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ANNALI D' ITALIA
D I
LODOVICO-ANTONIO MURATORI
ADIZIONE NOVISSIMA.
TOMO IL
IN VENEZIA MDCCXCIV.
Presso Antonio Curti q. Giacomo
WELLA TIPOGRAFIA P E P O L I A V A
Con Approvazione ,
In questo
TOMO IL
Si comprende Io spazio di tempo scorso
dair anno di Cristo hx. IndizÌGne ir.
iìno all'anno di Cristo^ cxxi. di Adria-
na imperadore 5.
i>Gi
m
ANNALI D'ITALIA
Dal principio dell' Era Volgare
fino air anno 1500.
Anno di Cristo lix. Indizione 11.
di Pietro Apostolo papa 31.
di Nerone Claudio imperadore 6,
p, ,. j" Lucio Vipstano Aproniano,
Consoli S^ Lucio Fontejo Capitone .
V-^omunemente da chi ha illustrato i Fa-
sti consolari , il primo di questi consoli
è chiamato Vipsanio . Ma secondo le os-
serva zipni del cardinal Noris ^ il suo
vero nome fu Vipstano ; e ciò può anco-
ra dedursi da un' iscrizione pubblicata an-
che da me * . Jn essa s' incontra Gajó Fon-
tejo . Se ivi è disegnato il console di que-
sti tempi , Gajo ^ e non Lucio sarà stato
il suo prenome . Giunse in quest' anno ad
un orrido eccesso la più che maligna na^-
tura di Nerone. Erasi rimessa in qualche
credito Agrippina sua madre ^ dappoiché le
riuscì di superar le calunnie di Giunia Sila"
na ; ma dacché entrò in corte Poppea Sabl'
na , cominciò una nuova e più fiera guerra
contra di lei. Aspirava questa ambiziosa ed
adultera donna alle nozze del regnante, al
A 2 che,
.» Noris Ef. Consuh » Thes. Ncv. reter. Ime /». 305- «• j'
4 Annali d'Italia
che, vivente Agrippina , le parea troppo dif-
ficile di poter giungere , sì perchè Agrip-
pina amava forte la saggia e paziente sua
nuora Ottavia , e sì perchè non avrebbe
potuto soiFerire presso ii figliuolo chi a
lei fosse superiore negli onori e nel co-
mando . Cominciò dunque Poppea a sti-
molar Nerone con dei motti pungenti , de-
ridendolo , -percìih tuttavìa fosse sotto la
tutela; ed oh che bel padrone del mon-
do ^ che ne pure è padrone di se stesso !
Passò poi in varie guise , e coli" ajqto de'
cortigiani nemici d'Agrippina, a fargli
credere che la madre nudrisse de' cattivi
disegni contra di lui . Ingegna vasi air in-
contro anche Agrippina di guadagnarsi V
aflFetto del figliuolo contra di questa ri-
vale ; e fanno orrore le dicerie che cor-
sero allora , delle quali Dion Cassio ^ e
Tacito ^ fanno menzione , contraddicen-
dosi quegli autori anche in parlar di Se-
neca , che alcuni vogliono concorde colT
iniqvio Nerone alla rovina della madre ,
ed altri parziale della, medesima , anzi
macchiato di un infame commerzio con
lei. La stessa battaglia fra quegli scrit-
tori si osserva , rappresentando alcuni ^ ^
eh' ella con carezze nefande , ed altri
colla fierezza e colle minacce procurava
di rompere 1' abbominevole attaccamento
del figliuolo a Poppea . Se nulla è da cre-
dere , è l'ultimo. Perciò Nerone annoja-
to
^ JDf'o eod. lib. * Tac /. 14. r. a. ^ Sueton. in Nrone^
Anno LIX. 5
to cominciò a sfuggirla , e ad aver caro
eh' ella se ne stesse ritirata nelle delizio-
se sue ville, benché quivi ancora l' in-
quietasse, con inviar persone, le quali in
passando le diccano delle villanie , p del-
le parole irrisorie . Finalmente si lasciò
precipitar nella risoluzione di torle la
vita. Non si arrischiò al veleno, perchè
non apparisse troppo sfacciato il colpo 5
siccome era avvenuto di Britannico , e
perchè ella andava ben guernita d' antido-
ti . Nulladin^eno Suetonio scrive , che per
tre volte tentò questa via, ma indarno.
Pensò anche a farle cadere addosso il
volto della camera , dov' ella dormiva , e
vi si provò. Ne fu avvertita per tempo
Agrippina, e vi provvide.
Ora Aniceto liberto di Nerone , presi-
dente deir armata navale ,. che si tenea
sempre allestita nel porto di Miseno , sic-
come nemico di Agrippina ;, si esibì a Ne-
rone di fare il colpo con una invenzione
che parrebbe fortuita , e risparmierebbe a
lui r odiosità del fatto . Ck)nsisteva que-
sta in fabbricare una galea congegnata in
maniera, che una parte si scioglierebbe^
tirando seco in mare chi v'era di sopra,
^^sempio preso da una simil nave , già
fabbricata nel teatro. Piacque la proposi-
zione ; fu preparato nella Campania V insi-
cliatore legno ; e Nerone per celebrar
1 giuochi d'allegria in onor di Minerva,
chiamati Quinquatrui ;, si portò al palaz-
A 3 zo
6 Annali d' Italia
zo -li Bauli, situato fra Baja e Mi seno ^
conducendo seco la madre sino ad Anzo,
giacché era qualche tempo che le niostra-
ya un finto aiFetto , ed usavale delle fi-
nezze . Quivi stando Nerone si udiva di-
re : che toccava ai figliuoli il sopporta-
re gli sdegni di chi avea lor data la vi-
ta , e che a tutti i patti volea far buona
pac<{> colla madre ; acciocché tutto le fos-
se riferito , ed ella secondo V uso delle
donne, facili a credere ciò che bramano,
si lasciasse meglio attrappolare. Invitol-
la dipoi a venire ad un suo convito ad
Anzo 5 ed ella v' andò , accolta dal figliuo-
lo sul lido con cari abbracciamenti , e te-
nuta poi a tavola nel primo posto : il che
maggiorm.ente la assicurò . O sia , come
vuol Tacito , eh' ella quivi si fermasse
quella sola giornata , oche al dire di JDio-
ne si trattenesse quivi per alcuni giorni ,
volle ella infine ritornarsene alla sua villa .
Nerone dopo il lungo e magnifico convi-
to , la tenne fino alla notte in ragionamen-
ti ora allegri , ora serj , baciandola di tan-
to in tanto , ed animandola a chiedere
tutto quel che voleva , con altre parole le
più dolci del miondo . Accompagnata da
lui sino al lido , s' imbarcò nella nave
traditrice , superbamente addobbata , e
andò servendola Aniceto. Era quietissi-
mo il mare , e parve quella calma venuta
apposta , per far conoscere ad ognuno,
che non dalla forza de' venti, ma dal tra-
dì-
Anno IJX. 7
flimento pvocedea lo sfasciarsi della na-
ve. Alla divisata ora cadde, secondo Ta-
cito ^ il tavolato di sopra j, che soffocò
Crcperiò Gallo cortigiano d'Agrippina ;
ma essa con Acerronia Polla sua dama d'
onore si attaccò alle sponde , né cadde .
In quella confusione i marinai credendo
che Acerronia fosse Agrippina, coi remi
la uccisero ; Ad Agrippina toccò solamen-
te una ferita sulla spaila. Fu .voltata in
un lato la nave , perchè si affondasse j .ed
Agrippina cadutavi pian piano dentro ,
parte nuotando , e parte soccorsa dalle
barchette che venivano dietro, si salvò,
e fu condotta, al suo palazzo nel lago
Lucrino. Dione in poche parole dice , che
sfasciatasi la nave , Agrippina cadde in
mare, ne si annegò. Più minuta ^ ma im-
brogliata è la descrizione che fa di que-
sto fatto Tacito 3 ma comunque succedes-
se, per consenso di tutti Agrippina scam-
pò la Vita.
Ridotta nel suo palazzo, e in letto ,
per farsi curare^ ricorrendo col pensiero
tutta la serie di quel fatto , non durò fa-
tica ad intendere chi le avesse tmmata
la morte . Prese la saggia determinazione
di tutto dissimulare , ed immediatamente
spedì Abetino suo liberto al figliuolo, per
dargli avviso d' avere per benignità degli
dii sfuggito un gravissimo pericolo , e
A 4 per
* Trichus iih, 14. cap. 3.
8 Annali d' Italia
per pregarlo di non farle visita per ora,'
avendo ella bisogno di quiete per farsi
medicare. Nerone, ch'era stato sulle spi-
ne la notte , aspettando nuova dell' esi-
to degli escrandi suoi disegni , allorché
intese come era passata la cosa , ed es-
serne uscita netta la madre , fu sorpreso
da immensa paura -, immaginandosi eh'
ella potesse spedirgli contro tutta la sua
servitù in armi , o muovere i pretoriani
contra di lui , o comparire ad accusarlo
in Roma al senato e al popolo . Sbalor-
dito non sapeva allora in qual mondo si
fosse. Fece svegliar Burro e Seneca, chia-
mandogli a consiglio , essendo ignoto ,
s' eglino sì o no fossero prima consapevo-
li del delitto. Restarono un pezzo amen-
due senza parlare , o perchè non osas-
sero di dissuaderlo, o perchè credessero
ridotte le cose ad un punto , che Nerone
fosse perduto , se non preveniva la madre.
Nerone in fatti propose di levarla dal
mondo ^ e Seneca , imputato da Dione
d'aver dianzi dato questo medesimo con-
siglio, voltò gli occhj a Burro , come per
domandargli che ne comandasse ai suoi
pretoriani V esecuzione . Ma Burro , non
dimenticando che da Agrippina era pro-
ceduta la propria fortuna , prontamente
rispose_, che essendo obbligate le guardie
del corpo a tutta la casa cerasea , e ri-
cordandosi del nome di Germanico, non
si potea promettere in ciò della loro ub-
bi-
Anno LIX. 9
bidienza ; e che toccava ad Aniceto il
compiere ciò ch'egli aveva incominciato.
Chiamato Aniceto ;, non vi pose alcuna
difficoltà , cosicché Nerone protestò che in
quel giorno egli riceveva dalle sue mani
ì' imperio ; e quindi gli ordinò di pren-
dere quegli armati che occorressero dalla
guarnigione delle sue galee . Intanto ar-
riva per parte di Agrippina Agcrino .
Sovvenne allora a Nerone un ripiego de-
gno del suo capo sventato . Allorché V
ebbe ammesso all'udienza^ gli gittò a'
piedi un pugnale , e chiamò tosto ajuto ,
con fingere costui mandato dalla madre
per ucciderlo , e il fece tosto imprigio-
nare ) e poi spargere voce ^ eh' egli s' era
ucciso da se stesso per la vergogna della
scoperta sua mala intenzione . Intanto
Agrippina , eh' era negli spasimi per non
veder venire Agerino , né altra persona
per parte del figlio, in vece di essi mira
entrar nella sua camera Aniceto , accom-
pagnato da due suoi ufiziali , senza sa-
pere se in bene, o in male. Poco stette
ad avvedersene : un colpo di bastone la
colse nella testa ; e vedendo sguainata la
spada da un di essi, saltando su, gridò:
Ferisci questo , mostrandogli il ventre .
Fu dipoi morta con. più ferite ; e porta-
tane la nuova a Nerone. Non mancò chi
disse , d' averla voluta vedere estinta e
nuda, non fidandosi di chi gli riferì il
fatto, e d'aver detto; Io non sapea d/
ci\e^
IO Annali d Italia
avere una madre sì bella. Tacito lascia
in forse questa circostanza . Fu in quella
stessa notte bruciato secondo il costume
d' allora il suo corpo , e vilmente sep-
pellito. Ed ecco dove andò a terminare
la sbrigliata ambizione di questa donna ,
figliuola di Germanico , nipote del grande
Agrippa, pronipote d.'' Augusto, moglie e
madre d' imperadpri . Le iniquità da lei
commesse , per salire il figlio al trono ^
riportarono questa ricompensa dallo stesso
suo figlio, mostro d'ingratitudine e di
crudeltà .
Fece susseguentemente Nerone una bella
scena , mostrandosi inconsolabile per la
morte della madre , e dolendosi d' aver
salvata la vita propria colla perdita della
sua^ giacché voleva che si credesse aver
ella inviato Agerino per ucciderlo^ e eh'
ella dipo? si fosse uccisa da se stessa . Lo
stesso ancora scrisse al senato , con ag-
giugnere una filza d'altre accuse contro
la madre per giustificar se medesimo,
e con dire fra l'altre cose ^: Ch^ io sia
salvo , appena lo credo , e non ne godo .
Perchè quella lettera o era scritta da Se-
neca^ o si riconobbe per sua dettatura,
fu mormorato non poco di questo adula-
tor filosofo , il quale compaì:*iva appro-
vatore di sì nero delitto . Mostrò il se-
nato ^ di credere tutto; decretò ringra-
zia-
* Qjuntillianus Iti. 6. Insti t. ^ Tacitus lib- 14- f-^^-
Anno LIX. ii
^lamenti agli dii, .e giuochi per la sal-
vata vita del principe j e dichiarò il dì
natalizio .di Agrippina per giorno abbo-
minevole . 11 solo Publio Feto Trase.a ,
senatore onoratissimo , dappoiché fu letta
quella lettera , uscì dal senato , per non
approvare né disapprovare il che poi gli
costò caro . Ma Nerone dopo il misfatto ^
si sentì gran tempo rodere il cuore dal-'
la coscienza ; sempre avea davanti agli
occhj l'immagine dell' estinta madre , e
gli parea di veder le furie che il perse-
guitassero colle fiaccole accese . Ne il
mutar di luogo , e 1' andare a Napoli ed
altrove , servì a liberarlo .dall' interno
strazio . Neppure s' attentava di ritornar
più a Roma, temendo d' essere in orrore
a tutti. Ma ^gl' ispirarono del coraggio i
bravi cortigiani , facendogli anzi sperare
cresciuto V amore del popolo ^ per aver
liberata Roma dalla più ambiziosa e odia-
ta donna del mondo . In fatti restitui-
tosi alla città , trovò anche più di quel
che sperava , movendosi e grandi e pic-
cioli per paura di un sì spietato princi-
pe a fargli onore . Andò dunque come
trionfante al Campidoglio , persuaso ch'egli
potea far tutto a man salva , dacché tut-
ti o perchè V amavano , o perchè avviliti
non sapeano se non adorare i di lui su-
premi voleri . Affettò ancora la clemenza
con
* Suetort. in Neron. e. 34.
tt Annali d' I t a l i a
con richiamare a Roma Glunia Calvina^'
Calpurnia , Valerio Capitone , e JAcinlo
Gabolo , esiliati già dalla madre . Ma iti
questo medesimo anno col veleno abbre-^
viò la vita a Domizia sua zia paterna ,
con occupar tutti i suoi beni posti in
quel di Baja e di Ravenna, prima ancora
disella spirasse. Quivi alzò de' magnifici
trofei , che duravano anche ai tempi di
Dione ^ . Mirabil co^a nondimeno fu,
che parlando molti liberamente di tali
eccessi , ed uscendo non poche pasquina-^
te , pure egli , benché dalie sue spie in-
formato di quanto succedea , ebbe tal pru--
denza da dissimular tutto j, e da non ga-^
stigar alcuno per questo , paventando di'
accrescere, altrimente facendo , il remore
nel popolo .
Anno di Cristo lx. Indizione iix»
di Pietro Apostolo papa 23»
di Nerone Claudio imperad. 7»'
r Nerone ClaU3!)io Augusto
Consoli -^^ per la quarta volta,
L Cosso Cornelio Lentulo-
-L'icendoSuetonio, che Nerone tenn'e que-
sto consolato per soli sei mesi, nelle ca-
lende di luglio dovettero succedere a lui e
al collega due altri cònsoli . Il nome loro
ci
» Dio lib. 61.
A N NO LX. 15
.GÌ è ignoto. Alcuni han sospettato die fos-
sero Tito Ampio FlavianOj, e Marco Apo-^
nio Saturnino , perchè da Tacito son chia-»
mali uomini consolari , ed ebbero poscia
de' governi . Andossi poi sempre abbando-^
nando Nerone ^ ai divertimenti e piaceri ,
dappoiché non vi ve a più la madre^ che il
tenea pure in qualche suggezione . Sin da
fanciullo si dilettava egli di andare in car-
retta , e di condurre i cavalli . Avca ^nche
imparato a sonar di cetra, e a cantare.
Diedcsi ora in preda a questi solazzi, sì
sconvenevoli ad un imperadore. Seneca e
Burro gli permisero il primo, per distor-
lo dagli altri , purché corresse co' cavalli
uel circo vaticano chiuso , per non lasciar-
si vedere dal popolo . Ma non si potè con-
tenere il vanissimo giovane ; volle degli
spettatori, e il lor plauso l'invogliò ad in-
vitarvi anche del popolo^ il quale godendo
di veder fare i principi ciò eh' esso fa^ e
perciò gonfiandolo con alte lodi , maggior-
mente r incitò a quel plebeo mestiere * .
Tuttavia ben conoscendo , che i saggi era^
no d'altro sentimento, credette di schivar
il disonore, con cercare de' compagni no-
bili , che imitassero lui ne' pubblici diverti-
menti . Perciò venutogli in capo di far de'
giuochi di somma magnificenza in onor del-
la m^dre , che durarono più giorni, si virr.
defo nobili dell'uno edeiraltro sesso, non
solo
^ Tachui Annoi. Uh. 14. e. 14. * -D/o ihid.
iZj. Annali d' Italia
solo dell' ordine equestre , ma anche del se-
natorio, comparir ne' teatri, ne' circhi, e
negli anfiteatri, con esercitar pubblicamen-
te le arti , riserbate in addietro alle sole
persone vili e plebee, con sonar nelle or-
chestre , rappresentar commedie e tragedie ,
ballar ne' teatri, far da gladiatori, e da
carrettieri : alcuni di propria loro elezio-
ne, ed altri- per non disubbidir Nerone
che gF invitaya. Mirava il popolo, ed an-
che i forestieri riconoscevano , che quegli
attori , dimentichi della lor nascita , erano
chi urr Furio , chi un Fabio j, chi un Vale-
rio, un Forcio, un Appio, ed altri simili
della nobiltà primaria. AI veder cotali no-
vità e stravaganze,' ne gemevano forte i
saggi , sì pel disonor delle famiglie , come
ancora perchè veniva con ciò a crescere
troppo smisuratamente la corruttela de' co-
stumi . Ptammaricavansi inoltre osservando
lé incredibili' spese che facea Nerone; non
solamente in questi sì sfoggiati divertimen-
ti, ma anche negl'immensi regali alla ple-
be , congittar dei segni^ ne'quali era scrit-
to quella sorta di dono che dovea darsi a
chi avea la fortuna d'aggraffarli, come ca-
valli, schiavi, vesti, danari. Ben prevede-
vano che tanto scialacquamento anderebbe
a finire in nuovi aggravj ed estorsioni so-
pra il pubblico, siccome in fatti avvenne.
Istituì eziandio Nerone altri giuochi , ap-
pellati Giovenali in onore della prima vol-
ta, ch'egli si fece far la barba: rito festi-
vo
Anno LX. 15
vo presso i Romani . Que' preziosi peli in
una scatola d'oro furono consecrati a Gio-
ve. Ip que' giuochi danzarono i più nobili
fra i Romani I e bella figura fra T altre da-
me fece Elia Catula , giovinetta di ottanta
annl^ che ballò un minoetto. Chi de' nobi-
li non potea ballare^ cantava^ ed eranvi
scuole apposta, dove* concorrevano ad im-
parare uomini e donne di prima sfera ,
fanciulle , giovinetti , vccchj , per far po-
scia con leggiadria il lor mestiere ne' pub-
blici teatri. Che se taluno , non potendo di
meno , per vergogna vi compariva masche-
rato, Nerone gli cavava la maschera, e si
venivano a conoscere persone impiegate ne'
più riguardevoli magistrati.
Ne lo stesso iSTeroné volle in fine esserie
da meno degli altri. Uscì anch' egli nella
scena in abito da suonator di cetra , ed ol-
tre al sujonare, fece sentir la sua da lui
creduta melodiosa voce, la qual nondime-
no si trovò sì somigliante a quella de' cap-
poni cantanti , che niun potea ritener le ri-
sa , e molti piagneano per rabbia. Se cre-
diamo a Dione ^ Burro e Seneca assistenti
servivano a lui di suggeritori , e andavan-
gli poi facendo plauso colle mani e coi pan-
ni, per invitare allo stesso l'udienza. Ta-
cito ^ anch' egli lo attesta di Burro, ma
con aggiugnere che internamente se ne af-
■Qiggeva . Né già era permesso - , allorché
can-
* ^acitus ìib.i^^ f. 15. ^ Suéton.in Ntrcne cap. ij.
i6 Annali d'Italia
cantava questo insigne maestro, ad! alcuno
l'uscir di teatro per qualsivoglia bisogno,
che gli occorresse . Quella era la voce d'
Apollo ; niun v' era che potesse uguagliarsi
a lui nella melodia del canto. Così gli adu-
latori . Volle egli ancora , che si tenesse una
gara di poesia e d'eloquenza, e v'entrò an-
ch' egli coir invito de' giovani nobili . Non
è diÌRcile r immaginarsi a chi toccasse la
palma e il premio . Furono similmente ri-
chiamati a Roma i pantomimi, perchè di-
vertissero il popolo ne' teatri, ma non già
ne"* giuochi sacri . Apparve in quest' anno
una cometa . Il volgo imbevuto dell' opi-
nione , che questo fenomeno predica la mor-
te de' principi, cominciò a fare i conti su
la vita di Nerone , e a predire chi a lui
succederebbe. Concorrevano molti in Ru-
helUo Plauto^ discendente per via di donne
^alla famiglia di Giulio Cesare, personag-
gio ritirato e dabbene . Ne fu avvertito Ne-
rone. Si aggiunse, che trovandosi a desi-
nare il medesimo imperadore in Subbiaco ,
un fulmine gli rovesciò le vivande e la
tavola. Perchè quel luogo era vicino a Ti-
voli , patria de' maggiori d'esso Plauto, la
pazza gente perduta nelle superstizioni mag^
giormente si confermò nella predizione sud-
detta . Fece dunque Nerone intendere a Ru-
bellio Plauto , che miglior aria sarebbe per
lui l'Asia, dove egli possedeva dei beni*
Gli convenne andar là colla sua famigli* ;
m per poco tempo , perchè da lì a due
an-
Anno LX. 17
anni Nerone mando ad nccideiio. Venne in
questi tempi a morte Quadrato governato-
re della Siria , e quel governo fu dato a
CorbuloiiP., da cui dicemmo che era stata
acquistata' T Armenia. Trovavasi da gran
tempo in Roma Tlgranc ^ nipote d'Arche--
laOy che già fu r€ della Cappadocia , av-
vezzato ad una servile pazienza . Ottenne
egli da Nerone di poter governare l'Arme-
nia con titolo di re; e andato colà, fu as-
sistito da Corbulone con un corpo di sol-
datesche tali, che al dispetto di molti, più
inclinati al dominio de' Parti , ne ebbe il
pacifico possesso , benché poi non vi potes-
se lungo tempo sussistere . ^ Pozzuolo in
quest' anno acquistò il diritto di colonia ,
e il cognome di Nerone : intorno a che di-
sputano gli eruditi , perchè da Livio e da
Vellejo abbiamo , che tanti anni prima Poz-
zuolo fu colonia , e Frontino fa autore Au-
gusto di una nuova colonia in quella cit-
tà. In questi tempi Laodicea illustre città
della Frigia restò rovinata da un tremuo-
to ; ma quel popolo la rimise in piedi col-
le proprie ricchezze senza ajuto de' Ho-
mani ,
Tom. il B An-
/ Tacitus lib, 14. Cfip. 17.
i8 Annali d' Italia
Anno di Cristo lxi. Indizione iv.
di Pietro Apostolo papa 33.
di Nerone Claudio imperado-
re 8.
^ Gaio Cesonio Peto,
Consoli J Gaio Petronio Turpilia-
i\l on è certo il prenome di Gajo pel se-
condo di questi consoli , né sappiamo chi
nelle calende di luglio loro succedesse nel-
la dignità. Motivo ^ ai pubblici ragiona-
menti diedero in quest' anno due iniquità ,
commesse in Roma , V una da un nobile ,
r altra da un servo. Mancò di vita Domi-
zio Balbo , ricco , e della prima nobiltà sen-
za figliuoli. Valerio Fabiano senatore con
un falso testamento, a cui tennero mano
altri nobili colle lor soscrizioni e sigilli ,
corse all'eredità. Convinto di falsario , de-
gradato con gli altri suoi complici, ripor-
tò la pena , statuita dalla legge Cornelia .
Ucciso fu da un suo servo, o vogliam di-
re schiavo , Pedanio Secondo , prefetto di
Roma. Ne aveva egli al suo servigio quat-
trocento tra maschj e femmine, grandi e
piccioli , essendo soliti i ricchi romani a
tenerne una prodigiosa quantità al loro ser-
vigio . Benché fossero quasi tutti innocenti
* Idem c.7^, 40.
Anno LXI. 19
di quel misfatto , doveano morire secondo
il rigore delle antiche leggi ; ma fattasi
2;rande adunanza di gente plebea, per di-
fendere quegl' infelici, l'affare fu portato al
senato; ed intorno a ciò si fece lungo di-
battimento^ con prevalere in line la sen-
tenza del supplicio di tutti . Nerone man-
dò un ordine alia plebe di attendere ai
fatti suoi, e somministrò quanti soldati oc-
corsero per iscortare i condennati i I mali
portamenti degli uiìziali romani nella Bre-
tagna cagion furono di far perdere circa
questi tempi quasi tutto quel paese che vi
aveano acquistato i Bomani ; e ciò perchè
si volle rimetter ivi il confiscò de' beni de'
delinquenti , da cui Claudio gli avea esen-
tati. Anche Seneca , se crediamo a Dione ^_,
avea dato ad usura un milione a que' po-
poli, e con violenza ne esigeva non solo
i frutti, ma anche il capitale . Inoltre Boen-
dlcla , o sia Cundulca , vedova - di Fra--
sutago re di una parte di quella grand' iso-
la , si protestava anch'essa troppo sconten-
ta delle infinite prepotenze ed insolenze
fatte dai Romani a se stessa, a due figlie,
e a tutto il suo popolo. Questa regina,
donna d' animo virile , quella fu , che sonò
in fine la tromba col muovere i suoi e i
circostanti popoli a sollevarsi centra degl'
indiscreti romani ^ con prevalersi della buo-
ila congiuntura che Suetonio Paolino, go-
B 2 ver-
' l>h lib.61, » Taiìtus lìLii. e. 29.
20 A N K A L I d' Italia
vernatore della parte della Bretagna remar
na, e valoroso condottier d'armi, era itQ
a conquistare" un'isola ben popolata, adia-
cente alla Bretagna. Con un'armata^, dico-
no , di cento ventimila persone vennero i
sollevati addosso alla nuova colonia di Ga-
maloduno , e la presero d'assalto. Dopo
due di ebbero anche il tempio di Claudio,
mettendo quanti Romani vennero alle lor
mani , tutti a fìl di spada , sen2^ voler far
prigionieri. Petilio Cereale, venuto per op-
porsi con una legione , fu rotto , messa in
fuga la cavalleria , e tutta la fanteria ta-
gliata a pezzi . Portate queste funeste nuo-
ve a Suetonio Paolino, frettolosamente si
mosse, e venne a Londra, luogo di una
colonia scarsa , ma celebre città anche al-
lora per la copia grande dei mercatanti e
del commerzio. Benché pregato con calde
lagrime dagli abitanti di fermarsi alla lor
difesa , volle piuttosto attendere a salvare
il resto delia provincia. S'impadronirono i
ribelli di Londra e diVerulamio, né vi la-
sciarono persona in vita. Credesi che in
que' luoghi vi perissero circa settanta o ot-
tantamila fra cittadini romani e collegati .
Si trovò poi forzato Suetonio , perchè man-
cava di viveri , ad azzardare una battaglia ^
ancorché non avesse potuto ammassare che
diecimila combattenti ; laddove i nemici da
Dione si fanno ascendere a dugento tren-
tamila persone , numero probabilmente , se-r
condo r uso delle guerre , o per disattenT
zion
Anno ITKL 21
iion de' copisti , troppa amplificato * Boo-
dicia stessa comandava quella grande arma-
ta. Dopo £ero combattimento prevalse la
disciplina militare dei pochi allo stermina-
to numero de' Britanni , che furono sconfit*
ti , con essersi poi detta che restassero sul
campo estinti circa ottantamila d'essi, nu-
mero anch'esso eccessivo. Comunque sia,
insigne e memoranda fu quella vittoriar.
Boodicia morì poco dappoi o per malata
tia , o per veleno eh' essa medesima prese ,
e colla sua morte tornò fra non molto alF
ubbidienza de' Romani il già rivoltato pae-
se , con avervi Nerone inviato un buon cor-
po di gente dalla Germania , il quale servi
a Suetorrio per compiere cfueli' impresa.
Anno di Cristo lxii. Indizione v,
di Pietro Apostolo papa 34.
di Nerone Claudio imperado-^"
re 9,
r Publio Mario Celso
Lucio Asinio Gallo»
Con oli -^ i^^USLIO IVI ARIO ll^ELSO 5
1 crchè Tacito sul principio di quest' anno
nomitia Giunio Marnilo , console disegnato ,
il quale poi non apparisce console , perciò
possiam credere ch'egli fosse sostituito ad
alcuno d' essi consoli ordinar; , oppure all''
tino degli straordinarj , succeduti nelle ca-*
Ier>dc di luglio , i quali si tiene che fosse-
ro Lucio Anneo Seneca ^ maestro di Nero-
fi 3 ne.
22 Annali r>' Italia
ne , e Trehellio Massimo . Nel gennaj© deìP
anno presente ^ accusato fu e convinto An-
tistio Soslano pretore , d'aveii^xomposto dei
versi contro T onor di Nerone. I senatori
più vili , fra' quali Aulo Vltellio , che fu
poi imperadore , conchiusero dovuta la pe-
na della morte a questo reato. Non osava-
no aprir bocca gli altri . Il solo Feto Tra--
sea ruppe il silenzio , sostenendo che ba-
stava relegarlo in un'isola, e confiscargli
i beni : nel qual parere venne il resto dei
senatori. Nondimeno fu creduto meglio di
udir prima il sentimento di Nerone , il qua-
le mostrò bensì molto risentimento contra
d'Antistio, eppur si rimise al senato, con
facoltà ancora di assolverlo. Si eseguì la
sentenza del bando . In quest"* anno ancora
il suddetto Trasea , uom.o di petto , e ri-
volto sempre al pubblico bene , propose che
si proibisse ai popoli delle provincie il man-
dare i lor deputati a Roma , per far 1' elo-
gio dei loro governatori 3 perchè questo
onore sei proccuravano e comperavano i
magistrati colla troppa indulgenza , e col
permettere ai popoli delle indebite licen-
ze, per non disgustarli. L'ultimo anno fu
questo della vita di Burro prefetto del pre-
torio , uomo d' onore e di petto , che avea
iìnquì trattenuto Nerone dall' abbamionar-
si affatto ai suoi capricci , e massimamen-
te alla crudeltà. Restò in dubbio, s'egli
mo-
' Taeitus lib. 14. cap- 48.
Anno LXII. 23
morisse di m^i naturale , oppure di veleno ,
per quanto ne scrive Tacito ^ ; poiché per
conto di Suetonio ^ e di Dione 3 ^ amen-
due crederono che Nerone rincrescendogli i
oramai d' aver un soprastante che non si
accordava con tutti i suoi voleri , il faces-
se prima del tempo sloggiar dal mondo .
Gran perdita fece in lui il pubblico, e mol-
to più , perchè Nerone in vece d' uno creò
due altri prefetti del pretorio , cioè Fenio
Rufo^ uomo dabbene, ma capace di far
poco bene per la sua pigrizia , e Sofonio
TlgelLino , uomo screditato per tutti i ver-
si , ma carissimo per la somiglianza de' de-
pravati costumi a Nerone . Con questo ini-
quo favorito cominciò Nerone ad andare a
vele gonfie verso la tirannia e pazzia . Al-
lora fu , che Seneca conobbe che non v'era
più luogo per lui presso d'un principe^ il
quale si lascerebbe da lì innanzi condurre
dai consigli de' cattivi ^ e già cominciava
a dimostrar poca confidenza a lui . Il pre-
gò dunque di buona licenza, per ritirarsi
a finir quietamente i suoi giorni , con of-
ferirgli ancora tutto il capitale de' beni a
iui fìnquì pervenuti o per la munificenza
del principe, o per industria propria ^,
Nerone con bella grazia gliela negò , ed
accompagnò la negativa con tenere espres-
siorTi d'affetto e di gratitudine , giugnendo
B 4 sino
' Idem cap.^i, * Sucton. in Nerone f;?/». 35.
i Dio lib.61, 4 Siieton, in Ntrone f. 35.
24 Annali d' Italia
sino a dirgli di desiderar egli piuttosto k
morte , che di far mai alcun torto ad un
uomo , a cui si professava cotanto obbliga-
to . Quel che potè dal suo canto Seneca,
giacché non si fidava di sì belle parole _, fu
di ricusar da lì innanzi le visite , di non
volere corteggio nel!' uscire di casa : il che
era anche di rado, fingendosi mal concio
di salute , ed occupato da' suoi studj . Si
ridusse ancora a cibarsi di solo pane ed
acqua , e di poche frutta , o per sobrietà ,
o per paura del veleno.
Già dicemmo , che Ottavia figliuola di
Claudio Angusto, e moglie di Nerone, era
per la sua saviezza e pazienza un' adora-
bile principessa ; ma non già agli occhj di
Nerone, troppo diverso da lei d"" inclinazio-
ne e di costumi . Certamente egli non eb-
be mai buon cuore per lei , e dacché in-
trodusse in corte Poppea Sabina , cominciò
anche ad odiarla ^ per le continue batte-
rie di queir impudica , che non potea sta-
bilir la sua fortuna , se non sulle rovine
d' Ottavia . Tanto disse , tanto fece questa
maga , che in quest' anno col pretesto del-
la sterilità d'essa Ottavia Nerone la ripu-
diò , e da lì a pochi dì arrivò Poppea air
intento suo di essere sposata da lui . Non-
dimeno qui non ^nì la guerra . Poppea ^ sov-
vertito uno de' familiari di Ottavia^ la fe-
ce accusare di un illecito commerzio con
un
' Tacit. lih.J^ CMp.Co, Dir) lib.ói. Su$tcnius ca^, l^.
Anno LXII. 25
un sonatore di flauto , nominato Eucero J
Furono perciò messe ai tormenti le di lei
damigelle, ed estorta da alcune con sì vio-
lente mezzo la confession del fallo; ma al-
tre sostennero con coraggio 2' innocenza
della padrona , e dissero delle villanie a
Tigellino , ministro non meno di questa
crudeltà, che della morte data poco innan^
zi a Siila e a Rubelllo Flauto ^ già manda-
ti da Nerone in esilio. Fu relep-ata Otta-^
-via nella Campania , e messe guardie alla
di lei casa , per tenerla ristretta. Ma per-
ciocché il popolo che amava forte questa
buona principessa, apertamente mormorava
di sì aspro trattamento , la fece Nerone ri-
tornare a Roma. Pel suo ritorno andò all'
eccesso la gioja del popolo , perchè ruppe
le statue alzate in onor di Poppea, e co-
ronò di fiori quelle di Ottavia, con altre
pazzie d'allegria sediziosa : il che diede
motivo a Poppea di caricar la mano con-
tra dell'odiata principessa , persuadendo a
Nerone, che il di lei credito era sufficien-
te a rovesciare il suo trono. Fu perciò chia-
mato a corte T indegno Aniceto, che già
ayea tolta di vita Agrippina, acciocché ser-
visse ancora ad abbattere Ottavia, col fin-
gere d' aver tenuta disonesta pratica coti
lei. Perchè gli fu minacciata la morte, s6
ricusava di farlo, ubbidì. Promossa l'in-
fame accusa colla giunta d'altre inventate
dal maligno principe di aborto procurata :,
di ribellioni macchinate , V infelice princi-
pes*
2G Annali d'Italia
pessa in età di soli ventidue anni venne re-"
legata nell'isola Pandataria , dove passato
poco tempo Nerone le fece levar la vita ,
e portar anche il suo capo a Koma , ac-^
ciocché r indegna Poppea s' accertasse della
verità del suo crude! trionfo . Di tante ini-
quità commesse da Nerone , forse niuna riu-
scì cotanto sensibile al popolo romano, co-^
me il miserabil fine cV una sì saggia ed ama-
ta principessa^ la quale portava anche il
titolo di Augusta ;, e massimamente al ve-
derla condennata per così patenti ed inde-
gne calunnie. La ricompensa , eh' ebbe Ani-
ceto dell'indegna sua ubbidienza, fu d'es-
sere relegato in Sardegna , dove ben trat-
tato terminò poscia con suo comodo la vi-
ta. Fallante già potentissimo liberto sotto
Claudio , morì in quest' anno , e fu credu-
to per veleno datogli da Nerone , afKn di
mettere le griffe sopra le immense di lui
ricchezze .
Anno di Cristo lxtii. Indizione vi.
di Pietro Apostolo papa 35.
di NERONE Claudio imperad. io.
r Gaio Memmio Regolo ,
Consoli H' Lucio Virginio o sia Ver-
1^ GiNio Rufo .
Jllirano tuttavia imbrogliati gli affari dell'
Armenia, dacché Nerone avea colà inviato
con titolo di re Tlgrane ^ . Vologeso re
de'
* Tacitus Annui' Uh. 25. ca^.J.
Anno LXIIL 27
de' Parti persisteva più che mai nella pre-
tension di quel regno , per coronarne Tiri"
date suo fratello che gliene faceva conti-
mie istanze . Ma andava titubando , finché
Tigrane il fece risolvere a dar di pìglio
air armi , per aver egli fatta un incursione
nel paese degli Adiabeni o sudditi o col-
legati de' Parti . Dopo aver dunque Vologe-
&o coronato Tiridate come re dell' Arme-
nia, e somministratogli un possente eserci-
to , per conquistar quel paese , si diede
principio alla guerra. CoròuZone governator
della Siria , in ajuto di Tigrane spedì due
legioni , .e xiello stesso tempo scrisse a Ne-
rone , rappresentandogli il bisogno d' un al-
tro generale , per accudire alla difesa dell'
Armenia , mentre egli dovea difendere le
frontiere della sua provincia . Nerone v'in-
viò Lucio Ccsennio Peto^ uomo consolare^
cioè eh' era stato console : il che ha fatto
ad alcuni crederlo lo stesso che Gajo Ce-
sennio Peto^ da noi veduto console nelT
anno superiore 61 di Cristo, ma che da al-
tri vien tenuto per personaggio diverso .
Intanto i Parti entrati nell'Armenia, po-
sero r assedio ad Artasata capital di quel
regno, dove s'era ritirato Tigrane, che
non mancò di fare una valorosa difesa .
Corbulone allora inviò Casperio centurio-
ne a Vologeso, per dolersi dell' insulto , che
si facea ^d un regno dipendente dai Roma-
ni, minacciando dal suo canto la guerra ai
Parti , se non desistevano da quello, violen-
ze.
2:8 Annali d'Italia
xe. Servì quest' ambasciata ad inchinar Ve-
logeso a' pensieri di pace, ed avenda chie-
sto di mandare a Nerone i suoi legati per
trattarne , e pregarlo di conferire lo scet-
tro dell' Armenia a Tiridate suo fratello ,
accettata fa la di lui proferta , con patto
di far cessare T assedio di Artasata: il chs
ebbe esecuzione . Ma non è ben rroto , che
eonvenzioi^e segreta seguisse allora fra Gor-^
bulone e Vologesò , avendo alcuni creduto ,
che tanto i Parti , quanto Tigrane avessero^
da abbandonar l'Armenia. Venuti- a Roma
gli ambasciatori di Vologeso , nulla potero-
no ottenere ; e però il Parto ricominciò la
guerra in tempo che Cesennio Peto giunse
al governo dell' Armema , uomo di poca
provvidenza e sapere in quel mestiere ; ma
che si figurava di poter fare il maestro agli
altri . Prese Peto^ alcune castella , passò an-
che il monte Tauro, pensando a maggiori
eonqiTÌ-ste ;- ma all' avviso , che Vologeso ve-
niva con grandi forze, fu ben presto a- ri-=
tirarsi, ed a: lasciar gente ne'passi del mon-
te suddetto, per impedir l'accesso de' ne-=
mici , con iscrivere intanto più é più let-
tere a Corbulone , che venisse a soccorrer-
lo . Forzò Vologeso i pa^si : a Peto cadde
il cuore per terra, perchè avea troppo di-'
vise le sue genti , e colto fu con- du^ sole?
legioni. Però* spedi nuove lettere af? aifret^^
tar Corbulorle , il quale intanto avendo pas-
sato F Eufrate , marciava a gran giornate
verso la Gomagene e la Cappadocia , per
cn-
Ann® 1.XIII. 29
^entrar poi nell'Armenia .. Nulìadimeso pò*
<co giovarono gli sforzi di Corbulone . In
questo mentre Vologeso strinse il picciolo
esercito di Peto, molti n« uccise^ e t^l
terrore mise al capitano de' Romani , cV
egli solamente pensò a comperarsi la sai»
vezza coH qualunque vergognosa condizio-»
ne che gli fosse esibita. Dimandato dunque
un abboccamento con gli ufìziali di Volo-
geso , restò conchiuso, che i'armi romane
bi levassero da tutta l'Armenia , e cedesse-^
ro ai Parti tutte le Gastella e munizioni da
bocca e da guerra ; e che poi Vologeso se
r intenderebbe coli' imperador Nerone pel
resto. Le insolenze de' Parti furono poi mol-
te; vollero entrar nelle fortezze ^ prima
che ne fossero usciti i Romani; affollati
per le strade , dove passavano i Romani ,
toglievano loro schiavi , bestie , e vesti ; ed
i Romani come galline lasciavano far tut-
to per paura che menassero anche le ma-
ni. Tanto marciarono le avvilite truppe.,
che piene di confusione arrivarono fìnaU
mente ad unirsi con quelle di Corbulone ,
ii quale deposto per ora ogni pensier dell'
Armenia , se ne tornò alla difesa della Si--
ria sua provincia .
Secondochè abbiam da Tacilo , tutto ciò
avvenne nel precedente anno . Dione ne par-
la più tardi. Nella primavera del presente
comparvero gli ambasciatori di Vologeso ^
che chiedevano il regno dell'Armenia per
Tlridate ; ma senz.a eh' egli volesse presen-
tar-
30 Annali d' Italia
tarsi a Roma . Seppe allora Nerone da un
centurione , venuto con loro , come stava
la faccenda dell' Armenia , perchè Ccsennia
Peto gliene avea mandata una reìazion ben
diversa. Parve a Nerone ed al senato, che
Vologeso si prendesse beffa di loro, e per-
ciò rimandati gli ambasciatori di lui sen-
za risposta , ma non senza ricchi regali , fu
presa la risoluzione di far guerra viva ai
Parti. Richiamato Peto, tremante fu ali*
udienza di Nerone , il qual mise la cosa in
facezia , dicendogli , senza lasciarlo parla-
re, che gli perdonava tosto ^ acciocché es-
sendo egli sì pauroso , non gli saltasse la
febbre addosso. Andò ordine a Corbulone
di muovere V armi contro de' Parti , e gli
furono inviati rinforzi di nuove truppe e
reclute ; laonde egli passò alla volta deli'
Armenia . Tuttavia non ebbe dispiacere ,
che venissero a trovarlo gli ambasciatori
di Vologeso, per esortarli a rimettersi al-
la clemenza di Cesare.- S' impadronV poi di
varie castella , e diede tale apprensione ai
Parti, che Tlridate fece premura di abboc-
carsi con lui . Mandati innanzi gli ostaggi
romani , Tiridate comparve al luogo desti-
nato; e veduto Corbulone, fu il primo a
scendere da cavallo, e seguirono ai^iiche-
voli accoglienze e ragionamenti, pe' quali
Tiridate restò di voler riconosc/^re dall'
imperador romano V Armenia ,• <^ che ver-
rebbe a Roma a prenderne la corona , qua-
lora piacesse a Nerone di dargliela: del
che
Anno LXIII. 31
che Corbulone gli diede buone speranze.
In segno poi della sua sommessione andò
Tiridate a deporre il diadema a pie dell'
immagine delF imperadore ^ per ripigliarla
poi dalle mani del medesimo Augusto in
Roma . Noi non sappiamo , che divenisse
di Ti grane ^ re precedente dellArmenia ^.
Nacque nelFanno presente a Nerone una il-
gliuola da Poppea^ fatta andare apposta a
partorire ad Anzo , perchè quivi ancora
venne alla luce lo stesso Nerone. Ad es-
sa e alla madre fu dato il cognome di
Augusta 3 e il senato, pronto sempre alle
adulazioni , decretò altri onori ad amen-
due, ed ordinò varie feste. Ma non passa-
rono quattro mesi , che questo caro pegno
sei rapì la morte. Nerone, che per tale
acquisto era dato in eccessi di gioja, ca-
de in altri di dolore per la perdita che ne
fece . Si fecero in quest' anno i giuochi de'
gladiatori , e si videro anche molti senato-
ri e molte illustri donne combattere : tan-
to innanzi era arrivata la follia de' Ro-
mani .
An-
' Tacitus lih^i^. ca^.xì.
32 Annali d' I t a l i a
AiJNo di Ckisto lxiv. Indizione vir.
di PiETKO Apostolo papa 36.
di Nerone Claudio imperadore 11.
f^ ,. ^ Gmo Lecanio Basso,
t Marco Licinio Crasso.
jnlndò in quest' anno Nerone a Napoli ^
per vaghezza di far sentire a qne' popoli
nel pubblico teatro la sua canora voce.
Grande adunanza di gente v'intervenne dalle
vicine città , per udire un imperadore mu-
sico , un usignolo Augusto ♦ Ma occorse un
terribil accidente , che nondimeno a niun
recò danno , Appena fu uscita tutta la gente,
ch'esso teatro cadde a terra. Pensava quel-
la vana testa di passar anche in Grecia , e
in altre parti di Levante, per raccogliere
somiglianti plausi; ma poi si fermò in Be-
nevento, né andò più oltre ^ senza che se
ne sappia il motivo. Fra questi diverti-
menti fece accusar Toniuato Silano ^ ìmìs^nQ
personaggio , discendente da Augusto per
via di donne , Il suo reato era di far trop-
pa spesa per un particolare; ciò indicar
disegni di perniciose novità. Prima d' es-
sere condennato , egli si tagliò le vene.
Tornato a Roma Nerone , volle d^re una
cena sontuosa nel lago di Agrippa , co-
me ha Tacito . Dione ^ scrive ciò fatto
neir
* Tacitus Ulf'iS' <:'3Ì' ' ^'O Uh. 61.
^A N N o LXIV. 33
reir anfitearo , dove dopo una caccia di
fiere, introdusse l'acqua per un combatti-
mento navale; e dopo averne ritirata l'ac-
qua , diede una battaglia di gladiatori 3 e
finalmente rimessavi 1' acqua fece la cena .
N'ebbe l'incombenza Tigellino . V erano
superbe navi ornate d'oro e d' avorio , con
tavole coperte di preziosi tappeti , e all' in-
torno taverne disposte in gran numero con
delicati cibi preparati per ognuno. Canti,
suoni dappertutto, ed illuminata ogni parte.
Concorso grande di plebe e di nobiltà , tan-
to uom.ini che donne, e tutta la razza del-
le prostitute. Che Babilonia d' infamità e di
lascivie si vedesse ivi , noi tacquero gli an-
tichi ^ ma non è lecito alla mia penna il
ridirlo . A questa abbominevole scena ne
tenne dietro un'altra, ma sommamente ter-
ribile e funesta. ^ Attaccossi , o fu attac-
cato nel dì 19 di luglio il fuoco alla parte
di Roma, dov'era il Circo Massimo , pieno
di botteghe di venditori dell' olio . Spirava
un vento gagliardo , che dilatò l' incendio
pel piano e per le colline con tal furore ,
che di quattordici rioni di quella gran cit-
tà , dieci restarono orrida preda delle fiam-
me , ed appena se ne salvarono quattro .
Per così fiera strage di case^, di templi,
<li palazzi, colla perdita di tanti mobili, e
preziose rarità ed antichità, accompagnata
ancora dalla morte d' assaissime persone,
Tom. il C che
* TacJt. Anììal, tib. i;. f. 38. Dio 1- 6x, Suet' :r. A'sr. e- 3^'
34 A N N A L I d' I T A L T A
che strida^ che urli, che tumulto si pro-
vasse allora , più facile è 1' immaginarlo ,
che il descriverlo. Per sei giorni durò V
incendio ( altri dissero di più )' senza po-
ter mai frenare il corso a quel torrente di
fuoco. Trovavasi Nerone ad Anzo , allor-
ché ebbe nuova di sì gran malanno , né si
mosse per restituirsi a Koma , se non quan-
do seppe che le fiamme si accostavano al
suo palazzo , e agli orti di Mecenate , fab-
briche anch' esse appresso involte nell' indi-
cibil eccidio «
Che quella bestia di Nerone fosse l'auto-
re di sì orrida trageclia , a cui non fu mai
veduta una simile in Italia , lo scrivono
risolutamente Suetonio e Dione , e chi po-
scia da loro trasse la Storia romana. Ag-
giungono, esser egli venuto a sì diabolica
invenzione, perchè Roma abbondante al-
lora di vie strette e torte^ e di case disor-
dinate , o poveramente fabbricate , si rifa-
cesse poi in miglior forma , e prendesse il
nome da lui ; e che specialmente egli desi-
derava di veder per terra molte case e
granai pubblici , che gì' impedivano il fab-
bricare un gran palazzo ideato da lui .
Dicono di più , che fur veduti i suoi ca-
merieri con fiaccole e stoppa attaccarvi il
fuoco; e che Nerone in quel mentre stava
ad osservar lo scempio, condire : Che bela-
la Jiavima ! Aggiungono finalmente , eh'
egli vestito in abito da scena a suon di ce-
tra cantò la rovina di Troja. Ma fra le
tan-
Anno LXIV. 35
tante iniquità di Nerone questa non è cer-
. la . Tacito la mette in dubbio ; e V altre
suddette particolarità sono bensì in parte
toccate da lui , ma con aggiugnere che ne
corse la voce . Trattandosi di un sì scre-
ditato imperadore , conosciuto capace di
qualsisia enormità , facii cosa allora fu V
attribuire a lui l' invenzione di sì gran ca-
lamità, ed ora è a noi impossibile il di-
scernere, se vero, o falso ciò fosse . Si ap-
plicò tosto Nerone a far alzare gran copia
di case di legno, per ricoverarvi tutti i
poveri sbandati, facendo venir mobili da
Ostia e da altri luoghi ; comandò ancora ,
che si vendesse il frumento a basso prez-
zo. Quindi stese le sue premure a far ri-
fabbricare la rovinata città , la quale ( non
può negarsi) da questa sventura riportò un
incredibil vantaggio . Imperciocché con bel
ordine fu a poco a poco rifatta, tirate le
strade diritte e larghe , aggiunti i portici
alle case , e proibito V alzar di troppo le
fabbriche . Tutta la trabocchevol copia de'
rottami venne di tanto in tanto condotta
via dalle navi che conducevano i grani a
Roma, e scaricata nelle paludi d' Ostia. Vuo-
le Suetonioj che Nerone si caricasse del
trasporto di quelle demolizioni ^ per pro-
fittar delle ricchezze che si trovavano in
esse rovine; né vi si potevano accostare se
rìòri i deputati da lui . Determinò òi sua
borsa premj a chiunque entro di un tal ter-
mine di tempo avesse alzata una casa , o
C 2 pa-
3^ Annali d' I t a l i a
palagio ; e del suo edificò ancora i porti-*
ci. Fece distribuire con più proporzione V
acque condotte per gji acquidotti a Roma ,
e destinò i siti dj/ esse , per estinguere
al bisogno gl'incendj, con altre provvisio-
ni che meritavano ^ran lode , ma non la
conseguirono per la comune credenza che
da lui fosse venuto sì orribil malanno. An-
ch' egli imprese allora la fabbrica del suo
nuovo palazzo , che fu rairabil cosa , e
nominata poi la Casa (V oro , Suetonio ^ ce
ne dà un picciolo abbozzo . Tutto il di
dentro era messo a oro , ornato di gem-^
me , intersiato di madreperle . Sale e ca-^
mere innumerabili incrostate di marmi £-.
ni ; portici con tre ordini di colonne che
si stendevano un miglio j vigne , boschetti ,
prati , bagni , peschiere ^ parchi con ogni
sorta di fiere ed animali; un lago di stra-.
ordinaria grandezza , con corona di fab-
briche air intorno a guisa di una città ;
davanti al palazzo un colosso alto centoven-r
ti piedi , rappresentante Nerone . Allorché
egli vi andò poi ad alloggiare , disse : Ora
sì die quasi comincio ad abitare in un al-
loggio conveniente ad un uomo . Ma questa
sì suntuosa e stupenda mole , con altri
vastissimi disegni da lui fatti di sterminati
eanali , per condur lontano sino a cento
sessanta miglia per terra V acqua del ma-^
re 5 costò ben caro al popolo romano , per-.
cioc-
» Sueton. in Ner. e. n- & ^z. Tactt. /. IS- e. ^z. & seqq^i
Anno LXIV^ 57
biocche smunto e ridotto al biso^^no il pro-
digo Augusto , passò a mille estorsioni e
rapine, confiscando sotto qualsivoglia pre-
> testo i beni altrui , imponendo non più uditi
dazj e gabelle , ed esigendo contribuzioni
rigorose da tutte le città , ed anche dalle
libere e collegate; il che fu quasi la rovi-
na delle Provincie. Né ciò bastando, mise
mano ai luoghi sacri , estraendone tutti i
Vasi d'oro e d'argento^ e T altre cose pre-
ziose . Mandò anche per la Grecia e per V
Asia a spogliar tutti que' templi delle ric-
che statue degli stessi dii , e di ogni lor
più riguardevole ornamento.
Diede occasione lo spaventoso incendio di
jRoma alla prim.a persecuzione degF impe-
radori pagani ^ contra de' Cristiani . S' era
già non solo introdotta , ma largamente
diffusa nel popolo romano per le insinua-
zioni di san Pietro Apostolo e de' suoi Di-
scepoli, la religione di Cristo; giacché
non duravano fatica i buoni a conoscerne
la santità ed eccellenza in confronto dell*
empia e sozza dementili* Nerone ainn di
scaricar sopra d'altri l'odiosità da lui con-
tratta per la comune voce d' aver egli stes-
so incendiata quella gran città: calunniosa-
mente secondo il suo solito ne fece ^accu-
sare i Cristiani , siccome attestano Tertul-
liano , Eusebio , Lattanzio , Orosio , ed ài-
tri autori , e fin gli stessi storici Pagani
C 3 Ta-
' Suiton. ibid' e, i6, Tacit. ihiti. cap, eodéfn .
38 Annali d'Italia
Tacito 0 Suetonio. Scrive esso Tacito , ma
non già Suetonio, che furono convinti d'
aver essi attaccato il fuoco a Roma quando
egli stesso poco dianzi avea attestato che
la persuasion comune ne facea autore Io
stesso Nerone • e Suetonio e Dione ciò dan-
no per certo . Non era capace di sì enor-
me misfatto , chi seguitava la legge puris-
sima di Gesù' Cristo , e massimamente
durante il fervore e 1' illibatezza de"* primi
Cristiani . A che fine raaij, gente dabbene ,
e lasciata in pace , avea da cadere in si mo-
struoso eccesso ? Perciò una gran moltitu-
dine d"* essi fu con aspri ed inuditi tormen-
ti fatta morire sulle croci , o bruciata a
lento fuoco , o vestita da fiere , per essere
sbranata da' cani . Vi si aggiunse ancora V
inumana invenzione di coprirli di cera ,
pece, e d'altre materie combustibili, e di
farli servir di notte , come tanti doppieri
della crudeltà , negli orti stessi di Nerone .
Così cominciò Roma ad essere bagnata dal
sacro sangue de' martiri . Confessa nondi-
meno il medesimo Tacito , che gran compas-
sione produsse un così fiero macello di gen-
te, tuttoché secondo lui colpevole per una
religione contraria al culto de' falsi dii .
In questi tempi avendo ordinato Nerone ,
che r armata navale tornasse al porto di
Miseno, fu essa sorpresa da così impetuo-
sa burrasca, che la maggior parte delle
galee e d' altre navi minori , s' andò a ffci-
cassare ne' lidi di Cuma .
An-
Anno LXV. 39
Anno di Cristo lxv. Indizione viii.
di Lino papa i.
di Nerone Claudio imperadore 12.
r
Consoli ^
L.
Aulo Licinio Nerva Silia-
NO ,
Marco Vestìnio Attico .
>-.
1 n una iscrizione rapportata dal Doni e da
me ^ , si legge SILANO ET ATTICO COS.
Se questa sussiste , non Slliano :, ma Silano
sarà stato 1' ultimo de' suoi cognomi . Il
car dinal Noris €d altri sostentano Siliano .
Per attestato di Tacito avea Nerone dise-
gnati consoli per le calende di luglio , Plau-
tio Laterano y dalla cui persona o casa rico-
nosce la sua origine la Basilica Lateranense ,
ed Anìcio Cereale . Il primo in vece del
consolato ebbe da Nerone la m.orte , sicco-
me dirò . Fece lo stesso fine Vestìnio At-
tico , cioè r altro console ordinario . Però
si può tenere per fermo , che Cereale suc-
cedesse nel consolato . Roma * in quest'
anno divenne teatro di morti violente per
la congiura di Gajo Calpurnio Pisone , che
fu scoperta . Era questi di nobilissima fa-
miglia , ben provveduto di beni di fortuna,
grande avvocato dei rei , e però comune-
mente amato e stimato , benché dato ai pia-
C 4 ceri
* Thesaurus Ncvus Inscription. pag. lo^. vum- <^'
* Tacitus Annal. lib, 15. Qap. 48. C^ ic^- Dio Uh. 61, Stiet.
in Ntrone tap. 36.
40 À N ]^T A L I d' I T A L T A
ceri ed al lusso , e mancante di gravità di
costumi . Sarebbe volentieri salito sul tro-
no , e per salirvi conveniva levar di mez-
zo Nerone ; il che non parea tanto difficile,
stante V odio comune . S' egli fosse il pri-
mo ad intavolar la congiura , non si sa .
Certo è bensì che Subrio ^ o sia Subio Fla-
vio , tribuno d' una compagnia delle guar-
die , e Mario Anneo Lucano , nipote di
Seneca , e celebre autore del poema della
Farsalia , furono de' primi ad entrarvi , e de'
più disposti ad eseguirla. Per una giovanil
vanità Lucano ( era nato nelF anno 39 dell'
Era nostra ) non potea digerire, che Nero-
ne per invidia e pazza credenza di saper^
ne più di lui in poesia , gli avesse proibi-
ta la pubblicazion del suddetto poema , ed
anche il far da avvocato nelle cause. Entree
in questo medesimo concerto anche Plautio
Laterano , console disegnato , per V amore
che portava al pubblico . Molti altri o se-
natori, o cavalieri _, o pretoriani j ed alcu-
ne dame ancora , chi per odio e vendetta
privata , e chi per liberar l' imperio da que-
sto mostro^ tennero mano al trattato. Pro-
posero alcuni di ammazzarlo , mentre can-
tava in teatro , o pur di notte , quando
usciva senza guardie per la città . Altri
giudicavano meglio di aspettare a far il
colpo a Pozzuolo , a Miseno ^ o a Baja , aven-
do a tal fine guadagnato uno de' principali
ufiziali dell' armata navale . In fine fu sta-
bilito di ucciderlo nel dì 12 di aprile,
in
Anno LXV. L\i
in cui si celebravano i giuochi del Circo
a Cerere . Messo in petto di tanti il segre-
to , per poca avvertenza di Flavio Scemino
traspirò . Fece egli testamento ; diede la
libertà a molti servi ; regalò gli altri ; pre-
parò fasce per legar ferite: ed intanto ben-
ché desse agli amici un bel convito , e
facesse il disinvolto , pure comparve malin-
conico e pensoso . Milico suo liberto osser-
vava tutto ; e perchè il padrone gli diede
da far aguzzare un pugnale ruginoso , s'
avvisò che qualche grande affare fosse in
volta. Sul far del giorno questo infedele j,
animato dalla speranza di una gran ricom-
pensa , se n' andò agli orti Serviliani , do-
ve allora soggiornava Nerone , e tanto tem-
pestò coi portinai , che potè parlare ad
Epafrodito liberto di corte , che V intro-
dusse air udienza del padrone . Furono to-
sto messe le mani addosso a Scevino , che
coraggiosamente si difese , e rivolse 1' accu-
sa contro del suo liberto . Ma perchè si
seppe, avere nel dì innanzi Scevino tenuto
un segreto e lungo ragionamento con An-
tonio Natale , ancor questo fu condotto dai
soldati. Esaminati a parte, si trovarono
discordi;, e poi alla vista de' tormenti con-
fessarono il disegno , e rivelarono i com-
plici . Air intendere sì numerosa frotta di
congiurati , saltò tal paura addosso a Ne-
rone , che mise guardie dappertutto , e né
pur si teneva sicuro in qualunque luogo eh'
€gli si trovasse.
Vien
4a Annali d' Italia
Vien qui Tacito annoverando tutti i con-r
giurati, e il loro fine. Molti firrono gif
uccisi, e fra gli dlìvì Gajo Plsone ^ capo del-
la congiura , e Lucano poeta ;. altri con
darsi la morte da se stessi^ prevennero, il
carnefice ; ed alcuni ancora la scamparono
colla pena dell' esilio . Fra gli altri denun-
ziati v'entrò anche Lucio Anneo Seneca^
insigne maestro della stoica filosofia ; ma
che , se si avesse a credere a Dione ^ ,
macchiato fu di nefandi vizj d' avarizia ,
di disonestà , e di adulazione . Di lui par-
la con istima maggiore Tacito j, scrittore
alquanto più vicino a questi tempi . Consi-
steva tutto il suo reato neir essere stato
a visitarlo nel suo ritiro Antonio Natale ,
e a lamentarsi , perchè non volesse ammet-*
tere Plsone in sua casa , e trattare con
lui. Al che avea risposto Seneca, non es-
sere bene y che favellassero insieme ; del
resto dipendere la di lui salute dò> quella
di Pisone , Trovavasi Seneca nella sua vil-
la 5 quattro miglia lungi di Roma , e men-
tre era a tavola con due amici, e con Pom-
pea Paolina sua moglie cara ^ arrivò Silva-
no tribuno d'una coorte pretoriana ad inter-
rogarlo intorno alla suddetta accusa. Ris-
pose con forti ragioni, nulla mostrò di pau-
ra, e parlò senza punto turbarsi in vol-
to . Portata la risposta a Nerone , dimandò
il crudele , se Seneca pensava a levarsi col-
le
' Di6 lib. é\.
Anno LXV. 43
le proprie mani la vita. Disse Silvano di
non avene osservato alcun segno. Farh
bene ^ replicò allora Nerone,, ed ordinò di
farglielo sapere ? Intesa V atroce intimazio-
ne , volle Seneca far testamento , e gli fu
proibito » Quindi scelto di morire collo sve-
narsi, coraggiosamente si tagliò le vene, ed
entrò nel bagno per accelerare V uscita del
sangue . Dopo aver lasciati alcuni bei do-
cumenti agli amici , morì . Anche la mo-
glie Paolina volle accompagnarlo collo stes-
so genere di morte, e si svenò, ma per
ordine di Nerone fu per forza trattenuta
in vita , ed alcuni pochi anni visse dipoi ,
ma pallida sempre in volto . Le strordina-
rie ricchezze di Seneca si potrebbe cre-
dere , gì"* inimicassero V ingordo Nerone ,
se non che scrive Dione eh' egli le avea
dianzi cedute a lui , per impiegarle nelle
sue fabbriche . Ancorché il console Vestinio
non fosse a parte della congiura^ pure si
valse Nerone di questa occasione per levarlo
di vita , e lo stesso fece d* altri , qh' egli
già mirava di mal occhio .
Andò poscia Nerone in senato , per in-
formar que' padri del pericolo fuggito e dei
delinquenti ; ^ e però furono decretati rin-
graziamenti e doni agli dii , perchè aves-
sero salvato un sì degno principe ; ed egli
consce rò a Giove vendicatore nel Campi-
doglio il suo pugnale . Capitò in questi
tem-
^ Tacitus Annaì. lib. i6. ca^> x.
4*4 ANNALI d' I T A L I A
tempi a Roma Cesdllo Basso ^ di -nascita
Africano , uomo visionario , che ammes--
so air udienza dj Nerone , gli narrò co-
me cosa certa , che nel territorio di Car-
tagine in una vasta spelonca stava nasco-
sa una massa immensa d'oro non conia-
to , quivi riposta o dalla regina Didone ,
o da alcuno degli antichi re di Numidia *
Vi saltò dentro a pie pari 1' avido Nerone,
senza esaminar meglio l' aitare , senza pren-
dere alcuna informazione ^ e subito subito
fu spedita una grossa nave , scelta come
capace di sì sfoggiato tesoro, con varie ga-
lee di scorta . Né d' altro si parlava allo-
ra , che di questo mi^'abil guadagno fra il
popolo. Per la speranza di un sì ricco aju-
to di costa , maggiormente s' impoverì il
pazzo imperadore , perchè si fece animo in
spendere e spandere in pubblici spettacoli
e in profusion di regali . Ma con tutto il
gran cavamento fatto dal suddetto Basso ,
uè pure un soldo si trovò; e però delù-
so il misero , altro scampo non ebbe per
sottrarsi alle pubbliche beffe , che di toglie-
re colle su-e mani a se stesso la vita . Ma
se mancò a Nerone questa pioggia d' oro y
si acquistò egli almeno un'incomparabil glo-
ria .in quest'anno, coli' aver fatta una pub-
blica comparsa nella scena del teatro, do-
ve recitò alcuni suoi versi . Fattagli istan^
2a dal popolazzo di metter fuori la sua
abilità anche in altri studj , saltò fuori col-
la cetra in concorrenza d'altri sonatori, e
fé-
Anno LXV. 45
fece uclir delle belle sonate . Strepitosi fu-*
rono i viva del popolo , la maggior parte
per dileggiarlo^ mentre i buoni si torce-
vano tutti al mirar sì fatto obbrobrio del-
la maestà imperiale . E guai a que' nobili
che non v'' intervennero : erano tutti messi
in nota. Fu in pericolo della vita Fe^spasìa-
no ( poscia imperadore ) perchè osservato
dormire in occasione di tanta importanza.
Conseguita la corona , passò Nerone , secon-
do Suatonio e Dione ^ a far correre , stan-*
do in carrozza , i cavalli , Ito poscia a ca-
sa * ìutto contento di sì gran plauso j, tro
vò la sola Pop2?ea, Augusta sua moglie, che
gli disse qualche disgustosa parola . Ben^
che r amasse a dismisura , pure le insegnò
a tacere con un calcio nella pancia , Era
essa gravida , e di questo colpo morì . Don-
na sì delicata e vana , che tutto dì era
davanti allo specchio per abbellirsi ; vole-
va le redini d'oro alle mule della sua car-
rozza ; e teneva cinquecento asine al suo
servigio , per lavarsi ogni dì in un bagno
formato del loro latte . S' augurava anche
piuttosto la morte, che di arrivare ad es-
ser vecchia, e a perdere la bellezza. Opi-
nione è d* insigni letterati ^ che nel dì 29
di giugno del presente anno per comanda-
mento di Nerone fosse crocifisso in Roma
ri principe degli Apostoli san Pietro ; e
che
^ Sueton. in N'-'rone e. z'y. Dio lib.ói. * Tacic lìb. 1.1^. f^-
^ Baron. in /Innal. BUncbin^us ad Anr.stiiiyjn . Pa^aa m
Critica Baroni ana ,
i^G Annali d Italia
che nel medesimo giorno ed anno venisse
anche decollato l' Apostolo de' Gentili san
Paolo . Certissima è la loro gloriosa morte
e martirio in Roma ; ma non sembra e-
gualmente certo il tempo ; intorno a che
potrà il lettore consultare chi ha maneg-
giato ex professo cotali materie . Nel pon-
tificato romano a lui succedette s. Lino .
Dopo la morte di Poppea , Nerone , perchè
Antonia figlia di Claudio Augusto , e so-
rella dì Ottavia sua. prima moglie j, non
volle consentir alle sue nozze , trovò de^
pretesti per farla morire . Quindi sposò
Statilia Messalina^ vedova di Ve stinio At-
tico console , a cui egli avea dianzi tolta
la vita . Certe altre sue bestialità racconta-
te da Dione , non si possono raccontar da
me . E Tacito aggiunge V esilio , o la mor-
te da lui data ad altri primarj Romani ,
che mai non gli mancavano ragioni per far
del male e-
Anno di Cristo lxvi. Indizione ix!.-
di Lino papa 2.
di Nerone Claudio imperad. i^v
p ,0 r Gaio Lucio Telesino,
t^onsoli ^^ ^^^^ SuETONio Paolino.
X unesto ancora fu V anno presente a Ro-
ma per r infelice fine di molti illustri Ro-
mani ^ che tutti perirono per la crudeltà di
Nerone , principe giunto a non saziarsi mai
di
Anno LXVI. A7
di sangue , perchè questo sangue gli frutta-*
va l'acquisto de' beni de' pretesi rei. Taci-
to empie molte carte * di sì tristo argo-
mento . Io me ne sbrigherò in poche paro-
le j, per risparmiare la malinconia a chiun-
que è per leggere queste carte . Basterà so-
lo rammentare che Anneo Mella^ fratello
di Seneca j e padre di Lucano poeta, accu-
sato si svenò , e terminò presto il proces-
so. Gajó Petronio^ che ha il prenome di
Tito appresso Plinio^ uomo di somma leg-
giadria , e tutto dato al bel tempo , era
divenuto uno dei più favoriti di Nerone.
La gelosia di Tigellino, prefetto del pre-
torio^ gli tagliò le gambe , e il costrinse
a darsi la morte o Ma prima di darsela fe-
ce credere a Nerone di lasciarlo suo ere-
de , e gli mandò il suo testamento. In que-
sto non si leggevano se non le infami im-
purità ed iniquità d'esso Nerone. La de-
scrizione de' costumi di costui lasciatasi da
Tacito , ha dato motivo ad alcuni di cre-
derlo il medesimo, che Petronio Arbitro^
di cui restano i frammenti d' un impurissi-
mo libro. Ma dicendo esso Tacito, cht5
questo Petronio fu proconsole della Biti-
nia , e console : egli sembra essere stato
quel Gajo Petronio TurpiUano^ che abbiam
veduto console nell'anno 6i di Cristo, e
però diverso da Petronio Arbitro. Più di
ogni altro venne onorato dalla compassione
di
' Tacitus Uh. Ì6. cap, 14. 6* seq.
48 Annali d^ I t a l i a
di tutti ^ e compianto il caso di Peto Tra-
sea , e di Berea Sorano , amendue senatori
e personaggi della prima nobiltà , perché
non solo abbondavano di ricchezze , ma più
di virtù , di amore del pubblico bene , e
di costanza per sostenere le azioni giuste,
e riprovar le cattive. Per questi lor bei
pregi non potea di meno V iniquo Nerone
di non odiarli , e di non desiderar la mor-
te loro . Però il fargli accusare , benché d'
insussistenti reati , lo stesso fu, che farli
condannare dal senato , avvezzo a non mai
contradire ai temuti voleri di Nerone. Co-
sì restò priva Roma dei due più riguarde-
voli senatori , eh' ella avesse in quc' tempi ,
crescendo con ciò il batticuore a ciascun'
altra persona di vaglia , giacché in tempi
tali Tessere virtuoso era delitto. Non par-
lo d' altri o condennati, o esiliati da Ne-
rone neir anno presente, mentovati da Ta-
cito, la cui storia qui ci torna a venir me-
no, perchè l'argomento è tedioso.
Secondo il concerto fatto con Corhulone
governator della Soria , Tirìdate fratello di
Vologeso re de' Parti, ^ si mosse in quest'
anno , per venir a prendere la corona dell'
Armenia dalle mani di Nerone, conducen-
do seco la moglie, e non solo i -figliuoli
suoi, ma quegli ancora di Vologeso , di Pa-
coro , e di Monobazo , e una guardia di
tremila cavalli . V accompagnava Annio VI--
■via--
' Dio lib. 6i,
Anno LXVL 49
Viano, genero di Corbulone , con gran co-
pia cV altri Ronfani.., Nerone , che forte si
conipiaccva di veder venire a'' suoi piedi
questo re barbaro, non perdonò a diligen-
za ed attenzione alcuna^ affinchè egli nel
medesimo tempo fosse trattato da par suo,
e comparisse agli occhj di lui la magnifi-
cenza dell'imperio romano. Non volle Ti-
ridate ^ venir per mare, perchè dato alla
magia , peccato riputava lo sputare , o il
gittar qualche lordura in mare . Convenne
dunque condurlo per terra con sommo ag-
gravio de' popoli romani ; perchè dacché
entrò e si fermò nelle terre dell imperio ,
dappertutto sempre alle spese del pubblico
ricevè un grandioso trattamento ( il che co-
stò un immenso tesoro ) , e tutte le città
per dove passò , magnificamente ornate, V
accolsero con grandi acclamazioni. Marcia-
va Tiridate in tutto il viaggio a cavallo,
con la moglie accanto , coperta sempre con
una òelata d' oro , per non essere veduta ,
secondo il rito de' suoi paesi , che tuttavia
con rigore si osserva. Passato per Bitinia ,
Tracia, ed Illirico , e giunto in Italia, mon-
tò nelle carrozze che gli avea inviato Ne-
rone, e con esse arrivò a Napoli, dove V
imperadore volle trovarsi a riceverlo. Me-
nato all'udienza, per quanto dicessero i
mastri delle cerimonie , non volle deporre
la spada. Solamente si contentò che fosse
Tom. II. D ser-
' P lini US Uh. 30. cap. a.
^o Annali n' I t a l r a
serrata con chiodi nella guaina . Per que-
sta -renitenza Nerone concepì più. stima di
lui; e maggiormente se gli affezionò, al-
lorché sei vide davanti con un ^^itfocchio
piegato a terra , e colle mani alzate al cie-
lo senti darsi il titolo ài Signore., Dopo
avergli Nerone fatto godere in Pozzuolo un
divertimento con caccia di fiere e di tori ,
il condusse seco a Boma - Si vide allora
quella vastissima città tutta ornata di lu-
mi , di corone, di tapezzerie ^ con popolo
senza numero, accorso anche di lontano ^
vestito di- vaghe vesti , e coi soldati ben
compartiti coir armi loro tutte rilucenti ,
Fu soprattutto mirabile nella: mattina del
di seguente il vedere la gran piazza, e. i,
tetti anch^ essi coperti tutti di gente. Mi-,
ravasi nel m^ezzo d^'essa assiso Nerone in
veste trionfale sopra un alto trono coj se-,
ratój e le guardie intorno. Per.' mezzo di
quel gran popolo condotti Tiridate . e il
suo nobil seguito , s' inginocchiarono davan-
ti a Nerone 5 ed allora proruppe il popolo
in altissime grida ^- òhe fecero paura:: a Ti-
ridate , e il tennero" sospeso per qualche
tempo. Fatto silenzio, parla a Nerone con
umiltà non aspettata,, chiamando se stesso»
suo schiavo^ e dicendo d' essere venuto ad
onorar Nerone come un suo dia, e al pa-
ri di mitra , cioè del sole , venerato dai
Parti • Gli pose dipoi Nerone in capo il
diadema, dichiarandolo re dell' Armenia ;
t dopo la funzione y passarono al' teatro ,
eh'
A.N N o LXVI. 5t
ch'era tutto messo a oro, per mirare i giuo-
chi . Le tende tirate per difendere la gen-
te dal sole, furono di porpora, sparse di
stelle d' oro , e in mezzo d' esse 4a figura
di Nerone in cocchio , fatta di ricalilo. Suc-
cedette un sontuosissimo convito, dopo il
quale si vide quel bestion di Nerone pub-
blicamente cantare e sonar di cetra ; e poi
montato in carretta colla canaglia de' coc-
chieri, vestito deir abito loro^, gareggiar
nel corso con loro.
Se ne scandalezzò forte Tiridate, e pre-
se maggior concetto di Corbulone, dacché
sapeva- servire e sofferire un padrone sì fat-
to , senza valersi dell' armi contra di lui .
Anzi non potè contenersi dal toccar ciò in
gergo allo stesso Nerone con dirgli : Signo-
re ^ voi avete un ottimo servo in Corhulo-
ne ; ma Nerone non penetrò l' intenzion se-
greta di queste parole . Fecesi conto , che
i regali fatti da esso Augusto a Tiridate
ascendessero a due milioni. Ottenne egli
ancora di poter fortificar Artasata , e a que-
sto fine menò via da Roma gran quantità
d' artefici , con dar poi a quella città il no-
me di Neronia . Da Brindisi fu condotto a
Durazzo , e passando per le grandi e ric-
che città dell'Asia, ebbe sempre più occa-
sion di vedere la magnificenza e possanza
deir imperio romano- Ma non ancor sazia
1» vanità di Nerone per questa funzione,
che costò tanti milioni al popolo romano ,
avrebbe pur voluto, che Vologeso re de' Par-
D 2 ti
52 A i?C N A L I d' I T A L I A
ti fosse venuto a neh* egli a visitarlo, e i*
importunò su questo . Altra risposta non
gli diede Vologeso , se non che era più fa-
cile a Nerone passare il Mediterraneo: il
che facendo , avrebbono trattato di un abboc^
camento. Per questo rifiuto a Nerone saltò
in capo di fargli guerra ; ma durarono po-
co questi grilli j, perchè egli pensò ad una
maniera più facile d' acquistarsi gloria : del
che parleremo all' anno seguente . Nacque ^
bensì ncir anno presente la guerra in Giu-
dea , essendosi rivoltato quel popolo per le
strane avanie de' Romani , mentre Cestio
Gallo era governator della Siria, il quale
durò fatica a salvarsi dalle loro mani in
una battaglia . Fu obbligato Nerone ad in-
viar un buon rinforzo di gente colà , e scel-
se per comandante di quell' armata Vespa-*
siano, capitano di valore sperimentato. Io
so che all' anno seguente è comunemente ri-
ferita la morte di Corbulone , ricavandosi
ciò da Dione . Ma al trovar noi per atte-»
stato di Giuseppe Storico^ allora vivente,
il suddetto Cestio Gallo al governo della
Siria, senzachè si parli punto di Corbulo-
ne ^ può dubitarsi che la morte di questo
eccellente uomiO succedesse nell' anno pre-
sente . E per valore e per amor della giu-
stizia non era inferiore Corbulone ad alcu-
no de' più rinomati antichi Romani . Nero-
ne , presso il quale passava per delitto l' es-
' sere
^ Joseph, de Bello Judaico Uh. a. ca^. 40.
Anno LXVI. 53
sere nobile , virtuoso , e ricco , non potè
lasciarlo più lungamente in vita . Coli' ap-
parenza di volerlo promuovere a maggiori
onori, il richiamò dalla Siria, ed allorché
fu arrivato a Cenere , vicino a Corinto , gli
mandò ad intimar la morte. Se la diede
egli colle proprie mani , tardi pentito di
tanta sua fedeltà ad un principe sì inde-
gno , e d' essere venuto disarmato a trovar-
lo . Perchè a noi qui manca la Storia di
Tacito , la cronologia non va con piede
sicuro .
Anno di Cristo lxvii. Indiziane x.
di Clemente papa i.
di Nerone Claudio imperadore 140
^ ^' r Lucro FoNTEjo Capitone,
Consoli -i n n T)
V Gajo Giulio ivufo-
^econdo le congetture di varj letterati , a
s. L'ino papa , che martire della Fede finì
di vivere in quesf* anno , stìccedette Cle-
mente^ personaggio, che illustrò dipoi non
poco la Chiesa di Dio . Ho riserbato io a
parlar qui del viaggio fatto da Nerone in
Grecia, benché cominciato nelF anno prece-
dente, per unir insieme tutte le scene di
quella testa sventata . La natura in mette-
re lui al mondo ^ intese di fare un uomo
di vilissima condizione, un sonator di ce-
tra, un vetturino j un beccajo , un gladia-
tore, un buffone. La fortuna deluse le in-^
D 3 ten-
^4 Annali d' Italia
tenzioni della natura , con portare costui
al trono imperiale ; ma sul trono ancora
si vide poi prevalere l'inclinazion natura-
le . ^ Invanito egli delle tante adulatorie
acclamazioni, che venivano fatte in Roma
alla suavità della sua voce , alla sua mae-
stria nel suono, e bravura nel maneggiar i
cavalli stando in carretta : s' invogliò di ri-
scuotere un egual plauso dalle città della
Grecia^ le q^li portavano anche allora il
vanto di fare i più magnifici e rinomati
giuochi della terra . Perciò si mosse da Ro-
ma a Cjuella volta con un esercito di gen-
te , armata non già di lance e scudi , ma
di cetre, di maschere, e di abiti da com-
media e tragedia . Con questa corte degna
di un tsl imperadore, comparve egli in
quelle parti , astenendosi nondimeno dal vi-
sitare Atene e Sparta per alcuni suoi par-
ticolari rÌ2:uardi. Fece nell'altre città in
mezzo ai pubblici teatri, anii teatri e cir-
chi , da commediante-, da sonatore , da mu-
lÌco , da guidator di carrette, abbigliato ora
da^^ervo , ora da donnei, ed anche donna
parturiente, da Ercole, da Edipo, e da al-
tri simili personaggi . Le corone destinate
per chi vinceva ne' suddetti giuochi, tutti
Fenza fallo toccavano a lui . Dicono che ne
riportasse più di mille ottocento. Si gli
V rano care , che arrivando ambasciatori del-
le città, per offerirgli i premj delle sue
vit-
^ Dio Uh. 6-^. SiietOKÌus in N-^rone cip.ii.
Anno LXVIL 55
vittorie , questi erano i primi aila siia-ttdien-
za, questi tenuti alla- sua stessa tavola .
Preeato da essi talvolta di cantar e sona-
re dopo il desinare, o dopo la cena, senza
lasciarsi molto importunare, dava di mano
alla chitarra , e gli esaudiva . Si mostrava
ognuno iacantato dalla sua divina voce : egli
era il dio della musica, egli un nuovo
Apollo: laonde ebbe a dire^ non esservi
nazione , che meglio della greca sapesse
ascoltando giudicar del merito delle perso-
ne, e d'aver trovato essi soli degni di se
e de' suoi studj . Le viltà;, le oscenità com-
messe da Nerone in tal occasione furono
infinite j immensi i regali e le spese. Ma
nello stesso tempo per supplire ai bisogni
della borsa , impoverì i popoli della Gre-
cia , saccheggiò que' lor templi , a' quali non
per anche avea stese le griffe ; confiscò i
beni d'assaissime persone, condennate a di-
ritto e a rovescio , Mandò anche a Roma
e per l'Italia Elio libei'to di Claudio con
podestà senza limite, per confiscare, esi-
liare, ed uccidere fino i senatori; e costui
il seppe servire di tutto punto, facendo da
imperadore, senza essersi potuto cònchiu-
dere, chi fosse peggiore o egli, o Nerone
stesso.
Volle questo forsennato imperadore, che
i giuochi olimpici d'Elide, benché si do-
vessero far prima, si differissero sino al
^uo arrivo in Grecia, per poterne riporta-
re il premio. Colla sua carretta anch' egli
D 4 en-
f^ù Annali d' Italia
entrò nel circo, ma caclutoric ebbe ad ac-
copparsi , e più giorni per tal disgrazia
stette in letto. Con tutto ciò il premio a
Ini fu assegnato. Passava male per chi a
lui non vo.lea cedere . ^ Ne' giuochi istmici
un tragico^ miglior musico, che politico^
perchè non ebbe V avvertenza di desistere
dal canto , per lasciar comparire quel di
Nerone , che dovea certamente essere più
mirabile del suo , fu strangolato sul teatro
in faccia di tutta la Grecia , V.ennegli poi
in pensiero di far un'opera stab\lc, per cui
s' immortalasse il suo nome : e fu quella di
tagliare lo Stretto di Corinto, per unire i
due miari Ionio ed Egeo * : disegno conce-
puto anche da Giulio Cesare , e da molti
altri ^ ma per le molte difficoltà non mai
eseguito. Nulla parca difficile alla gran te-
sta di Nerone . Fu egli nel destinato gior-
no il primo a rompere la terra con un pi-
cone d'oro, e a portar la terra in una. ce-
sta, per animar gli altri air impresa: il
che fatto si ritirò a Corinto, tenendosi per
pili glorioso d'Ercole a cagione di così gr^n
prodezza. Furono a quel lavoro impiegati
i soldati, i condennati , e gran copia d'al-
tra gente : e Vespasiano ^ gì' inviò apposta
seimila Giudei fatti prigioni . Non più di
cinque miglia di terra è lo Stretto di Co-
rinto; eppure con tante mani in due mesi
e mez-
' Luci/in. in Nerone.
* Dfo-iih. 6i. Suctcnitis in Nerone c.rp. 19.
i Joseph. //^. 3. f/(? Bello Judaico,
Anno LXVII, 57
e mezzo di lavoro non si arrivò a cavar
neppure un miglio di quel tratto.. Non si.
andò poi più innanzi , perchè affari premu-
rosi richiamarono Nerone a Roma. Elio li^
berlo , mandato da lui con plenipotenza di
far del male in Italia, l'andava con fre-
quenti lettere spronando a ritornarsene, in-
cuicando la necessità della sua presenza in
queste parti. Ma Ne^'one perduto in un pae-
se ^ dove giorno non passava che non mie-
tesse nuove palme , non trovava la via di
lasciar quel cielo sì caro : quand' ceco giù-
gnere in persona Elio stesso , venuto per
le poste , che gli mise in corpo un fastidio-
so sciroppo, avvertendolo che si tramava
in Roma una formidabil congiura contra di
lui. Allora sì, che s'imbarcò, dopo. essersi
quasi un anno intero fermato in Grecia^
alla quale accordò il governarsi co' proprj
magistrati, e l'esenzione da tutte le impo-?
ste ; e venne alla volta d' Italia . Sorpreso
fu per viaggio da una tempesta^ per cui
perde i suoi tesori , laonde speranza insor-
se fra molti , che anch' egli in quel furore
del mare avesse a perire. Sano e salvo egli
compiè la navigazione, ma non già chi avea
mostrata speranza o desiderio di vederlo
annegato j perchè ne pagò la pena col suo
sangue. Come trionfante entrò in Roma sul-
lo stesso cocchio trionfale d' Augusto , su
cui veniva anche Diodoro citarista suo fa-
voritQ , corteggiato dai soldati , cavalieri ,
e senatori . Era addobbata ed illuminata
tUt' "
58 Annali d' I t a l i a
tutta la città,- incessanti le acclamazioni
dettate dalF adulazione : Viva Nerone Er--
colcy Nerone Apollo^ Nerone Tlncltor di
tutti i giuochi. Beato chi può ascoltar la
tua voce! A questo segno era ridotta la
maestà del popolo romano. Mentre succe-
deano queste vergognose commedia in Gre-
cia e in Italia, avpa dato principio F/avio
Vespasiano ^ alla guerra contra i sollevati
Giudei . Già il vedemmo inviato colà per
generale da Nerone . La prima sua impre-
sa fu r assedio di Jotapat , luogo fortissi-
mo per la sua situazione. Vi spese intor-
no quarahtasette giorni , e costò la vita di
molti de' suoi; ma de'Giudei vi perirono
circa quarantamila persone , e fra gli altri
vi restò prigione lo stesso Giuseppe , stori-
co insigne della nazion giudaica^ il quale
comandava a quelle milizie . Perchè predis-
se a Vespasiano F imperio, fu ben trattato.
Di molte altre città e luoghi della Galilea
s'impadronì Vespasiano , e Tito suo figliuo-
lo riportò qualche vittoria in varj combat-
timenti, con istraee di 2;ran quantità 'di
Giudei .
An-
Joseph, eodcm Uh. .
Anno LXVIII. 59'
Anno di Cristo lxviii. Indizione xi.
di Clemente papa 2.
di Nerone Claudio imperadore 15.
di Servio Sulticio Galea impe-
radore I. ''
p T X Gaio Silio Italico,
Lonsoli ^j^ M^p^co Galerio Tracalo.
Il console Siilo Italico quel medesimo è ,
che fu poeta, e lasciò dopo di se un poe-
ma pervenuto sino ai dì nostri. S'era egli
meritata la grazia di Nerone^ e nello stes-
so tempo r odio pubblico , col brutto me-
stiere d'accusare, e far cóndennare varie
persone. Consisteva la riputazion di Tra-^
calo neir essere uomo di singoiar eloquen-
za^ trattando le cause giudiciali. Non du-
rò il loro consolato più del mese d' aprile ,
a cagion delle rivoluzioni insorte , che li-
berarono finalmente 1* imperio romano da
un imperador buffone , mostro insieme di
crudeltà . ^ Ne' primi mesi dell' anno pre-
sente Gajo Giulio Vindice , vicepretore e
governator della Gallia Celtica , il primo
fu ad alzar bandiera contro di Nerone , col
muovere a ribellione que^ popoli : al che
non trovò difficultà, sentendosi essi troppo
aggravati dalle estorsioni e tirannie del fu-
rioso imperadore , vivamente ancora ricor-
da-
' Dio lib.61. Sueton. in Nerone r . 40. & seq.
^0 Annali d* Italia
date loro da Vindice in questa occasione.
Non teneva, egli al suo comando legione
alcuna , ma avea ben naolto coraggio , e in
breve tempo mise in armi circa centomila
persone di que' paesi . Contuttociò le mire
sue non erano già risolte a farsi im.pera-
dore ; anzi egli scrisse tosto a Servio Sul-
incio Galba^ , governatore della Spagna Ta-
raconense ^ , ^ personaggio di gran credito
per la sua saviezza , giustizia , e valore ,
esortandolo ad accettar l' imperio , con pro-
mettergli anche la sua ubbidienza . Perciò
circa il principio d' aprile, Galba , rauna-
ta una legione eh' egli avea in quella pro-
vincia, con alquante squadre di cavalleria ^
ed esposte la crudeltà e pazzie di Nerone^
si vide proclamato imperadore da ognuno.
Egli nondimeno prese il titolo solamente
di legato, o sia di luogotenente della re-
pubblica. Dopo di che si diede a far leva
di gente , e a formare una specie di sena-
to . P^rve un felice augurio e preludio , l'
essere arrivata in quel punto a Toitosa in
Catalogna una nave d' Alessandria , carica
d'armi, senzachè persona vivente v; fosse
sopra. In questi tempi soggiornava l'impaz-
zito Nerone tutto dedito ai suoi vergognosi
divertimenti in Napoli, quando nel giorno
anniversario , in cui avea uccisa la madre ,
cioè nel di 21 di marzo, gli arrivarono le
nuove della ribellion della Gallia , e deir
atten-
* SuetoTì. in Qaih.\ r. «?. <jT stn^
Anno LXVIIT. 61
"attentato di Vindice. Parve che non se nò
mettesse gran pensiero , e piuttosto ne mo-
strasse allegria, sulla speranza che il gasti-
go di quelle ricche provincie gli fruttereb-
be degl'immensi tesori. Seguitò dunque i
suoi spassi , e per otto giorni non mandò
né lettere ne ordini , quasiché volesse co-
prii' col silenzio V affare . Ma sopraggiunta
copia degli editti pubblicati da Vindice
nella Gallia , pieni d** ingiurie contra di lui ,
allora si risenti. Quel che più gli trafisse
il cuore , fa il vedere , che Vindice in ve-
ce di Nerone il nominava col suo primo
cognome Enobarbo ^ , e diede poi nelle
smanie, perchè il chiamava cattivò sonator
di cetra. Ne conoscete voi un migliore di
me ? gridò allora rivolto ai suoi , i quali
si può ben credere , che giurarono di no .
Venendo poi un dopo V altro nuovi corrie-
ri, con più funesti avvisi^ tutto sbigotti-
to córse a Roma , consolato nondimeno per
avere osservato nel viaggio , scolpito in
marmo un soldato gallico strascinato pe'
capelli da un Romano : dal che prese buon
augurio. Non raunò in Roma né il senato,
né il popolo ; Solamente chiamò una con-
sulta de' principali al suo palagio., e spese
poi il resto della giornata intorno a certi
strumenti musicali^ che sonavano a forza
d' acqua . Fu posta taglia sulla testa di Vin-
dice , ed inviati ordini^ perché le legioni
dell'
' Pbilottr&ius in Apoll.
62 Annali d' Italia
deir Illirico , ed altre soldatesche marcias-
sero centra di lui .
Ma sopraggiunto, l'avviso,, che anche Gal-
ba s'era sollevato in Ispagna ^, oh allora sì
che gli cadde il cuore per ^^erra • Dopo lo
sbalordimento topiato in se , si stracciò la
veste , e dandosi de' pugni in testa , gridò
che era spedito , parendogli troppo inau-
dita e strana cosa il perdere, ancorché fos-
se vivo 5 r imperio . E pure da lì a non
molto , perchè vennero nuove migliori ,
tornò alle sue ragazzerie , lautamente ce-
nando , cantando poscia versi contra de'
capi della ribellione , e accompagnandoli
ancora con gesti da commediante . Andava
intanto crescendo il partito de' sollevati
nelle Spagne e nelle Gallie , e tutti con
buon occhio ed animo miravano Galba ,
Fra gli altri che aderirono al suo partito,
uno de' primi fu Marco Salvia Ottone ^
governatore della Lusitania , il quale gli
mandò tutto il suo vasellam.ento d'oro e
d'argento, acciocché ne facesse moneta, ed
alcuni ufiziali ancora più pratici de' Gal-
lici per servire ad un impcradore . Ma
nelle Gallie si turbarono dipoi non poco
gli affari. Lucio ( chiamato PztòZio da altri )
Virginio^ o sìa Verginio, Rufo, y governatore
dell' alta Germania , che comandava, il mi-
glior nerbo dell' armi romane , o da se
stesso determinò , oppure ebbe ordine di
mar-
* Pltitarchvs ztt Calla. Suetcnius in Neroic cap. ^i.
Anno LXVIIL 63
marciar centra di Vindice , In favor di
Nerone stette salda quella parte della Gal-
lia che s'accosta al Reno, e sopra tutto
Treveri^ Langres , e infin Lione si dichia-
rò centra di Vindice . Pare eziandio, che V
arma^ta della bassa Germania, cioè della
Fiandra ed. Olanda, si unisse con Virginia
Ilufo , il quale marciò air assedio, di Be-
sanzone. Corse colà anche Vindice con tut-
te le sue forze ^ per^ifendere quella cit-
tà , e seguì, un Segreto, abboccamento fra
,0[uesti due generali ^ anzi parve nel sepa-
rarsi, che fossero d' accordo , verisimilmen-
te centra di Nerone . JJa accostatesi le sol-
datesche di Vindice* per entrar nella città
(il che si suppone concertato con Virginio)
le legioni romane non informate di quel
concerto , senza che lor fosse ordinato , si
scagliarono addosso alla milizie galliche^
e trovandole non preparate per la batta-
glia , e mal ordinate , ne fecero un macel-
lo . Vuol Plutarco ^ , che contro il voler
de' generali quelle due armate venissero al-
le mani . Vi perirono da ventimila Galli-
ci ; e tutto il resto andò disperso , con
tal affanno di Vindice, che da se stesso
si diede poco apprv'^sso la morte , Se di
questa non voluta vittoria avesse voluta
prevalersi Virginio Rufo , per farsi e man-
tenersi imperadofe , poca fatica avrebbe du-
rato : cotanto era egli amato ed ubbidita,
da
' Piutarchus in Cilba,
b*4 A N N A L r d' I T A L I A
eia tutfà la sM possente armata. Gliene
fecero anche pia istanze/ allora e dipoi i
suoi soldati 5 ma egli d^a Vero cittadiii ro-
mano , e con impareggiabil grandezza d*
animo ricusò , sempre dicendo , , aiiche dopo
là morte di Nerone , che qud solo dovea
essere imperadore , che venisse eletto dal
'Senato e popolo romano . Per questo magna-
nimo rifiuto si rendè poi glorioso 'Vir-
ginio , e tenuto fu in sqmma riputazione
presso tutti i susseguenti Augusti ^, e ca-
rico d'onori menò slia vita in pace sino
air anno ottantatrè di sua età , in cui re-
gnando Ne r va , finì- i suoi giorni. In non
picciola costernazione si trovò Galba , al-
lorché intese la disfatta di Vindice , e per
vedersi anche male ubbidito dai suoi , spe-
dì a Virginio Rufo, per pregarlo di volere
operar seco di concerto , afTmchè si ricupe-
rasse dai Romani la libertà e V imperio .
"Qual risposici ricevesse , tìon si sa . Sola-
mente è noto =• che Galba perduto il co-
raggio si ritirò con gli amici a Clunia cit-
tà della Spagna , meditando già di levarsi
di vita, se vedea punto peggiorar gli affari .
Era intanto stranamente inviperito Nerone
per questi disgustosi movimenti. Nella sua
bàrbara mente altro non passava , che pen-
sieri d' inumanità indicibile . Quanti di na-
zione gallica 3 si trovavano ò per suoi
af-
* Piinìus junior. Ub.6. Ep.jo. Tacìt. Histor. lib. x. e 49»
* Dio lib.6^. Sueton. in Galba cap. Ji.
* S:ieton. in Nerone cap. 43.
Anno LXVIII. ^5
affari j, o relegati in Roma, tutti li voleva
far tagliare a pezzi ; permettere il saccheg-
gio delle Gallie agli eserciti ; levar dal
mondo l'intero senato col veleno ; attaccar
il fuoco a Roma , e nello stesso tempo
aprire i serragli delle fiere, acciocché al
popolo non restasse luogo da difendersi .
Nulla poi fece per le difncultà che s'incon-
travano. Quindi pensò che s'egli andasse
in persona contro i ribelli , vittoria si ot-
terrebbe . Figuravasi egli , che al solo pre-
sentarsi piagnendo alla vista loro, tutti ri-
tornerebbero alla sua divozione . Credendo
inoltre _, che a vincere la Gallia fosse ne-
cessario il grado di console^ per attestato
di Suetonio , deposti i consoli ordinar] cir-
ca le calende di maggio, prese egli solo il
consolato per la quinta volta . Trovasi non-
dimeno in Roma un frammento d'iscrizio-
ne, da me dato alla luce ^, in cui si leg-
ge NERONE V . ET TRACHA pa-
i*endo per conseguente , che Tracalo non
dimettesse allora il consolato . Ridicolo fu
il preparamento suo per questa grande spe-
dizione . La principal sua attenzione an-
dò a far caricare in carrette scelte tut-
ti gli strumenti musicali e gli abiti da
scena con armi e vesti da Amazoni per
le sue concubine . E' certo s' egli cantava
una delle sue canzonette a que' rivoltati ,
potevano eglino non darsi per vinti ? Ma
Tom. II. E oc-
* Thesaurus Novus feter, Inscrt^tion- p- lo6, num. a.
ێ An-nali d' Italia
occorreva danaro , e assaissimo , a questa
impresa . Pose una gravosissima colta al
popolo romano^ facendola rigorosamente ri-
scuotere . Servì ciò ad aumentar V odio d'
ognuno contro di lui , e ad affrettar la sua
rovina , tanto più che in Roma era care-
stia, e quando si credette che un vascello
d'Alessandria portasse grani, si trovò che
conduceva solamente polve per servigio de'
lottatori . Cominciarono allora a fioccar le
ingiurie e le pasquinate , e tutto era dis-
posto alla sedizione . Per buona fortuna av-
venne ^, che anche Nlnfidio Sabino ^ eletto
in luogo di Fenio Rufo , prefetto del pre-
torio , uomo di bassa sfera , ma fiero , mos-
so a compassione di tante calamità di Roma ,
tenne mano a liberarla dal furioso tiranno .
Anche V altro prefetto , o sia capitan delle
guardie , Tlgellino , che tanto di male avea
fatto negli anni precedenti , giunse ora a
tradire V esoso padrone . Essendo stato av-
vertito Nerone del mal animo del popolo ,
e giuntogli nel medesimo tempo avviso ,
mentre desinava , che Virginio Rufo col suo
esercito s' era dichiarato contra di lui ,
stracciò le lettere, rovesciò la tavola, fra-
cassò due bicchieri di mirabil intaglio , e
preparato il veleno si ritirò negli orti ser-
viliani y meditando o di fuggirsene fra i
Parti , o di andar supplichevole a trovar
Galba , o di presentarsi ai senato e al pò-
po-
* Pivtare. in Gai k».
Anno LXVIII. 67
polo , per dimandar perdono . Di qucst2^
occasione profittò Ninfidio ^ , per far cre-
dere ai pretoriani, che Nerone era fuggito,
^ per far acclamare Galba imperadore , pro-
mettendo loro a nome di esso Galba un
esorbitante donativo . Verso la mezza not-
te svegliatosi Nerone , si trovò abbando-
nato dalle guardie , e con pochi andò gi-
rando pel palazzo , senzadio alcuno gli
Tolesse aprire , e senza impetrar dai suoi ,
che alcuno gli facesse il servigio d' uccider-
lo. Si esibì Faonte suo liberto di ricove-
rarlo ed appiattarlo in un suo palazzo di
villa , quattro miglia lungi da Koma ; ed
in fatti colà con grave disagio per luoghi
spinosi arrivato si nascose . Fatto giorno
vennero nuove a Faonte , che il senato ro-
mano avea proclamato imperadore Galba ,
e dichiarato Nerone nemico pubblico ; e
fulminate contra di lui le pene consuete .
Dimandò Nerone , che pene fossero queste ?
Gli fu risposto d' essere strascinato nudo
per le strade , fatto morire a colpi di bat-
titure , precipitato dal Campidoglio , e con
un uncino tirato e gittato nel Tevere. Al-
lora fremendo mise mano a due pugnali
che area seco , ma senza attentarsi di pro-
vare , se sapeano ben forare . Udito poi ,
che veniva un centurione con molti cavalli
per prenderlo vivo , ajutato da Epafrodito
suo liberto, si diede del pugnale nella go-
£ 2 la.
^8 Annali d* I t a l i a
la. Arrivò in quel punto il eenturione , fin*
gendo à' esser venuto per ajutarlo _, e cor-*
se col mantello da viaggio a turargli la fe^
rita. Allora Nerone, benché mezzo morto,
disse : Oh adesso sì , che è tempo ! E questa
è la vostra fedeltà ? ^ Così dicendo spirò
in età d' anni trentuno , o pure trentadue
nel dì 9 di giugno , restando i suoi occhj
sì torvi e fieri , che faceano orrore a chiun-
que il riguardava . Permise poi Icelo ,
liberto di Galba , poco prima sprigionato ,
che il di lui corpo si bruciasse. Le ceneri
furono seppellite, per quanto s'ha da Sue-
tonio , assai onorevolmente nel sepolcro dei
Domizj . E tale fu il. fine di Nerone , degno
appunto della sua vita , la quale è incerto
se abbondasse più di follie o di crudeltà ,
Manifesta cosa è bensì , eh' egli fu conside-^
rato qual nemico del genere umano , qual
furia 5 qual compiuto modello de' principi
più cattivi , anzi dei tiranni , non essendo
mai da chiamare legittimo principe chi per
forza era salito sul trono , ed avea carpita
col terrore V approvazion del senato e del
popolo romano , accrescendo dipoi col cru-r
del suo governo , e colle tante sue ingiu-^
stizie e rapine la macchia del violento in-!
gresso . E tal possesso prese allora ne' po^
poli la fama di questo infame imperadore ,
che passò anche ai secoli seguenti con tal
concordia, che^ oggidì ancora il volgo del
no-
' Dio l. 6z> Stieu in Ner. e 57- Euseè. in Chr^ Eutrop^ & alU .
Anno LXVIIIo %
nome eli lui si serve per denotare un uomo
crudele e spietato . Nulladimeno fra il mi-
nuto popolo , vago solamente di spettacoli ,
e fra i soldati delle guardie, avvezzi a
profittare della disordinata di lui liberali-
tà , molti vi furono che amarono ed onora-
rono la di lui memoria . Fu anche messa in
dubbio la sua morte , e si vide uscir fuori in
varj tempi più d' un impostore , che finse d'
essere Nerone vìvo , con gran commozione
de' popoli, godendone gli uni, e temendo-*
ne gli altri.
Non si può esprimere T allegrezza del
pòpolo romano , allorché si vide liberato da
quel mostra. V'ha chi crede, che tolto di
mezzo Nerone , fossero creati consoli Mar-'
co Plautio Silvano^ e Marca Salvia Otto-
ne , il quale fu poi imperadore . Ma di que-
sto consolato d' Otton.e vestigio non appari-
sce presso gli antichi scrittori 3 e Plutar-
co ^ osserva, ch'egli venne di Spagna cori
Galba : dal che sì comprende , non aver egli
potuto ottenere sì fatta dignità in questi
tempi . Fuor di dubbio è bensì , che conso-
li furono Gajo Bellico Natale , e Publio Cor-
nelio Scipione Asiatico. Cia costa dalle iscri-
zioni ch'io ha riferito ^. In esse Natale si
vede nominato Bellico y e non Bellicio , e
gli vien dato anche il cognome di Teba-
niano . Galba intanto col cuor tremante se
E 3 ne
' Plutar. in Galba .
Thesfiur. Novus Jnscription. fag, 30^. ntim, ^■>
7© Annali d'Italia
ne stava in Ispagna aspettando qiial piega
prendessero gli affari ; quando in sette dì
di viaggio arrivò colà Icelo suo liberto , ed
entrato al dispetto de' camerieri nella stan-
ca, dov' egli dormiva, gli diede la nuova,^
che era morto Nerone , e d' essersene egli
stesso voluto chiarire colla visita del cada-
vero, ed avere il senato dichiarato impe-
radore esso Galba . Racconta Suetonio, eh'
egli tutto allegro immediatamente prese il
nome di Cesare . Più probabile nondimeno
è , che aspettasse a prenderlo due giorni
dopo , nel qual tempo arrivò Tito Vinio
da Roma , che gli portò il decreto del se-?
nato per la sua elezione in imperadore .
Servio ( appellato scorrettamente da alcu^
ni Sergio ) Sulpicio Galba , che prima avea
usato il prenome di Lucio , uscito da una
delle più antiche ed illustri famiglie roma-^
ne, dopo essere stato console nell'anno di
Cristo 53 y e dopo aver con lode in varj
onorevoli governi dato saggio della sua pru-
denza e del suo valor militare , si trovava
allora in età di settanta due anni ^ . Ne
sperò buon governo il senato l'omano , ed
ancorché si venisse a sapere , eh' egli era
uom rigoroso , ed inclinato all'avarizia, ma-
le familiare di non pochi vecchj : pure il
merito di avere in lontananza cooperato ad
abbattere l' odiatissimo Nerone , fece che
comunemente fosse desiderato il suo arrivo
i^ Ro-
* Suetsn. in Galha ea^^ la.
à
Anno LXVIII. 71
a Roma. Partissi egli di Spagna j e a pic^
ciole giornate in lettiga passò nelle Gal-
lie, inquieto tuttavia per non sapere se V
armate dell'alta e della bassa Germania,
comandate 1' una da Virginio Rufo^ e l'al-
tra da Fonteo Capitone ^ fossero per venire
alla sua divozione . Soprattutto gli dava dell'
apprensione Virginio, siccome quello a cui
vedemmo fatte cotante istanze , acciocché
assumesse l'imperio. Ma questi con eroica
moderazione indusse ì' armata , benché non
senza fatica, a giurar fedeltà a Galba ; ed
altrettanto anche prima di lui fece Capito-
ne . Poco dipoi grato si mostrò Galba a
Virginio , perché chiamatolo alla corte con
belle parole, diede il comando di quell'
esercito ad Ordeonio Fiacco^ e da lì innan-
zi trattò assai freddamente esso Virginio ,
senza fargli del male, ma neppur facendo-
gli del bene .
I due maggiormente favoriti e potenti
presso Galba cominciarono ad essere Tito
Vinto , dianzi da noi mentovato , che ci
vien descritto da Plutarco ^ per uomo per-
duto nelle disonestà, ed interessato al mag-
gior segno ; e * Cornelio Lacone , uomo
dappoco, e di parecchi vizj macchiato, che
Galba senza dimora dichiarò capitano del-
le guardie, o sia prefetto del pretorio. Per
mano di questi due passavano tutti gli af-
fari. Volle anco Marco SalVw Ottone^ vi-
E 4 ce-
' Fiutare, in Caliga. * Tachus Histor. lih.\, cap,6.
72 Annali r>' I t a l t a
cepretore della Lusitania , accompagnar Gal-
ba a Roma . Era egli stato de' primi a di-
chiararsi per lui , né lasciava indietro os-
sequio e finezza alcuna , per cattivarsi il
di lui affetto, e quello ancora di Vinio ,
avendo conceputa speranza, che il vecchia
Galba, sprovveduto di figli, adotterebbe lui
per figliuolo. E qualora ciò non succedes-
se , già macchina\*a di pervenire all' impe-
rio per altre vie. Giunto Galba a Narbo-
na, quivi se gli presentarono i deputati del
senato , accolti benignamente da lui , ma
senza eh' egli volesse ricevere i mobili di
Nerone , inviati da Roma^ e senza voler
mutare i proprj , benché vecchj : il che gli
ridondò in molta stima, per darsi egli a
conoscere in tal forma signore moderato e
lontano dal fasto . Non tardò poi a cangiar
di stile per gli cattivi consigli di Vinio .
Intanto in Roma si alzò un brutto tempo-
rale , che felicemente si sciolse per buona
fortuna di Galba. Nlnfidio Sabino prefetto
del pretorio , che più degli altri avea con-
tribuito alla morte di Nerone , e air esal-
tazione di Galba , si credea di dover essere
r arbitro della corte, e far da padrone al-
lo stesso nuovo Augusto che tanto gli do-
vea. Perciò imperiosamente depose T'igei-
Uno suo colleg a , e sotto nome di Galba
si diede a signoreggiare in Roma . ^ Ma
dappoiché gli fu riferito che Cornelio La--
Cime
' Pluf are, in Galha^
Anno LXVIIL ' 75
cone aveva anch' egli conseguita la dignità
di prefetto del pretorio , e eh' esso con Ti^
to Vinio comandava le feste , se ne alterò
forte , perchè non amava né voleva compa-
gno neir ufizio suo. Mutate dunque idee,
meditò di farsi egli imperadore. Trasse
dalla sua quanti soldati delle guardie po-
tè , ed anche alcuni senatori e qualche da-
ma delle più intriganti ; e giacché non si-
sapea chi fosse suo padre , sparse voce d'
esser egli figliuolo di Gajo Caligola . Gli
si rassomigliava anche nella fierezza del vol-
to, e nell'infame sua impudicizia. Voleva
spedire ambasciatori a Galba , per rappre-
sentargli che s'egli si levasse dal fianco Vi-
nio e Lacone , riuscirebbe più grata la sua
venuta a Roma. Poscia in vece di questo,
tentò d'intimidirlo con fargli credere mal
contente di lui le armate della Germania ,
Soria^ e Giudea. E perciocché Galba mo-
strava di non farne caso, determinò Ninfi-
dio di prevenirlo con farsi proclamar im-
peradore dai pretoriani . E gli veniva fat-
to , se Antonio Onorato , uno de' principa-
li tribuni di quelle compagnie , non avesse
con saggia esortazione tenuta in dovere la
maggior parte de' pretoriani. Anzi arrivò
ad indurgli a tagliare a pezzi Ninfidio: con
che si quetò tutto quel romore.
Informato Galba di quest'affare, ed avu-
ta nota d'alcuni complici di Ninfidio, e
specialmente di Clngonio Varrone ^ console
disegnato, e ài Mitridate ^ quegli probabil-
men-
74 Annali d' jI t a l i a
mente, ch'era stato ré del Ponto, mandò
r ordine della lor morte senz' altro proces-
so , e senza accordar loro le difese : dal
che gli venne un gran biasimo . Nella stes-
sa forma tolto fu dal mondo Gajo Petronio
TarpUiano^ stato già console nell'anno di
Cristo Si , non per altro delitto , che per
essere stato amico ed ufizial di Nerone.
Giunto poi Galba a Ponte Molle colla le-
gione condotta seco dalle Spagne , e con al-
tre milizie , se gli presentarono senz' armi
alcune migliaja di persone, che Suetonio ^
dice di remiganti , alzati all' onore della
milizia da Nerone : Dione ^ pretende di
soldati, che prima erano dall' armata nava-
le passati al grado di pretoriani. Galba
avea comandato che tornassero al loro eser-
cizio nella flotta, ed eglino con alte gri-
da faceano istanza di riaver le loro ban-
diere. Rinforzavano essi le grida, e secon-
do Plutarco 3 j che li suppone armati , al-
cuni misero mano alle spade. Galba allora
ordinò che la cavalleria di sua scorta fa-
cesse man bassa contra di loro. Per quel
che narra Suetonio, furono messi in fuga,
e poi decimati. Tacito scrive che ne far
rono uccise alcune migliaia; e Dione giù-
gne a dire che furono settemila : il che par
poco credibile. Quel che è certo, per azio-
ni tali entrò Galba in Roma già scredita-
to ;
" Sueton. in Galha cap.ix. * Dio Uh. 6/^,
* Fiutare, in Calh .
Anno LXVIII. 75
to; ed ancorché facesse alcuni buoni rego»
lamenti in benefizio del pubblico , e ralle-
grasse il popolo colla morte d'Elio, Poli-
ciato j Petino, Patrobio , e d'altri, che con
calunnie aveano fatto perire molti innocen-
ti : pure tant' altte cose operò , che fecero
sparlare molto di lui il popolo . Impercioc-
ché contro r espettazion di ognuno non pu-
pi TLgellino , ministro primario delle cru-
deltà d' esso Nerone , perchè costui seppe
guadas-narsi la protezione di Tito Vinio ,
che tutto potea nel palazzo imperiale. Chie-
dendogli i pretoriani le immense somme di
danaro , promesse loro da Ninfidio , con fa^
tica donò pochissimo. E pervenutogli a no-
tizia^ che se ne lagnavano forte j, diede
una risposta da saggio Romano , con di-
ye : ^ C/i' egli era solito ad arrolare per gra-
zia , e non già a comperare i soldati . Ma
se n'ebbe ben' presto a pentire. Seguitava
^ in questi tempi la guerra de' Promani sot-
to il comando di Vespasiano contra de' Giu-
dei . Si andò egli disponendo per far 1' as~
sedio di Gerusalemme , con prendere tutte
le fortezze ali- intorno , e quella città, che
nel di fuori provava tutte le fiere pensio-
ni della guerra , maggiormente era afflitta
nel di dentro per le funeste e micidiali di-
scordie degli stessi Giudei , che diffusamen-
te si veggono descritte da Giuseppe Ebreo.
Ma
' Sueton. in Galha cap. 16.
* Joseph, de Bello Jud^ico lib. 4,
7^ Annali d* Italia
Ma perciocché arrivarono le nuove colà del*-
la ribellione delle Gallie e della Spagna,
che facea temere d' una guerra civile , e poi
della morte di Nerone, Vespasiano sospese
r assedio suddetto , e spedì Tito suo fi-
gliuolo ad assicurar Galba della sua divo-
zione ed ubbidienza ; ma da lì a non mol-
to cangiarono faccia gli affari , siccome ve-
dremo andando innanzi *
Anno di Cristo Lxix. Indizione xrf.-
di Clemente papa 3.
di Servio Sulpicio Galea , impe-
radore 2.
di Marco Salvici Ottone impera*^'
dorè I.
di Flavio Vespasiano imperad. i.-
f Servio Sulpicio Galba im-*
^ Y J peradore per la seconda
( volta ,
L Tito Vinio Ritf fino ,-
1 erchè Clodio Macro vicepretore dell'Afri-
ca s' era anch' egli ribellato centra di Ne-
rone , e continuava a far delle estorsioni e
ruberie , Galba nell' anno precedente ebbe
maniera di farlo levar dal mondo. ^ Fu
ancora accusato di meditar delle novità
nella bassa Germania Foritelo Capitone ^ il
qual pure vedemmo che avea riconosciuta
Gal-
* Tacitus fUimìétt. lih^J', cap.7. Dio ìib.'ó^
Anno LXIX. 77
Galba per imperadore. Vero, o falso che
fosse questo suo disegno , anch' egli fu uc-
ciso , senza aspettarne gli ordini da Roma,
Al comando di quell' armata ^ inviò Galba ,
a suggestione di Vinio , Aulo Vltellio , uo-
mo pieno di vizj , eppur creduto tale da
non far bene né male, e cke^ purché po-
tesse appagar la sua ingordissima gola , pa-
reva incapace d' ogni grande impresa . Fu
questa elezione il principio della rovina di
Galba. Costui pieno di debiti per aver
troppo scialacjquato sotto i precedenti Au*-
gusti y arrivò all' armata della Germania in^
feriore, e niuna viltà o bassezza lasciò in-
dietro per conciliarsi 1' amore di quelle mi-
lizie, senza gastigar alcuno, con perdona-
re e far buona ciera a tutti , e donar loro
quel poco che potea . Avvenne che le le-
gioni dimoranti nell'alta Germania^ già ir-
ritate per r abbassamento di Virginio Ru-
fo^ udendo le relazioni, accresciute molto
nel viaggio, dell'avarizia e della crudeltà
di Galba , cominciarono ad inclinar tutte
alla sedizione; né Ordeonio Fiacco lor co-
mandante, uomo vecchio , gottoso, e sprez-
zato dai soldati , avea forza di tenerle in
dovere. In fatti benché nel primo giorno
di gennajo dell' anno presente , secondo il
costume giurassero, ma conistento, fedek
ta a 'Galba, nel di seguente misero in pez-
zi ^G di lui immagini, e giurarono di ri-
co-
^ Suetort. in rhelh'o ca^. 7.
78 AiTN-ALi D^ Italia
conoscere qualunque altro imperadore , die
fosse eletto' dal senato e popolo romano ^ .
Tacito scrive che la ribellione ebbe prin-
cipio nelle calende di gennajo. Volò presto
r avviso di tal novità a Colonia _, dove di-
morava Vitellìo , che ne seppe profittare ^
con far destramente insinuare ai suoi sol-
dati della bassa Germania di elegger essi
piuttosto un imperadore , che di aspettar-
lo dalle mani altrui . Non vi fu bisogno
di molte parole . Nel dì seguente Fabio Va-
lente , venuto colla cavalleria a Colonia , e
tratto fuori di' casa Vitellio , benché in ve-
sta da camera , V acclamò imperadore . Po-
co stettero ad accettarlo per tale le legic^
ni deir alta Germania. Le città di Colonia,
Treveri , e Langres^ disgustate di Galba ,
s'affrettarono ad esibir armi, cavalli, e
danaro a Vitellio. Accettò egli con piace-
re il cognome di Germanico: per allora
non volle quello d' Augusto ; né mai usò
quello di Cesare, Formò poi la sua corte;
e gli ufizj soliti a darsi dall' imperadore ai
liberti , furono da lui appoggiati a cavalie-s
ri romani. Valerlo ^Asiatico legato della
Fiandra , p^r essersi unito a lui , divenne
fra poco suo genero. E Giunio Bleso ^ go-
vernatore della Gallrù lugdunense , perchè
il popolo di Lione era forte in collera con-
tra di Galba, seguitò anch' egli il partito
di Vitellio con una legione^ e colla cavai;*
leria di Torino.
Gal-
* P lutare in Galba . T^f/r, HistorUr- Uh- 1. c/tf' 55-
J
Anno LXIX. 79
Galba in questo mentre, il meglio che
potea, attendeva in Roma al governo ',
ina per la sua vecchiezza sprezzato da mol-
ti , avvezzi alle allegrie del giovane Nero-
ne, e da molti odiato per la sua avarizia .
Il potere nella sua corte era compartito fra
Tito Vinio , che già dicemmo console , e
Cornelio Lacone prefetto del pretorio , e
per terzo entrò Icelo liberto di Galba, uo-
mo di malvagità patente . Costoro emuli e
discordi fra loro , abusando della debolez-
za del vecchio Augusto , si studiavano ca-
dauno di far roba , e di portar innanzi chi
succedesse a Galba . Ma eccoti corriere ,
che porta la nuova della sollevazion delle
legioni dell' alta Germania . Andava già
pensando Galba ad adottare in figliuolo e
successor nell'imperio qualche persona, in
cui si unisse la gratitudine verso del pa-
dre, e l'abilità in benefizio del pubblico.
Più degli altri vi aspirava , e confidato nell'
appoggio di Tito Vinio sperava Marco Sai-
vio Ottone , più volte da me rammentato
di sopra come uomo infame per molti suoi
vizj , e veterano negl' intrichi della corte •
Air udir le novità della Germania non vol-
le Galba maggiormente differir le sue riso-
luzioni, per procacciarsi in un giovane fi-
gliuolo un appoggio alla sua avanzata età
e alla mal sicura potenza . Fatto chiamare
all'improvviso nel di io di gennajo , Lucio
risone Frugi Licinlano , discendente da
Cras-
* Tadt. Hisfriar. Uh. i, caf>. 13.
So Annali d'Italia
Crasso , e dal gran Pompeo , giovane di
molta riputazione e gravità ^ in età allora
di trentun' anno alla presenza di Vinio, di
Lacone , di Mario Celso console disegnato,
e di Ducennio Gemino prefetto di Roma^
dichiarò che il- voleva suo iigliuolo adotti-
vo e successore . Pisone senza comparir tur-
bato , né molto allegro, rispettosamente il
ringraziò. Andarono poi tutti al quartie-
re de' pretoriani , e quivi più solennemen-
te fece Galba questa dichiarazione per ispe-
ranza di guadagnargli V affetto di que' sol-
dati . Ma perchè non si parlò punto di re-
galo, quelle milizie mal avvezze ascoltaro-
no con silenzio ed anche con malinconia
quel ragionamento . Per attestato di Taciu-
to , la promessa di un donatiro poteva as-
sicurar la corona in capo a Pisone ; ma
Galba non sapea spendere , e volea vivere
all' antica , senza riflettere che erano di
troppo mutati i costumi. Anche al senato
fu portata questa determinazione ed ap-
provata .
Ottone, che di dì in di aspettara questa
medesima fortuna da Galba , allorché vide
tradite tutte le sue speranze, tentò un col-
po da disperato , Coli' aver ottenuto un po-
sto in corte ad un servo di Galba, avea
poco dianzi guadagnata una buona somma
d"" argento. Di questo danaro si servì egli
per condurre ad una sua trama due oppur
cinque soldati del pretorio ^ , a' quali con
tirar
^ Suetan. in Othont ca^. 5.
A N N o LXIX. 8t
tirar nel suo partito pochi altri , prodigio-
samente riuscì di fare una somma rivolu-
?ion di cose . Costoro , perchè furono cas-
sati in questo tempo alcur>i ufiziali delle
guardie, come parziali dell'estinto Ninil-
dio , sparsero voci di maggiori mutazioni .
Quel poltron di Lacone, tuttr^chè avvertito
di qualche pericolo di sedizione , a nulla
provvide. Ora nel dì 15 di gennajo, Mar'-
co Salvia Ottone^ dopo essere stato a cor-
teggiar Galba, si portò alla colonna dora-
ta, dove .trovò secondo il concerto venti-
tré soldati : che cosi pochi erano i congiu-
rati . ^ L' acclamarono essi imperadore , e
messolo in una lettiga, T introdussero nel
quartiere de' pretoriani^, senza che a sì pic-
ciolo numero di ammutinati alcun si oppo-
nesse. A poco a poco altri si unirono ai
precedenti, e non finì la faccenda, che tut-
to quel corpo di milizie, colla giunta an-
cora dell' altre dell' armata navale , si di-
chiarò per lui , mercè del buon accoglimen-
to, e delle promesse di un gran donativo
che Ottone andava di mano in mano facen-
do a chiunque arrivava. Avvisati di questa
novità Galba e Pisone, spedirono tosto per
soccorso alla legione condotta dalle Spagne ^
e ad alcune compagnie di Tedeschi . Uscì
Galba di palazzo per una falsa voce , che
Ottone fosse stato ucciso, sperando che il
suo presentarsi ai perfidi pretoriani j, li fa-
ToM. II. F reb-
^ Tacitus KistoYiar. Uh. i. cap. 17. Plutavchus in Galh .
82 A N N" A L r d' I T A L r A
rebbe cedere. Ma al comparir essi in armi
con Ottone , e al gridare che si facesse lar-
go , il popolo si ritirò , e Galba in mezzo
alla piazza rimasto abbandonato > fu steso
con più colpi a terra, ed anche barbara-
mente messo in brani. Il console Finio an-
ch' egli restò vittima delle spade , Fisone
malamente ferito tanto fu difeso da Sem-
pronio Denso centurione 5 che potè fuggire
€ salvarsi nel tempio di Vesta, ma sapu-
tosi dov' egli era, due soldati inviati colà,
anche a lui levarono la vita ,> e il medesi-
mo fine toccò a Lacone capitan delle guar-
die. Avvicinandosi poi la sera, entrò Ot-
tone in senato, dove spacciando d'essere
stato forzato a prendere l' imperio , ma che
volea dipendere dair arbitrio de' senatori .
trovò pronta la volontà e V adulazione d'
ognuno per confermarlo , e per mostrar an-
che gioja della di lui esaltazione.- Gli fu-
rono^ accordati tutti i titoli e gli onori de'
^ precedenti Augusti ; e il matto popolo gli
diede il cognome di Nerone^ per cui non
cessava in molti l'affetto. Giacche non vi
erano più consoli , fu conferita questa di-
gnità al medesimo Marco Salvia Ottone ìttx-
yeradore Augusto , e a Lucio Salvio Ottone
Tiziano suo fratello , per la seconda volta .
Nelle calende di marzo succederono ad es-
si Lucio Virginio Rufo, e Vopisco Pompeo
Silvano . Cedendo questi nelle calende di
maggio furono sustituiti Tito Arrio Anto-
nino , e Publio Mario Celso per la seconda
voi-
Anno LXIX. 83
^olta . Continuarono questi in quel decoro-
so grado sino alle calende di settembre;
ed allora entrarono consoli Gajo Fabio Va^
lente , ed Aulo Alleno Cecina . Ma essendo
stato degradato il secondo d'essi nel dì 31
di ottobre^ fu creato console Roselo Rego-
lo , la cui dignità non oltrepassò quel gior-
no; perciocché nelle calende di novembre
venne conferito il consolato a Gneo Cedilo
Semplice , e a Gajó Qidnzio Attico . Tutto
ciò si ricava da Tacito ^ .
Sul principio si studiò Ottone di procac-
ciarsi r affetto e la stima del popolo. Lu-
minosa fu un'azione sua» Mario Celso ^ po-
co fa mentovato , che comandava^ la compa-
gnia delle milizie dell' Illirico ^ ed era con-
sole disegnato, avea con fedeltà soddisfatta
af suo dovere, nel!' accorrere alla difesa di
Galba. Dopo la di lui morte venne per ba-
ciar la mano ad Ottone ^ . GÌ' iniqui pre-
toriani alzarono allora le voci, gridando;
Muoja. Ottone bramando di salvarlo dalla
lor furia , col pretesto di voler prima ri-
cavare da lui varie notizie , il fece caricar
di catene, fìngendosi pronto a toglierlo di
vita. Ma nel di seguente il liberò, l'ab-
bracciò^ e scusò l'oltraggio fattogli sola-
mente per suo bene» Né solamente il lasciò
poi godere del consolato , ma il volle an-
cora per uno de' suoi generali , e de' più in-
timi amici 5 con trovarlo non men fedele
F 2 ver-
' Tdcitus ìih^ I, (. 77. * Fiutare, in Othone .
E4 Annali d' I t a l f a
verso di se, che verso T infelice Galba. AU
le istanze ancora del popolo indusse a dar-r
si la morte Soffrilo Tigellino ^ da noi ve-*
duto infame ministro delle scelleraggini di
Nerone- . Inoltre si applicò seriamente al
maneggio de' pubblici affari , e restituì a
molti i lor beni tolti da Nerone : azioni
tutte , che gli fecero del eredito , non pa-»
rendo egli più quel pigro , e quel perduto
nel lusso e ne' piaceri , che era stato in ad-^
dietro . Ma i più non se ne fidavano , co-«
noscendolo abituato ne' vizj, e simile nel
genio a Nerone, le cui statue , come ancor
quelle di Poppea , permise che si rialzasse-
ro. Osservavano parimente , eh' egli mostra-
va poco affetto al senato , moltissimo ai
soldati: laonde temevano, che se fosse ces-
sata la paura dell^emuloVitellio, si sareb-
be provato in lui un novello Nerone . E
certo egli era comunemente odiato più di
Vitellio , non tanto pel tradimento di lui
fatto a Galba , quanto perchè il riputavano
persona data alla crudeltà , e capace di nuo-
cere a tutti; laddove Vitellio era in con-
cetto di uomo dato ai piaceri , e però irt
istato di solamente nuocere a se stesso :
benché in fine amendue fossero poco ama-^
ti , anzi odiati dai Romani. Intanto era di-«
Vno il romano imperio fra questi due com^
petitori. Ottone si trovava riconosciuto im-^
peradore in Roma, e da tutta l'Italia. Car-
tagine con tutta l'Africa era per lui. T^Iu-
^iano governator della Siria, a sia della
So-
Anno LXIX. 85
ìaria , ^li fece prestar giuramento dai ipO*
poli di quelle contrade . ^ Altrettanto fece
V€S}msìano nella Palestina . Aveva egli in-^
viato già Tito suo figliuolo , per attestare
il suo ossequio a Galba ; ma dacché arri-
vato a Corinto intese la di lui morte , se
ne tornò indietro a trovar il padre . Anche
le legioni della Dalmazia , Pannonia , e Me-
ssia aderirono ad Ottone. Così T Egitto ^^e
r altre città dell'Oriente e della Grecia.
Ancorché Ottone fosse un usurpatore , il
nome nondimeno di Roma e del senato ro-
mano , che r avea accettato, bastò perchè
tanti altri paesi s'uniformassero al capo
dell'imperio.
Ma in mano' di Vìtellio erano le miglio-
ri e più accreditate milizie de' Romani ,
raccolte dall'alta e bassa Germania, dalla
Bretagna , e da tina parte della Gallia . *
Ne formò egli due eserciti , V uno di qua-
rantamila combattenti sotto il comando di
Tahlo Valente , V altro di trentamila , co-
mandato da Alleno Cecina , a' quali si uni-
rono varj rinforzi di Tedeschi. Ardevano
tutti costoro di voglia , non ostante il ver-
TìOy di far dei fatti , per aver occasione di
bottinare ( fine primario di chi esercita quel
mestiere ) mentre il grasso e pigro Vitel-
lio attendeva a darsi bel tempo, con far
buona tavola , ubbriaco per lo più . Anche
F 3 vi.,
*" Tacitus Histor. lib. I. cap. I.
* Idm Hfstw, Uh. j. cap. 61. (ff se^-
S^ Annali d' I t a l i a
vivente Galba èi mossero tante forze sotto
i due generali per due diverse vie alla vol-
ta d' Italia ; cioè Valente per le Gallie , .e
Cecina per l'Elvezia. Vitellio facea conto
di seguitarli dipoi ; Nel viaggio ebbero nuo-
va della 'morte di Galba, e delF innalza-
mento di Ottone . Dovunque passò Valente
per la Gallia, il terrore delle sue armi con-
dusse i popoli all'ubbidienza di Vitellio.
Sopra tutto con allegria fu ricevuto in Lio-
ne. In altri luoghi non mancarono saccheg-
gi ed anche stragi. Non- fece di meno Ce-
cina nel passare pel paese degli Svizzeri .
All'avviso di queste armate, che si avvici-
navano air Italia , un reggimento di caval-
leria , accampato sul Po\, che avea servito
una volta in Africa sotto Vitellio, l'accla-
mò imperadore , e cagion fu , che Milano ,
Ivrea, Novara, e Vercelli prendessero il
suo partito . Perciò si affrettò Cecina ver-
so la metà di m.arzo per calare in Italia ,
ancorché i monti fossero tuttavia carichi
di neve , e spedì innanzi un corpo di gen-
te ^ per sostenere le suddette città . Gran
dire , gran costernazione fu in Roma , al-
lorché si udì là mossa di tante armi , e V
inevitàbil guerra civile. ^ Mosse Ottone il
senato a scrivere a Vitellio delle lettere
amorevoli, per esortarlo a desistere dalla
ribellione, offerendogli danaro, comodi , e
una città. Ne scrisse anch' egli, e dicono
che
* Fiutare» in Othone.
'Anno LXIX. 87
fibisse segretamente di prenderlo
per collega neir imperio , e per genero. Gli
rispose Vitellio in termini amichevoli, ta-
li nondimeno, che mostravano di burlarsi
di lui. Irritato Ottone gli rispose per le
rime, cioè gliene scrisse dell'altre piene di
vituperj , e con ridicole sparate , ricordan-
dogli soprattutto V infame sua vita passa-
ta. Non furono meno obbrobriose le rispo-
ste di Vitellio . Né alcun di loro diceva
bugia . Amendue ancora inviarono degli as-
sassini, per liberarsi cadauno dall' emulo
suoj ma riuscì in fumo il loro disegno.
Adunque chiaro si vide^ non restar altro ,
che di decidere la contesa coli' armi. Unì
Ottone una possente armata anch' egli , com-
posta della maggior parte de' pretoriani e
delle legioni venute dalla Dalmazia e Pan-
nonia . E lasciato al governo di Roma Ti-
ziano suo fratello con Flavio Sabino pre-
fetto d'essa città, e fratello di Vespasia-
no, dato anche ordine, che pon fosse fat-
to torto alcuno alla madre , alla moglie ,
€ a' figliuoli di Vitellio , nel di 14 di mar-
zo si licenziò dal senato ;, e alla testa dell'
esercito , non parendo più quelP effemmina-
to uomo di una volta, s'incamminò per
venir contro a' nemici . Suoi marescialli era-
no Suetonio Paolino^ Mario Celso ^ ed An-
mio Gallo , ufiziali non meno prudenti , che
F 4 bra-
' Sueton. in Othone cap. 8. Dio lib. 6^, Tacita ìib. J. Mi-
storiar. caf. 74.
88 Annali d'Italia
bravi. Mancavano ben questi pregi a Zici-
nlo Procolo prefetto del pretorio, che pur
faceva una delle prime iìgure in quelT ar-
mata. Alleno Cecina^ general di Vitellio ,
arrivato al Po , passò quel fiume a Piacen-
za , ed assalì quella città , da cui Arinio
Gallo ^ dopo due dì di valorosa; difesa il
fece ritirare a Cremona , malcontento per
la perdita di molta gente. Fu in qiiella oc-
casione bruciato l'anfiteatro de'Piaceifitini,
posto fuori della città , il più capace dì
gente , che fosse allora in Italia. Anche
Marzio Macro ^ console disegnato, diede a
Cecina un'altra percossa coi gladiatori di
Ottone . Eppur egli ciò non ostante volle
venire ad un terzo cimento : tanta era là
voglia in lui di vincere , affinchè V altro
general di Vitellio , cioè Valente ^ non gli
rapisse, o dimezzasse la gloria . In un luo-
go detto i Castori, dodici miglia lungi da
Cremona, tese un' imboscata a Suetotiio Pao^
Uno e a Mario Celso ; ma questi avutane
notizia presero così ben le misure , che il
misero in rotta , ed avrebbono anche rovi-
nata affatto la di lui gente, se Paolino per
troppa cautela non avesse impedito a' suoi
l'inseguirli. Per questo fu egli in sospetto
di tradimento ^ ed Ottone chiamò da Roma
Tiziano suo fratello , accit>cchè comandasse
V armi , sebben con poco frutto , perchè Li-
cinio Procolo, capitan delle guardie, ben-
ché
* Idem l/k. a. eap. ai»
^^^^ Anno LXIX. 89
^Wiè nomo inesperto , la facea da superiore
a tutti.
Venne poi Valente da Pavia colla sua
armata più numerosa delF altra ad unirsi
con Cecina;» e tuttoché questi due generali
di Vitellio fossero gelosi T un dell' altro , si
accordarono nondimeno pel buon regola*
mento della guerra , e per isbrigarla il più
presto possibile . Tenne consiglio dalF altra
parte Ottone; e il parere de' suoi più as-
sennati generali, cioè di Suetonio Paolino ,
Mario Celso , ed Annio Gallo , fu di tem-
poreggiare , tanto che venissero alcune le-
gioni che si aspettavano dall' Illirico . Ma
prevalse quello di Ottone, Tiziano, e Pro-
colo , a' quali parve meglio di venir senza
dimora a battaglia , perchè i pretoriani cre-
dendosi tanti Marti , si tenevano in pugno
la vittoria , e tutti ansavano di ritornarse-
ne tosto alle delizie di Roma . ^ Lo stesso
Ottone impazie nte per trovarsi in mezzo a
tanti pericoli , fra l' incertezza delle cose ,
e il timore di qualche rivolta de' soldati.,
era nelle spine ; e però si voleva levar d'
affanno con un pronto fatto d' armi . Ma
da codardo si ritirò a Brescello , dove il
fiume Enza sbocca nel Po, per quivi aspet-
tar l'esito delle cose; risoluzione che ac-
crebbe la sua rovina j, perchè seco andaro-
no molti bravi ufìziali e molti soldati , con
restare indebolita l' armata sua , in mano
di
* Fiutare, in Othone.
cjo Annali d' I t a l i a
di generali discordi fra loro , e poco ub-
bidienti 5 e senza quel coraggio di più ,
che loro avrebbe potuto dar la presenza
del principe , Seguì qualche picciolo fatto
fra gli staccamenti delle due armate ; ma
finalmente quella di Ottone, passato ilPo^,
andò a postarsi a qualche miglio lungi da
Bedria'co , villa posta fra Verona e Cremo-
na , più vicina nondimeno all'ultima, ver-
so il fiume Oglio , dove si crede che og-
gidì sia la terra di Caneto . Molte miglia
separavano le due armate ; ed ancorché
Suetonio e Mario ripugnassero alla risolu-
zion conceputa da Procolo di andare nel
di seguente, ( cioè circa il dì 15 di apri-
le-) ad assalire i nemici, perchè l'arrivar
colà stanchi i soldati^ era un principio d'
esser vinti : Procolo persistè nella sua opi-
iiione , perchè sollecitato da più lettere di
Ottone , che voleva battaglia , Si venne in
fatti al conibattimento ^ che fu sanguinosis-
simo , credendosi che fra V una e Y altra
parte restassero sul campo estinte circa
quarantamila persone, perchè non si dava
quartiere . Ma la vittoria toccò all' arma-
ta di Vitellio . I generali di Ottone , chi
qua chi là fuggitivi scamparono colle reli-
quie della ior gente il meglio che potero-
;io 5 valendosi del favor della notte, * Ma
perchè nel dì seguente si aspettavano di
nuovo addosso il vittorioso esercito, con
pe-
* Dio hi/. 6^, * FIut(ir(b> in Othons*
^ AnìToLXI^! 91 1
Sericolo ci' essere tutti tagliati a pezzi; gUj
nfìziali, soldati, e lo stesso Tiziano, ^i'^- 1
tello .di Ottone, che si trovarono insieme ,j
s' accordarono di fare una deputazione al
Valente e Cecina , per rendersi . Fu accet-l
tata l'offerta, eà unitesi le non più ne-J
miche armate , ognun corse ad abbracciar J
gli amici, a detestar gli odj passati, 3.;J
condolersi delle morti di tanti. Giurarondl
1 vinti fedeltà a Vitellio , e cessarono tutti!
i rancori . Portata questa lagrimevol nuo-l
Wk ad Ottone, dimorante in Brescello , noni
mancarono già i suoi cortigiani di animar-*!
lo , con fargli conoscere arrivate già adi
Aquileja tre legioni della Mesia , salvate]
altre buone milizie a lui fedeli , non esse-]
re disperato il caso . Ma egli avea già de-J
terminato di finirla, chi credette per or-J
rore di una guerra civile , come attest||
Suctonio ^, chi per poca fortezza d' animo ^,1
e chi per acquistarsi una gloria vana coni
una risoluzion generosa . Pertanto attesel
spiritosamente nel resto del giorno a di>^
stribuir danaro a' suoi domestici ed amici J
a bruciar le lettere scrittegli da varie per-?ì
sona contra di Vitellio, affinchè non pre«*|
giudicassero a chi le avea scritte , e a dafj
altri ordini per la sicurezza di molti no^l
bili, eh' erano alla sua corte. ^ Prese anchcl
nella notte seguente un po' di sonno ^ J^^^^
di- f^
* Suetonìus in Otbnne f;?*. lo.
^ Tacita Ht'stoy. i:!;. cap\ 48.
^2 A N N A 1 1 d' I T A L I A
disturbato da un romor delle guardie , c-W
minacciavano la morte a que' senatori , i
quali d' ordine suo erano per ritirarsi , ^
sopra tutto aveano assediato Virginio Ru^
Jo . Uscì Ottone di camera , e con buona
maniera calmò que! tumulto . Poscia suri
far del giorno svegliato , intrepidamente &i
diede di un pugnale nel petto , e di quelk
ferita fra poco m_orì in età di trentasette
anni ^ . Al suo cadavero bruciato fur data
quella sepoltura che si potè , cioè in^ ter-
ra, colla memoria del solo suo nome sen-*
za titolo alcuno . Una massa di monete d'oro-^
trovate sui primi anni del secolo, in cui scri-
vo , sul territorio di Brescello , fece crede-
dere ad alcuni , che fossero i-vi seppellite
in oGcasion delle disgrazie di Ottone . Ben-
ché usurpator dell' imperio , e screditato
per varie sue ree qualità, cotanto era ama-
to dai soldati, che alcuni d'essi non me-
no in Brescello , che in Piacenza e in al-*
tri luoghi , pel dolore accompagnarono la
di lui morte colla propria , secondo la de-
testabil usanza e frenesia di que' tempi-.
Dacché i soldati , eh' erano in Brescello ,
non poterono indurre Virginio Rufo ad ac-
cettar r imperio , si diedero ai generali ài
Vitellio . In un fiero imbroglio si ti'ovò
allora la maggior parte del senato, che
Ottone avea lasciato in Modena , perchè
dair un canto temeva oltraggi dall' armi di
Vi-
' Fiutare, in Othom.
^^^H Anno LXIX/ 95
Tteli^^ e dall' altro i soldati dì Ottone ì
tenendoli a vista d' occhio , e riputandoli
nemici dei!' estinto principe , cercavano pre- \
i testi per menar ie mani contra di loro. ì
' Finalmente ebbero la fortuna di salvarsi a \
Bologna , dove si mostrarono disposti a
riconoscere Vitellio ; ma per qualche tem-
po se ne guardarono a eagion di una falsa ^
voce portata da Ceno , liberto già di Ne- »
rone^, che i vincitori erano ^«)oi stati vin-
ti . Da queste paure non si riebbero , se
Hon allorché arrivarono lettere di Valen-
te , che riferirono la vera positura ^egli
affari . In Roma subito che s' int€3e <^uan- '
to era succeduto di Ottone , Flavio Sabino
fratello di Vespasiano , fece prestar giura-
mento dai senato e dai soldati , che ivi
restavano , a Vitellio , e ii senato gli ac-
cordò tutti gli onori consueti . i
Intanto Vitellio , dopo aver lasciato a
Ordeonio Fiacco un corpo di milizie per
la guardia del Reno germanico , col resto
delle genti che potè raecorre , si mis€ in
viaggio verso V Italia . Per istrada intese
la vittoria de' suoi ^ e la morte di Ottone,
e che eluvio Rufo governator della Spa*
gna avea ricuperate le due Mauritanie . Ar-
rivato a Lione, quivi trovò non meno i
vincitori che i vinti generali . Perdonò a
Tiziano fratello di Ottone, perchè il cono-
sceva per uomo dappoco . Conservò il con-
solato a Mario Celso, Suetonio e Frocolo
si acquistarono la di lui grazia con una
vii-
$4 Annali d' Itali a
viltà , asserendo di aver fatta consigliatamen-
te perdere la vittoria ad Ottone nella bat-
taglia di Bedriaco . Mandò Vitellio a Roma
un editto, per cui proibiva ai cavalieri il
ciombattere da gladiatori fra- loro, e con-
tro le fiere negli anfiteatri . Un altro an-
cora, che tutti gli strologhi e indovini pyi-
ma delle calende di ottobre fossero fuori
d'Italia. Si vide attaccato nella stessa not-
te un" cartello , in cui essi strologhi co-
mandavano a lui di uscire del mondo pri-
ma del suddetto medesimo giorno. Se ne
alterò talmente Vitellio , die qualunque d'
essi, chi gli capitasse alle mani , senza pro-
cesso il condannava alla morte . Grande
odiosità si tirò egli addosso , coli' aver in-
Tiato ordine y che si levasse la vita 3.Gnea
Cornelio Bolahella ^ uno de' più. illustri Ro-
mani , odiato da lui per particolari riguar-
di , che relegato ad Aquino , era dopo la
morte di Ottone ritornato a Roma»- L'or-
dine fu barbaramente eseguito . Intanto
a- poco a poco tutte le provincie si anda-
rono sottomettendo a lui ; m.a V Italia era
afflitta per le tante soldatesche del mede-
simo-Vitellio , e dell'altre che furono di
Ottone . Senza disciplina saccheggiavano 5
uccidevano , e sotto 1' ombra loro anche
molti altri faceano ruberie e vendette .
Entrato clie fu Vitellio in Italia , trovò
modo di dividere le milizie ^ ( e special-
mente i pretoriani ) che aveano servito ad
Ottone , perchè le conobbe malcontente ed
in-
Anno LXIX. s5
inquiete j, e a poco a poco le andò cassan-
do\ con dar loro delle ricompense . Venne
a Cremona, e volle co' suoi occhj vedere
il campo ^ dove s' era data ( già scorreano
"uaranta giorni ) la battaglia 3 ed avve-
iiachè fossero tuttavia insepolte quelle mi-
glia] a di cadaveri , e menasse un insopporta-
bil fetore , non lasciò ordine ^ che si sep-
pellissero; anzi disse, che V odore di un
nemico morto sapea di buono . Menava se-
co circa sessàntamila combattenti , senza i
famigli ed altre- persone destinate al ba-
gaglio , eh' erano più del doppio . Dovun-
que passava questa gran ciurma, lasciava
lagrimevoli segni della sua rapacità e bar-
barie. Verso la metà di luglio arrivò a Ro-
ma , e se non era distornato da' suoi amici ,
volea farvi T entrata in abito da guerra,
come in una città conquistata. L'accom-
pagnavano m^ndre d' eunuchi e commedianti
secondo V usanza del suo maestro Nerone ,
e questi ebbero poi parte agli affari . Tro-
vata Sestil'ia sua madre nel Campidoglio ,
le diede il cognome di Augusta ; ma ella
non se ne allegrò punto, anzi si vergogna-
va di avere un sì indegno imperadore per
figlio. Morì^ ella dipoi in quest'anno, non
si sa, se per iniquità del figliuolo, o per
veleno da lei preso , prevedendo i mali
che doveano avvenire/Fece dipoi Vitellio
una nuova leva di coorti pretoriane sino a
sedici y tutte di mille uomini per cadauna^
e gente scelta * Due furono i prefetti del
pre-
9^ Air^Ti^Li d' Italia
pretorio , cioè Publio Sabino e Giulio Pri-
sco. Valente e Cecina potevano tutto in
corte j ma sempre fra loro discordi . Die-
desi poi questo ghiottone Augusto , come
era il suo stile , a fare del suo ventre un
dio , ma con eccessi maggiori , a misu-
ra della dignità e del comodo accresciu-
to. Il suo mestiere cotidiano era mangia-^
re e bere e vomitare, per far luogo ad al'
tri cibi e bevande . Consumava in ciò te-
sori ; e molti si spiantarono per fargli de'
conviti . Non istimava , né lodava questo
mostro se non le azioni di Nerone , e le
imitava bene spesso , inclinando anche alla
crudeltà , di cui rapporta Suetonio ^ varj
esempli ; e se fosse sopravvivuto molto , for-
se sarebbe riuscito anche in ciò non infe-
riore a lui. La maniera di guadagnarlo so-^
leva essere 1' adulazione ; ma siccome egli
era timido e sospettoso^ poco ci voleva a
disgustarlo »
E fin qui abbiam veduto le due trage-
die di Galba e di Ottone. Ora è tempo
di passare alla terza. Di ninno più teme-
va Vitellio , che di Flavio Vespasiano , ge-
nerale dell' armi romane nella Giudea , do-
ve si continuava la guerra con apparenza^
eh' egli fosse per assediar Gerusalemme . Al-
lorché gli venne la nuova , eh' esso Vespasia-
.no t Licinio Mudano y governator della Bo-
ria , il riconoscevano pur imperadore , ne fece
gran
* Suetott, in l^iteìlìo cap. 24. Die Uh. 64.
Anno LXIX. 97
gran festa. Ed in vero sulle prime niuno
j linai s'avvisò che Vespasiano potesse arri-
var air imperio , né egli vi aspirava , per-
I che bassamente nato a Rieti, e mancante
I di danaro . Si raccontavano ancora molte
' "viltà di lui nella vita privata; e Tacito ^
ci assicura eh' egli si era tirato addosso T
odio e il dispregio de' popoli ; ma i fatti
mostrarono poi tutto il contrario. Comun-
que sia , Dio i' avea destinato a liberar Ro-
ma dai mostri, e a punire l'orgoglio de'
Giudei implacabili persecutori del nato
Cristianesimo . Era egli per altro dotato
di molte lodevoli qualità , perchè senza fa-
sto, temperante nel vitto ^ amorevole ver-
so tutti , e massimamente verso i sol-
dati , che r amavano non poco , ancorché
li tenesse in disciplina 5 vigilante e pru-
dente, buon soldato, e migliore capitano.
Sopra tutto veniva considerato come ama-
tor della giustizia ; la sua età era allora
d' anni sessanta . Si può giustamente cre-
dere che dopo la morte dì Galba i più sag-
gi de' Romani al vedere che i due usurpa-
tori Ottone e Vitellio , senza sapersi chi
fosse il peggiore di loro , disputavano dell'
imperio , rivolgessero i lor occhi e deside-
rj a Vespasiano , e segretamente ancora V
esortassero al trono. Flavio Sabino di lui
fratello gran figura faceva anch'' egli , coli*
essere prefetto di Roma , e le sue belle do-
ToM. IL G ti
5 Tacitus Histor. lib, a. e. 97. Suitonius in respasi ano r. 4-
^8 Annali d' Italia
ti maggiormente accreditavano quelle del
fratello. 0 questo fosse, o pure, che gli
ufìziali e soldati di Vespasiano-mirando quel
che aveano fatto gli altri in Ispagna , E.o-
ma , e Germania , non volessero essere da
meno : certo è , che si cominciò da essi a
proporre di far imperadore Vespasiano .
Quegli , che diede V ultima spinta all' irri-
soluzione d' esso Vespasiano, personaggio
guardingo , e non temerario , fu il suddetto
Licinio Mudano governator della Soria , il
quale dopo la morte di Ottone gli rappre-
sentò , che non era sicura né la comune lor
dignità , né la vita sotto queir infame im-
perador di Vitellio . Si lasciò vincere in
fine Vespasiano , ed essendo entrato nella
medesima lega anche Tiberio Alessandro
governator dell' Egittp, fu egli il primo a
proclamarlo in Alessandria imperadore nel
dì primo di luglio ^ , e lo stesso fece nel
terzo giorno di esso mese anche T armata
della Giudea , a cui Vespasiano promise
un donativo , simile a quel di Claudio e
di Nerone . La Soria , e tutte V altre pro-
vincie e i re sudditi di Roma in Oriente,
e la Grecia alzarono anch' esse le bandiere
del novello Augusto . Furono scritte lette-
re a tutte le provincie dell' Occidente, per
esortar ciascuno ad abbandonar Vitellio ,
usurpatore indegno del trQno imperiale . * Si
fece
' Joseph, de Bello Judaic. lih.^.
^ Tacitus Ristori^)'' iilf- a. Cflp. 8i.
Anno LXIX. 99
fece intendere ai pretoriani cassati da Vi-
tallio ) che questo era il tempo di farlo pen*
t^re ; e veramente costoro arrolatisi in fa-
)r di Vespasiano ^ fecero dipoi delle ma-
laviglie contrà di Vitellio ;
Essendo così ben disposte le cose , e pro-
cacciate quelle somme di danaro , che si
poterono raccogliere ^ per muovere le sol-
datesche , in uri gran consiglio tenuto in
Berito , fu conchiuso che Muciano mar-
cerebbe con un competente esercito in
Italia ; Tito , figliuolo di Vespasiano ^
già dichiarato Cesare 5 continuerebbe
lentamente la guerra contro ai Giudei •
e Vespasiano^ passerebbe nella doviziosa
provincia dell' Egitto j per raunar da-
naro , ed afFam.are , ò provveder di grani
Roma 5 secondochè portasse il bisogno . 3111--
ciano , uomo ambizioso , e che mirava a
divenire in certa maniera compagno di Ves-
pasiano nel principato , accettò volentieri
quella incumbenza. Per timore delle tem--
peste non si arrischiò al mare ; ma imprese
il viaggio per terra , con disegno di pas-
sare lo Stretto verso Bisanzio/ al qual
fine ordinò che quivi fossero pronti i va-
scelli del Mar Nero * Non era molto copio-
sa e possente V armata di Muciano ^ ma a
guisa de' fiumi regali andò crescendo per
via: tanta era la riputazion di Vespasiano,
e r abbominazion di Vitellio. Nella Mesia
le tre legioni che stavano ivi a' quartieri ,
si dichiararono per Vespasiano ^ e V esem-
G 2 pio
loò Annali d^ I t a i r a
pio d' esse seco trasse due altre della Pan*
nonia , e poi le milizie della Dalmazia ,
senza neppnr aspettare l'arrivo di Muda-
no . Antonio Primo da Tolosa , sopranno-^
minato Becco di Gallo, forse dal suo naso
(dai che impariamo T antichità della parola
Becco ^ ) uomo arditissimo, ^ sedizioso, ed
egualmente pronto alle lodevoli , che alle
malvage imprese , quegli fu , che colla sua
vivace eloquenza commosse popoli e soldati
contra di Vitellio_, né aspettò gli ordini di
Vespasiano o di Muciano , per farsi gene-f
rale di quelle legioni . Che più ? Chiama-:
ti in soccorso i re de'Suevi, ed altri bar-
bari, e trovato che quelle milizie nulla più
sospiravano , che di entrare in Italia :, per
arricchirsi nello spoglio di queste belle
Provincie , di sua testa con poche truppe
innanzi agli altri calò in Italia , e fu con
festa ricevuto in Aquileja , Padova , Vicen-
za , Este^ ed altri luoghi di quelle parti.
Mise in rotta un corpo di cavalleria, eh'
era postata al Foro d'Alieno, dove oggidì
è Ferrara. Rinforzato poi dalle due legio-
ni della Pannonia ( soleva essere ogni le-,
gione composta di seimila soldati ) s'im-
padronì di Verona j, e quivi si fortificò ,
Colà ancora giunse Marco ^ponlo Saturnino
con una delle legioni della Mesia, e con-
corse ad arrolarsi sotto di Primo gran co-
pia de' pretoriani, licenziati da Vitellio,
An-
^ * Sueton. in ^i tei ho (op. i8.
A ]jr tr o LXIX. 101
fosse SI grande il suscitato inceiv
dio, non s'era per anche mosso T impol-
tronito Vitellio. Svegliossi egli allora sola-
inente, che intese penetrato il fuoco fino
in Italia, Perchè Fa Zeri re non era ben ri-
messo da una sofferta maUttia , diede il
comando delle sue armi ad Alieno Cecina^
con ordine di marciare speditamente contra
di Antonio Primo , Venne Cecina con otto
legioni almeno y cioè con tali forze , ch€
avrebbe potuto opprimerlo. Mandò parte
delle milizie a Cremona , e col più della
gente , armata si postò ad Gstiglia siti
Po . Macchinando poi altre cose , perde
apposta il tempo in iscrivere lettere di
rimproveri e minacce ai soldati di Pri-
mcf, ed intanto lasciò che arrivassero a
Verona la due altre legioni della Mesia .
Finalmente ^ dappoiché intese, che . Luciano
Basso ^ governatore della flotta di Raven-
na , con cui teneva intelligenza , verso il
dì 20 d' ottobre , s' era rivoltato in favor
di Vespasiano: allora, come sé fosse dis-
perato il caso per Vitellio, si diede ad
esortare i soldati ad abbracciare il partito
di Vespasiano , e molti ne indusse a pre-
star giuramento a lui , e a rompere le im-
magini di Vitellio* Ma gli altri, che non
poteano soiferir tanta perfidia , e quegli
stessi che poc' anzi aveafio giurato , ^ presi
dalla vergogna e pentiti, si scagliarono
G 3 con-
* -O/o //^, 65, T^fitus Histor. lih-z, f^^ l|-
102 Annali d' Italia
contra di lui , e senza alcun rispetto al
carattere di console , incatenato l' inviaro-
no a Cremona , e cominciarono a caricar
anch'essi il bagaglio, per passare colà.
Ad Antonio Primo ^ ch'aera in Verona,
fu portata dalle spie Tinformaz^ione di quan-
to era accaduto ad Ostigli a, e subito fu
in armi , per . impedir V unione di queir
esercito con quel di Cremona . Inoltratosi
sino a Bedriaco, luogo fatale per le bat-
taglie , e circa nove miglia lungi da quel
sito , s' incontrò colle soldatesche di Vitel-
lio I che uscite di Cremona venivano per
unirsi con quelle d'Ostiglia. Ciò fu circa il
di 26 d' ottobre . Dopo sanguinoso con-
flitto le mise in rotta , obbligando chi scam-
pò dalle sue spade , a rifugiarsi in Cre--
mona. Ad alte voci allora dimandarono i vit-
toriosi soldati di andar dirittamente a Cre-
mona , per isperanza d'entrarvi , e per avidi-
tà di saccheggiarla . Né gli avrebbe potuto
ritenere Primo , se non fosse giunto 1' av-
viso, che s'appressava l'altra armata partita
da Ostiglia , e in ordinanza di battaglia .
Era già sopraggiunta la notte , e pure i
due eserciti vennero alle mani con ardore ,
con fierezza inudita, combattendo, per quan-
to comportavano le tenebre , senza distin-
guere tavolta chi fosse amico o nemico ,
Levatasi poi la luna , cominciò Primo a
provarne del vantaggio , perchè essa dava
nel volto ai nemici . Durò il combattimen-
to tutto il resto della notte, e fatto poi
gior-
Anno LXIX. 103
giorno , avendo la terza legione , già ve-
nuta di Soria , secondo l'uso di que' pae-
si, salutato il soie con alti ed allegri Vi-
•va , questo romore fece credere a quo' di
Vitellio , che V esercito di Muciano fosse
arrivato , e diede loro tal terrore , che riu-
scì poi facile a Primo lo sconfìggerli ed ob-
bligarli alla fuga. Giuseppe ^ narrando che de'
soldati di Vitellio in queste azioni perirono
jtrentamila e dugento persone , e quattromila
e cinquecento di quei di Vespasiano , verisi-
milmente secondo l'uso delle battaglie in-
grandì di troppo il racconto, ne noi siam
tenuti a prestargli fede . Bensì possiam cre-
dere a Dione , allorché dice , che oscuran-
dosi talvolta la luna per qualche nuvola ,
cessava il combattimento; e che i soldati
emuli vicini parlavano 1' uno all' altro , chi
con villanie, chi con parole amichevoli, e
con detestar le guerre civili^ e con invi-
tar r avversario a seguitar Vitellio , o pur
Vespasiano. Ma non c'è già ragion di cre-
dere che l'uno porgesse all'altro da mangiare
e da bere , finché non si provi che i soldati
di allora erano sì bravi od industriosi da
portar seco anche nel furor delle zuffe le
loro bisacce al collo , coli' occorrente cibo
e bevanda . Tanto poi Dione , quanto Ta-
cito ci assicurano , che incomodando forte
una grossa petriera con lanciar sassi l'eser-
cito di Vespasiano, due coraggiosi solda-
G4 ti,
' Joseph, de Bello Judaico Uh. 5. ca^. xj.
I04 Annali d' Italia
ti, dato di piglio a 'due scudi degli avvef'*
sarj , si finsero Yitelliani • ed arrivati alla
macchina ne tagliarono le funi , con ren-^
der essa inutile , ma con restar anch' essi
tagliati a pezzi senza che rimanesse memcn»
ria alcuna del loro nome . Dopo questa vit-
toria , e dopo lo spoglio del campo , a Gre--
mona a Cremona gridarono i vincitori sol-
dati . Bisognò andarvi. Si credevano di sal-
tarvi dentro ; ma trovarono un impensato
ostacolo , cioè un alto e mirabil trincera-
mento , fatto fuor della città nella prece-
dente guerra di Ottone , alla cui difesa era
accorsa quasi tutta la milizia esistente in
Cremona . Fecero delle maraviglie i sol-
dati di Vespasiano^ per superar quel sito:
tanta era la lor gola di arrivar al sacco
di quella ricca città , che Antonio Primo
avea loro benignamente accordato : il che
fatto assalirono la città. Contuttoché que-
sta fosse cinta di forti mura e torri, e pie-
na di popolo , invilirono sì fattamente i
soldati Vitelliani , che non tardarono a trat**
tare di rendersi . Scatenarono per questo
Alieno Cecina , acciocché s' interponesse pel
perdono ^ ed esposero bandiera bianca . Usci
Cecina vestito da console co' suoi littori ,
cioè colle sue guardie , e passò al campo
de'vincitori , ma accolto da tutti con ischer-
ni e rimproveri, perchè la perfidia suo!
essere pagata coli' odio d' ognuno . D' uopo
fu^ che Antonio Primo il facesse scortare,
tanto che fosse in luogo sicuro da potersi
por-
Anno LXIX. 105
portate a trovar Vespasiano . Fu perdona-
to ai soldati di Vitellio , ma non già all'
infelicissima città di Cremona, città allora
celebre per bellissime fabbriche , per gran
popolo , per molte ricchezze ^ , Quaranta*-
mila soldati < e un numero ma2:8:ior di fa-
migli e bagaglioni , come cani v' entraro-
no . Stragi e stupri senza numero ; non si
perdonò neppure ai templi ; tutto andò a
sacco ; e in fine si attaccò il fuoco alle ca-
se . Gli stessi soldati di Vitellio^ che pri-
ma difendeano quella città, gareggiarono in
tanta barbarie con gli altri ; anzi fecero
di peggio , perchè più pratici de' luoghi .
Che vi perissero cinquantam.ila di quegl'
innocenti e miseri cittadini , lo scrive Dio^
ne . A me par troppo . Gli abitanti rima-
sti in vita furono tenuti per ischiavi , e
poi riscattati. Per cura di Vespasiano ven-
ne poi riedificata e popolata di nuovo quel-
la città *
Vitellio intanto se ne stava in Roma agia-
to , e con isfoggiata tavola ^ niuna appren-
sione mostrando di tanti romori i Ma quan^
do cominciarono sul fine d'ottobre ad ar-
rivare r un dietro V altro i funesti avvisi
di quanto era succeduto , allora gli corse
il freddo per 1' ossa * E poscia udendo che
Antonio Primo s' era messo in cammino^
pervenire a Roma , bufìava^ non sapeapià
dove si fosse , ora pensando a far ogm sfor-
zo
' Tacitus Histvrtar. Uh-i- r ;j. Dio lib.6s^
10^ Annali d^Italia
20 per resistere , ora a dimettere 1* impe-
rio, ed a ritirarsi a vita privata, ora fa-
cendo il bravo con la spada al fianco ,
ed ora il coniglio , con far ridere il se-
nato j e con trovare oramai poca ubbi-
dienza ne"* pretoriani . Tuttavia spedì
Giulio Prisco ed Alfeno Varo con quat-
tordici coorti pretoriane, e tutti i reg-
gimenti di cavalleria , a prendere i passi
deirApennino ^, e vi aggiunse la legione
deir armata navale : esercito suiHciente a
sostener con vigore la guerra , se avesse
avuto capitani migliori . Si postò a Beva-
gna quest' armata , e colà ancora si portò
poi lo stesso Vitellio , benché solennissi-
mo poltrone_, per le istanze de' soldati . At-
tediossi ben presto di quel soggiorno , e
i^enutagli poi nuova , che Claudio Faentino
e Claudio Apollinare aveano indotta alla
ribellione l'armata navale del Miseno^ e
le città circonvicine , se ne tornò a Ro-
ma , ed inviò Lucio Vitellio suo fratel-
lo ad occupar Terracina per opporsi da
quella banda ai ribelli . Ma Antonio
Primo colle milizie fedeli a Vespasiano ,
alle quali egli permetteva il far quan-
te insolenze ed iniquità volevano nel viag-
gio , passò l' Apennino . Pervenuto che fu
a Narni , se gli arrenderono la legione
e le coorti inviate contra di lui da Vitel-
lio. E pur Vitellio in sì duro frangente
se-
' Tacitus Hi storiar* lib. s- e. ^5.
^^^ Anno LXlX. J07 ^
^egmfàVa a starsene con tal torpedine in
Roma , che la gente sapea bensì esser egli
il principe, ma parea di non saperlo egli
Ì Stesso . Ogni dì nuove 1' una più dell' altra
fattive . A Fabio Valente suo generale , eh'
era stato preso nell' andar nelle Gallie, e ri-
mandato ad Urbino 5 tagliata fu /ia testa ^
per far conoscere ai Vitelliani falsa una
voce^ ch'egli avesse messa in armila Ger-
mania e Gallia contra di Vespasiano . Vero
all'incontro era, che anche le Spagne, le
Gallie , e la Bretagna riconobbero Vespa-
siano per imperadore. Poe' altro che Roma
oramai non restava a Vitellio ; e però Fla-
-vlo 5aòi/io, fratello di Vespasiano, che £n-
qui era stato prefetto della città , con fe-
deltà e buona intelligenza di Vitellio, de-
siderando di salvar Roma da più gravi di-
sordini , avea proposto dei temperamenti a
Vitellio stesso, per salvargli la vita. Al-
trettanto aveano fatto con lettere i^iucia/i^
e Primo ; e già s' era in concerto , che Vi-
tellio deponendo l'impero , ne riceverebbe in
contraccambio un milione di sesterzj e ter-
re nella Campania. In fatti egli nel dì 18
di dicembre , uscito di palazzo in abito
nero co' suoi domestici , e col figliuolo tut-
tavia fanciullo , piagnendo dichiarò al po-
polo , che per bene dello Stato egli depo-
neva il comando , ma nel voler consegnare
la spada al cònsole Cecilio Semplice , né qué-
sti, negli altri la vollero accettare . A tale
spettacolo commosso il popolo protestò di
non
I08 A N N A L I d' I T A L r A
non volerlo sofFerire; ma scioGcamente-, peiì^-
che tutto si rivolse poscia in danno della cit-
tà , e rovina maggior di Vi teli io . Trova-
vasi in questo mentre un' assemblea de' pri-
mi senatori, cavalieri, ed ufiziali rnilita-
ri presso Flavio Sabino ^ ^ trattando del
buono stato di Roma ,. còlla persuasione
clie veramente fosse seguita , o che segui-
rebbe la rinunzia di Vitellio . Alla nuova
deir abortito trattato , fu creduto bene , cl"te
Sabino andasse al palazzo per esortare ,* o
forzar Vitellio a cedere . Andò egli ac^
compagnato da una Buona truppa di sol.-
dati ; ma per via essendosi incontrato colla
guardia de' Tedeschi y si venne ad un pic-
ciolo coihbattimento . Salvossi Sabino nella
rocca del Campidoglio con alcuni senatori
e cavalieri , e co' due suoi figliuoli Sabino
e Clemente j e con Domiziano figlio mino-
re di Vespasiano . Quivi assediato fece una:,
meschina difesa; v'entrarono i Germani , ed
appiccato il fuoco al Campidoglio ( non bÌ\
sa da chi) si vide ridotto in cenere quell*
insigne luogo, con perir tante belle memo-
rie c^e ivi erano : accidente sommamente
compianto dal popolo romano . Fuggirono
di là Domiziano j i figli di .Saòmo; .non già
r infelice Sabino ; che preso dai Germani
insieme con Quinzio Attico console^ fu
condotto carico di catene davanti a Vitel-
lio. Si salvò Attico y ma Sabino ^: uomo di
graiì
' Dio liìf.óz, Tadtus tikz. Hhtof, CiJ^.f'9> \
Anno LXIX. 105
grati credito e di raro merito , e fratello
maggiore di Vespasiano , sotto le furiose
spade di que' soldati perde la vita : del che
più che d" altro s"* afflisse dipoi Fespasia-*
no, ma non o^ìh Muoiano che il riguardava
come ostacolo all' ascendente della sua for-^
luna .
Antonio Primo informato di queste lagri-
mevoli scene , mosse allora il suo campo
alia volta di Roma , dove si trovò alf in-
<:ontro la milizia di Viteilio, e lo stesso
popolo in armi . Giacche egii e Fetilìo Ce-
reale non vollero dar orecchio alle propo-
sizioni di qualche accordo , varj combatti-
menti seguirono, favorevoli ora ali* una,
ed ora all'altra parte; ma finalmente ri-
masero superiori quei di Vespasiano . Fu-
rono presi varj luoghi di Koma , e il
quartiere de' pretoriani , commessi molti
saccheggi colle consuete appendici , e strage
di tanta gente , che Giuseppe ^ e Dione la
fanno ascendere a cinquantamila perso-
ne. * Veggendosi allora a mal partito Vi-
teilio, dalpalazzo fuggì neiTAventino , con
pensiero di andarsene nel di seguente a
trovar Lucio suo fratello a Terracina . Ma
sul falso avviso , che non erano disperate
le cose , tornò al palazzo , e trovato poi
che ognun se n'era fuggito, preso un vile
abito, cor? una cintura piena d'oro, andò
a na-
? JoTtpb. He bel. Jud. lib. ^. r^/. 4s. Dio lib.é^.
* Sueton. in f^iteih'o ca^. io.
tio Annali d'Italia
a nascondersi nella cameretta del portina-
io, oppur nella stalla de'^cani, da più di
uno de' quali fu anche morsicato. 'A nulla
gli servì questo nascondiglio . Scoperto da
un tribuno _, per nome Giulio Placido ^ ne
fu estratto, e con una corda al collo, col-
le mani legate al di dietro, fu menato per
le strade , dileggiato , e con picciole pun-
ture trafitto in varie forme da' soldati, ed
ingiuriato dal popolo , senzachè alcuno com-
passion ne mostrasse y anzi correndo ognu-
no a rovesciar le sue statue gotto gli occhj
di lui . Credette di fargli servigio un> sol-
dato tedesco , per levarlo da tanti obbro-
Lrj ;, e gli lasciò sulla testa un buon colpo :
il che fatto si ammazzò da se stesso, ov-
vero, come s' ha da Tacito^ fu ucciso da-
gli altri» Termir^ò la sua vita VltelUo ^ coir
essere gittato giù per le scale gemonie ; il
cadavero suo fu coli' uncino strascinato al
Tevere , e la sua testa portata per tutta la
città* Era in età di cinquantasette anni; e
questo frutto riportò egli dalla sconsigliata
sua ambizione, alzato da chi noi conosce-
va a sì sublime grado , ed abBorrito da chi
sapea di sua vita , riguardandolo per trop-
po indegno dell' imperio , e certamente in-
capace di sostenerlo con tanti perversi co-
sttimi ,' e si grande poltroneria» Kestò ben-
sì libera Roma dall' usurpatore Vitellio, ma
non già dalle atroci pensioni della guerra
civile . Per lungo tempo durarono i sac-^
cheggi e gli omicidj . Maltrattato era chiun«
qua
Anno LXIX. ir:
que fu amico di Vitellio , e sotto queste prete-
sto si stendeva ad altri la feroce avidità dei
vittoriosi e licenziosi soldati : in una pa-
rola, tutto era lutto ^ confusione^ e lamen-
ti in Roma, ed altrove. Ancorché Donila
ziano figlio di Vespasiano fosse carnato im-
mediatamente col nome di Cesare^ pure
ni un rimedio apportava , intento solo a sfo-
gar le passioni proprie della scapestrata gio-
ventù é Lucio VltelUo 5 fratello dell'estinto Au-
gusto 5 venne ad arrendersi colle sue soldate-
sche , sperando pure miglior trattamento j
ma restò anch' egli barbaramente ucciso .
Fece lo stesso fine Germanico , picciolo fi-
gliuolo dei medesimo imperadore . Subito
che si potè raunare il senato, furono de-
cretati a Flavio Vespasiano tutti gli ono-
ri , soliti a godersi dagF im.peradori roma^
ni . E bisogno ben grande v' era di un sì
fatto imperadore si per rimettere in calma
la sconcertata Roma ed Italia, come anco-
ra per dar sesto alla Germania e Gallia,
dove Claudio Civile avea mosso dei gravi
torbidi che accenneremo fra poco . ^Guerra
eziandio era nella Giudea , guerra nella Me-
sia, e nel Ponto* Sovrastavano perciò dan-
ni e pericoli non pochi alla romana repub-
blica , se non arrivava a reggerla un Augu-
sto, che per senno e per valore gareggias-
se coi migliori.
An-
112 Aknali r»' Italia
Ai^NO di Cristo lxx. Indizione xiii*
di Clemente papa 4.
di Vespasiano imperadore 2.
'^ Flavio Vespasiano Augu^
ri V .' STO per la seconda volta.
Consoli ^ rr> -rT r^ r?
\ Tito Flavio Cesake suo n-
L gliuolo ♦
XAncorchè fossero lontani da Roma Fe^pa-
siano Augusto , e Tito suo figlio , dichiara-
to anch' esso Cesare dal senato , pure per
onorare i principj di questo nuovo impe-^
radox'e , furono amendue promossi al con*-
solato, in cui procederono per tutto giù*
gno . In essa dignità ebbero per successori
nelle calende di luglio Marco Licinio Mu-
dano , e Publio Valerio Asiatico ; e poscia
questi nelle calende di novembre succede-
xono Lucio Annio Basso , e Gajo Cecina Pe-
to. Dacché ^ nell'anno precedente giunj
a Roma Mudano ^ prese egli il govern(
facendo quel che gli parea sotto nome
Vespasiano . V interveniva anche Domizia-
no Cesare figliuolo dell' imperadore , per da^,
colore agli affari; ma quantunque egli preidHI
desse molte risoluzioni per le istigazioni
degli amici ; pure V autorità era principal^,
mente presso Muciano , uomo di smoderajB|
ta ambizione , che s'andava vantando d^
aver
re
1
Taetius l. 4. Histor» Die l:b. 66.
J
^^ Anno LXX. 113
ShfCT^onato V imperio a Vespasiano , e di
««sere come fratello di lui , e facendo per-
ciò alto e basso , come s' egli stesso fosse
rimperadore. Certo la sua prima cura fu
quella di metter fine all'insolenza de' sol-
dati, e di ridurre la quiete primiera nella
città . Ma un' altra maggiormente n' ebbe
per adunar danaro il più che si potea, per
rinforzare il pubblico fallito erario , dicen-
do sempre, che la pecunia era il nerbo del
Frincipato ; né gli rincresceva di tirar so-
pra di se r odiosità delle esazioni , e di ri-
sparmiarla a Vespasiano, perchè ne profitta-
va non poco anch' egli per se stesso . Reca-?
vano a lui gelosia Antonio Primo y divenu--
to in gran credito, per aver egli abbassa-
to Vitellioy ed Arrio Varo ^ perchè alzato
alla potente carica di prefetto del preto-
rio . Quanto a Primo , il caricò di lodi nel
senato , gli mostrò gran confidenza , gli fe-
ce sperare il governo della Spagna Tara-
conense , promosse agli onori varj di lui
amici ; ma nello stesso tempo mandò lun-
gi da Roma le legioni che aveano dell' amo-
re per lui, e fece restar lui in secco. An-
dò Primo a trovar Vespasiano, che il ri-
cevè con molte carezze; ma Muciano , con
rappresentarlo uomo pericoloso a cagion
della sua arditezza , e con rilevar gli ab-
bcfminevoli disordini da lui permessi in
Cremona, Roma ed altrove, per guadagnar-
si r affetto de' soldati , gli tagliò in fine le
Torvi. IL " H gamr
114 Ankali d'Ital-ìà
gambe. ^ Per conto ^i, Varo gli tolse la
prefettura , del j^retorio , dandogli quella
cjeir annona, e sostituì nella prima carica
Clemente Aretino , p^|"ente di Vespasiano .
Allorché si compiè la tragedia di Vitel-
liÒ , si trovava Vespasiano in Egitto , Tito
suo figliuolo nella Giudea . Non sì tosto eb-
bg Vespasiano avviso di quanto era avve-
nuto , che spedì da Alessandria a Roma una
copiosa flotta di navi cariche di grano, per-
chè le soprastava una terribil carestia ^ e
l'Egitto da gran tempo era il granajo de'
Romani , affinchè quel gran popolo abbon-
dasse di vettovaglia . Se vogìiam credere a
Filostrato * , Vespasiano fece di gran heno
all' Egitto j con dare un saggio regolamen-
to a quel paese , esausto in addietro per
le soverchie imposte . Dione ^ alF incontro
attesta ^ che gli Alessandrini , i quali si
aspettavano delle notabili ricompense, per
essere stati i primi ad acclamarlo impera-
dorcj si trovarono delusi, perchè egli vol-
le da loro buone somme di danaro , esigen-
do gli aggravj vecchj non pagati , senza
esentarne né meno i poveri^ ed imponen-
done dei nuovi. Questo era il solo difetto
o vizio ( se pure, come diremo, tal nome
gli competeva, ) che s' avesse; Vespasiano.
Perciò il popolo d' Alessandria , popolo per
altro avvezzo a dir quasi sempre male de'
suoi
T'^chus lib. /^. cap.og. -
Philostratus in A^o^lon. T/au. * Dio Uh. 66,
____ 'A N K o ■ LXX 'ii^
loi padroni ^ se ne vendicò con ^elte sa-
I^Ère , e con caricarlo cV ingiurie e 4i -nomi
^^BdUo oltraggiosi. Perciò vi mancò' poco,
'^Kc Vespasiano^ quantun()irè ■pvincJpìc -savib
^H amorevole^ non li g^.stiga^^ a'déVere j
^Vr avrebbe fatto , se Tito suo figliuolo^ non?
si fosse interposto, per ottener loro gra-
zia, con rappresentare al padrey c/ie i sag"
gi principi fanno quel che debbano^ o cre-
dono ben fatto ^ e poi lasciano dire. Nella
state venne Vespasiano Angusto alla volta
di Roma . Arrivato a Brindisi , vi trovò
Muoiano , eh' era ito ad incontrarlo colla
primaria nobiltà di Eoma . Trovò a Bene-
vento il figliuolo Domiziano , che già avea
cominciato a dar pruove del perverso suo
naturale con varie azioni ridicole , o con
prepotenze. Perchè egli ^nella lontananza
del padre si era arrogata più autorlità, che
non conveniva, e trascorreva anche in ogni
sorta di vizj : Vespasiano in collera parca
disposto a de' gravi risentimenti contra di
questo scapestrato figliuolo . ^ Il buon Ti-
to suo fratello fu quegli che perorò per
lui , e disarmò l' ira del padre . Non lasciò
per questo Vespasiano di mortificar la su-
perbia d'esso Domiziano. Accolse poi gli
altri tutti con gravità condita di cordiale
amorevolezza , trattando non da imperado-
re , nla come persona privata con cadauno ^
Aveva egli molto prima inviato ordine a
H 2 Ro-
' Tacìms l. 4. Hirtor. cap.'sx-
11^ Ankali d* Italia
Komaj, che si rifabbricasse il bruciato Cam-
pidoglio, dando tal incombenza a Lucio
Ve stino ^ cavaliere di molto credito. ISIel
dì 21 di giugno s'era dato principio a si
importante lavoro con tutto il superstizio-
so rituale , e le cerimonie di Roma Paga-
na, con essersi gittate ne' fondamenti assai
monete nuove , e non usate , perchè così
aveano decretato gli aruspici . Giunto da lì
a non molto Vespasiano a Roma , per me-
glio autenticar la sua premura per quella
fabbrica, e per alzar quivi un' sontuoso
tempio , ^ fu dei primi a portar sulle sue
spalle alquanti di que' rottami, e volle che
,gli altri nobili facessero altrettanto , affin-
chè dal suo e loro esempio si animasse
maaggiormente il popolo air impresa. E per-
ciocché neir incendio d' esso Campidoglio
erano perite circa tremila tavole di rame,
o sia di bronzo, cioè le più preziose anti*
chità di Roma, perchè in simili tavole era^
no intagliate le leggi, i decreti^ le leghe,
le paci, e gli altri atti più insigni del se-
nato e del popolo romano ^n dalla fonda-
zione di Roma : comandò che se ne ricer-
cassero diligentemente qucile copie che si
[potessero ritrovare , e di nuovo s' incides-
sero in altre tavole. Parimente ordinò Ves-
pasiano , che fosse restituita la buona fama
a tutti i condennati al tempo di Nero-
ne * , e sotto i tre susseguenti Augusti , «
la
" Sucton. int^t^asiano f . 8. * Dì$ inExceyptisValesiafìis,
Anno LXX. 117
"a libertà a tutti gli esiliati , che si tro-
vassero vivi; e che si cassassero tutte Is
accuse de' tempi addietro. Cacciò eziandio
di Roma tutti' gli strologhi, gente perni-
ciosa alle repubbliche , quantunque egli nori
disprezzasse quest' arte vana , e tenesse in
sua corte uno di tali pescatori dell' avve-
aire, stimandolo il più perito degli altri ^
E si sa, ch'egli a requisizione di un cer-
to Barbillo strologo concedette al popol di
Efeso di poter fare il combattimento appel-
lato sacro, grazia da lui non accordata ad
altre città.
Due gucrr^i di somma importanza ebbe-
ro in questi tempi i Romani , 1' una in Giu-
dea , l'altra nella Gallia e Germania. Dif-
fusamente è narrata la prima da Giuseppe
Ebreo; l'una e l'altra da Cornelio Taci-
to. Io me ne sbrigherò in poche parole.
Famosissima è la guerra giudaica. Avea
quel popolo , ingrato e cieco, ricompensa-
to il Messia , cioè il divino Salvator no-
stro , di tanti suoi beneflzj , con dargli una
morte ignominiosa ; avea perseguitata a tut-
to potere fin qui la nata santissima religio-
ne di Cristo . Venne il tempo , che la giu-
stizia di Dio volle lasciar piombare sopra
quella sconoscente nazione il gastigo , già
a lei predetto dallo stesso Signor nostro.
^S'erano ribellati i giudei all'imperio ro-
mano,, e per una vittoria da loro riporta-»
H 3 ta
* Jose}>b. lìb. 5. de Bello Judaìco.
1 18 Annali d' I t a l i a
ta contra Cestii, parca che si ridessero del-
le forze romane. ^ Vespasiano irritato for-
te contra di «loro, spedì Tito suo figliuolo
nella primavera delF anno presente per do-
marli. Gerusalemme era ;in que' tempi una
delle più belle , forti , e ricche città dell'
universo , perchè i Giudei sparsi in gran
i^copia per l'Asia e per l'Europa, faceano
gara di divozione per ma:ndar colà doni al
tempio, e limosine di danari. Per dar an-
che a conoscere Iddio più visibilmente, che
dalla sua mano veniva ilgastigo, Tito an-
dò ad assediarla in tempo , che un'infinità
di Giudei era secondo -il costume concorsa
colà per celebrarvi la Pasqua : nel qual
tempo appunto aveano crocifisso 1' umanato
flgliuol di Dio. Che sterminato numero di
essi per giusto giudizio di Dio si trovasse
ristretto in quella città, come in prigione,
si può raccogliere dal medesimo loro Sto-
rico Giuseppe , il quale asserisce , che du-
rante queir assedio vi perì un milione e
centomila Giudei per fame e per la peste.
Sanguinosi combattimenti seguirono^ osti-
nato quel popolo mai non volle ascoltar
proposizioni di pace e di arrendersi. Av-
vegnaché riuscisse al copiosissimo esercito
romano di superar le due prime cinte di
r;i\;ira,.di quella città, la terza nondimeno
più forte dell'altre fu sì bravamente dife-
sa dagli assediati, che Tito perde la spe-
ran-
* Tacftus KistoY. lib.'S.
Anno LXX. 119
''di espugnar la città colla forza , e si
rirtìlse al partito di vincerla con la fame.
Urf prodigioso muro- con fosse e bastioni
dì circonvallazione fatto intorno à Gerusa-
lemitie , tolse ad ognuno la via a fuggirse-
ne . Però uri' orribil fartie , e la peste sua
compa2:na, entrate in Gerusalemme, vi fa-
ceano un orrido macello di quegli abitan-
ti; i quali anche discordi fra loro e sedi-
ziosi, piuttosto amavano di vedere e sof^
ferire ogni pia orribile scempio , che di
sugget tarsi di nuovo al popolo romano .
Non si può leggere senza orrore la descri-
zione , che fa Giuseppe di quella deplorabil
miseria, a cui difficilmente si troverà una
simile nelle storie . Immense furono le ru-
berie e le crudeltà di quei che più potea-
no in quella città; le centina] a di migliaja
di cadaveri accrescevano il fetore e le mi-
serie di coloro che restavano in vita; fa-
ceano i falsi profeti , e i tiranni interni
più male al popolo^ che gli stessi Roma-
ni. Ma nel dì 23 di luglio, il tempio di
Gerusalemme fu preso , e con tutta la cu-
ra di Tito Cesare _, perchè si conservasse
queir insigne e ricchissimo edificio , Dio
permise che gli stessi Giudei vi attaccasse-
ro il fuoco , e si riducesse in un monte di
sassi e di cenere. S'impadronì poi Tito
della città alta e bassa nel mese di settem-
bre colla strage e schiavitù di quanti si ri-
trovarono vivi . Non solo il tempio , ma an-
che la città , parte dalle mani de' vincito-
H 4 i-^j
120 Annali d* Italia
4Ì , parte dal fuoco furono disfatti ed at-
terrati • e quella gran città rimase per gran
tempo un orrido testimonio dell' ira di Dio,
siccome la dispersion di quel popolo senza
tempio, senza sacerdoti, che noi tuttavia
miriamo, fa fede ^ quello non essere più il
popolo di Dio, siccome avcano predetto i
Profeti .
L' altra guerra , che i Romani sostennero
in questi tempi , ebbe principio nella Bata-
via., oggidì Olanda, sotto Vitellio . ^ Claiu
dio Civile j persona di sangue reale, di gran
coraggio-, avendo prese 1' armi;, stuzzicò
que' popoli^ e i circonvicini ancora^ a ri-
voltarsi contra de' Romani e di Vitellio,
con apparenza nondimeno di sostenere il
partito di Vespasiano . Diede sul Reno una
rotta ad Aciiiiìlo generale de' Romani, e al
suo fiacco esercito . Questa vittoria fece
voltar casacca a molte delle soldatesche ,
le quali ausiliarie militavano per l' impe-
rio, e commosse a ribellione altri popoli
della Germania e della Gallia; e però cre-
sciute le forze a Claudio Civile , non riu-
scì a lui difficile il riportare altri vantag-
gi. Ma dopo la morte di Vitellio, i mini-
stri di Vespasiano inviarono gran copia di
gente per ismorzar queir incendio . Annio
Tallo , e Petilio Cereale furono scelti per
ca,pitani di tale impresa. Andò innanzi il
terrore di quest' armata , e c^gion fu , che
la
' Tacitus Histor, lib. 4.
Anno LXX, 121
parte rivoltata della Gallia tornasse all^
ubbidienza. -Furono ripigliate alcune città
colla forza , date più sconfitte a Civile, e
a' suoi seguaci , tanto che tutti a poco a
poco si ridussero a piegare il collo , e a
ricorrere alla clemenza romana . Domizia-
no Cesare in questa occasione, bramoso di
non essere da meno di Tito suo fratello,
volle andare alla guerra; e ciuciano per
paura, che questo sfrenato ed impetuoso
giovane non commettesse qualche bestialità
in danno delF armi romane , giudicò meglio
di accompagnarlo. Seppe poi con destrezza
fermarlo a Lione sotto varj pretesti , tan-
to che si mise fine a quella guerra ^ senza-
chè egli vi avesse mano ; e poscia il ricon-
dusse in Italia , acciocché andasse ad incon-
trar il padre Augusto, il quale, siccome
già dicemmo j venne a Roma nell'anno pre-
sente^ e i\i ricevuto con gran magnificen-
za dappertutto.
Anno di Cristo lxxi. Indizione xrv-.
di Clemente papa 5.
di Vespasiano imperadore 3.
Consoli J
Flavio Vespasiano Augij*
STO per la terza volta ,
•^ Marco Coccejo Neìiva.
i\! erva collega dell' imperadore nel conso-
lato, divenne anch' egli col tempo impera-
tore. Non tennero ess^i consoli se no^ per
lut-
122 Annali d' Italia
tutto febbrajo quella dignità , e ad essi sue-
cederono nelle calende di marzo F/a*vio Po-
miziano Cesare^ figliuolo di Vespasiano, e
GnfA Pedio Casto . Merito grande s! era ac-
quistato Tito Cesare presso il padre per la
guerra gloriosa-mente terminata nella Giu-
dea. Maggior anche era il merito de' suoi
dolci costumi . ^ Cotanto si faceva egli ariiar
dai soldati , che dopo la presa di Gerusa-
lemme , r armata romana gli diede il tito-
lo militare d' imperadorc; e volendo egli
venii'e a Koma , cominciarono tutti con pre-
ghiere e poi con minacce a gridare , o che
restasse egli , o che tutti li conducesse se-
co. Per questo e per qualche altro barlu-
me insorse sospetto presso della gente ma-
liziosa , eh' egli nudrisse dei disegni di ri-
voltarsi contra del padre : il che giammai
a lui non cadde in pensiero. Ne fu anche
informato Vespasiano, ma siccome egli avea
troppe prove dell' onoratezza del -figliuòlo^
così non ne fece caso; anzi udito che già
effli era in via^-p-io, il fece dichiarar suo
collega nell'imperio, e compagno anche nel-
la podestà tribunizia, ma senza conferirgli
i titoli di Augusto e di Padre della Pa-
tria. Questi onori equivalevano allora ali
dignità dei re de'Romiani de' nostri giorni ,'
ed erano un sicuro grado, per succedere
al padre Augusto nella piena dignità ed au-
torità imperiale. * Passando per la città d*
Ar- -
^ Sueton.in Tuo c.-$. ^ Phihstrntus in Jpolhn.Tf7neo.
A N N o LXXL 123
Argos , volle Tito abboccarsi con Apollo-^
nio Tlaneo^ filosofo di gran grido in que-
sti temoi , e di cui molte favole hanno spac-
ciato i Gentili. Il pregò di dargli alcune
•■---le per saper ben governare. Altro non
jsse egU,. se nond' imitar Vespasiano
sup. padre, e di ascoltar con pazienza De-
metrio filosofo cinico, che facea professio-
ne, di dir liberamente , e senza adulazione^
risipetto di alcuno , la verità; è cke non
h inquietasse, se l'avesse ripreso di qual-
che fallo . Tito promise di farlo . Sarebbe
da desiderare un filosofo sì fatto, e conta-
le autorità in ogni corte ; e fors' anche in
oc;ni paese si troverebbe volendolo. Ma è
da temere, che non si trovassero poi tan-
ti Titi . Ebbe Tito sentore per istrada del-
le relazioni maligne portate di lui al pa-
dre ( e forse n' era stato sotto mano auto^
re l'invidioso Domiziano ) con fargli an-
che sospettare che Tito non verrebbe , per^
che macchinava cose più grandi. Allora egli
s'affrettò, e in una nave da carico, quan-
do men s'aspettava , arrivò in corte ; e qua-
si rimproverando il padre , eh' era uscito in
fretta ad incontrarlo , un po' agramente gli
disse: Son venuto^ Signor e Fadre^ son
'venuto .
Fu decretato il trionfo dal senato tanto
a Vespasiano, quanto al figliuolo, e sepa-
ratamente per la vittoria giudaica. Ma Ves-
pasiano che amava il risparmio in tutte le
occorrenze , né potea sofferir tanta spesa ,
si
làlf Annali d'Italia
^i cortteiltò d' un solo che servisse ad ameri-
"due . Non s' era mai veduto in addietro un
padre trionfar con un figlio : si vide que-
sta volta . Memoria di questo trionfo tut-
tavia abbiamo nell'arco di Tito in Roma,
dato anche alle stampe dal Bellorio, e vi
si mira portato V aureo candelabro dei tem-
pio di Gerusalemme. L'essersi felicemente
terminate le guerre della Giudea e Germa-
nia , diede campo a Vespasiano di fabbri-
car il tempio della Pace , e di chiudere
quello di Giano ; giacché per tutto V impe-
rio romano si godeva un' invidiabil calma .
Questa specialmente tornò a fiorire in Ro-
ma insieme colla giustizia , per tanti anni
in addietro bandita da essa, e vi risorse
la quiete degli animi , e l' allegria : tutti
effetti dei saggio e dolce governo di Vespa-
siano . Buon concetto si avea ne' tempi an-
dati di questo personaggio ; ma divenuto
imperadore , superò di lunga mano 1' espet-
tazion di ognuno . ^ Imperocché tosto si ac^
cinse egli con vigore a ristabilire Roma e
r imperio , che tanto aveano patito sotto
i precedenti , o principi o tiranni ■; né si
diede mai posa , finché visse , per levare i
disordini, e per abbellire quella gran cit-
tà . Chiara cosa essendo , che i passati af-
fanni principalmente erano proceduti dall*
avidità, insolenza, e poca disciplina de'
soldati 5 e soprattutto de' pretoriani , vi ri-
mt-
* Sue:cn. ir: Vespasiano cap^ 8
A ic N o LXXI. 125
mediò col cassare la maggior parte di quei
di Vitellio , ed esigere rigorosamente la
buona disciplina dai suoi proprj . Per assw
curarsi meglio del pretorio , cioè delle guar-
die del palazzo j, con istupore d'ognuno creò
lo stesso Tito , suo figliuolo e collega , pre-
fetto del pretorio: carica sempre innanzi
esercitata dai cavalieri , e che perciò diven-
ne col tempo la più insigne ed apprezzata
dopo la dignità imperiale. ^ La vita di Ves-
pasiano era senza fasto. Il venerava ognu-
no come signore , ed egli amava all' incon-
tro di comparir verso tutti piuttosto con-
cittadino , e come persona tuttavia priva-
ta. Di rado abitava nel palazzo , più spes-
so negli orti sallustiani , luo2;o delizioso.
Dava quivi benignamente udienza non solo
ai senatori , ma agli altri ancora di qual-
sivoglia grado . Vigilantissimo soleva avan-
ti giorno , stando in letto , leggere le let-
tere e le memorie a lui presentate , am-
mettere i suoi familiari ed amici , quando
si vestiva, e favellar con loro delle cose
occorrenti . Uno di questi era FUnio * il
-vecchio . Anche andando per istrada non
rifiutava di parlare con chi avea Insogno
di lui. Fra il giorno stavano aperte a tut-
ti , e senza guardia , le porte della sua abi-
tazione . Sempre interveniva al senato , mO'
girando \\ convenevol rispetto a quell'or-r
dine 'insigne j né v'era affare d'importane
za,
^ Ph //>. 66, 2 piiniyj Junior. Uk. 4.. E^ist- J»
126 Annali d' Itali a
ia , che non. comunicasse con loiO.-Soven^
te ancora andava in piazza k rendere giu-
stizia al popolo. E qualora per la sua avan-
zata età non potea portarsi al senato, gli
partecipava i suoi sentimenti in iscritto, '
incaricava i suoi figliuoli di leggerli . Ne
solamente in ciò dava egli a conoscere la
stima che facea del senato, ma eziandio
col voler sempre alla sua tavola molti do'
senatori , e coli' andar egli stesso non rade.
volte a pranzare in casa degli amici e dei
familiari suoi. Sapeva dir delle burle ^ f
pungere con grazia ; né s' avea a male , s
altri facea lo stesso verso di lui. Diletta-
vasi massimamente di praticar colle perso-
ne savie, per le quali non v'era portiera^
e fu udito dire ^ ; Oh potessi io comanda-
re a del sagQÌ , e che anche i saggi -potes-
sero comandare a me ! Non mancavano nep-
pure in que' tempi pasquinate e satire con-
tifa di lui ; ma egli ^ benché ne fosse av-
vertito, non se ne alterava punto, segui-
tando ciò non ostante a far ciò che ripu-
tava utile alla repubblica. Allorché Vespa-
siano era in Grècia col pazzo Nerone ^ ,
vedendolo un dì nel teatro prorompere in
parole e geisti indecenti alla sua dignità ,
non seppe ritenersi dal fare un cenno di
stupore e disapprovazione. Febo liberto di
Nerone, osservato ciò, se gli accostò,
dis-
' Bto Ut;. 66. Suttoniui in p'esf asiano cap. 14.
A N N o LXXI. 127
fissegli che un par suo non istava bene in
quel luogo. Dove volete di io vada? disse
allora Vespasiano. E il superbo ed inso-
nte liberto 'replicò , che andasse alle for-
che, Costui ebbe tanto ardire di presentar-
si davanti a lui, già divenuto imperadore,
per addurre delle scuse . Altro male non
gli fece Vespasiano , se non di dirgli , che
se gli levasse davanti , e andasse alle for-
che, Con rara pazienza sofferiva egli^ che
gli si dicesse la verità ^ e godeva quel bel
privilegio, tanto esaltato da Cicerone in
Giulio Cesare, di dimenticar le ingiurie.
Maritò molto decorosamente tre figliuole
di Viteìlio ; e benché si trovasse più d'uno,
che macchinò congiure contra di un prin-
cipe sì buono , contuttociò niuno mai ga-
stigò se non coli' esilio, solendo anche di-*
re , che compativa la pazzia di coloro ^ i
quali aspiravano all' imperio , perchè non
sapevano , che aggravio e spine V accompa-
gnassero . Però sua usanza fu di guadagnar
coi benefizi , e non di rimeritar coi gasti-
ghi , chi era stato ministro della crudeltà
de' tiranni , perchè volea credere, che aves-
sero così operato più per paura , che per
malizia. E questo perora basti de' costumi
di Vespasiano. Ne riparleremo andando in-
nanzi , come potremo , giacche si son per-
dute le storie di Tacito , e con ciò a noi
manca il filo cronologico delle azioni lo-
devoli di questo principe. -^
An-
128 Annali d' Italia
Anno di Cristo lxxii. Indizione xt,
di Clemente papa 6.
di Vespasiano impera dorè 4.
r Vesfasiano Augusto pe^r la
^ r J quarta volta,
Consoli ^ rr^ ^ -e !> 1
I liTo Flavio Cesare per la
v seconda ,,
D=
appoichè Mudano venuto a Roma co-
KHnciò a godere de' primi onori, il gover-
no della Siria fu dato da Vespasiano a Ce-
sennio Peto. Scrisse egli a Roma, che ^n-
tioco re della Comagene ^ il più ricca dei
re sudditi di Kom-a , con Eplfane suo fi-
gliuolo teneva dei trattati segreti con Va-
hgeso re dei Parti , disegnando di rivoltar-
si. Dubita Giuseppe Ebreo ^y se Antioco
fosse di ciò innocente ^ o reo , ed inclina
piuttosto al primo. ^Peto gl'i volea poco be-
ne , e potè ordir questa trama . Vespasia-
no, a cui troppo era difficile il chiarire la
verità, ne volea trascurar l'affare, essendo,
jli somma importanza quella provincia per
le frontiere della Soria e dell' imperio ro-
mano : mandò ordine a Peto di far ciò
ch'egli credesse più convenevole e giusta
in tal congiuntura. Pertanto unitosi quel
governatore con Aristobolo re di Calcide ,
e con Soemo re di Emessa ^ entrò coli' eser-^
cito
* Joscf^h. de Bella ./.vi.7;>. J:Ù. 7-
Anno LXXII. 129
cito nella Comagene. A questa inaspettata
mossa Antioco si ritirò con tutta la sua
famiglia , e senza volere far fronte all' ar-
mi romane , lasciò che Peto entrasse in
Samosata capitale de' suoi stati. Epifane e
Callinico suoi figliuoli, prese T armi , fece-
ro qualche resistenza : ma tardarono poco
i lor soldati a rjendersi ai Romani. Si ri-
fugiarono essi alla corte di Vologeso re dei
Parti , che gli accolse , non già come esi-
liati, ma come principi. Antioco lor padre
fuggi nella Cilicia . Peto inviò gente a cer-
carlo, ed essendo stato colto a Tarsi, fu
caricato di catene, per essere condotto a
Roma. Noi permise Vespasiano, e spedì
ordini , che fosse rimesso in libertà , e che
potesse abitare a Sparta, dove gli facea
somministrar tutto 1' occorrente , acciocché
vivesse da par suo . Per intercessione poi
di Vologeso ai di lui figliuoli fu permesso
di venire a Roma. Vi venne anche Antio-
co, e tutti riceverono trattamento onore-
vole, senza più riaver quegli Stati. Siamo
assicurati da Suotonio ^ , che la Comage-
ne^ siccome ancora la Tracia , la Cilicia ,
e la Giudea , furono ridotte in provincia
sotto Vespasiano, cioè immediatamente go*
vernate dagli ufiziali romani. Ma non tut-
to ciò avvenne sotto il presente anno . Fe-
ce in questi tempi Vologeso re de' Parti
istanza d' ajuti a Vespasiano , perchè gli
Tom. II. I Ala-
' Tueton. in resf asiano cip. 8.
130 Annali d'Italia
Alani , feroce popolo della Tarlarla , en-
trati nella Media obbligarono a fuggirne
Facoro re di quel paese , e T'iridate re delV
Armenia^ minacciando anche il dominio di
Vologeso. Non si volle mischiar Vespasia-
no negli affari di que' Barbari ; e forse di
qua venne qualche alterazion di animo fra
eli loro . Sappiamo da Dione ^ , avere quel
superbo re scritta una lettera con questo
titolo: Arsace re dei re a Vespasiano ^ sen-
za riconoscerlo per imperador de' Romani.
Vespasiano lungi dal farne rimprovero o
doglianza alcuna , gli rispose nel medesimo
tenore: Ad Arsace re del re Vespasiano»
Cretesi * che in questi tempi avvenisse
qualche guerra nella Bretagna , dov' era an-
dato per governatore Petìlio Cereale j con
far quivi 1' armi romane nuove conquiste .
Seguitava intanto Vespasiano a far dei
saggi regolamenti 3 ^ per levar gli abusi<>
e rimettere il buon ordine in Roma. OsfHl
servate alcune persone indegne ne' due no-
bili ordini senatorio ed equestre, le levc^
e perchè era scemato di molto il nu^J
de' medesimi senatori e cavalieri , per-
via ;
mero
la crudeltà de' regnanti precedenti^ aggre-
gò a quegli Ordini le famiglie e persone
più riguardevoli e degno , non tanto di Ro-
ma, quanto dell'Italia e dell' altre provin-
cia . Trovò che le liti civili erano cresciu-
te
» Dio Ub,66. * T.u:tus in Vita jfgricoU Cfi^'V'
^ Sueton, in f^es^Jiian. ca^. 9.
Anno LXXII. 131
ffe a clismìsiira, andavano in lungo, e si
eternavano anche talvolta : in ale non fore-
stiere anche in altri tempi , è in altri luo-
fhi. Cercò di rimediarvi con eleggère varj
ludici, che le sbrigassero senza attender-
le le formalità e lunghezze ordinarie del
foro. Per mettere freno alla libidine delle
donne libere , che sposavano gli schiavi ,
rinnovò il decreto, che anch'esse perduta
la libertà divenissero schiave. Per frastor-
nar Coloro che prestavano danaro ad usura
ài figliuoli di famiglia , vietò il poterlo esi-
gere dopo la morte dei padri . Ma nulla
più contribuì alla correzion de' costumi , e
a far cessare il soverchio lusso de' Romani,
che l'esempio dell' imperadore stesso. Par-
ca era la merrsa sua; semplice è non mai
pomposo il suo vestire; sicura dal di lui
potere l'altrui onestà. II disapprovar egli
colle parole e coi fatti gli eccessi introdot-
ti , più che le leggi e i gastighi y ebbe for-
za d'introdurre la riforma de' costumi nel-
la nobiltà , e in chiunque desiderava d' ac-
quistare o conservar la grazia di lui . Ave*
va ^ egli conceduta una carica ad un gio-
vane . Andò costui per ringraziarlo tutto
profumato . Questo bastò , perchè Vespasia-
no guatandolo con disprezzo gli dicesse :
Avrei avuto più caro^ che tu puzzassi d'
aglio; e gli levò la patente. Oltre a ciò
per guarire V altrui vanità e superbia col
I 2 pro-
5 Sueton. in res^asiarw r^f/». 8.
T5.2 Annali d' Italia
proprio esempio j parlava egli stesso della
bassezza della prima sua fortuna, e si rise
di chi avea compilata una genealogia pie^
na di adulazione , per mostrare ^ eh' egli
discendeva dai primi fondatori della città
di Rieti sua patria, e da Ercole. Anzi ta-»
lora nella state andava a passar qualche
giorno nella villa, dov' egli era nato, fuo^
ri di Rieti , senza voler mai , che a quel
luogo si facesse mutazione alcuna , per ben
ricordarsi di quello eh' egli fu una volta ,.
E in memoria di Tenulla sua avola pater-r
na , che V avea allevato , nei dì solenni e
festivi solca bere in una tazza d'argento,
da lei usata .
Anno di Cristo lxxHi. Indizione i,
di Clemente papa 7.
di Vespasiano imperadore 5,
r Flavio Domiziano Cesar
Consoli -«; per la seconda volta,
L Marco Valerio J/Iessalino
1
V^onsole ordinario fu in quest'anno Pomi
zia/io, * non già per li meriti suoi , né pe^,
elezione del saggio suo padre , ma pcrchéU|
il buon Tito, suo fratello, disegnato per
sostenere anche nell'anno presente sì riguar
devol dignità, la cedette a lui, e pregò i
padre di contentarsene. E si vuol qui ap
ipun-
* Idem C0p. la. * Jdent in Domi ti ano caf- a-
Anno LXXIÌL 133
pnrìio avvertire , cHe esso Tito era in tut-
ti gli aiFari il braccio diritto del vecchio
padre . ^ A nome di lui dettava egli le
lettere è gli editti^ e per lui recitava in
Senato le determinazioni occorrenti . Secon-
dochè é'ha dalla cronica d'Eusebio -, cir-
ca questi tempi ( se pur ciò non fu più
tardi frAcaja, la Licia, Rodi, Bisanzio,
Samo^ ed altri luòghi di Oriente pèidero-
ho la lor libertà;, perchè se ne abusavano
in danno lor proprio per le sedizioni e rie-
ihicitie regnanti fra i cittadini. Non si
rnandava colà proconsole o governatore ro-
mano in addietro , lasciando che si gover-
nassero coi proprj magistrati, e colle lor
leggi . Da qui innanzi furono sottoposti al
governo del presidente inviato da Roma ,
e a pagare 1 tributi al pari dell'altre pro-
Vincie. Per attestato ancora di Filostrato ^ ^
Apollonio Tlaneo , filosofo rinomato di que-
sti tèmpi , grande strepito fece contra di
Vespasiano, perchè avesse tolta alla Grecia
quella libertà che Nerone , tuttoché princi-
pe sì cattivo , le avea restituita . Ma Vespa-
dano il lasciò gracchiare , dicendo che i
Greci aveario disimyarato il go'vernarsi da
gente libera. II Calvisio , il Petavio, il
Bianchini , ed altri , non per certa cognizio-
ne del tempo, ma per mera conjettura, ri-
feriscono a quest'anno la cacciata de' Filo-^
1 3 sofi
' Idim in Tito cap.6. * 'Euuh. in Chron.
^ Philostratus in Afollon, Tyan,
$34 Annali ij' Italia
soji da Roma: risoluzione che par contra-
ria alla saviezza di Vespasiano ^ ma che fu
fondata sopra giusti motivi . Le diede ini*
pulso Elvidlo Prisco nobile senatore roma-
no, e professore della più rigida filosofia^
degli stoici , la qual era allora più dell' al-
tre in voga presso i Romani . A questo per-
sonaggio fa un grande elogio Cornelio Ta-
cito ^ con dire , aver egli studiata quella
filosofìa, non già per vanità, come molti
faceano , né per darsi all' ozio , ma per prov*
vedersi di costanza ne' varj accidenti della
vita , per sostenere con equità e vigore i
pubblici ufizj , e per operar sempre il be-r
ne^ e fuggire il male . Perciò s' era acqui-
stato il concetto d'essere buon cittadino,
buon senatore, buon marito, buon genero,
buon ^mico , sprezzator delle ricchezze , in-!-
flessibile nella giustizia , ed intrepido in
qualsivoglia sua operazione . Anche Aria-
no ^, Plinio.^ il giovane, e Giovenale fu-
rono liberali di lodi verso di Prisco. M^
egli era troppo invanito dell' amor della
gloria, cercandola ancora per vie mancan-
ti di discrezione . ^ Gli esempli di Trase^
Feto , suocero suo , uomo da noi veduto lo
patissimo ne' tempi addietro, gli stavan
sempre davanti agli occhj , per parlare fran
camente, ove si trattava del pubblico be-^
ne. Ma non sapea già imitarlo nella pru
den
X —
m
1
1
' Tacitus lib. 4. Historiar, cap. 5. * Atùan. in B^i^ct.
3 Piinitfs junior lil>. ^ E^iìt,%ì' ^ Dio lib. 66,
Anno LXXIIL 135
denza . Trasea ancorché avesse in orrore i
vizj e le tirannie di Nerone , pure nulla
dicea o facea , che potesse offenderlo . So-
lamente talvolta si ritirò dal senato , per
non approvare le di lui bestialità e crudel-
tà : il che poi gli costò la vita.
Ma Elvidio si facea gloria di parlar con
vigore e libertà senza riguardo alcuno . Co-
sì operò sotto Galba , sotto Vitellio ; ma
più usò di farlo sotto Vespasiano , quasi-
ché la bontà di questo principe dovesse ser-
vire di passaporto alla soverchia licenza
delle sue parole . Il peggio fu , eh' egli sco-
prendosi nemico della monarchia, e tenen-
do sempre il partito del popolo , non si
facea scrupolo di darsi in pubblico e ip
privato a conoscere per persona che odia-
va Vespasiano. Allorché questo principe ar-
rivò a Roma ^ ito a salutarlo, non gli die-
de altro nome , che quello di Vespasiano.
Essendo pretore nell'anno 70, in ninno de'
suoi editti mai mise parola in onore di
lui , anzi né pure il nominò . Ma questo
era poco. Sparlava di lui dappertutto, lo-
dava solamente il governo popolare, e Bru-
to ^ e Cassio ; formava anche delle fazioni
contra del dominio cesareo . Andò così in-
nanzi r ostentazione di questo suo libero
parlare, che nel senato medesimo giunse
a contrastare e garrire insolentemente col-
lo stesso Vespasiano , quasiché fosse un suo
eguale j ^ perlocchè d'ordine dei tribuni
I 4 del-
* Sueton, in ^es^ asiano cn^, 15.
13^ Annali d' Italia
della plebe fu preso e consegnato ai litto-
ri , o sia ai sergenti della giustizia . Il buon
Vespasiano, a cui forte dispiaceva di per-
dere un SI fatt' uomo , eppur non credea be-
ne d' impedire il riparo alla dì lui insolen-
za , USCÌ di senato quel dì piangendo, e con
dire : O mio figliuolo mi succederà^ o niun
altro : volendo forse indicare che Elvidio
con quelle sue impertinenti maniere addi-
tava di pretendere all'imperio. Pure la cle-
menza di Vespasiano non permise che si
decretasse ad uomo si turbolento ^ che in-
quietava e screditava il presente governo ,
e mostravasi tanto capace di sedizioni, se
non la pena dell' esilio . Ma perchè verisi-
milmente neppur si seppe contener da lì
innanzi la lingua di questo imprudente fi-
losofo , fu ( non si sa in qual anno ) con-
dennato a morte dal senato , e mandata
gente ad eseguire il decreto . Vespasiano
spedì ordini appresso , per salvargli la vi-
ta; ma gli fu fatto falsamente credere che
non erano arrivati a tempo . Probabilmen-
te Mudano , che men di Vespasiano ama-
va Elvidio, il volle tolto dal mondo c(
questa frode . E fu appunto in tale occa-
sione ^, ch'esso Muciano persuase all'im-
peradore di cacciar via da Roma tutti i
filosofi , e massimamente coloro che profes--^,
savano la filosofia stoica, maestra della su-^|
perbia . Imperciocché oltre al rendersi da
questa gli uomini grandi estimatori di se
stes-
' Dio ab. 66.
la-H
:QXìBI
Anno LXXIII. 137
stessi, e spruzzatori degli altri, i seguaci
d' essa altro non faccano allora , che decla-
mar nelle scuole, e fors' anche in pubblico,
contra dello stato monarchico, e in favore
del popolare, svergognando una scienza che
dee inspirare V ossequio e la fedeltà verso
qualsivoglia regnante . E tanto più dovea
farlo allora Elvidio , che ai precedenti ti-
ranni era succeduto un buon principe , qua-
le ognun confessa che fu Vespasiano, e la
sua vita il dimostra. Fra gli altri andaro-
no relegati nelle isole Ostilio e Demetrio
filosofi anch'essi. Portata al primo la nuo-
va del suo esilio , mentre disputava contra
dello stato monarchico, maggiormente s'in-
fervorò a dirne peggio, benché dipoi mu-
tasse parere. Ma Demetrio, siccome pro-
fessore della filosofia cinica, o sia canina,
che si gloriava di mordere tutti, e di non
portare rispetto ai difetti e falli di chiches-
sia ^ , dopo la condanna vedendo venir per
via Vespasiano , noi salutò , e neppur si
mosse da sedere , e fu anche udito borbot-
tar delle ingiurie contro di lui . Il pazien-
te principe passò oltre , solamente dicen-
do : Ve' che cane ! Né mutò registro , an-
corché Demetrio continuasse a tagliargli
addosso i panni ; perciocché avvisato di tan-
ta tracotanza, pure non altro gli fece di-
re all'orecchio, se non queste poche paro-
le : Tu fai quanto -puoi^ yerch' io ti faccia
am-
' Sutnn. in Vacati eno ca^. 13.
138 Annali d' Italia
ammazzare : ma io non mi perdo ad ucci-
dere can che abbai . Per attestato di Dio-
ne il solo Gajo Musonio Rufo^ cavaliere
romano , eccellente filosofo stoico , non fu
cacciato di Roma : il che non s' accorda
colla Cronica d' Eusebio , da cui abbiamo
che Tito dopo la morte del padre il ri-
chiamò dall' esilio .
Anno di Cristo lxxiv:. Indizione ir.
di Clemente papa 8.
di Vespasiano imperadore 6,
r Flavio Vespasiano augusto
n tJ per la quarta volta j,
Consoli "^ m ^ -n /^ 7
Tito Flavio Cesare per la
l_ terza .
A 4
-i^ Tito Cesare , che dimise il consolato"
succedette nelle calende di luglio Domizia^
no Cesare suo fratello . Terminarono ijHj
quest'anno Vespasiano e Tito il censo, ^^
sia la descrizione de' cittadini romani , eh'
essi aveano già cominciato come censori
negli anni addietro. E questo fu Fultim
de' censi fatti dagl' imperadori romani
Scrìve Plinip il vecchio ^ , che in tale oc-
casione si trovarono fra l' Apennino e il
Po molti vecchj di riguardevol età. Cioè
tre in Parma di centoventi, e due di cen-
to trenta anni ^ in Brescello uno di cento
ven-
' Plinius Hfster. Naturai. Hb.y. ca^'AS'
A N K o LXXIV. 139
venticinque ; in Fiacenza uno di cento tren-
tuno ; in Faenza una donna di cento tren-
tadue ; in Bologna e Rimini due di cento
cinquanta anni , se pure non è fallato , co-
me possiam sospettare , il testo . Aggiugne
essersi trovati nella Regione ottava delV
Italia , eh' egli determina da Rimini sino a
Piacenza, cinquantaquattro persone di cen-
to anni; quattordici di cento dieci ; due
di cento venticinque^ quattro di cento tren-
ta ; altrettanti di cento trentacinque ^ o
cento trentasette; e tre di centoquaranta.
Dal che probabilmente può apparire , qual
fosse tenuta allora per la più salutevol aria
d' Italia . Se in altre parti d'' Italia si fosse-
ro osservate somiglianti età_, non si sa ve-
dere , perchè Plinio 1' avesse taciuto. Circa
questi tempi ^ mancò di vita Cenide', don-
na carissima a Vespasiano , liberta di An-
tonia , madre di Claudio Augusto . Avea
Vespasiano avuta per moglie Flavia Domi-
tilla^ che gli partorì Tito e Domiziano.
Morta costei , ebbe pei' sua amica questa
Cenide, e creato anche imperadore la ten-
ne quasi per sua moglie , amandola non
solamente per la sua fedeltà e disinvoltu-
ra , e per molti beneiizj da lei ricevuti ,
-quando era privato , ma ancora perchè gli
serviva di sensale per far danari . Era 1*
avarizia forse l'unico vizio, per cui uni-
versalmente veniva proverbiato questo im-
pe-
D/a lib. 66. SuetonJn res^asiar.o ca^.i.
t^ó Annali dìtalia
peradore. ^ Mostravasi egli non mai coil^
tento di danaro. A questo fine rimise in
piedi alcune imposte e gabelle, abolite giS
da Galba ; ne aggiiinse delle nuove e gra-
vi^ accrebbe i tributi che si pagavano dar-
le Provincie _, ed alcune furono tassate :'
doppio. Lasciatasi anche tii'are 3l far n
mercimonio vergognoso per un par suo
col comperar còse a buon mercato , per
renderle poi caro. Genite anch'essa l'aju*'
tava ad empiere la boTsa . A lei si acccf-^'
staTa- chitmque ricercava saterdozj e cari'-*
che civili e militarr , accompagnando le;-
suppliche Con esibizioni proporzionate ai-
profitto dei posti desiderati. Né si bada-
va, se questi concorrenti fossero, ó no"rìt^
ft)ssero uomini dabbene, purché ^ené spre-'
messe d^l sugo. Si' vendevano' in questa
maniera anche T altre gracile del princiìoe^
e le pene, per chi potea , venivano riscat-'
tate Col danafó. Di tutto si credeva coriì''
sapevole e partecipe Vespasiano". E tanto*
egli si lasciava vincere da questa avidità ^-
die cadeva in bassez'ze. * Avendo' i depu-'
tati dì una città chièsta licenza di alzare"
in onor suo una statua, la cui spesa ascen-
derebbe a Venticinqùemila dracme, per far
loro conoscere che amerebbe più il danaro in
natura, stese la mano aperta condire: Ec-
covi la base, dove potete mettere la vostra
:ìtcLtua\ Era egli stesso ilprim^o a porr^ ili
bur-
* Idim ibid. ca^. J. *' Id(^ i^i^- f^P- ^3- ^io Ub'.^éi'
Anno LXXIV. 141
burla questa sua sete d' oro per coprirne la.
vergogna, e si ridava di chi poco approvava
le sue vili maniere, per adunarne.. Uno di
questi fu suo figliuolo Tito , che nori po-
tendo sofFerire uua non so quale imposta,
da lui messa sopra l' orina , seriamente
gliene parlò, con chiamar fetente queir ag*-
gravio . Aspettò Vespasiano , che gli por-'
tasserò i primi frutti di quel]' imposta , e
fattili fiutare al figlio , dimandò se qiielV
oro savea cfi cattivo odore. Un giorno ,
'^V egli era per viaggio in lettiga , si far-
j il mulattiere con dire che bisognava
ferrar le mule . Sospettò egli dipoi inven-
tato da costui un tal pretesto , per dar
tempo ad un litigante di parlargli , e di
esporre le sue ragioni . E però gli dimandò
poi quanto avesse guadagnato a far fer-
rare le mule j -perche voleva ecscr a -parte.
del guadagno. Questo forse disse per bur-
la. Ma da vero operò egli con uno de' suoi
più cari cortigiani , che gli avea fatta istan-
z.a d'un posto per persona da lui tenuta
in luogo di fratello . Chiamato a se quel
tale , YoUe da lui il danaro pattuito con
fargli la grazia. Avendo poscia il cortigiano
replicate le preghiere , siccome non infor-
mato della beffa, Vespasiano gli disse: Va
cercare un altro fratello , perche il prò--
imto da te^ non è tuo, ma mio fratello,
Tgl^ era l' industria e continua cura di
Vespasiano^ per amm.assar danari, cura in
lui biasimata e non senza ragione j, dagli sto-
o
rici
142 AnistAli d' Italia
rici di allora , e più dai sudditi . Credevano al-
cuni , che dal suo naturale fosse egli portato
a questa debolezza ^ ed altri , che Musciarfo
glieFavesse inspirata ^con rappresentargli che
neir erario ben provveduto consisteva la
forza e la salute della repubblica , sì pel
mantenimento delle milizie , come per ogni
altro bisogno. Tuttavia il brutto aspetto
di questo vizio si sminuisce di molto al
sapere, come osservarono Suetonio ^ e Dione
* 5 che Vespasiano non fece mài morire
persona, per prendergli la roba , né mai per
via d' ingiustizie occupò V altrui . Quel che
è più , non amava , né cercava egli le ric«^^
chezze , per impiegarle ne' suoi piaceri j
perchè sempre fu moderatissimo in tutto ,
né soleva spendere senza necessità , conten-
to di poco . Appariva eziandio chiaramente ,
quanto egli fosse lontano dal covare con
viltà il danaro _, perciocché lo dispensava
allegramente, e con saviezza in tutti i bi-
sogni del pubblico , e per ornamento di'
Eoma , e in benefìzio de' popoli . Sapeva
regalare chi lo meritava 3 ^ sovvenire a"
nobili caduti in povertà * anzi la sua lib
ralità^ si stendeva a tutti . Promosse e
somma^ attenzione Tarli e scienze, fa\
rendo in varie maniere chi le coltivava;
e fu il primo, che istituisse inKoma scuo
le d' eloquenza greca e latina , con bu
sala-
^ Sueton. in Vespasiano cap. 16. ^ Dia Ub. f6'
^ Suetoftf in Vespasiano cap. i/*
i
Anno LXXIV. iz^^
salario pagata dal suo erario . Prendeva al
suo servigio i migliori poeti ed artefici
che si trovassero , e tutti erano partecipi
della sua munificenza . A lui premeva spe-
cialm.ente, che il minuto popolo potesse
guadagnare. A questo fine faceva di quan-
do in quando de^'m.agnifici conviti; e ad
un valente artefice ^ che gli si era esibito
di trasportare con poca spesa molte colon-
ne , diede bensì un regàio, ma di lui non
si volle servire , per non defraudare di
quel guadagno la plebe. In Romia edificò
degli acquidotti , alzò uno smisurato co-
losso , né solamente fece di pianta varie
fabbriche insigni , ma eziandio rifece le
già fatte dagli altri , mettendovi non già
il nome suo, ma quel de' primi fondatori.
Erano per cagion de' tremuoti cadute, o
per gì' incendj molto sformate assaissime
città dell' imperio romano . Egli alle sue
spese le rifece, e più belle di prima. La
stessa attenzione ebbe per fondar delle cc^-
lonie in varie città, e per risarcir le pub-
bliche strade dell'imperio ^. Restano tut-
tavia molte iscrizioni * per testimonianza
di ciò . Gli convenne per questo tagliar
montagne^ e rompere vasti macigni 3 e per
tutto si lavorava, senza salassar le borse \
de' popoli. Rallegrava ancora il popolo col- \
la caccia delle fiere negli anfiteatri j ma
ab-
* Aurelius n&or. in Breviar.
* Gruterus Thesanr. Inscription. Thesaurus Novus feter.
inscrjptfofì. Muratorian.
144 ANNAti d' Italia
abboniva ì detestabili combattimenti de*
gladiatori . Aggiungasi per testimonianza
di Zonara ^, che^ Vespasiano mai non voi»
le profittar dei beni di coloro qhc aveano
JDrese Tarmi centra di lui, ma li lasciò ai
or figliuoli o parenti . Ed ecco ciò che può
servire , non già per assolvere questo prin^
cipc da ogni taccia in questo particolare ,
ma bensì per iscusarlo, meritando bene il
buon uso ch'egli facea del danaro^ che si
accordi qualche perdono alle indecenti ma-
niere da lui tenute per raunarlo. Se non
è scorretto il testo di Plinio il vecchio ^ ,
abbiamo da lui^ che in questi tempi mi-
surato il circondario delle mura di Roma,
5Ì trovò esser di tredici miglia e dugento
passi . Un gran campo occupavano poi i
borghi suoi.
Anno di Cristo lxxv. Indizione iij,
di Clemente papa 9.
di Vespasiano imperadore 7.
r Flavio Vespasiano AuguS
Consoli -^ STO per la sesta volta ,
c_ Tito Cesare per la quarta .
IMclIe calende di luglio furono sustituiti nel ^
consolato- F/avio JDomiziano Cesare per la ^|
quarta volta , t Marco Licinio linciano per la ^
ter^^a. In gran favore continuava Muoiano
ad
* Zonaras Annali * Plinìus Histor. Natur< lih^ 3. C: 5.
Anno LXXV. 145
acì essere presso di Vespasiano . ^ Natural-
mente superbo , e più , perchè alzato ai
primi onori , sapea ben far valere la sua
autorità . - Sopra gli altri della corte pre-r
tendea d' essere ossequiato e rispettato .
Verso chi gli mostrava anche ogni meno-
mo segno di x:listinzione in onorarlo , an-
dava in eccessi , in proccurarglì posti ed
avanzamenti .' Guai all'incontro a chi non
dirò gli facea qualche affronto od ingiuria,
ma solamente lasciava di onorarlo: l'odio
di Muciano contra di lui diveniva impla-
cabile . Costui pubblicamente era perduto
nelle disonestà , e vantava tuttodì i gran
servigi da lui prestati a Vespasiano : suo
.dono chiamava ancora quel diadema eh'
egli portava in capo . A tanto giunse tal-
volta questa sua boria , e la fiducia de'
meriti proprj , che nemmeno portava ri-
spetto allo stesso imperadore . E pure nulla
più fece risplendere , che magnanimo cuo-
re fosse quel di Vespasiano, quanto la pa-
zienza sua in sopportare quest' uomo , te-
mendo egli sempre di contravvenire alla
gratitudine , se V avesse disgustato , non che
punito. Anzi neppure osava di riprenderlo
in faccia ; ma solamente con qualche co-
mune amico talora sfogandosi , disappro-
vava la di lui maniera di vivere, e dice-
va: Son pur uomo anch' lo : tutto accioc-r
che gli fosse ritoito , per desiderio che si
Tom. II. K emen-
^ Sueton. in Vespasiano f. IJ. * p/o in Excerptis Valesìan.
14^ Anna L I d' Itali A
emendasse . ^ Fu anche dagli amici consi-
gliato Vespasiano di guardarsi da 3Ietio
Fomposiano , perchè egli fatto prendere il
proprio, oroscopo|si vantava che sarebbe
un dì imperadore . Lungi dal fargli male,
Vespasiano il creò console ( noi non ne
sappiamo V anno ) dicendo più probabil-
mente per burla , che da senno : Costui si
ricorderà un giorno del bene che gli ha fat^
to . Dedicò esso Augusto , cioè fece la so-
lennità di aprire e consecrare il tempio
della Pace, da lui fabbricato in Roma in
vicinanza della piazza pubblica > per rin-
graziamento a Dio della tranquillità dona-
ta al romano imperio , e particolarmen-
te a Roma , dopo tanti torbidi tempi pa-
titi sotto i precedenti tiranni . Plinio *
chiama questo tempio una delle più bel-
le fabbriche che mai si fossero 'f^edute . Ero-
diano ^ anch'* egli scrive , eh' esso era il più
-vasto^ il più ^ago e il più ricco edifizio
che si avesse in Roma, Immensi erano ivi
gli ornamenti d^ oro e d" argento ; e fra gli
altri vi furono messi il candelabro ^ insi-
gne e gli altri vasi , portati da Gerusalem-
me dopo la distruzione di quel ricchissi-
mo tempio . Ma che ? questa mirabil fab-
brica circa cento anni dipoi regnante Com- _
modo Augusto , per incendio o casuale , oifj
sacrilego , rimase affatto preda delle fiamme .
An-
' Sueton. Ì7t Vespasiano cap. I4. Dio lib. 66-
* Plinitts Uh. 36. cap. 15.
* Htrodian» Uy.i.c.i^' ^ Joseph, de Bello Judaic Uh. 7. c-x^-
Ann o LXXVI. t4Z
ÌÌno di Cristo' lxxvi» Indizione iv.
di Clemente papa io.
di Vespasiano imperadore 8.
r Flavio Vespasiano Augu-
Consoli -{ sto per la settima volta ,
L Tito Cesare per la quinta.
JiAbbiamo sufficienti lumi per credere su-
stituito all'uno di questi consoli nelle ca-
lende di luglio Domiziano Cesare , pro-
babilmente per la cessione di Tito suo fra-
tello . Secondo il Panvino' ^ succedette, an-
cora air altro' console ordinario Tito Plau^
tió Silvano per la secorl i volta. Ma non
altro fondamento ebbe quel ciotto uomo dì
assegnare all' anno presento il secondo con-
solato di costui , se non il sapere eh' egli
due volte fu console . Che nel gennajo di
quest'anno nascesse Adriano^ il qual poscia
divenne imperadore , l' abbiamo da Spar-
ziano . Fiori ancora in questi tempi , per
attestato di Eusebio *, Quinto AscónioFe^
diano ^ storico di molto credito, di cui
restano tuttavia alcuni Commenti alle Ora-
zioni di Cicerone. In età di anni settati-,
tatrè divenne cieco questo letterato , e ne
sopravvisse dodici altri , tenuto sempre in
grande stima da tutti. Era in questi tem-
pi governator della Bretagnaì Giulio Fron-^
K 2 tino
* Panvin. in Fastis . » Eusebius in Chronico .
T4§ A X N A L I "l)' T T A L I A
tino^ e gli riuscì di sottomettere i popoli Si-
luri in quella grand' isola all' imperio ra-
mano . Era venuto a Koma Agrlppa ^ re
àeWIturea^ figliuolo di Agrippa il gran-
de ^ stato già re della Giudea ; ed avea con->
dotta seco Berenice ^ o sia Beronlce sua
sorella, giovane di bellissimo aspetto, già
maritata con Erode re diCalclde suo zio*^
e poscia con Folemone re di ClUcla. Se
n'invaghì Tito cesare. Fors' anche era co-
minciata ia tresca^ allorché egli fu alla
guerra contra de' Giudei . Agrippa ottenne
il grado di pretore. Berenice alloggiata nel
palazzo imperiale , dopo aver guadagnato
Vespasiano a forza di regali , sì fattamen-
te s'insinuò nella grazia di Tito^, che spe-
rava oramai di cangiar l'amicizia in ma-
trimonio y e già godeva un tal trattamen-
to e autorità, come s'ella fosse stata vera
moglie di lui. Ma perciocché secondo le
leggi romane era vietato ai nobili romani
di sposar donne di nazion forestiera , o sia
barbara ( Barbari erano allora appellati i
popoli tutti , non sudditi al romano impe-
riò ) o pure perché i re, tuttoché sudditi
di Roma^, erano tenuti in concetto di ti-^
ranni : il popolo romano altamente mormo-
rava di questa sua amicizia , e molto pili
della voce sparsa , che fosse per legarsi se-
co pienamente col vincolo matrimoniale .
Ebbe Tito cotal possesso sopra la sua pasr
sio-
' Dio lib. 66. ' Joseph. ArAiq- Judaicar. lib. l^.
^ Anno LXXVI, n^^
siorfé , è éV a Cuore il proprio onore , che
arrivo a liberarsene, con farla ritornare al
5U0 pae^. Suetonio ^ attribuisce a Tito
questa eroica azione , dappoiché egli fu crea-
to imperadore , laddove Dione * né pada
circa questi tempi . Ma aggiugnéndo esso
Dione, che Berenice dopo ìa. morte di Ve-
--pasianò ritornò a Roma , sperando allora
di fare il suo colpo, e che ciò non ostan-
te rimase delusa , si accorda facilmente V
asserzione delF utio e dell' altro storico.
AnUò di' Cristo lxxvii/ IncJizione v^'
di Cleto papa i.
di Vespasiano imperadore 9.
r Flavio Vespasiano Augù-
^1 V j STO per la ottava volta,"
consoli -^ m 17 /-. V .
.'• Tito Flavio Cesare per fa.
L sesta .
X u nerie caleride di' luglib conferito il con-
solato a Domiziano Cesare per là sestà vol-
ta , ed a. Gheo Gliitio agricola ^ cioè a quél
medesim'ó, dt cui Cornelio Tacito , suo ge-
zievoj, ci ha lasciata là vita. Terminò in
quest' àtinb Gajo Plinio^ Secondo 3 veronese
i suoi libri della Storia Naturale, eli de-
dicò a Tito Cesare, eh'' egli nomina con-
sole per la sesta volta , e dà à conoscere ,
K j quan-"
* Sueton. in Ttto cap. 7. ^ Dio Uh. 66,
^ Plinius Senior in Prafatione .
150 Annali d' Itali a
quanto amore quel buon principe avesse pex
lui, e quanta stima per gli suoi libri. S'è
salvata dalle ingiurie de' tempi quest'Ope-
ra delle più insigni ed utili dell' antichità,
perchè tesoro di grande erudizione; ma è
da dolersi che sia pervenuta a noi alquan-
to difettosa , e che per la mancanza d' an-
tichi codici non sia possibile il renderne
più sicuro ed emendato il testo. Anche ai
tempi di Simmaco camminava scorretta que-
sta istoria 5 siccome costa .da una sua let-
tera ad Ausonio . Son periti altri libri di
Plinio , ma non di tanta importanza , come
il stiddetto . Abbiamo dalla cronica di Eu-r
sebio ^_, essere stata nell'anno presente, p
pure nel seguente , sommamente afflitta Ro-
ma da una pestilenza così fiera , che per
molti dì si contarono diecimila persone
morte per giorno: se pur merita fede stra-
ge di tanto eccesso . Ma questo flagello for-
se s'ha da riferire all'anno 80, regnando
Tito . Verso questi tempi * bensì capitaro-
no a Roma segretamente due filosofi cini-
ci, che secondo il loro costume si faceano
belli con dir male d'ognuno. Diogene s
appellava l' un d'essi, come probabilmente
da lui preso , per assomigliarsi in tutto ali
. altro antico sì famoso che fu a' tempi di
Alessandro Magno. Costui perchè nel pub-
blico teatro , pieno di gran popolo , scari-
cò addosso ai Romani una buona tempeste
d'in-
* Eusobiur in Chronic^ * Dio Uh. 66.
Anno LXXVII. 151
ingiurie e di motti satirici, ebbe per ri-
Ìompensa d' ordine de' censori un sonante
egalo di sferzate . L' altro fu Eras ^ che
)ensando di aggiustar la partita con sì tol-
erabil pagamento , più sconciamente sfo-
rò la sua rabbia ed eloquenza canina con-
ra de' Romani , fors' anche non la perdonan-
lo ai principi . Gli fu mozzato il capo . Ri-
erisce Dione ^ come un prodigio , che in
un'osteria in una botte piena il vino tan-
to si gonfiò , che uscendo fuori , scorreva
per la strada . Erano ben facili allora i Ro-
mani a spacciare de' fatti falsi per veri , o
a credere degli avvenimenti naturali per
prodigiosi. Molti di tal fatta se ne raccon-
tano di Vespasiano , eh' io tralascio , perchè
o imposture ^ o semplicità di que^ tempi .
E non ne mancano nella storia stessa di
Tito Livio . A san Clemente martire si cre-
de che in quest' anno succedesse Cleto nel
.pontificato romano .
Anno di Cristo lxxvtii. Indizione vi.
di Cleto papa 2.
di Vespasiano imperadore io.
Consoli -T ^^^^^ Cfjonio Gommo do ,
\ Decimo Novio Prisco.
wJon di parere alcuni, che questo Lucio
Cejonio console fosse avolo ( se pur non fu
K 4 pa-
' Dio ibid.
152 Annali d' I t a i. i a
padre ) di Lucia Vero , che noi vedremo à'
suo tempo adottato da Adriano imperado'»
re , ciò risultando da Giulio Capitolino ^ .
Abbiamo da Tacito * , che Gneo Giulio A-^
gricota , stato console nell' anno preceden-
te^ fu inviato governatore della Bretagna
in luogo di Giulio Frontino . Era Agricola
uomo di rara prudenza ed onoratezza . Giun-
to che fu là , non lasciò indietro diligenza
veruna^ per rimettere la buona disciplina
fra le milizie, e-per levare gli abusi de'
tempi addietro , per gli quali erano mal--
contenti que' popoli , moderando le impo-
ste , e compartendole con-^ordine : con che
cessarono le avanie de ministri del fisco y
e tornò la pace in quelle contrade. Eransi
negli anni precedenti sottratti alT ubbidien-
za de' Romani gli Ordovici nell'isola di Mo-
Ha, creduta oggidì l'Anglesei. Agricola v*
andò^ coir armi ^ e guadagnata una vittoria,
ridusse quelle genti alla primiera divozio-
ne. Forse fu in questi tempi ^ , che si sco-
pri vivo Giulio Sabino , nobile della Gal-
lia, che nell'anno 70 deH' Era cristiana,
avea net suo paese di Langres impugnate
l'armi contra de' Romani, e fatto ribella-^
re quel popolo. ^ Sconfitto egli in una. bat-
taglia y ancorché potesse ricoverarsi fra i
Barbari^ pure pel singolare amore eh' egli
portava a Peponilla sua moglie , chiamata
da
' Caditoi inus in Vita "Ludi Veri .
* Tacitus in Vita Agricola , ca^, 9.
^ Dio l. 66. ■* P lutar eh» in Amatorio .
Anno LXXVIIL 153
da Tacito ^ Epponiria , e da Plutarco Em~
■pona^ determinò di nascondersi in certe ca-
mere sotterranee di una sua casa in villa,
con far correre voce di non esser più vi-
vo. Licenziati pertanto i suoi servi e li-
berti ^ con dire di Voler prendere il vele-
no, ne ritenne sólamente due de' più fida-
ti . E perciocché gli premeva forte , che
fosse ben creduta da ognuno la propria mor-
te ^ mandò ad accertarne la moglie stessa^
la quale a tal nuova svenne , e stette tre
dì senza voler prendere cibo . Ma per ti-
more , eh' ella in fatti fosse dietro ad ac-
compagnare colla vera sua morte la finta
del marito , fece poi avvisarla del nascon-
diglio in cui si trovava , pregandola nondi-
meno a continuare a piagnerlo , come già
estinto* Andò ella dipoi a trovarlo la not-
te di tanto in tanto , e gli partorì anche
due figliuoli ( r uno de"* quali Plutarco di-
ce d' aver conosciuto ) , coprendo sì saggia-
mente la sua gravidanza e i> suo parto,
che niuno mai s' avvide del loro commer-
zio . Portò la disgrazia , che dopo varj an^
ni fu scoperto V infelice Sabino , e condot-
to con la moglie a Roma. Per muovere
Vespasiano a pietà , gli presentò Epponina
i due suoi piccioli figliuoli , dicendo , che
gli a-vea partoriti in un sepolcro per aver
molti , che il supplicassero di grazia , ed
aggiugnei:do tali parole, che mossero le
la-
* Tsiitus Hist9Y' lib. 4. f.rp. 67.
154 Annali d' Italia
lagrime a tutti , e fino allo stesso Vespa-
siano. Contuttociò Vespasiano li fece con-
dennare amendue alla morte. Allora Eppo-?
nina, saltando nelle furie, gli parlò ardi-^
tamente , dicendogli fra l'altre cose,, che
jpiù volentieri avea sofferto di vivere in un
sepolcro^ che di mirar lui imperadore. Non
si sa, perchè Vespasiano, che pur era la
stessa bontà , e tanti esempli avea dato fi-
nora di clemenza, procedesse qui con tan-
to rigore , se forse non l' irritò sì fatta^
mente l'indiscreto parlare dell' irata donna ,
che dimenticò di essere quel eh' egli era .
Attesta Plutarco , che per questo rigor di
giustizia 5 tuttoché V unico di tutto l'impe-
rio di Vespasiano , venne un grande sfre-
gio al di lui buon nome ; ed egli attribui-
sce a sì odioso fatto V essersi dipoi in bre-
ve tempo estinta tutta la di lui casa. Non
saprei dire, se i poeti di questi ultimi tem-
pi abbiano condotta mai sul teatro questa
tragica avventura : ben so , che un tale ar-
gomento vi farebbe bella comparsa , sicco-
me stravagante e capace di muovere le la-
grime oggidì , come pur fece allora •
Ao-
Anno LXXIX. 155
Anno di Cristo lxxix. Jndizione yir.
di Cleto papa 3.
di Tito Flavio imperadore i.
•Consoli
r Flavio Vespasiano Augu-
sto per la nona volta,
Tito Flavio Cesare per la
settima.
Urssendo in quest' anno » siccome dirò , man-
cato di vita Vespasiano Augusto , potrebbe
darsi , secondo le confetture da me recate
altrove ^ , .che nelle calende di luglio il
consolato fosse conferito a Marco Tizio Fra-
gì , e a Tito Vinio , o Vinicio Giuliano .
Pacificamente avea finquì Vespasiano ammi-
nistrato l'imperio, .e meritava htnQ il sag-
gio e dolce suo governo , eh' egli non tro-
vasse de' nemici in casa . Tuttavia o sia
perchè la morte sola di Sabino , compianta
da tutti , rendesse odioso questo principe ;
oppure perchè Tito destinato suo successo-
re fosse, per quanto vedremo, poco ama-
to j ovvero , come è più probabile , perchè
non mancano , né rnancheranno mai al mon-
do de' pazzi , e degli scellerati .- certo è ,
che in quest'anno due de' principali Roma-
ni tramarono una congiura contra di Ve-
spasiano. "- Questi furono Alieno Cecina,
già
* Thesaurus Novus Vtter. Inscript. ptg. ili.
' Dio lib.66, Suetonius in Tito cap.ó.
i^S Annali d' I t a .- . ..
già stato console , ed Epr'io Marcello , po-
tenti in Roma , amati e beneficati d-^ esso
Augusto. Si credeva egli d"* aver in essi due
buoni amici y e non aveà che diie ingrati:
vizio corrispondente ad altre loro pessime
qualità. Venne scoperta la congiura : si tro-
vò avervi mano r^olti soldati ; e Tiro Ce-
sare ne fu assi-curato da lettere scritte di
ior pugno. Non volle esso Tito perdere
tempo , perchè temeva che nella notte stes-
sa scoppiasse la mina , 6 però fatto invi-
tar Cecina seco a cena^ dopo essa il fece
trucida-r dai pretoriani senz'altro proccssoV
Marcello^ citato davanti al senato', à con*
vinto ;, allorché udì proferita' contra di lt*i
la sentenza di morte ^ colle proprie rt?ani
si tagliò' con un rasojo la gola. Non pò-
tiea- negarsi che la risoluziòn presa da Ti'-
to contra Cecina non fòsse giusta , o almé^'
no s-cusabile : contiitto'jiò per cagion cV es-
sa egli incorse nell'odio di molti. Dopò'
questa esecuzione sentendosi Véspasiaho ^
alquanto incomodato nella salute per alcu^'
ne febbre tte, si' fece portare alla sua^ villa
paterna nel territorio di' Rieti;, siccome
èra solito nella state . In quelle parti v" era-
no Tacque cutilie, somm.ament'e fredde,
da Strabone e da Plinio chiamare utili a
ciurar varj mali. Riuscirono queste perni-
ciose non poco o per la Ior natura, o pei
troppo berne , a Vespasiano , di maniera che
gì'
* Idem in re sbastano caf. 24;
à
A N N o I;XXIX. 157
gì* indebolirono forte lo stomaco, e gli sur
scitarono una molesta diarrea . Era egli
T^incipe faceto , e dacché cominciò a sea-
.c quelle febbri, ridendo e burlandosi del
superstizioso ed empio rito de' &u ai tempi ,
ne' quali si deificavano dopo morte gì' imr
peradori , disse: Pare eli io ine orni nei adl^
-ventar dio. Erasi andie veduta poco inr
nanzi una cometa , e parlandone in sua pre-^
senza alcuiii : oh , -disse , questa non paria
per me, Qndla sua chioma miàaccia il re
de Parti ^ ehe portala capigliatura. Quan-
to a me son calvo; E perciocché non osta-n-r
te r infermità sua egli seguitava ad operar
come prima , attendendo agli affari dell*
imperio , e dando udienza ai deputati del-
le città ( del che era ripreso dai i^edici e
dai familiari ) rispose: Un imperadore ha
da morire stando in piedi . Morì egli in
-"atti , conservando sempre il medesimo co-
raggio, nel di 23 , o 24 di giugno, in età
di settanta anni, e non già per male di
podagra , come alcuni pensarono ; molto mft-
no per veleno , che taluno falsamente ^ e
fi'a gli altri Adriano imperadore , disse a
lui dato in un convito da Tito suo figliuo-r
lo, principe, in cui non potè mai cadere
un S4 nero sospetto . Si fecero poscia i suoi
funerali colla pompa consueta , e gli fu da-
to il titolo di Divo. DaSuetonio ^ si rac-
coglie che a tali esequie intervenivano an-
che
"^ Dio lib. 66. * Siic^on. in Fas^asiano cap. 19.
158 Annali d' Italia
che i mimi, o sia i buftoni , ballando, at-
teggiando, ed imitando i gesti, la figura ^
e il parlare del defunto imperadore. Il ca-
po de' mimi , che in questa occasione rap-
presentava- la persona di Vespasiano, prò-
babilmente colla maschera simile al di lui
volto, volendo esprimere T avarizia a lui
attribuita", dimandò ai ministri delFerario ,
quanto costava" quel" funerale . Dissero : Dit^
gemo cinquantamila scudi. Ed egli: Da-
temene solo' dugentc cinquanta j e gittate^
mi nel fiume. Gran disavventura si crede-
va allora il restar senza' sepoltura; ma per
urr pò"* di guadagno , secondo costui , si sa-
rebbe contentato Vespasiano' di restarne
privo .
Era già suo collega nell imperio , cioè
nel comando dell' armi , e nella tribunizia'
podestàv Tito Flavio Sabino Vespasiano Ce-
sare ^ suo primogenito ; e però^ bisogno'non'
ebbe di maneggi , per acquistare una digni-'
tà di cui egli già buona^ parte godeva 5- e
di cui anche il padre V avea dichiarato ere-
de nel suo testamento. Prese bensì il tito-
lo à' Augusto j indicante la suprema pode-
stà , e quello di Pontefice Massimo; e dal
senato gli fu conferito il glorioso nome di
Padre della Patria^ come apparisce dalle
sue medaglie. Per testimonianza di Sueto-
nio ^ egli era nato in Roma nell'anno 41
dell' epoca nostra , in cui Caligola impera-
do-
' Sueton^ in Tito cap* i.
Anno LXXIX. 159
dorè fu ucciso . Siccome suo padre in que'
tempi si trovava in molto bassa fortuna ,
così Tito nacque vicino al Settizonio vec-
chio entro una brutta casuccia , in una came-
ra stretta e scura ^ che si mostrava anche
a' tempi del suddetto Suetonio per una ra-
rità. Fanciullo fu messo alla corte, proba-
bilmente per paggio, al servigio di Britan-
nico figliuolo di Claudio imperadore ^ e con
esso lui allevato , studiando seco , e sotto
i medesimi maestri , le lettere e le arti ca-
valleresche. Tanta era la familiarità d'es-
so lui con Britannico , che in occasion del ve-
leno, dato a quell'infelice principe^ ne toc-
cò anche a lui un poco , per cui soffrì una
grave malattia . Divenuto poi imperadore
mostrò la sua riconoscenza ad esso Britan-
nico, con fargli ergere due statue^ l'una
dorata^ e l'altra equestre d'avorio. Gio-
vanetto di alta statura ^ di gran robustez-
za, di volto avvenente ed insieme maesto-
so , con facilità imparò l'arti della guerra
e della pace , peritissimo soprattutto in'ma-
neggiar armi e cavalli . Egregiamente par-
lava il latino e il greco linguaggio, sapea
far delle belle Orazioni, sapea di musica,
e tal possesso avea in far versi, che anche
fra gl'improvvisatori facea bella figura. L'
imitare gli altrui caratteri gli era facilis-
simo y e scherzando dicea , ch^ egli avrebbe
l)otuto essere un gran falsario . Fece dipoi
col padre varie campagne nelle guerre del-
la Germania e Bretagna , e poscia nella
Giù-
i6o Annali d* Italia
Giudea , siccome di sopra fu detto , lascian-
do segni di prudenza e di valore in ogni
occasione , e comperandosi dappertutto V
affetto delle milizie. Mirabile specialmente
era in lui l' arte di farsi amare , parte a
lui venuta dalla natura^ e parte acquista-
ta colla saggia sua accortezza , perchè in
lui si trovava unita un'aria dolce, e una
rara bontà verso tutti, con affabilità popo-
lare ed insieme con gravità , che guadagna-
va i cuori , e nello stesso tempo esigeva il
rispetto d' ognuno . Ebbe per prim.a sua mo-
glie Arrlcldia Tertulla figliuola d' un pre-
fetto del pretorio. Morta questa ^ sposq
Marcia Furnllla di nobilissimo casato j, ma
dopo averne avuto una figliuola, nomata
Giulia Sabina , di cui parleremo a suo luo-
go , la ripudiò . In tale stato era Tito , al-
lorché succedette al padre Augusto nel go-
verno della repubblica romana , ma non sen-
za difetti , la menzion de' quali io riserbo
all' anno seguente . Nel presente si crede ^
che avvenisse la morte dì Plinio il ^vecchio ^
celebre scrittore di questi tempi j, intorno
alla cui patria hanno disputato Verona e
Como . Nel primo dì di novembre comin-
ciò spaventosamente il monte Vesuvio a fu-
mare -5 a gittar fiamme, pietre, e ceneri,
che empievano tutti i luoghi circonvicini .
Plinio seniore , che si trovava allora a Mi-
seno , comandante di quella fiotta , portato
dal
Pli'iius junigy lib. 6. E^ist< 16. 6* 20. Dio lib.
66^ W\
A K N o LXXIX. i&i
dal suo incessante studio delle cose nata--
rali, sopra una galea si fece condurre sino
a Gastell'a mare di Stabia^ per essere più
vicino a contemplare il terribile sfogo di
quel monte; ed ancorché vedesse le genti
scappare dalla parte del mare , per non es-
sere colte dal torrente del fuoco j, o dei
sassi , pure si fermò quivi la notte . Allor-
ché volle anch' egli fuggire , non gli fu per-
messo dal mare , eh"* era in fortuna . Sicché
soffocato dair odore dello zolfo, e dall'aria
ingrossata da quelle esalazioni, lasciò ivi
la vita . Flinio secondo , il giovai^^, coma-
sco, suo nipote, e da lui adottato'^per fi-
gliuolo , uomo non men dello zio dotato
di maraviglioso ingegno , che soggiornava
allora a Miseno , corse anch' egli pericolo
della vita in quel brutto frangente , ma eh-^
be tempo da ridursi in salvo.
Anno di Cristo lxx:^. Indizione vili,
di Cleto papa 4.
di Tito Flavio imperadore 2.
Consoli
Tito Flavio Augusto per
l'ottava volta,
Domiziano Cesare per la
settima .
V^on tutte le belle e plausibili prerogati-
ve , colle quali Tito arrivò al trono impe-
ciale , non si vuol dissimulare ciò che seri-
Tom, il L ve
j62 Annali d' I t a l r a
ve di lui Siìctonio ^, cioè aver egli sonr-*
ministrata.. occasione a molti del popolo re-
jnano di credere eh' egli. nel governo aves-
se da riuscire un cattivo principe, anzi uà
^Itro Nerone, Si perdeva egli talvolta nel-
le gozzoviglio co' suoi amici dal buon tem-
po , stando a tavola sino a mezza notte :
dal che si guardavano allora i saggi Roma-
ni. Kecava loro pena il parere^ eh' egli fos-
se immerso nella libidine anche più abbo-
rainevole , stante la qualità delle persone
della sua corte, e 1' esser egli statosi scon-
ciamente^ invaghito della- regina Berenice .
Temevasi inoltre di trovare in lui un prin-
cipe, a cui più del dovere piacesse la ro-
ba altrui , sapendosi che prendeva regali an-
che neir amministrazion della giustizia . M^
dopo la morte del padre cessarono tutti
questi sospetti . Tito con istupore e piacer
d'ognuno comparve tutt' altro, scoprendosi
esente da ogni vizio, e solamente fornito
di eccellenti virtù , di maniera che si con-
vertirono in lode sua tutti i conceputi ti-
mori di lui. Licenziò tosto dalla sua cor-
te qualunque persona che dar potesse scan-
dalo , ed elesse am.ici di gran senno e pro-
prietà, tali che anche i susseguenti princi-
pi se ne servirono , come di strumenti uti-
li o necessarj al buon governo. Tornò a
Roma la regina Berenice^ figurandosi, che
-potendo ora Tito far tutto, molto anch*
ella
' Suitcr.. in Tacf'po c-ìp-J*
Anno LXXX. 1^3 ^
ella potrebbe sopra di lui. Se ne sbrigò
egli , e rimandolla alle sue contrade: I con-
viti^ ai quali invitava or l'uno or l'al-
tro de' senatori e de' nobili , erano alkgri ,
ma senza profusione od eccesso. Più non si
osservò in lui ruggine d' avarizia 3 mai non
tolse ad alcuno il sue, e neppur ammette-
va i regali soliti a darsi dalle provincie ,
città, ed università agli Augusti. Eppur
ninno d' essi imperadori gli andò innanzi
nella munificenza e magnificenza. Imper-
ciocché in quest'anno egli dedicò l'anfitea-
tro ^ , appellato oggi il Colosseo , stupenda,
mole , incominciata , per quanto si crede ,
da Vespasiano suo padre , e da lui perfe-
zionata . Nulla più fa intendere , qual fos-
se la potenza e splendidezza degli antichi
Augusti , quanto i pezzi che restano tutta-
via di quel superbo edifizio . Fabbricò ezian-
dio le Terme , o sia bagni pubblici , pres-
so al medesimo anfiteatro, le cui vestigia
pur ora si mirano circa la chiesa di san
Pietro in Vincula , per attestato del Nardi-
110, del Donato, e d'altri. Ed allorché si
fece la dedicazion di tali fabbriche, cioè
quando si misero all'uso pubblico , Tito so-
lennizzò la funzione conmaravigliosi e ma-
gnifici spettacoli, descritti da Dione *. Si
fecero combattimenti navali, giuochi di gla-
diatori , caccia di fiere , cinquemila delie
quali furono uccise nell' anfiteatro in un sci
L 2 4à>
' Idem ihid, e. %. » Dio Uh. 65-
^"54 Ànìstali d' Italia
Vii, e quattro altre miglia] a ne' susseguenti
giorni: Né vi mancarono i giuochi circen-
si , e una gran profusione di doni al. popo-
lo. Durarono cento dì così allegre e di-
spendiose feste .
L' incendio del Vesuvio, di sopra da me
accennato, che fu de' più terribili, che mai
si sicno provati , àvea portata la rovina o
notabili danni alle città e terre della Cam-
pania. Tito inviò colà due senatori, già
stati consoli, con buone somme di danaro ^
acciocché si rimettessero in piedi le fabbri-
che . Per tali spese assegnò ancora i beni
di tutti coloro che erano morti sen^a ere-
di^ benché secondo le leggi que' beni ap-
partenessero al suo Fisco. Ed egli stesso
colà si portò , non tanto per mirar la de-
solazion de' luoghi , quanto per affrettarne
il sollievo . Ma a questa disgrazia ne ten-
ne dietro un'' altra non meno spaventosa e
lagrime vole . Attaccatosi il fuoco in Roma,
vi consumò il Campidoglio , il tempio di
Giove Capitolino , il Pantheon , i templi di
Serapide e d'Iside, siccome quel di Nettu-
no , ed altri j il teatro di Balbo e di Pom-
peo , il palazzo d' Augusto colla bil)liote-
ca-, e molti altri pubblici edifizj . Sì ampia
fu la strage delle fabbriche , che ^fu credu-
to quell'incendio non operazion degli uo-
mini, ma gastigo mandato da Dio. Se ne
afflisse sommamente Tito , protestando non-
dimeno, che a lui come principe apparte-
neva il risarcimento di tante fabbriche del
pub-
Anno LXXX. 1^5
pubblico. In fatti a questo fine alienò tut-
ti i più preziosi mobili de' suoi palazzi ; e
quantunque molti particolari , e varie cit-
tà, e alcuni dei re sudditi , gli ofFerisse-
ro, o promettessero di molto danaro per
quel bisogno , non volle che alcuno si sco-
modasse , riserbando tutte quelle spese al-
la prepria borsa . Dopo sì fiero incendia
succedette in Roma un'atrocissima peste,
di cui parlano Suetonio e Dione , e che se-
condo ^ Aurelio Vittore fu delle più mici-
diali , che mai si provassero in quella cit-
tà, e se ne diede la colpa alle esalazioni
del Vesuvio. Dubito io, questa essere la
medesima , che di sopra all'anno 77 fu ri-
ferita da Eusebio , e però collocata fuor di
sito, cioè sotto l'imperio di Vespasiano.
La fece Tito da padre in sì funeste circo-
stanze , consolando il popolo con frequenti
editti^ ed aiutandolo in quante maniere gli
fu mai possibile. Certo inesplicabile fu V
amore eh' egli portava ad ognuno , e la bon-
tà sua e la premura di far del bene a tutti .
Era lecito ad ognuno 1' andare all' udienza
sua , ed ognuno ne riportava o consolazio-
ne , o speranza. E perchè i suoi dimestici
non approvavano ch'egli promettesse sem-
pre, perchè non sempre poi poteva marfte-
ner la parola: rispondeva, noìi doi^ersi per-
mettere che alcuno mal si yarta malcanten-.
to dair udienza del principe suo. Tanta era
* Aurelius ViSìos: i^ì Breviar.
lèS Annali r/ I t a l i a
in somma l' inclinazione sua a far dei be*-
tiefìzj , che sovvenendogli una notte , men-
tre cenava , di non averne fatto veruno ih
quel di , sospirando disse quelle sì celebri
e decantate parole ^ : Amici ^ io ho perdita
ta questa giornata» Giunse a tanto questa
sua benignità e amorevolezza, che nel po-
co tempo eh' egli regnò , a niuno per im-
pulso , o per ordine suo tolta fu la vita .
Diceva di amar piuttosto di perir egli ^
che di far perire altrui. In effetto, ancor-
ché si venisse a sapere che due de' princi-
pali Romani faceano brighe e congiure per
arrivar all'imperio, e ne fossero essi an-
che convinti ; pure non altro egli fece , se
non esortarli a desistere , dicendo che il
■principato -vien da Dio ^ né si acquista col-
le scelleragginl ; e che se desideravano
qualche bene da lui, prometteva di far-
lo . ^ Dopo di che , per timore che la ma-
dre d' uno di questi senatòri si trovasse in
grandi affanni , le spedì dei corrieri , ac-ti
ciocché l'assicurassero che suo iìgliuolo erMI
salvo. Inoltre la notte stessa tenne seco ^
cena questi due personaggi , e nel dì se-
guente li volle allo spettacolo de' gladiato-
ri a' suoi fianchi. Allora fu, che portate a
lui le spade di que' combattenti , come era
il costume, le diede in mano ad amendu-
ró , acciocché osservassero , se erano ta--
glien-
' Sueron. Dio ^ Eutvop:us^ Eusibius ^
' Sf/eton* in Tito c^ ''• t)ìo L 66.
• A N NO LXXX. 1^7
iienti , per far lóro tacitamente conosc*-*
re, che più non dubitava della loro fedel-
tà. Ma ciò ctìé sopra ogni altra cosa gli
conciliò l'amore d'ognuno, fu l'aver egli
v'ato via l'insofFribil abuso introdotto sot-
-) i -precedenti cattivi imperadori ; cioè
;ie a qualsivoglia persona era permesso V
accusare altrui d' avere sparlato del prin-
cipe , o d' avergli rtiancato di rispetto : il
che era delitto di lesa maestà . Una licen^
za sì fatta teneva tutti sempre in un' ap-
prensione e schiavitii incredibile. Tito or-
dinò ai magistrati , che non ammettessero
più si fatte accuse, ed egli stesso perse-
guitò vivamente la mala razza di cotali
accusatori, facendoli battere, omettere in
ischiavitù , o pure esiliandoli . Soleva per-
ciò dire : Non credo che mi si possa fare
ingiuria ^ perchè non opero cosa ^ di cui con
giustizia io possa essere biasimato , Che se
pur taluno ingiustamente mi biasima , egli
fa ingiuria più a se ^ che a me: ed io in
vece d^ adirarmi contra di lui ^ ho d'aver
compassione della sua cecità. E se talun
dice male de^ miei predecessori con ingiù-
stizia ^ quando sia vero ^ che questi abbia-
no il potere che loro s' attribuisce nelV aver-^
li deificati , sapran ben essi vendicarsene
senza di me . Fece parimxcnte questo buon
principe circa questi tempi selciar di nuo-
vo la Via Flaminia, che da Roma condu-
ceva a Rimini . Ed Agricola ^ continuando
L 4 la
' Tacitv.s in Vita Agricofte 'cap ii.
ì68 Annali d' Italia
ia guerra in Bretagna, stese i confini ro^
mani sin verso la Scozia , fondando ivi ca-
stelli e fortezze, per mettervi delle guar-
laigioni.
Anno di Cristo lxxxi* Indizione ix>
di Cleto papa 5.
di Domiziano imperadove i.
"" Lucio Flavio Silva Nonio
Consoli -={ Basso,
(^ AsiNlO POLIONE VkRUCOSO.
X ali furono i nomi de' consoli di quest'
anno , come apparisce dall' iscrizione rap-
portata da m^onsignor Bianchini , e da me ^ .
Ma in un' altra Iscrizione da me data alla
luce , il primo console è appellato Lucie
FlaVw Silvano, Di lagrime e sospiri ab-
bondò Roma in quest' anno. Un ottimo
principe oramai la governava , che amava
tutti come figliuoli, comunemente ancora
amato da ognuno^ e che perciò avea con-
seguito un titolo, non prima né poi dato
ad alcun altro de' romani imperadori , cioè
era chiamato ^ la delizia del genere urna-
no. 0 sia ch'egli non si sentisse ben di
salute, o che quakhc cattivo presagio gli
facesse apprendere vicina la morte ; per-
ciocché non si può dire , quanto i Romani
iV allora fossero superstiziosi , e dai varj ac-
ci-
Thesaùrvs Novus Inscvipt. /«/t^. 311. & pag. 318.
Sueu in Tito f. 10.
à
Anno LXXXI. i%
cidenti vanamente deducessero i buoni, o
tristi successi dell' avvenire ^ o pur badas-
sero agli strologhi : fuor di dubbio è , che
Tito Augusto nulla operò in quest^ anno di
j singolare. Si fecero degli spettacoli, e vi
assistè ; ma nel fin d' essi fu veduto pia-
gnere . Comparve ancora in quest' anno nell*
I Asia un furbo appellato Terenzio Massimo j
che si facea credere Nerone Augusto ^ , già
morto , e fu ben accolto da Ànabano re
de' Parti, Anzi parea , che quel barbaro re
si preparasse per muovere guerra a Tito ,
con pretendere di rimettere sul trono un
sì fatto impostore . Se Tito se ne mettesse
pensiero, non è a noi noto. Volle egli,
venuta la state, portarsi alla casa paterna
nel territorio di Rieti, e malenconico più
del solito uscì di Roma , perchè nel voler
sagrificare, era fuggita la vittima di mano
al sacerdote ; ed essendo tempo sereno , s*
era sentito il tuono . Alloggiato la sera in
non so qual luogo, gli venne la febbre. Po-
sto in lettiga^ continuò il viaggio, e co-»
me già fosse certo che quelF era 1' ultima
sua malattia , fu vediito tirar le cortine ,
e mirare il cielo , e dolersi , perchè in età
sì immatura egli avesse da perdere la vi-
ta ; giacché egli non sapea di aver com-
messa azione alcuna, di cui si avesse a pen-
tire , fuorché una sola. Qual fosse questa,
non si potè mai sapere di certo, quantunr
que
' Zc'Jar.7 in Cbr*.-
^tfo A .. :. ALI d' 1*1 ALIA
que molte dicerie ne fossero fatt^. Dioii<*'
i con più fondamento riferisce ciò al tem-
po, in cui vide disperata là sua salute.
Arrivato alla villa paterna , dove il padif
avea terminata la sua vita , anch' egli ^ cre-
scendo il male;, vi trovò la nio¥t*e . Sicco
me in casi tali avviene, ognun disse la sua ,
Per quanto scrive Plutarco *, i suoi medi-
ci attribuirono la cagion di sua morte a-
bagni , a' quali s' era talmente avvezzato .
che noìi potea prendere cibo la mattina,
se prima non s'era portato a! bagno. For-
se V acque fredde della Sabina gli nocque-
to . Anche un certo Regolo , che con esso
lui si bagnò nello stesso giorno, fu sorpre-
so da un colpo di apoplessia^ per cui mo-
rì. Altri pretesero ^ , che Domiziano suo
fratello il levasse dal mondo col veleno *
perchè più volte anche prima gli avea in-
sidiata la vita ^ ed altri ^^ che veramente
egli mancasse di malattia naturale . Aggiu-^
gne Dione, che Domiziano^ allorché Tito
era malato, e potea forse riaversi, il fece
mettere in un cassone pieno di neve , non
so, se col pretesto di rinfrescarlo , o di ot-
tener quell^ effetto, che oggidì alcuni me-
dici pretendono , con dar acque agghiac-
ciate nelle febbri acute , ma con vero di-
segno di farlo morire più presto. Quel che
è certo, non era per anche morto Tìto^
che
* Dio Uh. 66. ^ Plut.iY. de Sanit.
* Aureli US in Brevi ar. ^ Dio Uh. 66.
1^^ k N N O LXXXI. 17 1
^^■le Domiziano corse a Rorna^ guadagnò i
^^Jldati del pretorio, e si fece proclamar
imperadore colla promessa di quel donati-
vo, che Tito avea loro dato nella sua as-
sunzione air imperio.
Tale fu il fine di questo amabile impe-
radore, mancato di vita nel dì 13 di set»
tembre ^, e nell'anno quarantesimo dell'
età sua , dopo avere per poco più di due
anni e due mesi tenuto l'imperio . Credet-
tero alcuni politici d' allora , che fosse van-
taggioso per lui r essere tolto di vita gio-
vane , siccome fu ad Augusto , l' essere mor-
to vecchio . Perciocché Augusto sul prin-
cipio del suo governo j fu costretto per la
moltitudine de' suoi nemici e delle frequen-
ti sedizioni, a commettere non poche azio-
ni crudeli e odiose ; ed ebbe poi bisogno
di gran tempo , se volle guadagnarsi il pub^
blico amore a forza di benetizj , per gli
quali morì glorioso. All'incontro meglio fu
per Tito il mancar di buon' ora , cioè in
tempo ch'egli già era in possesso dell'amo^
re d' ognuno , perchè correa pericolo , sé
fosse più lungamente vivuto , d'essere astret-
to a far cose che gliel facessero perdere.
Volata a Roma la nuova di sua morte , fu..
per sì gran perdita inesplicabile il dolore
di quel popolo , parendo ad ognuno di aver
perduto un figliuolo, o pure il padre. Al-
trettanto avvenne per le provincia romane.
I sc-
' Sueton. in Tito e io.
172 Annali d'Italia
I sjenatori senza essere chiamati dai conso-
li o dal pretore, corsero alla Curia, ed
aperte le porte , diedero più lodi a lui
morto, di quel cke avessero fatto a luivi-r
vo . Portato a Roma il suo cadavero, fé-,
cegli fare Domiziano il funerale^ e regi-
strarlo nel catalogo degli dii , ma senz' al-
cun altro degli onori, che Roma gentile
soleva accordare agli altri imperadori , co-
me di giuochi annuali , templi , e sacerdo-
ti per eternare la loro memoria. Finquì
Flavio Domiziano altro titolo non avea go-
duto , che quello di Cesare ^^ e di Princl'*
pe della gioventù. Appena prese le redini
del governo , che siccome persona gonna di
vanità ed ambizione , voile dal senato tut-
ti i titoli ed onori , che altri imperadori
partitamente aveano ricevuto j, cioè quelli
d' Imperadore j à^ Augusto , dì Pontefice Mas-
simo , di Censore , e di ornato della tribu-
nizia -podestà^ Le medaglie ancora ci as-
sicurano, che non tardò punto a voler an-
che il bel nome di Padre della Patria .
Qual fosse il merito suo, quali i suoi pre-
gi , lo vedremo all' anno seguente . Egli era
nato neir anno cinquantesimo dell' Era no-
stra ; e però cominciò il suo reggimento
in età giovanile; e diede il titolo d'-4u»
gusta 3. Domizia sua moglie.
Anno LXXXII. 173
Anno di Cristo lxxxii. Indizione x.
di Cleto papa 6.
di Domiziano imperadore 2.
r Flavio Domiziano Augu-
Consoli -ì STO per T ottava volta,
[^ Tito Flavio Sabino.
.£!ira questo Sabino console , cugino carna-
le di Domiziano , perchè figliuolo di Tito
Flavio Sabino^ fratello di Vespasiano, e
prefetto di Roma >, da noi veduto ucciso ne-
gli ultimi giorni di Vitellio Augusto . Avea
già dato principio Domiziano imperadore
al suo governo , non diversamente da alcu-
ni suoi predecessori', buoni sulle prime, e
nel progresso del tempo d' ogni crudeltà e
scelleraggine macchiati . ^ Salito sul tribu-
nale , posto in piazza , bene spesso ascolta-
va e decideva giudiciosamente e giustamen-
te le liti . Cassò molte sentenze date dai
giudici con indebita parzialità, dichiaran-
do infami quei d' essi y che si scoprivano
aver preso danaro per vendere la giusti-
zia * . Tanta attenzione ebbe egli anche nel
resto de' suoi anni all' amministrazione di
essa giustizia non solo in Roma, ma an-
che nelle provincie , che per attestato di
Su^tonio non si videro mai in tutto V im-
pc-
' Sueton. in Domi ti ano cap. 8.
* Auì-elius n^or ih E-.:tfù>. .
174 Annali d* Italia .
perio romano i governatori e i magistrati
si modesti e giusti j, eorae sotto di lui. E
perchè questi dopo la sua morte lasciarono
la briglia alla loro malnata avidità di far
danaro , furono poi per la maggior parte
condennati e puniti. Come censore perpe--
tuo fece ancora alcune belle provvisioni.
Volle ne' teatri, distinti dalla plebe i se-
dili de' cavalieri . Abolì le pasquinate e i
libelli famosi, pubblicati contro l'onore dei
nobili dell'uno e dell'altro sesso, G:astÌ2'an-
done gli autori, se venivano a scoprirsi,,
Cacciò dal senato CecìLio Rufino questore -,
perchè si diiettava di far il buffone e i«
ballerino . Alle pubbliche meretrici viete
F uso della lettiga , e il poter conseguire
eredità e legati. Levò dal ruolo de' giudi-
ci un cavaliere romano , perchè dopo ave-
re accusata di adulterio e ripudiata la mo-
glie, l'avea dipoi ripigliata. Secondo la
legge statinia condennò alcuni de' seriatori
e cavalieri per la lor impudicizia ^ JSÌè il
padre , ne il fratello di lui aveano presa
cura degli adulterj delle vergini Vestali,
le quali;, come ognun sa, venivano obbli-
gate a conservar la virginità. Rigorosamen-
te volle egli, siccome Pontefice massimo^
che si eseguisse contra di loro la pena ca-
pitale, prescritta dalle leggi ,• ne risparmiò
i dovuti gastighi o d' esilio , o di morte ai
complici dei lor falli . Parve ^ parimente
ne"
D' '•vitiano ca-p. 9-
1
Anno LXXXII. 175
nc'principj del suo governo, ch'egli ab^
borrisse il levar la vita agli uomini , né
fosse punto avido della roba altrui. Anzi
inclinava egli molto alla liberalità, e ne
diede dei gran saggi verso tutti i suoi cor-,
tigiani , parenti ed amici , loro poscia se-
veramente incaricando di guardarsi da ogni
sordida azione per far danaro. Le eredità
a lui lasciate d^ chi avea -figliuoli , le ri-
cusò . Mólte terre decadute al fisco restituì
ai padroni di esse. Decretò l'esilio a qtìe-r
gli accusatori che non provavano le lor de-^
nunzie ed accuse . jVIolto più aspramente
trattò coloro che intentavano processi ca-
lunniosi di contrabandi in favore del fisco;
imperocché egli diceva: Chi non gastlga i
falsi accu sartori ^ anima essi ed altri a que-r
sto iniquo raestiere. Non fu minore la sua
magnificenza nel rifare il Campidoglio : che
fu mirabil cosa , perchè secondo la testi-
monianza di Plutarco ^ nelle sole dorature
egli v' impiegò dodicimila talenti : il che
era un nulla rispetto alle spese fatte nelF
adornare il proprio palazzo . Rifabbricò
eziandio varj templi bruciati sotto Tito
Augusto, m.ettendovi il suo nome, e non
già quello de^'primieri autori. Fece di pian-r
ta i] tempio della famiglia Flavia, lo star,
dio per gii atleti, TOdeo per le gare de*
usici , e la Naumachia per gli combatti-?
-enti navali. Marziale fottz di questi tem-s
' p lutare, iti Vita Polite.
176 Annali d' I t a l i a
pi, sfacciato adulatore di Domiziano, esal-*
ta alle stelle tutte queste sue fabbriche , ed
ogni altra sua azione. Ora quanto s' è det-
to iìnquj , potrà far credere ai lettori , che
Domiziano comparisse figliuolo ben degno
di un Vespasiano, e fratello d*un Tito,
principi che aveano restituito il suo splen-
dore a Roma , e air imperio romano . Ma
noi non tarderemo a vederlo indegno lor
figlio e fratello , e tiranno , non signore di
Homa. Prese egli in quest' anno il titolo
d' Imperadore per la terza volta , a cagio-
ne, per quanto si crede, di qualche vitto-
ria riportata da Giulio Agricola nella Bre-
tagna. Colà s'inoltrò cotanto quel valente
capitano coli' armi romane, che arrivò si-
2:10 ai confini dell'Irlanda ^.
Anno di Cristo lxxxiii. Indizione xi.
di Anacleto papa i.
di Domiziano imperadore ,^i
r Flavio Domiziano Augu-
ri T j STO per la nona volta ,
Consoli -i r\ n T>
1 Quinto Petillio Rufo per
L la seconda .
JTA. Quinto Pètilio fu sustituito nel con-
solato, per quanto si crede, Gajo Valerio
Mcssalino . In quest' anno la Storia eècl^
elastica riferisce la morte di s. Cleto papa™
eh'
Tacitus in P'it2 jSgyicol^ taf» 14.
Anno LXXXIII. 177
"he col suo sangue illustrò la Religione di
Cristo . A lui succedette nella cattedra di
san Pietro , Anacleto , Durava tuttavia la
guerra nella Bretagna . Giulio Agrìcola co-
mandante deir armi romane in quelle parti,
^ riportò un' insigne vittoria nella Scozia
contra di que' popoli . Aveano i Romani
trasportato in quella grande isola un reg-
gimento di Tedeschi . Costoro non volen-
do più militare in quelle parti , fatta una
congiura,, uccisero il loro tribuno , i cen-
turioni, ed alcuni soldati romani, ed im-
barcatisi in tre bregantini si diedero alla
fuga . Il piloto d' essi legni seppe far tan-
to , che ricondusse il suo all' armata roma-
na . Gli altri due fecero il giro della Bre-
tagna j, e dopo una fiera fame patita, per
cui mangiarono i più deboli , giacché non
poteano approdare ad alcun sito d' essa Bre-
tagna , p€r essere considerati quai nemici ,
andarono poi a naufragar nelle coste della
Germania bassa • Quivi dai corsari suevi
e frisoni furono presi , e venduti come schia-
vi . Perchè alcuni d' essi capitarono nelle
terre del romano imperio , perciò allora so-
lamente vennero a conoscere i Romani , che
la Bretagna era un' isola , e non già terra
ferma , come per la poca pratica aveano
fin allora molti creduto . Intanto Domizia-
no teneva allegro il popolo romano * con
dei magnifici e dispendiosi spettacoli , non
Tom. II. M so-
' Tacitus caf. 25. ^ seq. » Suston. /■» 'Oomìtiano e. 4
178 Annali dVItalia
solamente nelF anfiteatro , ma anche nel
circo , dove si videro corse di carattere ,
combattimenti a cavallo e a piedi, sicco-
me ancora cacce di fiere , battaglie di gla-
diatori in tempo di notte a lume di fiac-
cole, ^ dando nel medesimo spettacolo ce-
na ^ o almen vino al popolo spettatore .
Vidersi ancora zuffe d' uomini , ed anche
donne combattere con le fiere , o fra lo-
ro . Mirabili altresì furono i combattimen-
ti navali , fatti nelF anfiteatro , oppure in
un lago , cavato a mano in vicinanza del
Tevere . Probabilmente a varj anni son da
attribuire sì fatti spettacoli , benché da
Suetonio e da me accennati tutti in un
fiato .
Anno di Cristo lxxxiv. Indizione xii.
di Anacleto papa 2.
di Domiziano imperadore 4.
r Flavio Domiziano Augu-
Consoli -4 sto per la decima volta ,
L Sabino .
i\on ho io dato alcun prenome e nome
a questo Sabino console , perchè intorno
a ciò nulla v' ha di certo . Da Giordano ,
* che altri sogliono chiamar Giornande ,
egli vien «appellato Fopi)eo Sabino, Parve
probabile al cardinal Noris, ^ che il suo
no-
» Dio 1.67. ^ Jord. He Re!;. Getic. f.ij. ^ Neris Ep, Consul.
Anno LXXXIV. 179
nome fosse Gajo Oppio Sabino, Ma in un'
iscrizione riferita dal Cùpero ( non so di
qual peso ) a Domiziano per la decima vol-
ta console vien dato per collega Tito Au-
relio Sabino . Noi bensì vedremo nn conso-
le dell' anno seguente , appellato Tito Au-
relio . In tale incertezza ho io ritenuto so-
lamente il di lui cognome , di cui non ci
lasciano dubitare i fasti antichi . Quantun-
que non si sappia di certo V anno , in cui
Domiziano andò alla guerra in Germania ,
pure seguendo la traccia delle medaglie , *
reputo io più verisimile il parlarne nel
presente . Erano confinanti i Romani coi
Catti , popolo per attestato di Tacito ^ il
più prudente e meglio disciplinato che s'
avesse la Germania , creduto oggidì quel d'
Hassia e Turingia. Domiziano j, siccome
sommamente vano ed ambizioso di gloria ,
determinò di marciar egli in persona con-
tra d"* essi , 3 perchè aveano cacciato Cario-
mero re de' Cherusci dal dominio a cagion
òeW amicizia eh' egli professava ai Roma-
ni. Andò questo gran campione^ assai per-
suaso che il suo solo nome avesse <ìa sbi-
gottir que' popoli; e forse fu allora, che
per quanto abbiam da Frontino ^ , egli
mostrò di portarsi rielle Gallie , ad ogget-
to ùnicamente di fare il censo di quelle
Provincie . Ma giunto colà , all' improvviso
M 2 pas-
* Medioharhuì , GoltzJus , & alii .
Tacitus de Morib. Germanorum cap. 30.
* Dio if(;. 67' "*■ Fromin- in Stratagem. Uh' 1. cap» I.
l8o ANltJAlI D'iTAItA
passò coir esercito il Reno, e a bandiere
spiegate andò contro ai Gatti . Se volessi-
mo credere agli adulatori poeti , un de'
quali era allora Publio Stazio Papinio ^ ,
egli domò la fierezza di que' Barbari , e
mise in pace i vicini. Ma non si sa, eh*
egli desse loro battaglia alcuna ; e proba-
bilmente altro non fece, che ridurli ad un
trattato di pace, con rovinar intanto ipo-
poli suoi sudditi di là dal Reno . Contut-
tociò , come s' egli avesse compiuta una
segnalata impresa , sparse voce di vittorie
riportate ; e tutto gonfio del suo mirabil
valore se ne tornò a Roma per goder del
trionfo , che il senato sulla di lui parola
gli accordò. Nelle medaglie di quest'an-
no si truova più volte coniato il tipo della
vittoria, segno di questi pretesi vantaggi
nella guerra germanica , per cui cominciò
egli ad usare il titolo di Germanico ^ e si
fece proclamar Imperadore sino alla nona
volta. Può nondimeno essere, che contri-
buissero alla gloria di Domiziano anche le
prodezze di Giulio ^gricoZa nella Bretagna .
Imperciocché , per quanto si può conghiet-
turare , ^ nell' anno presente quel saggio
ufiziale sottopose al romano imperio le iso-
le Orcadi, ed altri paesi in quelle parti.
Di questi felici successi diede egli di ma-
no in miano avviso a Domiziano . Qual ri-
compensa ne ricavasse , lo diremo all' anno
ses^uente .
An-
" " S/at. in Sflv. /. J. f. 1. ^ Tac. in Vita Agftc $■■ 38. «^ sfy-
Anno LXXXV< i8i
Anno iì Cristo lxxxv. Indizione xtix.
di Anacleto papa 3.
di Domiziano imparadore 5,
r Flavio Domiziano Augv«
p .. ì STO per r undecima volta 5
consoli ^j ^^^^ Aurelio Fulvo , o
L Fulvio.
Q
,tiestd Tito Aurelio console, per atte-
stato di Capitolino ^ , fu avolo paterno
di Antonino Pio Augusto . Che solamente
neir anno presente Domiziano solennizzasse
il suo trionfo, per aver ridotti a dovere!
popoli Catti j si ptiò facilmente dedurle
dalle monete o medaglie d' allora * , nelle
quali ancora con isfacciata adulazione si
legge GERMANIA CAPTA , quaàichè a que-^
sto bravo imperadore, il qual forse neppu-
re fu a fronte de' nemici , riuscito fosse di
conquistar V intera Germania . Però da lì
innanzi egli costumò di andare al senato
in abito trionfale . Son di parere alcuni 3 ,
^ eh' egli nella stesso tempo trionfasse dei
Quadi, Daci,Geti^ e Sarmati. Ma per
quanto sembra indicare Suetonio ^ , diverse
furono quelle guerre , diversi i trionfi . Egli
spontaneamente fece la prima spedizione
contro ai Catti; e l'altre per necessità»
M 3 L'av-
Julius '^apitolinus in Antonino Pio .
Medioh^b. in Numism. Imperator.
Bianch'itius ad Anastas, -* •ì'uit^ in Dcmhianù taf' 6*
iSa Annali d'Italia
L' avviso delle vittorie riportate da Agri-
cola fu ric<?vuto da Domiziano con singo-
lare allegrezza in apparenza ^ ; perchè in-
ternamente gli rodeva il cuore, che vi fos-
se altra persona, che lui, creduta valoro-
sa , e da invidioso riputava perdita sua le
glorie altrui . Perciò quantunque per co-
prire lo scontento suo , gli facesse decretar
dal senato gli ornamenti trionfali, una sta-
tua , e gli altri onori , de' quali fosse ca-
pace una privata persona , dappoiché si ri-
serbavano ai soli imperadori i trionfi :
pure determinò di richiamarlo a Koma ,
indorando questa pillola , col far correr
voce di volergli conferire il governo riguar-
devole della Siria , o sia della Soria , giac-
ché era mancato di vita Atillo Rufo ,
governatore di quella provincia . Fu detto
ancora, che gliene inviasse la patente por-
tata da un suo liberto , ma con ordine di
consegnargliela solamente , allorché Agricola
non fosse partito per anche dalla Bretagna ;
perchè dovea Domiziano temere , eh' egli
non volesse muoversi , se prima non rice-
veva la sicurezza di qualche migliore im-
piego. Ma il liberto avendo trovato, che
Agricola dopo aver consegnata la provin-
cia tutta in pace al suo successore, cioè a
Sallustio Lucullo y era già venuto nella
Gallia j senza neppur lasciarsi vedere da
lui , se ne ritornò a Roma , portando seco
?^ la
" Tachus in Vita Agricola cap, Ì9' (St seq-
I
Anno LXXXV. ^ 183
la non presentata patente . Entrò in Roma
Agricola in tempo di notte , per ischivarc
lo strepito di molti suoi amici , che vo-
leano i^scire ad incontrarlo ; e si portò a
salutar Domiziano , da cui fu accolto con
della freddezza . Da ciò intese egli ciò che
potea sperare da un tale imperadore j, e
rimasto senza impiego, si diede poscia ad
una vita ritirata e privata. Non mancò in
corte ^ chi animò Domiziano a fargli del
male , accusando e calunniando un sì de-
gno personaggio , prima eh' egli giugnesse
a Roma; ma non avea per anche Domizia-
no dato luo2-o in suo cuore alla crudeltà ,
di cui parlerò a suo tempo ; e la modera-
zione e prudenza d'Agricola ebbero tal for-
tuna , ch'egli giunse naturalmente alla mor-
te , senza riceverla dalle mani altrui . Ab-
biamo da Tacito ^ , che dopo 1' arrivo idi
esso Agricola a Roma , gli eserciti ro-
mani nella Mesia , nella Dacia , nella
Germania , e nella Pannonia o per la te-
merità, o per la codardia de' generali , fu-
rono sconfitti ; e che vi rimasero o truci-
dati , o presi m.oltissimi ufiziali di credi-
to colle lor compagnie , di maniera che non
solamente si perde alquanto de' confini del
romano imperio , ma si dubitò infino di
perdere i luoghi forti, dove soleano star
le milizie romane a' quartieri d' inverno .
Tali disavventure nondimeno, si può cre-
M 4 de-
* Idem ibid, ca^. 71.
iS/f Annali d' Italia
dc-re , che succedessero in varj anni ; a noi
resta luogo di distribuirle con sicurezza
secondo i lor tempi, perchè son periti gli
Annali antichi , e Suetonio e Dione ^ se-
condo il loro uso , contenti di riferir le
azioni degli antichi Augusti , poca curar si
presero della cronologia.
Anno di Cristo lxxxvi. Indizione xiv.
di Anacleto papa 4.
di Domiziano imperadore 6.
r Flavio Domiziano Augusto
I per la dodicesima volta,
Consoli -ì Servio Cornelio Dolabella
Metiliano Pompeo Mar-
cello •
L
A utti questi cognomi ho io dato al se-
condo de' consoli , seguendo un' iscrizione ,
da me ^ pubblicata , e creduta spettante al
medesimo personaggio. Abbiamo da Giu-
lio Capitolino *, che in quest'anno venne
alla luce Antonino Pio , il quale vedremo
andando innanzi imperadore . E in questi
tempi ancora, siccome scrive Censorino ^ ^
Domiziano istituì in Roma i Giuochi Ca^
pitoliniy i quali continuarono dipoi a ce-
lebrarsi ad ogni quarto anno a guisa de'
giuochi olimpici della Grecia. Si solenniz-
za-
* Thesaur. Novus Tnscript. pag. 113. ?i, a-
* Capitolinus in f^ha Aittontni P:ì .
^ Censorinus de Die N.nali cap. 18.
Anno LXXXVI. 185
zavano in onore di Giove Capitolino. Per
testimonianza di Suetonio ^ in que' giuochi
varie erano le gare e contese dei profes-
sori dell' «rti . Chi più degli altri piaceva
nel suo mestiere , ne riportava in premio
una corona . Faceano un giorno le lòr for-
ze gli atleti ; un altro di i cantori e so-
natori ; un altro gl'istrioni o commedian-
ti. V era anche il giorno destinato per
gli poeti y e il suo per chi recitava prose
in greco, o latino. Stazio Papinio poeta *
recitò allora al popolo una parte della sua
Tebaide , che non piacque ; e in confronto di
lui furono coronati altri poeti . Vi si vide-
ro ancora non senza dispiacer de' buoni
fanciulle pubblicamente gareggiare nel cor-
so. Come Pontefice massimo presiedeva a
questi giuochi Domiziano, vestito alla gre-
ca , portando in capo una corona d' oro ,
perchè i sacerdoti costumavano nelle lor
funzioni di andar coronati . Abbiamo da
Dione 3 e da Suetonio ^ che Domiziano ol-
tre al suddetto spettacolo , ed altri straor-
dinarj , usò ogni anno di fare i giuochi
quinquatri in onor di Minerva , men-
tre villeggiava in Albano . In essi an-
cora si miravano cacce di fiere , diverti-
menti teatrali, e gare d'oratori e di poeti.
Non contento Domiziano di profondere im-
mense somme di danaro in tali spettacoli,
tre
* Suetomut in Domiriano e. 4. ^ Stathu in Sylv,
^ t>ÌQ Uh, 67. - Sueton. ik^
i86 Annali p' Italia
tre volte in varj tempi diede al popolo ro-
mano un congiano , cioè un regalo di trecento
nummi per testa . Così nella festa dei Set-
te monti , mentre si facea uno spettacolo ,
diede una lauta merenda a tutto il popolo
spettatore, in maniera pulita di tavole ap-
parecchiate ai senatori e cavalieri, e alla
plebe in certe sportelle . Nel giorno seguente
sparse sopra il medesimo popolo una quantità
prodigiosa di tessere, cioè di tavolette, nel-
le quali era un segno di qualche dono, come
di uccelli , carne , grano, ec. , che si andava
poi a prendere alla dispensa del principe .
E perchè erano quasi tutte cadute ne' gra-
dini del teatro o anfiteatro, dove sedea la
plebe , ne fece gittar cinquanta sopra ca-
daun ordine de' sedili de' senatori e cava-
lieri. Certo è che gF imperadori , per gua-
dagnarsi l'affetto del popolo, coli' esempio
d' Augusto il ricreavano di quando in quando
colla varietà de' giuochi pubblici, e più li
rallegravano con dei reg-ali . Ma in fine
queste esorbitanti spese di Domiziano tor-
narono, siccome dirò, in danno dello stesso
pubblico, perchè I' erario si votava con si
feri salassi, e per ristorarlo egli si diede
poi alle crudeltà e alle oppressioni de' cìt-
t^adini .
An-
Anno LXXXVII. 187
Anno di Cristo lxxxvii. Indizione xv.
di Anacleto papa 5.
di Domiziano imperadore 7.
r Flavio Domiziano Augu-
^ ,. ! STO per la tredicesima
Consoli ^ ,. ^
j volta ,
[_ Aulo Volusio Saturnino.
Ijencnè Eusebio nella sua Cronica ^ non
rechi un filo sicuro per la cronologia di
questi tempi , pure si può ben credergli ,
allorché scrive che nelF anno presente co-
minciò Domiziano a gustare che la gente
gli desse il titolo di Signore^ e fin quello
di Dio : empietà non perdonabile a mortale
alcuno . Secondo il suddetto istorico , as-
sistito dair autorità di Suetonio * , non so-
lamente egli si compiacque , ma comandò
ancora d'essere così nominato : il che, di-
ce Eusebio , non venne in mente ad alcun
precedente imperadore. Noi abbiam vedu-
to , avere Augusto veramente vietato con
pubblico editto d'essere chÌ2imdito Signore ;
ma' anch' egli permise bene e gradì che in
sua vita gli fossero eretti dei templi , e
costituiti dei sacerdoti ad onore della sua
pretesa divinità . Per attestato ancora di
Aurelio Vittore ;, 3 Caligola forsennato Au-
gu-
* E use:;, in Chronico . * Suetcn» in Domstìano caf. ij.
* Aurelius n^or in Efitcmc.
i88 Ann .A 1 1 d' Itali A
gusto volle essere chiamato Signore e Dio,
Di tutto era vie più capace la smoderata
ambizione o frenesia di Domiziano; e pron-
ta ad ubbidire era 1' adulazione e la su-
perstiziosa stoltezza de' Pagani. Però fon-
datamente hanno creduto alcuni , che 1
aver Domiziano perseguitati i Cristiani ,
avesse origine di qui ; perchè certo r se-
guaci di Gesù Cristo, professando la cre-
denza di un solo Dio invisibile ed immor
tale , non poteano mai indursi a rieono--
scere per dio un imperadore , vile e mise-
rabil creatura in confronto del Creatore ^
Abbiamo dallo stesso Eusebio , clie in que-
sti tempi i popoli Nasamoni e Daci aven-
do guerra coi Romani, furono vinti . Quan-
to ai Daci non ci somministra l'antica
storia assai lume per fissare il tempo vero
in cui ebbe principio la guerra con essi ,-
e quanto durò, e quando finì. Tuttavia
potrebbe darsi che a questi tempi appar-
tenesse il primo movimento di quella guer-
ra, che continuò molto dipoi, eri-usci ben
pericolosa e funesta ai Rorrìani . Credesi
che l'antica Dacia comprendesse quel paese
che oggidì è diviso nella Transilvania ,^
Moldavia , e Valachia . Èrano popoli fieri
e bellicosi quei di quelle contrade , perchè
credeano la morte fine della presente vita-,
e principio di un'altra-, secondo T opinion
di Pitagora, che spacciò la trasmigrazion
delle anime. Con tal persuasione sprezza-
vano ogni pericolo-, e si esponevano alla"
iito'r-
A N K o LXXXVII. 189
inorte , sperando di risorgere con miglior
mercato in altri corpi. Alcuni Greci ^ die-
dero ai Dacl il nome di Gcu T e Goti -^ e ve-
ramente si trnovano confusi presso gli an-
tichi scrittori i nomi delle barbare nazio-
ni. Quel che è certo, capitano d'essi Daci
era allora Decebalo , uomo di rara maestria
ed accortezza nel mestier della guerra . E
questi^ se crediamo a Giordano * scrittore
de' tempi di Giustiniano Augusto , mossi
dall'avarizia di Domiziano, rotta l'allean-
za che aveano con Roma , passarono il
Danubio, e cacciai'ono da quelle ripe ipre-
sidj romani. 3 Appio Sabino^ che il cardi-
nal Noris * crede più tosto appellato Gajo
Oppio Sabino , personaggio stato già conso-
le , e governatore allora probabilmente del-
la Mesia, marciò colle sue forze centra di
que' Barbari, ma ne rimase sconfitto, ed
egli ebbe tagliata la testa . ^ A questa vit-
toria tenne dietro il saccheggio del paese,
e la presa di molti villaggi e castella.
Giunte a Roma queste dolorose nuove , si
vide Domiziano in certa guisa necessitato
ad accorrere colà , per fermare questo ro-
vinoso torrente . In qual anno egli la pri-
ma volta v' andasse ( perchè due volte v'
andò ) non si può decidere . Sarà permes-
so a me di rir.erbarne a parlar nell' anno
susseguente. Dei Nasamoni , popoli dell' Af-
frica
* Dio lib. 67. * Jordan, de Rebus Getter s r.t/r. li.
< ?-.itou in DoKiitiano r. 6. 4 Noris Epist, Co^sula^i .
* Buirop. lìis:or-
igo Annali d'Italja
£rica di sopra nominati ,4^ Eù^iebio, noi
sappiamo da Zonara ^, che a ragion delle
eccessive imposte si sollevarono contro ai
Romani , e diedero nna rotta a Fiacco go-
Vernator della Numidia . Ma essendosi colo-
ro perduti dietro a votar molti barili di
vino, che trovarono nel campo dei vinti ^
Fiacco fu loro addosso , e ne fece un gran'
macello. Domiziano gloriandosi delle impre-
se altrui , nel senato espose d' aver annien-
tati i Nasamoni ^
Anno di Cristo lxxxviii. Indizione i*
di Anacleto papa 6,
di Domiziano imperadore 8c
f Flavio Domiziano Augu-
Qi ,. J STO per la quattordicesi-*
Mi
I ma volta,
[^ Lucio Minucio Rufo. ■
inicio e non Mlmicio è appellato questo
console in una iscrizione da me * data
alla luce . Nobil famiglia era anche la MI-»
nlcia , Derisa fu l'avidità di Domiziano
( r avea preceduto colF esempio Vespasiano
suo padre ) da Ausonio 3 e da altri ^ nel
continuare per tanti anni il consolato nella
sua persona , quasiché invidiasse agli altri
un tale onore. Arrivò egli ad essere con-
so-
* Zonara in Annal.
* Thesaurus Novus Inscrij^tion. p' 314' »• J*
3 Ausonius in Panegyr.
Anno LXXXVIIL 191
sole diecìsette volte r il che ninno de' stioi
predecessori avea mai fatto , amaftdó eìs,x
di veder compartita anche ad altri questa
onorcvolezza . Osservò nondimeno Suéto^
nio ^ , che Domiziano non esercitava poi
la funzione di console , lasciandone il peso
al collega , o pure ai sustituiti . Bastava
alla sua boria, che il suo nome comparis-
se negli atti pubblici , T anno de' quali per
lo più era segnato col nome de' consoli or-
dinar] . Del resto egli costum.ava di depor-
re il consolato alla più lunga nelle calen-
de di maggio; e i più d' essi rinunziò nel
dì 13 di gennajo . Ma quali persone fos-
sero a lui sustituite in quella dignità, e
in qual anno , non si può ora accertare .
Volle Domiziano , che si celebrassero nelF
anno presente i giuochi secolari , ancorché
secondo l' istituto di essi si avessero a ce-
lebrare ad ogni cento anni ^ , né più che
quarantun' anno fosse _, che Claudio Augu-
sto gli avea fatti. La prima spedizion di
Domiziano contro ai Daci , insuperbiti
per la loro vittoria , forse accadde ncll'
anno presente . Andò egli in persona coli'
esercito a quella volta . Eacconta Pietro
patrizio nel suo trattato delle ambascerie ^ ,
che Decebalo veduto venire con sì grande
apparato di gente un imperador romano
contro di se , gì' inviò degli ambasciatori
per
' Sueton. in Domitian. cap. 13.
* Censori nus de Die Nat al. ca->. 17.
^ Petrus Patrie, de Legat. Hut.' Biz.^nt. Tom. L
192 Annali d' Italia
per trattar di pace . Se ne rise il superbo
Domiziano , ed avendoli rimandati senza
risposta , ordinò che le milizie imprendes-
sero la guerra _, con dare il comando di
tutta l'armata a Cornelio Fosco ^ prefet-
to allora del pretorio. Decebalo assai in-
formato del valore di questo generale , che
avea studiata 1' arte militare solamente fra
le delizie della corte,, e in mezzo ai diver-
timenti di Roma , se ne fece beffe , e spe-
di altri deputati a Domiziano , offerendosi
di terminar quella guerra purché i Romani
di quelle contrade gli pagassero annualmen-
te due oboli per testa ; e ricusando essi
tal condizione ^ minacciava loro lo stermi-
nio . ^ Contuttociò Domiziano j eh' era un
solennissimo poltrone j, come se avesse pie-
namente assicurato l' imperio da quella par-
te 5 se ne tornò da bravo a Roma , senza
apparire se prima che terminasse il pre-
sente anno , o pur nel seguente . Per quan-
to scrivono Suetonio e Giordano * , Fosco
avendo passato il Danubio , fece guerra a'
Daci^ e probabilmente ebbe sopra di loro
qualche vantaggio • ma in fine restò scon-
fitto e ucciso , forse nell' anno seguente .
Circa questi tempi, per quanto s' ha da Eu-
sebio 3 ^ Marco Fabio Quintiliano , eccel-
lente maestro di eloquenza , nato a Calaor-
ra in Ispagna , venne a Roma salariato dal
^ St/eton. in Domitiano cap. f-
\ * Jordan, di Reb. Geticis cap< XJ.
^ ^ Eustbius in Chron-
Anno LXXXVIII. 195
jblico , per insegnar V oratoria . Ma prò-
Dabilmente ciò avvenne sotto Vespasiano ;,
il quale fondò quivi varie scuole , e vi chi a-
nò degl' insigni maestri . Certo è intanto ,
ahe Quintiliano fiorì sotto i di lui figliuo-
li ^ e fu anche maestro dei nipoti di Do-
miziano .
Anno di Cristo lxxxix. Indizione 11.
di Anacleto papa 7.
di Domiziano imperadore 9.
r Tito Aurelio Fulvo per
>^ 1* i 1^ seconda volta,
onso 1 ^ Aulo Sempronio Atrati-
^iamo accertati da -Giulio Capitolino ^,
che Tito Aurelio Fulvo o sia Fulvio , avolo
patierno di Antonino Pio Augusto, fu due
volte console . Giacché Suetonio scrive che
Domiziano volle un doppio trionfo dei Cat-
ti e dei Daci ^ non è improbabile eh' egli
neir anno presente affettasse questo onore
per far credere ai Romani , che felicemente
passavano gli affari nella guerra della Da-
cia . Attesta il medesimo storico , eh' era-
no seguite alcune battaglie in quelle par-
ti, e taluna verisimilmente vantaggiosa ai
Romani : il che bastò air ambizioso Augu-
sto , per esigere V onor del trionfo « Giac-
ToM. IL N che
* Capito/, in AntO'ìino Pio .
1^4 Annali d' Italia
che sopravvenne la sconfìtta e la nlbrte di
Cornelio Fosco nella guerra che continuava
nella Dacia , potrebbe attribuirsi all' anno
presente la seconda spedizione del medesi-
mo Domiziano contro ai Daci , essendo nói
accertati da Suetonio ^ , che due volte egli
andò in persona a quella guerra v ■ Ma se
non è possibile il ben dilucidare i tempi
delle azioni di Domiziano , a noi bastar
deve almeno la certezza . delle medesime .
Tornò dunque Domiziano alla guerra ^ .
ma perchè facea più conto della pelle , che
deir onore , nò gli piacea la fatica , ma s
bene il godersi tutti i comodi , siccome uo-
mo poltrone , e perduto tra le femmine (
in ogni sorta di disonestà: non osò giamma
di lasciarsi vedere a fronte dei nemici
Fermatosi dunque in qualche città dell:
Mesia , spedì i suoi generali contra di De
cebalo . Seguirono varj combattimenti , ne
quali per testimonianza di Dione perlbuo
ria parte delle sue armate • Tuttavia , per
che la fortuna delle guerre è volubile , e
suoi riportarono talvolta de' vantaggi ,
specialmente Giuliano diede una conside
labil rotta a Decebalo : Domiziano di con
tinuo, ed anche allorché andavano poco be
ne gli affari , spediva 1' un dietro all' altr
i corrieri a Roma, per avvisare il senat
delle sue felici vittorie . Pertanto a cagio
• v: di questi creduti sx gloriosi successi, i
se-
S^'eton. /;> Dornitiano cap. 6. * Dio lib. 67.
I
Ann o LXXXIX. ^ 195
enata gli decretò quanti onori mai seppe
nmaginare , e per tutto V imperio roma-
.10 gli furono alzate statue cV oro e d' ar-
gento , se pur non erano dorate ed inar-
gentate . Con tutto il suo. valor nondime-
no Decebalo cominciò a sentirsi assai an-
gustiato dalle forze de' Romani ; e però
inviò, degli ambasciatori a Domiziano per
Ottener la pace. Nou ne volle il poco sag-
gio Augusto udir parola ; ma in vece di
maggiormente incalzare il vacillante ne-
mico^ venuto nella Pannonia^ rivolse l'ar-
mi contro ai Quadi eMarcomanni, volendo
gastigarli , pei*chè non gli aveano dato soc-
corso contra dei Dacie Due volte que' po-
poli gli fecero una deputazione , per placa-
re il suo sdegno , non solo nulla ottenne-
ro , ma Domiziano fece anche levar la vita
ai secondi lor deputati . Si venne dipoi
ad una battaglia^ in cui dai Marcomanni ,
combattenti alla disperata , fu sconfitto V
esercito romano , ed obbligato F imperado-
re alla fuga . Allora fu , che egli died^ orec-
chio alle proposizioni di pace con Deceba-
lo , il qual seppe ben profittare della debo-
lezza . in cui dopo tante perdite si trova-
vano i Romani . Contentossi dunque egli di
restituir molte armi e molti prigioni, e
di ricever anche dalle mani di Domiziano
il diadema del regno ; ma si capitolò , che
anche Domiziano pagasse a lui una gran
somma di danaro , e di mandargli molti
artefici in ogni sorta d' arti di guerra e
N 2 di
^^6 Annali d' It a l i a
di pace ; e quel che fu peggio , di pagaf-^
gli in avvenire annualmente una certa quan-
tità di danaro à titolo di regalo. Durò
questa vergognósa contribuzione sino a'
tempi di Trajaho,, il quale , siccome vedre-*
ano , avendo altra testa e cuore che Domi*-
2Ìano , insegnò ai Daci 11 rispetto dovuto
all'aquile romane. Tutto boria Domiziano
per questa pace , quasiché egli 1' avesse fat-
ta da vincitore e non da vinto, scrisse al
senato lettere piene di gloria, e fece in
inanierà ancora , che gli ambasciatori di
Decebalo andassero a Róma con una lette-
ra di sommessione , à lui scritta da Dece-
balo , se pur non fu fìnta , come molti
sospettarono , dallo stesso Domiziano . Per
altro Decebalo non fidandosi di lui , si
guardò dal venire in persona a trovar Do-
miziano y t in sua vece mandò il fratello
Dieeis a ricevere dà lui il diadema . Quan-
to durasse questa guerra sì perniciosa ai
Komani , e quando cessasse , non abbiamo
assai lume , per determinarlo ; ma v' è
deir apparenza , che si stabilisse la pace
neir anno presente , e che Domiziano se ne
tornasse a Roma nel dicembre^ per pren-
dere il cotisolato nell'anno seguente. Ne si
dee tacere ciò che Plinio il giovane osser-
vò y cioè chfe Domiziano ^ andando a que-
ste guerre , per dovunque passava sulle
1:erre dell' imperio^ non pareva il principe
ben
* Plinius in Pane^fr.
Anno LXXXIX. 19 2^ .
ben venuto , ma un nemico ed un assassU
no : tante ei'ano le gravezze , che impone-
va ai popoli , tante I-e rapine , gì' incendj 5
ed altri disordini che commettevano le sue
milizie, braccia cattive di un più cattivo
capo .
AxNo di Cristo xc. Indizione in»
di Anacleto papa 8.
di Domiziano imperadore io.
r Flavio Domiziano Augu«
I STO p^r la quindicesima
Consoli -I volta,
■ Marco Coccejo Nerva per
'e la seconda.
i\ erva console , quegli è , che a suo tem^
pò vedremo imperadoi'" - Siccom-e il cardi-
nal Noris ed altri mettono la seconda guer-
ra dacica prima di quel eh' io abbia sup-
posto, così credono che Domiziano cele-
brasse nell'anno 88, o pure nel preceden-
te , il secondo suo trionfo dei Daci , e pren-^
desse il titolo di Dacico . Eusebio ^ lo dif-*
ferisce sino all'* anno seguente . Io sto col
padre Pagi *^ che riferisce quel trionfo al
presente anno. Su tal supposto adunque,,
fu in quest'anno, per attestato di Dione 3,
che Domiziano solennizzò in Roma le sue
N 3 glo-
^ Eusah. in Chfonico.
* P.^gius in Critica Baron, ad hw/ic Anno
'■■ Dio HI;. éT.
y"
198 Annali d'Italia
glorie con magnifiche feste e spettacoli . èi
fecero nel Circo varj combattimenti a pie-
di e a cavallo^ e in un lago fatto a posta
una battaglia navale , in cui quasi tutti i
combattenti restarono morti. Levossi in-
oltre durante quello spettacolo un fiero tem-
porale con pioggia, che quasi ebbe ad af-
fogare gli spettatori . Domiziano si fece da-
re il mantello di panno grosso , ma non
volle che gli altri mutassero veste, né che
alcuno uscisse , di maniera che tutti inzup-
pati d' acqua , contrassero poi delle malat-
tie , per cui molti morirono . A consolar
poi il popolo per tal disgrazia , trovò lo
spediente di dargli una cena a lume di
fiaccole 3 e per lo più fu suo costume di
eseguire i pubblici divertimenti in tempo
di notte . Ma specialmente fece egli com-
parire il suo fantastico cervello in un con-
vito notturno , al quale invitò i principali
deir ordine senatorio ed equestre . Fece ad-
dobbar di nero tutte le stanze del palazzo ,
mura^ pavimento, e soffitte con sedie nu-
de . Invitati i commensali , cadaun vide col*
locala vicino a se una specie d'arca sepol-
crale-, col suo nome scritto in essa , e con
una lucerna pendente , come ne' sepolcri .
Sopravvennero fanciulli tutti nudi , e tinti
di nero , ballando intorno ad essi , e por-
tando vasi 5 simili agli usati nelle esequie
de' morti. Cadauno de' convitati, si tenne
allora spedito , e' tanto più perchè tacendc
ognuno, il solo Domiziano d'altro non par-
lava ,
Anno XC. 159
...va, che di morti e di stragi . Dòpo sì
gran paura furono in ^ne licen:iiati; ina
appena giunti alla loro abitazione , ecco
che parecchi di loro son richiamati alla cor-
te . Oh allora sì che crebbe in essi lo spa-
vento^ ma in vece d'alcun danno, riceve-
rono poi da Domiziano qualche dono in va-
si d'argento, o in altri preziosi mobili.
Tali furono i solazzi bizzarri dati da Do-
miziano alla nobiltà in occasione del suo
trionfo . Nondimeno il popolo comunemen-
te dicea , che questo era non già un trion-
fo , ma un funerale de' Romani nella Dacia^
ovvero in Roma estinti . Dopo questi trion-
fi la vanità di Domiziano , che studiava
ogni dì qualche novità^ volle che il mese
di settembre da 11 innanzi s'appellasse Ger-
manico ^ , e T ottobre Domiziano , per non
essere da meno di Giulio Cesare^ e d'Au-
gusto ; e ciò perchè nel primo avea conse-
guito il principato , ed era nato nel secon-
do. Ma nqn durò più della sua vita que-
sto suo decreto . Non si sa mai capire , co-
me Eusebio * scrivesse, che molte fabbri-
che furono terminate in Roma neir anno
presente, o pure nell' antecedente, cioè Ca-
yuailum j Forum transltorlum ^ J)ivoruì7i
Ponicus , Islum ^ ac Sdraplum , Stadium ,
Horrea plperataria , Vespasiani Templum ,
Minerva Chalcidica , Odeum , Forum Tror-
N 4 jani ,
SuetoTi- in Domiti ano cap, 13. Plufrchm in Num.
' Eustb. in Chron.
200 ^ Annali d'Italia
jani^ Thermoi Trajance ^ & Titianas^ Sena-
tus j Ludus Matutinus j Mica aurea ^ Me--
ta sudans , & Pantlieum, Non si pensasse
alcuno, che tanti ediiìzj ricevessero il lor
essere o compimento in quest' anno . Forse
furono risarciti. ÌÌPanteo era da gran tem-
po fatto ; e per tacere il resto , la piazza
e le terme di Trajano non furono , sicco-
me diremo , fabbricate , se non nei tempi
del suo imperioj, cioè da cjui a qualche
anno .
Anno di Cristo xci. Indizione iv.
di Anacleto papa 9.
' di Domiziano imperadore ii.
C n V -f ^^^^^ Ulpio Traiano.
\ Marco Acinio Glabrione .,
1 rajano console in quest' anno il medesi-
mo è, che fu poi imperadore glorioso. Il
prenome dell'altro console Glabrione y se-
condo alcuni, fu non già Marco y ma Ma-
rno 5 siccome proprio della famiglia ^ci-
-4ia . Noi abbiamo da Dione ^ esser avve-
nuti due prodigi, per T uno de' quali fu
presagito l'imperio a Trajano ^ e per l'al-
tro la morte a Glahrlone . Quali fossero noi
sappiamo , se non che per attestato del me-
d.esimo storico, Glabrione benché console,
fu obbligato dal capriccioso ed iniquo Do-
mìf
Dìo lib* 67*
I
Anno XCI. zot
iniziano a combattere contra di un grosso
lione, che fu bravamente da lui uccisq ^
senza restarne egli ferito . Questa azione ^
che dovea guadagnargli lode e stima pres-
so di Domiziano , altro non fece , che in-
citarlo ad invidia , ed anche ad odio, per-
chè non gli piaceano i nobili di raro va-
lore . Però col tempo trovò de' pretesti per
mandarlo in esilio , e poi imputandogli che
volesse turbare lo stato ( forse nelF anno
2S ) il f*^ce ammazzare . All' anno present»
vien riferita da Eusebio^ la strepitosa mor-
te di Cornelia , capo delle Vergini Vesta-
li. Era ella stata accusata dianzi d'incon-
tinenza , e dichiarata innocente . Sotto Do-
miziano si risvegliò questa accusa ; e Do-
miziano affettando la gloria di custode del-
la religione , cioè della superstizione paga-
na , e volendo rimettere in uso le antiche
leggi , la fece condennare , e seppellir viva .
Suetonio ^ dice, ch'ella fu convinta de*
suoi falli ; Plinio il giovane ^ ^ eh' essa né
pur fu chiamata in giudizio , non che ascol-
tata ^ ed essere quella stata un'enorme cru-
deltà ed ingiustizia . Furono anche proces-
sati alcuni nobili romani, come complici
del delitto, frustati sino a lasciar la vita
sotto le battiture, benché non confessassero
l'apposto reato. E perchè Valerio Liciniano^
già senatore e pretore , uno da'* più eloquen-
ti
' Eusebìtis in Chron, * Suetofu in Domittntìo c^ t-,
i P li ni US lib. 4. E^. n.
zoz A N K A L I d' Italia
ti uomini del suo tempo, per dvere nasco»-
sa in sua casa una donna della famiglia di
Cornelia , fu accusato , altra maniera non
ebte , per sottrarsi a que'rigori , se non di
confessare quanto gli fu suggerito sotto ma-
no per ordine di Domiziano. Tuttavia fu
egli cacciato in esilio, e i suoi beni asse-
gnati al fisco. Questi poi sotto Trajano ri-
tornato a Roma si guadagnò il vitto , con
fare il maestro di rettorica. Così inorpel-
lava Domiziano i suoi vizj , volendo ccm-
jDarire zelantissimo delF onore de' suoi fal-
si dii . Narrasi ancora , che essendo mor^
uno de' suoi liberti, e seppellito, dappoi-
ché Domiziano intese , che costui si era
fatto fabbricare il sepolcro con dei marmi
presi dal tempio di Giove Capitolino, bru-
ciato negli anni addietro , fece smantellar
dai soldati quel sepolcro, e gittar in mare
r ossa e le ceneri di colui : tanto si picca-
'Va egli d' essere zelante dell' onore delle
cosp sacre.
Anno di Cpasxo xcii. Indizione v.
di Anacleto, papa io.
di Domiziano imperadore 12.
-^ r Flavio Domiziano Augusto
Consoli ^ per la sedicesima volta ,
[^Quinto VoLusio Saturnino.
^' è disputato, e tuttavia si disputa ^ in
qual anno su\;cedesse la ribellione di Lucio i
An- I
Anno XCIL 203
itonlo , e la breve guerra civile che in
e' tempi avvenne. Alcuni ^ la mettono
ir anno 88, altri nell' 89 , e il Calvisio -
difterisce sino al presente anno . A me
nbra più probabile l' ultima opinione ,
confrontando insieme quel poco che s'ha
di questo fatto da Tacito 3 ^ e da Sueto-
nio ^ , e da Dione ^ o sia da Sifllino; per-
chè da loro apparisce , che dopo questa sol-
levazione Domiziano lasciò la briglia alla
sua crudeltà , e ciò avvenne , siccome di-
rò , nell'anno seguente. Lucio Antonio^ a
cui Marziale ^ dà il cognome di Saturni-
no , era governatore dell' alta o sia supe-
riore Germania . Perchè ben sapea , quanto
per poco Domiziano perseguitasse le perso-
ne di merito , e che specialmente sparlava
di lui con ingiuriosi nomi , mosse a ribel-
lione le sue legioni , facendosi proclamare
imperadore . Portata a Roma questa nuo-
va , se ne conturbò oghuììo per l'apprensio-
ne, che ne succedesse una gran guerra, e
si tornasse a provar tutti i malanni com-
pagni delle guerre civili, Domiziano stes-
so temendo, che quest'incendio si potesse
maggiormente dilatare , determinò di por-
tarsi in persona contra di lui, ed avea già
in ordine l'armata. Ciò che recava maggio-
re spavento , era il sapersi che Lucio Au-
to-
^ Pagius in Crit. Baron. * Calvi stus ^Tillemont , ^ alti •
* Tacitus in Vit.i Agricole .
* Sueton. in Domiti ano cap. 9.
lili.^, Episi. 9'
204 Annali d' Italia
ionio s' era collegato coi Germani , e que-
sti doveano rinforzarlo con un potente eser-
cito. Ma che? Lucio Massimo^ che il Til-
lemont fondatamente conjettura essere lo
stesso, che Lucio Ap'pio Norb a no Massimo y^
il qua! forse governava allora la bassa Ger-
mania, o pure una parte della Gallia vici-
na, senza aspettare alcun de' soccorsi che--
gli promettea Domiziano , diede battaglia
improvvisamente ad esso Lucio Antonio,
prima che con lui si uoissero i Tedeschi ^
Volle anche la buona fortuna , che mentre
erano alle mani , crescesse così forte ii Re-*
no, che non poterono passare i Tedeschi,
Rimase sconfìtto ed ucciso Antonio , e la
sua testa fu inviata a Roma in testimo-
nianza della vittoria : il che risparmiò a
Domiziano gl'incomodi di continuar quel-
la spedizione . Plutarco ^ e Suetonio ^ nar-
rano , che nel giorno stesso , in cui fu da-
ta quella battaglia , un' aquila posandosi in
Roma sopra una statua di Domiziano, fe-
ce delle grida d** allegria; e passando tal
voce d' uno in altro , nel medesimo giorna
si divolgò per tutta Roma, che Lucio An-
tonio era stato interamente disfatto : ed al-
cuni giunsero £no a dire d' aver veduta la
5ua testa recisa dal busto. Prese tal piede
questa diceria , che gran parte de'magistra-?
ti corsero a far de' sagriiizj in rendimento
di grazie . Ma cominciandosi a cercare , chi
avea
? Plutarchus in B- MmH. ' 'Snetsn. in Domitiano C'-^*
ì
Anno XCIL ^05
ea portata questa nuova , niuno si tro-
vo 5 ed ognuno rimase confuso . Domizia-
no, che era in viaggio, ricevette dipoi i
! corrieri della vittoria , e si verificò essere
la medesima succeduta nei giorno m-edesi-
mo, in cui se ne sparse in Roma la falsa
voce. All'* anno presente attribuisce Euse-
bio ^ r editto di Domiziano contro le vi-
gne. ^ Trovatosi, che v'era stata molta
abbondanza di vino , poca di grano , s' im-
maginò Domiziano , che la troppa quantità
delle viti cagion fosse , che si trascurasse
la coltura delk campagne. Ma Filostrato ^
aggiugne , che non piaceva a Domiziano sì
sterminata copia di vino , perchè V ubbria-
chezza cagionava delle sedizioni . Ora egli
vietò, che in Italia non si potessero pian-
tar viti nuove >, e ch-e nelle provincie se ne
schiantasse la metà , anzi tutte nell' Asia ,
per quanto ne dice Filostrato . Ma non istet-
te poi saldo in questo proposito , per -esse-
re venuto a Roma Scopellano spedito da
tutte Je città dell'Asia, il quale non so-
lamente ottenne, che si coltivassero le
vigne,, ma ancora che si mettesse pena a
•chi non ne piantava. Forse ancora più d*
ogni altra riflessione servì a fare smontar
Domiziano da questa pretensione , 1' essersi
sparsi de' biglietti 4^ ne' quali era scritto ,
che facesse pur Domiziano quanto voleva ,
per-
^ Euseb. in Cbron, * Sueton. ir. Domitiano cap. 7.
' Philostratus in A^-ollon. l. (,-
^ AureHus ViSior in Hgitcme . fopiscws in Prch .
2o6 Annali d'Italia
perchè vi resterebbe tanto di vino per fa--,
re il sagrifizio^ in cui sarebbe la vittima
lo stesso imperadore».
Anno di Cristo, xeni. Indizione vi.
di Anacleto papa ii.
di Domiziano imperadore 13»
ri 1' r Pompeo Collega,
Consoli ^ ri n
\ Cornelio Prisco.
v^^redesi, che a questi consoli fossero su-
stituiti prima del di 15 di luglio Marco
Lollio Paolino y e Valerio Asiatico Saturni-
no'^ e che all'un d'essi succedesse nel con-'
solato Gajo ^Jntistio Giulio Quadrato ; e il
padre Stampa ^ ha sospettato che GajoAn"
tlstioyO sia Anio Giulio fosse personaggio
diverso da Quadrato. Ma qui son delle te-
nebre, come in tanti altri siti de' Fasti con-
solari , trovandosi bensì de' consoli sosti-
tuiti e straordinarj , nelle antiche storie e
lapidi nominati , ma senza certezza dell' '
anno, in cui esercitarono quell'insigne ufi- |
zio. Poiché per altro quai fossero i due :
poco fa menzionati consoli , V abbiamo da
un marmo riferito dal Grutero ^, e com-
piutamente poi dato alle stampe dal cano-
nico Cori 3^ che fu posto M. LOLLIO
PAVLLINO VALERIO ASIATICO SATVR-
NI-
^ .Stampa ad Fastos Consular' Sigontì .,
* Gruter. Thesaur. Inscript. pag. 189.
' Cc'rkis T.tìSC,-:ptfon. Etna. p. é^.
Anno XCIII. 207
NINO. C. ANTIO IVLIO QVADRATO GOS.
Se poi questi nelF anno presente fossero su-
stituiti ai consoli ordinar]^ io noi so dire.
Neil' agosto di quest' anno in età di cin-
quantasei anni diede fine alla sua vita Gneo
Giulio Agricola suocero di Cornelio Taci-
to ^ , già stato console 3 le cui imprese mi-
litari nella Bretagna di sopra accennai. Tor-
nato ch'egli fu di colà a Roma, arrivò l"*
anno in cui potea chiedere il proconsola-
to , o sia il governo deir Asia: , o dell'Afri-
ca. Ma non si sentì egli voglia d' altri ono*-
ri , perchè sotto un imperador cattivo trop-
po era pericoloso il servire . Poco prima
avea Domiziano fatto levar di vita Civiccb
Cereale proconsole dell'Asia per meri sò-^
spetti di ribellione . Questo esempio , e il
sapere che Timperadore non avca caro di
conferir si riguardevoli posti a persone di
erimentato valore, indussero Agricola a
pregarlo, che volesse esentarlo da quel pe-
sante fardello . Era questo appunto ciò,
che desiderava Domiziano , e ben presto
'gliel' accordò 5 e permise^ che Agricola il
ringraziasse, come se gli avesse fatta una
grazia . Seppe dipoi vivere questo saggio
uomo anche per qualche tempo ^ senza pro-
^ar le persecuzioni del bisbetico Augusto,
Acendo conoscere , che gli uomini grandi
provveduti di prudenza possono stare anche
sotto principi cattivi , e non fare naufra-
gio.
* T.Jcitus in Fica Agricola c.i^. 44.
èoS Annali b' I t a l i a
gio. Dione ^ ciò non ostante scrive, clic
X)omiziano V uccise ^ ma Tacito che più
ne seppe di lui, e scrisse la sua vita, di-'
ce bensì essere corsa voce di veleno : noa*
dimeno ne restò egli in dubbio.
Ma tempo è oramai di far vedere un
principe appunto cattivo , anzi pessimo ,
nella persona di Domiziano; cosa da me
diserbata a quest'anno, non già perchè egli
comincias^se solamente ora a riconoscersi
tale, ma perchè il suo mal talento dopo
la guerra civile di Lucio Antonio andò agli
eccessi . Certamente a Domiziano non man-
cava ingegno ed intendimento ; ma questa
bella dote , se va unita con delle sregola-
te passioni, ad altro non serve d' ordina-
TÌo^ che a rendere più perniciosi e male^
iìci i regnanti.. Ora non si può assai espri-
mere, quanta fosse la vanità, la presun-
zione , e la sete di dominare in lui . Egli
si credeva la maggior testa dell' universo ,
e eh* egli solo fosse degno di comandare,*
perciò iìero, superbo , e sprezzator d' ognu-
no , astuto, ed implacabile ne' suoi sdegni.
Era sicuro dell' odio suo , chiunque compa-
riva eccellente in alcuna bella dote : che
questo è lo stile delle anime basse. ^ Vi-
vente il padre ^ e creato Cesare fece di ma-
ni e di piedi, per non esser da meno del
buon Tito suo fratello: ottenne varj ufizj ,
che esercitò con gran boria ed eccesso di
au-
' Dfo lib. 6y * Suetofì- in Damhiano cap- i.
A N N o xeni. 209
autorità . E giacché Vespasiano , ben cono-
scente del maligno suo naturale , il teneva
Jjasso , non avendo potuto conseguire , se
non un consolato ordinario j, almeno si stu-
diò sempre di essere susti tuito come con-
sole straordinario al fratello. Morto Vespa-
siano , fu in dubbio se dovesse offerire ai
soldati il doppio del donativo promesso lo-
ro da Tito , per tentar di levare a lui 1'
imperio. Andava spacciando che il padre
J*avea lasciato collega del fratello nella si-
gnoria ; ma che era stato suppresso il te-
stamento. Vantavasi ancora d'aver egli al-
zato al trono non meno il padre , che il
fratello; e l'adulatore Marziale approvò
questo suo folle sentimento . Vivente esso
Tito, non fece egli mai -fine a tendergli
delle insidie, non solo segretamente, ma
anche in palese . Tuttavia tanta era la bon-
tà di Tito, che quantunque consigliato di
liberar se stesso e il pubblico da sì peri-
coloso arnese , mai non volle ridursi a que-
sto passo , contentandosi solamente di far-
gli talvolta delle fraterne correzioni colle
lagrime agli occhj , benché senza frutto.
Forse queir unica azione , di cui Tito pri-
ma della sua immatura morte disse d' esse-
re pentito, fu d'aver lasciato in vita que-
sto fratello , ben conoscendo il gran njale
che ne avverrebbe alla repubblica . Divenu-
to poscia imperadore ^ non lasciava occa-
ToM. II. 0 sio-
' Dio ibi ci.
210 Annali d' Italia
sione, anche in senato ^ ^ di sparlare coper-
tamente , ed ancora svelatamente del padre
e del fratello , biasimando le loro azioni •
e per cadere' in disgrazia di lui, altro non
occorreva, che essere ingrazia o delT uno ,
o deir altro , o dir parola alla presenza di
lui in lode di Tito . Per altro egli era un
solennissimo poltrone : temeva i pericoli
della guerra ; abborriva le fatiche del go-
verno. ^ 11 suo divertimento principale con-
sisteva in giocare ai dadi , anche ne' giorni
destinati agli affari. Soleva eziandio ne*
principj del suo governo starsene ritirato
in certe ore del giorno i e la sua mirabil
applicazione era in prendere mósche ^ ^ o
ucciderle con uno stiletto. Celebre è intor-
no a ciò il motto di Vibio Crispo , uomo
faceto. Dimandando taluno^ chi fosse in
camera con Domiziano, rispose Crispo : Nh
])ur una mosca.
Ora non aspettò egli , siccome dissi , a
comparire quel crudele che era, a questi
tempi . Anche ne' precedenti anni diede va-
fj saggi di questa sua fierezza per varie e
ben frivole cagioni . Fra gli altri ( non se
ne sa. Tanno ) fece ammazzare Tito F/avto
Sabino suo cugino , perchè avendolo dise-
gnato console secondo le apparenze per là
seconda volta , il banditore inavvertente-
mente in vece del nome di Console gli die-
de
' Sueton. ibiii. * Aurelius V'i3ur in Epitome .
^ Sueton- in Domiti ano cip. 3.
Dio Uh. 67- J'.'.reL n&pr ibid.
Anno XCIII. 211
de quello cV i 771 pera do re. Questo bastò per
togliere a Sabino la vita. La stessa mala!
sorte toccò ad alcuni altri, o pure T esi-
lio : che questo era ne' primi suoi anni il
più ordinario gastigo ; ed Eusebio ^ al di
lui quarto anno scrive essere stati esiliati
da lui assaissimi senatori. Probabilmente
ciò avvenne più tardi, .Ora noi sappiamo
da Suetonio * , che Domiziano prima di
questi tempi avea levato dal mondo Sa Z^v io
Coccejano , solamente perchè avea solenniz-
zato il giorno natalizio di Ottone impera-
dore suo zio ; Sallustio Lucullo non per al-
tro , che per aver dato il nome di lucul-
lee ad alcune lance di nuova invenzione;
Materno Sofista , cioè professor di rettori-
ca , per aver fatta una declamiazione con-
tra de' tiranni; ed Elio Lamia Emiliano^
per cagione di qualche motto piccante , det-
to fin quando esso Domiziano era persona
privata . Moglie di questo Lamia fu Domi-^
zia Longbna ^ figliuola diCorbulone. Glie-
la tolse Domiziano , e dopo averla tenuta
per amica un tempo , la sposò , e diedele il
titolo di Augusta . Ad accrescere la cru-
deltà di questo imperadore,' s'aggiunse la
smoderata credenza che si dava in questi
tempi alle vane predizioni degli strologhi.
Più degli altri loro prestava fede Domizia-
no, uomo timidissimo ; e perchè fin da gio-
vane gli avea predetto alcun d' essi , che
0 2 sa-
* Eusel; in Cbron- a Suetcn. ihid. cap. lo.
& I a A -V >r A L I d' I T A L I A
sarebbe un dì ucciso, perciò la cliffiden?a
fu sua compagna finché visse , e massima*
mente negli ultimi anni del suo imperio.
Di qua venne la morte di varj principali
signori dell'imperio; perchè egli si procace
clava l'oroscopo di tutti, e trovandoli de-
stinati a qualche cosa di grande, li faceva
levare dal mondo» Metio Pomposiano y di
cui parlamm.o air anno ^5 preservato sotto
il buon Vespasiano , non la scappò sotto V
iniquo suo figliuolo. Perchè fu creduto , che
avesse una genitura , che vanamente gli pro-<-
gnosticava l' imperio , e perchè teneva in
sua camera una carta geografica del mon-r
do, e studiava le orazioni dei re e dei ea^-
pitani , che son nelle storie di Livio : il
mandò in Corsica in esilio ^ , ed appresso
il fece ammazzare . Ma soprattutto s' accese,
e 2-iunse al colmo l'inumanità di Domizia-r
no , dappoiché se gli ribellò contro Lucio
Antonio Saturnino; del che s'è favellato
air anno precedente . S' accorge più che mai
allora questo maligno principe , che 1' odio
universale è un pagamento inevitabile del-
le iniquità. ^ Trovò anche in Roma dei
complici di quella congiura^ e molti altri ,
che almeno sospiravano di vederla cammi-
nare ad un fine felice. Incrudelì dunque
contra di chiunque era stato , o si sospet-r
tava che fosse stato partecipe dei disegni
d' esso Lucio Antonio ; né perdonò se non
a due
? Dfo lib. 57. * Sueton- in Domitiano caf. ?c.
A N 1.^ o XCIIi. 213
a due ufiziali , che con vergognosa scusa
coprirono il loro fallo . D' altre illustri per-
sóne da lui uccise parleremo all' anno se-
guente . Anche Tacito ^ attesta avere bensì
Domiziano commessa qualche crudeltà ne-
gli anni addietro , ma un nulla essere in
paragon di quelle eh' egli praticò dopo la
m-orte d'Agricola, avvenuta nell'anno pre-
sente, siccome dicemmo* O nel precedente
anno , come vuole il padre Pagi ^ , Ò nel
presente , come credette il cardinal Noris ^
ed altri , ebbe principio la guerra de' Ro-
mani coi Sarmati . ^ Aveanò que' Barbari
tagliati a pezzi una, o più legioni romane
eoi loro ufiziali . Ciò diede impulso a Do-
miziano di accorrere colà in persona con
nn buon esercito, per frenare T insolenza
di que' popoli. Da Marziale e da Stazio
poeti , due trombe delle azioni di questo
imperadore , noi impariamo eh' egli ebbe &
combnttere anche contro ai Marcomanni .
Se bene, o male, non si sa. Ben sappia-
mo 5 che secondo il suo costume di attri-
buirsi le vitttorie,, anche quando egli era
vinto, tornato a Roma nel gennajo di quest'
anno o pur del seguente , fece credere che
gli affari erano passati a maraviglia bene .
Tuttavia ricusò il trionfo , e si contentò
di portare al Campidoglio la sola corona
O 5 d' al-
' Tac/'tus in rita Agricole Cap. 45.
* P.7gius in Crit. Baron,
^ Noris- Epjst. Consulafi ^ TilUmcni^ & alii .
E'ftrap. in Brevi ar. 5 Suetan. ir. Vomiti a no f. 6.
214 Annali d' I t a l i a
d' alloro , e di offerirla a Giove Capito^
lino .
Anno di Cristo xciv. Indizione yii,
di Anacleto papa 12.
4i Doiviiziano imperadore 14.
r Lucio Nonio Torq^uato a-
ri T ' SFRENATE,
Consoli ^ m e Tv/r t
I Tito Sestio Magio Latera-
1^ NO.
X ra gli eruditi è stata finora molta dispu-^
ta intorno ai consoli ordinar; di quest* an-
no, né si sapea il prenome e nome di La-
terano. Un'iscrizione del museo kircheria-
no , da me ^ data alla luce , ha messo tut-
to in chiaro . Da un marmo apparisce che
in luogo di Laterano era console nel set-
tembre Lucio Sergio Paolo, Moltiplicarono
più che mai in questi tempi le calamità di
Roma sotto Domiziano, divenuto oramai
formidabil tiranno , e non inferiore a Ne-
rone . Ne lasciò a noi un orrido ritratto
Cornelio Tacilo ^ , presente a tutte quelle
scene , con dire che si vide il senato cir-
condato ed assediato da genti d' armi ; a
molti, ch'erano stati consoli, tolta la vi-
ta; e le piii illustri dam.e o fuggitive, o
cacciate in esilio . Di persone nobili ban-
di-
' Thesaur. Novus feter. Inscript. />. 314- «• a*
* Tacftus Hist' /. !• e i. & seq. Idem in f^ita Agricola e 4^-
Anno XCIV. 215
dite^ piene erano le isole, e all'esilio te-
nea dietro bene spesso la spada del carne-
fice . Ma in Roma si facea il maggior ma-
cello. Pareva un delitto l'aver avuto delle
dignità; pericoloso era il volerne; né al-
tro occorreva per istar tutto dì esposto ai
precipizj , che V essere uomo dabbene . Le
spie e gli accusatori erano tornati alla mo-
da; e fra questi mali arnesi, si distingue-
vano Metio Caro Messalino , e Bebio Mas-
sa , assassini del pubblico , non nelle stra.
de , ma ne' tribunali stessi di Roma , con
essersi attribuita la maggior parte del-
le crudeltà d' allora più alla lor mali-
gnità e prepotenza^ che a quella di Domi-
ziano. Le spese .eccessive fatte da questo
prodigo imperador,e in tanti spettacoli non
necessarj , e in accrescere fuor di misura
lo stipendio ai soldati , per maggiormente
obbligarseli , 1' avcano ridotto al verde . ^
Si avvisò di cercare il risparmio col cas-
sare una porzion delle milizie; e secondo
Zonara ^ eseguì questo pensiero . Suetonio
sembra dire ^ che solamente lo tentò, ma
che trovandosi tuttavia imbrogliato a dar
le paghe , rivolse il pensiero a far danaro
in altre tiranniche maniere, occupando a
diritto e a tòrto i beni de' vivi e de'mor-
ti . Pronti erano sempre gli accusatori , de-
nunziando or questo, or quello^ come rei
di lesa maestà per un cenno ^ per una pa-
0 4 ro-
■/ì Domi ti ano cap. 12. ^ Zonara it Arénalih.
2i6 Annali d'Italia
rola centra del principe , o centra lino de^
suoi gladiatori : delitti per lo più finti , e
non provati. Si confiscavano a tutti i be-
ni j e bastava che comparisse un solo a di-
re d' aver inteso che un tale prima di rncH
tire avea lasciata la sua eredità a Cesare ,
perchè tosto si mettessero le griffe su quel-^
la roba . Sopra gli altri furono angariati i
Giudei , che da gran tempo pagavano un
rigoroso testatico, per esercitare liberamen-
te il culto della lor religione. Un'esatta
perquisizion d' essi fu fatta per tutto V im-
perio romano , e processati coloro che dis-
simulando la lor nazione , non aveano pa-
gato .
Fra gli altri personaggi di distinzione ,
che per attestato di Tacito ^ furono tolti
di mira in questi tempi dal genio sangui-
nario di Domiziano^ si contarono Elvldlo
il giovane, Rustico j e Senecione, Era il
primo figliuolo dì queW Elvldio Prisco ., che
a' tempi di Vespasiano , siccome fu detto
di sopra all'anno 73, perla sua stoica in-
solenza si tirò addosso l'esilio, e poi la
morte. ^ Eccellenti qualità concorrevano
ancora in questo suo' figliuolo , per le qua-
li era in gran riputazione, oltre all'aver
esercitato un consolato straordinario. Quan-
tunque egU se ne stesse ritirato per la mal-
vagità de' tempi che correano , pure si vi-
de
' Tacitus in rita Agvlcolx cap. 43.
* Suett))7. i,ì Domftfa'2(i e- io. Plinius Uh. 9- Eptst. Jg-
A N ]^ o XCIV. 217
de accusato davanti al senato, per avere ^^
secondochè diceano, in un suo poema sot-
to i nomi di Paride e di Eoone messo in
burla il divorzio di Domiziano, ^ il quale
altrove abbiam detto che prese in moglie
Domizia Longina. Questa poi la ripudiò^
perchè perduta d' amore verso Paride istrio-^
ne, ch'egli fece uccid'fere in mezzo ad Una
strada . Contuttociò non si potè contenere
dal ripigliarla poco dipoi : del che fu assai
proverbiato. Publicio Certo ^ dianzi preto-
re, ed ora uno de' giudici dati ad Elvidio ,
per mostrare il suo zelo adulatorio verso
Domiziano , commise la più vergognosa
azione , che si possa mai dire ; perchè mi-*
se le marti proprie addosso ad Elvidio, e
il trasse alle prigioni . Fu condennato EU
vidio, e l'infame Publicio per ricompensa
destinato console , senza però giugnere a
godere di quella dignità, perchè Domiziano
tolto di vita non gli potè mantener la parola .
Contra di costui si fece poi accusatore PU^
nio il giovane ^ e tal terrore gli mise in
corpo , che disperato finì i suoi giorni . £r-
renio Senecione^ per avere scritta la vita
di Elvidio Prisco seniore^ somministrò as-
sai ragione al crudel Domiziano e al timi-
do senato, per condennarlo a morte, e far
bruciare pubblicamente V Opere composte
da quel felice ingegno. Un altro persoiiag-^
gio, tenuto in sommo credito per la prò*
fes-
Sueton. in Domitian» ca^. 3.
^|8 Annali d'Itaìia
feesione della stoica filosofia ^ , fu Lucio
Giunio Aruleno Rustico. Aveva egli in un
suo libro lodati Feto Trasea^ ed Elvìdio
Prisco:, -aomini insigni j, de' quali si è par-
lato di sopra . Di più non occorse , perchè
egli fosse condennato e fatto morire . Plu-
tarco attribuisce la di lui disgrazia all'in-
vidia portata da Domiziano alla gloria di
quest'uomo illustre. Sappiamo parimente^
che Fannia moglie di Élvidio Prisco in tal
occasione fu mandata in esilio, e spoglia-
ta di .tutti i suoi beni ; siccome ancora ^r-
ria, vedova di Peto Trasea ; e Fomponia
Gratula , moglie del suddetto Rustico . Fe-
ce anche Domiziano morire Ermogene da
Tarso-, perchè in una storia di lui scritta
si figurò di essere stato punto sotto certe
maniere di dir figurate . I copisti di quel-
la storia furono anch' essi fatti morire in
croce.. Di questo passo camminava la cru-
deltà di Domiziano, e Dione ^ ebbe a di-
re , che non si può sapere a qual numero
ascendesse la serie degli uccisi per ordine
suo , perchè non voleva che si scrivesse ne-
gli atti del senato memoria alcuna delle
persone da lui tolte di vita. E con questa
barbarie congiugneva egli un' abbominevo-
le infedeltà , perchè servendosi di molti ini-
qui o per accusare altrui di lesa maestà,
o per rapire le altrui sostanze, dopo aver-
li
* Dio Uh. 67. Plutanhus dt, Cursos.
* Z);f in Excer^tis ralesian>
Anno XCIVc 219
li premiati con dar loro onori e magistra-
ti, da li a poco faceva ancor questi am-
jnazzare , acciocché sembrasse che da essi
soli , e non da I14Ì , fossero procedute quel-
le iniquità. Altrettanto facea coi servi is
liberti da lui segretamente mossi ad accu-
sare i padroni, facendoli poi morire anch'
essi. Molte arti usò inoltre, per indurre
alcuni ad uccidersi da se stessi , acciocché
si credesse spontanea e non forzata la mor-
te loro . Peggiore ancor di Nerone fu per
un conto , ^ perchè assisteva in persona agli
esami, e ai tormenti delle persone accusa-
te, « si compiaceva di udire i lor sospiri ,
e di mirar que' mali che facea lor sofFe ri-
re , il maggior de'quali era il veder pre-
s€nte l'autore iniquo de' medesimi lor tor-
menti. Aggiugneva inoltre la dissimulazio-
ne all' inumanità , usando finezze e carezze
a chi fra poche ore dovea per suo coman-
damento perdere la vita. Lo provò tra gli
altri - Marco Arnclno Clemente , già pre-
fetto del pretorio sotto Vespasiano , e poi
console ( non si sa in qual anno ) che era
anche suo parente , ed amato non poco da
lui, perchè 1' ajutava nelle iniquità. Con-
vertito P amore in odio, un dibattagli gran
festa, il prese anche seco in seggetta, e
veduto colui che era appostato per denun-,
ziarlo nel di seguente^ come reo di lesa-
ma e-
" Sii.ton. in Domic;^nu cip ii.
220 Annali d'Italya
maestà V disse a- Clemente,: Vuol tu^ die
domani ascoltiamo In gludlcio quel forfan-^
te di iServo? Posti in così duro torchio,^
se stessero male i cittadini romani, e par-i
ticolarmente i nobili, non ci vuol molt-ol
ad intenderlo .
• Anno di Ciiisto xcv. Indizione viii,-
f - di Anacleto papa 15.
di Domiziano imperadore 15.
r Flavio Domiziano Augusto
Condoli "<i per la diecisettesima volta,-
(^ Tito Flavio Clemente.
•i-^on zio paterno, fn a cugino di Doniizia-^
no fu questo Clemènte console, perchè fi-
gliuolo di Sabino fratello di Vespasiano -
Mostravagli Domiziano molto affetto , e per
testimonianza di Suetonio ^ , meditava di-
voler suoi successori due piccioli figliuolr
di lui, a' quali avea anche fatto cangiare
il nome, chiamando F uno Vespasiano, eV
altro Domiziano, Ma appena ebbe Clemen^-
t^ compiuto il tempo delF ordinario suo-
consolato, il quale in questi tempi solca-
durare solamente i primi sei mesi , che Do-'
miziano per leggerissimi sospetti gli fece
l^var la vita . Il cardinal Baronio ^, il Tiì-^
lemont ^ ed altri dottissimi uomini prcten-
do-
^ St.:?:on. in Dor.utiann r. 15. ^ BìX-:'cìu A^y.iaì^ Ecclesrasr.
^ Tillemont Mem. E:st. Ecc/es.
Anno XCV. ^21
tlono, ch'egli morisse Cristiano e Martire jj
e le lor ragionimi pajono convincenti; Im-
perciocché Eusebio, Orosio, ed altri scrit-
tori cristiani mettono sotto quest' anno la
persecuzione mossa da Domiziano contro i
professori della l<^gge di Cristo i e insin lo
ètesso Dione * scrittore pagarro"^ sciìve aver
Domiziano nell'anno presente fatto morir
Flavio Clemente Console per delitto d* em^
pietà ^ cioè per non credere, né venerare i
falsi dii del Paganesimo ; e che furono mol-
ti altri condennati a m.orte , per avere ab-^
bracciata la religion de' Giudei: che tali
erano creduti e chiamati allora i Cristia-
ni . Suetonio ^ tacciando questo Clemente
di una 'vUlsslma dappocaggine { contemtis-
slmce Inertice ) indica lo stesso > perchè per
attestato di Tertulliano 3 ^ i Cristiani^ sic-
come gente ritirata , che non compariva agli
spettacoli , non cercava dignità e gloria nel
sccoloj, e attendeva alla mortificazion del-
le sue passioni, pareano persone di poca
spirito j, e gente buona da nulla . Moglie di
questo Clemente console era Flavia Domi--
lilla , nipote di Domiziano , Cristiana anch'
essa, che fu relegata nell' isola Pandataria ,
Ebbe inoltre esso Clemente una nipote, ap-
pellata parimente Flavia Domitilla , Crede-
ri che amendue queste Domitiile morendo
martiri illustrassero la fede di Gesù Cri-
sto ,
^ Dio lib. 67.
^ Suicon. in Domitiann ibid.
^ Tumd'.. /■♦> A^olu^iticu cap. 41.
222. Annali d'Italia
sto , e la lor meaioria è onorata ne' sacri
martirologi . Ne parla anche Eusebio ^ , ci-
tando in prova di ciò la storia di Brutio
Pagano . 0 sia perchè il Cristianesimo era
considerato come una setta di filosofia, o
pure perchè Senecione; e Rustico, amendue
filosofi j, uccisi , come -elicemmo ^ nell'anno
precedente ( se pur non fu nel presente )
irritassero non poco V animo bestiale e ti-
mido di Domiziano; certo è, ch'egli cac-
ciò di Roma tutti i professori della filoso-
fia circa questi tempi, non potendo egli
probabilmente sofFerir coloro , da'* quali ben
s'immaginava, che erano condennate le sue
malvagie azioni, E che ciò succed^esse nell'
anno presente , lo scrive il mentovato Eu-
sebio * . Però Filostrato notò ^ , che molti
d' essi filosofi se ne fuggirono nelle Gallie,
ed' altri nei deserti delia Scitia e della Li-
Bia. jDìon G?'isos£omo , uomo insigne , se ne
andò nel paese de' Goti. Epltetto^ celebre
Stoico, fu anch' egli obbligato a ritirarsi
fuori di Roma- Amaramente si duol Taci-
to ^ di questo crudele editto di Domizia-
no , perchè fu un bandire da Roma la sa-
pienza ed ogni buono studio, acciocché non
vi rimanesse studio delle virtù, e vi trion-
fasse solamente la disonestà con gli altri
vizj . Pare che a quest' anno appartenga ,
se-
1 Epsehhai in Ckrcnico , e^ Hist. Ecdesfast. Uh- J-^
* Eusebius in Chroiu ^ Philostrstv.s in AfolUn, Uh. 8.
* Tacitus in l^ita /gricoU cap. 2.
Anno XCV. 225
secondo Dione % la morte di Acllio Ola--
orione^ che fu console Tanno 91 fatto uc-
cidere da Domiziano. Epafrodlto già po-
tente liberto di Nerone , lungamente avea
goduto gran fortuna anche nella corte di
Domiziano, servendolo per segretario de'me-
irioriali. ^ Fu mandato in esilio, e conden-
iiato ora solamente- a morte, perchè avea
ajutato Nerone a darsi la morte , in vece
d' impedirlo : il che fu fatto da Domizia-
no, per atterrire i suoi domestici liberti,
acciocché non ardissero mai di far lo stes-
so con lui . Forse ancora è da riferire all'
anno presente , o piuttosto al seguente ,
quanto avvenne per attestato di Dione ^ a
Gluvenlo Celso , creduto da alcuni Publio
GLuvenzio Celso ^ che fu poi pretore sotto
Trajano, console sotto Adriano, e celebre
giurisconsulto di que' tempi . Fu egli accu-
sato di aver cospirato contra di Domizia-
no. Prima che si venisse nel senato alle
prove , fece istanza di parlare all' impera-
dore perchè avea cose rilevanti da dirgli .
Ottenuta la permissione , questo accorto uo-
mo se gli gittò ginocchioni davanti, come
per adorarlo ; gli diede cento vòlte il ti-
tolo di signore e di dio ; protestò di esse-
re innocente ; ma che se gli volea dare un
po' di tempo , saprebbe ben pescare , ed in-
dicargli chiunque avea mal anima contra
di
' Dio Itb. 67. » Suetan. in Domitiano c.it>. 14.
' Dio lib. 6j.
2,24 Annali d' Italia
ài lui. Fu licenziato, ed egli dipoi andò
tanto tirando innanzi con varj sutterfugi
senza rivelar alcuno , che arrivò la morte
di Domiziano, per cui sicuro poi se ne vis-
se. Abbiamo dal medesimo Dione, che in
questi tempi Domiziano fece lastricar la
via , che va da Sinuessa a Pozzuolo . An-
che Stazio ^ parla d' una simil via accon-
ciata ; ma questa forse andava da Roma a
Baja ^
Anno di Cristo xcvr. Indizione ix.
: di EvAKiSTO papa i.
di Nerva imperadore i.
^ T r Gaio Antistio Vetere ,
Consoli -^ ^ Tx/r ^T
\ Gajo Manlio Valente.
Abrasi ben ridotta Roma ad un compassio-
nevole stato sotto il crudele e tirannico
governo di Domiziano . Non si sarebbe tro-
vata persona nobile e benestante , che con-
tinuamente non tremasse , al vedere tanti
senatori, cavalieri, ed altre persone o pri-
vate di vita , o spinte in esilio , o spoglia-
te di beni. ^ Si univa bensì il senato, ma
solamente per fulminar quelle sentenze che
voleva il tiranno , o per autorizzar le mag-
giori iniquità. Ad ognuno mancava la vo-
ce per dire il suo sentimento, parlava quel
so-
* Seatius Salvar, lib. 4. cap, 3.
^ Plinius in Pamgyrico ; O' Uh. 7- Bpist. 14.
Anno XCVI. ' 225
solo che portava gli ordini dell' imperado-
re , e gli altri colla testa bassa , col cuor
pieno dVaffanno, approvavano tacendo ciò
che non osavano disapprovare parlando. ^
Esente non era da un pari timore il resto
del popolo ;, perchè dappertutto si trovavar
no spioni, che raccoglievano, amplificava-
no , e bene spesso fingevano parole dette
in discredito del principe 3 e bastava esse-
re accusato, per essere condennato . Ma &e
Domiziano facea tremar tutto il mondo ,
anche tutto il mondo facea tremar Domi-
ziano : che questa è una pensione inevita-
bile dei tiranni , i quali col nuocere a tan-
ti ;, e massimamente ai migliori e agr in-
nocenti, sanno d'essere in odio a tutti, e
che da tutti almeno coi dcsiderj , se von
con altro, è affrettata la morte loro. Però
la difildenza, gastigo che rode il cuore di
ogni principe crudele ed ingiusto, crebbe
sì fattamente in Domiziano, che cominciò
a non fidarsi neppur di Domizia Augusta
sua moglie ^ né d' alcuno de' suoi liberti ,
cioè de' suoi più intimi cortigiani . ^ Ad
accrescere i suoi terrori si aggiunsero le
predizioni a lui fatte in sua gioventù dai
Caldei, cioè dagli strologi, che dovea pe-
rir di morte violenta. Anche Vespasiano
suo padre, che non poco badava alla stro-
logia , vedendolo ad una cena astenersi dal
Tom. II. p man-
' Tacitus in Vita Agricola cap. i.
* Sueiofi. in Dvmitinno c^p. 15.
226 Annali d'Italia
mangiar funghi, gli diètie pubblicamente
la burla , dicendo , che avea piuttosto da
guardarsi dal ferro. Ma specialmente in
quest' annOj, che verisimilmente gli era sta-
to predetto come l'ultimo di sua vita, non
sapea dove stare : tanta era la sua inquie-
tudine e paura , tanti i suoi sospetti con-
tra ancora de' suoi più cari e familiari. A
tutti perciò parlava brusco, tutti mirava
con aria minaccevole. Avvenne innoltre ,
che per otto continui mesi caddero di mol-
ti fulmini, uno sopra il Campidoglio rifab-
bricato da lui , un altro nel palazzo impe-
riale, e nella stessa sua camera, un altro
sopra il tempio della famiglia Flavia, e un
altro guastò l'iscrizione, posta ad una sta-
tua trionfale di lui , rovesciandola in un
monumento vicino . Il popolo superstizioso
di Roma , e più degli altri Domiziano , fa-
cea mente a tutti questi naturali avveni-
menti , e ad altri ch'io tralascio, creden-
doli segni d' imminente disavventura . Nul-
la nondimeno atterrì cotanto questo inde-
gno imperadore ^ , quanto un certo strolo-
go appellato Ascletarione , che avea predet-
ta la di lui morte. Preso costui, e condot-
to alla presenza di Domiziano, confessò d'
averlo detto. Sai tu ^ disse allora Domi-
ziano, cosa abbia da intervenire a te in
questo giorno 1 Signor sìy rispose allora lo
strologo y il mio corpo ha da essere man-
già--
« Dfo Uh. 6j.
Anno CVI. 22^^
giato dal cani . Ordinò tosto Domiziano j
che costui fosse giustiziato^, ed immante-
nente bruciato il corpo suo . Ma appena mez-
zo abbrustolito , si svegliò una dirotta piog-
gia , che estinse il fuoco , e costrinse là
gente a ritirarsi, sicché poterono i cani ac-
correre , e far buon convito di quel rostOd
Portatane poi la nuova a Domiziano , oh
allora sì che smaniò per la paura. ^ Più
fortunato fu un certo Largino Proclo , aru-
spice, che in Germania avea predetto do-
ver seguire nel dì 18 di settembre gran
mutazione di cose; anzi chiaramente, se-
condo Dione /^ , avea accennata la morte di
Domiziano. Mandato perciò a Roma in ca-
tene negli ultimi tempi d' esso imperadore ,
fu condennato a perdere la testa dopo il
suddetto giorno, supponendosi, che falsa
avesse da riuscire la di lui predizione. Ma
verificatasi questa, egli restò salvo, e fu
anche ben regalato da Nerva .
Vanissima arte è la strologia; ma Dio
per suoi occulti giudizj può permettere che
i suoi professori, per lo più fallacissimi,
talvolta arrivino a colpire nel segno. Ma
intanto è da osservare , che quest' arte in-
gannatrice , piuttosto che predire la morte
di Domiziano, fu essa la cagione della mor-
te medesima, di maniera che fors'egli sa-
rebbe sopravvivuto molto y se non le aves-
se prestato fede . Imperciocché , siccome ab-
P 2 bia-
' * Sue fon. in Domiti ano cap. li. * Dio ibid.
228 Annali d' Italia
biamo detto , essendosi conficcata nel di lui
animo la credenza di dover es^sere ammaz-
zato un dì, servì essa a lui di stimolo per
commettere buona parte delle sue crudel-
tà, e a divenire odioso a tutti , con toglie-
re dal mondo i migliori, e chiunque egli
riputava più capace e voglioso di nuocer-
gli. Il rendè essa inoltre sì diffidente e so-
spettoso, che temeva fin della moglie e de'
suoi più intimi famigliari; ed arrivò, per
quanto fu creduto , sino alla risoluzione di
volerli privar tutti di vita. Ora tanto Do-
inizia sua moglie, quanto i suoi più con-
fidenti liberti, e N orò ano ^ e Petronio Se-
condo^ allora prefetti del pretorio, dappoi-
ché ebbero veduto, come per sì lievi mo-
tivi egli avea ucciso Clemente suo cugino ,
e personaggio di tanta probità, e faceva
troppo conoscere di non più fidarsi di al-
cun di loro: assai intesero ch'erano anch'
essi in pericolo , e che per salvar la pro-
pria vita , altra maniera non restava che
di levarla a Domiziano. Sicché prendendo
bene il filo ^ la soverchia credenza che pro-
fessò questo screditato Augusto alle ciarle
degli strologi , trasse lui ad esser crudele,
e a non fidarsi di alcuno ; e questa sua cru-
deltà e diffidenza costò a lui la vita per
mano de' suoi più cari . Scrive dunque Dio-
ne di aver inteso da buona parte ^ , che
Domiziano avesse veramente presa la de-
ter-
Dio lib. 67.
A it i? o CVL ^ 229
terminazione ài uccider la moglie e gli
altri più familiari suoi liberti, e i capita-
ni delle guardie stesse . Subodorata questa
sua intenzione, s'accinsero essi a prevenir-
lo, ma non prima d' aver pensato a chi po-
tesse succedergli nell'imperio. Segretamen-
te ne fecero parola a varie nobili persone,
che tutte dubitando di qualche trappola,
non vollero accettar quella esibizione. Fi-
nalmente s'abbatterono in Marco Coccejo
Nerva , personaggio degno dell' imperio , che
abbracciò T offerta. Un accidente fece af-
frettare la di lui morte , se pur è vero ciò
che racconta Dione j perchè Suetonio , più
vicino a questi tempi , non ne parla , e lo
stesso vedremo raccontato di Commodo Au-
gusto , anch'esso ucciso. Soleva Domiziano
per suo solazzo tenere in camera un fan-
ciullo spiritoso di pochi anni. Questi^ men-
tre il padrone dormiva , gli tolse di sotto
al capezzale una carta , con cui andava poi
facendo dei giuochi . Sopravvenuta Domi^
zia Augusta , gliela tolse di manOj e con
orrore trovò quella essere una lista di per-
sone , che il marito volea levare dal mon-
do, e d'esservi scritta ella stessa, i due
prefetti del pretorio , Partetiio mastro di
camera, ed altri della corte. Ad ognun d'
essi comunicato l'affare, fu determinato di
non perdere tempo ad eseguire il disegno.
Venne il di 18 di settembre, in cui , se-
condo gli astrologi , temeva Domiziano di
essere ucciso. L'ora quinta della mattina^
P 3 quel-
quella specialmente era. di cui paventava,
Però dopo aver atteso nel tribunale alla
spedizion di alcuni processi , nel ritirarsi
alle sue stanze dimandò che ora era . Da
taluno de' congiurati maliziosamente gli fu
detto, che era la sesta: perlochè tutto lie-
to , come se avesse passato il pericolo, si
ritirò nella sua camera per riposare. Par--
temo mastro di camera entrò da lì a poco
per dirgli, che Stefano liberto e mastro di
casa dell' ucciso Flavio Clemente , desidcva-
va di parlargli per affare di somma impor-
tanza. Costui, siccome uomo forte di cor-
po, e che odiava sopra gli altri Domizia-
no per la morte data al suo padrone, era
stato scelto dai congiurati per fare il col-
po . Ne' giorni addietro aveva egli finto d'
aver male al braccio sinistro, e lo porta-
va con fascia pendente dal collo. ]Entrato
egli in tal positura , presentò a Domiziano;
una carta, contenente l'ordine di una con-
giura che si fingeva tramata contra di lui ,
col nome di tutti i congiurati. Mentre era
r imperadore attentissimo a leggerla , Ste-
fano gli diede d'un coltello nella pancia .
Gridò Domiziano ajuto : un suo paggio cor-
se al capezzale del letto , per prendere il
pugnale , oppure la spada , né vi trovò che
il fodero , e tutti gli usci erano chiusi . ^
Ma perchè la ferita non era mortale , Do-
miziano s'avventò a Stefano, si ferì le di-
ta
* Dto lib' 67, Sueton, in Domitiano f. 17*
Anno CVI. 231
la nel volergli prendere il coltello , ed ab-
hrancolatisi insieme caddero a terra. Far-
tenio^ temendo, che Domiziano la scappas-
se , aperta la porta , mandò dentro Clodia-
no Corniculario , Massimo suo liberto , e
Saturio capo de' camerieri, ed altri, che
con sette ferite il finirono. Ma entrati al-
tri, che nulla sapeano della congiura, e
trovato Stefano in terra , V uccisero . In
questa maniera , cioè col fine ordinario de'
tiranni , terminò sua vita Domiziano in età
d'anni quarantacinque. Del suo corpo niu-
no si prese cura, fuorché Filide sua nutri-
ce , che segretamente in una bara plebea
lo fece portare ad una sua casa di campa-
gna, e dopo averlo fatto bruciare secondo
r uso d' allora, seppe farne mettere le ce-
neri , se nza che alcuno se ne avvedesse nel
tempio della casa Flavia, mischiandole con
quelle di Giulia Sabina Augusta , figliuola
di Tito imperadore suo fratello . ^ Fu que-
sta Giulia maritata da esso Tito a Flavio
Sabino suo cugino germano ; ma invaghi-
tosene Domiziano , vivente ancora Tito ,
l'ebbe alle sue voglie. Divenuto poi impe-
radore , dopo aver fatto uccidere il di lei
marito , pubblicamente la tenne presso di
se , con darle ^1 titolo di Augusta , e far-
le un tal trattamento che alcuni la credet-
tero sposata da lui . * Ma perchè gravida
del marito egli volle farla abortire , cagion
P 4 f^
' hicm cjp, 11, 2 Phihstratus in A^oìlon, Tyan^ Uh. 7.
232 Annali dM t a l i a
fu di sua morte . Non ho detto flnquì , ma
dico ora , che Domiziano nella libidine non
la cedette ad alcuno de' più viziosi . Né oc-
corre dire di più .
Quanto al basso popolo di Roma *, non
mostrò egli né gioja né dolore per la mor-
te di sì micidial regnante , perchè sfogava-
si d'ordinario il di lui furore solamente
sopra i grandi, né toccava i piccioli. I
soldati si ne furono in grande affanno e
rabbia , perché sempre ben trattati , e smo-
deratamente arricchiti da lui ; però volea-
no tosto correre a farne vendetta ; ma i
lor capitani ne frenarono que' primi furiosi
mavimenti , benché non potessero dipoi im-
pedire quanto soggiugnerò appresso. Air
incontro il senato, contra di cui special-
mente era infierito Domiziano , ne fece
gran festa , il caricò di tutti i titoli più
obbrobriosi , ed ordina che si abbattesse-
ro le sue statue , e i suoi archi trionfa-
li * ; si cancellasse il di lui nome in tutte
le iscrizioni , cassando anche generalmente
ogni suo decreto . Ancorché Domiziano non
si dilettasse delle lettere e dell'arti libera-
li , e solamente si conti eh' egli gran cu-
ra ebbe di rimettere in piedi le bibliote-
che bruciate di Roma , con raccogliere ^
libri da ogni parte, e farne copiare assais-
simi da quella di Alessandria : pure fiori-
rono
' Sueton. ibid. c^jp.rz. * Dìo lib. 67'
* Sueton. ibidem ea^. 14»
Anno CVI. 233
tono a* suoi tempi varj insigni filosofi , fra"*
quali massimamente risplendè Epltetto , i
cui utili insegnamenti restano tuttavia , ed
Apollonio Tianeo^ la cui vita, scritta da
Filostrato , è piena di favole . Fiorirono an-
che in Roma V eccellente maestro dell' elo-
quenza Marco Fabio Quintiliano^ e Marco
Valerio Marziale poeta rinomato per V in-
gegno, infame per gli suoi troppo licenzio-
si epigrammi. Erano amendue nativi di
Spagna . Vissero parimente in que' tempi
Gajo Valerio Fiacco , e Gajo Silio Italico ,
de' quali abbiamo tuttavia i poemi , ma di
gusto cattivo ; e Decimo Giiinio Giuvena-
Ze, autor delle satire, poco certamente mo-
deste, ma assai ingegnose e degne di
stima .
Terminata dunque la tragedia di Domi-
ziano , cominciò Roma , e seco V imperio
romano^ liberato da questo mostro , a res-
pirare , e tornarono i buoni giorni per V
assunzione al trono imperiale di Marco
Coccejo Ncrva . Era nato Nerva , per quanto
ne scrive Dione ^, nell'anno 32 dell'Era no-
stra , di nobilissimo casato . L' onestà de' suoi
costumi , la sua aria dolce e pacifica, la
sua rara saviezza , prudenza ed inclinazione
al ben de' privati, e più del pubblico, il
faceano amare e rispettar da cliichessia .
Queste sue belle doti gli ottennero due vol-
te il consolato 5 cioè nell'anno 71 enei 90.
Man-
^ Dio Uh. 62.
254 Annali d' Italia
Mancava a lui solamente wn corpo robu-
sto, e una buona sanità, essendo stato de-
bolissimo Io stomaco suo. Non s' accordano
gli Storici in certe particolarità della sua
vita negli ultimi anni di Domiziano . Filo-
strato ^ vuole che venuto a Roma Apol-
lonio Tianeo , gì' insinuasse di liberar la
patria dalla tirannia di Domiziano, ma eh*
egli non ebbe tanto coraggio . Aggiugne
che Domiziano il mandò in esilio àrTrarar+-
to; ed Aurelio Vittore ^ scrive j, che Ner-
va si trovava ne' Sequani , cioè nella Franca
Contea , allorché trucidato fu Domiziano y
e che per consentimento delle legioni pre*
se r imperio . Ben più credibile a noi
sembrerà ciò che lasciò scritto Dione ,
cioè , che Domiziano , già da noi vedu-
to persecutore di chiunque o per le sue
buone qualità , o per relazion degli astro--
logi , era creduto potergli succedere nell'
imperio, meditò ancora di levar Nerva dal
mondo 5 e T avrebbe fatto, se uno strologo
amico di lui, non avesse detto a Domizia-
no j, che Nerva attempato e mal sano era
per morire fra pochi giorni. Né Dione par-
la punto d'esilio; anzi suppone ch'egli si
trovasse in Koma nel tempo delF uccision
di Domiziano, e che passasse di concerto
coi congiurati, consentendo che si toglies-
se la vita a lui, giacché senza di questo
egli più non istimava sicura la propria .
Estin-
* Pbilostrau in Vita A-^ollonii /. 7. * Aurei. V:^,'inEpit<
I
Anno XCVI. 235
Estinto dunque il tiranno, fu alzato ai tro-
no cesareo Marco Coccejo Nerva^ che certo
non era lungi da Roma , per opera ^ spe-
cialmente di Petronio Secondo prefetto dbl
pretorio , e di Partenio principal autore
della morte di Domiziano , con approva^
I zione di tutto il senato, e plauso del po-
polo . Ma eccoti alzarsi un rumore e una
voce , che Donaiziano era vivo , e fra poco
comparirebbe -. Nerva di naturai timido
allora mutò colore , perde la favella , nò
più sapea in qual mondo si fosse. Ma Par-
tenio , che co' suoi occhj avea veduto le fe-
rite e gli ultimi respiri dell' estinto Do-^
miziano , lo incoraggi , e rimise in sella .
Ando pertanto Nerva a parlare ai soldati
per quetarli , e promise loro il donativo
solito neir assunzion de' nuovi imperadori .
Di là poscia passò al senato, dove ricevet-
te gli abbracciamenti gioviali, ei compli-
menti cordiali di cadaun de' senatori . Non
vi iu se non Arrlo Antonino , avolo ma-
terno di Tito Antonino poscia imperadore,
suo sviscerato amico , il quale abbacciatolo
gli disse^, che ben si rallegrava col senato
e popolo romano^ e colle provincie per si
degna elezione, ma non già con lui; per-
chè meglio per lui sarebbe stato il vivere
paziente sotto principi cattivi , che assu-
mere un peso sì greve , ed esporsi a tanti
pericoli ed inquietuàini , col mettersi fra
i ne-
* EutYop. in Brev. Dio Hb. 68. ^ Aurei. riSi- i.i Epst-
2^6 Annali d' Italia
i nemici ^ che mai non mancano , e fra gì
amici, i quali credendo di meritar tutto
se non ottengono quel che vogliono, diven
tano più implacabili degli stessi nemici
Contuttociò Nerva fattosi coraggio , presi
le redini del governo , e si accinse a so-
stener con decoro la sua dignità , sicco-
me ancora a restituire al senato il primiei
suo decoro, e la quiete e l'allegria ai po-
poli. Vivente ancora Domiziano, e non pei
anche cessata la persecuzione da lui mossa
a' Cristiani , sant^ Anacleto papa coronò la
sua vita col martirio o nel precedente , o
piuttosto nel presente anno ; ed ebbe per
successore n-el pontificato romano Evarisi
Anno di Cristo xcvn. Indizione x»
di EvARiSTo papa 2.
di Nerva imperadore 2.
r Marco Goccfjo Nerva Air
r^ 1,. ! GUSTO per la terza volta.
Consoli -^ r X7^ -o
I Lucio Virginio Rufo per
L la terza .
V,
arj altri consoli V un dietro 1' altro si
credono dall' Almeloven sustituiti in quest'
anno , e fra gli altri certo è , che Cornelio
Tacito istorico , siccome osservò anche Giu-
sto Lipsio , succedette a Virginio , o sia
Verginle Rufo , Tal notizia abbiamo da
Plinio il giovane ^. Era Virginio Kufo
quel
' P lini US Uè. i> ep.i.
Anno XCVII. 23?
quel medesimo che nell' anno 68 ricusò più
d' una volta V imperio , datogli in Germa-
nia dai soldati. Gloriosamente avea egli
menata finquì la sua vita, senza incorrere
in alcuna disgrazia , rispettandolo ognuno,
e fin quella bestia di Domiziano , e serban-
do queir animo grande, ch'era stato supe-
riore agi' imperj . Ncrva anch' egli volle far
conoscere a lui ed al pubblico, quanta stima
ne facesse con crearlo suo collega nel con-
solato . Abbiam di certo da Plinio suddetto ,
che questo fu il terzo consolato d' esso Vir-
ginio: al che non fece riflessione il padre
Stampa ^ , quantunque il cardinal Noris ^
ed altri lo avessero avvertito , e si raccol-
ga eziandio da Frontino e dai Fasti d' Ida-
zio . Fu egli sotto Nerone neir anno 63 per
la prima volta console ordinario . Credesi
che neir anno 69 gli toccasse il secondo
consolato , ma straordinario , sotto Ottone
Augusto . Intorno al prenome di Rufo s' è
disputato. Chi Tito j chi PubblloV ha, volu-
to. E' più probabile Lucio. Ora per la ter-
za volta creato console nell' anno presente,
siccome e' insegna Plinio il giovane , mentre
sul principio dell' anno si preparava a recita-
re in senato il rendimento di grazie a Nerva
per la dignità a lui conferita , essendo in
età di ottantatrè anni , colle mani treman-
ti , e stando in piedi, gli cadde il libro di
mano ; e nel volerlo raccogliere gli sdruc-
ciolò
* St.impi ad Fastus Consul. Sì^. * Nurì's Epij:o.'. dmuL
2Ì38 AwNAti d'Italia
ciolò il piede pel pavimento liscio e lu-
brico , in maniera che si ruppe una coscia .
Non essendosi questa ben ricomposta o riu-
nita , dopo qualche tempo se ne morì , e
gli furono fatti solenni funerali , mentre era
console Cornelia Tacito^ eloquenlissimo or^^*
tore e storico^ il qual fece l'orazione fu^
nebre in sua lode . Scrive il medesimo Pli-
nio, che questo Virginio Rufo era' nato iri
una città confinante alla sua patria Como*
Dacché V Augusto Nerva si vide sufficien-
temente assodato sul trono , fece tosto sen-
tire il suo benefico genio a Roma e a tut-
to il romano imperio . ^ Richiamò dalF
esilio una copia grande di nobili , che avea-
no patito naufragio sotto il precedente t
rannico governo , ed abolì tutti i processi
di lesa maestà. E perciocché questi erano
proceduti da mere calunnie , perseguitò i
calunniatori , e fece morir quanti servi e
liberti si trovarono aver intentate accuse
contra de' loro padroni, proibendo con ri-
goroso editto a tal sorta di persone T accu-
sare da lì innanzi i padroni . Vietò parimen-
te r accusar chichessia d' empietà , e di se
guitare i riti giudaici : il che vuol dire
egli estinse la persecuzione mossa de' C
stiani , che dai Pagani venivano tutta
confusi coi Giudei . Perciocché per conto
de' Giudei era loro permesso l'osservar
loro legge . Quanti preziosi mobili si tr
va-
» Dio Uh, d»'
se-
1
Anno XCVII. 239
varono neli' imperiai palazzo , ingiustamen-
te tolti da Domiziano, furono da lui con
tutta prontezza restituiti. Non volle per-^
mettere che si facessero statue d' oro e d'
argento ( se pur' non erano dorate o inar-
gentate ) in onor suo , abuso dianzi assai
gradito da Domiziano. A que' cittadini ro-
: mani , che si troravano in gran povertà ,
assegnò terreni , eh' egli fece comperare ,
di valore di un milione e mezzo di drac-
me , con deputare alcuni senatori , che ne
facessero la divisione . Perchè trovò smun-
to affatto r erario^ vendè a riserva delle
cose necessarie^ tutti i vasi d'oro e d'ar-
gento, ed altri mobili, tanto suoi parti-
colari , che della corte , e parecchj poderi
e case, con usar anche liberalità ai com-
pratori. E ciò non per covare in cassa il
danaro , ma per dispensarlo al popolo ro-
mano , apparendo dalle medaglie ^ , eh'
, egli distribuì due volte nel breve eorso del
suo governo danari e grano . Giurò che d'
ordine suo non si farebbe mai morire alcu-
no de' senatori ; e quantunque un d' essi
fosse convinto d' aver congiurato contra di
lui,, pure altro mal non gli fece, che di
cacciarlo in esilio . Fu da lui confermata
la legge, che non si potessero far eunu-
chi ; e proibito il prendere in moglie le
nipoti . Attese ancora al risparmio , dopo
aver conosciuto il gran male provenuto dal-
lo
' Mediobarbus in Numiimat, Irr.terat.
240 Annali d' Italia
lo scialacquamento esorbitante di Domizia*
no . Levò dunque via molti sagrifizj , moU
ti giuochi , ed altri non pochi spettacoli^
che costavano somme immense , ^ Suppres-
se tutto ciò che era stato aggiunto agli
antichi tributi a titolo di pena contro quei
eh' erano morosi al pagamento : siccome an-
cora le vessazioni ed angarie introdotte
contro ai Giudei , nel!' esigere le loro im-
poste . Le città oppresse da troppe gravez-
ze ebbero sollievo da lui ; ed ordinò che
per tutte le città d'Italia si alimentassero
alle spese del pubblico gli orfani dell'uno
e dell' altro sesso , nati da poveri genitori ,
ma liberti : carità continuata anche dai sus-
seguenti buoni imperadorij anzi accresciu-.
ta , come apparisce dalle antiche iscrizio-
ni . Ristrinse ancora 1' imposta della vige-
sima per le eredità e per gli legati , intro-
dotta da Augusto» Fra le lettere di Plinio
il giovane * si trova un editto di questo
imperadore , che assai esprime quanta fosse
la di lui bontà, con dir egli, che ciascuno
de suol concittadini poteva assicurarsi ,
aver egli preferita la sicurezza di tutti
alla propria quiete ^ e non aver altro in
animo , che di far di buon cuore de' nuo^
vi benefizi , e di conservare i già fatti da
altri . E però per levar dal cuore d' ognu^
no la paura di perdere quel che aveano
conseguito sotto altri Augusti , 0 di dover'-
ne
* Jitrt/. f^ici. in E^it. ' Plìnius lib. io. E^ist. 66»
Anno XCVII. 241
ne cercar la conferma eoa delle preghiere
d' oro , dichiarava , che senza bisogno di
nuovi ricorsi j chiunque godeva avesse da
godere ; perchè egli volea solamente atten"
dere a dispensar grazie e henefizj nuovi a
chi non avea finora goduto .
E pure con un principe sì buono , il cui
dolce Q salute voi governo tanto più dovea
prezzarsi , quanto più si paragonava col
barbarico precedente , non mancarono no-^
bili romani, che tramarono una congiura.
^ Capo d' essi fu Calpurnio senatore dell'
illustre famiglia de' Crassi : degli altri non
si sa il nome . Con esorbita^ni promesse
di danaro sollecitava egli alla rivolta i sol-
dati . Scoperta la mina , Nerva il fece se-
dere presso di se, assistendo ai giuochi
de' gladiatori , e nella stessa guisa che ve-
demmo operato da Tito , allorché gli fu-
rono presentate le spade di quei combat-
tenti, le diede in mano a Crasso, accioc-
ché osservasse , se erano ben affilate , mo-
strando in ciò di non paventar la morte .
Fu processato e convinto Crasso : tuttavia
Nerva per mantener la sua parola di non
uccidere senatori, altro gastigo non gli
diede , che di relegar lui e la moglie a
Taranto. Fu biasimata dal senato sì gran-
de indulgenza in caso di tanta importan-
za, e jn altri ancora^ perchè egli non sa-
pea far m^le ai grandi , benché sei meri-
ToM. II. Q tas-
' Dio lib. 6Z. Aurelius rieìor in Epitome .
242 Annali d' Italia
tasserò. ^ Trovavasi un dì alla sua tavola
Vcjcnto^ o sia Vejentone ^ già console, uo-
mo scellerato , che sotto Domiziano era
stato la rovina di molti . Cadde il ragiona-
mento sopra Catullo Messalina , che neir
antecedente governo tanti avea assassinati
colle sue accuse e colla sua crudeltà , ed
era già morto. Se costui^ disse allora Ner-
va , fosse tuttavia vivo y che sarebbe di
lui? Giunio Maurico^j uomo di gran pet-
to , di egual sincerità , e uno de' commen-
sali , immantenerite rispose : Cori esso noi
sarebbe a questa tavola . Ma quello che
maggiormente sconcertò Nerva , fu V atten-
tato d^ Eliano Casperlo\, creato non so se da
lui , o pur da Domiziano , prefetto del pre-
torio, cioè capitan delle guàrdie. O sia
che costui movesse i soldati , o che fosse
incitato da loro , certo è , che un di for-
mata^ una sollevazione andarono tutti al
palazzo * j chiedendo con alte grida il
capo di coloro che aveano ucciso Domizia-
no ^ A tal dimanda si trovò in una som-
ma costernazione Nerva; contuttociò pa-
rendogli , che non fosse mai da com-
portare il dar loro in manoy chi avea li-
berata la patria da un tiranno , ed era
stato cagione del proprio suo innalzamen-
to j coraggiosamente negò loro tal sod-
disfazione, dicendo che se si voleano sfo-
gare, piuttosto sulla sua testa cadesse il
lo-
• Ph'nsus l, 4. £;>. ai. Aur. riSl. ih. * Plinius in Panegj/r»
Anno XCVII. 243 ,
loro sdegno. Ma costoro senza fermarsi
per questo, e con disprezzo all'autorità'
imperiale, corsero a prendere Fttrónio Se-
condo ^ già prefetto del pretorio , e lo sve-
narono. Altrettanto fecero a Partenlo già
maestro di camera di Domiziano, trattan-
dolo anche più ignominiosamente d eli'' al-
tro . E Casperio^ divenuto più inso lente ,
obbligò Nerva di lodar quest' azione al pò-
polo raunato , e di protestarsi obbligato ai
soldati , perchè avessero tolta la vita ai
maggiori ribaldi che si avesse la terra •
Una sì atroce insolenza de* pretoriani ser-
vì a far meglio conoscere a Nerva ^ eh' egli,
stante la sua vecchia] a e poca sanità , non
potea sperare l'ubbidienza ed il rispetto
dovuto al suo grado , e piuttosto dovea te-
merne degli altri oltraggi . Il perché da
uomo saggio pensò di fortificar la sua au-
torità, cori associare all'imperio una per-
sona che fosse non men forte d' aninlo , che
vigorosa di corpo . E siccome egli non avea
la mira se nort al pubblico bene^ e desi-
derava di scegliere il migliore di tutti , *
così dopo maturo esame , e consigliato an-
che da Lucio Licinio Sura^ senza punto
badare ai molti parenti , che avea ( giac-
che non si sa, ch'egli avesse mai moglie)
fermò i suoi pensieri sopra Marco Ulpio
^rajano , generale allora dell' armi roma-
ne nella Germania. Era questi di nazione
Q 2 spa-
* Aurfliui n^or in Epitome .
&44 AxSrNÀit d'Italia
spagnuolo , perchè nato in Italica città del-
la Spagna , come si raccoglie da Dione J
e da Eutropio ^ , benché Aurelio Vittore
4 il dica venuto alla luce in Todi ; né aU
cpno finora avea ottenuto l' imperio, che non
tosse nato in Roma, o nel vicinato : contutto-^
ciò Nerva fu di sentimento , che per iscegliere
chi dovea governare un sì vasto imperio, si
avea da considerare più che la nazione, 1'
abilità e la virtù . Pertanto in occasion di
una vittoria riportata nella Pannonia , fat-»
to raunare il popolo nel Campidoglio nel
dì i8 di settembre, come alcuni vogliono
4 , o piuttosto nel dì 27 , o 28 di ottobre,
come pretendono altri , ad alta voce dichiarò
eh' egli adottava per suo figliuolo Marco
TJlpto Nerva TrajanOy a cui nei senato
diede nel giorno stesso il titolo di Cesare
e di Germanico , e scrisse di suo proprio
pugno , avvisandolo di tale elezione . 5
Fors' anche , secondo alcuni, non era per^
venuta questa nuova a Trajano, soggior-
nante allora in Colonia , che Nerva il pro-^
clamò Imperadore ^ , conferendogli la trij
bunizia podestà , ma non già il titolo fl||
Augusto ; cioè il creò suo collega nelF
imperio . Può essere che ciò avvenisse alquan-
to più tardi . Almen certo è , che il dise-
gnò console per V anno seguente . Il meri-
to assai conosciuto di Trajano ch'era stc^r
to
' Dio/. 6?. » EutY.hiJirev. ^ Aurei- l^iEì. in Epitome .
4 Pa>7vi/i. , Petav-, Pagius ., Dodyuellus ^ Fabrett- ■, Tillcnt,
' Plinius in Panegj/rico . • Euseb. in Cbrofz.
Anno XCVII. HS ..
io console nelV anno 91 , ed avea avuto il
padre, stato anch'esso console ( non si sa
in qual anno ) fece che ognuno ricevesse
con plauso una sì bella elezione, e cessas-
se ogni sollevazione e tumulto in Roma.
Si trovava allora Trajano nel maggior vi-
gore della virilità , perchè in età di circa
quarantaquattro anni .
Anso di Cristo xcviii. Indizione xie
di Eva RISTO papa 5.
di Traiano imperadore i.
r Marco Coccejo Nerva Aù-
art 1*. I GtJSTo per la quarta volta ^
Consoli J ^^^^Q Ulpio Traiano per
[^ la seconda.
V^redesi che a questi consoli ne fossero
sustituiti degli altri nelle calende di lu-
glio , ma quali , noi possiam sapere di certo ;
Poco sopravvisse il buon imperadore Nerva,
né già sussiste , come taluno ha pensato , eh'
egli deponesse V imperio . Riscaldossi egli
un giorno forte in gridando coritra di un
certo Regolo ^ che doveva aver commessa
qualche iniquità^ di modo che quantunque
fosse di verno , sudò ; e questo raiFredda-
tosegli addosso, gli cagionò una tal feb-
bre, che fu bastante a levarlo di vita. Au-
relio Vittore gli dà sessantatrè anni d'
Q 3 ^tà
j^ure/. r,-^, inBpit, Tf'Ucm, Min. Ritf Pagius Crtt. Bar,
2/iG Annali d' Italia
età ^. Dione sessantacinque*, Eutropio set-
tantuno 3 ^ ed Eusebio settantadue . ^ Co^
munque sia, lasciò egli anche deposi cor-
to governo un glorioso nomea cagion del-
le sue lodevoli azioni di bontà e saviezza :
azioni tali , eh' egli ebbe, a dire di non sapere
d' aver operata cosa , per cui , quando an-
che egli avesse deposto l'imperio, non aves^
se da vivere quieto e sicuro nella vita pri-
vata . Ma nulla certo gli acquistò piìi cre-
dito e gloria , che V aver voluto per suc-
cessore neir imperio un Trajano , che poi
divenne il modello de' principi ottimi . Con
funerale magniiìco fu portato il suo corpo ,
o vogliam dire le ceneri ed ossa sue , dal
senato,, nel mausoleo d'Augusto. Intojrno
al giorno di sua morte disputano gli eru-
diti . Inclinalo i più a credere che questa
avvenisse nel gennajo dell'anno presente,
e nel dì 27 Aurelio Vittore scrive che quel
giorno , in cui egli mancò di vita , fu un
eclissi del sole . Secondo i conti del Calvi-
sio si eclissò il sole nel dì 21 di marzo di
quest' anno ; ma non s' accorda ciò con chi s
gli dà sedici mesi e nove o dieci giorni
d' imperio . Sappiamo bensì da Eusebio
dalle medaglie 7^ e dalle iscrizioni ^, ci
Nerva per decreto del senato fu alzato al
onore degli dii , e che Trajano, non nu
stan-
' Aureìius ViBor ibidem . * Dio /. 69.
3- Eutrop. in Bveviar. ■* Eusehius in ChYon.
' Dio ibidem . Eutropius in Brev. ^ Eusebius in Cbron.
> Mediobarbus Numism, Imperata * Cruter, Thasaur. Insc.
Anno XCVIII. 247
-*anco di mostrar la sua gratitudine a quc-
o buon principe e padre, che l' avea al-
zato al trono, alzò anch'egli a lui dei templi^
secondo la cicca superstizione e temerità del
gentilesimo. Allorché terminò^ Nerva i suoi
giorni, Publio Elio Adriano ^ che fu poi
imperadore , giovane allora , ed amicissimo ,
anzi parente di Trajano , lasciato già da
suo padre sotto la tutela di lui , ^ si tro-
vava nella Germania superiore . Arrivata
colà la nuova della morte di Nerva , Adria-
no volle essere il primo a portarla a Tra-
jano , dimorante allora in Colonia; e tut-
toché Serviano di lui cognato cercasse d'
impedirglielo , i:on fare segretamente rom-
pere il di lui calesso , per aver egli V ono-
re di far penetrar con sua lettera il lieto
avviso a Trajano: nondimeno Adriano cam-
minando a piedi , prevenne il messagger
di Serviano . Ricevute poi eh"* ebbe Traja-
no * le lettere del senato , gli rispose di
, suo pugno ;Co' dovuti ringraziamenti , fra 1'
altre cose promettendo , che nulla mai fa-
rebbe contro la vita e l'onore delle perso-
ne dabbene; il che poscia confermò con suo
giuramento. Mentre egli tuttavia 3Ì trovava
in quelle parti , o certo prima di tornarsene
a Roma, chiamò a se Eliaao Casperio pre-
fetto del pretorio , e i soldati da lui di-
pendenti, facendo vista di volersi valere di
lui in servigio disila repubblica. Nerva in
Q 4 r^g-
^ Spartianus in Radriano^ * D/'o Uh. 6$.
2^8 Annali i>' Italia
ragguagliarlo dell'elezione sua, l'avea par-
ticolarmente incaricato di far te sue ven-
dette contra d' esso Casperio , e di quelle
milizie che ammutinate gli aveano fatto ,
siccome dicemmo > un sì grave affron-
to. Trajano l'ubbidì. Tolta fu a Caspe-
rio la vita , e a quanti pretoriani si
trovò che aveano avuta parte in quella
sedizione. Comandava allora ad una pos-
sente armata Trajano, né v"* è apparenza
ch'egli nell'anno presente venisse a Roma^
ma bensì eh' egli si trattenesse in quelle
ed anche in altre parti per dare buon se-
sto ai confini dell' imperio , e alla quiete
delle Provincie . ^ Sparsasi nelle nazioni
germaniche la fama , che Trajano era di-
venuto imperadore ed Augusto, tale già
correa la rinomanza e la stima del di lui
valore e senno anche fra quelle barbare
genti, che ognun fece a gara per ispedirgli
dei deputati^ e chiedergli supplichevolmente
la continuazion della pace . Erano soliti i
Tedeschi nel verno , allorché il Danubio
gelato si potea passare a piedi, di venire
ai danni de' Romani . Nel verno di quest'
anno non si lasciarono punto vedere . Tro-
vavasi in quelle contrade Trajano, e tut-
toché le sue legioni facessero istanza d^i
valicar quel fiume , per dare addosso a^j
Tedeschi : tuttavia egli noi permise . Una
delle sue principali applicazioni era stata ,.
e mag-
* Plinius in Panegyr.
Anno XCVIIL 249
e maggiormente fu in questi tempii di ri-
stabilire F antica disciplina, l' arnor delia
fatica , e V ubbidienza nella milizia ro-
mana ; ed egli stesso, con trattar civilmen-
te tutti gliufiziali e soldati, si conciliò più
che prima V amore e il rispetto d'ognunov
Anno di Cristo xcix. Indizione y^ii^
di EvAKiSTO papa zj.
di Traiano imperadore 2.
>^ r J" Aulo Cornelio Palma,
^.onsoii s^ g^^^ g^gj^ Senecione .
XLrano questi consoli due de' migliori mo'---
bili che si avesse allora il senato romano,
e particolarmente godevano della stima ed
amicizia diTrajano. Aveano costumato al-
cuni de' precedenti Augusti di prender essi
il consolalo nelle prime calende di genna-^
jo, susseguenti alla loro assunzione j, Ges-*
sando perciò i consoli disegnati. ^ Traja-*
no tra perchè non si pasceva di fumo , e
perchè gli affari non gli permettevano di
trovarsi air apertura dell'anno nuovo in Ro-
ma^ ricusò nelTanno precedente l'onore del
consolato , offertogli dal senato secondo lo
stile , e volle che entrassero i due consoli
sopraddetti . Verisimilmente venuta che fu
la primavera , fu il tempo in cui egli dal-*
la Germania s^ inviò a Roma , Ben diverso
fa
' Id^m ibid.
z^o ANxNfALi d' Italia
fu il suo passaggio da quei di Domiziano .
Quegli €rano un saccheggio delle città , do-
vunque passava egli colle sue truppe . Tra-
jano benché scortato da più legioni , con
tal disciplina, con sì bel regolamento fa-
ceva marciare e riposar la sua gente , che
diventò lieve ai popoli quel militare ag-
gravio. Abbiamo ancora da Plinio l'entra-
ta di Trajano in Roma. Fu ben lieto quel
giorno al veder venire un bu.on principe ,
non già orgoglioso sopra carro trionfale ,
o portato dagli uomini , come costumò al-
cuno de' suoi antecessori , ma a piedi , e in
abito modesto : che non accoglieva con
fronte alta e superba , chi gli si presenta-
va , per rallegrarsi con lui e per ossequiar-
lo , ma bensì gli abbracciava e baciava tut-
ti , come suoi cari concittadini e fratelli .
Andò al Cam,pidoglio , e poscia al palaz-
zo. Seco era Pompea Flotina sua moglie ,
donna d'alto affare, ed emula delle virtù
del marito. * Allorché ella fu sulle scali-
nate del palazzo imperiale , rivolta al po-
polo disse : Quale io entro or qua , tale de-
sidero anche d' uscirne j cioè ben voluta, e
senza rimprovero d'alcuna iniquità. In fat-
ti con tal modestia e saviezza visse ella
sempre dipoi, che si meritò gli encomj di
tutti, e massimamente perchè cooperava
anch'essa a promuovere il ben pubblico e
la gloria del marito. ^ Haccontasi , che in-
fo r-»
' D;ci Itif. ó8. * Aurelius P'j5ior. in Epitome .
Anno XCIX. 251
formata delle avanie e vessazioni , che si
praticavano per le provincie del romano
imperio dagli esattori de' tributi e delle ga-
belle , sanguisughe ordinarie de' popoli, ne
fece una calda doglianza al marito , come
egli fosse sì trascurato in affare di tanta
premura , permettendo iniquità , che face«
vano troppo torto alla di lui riputazione .
Seriamente vi si applicò da lì innanzi Tra-
jano , e rimediò ai disordini, riconoscen-
do essere il fisco simile alla milza, la qua-
le crescendo fa dimagrar tutte le altre mem-
bra. A Plotlna fu probabilmente conferito
dopo il suo arrivo a Roma il titolo di Au-
gusta ; siccome a Trajano quello di Padre
della Patria , che si trova enunziato nelle
monete di quest'anno, come pur anche quel-
lo di Pontefice Blassimo, Avea Trajano una
sorella, appellata Marciana , con cui mira-
bilmente andò sempre d' accordo la saggia
imiperadrice Piotina. La città di Martiano-
poli , capitale della Mesia , per attestato di
Ammiano ^ e di Giordano * , prese il no-
me da lei . Ebbe anche Marciana il titolo
d' augusta , che si trova in varie iscrizio-
ni e monete. Da lei nacque una Ma t Idia ^
madre di Giulia Sabina y che fu moglie di
Adriano Augusto^ e per quanto si crede,
di un' altra Matidia .
Le prime applicazioni di Trajano , dac-
ché fu egli giunto a Roma, furono a cat-
tivar-
' AmTnianus Uh. i7« * Jordan, de Reb. Geticis ♦
25^^ A N N A L I d' I T A i I A
tivarsi r amore del pubblico colla liberali-
tà. ^ Aveva egli già pagato alle milizie là
metà del regalo che loro ^olea darsi dai
novelli imperadori . Ai poveri cittadini ro-
mani diede egli l' intero congiario , volen-
do òhe ne partecipassero anche gli assenti.
e i fanciulli ; spesa grande , ma senza ar-
ricchir gli uni colle sostanze indebitamen-
te rapite ad altri, come in addietro si fa-
eea da' principi simili alle tigri , le quali
nudrisCono i lor figliuoli coirà strage d' al-
tri animali . Da gran tempo si costumava*
in Roma, che la repubblica distribuiva gra--"
tis di tanto in tanto una prodigiosa quan-
tità di grano e d' altri viveri al basso po-
polo de' cittadini liberi , perchè anóh' esso
riteneva qualche parte nel dominio e go-
\^erno. Ma i fanciulli, che aveano m/eno di'
undici anni 5 non godevano di tal distribu-
zione. Trajano volle ancor questi partecipi
della pubblica liberalità. E perciocché, sic-
come dicemmo, Nerva avea ordinato, che
anche per le città dell' Italia a spese dei
pubblici erarj si alimentassero i figliuoli-
orfani della povera gente libera : diede al-
le città danari e rendite^ afiinchò fosse con-
servato ed accresciuto questo brrón uso v
Rallegrò parimente il popolo romano con
alcuni giuochi e spettacoli pùbblici, cono-^
scendo troppo il genio di quella gente a sì
fatti divertimenti. Per altro non se ne di-
let^
* In Panegfu
Anno XGIX. . ^si
tettava egli; anzi cacciò di nuovo da Ko-.
ma i pantomimi , come indegni della gra-
vità romana. Cura particolare ebbe dell'
annona, con levar via tutti gli abusi e mo-'
nopolj , con formare e privilegiare il col^
iegio de' fornaj : di modo che non solo in
Roma, ma per tutta Tltalia si vide fiori-
re r abbondanza del grano , talmente che
l'Egitto, solito ad essere il granajo dell'
Italia, trovandosi carestioso in quest' anno,
per avere il Nilo inondato poco paese , po-
tè ricevere soccorso di biade dall' Italia
stessa . Ma ciò che maggiorm.ente si ijieri-
io plauso da ognuno, fu l'aver anch' egli
più rigorosamente di quel che avessero fat-
to Tito e Ncrva^ ordinato processi e ga-
stighi contra de' calunniosi accusatori, che
sotto Domiziano erano stati la rovina di
tanti innocenti . Nella stessa guisa ancora
abolì r azione di lesa maestà , eh"* era in
addietro V orrore del popolo romano. Ogni
menoma parola contra del governo si ripu^
Cava un enorme delitt© . Ma egregiamente
intendeva Trajano , essere proprio de' buo-
ni principi r operar bene , senza poi curar-
si delle vane dicerie de"* sudditi ; laddove
i tiranni, male operando ;, esigerebbono an-
cora , che i sudditi fossero senza occhj \§
senza lingua ; né badano che coi gastighì
maggiormente accendono la voglia di spar-
larti di loro, e l'odio universale contra di
se stessi. Assistè Trajano nell'anno presen-
te, come persona privata, ai comizj , ne'
qua-
s^4 Annali dItalia
quali si dovea far 1' elezion de' consoli per
l'anno seguente. Fu egli disegnato console
ordinario, ma si durò fatica a fargli ac-
cettare questa dignità; ed accettata che V
ebbe, con istupore d'ognuno si vide il buon
imperadore andarsi ad inginocchiare davanti
al console , per prestare il giuramento, come
solevano i particolari ; e il console senza tur-
barsi , lasciò farlo . Altri consoli da^ susti-
tuire agli ordinarj , furono anche allora di-
segnati, siccome dirò all'anno seguente.
Anno di Cristo c. Indizione xiii*
di EvAKiSTo papa 5.
di Traiano imperadore 3.'
p Marco Ulpio Nekva Tra-
I jANo Augusto per la ter-
Consoli -^ za volta,
i Marco Cornelio Fronton
•^ per la terza .
I
Vj'ran disputa fra gli eruditi illustrator
de' Fasti consolari ' è stata e dura tutta-
via, senza aver mezzo finora da deciderla,
quale sia stato il collega ordinario di Tra-
jano nel presente consolato j, cioè chi con
lui procedesse console nelle calende di gen
najo. Parve al cardinal Noris * più proba
bile, che fosse Sesto Giulio Frontino jj
la
* Panvinius , Pagius , TilUmont , Stampa
* Norfs Epistol. C§nsuìari *
Anno C. 255
ta terza volta , scrittore rinornato per gli
suoi libri , conservati sino ai dì nostri .
Poscia inclinò piuttosto a crederlo Marco
Cornelio Frontone per la terza volta ^ come
avea tenuto il Panvinio , e tenne dipoi an-
che il Pagi . V imbroglio è nato dalla vi-
cinanza dei cognomi di Frontone e Fron-
tino, Certo è che Frontone fu console in
quest' anno . E perciocché sappiamo da Pli-
nio ^, essere stati disegnati per quest'an-
no oltre all'Augusto Trajano due altri,
che sarebbono consoli ;per la terza volta ,
perciò alcuni han creduto anche Frontino
console nelT anno presente ; m^a senza ap-
parire in qual anno preciso tanto egli ,
quanto Frontone , avessero conseguito gli
altri due consolati . Credesi ben comune-
mente , che nelle calende di settembre fos-
sero sustituiti in quella illustre dignità Ga-
jo Plinio Cecilia Secondo comasco, celebre
scrittore di lettere , e del panegirico di
Trajano , eh' egli per ordine del senato com-
pose e recitò in questa congiuntura , e Spu-*
]rÌo Cornuto Tertullo , personaggio anch' es-
so di gran merito . Secondo il Panvinio e
r Almeloven , nelle calende di novembre
succederono Giulio Feroce , ed ^cutio Ner^
va . Ma io * ho prodotta un' iscrizione po-
sta nel dì 29 di dicembre dell' anno pre-
sente^ da cui ricaviamo essere allora stati
con-
■ Ph'nius in Panegirico .
* Thesaurus Novus Injcr/^t. p/7g. 303. nura. 5.
25^ An-nali d* Ita LIA
consoli Lucio Roselo Eilario e Tiberio Clau
dio Sacerdote . Benché fosse assai conosciu-
to in Roma il mirabil talento di Trajano
Augusto, pure assunto ch'egli fu al trono,
maggiormente comparì qual era , con ve-
dersi inoltre un avvenimento ben raro , cioè
eh' egli non mutò punto nella mutazion del-
lo stato i buoni suoi costumi , anzi li mi*-
gliorò 'y e che V altezza del suo grado e
della sua autorità servi solamente a far cre^
5.cere le sue virtù. Fasto e superbia spira-
vano le azioni di molti suoi predecessori . ^
Continuò egli , come prima , la sua affabi-
lità, la sua modestia, la sua cortesia. Am^
metteva alla sua udienza chiunque lo de^-
siderava, trattando con tutti civilmente , e
massimamen|:e onorando la nobiltà , ed ab^-
tracciando e baciando i principali : laddo-
ve gli altri Augusti, stando a sedere j, ap-^
pena porgeano la man da baciare . Gli sta-
va fitta in mente questa massima, che un
Sovrano In vece d^ avvilirsi coli' abbassar-
si^ tanto più si fa rispettare e adorare.
Usciva egli con un corteggio modesto e
mediocre ; ne andavano già innanzi lacchè
o palafrenieri per fargli far largo colle ba-
stonate , anzi egli talvolta si fermava neW
le strade , per lasciar che passasse qualche
carerò , o carrozza altrui . Per un impera-
dore erg assai frugaje la sua tavola , ma
condita dall'allegria di lui, e da quella di
va-
PlUiiiì in Paneg^rr
Anno C. 257
irie persone sayie e scelte, ch'erano ori'
.ma, or l'altra invitate. ^ Distinzione di
posto non voleva alla sua mensa , né sde-
gnava di andare a desinare in gasa degli
amici , di portarsi alle lor feste , di visi-
tarli malati^ di andar talvolta nelle loro
carrozze. In somma per quanto poteva^ si
studiava di trattar con tutti non meno in
Roma , che per le provincie con tanta ci-
viltà e moderazione , come se non fosse il
sovrano, ma un loro eguale, ricordando a
se stesso , eh' egli comandava J3ensi agli uo-
mini, ma ch'era uomo anch' egli. E per-
chè un dì gli amici suoi il riprenfleyano , per-
chè eccedesse nella cortesia verso d' ognu-
no , rispose quelle memorande parole : Tg-
le desidero d^ essere Imperadore \'erso i p7*i-
wati^ quale avrei caro die gV imiìer adori
fossero verso di 77ie, se fossi uomo priva-
to . Lo stesso Giuliano Apostata *, che an-
dò cercando tutte le macchie e i nei de'
precedenti Augusti , non potè non confes-
sare , che Trajano superò tutti gli ajtri
imperadori nella bontà e nella dolcezza :
il che punto non facea scemare in lui la
maestà , e ne' sudditi il rispetto verso di
lui . Per questa via , e col mostrar amore
a tutti , egli era sommamente amato da
tutti , odiato da niuno ; e dappertutto si
godeva una somma pace, e un' invidiabil
Tom. IT. H tran-
* Eutropius in Brevi ar.
* Julianui df C<esaribus .
258 Annali d' Italia
tranquillità , come si fa nelle ben regolate
famiglie .
L' adulazione come in paese suo proprio
suol abitar nelle corti j non già in quella
di Trajano, che l'abborriva . ^ E però nep-
pur gradiva, che se gli alzassero tante sta-
tue , come in addietro si era praticato con
gli altri Augusti , e di rado permetteva che
se gli facesse quest' otìore , né altri , che
puzzassero d'adulazione. Per altro mostra-
va egli piacere, che il nome suo comparis-
se nelle fabbriche da lui fatte o risarcite ,
e nelle iscrizioni de' particolari ; laonde ap-
parendo" poi esso in tanti luoghi , diede mo-
tivo ad alcuni di chiamarlo' per ischerzo ^
Erba Parletarlay erba che si attacca alle
muraglie. Ma conferendo le cariche, nep-
pur voleva esserne ringraziato , quasi eh*
egli fosse più obbligato a chi le riceveva ,
che essi a lui. Le ordinarie sue occupazio-
ni consistevano in dar udienze a chi ricor-
ica per giustizia, per bisogni^ per grazie ,
con ispedir prontamente gli affari , special-
mente quelli che riguardavano il ben pub-
blico. Sapeva unire la clemenza, la piace-
volezza colla severità e costanza nel puni-
re i cattivi, nel rimediare alle ingiustizie
de' magistrati , nel pacificar fra loro le cit-
tà discordi. Sotto di lui in materia crimi-
nale non si proferiva sentenza contro di
chi
Plinius in Pancgyn'co .
Ammianus tit. 27. /lurelius ri6ior. in Epitome
J
Anno C. ^59
:hi era assente ; ne per meri sospetti , co-
me si usava in addietro, si condannava al-
cuno. Un bellissimo suo rescritto vien ri-
ferito ne' Digesti ^, cioè: Meglio è in dub-^
bio lasciar impunito un reo , che condan-^
nare un innocente. Sotto altri principi il
fisco guadagnava sempre le cause. Non già
sotto Trajano, che anche contra di se ama-
va che fosse fatta giustizia . Quanto era
egli lontano dal rapire la roba altrui , al-
trettanto era alieno dal nuocere o inferir
la morte ad alcuno. A'^suoi tempi un solo
de' senatori fu fatto morire, ma per sen-
tenza del senato, e senza notizia di lui ^
mentre era lungi da Roma: tanto era il
rispetto eh' egli professava a quel nobilis-
simo ordine. ^ Ed appunto in quest'anno
fu un bel vedere, come creato console egli
si contenesse nel senato, in esercitando
queir eminente dignità . Nel primo giorno
dell' anno volle salito in palco nella pub-
blica piazza prestare il giuramento di os-
servar le leggi, solito a prestarsi dagli al-
tri consoli, ma non dagl'imperadori , che
se ne dispensavano . Portatosi al senato ,
ordinò ad ognuno di dire con libertà e sin-
cerità i lor sentimenti , con sicurezza di
non dispiacergli . Così diceano anche gli al-
tri Augusti , ma non di cuore , e i fatti poi
lo mostravano . Ordinò ancora , che ai vo-
ti , i quali non meno in Roma , che per le
R 2 pro-
' Lc^i 5. Df^estis de Pvenh . ^ Piinitis in Panegyu
i^o Annali d' I t a 1 r a
Provincie nel dì 3 di gennajo si faceand
per la salute dell'* imperadore^ s' aggiugnesr
se questa condizione : Purché egli governi
a dovere la Hepubblica , e proccurl il bene
di tutti. Egli stesso in pregar gli dii per
se medesimo , solea dire : Se pure la merirr
tm'ò ^ se continuerò ad essere quale sono
stato eletto , e se seguiterò a meritar la
stima e V affetto del Senato. Con tal pa»-
zienza accudiva egli ai pubblici affari, ascoU
tava i dibattimenti delle cause, e con tan-
ta attenzione distribuiva le cariche , pror-
movendo sempre chi andava innanzi nel
merito , che il senato non potè contenersi
dal palesar la sua gioja con delle acclaraaT
zioni , che mossero le lagrime al medesi-r
mo Trajano, coprendosi intanto il di lui
volto di rossore , cioè di tm contrassegno
vivo della sua modestia . E verisimilmente
il senato circa questi tempi conferì a Tra-r
jano il glorioso titolo di Ottimo Principe .
Plinio nelle sue epistole parla di molte caur
se agitate in questi tempi nel senato , con
aver Trajano ben disaminati i processi, e
custodita rigorosamente l'osservanza delie
leggi . Il primo gran dono , che fa Dio agli
uomini , quello è di dar loro un buon na-^
turale, un intendimento chiaro, e un'in-
dole portata solamente al bene . Convier
ben dire , che ottimo fosse il talento d
Trajano , dacché confessano gli storici , eh
egli poco o nulla avea studiato di lettere
ed era mancante d'eloquenza. Ma il sue
in-
Anno C, 2§r
irfgcgnD e giudizio^, e il pendìo à quel so-
k), che è bene, supplivano questo difetto.
E però benché non fosse letterato , somma-*
mente amava e favoriva i letterati^ e chiun-
que era eccellente in qualsivoglia profes-*
^ione .
Anno di Cristo ci. Indizione xiv,
di EvARiSTo papa 6u
di Traiano imperadore ^^
Consoli
r Marco Ulpio Nerva Tra-
J jANo Augusto per la quar-
ti ta volta y
Sesto Articolato,
V^i*edesi che Tuno di questi consoli aves-
s'e nelle calcride di marzo per successore
nel consolato Cór/ieZto Scipione Orfito ^ e ch6.
rtelle calen'de di maTZo fossero, sostituiti
Bebìò Macro ^ e Marco Valerio Paolino; e
poi nelle calende di luglio procedessero col-
la trabea consolare Ruhrio Gallo e Quinto
Cello Ispone . Trovasi un' iscrizione, da
me ^ riferita ;, posta a. Marco E pule] o (for-
se Apvulejo ) Procolo Cepione Ispone , eh' era
stato console . Sarebbe da vedere , se si
tratti del suddetto Ispone . Per me ne son
persuaso, quantunque chiaro non apparisca
in qual anno cada il di lui consolato. Han
creduto molti storici, che in quest'anno
R 3 av-
' Thesaurus Ncvus Veter. Inscri^t' ^ag' 3-i<5. num. i.
^8i A N- N A L I D I T A L r A
avvenisse la prima guerra di Trajano con-
tra dei Daci . Tali nondimeno son le ra-F
gioni addotte dal giudiziosissimo cardinal
Noris ^ , che pare doversi la medesima ri-
ferire air anno seguente. Nulladimeno il
Tilìemont ^, scrittore anch'esso accuratis-
simo , inclinò a giudicarla succeduta in
quest'anno. Più sicuro a me sembra il dif-
ferirla al seguente , quantunque si possa
credere cominciata la rottura nel presen-
te . Già vedemmd fatta da Domiziano una
vergognosa pace con Decebalo re dei Da-
ci ^ a cui egli s'obbligò di pagare ogni
anno certa somma di danaro a titolo di re-
galo , che in fatti era un tributo . AH' ani-
mo grande di Trajano parve troppo igno-
miniosa una sì fatta concordia e condizio-
ne^ né egli si sentì voglia di pagare . ^
Per questo rifiuto Decebalo cominciò a for-
mare un possente armamento^ e a minac-
ciar le terre dell' imperio con delle sgara-
te. Fors' anche le sue genti commisero qual-
che ostilità . Pertossi perciò nell' anno sus-
seguente l'Augusto Trajano in persona a
que' confini^ per dimandargliene conto; ed
allora, come io vo credendo, ebbe princi-
pio la prima guerra dacica . Non istettt
certamente in ozio in questi tempi Traja-
no. Stendevasi la di lui provvidenza e li-
beralità a tutte le parti dell'imperio. Ab-
bi a-
' Noris Ebrstol'i Consulari .
^ Tilhmont , Memgiret dcs Em^ereurs . ^ Dio ìib. é8. ì
1
Anno CI. 2^3
)iamo da Eutropio ^^ eh' egli riparò le cit-
■1 della Germania, situate di là dal Reno .
rebbe ciò essere succeduto nell' anno
)resente. E senza questo noi sappiamo eh'
jgli fece far infinite fabbriche per le cit-
tà romane , e porti , e strade , ed altre ope-
re o per utilità;, o per ornamento 4 ed era
facile a concedere ad esse città privilegi
ed esenzioni, e a sollevarle ne' lor bisogni.
Tale ancora il provavano i particolari. Ba-
stava avere avuta con lui anche una me-
diocre familiarità , e poi chiedere . A chi
[ricchezze, a chi compartiva onori, riman-
dando consolati gli altri colla promessa di
dar ciò che allora pon potea . Ma partico-
larmente premiava egli , chi avea più me-
rito ; e laddove sotto i precedenti Augusti
chi era uomo di petto , e odiava la servi-
tù , e solca parlar franco , o dispiaceva , o
correva pericolo dell' esilio , o della vita :
questi da Trajano erano i più stimati , ben
voluti, ed esaltati. E tuttoché la nobiltà
sua propria si stendesse poco indietro, pu-
re gran cura aveva egli di chi procedeva
dagli antichi nobili romani , e li preferiva
agli altri negl'impieghi. Ne' tempi addie-
tro troppo spesso si vide , che i liberti de-
gl' imperadori la faceano da padroni del
pubblico e della corte stessa. ^ Trajano
scelti i migliori fra essi, se ne serviva ben- ^
sì, e li trattava as-sai bene; ma in manie-
li 4 ra
* EutYo^ius in Brevìiirlo . * Plinius in Panegyrico .
264 Annali li' Italia
rà che si ricordassero sempre della lór con-
dizione, e d" essetè stati schiavi; e che per
piacere altra maniera non v' era , che d' es-
sere uomini dabbene , e persone amanti deìV
onore . ^ Proibì alle città il far dei regali
col danaro del pubblico, ma non volle che
si potessero ripetere i fatti prima di ven-
ti anni addietro , per non rovinar molte
persone , conchiudendo il suo rescritto a
Plinio : Perchè a me appartiene di non aver
men cura del bene de' particolari ^ che di
quello del pubblico. Così procurava egli an-
che alle città il risparmio delle spese. Pe-
rò sapendo * questa sua buona intenzione
Trebonio Rufino , duùmviro , cioè principal
magistrato scelto dal popolo di Vienna del
Delfinato , proibì che si facessero in quel-
la città i giuochi ginnici , i quali oltre al-
la spesa riuscivano anche scandalosi e con-
trari a' buoni costumi , perchè gli uomifl^Bj
nudi alla presenza di tutto il popolo fa-
ceano la lotta . S' opposero i cittadini .
Fu portato V affare a Trajano , che racco!--
se i voti de' senatori. Fra gli altri Giunta
Maurico sostenne^ che non si doveano per-
mettere que' giuochi a quelle città, e poi
soggiunse : Volesse Dio , che si potessero an-
che levai; via da Roma^ città perduta dic-^
tro a simili sconci divertimenti.
An»
Anno CIL 26$ .
Anno di Cristo cu. Indizione xv.
di EvARiSTo papa 7.
di Traiano imperadore 5.
r Gaio Sosio Senecione peir
^ ,. f la terza volta ,
Consoli J T T * e t^
^ Lucio Licinio Sura per la
1^ seconda .
i^erto è bensì , che Sur-a fu console ordi-
nario neir anno presente. Non v*ba la me-
desima certezza di Stnecione . Il solo Gas-
siodoro quegli è^ che cel mette davanti*
Discordano gli altri fasti . Ho io seguitato
in ciò i più che han trattato de"* consoli .
Erano questi due i più cari e favoriti , che
s'avesse Trajano , degni bene amendue del-
la di lui confidenza ed affetto , perchè or-
nati di tutte quelle virtù , che si ricerca-
no in chi dee servire ad un buon principe.
Ma specialmente ^ amava egli Licinio Su-
ra per gratitudine , avendo questi coopera-
to non poco, affinchè Nerva adottasse Tra-^
jano. Salì questo Sura a tal ricchezza e po-
tenza , che a sue proprie spese edificò un
superbo ginnasio, o sia la scuola de' lotta-
tori al popolo romano. Non andò egli esen-
te dai soiFj deirinvidia, compagna ordina-
riamente delle grandi fortune , avendo più
d'uno proccurato d'insinuare in cuor di
Tra-
^ Aurelio rieìor^ in F/'/;n)?f. Dj'p /• t'§.
266 Annali d' Italia
Trajano dei sospetti della fedeltà di que»
sto suo favorito, calunniandoro come giun-
to a meditar delle novità contra di Ini.
Trajano la prima volta , che Sura l'invitò
seco a pranzo, v'andò senza guardie . Vol-
le per una flussione che aveva pigli occhj ,
farseli ugnere dal medico di Sura . Fatto
anche venire il di lui barbiere , si fece ra-
dere la barba : che cosi allora usavano i
Romani . Adriano fu quegli , che poi intro-
dusse il portarla. Dopo aver anche preso
il bagno j, Trajano si mise a tavola , e al-
legramente desinò. Nel di seguente disse
agli amici, che gli mettevano in mal con-
cetto Sura : Se costili mi avesse 'voluto am-s^.
m azzare ^ ri' ehhe jeri tutta la comoditajK\
Fu ammirato un sì fatto coraggio in Tra-
jano j, ben diverso da que' principi deboli;,
che temono di tutto . Aggiugne Dione , che
iin altro saggio di questa sua intrepidezza
diede Trajano. Nel crear sulle prime un
prefetto del pretorio ( si crede che fosse
Saburano ) dovea cingergli la spada al fian-
co . Nuda gliela porse , dicendo : Prendi
(juc sto ferro ^ per valertene in rnia difesa^
se rettamente governerò: contra di me j ^^M
farò il contrario. Forse fu lo stesso Sabu-^'
rano , come conghiettura Giusto Lipsio , che
gli dimandò licenza di ritirarsi, perchè Pli-
nio ^ attesta essere stato un prefetto del
pretorio, che antepose il piacere della vi-
ta,
* PI: ili US in Pane^yrico $• S^.
Anno CU. 267
ta , e della quiete agli onori della corte .
Trajano, perchè gli dispiaceva di perdere
un ufìzial sì dabbene ;, fece quanto potè per
ritenerlo. Vedendolo costante, non volle
rattristarlo^ col negargli la grazia; ma V
accompagnò sino all'imbarco , il regalò da
par suo, e baciandolo, colle lagrime agli
occhj il pregò di ritornarsene presto.
L'anno yerisimilmente fu questo, in cui
Trajano con poderosa armata marciò con-
tro a Decebaìo re ,dei Daci . Poco sappia-
mo delle avventure di quella guerra . Ecco
quel poco, che ne lasciò scritto Dione ^.
Giunto che fu l'Augusto Trajano ai confi-
ni della Dacia , reggendo Decebaìo tante
forze in ordine^ e un sì rinomato impera-
dorè in persona venuto contra di lui , spe-
di tosto deputati , per esibirsi pronto alla
pace. Trajano, oltre al non iìdarsi di lui,
un gran prurito nudriva di acquistar glo-
ria per se , e di ampliare il romano impe-
rio : però senza voler prestare orecchio a
proposizione alcuna, andò innanzi. Si ven-
ne ad una terribil battaglia, che costò di,
gran sangue ai Komani , ma colla sconfitta
de' nemici. Raccontasi che in tal congiun-
tura girando Trajano , per osservare se i
soldati feriti erano ben curati, al trovare
che mancavano fasce per legar le ferite ,
fece mettere in pezzi la veste propria, per-
chè servisse a quel bisogno . Con grande
ono-
^ Dio ìib. cS.
268 A N NA LI tì' Italia
onore data fu sepoltura agli estinti ; ed afl-
zato un altare, acciocché ne' tèmpi avve-
nire si celebrasse il loro anniversario . Col
vittorioso esercito s' andò poi di montagna'
in montagna inoltrando Traiano, iinchè per-
venne alla capitale della Dacia, òhe si ctè^
de Satmigetusa^ città posta iti quetta pro^
vincià , che oggidì appelliamo" Trdnsilva-
rìia; che divenne poi colonia de' Romani ,
col nome di Ulpia Trajana ^ . Nel medesi^
mo tempo Lucio Quieto , Moro di nazio-
ne, ufìzial valoroso, da un'altra parte fe-^'
ce grande strage e mólti prigioni dei Dà-
ci : e a Massimo uno de' generali riusòì diHI
prendere una buona fortezza/ éntro laqua-^"
Te si trovò la sorella di Decébaro . AHora
dovette accadere ciò che narra Pietro Pa-'
trizio * , cioè che Decebalo mandò a. Tra-*^|
j-ano prima alcuni de' suoi conti, pòscia al -iB|
tri de' suoi principali ufisiali a supplicarla'
di pace , esibendosi dr restituir T armi e'
Te macchine da guerra, e gli artefici gua----
dagnati nella guen*a fatta a tempi di Do-
miziano. 3 Accettò Tra] ano Te proposi zio-
lìi , con aggiugnervi che Decebalo smantel-
lasse le fortezze , rendesse i desertori ., ce-
desse il paese occupato ai circonvicini , é\
tenesse per amici e nsm.ici quei del popo-^
lo romano . Decebalo suo malgrado venne*'
a prostrarsi a- piedi di Trajano , e ad im--i
plo-
' iFf/esaurus Novus reter- Iiùcript. p./g- itii. 7- ni/- !• i-
- Petrus Patritius de Legatianib. Tom- i- Htstor. Byz,anti:
i Dio ihid.
A N >^ O GII, 2%
plorar la sua grazia ed amici7-ia. Non si
sa , se in questa prima guerra e pace Tra-^
jano restasse in possesso di S.ajrmig.eUisa , e
di quanto egli avea conquistato in quelle
contrade. Certo è, che per questa impresa
riportò egli jl titolo di Dacico , né aspet-r
tò a conseguirlo nel!' anno seguente , con;ic
immaginò il Mezzabarba ^ ; ma nel pre-?»
sente, siccome ancora apparisce da due
iscrizioni da me date alla luce -, ueU
le quali è chiamato Dacico , correndo la su^
tribunizia podestà V, che terminava circ^
il fine d'ottobre in quest'anno.
Anno di Ckisto Giir. Indizione i,
di EvARiSTo papa 8.
di Traiano imperadore 6,
f Marco Ulpio Nerva Tra*
: JANO Augusto per la quin-^
Consoli ^ ta volta,
\ Lucio Arno Massimo per
L la seconda .
Intorno ai consoli di quest' anno han di-
sputato varj, letterati, pretendendo che il
consolato quinto di Trajano ^ e il secondo
di Massimo cadano nelT anno seguente ^; e
che ciò si deduca da due, o tre medaglie,
nelle quali Trajano, correndo la sua setti-
mei
' Mediobarbi<s Numifm.it. Imperatof.
* Thesaurus Novus Inscrìption. p.ig. 449. j. 450. i.
3 Norh Epfstol. ponsulari ,
170 Annali d' Italia
ina podestà tribunizia j è chiamato COnSuì
mi. DESignatus V. Ma concorrendo gli an-
tichi fasti ne' consoli sopraccitati , si può
forse dubitare della legittimità di quelle
monete, oppur di errore nò' monetar] . Fin-
ché si scuoprano migliori lumi , io mi at-
tengo qui al Panvinio , al Pagi , al Tille-
mont , e ad altri j, che non ostante l'oppo-
sizione di quelle medaglie, mettono in quest'
Anno il consolato quinto di Ti*ajano. j7ia5-
simo il secondo d* èssi consoli verisimil-
mente è quel medesimo, che nell'anno pre-
cedente s' era segnalato nella guerra daci-
ca, e fu premiato per la sua prodezza coli*
insigne dignità del consolato. Era ^ già tor-
nato a E-oma ntl precedente anno il vitto-
rioso Trajano- Perchè egli da saggio e buon
principe cercava il proprio onore , né di-
menticava quello del senato romano, avea
fra V altre condizioni obbligato Decebalo a
spedire ambasciatori a Roma , per suppli-
care il senato di accordargli la pace, e di
ratificare il trattato . Vennero essi ve risi-
milmente in quest' anno , e introdotti nel
senato , depósero V armi , e còlle mani giù
te a guisa degli schiavi , in poche paro
esposero la lor supplica . Furono benign
mente ascoltati , e confermata la pace :
che fatto, ripigliarono F armi, e se ne to
narono al loro paese. Trajano dipoi cele-
brò il suo trionfo per la vittoria riporta"
ta
lel
i
Dio lib, 6S.
Anno CUI. 271
la dei Daci ; e v'ha una medaglia ^5 cre-
duta indizio di questo suo trionfo, dove
comparisce la Tribunizia Podestà VII; il
che può far credere differita questa funzion
trionfale agli ùltimi due mesi dell' anno
corrente 6 Ma quivi egli è intitolato CON-
SUL IIII. ; il che si oppone alla credenza,
eh' egli rieir anno presente procedesse con-
sole per la quinta -volta . Un qualche dì
potrebbe disotterrarsi alcuna iscrizione o
fuedaglia che dileguasse le tenebre , nelle
quali resta involto questo punto di storia
e cronologia . Aveva Trajano trovato nelle
parti della Dacia Dione Grisostomo , elo-
quentissimo oratore , e filosofo greco ; di
cui restano- tuttavia le orazioni. Seco il
condusse a Roma, e tale stima ne mostrò,
che , se dice il vero Filostrato ^ , nel suo
stesso carro trionfale il volle presso di se ,
con volgersi di tanto iti tanto a lui per
parlargli j e far conoscere al pubblico, quan-
to r apprezzasse « Al trionfo tenne dietro un
combattimento pubblico di gladiatori , e un
divertimento di ballerini che Trajano , do-
po averli due anni prima cacciati di Ro-
ma , ripigliò, dilettandosi decloro giuochi,
e sopra gli altri amando Pilade uno d' es-
si . Ma s' egli talvolta si ricreava con tali
spettacoli , ciò non pregiudicava punto agli
affari^ e massimamente s'applicava il vi-
gilan-
' Mediobarbus in Numism. Imperata
* Philostratus in Sorbii i..
2^ Annali d' I t a l i a
gilante imperadore all' amministrazione del-
la giustizia , Una bellissima villa era pos-
seduta da Trajano a CentoccUe , oggidì Ci-
vita Vecchia , dove egli andava talvolta a
villeggiare j con attendere anche ivi alla
jspedizion delle cause e liti più rilevanti .
Plinio ^ scrive d' essere stato chiamato a
quel delizioso soggiorno ( probabilmente in
quest'anno ) per assistere ad alcuni giudi-
^i eh' egli descrive . Fra gli altri era accu-
3atQ Euritmo liberto e proccur?itov di Tra-
jano di aver falsificati in parte i codiciHi
di Giulio Tirane, i cui eredi alla presear
■za di Trajano pareva che non si attentaci
spro a proseguir la causa , trattandosi "
un ufÌ2.ial di casa del principe . Fece lor
animo il giusto principe , con dire : Eh che
colui non è PoUcleto ( liberto favorito di
Nerone ) ne io son Nevane . Abbiamo dal
medesimo Plinio, che Trajano in questi
tempi facea fabbricare un porto vastissimo
^ foggia di un anfiteatro. Già era compiu-
to il braccio sinistro, si lavorava al de-
stro , e vi si andavano co.nducendo per ma^
yje grossissimi sa&si. Tolomeo * parla del
porto di Trajano , lo stesso che oggidì Ci-^
vita Vecchia • e Rutilio nel suo Itinerario
■^le fece la descrizione ^ ,
' Pinzi US lib.^. Episi. SJ- * Ptohir.^us Oeogrjph.
^ Rutiì:ui in Itinerar. 9^
Anno CIV. 27^
L3
Anno di Cristo civ. Indizione n.
di EvARiSTo papa 9.
di Traiano imperadore 7.
r Lucio Licinio Sura per la
Consoli -J terza volta,
•[_ Publio Orazio Marcello.
i-l cardinal Noris , il Fabretti , e il Mez-
zabarba stimarono che questi fossero i con-
soli dell'anno precedente, e che nel pre-
sente Trajano Augusto per la quinta volta
insieme con Appio Massimo amministrasse-
ro il consolato . Finché si possa meglio chia-
rir questo punto , io seguito gli antichi Fa-
sti , abbracciati in ciò anche dal Panvinio ,
dal Pagi , dal Tiliemont , e da altri. Dispu-
ta ancora c'è intorno al primo d'essi con-
soli , credendo alcuni , eh' egli sia stato non
già Sura , ma Suburrano . Sarebbe da desi-
derar qualche marmo, che decidesse la qui-
stione , Uno de' più riguardevoli amici di
Trajano fu il suddetto Orazio Marcello . Le
conghietture dei migliori letterati concor-
rono ^ a persuaderci , che in quest' anno
prendesse origine la seconda guerra daci-
ca . Non sapea digerir Decehalo la pace fat-
ta con Trajano, perchè com.perata con trop-
po dure condizioni • e però subito che si
vide rimesso in arnese , cominciò delle no-
ToM. IL S vi-
- Lo/ditij , Pagiits ^ Tillemo-uiuSì 5ir alti >
-274 Annali d' It alia
vita, e a chiedere un nuovo accordo, la-
mentandosi specialmente , che molti de' suo^
sudditi passavano al servigio de' Romani.
Perchè nulla potè ottenere , determinò di
venir di bel nuovo alF arqii . ^ Diedesi dun-
que a largente, a fortificar i suoi luoghi ^
ad accogliere i disertori rotnani, e a sol-
lecitare i circonvicini popoli , acciocché en-
trassero seco in lega , per timore , diceva
egli, che un dietro l'altro non rimanesse-
ro oppressi dall'armi romane. Gli' Sciti,
cioè i Tartari, ed altre nazioni si unirono
con lui . A chi ricusò di sposare i di lui
disegni, fece aspra guerra, e tolse ancora
ai Jazigi una -parte del loro paese . Queste
furono le cagioni , per le quali il senato
romano dichiarò Decebalo nemico pubbli-
co, e Trajano fece tntti gli opportuni pre-
paran^enti per domarne la ferocia. Se sus-
siste ciò che racconta Eusebio *, in qiiest^
anno Pvoma vide bruciata la casa d'oro,
cioè per quanto sì può credere,, una parte
di quella fabbricata da -Nerone, che si do-
vea essere salvata nell'incendio preceden-
te. Furono di parere il Loidio e il Tille-
mont , che circa questi tempi Plinio il gio-
vane, già stato console, fosse inviato da
Trajano al governo del Ponto e della Biti-
nia, non come proconsole, ma come vice-
pretore colla podestà consolare . Scabrosa è
la quistione del tempo, in cui ciò avven-
ne
1 Die Uh. 68. * Buschi US in Chfon.
Anno CIV. i^S
ne , e mancano notizie per poterla decide-
re ^ A me perciò sarà lecito di differir più.
tardi quest' impiegp di Plinio^ , siccome haa
fatto il Noris , il Pagi , il Bianchini , ed
altri .
Anno di Cristo cv. Indizione iii.
di E VARI STO [papa io.
di Traiano ixnperadore 8.
r Tiberio Giulio Candido
*^ T ! per la seconda volta,
Consoli -^ A ^ r\ .
^j Aulo Giulio Quadrato pei!
(^ la seconda.
1 re iscrizioni spettanti a questi consoli
lio io rapportate altrove ^ . Credesi che
r anno presente quel fosse , in cui l'Augu-
sto Trajano imprese la seconda sua spedi-
zione contra ài Decehalo re dei Bacì ^ per
aver egli creduta necessaria la sua presen-
za anche questa volta conTÌ'o. ad un sì ri-
guardevole avversario , e che non fosse im-
presa da fidare ai soli suoi generali . A-
driano suo cugino , che fu poi imperado-
re ed era stato in quest'anno tribuno del-
la plebe , ^ andò servendolo per comandan-
te della legione minervia , e vi si portò
cosi bene , che Trajano il regalò di un dia-
mante . a lui donato da Nerva . ^ Non era-
/ S 2 no
J hesatfy. News Imcriptiov. pag.316. n. 3- & seq~
■S p.: ' ::;k'.: in i: ,:.ÌYia7iu , i Dia lib. àZ,,
&1^ ANNAti d' Italia.
no certamente le forze di Decebalo tali da
poter competere con quelle di Trajano^, il
quale seco menava un potentissimo agguer-
rito esercito . Perciò tentò il Daco altrt^
vie per liberarsi, se gli veniva fatto, dall'
imminente tempesta, con inviar nella Me-
sia , dov' era giunto V imperadore , dei di-
sertori bene instruiti per ucciderlo . Poca
mancò che non succedesse il nero attenta-
to, perchè Trajano oltre alla sua facilità
di dare in tutti i tempi udienza , special-
mente la dav^ a tutti nelle occorrenze del-
la guerra . Per buona fortuna osservati al-
cuni cenni di un di costoro , fu preso , e
messo a' tormenti , confessò le tramate in-
sidie : il che sconcertò anche le misure de-
gli altri . Up' ajtra vigliaccheria pur fec&
Decebalo. Dgto ad intendere a Longino,
uno de' più sperim.entati generali d' armi,
che s'avessero i Romani, dì volersi sotto-
mettere ai voleri dell' imperadore , V indus-
se a venire ad una conferenza con lui ; ma
da disleale il ritenne prigione , sforzandosi
poi di ricavar da lui i disegni e segreti di
Trajano . La costanza di questo generale
in tacere fu , qual si conveniva ad un uo-
mo d'onore par suo . Decebalo ij fece ben-
sì slegare , ma il mise sotto buone guar-
die , con iscrivere poscia a Trajano d'es-
sere pronto a rilasciar Longino ^ ogni vol-
ta che si volesse trattar di pace : altrimen-
ti minacciava di torgli la vita. Trajano,
benché irritato forte dall' iniquo procedere
di
.J
Anno CV. 27?
^i costui , gli rispose con molto riguardo ^
cioè mostrando di non fare tal caso della
persona e salute di Longino , che volesse
comperarla troppo caro ; ma senza trascu-
rare la difesa della vita di quel suo ufizia-
le. Stette in forse Decebalo , qual risolu-
zione avess'egli da prendere intorno a Lon-
gino; e perchè forse si lasciò intendere di
volerlo far morire sotto i tormenti, Lon-
gino guadagnò un liberto d'esso Decebalo ,
che gli proccurò del veleno ; e per salvar-
lo dalle mani del padrone, ottenne di po-
terlo spedire a Trajanó , sotto pretesto di
proccurar un accordo. Il che eseguito, pre-
se Longino il veleno , e si sbrigò dal mon-
do. Allora Decebalo inriò a Trajano un
centurione^, già fatto prigione con Longi-
no , e seco dieci altri prigionieri , esiben-
dogli il corpo di Longiuo, purché Trajano
gli restituisse quel liberto. Ma F impera-
tlore che trovava aliena dal decoro del ro-
mano imperio una tal proposizione, né gli
volle consegnare il liberto, e neppur lasciò
tornare a lui il centurione, siccome preso' .^
contro il diritto delle genti.
Pare che fondatamente si possa' dedurre'
da quanto narra Dione ^, che nel presente
anno nulla di rilevante fosse operato da-
Trajano per conto della guerra contra di
Decebalo. Le applicazioni sue prima di
esporsi a maggiori imprese, consisterono
S 3. in
278 Annali d'Italia
in far fabbricar un ponte di pietra s>il Da-
nubio . Considerava jl saggio Gondoliere d*
armate , che essendo egli passato Ài là da
quel fiume , se venissero assaliti zi Romani
dai Barbari , poteva esser loro impedito il
ritirarsi di qua, ed anche il ricevere^ nuo-
vi rinforzjUPei:ò volendo assicurarsi di si-
mili pericolosi avvenimenti , e mettere una
stabile buona comunicazione fra il paese
signoreggiato di qua e di là dal Danubio,
voliti prima , che si edificasse lui ponte su
quel fiume , per quanto credono alcuni ^ tra
Belgrado e Widin: intorno a che è da ve-
dere il Danubio del conte Marsigli '^ . Al-
tre opere di somma magnificenza fece Tra-
jano, ma questa andò innanzi all'altre per
sentimento di Dione^^^il quale non sapea
abbastanza ammirarla, ìiè decidere , qual
fosse più grande, o la/spesa^^ccòrsa persi
gran lavoro , o V arditezza del disegno •
Ognun sa che vastissimo nume si-rin quel-
le parti il Danubio, e tuttoché fosse scel-
to pel ponte il più stretto* che si potesse
dell' alveo suo , ciò nonnostante occorreva
un ponte di lunga estensione^ e cresceva
anche la difficoltà, perchè Tacque ristret-
te in quel sito tanto più veloci e rapide
correano, e il fondo del fiume, ricco sem-
pre d'acque era profondissimo e pieno di
gorghi e di fango . Ma alla potenza e al
YO-
•• CeU-irìus Geor,^. Tom- L
^- %l:irsfìius in D^inubif Dcscriptione .
.\ N :c o CV. 279
Toier (^i unTrajano nulla era difficile . jo;v
za poter divjgrtirè l'acque del fiume, qui-
vi furono piantate venti smisurate pile tut-
t<t di grossissimi m^rnii quadrati, alte ce n-
lo cinquanta piedi senza, i fondamenti, lar-
ghe sessanta , distainti V una dall' altra cen-
to settanta, ed unite insieme con archi e
volte. L'architetto fu Apollodpro Damascfy
no: ^ e di qua e di là da esso ponte fu-
rono fabbricati dy-é^Forti castelli p^u guar-
dia deL medesimo. Eppure questa mirabil
fabbrica da lì a pochi aqni si \^de in par-
te smantellata , noìi^^ià dai Barbari , ma
ca Adriano successor di Trajano, col pre-
testOj che per quel med^imopaate i Bar-
bari pptrebbono passare ai danni dei Ro-
mani. Ma da quando in qua non potea la
potenza romana difèridere un/ ponte , difeso
da due castelli ?\ Oltre dir(che nel verno
tutto il Danubio agghiacciato non era for-
se un vasto ponte ai Barbari ,.j)er passar
di qua , se volevano ? Però fu Creduto , e
con più ragione , che Adriano mosso da in-
vidia per non poter giugnere alla gloria di
Trajano, così gloriosa memoria di lui vo-
lesse piuttosto distrutta. Vi restarono in
piedi solamente le pile ; e queste ancoi:a
;^' tempi di Procopio non comparivano più.
Ija quest' anno parimente , per quanto sirrac-
-^oglie dalle medaglie ^^ e da Dione ^ , 1'
S 4 Ara-
^ Procopi'us Uh. \. de Mdific.
^ Uojixhts NuTfihm. Imi^evat' * Dio Uh. é2r.
28o Annali d'Italia
Arabia Petreà , che avea in addietro avuti
i proprj re, fu sottomessa con altri popo-
li all'imperio romano per valore di Aulo
Cornelio Palma ^ governatore della Soria,
€ stato già console nell' anno 99 . Una nuo-
va Era perciò cominciarono ad usar le cit-
tà di Samosata, Bostri, Petra, ed altre di
cfuelle contrade*
Anno^ di Cristo cri. Indizione ir.
di EvARiSTo papa 11.
di Traiano imperadore 9.
"r Lucio Cèionio Comodo Vè-^
Consoli -i ROj,
f Lucio Tuzio Cereale
M
Il primo di questi consoli, cioè Gommo
Vero , fu padre di Lucio Vero^ che noi ve-
dremo a suo tempo adottato da Adriano
Augusto . Il secondo concole nella cronica
di Alessandria è chiamato Ceretano in ve-
ce di Cereale y e fu creduto dal Tillemont
^ diverso da Tuzio Cereale . Ma sufficiente
ragione non v'ha, per aderire alla di lui
opinione, siccome neppure di tener con lui,
che neir anno precedente avesse fine la se-
conda guerra dacica. Chiaramente scrive
Dione ^ , che^Trajano , dopo aver fatto il
maraviglioso ponte sul Danubio (impresa,
che
TiUenìont Me-rócir^s des E/npereurs .
Dio libro codem.
Anno €VI. :é8i
che senza fallo costò gran tempo e danari >
passò di là da quel fiume , e fece la guer-
ra piuttosto con sicurezza, che con celeri-
tà; non volendo arrischiar combattimenti y
e procedendo a poco a poco nel paese ne-
micò. Plinio ^ con poche parole riconosce ,
che immense fatiche durò l'esercito roma-
no , guerreggiando in que' montuosi paesi ^
e gli convenne accamparsi in montagne sco-'
scese , condurre fiumi per nuovi alvei , e'
far altre azioni , che pareano da non cre-
dersi, come simili alle fole. Dione * ag-
giugne^ aver Trajano in tal congiuntura
dati segni di singoiar valore e di savia
condotta , e che 1' esempio suo servì ai sol-
dati, per gareggiare insieme in esporsi a
molti pericoli, e per giugnere al sommo
della bravura . Fra gli altri un cavaliere ,
che ferito in una zuffa fu portato alle ten-
de , per farsi curare , dacché intese dispe-
rata la di lui guarigione , mentre era an-
cor caldo , rimontò a cavallo , e tornato
alla mischia , vendè ben caro ai nemici il
poco che gli restava di vita. Le apparen*
ze sono , che né pure in quest' anno con.
tutti i suoi progressi Trajano terminasse
la guerra suddetta , come altri han credu-
to . Tutte le medaglie 3 riferite dall' Oc*»
cone e dal Mezzabarba , per indizio che
nel presente anno Decebalo fosse vinto, e
ridot-
\
* Pliftt'us Uh. S. Episto!. 4.
* Dio iìe:d, i Medféàarha in Numismat. Imperata
28a A5J2CALI d' Italia
ridotta la Dacia in provincia delFi^ipc rio
romano^ nulla concludono, percliè possono
appartenere anche all'anno 107 e 108. Pe-
rò chr de' moderni scrive , che-Traj^o non
solamente tornò in quest'anno a iloma; e
dopo avere ordinata una strada psr le- pa-
ludi pontine, partì tosto, alla .volta doli'
Oriente, con trova]«si in Antiochia ue'pri-
mi giorni dell' anno seguente , probabilmen-
te anticipò di troppo le di lui imprese . E
r.oi abbiamo bensì dalla cronica alessandri-
na ^ sotto quest' anno, che mossa guerra dai
Persiani, dai Goti , e da altri popoli al
romano imperio, Trajano marciò contra di
loro, e sospese 1' esazion de' tributi sino al
suo ritorno ^ ma questo ha ciqra di favo-
la. Più che mai abbisognava egliallQra di
danaro ;'# senza dubbio avvennp molto pii
tardi la guerra coi Persiani, o sia coi Par-
ti . Può ben verificarci della guerra daci-
ca , perchè sotto nome di Goti venivano
in que' tempi anche i Daci , come attestano
Dione e Giordano. Rapporta il P^nvinio -
a quest' anno l'iscrizione posta a Lucio Va^
lerio Pudente , il quale benché in età di so-
li tredici anni , nel sesto lustro de' giuochi
capitolini fatti in Roma^, fu vincitore , e
riportò la corona so^ " gli altri poeti la-^
tini .
Al
* Chronuurt Per.sch.7lc ^ seti Alcxc
* P.'tnvtaiui- Fast., Consular,
Anno CVIL 283
A:v-^o di Cristo cvii. Indizione v.
di EvAiixsTo papa 12,
di Traiano imperadore io.
r Lucio Licinio Sura per là
,. J terza volta ,
Consoli -j Q^j^ g^gj^ Senecione per
L la quarta .
IVla questo Sura da Sparziano ^ vien det^
to Consiil bis neir anno presente insieme
con Servlano. x\ir incontro il Panvinio *
con altri fu di parere , che i due suddetti
ordinar] consoli nelle calende di luglio aves-
sero per successori Gajo Giulio Servilio
Orso Serviano , che avea sposata Paolina so-
rella d' Adriano , e cugina di Trajano , e
fu molto amico di Plinio , e Surano per
la seconda volta . Certo non mancano im-
brogli ne' fasti consolari ; ed è ben facile
il prendere degli abbagli nell' assegnare ai
consoli sustituiti il preciso anno del loro con-
solato. Nel presente si può ragionevolmenfe
credere che Trajano con felicità bensì, ma
dopo immense fatice , conducesse a fine la
seconda guerra contra de' Daci . Per atte-
stato di Dione ^ s' impadronì egli della reg-
gia di Decebalo^ o sia della capitale della
Dacia, chiamata Sarmigetusa : il che reca
indi-
' Spartt.Tiuf in riti fi. 7. i ri. ini . ">■ Panviniui ibid.
' Dio lib, i3S'.
2.84 Annali d^Italìa
indizio , eh' egli non ne fosse restato in pos-*
sesso nella pace stabilita dopo la prima
guerra. Pertanto Deccbalo vergendosi spo-
gliato di tutto il silo paese, ed in pericolo
ancora di restar preso , piuttosto che veni-
re in man dei nemici , si diede la morte
da se stesso , e il capo suq fu portato a
Roma . Cos'i pervenne tutta la Dacia in po-
tere del popolo rorfiano , e Trajano ne for-
mò una provincia , con fondare in Sarmi-
getusa una colonia , riominata nelle iscri-
zioni della Trarisilvania , che il Grutero ^ ,
ed io ^ abbiam datò alla luce.' In oltre
abbiam da Dione che Decebalo , trovando-
si in mal punto , affinchè i suoi tesori noit
cadessero in rnano de' Romani , distornò il
corso del fiume Sargezia , che passava vi-
cino al suo palazzo , e fatta cavare una
gran fossa in m.ezzo al seccato lido di quel
fiume _, vi seppellì una gran copia d'oro,
d'argento, e d'altre cose preziose, che si
poteano conservare . Quindi ricoperto il si-
to con terra e Con grossi sassi , tornò a
far correre 1' acqua pel solito alveo . I pri-
gioni da lui adoperati per iquelia fattura ,
acciocché non rivelassero il segi^eto , furo-
no tosto uccisi . Ma essendo poi stato pre-
so dai Romani Bicilis, uno de' familiari pia
confidenti di Decebalo, questi scoprì tutto
a Trajano, il quale ne seppe ben profit-
ta-
' Gruterus Thesaur. Inscriptron.,
^ Thesaur. Novui^ f^eter. Inscri^tioru
Anno CVIL '285
f^re- RijTiasto spopolato quel paese , ebbe
furaTrajano di mandarvi ad abitare un nu-
mero infinito di persone , e di fondarvi ^
pltre alla suddetta^ altre colonie, che si
veggono menzionate da tJlpiano ^ : con che
divenne la Transilvania una fioritissima
provincia de' Romani , essendosi perciò in
quelle parti trovate negli ultimi due secoli
molte iscrizioni romane , che si leggono
presso il suddetto Grutero , pressa il Rei--
nesio , e nel mio nuòvo Tesoro .
Anno di Cristo cviii. Indizione vi.
di Alessandro papa i.
di Traiano imperadore 11.
r Appio AnnioTrebonio Galt
Consoli -i Marco AtilioMetilio Bjia
DUA
V'
ha chi dà il C02;nome di Trehonlano al
primo di questi consoli ; ma in due iscri-
zioni , riferite dal Panvìnio * , si legge
^rebonio . Se crediamo al medesimo Pan-
vinio , nelle calende di marzo succederono
nel consolato Gajo Ulullo Africano , e Ciò-
dio Crispino. Ma un'iscrizione, conservata
in Verona 5 e riferita dal marchese Scipione
Maffei , e poscia anche da me ^ ^ ci fa sufflè
'cien-
' Lege Sciendum jf. de Censthus »
Panvinius Fast. Cnnsulari.
Tbeyaurus I>lovuji Imcriptìon, psi^. 317. num- 4.
^86 Annali d' I t a l i a
cientemente conoscere , che nel dì 23 eli
agosto dell' anno presente erano consoli Ap-
ino Amilo Gallo ^ Q , Lucio Verulano Severo.
o pur Seyeriano .. O sul £ne del precedente
anno , o nella primavera del presente , sbri-
gato dagli affari della Dacia , se ne ritornò
Trajano a Roma, edivi celebrò il secondo
suo trionfo dei Daci con magnifiche feste, e
massimamente perchè correvano i decennali
del suo imperio , che solevano solennizzarsi
con gran pompa . ^ Attesta Dione che arriva-
to Trajano- a Koma ,. vennero molte ambasce-
rie di nazioni barbare, e fino dell'India,
a visitarlo,, chi per bisogni^ chi per osse-
quio . Quattro mesi durarono ih iloma:\i
pubblioi spettacoli e divertimenti , consi-
stenti per lo più in combattimenti di Ho-
ni e^ altre feroci bestie ,. oppur di gla-
diatori . Giorni vi furono 5 ne' quali si vi-
dero uccisi mille di questi fieri animali ,\c
in più altri arrivò la somma a diecimila «
Si fece conto che anche dieci migliaja di
gladiatori diedero orrida mostra della. Io r
arte, combattendo fra loro negli anfitea-
'tri . In questi tempi ancora attese Trajano
a formare e selciare una strada pubblica
per le paludi pontine , con fabbricar an-
che, case e ponti di gran magniiicenza lun-
go di essa vi(a , .per comodo de' viandanti
<:. del commerzio . E perchè si trovava 'mol-^,
ta moneta o di bassa lega, o strozzata^
fai.
Anno CVIII. 28?"
falsa:' ordinò il saggio imperadoi e, che luta-
ta fosse portata alla zecca, dove fu disfat-
ta , per rifarne della buona e di giusto pe-
so» A quest'anno si crede che appartenga
il terzo congiario o regalo, che Trajano
diede al popolo romano , espresso da una
medaglia, riferita dal Mezzabarba ^. Met-
te il Tillemont ^ con altri scrittori in que-
sti tempi la spedizion di Trajano contra
de' Partii , o sia de' Persiani * ma certamente
anteporre la sentenza d' altri , che
moi::o più tardi parlano' di quelle imprese.
Succedette secondo la cronica di Damaso 2
nel presente anno il glorioso martirio di
sant' Evo.risto ]pa'pa , in cui luogo fu posta
^ '(' s sancir o .
Anno di Cristo cix. Indizione vir«
di Alessandro papa 2.
di Traiano imperadore 12.
r Aulo Cornelio Palma *per
V "' ^^ seconda volta,
; Gaio Calvisiq Tullo per
•_ la seconda*
>^i tien per certo, che a questi consoli
ordinar] fossero sustituiti ( forse^elle ca-
lende di luglio ) Publio Elio Adriano, che
poi/ divenne imperadore , e Lucio Tuhlilio :, o
\ piut-.
M.'di'o'yarè. in Numirrj. Inperat,
T r ; s}!^,2 ont ^ Memoires tks Em^ereurs •
■ A.ìjitas. Bibliothec,
!aSS Annali d' I t a l i a
piuttosto Fnblicio Celso, Era sid,to Adriano
jprctore in Roma nell' anno 107 per testi-
monianza di Sparziano ^ , e Trajano gli avea
donato due milioni di sesterzj , che si credono
far la somma di cinquantamila scudi d'ar-
gento 5 acciocché potesse celebrare i giuochi
soliti a darsi da chi entrava in quel ri-
guardevole ufizio . Pretende il Salmasio ^ ,
che Sparziano scrivesse il doppio . Fu nel
precedente anno inviato con titolo di le-
gato pretorio , o sia di vicepretore esso
Adriano nella bassa Pannonia : mise in do-
vere i Sarmati, che aveano fatto qualche
novità ne' confini dell' imperio romano; re-
stituì la disciplina fra le milizie di quelle
parti; e fece altre azioni^ per le quali
si meritò il consolato nell' anno presente .
Non avea figliuoli Trajano, e Adriano suo
cugino non ometteva diligenza ed arte al-
cuna , per giungere a succedargli nell'
imperio , ajutandosi spezialmente con far
la corte ali' impcradrice Plotina , e col te-
nersi amico Lucio Licinio Siira , uno de'
favoriti di Trajano. Fu appunto in quest'
anno , che Sura gli diede la buona nuova ,
qualmente Trajano pensava di adottarlo ;
e perchè i cortigiani ed amici d'esso im-
peradore scoprirono qualche barlume di que-
sta sua intenzione , laddove prima mostra-
vano di poco stimare , anzi di sprezzare
Adria-
' Spartiat. in yita Uadviani .
* Sadìnn» in Notis Sci S^artisn.
Anno CIX. 289
Adriano , da lì innanzi cominciarono ad
onorarlo, e a procacciarsi la di lui ami-
cizia . Mancò poi di vita , forse circa que-
sti tempi, il medesimo Sura , Trajano che
si serviva di lui , per farsi dettar le ora-
zioni ed allocuzioni al senato e al popo-
lo^ perchè egli sapea poco di lettera, jion
ignorando che Adriano , siccome persona
letterata, era capace di servirlo in quella
funzione, il volle presso di se , e si vale-
va della di lui penna : il che gli accrebbe
la familiarità e l'amor di Trajano. Al de-
funto Sura fece fare Trajano un solenne
funerale , ed alzare una statua per gratitu-
dine ^. Lo stesso fece egli dipoi alla me-
moria di Sosio Senecione , e di Palma , e
di Celso , che abbiam detto essere stati con-
soli neir anno presente _, come ad amici suoi
cari. Noi sappiamo che Gajo Plinio Cedilo
Secondo , rinomatissimo autore del pane-
girico di TrajanOj, dopo essere stato con-
sole neir anno 100, fu poi mandato con
titolo di vicepretore al governo della Bi-
tinia e del Ponto . Le sue lettere scritte
di là a Trajano si leggono nel libro de-
cimo . Ma per quanto finora abbiano di-
sputato fra loro gli eruditi non s' è potuto ,
né si può decidere in qual anno egli fos-
se spedito colà . Il Loidio e il Tillemont
* attribuirono la di lui andata al fine dell'
anno 103^ il cardinal Noris 3 al presente
Tom. il T 109,
* Dia lib. <58. * Tillemont ibid. » Noris Epist. Consulari •
290 Annali d'Italijl
109 , o pure al susseguente , come anco.
fece ^ il padre Pagi . Eusebio * mette all'
anno decimo diTrajano, cioè al 107, delF
Era nostra , la lettera celebre scrittagli dà
Plinio , esistente allera nella Bitinia . Ida-*
ciò 3 ne parla all'anno 112. In tale in-
certezza di teniipi sia lecito ai lettori 1'
attenersi a quella opinione che più loro
aggradirà , e a me di seguitar più tosta
il Noris, il Pagi, e il Bianchini . A questi
terapia ma colla medesima incertezza , vien
riferita dal Mezzabarba "^ e dal suddetto
Bianchini ^ la selciatura della via traja-
na , fatta per ordine di esso Trajano . Al-
tro essa non fu , che la via descritta da
Dione, di cui si parlò al precedente anno,
cioè la via appia , che da Roma va a Capoa :
la pili magnifica di quante mai facessero i
Komani , ed opera di molti secoli avanti .
Perchè la rimodernò ed arricchì Trajano di
varj ponti e di fabbriche a canto alla me-
desima , perciò egli , o il pubblico le die-
de il nome di via trajana . Credesi parimen-
te , che in quest' anno Trajano dedicasse
il Circo , cioè il Massimo, ristorato da lui
coi marmi presi dalla Naumachia ^ di
Domiziano .
* Pagius, in Critlc. Bavon. ^
* Eusebius in Chron. ^ Idacius in fastis .
^ Módiobarbus in Numirrnat. Im^erat-
5 Blanchinitis ^d Anastasium .
* Svetontus in Domitians ca^, 15.
A N N o ex. ^Ai
Anno di Cristo ex. Indizione viti.
di Alesa NDRO papa 5.
di Traiano impera do ré 13.
p ,. r Servio Salvidieno Orfito ,
Uonsoli -s^ p/j^Rco Peduceo Priscìnio .
-L'è iscrizioni pubblicate dal Fabretti , dal
Bianchini , e da me , ci assicurano tali es-
sere stati i nomi e cognomi di questi con-
soli , che si trovavano ignorati o guasti
presso i precedenti illustratori de' Fasti .
Non si sa intendere, perchè il Mezzabar-
ba ^ e monsignor Bianchini pretendano ,
clie solamente in quest'anno il senato ac-
cordasse a Trajano il glorioso titolo di
Ottimo j quando questo ti-tolo comparisce
in tante altre medaglie , che si rapportano
agli anni precedenti. Plinio . anch'^ egli ne
jDarla nel panegirico , che dicemmo compo-
sto neir anno 100 . Dione ^ per lo contra-
rio scrive che solamente dopo la conquista
dell' Armenia egli fu cognominato Ottimo .
Vogliono i suddetti scrittori, che Trajano
l' accettasse solamente in quest' anno . Ma
non era tale la di lui umiltà^ da far sì
lunga resistenza a quest' elogio j, per altro
ben meritato da lui,. Augusto non voleva
esser chiamato Signore . Trajano all' incon-
tro assai gradiva che gli si desse questo
" T 2 no-
' Mediobarbus in Numisnh Imper, * Dio 'ih. 68.
^^2 Annaii d^ Italia
Kome. Abbiamo da Eusebio % che il fa-»
nioso tempio del Panteo di Roma , oggidì
la Rotonda, fu bruciato da un fulmine.
Chi sa che in quella nobilissima fabbrica
non entrava legno , crederà bensì , che un
folgore cadesse colà; ma che T incendiasse,
non saprà intenderlo . Sotto Nerone , e sot-
to Domiziano , principi nemici della virtù ;,
maraviglia non è , se fu perseguitata la
santa religione di Cristo • Potrebbe ben ta-
luno stupirsi, come essa trovasse un per-
secutore in Trajano - , principe ^mator del-
le virtù , delle quali vera maestra è la so-
la religion de'Cristiani . Pure fuor di dub-
bio è , che sotto di lui la Chiesa di Dio
pati la terza persecuzione, non già, come
osservò il cardinal Baronio , eh' egli pub-
blicasse editto alcuno particolare contro d'
essi Cristiani, ma perciiè riferito a lui, co-
me s'andava a gran passi dilatando la lor
credenza con pregiudizio del dominante cul-
to degl' idoli _, con gravi lamenti de' falsi
sacerdoti del Paganesimo , e con delle sol-
levazioni de' popoli contra chi professava
la fede di Cristo: Trajano ordinò, o per-
mise che fossero osservate rigorosamente le
antiche leggi contra gl^ introduttori di nuo-
TC religioni. Però i governatori delle pro-
vincie , massimamente dell'Oriente, comin-
ciarono ad infierire , probabilmente circa
questi tempi , contra chiunque si scopriva
se-
' Eusebius in Chroniio . * £«/f^. Histot' Uh. 3. cuf- 5i-
A
Anno CX. 29^
seguace dei dogmi cristiani; laonde si vi-
dero molti forti campioni attestar coi loro*
sangue la verità di questa religione. Ne
han trattato amipiamente il cardirfal Baro-
hio ^, il Tillemont *, i Bollandisti % ed
altri; Fórse a questi tempi appartiene la
scoperta della congiura tramata da Cras^
so contra dei buon imperador Trajano , che
vien solo accennata da Dione'*-, senza dir-
ne circostanza alcuna. Altro di più non ab^
biamo , se non che Trajano ne lasciò la co-
gnizione al sèaata, da cui gli fu dato il
meritato gastigo , senza apparire , se pagas-
se il delitto col capo , o coir esilio. Rac-
conta Sparziano 5, che Adriano, successor
di Trajano, ne' primi giorni del suo inipe-
tio fu consigliato da Taziano di levar la
vita a Lab e.r io Massimo ^ e a: Chiasso Frugl ^
relegati nelle isole, per sospetti di aver
aspirato all' imperio ; ma eh' egli affettan-
do sul principio il buon concetto di essere
principe clemènte , niun male avea lor fat-
to. Tuttavia perchè Crasso dipoi senza li-
cenza era uscito fuor dell'isola, il proccu-
ratore di Adriano , senza aspettarne alcun
órdine da:ir imperadore , 1' avea ucciso , qua-
siché egli macchinasse delle novità . Questi
forse è il medesimo Crasso^ di cui parla
Dione .
T 3 An-
' Baron. in Annui.
^ Tillemnnt Msm. de /' Eglise , ' ABa SanSiorum .
■* Dio Ifb» C%. \ Scarti attui in Ha ari ano»
^94 Annali d' I t a l i a
Anno di Cristo cxi. Indizione ix.
di Ai^ss ANDRO papa 4.
di Tua jANo imperadore 14.
c^ ^ 1. r Gaio Calpurnio Pisone ,
L Marco Vlttio Dolano.
Un'iscrizione pubblicata dal Panvinio ^ ci
fa vedere console nelle calende di marzo ,
se pure è v^ero, correndo la tribunizia po-
destà XIV. di Trajano_3 cioè nell'anno pre-
sente, Oap Orso Scr viario per la seconda
volta , e Lucio Fabio Giusto . Quando sia
vero, cll^^ Plinio in questi tempi governas-
se il Ponto e la Bitinia, probabil cosa sa-.
rebbe, che a quest'anno appartenesse la ce-
lebre lettera * da lui scritta a Trajano in-
torno ai Cristiani . Era cresciuta a dismi-
sura in quelle parti , non meno che nell*
altre dell'Oriente, la religione di Cristo;
e si scorge che Plinio avea ricevuto ordi-
ne da Trajano di processare e punire i di
lei seguaci . Plinio ne fece diligente ricer-*
ca ; ma ritrovato più di quel che credea ,
esorbitante il numero de' Cristiani d' ogni
sesso ed età; e quel che più importa, ào'
^o maturo esame scoperto , ad altro non
tendere questa religione, che a professar
la pratica delle viriù , e 1' abborrimentp ai
vi-
\ Panvin» Fast- Consular.
^ IHinius .lib> 10. E'£ist'^7' ^ 9^'
^ A N N o CXI. 295
. izj , volle prima informarne Trajano, per
sapere^ come s'avea da condurre in circo-
istanze tali . Abbiamo anche la risposta dell'
imperadore , che gli comanda • di non fare
Icerca de' Cristiani; ma se saranno denun-
ziati, e trovati costanti nella lor fede,sie-
no puniti , con. perdonare a chi proverà di
non esser tale, sagrifìcando aglidii, e col
non badare alle denunzie orbe , cioè date
contra di loro, senza il nome dell' accusa-
tore . Tertulliano ^ ben inform.ato di que-
ste lettere , fa conoscere V ingiustizia di
Q?raj ano in non volere che sieno ricercati
'come innocenti, e in volerli puniti , se ac-
asati. Però continuò la persecuzione, cor-
me prima ; e quantunque non mancassero
degli apostati , pure senza paragone mag-
gior fu il numero degli altri, che amaro-
no piuttosto di sofferir coraggiosamente la
mort_e , che di sagriiicare ai falsi dii del
Gentilesimo. Crede il padre Pagi ^ , che sia
piuttosto da riferire al seguente anno la let-
tera di Plinio. Il vero è, che non si può
accertar questo temgo .
T 4 An-
' Te^tttllr'antis in Apologetico cap. 1.
* P.igius Critica Baro,ì,
z^6 Annali dItalia
Anno di Cristo cxir. Indizione x.
di Alessandro papa 5.
di Traiano imperadore 15.
f Marco UlpioNerva Traja-*
Consoli J '''', Augusto per la sesta
j volta ,
(^ Tito Sestio Africano.
X ossiam credere che a quest' anno appar-^
tengano due opere di Tra] ano , fatte pri-
ma d' imprendere la spedizion verso V Ar-
menia , delle quali fa menzione lo storico
Dione ^ . Cioè V erezione in Roma di al-^
cune biblioteche , e la fabbrica della piaz-
za , che fu poi appellata di Trajano nel si-
to , dove anche oggidì si mira la sua co-
lonna. Un tesoro impiegò Trajano in for-
mar questa piazza , perchè gli convenne spia-
nare una parte del Monte Quirinale , e ser-
vendosi di Apollodora insigne architetto ,
ornò in varie maniere tutta la circonferen-
za di bei portici , e Y atrio di alte e gros^
sissime colonne con capitelli e corone , e
con istatue e ornamenti di bronzo indora-
to, rappresentanti uomini a cavallo^ e ar-
nesi militari. Nel mezzo dell'atrio si ve-
dea la statua equestre d' esso Trajano. Era
sì vaga e sì magnifica tal fattura per al-
tre giunte fattevi da Alessandro Severo im-
pe»
* Dìo Uh. 6%,
\
Anno CXII. 297
peradore, che restava incantato chiunque I si
mirava . Ammiano Marcellino ^ scrive , che
venuto a Roma Costanzo Augusto , allor-^
che giunse alla piazza di Trajano, fattu-
ra, che non ha pari tutto il mondo, e che
mirabil sembra fino agli stessi dii ( cosi
uno storico pagano ) rimase attonito all'
osservar quelle gigantesche figure , e tanti
begli ornamenti. E Cassiodorio - anch' egli
scriveva , che a' suoi tempi , per quanto si
andasse e riandasse alla piazza di Trajano,
sempre essa compariva un miracolo. In som-
ma non vi fu opera fatta da Trajano, che
non desse a conoscere che il suo bel genio
era im.pareggiabile , e il suo buon gusto mi-
rabile in tutto . Credesi che in quest' anno ,
e nel seguente fosse compiuta e dedicata
quella piazza . Il Tillemont 3 ^ fidatosi di
Giovanni Maiala, scrittore abbondante di
favole e di sbagli, mise all'anno 106, e al
seguente, la spedizion di Trajano verso T
Armenia . Le ragioni recate dal cardinal
Noris , dal Pagi , e da altri , e lo stesso
racconto , che fa Dione di quella guerra ,
persuadono abbastanza , che solamente iri
quest' anno Trajano si mosse verso quelle
parti ^. V'ha in oltre qualche medaglia 5^
indicante i voti fatti pel suo buon ritor-
no . Ardeva di voglia Trajano di far qual-
che
* Ammianus TAarcelUnus /• t6. e. 3©.
^ Cassiodoriiis f^ar. lib. 7. e. 6.
'' Tillemont Memotres de^ Empeveurs . "^ Dio lib,6Z,
* Mediobarbus in NttmisTnai. Ivr^eratcr.
29» Annali p' ì t a l i a
che altra militare impresa , per cui sem-
pre più crescesse la gloria sua . Gli se ne
presentò un' occasione , perche egli non era
di que'principi, che trovano, sempre che
vogliono nei lor gabinetti , delle ragioni
di far guerra ai loro vicini . Erano soliti
i re deir Armenia ( 1' abbiam già veduto )
di prendere il diadema reale dai romani
imperadori , dalla sovranità de' quali si ri-
conosceano in qualche maniera dipendenti.
Esedare nuovo re di quella contrada T avea
preso da Cosdroe re de' Farti , dominator
della Persia. Trajano fece intendere le sue
doglianze a Cosdroe, il quale, come se
fossero burle , o per sua superbia , ninna
adeguata risposta diede . Trajano allora de-
terminò di farsi fare giustizia con un mez-
zo più concludente, cioè coli' armi. Si mi-
se dunque in viaggio nelF anno presente
con un possente esercito verso il Levante «>
11 solo suo muoversi (epe calar tosto l'al-
terigia di Cosdroe , e spedire ambasciatori
a Trajano con dei regali , per esortarlo a
desistere da una guerra di tale importan-
za , giacché egli diceva d' aver deposto Ese-
dare , e il pregava di voler concedere V Ar-
menia a Partamasire j che forse era fratel-
lo del medesimo Cosdroe. Trovarono que-
sti ambasciatori T/ajano già arrivato ad
Atene, ma non già in lui quella facilità^
di cui si lusingavano . Rifiutò egli i lor
presenti, e disse conoscersi l'amicizia dal-
le azioni^ non dalle parole, ed esser egli
in-
Anno CXII. 299
incamminato verso la Scria , dove avrebbe
prese quelle misure che più converrebbo-
no . Continuato poscia il viaggio per ter^
ra, secondo Giovanni Maiala, nel dì 7 del
seguente gennajo , oppure nelF ottobre dell'
anno presente entrò in Antiochia capitale
della Soria con corona d' ulivo in capo *
Anno di Cristo cxiir. Indizione xr-
di Alessandro papa 6,
di Traiano imperadore 16.
r Lucio Publicio Celso per
Consoli -ì la seconda volta ,
L Lucio Glodio Pkiscino.
Vogliono alcuni, che nell'occasione^ che
Trajano Augusto si trovò in Antiochia o
sul ilne del precedente anaOj, o sul prin--
cipio del presente^ gli fosse condotto d'
avanti santo Ignazio vescovo di quella cit-
tà, ^ accusato d'essere cristiano^ e pasto-
re de' Cristiani. Confessò il santo vecchio
intrepidamente il nome di Gesù Cristo ; e
però d'ordine di Trajano fu mandato a
Roma , per essere esposto alle iìcre nell'
anfiteatro . Gli atti del suo gloriosissimo mar-
tirio , compiuto secondo i Greci nel dì 20
di dicernbre , e le sue lettere , spiranti un
mirabile amor di Dio, e una tenerissima
divozione, restano tuttavia per edifìcazion
del-
* ASìa San^ìoYum a^ud Bolhnd. (st aPud Rutnartur,*.
goD Annali D'ItALiA
(iella Chiesa . Altri mettono più presto i^
suo martirio ; ma a noi basti di sapere 1:
certezza del fatto , se non possianio' quella
del tempo. L'iscrizione^, che si legge nella'
base della nobilissima Colonna Trajana ,
tuttavia esistente in Roma , ci vien drcen-
do , che nell' an'no presente seguì la dedi-
cazione di questa maravigliosa fattura a no-
me del senato in onor di TrajanOj, che non
ebbe poi il contento di vederla prima di mo-
rire. Nella gran copia delle figure illustra-
te dalla penna .del Fabretti , rappresentata
sji vede la guerra di Trajano contra ai Ba-
ci. Proseguendo intanto Trajano il suo viag-
gio,- arrivò con un poderosissimo eser-
cito ai confini dell' Armenia . Allora i re
e principi di quelle contrade * si portarono
a gara a visita-rio con ricchrssiiTii presenti ,
fra' quali si vide un cavallo così ben am-
mwiestrato , che s'inginocchiava e chinava il
capo a' piedi di chi si voleva. Abgaro re ^'
o principe di- Edessa nella Osroena- , parte
della provincia della Mesopotamia-, gì' in-
viò f egali e proteste di amicizia , ma sen-
za venire i-n persona, perchè non voléa JDer-
dere la bona grazia di Cosdroà re de'
Farti. Tuttavia in sua vece gli mandò ?
Arbando suo figliuolo, giovane di bellissi-
mo aspetto , che s' insinuò così bene nel
cuor di Trajano, che quando poi questo
^ im-
' Gruterus pag. 190. num. 4. * Dio /. 6S.
■'• Idem in Excerpt:s ralesian.
Ann o GXIII. 501
!mperaclore passò per Edessa, Abgaro an*
datogli incontro , agevolmente , per interces-
sion del figliuolo , ottenne il perdono . Far-
tamasire s' era già messxì in possesso dell'
Armenia con favore de'Parti , ed avea preso
ii titolo di re. Con questo titolo scrisse
egli lettera di sommcssionea Irajano; ma
ijon vedendo venire risposta , ne tornò 3.
scrivere un'altra, senza più intitolarsi re;
supplicandolo di voler inviare a lui 31arco
Glunlo governatore della Cappadocia ^ per
trattar seco d' accordo . Trajano gì' inviò il
figliuolo di Giunio , e intanto continuò il
suo viaggio 5 con impossessarsi del paese ,
dovunque passava , senza trovarvi resistei!^
za alcuna . Arrivato a Satala città dulT Ar-»
menia minore , venne ad inchinarlo Anelila^
lo re degli EniocKi , popoli della Circas-
sia verso il Mar Nero . Trajano il ricevè
con grande onore , il rimandò carico di
Tingali . Allora fu , che anche Partamasire ,
considerando il brutto aspetto de' suoi affa-
ri , probabilmente consigliato dal figliuolo
di Giunio , a rimettersi nella clemenza ce-
sarea , ottenuto il salvocondotto , venne a
presentarsi a Trajano. Noi volle egli rice-
vere , se non assiso sul trono in mezzo al
campo . Se gli accostò Partamasire , e de-
l^osG a' suoi piedi il diadema senza profe-
rir parola: il che veduto dall'immensa co-
rona de'soldati di Trajano , si alzò un sì alle-
gro strepitoso grido di Viva , che quel
principe atterrito fu in procinto di fuggir-
se-
go2 Annali b'Itaìià
&ene, se non si fosse veduto attorniato da
sì gran copia d' armati . Chiesta poi una
particolare udienza da Trajano , l'ottenne
egli bensì , ma non già il diadema , sicco-
me egli dimandava e sperava coli' esempio
di Tiridate a'' tempi di Nerone . Era ben
diverso dal codardo Nerone il coraggioso
Trajano. Ne uscì in collera Partamasire ;
ma risalito suL trono Trajano, il fece ri-
chiamare , acciocché pubblicamente ricono-
scesse il ragionamento seguito fra loro in di-
sparte. Lamentossi Partamasire d'essere trat-
tato come un prigioniero: quando egli era
Volontariamente venuto , e fece nuova istan-
za, per impetrare il diadema dalle mani
di Cesare , a cui giurerebbe omaggio . Tra-
jano gli rispose , che essendo V Armenia
jiertinenza del romano imperio , non vole-
va concederla a chichessia , ma bensì met-
tervi un governatore ; e licenziatolo, il fece
tosto partire , scortato da un corpo di ca-
valleria, acciocché non potesse manipolar
nel' ritorno qualche intrico colla gente del
paese. Si venne dunque alla guerra , di cui
altro non sappiamo , se non che Partamasi-
re, dopo essersi sostenuto, finché potè,
coir armi alla mano , finalmente fu ucciso ,
e tutta l'Armenia jrestò in potere dell'Augu-
sto Trajano , il quale ne fece una provin-
cia del romano imperio.
An-
Anno CXIV. 303
Anno di Cristo cxiv. Indizione xiio
di ALESSANDRO papa 7.
di Traiano imperadore 17.
r^ 1- r Quinto Ninnio Hasta ,
Consoli -{ n n/r . ^T
|_ Publio ManilicJ v'^opisco ,
VJran disavventura è stata ^ che uno de'
più gloriosi imper adori che s' abbia avuto
Koma , quale ognuno confessa Trajano , con
un regno fecondo di tante belle imprese ,
e di sì grandi uomini ', qual fu il suo , non
sia passato a noi con esatta e convenevole
storia della vita e delle azioni di lui . Non
mancò già agli antichi secoli una tale sto-
ria , anzi più d'una ve ne fu, atttestando
Lampridio ^, avere Mario Massimo y Fabio
Marcellino ^ Aurelio Vero ^ e Stazio Valen-
te scritta la di lui vita, ed asserendo Pli-
nio ^ il 2;iovane , che Caninio era dietro
a descrivere la guerra dacica . Pure tutti
questi scritti son rimasti preda del tempo ,
e son periti i libri di Arriano , che avea
descritte le 8:uerre dei Parti ; sicché altro
a noi non resta che il compendio di Dio-
ne y fatto da Giovanni Sifilino , dà cui si
possano ricavar le imprese di Trajano^ ma
appena abbozzate, e senza poterne noi
trarre i tempi distinti , in cui furono fat-
te .
' Lamprìdius in Fha Alex.tnd'^-i Severi .
^ Plin. lib. 8; ep. 4.
304 Annali d'Ita l'i a
te . Perciò solamente a tentone andiamo ri-
ferendo a questo e a quali' anno le di lui
imprese , senza poterne fondatamente as-
segnare il tempo preciso . Sia dunque eh'
egli nel precedente anno compiesse la con-*
quista di tutta l'Armenia, o che ciò av-
venisse in parte ancora del presente, cer-
to è per testimonianza di Dione ^ , che
sparsasi maggiormente la fama del di lui
valore, e de' suoi acquisti per l'Orien-
te, i re e i principi circovincini venne-
ro ad assuggettarsi all' aquile romane , op-
pure a chiedere amicizia e pace. Diede
egli un re ai popoli Albani ^3 e i re delF
Iberia, de' Sauroniati , del Bosforo, e della
Colchide gli prestarono giuramento di fe-
deltà. Avea notato Plinio ^^ che Traja-
nOy se volea ricrearsi talvolta dalle ap-
plicazioni e fatiche del governo, non pas-
sava già a divertimenti puerili di giuoco,
meno poi ad altri di maggior vergogna ,
perchè illeciti e scandalosi , ma a passatem-^^
pi faticosi, per tenere in esercizio il cor-
po , e giovare alla sanità . Il cavalcare , la
caccia erano i suoi trastulli ; e se si tro-
vava vicino al mare o ai fiumi , solea tal-
volta far da piloto in una nave , e metter-
si a remigare, facendo a gara co' suoi cor-
tigiani a chi meglio sapea esercitar quel
duro mestiere in romper 1' onde , e passa-
re
* Dio Ita. óS. ' Eutro^. in Brezhr.
* P.imus in Par.egyrico r. 8l.
A
Anno CXiV. 505
te gli stretti. Non operò di meno questo
saggio imperadore in Levante , insegnando
coir esempio suo ai soldati V amore e la
tolleranza delle fatiche. ^ Marciava anch'
egli a piedi, e al pari d' essi passava a pie-»
di i guadi dei fiumi ^ Ordinava egli in per^ >
sona i soldati nelle marcie , e camminava
innanzi, come un semplice ufiziale . Tene-
va molte spie ^ per saper nuove de' nemi-
ci , e talora ne spargeva egli delle false ,
per avvezzar la milizia ad ubbidir con pron-
tezza^ a star vigilante e preparata sempre
con coraggio a tutti i pericoli ed avve-
nimenti. Son di parere il Mezzabarba e
monsignor Bianchini, che Trajano conqui-
stasse in quest"* anno V Assiria , perchè in
una sua medaglia si legge ASSYRIA IN
POTESTATEM POPVLI EOMANI REDA-
CTA. Ma quella medaglia si può riferire ai
due seguenti anni , non avendo caratteri-
stica particolare dell' anno presente ; e da
Dione secondo me si ricava , che più tar-
di succedette V acquisto dell' Assiria , o sia
della parte della Soria , che allora era
posseduta dai Parti,
k
Tom. il T Att-
* Dio Hb. 6%.
^o€ Annali d' I t a l i a
Anno di CrasTO cxv. Indizione xiir.
di Alessandro papa 8.
di Traiano imperadore 18.
r^vtc^r S Lucio Vipstanio Messala,
Consoli ^ ^^/^ TX -n '
[_ Marco vergili ano Pedone.
v^he Vipstanio^ e non Vipstano fosse il
nome del primo di cjuesti consoli , appa-
risce da un' iscrizione <(a me ^prodotta,
e da due- altre del Grutero * . Se credia-
mo al Tillemont , l'anno fu questo delle
grandi imprese di Ti'aj ano in Levante , per-
chè egli entrò nel paese de' Parti, e fece
quelle grandi conquiste eh' io accennerò
all'anno seguente. Se non c'inganna Dio^
ne 3^ altro non sappiamo dell'operato da
lui in questo, se non ch'egli s'impadronì
della città di Nisibi , capitale della- Meso-^
potamia , e di Singara, e diBàrhe, città,
o luogo amenissimo di que' contorni : il che
indica abbastanza, che alle sue mani venne T
intera ricca provincia della Mesopotamia ,
avendo noi anche osservato di sopra, eh*
egli passò per Edessa , città parimente di
quel tratto , dove signoreggiava il re , o
sia principe Abgaro. Parla dipoi Dione ^
e parlerò ancor io fra poco , del tremuo-
to orrendo d' Antiochia , accaduto sul fino.
del
' Thesaurus Novus Inscription- fag. 319. nunt. a.
* Gruterus fag. 74- ^ 1070. ^ Dio eod, libro »
Anno CXV. jq^
del presente anno. Dopo di che descrive
i gloriosi progressi di' Trajano contra de'
Parti , i quali perciò debbono appar-
tenere air anno seguente , e non già al
presente. Anche ^ il Mezzabarba mette
in quest' anno la dedicazione fatta in Ro-
ma della basilica Ulpia ;, o sia di Traja-
no j, che può anche riferirsi all'anno 112^
e ai quattro susseguenti • Certo è che que-
sta basilica era contigua alla piazza di
Trajano, superbo edifìcio che accresceva la
bellezza di quella piazza , sapendo noi ^ che
le basiliche de' Romani furono suntuosissi-
me fabbriche, simili a molte grandi chie-
se de' Cristiani^ con trofei , statue , ed al-
tri ornamenti in cima, e con portici ma-
gnifici air intorno, destinate per gli giudi-
ci che colà andavano a tener ragione , con-
correndovi anche i negozianti a trattar de'
loro affari . Tornando ora a Trajano , men-
tr' egli attendeva all' acquisto della Meso-
potamia , Manue capo d'' una nazion degli
Arabi , Sporace principe dell' Antemisia ,
cioè di una parte d'essa Mesopotamia , e
j??fanisare anch"* egli signore in quelle con-
trade , faceano vista di volersi a lui sotto-
mettere , ma con trovar pretesti ogni di
per dichiararsi , e per venire a trovarlo **
Non si fidava Trajano di costoro, e molto
meno se ne fidò, dappoiché 3Iebaraspe re
deir Adiabene , avendo ottenuto da lui un
V 2 cor-
Me.iiobarhus in Numiim. Im^erat^ ' Dio lflf,68.
g:oB A IT N A L I d' I T A L r A
corpo di soldatesche per difondersi contra
di Cosdroe , avea da traditore parte tru-
cidati, parte ritenuti prigioni que' soldati.
Fra gli ultimi fu un centurione chiamato
Sentio, il quale con altri imprigionato in
un forte castellò-^ allorché 1' esercito di
Trajano •, irritato contra deltraditore , ar-
rivò neir anno seguente in vicinanza di
quel luogo ^ ruppe le catene , yccise il ca-
stellano, ed aprì le porte agH altri Roma-
ni. Scrive Eutropio ^, che Trqtjano s'im-
possessò dell' Antemisia. Dovette essere in
quest'anno, perchè quella era i^ma delle
Provincie della Mesopotamia . Secondo che
abbiam da Dione , per queste vittorie fu
dato a Trajano il titolo di Partivo; ma
egli più si compiaceva dell'altro di Otti-'
mo , perchè esprimente la soavità de' suoi
costumi^ e il possesso in cui egli era di
tutte le virtù.
Finita la campagna coli' acquisto della
Mesopotamia , venne Trajano * a svernare
con parte dell' armata ad Antiochia . Ma
mentre ivi soggiornava , avvenne in quella
città uno de' più orribili e funesti trcmuo-
ti che inai si leggano nelle storie. L' ordi-
nario popolo di quella vasta città ascende-
va ad un numero esorbitante : ma 1' avea
accresciuto a dismisura la venuta colà del-
la corte imperiale ^ e di gran copia di sol-*
da-
.' Eutrop. in BreviaV.
'* Johannes Maiala in Chran. Dio lib> éS.
Anno CXV^ '303^
datesche . V era inoltre concorsa un' im^.
mensa moltitudine di persone di quasi tutn
to r imperio romano , chi per negozj , chi
per bisogno del principe, chi per veder
quelle feste . In tale stato si trovava quel-
la nobilissima metropoli dell' Oriente ;
quando nel di 23 di decembre , come pre-
tende il padre Pagi ^ , venne un sì impe-
tuoso tremuoto , preceduto da fulmini e
da venti gagliardissimi , che rovinò buona
parte delle fabbriche della città , con re-
stare oppressa sotto le rovine gran móì/
titudine di persone , ed innumerabili altH
con ferite e membra rotte . Si vide il vici-
no monte Corasio scuotere sì forte la ci-
ma , che parca dover precipitare addosso
alla città p uscirono da più luoghi nuove
fontane , e si seccarono le vecchie . Acque-'
tato il gran flagello, si comincio a pescar
nelle rovine , e moltissimi vi si scoprirò-^
no morti di fame. Trovossi una sola don-
na , qhe avea sostentato per più giorni se
stessa e un suo pargoletto col proprio lat-
te , ed amendue furono cavati vivi ; il che
par cosa da non credere . Trajano che s*
incontrò ad essere in sì brutta frangente ,
per una finestra del palazzo , \n cui abi-
tava , se ne fuggì ; e scrivono che un per-
sonaggio d' inusata e più che umana statura
r ajutò a salvarsi. Tal fu nulladimeno la
sua paura, che quantunque fosse cessatola
V 3 SCO-
' P-jigius in Cr/'t. Baron,
5^0 Annali -d Italia
scotiménto delk terra, pure per molti gior-
ni volle abitare a cielo scoperto nel Cir-
co . In questa sciagura perde la vita Peclo^
ne console , che terminato il suo consola-
to ordinario ne' primi sei mesi, potè mol-
to ben venire per suoi affari ad Antio-
chia ; se pur non fu un altro pedone ^ sta-
to console in alcun degli anni precedenti.
Anno di Cristo ex vi. Indizione xiv.
di Alessandro papa. 9.
di Traiano imperadore 19.
i^ T r Lucio Elio Lamia.
Consoli -ì -e TT
5^ Eliano Vetere.
P .
^^-'hiaramente scrive lo storico Dione ^,
qhe dopo il tremuoto d' Antiochia ( e pera-
neli' anno presente , e non già nel preceden-
te ) venuta la primavera, Trajanocon tut-
to lo sforzo delle sue genti si mosse per
portar la guerra nel cuore del regno de'
Parti . Conveniva passare il rapido fiume'
Tigri, le cui sponde dalla parte del Levan-
te erano ben guernite di nemiche milizie .
Avea egli fatto fabbricar nel verno una
prodigiosa quantità di barche con legni
presi dai boschi di Nisibi ; e per introdur-
la nel suddetto, fiume , pensò ad un ardi--
tissìtiio e dispendioso ripiego , cioè di ti-
rare un gran canale d' acqua dalF Eufrate ne!
Ti- .
> D/# //^. 68.
i
Anno CXVI. gix
Xigri , per cui si potessero condurre le .tia»
vi . Nacque sospetto , che esseiida più/ alta
r Eufrate ,dj?U' altro fiume , potessero Iq^ di
lui acque accrescere di soverchio la rapidità
del Tigri , e che colasi volgesse tutto l'Eu-
frate, con perdersene anche la navigazione ;
e però non si compiè i' impresa ; o se pur
sì compiè, non -se ne servì Trajano., L' al-
tro ripiego , a cui s' attenne , fu di condur-
re sopra carra le barche fatte , ma sciolte ,
per unirle poi insieme sulle ripe del Ti-
gri, e lanciarle quivi nel fiume. Così fu
fatto . Di queste si formò un ponte ; e
tanta era la copia dell'altre navi cariche
d' armati , che infestavano i Patti schierati
sull'opposta ripa^ e d'altre che minaccia-
vano in più luoghi il passaggio dell' arma-
ta; che i Parti non sapendo intendere, co-
me in un paese privo affatto d' alberi , fos-
sero nate cotante navi , e perciò sgomenta-
ti , presero là fuga . Passò dunque felice-
mente tutto r esercito romano , e piombo
sulle prime addosso al traditor Mebaraspe
re dell' Adiabene , con sottomettere tutta
quella provincia. Quindi s' impadronì di Ar-
bela e di Gaugamela ( dove Alessandro il
Grande diede la sconfitta a Dario ) , e di
Ninive e di Susa . Di là passò a Babilonia ,
sènza trovare in luogo alcuno opposizione,
perchè i Parti non erano d' accordo col re
loro Cosdroe , e più d'una sedizione e guer-
i:a civile in addietro avea snervata la po-
tenza di quella nazione. Volle Trajano os-
V 4 ser-
3ia Annali d* Italia
servare in quei contorni il lago, onde si ca-
vò il bitume , con cui in vece di calce fu-
rono unite le pietre delle mura di Babilo-
nia. Sì fetente è l'aria di quel lago, che
r alito suo fa morir gli animali e gli uc-
celli che vi s^ appressano. Di là passò Tra-
jano a Ctesifonte , capitale allora del regno
de' Parti , dove fu fatto un incredibil bot-
tino , e presa una figliuola di Cosdroe col
suo ricchissimo trono . ^ Cosdroe se n' era
fuggito : ne parleremo a suo tempo , Stese
dipoi il vittorioso Augusto le sue conquiste
per quelle parti ^ soggiogando Seleucia ^ ,
e i popoli Marcdmedij e un'isola del Ti-
gri _, dove regnava Atambilo , e giunse fi-
nò air Oceano . Svernò coli' armata in quel-
le parti , e vi corse varj pericoliper cagion
delle tempeste insorte in quel fiume , vastis-
simo verso le basse parti per V union
dell' Eufrate -
Lo strepito di tali conquista arrivato a
Roma riempiè di giubilo quel popolo, che
non sapea saziarsi di esaltar le prodezze di
questo Augusto , giacché l'aquile romane non
aveano mai steso sì oltre , come sotto di
lui , i lor voli . Perciò il senato gli confer-
mò il cognome di Panico , con facoltà di
trionfalmente entrare in Roma quante vol-
t^ egli volesse , perchè in Roma non erano
conosciuti tanti popoli da lui soggiogati ^
Truo-.
* Spartìanvs in Vita Ilad'/iani .
* Eutrop' in Breviau
Anno CXVI. 313
Truovasi ancora in qualche medaglia ^ ao
cresciuto per lui sino alla nona volta il ti-
tolo d' Imperadore ^ e datogli il nome d'
Ercole, Ordinò parimente il senato, oltre
ad altri onori , che gli fosse alzato un ar-
co trionfale . Preparavansi ancora i Roma-*
ni a fargli uno straordinario onorevol in-
contro , allorché egli fosse ritornato a Ro-
ma ; ma Dio altrimenti avea disposto . Tra-
jano più non rivide Roma, né potè goder
del trionfo . Intanto stando egli ai confini
deir Oceano , vista una nave che andava
alle Indie , cominciò ad informarsi meglio
di quel paese , di cui avea dianzi udito
tante maraviglie, e gran desiderio mostra-
va di portarsi colà . Poi dicea , che s' egli
fosse giovane, v'andrebbe; e chiamava bea-^
to Alessandro il Grande j, per avere in età
fresca potuto dar principio alle sue irapre^
se . Contuttociò gli durava questo prurito ;
ma neir anno seguente gli sopravvennero
tali traversie , che gli convenne cacciar que*
ste fantasie , e cangiar di risoluzione. In-
tanto egli fece dell'Assiria e della Meso-.
potamia due provincie del romano imperio .
Da una iscrizione ^ , esistente tuttavia nel
porto d'Ancona, e riferita da più lettera-
ti, si raccoglie^ che circa questi tem-
pi fu compiuto il lavoro di quel por^o
per ordine di Trajano , il quale t?opQ
ave?
' Mtdich^irbus in Numisrnat. Imperatow
' Cruterut ^a^. 147. num. é>
^14 A Njs- AL I. d' Italia
avei» provvedvito,. il Mediterraneo del por-
to di Civita Vecchia 5 volle ancora che
V.Adriatico ne avesse il suo. A lui ha
questa obbligazione Ancona , ed ivi tut-
tavia sussiste uì} arco trionfale, posto in
onore di cosi beneiìco principe . Abbia-
mo ancora da Eusebio ^ , che verso questi
tempi la nazione giudaica , sparsa per la
Libia e per l'Egitto , si rivoltò dappertutto
contra de' Gentili , e ne seguirono. innume-
rabili morti . Ebbero i Giudei la peggio in
Alessandria . Secondo i conti di Dione vi
perirono dugento ventimila persone ; in
Cirene essi Giudei commisero delle incre-
dibili crudeltà contra de' Pagani.
. Anno di Cristo cxvii. Indizione xv.
di Sisto papa i.
di Adriano imperadore i.
r Quinzio Necro,
Consoli •<; Gaio VirsTANio Apronia-
[_ NO .
fecondo V opinione de' migliori V anr^o fu
questo, in cui santo Alessandro ipapa. glo-
riosamente terminò i suoi giorni col mar-
tirio. Dopo lui Sisto 5 tenne il pontificato
romano. Soggiornando Trajano verso V
Oceano, tuttavia co' pensieri e desiderj di
veder V Indie , si fece condurre in nave
pel
* Eusehius in Chronico .
Anno XCXVIL 315
pel GolFo , che Dione ^ ed- Eutropio ^ chia*
mano il Mar Rosso , ma che secondo tut-
te le apparenze fu il Golfo Persico . Aggiunge
Dione 5 eh' egli s' innoltrò in quelle parti
sino al luogo , dove si crede che moris-
se il grade Alessandro, con far' ivi le ce-
rimonie funebri in memoria di lui . Ma re-
stò ben deluso , perchè popò la relazio-
ne di tante belle cose che si diceano di
que' paesi, altro non vi trovò che fa-
vole e luoghi rovinati. In questo mentre
gli vien nuova, che i Parti si sor! ribella-
ti,, e si son perdute tutte le conquiste del-
la Persia e della Mesopotamia, colla mor-
te e prigionia delle milizie lasciatevi di
guarnigione. Non tardò Traj ano ad inviar
colà Mlasslmo e Lucio Quieto . Differente fu
là fortuna di questi due generali. Massimo
in una battaglia vi lasciò la vita. Lucio
Quieto air incontro Moro di nazione, ri-
cuperò Nisibi , ed espugnata Edessa , le die-
de il sacco, e l'incendiò. Alla medesima
pena fu esposta la città di Seleucia , prcsii
da Ericio Claro ^ e da Giulio Alessandro^.
Tali novità fecero risolvere Trajano a mu-
tar disegno intorno a que' paesi, scorgendo
assai , che non gli sarebbe riuscito di con-
servarli , come provincia , e sotto il gover-
no de' magistrati romani . Però tornato a
Ctesifonte, e fatti raunare in una gi'an
pianura i Komani e i Parti, salito sopra
un
* Dìo lib. d8. * Eut'ro^yus m Bre'vìar,
giG Annali r> I t a l t a
un eminente trono , dichiarò re dei Paiv
ti Partamaspare personaggio di quella na-
2LÌone , chiamato Psamatas siris da Spar-
2Ìano ^ , e gli pose in capo il diadema :
risoluzione abbracciata volentieri , ed ap-
plaudita da que' popoli. Indi passò nell*
Arabia Petrea , che s' era anch' essa ribel-
lata 'y ma vi trovò il paese molto brut-
to , né vi pQtè prendere Atra lor capi-
tale , con patirvi ancora insoffribili cal-
di e molti altri disastri . Credesi non-
dimeno da alcuni , eh' egli pervenisse/ fi-
no all'Arabia Felice. Negli stessi tempi *
continuarono più che mai le sedizioni e
ribellioni /de'^iudeìi nella Mesopo.tamia ,
nell'Egitto, e Incipri. Attesta Eusebio 3^
che in Salamina città di Cipri prevalse
la forza de' Giudei contra de' Gentili^ di
modo che quella città rimase spopolata. Ma
Artemione capitano de^'Cipriotti così fat-
tamente perseguitò i Giudei in quell'isola^
che li disertò affatto , facendosi conto , che
ivi tra Gentili e Giudei perirono dugento
quarantamila persone ^ Fu anche spedito Lu-
cio, Quieto il Moro contra de' medesimi
nella Mesopotamia , che col farne un' orri»,
da strage , diede fine alla loro inquietu-.
dine.
Ma che? tutte queste vittorie e conqui-
ste di Traj^no, che costarono tanto san-,
' Spartranus in Vita Hafìrianr. * Djo eoder» Ul^ro-
^ Busebitit in Cìj.oh,
Anno CXVIL '317
^uè 3 e tante spese e fatiche ai Komani ^
non istettero molto a svanir in fumo ; per-
chè appena ritirossi da quelle contrade Tra-
jano , che le cose ritornarono nel primiero
stato , senza restarvi un palmo di dominio
^e* Romani . E se ne ritirò per forza Tra-
jano, perchè nel mese di luglio cominciò
a sentire aggravata la sua sanità da male
pericoloso , che da lui fu creduto veleno ;
ma si attribuisce da altri a cessazion del-
le emorroidi , e da altri ad un tocco di
apople-ssia , per cui restò offesa qualche par-
te del suo corpo . Altri in fine vogliono
eh' egli fosse assalito dall' idropisia » Que-
sto qualunque sia malore sopraggiunto a
Tra] ano , allorché meditava di tornarsene
in Mesopotamia 5 gli fece cangiar pensie-
ro ^ e l'invogliò di ritornarsene in Italia,
dove era continuamente richiamato dal se^
nato ; e però versò queste parti frettolo^-
samente s' incamminò . ^ Giunto ad Antio-
chia capitale della Soria, lasciò ivi EUg
Adriano suo cugino con titolo di governa-
tore ^ e gli consegnò T esercito romano .
Continuato poscia il viaggio sino a Seli-
nonte , città marittima della Cilicia , ap-
pellata poi Trajanopoli , oppresso dal ma-
le , che Eutropio * chiamò flusso di ven-
tre, quivi in età di scssantuno , altri di-
cono di sessantatrè anni , compiè il corso di
Bua vita , per quanto si crede nel di io d'
ago-
' A'UYelius rìHor in Epitome \ * -Butrop. in Brevi aiu
3 18 Annali d' I t a l i a
agosto. Il detto finora ha condotto i let-
tori a comprendere le mirabili belle doti^
che concorsero--a rendere Tra] ano uno de'
più gloriosi imperadori che s'abbia mai
avuto Roma, e a. cui pochi- altri possono
uguagliarsi , non che andare innanzi . Ol-
tre alle belle memorie eh' egli' lasciò in Ro-
ma , e in varie parti del romano imperio
in fàbbriche sontuose, strade^ porti ^ pon-
ti y si trovano ancora varie città o fabbricate
fla lui , o che presero il nome: da lui. A
lui ancora principalmente attribuisce Aure-
lio .Vittore r istruzione del Corso Pubblico ,
oggidì appellato, le Poste, che veramente
ebbe orìgine da Augusto, ma fu ampliato
e regolato in miglior forma da Trajanò ,
acciocché si pò lessèi'o speditamente e rego-
larmente saper dall' imperadoré lo nuove
del vasto imperio romano, e andar evenir
prontamente, gli^ ufiz^iali cesarei : giacché ,
come -dottamente osservò il tJotofredo ^,
serviva allora la posta solamente per gli
ministri ed uomini' dell' imperadóre , e non
già per le persone private, ed era mante-
nuta alle spese del Fisco con cavalli, ca-
lessi^ e carrette. Ma siccome osserva Au-
relio Vittore ^, e si raccoglie 'dal codice
teodosiano, questo lodevol istituto col- tem-
po , e sotto i cattivi imperadori degenerò
in uno intollerabil aggravio' delle •pròvin-r'
eie
^ Gcthofrsdus ad Legcm S. Tit. 5. Cod/c Tbeod.o,siani .
* Aureli US P'iSior. de Cxsarib. '" \^^\.^m^
Anno CXVII. 319
eie e de' sudditi .' Non fu già esente da
ogni difetto Trajano , e van d' accordo Dio-
ne S Aurelio Vittore*, Sparziano ^^ e
Giuliano l'Apostata ^ , in dire ch'egli ca-
dea talvolta in eccessi di bere : ma non si
sa eh' egli commettesse giammai azione aU
ciina contra il dovere, allorché era ri-
scaldato dal vino. Anzi sé crédiamo ad es-
so Vittore, egli ordinò di non aver ri-
guardo a ^ciò eh' egli avesse comandato ,
dopo essere intervenuto a qualche convi-
to. Aggiiigne Dione, ch'egli fu suggetto
ad un' infame libidine , abborrita dalla na-
tura stèssa j ma senza fare violenza , o tor-
to ad alcuno. Tutti effetti della falsa e
stolta religione de' Geritili , la quale acce-
cava e affascinava talmente le loro men-^
"ti , che non si attribuivano a vergogna 6
peccato le maggiori enormità , che san Paolo
chiaramente nomina e riconosce per un
gran vitupero del Gentilesimo allora do-
minante . Contuttociò nelle virtù politiche ,
e massimamente neir amóìrèvolezz^a , xfle^'
menza , e saviezza fu sì eccellente questo
Augusto, che 5 da lì innanzi nelle accla^
mazioni che faceva il senato al regnante
imperadore , si usò di augurargli , che fos-
se -pili fortunato d' Augusto , -più buono di
Trajano. E ben godè sotto di lui Roma e
r imperio tutto una mirabil calma, ^e non
che
* Di^ Uh. <58. » AureL Vi^. ihid,
« Spart. in Fita Hadriani. ^ JuUan, de C tesar*
' Eutrop. in Brev-
§2o Ankali d' Italia
che si sentirono tremuoti in varie città ;
e peste e carestia in varj luoghi; e in
Horaa seguì una fiera inondazion del Te-
vere ; malanni nondimeno , che servirono
solaoiente di gloria a Trajano^ perchè egli
in quante maniere potè si adoperò per ri-
mediare ai lor pessimi effetti, e per sov-
venire chi era in bisogno. Fiorirono anco-
ra sotto questo insigne imperadore varj
eccellenti ingegni, perchè egli al pari degli
altri più rinomati regnanti amò i lettera-
tij e promosse le lettere. Restano a noi
tuttavia le Opere di Cornelio Tacito^ di
Flinio il giovane, e di Frontino^ per ta-
cer d' altri , che fiorirono anche sotto Adria-
no , e d' altri de' quali si son perduti i li-
bri .
Ora Plotina imperadrice^ che accompa-
gnò sempre in tutti i suoi viaggi il mari-
to Trajano , dacché egli fu morto , non la-
sciò traspirare la di lui perdita , se non
dappoiché ebbe concertato tutto per fargli
succedere Publio Elio Adriano di lui cugi-
no , giacché non si sa che Trajano avesse
mai figliuolo alcuno . La fama è varia in-
torno a questo punto. Crederono alcuni ^^
che fosse corso per mente a Trajano di
hsciar r imperio a Nerazio Prisco giuris-
couulto di que' tempi , e che gli dicesse un
giorno : ^ 'voi raccomando le provincia , se
<iualclie disgrazia mi accadesse . Altri pen
sarò-
f S^anianus in Vita Hadriani ,
Anno CXVIL 521
«arono ^ ch'egli avesse posti gli occhj so-
pra Servlano cognato di Adriano, ed altri
fin sopra Lucio Quieto^ che già dicemmo
Moro di nazione. Lo creda chi vuole. Vi
fu chi disse essere stata sua intenzione di
nominar dieci persone , lasciando poi la
scelta del migliore al senato , dopo la sua
morte . Nulla di ciò fu fatto . Solamente
sul ^n della vita adottò, e nominò suo
successore Adriano , e ciò per opera di
Plotina Augusta e di Celio Taziano o sia
^ttiano ^ tutore d'esso Adriano; perchè
veramente Trajano non mostrò mai tenC'»
rezza alcuna d' amore per lui , conoscendo-
ne assai i difetti ; e 1' avea bensì solleva-
to alla dignità di console , ma senza dar-
gli cariche riguardevoli sussistenti : il che
non si accorda con ciò che abbiam detto
rivelato a lui da Licinio Sura * nell' anno
109, cioè che fin d'allora Trajano medi-
tava di adottarlo per suo figliuolo . Con-
vengono nondimeno gli storici indire, che
Plotina co' suoi maneggi portò il marito
infermo a dichiararlo suo figliuolo e suc-
cessore, siccome quella che se vogliamo pre-
star fede a Dione ^ ^ era innamorata di
Adriano : il che facilmente potè immaginar
la malizia , solita a far dei ricami alle
azioni altrui, e massimamente dei graudi*
Anzi non mancò chi credesse essere stata
l'adozion di Adriano una tela interamen-
Toivi. IL X te
' Dìo lib. 69. » Spartianus ibid' ^ Dio ibid*
3^2 Annali d' Italia
te fatta da essa Plotina senza notizia e
consentimento di Trajano, ed anche dopo
la di lui morte , tenuta celata apposta per
qualche dì, con fingere fatta da lui l'ado-
zione suddetta". A questo sospetto diede
qualche fondamento V essere state spedite
le lettere al senato colF avviso di tale ado-
zione , ma sottoscritte dalla sola Plotina .
Fece la medesima Augusta per solleciti
corrieri intendere ad Adriano la nuova dell'
operato da Trajano ( se pur tutta sua non
fu quella fattura ) nel dì 9 di agosto. Po-
scia nel dì II gli arrivò la nuova della
morte di Trajano ^ . Non perde tempo
Adriano a scriver lettere al senato , intito-
landosi Trajano Adriano , e pregandolo di
confermargli 1' imperio , e protestando di
non ammettere onore alcuno, ch'egli non
avesse prima domandato ed ottenuto dal
medesimo senato, con altre sparate di non
voler fare se non ciò che fosse utile al
pubblico j, di non far morire alcun senato-
re,, aggiungendo a tali proteste gravi giu-
ramenti ed imprecazioni , se non eseguiva
ciò che prometteva . Niuna difficoltà si tro-
vò ad approvare la di lui successione, ben
conoscendo i senatori , che comandando
egli al nerbo maggiore delle milizie roma-
ne , pazzia sarebbe il negare a lui ciò
che colla forza potrebbe ottenere. Oltre di
che l'esercito stesso della Scria, appena
udi-
* Dio lib. 69,
d
Anno CXVII. 323
udita r adozione di lui e la morte di Trà-^
jano ^^ r avea riconosciuto per Im-pcrado-
re : del che fece egli scusa col senato . Uscì
Adriano di Antiochia , per veder le cene-
ri ed ossa dello stesso Trajano , che Plotina
sua moglie , 3Iatldla sua nipote e Taziano
portavano a Roma ; è poscia se ne ritornò ad
Antiochia , per dar sesto agli affari dell'Orien-
te , prima d' imprendere anch^egli il suo viag-
gio alla volta deir Italia . Furono accolte in
Roma esse ceneri colle lagrime e con un
trionfo lugubre , ed introdotte in quella
città sopra un carro trionfale , in cui si
mirava l'immagine del defunto Augusto^
e poscia collocate in un' urna d' oro sotto
la colonna trajana , cori privilegio conce-
duto a pochi ini addietro , perchè non era
lecito il seppellire entro le città. * Egli
certo fu il primo degl' imperadori , che fos-
sero entro Ptoma seppelliti • Scrisse Adriano
al senato, acciocché gli onori divini, se-
condo r empio costume del Gentilesimo ,
fossero compartiti a Trajano . Non sol que-
sti , ma altri ancora, come templi e sacer-
doti ^ decretò il senato alla di lui memo-
ria; e per molti anni dipoi si celebrarono
in cuor suo i giuochi appellati Partici «
X 2 An-
' Sfartianus in Vita Hadriani. » Eutrof. in Breviar.
324 Aniv/ali d'Italia
Anno di Cristo cxviii. Indizione i,
ài Sisto papa 2.
di Adriano imperadore 2.
r Elio Adriano Augusto per
Consoli J ^ ^^ '^^^;ì^^ ^'^^^^ '
I JLiBERio Claudio Fospo A-
^ LESSA NDRO.
V->/rèdesi, che Traiano avesse all' anno pre-
cedente disegnato console Adriano per 1*
anno presente. Ma anche senza di questo,
il costume era, che i novelli Augusti prendes-
sero il consolato ordinario nel primo anno
del loro governo. Era nato Adriano nelP
anno 76 della nostra Era , nel dì 24digen-
najo , per testimonianza di Sparziano ^ , dacui
abbiam la sua vita . Ebbe per moglie Giulia
Sabina , figliuola di Matidia Augusta , di cui
fu madre Marciana Augusta , sorella ài
Trajano. Perchè in sua gioventù comparve
scialacquatore , si tirò addosso lo sdegno
di Trajano, suo parente, e già suo tuto-
re . Tuttavia tal era la sua disinvoltura e
vivacità di spirito , che si rimise in grazia
di lui, e ricevè anche molti onori da lui;
ma non mai giunse in vita del medesimo
ad essere accertato di succedergli nell' im-r
perio a cagion del suo naturale , in cui
quel saggio imperadore trovava bensì mol-
te
' Spartianus in Vita Hadrisni,
\
Anno CXVIII. ^as
te belle doti, ma insieme sapea scoprire
non pochi vizj , quantunque Adriano si stu-
diasse di dissimularli e coprirli, fe' ambi-
zione traspariva dalle di lui azioni e paro-
le , molto più k leggerezza e V incostan-
za j e sopra tutto il suo essere stizzoso e
vendicativo , facea temere che sarebbe por-
tato alla crudeltà. Non si può negare, la
penetrazione del suo intendimento , la
prontezza delle sue risposte , un'applicazio-
ne a tutto quanto può riuscir d' ornamento
a persona nobile, Tajutavano a brillar nel-
la corte e negli ufizj a lui commessi. Pro-
digiosa era la sua memoria. Tutto quanto
leggeva , Io riteneva a mente , Fu veduta
talvolta in uno stesso tempo scrivere uria
lettera , dettarne un' altra , ascoltare e fa-
vellar con gli amici . Non si lasciava an-
dar innanzi alcuno nella cognizion delle
lingue greca e latina , sapea egregiarncnt^
comporre tanto in prosa , che in Versi ; ed
anche improvvisava talvolta con garbo ^ .
La medicina , V aritmetica , la geometria le
possedeva; dilettavasi di sonar varj stru-^
menti , di dipignere , di lavorar delle sta-
tue ; e la sua non mai sazia curiosità il
portava a voler sapere di tutto, con insi-
no inoltrarsi molto nel vanissimo studio
della strologia giudiciaria , o nell' empio
^ella magia . Lasciò anche dopo di se varj
libri di sua composizione in prosa e in
X 3 ver-
* Dio lib.6%
^26 Annali d'Italia
versi . Suo maestro , o pure ajutante eli
studio fu Lucio Giulio Vestinio ^ che servi
poscia a lui divenuto iniperadore di segre-
tario, e vien chiamato soprantendente alle
biblioteche di Roma greche e latine in una
iscrizione ^. Questo suo amore alle scienze
rd arti cagion fu, che a' suoi tempi fiori-
rono in Roma le lettere , e vidersi i profes-
sori d'esse sommamente onorati e premia-
ti , come attesta anche Filostrato * . Piena
era la sua corte di gramatici , musici , pit-
tori , geometri , ed altri simili . Spezial-
mente si compiaceva di conversar coi filo-
sofi , poeti, ed oratori, e li teneva bene
in esercizio , proponendo loro stravaganti
quistioni , per imbrogliarli, e rispondendo
loro con egual vivacità tanto sul serio , che
burlando. Per altro a misura del suo volu-
bil cervello era anche bizzarro , ed instabi-
le il suo genio e gusto. E credendosi per istajH
re sopra gli altri come imperadore, di ave^"
anche questa medesima superiorità nell'in-^
gegno e nel sapere ^ portava nello stess( '
tempo invidia a chi parea sapere più
lui, con giugnere a maltrattarli, e a tr
Var da dire sopra tutte le lor fatiche ,
quel eh' è peggio , a perseguitarli . Facevasi
anch e ridere dietro , allorché antepone '
ad Omero un certo cattivo poeta appellati
Antimaco, Ennio a Virgilio, Catone a Ci-
ce-
- Thesaurus novus Inscrip tion.
* Philostratus in Sofhis$»
Anno CXVIII. 327
cerone ^ Celio a Sallustio . E questo suo
maligno ed invidioso talento il trasse fino
a screditar le azioni e le fabbriche di Tra-
jano, quasiché egli andasse innanzi a quel
grand* uomo nel giudizio enei buongusto.
Ma questo per ora basti del novello impe-
radore Adriano , e intorno alle sue doti e
^ostumi .
Dacché fu egli creato imperadore , giu-
dicò di non dover partire di Antiochia ,
senza lasciare in istato quieto le cose d'
Oriente ^ . Avea ben Trajano aggiunte al
romano imperio le proyincie della Mesopo-r
tamia, dell'Assiria, e dell'Armenia; ma
il mantener quelle provincie nella dovuta
ubbidienza, non era da un Adriano, prin-
cipe che s' intendea del mestier della guer-
ra per parlarne in sua camera _, non per
esercitarlo in campagna ^ perchè mal prov-
veduto di coraggio e di pazienza nejle fa-
tiche . Però si rivolse egli a' trattati di pa-
ce con Cosdroe , già re de' Parti , e con que'
popoli^ contento di salvare la dignità del
popolo romano ; giacche non si credea da
tanto da poter conservar quelle conquiste.
Cedette dunque l'Assiria e la Mesopotamia
a Cosdroe , mandandogli probabilnicnte il
diadema , con ritener qualch' omb.ra di su-
periorità , e riducendo il confine romano
all'Eufrate, come era prima. Levò via Par-
tama spare ^ cioè quel re che Trajano avea
X 4 da-
* D;'q lib. 69' Sfarti anus in Vita Hadriani *
328 Annali d' Itali a
dato ai Parti , costituendolo re iri qualche
angolo di quelle contrade. Permise anche
ai popoli deirArmenia l'eleggersi il loro re.
Parve che in tutto questo egli cercasse d'
estinguere la gloria diTrajano;, di cui per
attestato di Eutropio ^, si mostrò sempre
invidioso. Fece poi anche per questo distrug-
gere contro il volere di tutti il teatro fab-*
bricato da esso Trajano nel Campo Marzio .
Poco mancò^ che non restituisse ancora la
Dacia ai Barbari . Impedito ne fu dalla per-
suasion degli amici , acciocché non cades-
sero sotto il giogo barbarico tanti cittadi-
ni romani , che Trajano aveva inviato ad
abitare colà. Creò Adriano sul principio
due prefetti del pretorio, cioè Celio Ta-
ziano per gratitudine , avendolo avuto
per tutore in sua gioventù ^ e per mez-
zano a salire in alto ; e Simile per la
moderazione ed onoratezza de"* suoi costu-
mi . Di questi ne dà un saggio lo stori-
co Dione * con dire che mentre Simile
era solamente centurione , trovossi ncll'
anticamera imperiale , per andare all'udien-
za di Trajano . V erano ancora molti
altri da più di lui, cioè ufiziali prima-
rj , che la desideravano anch' essi . Trajano
il fece chiamare innanzi agli altri ^ ma
egli si scusò con dire , essere contro V or-
dine, che un par suo dovesse goder quest'
onore ^ con fare intanto aspettare i suoi
co-
' Eutro^. in Sreviar. * Di» lib- 69*
Anno CXVIII. ^ 329
comandanti nelF anticamera. Accettò Simile
con diiTicoltà la carica di prefetto , e da lì
forse a due anni scorgendo che verso di
lui s'era raffreddato Adriano, dimandò ed
ottenne il suo congedo. Ritiratosi alla cam-
pagna , quivi per sette anni sopravvisse in
tutta pace , comandando poi alla sua mor-
te , che nel suo epitaffio si scrivesse come
egli era stato settantasei anni sulla terra ,
ed esserne \dvuto solamente sette. D'altro
umore fu ben Taziano , perchè uomo vio-
lento . Egli sulle prime scrisse da Roma ad
Adriano di levar dal mondo ^ Behio Marco
prefetto di Roma , e Laherio alassimo , e
Crasso Frugi y relegati nell'isole, come
persone capaci di novità. Adriano non vol-
le dar pricipio al suo governo con queste
crudeltà. Alcune poi ne comniise andando
innanzi, e di queste diede la colpa ai con-
sigli del medesimo Taziano. Depresse Lu-
sio Quieto y valoroso uiiziale , con levargli
la compagnia de' Mori j, perchè si sospetta-
va che aspirasse all' imperio. Mandò anco-
ra Marzio Turbone ad acquetare un tumul-
to insorto nella Mauritania . Probabilmente
verso la primavera di quest' anno Adriano,
dopo aver dato ai soldati il doppio di quel
regalo che solevano dar gli altri nuovi im-
peradori , e lasciato al governo della Soria
Catllio Severo , si mise in viaggio per ter-
ra alla volta di Roma. Il senato gli avea
Tom. il X 5 de-
' Sfartioìtus tn Vita Hadriant .
530 Annali r>' I t a l i a
clecretiito il trionfo. Lo ricusò egli , volen^
do che a Trajano, benché defunto ; si des^
se quest'onore. Perciò entrò in E.oma sul
carro trionfale, su cui era inalberata l'im-
magine di esso Trajano . Cominciò dipoi
il suo governo , come far sogliono per Io
più i principi novelli , con somma bontà e
dolcezza , e con far bene a tutti . Diede uà
congiario al popolo romano ^ , e pare che n
avesse dato due altri nell' anno antecedente ,
Rimise alle città d' Italia tutto il tributo
coronario , cioè quello che si solca pagave .
per le vittorie degl' imperadori , e per 1' as^
sunzione d'essi al trono. Lo sminuì anche
alle Provincie fuori d'Italia, benché egli
pomposamente esprimesse , quanto allora Io
stato si trovasse in gran bisogno di dana-
ro , che ciò nonnostante egli faceva quella
remissione . Ciò nondimeno che gli produs!:||«
se un incredibil plauso, fu l'aver condona-iM
to tutti i debiti ^ che aveano le persone
private da sedici anni in addietro coli' era-s^,
rio imperiale tanto in Roma, che in Italia 5"'
e nelle provincie spettanti all' imperadore ,
secondo la division d'Augusto: nonsapen-~
dosi, se questa liberalità si stendesse an-^
cora alle provincie governate dal senato
Parla di questa sua memorabil generosità
Sparziano , e ne conservarono la memori;
le medaglie eie iscrizioni antiche 3. Se noi
^ fai-
' Medìob:irbus in Nurnhm.it- Tmperat. ' Dio lib- 69,
Spartianus in t'ita Hadriani .
• Pifnvinius Fast' Consulau
Anno CXVIII. 331
fallanno i conti del Gronovio ^ , questa re«
missione ascese a ventidue milioni e mezzo
di scudi d' oro : il che sembra cosà incredi-
bile. Per dare maggior risalto a questa sua
insigne azione, e per maggior sicurezza dei
debitori , fece bruciar nella piazza di Tra-
janò tutte le lor polizze ed obbligazioni .
Apparisce dalle medaglie suddette , eh' egli
appena creato imperadore prese i titoli di
Germanico ., Dacico , e Particó , come se an-
cor questi fossero passati in lui coli' eredi-
tà di Trajano. Trovasi anche appellato
Pontefice Massimo, Ma per conto del titolo
di Padre della Patria , benché il senato non
tardasse ad esibirglielo , e tornaàse da lì
a qualche tempo ad offerirlo , noi volle
sull' esempio di Augusto , che tardi V avea
«iccettato .
Anno di Cristo cxix. Indizione 11.
di Sisto papa 3.
di Adriano imperadore 3.
' f Elio Adriano Augusto per
Consoli -J la terza volta,
•^ Quinto Giunio Rustico.
1 erchè non abbiamo storici , che abbiano
con ordine di cronologia distribuite le azio-
ni di Adriano, e di molti altri susseguen-
ti imperadori , possiamo ben rapportar con
X 6 si-
5 Qronovtus de Sesteniis .
532 Annali d'Italia
sicurezza ciò che operarono , ma- non già
accertarne i tempi . Le stesse medaglie man-
cano in questi tempi di note cronologiche ,
perchè non vi si esprime_, se non in gene-
rale la podestà tribunizia , e il consolato
terzo^ ripetuto sempre ne' susseguenti an-
ni, perchè egli più non fu da lì innanzi
console. Diede ( forse nel precedente, e
non meno nel presente ) dei solazzi al po-
polo romano , troppo vago degli spettacoli ^
correndo il suo giorno natalizio , cioè ^ il
combattimento de' gladiatori , e molte cac-
ce di fiere . Giorni vi furono , ne' quali cen-
to lioni , ed altrettante lionesse , restarono
uccisi. Tanto nel teatro, che nel circo,
dove si fecero altri giuochi, sparse dei do-
ni separatamente agli uomini e alle don-
ne. E perciocché regnava in Roma Tabbo-
rninevole abuso , che al medesimo bagno e
nello stesso tempo si andavano a lavar uo-
mini e donne , proibì così enorme indecen-
za. Durò * il suo consolato dcir anno pre-
sente solamente i primi quattro mesi, sen-
za che si sappia , che gli fosse sustituito in
quella dignità. Ed allora attese ad ascol-
tar e decidere le cause ^ che erano portate
al senato. Meglio regolò le poste, accioc-
ché i magistrati delle provincie non aves-
sero r incomodo di provveder le vetture ai
bisogni. Ordinò che da lì innanzi le pene
dei condennati non si pagassero al Fisco,
cioè
* Dio Uh. 69. * Spartianus in Vita Hadriani »
Anno CXIX. 333
cioè alla camera cesarea ^ ma bensì all'* er^
rio della repubblica . Accrebbe gli alimen-
ti ai fanciulli e alle fanciulle orfane pove-
re per tutta V Italia , ampliando la bella
istituzione , che aveano dianzi fatto i buo-
ni imperadori Nerva e Trajano. Ai sena-
tori , che senza lor colpa aveano sminuito
molto del patrimonio, che si esigeva per
essere di quel!' Ordine eminente , diede egli
il supplemento con pensioni ben pagate,
finché egli visse . Per le spese occorrenti
neir ingresso delle cariche a molti suoi ami-
ci poveri somministrò un buon ajuto di co-
sta , e ciò fece ancora con alcuni che noi
meritavano * Sovvenne ancora molte nobili
donne ^ alle quali mancava il modo onesto
di sostentar la vita. Scelse i più accredi-
tati deir ordine senatorio per suoi dome-
stici e familiari , e li teneva alla sua ta-
vola . Fuorché nel giorno suo natalizio , ri-
cusò i giuochi circensi, che in altri tempi
volle il senato decretare in onore di lui*
Spesse volte ancora parlando al senato e al
popolo , protestò di voler far conoscere nel
suo governo , eh' egli proccurava il ben pub-
blico , e non già il proprio .
La cronica di Alessandria mette sotto
questi consoli l'andata di Adriano a Geru*
.salemme ^, per quetare i tumulti eccitati
dai Giudei anche in quelle parti. Prese, se
vogliam credere a quello storico , la città
di
* Coronici Patthsl* Tom. I. Hirtcr. B/rantin,
354 Annali d' Italia
di Terebinto, e vendè schiavi al pubbliccr
i Giudei quivi trovati. Atterrò il tempio
di Gerusalemme ; fabbricò ivi due piazze .
un teatro, ed altri edifìzj . Divise quella
città in sette rioni coi lor soprantendenti ,
ed abolito il nome di Gerusalemme , volle
che quella città dal suo si chiamasse Elia.
Anche Eusebio ^ qualche cosa di ciò parla
air anno presente; e il padre Pagi ^ tien
per fermo, che allora seguisse il viaggio
suddetto di Adriano , e che Gerusalemme
fosse da lui rifabbricata. Ma non è rautò-
re della cronica alessandrina dì tal peso',
da dovergli tosto prestar fede in questo
punto di cronologia,, quando Dione e Spar-
ziano nulla di ciò dicono verso ì tempi
presenti; e quello scrittore patentemente
s' inganna in attribuire ad Adriano la di-
struzione del tempio, accaduta nella guer-
ra di Tito. Non è perciò a mio credere
assai sussistente il viaggio colà di Adria-^
no^ in questi tempi. Possiamo bens'ì tenere,
che nell'anno presente i sediziosi Giudei
facessero qualche movimento, e restassero
abbattuti, come scrive san Girolamo ^ ^ e
vien accennato anche da Eusebio . Abbiamo
innoltre da Eutropio ">• , che Adriano ebbe
una sola guerra , di cui parleremo , né que-
sta la fece in persona, ma per mezzo di
un suo generale e
' Eusehius in Chron, * Pagius Cri tic. Barctu
3 Hieronymuy Comment, in D^^ielem (a{. 9-
^ Eutvop* in BrevfaV'
W^ Ann(
Anno CXX. 335
Anno di Cristo cxx. Indizione in*
di Sisto papa 4.
»di Adriano imperadore 4.
ri ^' r Lucio Catilio Severo,
Consoli -> rn V T?
|_ Tito AuifìiLio Fulvo.
1 er quanto c'insegna Giulio Capitolino ^5
r innperadore Antonino Pio fu prima nomi-
nato Tito Aurelio Fulvio o Fulvo ) ed era
stato console con Catilio Severo . Quando
quello storico non prenda abbaglio , il se-
condo de'consoli dell'anno presente dovet-
te essere il medesimo Antonino , Non iu-
clo Aurelio , come per errore è corso ne'
Fasti del padre Stampa , ma Tito Aurelio
fu il prenome e nome d' esso console , co-^
me s' ha da un'jiscrizione riferita dal Pan-
vinio * . Ora all' anno presente , secondochè
immaginò il padre Pagi 3 con altri , e non
già al precedente,, come volle il Tillemont j,
pare che s'abbia da riferire la guerra mos-
sa ^ dai Sarmati e dai Hossolani contro le
terre dell'imperio romano. A questo avvi-
so Adriano Augusto immediatamente man-
dò innanzi l'esercito romano, e poi tenen-
dogli dietro, arrivò anch' egli nella Mesia,
e si fermò al Danubio , frapposto fra lai e
i nemici. Il Cellario j, che mette i Sarma-
ti verso il Mar Nero, e i Rossolani circn
la
^ Julius Capitolinus in T. Antonino .
* Panvinius in Fast- Confutar.
^ Pagius in CritìC, Barcn. ^ Dio Hb. C9' ^ Celiar. Gcogr.
53^ Annali d' Italia
la Palude Meotide, non 50 come ben sì ac-
cordi col racconto di questa guerra . Un di
la cavalleria romana , di tutte armi guer»
nita, all'improvviso passò a nuoto il Da-
nubio : azione sommamente ardita , che mi-
se tal terrore ne' Barbari , che trattarono
di pace ^ . Lamentavasi il re de' Rossola-
Xìì *, che gli fosse stata sminuita la pen-
sione solita a pagarsegli dai Romani . Adria-
no , che abborriva i pericoli della guerra ,
jl soddisfece^ con accordar vergognosamen-
te quanto il Barbaro richieden . Fu in que-
sti tempi, ch'egli diede il governo della
Pannonia e della Dacia 3. Marzio Turhone ^
eh' era stato presidente della Mauritania ,
conferendogli la medesima autorità , che
avea il governator dell'Egitto. Fors' anche
allora fu , eh' egli fece fabbricar nella Me-
sia una citth, che da lui prese il nome di
Adrianopoli^ oggidì Andrinopoli , città mol-
to cospicua tuttavia. Secondo T ordine che
tiene Sparziano nel suo racconto, parreb-
be che appartenessero all' anno presente al-
cune crudeltà usate da esso Adriano. Dio-
ne 3 sembra metterle molto prima, cioè
all'anno 118, o iig . Siccome Adriano era
principe diffidente e sospettoso, e che fa-
cilmente bevea quanto di male gli veniva
riferito ., così prestò fède a chi accusò Do-*
inizio Ntgrino 6.^ aver macchinato contro
la di lui vita: dei qual delitto ( vero, o
fai-
? Euseh. in Chton.
* S^anianus in Vita Hadriani . ■* Dio h'h> 69.
Anno CXX. 537
falso che fosse ) furono creduti complici
Cornelio Palma , Lucio Publicio Celso , e
Lucio Qideto^ tutti e quattro personaggi
di gran credito e nobiltà j, e stati già con-
soli ordinar] o straordinarj . Ma non s^ ac-
cordano insieme Dione eSparziano. Il pri-
mo scrive che doveano ammazzare Adria*-
no, allorché era alla caccia; e l'altro,
mentr' egli si trovava impegnato in un sa-
grifizio . Si può anche dubitare che un tal
fatto accadesse, quando Adriano si trova-
va nelle vicinanze di Roma^, e non già nel-
la Mesia. Ne scrisse Adriano al senato.
Pare che queste persone prendessero la fu-
ga , perchè Palma per ordine del senato fu
ucciso in Terracina, Celso a Baja^ Negri-
no a Faenza, e Lucio in viaggio . Protestò
dipoi Adriano^ non essere accaduta la lor
morte di commessione sua , e lo scrisse an-
che nella sua vita, libro che più non esi-
ste . Ma per quanto egli dicesse ^ ^ comu-
ne credenza fu , che per insinuazioni segre-
te da lui fatte, il senato levasse a sì ri-
guardevoli suggetti la vita ; né alcuno si
sapea persuadere^ che persone di tanta ri-
putazione fossero giunte a meditar simile
attentato . Lo stesso Adriano poi in qual-
che congiuntura non negò d' aver data la
spinta alla loro morte , con rigettarne poi
la colpa del consiglio sopra Taziano^ prei*
fet to del pretorio.
Né fu questa la sola crudeltà tjsata da
Adria-
- Dio lib.6$.
338 Annaii d' Italia
Adriano. Altre nobili e potenti persone
credute colpevoli per la suddetta congiura ,
o per altre cagioni^ ed in altri tempi, per-
derono la vita d'ordine suo, tuttoché l'astu-
to principe , anche con giuramento , atte-
stasse d' essere in ciò innocente . Così in
un altro anno egli fece levare dal mondo
Apollodoro Damasceno ^. Siccome di sopra
accennamrho , era questi un architetto mi-
rabile. Avea fabbricato il maraviglioso pon-
te di Trajano sul Danubio. Sua fattura pa-
rimente furono la superba piazza di Tra-
jano, rodeo, ed il Ginnasio in Roma. Un
giorno si trovava presente Adriano, allor-
ché l'Augusto Trajano ed Apollodoro trat-
tavano di una di esse fabbriche , e volle
anch' egli fare il saccente , come quegli che
credea di sapere di tutto. Rivoltosegli A-
pollodoro gli disse: Andate di grazia a
dipignerc delle zucche : che di questo non
"v^ intendete punto. Questa ingiuria non si
cancellò mai più dal cuor di Adriano, e
fu cagione che mandò poi con de' pretesti
quel valentuomo in esilio. Tuttavia mag-
gior male per questo non gli avrebbe fat-
to ; anzi in qualche tempo si servì di lui.
Avvenne che Adriano fabbricò il tempio di
Venere e di Roma, dove erano le magni^
fiche statue di queste due falsamente appel-
late dee. Per prendersi beffe di Apollodo-
ro ch'era fuori di Roma^ e forse esiliato,
gliene mandò il disegno-, acciocché inten-
des-
' Dio ibidem •
Anno CXX. 339
elesse che senza di lui si poteano far del-
le sontuose e belle fabbriche in Roma ; e
nello stesso tempo desiderò, che dicesse il
suo sentimento , se fosse o no con buona
architettura formato quell' edificio . Rispo-
se Apollodoro^ che conveniva fabbricar quel
tempio assai più alto , se avea da fare un'
eminente comparsa sopra le alte fabbriche
della Via sacra; ed anche più concavo, a
cagion delle macchine che si pensava di
fabbricar ivi segretamente^ per introdurle
poi nel Teatro . Aggiugneva , che le mae-»
stose statue ivi poste, non erano prppor-
7,ionate alla grandezza del tempio , perchè
se le dee avessero avuto da levarsi in pie-
di ed uscir fuori, non avrebbono potuto
farlo . Air udir queste osservazioni , e al
conoscere V error commesso senza poterlo
emendare, s'empiè di tanta rabbia e dolo-
re Adriano , che privò di vita il troppo
sincero architetto , degno ben d' altra mer-
cede pel suo impareggiabil valore. Oh che
bestia il signore Adriano / griderà qui ta-
luno . Ma convien aspettare alquanto, per-
chè mirandolo in un altro prospetto fra po-
co , troveremo in lui tanto di buono da
potere far bella -figura fra i regnanti. Non
so io ben dire in che luogo dimorasse A-
driano , allorché succedette la tragedia dei
quattro consolari suddetti uccisi . Ben so
ch'egli si trovava fuori di Roma , ^ ed av-
visato della grave mormorazione che si fa-
cea
' S^artianuT in Hadì'iano .
740 Annali d' I t a l i a
feeà per la morte di sì illustri personaggi ^
e eh* egli s' era tirato addosso Ì' odio di tut-
ti , corse frettolosamente a Roma , per pre-
venire i disordini . Quetò il popolo con di-
spensargli un doppio congiario. Mentre era
lontano, gli avea anche fatto distribuire
tre scudi d' oro per testa . Nel senato do-
po aver addotte le scuse dell'operato , giu-
rò di nuovo, che non avrebbe mai fatto
morire senatore alcuno, se non era giudi-
cato degno di morte dal senato. Ma sotto
i precedenti cattivi Augusti , un solo lot
cenno bastava a far che il senato proferis-
se la sentenza di morte contra di chi in^
correva nella loro disgrazia . Se non falla
Eusebio ^, in quest'anno, ovvero nei se-
guente, un fiero tremuoto dirocca la città
di Nicomedia^ e ne patirono gran danna
tutte le città circonvicine. Adriano gene-^"
tosaihente inviò colà g.randi somme di d^-=
liaro per rifarle .
Anno di Cristo cxxi. Indizione rr.-
di Sisto papa 5.
di Adriano imperadore 5;
r Lucio Annio Vero per tó
Consóli -i seconda volta,
(^ Aurelio Augurino-
JTu Lucio Annio Vero avolo paterno di
Biacco Aurelio filosofo ed imperadore, di
cui parleremo a suo tempo . Osservossi
in
^ Euub. in ChYùmc. * Spavtianus in Hadrianv .
Anno CXXL 341
in tutte le maniere di vivere d' Adriano
Augusto una continua varietà , e una co-
stante incostanza. Ora crudele, ora tutto
clemenza : ora serio e severo , ora lieto
buffone : avaro insierne e liberale : since-
ro e simulatore . Amava facilmente , ma fa-
cilmente passava dall' amore all' odio . S' è
veduto, com'egli trattò l'architetto Apollo-
doro, e pure abbiam daSparziano, che non
si vendicò di chi gli era stato nemico , allor-
ché menava vita privata. Diveputo jmpera-
dore , solamente non guardava loro addosso .
E vedendo uno, che più degli altri se gii
era mostrato contrario , disse ; L' hai scap-^
yata , Tutto ciò può essere, se non che per
testimonianza del medesimo storico , Fal-^
ma e Celso consoli , stati sempre suoi ne-
mici nella vita privata , abbiam veduto
qual fine fecero. In quest'anno gli ven-
ne troppo a noja Celio Taziano^ che già
dicemmo alzato da lui al grado di prefetto
del pretorio , in guisa che, come dimentico
di averlo avuto per tutore, e per gran pror
motore della sua assunzione al trono , ad
altro non pensava che a levarselo d' attor-
no . Non poteva sofferire la grand' aria di
potenza , che si dava Taziano , e perciò
gli corse più volte per mente di farlo ta-
gliare a pezzi. Se ne astenne _, perchè era
fresca la memoria dei quattro consolari
uccisi , e r odio che gliene era proi^enu-
to . Ma con tutto il suo guardarlo di bis-
eo , non otteneva che Taziano chiedesse ò.i
d€~
%i^2 Annali d' Italia
depor quella carica. Gli fece pertanto di-
re air orecchio > che era bene il chiederlo;
ed appena ne udì V istanza , che conferi
la carica di prefetto del pretorio a 3Iarzio
Turbane j richiamato dalla Pannonia e Da-
cia.' Creò senatore Taziano^ dandogli an-
che gli ornamenti consolari , e dicendo
che non avea cosa più grande, con cui
premiarlo. Anche Slmile^ l'altro prefetto
dal pretorio, siccome dissi all'anno ii8,
dimanda il suo congedo . Entrò nel suo
posto Setticio Claro . Sì Turbo ne ^ che Cla--
rcr erano due personaggi di raro meri-
to i ma anch" essi provarono col tem-
po , quanto instabile fosse l' amore e la
grazia di questo imperadore . Per que-
sta mutazion d"* ufiziali parendo oramai
ad Adriano d^ aver la vita in sicuro, per-
chè di loro non si fidava più, andò^ a
sollazzarsi nella Campania , dove fece
del bene a tutte quelle città e terre , ed
ammise all'amicizia sua le persone più de-
gne, ch'egli trovò in quel tratta di paese.
Ritornato a Eoma Adriano , come se
fosse persona privata, interveniva alle cau«^
se agitate davanti ai consoli e ai pretori ;
compariva ai conviti de' suoi amici, e se
questi cadevano malati , due ed anche
tre volte il giorno andava a visitarli .
Ne solamente ciò praticò coi senatori ^
si stesero le visite sue anche ai cavalie-
ri romani infermi , e insino a persóne
di schiatta libertina, sollevando tutti con
dei
Anno CXXI. 545
dei buoni consigli , ed ajutando chiunque
si trovava in bisogno . Gran copia d' es-
si amici volea sempre alla sua mensa ..
Alla suocera sua , cioè a Matldla Au-
gusta ^ nipote di Trajano , compartì ogni
possibil onore , allorché si faceano i giuo-
chi de' gladiatori 5 e in altre occorrenze.
Ebbe sempre in sommo onore Flatlna Au-
gusta ^ vedova di Trajano , da cui ri-
conosceva r imperio. E a lei defunta fece
un sontuoso scon'uccio * Gran rispetto an-
cora mostrava ai consoli, sint) a ricondurli
a casa terminati eh' erano i giuochi circen-
si . Anche con la più bassa gente parlava
umanissimamente detestando i principi che
colla loro altura si privano del contento
di mandar via soddisfatte di se le perso-
ne . Con queste azioni prive di fasto ^ pie-
ne di clemenza ^ si procacciava V affetto
del pubblico; e lodavasi nel medesimo
tempo la continua sua attenzione al buon
governo ; la sua magnificenza nelle fabbri-
che ; la sua provvidenza ne' bisogni occor-
renti , e specialmente nel mantenere 1' ab-
bondanza de' viveri al popolo. Assaissimo
ancora piaceva il non esser egli vago di
guerre , che d' ordinario costano troppo ai
sudditi * Tanto le abborriva egli , che se
ne insorgeva alcuna , piìi tosto si studiava
di aggiustar le differenze coi negoziati,
che di venir all'armi. Non confiscò mai i
beni altrui per via d' ingiustizie ; troppo
si
* Dio lib.6^.
544 Annali d' Italia
si pregiava egli di donare il suo ad altri ,
non già di far sua la roba altrui. In fatti
."grande fu la sua liberalità verso tholtissi-
mi senatori e cavalieri ; né -aspettava egli
d' essere pregato : bastava che conoscesse
i lor bisogni, per correre spontaneamente a
sovvenirli . Se gli poteva parlare con liber-
tà , senza eh' egli seT avesse a male . Aven-
dogli una donna dimandata giustizia , ri-
spose di non aver tempo di ascoltarla . Per"
che siete 'voi dunque ìmperadore ? gridò la
donna. Permessi allora Adriano con pazien-
za r ascoltò, e la soddisfece. Un dì ne'
giuochi de' gladiatori al popolo non pia-
cea quel che si facea ^ e con importune
grida dimandava all' imperadore, che sene
facesse un altro. Comandò Adriano all'
araldo , che gli era vicino , di dire impe-
riosamente al popolo, che tacesse^ come
solea far Domiziano . Ma V araldo fatto
cenno al popolo di dovergli dir qualche pa-
rola a nome del regnante , altro non dis^
se se non : Quel che ora si fa ^ è di pia-
cer^ deir Imperadore . Non si offese punto
Adriano j, che l' araldo avesse contro V or-
dine suo parlato con tal mansuetudine al
popolo , anzi il lodò d' aver così fatto .
Credasi ch'egli in quest'anno fabbricasse
un Circo in Koma. Comincia il Tillemont
^nell'anno 120 i viaggi d'Adriano fuori
d'Italia: il Pagi * nell'anno 121. Io mi
riserbo ci parlarne all'anno seguente.
Fine del Tomo IL
^ TilhmMemoir^des Ir^fevciirs . ^ Pagr'us Critica B/trcfJ^
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3 DG Muratori, Lodovicìo Antonio
A66 Annali d'Italia Ed.
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