di  queste  due  falsamente  appel- 
late dee.  Per  prendersi  beffe  di  Apollodo- 
ro ch'era  fuori  di  Roma^  e  forse  esiliato, 
gliene  mandò  il  disegno-,    acciocché   inten- 

des- 

'  Dio  ibidem  • 


Anno    CXX.  339 

elesse  che  senza  di  lui  si  poteano  far  del- 
le sontuose  e  belle  fabbriche  in  Roma  ;  e 
nello  stesso  tempo  desiderò,  che  dicesse  il 
suo  sentimento ,  se  fosse  o  no  con  buona 
architettura  formato  quell'  edificio .  Rispo- 
se Apollodoro^  che  conveniva  fabbricar  quel 
tempio  assai  più  alto ,  se  avea  da  fare  un' 
eminente  comparsa  sopra  le  alte  fabbriche 
della  Via  sacra;  ed  anche  più  concavo,  a 
cagion  delle  macchine  che  si  pensava  di 
fabbricar  ivi  segretamente^  per  introdurle 
poi  nel  Teatro .  Aggiugneva  ,  che  le  mae-» 
stose  statue  ivi  poste,  non  erano  prppor- 
7,ionate  alla  grandezza  del  tempio ,  perchè 
se  le  dee  avessero  avuto  da  levarsi  in  pie- 
di ed  uscir  fuori,  non  avrebbono  potuto 
farlo .  Air  udir  queste  osservazioni ,  e  al 
conoscere  V  error  commesso  senza  poterlo 
emendare,  s'empiè  di  tanta  rabbia  e  dolo- 
re Adriano ,  che  privò  di  vita  il  troppo 
sincero  architetto ,  degno  ben  d'  altra  mer- 
cede pel  suo  impareggiabil  valore.  Oh  che 
bestia  il  signore  Adriano  /  griderà  qui  ta- 
luno .  Ma  convien  aspettare  alquanto,  per- 
chè mirandolo  in  un  altro  prospetto  fra  po- 
co ,  troveremo  in  lui  tanto  di  buono  da 
potere  far  bella  -figura  fra  i  regnanti.  Non 
so  io  ben  dire  in  che  luogo  dimorasse  A- 
driano  ,  allorché  succedette  la  tragedia  dei 
quattro  consolari  suddetti  uccisi .  Ben  so 
ch'egli  si  trovava  fuori  di  Roma  ,  ^  ed  av- 
visato della  grave  mormorazione  che  si  fa- 

cea 

'  S^artianuT  in  Hadì'iano  . 


740      Annali    d'  I  t  a  l  i  a 

feeà  per  la  morte  di  sì  illustri  personaggi  ^ 
e  eh*  egli  s' era  tirato  addosso  Ì'  odio  di  tut- 
ti ,  corse  frettolosamente  a  Roma ,  per  pre- 
venire i  disordini .  Quetò  il  popolo  con  di- 
spensargli un  doppio  congiario.  Mentre  era 
lontano,  gli  avea  anche  fatto  distribuire 
tre  scudi  d'  oro  per  testa .  Nel  senato  do- 
po aver  addotte  le  scuse  dell'operato ,  giu- 
rò di  nuovo,  che  non  avrebbe  mai  fatto 
morire  senatore  alcuno,  se  non  era  giudi- 
cato degno  di  morte  dal  senato.  Ma  sotto 
i  precedenti  cattivi  Augusti  ,  un  solo  lot 
cenno  bastava  a  far  che  il  senato  proferis- 
se la  sentenza  di  morte  contra  di  chi  in^ 
correva  nella  loro  disgrazia .  Se  non  falla 
Eusebio  ^,  in  quest'anno,  ovvero  nei  se- 
guente, un  fiero  tremuoto  dirocca  la  città 
di  Nicomedia^  e  ne  patirono  gran  danna 
tutte  le  città  circonvicine.  Adriano  gene-^" 
tosaihente  inviò  colà  g.randi  somme  di  d^-= 
liaro  per  rifarle . 

Anno  di  Cristo  cxxi.  Indizione  rr.- 
di  Sisto  papa  5. 
di  Adriano  imperadore  5; 

r  Lucio   Annio  Vero  per  tó 
Consóli  -i        seconda  volta, 

(^  Aurelio  Augurino- 

JTu  Lucio  Annio  Vero  avolo  paterno  di 
Biacco  Aurelio  filosofo  ed  imperadore,  di 
cui  parleremo  a   suo  tempo  .  Osservossi 

in 

^  Euub.  in  ChYùmc.         *  Spavtianus  in  Hadrianv . 


Anno    CXXL  341 

in  tutte  le    maniere    di    vivere   d' Adriano 
Augusto    una  continua  varietà ,  e  una    co- 
stante incostanza.  Ora   crudele,  ora    tutto 
clemenza  :   ora    serio    e    severo ,    ora   lieto 
buffone  :  avaro   insierne    e    liberale  :    since- 
ro e  simulatore  .  Amava  facilmente  ,  ma  fa- 
cilmente passava  dall'  amore  all'  odio  .    S'  è 
veduto, com'egli  trattò  l'architetto  Apollo- 
doro,  e  pure  abbiam  daSparziano,  che  non 
si  vendicò  di  chi  gli  era  stato  nemico  ,  allor- 
ché menava  vita  privata.  Diveputo  jmpera- 
dore  ,  solamente  non  guardava  loro  addosso . 
E  vedendo  uno,  che  più  degli  altri  se    gii 
era  mostrato  contrario  ,  disse  ;  L'  hai  scap-^ 
yata ,  Tutto  ciò  può  essere,  se  non  che  per 
testimonianza  del  medesimo  storico ,    Fal-^ 
ma  e  Celso  consoli ,  stati  sempre    suoi  ne- 
mici   nella   vita   privata ,    abbiam    veduto 
qual    fine  fecero.  In    quest'anno    gli    ven- 
ne   troppo  a  noja  Celio   Taziano^    che   già 
dicemmo  alzato  da  lui  al  grado  di  prefetto 
del  pretorio  ,  in  guisa  che,  come  dimentico 
di  averlo  avuto  per  tutore,  e  per  gran  pror 
motore  della  sua  assunzione  al    trono ,    ad 
altro  non  pensava  che  a  levarselo  d'  attor- 
no .  Non  poteva  sofferire  la  grand'  aria    di 
potenza  ,  che  si    dava    Taziano  ,    e    perciò 
gli  corse  più  volte  per  mente  di  farlo   ta- 
gliare a  pezzi.  Se  ne  astenne _,  perchè    era 
fresca    la    memoria    dei    quattro    consolari 
uccisi ,  e  r  odio   che  gliene    era     proi^enu- 
to .  Ma  con  tutto  il  suo  guardarlo  di   bis- 
eo ,  non  otteneva  che  Taziano  chiedesse  ò.i 

d€~ 


%i^2      Annali    d' Italia 

depor  quella  carica.  Gli  fece  pertanto    di- 
re air  orecchio  >  che  era  bene  il  chiederlo; 
ed  appena    ne    udì    V  istanza ,    che    conferi 
la  carica  di  prefetto  del  pretorio  a  3Iarzio 
Turbane  j  richiamato  dalla  Pannonia  e  Da- 
cia.' Creò  senatore  Taziano^  dandogli   an- 
che    gli    ornamenti    consolari ,    e    dicendo 
che  non    avea    cosa    più    grande,   con    cui 
premiarlo.  Anche  Slmile^    l'altro    prefetto 
dal  pretorio,  siccome  dissi    all'anno    ii8, 
dimanda   il    suo    congedo .    Entrò    nel    suo 
posto  Setticio  Claro .  Sì  Turbo  ne  ^  che  Cla-- 
rcr   erano    due     personaggi    di    raro    meri- 
to i    ma    anch"  essi    provarono    col    tem- 
po ,   quanto    instabile    fosse     l' amore    e  la 
grazia    di    questo    imperadore .     Per    que- 
sta   mutazion    d"*  ufiziali    parendo     oramai 
ad  Adriano  d^  aver  la  vita  in  sicuro,   per- 
chè   di    loro   non   si    fidava    più,    andò^   a 
sollazzarsi     nella    Campania  ,     dove    fece 
del  bene  a  tutte  quelle  città    e    terre ,    ed 
ammise  all'amicizia  sua  le  persone  più  de- 
gne, ch'egli  trovò  in  quel  tratta  di  paese. 
Ritornato    a   Eoma    Adriano ,    come    se 
fosse  persona  privata,  interveniva  alle  cau«^ 
se  agitate  davanti  ai  consoli  e  ai    pretori  ; 
compariva  ai    conviti  de'  suoi  amici,   e   se 
questi    cadevano    malati  ,     due    ed    anche 
tre    volte    il    giorno    andava    a    visitarli  . 
Ne     solamente    ciò    praticò    coi    senatori  ^ 
si  stesero  le    visite    sue    anche  ai   cavalie- 
ri   romani    infermi  ,    e    insino    a    persóne 
di    schiatta   libertina,   sollevando  tutti  con 

dei 


Anno     CXXI.  545 

dei  buoni  consigli  ,    ed    ajutando    chiunque 
si  trovava    in   bisogno  .    Gran    copia    d' es- 
si   amici    volea    sempre    alla    sua    mensa  .. 
Alla    suocera    sua ,    cioè     a    Matldla   Au- 
gusta ^    nipote    di  Trajano ,    compartì  ogni 
possibil  onore  ,  allorché  si  faceano    i  giuo- 
chi   de' gladiatori  5    e    in    altre  occorrenze. 
Ebbe  sempre  in  sommo  onore  Flatlna  Au- 
gusta ^   vedova    di     Trajano  ,    da     cui    ri- 
conosceva r  imperio.  E  a  lei   defunta    fece 
un  sontuoso  scon'uccio  *  Gran    rispetto  an- 
cora mostrava  ai  consoli,  sint)  a  ricondurli 
a  casa  terminati  eh'  erano  i  giuochi  circen- 
si .  Anche  con  la  più    bassa    gente    parlava 
umanissimamente  detestando  i  principi  che 
colla  loro  altura    si    privano    del    contento 
di  mandar  via  soddisfatte  di  se   le    perso- 
ne .  Con  queste  azioni  prive  di  fasto  ^  pie- 
ne di  clemenza  ^    si    procacciava    V  affetto 
del     pubblico;    e    lodavasi     nel    medesimo 
tempo  la  continua  sua  attenzione  al    buon 
governo  ;  la  sua  magnificenza  nelle  fabbri- 
che ;  la  sua  provvidenza  ne'  bisogni  occor- 
renti ,  e  specialmente  nel  mantenere    1'  ab- 
bondanza de'  viveri  al   popolo.    Assaissimo 
ancora  piaceva  il  non    esser    egli    vago    di 
guerre  ,  che  d'  ordinario  costano  troppo  ai 
sudditi  *  Tanto    le  abborriva  egli ,    che    se 
ne  insorgeva  alcuna ,  piìi  tosto  si    studiava 
di    aggiustar    le    differenze    coi    negoziati, 
che  di  venir  all'armi.  Non  confiscò  mai   i 
beni  altrui  per    via    d' ingiustizie  ;    troppo 

si 

*  Dio  lib.6^. 


544  Annali  d' Italia 
si  pregiava  egli  di  donare  il  suo  ad  altri , 
non  già  di  far  sua  la  roba  altrui.  In  fatti 
."grande  fu  la  sua  liberalità  verso  tholtissi- 
mi  senatori  e  cavalieri  ;  né  -aspettava  egli 
d' essere  pregato  :  bastava  che  conoscesse 
i  lor  bisogni,  per  correre  spontaneamente  a 
sovvenirli .  Se  gli  poteva  parlare  con  liber- 
tà ,  senza  eh'  egli  seT  avesse  a  male  .  Aven- 
dogli una  donna  dimandata  giustizia ,  ri- 
spose di  non  aver  tempo  di  ascoltarla .  Per" 
che  siete  'voi  dunque  ìmperadore  ?  gridò  la 
donna.  Permessi  allora  Adriano  con  pazien- 
za r ascoltò,  e  la  soddisfece.  Un  dì  ne' 
giuochi  de'  gladiatori  al  popolo  non  pia- 
cea  quel  che  si  facea  ^  e  con  importune 
grida  dimandava  all' imperadore,  che  sene 
facesse  un  altro.  Comandò  Adriano  all' 
araldo  ,  che  gli  era  vicino  ,  di  dire  impe- 
riosamente al  popolo,  che  tacesse^  come 
solea  far  Domiziano .  Ma  V  araldo  fatto 
cenno  al  popolo  di  dovergli  dir  qualche  pa- 
rola a  nome  del  regnante  ,  altro  non  dis^ 
se  se  non  :  Quel  che  ora  si  fa  ^  è  di  pia- 
cer^ deir  Imperadore .  Non  si  offese  punto 
Adriano j,  che  l' araldo  avesse  contro  V  or- 
dine suo  parlato  con  tal  mansuetudine  al 
popolo ,  anzi  il  lodò  d' aver  così  fatto . 
Credasi  ch'egli  in  quest'anno  fabbricasse 
un  Circo  in  Koma.  Comincia  il  Tillemont 
^nell'anno  120  i  viaggi  d'Adriano  fuori 
d'Italia:  il  Pagi  *  nell'anno  121.  Io  mi 
riserbo  ci  parlarne  all'anno  seguente. 
Fine  del  Tomo  IL 

^  TilhmMemoir^des  Ir^fevciirs  .     ^  Pagr'us  Critica  B/trcfJ^ 


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3      DG  Muratori,  Lodovicìo  Antonio 
A66  Annali  d'Italia     Ed. 

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Il      t.2 


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