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ANNALI D' ITALIA
D I
LODOVICO-ANTONIO MURATORI.
EDIZIONE NOVISSIMA.
TOMO XXII.
41^
IN VENEZIA MDCCXCIX,
Dalla Tipografia dì Antonio Curti
fKESSO OIOSTIHO PASQ.UALt <i. MARIO
Con Privilegio,
In questo
TOMO XXII.
Si comprende lo spazio di tempo scor-
so dairanno di Cristo MCCCCLXXXI,
Indizione XIV , fino all^ anno di Cri-
sto MDXXIII, Indizione XI.
di Clementlc VII^ papa i.
di Carlo V, imperadore 5.
P6
MI
ANNALI D* ITALIA
Dal principio dell' Era Volgare
-fino all'anno 1500*
Anno di Cristo iwcccclxxxi, Ind. xiv,
di Sisto IV , papa 11.
di Federigo III , imperadore 30.
X anto il i)ontefice Sisto ^ che il re Ferdl^
nando attesero a far grandi preparamenti,
per togliere dalle mani de' Turchi T occu-
pata Città d'Otranto ^. Ad altre città an-
cora di' que"* contorni s'era stesa la poten-
za di costoro. Formossi dunque una gran
lega per questa importante impresa , e vi
entrarono il papa col re Ferdinando^, Mat-
tia Corvino re d'Ungheria, il duca di 311'
inno ^ il duca di Ferrara^ i marchesi di
Mantova e di Monferrato , i Fiorentini y
Genovesi ^ Sane si ^ Lucchesi ^ Bolognesi .
Chi promise danaro, chi gente ^ chi galee
armate. Anche i re d^ Aragona e Porto-
gallo s' impegnarono di mandare gagliardi
soccorsi . Nulla si potè ottenere da' Vene-
ziani . Ma forse tutto questo grandioso ap-
parato avrebbe s^vito a poco^ se la mi-
sericordia di Dio non avesse per altro ver-
so provveduto al bisogno della Cristianità.
A 2 Ven-
■ RaynaUiis Annal> Eccl-
4 Annali d* Italia
Venne a morte nel dì 31 di maggio Mao-'
metto II j imperador de' Turchi^ cioè colui
che tante provincie avea tolte in sua vita ai
Cristiani^ chi disse per veleno,, e chi per
un tumore. Insorse allora una ferissima
guerra fra due suoi figliuoH , cioè fra Ba*
iazetfe e Zizim ^ pretendendo cadaun di
loro r impero , e a cagion d'essa il bas-
sa Acmet fu richiamato in Levante. Que-
sto fa la salute del re Ferdinando . Avea
Alfonso duca di Calabria cinta di forte
assedio la suddetta città d'Otranto per ter-
ra , tormentandola colle artiglierie ^ colle
mine , e con frequenti assalti-^ jiiar'con po-
co profitto per la gagliarda resistenza dei
nemici . Dacché giunsero colà le flotte del
re suo padre, del papa, e de'Genovesi ,
anche per mare fu stretta^ e combattuta
la città. Si fece ancora battaglia coi legni
turcheschi , e ne riportarono vittoria i
Cristiani . La nuova della morte di Mao-
metto, e della discordia nata fra i due
fgliuoli di lui , e la speranza perduta ,
che venissero dalla Vallona ventimila Tur-
chi quivi preparati per far vela in soccor-
so degli assediati : furono le cagioni , che
Otranto infine si rendè per trattato nel
dì IO di settembre al duca di, Calabria ;
la qual nuova sparsa per.Italia riempiè di
consolazion tutti i popoli ^ . In vigor della
ca-
* Jacobus t^'olntevraaits hiautor.ì.ti. ìler. Tta!. Sumr.:ont9
istori 0 di N:i^ii ' Sanato Jit. di f^en-, T. ti. Rfr. Z.-.t/.
Anno MCCCCLXXXI. 5
capitolazione fu permesso ai Turchi d* an-
darsene j ma il duca servendosi del prete-
sto , o della ragione ^ eh' essi menassero
con loro alcuni giovani cristiane, li svali-
giò^ e fattine prigioni circa a mille e cin-
quecento , li prese poi al suo servigio y con
valersene nelle guerre , che fra poco insor-
sero in Italia. Dopo tal vittoria trovavasi
il re Ferdinando in grandi forze e in som-
ma voglia di contin-uar la guerra co' Tur-
chi. Bellissima era la congiuntura di far^
riguardevoli progressi, mentre i figliuoli
del defunto Maometto gareggiavano allora
V un centra T altro, e i soldati gridavano
la maggior parte^, a Costantino^poli ^. Ma
non men la flotta del pontefice , quanto
quella de"* Genovesi,, se ne tornarono tosto
indietro, lamentandosi, che il duca di
Calabria si fosse impadronito di tutte le
artiglierie ed armi, senza farne loro par-
tfò alcuna , e senza regalarli , ed avea
anche lasciato mancar loro la vettovaglia .
Per quanto si affaticasse in Civita- vecchia ,
dove era il papa, l'ambasciatore del re
Ferdinando , con rappresientare , essere que-
sto il tempo di fiaccare le corna ai tiran-
no d'Oriente^ giacché erano giunte anche
le flotte ausiliarie di Ferdinando il Cat-
tolico re d'Aragona, e ài Alfonso re di
Portogallo, nulla di più potè ottenere. Il
A 3 con-
* Rayn.Tldus /tnnith Esci. Jacobus Volaterranus Diar. T.aj»
Rer. Ital,
G Annali ij)' 1 t a l r a
conte Girolamo Riarlo nipote del papa ,
avea già degli altri disegni che si scopri-
rono poi nell'anno seguente. Di grossi
conti avrà avuto questo pontefice nel Tri-
bunale di Dio.
Generale delle arirà del duca di Milano ,
ed uno de' suoi consiglieri, in questi tem-
pi era Roberto Sanseverlno ^. Se per pro-
pria colpa,, o di Lodovico il 3Ioro^ egli si
disgustasse j non bene apparisce . Quel che
è certo, egli dicea di non si fidare del
Moro. Insorse ancora una fiera rissa fra i
suoi servitori e quei del Moro nel mese
di febbraio. Cominciò egli dunque a pre-
tendere maggior soldo per la sua condot-
ta ; lo che ricusandosi dal duca , ossia da
esso Lodovico y dispettosamente si partì
da Milano , e ritirossi a Castel-nuovo di
Tortona. Potrebb' essere, ch'egli se l'in-
tendesse già co' Veneziani , i quali aveano
gran prurito di far guerra ; almeno dovet-
te Roberto cominciar le sue mene con lo-
ro, siccome uomo avvezzo a pescare nel
torbido. Dal re Ferdinando e da' Fioren-
tini furono spedite persone per ritener-
lo al servigio dello Stato di Milano , ma
ni'un frutto riportò la loro ambasciata. Il
perchè Lodovico il Moro fece istanza a
Firenze di avere Costanzo Sforza signore
di Pesaro per generale delle armi milane-
si ; e questi a lui conceduto , arrivò a Mi-
la-
* Corto tsu di Milano ,
Anno MCCCCLXXXL 7
lano nel giorno 18 d'ottobre. Che già la
repubblica veneta avesse voglia di rom-
perla con Ercole duca di Ferrara , se ne
assicura Jacopo Volateranno con dire ^ ,
che i Veneziani piantarono in quest' anno
una bastia nel distretto di Ferrara , pre*
tendendo essere di lor ragione quel sito .
Il duca dopo avere indarno reclamato , ri-
corse al re Ferdinando , al duca di Milano ,
e a' Fiorentini; e questi per mezzio dei loto
ambasciatori ne fecero doglianza al papa
sul principio di dicembre. Il papa^, quan-
tunque si trattasse di un principe suo vas-
sallo, ninna cura si prese di rimediare al
fatto ^ siccome venduto a^ Veneziani per le
suggestioni del conte Girolamo Mi arto , a
cui troppo poco parea l' essere divenuto
signore d'Imola e di Forlì, e sperava di
stendere maggiormente le fimbrie eolia
sponda de' Veneziani, Si portò egli appun-
to a Venezia nell' agosto dell' anno pre-
sente^ per ordire la trama, anche prima
che fosse liberato Otranto dal giogo tur-
chesco , e trattato fu da que' signori con
onori tali , che poco meno si sarebbe fat-
to ad un re . Morì in quest' anno Fran--
Cesco Fildfo , uno de' più insigni lettera-
ti , che si avesse allora l' Italia ^ dottò non
meno nelle latine, che nelle greche let-
tere , ma penna satirica . Secondo Jacopo
A 4 Fi-
^ Jacohus Volatevran. Diar. T. ij. Rer. It:U.
8 Annali d' Italia ■
Filippo da Bergamo ^ , eb he il Filelfo An- j
cona per patria, ma era oriondo da To- 1
lentiiìo . Non men celebre di lui fu Barto- !
lammeo Platina , che tale era il suo no- ,
me^ e non già quello di Battista, nativo ]
della terra di Piadena del Cremonese . -
Ebbe varj impieghi in Roma , e custode ■
della biblioteca vaticana morì quivi nell* \
anno presente, preso dalla peste-, che fé- \
ce ivi allora strage di molta gente.
Anno di Ciu3To mcccclxxxii , Ind. xv. ^
di Sisto IV ^ papa 12. ]
- dì Federigo III, imppradore 31. \
1-^iedero principio in quest' anno i Vene* ì
ziani ad una fiera guerra contra di Erco- :
le f, duca di Ferrara: guerra, che scon- |
volse l'Italia tutta. Incolpavano essi il du- \
ca di non aver mantenuto i capitoli dell'e ^
paci stabilite fra essi e la casa d'Este ; ;
e il duca all'incontro sosteneva, che la :
' cagione di tal rottura veniva da pretesti \
suscitati dal continuo loro desio di accre- i
scere la già grande loro potenza collo spo- ,
glio de' vicini , e dall' odio che professa- \
vano al re Ferdinando , giacché dopo ave- j
re il duca di Ferrara presa in moglie una ;
figliuola di esso re , questa alleanza fu l
sempre mirata di mal occhio in Venezia . ;
Io ^
* Jacobi Philipp' Bergom, lltsu ^
Anno MCCCCLXXXIL 9
Io non mi fermerò qui ad allegar le ra-
gioni de' Veneziani , né quelle del duca ,
avendone io assai favellato altrove ^, e
potendosi leggere intorno a ciò, quanto
iasciò scritto Pietro Cirneo scrittore cor-
so in un suo Opuscolo , da me dato alia
luce * . Egli è fuor di dubbio , aver Er-
cole duca tentata ogni via per impedir
questa guerra^ avendo spedito più volte
ambasciatori a Venezia con tutte le giusti-
ficazioni ed esibizioni più umili . Tutto iu
vano: era fisso il chiodo , guerra si voleva,
perchè parea certo il guadagno. Era colle-
gato de' Veneziani papa Sisto. Egli inve-
ce d' interporsi^ come padre comune per
frastornare questo movimento d' armi , e
massimamente trattandosi d' un principe
suo vassallo, vi saltò dentro a pie p^ri ,
sedotto^ come si può credere , dal conte
Girolamo suo nipote , che , siccome accen-
nammo disopra, nell'anno precedente era
stato a preparar le pive in Venezia per
questa danza. Non è mai probabile , che Si-
sto IV volesse permettere la caduta di Fer-
rara in mani sì potenti , come era la re-
pubblica veneta . La festa dovea essere
fatta pel nipote . In questi tempi Obietto
del Fiesco infestava lo Stato di Milano ^
ed ebbe poi una rotta da Costanzo Sforza
signor di Pesaro . Parimente Lodovico il
* Antichità Estensi P. 2.
^ Petrus Cyrneus X:cmmsnt. T.ìi. Rer. Ttel-
IO A N N A t I D I T jl l. J A. i
Moro duca di Bari, e govemator di Mi- \
lano, dichiarandosi favorevole alla fazion ]
pallavicina di Parma , persegtuitata la fa- ;
2Ìon de' Rossi , cioè Fier-Marla conte di \
s. Secondo^ e signore d"" altre castella . :
Anche il conte Pietro del Verme era incor- 1
so nella disgrazia d' esso Lodovico . Per- j
tanto con questi nemici dello Stato di Mi- ^
lano si unì Roberto Sanseverlno , e trat- '
tando nello stesso tempo co' Veneziani , In ;
preso da essi per loro capitan generale di j
terra-ferma . Roberto Malatesta signor di i
ilimini andò anch' egli al loro servigio . 1
Con essi parimente si collegarono i Geno- '
vesl . In aiuto dei duca di Ferrara si mos- ;
sero il re Ferdinando, Lodovico il Moro, '
Federigo marchese di Mantova ; i Fioren- \
tinij e Giovanni BentivogUo. Capitan gè- j
nerale d'^essa lega fu scelto Federigo duca "
d'Urbino, principe di gran credito e va- |
lore . !
Nel maggio adunque dell'anno presen- <
te ^ si diede fiato alle trombe , e comin- .
ciossi dai Veneziani con poderoso esercito j
per terra , e con gagliardo stuolo di vele
per Po , a far guerra al duca di Ferrara ;
inferiore troppo di forze per resistere a !
questo torrente, benché non mancassero i \
collegati di provvederlo d'aiuti. Imperocché |
in quello stesso tempo essendosi mosso Al^ '\
fonso duca di Calabria, per venire in scc- ^
cor-
' Sanuio Ist. di feti. , T. la. Rer. hai. \
Anno MCCCCLXXXIT. ii
del duca suo cognato, perchè scoprì
il papa nemico, fu obbligato a ferma^-si
nello Stato della Chiesa , dove prese Ter-
racina , Trevi ed altri luoghi , e si diede
ad ansTUstiare Roma stessa ^ . I Colonnasi
erano^con lui , gli Orsini còl' papa. Gra-
vi danni furono recati a que' contorni , e
varie scaramucce accaddero fra le genti ne-
miche. Guerra eziandio fu nel Parmigia-
no j, per avere Lodovico il Moro mandato
il campo addosso ai Rossi . Anche i Fio-
rentini mossero guerra al papa in Tosca-
na , e colle loT armi aiutarono Niccolò Vi-
tello ad impadronirsi di città di Castello .
Distratti in questa maniera i collegati ,
cominciarono a prendere cattiva piega gli
affari di Ercole duca di Ferrara . da più
parti incalzato dalle armi venete. Presero i
Veneziani Rovigo con tutto il suo Polesine ;
s'impadronirono di Comacchio , di Lendc-
nata, della Badia, d'Acria, e d'altri luo-
ghi. Lungamente assediato e difeso Fighe-
ruolo, infine fu sferzato alla resa *. Lo-
ro si arrenderono aUre terrò e castella dei
Ferrarese, dimodoché le soldatesche vene-
te coi saccheggi arrivarono fin presso Fer-
rara , città allora mancante ancora di vet-
/aglia . Male stava il duca, e alle, sue
disavventure s' aggiunse eziandio in tanto
bisogno una pericolosa malattia , che il Vsn-
ìnfessura Di^^- Pi. T. 3. Rer. Ttal.
Disr. di Ferrara T. ia. Rsr. liai.
1
12 Annali d' Italia i
ne per molte settimane oppresso . Ma nep- |
pure il papa si sentiva allegro^ per li prò- j
gressi , che ogni dì più andava facendo il ;
duca di Calabria nelle sue parti. La pau- |
ra di peggio V indusse a richiedere dai >:
Veneziani Roberto Malatesta lor capitano , '
il quale con molte squadre s'inviò alla voi- ^
ta di Koma . Giunto colà^ ^ed unitosi col ^
conte Girolamo capitano del papa , andò a 5
lSietterst^-3. fronte di Alfonso duca di Ca- i
labria . Nel di 21 d'agosto^ a Campomor-
to su quel di Velletri vennero alle mani
quelle due armate. Per sei ore con estre-
mo valore fu disputata la vittoria, e que-
sta infine si dichiarò in favore delle ar-
mi pontificie , e colla prigionia di trecen-
to uomini d' armi , e disperzione di tut-
to r esercito nemico. Si salvò con soli |
cento cavalli il duca di Calabria in Ter- .;
racina, oppure a Nettuno . Non pochi fu- ]
rono"i luoghi, che per così felice successo :
torn^'ono all' ubbidienza del pontefice ; |
ma poco godè di tanta gloria il prode Re- |
berto de"* Mal atesti , perche venuto a Koma ;
a visitare il papa nel dì io oppure 11 di ^
settembre di disenteria se ne mori in età di ^
soli quaranta anni ^. Fu sparsa voce dai ma- ^
ligni , ch'egli fosse morto di veleno dato- 1
4
* Jacobus rolaterra>7us Diar. Tq^.ì-h. Rer. Tt^l. ìnfessur.i \
Diar. Rom. P. z. T. 3. Rer. Ital. S.muto Isteria di renezia l
T. il. Rer. Ital, ]
* Infesfur. Diar. P. i. Tom.^. Rer. Itti. Diar. Parmens. \
T. 12. Rer. Ital. Ammirati litoria di Firt^nsie //^. 24. 1
\
i
IRANNO MCCCCLXXXII. 13
i dal conte Girolamo, o per invidia , o
per isperanza di acquistar Rimini , giaccliè
non restarono figliuoli legittimi di lui . Con-
fessa Jacopo da Volterra ^^ che in Roma
si ebbe piacere di sua morte =•. Lasciò egli
erede del suo Stato Pandolfo suo figliuolo
naturale , ch^ imitando non il generoso e
virtuoso padre, ma Tavolo Sigismondo pie-
no di vizj , essendo divenuto per concesh,
sione del papa signor di Rimini , sfregiò
dipoi sommamente la si accreditata casa
de' Malatesti .
Con questa felicità camminavano gli af-
fari de' Veneziani e del pontefice , al che
si aggiunse allora la morte sopravvenuta
al valoroso duca d' Urbino Federigo, gene*
rale della lega , nel di io di settembre , a
cui succedette in quel ducato Guidubaldo
suo figliuolo 5 : quando non meno i saggi
cardinali , i quali non sapeano sofferire ,
che Ferrara venisse in potere de' Venezia-
ni, quanto gli ambasciatori della lega , che
si trovavano in Roma, mossero tutta ìd
lor facondia per far ravvedere l' ingannato
papa della sua sconsigliata guerra . Nulla
nondimeno s-i sarf^bbe fatto, se la maggior
batteria non si fosse adoperata col conte
Girolamo , in cui mano era il cuore del
papa. Tanto fecero sperare, tanto prom.i-
'se-
' Jacohus Volaterrenus T. 23. Rev. Iial.
' facobus Phib'ppus Bergom. in Hist»
* Diar. F errar ae T, 24- i?*?'- hai-
iiy Annali 1/ I x a l i a ]
scro a luì ^ , forse mostrandogli di cori- ;
darlo al possesso di Rimini e Faenza , e \
fors' anche di Ravenna e di Cervia^ che ili
trassero ad assaporar la pace : e questa nel j
dì 12 di dicembre dell'anno presente f u j
conchiusa fra il yapay il re Ferdinando ^ e!
gli altri collegati , con istupore ed alle- ■
grezza d'ognuno, fuorché de' Veneziani , ali
veder tanta mutazione in un subito . Spe- ;
dito a Ferrara il cardinal Gonzaga legato ^
di Bologna , recò urC immensa consolazio- \
ne a quel popolo nel di 14 di dicembre, i
Arrivò nel dì 26 d-esso mese * a Roma ^
Alfonso duca di Calabria per baciare i ;
piedi al pontefice, e ricevutene molte llnez- '
ze , seco concertò i mezzi per far guerra!
unitamente ai Veneziani, a' quali furono^
bene scritte da Sisto lettere efficaci per j
rimuoverH dalla guerra contra del duca di {
Ferrara , ma senza che essi ne facessero \
conto alcuno . A. vele gonfie andavano , ■
non si sentivano voglia di dare indietro. \
1/anno fu questo ^ ^ in cui Filiberto duca \
di Savoia passò all'altro mondo nel dì i
22 d'aprile. Carlo suo fratello gli succe- ■
dette nel dominio . Morì ancora neli' anno
presente ^ Pier-Maria de' Rossi conte di
san Secondo nel Parmigiano per li molti \
affanni sofferti in vedersi spogliato di qua- i
si ^i
' Navagevo Tstor. di renez.!a T. 23. Rer. Ital. ^
* Jacohus Vulaterraniis Tom. eod. ' ]
^ Guichenon Hist. de la M.ihon de. Savoye . '\
♦ Curio Ist^ .// Mit.mo, D:.7r. Parmem. Tii. Rsr. h..'. I
A N N o^ MCCCCLXXXIL 15
si tutte le site tette dalT esercito del duca
di Milano. Guido suo primogenito per qual-
che tempo sostenutosi , venne finalmente
ad un accòrdo , e fu rimesso in grazia del
duca : ma nell'anno seguente ripigliate le ar-
mi per le suggestioni de' Veneziani finì di
giocare il resto delle sue terre. All'incon-
tro Ascanio Maria Sforza, che era stato
mandato ai confini da Lodovico il Moro
suo fratello, dopo aver trattato co' Vene-
ziani di far muovere sedizioni nello Stato
di Milano, sen venne sul Bresciano. Av-
vedutosi Lodovico dei di lui disegni , man-
dò segretamente a trattar seco di pace , ed
accortamente trattolo a Milano, il rimise
in possesso d^' primi onori .
Anno di Cristo mcccclxxxiii^ Ind. i.
di Sisto IV, pap.-? 13.
di Federigo yi, imperadore 32.
LJnironsi in quest'anno quasi tutti i po-
tentati d' Italia contra de' Veneziani per
obbIif»;ar]i a desistere dalle offese di Erco-
le Estense duca di Ferrara . Ma per quan-
to vedremmo, ad altro non servirono i loro
sforzi, che a far maggiormente conoscere,
qual fosse allora la potenza della repub-
blica veneta^ la qual sola a tanti nemici
fece fronte con giugnere infine a formare
una pace di suo gran decoro e vantaggio .
Erano i collegati il -papa , il re Ferdinan-
do ^ il duca di Milano, ì Fiorentini , il
du^
i6 Annali d' Italia
duca di Ferrara j il duca d' Urbino ^ il mar^
chese di Mantova, i signori di Faenza ,
Forlì j^ Pesaro , Carin &c. ci lasciò il Co-
no ^ la lista della lor quota di combat-
tonti . Nello stesso mese di gennaio a dì
15 arrivò a Ferrara Alfonso duca òì Cala-
bria , menando seco alcune squadre d' uo-
mini d' armi , e circa cinquecento di quei
turchi, ch'egli avea preso j, e poi tolto al
suo servigio dopo la liberazione di Otran-
to. Ma non andò molto ^ che cento cin-
quanta di costoro desertarono al campo dei
Veneziani. Colà similmente giunsero le mi-
lizie del papa : laonde Ferrara ^ alle cui porte
continuavano tuttavia ad arrivar le scor-
rerie de' nemici , cominciò a respirare . Ad
Argenta e a Massa di Fiscaglia ebbero due
sconfitte essi Veneziani colla prigionia di
moltissimi a' quali secondo la consuetudine
degl'Italiani fu data la libertà. Altre non
poche scaramucce succederono; e percioc-
ché n^un frutto aveano prodotto le lettere
ed esortazioni pontificie per mettere fine
alle ostilità de' Veneziani contro Ferrara ,
il papa nel dì 25 di maggio * nel consi-
storo fulminò le scomuniche contra di lo-
ro , e sottopose all' interdetto tutte le lor
città e terre , reclamando indarno il cardi-
nal Barbo patriarca d' Aquileia , perchè si
facesse ora un gran peccato e sacrilegio, cioc-
ché
* Corto Jstwia di Milant^»
* Sanut« Istoria di f^enez*a T. ai. Ker. Imi*
Anno MCCCCLXXXIIL 17
che dianzi non solo per pubblico consen-
timento del papa , ma anche per suo ordi-
ne , era tenuto per giustissimo , e ben fat-
to. Da tale sentenza appellarono i Vene-
ziani al futuro concilio , né lasciarono per
questo di seguitar la gu. rra ; anzi maggior-
mente si accessero ad essa , e condussero
al loro soldo Renato ci?zca di Lorena , pre-
tendente al regno di Napoli , con mille e
cinquecento cavalli e male fanti . Marino
Sanato ci lasciò la seiit^ di tutti i lor con-
dottieri d'armi, e de' combattenti non men
deir armata della lega , che di quella dei
Veneziani. Intanto riuscì a Lodovico il Mo
ro di dar £ne alla guerra da lui fatta ai
Bossi nel Parmigiano .
Ma perciocché il Ferrarese disfatto non
potea più sostenere* la guerra , e secondo
la politica militare s'ha da far la guer-
ja^ se mai si può, in casa de' nemici,
e non nella propria ^: fu risoluto, che
lo Stato di Milano la rompesse dal can-
to suo co' Veneziani _, e tantopiù per
non trovarsi altra via migliore da salvar"
Ferrara, che quella d'una potente diversio-
ne. Perciò il duca di Milano, e ir marche-
se di Maatova dichiararono la guerra ai
Veneziani nel mese di maggio . Costanzo
Sforza signor di Pesaro ;, lasciato in questi
tempi il generalato de' Fiorentini , passò al
Tomo XXII. B sol-
' Cario Istoria di Milano,
l8 A N -N A LI d' I T A L I A
soldo de' Veneziani ; ma per poco tempo ^,
perchè nel mese di luglio fu rapito dalla
morte, con lasciar dopo di se nome di va-
loroso capitano, e di splendidissimo signo-
f e , siccome ancora un figliuolo bastardo le-
gittimato di poca età, nominato Giovanni ,
che per concesbione del pontefice gli succe-
dette in quel dominio. Dacché lo Stato di
Milano ebbe sfidati i Veneziani, Roberto
Sanseverino lor generale , determinò di pas-
sar l'Adda, ed entrar nel Milanese j dove gli
era fatta sperare una solievazion de popoli.
Passò nel di 15 di luglio; ma chiarito, che
niun movimento si facea, tornossene senza
far altro indietro. Allora Alfonso duca di
Calabria , creato capitan generale della le-
ga ^ spinse l'esercito suo nel mese d'agosto
sul Bergamasco e Bresciano , e dipoi venne
sul Veronese con Federigo marchese di Man-
tova/Moltissime terre e castella di que'ter-
ritorj furono prese. Asola assediata nel set-
tembre, e bersagliata con molte artiglierie,!
infine capitolò la resa, e fu consegnata ad|
esso marchese . 11 duca di Ferrara ne ripigliò
anch' egli molte delle sue , e in varj siti
ebbero delle percosse i Veneziani , fuggen-
do sempre r accorto lor generale Roberto
le occasioni d'una giornata campale. Ma
con tutto questo si cominciò a vedere una
gran languidezza nelT operare del duca di
Ca-
' Jacobus Philipptts Bergomouis Histou
Anno MCCCCLXXXIIT. 13
Calabria , che niuna impresa conduceva a
fine ; né per quante istanze facesse il duca
di Ferrara d' essere aiutato a ripigliare Ro-
vigo e le altre terre di quel Polesine , e
le confinanti ^ nulla mai potè ottenere ; di-
manierachè terminò con tante belle apparenze
Tanno presente in aver saccheggiato un am-
pio paese , ma senza alcun sodo vantaggio
di quella lega appellata Santissima, perchè
era compreso in essa il pontefice. NelT ul-
timo di di febbraio di quest' anno ^ diede
fine al suo vivere Guglielmo marchese di
Monferrato, e perchè non restò di lui pro-
le maschile j ebbe per successore nella si-
gnoria Bonifazio suo fratello minore . Furo-
no novità in Genova nel dì 25 di novem-
bre * . Faolo Fregoso cardinale ed ambizio-
so arcivescovo di quella città, congiurato
con altri della sua famiglia , aspettò che
Battistino Fregoso doge di quella repubblica
venisse a A'isitarlo . Venne , e il ritenne
prigione nelle stanze dell'arcivescovato ; ed
avendolo colle minacce della vita costretto
a dargli le fortezze, si fece poi egli in quel
giorno proclamar doge , e rinnovò la lega
coi Veneziani .
B 2 An-
' Benvenuto da S, Giorgio ìst. del Monferrato Tom, 2 3>
Ker. Ttal.
* Giuitin. Tst' di Genova /.y. Cor/o Ist. di Milazzo .
20 A N iV A L I d' I T A L r A
Anno di Cristo mcccclxxxiv^ Indiz.ii.
di INNOCENZO Vili, papa i.
di Fedlrigo III, imperadore 33.
i iù d'un consiglio tenuto fu in quest'an-
no dai principi collegati , per istabilire i
mezzi di continuar la guerra contrade'Ve-
nezfani ^. Una congiura si scoprì in Mila-
no contra di Lodovico Sforza , tramata da
chi volea rimettere il governo in mano del-
la vedova duchessa Bona. Gli autori pro-
varono i rigori della giustizia. Tardi usci
in campagna l"" esercito d'essi collegati, san-
zachè operasse cosa alcuna degna di memo-
ria . In questo mentre a dì 15 di luglio
terminò di morte naturale i suoi giorni Fe-
derigo valente marchese di Mantova , e ge-
nerale del duca di Milano^ in mezzo alle con-
cepute speranze d'ingrandimento. Al primo-
genito suo per nome Gian-Francesco II per-
venne quella signoria, quantunque per l'età
non fosse assai abile al governo. Comincia-
rono poi ad insorgere semi di diagordia fra
Lodovico il MorOy ed Alfonso duca di Ca-
labria . Lamentavasi il primo , che danaro
ed altri aiuti non venissero da Napoli. Si
doleva l'altro, che Lodovico si fosse usur-
pata* in Milano più autorità di quel che
conveniva sovra il giovinetto duca Gian-
Galeazzo Maria suo nipote, giacché ad esso
era
* JÌTùmiraù Tstoria di Fnenzo lib.i^ Cvrio Ist. di Mil.
Anno MCCCCLXXXiV. ar
era stata promessa in moglie una figlinola
del medesimo duca di Calabria. Penetrati
all'orecchio de' Veneziani questi dissapori >
seppero ben essi prevalersene con far segre-
tamente proporre a Lodovico il Moro la
loro amicizia , da cui sarebbe sostenuto con-
tro gli attentati del re di Napoli anzi aiu-
tato a divenir duca di Milano . Ed ecco
raffrsddarsi Lodovico nella guerra _, e far
conoscere, che non gli dispiacerebbe la par
ce, dall'altro canto nel maggio di quest'an-
no ^ avendo i Veneziani spedita una flotta
di galee contra d^-l regno di Napoli, s'im-
padronirono di Gallipoli, Nardo j Monopo-
Ji , e d** altri luoghi, e- misero anche l'as-
sedio alla città di Taranto. Concepì il re
Ferdinando non poca gelosia di questo in-
sulto, per timore che un tal incendio non.
venisse a maggiormente crescere in quelle
parti: laonde anch' egli cominciò a sospirar
la pace . Siccome dirò fra poco, neppqr man-
carono in Roma dei torbidi, per li quali il
papa approvava il mettere fine alla guerra
di Lombardia. Concorsero adunque i depu-
tati delle potenze guerreggianti a Bagnalo ,
e quivi nel dì 7 d'agosto restò sottoscrit-
ta la pace, come vollero i Veneziani , ben*
che si trovassero inferiori di forze, ed aves-
sero anche avute delle percosse in quest' an-
no . Accadde allora ciò che tante volte è
B 3 ac-
" Artnaì. PI acent in. Tom, io. R^r. Italie. Sabeli» Sanm.
Nauger. & aliì .
22 Annali B* Italia |
accaduto e accaderà : cioè toccò ai meri \
potenti il pagare del suo le spese del guer- ^
ra : Furono da' Veneziani abbandonati i
Rossi di Parma; e Lodovico il Moro per
gì' interessi suoi particolari j, e Alfonso du- |
ca di Calabria per sua malignità abbando- ;j
narono non solo il marchese di Mantova , a 1
cui nulla restò dell'acquistato; ma ancora li
Ercole duca di Ferrara , avendo essi per- t;
messo, che in mano de' Veneziani , oltre |
alla restituzion di tutte le terre loro tolte, |
restasse la città di Rovigo coh tutte le ter-
re e castella di quel Polesine' ricchissimo
paese^ ed uno degli antichissimi retaggi della
casa d'Este, la quale tanti altri gravissimi
danni avea sofferto ita questa guerra. E' da
stupire, che l'Ammirato, scrittore accura-
to nel narrare le fiere doglianze del duca i
di Ferrara per questo tradimento de' colle- |
gati contro i patti della lega, secondo la ]
quale non si dovea far pace senza consen- j
timento suo co' Veneziani _, abbia lasciato j
Nscritto , che il Polesine di Rovigo gli fu |
restituito. Leggonsi nella Storia di Marino >j
Sanuto ^ e nel Corpo Diplomatico del si- |
gnor Du-Monte * i capitoli della pace sud-
detta.
Sotto il pontificato di Sisto IV gli Or-
sini ^ perchè sempre aderenti al conte Gi-
rolamo Riario ^ setiibt^ano fra quelle illu-
stri
* ■ì^.inuio tst. Bi Ven. T. 'il. Rer. Unì.
* I>U'Mont. Corp. Diflomat.
Anno MCCCCLXXXIV. 23
stri famiglie i beniamini del papa ^. Allo
incontro i Colonnesi erano tenuti d'occhio,
come di fede sospetta verso il pontefice ,
siccome emdi antichi degli Orsini . Nel dì
29 di maggio * gran commozione fa fatta
da essi Orsini in Roma uniti col conte Gi-
rolamo contra di Lodovico Colonna proto-
notaio . Parca lite privata fra essi ; ma si
venne a scorgere, chi viaveamano anche il
papa. Fu assediato in casa sua il protono-
taio ; presa dipoi la casa fu data alle fiam-
me con altre appresso ;, ed alcune di quei
della valle , e quella del cardinal Colonna .
Restò dopo una battaglia preso lo stesso
protonotaio, e fu condotto a palazzo, ^o^
ve pia volte aspramente tormentato ebbe in
^ne mozzo il capo . Fu di questo un gran
dire per Roma . Intanto mandò il pontefice
a prendere la Cava , ed altre terre de' Co-
lonnesi ; e fu messo T assedio a Marino .
che non potè tener forte, con altre militari
imprese, che si veggono descritte neiDlarj
romani da me dati alla luce. Durava que-
sta guerra, e Roma tutta era sossopra ^
quando venne ad infermarsi -pai^a Sisto con
SI grave malattia, che nel dì 12 d'agosto
troncò la morte il filo al suo pontificato e
alla sua vita 3 . Era egli malconcio di feb-
B 4 bre,
' Raynnldut Annal. Eccles.
* Infestura Diar. Par. z. Tom. ì- Rcr. Ita/. Diar. Roman'
Tom. eod.
' Raphael ^olaterr. & Jacob us ri^ì.rterr. T. a^. Rcr. Ital.
ìnfessuY. Diar, ubi supra.
24 Annali r>' Italia
bre , e maltrattato dalle gotte : tuttavia co*
mune credenza fu , che gli accelerasse la
morte 1' arrivo dei capitoli della pace, po-
co fa stabilita in Bagnolo , non già che
dispiacesse a lui la pace, ma perchè la tro-
vò fatta con vergognose condizioni per la
lega . c^'^ supcriore di forze ai Veneziani ,
pur quasi vinta sA dimostrò , e contro il
decoro della santa Sede ; giacché prima si
erano esibiti i Veneziani di farla con lui , \
ed eziandio con condizioni migliori; nel |
che restò poi burlato ", con farla senza di \
lui . Delle azioni di questo pontefice mol- ì
to svantaggiosamente parla V Infessura . Tut- I
tavia lasciò egli delle belle memorie in I
Roma ^ , che gli è obbligata per molti suoi {
ornamenti; e si sarebbe anche per le_altre !
sue doti e virtù guadagnato il titolo di ^
buon pontefice, se l'esorbitante amore dei ^
suoi , e massimamente del conte Girolamo \
Rlarlo suo nipote , o figliuolo, e il bisogno ;
di danaro per far guerra, non V avessero j
condotto ad azioni che oscurarono non pò- \
co la memoria di lui , e fecero che i buo- \
ni sospirassero di non avere mai più di so-n
miglianti pontefici y benché poi ne vennero* l
anche de' peggiori. Spirato ch'egli fu , in- i
sorsero i Romani contra del conte Girola- i
mo . Poscia al debito tempo"7:ongregati nel «
conclave i cardinali*, elessero papa di con-
cor- J
f ■ Platina Raphael Volaterr, Jacohus ^olatery.
f^* Raj/naldus Annal. Ecch
Anno MCCCCLXXXIV. 25
corde volere nel dì ventinove d' agosto ,
Giam-Battista Cibò , cardinale di santa Ce-
cilia, di patria genovese, che- assunse il
nome d' Innocenzo VIII^ personaggio creduto
alieno dair umor guerriero del predecesso-
re, ed inclinato alla pace, e di costumi
soavi ^. Suo padre era stato senatore di
Roma a' tempi di papa Callisto Ut. Lo
stesso papa Innocenzo, prima di mettersi
nella via ecclesiastica , avea avuto alcuni
figliuoli , che erano tuttavia viventi. Nel
di 12 di settembre fu egli con lieta solen-
nità coronato . Intanto per la morte di pa-
pa Sisto risorsero gli abbattuti Colonnesi ,
e Savelli. Capranica, Marino, ed altre ter-
re perdute ritornarono alla loro ubbidienza.
Si aggiunse poi alla guerra suddetta , che
afflisse di molto la Lombardia, in quest'
anno anche il flagello della carestia e del-
della p^ste in Venezia , ed in altre città- * ,
di modo tale che giorni cattivi furono no-
mipati i presenti in Italia . ]
An-
' Sanuto Istoria di Venezia Tow. il. Rer» Itnl.' Infessur/i
Diar. P. 1. T. 3. Rer. Ttal. • ^'^^
* Annales Placentin. Tom. ao. Rer. Ipal.
iG Annali c^lTAriA
Annodi Cristo mgccclxxxv^ Ind. lu.
di Sisto Vili, papa 2.
di Federigo III , imperadorè 34.
X-iC cure del novello sommo pontefice In^ \
nocenzo Vili furono tosto ^ per rintuzza-
re l'orgoglio di Baiazetto imperador dei
Turchi, dalle cui poderose forze veniva
minacciata la Sicilia, e T Italia tutta. Pre-
murose esortazioni spedì egli a tutti i prin-
cipi e comuni non solo dell* Italia , ma an-
che di oltramonte^ per formare una lega ]
sacra contra di quegl' infedeli . Tassò anco- ]
ra quella rata di danaro, che dovea ca- ;
daun d'essi contribuire. Andarono tutte qué- j
ste diligenze fra poco in un fascio , perchè
insorsero delle turbolenze nel regno di Na- j
poli ; e il pontefice _, tenuto dianzi per sì- \
desideroso della pace _, si lasciò intricar nella j
guerra. Racconta l'infessura *, che nel giù- 1
gno di quest'anno si rinnovellò la guerra I
fra i Colonnesi e gli Orsini nelle vicinanze :
di Roma, colia presa di alcune castella , j
e con varj combattimenti fra quelle due ì
nobili e potenti case 3 . S' interpose il papa ì
per acconciar quelle differenze , e volle in J
sua mano Frascati ^ Genazzano y ed altre i
terre occupate da' Colonnesi . Ubbidirono |
in-
* Raynalduf jinnvl. Eccl.
* Infess. Diar. P. a. T. 3. Rer. Ital.
* jtnon/mus Diar. Roman. T»m. eod.
Anno MCCCCLXXXV. 27
infatti i Colonnesi , ma non già gli Orsini,
perchè poco si fidavano del papa inclinato
in favore de' lor nemici 5 cpperòal rovescio
del precedente pontificato j, Innocenzo si di-
chiarò per li Colonnesi , e caddero gii Or-
sini dalla grazia di lui. Picciole nondime-
no furono queste brighe in paragone dell'
altra suscitata da Ferdinando re di Napo-
li. Tornato dalla guerra dì Ferrara Alfon-
so duca di Calabria suo primogenito , sic*
come uomo che per la sua crudeltà e lus-
suria si facea universalmente odiare^ volle
col pp.dre, per voglia d'accumular tesori ^
imporre nuove gravezze ai baroni del re-
gno'. S'era anche più volte lasciato scappar
di bocca delle minacce contra d'essi. Co-
micciarono questi a ricalcitrare , e a formar
dei trattati per loro difesa. Il principio
della loro rottura fu il seguente. Portatosi
il duca di Calabria a Civita di Chieti^, qui-
vi fece prigione il conta di Montorio nella
vigilia di san Pietro di giugno, e mandol-
lo co' figliuoli prigione a Napoli. Scrivono
altri , che questi chiamato à Napoli _, fu
cacciato in quelle carceri . Altrettanto av-
venne ai figliuoli del duca d^ Ascoli conte
di Nola . Allora si ribellarono i principi
d' Altamura e di Bisignano, i conti di Tur-
si^ Ugento ^ Lauria j Melito ^ e quasi tutti
gli altri del regno, e portarono le loro
doglianze a pa]^a Innocenzo contra del re.
Il
* Istoria Na}>c,'^ti7a. T. 13. Rer Ttal.
28 Annali d' Italia
Il pontrfice , che già si sentiva alterato cen-
tra di Ferdinando , perchè il censo del regna
di Napoli sotto il suo antecessore era stato
ridotto ad una semplice chinea ( indulgen-
za , eh' egli non voleva sofferire ) abbrac- j
ciò tosto questa occasionp^, per procedere j
contra di Ferdinando, e- per citarlo a..Ko- \
ma. Il re mandò colà il cardinal Giovane ì
ni suo figliuolo :per dedurre le sue ra^iot |
ni ; ma questi nel di 17 d'ottobre fini di j
vivere in Roma, e fu creduto, secondo V \
Infessura ^ per veleno datogli un mese pri- i
ma in Salerno da Antonello Sanseverino y )
principe di quella città. Secondo altri mi- j
gliori storici *, non fu il cardinal Giovan- :
ni,, ma bensì don Federigo suo fratello, che l
andò a Salerno , e vi fu per qualche tera- \
pò ritenuto . Credendo ad una falsa voce , j
gerisse il medesimo Infessura , che il re fé- |
ce tagliare il capo al conte di Montorio i
già imprigionato ^ ma egli stesso dipoi ceL .
dà Vrivente : ed abbiamo anche dalla Storia; j
napoletana^ ch'egli fu liberato: lo che vien ]
confermato dal Rinaldi ^ . Fuor di dubbio |
è intanto, che tutti i baroni , a riserva ■
del conte di Fondi, del duca di Melfi, e |
del principe di Taranto^ scopertamente j
presero le armi contra del re Ferdinan-- j
do * , Egli per pacificarli si portò in per- j
so- I
* InfeMura Diar. P. i. Tom. e od.
* Anonjimus Diar. Roman. Tom. eod, j
' Rayììaldus Anna!. Ecc/es. ^
^ Summonte Istoria ih' Napoli . \ ,\
^^^^^ Anno MCCCCLXXXV. ag
'^Ito nel dì IO di settenibre ad un luogo ,
éoy^e la maggior parte d' essi era raunata ,
né vi fu cosa chiesta da loro , che non ac-
cordasse . Ma non ebbe effetto alcuno V ab-
boccamento, perchè que' signori non sapea-
no fidarsi di un principe ^ il quale in ad-
dietro avea assai dato a conoscere^ quanto
gli fosse familiare la bugia e la frode , e
che nulla gli costava il tradire sotto la pa-
rola . Ribellossi anche a Ferdinando nel
mese d'ottobre la ricca città dell*' Aquila ,
e ricorse alla protezion del pontefice , offe-
rendogli il dominio della lor città , né eb-
be pipa Innocenzo difficoltà d'accettarlo. Si
veggono ancora monete dell'Aquila stessa
colla testa d'esso pontefice. Di qui venne
aperta guerra fra Innocenzo^ Ferdinando*
A questo ballo imm.antenente trassero
mossi da Ferdinando i FlorenLinij e Gian-
Galeazzo duca di Milano^ ossia piuttosto
Lodovico il Moro , come suoi collegati •
Passarono anche nel suo partito gli Orsi-
ni ^ . I Veneziaai e i Gennovesi si acco-
starono al papa, e i primi permissero, che
Roberto da san Severino passasse ai di lui
servigi con titolo di gonfaloniere , ossia di
generale delle armi della Chiesa . Menò egli
con seco secento uomini d'armi *. E sic-
come i Veneziani spedirono cinquecento ca-
valli e duemila fanti in aiuto del papa ,
co-
* Amriirnti Istorici di Pireni:,e>
* Curio 1 Sion a ài Milano .
30 Annali d' Italia j
cosf i Fiorentini, e Lodovico Sforza invia-*!
ronò, ma ben lentamente, la lor quota di j
gente in rinforzo a Ferdinando. Venne il \
duca di Calabria con un picciolo esercito
in campagna di Roma , e cominciò ad in-
festar le vicinanze di Roma stessa. Era
guerra fra il re e i baroni di Napoli
Guerra parimente si facea fin sotto le por-
te di Roma , città che in questi tempi si
trovò piena di spaventi ^ e d' interni tu-
multi ; abbondando chi disapprovava l'im-
pegno del papa . Arrivato poi che fu Ro- i
berto Sanseverino colle sue gentil respira- \
rono i Romani . Narra il Summonte ^, che ;
su quel di Velletri seguì una fiera batta- i
glia di quattro ore fra Alfonso duca di Ca- ]
labria , e il Sanseverino , colla rotta tota- ■
te del primo, ed essere poi morto pochi |
dì dopo Roberto Sanseverino, e fatti tre ;
versi in onpr suo,, cioè: ^
Roberto io san, che venni ^ vidi ^ e vin- j
Si &c.
I
Ma il Summonte, scrittore spesse volte \
poco accurato , non ci ha data una storia j
degna della nobilissima città di Napoli • ]
Qui ancora prese abbaglio , confondendo .
Roberto Malatesta e la sua vittoria^, di cui j
parlammo all'anno 1483 con Roberto San^ i
Severino . Niuna impresa , che meriti par- ;
ti- i
• sommante Istoria di Napoli • ;
Anno MCCCCLXXXV. 31
ticolar memoria fece , eh' io sappia , il
Sanseverino , fuorché V avere ricuperato il
ponte a Lamentana ; dove Fracasso suo fi-
gliuolo fu colto in bocca da una palla
di spingardello , che gli portò via molti
denti ^ e il fece stare in pericolo della
vita. Io taccio il resto, perchè l'istituto
mio non porta di pascere il lettore col
racconto di sole scorrerie , saccheggi e bat-
tagliele . In questi tempi Lodovico Sforza
il Moro *5 che credea sestesso la più gran
testa dell'universo, e tutto dì pensava ad
apirsi la strada a divenir duca di Milano ,
col veleno si liberò dal conte Pietro del
Verme ^ egli tolse tutte le sue terre e ca-
stella; mancò di fede ai cittadini che avea-
no prestati danari per la guerra ; suscitò
discordia fra i fratelli Vitaliano e Giovan-
ni conti Borromei . Nella notte del dì 4
venendo il dì 5 di novembre dell'anno pre-
sente * mancò di vita Gio-vanni ìMocenigo
doge di Veneziani , a cui fu sustituitoiUfar-
co Barbarismo, La peste, che faqea grande
strage in Venezia^ quella fu che rapì dal
mondo il medesimo doge Moccnigo .
An-
' Corto Istoria dì Milano .
* Sanuto Istoria di f^ene^ia T.xt. Rer. Ital,
32 Annali d'Italia
Anno di Cristo mcccclxxxvi , Ind. iv.
di Innocenzo Vili, papa 3. |
di Federigo III , imperadore 35. |
-Librasi fìnquì affaticato non poco Federigo |
jrZ^ imperadore austriarco , ma senza friit- \
to , per far dichiarare re de* Romani Mas- \
sìmiliano^ suo figliuolo ^. Nel dì sedici di )
febbraio dell' anno presente ottenne final- \
mente il suo intento , con averlo la mag- •
gìor parte degli elettori promosso a quella \
dignità, continuata poi fino a dì nostri \,
jaeir augustissima casa d' Austria . Andò '
ancora ne' primi sei mesi di quest'anno * ]
continuando la guerra ne' contorni di Ro- i
ma con gravi danni del paese , ma senza
azione alcuna memorabile. In questo men- j
tre si andò trattando di pace ^ . Ferdinan- .
do II cattolico re d'Aragona e di Sicilia per ]
mezzo d'alcuni suoi deputati, e l'accorto .
Lorenzo de' Medici per altra via la fecero :
proporre al papa , con indorargli sì ben la ;
pillola, che gliela* fecero infine inghiottire . |
Vi si adoperò non poco il cardinale Asca- \
nio Sforza , fratello di Lodovico il Moro . ■
Trovavasi papa Innocenzo Vili colla guer- \
ra in casa^ freddamente assistito dai suoi ;
collegati, ingannato da tutti, e cpn Roma 1
pie. i
* Trithemus , NaucTerus ^ Langtus^ & alti ■ ;
* Infessura Diar. P. %. Toni. 3. Rer. Itah Anonj/m. Dsar,
Roman. Toni' eod. ]
' Rflj/nalduf A final, Ecci^s. j
Anno MCCCCLXXXVI. 33
piena di tradimenti, di sconcerti^ e di ti-
mori^ in guisa tale che .nel di 21 di gen-
naio per voce sparsa , che gli Orsini erano
entrati in quella città , mirabil fu lo scom-
piglio di tutti i cittadini. Molto più bra-
mava il re Ferdinando, che si mettesse fine
a tal briga, al sapere, che il papa avea
commosso Carlo Vili re di Fran>DÌa a spe-
dire in Italia Renato duca di Lorena con
assai forze, per farlo entrare nel regno di
Napoli, dove egli si potea promettere mol-
to del partito angioino . Innoltre andava
piuttosto crescendo , che scemando la ri-
bellion de' baroni . Se/ riusciva a Ferdinan-
do di placare il papa, ed' indurlo a stac-
carsi da' suoi ribelli , non sarebbono poi
mancate maniere a lui di far vendetta , e
di tagliare i papaveri dei regno suo . Così
appunto avvenne . Lasciossi il pontefice me-
nare all'accordo; niuna difficoltà ebbe Fer-
dinando di accordar qualunque condizione
gli fu richiesta dal papa. Promise una pie-
na reraission delle offese ai baroni , disob-
bligandoli andhe dal venire à Napoli, e
diede per sigurtà di questo suo perdono il
suddetto Ferdinando re d'Aragona, il duca
di Milano, e Lorenzo de' Medici . Promise
di pagare l'annuo censo del regno di Na-
poli , come si facea ne'passati tempi , con
altre belle promesse, eh' ei^li in suo cuore
non intendeva di voler poi eseguire. Per-
tanto nel di II d'agosto fu sottoscritta la
pace : pace non comunicata ai cardinali ,
Tomo XXIL C e dal-
3i£^ A N N A L I dM T A LI A ^
e dalla maggior parte di loro disapprova-* j
ta ^ , e soprattutto dal cardinale Bahia \
francese , il quale nn di trattandosene in >
consistoro , vi si oppose forte ; e perchè '
Rodrigo Borgia cardinale , che fu poi papa \
Alessandro VI, il trattò da- ubbriacone , i
egli strapazzò il Borgia con assai ignorai- ;
niose ingiurie, dimodoché furono vicini a:
mettersi le mani addosso : tanto era allora ;
disordinato quel sì venerabil collegio . ;
Fatta che fu la piice, licenziò il ponte- ;
C8 le sue genti d' arme ; e mandarono i
baroni del regno per mezzo de' procuratori j
a giurar fedeltà^al re Ferdinando . Ma egli]
non tardò a' sfogar la sua collera contro '
di chi gli potè venir nelle mani . Imperoc- ì
che nel dì 13 d' agosto * fece proditoria- j
mente prendere Francesco Coppola conte di |
Sarno, Antonello (V Aver sa con due suoi j
figliuoli», conti di Carinola e Policastro , ;
Anello d^Arcamone conte di Borello , ed altri \
suoi cortigiani; e fattili processare, inipu- =
tando loro, che avessero avute intelligenze :
co' nemici , ad alcuni fece mozzare il ca- ^
pò ; a tutti gli altri tolse roba e feudi di \
sommo valore. Furono anche imprigionati j
il conte di Morcone e Fabrizia Spinello . i
Dovea secondo i patti restare in libertà la 3
città dell'Aquila, 3 . Nel dì 12 d'ottobre vi|
en- i
* Infessura Di^r. P.i. T. 3. Rer. Ttaf. 1
* Istoria Napol. Tcm.ii- Rer. Ital.
' Dsar. Roman. Par. 2. Torti' 3 > RcT' Ital. Inf^ssur» Dlar»
Tom. i;od.
^^ Anno MCCCCLXXXVI. sv-
entrò il conte di Montorio colle milizie dei
duca di Calabria,, ed ucciso l\arcidiacono,
che ivi era pel papa con promessa d'essere
creato cardinale, fece tornare quella città
air ubbidienza del re : con che restò mag-
giormente deloso il pontefice. Anche Ro-
berto Sanseverina si .trovò mal pagato ^ ;
perchè venendo colle sue genti d'armi ver-
so il Veneziano, ed inseguito dal .duca di
Calabria, allorché fu sul Bolognese ^ fu for-
zato a fuggirsenQ con soli cento cavalli, e
il resto di sua gente andò disperso. Avea
il pontefice conchiusa pace ancora fra i Ge-
Kovesi e i Fiorentini *, con l'obbligare i
primi a cedere Pietrasaota ai Fiorentini ^
che Taveano presa , e i Fiorentini a ^ede-
re Sarzana e Sarzanello ai Genovesi < Ma
i Fiorentini j acquali era stata tolta Sarza-
na, seppero ben trovar dei pf^^testi , per
non effettuar questo accordo , perchè parca
loro non difficile il ripigliar Sarzana> sic-
come vedremo fatto nell' anno seguente •
Talmente in questi tempi crebbe il furor
cella peste in Milana ^ , che per attestato
del Corio , più di cinquantamila persone
lìe rimasero estinte in quella città sino al
fine di luglio. Innoltre gli Svizzeri ostil-
mente entrati nel Milanese ^ una gran pre-
da vi fecero. Poco durò il governo àìMar-^
C 2 CO
" Cario Istoria di Milano .
\ Ammirati Istoria di Fireni^e . Giustiniani tstorià dì
Genova .
* Corto Ist. di Milan* *.
56 A N N A L r^ d' I T A L I A
CO Barbarigo doge di Venezia , impercioc-
ché Dio il chiamò all' altra vita nel dì 14
d"* agosto ^. In luogo suo fu poscia eletto
Agfistìno Barbarigo suo fratello . Similmen-
te Boccolino cittadino privato d''Osimo ri-
bellò neir anno presente quella città al pa-
pa^, e si diede a fortificarla. Fu spedito
colle milizie pontificie colà il cardinal
Giulian dalla Rovere, che poi fu papa Giu-
lio II. Questi vi mise il campo , e la ten-
ne assediata per più mesi.
Anno di Cristo MCcccLxxxvir_, Ind. v,
di Innocenzo Vili, papa 4.
di Federico III, imperadore 36.
1 ersisteva Boccolino usurpator d"* Osimci
nella sua ribellione, e durava l'assedio po-
sto a quella città dal cardinal Giulano daU
la Rovere. Per quanto facesse il papa affin
di ridurre costui all'ubbidienza con inten-
zione^di perdonargli, non potè mai smo-
verlo 3 . Anzi questo mal uomo piuttosto-
chè restituire al pontefice la città, fu det-
to, che avea spedato 2iBaiaZ€tto imperador
de' Turchi , ed essere stato in accòrdo con
Jui di consegnargli Osimo. Ora fu interpo-
sto dal papa Lorenzo de Medici , il quale
sì destramente maneggiò questo affare , che
l'in-
" Sannto Tst. di Ven. , T. 41. Rer. Jtal.
* Infei stira Diar. P. x. Tcm'^- Rer. Ji.,.'.
^ Sanuto Istor. di P'euez- 3^« -2.> -K^' ^^^*
«
Anno MCCCCLXXXVII. 57-
F indusse a cedere quella città collo sborsd
d'alcune migliaia di ducati d' oro ^* E
chiamatolo a Firenze^ gli usò di molte fi-
nezze con inviarlo poi per sua maggior si-
curezza a Milano. La sicurezza fu, che
Lodovico il Moro il fece impiccar per la
gola. Mosse iri quest'anno * guerra ai Ve-^
neziani Sigismondo duca d'Austria . L'eser-
cito suo v-enuto addosso a Rovereto , terra
allora dei Veneziani, se ne impadroni . Co-
strinse anche la rocca a rendersi ^ e vi re-
stò prigione Niccolò de' Friuli ^ ivi podestà
per la repubblica. Furono inviati Roberto
Sanseverino e Giulio Varano signor di Ca-
merino colle lor genti per opporsi ai Te-*
deschi 4 Trovò il Sanseverino abbandonato
Ilovereto ^ e venuto alle mani coi nemici
nel di tre luglio _, ebbe" la peggio^ con re-
starvi prigioniere Antonio Maria suo figli*
ijolo. Poscia dacché egli si vide rinforzato
da molte migliaia di combattenti venuti da
Venezi,a> fabbricò un ponte sull'Adige ,
con disegno d^ andar a mettere T assedio a
Trento. Ma passate che fnrorio nel dì 9
d'agosto disordinatamente le sue genti ^
ecco i Tedeschi arrivar loro addosso con
gran furia ^ ed attaccar la battaglia . Atro-
cissimo fu il combattirfiento , ed era ii*
forse la vittoria, quando sopraggiunsero mil-
G 5 le
' Raj/naldus Annal. Èccl.
* Nsuclerus ì Langius ^ Sabellicus ^ Ó* alti.
^ Corto Istoria di Milano. Infessura Diar. Par. i. Tom- S^
ket' Itah
^8 Annali dMtalia / \
le Tedeschi^ già posti in aguato, che urtaro* j
no sì fieramente le schiere de*' Veneziani , i
che le misero in rotta. Pa^te fu uccida ,«
parte si annegò fuggendo nelP Adige, es-i
sendosi per la troppa folla rotto e som* \
merso il ponte. Roberto Sanseverino com-^
battendo valorosamente, e trafitto da piùj
colpii lasciò ivi la vita. Trovato il suo;
corpo, pomposamente gli fu data sepoltura :
in Trento, e per cura poi de' suoi figlino- j
li fu condotto a Milano. Questa disavven-j
tura servì di stimolo ai saggi Veneziani^
di procurar la pace col duca d'Austria. Ij
capitoli dP essa , sottoscritti nel di 15 di|
novembre, son riferiti da Marino Sanuto^.i
Tolta fu negli anni addietro la città dii
Sarzàna ai Fiorentini, a"* quali riuscì di^
tener forte Sarzanello , rocca fabbricata da^
Castruccio 5 e che servì ne' tempi addiètro:
a tenere in freno la città medesima*. Non'
avevano essi Fiorentini mai dimesso il pen-j
siero di ricuperar quella città ; e giacché i
faceano preparamenti per questo, i Geno-;
vesi li prevennero coli' inviar le loro sol- ^
datesche all'assedio di Sarzanello sotto ili
comando di Gian Luigi del Flesco , Ebbe;
ordine Niccolò Orsino conte di Pitigliano e ì
generale de'Fioreritini di soccorrere quella i
rocca . Fu così ben condotta l' impresa nel i
dì -15 d'aprile, che non solameni^ furono i
ob- ^
* Sanato isteria di Vetu T.aa. Rer. lui.
=* Ammirati isteria ài Firenze .
Anno MCCCCLXXXVII. 39
obbligati i Genovesi a sciogliere queir as-
sedio , ma fu anche sconfitto l'esercito dal
conte , con restarvi prigioniere lo stesso
Ficsco , ed Orlandino suo nipote figliuolo
d'Obietto. Ciò fatto l'armata fiorentina si
strinse intorno a Sarzana , e ricevuti nuovi
rinforzi di gente , già si preparava a dare
un generale assalto, quando gli assediati
per prevenire l'imminente pericolo, nel dì
22 di giugno esposero bandiera bianca^ e
capitolarono la resa. Per ricuperazione di
quella città somma fa la consolazione dei
Fiorentini , e non minore la gloria di Lo-
renzo de' Medici , perchè in persona assistè
a quella impresa. Per lo contrario in Ge-
nova una tal disavventura , e il timore che
i Fiorentini pensassero a maggiori progres-
si , furono cagione ' , che Paolo Fregoso
cardinale e doge di quella città prese la
risoluzione di rimettere Genova sotto l'al-
to dominio del duca di Milano, con rite*
nerne egli il govereo. Ottenutone il con-
senso da'^primarj cittadini, e mandato a
trattarne a Milano con Lodovico Sforza ,
restò ben tosto il Fregoso consolato . Per>
tanto alzate in Genova le bandiere del du«
ca Gian-Galeazzo , i Fiorentini non pensa-
rono da lì innanzi a molestare il Genove-
sato . Maggiormente in quest' anno si die-
de a conoscere la mala fede di Ferdinand
C 4 do
* Corto Istoria di Milano .
40 AMilALtfi'iTAtlA
do re di Napoli ^. Cioè contro ai patti
chiarissimi della pace stabilita col papa ,
più che mai si rivolse a perseguitare i ba-
roni del suo regno , e a negare il censo
pattuito ad esso papa nel regno di Napo- |
li. Nel di IO di giugno fece egli imprigio- |
nare Pietro del Balzo , principe d'Altamu- t
ra, Girolamo Sanseverino principe di Bisi- ;
gnano Giovanni Caracciolo duca di Melfi , \
il duca di Nardo, i conti ài Lauria ^ d"*!/- \
gento ^ di Melilo j ed altri signori *. Man- 1
dò papa Innocenzo VIII^ il vescovo di Ce- j
sena a Napoli a dolersi di tanta perfidia .- ;
Il re sbrigò il nunzio eoa poche parole , e ;
meno rispetto di chi l'inviava. Il buon •
pontefice che amava la pace , né voleva im- l
brogliare l'Italia in una uuova guerra^ non :
passò oltre a più gravi risentimenti : e in- |
tanto per attestato del Summonte ^ , il cru- ■
delissimo re con diversità di morti levò i
di vita tutti quegr infelici baroni ^ a' quali \
aggiunse ancora Marino Marzano duca di '
Sessa. Si credette poscia di poter giustifi- '
care negli occhi del motido tanta inuma- j
nità^ con dare alle stampe i loro proces- ;
si , e mandarli a tutte le corti , quasiché si I
dovesse prestar fede ai processi d' un re J
che non avea fede , e* non fosse manifesta ;
cosa, l'aver contravvennuto agli articoli j
del-
' Istoria Napoi. T. 13. Rif. ìtah
* Infessura Diar. Rom. P. 1. T. 3. Rer» hai»
* Summonte Isteria di l>iapoli ^
Anno MCCCCLXXXVII. 4t
della pace fattacci papa. Dio non paga
sempre in questo mondo, e sono occulti i
giudizj suoi . Ma se è mai permesso d* in-
terpretarli, è allora che si tratta del ca-
stigo della crudeltà. Infatti vedremo , che
Dio non differì molto il privar lui di vi-
ta, e tutta la prosapia dei regno. Certo
non sarà giammai degno di reggere popoli ,
chi non sa mai perdonare . Essendo in que-
sti medesimi tempi insorte liti fra Carlo
duca di Savoia , e Lodovico marchese di
Saluzzo ^ , quest* ultimo restò spogliato di
tutti i suoi Stati . S' interpose Carlo Vili
re di Francia , e procurò che quegli Sta-
li fossero depositati in terza mano, finché
si conoscese quel che esigesse la giusti-
zia . Non era men dagli altri pontefici di
que' tempi desideroso Innocenzo d' ingran-
dire Franceschetto Cibò suo figliuolo ; ep-
però gli procurò, in quest' anno V accasa-
mento con Maddalena figliuola di Lorenzo
de' Medici y e nipote di Virginio Orsino :
pel qual parentado gli Orsini non solo rien-
trarono in grazia del pontefice, ma diven-
tarono de' suoi principali confidenti .
Atì-
' Guichenon Hist, de la Maison d» Savoye .
42 Annali p' Italia
Anno di Cjustomcccclxxxviii, Ind. vu|
di Innocenzo Vili, papa 5.. \
di Federico III, imperadore 37.
J^e novità della Romagna quelle sono, che;
somministrano argomento della storia di^
quest'anno. Signore di Forlì e d'Imola erai
il conte Girolamo Riario ^ già da noi ve-:
diito nipote di papa Sisto IF, ed arbitro;
dell^ corte romana sotto quel, pontificato .]
Aveva egli nobilitate le suddette due città
con molte fabbriche ed ornamenti ^|. Con-ì
tutto':iò co' malvagi suoi costumi sì era ti*i
rato addosso l'odio della maggior parte;
de' cittadini di Forlì< Però formata contrai
di lui una congiura , nel di 15 d' aprilel
(Tlnfessura- si dice nel di sette, elaCro-j
nica di Siena ^ nel dì 14, e così «par che!
fosse ^ asserendolo una Cronica di Bolo-;
gna -^ ) fu da molti, e specialmente da al-|
cuni maggiormante beneficati da lui, ucci-j
so, ignomioiosamente strascinato il suo ca-|
davero , e presa Caterina Sforza^ sorella;
del duca di Milano e moglie sua, co' suoi;
figliuoli . S'impadronirono i congiurati del-^
la città, ma non della rocca. Era Cateri-|
na donna d'animo glande e sagace. Minac-j
ciata di morte, se non facea rendere Ui
for- :
* Jacohtis Philippus Bergom. in Hist. ;
' Infesiura Diar. P. i. T, 3. Rer. hai*
^ Jllegi-etti Diar. Sanese Tom. 23. Rer* Ttal. \
* Cronica di Bologna nella Libreria Bfttnfe, i
N N o MCCCCLXXXVIII. 43
ertezza, ottenne di potervi entr*irc per
'^durre quel <:asteIIano alla resa. Ma en-
trata, virilmente cominciò, alzate le ban-
diere del duca di Milano, a far guerra al-
la città, minacciando agli uccisori del ma-
rito r ultimo eccidio^ se offesi avessero i
suoi figliuoli j stante il soccorso , che s' as»
pettava da Milano . Secondo la snddet-
ta Cronica bolognese, composta da autore
contemporaneo ;, allóra fu , che presentatisi
i malfattori alle mura della rocca , e pre»
parate le forche , mostrarono di voler im*»
piccare i di lei figliuoli, s'ella non si ar-
rendf>va. Ma rispose loro quella forte fenj-
mina, che se avessero* /atti perir que' fi-
glinoli^ restavano a lei le forme per farne
degli altri 5 e v'ha chi dice ( questa giun-
ta forse fu immaginata, e non -vera ) aver
anche ella alzata la gonna per chiarirli ,^
che dicea la verità . Non eseguirono il cru- \
del disegno qiie' micidiali ; ed intanto arri- \
vò sotto Forlì Gio'K'anni BcntlvogUo con
pie di tremila tra cavalli e fanti; e da
lì a non molto giunse ancora un altro rin-
forzo di soldatesche spedite con somma
fretta da Milano sotto il comando di Gia«^
Galeazzo Sanseverino. Stretti così da ogni
lato i cittadini , ne vedendo comparire i
soccorsi che speravano dal papa , dimanda-
rono di capitolare : laonde nel dì 29 d' a-
prile fu riconosciuto e proclamato signore
di Forlì Ouxivia7ioJ?tario primogenito dell'
uc-
44 Annali d t t a l i a
ucciso conte Girolamo ^. Fu creduto i^
alcuni, che si facesse questa tragedia , per
dar quelle terre a Franceschetto Cibò iìgli-|
uolo del papa; ma quando ciò fosse stato y
altre misure avrebbe preso il papa , aftin-
ché r impresa riusx:isse a tenore de"* suoi
desideri.
Poco stette ad udirsi un"* altra scena in
Romagna. Nel dì 31 di maggio essendo an-
dato Galeotto de' Manfredi signor di Faen- i
za a visitare in sua cambra Francesca sua i
moglie , figliuola di Giovanrii Bentivoglw^ |
eh"* era , o fingeva d' essere inferma : restò 1
quivi ucciso , con persuasione universale, che \
ciò seguisse per ordine della stessa moglie , j
da cui eja fieramente a cagione di molti di *
lui amorazzi odiato. Fu in armi la città 5 |
e prestamente corse colà il Bentivoglio con j
alcune genti d'armi per procurar di quieta* \
re il rumore, e di assicurare il dominio '
ad Astorre figliuolo dell'ucciso, e nipote i
suo . Ma i Fiorentini , siccome coloro che 1
sospettavano fatto quel colpo dal Bentivo- i
glio con disegno di usurpar quella città •
( lo che non è credebile per riguardo che \
la figliuola avea successione ) oppure per ;
timore che il duca di Milano vj mettesse \
i piedi , attizzarono i villani di vài di La-^ \
mone , e il popolo , con rappresentar loro \
mal intenzionato e complice del delitto iJ ;
Bentivoglio. Fecesi pertanto una generai ;
sol-
* Sanuto tst> di fen. , T. 22. Rer> ttal. .;
Anno MCGCCLXXXVIII. 45
sollevazione contra di lui, in guisa tale clie;
poco mancòj che non rimanesse vittima del
loro furore. Restò nondimeno preso, e
condotto a Modigliana nelle forze de' Fio-
rentini . Ma perchè il re Ferdinando , e il
duca di Milano parte con preghiere e p^ir-
te con minacce di guerra , fecero calde
istanze per la di lui liberazione ^, nel di
13 di giugno fu rilasciato , e nel dì se-
guente sano e salvo arrivò a Bologna; dove
dianzi appena fu udita la di lui prigionia ,
ifike più di quindicimilla Bolognesi armati
corsero a Castel-bolognese con disegno di
far guerra a Faerwza , e V avrebbono fatta,
se non era in altra maniera provveduto
alla di lui salvezza. Succedette dunque nella
signoria di Faenza uistorre de' Manfredi ^
in età di soli tre anni. Francesca sua ma-
dre ebbe il corniate^ e se ne ritornò a
Bologna .
Parve poco a Lodovico Sforza la dedi-
zione fatta nel precedente anno dai Geno-
vesi della lor città al duca Gian-Galeazzo
suo nipote * . Ossia eh' egli col volere di
piiìi acccn^desse nuovo fuoco in quella cit-
tà^ oppure che questo naturalmente nasces-
se in un popolo sempre inclinato alle mu-
tazioni e alle novità : certo è , che nel me-
se d'agosto Obietto del Fiesco entrò con
gente armata in Genova , e dipoi corse a
quel
' Cronica lìt Bologna .
' Corto istorie (fi MHa-tO' Giustiniani Istor. di Genova .
46 A N N A L I d' I T A L I A
quel rumore anche Bnttista Fregoso^ cà-i
claun d"* essi centra del cardinal PaoZo Fre-*
goso , governatore allora della città. Si rii
tirò il cardinale nel castelletto ; a questa
fu messo T assedio. Era grande la discor-*
"^dia fra i cittadini ; chi inclinava a darsi
al re di Francia ( e fii anche spedito* peig
questo a lui ) chi al duca di Milano, e chi
a ripigliare T antica libertà. Dopo molti
dibattimenti essendosi accordati insieme
gli Adorni e i Fieschi , e giunto colà
Gian-Francesco Sanseverino con molte brin
gate d* armati j, fu determinato di cedere
di nuovo coi patti e privilegi consueti il
dominio di Genova a Gian- Galeazzo duca
dr Milano, Spedirono perciò sul fine d' otn
tobre sedici ambasciatori a Milano, a' qua-*
li fu data 1' udienza nel giorno creduto prò
pizio secondo 1' ora astrologica : che d
queste pazze fantasie era attentissimo os
srrvatore anche Lodovico il Moro ^ ed altrii
non pochi infatuati di quel secolo e de'pr€-»;
cedenti. Al cardinal Fregoso fu promessa;'
una pensione annua di seimila ducati , e
cedette il castelletto. Agostino Adorna per
dieci anni ebbe il governo della città a no-
me del duca. Ottenne in quest'anno papa
InnocenzoVIIl da Pietro d" Aubusson^ gran-
mastro de' cavalieri , oggidì chiamati di-
Malta , Zem , ossia Zizim fratello di Baia
zetto imperador de' Turchi ^ : il quale er»
' Sanuto Istoria di f'enez.i^ T. 11. Rer^ Ital.
1^^ Anno MCCCCLXXXVIIL 1^<'
■tjegli anni addietro caduto prigione nelle
mani de' cavalieri suddetti. Scoprissi in Bo-
logna sul fine di novembre ^ una gran con-
giura contro la vita di Giovanni de' Ben *
tivogli e de' suoi figliuoli. Scoperta che
fu , costò ia vita a molti , che non pote-
rono fuggire .
Anno di Cristo mcccclxxxix , Ind. yii*
di Innocenzo VIII^ papa 6,
di Federico' III , imperadore 38.
INI ci dì 13 di marzo dell'anno presente fe-
ce la sua entrata in Ronia Zem ^ ossia Zi-
zim , fratello del sultano Baiazetto^ ed uo-
mo di gran credito fra i Turchi * . Gran
gelosia di costui avea esso Baiazetto per
timore, ch'egli tornasse un di a disputar-
gli l'impero^ ben sapendo, che non gli
mancava numeroso partito fra i Maomet-
tani . Volle papa Innocenzo Vili che costui
fosse ricevuto coìi distinto onore , e gli
mandò incontro Franceschetto Cibò suo fi-
gliuolo con assai cortigiani. Nel dì seguente
fu condotto al sacro consistoro , e per
quanto egli fosse stato ben ammaestrato del-
1:: genuflessioni^ che dovea fare al* papa ,
e di andare a baciargli il piede , costui
senza voler neppure piegare il capo , se ne
an-
» Cronica di Ferr.na Tom. 24. Rer. Ital. Cronica MS^ di
Bo!o^na .
^ Infessur. Diar. Par. z. Tom. 3, Rerum Italiearum. Di.ir.
Rom. Tom. go.i.
48 Annali d' I t a l i a
andò ritto ritto al trono pontificio , ed ioni-
camente baciò in una spalla il pontefice .
Gli fu poi assegnato un quarto n^ palaz«
zo apostolico, ma sotto buona guardia .
Trovavasi allora in Roma V ambasciatore
del sultano d'Egitto ^ minacciato di guerra
dal turco Baiazette . Fece costui grandi
istanze, ed incredibili o^erte e promesse ali
papa , se voleva dagli Zizim , per metterlo |
alla testa di un'armata contra d'esso Ba- |
iazetto ; ma per motivi politici nulla potè ì
ottenere. Fece poco appresso il pontefice una f
pi'omozion di cardinali , con alzare a tal ^
dignità. n gran-mastro di Rodi in ricom- \
pensa del principe turco a lui rilasciato . !
Con raro esempio ancora fu allora creato ]
cardinale Giovanni àe^ Medici ^ figliuolo ài ]
Lorenzo , ancorché fosse in età di soli '
quattordici anni . Questi col tempo fu poi \
papa Leone X Ma perchè il re Ferdinando \
tuttavia si burlava del papa, senza voler ;
pagare il censo pattuito pel regno di Na- \
poli, e per altre cagioni, Innocenzo nella '
festa di san Pietro di giugno lo scomunicò \
e niun effetto facendo le censure , arrivò a \
privarlo del regno nel dì 1 1 di settembre. •
Ferdinando appellò al futuro concilio. Fé- '
cesi poi preparamento di guerra dall' una \
parte e dall'altra^ ma il pontefice, ama- ^
tor della pace, non bramò, oppur non osò ^
di proceder oltre; e perciò durò il sereno, \
benché frammezzato da molte nebbie ^ non i
meno in Roma, che nel regno di Napoli, j
Gran
^^^A N N o MCCCCLXXXIX. ^^9
^^RB tempo era corso, dacché seguirono
gli sponsali fra il giovinetto Gian-Galeaz-
zo Sforza duca di Milano, ed Isabella fi-
gliuola di Alfonso duca di Calabria , primo-
genito del re Ferdinando ^ : solamente nelT
anno presente si effettuò quel matrimonio.
Venne per mare a Genova questa principes-
sa , e colà sbarcò nel dì 17 di febbraio .
Giunse poscia a Milano , ma senza pompa
si celebrarono quelle nozze , perchè tre me-
si prima era mancata di vita la madre del-
la sposa. Con questo maritaggio universal-
mente si sarà creduto assicurato lo stato
st\ duca Gian-Galeazzo , e Lodovico il Mo-
ro prerhuroso per li di lui vantaggi . Non
passò molto , che J3en diverso dovette esse-
re il giudizio • del Pubblico. Intanto sotto
varj pretesti, e con ingannare lo stesso du-
ellino, s'impadronì Lodovico del castello ci
Milano e di T rezzo , e d'ogni altra fortez
za" di quel dominio, levandone gli ufìziali
vecchi e fe'^eU al duca^ mettendovene degli
altri di sua confidenza-^ e mutando i presidj
a suo piacimento . Tutto fiogea di fare per
miglior bene e sicurezza, dei nipote. Nel
dì 13 di marzo dell'anno presente* in età
di soli ventun'aano diede fine al suo vive-
te Carlo duca di Savoia ^ principe per va-
rie sue imprese fatte itr, sì corto tempo di
sua vita già divenuto glorioso . Restò di
Tomo XXII. D lui
' Corto Istori.7 di Milano .
* Guichenon Hitt. de la Maison di Savr.yrj .
^O A K N A L I d' I t A L I A :
luì un solo figliuolo maschio, ch'era ntP ì
cor nelle fasce^ nato' nel precedente anno ,1
e -nominato anche esso Carlo , Questi fu suo j
successore; ma gran disputa nacque per la]
reggenza . Finalmente questa fu accordata a \
Bianca figliuola di Guglielmo marchese di j
Monferrato , madre sua , principessa di ra- \
ro senno, e di somma virtù > il cui elogio!
si può leggere nella Storia di Jacopo Filip-j
pò da Bergamo *, scrittore vivente in que-^j
sti tempi . i
i
Anno di Cristo. Mccccxc, Ind. viif. i
di Innocenzo Vili, papa 7.
di Federico III , imperadore 39. j
vJodendo in questi tempi T Italia un' in-i
vidiabil pace ^ niun riguardevole avveni- «
mento somministrò alla storia; Tutta an--
Cora la Cristianità si trovava esente dalla!
persecuzione turchesca^ perchè il fiero Ba-f
iazetto mirava sempre con appreiisione ili
fratello Zizlm ^ detenuto in Roma^ cornei
un mantice di sollevazioni e rivoluzioni |
ne' suoi Stati , qualora gli fosse permesso dij
comparire alla testa di un' armata contrai
di lui * . Né mancò a papa Innocenzo VIIT^
il pensiero di prevalersi di tal congiuntu-
ra . Cercò egli infatti di muovere tutti i
principi cristiani alla guerra contra de' Tur-
chi ,
' Jaeobus Philippus Sergomensis Mistw.
* Ra^naldtis Annal. Eccles.
Anno MCCCCXC. 51
RTj rappresentando ad ognuno, qua! gran
vantaggio si potesse trarre dall'ottimo mez-
2ro e strumento ch'egli aveva in sua ma-
no. Ma neppur uno si trovò, ctie volesse
impacciarsene, premendo a tutti più i lor
privati interessi , che il pubblico bene . Di
quest'animo del papa forse fu informato ,
oppure se r immaginò Baiazetto . Capitò a
Costantinopoli neW anno precedente Cristo-
foro ^ ossidi Marino Castagna^ nobile della
Marca d' Ancona > inviperito per essergli sta-
to tolto un suo castello dagli ufiziali del
papa^. Si esibì costui a Baiazetto di levar
di vita Zizim suo frafeilo col veleno : of-
ferta sonimaincnte gradita dal tiranno, che
perciò di alcune migliaia di ducati d' oro
il regalò in più volte: gli donò anche del-
le ricche vestii e un diamante di valore di
nilla ducati d'oro. Dicono innoltre, aver-
gli promessa la città di Negroponte a ne-
gozio finito. Venuto costui a Roma fu car-
cerato 5 probabilmente perchè si penetrò ,
^ser egli stato a Costantinopoli , e ne' tor-
/lenti confessò tutto il suo reo trattato .
Il perchè nel dì 7 di maggio ricevette dal-
la romanaì giustizia un premio differente
da quello che gli avea fatto sperare il
Turco. Arrivò- poscia a Roma nel di 30
di settembre un ambasciatore spedito da
Baiazetto, che fu con grande onore ricevu-
to. Le commessioni sue erano di pregare
t) 2 il
" Jnfesiura Diar. Par. a. Tom. ft Re>. Ital,
52 A N N A L I d' I T A L I A.
il papa di ritener soUo buona custodia Zi*
zim , promettendo per tal cnrd di pagare
annualmente al pontefice quarantamila du-,
cali d'oro, e di dar pace e libero commer-
cio a' Cristiani. Fu detto, che T amba- 1
ciatore del sultano d"" Egitto avea all' in- i
contro esibito al pontefice, se gli volea da* |
re in mano Zizim , per potere far guerra |
con esso a Baiazetto, un regalo di quat- |
trocentòmila ducati , e la cessione della cit- |
tà di Gerusalemme ; e che innoltre tutto- 1
ciò^ che s'acquistasse de' paesi del Tuico , ì
quand'anche fosse Costantinopoli, si resti- |
tuirebbe alla Chiesa romana ed ai Cristia- '
ni . Troppo vtste , e non molto credibili 1
sono tali slargate di promesse ; né Zizim ^
vi avrebbe mai consentito. Quel che è cer- \
to^ nulla si conchiuse coli' Egiziano , e pa- l
ré , che fosse solamente accettata l' annua i
esibizione fatta dal gran-signore. Dimandò ^
poscia r ambasciator turco udienza da Zi- >j
zim, che gliela diede con maestosa forma-
lità, e gli presentò lettere e regali da par- ^
te del fratello Baiazetto. Morì nell'aprile dì j
quest' anno Mattia Corvino celebre re d'Un- i
gheria , e si suscitarono dei gravissimi tor- j
bidi in quel regno , giacché egli non lasciò ^
figliuolo alcuno legittimo. Pero tanto meno si .
pensò a pigliar le armi contra de' Turchi, j
Lodovico Sforza j, reggente dello Stato di ^
Milano^ conclniuse in quest'anno il suo ma-
ritaggio con Beatrice figliuola d' Ercole E- .
1 stf^ri- ì
Anno MCCCCXC; 55
stense duca di Ferrara ^. Si partì questa
principessa da Ferrara nel dì 29 di dicem-
bre:, accompagnata dalla duchessa sua ma-
dre Leonora d'Aragona^ e suntuose furono
poi le nozze celebrate in Milano. Un'altra
iìgliuok d'esso duca di Ferrara per nome
Isabella j nel febbraio di questo medesimo
anno era passata a Mantova ad unirsi in
matrimonio con Gìan-Francesco Gonzaga
marchese di quella città , il qual tenne cor-
te bandita per più giorni , e sfoggiò forte
in solazzi e spettacoli per tali nozze * .
V'intervennero quasi tutti gli oratori dei
potentati d"* Italia. In questi tempi ancora,
perchè Carlo Vili re di Francia era sde-
gnato forte col duca di Milano a cagion
éì Genova, Lodovico il Moro si studiò di
placarlo . Ne seguì poi la concordia con
avere il duca riconosciuta dal re in feudo
quella città , Altrettanto avea fatto negli
anni addietro il duca Francesco Sforza pa-
dre d'esso Lodovico*
D 3 An-
* Cronica di Ferrara T. 24. Rer. ZtaU
* Corto Istoria di Milan§ .
54 Annali p' Italia
Anno di Cristo mccccxgi^ Ind. ix,
di Innocenzo VJII, papa 8.
di Federico III, imperadore 40»
1 asso parimente V anno presente senza azio» 1
ni degne di memoria in Italia , perchè du- \
rò in essa la pace universale ^ . Ma giicr- i
ra in Ungheria fu fra i principi pretenden- '
ti di quei regno. Non potè contenersi jSa- j
ìazetto dal profittar di così propizia con- <
giuntura , Fece delle scorrerie in Unghe* 1
ria 5 prese alcune città ^ e diede il sacco \
ad una grande estension di dominio. Non '
lasciò il pontefice dì spronar di nuovo i 1
principi cristiani , acciocché unissero le ^
lor armi contra il comune nemico. Mim- I
dò ancora le tasse di quanto avea ognuno |
da contribuire, e le mandò indarno. Scu- |
sossi ognuno, e terminò tutto questo trat- I
tato a far la guerra non al Turco , ma ben- |
sì alle borse degli ecclesiastici , con esser- 1
si ricavate per via delle decime , somme I
grandi di danaro :, che a tutt' altro furono ^
impiegate, fuorché alla guerra co' Turchi, ^
Per attestato dell'* Infessura ^ , in questo |
anno si vide in Roma un uomo ( non si
seppe di qual paese ) vestito da pezzente,, e
tenuto per matto, che portando in mano una
croce di legno , andò facendo per le piaz-
ze
* Raynaldui AnnaL Eccl-
^ Infess. Diar. P. i. T. 3. Rer. Ital,
I^.„„„H,CCCXC,.. .
THfelle prediche al popolo, prediche c04i-
tenenti molta eloquenza e dottrina , nelle
quali diceva essere imminente all'Italia del-
le tribulazioni gravissime, e nominatamen-
te a Firenze, Milano e Venezia. Ma per-
ch'egU disse dover ciò avvenire nel pre-
sente anno^ e ne' due susseguenti^ con ag-
giugnere innoltre, che dovea venire un pa-
store angelico y il quale unicamente avreb-
be a cuore la vita spiritual d^Ue anime •
al che. non corrisposero gli effetti : mag-
giormente, si confermò la credenza, ch'egli
fosse un pazzo , Prepotente era in questi
tempi la fazion de' Baglionl in Perugia ,
né voleva ammettere in città la contraria
degli Oddi , da molto tempo bandita .
Avendo fatto gli ultimi ricorso al papa ,
n'ebbero sempre di belle parole, ma non
mai fatti. La disperazione li consigliò a
tentare di rientrarvi per forza ^ ed otte-
nuto un rinforzo d'armati del duca d'Ur-
bino, nella .notte delli sei di giugno , sca-
late le mura, s'impadronirono de' luoghi
forti della città, senzaché in favor loro si
movesse, siccome speravano , alcuno dei
cittadini amici, Alzossi bensì contra d'essi
tutto il partito contrario, e per forza li
cacciò fuori della città . Quanti caddero
nelle lor mani, tutti rimasero barbaramen-
te uccisi, o impiccati; e furono più di
centocinquanta , fra i quali Fabrizio e HI-
dolfoj amendue prelati della corte romana,
condottieri dell'infelice brigata. Spedi to-.
D 4 sto
5^ Annali d' I t a l i a
sto il papa colà il conte di Pitigliano ge-
nerale della Chiesa , acciocché non succe-
desse di peggio . intanto in Milano ^ la
matta ambizione fece nascer delle gare fra
Isabella d' Aragona duchessa di Milano , e .^
Beatrice d^ Este moglie di Lodovico Sforza 1
il Moro . Volea cadauna d' esse soprastare
all'altra negli ornamenti, e ne' pubblici
luoghi. Da questa femminil discordia quan-
ti malanni prendessero origipe per la rovi-
na d'Italia, non tarderemo molto a veder-
lo . Nel dì dodici di febbraio giunse a Fer-
rara * Anna Sforza , sorella di Gian-Ga^
leazzo duca allora di Milano, presa in mo-
glie da Alfonso d'Este^ primogenito d'£r- ì
cole I duca di Ferrara, nella qual occasio- ^
ne abbondarono in quella città feste e ì
sontuosi solazzi. . l
!
Anno di Cristo mccccxcii , Ind. x. ^
di Alessandro VI , papa i. ;
di Federico III, imperadore 41.
1-^i mirabil allegrezza si riempiè in questo !
anno l'Italia, anzi tutta la Cristianità per j
la conquissa di Granata ^ , fatta da Ferdi-
nando il cattolico^ é dìi Isabella^ re di Ca- \
stiglia e d'Aragona, restando con ciò sni- \
dati una volta i Mori maomettani da ogni •
si- '
' Cerio Isteria di Milano .
* Cronica di Ferrara Tom. 24. Rcr. ItaU
^ i aynaldus Annali Eccies,
Anno MGCCCXCIL r,^
tìgfìorìl dominio nella Spagna , dopo \ver
ivi tenuto il piede per ottocento anni . Fin-
qui Lorenzo de^ Medici avea non già con
titolo alcuno di signore, ma bensì coli' au-
toiità sua tenuto in pugno il governo del-
la repubblica fiorentina ^ , in cui facea e
disfacea^ ma con tal senno ed amore alla
patria, con tal magnificenza e liberalità ,
che non men Firenze si trovò felice sotto
di lui , che egli stesso celebrato e stimato
in tutte le corti de' principi cristiani, ed
anche presso il granturco^ e presso il sol-
dano d'Egitto. Era egli pervenuto all'età
di quarantaquattro anni , quando il chiamò
Dio all' altra -vita nel dì sette d' aprile
dell' anno presente * . Kestarono di lui tre
figliuoli , Pietro che fu confermato negli
onori del padre dalla repubblica. Giovane
ni cardinal giovinetto, che fu poi papa
Leone X, e Giuliano» Fra le altre lodi che
a gara diedero gli scrittori suoi contempo-
ranei » Lorenzo, sìngolar fu quella del suo
amore non men verso le lettere , che verso i
letterati . Segui verso il fine di gennaio , se
crediamo ai Rinaldi ' , o piuttosto di mag-
gio , come vuol l' Infessura ^ , accordo fra
^apa Innocenzo e il re Ferdinando . Proba-
bilmente la paura ottenne ciò che la ragione
non avea finqui potuto conseguire . Sapeva il
re
' Ammirati Istoria di Firenz.ù -
Diar. Romjn. P. 2, Tom. ix. Rer. ìtat.
' Raynalfius Annrtl. Eccl.
•^ l'ìfessura Diar. P. 1. T. 3. Rer. Ital.
58 Annali D'IxALXf
re , quanto la sua crudeltà avesse alienato
da lui i' animo della sua baronia , e stai' es-
• sa colle mani giunte aspettando, chi venis-
se alla conquista di quel regno • Non era
ignoto^ che vi pretendea Carlo Vili re di
Francia per le ragioni (non cerco, se fon-
^ date o no ) a lui cedute dà Jìenato duca di
** Lorena. Andava innoltre crescendo del ran-
core tra Ferdinando e Lodovico ih Moro ,
Però venne il tempo di pacificare il papa ,
per averlo alle occasioni non nemico ^ ma
favorevole. Si conchiuse dunque T accordo,
avendo il re promesso di pagar V annuo 1
censo j come avea pattuito il re Alfonso '
suo padre . Ferdinando il cattolico quegli |
tu che trattò l'affare. In segno della rin- ]
«ovata buona amistà entrò in Roma nel di j
27 di maggio Ferdinando principe di Ca- j
pea , primogenito à^ Alfonso duca dì Cala- ,;
buia , e nipote del predetto re Ferdinando^ ^
il quale diede V ultima mano a quella pa- .
ce . Sfoggio di magnificenza tale fece il ;
cardinale Ascanio Sforza y accogliendo nel i
suo palagio questo principe^ che T Infessu- ì
ra non si attentò a darne la relazione per \
timore che fosse creduta un'esagerazione, \
o fola . E i buoni Napoletani , non conten- \
ti di sì nobil trattamento nelF andarsene j
portarono seco per memoria anche gli appa- j
rati delle stanze, i panni lini , etuttoquan- |
to poterono dal palazzo d'esso cardinale. {
Sul principio di luglio cadde gravemente 1
infermo papa Innocenzo FI/I, e dacché fé- j
ce j
^^^r Anno MCCCCXCJL 59
'^^^^ner di sua vita , i cardinali misero m
castello sant' Angelo Zizim fratello del gran-
signore ^. Nella notte poi del dì 25 d' es-
ra mese, Tenendo il dì 26 terminò il pcn-
tefice le grandezze umane con gran com-
punzione di cuore, per comparire al tri-
bunale di Dio. L' essere egli stato iipmo r
mansueto, ed amator della pace, e T aver
fatto di belle fabbriche in Roma , ca-
gion fu, ch'egli lasciasse piuttosto dopo di
se un buono, che un cattivo nome. Pel de-
siderio violen,to, comune ad altri p?pi di
que* tempi , d'arricchire il figlio suo Tran-
ceschetto Cibò^ diede occasione di mormo-
rare a non pochi. Tuttavia non imitò e§}i
alcuno de' predecessori , né simile fu ad al-
tri de' successori ^ che s'immersero in guer-
re, e logorarono i tesori della Chiesa, col
segreto principal motivo 4' i"g*"<^"dii^G ^^
lor case_, e di procurare Stati principeschi
ai loro nipoti . Rimase veramente ricco
Franceschetto, ma non di magnifici Stati ;
e que' pochi ancora, ch'avea, cioè la con-
tea d' Anguillara , Curveteri , ed altre pic-
ciole castella, le vendè egli nel febbraio
dell'anno sequente quasi tutte a Virginio
Orsino^ restando solamente conte di Fe-
rentino. Giunse dipoi la nobil casa Cibò,
ma molto dopo la morte del pontefice In-
nocenzo , e coir aiuto della casa de' Medi-
ci, «ad acquistare il marchesato , oggidì du-
ca-
' Di'ar> Ro'nan. Tom. cod-
6o At^NALID'lTAtlA ì
cato di Massa e Carrara,, mediante il ma- ^
trimonio di Franceschetlo con Rlcciarda Ma* ^
laspina erede di quegli Stati. Nel Jì un- \
dici d' agosto ^ fu eletto papa Roderigo ,
ossia Rodrigo Borgia , cardinale , vescovo
di Porto, e vicecancelliere della Chiesa ro-
mana ^ nativo di Valenza in Ispagna , i gè- j
nitori suoi furdno Goffredo Lenzoli ed Isa-
bella Borgia 5 sorella di Callisto III papà .
Prese il nome di Alessandro VI; e nel di
26 d'agosto fu con gran solennità corona-
to , e concorsero le ambascerie di tutti i
principi cristiani a prestargli ubbidienza .
Non v'ha scrittore ( e non ne eccettuo gli |
stessi annalisti sacri) che non detesti , o non ^
deplori 1' assunzione al trono pontificale di :
un uomo tale, pubblicameilfe screditato per ;
»la sua licenziosa ed impudica vita , e che :
comunemente fu creduto^ aver impiegate *
le adunate sue ricchezze e' le promesse di *
Stati e di dignità, per comperare le chia- •
vi di s. Pietro. Certo è, che i porporati |
d'allora invece d'eleggere il migliore, co- ^\
me portava il loro dovere , elessero il peg- |
giore, a seconda dell' umana cupidità: col- ]
pa de' malvagi esempli ^ e della corruzione \
allora dominante , per cui giunsero alcuni \
papi y fino a gloriarsi d' aver de' figliuoli . ■
E quattro appunto questi ne avea^ notissi- ;
mi a tutta Roma, e più ancora noti da 1
lì
' Infessura Diar. Tom. 3. Rer. ttal. P inviti. Marianft , i
6* aia- J
Anno MCCCCXCII. . 6i
lì innanzi ^ cioè Giovanni , a cui il padre
ottenne in Ispagna il ducato di Gandia ,
Cesare^ di cui avremo troppo da parlare ,
Giuffrè y e Lucrezia a lui nati da Vannozia
cortigiana famosa . Il benignissimo Iddio
ha conservato j e conserverà sempre, se-
condo le divine- sue promesse , illibata dagli
errori la Chiesa sua santa , né lasceran per
questo di nascere in tssa di tanto in tanto
degli scandali ; ma guai a chi reo fu ^ o sarà
di questi sconcerti nella casa' del Signore .
Creato che fu il nuovo papa Giuliano del-
la Ro-vere , cardinale di s. Pietro in Vin-
cola , che fu poi papa Giulio II non iidan-
dosi di questo, com'egli solea dire, Ma-
rano , perchè avea avuto delle gare con
lui , sino a strapazzarsi villanamente V un
Taltro, sul fine di quest^ anno si ritirò ad
Ostia, e quivi si fortificò. Credendo poi di
essere rimesso in grazia d'Alessandro, se
uè tornò Vk Roma; ma accortosi d'esser®
in pericolo , finalmente andò in Francia ^
né più si lasciò attrapolar dalle promesse ,
né da belle parole ^. Molti ancora de' car-
dinali che aveano venduti i lor voti e le
loro coscienze per far questo papa^ coi
tempo trovcìrono d'avere eletto il proprio
loro carnefice. L'Italia nel presente anno
somministrò alla Spagna , cioè al cattolico
re Ferdinando e alla regina Isabella consorti
un mirabil uomo, cioè un sempre memo-
ra n-
* 'ìuicciardini Istoria, d'' Italia %
Gz Annali d' I t a l i a
rando strumento, per arricchire i loro re-"
gni ^ . Questi fu Cristoforo Colombo , nato
in Genova, o per meglio dire in un viU
laggio vicino a Genova ( altri il fece savo-
nese ) dì genitori plebei, ma d'ingegno
nobile , di cui tanta fu la prespicacia e la
fortuna^ che arrivò a scoprir varie isole|
neir oceano occidentale^ ed apr) T adito ad]
altri di scoprire la terra-ferma deirAme-j
rica , cioè un nuovo mondo , creduto sco^
nosciuto finora ^ ma che sembra essere sta-^
to in qualche guisa accennato , o predetta!
da alcuni antichi scrittori^ Rapporta ilLei^
bnizio * una lettera di Fcrdinundo re dii
Napoli scritta nei 1474 a Lodovico XI rej
di Francia / dove si duole, che sieno sta-^i
te prese due sue galee incamminate iflf^
Fiandra da un Colombo suddito d' esso rcj
Luigi. Pensò quel valentuomo, che questi]
fosse il celebre Cristoforo Colombo: cosa aj
mio credere lontana dal vero per vàrie ra»;
gioni. \
An-
* Jacobi Philippus BergomenS' Hist. Giuitimani Isteria di
Cenava. Mariana., Fazell- & aJii .
* Leibìiit' Prodrom. ad Ced. Jur- Geni.
Anno MCCCCXCIII. ^^
Anno di Cristo mccccxciii ^ Ind. xi.
di Alessandro VI, papa 2.
di Massimiliano 1^ rede^Rom. i.
i--^opo avere Timperador Federigo Ut per
più di qnarant'anni posseduta V imperiai
corona , senza eh' egli giovasse ^ o nocesse
all'' Italia ^ , avendo unicamente atteso a
guerreggiare in Ungheria , Boemia , ed tn
altri luoghi oltramontani ^ disse T ultimo
addio alla vita presente nel dì 19 venendo
il dì 20 d"* agosto , in età di ottant' anni :
cosa in qiie'' tempi rara fra i principi. Suo
figlio Massimiliano I già re de' Romani
succedette a lui nell' amministrazione- delT
imperò . Fu egli il primo ad intitolarsi
imperadore eletto de' Romani , con essere
poi andato anche in disuso l'aggiunto die/et-
to ne' tempi susseguenti. Cominciò in que-
st'anno ad intorbidarsi il sereno dell'Ita-
lia. Gli ambiziosi disegni ài Lodovico Sfor^
za , detto il Moio ^ qui furono , òhe die-
dero moto alle discordie , e poscia ad atro-
cissime guerre, che per anni moltissimi
lacerarono il seno di queste prcvincie. Era
già pervenuto ad età capace di governare
i suoi popoli Già ri' Galeazzo Sforza duca di
Milano : pure continuava esso Lodovico suo
zio paterno a fare il reggente^ e con ap-
parente disposizione di non voler più de-
por-
* Tfithertì. Cuspinian. 6* atti .
^4 Annali D* Italia
porre questa autorità ^, dappoiché aveaoc- ■
cupato i tesori della casa Sforza^ e in ma-
no sua^ cioè d'ufiziaii suoi confidenti, sta-
vano tutte le fortezze del ducato di Mila-
no • Non potè contenersi Isabella moglie di'
esso duca di portar delle querele di un taltj
trattamento aà Alfonso duca di Calabria suo
padre * che se ne sdegnò forte, ed operò
in maniera , che il re Ferdinando suo pa-
dre spedi. ncU'anno precedente un' amba-
sciata a Lodovico, per consigliarlo dolce-
mente a rilasciare il governo al duca ni-j
potè. Lodovico, che non se ne sentiva vo-|
glia , ed era peraltro un finissimo dissirau- |
latore^ rimandò con risposte cortesi Tarn- |
fasciatore 3 quindi pieno di livore e di j
vendetta , &i diede a ruminar le maniere i
di abbattere il re Ferdinando y consideranr I
do per signore possente ad ottener colla ;
fofza ciò , che non si volea concedere per j
amore. 11 bel ripiego, ch'egli prese, fui
quello d'invitare air impresa del regno di 1
Napoli il giovane Carlo Vili re di Fran- \
eia, offerendosi pronto a sovvenirlo con •
gente e danaro. La lettera scrittagli a que- i
sto effetto da esso Lodovico , vien rappor- ]
tata dal Corio ; e il conte Carlo di Belgio- \
ioso^ oratore di Lodovico in Francia-, fu in- !
caricato di promovere questa incombenza . i
Opera eziandio fu del medesimo Sforza , j
che ^
i
' €ort-o Istoria di Milano • ;
* Ammirati Istoria di Firenzp • ■ i
Anno MCCCCXCIIL 65
che pa-pa Alessandro cominciasse di buon
ora ad attaccar liti col re Ferdinando , con
fargli credere che il re fomentasse Virgi-
nio Orsino^ contra del quale era in colle-
ra Alessandro, per aver egli senza licenza
pontificia comperato, siccome di sopra ac*
cennai,' le castella di Franceschetto Cibò,
In Roma il cardinale Ascanio Sforza j
fratello di esso Lodovico , siccome quegli ,
che più degli altri avea procurato Tinnalza-
mento del papa, e n'avea avuto in ricompensa
il grado di vicecancelliere , potea molto i i
quella corte; e quegli era, che attizzava il
fuoco contra del re Ferdinando^ Condusse
anche il papa a fare una lega particolare
col duca di Milano e co' Veneziani nel
giorno 21 d'aprile, la qual fu poi solen-
nemente pubblicata nella festa di san Mar-
co ^y senzache se ne facesse parola col
suddetto Ferdinando, e co' Fiorentini , i
quali si allarmarono non poco per questa
diffidenza , quando essi erano in lega collo
stesso duca di Milano. Ma il solito di Lo-
do-vico Sforza era sempre di camminar con
doppiezze.. Cominciò egli innoltre in questo
medesimo anno a maneggiarsi con Massi-
miliano Augusto * , per ottenere il titolo
e Tautorità di duca diMilano ad esclusion
del nipote. Eppure insieme trattò^ anzi
conchiuse il matrimonio di Bianca Maria
Tomo XXII. E Sfor-
■ Infesfura Diar. Par. a. Tom, 3. Rtr. Ttah'c^
* Curio Ist. di Milena»
66 Annali dMtalià
Sforza^ sorella del vivente allora GLan-Ga-
leazzo Maria duca di Milano j, collo stesso
3Iassimiliano ; e lo sposalizio fu poi solen-
nemente celebrate^ io Milano nel giorno
primo di dicembre. Ma intanto "papa Ales-
sandro andava allestendo e ingrossando le
sue soldatesche con gelosia non poca del
re Ferdinando . E perciocché una delle pri-
marie applicazioni di esso pontefice sem-
pre fu quella dell' ingrandimento de' suoi
figliuoli : in quest' anno gli riuscì di mari-
tar Lucrezia sua figliuola con Giovanni
Sforza ( e non già con Alessandro , come
r Infessurar ) signore di Pesaro . Le nozze
con gran solennità, ma con poca onestà y
furono celebrale nel pontificio palazzo nel
dì 12 di giugno del presente anno. Intanto
il re Ferdinando^ vedendo quai nuvoli si
alzassero contra del regno suo , a tutto
potere si studiò di placare, anzi di guada-
gnare papa Alessandro e Lodovico; il Mo-
ro. Fu adoperato Ercole duca di Ferrara,,
per rimuovere Lodovico dalla pazza sua
risoluzione di tirar le armi francesi in Ita-
lia^ né egli omise uffizio alcuno per otte-
ner l'intento. Ma Lodovico j pien di presun-
zione, mostrò ben nelle apparenze di cede-
re, ma difatti si ostinò nel proposito suo;
e tantopiù perché nel di ii di ottobre col
passare all' altra vita Leonora duchessa di
Ferrara, figliuola del re Ferdinando^ ven-
ce a mancare una principessa che avea non
poca autorità nel cuore di Lodovico, sic-
co-
Anno MCCCCXCIII. 6?
come suocera sua. Per conto del papa, lai
maniera 'di fargli deporre l''avvsrsion sua
al re Ferdinando^ quella fu di promuovere
gli avanzamenti ^di Gluffrè figliuolo di esso
pontefice •* V ambizioso papa , che deside-
rava di veder la sua prole imparentata col-
la real casa d" Aragona, dimandò ed ot-
tenne, che una figliuola bastarda ài AlSojiso
duca di Calabria, primogcnato diFerdin^anr
do , fosse data in moglie ad esso GiuìFrè ^ .
'uò essere , che questo trattato si conchiu-
desse solamente nel!' anno seguente * . OU
treacciò papa Alessandro in una promo-
zione, ch'egli (ecQ di cardinali nel dì 20
di settembre j ornò della sacra porpora Ce-
sare suo figliuolo che fu poi conosciuto sotto
nome di duca Valentino y il qual era , o
poi divenne un mostro d' iniquità : pui'e
Alessandro gli volle dar luogo neirinsigne
Ordine de' cardinali , quantunque^ molti di
loro il dissuadessero dal farlo, ed altri
apertamente ripugnassero. Furono in essa
promozione compresi Ippolito Estense, fi-
gliuolo dei dnca di Ferrara , ed Alessandro
Farnese^ che fu poi papa Paolo III ^ a re-
quisizione di Giulia la Bella , sorella , op-
pur parente di esso Alessandro, che in
questi tempi era molto considerata in Ro-
ma.
E 2 An-
' l'ìfessura Diar. Tom. eod.
^ Allegretti^ Istor- eii Siena , Tom. 23. Rer. Itah
o8 Annali d' I t a l i a
Anno di Cristo mccccxciv_, Indiz. xii.
di Alessandro VI , papa 3.
di Massimiliano Ij, re de' Rom. 2#
V-wom4nciarono in quest' anno i guai dell'
Italia, gtiai di lunga durata, benché fram-
mezzati da qualche tregua-, e guai superio-
ri a quei degli anni addietro ; perchè lad-
dove tra di loro ne' tempi passati .aveano
guereggiato i principi italiani , ora si sca-
tenarono tutte, per così dire, le armi ol- |
tramontane, per venire a far qui una fu- |
nestissima danza . Primieramente essendo i
giunto Ferdinando re di Napoli all' età di |
settant' anni ^, se gli caricarono addosso |
dei gravissimi affanni per la tempesta , che j
contra di lui si preparava in Francia , e ;
non minori fatiche per mettersi in difesa ; |
laonde infermatosi, finì in pochi giorni di ;
vivere , lodato per varie sue belle doti dal
Summonte 3 ^ ma certamente poco amato , j
anzi odiato da ognuno per le sue crudel- ^
tà. Il Sanuto * storico veneziano s' empie |
la bocca delle iniquità non men del padre, \
che del figliuolo. Cadde la morte sua nel ■
di 25 di gennaio deiraeno presente, e a \
lui ' succedette nel regno Alfonso dìwa di j
Calabria , primogenito suo , la cui prima 1
cu- \
' ìnfessura Hiaf. P.tr. i.. Tom. 3. Rcr. Italie. Arùmir.ttì
Istoria di Firenze . Raynald. Annal. Bcdssinst.
* Summonte Istoria ài Napoli»
i Sanuto Istoria di i^enez,i/i X. a>. B'-y. I^al-
Anno MCCCGXCIV, 69
cura fu quella di dar V ultima mano ai
trattati di paee col papa^ per ottener V
investitura , ed insieme aiuti da lui ne' bi-
sogni. Infatti nel seguente aprile tutto am-
mansato il pontefice Alessandro sinodi il car-
dinale di Moiareale , cioè Qlovan ni Borgia
suo nipote a Napoli colle bolle dell'inve-
stitura , e colla facoltà di coronare Alfon-
so re di Napoli . Nel giorno settimo di
maggio, essendo gi^ pervenuto colà esso
cardinale legato , si celebrarono le nozze
di Sancia figliuola naturale del re Alfon~
so CQU Giuffrè figliuolo del papa , di età
di tredici anni ,• e furono fatte giostre ,
tornei, ed altre feste. Se fosse caro al pon-
tefice questo parentado., si può raccogliere
dall' aver egli esentato Alfonso daH' annuo
censo del regno , sua vita naturai duran-
te ^ . Il regalo fatto alla sposa da Giuf-
frè in gioie, drapperie, ed altre- robe, fu
creduto , che ascendesse al valore di due*
centomila ducati d'oro. All' incontro il re
assegnò peic dote alla figliuola il principato
di Squillace. Nel Diario diBurcardo, cita-
to dal Pvinaldi , è scritto, avere il re AU
fonso II creato Giuffrè principe di Tricari-
co , e conte di Chiaramonte , Lauria ,e
Carinola. Ciò fatto, papa Alessandro , che
dianzi entrato nelle sconsigliate massime di
Lodovico il Moro avea inviato in Italia
CarlQ Vili cangiò sentimenti e linguaggio .
E 5 ' Scris-
* Summonte IstoT' di K!a^oti .
70 Annali D'jTAtiA t
Scrisse pertanto a qnel re , dissuadendolo 1
dal venire , con rappresentargli la carestia i
e peste^ onde Roma era afflitta ^, ed es- |
sersi pericolo , che il re Alfonso , mosso }
dalla disperazione ;, chiamasse in sua dife- \
sa i Turchi : ig che sarebbe la rovina dell' |
Italia. Ma il giovane re di Francia, che
dopo essere mancato il re Ferdinando , j
principe, il qual solo pel suo gran" seiino
avrebbe potuto difficuìtare i suoi disegni ,
s'era maggiormente animato alT impresa
del regno di ÌSIapoli , nulla badò a queste |
ciance^ e seguitò a fare il fatto suo. Per |
mezzo di Guglielmo Brlssónetto prinio mini- |
stro procurò il papa <li ritardare i movimenti |
del re Carlo; ma iq Francia il cardinal Giz£- |
Viano dalla ffovere, sdegnato forte contra |
papa Alessandro, seppe così ben perorare ;•
presso il re, al quale ancora continui im- ^
pvilsi dava Lodovico il Moro, che si affret- j
tò più che mai al preparamento delle ar- [
mi. Spedì il re in Italia alcuni suoi uffizia- ■]
li, fra'quali Filippo di Comines. signore di
Argentone , quel medesimo , che ci l'asciò J
una veramente savia e bella storia di que- ]
stì tempi , per iscandagliare gli animi dei 1
principi d'Italia . Con breve, ma saggia ris- i
posta;, che nulla concludeva, si sbrigarono j
da tale ambasciata i Fene^iani e i Sanesi, \
1 Fiorentini e il papa si mostrarotto con- 5
' tra- j
' Infesiura Diar. Part. i. Tom. 3. Rerum J^tal. Corto Tst»
df Milano. ' . ■ . ■>•: \.:-^:i^.i^
Anno MCCCCXCIV. 71
trai] . Ercole duca di Ferrara _, e Giovanni
Bentivoglio esibirono trattamento alle mi-
lizie del re, ma nulla di più. Il solo Lo-
dovico il Moro quegli parea , che con calore
assistesse ai Francesi .
Ora il re Alfonso non tanto per vendicar-
si di questo principe , la cui malignità chia-
ramente tendeva alla di Ini rovina , quanto
ancora per tener lungi da se la guerra con
farla nel paese altrui , inviò per terra nel-
fa Romagna don Ferdinando suo primoge-
nito duca di Calabria, acciocché la rompes-
se con Lodovico . Parimente nel mese di
giugno mandò -una flotta di 35 galee , die-
ciotto navi , ed altri legni minori j coman-
data da don Fedf^rigo suo fratello, per far
qualche tentativo contra di Genova ^ , sec-
condato da Obietto delFiescOj che §i ribel-
lò .al duca di Milano. Ma essendo già cala-
to Lodovico duca di Orleans e signore di
Asti in Italia^ ed imbarcatosi nella fiotta re-
galie , spedita dal re Carlo ^ nel giorno ot-
tavo di settembre sbarcò a Rapallo , castel-
lo pfeso dai Napoletani^ e con loro venu-
to alle mani , li sconfìsse in maniera , che
la flotta nemica fu obbligata a tornarsene
vergognosamente a Napoli . Maggior felici-
tà non incontrò dipoi V armata terrestre
del re Alfonso in Romagna. Nel dì nove
E 4 op-
' Senarega de Reh. Genueas. T. 24. Rer, Tta'. Sanuto Ist.
Ài ren«t. T. 21. Rer. Ttal. Ammirati Ist- di Fir. Corto Isu
di Milano .
jlt Annali d' I t a l i a
t)ppure undici di settèmbre giunto ad Asti
Carlo Vili re di Francia coi la sua arma-
ta ^, fu quivi sorpreso dal vaiuolo . Risa-
nato arrivò a Pavia , dove godè delle ma-
gnifiche accoglieiize fattegli da Lodovico il
Moro , ma con volere per ostaggio della di
lui tede in suo potere quel casiello, ed ot-
tennere.da lui in prestito ducentomila du-
cati d'oro. Era nel castello medesimo gra-
vemente infermo, e di malattia creduta in-
curabile, il giovane Gian Galeazzo Maria
Sforza duca di Milano, con opinione uni-
versale , che un veleno datogli da Lodovi-
co suo zio appoco appoc© il menasse a
morte. Fu a visitarlo e consolarlo il te
Carlo y ed Isabella sua moglie gli racco-
mandò i suoi piccioli figliuoli. MsL appena
fu passalo il re a Piacenza , ovvero a Par-
ma, che ricevette l'avviso della morte dell'
infelice duca, accaduta nel dì 22 d'otto-
bre , in età di 25 anni. Fu egli compianto
da tutti non meno per l'innocenza sua ,
che per essere stato vittima dell' ambizion
di suo zio. Né qui finì la tragedia . Dovea
succedere nel ducato il di lui primogenito
Francesco Sforza . Lodovico il Moro già
avea cominciato , o procurato da Massimi-
liano re de' Romani, ossia imp<^radore elet-
to, d'esser egli creato duca di Milano per
quella strana ragione di dover egli essere
anteposto al duca Galeazzo Maria ^ già suo
fra-
* Memor» de Comnes Uh, 7.
Anno MCCCCXCIV. 73
fratello defunto, e a* di liii figliuoli, per-
chè Galeazzo Maria era nato da Francesco
Sforza y non peranche duca di Milano j lad-
dove esso Lodovico nacque -dal padre _, 'già
«creato duca. Non mancarono mai , né man-
cheranno pretesti all'ambizione umana e
all'interesse, per usurpare T altrui , se con
loro il poter si congiugne. Leggesi il di-
ploma spedito da Massimiliano in Anversa
nel giorno quinto di settembre di quest'an-
no press© il Corio * . Il sig. Du-Mont ci
dà questo diploma al di 25 di novembre
dell'anno seguente. Comunque sia, certo
è , che senza aspettare il beneplacito cesa-
reo * , Lodovico il Moro venuto a Milano ,
non ancora terminato il funeral del nipo-
te , convocò i primati della città per la
creazione d'un nuova duca, ed avendo ben
istrutti i suoi partigiani , costoro mt^stra-
rono , richiedere il pubblico bene, che in
tempi sì pericolosi non un fanciullo , ma
un uomo assennato prendesse le redirvi del
governo , e fosse duca . Però senza che al-
cuno osasse di contraddire, Lodovico prò-
clarpato duca prese lo scettro , e fra le gri-
da allegre dello sconsigliato popolo cavalcò
per Milano. La vedova duchessa Isabella
co'suoifigliuolini, lagrimevol esempio dell'
incostanza delle cose umane , fu rinserrata
nel castello di Pavia.
' Corto Ist. di%Milano,
* Guicciardini Tstou lik l.
74 Annali d' Italia
Intanto al re Carlo nacquero sospetti con» j
tra dello stesso Lodovico , al sapere , che il
papa e i Veneziani faceano de' maneggi per,
istaccarlo da lai , e poco mancò , che non de-
sistesse dalT impegno preso contra del regno-
di Napoli . Ma Lodovico^ a cui non manca- :
vanomai in bocca le beile parole , ed alcuni ,ì
avvisi segreti pervenuti ad esso re da Firen-|
ze , dove il chiamavano i nemici ed emoli
didietro de' Medici , l^ accesero a continua-
re il viaggio. Parte dell' esercito suo sotta
il ^ornando del Momiiensierl andò in Pio-
magna ^ , e fece che 1' armata di don Fer^
dlnando duca di Calabria si ritirasse a Ce-|
sena. Da questa gente fu preso .a forza dij
armi il castello di Mordano con altre del
distretto d'Imola, commettendo ivi crudel-
tà infinite fino ad uccidere i bambini: lo
che fece correre l'orrore e il terrore per |
tutta r Italia^ e indusse Faenza e Forlì ad |
accordarsi co' Francesi . Nell^ ultimo rieu* j
sando don Ferdinando, di azzardarsi ad una]
battaglia j, e sentendo la mala piega, che |
prendeano le cose della Toscana , si avviò j
alla volta di Napoli^ e cessa^'ono i rurjiori |
in Romagna. Passato il re Carlo perla stra- ;
da di Pontremoli verso la Toscana , pose;
r assedio alla rocca di Sarzanello presso a \
Sarzana, commettendo le sue genti crudeltà!
dappertutto ancora con gli amici . In gran- i
de agitazione e spavento si trovò per que- |
sto ]
* Crmìica MSta di Bologna. \
Anno MCCCCXCIV. 75
sto avvicinainento la città di Firenze ',
siccome quella, che a suggestioi| di Pietro
de siedici s'era finquì mostrata contra-
ria ai disegtri dei Francesi; epperò esso
Pietro , giacché si conobbe decaduto dal
favore det popolo fiorentino, affin di pla-
care il re,' si portò a visitarlo vicino a
Sarzana , e quivi di su^ testa , e senza
commissione alcuna .della repubblica^ sta-
bilì un accordo col re , dandogli per ostag-
gio della fede de' Fiorentini le fortéz-
ze di Sarzana, Sarzanello e»Pietrasanta .
Non molto dipoi volle il re Pisa, e Livor-
no, € Pietro gliele diede , [Promettendo
il re con un pezzo di carta di restitui-
re tutto , dappoicliè avesse conquistato il
regno di Napoli. Andato esso re* a Lucca ,
oltre all'aver voluto in sua mano alcune for-
tezze,«volle ancora gran somma di danaro
da quel popolo che nulla osò di negargli •
Era in questo mentre, cioè nel dì 8 di
novembre, ritoi'nato a^Firenze Pietro del
Medici^ per rendere conto delP imprudente
suo negoziato • ma nel dì seguente si trovò
chiuso r adito al palazzo del pubblico, es-
sendo sommamente irritati contra di lui i
ma^istrati per l'accordo suddetto *. Poco
stette a sollevarsi il popolo stesso : laonde
Pietro montato a cavallo col cardinal Glo-
van-
' ammirati ìst. di Pir,
^ Guicciardini Jst. d'Italia. Ammirati lit- di Fir, KaiJi
Ift. di Fire?ì7iC , ed al tri .
7^) Annali d' 1 t a t. i a I
vanni y e GiuHano s^uoi fratelli, si fuggii
con grandetta fuori della città,, né si fer-ii
mò , finché giunse a Bologna . Nel raedesi-i
rno giorno fu egli dichiarato co' fratelli ri-*
bello ^ posta taglia contro le loro persone,
e poscia messo a sacco il ricchissimo loro
palagio. Intanto fece il re di Francia l'en-
trata sua in Pisa , dove nel dì 9 di no-
vembre a^ttruppatasi quella nobiltà e popo-
lo, ad. alte voci dimandarono al re la liber-
tà^ 6 parendo Joro , che le buone parole
del re fossero un chiaro consentimento alldf
laro dimande , subitamente corserso la 'ter4
ra , scacciaTido i commissarj , e disfacendo!
le insegne della repubblica fiorentina: avve-j
nimento , che trafisse il' cuore de'Fiorenti-i
ni. Conttrttociò spediti ambasciatori a Pisa,!
cercarono d'intavolare col re qualche, accor-j
do. Convien credere, che fosse ir» buono ^
stato il maneggio ^ , perchè il re Carlo nel \
dì 17 di novtimbre venuto alla volta dì
Firenze, fu ricevuto in quella città non so- j
lo pacificamente coli' esercito suo, ma an- i
Cora con tutta m3Q;nificeBza. Allora si sco- ;
pri meglio, dove possa giugnere la non <
mai sazia ambizion de' potenti. Dure ed j
indiscrete condizioni cominciò imperiosa- \
mente a pretendere il re da' Fiorentini , cioè |
somme immense di danaro , le restituzione !
di Pietro de' Medici, e infine il dominio 1
«iella città : cose tutte <:he naoveano a rab- \
bia i
' Allegretti Tsto-r. di Sienn ^ T. 13. Rev. Tt>7l-
Anno MCCCCXClV. 77
tia elfi trattava di tali affari per parte dei
Fiorentini. S'era pervenire a .qualcne brut-
to spettacolo , se non fosse stato Pietro ,
Capponi uno de' deputati, il quale montato
in collera al vedere, che da' ministri del
re si dava earta d'accordo, come loro pia- '
ceva , senza volere far conto alcuno delle
ragioni de' fiorentini , arditamente in fac-
cia dello stesso re stracciò quella carta ^,
e ai regi ministri che a^veano accompagna-
to con alte minacce lo scritto , animosa-
mente rispose: Voi darete nelle vostre trom-
be , e noi soneremo le nostre campane : io
che detto , uscì tosto della camera. Questo
parlare che potea facilmente partorir gra-
vissimi sconcerti, Dio volle, che terminas-
se in bene . Si ridussero i regi ministri a
condizioni più discrete, e nel dì 26 di no-
vembre seguì l'accordo, in cui i Fiorenti-
ni promisero al re centoventimila scudi ,
cioè cinquantamila in termine di quindici
dì, e in altre rate il resto. Per Io contra-
rio il re promise la restituzion delle terre
in tempi determinati. Pietro de^ Medici re-
stò in bando. Partitosi poi di Firenze il
re nel dì 28 del mese suddetto s'incam-.
minò verso Roma * , e nel dì 2 dicem-
bre entrò in Siena , dove ancora seguendo
il re, arrivò nel di seguente il cardinale
di s. Pietro in Vincola, cioè Giuliano della
Rovere, V'ha più d' uno scrittore afFerman-
* Ammirati Jitrr. di Firenze- Guicciardin. Tst, d"* Italh ^
* Philip, de Ccmines, Burchardus in Diat,
78 A N N AL I d' Italia
te, che papa Alessandro ledi re Alfonso , 3
dacché s'avvidero di non aver forze bastan- ì
ti ad impedire il progresso dell' armata i
Francese, 1^ quale unita coIT altra di Rcw' |
magna alcuni ficcano ascendere sino a ses* |
santamila persone, ma verisimilmente sarà |
stata molto meno, ricorsero per aiuto ai-
Turco ^ acciocché spedisse un possente cor-*
pò di sua gente alla difesa del regno di
Napoli ; ed aver infatti Baiazetto preparate
alla Vallona alcune migliaia di combatten-
ti ; ma intesi dipoi i prosperosi successi dei
Francesi nel regno , meglio credette di non
inimicarsi un re sì potente, affinchè la vo-
ce ch'esso re Carlo avea fatta correre pres-
so i buoni cristianelli d' essere venuto in
Italia, per andar contro ai Turchi , notiP
gli venisse voglia un dì di renderla véraw
3:)icerie di belli o maligni ingegni verisi-
milmente furono queste. Nel giorno stesso,
in cui Carlo Vili entrò in Firenze, mancò
di vita in quella stessa città Giovanni Pi-^
co signore della Mirandola in età di soli
trentatrè anni * , eppur giunto in sì poco
tempo di vita a merirarsi il titolo di Fe-i-
fjice degl'ingegni: sì grande era il suo sa-
pere , sì maravigliosa la sua perizia nelle
lingue orientali , accompagnata eziandio da
una rara pietà, ed illibatezza di costumi-
Parimente nel settembre di quesl' anno *
finì
* Johann. Franciscus Pico in Vit. J&h.tnnis Pici .
* Jovius in Elo^'
Anno MCCCCXClV. 7^
fini 1 suoi giorni in Firenze Angelo FolU
ziano in età di quarantanni, anch'esso uno
de' più felici ingegni^ clìtì si avesse allora
l'Italia. Né è naen dégno di memoria Er-
molao ( chiamato nel dialetto veneziano
Almorò ) Barbaro nobile veneto , che pochi
pari in sapere ebbe in questi [tempi, come
attestano i suoi libri. Anch'agli nell'anno
presente in Roma terminò di vivere in età
di quarantun' anno, e in tempo che era
preparata la sacra porpora al merito di lui.
Anno di Cristo mccccxcv, Ind. xiif.
di Alessandro VI, papa 4.
>di Massimiliano I, re de'Rom. 3.
Uno de' primi a far muovere di Francia
il re Carlo Vili ^ era stato ^^a-pa Alessan-*
dro VIj senza ben pesarne da quel gran po-
litico ed astuto uomo eh' era j, le perverse
conseguenze di un tal consiglio. Ma allori-
che vidfc , che entrato con tante forze que-
sto re in Italia , e pervenuto fino in To-
scana, non v'era città, ©fortezza, che non
gli portasse le chiavi, cominciò a provar
degli affanni e tormini gravissimi , perchè
considerato come aperto nemico di un -re,
a cui nulla resisteva ^ . Nel dì 9 di dicem-
bre aveva egli fatto mettere in onesta pri-
gione i cardinali Ascanio Sforza^ e Sanse-
-verino , come parziali de' Francesi , e man-
da-
i Burchardus Biar> Mpdd Kajnali.
So Annali D^ Italia
dati in castello sant' Angelo Prospero Co*
lonna e Girolamo Tuttavilla . Cominciò poi
in lontananza a trattare d'accordo col re»
Questi fece istanza ne' preliminari , che sii
liberassero i due cardiuali ; ed aggiunse l|
che avendo il pontefice lasciato entrare *ii|
Roma Ferdinando duca di Calabria colh
genti sue jiemiche (questi poi si ritirò
primachè arrivassero i Francesi ) anch' egli
voleva entrarvi : che peraltro egl'era pron-
to alla concordia. Nel dì 19 del suddettqj
dicembre fu spedito dal papa al re il car-^
dinal Sanseveriho^ e questi almeno otten-|
ne, che pacificamente^ e salvo l'onore deU
la maestà ed autorità pontifizia, il re fa->
cesse la sua entrata in Roma . Nella notta
dell'ultimo dì di dicembre, venendo il dì*
primo dell'anno presente, arrivò il re di|
Francia a Roma, e v"* entrò tenendo tutttìtj
le sue genti di armi la lancia sulla coscia ^
Dal popolo romano gli furono presentate le^
chiavi della città^ ed egli poscia andò adj
alloggiare nel palazzo ben ammobigliato dii
s. Marco. Il pontefice Alessandro che non^
sapea quanto si potesse promettere de' bal-i
danzosi e sdegnati Francesi , avea preso I03
spediente di ritirarsi in castello sant'An-i
gelo, per trattar con più sicurezza della;
concordia e del suo decoro ^ . E ne trattòj
pet mezzo de' ministri del re, conchiuden-j
do finalmente queir accordo che potè . Nonj
man-
* Guiccf ardiri. Jst, Coniines^ RaynftJdus Annal. Eccl. \
Anno MCCCCXCV. 8i
mancarono allora cardinali , e massimamen-
te Giuliano della Rovere y ed altri semina-
tori di discordia , che insinuarono al re ,
questo essere il tempo d'intentare un pro-
cesso contra di papa Alessandro, per prò*
Tare, ch'^cgli simoniacamente avea acqui*
stata la sedia di san Pietro^ e menava una
vita troppo scandalosa con evidente danno
della religion cattolica . Ma il re badando
ai consigli del Brissonetto ^ a cui il papa
avea promesso il cappello cardinalizio, si
astenne dall' indurre questo sconcerto nella
Chiesa, lasciando a Dio il gastigo di chi
avesse prevaricato, ed attese a ciò che ri-
guardava i proprj interessi . Fu dunque sta-
bilito, che il papa per sei mesi concede^
i^bbe al re la persona di Zizim fratello di
Baiazetto, con promessa di restituirlo; da-
rebbe ad esso re l'investitura del regno di
Napoli , rimetterebbe in sua grazia i car-
dinali aderenti alla Francia , lascerebbe nel-
le mani del re Terracina , Civita vecchia^.
Viterbo e Spoleti , finch' egli ritornasse da
Napoli ; e darebbe per ostaggio di sua fe-
de Cesare cardinal Valentino suo nipote •
In vigore di tal concordia uscito di ca-
stello sant'Angelo nel dì i6 di gennaio pa-
pa Alessandro FI, passò nel giardino dei
palazzo vaticano^ e quivi fu ad inchinarlo
il re Carlo, ma senza baciargli la mano^
non che il piede . Si abbracciarono , fecero
i lor complimenti, e il re senza perdere
tempo fece istanza del cappello cardinalizio
Tomo XXIL F pel
82 Annali d' Italia |
pel suo primo ministro Guglielmo Brlsso
netto ; cosa che fu con subita puntualità,
eseguita. Tenutosi poi pubblico concistoro
in s. Pietro nel giorno 19 del mese sud-
detto^ vi comparve il re^ e secondo il Ri-
tuale soddisfece a tutti gli atti di riveren-
za v^rso il vicario di Cristo. Partì poscia
il re Carlo^ di Homa nel dì 28 di gennaio!
alla volta del regno di Napoli. Parve, che
il Cielo secondasse tutti i suoi passi , per-
chè quel verno fu così dolce^ quieto e se-
reno, che sembrava una primavera , in gui- i
sa che all'esercito francese non riusciva dil
incomodo , o danno il far viaggio in quella i
stagione. In questo mentre il re di Napoli)
Alfonso II , ossia eh* ora conoscesse V ama- |
ro ma giusto frutto della passata sua cr§- \
^ deità ed avarizia ^ , per cui si era tirato j
addosso l'odio di tutti i baroni, e del pò-;
polo stesso , né potea far capitale della lor ;
fede in sì pericolosa contingenza ; oppure \
come viiole il Summonte *, che il papa^ -e j
il cardinale Ascanio suo cognato a ciò )
l' esortassero : determinò di rinunziar la |
corona a' Ferdinando suo primogenito per ■
la speranza 3^ ch'essendo egli universal- 1
mente amato dai nòbili e dalla plebe per j
le sue lodevoli doti , ben diverse dàlie pa- i
terne, alla difesa di lui e del regno tutti 1
il
• Sanuto Tst. di f^en.-^ T, ai. Rer. Ttal*
* Summone Istoria di Napoli'
' Guicciard. Ist. d^ Ital, Ammirati ^Isu di Birsnrj
Anno MCCCCXCV. S3
SI linirebbono. Nel dì 23 di gennaio segui
la rinunzia. Ferdinando 11^ fu riconosciu-
to per re, e il padre suo Alfonso II y im-
barcate in cinque galee le cose più prezio-
se con danari, ascendenti a trecento cin-
quantamila scudi, nel dì tre di febbraio
lisci di Napoli , e fece vela verso la città
di Mazara in Sicilia, e quivi andò a me*!-
tere la sua stanza in un monistero di mo-
naci Olivetani , con darsi tutto ad opere di
pietà e di penitenza : col qual tenore di vi-
ta giunse al fine de' suoi giorni in età di
quarantasette anni nel di 19 di novembre
di questo medesimo anno, e fu poi seppel-
lito con reali esequie nella maggior chiesa
di P^essina^
Marciava , siccome dissi , il prode re Car-
io VITI verso il regno di Napoli , quando
il turbarono non poco due avventure. Per
istrada il consegnato a lui Gem , o Zim ,
ossia Zizim fratello di Baiazetto 11^ sor-
preso da un fiero sconosciuto malore , in
poco tempo firn di vivere . I più attribui-
rono la di lui morte a veleno, e veleno
datogli per ordine del papa. Col mezzo di
costui pensavano i Francesi di poter fare
grandi imprese contra de' Turchi, e fin si
figuravano d'impadronirsi di Costantinopo-
li . Giunto poi , che fu il re a Velletri , Ce-
sare cardinal Valentino figliuolo d'esso pon-
tefice , a lui dato per ostaggio, improvvi-
samente se ne fuggi, e tornossene a Ro-
ma : dal che tanto più rimase accertato il
. , F 2 re
1
' ^é^. Annali d' Itali a !
te dell'astuzia e poca fede del papa. Nottì
mi fermerò io qui a descrivere i fortunati}
successi del re Carlo nelT impresa di Na-I
poli, e gr infelici del buon re Ferdinando J
ossia Ferrante II, Basterà dire, che per|
quanto avesse fatto questo novello re , per'
cattivarsi i popoli con aver data la liberal
tà ai baroni imprigionati dal padre ^ restici
tuiti gli Stati a chiunque n'era stato in-j
giustamente spogliato, e dispensate molte ^
grazie alla città di Napoli : pure nìuno ten-|
ne forte per lui^ ed egli si trovò tradito,
da' principali suoi uffiziali . San Germano 1
niuna resistenza fece. Capoa _, l' Aquilani
Gaeta ^ ed altre terre, senza sfoderare spa-»|
da, si arrenderono al vincitore re Carlo o
Napoli si sollevò, e mandò incontro a'Fran-»]
cesi, con offerire pacificamente l'ubbidien-»!
za. Per quanto facesse il re Ferdinando^]
non potè fermare una si gran piena di ri- i
voluzioni e disgrazie»; epperò nel dì 2i di *
febbraio , dopo aver lasciato buon presidio j
in Castello-nuovo, e in quello dell'Uovo,;
con quattordici galee si ritirò al castello j
d'Ischia, Il castellano Giusto della Candì* \
na catalano^ che già teneva intelligenza \
col re francese^ noi volea lasciar entrare , i
Tanto disse e pregò lo sfortunato re, che i
fu i'ntrodotto solo ; ma appena v' ebbe mes- i
so il pie dentro , che cavato lo stocco , i
stesse morto a terra l'infedel castellano:!
dal qual colpo rimase sì sbalordita la guar- ]
Bigione, che con fece alcun tnpvimeqto, e j
Anno MCCCCXCV. 5$
lasciò impossessa'rsi di quel castello il tà^
sto de' cortigiani e delle guardie del re Fer-
dinando . Entrò nel seguente giorno 22 op--
pure 24 di febbraio ^ il re Carlo trioni-
falmente in Napoli. Seco marciavano tren-
tottomila soldati , avendone egli lasciati
molti di presidio in Toscana^ nelle terre
della Chiesa ^ e nelle città già conquistate
del regno. Perchè le artiglierie del Castel-
lo-nuovo, alla cui difesa era stato lasciato
Alfonso d/ Avalas marchese del Vasto e di
Pescara , faceano gran danno alla città , e
al palazzo di Capuana , il re Carlo ne for-
mò l'assedio* Poco durò^ perchè avendo
gli Svizzeri che v'erano di guarnigione,
tumultuato , si arrendè quella fortezza nel
dì sei oppure sette di marzo* Intanto il
re volle abboccarsi con don Federigo zio
del re Ferdinando li ^ con inviargli salvo-
condotto; e gli propose, che se il nipote
suo volesse rinunziare il regno , gli dareb-
be il possesso d' una provincia in Francia .
Ma sapendo don Federigo , quanto da ciò fos-
*€ alieno il nipote , siccome quegli , eh' era
risoluto di voler morire re, se ne tornò,
senza abbracciare il partito ad Ischia . Spe-
rava non poco 1' abbattuto re Ferdinand
do neir aiuto di Ferdinando il Cattolico re
d'Aragona e Sicilia, il quale infatti non
solo avea mandati ambasciatori al te Carlo
con proteste di guerra j, ogniqualvolta egU
F 3 to--
■■ Surchardus in Diar. ti fui Rajfnald,
65 Annali d' I t a li a
volesse molestare il re di Napoli , ma an-
cora spedì appresso in Sicilia Consalvo Fer^
nandez di Cordova , chiamato il gran ca-
pitano , con scialila fanti e secento, caval-
li , con ordine di vegliare agli andamenti
de* Francesi, e di opporsi: che non potea
già piacere al re d'Aragona di avere un
sì potente nimico confinante al suo regno
di Sicilia.
Intanto con felicità mirabile e in poco
dì tempo il re Carlo conquistò il castello
dell' Uovo , la rocca di Gaeta ^ e quasi in-
teramente tutto il regno, portandogli a gara
ogni città e fortezza le chiavi: prosperità,
che sbalordi i principi italiani , e generò
in lor cuore non lievi sospetti _, che questa
principe, venuto in Italia sotto pretesto di
portar le armi contra de' Turchi, fosse die-
tro unicamente a tnettere il giogo a tutti
gì' Italiani . Perciò papa Alessandro VI , i
Veneziani , 3Iassimlliano I imperadore ,
Ferdinando ed Isabella re di Spagna , e
Lodovico il Moro duca di Milano (che del-
la sua balordaggine s'era infin ravveduto )
trattarono una lega centra del re di Fran-
cia Carlo VIIK Fu creduto, che Lodovico
si dipartisse dalla lega ed amicizia de' Fran-
cesi , perchè lusingatosi di poter ottenere
dal re Sarzana , Sarzanello , Pietrasanta e
Pisa y eh' erano state de' precedenti signori
di Milano, si trovò poi beffato, e restò
colle mani piene di mosche ^. Sparsesi an-
che
' Sanuto Ist* di Ven» , T. ai. Rer. hai.
Anno MCCCCXCV. 87
cKe voce ^ , che Lodovico il duca d' Or-
leans, e padrone d"* Asti in Italia, si la-
sciasse scappar di bocca , essere venuto ora-
mai il tempo di far valere, sopra lo Stato
di Milano le ragioni di Valentina Visconte
avola sua . Per questo assai pentito Lodo-
vico d^ir imprudente condotta sua, concor-
se alla lega, trattata e conchiusa in Vene-
zia fra i suddetti principi nel di 31 di
marzo, col pretesto anch'essa di far guer-
ra al Turco , e pubblicata alcuni giorni
dappoi dappertutto. Diedesi ognun de' col-
legati ad accrescere le sue genti d' armi .
e Francesco Gonzaga signore di Mantova
fu dichiarato lor capitan generale dai Ve-
neziani. In feste , in balli e in giostre si
tratteneva il re Carlo in Napoli, quando
gli giunse questa nuova , per cui smodera-
tamente ycominciò ad inquietarsi, e a pa-
rergli un'ora mille anni per desiderio di
tornare in Francia. In effetto fattosi fret-
tolosamente nel dì 20 di maggio ricono-
scere con solennità re di Napoli : e lasciati
in quel regno cinquemila cavalli e molta
fanteria , da 11 a poco col resto della sua
armata, prese il cammino alla volta di
Roma, seco portando non men egli^ ch.e i
suoi cortigiani e soldati immense spoglie
de-* poveri regnicoli. Giunto a Roma nel dì
primo di giugno , trovò che il papa se ne
F 4 era
* Navagero Istor. di Venax,' T. aj. Rer. UaU Raj/naidus
dwal* Ecch
88 A N N A i.1 d' I T A L r A
era fuggito colle sue genti d'armi, e riti- .
rato a Perugia . Continuato il viaggio , i
Francesi diedero barbaramente il sacco a
Tos:anella ^ e corse voce, che vi avessero i
ucciso circa secento p**rsone. Arrivò il re
con gran parte dell'* esercito nel dì 13 di
giugno a Siena ^^ e quindi mosso, senza |
entrare in Firenze , che era ben armata , -1
prese la st'rada di Pontremoli per passare |
in Lombardia, nella qual terra enormi cru-l
deità coBimisero i suoi Francesi . Tale era |
la fretta del re , che parea sempre avere i ne- ^
mici alle spalle; ma il vero motivo fu ,1
perchè egli sperava di prevenir la lega e '|
di trovar aperto il passo per condursi ad
Asti . Mentre ciò succedea , Lodovico duca t
d'Orleans ebbe un trattato con alcuni no.^4|
bili di Novara *, i quali essendo per varj ^
aggravj sofferti disgustati di Lodovico il a
Moro , introdussero in quella città cinque- *
cento uomini di armi , ed ottomila fanti ^
d'^esso duca d'Orleans. Da lì a non molto!
anche la rocca di Novara capitolò la re- ,1
sa. Per questa perdita rimase sì costerna- i
to quel politicone di Lodovico il Moro ^ \
che già credea , che il cielo gli avesse a '
cascare addosso. Gli fecero animo gli am- ì
basciatori veneti. Eransi raunate le mili- 1
zie venete^ sforzesche, e del papa al fìu- 1
me Taro presso alla collina , aspettando i
* Allegretti Diar. Sanese Tot». 13. Rer» Ital'
* Cario Istoria di Milano * i
VP
^■B A N sr o MCCCCXCV. 89
^^^1 re calasse nella pianura del Parmi-
giano per la valle di Fornovo . Francesco
marchese dì Mantova comandava , siccome
dissi le armi venete, che erano il maggior
nerbo deiresercito collegato ^ nel quale ol-
tre a molti valenti condottieri, ben ani-
mati erano alla battaglia anche tutti i sol-
dati per la speranza di far un grosso bot-
tino, perchè di molte ricchezze infatti ve-
nivano col campo francese. Era di lunga
jnano superiore all' esercito nemico quello
degr Italiani ; e a manifesto pericolo si
esponeva il re, venendo a battaglia. Tut-
tavia se esso re Carlo non volea lasciar pe«
rirc di fame i suoi,, dacché si trovava in
mezzo alle montagne, gli convenne eleg-
gere la via delle armi per uscire di quelle
angustie .
Pertanto nel dì sei di luglio ordinate le
sue schiere , V animoso re Carlo scese al
piano , e colle artiglierie di varie sorte
ben disposte venne ad un fatto d'armi ,
fatto crudelissimo e famoso, che durò so-
lamente due ore. Diversa ne fu la descri-
zione secondo l'usata parzialità degli sto-
rici, avendo I' una e l'altra parte cantata
la vittoria . Quel che è certo , combattero-
no da lioni i Francesi , perchè la presenza
del re, e la disperazione al loro nativo
coraggip ne aggiunse del nuovo ^ • Non mo-
stra*
* MenoJr. de Comines . Sanuto Istoria di Ven. T.a2. RiY,
Ital. GuUciard, Istoria d^ Itali». Cor:§ Ist. di Milan» .
90 A n"n Ati d' Italia
strarono meo valore gl'Italiani^ parte non-
dimeno de' quali per mala intelligenza non
entrò nella mischia , ed altri perdutisi a
bottinare, facilitarono agli avversar) l'in-
sanguinar le loro spade . La verità dunque
è, che sul campo vi restarono piti Italiani ;
che Francesi, e vi perirono di molti bravi y
capitani; siccome ancora certo -è, che il
re Carlo colla spada alla mano , vestito da
soldato , e valorosamente combattendo da
tale,, corse ben pericolo di essere preso :
pure felicemente passò, e seguitò spedita- |
mente coi più de' suoi il viaggio verso Pia- 1
cenza ed Asti. Gran quantità di carriaggi, |
di artiglierie , di tende^ e di robe prezio- 1
se rimasero in mano degl'Italiani, a* qua- |
lì perciò parve di potersi attribuir la vit- |
toria , ma non quale la speravano prima • !
Passò dipoi r esercito sforzesco e Venezia- \
no all'assedio di Novara, e s'ingrossò tal- I
mente il loro campo , che fu creduto dal \
Corio ascendere a quarantacinquemila per- !
sone. Si ridusse quella città a strane mi- i
serie per la carestia, e per le malattie dei 1
soldati, ed entro v'era Lodovico duca di \
Orleans : lo che maggiormente affliggeva il I
re di Francia per timore , che cadesse in \
man de' nemici . Pertanto giacché ito il re i
Carlo a Torino non avea voglia , o forze j
tali da poter soccorrere Novara , cominciò j
a fare proposizioni d' accordo ; e que- j
sto appunto segui in Vercelli nel dì die- \
ci di ottobre per cui quella città fu ref i
sti- \
A N N ^ MCCCCXCV. 91
ifuila.a Lodovico il Moro; e consegnata
ad Ercole duca di Ferrara il castelletto di
Genova per resecuzion de' patti , i quali si
veggono riferiti dalT Argentone e dal Co-
rio. Dopodiché il re se ne tornò in Fran-
cia, lasciando voce di voler ritornare nell'
anno seguente con più potere in Italia . Se
Lodovico il Moro avesse potuto preveder
r avvenire , non avrebbe sì facilmente la-
sciato uscir di Novara Lodovico duca d' Or-
leans. Vedremo che se n'ebbe ben a penti*
re; e intanto s^ intrecciavano gli affari in
maniera, che avesse poi a cadere il gastigo
fcopra questo principe sì ambizioso e cru-
dele verso il suo sangue. Gran biasimo
ancora ebbe egli per queli' accordo fatto
senza il consentimento dei suoi collegati .
Ne qui finirono le percosse date ai Fran-
cesi Dell'hanno presente ^. Allorché il re
Carlo tornando da Napoli fu a Pisa, i Fre-
gosi ed altri fuorusciti di Genova gli fece-
ro Credere assai facile T insignorirsi della
loro patria^ trovandosi troppo impegnato
in Lombardia Lodovico duca di Milano .
Diede perciò il re ad essi un corpo delle
sue genti coi cardinali della Rovere ^ eFre-
goso Filippo principe di Savoia , ed Obietto
del Fiesco, i quali essendosi uniti co' fuo-
rusciti, e formato un esercito di ottomila
ac-
' Giustinian.' Istoria diÙenova. Sanuto Isteri.i di Venerjé
T. ai. Kèx, Ital Senarega de Reb. Cen, T.Z4. Rer» Ital.
$2 A N N À L 1 0' I T A L I A
persone tra cavalli e fanti, andaraiò''? ad i
accamparsi sotto Genova . Oltreacciò ebbero
i Francesi in Rapallo dieci galee e due gros*
sissimi galeoni j pronti occorrendo a far ;
guerra per mare a quella città. Non si sgo-^;
mentarono punto i valorosi Genovesi , fedeli|l
tuttavia al duca di Milano ; e prontamcntei
allestite otto galee con altri legni , passa-
rono a Rapallo. Dopo aver felicemente es-
pugnato quel borgo , diedero addosso ai
legni francesi , e tutti li sottomisero con
farvi un ricco bottino. Grandi spogli dei)
Napoletani sopra quelle galee passavano itti
Francia . Per questo sinistro colpo si ritirò^
con somma fretta disotto a Genova rarma-sj
ta de' Francesi e fuorusciti. Vigniamo al»
regno di Napoli . Appena fu partito dU
là il re CarlQ^ che rinvigorito il te Fer-
dinando II si accinse a ricuperare il re- 3
gno . Air ubbidienza sua erano tuttavia-
Brindisi 5 Gallipoli, ed altri pochi luoghi .]
Ora il gran capitano Consalvo , passato dai
Messina a Reggio di Calabria , prese quel-|
la città, dipoi la rocca, e cominciò a sten-J
dere le sue conquiste per la Calabria . Uni-^^
ronsi allora le truppe francesi sotto il si-^ì
gnore d' Obignì ^ che si trovavano in quelH
le contrade, per frenare il corso dc'Ca-^
talani* Non volea già T accorto Consalvoj
tentar la fortuna con una battaglia ; ma;
non potendo resistere all' ansietà del gio-:
vane re Ferdinando, gli convenne venireij
alle mani con essi a Monte Leone , ossiai
prcs-
^^ Anno MCCCCXCV. 93
presso al fiume di Seminara . Restarono
vincitori i Francesi , e poco mancò , che lo
stesso non rimanesse prigioniere. Tuttavia
cominciò a combattere in favore del re
Ferdinando I' odio conceputo dai regnicoli
contra de' Francesi. Si credeano essi, allor-
ché comparve nel regno di Francia , di go-
dere sotto di lui r età dell'oro: vana ira-
maginazion d' altri popoli ^ inclinati alla
rautazion de' governi. E veramente il re li
sollevò da alcune gravezze. Ma per lo con-
trario i Francesi, d'allora, mancanti di
quella disciplina e moderazione^ che si os-
serva in loro oggidì , altro non faceano
tuttodì vedere j, che eccessi di crudeltà^ di
lussuria, e di avidità di roba . Poco ci vo-
lea , perchè essi maltrattassero ed uccides-
sero gli amici , non che i nemici . Di nul-
la più ansiosi erano , che dei saccheggi ;
dati ai ladronecci ; neppure perdonavano
alle cliiese ; e ciò che era più sensibile ,
rapivano donzelle e maritate , senzachè se
ne facesse giustizia • Il re medesimo oltre-
modo abbandonato alla sensualità ; serviva
di pessimo esempio agli altri. In una pa-»
rola^ poco stettero i Napoletani a sospirar
gli Aragonesi che pure con mano sì aspra
gli aveano governati finora.
Fu dunque da essi Napoletani segretamen-
te chiamato il re Ferdinando ^ il quale im
barcatftsi con quanti legni potè, ma senza
danari, e appena con duemila soldati, sr-
ri-
-94 VAnnali d'aita 11 a
rivo nelle vicinanze di Napoli ^ . Bastò i
questo, perchè il popolo di quella gran
città prese le armi , e gridando Aragona ,
Aragontt ^ aprisse leprigioiiij e si scaglias-
se contra di qualunque fraticese che si tro-^:j
vasse per quella città . Ritiraronsi i Fran-^|
cesi nelle fortezze > enei dì sette di luglio
rientrò il re Ferdiiìando li in Napoli fra
le incessanti acclamazioni di quegli abitane
ti. Fu posto l'assedio a Castello-nuovo, d
quello deir Uovo ,• dove specialmente s'era-^
no ritirati i Francesi col signore di 'Mom-
pensieri viceré di Napoli , il qual fece ga-
gliarda difesa, finche per industria sua ,
ovvero per patti segreti fatti col re gli riu-j
«ci di poterne uscire, e ritirarsi a Saler-^
no, 11 marchese di Pescara proditoriamenH
te sotto una di quelle fortezze fu licciso^ J
Oltre a Prospero e Fabrizio Colonnesi^ chej
andarono al soldo d'esso re, il papa gli,
mandò altra gente in aiuto. Capoa , Aver-i
sa , Nola, e altri luoghi vicini il riconob-j
bero per loro signore . Ma il Mompensie- 1
ri, fatto il maggiore sforzo che potè di'
di sua gente , andò fin sotto a Napoli ; ei
spediti contra di lui dal re Ferdinando ìì\
conte di Matalona e il signore di Cameri- \
720, in un fatto d'armi li sconfisse: deli
c^ie rimase si sbigottito il re suddetto, che I
fu ^
* Summonte Istoria di Napoli » Guicciardini^ Istoria d^ Ita-'-
lì. 7 . Corto Istoria di Milano . Sanato Istoria di f^entxj» ^
T. ai. JRc'v. Ita!,
Anno MCCCCXCV. 95
fa in piacinto di abbandonar di nuovo Na-
poli ..E l'avrebbe forse fatto ^ se il gene-
roso Prospero Colonna tam P avesse con
fargli animo ritenuto. Seguirono poi altre
baruffe ora favorevoli, ora contrarie al re
Ferdinando , il quale noncHmeno ricuperò
le fortezZrC di Napoli parte iti questo e
parte nel seguente anno. La primaria ap-
plicazione de* Fiorentini nell'anno pre>«ien-
te ' quella fu di procacciarsi dal re Carlo
la tenuta di Pisa , Pietrasanta, Sarzana , e
Sarzanelló ; e su questa speranza non osa-
rono mai di muovere un dito contra di
lui , anzi fecero sempre quanto a lui par-
ve , sino ed entrar seco in lega. Ma il re
gli andavai tìi un eh in un altro m^ando
a spass® colle più belle parole del monde,
e sempre senza fatti. Preso anche per loro
generale il duca d' Vròino , andarono a met-
tere il campo a Pisa , confortati da alcuni
uffiziali del re, che v' entrerebbono : ma
infinVs trovandosi delusi, se ne tornarono
ai lar quartieri . Né si dee tacere , che fra
gli altri rnalanni portati in Italia da' Fran-
cesi in occasìon di queste guerre ; si contò
ancora il morbo , creduto portato dall' In-
die occidentali ,; che tuttavia ritien presso
di noi il nome della nazion francese , ga-
stigo velenoso della sozza libidine. Non
manca chi pretende dianzi non ignoto all'
Europa questo malore 5 e certo non ne man-
ca-
' Animirati Istoria di F$r(nz,f .
g6 Annali
cano esempli ne' precedt^nti secoli , ina era-
no cose rare. Comunque sia^ fuor di dub-»
bio è : che il medesimo cominciò in questi
tempi a dilatarsi con fnrore nelle contrade
italiane, e a rovinar la sanità, ed anche
la vita degl' incontinenti , perchè non se ne
sapeva il rimedio. Oggidì sembra alqiian-^
to snervata la forza sua^ di cui tuttavia!
chi ha timor di Dio e senno non ne vuo
fare giammai la pruova.
'j
Annodi Chisto mccccxcvi^ Ind. xiv. ,
di Alessandro VI, papa 5. j
di Massimiliano!^ re de'Rom. 4.I
-La guerra nel regno di Napoli continua-
ancora nell'anno presente. Trovavasi scar-^
so di gente e più di pecunia il re Terài--^.
nando. Non gli tornava il conto in circo-;
stanze tali di aggravare i popoli. Ricorse S
all'aiuto de' Veneziani ' . Da essi oltre ad!
una buona flotta di legni , ebbe anche un
grosso corpo di combattenti per le impre-j
se di terra. Alla testa d'essi fu poi man-j
dato Francesco Gonzaga marchese di Man- |
tova . Riportò ancora il re dai veneti un j
soccorso di danaro contante con promessa
di pagar tutto ; ed eglino intanto vollero
ifl pegno, ed ottennero Brindisi , Trani ,
Gallipoli, Otranto, ed altre terre marjti-
me della Puglia. Mettendo così il piede
in
* Sanutìf Istvfia di Venexié T. as. Ret. hai.
Anno MCCCCXCVI. 97
in quelle contrade^ si lusingavano essi, e
non invano^ che non verrebbe più cjuel dì^
in cui se ne ritirassero . Erano nondimeno
forti i Francesi^ perchè con esso loro an-
davano uniti moltissimi del partito angioi-
no . Seguirono varie vicende di guerra fra
essi e gli Aragonesi . Quella che è più de*
goa di memoria, fu l'essersi ritirato il si-
gnore, ossia duca di Mom-pensleri nella cit-
tà di Atella , assai forte luogo, col meglio
delle sue brigate ^ . Essendosi ingrossato il
re Ferdinando colle soldatesche inviategli
dai Veneziani , là entro il colse , e mise
r assedio alla città. I fanti svizzeri e te-
deschi in questo tempo , perchè mal paga-
ti, levatisi dal campo francese passarono a
rinforzar quello di Ferdinando. Altro scam-
po non ebbe allora il Mompensieri , che di
ricorrere all' Oòigwi militante in Calabria ,
acciocché accorresse in aiuto suo . Ma sì
trovò malato quel signore, e la sua malat-
tia diede campo a Consalvo Ferndndez di
insignorirsi di Cosenza, e d' ^Itri. luoghi •
Contuttociò ordinò TObignì , che il conte
di Moreto , ed Alberto da san Severino con
un buon corpo di gente portassero soccor-
so al Mompensieri . Informato di tal movi-
mento r astuto Consalvo, alla sordina fu
loro addosso, prese buona parte d'essi, ed
anche i lor condottieri . Lo che fatto , an-
dò ad unirsi col re Ferdinando sotto Atei-
Tomo XXII. G la.
^ Cuicciard. Ist. d' Ital, Sanuto, ed ahri .
^8 Annali D"* Italia
la. Ancorché tuttavia circa settemila arma-|ì
ti avesse il Mompensieri in quella città ,|
pure per difetto di viveri fu costretto al
trattar di capitolazione . E si conchiuse una
tregua di trenta giorni, nel qual tempo se
non fosse giunta armata capace di far ces-
sare V assedio , non solamente quella città
si renderebbe, ma anche tutte le altre di-^
pendenti dal Mompensieri nel regno di Na-
poli, a riserva di Taranto, Gaeta e Veno-
sa, con altre condizioni ch'io tralascio ^
Passarono i trenta giorni , senzachè compa-
risse per mare , o per terra alcun soccorso!
francese • laonde fu pienamente eseguito]
l'accordo suddetto dopo la metà d'agosto -j
Trovò il re Ferdinando dei pretesti, per
non lasciar uscire dal regno i Francesi, ej
messili in luoghi d"* aria malsana , ciò fu]
cagione, che la maggior parte d'essi peris-*|
se. Lo stesso signore di Mompensieri par-i
tecipiando di que' pericolosi influssi lasciòj
la vita in Pozzuolo nel dì cinque d' otto-i
bre. Inferraossi del pari Francesco marchesa
di Mantova", laonde poi venne a cercar^
miglior aria in Lombardia . Nel dì 19 dii
ottobre ^ giunse a Ferrara. Essetì4o intan-i
to ritornato il gran-capitancy Consalvo do-i
pò la presa d' Atella in Calabria , trovò ,;
che vi avea fatto di molti progressi. l'Oòi--
gnì. Cosi vigorosamente si diede egli ad^
incalzare i Francesi,, che infine li costria-j
se
' Diar^ ii Ferrar/ Tem* li. Rer*^ ItéU, \
1
_ . / \
>
Anno MCGCCXCVI. 99
se a prendere la legge dalle armi sue vit
toriose , dimodoché esso Obigni uscì del
regno di Napoli e ritirossi in Francia.
Con questa felicità passavano gli affari
del re Ferdinanda 11^ nel qual mentre gli
Tenne il pensiero di accasarsi . La moglie
ch'egli prese, e con dispensa del papa, ma
neri senza ammirazione , anzi Con mormo-
razione dei saggi , fu un* sua zia , cioè
i}iovanna figliuola del re Ferdinando I,
avolo suo paterno , e sorella del re Alfon*
so suo padre. Corse voce non mal fondata,
che trovandosi egli alquanto infermo , l' ec-
cessivo usa del matrimonio gli cagionasse
una tal violenza di male ^ che per esso
terminasse il corso di sua vita nel di cin-
que di ottobre j come ha Burcardo ^. Di
settembre lasciarono scritto il Nardi ^ y e
il Summonte ^ . Fu la perdita di questa
principe compianta da tutti per le sue ama-
bili qualità . Perch' g^Vì non lasciò figliuo-
•li, don Federigo conte di Altamura , sua
zio paterno dimorante all'assedio di Gae-
ta, corse a Napoli, e fu proclamato re r
Tornò egli dopo questa funzione sotto Gae-
ta^ e gli riuscì d'indurre quella guarnigiort
francese a capitolare la resa. Imbarcossi
questa in due navi per tornarsene in Fran-
cia f ma per fortuna di mare quasi lutt^
G 2 pe-
* Surchardus Diar. apuef Kaynaldum <^
* Nardi Istoria di Firenze .
* Summonte Istoria di N:$^oli ^
i
100 A N N A L r n' I T A L r A
perì in faccia di Tenacjna. Quindi il no;
vello re? Federigo con , rara prudenza ei i
amorevolt zza diedri principio al suo gover-. ?
no*, studiandosi di guadagnar gli vVngioi- ^
^^,„e di pacificar tutti i malcontenti . Allo |
incontro per la decadenza de' francesi nel ^
jTfgno di Napoli , il pontefice Alessandro Ì
dif^de fuoco al suo sdegno con ira di Viì-gi- ì
Ilio G di Paolo Orsini che aveano finqui \
militato in favor della Francia senza curar- ì
si de* divitti del papa. Indotto il vivente 1
allora re Ferdinando II a violare i patti I
della capitolazione,, li fece imprigionare ; |
ed ^gll poi spedi l'esercito contra delle i
loro castella neir ottobre dell'anno presen- |
te, e molte ne occupò, meditando già di f
anicchir colle loro spoglie i proprj fìgliuo- |
li. Valorosamente nondimeno resisterono l
gli aderenti e sudditi degli Orsini ^ né fini |
poi quella guerra a tenore dei desiderj del *
papa. Gran bollore d'azioni militari fu
eziandio per quest'anno nella Toscana. I^ ]
Fiorentini, il maggior negozio de' quali era J
quello di ricuperar Pisa, é le altre terre
loro tolte , tempestavano con frequenti am- \
bascerie e lettere Carlo VTII re di Fran-
cia, perchè ordinasse al signore d^ Entra^ '\
g/ies, governatore della cittadella di Pisa , j
di rimetterla in loro mano. Ordini pres-
santi spediva il re di farne la consegna , e
con credenza comune, ch'egli sinceramen- ;
te li desse ; ma con provarsi dipoi , che i
suoi uffiziali non doveaco capire il tenore
di
I
■r^ Anno MCCCCXCyi. tot
^d^uelle lettere. Anzi tutto il contrario
avvenne . Il governatore di Sarzana per vert-
ticinqnemila scudi d'oro vendè ai Geno-
vesi la città di Sarzana. Sborsato imman-
tenente il danaro ne presero iGenovesi con
gran fasto il possesso; e nella stessa "^ma-
niera tornarono ad impadronirsi di Sarza-
nello. Aveano essi trattato anche col gover-
natore di Pietrasanta j ma ì Lucchesi più
diligenti l'ottennero essi ^ non senza aspre
doglianze de'Genovesi. Per conto di Pisa,
il signor d' Entraghes invece di cedere
quella cittadella ai Fiorentini , la vendè
anch' egli al popolo di Pisa^ il quale non
tardò a demolirla . Tante trafitture erano
queste al cuor de' Fiorentini . Perlocchè co-
minciarono a far guerra ai Pisani , e ad
espugnar alcune loro castella . Fioccavano
intanto le lettere de'Pisani al papa^ al du-
ca di Milano j a Veneziani ^ e ad altri po-
tentati e signori, per ottener forze da di-
fendersi • essendo chiaro, che non poteano
<sostenersi contro la potenza de' Fiorentini .
•^ Entrarono in questa contesa specialmente i
Veneziani, siccome quelli ch'erano malcon-
tenti della repubblica fiorentina , collegata
coi nemici Francesi, e molto più perchè
mischiandosi in quella briga ^ npn mancava
loro desiderio e' fondamenti di assugge^ttar
Pisa al loro dominio , anzi ne veniva lor
fatta l'esibizione* Adunque mandarono a
Pisa de'possenti soccorsi, e ne inviò anche
Lodovico duca di Milano , giacché anche a
G 5 lui
1.0% Annali d'Italia
luì davano speranza i Pisani di sottomet*»
tersi a lui . Con questi aiuti quel popolo ^
andò poscia difendendo sestesso.
Non d'altro intanto per tutta Italia si
pasceva la curiosità degli oziosi;, che dei
mirabili apparecchi di armi, che si diceano
fatti^ da Carlo Vili re di Francia, per tor-
nare di qua da' monti , tenendosi per fer-
mo , ch'egli comincerebbe il ballo contro
a Lodovico il Moro duca di Milano, pre-
tendendo , che questi avesse in più forme \
mancato ai patti , e delusa la corte di Fran- |
eia. Tre eserciti doveano calare in Italia, ì
uno condotto da Gian Jacopo Trivulzio no- j
bile milanese, che nel regno di Napoli en- j
trato al servigio d'esso re, s'era già ac- '
quistato il credito d'uno de' più savj q va- <
lorosi capitani italiani . Il secondo sotto il j
comando di Lodovico duca d'Orleans, pa- '
drone d'Asti; e il terzo maggiore degli i
altri j guidato dal medesimo re Carlo • In
sì fatti racconti gran parte avea la bugia, [
Il solo Trivulzio venne ad Asti per sicu- j
rezza di quella città, Contpttociò Lodovico k
Sforza, a cui tremava il cuore^ determinò
di muovere Massimiliano re de' Romani , ]
già suo collegato, a calare in Italia ^ , E \
gli riuscì il maneggio • Venuto V ottobre \
arrivò Massimiliano per la Valtellina ^ sce» j
se i
' S/tnuto Jsto/ia di Ccne^ta T. li. Rer. Ita!- Sen::yega de \
ìteh. Genusns. T. J4. Ret: Jtal, Cerio //£. (^i MìUn». Cute- <
ciardini Tunvf'a /*"" itali.2 . Ammirati Istorili -/;' Firens^f'' j (d' <
Anno MCCCCXCVI. 103
^er trtfl territorio di Milano ; accolto con
gran festa e magnificenza da esso Lodovi-
co ; e senza toccar Milano , continuò il
viaggio alla volta, di Genova con disegno
di passare a Pisa , dove ancora quel popo-
lo con grande istanza r avea chiamato. Non
menava seco più di cinquecento cavalli, e
di otto bandiere di fanti . Nel dì 25 d' ot-
tobre arrivò a Genova , e da lì a due gior-
ni imbarcatosi se n'andò a Pisa, dove pen-
sando d'immortalare il suo nòme^ dopo
aver preso alcuni castelletti , s' accinse all'
assedio di Livorno, detenuto allora da' Fio-
rentini . Ma quando si fu per dare l'ulti-
mo assaltò, insorse dissenzione fra lui , e
i commessarj de' Veneziani , perchè questi
pretesero di voler essi quel luogo . Oltreac-
ciò una fiera burrasca dissipò tutti i legni,
ch'erano a quell'assedio. Altro perciò non
si fece. Propose dipoi Massimiliano di da-
re il guasto al distretto di Firenze/ ma
non vollero i Veneziani uscir di Pisa , per
paura di restarne poi esclusi. Insomma an-
dò a finire la mossa di questo gran prin-
cipe in sole dicerie svantaggiose al di lui
nome . Se ne tornò egli sul finire dell' an-
no in Germania _, portando seco dell"* ama-
rezza contra de' Veneziani , perchè questi
oltre air avere sturbati i suoi disegni, avea-
no anche scoperta la di lui intenzione di
occupar Pisa come città dell'impero. Era-
no allora in gran voga essi Veneti, e il
loro Lione stendeva le ali facilmente , do-
G 4 vun-
io4 Annali d^ Italia ]
vunque scorgeva apertura di dilatar la si» \
gaoria . In i^uest'anno ancora i Francesi |
che erano in Taranto, mandarono ad ofFe-J
rir per danari quella città al Senato vene-
neto . Benché fosse contro i patti _, e il re
di Napoli protestasse contro, non lasciaro-
no per questo i Veneziani d'impossessarsi
di quell'importante luogo. Il picciolo duca
di Savoia Carlo Giovanni Amedeo in questo
anno nxancò di vita ^ a dì i6 d'aprile ini
età di circa otto anni; e però a lui suc-
cedette Filippo di Savoia suo gran zio ,
figliuolo di Lodovico duca di Savoia in età]
avanzata, perchè nato nelT anno 1438 . Mai
poco sopravvisse, siccome vedremo. Il Se-|
narega scrittore di questi tempi * riferisce ^
la morte d'esso duca Carlo nelT anno se-;
guente. Altrettanto s' ha da Jacopo Filippo^
da Bergamo 3 ^ scrittor contemporaneo an-*
ch'esso, laonde può restare suggetta a qual-!
che dubbio V asserzion del Guichenone .
An-
' Guichenon Hiit- de la Maison de SavQjf»»
* Senarega de Reb. Genuens. Tom.tX' Rer.HTtal»
^ Jaeebus Philippus Bergom, in Hist'
A :n N o MCCCCXCVIL 105
Anno di Cristo mccccxcvii, Ind. xv.
di Alessandro VI^ papa 6.
di M^^iMiLiANO I, rede'Ilom.5.
In quest' anno mandò Iddio de' buoni ricor-
di a yapa Alessandro , de* quali nondime-
no egli punto non seppe profittare ^ . Era
egli vicino ad ingoiare il resto delle terre
degli Orsini , per farne poi il sospirato re-
galo ai proprj figliuoli ; avea ancora l'eser-
cito sotto il comando di Guidubaldo duca
d'Urbino, e del ducadiGandia suo figlio,
posto 1^ assedio a Bracciano , Non solamen-
te convenne loro ritirarsi di là, ma 'si ven-
ne anche a battaglia nel dì 24 di gennaio
colla picciola armata di Carlo Orsino che
unito a Barto^.ameo d^ Alviano ^ giovane di
grande espettaiione pel suo valore, e con
Fitellozzo Vitelli da città di Castello, capi-
tano accorto , s^gfFacciò all'esercito ponti-
ficio , fra Bassano e Soriano . Per più ore
ferocemente si combattè , e restò infine sba-
ragliata l'oste del ppa , prigione lo stes-
so duca d' Urbino, ferito leggermente il
duca di Gandia . Questa percossa fece ca-
lar lo spirito guerriero al papa , e l'indus-
se ad ascoltar volentieri chi parlò di pace.
Segui essa fra poco , ^ gli Orsini ricuperarono
le lor terre, andando a terra tutti i castelli io
aria che il pontefice avea dianzi formalo .
Ven-
■ Guicciardini ìttftvi» Uh, x.
1
ì
106 Annali d'Italia \
Venne dipoi per la quaresima a Roma Coni
salvo FernandeZj ricevuto con distinti ono^i
ri, per avere ricuperato Ostia alia Cfaiesa^
ed anche nel grado suo. ^d perchè Ales-
sandro gli fece alcune doglianze del re cat^
tolìco ^ y Consalvo gli lavò ben bene il ca*-
po senza sapone, ricordandogli le obbliga-^
zioni eh' avea la sua casa iilla real d' Arati
gona , e toccando la scandalosa vita di lu|
medesimo, troppo bisognosa di riforma : a|
che il papa non seppe che rispondere . Mf
perchè gli era andato fallito il colpo d^
accomodare il figliuolo suo primogenitci
Giovanni duca di Gandia colle terre degli]
Orsini, si rivolse ad un altro partito, cioè!
a quello di. arricchirlo col patrimonio del-j
la Chiesa *. Pertanto nel dì sette di giu-?^
gno eresse la città di Benevento in ducato J
e di quella e insieme delle contee di ^Ter-^
racina e. di Pontecorvo , investì il isuddet-rj
to suo figliuolo* A riserva del cardinal Pie-:
colomini eh' ebbe il coraggio nel concistproj
di opporsi a queste^ scialacquamento degli 5
Stati pontifici, tutti gli altri cardinali con-j
sentirono ed applaudirono^ per aver poi j
favorevole il papa al cotiseguiniento di nuo-*l
vi benefizj , commende e vescovati . Ma^
che ? Nel dì 14 di giugno dopo una lauta ^
cena fatta da esso duca, e da Cesare car- :
dinaie suo fratello alla Vannozza lor ma- 1
drc
* Rdfnaldus Annal. Eecl. !
* Bu/ch:9rdus in Diario . 1
Anno MCCCCXCVIL 107
^C, il duca di Gandia , giovane dissolu-
È, e perduto in amorazzi, nella notte a
rallo con un solo staffiere andò per so-
tazzarsi non si sa in qual casa. Fu egli in
quella notte ucciso; il corpo suo gittato nel
1 .Tevere ; e ritrovato fra po^ii dì^ accertò
t uno di quella tragedia. N/)n si seppero già
autori delr omicidio; ma comunemente
fu creduto , che Cesare cardinale per gelo-
sia, o per altri motivi della smoderata sua
ambizione ^ sperando come infatti avvenne
di divenir egli solo arbitro del papa e del
papato, arrivasse a questo eccesso di cru-
deltà. Era egli infatti capace di tutto. Si
afflisse indicibilmente , farneticò , ed ebbe
ad impazzire il pontefice per questo fune-
stissimo colpo; e riconoscendolo infine dal-
la mano di Dio, proruppe nelle più belle
promesse di emendar sestesso, e di rifor-
mar la Chiesa di Dio : promesse nondime-
no , che il vento in breve si portò via .
Avvenne finalmente, che nati in questi tem-
pi alcuni disgusti fra Lugrezia Borgia sua
figlinola^ e Giovanni Sforza signore diPe-
saro suo consorte, essa da lui si ritirò; e
il papa dipoi per cagioni note a se solo
disciolse quel matrimonio . Corse pericola
lo Sforza di perdere in tal congiuntura Pe-
saro ; ma dichiaratisi per lui i Veneziani y
cessò il pericolo .
Prima deRa morte del fratello s'era già
preparato il cardinal Valentino alla sua le-
gazione, siccome destinato dal pontefice
suo
io8 Annali i>* 1 1 a l hx \
suo padre , per portarsi à coronare il nuò^ I
vo re di Napoli don Federigo , Dappoiché |
fu assicurato, che non più vivea suo fratel»
lo, cavalcò con ismisurata magnificenza i
Capoa, ed ivi diede la corona ad esso re
Federigo , il quale nel presente anno atte- ]
%^ à tistorare il Vlesòlato suo regno ; a schian^ 1
tare gli assassini ÌC? malandrini , che dap- i
pertutto commetteano incredibili danni ed \
omicidi ; e a dare non meno buon ordine ;
agli affari pubblici j che pace ai popoli coni
riceverne il premio di mille benedizioìsi .^
Tuttavia restavano ì\ quel regno alcuni ba^-l
toni pregni d'odio contro la casa d'Ara-»-
gona , e convenne al re di far loro guerra*>,^
con restare specialmente abbattuto il prìn^i
cìpe di Salerno. Ma intanto non cessava 1^^
discordia in Toscana per cagion di Pisa H^
Anche Pietro de' siedici _, saputo eh' ebbe^
trovarsi Firenze involta in riioUe calamitàj
per un atroce carestia , ed essere in reg-i
gimento alcuni antichi amici della sua ca*i
Éà , tentò di ritornar nella patria . Vennei
éon gran copia d^armati sino alle porte!
di Firenze, ma non udendo alcun .movi-|j
mento favorevole a lui nella città , pi
che di fretta se ne ritornò indietro. In Mi-
lano ^ nel dì due di gennaio morì di par-
to Beatrice Estense moglie del duca Lod&
* Guicciardini Istoria cC Italia . Ammirati Istoria di Fi
rtnze. Nardi Istoria di Firenz*-' >
* Corto Istoria di Milano > Diario di Ferrara Tom. 14,
"ker. Italie»
Anno MCCCCXCVIL ig^ ^
vico Sforza; dal che si mostrò egli incon-
solabili , e con grande sfoggio di funerali
e limosine onorò la di lei memoria. Furo-
no novità nel Genovesato, perchè Giuliano
dalla Rovere cardinale tutto allora de' Fran-
cesi , e Battistino da Campofregaso con
malti .armati andarono verso di Savona ^
patria d'esso cardinale, sperando d' insi-
gnorirsene ^. Nulla venne lor fatto per le
buone precauzioni prese dai Genovesi , e
i dal duca di Milano. Anche Gian Giacomo
i Tri-vulzio co' Francesi usciti d'Asti infestò
lo Stato di Milano ; ma sovvenuto il duca
dai Veneziani, rendè inutili i di lui sfor-
zi. Poco potè godere di sua fortuna Filip-
po duca di Savoia ; imperciocché nel dì
sette di novembre terminò la carriera del
suo vivere . A lui succedette Filiberto IL
suo primogenito in età di diecisette anni .
Così scrivo io ^-.fidato nell' autorità del Gui-
chenone ^. Ma Jacopo Filippo da Bergamo,
storico che in questi tempi fioriva, mette
nel marzo dell'anno presente il principio
del governo d"* esso Filippo , soggiugnendo
dipbi^ ch'egli necdum piene duobus annis
regnavit: lo che meriterebbe riflessione, Be
il Guicciardino non sostenesse il racconto
del Guichenone . Avea finquì Ercole duca
di Ferrara tenuto in deposito il castelletto
di Genova : lo restituì neii' anno presente a
di
' Navagero Istoria l^eneta T. 14. Rer. Ital.
Guichtnon Hat. de la Maison ds Savoye ,
no Annali d' Ita LI A
di ^undici di novembre a Lodovico Sfondai
duca di Milano con somma di lui consola- <
zione . Non potè egli far di meno : tante i
furono le istanze ed anche minacce de' Ve- i
neziani, e di Lodovico per disbrogliare Ge-^
nova ; e le ragioni del duca Ercole alla^
corte di Francia furono credute legittime.,
Anno di Cristo mccccxcvih^ Indiz. ul
-di Alessandro VI , papa 7.
di Massimiliano I> re de' Rom, 6j
-tillorchè l'Italia si trovava agitata dalP!
apprensione , che Carlo Vili re di Franciij
tornasse a lacerar queste contrade con for«
ze superiori alle passate ^ , eccoti giugne-
re nuova, eh' egli nel castello d'Ambo-
sia era mancato di vita per accidente d
apolessia nel dì 7 d'aprile dell'anno pre-
sente in età di ventisette anni e nove me^
si . La taccia che a lui fu data , consista
nello smoderato amor de' piaceri , e nellsi
sfrenata sua libidine , per gli stimoli dellÉ
quale andava frequentemente mutando pa-f
stura • Del resto egli fu uno de' più man4
sueti^ amorevoli e benigni principi de|
mondo, ne sapea far male ad alcuno ^ iti
guisa che tanta sua bontà ridondava talvol-^
ta in SUO' danno , perchè i ministri ed uffi-^
ziali faceano tutti a lor modo per la fidan-j
za di non esser mai gastigati. Negli ulti-^
mi ]
* Memoir. de Cornine s lih»^, f . l9r \
Anno MCCCCXCVIII. iir
mi mesi di sua vita scorgendo , che appoco
appoco veniva meno la sua sanità e forza,
diede un calcio ai solazzi e piaceri 5 e mas-
simamente ai vietati dalla legge santa di
Dio , e con opere di pietà e carità si dis-
pose a comparire davanti al Giudice dei
vivi e de' morti. L'esser egli mancato di
vita senza lasciar successione maschile ( giac-
ché un Delfino , nato qualche mese prima ;
poco tempo visse sopra la terra ) diede
luogo a succedergli ^Lodovico duca d'Or-
leans suo cugino in quarto grado, e il pri-
mo fra' principi del real sangue d'allora ^
che sotto i due precedenti re avea patito di
molti affanni e contraddizioni con pericolo
della vita. Fu egli coronato re di Francia a
Kems nel dì ventisette di maggio, e por-
tò il nome di Lodovico JKI, principe di
gran mente, abilità e coraggio. Si scopri-
rono ben tosto le sue idee , perchè prese
anche il titolo di duca di Milano , e di re
delle due Sicilie. La maggior prima sua
cura fu di far sciogliere il matrimonio da
lui contratto molti anni prima con Glavan-
ncL figliuola del re Lodovico XI sì perchè
da essa assai brutta e mal sana non avea
mai potuto ricavar successione^ e sì per-
chè gli premeva di sposare Anna vedova
del poco fa defunto re, siccome quella che
portava in dote l'importante ducato della
Bretagna, e di cui dicono, ch'egli anche
prima era stato innamorato . Ricorse per-
ciò a papa Alessandro VI e si trovarono
i»
118 Annali r>' Italia
in quegli sconcertati tempi delle ragioni |
per dichiarar nullo il primo matrimonio , ;
e dar valore al secondo . Di questo rifare J
volle nondimeno far mercato il papa , e co- \
glicrne profìtto per Cesare suo «figliuolo . j
Costui non avendo gr«an genio all' abito ec- \
clesiastico , perchè meditava già di coman- i
dare a popoli^ ottenne in quest'anno di j
poter deporre la sacra porpora , e di ritor- j
nar/s al secolo , allegando che contro sua ;
volontà,, e per timore del padre , avea dian- )
zi preso il diaconato; ne vi fu chi ad uo- 1
mo sì dabbene negasse fede . Fu scelto Ce- i
sare per portare in Francia le bolle dello*
scioglimento del matrimonio del re ^ , ed
insieme il cappello cardinalizio a Giorgio
d' Aìnbosia arcivescovo di Koano. Il fasto
con cui egli andò , parea , che superasse la
grandezza delle stesse corti regali . Il re
Lodovico^ che per li suoi disegni sopra V
Italia bramava già di guadagnar in suo^
favore T animo del papa, slargò la mano p
verso del di lui figliuolo :, dichiarandolo^^
duca di Valenza nel Delfìnato , dandogli |
una compagnia di cento uomini d' armi y
ed assegnandogli l'annua pensione di ven-
timila lire di Francia, con promessa anco-
ra di qualche bel feudo nel iVlilanese^ dac-
ché r avesse concquistato . Prese poscia il
re Lodovico in Moglie Anna di Bretagna
nel gennaio dell' anno segtiente , e siccome ,
vo- l
} Nardi If torta di Firen7:je. 4
Anno MCCCCXCVIII. 113
voglioso al maggior segno di conquistijre
il ducato di Milano per le ragioni di Va-
lentina Visconte avola sua ( voglia a lui
accresciuta dall'essere dimorato per tempo
in Asti, e dall' aver conosciuta la bellezza
della Lombardia ) così cominciò òi buon
ora a disporsi per ottener questo fine .
11 fuoco acceso in Toscana per cagion
di Pisa, tuttavia durava ^. Quanto più
quella città veniva angustiata da' Fiorenti-
ni , tanto più i Pisani si raccomandavano
alla potenza de"* Veneziani ^ e questi mag-
giormente s'insperanzivano di ridurre quel-
la città sotto il loro dominio. Perciò aven-
do il Senato veneto condotti al suo soldo
Guiduhaldo d^fca d' Urbino , As torre Baglio -
ni perugino , Bar£o/fl7neo d' Alviano ^ Paolo
Orsino^ ed altri condottieri d'armi, mise-
ro in viaggio alla volta della Toscana del-
le grosse brigate -in aiuto de' Pisani con
aver mosso anche i Medici ed altri fuoru-
sciti a^ unirsi alle lor genti . Lo stesso
marchese di Mantova Francesco fu poi spe-
dito anch' egli con titolo di generale colà.
Per lo contrario non cessarono i Fiorentini
d'accrescere le lor genti d'armi, prenden-
do al soldo loro i signori d'Imola e For-
lì ed altre milizie. Quel eh' è più, trasse-
ro nel lor partito LodoVico Sforza duca di
Milano. Non poteva questi senza invidia
Tomo XXIL H mi-
■* Ammirati Istoria di Fircnzj:. Guicciafdi'r.iJ^tor^a a Itit-
Ha . Nardi ubi sufra »
h
114 Annali d'Italia
mirare , e senza grave sdegno sofferire , ì
che i Veneziani fossero dietro ad accresce- j
re la lor già formidabile grandezza coll'f!
acquisto di Pisa; epperò accordatosi coi|
Fiorentini,, pensò sulle prime d'aiutarli se-
gretamente a ricuperar quella città , ma in-
fine apertamente inviò loro dei soccorsi .
Capitan generale dell' esercito fiorentino fu
scelto Paolo Vitello , uomo di credito nel
mestier della guerra , a cui fu dato con
gran solennità il bastone in un giorno de-
terminato dagli astrologi . Quanto costoro!
dessero nel segno , in breve si scorgerà .1
Prese il Vitelli Buti , Vico-pisano e Libra-
fatta . Corse la guerra pel Casentino , e
per altre contrade del dominio fiorentino i
succederono varj piccioli fatti d'armi ora
air una , ora all' altra parte favorevoli ,
L'anno poi fu questo, in cui Firenze mi-3
lò la tragedia di frate Girolamo Savona^'*
vola ferrarese deir ordine di san Domeni-^!
co, uomo per l'austerità della vita ^ pel:
suo raro sapere, e per la sua fòrza e zeloi!
nel predicare la parola di Dio , ammirato^
da tutti, e degno di miglior fortuna. Reg-«
gevasi la maggior parte del popolo col con-^
siglio di lui anche ne' politici affari; ed^
egli fu che il tenne lungamente saldo nel-<
la dipendenza del re di Francia. Ma noni
mancavano a lui nemici , e molti potenti!
nella stessa città di Firenze; e specialmen-i
te i Medici fuorusciti l' odiavano a morte^,
perchè direttamente opposto alle loro in*^
ten-
Anno MCCCCXCVIII. 115
?n2ioni di signoreggiar nella repubblica »*
Chi gli volea male, l'accusò alla corte di
Roma, come seduttore, e seminatoi di fal-
sa dottrina. Però gli fu proibito dal papa
di predicare , e tantopiù perchè egli non
avea saputo astenersi dal toccar nelle sue
prediche i vizj dello stesso regnante pon-
tefice , troppo peraltro palesi, e i depra-
vati costumi della corte romana . Disprez-
zò frate Girolamo i comandamenti del pon-
tefice j tornò sul pulpito , maggiormente
inveendo da lì innanzi contro la corrutte-
la d'allora. Fu scomunicato dal papa, in-
timate le censure a chi l'ascoltasse, il fa-r
Torisse, e mandate finalmente replicate let-
tere ai magistrati di Firenze , con ordine
di mettere le mani addosso al frate, mi-
nacciando scomuniche ed interdetti , se nof^
si ubbidiva. 'Temeva forte papa Alessandra
uno scisma ; e guai a lui , se persona d' au-
torità avesse allora alzato un dito coltra
di lui . Non vi era, chi non detestasse un
pastore di vita sì contraria al sublime suo
grado . Ora avvenne, che L*n frate France-
sco di Puglia dell'Osservanza di s. France-
sco predicò pubblicamente contra del Sa-
vonarola , impugnando specialmente queste
di lui proposizioni: La Chiesa il Dia ha
hisogno d'essere riformata e purgata^ La
Chiesa di Dio sarà flagellata , e dopo i fl<£r
^elU sarò, riformata e rinnovata ^ e torn^
H 2 il»
* Rpynildus Annaf, Eetl, Nardi tshri4F4i Fifàfi^t.
iiS Annali d'Italia
in 'prosperità. Gl^inffidell si coa\>€r.tiranno
a Cristo. Firenze sarà jlagellata ^ e dopo i
fiàgelli si rinnoverei , e tornerà in prosperi^
éà j ed altre che tralascio.
Chi teneva, e chi tien tuttavia il Savo-
narola per uomo di santa vita, e ch'egli
ispirato da Dio predicesse le cose avveni-
re, fra non molti anni trovò il tutto avve-
rato. Altre simili predizioni fatte da lui,
e ntjminatamente a Carlo Vili re di Fran-
ciia^ ebbero il loro effetto. Si esibì anco-
ra frate Francesco di confermare alla pro-
va del fuoco la falsità delle proposizioni
suddette, e all'incontro fra Domenico da
Pescia domenicano accettò di sostener giuste
e verificabili le medesime, con esibirsi di
entrar anch' egli nel fuoco. Perchè il frate
minore trovò maniera di sottrarsi all' im-
pegno presa, per lui sottentrò un frate
Andrea Rondinelli . Adunque nel dì dicias-
sette d"* aprile per ordine de' magistrati ac-
ceso un gran fuoco venuero alla presenza
d' innumerabil popolo i due contradditori ,
per provare , se in quella avvampata cata-
sta si sentisse fresco o caldo. Ma non vo-
lendo comportare i frati Minori , che fra
Domenico v' entrasse vestito con gli abiti
sacerdotali ; né eh' egli portasse in mano
il Sacramenta dell'altare : iw-sole contese
terminò tutto quel!' apparato , "e nulla si
fece. Scapitò molto per questo, del suo
buon concetto il Savonarola , e crescendo
Tardile della fazione a lui contraria, e
mas-
4
Anno MCCCCXCVIIL ii?
rn^ssimamente degli scapestrati , nella se-
guente domenica dell'Olivo si alzò centra
di lui gran rumore , in guisa che i ma-
gistrati , timorosi ancora delle tante mi-
nacce d6^:papa, fecero prendere e menar
nelle carceri il Savonarola. Allora fu, che
infierì contra di lui , chi gli volea male *
Oofse tosto a Firenze un commessario del
papa^ per accendere maggiormente il luo-
co, ed accelerar la morte dell' infelice 4 Si
adoperarono i torme-nti per fargli confes-
sare ciò che vero non era; e si pubblicò
poi un processo contenente la confessione
di molti reati che agevolmente ognuó ri-
conobbe per inventati e calunniosi. Velluto
dunque il di ventitré di maggio vigilia dell'
Ascensione^ alzato un palco nella piazza,
quivi il Savonarola degradato insieme con
due frati suoi compagni , cioè Silvestro e
Domenico , fu impiccato , i loro corpi di-
poi bruciati , e le ceneri gittate in Arno ,
per timore che tanti divóti di questo re-
ligioso le tenessero per sante reliquie . Re-
stò appresso involta in molte dispute la
di lui fama;, riguardandolo gran copia di
gente, cioè tutti i buoni qual santo e qual
martire del Signore ; ed all' incontro tutti
i cattivi per uomo ambizioso e seduttore.
Dio ne sarà stato buon giudice. Certo è,
ch'egli mancò al suo dovere, dispregiando
gli ordini del papa , i cui perversi costu-
mi non estinguevano già in lui la autorità
delle Chiavi. Parimente lodevole non fu
H 3 nel
ti8 Annali d'Italia
nel Savonarola il cotanto mischiarsi nel go-
verno secolare della repubblica fiorentina:,
cosa poco conveniente al sacro suo abito e<
ministero. Peraltro eh'' egli fosse d'illibati
costumi, di singoiar pietà e zelo, tutto
volto al bene spirituale del popolo, con i
altre rarissime doli , indicanti un vero ser- |!
vo di Dio , le cui opere stampate conten- \\
gono una mirabil unzione e odore di san» ^
tità : non si può già negare . Ma di questo
avendo pienamente trattato Gian Francesco r
Fico conte della Mirandola , dottissimo!
scrittore suo contemporaneo, nella Vita ed |
Apologia del medesimo Savonarola, e Jaco-
po Nardi fiorentino, anch'esso allora vi-
vente , nella sua Storia di Firenze : senza
che io osi di far da giudice, rimetto ai
loro scritti il lettore, che più copiosamen-1
te desideri d' essere informato di quella la-
grimevol tragedia.
Anno di Cristo mccccxcix ^ Ind. ir. ^'
di Alessandro VI, papa 8.
di Massimiliano!^ re de'Rom. 7.
Bolliva tuttavia la discordia e guerra di
Pisa, quando non meno i Veneziani ^ che
Lodovico duca di Milano , cangiati senti-
menti , mostrarono genio, che si trattasse
d'accordo ^ . I Veneziani, siccome accen-
ne-
» Guicciardini Istoria d'' Italia. Santito Istoria lìi renet:.ia
T. ai. Rer. Ital. Ammirati Istoria di T'irenzj: • Nardi Ut
ria di Firenzje •
Anno MCCCCXCLX. 119
nfrol^ra poco, ad una preda di maggior
loro soddisfazione aveano già rivolto il
pensiero. 11 duca di IVI il ano , oramai pre-
sentendo un fiero temporale che centra di
lui si preparava in Francia , volea pensare
a difendere sestesso , e non già l'altrui
con tante inutili spese. Quanto poi ai Fio-
rentini , nulla più desideravano che la pa-
ce , perchè troppo stanchi e smunti per co-
sì lunga e dispendiosa guerra . Fu dunque
da tutti gì"* interessati fatto compromesso
di questa pendenza in Ercole I Estense
duca di Ferrara. ProiFerì egli il suo laudo
nel dì sei d'aprile, decretando, che i Fio-
rentini tornassero padroni di Pisa, con re-
stare i Pisani in possesso delle rendite pub-
pìiche e delle fortezze; e che dovessero i
Fiorentini pagare ai Veneziani in dodici an-
ni cento e ottantamila scudi . L' insaziabi-
lità delle persone cagion fu , che tutte e
tre le parti rimanessero mal contente, an-
zi disgustate di questo laudo . Contuttociò
i Veneziani, sebben ricusarono di ratificar-
lo , pure r effettuarono con ritirar da Pisa
Je loro milizie. V'acconsentirono anche i
Fiorentini. Ma i Pisani , protestando di
non volerlo accettare , si accinsero a soste-
ner soli la guerra: tanta era la loro av-
versione a tornar sotto il giogo de** Fioren-
tini . Perciò eccoti ricominciar la guerra .
Faole Vitelli generale d'essi Fiorentini eb-
be ordine di uscire in campagna : lo che
esegui nel mese di giugno j e dopo la presa
H 4 d' al-
I20 A N M A L 1 d' I T A L I A
d'alcuni luoghi andò nel dì primo dVigosto
a mettere il campo intorno a Pisa. Impadro-
nitosi da lì a dieci giorni della fortezza di
Stampace , tal terrore diede a' cittadini ,
che fu creduta inevitabile la presa anche
della città; ma il Vitelli non si seppe ser-
vir della fortuna, e questa , spirato quel dì,
non tornò più. Fecero i Pisani dei ripari;
ma quel che più gli aiutò fu Paria xlella
state , madre di sì copiose malattie nelP'
esercito de' Fiorentini , che quando il Vi-
telli determinò di dare un' assalto generale
alla città , gli convenne desistere per man-
canza di gente. Vennero per questa, e per
altre apparenti ragioni in sospetto della di
lui fede i Fiorentini , e chiamatolo a Fi-
renze , ancorché ne' fieri tormenti a lui da-
ti nulla confessasse di pregiudiziale al suo
onore,, pure nel di primo di ottobre fu
decapitato , con lasciare esempio ai poste-
ri delP evidente pericolo, a cui si espone,
chi prende il generalato delle armi delle
repubbliche, perchè dove son tante teste ,
quivi più facilmente, che altrove, la poca
fortuna diventa delitto. Vitellozzo suo fra- |
tallo con più giudizio si salvò a tempo , j
ed entrato in Pisa, vi fu ben veduto. Co- j
si per ora vergognosamente ebbe fine la j
guerra de' Fiorentini contra de' Pisani , e \
si mormorò forte d' essi dappertutto per ;
ia morte data al Vitelli. Nello stesso gior- '
no, che tolta dicemmo la vita al Vitel- 1
li, pagò il suo debito alla natura T^iar- i
ci- 1
^^__^ Anno MCCCCXCIX. i2t
tUib -t'iclno fiorentino , ristoratore in Italia
della Filosofia platonica, ed uno de' più in*
signi letterati, che s'abbia avuto l'Italia.
Niun interesse stava in questi tempi più
a cuore al novello re di Francia Lodovico
Xlly che la meditata conquista del ducato
di Milano e del regno di Napoli, de' quali
«i pretendeva egli erede ; d<:ir uno per le
ragoni di Valentina Visconte avola sua ;
dell'altro per la cessione fattane già dalla
casa d' Angiò alla corona di Francia ^ .
Prese egli le necessarie misure per tali im-
prese, facendo pace coi re di Spagna e di
Inghilterra^ e con Massimiliano re de' Ro-
mani, e nello stesso tempo procacciando di
aver le potenze d'Italia a se favorevoli, e
almeno non opposte a' disegni suoi. Colle
grazie compartite a Cesare duca Valentino
s'era egli affezionato papa Alessandro F/,
e più ancora se ne prometteva , dacché es-
so pontefice, in cuore di cui il primo mo-
bile era l'ingrandimento de'proprj figliuo-
li, non avea potuto indurre Federigo re
di Napoli a concedere una sua figliuola in
moglie del suddetto duca Valentino , e il
principato di Taranto in dote; epperò tut-
to le mire delia grandezza del figliuolo avea
rivolte alla corte di Francia. Infatti l'ac-
corto re Lodovico non ebbe difficoltà di
promuovere le nozze d'esso duca Valentino
con
Pelcaire H:'st. Guicciardini Istoria d^ Italia . Corto ÌSiO'
'i Milano. Giov.'u, «d altri»
r
122 Annali d' Italia
con una figliuola di Giovanni d' Albret re
di Navarra del real sangue di Francia , con
condizione nondimeno, che il papa la do-
tasse di dugentomila scudi , e promovesse
al cardinalato monsignor d' Albret fratello
di quella principessa . In questa maniera
tanto il papa , quanto il duca suo figliuo-
lo, diventarono affatto francesi, e alli die-
ci di maggio segui il matrimonio suddetto:
del che sommamente si rallegrò il papa. Ma
ninno potea maggiormente ostare in Italia
alle idee del re Lodovico , che la potenza
veneta. Trovò egli la via di guadagnar|
ancor questa. Oltre all^ essere i Veneziani
mal soddisfatti di Lodovico il Moro , con-
siderato da essi per uomo pieno sempre di
doppiezze e per traditore , massimamente
pel fresco affare di Pisa , il re gl'invito ad
entrar seco in lega contro del medesimo
Lodovico, con esibir loro Cremona^ città
comodissima agli stati di quella repubbli-.
ca. Per sì vantaggiosa esibizione prestò vo-
lentieri l'orecchio quel Senato alle propo-
sizioni del re , e solamente fece istanza ^
che a Cremona s' aggiugnesse anche la Ghia-
radadda , e il re liberalmente accordò quan-
to vollero, pensando forse fin d'allora di
ripigliarsela, e con buona derrata, a suo
tempo ^ . Fu pubblicata questa lega nel dì
vinticinque di marzo, ed in essa entrò dipoi
an-
' Navigero Istoria di Vtnezjii T. 14. Rer. ItaL Cori» Isto-
ria di Milano .
n^ Anno MCCCCXCIX. 123
àtfcte il papa con patto che il re prestasse
aiuto al duca Valentino, per conquistare
Imola , Faenza , Forlì e Pesaro .
Intanto il re di Francia^ essendosi colle-
gato ancora con FUiherto duca di Savoia ,
cominciò a spedir soldatt;sche ad Asti sot-
to il comando di Gian^Giaeomo Trivulzio ^
sperimentato capitano,, e nemico del duca
di Milano che T avea spogliato di tutti i
suoi beni. Mandò ancora il corife (fi Lignl ,
e il signor (V Obignì con altre genti d' ar-
mi ; ed egli per dar più calore alla guerra
già determinata contra d'esso duca di Mi-
lano, e per essere maggiormente a portata
per li bisogni occorrenti , si portò in per-
sona a Lione . Fra il Trivulzio e i Guelfi
del ducato di Milano passavano intelligen-
ze ed intrinsichezze di molta conseguenza •
Lodovico per li suoi vecchi peccati, e per
le nuove sue estorsioni era odiato dai più ,
né gli sconveniva il nome di tiranno. Fe-
ce egli un potente armamento di gente , e
general d' essa Gian-Galeazzo Sanseverlno
genero suo; ma contra di lui era lo sde-
gno di Dio ^ . Neir agosto diedero i Fran-
cesi principio alla guerra. Dopo aver pre-
so i due forti castelli d'Arazzo ed Anone,
s'impadronirono di Valenza . Tortona spon-
taneamente mandò loro le chiavi , e senza
vo-
* Guicciard. Istoria d'' Italia. Cario Istor. di Milano- Ni-
vagero Isteria di renezja . Sanuto Istoria di renerja T. 22.
Rer. Ital.
124 A K N A L I »' I t A L I A
voler aspettare la forza , s' arrenderono Vo-
ghera, Castelnuovo, e Ponte-corone. Nel
nedesimo tempo i Veneziani coli' esercito '
loro entrarono nella Ghiaradadda^ e s' im- i
possessarono di Caravaggio . Passò Teserei* ;
to francese sotto Alessandria. V'era den- ■
tro il general dello Sforza^ cioè il Sanse- \
verino, con una poderosa guarnigione; ma \
v' era eziandio il conte di Gaiazzo suo fra- ;
tello, capitano altresì dello Sforza , segre- i
tamente già accordato co' Francesi. Lo stes- j
so Gian-Galeazzo due dì dopo V assedio \
all'improvviso se ne fuggì d** Alessandria ,^
con dir poi d'essere stato ingannato da una
lettera finta sotto nome di Lodovico Sforza
duca di Milano^ che gli ordinava di por-J
tarsi a Milano : lo che gli fece dubitar deU
la sua testa. Comunque sia, certo è •, che
la sua partenza sbigotti sì forte il presidio
di quella città ^ che molti si diedero alla^
fuga , e i Francesi entrati spogliarono ili
resto di que' soldati , e misero poi a saccO'j
r infelice città . Mortara e Pavia neppurl
esse fecero resistenza . Tutte queste disav-|
venture^ e in poco tempo succedute, fece-i
ro conoscere a Lodovico il Moro , che erai
venuto il tempo di provar la mano di Dio;
sopra di se_> e sopra la sua famiglia. Ep-j
pelò deliberato di ritirarsi in Germania _, !
mandò innanzi i figliuoli, e con loro il te-!
soro , consistente in dugcnto quarantamila i
scudi d'oro oltre alle gioie e perle. Dopo ■
aver deputato alla custodia del castello di]
Mi-
EA N N o MCCCCXCIX. 125
jenchè contro il parere de' suoi ,
Bernardino da Corte con tremila fanti , e
munizioni senza iìne , perchè conservandosi
questo, sperava coli' aiuto dell' imperador
Massimiliano e degli Svizzeri di ritornare
in casa : nel dì due di settembre ito a Co*
ino, passò dipoi nel Tirolo. Allora il po-
polo di Milano spedì ambasciatori al cam-
po francese, invitandolo a venire, 6 restò
in breve consolato. Tutte le altre città del
bucato di Milano prestarono anch' esse ub-
bidienza ai Francesi, fuorché Cremona che
secondo i patti venne in potere de' Vene-
ziani . Successi tali , e mutazioni sì subi-
tanee, accadute senza quasi spargere una
stilla di sangue , fecero inarcar le ciglia a
tutti gl'Italiani , ed empierono di terrore
Federigo re di Napoli , il quale nelle dis-
grazie di Lodovico il Bloro cominciava già
a leggere le proprie. ì>lon passarono dodi-
:i giorni dopo la fuga del duca, che il cre-
duto sì fedele Bernardino da Corte , senza
aspettare un colpo d'artiglieria, per gran
somma di danaro vendè lo allora itreduto
mespugnabil castello di Milano ai France-
si , con tanta infamia del suo nome, che
venne dipoi riguardato come un mostro, e
fuggito, o maledetto da ognuno, e fin da-
gli stessi Francesi, in guisa tale che non
potendo reggere al dolore e all' obbrobrio ,
da lì a pochi giorni iìnì di vivere , seppur
non fu aiutato a terminaiCe la vita.
Di così prosperosi avvenimenti informa-
to
i
126 Annali d' Italia
to il re Lodovico j da Lione calò in Italia, j
e fece la sua solenne entrata in Milano nel I
dì sei d'ottobre *, accolto con strepitosi j
viva da quel popolo , che liberato dall' aa- j
prò giogo di Lodovico il Moro sperava i
giorni più lieti sotto il governo francese . \
Ksse^o stato lasciato in Milano Francesco \
Sforza picciolo figliuolo del mòrto duca
Gian Galeazzo colla duchessa Isabella sua
madre , fu poi condotto dal re in Francia^
e dedicato alla vita monastica . Isabella nel!'
anno seguente se ne ritornò a Napoli ad
essere spettatrice della final rovina dellj
real sua casa. Gian-Giacomo Trivulzlo ^ di
cui principalmente riconobbe il re un s:
presto e felice acquisto del ducato di Mila*
110^ ebbe in dono la nobil terra di Vige-
vano. Né fu pigra la città di Genova
spedire ambasciatori e a darsi con onore*
4
Giunsero a fargli riverenza anche gli am«»|
basciatori dxi' Fiorentini , i quali nonostati»*!
te molta contrarietà conchiusero lega cooi!
lui , Irttanto asprissima guerra ai Venezia- i
ni facea Baiazetta imperador de' Turchii
non solo in Levante^ ma sino nel Friuli ,i
dove penetrarono que' barbari, commettenr?
«io innumerabili crudeltà . Persona non vi^
f u y che non credesse avere Lodovico il Mq-ì
ro \
^ Diar. di Ferrara Tcmf' 14. RsV' Ital. Sanut(y Isto>ia di
iì^ist,ta T» ai' RtT. Ital. Corto Istoriai di Milano. Gii-rciar'
dirif 7fto^-i,z d^ Italia. Beltaire Hittoire -^ ed altri -^
Anno MCCCCXClX. 127
ro sollecitati quegl' infedeli contra de' Ve-
neziani per vendicarsi di loro , siccome
principal cagione della rovina di lui ^ e
della felicità de' Francesi , della quale non-
dimeno cominciarono essi Veneziani a pen-
tirsi ben tosto, e maggiormente poi ebbe-
ro a pentirsene ne'prmii anni del secolo
susseguente . Ed ecco darsi principio negli
ultimi mesi di quest' anno ad un' altra guer-
ra in Romagna. Era tutto lieto papa Ales-
I Sandro per li progressi delle armi francesi
in Lombardia , perchè secondo i patti do-
veano queste aiutare il duca Valentino suo
figliuolo a conquistare le città d' essa Ro-
magna _, destinata più d'ogni altra contrada
ad essere il magnifico principato della casa
Borgia . Trovò egli in questi tempi delle
ragioni di torre alla casa de' Gaetani Serrao-
neta con altre terre, delle quali immediata-
mente investì Lucrezia Borgia sua figliuola ,
moglie in questi tempi di don Alfonso di
Aragona duca di Biseglia , e dichiarata go-
vernatrice perpetua di Spoleti e del suo
ducato. Poscia si diede^ il pontefice a spro-
nare il re Lodovico^ acciocché prestasse la
promessa gagliarda assistenza al duca Va-
lentino per la guerra disegnata contra dei
signori in Romagna e della Marca , cioè
contra degli Sforza di Pesaro, àt^ Malate-
sti di Rimini, à%' Manfredi di Faenza, dei
Riarj d' Imola e Forlì , de"* Varani di Ca-
merino ^ e de' conti di Montefeltro duchi
d'Urbino, Teneano questi signori con bolle
pon-
12.8 Annali D* Ita LI A ì
pontificie le loro città: non importa; rio. l
veano queste cedere al bisogno di stabilire I
la grandezza della casa Borgia : e pretesti ì
di spogliarne i padroni non mancavano a :
chi j voleva alzare un maestoso edifizio so- ■
pra la love rovina : che questa ;fu d' ordì- j
nario r origine e la mira delle guerre fat- j
te dai pontefici di que' tempi , non mai |
contenti^ finche non alzavano i suoi figli- |
uoli o nipoti al grado e domitiio principe-
sco 5 con tradire manifestamente l' intenzio-
ne di Dio, e della Chiesa nel sublinratli a
quella sacrosanta dignità . Venuto dunque
il duca Valentino^ accompagnando' sempre
il re Lodovico da Lione a Milano , t spal-
leggiato dai pressanti uffizj del pontefice ,
ottenne dal re un grosso corpo di gente ;
che unito calle soldatesche pontificie si
trovò capace di eseguir poscia felicemente
i di lui disegni . Dopo un mese di dimora
in Milano se ne tornò il re in Francia, la- |
sciando il governo dello stato di Milano nell? \
mani del valoroso maresciallo suo Gian-Giaco- ■
moTrlvulzlo^ ; ed allora, cioè nella metà di |
novembre anche il duca Valentino con due- ;
mila cavalli e seimila fanti venne a pian- ]
tar r assedio ad Imola . Poca resistenza fé- i
ce quella città : la rocca si tenne lo spa-
zio di venti giorni , e poi capitolo . Passò i
di là air assedio di Forlì . Dentro v' era ;
.-. '
' Cronica MS. di Bologna nella Libreria Estense . Biari§ ■
di Firrara Tom. »4. Rer. Imi.
\
Anno MCCCCXClX. .129
Caterina Sforza, donna d^ animo virile,
vedova del già conte Girolamo Riario , che
vigorosamente si mise alla difesa . Con tali
str«pitosi avvenimenti ebbe fine V anno pre-
sente .
Anno di Cristo mDj Indiz.iii.
di AlessandxHo vi , papa 9.
di Massimiliano!^ re de'Rora. 8
V-^ontinuò il duca Valentino sul principio
di quest'anno l'assedio di Forlì ^. Perduta
la città j Caterina Sforza si ridusse alla di-
fesa della cittadella e della rocca, mostran-
do in ciò non men vigilanza e bravura ,
che i più sperti e veterani uffiziali. Ma
per li frequenti colpi delle artiglierie ca-
duta parte del muro , ed aperta ampia brec-
cia^ per quella entrarono le genti di Va-
lentino con tal prestezza , che raggiunsero
i soldati di Caterina nel ritirarsi che fa-
ceano nella rocca; ed entrati in essa> della
medesima s'insignorirono, ammazzando chi
venne loro alle mani. Caterina rifugiatasi
in una torr^ , con alcuni pochi fu fatta
prigione , e mandata dipoi a Roma , e cu-
stodita in castello sant' Angelo . Ma Ivo
d'Allegre, capitano delle milizie francesi
ausiliarie del duca Valentino , preso da am-
ToMo XXII. I mi-
* Cuicctard. Ist. 4'' Ita/. Cronica MSta di So/ogna . Ra^.
naldus AnnaU Mccl, Croni fa t^eneta T, 24. Rer, Itat.
1 30 Annali d' Itali A
mirazione del coraggio di questa insigne
dama e principessa^ e da compassione al
suo sesso , ne impetrò da lì a non molto
la liberazione . Divenne poi ^ o per dir me-
glio , era divenuta essa Caterina moglie di
Giovanni de^ Medici ^ padre dì quel Giavan-
ni y che nel secolo susseguente si acquistò
la gloria di prode capitano > e generò Co-
simo che fu primo gran-duca di Toscana •
Le iniquità commesse da' Francesi in Forlì
furono indicibili. Non potè per allora il
duca Valentino proseguir il corso di sua
fortuna ^ perchè insorte nel ducato di Mi-
lano le novità^ delle quali parlerò fra po-
co , dovette accorrere colà il signot d' Al-
legre colle milizie regie ^ dopo aver lascia- ^
ta in Romagna memoria per un pezzo di
immense ruberie, disonestà > ed altre ri-
balderie da loro commesse . Impadronitosi
dunque d'Imola^ Cesena e Forlì , sene tor-
nò a Roma il duca Valentino , dove volle
far la sua entrata come trionfante con in-
credibil pompa e corteggio nel di ventisei
di febbraio. Era questo V anno del giubi-
leo^, in cui se i Cristiani guadagnarono le
indulgenze dei loro peccati , anche paiJa
Alessandro seppe guadagnare dei gran teso- J
ri ^ , perchè concedea per tutta la Cristia* ^
«ita quelle indulgenze medesime a chi noni
potea venire a Roma , purché pagassero il ;
terzo di ciò che avrebbono speso nel tiag-^
gio : ]
Anno MD. 131
"|ìo : alia raccolta del qual danaro f\ironO
deputati dappertutto i questori; e questo
danaro colle decime imposte al olerò , e la
irigesima agli ebrei ^ dovea poi servire sc-
endo i soliti pretesti per far la guerra
contro al Turco ; ma servì infine ad altri
tisi. Nonostante Tanno santo, un lieto car-
novale si fece in Roma , e il duca Valen-
tino lasciò in tal occasione la briglia al
8U0 fasto con giuochi e feste d' indicibil
magnificenza e spesa , per le quali nobilis-
sime azioni meritò d'essere dichiarato gon-
faloniere della santa romana Chiesa.
Pochi mesi erano soggiornati in Milano,
fe nelle altre città di quel ducato ì Fran-
cesi > che la poca disciplina da loro osser-
vata in que' tempi , e la sfrenata lor dist)-
ttestà , ài cui molto parlano le Storie ^ ,
Cominciò ad essere di troppo peso a quei
jpopoli, e a farli sospirar di nuovci il go-
verno degli abbattuti loro principi ^ Quel
thà è più, mal ^offerendo 1 Ghibellini , po-
tente fazione in quelle contrade , che Glan-
Giacomù Tri^juLzìo capo de' Guelfi coman-
dasse le feste ^ cominciarono ad animare
al ritornò Lodovico il Moro e il cardinale
j4?can£0 suo fratello. Questi pertanto, giacché
andarono loro ben presto fallite le speranze
poste iu Massimiliano re de' Romani^ prin-
I 2 ci-
■ Dhr. di Ferrara Tom. I4. Rer. ItaU Senarega de Reb.
Oenutns. Guicciardini Istoria d^ Italia, Nardi Istoria di Fi-
unxe . Bembo , ed altri .
132 Annali d^ Itali a
cipe negligentissirao ne'proprj affari , privo
sempre e sempre sitibondo di danaro, si
rivolsero agli Svizzeri con assoldarne otto-
mila , e misero insieme ancora cinquecento
uomini d* arme borgognoni . Sul fine di
gennaio^ senza perdere tempo , calarono
essi pel lago di Como a quella città che
apri loro le porte . Bastò questo _, perchè
il popolo di Milano si levasse a rumore ,
gridando Moro , Moro . Mossesi ancora , per-
chè Lodovico avea lor fatto credere di venire
con un esercito infinito : lo che non fu ve-
ro • Si rifugiarono i Francesi nel castello ,
e il Trivulzio si ritirò a Mortara . Sul
principio di febbraio giunse prima il car-
dinale Ascanio , e poscia Lodovico a Mila-
no con festa di quel popolo . Ed amendue
si affrettarono ad assoldar quante genti di
armi poterono. Anche la città di Pavia e
di Parma alzarono le bandiere del Moro ;
altrettanto erano per fare Piacenza e Lodi,
se chiamati in aiuto i Veneziani dai France-
si, non vi fossero entrati colle loro mili-
zie. Tornò bensì all' ubbidienza d' esso Mo-
ro Tortona ; ma sopraggiunto colà Ivo di
Allegre colle soldatesche richiamate dalla
Komagiia, ed assistito dai Guelfi^, -ricuperò I
quella ciltà^ mettendo dipoi a sacco non
meno i Ghibellini nemici , che i Guelfi ami-
ci. Passò Lodovico il Moro all'assedio di
Novara , ed obbligati i Francesi a rendere
la città , si diede a bersagliar la fortezza
tuttavia resistente. Fu miriìbilc intanto la
sq\'
1
Anno MD. ^ 135
sollecitudine del re Lodovico per ispedire
in Lombardia nuove genti sotto il coman-
do del signore della Tremoglia , dimaniera-^
che sul principio d'aprile questo capitano
unito col Triviilzio^ e col conte di Lignì ^
ebbe in pronto un' armata di mille e cin-*
qiiecento lance, diecimila fanti svizzeri, e
seimila francesi , co' quali si appressò a
Novara.' Pure più ne' tradimenti , che nella
forza delle armi , riposero i comandanti
francesi la speranza di vincere.
Già s' erano intesi gli ufEziali svizzeri
militanti per la Francia con quei eh"' era*
no al servigio dì Lodovico ìlMoro ^ promet-
tendo loro una gran somma d"* oro ; e me*
rarono così accortamente la loro trama _,
che venne lor fatto di tradire il duca con
eterna infamia del loro nome. Col prete-
sto dunque di non voler combattere coi
proprj fratelli , gli Svizzeri tedeschi ab-
bandonarono Lodovico il Moro ^ e con
licenza dei Francesi uscirono di Novara ,
per tornarsene al loro paese . Per mise-
licordia ottenne Lodovico di poter fuggi-
re con loro , e tanto egli , come i tre
Sanseverini travestiti da svizzeri marcia-
rono colla truppa , per ridursi in salvo .
Scoperti dai traditori-, furono tutti e quat-
tro fermati e fatti prigionieri nel dì dieci
d'aprile: spettacolosi miserabile , che tras-
se le lagrime insino a molti de' nemici. Si
sbandò per questa calamità il resto delle
truppe sforzesche 3 e portata la dolorosa
I s ^ nuo-
13Z| Annali d' I t a i. i a
nuova al cardinale Ascanìo che attendeva
in iVIilano all'assedio del castello ,, tosto si f
partì anch' egli da quella città , ed invios- |
si frettolosamente alla volta del Piacentino |^
pejr non essere colto ^ . Ma giunto la notte |
a Rivolta^ castello del conte Corrado Landò J
suo amico , e quivi, avendo preso riposo _, i^
trovò quella sfortuna eh' egli andava fug- j
gendo . Imperocché avvisati di ciò Carlo i
Orsino e Soncino Benzene , capitani delle
genti veneziane, che stavano in Piacenza,
cavalcarono speditamente colà^ e colla for- ^
za obbligarono il conte Landò ( ingiu-
stamente accusato da alcuni di tradimen-
to ) a consegnar loro 1' infelice porporato ,
con Ermes Sforza ^ fratello del morto duca
Gian-Galeazzo y e con altri gentiluomini di
sua famiglia. Fu mandato a Venezia il
cardinale ^ ma il re Lodovico prima colle '"-
preghiere , e poi colle minacce di guerra ^
tanto battè , che 1' ebbe nelle mani . Furo- \
no condotti ^in Francia questi sventurati ;
principi . Lfidovico il Moro confinato nel i
castello di Lochrs nel Barrì in una oscura ]
camera senza libri , senza carta ed inchio- \
stro , ebbe quanto, tempo volle per potere i
riflettere alla caducità delle umane gran- i
dezze , e ai frutti della smoderata sua am- \
•bizione e vanità, cioè alla cagione delle ]
sue e delle altrui rovine, per aver chia- j
inato in Italia le armi straniere, ed assassi- \
na- \
' Cren, di f^eiìe:cia T. ai. Rer. Itaì,
Anno MD. * 135
nato il proprio nipote , essendo esso Lodo-
vico dopo dieci anni di prigionia manca-
to poi di vita. AI cardinale Ascanìo , che
coti intrepidezza accolse le sue disavven-
ture, fu data per carcere la torre di Bor*
ges, quella stessa, dove il medesimo re Lo-
dovico, allorché era duca d"* Orleans, tenu-
to fu prigione ; tanto è varia e suggetta a
peripezie la sorte de^ mortali . Poca cura
si prese del cardinal suddetto papa Ales--
Sandro j siccome venduto al volere de' Fran-
cesi , epperò solamente sotto il pontefice
Giulio 11 riebbe Ascanio la sua libertà.
In gran pericolo di un sacco si trovò il
popolo di Milano dopo la caduta del Mo-
ro ; ma avendo essi inviata un' amba-
sceria al cardinale di Roano che veniva
spedito dal re in Italia per governatore ,
impetrarono , che il gastigo si riducesse al
pagamento di trecentomila ducati d'oro :
pena che loro fu anche per la maggior par-
te rimessa dalla clemenza del saggio re
Lodovico, Non potè poi resistere esso re
alle premure di ■ga'pa Alessandro che di
nuovo gli fece istanza di gente ^, affinchè
il duca Valentino terminasse il sospirato
conquisto della Romagna . Questi erano
allora i gran pensieri del pontefice , il qua-
le poco avea profittato di un indizio dello
sdegno di Dio contro la di lui persona che
fiì malamente corrispondeva ai doveri del
I 4 sa*
5
13S Annali d'Italia
sacrosanto suo ministero . Imperciocché nel-
la festa di san Pietro svegliatosi un terri-*
bil vento con gragnuola e fulmini rovesciò
il più alto cammino del Vaticano con tal
empito, che il suo peso ruppe il tetto ^ e
due travi della stanza superiore alla pon-
tiiìzia . Penetrò questa rovina nella stanza
medesima , dove dimorava il papa , con es-
sersi rotto un trave. Vi perirono Lorenzo
Chigi gentiluomo sanese , e due altre per-
sone. Lo stesso papa si trovò bensì vivo
sotto le pietre , ma stordito e leso ancor
in più parti del corpo . Per buona ventura'
quel trave ch*era caduto, servì a lui di ri-
paro. Questo colpo invece di servire di
paterno avviso ad Alessandro per farlo rav
vedere, il confermò piuttosto nella persua
sione della protezion del Cielo : epperò
dopo UH pubblico ringraziamento a Dio ^
che l'avesse preservato dalla morte, segui
tò lo scandaloso cammino di prima. Fu in
questi tempi assassinato da alcuni sgherri
don Alfonso d'Aragona marito di Lucrezia^
Borgia; e perchè le ferite non furono suf-i
Scienti a levarlo di vita^ il veleno diede*!
compimento all'opera. Ne fu creduto au-i
toro il diwa Valentino , il quale divenutoli
tutto francese , e volendo andar unito coa.-|
quella corona alla distruzion degli Arago4i
nesij giudicò meglio di levar c^ mezzo unri
parentado si fatto, siccome qu Ho che piùij
non si adattava alle mire presi ti. Impe-j
Irato dunque ch'ebbe esso duca Valentina!
un j
il
É
Anno MD. 157
tìa possente soccorso di Francesi , condotto
da Ivo (V Allegre y nel mese d'ottobre ri-
cominciò la guerra in Romagna. Non durò
fatica ad impossessarsi di Pesaro , perchè
Giovanni Sforza^ già di lai cognato, si ri-
tirò per tempo , non volendo che per ca-
gion sua ricevessero danno immenso quei
cittadini ^. Anche Fandolfo Malatesta gli
cede il campo , e fecegli aprir le porte di
Rimini. La sola Faenza, dove egli si tras-
ferì dipoi , fece gagliarda resistenza , per-
chè il giovanetto Astorre de' Manfredi ^ si-
gnor della terra , si trovò così ben sostenu-
to dall'amore e dalla fedeltà de' suoi sud-
diti 5 che rendè per quesf* anno inutili i
di lui sforzi , benché poi nel seguente gli
convenisse cedere alla forza , e restar poi
vittima della lussuria, e della crudeltà del
Valentino. Guerra ancora fu nell'anno pre-
sente in Toscana , più che mai ardendo di
voglia i Fiorentini di ricuperare la città
di Pisa . Ebbero soccorsi dal re di Fran-
cia ; condussero ancora al loro soldo qual-
che migliaio di Svizzeri , gente eh' avea co-
minciato ad essere alla moda di questi
tempi. Fu posto il campo a quella città, si
venne all' assalto ; ma essendosi valorosa-
mente difeso quel popolo ^ segretamente
aiutate da' Genovesi , Sanesi e Lucchesi ,
ed insorta appresso molte discordie dalla
par-
» Diar. di Ferrara T. 24. Per. Ita/. Cronica MSta di So-
Ug'ìa. Quiccimdini Isteria d* Italia ed altri.
13^ Annali n' It ali a , ec. /^
parie dei Francesi e degli Svizzeri : appo-
co appoco si sciolse queir esercito, altro
non riportandone i Fiorentini sennon ver-
gogna , e un incredibil danno al proprio
erario , Con tali imprése terminò V anno ,
ebbe fine il secolo presente , e fifie ancora
farò io a questi racconti .
€0N.
CONCLUSION E^^^
DELL' OPERA,
-eco è venuto il lettore osservando i prin-
cipali avvenimenti dell'Italia per tanti passati
anni. S'egli da per se finor non ha fatta una
riflessione assai facile , natiir^le ^d. importante ,
gliela ricorderò io prima di congedarmi da lui .
Ed è quella, che chiunque ora vive, per quel
che riguarda il pubblico stato delle cose , e
non già il privato d'ogni particolare persóna,
avrebbe da alzare le mani al cielo , e ringra-
z'are Iddìo d'essere nato piuttosto in questo,
che ne' secoli da me fin ora, descritti . Non
mancarono certamente anche ne' lontani tempi
alcuni principi buoni , vi furono talvolta con-
tinuati giorni di pace, magnifici spettacoli e
delizie . Ne si può negare, che negli ultimi
predetti secoli , cioè dopo il mille e cento ,
di gran lunga abbondasse più T Italia di ric-
chezze , che oggidì . Tuttavia considerando allo
ingrosso que' tempi , nulla vede , chi non vede
il gran divario che passa fra questi e quelli .
Mìravansi allora tanti piuttosto tiranni , che
principi, crudeli fin col proprio sangue, non
che verso i lor sudditi. Oggidì; sì moderati ^
sì benigni , sì clementi troviamo . i regnanti .
Per lo più tutto era allora guerra, e guerra
senza legge, andando ordinariiimente in groppa
con essa i saccheggi , gì' incend; , ed ogni sor-
ta
14^
ta di ribalderie « In questo infelice sfato ab- ]
biam lasciata poc'anzi l'Italia, e per moltissi- \
mi anni vi continuò essa dipoi . Per lo con- t
trarlo , se oggidì guerra si fa ( e pur troppo i
si fa con aggravio di molti paesi ) pochi son ;
quei monarchi e generali , che si dimentichino \
d' esser Cristiani , e dì guerreggiar con Cristia- \
ni. Del resto un' invidiabii tran<juillità s'è lun- |
gamente goduta , e ne sono stati partecipi an* ;
-che i giorni nostri : bene temporale , che noft !
si può abbastanza apprezzare . Che terribili , j
anzi indicibili sconcerti e disastri poi produ-
cesse una volta la frenesia delle fazioni guelfa'^
e ghil^llìna , noi può concepire ,' sennori chi legge^
ic Storie particolari delle città italiane , e truova
come fossero frequenti nel pubblico e ne' pri-
vati le nimicizìe , gli omicidj , le prepotenze j
gli esilj e i capestri . Per misericordia di Did
restò infine libera da tante perniciose pazzie T
Italia ) né più v' ha città , da cui sia per que^
sto bandita la quiete e la pubblica concordia i
A cagion delle guerre suddette , e della poca
cura degli Italiani , francamente una volta s'ih^i
troduceva in queste contrade la pestilenza , fl
portando la desolazione dappertutto , col penetra-
re d' uno in un altro paese , era divenuta ora-
mai un malore non men familiare e stabile fra
noi , che sia fra' Turchi . Le diligenze che sì
usano oggidì , han provveduto a questo flagel-'
lo* e se queste non si rallenteranno, non ne^
faran pruova neppure i posteri nostri . Che s<
a talun poco pratico sembrasse talora , che i
^empi correnti si scoprissero meno nemici òth
la
I
*la lussuria di quel che fossero i già passati :
l^ppia , ch'egli travede. Talmente sfrenato era
'Bivolta questo vizio, che in paragon d'allora
quasi beata si può chiamare l'età nostra. E
molto più merita essa questo nome , dacché la
pulizia de' costumi, e le lettere, cioè le scienze
ed arti tutte sono ora intanto auge e splendore j
laddove rozzi erano negli antichi secali i co-
stumi , e r ignoranza occupava non solamente £
bassi , ma anche i piii sublimi scanni . Ag-
giungasi a questo, esser data allora negli occhi
d'ognuno la scorretta vita dell' uno e dell'altro
clero , infezione giunta sino agli stessi pasto-
ri , ed anche ai primi della Chiesa di Dio , e
disavventura, -che non si può nascondere, né
abbastanza deplorare per gli scandali infiniti
che ne derivarono . Corrono già dugento anni ,
che s' è tolta questa pessima ruggine dalla Chie-
sa di Dio , né più van pettoruti i vizj in
trionfo , essendo migliorati i costumi , accre-
sciuta la pietà , e levati molti abusi de' barba-
rici secoli : motivi tutti a noi di chiamar fe-
lice il secolo nostro in confronto di tanti altri ,
da noi finquì osservati . Né venga innanzi al-
cuno con dire di trovar egli de' pregi e del
buono ne' secoli andati, e forse qualche bene ,
di cui ora siam privi ^ aggiunga ancora osser-
varsi tuttavia de' difetti ne' governi tanto eccle-
siastici , che secolari , il lusso di troppo cre-
sciuto, r effeminatezza negli uomini , la libertà
nelle donne , ed altri sì fatti malanni : che gli
si dimanderà , se sappia , qual cosa sia l' uomo ,
e qual sia il mondo presente. Ha da uscire
fuor
142.
fuor di questo globo, chi non vuol vedere vi*
z; , peccati, difetti e guai. Intanto a chi bra*
masse la continuazione della Storia d* Italia ^
facile, sarà il trovarla maneggiata dalle penne
di molti storici italiani. Né ho ancor io re-
cato un buon saggio nella parte II ddle Anti-
chità Estensi^ già data alla luce; cpperò tan-
to più mi credo disabbligato dal farne una nuo«
va dipintura é
143
PREFAZIONE
DI
tODOVICO-ANTONIO MURATORI.
JUappoichè ebbi condotto gli Annali di
Italia fino all'anno di Cristo! 500^ ave-
va io deposta la penna con intenzione
di non proseguir più oltre , e ne avea
anche avvertiti i lettori . Dopo quel tem-
ilo abbondando in Italia le Storie ^ e fa-
cili anche essendo a trovarsi , sembrava
a me superfluo il volere "ristrignere in
brevi Annali ciò che potea la gente con
tanta facilità raccogliere dagli storici mo-
derni , essendo perlopiù da anteporre i
fonti ai ruscelli* Ma d^ altro parere so-
no stati ^non pochi degli amici miei^ ed
al-
144
altre persone che Iian creduta non inuti-^-
le questa mia qualsisia fatica . Si riduce
a pochissimi il numero di coloro , che
posseggoìio tutte le Storie italiane» Chi
ne ha alcuna 5 i più neppar una ne han-
no. Il presentar dunque raccolta da tan-
te e sì varie Storie la sostanza de' prin-
cipali passati avvenimenti delle italiche
contrade , può chiamarsi un benefizio
che si presta a tanta gente, la quale
per mancanza di libri è condannata ad
ignorare i fatti de' secoli addietro , oppur
dovrebbe mendicarli con fatica della let-
tura di non poche differènti Storie . Non
può sennon essere grato il vedersi poste
d'avanti sotto un punto di vista quelle i
principali vicende che di mano in mano |
son succedute in ciascun anno nelle di-
verse parti deir Italia . Il perchè secondo
l'avviso di tali persone mi determinai di
continuare T edifizio, e di condurre que- \
8ti Annali sino al compimento della pace
iiiu-*
145
universale, che nel presente anno 1749
ha rimessa la concordia fra i potentati
di Europa. So, che in trattando di av-
venture lontane da' nostri tempi , e di
persone che passate all' altra vita , si ri-
dono delle dicerie de' posteri maggior li-
bertà gode, e dovrebbe godere lo stori-
co per profferire i suoi giudizj . So al-
tresì , che non va esente da pericoli e
doglianze altrui, chi esercita questo me-
stiere in parlando di cose de' nostri tem-
pi , e di persone viventi , stante la deli-
catezza che in esso noi ingenera l'amor
proprio . Noi accogUam volentieri la ve-
rità in casa altrui : non così nella nostra .
Contuttociò spero io di non avere oltre-
passati i limiti della libertà che conviene
ad ogni onorato scrittore: perchè non Y
amore , né 1' odio , ma un puro deside-
rio di porgere il vero a' miei lettori , ha
per quanto ho potuto regolata la mia pen-
na . Se anche questo vero io talora non
Tomo XXIL K l'aves-
1^6
r avessi raggiunto i ciò sarà avvenuto peri
mancanza di migliori notizie ^ e non giàj
per mala volontà*
Dal principio dell' Era Volgare
fino all'anno 1548.
■ ANNALI D'ITALIA
Anno di Cristo mdi y Ind. iv.
di Alessandro VI, papà i«.
di Massimiliano!^ re de'Rora. 9.
1 maggiori pensieri di -pa-pd Alessandro in
questi tempi aveano per mira V ingrandi-
mento di Cesare Borgia , appellato il duca
Valentino, suo figliuolo. Grati copia di da-
naro , raceolta con profiisioni di grazie nel
giubileo dell'anno precedente, era, venuta
a tempo , per promuovere e sostenere i
bellicosi impegni di questo suo idolo. Nel-
la Romagna restava tuttavia Faenza che ri-
cusava di sottoporsi al di lui giogo : però
esso duca , aveva tentato indarno sul prin-
cipio dell'anno di prendere quella città con
una scafata^ andò poi a strignerla nella
primavera con poderoso esercito d'Italiani^
Francesi e Spagnuoii . Due assalti, furio-
samente dati^ a quelle mura, costarono la
vita a molti de' suoi * Vigorosa fu la dife-
sa de' cittadini , per l'amore che portavano
ad Astone, ossia Astorgio de' Manfredi ^
loro signore , giovinetto di rara avvenen-
za, e di età di circa dicisette anni. Ma
da lì a non molto veggendo essi crescere
K i il
ii\S Annali d' Italia
il pericolo, e tolta ogni speranza di soc-
corso , capitolarono la resa della città nel
dì 26 d'* aprile, salvo l'onore, la vita e
l'avere delle persone, e con patto,, che
Astorgio restasse in libertà e possesso de'
suoi allodiali * . Il Valentino che misurava
tutte le cose colle sole regole del proprio in-
teresse , conservò il popolo che dovea restar
suo suddito ; ma contro la fede condusse
poi a Roma V innocente garzone Astorgio ,
e tanto a lui^, che ad un suo fratello ba-
stardo , levò dipoi barbaricamente la vita .
Dopo sì fatto acquisto non fu difficile al
Valentino di ottenere dal papa suo padre ,
a cui nulla sapea negare il sacro Concisto-
ro, rinvestitura e il titolo di duca della
Komagna . Quindi si rivolsero le di lui
mire e brame alla città di Bologna, con
entrar minaccioso in quel territorio, e ri-
chiedere l'ingresso in castello san Pietro ,
Giovanni de'' Bentivogli che in questi tem-
pi veniva considerato come signore di Bo-
IvOgna j e seco il reggimento d' essa città ,
s'erano dianzi posti sotto la protezione di
Lodovico Xll re di Francia ; né alcun im-
pegno aveano preso in soccorso di Faenza ,
tuttoché il giovane Astorgio fosse nipote di
esso Bentivoglio . A questo improvviso as-
salto prese le armi tutto il popolo di Bo*»
logna , ed assoldò quella gente che potè ♦
£
' Alessandro Sardi Storia M.S, Jtìurli MSS. di Bolè-
gna . Guicciardino Storia,
Anno MDI. . 149
E percioccliè fu creduto , che il Borgia te*
nessc intelligenza con Agamennone, Giasone s
Lodovico e Lancilotto de'Marescotti, fami-
glia potente ( vero o falso che fosse ) da alcu-
Ili giovani nobili partigiani de* Bentivogli ,
furono essi dopo qualche tempo uccisi. Fu
anche scritto , che il Valentino stesso rive-
lasse al Bentivoglio l' intelligenza sua con
que' gentiluomini^ e che da ciò procedesse
la loro morte . Ossia che esso duca avesse
riguardo alla protezione accordata dal re
di Francia a' Bolognesi , oppure che cono-
scesse , tali essere le forze loro da non po-
tere eseguire i suoi disegni , e massima-
mente venuta meno la speranza^ come fu
divulgato, di qualche tradimento nella cit-
tà : spedì Paolo Orsino a Bologna ^ per
trattare d"" accordo. Si convenne di ceder-
gli Castel-^bolognese , di dargli passo e vet*
tovaglia pel territorio , e una compagnia
di cento uomini d^'arme pagati per tre an-
ni al di lui servigio, con mille, o duemi-
la fanti. Scrive il Guicciardino , che s'ob-
bligò il Bentivoglio di pagare al Borgia
novemila ducati ogni anno . Ma gli annali
di Bologna, che esistono manuscritti nella
biblioteca estense, e sono di autore con-
temporaneo , siccome ancora il Buonaccor-
si ^, nulla dicono di questo pagamento .
Alessandro Sardi nella Storia estense manu-
scritta scrive^ che al Valentino furono prò-
K 5 mca-*
' BuenaccoYSì Hi aria <
150 A N N A L I d' I r A L I A \
inessi da' Bolognesi trentamila icuàì in U^ i
^nnj , e cento uomini d'armi, pagati per \
tre mesi . ì
Ciò fatto, il duca^ benché abbandonato
dalle" milizie francesi che erano destinate :
pel regno di Napoli , pure s'inviò col re- '
sto della sua armata verso Firenze . Mandò
a chiedere il passo ^ e di aver di che vi-
vere per quel dominio; e intanto, senza
aspettarne risposta , e tenendo a bada gli
ambasciatori de' Fiorentini^ valicò l'Apen-
nino , e andò a postarsi a Barberino. Tro-
vavasi allora Firenze in poco buono stato,
sprovveduta d' armati, con interna disu-
nione, e con popolo dominante, pieno di
gelosia per sospetto , che i nobili fossero. ^
autori di questa mossa affin di mutare lo
stato, e far ripatriare Pietro de' Medici .
Il peggio era, che il re di Francia si di-?
chiarava malcontento d' essi per crediti di \
danari, che preteodea da loro: cose tutte,
che animavano- il Valentino a pescare in
quel torbido. Però inoltratosi cinque miglia
lungi da Firenze , niandò a chiedere , che
si facesse altro governo in quella città, e
che vi fosse rimesso infatti Pier de' Medi-
ci : .benché i più credono ciò da lui pro-
posto con secondi fini , e non con intenzio--
ne di aiutarlo davvero. Fu dunque concor-
dato , che fosse lega tra i Fiorentini e
lui ; che niun soccorso venisse da essi a
Piombino, dov' egli intendeva di andare a
mettere il campo ; e per tre anni fossQ
con-
Anno MDI. 151
condotto da quella repubblica con salario
di trqntaseimila ducati d"* oro Tanno obbli-
gandosi di mantenere trecento uomini di
anni al servigio d' essa , ma senza dover
egli servire colla persona. Fu questo tutto
il suo guadagno , giacché non vide disposi-
zione alcuna di alterar quello Stato , né
avea gente da far paura ad una sì riguar-
dcvol città ^ benché guernita allora quasi
non d'altro , che di contadini fatti vanire
dal Casentino e da IVIugello. Intanto non
pochi saccheggi commetteano le sue genti
nel contado , ed egli chiedea un^ prestanza
di danaro e di artiglierie , non trovando
via per uscire di que' contorni : iìnchè ve-
nutigli ordini efficaci del re di Francia di
desistere da quella molesta danza^ passò in
quel di Piombino, e preso ivi qualche luo-
go, se ne andò poscia a Roma, per iri pi-
gliar quelle risoluzioni, che occorressero
neir impresa di Napoli , già determinata
da Lodovico re di Francia .
Non mancano mai ragioni o pretesti a chi
ha sete di nuovi acquisti*, e forze per effet-
tuare i suoi disegni. Nel re Lodovico si fa-
ceano trasferiti tutti gli anrtichi diritti
della casa <l'Angiò; e i recenti di Carlo
Vili predecessore , già padrone di Napoli ; il
perchè siccome pripcipe magnanimo , e già
grande in Italia per l'acquisto del ducato
di Milano e della signoria di Genova , si
accinse in quest'anno alJ^ conquista anco-
la di Napoli. A tale effetto avea prese le
K 4 &ue
i52 Annali b'ItALi A \
sue misure, cioè guadagnato papa Alessatv \
dro coli' assistenza data al duca Valetitino, \
e con altri mezzi. Adormentò parimente \
Massimiliano I re de' Romani , con fargli 1
sperare Claudia , unica sua figliuola per is» i
posa di Carlo duca di Lucemburgo di lui j
nipote, che fu poi Carlo V; amendue di te- ^
nera età , e collo sborso di non so quale ^
quantità di danaro : con che ottenne una :
tregua di molti mesi . Era Federigo re di i
Napoli ben consapevole della voglia de' \
Francesi d'invadere il regno suo, epperò
avea fatto .ricórso per protezione al me-
desimo re de' Romani ^ con pagarli qua-
rantamila ducati , e prometterne quindi-
cimila il mese, acciocché occorrendo mo-*
vesse guerra allo Stato di Milano, e ne ri-
portò anche la promessa di non venir mai'
ad accordo alcuno^, senza inchiudervi ancor
lui. Ma il buon Massimiliano 5 lasciatosi
abbagliare da' Francesi , tutto dimenticò ,
senza ncppur avvertire, che crollo potesse^
avvenire alle ragioni dell'impero dal la-J
sciare cotanta, ingrandire in Italia un re di|
Francia . Le maggiori speranze adunque di
esso re Ferdinando erano intanto riposte
nell'aiuto di Ferdinando il Cattolico re di
Aragona , il quale , per esser padrone della
Sicilia, facilmente potea^ e come strett ^
parente^ si credea , che volesse prestargli)!
soccorso in così brutto frangente . Ma lei
parentele fra i principi son tele di ragno ,^
€ cedono troppo facilmente al proprio in*^
te- j
Anno MDT. 155
te che è il primo e potente lor consi-
gliere . Di belle parole dunque e di pro-
messe n' ebbe , quante ne volle , il re Fede*
rigo : diversi poi furono i fatti . Imperoc-
ché il re di Francia, conoscendo quale osta-
colo potesse venire dall' Aragonese alle sue
idee^ segretamente entrò seco in un trat-
tato, e fu conchiuso, che amendue faces-
sero r impresa di Napoli j e al re di Fran-
cia toccasse Napoli con terra di Lavoro^ e
coirAbbruzzo ; e al re cattolico le provin-
cie di Puglia e di Calabria . Il Summonte
ed altri prendono qui a giustificar V azione
del re Ferdinando , allegando conae giusta
la di lui pretensione sul regno di Napoli,
acquistato colle forze nell'Aragona dal re
Alfonso y quasiché non fosse stato lecito ad
esso Alfonso di lasciarlo a Ferdinando suo
figliuolo^ benché bastardo. Altri all'incontro
il condannarono d' insaziabilità , di tradi-
mento e d'ingiustizia, perchè i discendenti
del re Alfonso godeàno quel regno coli' in-
vestitura della santa Sede, e il re cattolico
dava ad intendere di fare armamento in
Sicilia , tutto in difesa del re Federigo ;
quando unicamente tendeva alla di lui ro-
vioa , e ad appagare la propria cupidità .
Pertanto si mossero i Francesi dalla Lom*
bardia , condotti parte dal duca di Ne-
mours, e dal signore d'Aubigny per terra
alla volta della Toscana , mentre un"* altra
•vmata per mare si mosse da Genova. Fe-
c allora Federigo re di Napoli istanza a
Con-
154 Annali d* Italia
Consalvo, generale del re cattolico in Sici*;
iia di unir seco le sue forze, e di venir a
Gaetav, con andar egli st<^sso intanto a san,
Germano , per contrastare il passo ai Fran-^
cesi. Mostrossi Consalvo simulatamente pron-
to , e richiesto ed ottenuto il possesso di
alcune terre in Calabria col pretesto di di-
fenderle ^ cominciò in esse ad esercitare la
signoria di parte della division fatta coi
Francesi. Giunti in questo mentre a Roma
i Francesi si svelò il loro trattato col re
cattolico , e ne fu chiesta V approvazione al
papa, palliando la loro lega e dimanda ,
per essere più vicine queste due potenze a
soccorrere la cristianità contro al Turco ,
anzi vantando di vgler portare nell' Asia
la guerra. Impetrarono quanto vollero, an-
zi lo stesso papa con loro sicollegò. A ta-
li avvisi il re Federigo, tuttavia deluso da
Consalvo che mostrava di noh credere l"* ac-
cordo del suo sovrano con i Francesi , man-
dò il nerbo maggiore delle sue genti alla
difesa di Capoa^ a cui da lì a non molto
i Francesi misero V assedio , e diedero anche
un fiero assalto^ ma con loro danno. Den-
tro v' era Fabrizio Colonna , Ugo di Gar-
dena , con altri capitani, i quali conoscen-
do* di poter poco lungamente resistere ,
massimamente perchè il popolo s'era mosso
a sedizione, cominciarono a trattar d' ac-
cordo. Ma ossia, che intanto si rallentas-
se la guardia della città, o che qualche p
traditore giudicando, di farsi benevoli gli ||
HANNO MDI, 155 ^
sediantL, gì' invitasse a salir per le mu-
■ ^ 1; certo è^ che nel dì 24 di luglio en-
IMLrono i Francesi furibondi per un ba-
r^Rone nella misera città^ e le diedero il
sacco colla strage, chi dice fin di ottomi-
la persone^ e chi di sole tremila. Il Buo-
naccorsi, forse più veritiero degli altri^ par-
la solo di duemila. Non si può leggere sen-
za orrore la crudeltà usata dai vincitori
che non contenti y in tal congiuntura , dell'
avere de' cittadini e de' sacri arredi delle
chiese, sfogarono la lor libidine sopra le
donne d'ogni condizione, senza neppur ri-
sparmiare le consecrate a Dio, con essersi tro^
vate alcune che per non soggiacere alla lor
violenza, si precipitarono nel fiume e ne'
pozzi. Non poche d'esse furono condotte
prigioni, e vendute poscia in Pioma • Il duca
Valentino , che co' Framcesi si trovava a quel-
la impresa , fattane una scelta di quaranta
delle più belle , le ritenne per sèj, per non
essere da meno de* Turchi .
La disavventura di Gapoa tal terrore mi-
se nelle altre città del regno, che quasi
niuna si attentò di far da li innanzi resi-
stenza, ed ognuna mandòle chiavi incontro
all'esercito vittorioso , Il re Federigo, scor-
gendo già il popolo di Napoli tumultuante,
e disposto a ricevere un nuovo principe ,
si ritirò in Castel-nuovo. Laonde la città
inviò subito a trattare la resa che fu zz-
cet-
' Bi'.onacccrsi > Giovio^ Guicciardini* Sardi.
156 ANMALlD^ItAllA
tettata a mani baciate , con obbligar non-* i
dimeno i Napoletani allo sborso di sessan- ]
tamila ducati d'oro. Non mantenne dipoi \
r Aubigny questi patti , perchè da lì a qual- ;
che tempo impose una taglia d'altri cento- ^
mila ducati in pena della ribellion fatta a ]
Carlo Vili che questa bagattella gli dovet- :
te scappar di mente , quando fece la con- j
venzioii suddetta . Non passarono molti ;
giorni^ che T infelice re Federigo capitolò \
colTAubigny di consegnarli tutte le fortez- \
ze che si teoeano per lui , con riserbarsi |
solamente per sei mesi V isola d' Ischia ^ e I
di poter non solo portar seco ogni suoave-v
re, a riserva delle artiglierie, ma anche
andarsene liberamente ovunque a lui fosse
in grado . Tanto era 1' odio , eh' egli avea
conceputo contra del re cattolico pel tra-
dimento e per V oppressione a lui fatta y
che elesse piuttosto di passare in Francia ,■
e di rinaettersi alla conosciuta generosità!
di quel re, che di fidarsi mai più di chi 1
egli avea sperimentato troppo infedele . Im^ |
petrato dunque un salvocondotto^ e lascia-^^
ti andare al servigio di Consalvo, Prospe-j
ro e Fahrìtìó Colonnesi^ che egli avea ris-j
cattati: con cinque galee sottili fu condot-j
to in Francia, dove sulle prime freddamene j
to accolto dal re Lodovico^ poscia fu prov-^
veduto della ducea d'Angiò con rendita di <
trentamilla ducati ^ dove poi nel dì 9 dij
settembre 1504 diede fine al suo vivere /j
Non istette in questo mentre punto in ozioi
Anno MDf. 157
Consalvo Fernanàez^ chiamato il gran-Ca^
filano y perciocché s' impackonì di tutte
quante le terre destinate al re cattolico
suo signore in Puglia e Calabria . La sola
città di Taranto fece una gagliarda difesa.
Colà sul primo aTviciaamento delle armi
nemiche avea il re Federigo inviato, come
in luogo di ricovero , don Ferrante suo
primogenito , duca di Calabria , appellato
da alcuni con errore don Alfonso fidandolo
a don Giovanni di Ghevara Conte di Po-
tenza; e fattogli poi sapere, che in caso
di disgrazie andasse a trovarlo in Francia .
Perduta infine la speranza di soccorso ,
convennero i rettori di Taranto di dar
quella forte città a Consalvo, facendolo pri-
ma giurare sull'Ostia consecrata di lascia-
re in libertà il giovinetto duca di Cala-
bria . Ma Consalvo , in cui prevaleva più 1'
interesse del re Ferdinando , che il timor di
Dio, ritenne il duca non senza grande in-
famia del nome suo , e col tempo V inviò
in Ispagna , dove come in una libera ed
Dnorata prigione , dopo aver avuto due mo-
gli ( che, perchè sterili gli furono date ,
niuna prole lasciarono di se ) diede fine al
suo vivere nel 1550. Alfonso secondogenito
del re Federigo , passato col padre in Fran-
cia , terminò i suoi giorni in Grenoble nel
1515 con sospetto di veleno. E Cesare ter-
zogenito, ritiratosi a Ferrara , quivi anche
egli in età d'anni diciotto cessò di vive-
re.
Di
ts^ Annali d'Italia
Di tempo sì favorevole si servì anco*
ta il pontefice Alessandro per abbatte*»
Te le nobili case de' Colonnesi e Saveìli ,
che s'erano dichiariti in favore di Federi-
go re di Napoli. Fulminate prima contra
d' essi tutte le pene spirituali e temporali,
mosse guerra alle lor terre , e portatosi in
persona all'assedio diSermoneta, commise,
come ha Giovanni Burcardo nel suo Dia-
rio 'j tutta la camera sua^ e tutto ìt pa-
lagio ,• e i negozj occorrenti y a donna Lu--
crezia Borgia sua figliuola , la quale net
tempo di tale assenza abitò le camere del
papa é E diedele autorità d' aprire le lette»
re sue; e se occorresse alcuna cosa ardua ^
avesse il consiglio de^ cardinali di Lisho*
na e d^ altri ^ ch'ella potesse perciò chiama''
re a se * Questa maniera di governo se fa-
cesse onore al papa , poco ci vuole per co*
noscerlo . Vennero all'ubbidienza sua tutte?
le terre di que' baroni : per le quali vanei
vittorie insuperbito , e insieme dimentica!
dell'uffizio apostolico, e delle minacce di;
morte a lui fatte dal Cielo nell' anno pre-i
cedente , lasciò la briglia ad ogni sfrenata \
licenza. Continuò parimente il duca Vaien- |
tino la guerra contro di Piombino, ed aved- 1
do spedito colà Viteliozzo e Gian-Paola >
Baglione con nuove genti , questo bastò ad ì
intimidire sì fattamente /acoi^o d'Appiano fi
si-_ J
• Raynaldm Ann ah U*cU
^_ Anno MDI. 159
Signore di quella terra , che lascialo i?i
buon presidio, se ne ritirò per andare la
Francia ad implorare gli effetti della pro-
tezione di quel re , già a lui accordata .
Ma aadò indarno, perchè al re maggior-
mente premeva di soddisfare alle premure
del papa , da cui molto potea sperare > e
molto ancora temere. In questo mezzo per
opera di Pandolfo Petrucci da Siena s' ar*
rendè quella terra , e posda la fortezza al
suddetto duca. Diede fine al Corso di sua
vita neir anno presente Agostino Barharigo
^oge di Venezia , e a lui succedette a di
3 d'ottobre Leonardo Loredano. TroVavasi
allora k veneta repubblica in non pochi
affanni per la guerra col Turco, il quale
ogni dì più insolentiva , e non nieno in
Grecia , che in Ungheria semprepiu s' in-
grandiva alle spese de' Cristiani . Erasi ben
fatta lega fra essa repubblica^, il papa , i
te di Francia , Aragona ed Inghilterra , e
con altri sovrani contro quel comune ne-
mico • ma attendendo ognun d' essi a^ pro-
pi'j comodi , e vantaggi , e nulla avendo
operato una bella flotta di Portoghesi , che
venne apposta ne' mari di Levante : conven-
ne a' Veneziani di sostener soli tutto il
peso della difesa delle lor terre e dell'Ita-
lia . Né si dee tacere , che trovandosi in
Pavia la nobile biblioteca dei duchi di Mi-
lano, ricca di antichi e preziosi manuscrit-
ti , circa questi tempi per órdine del re
Lodovico fu trasportata a Bles in Francia.
Di
i$o Annali d' Italia
Di questo spoglio, e d' altri di antiche scrit-
ture ^ indarno si lagnò la povera Lom-
bardia.
Anno di Cristo 1502, Ind. v.
di Alessandro VI, papa 11.
di Massimiliano!, re de'Rom. io
a
uanto più andava crescendo in potenza
ii duca Valentino , tanto più. s' aumentava
in lui la brama di nuovi acquisti , seconda-
to in ciò dal papa suo padre, che nulla
più meditava e sospirava, che di formare
in lui un gran principe in Italia. Nonavea
esso pontefice meno amore e premura per
r ingrandimento dì Lucrezia sua figlia; ep-
però con forti maneggi fatti alla corte del
re Cristianesimo fin i' anno precedente e
col mezzo specialmente del cardinal di
Roano ch'era per concessione d'esso Ales-
sandro, come un secondo papa in Francia,
avea indotto quel re a proporre , e a far
seguire l" accasamento della stessa Lucrezia
con don Alfonso d* Este ^ primogenito di
Ercole I duca di Ferrara. Tante batterie
furono adoperate per questo affare, con far
soprattutto i mediarori conoscere , che que-
sto parentado portava seco V assicurarsi
dall'ambizione e dalle armi del duca Valen-
tino ( seppure , come dice il Guicciardino ,
contro tanta perfidia era bastante sicurtà
alcuna } che gli Estensi condiscesero a tali
nozze. Portò ella in dote centomila duca-
ti
Anno MDII. jGi
fi d'oro contanti, immense gioie e suppel-
lettili, colla giunta ancora delle terre di
Cento e della Pieve , cedute al duca di
Ferrara, oltre ad altri vantaggi della casa
4'Este . Gran solennità si fecero per questo
in Roma e Ferrara, nella qual città entrò
essa principessa nei dì 2 di febbraio . Quan-
to al duca Valentino , amoreggiava egli for-
te il ducato d' Urbino ; ma essendo il duca
Guidubaldo ubbidientissimo in tutto al pa-
pa , e per le sue belle doti quasi adorato
da' suoi popoli, né pretesto si trovava, né
facilità appariva di poterlo spogliare di
quegli Stati . Si rivolse dunque V iniquo
Borgia ai tradimenti ^ . Portatesi a Nocera
con poderoso esercito , e fingendo di voler
assalire lo Stato di Camerino , fece richie-
sta d'artiglierie e di genti d'armi al duca
d' Urbino . Tutto gli fu dato , perchè trop-
po pericoloso si considerò il negarlo. Ciò
fatto , con tutta celerità s' impadronì di
Cagli, e continuò la marcia alla volta di
Urbino, dove il disarmato duca Guidubal-
do , eoa Francesco Maria della Rovere , suo
Tiipote , ad altro non pensò, che a salvare
la vita , abbandonato tutto . Se ne fuggi
egli travestito, e benché insseguito, ebbe
la fortuna di potersi infine ritirare a Man-
tova , dove poco prima era giunta la du-
chessa Isabella sua moglie;, sorella ài Fran-
ToMo XXII. L ce-
Raphael roUterranur . Guicciardino . Buonacorrt , i^em-
ho , ed nitri .
I
iGz Annali d'It-alia
Cesco II marchese d' essa Mantova , la qua-
le dopo avere accompagnato a Ferrara Lu*
crezìa Borgia ^ colà s' era portata per visi-
tare il fratello . Con queste arti fec« acqui-
sto il duca Valentino di quattro città , e
di trecento castella , componenti quel du-
cato .
Gran rumore per tutta Italia fece una
azione sì proditoria , niuno tenendosi più ''
sicuro dalle insidie di costui , il quale ito
poscia contra di Camerino , mentre andava
trattando d'accordo con Giulio da Varano^
signore di quella città, ebbe con inganni
maniera di entrare in essa città . Imprigio-
nato Giulio con due suoi figliuoli, da lì a
non molto lo spietato Valentino con farli f
strozzare , se ne sbrigò . Fu ancora da' Fio- l
rentini creduto, che lo stesso Borgia e il ì
papa avessero mano nelle rivoluzioni che |
accaddero nel presente ^nno in Toscana ; ]
dappoiché il re di Francia non avea ac- j
consentito , che Io stesso Borgia divenisse j
signor di Pisa. Vogliosi sempre essi Fio- ■
rentini di ricuperar quella città 5 altro mez- ^
zo più non conosceano, che di vincerla coU ]
la fame. Però venuta la primavera, anda-**
rono a dare il guasto alle biade del terri- j
torio di quella città , e quindi posero il ì
campo a Vico-Pisano , tolto loro poco in- ]
nanzi per tradimento d'alcuni soldati. Ma]
eccoti muoversi a ribellione il popolo di ■
Arezzo, che tenea segreta corrispondenza ;
con Vitellozzo Vitelli ^ signore di città Aii
Ca- ^
^^^ Anno MDiL 1^5
sfaHS, il quale non tardò\acl accorre-^
colà 5 e ad imprendere 1^ assedio del-
la cittadella . Ed ancor questa , perchè
non venne mai sufficiente aiuto da' Fioren-
tini , costretta fu ad arrendersi , dopo di
^Ke fu smantellata. Con Vitellozzo erano
congiunti Gian-Paola BagUone ^ principa-
le d'irettore della città di Perugia , Fabio
Orsino f il cardinale^ e Pietro de' Medici
fuoruscitti di Firenze ^ e Pundolfo Petrnc-
ci che era come signor di Siena . Impadro-
rironsi costoro dopo .Arezzo anche di Ca-
stiglione aretino , della città di Cortona >
d' Anghiari , di borgo san Sepolcro , e di
altri luoghi. Sarebbe andata più innanzi
questa tempesta, se i Fiorentini non aves-
sero fatto ricorso al re di Francia , li/appre-
sentandogli come procedenli dall' avidità
del papa e di suo figlio sì fatte novità , e
facendogli costare il pericolo , che sopvasta-
va anche agli Stati del medesimo re in Ita-
lia , se si lasciava andar troppo innanzi
r ingrandimento del Borgia. Per questo, e
insieme pel danaro^ la cui virtù suole aver
tanta efficacia , il re Lodovico XII non so-
lamente fece comandare al Valentino , e
agli altri suoi aderenti, che desistessero
dalle offese de' Fiorentini , ma anche spedì
alcune compagnie di genti d'armi iu To-
scana, l'aspetto delle quali fece ritornar
in breve Arezzo e lealtre terre perdute alla
ubbidienza di Firenze .
Furono cagione questi .movimenti , e gli
L a jm-
1^4 Annali !>-* Italia I
imbrogli del regno di Napoli ^ de'' quali |
parleremo fra poco, che il re Lodovico tor- |
nasse in Italia , portando seco non lieve 1
sdegno contra del papa, e del duca Valen- 1
tino. Concorsero ad Asti e a Milano varj |
principi e signori d"* Italia; e siccome tut-.. 'j
ti erano in sospetto di ulteriori disegni di |
esso Borgia , così aggiunsero legna al fuo- |
co. Già si aspettava ognun di mirar le ar*
mi del re volte alla depressione del Valen-
tino . Ma così ben seppe maneggiarsi il pa-
pa, che mitigato P animo del re, questi ad
altro non attese dipoi, che a far guerra in
regno di Napoli , restando deluse le spe-
ranze di tutti ipotentati. Era qaesta guer-
ra insorta fin Y anno precedente , perchè
appena furono entrati in possesso Francesi |
e Spagnuoli della porzione lor destinata , j
che si venne a contesa fra loro per li con- ]
fini. Consalvo tacque, finché si fu impadro- ]
nito di Taranto ; ma poi sfoderate le pre- \
tensioni del re Cattolico, cacciò improvvi- \
samente dalla Tripalda e da altri luoghi i ■
prcsidj francesi , e si appropriò la Basili- j
cata . Perchè s'era per le malattie estenua-
ta di molto Tarmata francese^ il duca di \
Nemours viceré giudicò meglio di trattar *^
eolle buone , e di stabilire una tregua col ^
gran-capitano sino all'* agosto dell' anno j
presente^ contentandosi j, che- prò interim "]
si dividesse fra loro la dogana di Foggia,
e il Capitanato, e si ritirassero i Francesi j
4^1 principato. Ma cresciute dipoi le forze ì
del 1
A N 15 o MDII. iG§
èt\ viceré per le genti inviategli dal vtì
Lodovico, nel mese di giugno diede i'Au*
bigny principio alle ostilità manifeste contro
gli Spagnuoli * E dopo avere occupato tutto
il Capitanato^^ si accampò aCanosa, e Teb-
he infine a patti. Inferiore in possanza tro^
vandosi, allora Consalvo, si ritirò a Barlet-
ta, restando ivi sprovveduto di vettovaglie e
danari * Se avessero saputo i Francesi profittar
di questa sua debolezza, forse sbrigavano
le lor faccende in quel regno. Attesero essi
a insignorirsi della maggior parte della
Puglia e Calabria ; presero Cosenza , e le
diedero il sacco; venuto colà soccorso dal-
la Sicilia j lo misero in rotta . Tale pros-
perità delle armi rendè poi negligente il
re di Francia a sostener con vigore la sua
fortuna nel regno di Napoli , e ad altro
non pensò sennon a tornarsene di là dai
monti *
Era ito travestito^ e con pochi cavalli
per la posta il duca Valentino ad inchina-
re esso re a Milano; e siccome gli stava
bene la lingua in bocca , tanto seppe dire
per dar buon colore alle malvagie sue azio-
ni passate , e tanto commendò la svisc^ ra-
tezza del papa verso la corona di Francia ,
che riguadagnò V affetto e la protezione
del re : lo che recò non poco spavento a
Vitellozzo, al Baglione, a Giovanni Benti-
voglio, a Pandolfo Petrucci , ad OllVerotto
da Fermo che s'era, con uccidere Giovanni
8U0 zio 5 fatto signore di quella città , e a
' , L 3 , Pao-
jSG Annali d'Italia ^
Pàolo Orsino. Ne tardò molto il Valentino ^
a richiedere colle minacce. la signoria di l
Bologna. Il perchè scorgendo ognun di essi {
di trov^arsi giornalmete esposti alle insidie \
e all'ambizione del duca Valentino, fece- l
ro lega insieme contra di lui. Kichiamaro- ì
r)o da Venezia Guidubaldo duca d'Urbino, ■
e dall' Aquila Giovanni da Varano , figlio ^t
dell'* estinto signore di Camerino, con ricu- |
perar dipoi quasi tutte quelle contrade : lo 5
che frastornò le idee del Borgia sopra Bo- ]
logna . Ma inteso, avere avuto ordine lo,]
Sciomonte , generale del re Lodovico , di •
assistere ad esso duca Valentino , e che '
aveano da calare tremila Svrizzeri assoldati i
da esso Borgia: cadaun di que' collegati J
scorato cominciò a pensare alle cose prò- ]
prie , e a trattar separatamente di concor- ]
dia con chi pur sapeano nulla aver più a ]
cuore ^ che la loro rovina • Non si può es- .
primere , quante dolci parole, quante belle l
promesse usasse verso ognun di essi il per- \
fido duca . A questo amo si lasciarono pren- ^
dere tutti , e segai accordo con lui^ appro- ^
vate dal papa. Perchè Bologna era osso du- J
ro , contentossi' il Valentino di far lega con 1
Giovanni Bentivoglio^ e col reggimento di |
quella città, la quale con nuovo accordo |
( seppur furono quegli accordi ) si obbligò |
di pagarli per otto anni dodicimila ducati ^
d' oro r anno , a titolo di condotta di ceìi- "\
to uomini d' armi , e di fornirlo per nn
anno di cento altri uomini d^'armi, e di
- * du^
Anno MDIT. 167
Jugento balestrieri a cavallo. Paolo Orsino,
il duca di Gravina, Vitellozzo ed Olive-
rotto, incantati dalle lusinghe e carezze
del Borgia , tornarono agli stipendj di lui .
Dopo di che colle lor forze costrinsero il
duca Guidubaldo e il Varano impauriti ad
abbandonar di nuovo i loro Stati di Urbi-
no e Camerino , che tornarono in potere
del Borgia ^. Per ordine di lui andarono
poscia questi condottieri a iliettere il cam-
po a Sinigaglia , città di Francesco Maria
della Rovere prefetto di Roma , e la for-
zaif^ono alla resa. Per li quali servigi si as-
pettavano forse qualche gran ricompensa
dal Valentino, ma l'ottentiero ben diversa
dalla loro immaginazione. Imperocché ve-
nuto costui a quella città , da cui prima
avea ordinato, che uscisero le loro genti ,
e chiamati a parlamento i suddetti Paolo
Orsino , il duca di Gravina , Vitellozzo ,
Oliverotto ^ Lodovico da Todi ^ ed altri fece
lor mettere le mani addosso ; e nel giorno
seguente, ultimo dell^anno presente (il Sar-
di scrive, che fu nel primo dell'anno ap-
presso ) furono strangolati in una camera
esso Vitellozzo eOliverotto. Uscito in que-
sto mentre il Valentino per la rocca colle
sue milizie, piombò airimprovvisso addos-
so a quelle degl' imprigionati signori, e
tolse loro armi e cavalli . Ne restarono as-
L 4 sai
' Cuicciardino. Sardi. Paulus de Clerici s Curmelita in
Anna!. MSS. Raphael f'oiatsrranus , Cr a/ii.
i68 Annali d'Italia
sai morti, e più feriti, e il resto si sban-
dò . Pandolfo Petrucci che non era entrato
in gabbia j ebbe la fortuna di salvarsi. Al-
la misera Sinigaglia fu dato il sacco. Con
queste sccleraggini compiè il desestabil Va-
lentino l'anno presente, non senza orrore
e terrore dell' Italia tutta . Or vatti a fidar
di tiranni.
Anno di Cristo 1503, Indiz. vi.
di Pio III , papa i.
di Giulio II , papa i.
di Massimiliano re de' Rom. 11-
rvicco di novità gravissime fu l'anno pre-
sente, e noH mt:no di tradimenti che erano
alla moda inq.csti tempi. Non sì tosto eb-
be il duca Valentino oppressi in Sinigaglia
i due Orsini cogli altri condottieri , che
ne spedi T avviso a papa Alessandro. Ave-
va questi fatta dianzi una solenne, ma ca-
nina pace con tutti gli Orsini 5 ed inteso
poi , come felicemente fossero riuscite le
insidie tese a que' condottieri d' armi , te-
nendo in petto Gotal notizia , sotto colore
d' alcune faccende ;, chiamò a palazzo il
cardinale Giambattista Orsino , ed appena |
giunto , il fece far prigione , 6 metterlo |
nella torre Borgia ^ . Nello stesso tempo ^
per ordine suo furono presi Rinaldo Orsi- ]
no {
* Sahellicus . Raphael Volaterranus . Bembus . Guìcciurdi' ì]
no , ed altri . \
Anno MDIIL x6^
!;covo di Firenze , il protonotaio
'sino y ed altri di quella nobii casa. Avu-
ti poi i segnali delle fortezze e terre dei
^«desimi , mandò a prendere il possesso .
■Krò la prigionia dell'infelice tradito car-
dinale sino al febbraio 3 in cui la morte il
liberò non solo da essa, ma da t^tti i guai
dfl mondo ; e voce comune fu , clie il ve-
leno gli avesse abbreviata la vita , benché
il papa facesse portarlo scoperto alla sepol-
tura , per farlo credere morto di naturale
infermità. Così il duca Valentino, andan-
do ben d'accordo con lui, dacché intese
la cattura di esso cardinale, trovandosi a
Castel della, Pieve, si sbrigò col laccio di
Paolo Orsino., e di Francesco duca òì Gra-
vina della medesima famiglia , il qual ul-
timo nondimeno altri fanno morto prima .
Erasi il Valentino senza perdere tempo por-
tato a città di Castello, e trovato, che ne
erano fuggiti tutti quei della casa Vitelli ,
se ne impadronì. Altrettanto fece di Peru-
gia , dacché Gian-Paolo de" BagUoni , il
quale più accorto degli altri s'aera guarda-
to dalla trappola di Sinigaglia , noi volle
aspettare nella patria sua . Quindi sempre-
pìù avido il Borgia si avvisò di tentare la
città di Siena , facendo sapere a quel po-
polo, che cacdassero Pandolfo Petruccl ,
come nemico suo ; e senza aspettare rispo-
sta , s'inoltrò a Sartiano e a Buonconven-
to^ occupando que' luoghi con altre castel-
la. Il bello era, che nel medesimo tempo
tan-
110 Annali d' Italia
tanto egli, che il papa scrivevano al Pctruc-
ci delle lettere le più dolci e piene d' affé- ^
zione^ che mai si leggessero . Gran bisbi-
glio e timore insorse per questo in Siena ; [
ma Pandolfo per bene del pubblico suo ri- ;
tiratosi a Pisa , tentò di levare al Valen- l
tino i pretesti di passare a maggiori insul- j
ti . Né questi varamente osò di più y tra \
perchè Siena città forte e di gran popola- ]
zione^ si faceva assai rispettare, e perchè j
essendo accorso Gian-Giordano Orsino duca \
di Bracciano con gli altri di sua casa; set- ^
tratti alla perfidia Borgia ;, è coi Savelli ,
a difendere il resto delle lor terre , il poiD- ||
tefice richiamò il figlio colle sue truppe a
Koma . Andò il Valentino , mosse guerra a
que' baroni , senza riguardo sulle prime ad
esso duca di Bracciano, ch'era sotto la
protezione del re di Francia, e senza ris-
petto al conte dlPitigUano^ une era a' ser-
vigi della repubblica di Venezia. A riser- i
va di Bracciano e di Vicovaro , prese tut-
to . Ma fattosi udire per tanti acquisti e
tradimenti il risentimento del re Cristia-
nis^imo , si mise in trattato quella penden- \
zi fra il papa e i ministri del re , i quali
^er altre cagioni erano insospetti, anzidis-j
gustali forte del medesimo pontefice , sic- ì
come consapewioli del proverbio che allora {
correva. Cioè, c7ie il papa non faceva mai |
fanello che diceva; e il Valentino non di- |
ceva mai quello che faceva . ' |
Ancorché il papa per suoi fini politici |
^4
Anno MDIII. 171
nziàsse allora gran parte delle sue gen-
^ pure il duca Valentino segretamente
nohe ne raccoglieva, gravido sempre di
É grandiose idee. Dava di grandi sos-
i a' Sanesi eFiorentini, aspirava al do-
io di Pisa. Cercava anche il papa di
tirare i cardinali a consentire , che si des-
se al figlio il titolo di re delia Romagna ,
Marca ed Umbria. E giacché era a lui riu-
scito di abbattere Colonnesi ,— Ofsini c'a-
velli, principali baroni di Roma, stavano
gli altri minori in continuo sospetto e ti-
more dell' infedeltà ed ambizione della re-
gnante casa^Borgia , in guisa che molti an-
cora per loro meglio si assentarono; quan-
do la morte che sovente sconcerta , o con-
certa le cose de' mortali , venne a fare im-
pensatamente scena nuova . Cadde malato
papa Alessandro^ e nel di 18 di agosto fu
chiamato da Dio a rendere conto della vi-
ta tanto scandalosa , da lui menata non
men prima, che durante il pontificato suo.
Talmente divulgata e radicata si è la vo-
ce, ch'egli morisse avvelenato, che non sì
facilmente si potrà svellere dalla mente di
chi specialmente inclina in tutti gli avve-
nimenti alla malizia. Così parlano il Guic-
Giardino^, il Volaterrano, il Giovio, il Bem-
bo, per tacere di tant' altri. Dicono, che
in una cena preparata per cagione de' cal-
di eccessivi in una vigna j, essendo appron-
tati alcuni fiaschi di vino con veleno , per
iscacciat dal mondo Adriano cardinale di
Cor-
i^z Awnalid'Itaiia
Cornt'to ( esecranda iniquità, esercitata già :
verso altri porporati ricchissimi , per in- \
goiar le loro facoltà, e molto più sopra j
i nemici , per vendicarsi ) cambiati inav-
vertentcmente essi fiaschi, toccasse il ma-
lefico beveraggio al papa stesso. Diede mag-
gior fomento a questa fama, Tessere so- j
praggiunta nel tempo stesso a due altri i
di que' commensali, cioè ai duca Valentino^
e al sopraddetto cardinal di Corneto^ una;
mortale infermità che essi poi superarono'
con potenti rimedj , e col vigore dell' età
lor giovanile ; ma non già il papa , a cui:
r.el medesimo tempo fecero guerra settanta- 1
due anni di sua età, avvegnaché egli per |
3a sua robustezza senile si prométtesse mol-|
to più lunga carriera di vita. Ma quel chei
finì di persuadere alla gente , che il veleno J
avesse liberata la Chiesa di Dio da questori
maV arnese , fu , che il corpo suo , esposto i
alla vista d'ognuno , comparve gonfio , trop- ]
pò sfigurato e puzzolente : lo che fu attri- -
buito all'attività del micidiale ingrediente . ^
Ora qui convien distinguere due punti , j
malamente confusi dal giudizio del volgo , i
Il primo è , che veramente dovette succe- |
dere quella cena , e che in essa per mali- 1
zia del Valentino restò avvelenato il car- !
dinal di Corneto, e per balordaggine dello!
scalco anche il duca Valentino . Non si :
può mettere in dubbio l' infermità delTunai
e dell'altro, né si dee dare una mentita al]
Giovio , il quale nella Vita di Consalvo^
seri- l
ì
Anno MDIIT. 173
scrive 'd'aver saputo dalla bocca del mede-
simo cardinal di Corneto , come egli restò
allor avvelenato con incendio inesplicabile
interno , e con aver poi perduta tutta la pel-
le . Ma per conto del papa , o egli non
intervenne a quella cena , o seppur vi fu ,
•a lui non toccò di quella mortifera bevan-
da . Secondo il Volateranno ^ la diceria del
veleno dato anche al pontefice si sparse
incerto auciore . Odorko Rinaldi * produce
un Diario romano manuscritto , da cui ap-
parisce, che papa Alessandro nel dì 12 di
agosto fu preso da febbre; che nel, di 15
(T agosto gli furono cavate tredici once di
sangue , o circa ^ e sopravvenne la febbre
terzana. Nel dì 17 prese medicina . Nel di
18 passò all'altra vita, probabilmente per
una di quelle terzane perniciose , che anche
a' dì nostri o nella quinta, o nella settima
portano via gl'infermi, se ad esse non si
taglia il corso colla china cliina, Fuso del-
la quale in quel secolo era ignoto all' Eu-
ropa . Aggiungasi quanto lasciò scritto Ales-
sandro Sardi , contemporaneo del Guicciar-
dino e delGiovio, nella Storia che si con-
serva manuscritta nella libreria estense .
Dopo aver egli accennata la fama del ve-
leno , seguita a dire 3 . jfja Beltrando Co^
stabile che allora era ambasciatore del du-
ca
' ^olaterranus -
* Raynaldtif Ann (ti. E fa»
Sardi Istoria MS,
174 Annali d' I t a l i a
ca Ercole di Ferrara in Roma y q Niccota
Moncane fioreniìno , amico intrinsecQ di^l \
gonfaloniere Soderino ^ con dieci lettere ^ ]
cinque diversi giorni da loro scritte al du-^ \
cay e al cardinale da Este ^ e lètte da nol^ \
viostrancr la mone del papay succeduta in '
otto giorni per febbre terzana j in qiiel \
tempo estivo regnante in Roma : dalla (/itd- ]
le egli il decimo giorno di agosto assalito, y]
ne mitigata per apertura di vena , n.è rij^
frescata per ^ manna presa ^ spiro la sera^
che dicemmo. Poh per la subbuUizione del]
sangue putrf^fatto in que^ giorni restando ili
cadavero annerito 'e gonfio, sorse la fama]
del veleno da chi non conobbe la causa di ;
quegli effetti . Basta ben questo per abbattere i
V insussistente voce , sparsa allora intorni) !
alla morte di questo pontefice * La corteij
di Ferrara 5 dove era una di lui figlia, sii
può credere ^ che fosse molto ben informa^
ta di questi affari .
Non lascia Kafaello Volateranno di rap-
presentare ciò che di lodevole si osserv
in Alessandro VI , il suo ingegno ^ la su;
memoria , V eloquenza in persuadere , h
destrezza in governare , con altre dot
spettanti ad un principe^ ma che soventi
non si ricordava d'essere principe cristia-
no, e quel che è più , pontefice vicario d
Cristo. Certo è^ tanti essere stati i suo
vizj , tante le sue azioni malvage d'impu-
dicizia, d'infedeltà, di crudeltà, d' ambi-
zione ^ delle qtiali parlano tante storie ^ <
che
Anno MDIII. 175
cTie lo stesso Volateranno non dissimulò ,
che il pontificato suo restò e resterà in
Kdeplorabil memoria per tutti i secoli
enire . Kpma perciò era divenuta una
tina iV iniquità ; niuno vi si trovava si-
curo, perchè piena di soldati e sgherri ,
a' quali tutto veniva permesso . Guaii , se
alcuno sparlava : dappertutto erano spie, , e
una menoma parola costava la vita . Quanto
poi patisse la religione ( non già nei dom-
ani , che questi Dio ha preservato sempre ,
e preserverà^ ma nella disciplina ) per tan-
ti scandali, per le indulgenze allora piuc-
chè mai messe all'incanto, e per li bene-
iizj che ^ secondo il Bembo , si vendevano ,
e per altre biasimevoli invenzioni di cavar
danaro affine di far guerre ed ingrandire
riniquissimo suo figlio Cesare Borgia: tut-
ti i buoni lo conobbero allora con doler-
sene indarno, E maggiormente si conóbbe
da lì a qualche anno pel pretesto, che di
là presero le nuove eresie. Nulla io dico
qui , che non dicano tante altre storie ma-»
nuscritte e stampate : e nulla appunto da
me si dice in paragone del tanto , che al-
tri ne scrissero* Fortuna, che in questa mu-
tazione di cose si trovasse gravemente in-
fermo il duca Valentino, perchè non gli
mancavi^no forze , volontà e coraggio , per
tentar cose grandi , ed accrescere od asso-
dare la sua potenza. Non s' era mai aspet-
tato costui un sì strano contrattempo. Con-
tuttociò anche in quello stato ebbe tanta
li-
12^ ANNALtD* Italia
libertà di mente ^ che si assicurò di tutte j
le ricchezze del padre , e chiamò a Roma ■
tutte le sue soldatesche, sperando per tal ■
via di costringere il sacro Collegio a crea- :
re un papa bea affetto a lui, contando egli j
specialmente sopra i tanti cardinali spa- J
gnuoli , creati dal padre suo. E perciocché ^
non sì tosto s' udì la morte del papa , che \
tutti i baroni romani fuggiti , o disgustati \
ripigliarono le armi , tanto per ricuperar le \
lor terre, quanto per vendicarsi del barba- \
ro e disleale duca Valentino, egli si pa- :
ciiÌGÒ coi Golonnesi , restituendo loro le ]
terre occupate ; e cominciò a trattare coi \
ministri di Francia e Spagna, cadaun dei \
quali si studiava di tirarlo dalla sua , sì \
per essere assistito da lui n«lla guerra di ]
Napoli, che per averlo favorevole neirele* i
zione del nuovo papa . Conchiuse egli di-' |
poi 'coi soli Francesi, perchè l'esercito Io- i
ro s'era avvicinato a Roma, ed avea prò- |
messa la protezione del re a lui e agli |
Stati da lui posseduti. Promise anch' egli j
all'incontro di militar colle sue squadre in ;
favore del re per T impresa di Napoli. |
Intanto erano in armi gli Orsini , ed al- |
tri baroni romani. I Vitelli se ne ritorna- j
rono a. città di Castello. A Gian-Paolo Ba^ 1
glione riuscì colla fòrza , e coli' aiuto dei ]
Fiorentini , di rientrare in Perugia. Quei \
di Piombino richiamarono l'antico lor signo- j
re, Jacopo di Appiano. Si mossero ezian-
dio il duca d' Urbino , i signori di Ca- \
me-
I
Anno MDIIL 177
merino^ Pesaro e SinlgagUa., per ricupera-
re i loro Stati. Ora trovandosi Roma in
gran discordia per la commozion de' baro-
ni, per le milizie del duca Valentino ;, che
aveano fatto degF insulti ai cardinali, ed
occupavano il vaticano, ma vieppiù per le
armate francesi e spagnuole , che erano ac-
corse a quelle vicinanze^ tutte in apparen-
za per sostenere la libertà nelT elezione del
novello pontefice: ai maneggi de' cardinali
e andavano tenendo le lor sessioni nella
_j.inerva , riuscì di far uscire di Roma il
Valentino colle sue truppe , e d' indurre
gli eserciti stranieri a fermarsi otto miglia
lungi da quella nobilissima città. Era con
jìomma fretta accorso da Francia Giorgio di
Ambosia cardinale di Roano , tutto voglio-
no della tiara pontificia^ e seco avea con-
dotto il cardinal di Aragona , e il cardi-
nale Ascanio Sforza , cavato due anni pri-
ma dalla prigione, con obbligo di -tratte^
rersi in quella corte. Entrati i cardinali
in numero di trentasette in conclaye , si
videro presto abortite le speranze ambizio-
se del cardinal di Roaqo , e nel dì 22 di
settembre concorsero i voti nella persona
di Francesco Piccolominl sanese , diacono
cardinale , ed arcivescovo eletto della pa-
tria sua, il qual prese il nome di Pio III.
Era egli della famiglia Todeschina , ma pa-
pa Pio II r aveva innestato nella sua ,
perchè figlio di Laodamia sua sorella . Nel
dì primo di ottobre fu egli coronato ; ma
Tomo XXII. M pò-
f^S Annali d'Italia
poco godè egli dell'onore, poco di lui la!
Chiesa di Dio; perciocché nel dì 18 dello
stesso ottobre a cagion di una piaga che
avea nella gamba , dopo soli ventisei gior-
ni di pontificato , passò a iniglior vita ^ in j
età poco più di sessantaquattro anni ; né ì
mancò sospetto di veleno : ciarla familiare 5
nella morte de' principi in que' secoli di ì
tanta ambizione ed iniquità. Gran perdita j
che fu questa per la religione. L'integri- ]
tà della sua vita in tutti gli anni addietro, ;
la sua prudenza e il suo zelo, faceano spe- j
rar dei considerabili vantaggi alla Chiesa ;
di Dio . Infatti appena salito sul trono ■
pontificio , attese a convocar tosto unf con- \
cilio generale per la riforma della discipli- \
na ecclesiastica , ancorché in vigore de'^ca- i
pitoli saggiamente stabiliti nel conclave ac- ;
ciò non fosse tenuto, sennon dopo due an- j
ni : lo che fa conoscere, che neppure allo- 1
ra mancavano in Roma personaggi zelanti.;!
dell'onore di Dio e del ben delia Chiesa . vj
Se questo succedeva, oh quanti mali che i
poi sopravvennero alla religione, si sareb-^,|
bono forse impediti ! Abborriva ancora |
la guerra, e non meditava, sennon consi- i
gli di pace. Però mancò di vita con dis- I
piacere di tutti i buoni. Ne' pochi giorni^!
del suo pontificato passò a Roma daNepi,^|
ove s'era ritirato, il duca Valentino, per j
congratularsi col papa, e per acconciar se- |
co i suoi interessi , impetrato prima un\\
salvocondotto. Ma Gian-Paolo Baglione che ;|
an-
i
Anno MDIIL 179
anchVgli quivi si trovava, e gli Orsini tut-
I , ardendo di voglia di vendicarsi di que-
ìo odiatissimo tiranno :, fatta raunata di
gente andarono ad assarirlo . Ne seguirono
morti e ferite; e prevalendo le forze degli
Orsini , altro scampo e ripiego non ebbe
il Valentino che di rifugiarsi nel palazzo
del Vaticano. Poscia o spontaneamente, o
per concilio del papa^ cercando maggior
sicurezza, si ritirò in castello sant' Angio-
lo ; lo che tenuto fu per un colpo della di-
vina Provvidenza , affin di mettere fine alle
ribalderie di questo pestifero mostro ; per-
chè si dissiparono a tale avviso le genti
sue, e si squarciò tutta la sua potenza.
Dopo la morte di Pio III si seppe così
ben maneggiare il cardinale Giuliano' della
Rovere , vescovo d' Ostia,, e penitenzier mag-
giore , nato assai bassamente in Savona , ma
d^ animo sommamente signorile, e nipote
di papa Sisto IV che gaudagnò i voti di
tutti i porporati, per le ragioni che ne ad-
duce ilGuicciardino: laonde con maraviglia
universale restò nel dì primo di novembre
proclamato papa , primachè si chiudesse il
conclave ; ed assunse il nome di Giulio IL
Concorrevano in lui le doti d' liomo magni-
fico , di gran mente ed accortezza , di non
minor coraggio, e di lunga sperienza nelle
cose del mondo, col concetto ancora di per-
sona leale e veritiera . Conoscevano i mi-
gliori, abbondare in lui l'alteiriga, e il
genio inquieto, beliicoso e vendicativo an-
M 2 che
iSò A N N A L I I)' I T A L I A
che delle offese immaginate : ma convenne
loro seguitar la corrente. Aveva anch' egli
giurato di rimettere nel suo primiero lu-
stro là: disciplina «cclcsiastjca , di tannare
il concilio generale , e di non far guerra
senza il consenso di due terzi del sacro
Collegio . Come egli mantenesse la parola,
in breve ce ne accorgeremo . Non potea
certo crearsi pontefice, da cui fosse più,
alieno l* animo del duca Valentino ; per-
ciocché fra Rodericò che fu poi Alessandra
VI papa^ suo padre, quando era cardina-
le , ed esso Giuliano della Ho ve re , erano
state ne^micizie pubbliche e private, tal-
mentechè un dì si strapazzarono con tante
villanie _, che di peggio non avrebbe opera-'
to qualsivoglia più insolente plebeo . Per
questa cagione esso cardinal Giuliano, crea-
to che fu papa il Borgia , di cui aveva as-
sai scandagliato il doppio e perverso ani-
mo , destramente si ritirò ad Avignone o
in Francia, dove si guadagnò l' affetto e la
stima del re Carlo IX e Luigi XII. Né per
quante esibizioni e carezze gli facesse pa-
pa Alessandro, mai volle ritornare in Ko-
nla , solendo dire fra se: Giuliano , Gm-
liana non ti fidar del marrano. Contutto-
ciò il novello pontefice , perchè s' erano
imbrogliati gli affari della Romagna , e già
egli meditava di ricuperar gli Stati della
Chiesa/ giudicò bene di far servire a' suoi
disegoi^ii- medesimo Valentino. Cavartelo
peioiò ì^òti di castello sani' Angiolo^ con
■
Anno MDIII. i8t
vie promesse , e col confermargli lutici
i suoi titoli ed onori , il trasse dalla sua..
S*era dissi , già sconvolta la Romagna, per-
chè Weneziani^ persuasi, che starebbe me
gìio in mano lorOj, o de' signori esclusi
xjuella provincia , che in potere del Bor-
gia , s'ingrossarono di gente in Ravenna ^
da loro sinoreggiata, e tanto fecero, che •
si misero in possesso di Faenza^ e della
sua rocca . Entrò in Forlì Antonio Maria
degli Ordelaffi, Rimisero in Rimi ni Pan-^
dolfo Malatestas poscia fatto accordo con
lui , ne acquistarono il dominio . Tentaro-
no Fano , ma questa città tenne per la
Chiesa. S'impadronirono parimente di Por-
to-cesenatico , di sant'Arcangelo , e di
altre assai terre in quel d'Imola e Cesena,
ed erano dietro a mettere il piede anche
in Forlì .
Solamente restarono in potere degli uffi-
ciali del Valentino le rocche o fortezze di
Cesena, di Forlì, di Bertinoro , d'Imola e
di Forlimpopoli . Sommamente increbbe al
papa il movimento de' Veneziani , conoscen-
do, quanto poi sarebbe malagevole il trar-
re di mano alla lor possanza la Romagna.
E giacché dall'uri canto la spedizione dei
suoi oratori a Venezia , per lameatarsi di
quella occupazione , a nulla giovò ; e dal-
l'altro ne' principi del suo governo genti
e danari gli mancavano per farsi giustizia
colle armi : giudicò bene di spedir colà il
duca Valentino;, cofla speranza , chela pre-
M 3 sen-
iS2 Annali d'Italia j
senza di lui potesse far mutaie T aspetto '
delle cose in quelle contrade, seppur que- =
sto fu il suo vero disegno. Andò il Va- |
lentino ad imbarcarsi per passare alla Sp^:- !
. eia . Ma eccoti sopraggiugnere il cardinal I
Soderino , e Francesco Remolino a chieder- |
gli i segnali delle suddette fortezze , mo-
strando essi mutata la risoluzion del papa
per sospetto, che i Veneziani con esibizio-
ni larghe di danaro gli cavassero di mano *;
quelle fortezze . Ricusò il Borgia di con- 1
segnarli, epperò d'ordine del papa fu ri-
tenuto come prigione in una delle galee
pontificie. Cagion fu questo trattamento ,
ch'egli poi s'indusse a darli: cosa nondi-
meno^ che a nulla servì, perchè ito con
essi l'arcivescovo di Raglisi, come com-
messario apostolico , i castellani di quelle
fortezze negarono di consegnarle , sennon
aveano altro ordine dal Valentino, posto
in luogo di libertà. Per questo fu condotto
esso Valentino a Roma, alloggiato in pa-
lazzo, ed accarezzato dal papa, acciocché
tal dimostrazione il facesse comparir libe-
ro. Ma spedito dal Valentino Pietro d'Ovie-
do suo familiare a que' castellani con ordi-
ne di rilasciar le fortezze ai ministri de!
papa, altro non potè impetrare da don
Diego Ramario castellano di Cesena che se
r intedeva cogli altri , sennonché gli fu
posto un laccio alla gola , e tolta la vita ,
come a traditore del Signore. Ciò udito in
Roma^ fu ristretto il Valentino in quella
stes-
A N if o MDIIL 183
Stessa torre Borgia che era stata in ad-
Mietro il ricettacolo di tanti 'miseri caduti
in mano delia sua barbarie. Produsse an-
che la sua depressione _, che le genti spe-
<iite da lui innanzi alla volta della Tosca-
na , furono tra Cortona e Castiglione Are-
tino svaligiate e disperse dai Fiorentini.
Bollì più che mai in quest' anno la guer-
ra fra gli Spagnuoli e Francesi nel regno
di Napoli . A me non permette V istituto
mio di darne sennon un breve ragguaglio .
Erasi interposto Filippo arciduca , marito
di Giovanna^ figliuola del re cattolico Fer-
dinando ; per acconciar le differenze insor^
te in quel regno ; e gli riuscì di stabilire
una convenzione di tregua o pace con Liù-
gi re di Francia , per la quale esso re ad-
dormentato non attese più col vigore che
occorreva , a sostenere i proprj interessi io
quelle contrade. Restò egli poscia deluso^
perciocché il re Cattolico fece intanto varj
preparamenti , per continuare la guerra j,
con poi disapprovare V accordo fatto dal
genero. Però il gran-capitano Consalvo ^
senza ubbidire all'ordine venutogli dall'ar-
<:iduca di desistere dalle offese, seguitò ad
impiegare il suo senno ^ ci rinforzi di gen-
te , che di mano in mano gli andavano ar-
rivando^ contra de^ Francesi, benché soven-
te si trovasse inferiore ad essi di forze .
Varia era la fortuna della guerra in quelle
parti, grande la costanza di Consalvo in
sostenere Barletta. Memorabile fu fra le
M 4 .al-
184 Annali n'Ir alia.
altie azioni un duello nel febbraio di que-
st'anno. Ossia che ito un trombetta fran-
cese a Barletta, per riscuotere alcun pri-
gione , qualche soldato italiano sparlasse
de' Francesi, come scrive il Guicciardino ;
oppure ( come è più probabile, e fu scrit-
to dal Sabellico e dal Giovio ) che scap-
passe detto ad alcun Francese di nulla stima-
re i soldati italiani (ingiusta sentenza _, iti
cui anche oggidì prorompe, chi non sa ben
pesare la situazion delle cose) certo è, che
volendo T una e l'altra nazione sostenere
il suo decoro, per non dire la maggioran-
za , ne seguì pubblica sfida fra tredici uo-
mini d' arme italiani , scelti dalle brigate
di Frospero e Fabrizio Colonna^ militanti
cogli Spagnuoli^ ed altrettanti dalla parte
de' Francesi, eletti dal duca di Nemours.!
11 Giovio registra il nome de' primi , tace >
per rispetto quel de' secondi . La scommessa f
fu_, che cadaun de' vinti pagasse cento du- |
cati d'oro, e perdesse armi e cavalli. Al- j
la vista degli eserciti seguì il fiero com- |
battimento a Trani fra Andria e Quarata.^
Dichiarossi la vittoria in favor degli Italia- '
ni. Dal canto de' Francesi una restò morto, :
e detto fu, che sei meritava, perchè essen^ i
do ad Asti , avea prese le armi contro la \
propria nazione. Gli altri quasi tutti feriti , ,
perchè seco non aveano portato il danaro ^
patuito ( tanta era la lor baldanza e vana j
fiducia di vincere ) furono menati prigioni j
a Barletta, dove beri accolti e consolati]
da j
_ Anno MDIII. 185
►ftf-alvo; dappoiché ebbero pagato, fu
loro concesso licenza di tornarsene al cam-
po francese, per predicare ai lor nazionali
la moderazion della lingua , e il rispettar
gli uomini onorati e valorosi di qualsivo-
glia nazione. Monsignore di Belcaire ve-
scovo di Metz si credette di poter qui
sminuire la riputazion degl'Italiani ^5 ad-
ducendo alcune particolarità toccate dal
Sabellico intorno a quel duello , quasiché
la frode, e non la virtù , avesse guadagna-
ta la pugna . Ma quel prelato non s' inten-
deva del mestiere delle armi j e per la
gloria degl'Italiani non occorre risponder-
gli , sennon che i giudici deputati a quel
confitto, dichiararono legittima la vittoria;
né mai i vinti , o i lor compagni pretese-
ro di darle taccia alcuna.
Venuti poscia per mare nuovi rinforzi
di gente a Consalvo tanto di Spagna , quan-
to di Germania , uscì vigoroso in campa-
gna. Prese Ruvo lungi sette miglia da Tra*
ni, con farvi prigione il signor della Fa^
lizza. Nel qual tempo anche ad Ugo di
Cardona riuscì di dare una rotta in Cala-
bria all'Aubigny che vi restò ferito. Più
strepitoso poi fu un fatto d'armi, accadu*
to alla Cirignuola in Puglia nel giorno 28
òi aprile dell'anno presente, in cui lascia-
rono la vita circa tremila Francesi , e da
li a non molto finì anche di vivere il du-
ca
' Belcaire Cornmem, Rer, Gallicé Hb. 9.
1^6 Annali d'Italia
ca di iV^mozu*s , generale de' medesimi. Il
caldo e il rumore di questa vittoria non
solamente fece venire in poter di Consalvo
più di 60 terre nella Puglia ; ma indusse
ancora Capoa , ed Aversa , e fin la stessa
città di Napoli a chiamar gli Spagnuoli ,
gkcchò per mare venivano impedite le vet-
tovaglie, e si mosse a tumulto per la ca*
restia il popola di quella gran città. Entrò
in Napoli il gran-capitano nel giorno 14
di maggio con buona disciplina , e senza
nuocere ad alcuno , e tosto prese a batte-
re colle artiglierie Castel-nuovo, e l'altro
deirUovo. Fu preso il primo nel giornea
22 di giugno per assalto : lo che fu giudi-
cato cosa meravigliosa . Erasi ritirati i
Francesi a Gaeta e al Garigliano, Consal-
vo , a cui non mancò mai diligenza nel
suo mestiere, uscito in campagna, li fece
ritirar tutti a Gaeta , della qual città non
tardò a cominciar il blocco. Al primo av- |
viso eh' ebbe il re Luigi , deluso dalla pa- f
ce, o tregua fatta dall' arciduca, come i|
suoi affari prendeano brutta piega nel re* |
gno di Napoli , mise insieme un forte ar- 1
mamento per mare e per terra , dichiaran-
do suo generale monsignor della Tremoglia ,
e poscia Francesco marchese di Mantova •
Per varie cagioni viene lentamente questo
erercito , composto di Francesi, Svizzeri ,
Grigioni ed Italiani : e solamente alla fine-
di luglio passò per Pontremoli in Tosca-
na , e di là a Roma , intorno alla qual cit-
tà
/
Anno MDIIL 187
per la morte sopraggiunta a papa Ales-
Indro VI si fermò non pochi giorni . E
intanto il castello dell' Uovo ih Napoli per
una mina ( cosa allor nuova ) che fece sal-
tar colla polvere da fuoco Pietro Navarro ,
venne in poter di Consalvo.
Finalmente s'inviò alla volta del regno
r armata francese , e giunse ad unirsi coi
suoi a Gaeta . S' era postato Consalvo a
san Germano. Vennero anche i Francesi al
Garigliano , e riuscì loro di far un ponte
su quel fiume , e senza alcun progresso in
que' contorni si accamparono . Era quel
sito assai disagiato^, perchè i soldati sta-
vano come impantanati nel fango ; né po-
tendo reggere a que' patimenti ^ essendo
anche mal pagati, parte s'infermavano ,
parte disertavano, dimanierachè molto s'in-
fievolì V esercito loro . Anche Francesco
marchese di Mantova , che fin qui avea
esercitato fra loro la carica di generale ,
essendo caduto malato, oppur fingendosi
tale , per non poter più reggere o alla su-
perbia , o alla discordia , o alla disubbidien-
za de' Francesi , impetrata licenza dal re^
se ne tornò a casa. Si rinforzò intanto il
gran-capitauo coli' arrivo di Bartolameo dt
ALviano , famoso condotttiere , innestato
nella casa orsina, che con altri di quel
cognome al servigio del re cattolico menò
varie compagnie d'armati. Voce comune
fu , aver lo stesso Alviano con tante ra-
gioni incitato Consalvo ad un fatto d'ar-
mi ,
I S8 A N N A L I d' I T A t t A
mi , che ad onta de' suoi capitani di con" l
trario parere, egli vi lasciò indurre. GiN \
tato dunque all' improvviso un ponte nella i
notte del giorno 27 di dicembre ( ma do- \
vrebbe essere il di 28 ) sul Garigliano a \
Suioj quattro miglia al di sopra di quel :
de' Francesi , senzachè questi se ne avvedes- l
sero, passò buona parte dell'armata spa- '
gnuola di qua. La mattina seguente, gior-.
no di venerdì felice alla lor gente , fatto
assalire col resto di sue truppe iV ponte^
de' Francesi , nello stesso tempo Gonsalv
co' suoi spronò verso il loro campo . Più
a ritirarsi, che a combattere pensarono
Francesi ^ e lasciata addietro la maggior
parte delle munizioni ( il Guicciardino di-
ce anche nove pezzi grossi di artiglieria)
ordinatamente s' inviarono verso Gaeta ,
ma inseguiti sempre e battuti dagli Spa^^
gnuoli sino alle mura di quella città . Gran-
de fu la lor perdita per li morti , feriti e
prigioni 5 ma più per lo sbandamento di|
assaissimi che andarono qua e là dispersi.^
Vi perì fra gli altri Pietro de' Bledici , fug-J
gendo pel fiume sopra una barca che ca-^
rica di quattro pezzi di caniaone si aifon-^
dò. Stette poco il gran-capitano ad impa-|
dronirsi del monte di Gaeta ; dopodiché si!
accampò intorno a quella città. E tali fu-^
rono i prosperosi avvenimenti delle armi*
spagnuole nel regno di Napoli , correndo ^
quest' anno . In cui ancora verso la metà ]
di giugno tornarono i Fiorentini a dare la
ma-
Anno MDIIL 189
mala pasqua alle campagne di Pisa , e ven-
ne lor fatto di acquistar laVerucola, e dì
ricuperar Vico-pisano. Perchè né il papa ,
ne gli altri monarchi cristiani ,- perduto
ciascuno dietro a' proprj interessi,, porge-
vano aiuto alcuno alla repubblica veneta ,
là prudenza di quel Senato giudicò spedien-
te il far pace, come potè^ coi Turchi.
Gli convenne restituir santa Maura , e acco-
modarsi ad altre dure condizioni , tollerabili
nondimeno, perchè troppo pericoloso era
Tostinarsi nella guerra contro di sì pos-
sente nemico. Fece il papa in quesf* anno
nel dì 29 di novembre una creazione di
quattro cardinali , fra i quali due suoi ni-
poti .
Annodi Cristo 1504^ Ind. vir.
di Giulio II , papa 2.
di Massimiliano I, rede'Rora. 12.
^no de' maggiori pensieri di papa Giulio
Il cominciò e continuò ad esseife quello di
ricuperar tutti gli Stati della Chiesa roma-
na . Per conto de' Veneziani che occupava-
no Ravenna, Faenza ^ Rimini , con parole
forti intimò ad Antonio Giustiniano orator
veneto la restituzione di quelle città ^ •
Spedì ancora lettere risentite, che furono
presentate a quel Senato dal vescovo di
Tivoli j e pulsò il re di Francia^ t Blns--
* Bemb». Guicctardìno * RayHaldus jinnaf. Eccles.
190 Annali ©'Italia i
slmUlario Cesare a prestargli aiuto per que-
S.to fine. Ma indarno tutto j perchè i Vene-
ziani adducevano varie ragioni in lor dife-
sa. Voltossi il pontefice al duca Valentino f
per carpire almeno da lui le fortezze^ che
già dicemmo tuttavia conservate dai suoi
fedeli ufìlziali . E perciocché questi s'era-'
no già -espressi di non volerle consegnare ^
senuon venivano gli ordini di esso duca,|
^ posto in libertà: ed egli era tuttavia ri
tenuto prigione dal papa : trovqssi il ripie
gp, che essor Valentino fosse posto in ma|
no di Bernardino Cavaial cardinale d
santa croce ^ ed inviato ad Ostia, per e
sere poi rilasciato , e condotto in Francia
subitochè si avesse certezza , che le rocche
suddette fossero in potere de' ministri pon
tifizj . Segretamente da Ostia procurò i
Borgia da Consalvo qn salvocondotto ; e
appena fu giunto 1' avviso che i castellanii
di Cesena , Imola e Bertinoro aveano fatta
la consegna di quelle fortezze , che il csltM
dinaie il lasciò in libertà , dandogli cara-i
pò di ritirarsi occultamente a Napoli ydo^
ve fu molto ben accolto dal grancapitan<
nel giorno 28 di aprile. Il pontefice, per
che senza saputa sua seguì la liberazion d
questo scellerato j né la rocca di Forlì er
stata consegnata , se l' ebbe forte a male
Ne scrisse con vigore ai re cattolici^ ciò
a Ferdinando ed Isabella (principessa glo
riosa, che appunto nell' anno presente i
dì 26 di. novembre passò a miglior vita
cioc-
Anno MDIV. 191
àcciòccliè rimediassero al tradimento fatto-
gli . Quali ordini venissero di Spagna , si
scopri^, dopo qualche tempo. Facea credere
jl Valentino a Consalvo di poter imbroglia-
re le cose di Toscana in favor di Pisa e
degli Spagnuoli ; e a questo effetto per lui _,
e per alcune milizie da lui assoldate, s'era-
no preparate le galee , per trasportarlo a
Pisa. Prese, egli congedo da Consalvo la
notte con abbracciamenti vicendevoli; ma
la mattina seguente ^ giorno 27 di mag-
gio, allorché usciva di camera per andare
ad imbarcarsi, fu fatto prigione >: toltogli
il salvocondotto , e da lì a non molto ^
inviato in Ispagna sopra una galea sottile ,
Servito da un solo paggio * . Per qpasi tre
anni stette ritenuto nelIaL rocca di Medina y
altri dicono nel castello di Giattiva, dad-
dove finalmente essendo. fuggito , e passato
a miiitarc in Navara , quiviticciso in un
aguato terminò miseramente la vita, e vil-
mente fu seppellito. Ed ecco dove andò a
terminare la grandezza Idi Cesare Borgia,
cioè di un mostro , aspirante al dominio
dell'Italia : grandezza preccurata a lui dal
disordinato amora del papa suo padre ^ e
da lui ottenuta òol mezzo di. tante iniqui-
tà. Non si può neppure oggidì rammentar
senza orrore e indignazione il suo nome;
e Niccolò Macchiavello che prese a lodare
non
* G/'ovio. Buonaccorsi . Qukciardino . Panvinio ^ Aless.iti"
dro Sardi .
192 Annali d'Italia *
non che a difendere un tiranno sì detesta-
bile, di troppo anch' egli oscurò la sua ri-
putazione, ed aggiùnse questo a tanti altri
reati della sua p«n^a. ìliusci poi a papa
Giulio col potente segreto del danaro di
cavar dalle mani del castellano la rocca di
Forlì, giacché la città dianzi a lui si era
data. Mentre il papa mostrava tanto zelo
per ricuperar gli Statj pontifizj , ed annnl
lava perciò le concessioni fatte da' suoi pre^
decessosi , non pensò già , che dovesse es-
sere sottoposta a questa rigore la propri;
casa . Imperocché non solamente confermò
il ducato d'Urbino al duca Guidubaido
della casa di Montefeltro ; ma perch' egli
si trovava senza prole , V indusse ad adot*
tare ia figliuolo Francesco Maria della Ro^
•yercy suo nipote , perfetto di Roma , e si^
gnore di Sinigaglia 5 al quale col consen-
timento di tutto il sacro Collegio fu con-
fermata la successione in quel ducato . Ciò!
fece parere ai Veneziani ingiusta l' ira del^
papa contra di loro , dacché si esibivano|
anch' essi di pagar censo , e di riconoscere
dalla Chiesa^ quanto essi aveaoo tolto al Va-
lentino -, cioè ad un tiranno , in Romagna
Trovavansi i Francesi ristretti in Gaeta,
e poco sperando i soccorsi^, e molto desi-
derando di salvar le vite e gli arnesi ; pe-
rò vinti ancora dal tedio , non tardarono
a capitolar la resa di quella città. Stabi-
lissi r accordo nel primo giorno di questo
anno, e ne uscì quel presidio con tutto
ono-
^ Anno MDIV, ' 193
te, menanoio via le sue robe ^ e con
erta di passare in Francia per mar':^ e
'-'T terra . GF imbarcati per mare perirono
lasi tutti o in cammino o in Francia . Gli
altri inviati per terra, parte per freddo, parte
per fame e per malattie, miserabilmente la-
sciarono le lor vite nelle strade. In tal guisa ,
viserva di qualche luogo restò possessore
cL-l regno di Napoli Ferdinando il Cattoli-
co; la Francia all'incontro si trovò piena
di mestizia e di rabbia per tanto oro inu-
tilmente speso ^ per la riputazion sminuita ,
e per tanta nobiltà e milizie sacrificate
air ambizione del re che non contento di
un sì fiorito regno, qual è la Francia , si
era, voluto perdere dietro alla conquista
de' regni altrui e lontani. Per cagione di
questi sj fastidiosi contrattempi si diede
il re Luigi a maneggiare col re Cattolico
una tregua, di cui cadauno avea una- se-
greta voglia e bisogno ; e questa infatti si
, conchiuse , restando le parti in possesso di
j quel che tenevano. Trattossi poi di ridurre
questa tregua in pace , con proporsi ivi y
che^si restituisse il regno di Napoli al re
Federigo . Ma perche i ministri del re Fer-
dinando avfano ben in bocca parole di pa-
ce , quando nelT interno del loro sovrano
li covavano altre intenzioni • il negoziato
andò in fascio . Si conrhiusc bensì il trat
tato di pace fra esso re Luigi ^ Massimi-
liano Cesare e Filippo arciduca suo figlio .
il quale per la morte della reinna Isabella
Tomo XXII. N co-
194 Annali D^ Italia |
cominciò in quest'anno a suscitar delle IL- |
ti contro il re Cattolico pel regnò di Ca-I
stiglia, decaduto a Giovanna sua moglie .
Ma le condizioni di quel trattato poco ef-
fetto ebbero col tempo; sennonché sin dai
allora fu creduto, che l'una e T altra po-i
tenza si accordarsero , per muover guerra ai|
Veneziani: locchè dopo qualche anno vedremo i
eseguito . In quesl' anno ancora i Fiorenti*!
ni verso la metà di maggio spinsero Teser.
cito loro addossò a' Pisani, per dare i
guasto a quel territorio, sperando sempre
chpe alla perdita delle biade terrebbe die«
tro la famCj e a questa la resa della città
Piucchè ne' precedenti si stese tal fìagellc
per quelle campagne. Assediata Librafatta
l'ebbero a discrezione. Lusinga ronsi pari"
mente i Fiorentini di poter levare Arno a
Pisa: tante belle promesse ne riportarono!
dagli architetti ed ingegneri. Se ciò avve4
niva , di più non occorreva . per ridurre in|
agonia quella città .^ Di vasti fossi , di som-i^
me spese si fecero a questo fine . Ma ii
< fiume si rise di chi gli volea dar legge , e
seguitò a correre nel suo grand' alveo co-
me prima: disinganno non poche altre vol-
te accaduto, e che accaderà a chi prendi
simili grandiose imprese , per mutare i
sistema de' grossi, fiumi * Venne a morti
in quest'anno Federigo già re di Napoli
nella città di Tours in Francia , dacch*
erano svanite le lusinghevoli speranze su
di ricuperare il regno , troppo vanament
ere-
Anno MDIV. 195
[enJó egli che non burlasse il re Cat-
ilico , qualor mostrava sì graziose intea-
li di spogliarsi dell'acquistato; al che
ógni principe si sente in cuore un troppo
gran ribrezzo ' . Finì ancora di vivere nel
dì IO di settembre Filiberto duca di Sa-
voia principe del Piemonte in età solamente
di 25 anni ^ lasciando vedova Margarita di
Austria sua moglie, figlia di Massimiliano
re de' Romani , che divenuta poi governa-
trice de' Paesi-bassi, si acquistò gran nome
nelle storie . Al duca Filiberto succedette
Carlo III suo fratello*
Anno di Cripto 1505 , Indiz. viir.
di Giulio II, papa 3.
di Massimiliano re de'Rom. 15.
i-Mon avea fin qui papa Giulio voluto ac-
cettar gli ambasciatori, che la repubblica
di Venezia avea proposto d' inviare a ren-r
dergli ubbidienza , persistendo sempre in
pretendere prima la restituzion delle terre
occupate da essi Veneziani in Romagna .
Ma dacché vide non valer minacce per
muovere quel Senato,, e che le forze man-
cavano a lui per sostener le parole : intro-
nato ancora dalie doglianze de' popoli di
Forlì ^ Imola e Cesena^ che a cagion delle
castella del territorio loro detenute da es-
si Veneti^ pativano grande incomodo e
N 2 dan-
^ Piftgon. Guicbenon .
I
196 Annali d' Itali A i
danno: condiscese infine nd un accordo à.
Cioè permise a' Veneziani il possesso di|
Rimini e Faenza , ed eglino circa il gior-^
no 12 di marzo restituirono alla Chiesal
romana Porto Cesenatico, Savignano , Tos-j
signano 5 sant'Arcangelo-, e sei altre terr
col loro distretto. Parve contento di que
sta cessione il papa, mentre nello stessa
tempo divisava dei mezzi per riavere iSl
resto. Nel giorno terzo di febbraio fece
egli la promozione di nove . cardinali , ^
fra essi si contò un altro suo nipote . Sa-
rebbe passato quest' anno con somma pace
in Italica, se i Fiorentini, semprepiù acca-
niti contra di Pisa , non ne avessero tur-
bata la quiete ^. Erano i lor disegni di
tornare anche nell'anno presente a dare i
guasto alle campagne pisane, anzi medita-
vano di andar a mettere il campo a Pisa
stessa , per ultimar quella impresa , e co-
me essi diceano, per levarsi d'addosso
quella febbre continua. Ma Gian-Paolo Ba«
gliene che era stato condotto da essi col-
ie sue genti d'arme, allegò scuse di non
poter venire; e proteggendo il gran-capi-;
tano Consalvo Pisa, si venne a sapere, che
anche inviava colà alcune poche fanterie
Ma quel che maggiormente dava da pen-
sare ai Fiorentini , era ," che Bartolameo dì
Alvlano . persona di molto ardire , in quel
di Kom.a facca massa di gente, con van-^|
tar-
• Biiun.:ccùYsi . Guicci.'^ràino .
Anno MDV. 197.
tarsi pubblicamente di voler passare ir|
aiuto de* Pisani, e di condursi anche sottp
Firenze. Per queste cagioni non osarono -i
Fiorentini di fare nell'anno presente il :&o-
Jito brutto gioco ai Pisani . Ma eccoti sul
principio di maggio passare l'Alv-iano col-
le sue soldatesche pel Sanese , entrare nel
Fiorentino, andarsene, dipoi a Piombino :
Io che diede tempo a' Fiorentini di accre-
scere , come poterono le loro forze . Sco-
pertosi dipoi, che TAlviano era per con-
durre le sue squadre a Pisa verso la metà
d' agosto , Ercole BentlvogUo generale del-
lo armi fiorentine^ tenuto consiglio con
Marcantonio Colonna , Jacopo Savelìo , ^:ed
sitri condottieri, determinò di contrast«1r-
gli il passaggio. Si venne perciò a batta-
glia, in cui restò disfatto V AlviatiQ.^b'l»
costretto di fuggirsene a Siena, con aver
perduto più di mille cavalli e molti car^
riaggi. Credette allora il popolo di Firxjn-
ze giunto il beato giorno di ricuperar Pi-t
sa; e quantunque molti de' saggi ne dis-
suadessero l"* impresa, pure fu presa lì ri-
soluzione di andar sotto quella città. Nel
dì 8 di settembre le artiglierie comincila-»
rono la lor terribile sinfonia contro di Pi-
sa. Atterrata buona parte delle mura, ^i
venne alP assalto; ma con tal coraggio :^i
difesero i Pisani, che Io perderono gli &s*
salitori. Da un' altra parte si fecG breccia
e male e peggio riuscì il secondo tentativo^
Perlocchè passò loro la voglia di far ^Itpe
N 3 Pao-
198 A N N A L I d' I T A L r A ]
pruove del proprio valore , e pieni di ver^
gogna se ne tornarono indietro . E tant^
più per aver inteso, che dal Consalvo d|
notte erano stati introdotti in Pisa trecen**
to fanti . Dopo questo fatto ve ne inviò
egli altri mille e cinquecento : con che tra|
montarono per ora le speranze del popold|
di Firenze .
Nel dì 25 di gennaio dell'anno presenti
mancò di vita Ercole l duca di Ferrara
principe che dopo avere imparato a sud
spese y che pericoloso mestiere sia que
della guerra , avea atteso a conservar 1^
pace , e ad ingrandire ed abbelir Ferrara
con varie fabbriche e delizie^ e a rendere
più felici i suoi popoli. Lasciò dopo d
se tre figli legittimi, ^//onso primogenito
Ferdinando e Ippolito cardinale, NelT an-
no precedente aveva egli inviato Alfonsc
alle corti di Francia , Spagna ed Inghilter-|
ra , acciocché la conoscenza di que' gran 1
principi e de' costumi e governi nelle va- ■
rie nazioni, servisse a lui di scuola peicj
ben reggere sestesso e gli altri. Trovava- j
si Alfonso in Inghilterra, disposto a pas-.
sare in Ispagoa , allorché giuntogli l'avvisa^
della grave malattia del padre, gliconven-^
ne affrettare il suo ritorno a Ferrara , do- i
ve fu riconosciuto per duca e signore da j
tutti i suoi popoli . Pace bensì godè in ]
quest'anno l'Italia; ma non andò già esente ^
da altre calamità. Fiero tremuoto si fece :
sentire co» varie scosse in più giorni in ;
Ve. ;
Anno MDIV. 199
^enewa", Ferrara , Bologna, ed altri luo-
ghi , per cui caddero a terra non poche
case , campanili e chiese, e a moltissime
altre si slogarono le ossa , dimodoché i
popoli si ridussero a dormir nelle piazze ,
e ne' campi. Non minor flagello fu quello
della carestia , e carestia univer&ale per
tutta ritalia, essendo stato pessimo il rac-
colto, dimodoché la povera gente fu ridot-
ta a mangiar erbe , e non pochi morirono
per questo . Infermatosi gravemente nel
marzo dell' anno presente Lodovico XII re
di Francia , andò a battere alle porte dei-
ila morte, ma poi si riebbe. Se moriva ,
voce comune fu , che i Veneziani y uniti
col gran- capi tanOy e col cardinale Asca
ìlio Sforza y avessero disegnato di cacciare
i Francesi dallo Stato di Milano. Ma que-
sto cardinale fu cacciato egli fuori del
mondo in Roma nel di 28 del seguente
maggio dalla peste, altra calamità che si
aggiunse alle sopraddette. Né si dee tacer
come cosa , in cui ebbe interesse anche V
Italia, che nel mese d'ottobre restò con-
chiusa pace fra il re di Francia e Ferdi-
nando il Cattolico y il quale dopo la morte
della regina Isabella non usava più che il
titolo di re d'Aragona. Erano insorte liti
fra esso re Cattolico e Filippo arciduca suo
genero, pretendendo questi, che il suoce-
ro non avesse più da ingerirsi nel gover-
no della Castiglia . Prepaiavasi infatj^ esso
arciduca per venire di Fiandra in Ispagna.
N 4 Fé e-
200 Annali d' Itali A
Ferdinando giudicò bene in tal congiuntu-* i
ga di amicarsi colla Francia. Ne'capitoUy
di quella pace si stabilì il di lui accasa-|
mento con Germana di Fois ^ figliuola di
una sorella del re di Francia che portò iift
dote ciò che restava in mano de*Francesi|
sul regno di Napoli . Rinunziò il re LodoH[
vico alle altre sue pretensioni sopra quel!
regno, obbligandosi Ferdinando di pagarglli
in dieci anni settecentomila ducati d'oro
Restarono con ciò liberi dalla prigionia
baroni dql regno che aveano militato ir
favore del re Cattolico , e lev^ato il confi.
SCO fatto contro chi avea seguitato il par-
tito francese .
Anno di Cristo 1506, Indiz. ix.
di Giulio II , papa 4- ,
^aH^i di Massimiliano re de' Rem. 14,
jyieravigliavasi la gente al vedere, cerne
Vo.pa Giulio y personaggio che in addietrc
s'era fatto conoscere di pensieri sì vasti
e d'animo torbido, fosse -^n qui vivutc
con tanta quiete. Cessò questa lor meravi-
glia nell'anno presente, perchè esso papa
dopo aver più volte detto in concistoro d]
Voler nettare la Chiesa dai tiranni, spc
cialmente mirando a Perugia e Bologna
deliberò di eseguire il suo disegno ^, Nor
rol-
* ^"r-?accoyst . Guicciardino > Panv'tnius > V:.':ymldui A>ì.
^^^^ A N M O MDV. 2^1
rafl^^om mettere ad altri quest' impresa ,
ma siccome papa guerriero si mosse da
Roma nel dì 27 d'agosto con ventiquattro
cardinali iC qnattrocento uomini d'armi ,
avendo già fatti maneggi per aver soccorsi
dai re di Francia, da Ferrara , da Mantova
'la Firenze? . In Perugia i BagUoni ^ in
ij .legna i Bentlvogll y i'àitWi capi del po-
polo^ apjDoco appoco n'erano divenuti come
Signori , con deprimere chiunque si mostra-
va contralio ai loro voleri. Ind rizzò Giu-
lio i suoi passi alla volta di Perugia , do-
c Gian-Paolo Bagiione trovossi in grande
imbroglio ; perché troppo disgustcTSo era il
cedere, troppo pericoloso il resistere. Nel
di lui animo prevalsero i consigli del du-
ca d'Urbino, sotto la cui fede, arrivato
che fu il papa ad Orvieto, andò colà ad
inchinarlo , e ad offerirsi umilmente alia
di lui volontà. Fu ricevuto in grazia, eoa
rimetter egli le fortezze e porte di Peru-
gia in mano del papa, e con promettere
di andar seco in Romagna con cento cin-^
quanta uomini d"* arme . Entrò pacificamene
le il pontefice in Perugia nel di 12 di set-
tembre, e ne prese il dominio . Quindi
maggiormente rinforzato dal Baglione , sf
inviò alla volta d' Imola; ne parendogli
decoroso il passar per Faenza , occupata
dai Veneziani, girò per le montagne del
Fiorentino , e andò a posare in Imola , da
dove intimò a Giovanni BentivogUo di ri-
ia^iciar Bologna colla minaccia di tutte le
pe-
ao2 Annali d'Italia
pene spirituali e temporali. Sulla speranza
di molte promesse della protezion del re À
di Francia s' era il Bentivoglio messo in li
istato di difesa. Ma il re^ a cui maggior- ?l
mente premeva per li suoi interessi di te- \
nersi amico il papa ^ che di giovare a' suoi i
raccomandati , mandò ordine al signor di ||
Sciomonte governator di Milano di assiste- 1
re con tutte le sue forze il papa. E in ef-
fetto con secento lance ed ottomila fanti
si vide arrivare lo Sciomonte a Castel-fran-
co . Anche il pontefice area ricevuto gente
da' Fiorentini , da Alfonso duca di Ferra- ^
ra^ e dsr Francesco marchese di Mantova ,
il quale fu dichiarato capitan generale
deir esercito pontificio. A si gagliardo ap-
parato di forze nemiche s' avvide il Benti-
voglio , che vano era il ricalcitrare. Eppe-
pò piuttosto» che ricorrere alla clemenza
del papa , dalla cui generosità forse avreb-
be potuto ottener maggiori vantaggi, passò 1
nel dì due di novembre al campo france-
se, ed impetrato di poter mettere in salvo
la sua famiglia 5 e i suoi mobili per riti-
rarsi poi sul Milanese, lasciò in libertà i
Bolognesi di trattare col papa. Entrò que-
sti in Bologna con gran pompa nel di 1 1
di novembre, tutto giubilo per sì nobile
acquisto. Morivano di voglia anche i Fran-
cesi d'entrare, non certo per divozione , in
quella grassa città, ed usarono anche della
forza ; ma il popolo in armi fece sì buo-
na guardia, che convenne loro restarsene
di
Anno MDVT, 203
ai fuori 5 eccettuato Io Sciomonte xol suo
corteggio , che fu a baciare i piedi al papa ^
e riportò^ oltre ad un regalo in pecunia
per lui , e ad un altro assai teaue per le
sue genti , la promessa di un cappello per
Lodovico d' Ambosia vescovo d'Albi suo
fratello .
Erano entrati in cuor di Ferdinando il
Cattolico non piccioli sospetti contra di
Consalvo gran-capitano , e viceré per lui
nel regno di Napoli . Né mancavano invi-
diosi e malevoli che li fomentavano ed ac«
crescevano, facendogli credere, che Consal-
vo colla liberalità che usava per affezio-
narsi i regnicoli con discapito del regio
erario, meditasse di usurpare per se quel
regno ; ovvero ( lo che è più probabile )
inclinasse a tenerlo per V arciduca Filippo
suo genero, il quale aveva assunto il tito-
lo di re di Castiglia . Nel gennaio dell' an-
no presente s' era esso arciduca con cin-
quanta vele , e grande accompagnamento
di nobiltà fiamminga inviato per mare al*
la volta di Spagna . Battuto da fiera tem-
pesta fu spinto in Inghilterra, ina ripiglia-
to il cammino, sbarcò finalmente in Ispa-
gna. Fu ad incontrarlo il re Ferninando ,
e si trovò maniera di calmare i lor dissa-
pori j, e di conchiudere un accordo fra es-
si. Ora i suddetti sospetti di Ferdinando,
avvalorati sempre più da qualche disubbi-
dienza di Consalvo, e massimamente per-
chè richiamato colle più affettuose parale
al-
204 Annali d' Italia
alla corte d'Aragona, egli con varie scuse ]
e pretesti mai non s'era voluto movere : \
indussero il re a venir egli in persona a \
Napoli. Mostravasi questa sua risoluzione j
in apparenza nata dal forte desiderio e l
dalle vive istanze de' Napoletani , di vede^ j
re di nuovo il lor sovrano . Ma V interno '
motivo era di assicurarsi , che Consalvo , -■
caso che macchinasse delle novità , non le j
potesse eseguire, con levargli destramente i
il governo. Avvisato Gonsalvo del disegno il
del re , spedì persona apposta in Ispagna
per mostrarne il suo contento ; e fu aìio-
ra , seppur non avvenne più tardi , che
Ferdinando colla sua dote primaria , eioè
colia dissimulazione e simulazione , gli
Gonfermò tutti i feudi e le rendite ascen-
denti a ventimila ducati d' oro , eh' egli *
dianzi godeva in [regno di Napoli , e il i
grado di gran-contestabile. Imbarcatosi di- |
poij, dopo avere ricevuto nel suo passag- l
gio per mare regali e segni di grande sti- |
ma dai Genovesi e Fiorentini , arrivò alle j
spiagge di Napoli sul fine di ottobre. Con- i
salvo, ancorché molti vogliano ( ed è ben |
probabile ) che fosse assai informato e per- i
suaso del mal animo del re verso di lui : '
pure con tutto coraggio ed ilarità di voi- \
to, affidato forse nella sua innocenza, an- i
dò a presentarsi a lui . Son qui discordi il i
Guicciardino e il Giovio. Quegli scrive , \
che andò sino a Genova ; e 1' altro , secon- \
do le apparenze più degno di fede, per J
ave- i
Anno MDVI. 205
aVere scrìtta la Vita di lui, dice, che si
portò ad inchinarlo al capo Miseno presso
Napoli. Non potea Consalvo desiderare ac-
coglimento più dolce e benigno ; e finché
il re si fermò in Napoli , la confidenza in
lui fu grande , e nulla chiesa , che non ot-
tenesse. Nella sua venuta per cagion dei
venti contrarj obbligato esso Ferdinando a
fermarsi alquanti giorni a Porto-fino ; qui-
vi avca ricevuta la nuova , come Filippo
suo genero re diCastiglia, ( verisimilmen-
te perchè troppo amico de' lauti conviti )
era caduto infermo in Burgos^ e che nel
di 25 di 'settembre nel fiore della sua età
era passato ali" altra vita. Fece questo im-
pensato accidente credere a molti , che
Ferdinando fosse per voltare le prore , e
tornarsene in Ispagna a riassumere le so-
spirate redini della Castiglia . Ma stando-
gli più a cuore il provvedere ai bisogni
di Napoli, colà passò; e poscia un bel fu-
nerale , ma senza lagrime , fece ivi alla
memoria dell'estinto genero.
A chiunque ha letto i precedenti Annali ,
uopo non è , che io ricordi , che la discor-
dia avea sempre in addietro tenuto il prin-
cipal suo seggio nella città di Genova . Ora
le principali case fra esse, ora i popolari
coi nobili erano in rotta : effetti della su-
perbia, dell'opulenza, dell' ambizione . e
d'altri malanni in quel popolo, a cui in
vivacità d'ingegno pochi altri d'Italia si
pos-
, 2o6 Annali d' Italia
possono paragonare. Tutte nondimeno le
ior gare parea , che dovessero cessare sot-
to il dominio e governo d'un re di Fran-
, eia , padrone ancora di Milano. Non fu
così . Mossosi a sedizione il popolo con-
tro la nobiltà , andò tanto innanzi il
bollore degli animi ^ che furono forzati i
nobili, cedendo al matto furore del pope*
lo 5 di uscire dalla città^ con restar percict
saccheggiate le Ior case. Ridotto il gover-
no in mano della plebe più vile, costorci
andarono ad occupar le terre de'Fieschi ,
e passarono infine ad assediar Monaco che
era di Luciano Grimaldi. Filippo di Eave
sten regio governatore , dopo aver fatto i
possibile per ismorzar questo incendio^ ve
duto che noti vi era più il suo onore ii:
mezzo a tanta disubbidienza, si ritirò^ la#
sciando buon presidio nel castelletto . Ar
re Lodovico XI t diedero degli affanni e nor||
poco da pensare sì fatte insolenze, temen—
do egli , che quella piaga avesse più pro-*^
fonde radici. Infatti mentre egli era^ se-|
condo lo stile francese, portato a favorir);
la parte de' nobili 5 scoprì che il papa, sic-|
come savonese di nascita^ si era dichiarai
to favorevole al partito de' popolari. Die-I
desi perciò il re a fare armamento peri
terra e per mare afSn di rimediare al di-I
sordine colla forza , giacche a nulla aveanq
servito le amorevoli insinuazioni e le mi*
nacce. Nel luglio del presente anno si sco-
pri
A N N- o MDVI. 207
prj anche in Ferrara una congiura contro
la vita dal duca Alfonso ^ é Era questa tra-
mala da don Ferdinando suo fratello mi-
nore per voglia di regnare, e da Giulio suo
fratello bastardo per ispirilo di vendetta,
non avendo esso duca fatto risentimento
in occasion d'avere il cardinal d' Este ten-
tato di fargli cavar gli occhi con barba-
rie detestata da ognuno. Convinti e con-
fessi amendue furono condannati a morte ;
ma mentre aveano il capo sotto la man-
caia^ Alfonso facendo prevaler la clemenza
alla giustizia, li rimise ad una prigione
perpetua 4 Campò dipoi don Ferdinando
sino al 1540. Giulio sino al 1555 » ^" ^^^
riebbe la libertà .
Anno di Cristo 1507, Indiz. x.
di Giulio II, papa 5.
di Massimiliano re de'Rom. 15.
J- rattenevasi -paya Giulio in Bologna , ma
non assai contento al vedere non ,ben per
anche assodato, il dominio suo in quella
città , perchè i Bentivogli si fermavano
nello Stato di Milano. Ne fece^ doglianze
col re Lodovico , il quale si alterò non so-
lo per questo > ma ancora perchè esso papa
non avea restituiti i suoi beneflzj al proto-
notario, figlio di Giovanni Bentivoglio , an-
corché la facoltà di dimorar nel Milanese
ai
' Antichità Estensi P^r,II.
2o8 Annali dMtalia
ai Bentivoglij e la restituzione suddetta fos-
sero state dianzi accordate dal medesima
papa. Crebbe lo sdegno di Giulio, dacché
intese risoluto il re di procedere colle arm-
contra di Genova: laonde senza più attendere
il concerto fatto col re di abboccarsi seco,
allorché egli fosse venuto in Italia , nel di
12 di febbraio si partì da Bologna , e s'in-
viò alla volta di Roma . Pria nondimeno^
di abbandonar quella città j ordinò che §i;
rifacesse alla porta di Gallerà una fortez-'
za , col pretesto consueto della sicurezza
della città , ma infatti per tenere in bri-
glia quel popolo: due azioni che rincreb-
bero non. poco , la prima agli amici dei
Bentivogli , e l'altra ad ognun di que' cit-
tadini . Arrivò il papa a Rom^ nel dì 27
di marzo , dove tutto si applicò ai maneg-
gi di una forte lega contro i Veneziani
per ricuperar le città da loro occupate in
Romagna. E perciocché i Bentivogli nell'a-
prile seguente feceico un tentativo per rien-
trare in Bologna ; e veniva lor fatto , se
Ippolito cardinal d^ EsLe non si opponeva:
nel dì primo di maggio fu diroccato il pa-
lazzo di essi Bentivogli in stra san Dona-
to, che era de' più belli d' Italia di quei
tempi . Crebbe nel!' anno presente il tumul-
to di Genova ^ . Perché fu forzato quel se-
dizioso popolo dai Francesi a ritira
dair r.ssedio di Monaco, senza più
' ^"ostino Giustiniani , Senivega ^ Guicciardino
Anno MDVII. 209
tare la maestà e padronaifiza del re Lodo-
vico, creò doge Paolo da Novi , tintore^
di seta , uomo della feccia della plebe , e
venne ad un'aperta e total ribeìlione : tut-
to pazzamente fatto , perchè niun v* era ,
che lor facesse sperar soccorso ;, per soste-
nere un sì ardito disegno • Per quanto il
cardinal di Finale^ cioè Carlo del Carret-
tOj, egli esortasse ad iinplorare il perdono,
di cui si faceva egli mallevadore, crebbe
la loro ostinazion semprepiù . 11 re Lodo^
vico che a sue spese avea imparato, : qual
differenza vi sia tra il fare in persona la
guerra , e il commetterla ai capitani , pas-
sato in Italia si fermò ad Asti , e dacché
ebbe fatto venir per mare molti legni ar-
mati^, si mosse verso il -fine d'aprile collo
esercito di terra per passare il Giogo . Po-
ca resistenza potè fare alla di lui possanza
lo sforzo de' popolari di Genova, dimodo-
ché inviarono ad offerirgli l'ingresso nella
città; ed egli nel dì 28 di esso mese col-
la spada nuda in mano,, senza volere che
si parlasse di patti, vi entrò. Contuttociò
non pensò il buon re ad imitare i tiran-
ni, ma sì bene a seguir l'esempio de' sag-
gi ed amorevoli principi , che mai non si
dimenticano d'esser padri, ancorché i sud
diti si scordino d'essere figli. Mise buona
guardia alle porte della città , affinchè gli
Svizzeri e venturieri non vi entras«ero, e
mettessero tutto a sacco. Trovati gli An-
ziani inginocchiati e dimandanti misericor-
ToMO XXIL O dia ,
210 Annali d'Italia
dia ^ rimise la spada nel fodero, conten-
tandosi poi di mettere al popolo una ta-
glia di trecentomila scudi , da pagarsi in
14 mesi , con rimetterne da lì appoco cen-
tomila. Ordinò ia fabbrica di una fortez-
za al capo del faro , e dopo aver fatta
giustizia di alcuni pochi , e data nuova
forma a quei governo^ nel dì 14 di mag-
gio se ne tornò in Lombardia , dove licen-
ziò l'esercito, per quietar i sospetti insor-
ti in varj potentati . Bravamava egli di ri-
passare in Francia, ma perchè udì vicina
la partenza di Ferdinando il Cattolico da
Napoli , che desiderava di seco abboccarsi
in Savona , si fermò ad aspettarlo.
Dalle lettere de' suoi ministri d' Arago-
na^ e dalle istanze di Giovanna sua figlia
regina di Castiglia , reniva esso re Catto-
lico sollecitato a tornarsene in Ispagna ,
per ripigliare il governo anche della stessa
Castiglia ; perciocché Giovanna dopo la
morte del marito arciduca tanto dolore
provò di tal perdita^ che s'infermò in lei
non meno il corpo , che la mente . E in-
tanto i due suoi figliuoli , Carla che fu poi
imperadore, e Ferdinando^ perla loro età
non erano peranche atti al comando. Do-
po aver dunque il re Ferdinando lasciate
molte buone provvisioni in Napoli e pef
regno, e mutati gli ufHziali, messi nelle
fortezze da Consalvo, nel dì 4 di gingnt::^
sciolse le vele verso ponente colla regina
sua consorte, e senza- volersi abboccare col
pa-
Anno MDVII. ^ àit
papa che si era portato ad Ostia per que-
sto , continuò il suo viaggio . Obbligato
da venti contrarj prese porto in Genova ,
e poscia nel di 28 di giugno arrivò a Sa-
vona, accolto con gran pompa e finezze
dal re Cristianissimo , ma con aver prima
esatte buone sicurezze per la sua persona -
Furono per quattro giorni in stretti e segre-
ti ragionamenti , dimenticate le precedenti
nemicizie, siccome conveniva a principi di
animo grande ^ . Avea Ferdinando colle
maggiori dimostrazioni di benevolenza , e
promesse di vantaggi , tnenato seco da Na-
poli anche il gran-capitano ConsaZvo. Non si
saziò il re Lodovico di mirare ed onorare un
personaggio che con tante pruove d'accortez-
za e valore avea tolto a lui un regno; im-
petrò ancora da Ferdinando , che questo
grand' uomo cenasse alla medesima tavola ,
dove erano assisi essi due re e la regina .
Sì graziosa finezza del re francese verso
di Consalvo ad altro non servì ^ che ad ac-
crescere le gelosie nella testa spagnuola del
re Cattolico. Infatti, siccome avvertirono
il Giovio e il Guicciardino , quello fu V ul-
timo giorno della gloria di Consalvo ; im-
perocché giunto in Ispagna non potè mai
ottenere il grado di gran-mastro de' cava-
lieri di san Iago , per cui gli aveva il re
impegnata la parola . Insorsero anche altri
dissapori e contrattempi , pel^ cagion dei
O 2 qua-
* Giovio . Guicc fardi no . Mariana di Reb. Hs^ani.
I
SI 2 Annali d'Italia
quali più di lui uon si servi il re ne in
affari politici , né in militari . Mancò di
vita Consalvo nel di due di dicembre nel
1515 ne lasciò il re a lui morto di fac
quegli onori che in vita gli avea negato ,
con ordinare, che dappertutto gli fossero
celebrati sontuosi funerali : ricompensa beo
meschina ad uomo di tanto merito. Stette
poi poco a tenergli dietro lo stesso Fer-
dinando, siccome dirassi al suo luogo e
tempo.
Anno di Cristo 1508, Indiz. xi.
di Giulio II, papa 6.
di Massimiliano re de'Rom. 16^
J-i anno fu questo in cui i principali pò--
tentati dell'Europa meridionale si unirono,
per atterrar la potenza della repubblica ve^
neta , sfoderando cadaun sì le recenti ^ ch^
le rancide pretensioni loro sopra la terra-
ferma , posseduta da essi Veneti . Ma pri-^
ma di questo fatto avvenne^ che Massimi^ ^
Viano re da' Romani si era messo in pensie-
ro di calare in Italia, non tanto per pren- \
dere secondo il rito de' suoi predecessori i
la corona e il titolo imperiale in Ro- \
ma, quanto per ristabilire i diritti dell* j
impero germanico in queste provincie , \
e recare a Pisa , continuamente infestata ì
da' Fiorentini , quel soccorso che tanto \
volte promesso, e non mai eseguito, fé- 1
qe poi nascere il proverbio del «Socror* \
$9
J:
ANNO MDVlir. 21^
dVTlsa ^. Chiesto a' Veneziani il passò
e l'alloggio per quattromila cavalli, ebbe
per risposta da quel Senato^ che s'egli vo-
lea venire pacificamente > e senza tanto
apparato d*armi, V avrebbono con tutto
onore ben ricevuto; ma che apparendo con
tanto armamento diversi i di lui disegni ,
non poteano acconsentire al suo passaggio .
A questa risoluzione de"* Veneziani diede
maggiore fomento Lodovico XII y re di
Francia che con esso loro era in lega , per-
chè troppo si era divulgato . non mirare
ad altro i movimenti di Massimiliano, che
a spogliar lui dello Stato di Milano in fa-
vore dell' abbattuta casa Sforzesca. Per que-
sto rifiuto , e per altri motivi sdegnato
Massimiliano , circa il fine di gennaio col
marchese di Brandeburgo mosse lor guerra
dalla parte di Trento , dove i Veneziani
possedevano Rovereto , tentando di aprirsi
per le montagne un passaggio verso Vi-
cenza. Poscia con altre forze entrò nel Friu*
li, e s'impadronì di Cadore con altri luo-
ghi . Abbondava allora V Italia di valenti
capitani, e il Senato veneto non fu lento a
sceglierne i migliori , e ad ingrossarsi di
gente. MccoZò Or^irw) conte di Pitigliano ge-
nerale fu spedito con Andrea Gritti prov-
veditore a Rovereto , Bartolameo d' Alviano
altro generale con Giorgio Cornaro alla dit
O 3 fé* ^
* ContinmatoT Sahellici . Bembo. Guicciàrdine . istoria Vt-
214 Annali d'Italia |
fesa del Friuli . Mosso a questo rumore il i
re di Francia , per sospetto , che la festa I
fosse fatta per lo Stato di Milano, ordinò;]
anch' egli zCarlo d' Amlfo sia sì ^nox di Scio- 1
monte governator di Milano di accorrere !j
in aiuto de'VeneziaHi insieme col famoso \
maresciallo di Francia Gian-Giacomo Tri* \
>vulzio . -i
Seguirono molte baruffe e saccheggi sul
Trentino', e in que' contorni, ma non di con-
seguenza , perchè i Francesi teneano ordini
segreti di attendere alla difesa e non alla
offesa, per non irritar maggiormente Mas-
similiano. Così non fujdalla parte del Friu-
li. L"* animoso Alviano, entrato nella valle
di Cadore , e messi in rotta i Tedeschi , nel
dì 23 di febbraio^ cioè nell'ultimo giovedì
di carnevale ebbe a patti a quel castello •
Nel dì seguente pose il campo a Cremonsa ,
castello assai ricco e forte di sito , che ricusò
di rendersi. Si venne all' assalto e alla sca-
lata che costò molto sangue agli aggres-
sori , e fra gli altri vi perì Carlo Malate-
sta , giovane amatassimo nell'esercito, e
di grande espettazione. Il Guicciardino e
il Bembo mettono la di lui morte sotto
Cadore; la Cronica veneta manuscritta , che
presso di me si conserva, scritta da chi si
trovò presente a tutta la seguente guerra ,
il fa morto sotto Cremonsa . Ebbe poi V
Alviano a patti quel castello , e per ralle- ||
trare i suoi soldati^ loro lasciollo in pre- ji
a. Quindi si spinse addosso a Gorizia, e :|
in
i
Anno MDVIII. Tris
R^Battro giorni , che le batterie giocaro-
no, ridusse nel dì 28 di marzo quel presi-
dio a renderla. Di là s'inviò per istrada di-
satrose a Trieste, città molto mercantile e
po|aGÌata, il cui distretto fa in breve messo
tutto a saccomano . Posto 1' assedio per
terra secondato da una squadra: di navi ve-
nete per raare^ fu anch' essa obbligata a
capitolare la resa , salvo T avere e le per*
sene. Lo stesso avvenne a Porto naone e a
Fiume . Allora fu , che Massimiliano al ve-
dere andar ogni cosa a rovescio delle, sue
speranze^ e crescere il pericolo suo , co-
minciò dalla parte di Trento a trattar di
tregua , la quale nel di 30 d' aprile fu con-
chiusa per tre anni fra ^sso re de' Romani
e i Veneziani , senza voler aspettar le ris-
poste del re di Francia .
Si rodeva di rabbia Massimiliano centra
de' Veneziani , per essere uscito con tan-
ta vergogna e danno dal preso impegno ,
essendo restati in man di essi i luoghi oc-
cupati . Al che si aggiunse ancora il suono
di alcune canzoni satiriche , pubblicate in
Venezia contra dillui . Mostravasi parimen-
te mal soddisfatto de' Veneti il re Lodovi-
co per r accordo seguito senza consenti-
mento suo con Massimiliano . Ciò servì poscia
a riunir segretamente gli animi di questi
due potentati contro la repubblica veneta ;
e tanto più , perchè nelle lor massime con-
correva il pontefice, acceso di somina vo-
glia di ricuperar le città della Romagna ,
0 4 e che
2i6 ANNAt^ d'Italia
e che perciò maggio rmen te accendeva il
fuoco altrui . Sotto dunque lo specioso ti-
tolo di acconciar le differenze vertenti fra
Massimiliano e il duca di Gueldria ^patro-
cinato da' Francesi 5 Giorgio d' Ambo sm car^
dinaie dì Roano ^ personaggio di grande |
accortezza j primo mobile della corte di
Francia e legato del papa, passò a Cam-'
brai, per trattar ivi di lega con Mar glie» \
vita vedova diLchessa di Savoia , munita il
d'ampio mandato da Massimiliano suo pa- |
dre ► Al qaal coegresso intervenne ancorai
col pretesto di accalorarla pace V amba- |
sciatore di Ferdinando il Cattolico , princi-
pe che forse fu il primo a promuovere
questa alleanza. Nel dì io di dicembre fu
segnata la suddetta lega , offensiva contro
la repubblica di Venezia, in Cambrai fra
Massimiliano Cesare , Lodovico re di Fran-
cia e Ferdinando re d' u4.ragona ^ e per par-
te ancora di ya-pa Giulio II ^ ancorché il
cardirial di Roano non avesse mandato va-
levole a tal atto . Fu insieme lasciato luo-
go d' entrarvi a Carlo duca di Savoia , ad
Alfonso duca di^Ferrara^ e a Francesco mar'
chese di Mantova ^ ì quali a suo tempo vi'
si aggiunsero anch' essi ; e fu questa noti
mena ratificata dai principali contraenti ,'
che dal. papa nel marzo dell'anno seguen-
te . Per ingannare il pubblico , altro non si
pubblicò allora, sennon la concordia ivi
stabilita fra Massimiliano e Carlo suo ni-
pote dall'un canto, e il duca di Giieldria
dall'
MDTtir.
l.
altro , e si tenne ben segreta la mac-
china preparata centra de' Veneziani . Le
pretensioni di queste potente erano per con-
to del pontefice di ricuperar le città di
Ravenna , Cervia, Rimini e Faenza , occu-
pate le prime un pezzo fa , ed ultimamente
le altre. L'autore della bella storia fran-
cese della lega di Cambrai , creduto da
molti il cardinale di Polignac , vi aggiun-
gn« ancora Imola e Cesena , quasiché an-
cor queste fossero in mano de' Veneziani ,
lo che non sussiste . La verità nondimeno
è, che negli Atti di essa lega , dati al-
ia luce da più d' uno , e in questi ulti-
mi amii dal signor du-Mont nel suo cor-
po Diplomatico , si eleggono ancora le
suddette due città per negligenza del car-
dinale ci Roano . Pretendeva ■Massimi^
Viano , chiamato ivi imperadore eletto ,
le città di Verona , Padova , Vicenza ,
Trevigi , e Rovereto , il Friuli , il pa-
tricato di Aquileia , coi luoghi occupa-
ti neir ultima guerra . Così Lodovico re
di Francia intendeva di riacquistare Bre-
scia , Crema, Bergamo, Cremona e Ghi-
ledadda eh' erano una volta pertinenze del
ducato di Milano, quasiché la repubblica
veneta non le possedesse da gran tempo in
vigore di legittimi trattati . Finalmente il
re Cattolico volea riavere i porti del regno
di Napoli , già impegnati ai Veneziani dal
re Ferdinando ^ figlio d' Alfonso I , cioè
Trani , Brindisi , Otranto e Monopoli nel
gol-
2i8 Annalì d'Italia
golfo adriatico . Delle altre condizioni di
questo trattato non occorre, ch'io parli ,
sennonché pejr disobbligare Cesare dal fre-
sco giuramenti! della tregua di tre anni ,
fu crctlut^^ suJpiciente, che il papa fulminas-
se a suo, tempo un interdetto , ed altre cen^
sure orribili contro i Veneziani , se in ter-
mine di quaranta giorni non restituivano
le terre della Chiesa :^^opo il ^ual tempo,
richiedesse tV assi^itenza V eletto iraperado-
re, come avvpcato della Chiesa romana.
Diede fine in quest'anno al suo vivere , e
a' suoi affanni Lodovico Sforza^ soprannomi-
nato il Moro , già duca di Milano , dopo
aver avuto tempo di far buona penitenza ,
iq carcere de' suoi trascorsi peccati , E
siccome in que' tempi troppo era familiare
il sospetto de' veleni , corse anche voce
eh' egli per questa via fosse giunco al fine
de'. suoi giorni ; ma senza apparire alcun
giusto motivo di abbreviargli la vita. Nel
giugno eziandio dell'anno presi^nte tornaro-
no i Fiorentini a dare il guasto alle biade
de' Pisani , con giugnere sino alle mura della
città . Questo tante volte replicato flagello
estenuò talmente le forze del popolo pisano,
che sarebbe oramai stato facile ad essi Fio-
rentini! di ridurlo a rendersi, se non si
fossero ritenuti per li riguardi che aveano
al re di Francia e al re Cattolico, cadaun
de' quali volea far niercatanzia di quella
città ; cioè esigea di grosse somme , se ne
doveano permettere l'acquisto. Diedero in-
nol-
j ,
^^^r Anno MDVflL 219
^^^^te essi Fiorentini un altro guasto a buo-^
l^p parte del Lucchese, perchè non cessava
quel popolo di maodar soccorsi a Pisa .
h
Anno di Cristo 1509, Indiz. xii.
di Giulio II, papa 7,
di Massimiliano re de'Rom. 17
'i grandi avventure , o per dir meglio ,
disavventure fu ben gravido Tanno presen-
te in Italia . Non si potè tener così occul-
to il trattato conchiuso in Cambrai, che
non traspirasse al Senato veneto ; e tanto
più all'osservare i grandi armamenti che
si faceano in più parti . Si cominciarono
perciò molti consigli in Venezia , per prov-
vedere a turbine sì minaccioso . Trovavasi
certamente allora la repubblica veneta nel
più bell'auge della sua fortuna. Per l'Istria,
per la Dalmazia, in Candia , in Cipri , e
in altre parti del Levante , si stendea la
sua potenza . Uno de' più fertili e ricchi
pezzi dell'Italia era sotto il suo dominio.
La sola raerayigliosa e sì popolata città di
Venezia potea dirsi un emporio di ricchez-
ze tanto del Pubblico^ che de' privati , a
cagione del gran commercio che da più
secoli faceano i Veneti per mare , della
gran copia delle lor navi , del dovizioso
loro arsenale che non avea pari in Euro-
pa . Colà si portavano le merci delT Orien-
te, e particolarmente le specierie che si
distribuivano poi per la maggior parte del-
le
220 Annali d' Italia
le città dell'Italia, Germania e Francia *
Immenso eira questo guadagno , sennonché
solamente circa questi tempi cominciò a
calare j per avere i Portoghesi trovato il
passaggio per mare alle Indie orientali , e
semprepiù s'andò sminuendo da li innan*
zi .per r industria d' altre potenze maritti-
me^ che passano oggidì a dirittura nelle
stesse indie. Chi vuol avere un saggio del
le ricchezze , che nel secolo decimoquinto
colavano in quella potente città . non ha
che da leggere una parlata fatta nell'anno
1421 , dal doge Tommaso Mocenigo , e re-
gistrata nella Cronica veneta di Marino
Sanuto da me data alla luce ^ . Perciò al
bisogno grandi erano le forze di quella
repubblica non meno in mare, che per ter*
ra; grande ancora il coraggio, la fedeltà , jj
l'unione. Soprattutto la saviezza, dote in- j
veterata in quel senato, presedeva ai. lor f
consigli ; e per le buone e puntuali paghe i
che dava essa repubblica , facilmente cor- \
re vano a lei le genti d'armi e i bravi con- l
dottieri, de' quali allora abbondava l' Ita- ^
Ha. Tentarono bensì i Veneziani coli' of- |
ferta di Faenza , e fors' anche di Rimini ,
di placare il pontefice . Fecero altri tenta-
tivi presso Cesare e presso il re Cattoli-
co : tutto indarno, perchè niun d'essi cre-
dette compatibile col suo onore il recedere
dal
* Marino Sanuto ^ Pita di Dogi di Venet^i^ Totn> 21» Rer^
Italie, fft'^'v^^^.
Anno MDIX. 221
id\ pattuito nella lega . Si accinsero dun^
que animosamente i Veneti ad accrescere le
lor forze, risoluti alla difesa ;, emisero in-
sieme un esercito di 2100 lance, ossia di
uomini d'arme, di 1500 cavalli leggeri ita-
liani, di altre 1800 stradioti greci e di 18000
fanti da guerra , a' quali aggiunsero ancora
12000 altri fanti delle cernide de^ conta-
dini . La Cronica scritta a penna di autore
anonimo padovano, ma contemporaneo, la
qual si conserva presso di me, riferisce il
nome di tutti i capitani ^ ; e poi confes-
sa, che almeno secento uomini d' arme era-
no vili famigli, perchè scelti in fretta, ed
essere stati que' contadini più. atti al badile
e all'aratro, che a fatti di guerra. Poteanp
questi nondimeno servire per guastatori , e
per fianco ai presidiar) secondo le occor-
renze. Oltreacciò, gran preparamento si fe-
ce di legni armati per mare, e ne' fiumi ,
e nel lago di Garda . Condussero ancora
alcuni della casa Orsina e Savella , e Fra-
casso da san Severino , condottieri di mol-
ta gente d' armi . Ma il papa impedì loro
il venire. Fu anche impedito il passo a
Giovanni conte di Comonia , a Michele
Frangipane e a Bothandreas capitano della
Liburnia , che doveano condurre 1500 ca-
valli . Chiamati in consiglio Bartolameo di
Alviano e il conte di Pitjgliano generali
delle lor armi , per intendere i lor senti-
«leu-
' Sffff'a Veneta M-fta»
ì
222 Annali d' Italia
menti , V ultimo d' essi ^ come più vecchio',
fu di parere , che si fortificassero le città
di terra-ferma < e provvedute che fossero
di buon presidio^ si stesse alla difesa, me-
nando la casa in lungo per li vantaggi che
poteano venire dal guadagnar tempo con-
tro una lega facile a disciogliersi per vatj
avvenimenti ^. Giudicò alT incontro T Al-
Viano, che si avesse ad uscire in campa-»-
gna , primachè fosse calato in Italia col]
preparato nuovo esercito il re Lodovico ^
meglio essendo il h\t la guerra in casa
altrui , che aspettarla nella propria ; e po-
tendo anche avvenire , che si prendesse qual-
che città dello Stato di Milano , la cui con-
quista frastornasse i primi , disegni de' ne-
mici . Prese il Senato un partito di mez-*
zo , cioè ordinò , che V esercito non passas-
se l'Adda; ma si tenesse in que' contorni .
Nel mese d' aprile attaccatosi il fuoco nell'
arsenale di Venezia ne' bruciò gran parte
colla perdita di dodici corpi di galee sot-
tili, e di molte munizioni. Dà lì a pochi
giorni a cagion d'un faimine si bruciò la
rocca del castello di Brescia òon tutta la
polve da fuoco e tutte le munizioni . Cad-
de ancora l' archivio della repubblica : av-
venimenti che dalla gente superfiziale fu-
rono presi per preliminari e presagì di mag-
giori sciagure.
Arrivarono di Francia in Italia cella pri-
ma-
* Guiccìardino Storia Veneta MSt/i^
Anno MDIX. 225
navera eli questo anno mille e diigento lance ^
duemila cavalli leggeri , seimila fanti sviz-
ieri, e sei altri mila guasconi e pìccardi
:he si unirono con cinquecento lance , mil-
le arceri , ed ottomila fanti eh' erano nello
Stato di Milano . Giunse molto più tardi
anche lo stesso re Lodovico col duca di
Lorena e copiosa nobiltà francese. Nel di
15 d'aprile ebbe ordine Carlo d^ Ambosia ,
signor di Sciomonte di dar principio alla
danza con lina scorreria. Passato l'Adda a
Cassano, prese Treviglio^ Rivolta^ ed al-
tre castella , mettendo a sacco il territo-
rio . Nello stesso tempo Francesco Gonza^
ga marchese di Mantova^ entrato nella le-
ga, assalì il Veronese , ma fu respinto
da Bartolomeo d' Alviano . Prese ezian-
dio Casal-maggioie , ma gli convenne ab-
bandonarlo. In questo fulminò il papa in-
terdetti ed orribili censure contro i Ve-
neziani , e diede principio anche egli alle
offese . Francesco Blaria della Rovere , ni-
pote d' esso papa , già divenuto duca di
Urbino per la morte del duca Guidicbaldoy
e generale dell' esercito pontifizio , corse sul
Faentino, ed assediò Brisighella , dove pe-
rirono fra soldati e abitanti più di duemi-
la persone ; e fu dato il sacco alla misera
terra , con trattar chiese e donne , come
avrebbono fatto i Turchi. Ebbe esso duca
anche il castello di Russi , e di là andò a
mettere il campo a Ravenna , città creduta
allora ijnespugnabile per le tante fortifica-
zio-
1
£24- Annali i>' Italia
2Ìoni fattevi da' Veneziani . Dacché si furo-
no i Francesi impadroniti di Treviglio ^ il
conte di Fitlgliano generale primario della,
armata Teneta clie s'era postato a Ponte-,
vico, si affrettò a raiinar le sue genti ^ e
mossosi contro i nemici , gli obbligò a ri-^
tirarsi di là dell'Adda. Ricuperati alcuni dei
luoghi perduti , perchè un buon presidio
francese tenea saldo Treviglio , convenne
adoperar le artiglierie, e venire all'assai-^
to. Lo sostennero i Francesi, ma provat
la risolutezza degli aggressori, e perdut
la speranza di soccorso, appresso si rende-
rono prigioni . Dionisio de' Nardi capitano
della compagnia de' Brisighelli , che innau-?
zi agli altri era stato all'assalto, inviperì
to ancora per le disgrazie della sua patria
ottenne il sacco dell' infelice terra . Ncppu
ivi tralasciato fu alcuno sfogo dell' empie-
tà , della crudeltà e della libidine ^ con ri
volgersi nondimeno in grave, danno dell'
armata veneta siSata barbarie , perciocché
non poterono i capitani ritener gran copia
d'altri soldati, che non corresse a cercar
ivi bottino, dimanierachè per farli uscire di,
là , si ricorse al brutto ripiego di attacca
re il fuoco alla terra, la quale dianzi ric-
ca ed amsna^ si ridusse all'ultima mise-^
ria. Di questo scompiglio profittando il re,
Lodovico, potè a man salva fajr transitare,
tutto il suo esercito per li ponti che avta
suU'Adda a Cassano.
Furono a vista I^ due potenti armate , e
il
Anno MDIX. 225
il re non sospirava , che di venire ad un
fatto d'armi: le? che non meno era deside-
rato e proposto dall' Alvìano governato-
re del campo veneto , ed v.orno assai cal-
do. Ma il saggio conte di Pitigliano stet-
te costante in sostenere , che il meglio etSi
di temporeggiare , e vincere colia sp-ada
nel fodero , oppure di aspettar buona con-
giuntura per assalirli. Vedutosi dal re, che
neppur colla sfida inviata potca tirare i
Veneziani ad un conflitto, s'inviò in ordi-
ne di battaglia dietro T Adda perla via che
conduce a Pandino . La vanguardia era gui-
data da Gian-Giacomo Trivulzlo j, celebre
capitano di questi tempi. Il re con lo Scio-
monte era nel mezzo . Il signor della Fa--
l'issa conducea la retroguardia . Similmente si
mosse Tarmata veneta, e peraltro cammi-
no andò fiancheggiando la nemica . L'Alvia-
no guidava la vanguardia ^ il conte di Pi-
; tigliano il corpo di battaglia , e Antonio
\ de'Pii coi legati veneti la retroguardia . 0
t per accidente delle strade , o per industria
de' Francesi , tanto s' avvicinarono i due
rciti, che P Alviano ^ quando men sei
^. nsava^ si trovò necessitato a menar le
I mani ,* e si venne ad un terribil fatto d'ar-
' mi nel dì 14 di maggio , due miglia lungi
da Pandino^ in luogo appellato PAgna-
dello. Con sommo valore si combattè da
ambe le parti . Non passarono tre ore , che
toccò la vittoria ai Francesi. Circa dieci-
mila restarono morti sul campo, i più non-
Toivio XXIL P di^
gaó Annali D^ Italia
dimeno italiani. V'ha chi diceotto^ e chi |
solamente seimila , secondo il costume del- '
le altre battaglie. Slargò ben la bocca il
Buonaccorsi con dire uccisi quindicimila e
più de' Veneziani. L'Alviano ferito in voi-'
to restò prigione, e solamente dopo tre
anni fu rimesso in libertà. La strage fu
nella fanteria veneta, perchè la cavalleria,
non tenne saldo. Rimasero padroni i Fran-
cesi del campo ^ di molta artiglieria, in-
segne, e munizioni . Più strano è il trovar
qui discordia fra gli scrittori in un punto
di somma importanza . Cioè , se crediamo
al Guicciardino ^ ^ il conte di Pitigliaiao
colla maggior parte si astenne dal fatto di
arme , o perchè già vide disperato il case
per la rotta dell' Al viano ," o per isdegnt
contra di lui per avere contro V autoriti
sua preso a combattere . Fra Paolo de' Che-
rici carmelitano veronese che fiori in que-
sti tempi , e condusse la sua Storia mano-
scritta sino al 1537 ^ scrive * , che esse
conte e i provveditori veneti _, sbaragliate
che fu r Alviano , irergognosamente se nql
fuggirono . L' autore anonimo padovano del-ji
la Storia veneta sopraccitata asserisce ^ ||
che il Pitigliano entrò colle sue schiere ne|l
fatto d'armi^ e gli convenne voltar le spaU,^
le . Lo che vien confermato da un'altra Storiai
ve-
' Guicciardino •
' Palili de Clericf.r W/a. MSt^
^ Storia re net a JMSta *
Anno MDIX. 527
Vèneta ms., il cui antere veneziano preten-
de % che alcuni capitani italiani usassero
tradimento,, conchiudendo infine , che il
Pitigliano con pochi si salvò a Caravaggio e
II Bembo * e Pietro Giustiniano ^ passano
sotto silenzio questo punto. Ben pare ^ che
se il Pitigliano fosse stato colle mani alla
cintola in sì gran bisogno > si sarebbe ti-
rato addosso un rigoroso processo. Certo
e, che tutto l'esercito francese unito com-
battè , laddove il Pitigliano arrivò a com-
battere solamente, dappoiché PAlviano era
in rotta . Se unita tutta V armata veneta
fosse stata a fronte de' nemici , poteva es-
sere diverso il fine di quella giornata.
Dappoiché il re Luigi ebbe solennizzata in
più forme questa vittoria , appellata dipoi
di Ghiaradadda , e ordinato che ivi si fab-
bricasse una chiesa col titolo di santa Ma-
ria della Vittoria 5 non perde tempo a pro-
fittare di sì buon vento . Impadronissi di Ca-
ravaggio e di tutta la Ghiaradadda ; e giac-
ché era corso il terrore per tutte le città
venete, poco stette a rendersegli Crema ,
per opera di Sonzino Benzone , di cui trop-
po s^ erano fidati i Veneziani . Appresso
vennero i Cremonesi alla divozion de' Fran-
cesi , e da lì a qualche tempo anche la for-
tezza. Altrettanto fece Bergamo. La nobil-
P 2 là
* jfltra Storia P'eneta MSta.
* Bembo,
* Petrus Justinian. Rer. renet^
22S A N N A L I d' It A L I A j
tà parimente e il popolo di Brescia , veg« :
gendo imminente l'assedio, e prevedendo J
la propria rovina, al primo comparir del- \
le armi francesi , mandarono al re le cliia- j
vi della lor città , giacché aveano dianzi |
ricusato di ricevere dentro il presidio ve- j
neto . Cavalcò dipoi il re al forte castelIcK^J
di Peschiera, dove il Mincio esce dal la-
go, e fatta colle artiglierie buona breccia^
si venne all'assalto. Stanchi finalmente i
cinquecento fanti ch'erano ivi di presidio,
più volte fecero segno di volersi rendere ,
ma non esauditi, furono infine tagliati tut-
ti a pezzi da' Francesi^ entrati colà a for-
za d'armi. Pietro Giustiniano, il Guicci ar-
dilo e il Buonaccorsi , scrivono, die Andrei
Riva provveditor veneto fu impiccato ai
merli col figliuolo • Con questa barbarie
turchesca si facea la guerra in que' tempi
da' principi cristiani. Avrebber anche potu-
to il re Luigi passare il Mincio , e insigno-
rirsi di Verona , perchè quel popolo sullo
esempio de' Bresciani non area voluto am-
mettere la guarnigion destinata da' Vene-
ziani . Ma perchè il paese di là dal Mincio
era riserbato a Massimiliano Cesare, non
se ne volle ingerire . Per tante calamità ,
'e perchè riparo non v'era alla discrzion
continua delle poche milizie che s' erano
salvate , somma èra la costernazione in Ve-
nezia. Il creduto migliore ripiego, a cui
s'appigliò quel saggio Senato , fu di tenta-
re ogni via per placare il fapa. Cesare
e il
r
Anno MDIX. 229
il re Cattolico^ giacche si scorgea ineso-
rabile il reCristiaoissiiTio. Diedero dutiqne
ordine ai cittadini di Verena e Vicenza di
rendersi a Massimiliano, stibitochè si pre-
sentassero le armi, senza fargli resistenza,
Aftrettanto fecero sapere a' loro iiffiziali
fistcnti in Faenza , Rimini , Cervia e Ra-
mna, che rendessero quelle città; e ciò
prima che spirassero i giorni prescritti nel
monitorio . Questi ordini furono eseguiti ^
eccettochè per la rocca di Ravenna , che
tenne forte , e infine o per comandamento
del Senato , o per mancanza di vettova-
glie , venne in potere del papa. Un brut-
to esempio di fede violata si vide allora ,
perchè i governatori veneti di quelle città
contro le capitolazioni furono rirenuti pri-
gioni. Il duca d'Urbino entrò in possesso
di quelle città , e le guarnigioni si ritira-
rono a Venezia. Ai ministri del re Cat-
tolico nel régno di Napoli s' arrenderono
poi le città che i Veneziani possedeano
ivi sulle spiagge dell'Adriatico: del che «in-
tento il re più non s"* impacciò in guerra
contro di loro. Quanto <l Massimiliano Ce^
sarcy mirabil era la negligenza sua in que-
sto frangente^ raunando egli assai lenta-
mente il suo esercito in Trento. Venne final-
mente quel di , in cui il vescovo di quella
città ebbe ordine di calare in Lombardia
con un corpo di gente . Se gli diedero to-
sto Verona e Vicenza. Mandato un araldo
aache a Padova che non avea voluto rice-
P 3 . ve-
3^o Annali d' Italia
veicr> ie genti d^arme de' Veneziani , quel
popolo a di 4 di giugno consegnò la città
a Leonardo Trissino che vi andò per parte
deir imperatole con soli trecento fanti te-*
deschi . Anche la nobiltà di Trivigi mandòj
ambasici^tari a Padova ad offerir la città'
al re de'Roranni ; ma quegli uffiziali affac-
cendati in rubare, e in bere il buon vino
tanto tardarono , che sollevatosi in Trivigi
un certo Marco Calegaro, gridando; Viva
san Marco, mosse la plebe contra de' no-
bili 5 diede il sacco agli ebrei , e tempo
a' Veneziani di spedir colà ottocento fanti
che quotarono il tumulto, e tennero salda
la città, molti de' cui nobili furono man-
dati a provar cosa fossero i camerotti di
Venezia.
Nella lega di Cambrai era entrato anche
Alfonso duca di Ferrara , e per maggiormente
animarlo il papà l' avea nel di 19 d'aprih
creato gonfaloniere della Chiesa romana ^
Mandò egli nel dì 19 di maggio trentadu(
pezzi d'artiglieria al campo della Chiesa
che era sotto Ravenna. Poscia uscito colh
sue genti in campagna , nel dì 30 di que
mese s' impadronì di Rovigo e di tutto il
suo Polesine, e poscia d'Este, Montagna-|i
na' e Monselice , antichi retaggi della Ca*|j
sa d'Esfe. Così Cristoforo Frangipane pre-ii
se nell'Istria alcune castella de' Veneziani ^j
ed il duca di Brunswich s' impadronì dilj
T?«l_ lì
Fel
^ ly^uratori Antichità Estensi T. a.
/
4
A 15 N o MDIX. 331
Fellre e Belluno con varie terre del Friu-
i. Tutto insomma era in conquasso il do-
-ninio veneto in terra-ferma . Per tanta
confusione e tracollo delle cose sue volle il
>enato veneto tentar, se potea, di raddol-
:ir Tanimo di Massimiliano Cesare : al quai
tne gì' inviarono Antonio Giustiniano con
crdine di fare ed esibir tutto, purché po-
sse rimuoverlo dal continuar le offese . Leg-
^:si nella Storia del Guicciardino la parla-
ti d'esso oratore, piena di tanta umiltà^
ae sembrando piuttosto viltà a chi visse
jHTicchi anni dopo quello storico , la giu-
dcarono una mera invenzione di lui, comq
T tante altre concioni fatture del solo suo
rH^egno, ancorché egli scriva d'aver tra-
dota questa dal latino-, nel qual linguaggio
fu recitata dal Giustiniano. Io non entrerò
in |uesta disputa, per cui si son molto
scaUati varj autori , come diffusamente si
puc vedere nella Storia francese della lega
di Cambrai . Solamente dirò, che lo stesso
Bem^o attesta dato ordine al Giustiniano
di piocurare la pace con qualsivoglia du-
ra ccndizione , e di riconoscere da Cesare
qualuique terra dell'impero che la repubblica
possecesse in Friuli e Lombardia . Questa am-
bascila, ossia che seguisse clopo tante per-
dite , :om/? il Guicciardino^ oppure prima,
secondiché s' ha dal Bembo, credendo altri .^
che du< volte il Giustiniano fosse inviato a
Massimiano, a nulla servì. Perciò il Se-
nato veieto , non obbliando V antica sua
P 4 gè-
ì
232 Annali d'Italia
generosità , diedesi a fare ogni possibile Ì
sforzo 5 per accrescere il quasi annichilati \
esercito suo. Vennero a Venezia i presidj, \
che abbandonarono la Romagna e il regno \
dì Napoli ; giunsero dall'Istria, Albani
e Dalmazia non poche schiere di gente he
licosa; e il conte di Pitigliano generale
coir esibir grosso ingagiaraento, trasse al^r
sue bandiere assaissimi soldati italiani, dhj
manieracne si mise insieme un esercito capi*;
ce di campeggiare. Intanto i caràìnalì GrW
mani e Camerino aveano fatti buoni uffiij'
in Koma presso il papa, facendo conosc(-
re , che la repubblica coli' avere restìtuie
le città della Romagna entro il termine d^i
ventiquattro giorni prescritti dal monit)-
rio ;, non era incorsa nelle censure ; e pr-
ve loro di scoprire qualche buon raggio di
animo mitigato del pontefice: del che iv-
visafo il Senato mandò tosto a Roma im-
basciatori con isperanza di guadagnar nol-
to più con questa sommessione . Non firo-
no pubblicamente ricevuti. Pretese il papa,
non adempiuto quanto era intimato lalla|
bolla , epperò incorse le censure . Kosse |
ancora varie altre dure pretensioni oìstral
della repubblica. Venuti siffatti disgistosi |
avvisi al Senato veneto, si scatenaroio le
lingue dei pjù contra del papa j, coi giù-'
gnere (siccome abbiamo dal Bembo) ^oren-^
zoLoredano figlio del doge a dire d alta
voce , che giacché il Turco informa^ delle
lor disgrazie, s'era esibito di mandr loro
soc-
Anno MDIX. 235
soccorso , conveniva prevalersene contra di
questo non pontefice , ma carnefice d' ogni
cradeltà maestro. Il doge ed altri più sag-
gi presero poi la risoluzion di scrivere al
papa lettere piene d'umiltà e d'ubbidien-
za , confessandosi rei , e rimettendosi alla
clemenza di sua Santità : lettere , che pro-
dussero poi buon frutto, siccome diremo.
Aveano già cominciato i Padovani ad as-
saggiar più d^ un poco , qual fosse il disor-
dinato governo de' loro ospiti novelli . Fre-
quenti si provavano i rubamenti : non era
salvo r onore delle donne ; le risse che
spesso succedeano co' soldati, costavano la
vita ai cittadini, e il sacco alle lor case.
Però non is^ette molto quel popolo infer-
mo a desiderare di mutar fianco . Di que-
sta lor disposizione , e del poco presidio ,
e della mala guardia, che si faceva in Pa-
dova , essendo informati i Veneziani , fu
proposto in Senato di ricuperai* Padova .
Vi fu , chi arringò in contrario ; ma sì
efiìcacemente perorò Lodovico Molino ^ ,
che fu decretato di tentarne V impresa .
Trovavasi in questi tempi sotto Asolo ,
terra nobile del Trivigiano , lo smilzo eser-
cito imperiale , di cui era stato creato gene-
rale da Massimiliano Cesare, Costantino de-
spota della Morea , spogliato dal Turco
de' suoi Stati. L'armata veneta, che eja a
Tiivigi , gli diede un giorno una buona
spe-
' Pet US Justinianus Rer. ren. Iti?. X.
334 Annali d^ I t a l t a
spelazzata : lo che accrebbe il coraggio per i
cose niaggiori . Si fece poi correre voce fra i
i villani, del Padovano, che siaveada pren- i
dere Padova _, e permetterne il sacco: sinfo- i
nia che mirabilmente infiammò il cuore di
quella gente , dimentica di ogni dovere ver-
so la propria città, per siffatta maniera ,
che ottomila d'essi, presele armi, volarono
air armata j invasati dalla speranza di sì
ricco bottino. Anche da Veneziri gran co-|
pia di nobili e plebei accorse alla deside--
rata conquista e preda ^ venendo in bar-^
che per la Brenta , e per Bachiglione . Stac
catosi dunque da Trevigi V esercito venete
sotto il comando del conte di Fltigliano ,
e passato a Noale , fu ,spedito innanzi An-
dkrea Grittl legato con cinquecento cavalli
leggeri ; il quale unitosi con altri fanl]
che erano a Mirano e colle brigate de' con-
tadini _, sul far del giorno tacitamente s'av^
vicinò a Padova , e mandate innanzi alcu-
ne carra di fieno, che fecero buon giuoco,
ebbe la fortuna di prendere la porta di Co-
dalunga, col cui capitano peraltro passava*
intelligenza. Arrivando poi di mano inj
mano genti fresche a sostenerlo , s' inoltrò
più avanti. Gli ufilziali cesarei si per que-
sto, come per udire il popolo gridar Mar-
coy 3Iarco , spaventati si rifugiarono tiel'
castello , e contuttoché seguisse qualche bat-
taglia , pure poco stettero i veneti ad im-
padronirsi di tutta la città. Gli arrabbiati
villani n©n furono pigri a menar le griffe
Ri-
Anno MDIX, 335
R.imasero saccheggiati tutti i banchi , le
:ase e botteghe de' Giudei , e circa ottan-
ta c>se di nobili Padovani aderenti agli
imperiali 5 con perdita di grandi ricchezze.
Tutto era in confusione , urli e grida .
' V"olle Dio , che tardasse molto a giugnere
il grosso dell' arnaata^ e chele infinite bar-
I :he vegnenti per li canali trovassero del
:ontrasto : altrimenti , se gingneva tanta
jente che difficilmente si sarel)be frenata ,
tutta restava desolata T infelice città. Ma
in questo mentre si proclamò un bando ,
::iie sotto pena della forca niun più osasse
di saccheggiare; laonde arrivato neUo stes-
so giorno il Pitigliano col maggior nembo
dell'armata, e chiunque veniva per acqua,
trovarono per lor conto sparecchiata la ta-
vola .
Se ascoltiamo l'autor francese della le-
ga di Cambrai, fu ricuperata Padova dalle
armi venete nel dì 18 di giugno. La veri-
tà si è , che sì bel colpo riuscì loro nel
dì 17 di luglio di quest'anno, correndo la
festa di santa Marina, poi da li innanzi ,
ed anche oggidì, molto solennizzata in Ve-
nezia per memoria di questo avvenimen-
to , che fu il principio del risorgimento
della repubblica . Così ha il Bembo ^ , il
Guicciardino % Pietro Giustiniano ^^ la
Sto-
' Bembo .
* Guicciardino .
* Giustiniani Rtiium Fenetiarum .
23^ Annali dMtalia
Storia Veneta manosctitla ^. Neil' altra Sto-
ria Veneta, scritta a penna che è di *ur
autor padovano^ il quale si trovò pQ-sente
a questi fatti _, è scritro *: Questo fu a dì ì
17 del mese di luglio ^ Vanno di nostra \
salute 1509 giorno di santa Marina ini
martedì : che tale appunto , secondo la let- \
tera dominicale G_, fu il dì 17 di quel me-i
se; e non già del 1510 come per errore j
si legge negli almanacchi di Venezia . Nèj
si dee tacere , avere quest'ultimo storicci
con gran franchezza attribuito a un tradì-'
mento di Costantino despota della Moreai
che comandava allora le soldatesche italia-^
no di Massimiliano _, il riacquisto di Pado-«
va fatto dai Veneziani . Pretende egli , chei
}jQ.pa Giulio avesse già riconosciuto^ esserci
il meglio della Chiesa e dell'Italia, che sii
conservasse la repubblica di Venezia , per?
opporla non meno ai Turchi , che alle Po-«
lenze cristiane, le quali venivano a concuUi
care e mettere in ceppi le provincie italia^^i
ne : laonde dati ordini segreti ad esso Coti
stantino di favorir sotto mano i Veneti
il mandò a Trento a Massimiliano Cesar
con cinquanta mila ducati per sollecitarle
a calare in Italia , per paura che i France*
si non prendessero il rimanente dello State
veneto . Fu inviato costui a Padova coll(
genti imperiali . Pej: quanto que' Padovan
che
' Storta Veneta MVta.
* anonimo Padohq^i^ Storia Versta >
Anno MDIX. 237
he amavano il nome imperiale , Io scon-
«■iurassero di non ispogiiar la città dell' op-
portuno presidio, volle egli andare a oam-
}0 ad Asolo. Crebbero le apparenze, che
MÉova fosse in pericolo ; ma per quanto
I^Rie i suoi capitani , cioè Pandolfo Mala-
^esta, Lodovico e Federigo da Bozzolo, il
narchese d'^Ancisa, ed altri il consiglias-
ero di cacciarsi in Patiova , troppo sprov-
hista di gente : nulla mai volle consentir-
i. Potrebbe essere _, che costui non* pec-
asse d'infedeltà, ma bensì di superbia e
l'imperizia nd maneggio della guerra. E
juando mai fosse stato reo d' infedeltà ,
I embra più verisimile, che da' saggi Vene-
iJani fosse egli segretamente guadagnato ,
non già imbeccato dal pontefice , il qua-
e non per anche avea sposati gl'interessi
Iella repubblica veneta. Ebbe Padova mo-
rivo di ringraziar Dio per essersi salvata
} la un sacco universale j ma non potè per
litro verso schivare la propjria rovina . Im-
)erocGhè , Bisogna confessarlo , quasi tutta
[uella nobiltà s'era mostrata vogliosa di
I nutar governo, e dichiarata in favore de-
5IÌ imperiali. Non ne mancò loro il ca-
I tigo. Preso che fu dai Vetaeziani il ca-
tello di Padova a discrezione, sì quei no-
bili clic colà s'erano ritirati, che mol-
li altri presi nella città, furono inviati
ielle carceri di Venezia , dove Leonardo
le' Trissini finì presto la vita , altri sul
ine di novembre furono pubblicamente giu-
sti-
33^ Annali d'Italia
stìziati ( rigore nondimeno fin dallo stesso j
Bembo disapprovato ) , e qua' pochi che 1
poterono durar ivi per molti anni , si vi- \
dero poi confinati in varj luoghi delle co- ;
ste marittime. Oltreacciò la maggior parte |
degli altri nobili padovani fu ^chiamati a ì
Venezia , con ordine di presentarsi ogni dì \
a un certo uffizio. Molti di essi e delle ^
principali famiglie, per paura, e per altrea
cagioni, se ne fuggirono dipoi, convenire^
perciò dichiarati ribelli , ed applicati al fi-i
sco tutti i lor beni, L^ autor padovano rcri
gistra il nome di chiunque soggiacque a(
tal flagello , per cui perì il fiore di quellas
nobiltà. Qui nondimeno non finirono le^
sciagure di quel povero popolo.
L' avere in questa maniera , cioè qua-^
si dissi tanto vilmente , Massimiliano Ce^i
sare lasciata perdere la nobil città di Pa-^
dova , mosse allora le voci di ognuno , ci
poi le penne degli storici a proverbiarci
la di lui somma disattenzione e indolen-^
za nel non mai unire il suo esercito ci
calare in Italia . Già titubavano anche lei
città di Verona e Vicenza , nella quali
ultima si ritirò in fretta il despota Co-i
stantino ; e d'uopo fu, che per sostener i
la accorresse il signor della Palissa con setH
tecento lance francesi . Intanto i Venezlan;!
ricuperarono tutto il contado di Pndova, (J
venne lor fatto di acquistar anche Ligna-i
go , terra ossia castello forte sull'Adige ^
che mirabilmente servì loro in questa gueri
ra
L
II^BL Anno IVfDIX. 3^9
, Riuscì eziandio ai medesimi un colpa
:iie fece grande strepito per Italia . Se ne
stava Francesco marchese di Mantova nella
isola della Scala con poche truppe > dimen-
tico della vigilanza e delle precauzioni che
3gni accorto capitano dee prendere in tem-
pò di guerra. Di ciò avvisato dai villani
Carlo Marino provveditor di Lignago , se-
gretamente disposte le cose /spedì colà Lu-
cio Malvezzi con dugento cavalli leggeri, e
Gitolo da Perugia con ottocento fanti ^ e
molte brigate di contadini che giunti la
notte, svaligiarono d'armi, cavalli e arne-
si tutti i soldati del marchese . Fuggì egli
in camicia , e nascoso in ufn campo di mi-
glio, o saggina, promise molto ad un vil-
lano, se il salvava; ma da costui tradito
cadde in mano di chi gli faceva la caccia.
Fu condotto a Lignago , e quindi a Vene-
zia , dove fu carcerato nella prigion delle
Torreselle, e quivi per lungo tempo si ri-
posò. L' Equicola ^ e fra Paolo carmelita-
no *, riferiscono al di 9 d'agosto la pri-
gionia di quésto principe r 11 Buonaccorsi
scrive 3^ che nel dì 7 di agosto s'intese
questa nuova in Firenze , Ma falla^ perchè
il Bembo ^ va A' accordo coli' Equicola . In-
tanto il re Lodovico era tornato in Fran-
cia. Per ordine di Massimiliano ì\ princi^
' Equicola Cronica di Mantova- .
* Paul, de Cler. Hisr. MSta .
'' Buonaccorsi Di'ario.
* Bembo.
2i\o Anicali d' Italia
3;e di Analto^ il duca di Briins^vlcJi e Cri-
stoforo Frangiimnc fecero guerra ai Vene-
ziani , e misero sossopra il Friuli e l'Istria,
dove seguirono saccheggi, incendj e baruffe i
non poche. Udine capitale del Friuli fece j
buona difesa ; più ancora ne fece CividaJe !
contro le artiglierie e gli assalti d'essodu- 1
ca . E perciocché ben conoscevano i Vene^ j
ziani , che il pigro Massimiliano Cesare , \
dopo aver tante volte detto di voler cala- ■
re in Italia , una volta infine ealerebbe ^ e? ^
che il sua turbine s'andrebbe a scaricar so- l
pra di Padova, si diedero colla maggior^ ^
sollecitudine a fortificar la città e a prov- ]
vederla di meravigliosa quantità di viveri^ i
e munizioni da guerra . Colà ancora spin- \
sere il nerbo maggiore della lor fanteria es j
cavalleria , colla giunta di dugento giovani '\
veneti volontarj , cadauno de' quali mena \
seco a sue spese dieci;, o quindici, o ven-^ ;
ti uomini armati . Il doge Loredano servi |
d' esempio agli altri col mandarvi due supfc ì
figliuoli . Lo stesso conte di Pitigliano gè-' '
nerale deiresercito, quando fu il tempo , ]
s'andò quivi a rinchiudere. \
Circa gli ultimi di agosto venne alla per- l
fine alla volta di Padova V esercito di Mas- ;
similiano re de' Romani : esercito formida- ;
bile pel numero de' combattenti , ma sen- ]
za ordine , senza unione , perchè composto ^
di varie nazioni e di molti volontarj . Lo
stesso re v'era in persona j ma seco non
era venuto quell' oro che occorreva al bi-
so-
Anno MDÌX. 2.::t
sogno delle grandi imprese, avendo questo
prÌBcipe sempre avuto non minor cura di
raunarne, che di lasciarselo fuggire di ma-
no, avaro insieme e prodigo. Cento cin-
quantacinquemila scudi d'oro_, a lui paga-
ti dal re Luigi per l'investitura di Mila-
no, ottenuta nel dì 14 di giiigno delTanno
presente ^y e circa cento sessantamila du-
cati d'oro che per più capi esso Augusto,
avea ricavato dal papa, fecero presto ìe
filli. Però la pvincipal paga che si dava a
questa gente , era di permetter che saccheg-
giassero tutto il Padovano. Terribile fu
infatti la desolazione di quel fertilissimo
paese, ma costò anche non poco a que' no-
bili assassini, perchè i contadini, oltre all'
essere sempre stati ben affetti e fedeli alla
repubblica , irritati dal cvudel trattamenio
d"* essi imperiali, quanti ne poterono co-
gliere, tanti sacrificarono alla loro vendet-
ta . Venne a rinforzare l' arm.ata cesarea
Ippolito cardinale d^ Este ^ personaggio in-
tendente delle cose di guerra, spedito da
Alfonso duca di Ferrara, suo fratello con
cento lance , dugento cavalli leggeri , due-
mila fanti , pagati a sue spese, e gran co-
pia di artiglierie. Giunse ancora Lodo-vico
Fico corife della Mirandola, mandato da pa
pa Giulio^ con dugento lance della Chie-
sa 5 e dugento cavalli leggeri . Mandovvi
Tomo XXII. Q pa-
* Du-ìlont. Cor^, Diflom.it.
1
242 Annali d' Italia I
parimente il governator francese di Milancd
molti uomini d'armi, e munizioni da guer4
ra in abbondanza . Quando ognun si crede-l
va , che Massimiliano con sì potente eserJ
cito avesse da assorbire Padova, comincici
egli a perdere il tempo in impadronirsi dfi
Limene , Monselice, Este, Montagnana ed
altri luoghi. Lo storico padovano attribuii
sce ancor questo ai consigli del despota
della Morea e del conte della Mirandola!
per le segrete commissioni date loro dall
papa. Si venne pure una volta a stringerci
d'assedio Padova nel mese di settembre h
assedio strepitoso^ descritto dal Guicciardi*^
no , dagli storici veneti , e dall' anonimo^
padovano . Altro a me non permette di di--
re r istituto mio , sennonché per quindici»;
giorni vi si fecero di grandi prodezze dall' i
una parte e dall'altra, é vi perirono mi-{
gliaia di persone; finche nel dì 27 di set- j
tembre fu sì valorosamente difeso un ba- 1
stione dall'assalto degl'Imperiali, che loro i
calò la voglia di tentare di più. Avendo^
dunque assai conosciuto Massimiliano V in- \
superabil difficoltà dell' impresa , scemata di ;
molto r armata sua , vicine le piogge cht
poteano fargli più guerra , che gli stess:
avversar] : nel principio di ottobre si riti- i
rò con tuttie le sue genti in Vicenza . I \
quindi licenziata buona parte di esse , cor '
poco onore se ne tornò in Germania .
Dopo sì felice successo , maggiorment* j
cresciuto l'animo ai Veneziani, ricuperare j
no
^H Anno MDIX. 243
^^Wn facilità Vicenza , aiutati da quel
H|}olo che sospirava di tornare alla loro
ubbidienza. Quindi s'inoltrarono sotto Ve-
rona , città che sarebbe caduta anch' essa ,
se il sÌ2;nor di Sciomonte non l'avesse rin-
■orzata con trecento lance francesi ^ con
lomministrare anche le paghe a quel presi-
dio , a cui non poteva o sapeva provvede-
re Massimiliano . Per questo V armata ve-
neta prese quartiere nel verno a Soave ,
san Bonifazio e Cologna y continuamente
scorrendo poi sino alle porte di Verona , e
tenendola molto angustiata . Ricuperarono
eziandio i Veneti Feltre^ Cividal di Bel-
luno, ed altri luoghi nel Friuli. Ma il lo-
ro sdegno maggiore era contra di Alfonso
duca di Ferrara , non solamente per aver
egli tolto loro il Polesine di Rovigo , ma
per essersi anche fatto investire da Massi-
(miliano Cesare di Este e Montagnana , an-
tichi dominj della sua casa . Pertanto a' suoi
danni spedirono per Po un'armata di di-
ciotto galee, di alcuni galeoni , e di assais-
sime altre barche, tutte piene di combat-
tenti , sotto il comando di Angelo Trivi''
sano . I saccheggi ed incendj di qua e di
là dal gran fiume , furono per più giorni il
continuo loro esercizio: lo che riempiè di
spavento la stessa città di Ferrara. A que-
sto improvviso temporale non punto sbigot-
tito il duca Alfonso, unite che ebbe le sue
genti, ed ottenuto anche un rinforzo di
Francesi , uscì contro i Veneti , premendo
Q 2 a lui
244 An N A L r d' I TAL I A
a luì specialmente di sloggiarne da nna ba-
stia che essi aveano piantata di qua dal Po
in faccia alla Polesell.r. Sanguinoso ed inu-
tile riuscì r assalto dato a quel sito nel dì
50 di novembre. Perì in quelle battaglie \
Lodovico Fico conte della Mirandola , stan- \
do a' fianchi del cardinal d'Este, Fu anche j
nel dì 4 di dicembre presa dai Veneziani ì
la città di Cr>macchio , e saccheggiata eoo ^
tutte le barbare appendici della licenzia mi- j
liiare. Maniera non appariva di levarsi!
di dosso così malefici spiriti, sennonché l* :
ingegno del cardinal d' Este seppe trovare ^
un valevol esorcismo. Non'pochi cannoni e-
colubrine fece egli postare di notte dietro i
gli argini del Po disopra e disotro dell^ {
flotta veneta ; e col taglio d' essi argini '.
formate le occorrenti troniere , sul fare J
dell'alba nel dì 22 di dicembre cominciò a i
salutar con que' bronzi le galee e barche \
nemiche. Due di quelle galee calarono a ]
fondo, una restò consunta dal fuoco. Ognu* j
no cercò di fuggire. Lo stesso Trivisano \
ebbe pena a salvarsi. Giunte ancora addos- j
so a loro molte barche piene di soldati \
ferraresi fecero del resto , in maniera che ;
vi restarono circa tremila Veneti o uccisi^ j
o annegati, o presi. Vennero in potere di ^
Alfonso tredici galee con assaissimi altri j
legni, molte bandiere, infinite munizioni j
da bocca e da guerra; e il tutto trionfal-
mente fu condotto a Ferrara , dopo ave«
presa a forza d'armi la bastia de'Veneziar
ni,
Anno MDIX. 245
, con tagliar a pezzi secento Schiavoni
e ivi erano di presidio.
Con questi si strepitosi successi terminò
campagna dell'anno presente in Lombar-
dia . Altri àe ne contarono in Toscana .
^fcperciocchè i Fiorentini , il maggior pen-
^Sero de' quali era la ricuperazion di Pisa,
mentre ìg altre potenze erano impegnate
altrove , si accinsero a dar l'ultima mano
quell'impresa. Sapeano , che quell' osti-
to popolo per la fame si trovava ridot-
to ad un miserabile stato , cibandosi la
jrlebe de' piìi schifosi alimenti. S'erano pre-
parati in Genova molti legni , per condur*
10 a quella città una buona quantità di
grano . Se n' ebbe notizia in Firenze ,
cpperò furono inviati uomini d' arme e ar-
tiglierie alle foci dell'Arno, e vai di Ser-
chio , per impedire il passo . Furono astret-
ti nel dì 18 di febbraio i Genovesi a tor-
narsene indietro. Fabbricate poi due bastie
con un ponte sopra Arno, strinsero i Fio-
rentini maggiormente quella città ^ i cui
rettori finalmente vedendo disperato il ca-
so^ mossi ancora da qualche interna solle-
vazione , inviarono ambasciatori a trattar
della resa. Benché avessero i Fiorentini po-
tuto aver quella città da lì a poco tempo
a discrezione , e vendicarsi di quel popolo
da cui aveano ricevute non poche ingiurie,
pure non lasciarono da saggi di accettar
^a resa con delle condizioni molto amore-
jli e vantaggiose ai Pisani : capitolazione
Q 3 che
2^6 Annali d'Italia |
che fu anche religiosamente osservata ; daW
che ne venne loro gran lode . Vi entraron(
dunque pacificamente nel dì 8 di giugno
e vi fecero tosto rifiorir l"* abbondanza eh
pace .
Annodi Giusto 1510^ Ind. xiir.
di Giulio II , papa 8.
di Massimiuaìso re de'Rom. 18.
i\ on fu men del precedente fecondo il ì
presente anno di guerre, di spargimento!
di sangue e di rivoluzioni in Lombardia . 1
Per conto de' Veneziani , dolorosa bensì lo- ì
ro riusci la perdita che fecero di Niccolò \
Orsino conte di Pitigliano che per le tante '
vigilie e fatiche patite nella difesa di Pa* j
dova infermatosi in Lunigo , sul fine di i
febbraio cessò di vivere in età d'anni ses- \
santotto. Fu portato il suo cadavero a Ve- )
nezia, e datagli sepoltura ne' santi Giovan- j
ni e Paolo, con aver poi la gratitudine del \
Senato posta a sì fedele sperimentato ge-
nerale una statua dorata ;, e una molto ono-
revole memoria . Ma raggi di speranze mag-
giori cominciarono a trasparire per la re- \
•pubblica -veneta dal canto di papa Giulio . ,
Dacché questi ebbe riacquistato quanto ap-
parteneva di Stati alla Chiesa romana , fé- |
cero gran breccia nel cuore di lui l'umilia- |
zione de' Veneziani^ le insinuazioni de' car- ?
dinali veneti in Roma , e più d' ogni altra |
cosa il considerare, che non era bene il ^
to- !?^
J
Anno MDX. 247
totale abbassamento della potenza veneta
le specialmente veniva riguardata come
>stegno deir Italia contra del Turco; e
per lo contrario potea solamente nuocere
l'ingrandimento de' potentati oltramontani
in Italia. Però fin d' allora concepì compas-
sione verso la repubblica , e abborrimento
alla lega di Cambrai . Vi volle del tempo
a smaltir tutte le rigorose condizioni che
il papa esigeva da' Veneziani , se bramava-
no daddovero di rimettersi in sua grazia ;
ma questi infine prendendo legge dal pre-
sente bisogno e dall'inflessibilità del pon-
tefice , gli accordarono quanto eì volle .
Epperò nel dì 24 di febbraio furono am-
messi gii ambasciatori veneti , e data l'as-
soluzione alla repubblica : del qual passo
sopra gli altri si mostrò malcontento il re
di Francia che da ciò ben comprendea ,
dove già piegasse l' inclinazion del ponte-
fice . Più chiaramente se n' avvide egli di-
poi, perchè Giulio si diede a maneggiar
pace fra Massimiliano Cesare e i Venezia-
ni , e a muovere 1' Inghilterra contro la
Francia e a tirar dalla sua gli Svizzeri .
De' suoi negoziati altro a lui non riuscì
sennon quest'ultimo, avendo egli stabilita
lega con que' cantoni, lo che fatto alzò mag-
giormente il capo , e cominciò a muovere
liti contra di Alfonso duca di Ferrara ; mal
digerendo , eh' egli fosse sì attaccato alla
Francia . Imperiosamente dunque gli coman-
dò di non far da lì innanzi sale a Comac-
Q 4 chio
248 Annali d' I t a l ia
chio in pregiudizio delle saline di Cervia ,
siccome dianzi non ne facea, quando Cervia
era in mano de* Veneziani , Al che rispon-
deva il duca di non essere tenuto per al-
cuna capitolazione col papa /per questo , né :
dovergli tssere ciò impedito , dacché egli j
riconosceva per le sue investiture solamen- ^
te dalTimpcio la città di Comacchio. Su- :
scitQ ancora altre querele col re Lodovico ,. ;
una delle quali fu , eh' egli non avesse a i
ritener sotto la sua protezione esso duca ^
di Ferrara , \
Intanto il re di Francia che per tempo ^
con un trattato s'era assicurato del re di^l
Inghilterra, assai chiarito della disattenzio- j
r,e del re àe' Romani , informato ancora 1
dei disordini eh' erano in Verona con pe- \
ricolo , che quella città ricadesse in potè- '
re de' Veneziani , stante la continuata vi- ;
cinanza del loro esercito a qut;l!a città : \
ebbe cura di assodar meglio quell' antemu- ;
rale allo Stata di Milano. Dati perciò ses- 'j
santamila ducati d^ oro a Massimiliano ^ |
ne ricevette in pegno la cittadella di Ve-|j
rona ( dove mise buon presidio ) e il ca-
stello di Lignago ^ se poteva rìtorlo a'Ve-
ueziani . Quindi amendue si diedero a far
gran preparamenti d' armi , per continuare
pia che mai la gacrra contro la repubbli-
ca, la quale dal canto suo non tralasciava
d' armarsi affin di resistere a tanti nemici.
Presero i Veneziani per governatore dell'
esercito loro Lucio Malvezzo , e per capi-
ta-
x\ N N o MDX. 249
tano clelli fanteria Lormzo , appellatoria-
zo , da Ceri ; nel qual tempo con intelli-
genze che aveano in Verona j, tentarono una
notte di sorprendere quella città colle sca-
le. Andò il colpo fallito ; lo che costò la
vita a molti che furono creduti , o trovati
veramente rei della congiura . Venuto il
mese d'aprile, eccoti comparire a Verona
mille cavalli ed ottomila fanti inviati da
MassimilLano Cesare sotto il comando del
principe d' Analt . Di là a non molto Carla
d' Ambosia governato)' di Milano con Gian-
Giacomo TrivulziOy seco conducendo mille e
cinquecento lance, diecimila fanti,, tremila
cavalli leggeri , e grosso treno d'artiglieria,
vennero a passar l' Adigetto alla Canda ^ e
cominciarono ad entrare sul Padovano. Al-
fonso duca di Ferrara mosse anche egli le
Etmi sue nel dì 12 di maggio^ e tornò a
farsi rendere ubbidienza dall^olesine di Ro-
vigo, daEste, e dagli altri luogi che anti-
camente furono signoreggiati da' suoi mag-
giori , che nel precedente autunno gli era-
no stati ritolti da' Veneziani, All'appros-
simarsi di sì poderosi nemici s' era già 1' e-
sercito- veneto ritirato dal Veronese a Vi-
cenza; ma perchè neppur quivi si tenne si-
curo, passò oltre sul Padovano alle Brentel-
le . Abbandonati i poveri Vicentini, gente
ben consapevole del mal animo che nudri-
va il principe d' Analt contra di loro, pre>
tendendoli ribelli , gli spedirono ambascia-
tori . Solamente poterono ottenere, che la
cit-
250 Ankalid' Italia
città restasse esente dal fuoco, purché pa- i
gasserò trentamila ducati d'oro. Ebbe tcm- \
pò quel popolo di salvare io Padova ed in |
altri luoghi il meglio delle robe sue e mo- 1
gli e figli j ed essendo restati pochi abita- ì
tori in quella città: arrivati che furono i I
Tedeschi, rubarono ciò che poterono, ma ]
non ciò che speravano . Un atto di somma 1
crudeltà commisero dipoi i Tedeschi . A \
Costoza villa del Vicentino sotto la mon- \
tagna cavate si truovano grotte, o caverne -
di rairabil estensione ( dicono di tre mi-J
glia ) a guisa di Labirinto, formate uni- :
camente per opinion d'alcuni , dai cavato- ^
ri di pietre atte al fabbricare . Son chia- \
mate il Covolo , ossia la grotta di Milano. ■
Qualunque sia stata V origine d' esse , che ]
è tuttavia in forse, colà entro s'era rifu- \
giato uno sterminato numero di Vicentini 1
infelici , ed anche di nobili colle lor fami- \
glie e massarizie , credendosi ivi in sicu- \
ro , come altre volte _, e specialmente nella \
guerra dell' anno precedente erano stati . |
Informata l'avida gente tedesca che ivi si \
nascondeva un ricco bottino, corse per im- i
padronirsene . Ma perchè l'entrata era stret- ;
ta, e ben difesa da quei di dentro ^ rau- \
nata gran copia di fascine e paglie , e spin- \
tala nella imboccatura delle caverne , tanto \
fumo con attaccarvi il fuoco entrò colà , ;
che ne rimasero soffocate da secento per- ^
$one tra grandi e piccoli, e forse più: \
barbarie che anche oegidì fa orrore. ;
Re. ^
Anno MDX. 251
Restò ì' esercito tedesco sul Vicentino,
perchè impedito di passar oltre. Intanto i
Francesi, a' quali premeva di acquistar Li-
gnago , ne formarono T assedio , in cui se
meravigliosa fu la lor bravura , non minor
fu quella dei difensori. Pure in sette soli
giorni formate le brecce, nel dì 12 di giu-
gno per forza entrarono i Francesi in quel
castello, creduto allora inespugnabile , ed
un orrido sacco vi diedero colla morte di
dugento fanti veneziani, e di moltissimi
degli abitanti. Scrive fra Paolo Cherici car-
melitano, della cui Storia ms. mi servo
io ora, che essendo ivi fanciullo di nove
anni, vide quel fiero scempio, e quasi mi-
racolosamente si salvò dalle spade france-
si . Carlo Marino provveditore coi capitani
ritiratisi nella rocca, non tardò a rendersi
a discrezione con restar prigioniere . Tale
fu il principio di questa campagna, per cui
i Veneziani vedendo andare di male in
peggio le cose loro , condussero al loro sti-
pendio cinquecento Turchi sotto il coman-
do di Giovanni Epirota. Ricorsero ancora
in Costantinopoli al gran signore, rappre-
sentandogli il pericolo suo, se lasciava tan-
to ingrandire i principi cristiani. Ne ripor-
tarono di grandi promesse che poi tutte fi-
nirono in fumo. Ma le maggiori loro spe-
ranze erano riposte in Papa Giulio^ che
dimentico affatto degli obblighi contratti
nella lega di Cambrai , tutto avea rivolto
l'animo alla loro difesa. Si studiò egli di
se-
25^ Annali d'Italia
separar Massimiliano Cesare da' Francesi ^
con offerirgli il danaro occorrente per ri-
scuotere da essi la cittadella di Verona; e
perciocché avea già fatto nascere liti col re
Lodovico, cominciò un trattato in Geno-
va, per fargli ribellare quella città. Cererò
ari : ra di muovere Arrigo re d'Inghilterra
co ri ira di lui. Quello che più importa , pre-
so al suo soldo quindicimila Svizzeri , ac*
ciocché scendessero ai danni del re nello
Stato di Milano . Calata poi la visiera , cac-
ciò da se gli oratori d'esso re e del duca
di Ferrara ; e mentre quest' ultimo si tro-
vava colle 3ue genti ed artiglierie all'asse-
dio di Lignago, gli fece comandare^ che
desistesse dall'aderenza de' Francesi. Per
quante ragioni il duca sapesse allegare j e
per quanto s'interponesse Massimiliano in
favore di lui, il pontefice ntl dì 9 d'ago-
sto^ benché appoggiato^ a sole ragioni fri-
vole, per non dir calunniose, fulminò con-
tra d'esso Alfonso tutte le maggiori censu-
re e maledizioni ^ dichiarandolo decaduto e
privato del dominio di Ferrara^, e di quan-
to egli riconosceva dalla Chiesa. Quindi
mosse tutte le sue forze, comandale da
Francesco Maria suo nipote e duca d' Ur-
bino, contra dei di lui Stati.
Per queste novità gli affari della repub-
blica , che pareano in total decadenza , co-
minciarono a mutare aspetto. Riuscì bensì
all' armata francese che s'' era unita coli' im-
periale, di tagliare a pezzi per la maggior 1
■ P3^""" I
Anno MDX. 255
parte la cavalleria turchesca che militava
per li Veneziani. Dopo di che si presenta-
rono le due armate sótto Monsclice , e ne
cominciarono con grand' empito T assedio.
Ma dai movimenti e trattati del papa;, che
vennero a scoppiare , rimasero sturbati tut-
ti i lor9 ^^segni . Cioè s'intese, che 'Mar-
co Antonio Colonna con grossa compagnia
di cavalli e fanti avea passata la Magra ed
occupata la Spezie ; e giunte colà tredeci
galee, si disponevano a rimettere in Ge-
nova Giovanni ed Ottaviano Fregosi . Gli
Svizzeri già raunati minacciavano d'entra-
re nello Stato di Milano. Il duca d'Urbi-
no col cardinale di Pavia ^ e con grosso
esercito nel dì tre di luglio diede princi-
pio anch' egli alle ostilità centra del duca
di Ferrara, con prendere massa de' Lom-
bardi^ Bagnacavallo , Lugo ed altre terre.
Ed ecco dove s' impiegavano allora i tesori
della Chiesa romana. Ai primi avvisi dita-
li movimenti Carlo d' Ambosia signore di
Sciomonte accorse col principal nerbo delle
sue milizie alla guardia dello Stato di Mi-
lano , e il duca Alfonso a Ferrara. Venne
poi fatto agl'Imperiali dopo molte fatiche
di prendere per assalto la rocca di Monse-
lice colla strage di tutto quel presidio. Ma
da li innanzi conrenne ai collegati pensar
più alla difesa propria, che all'offesa al-
trui. Mentre il duca di Ferrara attendeva
a premunirsi contra dell'armata pontificia
in Homagna, un maggiore inaspettato^ in-
cen-
254 Annali d' Italia
cendio divampò in altra parte ; perciocché
avendo gli iifKziali del papa intelligenza in
Modena coi conti Francesi Maria e Gerardo
tic' Rangoni , appena comparvero a Castel-
franco, che questa città mandò loro le chia-
vi, dimanierachè v'entrarono pacificamen-
te la notte precedente al dì 19 d'agosto,
e la cittadella tardò poco a capitolare
anch'essa.. Impadronironsi poscia di Carpi,
di san Felice e del Finale , e portarono la
guerra fin presso a Ferrara colla sua sepa-
razione del ramo del Po , che allora scor-
rca presso di quella città . Ad animar mag-
giormente le armi pontifizie ci mancava la
persona dello stesso guerriero papa Giulio '^
ed egli non lasciò di comparire a Bologna ,
nel dì 22 di settembre. Nel qual mentre i
Veneziani per terra e per Po fecero aspra
guerra nel Polesine e Ferrarese al duca Al-
fonso, il quale intrepidamente or qua or là
scorrendo, studiò di sostenersi in mezzo a
tante tempeste. Tali doglianze poi fece Mas-
similiano Cesare col papa per l"* occupazion
di Modena città dell'impero, che Giulio si
indusse a depositarla in mano di lui nel
dì trent' uno di gennaio del seguente anno,
con patto di non restituirla al duca Alfon-
so, e che intanto si esaminasse a chi essa
dovesse appartenere. Era finqui stato pri-
gione in Venezia Francesco Gonzaga mar-
chese di Mantova. V'ha chi scrive, che
per le minacce del sultano de' Turchi , gua-
dagnato dai Mantovani , o dal re di Fran-
cia,
■
ANNO MDX. 255
tiz , fu messo in libertà. Tuttaria par più
probabile^ che ciò avvenisse per T interpo-
sizione di papa Giulio , e per li saggi ri-
flessi del Senato veneto ; avendo essi cono-
sciuto, quanto potesse lor giovare il tirar
questo principe nel lor partito in circostan-
ze di tanto rilievo. La verità si è, ch'egli
nel dì 30 di luglio non solamente uscì di
prigione , ma fu anche rimesso in grazia
de' Veneziani ; e il papa che avea privato
il duca Alfonso del grado di gonfalonier
della Chiesa , conferì questa dignità allo
stesso marchese nel dì tre di ottobre, come
consta dalla sua bolla presso il du-Mont^.
Così quel principe sposò anch' egli , (alme-
no in apperenza gì' interessi del papa e dei
Veneziani : [nel che nondimeno si compor-
tò dipoi con molta saviezza .
Dappoiché colla partenza dello Sciomon-
te e del duca di Ferrara V esercito di Mas-
similiano si trovò troppo snervato in pa-
ragone del veneto^ prese la risoluzione di
ritirarsi a Verona, e di abbandonar Vi-
cenza che tornò alla divozione della repub-
blica . Nel ritirarsi ebbero le sue genti sem-
pre alla coda i Veneziani, i quali tuttoché
fosse lor presentata la battaglia , mai non
vollero accudire a sì azzardoso giuoco . Di
questo buon vento si prevalsero ancora gli
altri provveditori veneti , per riacquistare
Asolo del Trivisano 5 Marostica , Cividal di
Bel-
« Du-Mont Corp. Diplorniju
25^ Annali k' Itali a' i
Belluno, il Polesine di Rovigo , ed alUi j
luoghi. Passò dipoi il grosso loro esercito J
sotto Verona , e messa mano allei artiglia- j
rie , cominciarono a bombardare quella ]
città. V'era dentro il duca di Termine ^ \
«ffiziale del re Ferdinando , a cui per es- j
sere morto in quel tempo di flusso ììprin- i
vlpe dì Analt , era toccato il comando \
delle truppe collegate . Fece egli buona di- ì
fesa sì per ripulsare gli aggressori , corno ^
per tenere in freno i Veronesi , molti dei \
quali manteneano corrispondenze co' Vene- ,
2iani ; finché un capitano spagnuolo , chia- ]
mato Calandres , ottenuta licenza dal du- -
ra , uscì una notte con quattrocento fanti , \
e con tal valore assalì la guardia delle ne- \
miche batterie, che ne fece strage grande, ^
con inchiodar anche quattro de'lor canno- i
ni, e gittarli nella fossa. Vi perì fra gli ]
altri Gitolo da Perugia^ uno de' più vaio- ^
rosi capitani dell' armata veneta . Questo \
colpo ^ e l'avviso, che gli Svizzeri, sicco- \
me dirò fra poco , erano tornati a casa lo- \
ro, cagion fu, che i Veneziani dopo tre ;
dì^ cioè nel giorno dodici di settembre , ]
levarono il campo, e si ritirarono a Soa-^
ve e a san Bonifazio . Mentre di questo j
tenore procedevano nella bassa Lombardia j
le cose della guerra, per opera di papa ^
Giulio tentato fu di far ribellare al re di \
Francia la città di Genova ^. In quelle vi- \
ci-
' j^gOTttno Giustint'ani Annali di Genova' C tticci ordino - i
Senavega de Re'f. Genuens-
m
Anno MDX. 257
cinanze già era giunto il Colonna colle mi--
lizie del papa per terra ; e le galee vene-
te anch' esscj dopo aver preso Sestri e Chia-
var© , si presentarono a Genova , sperando
ivi delle già manipolate sollevazioni . Ma
niun si mosse j ed essendo accorsi in quel-
la città varj aiuti , convenne ritirarsi ; e
a chi dovette tornar per terra , costò ca-
ro. Non per questo si quietò il pertinace
animo di papa Giulio . Sul principio di set-
tembre di nuovo spedi verso Genova più
numerosa flotta , sperando , che gli Svizzer-
ri per terra venissero nello stesso tempo
a darle mano per assalire quella città .
Svizzeri non si videro ; ed usciti con buo-
na copia di legni i Genovesi , diedero la
caccia ai pontifizj , facendoli tornare con
gran fretta a Civita-vecchia. Quanto ad
essi Svizzeri mossi dal papa contro lo Sta-
to di Milano, calarono ben essi verso Vare-
se, ma sprovveduti d'artiglierie, di pon-
ti, e d'altri arnesi da guerra . S'inoltraro-
no verso Appiano; e i' Ambosia, o vogliam
dire lo Sciomonte, quantunque assai de-
bole di forze, gli andava costeggiando , e
Tenendoli ristretti con varie scaramucce .
Piegarono dipoi verso Como^, e infine scor-
gendo le difficoltà di passar oltre, oppure
per mancanza di vettovaglie , se ne tornarono
bravamente alle lorcase^, avendo mangiato
a tradimento il pane del papa . Pretendono
gli storici genovesi contemporanei, che co-
storo , dopo avere ricevuti dal papa set-
.Tomo XXII. K tan-
258 Annali d' Italia
tantamila ducati d' oro per renire^ rice- ]
vesserò poi da' Francesi altra buona somma '
per tornare indietro, non senza infamia !
del loro nome.
Tornata che fu la quiete in Genova e j
nello Stato di Milano , 1' Ambosia si mosse j
per venire in soccorso del duca di Ferra- \
ra, che era battuto da taiate parti . Si pen- ■
sava egli di potere ricuperar Modena , ma l
essendo entrato in essa città un buon pre- \
sidio , e ridottosi a questa parte tutto Te- =
Sercito pontificio , nulla potè per un pezzo 1
operare . Servì nondimeno questo suo mo- -
vimento a far respirare il duca Alfonso che j
potè allora ripigliar il Finale e Cento, Ma j
mentre egli si preparava ad unirsi, con lo ;
Sciomonte ^ gli fu d'uopo attendere a casa ^ ]
perchè i Veneziani con due armate, parte ]
per terra, e parte pel Po, vennero ad in- ]
testare il Ferrarese . Riuscì al prode duca ■
nel di vent'atto di settembre colle sue l
genti comandate da Giulio Tassoni di dar ^
loro due sconfitte in Adria e alla Polesel- ì
la y con condurre a Ferrara settanta dei lo- \
xo legni, molta artiglieria, ed altre pre- \
de. Deliberò in questi tempi lo Sciomon- i
te, dopo aver preso Carpo , .di portar la i
guerra sino a Bologna , commosso special- i
mente dalle premure di Annibale e di Er- ]
mes Bentlvogli che gli rappresentavano fa- j
cilc queli' acquisto . Però nel dì diciassette]
d'ottobre occupato colle artiglierie il ca- |
slello di Spilamberto, e foi Castelfranco ,|
ael
Anno MDX. 259
nel dì 19 fece scorrere alcune squadre di
cavalleria fino alle porte di Bologna . Gran
paura n'ebbero i cardinali e cortigiani del
papa , che ivi si trovava convalescente , ma
non già il papa stesso ; ^ vi vollero gli
argani ad indurlo a trattar di pace, per-
di' egli aspettava a momenti un gagliardo
soccorso da' Veneziani e dal re Cattolico .
Pure lasciatosi vincere, inviò Gian-France-
sco Pico, conte della Mirandola e celebre
letterato, allo Sciomonte , più per voglia
di guadagnar tempo , che di accettar pace
pJcuna . Alte furono le condizioni proposte
dal generale francese, che si veggono re-
gistrate dal Guicciardino; e si andò gio-
cando di scherma alcuni dì, finche soprag-
giunti a Bologna dei grossi rinforzi di gente
questi fecero ritornare il papa alla consueta
alterezza e spi'ezzo de' nemici . Lo Sciomon-
te^ a cui mancavano le vettovaglie, se ne
tornò indietro sonoramente deluso , penten^
dosi^ ma inultilmente , di non essere mar-
cialo a dirittura a Bologna che sguarnita
allora potea facilmente cadere in sua
innno .
Fumava di rabbia papa Giulio , uomo
per consenso di tutti gli storici impastato
di bile, e tacciato ancora di disordinato
amore del vino , per l' insulto fatto da' Fran-
cesi ad una città pontificia , e città , dove
soggiornava egli stesso in persona . Si ro-
deva tutto ancora d' odio contra di Alfon-
so duca di Ferrara , per vederlo sostenuto
il 2 si
26o Annali n' Italia |
sì poderosamente da' Francesi. E giacche ì
questi s' erano per la maggior parte ritira- I
ti nello Stato di Milano, pieno di ardore 1
e di speranza di conquistar Ferrara , do- j
pò avere unito ad un gagliardo esercito le
schiere a lui inviate dal re Cattolico, mos«.
se le sue armi a quella volta. Mail verno
era venuto, le strade si trovava quasi im-
praticabili; epperò da lui fu presala riso-
luzione di assediar intanto la Mirandola ,
piazza forte e fornita di presidio francese.
All'armata sua riuscì nel dì 19 di dicem-
bre di aver per forza la terra della Con-
cordia : lo che fatto passò all' assedio della
Mirandola j col cui acquisto si veniva mag-
giormente a stringere e bloccare Ferrara .
Circa questi tempi Lodovico XII re di Fran-
cia , oltremodo alterato pel procedere del
pontefice, il quale infine fatto mettere in
castello sani' Angelo il cardinale d' Auch^
ministro deputato agli affari del re in Ro-
ma 5 si diede a studiar le maniere di op-
porsi a maggiori disegni e tentativi diluì.
Nel dì 17 di novembre assodò con un nuo-
vo trattato la lega con Massimiliano Cesa-^
re. Avendo anche fatto raunare nel dì' tre >
di settembre un copioso concilio ^ ( con-
ciliabolo appellato da altri ) de' vescovi di
Francia^ volle udire il lor parere, se era
lecito a lui il difendere contro il papa un
-principe dell' impero j a cui esso papa avea
mos-*
l..';i;be Cq^cìL T. 13 Belcaire Cav.mcnt. Ciall,
m
Anno MDX. 261
tttdssà guerra con pretensioni sopra un©
Stato che quel principe teneva dall'impero
con prescrizione più che centenaria. Gli
fu risposto di sì . Fa d' avviso V autore
francese della Lega di Cambrai ^, che que«
sia dimanda riguardasse i Bentivogli , i
quali Giulio II avea cacciati da Bologna
dopo un possesso centenario . Ma chiara co-
sa è, che si parlava della città .di Cornac-
cliio ^ posseduto dalla casa d'Este con sole
investiture imperiali per più di cento cin-
quanta anni. Se quello scrittore avesse con-f
sultato il Mezeray * e il Serves 3 ^ stori-
ci francesi : avrebbe conosciuto , che la lite
era per un feudo dell'impero, nominata-
mente per Comacchio . 1 Bentivogli inter-
polataménte signoreggiarono in Bologna ,
riè mai pretesero, che quella fosse città
dell' impero , anzi ne riconobbero sempre
per sovrani i papi . E fin qui si poteano
comportare le precauzioni del re Lodovico*
Ma egli si lasciò trasportare più oltre, es-
tendo convenuto con Massimiliano di far
convocare a Lione un concilio generale, per
trattarvi della riforma della Chiesa ;, e con
animo , per quanto fu creduto , di deporre
papa Giulio ,' il quale invece di adempire il
giuramento da lui fatto di raunar esso con-
cilio 5 s'era dato alle armi con iscandalo
R 3 deU
' Hi st otre de la Ligue de Cambray .
* Me^fray Uistoite de France T. a.
' Senes Histoire de France To7n\%>
^€2 Annali d' Italia
della Cristianità. E già cinque cardinali dis-
gustati di lui, e fuggiti dalla sua corte ,
minacciavano questo scisma . Non manca
chi ha scritto, aver pensato Massimiliano
di farsi eleggere papa, o di farsi dichia-
rar capo della Chiesa come imperadore .
Sembra ben giusto il creder questa una
delle vane , anzi ridicolose dicerie di quei
tempi. La pietà è stata sempre doto ere-
ditaria dell'augustissima casa d'Austria, e
di questa niuno osò dir mancante Massimi-
liano imperadore eletto . Con ciò si diede
il re Luigi a far nuovi preparamenti di
guerra^ siccome all'incontro papa Giulio
dal suo canto a maggiormente tirare nel
suo partito Ferdinando il Cattolico , prin-
cipe che al pari di lui abborriva V ingran-
dimento de'Francesi , e sommamente sospi-
rava di cacciarli d'Italia.
Anno di Cristo 1511, Indiz. xiv.
di Giulio li, papa 9.
di Massimiliano re de'Rom
V idesi nel verno di quest'anno uno spet-
tacolo che fu e sarà sempre deplorabile
nella Chiesa di Dio : cioè un vecchicf papa
fare da general d' armata , e comandar ar-
tiglierie ed assalti : senza curare l'alta sua
dignità e i doveri di chi è vicario del
mansueto e pacifico nostro Salvatore . Si
continuava l'assedio della Mirandola dall'
esercito pontificio , accresciuto da molte
mi-
Anno MDXI. 263
milizie venete ; ma non con quella celerilà
che avrebbe voluto V impaziente papa Giu-
lio Il 'i passato a san Felice, per accalorar
r impresa in quelle vicinanze ^. Natigli in
cuore sospetti e diffidenze contra de' capi
tani , e tì:i contro lo stesso suo nipote dii
ca d' Urbino , si fece egli portare in letti-
ga al campo • Fu quel verno uno de' più ri-
gorosi, che mai prova^.se l'Italia. Per più
giorni nevicò ; tutto era neve e ghiaccio ,
e frequente un asprissimo vento . Pure nul-
la potè trattenere il marziale ardore del
papa dair assistere ai lavori, a far piantare
le artiglierie e a regolar gli attacchi , con
essere più volte stata in pericol/j della vi-
ta la sacra sua persona; mentre i cardina-
li colla testa bassa e coM' animo afflitto
detestavano somigliante eccesso. La brec-
cia formata, e il grost^o ghiaccio sopravve-
nuto alle larghe e profonde fosse della Mi-
randola , indussero Francesca figlia di Gian-
Jacopo Triviilzio , e vedova del fu conte
Lodovica Picoy a capitolar la resa di quel-
la piazza . Tanta eia la voglia del papa di
entrarvi^ che senza voler aspettare, che si
disimbarazzasse ed aprisse la porta, per la
breccia con una scala v'entrò nel dì 21 di
gennaio , e ne diede poscia il possesso a
Gian-Francesco Pico che la pretendeva di
sua ragione. Si fermò il pontefice dieci
giorni ivi, per prendere riposo dopo tan-
K 4 te
* Bembo, Guicciardino, St»rta i^en, MSta.
2^4 A N Ma LI d*Italia
Te fatiche , e poi se ne andò tutto glorioso
a Ravenna, con tenersi oramai in pugno
r acquisto anche di Ferrara . Trovavasi
Carlo d' Ambosia signor di Sciomonte ,, e \
governator di Milano , svergognato non pò- i
co, per essersi lasciato burlare sotto Bolo- -
gna , e per non aver dato soccorso alla ]
Mirandola: perlocchc era caduto in disgra- 1
zia anche presso i suoi soldati . Rondava \
egli intorno a Modena , e inteso, che v'erai
dentro poco presidio, ma senza sapere, o^
fìngendo di non sapere, che "questa città ^
r avesse ricevuta Massimiliano Cesare ini
deposito, e mandato a governarla un suo^
uffiziale : gli cadde in pensiero di ricupe- i
rarla nel dì i8 di febbraio, e di cancellar 1
con questa prodezza il disonor passato. Ma^
non gli venne fatto, perchè niun de' citta-;
dini , come era il concerto, si mosse. Ri-i
tiratosi poi egli a Correggio , ed inferma-*
tosi, diede fine al suo vivere nel dì io dij
marzo con che restò prò interim il coman-i
do delle armi francesi a Gian-Giacomo Tri"
'vulzio maresciallo di Francia, generale di^;
gran nome nel mestier della guerra.
Stando papa Giulio in Ravenna , avea
spedito un corpo di cinquemila fanti, so-
stenuti da alcune squadre di cavalli legge-
ri e d'uomini d'armi, con ordine di pren-
dere le bastia della Fossa Zaniola, antemu'
rale di Ferrara verso il Po d'Aragona. Pei
secondar l'impresa, passarono a quella voL
ta tredici galee sottili e molti legni mino
ri
Anno MDXI. ^%
ri de* Veneziani. Il duca di Ferrara, a cui
premeva forte di sostenere , quel sito , mes-
se insieme le sue genti , alle quali si unì
lo Sciattiglione con alcune schiere france-
si , con tal segretezza marciò a quella par-
te , che si scagliò loro addosso nell'ultimo
giorno di febbraio , quando a tutt' altro
pensavano. Fu in poco tempo sbaragliato
quel picciolo esercito con istrage e prigio-
nia di molti , e coli' acquisto di molte ban-
diere, artiglierie e bagaglio. Riuscì dipoi
al medesimo duca nel dì venticinque di
marzo di battere e far fuggire la flotta
veneta che s' era inoltrata fino a sant' Al-
berto, ed applicata a combattere un bastio-
ne, con prendere due fuste, tre barbotte ,
e più di quaranta legni minori e molti
cannoni. Fu per questi tempi trattato assai
caldamente di pace , essendosi a questo
fine portato a Bologna il papa^ dove an-
cora comparvero il vescovo gurgense per
Massimiliano , e gli ambasciatori di Fran-
cia , Spaglia, Venezia, e d'altri potentati.
Ma nulla si potè conchiudere . Però il Tri-
vulzio , dacché svanita questa speranza , tro-
vandosi alla, testa d' un poderoso esercito
francese ^ e ansioso di far qualche impresa ,
sul principio di maggio arrivò alla Concor-
dia sul fiume Secchia, e, secondo il Guic-
ciardino , la prese . L' anonimo padovano
mette più tardi questo fatto, siccome dire-
mo . Seco era Gastone di Foìs duca di Ne-
meursy figlio d'una sorella del re di Fran-
cia,
2.66 Annali d'Italia \
eia, giovane pieno di spiriti, poco fa ve- ]
nuto di Francia , ohe diede uno de' primi \
saggi del suo valore contra di Gian-PaoK> i
Maofrone, capitano di trecento cavalli leg- ]
gerì veneti 5 con far prigione lui a Massa j
del Finale, e dissipar la sua gente . Dissi .
uno de' primi saggia perchè a lui parimen- \
te s'attribuisce T aver dianzi parte uccisi e ]
parte presi dugento e più cavalli veneti , j
comandati da Leonardo da Prata cavalier \
getosolimitano, che vi lasciò la vita . S' inol- ]
uò poscia il Trivulzio colTesercito suo fino ^
a Boniporto sul Panaro: nel qual tempo pa- j
jpa GluliOy sentito che si avvicinava questo :
brutto temporale, preso consiglio dalla pru- j
denza , e più dalla paura, determinò di ab- i
bandonar Bologna. Ma prima di mettersi ^
in viaggio , fece un' efficace parlata al Se- \
nato e nobiltà esortando ognuno alla dife- |
sa della città : al che mostrarono essi una ì
mirabil prontezza che fu poi derisa dal ]
Guicciardino , ma difesa da una penna Bo- ]
lognese. Nel dì 14 dì maggio il papa se j
ne partì colla sua corte , e andò a mettere 1
di inuovo 1e residenza in Ravenna . Restò l
governatore di Bologna Francesco Alidosìo ^ ]
detto il cardinal di Pavia , il quale veden-.j
do cosi bene animati i cittadini, fece di- ;
poi prendere loro le armi, per opporsi ai j
disegni de' nemici . Intanto il Trivulzio ,d
costeggiato sempre dal duca d'Urbino coli':]
esercito pontificio e veneto , giunse fino al |
ponte del Lavino. Allora fu, che sì* comi a- ]
CIO
Anno MDXL . 267
ciò qualche tumulto in Bologna, parte pel-
le segrete insinuazioni dei fautori di Àìì-
nibale ed Ermts BentlvogU che erano nel
campo francese, e soffiavano nella città; e
parte per paura nata nel popolo di pt-rderc
i loro raccolti, e di aver da sofFerirc un
assedio. Volle il cardinale farli uscire^, ed
unirli al duca d^ Urbino: non se ne senti-
rono voglia. Tentò di far entrare in citìà
Ramazzotto con mille fanti : noi vollero
ricevere dentro. Perciò il cardinale accor-
tosi della lero ribellione,, giudicò bene di
mettersi in salvo, e segretamente s' inviò
alla volta d'Imola. Dopo di che i Bolo-
gnesi nella notte nel di 21 di maggio ve-
nendo il ventidue ammisero in città i Ben-
tivogli con gran festa ed universal tri-
pudio.
A questo avviso poco stette V esercito
pontifìcio a sfilare precipitosamente verso
la Romagna; ma in passando dietro le mu-
ra di Bologna , parte di quel popolo ;, e i
villani , e i montanari accorsi alla preda ,
con altissime grida ^ villanie inseguendo-
li, tolsero loro le artiglierie e munizioni,
€ buona parte de' carriaggi . Sopravvenne poi
la cavalleria francese che levò a costoro
parte di quel bottino, e fece del resto ad-
dosso ai fuggitivi^ i quali chi qua chi là
attesero a salvar la vita. La Storia manu--
scritta dell'anonimo padovano mette circa
tremila morti, e gran quantità di pritiio-
ni . Il Guicciardiao pochi ne conta . Nel
cior^
2^8 . Annali d' Italia
giorno seguente il Trivulzio coir esercitoj
marciò fuor di Bologna , e la sera giunsel
a castello san Pietro. Avrebbe potuto cot(
sì buon vento far de' grandi progressi ini
jRomagna , ma quivi si fermò, per riceverej
nuovi ordini dal re Lodovico . E questi poij
furono , che se ne tornasse indietro , per-j
suadendosi il buon re di poter ammollirei
con tanto rispetto il cuor duro del papa j
e di trarrlo alla pace , oltre al non volei(
accrescere la gelosia delle altre potenze , s€(
avesse continuato il corso della vittoria .
Portata intanto a papa Giulio in Ilavenn«i
la dolorosa nuova di questi avvenimenti ;
facile' è l'immaginare , con che trasporti diì
collera e di dolore la ricevesse, mirando iti
un tratto svanite tante sue glorie^ dissipa^
to l'esercito suo e il veneto; ed avere j
invece di prendere Ferrara , perduta Bolo-"
gne^ la più bella e ricca delle sue cìtiii
dopo Roma. Maggiormente si alterò egl;i
dipoi all'avviso, che il popolo di BolognJI
aveva abbattuta ^ e con ischerno strascina-^
ta e rotta la bellissima statua sua, operai
di Michel Angelo Buonarotti che era co**
stata cinquemila 'ducati d' oro ; e che UÌ
cittadella di Bologna , benché ampia e for-^
te, mal provveduta di vettovaglie e di mu-^
nizioni, s'era dopo cinque giorni fenduta j
ed essere poi stata furiosamente smantella--^
ta tutta dai Bolognesi. A tali disastri mi
altro si aggiunse , che più di tutto gli Uài
iisse il cuore . Era corso a Ravenna il cani
di-
j
Anno MDXL . 2^9
ale Alido s io y ed avea rovesciata sul du^
:a d'Urbino tutta la colpa di si gran pre-
:ipÌ2Ìo di cose, quando v' era gagliardo
ospetto , che fra esso porporal-o e i Fran-
:esi passassero segrete intelligenze, e da
ui fosse proceduto il male . Capitato colà
mche il duca , né potendo ottenere udien-
Ìjp dallo sdegnato zio papa, e intesone il
H^ichè , talmente s' inviperì contra d'esso
:ardinale , uomo peraltro dipinto da alcuni
^■me pieno di malvagità , che trovatolo
Hk accidente fuor di casa , colle sue ma-
^m e coll'aiuto de' suoi seguaci spietatamen-
»?F l'uccise sulla strada^ e poi si ritirò ad
Urbino . Avrebbero tanti accidenti umilia-^
to, anzi abbattuto il cuor d'ognuno; ma
non già quello di papa Giulio^ il quale
lasciata Ravenna , passò a Rimini , dove
suo malgrado cominciò a prestare orecchio
alle proposizioni di pace, ma con allonta-
. narser.c ogni dì più a misura di quegli av-
venimenti che andavano calmando la sua
\ paura j, e facendo risorgere le sue speran*
■ 2e. Parlava egli ordinariamente più da vin-
citore che da vinto. E quantunque fosse in
questi tempi intimato un concilio, o con-
ciliabolo, da tenersi in Pisa contra di lui ,
col pretesto di riformare la Chiesa nelle
membra e nel capo stesso , proclamato dai
ribelli per incorrigibile : pure sembrava ,
eh' egli non se ne mettesse gran pensiero .
Si ridusse poi a Roma , dove processò e
dichiarò decaduto da ogni grado il nipote
220 Annali d^ I t a l i a
duca d' Urbino : gastigo nondimeno , chej
non durò se non cinque mesi , dopo i qua-ì
lì ( tanto perorarono in favor d'esso ducaj
i parziali , a forza di screditare T ucciso^
cardinal di Pavia ) se ne tornò il duca ai
Roirra , rimesso come prima nella grazili
ed amore dei papa.
Tali mutazioni di cose servirono ad Al-i
fonso duca di Ferrara , per r^^cuperar Lugo^
e tutte le altre sue terre di Romagna, e^
poscia Carpi , con farne fuggire Alberto Pici
che ebbe poco tempo di goderne il posn
sesso . Ricuperò ancora il Polesine di Ro-<
Vigo, ed avrebbe anche potuto riaver Mo-<
dena/ ma di piìi non osò per riverenza a(
lìJassimiliano Cesare che comandava in que-ì
sta città, e al re Cristianissimo ^ a cui no8(
piaceva di dar maggiore molestia al pon-<
tefice , Quanta al Trivulzioj dacché egli!
ebbe intese la mente del re, lasciato qualn
che rinforzo di gente ai Bentivogli , s' in-<
viò coir esercito francese alla Concordia i\
e se vogliam credere alTanonimo padovano^jj
più che al Guicciardino, fu in questo tem-«
pò , e non già prima , che V espugnò . Fui
presa a forza d'armi quella terra , e datll
a sacco colla morte di quasi tutto il pre»^
sidio di trecento fanti che ivi si trovaronq
sotto il comando del suddetto Alberto Pio m
Locchè fatto , si spinse sotto la Mirandola^
Gian-Francesco Pico , non vedendo speran-»!
za di soccorso, e sapendo anche d' essere*
odiato da quel popolo , giudicò meglio diì
ca-
i
Anno MDXI. 271
Capitolarne la resa , e di ritirarsi dolente
ìolla stia famiglia ed avere in Toscana ;
ion che rientrò nella Mirandola la contessa
Francesca , figlia d' esso maresciallo Tri-
" ulzio con Galeotto suo figlio . Attesero da
lì innanzi i Francesi alia guerra contro la
signoria di Venezia, uniti con gU imperia-
li in Verona . Nel mese di giugno dalla
armata veneta che era a Soave e a san Bo-
nrfazio, e continuatamente infestava il Ve-
ronese^ fu spedito un grosso corpo di gen-
te, per dare il guasto alle biade già matu-
re. Trecento lance francesi, uscite di Ve-
rc^na, ne lasciarono tornar pochi aKloro
campo. Un altro giorno Imperiali, France-
si ed Italiani, in numero di sedicimila per-
sone sotto il comando del signor della Ta^
l'issa^ e del signor di Piossa Borgognone ^
marciarono verso Soave , Lucio Malvezzo e
Andrea Grltti , messo in armi V esercito
veneto^ animosamente s' affrontarono con
loro a Villanova . La peggio toccò ai Ve-
neti ^ i quali poi ài ritirarono a Lunigo , e
di là a Padova , lasciando aperta la strada
a' nemici di venire a postarsi a Vicenza .
Passò dipoi Tarmata de' collegati sotto Tre-
viri , ma lo trovò ben guardato . Nel tem-
po stesso calò un esercito tedesco, coman-
dato dal duca di Brunswich , nel Friuli , sta-
to finora campo di battaglia e di miserie •
S' impadronì di Castelnuovo , Conegliano ^
Sacile^ Udine, in una parola di tutto il
Fiiuìi. Quindi passò sotto Gradisca: ^ una
deK
272 Annali d' Italia
delle migliori fortezze d'Italia; e piantate
le batterie, per viltà de' soldati che erano
alla difesa, furono obbligati gli uffiziali ve-
neti a capitolar la resa con oneste condi-
zioni. Ma che? non andò molto, che si
vide cangiar faccia la fortuna . Era manca-
to di vita' Lucio Malvezzo governator dell'
armata veneta , e in suo luogo eletto Gian-
Faolo BagUone perugino^ persona di gran
•credito nella milizia. Questi sapendo esse-
re Verona restata assai smilza di presidio ,
e con soli fanti, spedì cinquecento stradio-
ti a cavallo , che si diedero ad infestar
tutù i contoini di Verona ; cosicché quella
città pareva assediata , né potea ricevere
vettovaglie . Venendo ancora il conte di
Prosnich tedesco da Marostica, per andare
a Trivigi con trecento cavalli, il Baglione
spedì centra d'essi Giano Fregoso e il con-
te Guido Rangone con secento cavalli . La
battaglia ne' contorni di Bassano fu svan-
taggiosa ai Veneti sul principio , con restar-
vi prigioniere il Rangone che senza volere
o potere aspettar il compagno , avea attac-
cata la zuffa. Sopraggiunto poscia il Fre-^
goso , non solo ricuperò i prigioni , niiQ
ruppe affatto i Tedeschi che parte dai vin-
citori, parte dai villani furono uccisi . Quel
che è più, venute le piogge, rotte le stra-
de^ non potendo gli eserciti ricevere vet-
tovaglie , si ritirarono i collegati disotta
Trivigi , e andarono a Verona . Anche il du-
ca di Brunswich se ne tornò in Germania .
La
Anno MOXI. ^ ^ 275
La loro ritirata servì di facilità ai Vene-
ziani per ricuperar T infelice Vicenza , ^e
Ì tutto il Friuli a riserva di Gradisca , non
^H se con più loro onore , o più vergogna
«fi Massimiliano Cesare.
Gravemente s' infern:iò in Roma papaGiu^
Ilo verso la metà d' agosto , e fece sperare
molti e temere ad altri il fine di sua
>ila. Neppur questo ricordo dell'umana
fragilità bastò ad introdurre in ciuel feroce
animo veri desiderj di pace^ benché tanto
v'inclinasse il re di Francia con altri po-
tentati . Appena si riebbe egli ^ che tornò
ai soliti maneggi di leghe , e ai prepara-
menti di guerra. S'era dato principio in
r Pisa air immaginato conciliabolo contra di
i lui. Per opporsegli y intimò anch' egli un
( concilio generale da tenersi nell' anno pros-
, simo nel Laterano . Tanto poi seppe fare
r indefesso pontefice , che trasse affatto ai
I suoi voleri in quest' anno Ferdinando il
I Cattolico y re d"* Aragona e delle due Sici-
t He, ed Arrigo Vili, re d'Inghilterra. Ve-
f ramente il primo avea mirato- sempre di
mal occhio le nuove conquiste de' Francesi
in Italia,, e dacché ebbe ricuperato ciò
che a lui apparteneva nel regno di Napoli ,
sospirava ogni di una ragione^ o pretesto
per levarsi dalb Lega di Cambrai , e rom-
iperla col re di Francia. Siccome principe di
mirabile accortezza , sapeva per lo più co-
prir la sua fina politica col mantello della
religione . Cosi fu nella presente occasione .
Tomo XXII. S Col
274 Annali ©'Italia
Col motivo di far guerra ai Morì in Afri- j
ca , ottenne dal papa le decim,e del clero , ]
e con far predicare questa santa impresa , \
ricavò tanto danaro della pietà de' suoi pò- j
polij, che mise insieme una buona armata |
la quale avea poi da servire contro i Cri- :
stiani , come ne' tre secoli precedenti s' era ;
tante altre volte praticato non senza diso- \
nore della religion cristiana. Ossia, ch'egli i
fosse prima d' accordo col papa per questa {
armamento, o che il papa il tirasse nel sua ;
partito in quest'anno^ certo è , che fecero \
lega insieme, comprendendo in essa i Vene-
ziani ; e questa fu solennemente pubblicata ;
in Roma nel dì quinto d'ottobre. Indotto \
il ciò si mostrava il re Cattolico dal sua \
particolare telo di religione per difendere ^
il papa , oppresso dalle armi francesi colla ]
occupazion di Bologna , e con lo scismati^ ^
co concilio di Pisa. Trasse il papa^, sicco- ;
me poco fa dissi , in questa lega anche i\ :
re d'Inghilterra, e si legge presso il Ry- '
mer ^ , e presso il du-Mont * lo strumen- \
to d' unione fra esso re il Cattolico , sti- 1
pulato à di 20 di dicembre dell' anno pre- ]
sente prò susclpìenda sanBa romance Eccle^ \
sice Matris nostros defensione perneces saria » ^
Pertanto avendo Ferdinando inviato nel re- J
gno di Napoli mille e dugento lance^ o va- ]
gliam dire uomini d' armi , mille cavallii
» Rf/mer A6}. Public.
* Du'Mont Corp. D/p Untar,
. I
Anno MDXT. 275
eri e diecimila fanti , tutta gente di
singoiar bravura e fedeltà , pel cui mante-
nimento s'erano obbligati il pontefice e il
enato veneto di pagare ogni mese quaran-
araila ducati d'oro, la metà per cadauno :
ordinò, che questo esercito, sotto il co-
mando di don Raimondo di Cardona viceré
Pdi Napoli, venisse ad unirsi in Romagna
cgl pontificio e veneto: locchè fu eseguito.
Ma qui non finì la tela. Furono di nuovo
mossi dal danaro del papa gli Svizzeri con-
tro lo Stato di Milano j e infatti molte
migliaia d' essi sul principio di novembre
calarono a Varese, col concerto, che le
armi venete e del papa avrebbòno fatta una
gagliarda diversione. Portavano lo stendar-
do , sotto il quale nel precedente secolo
aveano date le memorabili rotte ^ duca
di Borgogna . A questo formidabil segno
dovea tremar chicchessia . Lo storico pado-
vano scrive, che nel loro generale stendar-
do a lettere d' oro era scritto : DOMATO
KES PKINCIPUM . AMATORES JUSTITl^.
DEFENSORES SANCT^ ROMANA EC-
CLESIÌE .
Era intanto dichiarato per governator di
Milano, e suo luogotenente generale dal
re Cristianissimo, Gastone di Fois suo ni-
pote , giovane che nell'età di soli ventidue
anni uguagliava , se non superava , in sen-
no e valore i più vecchi e sperimentati ca-
pitani. Poca gente d'armi, poca fanteria
aveva* egli ^ in Milano era non-lieve il ter-
S 2 ro-
27^ Animali d'Italia
rore e. la costerna ziope., Ando Gastone per
consiglio del Tri'vulzìo a postarsi a Saron-
no con quelle forze che potè raunare . Ed
essendosi inoltrati gli Svizzeri a .Galerate ,
con saccheggiare e bruciare ogni cosa , se-
guitarono il viaggio verso Milano , dove si
andò ritirando Gastone , oppure il Trivul-
zio, come s'ha dall' anonimo padovano. Il
quale aggiugne^ che seguirono varj combat-
timenti colla peggio ora degli uni, ora de*
gli altri . Ma non osando gli Svizzeri di
fare alcun tentativo contro di quella gran
città ^ piegarono verso Cassano^ con appa-
renza di voler passare l'Adda. Quand' ec-
coti a tutto un tempo, spedito un loro uf-
fìziale a Gastone . si offerirono di tornar-
sene alle loro montagne, se si volea dar
loro un mese di paga . Essendo intanto ar-
rivati quattromila fanti italiani a Milano,
Gastone allora parlò alto, è poco esibì. Da
11 appoco andarono a finir le minacce di
que' barbari in ritirarsi al loro paese, la-
sciando per la seconda volta delusi i com-
missari del papa e de' Veneziani che erano
con loro, ed allegando per iscusa, che non
correvano le paghe , ed aver mancato i ge-
nerali del papa e de' Veneziani al concerto
della lor venuta . Così è raccontato questo
fatto dal Guicciardino e dall'autore france-
se della Lega di Cambrai . Ptla V anonimo
padovano, forse meglio informato di que-
sti affari, scrive, che Gastone col danaro
corruppe il capitano Altosasso , ed alcuni
1
Anno MDXI. 277
altri condottieri svizzeri, i quali mosso tu-*
multo ntir armata fecero svanire ogni altro
disegno. Usciti di questo pericoloso imbro-
glio i Francesi, vennero dipoi a prendere
il quartiere a Carpi , alla Mirandola , a san
Felice e al Finale^ e questoperchè gli Spa-
gnuoli erano già pervenuti a Forlì , ed uni-
ti coir esercito pontifìcio minacciavano V
assedio di Bologna. Riuscì iq quest'anno
a dì tre di settembre ai Fiorentini^ dopo
lungo tratto e molte minacce , di cavar
di mano de^ Sane si la 'terra di Montepul-
ciano. Di grandi istante fece loro il re Lo-'
dovicQ , perchè uscissero di neutralità , ed
entrassero in lega con lui ; e le dimando-
sue erano avvalorate dal Soderini perpetuo
gonfaloniere di quella repubblica . Tuttavia
prevalse il parere dei più di non mischiar-
si in sì arrabbiata guerra . Né si dee tra-
lasciare^ che fu dato principio in Pisa al
conciliabolo de' Francesi ; ma principio ri-
dicolo, sì poco era il numero de' concor-
renti, né si vedea comparire alcuno dalla
parte di Massimiliano Cesare . Avea i^a-pa,
Giulio colle buone tentato più volte , ma
sempre inutilmente , di far ravvedere quei
pochi sconsigliati cardinali; ma allorché si
vide forte in sella per le leghe , delle qua-
li s'è parlato disopra^ nel dì 24 d'ottobre
fulminò le censure contra di loro, privan-
doli del cappello, e d'ogni altro benefizio*
Non s^pea digerire il popolo di Pisa di te-
nere in sua casa un sì fatto] scandalo , e
S 3 bron-
27S Annali d'Italia
broHtolava forte , e facea temer qualche
sollevazione. Perciò que' prelati impetrarono
da Firenze di poter tenere una guardia di
Francesi, ma mediocre, per lor sicurezza.
I Francesi di quel tempo, per confession
d'ognuno, erano senza disciplina; e gravo-
si anche agli amici per la loro arroganza
ed insolenza , massimamente verso le don-
ne; locchè produsse delle risse fra loro e
i Pisani, ed una specialmente, in cui re-
starono feriti i signori di Lautrec ^ e di
Sciattiglione che comandavano quella guar-
dia. Il perchè que' cardinali paventando di
peggio^ giudicarono meglio di ritirarsi a
Milano , anch' ivi mal veduti da quel popo-
lo , ma sostenuti da chi potea farsi rispet-
tare. Un grande tremuotonel mese di mar-
zo del presente anno recò non lieve dan-
no a Venezia , a Padova , al Friuli ^ e a
molti di que' contorni.
Àn-
Anno MDXIL 279
Annodi Cristo 1512^ Ind. xv.
di Giulio li , papa 10. v
di Massimiliano re de'Rom. 20.
«^i meravigliano talvolta alcuni al vedere,
ai dì nostri le armate campeggiare in tem-
po di verno, e fare assedj e battaglie^ quasi
prodezze ignote agii antichi. Ma noi ab-
biam veduto ciò che avvenne nel preceden-
te verno ; ora vedremo ciò che nel presen-
te . Dappoiché si fu congiunto V esercito
spagnuolo sotto il comando del viceré J?aì-
mondo di Cardona col pontificio , in cui
era legato Giovanni cardinale de^ Medici ,
e sotto di lui Marcantonio Colonna : messo
in consulta V andare addosso a Ferrara ,
oppure a Bologna , si trovò troppo difficile
il primo disegno per le strade rotte e pel
rigore della stagione , epperò fu presa la
risoluzione di mettere il campo a Bologna
dove si potea meglio campeggiare : e che
intanto si procurasse V acquisto della ba-
stia, ossia fortezza che il duca di Ferrara
teneva alla Fossa Zaniola , siccome posto
di grande importanza per andar a Ferrara.
Colà fu inviato verso il fine di dicembre
deir anno precedente Pietro Navarro , ma-
stro di campo, generale della fanteria spa-
gnuola, uomo di gran credito nelle armi.
V'andò egli con duemila fanti ( il Bembo
scrive novemila ) e con un buon treno di
artiglieria. L'anonimo padovano mette per
S 4 ca-
28o Annali d' Italia
capitano di questa impresa il signor Fran-^ j
zotto Orsino. Aggiugne ancora, che in pò- i
che oxe tolte le difese agli assediati _, se ne i
impadronirono gli Spagnuoli a forza d' ar- ;
mi. Del medesimo tenore parla anche lo ì
scrittore della Lega di Cambrai. Ma il l
Guicciardino e il Bembo dicono , che dopo )
tre dì di resistenza, Gasparo Sardi ferrare- =
se dopo cinque giorni , e fra Paolo car- ^
melitano dopo dieci dì, ebbero qi*ella piaz- \
za. Non può certamente sussistere tanta !
brevità di tempo, perchè convenne battere ]
con artiglierie le mura*, e secondo il Bem- ^
bo , vi fu formata e fatta giuocar una mi- 1
na gravida di polve da fuoco: cose che ri- ;
chieggono tempo. La verità si è, che dopo \
fatta la breccia o colle palle da cannoni , ^
o colla mina, fu dato l'assalto che costò \
non poco sangue agli aggressori , ed obbligò i
il valoroso Vestidello Pagano, comandante \
di quella fortezza, con que' pochi dei suoi ;
ch'erano restati in vita a rendersi, salve ;
le persone, nel di ultimo di dicembre del i
precedente anno. Scrivono alcuni, eh' egli \
fu ucciso nell' ostinata difesa : ma Gaspara ;
Sardi e 1' Ariosto che meglio sapeano i i
fatti di casa loro, ci assicurano , avere quei i
mancatori di fede tolta a lui la vita dopo ]
la resa, in vendetta d'un loro bravo uffi- ]
ziale perito con tant' altra gente in quell' :
assedio . Ecco le parole dell' Ariosto . :
Che volchè in lor man vinto si fu messo ]
II
Anno MDXII. 281
ser Vestidel^ lasso e ferito,
Senz' arme fu fra cento spade ucciso
Dal popoZ la più parte circonciso .
Alfonso duca di Ferrara , a cui stava for-
te sul cuore la perdita di quel rilevante
^osto, nel di 13 di gennaio di quest'anno
colà si portò anch' egli colla gente e colle
artiglierie occorrenti, e seppe così destra-
^«nente e valorosamente condurre l'impresa
che diroccato il muro frescamente rifatto ,
in poche óre a forza d' armi ripigliò quel-
la fortezza , con esservi mandati a filo di
spada tutti i difensori. Fu colpito nell'as-
salto lo stesso duca nella fronte da una pie-
tra mossa dalle artiglierie con tal empito ,
che rimase tramortito più giorni . La cela-
ta gli salvò la vita. Papa Giulio, u^mo
facilmente rotto ed iracondo,, scrisse per
questo fatto lettere di fuoco ai suoi capi-
tani .
Dopo va rj consigli finalmente nel dì 26
di gennaio colla neve in terra T esercito
pontificio e spagnuolo imprese l' assedio di
Bologna , postandosi verso quella città dal-
la parte della Romagna per la comodi-
tà delle vettovaglie . Piantate le batte-
rie , si diede principio alla loro terribi-
le sinfonia ; si formarono gli approcci ;
e già erano diroccate cento braccia delle
mura , e vacillante la torre della porta di
santo Stefano. Dentro non mancavano ad
una valorosa difesa i Bentivogli con chi
era
282 Annali d'Italia ;
era dei loro partito, e Odetto di Fois ^ ed '
Ivo d' Allegre capitani francesi che con due-
rnila tedeschi e dugento lance rinforzavano
quel presidio. Erasi per dare l'assalto alla
breccia, ma si volle aspettar l'esito di una ^
mina , tirata sotto la cappella della beata ^
Vergine del Baracane nella strada Castiglio- '
ne da Pietro Navarro. Scoppiò questa, e |
mirabil cosa fu , che la cappella fu balzata |
in aria, e tornò a ricadere nel medesimo
sito di prinia, con restar delusa Taspetta-
zion de' Spagnuoli, quivi pronti per T assal-
to . Intanto Gastone di Fois , ridottosi al
Finale di Modena , andava ammassando le
sue genti, e seco si unì il duca di Ferra- |
ra colle sue . Udito il bisogno de' Bologne- |
si, spedì loro mille fanti, e poi centocin-
quanta lance che felicemente entrarono nel-
la città: cosa che fece credere ai nemici ,
ch'egli non pensasse a passare colà in per-
sona ; e tantopiù perchè l' armata veneta ^i
avea spedito di là dal Mincio un grosso ?
distaccamento , e si temeva di Brescia . Ma è
il prode Gastone mosso una notte l' eserci-
to dal Finale , ad onta della neve e dei
ghiacci , con esso arrivò a Bologna nel dì
quinto di febbraio, e v'entrò per la porta
di san Felice , senzachè se ne avvedessero
i nemici : locchè certo parrà inverisimile
a più d'uno, eppure lo veggiamo scritto
come cosa fuor di dubbio . Pensava egli di
uscir tosto addosso agli assedianti ; ma de-
ferendo ai consigli di chi conoscea la ne-
ces-
_ Anno MDXII. 283
Eessità di ristorar la gente troppo stanca ,
anto preso dagli Spagnuoli unoStradiot-
rivelò ad essi lo stato presente della
città . Di più non vi volle , perchè 1' arma-
ta de' collegati levasse frettolosamente il
campo, e si ritirasse alla volta d'Imola •
Solamente alcuni cavalli francesi ne pizzica-
rono la coda con prendere qualche bagaglio.
Nella Storia del Guicciardino è messa la
ritirata loro nel dì 15 di febbraio , ma ciò
avvenne nella notte del di sesto* anteceden-
te al giorno settimo . Per questo avveni-
mento si diffuse r allegrezza per tutta Bo-
logna ; quando eccoti arrivar corrieri con
delle disgustose nuove che turbarono tutta
la festa .
Avea il conte Luigi Avogadro nobile bre-
sciano con altri suoi compatrioti bene af-
fetti alla repubblica veneta , e stanchi del
governo francese, inviati segretamente 1
Veneziani all'acquisto di Brescia , promet-
tendo d' introdurli dentro per la porta del-
le Pile , giacché poco presidio era rimasto
in quella città. A questo trattato avendo
accudito il Senato veneto, Andrea Grittl
legato della loro armata, e personaggio di
gran coraggio , con trecento uomini d' ar-
mi ^ mille e trecento cavalli leggeri e mil-
le fanti partito da Soave , andò a valicare
il Mincio, ed unito coU'Avogadro si pre-
sentò davanti a Brescia. Ma essendosi sco-
perto il trattato, e presi alcuni de' congiu-
rati, niun movimento si fece nella città .
Il
284 Annali d' I t al i a
Il Gritti non iscoraggito per questo _> giaci-*
che giunsero a rinforzarlo alcune migliaia
di villani^ volle tentar colla forza ciò che
non s' era potuto ottener colla frode . Fu
dato nel dì tre di febbraio da più parti' V
assalto e la scalata a Brescia ; e perciocché
finalmente sollevossi il popolo gridando ad
alte voci Blarco ^ Marco, il signor di Luda ^
comandante francese /co' suoi e co* nobili
del suo seguito si ritirò nel castello . Dato
fu il sacco alle case de' nobili fuggiti^ e a
quanto v'era de' Francesi ; e stentò assais-
rao il Gritti a trattenere gì' ingordi solda-
ti e villani di far peggio. Stesasi questa
nuova a. Bergamo, anche quella città, a
riserva del' castello, alzò le bandiere di
di san Marco: segno, che i Francesi non
sapeano acquistarsi 1' amore de' popoli . Cor-
se bene il Trivulzio a Bergamo , ma ritro-
vò serrate ivi le porte per lui ; però si ri- I
dusse a Crema, e quella città preservò dalla 1
ribellione. In Venezia per tali acquisti si fa- J
cero per tre dì immense allegrezze. Intanto!
a Gastone diFois giunsero l'un dietro l'altro J
corrieri coli' avviso della perdita di Brescia |
e di Bergamo . Per sì dolorosa nuova non 1
punto sbigottito il generoso principe, dopo (
aver lasciato in Bologna il signor della Fo- I
glietta con quattrocento lance e secento ar- ;
ceri , e Federigo da Bozzolo con quattro- |
mila fanti: nel lunedì 8 di febbraio colj
resto della sua gente s' avviò a Cento . Fu \
nel dì seguente al Bondeno e alla Stellata.
Nel ì
Anno MDXIT. 285
icrcordi passò il Po ^ e si fermò ad
Ostia . L' altro di passò il Tartaro a No-
vara ; dove saputo , che Gian-Faolo Ba-
gUone governatore dell' armata veneta era
pervenuto alT isola della Scala con trecen-
to lance e mila fanti ; scortando dodici
cannoni da batteria , e gran copia di mu-
nizioni per l'espugnazione del castello di
Brescia : subito spinse circa mille e dugen-
to cavalli a quella volta. Il Baglione av-
vertito da' contadini^ spronò co' suoi il più
che potè . Giunsero i Francesi alla torre
del Magnano addosso al conte Guido Raji-
gone che marciava con altre fanterie , e
con trecento cavalli. Fatta egli testa, co-
minciò valorosamente a difendersi ; ma so-
praffatto dalla gente che di mano in mano
arrivava, e cadutogli sotto il cavallo, ri-
mase egli con altri non pochi prigione. Si
contarono più di trecento fanti sul campo
estinti oltre ai prigionieri. Il resto si sal-
vò col Baglione. Questa pugna seguì circa
le quattr'ore della notte al chiaro della ne-
ve _, e al lume delle stelle. Vennero poi i
vincittori ad alloggiare in varie ville , do-
"ve si trovò aver eglino fatto quel giorno ^
senza mai trarre la briglia ai cavalli, mi-
glia cinquanta : cosa che so non sarà ere--
duta ; ma io , che fui presente siil fatto ,
ne faccio vera testimonianza . Queste son
parole dell'anonimo padovano^ la cui Sto-
ria manuscritta è in mio potere.
Somma in questo mentre fu la sollecitu-
di-
286' Annali d'Italia
dine e lo sforzo di Andrea Gritti^ per ve-
der pure , se poteva espugnare il castello
di Brescia; unì schiere assaissime di villa-
ni armati ; dappertutto accrebbe le fortifi-
cazioni e le guardie, animando specialmen-
te con bella orazione il popolo alla difesa,
e con ricavarne per risposta ^ che tutti era-
no pronti a mettere la vita loro e de'pro-
prj figliuoli,, e quanto aveano , piuttostochè
tornare sotto il crudel dominio oltramon-
tano . Nel martedì della seguente settima-
na giunse Gastone in vicinanza di Brescia ^
e la notte introdusse nel castello quattro-
cento lance (con rimandare indietro i lor
cavalli) e tremila fanti. Fece nel dì seguen-
te intimare al popolo, che se non si ren-
devano in quel dì , darebbe la città a sac-
co ; e che rendendosi , otterrebbe il perdo-
no dal re. Altra risposta non riportò, sen-
nonché si voleano difendere sino alla mor-1
te. Attese quella notte chi avea giudizio %j
mettere in monistero le lor moglie e £-^
gliuole, e a seppellir ori^ argenti e gioie,'|
dove più pensavano , che fossero sicuri. Lai
mattina seguente all'apparir del giorno che|
fu il dì 19 di febbraio , cioè il giovedì!
grasso dell' anno presente , giorno semprcfj
memorando , scesero dal castello i France-*
si. Si leggeva nei lor volti l'impazienza e\
il furore per la voglia e speranza del va»*
gheggiato bottino. Battaglia fiera seguì aii
primi ripari de' Veneziani . Superati questi!
colla morte di circa duemila Veneti , en-»
tra- i
■ Anno MDXIL 2S7
o i Francesi con grande schiamazzo
nella città, e ferocernente assalita la gen-
te d'armi che era alla difesa della piazza,
dopo un sanguinoso combattimento la mise
in rotta. Intanto il resto dell'armata fran«
cese che era fuori della città, aspettando ^
che s'aprisse qualche porta, vide spalan-
carsi quella di san Nazaro , per cui fuggi-
va con dugento cavalli il conte Luigi Avo-
gadro, promotore di quella congiura. Re-
stò egli prigione, ed entrate quelle milizie
finirono d' uccidere , dissipare , e far pri-
gioni i Veneti e Bresciani armati , con tan-
te grida «rumore, che parea, che rovinas-
se il mondo. Mirabili cose vi fece Gastone
di Fois , non solo come capitano, ma come
ottimo soldato. Si fece conto, che vi mo-
rissero più di seimila fra cittadini e Ve-
neziani^ e fra gli altri Federigo Contarìna
capitano di tutti i cavalli leggeri della re-
pubblica. Rimasero prigioni Andrea Grittl
legato y Antonio Giustiniano podestà , Gian*
Paolo Manfrone , ed altri assaissimi uffizia-
li . De' Francesi vi morirono più di mille
persone. Terminata la battaglia, si scate-
narono ^li arrabbiati vincitori per dare il
sacco a queir opulenta ed infelice città .
Durò questo quasi per due giorni , ne' qua-
li non si può dire, quanta fosse la crudel-
tà di quc'cani, giacché in s\ fatte occasio-
ni ^li armati non san più d' essere non di-
rò cristiani , ma neppur uomini , e peggio-
ri si scuaprono delle fiere stesse • Non con-
ten-
^88 Annali d' I t a l i a
tenti de' iDobili di qualche prezzo, fecem
prigioni tutti i benestanti cittadini , obbli-
gandoli con tormenti inuditi a rivelar le
robe e danari ascosi , o a pagare delle esor-
bitanti taglie , e molti per non poterle pa-
srare furono trucidati . Entrarono anche in
ogni monistero di religiosi , e tutto il bene
ivi ricoverato restò in loro preda. Sul prin-
cipio ancora del sacco non pochi scellerati
soldati , senza far conto del divieto fattoi,
dal generale Gastone, forzarono le porte di--
alcuni conventi di sacre vergini, commet-
tendovi cose da non dire. Ma atendone es-
so generale fatti impiccare non so quanti ,
provvide alla sicurezza di que' sacri luoghi ,
dove s'erano rifugiate quasi tutte le donne
bresciane . La sera finalmente nel venerdì"
uscì bando sotto pena della vita , che ces-
sasse il saccheggio j, e che nel dì seguente
tutti i soldati uscissero di città. Appena
udirono sì grande scempio i Bergamaschi ,
che nella seguente domenica tornarono alla^
ubbidienza de' Francesi , e collo sborso di;
ventimila scudi impetrarono il perdono .||
L' Avogadro ed altri autori di tanto malei-
alla loro patria , nel dì appresso furono de-^j
capitati e squartati ; e due figli del primo^ì
da lì ad un anno anch' essi ebbero reciso^'j
il capo in Milano. Tal fine ebbe quf^staj|
lagrimevol tragedia che fece incredibile ti
strepito per tutta 1' Europa . jj
Intanto ]japa GiuUo più che mai invipe- j
rito cotitra del re di Francia, e risoluto, \
co-
A N N o MDXir. 2?:g
dme""ègli sempre andava dicendo, di voler
acciare i Barbari d'Italia, senza pensare,
e questo fosse un mestiere da sommo pa-
ter della Chiesa e vicario di Cristo : mo-
ea ciclo e terra per levare gli amici ad
sso re Cristianissimo , e per tirargli ad-
losso dei nemici. Gli riuscì di condurre
ìlassimiliano Cesare ad una tregua di die-
i mesi co^ Veneziani ^ mediante lo sborso
il cinquantamila fiorini renani, e infine di
taccarlo afFattto dai Francesi . Seppe far
anto , che Arrigo re d' Inghilterra si diede
i fare un potente preparamento d'armi,
)er muovere guerra alla Francia . Ferdinan-
lo il Cattolico oltre a quella che faceva in
talia , fu incitato ancora a corp.inciarne
m' altra ai Pirenei. Nuovi e gagliardi ma-
leggi fece parimente il pontefice col dana-
*o e con altri regali, per tirar di nuovo
y\ì Svizzeri centra dello Stato di Milano .
Credeva il re Lodovico tutti questi brutti
luvoli in aria , ed intanto avea sulle spal-
e gli eserciti pontifìcio , veneto e spagnuo-
lo che maggior apprensione gli recavano
per gli Stati d'Italia. Perciò inviò ordine
a Gastone di Fois di tentar la fortuna con
una battaglia. Gastone sentendosi invitato
al suo giuoco, e sapendo da altra parte,
che Bologna si trovava continuamente in-
festata , e come bloccata dalle armi del
papa e del viceré Cardona , passò a Ferra-
ra, per concertare col duca Alfonso^ quan-
to era da fare. E dacché ebbe ricevuto un
Toivio XXir. T rin-
290 Annali d' Italia i
rinforzo di trecento lance e di quaftromi^ |
la fanti guasconi e piccardi , e cinquemila 1
fanti tedeschi > condotti da Jacob e Filippo |
capitani di gran nome in Germania : fece |
la rassegna dell'armata sua che si trovò |
ascendere a lance ossia uomini d"* arme mil-
le e ottocf:nto , a quattromila arcieri e a
sedicimila fanti . Nel dì 26 di marzo mos- \
«e dal Finale di Modena l'armata sua ver- |
so Id Romagna, e al luogo del Bentivoglio'
seco si unì Alfonso duca di Ferrara colle»
sue truppe, e con gran copia d'artiglierìe:
e munizioni. A questo avviso il cardinal^
de' Jledicl legato^ e il Cardona si ritira-^
vono verso la montagna di Faenza col loro
esercito^ corrsisfente in mille e cinquecenr
to lance , in tremila cavalli leggeri , e in
diciottomila fanti. Non aveano voglia di
venire alle mani, perchè speravano, che ti-
rando in lungo la faccenda, calerebbona
gli Svizzeri nello Stato di Milano, ed uni-^
caracnte pensavcino a difficultar le vettova-.^
glie .al campo francese. Giunto Gastone al
Gotignola , arrivarono oratori di Massimi^
liana Cesare ad intimar gravi peno ai Te-||
deschi militanti al soldo del re Cristianis-^i
simo ; ma s^^nza frutto, avendo que'capi-^i
tani risposto di non voler mancare alla \ot^\
fede. Fu dunque presa la risoluzione neUj
campo francese di marciare alla volta dtjl
Kavenna. Per non lasciarsi alle spalle i^j
forte e ricco castello di Kussi, giacché ar-'i
roesntemente fu risposto dagli abi^antifi
air -
il
Anno MDXIL 29* t
intimazione di renderai , convenne ado-
rar le artiglierie, e con un -fiero e san-
gufno.^(ì assalto impadronirsene. Vi furono
tagliate a pezzi (se vogliam presfar fede
aìTanonimo padovano che sembra essere in-
tervenuto a quel macello) circa mille per-
sone tra soldati e terrazzani , e datò uri
orrido sacco all'infelice luogo. Il Guicciav-
dino molto men dice de' morti . Indi passò
r esercito sotto Ravenna, alla cui difesa
nzì era stato inviato Marcantonio Colon-
lìa con cento lance , dugento cavalli legge-
ri e T^ille fanti. Dispóste le sue artiglie-
'nciò tosto ildùèa di Ferrara a
ijMS'igiìar quelle vecchie mura con un con-
torno treniuoto . Formata la breccia , si ven-
air assalto nel venerdì santo , giorno
ben "santificato da quella gente , e durò la
battaglia per quattr^'ore^ sostenuta con tal
vigore dal Colonna, che vi perirono fra
V una e V altra parte da mille e cinquecento
fanti , la maggior parte Italiani , e vi restò
tnàlamente ferito Federigo da Bozzolo , va-
te capitano de' Francesi .
\ questi avvisi il viceré Cardona , non
ondo lasciar perdere Ravenna, fu neces-
sitato a muoversi coli' armata collegata, e
venne a postarsi in un forte alloggiamento ,
'tre miglia lungi da quella città, dove si
afforzò con alzar terfa^ e cavar fosse fatte
a mano colla maggior celerità possibile.
•Trovavasi il general francese in sommo
^imbroglio , perchè vedea i nemici ostinati
T 2 a schi-
292 Annali d' Italia
a schivar la zuffa; e intanto "^l' annata sua
si trovava in graii disagio , perch' erano
cinque giorni , che gli uomini campavano
di solo frumento cotto e d' acqua ^ e i ca-
valli non istavano meglio , perchè cibati
anch'essi di solo frumento ;, e di poche fo-
glie di salici ; sicché era necessario o riti-
rarsi, o avventurare giornata campale. Fu
preso r ultimo partito^ e tutto il sabbato
santo fu impiegato a prepararsi per sì or-
rida danza. La mattina dunque del dì un-
dici di aprile , correndo la maggior festa
deir anno , cioè la Kisurrezione del Signo-
re; giorno celebrato ^CGi^ tanta divozione
da tutto il Cristianesimo , ma funestato da
coloro con tanti sdegni e spargimenti di
sangue: l'esercito francese in ordinanza'
marciò contra del collegato . Con essi Fran-
cesi era il cardinale Sanseverino^ legato
del conciliabolo di Pisa , che pareva un san \
Giorgio, perchè armato da capo a piedi. \
Prevalse fra gli Spagnuoli il parere di Pie- J
tro Navarro ^ che non s' avesse ad uscir daL^I
trinceramenti, credendo egli maggior van- ;!
taggio l'aspettar di pie fermo il nemico .-
dietro ai ripari. Ma il senno del duca dij-
Ferrara trovò la maniera di cacciarli fuor -
della tana; perciocché postate le batterie .■
de' suoi grossi cannoni in un buon sito , .;
cominciò con tal furia a percuotere entro i
le lor trincee i collegati , che per attestato |
dell'anonimo padovano, il quale diligente- :
mente descrive questo gran fatto d' armi ^ i
m
Anno MDXIT. 292
estarono uccise circa duemila persone ,
^^iù di cinquecento cavalli sventrati . Al-
lora i capitani veggendo così malmenata
la lor gente senza poter fare resistenza ,
ciiiésero licenza al viceré di uscire a bat-
ilagìia . Scrive il Guicciardino , che fu il
Valoroso Fabrizio Colonna ^ che annoiato di
sì brutto giuoco , senza dimandarne la per-
missione , sboccò fuor dei ripari, e diede
principio alla mischia , seguitato poi dal
^resto deir armata. Gareggiavano in bravu-
ra questi due eserciti. L'odio delle nazio-
ni, l'amor della gloria, la necessità, in-
£ammavano il cuoi* d' ognuno . Però terri-
bile fu il combattimento, e una giornata
simile non s'era da gran tempo veduta in
Italia. All'istituto mio non lice il descri-
verne le circostanze. Però basterà di dire,
che andarono in rotta i Pontifìc] e Spagnùo-
lli" , specialmente per la strage che ne fece-
»io le bombarde del duca Alfonso, postate
ai loro fianchi ; confessando il Bembo , che
egli con questi bronzi e eoi suo stuolo fu
cagione della vittoria in gran parte . Per-
derono i vinti tutte le loro artiglierie, e
buona parte delle insegne e dell' equipag-
gio , con lasciar morti sul campo ottocen-
to uomini d'armi, mille trecento cavalli
leggeri, e settemila fanti^ e^ con restar
prigionieri il cardinale legato, cioè Glo-
-vanni de' Medici ^ il marchese di Bltonto j
Ferdinando d' Avalos marchese di Pescara,
allora giovinetto, che poi riuscì capitana
T 3 di
294 A J\ N A L I 1/ I T A L I A \
di gran nome , il principe di BislgnariQ J
il CarvalaL e Pietro Navarro spagnuoli coa^
altri non pochi uffiziali. 11 prode Fabrizia
Colonna per sua buona ventura restò pri-Ì
gione di Alfonso duca di Ferrara, cicè di]
un principe che gli^ usò tutte le maggior
finezze, né volle poi riscatto , siccome ve
dremo. Restarono fra i morti il duca d
Alba, il conte di 31ontebasso y il Vaimon
tone ^ ed altri capitani. Si salvò a Cesen
il Cardona, dove attese a raccogliere le re
liquie del tanto sminuito e sbandato est r
cito.
Ma se piansero per la ìor mala sorte
^^còll.egati , non ebbero già occasion di ri
dere i Francesi per la loro vittc/ita . Im
perocché, secondo l'anonimo padovano eh
mostra d'aver avuta buona contezza di que ,
sta si sanguinosa giornata^ vi perirono set-:
tecento uomini d'armi , ottocento ottanta j
arcieri, e novemila fanti, e tra' principali ;
uffiziali loro Ivo d\4.llegre con due figli , \
amendue capitani d' arcieri , la Grotta y •
Villadura , i due capitani de' Tedeschi Fi^
lippa e Jacob ^ ed altri ch'io tralascio . Il
signore di Lantr^c, carico di ferite, ritro?
vato fra i morti _, e poi curato in Ferra- ì
ra , salvò la vita . Certamente è uno sba-
glio di stampa il dirsi nella Storia del
Guicciardinò, che tra V uno e l'altro eser-
cito perirono almeno diecimila, persone .
Tanto il Giovio , che il Mocenigo , il
Bembo , il Buonaccorsi , il Nardi ed altri
sto-
Anno MDXII. 295
'Otici, mettono almen sedici migliaia di
morti • Ma ciò che contrappeso la perdita
de' collegati, fu la morte dello stesso gene-
rale Gastone di Fgis . A questo valoroso
principe, giovane di ventiquattr' anni , do-
po aver fatto delle stupende azioni di va-
lore e di saggia condotta in quello spaven-
toso combattimento, parea di aver fatto
nulla, se non inseguiva con circa mille ca-
valli un corpo di tremila fanti spagnuoli ^
che ben serrato si ritirava dal campo. Un
colpo di archibuso il colpì in questa azio
ne , per cui diede fine alla sua vita , e alle
sue vittorie^ lasciando una perenne memo-
ria del suo senno e coraggio , e una ferma
opinione^ che s'egli fosse sopravvivuto ,
avrebbe fatto conquiste e meraviglio mag-
giori. Fu poi portato a r.Iilano il suo cor-
po , ed ivi con esequie magnifiche e in se-
polcro nobilissimo seppellito. Terminata la
sanguinosa battaglia , Blarco Antonio Co
lonna , dopo a^ver consigliato i Ravennati
di andar la mattina per tempo ad offerire
la citta ai vincitori , per ottener le miglio-
ri condizioni che potessero : sì ritirò nella
cittadella . Poi nella mezza notte , lasciato
ivi un capitano con cento fanti , perchè
mancavano le provvisioni, col resto de' suoi
se ne andò a Piimini. Comparvero sul far
del dì i deputati di Ravenna al campo
francese; ma mentre ivi si trattava della
capitolazione , i fanti guasconi , non sazj
del bottino fatto il dì innanzi^ ed avidi di
T 4 far
2.^6 Annali d'Italia
far vendetta di tanti de' suoi uccisi nella i
battaglia , si arrampicarono per la breccia \
delle mura di Ravenna , e facilmente cac- j
ciati que' pochi cittadini che vi evano in =
guardia, penetrarono nella città. Dietro j
loro di mano in mano entrò il resto della j
fanteria , e tutti poi si diedero non sola*
mente.' a saccheggiar le case , ma anche ad
uccidere chiunque scontravano per le stra-
de, senza riguardo a sesso od età. Niun
rispetto si ebbe alle chiese e alle cose sa-
cre e il barbarico furore d' alcuni giunse
ad introdursi in un monistero di sacre ver-|
gini , con ivi commettere ogni maggiore
eccesso. Tutto era urli e pianti. Avvisato
di tanto disordine il signor della Palissa
capo prò interim dell'armata, corse colle-
gato e con altri capitani all'infelice città,
e i primi suoi passi furono a quel moni-
stero, e quanti vi si trovarono dentro ( era-
no 34 ) li fece immediatamente impiccar]
per la gola alle finestre. Questo spettaco-|
Io, e un bando generale servì per mettere
fine al saccheggio , e tutti i soldati usciro-
no della città . Il terrore intanto spar-
so per tutta la Romagna cagione fu ^
che le città di Faen^a^ Cervia, Imola ,i
Cesena, Rimini e Forlì , a riserva delle
rocche , mandassero le chiavi al campa;
francese, per esentarsi da mali maggiori ,
e la cittadella di Ravenna per pochi gior-
ni si sostenne . Fu esibito al duca di Fern
rara il comando dell'armata gallica ; ma;
egli i
Anno MDXII. 297
_ ^Tonbsccndo , che gente indisciplinata ^
orgogliosa e bestiale fosse quella , se ne
scusò con buona maniera. E tanto più se
De astenne 5 perchè come principe savio già
prevedeva, che il re Cristianissimo con tan-
ti minacciosi venti che erano oltramonti
per aria , non potrebbe più attendere agli
affari d'Italia, né a rinforzar quella trop-
po infievolita armata . Però ritiratosi a
Ferrara cominciò a pensare^ come potesse
salvar sestesso nelT imminente naufragio .
Infatti la famosa vittoria di Ravenna fu
l'ultima delle, glorie francesi nella presen-
te guerra , e la fortuna voltò loro da lì
innanzi le spalle ,
Arrivata che fu a Roma ^ dove era tor-
nato il pontefice, la gran nuova del sud-
detto fatto d' armi , non si può dire, ciie
paura e scompiglio ivi nascesse. Comincia-
rono allora più che mai i saggi porporati a
tempestar papa Giulio , perchè venisse ad
una pace ; ed egli colla paura in corpo una
volta tenne delle strette pratiche per essa ,
e massimamente per essersi traspirato,, che
Prospero Colonna , Roberto Orsino ., Pietro
Mar g ano j ed altri baroni romani medita-
vano delle novità. Ma dacché si seppe il
netto della battaglia, e che sì caro era co-
stato a' Francesi il loro trionfo , rinculò
ben tosto , e più di prima si confermò nel-
la brama e speranza di cacciarli d' Italia .
A questa risoluzione maggiormente V acce-
10 sicuri avvisi , che i re di Spagna e di
In-
2^8 Annali d' 1 t a l i a
Inghilterra moveano guerra alla Francia , e j
che ventimila Svizzeri, òondotti dal cardi'- ì
nal Sedunense ^ ossia di Sion, coi danari di r
esso papa e de' Veneziani , erano' pronti 3 |
calare in Italia. Venne intanto ordin<^ dal ,
re Lodovico al signor della Palissa , creato ì
governator di Milano , di ritirarsi alla di- ]
fesa di quello Stato. Tanto fece egli con j
lasciar leggeri presidj in Ravenna e Bolo--^
gna . Ma dacché s'intese mosso V esercito '
pontificio alla volta della Romagna, Fé- !
derlgo da Bozzolo , lasciato in Ravenna , '
abbandonata quella città, sen venne colla 1
poca sua gente a rinforzar Bologna. Diede |
papa Giulio principio al concilio lateranen-*|
se nel dì 3 di maggio, con iscarso con- i
corso nondimeno di prelati; ed ivi furono j
dichiariti nulli tutti gli atti del ridicolo ,
conciliabolo pisano. Sul principio ancora •
di giugno pervennero per la via di Trento '
sul Veronese gli Svizzeri e Tedeschi, ej
alla mostra furono trovati circa diciotto- l
mil^ fanti scelti. Con loro si congiunse V]
esercito de' Veneziani , consistente in mille,
cavalli leggeri, seimila fanti , e gran quan- 1
tità d'artiglierie. Erasi postato il signor ;
della Palissa a Valeggio presso il Mincio , \
per contrastar loro il passo . Ma sentendo- ■
si troppo debole di forze, nel dì 9 di giu-ò
gno si ritirò andando verso Ponte-vico. So-j
pravvenuto poi ordine da Blassimillano Ce- ;
sare^ già dichiarato nemico de' Francesi ,!
che richiamava tutti i fanti tedeschi che \
era-
e-
Anno MDXIL 2c^ ^^
loro soldo, quattromila cV essi nel
medesimo dì se ne tornarono allelor casef
lo che fu cagione^ che il Pai issa precipi-
tosamente si ricoverasse a Pizzighctlone ,
e passasse V Adda , sempre infestato dai
corridori dell'esercito collegato_, che era
passato di là dal Mincio. Gran bisbiglio ^'
movimento era in questi tempi per tutte^
le città dello Stato di Milana , a cagion
della voce sipàtsa^ che Blasslmlit ano Sforza^
figlio del fu Lodovico il Movo , avesse a
riacquistarne il dominio: cosa sommamente
sospirata da que' popoli^ non tanto per la
antica divozione verso queiMa casa, e per
desiderio d'avere un proprio principe, quan-
to ancora perchè i Francesi d'allora met-
tevano in opera 5 dovunque comandavan<>> ,
Tarte di farsi odiare. Questo infatti era
il concordato da Massimiliano re de'Koma-
ni col papa ». Furono i primi ad arrendersi
senza contrasto alcuno i Cremonesi , ancor-
ché la cittadella restasse in man de' Fran-
cesi ; e nacque lite, chi avesse a prenderne
il possesso, pretendendo non meno i Ve-
neziani, che il commissario dello Sforza ,
assistito da Cesare, quella città. L'ultimo
la vinse col favore degli Svizzeri , guada-
gnati da un regalo di quaranta o cinquan-
tamila ducati, che loro sborsò il poj?o!o
di Cremona .
Servì ad accelerare il precipizio del do.
minio francese in Italia la guerra nel me-
desimo tempo mossa dai re d* Aragona e
d' In-
goo An nalid^ Italia ;
d' Inghilterra alla Francia , per cui il te ;
Luigi trovandosi molto imbrogliato , fu co- l
stretto a richiamare il Palissa di là da'mon- \
ti, con órdine di lasciar ben guernite le ì
cittadelle più forti. Si ritirò dunque ilPà- ^
lissa a Pavia ^ lasciate guarnigioni in Crema ì
e Trezzo. Anche, il Trlvulzlo ^ scorgendo =
di non poter tenere la città di Milano che ;
tumultuava, parendo a que' cittadini un'ora ■
mille anni di veder lo Sforza rientrare nel- :
la signoria de' suoi maggiori : dopo aver ''-
ben provveduto il castello di quella città, :
si ridusse a Pavia : perlocchè i Milanesi ;
alzarono tosto le bandiere sforzesche. Al- \
trettanto fece Lodi j, allorché vi si appres- j
so l'esercito della lega. E Bergamo si die- 1
de ai Veneziani. Marciarono i collegati con*'
gran fretta a Pavia, per non lasciare pi- i
gliar fiato ai Francesi che s'erano fortifica- -j
ti in quella città . Ma il Palissa che già '
scorgea commosso anche quel popolo a se-
dizione , e disperato il caso di sostenersi
lungamente , dappoiché i nemici aveano
piantate le bombarde , e passate anche il
Ticino: all'improvviso colle artiglierie e
bagaglio uscì di quella città, per incam-
minarsi alla volta d'Asti. Rottosi il ponte
di legno ch'era sul Gravelone , al primo pez-
zo d'artiglieria grossa , che volle passare ,
ne restarono di qua tagliati fuora tredTci
altri con duemila fanti tedeschi; i quali
assaliti dagli Svizzeri fecero una memora-
hil difesa , finché vedendo* morta la metà
di
A N N o MDXil. 301
di loro, e perduta ogni speranza d'aiuto,
pieni di ferite si gettarono dispcratamentG
nel Ticino per passare ail' altra riva, do-
ve i Francesi erano spettatori della crudel
battaglia senza loro poter recare aiuto. Se
ne affogarono circa dugento. Aveano i Fran-
cesi molto prima inviato con buona scorta
il legato pontificio prigione ,. cioè Giovan-
ni cardinale de^ Medici , Alloixhè fu egli
al passo del Pò alla Stella, oppure a Bas-
signana j tolto fu di mano a' Francesi, e
ridotto in luogo di salvamento. Il Guicciar-
dino di questo fatto dà l'onore ai villani
del Cairo 5 guadagnati la notte antecedente
dai familiari del cardinale. L' anonimo pa-
dovano ne fa autore il marchese Bernabò
Malaspina ; e il Giovio scrive, che fu mol-
to prima concertata la sua fuga coli' aba-
te Bongallo, e con altri suoi amici. Gra-
vissimi disagi patì poscia il resto dell' ar-
mata francese; pure continuò il viaggio, e
passò le Alpi ; portando seco un buon do-
cumento ai principi di n©n maltrattare i
popoli, massimamtuìte quei di nuova conqui-
sta. Certamente l'alterigia loro, l'aspra
governo, e il lincenzioso procedere colle
» donne aveano talmente esacerbati i popoli
della Lombardia,, che tutti a gara , subito-
che se -la videro bella , si sottrassero al
loro dominio , anzi infierirono contro di
loro. Appena partito da Milano il Trivul-
zio , quel popolo furiosamente sì diede a
svenar quanti soldati € mercatanti francesi
era-
302 Annali d' Italia
frano rimasti in quella città , con saccheg-
giarne le case e botteghe . V ha chi scri-
vo , averne uccisi circa mille e cinquecen-
to. Parimente in Como ne furono scannati
non pochi , e nella lor fuga verso le Al-
pi, contra di essi si scatenarono tutti i \
villani del paese , uccidendo chiunque al- !
qui^nto si scostava dal corpo di battaglia . \
Intanto Pavia ;, Alessandria, Com.o , Torto- :
na , ed altre città inalberarono le bandierev j
sfcrzes'èhe . Il marchese di Monferrato colle 1
Fue genti entrò in Asti e in Novara, ma \
non ebbe la fortezza di quest' ultima città.
in tanta rivoluzion di cose trovarono ma-
niera i ministri pontifìzj d'indurre i Pia- i
centini e Parmiciani a darsi alla Chiesa : i
lo che aprì allora un campo di doglianze ;
e dispute del duca di Milano e delPimpe- i
ro contro il papa : dispute ravvivate poi ;
a'' giorni nostri, siccome diremo a suo tetn-' ^
pò. Pretese inoltre il papa , che Asti do- \
vesse toccare a lui; ma non gli riuscì di ]
aver quel boccone. Fu ancora spedito dall' \
esercito della leo^a Giano Fre2:oso con mille
cavalli e tremila fanti a Genova ; alla com- ;
parsa de' quali si ribellò tutto quel popò- ]
lo , e i Francesi si chiusero nel castelletto, ]
e nella fortezza della Lanterna. Fu esso ;
Frcgoso proclamato poco appresso doge di j
quella repubblica . |
(Vlen^tre sì gran tracollo davano in Lom- |
bardia gli affari ,dc'Francesi^ restando so- \
lamente in lor potere, Brescia-, Crema, e j
qual-
Anno MDXIL 303
qnalctie fortezza ^ : il pontefice^ rannate le
reliquie dell' esercito disfatto sotto R-aven-
na, colla giunta di quattro altri mila fan-
ti^ spedì sul fine di maggio questa armata
in Romagna , per cui tornarono quetamen-
te alla sua ubbidienza tutte quelle città .
Ne era generale Francesco Maria duca
cV Urbino suo nipote, il quale intimò poi
la resa a Bologna. Vedendo i Bentivogli
disperato il caso , se n'andarono chi a Man-
tova, chi a Ferrara ; e la città di Bologna
nel dì IO di giugni capitolò col duca, e
col cardinale Sip;ismondo Gonzaga legato ,
i quali poi vi fecero solenne entrata nella
domenica seguente 13 di giugno. Aveva
intanto Alfonso duca di Ferrara per mez-
zo del marchese di Mantova suo cognato e
di Fabrizio Colonna suo prigione (trattato
nondimeno non come tale, ma come suo
amico) fatti varj maneggi, per rientrale
in grazia del pontefice^ ed era anche ve-
nuto il salvocondotto per lui e per li suoi
Stati . In vigore di questo , dopo aver egli
mandato innanzi il Colonna ben regalato ,
e senza taglia alcuna ; s'inviò nel di 23 di
giugno a Roma , dove giunto , fu assoluta
dalle censure, ed ammesso al bacio del pie-
de di sua santità. Ma che ? l principi di
anii^io grande si fan gloria di perdonare
ai supplicanti nemici, papa Giulio al con-
trario parve , che si facesse gloria fino di
man-
' P.irff di firPfiiS' Cuicciaydino , bi'on.'iccoysi . anonimo
'.:^uv.:no. bìjYcli\ t.(l altri.
3€>4 Annali d' Italia
mancar di fede . Nel mentre che Alfonso
era in Roma , il duca d' Urbino non sola-
mente occupò Cento, la Pieve, e le terre
della Romagna , spettanti al duca , ma
eziandio inoltratosi a Reggio , nonostantf;
il richiamo del Vitfurst governatore cesareo
di Modena, che gl'intimo;, quella essere |
città dell'impero, costrinse i Reggiani alla ;
resa. Dopodiché spogliò il duca anche di ;
Carpii Brescello , san Felice e Finale. In- \
noltre lo stesso papa cominciò a ponta-
re , volendo, che esso duca gli cedesse il ;
ducato di Ferrara . Perciò Alfonso che \
non si sentiva voglia di far questo sacri- i
flzio, chiese licenza in vigore del salvo- |
condotto di tornarsene a casa, né la potè'H
ottenere. I Colonnesi coli' oratore spagnuo- ;
lo che aveva anche egli persuaso ad un j
principe di tanto credito il portarsi colà , \
iti a pregare il papa di questo^ non ne ri- ^
portarono, che ingiurie e minacce. Poscia l
si penetrò il disegno di papa Giulio di ri- j
tenerlo prigione. Allora gli onorati signo- ■
ri Colonnesi, cioè Fabrizio e Marco Anto- ^
ìlio che aveano obbligata la loro fede al \
duca , con una brigata di lor gente ; sfor- ■
zata la porta di san Giovanni, il cavarono ì
di Roma, e salvo il condussero a Marino , ;
da dove poi dopo tre mesi travestito^, con j
deludere tutte le spie messe fuori dal pon- j
tefice , felicemente passò a Ferrara . Se que- |
ste azioni facessero onore a papa Giulio ^.j
sei può ciascuno immaginare. IJ|i
Re-
Anno MDXII. 305
Bestava al papa, inflessibile nelle sue
passioni, di gastigare i Fiorentini,, e spe-
cialmente il gonfaloniere Pietro Soderino^,
perche avessero permesso in Pisa il conci-
liabolo de' Francesi , e dato aiuto di gente
in questa guerra al re di Francia , tuttoché
V avessero fatto forzati dalF obbligo delle
lor precedenti convenzioni , con essersi per-
altro mantenuti neutrali : delia qual neu-
tralità si ebbero poi molto a pentire . Ope^
rò dunque colla lega , che il Cardona vice-
rè di Napoli colle armi spagnuole entrasse
nel dominio fiorentino , e rimettesse in ca-
sa i Medici, già da gran tempo banditi da
quella città. Mentre i Fiorentini trattava-
no d'accordo, gli Spagnuoli accampati sot-
to la b^lla e ricca terra di Prato, non sa-
pendo dove trovar vettovaglie nel dì 30
d'agosto diedero un assalto a quella terra ;
e senza che quattromila fanti ch'erano ivi
di presidio^ ma troppo vili, facessero me-
noma resistenza, vi entrarono. Commisero
costoro inudite crudeltà, maggiori delle
commesse dai Francesi in Brescia , come
attesta il Giovio; il quale aggiugne anco-
ra , che cinquemila uomini disarmati parte
soldati, e parte terrazzani, furono ivi uc-
cisi dall' inesplicabii brutalità de' vincitori.
L'anonimo padovano ne scrive ammazzati
più di tremila. Il Guicciardino dice, che
vi morirono più di duemila persone , e
che il cardinal de^ Medici legato pontifi-
cio , messe guardie alla chiesa maggiore ,
Tomo XXIL V ^sal-
5o6 Annali d' Italia S
salvò r onestà delle donne , quasi tutte co- \
là rifuggite. Ma il Nardi e il Buonaccorsi I
che registravano allora sì fieri avvenimenti > J
asseriscono > che non fu perdonato né a ver- j
gini sacre, né a luoghi sacri, né a' bambi- j
ni in fasce . E quei che rimasero in vita , j
furono tutti eccessivamente taglieggiati , e ]
con varj tormenti straziati , perchè pagasse- i
ro ciò che non poteano . Ed ecco dove an- i
davano a terminare le strane premure di I
un papa per catciare i barbari d'Italiani
cioè con una medicina peggiore affatto deLi
male : locc-liè nello stesso tempo oltre aliaci
Toscana provò la Lombardia , inondata al-is
lora dagli Svizzeri, divenuti formidabili!
dappertutto , e che da ogni Iato esigevano^!
contribuzioni , e nulla potea saziarli . Nel!
tornare al lor paese occuparono la Valtel4|
lina , Chiavenna e Locarno], né più volleroi
dimetterle. Nel dì 51 d'agosto il gonfalo-^j
niere Soderino uscito di Firenze si ritirò a^;
Ragusi . I Medici furono rimessi con infi-^j
nite dimostrazioni d'allegrezza ip città, ejj
riformarono quel reggimento a modo loro ,
con dover pagare i Fiorentini al te dei
Romani e al Cardona più di centoquaranta--
mila ducati d'oro. Restarono poi somma-
mente burlati anche i Veneziani dalla lot
lega, chiamata allora la lega santa. Imper-
ciocché riuscì ben loro di ricuperar Crema pei
trattato segreto , che fecero con Benedette
Crivello^ posto da'Francesi alla guardia dijl
quella terra , il quale corrotto con danari ^|
per
i
1^ Anno MDXIL 30?
r questo tradimento fu ben ricompensato da
essi Veneti . Ma non andò così per conto
di Brescia j città^ alle cui passate e pre-
senti miserie , si aggiunse in questi tempi
anche la peste, morendo fin 150 di quei
cittadini per giorno. Ne formò l'esercito
veneziano l' assedio ^ e cominciò a battere
colle artiglierie le mura. Quand^ ecco giù-
gnere il Cardonà co' suoi Spagnuoli ; ben
carichi del bottino della Toscana , il quale
imbrogliò tutte le loro speranze. Cominciò
esso viceré a pretendere , che non solamen-
te quella città si avesse a rendere a lui ,
ma anche Bergamo e Crema , già ritornate
all'ubbidienza della; repubblica . Erano que-
ste pretensioni chiarajsiente contrarie ai
patti della lega. Ma di che non è capace
la smoderata avidità ed ambizione d'alcu-
ni principi? Niun fretto hanno per essi né
la pubblica fede, nei patti, né i giuramen-
ti , e volesse Dio , che non ne avessimo ve-
duto ancor noi più d' un esempio a' dì no-
stri . Aveano già gli Svizzeri e gli Spa-
gnuoli molto prima cominciato ad usar del-
le insolenze contro de' Veneziani* Le ac-
crebbero .sotto Brescia, la qual città nel
di 13 "di novembre con molto onorevoli
condizioni fu consegnata dal signor d^.An--
hlgny al Viceré Cardo na . Costrinsero anco-
ra essi Spagnuoli a rendersi Peschiera^ Li-
gnago, e i castelli di Trezzo e di Novara,
siccome da un' altra parte riuscì ai Geno-
vesi di trar con danari il castelletto della
V 2 lor
3c8 Ankali d'Ita li a I;
lor città di mano del castellano francese ^j
che poi fu squartato vivo in Lione. |
Tomaio che la a' quartieri il deluso eser*
cito veneto, si applicò quel saggio Senato
?^ trattar dì pace col vescovo Garg^nse che
era il plenipotenziario di Massimiliano Ce-
sare in Italia . Volle il papa , che questo
negoziato si facesse in Roma, e dettata !
imperiosamente la capitolazione , comandò j
ai Veneziani di accettarla . Conteneva es-- j
sa, che Verona e Vicenza restassero a Mas- j
similiano; che per Padova e Trivigi pa- '
gasserò ad esso Cesare trecento libbre d'oro'-
ogni anno a titolo di censo , e duemila e',1
cinquecento libbre d'oro pel privilegio; ej
per le terre del Friuli ne fosse poi giudi-J|
ce lo stesso papa . Conobbero allora i Ve-*<j
neziani d' essere maltrattati e traditi an- ]
che da questa banda ^ ed ancorché si tro- ■
vassero in poco buono stato per li monti j
d'oro spesi in questa guerra, pur nonostan- j
te lo sdegno e le grida di esso papa , j
generosamente ricusarono di consentire a ;
si gravosa ed inaspettata pace, con darsi ]
piuttosto ad intavolar accordo e lega col \
re di Francia , siccome diremo , giacché il j
papa in una nuova lega fatta con Massi- ;
miliano e col re di Aragona, ne avea es- ^
elusi con poco buon garbo gli stessi Vene- j
ti . Nel dì 15 di dicembre arrivò a Mila- j
no Massimiliano Sforza , dichiarato duca j
da Cesare e dalla lega; né si può esprime- |
rc^ con quanto giubilo, con quante feste j
egli i
Anno MDXfL 30^
égli fosse ricevuto dai Milanesi , e quanto
magnifica fosse l'entrata sua in quella no-
bil città, perchè accompagnato dal cardi-
nal Sion . dal vescovo Gurgense , da Rai-
mondo di Cardona viceré , e da infinito
numero di capitani e nobili italiani , te-
. deschi, spagnuoli e svizzeri. Anche il ca-
I stello di Milano, tenuto da' Francesi , in-
' tanto andava facendo co' grossi cannoni del-
le salve _, d'allegrezza non già, ma di dan-
■ no ai Milanesi . Rimase nondimeno il pò-
! vero duca , come schiavo degli Svizzeri .
I Ne si dee tacere , che assaltato nelT anno
presente il re Cristianissimo dai re d'Ara-
gona e d'Inghilterra, lasciò per sua negli-
, genza , che il primo , cioè Ferdinando il
j Cattolico^ occupasse la Navarra, toglien-
i dola a quel re. E perchè mancava all'Ara-
gonese un legittimo titolo di appropriarsi
quel picciolo regno: si servì d'una bolla
di papa Giulio II che avea dichiarato de-
caduto da ogni suo diritto chiunque fosse
aderito al conciliabolo di Pisa , conceden-
do a ciascuno facoltà di occupar i loro
Stati . Questa bolla proccurata dall' accor-
to re , per attcstato del Mariana , tenuta
fu per molto tempo segreta , e poi sfode-
rata al bisogno. Ma non so io, se quel re
avesse creduta tanta autorità ne' papi da
donare i regni altrui , quando mai contra
di lui fosse stata pronunziata una simil
sentenza . Maraviglia fu , che il re Luigi ^
per lo sdegno che nudriva contro del pa-
V 3 pa 5
310 Annali d'Italia
pa , sì pertinace promotore della di luì
rovina, non si lasciasse allora trasportare
air eccesso di far creare un antipapa nel
suo regno. Senza dubbio ne fu assai trat-
tato . Probabilmente non il timore di Dio,
ma quel degli uomini , il trattenne. Con
tali e tante turbolenze terminò V anno pre»
sente.
F
Anno di Cristo 1513, Indiz. i.
di Leone X, papa i.
di Massimiliano re de'Rom. 21,'
ra tante sue sventure non avea peranche
Luigi XII TG di Francia dato congedo in |
suo cuore al desiderio e alla speranza dif
xicuperar Io Stato di Milano , perchè tutta-
via si conservavano alla divozione di lui
i castelli di Milano , e di Cremona , e la
Lanterna , ossia il Finale di Genova , Vari
negoziati perciò fece durante questo verno
coi potentati nemici, o per pacificarli, o
per rompere la loro unione . Nulla potè
ottenere dall' Inghilterra , meno dal papa e
da Massimiliano. Per quanti progetti faces-
se agli Svizzeri, costoro insuperbiti miran-
do d' alto in tasso gli stessi monarchi , non
volendo abbandonare la vigna che loro mol-
to bene fruttava , e credendo oramai di
poter dar legge ad ognuno , snidi stettero
in sostenere lo Sforza . Unicamente riuscì
ad esso re di stabilire la tregua d' un an-
no col re Cattolico , ma solamente per li
con-
^__^ Anno MDXIII. 311
^onlin^elle Alpi coli' Aragona. Per consi-
glio ancora di Glan-Giacopo Trivulzio si
rivolse ai Veneziani , non essendogli igno-
to , quanto amareggiato giustamente. /osse
quel Senato pel tradimento usatogli dalla
3ega e dal papa , e perchè Massimiliano nel-
l'investitura data allo Sforza avea compre-
sa anche Brescia , Bergamo e Crema . In«
fatti dopo molti dibattimenti nel dì 13^ al-
tri dicono nel dì 24 di marzo 'dell'anno
presente , fu conclusa una lega diifensiva
ed offensiva fra esso re Lodovico e la re-
pubblica veneta , con obbligarsi questa a
mantenere mille e dugento lance , ed ot-
tomila fanti in aiuto del re ; e che Berga-
mo, Brescia, Cremona e la Ghiardadda do-
vessero tornare sotto la signoria di Vene-
zia. Andrea Grittl prigione in Francia ,
riavuta la libertà , fu destinato a sottoscri*
vere questo accordo , per cui s' avea a ve-
dere una scena nuova in Italia . Intanto le
prosperità dell'anno precedente accendeva-
no l'animo di papa Giulio a disegni mag-
giori , coir essersi messo in capo di rego-
lare a talento suo l' Italia tutta , per non
dire tutti i principi della cristianità^ Già
avea stesa una bolla terribile contra del
re di Francia^ privandolo del titolo di
re, e concedendo quel regno a chiunque Io
occupasse, con attizzar più che mai il re
iV Inghilterra Arrigo contra dell' altro .
Avea segretamente comperata da Massimi-
liano Cesare per trentamila ducati d'oro la
V 4 cit-
512 ANNAtlD^lTAtlA I
città di Siena , affin di darla al nipote àu* ì
ca di Urbino, Sdegnato col cardinale de' 1
Medici , pensava ad alterar di nuovo Io ^
Stato di Firenze : minacciava i Lucchesi ; |
e volea mettere in Genova per doge Otta- i
ifiano Fregoso , cori cacciarne Giano. E i
perciocché egli frequentemente avea in hoc- ^
ca di voler liberare l'Italia dai barbari . f
anzi gradiva il titolo di liberatore, come
se già avesse terminata sì grande opera ;
per attestato del Giovio nella Vita di Al-
fonso duca di Ferrara , il cardinal Grimé^
ni gli disse un dì^ che restava pur tuttar
via sotto il giogo il regno di Napoli. A%
lora Giulio crollando il bastone, su cui si
appoggiava, e fremendo, con ira disse, che
in breve, se il Cielo altro non disponeva,
i Napoletani avrebbono un altro padrone .
Ma il principale sfogo dello sdegno ponti-
ficio avea da essere nella primavera con- ^
tra del duca di Ferrara , il quale abban- l
donato da tutti pensò in questo frattempo |
di prepararsi a morire glorioso > col fare C
ogni possibil difesa . Stabilì una tregua coi
Veneziani ; fortificò Ferrara ; prese al sua^^
soldo Federigo Gonzaga signor di Bozzolo
con duemila fanti italiani, il e capitan Ca^
lappini con altri duemila fanti tedeschi, i ;
quali , quantunque il papa facesse coman-
dar loro dall' imperadore , come a vassalli ,
suoi , di ritornarsene , pur vollero osservar
la èeàe data al duca *
Era immerso in questi gran pensieri di .
naon-
A N NO MDXIII. 513
'Ìhor\i<^ papa Giulio 11^ pensieri confaccvoU
tutti ai tV-roce suo animo e genio guerrie-
ro^ quando venne Dio a chiamarlo ai con-
ti in tempo, ch^ egli forse non si aspetta-
va . Dopo alcuni giorni di malattia , nei
quali conservò sempre il giudizio consue-
to , e quella severità, a cui niuno del sa-
cro colleo;io osò in addietro di contraddi-
re, dopo aver divotaraente ricevuti 1 sa-
cramenti della Chiesa^ nella notte del dì
20 di febbraio, venendo il giorno 21 spi-
rò r anima sua . Ho io , chi scrive , eh' egli
sull'ultimo cadde in delirio, e andava gri-
dando: Fuori d' Italia Francesi . Fuori Al-
jonso d/ Este . ^!| ha maggior fondamento
chi scrisse , esser egli stato esente dalla
frenesia.. Scrivono gli storici veneti , che
alla di lui morte cooperò la rabbia , f er
avere inteso il trattato di lega , che si ma-
nipolava fra il re di Francia e la loro re-
pubblica , e per conoscere d'essere in odio
a tutti i cardinali per li suoi marziali di-
segni . Ma queste verisimilmente non fu-
rono, che immaginazioni. Quel che è cer-
to , questo pontefice comparve agli occhi
del mondo principe d'animo invitto, im-
petuoso , e pieno non men di smisurati di-
segni , che di spirito di vendetta , e bece-
merita assai della Chiesa romana pel tem-
porale. Qual poscia egli comparisse agli
occhi di Dio, coir aver suscitate tante guer-
re per la cristianità invece di promuovere
qual padre comune la pace, avendola tan-
te
314 Annali d'Italia
te volte avuta in sua mano , e coW avere
impiegate le sostanze della Chiesa, ed ahw^ |
sato anche della religione in tanti secola- 1
teschi impegni : a noi non tocca di deci- |
derlo . Tuttavia l'autor francese della Le- i
ga di Cambrai non lascia di riflettere, che |
tanti disordini, cagionati da questo pur J
troppo bellicoso pontefice, troppo influire- j
no a scemar la venerazione dovuta al som-
mo grado dei successori di san Pietrp , e
a far nascere il deplorabile scisma de'po^;
poli settentrionali, siccome fra pochi anni;
avvenne , Che s' egli acquistò fama di
grand' uomo, ciò fu, secondo il Guicciar-
dino , presso coloro^ l quaii ^ essendo per-
diitl l veri vocaboli delle cose , e confusa
la distinzlon del pesarle rettamente , già-
cy^cano , che sia più uffizio de' pontefici , V ì
aggiugnete colle armi e col sangue denari- '
stiani impero alla Sedia apostolica _, che )
V affaticarsi co W esempio buono ^ della -vi- |
ta y e col correggerp e medifare i costumi ì
trascorsi per la salute di quelle anime y
per le quali si magnificano _, che Cristo
gli abbia costituiti in terra suoi vica-
rj. Peraltro fu uno de' suoi pregi l'essersi
astenuto dagli eccessi nell' amor del suo
sangue , da cui non si guardarono altri
papi di questi tempii' avendo egli sola-
mente ottenuto dai cardinali sul fin della
vita^ che Pesaro fosse dato in vicariato al
duca d'Urbino suo nipote. Alle forti istan-
ze ancora di madonna Felice sua figlia ,
mo«
»A N N o MDXIII. 315
gioglie Ai Giovan-Giorda no Oisino^ la qua-
le dci^ideraTa il cappello cardinalizio pev
Guido da Montefalco suo fratello uterino ^
rispose apertamente, che non era persona
degna di quel grado . A questo pontefice
ancora si dee il principio della nuova ba-
silica vaticana , una delle maraviglie del
mondo ^ con altre belle fabbriche entro e
fuori di Roma . Secondo il Giacomo , fu
egli il primo de' papi , che cominciò "a por-
tar barba lunga , per opinione , che da
questo selvatico e vano ornamento avesse
a venir più riverenza a chi per tanti mas-
sicci titoli ne è sì degno. Ma che anche
gli ecclesiastici e i papi portassero barba
negli antichi tempi, è fuor di dubbio. La
morte di questo pontefice non alterò pun-
to la quiete di Roma. Solamente in Lom-
bardia accadde qualche mutazione , perchè
il Cardona viceré di Napoli ^ tuttavia esi-
stente in Milano, corse a Piacenza e Par-
ma, costringendo que' popoli a rimettersi
sotto il dominio del duca di Milano , co-
me spettanti a quel ducato 3 e il duca di
Ferrara ricuperò Cento , Lugo f Bagnaca-
vallo, e le altre sue terre di Romagna ;
ma non già la città di Reggio, perchè ito
colle sue genti colà , niun movimento si
fece da que' cittadini in suo favore.
Apertosi poi in Roma il conclave , in
poco tempo per opera specialmente de' car-
dinali giovani fu eletto papa Giovanni car-
dinale figliuolo del fu rinomato Lorenzo
del.
£i6 Annali d'Itali.^
della celebre casa de' Medici, non senza ma-
raviglia del popolo che vide posto nella
cattedra di san Pietro , chi non avea sen-
non trentasette anni ; del che per tanti
anni addietro non v'era esempio. Prese
egli il nome di Leone X. Universalmente
venne applaudita sì inaspettata elezione ,
perchè questo personaggio n^^n avea mac*
chic ne' precedenti suoi costumi ; era di
genio dolce, liberale e magnifico, lettera* ì?^
to , ed amante della letteratura. Infatti non
uscito peranche dal conclave , prese per se-
gretari delle sue lettere Pietro Bembo e
Jacopo SadoletOj scrittori di raro merito _, -1
e col tempo cardinali insigni. Perciò sii
figurò la gente in lui il rovescio del poco '1
anzi defunto papa Giulio II , cioè un pon- |
tefice che metterebbe le sue delizie nel go^ «
dimento della pace, e farebbe godere ad-,
Ognuno un soave governo. Se in tutto l'in- ì
dovinassero, ce ne accorgeremo. Diede egli i
principio al suo reggimento colla mansue- |
tudine , e con rart magnificenza nel dì del- ^
la sua coronazione, che fu il giorno ii di |
aprile, perchè fu essa eseguita con incredi-
bil pompa , talmentechè non v' era memo-
ria dì solennità simile a questa . Acconsen-
tì, che v'intervenisse Alfonso duca di Fer- !
rara, il quale in abito ducale portò ilgon- ;
falon della Chiesa. Vi furono eziandio i ^
duchi d" Urbino e di Camerino , ed un {
concor&o innumerabile di nobiltà . Cento- \
mila ducati d'oro (se n' erano trovati ^tre-
cen- 1
ng§ Anno MDXIII. 317
Centomila in castello sant'Angelo ) costò
quella funzione, che non riportò applauso
dai sagi]i , i quali avrebbono desiderato ,
1 che un romano pontefice^ invece di prò-,
fondere i tesori in pompe secolaresche , si
fosse applicato alla correzion de' costumi
della sacra sua corte : difetto che pur trop-
po produsse dei lagrimevoli sconcerti sot-
to qut?sto medesimo papa.. Nulla si fece di
I questo, anzi Roma divenne T emporio del-
la allegria , del lusso , de' solazzi e ban-
chetti ; più di quel che fosse mai stata ;
laonde sempre più crebbe la dissolutezza
e licenza con grave danno della disciplina
ecclesiastica. Si mostrò jsui principi papa
Leone neutrale ed irresolutp nei torbidi
d'Italia, giacche si udivano i preparamen-
ti de' Francesi per tornare in Italia, ed al-
trettanto farsi da' Veneziani collegati con
essi , per ricuperare le città perdute : al
qual fine crearono lor capitan generale
Bartolameo d/Alviano^ capitano di singo-
iar valore e sperienza , già per onorifi-
ca adozione decorato del cognome del-
la casa Orsina . Era questi stato condot-
to prigione in Francia , e rilasciato ora in
in virtù della lega , seppe cosi ben giusti-
ficare o col vero , o col falso la condotta
sua nella battaglia di Ghiaradadda , rifon-
dendone tutta la colpa sul Pitigliano , che
tornò in grazia del Senato veneto. Si pre-
valse il papa di questi rumori , per fati
paura z IHassimiliano duca di Milano^ tan*
to-
giS A NN A LI d' It A L I A 1
tochè ottenne di ricavar dalle sue mani j
Parma e Piacenza. Locchè fatto, non pia- ]
cenilo ad esso pontefice la venuta de' Fran- ì
cesi, cominciò segretamenie (per non dis- j
gustare il re di Francia ) a muovere con j
danari gli Svizzeri al soccorso del duca \
di Milano . ^
Già erano insorte varie commozioni per-
le città di quel ducato , perchè i popoli ,
dianzi cotanto infastiditi del dominio e pe-i
sante governo de' Francesi , sperando mi-^
glior trattamento sotto lo Sforza, s'erano^
poi trovati non poco ingannati , stante V ec-:
cesso delle taglie imposte per pagare e re-
galare gl'insaziabili Svizzeri, e per rauna-
xe un esercito in difesa dello Stato . Per-
ciò prevaleva il desiderio di tornar sotto»!
i non più odiati Francesi , divenendo ili
minor male in confronto del maggiore una "
spezie di bene nelle bilance del mondo . ;
Tanto più ancora se ne invogliarono i po-Jj
poli, perchè sembrava loro lo Sforza prin-|
cipe di poca mente, e anche di minore|
spirito. Avvenne eziandio, che Sagramon
Visconte, deputato all' assedio del castello di)
Milano , tuttavia occupato da essi'^Francesi
e languente , v' introdusse una notte grai
quantità di farina, vino e grascia: dopo il
qual tradimento se ne fuggi all' armata ne-
mica , oppure in Francia , dove ricevett<
non poche finezze dal re Lodovico . Cala-
rono finalmente i Francesi da Snsa in Lom-^
bardia, con forte esercito , sotto il coman-
do
i
Ir
1^^ Anno MDXIIL ^ 319.
tò Sei signor della Tremo glia assistito dal
prdde maresciallo Gian-Jacopo Trivulzlo y
e s' impadronirono senza opposizione di
Asti e d'Alessandria. Le speranze di Mas^
simiiiafio Sforza erano riposte negli Sviz-
zeri j, giacché il Cardona viceré di Napoli
co' suoi Spàgnaoli se ne stava sul Piacenti-
no con ordini segreti del re Cattolico' di
non mettere a rischio la sua picciola ar-
I mata, e di ritifarsi, occorrendo, ad assi-
1 curare il regno di Napoli. Grandi rumori,
I è quasi guerra fu fra gli stessi Svizzeri _,
I perchè parte d'essi era stata guadagnata
dalla pecunia francese^ Pure prevalendo
il parlito di chi ardentemente bramava la
difesa dello Sforza nel ducato di Milano ,
cinquemila d'essi vennero ad unirsi con
lui , e maggior numero anche se rie aspet-
tava . Con questo rinforzo uscì il duca iti
campagna , e andò a postarsi su quel di
Tortona , per opporsi ai Francesi . Ma in-
tanto il popolo di Milano , veggendo sguer-
nita la città di milizie , e minacciante il
castello, acclamò il nome de' Francesi. Fa
subjto ristorato di nuove genti e di vetto-
vaglie queir importante castello. Dall'altra
parte non perde tempo l'Alviano, generale
de' Veneziani , e prevalendosi del terrore già
sparso per li popoli , uscì in campagna con
tnille e dugento lance , duemila e cinque-
cento cavalli leggeri , ed ottomila fanti ,
gente tutta ben agguerrita e coraggiosa .
Impadronitosi di Vileggio e di Peschiera ,
an-
.. . ^
320 Annali dItalia
ancorché intendesse fatti gagliardi movi-
menti in Brescia , e fosse chiamato colà i
pure s' indrizzò a Cremona , dove brava-
mente entrò , con isvaligiar Cesare Fera-
mosca che con trecento cavalli e cinquecen- ^
to fanti del duca di Milano eraivi in guar- |
dia . Mentre rinforzava di vettovaglie il i
castello, che tuttavia restava in potere dei |
Francesi , ma vicino a rendersi , spedì |
Renzo da Ceri con parte di sue genti a ^
Bergamo, dove era invitato da quel popò- I
]j. Furono ivi inalberate le bandiere di |
san Marco . Altrettanto fece al comparire ';
di Renzo la città di Brescia, con ritirarsi |
gli Spagnuoli nel castello. L'esempio rli|
Cremona servì a far rivoltare anche Lodi ■
e Sonci no. ]
Quasi nel medesimo tempo spedite dal ^
re di Francia nove galee sottili con altri
legni alla volta di Genova , si trovarono ^
secondate da molta gente delle riviere, e ì
molto più da Antonìotto e Girolamo fratel- •
li Adorni , i quali mossero tumulto in quel- \
la città con tal vigore , che Giano Fregoso \
durò fatica a salvar la vita colla fuga . j
Tornò Genova in tal guisa , ma senza il ì
castelletto alla divozion de' Francesi , e fu l
ivi costituto governatore pel re Cristianis- j
simo il suddetto Antoniotto . Non potea con ;
più prospero vento camminar la fortuna i
de' Francesi , perchè nulla più restava , che ^
facesse loro contrasto , sennon Novara e j
Como, tuttavia ubbidienti a Massimiliano a
Sjor- \
\
HH Anno MDXIIL 321
^Sforza • S'era appunto ridotto questo prin-
cipe a Novara , dove già erano giunti cin-
que o seimila Svizzeri , quando il Tvemo-
gìia e il Trivulzio giunsero sotto quella
città, e si diedero tosto a bersagliarla con
sedici pezzi d'artiglieria. L'anonimo pa-
dovano fa ascendere V armata de' Francesi
a mille e quattrocento lance, a mille caval-
li leggeri , e a quattordicimila fanti . Gli
scrittori francesi all'incontro le danno so-
lamente cinquecento uomini d'armi, o vo-
gliam dire lance _, seimila lanzìcheneschi
tedeschi^ e quattromila fanti francesi, non
avendo voluto il Tremoglia aspettare altri
rinforzi che erano in viaggio. Parea^ che
gli Svizzeri sprezzassero V arrivo del cam-
po francese, talmentechè vollero, che stes-
se aperta la porta di Novara : nel qual
tempo tremava di paura Massimiliano Sfor-
za , veggendosi ristretto in , quella stessa
città , dove suo padre era stato venduto
da altri STizzerli al medesimo Trivulzio ,
che era ivi all'assedio, temendo un simi-
le brutto giuoco da quella nazion venale .
E certo fu creduto , che non mancassero
secreti maneggi per questo ; anzi il Tre-
moglia superbamente avea scritto al re ,
che gli darebbe prigione ancor questo du-
ca. Ma sentendo il Tremoglia, che veniva
il capitano , ossia general Molino con altri
settemila Svizzeri verso Novara , si ritirò
due miglia lungi da quella città a un luo-
go appellato la Riotta j e quivi malamente
Tomo XXII. X si
I
gii Annali d'Italia ^
si accampò. IlBelcaire_, copiato poi <3alld ì
scritior fra-Kese r^^Hi Lega di Cambra! , •
forse persuaso , che i suoi nazionali fosse- j
ro invincibili, ed incapaci di commetteà'é *
mai spropositi, rovescia il difetto di que- ";
sto accampamento sul Trivulzlo , quasiché j
non avesse avuti la Francia tanti attestati \
della fedeltà e del sapere di questo insigne l
capitano italiano , f quasiché mancassero ^
ingegneri ed uomini intendenti tra i Fran- i
cessi stessi , che potessero scorgere il di- .
fetto di queir accampamento, e non potes- ^
se farsi ubbidire ilTremoglia. Arrivò poi ì
in Novara il Mot tino colle sue genti ; e j
fatto consiglio , fu risoluto di andare ad .-
assalire il carripo francese , senza aspettare ^
il capitano Altopasso che dovea venire con J
altre achiere di Svizzeri ad unirsi con lo- i
ro. Pertanto sul far del giorno sesto di
giugno , usciti in numero di diecimila fu- ]
tono addosso ai Francesi che non si aspet- J
lavano siffatta visita, e si attaccò la ter-1
ribil giornata. Fecero sulle prime le arti-'*
glierie francesi de"" notabili squarci nelle •
file nemiche; ma essendo riuscito agli Sviz-.j
zeri di occupar que' medesimi bronzi , e di^
rivolgerli contra gli stessi Francesi , dopoj
un feroce comballimento di più ore _, e do- '■
pò una grande vicendevole strage , toccò' i
ai Francesi di voltar le spalle. Secondo il':
solito de' fatti d' armi , che diversamentcfj
sono raccontati a misura delle diverse pas-l
sioni, ancor questo si truova descritto cok*|
gran
Anno MDXIIÌ. 323
gran Varietà. Scrive l'anonimo padovano ,
che a comun giudizio vi perirono circa
diecimila persone fra tutte e due le par«
ti 5 ma molto più de' Francesi , e quasi
tutti fanti . Lo storico Gradenigo mette
morti cinquemila Svizzeri , ed ottòrnila:
Francesi, la cavalleria de"* quali o perchè
non potè , o perchè non volle combattere ,
quasi tutta si salvò J Lasciarono i France-
si in preda ai vincitori tutte le artiglie-
rie e munizioni. Il peggio fu, che senza
poter essere ritenuti , non solamente si ri-
tirarono in Piemonte, ina passarono an-
che di là da' monti : scena accaduta anche
a' dì nostri . Qui avrei voluto V eloquenza
del Belcaire e dell'autore della Lega di
Cambrai, a scusare e giustificare sì grande
Scappata de' lor nazionali, quando àveand
Alessandria , Asti , ed altre città da po-
tervisi ricoverare . Ma i mentovati due
Scrittori han dimenticato di stendere que-
sta apologia.
S'era dianzi inoltrato sino a Lodi V At-
-Viano coir armata veneta, bramoso d'unir-
si co' Francesi; ma perchè il Cardona co-
gli Spagnuoli si mosse a quella volta affin
'*tìi vietargli il passo, quivi si fermò. Udi-
ta poi là rotta de' Francesi , disfatto il
ponte sull'Adda, abbandonata anche Cre-
mona, si ritirò a Ghedi . Videsi poscia
Una strana peripezia , per coìì dire , in un
momento si rivoltò tutto lo Stato di Mi-
lano contra de' Francesi • Iti Milano quari-
X 2 .ti
324 An nali d* Italia
ti di loro si trovarono , che non ebbero
tempo di salvarsi nel castello , tutti furono^
messi a £1 di spada . A trecento Guasco-^l
ni, che erano in Pavia, toccò la medesi-l
ma mala sorte. Tutte la altre città si ri-l
voltarono , mandando a chiedere perdono a^
Massimiliano duca , con essere poi còn-i-
dannata ognuna a pagare quantità grande!;
di danaro, cioè Milano ducentomila ducati
d'oro, e le altre a proporzione : danaro ch^
colò tutto per premio della vittoria in ma^
no agli Svizzeri , i quali inseguendo d^
lungi i fuggitivi Francesi j maggiormente si
ingrassarono alle spese de'Monferini e Pie-
montesi . Intanto il viceré di Napoli che
era fìnquì stato alla veletta, osservando
qual esito avesse da avere la fortuna dei
Francesi, si avviò a Cremona, e fu am-
messo in quella città. Diede ancora ad^
Ottaviano Fregoso tremila fanti e quattro-!
cento cavalli sotto il comando del marche^
se di Pescara y per poter entrare in Geno-s
va, con patto, che entratovi gli pagasse
ottantamila ducati d'oro. Sene impadronì
egli con esserne fuggito Antoniotto Ador^
no , ed ivi fu creato doge , con aver poi
quella repubblica sborsato sì grave regale
air ingordo Gardena . Fu anche abbandona-
ta Brescia da Renzo da Ceri ^ non avendc
egli assai forze da difenderla ; mia nel vo-
lere ridursi a Crema, s'incontrò in parte
dell' armata spagnuola che marciava alla
volta di Brescia , e fu forzato in Soresina-
a la-
Anno MDXIIL 325
a lasciare in lor mano le artiglierie, per
potersi speditamente salvare in essa Cre-
ma. Entrarono dunque di nuovo gli Spa-
gnuoli in possesso della città di Brescia ,
di cui già tenevano il castello . Da lì a
qualche tempo anche Bergamo tornò alla
lor divozione, con pagare ventimila duca-
ti di taglia. Erasi ridotto alla tomba Bar-
tolameo d' Alviano colle milizie venete ,
dove concorsero molti Veronesi, malcontenti
del dominio tedesco, e l'animarono air
acquisto della lor patria , perchè non vi
erano di presidio, sennon duemila fanti e
cinquecento cavalli . Dopo aver egli inte-
so 5 che Giari'Faolo BagUone , spedito a
Lignago, se n'era impadronito, passò sot-
to Verona . Con incredibil prestezza pian-
tò le batterie, e fece alquanto di breccia,
venne anche all'assalto . Tal difesa nondi-
ìneno fecero, e tali precauzioni presero i
pochi Tedeschi, lasciati ivi di guarnigio-
ne, che rAlviano, giacché non si sentiva
commozione alcuna didentro, si ritirò nel
Padovano, aspettando ciò che meditassero
gli Spagnuoli , i quali impadronitosi per
forza di Peschiera , e giunti air Adige,
"avèano ivi gittato un ponte. In questi tem-
pi ancora pervenne a Verona il vescovo
Gurgense , primo mobile della corte di
Massimiliano Cesare, con quattromila fanti
e secento cavalli borgognoni , tutta bella
gente. Al quale avviso i Veneziani rinfor-
zarono di molte soldatesche Trivigi sotto
X 3 il
^25 Annali d'Italia
il comando del Buglione. L' Alviano resti?
in Padova , dove fece delle mirabili fortifì^
cagioni , coir atterramento di molte case ;
con una vastissima spianata intorno alla
città, e con ogni maggior provvisione per
sostenere un assedio.
Attesero in questo mentre gli Spagnuoli
a ricuperar Lignago ; iqdi passarono a Mon-»
tagnana ^ e quivi tennero molti consigli «
Era di parere il Cardona viceré , che s%
imprendesse 1' assedio di Trivìgi , coniQ
più facile a riuscire ; ma gli convenne ce-*
dere all' ostinata volontà de4 vescovo gurr
gense che ponto in preferir quello di Pado-
va. Arrivarono in questi giorni al loro cani-
pò dugento uomini d' armi che alle forti
istanze di Cesare mandò papa Leone . Mal
volentieri, dice il Guicciardino. Fu quest<
nondimeno un segno, che il pontefice^ an-
corché andasse tergiversando , inclinava al
la aderenza dell'' imperadore e del re di
Spagna. L'anonimo padovano scrive , chq
furono dugento lance, e duemila fanti spe-^
(diti dal papa ; e a lui più , che al Guic-
ciardino , sembra in molte circostanze do-
vuta fede , perchè scrive d' essersi trovate^
presente in queste guerre d'Italia. Era comJj
posto l'esercito Spagnuolo di mille lance ^;
cinquf cento cavalli leggeri e settemila fan-^i
jti , co' quali si congiunsero quattromila^;
Tedeschi , e cinquecento cavalli borgognor^ii
condotti dal suddetto vescovo gurgense;^!
esercito poco sufficiente ad espugnar Padp'^!
va J
4 ^
^i
Anno MDXIIL 327
fy^ città di gran circuito, ben munita e
difesa dall' Alviano, uomo senza paura .
Riuscì infatti ridicolo il tentativo fatto
centra di quella città , e dopo diciotto
giorni fu obbligato il Cardona a ritirarsi
a Vicenza , città in questi tempi come
deserta , perchè continuamente esposta
agli insulti e al possesso di chiunque
giugnea colà più forte. Né già era più
felice lo stato de' Bergamaschi . Dacché
gli Spagnuoli si furono impadroniti di
quella città , i loro commissarj aveano
riscossi quindicimila ducati d' oro da quegli
afflitti cittadini . Renzo da Ceri che stando
in Crema per li Veneziani , tenea spie in
Bergamo, segretamente di notte con tre-
cento cavalli e mille fanti marciò a quel-
la volta; ed entrato nel far del giorno in
essa città j non solamente risparmiò a quei
commissarj la fatica di portar via qjiel
danaro, ma anche uccisi e presi molti di
quei Spagnuoli , s* ipipossessò della città ,
e lasciato ivi il capitan Cagnolino berga-
masco,, se ne tornò .subito a Crema . Pochi
giorni passarono, che giunse in Brescia il
conte Antonio da Ladrone con duemila
Tedeschi ; e già si disponeva per passare
a Bergamo, Cagion fu questo avviso, che
il Cagnolino si ritirasse in fretta colle sue^
genti a Crema e Bergamo tornasse in po-
tere degli Spagnuoli . Risoluto poscia il
conte di Lodrone di acquistar Pontevico ,
posto di grande importanza suU'Oglio ,
X 4 col-
328 Annali d' Ita li a
colle artiglierie , e con un buon corpo dì
combattenti ito colà , dopo una gran rot*
tura di nauro, diede l'assalto alla terra»
Fu questa mirabilmente difesa dal capitan
Fattinnanzi che v'era di guarnigione con
quattrocento fanti, dimodoché dopo gran
sangue il conte fu astretta a convertirò
l'assedio in blocco. Passato un mese^ per
mancanza di vettovàglie quel capitano ren-
dè la terra, salvo l'avere e le persone.
Avea Renzo da Ceri preso gusto alla pre-
da. Dacché seppe che gli Spagnuoli avea-
no riscosso dai miseri Bergamaschi altra
gran somma di danaro per compensare i
danni dianzi patiti, ma senza colpa dei
cittadini, se ne tornò col solito suo cor-
teggio a quella città, e presi quanti Spa-
gnuoli ivi trovòj, dopo avervi lasciato di
presidio ottocento fanti, e dugento caval-
li sotto il governo di Bartolomeo da Mo-
sto, si ridusse di nuovo a Crema . Ciò in-
teso il viceré Cardona con lettere racco-
mandò la ricuperazion di Bergamo al du-
ca di Milano, il quale si trovava allora
cogli Svizzeri in Piemonte saccheggiando
tutto il paese, sotto pretesto d'impedire
ai Francesi il ritorno in Italia. Spedì il
duca a quell'impresa con assai schiere ed
artiglierie Silvio Savello e Cesare Feramo-
sca che cominciarono a battere la città»
Ma ecco sul far del giorno giugnere quat-
trocento cavalli, ed altrettanti fanti, in-
viati da Crema da Renzo da Ceri , che;
ani*
Anno MDXIII. 329
Iktììmosamente assalirono il campo Milanese;
nel qual tempo uscirono alla medesima
danza gli altri ch'erano nella città . Fu
sanguinosa la pugna; ma infine rimasero
sconfìtti i Veneziani colla perdita di quasi
tutti i fanti. S'arrendè l'infelice città di
Bergamo ;, e all'innocente popolo fu impo-
sta dal Savello una taglia di diecimila
ducati d'oro .
Dappoiché fu sciolto l'assedio dì Padova,
fece papa Leone quante pratiche potè per
istaccave i Veneziani dalla lega coi Fran-
cesi 5 ma senza frutto: tanto era irritato
quel. Senato contro la mala fede degli
Spagnuoli. Però essendosi il viceré Car (tona
ridotto con tutti i capitani in Verona, te-
nuto fu ivi consiglio , e risoluto d'infestare
i Veneziani, per trarli colla forza ad ac-
conciarsi con loro. Nel dì 17 di settembre
s'avviò l'esercito collegato verso il pado-
vano , con bando che fosse lecito ad ognu-
no il mettere a ferro e fuoco tutto il
paese da Monselice sino alle acque salse •
Fu eseguito il barbarico editto^ e in tem.-
po che i poveri popoli non aspettando la
seconda visita di questi cani , erano ritor-
nati colle famiglie e bestiami alle lor ca-
se • Non contenti costoro , Cristiani di no-
me , e Turchi ne' fatti, di far grandissimo
bottino^ imprigionavano, uccideano , e
bruciavano case e ville , dovunque arriva-
va il loro furore. Meno degli altri opera-
vano i soldati del papa. Fra le altre terre
r ame*
55^ Ankali b' Ita eia
l'amena e fertile di Pieve di Sacco , dov^l
si contavano tante belle case di nobiliti
veneti , tutta fu consegnata alle fiamme
Lungo le Brente nuova e vecchia fece re
Io stesso sccmpio_, scorrendo sino a Lizza-
fusina , Mergara , Mestre ^ ed altri luoghi
iiiarittimi, da* quali spararono ?nche di
molte cannonate verso Venezia^ con arri-
var le palle fin quasi a quella nobilissima
città : locchè riempiè di terrore il popolo,
L' Alvlano che in Padova rodeva il frena
al mirar tante iniquità de' nemici , seppe
con tal efficacia persuadere al Senato ve^
neto , che si potea reprimere la baldanza
di quegli assassini^ e di tagliar loro il ri--
torno a casa,, che data gli fu licenza d' i>
scire in campagna coir armata sua j> benché
inferiore all' altra di forze • I movimenti
di questo generale, e i passi stretti occu^
pati da lui con far rompere le strade, cai
gion furono, che i collegati risolv esser ois
di retrocedere per non restar ferivi de' vi^
veri. Ma alla Brenta e al Bachiglione eb-
bero a fronte l'Alviano, il quale in ta
nijaniera li strinse , che non sapeano tro^
var alcun varco per ridursi in salvo . Ie
tale stato di cose se l'Alviano fosse state
un saggio e prudente capitano , avrebbi
di troppo angustiato il nemico, e senza
azzardar battaglia , gli avrebbe dissipati ,
o vinti colla fame. Ma egli non parlavi
d' altro , che di venire alle mani ^ e quaaj
tunque Andrea Grìttl e Andrea Loredandl
le- i;
d
Anno MDXIir. ^ ^31
■élla repubblica colla maggior parto
de' capitani si opponessero, mostrando che
non era da combattere con gente dispera-
ta ; pure si ostinò nella sua risoluzione ,
e furibondo non rispose sennon con villa-
pie a chi gli contraddiceva . Non restava
'3Ì collegati altro scampo che la via di
Valsugana per ritirarsi a Trento , ma
questa si trovava piena di mille difficoltà»
Sicché il miglior partito era quello di
aprirsi il passo colla spada alla mano, sen-
nonché temeano , che i Veneziani abborris-
sero questo giuoco. Ma il saggio Prospero
Colonna , ben conoscente del genio fervido
e superbo ieìVAlvlano^ promise di tirare
il campo veneto ad un fatto di armi.
La mattina dunque del dì sette di ot-^
tobre , Ferdinando d' Avalos marchese di
> fescara , giovane valorosissimo , s' avviò
contra de' Veneziani verso l'Olmo ^ ed uni-
tosi col Colonnese nelle coerenze di Creaz-
zo , circa tre miglia lungi da Vicenza ,
diede principio alla terribile zuffa. Si com-
battè con incredibile ardore da ambe le
parti, ma infine restò sconfitto l'Alviano.
Le particolarità di questo conflitto sono
descritte in differente guisa dal Guicciar-
dino, dal Giovio, dal Gradenigo , e da
altri. Fra morti e presi de' Veneti si con-
tarono circa quattrocento uomini di arme,
e quattromila fanti . L'anonimo padovano
vi aggiugne più di ottocento cavalli leg-
geri, e fa maggiore 1^ strage de" fanti,
Re^
532 Annali d'Italia
Hestarono prigioni Gian-Faolo Baglloney
governatore della veneta armata , Giulio
Manfrone , Andrea Loredano legato del
campo che fu poi barbaramente ucciso per
gara nata fra i pretendenti d' averlo pri-
gione . Tutta r artiglieria coi carriaggi
venne in potere dei vincitori ^ i quali la
stèssa sera cenarono in Vicenza, Al vede-
re, che il Senato veneto non prese risolu-
zione alcuna contro deli* Alviano, può fari
credere fondato il sentimento di alcuni
che scrivono^ esser egli [stato spinto dal
Loredana suddetto ad uscire alla batta-
glia. Il Loredano morto non potè più dir
le sue ragioni. Perchè s'avvicinava il ver-
no , niun' altra impresa tentarono i colle-
gati, sennonché il Cardona seguitò da Vi-
cenza ad infestar il Padovano ^ con lasciar
tempo alla repubblica veneta > intrepida i
sempre in mezzo alle sue sventure , di far *■
nuove provvisioni di guerra. Andato pò- 1
scia a Roma il 'vescovo gurgense Matteo |
Langlo y creato già cardinale, si ripiglia- |
rono i trattati di pace^ e ne fu fatto com-
promesso in papa Leone X; ma ancor que-
sta volta andò in fascio V ^ffare per le dif-
ferenti pretensioni di tante teste . Prima
che terminasse Tanno presente, contuttoché
a cagion d'esso trattato fosse seguita sos-
pension d'armi , fu preso dai tedeschi Ma-
rano, castello quasi inespugnabile nel Friu-
li. Per ricuperarlo fu spedito colà dai Ve-
neziani un picciolo esercitò , ma che restò
rot-
^ Anno MDXIIL 335 ^
"totto con istrage di molti, e colla perdita
delle artiglierie . In Lombardia Prospero
Colonna j, divenuto generale dell' esercito
del duca di Milano , andò a mettere 1' as-
sedio a Crema al dispetto del verno ben ri-
goroso . Dentro v'era Renzo da Ceri ^ che
fece delle maraviglie di valore con rom-
pere più volte i nemici, e far prigioni e
prede ; e condusse così ben V impresa , che
fu necessitato il Colonna a lasciar in pace
quella terra nell' anno seguente . Durante
esso verno occuparono i Tedeschi anche
Sacile e Feltre , e misero di nuovo a ferro
e fuoco la misera patria del Friuli • Delle
guerre fatte in questi tempi dal re d' In-
ghilterra e dagli Svizzeri contro al re di
Francia per le quali il re Lodovico non po-
tè accudire all' Italia ; e della guerra mos-
sa dal re di Scozia contro gì' Inglesi , sic-
come avventure non pertinenti all' assunto
mio , ninna menzione farò io , dovendo i
lettori curiosi prenderne informazione da
altre storie.
Anno di Cristo 1514, Indiz. 11.
di Leone X, papa 2.
di Massimiliamo re de'Rom. 22.
jr\ncorchè durasse la discordia fra tanti
principi cristiani, e continuasse anche la
guerra in Italia , pure nell'anno presente
non si contarono avvenimenti sì strepito-
si , come ne' precedenti . Ai tanti infortu-
ni
35^^ Annali dMì^alià
ìì] patiti fin qui dalla veneta repubblica! ^
Se ne aggiunse uno gravissimo nel dì tre^ ;
dici di gennaio. Circa un' ora di notte at-
taccatosi o per inavvertenza , o per mali-
zia degli uomini il fuoco in Rialto st una
bottega di telerie , questo a cagione d' un
gagliardo vento che soffiava, sì fieramente
si dilatò y che in poco tempo bruciò la
parte più ricca e frequentata di Venezia ,
perchè piena di drapperie , argenterie , e^
d'ogtii altra forma di merci preziose , cal-i
colandosi , che circa duemila tra botteghe
e case col fondaco de' tedeschi restassero*
preda del furioso incendio . Seguitava in-
tanto la guerra nel Friuli , dove Cristoforo'
Frangipane e il capitan Rizzano con mil-
le cavalli e cinquemila fanti tedeschi asse-
diarono e bombardarono OsofFo , castellò
fortissimo . In tre assalti che gli diedero,
vi perderono circa mille e cinquecento per-
sone . Girolamo Savorgnano che difendea
quella rocca, s'era infine ridotto con so-
li ventiquattro uomini , essendo perito il
resto di sua gente ; epperÒ fece sapere a
Venezia la necessità di rendersi , qualora
non gli venisse soccorso. Allora il Senata^j
otdirlò 9.\V Alviano di portarsi colà il pìxi]
segretamente , che potesse , quantunque il ]
viceré Cardotfa fosse tuttavia ad Este e aj
Monselice , e le di lui soldatesche facesse^ j
ro di tanto in tanto delle scorrerie sinoj
alle porte di Padova. Andò 1' Alviano al-l
la sordina (era il mese di marzo) con uaj
buon
I
Wfm- ^ • ^ N N o MDXlV. 53^
ttìibin tbrpo di gcnte^ e giunto a Bacile ^
spinse Malatesta Baglione contro il capi-
tan Rizzano che testò prigione. Sconfitti
<ì T€<Ì€s»hi del suo seguii?, si salvarono a
Pbrdenon ; ma poco stette a comparir colà
•i'AIviano^ e a piantar le artiglierie. Ter-
tiò fa faccenda colla presa e col sacco
l'infeiice castello, e colla strage di tut-
ti i difensori . Questo colpo fece ritirare
in fretta il Frangipane dall' assedia d'Osof-
f o ,* laonde l'Alviano se ne tornò trionfan-
te a Padova . Perchè premeva non poco ai
Veneziani di ricuperar Marano, castello di
molta importanza, fu speditocela ilSavor-
griano con gente assai, che cominciò a ber-
sagliarlo colle batterie : nella quale occa-
sione a Giovanni Vetturi riuscì in un agua-
to di far prigione lo stesso Frangipane ,
gran nemico ideila reppubblica, e d'inviar-
lo nelle carceri di Venezia . Ma sciolttr
che fiT questo assedio , ^nche il Vetturi
colto in mV imboscata dai Tedeschi, restò
prigione con cento de' Suoi . Andò poscia
il viceré con tutto il campo spagnuolo ad-
dosso a Cittadella , e formata la breccia ,
fece dare nel dì 27 di Giugno un fiero
assalto , per cui restò preso e saccheggia-
to quel castello , e i soldati e cittadini
tutti fatti prigioni ;
In questi tempi venuta meno le vettova-
glia al castello di Milano , fu forzato a
capitolare la resa, e il presidio francese
libero venne condotto sino ai monti. I>a fi
a pò-
35^ Annali d' I t a i i a
a pochi giorni altrettanto fece il castello ^i
Cremona , locchè quanta letizia recò al
duca di Milano , altrettanto scemò la ri-
putazion de' Francesi in Italia t Ilestava ih
lor potere la sola creduta inespugnabil for-
tezza della Lanterna , presso a Genova ;
ma per mancanza di viveri fu anch* essa
astretta nel dì 26 d'agosto a rendersi ai
Genovesi che per più mesi l' aveano tenu- i
ta assediata; né tardarono a spianarla sino j
a' fondamenti ; con che parve tolta affatto j
ogni apparenza che i Francesi avessero pia j
a comparir in Italia : locchè diede non poco^
affanno alla repubblica veneta, restata so-^
la contro a tanti nemici ; ma che nondi-^
meno giammai non invilì ^ né volle con-^
sentire a proposizione alcuna di pace , per j
cui avesse da cadere alcuna delle città aij
lei tolte in terra ferma. Pure con tutte^
queste peripezie il re Luigi XII ^ più che^
mai si sentiva ajcceso della costante bramai
di ricuperare lo Stato di Milano . Epperòi
dappoiché con paci , tregue e parentadi^
ebbe acconci i suoi interessi coi re d' In-i
gliilterra e d'Aragona, che gli aveano da^«
te delle disgustose lezioni in varj fatti dii
arme , si diede tutto a nuovi preparamen-^
ti di gente d'arme, d'artiglierie e muni-«
zioni , risoluto di calar di nuovo in Ita-^
lia neir anno seguente . Fu in quest' annoi
fatta una specie di blocco dalle armi dell
duca di Milano comandante da Siivio Saii
-vello all'insigne terra di Crema. Dentro^
v'era
jA N N o MDXIV. 337
v'era la peste , la guarnigione senza pa-
ghe e gran carestia di viveri, per modo
che Renzo da Ceri ivi comandante, ornai
diffidava di potersi sostenere. Pure, sic-
come persona di mirabil senno ed attivi-
tà , nel dì 25 d'agosto uscito alTìmpiov-
viso addosso ai nemici , li mise in rotta ;
e fama fu , che il Savello vi perdesse tre-
. cento fanti, e quattrocento cinquanta ca-
tvalli uccisi , oltre ad altrettanti rimasti
prigioni . Fu poi rifornita Cremona di vet-
tovaglia da' Veneziani, e il conte Niccolò
Scotto v' introdusse mille e cinquecento fan-
ti . Animato da questo rinforzo il valoroso
Renzo da Ceri, uscì una notte di Crema,
<c air improvviso comparve a Bergamo , e
v'entrò senza contrasto, essendo fuggiti
que' pochi Spagnuoli che v'erano di presi-
dio, nella Cappella , fortezza sopra il mon-
te. Diedesi egli immantenente a far ])a-
stioni ed altri ripari con risoluzioa di di-
fendere di nuovo quella città. Avvisati di
ciò il duca di Milano ^ e il viceré Cardona
che stava nel Polesine di Rovigo , affinchè
Pwenzo maggiormente ivi non si afforzasse,
si affrettarono per isloggiarlo di là . Andò
lo stesso viceré con un corpo di gente, e
molta artiglieria colà, ed unitosi con Pro-
spero Colonna generale delle armi duche-
sche , cominciò aspramente a percuotere
le mura di quella città. Ma quanto danno
si faceva il giorno, la notte veniva con
tagliate e nuove fortificazioni^ riparato
ToPAo XXII. Y dall'
23 S A N K A L I ^ d' I T A LI A
ti air indefcso Renzo, il quale non lasciava
di far anche delle sortite con grave inco-
m odo degli assedianti . Per segreti messi ;
gli faceva intanto sapere V Alvi ano che si \
dif endesse_, perchè farebbe tal diversione ,
che il viceré sarebbe astretto a ritirarsi .
Tent ò infatti Verona ; ma senza frutto .
Quindi sollecitamentp passato verso la no-
hil terra di Rovigo, spinse innanzi Bai- j
dassare di Scipione con secento cavalli ,
che nel dì 19 di novembre trovatigli Spa»
gnuoli senza guardia, quasi tutti' li fece
prigioni od uccise; e furono cento uomini^ «
d* arme , dugento cavalli leggeri^ e cinque- ^
eccito fanti. Sopaggiunto poi essoAlviano,
la misera terra andò tutta a sacco. Que- ;
sto colpo fece scappare in fretta da Leu- ì
denara e dalla Badia quanti Spagnuo- j
li si trovavano in quelle terre. In questo
mentre Renzo da Ceri lusingato sempre \
dalla speranza, che l'Alviano il soccor- j
resse _, avea consumata buona parte di sue j
genti nella difesa di Bergamo. Conosciuto j
poi disperato il caso, capitolò la resa, se :
in termine d'otto giorni non veniva soc- \
corso , con patto , che la città fosse salva \
dal sacco , e che uscissero i suoi soldati l
con armi e bagaglio, ma senza poter en- ]
trare in Crema per lo spazio di sei mesi. {
Spirati gli otto giorni senzachè comparis- \
se soccorso alcuno fu presa , dal viceré e ]
dal Colonna la tenuta della città , ma cit- A
tà bersagliata da infinite sciagure , perchè'^
con-
4
|HB. Anno MDXIV. ^ 339 ^
^^ndennata anche in questa occasione allo
sborso di ottantamila ducati d'oro. Tor-
nato poscia il viceré a Verona, ed uscito
in campagna contro V armata dell' Alvia-
no , tal terrore ad essa recò , che come in
rotta si ritirarono i Veneziani a Padova ,
con perdita di molti cavalli . La dirotta
pioggia , e le strade piene di fango impe-
dirono agli Spagnuoli di più ottenere nell'
anno presente .
Quali fossero in tempi di tante discor-
die i maneggi e raggiri ài })apa Leone ,
chiunque bramasse d' esserne pienamente
informato , dee ricorrere al Guicciardino ,
storico provveduto di un buon microsco-
pio , per dÌ5cernere le simulazioni e dissi-
mulazioni della politica mondana de' prin-
cipi , nella quale certamente eccellenti fu-
rono in questi tempi esso imntefice e Fer-
dinando il Cattolico re d' Aragona e delle
due Sicilie . Ebbe esso pontefice , mentre
continuava ancora il concilio lateranense ,
la consolazi •! di vedere affatto estinto lo
scisma de* Francesi, cominciato col conci-
liabolo pisano. Nel di 12 di marzo rice-
vette ancora con gran pompa gli ambascia-
tori àiEmanuello rt di Portogallo^. Con-
dussero essi oltre ad altri preziosi regali in
dono al papa un superbo elefante che riem-
piè di maraviglia il popolo romano, con-
corso a folla , per mirare un animale stra-
Y 2 no
* Oiosius de rebus Emanue'.is Regis .
340 An nali d' Italia
no agli occhi loro, ma si familiare agli
antichi Homani . Giunta questa bestia da-
vanti alla finestra, dove era assiso il papa,
tre volte s'inginocchiò, ubbidendo a chi
r avea così ammaestrato . Poi da un lino
d' acqua preparata ne tirò colla sua trom-
ba o proboscide una buona quantità , con
cui asperse chi si trovava anche nelle fine-
stre più alte, e molto più né spruzzò so-
pra la circostante plebe . Perchè ancora a
quel re era noto , come il pontefice senza ì
gran cura della sua dignità si dilettasse {
della caccia, gl'invio in dono una pante- ^
la , avvezzata a quell'esercizio; e fattane ,
la pruova , quante bestie si aflfacciarono , !
tutte in breve tempo le strozzò . Attende-.,^
va intanto papa Leone, come s'ha dal sud- /j
detto Guicciardino, e dall' autore della à
Lega di Cambrai , a coprir le segrete sue '
intenzioni , con deludere or questo , or
quello de' principi , essendo la general mi-
ra di seminar fra loro la mala intelligen* .^
za , e di persuadere a cadauno la sua pre- "^
dilezione, per desiderio di rendersi aibi-^
tro degli affari. Ma l'aver egli inviato al
Venezia il celebre Pietro Bembo per istac- j
care quella repubblica dall' alleanza coi^^
Francesi, senza però poterla smuovere ,/
fece infine capire al re Lodovico^ che ca-;
pitale avesse egli a fare delle belle prote-y^
ste di questo pontefice. Peggio intervenne j
ad Alfonso duca di Ferrara . Dopo aver j
questi assistito alla corona^ion di questoj
pa- i
Anno MDXJV. 341
papa, se re tornò a casa sua carico di
carezze e di promesse quante ne vol-
le . Insisteva U duca , perchè gli fosse
restituita la città di Reggio , indebita-
'mente occupata a lui da ])ai^a Giulio II y
contro la fede obbligata nel salvocon-
dotto. Era disposto Leone a restituirla ,
ma questo benedetto giorno non arrivava
giammai ^. Dopo grandi maneggisi lasciò
indurre il duca nel d) quindici di giugno a
spogliarsi del diritto di far sale nella cit-
tà di Comacchio , dalla quale la casa di
Este per tanti anni era stata, ed è tutta-
via investita dai soli imperadori ; ma seh-
z^ pregiudizio della cesarea maestà y e non
altrimenti , ne in altro modo , come eanta
quella convenzione . Oltre all' essere stati
annullati tutti i processi di papa Giulio y
promise il papa di restituire ad esso duca
in termine di cinque mesi Reggio . Ma que-
i cinque mesi nel cuor di papa Leone
cioveano essere cinquecento mesi, percioc*
che non solamente mai non volle rendere
quella città al duca,, ma due giorni appe-
na dopo la convenzione suddetta stipulò
coi ministri di i^fassim t/ìano Celare, la com-
pera ( salvo il gius della ricupera ) della
imperiai città di Modena pel prezzo di
quarantamila ducati d'oro, contati a quel
monarca^ , sempre ansioso , e sempre biso-
Y 5 gnó-
' Antichità Estensi y Tom. t. Picìa Eiposizjone [dei di--
ritti Imperiali ed Esten: i soprx' Com.zcchio .
34^ Annali d'Italia <
gnoso di pecunia, e che nulla badò a com* ^
mettere una sì patente ingiustizia in pre- ì
giudizio di un vassallo che nulla avea \
operato contra del sacro romano impero .
Fruttava questa città di sole rendite annue i
altrettanta somma. Troppo stava sul cuo- 1
re ai pontefice l'acquisto di Modena, per ^
aver libero il passr-ggio e la comunicazia-j
ne colle città di Reggio , Parma e Piacen-J!
za _, che erano già m suo potere . Gli oc-'^
culti fini nondimeno d'esso papa non ter"-|
minavano qui , come osserva il Guicciar*|
dino. Imperciocché se non il primo, certol
uno de' principali pensieri di Leone era!
"^ — qtiello d' ingrandire la propria casa dei]
Medici , e non già con allodiali , o feudi J
minori, ma con di que' principati e Stati ,f
che partecipano della sovranità, spogliando- j
ne i legittimi possessori. Questa malattia!
r abbìam trovata in altri precedenti papi , |
ma specialmente comparve dipoi in esso Leo-i
neX e in Clemente VII, amendue della stes-pj
sa casa , che per ottenere quest'intento im-
piegarono senza misura i tesosi della Ghie-,
sa , e fecero o fomentarono più guerre fra,
i popoli battezzati . Tale certo non era l'in-
tenzione di Dio^ allorché li pose sulla cat-
tedra di s. Pietro, e li costituì pastori del
gregge suo. Avea papa Leone Giuliano ,|
suo fratello, avea Lorenzo figlio di Pietroiì
Medici y che era suo nipote, e continua- /j
mente pensava ad innalzarli. Poiché quan-]]
to a Giulio suo cugino, figlio di GiuUang^ì
uc-
Anno MDXIV. 343
iicciso nella congiura de' Pazzi , che fu poi
pa-pa Clemente VII ^ benché dal Nardi , dal
Guicciardino, dal Varchi, dal Panvinio ^
e da altri si sappia essere egji nato fuori
di matrimonio , Leone V avea creato car-
dinale neir anno, precedente . Le idee di
esso papa Leone erano di formare per Giu-
liano un principato di Modena, Reggio ,
Parma e Piacenza , e se gli veniva fatto ^
d'aggiugnervi anche Ferrara. Fu eziandio
creduto ;, che trattasse col re di Francia
di acquistare il regno di Napoli o per la
Chiesa, oppure pel suddetto suo fratello,
già creato prefetto di Roma, e generale^e
Gonfaloniere della santa romana Chiesa .
Qual esito avessero i suoi grandiosi dise-
gni, r andremo appoco appoco vedendo-
Anno di Cristo 1515 , Indizione iir.
di Leone X, papa 3.
di Massimiliano rede'Rom. 23.
Jl unesto principio ebba l'anno presente ,
perchè nello stesso primo giorno di genna-
io mancò di vita LodoVico XII , re di
Francia per infermità , comunemente cre-
duta cagionata dal recente matrimonio col-
la sorella del re d'Inghilterra dieta d'an-
ni diciotto , quando egli era giunto ai cin-
quantaquattro anni , e prometteva ben più
lunga vita . Fu assai compianta la di lui
perdita , perchè s' era acquistato il tholo
di padre de' suoi popoli , elogio il più glo-
y 4 ' rio-
) ^
' 344 Àknali i>' Italia
rioso d'ogni altro, ma che per disavven-
tura miriamo assai\varo in tutti i tempi •
Ora favorito dalia prospera, edora battu-
to dall'avversa fortuna, era nondimeno in
tal maniera risorto , che di gran cose tut-
tavia promettea , se la morte non avesse
troncato il filo di sua '^ita e delle sue
speranze . Ma si consolarono in breve i
Francesi, perchè a lui succedette Francesco
I, conte di Angolemn^ , il più prossimo
del regal sangue maschile secondo * le leg-
gi o le consuetudini di quel regno ; giac-
ché Lodovico non lasciò dopo di se sennoa
due femmine, cioè Claudia j sposata ad
ff^so Francesco nel di i8 di maggio dell'
anno pre^€dente_,*e Renea che era stata
bensì in un trattato del dì 24 di marzo
dello stesso anno promessa a Carlo ^ nipo-
te di Massimiliano re de' Romani , che fu
poi il glorioso Carlo V augusto , ma di-
venne col tempo moglie di Ercole II di
J^sie principe, e susseguentemente duca di
Ferrara . Si trovava il nuovo re Francesco
in età di soli ventidue anni , principe dL
gran mente , pieno di spiriti guerrieri , e
sommamente avido di gloria. Con gli al--
tri suoi titoli unì egli tosto ancor .quello|
di duca di Milano, contuttoché sui princi-'^i
pj occultasse la voglia di ricuperar quel*j
ducato, affine di assodar prirna gì' interes-^j
si suqi coi potentati vicini . Confermò là^[
lega col re d^ Inghilterra ^ e poscia collabi
rdimbblica veneta; ma nulla di pace potèj
ot- J
4
A N N n MDXV. 545
ja^terrevc . n v\ dà MassimUiano Cesare , ne da
^Èfrdinando il Cattolico^ re d'Aragona^ né
dagli Svizzeri^ e meno da papa Leone ,
ii quale andava barcheggiando in questi
^lempi_, sempre nondimeno con animo con-
■wrio a' Francesi , qualora volessero tentar
||P nuovo la conquista dello Stato di Mi-
lano. In effetto essi re de' Romani e di
Aragona , il duca di Milano , gli Svizzeri
e Fiorentini contrassero lega fra loro in
questi tempi colla mira di opporsi ai Fran-
cesi, lasciato luogo d'entrarvi al papa , il
quale voiea giocare a carte sicure. Avea
nondimeno esso pontefice nel dì nove di
dicembre del precedente anno fatta uria
particolar lega coi medesimi Svizzeri ^ ;
confidando più in essi, che in altra poten-
za per la difesa del ducato di Milano ,
Innoltre, fu da lui proccurato nell'anno
antecedente un accasamento nobilissimo a
Giuliano suo fratello : con avergli ottenu-
ta per moglie * Filìherta figlia di Filippo
duca di Savoia^ e prossima parente, dice
lo scrittor della Lega di Cambrai , ma do-
vea dire sorella di Luisa madre del so-
praddetto re di Francia Francesco T, Tale
era ne' tempi presenti la potenza de' som-
mi pontefici , che niuno de' gran principi
si sdegnava di far parentado con loro .
Nel mese di febbraio si effettuò questo
ma-
Du Mont , Corp. Diplomnt.
Guichcnun , de la Maison de Savoie,
34^ Annali d' Itali a
matrimonio, e sì suntuoso e magnifico fq
il ricevimento di questa principessa in Ro»
ma j che il papa vi spese più di cento
cinquantamila ducati d' oro , come si rica-
va dalle lettere del Bembo. Altri grandi
feste sperano fatte in Torino, dove lo spo-
so si fermò per' un mese^ e similmente in
Firenze, dove ognuno o per amore, o per
timore gareggiava ad onorare ed esaltare
la casa de' Medici .
Ardeva intanto di voglia il re France-
sco di calare in Italia , e cominciò a non
essere più un segreto questo suo disegno ;
tanto grande era la massa di gente arma-
ta , ch'egli facea. L'autore della Lega di
Cambrai scrive, aver egli accresciuto il
numero delle lance ossia degli uomini di
arme , sino a quattromila : locchè , secondo
esso storico , facea quasi ventimila com-
battenti a cavallo . Merita esame questa >
asserzione , perchè non era molto in uso , i
che un uomo d' arme conducesse seco cin- ì
que cavalli , e quattro armati di sho se-
guito. Scrive r anonimo padovano^ ch'esso
re inviò il signor di Lautrec con cinque-
cento lance, e cinquemila fanti a' confini'
delia Guascogna, per opporsi ai tentativi ^
del re Cattolico; e il TremogUa in Borgo-
gna con un altro corpo di gente, e Gian- ^
Jacopo Trivulzio con quattrocento lance in
Provenza , per vegliare ai movimenti degli
Svizzeri, a' quali premeva troppo la con- ,
jBervazion "dello Stato di Milano , dacché
avea-
Anno MDXV. 347
aveano imparato a succiar tutto il sangue
de' popoli di quella contrada . Oltre ad
Dttomila fanti , e tremila guastatori suoi
Ij^udditij avea parimente il re Francesco
kfi^si al suo soldo diciotto, oppur ventidue-
I^Pa fanti tedeschi sotto varj capitani ; e
dietro Navarro celebre capitano che s"* era
iritirato dal servigio del re Cattolico , avea
arrolati altri diecimila fanti che ì\ autor
della Lega fa tutti biscaini ^ nia V anonimo
padovano scrive , essere stati seimila gua-
sconi, e quattromila italiani. Per T im-
presa d'Italia scelse duemila e cinquecento
uomini d'arme, e tremila cavalli leggeri
da unirsi alla copiosissima fanteria. Il prf^
mo buon colpo che fece sulle prime il re
Francesco, fu di tirar dalla sua Ottaviano
Fregoso doge di Genova , il quale avendo
iìnquì finto un grande attaccamento ai col-
legati, e trovando vacillante il suo stato
per la nemicizia degli Adorni e dei Fie-
schi , s' accordò segretamente con bsso re
Cristianissimo. Ma troppo frettolosamente
fu fatto da lui questo passo, im.perocchè
trapelato il suo maneggio, e già scesi in
Lombardia seimila Svizzeri che si uniro-
no alle milizie del duca di Milano , Pro-
spero Colonna generale del duca marciò al-
la volta di Genova , avendo seco gli Adorni
e i Fieschi . Avea bene il Fregoso ammas-
sati cinquemila fanti per sua difesa , ma
diffidando di potersi sostenere con sì lievi
forze, ricorse al papa suo gran protetto-^
re
34^ Annali d'Italia j
re, il qàaìe prestando fede alle di lui pra* \
teste, noa tardò a spedire un suo oratore 1
al Colonna con ordine d'intimargli di noni
proceder oltre contra del Fregoso , rainac-^
ciando in caso di contravvenzione ( obi
cfuesta è bella! ) le pene spirituali etem-Ì
porali. Fu cagione una tal sinfonia, che)
il Colonna , per non irritare il papa^ ve-*
nisse ad una convenzione col Fregoso , per!
cui questi si obbligò di non favorire li
Francesi ; e sborsata gran quantità di da^j
naro che sempre era T unico mezzo pei
quetare gli Svizzeri , fu lasciato in pace;
Ciò fatto volò il Colonna in Piemonte , pe
confrastare il passo ai Francesi , i qua!
già erano con grandi forze giunti in Delfi-
nato e in Provenza , ed aveario anche prepa«
rata in Marsilia un" armata navale. ^
In questi tempi non istava in ozio 1^
repubblica ifeneta, incoraggita dall' immi-ì
nente venuta de' Francesi suoi collegati 1
Kinforzata il più che potè la sua armata J
giacché era non lieve gara e mal animo fr^
V Alviano e Renzo da Ceri ^ perchè l'ulti^
mo facea continue querele, quasiché l'altroi
l'avesse tradito con abbandonarlo, allor-:
che avvenne l'assedio di Bergamo: presei
la risoluzione di separarli . Dichiarato dun-l
que Renzo generale della fanteria, l'inviò*"
segretamente con molte schiere alla volta;
di Crema , dove in tre giorni felicemente
arrivò. Intanto il -viceré Cardona^ forma-i
to un esercito di mille lance , di ottocen-i
to ;
Anno MDXV. 349
Ili leggeri , di ottomila ottimi fan-
. , con un buon treno d^ artiglieria s' in-
I amminò a Vicenza , dove soggiornava
Alviano, il quale non volendo aspettare
uesta visita, si ritirò tosto alle Brentel-
ì : laonde entrarono gli Spagnuoli in quel-
a misera città , correndo il mese di giu-
00, e vi commisero dei gran rubamenti .
)uanto frumento quivi si trovò , fu invia-
3 a Verona ; quanto ancora poterono
strarne dal Polesine di Hovigo , lo con-
iassero a quella città. Terribile era Tap-
>^rato delle armi in questi tempi . Tro-
avasi alle porte d' Italia una potente ar-
nata di Francesi, più potente di gran lun-ff
;a per la presenza di un re guerriero ed
tmato . Ali'' incontro sino al numero di
rentamila era cresciuto V esercito degli
svizzeri , che con Frospdro Colonna , e col-
e truppe duchesche unito, andò a postar-
d a Susa, a Pinerolo, e ad altri siti, per
dove poteano tentar di sboccare i France*
ii . Fu d' uopo al duca 31asslmiUana di
mandare un corpo di milizie a Cremona ,
per tenere in freno Rtnzo da Ctrl ^ il qua-
le da Crema facea frequenti scorrerie sino
alle porte d'essa città. In questo mentre
giunse a Piacenza Lorenzo de' Medici ^ ni-
pote del papa , e generale de' Fiorenti.vi ,
con cinquecento lance, altrettanti cavalli
leggeri , e seimila fanti, spediti da Firen-
ze. Pervenuto parimente a Bologna Gìidlci'
no de* Medici fratello del pontefice con
tic^-
350 A N N /#. I d' 1 T A t I A ,:
tremila cavalli , ed altrettanti fanti , gentil
papalina , inviò tosto alla guardia di Ve-^
tona dugento uomini d' arme ^ Anche ìt\
-viceré Cardona coir esercito suo andò ad
unirsi co' Fiorentini a Piacenza. Era sul
principio d'agosto, e allora fu . che si
pubblicò in Roma, Napoli^ ed altre città.
la lega conchiusa fra il pajja ( stato finqnij
fluttuante ed ascoso, ) Massimiliano re deii
Romani , Ferdinando re d' Aragona , Firen-\
ze , Milano e Svizzeri . Nulla di qaestoi
potè ritenere i passi dell'ardente re Cri-i
stianissimo , e molto meno un' ambasciatili
del re inglese , che cercò di dissuaderloi
vda questa impresa . Spedì egli per mare ili
signor della Clietta , ossia Aymar di Prie,j
con dugento cavalli e cinquemila fanti ^j
che giunto a Savona, subito ebbe ubbidienti
za da quella città. A questa nuova rastu-*<
to Ottaviano Fregoso spedi tosto chie-«
dendo soccorso al duca di Milano e aliai
lega . E perchè questo non venne , fingendai
di non potersi difendere , ammise nel por*^
to e nella città i Francesi, inalberando lei
loro insegne, con prenderne da lì appocc*^
guarnigione del re di Francia, Kinforzato^
poi questo piccolo esercito dalle genti del;
Fregoso passò ad Alessandria e a Tortona,^
e senza difficoltà se ne impadronì , tutto-r
che il viceré avesse mandato un buon nu-j
mero di fanti e cavalli al Castellazzo .j
Anche Asti venne dipoi alle loro mani . |
Erasi già partito da Este Bartolameo di\
Al- !
d
I^~ Anno MDXV. 351
Àlvìanrj coli' esercito veneto , ed entrato
nel serraglio di Mantova. Appena gli ar-
i rivo la nuova dello sbarco fatto da'Fran-
' cesi a Genova , che passò sul Cremonese ,
dove diede il sacco a più terre, e massi-
mamente alla ricca di Castello-lione . Quin-
di accostatosi a Cremona, senza spargi-
mento di sangue T occupò , e ne prese il
possesso a nome del re di Francia. SecoM-
'do l'anonimo padovano, corse allora vo-
«èe, che il duca di Milano, chiuso nel ca-
stello di quella città, senza lasciarsi ve-
dere, costernato da si brutti principj , e
dal tim^ore di peggio ; uscisse fuori di se .
Ma in simiiict)ntrattempi facile è, che na^
! scano nel volgo siffatte immaginazioni .
Immense diiFicoltà provava intanto Tarma-
ta francese a trovar la via per penetrare
in Italia , essendo presi i piiS importanti
passi dalla svizzera che vantava di voler
fare prodezze incredibili, per frastornare
i disegni de' Francesi. Un gran pezzo è,
che quelle barriere d' alti monti e di sco-
scesi valloni si credono posti dalla natu-
ra , per impedir con facilità, l'ingressa
in Italia « purché vi stia un' armata alia
guardia. Pure tante volte s'è veduto , ed
anche a dì nostri, che non basta un sì or-
rido baluardo a trattjsner gli oltramonta-
ni , purché superiori di forze , che non
vengano a visitarci . Ciò anche allora av-
venne . Il maresciallo Trlvulzlo j pratico
di quelle aspre montagne, tanto andò gi-
ra n-
35^ Aknali d'Italia
rando^ che adocchiato il sito^ dove è il j
casteiio deir Argenteria , e dove nasce la ;
Stura, che va a Cuneo ;, siccome ancora il !
colle deir Agnello , quivi fissò , che potes- ■
se trovarsi il varco nel Piemonte. 11 Gio- \
vio egicgiameute descrive le immense fa- |
tiche durate da'Francesi^ per passare^ ed \
anche con artiglierie per quella parte , per ■'{
cui giunsero fino alle pianure di Saluzzo ; \
mentre gli Svizzeri accampati tanto lungi ■
Terso Susa , li stavano aspettando per far- '■
ne un sognato macello . Era andato Pro- i
spero Colonna generale del duca di Milano I
eoa molte squadre a Villafranca , sette mi- [
glia lungi da Saluzzo, e con varj uffiziaU 1
se ne stava nel di 15 d^agosto saporita- j
mente desinando , quando air improvviso i|
ecco con una marcia sforzata giugnere co-^j
là il Pallssa coli' Auhlgnì e circa mille ]
cavalli, che fece prigione lui. Cesare Fé- '
ramosca^ Pietro Blargano ^ ed altri capita- j
ni illustri, e svaligiò la gente loro. Non^i
picciolo sfregio recò alla riputazion del;
Colonna _, V essersi lasciato cogliere in^j
quella positura , per non aver tenuto spie e :
guardie avanzate, con altre precauzioni usa-M
te da'saggi condottieri d'armate. Fama fu, ^
che il bottino fatto da essi Francesi ascen- ^
desse a cento cinquantamila scudi. Calò'
intanto per varie strade l'esercito france- \
se, e andò ad unirsi a Torino, dove il re j
Francesco fu magnificamente accolto da ^
Carlo IIIj duca di Savoia . i
Già :.\
Anno MDXV. 353
Già gli Svizzeri aveano veduto andar a
inonte tutte le loro speranze e braverie ;
e riflettendo poscia allo scacco patito dalla
cavalleria di Prospero Colonna, in cui con-
fidavano , per essere eglino senzi cavalli ;
e sentendo, che TAlviano, passafo V Ad-
da, s'era impossessato di Lodi; e che ve-
niva il corpo de', Francesi e Genovesi da
un'altra parte: dopo aver dato il sacco
H Chivasso ( e fa detto anche a Vercelli )
si ritirarono verso il Milanese. Tuttavia
si fermava a Piacenza l'esercito spagnuolo
col pontificio e fiorentino; ma con poca
armonia, perchè papa Leone ^ che naviga-
va sempre con due bussole , avea spedito
un suo familiare al. re Cristianissimo, per
iscusare il movimento delle sue armi , e
le lettere sue intercette dal viceré Cardo-
na aveano fatto nascere molta diffidenza fra
loro . Nulladimeno mostrava essQ Cardona
di voler pure uscire in campagna , per
unirsi cogli Svizzeri ; sennonché V Alviano
dalla parte di Lodi coi Veneziani , e il
signor della Clieta colle brigate sue e dei
Genovesi da un'altra parte pareano dis-
posti ad impedir la meditata unione . Im-
pazientati gli Svizzeri per questa dilazio-
ne , spedirono a Piacenza il cardinale di
Sion che non dimenticò doglianze e minac-
ce per muovere quelle armi. Di belle pa-
role e promesse non gli fu avaro il vice-
ré ; e poi fattigli contare settantamila du-
cati d'oro, e datigli cinquecento cavalli
Tomo XXII. Z sot-
J54 Annali D'lT;itiA
Sotto il comando di Lodovico Orsino conte \
dì Pitigliano, il rimandò contento al eam- j
pò svizzero. Erasi interpósto Carlo duca ì
di Savoia , per trattare accordo fra essi i
Svizzeri e il Cristianissimo, e buona pie- i
ga avea*già preso T affare ; ma giunto il'
cardinale col danaro suddetto^ ruppero gU i
Svizzeri il trattato, risoluti di volere ri-*
mettere al filo delle spade il destinto del-ì
lo Stato di Milano. Raggruppò di nuovo <
il duca di Savoia il negoziato, e già erai
concluso l'accordo, quando giunsero aliai
armata Svizzera altre venti bandiere dì\
lor nazione 5 che Io sturbarono affatto .|
Però il re Francesco che tutto regolava!
secondo i consigli del Trivulzio , vennei
da Vercelli a Novara; e d'essa impadro- j
iiito , dopo aver lasciata gente all'assediai
del castello^ passò il Tesino, e s' impos- -
sesso anche di Pavia . In questo mentre \
il viceré Cardona , e Lorenzo de' Medici i^j
mostrarono gran voglia di passare il Po ,j
per congiugnersi agli Svizzeri. Ma appena;;
fatto un passo innanzi, ne fecero quattro I
addietro; e meno poi vi pensarono, dac-*i
che il re di Francia venne a Marignano ,•
cioè fra loro e gli Svizzeri che s' erano ri-^^
dotti a Milano. Di là passò il re a sait|
Donato verso Milano, e quivi fermò il suo^
campo. Bolliva la discordia fra essi Sviz-^
zerìy inclinando gli uni alla concordia ,|
ed altri alla guerra; e parca, che la vin-^
ce^s^ il partito de' primi, quando il sud- ^
det- i
MDXV.
cardinale di Sion , ( cioè Matteo Sdii-
K-^-- ) da Como corse a Milano^ e rauna-
5 incitò come infuriato , ognuno ad un
to d'arme: azione ^ che non so se alcun
crederà convenevole ad un vescovo e car-
I dinaie. Gli storici nostri^ cioè ilGuicciar-
! di DO e il Giovio , gareggiando in eloquen-
za con gli ^antichi , gli mettono in boc-
€à un'ornata orazione, cioè parole, ragio-
tiì e figure , che quel porporato mai non si
avvisò d'aver detto. La verità nondimeno
ài è , avere l' impetuoso suo ragionamento
fatta tal commozione in quella feroce gen-
te^ che cominciarono tutti a gridare: alle
armi , e in quello stesso giorno ( era il dì
14 dr settembre ) formati tre squadroni si
avviarono impetuosamente alla volta di
Marignano , ossia di san Donato , e con
tanta allegrezza e grida _, come se aa^esse-
io già in pugno la vittoria. Fu creduto ,
che fossero trentacinquemila combattenti .
Alle ore venti arrivati colà con alquanti
piccoli cannoni da . campagna attaccarono
il fatto d'armi co' Francesi, i quali pre-
ventivamente avvisati di questa visita ,. era-
no anch'essi in ordine di battaglia. Altri
dicono, che furono colti quasi alla sprov-
vista. Atroce fu il combatimento , molta
la strage di qua e di là, più nondimeno
de' Francesi che aveano anche perduti alcu-
ni pezzi di artiglieria , ma poi li ricupera-
rono . Ma perchè fu cominciata la mischia^
assai tardi ^ sopraggiunsfi la notte che co*-
Z 2 strin-
\
ì
35(J AmnaIi d* Italia ]
strinse colT oscurità cadauna delle parti
desistere dal menar le mani , stando pò
tutti fermi ne' loro posti, e in vicinanz
tale , che per tutta la notte si andaron
regalando di obbrobriose parole ; special
mente i Tedeschi con gli Svizzeri per odi
particolar delle nazioni : scena curiosa ,
di cui si penerà a trovar somigliante esem
pio. Non prese sonno il re co' suoi §cne4
rali in tutta quella notte, ma sempre a
cavallo attese a far lipari , a mettere ia
buon sito i cannoni^ e a ordinar le schie?
re. Data fu la vanguardia al signor della
Pallssa con settecento lance e diecimila!
fanti tedeschi. Il corpo di battaglia colici
reali bandiere era guidato dal re con ot-<
tocento uomini d' arme , diecimila fantij
tedeschi , e cinque altri mila guasconi _, e^
molta artiglieria,, comandata dal duca dii
Borbone . Gian-Jacopo Trlvulzio ebbe ini]
cura la retroguardia con cinquecento lan-i
ce , e cinquemila fanti italiani . I cavalli^
leggeri guidati dal signor della dieta e]
dal Bastardo di Savoia ^ aveano ordine di ì
accorrere dove bisognasse soccorso. All'i
apparir del giorno 14 di settembre trom^ ^
be , tamburi e artiglierie diedero il se- i
gno della orribil battaglia , col diventati
quella campagna la casa del diavolo. Com-
bafteano come feroci leoni gli Svizzeri
ma perchè la vanguardia francese cominci(
a rinculare : il re si «pinse avanti con tut
ti i suoi , e fece ibaraviglie di sua perso
na.
bA N N o MDXV. 357 ^
, AUora fu più che mai sanguinoso il
Combattimento; né già stava in ozio la
tetroguardia assalita dal capitano Arsper .
Quando ecco arrivare V Alviano con cin-
quantasei gentiluomini ^ e dugento dei
suoi più bravi cavalieri , ed entrare nel
conflitto con gran furore. Lieve certo era
..lesto soccorso j, perchè T Alviano avea la-
sciato il resto dell'armata per opporsi al
•viceré, caso che egli si movesse , per unir-
si con gli Svizzeri. Ma perciocché con al-
te grida questi pochi intonarono Marco ,
Marco , quanto ciò accrebbe animo ai Fran-
cesi , altrettanto ne scemò agli Svizzeri ,
credendo ognuno , che tutta l'armata ve-
neta fosse venuta a quella terribil danza .
Il perchè gli Svizzeri, cinquemila de' qua-
li non aveano voluto combàttere, per es-
sere di coloro che s'aerano dianzi accor-
dati col re , veggendo di' non poter rom-
pere Tarmata francese, e tanti dalla lor
parte morti e feriti ^ cominciarono a dar
indietro^ come disordinati e a sonare a
raccolta . Poi stretti insieme s' inviaro-
no alla volta di Milano , e il cardinale
]or gran condóttierc , avendo perduta la
voce, fu più veloce degli altri a fuggire .
Il re per consiglio . de' suoi generali non
volle, che fossero inseguiti , per timore ,
che sopraggiugnessero gli Spagnuoli ; e tro-
vassero in tanto scompiglio e stanchezza i
suoi. Non si speri mai un esatto numero
de' morti nelle battaglie", perchè ognuno a
4^ 3 mi-
558 Annali d' Itali A |
misura delle sue passioni V ingrandisce^ d
sminuisce. Fu, secondo l'anonimo padova-"
no, creduto, che vi 'restassero diecimila
Svizzeri, e cinquemila dell'armata france-
se con assai riguardevoli uffiziali > Poi a|j
Milano gli Svizzeri ;, per avere un prete-li
sto di tornare con onore a casa , fecero!
istanza di una gran somma di danaro al
duca di Milano, e non potendola ottenere,
s' avviarono verso Como . Fu spedito die-
tro ad essi Mercurio Bua con mille Stra-i
dioti , ed altrettanti cavalli francesi^ che!
ne fece moltissimi freddi. Il resto, passa- 1
ti i monti , si ridusse alle lor case coni
volto ben xliverso da quello, con cui sii
erano partiti .
Nel dì quattordici del suddetto settem*f
bre, Milano mandò al re ambasciatori col-i
le chiavi di quella città, e fu convenuto ,1
che quel popolo pagasse trecentomila scu-.
di in tre paghe. Non volle il re France^\
SCO entrare in Milano, ma passò a Pavia, j
perchè il castello, in cui s'era chiuso coni
iuon presidio e gran copia di munizioni^
da guerra , e provvisione di viveri Masù- ;
miliano Sforza duca, ricusò di rendersi «j
Tutte le altre città vennero alla divozione^
del re, a riserva del suddetto fortissimo^
castello , e di quel di Cremona . Pietre ]
Navarro fu -destinato con cinquemila fan- ^
ti all' assedio del primo ; e il Bastardo
di Savoia con altrettanta gente all'espu-
gnazione dell' altro. All'avviso di questi
av-
Anno MDXV. 359
avvenimenti papa Leone che già avea de-
cretato di voler essere amico solamen-
te de^ fortunati , non perde tempo a far
muovere trattato di concordia col re Cri-
stianissimo per mezzo di Carlo duca di
Savoia . Probabilmente avea egli ancora
prevenuto esso duca di quel che fosse
da fare , caso che andassero in decadenza
gli affari delle lega. Trovò il duca tutta
la buona disposizione nel re per la rive-
renza eh' egli professava alla santa Sede ;
.e fu non solo conchiuso accordo^ ma an-
che lega fra loro , in cui il papa non di-
menticò i vantaggi della propria casa , e
la protezione de' Fiorentini. Una delle con-
dizioni fu, che esso papa restituisse al re
Parma e Piacenza^ e che il re in ricom-
pensa desse uno stato in Francia a Glu^
lìano fratello del pontefice ^ e pensione al
medesimo^ e un'altra pensione a Lorenzo
di lui nipote . Ora il viceré Cardona che
insopettito da gran tempo del papa , s' era
ritirato colle sue genti nel Modenese , dac-
ché ebbe inteso ratificata da lui nel di
tredici d'ottobre la lega col re^ sene tor-
nò pgcificamente a Napoli; e passando per
Roraa^ di grandi doglianze fece col papa,
il quale in suo cuor se ne rise. Passaro-
no appena ventidue giorni , dappoiché fu
dato principio all' assedio del castello di
Milano , che Massimiliano Sforza diede
orecchio alle proposizioni di un accomO'-
damento col rC;, fattegli dal duca di Bor»
Z 4 òo-
3^0 Annali d'Italia
bone governatore di Milano. Fu convenu-» j
to , ch'egli cedesse al re non solamente j
quell'' importante castello, e quel di €re- j
mona , ma eziandio tutte le sue ragioni \
sul ducato , e andasse a vivere in Francia i
con pensione annua di trentamila ducati |
d'oro. Tralascio altri punti di quella ca- j
pitolazione. Nel quinto dì d'ottobre uscii
del suddetto castello di Milano il codardo |
duca , dimentico affatto del valor dell' avo- i
lo SUO;, e s'inviò alla volta della Francia , i
con restare in Italia un perpetuo disonore i
al suo nomCj, e non minore a Girolamo \
Morone suo onnipotente consigliere che \
seppe indurlo a sì vergognoso sacrifizio.
Nel di 13 del medesimo mese anche il !
castello di Cremona venne in poter de'Fraii- 1
cesi . Ci restavano i Veneziani che dovea-,|
no partecipare di così prospera fortuna i
della lor lega. Mentre il re, intento ai:
preparamenti, per fare una superba entra-.,
ta in Milano, differiva il dar loro un rin- •
forzo di gente, Bartolameo d^Alylano lor j
generale accampato a Ghedi sul Bresciano, ;|
facendo continue scorrerie, ebbe la sorte. i
/di ricuperar Bergamo, il cui popolo, tolti J
dentro ducento cavalli veneti , inalberò leH
bandiere di san Marco. Ma mentre egli^i
facea tutte le disposizioni per passare;
all'assedio di Brescia^ città guernila di;
tremila fanti spagnuoli , mille tedeschi , e \
cinquecento cavalli j, caduto infermo, passò 5
egli prima, cioè nel dì sette di ottobre,!
all'ai-.
Anno MDXV. 3^?
all'altra vita con sommo dispiacere del Se-
nato veneto j, rimasto privo in tanto biso-
gno di un sì valoroso, ma non sempre
saggio capitano. Aveano anche in diversa
forma i Veneziani perduto un altro egre-
gio condottier d' armi , cioè Renzo da Ce-
rt, il quale non si potendo accomodare d-
ìo star dipendente dall' Alviano, avea piti
fiate loro chiesta^ e non mai impetrata li-
cenza : laonde sul principio di settembre
air improvviso con cento de' suoi si ritirò
da Crema , e andò a prendere servigio
neir esercito del papa, da cui avea ricevu-
to un mondo di promesse . Intanto Ga&rieir-
lo Emo e Domenico Contarino ^ legati della
armata veneta s'impadronirono a forza di
armi dell' insigne fortezza dì Peschiera ,
posta allo sboccare del Mincio dal lago di
Garda . Anche la terra d' Asola del Brescia-
no , posseduta allora da, Francesco marche-
se di Mantova, venne alle lor mani per
sollevazione fatta da quel popolo contro i
soldati di presidio. Finalmente il Bastardo
di Savola e' Teodoro Trlvulzio Jurono spe-
diti in aiuto de' Veneziani con cinquecento
lance e seimila fanti tedeschi. Uniti que-
sti all'esercito veneto impresero l'assedio
di Brescia, e piantati ventidue pezzi di ar-
tiglieria^ ne cominciarono a battere furio-
samente le mura . Ma che ? una mattina
fecero i capitani spagnuoli sì vigorosa sor-
tita, che oltre air uccisione di cinquecen-
to uomini di quei (che ^rano alla custodia
.--^^ ...,.«....-- ^. del-
362 Annali d'Italia
delle batterìe , condussero in città undicìj
cannoni . Ne menavano anche il resto , se ■
non accorreva gran gente contra di loro . i
Bue nondimeno ne gittarono nella fossa, j
ed altri lasciarono inchiodati . Per questa j
sventura si ritirò il campo veneto a san-|
ta Eufemia, dove più giorni stette, finché!
cessassero le piogge, e si provvedesse alj
bisogno. Il re di Francia, che onoratamen- i
te procedeva ne' suoi impegni , non ebbe '
difficoltà di accordare ai Veneziani per
condottiere di quella impresa il famoso!
Gian-Jacopo Trivulzio ^ ordinandogli, che?
avesse a cuore il loro servigio , come se \
si trattasse di affare della sua corona. Lo i
scrittor moderno della lega di Cambraij
scrive dato quest'ordine a Teodoro TdviiU\
zio; ina è certo, che fu al maresciallo,]
Seco ancora andò Pietro Navarro conquat-i
tromila fanti guasconi, e con ordine dil
cassare i fanti tedeschi ^ perchè s' erana^
protestati di non voler combattere contro \
quei della loro nazione. Fu dato principio^
di nuovo all'iissedio di Brescia. Fecero!
bensì le bombarde uno squarcio nelle mu- •
ya ; ma il terrapieno era tale , che non fn]
fatta breccia capace di assalto. Prese il'
Navarro 1' assunto di lavorar colle mine ^
ma trovò de' contramminatori . Ciò nono-'
stante si volle venire ad un tentativo. Co- ;
sto molto sangue agli aggressori ; e perchè]
si trovarono fosse ed altri ripari nel di-
^lenti-o , bisognò anche per questa seconda j
Anno MDXV. 3%
volta ritirarsi. Queste traversie, e il ver.
no che sopravveniva , costrinsero il campo
gallo- veneto a convertire l'assedio in bloc-
co* Male ancora procederono gli affari ver-
so Verona . Dentro v' era Marcantonio Co-'
Ioana che uscito di là diede una rotta a
Gian Paolo Manfrone capitano de' Venezia-
ni . Prese anche Lignago, con farvi prigio-
ni alquanti nobili veneti .
Così camminavano le cose della guerra
in Lombardia , quando papd Leone che avea
parecchi interessi spettanti alla santa Sede
€ alla sua propria casa^ da smaltire col
ve- e quel che è più, non amava^ che es-
so re ve.nisse armato a Roma a fargli uà
atto d'ossequio, per timore, ch'egli tur-
basse la quiete de' Fiorentini , o volesse poi
entrare nel regno di Napoli : maneggiò un
parlamento da farsi fra araendue in Bolo^»
gna. Adunque concertate le cose, compar-
ve il pontefice, in quella città nel di otto
di dicembre^ e nell' undeeimo giorno se-
guente vi arrivò anche il re Francesco ^ ac-
compagnato da quattromila cavalli, al qua-
le fu compartito ogni possibil onore. Nei
privati ragionamenti fra loro furono dibat-
tute molte controversie, abolita la pram-
^matica sanzione , e stabilita una bella lega
d'offesa e difesa. Non dimenticò il re ia
questa occasione Alfonso d'Està duca di
Ferrara, principe che era già stato ad in-
chinare la maestà sua, e seco s' era tratte-
nuto più d' un mese . Cioè fece di forti
istan-
3^4 A N N A L ! d' I T A L I A
istanze al papa per la restituzione di Mo-
dena e Reggio , città ingiustamente a lui j
tolte ed occupate ilnora, benché tante prò- ;
messe avesse fatto il papa di renderle , e ;
acciò spezialmente fosse tenuto per Reg- |
gio in vigore de' patti, de' quali parhmmof i
air anno precedente. Finalmente si con- ^
venne , che il pontefice le renderebbe fra ì
due mesi , purché il duca gli rifacesse i ;
quarantamila ducati, da lui sborsati a Mas- ^
similiano Cesare per Modena ^ Non mancò \
Alfonso di offerire nel debito tempo il pa- )
gamento al papa, passato dipoi a Firenze;
e siccome ho diffusamente narrato altrove.
*, ne seguì anche autentico strumento. Ma.
papa Leone non voleva que.' danari; voleaj
burlare il re e il duc9 :, e^così fu. Non
solamente non restituì quelle città, ma co-
minciò anche a pensare, come potesse tor-
gli Ferrara per la strabocchevol brama di \
ingrandire colk spoglie altrui Lorenzo sua j
nipote . Tornossene il re di Francia a Mi- '^
lano , e figurantlosi oramai sicure le sue j
conquiste per la lega fedelmente mantenu-* |
ta dai Veneziani, e per F altra che avea |
ultimamente stabilita col pontefice , lascia- \
to governatore di Milano Carlo duca di {
Borbone^ sul fine di gennaio dell' anno pros- j
simo se ne ritornò in Francia . Il papa
anch' egli, lasciata Bologna, andò a passa-
re il verno in Firenze sua patria, dove ;
con
* Aatichttà Estens^s, Parte ». pag. 310, \
N ì^ o MDXV. 3^5
con segni inestimabili d' onore e di divo-
zione fu accolto da que' cittadini .
Anno di Cristo 1516 Indiz. iv.
di Leone X , papa 4.
di Massimiliako re de^ Rom. 24,
-Kimasero nell'anno precedente sconcerta-
ti non poco i magnifici disegni del ponte-
fice Leone j per provveder la sua casa di
un nicchio principesco, perchè fu forzato
a restituire Parma e Piacenza al re Cri-
stianissimo, Avea anche tentato di ottene-
re àà Massimiliano Cesare T investitura di
Modena e Reggio pel fratello, oppure pel
nipote ; ma da varj motivi ne restò impe-
dita la grazia. Peggio accadde nell'anno
presente. Giuliano de' Medici suo fratello,
soprammodo cortese, e di religione, d'ono-
ratezza, e d'altre belle doti fornito, erasi
gravemente infermato nel precedente dicem-
bre, e continuò il suo male fino al dì 17
di marzo, in cui terminò il suo vivere, e
le speranze di mag^^ior grandezza, essen-
do prima tornato a Roma il pontefice .
Sicché non avendo egli lasciata dopo di se
prole alcuna , rivolse papa Leone i pensie-
ri suoi al solo Lorenzo suo nipote , capace
di propagar la casa de"* Medici ^. Gran tem-
po era, che andava studiando ragioni, e
cer-
* Cuicciardinn . Ammirati > Nnrdf - Ra/naldus Annnl. ECf
eia. Anonimo Padov.i/ìo .
^èè A N N A L I D* f f A L f A
cercando colori , per togliere il ducato drl
Urbino a Francesco Blarìa della Rovere ; ;
e prima d' ora avrebbe avuto esecuzione \
l'intento suo, se il predetto Giuliano, a \
cui pensava egli di conferir quegli Stati,!
non vi avesse ripugnato per la gratitudine \
da lui professata a quel principe a cagioni !
di molti benefizj <la lui ricevuti. Passata;
che fu all'altra vita Giuliano, non avendo !
più il papa alcun rispetto, o ritegno, e
per nulla valutando il tanto bene che là
sua casa avea riportato da quel medesimo
duca , perchè stimolato dal nipote Lorenzo ^
e da Alfonsina Orsina sua madre , donna
sommamente ambiziosa , accumulò in uri
processo alcuni veri , o apparenti reati def
suddetto duca, il principal de' quali consi^
steva: nell^ avere ricusato di andar colle sue
genti ad unirsi nell'anno precedente all'ar-
mata pontiiìzia contro i Francesi. Né la-
sciò indietro il grave eccesso dell'uccisione
del Cardinal Alidosió ancorché il duca dà
j)a])à Giulio II ne avesse riportata assolu-
zione, o grazia. Mosse dipoi le armi sue
e quelle de' Fiorentini , per cacciar colla
forzia da quegli Stati esso duca , il quale
assai conoscendo di non poter solo far a r-^
gine a questa piena , si appigliò al partito:
di cedere al tempo e di ritirarsi a Pesa-"-^|
iTo ; e rieppur quivi tenendosi sicuro^ passò ||
a Mantova col figliuolo e colla moglie, fi- ||
glia di quel marchese. Avea ben lasciatili
presidj nelle fortezze di Pesaro, Sinigaglia,|
san j-
A N w o MDXVf. ^^1
éan Leo e Rocca di Maiuolo ; ina queste'
l'una dietro all'altra si andarono renden-
do a Rtn%o da Ceri ^ e agli altri uffiziali
del papa, con infinito dispiacere di tutti
que' popoli che non si può dire, quanto
amassero quel principe per V incorrotta sua
giustizia ed ottimo governo . Allóra fu ,
che scappò fuori la fiera sentenza che di-
chiarava decaduto da quegli Stati esso du-
ca j e quando la gente si credea guadagna-
to per la Chiesa quel ducato , venne ognu-
no a sapere j che la festa era stata fatta;
per Lorenzo de' Medici , il quale dal pon-
tefice zio fu creato duca d' Urbino , e si-
gnore di Pesaro e Sinigaglia . Al re di
Francia che in Bologna avea molto pero-
rato in favore del suddetto Francesco Ma-
ria duca d' Urbino , riuscì molesta non po-
co r occupazione del di lui ducato ; nel
qual tempo ancora andò esso re scopren-
do, che occulti maneggi si facessero nejli
Svizzeri presso il re d'Inghilterra, ed al-
tri potentati dal medesimo papa .
Non men de' suoi due predecessori nu-
driva il re Francesco un focoso desiderio
di conquistar anche il regno di Napoli per
lì segreti stimoli dell'ambizione che in al-
cuni monarcbi non sa mai conoscere né di-
re : basta . Si astenne da quell' impresa y
benché ideata appena dopo l'acquisto di
Milano, per le insinuazioni di pnpa Leone
che il pregò di sospendere fino alla morte
di Ferdinando il Cattolico re d'Aragona,
la
368 Annali d'Italia ;
la qual si credeva per una lunga malattia 1
imminente. Infatti compiè la carriera del i
suo vivere quel regnante nel dì quindici di j
gennaio del presente anno, con lasciare una i
fama perenne di principe che nella finézza j
della politica mondana non ebbe pari^ e-
che assistito dalla fortuiia, e da Isabella'
regina savissima di Castiglia , seppe con- \
quistare i regni di Granata e di Napoli,]
e finalmente quello di Navarra , e cooperò:
al sempre memorabile scoprimento delle in- j
die occidentali. A lui succedette ne' regni i
suddetti e in quei delle due Sicilie , 1' ar^ \
clduca Carlo , già dichiarato re di Casti- ;
glia e Nipote di 3Iassimiliano Cesare . Non \
sì tosto giunse questo avviso al re France- ]
SCO che tutto si ringalluzzì , quasi contan- ;
do per sua preda il regno di Napoli, ej
immaginando , che al giovane re Carlo , ;
non peranche ben assodato nel nuovo do- .
minio, mancherebbe voglia,, o possanza di j
contrastargli queir acquisto. Ma questa de- !
terminazione l'aveva egli fatta senza do-;ì
mandarne licenza al re de' romani , il qua-;
le conchiusa dianzi lega col re d' Inghilter-
ra , col re Cattolico, e con alquanti can-
toni degli Svizzeri , mettea insieme un eser-
cito per venire al soccorso di Brescia e
Verona . Era già ridotta a tale estremità
Brescia che per mancanza di viveri e di.
paghe potea star poco a rendersi. Spedi
Massimiliano per la via di Lodrone circa,
seimila fanti tedeschi, con ogni sorta di
mu-
Anno MDXVI. 3^^
muttiiioni da bocca e da guerra^ che giun-
ti al castello d'Anfo, se ne impadronirono
tosto per viltà dì Orsatto Giustiniano, a
cui fu poi tagliato il capo in Venezia .
Mandò il Trivulzio mille cavalli , e cin-
quemila fanti sotto il comando di Giano
da Campo Frcgoso per frastornare la calata
de' tedeschi. Ma dopo un breve combatti-
mento quel corpo di gente vergognosamente
voltò le spalle. Fu cagion questo colpo,
che il Trivulzio si ritirò nel dì 22 di
gennaio a Ghedi, e mandò poi la gente
a' quartieri d'inverno, e che Brescia restò
ben provveduta di vettovaglie. Per le pre-
ghiere de' Veneziani il re invece di Gian-
Giacomo Trivulzio spedì poscia loro il si-
gnor di Lautrec e Teodoro Trivulzio , con
cinquecento lance e quattromila fanti i
quali venuta la prinaavera , tornarono a
strignere Brescia , e diedero anche una
rotta a un corpo di Tedeschi che veniva
portando buona somma di contanti , per
pagare il presidio di quella città.
Sul principio di marzo arrivò a Trento
Massimiliano Cesare , seco guidando il mar^
chese di Brandeburgo y il duca di Baviera y
ed altri gran signori, con diecimila fanti
svizzeri, ed altrettanti alemanni, e eoa
tremila cavalli, tutti ben in ordine. Cala-
to poscia al piano, e passato l'Adige ,
giunto che fu a Lacise, andò ad unirsi
con lui Blarco Antonio Colonna colle sue
genti: laonde fu creduto, che quell' eserci-
ToMo Wlh A a to
370 Annali d' Italia
io ascendesse a seimila cavalli e a venti* ;
cinque migliaia di fanti. Tante forze im* i
presserò un giusto terrore ne' Francesi e ;
Veneziani, i quali presero il partito di \
menar le cose al più che potessero in lun* ;
go, con isperanza , che mancando la mone- ;
ta al re de' Romani (e questa gli mancava •
spesso) si discioglierebbe quella sua arma- i
ta . Rinforzarono i Veneziani gagliarda- ;
mente Padova, Trivigi , ed. altre fortezze # \
Ma Massimiliano mirava a ponente , sennon- j
che applicate le artiglierie al forte castel- ]
lo di Peschiera, lo costrinse alla resa. Ri-» \
tiratisi i Fiancesi e Veneti a Cremona ^ ■
colà comparve il duca di Borbone col re- j
sto di sue forze ; e contuttoché si credesse ^
che la loro armata ascendesse a duemila e '
cincfuecento lance , e a duemila cavalli leg- .
geri , e a diciòttomila fanti; cotal paura;
s'era cacciata in corpo ai Francesi che già '
meditavano di tornarsene di là dai monti.
Probabilmente non era sì grande il nerbo |
della lor gente. Comunque fosse, volle la ■
lor fortuna^ che Massimiliano si perdesse \
intorno al castello d'Asola^ dove Andrea ^^
Grittl legato veneto avea spinto cento uo-ej
mini d'armi e cinquecento fanti, e v'era ;
per governatore Francesco Contarino. Die- i
ci giorni durò l'assedio, e sènza frutto.,]
Se avesse Massimiliano , seguitando il pa- ;
rer di Marco Antonio Colonna^ sollecita- ^
mente tenuto dietro ai Francesi che si an-,-
davano ritirando, opinion fu, che trovaa*j|
do- j!
^
A Sr N 0 MDXVI. 371
doli sì impauriti, gli avrebbe veduti in--
viarsi verso casa. Ma diede lor tempo , con
fermarsi intorno ad Asola, che ripigliasse-^
ro coraggio^ e che potesse arrivar loro un
rinforzo d'alcune migliaia di Svizzeri, as-
soldate dal re Cristianissimo . Pertanto pas-
sò ben Massimiliano l'Adda, e andò an-
che in vicinanza di Milano ; nel qual tem-
po il Colonna s' impadronì di Lodi , dove
non potè impedire , che non fosse usata
gran crudeltà contro i Francesi e Guelfi .
Ma essendosi posto con tutti i suoi e coi
Veneti il duca di Borbone entro essa città
di Milano, risoluto di difenderla (al qual
fine barbaramente diede fuòco a tutti i bor-
ghi ) ed essendo sopravvenuti gli Svizzeri
suddetti in aiuto suo ; rimasero arenati i
disegni e le speranze di Massimiliano. E
massimamente perchè i suoi Svizzeri chie-
devano paghe , e la cassa cesarea era faU
lita, dimodoché seguì qualche loro ammu-
tinamento. Crebbe poi maggiormente la
paura in Cesare^ e il sospetto di qualche
tradimento dalla parte d' essi Svizzeri (gen-*
te che già s' era guadagnato questo discre-
•dito) perchè fu intercetta lettera finta da
Gian-Jacopo Trivulzio ai capitani di quegli
Svizzeri^ in cui scriveva, che fra due gior-
ni eseguissero quanto eia con loro conve-*
nuto : stratagemma usato in tante altre oc-
.casioni di guerra . Per questi accidenti Mas-
fiimilianoj dappoiché accostatosi a Milano
vide , che niun movimento si facea da queJ
A a 2
372 Annali d' Italia
popolo^ siccome gli era stato fatto creàel*
re, con poco suo onore si ritirò a Lodi^
e spartì in varj siti V armata^ aspettando
pure , che venissero di Germania e Borgo- i
gna sessantamila Ducati a lui promessi . |
Ne cavò dai poveri Bergamaschi quindici- -
mila , piccolo refrigerio a tanta sete . An-
che gli Svizzeri che erano al soldo di Fran-» i
eia, fecero in questo mentre inghiottir de*;
gli amari bocconi al duca di Borbone ; \
perciocché avendo egli determinato di uscir ]
di Milano, per andare a dar battaglia ai ^
nemici, quella brava gente protestò di noni
voler cambattere contra de'proprj nazio-:
nali suoi parenti ed amici . Essendo poi ^
cresciuta la domestichezza d' essi Svizzeri^
con quei dell'armata cesarea, entrò anche!
il duca in gravi sospetti della lor fede , ■« !
giudicò meglio di licenziarli; epperò ca*j
richi di doni li rimandò alle lor case. Ec-i
co qual fosse allora il concerto di quella^
gente venale.
Erasi anche Massimiliano Cesare stacca-^i
to dal suo esercito con ridursi infine ai
Trento ; e quantunque inviasse proniessei
di tornar presto , ed anche di mandar duo*'
va somma di danaro: tuttavia non bastanti
do questa a pagare gli stipendj decorsi ^i
non vi fu maniera, che si potessero rite-f^
nere i suoi Svizzeri dal tornare per la VaU?
tellina alle lor montagne, dappoiché ebbe^j
ro dato il sacco a quante castella trovaro**
DO per istrada. Altrettanto fece dipoi ili
mar ;:
É
Anno MDXVI. 373 ^
tndrcfiese di Brandeburgo con passare in
Lamagna . Marcantonio Colonna che coi
suoi s'era condotto sul Bergamasco, veg-
gendo il disfacciraento di tanta armata ,
s'affrettò per tornarsene a Verona ; ma
ebbe sempre alla coda Mercurio Bua con
gli Stradioti veneziani , e Baldassare Si-
gnorello con ducento cavalli , dimanierachè
all'arrivo colà si trovò spelata più d'un
poco . E questo fine ebbe in poco tempo l'im-
presa d'un re de' Romani, e un s,i podero-
so esercito : se con gloria di quel sovra-
no, lo deciderà chi legge. Fu in questi
tempi , che Carlo duca di Borbone passò in
Francia, dimettendo il governo di Milano^
o perchè dimandò il congedo , o perchè fu
forzato a dimandarlo per sospetti nati cen-
tra di lui . Succedette in quel governo
Odetto di Fois y signore di Lautrec, Appe-
na poi fu fuori di Lombardia la nemica
gente tedesca che esso signor di Lautrec
con cinquecento lance^ e cinquemila fanti
francesi , e Andrea Gritti coli' armata ve- '
neta , si presentarono di nuovo nel dì se-
dici di maggio davanti Brescia , dove non
si contava più di secento fanti spagnuoU
e quattrocento cavalli di presidio; e con
quarantotto pezzi di artiglieria comincia-
rono a diroccare le mura. Diedero un fe-
roce assalto di due ore alla Garzetta , ma
non ne riportarono sennon morti e ferite .
Continuato poscia il fracasso delle batte-
rie, quel comandante sprovvisto di gente
Aa 3 e di
374 Annali d'Italia \
e di viveri , né sperante soccorso , capito- \
lo la resa , qualora in termine di otto \
giorni non venisse soccorso , con dare a i
questo fine gli ostaggi . Tentò veramente ^
Massimiliano di spignere a quella volta i
molte brigate di fanti, raccolte il meglio]
che si potè in quella strettezza di tempo ; :
ma queste, trovati i passi ben guerniti di'
gagliardi presidj , speditivi dal Lautrec e \
dal Gritti, se ne ritornarono placidamente^
indietro . Pertanto nel di 26 di maggia ]
( altri dicono nel dì 24 ) uscì di Brescia t
la guarnigione spagnuola, ossia tedesca,^
con. bandiere spiegate, con tre pezzi d'ar--
tiglieria , e tutto il bagaglio, e con lora j
molti Bresciani del partito cesareo , fra i '
quali spezialmente la famiglia Gambara. 1
Entrò il vittorioso esercito in quello stes—^
so dì nella città, dove si fecero infinite'
allegrezze da quel popolo di voto al nome 1
veneto ; né minori furono le fatte «liporj
in Venezia per sì importante acquisto . Il \
Belcaire che animosamente nega , essersi^
adoperata la forza sotto Brescia, e dà qui ;
una mentita al Giovio , e dovea parimente 1
darla al Guicciardino , s'ingannò forte . ^
Più di lui ne sapeva anche V anonimo pa- 1
dovano che si trovò presente a queste \
guerre. \
Sul principio di giugno il signor di Lau- \
trec per le forti istanze dei Veneziani pas-J
so sul Veronese, per formar l'assedio di j
quella città. Le genti sue unite colle ve-^,
nete \
d
Anno MDXVL _ Z25
nete formavano un'armata di mille e dn-
cento uomini di arme, di duemila cavalli
leggeri j e dodicimila fanti. Ma alia difesa
di Verona stava Marco Antonio Colonna ,
divenuto generale di Cesare con grandi
forze 5 perchè provveduto , secondo V ano-
nimo padovano , di tremila cavalli leggeri ,
seimila fanti tedeschi , e mille e cinque--
cento spagauoli . Venuto ordine dal Senato
veneto^ che si mettesse a sacco quel pae-
se per levare la sussistenza alla città, or-
jendo spettacolo fu il vedere non solamen-
te i soldati , ma ancora gran gente del
Trivisano , Padovano^ Vicentino e Brescia-
no, concorsa a questo inumano eppur de-
lizioso mestiere , che tutti si diedero a
tagliar le biade, e a saccheggiare, e bru-
ciar anche le case de"* poveri contadini .
Erano per questo in somma disperazione
i miseri Veronesi, dentro oppressi da con-
tribuzioni, gravezze e insolenze innuipera-
bili dei soldati, e fuori privati delle loro
sostanze colla desolazion di tutto il terri-
torio. Infinita roba e gran copia di bestia-
me avèano gì' infelici lor villani salvata
in vai PolescUa, ma eccoti passar l'Adige
Francesi e Veneti che penetrati colà fece-
ro un netto d'ogni cosa. Pvailentò poscia
questo ilagello , perchè giunsero alla Chiu-
sa, e se ne impossessarono seimila fanti
tedeschi ( altri dicono otto, ed altri no-
vemila ) spediti in soccorso a Verona .
Corse anche voce , che quindicimila Syiz-
Aa 4 zeri
37^ Annali d'Itaua
Eeri pagati dal re d'Inghilterra avesseroi
fra poco a calar nello Stato di Milano,;
Noti vi volle di più, perchè il Lautrec,J
preso da spavento, contro il volere de'Ve- i
neziàni si ritirasse a Peschiera ricuperata^
sul Mincio, daddove poi le sue genti fa- ^
ceano continue scorrerie iino alle porte di^
Verona. Passarono intanto le fanterie té-.
desche , poco danaro nondimeno, e poca ?
vettovaglia portando all' afflitta città diì
Verona: locchè fatto, per la maggior par- i
te, se ne tornarono al loro paese. Aspet- J
tò il Colonna tremila Svizzeri , inviati an- i
ch'essi in aiuto suo, e giunti che furono
con tremila cavalli e diecimila fanti passò
a Soave , dove si fermò otto giorni , con
dar tempo e sicurezza a que' popoli di fa-
re i raccolti di quel poco che loro era re-
stato^ e tutto poi fece condurre in Vero-^
iia. Pensava di far lo stesso verso il Man-
tovano , ma tumultuando gli Svizzeri e Te- 1
deschi per mancanza di paghe , fu costret-
to a licenziar tutti gli ultimamente venu-
ti , parte de' quali passò poi al servigio
de' Veneziani . Andarono in questi tempi
i Francesi sul Mirandolese, con disegno di Ì
cacciar da quella forte terra Gian- Fr ance- I
SCO Fico ^ il quale già v'era rientrato con j
farne uscire il nipote Galeotto. Finì tutto ì
il lor movimento in saccheggi non solo di '
quel paese , ma di tutto quel tratto del ì
Mantovano, per dove passarono andando e ,
venendo. Né già vantavano miglior legge \
i lo- ]
1
■H A N V 9 MDXVI. ^77
^loro nemici. Marco Antonio Colonna sul
principio di luglio partito segretamente di
j notte da Verona con settemila fanti tede-
,'schi, e cinquecento cavalli, all'improvviso
! giunse a Vicenza , e per forza entratovi ,
tutta la mise a sacco^, asportandone spe-
zialmente la seta, che era il maggior ca-
pitale di quel tante volte spogliato popo-
lo. Queste erano le sacrileghe maniere
d'allora, per soddisfare in qualche guisa i
non pagati soldati.
Crescevano intanto le angherie^ le ta-
glie e la carestia nell'infelice popolo di
Verona , indarno servendo i conforti del
Colonna, perchè fatti bisognavano e non
parole. Informati dunque i Veneziani del
miserabile stato di quella città, cotante
istanze fecero^ che il signor di Lautree
s' indusse di nuovo a rinovarne 1' asse-
dio. Volle egli prima d'ogni altra cosa
impadronirsi della Chiusa , per impedire i
soccorsi che potessero venir di Lam.agna ;
poscia nel dì 20 d'agosto s'avvicinò col
campo a quell'afflitta città, e da più par-
ti cominciò a batterla colle artiglierie .
Maravigliosa fu la difesa del Colonnese
per li ripari che continuamente formava
didentro, e per le sortite che eoa danno
degli assedianti facea al difuori. Mancò
la polve da fuoco ai Gallo-Veneti , e già
n'era giunta da Venezia a Lignago una
gran condotta sopra carri. Non si sa, se
^er malizia, o per altro accidente, le si
I
378 Annali d'Italia
atlaccò il fuoco, e vi perirono non solar-
mente cento e ottanta vasi d'^essa polve ,
ma anche tutte le carra, molti uomini,
buoi , ed altre cose condotte per bisogno
di queir impresa . Fu ciò nonostante prov-
veduto e proseguito con vigore V assedio , ■
ed anche più la difesa, con immortai glo- 1
lia di Marco Antonio Colonna' che a tutte \
le breccie, a tutti gli assalti accorrendo,:
sempre mirabilmente provvide, e benché!
ne riportasse un dì un' archibugiata , sep» ;
pe con sì bel modo e segretezza farsi cu- ;
rare, che nella guarnigione niun disordi- ^
rie insorse . Durò questa danza fino a mez- ^
zo ottobre , finattantochè giunse nuova ,^
che da Trento veniva un grosso soccorso»^
a Verona : locchè tanto terrore mise neVà
campo gallo-veneto , che tutti chi qua e^
chi là ordinatamente si misero in salvo J
Però passati per la montagna di Peronai
circa ottocento cavalli tedeschi , carichi dìl
vettovaglie e munizioni , felicemente arri-*i
varono a Verona. Oltracciò ben circa cin-?i
quemila Tedeschi espugnarono la Chiusaci
con tagliare a pezzi il presidio veneto ^j
ed aperto quel passo , spinsero poi gratìj
quantità d' altri viveri sopra zalte pei^i
l'Adige alla medesima città; che recarono^
gran sollievo non meno ai soldati , che|j
agl'infelici cittadini. Non si potea dar pa-ii
ce il Senato veneto al vedere saltar fuorij
ogni dì nuove remore alla ricuperazion d
Verona j e tanto più s'impazientavano
per-
I
Anno MDXVI. 375
perchè gagliardamente si trattava in Brus-
selles pace fra Massimiliano Cesare^ Fran-
cesco re di Francia , e Carlo re di Spagna ,
=non sapendo qual destino potesse toccare
alla tuttavia pertinace città . Non cessava-
no di spronare il Lautrec a ripigliar la
impresa; e perchè egli allegava la mancan-
za delle paghe all'esercito suo, astretti fu-
rono i Veneziani anche a questa esorbi-
tante spesa , per cui si ridusse la lor co-
stanza a mettere all'incanto le dignità ^
gli uffizj e magistrati non meo di Vene-
zia , che di terra-ferma , e a vendere od
impegnare gli stabili della repubblica . E
continuarono bensì la guerra, con impedir
la venuta d'altri soccorsi a Verona, ma
s^za p«r questo poterla costrignere alla
resa. Gravissimo danno patì in tale occa-
sione la città e il territorio di Brescia ,
perchè gli convenne alimentar nobilmente
l'esercito francese co» ispesa di più di
cinquecento ducati d'oro per giorno. Con
tante vicende e guai terminò ancora l'an-
no presente , in cui non si dee tacere un gra-
vissimo pericolo incorso da papa Leone ,
e narrato dal contemporaneo anonimo pa-
dovano nella sua Storia manuscritta . Era
ito esso pontefice nel mese d' aprile per
diporto a Civita ( m'immagino, che sia
Civita Lavinia ) quando poco discosto di
là diciotto fuste di Mori, smontati in ter-
ra-ferma, fecero una larga scorreria , con
ridurre in ischiavitù gran quantità di gen-
te
380 Annali d'Italia
te . Intcnzion loro , per quanto apparve ^
era di cogliere lo stesso papa , probabil-
mente da qualche scellerato informati , che
egli praticava in quelle parti. Spaventato
il pontefice ebbe tempo di scappare piuc-
che in fretta a Roma. Che orrore ! che
terribili conseguenze , se riusciva a quei {
barbari un sì gran colpo I Dolenti essi , i
per non aver colto quanto speravano, voi- ;
tarono le prore all'isola dell'Elba, ch'era \
del signor di Piornbino , e spogliatala di \
ogni bene, se ne tornarono in Affrica. ;
Delle leghe fatte in quest'anno parleremo ;
all'anno seguenle.
Anno di Cristo 1517 , Iridiz. V.
di Leone X , papa 5.
diMASSii^uLTANo re de' Rom. 2
I
Jt!ibbe line in quest'anno il concilio late- ■
ranense dove furono fatti molti bei rego- i
lamenti di ecclesiastica disciplina , ma non j
quali occorrevano e si desideravano dai ;
migliori per la correzion de' tanti abusi ,\
che allora deformavano la Chiesa di Dio , 1
benché salda stesse la vera dottrina di |!
Cristo per tutte le Chiese d'occidente. Non;;
a|Dbiam vergogna di confessarlo, dappoiché;^
tanti piissimi Cattolici V han confessato . |^
Pur troppo quegli abusi misero le armi in n
mano a Martino Lutero frate agostiniano li
in Sassonia , per cominciare nel presente ij
anno a irttperversare contro la Chiesa cat- 1
to-
A N N- o MDXVJL 381
tolica^ aprendo la porta non solo ad un
massimo deplorabile scisma , ma ad infinitt^
eresie che come la fìnta idra andarono
poi pullulando, e divise fra loto infestano
tuttavia tanti popoli del settentrione . Il
gran mercato che si faceva allora delle
indulgenze , per ratinar danaro in tutta la
cristianità d'occidente , in apparenza per
la fabbrica della basilica Vaticana, ma in
sostanza anche per altri mondani fini : quel
fu , che accese un fuoco in Germania , che
di giorno in giorno semprepin crescendo ,
arrivò a formar quella gran piaga nella
Chiesa del Signore che tuttavia deploria-
mo, e che Dio solo saprà saldare , quanda
gli alti suoi giudizj saranno adempiuti .
Ma perchè questo è argomento spettante
alla Storia ecclesiastica , passiamo oltre .
Le turbolenze degli amai addietro , e i
pubblici e i privati interessi de' potentati
cristiani , aveano nel precedente anno te-
nuta molto in esercizio la politica de' ga-
binetti. L' accrescimento della potenza fran-
cese in Italia , con occhio bieco veniva ri-
guardata da -papa Leone ^ da Massimiliano
Cesare^ da Arrigo re di^ Inghilterra ^ e da
Carlo re di Spagna , ma principalmente da-
gli Svizzeri che dopo aver cavato tanto
sangue dallo Stato di Milano , ora che que-
sto era caduto in mano di un re sì poten-
te , miravano come seccato il fonte della
loro ricchezza. Però il cardinale di Sion
s'era sbracciato con piià viaggi e maneggi,
per
382 Annali d'Itaiia !
per formare una lega, e gli venne fatto eli j
conchiuderla nel di 18 d'ottobre del 1516^ j
fra il suddetto Massimiliano ^ il re d'In- ;
ghilterra , e il re di Spagna , con lasciar !
luogo d'entrarvi al papa, il quale V avea
ptoccurata , per valersene , come portasse [
V occasione . Dall' altro canto anche Fran^ )
Cesco re di Francia non istette in ozio ^^
per contramminare questi trattati , ben co- ^
noscendoli formati contra di lui. TantoJ
operò con gli Svizzeri , che nel dì 29 di^
novembre di esso anno , a forza d' orol
trasse quella nazione ad una pace perpetua
col regno di Francia . Anzi molto primi
ancora aveva intavolato un altro negozia-
to di pace con Idassimiliano e col re Car]
lo suo nipote, che fu bene in certa manie-
ra conchiuso nel dì 15 d'agosto, ma ch<
solamente acquistò perfezione nel dì 4 di
dicembre 1516, in cui fu ratificato da esso^
Cesare, sempre voglioso , sempre bisognoso^
di danaro. Fra le altre convenzioni v'era,j
che Riva di Trento , Rovereto e Gradisca!
restassero in dominio di Massimiliano, echd
cedendo egli al re Cristianissimo Verona }
questi gli avesse a pagare centomila scudi^
d'oro, ed altrettanti i Veneziani. Però nei]
primi giorni di quest'anno comparve a Ve-'
tona Bernardo vescovo di Trento , colla fa- '
colta di fare la restituzion di quella città.'
Insorsero ben discordie intorno al giornoyi
in '
À
' Du-Mont, Corpus Diplomat. Tom. TT, Pan. ì' "■
Anno MDXVIL 385
fi cui si avea da far la consegna e la
guarnigione tumultnò^ perchè dimandava
le paghe: pure nel dì 16 ( altri dicono
nel dì 15) di gennaio data fu la tennta di
Verona al signor di Lautrec , uscendone il
• vescovo j e Mùo'co Antonio Colonna con
tutta sua gente . Passati poi tre giorni , il
Lautrec consegnò essa città ' ad Andrea
\ Gritti che V accettò a nóme del Senato
l^veneto^ e ben regalato si ridusse nello Sta-
to di Milano. Infinite allegrezze fecero i
Veronesi, liberati dall' insoffribil giogo del-
ile armi straniere . E tal fine ebbe la les:a
di Cambrai^ e la lunga e crudel guerra
originata da essa , per cui non si può di-
re , quanti tesori , quanto sangue spendes-
sero tanti principi della cristianità, e quan-
ti disastri e desolazioni patisse tutta la
Lombardia. Maraviglia fu, che in mezzo
a si potente e lungo turbine potesse soste-
nersi la repubblica veneta ; ma quanto più
terribile fu il suo pericolo , tanto maggior
direnne la sua gloria, perchè quantunque
perdesse qualche porzione dell' antico suo
dominio, pur seppe e potè conservare la
maggior parte e il meglio delle sue signo-
rie in terra-ferma.
Dopo una si solenne ed universal pace
pareva oramai che V Italia avesse a respi-
rare, ma fallirono questi conti?; percioccbc
Franctsco Maria , già duca d' Urbino ^ di-
morante in Mantova esule da' suoi Stati ,
sentendo il mal governo che facea Loren-
zo
I
3S4 Autnalid' Italia
zo de' Medici , e invitato da chiunque gli \
era affezionato e fedele , si accinse a ricu^^ ;
perar quel ducato . Fu a ciò anche istiga- :
to da Federigo Gonzaga signor di BozzO' ■
lo , e condottiere d' armi assai rinomato ,
per vendicarsi di un affronto che preten- \
deva a se fatto dal suddetto Lorenzo . :
Giacché la pace dovea far cassare non pò- i
che brigate di soldati, e questi avvezzi j
all'onorato mestier della guerra, delle pre-^
de e rapine , avrebbono cercato chi dessei
loro soldo, nello stesso tempo che si trat-^
fava della restituzion di Verona^ se l'intese^
esso Francesco Maria co' caporali spagnuolÌ!
€ tedeschi , e prese al suo servigio cinque--
mila fanti de' primi e tremila altri Italia-^
«i, con 1500 cavalli. 11 marchese di Man-i
iova gli somministrò buona copia di da-i
naro. Però con questa armata, picciola <Sil
numero , ma considerabile pel suo valore .]
poco dopo la resa di Verona s' avviò aliai
volta de' stìoi Stati con tal celerità , chci
non ebbero tempo per oppofsegli le gentil
del papa e di Lorenzo de' Medici che er*'
no in Ravenna e Kimini. Passato per lu
via del Furio , in poco tempo ebbe allèj
sua divozione Urbino con tutto il ducato .,
eccettuata la fortezza di s, Leo . Ma noni
già Pesaro, Sinigaglia, Gradara e Mondai*!
vio , terre separate da quel ducato , per-^i
che Renzo da Ceri , che v' inviò gran geiW
te di presidio, le sostenne. Intanto Lored^
zo de' Medici alle miUzic italiane, tanta
sue :
Anno MDXVIL ^ 385
sue, che de' Fiorentini^ unì duemila e cin-
quecento fanti tedeschi, e più di quattro-
mila fanti guasconi , che aveano servito
neir armata di Lautrec. L'anonimo pado-
vano dite 200 lance , e duemila Guasco-
ni, comandati dal signore di Scudo. 1
capitani di questo esercito erano Renzo da
Ceri , Vitello da città di Castello e il con -
te Guido Rangoney ed ascese questa ar~
mata fino a mille uomini d'arme, mille
cavalli leggeri e quindicimila fanti che pa-
reano atti a^d inghiottire il duca d' Urbi-
no. Era insospettito forte il papa, che il
! Te di Francia tenesse mano segretamente
in questa guerra; ma il re per disingan-
i narlo , mandò i suoi ministri a Roma, af-
finchè trattassero lega col pontefice , che
infatti fu stabilita. Fu in tal congiuntura
i fatta gagliarda istanza a papa Leone, perchè
restituisse Modena , Reggio e Rubiera ad >^
Alfonso duca di Ferrara , secondoch'è ne
I avea date in Bologna tante promesse , non
I mai eseguite . Promise il papa con un
breve di restituirle nello spazio di sette
mesi , ma con intenzione di nulla farne ,
se cessavano i presenti pericoli , siccome
infatti avvenne, perchè l'osservar la paro-
la non fu mai contato fra le virtù di que-
sto pontefice. Continuò dipoi con varie vi-
cende la guerra , diifusamente descritta dal
Guicciardino. Altro non ne rapporterò io,
sennonché trovandosi Lorenzo de' Medici
nel mese di giugno all'assedio di Mondol-
Tomo XXIi. B b fo ,
386I Annali d'Itai-Ij»:
fo, fu colpito nella sommità del capo da
una palla di archibuso : pel qua! colpo gli
convenne star molti giorni in letto. Loc-
chè fu cagione^ che i suoi soldati più pen-
sassero a saccheggiare il paese, che a cercar
vittoria. Spedito dal papa il cardinal Glu' •
Ho de^ Medici suo cugino al comando dil
queir armata , appena giunto egli colà , in- \
sorse una quistione tra i fanti italiani e te-i
deschi, per cui seguirono ammazzamenti ti
saccheggi non pochi , e fu forza dividerci
quelle nazioni tra Rimini e Pesaro. Accadde?
ancora^ che il duca Francesco Maria tenendci
segrete intelligenze col corpo degli Spagnuo-^
li , militanti per la Chiesa _, arrivò una mat^
tina improvvisamente ai loro alloggiamenti,^
Parte d'essi scappò a Pesaro , e l'altra partii
andò ad unirsi con lui . Dopo di che assaltò
il campo dei Tedeschi , dove secento d' essi!
rcstaiono morti e feriti. Non andò molto .^
che anche un' altra buona frotta di Guasco--
ni passò nell'armata d'esso duca. .j
Trovar asi assai forte di gente Frances-^
ca Maria j ma esausto affatto di pecunia j
requisito troppo importante agi' impegni!
della guerra . Ne penutiava anche papfit
Leone ^ ma seppe trovar maniera di rica-^
varne, con fare nel dì primo di luglio Ui
promozione di trentauno cardinali y fra^
quali molti di gran merito pel lorosapera
o nobiltà . Dagli altri creati per altri mai
ti vi ricavò la somma di duecento mila dtlil
cati d' or© che mirabilmente servirono
ter-
«1
Anno MDXVII. 387
i^ciminar la guerra d' Urbino . Impercioc*
che ossia che 1' accorto cardinal Giulio de*
Medici sapesse sottomano guadagnar gli
Spagnuoli che erano al servigio di Fran-
cesco Maria , o che s'interponesse don Ugo
di 3Iacedonìa ▼icerè di Sicilia , per istac-
carli da lui : certo è , che esso duca entra-
to in diffidenza de' medesimi , e conosciu-
Ao di non potersi sostenere contro le for-
^e del papa , aiutato dai re di Francia e
■ Spagna , diede orecchio ad un misera-
e accomodamento ; per cui il pontefice
35i obbligò di pagare ai fanti spagnuoli qua-
Jtantacinqueniila ducati d*oro , e sessanta-
mila ai fanti guasconi ; e che esso Fran-
cesco Maria potesse passar liberamente a
Mantova con tutte le sue robe ^ colle ar-
tiglierie , e colla famosa libreria , messa
insieme da Federigo -primo duca d' Urbino 3
àvolo suo materno : locchè fu eseguito .
•Così terminò la presente guerra ;, durata
quasi otto mesi , per cui spese il pontefice
circa ottocentomila ducati d' oro , la mag-
gior parte nondimeno , come vuole il Guic-
ciardino , pagata dai Fiorentini , i quali
fecero in tale occasione lana trista figura ,
siccome divenuti schiavi della casa de' Me-
dici . Furono poi confiscati i beni di mol-
tissimi nobili del ducato d^ Urbino , che
s' erano mostrati favorevoli a Francesco
Maria , e vennero atterrate nel seguente an-
no le mura d' Urbino , Fossombrone , e
Mondolfo , acciocché non avessero quegli
6b 2 abi*
388 Annali d'Itali A i
abitanti coraggio di ribellarsi io avvenire .1
Lorenzo de' Medici colà tornò duca . Ap-i
partiene a quest' anno un esecrando avve-j
ni mento ^ cioè la congiura di Alfonso Fe^\
trnccl cardinole d) Siena contro la perso-i
na del ponleiice Lfone . Era inviperito qué-^
sto porporato, perchè il papa avesse fattò^^
cacciar di Siena Borghese suo fratello ,,
quasi signore di quella città, e privato luii
stesso éelle rendite paterne . Crebbe tantoi
questo sacrilego odio , che più volte penH
so d' uccidere lo stesso papa in concistO'-i
ro , oppure alla caccia ; ma infine s'appi-^
gliò- al partito di farlo avvelenare per mezv
20 di Battista Vercelli chirurgo, se potea*!
eiugnere a medicar una fistola antica , cheij
il papa avea ne' confini delle natiche . Fuv
scoperta questa infame trama , preso il car-^
dinaie con varj complici , provato il delit-^
to , per cui in castel sant'Angelo gli venn
ne tagliato il capo . Bendinello de' Saulit
cardinal genovese, siccome convinto, che ili
Petrucci gii avesse rivelata la scelleratai
sua intenzione, fu privato della dignità del^
cardinalato < e condannato a una perpetua^
prigione . Questi poi col danaro ricuperòi!
la libertà e il cappello, ma perchè poco*|
tempo dappoi mancò di vita, attribuironciij
i maligni la morte sua a veleno . A /?a/— j
faello Rìorio cardinale di san Giorgio ej
camerlengo, per la stessa ragione tolto ^é^
il cappello , w restituito da 11 a non mol-i
to tempo per grossisima quantità di da-i
na- !
tì
' A M N o MDXVIII. 389
«aro . Adriano cardinale di Corneto , ben*
che gli fosse perdonato , diffidando di sua
vita , se ne fuggì , né si seppe dove inco-
gnito andasse a terminare i suoi giorni .
Gran dire cagionò dappertutto questo ne-
To attentato. Nel presente anno a dì 8 di
ottobre Francesco re di Francia rinovò la
lega offensiva e difensiva colla repubblica
di Venezia ,
Anno di C«isto 1718, Indizione vi.
di Leoiìie X , papa 6.
di Massimiliano re de' Romani 26*
fu questo dopo tante guerre un anno di
pace tanto in Italia , quanto negli altri re-
gni cristiani _, senonncliè gran timore era
in Roma, e ne' popoli italiani, che il gran
sultano de' Turchi Selim volgesse le armi
contro le provincie cristiane . Yapa LeO'
ne y affinchè questo tiranno non trovasse
sprovvedute le contrade cristiane , più che
mai si diede ad incitare i monarchi bat-
tezzati ad una lega ^ non solamente per
fargli fronte occorrendo , ma anche per in-
vadere preventivamente da più parti i di
lui stati . A questo fine spedì a Massi-
miliano Cesare il cardinale di san Sisto ,
ed altri cardinali di grande autorità ai re
di Francia, Spagna ed Inghilterra ^ aven-
do prima intimata una tregua di cinque
anni ad essi , e a tutti gli altri principi
cristiani. Andarono questi legati ^ ma nul-
B b 3 la
390 Ann AL» d'Italia
la operarono di sostanziale per sì rilevai?* j
te affare , sennonché furono intimate le de«-i
cime al clero , ed anche ben pagate , m^i
senza che queste s' impiegassero poi con-<
tro il nemico comune. Pensava ognun di|
que* monarchi a' proprj interessi più che ai
quelli della cristianità. Eppure se mai giu-i
sto .fu il timore della potenza turchesca ,g
certamente fu in questo tempo . Imperoc-^
che regnava Selim , uno de' più feroci ei
crudeli sultani di quella nazione . Invasa-^
to costui dallo spirito de' conquistatori ei
dall' amor della gloria , avea già sì dilata-i
to il suo impero , che oramai ognun dif--
fidava di resistergli . Prinqipi di gran po-i
tenza per più secoli erano stati finquì it
sultani , ossia soldani d'Egitto, siccome;
possessori no-n solo di quel vasto e farti- \
lissimo paese , ma anche della Palestina , ^
Soria , e di una parte dell'Arabia , e guer- j
niti sempre d' un possente esercito di mam- i
malucchi^ non dissimili dai gianizzeri tur- ■
cheschi . S' invogliò Selim di stendere la ^
sua signoria sopra quelle ricchissime con- \
trade , epperò ammassato un formidabile
esercito, fingendo di volerla contro ilSofì
di Persia ^ già da lui sconfitto, all'im-
provviso piombò addoso a Damasco, e alle
altre città di Soria , delle quali non men
che di Gerusalemme s'impadronì . Spinse
poi le armi vittoriose contro il sultano
d'Egitto che restò sconfitto e ucciso in
jina gran battaglia. Succeduto a lui un al-
tro
Anno MDXVIII. 391
ito sultano , fu anch' egli preso , e fatto
ignominiosamente morire . In una parola ,
con infinito spargimento di sangue , e di
crudeltà e saccheggi innumerabili rimase
distrutta affatto la monarchia di que' sol-
dani, e tutto il loro impero sottoposto al
giogo de' Turchi . Tanti progressi del ti-
ranno d'Oriente^ e per li quali venne egli
a raddoppiar le entrate della sua camera ,
e che spezialmente accaddero ne' due pros-
simi passati anni : bastavano bene ad at-
terrir r Italia , e chiunque era confinante
alla smisurata potenza di Selimo. Ma si
aggiunse , eh' egli si diede ad armare una
bella flotta di navi : segno , ch'egli medi-
tava qualche grande impresa contro i Cri-
stiani • Però avea ben ragion di temere pa-
pa Leone. Fece egli fare in Roma solenni
processioni di penitenza , alle quali anche
intervenne con pie' nudi , e non tralasciò
diligenza veruna ^ per muovere i potenta-
ti della Cristianità ad una lega , e cro-
ciata contra di un sì forte non mai sazio
conquistatore .
Ma in mezzo a questi timori non di-
menticava esso pontefice l'ingrandimento
della propria casa . Aveva egli già concer-
tato r accasamento di Lorenzo duca di Ur-
bino suo nipote con madama Maddalena
della casa de' duchi o conti di Bologna in
Piccardia . I Sammartani la chiamano ^
Bb 4 Mad-
* Sammatthari' Hi st otre de la Maison de Fra 'tee .
39» Annali d'ItaliìIl \
Maddalena della Torre contessa d' Auver-^ \
gne , e il Belcaire ^ la dice figlia d'' una !
sorella di Francesco Borbone duca di Van* ì
domo di sangue reale . Venuta la priniave- ;
ra di quest' anno , Lorenzo passato a Fi- j
renze , ivi fece un sontuoso preparamento I
per la sua andata in Francia . Seconda j
l'anonimo padovano seco condusse cinque*^
cento cavalli, ed infiniti carriaggi. Era in |
questo tempo nato a Francesco I re dil
Francia un figlio maschio _, che fu poi Fran- ■
Cesco II ; e perchè egli attendeva a gua-
dagnarsi sernpre più la benevolenza deL
papa sulla speranza d'averlo propizio per
la difesa dello Stato di Milano , desiderò i
che esso pontefice fosse padrino al battesi-
mo del figliuolo . Per questa cagione , sic-
cóme scrive il Guicciardino , Lorenzo af-
frettato a compiere quel viaggio , avendo
prese le poste arrivò a Parigi, dove nel
dì 25 d' aprile con Antonip duca di Lore-
na ^ e Maglierlta d' Alenzon sorella del re,
tenne al sacro fonte il nato Delfino . Fu-
rono in tal congiuntura per dieci giorni
faUe immense allegrezze , banchetti , gio-i
stre e tornei , ne' qtiali anche Lorenzo si|
fece conoscere valoroso cavaliere . Furono
poi celebrate con regal pompa le di lui
nozze , ne il re Cristianissimo lasciò indie-
tro onore alcuno che non compartisse a
lui ; massimamente air udire le grandi
pro-
' Belcaire, C (,mm:nt. ir. Rerum G allicar. Lib. Xl^h
Anno MDXVìIL 395
1 proteste ch'egli fece d'un perpetuo attac-
I camento suo e del pontefice alla di lui co-
rona . Portò in questa occasione Lorenzo
un breve del papa , che concederà al re
di potere ad arbitrio suo valersi delle de-
cime raccolte per la meditata crociata ,
con obbligo poi di restituir quel danaro ,
quando si avesse a proceder contra del
Turco . Ed ecco dove andavano a finire
tanti sussidj del clero : locchè faceva poi
gridare i partigiani della nascente eresia
di Lutero^ i quali arrabbiatamente decla-
mavano contra il progetto d* essa crociata.
Venne poi Lorenzo colla consorte per ma-
re a LivornO;, ed indi a Firenze , dove per
otto giorni continui si fecero incredibili
suntuose allegrezze. Cresceva intanto a fu-
ria r incendio commosso in Germania dal
suddetto Lutero , perchè sostenuto da Fé--
derlgo duca di Sassonia . Perciò papa Leo-
ne giudicò bene d'inviare in Germania
Tommaso da Vio cardinale ^ insigne teologo
scolastico di questi tempi , appellato il car-
dinal Gaetano. Andò egli: seco s'abboccò
Lutero : si venne alle dispute sopra le In-
dulgenze ; ma infine il porporato si tro-
vò deluso, Lutero , uomo pien d'alteri-
gia, avea cominciata la guerra alla Chie-
sa sua madre , era risoluto di continuar-
la , perchè si sentiva sicure le spalle ; né
un cervello sì bollente e superbo si sareb-
be mai ridotto a disdirsi , Stette Alfonso
duca di Ferrara aspettando con impazienza p
che
394 Annali d' Italia
che passassero i sette mesi , che papa Leo-
ne s' era preso di tempo col re di Francia , ]
per restituirgli Modena , Reggio e Rubie- \
xa . Ma passò altro ohe sette mesi , senza- ]
che se ne vedesse esecuzione alcuna. Ne j
fece egli istanze a Roma^ e si trovò^ che \
le promesse di questo pontefice, anche au- \
tenticate da strumenti e brevi , solamente ;
significavano di voler fare quello che tor- l
nasse il conto a lui, e non altrimenti . De- !
terminò per questo il duca nel dì 14 di
novembre di portarsi in Parigi , per im-
plorar di nuovo la protezione del re^ e
tornò di colà nel seguente febbraio, con
buona provvision di parole^ perchè in que' |
tempi si guardava ognuno dal disgustare j
un papa , e molto più premeva a quel re t
di tenerselo amico , dacché era divenuto (
signor di Milano, ,
Anno di Giusto 1519, Indiz. vii. \
di Leojvje X , papa 7. \
di Carlo V, imperadore i. :
i\el dì 12 del presente anno terminò il
corso di sua vita Massimiliano re de' RO'- \
mani : principe , che in pietà , clemenza , !
ed altre virtù , non si lasciò vincere da ^
alcuno , e che vide ben favorita la sua ca- \
sa dalla fortuna, ma senza ch'egli sapesse ;
profittar d' altre favorevoli occasioni che j
esigevano più costanza , maggiore attività 1
e miglior uso del danaro ch'egli prodiga-!
raen- i
Anno MDXIX. - 595
mente spendeva , senza poi trovarlo al bi-
sogno . S'egli fosse più lungamente vissu-
to, era da sperare , che il suo zelo e po-
tere avesse estinto in fasce lo scisma inco-
minciato da Lutero, il quale appunto nell'
interregno prese maggior vigore , Grandi
maneggi furono fatti dai due principi che
sopra gli altri aspiravano a quella gran
dignità , cioè da Carlo V^ re di Spagna ,
delle due Sicilie, delle Indie occidentali,
€ signore della Borgogna , de' Paesi-bassi ,
e d'altri molti Stati, nel quale era cadu-
to eziandio tutto il retaggio della nobilis-
sima casa d' Austria per la morte del sud-
detto avolo suo j e Francesco I , re del
floridissimo regno di Francia , duca di Mi-
lano , e signore di Genova . Studioso ca-
daun d'essi di guadagnare i voti degli
elettori, e spezialmente il re Francesco con
grosse offerte di danari ( che questa sola
buona ragione aveva egli dal suo canto )
cercò di ottenere il pallio . Ma perchè
tessere Carlo di nazion germanica, por-
tava nelle bilance d'ognuno troppa supe-
riorità alle pretensioni dell'* altro; e perchè
ai principi della Germania recava piìi ti-
more la potenza unita di un re dì Fran-
cia, che la disunita di Carlo austviac® :
perciò nel dì 28 di giugno con bastanti
voti restò proclamato re di Geitnania e ìe
dei Romani, ossia imperadore eletto, esso
Carlo V. Ne' secoli addietro non prendeva-
mo i re di Germania il titolo d' imperado-
re ,
g9^ Annali d' Italia
re_, senncm dappoiché aveano ricevuta la
corona romana , siccome si è potuto vede-
re in tanti esempli de' secoli antecedenti.
Cominciò Massimiliano ad intitolarsi im- ^
-peradore eletto y tro'/andosi in varj suoi do-
cumenti questo titolo, benché in altri sii
vegga quel solo di re de' Romani. MaCar-|
lo V da 11 innanzi altro titolo non usò,
che quello di eletto imperador dt^ Romani.
Nel che è. stato imitato dai suoi augusti
successori con lasciar anche nella penna la |
parola eletto. Perciò a me ancora sarà le-
cito di chiamarsi tali/ in avvenire , ancor-
ché niun d'essi, fuorché lo stesso Carlo V
ricevesse o ricc^rcasse mai 1* imperiale co- 3
rona di Roma. Non fu difficile agl'inten-^
denti delle cose del mondo il presagire , |
che poco sarebbe per durar la pace fra il 1
novello angusto e Francesco re di Francia , i
per gara di gloria , o per interesse di Sta-
to. Si trovavano amendue giovani e pò- j
tenti; l'esaltazione dell'uno era troppo
rincresciuta all'altro. Il Belcaire ^ fa un
ritratto di questi due principi. Egregie do-
ti concorrevano in Francesco^ ma insieme
due considerabili vizj_, cioè un eccessivo
desio di gloria, congiunto con una somma
stima di semedesimo^ e una smoderata li-
bidine. Della sua grazia spezialmente go^
deano gli adulatori . 11 gravar di nuove
imposte i sudditi , per far sempre nuove
gucr-
' Bel eaire , 5cram Gali te Lit/. XH.
A K N o MDXIX. 397
guerre^ a lui pareva un nulla; nel che co-
minciò a non voler punto ascoltare il con-
siglio de' pari e de' parlamenti , con glo-
riarsi ancora di aver egli cavato dalla mi-
nor iià, ed esentato dai tutori il regno di
Francia . In Carlo V all' incontro si univa
la gravità con un perspicace ingegno^ con
molta raoderazion delle passioni , e con al-
tre virtù atte a formare un insigne rettor
di popoli, sennonché anche in lui l'amor
della gloria il portò sempre alle guerre,
e talvolta ad anteporre l'utile all'onesto.
L'emulazione di questi due monarchi, che
poi passò in odio, non produsse nell'anno
presente alcun litigio fra loro , ma si an-
dò disponendo per partorirne .
Qu al fosse l'ansietà di pa-pa Leone per
esaltare la propria casa _, l'abbiam disopra
accennato . Ma ad altri tempi , e non ai
suoi , era riserbato il compimento de' suoi
desideri . Cadde infermo in Firenze Loren^
zo de' Medici duca d'Urbino, suo nipote.
L'Ammirati dice ^ di mal francese , e
che la sua lunga ed acerba infermità il
trasse finalmente a morte nel dì 28 d'apri-
le. Io non so mai, come nella Storia del
Nardi * sia scritto, ch'egli passò all'al-
tra vita a dì ^ di maggio del 1518 . Sarà
errore di stampa. Pochi giorni prima era
pure morta di parto madama Maddalena
sua consorte , con lasciare dopo di se una
figliuo-
' Ammirati. Gunctavciino . ^ Nardi .
39B Annali d' Itali a
figliuola che appellata Catterina , vedremcl ]
a suo tempo regina di Francia . Dai più \
dei Fiorentini fu con interno segreto giù- \
bilo solennizzata ìa sua morte, perchè ere- ]
denza v' era , che questo nipote pontifizio , i
ii quale non solo primeggiava in quella !
città , ma n' era il principal direttore ,
pensasse a farsene signore. Sicché termi- :
nata in lui la legittima discendenza di Co- ]
ÈÌmo de Medici il magnifico, parve che ve- ]
nisse meno al papa ogni speranza di prò- '■
pagare ed ingrandir la sua linea; percioc- ;
che è ben vero , che di Lorenzo restò uri ]
figlio bastardo, per nome Alessandro^ il !
quale noi vedremo a suo tempo duca di i
Firenze ; ma Leone X non ne facea in que- '
sti tempi molta stima , siccome neppure ||
pensava a promuovere i discendenti da
Lorenzo fratello del /suddetto Cosimo y nel-
la qnal linea vivea allora Giovannino de'
Medici , personaggio di raro valore , a cui
appunto nel dì 11 di giugno del pre-
sente aniao nacque Cosimo che siccome
vedremo , arrivò ad essere gran duca
di Toscana . Perciò il papa riunì alk
Chiesa il ducato d' Urbino , Pesaro e Sini-
gaglia, e solamente mandò a Firenze il
cardinal Giulio de' Medici , acciocché ivi
comandasse le feste, e conservasse illustro
e la potenza della casa dc* Medici in quella
nobìl citià . In ricompensa ancora delle
tante spese fatte dalla repubblica fiorentina^
per occupare e ricuperare in favore del
de-
Anno MDXIX. ^^g
defunto Lorenzo il ducato d' Urbino ^ le
concedette la fortezza di san Leo, e tutto
il Montefeltro.
Ma quantunque nella morte del nipote
rimanessero troncate le idee del pontefice
d' ingrandire la propria famiglia, non ces-
savano già , anzi presero dipoi maggior
vigore le altre eh' egli nudriva di accre»
scere la potenza temporale della Chiesa ro-
mana, per emulazione alla gloria di papa
Giulio II; giacché, come nota il Guicciar-
dino , r ambizione de' sacerdoti non era ìa
questi tempi , ed anche prima , da meno
di quella de' secolari . Già vedemmo papa
Leone più volte obbligato a restituire Mo-
dena e Reggio ad Alfonso duca di Ferra-
ra . Invece di far questo , andava egli sem-
pre meditando di spogliarlo ancora di Fer-
ra, e non già con armi manifeste , ma con
insidie . Egli si presentò occasione di ese-
guir sì ingiusto disegno. Imperciocché fa
preso il duca nel novembre di quest' anno
da una lunga e pericolosa malattia, per
cui si sparse voce , che fosse disperata sua
vita. Avvertitone il papa, e sapendo, che
il cardinal Ippolito fratello del duca , atto
a sostener la città, si trovava al suo ar-
civescovato di Strigonia in Ungheria , die-
de commissione ad Alessandro Fregoso ve-
scovo di Ventimiglia , abitante allora in
Bologna, che fingendo di voler entrare per
forza in Genova, ammassasse genti d' ar-
mi, e se l'intendesse con Alberto Jfio^ si*
gnor
/^OO A N N A L I t>' I r A LI A
gnor di Carpii nemico giurato della casa
d'Este. Con circa seimila tra cavalli e
fanti passò questo buon ecclesiastico, per
eiFettuare 1^ ordito tradimento, verso U
Concordia , facendo vista di volerla contro j
quella terra. Avea noleggiato eziandio mol-
te barche, per passare il Pò alla bocca del j
fiume Secchia. Ma Federigo marchese dlì
Mantova^ che stava attento agli andamen- |
ti di quelle soldatesche, venne scoprendo |
la mena, e per uomo apposta ne spedì to- i
sto ravviso al duca Alfonso suo zio. Sta- j
va allora senza sospetto il convalescente \
duca, ne tardò a ra^ddoppiar le guardie,- 1
e le precauzioni alla città, dove si trovò, i
che circa quaranta braccia di muro d'essa \
erano cadute . Si fecero anche ritirare !
all'altra riva tutte le barche destinate, a ^
quel tentativo: provvisione che indusse il i
vescovo Fregoso a ritornarsene indietro ^
colle pive nel sacco . Poco fa si è nomina- i
to Federigo marchese di Mantova, e qui j
conviene avvertire, che a dì 20 di febbraio :
del presente anno dopo lunga malattia, J
mancò di vita il marchese Francesco suo \
padre : principe che in tante azioni avea ^
dati segni di gran valore, e col suo mo- ]
derato governo s'era comperato l'affetto ]
de' suoi popoli . Lasciò dopo di se Fé- ;
derigo primogenito^ che a lui succedct- :
te nel dominio; Forcole che fu poi car- ]
dinalc ; e don Ferrante che fu duca ■
di Molfelta , Guastalla ec. e gran ^ome .
acqui-
f
A N 1^ o MDXIX. 40 1
acquistò fra i capitani del secolo pre-
sente .
Anno di Cristo 1520 , Indizione viii.
òì Leone X , papa 8.
di Caiilo V, imperadore 2.
1 rovavasi ne* suoi regni di Spagna Carlo
F", allorché seguì J' eiezione di lui in re
de' Romani , ossia imperadore'. Essendosi
egli preparato per venire a prendere la
corona germanica , pas-.ò in quest' anno per
mare con flotta magnifica alla volta di
Fiandra , e prim,a diede una scorsa in In-
ghilterra y pei' abboccarsi coi re Arrigo
Vili ^ con cui acconciò i suoi interessi, e
di là poi sbarcò ne' Paesi-bassi , dove in-
credjbil fu il concorso de' principi, degli
ambasciatori e della nobiltà , per compli-
mentarlo. Venuto l'ottobre, si trasferì ad
xVquisgrana , dove con somma magnificenza
ricevè la prima corona dell'impero nel dì
24 d'esso mese. Di non lieve negligenza
accusar si può Pietro Messia, che nella
Vita di questo gloriosissimo augusto il
vuol coronato nel dì 24 di Febbraio, gior-
no di'^-^an Mattia, siccome ancora chi ciò
mette al dì 15 di giugno. Intanto sempre
più insolentiva Martino Lutero in Gcrma-,
nia . Dal far guerra agli abusi della corte
di Roma, era egli passato a farla ancojra
contro la Chiesa cattolica , riprovando ora,
uno ora altro degli antichissimi suoi dom-
Tom X\U. Ce mi*
I
4^2 Annali d' Italia ]]
mi . Perciò papa Leone X non potè più lU'^i
tenersi dal procedere contro un si fiero la-)j
ceratore della vigna del Signore . Pubblicò
egli nel dì i6 di giugno una bolla , in cui
condannati molti degli errori d' esso Lute-
ro, fulminò le censure contra di lui, e di
tutti i suoi aderenti, il numero de' quali ;
era già divenuto formidabile in Germania i
con iscoprirsi tale anche Federigo duca di \
Sassonia, Ma questo incendio, a smorzar \
il quale non furono sul principio adopera- ;
ti valevoli mezzi , tal piede avca preso ^ i
che non solo non cessò con tutti i fulmini j
del Vaticano , e con tutte le prediche de- ■
gli zelanti Cattolici, ma si andò sempre^;
più rinforzando, trovandolo utile i prin- ;
cipi , per occupar gì' immensi beni degli ]
ecclesiastici ; gustoso gli stessi eccle^iasli- \
ci , perchè dispensati dalla continenza ; e l
soave i secolari , perchè sgravati da varj \
digiuni , e da altri salutevoli istituti della ;
Chiesa cattolica. Ma intorno a questa la- ;
grimevol tragedia può il lettore consigliar- l
si colla Storia ecclesiastica. Allorché mag- \
giormente paventava la Cristianità per li \
terribili apparati di guerra, che faceva i
Selìmo tiranno dc^ll' Oriente , e menfre già \
ti provavano ne* confini della Croazia e i
Dalmazia furiose scorrerie di Turchi j, con]
credersi anche imminente l'assedio di Ro- i
<Ii, posseduto dai cavalieri, detti oggidì,
di MaHa : àlT improvviso vennero ordini da :
Costantinopoli , che si sciogliesse quel gran-
de
Anno MDXX. 405
armamento per mare, e che le milizie
tornassf^-o alle lor case. La cagion di ciò
fu, che a quel feroce sultano una perico-
losa ulcera nelle reni cominciò a far guer-
ra, per cui calò a lui la voglia di muo-
verla contro i Cristiani. Venuto poi 1' au-
tunno j, cotanto crebbe il suo malore, che
restò colla morte di lui libero il monda
dal timore di sì sangninario regnante , glo-
rioso bensì fra i suoi per tante vittorie e
conquiste, ma infame per la crudeltà usata
contro gli stessi suoi parenti e fratelli , e
Un cofltra del proprio padre. Succedette
neir impero turchesco Solimano suo iìglio,
gran flagello anch'esso, siccome vedremo,
de' popoli cristiani . Per questa mutazion
di cose in Levante respirò Roma e T Italia
tutta.
Altro avvenimento degno di qualche me-
moria accaduto in Italia ne) presente paci-
fico anno , non ci somministra V Italia ,
fuorché quanto avvenne a Gian-Paolo Bey-
gl'ione che avea fatta in addietro sì gran
figura fra gì' Italiani condottier d'armi ,
e come signore, o tiranno di Perugia sua
Patria. Dall' anonimp padovano scrittore
contemporaneo, ci viei! dipinto com.e ti-
ranno non solo di quella città , ma di
tutti i luoghi circonvicini , uomo empio ,
senza fede , e per dir tutto in una paro-
la , mostro di natura orrendissimo. Se di
tutto egli fosse reo, noi saprei dire. Ces-
sata la guerra, era egli ritornato alla pa-
Cc ^ gno-
404 A N K A t I d' I T A L I A
!ria. Pazientò un pezzo papa Leone questo
mal arnese, ma stimolato da tant^ ricorsi
di qiie' popoli , determinò finalmente di
mettervi rimedio. Scrive il GniGciardino,
che per avere Gian-Paolo cacciato da Pe-
rugia Gentile della mede^i^nìa famiglia , fa
citato a Roma ; che in sua vece mandò
Malatesta suo figlio ; ma che persistendo
il papa, ed assicurandolo gli amici da ogni
pericolo, perchè parlatone ad esso ponte-
fice, con parole d'astuzia aveva egli fatto
lor credere , che niun danno gU avverreb-
be : se ne andò il Baglionc a Roma , dove
fu stato imprigionato^ e processato gli fu
mozzo il capo. L'anonimo padovano pre-
tende, che Leone non confidando di poter
avere in mano questo tiranno, e parendo-
gli , che si potesse in tal caso rompere la
fede: con un breve tutto dolcezza il chia-
mò alla corte, fingendo di voler trattare
con lui d'importante affare. Mandò Gian-
Paolo a Roma il fig^o per iscusarsi, stan-
te una malattia, che gli era sopragcriunta .
Il papa dopo di aver ùMo di grandi ca-
rezze al giovane, il rimandò dicendo : es-
sere neces'saria la persona del padre a ca-
gion della materia da trattarsi , che non
si potea confidare a lettere o persone. Ag-
giugne esso anonimo , che il pontefice gli
mandò anche un salvo condotto, affidato
dal quale, e dalle esortazioni del figlio,
comparve Gian-Paolo a Roma, dove baciò
il piede al papa, e si trovò molto acca-
rez
t
Anno MDXX. 405 "
rezzato. Ma che ito nel seguente giorno a
palazzo, fu rit^snuto prigione dal conte
Annibale Rangone , capitano della guardia
pontiilzia. Dopo di che processato e tor-
mentaro confessò un' iniinità di enormi de-
litti , per li quali non una, ma mille mor-
ti meritava ; laonde fu una notte decapita-
to in castello sant'Angelo. Fuggirono la
moglie e i figli col loro meglio a Padova ,
perchè Gian-Paolo era condottier d' armi
al servigio della repubblica veneta , e con
quella sponda si credea di poter commet-
tere quante iniquità volea. Con ciò Peru-
gia fu pienamente rimessa alT ubbidienza
del papa .
Racconta eziandio esso anonimo padova-
no, avere in quest'anno papa Leooe all'
improvviso inviato Giovannino de^ Medici ,
giovane ferocissimo e vago di guerra con
mille cavalli, e quattromila fanti, a Fermo
contro di Lodovico Freduccl tiranno ài
quella città, ed uomo di gran valore. Ne
uscì costui con ducento cavalli , v pensando
di fuggire, ma raggiunto dal Medici, fece
bensì una maravigliosa difesa , ma final-
mente lasciò nel combattimento la vita con
più di cento de' suoi seguaci. Fermo im-
mantinente ritornò alle mani del pontefi-
ce. La caduta del Freducci , da cui dipen-
deano altri tirannetti che occupavano città
o castelli in quelle vicinanze, cagion fu,
ch'essi parte fuggissero, parte corressero a
Homa ad implorar la clemenza pontifizia^
Ce 3 do-
4o6 Annali d' I t a l r a
Óove la maggior parte furono carcerati ; '\
con che tutta la Marca restò purgata da d
qua' mali umori. Né già lasciava papà Leo- ^
ne il pensiero di spogliar, se potea, di J
Ferrara il duca Alfonso ^ giacché gii parea -f
poco il detener tuttavia le imperiali cìiìk !:
di Modena e Keggio contro le autentiche |
promesse di restituirle ad esso duca . Vin- 1
cere Ferrara colle armi, non era cosa fa- i
cile . Determinò dunque di adoperare uà J
mezzo, non degno de' prìncipi secolari, e
molto meno di chi più dovrebbe ricordar-,
si d^ essere vicario di Cristo, che d'essere
principe. Intavolò dunque un trattato di;
far assassinare il duca , del che parlano
non i soli storici ferraresi , ma il Guicciar-
dino stesso^ insigne storico , che era allora
governatore di Modena e Reggio pel me-
desimo papa , ed innocentemente si trovò
mischiato in questo nero tradimento. Chi
maneggiò il trattato, fu Uberto Gambara^
protonotario apostolico, persona che arri-
YÒ poi a guadagnare il cappel rosso. Se
F intese egli con Rodolfo Hello tedesco,
capitano della guardia d'esso duca, a cui
fu promesso molto , e mandata per caparra
la somma di duemila ducati d'oro. Già
era concertato il tempo e luogo di uccide-
re il duca ; dato ordine al Guicciardino ,
e agli uffiziali di Bologna di presentarsi
in un determinato giorno ad una porta di
Ferrara. Ma il tedesco^ uomo d'onore,
rivelò sul principio^ e continuamente di-
poi,
i
Anno MDXX. 4òf
>I, al duca Alfonso tutta T orditura del
tradimento. Si sentì più d'una volta ten-
tato esso duca di lasciarlo proseguir sino
al fine ; ma se ne astenne per non aver poi
nemico dichiarato il papa , epperò gli ba-
stò di far troncare la pratica, e di formar
poscia Tiutentìco processo dì questo infame
attentato, colla deposizione d'alcuni com-
plici , e colle lettere originali del Gamba-
ta , per valersene^ quando occorresse il bi-
sogno •
Anno di Cristo 1521, Indizione ix.
di Leone X, papa f).
di Carlo V, impcradorc 3.
1 enuta fu in quest' anno una magnifica
dieta in Vormazia da Carlo F, imperado^
re, dove intervennero in gran copia i prin-
cipi deir impero. Lo strepito ecommozio-
ne che faceva la più che mai crescente ere«
sia di Lutero, e le istanze de' ministri pon-
tifizj, indussero esso Augusto a chiamar
colà l'autore di tanti sconcerta. Senza sai-
yocondotto non si volle egli muovere .
Giunto colà nel dì 16 d'aprile con gran
baldanza, e presentato davanti a Cesare e
alla maestosa adunanza, sostenne quanto
aveva insegnato, nò maniera si trovò di
farlo muovere un dito. P»rciò restò licen >
2Ìato , e poscia nel dì otto di maggio l' im-
peradore pubblicò un tcrribil bando contro
la di lui persona e suoi errori : passi tutti
Gc 4 che
/f oS Annali d'Italia
che nulla servirono^ per fermare il torren-
te impetuoso delle sue eresie. Alla guerra
controlla religion cattolica tenne dietro in
quest'anno quella ancora de' principali pò- f
tentati della Cristianità. Dacché fu partito
di Spagna Carlo V, si scoprirono in quel- |
le parti dei malcontenti e sediziosi; per-"
ciocche il primo regalo eh' egli avea fatto
a que' popoli, nuovi sudditi^ era stato
r accrescimento de' pubblici aggravj , e
l'aver loro tolti alcuni antichi privilegi.
Si lamentavano altri di avere un re stra-
niero e lontano , dietro al quale correva
1' oro del regno . Né mancavano altri che
non sapeano digerire^ che i rhinistri fiam-
minghi comandassero alle teste spagnuole,
e potessero tutto in corte dell'augusto mo-
narca. Però insorsero ribellioni e guerre.
Anche nella Navarra , già occupata da .
Ferdinando il Cattolico, si fecero più com- 1
mozioni, non amando quei popoli il no- ^
me spagnuolo, perchè uniti in addietro
«i Francesi . Ora Francesco I re di Fran-
cia che si sentiva pregno di rabbia , dac-
ché vide congiunta in Carlo V la mo-
narchia di Spagna colla dignità imperiale,
e con tanti altri Stati della casa d'Austria
e troppo con ciò cresciuta la di lui po-
tenza : non volle piti contenersi, e mosse
guerra nella primavera di quest'anno con-
tro la Navarra^ per renderla, diceva egli,
ad Arrigo re fanciullo , il cui padre Gio-
-vanni era stato spogliato di quel regno,
ma ,
Anno MDXXI. 409
ina^ come mostrarono i fatti, per incor-
porarla nel suo dominio. Confessa il Gnic-
ciardino, che a dar moto alle guerre che
maggiori delle passate sconvolsero pJi non
solo r Italia^ ma quasi tutta la Cristianità
d' occidente , fu il primo , chi più degli
altri sarebbe stato tenuto a conservar la
pace, G invece di accendere il fuoco della
guerra _, avrebbe dovuto , se occorreva ^ pro-
curare di spegnerlo col proprio sangue •
Parla di papa Leone X che ruminando
alti pensieri di gloria mondana, più. che
agli affari della religione , agonizzante in
Germania , pensando all' ingrandimento
temporale della Chiesa , non solamente mo-
riva di voglia di ricuperar Parma e Pia-
cenza^ e di torre Ferrara al duca Alfon-
so y ma eziandio meditava conquiste nel
regno di Napoli . Trattò col re di Fran-
cia , incitandolo all' impresa di quel re-
gno , con che ne restasse una porzione in
dominio della Chiesa . Confortò ancora es-
so re a dar principio alla rottura , con
portar le armi nella Na varrà. Fu preso quel
regno dai Francesi,, ma in breve ancora
ricuperato dagli Spagnuoli. Altra guerra
di lunga mano più terribile fu in Fiandra
fra que' due emuli monarchi , la quale ,
siccome non pertinente all' assunto mio ;,
tralascio .
Ossia , che il pontefice' camminasse con
simulazione ne' trattati col re Cristianissi-
mo ^ e foise dietro a burlarlo ( che in
que-
4 ì^ Annali d* I t a l i à
qaest' arte si sa , essere egli stato eccellen-
te ) oppure, che il re entrato in sospetto
tiella fede di lui , tardasse troppo a ratifi-
car la capitolazioi3 già foi mata , ossia -final-
mente , che il papa ricc/esse in questo
inentre dei disgusti dall'insolenza del Laù-
trec governator di Milano , che non am-.
metteva , e con superbe parole dispregia-
va le provvisioni ecclesiastiche, inviate dai
E-oma nello Stato di Milano : certo è, ch<^|
il papa strinse e sottoscrisse nel giorno 8
di maggio una lega con Carlo V imperadO'^
re a difesa della casa de'jMedici e de' Fior
jrentini , con istabilire , che togliendosi at
Francesi il ducato di Milano , questo sf
desse a Francesco Maria Sforza , figliuolo'
del fu Lodovico II Moro ^ il quale se ne
stava tutto dimesso in Trento^ aspettando
qualche buon vento alla povera sua fortu-|
na 5 e che Parma e Piacenza tovnassero^J
alla Chiesa, per possederle con quelle ra-|
gioni , colle quali le avea tenute innanzi f|
e che l*" imperadore desse aiuto al papa y^
per togliere Ferrara all' Estense , e uno^
Stato in regno di Napoli ad Alessandro ,1
figlio bastardo di Lorenzo de* Aledici ^ giatj
duca d* Urbino. Fu con gran segretezza]
maneggiata questa lega , in cui entrarono'
anche i Fiorentini , e prima che uscisse!
alla luce ^ papa Leone con ispesa di centó^
cinquantamila ducati d' oro assoldò sei Jj
altri dicono ottomila Svizzeri , e colle suè^
doppiezze ottenne loro il passaggio per lo^
Anno MDXXL 4if
Sfato di Milano , facendo credere ai Fran-
cesi di averli presi per opporli agii Spa-
gnuoli a' confini del regno di Napoli. Ven-
nero costoro a Modena, e poi s'inviarono
verso il Po, per quivi imbarcarsi. Alfonso
duca di Ferrara gran sospetto prese di que-
sta gente, perchè, come scrive T anonimo
padovano, troppo addottrinato alle insidie
private e pubbliche , colle quali era dal
pontefice perseguitato ; epperò fece quanti
preparamenti potè in Ferrava per difender-
si. Ma il papa assicuratolo, che ciò non
era per nuocergli , dimandò il passo e vet-
tovaglia , e tutto ottenuto , gli Svizzeri si
imbarcarono a Revere, e a seconda de!
fiume andarono poi per mare a Ravenna ,
e di là nella Marca . Dopo qualche tempo
costoro o perchè attediati dal far nulla ,
per cui poco guadagnavano , chiesero con-
gedo , o pv'jrchè il papa scoprì il lor capi-
tano partigiano de' Francesi : per la mag-
gior parte se ne tornarono a' lor paesi .
Qjesto avvenne nel mese di marzo. Intan-
to s'andava unendo gente dal papa in Reg-
gio , e colà ancora si ridussero quasi tutti
i fuoruscili dello Stato di Milano , ed ar-
rivò dipoi anche Girolamo Blorone^ gran
manipolatore di tutti questi imbrogli . Per-
chè era in Francia il Lautrec^ il signor
dello Scudo suo fratello, vicegovernatore,
avvisato di quella tresca, si portò colà con
400 cavalli a dimandar conto di quella adu-
nanza , e nelfjdì 24 di giugno si presentò
al-
412 A N N À t*I D 'I T A I I A
alla porta di Reggio . Il Guicciardino go* i
vernatore avea la notte innanzi fatto entra- j
re in quella città un grosso corpo di gen- \
te . Mentre parlava il governatore collo \
Scudo , volle cacciarsi in città alcuno dei j
suoi uomini d'arme^ e nacque un tumulto ^ ^
per cui quei che erano stesi per le mura , j
spararono contro la comitiva del Francese. \
Vi restò morto Alessandro Trivulzio , e l
gli altri se ne fuggirono. Lo Scudo dopo 1
varie inutili doglianze se n'andò anch' egli..
Si servì poi papa Leone di questo prete-
sto per giustificare nel concistoro Taccor-^
do eh' egli avea già fatto coli' imperadore .
Avvenne ancora in Milano nella festa di
san Pietro un formidabil caso che fu preso
dal volgo per augurio e preludio delia ca-
duta de'Francesi in Italia. Per fulmine, o
per altro fuoco dell' aria , benché fosse
tempo sereno, la torre di quel castello ,
dove si teneano i barili di polve da fuo-f
co, andò in aria con tal forza , che squar- ;
ciò anche parte del muro , uccise , e \
magagnò oltre a dugento fanti, varj nobi-.;
li milanesi che per sospetto erano stati -
chiusi in quel castello, e portò loitiano 25^
piedi ( e non già cinquecento, come ha il',
Guicciardino, pietre, che dieci paia di j
buoi avrebbono stentato a muovere . Tro- \
vavasi allora il Lautrec ritornato di Fran-j
eia in Cremona; corse a Milano, e die-j
de gii ordini opportuni per riparare il ■
castello che era in altri siti ancora con-.
quas-
1
Anno MDXXI. 413
quassato , e il fornì di tutto il bisogne-'
vole.
Finalmente scoppiò, e si fece palese il
bel servìgio prestato all' Italia da p^pa
Leone, con tirarle addosso una nuova guer-
tSL mercè della lega contratta con gli Sviz-
ieri e coir iniperadore . Ne provarono non
lieve affanno i Veneziani^ soli in Italia
Collegati colla Francia, i quali assoldaro-
no Tosto 8000 fanti, con inviarne dipoi
sul Bresciano 5000 , e lance 400 e cavalli'
leggeri 500, sotto il comando di Té-od oro
Trivulzio e di Andrea Grittl legato .
Perche sempre più s'ingrossava in Reggio
r armata pontifìzia, il Lautrec mandò a
Parma dngento uomini di armi, e 4000
Guasconi comandati dal signor dello Scu-
do suo fratello, e da Federigo signor di
Bozzolo, Occupò dipoi Busseto , e lutto la
Stato di Cristoforo Pallavicino , a cui tol-
se anche la vita , perchè accusato d'intel-
ligenza col papa. Fu fatto in quest' anno
un tentativo dagli Adorni e Fieschi, per
cacciare di Genova Ottaviano Fregoso e 2
Francesi , tutto a sommossa del papa che
loro somministrò sette galee di Napoli , e
due delle sue ; ma rimase scorjcertato il
loro diw^gno. Ordito ancora un tradimen-
to per occupar la città di Como, a nulla
giovò . Chiamò papa Leone a Roma Pro-
spero Colonna , il quale era stato dall' im-
peradore molto prima creato suo generale/
per concerlar seco la meditata impiega dèi
du-
4^4 Annali d'Italia
ducato di Milano. Condusse eziandio Fé-
derigo marchese dì Mantova con titolo di;
capitan generale della Chiesa. Si fece a
Bologna la massa delle genti pontificie el
spagnuole ; e il Colonna che dovea , come,
capo , comandar queir armata , dopo mol-
ti dibattimenti s'inoltrò verso Parma, ej
incomincionne l'assedio nel mese d' agO'»:
sto, principalmente dalla parte verso Po-;
nente . Giunsero ad unirsi seco ottomilal
fanti tedeschi , venuti di Germania , e il|
marchese di Mantova con trecento lance
e cinquecento cavalli ungheri . Talments
giocarono le batterie , che i Francesi giu-
dicarono meglio di ritirarsi dal codiponte
cioè da quella parte della città, che è di
là dal fiume Parma. Grande allegrezza fe-
cero quegli abitanti al vedersi ritornatici
sotto il dominio ecclesiastico. Ma cessò;
ben presto la loro festa, perchè entrati i!
soldati diedero anch'essi con festa grande i
il sacco a tutte le lor case. L' anonimo j
padovano scrive > che vi commisero le";
maggiori scelleratezze del mondo, e che ili
Colonna fece impiccar quanti santi erano ì
penetrati in un monistero di monache . Si j
diedero poscia i collegati a maggiormente j
stringere e bombardare 1' altra maggior par- \
te della ciltà, posta al levante, e T avea- ^
no ridotta a tale per iìscarsezza di vetto- \
vaglie j che n'era vicina la caduta. Tem- j
pestava lo Scudo il signor di Lantrec suo ;
fratello^ per ottenere soccorso. Ma questi
as-
A N N o MDXXI. 415
assai lentamente procedeva^ e contuttoché
avesse una buona armata, composta di cin-
quecento lance , settemila Svizzeri , quat-
tromila fanti venuti poco fa di Francia ,
a' quali s'aggiunsero quattrocento uomini
d'arme, e quattro o cinquemila fanti dei
Veneziani : pure non si attentava a 'proce-
dere innanzi, allegando, che Tarmata ne*
mica era superioil^ di forze, e che conve-
niva aspettar seimila Svizzeri che erano
in viaggio per suo aiuto . Nulladimeno
s' inoltrò finalmente sino al Taro , sette
miglia da Parma : movimento, di cui niu-
na apprensione si misero gli assedianti *
Ma eccoti un accidente che disturbò tut-
te le loro misure. Era stato fìnquì pazien-
te Alfonso duca di Ferrara , mostrando di
non conoscere l'odio che avea contra di
lui papa leeone X^ e dissimulando le pas-
sate insidie. Venuto poi in chiaro d'essere
stalo abbandonato alle voglie d'esso pon-
tefice , nella lega fatta coli' iraperadore , e
mirando il mal incamminamento degli af-
fari de' Francesi unico suo sostegno ; giudicò
meglio di non tenersi più neutrale . Però
colle milizie che potè raunare , uscito di
Ferrara , entrò nel Modenese , prese il Fi-
nale , san Felice, e colle scorrerie arriva-
va sino alle porte di Modena. Recato que-
sto avviso al campo de' collegati , bastò a
far eh' essi , trovandosi fra due fuochi ,
spedissero in soccorso di Modena il conte
Guido Rangone, e poi sciogliessero l'asse-
dio
\
41(3 Annali d'It'alia
òìì di Paima , con ritirarsi a san Lazza^^ \
Yo : locchè diede comodità al Lautrec di |
ben fornire quella città di viveri e d'ogni \
altra munizione . j
Aveva intanto il papa fatto assoldare dal i
Gardinale di Sion , chi dice dodici , chi ;
diecimila Svizzeri , ed altri dicono anche ',
meno , e questi calavano in Italia , quan- -
tnnque protestassero di non voler combat- ì
tere co' Francesi , per essere con loro in.
lega. Prospero Colonna adunque determinò"
di tentare ognL via per unirsi con loro ,
siccome alT incontro andò il Lautrec
frapporsi , per impedir questa unione. Al-
loracbè , passato il Pò, fu egli giunto a
Casal Maggiore, colà comparve il cardinal
Giulio de 3Iedìci , spedito dal papa con
titolo di legato, acciocché, come uomo di
testa , acquetasse colla sua destrezza le di-l
scorcile insorte fra i generali , e speziai-^
mente fra il Colonne se e il marchese tlil
Pescara^ e desse calore all'impresa. Ten-^
tò più volte il Lautrec di tirare a batta-^
glia l'esercito de'collegati , ma il saggio'^
Prospero andò temporeggiando, che infine";
a Gambara si congiunse con parte degli'
Svizzeri, procedendo, come scrive ilGuic-'
ciardino, in mezzo loro i due legati, cioè
il cardinale di Sion e il cardinale d(ì Mc-^l
dici y colle croci d* argento , circondate^
( tanto oggi si abusa la riverenza ddla^^
religione ) tra tante armi ed artigU€rie\
da bestemmiatori , omicLdiarj , e rubatoriJ
Re* i
\
1
Anno MDXXI. ^17
Restò allora ben confuso il Lautrec , e
maggiormente crebbe il suo affanno , per-
chè da lì a poco gli Svizzeri della sua ar-
mata improvvisamente &e n'andarono con
Dio, o perchè venne un comardamento
dai lor superiori, oppure perchè mancava
il danaro per pagarli , Imperciocché il re
Francesco dopo avere sì superbamente mos*
sa guerra in Navarra e Fiandra a Carh
ìmperadore y si trovava in questi tempi in
gravi angustie, né potea somministrar gen-
ti e pecunia all'Italia; e tuttoché avesse
pur disposti trecentomila ducati d' oro da
inviare al Lautrec: pure la regina sua ma-
dre gli avea fatti impiegare in altri usi .
Perciò diiildando esso Lautrec di poter re-
sistere alle forze nemiche, si ritirò di qua
dall' Adda affine di contrastarne il passo
all'armata delia lega. Ma riuscì al Co-
lonna di valicar quel fiume a Vauri , dove
in combattimento con lo Scudo restarono
superiori le sue genti . Kitiratosi il Lau-
trec a Milano , maravigliosa cosa fu il ve-
dere, che appena giunto nel giorno se-
guente r esercito collegato in vicinanza di
Milano , essendo stato spedito avanti il
valoroso Ferdinando d' Avahs marchese di
Fescara cnn dugento cavalli , e tremila
faiati spagnuoli , questi dopo avere sbara-
gliato un grosso corpo di cavalleria fran-
cese, uscito per ispiar gli andamenti dei
nemici, andò intrepidamente ad assalire
verso porta romana i bastioni di quel bor-
ToMo XXIL Dd go,
i\i^ Annali d' ÌTALI A
go , dove erano alla guardia i Veneziani
con Teodoro Trivulzio e Andrea Gritti •
Si combattè^ ma venne meno il coraggio
alla gente veneta; e il marchese aiutato
da quei didentro di fazion ghibellina , oc-
cupò la porta suddetta . Quivi restò pri-
gioniero il Trivulzio; il qual poi con ven-
timila ducati d'oro da li a molti giorni si
riscattò . Ebbe fortuna il Gritti di salvar-
si. Veramente in questa guerra la potenza'
veneta non fece sforzo di gran rilievo ,
come era solita , o perchè fosse rimasta
smunta per le antecedenti guerre , o per-
chè quel saggio Senato avesse de' segreti
motivi di così operare . Entrò dunque il
marchese nel recinto di quel borgo; né oc-
corse di più , perchè il Lautrec la notte ,
lasciato ben guernito il castello , si riti-
rasse col resto di sua gente a Como: giac-
ché mirava in gran commozione tutto il
popolo di Milano , ed anche di tutto lo
Stato, troppo irritato per le esorbitanti
gravezze, dianzi da lui imposte , e voglio-
so di mutar padrone per la speranza spes-
so fallace di starne meglio . Fu in gran
pericolo di andare a sacco quella nobilis-
sima città , ma alzati i ponti , calate le
saracinesche , e serrate le porte della cin-
ta, che divide essa città dai borghi , si
fermò il primo empito de^ vincitori . So-
praggiunta la notte maggiormente assicurò
la cittadinanza ^ essendosi perduti i più
de' soldati a svaligiar ne' borghi , i quar-
ti
Anno Mt)XXI. 419
tieri de' Veneziani e Francesi. Questo gran
fatto accadde nel di 19 di novembre con
perpetua gloria di Prospero Colonna , e
non con minore del marchesa di Pescara
che in quella occasione fece mirabili pro-
ve di sua persona .
A persuasione poi di Girolamo Morone
andò un bando ^ che sotto pena della vita
niun Milanese fosse offeso . Venuto il gìor-"
no 5 comparvero davanti al Colonn^a^ ai le-
gati, e al marchese di Mantova , dodici
nobili ambasciatori a dar la città, e a pre-
gare ^ che fosse preservata da ingiurie pub-
bliche e private. V entrò il Morone , pren-
dendone il possesso a nome di Francesco
Maria Sforza^ già riguardato qual ducay
e restò egli quivi al governo con titolo di
luogotente . Si fece conto , che più di tre--
mila fanti Veneti lasciassero in quel con-
flitto la vita: e gli altri Veneti, consistert-
li in altri tremila fanti , trecento lance ,
e circa ottocento cavalli leggeri, parte fu-
rono presi , parte si dissiparono colla fu-
ga la notte ; dimanierachè totalmente Si
perde T esercito loro. Seguitarono l'esem-
pio di Milano le città di Pavia e Lodi .
Parma e Piacenza si diedero ai ministri
del papa • Fu spedito il marchese di Pe-
scara con diecimila fanti e cinquecento
cavalli dietro a' Francesi , ritirati a Como ;
ma il Lautrec , lasciato ivi un presidio
sufficiente , s'incamminò col resto de' suoi
verso Cremona . Intese bensì per istrada ,
Dd 2 che
420 Annali d'Italia |
die anche quella città aveva alzate le ban*Ì
diere sforzesche, tuttavia perchè si tenea |
forte la cittadella , v' entrò , e ricuperò la
città 5 con fare il miracolo di non inferire
alcun male a que' cittadini . Piantate in-
tanto il marchese di Pescara le batterie
contro la città di Como, poco stette quel!
popolo a capitolar la resa con patto, che
fossero salve le persone e robe tanto de-
gli abitanti, che de' Francesi. Ma entrati,
gli Spagnuoli misero a sacco T infelice cit-'
tà con grande infamia del marchese , il
quale poi col tempo fu chiamato a duello
come colpevole di questo sfregio fatto alla-
pubblica fede. In una parola, a riserva
di Cremona, d'Alessandria, del castello^
di Milano , e di qualche altra fortezza , il
resto dello Stato di Milano venne in po-^
tere di Francesco Sforza , non senza gra-
ve affanno de* Veneziani che oltre all'aver
perduto il loro esercito^ restavano per ca-
gion della lor lega col re Cristianissimo
esposti ad evidenti pericoli . Ma non era
da paragonar la cattiva lor positura eoa
quella di Alfonso duca di Ferrara , giac-
ché egli dopo la caduta de' Francesi nonjj
vedea più maniera di salvarsi in mezzo a^i
queste vicende . Alla sempre vigorosa bra-^^
ma di yapa Leone di torgli Ferrara, si J
era aggiunto uno straordinario sdegno ,,i
per aver egli frastornato dianzi l'acquisto/^
di Parma . S' era il duca ritirato a casa j.4
dappoiché fu venuta sul Reggiano 1' armata.;^!
col- 4
A H N o MDXXL 421
collegata , e poco stette a provar gli ef-
fetti delia collera pontìfìzia . Vennero le
armi d' esso papa al Finale a san Feli-
ce^ e riacquistarono quelle terre. Presero
anche il Bondeno con tagliare a pezzi il
presidio , e dare il sacco a quel luogo .
Dair altra parte verso la Romagna occu-
parono altri ministri del pontefice, Lugo^
Bagnacavallo , con altre terre del duca, e
poscia Cento e la Pieve . Furono anche mossi
i Fiorentini a impadronirsi della Provincia
della Garfagnana Mi là dall' Apennino , com-
posta di circa novanta comunità, che s'era
iìnquì mantenuta fedele al duca ; e riuscì
ancora al Guicciardino di ridurre all'ubbi-
dienza di Modena la picciola provincia del
Frignano , finora costante nella fede verso
il duca . Ma né|)pur questa bastò' a papa
Leone . Pubblicò egli allora un fierissimo
monitorio contra d'Alfonso, dichiarandolo
Tibello, colle frange d'altri titoli obbro-
briosi , e mettendo l'interdetto alla città
di Ferrara, per aver egli occupato le ter-
re del Finale e san Felice spettanti alla
Chiesa romana ; quasiché avessero i pon-
tefici acquistata indulgenza plenaria in is-
pogliar quel duca delle imperiali città di
Modena e Keggio ; e fosse poi enorme
delitto , s' egli tentava di ripigliare il
suo , cioè terre a lui indebitamente tol-
te, e delle quali era investito dagli im-
peradori . Tuttoché sentisse il duca il
soverchio abbassamento dei suoi affari ,
Dd 3 pu-
422 Annali c' Italia |
pure irritato al maggior segno dal ve- vi
der adoperate centra di se anche le armi!
spirituali : non potè contenersi dal met-'^
tere fuori colla stampa un manifesto ,1
in cui palesò al mondo gli oltraggi , lei
insidie, e le mancanze di fede di papa
Leone X, per conto suo, e privo affatto
di giustizia il procedere della corte di
Roma contra di lui. E perciocché sapea ,
essere stabilito cella lega del papa coli'
imperadore , che cacciati i Francesi da
Milano, si avessero a volgere le armi so-l
pra Ferrara j senza neppure aspettare dil
aver prese tutte le fortezze di quello Sta-|
to : da uomo forte si accinse a ben mu-
nire e provveder di vettovaglie quella cit-
tà . Prese anche al suo soldo quattromila
Tedeschi , ed accrebbe le milizie italiane ,
risoluto di vendere caro la propria rovi-
na , giacché aspettava a momenti le armi
imperiali e pontifìzie alle mura di Ferra-
ra . Certamente non fu mai la nobilissima
casa d'Este in tanto pericolo di naufra-
gio , come in questo frangente . Ma Chi i
con segrete ruote regola il mondo tutto ,^
eccoti, che con far nascere una inaspetta^.^
ia scena, fece non poco cangiare aspetto]
alle cose d' Italia .
Per quanto s' ha dai Giornali di Paris \
de' Grassi , cerimoniere del papa , riferiti ì
dal Rinaldi ^ , e per quello che attestano ;
al- \
♦ Rajfnalduf JÌnnai* Ecfhst
Anno MDXXI. 423
^Itri' scrittori ^ , non si può esprimere ,
qual allegrezza provasse i^a^a Leone air
avviso della presa di Milano , e di mano
in mano alle nuove de' susseguenti acqui-
sti . Non capiva in se per la gioia d' aver de-
pressi i Francesi , e mirava con gaudio in-
esplicabile la già fatta ricuperazione di
Parma e Piacenza , parendogli oramai di
non essere da meno di papa Giulio li. Or-
dina pertanto , che si facessero gran feste
in Roma, e venne apposta dalla Malliana
in quella città, per deliziarsi nei viva del
popolo . Ma che ? Nel dì 25 di novembre
cominciò a declinar la sua allegria per
qualche incomodo di salute ; e nel dì pri-
mo di dicembre improvvisamente , sed^z-a
neppure poter ricevere i sacramenti della
Chiesa , diede ilne al suo vivere in età di
soli 4G anni . Lunga disputa fu fra i me-
dici , s' egli fosse morto di veleno , per va-
rj segnali osservati nel suo cadavero , e
per altri motivi addetti dal Grassi e dal
Guicciardino . Già abbiam detto, che una
fìstola nelle parti inferiori gli faceva guer-
ra . Bastò ben questa ad abbreviagli la vi-
ta . Ma perchfi chi è morto , nulla più cu-
ra le cose mondane , neppure altri si curò
di procedere oltre in questa ricerca. E co-
sì terminarono i disegni e le glorie di pa-
pa Leone X , il quale , per attestato del
medesinv) Guicciardino^ ingannò assai i''«s-
Dd 4 pet-
' Cuicciardino . Panvinis . Jnonim» P.idovano • Giovio .
424 Annali d' I t a l i a
spettazione che s'ebbe di lui , quando fu ai<*.
sunto al pontificato . Perciocché se alcu^
avesse potuto giovare alla Chiesa di Dia,
certo si doveva sperare da lui ^ principe di
mirabile ingegno, desideroso di cose gran-
di , dotato di non volgare eloquenza , e ,
prima del pontificato , amante della giu-
stizia. Non gli mancara buon fondo di re-
ligione e pietà . Ma trascurando egli ciò
che avea da essere il principal suo me-
stiere , tutto sì diede a farla da principe
secolare , con corte oltremodo magnifica ,
con attendere continuamente ai passatem-
pi , alle cacce , ai conviti ^ alle musiche ,
e ad accrescere il lusso de' romani in for-
ma eccessiva . Il Giovio tenendo davanti
agli occhi i,l detto di Tacito Lib. Ili, Gap.
^5} degli Annali: Frceclpuum ìnunus An-
naliiim reor , ne vlrtutes sileantur , neque
praVis diclis facllsque ex posteri tate & in-
famia metus sit : ben dipinse non men le
sue lodevoli che biasimevoli qualità . Cer- |
tamente fu egli con ragion celebrato pet j
aver promosso il risorgimento delle Lette- 1
re. Certo è ancora ^ che non godè mai si j
bel tempo Roma cristiana^ che sotto quo- J
sto pontefice, ma con peggiorarne i costu- ^
mi, essendosi anche inventate , o pratica- -
te maniere poco lodevoli di cavar danaro, '
per soddisfare alia prodigalità di esso pa- ;
pa , per far fabbriche sontuose , e special- :^
mente per suscitare e sostener guerre , ]
quasiché possa essere glorioso ne' principi ^
ec-
Anno MDXXL 425
ecclesiastici quello che sovente è detesta-
Ì3ÌIe anche ne' principi secolari . Né sola-
mente immenso danaro della Chiesa fu im*
piegato in queste scomunicate guerre^ on-
de restò esausto V erario pontifizio ; si tro-
varono eziandio impiegate da papa Leone
le gioie ed altre cose preziose del trono
della Chiesa romana _, oltre ad altri grossi
debiti ch'egli lasciè, a pagare i fi atti de'
quali ogni anno la camera pontificia spen-
deva quarantamila ducati d'oro. E tutto
questo per accrescere alla Chiesa suddetta
un dubbioso patrimonio che a' di nostri si
è veduto a lei tolto i quando nel t^mpo
stesso sguazzava e si dilatava l'eresia di
Lutero ■; e il fier Solimano iraperador de'
Turchi , scorgendo immersi in tante guer-
re i monarchi cristiani, formò l'assedio di
Belgrado ^ baluardo della Cristianità in
Ungheria , e se ne impadronì : dal che poi
venne la rovina di quel vasto regno , e un'
altra gran piaga al Cristianesimo . Scrisse
bensì il giovinetto re di Ungheria Lodavi^
co calde lettere all'imperadore , al papa ,
e agli altri principi cristiani , implorando
aiuto in sì gran bisogno ; ma non trovò
altro che compatimento alle sue disgrazie .
Mi sia lecito il rapportare all' anno susse-
guente alcuni fatti accaduti sul fine del
presente. Qui solamente ricorderò , che nel
di 2z di giugno venne a morte Leonardo
Loredano doge di Venezia, la cui pruden-
za in tempi tanto disastrosi a quella re-
pub-
42^ Annali p' Italia
pubblica , venne sommamente commenda-
ta . Fu a lui successore in quella digni- l
tà Antonio Grimani .
i
Anno di Cristo 1522, Indizione x.
di Adriano Ti, papa i. j
di Carlo V, imperadore 4. |
/\pp<^na restò vacante per la morte di ]
papa Leone X^ la sedia di san Pietro , che \
Alfonso duca di Ferrara , liberato da chi j
cotanto il perseguitava , con si potè con- !
tenere dal far battere monete d'argento , j
nel cui rovescio si mostrava un uomo che i
traeva dalle branche d'un leone un agnel-
lo, col motto preso dal primo libro , ca«
pitolo diciassettesimo, vcrsicolo trentasette
dei Re: DE MANU LEONIS. Poscia usci-
to in campagna colle sue genti , riacqui-
stò il Bondenoj il Finale, san Felice , le
inontagne del Modenese e la Garfagnana .
Similmente ricuperò Lugo , Bagnacavallo ,
ed altre sue terre della Romagnuola . Ma
non po|è aver Cento difeso da' Bolognesi ,
sotto cui s"* era portato colle artiglierie ,
perchè all' avviso di un gagliardo soccorso
che veniva da Modena , giudicò meglio di
ritirarsi. Anche il signor di Lautrec y rin-
serrato prima co' suoi Trancesi in Cremo-
na, preso animo dalla morte del papa, la
quale aveva fatto sbandire l' esercito col-
legato, fece un tentativo contro di Parma.
Ebbe in suo potere il Codiponte ; diede
an-
Anno MDXXIL 427
anche più d'un assalto alla città; ma ne
fu ripulsato; e però abbandonò l'impresa.
Si gloria il Guicciardino d'essere colla sua
intrepidezza stato cagione, che si sostenes-
se quella città. Quel nondimeno, che fece
più strepito, dappoiché il papa cessò di
vivere , fu la risoluzion presa da France-
sco Maria della Roverti ^ già duca d'Urbi-
no , di ricuperare i suoi Stati • Stava egli
in Mantova , aspettando tuttodì , che spi-
rasse qualche buon vento; e questo^ quan-
do men si credeva _, arrivò. Unitosi dun-
que con Malatesta ed Orazio BagUoni , già
cacciati da Perugia, e messi insieme quat-
tromila fanti e duemila cavalli ( il Guic-
ciardino scrive meno) ed ottenuti dal du-
ca di Ferrara sette pez«:i d'artiglieria , sen-
za ostacolo arrivò nel ducato d' Urbino .
Il desideravano e 1' attendeano a man giun-
te que' popoli, perchè l'amavano a dismi-
sura pel suo grazioso governo . In quattro
giorni si vide tornare alla sua ubbidienza
ogni terra di quel ducato. Passò dipoi a
Pesaro, e s'impadronì di quella città , e da
lì a pochi giorni anche della rocca . In quel
calore di fortuna gli riuscì parimente di
cacciar fuori di Camerino Giovan- Matteo
da Varano , signore , ossia duca di quella
città , con introdurvi Sigismondo della stes-
sa famiglia , che pretendea d' avervi miglior
ragione, ma che non potè aver la rocca.
Sul principio poi del presente anno coU'eser-
cfto suo , accresciate da molti volontarj ,
an-
428 Annali d'Italia
andò il duca d'Urbino emettere il campo
a Perugia, ed impadronitosi d'un borgo,
cominciò tosto a dar da più parti ì' assal-
to alle mura. Dentro v'era alla difesa Vi-
tello VitdU^ inviato da' Fiorentini con due-
mila fanti, ed alcune squadre di cavalli
alla difesa di quella città, unito con Gen-
tile Baglione y messo ivi da papa Leone
dopo la morte di Gian-Paolo. Si avviliro-
no questi difensori per timore del popolo,
e la notte si ritirarono , lasciando che co-
là facessero 1' entrata Malatesta ed Orazio
Baglioni .
Mentre succedeano tali scene, sorse la
discordia nel conclave fra i cardinali ivi
racchiusi per T elezione del nuovo pontefi-
ce* Comunemente si cr^ìdea , che Giulio
eardinal de^ Medici ^ dopo avere nell'anno
addietro esercitato il suo spirito in affari
di guerra nel felice esercito de' collegati ,
avesse ancora a riportar vittoria in questo
cimento, atteso il credito suo_, la sua opu*
lenza e V aderenza di moltissimi porpora-
ti, creature di papa Leone suo cugino. Ma
i vecchi che credeano dovuto alla loro età
il pontificato, più che a Giulio, il quale
^on contava sennon 45 anni d'età, e il
partito francese , di cui si fece capo il car^
dinal Soderlno ^ fecero abortir que' disegni.
Però giacché neppure a lui piaceva , che
andassero innanzi i suoi competitori, gli
cadde in mente , o gli fu suggerito di pro-
porre pel pontificato il cardinal Adriano
ve-
Anno MDXXIL 429
vescovo di Tortosa , nato di bassi parenti
nella città di Utrect in Fiandra ; ma che
per le sue vare virtù, e pel molto slio sa-
pere, era giunto ad essere maestro delFAu-
gusto Carlo F, ed avea conseguita la por-
pora cardinalizia nell'anno 1517. Dio be-
nedisse la proposizion suddetta , e quan-
tunque Adriano non avesse mai veduta Ita-
lia , nò fosse personalmente conosciuto dal
sacro collegio, pure alla fama del raro
suo merito si accordarono tutti ad eleg-
gerlo nel dì nove di gennaio del presente
anno . Trovavasi egli allora in Biscaia ad
esercitare T impiego a lui appoggiato da
esso Augusto di governatore e visitatore
dei regni di Spagna. Portatagli questa nuo-
va , per essere affatto inaspettata , riuscì a
lui maravigliosa : pure accettò la gran di-
gnità , e ritenuto il proprio nome , si fece
chiamare Adriano VI, Siccome uomo pru-
dente , non mostrò segno alcuno d'alle-
grezza, ma solamente rivolto a Dio ^ il
pregò, che giacché gli avea voluto impor-
re questo peso, gli contribuisse anche for-
ze per sostenerlo in utilità della Chiesa,
e della repubblica Cristiana . Quanto ai Ro-
mani, scaricarono la lor bile in loquacità
e villanie contra de' cardinali, perchè aves-
sero eletto uno straniero con pericolo , che
si tornasse a veder la brutta sce^na della
Sedia di san Pietro trasportata di là dai
monti . Peggio sparlarono da lì innanzi ,
perchè mancata la splendida corte di papa
Leo-
f
I
i
4^0 Annali D*ÌTAtrA ,;
Leone X, e i cardinali usciti T un dietro ^
r altro fuori di Roma^ erano cessati coni
ciò i grossi guadagni d^'^mercatanti e del j
popolo, e cresciute le prepotenze e le in- ;
giustizie in essa città. Per questo non sii
sentiva altro, che benedizioni alla memo- ì
ria di Leone , e maledizioni allo stato pre- \
sente, stante l'aver tardato più mesi il j
novello papa a comparire in Roma. Era 1
in questi tempi passato il duca d'Urbino \
alla volta di Siena, desideroso di far mu- ?
tare il governo in quella città. Mandaro* •
no a tempo i. Fiorentini colà un rinforzo \
di gente che tenne in dovere il popolo : \
e perchè essi fecero anche venire di Lom- \
bardia Giovanni de* Bledici con un corpo ^
di Svizzeri preso al loro soldo, il duca ,
giudico meglio di ritirarsi, e passò poi j
nel Montefeltro che tornò tutto alla sua di- \
vozione , fuorché la fortezza di san Leo, j
e la rocca di Maiuolo. In Lombardia Pro* \
sperò Colonna generale delle armi cesaree 1
in Milano ninna diligenza e precauzione \
ommetteva per premunirsi contro i tenta- ;
tivi de' Francesi, i quali sì sapea, che ol- i
tre ad altra gente aveano adunato un gros- \
so corpo di Svizzeri . 11 Guicciardino seri- |
ve essere stati da diecimila; l'anonimo ;
padovano li fa ascendere a quattordicimi- {
la ; e il Giovio sino a diciottomila . Gran 1
riputazione s'acquistò egli , coli' aver fatto 1
un mirabil trinceramento, guernito d'ar- \
tiglierie fuori della città di Milano intor- \
no 1
Anno MDXXII. 451
MO al castello , acciocché venendo i France*
si^ non potessero accostarsi a quella for-
tezza. Al pari di lui Girolamo Moro ne luo-
gotenente del duca fece il maggior prepa-
ramento che potè per la difesa; né sola-
mente egli con lettere iìnte , con ambascia-
te false , e colla sua eloquenza infiammò
r odio di quella nobiltà contro i Francesi ;
ma eccitò anche il popolo alT abborrimen-
ìo di quella nazione per mezzo di frate
Andrea da Ferrara dell' Ordine di santo
Agostino , il quale predicando con gran
concorso di gente, disse quanto mai seppe
jn discredito de' Francesi , e in commenda-
zione del principe proprio , cioè del ducei
Francesco Sforza^ sollecitando ognuno a
difendere colle facoltà , e col sangue la sa-
lute delia patria. Con queste arti il Moro-
ne trasse da' Milaneài tanto danaro, che
potè assoldar quattromila fanti tedeschi , i
quali da Trento vennero a Milano. Nel
qual tempo anche l' imperadore era dietro
ad arrolare altri seimila fanti della mede-
sima nazione , per inviarli colà . Né questo
bastò al Colonna e al Morone . Dacché vi-
dero sì ben accesi gli animi di quel popo-
lo, ne spedirono ottomila armati ad Ales-
sandria , che per opera de' cittadini guelfi
s' era data ai Francesi . Tanto il presidio
di quella città, quanto gli stessi abitanti,
al sentire , che ce Spagnuoli né Tedeschi ,
erano con quella gente, baldanzosamente
usciti fuor d'una porta, attaccarono batta-
glia
432 Annali d' Italia
glia. Toccò ad essi di voltar le spalle^ e i
sì disordinatamente cercarono di salvarsi ^
nella cittadelle mischiati con loro anche i ì
Milanesi v'entrarono. Fu ivi gran morta- |
lità, finché i fautori de' Francesi se ne fug- ì
girono fuori per un' altra porta , lasciando |
la città in poter de' vincitori, i quali non |
dimenticarono di darle il sacco . Da lì a l
pochi giorni anche Asti venne alle lor ma- |
ni: perdite che sconcertarono di molto gli ì
interessi de' Francesi, perchè restò loro ta- Ì
gliata la comunicazione con Genova, e tut-
to il di qua da Po tornò ali* ubbidienza di j
Milano. \
Per salare in Lombardia altro non man- l
cava a Renato bastardo di Savoia , gran- ',
maestro di Francia, e a Galeazzo da san ;
Severino grande-scudiere di Francia, in- ]
viati dal re Francesco T, alla condotta de-
gli Svizzeri , già raunati in suo favore , \
sennonché dessero loro licenza di passare j
le alte nevi delle montagne di sanBernar-^
3o e di san Gottardo. Più volte fecero le \
spianate, ma indiscreta neve di nuovo ca- l
dendo , tornava a chiudere i passi . Final- j
mente vennero in Lombardia , e andarono ^
ad unirsi col signor di Lautrec , il quale i
sulla speranza di questo rinforzo , già era '
uscito vigoroso in campagna sul principio 1
di marzo. Con esso lui si congiunsero an- \
Cora le armi de' Veneziani consistenti in ■
quattrocento lance , mille cavalli leggeri i
e cinquemila fa,nti~ sotto il comando di ,
Teo- . !
Anno MDXXIL 435
Teodoro Trì-vulzio e di Andrea Grltti * La
fantasia delle genti , che amplifica sempre
gli eserciti , stimò , che questa armata
ascendesse a sessantamila combattenti > era
molto nieno . Ora il valoroso e saggio Pro-
spero Colonna generale della lega, per non
sapere qaal disegno avessero formato i ne-
mici , inviò Filippo Torniello a Novara ,
monsignor Visconte ad Alessandria, An^
tonto da Leva a Pavia, e Federigo mar-
chese di Mantova a Piacenza, con sufficien-
,ti guarnigioni alla guardia di quelle cit-
tà j, restando egli in Milano con settecento
uomini d'arme, settecento cavalli leggeri
e dodicimila fanti . Passò V esercito fran-
cese in vicinanza eli Milano verso ponente,
mostrando voglia di assalire i meraviglio-
si trinceramenti , cioè argini e fosse fatte
dal Colonna intorno il castello : nella qua-
le occasione inoltratosi troppo ad ispiar
qua' forti ripari Marco Antonio Colonna ,
già prigione in Francia, ed ora militante
nell'esercito francese, un colpo di colu-
brina della città gli portò via le natiche,
per cui da li a poche ore morì. Scrive il
Giovio essere statò lo stesso Prospero Co-
lonna che indrizzò quella colubrina , e sa-
puto dipoi di avere ucciso il proprio ni-
pote , ne provò un sommo af&inno . Con
esso Marco Antonio restò ancora colpito
ed ucciso Camillo Trlvulzio ^ giovane di
gran cuore ed espcttazione . All'accostarsi
Tomo XXIL E e de'
/;
434 Annali d' Italia \
t\c'Frarìce?>ì a que' trinceramejlti , si diede]
tosto campana a martello per tutto MiW;
no , e chjuncfue era atto alle armi^ an^
mosamente accorse ai luoghi che dianzi gli?
erano stati assegnati. Dicono, che circaJ
sessantamila persone fossero questi difen-^
seri, computate le milizie pagate . Ciò rap-5i
portato dai disertori ^1 Lautrec^ il quale>i
s'era vanamente lusingato, che il popolo^
di Milano per timore del sacco si solleve-^
rebbe , o mandarebbe a capitolare ; sicco-<
me ancora la relazion degf ingegneri chei(
aveano trovati insuperabili que' ripari : ca-
gion furono, ch'egli col consiglio de'mag-i
gìori uffiziali deponesse il pensiero di sa->
criccar quivi parte delle srie genti. Riti-^
rossi per questo ad un luogo , cinque mi-i
glia distante da Milano verso Pavia , dai
dove fece dipoi continue scorrerie verso^^
la città, e stava attento per impedire il;;
passaggio del duca Francesco a Milano .5
Imperocché una delle maggiori premure<(
del Colonna o del Morone era stata , che es-!
so Francesco Sforza duca , dimorante ini
1 rento , sen venisse a Milano, per accre-'ì!
scere il coraggio a quel popolo; e tanto |
più perchè egli avea seco seimila fanti te-fi
deschi , i quali avrebbero ' data la vitali
all'esercitò loro. Per mancanza di dana- j
ro non si potè egli mettere sì presto ini
viriggio. Ma sovvenuto con novemila du-
cati d'oro dal cardinal de Medici , allora.
si
Anno MDXXII. 435
5i mosse ^ e passato il Po, a Casal Maggio-
re , giunse a Piacenza , da dove poi Fede-
rigo marchese di Mantova con trecento uo-
mini d' arme lo scortò sino a Pavia circa
la metà di marzo. Intanto il signor dello
Scudo, fratello del Lautrec , giunto a Ge-
fiiova co» tremila fanti guasconi calò in
Lombardia; ed avvisatone il Lautrrc^, spe-
di ad unirsi seco Federigo Gonzaga signor
idi Bozzolo con cinquecento cavalli e sei*
mila fanti. Questo corpo di gente marciò
a Vigevano, e senza fatica se ne inipadro-
DÌ . Andossenc dipoi lo Scudo a Novara ,
dove tuttavia il castello si tenea per li
Francesi ; e tratti di là alquanti pezzi ài
artiglieria, cominciò a bersagliare la cit-
tà. Dentro v'aera Filippo Torniello con
duemila J"anti , che fece buona difesa; ma
al terzo assalto , essendo uscita alla difesa
ahclie la guarnigion del castello, v'entra-
rono i Francesi che misero a iìl di spada
la maggior parte di que' fanti , fecero pri-
gione il Torniello con altri uffiziali e cit-
tadini ^ e poi diedero il sacco alP infelice
città : non senza biasimo del Colonna , e
Àq\ marchesa di Mantova, per non averle
Jato soccorso .
Mentre ciò si facea , il duca Francesco
Sforza , accompagnato da Antonio da Le-
'va, segretamente uscito di Pavia, per ur.a
via fuor di mano s"* inviò alla volta di Mi-
lano, ed accolto a Sesto da Prospero Co--
E e 2 lon-
43^ Annali jdTtalià I
lonna ^ entrò in quella cittàj dove con ìn%
credibil giubilo e segni d'amore fu ricevù4
lo dal popolo. Ora dacché il Lautrec vid#
fallito il suo disegno 5 sapendo, che in Pa--
via non era restato, che Io scarso presi- 1
dio di trecento cavalli e duemila fanti coti
marchese di Mantova , andò tosto a metterei
il campo ad /essa città, e tardò poco aM
batterla colle artiglierie. Fece sapere i^ ^
marchese al Colonna il bisogno d* aiuto y?
laonde questi uscì di Milano con tutto Y \
esercito, e andò fino a Binasco, mostran- -
do di voler venire ad un fatto d'armi •1
Nulla più che questo sospirava il Làutrec,*^
ma il saggio Coloiina aveva altro in cuo- \
re ^ e stando in un forte alloggiarne .ito , si ^
contentava di solamente inquietare il cam- ■
pò nemico. Poscia una notte spedi Franai
Cesco Ff^rdinando d' Avalos marchese di'
Pescara con due grossi squadroni di ca- ]
valleria ad assaltare i Francesi. Urtò il j
prode cavaliere in due siti con tal empito !
nel loro campo , che credendo essi Fran- j
cesj venir loro addosso tutte le forze dei *
cesarei^ poco mancò , che non si mettes-
sero in fuga. Montato a cavallo il Lautrec
con gli altri capitani li trattenne ed in-
coraggi: nel qual tempo avendo il Colon- |
na drizzati duemila fanti spagnuoli , « |
mille corsi verso Pavia, questi per un* al- \
tra porta entrarono in essa città, raccolti i
con gran giubilo dal Gonzaga . Così rac- !
eoe- i
Anno MDXXII. 437
Confa questo fatto V anonimo padovano ;
laddove il Guicciardino scrive , che sul
principio deir assedio il Colonna inviò cO"
ìk mille fanti corsi ^ e alcani spagnuoli
che menando le mani j, e passando per gli
allogiaraenti de' Francesi, penetrarono in
Pavia . Il Giovio parla solamente di due
compagnie di Spagnuoli , e due d'Italiani,
che parlando Francese co' Veneziani , e Ve-
neziano co' Francesi., non solamente sul fi-
ne ebbero da menare le mani , ed entra-
xono in. Pavia . Ma altro che di sì poca
gente abbisognava allora quella città. Fu
inseguito il marchese di Pescara dai Fran-
cesi, q gli sarebbe forse avvenuto del ma-
le , s^ vìQxi fpsscro stati spediti in suo soc-
corso dal Colonna cinquecento cavalli , coi
quali arrivò salvo a Binaseo . Soccorsa iit
tal guisa Pavia, si ritirò poi quelT eserci-
to a Milano. Dolente restò per questo il
Lautrec j ma ciò nonostante^ ancorché ia
e.ssa oittà si trovasse allora un sì gagliar-
do presidio, pure contro il parere del prov-
veditor veneto, e di quasi tutti 1 capitani
francesi ed italiani, non d'altro parlava ,
che di venire all'assalto. Forse l'avrebbe
fatto j se nel più bello una pioggia che du-
rò sei giorni 3 con impedire il trasporto
delle vettovaglie, e Tessere tornato il Co-
lonna a Rinasco^ con avanSiarsi dipoi sino
all'insigne certosa di Pavia, per frastor-
nare il tentativo de'Francesi^ non gliaves-
Ee 5 se-
43^ Annali ij' I t a l r a
sero infine fatto prendere la risoluzione di
ritirarsi a"* Landriano, dove seguì una ler-
iibiìe zuffa colla peggio de' suoi. E tanto
più si vide egli necessitato a batterie la
ritirata, perchè non avendo con che paga-
re gli Svizzeri, mentre era. beti giunto ad
Arona ^^nsLvo di Francia , ma non potea
passare _, coloro tumultuavano, per tornare
a casa . Ridottosi dunque il Lautrec a Mon-
za , e inteso , che Prospero Colonna era
giunto col suo- eseréito a Sesto , cinque
miglia lungi da lui , non si attentò a con-
tinuare la marcia sino a Cremona , secon-
dochè avea disegnato. Ossia, ch'egli nott
lovando altro ripiego per fermare gli Sviz-
zeri ^ eh* erano sulle mosse, prendesse la
risoluzione di far giornata campale, ed
animasse tutto il suo campo a questo mar-
ziale azzardo; oppure , come comunemen-
te fu creduto , che gli Svizzeri si esibissero
di venire a battaglia , tenendosi sicuri del-
la vittoria , con gridar più volte : O pa-
ga , o battaglia; altrimenti minacciavano
d'andarsene: la verità si è, che il Lautrec
si preparò per andare ad assalir V armata
nemica. Avea il Colonnese ritirata da Pa-
via buona parte di quel presidio , e certi-
ficato dalle spie del disegno de' Francesi ,
attese a prepararsi per ben riceverli . Adoc-
chiato in questo mentre un luogo . appel-
lato la Bicocca^ tre miglia lungi da Mila-
pò , circondato da fosse profonde , da ar-
Anno MDXXII. 439 .
gini , e canali d' acqua ^ colà come in sito
fortissimo andò a postarsi. Fece venir da
Milano tremila fanti italiani , e gran copia
di guastatori che accrebbero quelle fortifi-
zioni. Lo stesso duca Francesco con mille
e cinquecento cavalli in persona accorse co-
là , accompagnato da alcune migliaia di Mi-
lanesi volontarj , armati tutti di archibusj ,
ed anche di coraggio.
, Venuto il giorno 22 d'aprile, si mosse
il Lautrec verso la Bicocca e scontrato Ste-
fano Colonna che veniva .con cinquecento
cavalli a spiare i suoi andamenti , il mise
in rotta , prendendo questo buon principio
per augurio di vittoria . Assaltarono da
più parti gli Svizzeri e Francesi il campo
imperiale , con ritrovar dappertutto insu-
perabili fosse ^ colpi di cannone e di mo-
schetteria . Più volte tentarono i feroci
Svizzeri di superar quegli argini e fosse ,
andando colla testa ba^ssa coltro le canno-
rate ; ma altro non guadagnarono sennon
morti e ferite. Perciò il Lautrec, chiarito
di non poter vincere la pugna , pien di ma-
la voglia e di vergogna ritiratosi, levò il
campo , e ritirossi a Monza , seguitato
dagli Svizzeri , restati in vita ^ i quali fla-
gellati dalla memoria di questo sinistro
fatto , per più tempo non osarono di f^
delle smargiassate. Si fece conto, che cir-
ca tremila d'essi con ventidue lor capitani
restassero freddi ne! campo della battaglia.
E e 4 V ha
44^^ Annali d' Italia
V'ha chi Pcrive, esservi morti quasi altret-^
tanti Francesi . Passato che fu il Lautrec
di là dall' Adda lasciò andare pel Berga-
masco gli Svizzeri alle lor montagne ; ed
egli dopo aver inviato alla guardia di Lo-
di Federigo da Bozzolo., e il Buona^alle
francese con sufficiente guarnigione , e rac-
comandata allo Scudo suo fratello la custo-
dia di Cremona , passò dipoi in Francia a
ragguagliare il re di tante sue disavventu- |
re. Avrebbono il duca di Milano ^ e Pros- |
■pero Calonna saputo profittar del disordi- ;
ne de' nemici , se non fossero stati ritenu- -^
ti più giorni da una sollevazion di Tede- j
schi , i quali pretendendo un mese di paga ;
a titolo di regalo per la riportata vitto- >J
ria 5 aveano già prese le artiglierie , e mi- \
nacciavano di voltarle contra de* capitani . ^
Bisognò infine dopo molte dispute capito- 1
lare, c©n prometter loro sessantamila du- '
cati d'oro in tertnine di un me^e , e dar,
loro ostaggi per questo . Grandi difficoltà .
si trovarono poi a raunar tanta pecunia : |
pure fu soddisfatto al bisogno . Quetato j
quel pericoloso rumore fu spedito il mar"^]
chese di Pescara colla fanteria spagnuola al
*Lodi> dove non era per anche entrato tut- ;
to il corpo di gente inviatovi dal LautreC. ;
Impadronitosi egli con gran celerità di tm
l^orgo , tal terrore diede ai Francesi , che \
abbandonata la città corsero a ripassar ]
V Adda pel ponte . V entrarono poi gli ]
Spa- 'i
Anno MDXXIL 441
Spagrmoli , e senza mistricordia diedero il
sacco non solo a quanti cavalli^ armi , e
bagaglio v' aveano lasciato i Francesi ^ ma
anche alla misera cittadinanza. Passato di
là il m.archese a Pizzighittone, e piantate
le artiglierie^ forzò quel presidio alla re-
sa . Andò poscia Prosperò Colonna con
tutta la sua armata a stringere d' assedio
la detta città di Cremona . Lo Scudo e
Federigo da Bozzolo , tuttoché si trovas-
sero assai forti di gente , pure al mirarsi
senza speranza di soccorso , intavolarono
tosto un trattato che fiif sottoscritto nel dì
26 di maggio , in cui si obbligarono i
Francesi di render quella città^ ed ogni al-
tra fortezza nello Stato di Milano, a riserv«i
dei castelli di Milano , Cremona e Novara ^
se in termine di quaranta giorni non veniva
Un esercito di Francia , capace di passare
il Po j o di espugnare una città di quel
ducato. E che fosse loro lecito di passare
in Francia a bandiere spiegate con tutti i
lor carriaggi ed artiglierie . Furono dati gli
ostaggi per r esecuzion del trattato.
L' indòfesso Colonna, giacché il ferro era
caldo , non perde tempo a batterlo . Impex-
ciocchè mise tosto in marcia V esercito al-
la volta di Genova, con pensiero di snida-
re anche di là i Francesi . Seco si unì il
duca di Milano con Girolamo ed Antonìot'
to fratelli Adorni, fuorusciti di Genova.
Arrivati che furono sotto quella nobil cit-
ih,
4i^2 A N N A L I d' I T A L I A
tà , s' accaraparoQO intorno ad essa in yavj
siti, con disporre ben tosto le artiglierie
contro le mura . Il doge , ossia governatore
Ottaviano Fregoso , uomo di gran vaglia
ed universalmente amato per l' ottimo suo
governo, avea già presi circa quattromila
fanti italiani al suo servigio. Ben preve-
dendo , che anche sopra di lui e della cit-
tà si dovea scaricar la tempesta, dianzi
con più lettere avea chiesto soccorso al re
Cristianissimo y il quale , giacché non avreb-
bono potuto giugncre a tempo quattordi-
cimila fanti e cinquecento lance inviate ver-
so r Italia per terra , spedi a Genova per
mare Fletro Navarro ^ celebre capitano da
noi altrove veduto, con quattro galee e
duemila fanti imbarcati in altri legni. Giun-
se il Navarro colà due dì prima dell'arri-
vo deir armata imperiale. Ora il duca e
il Colonna appena arrivati ^, per un aral-
do fecero intendere ai Genovesi , che, se
congedassero il presidio francese , e rice-
vessero un altro doge, si conserverebbe
loro la libertà ; se nò , si aspettassero tut-
ti i malori di una città presa per forza . |
Non mancavano partigiani ai suddetti Ador- i
ni; ma per paura del presidio ninno ardi- |
va di muoversi , e il Fregoso fagea sperar ^
vicino un più gagliardo soccorso di Fran-
ee- i
' A*^ostT»o Giust:'niano ' Guicciardiiìo., Anonima Pjhiava
f<j. Pietro Mcsii.T, eii altri.
é I
Anno MDXXIL 445
cesi. Pertanto veggendo il Colonna persi-
stere quel popolo nelT union co' Francesi,
comandò , che le artiglierie parlassero più
efficacemente dell' araldo . Riuscì al mar-
cìiese ài Pescara in poche ore di diroccar
le mura d'una torre: locchè veduto dal
Fregoso, si ?vvisò , di trattar di accordo ,
sperando dimenar la cosa tanto in lungo,
che sopravvenisse il non molto lontano soc-
corso de' Francesi . Ma mentre si facea que-
sto negoziato nel dì 30 di maggio , ed era
come accordato tutto^ il marchese di Pe-
scara che avea promesso il sacco della cit-
tà a' suoi fanti spagnuoli ed italiani, diede
l'assalto alla breccia fatta, e v'entrò ver-
so la notte colla sua gente, la qual subito
s'applicò al saccheggio. Ciò inteso dal re-
sto dell'armata, non si potè ritenere, che
anch'essa non corresse alla preda. Entra-
rono quella notte il duca e il Colonna nel-
la misera città j ma né essi, né i fratelli
Adorni poterono punto trattenere la sfre-
nata soldatesca dal continuare il sacco per
tutta quella notte e nel seguente giorno .
E siccome essa città era delle più ricche
d' Italia , cosi immenso fu il bottino . Di-
cono, che fu salvo l' onor delle donne_, e
che s'ebbe nn mediocre rispetto alle chie-
se . Certo è , che fu salvata la sagristia di
san Lorenzo, dove si conserva il catino di
smeraldo d'impareggiabil prezzo, con aver
gtiadagnato un capitano tedesco , il quale
444 Annali d' Italia
già ne sfondava le porte, mediante lo sbor-
so di mille ducati d'oro. Restò in così
fiera disavventura prigione Pietro Navarro
con altri capitani Francesi ; ed Ottaviano
Fregoso , perchè non potè , o non volle fug-
gire, si rendè al marchese di Pescara , pres-
so il quale, dice il Guicciardino , che egli
mori non molti mcv-si dappoi. Ma F anoni-
mo padovano scrive , essersi il Fregoso da
lì a qualche tempo riscattato collo sborso
di quindicimila ducati d'oro. Fu poi crea-
to doge di Genova Antoniotto Adorno, Que-
sti avendo fatto venire artiglierie dja Pisa,
fri pochi dì si rendè'' padrone anche della
cittadella, e di san Francesco, e del ca-
stelletto, co^ lasciar ripassare in Francia
quelle-g'uarnigioni • Marciò djpoi il Colon-
na colia vittoriosa armata in Piemonte , per
opporsi a Roberto Scotto che già avea pas-
sate le alpi^ conducendo seco il suddetto
corpo di milizie francesi ; ma egli dopo
essersi intesi tanti progressi delT esercito
imperiale , ebbe ordine di tornarsene indie-
tro. Trovò esso Colonna*, che i marchesi
di 31onferrato e Salnzzo ^ aveano in addie-
tro somministrati viveri ed altri aiuti ai
Francesi. Non poteano essi far di meno;
pure questo fu un granrea^o, per cui noa'
solamente si diede un buon rinfresco in
quelle parti alF esercito imperiale, ma si
riscossero ancona grosse contribuzioni di |
danaro, .Venuto poscia il dì 4^ di luglio y f
in |i
M
Anno MbXXTL 445
in cui spirava il termine prefìsso per la re-
sa di Cremona , il signor dello Scudo fe-
delmente consegnò quella città ai ministri
cesarei , e con tutto onore condusse anche
egli le sue genti in Francia , Restavano tut-
tavia in poter de' Francesi i castelli di Mi-
lano, Cremona e Novara, e le rocche di
Trezzo e Lecco. Venne poi fatto al duca
di ricuperar le due ultime , e il castello
di Novara , con rimanere resistenti sola-
mente i due primi. Ciò fatto, furono cas*
sate le fanterie tedesche ed italiane , e il
resto distribuito in vari luoghi dello Stato
di Milano.
Non mancarono in quest'anno anche in
Toscana movimenti di guerra . Renzo da
Ceriy già incitato da' Francesi , si mosse
con cinquecento cavalli e scjltemila fanti
verso Siena , per introdurre mutazion di
governo in quella città . Diedero alle' armi
per questo i Fiorentini^ e fatto accordo
col duca d'Urbino^ a cui restituirono allo-
ra, secondo alcuni, la fortezza di san Leo
nel Montefeltro (quando il Nardi, più in-
formato d'essi, la riferisce all'anno 1527)
presero per lor generale il cont^ Guido Ran^
gone y il quale con tal prudenza andò gua-
stando tutti i disegni di Renzo che il for-
zò a trattare un accordo, e così cessò quel-
la briga . Parimente in Romagna furono
ammazzamenti e non pochi disordini , e
s|>ezialmente veone fatto a Sigismondo fi*
^i^G Annali d'Italia
glio di Pandolfo Malatesta d' introdursi se*
gretamente in Rimini^ e coli' aiuto de'suoi
partigiani d'impadronirsi di quella città,
retaggio antico de''suoi ascendenti. Proce-
deano tali sconcerti dalla discordia del col-
legio de' cardinali , e dalla lontananza del
papa. Però essi cardinali non cessavano di
replicare le istanze, perchè il santo padre
venisse oramai in Italia: cosa ch'rsrli non
potè eseguire, per voler prmia abboccarsi
coW imperador Carlo F", di giorno in gior-
no aspettato in Ispagna. Ma perciocché es-
so Augusto troppo tardava a venire , il
pontefice prese la risoluzion di partirsi: e
quantunque arrivasse poi ai lidi di Sp?5gna
esso Carlo, pure Adriano si scusò, e andò
ad imbarcarsi senza vederlo, non sussisten-
do ciò che dice l'anonimo padovano, che
per otto giorni si trattennero amendue in
Barcellona in continui ragionamenti . Il
corteggio del pontefice riuscì magnifico y
perchè composto di diciotto galee, e d'al-
tri legni, di tre, o quattromila soldati, e
di gran copia di prelati e nobiltà. Si mos-
se nel dì sei di agosto, e sbarcò a Geno-
va , dov€ trovò quel popolo tuttavia sba-
lordito e dolente per la gravissima sciTer-
ta burasca . Colà si portarono il duca di
Milano y Prospero Colonna^ il marchese di
Pescara^ ed altri, a baciargli il piede. Nel
dì 22 d'agosto, se ne parti, e dopo essersi
fermato due giorni in Livorno, dove fa
I ono-
Anno MDXXII. 44?
onorevolmente accolto dal cardinal GiuHo
de' Medici , come capo, per non dir padro-
ne de' Fiorentini , si trasferì a Civita-vec-
chia. Colà smontato trovò trentasette por-
porati che gli prestarono i dovuti ossequj .
Era dianzi entrata la peste in Roma,, e vi
avea fatta strage di ottomila persone : spet-
tacolo;, per cui oltre ai cardinali e prima-
ti,, gran parte ancora del popolo era fug-
gita. Perciò tolta l'esca al malore^ pochi
più ©ramai ne morivano. Con tutte le ra-
gioni addotte al papa^ che conveniva dif-
ferir r ingresso suo in Roma, egli volle
farlo senza dimora^ ed essere coronato .
Intorno al giorno della sua entrata e co-
ronazione in Roma si truova discrepanza
fra gli scrittori . . Ma una lettera di Giro-
lamo Negro ^ ci^ffsYicmra, che ciò avvenne
nel dì 2g d' agosfò-v Avendo poi quel mi-
scuglio di gente riaccesa più che mai la
pestilenza , per cui mancarono di vita cir-
ca altre diecimila persone, il ponteiìce non
per questo si sbigottì, e ritiratosi in Bel-
vedere, quivi atteso a dar sesto agli affari
di Roma. Spedì le sue genti d'^armi in Ro-
magna, che poi ricuperarono Rimini dalle
mani di Pandolfo Malatesta , e di Sigismon-
do suo figlio. Liberò cz.iandio , Imola, Ra-
venna, ed altre città dai sediziosi . Appena
fu intesa l'elezion di questo papa , che ^Z-
fon-
' Lettere de^ Principi T. i.
^j.48 Ai^NALi d' Italia . \
fonso duca di Ferrara, inviò in Ispagna;^
Lodovico Cato a rendergli ubbidienza, .rpÀ
ad informarlo delle violenze contra di lui'^
usate dai due precedenti pontefici . Venuto j
poi il papa a Roma, annullò il monitorio'^
di papa Leone Z, e le censure pubblicate ^
contra d'esso duca; gli confermò Ferrara,]
il Finale , e san Felice ; e gli promise la I
restituzione di Modena e Reggio. Con tali
congiuntura Alfonso ricuperò Cento e laj
Pieve. Si provarono in quest'anno le de- ^
plorabjli conseguenze della guerra suscitata,
da esso papa Leone , perchè oltre alla de-j
solazion della Lombardia e di Genova ^ ili
sultano de"* Turchi Solimano , veggerido im- i
pegnati i principi cristiani nelle loro dete- ì
stabili discordie, itct,.,<?(gn , un formidabile ■
esercito per mare e pqr terra all'assedio j
dell'isola di Rodi, posseduta per tanto]
tempo dai cavalieri gerosolimitani, quan^ ^
tnnque una stupenda difesa trovasse, peri
cui dicono , che tra malattie e ferite per- \
desse circa centomila persone: pure infinsi
per colpa d'alcuni traditori empj cristiania
se ne impadronì nel dì 20 di dicembre , ]
con danno ed infamia incredibile della cri- ^
stianità. Implorarono que' cavalieri soccorso \
da Roma, da Venezia, dall'^mperadore , e'
da altri principi cristiani . Neppur uno alzò <
un dito per aiutarli, intenti tutti a scan-j
narsi fra loro. Similmente con sìfavorevo«j
le congiuntura si andò dilatando semprepiù |
l' ere« «
i
Anno MDXXIL 449
r eresia di fra Martino Lutero per la Ger-
mania^ e quella di Zuinglio per gli Svizzeri .
Ebbe anche principio la crudelissima degli
Anabatisti . Povera Cristianità in questi
tempi !
Anno di Crtsto 1523 , Indizione xi.
di CLEMENTfc: Ylf 5 papa i.
di Carlo V, imperadore 5.
Iviuscì in quest'anno a Francesco Blarìa
Sfar za , duca di Milano, di ridurre in suo
potere il fortissimo castello di quella città,
avendo capitolato quel castellano , che se
in termine d'un mese non veniva soccorso,
lo renderebbe , perchè oramai penuriava
troppo di vettovaglie e di gente . L' anoni-
mo padovano scrive , che la resa seguì nel
dì 17 di maggio. li Guicciardino , che nel
dì 14 di aprile . Si trovò^, che quella guer-
nigione era ridotta a soli quarantacinque
uomini. Sicché restò il solo castello di
Cremona in man de' Francesi, ed era ben
provveduto. Pare, che sia più verisimile
l'asserzione del Guicciardino intorno alla
resa del castello di Milano; perciocché,
quantunque non avesse il duca peranche
ottenuto daW augusto Carlo l'investitura di
quel ducatO;, pure ilei dì 24 di aprile con
gran scjennità e pari allegrezza del popolo
ne prese il possesso in Milano. E qui non
si vuol tacere un grave pericolo, in cui
Tomo XXIL F f in-
45^ Annali d' Itali a
incorse quel duca nel mese d' agosto . Efi
egli stato più dì a Monza per fuggire il
caldo. Nel tornare cVegli facea a dì 25
d' esso mese a Milano , i duecento cavalli
di sua guardia parte camminavano avanti,
e parte gli teneano dietro molto lontani ,
a cagion del gran polverìo, ed egli con
pochi marciava nel mezzo. Fra questi pò- 1
chi era Bonifazio Visconte suo cameriere , j
che conceputo un odio grande per la morte |
dianzi data e monsignorino Visconte , e i
perchè gli era stata tolta una prefettura ia |
¥al-di-sesia , ne meditava vendetta; e fifl-l
gendo di voler parlare al duca in segrptoy^
con un pugnale gli tirò un colpo alla testa, "^J
ma per cavalcare esso duca una muletta , |
e Bonifazio un alto e velocissimo cavallo j
turco, andò il colpo solamente a fare una J
legger ferita nella spalla . Itiseguito costui , |
mercè delP ottimo cavallo, ebbe la fortuna ^
di salvarsi in Piemonte, e poi in Francia, i
Questo accidente fece sospettar qualche con- ì
giura , e molti furono imprigionati in Mi- >
lano, ed . alcuni ancora impiccati* Guarì >
facilmente il duca. Nondùneno fra Paolo ;
carmelitano , scrittore di questi tempi nella ;
sua storia manuscritta racconta, che il pu- \
gnale era avvelenato , perlocchè ne fu dif- ^
ilcile la guarigione, ed essergli restata dal
lì innanzi una debolezza di nervi. Sparsa]
e ingrandita la vece di questo fatto, le .j
città di '^Valenza e- d'Asti furono prese dai ,
fuo- 'i
Anno MDXXIII. 451
fuorusciti Milanesi; ma spedito colà An-
tonio da Leva^ ricuperò queMuoghi . Avea
intanto V imperador Carlo ^ dappoiché vide
cacciati quasi affatto fuori di Lombardia i
Francesi 3 applicati i suoi pensieri a prov-
vedere, che non vi tornassero. Bramoso
dunque di staccar da essi il valoroso duca
di Ferrara Alfonso , e massimamente il
Senato veneto y da Vagiiadolid spedì in
Italia Girolamo Adorno suo consigliere,
persona di rara abilità e destrezza, accioc-
ché ne trattasse ^
Venuto questo ministro cesareo a Ferra-
ra , nel dì 29 di novembre dell'anno p?e-
cedente s'accordò col duca, obbligandosi
r imperadore di tenere quel principe sotto
la sua protezione, di coafermargli l'inve-
stitura imperiale de* suoi Stati , e di fargli
restituire Modena e Reggio, con che egli
pagasse alla maestà sua cento cinquantami-
la scudi d'oro. Non volle il duca prendere
impegno alcuno contra de' Fran'^esi^ perchè
restavano tuttavia allora in man d'essi i
castelli di Milano e dì Cremona^ e forse
non s'erano loro tolte peranche le fortezze
di Trezzo e di Lecco, e poi si udivano
dei gran preparamenti del re Francesco ,
per tornar in Italia. Andò poscia l'Adorno
anche a Venezia , dove propose a quel Se-
nato una lega coli' imperadore . Grandi e
lunghi furono i dibattimenti fra que' saggi
senatori , perchè dall' un canto sembrava
, F f 2 pre-
452 Annali d'Italia
preponderare la potenza di chi era impe-
radere ed insieme re di Spagna , corrobo-
rata dal duca di Milano , che uguale inte-
resse avea con esso Augusto. Ma dall'altra
parte V abbandonare il re di Francia già
collegato parca cosa di poco onore; oltre
di che i sicari avvisi dell* armamento che
egli facea , tenevano divisi e sospesi gli
animi di ciascuno. Intanto ^ perchè venne
a morte 1' Adorno , restò intepidito quel
negoziato . Ma da lì a un mese essendo
stato spedito da Cesare a Venezia Marino
Caracciolo protonotario apostolico^ si ripi-
gliò con più vigore . Venne poi a morte
nel dì sette di luglio, per attestato del
Sansovino , il doge Antonio Grimani , e in
luogo suo restò eletto Andrea Gritti ^ per-
sonaggio che abbiam veduto dar tante prove
di valore e prudenza nelle sì fiere contin-
genze di quella repubblica . E' ben da stu-
pire, come una Cronica manuscritta di Ve-
nezia metta la di lui elezione nel dì 20
d'aprile, e fra Paolo carmelitano nel dì 20
di maggio . Né Io stesso Sansovino sembra
assai concorde con sestesso , e discorda an-
cora da Pietro Giustiniano nelT assegnare
il tempo del ducato del Grimani. Ora il
Gritti , siccome persona di gran saviezza ,
mai non volle palesare il sentimento suo
intorno alla lega proposta dal ministro ce-
sareo, lasciandone tutta la risoluzione al
Senato, E questa finalmente fu conchiusa
sul
Anno MDXXIIL 455
sul line di luglio fra essi Veneziani , Vim^
jieradore Ferdinando arciduca , e Francesco
duca di Milano . Crebbe poi questa lega ,
perciocché paiJa Adriano VI amantissimo
peraltro della pace d'Italia, dopo aver con
lettere efficaci esortati tutti i principi a
conservarla, per potere accudire air impre-
sa contra del Turco, veggendo pure osti-
nato il re di Francia a volerla di nuovo
turbare, nel di ire d'agosto entrò anche
egli in essa lega , siccome i re d' Inghil-
terra e d'Ungheria, i Fiorentini , Sanesl
e Genovesi . E perchè si scoprì , che Fran^
Cesco Soderino cardinale di Volterra^ mo-
strandosi appassionato per la pace , e ma-
ncggiator d'essa, segretamente intanto tra-
mava in Sicilia una congiura coatro l'im-
peradore^ e sollecitava il re Cristianissimo,
che colà inviasse la sua flotta, fu per or-
dine del pontefice inviato prigione in ca-
stello sant'Angelo .
Ma che ? il buon papa Adriano sul più
bello fu da questi terreni imbrogli chiamato
da Dio a miglior vita nel dì 14 di settem-
bre , con poco dispiacere , sennon anclie con
gaudio della corte di Roma , riguardante
poco di buon occhio un pontefice non ita-
liano, e trovandolo anzi uomo inesperto
ne' grandi affari politici, ossia nelle finez-
ze della mondana sapienza , la quale infine
davanti a Dio ha un altro nome . Peraltro
egli fu poBlefice pieno d'ottima volontà,
Ff 3 la
454 Annali d'Italia
èì sapere e probità non ordinaria ; e s'egli \
fosse sopravvivuto, siccome aderiva a con- |
vocare un concilio generale dtjlla Chiesa , J
per riformar gli abusi , così grande speran- ;
za e' era di poter rimediare al sempre più ]
crescente scisma del Settentrione . La mor- l
te del papa, quanto dall'una parte scom- ]
pigliò i disegni della lega suddetta , tanto ]
dall'altra animò Francesco re di Francia a -
proseguir con più calore i suoi prepara* ;
menti e disegni per calare in Italia. Era I
stato finquì Alfonso duca di Ferrara aspet- j
tando con pazienza la restituzion delle sue ì
città di Modena e Reggio promessa tante j
volte da -papa Leone JC, e dallo stesso \
Adriano VI. Ma il possesso e dominio de- ]
gli Stati terreni, quand'anche sia ingiù- ì
sto, porta seco un tale incanto, che niun i
quasi mai sa indursi a spogliarsene, se non '
si adopera V esorcismo della forza . Il per- j
che veggendosi il duca cotanto deluso, non |
potè più stare alle mosse. Aveva dianzi |
l''imperadore tolta la terra di Carpi ad j
Alberto Fio ^ gran cabbalista di questi tem- |
pi , che dopo aver tradito esso Augusto, |
era dietro a far lo stesso giuoco al papa
che gli avea affidata la custodia di Reggio
e di Rubiera , come s' ha dal Guicciar^ìino.
Ora innanzi che accadesse la morte , del
papa , Renzo da C'eri avea tolta essa terra
di Carpi agl'imperiali con inalberar ivi le
bandiere di Francia . Dappoiché fu mancato
di
Anno MDXXIII. 455
Ji vita papa Adriano, si diede Renzo a
far delle scorrevie fra Modena e Reggio .
Tentò anche Rubiera, ma indarno. In que-
sto tempo il duca Alfonso^ sperando d'es-
sere sostenuto da esso Renzo, usci colle
sue gfvnti in campagna. Nel dì 27 di set-
tembre si presentò davanti a Modena, e
ne fece la chiamata. Perchè dentro v'era
Francesco Gaicciardino governatore pel pa-
pa, e il conte Guido Bangone con forza
valevole da poter sostenere la città , fu
mandato in pace. Voltossi il duca a Reg-
gio, dove nel dì 29 del mese suddetto,
senza dover usare violenza, da quel popo-
lo fu allegramente ricevuto ; e poco stette
a impadronfrsi anche della cittadella e di
tutto il contado. Venuto poi al forte ca-
stello di Rubiera iulla via Emilia, ossia
Claudia, colle artiglierie forzò la terra,
ed appresso anche la rocca a rendersi .
Avrebbe innoltre potuto ridurre alla sua
ubbidienza Parma ch'era senza presidio,
e minacciata colle scorrerie da Renzo da
Ceri; ma avendo i Parmigiani mandato a
Rubiera per saper l' intenzione del duca
Alfonso, e udito, ch'egli altro non voleva
sennon ricuperare il suo , e uon occupar quel-
lo che era della Chiesa , allora si animarono
;a difendere la lor città, e iìnì la loro paura.
Erano in questi tempi nate controversie
fra il re Francesco e Carlo duca di Bor-
bone della real casa di Francia , per le
Ff 4 qua-
45^ Annali b' Italia,
quali questo principe disgustato avéà s
gret^mente preso il partito di Cario Impe-^
r adoro • E pv^rciacchè il re avendo già rau-
nata una possente armata , meditava di
portarsi in persona a riacquistare lo Stato >
ci MJc/io, giacché per pruova avea cono- f
sciuto , clie la presenza del principe influì- |
va troppo al Luon esito delle imprese : il |
Br-i-Vvn^ci con Cesare avea progettato di as- 1
salive nella lontananza del re la Borgogna i
maggiore ; al qual fine s' andavano ammas-
sando dodicimila tedeschi . Traspirò que- j
sta mena, allorché il re Cristianissimo fu |
giunto a Lione ; epperò il duca di Borbo- \
ne 5 che quasi fu colto nelle rete^ ebbe la ì
fortuna di salvarsi travestito in Germania, ;
daddove poi il vedremo venire in Italia . ]
Cagion fu la cospirazione suddetta ^ che il i
re Francesco si astenne per ora dal pas* ■
sarà i monti per timore d' altre segrete ,
insidie ; ma non per questo lasciò d' invia- |
re in Lombardia per generale Guglielmo \
Grosserlo ^ per soprannome il Bonivet , \
ammiraglio allora di Francia^ che per fa- ^
vore spezialmente di Lodovica madre del 1
re era salito ai primi onori , e alla confi- j
denza del re medesim.o, ma che accoppia- I
va coir ignoranza del raestier della guerra i
una somma arroganza e superbia . Fodero- 'j
sa era l'armata ch'egli conduceva, perchè j
composta di ottomila Svizzeri , seimila Te- |
deschi , fremila Italiani , tremila Guasco- j
ni, ì
Anno MDXXIII. 457
ni , lance mille e ottocento, arcieri duerni*^
la . Il Guicciardino parla di seimila Sviz-
zeri , seimila fanti tedeschi , dodicimila
Francesi, e tremila Italiani, oltre alle sud-
dette lance. Sul principio di settembre ar-
rivò questo esercito a Susa . Aveano i Ve-
ziani collegati con Cesare eletto per lor
generale Francesco Maria duca d'Urbino ,
né tardarono a spedirlo nel Bergamasco
con cinquecento lance, cinquemila fanti,
e cinquecento cavaìli leggeri, acciocché ad
ogni cenno di Prospero Colonna passassero
r Adda. Parimente V arciduca Ferdinando
inviò seimila fanti a Milano. Trovavasi
allora il Colonnese malconcio di sanità :
contuttpciò , dopo aver presidiata Pavia, e
mandato Federigo marchese di Mantova
alla guardia di Cremona , allorché sentì av-
vicinarsi i Francesi , fattosi portaife in let-
tiga , s"* andò a postare al Ticino con pen-
siero di contrastarne loro il passaggio. Ca-
lati i Francesi , poco stettero a impadro-
nirsi di Asti, Alessandria e Novara . Tro-
vato anche il fiume Ticino molto magro ^
cominciarono in più luoghi a passarlo: loc-
che obbligò il Colonna a ritirarsi in fretta
a Milano , nel cui popolo era entrata sì
fatta costernazione , che per sentimento dei
saggi , £e il Bonivct marciava a dirittura
colà , senza fatica v'entrava. Ma per vo-
ler egli aspettare il resto di sue genti, si
fermò tre giorni senza alcuna azione , dan-
do
458 Annali d' Italia
ciò tempo ai Cesariani e Milanesi di ben
fornire di vettovaglie la città, di rifare i^
bastioni de* borghi , e di ricevere un soc-
corso di quattromila fanti italiani ; coni
che tornò il cuore in corpo a quel popo-
lo, e per l'avversione che ognun nudriva
contro i Francesi , si dispose ad una ga-
gliarda difesa .
Intanto V armata francese s' inoltrò a Bi-
ifiasco , e facendo continue scorrerie fino
alle porte di Miiano , s' impossessò di Mon-
za , dove fu posta molta cavalleria^ affin-
chè per quella parte non passassero vetto-
vaglie a Milano . Venne in questo tempo
avviso all' ammiraglio Bonivet , avere il
comandante francese del castello di Cremona
siccome ridotto agli estremi per penuria di
viveri, capitolato di renderlo, se in termi-
ne di quindici giorni non gli veniva soc-
corso ; e che il marchese di Mantova si
era portato a Lodi con duemila fanti e
cinquecento cavalli , per vietare il passo ai
Francesi. Premendogli di conservar quelU
fortezza^ spedì il signor di Baìardo gFc-^
derigo da Bozzolo con ottomila fanti: due-
mila cavalli e dieci pezzi d' artiglieria a
Lodi . A questo avviso fu ben diligente il
marchese di Mantova a ritornarsene a Cre-
mona. Entrarono i Francesi in Lodi^ ed
ivi restato il Baiardo con mille fanti , Fe-
derigo seco menando gran quantità di ri-
ni^ farine e grascia , senza far pausa alcu*
na.
KA N N o MDXXIir. 459
^jitò il viaggio a Cremona, e nel
àt 20 di settembre introdusse in quel ca-
stello i viveri, e invece de' soldati la mag-
gior parte malati , ve ne mise dei sani .
L'altro giorno se ne ritornò con tutto ono-
te a Lodi . Questa azione dèHiozzolo fece
nascere speranza al Bonivet di acquistare
la stessa città di Cremona; epperò 'colà
rimandò il suddetto Federigo con seimila
fanti e mille cavalli , a cui poscia si ag-
giunse Renzo da Ceri con tremila fanti .
Speravano questi capitani di penetrar niella
città per via della fortezza , ma si- disin-
gannarono in più assalti , con loro gran
danno dati ai trinceramenti e ripari fat-
ti fra la città e il castello , con bravu-
ra da Niccolò Varolo . Siccliè si rivolsero
a bombardar le mura della città^ alla porta
di san Luca. Fatta larga breccia, mentre
si accingevano a dar la battaglia , eccoti
un' impetuosa pioggia che durò quattro
giorni , con impedire il trasporto delle
vettovaglie, e fu forza di prenderne dallo
stesso castello. E perciocché s'erano in-
grossali i fiumi, Federigo da Bozzolo pre-
se la risoluzione di ritirarsi,,' affinchè non
^V incontrasse di peggio ; e tutto spelato ,
anzi rovinato si ridusse a Lodi circa la
metà di ottobre. Giacché questo colpo èra
andato fallito, T ammiraglio si accostò coli'
esercito a Milano, confidando di poter ri-
durre a' suoi voleri quell' augusta città
pie-
i^Go Annali d' Italia
piena di popolo, con impedire, o clifficul-
tare il passo alle vettovaglie. Andava sein-
prepiìi crescendo T infermità di Frosptro
Colonna y epperò egli diede l'incombenza
della difesa della città al signor di Alar-
cene . Facea questi ogni dì uscire i suoi
cavalli per servire di scorta a chi portava
de' viveri,, e ne venivano non pochi dalla
Ghiaradadda , e dai monti di Brianza . Ma
ito sul fin d' ottobre il signor di san Po-
lo francese a Caravaggio, diede un orribil
sacco a quella terra ^ e per que' contorni ,
e per li suddetti monti saccheggiò o bru-
ciò molte altre ville e castella : locchè
riempiè di terrore tutti quegli abitanti .
Air incontro spedito il warcliese di Manto^
va con ottocento cavalli , e tremila fanti
venuti da Genova di qua da Po , riprese
Alessandria e molte castella : con che proi-
bì a tutta quella contrada ^ e al Piemonte,
che ninna vettovaglia portassero al campo
francese. Il perchè l'esercito francese co-
minciò a far quaresima prima del tempo,
€ si trovava di mala vòglia. Ma neppure
avea occasion di cantare l'esercito cesareo
di Milano, perchè scarseggiava di vitto, e
più di paghe. Perciò il Colonna co' prima-
rj , consapevoli della promessa fatta dalt'im-
peradore di restituir Modena ad Alfonso du-
ca di Ferrara collo sborso di gran somma
di danaro; ed anche informati, che que-
sto principe con tutte le istanze fatte dai
Fran-
Anno MDXXIII. i^Gi
Francesi , non av.ea voluto assisterli nell'
assedio di Cremona : inviarono oratori a
lui per dargli Modena , purché di presen-
te sborsasse trentamila ducati d' oro , e
venti altri nel termine di due mesi . Era
già fatto r accordo ; ma Franceseo Guic-
clardino y governator di Modena per la
Chiesa , tanto seppe fare , che distrusse
tutti i disegni del Colonna , e le speranze
del duca . Intanto non potendo più il Bo-
nivet per le piogge , e per altre incorno*-
dita fermarsi sotto Milano , e massimamen*
te perchè circa la metà di novembre gli
era andato fallito un tradimento concertato
con Morgante da Parma ; ed essendo anche
sopravvenute le nevi^ intavolò un trattato
di tregua cogl"* Imperiali. Ma perchè que-
sto non si conchiuse , levò finalmente nel
dì 27 di novembre il campo,, e senza che
Prospero Colonna volesse permettere V in-
seguirli , si ridusse a Biagrasso e Rosate.
Mentre per queste diaboliche guerre si
trovava involto lo Stato di Milano in indi-
cibili calamità, si rallegrò la Chiesa di Dio
dopo due mesi di Conclave^ e dopo assais-
sime gare e discordie de' cardinali^, per la
elezione di Giulio cardinale de' Medici ,
effettuata nel dì 19 di novembre, il quale
assunse il nome di Clemente VII, perso-
naggio di gran senno , e di non minore
perizia nel governo degli Stati ^ € tale ^
che mirabili cose dalla di lui testa gravi-
da
46 2 Annali d' Italia •
da di politica si promise il popolo romà^ 1
no. Qaai mezzi adoperasse egli, per salire i
a sì eminente dignità , può il lettore ap- ]
prenderlo dal Guicciardino. L'anonimo pa- s
dovano ci assicura , che terminate le so- [
lenni funzioni della coronazione , questo ì
pontefice dichiarò di voler essere amator J
della pace, e pastore senza parzialità del ^
Signore^ e che accorderebbe insieme i prin- j
cipi cristiani , per formar poscia una ero- ^
ciata contro gF infedeli . Certo è, che con i
un atto di gloriosa generosità diede prin- \
cipio al suo governo^ avendo perdonato al ^
cardinal Soderino^ suo gran nemico negli j
anni addietro , e molto più nel conclave , a ■
cui liberato dalla prigione intervenne . Pa- |
rimente si osservò in lui abborrimento a )
far leghe, e ad entrare in impegni di guer- '
ra . Intanto T assunzione sua fece quetar ì
tutti i rumori insorti nello Stato ecclesia- i
stico^ e il duca di Ferrara , dopo aver i
lasciati buoni presidj in Reggio e Rubie- ^
ra , cessò d'inquietare la città di Modena. ^
Inviò poscia esso duca i suoi oratori a j
Roma per rendere ubbidienza al novello j
pontefice, e per chiedere la restituzion di t
essa Modena , tante volte promessa dai due l
precedenti papi . Clemente per lo contra-
rio facea istanze , che il duca restituisse
Reggio e Rubiera. Varie sessioni furono
ferciò tenute, e andando^ l'affare in lun-,
go , altro non si conchiuse infine , sennon-
ché
d
Anno MDXXIII. 463
che vi fosse tregua fra loro per un anno
da cominciarsi nel di 15 di marzo dell'
anno seguente 1524 ; e che ognun posse-
desse quel che aveva , senza innovar cosa
alcuna : locchè fa poi puntualmente ese-
guito dal duca Alfonso , ma non così da
papa Clemente . Andava in questo mentre
semprepiù peggiorando ' di salute Prospero
Colonna , laonde Carlo iìiiperadore pensò al-
la provvisione di un nuovo condottiere del-
le armi sue in Lombardia ,^ e insieme a rin-
* forzare l'esercito suo per iscacciare i Fran-
cesi . Ebbe ordine don Carlo de Nois , os-
.sia della. Noia ^ viceré di Napoli, di veni-
/ì^ a Milano , ed egli infatti arrivò a Bo-
logna verso la metà di dicembre, menan-
do seco non più di trecento ' cavalli e di
mille fanti. Passato dipoi a Parma, giunse
colà ancora Carlo duca di Borbone , tutto
voglioso di far del male al re di Francia
che gli avea occupato gli stati e mobili
suoi di sommo valore. Stettero ivi fermi
per otto giorni , conferendo insieme di
quel che s' avesse' a fare. Avea il Borbo-
ne portato seco un brevetto di luogotenen-
te generale di Cesare . Venne ad unir-
si con loro anche il marchese di Pescara
che condusse altri mille fanti dal regno
di Napoli . Andati di là a Pavia, e rice-
vuta una potente scorta, si ridussero poi
tuni a Milano sul fine dell' anno 3 e tro-
vato tuttavia vivente il Colonna , andarono
a vi-
I
^Gù^ Annali i>' Italia, ec.
a visitarlo . Ma egli nel dì penultimo dW
dicembre, per attestato del Guicciardino
eppure neir ultimo, come ha V anonimo
padovano, diede fine al suo vivere, con
sospetto , secondo il solito , di veleno , te-
stando gran fama di lui,, cioè d'un capi-
tano di rara saviezza e valore , a cui si-
mile un pezzo fa non avea veduto l'Italia,
ma insieme la taccia di molta libidine,
da cui probabilmente prorenne il veleno,
che il trasse a morte. Solennissirae esequie |
furono a lui fatte ^ e il corpo suo cou
quello di Marco Antonio fu p<di trasportar
to a Napoli .
Fine del Tomo vigcslmosecondo .
Mf'^..^^, ,
ì DG
Muratori, Lodovico Antonio
. ^66
Annali d'Italia Ed.
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