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Full text of "Annali d'Italia"

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ANNALI  D' ITALIA 

D    I 
LODOVICO-ANTONIO  MURATORI. 

EDIZIONE     NOVISSIMA. 

TOMO    XXII. 


41^ 


IN    VENEZIA    MDCCXCIX, 

Dalla  Tipografia  dì  Antonio  Curti 

fKESSO  OIOSTIHO   PASQ.UALt  <i.  MARIO 

Con  Privilegio, 


In  questo 

TOMO     XXII. 

Si  comprende  lo  spazio  di  tempo  scor- 
so dairanno  di  Cristo  MCCCCLXXXI, 
Indizione  XIV ,  fino  all^  anno  di  Cri- 
sto MDXXIII,  Indizione  XI. 

di  Clementlc  VII^  papa   i. 

di  Carlo  V,  imperadore  5. 


P6 

MI 


ANNALI   D*  ITALIA 

Dal  principio  dell' Era  Volgare 
-fino  all'anno   1500* 

Anno  di  Cristo  iwcccclxxxi,  Ind.  xiv, 
di  Sisto  IV  ,  papa   11. 
di  Federigo  III ,  imperadore  30. 

X  anto  il  i)ontefice  Sisto ^  che  il  re  Ferdl^ 
nando  attesero  a  far  grandi  preparamenti, 
per  togliere  dalle  mani  de' Turchi  T  occu- 
pata Città  d'Otranto  ^.  Ad  altre  città  an- 
cora di' que"*  contorni  s'era  stesa  la  poten- 
za di  costoro.  Formossi  dunque  una  gran 
lega  per  questa  importante  impresa  ,  e  vi 
entrarono  il  papa  col  re  Ferdinando^,  Mat- 
tia Corvino  re  d'Ungheria,  il  duca  di  311' 
inno  ^  il  duca  di  Ferrara^  i  marchesi  di 
Mantova  e  di  Monferrato  ,  i  Fiorentini  y 
Genovesi  ^  Sane  si  ^  Lucchesi  ^  Bolognesi  . 
Chi  promise  danaro,  chi  gente ^  chi  galee 
armate.  Anche  i  re  d^  Aragona  e  Porto- 
gallo s' impegnarono  di  mandare  gagliardi 
soccorsi .  Nulla  si  potè  ottenere  da'  Vene- 
ziani .  Ma  forse  tutto  questo  grandioso  ap- 
parato avrebbe  s^vito  a  poco^  se  la  mi- 
sericordia di  Dio  non  avesse  per  altro  ver- 
so provveduto  al  bisogno  della  Cristianità. 

A  2  Ven- 

■  RaynaUiis  Annal>  Eccl- 


4         Annali    d*  Italia 

Venne  a  morte  nel  dì  31  di  maggio  Mao-' 
metto II j  imperador  de' Turchi^  cioè  colui 
che  tante  provincie  avea  tolte  in  sua  vita  ai 
Cristiani^  chi  disse  per  veleno,,  e  chi  per 
un  tumore.  Insorse  allora  una  ferissima 
guerra  fra  due  suoi  figliuoH  ,  cioè  fra  Ba* 
iazetfe  e  Zizim  ^  pretendendo  cadaun  di 
loro  r  impero ,  e  a  cagion  d'essa  il  bas- 
sa Acmet  fu  richiamato  in  Levante.  Que- 
sto fa  la  salute  del  re  Ferdinando  .  Avea 
Alfonso  duca  di  Calabria  cinta  di  forte 
assedio  la  suddetta  città  d'Otranto  per  ter- 
ra ,  tormentandola  colle  artiglierie  ^  colle 
mine  ,  e  con  frequenti  assalti-^  jiiar'con  po- 
co profitto  per  la  gagliarda  resistenza  dei 
nemici .  Dacché  giunsero  colà  le  flotte  del 
re  suo  padre,  del  papa,  e  de'Genovesi  , 
anche  per  mare  fu  stretta^  e  combattuta 
la  città.  Si  fece  ancora  battaglia  coi  legni 
turcheschi  ,  e  ne  riportarono  vittoria  i 
Cristiani .  La  nuova  della  morte  di  Mao- 
metto,  e  della  discordia  nata  fra  i  due 
fgliuoli  di  lui  ,  e  la  speranza  perduta  , 
che  venissero  dalla  Vallona  ventimila  Tur- 
chi quivi  preparati  per  far  vela  in  soccor- 
so degli  assediati  :  furono  le  cagioni ,  che 
Otranto  infine  si  rendè  per  trattato  nel 
dì  IO  di  settembre  al  duca  di, Calabria  ; 
la  qual  nuova  sparsa  per.Italia  riempiè  di 
consolazion  tutti  i  popoli  ^ .  In  vigor  della 

ca- 

*  Jacobus  t^'olntevraaits  hiautor.ì.ti.   ìler.  Tta!.  Sumr.:ont9 
istori 0  di  N:i^ii '  Sanato  Jit.  di  f^en-,  T.  ti.    Rfr.  Z.-.t/. 


Anno    MCCCCLXXXI.  5 

capitolazione  fu  permesso  ai  Turchi  d*  an- 
darsene j  ma  il  duca  servendosi  del  prete- 
sto ,  o  della  ragione  ^  eh'  essi  menassero 
con  loro  alcuni  giovani  cristiane,  li  svali- 
giò^ e  fattine  prigioni  circa  a  mille  e  cin- 
quecento ,  li  prese  poi  al  suo  servigio  y  con 
valersene  nelle  guerre ,  che  fra  poco  insor- 
sero in  Italia.  Dopo  tal  vittoria  trovavasi 
il  re  Ferdinando  in  grandi  forze  e  in  som- 
ma voglia  di  contin-uar  la  guerra  co'  Tur- 
chi. Bellissima  era  la  congiuntura  di  far^ 
riguardevoli  progressi,  mentre  i  figliuoli 
del  defunto  Maometto  gareggiavano  allora 
V  un  centra  T  altro,  e  i  soldati  gridavano 
la  maggior  parte^,  a  Costantino^poli  ^.  Ma 
non  men  la  flotta  del  pontefice  ,  quanto 
quella  de"* Genovesi,,  se  ne  tornarono  tosto 
indietro,  lamentandosi,  che  il  duca  di 
Calabria  si  fosse  impadronito  di  tutte  le 
artiglierie  ed  armi,  senza  farne  loro  par- 
tfò  alcuna  ,  e  senza  regalarli  ,  ed  avea 
anche  lasciato  mancar  loro  la  vettovaglia  . 
Per  quanto  si  affaticasse  in  Civita- vecchia  , 
dove  era  il  papa,  l'ambasciatore  del  re 
Ferdinando  ,  con  rappresientare  ,  essere  que- 
sto il  tempo  di  fiaccare  le  corna  ai  tiran- 
no d'Oriente^  giacché  erano  giunte  anche 
le  flotte  ausiliarie  di  Ferdinando  il  Cat- 
tolico re  d'Aragona,  e  ài  Alfonso  re  di 
Portogallo,  nulla  di  più  potè    ottenere.  Il 

A  3  con- 

*  Rayn.Tldus  /tnnith  Esci.  Jacobus  Volaterranus  Diar.  T.aj» 
Rer.  Ital, 


G  Annali  ij)'  1  t  a  l  r  a 
conte  Girolamo  Riarlo  nipote  del  papa  , 
avea  già  degli  altri  disegni  che  si  scopri- 
rono poi  nell'anno  seguente.  Di  grossi 
conti  avrà  avuto  questo  pontefice  nel  Tri- 
bunale di  Dio. 

Generale  delle  arirà  del  duca  di  Milano  , 
ed  uno  de' suoi  consiglieri,  in  questi  tem- 
pi era  Roberto  Sanseverlno  ^.  Se  per  pro- 
pria colpa,,  o  di  Lodovico  il  3Ioro^  egli  si 
disgustasse j  non  bene  apparisce  .  Quel  che 
è  certo,  egli  dicea  di  non  si  fidare  del 
Moro.  Insorse  ancora  una  fiera  rissa  fra  i 
suoi  servitori  e  quei  del  Moro  nel  mese 
di  febbraio.  Cominciò  egli  dunque  a  pre- 
tendere maggior  soldo  per  la  sua  condot- 
ta ;  lo  che  ricusandosi  dal  duca  ,  ossia  da 
esso  Lodovico  y  dispettosamente  si  partì 
da  Milano  ,  e  ritirossi  a  Castel-nuovo  di 
Tortona.  Potrebb' essere,  ch'egli  se  l'in- 
tendesse già  co' Veneziani  ,  i  quali  aveano 
gran  prurito  di  far  guerra  ;  almeno  dovet- 
te Roberto  cominciar  le  sue  mene  con  lo- 
ro, siccome  uomo  avvezzo  a  pescare  nel 
torbido.  Dal  re  Ferdinando  e  da' Fioren- 
tini furono  spedite  persone  per  ritener- 
lo al  servigio  dello  Stato  di  Milano  ,  ma 
ni'un  frutto  riportò  la  loro  ambasciata.  Il 
perchè  Lodovico  il  Moro  fece  istanza  a 
Firenze  di  avere  Costanzo  Sforza  signore 
di  Pesaro  per  generale  delle  armi  milane- 
si ;  e  questi  a  lui  conceduto  ,  arrivò  a  Mi- 
la- 

*  Corto  tsu  di  Milano , 


Anno  MCCCCLXXXL  7 
lano  nel  giorno  18  d'ottobre.  Che  già  la 
repubblica  veneta  avesse  voglia  di  rom- 
perla con  Ercole  duca  di  Ferrara  ,  se  ne 
assicura  Jacopo  Volateranno  con  dire  ^  , 
che  i  Veneziani  piantarono  in  quest'  anno 
una  bastia  nel  distretto  di  Ferrara  ,  pre* 
tendendo  essere  di  lor  ragione  quel  sito  . 
Il  duca  dopo  avere  indarno  reclamato ,  ri- 
corse al  re  Ferdinando  ,  al  duca  di  Milano  , 
e  a' Fiorentini;  e  questi  per  mezzio  dei  loto 
ambasciatori  ne  fecero  doglianza  al  papa 
sul  principio  di  dicembre.  Il  papa^,  quan- 
tunque si  trattasse  di  un  principe  suo  vas- 
sallo,  ninna  cura  si  prese  di  rimediare  al 
fatto  ^  siccome  venduto  a^  Veneziani  per  le 
suggestioni  del  conte  Girolamo  Mi  arto ,  a 
cui  troppo  poco  parea  l' essere  divenuto 
signore  d'Imola  e  di  Forlì,  e  sperava  di 
stendere  maggiormente  le  fimbrie  eolia 
sponda  de' Veneziani,  Si  portò  egli  appun- 
to a  Venezia  nell'  agosto  dell'  anno  pre- 
sente^ per  ordire  la  trama,  anche  prima 
che  fosse  liberato  Otranto  dal  giogo  tur- 
chesco  ,  e  trattato  fu  da  que'  signori  con 
onori  tali ,  che  poco  meno  si  sarebbe  fat- 
to ad  un  re  .  Morì  in  quest'  anno  Fran-- 
Cesco  Fildfo  ,  uno  de'  più  insigni  lettera- 
ti ,  che  si  avesse  allora  l' Italia  ^  dottò  non 
meno  nelle  latine,  che  nelle  greche  let- 
tere ,   ma    penna  satirica .   Secondo  Jacopo 

A  4  Fi- 

^  Jacohus  Volatevran.  Diar.  T.  ij.  Rer.  It:U. 


8           Annali    d'  Italia  ■ 

Filippo  da  Bergamo  ^  ,  eb  he  il  Filelfo  An-  j 

cona  per  patria,    ma    era    oriondo  da  To-  1 

lentiiìo  .  Non  men  celebre   di  lui  fu  Barto-  ! 

lammeo  Platina ,    che  tale  era  il    suo    no-  , 

me^  e  non    già    quello   di  Battista,  nativo  ] 

della    terra    di    Piadena    del     Cremonese  .  - 

Ebbe    varj    impieghi    in   Roma ,  e    custode  ■ 

della  biblioteca    vaticana    morì   quivi  nell*  \ 

anno  presente,    preso  dalla  peste-,    che  fé-  \ 
ce  ivi  allora  strage  di  molta  gente. 

Anno  di  Ciu3To  mcccclxxxii  ,  Ind.  xv.  ^ 

di  Sisto  IV  ^  papa   12.  ] 

-    dì  Federigo  III,  imppradore  31.  \ 

1-^iedero  principio  in  quest'  anno  i  Vene*  ì 

ziani  ad  una  fiera  guerra    contra  di  Erco-  : 

le  f,  duca    di  Ferrara:    guerra,  che  scon-  | 

volse  l'Italia  tutta.  Incolpavano  essi  il  du-  \ 

ca  di  non  aver  mantenuto  i  capitoli  dell'e  ^ 

paci  stabilite  fra    essi    e  la    casa  d'Este  ;  ; 

e  il    duca    all'incontro    sosteneva,    che   la  : 

' cagione    di    tal  rottura  veniva   da  pretesti  \ 

suscitati  dal  continuo  loro  desio  di  accre-  i 

scere  la  già  grande  loro  potenza  collo  spo-  , 

glio    de'  vicini ,  e    dall'  odio   che  professa-  \ 

vano  al  re  Ferdinando  ,  giacché  dopo  ave-  j 

re  il  duca  di  Ferrara  presa  in  moglie  una  ; 

figliuola    di    esso    re  ,    questa    alleanza  fu  l 

sempre  mirata  di  mal  occhio  in  Venezia .  ; 

Io  ^ 

*  Jacobi  Philipp'  Bergom,  lltsu  ^ 


Anno  MCCCCLXXXIL  9 
Io  non  mi  fermerò  qui  ad  allegar  le  ra- 
gioni de'  Veneziani ,  né  quelle  del  duca  , 
avendone  io  assai  favellato  altrove  ^,  e 
potendosi  leggere  intorno  a  ciò,  quanto 
iasciò  scritto  Pietro  Cirneo  scrittore  cor- 
so in  un  suo  Opuscolo ,  da  me  dato  alia 
luce  *  .  Egli  è  fuor  di  dubbio  ,  aver  Er- 
cole  duca  tentata  ogni  via  per  impedir 
questa  guerra^  avendo  spedito  più  volte 
ambasciatori  a  Venezia  con  tutte  le  giusti- 
ficazioni ed  esibizioni  più  umili  .  Tutto  iu 
vano:  era  fisso  il  chiodo ,  guerra  si  voleva, 
perchè  parea  certo  il  guadagno.  Era  colle- 
gato de' Veneziani  papa  Sisto.  Egli  inve- 
ce d' interporsi^  come  padre  comune  per 
frastornare  questo  movimento  d'  armi  ,  e 
massimamente  trattandosi  d'  un  principe 
suo  vassallo,  vi  saltò  dentro  a  pie  p^ri  , 
sedotto^  come  si  può  credere  ,  dal  conte 
Girolamo  suo  nipote  ,  che  ,  siccome  accen- 
nammo disopra,  nell'anno  precedente  era 
stato  a  preparar  le  pive  in  Venezia  per 
questa  danza.  Non  è  mai  probabile  ,  che  Si- 
sto IV  volesse  permettere  la  caduta  di  Fer- 
rara in  mani  sì  potenti  ,  come  era  la  re- 
pubblica veneta  .  La  festa  dovea  essere 
fatta  pel  nipote .  In  questi  tempi  Obietto 
del  Fiesco  infestava  lo  Stato  di  Milano  ^ 
ed  ebbe  poi  una  rotta  da  Costanzo  Sforza 
signor    di  Pesaro  .    Parimente    Lodovico    il 

*    Antichità  Estensi  P.  2. 

^   Petrus  Cyrneus  X:cmmsnt.   T.ìi.   Rer.  Ttel- 


IO               A  N  N  A  t  I     D  I  T  jl  l. J  A.  i 

Moro  duca  di  Bari,    e    govemator    di  Mi-  \ 

lano,  dichiarandosi   favorevole  alla    fazion  ] 

pallavicina    di  Parma  ,    persegtuitata  la  fa-  ; 

2Ìon    de' Rossi  ,  cioè  Fier-Marla   conte    di  \ 

s.   Secondo^    e    signore    d""  altre   castella  .  : 

Anche  il  conte  Pietro  del  Verme  era  incor-  1 

so  nella    disgrazia  d' esso    Lodovico .  Per-  j 

tanto  con  questi  nemici  dello  Stato  di  Mi-  ^ 

lano  si  unì    Roberto  Sanseverlno  ,    e    trat-  ' 

tando  nello  stesso  tempo  co'  Veneziani  ,  In  ; 

preso  da  essi  per  loro  capitan  generale  di  j 

terra-ferma .    Roberto  Malatesta  signor    di  i 

ilimini    andò    anch' egli    al  loro    servigio  .  1 

Con  essi  parimente  si  collegarono   i  Geno-  ' 

vesl .  In  aiuto  dei  duca  di  Ferrara  si  mos-  ; 

sero  il  re  Ferdinando,    Lodovico  il  Moro,  ' 

Federigo  marchese  di    Mantova  ;  i  Fioren-  \ 

tinij  e  Giovanni  BentivogUo.  Capitan  gè-  j 

nerale  d'^essa  lega  fu  scelto  Federigo  duca  " 

d'Urbino,    principe  di  gran  credito  e  va-  | 

lore  .  ! 

Nel  maggio    adunque    dell'anno    presen-  < 

te  ^  si  diede  fiato  alle    trombe ,   e  comin-  . 

ciossi  dai  Veneziani  con  poderoso  esercito  j 
per  terra  ,    e  con  gagliardo  stuolo  di  vele 
per  Po ,  a  far  guerra  al  duca  di  Ferrara  ; 

inferiore    troppo    di    forze  per  resistere  a  ! 

questo  torrente,    benché   non  mancassero  i  \ 

collegati  di  provvederlo  d'aiuti.  Imperocché  | 

in  quello  stesso  tempo  essendosi  mosso  Al^  '\ 

fonso  duca  di  Calabria,  per  venire  in  scc-  ^ 

cor- 

'  Sanuio  Ist.  di  feti.  ,  T.  la.  Rer.  hai.  \ 


Anno     MCCCCLXXXIT.      ii 
del  duca  suo  cognato,  perchè  scoprì 
il  papa  nemico,   fu    obbligato    a    ferma^-si 
nello  Stato  della  Chiesa  ,  dove  prese  Ter- 
racina  ,  Trevi  ed  altri  luoghi  ,    e  si  diede 
ad  ansTUstiare    Roma  stessa   ^  .  I  Colonnasi 
erano^con  lui  ,  gli  Orsini  còl' papa.  Gra- 
vi danni  furono  recati    a    que'  contorni  ,  e 
varie  scaramucce  accaddero  fra  le  genti  ne- 
miche.   Guerra  eziandio    fu  nel  Parmigia- 
no j,  per  avere    Lodovico  il  Moro  mandato 
il  campo  addosso  ai  Rossi .    Anche    i  Fio- 
rentini mossero    guerra  al  papa    in  Tosca- 
na ,  e  colle  loT  armi  aiutarono  Niccolò  Vi- 
tello ad  impadronirsi  di  città  di  Castello  . 
Distratti    in   questa    maniera    i    collegati  , 
cominciarono  a  prendere  cattiva   piega  gli 
affari    di  Ercole    duca   di  Ferrara .  da    più 
parti  incalzato  dalle  armi  venete.  Presero  i 
Veneziani  Rovigo  con  tutto  il  suo  Polesine  ; 
s'impadronirono  di  Comacchio  ,  di  Lendc- 
nata,  della  Badia,  d'Acria,  e  d'altri  luo- 
ghi. Lungamente  assediato  e  difeso  Fighe- 
ruolo,  infine    fu    sferzato  alla  resa  *.  Lo- 
ro si  arrenderono  aUre  terrò  e  castella  dei 
Ferrarese,    dimodoché  le  soldatesche  vene- 
te coi  saccheggi  arrivarono  fin  presso  Fer- 
rara ,  città  allora  mancante  ancora  di  vet- 
/aglia .  Male    stava    il  duca,  e  alle,  sue 
disavventure    s' aggiunse    eziandio  in  tanto 
bisogno  una  pericolosa  malattia  ,  che  il  Vsn- 


ìnfessura  Di^^-  Pi.  T.  3.  Rer.  Ttal. 
Disr.  di  Ferrara  T.  ia.   Rsr.  liai. 


1 

12         Annali    d' Italia  i 

ne  per  molte  settimane  oppresso  .   Ma  nep-  | 
pure  il  papa  si  sentiva  allegro^  per  li  prò-  j 
gressi  ,  che  ogni  dì  più  andava    facendo  il  ; 
duca  di  Calabria  nelle  sue    parti.  La  pau-  | 
ra    di  peggio    V  indusse    a    richiedere    dai  >: 
Veneziani  Roberto  Malatesta  lor  capitano ,  ' 
il  quale  con  molte  squadre  s'inviò  alla  voi- ^ 
ta  di  Koma .  Giunto  colà^   ^ed  unitosi    col  ^ 
conte  Girolamo  capitano  del  papa  ,  andò  a  5 
lSietterst^-3.  fronte  di  Alfonso   duca  di  Ca-  i 
labria  .  Nel  di  21  d'agosto^  a  Campomor- 
to  su    quel    di  Velletri    vennero  alle  mani 
quelle  due  armate.  Per    sei  ore  con  estre- 
mo valore  fu  disputata  la  vittoria,  e  que- 
sta   infine    si  dichiarò    in  favore    delle  ar- 
mi pontificie  ,  e  colla  prigionia  di  trecen- 
to uomini  d'  armi  ,  e    disperzione    di  tut- 
to   r  esercito    nemico.    Si    salvò   con    soli  | 
cento  cavalli    il    duca  di    Calabria  in  Ter-  .; 
racina,  oppure  a  Nettuno  .   Non    pochi  fu-  ] 
rono"i  luoghi,  che  per  così  felice  successo  : 
torn^'ono    all'  ubbidienza    del    pontefice   ;  | 
ma  poco  godè  di  tanta  gloria  il  prode  Re-  | 
berto  de"*  Mal  atesti  ,  perche  venuto  a  Koma  ; 
a  visitare  il  papa  nel  dì   io  oppure   11  di  ^ 
settembre  di  disenteria  se  ne  mori  in  età  di  ^ 
soli  quaranta  anni  ^.  Fu  sparsa  voce  dai  ma-  ^ 
ligni  ,  ch'egli  fosse    morto  di  veleno  dato-  1 

4 

*  Jacobus  rolaterra>7us  Diar.  Tq^.ì-h.  Rer.  Tt^l.  ìnfessur.i  \ 
Diar.  Rom.  P.  z.  T.  3.  Rer.  Ital.  S.muto  Isteria  di  renezia  l 
T.  il.  Rer.  Ital,  ] 

*  Infesfur.  Diar.  P.  i.  Tom.^.  Rer.  Itti.  Diar.  Parmens.  \ 
T.  12.  Rer.  Ital.  Ammirati  litoria  di  Firt^nsie  //^.  24.  1 

\ 
i 


IRANNO  MCCCCLXXXII.  13 
i  dal  conte  Girolamo,  o  per  invidia  ,  o 
per  isperanza  di  acquistar  Rimini  ,  giaccliè 
non  restarono  figliuoli  legittimi  di  lui .  Con- 
fessa Jacopo  da  Volterra  ^^  che  in  Roma 
si  ebbe  piacere  di  sua  morte  =•.  Lasciò  egli 
erede  del  suo  Stato  Pandolfo  suo  figliuolo 
naturale ,  ch^  imitando  non  il  generoso  e 
virtuoso  padre,  ma  Tavolo  Sigismondo  pie- 
no di  vizj  ,  essendo  divenuto  per  concesh, 
sione  del  papa  signor  di  Rimini ,  sfregiò 
dipoi  sommamente  la  si  accreditata  casa 
de'  Malatesti . 

Con  questa  felicità  camminavano  gli  af- 
fari de'  Veneziani  e  del  pontefice  ,  al  che 
si  aggiunse  allora  la  morte  sopravvenuta 
al  valoroso  duca  d' Urbino  Federigo,  gene* 
rale  della  lega  ,  nel  di  io  di  settembre ,  a 
cui  succedette  in  quel  ducato  Guidubaldo 
suo  figliuolo  5  :  quando  non  meno  i  saggi 
cardinali  ,  i  quali  non  sapeano  sofferire  , 
che  Ferrara  venisse  in  potere  de'  Venezia- 
ni,  quanto  gli  ambasciatori  della  lega  ,  che 
si  trovavano  in  Roma,  mossero  tutta  ìd 
lor  facondia  per  far  ravvedere  l' ingannato 
papa  della  sua  sconsigliata  guerra  .  Nulla 
nondimeno  s-i  sarf^bbe  fatto,  se  la  maggior 
batteria  non  si  fosse  adoperata  col  conte 
Girolamo ,  in  cui  mano  era  il  cuore  del 
papa.  Tanto  fecero    sperare,  tanto  prom.i- 

'se- 


'  Jacohus  Volaterrenus  T.  23.  Rev.  Iial. 
'   facobus   Phib'ppus  Bergom.   in  Hist» 
*  Diar.  F errar ae  T,  24-  i?*?'-  hai- 


iiy        Annali    1/  I  x  a  l  i  a  ] 

scro  a  luì    ^  ,    forse  mostrandogli  di  cori-  ; 

darlo  al  possesso    di  Rimini    e  Faenza ,    e  \ 

fors' anche  di  Ravenna  e  di  Cervia^  che  ili 

trassero  ad  assaporar  la  pace  :  e  questa  nel  j 

dì   12  di    dicembre    dell'anno   presente  f u  j 

conchiusa  fra  il  yapay  il  re  Ferdinando  ^  e! 

gli  altri    collegati  ,    con    istupore    ed  alle-  ■ 

grezza  d'ognuno,  fuorché  de' Veneziani  ,  ali 

veder  tanta  mutazione  in  un  subito  .  Spe-  ; 

dito  a  Ferrara  il  cardinal  Gonzaga  legato  ^ 

di  Bologna  ,    recò    urC  immensa  consolazio-  \ 

ne  a  quel  popolo  nel  di   14  di    dicembre,  i 

Arrivò    nel    dì  26  d-esso    mese  *  a  Roma  ^ 

Alfonso    duca    di    Calabria    per    baciare   i  ; 

piedi  al  pontefice,  e  ricevutene  molte  llnez-  ' 

ze  ,  seco  concertò    i  mezzi   per  far  guerra! 

unitamente    ai    Veneziani,    a' quali  furono^ 

bene    scritte    da    Sisto  lettere    efficaci    per  j 

rimuoverH  dalla  guerra  contra  del  duca  di  { 

Ferrara  ,  ma  senza    che    essi    ne    facessero  \ 

conto   alcuno  .   A.   vele    gonfie    andavano   ,  ■ 

non    si    sentivano  voglia  di  dare  indietro.  \ 

1/anno  fu  questo  ^  ^  in  cui  Filiberto   duca  \ 

di    Savoia    passò   all'altro    mondo    nel    dì  i 

22  d'aprile.    Carlo    suo  fratello  gli  succe-   ■ 

dette  nel  dominio .  Morì  ancora    neli'  anno 

presente   ^    Pier-Maria    de'  Rossi    conte    di 

san  Secondo    nel    Parmigiano    per  li  molti  \ 

affanni  sofferti  in  vedersi  spogliato  di  qua-   i 

si      ^i 

'  Navagevo  Tstor.  di  renez.!a  T.  23.   Rer.  Ital.  ^ 

*  Jacohus  Vulaterraniis  Tom.  eod.  '  ] 
^  Guichenon  Hist.  de  la  M.ihon  de.  Savoye  .  '\ 

♦  Curio  Ist^  .//  Mit.mo,  D:.7r.  Parmem.  Tii.  Rsr.   h..'.        I 


A  N  N  o^  MCCCCLXXXIL  15 
si  tutte  le  site  tette  dalT  esercito  del  duca 
di  Milano.  Guido  suo  primogenito  per  qual- 
che tempo  sostenutosi ,  venne  finalmente 
ad  un  accòrdo ,  e  fu  rimesso  in  grazia  del 
duca  :  ma  nell'anno  seguente  ripigliate  le  ar- 
mi per  le  suggestioni  de'  Veneziani  finì  di 
giocare  il  resto  delle  sue  terre.  All'incon- 
tro Ascanio  Maria  Sforza,  che  era  stato 
mandato  ai  confini  da  Lodovico  il  Moro 
suo  fratello,  dopo  aver  trattato  co' Vene- 
ziani di  far  muovere  sedizioni  nello  Stato 
di  Milano,  sen  venne  sul  Bresciano.  Av- 
vedutosi Lodovico  dei  di  lui  disegni ,  man- 
dò segretamente  a  trattar  seco  di  pace  ,  ed 
accortamente  trattolo  a  Milano,  il  rimise 
in  possesso  d^'  primi  onori  . 

Anno  di  Cristo  mcccclxxxiii^  Ind.  i. 
di  Sisto  IV,  pap.-?   13. 
di  Federigo  yi,  imperadore  32. 

LJnironsi  in  quest'anno  quasi  tutti  i  po- 
tentati d' Italia  contra  de'  Veneziani  per 
obbIif»;ar]i  a  desistere  dalle  offese  di  Erco- 
le  Estense  duca  di  Ferrara  .  Ma  per  quan- 
to vedremmo,  ad  altro  non  servirono  i  loro 
sforzi,  che  a  far  maggiormente  conoscere, 
qual  fosse  allora  la  potenza  della  repub- 
blica veneta^  la  qual  sola  a  tanti  nemici 
fece  fronte  con  giugnere  infine  a  formare 
una  pace  di  suo  gran  decoro  e  vantaggio  . 
Erano  i  collegati  il  -papa  ,  il  re  Ferdinan- 
do ^    il    duca  di    Milano,    ì  Fiorentini ,  il 

du^ 


i6         Annali    d' Italia 

duca  di  Ferrara  j  il  duca  d' Urbino  ^  il  mar^ 
chese  di  Mantova,  i  signori  di  Faenza  , 
Forlì  j^  Pesaro  ,  Carin  &c.  ci  lasciò  il  Co- 
no ^  la  lista  della  lor  quota  di  combat- 
tonti  .  Nello  stesso  mese  di  gennaio  a  dì 
15  arrivò  a  Ferrara  Alfonso  duca  òì  Cala- 
bria ,  menando  seco  alcune  squadre  d'  uo- 
mini d'  armi ,  e  circa  cinquecento  di  quei 
turchi,  ch'egli  avea  preso j,  e  poi  tolto  al 
suo  servigio  dopo  la  liberazione  di  Otran- 
to. Ma  non  andò  molto  ^  che  cento  cin- 
quanta di  costoro  desertarono  al  campo  dei 
Veneziani.  Colà  similmente  giunsero  le  mi- 
lizie del  papa  :  laonde  Ferrara  ^  alle  cui  porte 
continuavano  tuttavia  ad  arrivar  le  scor- 
rerie de'  nemici ,  cominciò  a  respirare  .  Ad 
Argenta  e  a  Massa  di  Fiscaglia  ebbero  due 
sconfitte  essi  Veneziani  colla  prigionia  di 
moltissimi  a'  quali  secondo  la  consuetudine 
degl'Italiani  fu  data  la  libertà.  Altre  non 
poche  scaramucce  succederono;  e  percioc- 
ché n^un  frutto  aveano  prodotto  le  lettere 
ed  esortazioni  pontificie  per  mettere  fine 
alle  ostilità  de'  Veneziani  contro  Ferrara  , 
il  papa  nel  dì  25  di  maggio  *  nel  consi- 
storo  fulminò  le  scomuniche  contra  di  lo- 
ro ,  e  sottopose  all'  interdetto  tutte  le  lor 
città  e  terre ,  reclamando  indarno  il  cardi- 
nal Barbo  patriarca  d'  Aquileia  ,  perchè  si 
facesse  ora  un  gran  peccato  e  sacrilegio,  cioc- 
ché 

*  Corto  Jstwia  di  Milant^» 

*  Sanut«  Istoria  di  f^enez*a  T.  ai.  Ker.  Imi* 


Anno  MCCCCLXXXIIL  17 
che  dianzi  non  solo  per  pubblico  consen- 
timento del  papa  ,  ma  anche  per  suo  ordi- 
ne ,  era  tenuto  per  giustissimo  ,  e  ben  fat- 
to.  Da  tale  sentenza  appellarono  i  Vene- 
ziani al  futuro  concilio ,  né  lasciarono  per 
questo  di  seguitar  la  gu.  rra  ;  anzi  maggior- 
mente si  accessero  ad  essa  ,  e  condussero 
al  loro  soldo  Renato  ci?zca  di  Lorena  ,  pre- 
tendente al  regno  di  Napoli  ,  con  mille  e 
cinquecento  cavalli  e  male  fanti  .  Marino 
Sanato  ci  lasciò  la  seiit^  di  tutti  i  lor  con- 
dottieri d'armi,  e  de' combattenti  non  men 
deir  armata  della  lega  ,  che  di  quella  dei 
Veneziani.  Intanto  riuscì  a  Lodovico  il Mo 
ro  di  dar  £ne  alla  guerra  da  lui  fatta  ai 
Bossi  nel  Parmigiano . 

Ma  perciocché  il  Ferrarese  disfatto  non 
potea  più  sostenere*  la  guerra  ,  e  secondo 
la  politica  militare  s'ha  da  far  la  guer- 
ja^  se  mai  si  può,  in  casa  de'  nemici, 
e  non  nella  propria  ^:  fu  risoluto,  che 
lo  Stato  di  Milano  la  rompesse  dal  can- 
to suo  co'  Veneziani  _,  e  tantopiù  per 
non  trovarsi  altra  via  migliore  da  salvar" 
Ferrara,  che  quella  d'una  potente  diversio- 
ne. Perciò  il  duca  di  Milano,  e  ir  marche- 
se di  Maatova  dichiararono  la  guerra  ai 
Veneziani  nel  mese  di  maggio  .  Costanzo 
Sforza  signor  di  Pesaro ;,  lasciato  in  questi 
tempi  il  generalato  de' Fiorentini ,  passò  al 
Tomo  XXII.  B  sol- 

'  Cario  Istoria  di  Milano, 


l8  A  N  -N    A  LI     d'    I  T  A  L  I  A 

soldo  de' Veneziani  ;  ma  per  poco  tempo  ^, 
perchè    nel    mese  di  luglio    fu   rapito  dalla 
morte,  con  lasciar  dopo  di  se  nome  di  va- 
loroso capitano,  e  di  splendidissimo  signo- 
f e  ,  siccome  ancora  un  figliuolo  bastardo  le- 
gittimato di  poca  età,  nominato  Giovanni  , 
che  per  concesbione  del  pontefice  gli  succe- 
dette in  quel  dominio.    Dacché  lo  Stato  di 
Milano    ebbe    sfidati    i    Veneziani,   Roberto 
Sanseverino  lor  generale  ,  determinò  di  pas- 
sar l'Adda,  ed  entrar  nel  Milanese  j  dove  gli 
era  fatta  sperare  una  solievazion  de  popoli. 
Passò  nel  di   15  di  luglio;  ma  chiarito,  che 
niun  movimento  si  facea,  tornossene   senza 
far  altro    indietro.  Allora  Alfonso  duca  di 
Calabria  ,  creato  capitan  generale  della  le- 
ga ^  spinse  l'esercito  suo  nel  mese  d'agosto 
sul  Bergamasco  e  Bresciano  ,  e  dipoi  venne 
sul  Veronese  con  Federigo  marchese  di  Man- 
tova/Moltissime terre  e  castella  di  que'ter- 
ritorj   furono  prese.  Asola  assediata  nel  set- 
tembre, e  bersagliata  con  molte  artiglierie,! 
infine  capitolò  la  resa,  e  fu  consegnata  ad| 
esso  marchese  .  11  duca  di  Ferrara  ne  ripigliò 
anch'  egli    molte    delle    sue ,  e  in  varj    siti 
ebbero  delle  percosse  i  Veneziani  ,  fuggen- 
do sempre    r  accorto    lor  generale    Roberto 
le  occasioni    d'una    giornata    campale.  Ma 
con  tutto  questo  si  cominciò   a  vedere  una 
gran  languidezza    nelT  operare   del  duca  di 

Ca- 

'  Jacobus  Philipptts  Bergomouis  Histou 


Anno  MCCCCLXXXIIT.  13 
Calabria  ,  che  niuna  impresa  conduceva  a 
fine  ;  né  per  quante  istanze  facesse  il  duca 
di  Ferrara  d'  essere  aiutato  a  ripigliare  Ro- 
vigo e  le  altre  terre  di  quel  Polesine  ,  e 
le  confinanti  ^  nulla  mai  potè  ottenere  ;  di- 
manierachè  terminò  con  tante  belle  apparenze 
Tanno  presente  in  aver  saccheggiato  un  am- 
pio paese  ,  ma  senza  alcun  sodo  vantaggio 
di  quella  lega  appellata  Santissima,  perchè 
era  compreso  in  essa  il  pontefice.  NelT ul- 
timo di  di  febbraio  di  quest'  anno  ^  diede 
fine  al  suo  vivere  Guglielmo  marchese  di 
Monferrato,  e  perchè  non  restò  di  lui  pro- 
le maschile j  ebbe  per  successore  nella  si- 
gnoria Bonifazio  suo  fratello  minore .  Furo- 
no novità  in  Genova  nel  dì  25  di  novem- 
bre * .  Faolo  Fregoso  cardinale  ed  ambizio- 
so arcivescovo  di  quella  città,  congiurato 
con  altri  della  sua  famiglia ,  aspettò  che 
Battistino Fregoso  doge  di  quella  repubblica 
venisse  a  A'isitarlo .  Venne ,  e  il  ritenne 
prigione  nelle  stanze  dell'arcivescovato  ;  ed 
avendolo  colle  minacce  della  vita  costretto 
a  dargli  le  fortezze,  si  fece  poi  egli  in  quel 
giorno  proclamar  doge  ,  e  rinnovò  la  lega 
coi  Veneziani . 


B  2  An- 

'   Benvenuto    da  S,  Giorgio  ìst.    del  Monferrato     Tom,  2  3> 
Ker.  Ttal. 

*  Giuitin.  Tst'  di  Genova  /.y.  Cor/o  Ist.  di  Milazzo  . 


20  A  N  iV  A  L  I      d'  I  T  A  L  r  A 

Anno  di  Cristo  mcccclxxxiv^  Indiz.ii. 
di  INNOCENZO   Vili,  papa   i. 
di  Fedlrigo  III,  imperadore  33. 

i  iù  d'un  consiglio  tenuto  fu  in  quest'an- 
no dai    principi    collegati  ,   per  istabilire  i 
mezzi  di  continuar  la  guerra  contrade'Ve- 
nezfani   ^.  Una  congiura  si  scoprì  in  Mila- 
no contra  di  Lodovico  Sforza  ,    tramata  da 
chi  volea  rimettere  il  governo  in  mano  del- 
la vedova    duchessa  Bona.  Gli   autori  pro- 
varono i  rigori  della  giustizia.  Tardi  usci 
in  campagna  l""  esercito  d'essi  collegati,  san- 
zachè  operasse  cosa  alcuna  degna  di  memo- 
ria .    In  questo    mentre    a   dì    15    di  luglio 
terminò  di  morte  naturale  i  suoi  giorni  Fe- 
derigo valente  marchese  di  Mantova  ,  e  ge- 
nerale del  duca  di  Milano^  in  mezzo  alle  con- 
cepute  speranze  d'ingrandimento.  Al  primo- 
genito suo  per  nome  Gian-Francesco  II  per- 
venne quella  signoria,  quantunque  per  l'età 
non  fosse  assai  abile  al  governo.  Comincia- 
rono poi  ad  insorgere  semi  di  diagordia  fra 
Lodovico  il  MorOy  ed  Alfonso  duca  di  Ca- 
labria .  Lamentavasi    il  primo  ,    che  danaro 
ed  altri   aiuti  non  venissero   da  Napoli.  Si 
doleva  l'altro,  che  Lodovico  si  fosse  usur- 
pata* in    Milano    più  autorità    di    quel  che 
conveniva   sovra    il    giovinetto    duca   Gian- 
Galeazzo  Maria  suo  nipote,  giacché  ad  esso 

era 

*    JÌTùmiraù  Tstoria  di  Fnenzo  lib.i^    Cvrio  Ist.  di  Mil. 


Anno    MCCCCLXXXiV.      ar 
era  stata  promessa   in  moglie  una  figlinola 
del  medesimo    duca    di  Calabria.  Penetrati 
all'orecchio  de' Veneziani  questi  dissapori  > 
seppero  ben  essi  prevalersene  con  far  segre- 
tamente    proporre    a    Lodovico    il  Moro  la 
loro  amicizia ,  da  cui  sarebbe  sostenuto  con- 
tro gli  attentati  del  re  di  Napoli  anzi  aiu- 
tato a    divenir    duca    di    Milano .    Ed  ecco 
raffrsddarsi    Lodovico   nella    guerra  _,  e  far 
conoscere,  che  non  gli  dispiacerebbe  la  par 
ce,  dall'altro  canto  nel  maggio  di  quest'an- 
no ^  avendo  i  Veneziani  spedita  una  flotta 
di  galee  contra  d^-l  regno  di  Napoli,  s'im- 
padronirono di  Gallipoli,  Nardo j  Monopo- 
Ji ,  e  d**  altri  luoghi,  e-  misero    anche  l'as- 
sedio  alla  città  di  Taranto.    Concepì  il  re 
Ferdinando  non  poca  gelosia  di  questo  in- 
sulto, per  timore  che  un  tal   incendio  non. 
venisse   a  maggiormente   crescere  in  quelle 
parti:  laonde  anch' egli  cominciò  a  sospirar 
la  pace  .  Siccome  dirò  fra  poco,  neppqr  man- 
carono in  Roma  dei  torbidi,  per  li  quali  il 
papa  approvava  il  mettere  fine  alla  guerra 
di  Lombardia.  Concorsero  adunque  i  depu- 
tati delle  potenze  guerreggianti  a  Bagnalo , 
e  quivi  nel  dì   7   d'agosto  restò    sottoscrit- 
ta la  pace,  come  vollero  i  Veneziani ,  ben* 
che  si  trovassero  inferiori  di  forze,  ed  aves- 
sero anche  avute  delle  percosse  in  quest'  an- 
no .  Accadde  allora    ciò    che  tante    volte  è 

B  3  ac- 

"  Artnaì.  PI  acent  in.  Tom,  io.    R^r.  Italie.    Sabeli»    Sanm. 
Nauger.  &  aliì  . 


22  Annali    B* Italia  | 

accaduto  e  accaderà  :  cioè  toccò  ai  meri  \ 
potenti  il  pagare  del  suo  le  spese  del  guer-  ^ 
ra  :  Furono  da'  Veneziani  abbandonati  i 
Rossi  di  Parma;  e  Lodovico  il  Moro  per 
gì' interessi  suoi  particolari  j,  e  Alfonso  du-  | 
ca  di  Calabria  per  sua  malignità  abbando-  ;j 
narono  non  solo  il  marchese  di  Mantova  ,  a  1 
cui  nulla  restò  dell'acquistato;  ma  ancora  li 
Ercole  duca  di  Ferrara  ,  avendo  essi  per-  t; 
messo,  che  in  mano  de' Veneziani ,  oltre  | 
alla  restituzion  di  tutte  le  terre  loro  tolte,  | 
restasse  la  città  di  Rovigo  coh  tutte  le  ter- 
re e  castella  di  quel  Polesine'  ricchissimo 
paese^  ed  uno  degli  antichissimi  retaggi  della 
casa  d'Este,  la  quale  tanti  altri  gravissimi 
danni  avea  sofferto  ita  questa  guerra.  E' da 
stupire,  che  l'Ammirato,  scrittore  accura- 
to nel  narrare  le  fiere  doglianze  del  duca  i 
di  Ferrara  per  questo  tradimento  de' colle-  | 
gati  contro  i  patti  della  lega,  secondo  la  ] 
quale  non  si  dovea  far  pace  senza  consen-  j 
timento  suo  co'  Veneziani  _,  abbia  lasciato  j 
Nscritto ,  che  il  Polesine  di  Rovigo  gli  fu  | 
restituito.  Leggonsi  nella  Storia  di  Marino  >j 
Sanuto  ^  e  nel  Corpo  Diplomatico  del  si-  | 
gnor  Du-Monte  *  i  capitoli  della  pace  sud- 
detta. 

Sotto    il  pontificato   di    Sisto  IV  gli  Or- 
sini ^  perchè   sempre  aderenti    al  conte  Gi- 
rolamo  Riario  ^  setiibt^ano  fra  quelle  illu- 
stri 

*  ■ì^.inuio  tst.  Bi  Ven.  T. 'il.    Rer.  Unì. 

*  I>U'Mont.  Corp.  Diflomat. 


Anno     MCCCCLXXXIV.      23 
stri  famiglie  i  beniamini  del  papa  ^.    Allo 
incontro  i  Colonnesi  erano  tenuti  d'occhio, 
come  di    fede  sospetta    verso  il  pontefice  , 
siccome  emdi  antichi  degli  Orsini  .  Nel  dì 
29   di  maggio  *  gran    commozione  fa  fatta 
da  essi  Orsini  in  Roma  uniti  col  conte  Gi- 
rolamo contra  di  Lodovico    Colonna  proto- 
notaio .    Parca  lite  privata  fra   essi  ;  ma  si 
venne  a  scorgere,  chi  viaveamano  anche  il 
papa.  Fu  assediato  in  casa  sua  il  protono- 
taio ;  presa  dipoi  la  casa  fu  data  alle  fiam- 
me con    altre  appresso  ;,  ed  alcune  di  quei 
della  valle  ,  e  quella  del  cardinal  Colonna  . 
Restò    dopo    una  battaglia  preso    lo    stesso 
protonotaio,  e  fu  condotto  a  palazzo,  ^o^ 
ve  pia  volte  aspramente  tormentato  ebbe  in 
^ne  mozzo  il  capo  .  Fu  di  questo    un  gran 
dire  per  Roma .  Intanto  mandò  il  pontefice 
a  prendere  la  Cava  ,  ed    altre  terre  de'  Co- 
lonnesi ;    e  fu  messo    T  assedio    a   Marino  . 
che  non  potè  tener  forte,  con  altre  militari 
imprese,  che  si  veggono  descritte  neiDlarj 
romani  da  me  dati  alla  luce.  Durava  que- 
sta   guerra,    e  Roma    tutta  era    sossopra  ^ 
quando  venne  ad  infermarsi  -pai^a  Sisto  con 
SI  grave  malattia,    che  nel  dì    12  d'agosto 
troncò  la  morte  il  filo  al  suo  pontificato  e 
alla  sua  vita  3 .  Era  egli  malconcio   di  feb- 

B  4  bre, 

'    Raynnldut   Annal.   Eccles. 

*  Infestura  Diar.  Par.  z.  Tom.  ì-  Rcr.  Ita/.  Diar.  Roman' 
Tom.  eod. 

'  Raphael  ^olaterr.  &  Jacob us  ri^ì.rterr.  T.  a^.  Rcr.  Ital. 
ìnfessuY.  Diar,  ubi  supra. 


24  Annali    r>' Italia 

bre  ,  e  maltrattato  dalle  gotte  :  tuttavia  co* 
mune    credenza    fu  ,  che  gli    accelerasse    la 
morte  1' arrivo  dei  capitoli  della  pace,  po- 
co   fa    stabilita    in  Bagnolo ,    non    già    che 
dispiacesse  a  lui  la  pace,  ma  perchè  la  tro- 
vò fatta  con  vergognose    condizioni    per  la 
lega  .  c^'^   supcriore  di  forze  ai  Veneziani  , 
pur    quasi  vinta    sA  dimostrò  ,  e  contro    il 
decoro  della  santa  Sede  ;    giacché   prima  si 
erano  esibiti  i  Veneziani  di  farla    con  lui  ,  \ 
ed  eziandio    con  condizioni    migliori;    nel  | 
che    restò    poi  burlato  ",  con  farla    senza  di  \ 
lui  .  Delle  azioni  di   questo  pontefice  mol-  ì 
to  svantaggiosamente  parla  V  Infessura  .  Tut-  I 
tavia    lasciò    egli   delle    belle    memorie   in  I 
Roma  ^ ,  che  gli  è  obbligata  per  molti  suoi  { 
ornamenti;  e  si  sarebbe  anche  per  le_altre  ! 
sue    doti    e    virtù    guadagnato  il    titolo  di  ^ 
buon  pontefice,  se    l'esorbitante  amore  dei  ^ 
suoi  ,    e  massimamente  del    conte  Girolamo  \ 
Rlarlo  suo  nipote  ,  o  figliuolo,  e  il  bisogno  ; 
di  danaro    per    far   guerra,  non  V  avessero  j 
condotto  ad  azioni  che  oscurarono  non  pò-  \ 
co  la  memoria  di  lui ,  e  fecero  che  i  buo-  \ 
ni  sospirassero  di  non  avere  mai  più  di  so-n 
miglianti  pontefici  y  benché  poi   ne  vennero*  l 
anche  de' peggiori.  Spirato  ch'egli  fu  ,  in-  i 
sorsero  i  Romani  contra   del  conte  Girola-  i 
mo  .  Poscia  al  debito  tempo"7:ongregati  nel  « 
conclave  i  cardinali*,  elessero  papa  di  con- 

cor-     J 

f  ■  Platina  Raphael  Volaterr,  Jacohus  ^olatery. 
f^*  Raj/naldus  Annal.  Ecch 


Anno    MCCCCLXXXIV.       25 

corde  volere  nel  dì  ventinove  d'  agosto  , 
Giam-Battista  Cibò  ,  cardinale  di  santa  Ce- 
cilia, di  patria  genovese,  che-  assunse  il 
nome  d' Innocenzo  VIII^  personaggio  creduto 
alieno  dair  umor  guerriero  del  predecesso- 
re, ed  inclinato  alla  pace,  e  di  costumi 
soavi  ^.  Suo  padre  era  stato  senatore  di 
Roma  a' tempi  di  papa  Callisto  Ut.  Lo 
stesso  papa  Innocenzo,  prima  di  mettersi 
nella  via  ecclesiastica  ,  avea  avuto  alcuni 
figliuoli  ,  che  erano  tuttavia  viventi.  Nel 
di  12  di  settembre  fu  egli  con  lieta  solen- 
nità coronato .  Intanto  per  la  morte  di  pa- 
pa Sisto  risorsero  gli  abbattuti  Colonnesi  , 
e  Savelli.  Capranica,  Marino,  ed  altre  ter- 
re perdute  ritornarono  alla  loro  ubbidienza. 
Si  aggiunse  poi  alla  guerra  suddetta  ,  che 
afflisse  di  molto  la  Lombardia,  in  quest' 
anno  anche  il  flagello  della  carestia  e  del- 
della  p^ste  in  Venezia  ,  ed  in  altre  città-  *  , 
di  modo  tale  che  giorni  cattivi  furono  no- 
mipati  i  presenti  in  Italia .  ] 


An- 


'  Sanuto  Istoria  di  Venezia  Tow.  il.    Rer»  Itnl.'  Infessur/i 
Diar.  P.  1.   T.  3.  Rer.  Ttal.   •  ^'^^ 

*  Annales  Placentin.  Tom.  ao.  Rer.  Ipal. 


iG        Annali    c^lTAriA 

Annodi  Cristo  mgccclxxxv^  Ind.  lu. 
di  Sisto  Vili,  papa  2. 
di  Federigo  III ,  imperadorè  34. 

X-iC  cure  del  novello  sommo   pontefice  In^   \ 
nocenzo  Vili  furono  tosto  ^    per  rintuzza- 
re l'orgoglio    di    Baiazetto   imperador    dei 
Turchi,    dalle    cui    poderose    forze    veniva 
minacciata  la  Sicilia,  e  T  Italia  tutta.  Pre- 
murose esortazioni  spedì  egli  a  tutti  i  prin- 
cipi e  comuni  non  solo  dell*  Italia  ,  ma   an- 
che   di  oltramonte^  per    formare    una  lega    ] 
sacra  contra  di  quegl'  infedeli .  Tassò  anco-     ] 
ra  quella  rata    di    danaro,    che    dovea   ca-    ; 
daun  d'essi  contribuire.  Andarono  tutte  qué-    j 
ste  diligenze  fra  poco  in  un  fascio ,  perchè 
insorsero  delle  turbolenze  nel  regno  di  Na-     j 
poli  ;  e  il  pontefice  _,    tenuto    dianzi  per  sì-    \ 
desideroso  della  pace  _,  si  lasciò  intricar  nella    j 
guerra.  Racconta  l'infessura  *,  che  nel  giù-    1 
gno    di  quest'anno  si  rinnovellò    la  guerra    I 
fra  i  Colonnesi  e  gli  Orsini  nelle  vicinanze    : 
di  Roma,    colia    presa  di    alcune  castella  ,    j 
e  con    varj    combattimenti    fra    quelle    due    ì 
nobili  e  potenti  case  3  .  S' interpose  il  papa    ì 
per  acconciar  quelle  differenze ,    e  volle  in    J 
sua    mano    Frascati  ^    Genazzano  y    ed    altre     i 
terre    occupate    da' Colonnesi .    Ubbidirono     | 

in- 


*  Raynalduf  jinnvl.  Eccl. 

*  Infess.  Diar.  P.  a.  T.  3.   Rer.  Ital. 

*  jtnon/mus  Diar.  Roman.  T»m.  eod. 


Anno  MCCCCLXXXV.  27 
infatti  i  Colonnesi ,  ma  non  già  gli  Orsini, 
perchè  poco  si  fidavano  del  papa  inclinato 
in  favore  de' lor  nemici  5  cpperòal  rovescio 
del  precedente  pontificato  j,  Innocenzo  si  di- 
chiarò per  li  Colonnesi ,  e  caddero  gii  Or- 
sini dalla  grazia  di  lui.  Picciole  nondime- 
no furono  queste  brighe  in  paragone  dell' 
altra  suscitata  da  Ferdinando  re  di  Napo- 
li. Tornato  dalla  guerra  dì  Ferrara  Alfon- 
so duca  di  Calabria  suo  primogenito  ,  sic* 
come  uomo  che  per  la  sua  crudeltà  e  lus- 
suria si  facea  universalmente  odiare^  volle 
col  pp.dre,  per  voglia  d'accumular  tesori  ^ 
imporre  nuove  gravezze  ai  baroni  del  re- 
gno'. S'era  anche  più  volte  lasciato  scappar 
di  bocca  delle  minacce  contra  d'essi.  Co- 
micciarono  questi  a  ricalcitrare  ,  e  a  formar 
dei  trattati  per  loro  difesa.  Il  principio 
della  loro  rottura  fu  il  seguente.  Portatosi 
il  duca  di  Calabria  a  Civita  di  Chieti^,  qui- 
vi fece  prigione  il  conta  di  Montorio  nella 
vigilia  di  san  Pietro  di  giugno,  e  mandol- 
lo  co' figliuoli  prigione  a  Napoli.  Scrivono 
altri  ,  che  questi  chiamato  à  Napoli  _,  fu 
cacciato  in  quelle  carceri  .  Altrettanto  av- 
venne ai  figliuoli  del  duca  d^  Ascoli  conte 
di  Nola .  Allora  si  ribellarono  i  principi 
d'  Altamura  e  di  Bisignano,  i  conti  di  Tur- 
si^ Ugento  ^  Lauria  j  Melito  ^  e  quasi  tutti 
gli  altri  del  regno,  e  portarono  le  loro 
doglianze  a  pa]^a  Innocenzo  contra  del  re. 

Il 

*   Istoria  Na}>c,'^ti7a.  T.  13.    Rer    Ttal. 


28  Annali    d' Italia 

Il  pontrfice  ,  che  già  si  sentiva  alterato  cen- 
tra di  Ferdinando  ,  perchè  il  censo  del  regna 
di  Napoli  sotto  il  suo  antecessore  era  stato 
ridotto  ad  una  semplice  chinea  (  indulgen- 
za ,  eh'  egli  non  voleva  sofferire  )  abbrac-  j 
ciò  tosto  questa  occasionp^,  per  procedere  j 
contra  di  Ferdinando,  e-  per  citarlo  a..Ko-  \ 
ma.  Il  re  mandò  colà  il  cardinal  Giovane  ì 
ni  suo  figliuolo  :per  dedurre  le  sue  ra^iot  | 
ni  ;  ma  questi  nel  di  17  d'ottobre  fini  di  j 
vivere  in  Roma,  e  fu  creduto,  secondo  V  \ 
Infessura  ^  per  veleno  datogli  un  mese  pri-  i 
ma  in  Salerno  da  Antonello  Sanseverino  y  ) 
principe  di  quella  città.  Secondo  altri  mi-  j 
gliori  storici  *,  non  fu  il  cardinal  Giovan-  : 
ni,,  ma  bensì  don  Federigo  suo  fratello,  che  l 
andò  a  Salerno ,  e  vi  fu  per  qualche  tera-  \ 
pò  ritenuto  .  Credendo  ad  una  falsa  voce  ,  j 
gerisse  il  medesimo  Infessura ,  che  il  re  fé-  | 
ce  tagliare  il  capo  al  conte  di  Montorio  i 
già  imprigionato  ^  ma  egli  stesso  dipoi  ceL  . 
dà  Vrivente  :  ed  abbiamo  anche  dalla  Storia;  j 
napoletana^  ch'egli  fu  liberato:  lo  che  vien  ] 
confermato  dal  Rinaldi  ^  .  Fuor  di  dubbio  | 
è  intanto,  che  tutti  i  baroni  ,  a  riserva  ■ 
del  conte  di  Fondi,  del  duca  di  Melfi,  e  | 
del  principe  di  Taranto^  scopertamente  j 
presero  le  armi  contra  del  re  Ferdinan--  j 
do  *  ,  Egli  per  pacificarli  si   portò  in  per-  j 

so-  I 

*  InfeMura  Diar.  P.  i.  Tom.  e  od. 

*  Anonjimus  Diar.  Roman.  Tom.  eod,  j 
'  Rayììaldus  Anna!.  Ecc/es.  ^ 
^  Summonte  Istoria  ih'  Napoli .                                              \  ,\ 


^^^^^  Anno    MCCCCLXXXV.       ag 
'^Ito  nel  dì   IO  di  settenibre  ad  un  luogo  , 
éoy^e  la  maggior  parte  d'  essi  era  raunata  , 
né  vi  fu  cosa  chiesta  da  loro ,  che  non  ac- 
cordasse .  Ma  non  ebbe  effetto  alcuno  V  ab- 
boccamento,  perchè  que' signori  non  sapea- 
no  fidarsi  di  un  principe  ^    il  quale  in  ad- 
dietro avea  assai  dato  a  conoscere^  quanto 
gli  fosse  familiare    la  bugia    e  la  frode ,  e 
che  nulla  gli  costava  il  tradire  sotto  la  pa- 
rola .    Ribellossi    anche     a    Ferdinando    nel 
mese  d'ottobre  la  ricca  città    dell*' Aquila  , 
e  ricorse  alla  protezion  del  pontefice ,  offe- 
rendogli il  dominio  della  lor  città  ,  né  eb- 
be pipa  Innocenzo  difficoltà  d'accettarlo.  Si 
veggono  ancora  monete  dell'Aquila    stessa 
colla  testa  d'esso  pontefice.  Di    qui  venne 
aperta  guerra  fra  Innocenzo^  Ferdinando* 
A    questo    ballo    imm.antenente    trassero 
mossi  da  Ferdinando  i  FlorenLinij  e  Gian- 
Galeazzo    duca    di  Milano^  ossia    piuttosto 
Lodovico    il    Moro ,    come    suoi    collegati  • 
Passarono    anche    nel  suo  partito    gli  Orsi- 
ni ^ .  I  Veneziaai    e    i  Gennovesi  si  acco- 
starono al  papa,  e  i  primi  permissero,  che 
Roberto  da  san  Severino  passasse  ai  di  lui 
servigi  con  titolo  di  gonfaloniere  ,  ossia  di 
generale  delle  armi  della  Chiesa  .  Menò  egli 
con  seco  secento  uomini  d'armi  *.    E  sic- 
come i  Veneziani  spedirono  cinquecento   ca- 
valli e    duemila  fanti    in  aiuto    del  papa  , 

co- 


*  Amriirnti  Istorici  di  Pireni:,e> 

*  Curio  1  Sion  a  ài  Milano  . 


30         Annali    d' Italia  j 

cosf  i  Fiorentini,  e  Lodovico  Sforza  invia-*! 
ronò,  ma  ben  lentamente,  la  lor  quota  di   j 
gente  in  rinforzo    a  Ferdinando.  Venne    il  \ 
duca  di  Calabria   con  un   picciolo    esercito 
in  campagna  di  Roma  ,   e  cominciò  ad  in- 
festar  le    vicinanze    di    Roma    stessa.   Era 
guerra    fra    il    re    e    i    baroni    di  Napoli 
Guerra  parimente  si  facea  fin  sotto  le  por- 
te di  Roma  ,    città    che  in  questi  tempi  si 
trovò  piena    di  spaventi  ^    e  d'  interni  tu- 
multi ;  abbondando  chi  disapprovava  l'im- 
pegno del    papa  .  Arrivato  poi  che  fu  Ro-  i 
berto  Sanseverino  colle  sue  gentil  respira-  \ 
rono   i  Romani .  Narra  il  Summonte  ^,  che  ; 
su  quel    di  Velletri    seguì  una  fiera  batta-  i 
glia  di  quattro  ore  fra  Alfonso  duca  di  Ca-  ] 
labria  ,  e  il  Sanseverino  ,  colla  rotta  tota-  ■ 
te  del  primo,    ed    essere  poi  morto  pochi  | 
dì  dopo   Roberto    Sanseverino,  e  fatti    tre  ; 
versi  in  onpr  suo,,  cioè:  ^ 

Roberto  io  san,  che  venni ^  vidi  ^  e  vin-  j 
Si  &c. 

I 
Ma  il  Summonte,  scrittore  spesse  volte  \ 
poco  accurato ,  non  ci  ha  data  una  storia  j 
degna  della  nobilissima  città  di  Napoli  •  ] 
Qui  ancora  prese  abbaglio  ,  confondendo  . 
Roberto  Malatesta  e  la  sua  vittoria^,  di  cui  j 
parlammo  all'anno  1483  con  Roberto  San^  i 
Severino .  Niuna  impresa  ,  che  meriti   par-  ; 

ti-       i 

•  sommante  Istoria  di  Napoli  •  ; 


Anno  MCCCCLXXXV.  31 
ticolar  memoria  fece  ,  eh'  io  sappia  ,  il 
Sanseverino  ,  fuorché  V  avere  ricuperato  il 
ponte  a  Lamentana  ;  dove  Fracasso  suo  fi- 
gliuolo fu  colto  in  bocca  da  una  palla 
di  spingardello  ,  che  gli  portò  via  molti 
denti  ^  e  il  fece  stare  in  pericolo  della 
vita.  Io  taccio  il  resto,  perchè  l'istituto 
mio  non  porta  di  pascere  il  lettore  col 
racconto  di  sole  scorrerie  ,  saccheggi  e  bat- 
tagliele .  In  questi  tempi  Lodovico  Sforza 
il  Moro  *5  che  credea  sestesso  la  più  gran 
testa  dell'universo,  e  tutto  dì  pensava  ad 
apirsi  la  strada  a  divenir  duca  di  Milano  , 
col  veleno  si  liberò  dal  conte  Pietro  del 
Verme  ^  egli  tolse  tutte  le  sue  terre  e  ca- 
stella; mancò  di  fede  ai  cittadini  che  avea- 
no  prestati  danari  per  la  guerra  ;  suscitò 
discordia  fra  i  fratelli  Vitaliano  e  Giovan- 
ni  conti  Borromei .  Nella  notte  del  dì  4 
venendo  il  dì  5  di  novembre  dell'anno  pre- 
sente *  mancò  di  vita  Gio-vanni  ìMocenigo 
doge  di  Veneziani  ,  a  cui  fu  sustituitoiUfar- 
co  Barbarismo,  La  peste,  che  faqea  grande 
strage  in  Venezia^  quella  fu  che  rapì  dal 
mondo  il  medesimo  doge  Moccnigo  . 


An- 


'    Corto  Istoria  dì  Milano  . 

*  Sanuto  Istoria  di  f^ene^ia  T.xt.  Rer.  Ital, 


32  Annali     d'Italia 

Anno  di  Cristo  mcccclxxxvi  ,  Ind.  iv. 
di  Innocenzo  Vili,  papa  3.  | 

di  Federigo  III ,  imperadore  35.     | 

-Librasi  fìnquì  affaticato  non    poco  Federigo  | 

jrZ^  imperadore  austriarco  ,  ma  senza  friit-  \ 

to  ,  per  far  dichiarare  re  de*  Romani  Mas- \ 

sìmiliano^  suo  figliuolo  ^.  Nel    dì  sedici  di  ) 

febbraio    dell'  anno    presente  ottenne  final-  \ 

mente  il  suo  intento  ,    con  averlo    la  mag-  • 

gìor  parte  degli  elettori  promosso  a  quella  \ 

dignità,    continuata    poi    fino    a    dì  nostri   \, 

jaeir  augustissima    casa    d'  Austria  .    Andò  ' 

ancora  ne'  primi  sei  mesi  di    quest'anno  *  ] 

continuando  la  guerra  ne'  contorni    di  Ro-  i 

ma  con  gravi    danni  del  paese  ,    ma  senza 

azione  alcuna  memorabile.  In  questo  men-  j 

tre  si  andò  trattando  di  pace  ^ .  Ferdinan-  . 

do  II  cattolico  re  d'Aragona  e  di  Sicilia  per  ] 

mezzo  d'alcuni  suoi  deputati,   e  l'accorto   . 

Lorenzo  de' Medici   per  altra    via  la  fecero    : 

proporre  al  papa  ,  con  indorargli  sì  ben  la    ; 

pillola,  che  gliela*  fecero  infine  inghiottire  .   | 

Vi  si  adoperò  non  poco  il  cardinale  Asca-    \ 

nio  Sforza  ,  fratello  di  Lodovico  il  Moro  .    ■ 

Trovavasi  papa  Innocenzo  Vili  colla  guer-    \ 

ra  in  casa^    freddamente  assistito  dai  suoi    ; 

collegati,  ingannato  da  tutti,  e  cpn  Roma    1 

pie.         i 

*  Trithemus  ,   NaucTerus  ^  Langtus^  &  alti  ■  ; 

*  Infessura  Diar.  P.  %.  Toni.  3.   Rer.  Itah    Anonj/m.  Dsar, 
Roman.  Toni'  eod.  ] 

'  Rflj/nalduf  A  final,  Ecci^s.  j 


Anno    MCCCCLXXXVI.       33 
piena  di  tradimenti,  di  sconcerti^  e  di  ti- 
mori^ in  guisa  tale  che  .nel  di   21   di  gen- 
naio per  voce  sparsa  ,  che  gli  Orsini  erano 
entrati  in  quella  città  ,  mirabil  fu  lo  scom- 
piglio di  tutti  i  cittadini.   Molto    più  bra- 
mava il  re  Ferdinando,  che  si  mettesse  fine 
a  tal    briga,    al  sapere,    che  il  papa  avea 
commosso  Carlo  Vili  re  di  Fran>DÌa  a  spe- 
dire in  Italia  Renato    duca  di  Lorena  con 
assai  forze,  per  farlo  entrare  nel   regno  di 
Napoli,  dove  egli   si  potea  promettere  mol- 
to  del  partito  angioino  .    Innoltre    andava 
piuttosto    crescendo ,    che    scemando  la   ri- 
bellion  de' baroni  .  Se/  riusciva  a  Ferdinan- 
do di  placare  il  papa,  ed' indurlo  a  stac- 
carsi   da'  suoi    ribelli ,    non    sarebbono  poi 
mancate  maniere  a  lui  di  far    vendetta  ,  e 
di  tagliare  i  papaveri  dei  regno  suo  .  Così 
appunto  avvenne .  Lasciossi  il  pontefice  me- 
nare all'accordo;  niuna   difficoltà  ebbe  Fer- 
dinando di  accordar  qualunque    condizione 
gli  fu  richiesta  dal  papa.  Promise  una  pie- 
na reraission  delle  offese  ai  baroni  ,  disob- 
bligandoli   andhe    dal    venire    à  Napoli,    e 
diede  per  sigurtà  di  questo  suo  perdono  il 
suddetto  Ferdinando  re  d'Aragona,  il  duca 
di  Milano,   e  Lorenzo  de' Medici  .  Promise 
di   pagare  l'annuo  censo  del    regno  di  Na- 
poli ,  come  si  facea  ne'passati    tempi ,  con 
altre  belle  promesse,  eh' ei^li  in  suo  cuore 
non    intendeva  di  voler  poi  eseguire.  Per- 
tanto nel  di  II    d'agosto  fu  sottoscritta  la 
pace  :  pace    non  comunicata    ai    cardinali  , 
Tomo  XXIL  C  e  dal- 


3i£^  A  N  N  A  L  I      dM  T  A  LI  A  ^ 

e  dalla  maggior  parte  di  loro  disapprova-*  j 
ta  ^  ,  e  soprattutto  dal  cardinale  Bahia  \ 
francese ,  il  quale  nn  di  trattandosene  in  > 
consistoro ,  vi  si  oppose  forte  ;  e  perchè  ' 
Rodrigo  Borgia  cardinale  ,  che  fu  poi  papa  \ 
Alessandro  VI,  il  trattò  da-  ubbriacone  ,  i 
egli  strapazzò  il  Borgia  con  assai  ignorai-  ; 
niose  ingiurie,  dimodoché  furono  vicini  a: 
mettersi  le  mani  addosso  :  tanto  era  allora  ; 
disordinato  quel  sì  venerabil  collegio  .  ; 

Fatta  che  fu  la  piice,  licenziò  il  ponte-  ; 
C8  le  sue  genti  d'  arme  ;  e  mandarono  i 
baroni  del  regno  per  mezzo  de' procuratori  j 
a  giurar  fedeltà^al  re  Ferdinando  .  Ma  egli] 
non  tardò  a'  sfogar  la  sua  collera  contro  ' 
di  chi  gli  potè  venir  nelle  mani .  Imperoc-  ì 
che  nel  dì  13  d'  agosto  *  fece  proditoria-  j 
mente  prendere  Francesco  Coppola  conte  di  | 
Sarno,  Antonello  (V  Aver  sa  con  due  suoi  j 
figliuoli»,  conti  di  Carinola  e  Policastro  ,  ; 
Anello  d^Arcamone conte  di  Borello  ,  ed  altri  \ 
suoi  cortigiani;  e  fattili  processare,  inipu- = 
tando  loro,  che  avessero  avute  intelligenze  : 
co' nemici ,  ad  alcuni  fece  mozzare  il  ca-  ^ 
pò  ;  a  tutti  gli  altri  tolse  roba  e  feudi  di  \ 
sommo  valore.  Furono  anche  imprigionati  j 
il  conte  di  Morcone  e  Fabrizia  Spinello  .  i 
Dovea  secondo  i  patti  restare  in  libertà  la  3 
città  dell'Aquila,  3 .  Nel  dì   12  d'ottobre  vi| 

en-      i 

*  Infessura  Di^r.  P.i.  T.  3.  Rer.  Ttaf.  1 

*  Istoria  Napol.   Tcm.ii-  Rer.  Ital. 

'   Dsar.   Roman.  Par.  2.  Torti' 3 >   RcT'  Ital.    Inf^ssur»    Dlar» 
Tom.  i;od. 


^^        Anno     MCCCCLXXXVI.     sv- 
entrò il  conte  di  Montorio  colle  milizie  dei 
duca  di  Calabria,,  ed  ucciso  l\arcidiacono, 
che  ivi  era  pel  papa  con  promessa  d'essere 
creato  cardinale,  fece  tornare    quella  città 
air  ubbidienza  del  re  :  con  che  restò  mag- 
giormente deloso    il  pontefice.    Anche  Ro- 
berto Sanseverina  si  .trovò    mal  pagato   ^   ; 
perchè  venendo  colle  sue  genti  d'armi  ver- 
so il  Veneziano,  ed  inseguito  dal  .duca  di 
Calabria,  allorché  fu  sul  Bolognese  ^  fu  for- 
zato a  fuggirsenQ  con  soli  cento  cavalli,  e 
il  resto  di  sua  gente  andò  disperso.  Avea 
il  pontefice  conchiusa  pace  ancora  fra  i  Ge- 
Kovesi  e  i  Fiorentini  *,    con    l'obbligare    i 
primi  a  cedere  Pietrasaota    ai  Fiorentini  ^ 
che  Taveano  presa  ,  e  i  Fiorentini  a  ^ede- 
re Sarzana    e  Sarzanello    ai  Genovesi  <  Ma 
i  Fiorentini  j  acquali  era  stata  tolta  Sarza- 
na,   seppero    ben  trovar    dei  pf^^testi  ,  per 
non  effettuar  questo  accordo  ,  perchè  parca 
loro  non  difficile    il  ripigliar    Sarzana>  sic- 
come   vedremo    fatto    nell'  anno   seguente  • 
Talmente    in    questi  tempi  crebbe  il  furor 
cella  peste  in  Milana  ^  ,    che  per  attestato 
del    Corio  ,    più    di  cinquantamila    persone 
lìe  rimasero  estinte  in  quella  città    sino  al 
fine  di    luglio.    Innoltre    gli  Svizzeri  ostil- 
mente entrati  nel  Milanese  ^  una   gran  pre- 
da vi  fecero.  Poco  durò  il  governo  àìMar-^ 

C    2  CO 

"  Cario  Istoria  di  Milano  . 

\  Ammirati    Istoria   di    Fireni^e  .    Giustiniani    tstorià    dì 
Genova  . 

*  Corto  Ist.  di  Milan*  *. 


56  A  N  N  A  L  r^    d'  I  T  A  L  I  A 

CO  Barbarigo  doge  di  Venezia  ,  impercioc- 
ché Dio  il  chiamò  all'  altra  vita  nel  dì  14 
d"* agosto  ^.  In  luogo  suo  fu  poscia  eletto 
Agfistìno  Barbarigo  suo  fratello  .  Similmen- 
te Boccolino  cittadino  privato  d''Osimo  ri- 
bellò neir  anno  presente  quella  città  al  pa- 
pa^, e  si  diede  a  fortificarla.  Fu  spedito 
colle  milizie  pontificie  colà  il  cardinal 
Giulian  dalla  Rovere,  che  poi  fu  papa  Giu- 
lio II.  Questi  vi  mise  il  campo  ,  e  la  ten- 
ne assediata  per  più  mesi. 

Anno  di  Cristo    MCcccLxxxvir_,  Ind.  v, 
di  Innocenzo  Vili,  papa  4. 
di  Federico  III,  imperadore  36. 

1  ersisteva  Boccolino  usurpator  d"*  Osimci 
nella  sua  ribellione,  e  durava  l'assedio  po- 
sto a  quella  città  dal  cardinal  Giulano  daU 
la  Rovere.  Per  quanto  facesse  il  papa  affin 
di  ridurre  costui  all'ubbidienza  con  inten- 
zione^di  perdonargli,  non  potè  mai  smo- 
verlo 3  .  Anzi  questo  mal  uomo  piuttosto- 
chè  restituire  al  pontefice  la  città,  fu  det- 
to, che  avea  spedato  2iBaiaZ€tto  imperador 
de' Turchi ,  ed  essere  stato  in  accòrdo  con 
Jui  di  consegnargli  Osimo.  Ora  fu  interpo- 
sto dal  papa  Lorenzo  de  Medici ,  il  quale 
sì  destramente  maneggiò  questo  affare  ,  che 

l'in- 


"  Sannto  Tst.  di  Ven.  ,  T.  41.   Rer.  Jtal. 

*  Infei stira  Diar.  P.  x.    Tcm'^-    Rer.   Ji.,.'. 
^  Sanuto  Istor.  di  P'euez-  3^«  -2.>  -K^'  ^^^* 


« 


Anno    MCCCCLXXXVII.      57- 
F  indusse  a  cedere  quella  città  collo  sborsd 
d'alcune    migliaia    di    ducati    d'   oro  ^*  E 
chiamatolo  a  Firenze^  gli  usò  di  molte  fi- 
nezze con  inviarlo  poi  per  sua  maggior   si- 
curezza a    Milano.    La    sicurezza    fu,  che 
Lodovico    il  Moro    il   fece    impiccar  per  la 
gola.  Mosse  iri  quest'anno  *  guerra  ai  Ve-^ 
neziani  Sigismondo  duca  d'Austria .  L'eser- 
cito suo  v-enuto  addosso  a  Rovereto  ,  terra 
allora  dei  Veneziani,  se  ne  impadroni .  Co- 
strinse anche  la  rocca  a  rendersi  ^  e  vi  re- 
stò prigione  Niccolò  de' Friuli  ^  ivi  podestà 
per  la    repubblica.  Furono   inviati    Roberto 
Sanseverino  e  Giulio  Varano  signor  di  Ca- 
merino colle  lor    genti  per  opporsi  ai  Te-* 
deschi  4  Trovò  il    Sanseverino  abbandonato 
Ilovereto  ^  e  venuto  alle  mani    coi  nemici 
nel  di  tre  luglio  _,  ebbe"  la  peggio^  con  re- 
starvi prigioniere  Antonio  Maria  suo  figli* 
ijolo.  Poscia  dacché  egli  si  vide  rinforzato 
da  molte  migliaia  di  combattenti  venuti  da 
Venezi,a>    fabbricò    un    ponte   sull'Adige  , 
con  disegno  d^  andar  a  mettere  T  assedio  a 
Trento.    Ma    passate    che  fnrorio    nel    dì  9 
d'agosto    disordinatamente    le    sue    genti  ^ 
ecco  i  Tedeschi    arrivar    loro    addosso  con 
gran  furia  ^  ed  attaccar  la  battaglia  .  Atro- 
cissimo   fu    il    combattirfiento ,    ed    era    ii* 
forse  la  vittoria,  quando  sopraggiunsero  mil- 

G  5  le 

'   Raj/naldus  Annal.  Èccl. 
*  Nsuclerus  ì   Langius  ^  Sabellicus  ^  Ó*  alti. 
^  Corto  Istoria  di  Milano.  Infessura  Diar.  Par.  i.  Tom-  S^ 
ket'  Itah 


^8         Annali    dMtalia        /        \ 

le  Tedeschi^  già  posti  in  aguato,  che  urtaro*  j 
no  sì  fieramente  le  schiere  de*'  Veneziani  ,  i 
che  le  misero  in  rotta.  Pa^te  fu  uccida  ,« 
parte  si  annegò  fuggendo  nelP  Adige,  es-i 
sendosi  per  la  troppa  folla  rotto  e  som*  \ 
merso  il  ponte.  Roberto  Sanseverino  com-^ 
battendo  valorosamente,  e  trafitto  da  piùj 
colpii  lasciò  ivi  la  vita.  Trovato  il  suo; 
corpo,  pomposamente  gli  fu  data  sepoltura  : 
in  Trento,  e  per  cura  poi  de' suoi  figlino- j 
li  fu  condotto  a  Milano.  Questa  disavven-j 
tura  servì  di  stimolo  ai  saggi  Veneziani^ 
di  procurar  la  pace  col  duca  d'Austria.  Ij 
capitoli  dP  essa  ,  sottoscritti  nel  di  15  di| 
novembre,  son  riferiti  da  Marino  Sanuto^.i 
Tolta  fu  negli  anni  addietro  la  città  dii 
Sarzàna  ai  Fiorentini,  a"*  quali  riuscì  di^ 
tener  forte  Sarzanello ,  rocca  fabbricata  da^ 
Castruccio  5  e  che  servì  ne' tempi  addiètro: 
a  tenere  in  freno  la  città  medesima*.  Non' 
avevano  essi  Fiorentini  mai  dimesso  il  pen-j 
siero  di  ricuperar  quella  città  ;  e  giacché  i 
faceano  preparamenti  per  questo,  i  Geno-; 
vesi  li  prevennero  coli' inviar  le  loro  sol- ^ 
datesche  all'assedio  di  Sarzanello  sotto  ili 
comando  di  Gian  Luigi  del  Flesco ,  Ebbe; 
ordine  Niccolò  Orsino  conte  di  Pitigliano  e  ì 
generale  de'Fioreritini  di  soccorrere  quella  i 
rocca .  Fu  così  ben  condotta  l' impresa  nel  i 
dì -15  d'aprile,  che    non  solameni^ furono  i 

ob-      ^ 


*  Sanato  isteria  di  Vetu  T.aa.  Rer.  lui. 
=*  Ammirati    isteria  ài  Firenze  . 


Anno  MCCCCLXXXVII.  39 
obbligati  i  Genovesi  a  sciogliere  queir  as- 
sedio ,  ma  fu  anche  sconfitto  l'esercito  dal 
conte  ,  con  restarvi  prigioniere  lo  stesso 
Ficsco ,  ed  Orlandino  suo  nipote  figliuolo 
d'Obietto.  Ciò  fatto  l'armata  fiorentina  si 
strinse  intorno  a  Sarzana ,  e  ricevuti  nuovi 
rinforzi  di  gente  ,  già  si  preparava  a  dare 
un  generale  assalto,  quando  gli  assediati 
per  prevenire  l'imminente  pericolo,  nel  dì 
22  di  giugno  esposero  bandiera  bianca^  e 
capitolarono  la  resa.  Per  ricuperazione  di 
quella  città  somma  fa  la  consolazione  dei 
Fiorentini  ,  e  non  minore  la  gloria  di  Lo- 
renzo  de'  Medici  ,  perchè  in  persona  assistè 
a  quella  impresa.  Per  lo  contrario  in  Ge- 
nova una  tal  disavventura  ,  e  il  timore  che 
i  Fiorentini  pensassero  a  maggiori  progres- 
si ,  furono  cagione  ' ,  che  Paolo  Fregoso 
cardinale  e  doge  di  quella  città  prese  la 
risoluzione  di  rimettere  Genova  sotto  l'al- 
to dominio  del  duca  di  Milano,  con  rite* 
nerne  egli  il  govereo.  Ottenutone  il  con- 
senso da'^primarj  cittadini,  e  mandato  a 
trattarne  a  Milano  con  Lodovico  Sforza  , 
restò  ben  tosto  il  Fregoso  consolato  .  Per> 
tanto  alzate  in  Genova  le  bandiere  del  du« 
ca  Gian-Galeazzo  ,  i  Fiorentini  non  pensa- 
rono da  lì  innanzi  a  molestare  il  Genove- 
sato .  Maggiormente  in  quest'  anno  si  die- 
de a  conoscere  la  mala    fede  di  Ferdinand 

C  4  do 

*  Corto  Istoria  di  Milano . 


40  AMilALtfi'iTAtlA 

do  re  di  Napoli  ^.  Cioè  contro  ai  patti 
chiarissimi  della  pace  stabilita  col  papa  , 
più  che  mai  si  rivolse  a  perseguitare  i  ba- 
roni del    suo    regno ,    e  a  negare    il  censo 

pattuito  ad  esso    papa  nel  regno  di  Napo-  | 

li.  Nel  di  IO  di  giugno  fece  egli  imprigio-  | 

nare  Pietro  del  Balzo  ,  principe    d'Altamu-  t 

ra,  Girolamo  Sanseverino  principe    di  Bisi-  ; 

gnano  Giovanni  Caracciolo  duca    di  Melfi  ,  \ 

il  duca  di  Nardo,  i  conti  ài  Lauria  ^  d"*!/-  \ 

gento  ^  di  Melilo  j  ed  altri  signori  *.  Man-  1 

dò  papa  Innocenzo  VIII^  il  vescovo  di  Ce-  j 

sena    a  Napoli  a  dolersi  di  tanta  perfidia  .-  ; 

Il  re  sbrigò  il  nunzio  eoa  poche  parole  ,  e  ; 

meno    rispetto    di    chi   l'inviava.    Il    buon  • 

pontefice  che  amava  la  pace ,  né  voleva  im-  l 

brogliare  l'Italia  in  una  uuova  guerra^  non  : 

passò  oltre  a  più  gravi  risentimenti  :  e  in-  | 

tanto  per  attestato  del  Summonte  ^  ,  il  cru-  ■ 

delissimo    re  con  diversità    di    morti   levò  i 

di  vita  tutti  quegr  infelici    baroni  ^  a' quali  \ 

aggiunse  ancora    Marino  Marzano  duca    di  ' 

Sessa.  Si  credette  poscia  di    poter  giustifi-  ' 

care  negli  occhi  del    motido    tanta    inuma-  j 

nità^  con   dare  alle  stampe    i   loro  proces-  ; 

si  ,  e  mandarli  a  tutte  le  corti ,  quasiché  si  I 

dovesse  prestar    fede   ai    processi   d'  un  re  J 

che  non  avea  fede  ,  e*   non  fosse   manifesta  ; 

cosa,    l'aver   contravvennuto    agli   articoli  j 

del- 


'  Istoria  Napoi.  T.  13.  Rif.  ìtah 

*  Infessura  Diar.  Rom.  P.  1.  T.  3.  Rer»  hai» 

*  Summonte  Isteria  di  l>iapoli  ^ 


Anno  MCCCCLXXXVII.  4t 
della  pace  fattacci  papa.  Dio  non  paga 
sempre  in  questo  mondo,  e  sono  occulti  i 
giudizj  suoi .  Ma  se  è  mai  permesso  d*  in- 
terpretarli, è  allora  che  si  tratta  del  ca- 
stigo della  crudeltà.  Infatti  vedremo  ,  che 
Dio  non  differì  molto  il  privar  lui  di  vi- 
ta, e  tutta  la  prosapia  dei  regno.  Certo 
non  sarà  giammai  degno  di  reggere  popoli , 
chi  non  sa  mai  perdonare  .  Essendo  in  que- 
sti medesimi  tempi  insorte  liti  fra  Carlo 
duca  di  Savoia ,  e  Lodovico  marchese  di 
Saluzzo  ^ ,  quest*  ultimo  restò  spogliato  di 
tutti  i  suoi  Stati .  S' interpose  Carlo  Vili 
re  di  Francia  ,  e  procurò  che  quegli  Sta- 
li fossero  depositati  in  terza  mano,  finché 
si  conoscese  quel  che  esigesse  la  giusti- 
zia .  Non  era  men  dagli  altri  pontefici  di 
que'  tempi  desideroso  Innocenzo  d' ingran- 
dire Franceschetto  Cibò  suo  figliuolo  ;  ep- 
però  gli  procurò,  in  quest'  anno  V  accasa- 
mento con  Maddalena  figliuola  di  Lorenzo 
de' Medici y  e  nipote  di  Virginio  Orsino  : 
pel  qual  parentado  gli  Orsini  non  solo  rien- 
trarono in  grazia  del  pontefice,  ma  diven- 
tarono de'  suoi  principali  confidenti . 


Atì- 

'  Guichenon  Hist,  de  la  Maison  d»  Savoye  . 


42         Annali    p'  Italia 


Anno  di  Cjustomcccclxxxviii,  Ind.  vu| 
di  Innocenzo  Vili,  papa  5..  \ 

di  Federico  III,  imperadore  37. 

J^e  novità  della  Romagna  quelle  sono,  che; 
somministrano  argomento  della  storia  di^ 
quest'anno.  Signore  di  Forlì  e  d'Imola  erai 
il  conte  Girolamo  Riario  ^  già  da  noi  ve-: 
diito  nipote  di  papa  Sisto  IF,  ed  arbitro; 
dell^  corte  romana  sotto  quel,  pontificato  .] 
Aveva  egli  nobilitate  le  suddette  due  città 
con  molte  fabbriche  ed  ornamenti  ^|.  Con-ì 
tutto':iò  co' malvagi  suoi  costumi  sì  era  ti*i 
rato  addosso  l'odio  della  maggior  parte; 
de'  cittadini  di  Forlì<  Però  formata  contrai 
di  lui  una  congiura  ,  nel  di  15  d'  aprilel 
(Tlnfessura-  si  dice  nel  di  sette,  elaCro-j 
nica  di  Siena  ^  nel  dì  14,  e  così  «par  che! 
fosse  ^  asserendolo  una  Cronica  di  Bolo-; 
gna  -^  )  fu  da  molti,  e  specialmente  da  al-| 
cuni  maggiormante  beneficati  da  lui,  ucci-j 
so,  ignomioiosamente  strascinato  il  suo  ca-| 
davero ,  e  presa  Caterina  Sforza^  sorella; 
del  duca  di  Milano  e  moglie  sua,  co' suoi; 
figliuoli .  S'impadronirono  i  congiurati  del-^ 
la  città,  ma  non  della  rocca.  Era  Cateri-| 
na  donna  d'animo  glande  e  sagace.  Minac-j 
ciata   di    morte,    se  non    facea  rendere  Ui 

for-     : 

*  Jacohtis  Philippus  Bergom.  in  Hist.  ; 
'  Infesiura  Diar.  P.  i.  T,  3.   Rer.  hai* 

^  Jllegi-etti  Diar.  Sanese  Tom.  23.   Rer*  Ttal.  \ 

*  Cronica  di  Bologna  nella  Libreria  Bfttnfe,  i 


N  N  o    MCCCCLXXXVIII.     43 
ertezza,   ottenne   di   potervi    entr*irc   per 
'^durre    quel   <:asteIIano   alla  resa.  Ma  en- 
trata, virilmente  cominciò,    alzate  le  ban- 
diere del  duca  di  Milano,  a  far  guerra  al- 
la città,  minacciando  agli  uccisori  del  ma- 
rito r  ultimo  eccidio^    se  offesi    avessero  i 
suoi  figliuoli  j  stante  il  soccorso ,  che  s' as» 
pettava    da    Milano  .    Secondo    la    snddet- 
ta  Cronica  bolognese,  composta   da   autore 
contemporaneo  ;,  allóra  fu ,  che  presentatisi 
i  malfattori  alle  mura  della   rocca  ,  e  pre» 
parate  le  forche ,  mostrarono  di  voler  im*» 
piccare  i  di  lei  figliuoli,  s'ella  non  si  ar- 
rendf>va.  Ma  rispose  loro  quella  forte  fenj- 
mina,   che  se  avessero*  /atti    perir    que' fi- 
glinoli^ restavano  a  lei  le  forme  per  farne 
degli  altri  5  e  v'ha  chi  dice  (  questa  giun- 
ta forse  fu  immaginata,  e  non -vera  )  aver 
anche  ella    alzata  la    gonna  per    chiarirli  ,^ 
che  dicea  la  verità  .  Non  eseguirono  il  cru-  \ 
del  disegno  qiie' micidiali  ;  ed  intanto  arri-   \ 
vò  sotto    Forlì    Gio'K'anni    BcntlvogUo    con 
pie    di  tremila    tra  cavalli    e    fanti;    e  da 
lì  a  non  molto  giunse  ancora  un  altro  rin- 
forzo   di    soldatesche    spedite    con    somma 
fretta  da  Milano  sotto  il  comando  di  Gia«^ 
Galeazzo  Sanseverino.  Stretti  così  da  ogni 
lato  i    cittadini  ,    ne  vedendo    comparire  i 
soccorsi  che  speravano  dal  papa  ,  dimanda- 
rono di  capitolare  :  laonde  nel  dì   29  d'  a- 
prile  fu  riconosciuto  e   proclamato  signore 
di  Forlì  Ouxivia7ioJ?tario  primogenito  dell' 

uc- 


44      Annali    d   t  t  a  l  i  a 

ucciso  conte  Girolamo  ^.  Fu  creduto  i^ 
alcuni,  che  si  facesse  questa  tragedia  ,  per 
dar  quelle  terre  a  Franceschetto  Cibò  iìgli-| 
uolo  del  papa;  ma  quando  ciò  fosse  stato y 
altre  misure  avrebbe  preso  il  papa  ,  aftin- 
ché r  impresa  riusx:isse  a  tenore  de"*  suoi 
desideri. 

Poco  stette  ad  udirsi  un"*  altra  scena  in 
Romagna.  Nel  dì  31  di  maggio  essendo  an- 
dato Galeotto  de' Manfredi  signor  di  Faen- i 
za  a  visitare  in  sua  cambra  Francesca  sua  i 
moglie  ,  figliuola  di  Giovanrii  Bentivoglw^  | 
eh"*  era  ,  o  fingeva  d'  essere  inferma  :  restò  1 
quivi  ucciso  ,  con  persuasione  universale,  che  \ 
ciò  seguisse  per  ordine  della  stessa  moglie  ,  j 
da  cui  eja  fieramente  a  cagione  di  molti  di  * 
lui  amorazzi  odiato.  Fu  in  armi  la  città  5  | 
e  prestamente  corse  colà  il  Bentivoglio  con  j 
alcune  genti  d'armi  per  procurar  di  quieta*  \ 
re  il  rumore,  e  di  assicurare  il  dominio  ' 
ad  Astorre  figliuolo  dell'ucciso,  e  nipote  i 
suo .  Ma  i  Fiorentini ,  siccome  coloro  che  1 
sospettavano  fatto  quel  colpo  dal  Bentivo-  i 
glio  con  disegno  di  usurpar  quella  città  • 
(  lo  che  non  è  credebile  per  riguardo  che  \ 
la  figliuola  avea  successione  )  oppure  per  ; 
timore  che  il  duca  di  Milano  vj  mettesse  \ 
i  piedi  ,  attizzarono  i  villani  di  vài  di  La-^  \ 
mone  ,  e  il  popolo  ,  con  rappresentar  loro  \ 
mal  intenzionato  e  complice  del  delitto  iJ  ; 
Bentivoglio.   Fecesi    pertanto    una    generai    ; 

sol- 

*  Sanuto  tst>  di  fen. ,  T.  22.    Rer>  ttal.  .; 


Anno    MCGCCLXXXVIII.    45 
sollevazione  contra  di  lui,  in  guisa  tale  clie; 
poco  mancòj  che  non  rimanesse  vittima  del 
loro    furore.    Restò    nondimeno    preso,    e 
condotto  a  Modigliana    nelle  forze  de' Fio- 
rentini .  Ma  perchè  il  re  Ferdinando  ,    e  il 
duca  di  Milano  parte  con  preghiere  e  p^ir- 
te    con    minacce    di    guerra  ,    fecero  calde 
istanze  per  la    di  lui  liberazione  ^,  nel  di 
13  di  giugno    fu  rilasciato ,    e    nel    dì    se- 
guente sano  e  salvo  arrivò  a  Bologna;   dove 
dianzi  appena  fu  udita  la  di  lui  prigionia  , 
ifike  più   di  quindicimilla    Bolognesi    armati 
corsero  a    Castel-bolognese    con  disegno  di 
far  guerra  a  Faerwza  ,  e  V  avrebbono  fatta, 
se  non    era    in    altra    maniera    provveduto 
alla  di  lui  salvezza.  Succedette  dunque  nella 
signoria  di    Faenza  uistorre    de'  Manfredi  ^ 
in  età  di  soli  tre  anni.  Francesca  sua  ma- 
dre   ebbe    il    corniate^    e  se    ne    ritornò  a 
Bologna . 

Parve  poco  a  Lodovico  Sforza  la  dedi- 
zione fatta  nel  precedente  anno  dai  Geno- 
vesi della  lor  città  al  duca  Gian-Galeazzo 
suo  nipote  *  .  Ossia  eh'  egli  col  volere  di 
piiìi  acccn^desse  nuovo  fuoco  in  quella  cit- 
tà^ oppure  che  questo  naturalmente  nasces- 
se in  un  popolo  sempre  inclinato  alle  mu- 
tazioni e  alle  novità  :  certo  è  ,  che  nel  me- 
se d'agosto  Obietto  del  Fiesco  entrò  con 
gente  armata    in  Genova  ,  e    dipoi  corse  a 

quel 

'    Cronica  lìt  Bologna . 

'   Corto  istorie  (fi  MHa-tO'  Giustiniani  Istor.  di  Genova  . 


46  A  N  N  A  L  I      d'   I  T  A  L  I  A 

quel  rumore  anche  Bnttista  Fregoso^  cà-i 
claun  d"*  essi  centra  del  cardinal  PaoZo  Fre-* 
goso ,  governatore  allora  della  città.  Si  rii 
tirò  il  cardinale  nel  castelletto  ;  a  questa 
fu  messo  T assedio.  Era  grande  la  discor-* 
"^dia  fra  i  cittadini  ;  chi  inclinava  a  darsi 
al  re  di  Francia  (  e  fii  anche  spedito*  peig 
questo  a  lui  )  chi  al  duca  di  Milano,  e  chi 
a  ripigliare  T  antica  libertà.  Dopo  molti 
dibattimenti  essendosi  accordati  insieme 
gli  Adorni  e  i  Fieschi  ,  e  giunto  colà 
Gian-Francesco  Sanseverino  con  molte  brin 
gate  d*  armati  j,  fu  determinato  di  cedere 
di  nuovo  coi  patti  e  privilegi  consueti  il 
dominio  di  Genova  a  Gian- Galeazzo  duca 
dr  Milano,  Spedirono  perciò  sul  fine  d' otn 
tobre  sedici  ambasciatori  a  Milano,  a' qua-* 
li  fu  data  1' udienza  nel  giorno  creduto  prò 
pizio  secondo  1'  ora  astrologica  :  che  d 
queste  pazze  fantasie  era  attentissimo  os 
srrvatore  anche  Lodovico  il  Moro ^  ed  altrii 
non  pochi  infatuati  di  quel  secolo  e  de'pr€-»; 
cedenti.  Al  cardinal  Fregoso  fu  promessa;' 
una  pensione  annua  di  seimila  ducati ,  e 
cedette  il  castelletto.  Agostino  Adorna  per 
dieci  anni  ebbe  il  governo  della  città  a  no- 
me del  duca.  Ottenne  in  quest'anno  papa 
InnocenzoVIIl  da  Pietro d"  Aubusson^  gran- 
mastro  de'  cavalieri  ,  oggidì  chiamati  di- 
Malta  ,  Zem  ,  ossia  Zizim  fratello  di  Baia 
zetto  imperador  de'  Turchi  ^  :    il  quale  er» 

'  Sanuto  Istoria  di  f'enez.i^  T.  11.  Rer^  Ital. 


1^^  Anno  MCCCCLXXXVIIL  1^<' 
■tjegli  anni  addietro  caduto  prigione  nelle 
mani  de'  cavalieri  suddetti.  Scoprissi  in  Bo- 
logna sul  fine  di  novembre  ^  una  gran  con- 
giura contro  la  vita  di  Giovanni  de' Ben  * 
tivogli  e  de' suoi  figliuoli.  Scoperta  che 
fu  ,  costò  ia  vita  a  molti ,  che  non  pote- 
rono fuggire  . 

Anno  di  Cristo  mcccclxxxix  ,  Ind.  yii* 
di  Innocenzo  VIII^  papa  6, 
di  Federico'  III ,  imperadore  38. 

INI  ci  dì  13  di  marzo  dell'anno  presente  fe- 
ce la  sua  entrata  in  Ronia  Zem  ^  ossia  Zi- 
zim ,  fratello  del  sultano  Baiazetto^  ed  uo- 
mo di  gran  credito  fra  i  Turchi  *  .  Gran 
gelosia  di  costui  avea  esso  Baiazetto  per 
timore,  ch'egli  tornasse  un  di  a  disputar- 
gli l'impero^  ben  sapendo,  che  non  gli 
mancava  numeroso  partito  fra  i  Maomet- 
tani .  Volle  papa  Innocenzo  Vili  che  costui 
fosse  ricevuto  coìi  distinto  onore ,  e  gli 
mandò  incontro  Franceschetto  Cibò  suo  fi- 
gliuolo con  assai  cortigiani.  Nel  dì  seguente 
fu  condotto  al  sacro  consistoro  ,  e  per 
quanto  egli  fosse  stato  ben  ammaestrato  del- 
1::  genuflessioni^  che  dovea  fare  al*  papa  , 
e  di  andare  a  baciargli  il  piede  ,  costui 
senza  voler  neppure  piegare  il  capo ,  se  ne 

an- 

»  Cronica  di  Ferr.na  Tom.  24.  Rer.  Ital.  Cronica  MS^  di 
Bo!o^na . 

^  Infessur.  Diar.  Par.  z.  Tom.  3,  Rerum  Italiearum.  Di.ir. 
Rom.  Tom.  go.i. 


48  Annali    d'  I  t  a  l  i  a 

andò  ritto  ritto  al  trono  pontificio ,  ed  ioni- 
camente baciò  in  una    spalla  il  pontefice  . 
Gli  fu  poi  assegnato  un    quarto  n^  palaz« 
zo  apostolico,    ma    sotto   buona    guardia  . 
Trovavasi    allora   in  Roma    V  ambasciatore 
del  sultano  d'Egitto ^  minacciato  di  guerra 
dal    turco    Baiazette  .    Fece    costui    grandi 
istanze,  ed  incredibili  o^erte  e  promesse  ali 
papa ,  se  voleva  dagli  Zizim  ,  per  metterlo  | 
alla  testa    di  un'armata    contra  d'esso  Ba-  | 
iazetto  ;    ma  per  motivi  politici   nulla  potè  ì 
ottenere.  Fece  poco  appresso  il  pontefice  una  f 
pi'omozion    di    cardinali ,  con  alzare    a  tal  ^ 
dignità. n  gran-mastro    di    Rodi    in  ricom-  \ 
pensa  del  principe    turco  a  lui  rilasciato  .  ! 
Con  raro    esempio  ancora    fu  allora  creato  ] 
cardinale  Giovanni  àe^  Medici  ^  figliuolo  ài  ] 
Lorenzo  ,    ancorché    fosse     in     età    di    soli  ' 
quattordici  anni .    Questi  col  tempo  fu  poi   \ 
papa  Leone  X  Ma  perchè  il  re  Ferdinando   \ 
tuttavia  si    burlava  del  papa,    senza  voler    ; 
pagare  il  censo  pattuito    pel  regno  di  Na-  \ 
poli,  e  per  altre  cagioni,    Innocenzo  nella  ' 
festa  di  san  Pietro  di  giugno  lo  scomunicò  \ 
e  niun  effetto  facendo  le  censure  ,  arrivò  a   \ 
privarlo  del  regno  nel  dì  1 1   di   settembre.    • 
Ferdinando  appellò  al  futuro   concilio.  Fé-   ' 
cesi  poi  preparamento  di    guerra    dall'  una    \ 
parte  e  dall'altra^    ma  il    pontefice,  ama-    ^ 
tor  della  pace,  non  bramò,  oppur  non  osò  ^ 
di  proceder  oltre;  e  perciò  durò  il  sereno,   \ 
benché  frammezzato  da  molte  nebbie  ^  non    i 
meno  in  Roma,  che  nel    regno  di  Napoli,    j 

Gran 


^^^A  N  N  o    MCCCCLXXXIX.      ^^9 
^^RB    tempo    era    corso,    dacché  seguirono 
gli  sponsali  fra    il  giovinetto    Gian-Galeaz- 
zo Sforza    duca  di    Milano,    ed  Isabella  fi- 
gliuola di  Alfonso  duca  di  Calabria  ,  primo- 
genito del  re  Ferdinando  ^  :  solamente  nelT 
anno  presente  si  effettuò  quel  matrimonio. 
Venne  per  mare  a  Genova  questa  principes- 
sa ,  e  colà    sbarcò  nel  dì   17    di  febbraio  . 
Giunse    poscia  a  Milano  ,    ma  senza  pompa 
si  celebrarono  quelle  nozze ,  perchè  tre  me- 
si prima  era  mancata  di  vita  la  madre  del- 
la sposa.  Con  questo  maritaggio  universal- 
mente  si    sarà    creduto  assicurato   lo  stato 
st\  duca  Gian-Galeazzo  ,  e  Lodovico  il  Mo- 
ro prerhuroso  per  li    di  lui    vantaggi .  Non 
passò  molto  ,  che  J3en  diverso  dovette  esse- 
re il  giudizio  •  del    Pubblico.  Intanto    sotto 
varj  pretesti,  e  con  ingannare  lo  stesso  du- 
ellino, s'impadronì  Lodovico  del  castello  ci 
Milano  e  di  T  rezzo ,  e  d'ogni  altra  fortez 
za"  di  quel  dominio,    levandone  gli  ufìziali 
vecchi  e  fe'^eU  al  duca^  mettendovene  degli 
altri  di  sua  confidenza-^  e  mutando  i  presidj 
a  suo  piacimento .  Tutto  fiogea  di  fare  per 
miglior    bene    e    sicurezza,  dei  nipote.  Nel 
dì   13  di  marzo  dell'anno  presente*  in  età 
di  soli  ventun'aano  diede  fine  al  suo  vive- 
te Carlo  duca  di  Savoia  ^  principe  per  va- 
rie sue  imprese  fatte  itr,  sì  corto  tempo  di 
sua  vita    già    divenuto   glorioso .   Restò  di 
Tomo  XXII.  D  lui 

'   Corto  Istori.7  di  Milano  . 

*  Guichenon  Hitt.  de  la  Maison  di   Savr.yrj  . 


^O  A  K  N  A  L  I      d'  I  t  A  L  I  A  : 

luì  un  solo  figliuolo  maschio,  ch'era  ntP  ì 
cor  nelle  fasce^  nato'  nel  precedente  anno  ,1 
e -nominato  anche  esso  Carlo ,  Questi  fu  suo  j 
successore;  ma  gran  disputa  nacque  per  la] 
reggenza  .  Finalmente  questa  fu  accordata  a  \ 
Bianca  figliuola  di  Guglielmo  marchese  di  j 
Monferrato ,  madre  sua  ,  principessa  di  ra-  \ 
ro  senno,  e  di  somma  virtù  >  il  cui  elogio! 
si  può  leggere  nella  Storia  di  Jacopo  Filip-j 
pò  da  Bergamo  *,  scrittore  vivente  in  que-^j 
sti  tempi .  i 

i 

Anno  di  Cristo.  Mccccxc,  Ind.  viif.        i 
di  Innocenzo  Vili,  papa  7. 
di  Federico  III ,  imperadore  39.     j 

vJodendo  in  questi    tempi  T  Italia  un' in-i 
vidiabil    pace  ^    niun    riguardevole  avveni-  « 
mento    somministrò  alla    storia;  Tutta  an-- 
Cora  la    Cristianità   si  trovava  esente  dalla! 
persecuzione  turchesca^  perchè  il  fiero  Ba-f 
iazetto  mirava    sempre   con  appreiisione    ili 
fratello    Zizlm  ^    detenuto    in  Roma^  cornei 
un  mantice    di    sollevazioni    e    rivoluzioni  | 
ne' suoi  Stati ,  qualora  gli  fosse  permesso  dij 
comparire    alla   testa    di  un'  armata   contrai 
di  lui  * .  Né  mancò  a  papa  Innocenzo  VIIT^ 
il  pensiero  di  prevalersi    di  tal    congiuntu- 
ra .  Cercò    egli  infatti    di   muovere  tutti  i 
principi  cristiani  alla  guerra  contra  de' Tur- 
chi , 

'  Jaeobus  Philippus  Sergomensis  Mistw. 
*  Ra^naldtis  Annal.  Eccles. 


Anno    MCCCCXC.  51 

RTj  rappresentando  ad  ognuno,    qua!  gran 
vantaggio  si  potesse  trarre  dall'ottimo  mez- 
2ro  e  strumento    ch'egli  aveva    in  sua  ma- 
no.  Ma  neppur   uno   si    trovò,  ctie  volesse 
impacciarsene,  premendo  a  tutti    più  i  lor 
privati  interessi  ,  che  il  pubblico  bene  .  Di 
quest'animo    del  papa  forse    fu  informato  , 
oppure  se  r  immaginò  Baiazetto .  Capitò  a 
Costantinopoli  neW  anno  precedente  Cristo- 
foro ^  ossidi  Marino  Castagna^    nobile  della 
Marca  d' Ancona  >  inviperito  per  essergli  sta- 
to tolto  un    suo  castello  dagli    ufiziali    del 
papa^.  Si  esibì  costui  a  Baiazetto  di  levar 
di  vita  Zizim  suo  frafeilo    col  veleno  :  of- 
ferta sonimaincnte  gradita  dal  tiranno,  che 
perciò  di  alcune  migliaia  di    ducati  d'  oro 
il  regalò  in  più  volte:  gli  donò  anche  del- 
le  ricche  vestii  e  un  diamante  di  valore  di 
nilla  ducati  d'oro.  Dicono  innoltre,  aver- 
gli promessa  la  città  di  Negroponte    a  ne- 
gozio finito.  Venuto  costui  a  Roma  fu  car- 
cerato 5  probabilmente    perchè  si  penetrò  , 
^ser  egli  stato  a  Costantinopoli ,  e  ne'  tor- 
/lenti    confessò  tutto  il  suo    reo  trattato  . 
Il  perchè  nel  dì  7  di  maggio  ricevette  dal- 
la romanaì    giustizia    un    premio  differente 
da    quello    che     gli    avea    fatto    sperare    il 
Turco.  Arrivò-  poscia   a    Roma    nel  di  30 
di  settembre    un   ambasciatore    spedito    da 
Baiazetto,  che  fu  con  grande  onore  ricevu- 
to. Le  commessioni    sue    erano  di  pregare 

t)  2  il 

"  Jnfesiura  Diar.  Par.  a.  Tom.  ft  Re>.  Ital, 


52  A  N  N  A  L  I     d'  I  T  A  L  I  A. 

il  papa  di  ritener  soUo  buona  custodia  Zi* 
zim  ,  promettendo    per    tal  cnrd  di  pagare 
annualmente  al  pontefice  quarantamila    du-, 
cali  d'oro,  e  di  dar  pace  e  libero  commer- 
cio   a'  Cristiani.    Fu    detto,    che    T  amba- 1 
ciatore    del    sultano    d""  Egitto  avea    all'  in-  i 
contro  esibito  al  pontefice,  se  gli  volea  da*  | 
re  in  mano  Zizim  ,    per    potere  far  guerra  | 
con  esso    a  Baiazetto,    un  regalo    di  quat- | 
trocentòmila  ducati ,  e  la  cessione  della  cit-  | 
tà  di  Gerusalemme  ;    e  che    innoltre  tutto-  1 
ciò^  che  s'acquistasse  de' paesi  del  Tuico  ,  ì 
quand'anche  fosse  Costantinopoli,  si  resti-  | 
tuirebbe  alla  Chiesa  romana    ed  ai  Cristia-  ' 
ni .  Troppo    vtste ,    e    non  molto   credibili  1 
sono    tali  slargate  di  promesse  ;    né  Zizim  ^ 
vi  avrebbe  mai  consentito.  Quel  che  è  cer-  \ 
to^  nulla  si  conchiuse  coli' Egiziano ,  e  pa-  l 
ré ,  che  fosse    solamente    accettata    l'  annua   i 
esibizione  fatta  dal  gran-signore.  Dimandò    ^ 
poscia  r  ambasciator  turco    udienza  da  Zi-  >j 
zim,  che  gliela  diede  con  maestosa  forma- 
lità, e  gli  presentò  lettere  e  regali  da  par-   ^ 
te  del  fratello  Baiazetto.  Morì  nell'aprile  dì   j 
quest'  anno  Mattia  Corvino  celebre  re  d'Un-    i 
gheria  ,  e  si  suscitarono  dei  gravissimi  tor-    j 
bidi  in  quel  regno ,  giacché  egli  non  lasciò   ^ 
figliuolo  alcuno  legittimo.  Pero  tanto  meno  si    . 
pensò    a  pigliar  le  armi  contra  de' Turchi,    j 
Lodovico  Sforza  j,    reggente    dello  Stato    di    ^ 
Milano^  conclniuse  in  quest'anno  il  suo  ma- 
ritaggio con  Beatrice  figliuola  d'  Ercole  E-    . 
1  stf^ri-        ì 


Anno    MCCCCXC;  55 

stense  duca    di  Ferrara  ^.    Si    partì  questa 
principessa  da  Ferrara  nel  dì  29  di  dicem- 
bre:, accompagnata  dalla  duchessa  sua  ma- 
dre Leonora  d'Aragona^  e  suntuose  furono 
poi  le  nozze  celebrate  in  Milano.  Un'altra 
iìgliuok  d'esso  duca    di  Ferrara    per  nome 
Isabella  j  nel  febbraio    di  questo  medesimo 
anno  era  passata   a   Mantova    ad  unirsi  in 
matrimonio    con    Gìan-Francesco    Gonzaga 
marchese  di  quella  città  ,  il  qual  tenne  cor- 
te bandita  per  più  giorni ,    e  sfoggiò  forte 
in  solazzi    e    spettacoli    per    tali  nozze  *  . 
V'intervennero    quasi  tutti   gli    oratori  dei 
potentati  d"* Italia.  In  questi  tempi  ancora, 
perchè  Carlo  Vili   re    di    Francia  era  sde- 
gnato   forte   col    duca    di  Milano  a  cagion 
éì  Genova,  Lodovico  il  Moro  si  studiò  di 
placarlo  .    Ne    seguì    poi    la  concordia  con 
avere  il  duca  riconosciuta  dal  re  in   feudo 
quella    città ,   Altrettanto    avea  fatto  negli 
anni  addietro  il  duca  Francesco  Sforza  pa- 
dre d'esso  Lodovico* 


D  3  An- 


*  Cronica  di  Ferrara  T.  24.  Rer.  ZtaU 

*  Corto  Istoria  di  Milan§  . 


54  Annali    p' Italia 

Anno  di  Cristo  mccccxgi^  Ind.  ix, 
di  Innocenzo  VJII,  papa  8. 
di  Federico  III,  imperadore  40» 


1  asso  parimente  V  anno  presente  senza  azio»  1 
ni  degne  di  memoria  in  Italia  ,  perchè  du-  \ 
rò  in  essa  la  pace  universale  ^  .    Ma  giicr-  i 
ra  in  Ungheria  fu  fra  i  principi  pretenden-  ' 
ti  di  quei  regno.  Non  potè  contenersi  jSa-  j 
ìazetto  dal    profittar  di  così    propizia  con-  < 
giuntura  ,    Fece   delle    scorrerie  in  Unghe*  1 
ria  5  prese    alcune    città ^    e    diede  il  sacco  \ 
ad  una  grande  estension  di  dominio.    Non  ' 
lasciò  il    pontefice    dì    spronar    di  nuovo  i  1 
principi    cristiani  ,    acciocché     unissero    le  ^ 
lor  armi  contra   il    comune  nemico.   Mim-  I 
dò  ancora  le  tasse  di  quanto    avea   ognuno  | 
da  contribuire,  e  le  mandò   indarno.  Scu-  | 
sossi  ognuno,  e  terminò  tutto  questo  trat-  I 
tato  a  far  la  guerra  non  al  Turco ,  ma  ben-   | 
sì  alle  borse  degli  ecclesiastici ,  con  esser-  1 
si  ricavate    per    via   delle  decime  ,    somme  I 
grandi  di    danaro  :,  che  a  tutt' altro  furono    ^ 
impiegate,  fuorché  alla  guerra   co' Turchi,    ^ 
Per    attestato    dell'*  Infessura    ^  ,    in    questo   | 
anno  si  vide    in  Roma    un    uomo   (  non  si 
seppe  di  qual  paese  )  vestito  da  pezzente,,  e 
tenuto  per  matto,  che  portando  in  mano  una 
croce  di  legno ,  andò  facendo   per    le  piaz- 
ze 

*    Raynaldui   AnnaL  Eccl- 

^  Infess.  Diar.  P.  i.  T.  3.  Rer.  Ital, 


I^.„„„H,CCCXC,..        . 

THfelle  prediche  al  popolo,   prediche  c04i- 
tenenti  molta  eloquenza    e    dottrina  ,  nelle 
quali  diceva  essere  imminente  all'Italia  del- 
le tribulazioni  gravissime,  e  nominatamen- 
te a  Firenze,  Milano    e  Venezia.  Ma  per- 
ch'egU  disse    dover    ciò  avvenire    nel  pre- 
sente anno^  e    ne' due  susseguenti^  con  ag- 
giugnere  innoltre,  che  dovea  venire  un  pa- 
store angelico  y  il  quale  unicamente  avreb- 
be a  cuore  la  vita  spiritual    d^Ue  anime   • 
al  che. non    corrisposero  gli    effetti  :    mag- 
giormente, si  confermò  la  credenza,  ch'egli 
fosse  un  pazzo ,    Prepotente    era    in  questi 
tempi   la    fazion    de'  Baglionl   in    Perugia  , 
né  voleva  ammettere  in  città    la  contraria 
degli     Oddi  ,    da    molto     tempo    bandita  . 
Avendo  fatto    gli    ultimi   ricorso    al  papa  , 
n'ebbero  sempre  di    belle  parole,    ma  non 
mai  fatti.    La    disperazione    li    consigliò  a 
tentare  di  rientrarvi    per    forza  ^    ed    otte- 
nuto un  rinforzo  d'armati  del    duca  d'Ur- 
bino, nella  .notte  delli  sei  di  giugno  ,  sca- 
late le    mura,    s'impadronirono    de'  luoghi 
forti  della  città,  senzaché    in  favor  loro  si 
movesse,    siccome   speravano   ,    alcuno    dei 
cittadini  amici,  Alzossi  bensì  contra  d'essi 
tutto  il    partito    contrario,    e    per  forza  li 
cacciò    fuori    della    città .    Quanti  caddero 
nelle  lor  mani,  tutti  rimasero  barbaramen- 
te   uccisi,    o    impiccati;    e  furono    più  di 
centocinquanta  ,    fra  i  quali  Fabrizio  e  HI- 
dolfoj  amendue  prelati  della  corte  romana, 
condottieri  dell'infelice    brigata.  Spedi  to-. 

D  4  sto 


5^  Annali  d'  I  t  a  l  i  a 
sto  il  papa  colà  il  conte  di  Pitigliano  ge- 
nerale della  Chiesa  ,  acciocché  non  succe- 
desse di  peggio .  intanto  in  Milano  ^  la 
matta  ambizione  fece  nascer  delle  gare  fra 
Isabella  d'  Aragona  duchessa  di  Milano  ,  e  .^ 
Beatrice  d^  Este  moglie  di  Lodovico  Sforza  1 
il  Moro  .  Volea  cadauna  d'  esse  soprastare 
all'altra  negli  ornamenti,  e  ne'  pubblici 
luoghi.  Da  questa  femminil  discordia  quan- 
ti malanni  prendessero  origipe  per  la  rovi- 
na d'Italia,  non  tarderemo  molto  a  veder- 
lo .  Nel  dì  dodici  di  febbraio  giunse  a  Fer- 
rara *  Anna  Sforza  ,  sorella  di  Gian-Ga^ 
leazzo  duca  allora  di  Milano,  presa  in  mo- 
glie da  Alfonso  d'Este^  primogenito  d'£r-  ì 
cole  I  duca  di  Ferrara,  nella  qual  occasio-  ^ 
ne  abbondarono  in  quella  città  feste  e  ì 
sontuosi   solazzi.  .        l 

! 

Anno  di  Cristo  mccccxcii  ,  Ind.  x.  ^ 

di  Alessandro  VI ,  papa  i.  ; 

di  Federico  III,  imperadore  41. 

1-^i  mirabil  allegrezza  si  riempiè  in  questo  ! 
anno  l'Italia,  anzi  tutta  la  Cristianità  per  j 
la  conquissa  di  Granata  ^ ,  fatta  da  Ferdi- 
nando il  cattolico^  é  dìi  Isabella^  re  di  Ca-  \ 
stiglia  e  d'Aragona,  restando  con  ciò  sni-  \ 
dati  una  volta  i  Mori  maomettani  da  ogni  • 

si-  ' 


'  Cerio  Isteria  di  Milano . 

*  Cronica  di  Ferrara  Tom.  24.   Rcr.  ItaU 

^  i  aynaldus  Annali  Eccies, 


Anno  MGCCCXCIL  r,^ 
tìgfìorìl  dominio  nella  Spagna  ,  dopo  \ver 
ivi  tenuto  il  piede  per  ottocento  anni .  Fin- 
qui  Lorenzo  de^  Medici  avea  non  già  con 
titolo  alcuno  di  signore,  ma  bensì  coli' au- 
toiità  sua  tenuto  in  pugno  il  governo  del- 
la repubblica  fiorentina  ^  ,  in  cui  facea  e 
disfacea^  ma  con  tal  senno  ed  amore  alla 
patria,  con  tal  magnificenza  e  liberalità  , 
che  non  men  Firenze  si  trovò  felice  sotto 
di  lui ,  che  egli  stesso  celebrato  e  stimato 
in  tutte  le  corti  de' principi  cristiani,  ed 
anche  presso  il  granturco^  e  presso  il  sol- 
dano  d'Egitto.  Era  egli  pervenuto  all'età 
di  quarantaquattro  anni ,  quando  il  chiamò 
Dio  all'  altra  -vita  nel  dì  sette  d'  aprile 
dell'  anno  presente  * .  Kestarono  di  lui  tre 
figliuoli ,  Pietro  che  fu  confermato  negli 
onori  del  padre  dalla  repubblica.  Giovane 
ni  cardinal  giovinetto,  che  fu  poi  papa 
Leone  X,  e  Giuliano»  Fra  le  altre  lodi  che 
a  gara  diedero  gli  scrittori  suoi  contempo- 
ranei »  Lorenzo,  sìngolar  fu  quella  del  suo 
amore  non  men  verso  le  lettere  ,  che  verso  i 
letterati .  Segui  verso  il  fine  di  gennaio ,  se 
crediamo  ai  Rinaldi  '  ,  o  piuttosto  di  mag- 
gio ,  come  vuol  l' Infessura  ^  ,  accordo  fra 
^apa  Innocenzo  e  il  re  Ferdinando .  Proba- 
bilmente la  paura  ottenne  ciò  che  la  ragione 
non  avea  finqui  potuto  conseguire  .  Sapeva  il 

re 

'   Ammirati  Istoria  di  Firenz.ù  - 

Diar.   Romjn.  P.  2,  Tom.  ix.  Rer.   ìtat. 
'    Raynalfius  Annrtl.  Eccl. 
•^  l'ìfessura  Diar.  P.  1.  T.  3.  Rer.  Ital. 


58         Annali   D'IxALXf 

re  ,  quanto  la  sua  crudeltà   avesse  alienato 
da  lui  i'  animo  della  sua  baronia  ,  e  stai'  es- 
•  sa  colle  mani  giunte  aspettando,  chi  venis- 
se alla  conquista    di  quel    regno  •    Non  era 
ignoto^  che  vi  pretendea    Carlo  Vili  re  di 
Francia  per  le  ragioni  (non  cerco,  se  fon- 
^  date  o  no  )  a  lui  cedute  dà  Jìenato  duca  di 
**  Lorena.  Andava  innoltre  crescendo  del  ran- 
core tra   Ferdinando   e    Lodovico  ih  Moro  , 
Però  venne  il  tempo  di  pacificare  il  papa  , 
per  averlo  alle  occasioni  non  nemico  ^  ma 
favorevole.  Si  conchiuse  dunque  T  accordo, 
avendo    il    re    promesso    di    pagar  V  annuo  1 
censo j    come    avea    pattuito    il    re   Alfonso   ' 
suo  padre .    Ferdinando    il  cattolico    quegli   | 
tu    che  trattò  l'affare.  In  segno    della  rin-    ] 
«ovata  buona  amistà  entrò  in  Roma  nel  di    j 
27  di  maggio  Ferdinando  principe  di    Ca-    j 
pea ,  primogenito  à^  Alfonso  duca  dì  Cala-   ,; 
buia  ,  e  nipote  del  predetto  re  Ferdinando^    ^ 
il  quale  diede  V  ultima  mano  a  quella  pa-    . 
ce .    Sfoggio    di    magnificenza    tale    fece    il    ; 
cardinale  Ascanio    Sforza  y    accogliendo  nel    i 
suo  palagio  questo  principe^  che  T  Infessu-    ì 
ra  non  si  attentò  a  darne  la  relazione  per    \ 
timore  che  fosse  creduta    un'esagerazione,    \ 
o  fola  .  E  i  buoni  Napoletani ,  non  conten-    \ 
ti  di    sì     nobil    trattamento  nelF  andarsene    j 
portarono  seco  per  memoria  anche  gli  appa-    j 
rati  delle  stanze,  i  panni  lini ,  etuttoquan-    | 
to  poterono  dal  palazzo  d'esso  cardinale.       { 
Sul  principio  di  luglio  cadde  gravemente    1 
infermo  papa  Innocenzo  FI/I,  e  dacché    fé-    j 

ce        j 


^^^r  Anno    MCCCCXCJL  59 

'^^^^ner  di  sua  vita  ,  i  cardinali  misero  m 
castello  sant' Angelo  Zizim  fratello  del  gran- 
signore   ^.  Nella  notte  poi  del  dì   25  d' es- 
ra  mese,  Tenendo  il  dì  26  terminò  il  pcn- 
tefice    le    grandezze  umane    con  gran  com- 
punzione di  cuore,   per    comparire  al  tri- 
bunale  di  Dio.    L' essere    egli  stato  iipmo  r 
mansueto,  ed  amator   della  pace,  e  T  aver 
fatto    di    belle    fabbriche    in    Roma    ,    ca- 
gion  fu,  ch'egli  lasciasse  piuttosto  dopo  di 
se  un  buono,  che  un  cattivo  nome.  Pel  de- 
siderio violen,to,    comune  ad  altri    p?pi  di 
que*  tempi ,  d'arricchire  il  figlio  suo  Tran- 
ceschetto  Cibò^  diede    occasione  di  mormo- 
rare a  non  pochi.  Tuttavia  non  imitò  e§}i 
alcuno  de' predecessori  ,  né  simile  fu  ad  al- 
tri de' successori  ^  che  s'immersero  in  guer- 
re, e  logorarono  i  tesori  della  Chiesa,  col 
segreto    principal    motivo    4' i"g*"<^"dii^G   ^^ 
lor  case_,    e  di  procurare  Stati  principeschi 
ai  loro   nipoti  .    Rimase    veramente     ricco 
Franceschetto,  ma  non  di  magnifici  Stati  ; 
e  que' pochi  ancora,  ch'avea,  cioè  la  con- 
tea d'  Anguillara  ,  Curveteri  ,  ed  altre  pic- 
ciole    castella,    le    vendè  egli    nel  febbraio 
dell'anno    sequente    quasi    tutte  a  Virginio 
Orsino^    restando    solamente    conte   di  Fe- 
rentino. Giunse  dipoi  la  nobil   casa  Cibò, 
ma  molto   dopo  la  morte  del    pontefice  In- 
nocenzo ,    e  coir  aiuto  della    casa  de' Medi- 
ci,  «ad  acquistare  il  marchesato  ,  oggidì  du- 

ca- 

'  Di'ar>  Ro'nan.   Tom.  cod- 


6o  At^NALID'lTAtlA  ì 

cato  di  Massa  e  Carrara,,   mediante  il  ma-    ^ 
trimonio  di  Franceschetlo  con  Rlcciarda  Ma*   ^ 
laspina  erede  di    quegli  Stati.   Nel  Jì    un-   \ 
dici  d'  agosto  ^  fu  eletto    papa   Roderigo  , 
ossia    Rodrigo    Borgia  ,  cardinale ,    vescovo 
di  Porto,  e  vicecancelliere  della  Chiesa  ro- 
mana ^  nativo  di  Valenza  in  Ispagna  ,  i  gè-  j 
nitori  suoi  furdno  Goffredo  Lenzoli  ed  Isa- 
bella Borgia  5  sorella  di  Callisto  III  papà  . 
Prese  il  nome  di  Alessandro   VI;  e  nel  di 
26  d'agosto  fu  con  gran    solennità  corona- 
to ,  e    concorsero    le  ambascerie    di  tutti  i 
principi  cristiani  a  prestargli    ubbidienza  . 
Non  v'ha  scrittore  (  e  non  ne  eccettuo  gli  | 
stessi  annalisti  sacri)  che  non  detesti ,  o  non  ^ 
deplori  1'  assunzione  al  trono  pontificale  di   : 
un  uomo  tale,  pubblicameilfe  screditato  per   ; 
»la  sua    licenziosa  ed    impudica  vita  ,  e  che    : 
comunemente    fu    creduto^    aver   impiegate    * 
le  adunate  sue  ricchezze    e'  le  promesse  di    * 
Stati  e  di  dignità,    per  comperare  le  chia-    • 
vi  di  s.  Pietro.  Certo    è,    che  i    porporati    | 
d'allora  invece  d'eleggere  il  migliore,  co-  ^\ 
me  portava  il  loro  dovere ,  elessero  il  peg-    | 
giore,  a  seconda  dell' umana  cupidità:  col-    ] 
pa  de' malvagi  esempli  ^  e  della   corruzione    \ 
allora  dominante  ,    per  cui  giunsero   alcuni    \ 
papi  y  fino  a  gloriarsi  d' aver    de'  figliuoli  .    ■ 
E  quattro  appunto  questi  ne  avea^  notissi-    ; 
mi  a    tutta  Roma,    e   più  ancora  noti    da    1 

lì 

'   Infessura  Diar.    Tom.  3.     Rer.  ttal.    P inviti.    Marianft  ,      i 
6*  aia-  J 


Anno  MCCCCXCII.  .  6i 
lì  innanzi  ^  cioè  Giovanni ,  a  cui  il  padre 
ottenne  in  Ispagna  il  ducato  di  Gandia  , 
Cesare^  di  cui  avremo  troppo  da  parlare  , 
Giuffrè  y  e  Lucrezia  a  lui  nati  da  Vannozia 
cortigiana  famosa  .  Il  benignissimo  Iddio 
ha  conservato  j  e  conserverà  sempre,  se- 
condo le  divine-  sue  promesse  ,  illibata  dagli 
errori  la  Chiesa  sua  santa ,  né  lasceran  per 
questo  di  nascere  in  tssa  di  tanto  in  tanto 
degli  scandali  ;  ma  guai  a  chi  reo  fu  ^  o  sarà 
di  questi  sconcerti  nella  casa'  del  Signore  . 
Creato  che  fu  il  nuovo  papa  Giuliano  del- 
la Ro-vere  ,  cardinale  di  s.  Pietro  in  Vin- 
cola ,  che  fu  poi  papa  Giulio  II  non  iidan- 
dosi  di  questo,  com'egli  solea  dire,  Ma- 
rano ,  perchè  avea  avuto  delle  gare  con 
lui  ,  sino  a  strapazzarsi  villanamente  V  un 
Taltro,  sul  fine  di  quest^  anno  si  ritirò  ad 
Ostia,  e  quivi  si  fortificò.  Credendo  poi  di 
essere  rimesso  in  grazia  d'Alessandro,  se 
uè  tornò  Vk  Roma;  ma  accortosi  d'esser® 
in  pericolo  ,  finalmente  andò  in  Francia  ^ 
né  più  si  lasciò  attrapolar  dalle  promesse  , 
né  da  belle  parole  ^.  Molti  ancora  de' car- 
dinali che  aveano  venduti  i  lor  voti  e  le 
loro  coscienze  per  far  questo  papa^  coi 
tempo  trovcìrono  d'avere  eletto  il  proprio 
loro  carnefice.  L'Italia  nel  presente  anno 
somministrò  alla  Spagna  ,  cioè  al  cattolico 
re  Ferdinando  e  alla  regina  Isabella  consorti 
un  mirabil  uomo,  cioè  un  sempre  memo- 
ra n- 

*   'ìuicciardini  Istoria,  d''  Italia  % 


Gz  Annali     d'  I  t  a  l  i  a 

rando  strumento,  per  arricchire  i  loro  re-" 
gni  ^ .  Questi  fu  Cristoforo  Colombo  ,  nato 
in  Genova,  o  per  meglio  dire  in  un  viU 
laggio  vicino  a  Genova  (  altri  il  fece  savo- 
nese )  dì  genitori  plebei,  ma  d'ingegno 
nobile ,  di  cui  tanta  fu  la  prespicacia  e  la 
fortuna^  che  arrivò  a  scoprir  varie  isole| 
neir  oceano  occidentale^  ed  apr)  T  adito  ad] 
altri  di  scoprire  la  terra-ferma  deirAme-j 
rica  ,  cioè  un  nuovo  mondo ,  creduto  sco^ 
nosciuto  finora  ^  ma  che  sembra  essere  sta-^ 
to  in  qualche  guisa  accennato ,  o  predetta! 
da  alcuni  antichi  scrittori^  Rapporta  ilLei^ 
bnizio  *  una  lettera  di  Fcrdinundo  re  dii 
Napoli  scritta  nei  1474  a  Lodovico  XI  rej 
di  Francia /  dove  si  duole,  che  sieno  sta-^i 
te  prese  due  sue  galee  incamminate  iflf^ 
Fiandra  da  un  Colombo  suddito  d'  esso  rcj 
Luigi.  Pensò  quel  valentuomo,  che  questi] 
fosse  il  celebre  Cristoforo  Colombo:  cosa  aj 
mio  credere  lontana  dal  vero  per  vàrie  ra»; 
gioni.  \ 


An- 

*  Jacobi  Philippus  BergomenS'  Hist.  Giuitimani  Isteria  di 
Cenava.  Mariana.,  Fazell-  &  aJii . 

*  Leibìiit'  Prodrom.  ad  Ced.  Jur-  Geni. 


Anno     MCCCCXCIII.         ^^ 

Anno  di  Cristo  mccccxciii  ^  Ind.  xi. 
di  Alessandro  VI,  papa  2. 
di  Massimiliano  1^  rede^Rom.   i. 

i--^opo  avere  Timperador  Federigo  Ut  per 
più  di  qnarant'anni  posseduta  V  imperiai 
corona  ,  senza  eh'  egli  giovasse  ^  o  nocesse 
all''  Italia  ^  ,  avendo  unicamente  atteso  a 
guerreggiare  in  Ungheria ,  Boemia  ,  ed  tn 
altri  luoghi  oltramontani  ^  disse  T  ultimo 
addio  alla  vita  presente  nel  dì  19  venendo 
il  dì  20  d"*  agosto  ,  in  età  di  ottant'  anni  : 
cosa  in  qiie'' tempi  rara  fra  i  principi.  Suo 
figlio  Massimiliano  I  già  re  de'  Romani 
succedette  a  lui  nell'  amministrazione-  delT 
imperò  .  Fu  egli  il  primo  ad  intitolarsi 
imperadore  eletto  de'  Romani ,  con  essere 
poi  andato  anche  in  disuso  l'aggiunto  die/et- 
to ne' tempi  susseguenti.  Cominciò  in  que- 
st'anno ad  intorbidarsi  il  sereno  dell'Ita- 
lia. Gli  ambiziosi  disegni  ài  Lodovico  Sfor^ 
za ,  detto  il  Moio  ^  qui  furono ,  òhe  die- 
dero moto  alle  discordie ,  e  poscia  ad  atro- 
cissime guerre,  che  per  anni  moltissimi 
lacerarono  il  seno  di  queste  prcvincie.  Era 
già  pervenuto  ad  età  capace  di  governare 
i  suoi  popoli  Già  ri' Galeazzo  Sforza  duca  di 
Milano  :  pure  continuava  esso  Lodovico  suo 
zio  paterno  a  fare  il  reggente^  e  con  ap- 
parente disposizione    di  non  voler   più  de- 

por- 

*   Tfithertì.  Cuspinian.  6*  atti  . 


^4  Annali    D*  Italia 

porre  questa  autorità  ^,  dappoiché  aveaoc-  ■ 
cupato  i  tesori  della  casa  Sforza^  e  in  ma- 
no sua^  cioè  d'ufiziaii  suoi  confidenti,   sta- 
vano tutte  le  fortezze  del  ducato   di  Mila- 
no •  Non  potè  contenersi  Isabella  moglie  di' 
esso  duca  di  portar  delle  querele  di  un  taltj 
trattamento  aà  Alfonso  duca  di  Calabria  suo 
padre  *  che  se  ne  sdegnò    forte,    ed  operò 
in  maniera  ,  che  il  re  Ferdinando   suo  pa- 
dre spedi.  ncU'anno    precedente    un'  amba- 
sciata a  Lodovico,  per    consigliarlo   dolce- 
mente a    rilasciare    il    governo  al  duca  ni-j 
potè.  Lodovico,  che  non  se  ne  sentiva  vo-| 
glia  ,  ed  era  peraltro  un  finissimo  dissirau-  | 
latore^  rimandò   con  risposte  cortesi  Tarn-  | 
fasciatore  3    quindi    pieno    di    livore  e    di  j 
vendetta  ,    &i    diede  a    ruminar  le  maniere  i 
di  abbattere  il  re  Ferdinando  y  consideranr  I 
do  per    signore    possente  ad    ottener   colla  ; 
fofza  ciò  ,  che  non  si  volea    concedere  per  j 
amore.    11  bel  ripiego,    ch'egli    prese,    fui 
quello  d'invitare    air  impresa  del  regno  di  1 
Napoli  il  giovane  Carlo    Vili    re  di  Fran-  \ 
eia,    offerendosi    pronto    a    sovvenirlo  con  • 
gente  e  danaro.  La  lettera  scrittagli  a  que-  i 
sto  effetto  da  esso  Lodovico  ,  vien  rappor-  ] 
tata  dal  Corio  ;  e  il  conte  Carlo  di  Belgio-  \ 
ioso^  oratore  di  Lodovico  in  Francia-,  fu  in-  ! 
caricato  di  promovere  questa  incombenza  .  i 
Opera    eziandio  fu    del    medesimo  Sforza  ,  j 

che       ^ 

i 

'   €ort-o  Istoria  di  Milano  •  ; 

*  Ammirati  Istoria  di  Firenzp  •  ■  i 


Anno    MCCCCXCIIL        65 

che  pa-pa  Alessandro  cominciasse  di  buon 
ora  ad  attaccar  liti  col  re  Ferdinando  ,  con 
fargli  credere  che  il  re  fomentasse  Virgi- 
nio Orsino^  contra  del  quale  era  in  colle- 
ra Alessandro,  per  aver  egli  senza  licenza 
pontificia  comperato,  siccome  di  sopra  ac* 
cennai,'  le  castella  di  Franceschetto  Cibò, 

In  Roma    il  cardinale    Ascanio    Sforza  j 
fratello  di  esso  Lodovico  ,  siccome  quegli  , 
che  più  degli  altri  avea  procurato  Tinnalza- 
mento  del  papa,  e  n'avea  avuto  in  ricompensa 
il  grado  di  vicecancelliere  ,  potea  molto  i  i 
quella  corte;  e  quegli   era,  che  attizzava  il 
fuoco  contra  del    re  Ferdinando^  Condusse 
anche  il  papa    a  fare  una    lega    particolare 
col  duca    di    Milano    e    co'  Veneziani    nel 
giorno  21   d'aprile,  la    qual  fu    poi  solen- 
nemente pubblicata  nella  festa  di  san  Mar- 
co ^y    senzache    se    ne    facesse    parola    col 
suddetto    Ferdinando,    e  co' Fiorentini  ,    i 
quali  si    allarmarono    non  poco  per  questa 
diffidenza  ,  quando  essi  erano  in   lega  collo 
stesso  duca  di  Milano.  Ma  il  solito  di  Lo- 
do-vico  Sforza  era  sempre  di  camminar  con 
doppiezze..  Cominciò  egli  innoltre  in  questo 
medesimo  anno    a   maneggiarsi    con    Massi- 
miliano Augusto    *  ,    per  ottenere  il  titolo 
e  Tautorità  di   duca  diMilano  ad  esclusion 
del  nipote.    Eppure    insieme    trattò^    anzi 
conchiuse    il  matrimonio    di  Bianca  Maria 
Tomo  XXII.  E  Sfor- 

■  Infesfura  Diar.  Par.  a.  Tom,  3.  Rtr.  Ttah'c^ 
*  Curio  Ist.  di  Milena» 


66         Annali    dMtalià 
Sforza^  sorella  del  vivente  allora  GLan-Ga- 
leazzo  Maria  duca  di  Milano j,  collo  stesso 
3Iassimiliano  ;  e  lo  sposalizio  fu  poi  solen- 
nemente  celebrate^     io    Milano    nel    giorno 
primo  di  dicembre.  Ma  intanto  "papa Ales- 
sandro andava    allestendo  e  ingrossando  le 
sue  soldatesche    con    gelosia    non    poca  del 
re  Ferdinando .  E  perciocché  una  delle  pri- 
marie applicazioni    di  esso  pontefice    sem- 
pre fu    quella    dell'  ingrandimento    de'  suoi 
figliuoli  :  in  quest'  anno  gli  riuscì  di  mari- 
tar   Lucrezia   sua    figliuola    con   Giovanni 
Sforza  (    e  non  già  con    Alessandro ,  come 
r  Infessurar  )  signore    di  Pesaro  .  Le  nozze 
con  gran  solennità,    ma  con   poca  onestà  y 
furono  celebrale  nel   pontificio  palazzo  nel 
dì  12  di  giugno  del  presente  anno.  Intanto 
il  re  Ferdinando^    vedendo    quai    nuvoli  si 
alzassero    contra    del    regno   suo  ,    a   tutto 
potere  si  studiò  di  placare,  anzi  di  guada- 
gnare papa  Alessandro   e  Lodovico;  il  Mo- 
ro. Fu  adoperato  Ercole  duca    di  Ferrara,, 
per    rimuovere    Lodovico    dalla    pazza  sua 
risoluzione  di  tirar  le  armi  francesi  in  Ita- 
lia^    né  egli  omise    uffizio  alcuno  per  otte- 
ner l'intento.  Ma  Lodovico  j  pien  di  presun- 
zione, mostrò  ben  nelle  apparenze  di  cede- 
re, ma  difatti  si  ostinò  nel  proposito  suo; 
e  tantopiù  perché  nel  di  ii  di  ottobre  col 
passare  all'  altra    vita    Leonora  duchessa  di 
Ferrara,  figliuola  del  re  Ferdinando^  ven- 
ce  a  mancare  una  principessa  che  avea  non 
poca  autorità  nel  cuore    di  Lodovico,  sic- 

co- 


Anno    MCCCCXCIII.         6? 
come  suocera  sua.  Per    conto  del  papa,  lai 
maniera 'di    fargli  deporre    l''avvsrsion  sua 
al  re  Ferdinando^  quella  fu  di  promuovere 
gli  avanzamenti  ^di  Gluffrè  figliuolo  di  esso 
pontefice  •*  V  ambizioso   papa  ,    che    deside- 
rava di  veder  la  sua  prole  imparentata  col- 
la real  casa    d"  Aragona,    dimandò    ed    ot- 
tenne, che  una  figliuola  bastarda  ài  AlSojiso 
duca  di  Calabria,  primogcnato  diFerdin^anr 
do ,  fosse  data  in  moglie  ad  esso  GiuìFrè  ^ . 
'uò  essere ,  che  questo  trattato  si  conchiu- 
desse solamente  nel!'  anno    seguente    *  .  OU 
treacciò    papa    Alessandro    in    una    promo- 
zione, ch'egli  (ecQ  di    cardinali    nel  dì  20 
di  settembre  j  ornò  della  sacra  porpora  Ce- 
sare  suo  figliuolo  che  fu  poi  conosciuto  sotto 
nome    di    duca    Valentino  y    il  qual  era  ,  o 
poi    divenne   un    mostro    d'  iniquità  :    pui'e 
Alessandro  gli  volle  dar  luogo  neirinsigne 
Ordine   de' cardinali  ,    quantunque^  molti    di 
loro    il    dissuadessero   dal    farlo,     ed   altri 
apertamente  ripugnassero.    Furono  in    essa 
promozione    compresi  Ippolito  Estense,  fi- 
gliuolo dei  dnca  di  Ferrara ,  ed  Alessandro 
Farnese^  che  fu  poi  papa  Paolo  III  ^  a  re- 
quisizione di  Giulia  la   Bella  ,  sorella ,  op- 
pur    parente   di    esso    Alessandro,    che  in 
questi  tempi  era  molto  considerata  in  Ro- 
ma. 

E  2  An- 

'  l'ìfessura  Diar.  Tom.  eod. 

^  Allegretti^  Istor-   eii  Siena  ,  Tom.  23.  Rer.  Itah 


o8         Annali    d'  I  t  a  l  i  a 

Anno  di  Cristo  mccccxciv_,  Indiz.  xii. 
di  Alessandro  VI  ,  papa  3. 
di  Massimiliano  Ij,  re  de' Rom.  2# 

V-wom4nciarono    in  quest'  anno    i  guai  dell' 
Italia,  gtiai  di  lunga  durata,  benché  fram- 
mezzati da  qualche  tregua-,  e  guai  superio- 
ri a  quei  degli  anni  addietro  ;  perchè  lad- 
dove tra    di  loro  ne'  tempi    passati  .aveano 
guereggiato  i  principi  italiani ,    ora  si  sca- 
tenarono tutte,  per  così  dire,    le  armi  ol-    | 
tramontane,    per  venire  a  far    qui  una  fu-    | 
nestissima    danza  .   Primieramente   essendo    i 
giunto  Ferdinando  re    di  Napoli  all'  età  di    | 
settant' anni    ^,    se  gli    caricarono    addosso    | 
dei  gravissimi  affanni  per  la  tempesta  ,  che    j 
contra    di    lui    si   preparava  in  Francia ,  e    ; 
non  minori  fatiche  per  mettersi  in  difesa  ;    | 
laonde  infermatosi,   finì  in  pochi  giorni  di    ; 
vivere  ,  lodato  per  varie  sue  belle  doti  dal 
Summonte  3  ^  ma  certamente  poco  amato  ,    j 
anzi  odiato    da  ognuno    per  le  sue  crudel-    ^ 
tà.  Il  Sanuto  *  storico    veneziano  s'  empie    | 
la  bocca  delle  iniquità  non  men  del  padre,    \ 
che  del  figliuolo.    Cadde   la  morte  sua  nel     ■ 
di   25  di  gennaio    deiraeno    presente,  e  a    \ 
lui  '  succedette    nel    regno  Alfonso  dìwa  di     j 
Calabria ,    primogenito    suo ,    la   cui  prima    1 

cu-         \ 


'   ìnfessura  Hiaf.    P.tr.   i..  Tom.    3.  Rcr.    Italie.    Arùmir.ttì 
Istoria  di  Firenze  .   Raynald.  Annal.   Bcdssinst. 
*  Summonte  Istoria  ài  Napoli» 
i  Sanuto  Istoria  di  i^enez,i/i  X.  a>.  B'-y.  I^al- 


Anno     MCCCGXCIV,         69 
cura    fu    quella    di    dar    V  ultima    mano  ai 
trattati    di  paee    col    papa^    per  ottener  V 
investitura  ,  ed  insieme  aiuti  da  lui  ne'  bi- 
sogni.  Infatti  nel  seguente  aprile  tutto  am- 
mansato il  pontefice  Alessandro  sinodi  il  car- 
dinale di  Moiareale  ,  cioè  Qlovan ni  Borgia 
suo  nipote  a  Napoli    colle  bolle  dell'inve- 
stitura ,  e  colla  facoltà    di  coronare  Alfon- 
so re    di    Napoli .   Nel   giorno    settimo    di 
maggio,    essendo    gi^    pervenuto    colà    esso 
cardinale    legato ,    si  celebrarono    le  nozze 
di  Sancia  figliuola  naturale    del    re  Alfon~ 
so  CQU  Giuffrè    figliuolo  del    papa  ,    di  età 
di   tredici    anni  ,•  e    furono    fatte    giostre , 
tornei,  ed  altre  feste.  Se  fosse  caro  al  pon- 
tefice questo  parentado.,  si  può  raccogliere 
dall' aver  egli  esentato  Alfonso  daH' annuo 
censo   del  regno  ,    sua  vita    naturai  duran- 
te ^ .  Il  regalo    fatto    alla  sposa    da  Giuf- 
frè in  gioie,  drapperie,   ed  altre-  robe,  fu 
creduto  ,  che  ascendesse  al    valore    di  due* 
centomila  ducati  d'oro.  All' incontro  il  re 
assegnò  peic  dote  alla  figliuola  il  principato 
di  Squillace.  Nel  Diario  diBurcardo,  cita- 
to dal  Pvinaldi ,  è  scritto,    avere    il  re  AU 
fonso  II  creato  Giuffrè  principe  di  Tricari- 
co  ,    e    conte    di    Chiaramonte  ,    Lauria  ,e 
Carinola.  Ciò  fatto,  papa  Alessandro  ,  che 
dianzi  entrato  nelle  sconsigliate  massime  di 
Lodovico    il    Moro    avea    inviato    in    Italia 
CarlQ  Vili  cangiò  sentimenti  e  linguaggio  . 

E  5  '  Scris- 

*  Summonte  IstoT'  di  K!a^oti . 


70  Annali     D'jTAtiA  t 

Scrisse    pertanto    a  qnel  re ,    dissuadendolo  1 

dal  venire  ,  con  rappresentargli  la  carestia  i 

e  peste^  onde  Roma  era  afflitta    ^,  ed  es-  | 

sersi    pericolo  ,    che    il    re  Alfonso  ,   mosso  } 

dalla  disperazione  ;,    chiamasse  in  sua  dife-  \ 

sa  i  Turchi  :  ig  che  sarebbe  la  rovina  dell'  | 

Italia.    Ma    il  giovane    re    di  Francia,  che 

dopo    essere     mancato    il    re    Ferdinando  ,  j 

principe,    il  qual  solo  pel    suo  gran"  seiino 

avrebbe  potuto  difficuìtare    i  suoi  disegni  , 

s'era   maggiormente     animato    alT  impresa 

del  regno  di  ÌSIapoli ,   nulla    badò  a  queste  | 

ciance^    e  seguitò  a  fare  il  fatto  suo.    Per  | 

mezzo  di  Guglielmo  Brlssónetto  prinio  mini-   | 

stro  procurò  il  papa  <li  ritardare  i  movimenti   | 

del  re  Carlo;  ma  iq  Francia  il  cardinal  Giz£-  | 

Viano  dalla  ffovere,    sdegnato   forte   contra   | 

papa  Alessandro,    seppe  così    ben    perorare    ;• 

presso  il  re,  al    quale  ancora  continui  im-    ^ 

pvilsi  dava  Lodovico  il  Moro,  che  si  affret-    j 

tò  più  che  mai    al    preparamento   delle  ar-    [ 

mi.  Spedì  il  re  in  Italia  alcuni  suoi  uffizia-    ■] 

li,  fra'quali  Filippo  di  Comines.  signore  di 

Argentone ,    quel  medesimo ,  che   ci  l'asciò    J 

una  veramente  savia  e  bella  storia  di  que-     ] 

stì  tempi  ,  per  iscandagliare    gli  animi  dei    1 

principi  d'Italia  .  Con  breve,  ma  saggia  ris-     i 

posta;,  che  nulla  concludeva,  si  sbrigarono     j 

da  tale  ambasciata  i  Fene^iani  e  i  Sanesi,     \ 

1  Fiorentini  e  il  papa  si    mostrarotto  con-     5 

'      tra-         j 

'  Infesiura  Diar.  Part.    i.  Tom.  3.  Rerum  J^tal.  Corto  Tst» 

df  Milano.  '     .    ■     .     ■>•:  \.:-^:i^.i^ 


Anno  MCCCCXCIV.  71 
trai] .  Ercole  duca  di  Ferrara _,  e  Giovanni 
Bentivoglio  esibirono  trattamento  alle  mi- 
lizie del  re,  ma  nulla  di  più.  Il  solo  Lo- 
dovico il  Moro  quegli  parea ,  che  con  calore 
assistesse  ai  Francesi . 

Ora  il  re  Alfonso  non  tanto  per  vendicar- 
si di  questo  principe  ,  la  cui  malignità  chia- 
ramente tendeva  alla  di  Ini  rovina  ,  quanto 
ancora  per  tener  lungi  da  se  la  guerra  con 
farla  nel  paese  altrui ,  inviò  per  terra  nel- 
fa  Romagna  don  Ferdinando  suo  primoge- 
nito duca  di  Calabria,  acciocché  la  rompes- 
se con  Lodovico .  Parimente  nel  mese  di 
giugno  mandò  -una  flotta  di  35  galee ,  die- 
ciotto navi  ,  ed  altri  legni  minori  j  coman- 
data da  don  Fedf^rigo  suo  fratello,  per  far 
qualche  tentativo  contra  di  Genova  ^  ,  sec- 
condato  da  Obietto  delFiescOj  che  §i  ribel- 
lò .al  duca  di  Milano.  Ma  essendo  già  cala- 
to Lodovico  duca  di  Orleans  e  signore  di 
Asti  in  Italia^  ed  imbarcatosi  nella  fiotta  re- 
galie ,  spedita  dal  re  Carlo  ^  nel  giorno  ot- 
tavo di  settembre  sbarcò  a  Rapallo ,  castel- 
lo pfeso  dai  Napoletani^  e  con  loro  venu- 
to alle  mani  ,  li  sconfìsse  in  maniera  ,  che 
la  flotta  nemica  fu  obbligata  a  tornarsene 
vergognosamente  a  Napoli .  Maggior  felici- 
tà non  incontrò  dipoi  V  armata  terrestre 
del  re  Alfonso  in    Romagna.    Nel  dì  nove 

E  4  op- 

'  Senarega  de  Reh.  Genueas.  T.  24.  Rer,  Tta'.  Sanuto  Ist. 
Ài  ren«t.  T.  21.  Rer.  Ttal.  Ammirati  Ist-  di  Fir.  Corto  Isu 
di  Milano  . 


jlt  Annali    d'  I  t  a  l  i  a 

t)ppure  undici  di  settèmbre  giunto  ad  Asti 
Carlo  Vili  re  di  Francia  coi  la  sua  arma- 
ta ^,  fu  quivi  sorpreso  dal  vaiuolo  .  Risa- 
nato arrivò  a  Pavia  ,  dove  godè  delle  ma- 
gnifiche accoglieiize  fattegli  da  Lodovico  il 
Moro  ,  ma  con  volere  per  ostaggio  della  di 
lui  tede  in  suo  potere  quel  casiello,  ed  ot- 
tennere.da  lui  in  prestito  ducentomila  du- 
cati d'oro.  Era  nel  castello  medesimo  gra- 
vemente infermo,  e  di  malattia  creduta  in- 
curabile, il  giovane  Gian  Galeazzo  Maria 
Sforza  duca  di  Milano,  con  opinione  uni- 
versale ,  che  un  veleno  datogli  da  Lodovi- 
co suo  zio  appoco  appoc©  il  menasse  a 
morte.  Fu  a  visitarlo  e  consolarlo  il  te 
Carlo  y  ed  Isabella  sua  moglie  gli  racco- 
mandò i  suoi  piccioli  figliuoli.  MsL  appena 
fu  passalo  il  re  a  Piacenza  ,  ovvero  a  Par- 
ma,  che  ricevette  l'avviso  della  morte  dell' 
infelice  duca,  accaduta  nel  dì  22  d'otto- 
bre ,  in  età  di  25  anni.  Fu  egli  compianto 
da  tutti  non  meno  per  l'innocenza  sua  , 
che  per  essere  stato  vittima  dell' ambizion 
di  suo  zio.  Né  qui  finì  la  tragedia .  Dovea 
succedere  nel  ducato  il  di  lui  primogenito 
Francesco  Sforza .  Lodovico  il  Moro  già 
avea  cominciato  ,  o  procurato  da  Massimi- 
liano re  de' Romani,  ossia  imp<^radore  elet- 
to, d'esser  egli  creato  duca  di  Milano  per 
quella  strana  ragione  di  dover  egli  essere 
anteposto  al  duca  Galeazzo  Maria  ^  già  suo 

fra- 

*  Memor»  de  Comnes  Uh,  7. 


Anno  MCCCCXCIV.  73 
fratello  defunto,  e  a*  di  liii  figliuoli,  per- 
chè Galeazzo  Maria  era  nato  da  Francesco 
Sforza  y  non  peranche  duca  di  Milano  j  lad- 
dove esso  Lodovico  nacque  -dal  padre  _,  'già 
«creato  duca.  Non  mancarono  mai  ,  né  man- 
cheranno pretesti  all'ambizione  umana  e 
all'interesse,  per  usurpare  T  altrui ,  se  con 
loro  il  poter  si  congiugne.  Leggesi  il  di- 
ploma spedito  da  Massimiliano  in  Anversa 
nel  giorno  quinto  di  settembre  di  quest'an- 
no press©  il  Corio  *  .  Il  sig.  Du-Mont  ci 
dà  questo  diploma  al  di  25  di  novembre 
dell'anno  seguente.  Comunque  sia,  certo 
è  ,  che  senza  aspettare  il  beneplacito  cesa- 
reo *  ,  Lodovico  il  Moro  venuto  a  Milano  , 
non  ancora  terminato  il  funeral  del  nipo- 
te ,  convocò  i  primati  della  città  per  la 
creazione  d'un  nuova  duca,  ed  avendo  ben 
istrutti  i  suoi  partigiani ,  costoro  mt^stra- 
rono ,  richiedere  il  pubblico  bene,  che  in 
tempi  sì  pericolosi  non  un  fanciullo ,  ma 
un  uomo  assennato  prendesse  le  redirvi  del 
governo ,  e  fosse  duca .  Però  senza  che  al- 
cuno osasse  di  contraddire,  Lodovico  prò- 
clarpato  duca  prese  lo  scettro ,  e  fra  le  gri- 
da allegre  dello  sconsigliato  popolo  cavalcò 
per  Milano.  La  vedova  duchessa  Isabella 
co'suoifigliuolini,  lagrimevol  esempio  dell' 
incostanza  delle  cose  umane  ,  fu  rinserrata 
nel  castello  di  Pavia. 

'   Corto  Ist.  di%Milano, 
*  Guicciardini  Tstou  lik  l. 


74      Annali   d'  Italia 

Intanto  al  re  Carlo  nacquero  sospetti  con»  j 
tra  dello  stesso  Lodovico ,  al  sapere  ,  che  il 
papa  e  i  Veneziani  faceano  de' maneggi  per, 
istaccarlo  da  lai  ,  e  poco  mancò  ,  che  non  de- 
sistesse dalT  impegno  preso  contra  del  regno- 
di  Napoli .  Ma  Lodovico^  a  cui  non  manca- : 
vanomai  in  bocca  le  beile  parole  ,  ed  alcuni ,ì 
avvisi  segreti  pervenuti  ad  esso  re  da  Firen-| 
ze  ,  dove  il  chiamavano  i  nemici  ed  emoli 
didietro  de'  Medici ,  l^  accesero  a  continua- 
re il  viaggio.  Parte  dell' esercito  suo  sotta 
il  ^ornando    del  Momiiensierl    andò  in  Pio- 
magna  ^  ,  e  fece  che  1' armata  di  don  Fer^ 
dlnando  duca  di  Calabria  si  ritirasse  a  Ce-| 
sena.  Da  questa  gente    fu  preso  .a  forza  dij 
armi  il  castello  di  Mordano    con  altre  del 
distretto  d'Imola,  commettendo  ivi  crudel- 
tà infinite    fino  ad  uccidere    i   bambini:  lo 
che  fece    correre    l'orrore  e  il   terrore  per  | 
tutta  r  Italia^  e  indusse  Faenza  e  Forlì  ad  | 
accordarsi    co' Francesi  .    Nell^ ultimo    rieu*  j 
sando  don  Ferdinando,  di  azzardarsi  ad  una] 
battaglia j,  e    sentendo    la  mala  piega,  che  | 
prendeano  le  cose  della  Toscana  ,    si  avviò  j 
alla  volta  di  Napoli^  e  cessa^'ono  i  rurjiori  | 
in  Romagna.  Passato  il  re  Carlo  perla  stra- ; 
da  di  Pontremoli   verso  la    Toscana  ,  pose; 
r  assedio  alla  rocca  di   Sarzanello  presso  a  \ 
Sarzana,  commettendo  le  sue  genti  crudeltà! 
dappertutto  ancora  con  gli  amici .  In  gran-  i 
de  agitazione  e  spavento  si  trovò  per  que-  | 

sto      ] 

*  Crmìica  MSta  di  Bologna.  \ 


Anno    MCCCCXCIV.        75 
sto  avvicinainento    la  città    di    Firenze    ', 
siccome  quella,  che  a  suggestioi|  di   Pietro 
de  siedici    s'era    finquì    mostrata    contra- 
ria   ai  disegtri    dei  Francesi;    epperò    esso 
Pietro ,    giacché    si    conobbe    decaduto    dal 
favore    det  popolo  fiorentino,    affin  di  pla- 
care   il  re,'  si    portò  a    visitarlo  vicino    a 
Sarzana ,    e    quivi    di    su^    testa  ,    e    senza 
commissione    alcuna  .della   repubblica^    sta- 
bilì un  accordo  col  re ,  dandogli  per  ostag- 
gio   della     fede   de'   Fiorentini    le    fortéz- 
ze  di    Sarzana,   Sarzanello    e»Pietrasanta  . 
Non  molto  dipoi  volle    il  re  Pisa,  e  Livor- 
no,   €    Pietro   gliele    diede  ,    [Promettendo 
il    re    con    un    pezzo  di  carta    di   restitui- 
re   tutto  ,    dappoicliè   avesse   conquistato  il 
regno  di  Napoli.  Andato  esso  re*  a  Lucca , 
oltre  all'aver  voluto  in  sua  mano  alcune  for- 
tezze,«volle  ancora  gran  somma  di  danaro 
da  quel  popolo  che  nulla  osò  di  negargli  • 
Era  in    questo  mentre,    cioè    nel    dì    8    di 
novembre,    ritoi'nato    a^Firenze    Pietro  del 
Medici^  per  rendere  conto  delP imprudente 
suo  negoziato  •  ma  nel  dì  seguente  si  trovò 
chiuso  r  adito  al  palazzo  del  pubblico,  es- 
sendo sommamente  irritati    contra  di  lui  i 
ma^istrati  per  l'accordo    suddetto    *.  Poco 
stette  a  sollevarsi  il  popolo  stesso  :  laonde 
Pietro  montato  a  cavallo  col  cardinal  Glo- 

van- 


'   ammirati  ìst.  di  Pir, 

^  Guicciardini  Jst.  d'Italia.   Ammirati  lit-  di    Fir,    KaiJi 
Ift.  di  Fire?ì7iC  ,  ed  al  tri  . 


7^)  Annali    d'  1  t  a  t.  i  a  I 

vanni  y  e  GiuHano  s^uoi    fratelli,    si    fuggii 
con  grandetta  fuori  della  città,,  né  si   fer-ii 
mò  ,  finché  giunse  a  Bologna  .  Nel  raedesi-i 
rno  giorno  fu  egli  dichiarato  co' fratelli  ri-* 
bello ^  posta  taglia  contro  le  loro  persone, 
e  poscia  messo  a  sacco  il   ricchissimo  loro 
palagio.  Intanto  fece  il  re  di  Francia  l'en- 
trata sua    in   Pisa  ,    dove    nel    dì  9  di  no- 
vembre a^ttruppatasi  quella  nobiltà  e  popo- 
lo, ad. alte  voci  dimandarono  al  re  la  liber- 
tà^ 6    parendo  Joro ,   che    le  buone  parole 
del  re  fossero  un  chiaro  consentimento  alldf 
laro  dimande  ,  subitamente  corserso  la  'ter4 
ra  ,  scacciaTido    i  commissarj  ,    e  disfacendo! 
le  insegne  della  repubblica  fiorentina:  avve-j 
nimento  ,  che  trafisse  il'  cuore    de'Fiorenti-i 
ni.  Conttrttociò  spediti  ambasciatori  a  Pisa,! 
cercarono  d'intavolare  col  re  qualche,  accor-j 
do.  Convien    credere,    che    fosse  ir»  buono  ^ 
stato  il  maneggio  ^  ,  perchè  il  re  Carlo  nel  \ 
dì    17   di  novtimbre    venuto    alla     volta    dì 
Firenze,  fu  ricevuto  in  quella  città  non  so- j 
lo  pacificamente  coli' esercito    suo,  ma  an- i 
Cora  con  tutta  m3Q;nificeBza.  Allora  si  sco- ; 
pri  meglio,    dove    possa    giugnere    la    non  < 
mai    sazia    ambizion    de' potenti.    Dure  ed  j 
indiscrete    condizioni    cominciò    imperiosa-  \ 
mente  a  pretendere  il  re  da' Fiorentini ,  cioè  | 
somme  immense  di  danaro  ,  le  restituzione  ! 
di  Pietro    de' Medici,    e    infine    il  dominio  1 
«iella  città  :  cose  tutte  <:he  naoveano  a  rab-  \ 

bia      i 

'   Allegretti  Tsto-r.   di  Sienn  ^   T.  13.   Rev.  Tt>7l- 


Anno    MCCCCXClV.         77 
tia  elfi  trattava  di  tali  affari  per  parte  dei 
Fiorentini.  S'era  pervenire  a  .qualcne  brut- 
to spettacolo ,   se    non    fosse    stato   Pietro  , 
Capponi  uno  de' deputati,  il  quale  montato 
in  collera    al  vedere,    che  da' ministri    del 
re  si  dava  earta  d'accordo,  come  loro  pia-  ' 
ceva ,  senza    volere    far  conto    alcuno  delle 
ragioni  de'  fiorentini ,    arditamente  in  fac- 
cia dello  stesso  re  stracciò    quella  carta  ^, 
e  ai  regi  ministri  che  a^veano  accompagna- 
to con    alte    minacce  lo    scritto  ,    animosa- 
mente rispose:  Voi  darete  nelle  vostre  trom- 
be ,  e  noi  soneremo  le    nostre    campane  :  io 
che  detto  ,  uscì  tosto  della  camera.  Questo 
parlare  che  potea    facilmente  partorir  gra- 
vissimi sconcerti,  Dio  volle,  che  terminas- 
se in  bene  .  Si    ridussero  i    regi  ministri  a 
condizioni  più  discrete,  e  nel  dì  26  di  no- 
vembre seguì  l'accordo,  in   cui  i  Fiorenti- 
ni promisero    al    re    centoventimila   scudi  , 
cioè  cinquantamila    in  termine    di  quindici 
dì,  e  in  altre  rate  il  resto.  Per  Io  contra- 
rio il  re  promise  la  restituzion  delle  terre 
in  tempi  determinati.  Pietro  de^ Medici  re- 
stò in  bando.    Partitosi    poi    di    Firenze  il 
re  nel  dì    28    del  mese    suddetto    s'incam-. 
minò    verso    Roma  * ,   e    nel    dì    2  dicem- 
bre entrò    in  Siena  ,  dove  ancora  seguendo 
il  re,  arrivò  nel    di    seguente    il  cardinale 
di  s.  Pietro  in  Vincola,  cioè  Giuliano  della 
Rovere,  V'ha  più  d' uno  scrittore  afFerman- 

*  Ammirati  Jitrr.  di  Firenze-  Guicciardin.   Tst,  d"* Italh  ^ 

*  Philip,  de  Ccmines,  Burchardus  in  Diat, 


78  A  N  N  AL  I    d'  Italia 

te,  che  papa    Alessandro  ledi  re   Alfonso  ,  3 
dacché  s'avvidero  di  non  aver  forze  bastan-  ì 
ti    ad    impedire    il    progresso    dell'  armata  i 
Francese,  1^  quale  unita    coIT  altra  di  Rcw' | 
magna  alcuni  ficcano  ascendere  sino  a  ses*  | 
santamila  persone,  ma  verisimilmente  sarà  | 
stata  molto  meno,   ricorsero    per    aiuto  ai- 
Turco  ^  acciocché  spedisse  un  possente  cor-* 
pò  di  sua  gente    alla    difesa    del    regno  di 
Napoli  ;  ed  aver  infatti  Baiazetto  preparate 
alla  Vallona  alcune  migliaia  di  combatten- 
ti ;  ma  intesi  dipoi  i  prosperosi  successi  dei 
Francesi  nel  regno ,  meglio  credette  di  non 
inimicarsi  un  re  sì  potente,  affinchè  la  vo- 
ce   ch'esso  re  Carlo  avea  fatta  correre  pres- 
so i  buoni  cristianelli   d'  essere    venuto    in 
Italia,  per    andar    contro    ai    Turchi ,  notiP 
gli  venisse  voglia  un  dì  di    renderla  véraw 
3:)icerie  di  belli    o  maligni    ingegni    verisi- 
milmente furono  queste.  Nel  giorno  stesso, 
in  cui  Carlo  Vili  entrò  in  Firenze,    mancò 
di  vita  in  quella  stessa  città  Giovanni  Pi-^ 
co  signore    della    Mirandola    in  età   di  soli 
trentatrè  anni  * ,    eppur  giunto   in  sì   poco 
tempo  di  vita  a  merirarsi    il  titolo  di  Fe-i- 
fjice  degl'ingegni:  sì  grande  era  il  suo  sa- 
pere ,  sì    maravigliosa    la  sua  perizia  nelle 
lingue  orientali  ,  accompagnata  eziandio  da 
una  rara  pietà,  ed  illibatezza    di  costumi- 
Parimente    nel    settembre    di   quesl'  anno  * 

finì 

*  Johann.  Franciscus  Pico  in  Vit.  J&h.tnnis  Pici  . 

*  Jovius  in  Elo^' 


Anno  MCCCCXClV.  7^ 
fini  1  suoi  giorni  in  Firenze  Angelo  FolU 
ziano  in  età  di  quarantanni,  anch'esso  uno 
de' più  felici  ingegni^  clìtì  si  avesse  allora 
l'Italia.  Né  è  naen  dégno  di  memoria  Er- 
molao  (  chiamato  nel  dialetto  veneziano 
Almorò  )  Barbaro  nobile  veneto ,  che  pochi 
pari  in  sapere  ebbe  in  questi  [tempi,  come 
attestano  i  suoi  libri.  Anch'agli  nell'anno 
presente  in  Roma  terminò  di  vivere  in  età 
di  quarantun'  anno,  e  in  tempo  che  era 
preparata  la  sacra  porpora  al  merito  di  lui. 

Anno  di  Cristo  mccccxcv,  Ind.  xiif. 
di  Alessandro  VI,  papa  4. 
>di  Massimiliano  I,  re  de'Rom.  3. 

Uno  de' primi  a  far  muovere  di  Francia 
il  re  Carlo  Vili  ^  era  stato  ^^a-pa  Alessan-* 
dro  VIj  senza  ben  pesarne  da  quel  gran  po- 
litico ed  astuto  uomo  eh' era  j,  le  perverse 
conseguenze  di  un  tal  consiglio.  Ma  allori- 
che  vidfc ,  che  entrato  con  tante  forze  que- 
sto re  in  Italia  ,  e  pervenuto  fino  in  To- 
scana, non  v'era  città,  ©fortezza,  che  non 
gli  portasse  le  chiavi,  cominciò  a  provar 
degli  affanni  e  tormini  gravissimi ,  perchè 
considerato  come  aperto  nemico  di  un -re, 
a  cui  nulla  resisteva  ^ .  Nel  dì  9  di  dicem- 
bre aveva  egli  fatto  mettere  in  onesta  pri- 
gione i  cardinali  Ascanio  Sforza^  e  Sanse- 
-verino  ,  come  parziali  de'  Francesi ,  e  man- 
da- 

i  Burchardus  Biar>  Mpdd  Kajnali. 


So  Annali  D^  Italia 
dati  in  castello  sant'  Angelo  Prospero  Co* 
lonna  e  Girolamo  Tuttavilla .  Cominciò  poi 
in  lontananza  a  trattare  d'accordo  col  re» 
Questi  fece  istanza  ne'  preliminari ,  che  sii 
liberassero  i  due  cardiuali  ;  ed  aggiunse  l| 
che  avendo  il  pontefice  lasciato  entrare  *ii| 
Roma  Ferdinando  duca  di  Calabria  colh 
genti  sue  jiemiche  (questi  poi  si  ritirò 
primachè  arrivassero  i  Francesi  )  anch'  egli 
voleva  entrarvi  :  che  peraltro  egl'era  pron- 
to alla  concordia.  Nel  dì  19  del  suddettqj 
dicembre  fu  spedito  dal  papa  al  re  il  car-^ 
dinal  Sanseveriho^  e  questi  almeno  otten-| 
ne,  che  pacificamente^  e  salvo  l'onore  deU 
la  maestà  ed  autorità  pontifizia,  il  re  fa-> 
cesse  la  sua  entrata  in  Roma  .  Nella  notta 
dell'ultimo  dì  di  dicembre,  venendo  il  dì* 
primo  dell'anno  presente,  arrivò  il  re  di| 
Francia  a  Roma,  e  v"*  entrò  tenendo  tutttìtj 
le  sue  genti  di  armi  la  lancia  sulla  coscia ^ 
Dal  popolo  romano  gli  furono  presentate  le^ 
chiavi  della  città^  ed  egli  poscia  andò  adj 
alloggiare  nel  palazzo  ben  ammobigliato  dii 
s.  Marco.  Il  pontefice  Alessandro  che  non^ 
sapea  quanto  si  potesse  promettere  de'  bal-i 
danzosi  e  sdegnati  Francesi  ,  avea  preso  I03 
spediente  di  ritirarsi  in  castello  sant'An-i 
gelo,  per  trattar  con  più  sicurezza  della; 
concordia  e  del  suo  decoro  ^  .  E  ne  trattòj 
pet  mezzo  de' ministri  del  re,  conchiuden-j 
do  finalmente  queir  accordo  che  potè .  Nonj 

man- 

*  Guiccf ardiri.  Jst,  Coniines^  RaynftJdus  Annal.  Eccl.  \ 


Anno    MCCCCXCV.  8i 

mancarono  allora  cardinali  ,  e  massimamen- 
te Giuliano  della  Rovere y  ed  altri  semina- 
tori   di  discordia  ,    che  insinuarono   al  re  , 
questo  essere  il  tempo  d'intentare  un  pro- 
cesso contra  di  papa  Alessandro,  per  prò* 
Tare,    ch'^cgli  simoniacamente    avea  acqui* 
stata  la  sedia  di  san  Pietro^  e  menava  una 
vita  troppo  scandalosa   con  evidente  danno 
della  religion  cattolica  .  Ma  il  re  badando 
ai  consigli    del  Brissonetto  ^    a  cui    il  papa 
avea  promesso    il  cappello  cardinalizio,    si 
astenne  dall'  indurre   questo  sconcerto  nella 
Chiesa,    lasciando    a  Dio  il  gastigo    di  chi 
avesse  prevaricato,  ed  attese  a  ciò  che  ri- 
guardava i  proprj  interessi .  Fu  dunque  sta- 
bilito,   che    il  papa  per  sei  mesi   concede^ 
i^bbe  al  re  la  persona  di  Zizim   fratello  di 
Baiazetto,  con  promessa  di  restituirlo;  da- 
rebbe  ad  esso  re  l'investitura  del  regno  di 
Napoli ,    rimetterebbe    in  sua  grazia  i  car- 
dinali aderenti  alla  Francia  ,  lascerebbe  nel- 
le mani  del  re  Terracina  ,   Civita  vecchia^. 
Viterbo  e  Spoleti ,    finch' egli  ritornasse  da 
Napoli  ;    e  darebbe  per  ostaggio  di  sua  fe- 
de Cesare  cardinal  Valentino  suo  nipote  • 

In  vigore  di  tal  concordia  uscito  di  ca- 
stello sant'Angelo  nel  dì  i6  di  gennaio  pa- 
pa Alessandro  FI,  passò  nel  giardino  dei 
palazzo  vaticano^  e  quivi  fu  ad  inchinarlo 
il  re  Carlo,  ma  senza  baciargli  la  mano^ 
non  che  il  piede .  Si  abbracciarono  ,  fecero 
i  lor  complimenti,  e  il  re  senza  perdere 
tempo  fece  istanza  del  cappello  cardinalizio 
Tomo  XXIL  F  pel 


82  Annali     d' Italia  | 

pel    suo   primo  ministro  Guglielmo  Brlsso 
netto  ;    cosa    che    fu    con  subita  puntualità, 
eseguita.    Tenutosi  poi  pubblico  concistoro 
in  s.  Pietro    nel  giorno  19    del  mese    sud- 
detto^ vi  comparve  il  re^  e  secondo  il  Ri- 
tuale soddisfece  a  tutti  gli  atti  di  riveren- 
za v^rso  il  vicario  di  Cristo.    Partì  poscia 
il  re  Carlo^  di  Homa  nel  dì  28  di  gennaio! 
alla  volta  del  regno  di  Napoli.  Parve,  che 
il  Cielo  secondasse  tutti  i  suoi  passi ,  per- 
chè quel  verno  fu  così  dolce^    quieto  e  se- 
reno, che  sembrava  una  primavera  ,  in  gui- i 
sa  che  all'esercito  francese  non  riusciva  dil 
incomodo ,  o  danno  il  far  viaggio  in  quella  i 
stagione.  In  questo  mentre  il  re  di  Napoli) 
Alfonso  II ,  ossia  eh*  ora  conoscesse  V  ama-  | 
ro  ma  giusto  frutto  della  passata  sua  cr§-  \ 
^    deità  ed  avarizia  ^ ,   per  cui    si  era  tirato  j 
addosso  l'odio  di  tutti  i  baroni,  e  del  pò-; 
polo  stesso ,  né  potea  far  capitale  della  lor  ; 
fede  in    sì  pericolosa  contingenza  ;    oppure  \ 
come  viiole  il  Summonte  *,  che  il  papa^  -e  j 
il    cardinale   Ascanio    suo    cognato    a    ciò  ) 
l'  esortassero  :    determinò    di    rinunziar    la  | 
corona    a'  Ferdinando  suo  primogenito    per  ■ 
la    speranza  3^    ch'essendo    egli  universal- 1 
mente  amato    dai  nòbili    e  dalla  plebe  per  j 
le  sue  lodevoli  doti ,  ben  diverse  dàlie  pa-  i 
terne,    alla  difesa  di  lui  e  del  regno  tutti  1 


il 


•  Sanuto  Tst.  di  f^en.-^  T,  ai.   Rer.  Ttal* 

*  Summone  Istoria  di  Napoli' 

'  Guicciard.  Ist.  d^  Ital,  Ammirati  ^Isu  di  Birsnrj 


Anno  MCCCCXCV.  S3 
SI  linirebbono.  Nel  dì  23  di  gennaio  segui 
la  rinunzia.  Ferdinando  11^  fu  riconosciu- 
to  per  re,  e  il  padre  suo  Alfonso  II  y  im- 
barcate in  cinque  galee  le  cose  più  prezio- 
se con  danari,  ascendenti  a  trecento  cin- 
quantamila scudi,  nel  dì  tre  di  febbraio 
lisci  di  Napoli ,  e  fece  vela  verso  la  città 
di  Mazara  in  Sicilia,  e  quivi  andò  a  me*!- 
tere  la  sua  stanza  in  un  monistero  di  mo- 
naci Olivetani ,  con  darsi  tutto  ad  opere  di 
pietà  e  di  penitenza  :  col  qual  tenore  di  vi- 
ta giunse  al  fine  de' suoi  giorni  in  età  di 
quarantasette  anni  nel  di  19  di  novembre 
di  questo  medesimo  anno,  e  fu  poi  seppel- 
lito con  reali  esequie  nella  maggior  chiesa 
di  P^essina^ 

Marciava  ,  siccome  dissi ,  il  prode  re  Car- 
io VITI  verso  il  regno  di  Napoli ,  quando 
il  turbarono  non  poco  due  avventure.  Per 
istrada  il  consegnato  a  lui  Gem ,  o  Zim , 
ossia  Zizim  fratello  di  Baiazetto  11^  sor- 
preso da  un  fiero  sconosciuto  malore ,  in 
poco  tempo  firn  di  vivere .  I  più  attribui- 
rono la  di  lui  morte  a  veleno,  e  veleno 
datogli  per  ordine  del  papa.  Col  mezzo  di 
costui  pensavano  i  Francesi  di  poter  fare 
grandi  imprese  contra  de' Turchi,  e  fin  si 
figuravano  d'impadronirsi  di  Costantinopo- 
li .  Giunto  poi ,  che  fu  il  re  a  Velletri ,  Ce- 
sare cardinal  Valentino  figliuolo  d'esso  pon- 
tefice ,  a  lui  dato  per  ostaggio,  improvvi- 
samente se  ne  fuggi,  e  tornossene  a  Ro- 
ma :  dal  che  tanto  più  rimase  accertato  il 
.      ,  F  2  re 


1 

'    ^é^.         Annali    d' Itali  a  ! 

te  dell'astuzia  e  poca  fede  del  papa.  Nottì 
mi  fermerò  io  qui  a  descrivere  i  fortunati} 
successi  del  re  Carlo  nelT  impresa  di  Na-I 
poli,  e  gr  infelici  del  buon  re  Ferdinando  J 
ossia  Ferrante  II,  Basterà  dire,  che  per| 
quanto  avesse  fatto  questo  novello  re  ,  per' 
cattivarsi  i  popoli  con  aver  data  la  liberal 
tà  ai  baroni  imprigionati  dal  padre ^  restici 
tuiti  gli  Stati  a  chiunque  n'era  stato  in-j 
giustamente  spogliato,  e  dispensate  molte ^ 
grazie  alla  città  di  Napoli  :  pure  nìuno  ten-| 
ne  forte  per  lui^  ed  egli  si  trovò  tradito, 
da' principali  suoi  uffiziali  .  San  Germano  1 
niuna  resistenza  fece.  Capoa  _,  l' Aquilani 
Gaeta ^  ed  altre  terre,  senza  sfoderare  spa-»| 
da,  si  arrenderono  al  vincitore  re  Carlo  o 
Napoli  si  sollevò,  e  mandò  incontro  a'Fran-»] 
cesi,  con  offerire  pacificamente  l'ubbidien-»! 
za.  Per  quanto  facesse  il  re  Ferdinando^] 
non  potè  fermare  una  si  gran  piena  di  ri-  i 
voluzioni  e  disgrazie»;  epperò  nel  dì  2i  di  * 
febbraio ,  dopo  aver  lasciato  buon  presidio  j 
in  Castello-nuovo,  e  in  quello  dell'Uovo,; 
con  quattordici  galee  si  ritirò  al  castello  j 
d'Ischia,  Il  castellano  Giusto  della  Candì*  \ 
na  catalano^  che  già  teneva  intelligenza  \ 
col  re  francese^  noi  volea  lasciar  entrare  ,  i 
Tanto  disse  e  pregò  lo  sfortunato  re,  che  i 
fu  i'ntrodotto  solo  ;  ma  appena  v'  ebbe  mes-  i 
so  il  pie  dentro ,  che  cavato  lo  stocco ,  i 
stesse  morto  a  terra  l'infedel  castellano:! 
dal  qual  colpo  rimase  sì  sbalordita  la  guar-  ] 
Bigione,  che  con  fece  alcun  tnpvimeqto,   e  j 


Anno  MCCCCXCV.  5$ 
lasciò  impossessa'rsi  di  quel  castello  il  tà^ 
sto  de' cortigiani  e  delle  guardie  del  re  Fer- 
dinando .  Entrò  nel  seguente  giorno  22  op-- 
pure  24  di  febbraio  ^  il  re  Carlo  trioni- 
falmente  in  Napoli.  Seco  marciavano  tren- 
tottomila  soldati  ,  avendone  egli  lasciati 
molti  di  presidio  in  Toscana^  nelle  terre 
della  Chiesa  ^  e  nelle  città  già  conquistate 
del  regno.  Perchè  le  artiglierie  del  Castel- 
lo-nuovo, alla  cui  difesa  era  stato  lasciato 
Alfonso  d/  Avalas  marchese  del  Vasto  e  di 
Pescara  ,  faceano  gran  danno  alla  città  ,  e 
al  palazzo  di  Capuana ,  il  re  Carlo  ne  for- 
mò l'assedio*  Poco  durò^  perchè  avendo 
gli  Svizzeri  che  v'erano  di  guarnigione, 
tumultuato  ,  si  arrendè  quella  fortezza  nel 
dì  sei  oppure  sette  di  marzo*  Intanto  il 
re  volle  abboccarsi  con  don  Federigo  zio 
del  re  Ferdinando  li ^  con  inviargli  salvo- 
condotto;  e  gli  propose,  che  se  il  nipote 
suo  volesse  rinunziare  il  regno  ,  gli  dareb- 
be il  possesso  d'  una  provincia  in  Francia  . 
Ma  sapendo  don  Federigo ,  quanto  da  ciò  fos- 
*€  alieno  il  nipote  ,  siccome  quegli ,  eh'  era 
risoluto  di  voler  morire  re,  se  ne  tornò, 
senza  abbracciare  il  partito  ad  Ischia .  Spe- 
rava non  poco  1'  abbattuto  re  Ferdinand 
do  neir  aiuto  di  Ferdinando  il  Cattolico  re 
d'Aragona  e  Sicilia,  il  quale  infatti  non 
solo  avea  mandati  ambasciatori  al  te  Carlo 
con  proteste  di  guerra  j,    ogniqualvolta  egU 

F  3  to-- 

■■  Surchardus  in  Diar.   ti  fui  Rajfnald, 


65        Annali    d'  I  t  a  li  a 

volesse  molestare  il  re  di  Napoli ,  ma  an- 
cora spedì  appresso  in  Sicilia  Consalvo  Fer^ 
nandez  di  Cordova  ,  chiamato  il  gran  ca- 
pitano ,  con  scialila  fanti  e  secento, caval- 
li ,  con  ordine  di  vegliare  agli  andamenti 
de* Francesi,  e  di  opporsi:  che  non  potea 
già  piacere  al  re  d'Aragona  di  avere  un 
sì  potente  nimico  confinante  al  suo  regno 
di  Sicilia. 

Intanto  con  felicità  mirabile  e  in  poco 
dì  tempo  il  re  Carlo  conquistò  il  castello 
dell'  Uovo ,  la  rocca  di  Gaeta  ^  e  quasi  in- 
teramente tutto  il  regno,  portandogli  a  gara 
ogni  città  e  fortezza  le  chiavi:  prosperità, 
che  sbalordi  i  principi  italiani ,  e  generò 
in  lor  cuore  non  lievi  sospetti _,  che  questa 
principe,  venuto  in  Italia  sotto  pretesto  di 
portar  le  armi  contra  de' Turchi,  fosse  die- 
tro unicamente  a  tnettere  il  giogo  a  tutti 
gì'  Italiani .  Perciò  papa  Alessandro  VI ,  i 
Veneziani  ,  3Iassimlliano  I  imperadore  , 
Ferdinando  ed  Isabella  re  di  Spagna ,  e 
Lodovico  il  Moro  duca  di  Milano  (che  del- 
la sua  balordaggine  s'era  infin  ravveduto  ) 
trattarono  una  lega  centra  del  re  di  Fran- 
cia Carlo  VIIK  Fu  creduto,  che  Lodovico 
si  dipartisse  dalla  lega  ed  amicizia  de'  Fran- 
cesi ,  perchè  lusingatosi  di  poter  ottenere 
dal  re  Sarzana ,  Sarzanello  ,  Pietrasanta  e 
Pisa  y  eh'  erano  state  de'  precedenti  signori 
di  Milano,  si  trovò  poi  beffato,  e  restò 
colle  mani  piene  di  mosche  ^.  Sparsesi  an- 
che 

'  Sanuto  Ist*  di  Ven» ,  T.  ai.  Rer.  hai. 


Anno    MCCCCXCV.         87 
cKe    voce  ^  ,    che  Lodovico    il  duca    d'  Or- 
leans,    e    padrone   d"*  Asti  in   Italia,  si  la- 
sciasse scappar  di  bocca  ,  essere  venuto  ora- 
mai il  tempo  di  far  valere,  sopra   lo  Stato 
di  Milano  le  ragioni  di  Valentina  Visconte 
avola    sua .  Per  questo  assai    pentito  Lodo- 
vico d^ir imprudente  condotta  sua,  concor- 
se alla  lega,  trattata  e  conchiusa  in  Vene- 
zia fra    i    suddetti    principi    nel    di  31  di 
marzo,  col  pretesto  anch'essa  di  far  guer- 
ra al    Turco ,    e    pubblicata    alcuni   giorni 
dappoi  dappertutto.  Diedesi  ognun  de' col- 
legati ad  accrescere  le  sue    genti  d'  armi  . 
e  Francesco    Gonzaga   signore    di   Mantova 
fu  dichiarato  lor  capitan  generale  dai  Ve- 
neziani. In  feste  ,    in  balli  e    in    giostre  si 
tratteneva    il    re  Carlo  in   Napoli,  quando 
gli  giunse  questa  nuova  ,  per  cui  smodera- 
tamente ycominciò    ad  inquietarsi,   e  a  pa- 
rergli   un'ora  mille  anni    per   desiderio  di 
tornare  in  Francia.  In  effetto    fattosi  fret- 
tolosamente   nel  dì  20  di    maggio   ricono- 
scere con  solennità  re  di  Napoli  :  e  lasciati 
in  quel  regno    cinquemila    cavalli    e  molta 
fanteria  ,  da  11  a  poco  col  resto  della    sua 
armata,    prese    il    cammino    alla    volta    di 
Roma,  seco  portando  non  men  egli^  ch.e  i 
suoi  cortigiani  e    soldati   immense    spoglie 
de-*  poveri  regnicoli.  Giunto  a  Roma  nel  dì 
primo  di  giugno ,   trovò  che  il  papa  se  ne 

F  4  era 

*  Navagero    Istor.  di  Venax,'   T.  aj.  Rer.  UaU    Raj/naidus 
dwal*  Ecch 


88  A  N  N  A  i.1     d'  I  T  A  L  r  A 

era  fuggito  colle  sue  genti  d'armi,  e  riti- . 
rato  a  Perugia  .  Continuato  il    viaggio  ,  i 
Francesi    diedero    barbaramente    il  sacco  a 
Tos:anella  ^  e  corse  voce,   che  vi  avessero  i 
ucciso  circa  secento  p**rsone.    Arrivò  il  re 
con  gran  parte    dell'*  esercito    nel  dì   13  di 
giugno    a  Siena  ^^    e  quindi    mosso,  senza  | 
entrare    in  Firenze  ,  che    era  ben  armata  ,  -1 
prese  la  st'rada    di  Pontremoli    per  passare  | 
in  Lombardia,  nella  qual  terra  enormi  cru-l 
deità  coBimisero  i  suoi  Francesi .  Tale  era  | 
la  fretta  del  re ,  che  parea  sempre  avere  i  ne-  ^ 
mici  alle  spalle;    ma    il    vero  motivo  fu  ,1 
perchè  egli  sperava    di   prevenir  la  lega    e  '| 
di  trovar  aperto    il  passo  per  condursi    ad 
Asti .  Mentre  ciò  succedea ,  Lodovico  duca  t 
d'Orleans  ebbe  un  trattato  con  alcuni  no.^4| 
bili  di  Novara  *,  i  quali    essendo  per  varj  ^ 
aggravj     sofferti  disgustati    di    Lodovico   il  a 
Moro  ,  introdussero  in    quella  città  cinque-  * 
cento    uomini  di  armi  ,    ed    ottomila  fanti  ^ 
d'^esso  duca  d'Orleans.  Da  lì  a  non  molto! 
anche  la  rocca    di    Novara    capitolò  la  re- ,1 
sa.  Per  questa  perdita  rimase    sì  costerna- i 
to  quel  politicone    di    Lodovico    il    Moro  ^  \ 
che  già  credea  ,    che  il  cielo    gli  avesse    a  ' 
cascare  addosso.  Gli  fecero  animo  gli  am- ì 
basciatori  veneti.    Eransi  raunate  le    mili- 1 
zie   venete^  sforzesche,  e  del    papa  al  fìu- 1 
me  Taro    presso    alla    collina ,    aspettando  i 

*  Allegretti  Diar.  Sanese  Tot».  13.  Rer»  Ital' 

*  Cario  Istoria  di   Milano  *  i 


VP 

^■B       A  N  sr  o    MCCCCXCV.  89 

^^^1  re  calasse  nella  pianura  del  Parmi- 
giano per  la  valle  di  Fornovo .  Francesco 
marchese  dì  Mantova  comandava  ,  siccome 
dissi  le  armi  venete,  che  erano  il  maggior 
nerbo  deiresercito  collegato ^  nel  quale  ol- 
tre a  molti  valenti  condottieri,  ben  ani- 
mati erano  alla  battaglia  anche  tutti  i  sol- 
dati per  la  speranza  di  far  un  grosso  bot- 
tino, perchè  di  molte  ricchezze  infatti  ve- 
nivano col  campo  francese.  Era  di  lunga 
jnano  superiore  all'  esercito  nemico  quello 
degr  Italiani  ;  e  a  manifesto  pericolo  si 
esponeva  il  re,  venendo  a  battaglia.  Tut- 
tavia se  esso  re  Carlo  non  volea  lasciar  pe« 
rirc  di  fame  i  suoi,,  dacché  si  trovava  in 
mezzo  alle  montagne,  gli  convenne  eleg- 
gere la  via  delle  armi  per  uscire  di  quelle 
angustie  . 

Pertanto  nel  dì  sei  di  luglio  ordinate  le 
sue  schiere ,  V  animoso  re  Carlo  scese  al 
piano  ,  e  colle  artiglierie  di  varie  sorte 
ben  disposte  venne  ad  un  fatto  d'armi  , 
fatto  crudelissimo  e  famoso,  che  durò  so- 
lamente due  ore.  Diversa  ne  fu  la  descri- 
zione  secondo  l'usata  parzialità  degli  sto- 
rici, avendo  I' una  e  l'altra  parte  cantata 
la  vittoria  .  Quel  che  è  certo  ,  combattero- 
no da  lioni  i  Francesi ,  perchè  la  presenza 
del  re,  e  la  disperazione  al  loro  nativo 
coraggip  ne  aggiunse  del  nuovo  ^  •  Non  mo- 
stra* 

*   MenoJr.  de  Comines  .    Sanuto  Istoria  di  Ven.  T.a2.  RiY, 
Ital.  GuUciard,  Istoria  d^  Itali».  Cor:§  Ist.  di  Milan» . 


90  A  n"n  Ati  d' Italia 
strarono  meo  valore  gl'Italiani^  parte  non- 
dimeno de' quali  per  mala  intelligenza  non 
entrò  nella  mischia ,  ed  altri  perdutisi  a 
bottinare,  facilitarono  agli  avversar)  l'in- 
sanguinar le  loro  spade  .  La  verità  dunque 

è,  che  sul  campo  vi  restarono  piti  Italiani  ; 

che  Francesi,  e  vi  perirono  di  molti  bravi  y 
capitani;    siccome    ancora    certo -è,  che  il 
re  Carlo  colla  spada  alla  mano ,  vestito  da 
soldato ,  e    valorosamente    combattendo    da 
tale,,  corse  ben    pericolo  di    essere  preso  : 

pure  felicemente  passò,  e  seguitò  spedita-  | 

mente  coi  più  de' suoi  il  viaggio  verso  Pia-  1 

cenza  ed  Asti.  Gran  quantità  di  carriaggi,  | 

di  artiglierie  ,  di  tende^  e  di  robe  prezio-  1 

se  rimasero  in  mano    degl'Italiani,  a* qua-  | 

lì  perciò  parve  di  potersi   attribuir  la  vit-  | 

toria ,  ma  non  quale  la    speravano  prima  •  ! 

Passò  dipoi  r  esercito  sforzesco   e  Venezia-  \ 

no  all'assedio  di  Novara,  e  s'ingrossò  tal-  I 

mente  il  loro  campo ,    che  fu    creduto    dal  \ 

Corio  ascendere  a  quarantacinquemila  per-  ! 

sone.  Si  ridusse    quella  città    a  strane  mi-  i 

serie  per  la  carestia,  e  per  le  malattie  dei  1 

soldati,  ed  entro    v'era    Lodovico   duca  di  \ 

Orleans  :  lo  che  maggiormente  affliggeva  il  I 

re  di    Francia  per  timore ,    che   cadesse    in  \ 

man  de'  nemici .  Pertanto  giacché   ito  il  re  i 

Carlo  a    Torino  non  avea    voglia  ,  o  forze  j 

tali  da  poter  soccorrere  Novara  ,  cominciò  j 

a    fare   proposizioni    d'  accordo  ;    e    que-  j 

sto  appunto    segui    in  Vercelli    nel  dì  die-  \ 

ci  di  ottobre  per   cui   quella   città  fu    ref  i 

sti-  \ 


A  N  N  ^    MCCCCXCV.         91 
ifuila.a  Lodovico  il  Moro;    e   consegnata 
ad  Ercole  duca  di  Ferrara  il  castelletto  di 
Genova  per  resecuzion  de' patti ,  i  quali  si 
veggono  riferiti  dalT  Argentone  e  dal    Co- 
rio.  Dopodiché  il  re  se  ne  tornò    in  Fran- 
cia, lasciando  voce  di  voler  ritornare  nell' 
anno  seguente  con  più  potere  in  Italia .  Se 
Lodovico    il    Moro  avesse    potuto    preveder 
r  avvenire  ,    non  avrebbe  sì    facilmente  la- 
sciato uscir  di  Novara  Lodovico  duca  d' Or- 
leans. Vedremo  che  se  n'ebbe  ben  a  penti* 
re;  e  intanto  s^  intrecciavano   gli  affari    in 
maniera,  che  avesse  poi  a  cadere  il  gastigo 
fcopra  questo  principe    sì  ambizioso    e  cru- 
dele   verso    il  suo    sangue.    Gran    biasimo 
ancora   ebbe  egli    per    queli'  accordo    fatto 
senza  il  consentimento  dei  suoi  collegati . 
Ne  qui  finirono  le  percosse  date  ai  Fran- 
cesi   Dell'hanno    presente    ^.    Allorché  il  re 
Carlo  tornando  da  Napoli  fu  a  Pisa,  i  Fre- 
gosi  ed  altri  fuorusciti  di  Genova  gli  fece- 
ro Credere    assai  facile  T  insignorirsi    della 
loro    patria^  trovandosi    troppo    impegnato 
in  Lombardia    Lodovico  duca    di   Milano  . 
Diede  perciò  il  re  ad  essi    un    corpo  delle 
sue  genti  coi  cardinali  della  Rovere ^  eFre- 
goso  Filippo  principe  di  Savoia  ,  ed  Obietto 
del  Fiesco,  i  quali  essendosi  uniti  co'  fuo- 
rusciti, e  formato  un  esercito   di  ottomila 

ac- 


'  Giustinian.'  Istoria  diÙenova.  Sanuto  Isteri.i  di  Venerjé 
T.  ai.  Kèx,  Ital  Senarega  de  Reb.  Cen,  T.Z4.  Rer»  Ital. 


$2  A  N  N  À  L  1     0'  I  T  A  L  I  A 

persone  tra  cavalli    e    fanti,   andaraiò''?  ad   i 
accamparsi  sotto  Genova .  Oltreacciò  ebbero 
i  Francesi  in  Rapallo  dieci  galee  e  due  gros* 
sissimi    galeoni  j    pronti    occorrendo   a    far  ; 
guerra  per  mare  a  quella  città.  Non  si  sgo-^; 
mentarono  punto  i  valorosi  Genovesi ,  fedeli|l 
tuttavia  al  duca  di  Milano  ;  e  prontamcntei 
allestite  otto  galee  con    altri    legni ,  passa- 
rono a  Rapallo.  Dopo  aver  felicemente  es- 
pugnato   quel    borgo  ,    diedero    addosso  ai 
legni    francesi ,    e  tutti    li  sottomisero    con 
farvi  un    ricco  bottino.    Grandi    spogli  dei) 
Napoletani  sopra  quelle  galee  passavano    itti 
Francia  .  Per  questo  sinistro  colpo  si  ritirò^ 
con  somma  fretta  disotto  a  Genova  rarma-sj 
ta  de'  Francesi  e  fuorusciti.    Vigniamo  al» 
regno    di    Napoli  .   Appena    fu    partito    dU 
là  il  re  CarlQ^    che  rinvigorito    il    te  Fer- 
dinando II   si  accinse    a  ricuperare    il  re- 3 
gno  .    Air  ubbidienza    sua    erano    tuttavia- 
Brindisi  5  Gallipoli,  ed  altri  pochi  luoghi  .] 
Ora  il  gran  capitano  Consalvo  ,  passato  dai 
Messina  a  Reggio  di  Calabria  ,   prese  quel-| 
la  città,  dipoi  la  rocca,  e  cominciò  a  sten-J 
dere  le  sue  conquiste  per  la  Calabria  .  Uni-^^ 
ronsi  allora  le   truppe  francesi    sotto  il  si-^ì 
gnore  d' Obignì  ^  che  si  trovavano  in  quelH 
le   contrade,    per    frenare    il  corso  dc'Ca-^ 
talani*  Non    volea    già    T  accorto    Consalvoj 
tentar  la    fortuna    con    una    battaglia  ;    ma; 
non  potendo  resistere  all'  ansietà    del    gio-: 
vane   re  Ferdinando,    gli    convenne    venireij 
alle  mani  con   essi    a  Monte  Leone  ,    ossiai 

prcs- 


^^         Anno    MCCCCXCV.        93 
presso    al    fiume   di    Seminara  .    Restarono 
vincitori  i  Francesi ,  e  poco  mancò ,  che  lo 
stesso  non  rimanesse  prigioniere.    Tuttavia 
cominciò    a    combattere   in    favore    del  re 
Ferdinando  I'  odio    conceputo  dai  regnicoli 
contra  de' Francesi.  Si  credeano  essi,  allor- 
ché comparve  nel  regno  di  Francia  ,  di  go- 
dere sotto  di  lui  r  età    dell'oro:  vana  ira- 
maginazion   d' altri    popoli  ^    inclinati    alla 
rautazion  de' governi.  E  veramente  il  re  li 
sollevò  da  alcune  gravezze.  Ma  per  lo  con- 
trario i    Francesi,   d'allora,    mancanti    di 
quella  disciplina  e  moderazione^  che  si  os- 
serva   in  loro    oggidì  ,    altro    non    faceano 
tuttodì  vedere j,  che  eccessi  di  crudeltà^  di 
lussuria,  e  di  avidità  di  roba  .  Poco  ci  vo- 
lea ,  perchè  essi  maltrattassero   ed  uccides- 
sero gli  amici  ,  non  che  i  nemici .  Di  nul- 
la più  ansiosi  erano ,   che    dei    saccheggi  ; 
dati    ai    ladronecci  ;    neppure    perdonavano 
alle  cliiese  ;    e  ciò  che   era    più  sensibile  , 
rapivano  donzelle    e  maritate ,   senzachè  se 
ne  facesse  giustizia  •  Il  re  medesimo  oltre- 
modo  abbandonato  alla  sensualità  ;  serviva 
di  pessimo  esempio  agli    altri.    In  una  pa-» 
rola^  poco  stettero  i  Napoletani  a  sospirar 
gli  Aragonesi    che    pure  con  mano  sì  aspra 
gli  aveano  governati  finora. 

Fu  dunque  da  essi  Napoletani  segretamen- 
te chiamato  il  re  Ferdinando ^  il  quale  im 
barcatftsi  con  quanti    legni  potè,  ma  senza 
danari,  e  appena  con  duemila  soldati,  sr- 

ri- 


-94       VAnnali    d'aita  11  a 
rivo    nelle    vicinanze   di   Napoli  ^ .    Bastò  i 
questo,    perchè    il    popolo    di    quella  gran 
città  prese  le  armi ,  e  gridando    Aragona  , 
Aragontt  ^  aprisse  leprigioiiij  e  si  scaglias- 
se contra  di  qualunque  fraticese  che  si  tro-^:j 
vasse  per  quella  città .  Ritiraronsi   i  Fran-^| 
cesi  nelle  fortezze >  enei  dì  sette  di  luglio 
rientrò  il  re    Ferdiiìando    li  in  Napoli   fra 
le  incessanti  acclamazioni  di  quegli  abitane 
ti.  Fu  posto  l'assedio  a   Castello-nuovo,  d 
quello  deir  Uovo  ,•  dove  specialmente  s'era-^ 
no  ritirati  i  Francesi  col  signore  di  'Mom- 
pensieri  viceré  di  Napoli ,  il  qual  fece  ga- 
gliarda difesa,    finche   per    industria    sua  , 
ovvero  per  patti  segreti  fatti  col  re  gli  riu-j 
«ci  di  poterne   uscire,    e  ritirarsi  a  Saler-^ 
no,  11  marchese  di  Pescara  proditoriamenH 
te  sotto  una  di  quelle    fortezze  fu  licciso^  J 
Oltre  a  Prospero  e  Fabrizio    Colonnesi^  chej 
andarono   al    soldo  d'esso    re,    il  papa  gli, 
mandò  altra  gente  in  aiuto.  Capoa  ,  Aver-i 
sa  ,  Nola,  e  altri  luoghi  vicini  il  riconob-j 
bero  per  loro    signore  .  Ma   il  Mompensie- 1 
ri,  fatto    il  maggiore    sforzo    che   potè    di' 
di  sua  gente  ,  andò    fin  sotto  a  Napoli  ;  ei 
spediti    contra  di  lui  dal  re    Ferdinando  ìì\ 
conte  di  Matalona  e  il   signore  di  Cameri-  \ 
720,  in    un    fatto    d'armi    li  sconfisse:  deli 
c^ie  rimase  si  sbigottito  il  re  suddetto,  che  I 

fu     ^ 


*  Summonte  Istoria  di  Napoli  »  Guicciardini^  Istoria  d^  Ita-'- 
lì. 7 .  Corto  Istoria  di  Milano .  Sanato  Istoria  di  f^entxj»  ^ 
T.  ai.  JRc'v.  Ita!, 


Anno  MCCCCXCV.  95 
fa  in  piacinto  di  abbandonar  di  nuovo  Na- 
poli ..E  l'avrebbe  forse  fatto ^  se  il  gene- 
roso Prospero  Colonna  tam  P  avesse  con 
fargli  animo  ritenuto.  Seguirono  poi  altre 
baruffe  ora  favorevoli,  ora  contrarie  al  re 
Ferdinando  ,  il  quale  noncHmeno  ricuperò 
le  fortezZrC  di  Napoli  parte  iti  questo  e 
parte  nel  seguente  anno.  La  primaria  ap- 
plicazione de* Fiorentini  nell'anno  pre>«ien- 
te  '  quella  fu  di  procacciarsi  dal  re  Carlo 
la  tenuta  di  Pisa  ,  Pietrasanta,  Sarzana  ,  e 
Sarzanelló  ;  e  su  questa  speranza  non  osa- 
rono mai  di  muovere  un  dito  contra  di 
lui  ,  anzi  fecero  sempre  quanto  a  lui  par- 
ve ,  sino  ed  entrar  seco  in  lega.  Ma  il  re 
gli  andavai  tìi  un  eh  in  un  altro  m^ando 
a  spass®  colle  più  belle  parole  del  monde, 
e  sempre  senza  fatti.  Preso  anche  per  loro 
generale  il  duca  d'  Vròino  ,  andarono  a  met- 
tere il  campo  a  Pisa ,  confortati  da  alcuni 
uffiziali  del  re,  che  v' entrerebbono  :  ma 
infinVs  trovandosi  delusi,  se  ne  tornarono 
ai  lar  quartieri .  Né  si  dee  tacere  ,  che  fra 
gli  altri  rnalanni  portati  in  Italia  da' Fran- 
cesi in  occasìon  di  queste  guerre  ;  si  contò 
ancora  il  morbo ,  creduto  portato  dall'  In- 
die occidentali  ,; che  tuttavia  ritien  presso 
di  noi  il  nome  della  nazion  francese ,  ga- 
stigo  velenoso  della  sozza  libidine.  Non 
manca  chi  pretende  dianzi  non  ignoto  all' 
Europa  questo  malore  5  e  certo  non  ne  man- 
ca- 

'  Animirati   Istoria  di    F$r(nz,f  . 


g6  Annali 
cano  esempli  ne'  precedt^nti  secoli ,  ina  era- 
no cose  rare.  Comunque  sia^  fuor  di  dub-» 
bio  è  :  che  il  medesimo  cominciò  in  questi 
tempi  a  dilatarsi  con  fnrore  nelle  contrade 
italiane,  e  a  rovinar  la  sanità,  ed  anche 
la  vita  degl'  incontinenti ,  perchè  non  se  ne 
sapeva  il  rimedio.  Oggidì  sembra  alqiian-^ 
to  snervata  la  forza  sua^  di  cui  tuttavia! 
chi  ha  timor  di  Dio  e  senno  non  ne  vuo 
fare  giammai  la  pruova. 

'j 

Annodi  Chisto  mccccxcvi^  Ind.  xiv.     , 

di  Alessandro  VI,  papa  5.  j 

di  Massimiliano!^  re  de'Rom.  4.I 

-La  guerra    nel    regno  di    Napoli  continua- 
ancora  nell'anno  presente.  Trovavasi  scar-^ 
so  di  gente  e  più    di  pecunia    il  re  Terài--^. 
nando.  Non  gli  tornava  il    conto  in  circo-; 
stanze    tali  di  aggravare    i  popoli.  Ricorse S 
all'aiuto  de' Veneziani  ' .    Da  essi  oltre  ad! 
una  buona  flotta  di  legni ,    ebbe  anche    un 
grosso  corpo  di  combattenti  per    le  impre-j 
se  di  terra.  Alla  testa  d'essi    fu  poi  man-j 
dato  Francesco  Gonzaga  marchese  di  Man-  | 
tova .  Riportò    ancora  il  re    dai  veneti    un  j 
soccorso    di  danaro  contante  con    promessa 
di    pagar  tutto  ;  ed  eglino  intanto    vollero 
ifl  pegno,  ed   ottennero    Brindisi ,   Trani  , 
Gallipoli,    Otranto,  ed  altre  terre    marjti- 
me  della   Puglia.    Mettendo    così    il    piede 

in 

*  Sanutìf  Istvfia  di  Venexié  T.  as.  Ret.  hai. 


Anno  MCCCCXCVI.  97 
in  quelle  contrade^  si  lusingavano  essi,  e 
non  invano^  che  non  verrebbe  più  cjuel  dì^ 
in  cui  se  ne  ritirassero  .  Erano  nondimeno 
forti  i  Francesi^  perchè  con  esso  loro  an- 
davano uniti  moltissimi  del  partito  angioi- 
no .  Seguirono  varie  vicende  di  guerra  fra 
essi  e  gli  Aragonesi .  Quella  che  è  più  de* 
goa  di  memoria,  fu  l'essersi  ritirato  il  si- 
gnore, ossia  duca  di  Mom-pensleri  nella  cit- 
tà di  Atella  ,  assai  forte  luogo,  col  meglio 
delle  sue  brigate  ^ .  Essendosi  ingrossato  il 
re  Ferdinando  colle  soldatesche  inviategli 
dai  Veneziani ,  là  entro  il  colse ,  e  mise 
r assedio  alla  città.  I  fanti  svizzeri  e  te- 
deschi in  questo  tempo  ,  perchè  mal  paga- 
ti, levatisi  dal  campo  francese  passarono  a 
rinforzar  quello  di  Ferdinando.  Altro  scam- 
po non  ebbe  allora  il  Mompensieri ,  che  di 
ricorrere  all' Oòigwi  militante  in  Calabria  , 
acciocché  accorresse  in  aiuto  suo .  Ma  sì 
trovò  malato  quel  signore,  e  la  sua  malat- 
tia diede  campo  a  Consalvo  Ferndndez  di 
insignorirsi  di  Cosenza,  e  d' ^Itri.  luoghi  • 
Contuttociò  ordinò  TObignì  ,  che  il  conte 
di  Moreto ,  ed  Alberto  da  san  Severino  con 
un  buon  corpo  di  gente  portassero  soccor- 
so al  Mompensieri .  Informato  di  tal  movi- 
mento r astuto  Consalvo,  alla  sordina  fu 
loro  addosso,  prese  buona  parte  d'essi,  ed 
anche  i  lor  condottieri .  Lo  che  fatto ,  an- 
dò ad  unirsi  col  re  Ferdinando  sotto  Atei- 
Tomo  XXII.  G  la. 

^  Cuicciard.  Ist.  d' Ital,  Sanuto,  ed  ahri  . 


^8         Annali    D"*  Italia 
la.  Ancorché  tuttavia  circa  settemila  arma-|ì 
ti  avesse    il   Mompensieri  in    quella  città  ,| 
pure    per  difetto    di    viveri    fu  costretto  al 
trattar  di  capitolazione .  E  si  conchiuse  una 
tregua  di  trenta  giorni,  nel  qual  tempo  se 
non  fosse  giunta  armata  capace  di  far  ces- 
sare V  assedio  ,    non  solamente  quella  città 
si  renderebbe,  ma  anche  tutte  le  altre  di-^ 
pendenti  dal  Mompensieri  nel  regno  di  Na- 
poli, a  riserva  di  Taranto,  Gaeta  e  Veno- 
sa,    con  altre  condizioni    ch'io  tralascio  ^ 
Passarono  i  trenta  giorni ,  senzachè  compa- 
risse per  mare ,  o  per  terra  alcun  soccorso! 
francese  •    laonde    fu    pienamente    eseguito] 
l'accordo  suddetto  dopo  la  metà  d'agosto -j 
Trovò    il  re  Ferdinando    dei    pretesti,  per 
non  lasciar  uscire  dal    regno  i  Francesi,    ej 
messili    in    luoghi    d"*  aria  malsana  ,    ciò  fu] 
cagione,  che  la  maggior  parte  d'essi  peris-*| 
se.    Lo  stesso  signore  di  Mompensieri  par-i 
tecipiando  di  que'  pericolosi    influssi   lasciòj 
la  vita  in  Pozzuolo  nel    dì  cinque    d'  otto-i 
bre.  Inferraossi  del  pari  Francesco  marchesa 
di    Mantova",    laonde    poi    venne   a    cercar^ 
miglior    aria  in    Lombardia  .  Nel  dì   19  dii 
ottobre  ^  giunse  a  Ferrara.  Essetì4o  intan-i 
to  ritornato  il  gran-capitancy  Consalvo  do-i 
pò  la    presa  d' Atella  in  Calabria  ,   trovò  ,; 
che  vi  avea  fatto  di  molti  progressi.  l'Oòi-- 
gnì.  Cosi    vigorosamente    si  diede   egli  ad^ 
incalzare  i  Francesi,,  che  infine  li  costria-j 

se 

'  Diar^  ii  Ferrar/  Tem*  li.  Rer*^  ItéU,  \ 

1 
_  .         /         \ 


> 


Anno    MCGCCXCVI.         99 
se  a  prendere  la  legge  dalle  armi  sue  vit 
toriose  ,   dimodoché    esso    Obigni    uscì   del 
regno  di  Napoli  e  ritirossi  in  Francia. 

Con  questa  felicità  passavano  gli  affari 
del  re  Ferdinanda  11^  nel  qual  mentre  gli 
Tenne  il  pensiero  di  accasarsi .  La  moglie 
ch'egli  prese,  e  con  dispensa  del  papa,  ma 
neri  senza  ammirazione ,  anzi  Con  mormo- 
razione dei  saggi ,  fu  un*  sua  zia  ,  cioè 
i}iovanna  figliuola  del  re  Ferdinando  I, 
avolo  suo  paterno ,  e  sorella  del  re  Alfon* 
so  suo  padre.  Corse  voce  non  mal  fondata, 
che  trovandosi  egli  alquanto  infermo ,  l' ec- 
cessivo usa  del  matrimonio  gli  cagionasse 
una  tal  violenza  di  male  ^  che  per  esso 
terminasse  il  corso  di  sua  vita  nel  di  cin- 
que di  ottobre  j  come  ha  Burcardo  ^.  Di 
settembre  lasciarono  scritto  il  Nardi  ^ y  e 
il  Summonte  ^ .  Fu  la  perdita  di  questa 
principe  compianta  da  tutti  per  le  sue  ama- 
bili qualità  .  Perch'  g^Vì  non  lasciò  figliuo- 
•li,  don  Federigo  conte  di  Altamura ,  sua 
zio  paterno  dimorante  all'assedio  di  Gae- 
ta, corse  a  Napoli,  e  fu  proclamato  re  r 
Tornò  egli  dopo  questa  funzione  sotto  Gae- 
ta^ e  gli  riuscì  d'indurre  quella  guarnigiort 
francese  a  capitolare  la  resa.  Imbarcossi 
questa  in  due  navi  per  tornarsene  in  Fran- 
cia f  ma    per  fortuna   di  mare   quasi  lutt^ 

G  2  pe- 

*  Surchardus  Diar.  apuef  Kaynaldum  <^ 

*  Nardi  Istoria  di  Firenze . 

*  Summonte  Istoria  di  N:$^oli  ^ 


i 
100         A  N  N  A  L  r     n' I  T  A  L  r  A 
perì  in  faccia  di  Tenacjna.   Quindi  il  no; 
vello    re?    Federigo    con  , rara    prudenza    ei  i 
amorevolt  zza   diedri  principio  al  suo  gover-.  ? 
no*,    studiandosi    di  guadagnar    gli  vVngioi-  ^ 
^^,„e  di  pacificar  tutti  i  malcontenti  .  Allo  | 
incontro  per   la   decadenza    de' francesi  nel  ^ 
jTfgno    di    Napoli  ,    il     pontefice    Alessandro  Ì 
dif^de   fuoco  al   suo  sdegno  con  ira  di  Viì-gi-  ì 
Ilio    G    di  Paolo  Orsini    che    aveano    finqui   \ 
militato  in  favor  della  Francia  senza  curar-  ì 
si  de*  divitti  del  papa.    Indotto  il    vivente  1 
allora   re  Ferdinando    II   a  violare    i  patti  I 
della  capitolazione,,    li  fece    imprigionare  ;   | 
ed  ^gll    poi    spedi    l'esercito    contra    delle    i 
loro  castella  neir  ottobre  dell'anno  presen-   | 
te,  e  molte    ne    occupò,  meditando    già  di  f 
anicchir  colle  loro  spoglie  i  proprj  fìgliuo-  | 
li.    Valorosamente    nondimeno     resisterono   l 
gli  aderenti   e  sudditi  degli  Orsini ^  né  fini   | 
poi  quella  guerra  a  tenore  dei  desiderj  del   * 
papa.    Gran    bollore    d'azioni    militari    fu 
eziandio    per    quest'anno    nella  Toscana.  I^  ] 
Fiorentini,  il  maggior  negozio  de' quali  era    J 
quello   di    ricuperar  Pisa,    é  le  altre  terre 
loro  tolte ,  tempestavano  con  frequenti  am-     \ 
bascerie    e    lettere    Carlo  VTII  re  di  Fran- 
cia,   perchè  ordinasse    al  signore  d^  Entra^    '\ 
g/ies,  governatore  della    cittadella  di  Pisa  ,     j 
di  rimetterla    in    loro  mano.   Ordini  pres- 
santi spediva  il  re  di  farne  la  consegna  ,  e 
con  credenza  comune,    ch'egli  sinceramen-    ; 
te  li  desse  ;  ma  con  provarsi    dipoi ,  che  i 
suoi  uffiziali  non  doveaco    capire  il  tenore 

di 


I 


■r^  Anno  MCCCCXCyi.  tot 
^d^uelle  lettere.  Anzi  tutto  il  contrario 
avvenne  .  Il  governatore  di  Sarzana  per  vert- 
ticinqnemila  scudi  d'oro  vendè  ai  Geno- 
vesi la  città  di  Sarzana.  Sborsato  imman- 
tenente il  danaro  ne  presero  iGenovesi  con 
gran  fasto  il  possesso;  e  nella  stessa  "^ma- 
niera tornarono  ad  impadronirsi  di  Sarza- 
nello.  Aveano  essi  trattato  anche  col  gover- 
natore di  Pietrasanta  j  ma  ì  Lucchesi  più 
diligenti  l'ottennero  essi  ^  non  senza  aspre 
doglianze  de'Genovesi.  Per  conto  di  Pisa, 
il  signor  d'  Entraghes  invece  di  cedere 
quella  cittadella  ai  Fiorentini ,  la  vendè 
anch' egli  al  popolo  di  Pisa^  il  quale  non 
tardò  a  demolirla  .  Tante  trafitture  erano 
queste  al  cuor  de' Fiorentini  .  Perlocchè  co- 
minciarono a  far  guerra  ai  Pisani  ,  e  ad 
espugnar  alcune  loro  castella .  Fioccavano 
intanto  le  lettere  de'Pisani  al  papa^  al  du- 
ca di  Milano  j  a  Veneziani  ^  e  ad  altri  po- 
tentati e  signori,  per  ottener  forze  da  di- 
fendersi •  essendo  chiaro,  che  non  poteano 
<sostenersi  contro  la  potenza  de' Fiorentini . 
•^  Entrarono  in  questa  contesa  specialmente  i 
Veneziani,  siccome  quelli  ch'erano  malcon- 
tenti della  repubblica  fiorentina  ,  collegata 
coi  nemici  Francesi,  e  molto  più  perchè 
mischiandosi  in  quella  briga  ^  npn  mancava 
loro  desiderio  e'  fondamenti  di  assugge^ttar 
Pisa  al  loro  dominio ,  anzi  ne  veniva  lor 
fatta  l'esibizione*  Adunque  mandarono  a 
Pisa  de'possenti  soccorsi,  e  ne  inviò  anche 
Lodovico  duca  di  Milano  ,  giacché  anche  a 

G  5  lui 


1.0%  Annali     d'Italia 

luì  davano  speranza    i   Pisani    di  sottomet*» 
tersi  a  lui .    Con  questi    aiuti    quel  popolo  ^ 
andò  poscia  difendendo  sestesso. 

Non    d'altro    intanto  per    tutta  Italia  si 
pasceva    la    curiosità  degli  oziosi;,    che  dei 
mirabili  apparecchi  di  armi,  che  si  diceano 
fatti^  da  Carlo  Vili  re  di  Francia,  per  tor- 
nare di  qua    da'  monti  ,  tenendosi  per  fer- 
mo ,  ch'egli   comincerebbe    il  ballo    contro 
a  Lodovico  il  Moro    duca    di    Milano,  pre- 
tendendo ,    che  questi    avesse    in  più  forme  \ 
mancato  ai  patti ,  e  delusa  la  corte  di  Fran-  | 
eia.  Tre  eserciti  doveano  calare  in  Italia,  ì 
uno  condotto  da  Gian  Jacopo  Trivulzio  no-  j 
bile  milanese,  che  nel  regno  di  Napoli  en-  j 
trato  al    servigio    d'esso  re,  s'era  già  ac-  ' 
quistato  il  credito  d'uno  de' più  savj  q  va-  < 
lorosi  capitani  italiani .  Il  secondo  sotto  il  j 
comando  di  Lodovico  duca  d'Orleans,  pa-  ' 
drone    d'Asti;    e    il  terzo    maggiore  degli  i 
altri  j  guidato    dal  medesimo  re   Carlo  •  In 
sì  fatti  racconti  gran  parte  avea  la  bugia,  [ 
Il  solo  Trivulzio    venne    ad  Asti  per  sicu-  j 
rezza  di  quella  città,  Contpttociò Lodovico  k 
Sforza,  a  cui  tremava  il  cuore^  determinò 
di  muovere  Massimiliano   re   de'  Romani  ,  ] 
già  suo  collegato,   a  calare    in  Italia  ^  ,   E  \ 
gli  riuscì    il  maneggio  •    Venuto   V  ottobre  \ 
arrivò  Massimiliano  per  la  Valtellina  ^  sce»  j 

se        i 

'   S/tnuto  Jsto/ia  di  Ccne^ta  T.  li.  Rer.  Ita!-  Sen::yega  de     \ 
ìteh.  Genusns.  T.  J4.   Ret:  Jtal,     Cerio  //£.  (^i  MìUn».    Cute-     < 

ciardini  Tunvf'a  /*""  itali.2  .   Ammirati  Istorili  -/;'    Firens^f''  j  (d'     < 


Anno    MCCCCXCVI.       103 

^er  trtfl    territorio    di    Milano  ;    accolto   con 
gran  festa  e  magnificenza    da  esso  Lodovi- 
co ;    e    senza    toccar    Milano  ,   continuò    il 
viaggio   alla  volta,  di  Genova    con    disegno 
di  passare  a  Pisa  ,  dove  ancora  quel  popo- 
lo con  grande  istanza  r  avea  chiamato.  Non 
menava  seco  più  di    cinquecento  cavalli,  e 
di  otto  bandiere  di  fanti .  Nel  dì  25  d'  ot- 
tobre arrivò  a  Genova ,  e  da  lì  a  due  gior- 
ni imbarcatosi  se  n'andò  a  Pisa,  dove  pen- 
sando   d'immortalare    il    suo    nòme^  dopo 
aver  preso  alcuni  castelletti  ,    s'  accinse  all' 
assedio  di  Livorno,  detenuto  allora  da' Fio- 
rentini .  Ma  quando  si  fu    per  dare  l'ulti- 
mo assaltò,    insorse   dissenzione  fra   lui  ,  e 
i  commessarj   de' Veneziani  ,    perchè  questi 
pretesero  di   voler  essi  quel  luogo  .  Oltreac- 
ciò  una  fiera  burrasca  dissipò  tutti  i  legni, 
ch'erano  a  quell'assedio.  Altro  perciò  non 
si  fece.  Propose  dipoi  Massimiliano  di  da- 
re il  guasto    al   distretto    di    Firenze/    ma 
non  vollero  i  Veneziani  uscir  di  Pisa  ,  per 
paura  di  restarne  poi  esclusi.  Insomma  an- 
dò a  finire  la  mossa    di  questo   gran  prin- 
cipe in  sole    dicerie  svantaggiose    al  di  lui 
nome  .  Se  ne  tornò  egli  sul  finire  dell'  an- 
no in  Germania  _,  portando    seco  dell"*  ama- 
rezza contra    de'  Veneziani  ,    perchè   questi 
oltre  air  avere  sturbati  i  suoi  disegni,  avea- 
no  anche    scoperta    la  di    lui  intenzione  di 
occupar  Pisa  come  città    dell'impero.  Era- 
no  allora  in    gran  voga    essi   Veneti,  e  il 
loro  Lione  stendeva  le  ali    facilmente  ,  do- 

G  4  vun- 


io4         Annali    d^  Italia  ] 

vunque  scorgeva    apertura  di  dilatar  la  si»   \ 
gaoria .    In    i^uest'anno    ancora    i    Francesi  | 
che  erano  in  Taranto,  mandarono  ad  ofFe-J 
rir  per  danari  quella  città  al  Senato  vene- 
neto  .  Benché  fosse  contro    i  patti  _,  e  il  re 
di  Napoli  protestasse  contro,  non  lasciaro- 
no per  questo  i  Veneziani    d'impossessarsi 
di  quell'importante  luogo.  Il  picciolo  duca 
di  Savoia  Carlo  Giovanni  Amedeo  in  questo 
anno  nxancò  di  vita  ^  a  dì    i6    d'aprile  ini 
età  di  circa  otto  anni;    e    però  a   lui  suc- 
cedette   Filippo    di    Savoia    suo  gran  zio  , 
figliuolo  di  Lodovico  duca  di  Savoia  in  età] 
avanzata,  perchè  nato  nelT  anno  1438  .  Mai 
poco  sopravvisse,  siccome   vedremo.  Il  Se-| 
narega  scrittore  di  questi  tempi  *  riferisce  ^ 
la  morte  d'esso  duca  Carlo    nelT  anno  se-; 
guente.  Altrettanto  s' ha  da  Jacopo  Filippo^ 
da  Bergamo  3  ^  scrittor  contemporaneo  an-* 
ch'esso,  laonde  può  restare  suggetta  a  qual-! 
che  dubbio  V  asserzion  del  Guichenone . 


An- 


'  Guichenon  Hiit-  de  la  Maison  de  SavQjf»» 

*  Senarega  de  Reb.  Genuens.  Tom.tX'  Rer.HTtal» 

^  Jaeebus  Philippus  Bergom,  in  Hist' 


A  :n  N  o     MCCCCXCVIL      105 

Anno  di  Cristo  mccccxcvii,  Ind.  xv. 
di  Alessandro  VI^  papa  6. 
di  M^^iMiLiANO  I,  rede'Ilom.5. 

In  quest'  anno  mandò  Iddio  de' buoni  ricor- 
di a  yapa  Alessandro  ,    de*  quali  nondime- 
no egli  punto    non    seppe  profittare  ^ .  Era 
egli  vicino  ad  ingoiare  il  resto  delle  terre 
degli  Orsini ,  per  farne  poi  il  sospirato  re- 
galo ai  proprj  figliuoli  ;  avea  ancora  l'eser- 
cito sotto  il  comando  di    Guidubaldo   duca 
d'Urbino,  e  del  ducadiGandia  suo  figlio, 
posto  1^  assedio  a  Bracciano  ,  Non  solamen- 
te convenne  loro  ritirarsi  di  là,  ma 'si  ven- 
ne anche  a  battaglia  nel  dì   24    di  gennaio 
colla    picciola    armata  di    Carlo  Orsino  che 
unito  a  Barto^.ameo  d^  Alviano  ^  giovane  di 
grande  espettaiione    pel  suo  valore,  e  con 
Fitellozzo  Vitelli  da  città  di  Castello,  capi- 
tano accorto  ,  s^gfFacciò    all'esercito  ponti- 
ficio ,  fra  Bassano  e  Soriano  .    Per  più  ore 
ferocemente  si  combattè ,  e  restò  infine  sba- 
ragliata l'oste  del  ppa  ,    prigione  lo  stes- 
so duca    d' Urbino,  ferito    leggermente    il 
duca    di  Gandia .    Questa    percossa  fece  ca- 
lar lo  spirito  guerriero  al  papa ,  e  l'indus- 
se ad  ascoltar  volentieri  chi  parlò  di  pace. 
Segui  essa  fra  poco ,  ^  gli  Orsini  ricuperarono 
le  lor  terre,  andando  a  terra  tutti  i  castelli  io 
aria  che  il  pontefice   avea  dianzi   formalo . 

Ven- 

■  Guicciardini  ìttftvi»  Uh,  x. 


1 

ì 

106      Annali    d'Italia  \ 

Venne  dipoi  per  la  quaresima  a  Roma  Coni 
salvo  FernandeZj  ricevuto  con  distinti  ono^i 
ri,  per  avere  ricuperato  Ostia  alia  Cfaiesa^ 
ed  anche  nel  grado  suo.    ^d  perchè  Ales- 
sandro gli  fece  alcune  doglianze  del  re  cat^ 
tolìco  ^ y  Consalvo  gli  lavò  ben  bene  il  ca*- 
po  senza  sapone,  ricordandogli  le  obbliga-^ 
zioni  eh'  avea  la  sua  casa   iilla   real  d'  Arati 
gona  ,  e  toccando  la  scandalosa   vita  di  lu| 
medesimo,  troppo  bisognosa  di  riforma  :  a| 
che  il  papa  non  seppe    che  rispondere  .  Mf 
perchè    gli    era    andato    fallito    il  colpo  d^ 
accomodare    il    figliuolo     suo     primogenitci 
Giovanni  duca  di  Gandia  colle   terre  degli] 
Orsini,  si  rivolse  ad  un  altro  partito,  cioè! 
a  quello  di.  arricchirlo  col  patrimonio  del-j 
la  Chiesa  *.  Pertanto    nel    dì  sette  di  giu-?^ 
gno  eresse  la  città  di  Benevento  in  ducato  J 
e  di  quella  e  insieme  delle  contee  di  ^Ter-^ 
racina  e. di  Pontecorvo  ,    investì  il  isuddet-rj 
to  suo  figliuolo*  A  riserva  del  cardinal  Pie-: 
colomini  eh'  ebbe  il  coraggio  nel  concistproj 
di  opporsi    a  queste^  scialacquamento   degli 5 
Stati  pontifici,  tutti  gli  altri  cardinali  con-j 
sentirono    ed    applaudirono^    per    aver  poi  j 
favorevole  il  papa  al  cotiseguiniento  di  nuo-*l 
vi  benefizj   ,    commende   e    vescovati  .    Ma^ 
che  ?  Nel  dì   14   di  giugno  dopo  una  lauta  ^ 
cena  fatta  da    esso  duca,    e  da  Cesare  car-  : 
dinaie  suo  fratello  alla    Vannozza    lor  ma- 1 

drc 

*  Rdfnaldus  Annal.  Eecl.  ! 

*  Bu/ch:9rdus  in  Diario  .  1 


Anno    MCCCCXCVIL        107 
^C,  il  duca    di  Gandia ,    giovane    dissolu- 

È,  e  perduto  in    amorazzi,    nella  notte  a 
rallo    con  un  solo  staffiere    andò  per  so- 
tazzarsi  non  si  sa  in  qual  casa.  Fu  egli  in 
quella  notte  ucciso;  il  corpo  suo  gittato  nel 
1  .Tevere  ;  e  ritrovato  fra  po^ii  dì^    accertò 

t uno  di  quella  tragedia.  N/)n  si  seppero  già 
autori  delr omicidio;  ma  comunemente 
fu  creduto  ,  che  Cesare  cardinale  per  gelo- 
sia, o  per  altri  motivi  della  smoderata  sua 
ambizione  ^  sperando  come  infatti  avvenne 
di  divenir  egli  solo  arbitro  del  papa  e  del 
papato,  arrivasse  a  questo  eccesso  di  cru- 
deltà. Era  egli  infatti  capace  di  tutto.  Si 
afflisse  indicibilmente ,  farneticò  ,  ed  ebbe 
ad  impazzire  il  pontefice  per  questo  fune- 
stissimo colpo;  e  riconoscendolo  infine  dal- 
la mano  di  Dio,  proruppe  nelle  più  belle 
promesse  di  emendar  sestesso,  e  di  rifor- 
mar la  Chiesa  di  Dio  :  promesse  nondime- 
no ,  che  il  vento  in  breve  si  portò  via  . 
Avvenne  finalmente,  che  nati  in  questi  tem- 
pi alcuni  disgusti  fra  Lugrezia  Borgia  sua 
figlinola^  e  Giovanni  Sforza  signore  diPe- 
saro  suo  consorte,  essa  da  lui  si  ritirò;  e 
il  papa  dipoi  per  cagioni  note  a  se  solo 
disciolse  quel  matrimonio .  Corse  pericola 
lo  Sforza  di  perdere  in  tal  congiuntura  Pe- 
saro ;  ma  dichiaratisi  per  lui  i  Veneziani  y 
cessò  il  pericolo . 

Prima  deRa  morte  del  fratello  s'era  già 
preparato  il  cardinal  Valentino  alla  sua  le- 
gazione,   siccome    destinato    dal    pontefice 

suo 


io8       Annali    i>*  1 1  a  l  hx  \ 

suo  padre  ,  per  portarsi  à  coronare  il  nuò^  I 
vo  re  di   Napoli  don   Federigo  ,   Dappoiché   | 
fu  assicurato,  che  non  più  vivea  suo  fratel» 
lo,  cavalcò    con  ismisurata    magnificenza  i 
Capoa,   ed  ivi    diede  la    corona  ad   esso  re 
Federigo  ,  il  quale  nel  presente    anno  atte-  ] 
%^  à  tistorare  il  Vlesòlato  suo  regno  ;  a  schian^  1 
tare    gli  assassini   ÌC?  malandrini ,    che    dap- i 
pertutto  commetteano    incredibili  danni  ed  \ 
omicidi  ;  e  a  dare  non  meno    buon   ordine  ; 
agli  affari  pubblici  j  che  pace  ai  popoli  coni 
riceverne  il  premio  di    mille    benedizioìsi  .^ 
Tuttavia  restavano  ì\  quel  regno  alcuni  ba^-l 
toni  pregni  d'odio    contro   la  casa    d'Ara-»- 
gona  ,  e  convenne  al  re  di  far  loro  guerra*>,^ 
con  restare  specialmente  abbattuto  il  prìn^i 
cìpe  di  Salerno.  Ma  intanto  non  cessava  1^^ 
discordia  in  Toscana  per  cagion  di  Pisa  H^ 
Anche    Pietro    de'  siedici  _,  saputo  eh'  ebbe^ 
trovarsi  Firenze  involta  in    riioUe  calamitàj 
per  un  atroce  carestia ,  ed    essere    in    reg-i 
gimento  alcuni  antichi  amici  della    sua  ca*i 
Éà ,  tentò    di  ritornar    nella  patria .  Vennei 
éon  gran    copia    d^armati    sino    alle   porte! 
di  Firenze,    ma    non    udendo  alcun  .movi-|j 
mento    favorevole    a    lui    nella    città  ,    pi 
che  di  fretta  se  ne  ritornò  indietro.  In  Mi- 
lano ^  nel  dì  due  di  gennaio  morì  di  par- 
to Beatrice  Estense  moglie  del  duca  Lod& 

*  Guicciardini  Istoria  cC  Italia  .    Ammirati  Istoria    di  Fi 
rtnze.  Nardi  Istoria  di  Firenz*-' > 

*  Corto  Istoria    di  Milano  >    Diario    di    Ferrara    Tom.  14, 
"ker.  Italie» 


Anno    MCCCCXCVIL        ig^   ^ 
vico  Sforza;  dal  che  si  mostrò  egli  incon- 
solabili ,  e  con    grande  sfoggio    di  funerali 
e  limosine  onorò  la  di  lei  memoria.  Furo- 
no novità  nel  Genovesato,  perchè   Giuliano 
dalla  Rovere  cardinale  tutto  allora  de' Fran- 
cesi ,    e    Battistino    da    Campofregaso    con 
malti  .armati    andarono  verso  di   Savona  ^ 
patria  d'esso   cardinale,   sperando    d'  insi- 
gnorirsene ^.  Nulla  venne  lor    fatto  per  le 
buone  precauzioni    prese    dai  Genovesi  ,    e 
i  dal  duca  di  Milano.    Anche    Gian  Giacomo 
i  Tri-vulzio  co' Francesi  usciti    d'Asti  infestò 
lo  Stato  di  Milano  ;    ma  sovvenuto  il  duca 
dai  Veneziani,  rendè  inutili  i    di  lui  sfor- 
zi. Poco  potè  godere  di  sua  fortuna  Filip- 
po duca    di    Savoia  ;    imperciocché    nel    dì 
sette  di  novembre  terminò    la  carriera  del 
suo  vivere .    A    lui    succedette    Filiberto  IL 
suo  primogenito  in  età  di  diecisette  anni  . 
Così  scrivo  io  ^-.fidato  nell'  autorità  del  Gui- 
chenone  ^.  Ma  Jacopo  Filippo  da  Bergamo, 
storico  che  in  questi    tempi    fioriva,  mette 
nel  marzo    dell'anno    presente    il  principio 
del  governo   d"*  esso    Filippo ,   soggiugnendo 
dipbi^  ch'egli  necdum  piene    duobus  annis 
regnavit:  lo  che  meriterebbe  riflessione,  Be 
il  Guicciardino  non  sostenesse    il    racconto 
del  Guichenone  .    Avea  finquì    Ercole   duca 
di  Ferrara  tenuto  in  deposito  il  castelletto 
di  Genova  :  lo  restituì  neii'  anno  presente  a 

di 

'    Navagero   Istoria  l^eneta  T.  14.   Rer.  Ital. 
Guichtnon  Hat.  de  la  Maison  ds  Savoye  , 


no  Annali  d' Ita  LI  A 
di  ^undici  di  novembre  a  Lodovico  Sfondai 
duca  di  Milano  con  somma  di  lui  consola-  < 
zione  .  Non  potè  egli  far  di  meno  :  tante  i 
furono  le  istanze  ed  anche  minacce  de'  Ve-  i 
neziani,  e  di  Lodovico  per  disbrogliare  Ge-^ 
nova  ;  e  le  ragioni  del  duca  Ercole  alla^ 
corte  di  Francia  furono  credute    legittime., 

Anno  di  Cristo  mccccxcvih^  Indiz.  ul 
-di  Alessandro  VI ,  papa  7. 
di  Massimiliano I>  re  de' Rom,  6j 

-tillorchè  l'Italia    si  trovava    agitata  dalP! 
apprensione  ,    che  Carlo  Vili  re  di  Franciij 
tornasse  a  lacerar  queste  contrade  con  for« 
ze  superiori  alle  passate  ^ ,    eccoti  giugne- 
re    nuova,   eh'  egli    nel    castello    d'Ambo- 
sia    era    mancato   di  vita    per  accidente  d 
apolessia  nel  dì  7    d'aprile  dell'anno   pre- 
sente in  età  di  ventisette  anni  e  nove  me^ 
si .  La  taccia   che    a  lui  fu    data ,  consista 
nello  smoderato    amor    de'  piaceri ,   e  nellsi 
sfrenata  sua  libidine ,  per  gli   stimoli  dellÉ 
quale  andava  frequentemente    mutando  pa-f 
stura  •  Del  resto  egli  fu    uno  de'  più  man4 
sueti^    amorevoli    e    benigni    principi    de| 
mondo,    ne  sapea   far    male  ad    alcuno ^  iti 
guisa  che  tanta  sua  bontà  ridondava  talvol-^ 
ta  in  SUO'  danno  ,  perchè  i  ministri  ed  uffi-^ 
ziali  faceano  tutti  a  lor  modo  per  la  fidan-j 
za  di  non  esser  mai   gastigati.    Negli  ulti-^ 

mi     ] 

*  Memoir.  de  Cornine s  lih»^,  f .  l9r  \ 


Anno  MCCCCXCVIII.  iir 
mi  mesi  di  sua  vita  scorgendo  ,  che  appoco 
appoco  veniva  meno  la  sua  sanità  e  forza, 
diede  un  calcio  ai  solazzi  e  piaceri  5  e  mas- 
simamente ai  vietati  dalla  legge  santa  di 
Dio  ,  e  con  opere  di  pietà  e  carità  si  dis- 
pose a  comparire  davanti  al  Giudice  dei 
vivi  e  de' morti.  L'esser  egli  mancato  di 
vita  senza  lasciar  successione  maschile  (  giac- 
ché un  Delfino  ,  nato  qualche  mese  prima  ; 
poco  tempo  visse  sopra  la  terra  )  diede 
luogo  a  succedergli  ^Lodovico  duca  d'Or- 
leans suo  cugino  in  quarto  grado,  e  il  pri- 
mo fra' principi  del  real  sangue  d'allora  ^ 
che  sotto  i  due  precedenti  re  avea  patito  di 
molti  affanni  e  contraddizioni  con  pericolo 
della  vita.  Fu  egli  coronato  re  di  Francia  a 
Kems  nel  dì  ventisette  di  maggio,  e  por- 
tò il  nome  di  Lodovico  JKI,  principe  di 
gran  mente,  abilità  e  coraggio.  Si  scopri- 
rono ben  tosto  le  sue  idee ,  perchè  prese 
anche  il  titolo  di  duca  di  Milano ,  e  di  re 
delle  due  Sicilie.  La  maggior  prima  sua 
cura  fu  di  far  sciogliere  il  matrimonio  da 
lui  contratto  molti  anni  prima  con  Glavan- 
ncL  figliuola  del  re  Lodovico  XI  sì  perchè 
da  essa  assai  brutta  e  mal  sana  non  avea 
mai  potuto  ricavar  successione^  e  sì  per- 
chè gli  premeva  di  sposare  Anna  vedova 
del  poco  fa  defunto  re,  siccome  quella  che 
portava  in  dote  l'importante  ducato  della 
Bretagna,  e  di  cui  dicono,  ch'egli  anche 
prima  era  stato  innamorato  .  Ricorse  per- 
ciò  a   papa   Alessandro  VI  e  si  trovarono 

i» 


118        Annali    r>'  Italia 

in  quegli    sconcertati    tempi    delle    ragioni  | 
per  dichiarar  nullo  il    primo  matrimonio  ,  ; 
e  dar   valore    al   secondo  .  Di  questo  rifare  J 
volle  nondimeno  far  mercato  il  papa  ,  e  co-  \ 
glicrne    profìtto    per    Cesare  suo  «figliuolo  .  j 
Costui  non  avendo  gr«an  genio  all'  abito  ec-  \ 
clesiastico ,  perchè  meditava  già  di  coman- i 
dare    a    popoli^    ottenne   in    quest'anno  di  j 
poter  deporre  la  sacra  porpora  ,  e  di  ritor-  j 
nar/s    al  secolo  ,  allegando    che    contro  sua  ; 
volontà,,  e  per  timore  del  padre  ,  avea  dian- ) 
zi  preso  il  diaconato;  ne  vi  fu  chi  ad  uo- 1 
mo  sì  dabbene  negasse   fede .  Fu  scelto  Ce-  i 
sare  per  portare  in  Francia    le    bolle   dello* 
scioglimento    del  matrimonio    del   re  ^ ,  ed 
insieme  il    cappello    cardinalizio    a  Giorgio 
d'  Aìnbosia  arcivescovo  di    Koano.  Il   fasto 
con  cui  egli  andò  ,  parea  ,  che  superasse  la 
grandezza    delle  stesse  corti    regali .  Il    re 
Lodovico^  che  per  li  suoi    disegni   sopra  V 
Italia    bramava    già    di    guadagnar    in    suo^ 
favore    T  animo    del  papa,    slargò  la  mano  p 
verso    del    di    lui    figliuolo  :,    dichiarandolo^^ 
duca    di  Valenza    nel    Delfìnato  ,    dandogli  | 
una    compagnia    di  cento   uomini  d'  armi  y 
ed  assegnandogli  l'annua    pensione    di  ven- 
timila lire  di  Francia,  con  promessa  anco- 
ra di  qualche  bel  feudo  nel  iVlilanese^  dac- 
ché r  avesse    concquistato  .     Prese  poscia  il 
re  Lodovico  in    Moglie  Anna    di  Bretagna 
nel  gennaio  dell'  anno  segtiente ,    e  siccome  , 

vo-      l 

}  Nardi  If torta  di  Firen7:je.  4 


Anno  MCCCCXCVIII.  113 
voglioso  al  maggior  segno  di  conquistijre 
il  ducato  di  Milano  per  le  ragioni  di  Va- 
lentina Visconte  avola  sua  (  voglia  a  lui 
accresciuta  dall'essere  dimorato  per  tempo 
in  Asti,  e  dall' aver  conosciuta  la  bellezza 
della  Lombardia  )  così  cominciò  òi  buon 
ora  a  disporsi  per  ottener  questo  fine  . 

11  fuoco  acceso  in  Toscana  per  cagion 
di  Pisa,  tuttavia  durava  ^.  Quanto  più 
quella  città  veniva  angustiata  da' Fiorenti- 
ni ,  tanto  più  i  Pisani  si  raccomandavano 
alla  potenza  de"*  Veneziani  ^  e  questi  mag- 
giormente s'insperanzivano  di  ridurre  quel- 
la città  sotto  il  loro  dominio.  Perciò  aven- 
do il  Senato  veneto  condotti  al  suo  soldo 
Guiduhaldo  d^fca  d' Urbino  ,  As torre  Baglio - 
ni  perugino  ,  Bar£o/fl7neo  d'  Alviano  ^  Paolo 
Orsino^  ed  altri  condottieri  d'armi,  mise- 
ro in  viaggio  alla  volta  della  Toscana  del- 
le grosse  brigate  -in  aiuto  de'  Pisani  con 
aver  mosso  anche  i  Medici  ed  altri  fuoru- 
sciti a^  unirsi  alle  lor  genti  .  Lo  stesso 
marchese  di  Mantova  Francesco  fu  poi  spe- 
dito anch' egli  con  titolo  di  generale  colà. 
Per  lo  contrario  non  cessarono  i  Fiorentini 
d'accrescere  le  lor  genti  d'armi,  prenden- 
do al  soldo  loro  i  signori  d'Imola  e  For- 
lì ed  altre  milizie.  Quel  eh' è  più,  trasse- 
ro nel  lor  partito  LodoVico  Sforza  duca  di 
Milano.  Non  poteva  questi  senza  invidia 
Tomo  XXIL  H  mi- 

■*   Ammirati  Istoria  di  Fircnzj:.   Guicciafdi'r.iJ^tor^a  a   Itit- 
Ha .  Nardi  ubi  sufra  » 


h 


114       Annali    d'Italia 
mirare  ,    e    senza  grave  sdegno    sofferire  ,  ì 
che  i  Veneziani  fossero  dietro  ad  accresce-  j 
re    la    lor   già  formidabile    grandezza   coll'f! 
acquisto    di    Pisa;    epperò    accordatosi  coi| 
Fiorentini,,  pensò  sulle  prime  d'aiutarli  se- 
gretamente a  ricuperar  quella  città  ,  ma  in- 
fine apertamente    inviò    loro   dei  soccorsi  . 
Capitan  generale  dell' esercito  fiorentino  fu 
scelto    Paolo  Vitello ,    uomo    di  credito  nel 
mestier    della    guerra ,    a    cui  fu   dato  con 
gran  solennità  il  bastone  in  un  giorno  de- 
terminato   dagli  astrologi .  Quanto  costoro! 
dessero    nel  segno ,    in  breve  si  scorgerà  .1 
Prese  il  Vitelli  Buti  ,  Vico-pisano  e  Libra- 
fatta  .    Corse    la    guerra    pel    Casentino ,  e 
per  altre  contrade  del  dominio  fiorentino  i 
succederono    varj    piccioli  fatti   d'armi  ora 
air  una  ,  ora  all'  altra    parte    favorevoli  , 
L'anno  poi  fu  questo,  in    cui  Firenze  mi-3 
lò    la  tragedia    di  frate  Girolamo   Savona^'* 
vola  ferrarese    deir  ordine    di    san  Domeni-^! 
co,  uomo    per    l'austerità    della    vita ^  pel: 
suo  raro  sapere,  e  per  la  sua  fòrza  e  zeloi! 
nel  predicare    la  parola  di  Dio ,  ammirato^ 
da  tutti,  e  degno  di  miglior  fortuna.  Reg-« 
gevasi  la  maggior  parte  del  popolo  col  con-^ 
siglio    di    lui    anche   ne' politici    affari;  ed^ 
egli   fu  che  il  tenne  lungamente  saldo  nel-< 
la  dipendenza    del  re  di    Francia.  Ma  noni 
mancavano    a  lui    nemici ,    e  molti  potenti! 
nella  stessa  città  di  Firenze;  e  specialmen-i 
te  i  Medici  fuorusciti  l'  odiavano  a  morte^, 
perchè    direttamente   opposto    alle  loro  in*^ 

ten- 


Anno    MCCCCXCVIII.      115 
?n2ioni  di  signoreggiar  nella  repubblica  »* 
Chi  gli  volea  male,  l'accusò   alla  corte  di 
Roma,  come  seduttore,  e  seminatoi  di  fal- 
sa dottrina.  Però  gli  fu  proibito   dal  papa 
di  predicare  ,    e  tantopiù    perchè  egli  non 
avea  saputo  astenersi  dal  toccar    nelle    sue 
prediche   i  vizj  dello  stesso    regnante  pon- 
tefice ,   troppo  peraltro  palesi,   e    i  depra- 
vati costumi  della  corte  romana  .  Disprez- 
zò frate  Girolamo  i  comandamenti  del  pon- 
tefice j  tornò    sul    pulpito  ,   maggiormente 
inveendo  da  lì  innanzi  contro    la  corrutte- 
la d'allora.  Fu  scomunicato  dal  papa,  in- 
timate le  censure  a  chi  l'ascoltasse,  il  fa-r 
Torisse,  e  mandate  finalmente  replicate  let- 
tere ai  magistrati    di  Firenze ,    con  ordine 
di  mettere    le  mani  addosso  al    frate,  mi- 
nacciando scomuniche  ed  interdetti ,  se  nof^ 
si  ubbidiva. 'Temeva  forte  papa  Alessandra 
uno  scisma  ;  e  guai  a  lui ,  se  persona  d' au- 
torità   avesse    allora  alzato  un    dito  coltra 
di  lui  .  Non  vi  era,  chi  non  detestasse    un 
pastore  di  vita  sì  contraria  al  sublime  suo 
grado .  Ora  avvenne,  che  L*n    frate  France- 
sco di  Puglia  dell'Osservanza   di  s.  France- 
sco predicò  pubblicamente    contra    del  Sa- 
vonarola ,  impugnando  specialmente  queste 
di  lui  proposizioni:    La    Chiesa  il  Dia  ha 
hisogno  d'essere    riformata    e  purgata^  La 
Chiesa  di  Dio  sarà  flagellata  ,  e  dopo  i  fl<£r 
^elU  sarò,  riformata  e  rinnovata ^  e  torn^ 

H  2  il» 

*  Rpynildus  Annaf,  Eetl,  Nardi  tshri4F4i  Fifàfi^t. 


iiS       Annali    d'Italia 

in  'prosperità.  Gl^inffidell  si  coa\>€r.tiranno 
a  Cristo.  Firenze  sarà  jlagellata  ^  e  dopo  i 
fiàgelli  si  rinnoverei ,  e  tornerà  in  prosperi^ 
éà  j  ed  altre  che  tralascio. 

Chi  teneva,  e  chi  tien  tuttavia  il  Savo- 
narola   per    uomo  di  santa    vita,  e  ch'egli 
ispirato  da  Dio    predicesse  le  cose   avveni- 
re, fra  non  molti  anni  trovò  il  tutto  avve- 
rato. Altre  simili  predizioni  fatte  da    lui, 
e  ntjminatamente  a  Carlo  Vili  re  di  Fran- 
ciia^  ebbero  il  loro  effetto.    Si  esibì  anco- 
ra frate   Francesco  di  confermare  alla  pro- 
va del  fuoco    la    falsità    delle  proposizioni 
suddette,  e  all'incontro  fra    Domenico    da 
Pescia  domenicano  accettò  di  sostener  giuste 
e  verificabili  le  medesime,   con  esibirsi  di 
entrar  anch' egli  nel  fuoco.  Perchè  il  frate 
minore  trovò    maniera  di  sottrarsi  all'  im- 
pegno presa,    per    lui    sottentrò    un    frate 
Andrea  Rondinelli .  Adunque   nel  dì  dicias- 
sette d"*  aprile  per  ordine  de' magistrati  ac- 
ceso un  gran  fuoco  venuero    alla    presenza 
d' innumerabil  popolo  i  due  contradditori  , 
per  provare  ,  se  in  quella  avvampata  cata- 
sta si  sentisse  fresco  o  caldo.  Ma  non  vo- 
lendo   comportare    i  frati    Minori ,  che  fra 
Domenico  v'  entrasse    vestito  con  gli  abiti 
sacerdotali  ;    né    eh'  egli  portasse  in  mano 
il  Sacramenta  dell'altare  :    iw-sole  contese 
terminò    tutto   quel!' apparato  ,  "e    nulla  si 
fece.    Scapitò    molto    per    questo,  del    suo 
buon  concetto   il    Savonarola  ,    e  crescendo 
Tardile   della    fazione    a    lui   contraria,  e 

mas- 


4 


Anno  MCCCCXCVIIL  ii? 
rn^ssimamente  degli  scapestrati  ,  nella  se- 
guente domenica  dell'Olivo  si  alzò  centra 
di  lui  gran  rumore ,  in  guisa  che  i  ma- 
gistrati ,  timorosi  ancora  delle  tante  mi- 
nacce d6^:papa,  fecero  prendere  e  menar 
nelle  carceri  il  Savonarola.  Allora  fu,  che 
infierì  contra  di  lui  ,  chi  gli  volea  male  * 
Oofse  tosto  a  Firenze  un  commessario  del 
papa^  per  accendere  maggiormente  il  luo- 
co,  ed  accelerar  la  morte  dell' infelice 4  Si 
adoperarono  i  torme-nti  per  fargli  confes- 
sare ciò  che  vero  non  era;  e  si  pubblicò 
poi  un  processo  contenente  la  confessione 
di  molti  reati  che  agevolmente  ognuó  ri- 
conobbe per  inventati  e  calunniosi.  Velluto 
dunque  il  di  ventitré  di  maggio  vigilia  dell' 
Ascensione^  alzato  un  palco  nella  piazza, 
quivi  il  Savonarola  degradato  insieme  con 
due  frati  suoi  compagni  ,  cioè  Silvestro  e 
Domenico  ,  fu  impiccato  ,  i  loro  corpi  di- 
poi bruciati  ,  e  le  ceneri  gittate  in  Arno  , 
per  timore  che  tanti  divóti  di  questo  re- 
ligioso le  tenessero  per  sante  reliquie .  Re- 
stò appresso  involta  in  molte  dispute  la 
di  lui  fama;,  riguardandolo  gran  copia  di 
gente,  cioè  tutti  i  buoni  qual  santo  e  qual 
martire  del  Signore  ;  ed  all'  incontro  tutti 
i  cattivi  per  uomo  ambizioso  e  seduttore. 
Dio  ne  sarà  stato  buon  giudice.  Certo  è, 
ch'egli  mancò  al  suo  dovere,  dispregiando 
gli  ordini  del  papa  ,  i  cui  perversi  costu- 
mi non  estinguevano  già  in  lui  la  autorità 
delle    Chiavi.     Parimente    lodevole    non  fu 

H  3  nel 


ti8  Annali    d'Italia 

nel  Savonarola  il  cotanto  mischiarsi  nel  go- 
verno secolare  della  repubblica  fiorentina:, 
cosa  poco  conveniente  al  sacro  suo  abito  e< 
ministero.  Peraltro  eh'' egli  fosse  d'illibati 
costumi,    di    singoiar    pietà    e   zelo,  tutto 
volto    al    bene    spirituale    del  popolo,  con  i 
altre  rarissime  doli  ,  indicanti  un  vero  ser-  |! 
vo  di  Dio  ,  le  cui  opere  stampate   conten-  \\ 
gono  una  mirabil  unzione  e  odore  di  san»  ^ 
tità  :  non  si  può  già  negare  .  Ma  di  questo 
avendo  pienamente  trattato  Gian  Francesco  r 
Fico    conte    della     Mirandola  ,    dottissimo! 
scrittore  suo  contemporaneo,  nella  Vita  ed  | 
Apologia  del  medesimo  Savonarola,  e  Jaco- 
po Nardi    fiorentino,  anch'esso    allora    vi- 
vente ,    nella  sua  Storia    di   Firenze  :  senza 
che  io  osi    di    far  da  giudice,    rimetto    ai 
loro  scritti  il  lettore,  che  più  copiosamen-1 
te  desideri  d'  essere  informato  di  quella  la- 
grimevol  tragedia. 

Anno  di  Cristo  mccccxcix  ^  Ind.  ir.    ^' 
di  Alessandro  VI,  papa  8. 
di  Massimiliano!^  re  de'Rom.  7. 

Bolliva  tuttavia  la  discordia  e  guerra  di 
Pisa,  quando  non  meno  i  Veneziani ^  che 
Lodovico  duca  di  Milano  ,  cangiati  senti- 
menti ,  mostrarono  genio,  che  si  trattasse 
d'accordo  ^  .    I  Veneziani,  siccome  accen- 

ne- 

»  Guicciardini  Istoria  d''  Italia.  Santito  Istoria  lìi  renet:.ia 
T.  ai.  Rer.  Ital.  Ammirati  Istoria  di  T'irenzj:  •     Nardi    Ut 
ria  di  Firenzje  • 


Anno  MCCCCXCLX.  119 
nfrol^ra  poco,  ad  una  preda  di  maggior 
loro  soddisfazione  aveano  già  rivolto  il 
pensiero.  11  duca  di  IVI  il  ano  ,  oramai  pre- 
sentendo un  fiero  temporale  che  centra  di 
lui  si  preparava  in  Francia  ,  volea  pensare 
a  difendere  sestesso  ,  e  non  già  l'altrui 
con  tante  inutili  spese.  Quanto  poi  ai  Fio- 
rentini ,  nulla  più  desideravano  che  la  pa- 
ce ,  perchè  troppo  stanchi  e  smunti  per  co- 
sì lunga  e  dispendiosa  guerra  .  Fu  dunque 
da  tutti  gì"*  interessati  fatto  compromesso 
di  questa  pendenza  in  Ercole  I  Estense 
duca  di  Ferrara.  ProiFerì  egli  il  suo  laudo 
nel  dì  sei  d'aprile,  decretando,  che  i  Fio- 
rentini tornassero  padroni  di  Pisa,  con  re- 
stare i  Pisani  in  possesso  delle  rendite  pub- 
pìiche  e  delle  fortezze;  e  che  dovessero  i 
Fiorentini  pagare  ai  Veneziani  in  dodici  an- 
ni cento  e  ottantamila  scudi .  L'  insaziabi- 
lità delle  persone  cagion  fu ,  che  tutte  e 
tre  le  parti  rimanessero  mal  contente,  an- 
zi disgustate  di  questo  laudo  .  Contuttociò 
i  Veneziani,  sebben  ricusarono  di  ratificar- 
lo ,  pure  r  effettuarono  con  ritirar  da  Pisa 
Je  loro  milizie.  V'acconsentirono  anche  i 
Fiorentini.  Ma  i  Pisani  ,  protestando  di 
non  volerlo  accettare  ,  si  accinsero  a  soste- 
ner soli  la  guerra:  tanta  era  la  loro  av- 
versione a  tornar  sotto  il  giogo  de**  Fioren- 
tini .  Perciò  eccoti  ricominciar  la  guerra  . 
Faole  Vitelli  generale  d'essi  Fiorentini  eb- 
be ordine  di  uscire  in  campagna  :  lo  che 
esegui  nel  mese  di  giugno  j  e  dopo  la  presa 

H  4  d'  al- 


I20  A  N  M  A  L  1     d' I  T  A  L  I  A 

d'alcuni  luoghi  andò  nel  dì  primo  dVigosto 
a  mettere  il  campo  intorno  a  Pisa.  Impadro- 
nitosi  da   lì  a  dieci  giorni  della  fortezza  di 
Stampace  ,    tal    terrore    diede  a'  cittadini  , 
che  fu    creduta    inevitabile    la    presa  anche 
della  città;  ma  il  Vitelli  non  si  seppe  ser- 
vir della  fortuna,  e  questa  ,  spirato  quel  dì, 
non  tornò  più.  Fecero  i  Pisani  dei  ripari; 
ma  quel  che    più    gli  aiutò  fu  Paria  xlella 
state  ,  madre    di    sì    copiose  malattie    nelP' 
esercito    de'  Fiorentini ,    che  quando  il  Vi- 
telli determinò  di  dare  un'  assalto  generale 
alla  città ,  gli  convenne  desistere  per  man- 
canza di  gente.  Vennero  per  questa,  e  per 
altre  apparenti   ragioni  in  sospetto  della  di 
lui  fede  i  Fiorentini  ,  e    chiamatolo    a  Fi- 
renze ,  ancorché  ne' fieri  tormenti  a  lui  da- 
ti nulla  confessasse  di  pregiudiziale  al  suo 
onore,,    pure    nel    di  primo    di  ottobre  fu 
decapitato ,  con  lasciare    esempio  ai  poste- 
ri delP  evidente  pericolo,   a  cui   si  espone, 
chi  prende    il    generalato    delle  armi  delle 
repubbliche,  perchè  dove  son  tante    teste  , 
quivi  più  facilmente,  che  altrove,  la  poca 
fortuna  diventa  delitto.  Vitellozzo  suo  fra- | 
tallo  con    più  giudizio  si    salvò  a  tempo  ,  j 
ed  entrato  in  Pisa,   vi  fu  ben  veduto.  Co- j 
si  per  ora    vergognosamente    ebbe    fine    la  j 
guerra    de'  Fiorentini    contra    de'  Pisani  ,  e  \ 
si  mormorò    forte    d' essi    dappertutto    per  ; 
ia  morte  data  al  Vitelli.  Nello  stesso  gior- ' 
no,    che  tolta  dicemmo    la    vita    al    Vitel- 1 
li,    pagò   il    suo    debito    alla  natura   T^iar- i 

ci-      1 


^^__^     Anno    MCCCCXCIX.       i2t 

tUib  -t'iclno  fiorentino  ,  ristoratore  in  Italia 
della  Filosofia  platonica,  ed  uno  de' più  in* 
signi  letterati,  che  s'abbia  avuto  l'Italia. 
Niun  interesse  stava  in  questi  tempi  più 
a  cuore  al  novello  re  di  Francia  Lodovico 
Xlly  che  la  meditata  conquista  del  ducato 
di  Milano  e  del  regno  di  Napoli,  de' quali 
«i  pretendeva  egli  erede  ;  d<:ir  uno  per  le 
ragoni  di  Valentina  Visconte  avola  sua  ; 
dell'altro  per  la  cessione  fattane  già  dalla 
casa  d' Angiò  alla  corona  di  Francia  ^  . 
Prese  egli  le  necessarie  misure  per  tali  im- 
prese, facendo  pace  coi  re  di  Spagna  e  di 
Inghilterra^  e  con  Massimiliano  re  de' Ro- 
mani, e  nello  stesso  tempo  procacciando  di 
aver  le  potenze  d'Italia  a  se  favorevoli,  e 
almeno  non  opposte  a' disegni  suoi.  Colle 
grazie  compartite  a  Cesare  duca  Valentino 
s'era  egli  affezionato  papa  Alessandro  F/, 
e  più  ancora  se  ne  prometteva  ,  dacché  es- 
so pontefice,  in  cuore  di  cui  il  primo  mo- 
bile era  l'ingrandimento  de'proprj  figliuo- 
li, non  avea  potuto  indurre  Federigo  re 
di  Napoli  a  concedere  una  sua  figliuola  in 
moglie  del  suddetto  duca  Valentino  ,  e  il 
principato  di  Taranto  in  dote;  epperò  tut- 
to le  mire  delia  grandezza  del  figliuolo  avea 
rivolte  alla  corte  di  Francia.  Infatti  l'ac- 
corto re  Lodovico  non  ebbe  difficoltà  di 
promuovere  le  nozze  d'esso  duca  Valentino 

con 

Pelcaire  H:'st.    Guicciardini  Istoria  d^  Italia  .  Corto  ÌSiO' 

'i  Milano.   Giov.'u,  «d  altri» 


r 

122  Annali  d'  Italia 
con  una  figliuola  di  Giovanni  d' Albret  re 
di  Navarra  del  real  sangue  di  Francia  ,  con 
condizione  nondimeno,  che  il  papa  la  do- 
tasse di  dugentomila  scudi  ,  e  promovesse 
al  cardinalato  monsignor  d'  Albret  fratello 
di  quella  principessa  .  In  questa  maniera 
tanto  il  papa ,  quanto  il  duca  suo  figliuo- 
lo,  diventarono  affatto  francesi,  e  alli  die- 
ci di  maggio  segui  il  matrimonio  suddetto: 
del  che  sommamente  si  rallegrò  il  papa.  Ma 
ninno  potea  maggiormente  ostare  in  Italia 
alle  idee  del  re  Lodovico  ,  che  la  potenza 
veneta.  Trovò  egli  la  via  di  guadagnar| 
ancor  questa.  Oltre  all^ essere  i  Veneziani 
mal  soddisfatti  di  Lodovico  il  Moro  ,  con- 
siderato da  essi  per  uomo  pieno  sempre  di 
doppiezze  e  per  traditore ,  massimamente 
pel  fresco  affare  di  Pisa ,  il  re  gl'invito  ad 
entrar  seco  in  lega  contro  del  medesimo 
Lodovico,  con  esibir  loro  Cremona^  città 
comodissima  agli  stati  di  quella  repubbli-. 
ca.  Per  sì  vantaggiosa  esibizione  prestò  vo- 
lentieri l'orecchio  quel  Senato  alle  propo- 
sizioni del  re  ,  e  solamente  fece  istanza  ^ 
che  a  Cremona  s' aggiugnesse  anche  la  Ghia- 
radadda  ,  e  il  re  liberalmente  accordò  quan- 
to vollero,  pensando  forse  fin  d'allora  di 
ripigliarsela,  e  con  buona  derrata,  a  suo 
tempo  ^ .  Fu  pubblicata  questa  lega  nel  dì 
vinticinque  di  marzo,  ed  in  essa  entrò  dipoi 

an- 

'  Navigero  Istoria  di  Vtnezjii  T.  14.   Rer.  ItaL  Cori»  Isto- 
ria di  Milano  . 


n^  Anno  MCCCCXCIX.  123 
àtfcte  il  papa  con  patto  che  il  re  prestasse 
aiuto  al  duca  Valentino,  per  conquistare 
Imola ,  Faenza  ,  Forlì  e  Pesaro . 

Intanto  il  re  di  Francia^  essendosi  colle- 
gato ancora   con  FUiherto  duca    di  Savoia  , 
cominciò  a  spedir  soldatt;sche  ad  Asti  sot- 
to il  comando  di  Gian^Giaeomo  Trivulzio  ^ 
sperimentato  capitano,,    e  nemico  del    duca 
di  Milano    che    T  avea    spogliato    di  tutti  i 
suoi  beni.  Mandò  ancora  il  corife  (fi  Lignl , 
e  il  signor  (V  Obignì  con  altre    genti  d'  ar- 
mi ;  ed  egli  per  dar  più  calore  alla  guerra 
già  determinata    contra  d'esso  duca  di  Mi- 
lano, e  per  essere  maggiormente  a  portata 
per  li  bisogni  occorrenti  ,  si  portò  in  per- 
sona a   Lione .  Fra    il  Trivulzio    e  i  Guelfi 
del  ducato  di  Milano  passavano    intelligen- 
ze ed  intrinsichezze  di  molta  conseguenza  • 
Lodovico  per  li  suoi  vecchi  peccati,  e  per 
le  nuove  sue  estorsioni  era  odiato  dai  più , 
né  gli  sconveniva  il  nome  di  tiranno.    Fe- 
ce egli  un  potente  armamento  di  gente  ,  e 
general  d' essa    Gian-Galeazzo    Sanseverlno 
genero  suo;   ma  contra    di    lui  era  lo  sde- 
gno di  Dio  ^ .  Neir  agosto  diedero  i  Fran- 
cesi principio  alla  guerra.  Dopo    aver  pre- 
so i  due  forti  castelli  d'Arazzo  ed  Anone, 
s'impadronirono  di  Valenza  .  Tortona  spon- 
taneamente mandò  loro    le  chiavi ,  e    senza 

vo- 


*  Guicciard.  Istoria  d'' Italia.  Cario  Istor.  di  Milano-  Ni- 
vagero  Isteria  di  renezja  .  Sanuto  Istoria  di  renerja  T.  22. 
Rer.  Ital. 


124  A  K  N  A  L  I       »'  I  t  A  L  I  A 

voler  aspettare  la  forza  ,  s'  arrenderono  Vo- 
ghera,  Castelnuovo,    e    Ponte-corone.    Nel 
nedesimo    tempo  i  Veneziani    coli'  esercito  ' 
loro  entrarono  nella  Ghiaradadda^  e  s' im-  i 
possessarono  di  Caravaggio  .  Passò  Teserei*  ; 
to  francese   sotto    Alessandria.    V'era  den-  ■ 
tro  il  general  dello  Sforza^  cioè    il   Sanse-  \ 
verino,  con  una  poderosa  guarnigione;  ma  \ 
v'  era  eziandio  il  conte  di  Gaiazzo  suo  fra-  ; 
tello,  capitano  altresì  dello  Sforza  ,    segre-  i 
tamente  già  accordato  co' Francesi.  Lo  stes- j 
so    Gian-Galeazzo    due    dì    dopo   V  assedio  \ 
all'improvviso  se  ne  fuggì    d** Alessandria  ,^ 
con  dir  poi  d'essere  stato  ingannato  da  una 
lettera  finta  sotto  nome  di  Lodovico  Sforza 
duca  di  Milano^    che  gli  ordinava    di  por-J 
tarsi   a  Milano  :  lo  che  gli  fece  dubitar  deU 
la  sua    testa.  Comunque    sia,  certo  è  •,  che 
la  sua  partenza  sbigotti  sì  forte  il  presidio 
di  quella    città  ^  che  molti    si  diedero  alla^ 
fuga  ,    e    i    Francesi    entrati  spogliarono  ili 
resto  di  que'  soldati  ,  e  misero  poi  a  saccO'j 
r  infelice   città  .    Mortara    e    Pavia    neppurl 
esse  fecero  resistenza  .  Tutte    queste  disav-| 
venture^   e  in  poco  tempo  succedute,  fece-i 
ro  conoscere    a  Lodovico  il  Moro  ,  che  erai 
venuto  il  tempo  di  provar  la  mano  di  Dio; 
sopra    di  se_>  e  sopra    la  sua  famiglia.  Ep-j 
pelò  deliberato    di    ritirarsi  in  Germania  _,  ! 
mandò  innanzi  i  figliuoli,  e  con  loro  il  te-! 
soro  ,  consistente    in    dugcnto  quarantamila i 
scudi  d'oro   oltre  alle  gioie   e  perle.  Dopo  ■ 
aver  deputato  alla  custodia    del  castello  di] 

Mi- 


EA  N  N  o    MCCCCXCIX.       125 
jenchè    contro  il  parere  de'  suoi  , 
Bernardino    da  Corte  con    tremila  fanti ,    e 
munizioni  senza  iìne ,  perchè  conservandosi 
questo,    sperava    coli' aiuto    dell' imperador 
Massimiliano  e  degli  Svizzeri    di  ritornare 
in  casa  :  nel  dì  due  di  settembre  ito  a  Co* 
ino,  passò  dipoi  nel  Tirolo.  Allora    il  po- 
polo di  Milano  spedì  ambasciatori  al  cam- 
po francese,  invitandolo    a  venire,  6  restò 
in  breve  consolato.  Tutte  le  altre  città  del 
bucato  di  Milano  prestarono    anch'  esse  ub- 
bidienza ai  Francesi,  fuorché   Cremona  che 
secondo    i  patti    venne  in  potere    de'  Vene- 
ziani .    Successi    tali ,    e  mutazioni  sì  subi- 
tanee,   accadute    senza    quasi    spargere  una 
stilla  di  sangue  ,  fecero  inarcar  le  ciglia  a 
tutti  gl'Italiani  ,  ed    empierono    di  terrore 
Federigo  re  di  Napoli  ,    il    quale  nelle  dis- 
grazie di  Lodovico  il  Bloro  cominciava  già 
a  leggere  le  proprie.  ì>lon    passarono  dodi- 
:i  giorni  dopo  la  fuga  del  duca,  che  il  cre- 
duto sì  fedele  Bernardino    da  Corte  ,  senza 
aspettare   un  colpo  d'artiglieria,    per   gran 
somma    di  danaro  vendè    lo  allora  itreduto 
mespugnabil    castello  di  Milano   ai  France- 
si ,  con    tanta    infamia    del  suo    nome,  che 
venne  dipoi  riguardato  come  un  mostro,  e 
fuggito,  o  maledetto  da  ognuno,  e  fin  da- 
gli stessi    Francesi,    in    guisa   tale  che  non 
potendo  reggere  al  dolore  e  all'  obbrobrio  , 
da  lì  a  pochi  giorni  iìnì   di   vivere  ,  seppur 
non  fu  aiutato  a  terminaiCe  la  vita. 

Di  così  prosperosi  avvenimenti   informa- 
to 


i 

126        Annali    d' Italia 

to  il  re  Lodovico  j  da  Lione  calò  in  Italia,  j 
e  fece  la  sua  solenne  entrata  in  Milano  nel  I 
dì   sei  d'ottobre  *,  accolto    con    strepitosi  j 
viva  da  quel  popolo ,    che  liberato  dall'  aa-  j 
prò    giogo    di   Lodovico    il    Moro    sperava  i 
giorni  più  lieti  sotto  il    governo    francese  .  \ 
Ksse^o  stato  lasciato  in    Milano  Francesco  \ 
Sforza    picciolo    figliuolo    del    mòrto    duca 
Gian  Galeazzo  colla   duchessa    Isabella    sua 
madre  ,  fu  poi  condotto  dal  re  in  Francia^ 
e  dedicato  alla  vita  monastica  .  Isabella  nel!' 
anno  seguente    se  ne   ritornò  a  Napoli    ad 
essere    spettatrice    della    final    rovina  dellj 
real  sua  casa.  Gian-Giacomo  Trivulzlo  ^  di 
cui   principalmente    riconobbe    il    re    un  s: 
presto  e  felice  acquisto  del  ducato  di  Mila* 
110^  ebbe    in  dono  la  nobil    terra    di  Vige- 
vano. Né    fu    pigra    la   città    di    Genova 
spedire  ambasciatori  e  a  darsi    con   onore* 

4 

Giunsero  a  fargli  riverenza  anche  gli  am«»| 
basciatori  dxi' Fiorentini ,  i  quali  nonostati»*! 
te  molta  contrarietà  conchiusero  lega  cooi! 
lui ,  Irttanto  asprissima  guerra  ai  Venezia- i 
ni  facea  Baiazetta  imperador  de'  Turchii 
non  solo  in  Levante^  ma  sino  nel  Friuli  ,i 
dove  penetrarono  que' barbari,  commettenr? 
«io  innumerabili  crudeltà  .  Persona  non  vi^ 
f u  y  che  non  credesse  avere  Lodovico  il  Mq-ì 

ro     \ 


^  Diar.  di  Ferrara  Tcmf'  14.  RsV'  Ital.  Sanut(y  Isto>ia  di 
iì^ist,ta  T»  ai'  RtT.  Ital.  Corto  Istoriai  di  Milano.  Gii-rciar' 
dirif  7fto^-i,z  d^  Italia.  Beltaire  Hittoire -^  ed  altri -^ 


Anno    MCCCCXClX.         127 
ro  sollecitati    quegl' infedeli    contra  de' Ve- 
neziani   per    vendicarsi   di    loro  ,    siccome 
principal    cagione    della    rovina    di  lui  ^  e 
della  felicità  de' Francesi  ,  della  quale  non- 
dimeno cominciarono  essi  Veneziani  a  pen- 
tirsi ben  tosto,  e  maggiormente  poi  ebbe- 
ro   a   pentirsene    ne'prmii   anni   del  secolo 
susseguente .  Ed    ecco  darsi  principio  negli 
ultimi  mesi  di  quest' anno  ad  un' altra  guer- 
ra in  Romagna.  Era  tutto  lieto  papa  Ales- 
I    Sandro  per  li  progressi   delle  armi  francesi 
in  Lombardia ,    perchè  secondo  i  patti  do- 
veano  queste  aiutare  il  duca  Valentino  suo 
figliuolo  a    conquistare  le    città  d' essa  Ro- 
magna _,  destinata  più  d'ogni  altra  contrada 
ad  essere  il  magnifico  principato  della  casa 
Borgia .    Trovò    egli    in  questi  tempi  delle 
ragioni  di  torre  alla  casa  de' Gaetani  Serrao- 
neta  con  altre  terre,  delle  quali  immediata- 
mente investì  Lucrezia  Borgia  sua  figliuola  , 
moglie    in  questi  tempi    di    don  Alfonso  di 
Aragona  duca  di  Biseglia  ,  e  dichiarata  go- 
vernatrice    perpetua    di    Spoleti    e    del  suo 
ducato.  Poscia  si  diede^  il  pontefice  a  spro- 
nare il  re  Lodovico^  acciocché  prestasse  la 
promessa  gagliarda  assistenza    al  duca  Va- 
lentino   per  la  guerra    disegnata  contra  dei 
signori    in    Romagna    e    della    Marca ,    cioè 
contra  degli  Sforza  di    Pesaro,  àt^  Malate- 
sti  di  Rimini,  à%' Manfredi  di  Faenza,  dei 
Riarj  d' Imola    e  Forlì  ,    de"*  Varani  di  Ca- 
merino ^    e    de' conti    di  Montefeltro  duchi 
d'Urbino,  Teneano  questi  signori  con  bolle 

pon- 


12.8        Annali    D*  Ita  LI  A  ì 

pontificie  le  loro  città:  non  importa;  rio.  l 
veano  queste  cedere  al  bisogno  di  stabilire  I 
la  grandezza  della  casa  Borgia  :  e  pretesti  ì 
di  spogliarne  i  padroni  non  mancavano  a  : 
chi  j voleva  alzare  un  maestoso  edifizio  so-  ■ 
pra  la  love  rovina  :  che  questa  ;fu  d'  ordì-  j 
nario  r origine  e  la  mira  delle  guerre  fat-  j 
te  dai  pontefici  di  que'  tempi  ,  non  mai  | 
contenti^  finche  non  alzavano  i  suoi  figli-  | 
uoli  o  nipoti  al  grado  e  domitiio  principe- 
sco 5  con  tradire  manifestamente  l' intenzio- 
ne di  Dio,  e  della  Chiesa  nel  sublinratli  a 
quella  sacrosanta  dignità .  Venuto  dunque 
il  duca  Valentino^  accompagnando'  sempre 
il  re  Lodovico  da  Lione  a  Milano  ,  t  spal- 
leggiato dai  pressanti  uffizj  del  pontefice  , 
ottenne  dal  re  un  grosso  corpo  di  gente  ; 
che  unito  calle  soldatesche  pontificie  si 
trovò  capace  di  eseguir  poscia  felicemente 
i  di  lui  disegni .  Dopo  un  mese  di  dimora 
in  Milano  se  ne  tornò  il  re  in  Francia,  la-  | 
sciando  il  governo  dello  stato  di  Milano  nell?  \ 
mani  del  valoroso  maresciallo  suo  Gian-Giaco-  ■ 
moTrlvulzlo^  ;  ed  allora,  cioè  nella  metà  di  | 
novembre  anche  il  duca  Valentino  con  due-  ; 
mila  cavalli  e  seimila  fanti  venne  a  pian-  ] 
tar  r  assedio  ad  Imola .  Poca  resistenza  fé-  i 
ce  quella  città  :  la  rocca  si  tenne  lo  spa- 
zio di  venti  giorni  ,  e  poi  capitolo  .  Passò  i 
di  là    air  assedio    di    Forlì  .    Dentro  v'  era    ; 

.-.  ' 

'  Cronica  MS.  di  Bologna  nella   Libreria  Estense  .  Biari§      ■ 
di  Firrara  Tom.  »4.  Rer.  Imi. 

\ 


Anno  MCCCCXClX.  .129 
Caterina  Sforza,  donna  d^ animo  virile, 
vedova  del  già  conte  Girolamo  Riario  ,  che 
vigorosamente  si  mise  alla  difesa  .  Con  tali 
str«pitosi  avvenimenti  ebbe  fine  V  anno  pre- 
sente . 

Anno  di  Cristo  mDj  Indiz.iii. 

di  AlessandxHo  vi  ,  papa  9. 

di  Massimiliano!^  re  de'Rora.  8 

V-^ontinuò  il  duca  Valentino  sul  principio 
di  quest'anno  l'assedio  di  Forlì  ^.  Perduta 
la  città  j  Caterina  Sforza  si  ridusse  alla  di- 
fesa della  cittadella  e  della  rocca,  mostran- 
do in  ciò  non  men  vigilanza  e  bravura  , 
che  i  più  sperti  e  veterani  uffiziali.  Ma 
per  li  frequenti  colpi  delle  artiglierie  ca- 
duta parte  del  muro  ,  ed  aperta  ampia  brec- 
cia^ per  quella  entrarono  le  genti  di  Va- 
lentino con  tal  prestezza ,  che  raggiunsero 
i  soldati  di  Caterina  nel  ritirarsi  che  fa- 
ceano  nella  rocca;  ed  entrati  in  essa>  della 
medesima  s'insignorirono,  ammazzando  chi 
venne  loro  alle  mani.  Caterina  rifugiatasi 
in  una  torr^  ,  con  alcuni  pochi  fu  fatta 
prigione  ,  e  mandata  dipoi  a  Roma ,  e  cu- 
stodita in  castello  sant'  Angelo  .  Ma  Ivo 
d'Allegre,  capitano  delle  milizie  francesi 
ausiliarie  del  duca  Valentino ,  preso  da  am- 
ToMo  XXII.  I  mi- 

*  Cuicctard.  Ist.  4''  Ita/.  Cronica   MSta    di  So/ogna  .    Ra^. 
naldus  AnnaU  Mccl,  Croni  fa  t^eneta  T,  24.  Rer,  Itat. 


1 30      Annali    d' Itali  A 
mirazione    del    coraggio   di   questa    insigne 
dama    e    principessa^    e  da   compassione  al 
suo  sesso  ,  ne  impetrò   da   lì  a    non  molto 
la  liberazione .  Divenne  poi  ^  o  per  dir  me- 
glio ,  era  divenuta  essa  Caterina  moglie  di 
Giovanni  de^  Medici  ^  padre  dì  quel  Giavan- 
ni  y  che    nel  secolo  susseguente    si  acquistò 
la  gloria  di  prode    capitano  >    e  generò  Co- 
simo che  fu  primo  gran-duca  di  Toscana  • 
Le  iniquità  commesse  da'  Francesi   in  Forlì 
furono    indicibili.    Non    potè   per    allora  il 
duca    Valentino   proseguir   il   corso  di  sua 
fortuna  ^  perchè    insorte  nel  ducato  di  Mi- 
lano le  novità^  delle  quali  parlerò  fra  po- 
co ,  dovette  accorrere  colà    il  signot  d' Al- 
legre colle  milizie  regie  ^  dopo  aver  lascia-  ^ 
ta  in    Romagna    memoria   per  un  pezzo  di 
immense    ruberie,    disonestà >    ed  altre  ri- 
balderie   da    loro  commesse .  Impadronitosi 
dunque  d'Imola^  Cesena  e  Forlì ,  sene  tor- 
nò a  Roma  il  duca  Valentino ,    dove  volle 
far  la  sua  entrata  come  trionfante   con  in- 
credibil    pompa  e  corteggio  nel  di  ventisei 
di  febbraio.  Era    questo  V  anno  del  giubi- 
leo^, in  cui  se  i  Cristiani    guadagnarono  le 
indulgenze   dei    loro    peccati ,    anche    paiJa 
Alessandro  seppe  guadagnare  dei  gran  teso-  J 
ri  ^  ,  perchè  concedea  per  tutta  la  Cristia*  ^ 
«ita  quelle  indulgenze  medesime  a  chi  noni 
potea  venire    a  Roma  ,  purché  pagassero  il  ; 
terzo  di  ciò  che  avrebbono  speso  nel  tiag-^ 

gio  :     ] 


Anno     MD.  131 

"|ìo  :  alia  raccolta  del  qual  danaro  f\ironO 
deputati  dappertutto  i  questori;  e  questo 
danaro  colle  decime  imposte  al  olerò  ,  e  la 
irigesima  agli  ebrei  ^  dovea  poi  servire  sc- 
endo i  soliti  pretesti  per  far  la  guerra 
contro  al  Turco  ;  ma  servì  infine  ad  altri 
tisi.  Nonostante  Tanno  santo,  un  lieto  car- 
novale si  fece  in  Roma ,  e  il  duca  Valen- 
tino lasciò  in  tal  occasione  la  briglia  al 
8U0  fasto  con  giuochi  e  feste  d'  indicibil 
magnificenza  e  spesa ,  per  le  quali  nobilis- 
sime azioni  meritò  d'essere  dichiarato  gon- 
faloniere della  santa  romana  Chiesa. 

Pochi  mesi  erano  soggiornati  in  Milano, 
fe  nelle  altre  città  di  quel  ducato  ì  Fran- 
cesi >  che  la  poca  disciplina  da  loro  osser- 
vata in  que'  tempi ,  e  la  sfrenata  lor  dist)- 
ttestà ,  ài  cui  molto  parlano  le  Storie  ^  , 
Cominciò  ad  essere  di  troppo  peso  a  quei 
jpopoli,  e  a  farli  sospirar  di  nuovci  il  go- 
verno degli  abbattuti  loro  principi  ^  Quel 
thà  è  più,  mal  ^offerendo  1  Ghibellini ,  po- 
tente fazione  in  quelle  contrade  ,  che  Glan- 
Giacomù  Tri^juLzìo  capo  de' Guelfi  coman- 
dasse le  feste  ^  cominciarono  ad  animare 
al  ritornò  Lodovico  il  Moro  e  il  cardinale 
j4?can£0  suo  fratello.  Questi  pertanto,  giacché 
andarono  loro  ben  presto  fallite  le  speranze 
poste  iu  Massimiliano  re  de' Romani^  prin- 

I  2  ci- 


■  Dhr.  di  Ferrara  Tom.  I4.  Rer.  ItaU  Senarega  de  Reb. 
Oenutns.  Guicciardini  Istoria  d^ Italia,  Nardi  Istoria  di  Fi- 
unxe  .  Bembo  ,  ed  altri  . 


132         Annali    d^  Itali  a 

cipe  negligentissirao  ne'proprj  affari  ,  privo 
sempre  e  sempre  sitibondo  di  danaro,  si 
rivolsero  agli  Svizzeri  con  assoldarne  otto- 
mila ,  e  misero  insieme  ancora  cinquecento 
uomini  d*  arme  borgognoni  .  Sul  fine  di 
gennaio^  senza  perdere  tempo  ,  calarono 
essi  pel  lago  di  Como  a  quella  città  che 
apri  loro  le  porte .  Bastò  questo  _,  perchè 
il  popolo  di  Milano  si  levasse  a  rumore  , 
gridando  Moro  ,  Moro  .  Mossesi  ancora  ,  per- 
chè Lodovico  avea  lor  fatto  credere  di  venire 
con  un  esercito  infinito  :  lo  che  non  fu  ve- 
ro •  Si  rifugiarono  i  Francesi  nel  castello  , 
e  il  Trivulzio  si  ritirò  a  Mortara  .  Sul 
principio  di  febbraio  giunse  prima  il  car- 
dinale Ascanio  ,  e  poscia  Lodovico  a  Mila- 
no con  festa  di  quel  popolo  .  Ed  amendue 
si  affrettarono  ad  assoldar  quante  genti  di 
armi  poterono.  Anche  la  città  di  Pavia  e 
di  Parma  alzarono  le  bandiere  del  Moro  ; 
altrettanto  erano  per  fare  Piacenza  e  Lodi, 
se  chiamati  in  aiuto  i  Veneziani  dai  France- 
si,  non  vi  fossero  entrati  colle  loro  mili- 
zie. Tornò  bensì  all' ubbidienza  d' esso  Mo- 
ro Tortona  ;  ma  sopraggiunto  colà  Ivo  di 
Allegre  colle  soldatesche  richiamate  dalla 
Komagiia,  ed  assistito  dai  Guelfi^,  -ricuperò  I 
quella  ciltà^  mettendo  dipoi  a  sacco  non 
meno  i  Ghibellini  nemici ,  che  i  Guelfi  ami- 
ci.  Passò  Lodovico  il  Moro  all'assedio  di 
Novara  ,  ed  obbligati  i  Francesi  a  rendere 
la  città  ,  si  diede  a  bersagliar  la  fortezza 
tuttavia  resistente.  Fu    miriìbilc  intanto  la 

sq\' 


1 


Anno     MD.  ^   135 

sollecitudine  del  re  Lodovico  per  ispedire 
in  Lombardia  nuove  genti  sotto  il  coman- 
do del  signore  della  Tremoglia  ,  dimaniera-^ 
che  sul  principio  d'aprile  questo  capitano 
unito  col  Triviilzio^  e  col  conte  di  Lignì  ^ 
ebbe  in  pronto  un'  armata  di  mille  e  cin-* 
qiiecento  lance,  diecimila  fanti  svizzeri,  e 
seimila  francesi  ,  co'  quali  si  appressò  a 
Novara.'  Pure  più  ne' tradimenti ,  che  nella 
forza  delle  armi ,  riposero  i  comandanti 
francesi  la  speranza  di  vincere. 

Già  s'  erano  intesi  gli  ufEziali  svizzeri 
militanti  per  la  Francia  con  quei  eh"'  era* 
no  al  servigio  dì  Lodovico  ìlMoro ^  promet- 
tendo loro  una  gran  somma  d"*  oro  ;  e  me* 
rarono  così  accortamente  la  loro  trama  _, 
che  venne  lor  fatto  di  tradire  il  duca  con 
eterna  infamia  del  loro  nome.  Col  prete- 
sto dunque  di  non  voler  combattere  coi 
proprj  fratelli  ,  gli  Svizzeri  tedeschi  ab- 
bandonarono Lodovico  il  Moro  ^  e  con 
licenza  dei  Francesi  uscirono  di  Novara , 
per  tornarsene  al  loro  paese .  Per  mise- 
licordia  ottenne  Lodovico  di  poter  fuggi- 
re con  loro  ,  e  tanto  egli ,  come  i  tre 
Sanseverini  travestiti  da  svizzeri  marcia- 
rono colla  truppa  ,  per  ridursi  in  salvo  . 
Scoperti  dai  traditori-,  furono  tutti  e  quat- 
tro fermati  e  fatti  prigionieri  nel  dì  dieci 
d'aprile:  spettacolosi  miserabile ,  che  tras- 
se le  lagrime  insino  a  molti  de' nemici.  Si 
sbandò  per  questa  calamità  il  resto  delle 
truppe   sforzesche  3    e  portata    la    dolorosa 

I  s  ^   nuo- 


13Z|       Annali    d'  I  t  a  i.  i  a 

nuova   al  cardinale  Ascanìo  che    attendeva 

in  iVIilano  all'assedio  del  castello  ,, tosto  si  f 

partì  anch'  egli  da  quella  città  ,  ed  invios-  | 

si  frettolosamente  alla  volta  del  Piacentino  |^ 

pejr  non  essere  colto  ^ .  Ma  giunto  la  notte  | 

a  Rivolta^  castello  del  conte  Corrado  Landò  J 

suo  amico  ,    e  quivi,  avendo  preso  riposo  _,  i^ 

trovò  quella    sfortuna  eh' egli    andava  fug-  j 

gendo  .    Imperocché    avvisati    di  ciò  Carlo  i 
Orsino  e  Soncino    Benzene  ,    capitani  delle 
genti  veneziane,  che  stavano    in  Piacenza, 

cavalcarono  speditamente  colà^  e  colla  for-  ^ 
za  obbligarono  il  conte  Landò  (  ingiu- 
stamente accusato  da  alcuni  di  tradimen- 
to )  a  consegnar  loro  1'  infelice  porporato , 
con  Ermes  Sforza ^  fratello  del  morto  duca 
Gian-Galeazzo  y  e  con  altri  gentiluomini  di 
sua    famiglia.    Fu    mandato     a    Venezia    il 

cardinale  ^  ma    il  re  Lodovico   prima  colle  '"- 
preghiere ,  e  poi  colle   minacce  di  guerra  ^ 

tanto  battè  ,  che  1'  ebbe  nelle    mani .  Furo-  \ 

no    condotti  ^in   Francia    questi    sventurati  ; 

principi  .    Lfidovico    il    Moro    confinato  nel  i 

castello  di  Lochrs  nel  Barrì  in  una  oscura  ] 

camera  senza  libri  ,  senza   carta  ed  inchio-  \ 

stro ,    ebbe  quanto,  tempo  volle   per  potere  i 

riflettere    alla  caducità    delle    umane  gran-  i 

dezze ,  e  ai  frutti  della  smoderata  sua  am-  \ 

•bizione    e  vanità,    cioè    alla    cagione  delle  ] 

sue  e    delle    altrui  rovine,  per   aver  chia-  j 

inato  in  Italia  le  armi  straniere,  ed  assassi-  \ 

na-  \ 

'  Cren,  di  f^eiìe:cia  T.  ai.  Rer.  Itaì, 


Anno  MD.  *  135 
nato  il  proprio  nipote ,  essendo  esso  Lodo- 
vico dopo  dieci  anni  di  prigionia  manca- 
to poi  di  vita.  AI  cardinale  Ascanìo  ,  che 
coti  intrepidezza  accolse  le  sue  disavven- 
ture, fu  data  per  carcere  la  torre  di  Bor* 
ges,  quella  stessa,  dove  il  medesimo  re  Lo- 
dovico, allorché  era  duca  d"* Orleans,  tenu- 
to fu  prigione  ;  tanto  è  varia  e  suggetta  a 
peripezie  la  sorte  de^  mortali .  Poca  cura 
si  prese  del  cardinal  suddetto  papa  Ales-- 
Sandro  j  siccome  venduto  al  volere  de' Fran- 
cesi ,  epperò  solamente  sotto  il  pontefice 
Giulio  11  riebbe  Ascanio  la  sua  libertà. 

In  gran  pericolo  di  un  sacco  si  trovò  il 
popolo  di  Milano  dopo  la  caduta  del  Mo- 
ro ;  ma  avendo  essi  inviata  un'  amba- 
sceria al  cardinale  di  Roano  che  veniva 
spedito  dal  re  in  Italia  per  governatore  , 
impetrarono ,  che  il  gastigo  si  riducesse  al 
pagamento  di  trecentomila  ducati  d'oro  : 
pena  che  loro  fu  anche  per  la  maggior  par- 
te rimessa  dalla  clemenza  del  saggio  re 
Lodovico,  Non  potè  poi  resistere  esso  re 
alle  premure  di  ■ga'pa  Alessandro  che  di 
nuovo  gli  fece  istanza  di  gente  ^,  affinchè 
il  duca  Valentino  terminasse  il  sospirato 
conquisto  della  Romagna  .  Questi  erano 
allora  i  gran  pensieri  del  pontefice ,  il  qua- 
le poco  avea  profittato  di  un  indizio  dello 
sdegno  di  Dio  contro  la  di  lui  persona  che 
fiì  malamente    corrispondeva   ai   doveri  del 

I  4  sa* 


5 


13S        Annali    d'Italia 

sacrosanto  suo  ministero  .  Imperciocché  nel- 
la festa  di    san  Pietro  svegliatosi  un  terri-* 
bil  vento  con  gragnuola  e  fulmini  rovesciò 
il  più  alto    cammino  del  Vaticano    con  tal 
empito,  che  il  suo  peso    ruppe   il  tetto ^  e 
due  travi  della  stanza  superiore    alla  pon- 
tiiìzia  .  Penetrò  questa    rovina  nella  stanza 
medesima ,  dove  dimorava  il  papa  ,  con  es- 
sersi rotto  un  trave.  Vi  perirono    Lorenzo 
Chigi  gentiluomo  sanese ,    e  due  altre  per- 
sone.   Lo    stesso  papa  si  trovò    bensì  vivo 
sotto  le  pietre  ,  ma  stordito  e  leso  ancor 
in  più  parti  del  corpo .  Per  buona  ventura' 
quel  trave  ch*era  caduto,  servì  a  lui  di  ri- 
paro.   Questo    colpo    invece    di    servire  di 
paterno  avviso  ad  Alessandro  per  farlo  rav 
vedere,  il  confermò  piuttosto  nella  persua 
sione    della   protezion    del    Cielo   :    epperò 
dopo  UH    pubblico    ringraziamento  a  Dio  ^ 
che  l'avesse  preservato  dalla  morte,  segui 
tò  lo  scandaloso  cammino  di  prima.  Fu  in 
questi    tempi  assassinato    da    alcuni  sgherri 
don  Alfonso  d'Aragona  marito  di  Lucrezia^ 
Borgia;  e  perchè  le  ferite  non  furono  suf-i 
Scienti  a  levarlo    di  vita^  il  veleno  diede*! 
compimento  all'opera.  Ne  fu    creduto  au-i 
toro  il  diwa    Valentino ,  il  quale   divenutoli 
tutto  francese  ,  e  volendo    andar  unito  coa.-| 
quella  corona  alla  distruzion    degli  Arago4i 
nesij  giudicò  meglio  di  levar  c^  mezzo  unri 
parentado  si  fatto,  siccome  qu  Ho  che  piùij 
non  si  adattava  alle    mire  presi    ti.  Impe-j 
Irato  dunque    ch'ebbe   esso  duca  Valentina! 

un    j 
il 


É 


Anno     MD.  157 

tìa  possente  soccorso  di  Francesi ,  condotto 
da  Ivo  (V Allegre y  nel  mese  d'ottobre  ri- 
cominciò la  guerra  in  Romagna.  Non  durò 
fatica  ad  impossessarsi  di  Pesaro  ,  perchè 
Giovanni  Sforza^  già  di  lai  cognato,  si  ri- 
tirò per  tempo  ,  non  volendo  che  per  ca- 
gion  sua  ricevessero  danno  immenso  quei 
cittadini  ^.  Anche  Fandolfo  Malatesta  gli 
cede  il  campo ,  e  fecegli  aprir  le  porte  di 
Rimini.  La  sola  Faenza,  dove  egli  si  tras- 
ferì dipoi  ,  fece  gagliarda  resistenza  ,  per- 
chè il  giovanetto  Astorre  de' Manfredi  ^  si- 
gnor della  terra  ,  si  trovò  così  ben  sostenu- 
to dall'amore  e  dalla  fedeltà  de' suoi  sud- 
diti 5  che  rendè  per  quesf*  anno  inutili  i 
di  lui  sforzi ,  benché  poi  nel  seguente  gli 
convenisse  cedere  alla  forza ,  e  restar  poi 
vittima  della  lussuria,  e  della  crudeltà  del 
Valentino.  Guerra  ancora  fu  nell'anno  pre- 
sente in  Toscana  ,  più  che  mai  ardendo  di 
voglia  i  Fiorentini  di  ricuperare  la  città 
di  Pisa  .  Ebbero  soccorsi  dal  re  di  Fran- 
cia ;  condussero  ancora  al  loro  soldo  qual- 
che migliaio  di  Svizzeri ,  gente  eh'  avea  co- 
minciato ad  essere  alla  moda  di  questi 
tempi.  Fu  posto  il  campo  a  quella  città,  si 
venne  all'  assalto  ;  ma  essendosi  valorosa- 
mente difeso  quel  popolo  ^  segretamente 
aiutate  da'  Genovesi  ,  Sanesi  e  Lucchesi  , 
ed  insorta    appresso  molte    discordie  dalla 

par- 

»   Diar.  di  Ferrara  T.  24.   Per.  Ita/.  Cronica  MSta  di  So- 
Ug'ìa.  Quiccimdini  Isteria  d*  Italia  ed  altri. 


13^     Annali    n' It  ali  a  ,  ec. /^ 

parie  dei  Francesi  e  degli  Svizzeri  :  appo- 
co appoco  si  sciolse  queir  esercito,  altro 
non  riportandone  i  Fiorentini  sennon  ver- 
gogna ,  e  un  incredibil  danno  al  proprio 
erario  ,  Con  tali  imprése  terminò  V  anno  , 
ebbe  fine  il  secolo  presente ,  e  fifie  ancora 
farò  io  a  questi  racconti . 


€0N. 


CONCLUSION  E^^^ 

DELL'  OPERA, 


-eco  è  venuto  il  lettore  osservando  i  prin- 
cipali avvenimenti  dell'Italia  per  tanti  passati 
anni.  S'egli  da  per  se  finor  non  ha  fatta  una 
riflessione  assai  facile  ,  natiir^le  ^d.  importante  , 
gliela  ricorderò  io  prima  di  congedarmi  da  lui . 
Ed  è  quella,  che  chiunque  ora  vive,  per  quel 
che  riguarda  il  pubblico  stato  delle  cose ,  e 
non  già  il  privato  d'ogni  particolare  persóna, 
avrebbe  da  alzare  le  mani  al  cielo ,  e  ringra- 
z'are  Iddìo  d'essere  nato  piuttosto  in  questo, 
che  ne' secoli  da  me  fin  ora,  descritti  .  Non 
mancarono  certamente  anche  ne'  lontani  tempi 
alcuni  principi  buoni  ,  vi  furono  talvolta  con- 
tinuati giorni  di  pace,  magnifici  spettacoli  e 
delizie  .  Ne  si  può  negare,  che  negli  ultimi 
predetti  secoli  ,  cioè  dopo  il  mille  e  cento  , 
di  gran  lunga  abbondasse  più  T  Italia  di  ric- 
chezze ,  che  oggidì .  Tuttavia  considerando  allo 
ingrosso  que'  tempi ,  nulla  vede ,  chi  non  vede 
il  gran  divario  che  passa  fra  questi  e  quelli  . 
Mìravansi  allora  tanti  piuttosto  tiranni  ,  che 
principi,  crudeli  fin  col  proprio  sangue,  non 
che  verso  i  lor  sudditi.  Oggidì;  sì  moderati  ^ 
sì  benigni  ,  sì  clementi  troviamo  .  i  regnanti  . 
Per  lo  più  tutto  era  allora  guerra,  e  guerra 
senza  legge,  andando  ordinariiimente  in  groppa 
con  essa  i  saccheggi  ,  gì' incend; ,  ed  ogni  sor- 
ta 


14^ 
ta  di  ribalderie  «    In    questo    infelice  sfato  ab-  ] 
biam  lasciata  poc'anzi  l'Italia,  e  per  moltissi-  \ 
mi  anni    vi  continuò  essa    dipoi .    Per  lo  con-  t 
trarlo  ,  se  oggidì  guerra  si    fa  (  e    pur  troppo  i 
si  fa  con  aggravio  di  molti  paesi  )    pochi  son  ; 
quei  monarchi  e  generali ,  che  si  dimentichino  \ 
d'  esser  Cristiani ,  e  dì  guerreggiar  con  Cristia-  \ 
ni.  Del  resto  un' invidiabii  tran<juillità  s'è  lun- | 
gamente  goduta  ,  e  ne  sono  stati  partecipi  an*  ; 
-che  i  giorni  nostri  :  bene    temporale ,  che  noft  ! 
si   può  abbastanza    apprezzare  .    Che  terribili  ,  j 
anzi  indicibili  sconcerti  e  disastri    poi    produ- 
cesse una  volta  la  frenesia  delle  fazioni    guelfa'^ 
e  ghil^llìna  ,  noi  può  concepire  ,'  sennori  chi  legge^ 
ic  Storie  particolari  delle  città  italiane  ,  e  truova 
come    fossero    frequenti   nel  pubblico    e  ne'  pri- 
vati le  nimicizìe  ,  gli  omicidj ,  le  prepotenze  j 
gli  esilj  e  i  capestri  .  Per  misericordia  di  Did 
restò  infine  libera  da  tante  perniciose  pazzie  T 
Italia  )  né  più  v'  ha  città  ,  da  cui  sia  per  que^ 
sto  bandita  la   quiete  e  la  pubblica  concordia  i 
A  cagion   delle    guerre    suddette ,    e  della  poca 
cura  degli  Italiani  ,  francamente  una  volta  s'ih^i 
troduceva  in  queste  contrade  la    pestilenza  ,    fl 
portando  la  desolazione  dappertutto  ,  col  penetra- 
re d' uno  in   un  altro  paese ,  era    divenuta  ora- 
mai un  malore  non  men   familiare  e  stabile  fra 
noi  ,  che  sia  fra'  Turchi  .    Le  diligenze  che  sì 
usano  oggidì  ,  han  provveduto  a    questo    flagel-' 
lo*  e  se  queste  non  si    rallenteranno,    non  ne^ 
faran  pruova  neppure  i  posteri    nostri  .  Che  s< 
a  talun  poco    pratico    sembrasse    talora ,  che  i 
^empi  correnti  si   scoprissero  meno  nemici  òth 

la 


I 


*la  lussuria  di  quel  che  fossero    i    già  passati  : 
l^ppia ,  ch'egli   travede.   Talmente  sfrenato  era 
'Bivolta  questo  vizio,  che  in    paragon    d'allora 
quasi  beata  si    può    chiamare    l'età    nostra.  E 
molto  più  merita  essa  questo  nome  ,  dacché  la 
pulizia  de' costumi,  e  le  lettere,  cioè  le  scienze 
ed  arti  tutte  sono  ora  intanto  auge  e  splendore  j 
laddove  rozzi  erano    negli  antichi    secali  i  co- 
stumi ,  e  r  ignoranza  occupava  non  solamente  £ 
bassi ,  ma   anche    i    piii   sublimi    scanni  .    Ag- 
giungasi a  questo,  esser  data  allora  negli  occhi 
d'ognuno  la  scorretta  vita  dell' uno  e  dell'altro 
clero ,   infezione    giunta  sino  agli    stessi  pasto- 
ri ,  ed  anche  ai  primi  della  Chiesa  di    Dio ,  e 
disavventura,  -che    non    si    può    nascondere,  né 
abbastanza    deplorare    per    gli    scandali    infiniti 
che  ne  derivarono .  Corrono  già  dugento  anni , 
che  s'  è  tolta  questa  pessima  ruggine  dalla  Chie- 
sa di  Dio  ,    né    più    van    pettoruti    i    vizj    in 
trionfo  ,  essendo  migliorati    i    costumi ,    accre- 
sciuta la  pietà ,  e  levati  molti  abusi    de'  barba- 
rici secoli  :  motivi  tutti  a  noi  di  chiamar  fe- 
lice il  secolo  nostro  in  confronto  di  tanti  altri , 
da   noi  finquì  osservati .   Né  venga    innanzi  al- 
cuno con    dire  di    trovar    egli    de' pregi    e  del 
buono  ne' secoli   andati,  e  forse  qualche  bene  , 
di   cui  ora  siam  privi  ^  aggiunga  ancora  osser- 
varsi tuttavia  de' difetti  ne' governi  tanto  eccle- 
siastici ,  che  secolari ,  il    lusso    di    troppo  cre- 
sciuto, r  effeminatezza  negli  uomini ,    la  libertà 
nelle  donne  ,  ed  altri  sì  fatti  malanni  :  che  gli 
si  dimanderà  ,  se  sappia  ,  qual  cosa  sia  l' uomo  , 
e  qual    sia    il    mondo    presente.    Ha  da  uscire 

fuor 


142. 
fuor  di  questo  globo,  chi  non  vuol  vedere  vi* 
z; ,  peccati,  difetti  e  guai.  Intanto  a  chi  bra* 
masse  la  continuazione  della  Storia  d*  Italia  ^ 
facile,  sarà  il  trovarla  maneggiata  dalle  penne 
di  molti  storici  italiani.  Né  ho  ancor  io  re- 
cato un  buon  saggio  nella  parte  II  ddle  Anti- 
chità Estensi^  già  data  alla  luce;  cpperò  tan- 
to più  mi  credo  disabbligato  dal  farne  una  nuo« 
va  dipintura  é 


143 

PREFAZIONE 

DI 

tODOVICO-ANTONIO  MURATORI. 


JUappoichè  ebbi  condotto  gli  Annali  di 
Italia  fino  all'anno  di  Cristo!  500^  ave- 
va  io   deposta   la    penna  con   intenzione 
di   non    proseguir    più  oltre ,  e  ne  avea 
anche  avvertiti  i  lettori .  Dopo  quel  tem- 
ilo abbondando  in  Italia  le   Storie  ^  e  fa- 
cili  anche    essendo  a  trovarsi ,  sembrava 
a  me    superfluo   il    volere  "ristrignere  in 
brevi  Annali  ciò  che  potea  la  gente  con 
tanta  facilità  raccogliere  dagli  storici  mo- 
derni ,  essendo  perlopiù    da   anteporre    i 
fonti  ai  ruscelli*    Ma  d^ altro   parere  so- 
no stati  ^non  pochi  degli   amici   miei^  ed 

al- 


144 
altre  persone  che  Iian  creduta  non  inuti-^- 
le  questa  mia  qualsisia  fatica  .  Si  riduce 
a  pochissimi  il  numero  di  coloro  ,  che 
posseggoìio  tutte  le  Storie  italiane»  Chi 
ne  ha  alcuna  5  i  più  neppar  una  ne  han- 
no. Il  presentar  dunque  raccolta  da  tan- 
te e  sì  varie  Storie  la  sostanza  de'  prin- 
cipali passati  avvenimenti  delle  italiche 
contrade  ,  può  chiamarsi  un  benefizio 
che  si  presta  a  tanta  gente,  la  quale 
per  mancanza  di  libri  è  condannata  ad 
ignorare  i  fatti  de' secoli  addietro ,  oppur 
dovrebbe  mendicarli  con  fatica  della  let- 
tura di  non  poche  differènti  Storie .  Non 
può  sennon  essere  grato  il  vedersi  poste 
d'avanti  sotto  un  punto  di  vista  quelle  i 
principali  vicende  che  di  mano  in  mano  | 
son  succedute  in  ciascun  anno  nelle  di- 
verse parti  deir  Italia .  Il  perchè  secondo 
l'avviso  di  tali  persone  mi  determinai  di 
continuare  T  edifizio,  e  di  condurre  que-  \ 

8ti  Annali  sino  al  compimento  della  pace 

iiiu-* 


145 
universale,  che  nel  presente  anno  1749 
ha    rimessa    la    concordia   fra  i  potentati 
di  Europa.  So,  che  in  trattando    di  av- 
venture   lontane   da'  nostri    tempi ,    e    di 
persone  che  passate  all'  altra  vita ,  si  ri- 
dono delle  dicerie  de' posteri  maggior  li- 
bertà gode,  e  dovrebbe  godere    lo  stori- 
co per    profferire  i  suoi    giudizj  .  So  al- 
tresì ,    che    non   va  esente  da  pericoli  e 
doglianze  altrui,  chi  esercita    questo  me- 
stiere in  parlando  di  cose  de'  nostri  tem- 
pi ,  e  di  persone  viventi ,  stante    la  deli- 
catezza che    in  esso  noi  ingenera    l'amor 
proprio  .  Noi  accogUam  volentieri  la  ve- 
rità in  casa  altrui  :  non  così  nella  nostra . 
Contuttociò  spero  io  di  non  avere  oltre- 
passati i  limiti  della  libertà  che  conviene 
ad  ogni  onorato  scrittore:    perchè  non  Y 
amore ,  né  1'  odio  ,  ma    un  puro  deside- 
rio di  porgere  il  vero  a'  miei  lettori ,  ha 
per  quanto  ho  potuto  regolata  la  mia  pen- 
na .  Se  anche  questo  vero  io   talora  non 
Tomo  XXIL  K  l'aves- 


1^6 
r  avessi  raggiunto i  ciò  sarà  avvenuto  peri 
mancanza  di  migliori  notizie  ^  e   non  giàj 
per  mala  volontà* 


Dal  principio  dell' Era  Volgare 
fino  all'anno  1548. 


■  ANNALI  D'ITALIA 

Anno  di  Cristo  mdi  y  Ind.  iv. 

di  Alessandro  VI,  papà  i«. 

di  Massimiliano!^  re  de'Rora.  9. 

1  maggiori  pensieri  di  -pa-pd  Alessandro  in 
questi  tempi  aveano  per  mira  V  ingrandi- 
mento di  Cesare  Borgia  ,  appellato  il  duca 
Valentino,  suo  figliuolo.  Grati  copia  di  da- 
naro ,  raceolta  con  profiisioni  di  grazie  nel 
giubileo  dell'anno  precedente,  era, venuta 
a  tempo ,  per  promuovere  e  sostenere  i 
bellicosi  impegni  di  questo  suo  idolo.  Nel- 
la Romagna  restava  tuttavia  Faenza  che  ri- 
cusava di  sottoporsi  al  di  lui  giogo  :  però 
esso  duca  ,  aveva  tentato  indarno  sul  prin- 
cipio dell'anno  di  prendere  quella  città  con 
una  scafata^  andò  poi  a  strignerla  nella 
primavera  con  poderoso  esercito  d'Italiani^ 
Francesi  e  Spagnuoii .  Due  assalti,  furio- 
samente dati^  a  quelle  mura,  costarono  la 
vita  a  molti  de' suoi  *  Vigorosa  fu  la  dife- 
sa de' cittadini ,  per  l'amore  che  portavano 
ad  Astone,  ossia  Astorgio  de'  Manfredi  ^ 
loro  signore ,  giovinetto  di  rara  avvenen- 
za, e  di  età  di  circa  dicisette  anni.  Ma 
da  lì  a  non    molto   veggendo   essi  crescere 

K  i  il 


ii\S  Annali  d' Italia 
il  pericolo,  e  tolta  ogni  speranza  di  soc- 
corso ,  capitolarono  la  resa  della  città  nel 
dì  26  d'* aprile,  salvo  l'onore,  la  vita  e 
l'avere  delle  persone,  e  con  patto,,  che 
Astorgio  restasse  in  libertà  e  possesso  de' 
suoi  allodiali  * .  Il  Valentino  che  misurava 
tutte  le  cose  colle  sole  regole  del  proprio  in- 
teresse ,  conservò  il  popolo  che  dovea  restar 
suo  suddito  ;  ma  contro  la  fede  condusse 
poi  a  Roma  V  innocente  garzone  Astorgio  , 
e  tanto  a  lui^,  che  ad  un  suo  fratello  ba- 
stardo ,  levò  dipoi  barbaricamente  la  vita  . 
Dopo  sì  fatto  acquisto  non  fu  difficile  al 
Valentino  di  ottenere  dal  papa  suo  padre  , 
a  cui  nulla  sapea  negare  il  sacro  Concisto- 
ro,  rinvestitura  e  il  titolo  di  duca  della 
Komagna .  Quindi  si  rivolsero  le  di  lui 
mire  e  brame  alla  città  di  Bologna,  con 
entrar  minaccioso  in  quel  territorio,  e  ri- 
chiedere l'ingresso  in  castello  san  Pietro  , 
Giovanni  de'' Bentivogli  che  in  questi  tem- 
pi veniva  considerato  come  signore  di  Bo- 
IvOgna  j  e  seco  il  reggimento  d' essa  città  , 
s'erano  dianzi  posti  sotto  la  protezione  di 
Lodovico  Xll  re  di  Francia  ;  né  alcun  im- 
pegno aveano  preso  in  soccorso  di  Faenza , 
tuttoché  il  giovane  Astorgio  fosse  nipote  di 
esso  Bentivoglio  .  A  questo  improvviso  as- 
salto prese  le  armi  tutto  il  popolo  di  Bo*» 
logna ,  ed  assoldò  quella    gente    che  potè  ♦ 

£ 

'   Alessandro  Sardi  Storia    M.S,     Jtìurli  MSS.    di    Bolè- 
gna .   Guicciardino  Storia, 


Anno    MDI.  .  149 

E  percioccliè  fu  creduto  ,  che  il  Borgia  te* 
nessc  intelligenza  con  Agamennone, Giasone s 
Lodovico  e  Lancilotto  de'Marescotti,  fami- 
glia potente  (  vero  o  falso  che  fosse  )  da  alcu- 
Ili  giovani  nobili  partigiani  de*  Bentivogli  , 
furono  essi  dopo  qualche  tempo  uccisi.  Fu 
anche  scritto ,  che  il  Valentino  stesso  rive- 
lasse al    Bentivoglio  l' intelligenza    sua  con 
que' gentiluomini^  e  che  da  ciò  procedesse 
la  loro  morte .  Ossia    che  esso  duca  avesse 
riguardo  alla    protezione  accordata    dal  re 
di  Francia  a'  Bolognesi  ,    oppure  che  cono- 
scesse ,  tali  essere  le  forze  loro  da  non  po- 
tere   eseguire    i  suoi   disegni ,    e  massima- 
mente venuta  meno  la    speranza^  come  fu 
divulgato,  di  qualche  tradimento  nella  cit- 
tà :    spedì    Paolo  Orsino    a  Bologna  ^    per 
trattare    d"" accordo.  Si  convenne  di  ceder- 
gli Castel-^bolognese ,  di  dargli  passo  e  vet* 
tovaglia    pel    territorio ,    e  una  compagnia 
di  cento  uomini  d^'arme  pagati  per  tre  an- 
ni al  di  lui  servigio,  con  mille,  o  duemi- 
la fanti.  Scrive  il  Guicciardino ,  che  s'ob- 
bligò  il    Bentivoglio    di    pagare  al  Borgia 
novemila  ducati  ogni  anno  .    Ma  gli  annali 
di  Bologna,    che  esistono  manuscritti  nella 
biblioteca  estense,    e    sono  di   autore  con- 
temporaneo ,  siccome  ancora   il  Buonaccor- 
si  ^,  nulla    dicono    di  questo    pagamento  . 
Alessandro  Sardi  nella  Storia  estense  manu- 
scritta  scrive^  che  al  Valentino  furono  prò- 

K  5  mca-* 

'  BuenaccoYSì  Hi  aria  < 


150         A  N  N  A  L  I      d'  I  r  A  L  I  A  \ 


inessi  da' Bolognesi  trentamila  icuàì  in  U^  i 
^nnj  ,  e  cento  uomini  d'armi,  pagati  per  \ 
tre  mesi  .  ì 

Ciò  fatto,  il  duca^  benché  abbandonato 
dalle"  milizie  francesi  che  erano  destinate  : 
pel  regno  di  Napoli  ,  pure  s'inviò  col  re-  ' 
sto  della  sua  armata  verso  Firenze .  Mandò 
a  chiedere  il  passo  ^  e  di  aver  di  che  vi- 
vere per  quel  dominio;  e  intanto,  senza 
aspettarne  risposta  ,  e  tenendo  a  bada  gli 
ambasciatori  de' Fiorentini^  valicò  l'Apen- 
nino  ,  e  andò  a  postarsi  a  Barberino.  Tro- 
vavasi  allora  Firenze  in  poco  buono  stato, 
sprovveduta  d'  armati,  con  interna  disu- 
nione, e  con  popolo  dominante,  pieno  di 
gelosia  per  sospetto ,  che  i  nobili  fossero.  ^ 
autori  di  questa  mossa  affin  di  mutare  lo 
stato,  e  far  ripatriare  Pietro  de' Medici  . 
Il  peggio  era,  che  il  re  di  Francia  si  di-? 
chiarava  malcontento  d'  essi  per  crediti  di  \ 
danari,  che  preteodea  da  loro:  cose  tutte, 
che  animavano-  il  Valentino  a  pescare  in 
quel  torbido.  Però  inoltratosi  cinque  miglia 
lungi  da  Firenze  ,  niandò  a  chiedere  ,  che 
si  facesse  altro  governo  in  quella  città,  e 
che  vi  fosse  rimesso  infatti  Pier  de'  Medi- 
ci :  .benché  i  più  credono  ciò  da  lui  pro- 
posto con  secondi  fini ,  e  non  con  intenzio-- 
ne  di  aiutarlo  davvero.  Fu  dunque  concor- 
dato ,  che  fosse  lega  tra  i  Fiorentini  e 
lui  ;  che  niun  soccorso  venisse  da  essi  a 
Piombino,  dov' egli  intendeva  di  andare  a 
mettere    il    campo  ;    e   per    tre   anni  fossQ 

con- 


Anno    MDI.  151 

condotto  da  quella  repubblica  con  salario 
di  trqntaseimila  ducati  d"*  oro  Tanno  obbli- 
gandosi di  mantenere  trecento  uomini  di 
anni  al  servigio  d'  essa  ,  ma  senza  dover 
egli  servire  colla  persona.  Fu  questo  tutto 
il  suo  guadagno ,  giacché  non  vide  disposi- 
zione alcuna  di  alterar  quello  Stato ,  né 
avea  gente  da  far  paura  ad  una  sì  riguar- 
dcvol  città  ^  benché  guernita  allora  quasi 
non  d'altro  ,  che  di  contadini  fatti  vanire 
dal  Casentino  e  da  IVIugello.  Intanto  non 
pochi  saccheggi  commetteano  le  sue  genti 
nel  contado  ,  ed  egli  chiedea  un^  prestanza 
di  danaro  e  di  artiglierie ,  non  trovando 
via  per  uscire  di  que' contorni  :  iìnchè  ve- 
nutigli ordini  efficaci  del  re  di  Francia  di 
desistere  da  quella  molesta  danza^  passò  in 
quel  di  Piombino,  e  preso  ivi  qualche  luo- 
go, se  ne  andò  poscia  a  Roma,  per  iri  pi- 
gliar quelle  risoluzioni,  che  occorressero 
neir  impresa  di  Napoli ,  già  determinata 
da  Lodovico  re  di  Francia . 

Non  mancano  mai  ragioni  o  pretesti  a  chi 
ha  sete  di  nuovi  acquisti*,  e  forze  per  effet- 
tuare i  suoi  disegni.  Nel  re  Lodovico  si  fa- 
ceano  trasferiti  tutti  gli  anrtichi  diritti 
della  casa  <l'Angiò;  e  i  recenti  di  Carlo 
Vili  predecessore  ,  già  padrone  di  Napoli  ;  il 
perchè  siccome  pripcipe  magnanimo  ,  e  già 
grande  in  Italia  per  l'acquisto  del  ducato 
di  Milano  e  della  signoria  di  Genova ,  si 
accinse  in  quest'anno  alJ^  conquista  anco- 
la  di  Napoli.  A  tale  effetto  avea  prese  le 

K  4  &ue 


i52  Annali    b'ItALi  A  \ 

sue  misure,  cioè  guadagnato  papa  Alessatv    \ 
dro  coli' assistenza  data  al  duca  Valetitino,    \ 
e  con  altri    mezzi.  Adormentò    parimente    \ 
Massimiliano  I  re    de'  Romani ,    con    fargli   1 
sperare  Claudia  ,  unica  sua  figliuola  per  is»   i 
posa  di  Carlo  duca  di    Lucemburgo    di  lui  j 
nipote,  che  fu  poi  Carlo  V;  amendue  di  te-   ^ 
nera  età  ,   e    collo    sborso  di  non    so  quale   ^ 
quantità    di    danaro  :    con  che   ottenne  una  : 
tregua  di  molti    mesi  .  Era    Federigo  re  di  i 
Napoli    ben    consapevole    della     voglia    de'  \ 
Francesi  d'invadere  il    regno    suo,    epperò 
avea  fatto  .ricórso    per    protezione    al  me- 
desimo   re    de' Romani  ^    con   pagarli    qua- 
rantamila   ducati  ,    e    prometterne    quindi- 
cimila   il  mese,    acciocché   occorrendo  mo-* 
vesse  guerra  allo  Stato  di  Milano,  e  ne  ri- 
portò anche  la  promessa  di  non  venir  mai' 
ad  accordo  alcuno^,  senza  inchiudervi  ancor 
lui.  Ma    il    buon    Massimiliano 5    lasciatosi 
abbagliare    da' Francesi  ,    tutto   dimenticò  , 
senza  ncppur  avvertire,  che   crollo   potesse^ 
avvenire    alle    ragioni    dell'impero    dal  la-J 
sciare  cotanta,  ingrandire  in  Italia  un  re  di| 
Francia  .  Le  maggiori  speranze  adunque  di 
esso  re    Ferdinando    erano    intanto    riposte 
nell'aiuto  di  Ferdinando  il  Cattolico  re  di 
Aragona  ,  il  quale  ,  per  esser  padrone  della 
Sicilia,    facilmente  potea^    e   come   strett  ^ 
parente^  si  credea  ,  che   volesse    prestargli)! 
soccorso  in  così    brutto   frangente .   Ma    lei 
parentele  fra  i  principi  son  tele  di  ragno  ,^ 
€  cedono    troppo    facilmente  al  proprio  in*^ 

te-     j 


Anno    MDT.  155 

te  che  è  il  primo  e  potente  lor  consi- 
gliere .  Di  belle  parole  dunque  e  di  pro- 
messe n'  ebbe  ,  quante  ne  volle ,  il  re  Fede* 
rigo  :  diversi  poi  furono  i  fatti .  Imperoc- 
ché il  re  di  Francia,  conoscendo  quale  osta- 
colo potesse  venire  dall'  Aragonese  alle  sue 
idee^  segretamente  entrò  seco  in  un  trat- 
tato, e  fu  conchiuso,  che  amendue  faces- 
sero r  impresa  di  Napoli  j  e  al  re  di  Fran- 
cia toccasse  Napoli  con  terra  di  Lavoro^  e 
coirAbbruzzo  ;  e  al  re  cattolico  le  provin- 
cie  di  Puglia  e  di  Calabria  .  Il  Summonte 
ed  altri  prendono  qui  a  giustificar  V  azione 
del  re  Ferdinando  ,  allegando  conae  giusta 
la  di  lui  pretensione  sul  regno  di  Napoli, 
acquistato  colle  forze  nell'Aragona  dal  re 
Alfonso  y  quasiché  non  fosse  stato  lecito  ad 
esso  Alfonso  di  lasciarlo  a  Ferdinando  suo 
figliuolo^  benché  bastardo.  Altri  all'incontro 
il  condannarono  d'  insaziabilità ,  di  tradi- 
mento e  d'ingiustizia,  perchè  i  discendenti 
del  re  Alfonso  godeàno  quel  regno  coli'  in- 
vestitura della  santa  Sede,  e  il  re  cattolico 
dava  ad  intendere  di  fare  armamento  in 
Sicilia  ,  tutto  in  difesa  del  re  Federigo  ; 
quando  unicamente  tendeva  alla  di  lui  ro- 
vioa  ,  e  ad  appagare  la  propria  cupidità  . 

Pertanto  si  mossero  i  Francesi  dalla  Lom* 
bardia  ,    condotti    parte    dal    duca    di    Ne- 
mours,  e  dal   signore  d'Aubigny  per  terra 
alla  volta    della  Toscana  ,   mentre  un"*  altra 
•vmata  per  mare  si  mosse  da   Genova.  Fe- 
c  allora    Federigo    re  di  Napoli  istanza  a 

Con- 


154        Annali    d*  Italia 

Consalvo,  generale  del  re  cattolico  in  Sici*; 
iia  di  unir  seco  le  sue  forze,  e  di  venir  a 
Gaetav,  con  andar  egli  st<^sso  intanto  a  san, 
Germano  ,  per  contrastare  il  passo  ai  Fran-^ 
cesi.  Mostrossi  Consalvo  simulatamente  pron- 
to ,  e  richiesto  ed  ottenuto  il  possesso  di 
alcune  terre  in  Calabria  col  pretesto  di  di- 
fenderle ^  cominciò  in  esse  ad  esercitare  la 
signoria  di  parte  della  division  fatta  coi 
Francesi.  Giunti  in  questo  mentre  a  Roma 
i  Francesi  si  svelò  il  loro  trattato  col  re 
cattolico ,  e  ne  fu  chiesta  V  approvazione  al 
papa,  palliando  la  loro  lega  e  dimanda  , 
per  essere  più  vicine  queste  due  potenze  a 
soccorrere  la  cristianità  contro  al  Turco  , 
anzi  vantando  di  vgler  portare  nell'  Asia 
la  guerra.  Impetrarono  quanto  vollero,  an- 
zi lo  stesso  papa  con  loro  sicollegò.  A  ta- 
li avvisi  il  re  Federigo,  tuttavia  deluso  da 
Consalvo  che  mostrava  di  noh  credere  l"*  ac- 
cordo del  suo  sovrano  con  i  Francesi ,  man- 
dò il  nerbo  maggiore  delle  sue  genti  alla 
difesa  di  Capoa^  a  cui  da  lì  a  non  molto 
i  Francesi  misero  V  assedio  ,  e  diedero  anche 
un  fiero  assalto^  ma  con  loro  danno.  Den- 
tro v'  era  Fabrizio  Colonna  ,  Ugo  di  Gar- 
dena ,  con  altri  capitani,  i  quali  conoscen- 
do* di  poter  poco  lungamente  resistere  , 
massimamente  perchè  il  popolo  s'era  mosso 
a  sedizione,  cominciarono  a  trattar  d'  ac- 
cordo. Ma  ossia,  che  intanto  si  rallentas- 
se la  guardia  della  città,  o  che  qualche  p 
traditore  giudicando,  di  farsi    benevoli   gli  || 


HANNO     MDI,  155  ^ 

sediantL,  gì'  invitasse  a  salir  per   le  mu- 
■  ^  1;  certo  è^  che  nel  dì  24  di  luglio  en- 
IMLrono  i    Francesi     furibondi    per    un    ba- 
r^Rone  nella  misera  città^  e    le    diedero    il 
sacco  colla  strage,    chi  dice   fin  di  ottomi- 
la  persone^  e  chi  di  sole  tremila.    Il  Buo- 
naccorsi,  forse  più  veritiero  degli  altri^  par- 
la solo  di  duemila.  Non  si  può  leggere  sen- 
za orrore    la  crudeltà    usata   dai    vincitori 
che  non  contenti  y  in  tal  congiuntura ,  dell' 
avere  de' cittadini  e    de' sacri    arredi    delle 
chiese,  sfogarono  la  lor    libidine    sopra    le 
donne  d'ogni  condizione,  senza  neppur  ri- 
sparmiare le  consecrate  a  Dio,  con  essersi  tro^ 
vate  alcune  che  per  non  soggiacere  alla  lor 
violenza,  si  precipitarono   nel    fiume    e  ne' 
pozzi.  Non  poche    d'esse    furono    condotte 
prigioni,  e  vendute  poscia  in  Pioma  •  Il  duca 
Valentino  ,  che  co'  Framcesi  si  trovava  a  quel- 
la impresa ,  fattane  una    scelta  di  quaranta 
delle  più  belle  ,  le  ritenne  per  sèj,  per  non 
essere  da  meno  de*  Turchi . 

La  disavventura  di  Gapoa  tal  terrore  mi- 
se nelle  altre  città  del  regno,  che  quasi 
niuna  si  attentò  di  far  da  li  innanzi  resi- 
stenza, ed  ognuna  mandòle  chiavi  incontro 
all'esercito  vittorioso  ,  Il  re  Federigo,  scor- 
gendo già  il  popolo  di  Napoli  tumultuante, 
e  disposto  a  ricevere  un  nuovo  principe  , 
si  ritirò  in  Castel-nuovo.  Laonde  la  città 
inviò  subito  a  trattare  la  resa    che    fu  zz- 

cet- 

'  Bi'.onacccrsi  >  Giovio^  Guicciardini*  Sardi. 


156  ANMALlD^ItAllA 

tettata  a  mani  baciate  ,  con  obbligar  non-*  i 
dimeno  i  Napoletani  allo  sborso  di  sessan-  ] 
tamila  ducati  d'oro.  Non  mantenne  dipoi  \ 
r  Aubigny  questi  patti ,  perchè  da  lì  a  qual-  ; 
che  tempo  impose  una  taglia  d'altri  cento-  ^ 
mila  ducati  in  pena  della  ribellion  fatta  a  ] 
Carlo  Vili  che  questa  bagattella  gli  dovet-  : 
te  scappar  di  mente  ,  quando  fece  la  con-  j 
venzioii  suddetta  .  Non  passarono  molti  ; 
giorni^  che  T infelice  re  Federigo  capitolò  \ 
colTAubigny  di  consegnarli  tutte  le  fortez-  \ 
ze  che  si  teoeano  per  lui ,  con  riserbarsi  | 
solamente  per  sei  mesi  V  isola  d'  Ischia  ^  e  I 
di  poter  non  solo  portar  seco  ogni  suoave-v 
re,  a  riserva  delle  artiglierie,  ma  anche 
andarsene  liberamente  ovunque  a  lui  fosse 
in  grado  .  Tanto  era  1'  odio  ,  eh'  egli  avea 
conceputo  contra  del  re  cattolico  pel  tra- 
dimento e  per  V  oppressione  a  lui  fatta  y 
che  elesse  piuttosto  di  passare  in  Francia  ,■ 
e  di  rinaettersi  alla  conosciuta  generosità! 
di  quel  re,  che  di  fidarsi  mai  più  di  chi  1 
egli  avea  sperimentato  troppo  infedele  .  Im^  | 
petrato  dunque  un  salvocondotto^  e  lascia-^^ 
ti  andare  al  servigio  di  Consalvo,  Prospe-j 
ro  e  Fahrìtìó  Colonnesi^  che  egli  avea  ris-j 
cattati:  con  cinque  galee  sottili  fu  condot-j 
to  in  Francia,  dove  sulle  prime  freddamene j 
to  accolto  dal  re  Lodovico^  poscia  fu  prov-^ 
veduto  della  ducea  d'Angiò  con  rendita  di  < 
trentamilla  ducati  ^  dove  poi  nel  dì  9  dij 
settembre  1504  diede  fine  al  suo  vivere  /j 
Non  istette  in  questo  mentre  punto  in  ozioi 


Anno     MDf.  157 

Consalvo  Fernanàez^  chiamato  il  gran-Ca^ 
filano  y  perciocché  s'  impackonì  di  tutte 
quante  le  terre  destinate  al  re  cattolico 
suo  signore  in  Puglia  e  Calabria .  La  sola 
città  di  Taranto  fece  una  gagliarda  difesa. 
Colà  sul  primo  aTviciaamento  delle  armi 
nemiche  avea  il  re  Federigo  inviato,  come 
in  luogo  di  ricovero  ,  don  Ferrante  suo 
primogenito ,  duca  di  Calabria  ,  appellato 
da  alcuni  con  errore  don  Alfonso  fidandolo 
a  don  Giovanni  di  Ghevara  Conte  di  Po- 
tenza; e  fattogli  poi  sapere,  che  in  caso 
di  disgrazie  andasse  a  trovarlo  in  Francia . 
Perduta  infine  la  speranza  di  soccorso  , 
convennero  i  rettori  di  Taranto  di  dar 
quella  forte  città  a  Consalvo,  facendolo  pri- 
ma giurare  sull'Ostia  consecrata  di  lascia- 
re in  libertà  il  giovinetto  duca  di  Cala- 
bria .  Ma  Consalvo ,  in  cui  prevaleva  più  1' 
interesse  del  re  Ferdinando  ,  che  il  timor  di 
Dio,  ritenne  il  duca  non  senza  grande  in- 
famia del  nome  suo ,  e  col  tempo  V  inviò 
in  Ispagna ,  dove  come  in  una  libera  ed 
Dnorata  prigione  ,  dopo  aver  avuto  due  mo- 
gli (  che,  perchè  sterili  gli  furono  date  , 
niuna  prole  lasciarono  di  se  )  diede  fine  al 
suo  vivere  nel  1550.  Alfonso  secondogenito 
del  re  Federigo ,  passato  col  padre  in  Fran- 
cia ,  terminò  i  suoi  giorni  in  Grenoble  nel 
1515  con  sospetto  di  veleno.  E  Cesare  ter- 
zogenito, ritiratosi  a  Ferrara  ,  quivi  anche 
egli  in  età  d'anni  diciotto  cessò  di  vive- 
re. 

Di 


ts^         Annali  d'Italia 

Di    tempo    sì  favorevole    si  servì    anco* 
ta    il    pontefice    Alessandro    per    abbatte*» 
Te  le   nobili  case  de' Colonnesi   e    Saveìli  , 
che  s'erano  dichiariti  in  favore   di  Federi- 
go re  di  Napoli.    Fulminate    prima  contra 
d'  essi  tutte  le  pene  spirituali  e  temporali, 
mosse  guerra  alle  lor  terre  ,  e  portatosi  in 
persona  all'assedio  diSermoneta,  commise, 
come  ha  Giovanni  Burcardo    nel   suo    Dia- 
rio 'j  tutta  la  camera  sua^  e  tutto  ìt  pa- 
lagio ,•  e  i  negozj  occorrenti  y  a  donna  Lu-- 
crezia    Borgia    sua    figliuola ,  la  quale  net 
tempo  di  tale    assenza  abitò   le  camere    del 
papa  é  E  diedele  autorità  d'  aprire  le  lette» 
re  sue;  e  se  occorresse  alcuna  cosa  ardua ^ 
avesse  il  consiglio    de^  cardinali   di    Lisho* 
na  e  d^ altri  ^  ch'ella  potesse  perciò  chiama'' 
re  a  se  *  Questa  maniera  di  governo  se  fa- 
cesse onore  al  papa ,  poco  ci  vuole  per  co* 
noscerlo .  Vennero  all'ubbidienza  sua  tutte? 
le  terre  di  que'  baroni  :    per   le  quali    vanei 
vittorie  insuperbito  ,    e    insieme    dimentica! 
dell'uffizio  apostolico,    e    delle  minacce    di; 
morte  a  lui  fatte  dal  Cielo    nell'  anno  pre-i 
cedente  ,  lasciò  la  briglia    ad  ogni  sfrenata  \ 
licenza.  Continuò  parimente  il  duca  Vaien-  | 
tino  la  guerra  contro  di  Piombino,  ed  aved- 1 
do    spedito    colà    Viteliozzo    e    Gian-Paola  > 
Baglione  con  nuove  genti  ,  questo  bastò  ad  ì 
intimidire  sì  fattamente /acoi^o  d'Appiano  fi 

si-_  J 

•  Raynaldm    Ann  ah  U*cU 


^_  Anno    MDI.  159 

Signore  di  quella  terra  ,  che  lascialo  i?i 
buon  presidio,  se  ne  ritirò  per  andare  la 
Francia  ad  implorare  gli  effetti  della  pro- 
tezione di  quel  re ,  già  a  lui  accordata  . 
Ma  aadò  indarno,  perchè  al  re  maggior- 
mente premeva  di  soddisfare  alle  premure 
del  papa ,  da  cui  molto  potea  sperare  >  e 
molto  ancora  temere.  In  questo  mezzo  per 
opera  di  Pandolfo  Petrucci  da  Siena  s'  ar* 
rendè  quella  terra ,  e  posda  la  fortezza  al 
suddetto  duca.  Diede  fine  al  Corso  di  sua 
vita  neir  anno  presente  Agostino  Barharigo 
^oge  di  Venezia ,  e  a  lui  succedette  a  di 
3  d'ottobre  Leonardo  Loredano.  TroVavasi 
allora  k  veneta  repubblica  in  non  pochi 
affanni  per  la  guerra  col  Turco,  il  quale 
ogni  dì  più  insolentiva  ,  e  non  nieno  in 
Grecia  ,  che  in  Ungheria  semprepiu  s'  in- 
grandiva alle  spese  de'  Cristiani .  Erasi  ben 
fatta  lega  fra  essa  repubblica^,  il  papa ,  i 
te  di  Francia ,  Aragona  ed  Inghilterra ,  e 
con  altri  sovrani  contro  quel  comune  ne- 
mico •  ma  attendendo  ognun  d' essi  a^  pro- 
pi'j  comodi ,  e  vantaggi ,  e  nulla  avendo 
operato  una  bella  flotta  di  Portoghesi  ,  che 
venne  apposta  ne'  mari  di  Levante  :  conven- 
ne a'  Veneziani  di  sostener  soli  tutto  il 
peso  della  difesa  delle  lor  terre  e  dell'Ita- 
lia .  Né  si  dee  tacere ,  che  trovandosi  in 
Pavia  la  nobile  biblioteca  dei  duchi  di  Mi- 
lano, ricca  di  antichi  e  preziosi  manuscrit- 
ti ,  circa  questi  tempi  per  órdine  del  re 
Lodovico  fu  trasportata  a  Bles  in  Francia. 

Di 


i$o  Annali     d' Italia 

Di  questo  spoglio,  e  d' altri  di  antiche  scrit- 
ture ^  indarno  si  lagnò  la  povera  Lom- 
bardia. 


Anno  di  Cristo  1502,  Ind.  v. 

di  Alessandro  VI,  papa   11. 

di  Massimiliano!,  re  de'Rom.  io 


a 


uanto  più  andava  crescendo  in  potenza 
ii  duca  Valentino ,  tanto  più.  s' aumentava 
in  lui  la  brama  di  nuovi  acquisti ,  seconda- 
to in  ciò  dal  papa  suo  padre,  che  nulla 
più  meditava  e  sospirava,  che  di  formare 
in  lui  un  gran  principe  in  Italia.  Nonavea 
esso  pontefice  meno  amore  e  premura  per 
r ingrandimento  dì  Lucrezia  sua  figlia;  ep- 
però  con  forti  maneggi  fatti  alla  corte  del 
re  Cristianesimo  fin  i'  anno  precedente  e 
col  mezzo  specialmente  del  cardinal  di 
Roano  ch'era  per  concessione  d'esso  Ales- 
sandro, come  un  secondo  papa  in  Francia, 
avea  indotto  quel  re  a  proporre  ,  e  a  far 
seguire  l"  accasamento  della  stessa  Lucrezia 
con  don  Alfonso  d*  Este  ^  primogenito  di 
Ercole  I  duca  di  Ferrara.  Tante  batterie 
furono  adoperate  per  questo  affare,  con  far 
soprattutto  i  mediarori  conoscere ,  che  que- 
sto parentado  portava  seco  V  assicurarsi 
dall'ambizione  e  dalle  armi  del  duca  Valen- 
tino (  seppure ,  come  dice  il  Guicciardino  , 
contro  tanta  perfidia  era  bastante  sicurtà 
alcuna  }  che  gli  Estensi  condiscesero  a  tali 
nozze.  Portò  ella  in  dote  centomila  duca- 
ti 


Anno    MDII.  jGi 

fi  d'oro  contanti,  immense  gioie  e  suppel- 
lettili, colla  giunta   ancora    delle    terre    di 
Cento   e    della   Pieve  ,    cedute    al    duca    di 
Ferrara,  oltre  ad  altri  vantaggi    della  casa 
4'Este .  Gran  solennità  si  fecero  per  questo 
in  Roma  e  Ferrara,  nella  qual    città  entrò 
essa  principessa  nei  dì  2  di  febbraio .  Quan- 
to al  duca  Valentino ,  amoreggiava  egli  for- 
te il  ducato  d'  Urbino  ;  ma  essendo  il  duca 
Guidubaldo  ubbidientissimo  in  tutto  al  pa- 
pa ,  e  per  le  sue  belle  doti    quasi    adorato 
da' suoi  popoli,  né  pretesto  si  trovava,  né 
facilità    appariva    di    poterlo    spogliare    di 
quegli    Stati  .    Si    rivolse   dunque    V  iniquo 
Borgia  ai  tradimenti  ^ .  Portatesi  a  Nocera 
con  poderoso  esercito  ,  e    fingendo  di  voler 
assalire  lo  Stato  di  Camerino  ,    fece  richie- 
sta d'artiglierie  e  di  genti  d'armi  al  duca 
d'  Urbino  .  Tutto  gli   fu  dato  ,  perchè  trop- 
po pericoloso  si  considerò  il  negarlo.    Ciò 
fatto  ,  con    tutta    celerità    s'  impadronì   di 
Cagli,  e  continuò  la  marcia    alla    volta    di 
Urbino,  dove  il  disarmato  duca  Guidubal- 
do ,  eoa  Francesco  Maria  della  Rovere ,  suo 
Tiipote  ,  ad  altro  non  pensò,    che  a  salvare 
la    vita ,  abbandonato    tutto .    Se    ne    fuggi 
egli  travestito,    e    benché    insseguito,  ebbe 
la  fortuna  di  potersi  infine  ritirare  a  Man- 
tova ,  dove  poco  prima    era    giunta  la    du- 
chessa Isabella  sua  moglie;,  sorella  ài  Fran- 
ToMo  XXII.  L  ce- 

Raphael  roUterranur  .  Guicciardino  .    Buonacorrt ,    i^em- 
ho  ,  ed  nitri  . 


I 

iGz  Annali  d'It-alia 
Cesco  II  marchese  d'  essa  Mantova ,  la  qua- 
le dopo  avere  accompagnato  a  Ferrara  Lu* 
crezìa  Borgia  ^  colà  s'  era  portata  per  visi- 
tare  il  fratello .  Con  queste  arti  fec«  acqui- 
sto il  duca  Valentino  di  quattro  città  ,  e 
di  trecento  castella ,  componenti  quel  du- 
cato . 

Gran   rumore    per    tutta    Italia   fece  una 
azione  sì  proditoria  ,   niuno    tenendosi    più  '' 
sicuro  dalle  insidie  di  costui ,  il  quale    ito 
poscia  contra  di  Camerino ,  mentre  andava 
trattando  d'accordo  con  Giulio  da  Varano^ 
signore  di  quella   città,  ebbe    con    inganni 
maniera  di  entrare  in  essa  città .  Imprigio- 
nato Giulio  con  due  suoi  figliuoli,  da  lì  a 
non  molto  lo  spietato    Valentino    con   farli  f 
strozzare ,  se  ne  sbrigò .  Fu  ancora  da'  Fio-  l 
rentini  creduto,  che  lo    stesso  Borgia  e    il  ì 
papa  avessero  mano    nelle    rivoluzioni    che  | 
accaddero  nel  presente ^nno    in    Toscana  ;  ] 
dappoiché   il  re    di    Francia  non    avea    ac-  j 
consentito ,  che  Io  stesso    Borgia    divenisse  j 
signor  di  Pisa.   Vogliosi   sempre    essi   Fio-  ■ 
rentini  di  ricuperar  quella  città  5  altro  mez- ^ 
zo  più  non  conosceano,  che  di  vincerla  coU  ] 
la  fame.  Però  venuta  la  primavera,  anda-** 
rono  a  dare  il  guasto  alle  biade  del  terri-  j 
torio  di  quella  città  ,    e    quindi    posero   il  ì 
campo  a  Vico-Pisano ,  tolto  loro   poco   in-  ] 
nanzi  per  tradimento  d'alcuni  soldati.  Ma] 
eccoti  muoversi  a  ribellione    il    popolo    di  ■ 
Arezzo,  che  tenea   segreta    corrispondenza  ; 
con  Vitellozzo  Vitelli  ^  signore    di   città  Aii 

Ca-      ^ 


^^^         Anno     MDiL  1^5 

sfaHS,  il  quale  non  tardò\acl  accorre-^ 
colà  5  e  ad  imprendere  1^  assedio  del- 
la cittadella .  Ed  ancor  questa  ,  perchè 
non  venne  mai  sufficiente  aiuto  da' Fioren- 
tini ,  costretta  fu  ad  arrendersi ,  dopo  di 
^Ke  fu  smantellata.  Con  Vitellozzo  erano 
congiunti  Gian-Paola  BagUone ^  principa- 
le d'irettore  della  città  di  Perugia  ,  Fabio 
Orsino  f  il  cardinale^  e  Pietro  de'  Medici 
fuoruscitti  di  Firenze  ^  e  Pundolfo  Petrnc- 
ci  che  era  come  signor  di  Siena .  Impadro- 
rironsi  costoro  dopo  .Arezzo  anche  di  Ca- 
stiglione aretino  ,  della  città  di  Cortona  > 
d'  Anghiari ,  di  borgo  san  Sepolcro  ,  e  di 
altri  luoghi.  Sarebbe  andata  più  innanzi 
questa  tempesta,  se  i  Fiorentini  non  aves- 
sero fatto  ricorso  al  re  di  Francia  ,  li/appre- 
sentandogli  come  procedenli  dall'  avidità 
del  papa  e  di  suo  figlio  sì  fatte  novità  ,  e 
facendogli  costare  il  pericolo  ,  che  sopvasta- 
va  anche  agli  Stati  del  medesimo  re  in  Ita- 
lia ,  se  si  lasciava  andar  troppo  innanzi 
r ingrandimento  del  Borgia.  Per  questo,  e 
insieme  pel  danaro^  la  cui  virtù  suole  aver 
tanta  efficacia  ,  il  re  Lodovico  XII  non  so- 
lamente fece  comandare  al  Valentino  ,  e 
agli  altri  suoi  aderenti,  che  desistessero 
dalle  offese  de'  Fiorentini  ,  ma  anche  spedì 
alcune  compagnie  di  genti  d'armi  iu  To- 
scana, l'aspetto  delle  quali  fece  ritornar 
in  breve  Arezzo  e  lealtre  terre  perdute  alla 
ubbidienza  di  Firenze  . 

Furono  cagione  questi  .movimenti ,  e   gli 

L  a  jm- 


1^4  Annali  !>-*  Italia  I 
imbrogli  del  regno  di  Napoli  ^  de''  quali  | 
parleremo  fra  poco,  che  il  re  Lodovico  tor-  | 
nasse  in  Italia  ,  portando  seco  non  lieve  1 
sdegno  contra  del  papa,  e  del  duca  Valen-  1 
tino.  Concorsero  ad  Asti  e  a  Milano  varj  | 
principi  e  signori  d"* Italia;  e  siccome  tut-..  'j 
ti  erano  in  sospetto  di  ulteriori  disegni  di  | 
esso  Borgia  ,  così  aggiunsero  legna  al  fuo-  | 
co.  Già  si  aspettava  ognun  di  mirar  le  ar* 
mi  del  re  volte  alla  depressione  del  Valen- 
tino .  Ma  così  ben  seppe  maneggiarsi  il  pa- 
pa,  che  mitigato  P  animo  del  re,  questi  ad 
altro  non  attese  dipoi,  che  a  far  guerra  in 
regno  di  Napoli ,  restando  deluse  le  spe- 
ranze di  tutti  ipotentati.  Era  qaesta  guer- 
ra insorta  fin  Y  anno  precedente  ,  perchè 
appena  furono  entrati  in  possesso  Francesi  | 
e  Spagnuoli  della  porzione  lor  destinata  ,  j 
che  si  venne  a  contesa  fra  loro  per  li  con-  ] 
fini.  Consalvo  tacque,  finché  si  fu  impadro-  ] 
nito  di  Taranto  ;  ma  poi  sfoderate  le  pre-  \ 
tensioni  del  re  Cattolico,  cacciò  improvvi-  \ 
samente  dalla  Tripalda  e  da  altri  luoghi  i  ■ 
prcsidj  francesi  ,  e  si  appropriò  la  Basili-  j 
cata  .  Perchè  s'era  per  le  malattie  estenua- 
ta di  molto  Tarmata  francese^  il  duca  di  \ 
Nemours  viceré  giudicò  meglio  di  trattar  *^ 
eolle  buone  ,  e  di  stabilire  una  tregua  col  ^ 
gran-capitano  sino  all'*  agosto  dell'  anno  j 
presente^  contentandosi j,  che-  prò  interim  "] 
si  dividesse  fra  loro  la  dogana  di  Foggia, 
e  il  Capitanato,  e  si  ritirassero  i  Francesi  j 
4^1  principato.  Ma  cresciute  dipoi  le  forze  ì 

del  1 


A  N  15  o      MDII.  iG§ 

èt\  viceré  per  le  genti  inviategli  dal  vtì 
Lodovico,  nel  mese  di  giugno  diede  i'Au* 
bigny  principio  alle  ostilità  manifeste  contro 
gli  Spagnuoli  *  E  dopo  avere  occupato  tutto 
il  Capitanato^^  si  accampò  aCanosa,  e  Teb- 
he  infine  a  patti.  Inferiore  in  possanza  tro^ 
vandosi,  allora  Consalvo,  si  ritirò  a  Barlet- 
ta, restando  ivi  sprovveduto  di  vettovaglie  e 
danari  *  Se  avessero  saputo  i  Francesi  profittar 
di  questa  sua  debolezza,  forse  sbrigavano 
le  lor  faccende  in  quel  regno.  Attesero  essi 
a  insignorirsi  della  maggior  parte  della 
Puglia  e  Calabria  ;  presero  Cosenza  ,  e  le 
diedero  il  sacco;  venuto  colà  soccorso  dal- 
la Sicilia  j  lo  misero  in  rotta .  Tale  pros- 
perità delle  armi  rendè  poi  negligente  il 
re  di  Francia  a  sostener  con  vigore  la  sua 
fortuna  nel  regno  di  Napoli  ,  e  ad  altro 
non  pensò  sennon  a  tornarsene  di  là  dai 
monti  * 

Era  ito  travestito^  e  con  pochi  cavalli 
per  la  posta  il  duca  Valentino  ad  inchina- 
re esso  re  a  Milano;  e  siccome  gli  stava 
bene  la  lingua  in  bocca  ,  tanto  seppe  dire 
per  dar  buon  colore  alle  malvagie  sue  azio- 
ni passate  ,  e  tanto  commendò  la  svisc^  ra- 
tezza  del  papa  verso  la  corona  di  Francia  , 
che  riguadagnò  V  affetto  e  la  protezione 
del  re  :  lo  che  recò  non  poco  spavento  a 
Vitellozzo,  al  Baglione,  a  Giovanni  Benti- 
voglio,  a  Pandolfo  Petrucci ,  ad  OllVerotto 
da  Fermo  che  s'era,  con  uccidere  Giovanni 
8U0  zio  5  fatto  signore  di  quella  città ,  e  a 
'     ,     L  3  ,  Pao- 


jSG       Annali    d'Italia  ^ 

Pàolo  Orsino.  Ne  tardò  molto  il  Valentino  ^ 

a  richiedere  colle   minacce.   la    signoria    di  l 

Bologna.  Il  perchè  scorgendo  ognun  di  essi  { 

di  trov^arsi  giornalmete  esposti    alle  insidie   \ 

e  all'ambizione  del  duca  Valentino,    fece-  l 

ro  lega  insieme  contra  di  lui.  Kichiamaro-  ì 

r)o  da  Venezia  Guidubaldo  duca  d'Urbino,    ■ 

e  dall'  Aquila  Giovanni   da  Varano  ,   figlio  ^t 

dell'*  estinto  signore  di  Camerino,  con  ricu-  | 

perar  dipoi  quasi  tutte  quelle  contrade  :  lo  5 

che  frastornò  le  idee  del  Borgia  sopra  Bo-  ] 

logna .  Ma  inteso,  avere   avuto    ordine    lo,] 

Sciomonte  ,  generale   del  re    Lodovico ,    di   • 

assistere    ad   esso    duca    Valentino  ,  e    che  ' 

aveano  da  calare  tremila  Svrizzeri  assoldati  i 

da  esso    Borgia:    cadaun    di    que'  collegati   J 

scorato  cominciò  a  pensare  alle    cose    prò-   ] 

prie  ,  e  a  trattar  separatamente  di  concor-  ] 

dia  con  chi  pur  sapeano  nulla   aver  più    a   ] 

cuore  ^  che  la  loro  rovina  •  Non  si  può  es-    . 

primere  ,  quante  dolci  parole,  quante  belle    l 

promesse  usasse  verso  ognun  di  essi  il  per-   \ 

fido  duca  .  A  questo  amo  si  lasciarono  pren-   ^ 

dere  tutti ,  e  segai  accordo  con  lui^  appro-    ^ 

vate  dal  papa.  Perchè  Bologna  era  osso  du-   J 

ro  ,  contentossi'  il  Valentino  di  far  lega  con    1 

Giovanni  Bentivoglio^  e  col  reggimento    di    | 

quella  città,    la  quale    con   nuovo    accordo    | 

(  seppur  furono  quegli  accordi  )  si  obbligò    | 

di  pagarli  per  otto  anni  dodicimila   ducati    ^ 

d'  oro  r  anno ,  a  titolo  di  condotta  di  ceìi-   "\ 

to  uomini  d'  armi ,    e  di    fornirlo    per   nn 

anno   di    cento   altri  uomini  d^'armi,  e   di 

-       *  du^ 


Anno    MDIT.  167 

Jugento  balestrieri  a  cavallo.  Paolo  Orsino, 
il  duca  di  Gravina,  Vitellozzo  ed  Olive- 
rotto,  incantati  dalle  lusinghe  e  carezze 
del  Borgia  ,  tornarono  agli  stipendj  di  lui . 
Dopo  di  che  colle  lor  forze  costrinsero  il 
duca  Guidubaldo  e  il  Varano  impauriti  ad 
abbandonar  di  nuovo  i  loro  Stati  di  Urbi- 
no e  Camerino  ,  che  tornarono  in  potere 
del  Borgia  ^.  Per  ordine  di  lui  andarono 
poscia  questi  condottieri  a  iliettere  il  cam- 
po a  Sinigaglia  ,  città  di  Francesco  Maria 
della  Rovere  prefetto  di  Roma ,  e  la  for- 
zaif^ono  alla  resa.  Per  li  quali  servigi  si  as- 
pettavano forse  qualche  gran  ricompensa 
dal  Valentino,  ma  l'ottentiero  ben  diversa 
dalla  loro  immaginazione.  Imperocché  ve- 
nuto costui  a  quella  città ,  da  cui  prima 
avea  ordinato,  che  uscisero  le  loro  genti  , 
e  chiamati  a  parlamento  i  suddetti  Paolo 
Orsino  ,  il  duca  di  Gravina  ,  Vitellozzo  , 
Oliverotto  ^  Lodovico  da  Todi  ^  ed  altri  fece 
lor  mettere  le  mani  addosso  ;  e  nel  giorno 
seguente,  ultimo  dell^anno  presente  (il  Sar- 
di scrive,  che  fu  nel  primo  dell'anno  ap- 
presso )  furono  strangolati  in  una  camera 
esso  Vitellozzo  eOliverotto.  Uscito  in  que- 
sto mentre  il  Valentino  per  la  rocca  colle 
sue  milizie,  piombò  airimprovvisso  addos- 
so a  quelle  degl'  imprigionati  signori,  e 
tolse  loro  armi  e  cavalli .  Ne  restarono  as- 

L  4  sai 

'  Cuicciardino.    Sardi.    Paulus    de  Clerici s    Curmelita  in 
Anna!.  MSS.  Raphael  f'oiatsrranus  ,  Cr  a/ii. 


i68  Annali    d'Italia 

sai  morti,  e  più  feriti,  e  il  resto  si  sban- 
dò .  Pandolfo  Petrucci  che  non  era  entrato 
in  gabbia j  ebbe  la  fortuna  di  salvarsi.  Al- 
la misera  Sinigaglia  fu  dato  il  sacco.  Con 
queste  sccleraggini  compiè  il  desestabil  Va- 
lentino l'anno  presente,  non  senza  orrore 
e  terrore  dell'  Italia  tutta .  Or  vatti  a  fidar 
di  tiranni. 

Anno  di  Cristo  1503,  Indiz.  vi. 
di  Pio  III ,  papa  i. 
di  Giulio  II ,  papa   i. 
di  Massimiliano  re  de' Rom.  11- 

rvicco  di  novità  gravissime  fu  l'anno  pre- 
sente, e  noH  mt:no  di  tradimenti  che  erano 
alla  moda  inq.csti  tempi.  Non  sì  tosto  eb- 
be il  duca  Valentino  oppressi  in  Sinigaglia 
i  due  Orsini  cogli  altri  condottieri  ,  che 
ne  spedi  T  avviso  a  papa  Alessandro.  Ave- 
va questi  fatta  dianzi  una  solenne,  ma  ca- 
nina pace  con  tutti  gli  Orsini  5  ed  inteso 
poi  ,  come  felicemente  fossero  riuscite  le 
insidie  tese  a  que'  condottieri  d'  armi ,  te- 
nendo in  petto  Gotal  notizia  ,  sotto  colore 
d'  alcune  faccende  ;,  chiamò  a  palazzo  il 
cardinale  Giambattista  Orsino  ,  ed  appena  | 
giunto  ,  il  fece  far  prigione ,  6  metterlo  | 
nella  torre  Borgia  ^  .  Nello  stesso  tempo  ^ 
per  ordine  suo  furono  presi  Rinaldo  Orsi-  ] 

no      { 

*  Sahellicus  .  Raphael  Volaterranus .  Bembus  .    Guìcciurdi'  ì] 
no  ,  ed  altri  .  \ 


Anno     MDIIL  x6^ 

!;covo  di  Firenze ,  il  protonotaio 
'sino y  ed  altri  di  quella  nobii  casa.  Avu- 
ti poi  i  segnali  delle  fortezze  e  terre  dei 
^«desimi  ,  mandò  a  prendere  il  possesso  . 
■Krò  la  prigionia  dell'infelice  tradito  car- 
dinale sino  al  febbraio  3  in  cui  la  morte  il 
liberò  non  solo  da  essa,  ma  da  t^tti  i  guai 
dfl  mondo  ;  e  voce  comune  fu  ,  clie  il  ve- 
leno gli  avesse  abbreviata  la  vita  ,  benché 
il  papa  facesse  portarlo  scoperto  alla  sepol- 
tura ,  per  farlo  credere  morto  di  naturale 
infermità.  Così  il  duca  Valentino,  andan- 
do ben  d'accordo  con  lui,  dacché  intese 
la  cattura  di  esso  cardinale,  trovandosi  a 
Castel  della,  Pieve,  si  sbrigò  col  laccio  di 
Paolo  Orsino.,  e  di  Francesco  duca  òì  Gra- 
vina della  medesima  famiglia  ,  il  qual  ul- 
timo nondimeno  altri  fanno  morto  prima  . 
Erasi  il  Valentino  senza  perdere  tempo  por- 
tato a  città  di  Castello,  e  trovato,  che  ne 
erano  fuggiti  tutti  quei  della  casa  Vitelli  , 
se  ne  impadronì.  Altrettanto  fece  di  Peru- 
gia ,  dacché  Gian-Paolo  de"  BagUoni ,  il 
quale  più  accorto  degli  altri  s'aera  guarda- 
to dalla  trappola  di  Sinigaglia  ,  noi  volle 
aspettare  nella  patria  sua .  Quindi  sempre- 
pìù  avido  il  Borgia  si  avvisò  di  tentare  la 
città  di  Siena  ,  facendo  sapere  a  quel  po- 
polo, che  cacdassero  Pandolfo  Petruccl  , 
come  nemico  suo  ;  e  senza  aspettare  rispo- 
sta ,  s'inoltrò  a  Sartiano  e  a  Buonconven- 
to^  occupando  que'  luoghi  con  altre  castel- 
la. Il  bello  era,  che  nel   medesimo    tempo 

tan- 


110      Annali    d' Italia 
tanto  egli,  che  il  papa  scrivevano  al  Pctruc- 
ci  delle  lettere  le  più  dolci  e  piene  d'  affé-    ^ 
zione^  che  mai  si  leggessero  .    Gran  bisbi- 
glio e  timore  insorse  per  questo  in  Siena  ;    [ 
ma  Pandolfo  per  bene  del  pubblico  suo  ri-    ; 
tiratosi    a  Pisa ,  tentò    di  levare  al  Valen-    l 
tino  i  pretesti  di  passare  a  maggiori  insul-    j 
ti  .  Né  questi  varamente    osò   di  più  y    tra    \ 
perchè  Siena  città  forte  e  di    gran  popola-   ] 
zione^  si  faceva  assai    rispettare,  e  perchè   j 
essendo  accorso  Gian-Giordano  Orsino  duca    \ 
di  Bracciano  con  gli  altri  di  sua  casa;  set-   ^ 
tratti  alla  perfidia  Borgia ;,    è    coi  Savelli  , 
a  difendere  il   resto  delle  lor  terre  ,  il  poiD-  || 
tefice  richiamò  il  figlio  colle    sue  truppe  a 
Koma .  Andò  il  Valentino  ,  mosse  guerra  a 
que'  baroni ,  senza  riguardo    sulle  prime  ad 
esso  duca    di   Bracciano,    ch'era    sotto    la 
protezione  del  re  di  Francia,  e    senza  ris- 
petto al  conte  dlPitigUano^  une  era  a' ser- 
vigi della  repubblica  di  Venezia.  A  riser-  i 
va  di  Bracciano  e  di  Vicovaro  ,  prese  tut- 
to .  Ma  fattosi  udire  per   tanti    acquisti    e 
tradimenti    il    risentimento  del  re   Cristia- 
nis^imo  ,  si  mise  in  trattato  quella  penden-  \ 
zi  fra  il  papa  e  i  ministri  del  re  ,  i  quali 
^er  altre  cagioni  erano  insospetti,  anzidis-j 
gustali    forte  del  medesimo  pontefice  ,  sic-  ì 
come  consapewioli  del  proverbio   che  allora  { 
correva.  Cioè,  c7ie  il  papa  non  faceva  mai  | 
fanello    che  diceva;  e    il  Valentino  non  di- | 
ceva  mai  quello  che  faceva .  '  | 

Ancorché    il    papa   per  suoi  fini    politici  | 


^4 


Anno    MDIII.  171 

nziàsse  allora  gran  parte  delle  sue  gen- 
^  pure    il    duca    Valentino     segretamente 
nohe  ne  raccoglieva,    gravido    sempre    di 

É  grandiose  idee.  Dava  di  grandi  sos- 
i  a' Sanesi  eFiorentini,  aspirava  al  do- 
io  di  Pisa.  Cercava  anche  il  papa  di 
tirare  i  cardinali  a  consentire ,  che  si  des- 
se al  figlio  il  titolo  di  re  delia  Romagna  , 
Marca  ed  Umbria.  E  giacché  era  a  lui  riu- 
scito di  abbattere  Colonnesi ,— Ofsini  c'a- 
velli, principali  baroni  di  Roma,  stavano 
gli  altri  minori  in  continuo  sospetto  e  ti- 
more dell'  infedeltà  ed  ambizione  della  re- 
gnante casa^Borgia ,  in  guisa  che  molti  an- 
cora per  loro  meglio  si  assentarono;  quan- 
do la  morte  che  sovente  sconcerta  ,  o  con- 
certa le  cose  de'  mortali  ,  venne  a  fare  im- 
pensatamente scena  nuova  .  Cadde  malato 
papa  Alessandro^  e  nel  di  18  di  agosto  fu 
chiamato  da  Dio  a  rendere  conto  della  vi- 
ta tanto  scandalosa  ,  da  lui  menata  non 
men  prima,  che  durante  il  pontificato  suo. 
Talmente  divulgata  e  radicata  si  è  la  vo- 
ce, ch'egli  morisse  avvelenato,  che  non  sì 
facilmente  si  potrà  svellere  dalla  mente  di 
chi  specialmente  inclina  in  tutti  gli  avve- 
nimenti alla  malizia.  Così  parlano  il  Guic- 
Giardino^,  il  Volaterrano,  il  Giovio,  il  Bem- 
bo, per  tacere  di  tant' altri.  Dicono,  che 
in  una  cena  preparata  per  cagione  de' cal- 
di eccessivi  in  una  vigna j,  essendo  appron- 
tati alcuni  fiaschi  di  vino  con  veleno  ,  per 
iscacciat  dal  mondo  Adriano   cardinale    di 

Cor- 


i^z         Awnalid'Itaiia 

Cornt'to  (  esecranda  iniquità,  esercitata  già    : 
verso    altri    porporati  ricchissimi  ,  per    in-    \ 
goiar   le  loro    facoltà,  e    molto   più    sopra   j 
i  nemici  ,  per  vendicarsi  )    cambiati    inav- 
vertentcmente  essi  fiaschi,  toccasse    il   ma- 
lefico beveraggio  al  papa  stesso.  Diede  mag- 
gior fomento    a    questa    fama,    Tessere  so-    j 
praggiunta    nel    tempo    stesso    a    due    altri   i 
di  que' commensali,  cioè  ai  duca  Valentino^ 
e  al  sopraddetto  cardinal  di    Corneto^  una; 
mortale  infermità    che  essi  poi    superarono' 
con  potenti  rimedj ,  e    col    vigore  dell'  età 
lor  giovanile  ;  ma  non  già  il  papa  ,    a    cui: 
r.el  medesimo  tempo  fecero  guerra  settanta- 1 
due  anni  di  sua  età,   avvegnaché    egli    per  | 
3a  sua  robustezza  senile  si  prométtesse  mol-| 
to  più  lunga  carriera  di  vita.  Ma  quel  chei 
finì  di  persuadere  alla  gente ,  che  il  veleno  J 
avesse  liberata  la  Chiesa  di    Dio  da  questori 
maV  arnese ,  fu  ,  che  il  corpo    suo ,  esposto  i 
alla  vista  d'ognuno  ,  comparve  gonfio ,  trop-  ] 
pò  sfigurato  e  puzzolente  :    lo  che  fu  attri-  - 
buito  all'attività  del  micidiale  ingrediente  .  ^ 
Ora  qui  convien  distinguere  due    punti  ,  j 
malamente  confusi  dal  giudizio  del  volgo  ,  i 
Il  primo  è ,  che  veramente    dovette    succe- | 
dere  quella  cena ,  e  che  in  essa    per    mali- 1 
zia  del  Valentino  restò  avvelenato    il    car-  ! 
dinal  di  Corneto,  e  per  balordaggine  dello! 
scalco   anche    il    duca    Valentino .    Non    si  : 
può  mettere  in  dubbio  l' infermità  delTunai 
e  dell'altro,  né  si  dee  dare  una  mentita  al] 
Giovio ,    il    quale    nella    Vita    di    Consalvo^ 

seri-     l 
ì 


Anno     MDIIT.  173 

scrive 'd'aver  saputo  dalla  bocca  del  mede- 
simo cardinal  di  Corneto  ,   come  egli  restò 
allor  avvelenato  con    incendio    inesplicabile 
interno  ,  e  con  aver  poi  perduta  tutta  la  pel- 
le .  Ma    per  conto    del    papa ,    o    egli  non 
intervenne  a  quella  cena  ,  o  seppur   vi  fu  , 
•a  lui  non  toccò  di  quella  mortifera  bevan- 
da .  Secondo  il  Volateranno  ^  la  diceria  del 
veleno  dato    anche    al    pontefice    si    sparse 
incerto  auciore .  Odorko  Rinaldi  *  produce 
un  Diario  romano  manuscritto  ,  da  cui  ap- 
parisce,  che  papa   Alessandro  nel  dì  12  di 
agosto  fu  preso  da  febbre;  che    nel,  di    15 
(T  agosto  gli  furono  cavate  tredici  once  di 
sangue  ,    o  circa  ^  e  sopravvenne  la  febbre 
terzana.  Nel  dì   17  prese  medicina .  Nel  di 
18  passò  all'altra  vita,  probabilmente    per 
una  di  quelle  terzane  perniciose ,  che  anche 
a' dì  nostri  o  nella  quinta,  o  nella  settima 
portano  via  gl'infermi,    se  ad  esse  non  si 
taglia  il  corso  colla  china  cliina,  Fuso  del- 
la quale  in  quel  secolo  era  ignoto    all'  Eu- 
ropa .  Aggiungasi  quanto  lasciò  scritto  Ales- 
sandro Sardi  ,  contemporaneo  del  Guicciar- 
dino  e  delGiovio,  nella  Storia  che  si  con- 
serva  manuscritta   nella    libreria    estense  . 
Dopo  aver  egli  accennata  la   fama    del  ve- 
leno ,  seguita  a  dire  3 .    jfja    Beltrando  Co^ 
stabile  che  allora  era  ambasciatore    del  du- 
ca 


'   ^olaterranus  - 
*    Raynaldtif  Ann  (ti.    E  fa» 
Sardi  Istoria  MS, 


174         Annali   d'  I  t  a  l  i  a 

ca  Ercole  di  Ferrara  in  Roma  y  q  Niccota 
Moncane  fioreniìno  ,  amico  intrinsecQ  di^l  \ 
gonfaloniere  Soderino  ^  con  dieci  lettere  ^  ] 
cinque  diversi  giorni  da  loro  scritte  al  du-^  \ 
cay  e  al  cardinale  da  Este  ^  e  lètte  da  nol^  \ 
viostrancr  la  mone  del  papay  succeduta  in  ' 
otto  giorni  per  febbre  terzana  j  in  qiiel  \ 
tempo  estivo  regnante  in  Roma  :  dalla  (/itd-  ] 
le  egli  il  decimo  giorno  di  agosto  assalito, y] 
ne  mitigata  per  apertura  di  vena  ,  n.è  rij^ 
frescata  per  ^  manna  presa  ^  spiro  la  sera^ 
che  dicemmo.  Poh  per  la  subbuUizione  del] 
sangue  putrf^fatto  in  que^ giorni  restando  ili 
cadavero  annerito  'e  gonfio,  sorse  la  fama] 
del  veleno  da  chi  non  conobbe  la  causa  di  ; 
quegli  effetti .  Basta  ben  questo  per  abbattere  i 
V  insussistente  voce  ,  sparsa  allora  intorni)  ! 
alla  morte  di  questo  pontefice  *  La  corteij 
di  Ferrara  5  dove  era  una  di  lui  figlia,  sii 
può  credere  ^  che  fosse  molto  ben  informa^ 
ta  di  questi  affari  . 

Non  lascia  Kafaello  Volateranno  di  rap- 
presentare ciò  che  di  lodevole  si  osserv 
in  Alessandro  VI ,  il  suo  ingegno  ^  la  su; 
memoria ,  V  eloquenza  in  persuadere  ,  h 
destrezza  in  governare  ,  con  altre  dot 
spettanti  ad  un  principe^  ma  che  soventi 
non  si  ricordava  d'essere  principe  cristia- 
no, e  quel  che  è  più  ,  pontefice  vicario  d 
Cristo.  Certo  è^  tanti  essere  stati  i  suo 
vizj  ,  tante  le  sue  azioni  malvage  d'impu- 
dicizia, d'infedeltà,  di  crudeltà,  d' ambi- 
zione ^  delle  qtiali  parlano  tante    storie  ^  < 

che 


Anno     MDIII.  175 

cTie  lo  stesso  Volateranno    non    dissimulò  , 
che   il  pontificato    suo    restò    e    resterà    in 

Kdeplorabil  memoria  per  tutti    i    secoli 
enire  .  Kpma  perciò    era    divenuta    una 
tina  iV  iniquità  ;  niuno  vi  si  trovava  si- 
curo,    perchè  piena  di    soldati    e    sgherri  , 
a'  quali    tutto    veniva    permesso .    Guaii ,  se 
alcuno  sparlava  :  dappertutto  erano  spie, ,  e 
una  menoma  parola  costava  la  vita  .  Quanto 
poi  patisse  la  religione  (  non  già  nei  dom- 
ani ,  che  questi  Dio  ha  preservato  sempre  , 
e  preserverà^  ma  nella  disciplina  )  per  tan- 
ti scandali,  per  le  indulgenze    allora  piuc- 
chè  mai    messe  all'incanto,    e  per  li  bene- 
iizj  che  ^  secondo  il  Bembo ,  si  vendevano , 
e  per  altre  biasimevoli  invenzioni  di  cavar 
danaro  affine  di  far   guerre    ed    ingrandire 
riniquissimo  suo  figlio  Cesare  Borgia:  tut- 
ti   i    buoni  lo  conobbero  allora   con  doler- 
sene indarno,  E  maggiormente    si  conóbbe 
da  lì  a  qualche  anno  pel  pretesto,    che  di 
là  presero  le  nuove  eresie.    Nulla    io  dico 
qui ,  che  non  dicano  tante  altre  storie  ma-» 
nuscritte    e  stampate  :    e  nulla  appunto    da 
me  si  dice  in  paragone  del    tanto  ,  che  al- 
tri ne  scrissero*  Fortuna,  che  in  questa  mu- 
tazione di  cose  si  trovasse   gravemente   in- 
fermo   il   duca    Valentino,    perchè  non    gli 
mancavi^no  forze ,  volontà  e  coraggio ,    per 
tentar  cose  grandi ,  ed  accrescere   od   asso- 
dare la  sua  potenza.  Non  s' era  mai  aspet- 
tato costui  un  sì  strano  contrattempo.  Con- 
tuttociò  anche  in  quello    stato    ebbe    tanta 

li- 


12^      ANNALtD*  Italia 

libertà  di  mente ^  che   si  assicurò  di    tutte  j 

le  ricchezze  del  padre ,  e    chiamò  a  Roma  ■ 

tutte  le  sue  soldatesche,  sperando   per    tal  ■ 

via  di  costringere  il  sacro  Collegio  a  crea-  : 

re  un  papa  bea  affetto  a  lui,  contando  egli  j 

specialmente    sopra   i    tanti    cardinali    spa-  J 

gnuoli ,  creati  dal  padre  suo.  E  perciocché  ^ 

non  sì  tosto  s' udì  la  morte  del    papa ,  che  \ 

tutti  i  baroni  romani  fuggiti ,  o    disgustati  \ 

ripigliarono  le  armi ,  tanto  per  ricuperar  le  \ 

lor  terre,  quanto  per  vendicarsi  del  barba-  \ 

ro  e  disleale    duca  Valentino,  egli    si    pa-  : 

ciiÌGÒ  coi    Golonnesi ,    restituendo    loro    le  ] 

terre    occupate  ;  e  cominciò  a  trattare  coi  \ 

ministri  di  Francia  e  Spagna,    cadaun    dei  \ 

quali  si  studiava  di    tirarlo  dalla    sua  ,  sì  \ 

per  essere  assistito  da  lui  n«lla   guerra   di  ] 

Napoli,  che  per  averlo  favorevole  neirele*  i 

zione  del  nuovo  papa .  Conchiuse    egli   di-'  | 

poi 'coi  soli  Francesi,  perchè  l'esercito  Io-  i 

ro  s'era  avvicinato  a  Roma,  ed  avea  prò-  | 

messa    la  protezione    del    re    a  lui    e   agli  | 

Stati  da  lui  posseduti.    Promise    anch'  egli  j 

all'incontro  di  militar  colle  sue  squadre  in  ; 

favore  del  re  per  T impresa  di  Napoli.  | 

Intanto  erano  in  armi  gli  Orsini ,  ed  al-  | 

tri    baroni  romani.  I  Vitelli  se  ne  ritorna-  j 

rono  a. città  di  Castello.  A  Gian-Paolo  Ba^  1 

glione    riuscì   colla  fòrza  ,  e  coli'  aiuto  dei  ] 

Fiorentini  ,    di   rientrare   in   Perugia.  Quei  \ 

di  Piombino  richiamarono  l'antico  lor  signo-  j 

re,  Jacopo  di  Appiano.    Si   mossero    ezian- 

dio    il    duca   d' Urbino ,  i   signori   di  Ca-  \ 

me- 


I 


Anno     MDIIL  177 

merino^  Pesaro  e  SinlgagUa.,  per  ricupera- 
re i    loro  Stati.   Ora  trovandosi    Roma    in 
gran  discordia  per  la  commozion  de'  baro- 
ni,  per  le  milizie  del  duca  Valentino ;,  che 
aveano  fatto   degF insulti    ai    cardinali,  ed 
occupavano  il   vaticano,  ma  vieppiù    per  le 
armate  francesi  e  spagnuole ,  che   erano  ac- 
corse a  quelle  vicinanze^  tutte  in  apparen- 
za per  sostenere  la  libertà  nelT  elezione  del 
novello  pontefice:  ai   maneggi    de' cardinali 
e  andavano  tenendo  le  lor  sessioni    nella 
_j.inerva  ,  riuscì  di  far  uscire    di    Roma    il 
Valentino  colle    sue    truppe ,    e    d'  indurre 
gli  eserciti  stranieri  a  fermarsi  otto  miglia 
lungi  da  quella  nobilissima  città.    Era  con 
jìomma  fretta  accorso  da  Francia  Giorgio  di 
Ambosia  cardinale  di  Roano ,  tutto  voglio- 
no della  tiara    pontificia^    e  seco  avea  con- 
dotto il  cardinal  di   Aragona  ,    e  il  cardi- 
nale Ascanio  Sforza ,  cavato  due    anni  pri- 
ma dalla  prigione,  con    obbligo    di -tratte^ 
rersi  in  quella    corte.    Entrati    i    cardinali 
in   numero    di  trentasette    in    conclaye  ,    si 
videro  presto  abortite  le  speranze  ambizio- 
se del  cardinal  di  Roaqo  ,  e  nel  dì    22    di 
settembre  concorsero    i  voti    nella    persona 
di  Francesco    Piccolominl    sanese  ,  diacono 
cardinale  ,  ed  arcivescovo  eletto    della    pa- 
tria sua,  il  qual  prese  il  nome  di  Pio  III. 
Era  egli  della  famiglia  Todeschina  ,  ma  pa- 
pa   Pio    II   r  aveva    innestato    nella     sua  , 
perchè  figlio  di  Laodamia  sua  sorella  .  Nel 
dì  primo  di  ottobre  fu  egli    coronato  ;  ma 
Tomo  XXII.  M  pò- 


f^S         Annali    d'Italia 

poco  godè  egli  dell'onore,  poco    di    lui  la! 
Chiesa  di  Dio;  perciocché  nel  dì    18    dello 
stesso  ottobre  a  cagion    di   una    piaga   che 
avea  nella  gamba  ,  dopo  soli  ventisei  gior- 
ni di  pontificato  ,  passò  a  iniglior  vita  ^  in    j 
età  poco  più    di    sessantaquattro    anni  ;    né    ì 
mancò  sospetto  di  veleno  :    ciarla  familiare    5 
nella    morte    de'  principi    in    que'  secoli    di    ì 
tanta  ambizione    ed  iniquità.  Gran  perdita    j 
che  fu  questa  per    la    religione.  L'integri-    ] 
tà  della  sua  vita  in  tutti  gli  anni  addietro,    ; 
la  sua  prudenza  e  il  suo  zelo,  faceano  spe-   j 
rar  dei  considerabili  vantaggi    alla    Chiesa    ; 
di    Dio  .    Infatti   appena    salito    sul    trono    ■ 
pontificio  ,  attese  a  convocar  tosto  unf  con-   \ 
cilio  generale  per  la  riforma  della  discipli-  \ 
na  ecclesiastica  ,  ancorché  in  vigore   de'^ca-  i 
pitoli  saggiamente  stabiliti  nel  conclave  ac-  ; 
ciò  non  fosse  tenuto,  sennon  dopo  due  an-  j 
ni  :  lo  che  fa  conoscere,  che  neppure  allo-   1 
ra  mancavano  in  Roma    personaggi    zelanti.;! 
dell'onore  di  Dio  e  del  ben  delia  Chiesa  .  vj 
Se  questo    succedeva,    oh   quanti    mali  che  i 
poi  sopravvennero  alla  religione,  si  sareb-^,| 
bono     forse    impediti   !    Abborriva     ancora  | 
la  guerra,  e  non  meditava,    sennon    consi-  i 
gli  di  pace.  Però   mancò  di  vita    con    dis-  I 
piacere  di  tutti  i    buoni.    Ne' pochi    giorni^! 
del  suo  pontificato  passò  a  Roma  daNepi,^| 
ove  s'era  ritirato,  il    duca  Valentino,    per  j 
congratularsi  col  papa,  e  per  acconciar  se-  | 
co  i    suoi    interessi  ,    impetrato    prima    un\\ 
salvocondotto.  Ma  Gian-Paolo  Baglione  che  ;| 

an- 


i 


Anno    MDIIL  179 

anchVgli  quivi  si  trovava,  e  gli  Orsini  tut- 
I  ,  ardendo  di  voglia  di  vendicarsi  di  que- 
ìo  odiatissimo  tiranno :,  fatta  raunata  di 
gente  andarono  ad  assarirlo  .  Ne  seguirono 
morti  e  ferite;  e  prevalendo  le  forze  degli 
Orsini  ,  altro  scampo  e  ripiego  non  ebbe 
il  Valentino  che  di  rifugiarsi  nel  palazzo 
del  Vaticano.  Poscia  o  spontaneamente,  o 
per  concilio  del  papa^  cercando  maggior 
sicurezza,  si  ritirò  in  castello  sant' Angio- 
lo ;  lo  che  tenuto  fu  per  un  colpo  della  di- 
vina Provvidenza  ,  affin  di  mettere  fine  alle 
ribalderie  di  questo  pestifero  mostro  ;  per- 
chè si  dissiparono  a  tale  avviso  le  genti 
sue,  e  si  squarciò  tutta  la  sua  potenza. 

Dopo  la  morte  di  Pio  III  si  seppe  così 
ben  maneggiare  il  cardinale  Giuliano' della 
Rovere  ,  vescovo  d'  Ostia,,  e  penitenzier  mag- 
giore ,  nato  assai  bassamente  in  Savona  ,  ma 
d^  animo  sommamente  signorile,  e  nipote 
di  papa  Sisto  IV  che  gaudagnò  i  voti  di 
tutti  i  porporati,  per  le  ragioni  che  ne  ad- 
duce ilGuicciardino:  laonde  con  maraviglia 
universale  restò  nel  dì  primo  di  novembre 
proclamato  papa  ,  primachè  si  chiudesse  il 
conclave  ;  ed  assunse  il  nome  di  Giulio  IL 
Concorrevano  in  lui  le  doti  d' liomo  magni- 
fico ,  di  gran  mente  ed  accortezza  ,  di  non 
minor  coraggio,  e  di  lunga  sperienza  nelle 
cose  del  mondo,  col  concetto  ancora  di  per- 
sona leale  e  veritiera  .  Conoscevano  i  mi- 
gliori,  abbondare  in  lui  l'alteiriga,  e  il 
genio  inquieto,  beliicoso  e  vendicativo  an- 

M  2  che 


iSò  A  N  N  A  L  I      I)'  I  T  A  L  I  A 

che  delle  offese  immaginate  :  ma  convenne 
loro  seguitar  la  corrente.  Aveva  anch' egli 
giurato  di  rimettere  nel  suo  primiero  lu- 
stro là:  disciplina  «cclcsiastjca  ,  di  tannare 
il  concilio  generale  ,  e  di  non  far  guerra 
senza  il  consenso  di  due  terzi  del  sacro 
Collegio  .  Come  egli  mantenesse  la  parola, 
in  breve  ce  ne  accorgeremo  .  Non  potea 
certo  crearsi  pontefice,  da  cui  fosse  più, 
alieno  l*  animo  del  duca  Valentino  ;  per- 
ciocché fra  Rodericò  che  fu  poi  Alessandra 
VI  papa^  suo  padre,  quando  era  cardina- 
le ,  ed  esso  Giuliano  della  Ho  ve  re ,  erano 
state  ne^micizie  pubbliche  e  private,  tal- 
mentechè  un  dì  si  strapazzarono  con  tante 
villanie  _,  che  di  peggio  non  avrebbe  opera-' 
to  qualsivoglia  più  insolente  plebeo  .  Per 
questa  cagione  esso  cardinal  Giuliano,  crea- 
to che  fu  papa  il  Borgia  ,  di  cui  aveva  as- 
sai scandagliato  il  doppio  e  perverso  ani- 
mo ,  destramente  si  ritirò  ad  Avignone  o 
in  Francia,  dove  si  guadagnò  l' affetto  e  la 
stima  del  re  Carlo  IX  e  Luigi  XII.  Né  per 
quante  esibizioni  e  carezze  gli  facesse  pa- 
pa Alessandro,  mai  volle  ritornare  in  Ko- 
nla  ,  solendo  dire  fra  se:  Giuliano  ,  Gm- 
liana  non  ti  fidar  del  marrano.  Contutto- 
ciò  il  novello  pontefice  ,  perchè  s'  erano 
imbrogliati  gli  affari  della  Romagna  ,  e  già 
egli  meditava  di  ricuperar  gli  Stati  della 
Chiesa/ giudicò  bene  di  far  servire  a' suoi 
disegoi^ii-  medesimo  Valentino.  Cavartelo 
peioiò  ì^òti  di  castello  sani' Angiolo^    con 


■ 


Anno    MDIII.  i8t 

vie  promesse  ,  e  col  confermargli  lutici 
i  suoi  titoli  ed  onori ,  il  trasse  dalla  sua.. 
S*era  dissi  ,  già  sconvolta  la  Romagna,  per- 
chè Weneziani^  persuasi,  che  starebbe  me 
gìio  in  mano  lorOj,  o  de'  signori  esclusi 
xjuella  provincia  ,  che  in  potere  del  Bor- 
gia ,  s'ingrossarono  di  gente  in  Ravenna  ^ 
da  loro  sinoreggiata,  e  tanto  fecero,  che  • 
si  misero  in  possesso  di  Faenza^  e  della 
sua  rocca .  Entrò  in  Forlì  Antonio  Maria 
degli  Ordelaffi,  Rimisero  in  Rimi  ni  Pan-^ 
dolfo  Malatestas  poscia  fatto  accordo  con 
lui ,  ne  acquistarono  il  dominio  .  Tentaro- 
no Fano  ,  ma  questa  città  tenne  per  la 
Chiesa.  S'impadronirono  parimente  di  Por- 
to-cesenatico  ,  di  sant'Arcangelo  ,  e  di 
altre  assai  terre  in  quel  d'Imola  e  Cesena, 
ed  erano  dietro  a  mettere  il  piede  anche 
in  Forlì  . 

Solamente  restarono  in  potere  degli  uffi- 
ciali del  Valentino  le  rocche  o  fortezze  di 
Cesena,  di  Forlì,  di  Bertinoro  ,  d'Imola  e 
di  Forlimpopoli  .  Sommamente  increbbe  al 
papa  il  movimento  de' Veneziani ,  conoscen- 
do, quanto  poi  sarebbe  malagevole  il  trar- 
re di  mano  alla  lor  possanza  la  Romagna. 
E  giacché  dall'uri  canto  la  spedizione  dei 
suoi  oratori  a  Venezia  ,  per  lameatarsi  di 
quella  occupazione  ,  a  nulla  giovò  ;  e  dal- 
l'altro ne'  principi  del  suo  governo  genti 
e  danari  gli  mancavano  per  farsi  giustizia 
colle  armi  :  giudicò  bene  di  spedir  colà  il 
duca  Valentino;,  cofla speranza  ,  chela  pre- 

M  3  sen- 


iS2        Annali    d'Italia  j 

senza  di  lui  potesse    far    mutaie    T  aspetto  ' 
delle  cose  in  quelle  contrade,    seppur  que-  = 
sto  fu  il  suo    vero    disegno.  Andò   il    Va-  | 
lentino  ad  imbarcarsi  per  passare  alla  Sp^:-  ! 
.  eia .  Ma  eccoti   sopraggiugnere    il    cardinal  I 
Soderino ,  e  Francesco  Remolino  a  chieder-  | 
gli  i  segnali  delle  suddette    fortezze ,   mo- 
strando essi  mutata  la  risoluzion  del  papa 
per  sospetto,  che  i  Veneziani  con  esibizio- 
ni larghe  di  danaro  gli  cavassero  di  mano  *; 
quelle  fortezze .  Ricusò  il   Borgia    di    con- 1 
segnarli,  epperò  d'ordine  del  papa    fu    ri- 
tenuto   come    prigione   in   una  delle   galee 
pontificie.  Cagion  fu    questo    trattamento  , 
ch'egli  poi  s'indusse  a  darli:    cosa    nondi- 
meno^ che  a  nulla   servì,    perchè    ito    con 
essi  l'arcivescovo  di  Raglisi,    come    com- 
messario  apostolico ,    i  castellani    di  quelle 
fortezze  negarono    di   consegnarle ,    sennon 
aveano  altro  ordine    dal    Valentino,    posto 
in  luogo  di  libertà.  Per  questo  fu  condotto 
esso  Valentino   a  Roma,  alloggiato    in  pa- 
lazzo, ed  accarezzato  dal  papa,    acciocché 
tal  dimostrazione  il  facesse  comparir    libe- 
ro. Ma  spedito  dal  Valentino  Pietro  d'Ovie- 
do suo  familiare  a  que' castellani  con  ordi- 
ne di  rilasciar  le  fortezze    ai  ministri    de! 
papa,  altro    non    potè    impetrare    da    don 
Diego  Ramario  castellano  di  Cesena  che  se 
r  intedeva   cogli    altri  ,    sennonché   gli     fu 
posto  un  laccio  alla  gola  ,  e  tolta  la  vita , 
come  a  traditore  del  Signore.  Ciò  udito  in 
Roma^  fu  ristretto  il  Valentino   in   quella 

stes- 


A  N  if  o     MDIIL  183 

Stessa  torre  Borgia  che  era  stata  in  ad- 
Mietro  il  ricettacolo  di  tanti 'miseri  caduti 
in  mano  delia  sua  barbarie.  Produsse  an- 
che la  sua  depressione  _,  che  le  genti  spe- 
<iite  da  lui  innanzi  alla  volta  della  Tosca- 
na ,  furono  tra  Cortona  e  Castiglione  Are- 
tino svaligiate  e  disperse  dai  Fiorentini. 

Bollì  più  che  mai  in  quest' anno  la  guer- 
ra fra  gli  Spagnuoli  e  Francesi  nel  regno 
di  Napoli .  A  me  non  permette  V  istituto 
mio  di  darne  sennon  un  breve  ragguaglio  . 
Erasi  interposto  Filippo  arciduca ,  marito 
di  Giovanna^  figliuola  del  re  cattolico  Fer- 
dinando ;  per  acconciar  le  differenze  insor^ 
te  in  quel  regno  ;  e  gli  riuscì  di  stabilire 
una  convenzione  di  tregua  o  pace  con  Liù- 
gi  re  di  Francia  ,  per  la  quale  esso  re  ad- 
dormentato non  attese  più  col  vigore  che 
occorreva  ,  a  sostenere  i  proprj  interessi  io 
quelle  contrade.  Restò  egli  poscia  deluso^ 
perciocché  il  re  Cattolico  fece  intanto  varj 
preparamenti  ,  per  continuare  la  guerra  j, 
con  poi  disapprovare  V  accordo  fatto  dal 
genero.  Però  il  gran-capitano  Consalvo  ^ 
senza  ubbidire  all'ordine  venutogli  dall'ar- 
<:iduca  di  desistere  dalle  offese,  seguitò  ad 
impiegare  il  suo  senno  ^  ci  rinforzi  di  gen- 
te ,  che  di  mano  in  mano  gli  andavano  ar- 
rivando^ contra  de^  Francesi,  benché  soven- 
te si  trovasse  inferiore  ad  essi  di  forze  . 
Varia  era  la  fortuna  della  guerra  in  quelle 
parti,  grande  la  costanza  di  Consalvo  in 
sostenere    Barletta.  Memorabile  fu    fra    le 

M  4  .al- 


184         Annali    n'Ir  alia. 
altie  azioni  un  duello  nel  febbraio  di  que- 
st'anno. Ossia  che    ito  un  trombetta  fran- 
cese a  Barletta,    per    riscuotere  alcun  pri- 
gione ,    qualche    soldato    italiano    sparlasse 
de' Francesi,  come  scrive    il  Guicciardino  ; 
oppure  (  come  è  più  probabile,  e  fu  scrit- 
to dal  Sabellico    e    dal  Giovio  )    che  scap- 
passe detto  ad  alcun  Francese  di  nulla  stima- 
re i  soldati  italiani  (ingiusta  sentenza _,  iti 
cui  anche  oggidì  prorompe,  chi  non  sa  ben 
pesare  la  situazion  delle  cose)  certo  è,  che 
volendo  T  una   e    l'altra    nazione    sostenere 
il  suo  decoro,  per  non  dire  la   maggioran- 
za ,  ne  seguì  pubblica  sfida  fra  tredici  uo- 
mini d' arme  italiani ,    scelti    dalle    brigate 
di  Frospero  e  Fabrizio    Colonna^    militanti 
cogli  Spagnuoli^  ed  altrettanti    dalla    parte 
de'  Francesi,  eletti  dal  duca    di   Nemours.! 
11  Giovio  registra  il  nome  de' primi  ,  tace  > 
per  rispetto  quel  de' secondi .  La  scommessa  f 
fu_,  che  cadaun  de' vinti    pagasse  cento  du- | 
cati  d'oro,  e  perdesse  armi  e  cavalli.  Al- j 
la  vista  degli    eserciti    seguì  il    fiero  com-  | 
battimento  a  Trani  fra  Andria   e  Quarata.^ 
Dichiarossi  la  vittoria  in  favor  degli  Italia-  ' 
ni.  Dal  canto  de' Francesi  una  restò  morto,  : 
e  detto  fu,  che  sei  meritava,  perchè  essen^  i 
do    ad   Asti  ,  avea  prese  le  armi  contro  la  \ 
propria  nazione.  Gli  altri  quasi  tutti  feriti ,  , 
perchè    seco  non  aveano  portato    il  danaro  ^ 
patuito  (  tanta  era  la  lor  baldanza  e  vana  j 
fiducia  di  vincere  )  furono  menati  prigioni  j 
a  Barletta,    dove   beri    accolti    e   consolati] 

da      j 


_         Anno    MDIII.  185 

►ftf-alvo;  dappoiché  ebbero  pagato,  fu 
loro  concesso  licenza  di  tornarsene  al  cam- 
po francese,  per  predicare  ai  lor  nazionali 
la  moderazion  della  lingua ,  e  il  rispettar 
gli  uomini  onorati  e  valorosi  di  qualsivo- 
glia nazione.  Monsignore  di  Belcaire  ve- 
scovo di  Metz  si  credette  di  poter  qui 
sminuire  la  riputazion  degl'Italiani  ^5  ad- 
ducendo  alcune  particolarità  toccate  dal 
Sabellico  intorno  a  quel  duello ,  quasiché 
la  frode,  e  non  la  virtù ,  avesse  guadagna- 
ta la  pugna  .  Ma  quel  prelato  non  s' inten- 
deva del  mestiere  delle  armi  j  e  per  la 
gloria  degl'Italiani  non  occorre  risponder- 
gli ,  sennon  che  i  giudici  deputati  a  quel 
confitto,  dichiararono  legittima  la  vittoria; 
né  mai  i  vinti  ,  o  i  lor  compagni  pretese- 
ro di  darle  taccia  alcuna. 

Venuti  poscia  per  mare  nuovi  rinforzi 
di  gente  a  Consalvo  tanto  di  Spagna ,  quan- 
to di  Germania ,  uscì  vigoroso  in  campa- 
gna.  Prese  Ruvo  lungi  sette  miglia  da  Tra* 
ni,  con  farvi  prigione  il  signor  della  Fa^ 
lizza.  Nel  qual  tempo  anche  ad  Ugo  di 
Cardona  riuscì  di  dare  una  rotta  in  Cala- 
bria all'Aubigny  che  vi  restò  ferito.  Più 
strepitoso  poi  fu  un  fatto  d'armi,  accadu* 
to  alla  Cirignuola  in  Puglia  nel  giorno  28 
òi  aprile  dell'anno  presente,  in  cui  lascia- 
rono la  vita  circa  tremila  Francesi  ,  e  da 
li  a  non  molto  finì  anche  di  vivere  il  du- 
ca 

'  Belcaire  Cornmem,  Rer,  Gallicé  Hb.  9. 


1^6        Annali  d'Italia 
ca  di  iV^mozu*s  ,  generale    de' medesimi.  Il 
caldo  e  il  rumore  di    questa    vittoria    non 
solamente  fece  venire  in  poter  di  Consalvo 
più  di  60  terre  nella   Puglia  ;    ma    indusse 
ancora  Capoa  ,  ed  Aversa  ,  e   fin    la  stessa 
città  di  Napoli  a  chiamar    gli   Spagnuoli  , 
gkcchò  per  mare  venivano  impedite  le  vet- 
tovaglie,  e  si  mosse  a  tumulto  per  la  ca* 
restia  il  popola  di  quella  gran  città.  Entrò 
in  Napoli  il   gran-capitano   nel    giorno    14 
di  maggio  con  buona   disciplina ,    e    senza 
nuocere  ad  alcuno ,  e  tosto  prese    a  batte- 
re colle  artiglierie  Castel-nuovo,  e  l'altro 
deirUovo.    Fu    preso  il    primo  nel  giornea 
22  di  giugno  per  assalto  :  lo  che  fu  giudi- 
cato   cosa    meravigliosa  .  Erasi   ritirati    i 
Francesi  a  Gaeta  e  al  Garigliano,    Consal- 
vo ,  a  cui  non    mancò    mai    diligenza    nel 
suo  mestiere,  uscito  in  campagna,    li  fece 
ritirar  tutti  a  Gaeta ,  della  qual   città  non 
tardò  a  cominciar  il  blocco.  Al  primo  av-  | 
viso  eh'  ebbe  il  re  Luigi ,  deluso  dalla  pa-  f 
ce,  o  tregua  fatta    dall'  arciduca,   come   i| 
suoi  affari  prendeano  brutta  piega    nel   re*  | 
gno  di  Napoli  ,  mise  insieme  un    forte  ar-  1 
mamento  per  mare  e  per  terra ,  dichiaran- 
do suo  generale  monsignor  della  Tremoglia  , 
e  poscia  Francesco  marchese   di  Mantova  • 
Per  varie  cagioni  viene    lentamente   questo 
erercito  ,  composto  di    Francesi,  Svizzeri  , 
Grigioni  ed  Italiani  :  e  solamente  alla  fine- 
di  luglio  passò  per    Pontremoli   in  Tosca- 
na ,  e  di  là  a  Roma ,  intorno  alla  qual  cit- 
tà 


/ 


Anno    MDIIL  187 

per  la  morte  sopraggiunta  a  papa  Ales- 

Indro  VI  si  fermò  non  pochi  giorni  .  E 
intanto  il  castello  dell'  Uovo  ih  Napoli  per 
una  mina  (  cosa  allor  nuova  )  che  fece  sal- 
tar colla  polvere  da  fuoco  Pietro  Navarro , 
venne  in  poter  di  Consalvo. 

Finalmente  s'inviò  alla  volta  del  regno 
r  armata  francese  ,  e  giunse  ad  unirsi  coi 
suoi  a  Gaeta .  S' era  postato  Consalvo  a 
san  Germano.  Vennero  anche  i  Francesi  al 
Garigliano  ,  e  riuscì  loro  di  far  un  ponte 
su  quel  fiume ,  e  senza  alcun  progresso  in 
que'  contorni  si  accamparono  .  Era  quel 
sito  assai  disagiato^,  perchè  i  soldati  sta- 
vano come  impantanati  nel  fango  ;  né  po- 
tendo reggere  a  que'  patimenti  ^  essendo 
anche  mal  pagati,  parte  s'infermavano  , 
parte  disertavano,  dimanierachè molto  s'in- 
fievolì V  esercito  loro  .  Anche  Francesco 
marchese  di  Mantova ,  che  fin  qui  avea 
esercitato  fra  loro  la  carica  di  generale  , 
essendo  caduto  malato,  oppur  fingendosi 
tale ,  per  non  poter  più  reggere  o  alla  su- 
perbia  ,  o  alla  discordia  ,  o  alla  disubbidien- 
za de'  Francesi ,  impetrata  licenza  dal  re^ 
se  ne  tornò  a  casa.  Si  rinforzò  intanto  il 
gran-capitauo  coli'  arrivo  di  Bartolameo  dt 
ALviano ,  famoso  condotttiere  ,  innestato 
nella  casa  orsina,  che  con  altri  di  quel 
cognome  al  servigio  del  re  cattolico  menò 
varie  compagnie  d'armati.  Voce  comune 
fu ,  aver  lo  stesso  Alviano  con  tante  ra- 
gioni  incitato   Consalvo  ad  un    fatto  d'ar- 

mi , 


I S8         A  N  N  A  L  I     d'  I  T  A  t  t  A 

mi ,  che  ad  onta    de'  suoi    capitani    di  con"  l 
trario  parere,  egli  vi  lasciò  indurre.  GiN  \ 
tato  dunque  all' improvviso  un  ponte  nella  i 
notte  del  giorno  27  di  dicembre  (  ma  do-  \ 
vrebbe  essere    il    di  28  )  sul    Garigliano  a  \ 
Suioj    quattro    miglia    al  di  sopra  di  quel  : 
de' Francesi ,  senzachè  questi  se  ne  avvedes-  l 
sero,  passò    buona  parte    dell'armata  spa-  ' 
gnuola  di  qua.  La  mattina  seguente,  gior-. 
no  di    venerdì  felice   alla  lor  gente  ,  fatto 
assalire  col  resto  di   sue    truppe    iV  ponte^ 
de'  Francesi ,  nello    stesso    tempo   Gonsalv 
co'  suoi  spronò  verso    il  loro    campo .    Più 
a  ritirarsi,  che  a    combattere    pensarono 
Francesi  ^  e    lasciata    addietro    la    maggior 
parte  delle  munizioni  (  il  Guicciardino  di- 
ce anche  nove   pezzi  grossi    di  artiglieria) 
ordinatamente    s'  inviarono    verso    Gaeta  , 
ma    inseguiti    sempre  e  battuti    dagli  Spa^^ 
gnuoli  sino  alle  mura  di  quella  città  .  Gran- 
de fu  la  lor  perdita  per  li  morti ,  feriti  e 
prigioni  5  ma    più  per    lo    sbandamento  di| 
assaissimi  che  andarono  qua   e  là  dispersi.^ 
Vi  perì  fra  gli  altri  Pietro  de'  Bledici ,  fug-J 
gendo  pel  fiume    sopra    una  barca    che  ca-^ 
rica  di  quattro  pezzi  di  caniaone   si    aifon-^ 
dò.  Stette  poco  il  gran-capitano    ad  impa-| 
dronirsi  del  monte  di  Gaeta  ;  dopodiché  si! 
accampò  intorno  a  quella  città.  E  tali  fu-^ 
rono  i    prosperosi    avvenimenti  delle  armi* 
spagnuole    nel    regno    di  Napoli  ,  correndo  ^ 
quest'  anno  .  In  cui  ancora    verso    la    metà  ] 
di  giugno  tornarono  i  Fiorentini  a  dare  la 

ma- 


Anno    MDIIL  189 

mala  pasqua  alle  campagne  di  Pisa ,  e  ven- 
ne lor  fatto  di  acquistar  laVerucola,  e  dì 
ricuperar  Vico-pisano.  Perchè  né  il  papa  , 
ne  gli  altri  monarchi  cristiani  ,-  perduto 
ciascuno  dietro  a' proprj  interessi,,  porge- 
vano aiuto  alcuno  alla  repubblica  veneta  , 
là  prudenza  di  quel  Senato  giudicò  spedien- 
te  il  far  pace,  come  potè^  coi  Turchi. 
Gli  convenne  restituir  santa  Maura  ,  e  acco- 
modarsi ad  altre  dure  condizioni ,  tollerabili 
nondimeno,  perchè  troppo  pericoloso  era 
Tostinarsi  nella  guerra  contro  di  sì  pos- 
sente nemico.  Fece  il  papa  in  quesf*  anno 
nel  dì  29  di  novembre  una  creazione  di 
quattro  cardinali ,  fra  i  quali  due  suoi  ni- 
poti . 

Annodi  Cristo   1504^  Ind.  vir. 
di  Giulio  II  ,  papa  2. 
di  Massimiliano  I,  rede'Rora.  12. 

^no  de' maggiori  pensieri  di  papa  Giulio 
Il  cominciò  e  continuò  ad  esseife  quello  di 
ricuperar  tutti  gli  Stati  della  Chiesa  roma- 
na .  Per  conto  de' Veneziani  che  occupava- 
no Ravenna,  Faenza  ^  Rimini ,  con  parole 
forti  intimò  ad  Antonio  Giustiniano  orator 
veneto  la  restituzione  di  quelle  città  ^  • 
Spedì  ancora  lettere  risentite,  che  furono 
presentate  a  quel  Senato  dal  vescovo  di 
Tivoli  j  e  pulsò  il  re  di  Francia^  t  Blns-- 

*  Bemb».  Guicctardìno  *  RayHaldus  jinnaf.  Eccles. 


190  Annali     ©'Italia  i 

slmUlario  Cesare  a  prestargli  aiuto  per  que- 
S.to  fine.  Ma  indarno  tutto  j  perchè  i  Vene- 
ziani adducevano  varie  ragioni  in  lor  dife- 
sa.  Voltossi  il  pontefice  al  duca  Valentino  f 
per  carpire  almeno  da  lui  le  fortezze^  che 
già  dicemmo  tuttavia    conservate    dai    suoi 
fedeli  ufìlziali  .  E  perciocché   questi    s'era-' 
no  già -espressi  di  non  volerle  consegnare  ^ 
senuon  venivano  gli  ordini    di    esso  duca,| 
^  posto    in  libertà:  ed    egli  era    tuttavia  ri 
tenuto  prigione  dal  papa  :  trovqssi  il  ripie 
gp,  che  essor  Valentino    fosse  posto  in  ma| 
no    di    Bernardino    Cavaial     cardinale    d 
santa  croce  ^  ed  inviato  ad   Ostia,   per    e 
sere  poi  rilasciato  ,  e  condotto  in  Francia 
subitochè  si  avesse  certezza ,  che  le  rocche 
suddette  fossero  in  potere  de' ministri  pon 
tifizj  .   Segretamente    da    Ostia    procurò    i 
Borgia  da  Consalvo    qn    salvocondotto  ;  e 
appena  fu  giunto  1'  avviso  che    i   castellanii 
di  Cesena  ,  Imola  e  Bertinoro  aveano  fatta 
la  consegna  di  quelle  fortezze  ,  che  il  csltM 
dinaie  il  lasciò  in  libertà  ,  dandogli  cara-i 
pò  di  ritirarsi  occultamente  a  Napoli  ydo^ 
ve  fu  molto  ben  accolto   dal  grancapitan< 
nel  giorno  28  di  aprile.  Il  pontefice,  per 
che  senza  saputa  sua  seguì  la  liberazion  d 
questo  scellerato j  né  la  rocca  di  Forlì  er 
stata  consegnata ,  se  l' ebbe   forte  a  male 
Ne  scrisse  con  vigore  ai  re  cattolici^  ciò 
a  Ferdinando  ed  Isabella  (principessa  glo 
riosa,  che    appunto    nell'  anno    presente    i 
dì  26  di.  novembre  passò  a  miglior    vita 

cioc- 


Anno    MDIV.  191 

àcciòccliè  rimediassero  al  tradimento  fatto- 
gli .  Quali  ordini  venissero    di    Spagna  ,  si 
scopri^,  dopo  qualche  tempo.    Facea  credere 
jl  Valentino  a  Consalvo  di  poter  imbroglia- 
re le  cose  di   Toscana  in  favor    di  Pisa    e 
degli  Spagnuoli  ;  e  a  questo  effetto  per  lui  _, 
e  per  alcune  milizie  da  lui  assoldate,  s'era- 
no preparate  le  galee  ,   per    trasportarlo   a 
Pisa.    Prese,   egli  congedo   da   Consalvo    la 
notte    con  abbracciamenti   vicendevoli;  ma 
la  mattina  seguente  ^    giorno    27    di    mag- 
gio,   allorché  usciva  di  camera  per  andare 
ad  imbarcarsi,  fu   fatto   prigione >: toltogli 
il  salvocondotto ,    e   da    lì    a    non  molto  ^ 
inviato  in  Ispagna  sopra  una  galea  sottile  , 
Servito  da  un  solo  paggio  * .  Per  qpasi  tre 
anni  stette  ritenuto  nelIaL  rocca  di  Medina y 
altri  dicono  nel  castello  di   Giattiva,  dad- 
dove  finalmente  essendo. fuggito  ,  e  passato 
a  miiitarc    in  Navara ,   quiviticciso   in  un 
aguato  terminò  miseramente  la  vita,  e  vil- 
mente fu  seppellito.  Ed  ecco   dove  andò  a 
terminare    la  grandezza   Idi  Cesare  Borgia, 
cioè  di  un    mostro ,    aspirante    al    dominio 
dell'Italia  :  grandezza  preccurata  a  lui  dal 
disordinato  amora  del    papa  suo  padre  ^    e 
da  lui  ottenuta  òol  mezzo  di. tante  iniqui- 
tà. Non  si  può  neppure  oggidì    rammentar 
senza  orrore  e  indignazione  il  suo    nome; 
e  Niccolò  Macchiavello  che   prese  a  lodare 

non 

*  G/'ovio.  Buonaccorsi  .  Qukciardino .  Panvinio  ^  Aless.iti" 
dro  Sardi  . 


192        Annali    d'Italia      * 
non  che  a  difendere  un  tiranno  sì  detesta- 
bile, di  troppo  anch' egli  oscurò  la  sua  ri- 
putazione, ed  aggiùnse  questo  a  tanti  altri 
reati  della  sua  p«n^a.  ìliusci    poi    a    papa 
Giulio  col  potente    segreto    del    danaro    di 
cavar  dalle  mani  del  castellano  la  rocca  di 
Forlì,  giacché  la  città  dianzi  a    lui    si  era 
data.    Mentre  il  papa   mostrava  tanto    zelo 
per  ricuperar  gli  Statj  pontifizj ,  ed  annnl 
lava  perciò  le  concessioni  fatte  da'  suoi  pre^ 
decessosi ,  non  pensò  già ,  che    dovesse  es- 
sere sottoposta  a  questa  rigore   la    propri; 
casa  .  Imperocché  non    solamente    confermò 
il    ducato    d'Urbino    al    duca    Guidubaido 
della  casa  di  Montefeltro  ;    ma    perch'  egli 
si  trovava  senza  prole ,  V  indusse  ad  adot* 
tare  ia  figliuolo  Francesco  Maria  della  Ro^ 
•yercy  suo  nipote  ,  perfetto  di  Roma  ,  e  si^ 
gnore  di  Sinigaglia  5    al  quale    col  consen- 
timento di  tutto  il  sacro    Collegio  fu  con- 
fermata la  successione  in  quel  ducato .  Ciò! 
fece  parere  ai  Veneziani  ingiusta  l' ira  del^ 
papa    contra    di  loro ,    dacché  si  esibivano| 
anch'  essi  di  pagar  censo  ,  e   di  riconoscere 
dalla  Chiesa^  quanto  essi  aveaoo  tolto  al  Va- 
lentino -,  cioè  ad  un  tiranno ,  in  Romagna 

Trovavansi  i  Francesi  ristretti  in  Gaeta, 
e  poco  sperando  i  soccorsi^,  e  molto  desi- 
derando di  salvar  le  vite  e  gli  arnesi  ;  pe- 
rò vinti  ancora  dal  tedio  ,  non  tardarono 
a  capitolar  la  resa  di  quella  città.  Stabi- 
lissi r  accordo  nel  primo  giorno  di  questo 
anno,    e   ne  uscì    quel  presidio  con    tutto 

ono- 


^      Anno     MDIV,  '  193 

te,  menanoio  via  le  sue  robe  ^  e  con 
erta  di  passare  in  Francia  per  mar':^  e 
'-'T  terra  .  GF imbarcati  per  mare  perirono 
lasi  tutti  o  in  cammino  o  in  Francia .  Gli 
altri  inviati  per  terra,  parte  per  freddo,  parte 
per  fame  e  per  malattie,  miserabilmente  la- 
sciarono le  lor  vite  nelle  strade.  In  tal  guisa  , 
viserva  di  qualche  luogo  restò  possessore 
cL-l  regno  di  Napoli  Ferdinando  il  Cattoli- 
co; la  Francia  all'incontro  si  trovò  piena 
di  mestizia  e  di  rabbia  per  tanto  oro  inu- 
tilmente speso  ^  per  la  riputazion  sminuita  , 
e  per  tanta  nobiltà  e  milizie  sacrificate 
air  ambizione  del  re  che  non  contento  di 
un  sì  fiorito  regno,  qual  è  la  Francia  ,  si 
era,  voluto  perdere  dietro  alla  conquista 
de' regni  altrui  e  lontani.  Per  cagione  di 
questi  sj  fastidiosi  contrattempi  si  diede 
il  re  Luigi  a  maneggiare  col  re  Cattolico 
una  tregua,  di  cui  cadauno  avea  una-  se- 
greta voglia  e  bisogno  ;  e  questa  infatti  si 
,  conchiuse  ,  restando  le  parti  in  possesso  di 
j  quel  che  tenevano.  Trattossi  poi  di  ridurre 
questa  tregua  in  pace ,  con  proporsi  ivi  y 
che^si  restituisse  il  regno  di  Napoli  al  re 
Federigo  .  Ma  perche  i  ministri  del  re  Fer- 
dinando avfano  ben  in  bocca  parole  di  pa- 
ce ,  quando  nelT  interno  del  loro  sovrano 
li  covavano  altre  intenzioni  •  il  negoziato 
andò  in  fascio  .  Si  conrhiusc  bensì  il  trat 
tato  di  pace  fra  esso  re  Luigi  ^  Massimi- 
liano Cesare  e  Filippo  arciduca  suo  figlio  . 
il  quale  per  la  morte  della  reinna  Isabella 
Tomo  XXII.  N  co- 


194        Annali    D^  Italia  | 

cominciò  in  quest'anno  a  suscitar  delle  IL- | 
ti  contro  il   re  Cattolico  pel   regnò   di  Ca-I 
stiglia,  decaduto  a  Giovanna  sua  moglie  . 
Ma  le  condizioni  di  quel   trattato  poco  ef- 
fetto ebbero  col  tempo;  sennonché   sin  dai 
allora  fu  creduto,  che  l'una    e  T altra  po-i 
tenza  si  accordarsero  ,  per  muover  guerra  ai| 
Veneziani:  locchè  dopo  qualche  anno  vedremo  i 
eseguito  .  In  quesl'  anno  ancora  i   Fiorenti*! 
ni   verso  la  metà  di  maggio  spinsero  Teser. 
cito    loro    addossò  a'  Pisani,    per    dare    i 
guasto  a  quel  territorio,  sperando  sempre 
chpe  alla  perdita  delle    biade  terrebbe    die« 
tro  la  famCj  e  a  questa  la  resa  della  città 
Piucchè  ne' precedenti  si  stese    tal    fìagellc 
per  quelle  campagne.  Assediata Librafatta 
l'ebbero  a  discrezione.    Lusinga ronsi  pari" 
mente  i  Fiorentini  di  poter  levare  Arno  a 
Pisa:  tante  belle   promesse    ne    riportarono! 
dagli  architetti  ed  ingegneri.  Se  ciò  avve4 
niva  ,  di  più  non  occorreva .  per  ridurre  in| 
agonia  quella  città  .^  Di  vasti  fossi  ,  di  som-i^ 
me  spese    si    fecero  a  questo    fine  .    Ma    ii 
<  fiume  si  rise  di  chi  gli  volea  dar  legge  ,  e 
seguitò  a  correre  nel  suo   grand'  alveo  co- 
me prima:  disinganno  non  poche  altre  vol- 
te accaduto,  e  che  accaderà    a    chi  prendi 
simili    grandiose    imprese ,   per    mutare    i 
sistema    de' grossi,  fiumi  *    Venne    a    morti 
in  quest'anno  Federigo    già  re  di  Napoli 
nella  città   di    Tours    in    Francia  ,    dacch* 
erano  svanite  le  lusinghevoli    speranze  su 
di  ricuperare   il  regno ,  troppo    vanament 

ere- 


Anno     MDIV.  195 

[enJó  egli  che  non  burlasse  il  re  Cat- 
ilico  ,  qualor  mostrava  sì  graziose  intea- 
li  di  spogliarsi  dell'acquistato;  al  che 
ógni  principe  si  sente  in  cuore  un  troppo 
gran  ribrezzo  ' .  Finì  ancora  di  vivere  nel 
dì  IO  di  settembre  Filiberto  duca  di  Sa- 
voia principe  del  Piemonte  in  età  solamente 
di  25  anni  ^  lasciando  vedova  Margarita  di 
Austria  sua  moglie,  figlia  di  Massimiliano 
re  de' Romani  ,  che  divenuta  poi  governa- 
trice  de' Paesi-bassi,  si  acquistò  gran  nome 
nelle  storie .  Al  duca  Filiberto  succedette 
Carlo  III  suo  fratello* 

Anno  di  Cripto  1505  ,  Indiz.  viir. 
di  Giulio  II,  papa  3. 
di  Massimiliano  re  de'Rom.  15. 

i-Mon  avea  fin  qui  papa  Giulio  voluto  ac- 
cettar gli  ambasciatori,  che  la  repubblica 
di  Venezia  avea  proposto  d'  inviare  a  ren-r 
dergli  ubbidienza  ,  persistendo  sempre  in 
pretendere  prima  la  restituzion  delle  terre 
occupate  da  essi  Veneziani  in  Romagna  . 
Ma  dacché  vide  non  valer  minacce  per 
muovere  quel  Senato,,  e  che  le  forze  man- 
cavano a  lui  per  sostener  le  parole  :  intro- 
nato ancora  dalie  doglianze  de' popoli  di 
Forlì  ^  Imola  e  Cesena^  che  a  cagion  delle 
castella  del  territorio  loro  detenute  da  es- 
si   Veneti^    pativano    grande     incomodo    e 

N  2  dan- 

^  Piftgon.  Guicbenon  . 


I 

196     Annali    d'  Itali  A  i 

danno:  condiscese    infine    nd  un    accordo  à. 
Cioè    permise    a'  Veneziani    il    possesso    di| 
Rimini  e  Faenza  ,  ed  eglino    circa  il  gior-^ 
no   12  di    marzo    restituirono    alla   Chiesal 
romana   Porto  Cesenatico,  Savignano  ,  Tos-j 
signano  5    sant'Arcangelo-,  e  sei  altre  terr 
col  loro  distretto.  Parve  contento   di  que 
sta  cessione  il   papa,    mentre    nello    stessa 
tempo    divisava    dei    mezzi    per    riavere  iSl 
resto.  Nel  giorno    terzo    di    febbraio    fece 
egli   la    promozione    di    nove  .  cardinali  ,  ^ 
fra  essi  si  contò  un  altro   suo   nipote  .  Sa- 
rebbe  passato  quest'  anno    con  somma  pace 
in  Italica,  se  i  Fiorentini,  semprepiù  acca- 
niti contra  di  Pisa  ,   non    ne  avessero   tur- 
bata   la  quiete  ^.  Erano    i  lor  disegni    di 
tornare  anche  nell'anno  presente    a  dare  i 
guasto  alle  campagne  pisane,  anzi  medita- 
vano di  andar  a  mettere  il  campo    a    Pisa 
stessa  ,  per  ultimar  quella    impresa  ,   e  co- 
me   essi    diceano,    per    levarsi     d'addosso 
quella  febbre  continua.  Ma    Gian-Paolo  Ba« 
gliene   che  era  stato    condotto  da  essi  col- 
ie sue  genti  d'arme,   allegò    scuse   di  non 
poter  venire;    e  proteggendo  il   gran-capi-; 
tano  Consalvo  Pisa,  si  venne  a  sapere,  che 
anche  inviava  colà  alcune  poche    fanterie 
Ma  quel  che  maggiormente    dava    da    pen- 
sare ai  Fiorentini ,  era ,"  che  Bartolameo  dì 
Alvlano .  persona  di  molto  ardire  ,  in  quel 
di  Kom.a    facca  massa  di    gente,  con  van-^| 

tar- 

•    Biiun.:ccùYsi  .  Guicci.'^ràino  . 


Anno    MDV.  197. 

tarsi  pubblicamente  di  voler  passare  ir| 
aiuto  de* Pisani,  e  di  condursi  anche  sottp 
Firenze.  Per  queste  cagioni  non  osarono -i 
Fiorentini  di  fare  nell'anno  presente  il  :&o- 
Jito  brutto  gioco  ai  Pisani .  Ma  eccoti  sul 
principio  di  maggio  passare  l'Alv-iano  col- 
le sue  soldatesche  pel  Sanese  ,  entrare  nel 
Fiorentino,  andarsene,  dipoi  a  Piombino  : 
Io  che  diede  tempo  a' Fiorentini  di  accre- 
scere ,  come  poterono  le  loro  forze  .  Sco- 
pertosi dipoi,  che  TAlviano  era  per  con- 
durre le  sue  squadre  a  Pisa  verso  la  metà 
d'  agosto ,  Ercole  BentlvogUo  generale  del- 
lo armi  fiorentine^  tenuto  consiglio  con 
Marcantonio  Colonna  ,  Jacopo  Savelìo  ,  ^:ed 
sitri  condottieri,  determinò  di  contrast«1r- 
gli  il  passaggio.  Si  venne  perciò  a  batta- 
glia, in  cui  restò  disfatto  V  AlviatiQ.^b'l» 
costretto  di  fuggirsene  a  Siena,  con  aver 
perduto  più  di  mille  cavalli  e  molti  car^ 
riaggi.  Credette  allora  il  popolo  di  Firxjn- 
ze  giunto  il  beato  giorno  di  ricuperar  Pi-t 
sa;  e  quantunque  molti  de' saggi  ne  dis- 
suadessero l"*  impresa,  pure  fu  presa  lì  ri- 
soluzione di  andar  sotto  quella  città.  Nel 
dì  8  di  settembre  le  artiglierie  comincila-» 
rono  la  lor  terribile  sinfonia  contro  di  Pi- 
sa.  Atterrata  buona  parte  delle  mura,  ^i 
venne  alP assalto;  ma  con  tal  coraggio  :^i 
difesero  i  Pisani,  che  Io  perderono  gli  &s* 
salitori.  Da  un' altra  parte  si  fecG  breccia 
e  male  e  peggio  riuscì  il  secondo  tentativo^ 
Perlocchè  passò  loro  la  voglia  di  far  ^Itpe 

N  3  Pao- 


198  A  N  N  A  L  I     d'  I  T  A  L  r  A  ] 

pruove  del  proprio  valore ,  e  pieni  di  ver^ 
gogna  se  ne  tornarono  indietro .  E  tant^ 
più  per  aver  inteso,  che  dal  Consalvo  d| 
notte  erano  stati  introdotti  in  Pisa  trecen** 
to  fanti  .  Dopo  questo  fatto  ve  ne  inviò 
egli  altri  mille  e  cinquecento  :  con  che  tra| 
montarono  per  ora  le  speranze  del  popold| 
di  Firenze  . 

Nel  dì  25  di  gennaio  dell'anno  presenti 
mancò  di  vita  Ercole    l  duca  di  Ferrara 
principe  che    dopo    avere   imparato    a    sud 
spese  y   che    pericoloso    mestiere    sia    que 
della    guerra ,    avea  atteso    a   conservar    1^ 
pace ,  e  ad  ingrandire    ed    abbelir    Ferrara 
con  varie  fabbriche  e  delizie^    e  a  rendere 
più    felici    i    suoi  popoli.    Lasciò  dopo  d 
se  tre  figli  legittimi,  ^//onso primogenito 
Ferdinando  e  Ippolito   cardinale,    NelT an- 
no precedente    aveva    egli  inviato    Alfonsc 
alle  corti  di  Francia ,  Spagna  ed  Inghilter-| 
ra ,  acciocché    la    conoscenza    di    que'  gran  1 
principi  e  de'  costumi  e    governi    nelle  va-  ■ 
rie  nazioni,  servisse  a    lui    di    scuola    peicj 
ben  reggere  sestesso  e  gli  altri.    Trovava- j 
si  Alfonso   in   Inghilterra,    disposto  a  pas-. 
sare  in  Ispagoa ,  allorché  giuntogli  l'avvisa^ 
della  grave  malattia  del  padre,  gliconven-^ 
ne  affrettare  il  suo  ritorno  a  Ferrara  ,  do-  i 
ve  fu    riconosciuto    per  duca  e  signore  da  j 
tutti    i    suoi    popoli  .   Pace    bensì  godè    in  ] 
quest'anno  l'Italia;  ma  non  andò  già  esente  ^ 
da  altre  calamità.  Fiero    tremuoto   si  fece  : 
sentire    co»  varie    scosse   in  più  giorni  in  ; 

Ve.      ; 


Anno     MDIV.  199 

^enewa",  Ferrara  ,  Bologna,  ed  altri  luo- 
ghi ,  per  cui  caddero  a  terra  non  poche 
case  ,  campanili  e  chiese,  e  a  moltissime 
altre  si  slogarono  le  ossa ,  dimodoché  i 
popoli  si  ridussero  a  dormir  nelle  piazze  , 
e  ne' campi.  Non  minor  flagello  fu  quello 
della  carestia  ,  e  carestia  univer&ale  per 
tutta  ritalia,  essendo  stato  pessimo  il  rac- 
colto, dimodoché  la  povera  gente  fu  ridot- 
ta a  mangiar  erbe ,  e  non  pochi  morirono 
per  questo  .  Infermatosi  gravemente  nel 
marzo  dell'  anno  presente  Lodovico  XII  re 
di  Francia  ,  andò  a  battere  alle  porte  dei- 
ila  morte,  ma  poi  si  riebbe.  Se  moriva  , 
voce  comune  fu  ,  che  i  Veneziani y  uniti 
col  gran- capi tanOy  e  col  cardinale  Asca 
ìlio  Sforza y  avessero  disegnato  di  cacciare 
i  Francesi  dallo  Stato  di  Milano.  Ma  que- 
sto cardinale  fu  cacciato  egli  fuori  del 
mondo  in  Roma  nel  di  28  del  seguente 
maggio  dalla  peste,  altra  calamità  che  si 
aggiunse  alle  sopraddette.  Né  si  dee  tacer 
come  cosa  ,  in  cui  ebbe  interesse  anche  V 
Italia,  che  nel  mese  d'ottobre  restò  con- 
chiusa  pace  fra  il  re  di  Francia  e  Ferdi- 
nando il  Cattolico y  il  quale  dopo  la  morte 
della  regina  Isabella  non  usava  più  che  il 
titolo  di  re  d'Aragona.  Erano  insorte  liti 
fra  esso  re  Cattolico  e  Filippo  arciduca  suo 
genero,  pretendendo  questi,  che  il  suoce- 
ro non  avesse  più  da  ingerirsi  nel  gover- 
no della  Castiglia  .  Prepaiavasi  infatj^  esso 
arciduca  per  venire  di  Fiandra  in  Ispagna. 

N  4  Fé  e- 


200       Annali    d' Itali  A 

Ferdinando  giudicò  bene  in  tal    congiuntu-*  i 
ga  di  amicarsi  colla    Francia.    Ne'capitoUy 
di  quella  pace  si  stabilì  il    di    lui    accasa-| 
mento  con  Germana  di   Fois  ^    figliuola    di 
una  sorella  del  re  di  Francia  che  portò  iift 
dote  ciò    che  restava    in  mano    de*Francesi| 
sul   regno  di  Napoli .  Rinunziò  il  re  LodoH[ 
vico  alle    altre    sue  pretensioni    sopra  quel! 
regno,  obbligandosi  Ferdinando  di  pagarglli 
in  dieci  anni  settecentomila    ducati    d'oro 
Restarono  con  ciò  liberi    dalla    prigionia 
baroni  dql    regno    che    aveano    militato  ir 
favore  del    re  Cattolico  ,  e  lev^ato  il  confi. 
SCO  fatto  contro  chi  avea  seguitato  il  par- 
tito francese . 

Anno  di  Cristo   1506,  Indiz.  ix. 

di  Giulio  II ,  papa  4-  , 

^aH^i      di  Massimiliano  re  de'  Rem.   14, 

jyieravigliavasi  la  gente  al  vedere,  cerne 
Vo.pa  Giulio y  personaggio    che    in    addietrc 
s'era  fatto  conoscere  di  pensieri    sì  vasti 
e  d'animo    torbido,    fosse    -^n    qui    vivutc 
con  tanta  quiete.  Cessò  questa  lor  meravi- 
glia nell'anno  presente,  perchè    esso  papa 
dopo  aver  più   volte  detto  in  concistoro  d] 
Voler  nettare    la    Chiesa    dai    tiranni,  spc 
cialmente  mirando  a  Perugia    e    Bologna 
deliberò  di  eseguire  il   suo  disegno  ^,  Nor 

rol- 

*    ^"r-?accoyst  .  Guicciardino  >  Panv'tnius  >     V:.':ymldui    A>ì. 


^^^^  A    N    M    O      MDV.  2^1 

rafl^^om mettere  ad  altri  quest'  impresa  , 
ma  siccome  papa  guerriero  si  mosse  da 
Roma  nel  dì  27  d'agosto  con  ventiquattro 
cardinali  iC  qnattrocento  uomini  d'armi  , 
avendo  già  fatti  maneggi  per  aver  soccorsi 
dai  re  di  Francia,  da  Ferrara ,  da  Mantova 
'la  Firenze?  .  In  Perugia  i  BagUoni  ^  in 
ij  .legna  i  Bentlvogll  y  i'àitWi  capi  del  po- 
polo^ apjDoco  appoco  n'erano  divenuti  come 
Signori ,  con  deprimere  chiunque  si  mostra- 
va contralio  ai  loro  voleri.  Ind rizzò  Giu- 
lio i  suoi  passi  alla  volta  di  Perugia  ,  do- 
c  Gian-Paolo  Bagiione  trovossi  in  grande 
imbroglio  ;  perché  troppo  disgustcTSo  era  il 
cedere,  troppo  pericoloso  il  resistere.  Nel 
di  lui  animo  prevalsero  i  consigli  del  du- 
ca d'Urbino,  sotto  la  cui  fede,  arrivato 
che  fu  il  papa  ad  Orvieto,  andò  colà  ad 
inchinarlo  ,  e  ad  offerirsi  umilmente  alia 
di  lui  volontà.  Fu  ricevuto  in  grazia,  eoa 
rimetter  egli  le  fortezze  e  porte  di  Peru- 
gia in  mano  del  papa,  e  con  promettere 
di  andar  seco  in  Romagna  con  cento  cin-^ 
quanta  uomini  d"*  arme  .  Entrò  pacificamene 
le  il  pontefice  in  Perugia  nel  di  12  di  set- 
tembre, e  ne  prese  il  dominio  .  Quindi 
maggiormente  rinforzato  dal  Baglione  ,  sf 
inviò  alla  volta  d'  Imola;  ne  parendogli 
decoroso  il  passar  per  Faenza ,  occupata 
dai  Veneziani,  girò  per  le  montagne  del 
Fiorentino ,  e  andò  a  posare  in  Imola  ,  da 
dove  intimò  a  Giovanni  BentivogUo  di  ri- 
ia^iciar  Bologna  colla  minaccia  di  tutte    le 

pe- 


ao2       Annali     d'Italia 

pene  spirituali  e  temporali.  Sulla  speranza 
di  molte  promesse  della    protezion    del    re  À 
di  Francia    s' era    il    Bentivoglio   messo    in  li 
istato  di  difesa.  Ma  il  re^  a  cui  maggior-  ?l 
mente  premeva  per  li  suoi    interessi  di  te-   \ 
nersi  amico  il  papa  ^  che  di  giovare  a' suoi  i 
raccomandati  ,    mandò    ordine  al  signor  di  || 
Sciomonte  governator  di  Milano  di  assiste- 1 
re  con  tutte  le  sue  forze  il  papa.  E  in  ef- 
fetto con  secento    lance    ed    ottomila   fanti 
si  vide  arrivare  lo  Sciomonte  a  Castel-fran- 
co .  Anche  il  pontefice  area  ricevuto  gente 
da'  Fiorentini  ,  da    Alfonso  duca  di  Ferra-  ^ 
ra^  e  dsr  Francesco  marchese  di  Mantova  , 
il    quale    fu    dichiarato     capitan     generale 
deir esercito  pontificio.  A  si  gagliardo  ap- 
parato di  forze  nemiche  s'  avvide  il  Benti- 
voglio ,  che  vano  era  il  ricalcitrare.  Eppe- 
pò  piuttosto»   che    ricorrere    alla    clemenza 
del  papa  ,  dalla  cui  generosità  forse  avreb- 
be potuto  ottener  maggiori  vantaggi,  passò  1 
nel  dì  due  di  novembre  al    campo  france- 
se, ed  impetrato  di  poter  mettere  in  salvo 
la  sua  famiglia 5  e  i  suoi    mobili   per  riti- 
rarsi poi    sul  Milanese,  lasciò  in  libertà    i 
Bolognesi  di  trattare  col  papa.  Entrò  que- 
sti in    Bologna  con  gran    pompa  nel  di  1 1 
di  novembre,  tutto    giubilo  per    sì    nobile 
acquisto.  Morivano  di  voglia  anche  i  Fran- 
cesi d'entrare,  non  certo  per  divozione ,  in 
quella  grassa  città,  ed  usarono  anche  della 
forza  ;  ma  il  popolo  in  armi  fece    sì  buo- 
na guardia,  che    convenne   loro    restarsene 

di 


Anno     MDVT,  203 

ai  fuori  5  eccettuato  Io  Sciomonte  xol  suo 
corteggio  ,  che  fu  a  baciare  i  piedi  al  papa  ^ 
e  riportò^  oltre  ad  un  regalo  in  pecunia 
per  lui ,  e  ad  un  altro  assai  teaue  per  le 
sue  genti ,  la  promessa  di  un  cappello  per 
Lodovico  d' Ambosia  vescovo  d'Albi  suo 
fratello . 

Erano  entrati  in  cuor  di  Ferdinando  il 
Cattolico  non  piccioli  sospetti  contra  di 
Consalvo  gran-capitano ,  e  viceré  per  lui 
nel  regno  di  Napoli .  Né  mancavano  invi- 
diosi e  malevoli  che  li  fomentavano  ed  ac« 
crescevano,  facendogli  credere,  che  Consal- 
vo colla  liberalità  che  usava  per  affezio- 
narsi i  regnicoli  con  discapito  del  regio 
erario,  meditasse  di  usurpare  per  se  quel 
regno  ;  ovvero  (  lo  che  è  più  probabile  ) 
inclinasse  a  tenerlo  per  V  arciduca  Filippo 
suo  genero,  il  quale  aveva  assunto  il  tito- 
lo di  re  di  Castiglia .  Nel  gennaio  dell'  an- 
no presente  s'  era  esso  arciduca  con  cin- 
quanta vele  ,  e  grande  accompagnamento 
di  nobiltà  fiamminga  inviato  per  mare  al* 
la  volta  di  Spagna  .  Battuto  da  fiera  tem- 
pesta fu  spinto  in  Inghilterra,  ina  ripiglia- 
to il  cammino,  sbarcò  finalmente  in  Ispa- 
gna.  Fu  ad  incontrarlo  il  re  Ferninando  , 
e  si  trovò  maniera  di  calmare  i  lor  dissa- 
pori j,  e  di  conchiudere  un  accordo  fra  es- 
si. Ora  i  suddetti  sospetti  di  Ferdinando, 
avvalorati  sempre  più  da  qualche  disubbi- 
dienza di  Consalvo,  e  massimamente  per- 
chè richiamato  colle  più    affettuose    parale 

al- 


204         Annali    d' Italia 
alla  corte  d'Aragona,  egli  con  varie  scuse    ] 
e  pretesti  mai  non  s'era    voluto    movere  :    \ 
indussero  il  re  a    venir  egli    in  persona    a   \ 
Napoli.  Mostravasi  questa    sua    risoluzione   j 
in    apparenza    nata    dal    forte    desiderio    e   l 
dalle  vive  istanze  de' Napoletani ,  di    vede^  j 
re  di  nuovo  il  lor    sovrano .  Ma  V  interno  ' 
motivo    era  di   assicurarsi ,    che  Consalvo  ,   -■ 
caso  che  macchinasse  delle  novità  ,    non  le   j 
potesse  eseguire,  con    levargli  destramente   i 
il  governo.  Avvisato  Gonsalvo  del  disegno  il 
del  re  ,  spedì  persona   apposta    in    Ispagna 
per  mostrarne  il  suo    contento  ;  e  fu  aìio- 
ra ,  seppur    non    avvenne    più    tardi  ,    che 
Ferdinando    colla    sua  dote   primaria  ,  eioè 
colia    dissimulazione     e    simulazione  ,     gli 
Gonfermò  tutti  i  feudi  e  le    rendite  ascen- 
denti   a    ventimila    ducati  d'  oro ,    eh'  egli  * 
dianzi  godeva    in  [regno    di    Napoli  ,    e    il  i 
grado  di  gran-contestabile.  Imbarcatosi  di- | 
poij,  dopo  avere  ricevuto  nel    suo    passag-  l 
gio  per  mare  regali  e  segni  di  grande  sti-  | 
ma  dai  Genovesi  e  Fiorentini ,  arrivò    alle  j 
spiagge  di  Napoli  sul  fine  di  ottobre.  Con-  i 
salvo,   ancorché  molti    vogliano  (  ed  è  ben  | 
probabile  )  che  fosse  assai  informato  e  per-   i 
suaso  del  mal  animo  del  re  verso  di  lui  :   ' 
pure  con  tutto  coraggio  ed  ilarità   di  voi-  \ 
to,  affidato  forse  nella  sua  innocenza,  an-  i 
dò  a  presentarsi  a  lui .  Son  qui  discordi  il  i 
Guicciardino    e  il  Giovio.    Quegli  scrive  ,   \ 
che  andò  sino  a  Genova  ;  e  1'  altro  ,  secon-  \ 
do    le    apparenze    più  degno  di  fede,    per  J 

ave-       i 


Anno    MDVI.  205 

aVere  scrìtta  la  Vita  di  lui,  dice,  che  si 
portò  ad  inchinarlo  al  capo  Miseno  presso 
Napoli.  Non  potea  Consalvo  desiderare  ac- 
coglimento più  dolce  e  benigno  ;  e  finché 
il  re  si  fermò  in  Napoli ,  la  confidenza  in 
lui  fu  grande ,  e  nulla  chiesa  ,  che  non  ot- 
tenesse. Nella  sua  venuta  per  cagion  dei 
venti  contrarj  obbligato  esso  Ferdinando  a 
fermarsi  alquanti  giorni  a  Porto-fino  ;  qui- 
vi avca  ricevuta  la  nuova  ,  come  Filippo 
suo  genero  re  diCastiglia,  (  verisimilmen- 
te  perchè  troppo  amico  de' lauti  conviti  ) 
era  caduto  infermo  in  Burgos^  e  che  nel 
di  25  di 'settembre  nel  fiore  della  sua  età 
era  passato  ali"  altra  vita.  Fece  questo  im- 
pensato accidente  credere  a  molti  ,  che 
Ferdinando  fosse  per  voltare  le  prore ,  e 
tornarsene  in  Ispagna  a  riassumere  le  so- 
spirate redini  della  Castiglia  .  Ma  stando- 
gli più  a  cuore  il  provvedere  ai  bisogni 
di  Napoli,  colà  passò;  e  poscia  un  bel  fu- 
nerale ,  ma  senza  lagrime  ,  fece  ivi  alla 
memoria  dell'estinto  genero. 

A  chiunque  ha  letto  i  precedenti  Annali , 
uopo  non  è ,  che  io  ricordi ,  che  la  discor- 
dia avea  sempre  in  addietro  tenuto  il  prin- 
cipal  suo  seggio  nella  città  di  Genova  .  Ora 
le  principali  case  fra  esse,  ora  i  popolari 
coi  nobili  erano  in  rotta  :  effetti  della  su- 
perbia, dell'opulenza,  dell'  ambizione  .  e 
d'altri  malanni  in  quel  popolo,  a  cui  in 
vivacità  d'ingegno    pochi    altri    d'Italia  si 

pos- 


,    2o6       Annali    d' Italia 
possono  paragonare.    Tutte    nondimeno    le 
ior  gare  parea  ,  che  dovessero   cessare  sot- 
to il  dominio  e  governo  d'un  re  di  Fran- 
, eia  ,  padrone    ancora    di   Milano.    Non    fu 
così .    Mossosi    a  sedizione  il   popolo    con- 
tro    la     nobiltà  ,     andò     tanto    innanzi    il 
bollore  degli    animi  ^  che    furono  forzati    i 
nobili,  cedendo  al  matto  furore    del  pope* 
lo  5  di  uscire  dalla  città^  con  restar  percict 
saccheggiate  le  Ior  case.  Ridotto  il  gover- 
no in  mano  della    plebe    più  vile,    costorci 
andarono  ad    occupar  le  terre    de'Fieschi  , 
e  passarono  infine  ad  assediar    Monaco  che 
era  di  Luciano  Grimaldi.  Filippo  di  Eave 
sten  regio  governatore  ,  dopo  aver  fatto  i 
possibile  per  ismorzar  questo  incendio^  ve 
duto  che  noti  vi  era   più    il  suo   onore    ii: 
mezzo  a  tanta  disubbidienza,  si  ritirò^  la# 
sciando  buon  presidio    nel    castelletto  .    Ar 
re  Lodovico  XI t  diedero  degli  affanni  e  nor|| 
poco  da  pensare  sì  fatte  insolenze,  temen— 
do  egli  ,  che  quella  piaga  avesse   più    pro-*^ 
fonde  radici.    Infatti  mentre  egli    era^  se-| 
condo  lo  stile  francese,    portato    a    favorir); 
la  parte  de' nobili  5  scoprì  che  il  papa,  sic-| 
come  savonese  di  nascita^  si  era  dichiarai 
to  favorevole  al  partito  de' popolari.  Die-I 
desi    perciò    il    re   a    fare    armamento    peri 
terra  e  per  mare  afSn  di    rimediare  al  di-I 
sordine  colla  forza ,  giacche  a  nulla  aveanq 
servito  le  amorevoli    insinuazioni   e  le  mi* 
nacce.  Nel  luglio  del  presente  anno  si  sco- 
pri 


A  N  N-  o     MDVI.  207 

prj  anche  in  Ferrara  una  congiura  contro 
la  vita  dal  duca  Alfonso  ^  é  Era  questa  tra- 
mala da  don  Ferdinando  suo  fratello  mi- 
nore per  voglia  di  regnare,  e  da  Giulio  suo 
fratello  bastardo  per  ispirilo  di  vendetta, 
non  avendo  esso  duca  fatto  risentimento 
in  occasion  d'avere  il  cardinal  d' Este  ten- 
tato di  fargli  cavar  gli  occhi  con  barba- 
rie detestata  da  ognuno.  Convinti  e  con- 
fessi amendue  furono  condannati  a  morte  ; 
ma  mentre  aveano  il  capo  sotto  la  man- 
caia^  Alfonso  facendo  prevaler  la  clemenza 
alla  giustizia,  li  rimise  ad  una  prigione 
perpetua  4  Campò  dipoi  don  Ferdinando 
sino  al  1540.  Giulio  sino  al  1555  »  ^"  ^^^ 
riebbe  la  libertà  . 

Anno  di  Cristo  1507,  Indiz.  x. 
di  Giulio  II,  papa  5. 
di  Massimiliano  re  de'Rom.  15. 

J-  rattenevasi  -paya  Giulio  in  Bologna  ,  ma 
non  assai  contento  al  vedere  non  ,ben  per 
anche  assodato,  il  dominio  suo  in  quella 
città ,  perchè  i  Bentivogli  si  fermavano 
nello  Stato  di  Milano.  Ne  fece^  doglianze 
col  re  Lodovico ,  il  quale  si  alterò  non  so- 
lo per  questo  >  ma  ancora  perchè  esso  papa 
non  avea  restituiti  i  suoi  beneflzj  al  proto- 
notario,  figlio  di  Giovanni  Bentivoglio  ,  an- 
corché la  facoltà  di  dimorar    nel   Milanese 

ai 

'  Antichità    Estensi  P^r,II. 


2o8  Annali  dMtalia 
ai  Bentivoglij  e  la  restituzione  suddetta  fos- 
sero state  dianzi  accordate  dal  medesima 
papa.  Crebbe  lo  sdegno  di  Giulio,  dacché 
intese  risoluto  il  re  di  procedere  colle  arm- 
contra  di  Genova:  laonde  senza  più  attendere 
il  concerto  fatto  col  re  di  abboccarsi  seco, 
allorché  egli  fosse  venuto  in  Italia  ,  nel  di 
12  di  febbraio  si  partì  da  Bologna  ,  e  s'in- 
viò alla  volta  di  Roma  .  Pria  nondimeno^ 
di  abbandonar  quella  città j  ordinò  che  §i; 
rifacesse  alla  porta  di  Gallerà  una  fortez-' 
za ,  col  pretesto  consueto  della  sicurezza 
della  città  ,  ma  infatti  per  tenere  in  bri- 
glia quel  popolo:  due  azioni  che  rincreb- 
bero non.  poco ,  la  prima  agli  amici  dei 
Bentivogli  ,  e  l'altra  ad  ognun  di  que' cit- 
tadini .  Arrivò  il  papa  a  Rom^  nel  dì  27 
di  marzo ,  dove  tutto  si  applicò  ai  maneg- 
gi di  una  forte  lega  contro  i  Veneziani 
per  ricuperar  le  città  da  loro  occupate  in 
Romagna.  E  perciocché  i  Bentivogli  nell'a- 
prile seguente  feceico  un  tentativo  per  rien- 
trare in  Bologna  ;  e  veniva  lor  fatto ,  se 
Ippolito  cardinal  d^ EsLe  non  si  opponeva: 
nel  dì  primo  di  maggio  fu  diroccato  il  pa- 
lazzo di  essi  Bentivogli  in  stra  san  Dona- 
to, che  era  de'  più  belli  d' Italia  di  quei 
tempi .  Crebbe  nel!'  anno  presente  il  tumul- 
to di  Genova  ^ .  Perché  fu  forzato  quel  se- 
dizioso  popolo  dai  Francesi  a  ritira 
dair  r.ssedio  di  Monaco,  senza    più 

'   ^"ostino  Giustiniani  ,  Senivega  ^  Guicciardino 


Anno     MDVII.  209 

tare  la  maestà  e  padronaifiza  del  re  Lodo- 
vico, creò  doge  Paolo  da  Novi  ,  tintore^ 
di  seta  ,  uomo  della  feccia  della  plebe  ,  e 
venne  ad  un'aperta  e  total  ribeìlione  :  tut- 
to pazzamente  fatto  ,  perchè  niun  v*  era  , 
che  lor  facesse  sperar  soccorso  ;,  per  soste- 
nere un  sì  ardito  disegno  •  Per  quanto  il 
cardinal  di  Finale^  cioè  Carlo  del  Carret- 
tOj,  egli  esortasse  ad  iinplorare  il  perdono, 
di  cui  si  faceva  egli  mallevadore,  crebbe 
la  loro  ostinazion  semprepiù  .  11  re  Lodo^ 
vico  che  a  sue  spese  avea  imparato,  :  qual 
differenza  vi  sia  tra  il  fare  in  persona  la 
guerra  ,  e  il  commetterla  ai  capitani  ,  pas- 
sato in  Italia  si  fermò  ad  Asti  ,  e  dacché 
ebbe  fatto  venir  per  mare  molti  legni  ar- 
mati^,  si  mosse  verso  il  -fine  d'aprile  collo 
esercito  di  terra  per  passare  il  Giogo  .  Po- 
ca resistenza  potè  fare  alla  di  lui  possanza 
lo  sforzo  de' popolari  di  Genova,  dimodo- 
ché inviarono  ad  offerirgli  l'ingresso  nella 
città;  ed  egli  nel  dì  28  di  esso  mese  col- 
la spada  nuda  in  mano,,  senza  volere  che 
si  parlasse  di  patti,  vi  entrò.  Contuttociò 
non  pensò  il  buon  re  ad  imitare  i  tiran- 
ni, ma  sì  bene  a  seguir  l'esempio  de' sag- 
gi ed  amorevoli  principi ,  che  mai  non  si 
dimenticano  d'esser  padri,  ancorché  i  sud 
diti  si  scordino  d'essere  figli.  Mise  buona 
guardia  alle  porte  della  città  ,  affinchè  gli 
Svizzeri  e  venturieri  non  vi  entras«ero,  e 
mettessero  tutto  a  sacco.  Trovati  gli  An- 
ziani inginocchiati  e  dimandanti  misericor- 
ToMO  XXIL  O  dia , 


210  Annali  d'Italia 
dia  ^  rimise  la  spada  nel  fodero,  conten- 
tandosi poi  di  mettere  al  popolo  una  ta- 
glia di  trecentomila  scudi  ,  da  pagarsi  in 
14  mesi ,  con  rimetterne  da  lì  appoco  cen- 
tomila.  Ordinò  ia  fabbrica  di  una  fortez- 
za al  capo  del  faro  ,  e  dopo  aver  fatta 
giustizia  di  alcuni  pochi  ,  e  data  nuova 
forma  a  quei  governo^  nel  dì  14  di  mag- 
gio se  ne  tornò  in  Lombardia  ,  dove  licen- 
ziò l'esercito,  per  quietar  i  sospetti  insor- 
ti in  varj  potentati .  Bravamava  egli  di  ri- 
passare in  Francia,  ma  perchè  udì  vicina 
la  partenza  di  Ferdinando  il  Cattolico  da 
Napoli  ,  che  desiderava  di  seco  abboccarsi 
in  Savona  ,  si  fermò  ad  aspettarlo. 

Dalle  lettere  de'  suoi  ministri  d'  Arago- 
na^ e  dalle  istanze  di  Giovanna  sua  figlia 
regina  di  Castiglia  ,  reniva  esso  re  Catto- 
lico sollecitato  a  tornarsene  in  Ispagna  , 
per  ripigliare  il  governo  anche  della  stessa 
Castiglia  ;  perciocché  Giovanna  dopo  la 
morte  del  marito  arciduca  tanto  dolore 
provò  di  tal  perdita^  che  s'infermò  in  lei 
non  meno  il  corpo  ,  che  la  mente  .  E  in- 
tanto i  due  suoi  figliuoli ,  Carla  che  fu  poi 
imperadore,  e  Ferdinando^  perla  loro  età 
non  erano  peranche  atti  al  comando.  Do- 
po aver  dunque  il  re  Ferdinando  lasciate 
molte  buone  provvisioni  in  Napoli  e  pef 
regno,  e  mutati  gli  ufHziali,  messi  nelle 
fortezze  da  Consalvo,  nel  dì  4  di  gingnt::^ 
sciolse  le  vele  verso  ponente  colla  regina 
sua  consorte,  e  senza-  volersi  abboccare  col 

pa- 


Anno  MDVII.  ^  àit 
papa  che  si  era  portato  ad  Ostia  per  que- 
sto ,  continuò  il  suo  viaggio  .  Obbligato 
da  venti  contrarj  prese  porto  in  Genova  , 
e  poscia  nel  di  28  di  giugno  arrivò  a  Sa- 
vona, accolto  con  gran  pompa  e  finezze 
dal  re  Cristianissimo ,  ma  con  aver  prima 
esatte  buone  sicurezze  per  la  sua  persona  - 
Furono  per  quattro  giorni  in  stretti  e  segre- 
ti ragionamenti ,  dimenticate  le  precedenti 
nemicizie,  siccome  conveniva  a  principi  di 
animo  grande  ^  .  Avea  Ferdinando  colle 
maggiori  dimostrazioni  di  benevolenza  ,  e 
promesse  di  vantaggi ,  tnenato  seco  da  Na- 
poli anche  il  gran-capitano  ConsaZvo.  Non  si 
saziò  il  re  Lodovico  di  mirare  ed  onorare  un 
personaggio  che  con  tante  pruove  d'accortez- 
za e  valore  avea  tolto  a  lui  un  regno;  im- 
petrò ancora  da  Ferdinando  ,  che  questo 
grand'  uomo  cenasse  alla  medesima  tavola , 
dove  erano  assisi  essi  due  re  e  la  regina  . 
Sì  graziosa  finezza  del  re  francese  verso 
di  Consalvo  ad  altro  non  servì  ^  che  ad  ac- 
crescere le  gelosie  nella  testa  spagnuola  del 
re  Cattolico.  Infatti,  siccome  avvertirono 
il  Giovio  e  il  Guicciardino ,  quello  fu  V  ul- 
timo giorno  della  gloria  di  Consalvo  ;  im- 
perocché giunto  in  Ispagna  non  potè  mai 
ottenere  il  grado  di  gran-mastro  de'  cava- 
lieri di  san  Iago  ,  per  cui  gli  aveva  il  re 
impegnata  la  parola .  Insorsero  anche  altri 
dissapori    e    contrattempi ,   pel^    cagion  dei 

O  2  qua- 

*  Giovio  .  Guicc  fardi  no  .  Mariana  di  Reb.  Hs^ani. 


I 


SI 2         Annali    d'Italia 

quali  più  di  lui  uon  si  servi  il  re  ne  in 
affari  politici ,  né  in  militari .  Mancò  di 
vita  Consalvo  nel  di  due  di  dicembre  nel 
1515  ne  lasciò  il  re  a  lui  morto  di  fac 
quegli  onori  che  in  vita  gli  avea  negato  , 
con  ordinare,  che  dappertutto  gli  fossero 
celebrati  sontuosi  funerali  :  ricompensa  beo 
meschina  ad  uomo  di  tanto  merito.  Stette 
poi  poco  a  tenergli  dietro  lo  stesso  Fer- 
dinando,  siccome  dirassi  al  suo  luogo  e 
tempo. 

Anno  di  Cristo  1508,  Indiz.  xi. 
di  Giulio  II,  papa  6. 
di  Massimiliano  re  de'Rom.  16^ 

J-i  anno  fu  questo    in    cui  i  principali  pò-- 
tentati  dell'Europa  meridionale  si  unirono, 
per  atterrar  la  potenza  della  repubblica  ve^ 
neta ,  sfoderando  cadaun  sì  le  recenti  ^  ch^ 
le  rancide    pretensioni    loro  sopra  la  terra- 
ferma ,    posseduta    da  essi  Veneti .  Ma  pri-^ 
ma  di    questo  fatto  avvenne^  che  Massimi^  ^ 
Viano  re  da' Romani  si  era  messo  in  pensie- 
ro di  calare  in  Italia,  non  tanto  per  pren-    \ 
dere  secondo    il  rito    de' suoi    predecessori    i 
la    corona    e    il    titolo    imperiale    in    Ro-    \ 
ma,    quanto    per    ristabilire    i    diritti  dell*    j 
impero     germanico    in    queste    provincie  ,    \ 
e  recare    a   Pisa ,   continuamente    infestata    ì 
da'  Fiorentini  ,    quel    soccorso    che     tanto    \ 
volte    promesso,    e  non    mai  eseguito,    fé-     1 
qe    poi   nascere   il    proverbio    del  «Socror*     \ 

$9 


J: 


ANNO      MDVlir.  21^ 

dVTlsa  ^.  Chiesto  a' Veneziani  il  passò 
e  l'alloggio  per  quattromila  cavalli,  ebbe 
per  risposta  da  quel  Senato^  che  s'egli  vo- 
lea  venire  pacificamente >  e  senza  tanto 
apparato  d*armi,  V  avrebbono  con  tutto 
onore  ben  ricevuto;  ma  che  apparendo  con 
tanto  armamento  diversi  i  di  lui  disegni  , 
non  poteano  acconsentire  al  suo  passaggio . 
A  questa  risoluzione  de"*  Veneziani  diede 
maggiore  fomento  Lodovico  XII  y  re  di 
Francia  che  con  esso  loro  era  in  lega  ,  per- 
chè troppo  si  era  divulgato  .  non  mirare 
ad  altro  i  movimenti  di  Massimiliano,  che 
a  spogliar  lui  dello  Stato  di  Milano  in  fa- 
vore dell' abbattuta  casa  Sforzesca.  Per  que- 
sto rifiuto  ,  e  per  altri  motivi  sdegnato 
Massimiliano  ,  circa  il  fine  di  gennaio  col 
marchese  di  Brandeburgo  mosse  lor  guerra 
dalla  parte  di  Trento ,  dove  i  Veneziani 
possedevano  Rovereto ,  tentando  di  aprirsi 
per  le  montagne  un  passaggio  verso  Vi- 
cenza. Poscia  con  altre  forze  entrò  nel  Friu* 
li,  e  s'impadronì  di  Cadore  con  altri  luo- 
ghi .  Abbondava  allora  V  Italia  di  valenti 
capitani,  e  il  Senato  veneto  non  fu  lento  a 
sceglierne  i  migliori  ,  e  ad  ingrossarsi  di 
gente.  MccoZò  Or^irw)  conte  di  Pitigliano  ge- 
nerale fu  spedito  con  Andrea  Gritti  prov- 
veditore a  Rovereto  ,  Bartolameo  d'  Alviano 
altro  generale  con  Giorgio  Cornaro  alla  dit 

O  3  fé*  ^ 

*  ContinmatoT  Sahellici .     Bembo.  Guicciàrdine .  istoria  Vt- 


214        Annali    d'Italia  | 

fesa  del  Friuli .  Mosso  a  questo  rumore  il  i 
re  di  Francia ,  per  sospetto ,  che  la  festa  I 
fosse  fatta  per  lo  Stato  di  Milano,  ordinò;] 
anch' egli  zCarlo  d'  Amlfo  sia  sì  ^nox  di  Scio- 1 
monte  governator  di  Milano  di  accorrere  !j 
in  aiuto  de'VeneziaHi  insieme  col  famoso  \ 
maresciallo  di  Francia  Gian-Giacomo  Tri*  \ 
>vulzio .  -i 

Seguirono  molte  baruffe  e  saccheggi  sul 
Trentino',  e  in  que' contorni,  ma  non  di  con- 
seguenza ,  perchè  i  Francesi  teneano  ordini 
segreti  di  attendere  alla  difesa  e  non  alla 
offesa,  per  non  irritar  maggiormente  Mas- 
similiano. Così  non  fujdalla  parte  del  Friu- 
li.  L"*  animoso  Alviano,  entrato  nella  valle 
di  Cadore  ,  e  messi  in  rotta  i  Tedeschi ,  nel 
dì  23  di  febbraio^  cioè  nell'ultimo  giovedì 
di  carnevale  ebbe  a  patti  a  quel  castello  • 
Nel  dì  seguente  pose  il  campo  a  Cremonsa  , 
castello  assai  ricco  e  forte  di  sito ,  che  ricusò 
di  rendersi.  Si  venne  all' assalto  e  alla  sca- 
lata che  costò  molto  sangue  agli  aggres- 
sori ,  e  fra  gli  altri  vi  perì  Carlo  Malate- 
sta ,  giovane  amatassimo  nell'esercito,  e 
di  grande  espettazione.  Il  Guicciardino  e 
il  Bembo  mettono  la  di  lui  morte  sotto 
Cadore;  la  Cronica  veneta manuscritta  ,  che 
presso  di  me  si  conserva,  scritta  da  chi  si 
trovò  presente  a  tutta  la  seguente  guerra  , 
il  fa  morto  sotto  Cremonsa .  Ebbe  poi  V 
Alviano  a  patti  quel  castello  ,  e  per  ralle-  || 

trare  i  suoi  soldati^  loro  lasciollo  in  pre-  ji 
a.  Quindi  si  spinse  addosso  a  Gorizia,  e  :| 

in 


i 


Anno     MDVIII.  Tris 

R^Battro  giorni ,  che  le  batterie  giocaro- 
no, ridusse  nel  dì  28  di  marzo  quel  presi- 
dio  a  renderla.  Di  là  s'inviò  per  istrada  di- 
satrose  a  Trieste,  città  molto  mercantile  e 
po|aGÌata,  il  cui  distretto  fa  in  breve  messo 
tutto  a  saccomano  .  Posto  1'  assedio  per 
terra  secondato  da  una  squadra:  di  navi  ve- 
nete per  raare^  fu  anch'  essa  obbligata  a 
capitolare  la  resa  ,  salvo  T  avere  e  le  per* 
sene.  Lo  stesso  avvenne  a  Porto  naone  e  a 
Fiume .  Allora  fu  ,  che  Massimiliano  al  ve- 
dere andar  ogni  cosa  a  rovescio  delle,  sue 
speranze^  e  crescere  il  pericolo  suo  ,  co- 
minciò dalla  parte  di  Trento  a  trattar  di 
tregua  ,  la  quale  nel  di  30  d'  aprile  fu  con- 
chiusa per  tre  anni  fra  ^sso  re  de'  Romani 
e  i  Veneziani  ,  senza  voler  aspettar  le  ris- 
poste del  re  di  Francia  . 

Si  rodeva  di  rabbia  Massimiliano  centra 
de' Veneziani  ,  per  essere  uscito  con  tan- 
ta vergogna  e  danno  dal  preso  impegno  , 
essendo  restati  in  man  di  essi  i  luoghi  oc- 
cupati .  Al  che  si  aggiunse  ancora  il  suono 
di  alcune  canzoni  satiriche  ,  pubblicate  in 
Venezia  contra  dillui .  Mostravasi  parimen- 
te mal  soddisfatto  de' Veneti  il  re  Lodovi- 
co per  r  accordo  seguito  senza  consenti- 
mento suo  con  Massimiliano  .  Ciò  servì  poscia 
a  riunir  segretamente  gli  animi  di  questi 
due  potentati  contro  la  repubblica  veneta  ; 
e  tanto  più ,  perchè  nelle  lor  massime  con- 
correva il  pontefice,  acceso  di  somina  vo- 
glia di  ricuperar  le  città    della  Romagna  , 

0  4  e  che 


2i6       ANNAt^     d'Italia 
e  che    perciò    maggio rmen te     accendeva    il 
fuoco  altrui .  Sotto  dunque   lo    specioso  ti- 
tolo di  acconciar  le  differenze    vertenti  fra 
Massimiliano  e  il  duca  di  Gueldria  ^patro- 
cinato da' Francesi  5  Giorgio  d' Ambo sm  car^ 
dinaie    dì  Roano  ^    personaggio    di    grande   | 
accortezza  j    primo    mobile    della   corte    di 
Francia  e  legato  del  papa,  passò    a    Cam-' 
brai,  per  trattar  ivi   di  lega  con    Mar  glie»  \ 
vita  vedova  diLchessa   di    Savoia  ,    munita  il 
d'ampio  mandato  da  Massimiliano  suo  pa- | 
dre  ►  Al  qaal    coegresso    intervenne    ancorai 
col  pretesto    di    accalorarla  pace  V  amba-  | 
sciatore  di  Ferdinando  il  Cattolico ,  princi- 
pe   che    forse    fu    il    primo    a    promuovere 
questa  alleanza.  Nel  dì   io  di  dicembre  fu 
segnata  la    suddetta  lega  ,    offensiva  contro 
la  repubblica  di    Venezia,    in  Cambrai  fra 
Massimiliano  Cesare  ,  Lodovico  re  di  Fran- 
cia e  Ferdinando  re  d'  u4.ragona  ^  e  per  par- 
te ancora  di  ya-pa  Giulio    II ^    ancorché    il 
cardirial  di  Roano  non  avesse  mandato  va- 
levole a  tal  atto .  Fu  insieme  lasciato  luo- 
go d'  entrarvi  a  Carlo  duca  di  Savoia  ,  ad 
Alfonso  duca  di^Ferrara^  e  a  Francesco  mar' 
chese  di  Mantova  ^  ì  quali  a  suo  tempo  vi' 
si  aggiunsero   anch'  essi  ;    e    fu  questa    noti 
mena  ratificata  dai    principali    contraenti  ,' 
che  dal.  papa  nel  marzo  dell'anno  seguen- 
te .  Per  ingannare  il  pubblico ,  altro  non  si 
pubblicò    allora,    sennon    la  concordia    ivi 
stabilita  fra  Massimiliano  e  Carlo    suo   ni- 
pote dall'un    canto,  e  il  duca  di  Giieldria 

dall' 


MDTtir. 

l. 

altro  ,  e  si  tenne  ben  segreta  la  mac- 
china preparata  centra  de' Veneziani  .  Le 
pretensioni  di  queste  potente  erano  per  con- 
to del  pontefice  di  ricuperar  le  città  di 
Ravenna  ,  Cervia,  Rimini  e  Faenza ,  occu- 
pate le  prime  un  pezzo  fa ,  ed  ultimamente 
le  altre.  L'autore  della  bella  storia  fran- 
cese della  lega  di  Cambrai  ,  creduto  da 
molti  il  cardinale  di  Polignac ,  vi  aggiun- 
gn«  ancora  Imola  e  Cesena  ,  quasiché  an- 
cor queste  fossero  in  mano  de' Veneziani  , 
lo  che  non  sussiste .  La  verità  nondimeno 
è,  che  negli  Atti  di  essa  lega  ,  dati  al- 
ia luce  da  più  d' uno  ,  e  in  questi  ulti- 
mi amii  dal  signor  du-Mont  nel  suo  cor- 
po Diplomatico  ,  si  eleggono  ancora  le 
suddette  due  città  per  negligenza  del  car- 
dinale ci  Roano  .  Pretendeva  ■Massimi^ 
Viano  ,  chiamato  ivi  imperadore  eletto , 
le  città  di  Verona  ,  Padova ,  Vicenza , 
Trevigi  ,  e  Rovereto  ,  il  Friuli  ,  il  pa- 
tricato  di  Aquileia  ,  coi  luoghi  occupa- 
ti neir ultima  guerra  .  Così  Lodovico  re 
di  Francia  intendeva  di  riacquistare  Bre- 
scia ,  Crema,  Bergamo,  Cremona  e  Ghi- 
ledadda  eh'  erano  una  volta  pertinenze  del 
ducato  di  Milano,  quasiché  la  repubblica 
veneta  non  le  possedesse  da  gran  tempo  in 
vigore  di  legittimi  trattati .  Finalmente  il 
re  Cattolico  volea  riavere  i  porti  del  regno 
di  Napoli ,  già  impegnati  ai  Veneziani  dal 
re  Ferdinando  ^  figlio  d'  Alfonso  I  ,  cioè 
Trani  ,  Brindisi ,   Otranto    e  Monopoli  nel 

gol- 


2i8         Annalì    d'Italia 

golfo  adriatico  .  Delle  altre  condizioni  di 
questo  trattato  non  occorre,  ch'io  parli  , 
sennonché  pejr  disobbligare  Cesare  dal  fre- 
sco giuramenti!  della  tregua  di  tre  anni  , 
fu  crctlut^^  suJpiciente,  che  il  papa  fulminas- 
se a  suo,  tempo  un  interdetto ,  ed  altre  cen^ 
sure  orribili  contro  i  Veneziani ,  se  in  ter- 
mine di  quaranta  giorni  non  restituivano 
le  terre  della  Chiesa  :^^opo  il  ^ual  tempo, 
richiedesse  tV  assi^itenza  V  eletto  iraperado- 
re,  come  avvpcato  della  Chiesa  romana. 

Diede  fine  in  quest'anno  al  suo  vivere ,  e 
a'  suoi  affanni  Lodovico  Sforza^  soprannomi- 
nato il  Moro ,  già  duca  di  Milano  ,  dopo 
aver  avuto  tempo  di  far  buona  penitenza  , 
iq  carcere  de'  suoi  trascorsi  peccati  ,  E 
siccome  in  que' tempi  troppo  era  familiare 
il  sospetto  de'  veleni ,  corse  anche  voce 
eh'  egli  per  questa  via  fosse  giunco  al  fine 
de'. suoi  giorni  ;  ma  senza  apparire  alcun 
giusto  motivo  di  abbreviargli  la  vita.  Nel 
giugno  eziandio  dell'anno  presi^nte  tornaro- 
no i  Fiorentini  a  dare  il  guasto  alle  biade 
de' Pisani ,  con  giugnere  sino  alle  mura  della 
città  .  Questo  tante  volte  replicato  flagello 
estenuò  talmente  le  forze  del  popolo  pisano, 
che  sarebbe  oramai  stato  facile  ad  essi  Fio- 
rentini! di  ridurlo  a  rendersi,  se  non  si 
fossero  ritenuti  per  li  riguardi  che  aveano 
al  re  di  Francia  e  al  re  Cattolico,  cadaun 
de'  quali  volea  far  niercatanzia  di  quella 
città  ;  cioè  esigea  di  grosse  somme ,  se  ne 
doveano  permettere  l'acquisto.  Diedero  in- 

nol- 


j  , 


^^^r      Anno    MDVflL  219 

^^^^te  essi  Fiorentini  un  altro  guasto  a  buo-^ 
l^p  parte  del  Lucchese,  perchè  non  cessava 
quel  popolo  di  maodar  soccorsi  a  Pisa . 


h 


Anno  di  Cristo  1509,  Indiz.  xii. 
di  Giulio  II,  papa  7, 
di  Massimiliano  re  de'Rom.   17 


'i  grandi  avventure  ,  o  per  dir    meglio , 
disavventure  fu  ben  gravido  Tanno  presen- 
te in  Italia .  Non  si  potè  tener  così  occul- 
to il    trattato    conchiuso    in  Cambrai,  che 
non  traspirasse  al  Senato  veneto  ;  e    tanto 
più  all'osservare  i  grandi    armamenti    che 
si  faceano   in  più  parti  .   Si    cominciarono 
perciò  molti  consigli  in  Venezia  ,  per  prov- 
vedere a  turbine  sì  minaccioso .  Trovavasi 
certamente  allora  la  repubblica  veneta   nel 
più  bell'auge  della  sua  fortuna.  Per  l'Istria, 
per  la  Dalmazia,  in  Candia  ,  in  Cipri  ,    e 
in  altre  parti    del    Levante ,  si   stendea    la 
sua  potenza .  Uno    de'  più    fertili    e    ricchi 
pezzi  dell'Italia  era  sotto  il  suo  dominio. 
La  sola  raerayigliosa  e  sì  popolata  città  di 
Venezia  potea  dirsi  un  emporio  di  ricchez- 
ze tanto  del  Pubblico^  che    de'  privati  ,    a 
cagione    del   gran    commercio    che    da  più 
secoli    faceano    i  Veneti    per  mare ,    della 
gran  copia  delle    lor   navi ,    del    dovizioso 
loro  arsenale  che    non  avea    pari  in  Euro- 
pa .  Colà  si  portavano  le  merci  delT  Orien- 
te,  e   particolarmente   le    specierie   che    si 
distribuivano  poi  per  la  maggior  parte  del- 
le 


220        Annali    d' Italia 
le  città   dell'Italia,   Germania   e  Francia  * 
Immenso  eira    questo    guadagno ,  sennonché 
solamente    circa    questi    tempi  cominciò    a 
calare j  per    avere  i  Portoghesi    trovato    il 
passaggio  per  mare  alle  Indie   orientali ,  e 
semprepiù    s'andò   sminuendo  da  li  innan* 
zi  .per  r industria  d'  altre   potenze  maritti- 
me^ che  passano  oggidì    a    dirittura    nelle 
stesse  indie.  Chi  vuol  avere  un  saggio  del 
le  ricchezze  ,  che  nel   secolo    decimoquinto 
colavano    in    quella  potente   città .  non   ha 
che  da  leggere  una  parlata  fatta  nell'anno 
1421 ,  dal  doge  Tommaso  Mocenigo ,  e  re- 
gistrata   nella   Cronica    veneta    di    Marino 
Sanuto  da  me  data  alla  luce  ^ .    Perciò   al 
bisogno    grandi    erano   le    forze    di    quella 
repubblica  non  meno  in  mare,  che  per  ter* 
ra;  grande  ancora  il  coraggio,  la  fedeltà  ,  jj 
l'unione.  Soprattutto  la  saviezza,  dote  in- j 
veterata  in  quel  senato,  presedeva    ai.  lor  f 
consigli  ;  e  per  le  buone  e  puntuali    paghe  i 
che  dava  essa  repubblica  ,    facilmente  cor-  \ 
re  vano  a  lei  le  genti  d'armi  e  i  bravi  con-  l 
dottieri,    de' quali    allora  abbondava    l' Ita- ^ 
Ha.  Tentarono  bensì    i  Veneziani    coli' of- | 
ferta  di  Faenza  ,  e  fors'  anche  di   Rimini  , 
di  placare  il  pontefice .  Fecero  altri  tenta- 
tivi presso  Cesare    e    presso  il    re  Cattoli- 
co :  tutto  indarno,  perchè  niun  d'essi  cre- 
dette compatibile  col  suo  onore  il  recedere 

dal 

*  Marino  Sanuto  ^  Pita  di  Dogi  di  Venet^i^  Totn>  21»  Rer^ 

Italie,  fft'^'v^^^. 


Anno    MDIX.  221 

id\  pattuito  nella  lega  .  Si  accinsero  dun^ 
que  animosamente  i  Veneti  ad  accrescere  le 
lor  forze,  risoluti  alla  difesa ;,  emisero  in- 
sieme un  esercito  di  2100  lance,  ossia  di 
uomini  d'arme,  di  1500  cavalli  leggeri  ita- 
liani, di  altre  1800  stradioti  greci  e  di  18000 
fanti  da  guerra  ,  a'  quali  aggiunsero  ancora 
12000  altri  fanti  delle  cernide  de^  conta- 
dini .  La  Cronica  scritta  a  penna  di  autore 
anonimo  padovano,  ma  contemporaneo,  la 
qual  si  conserva  presso  di  me,  riferisce  il 
nome  di  tutti  i  capitani  ^  ;  e  poi  confes- 
sa, che  almeno  secento  uomini  d' arme  era- 
no vili  famigli,  perchè  scelti  in  fretta,  ed 
essere  stati  que' contadini  più.  atti  al  badile 
e  all'aratro,  che  a  fatti  di  guerra.  Poteanp 
questi  nondimeno  servire  per  guastatori ,  e 
per  fianco  ai  presidiar)  secondo  le  occor- 
renze. Oltreacciò,  gran  preparamento  si  fe- 
ce di  legni  armati  per  mare,  e  ne' fiumi  , 
e  nel  lago  di  Garda  .  Condussero  ancora 
alcuni  della  casa  Orsina  e  Savella  ,  e  Fra- 
casso da  san  Severino  ,  condottieri  di  mol- 
ta gente  d'  armi  .  Ma  il  papa  impedì  loro 
il  venire.  Fu  anche  impedito  il  passo  a 
Giovanni  conte  di  Comonia  ,  a  Michele 
Frangipane  e  a  Bothandreas  capitano  della 
Liburnia  ,  che  doveano  condurre  1500  ca- 
valli .  Chiamati  in  consiglio  Bartolameo  di 
Alviano  e  il  conte  di  Pitjgliano  generali 
delle  lor  armi ,  per    intendere  i  lor  senti- 

«leu- 

'  Sffff'a  Veneta  M-fta» 


ì 


222  Annali  d'  Italia 
menti  ,  V  ultimo  d'  essi  ^  come  più  vecchio', 
fu  di  parere ,  che  si  fortificassero  le  città 
di  terra-ferma  <  e  provvedute  che  fossero 
di  buon  presidio^  si  stesse  alla  difesa,  me- 
nando la  casa  in  lungo  per  li  vantaggi  che 
poteano  venire  dal  guadagnar  tempo  con- 
tro una  lega  facile  a  disciogliersi  per  vatj 
avvenimenti  ^.  Giudicò  alT  incontro  T  Al- 
Viano,  che  si  avesse  ad  uscire  in  campa-»- 
gna  ,  primachè  fosse  calato  in  Italia  col] 
preparato  nuovo  esercito  il  re  Lodovico  ^ 
meglio  essendo  il  h\t  la  guerra  in  casa 
altrui  ,  che  aspettarla  nella  propria  ;  e  po- 
tendo anche  avvenire  ,  che  si  prendesse  qual- 
che città  dello  Stato  di  Milano ,  la  cui  con- 
quista frastornasse  i  primi ,  disegni  de'  ne- 
mici .  Prese  il  Senato  un  partito  di  mez-* 
zo  ,  cioè  ordinò  ,  che  V  esercito  non  passas- 
se l'Adda;  ma  si  tenesse  in  que' contorni . 
Nel  mese  d'  aprile  attaccatosi  il  fuoco  nell' 
arsenale  di  Venezia  ne' bruciò  gran  parte 
colla  perdita  di  dodici  corpi  di  galee  sot- 
tili, e  di  molte  munizioni.  Dà  lì  a  pochi 
giorni  a  cagion  d'un  faimine  si  bruciò  la 
rocca  del  castello  di  Brescia  òon  tutta  la 
polve  da  fuoco  e  tutte  le  munizioni .  Cad- 
de ancora  l'  archivio  della  repubblica  :  av- 
venimenti che  dalla  gente  superfiziale  fu- 
rono presi  per  preliminari  e  presagì  di  mag- 
giori sciagure. 

Arrivarono  di  Francia  in  Italia  cella  pri- 

ma- 


*  Guiccìardino  Storia  Veneta  MSt/i^ 


Anno    MDIX.  225 

navera  eli  questo  anno  mille  e  diigento  lance  ^ 
duemila  cavalli  leggeri ,  seimila  fanti  sviz- 
ieri,  e  sei  altri  mila  guasconi  e  pìccardi 
:he  si  unirono  con  cinquecento  lance  ,  mil- 
le arceri ,  ed  ottomila  fanti  eh'  erano  nello 
Stato  di  Milano .  Giunse  molto  più  tardi 
anche  lo  stesso  re  Lodovico  col  duca  di 
Lorena  e  copiosa  nobiltà  francese.  Nel  di 
15  d'aprile  ebbe  ordine  Carlo  d^  Ambosia  , 
signor  di  Sciomonte  di  dar  principio  alla 
danza  con  lina  scorreria.  Passato  l'Adda  a 
Cassano,  prese  Treviglio^  Rivolta^  ed  al- 
tre castella  ,  mettendo  a  sacco  il  territo- 
rio .  Nello  stesso  tempo  Francesco  Gonza^ 
ga  marchese  di  Mantova^  entrato  nella  le- 
ga, assalì  il  Veronese  ,  ma  fu  respinto 
da  Bartolomeo  d' Alviano  .  Prese  ezian- 
dio Casal-maggioie  ,  ma  gli  convenne  ab- 
bandonarlo. In  questo  fulminò  il  papa  in- 
terdetti ed  orribili  censure  contro  i  Ve- 
neziani ,  e  diede  principio  anche  egli  alle 
offese  .  Francesco  Blaria  della  Rovere ,  ni- 
pote d' esso  papa  ,  già  divenuto  duca  di 
Urbino  per  la  morte  del  duca  Guidicbaldoy 
e  generale  dell' esercito  pontifizio  ,  corse  sul 
Faentino,  ed  assediò  Brisighella  ,  dove  pe- 
rirono fra  soldati  e  abitanti  più  di  duemi- 
la persone  ;  e  fu  dato  il  sacco  alla  misera 
terra  ,  con  trattar  chiese  e  donne  ,  come 
avrebbono  fatto  i  Turchi.  Ebbe  esso  duca 
anche  il  castello  di  Russi ,  e  di  là  andò  a 
mettere  il  campo  a  Ravenna  ,  città  creduta 
allora   ijnespugnabile  per   le  tante  fortifica- 

zio- 


1 


£24-        Annali     i>' Italia 
2Ìoni  fattevi  da'  Veneziani .  Dacché  si  furo- 
no i  Francesi  impadroniti  di  Treviglio  ^  il 
conte  di  Fitlgliano  generale  primario  della, 
armata  Teneta  clie  s'era    postato  a  Ponte-, 
vico,  si  affrettò  a  raiinar   le  sue  genti  ^  e 
mossosi  contro  i  nemici  ,  gli  obbligò  a  ri-^ 
tirarsi  di  là  dell'Adda.  Ricuperati  alcuni  dei 
luoghi    perduti ,    perchè  un    buon    presidio 
francese  tenea  saldo    Treviglio ,    convenne 
adoperar  le  artiglierie,  e  venire    all'assai-^ 
to.  Lo  sostennero  i  Francesi,    ma    provat 
la  risolutezza  degli    aggressori,   e  perdut 
la  speranza  di  soccorso,  appresso  si  rende- 
rono prigioni  .  Dionisio  de'  Nardi  capitano 
della  compagnia  de' Brisighelli  ,  che  innau-? 
zi  agli  altri  era  stato  all'assalto,  inviperì 
to  ancora  per  le  disgrazie  della  sua  patria 
ottenne  il  sacco  dell'  infelice  terra  .  Ncppu 
ivi  tralasciato  fu  alcuno    sfogo  dell'  empie- 
tà ,  della  crudeltà  e  della  libidine  ^  con  ri 
volgersi    nondimeno    in   grave,  danno   dell' 
armata  veneta  siSata    barbarie  ,  perciocché 
non  poterono  i  capitani  ritener   gran  copia 
d'altri  soldati,  che    non  corresse    a  cercar 
ivi  bottino,  dimanierachè  per  farli  uscire  di, 
là ,  si  ricorse  al  brutto  ripiego  di  attacca 
re  il  fuoco  alla  terra,  la  quale  dianzi  ric- 
ca ed  amsna^    si    ridusse    all'ultima  mise-^ 
ria.  Di  questo  scompiglio  profittando  il  re, 
Lodovico,  potè  a  man  salva  fajr  transitare, 
tutto  il  suo  esercito  per  li  ponti  che  avta 
suU'Adda  a  Cassano. 

Furono  a  vista  I^  due  potenti  armate  ,  e 

il 


Anno     MDIX.  225 

il  re  non  sospirava ,   che    di    venire    ad    un 
fatto  d'armi:  le?  che  non  meno  era  deside- 
rato   e    proposto    dall'  Alvìano    governato- 
re del  campo  veneto  ,    ed  v.orno  assai    cal- 
do.  Ma  il  saggio  conte  di    Pitigliano  stet- 
te costante  in  sostenere  ,  che  il  meglio  etSi 
di  temporeggiare  ,    e    vincere    colia    sp-ada 
nel  fodero  ,  oppure  di  aspettar  buona  con- 
giuntura per  assalirli.  Vedutosi  dal  re,  che 
neppur    colla    sfida   inviata    potca  tirare    i 
Veneziani  ad  un  conflitto,  s'inviò  in  ordi- 
ne di  battaglia  dietro  T  Adda  perla  via  che 
conduce  a  Pandino  .  La  vanguardia  era  gui- 
data da    Gian-Giacomo    Trivulzlo  j,    celebre 
capitano  di  questi   tempi.  Il  re  con  lo  Scio- 
monte  era  nel  mezzo  .  Il    signor  della  Fa-- 
l'issa  conducea  la  retroguardia  .  Similmente  si 
mosse  Tarmata  veneta,  e  peraltro  cammi- 
no andò  fiancheggiando  la  nemica  .  L'Alvia- 
no  guidava  la  vanguardia  ^  il    conte  di  Pi- 
;  tigliano  il  corpo    di    battaglia  ,    e  Antonio 
\  de'Pii  coi  legati  veneti  la  retroguardia  .  0 
t  per  accidente  delle  strade  ,  o  per  industria 
de'  Francesi  ,    tanto   s'  avvicinarono    i    due 
rciti,  che    P  Alviano  ^    quando    men    sei 
^. nsava^  si  trovò    necessitato    a  menar    le 
I  mani  ,*  e  si  venne  ad  un  terribil  fatto  d'ar- 
'  mi  nel  dì   14  di  maggio  ,  due  miglia  lungi 
da    Pandino^    in    luogo    appellato    PAgna- 
dello.  Con  sommo    valore    si    combattè  da 
ambe  le  parti  .  Non  passarono  tre  ore  ,  che 
toccò  la  vittoria  ai    Francesi.  Circa  dieci- 
mila restarono  morti  sul  campo,  i  più  non- 
Toivio  XXIL  P  di^ 


gaó         Annali  D^ Italia 
dimeno  italiani.   V'ha  chi  diceotto^  e  chi  | 
solamente  seimila ,  secondo  il  costume  del-  ' 
le  altre  battaglie.    Slargò  ben    la   bocca  il 
Buonaccorsi  con  dire  uccisi  quindicimila  e 
più  de' Veneziani.  L'Alviano  ferito  in  voi-' 
to  restò  prigione,    e    solamente    dopo    tre 
anni  fu    rimesso    in  libertà.    La  strage    fu 
nella  fanteria  veneta,    perchè  la  cavalleria, 
non  tenne  saldo.  Rimasero  padroni  i  Fran- 
cesi del    campo ^    di  molta    artiglieria,  in- 
segne, e  munizioni .  Più  strano   è  il    trovar 
qui  discordia  fra  gli  scrittori  in    un  punto 
di  somma    importanza  .  Cioè  ,  se  crediamo 
al  Guicciardino  ^  ^    il    conte    di  Pitigliaiao 
colla  maggior  parte  si  astenne  dal  fatto  di 
arme ,  o  perchè  già  vide  disperato    il  case 
per    la    rotta  dell' Al viano ,"   o   per  isdegnt 
contra    di    lui  per  avere   contro    V  autoriti 
sua  preso  a  combattere .  Fra  Paolo  de'  Che- 
rici  carmelitano  veronese  che  fiori  in  que- 
sti  tempi  ,  e  condusse  la  sua  Storia  mano- 
scritta sino  al   1537  ^    scrive  *  ,    che    esse 
conte  e    i    provveditori  veneti _,  sbaragliate 
che  fu  r  Alviano  ,    irergognosamente    se    nql 
fuggirono .  L'  autore  anonimo  padovano  del-ji 
la  Storia    veneta  sopraccitata    asserisce  ^   || 
che  il  Pitigliano  entrò  colle  sue  schiere  ne|l 
fatto  d'armi^  e  gli  convenne  voltar  le  spaU,^ 
le  .  Lo  che  vien  confermato  da  un'altra  Storiai 

ve- 


'    Guicciardino  • 

'    Palili  de  Clericf.r  W/a.  MSt^ 

^  Storia  re  net  a  JMSta  * 


Anno    MDIX.  527 

Vèneta  ms.,  il  cui  antere  veneziano  preten- 
de %  che  alcuni  capitani  italiani  usassero 
tradimento,,  conchiudendo  infine  ,  che  il 
Pitigliano  con  pochi  si  salvò  a  Caravaggio  e 
II  Bembo  *  e  Pietro  Giustiniano  ^  passano 
sotto  silenzio  questo  punto.  Ben  pare  ^  che 
se  il  Pitigliano  fosse  stato  colle  mani  alla 
cintola  in  sì  gran  bisogno >  si  sarebbe  ti- 
rato addosso  un  rigoroso  processo.  Certo 
e,  che  tutto  l'esercito  francese  unito  com- 
battè ,  laddove  il  Pitigliano  arrivò  a  com- 
battere solamente,  dappoiché  PAlviano  era 
in  rotta  .  Se  unita  tutta  V  armata  veneta 
fosse  stata  a  fronte  de'  nemici ,  poteva  es- 
sere diverso  il  fine  di  quella  giornata. 

Dappoiché  il  re  Luigi  ebbe  solennizzata  in 
più  forme  questa  vittoria  ,  appellata  dipoi 
di  Ghiaradadda ,  e  ordinato  che  ivi  si  fab- 
bricasse una  chiesa  col  titolo  di  santa  Ma- 
ria della  Vittoria  5  non  perde  tempo  a  pro- 
fittare di  sì  buon  vento  .  Impadronissi  di  Ca- 
ravaggio e  di  tutta  la  Ghiaradadda  ;  e  giac- 
ché era  corso  il  terrore  per  tutte  le  città 
venete,  poco  stette  a  rendersegli  Crema  , 
per  opera  di  Sonzino  Benzone ,  di  cui  trop- 
po s^  erano  fidati  i  Veneziani .  Appresso 
vennero  i  Cremonesi  alla  divozion  de' Fran- 
cesi ,  e  da  lì  a  qualche  tempo  anche  la  for- 
tezza. Altrettanto  fece  Bergamo.  La  nobil- 

P  2  là 


*  jfltra  Storia  P'eneta  MSta. 

*  Bembo, 

*  Petrus  Justinian.   Rer.  renet^ 


22S         A  N  N  A  L  I     d'  It  A  L  I  A  j 

tà  parimente  e  il  popolo    di  Brescia  ,  veg«  : 
gendo  imminente   l'assedio,    e  prevedendo J 
la  propria  rovina,  al  primo  comparir  del-  \ 
le  armi  francesi ,  mandarono  al  re  le  cliia-  j 
vi  della  lor   città  ,    giacché    aveano    dianzi  | 
ricusato  di  ricevere  dentro    il  presidio  ve-  j 
neto  .  Cavalcò  dipoi  il  re    al  forte  castelIcK^J 
di  Peschiera,    dove  il    Mincio    esce  dal  la- 
go, e  fatta  colle  artiglierie  buona  breccia^ 
si  venne  all'assalto.    Stanchi    finalmente    i 
cinquecento  fanti  ch'erano  ivi  di  presidio, 
più  volte  fecero  segno  di  volersi  rendere  , 
ma  non  esauditi,  furono  infine  tagliati  tut- 
ti a  pezzi  da' Francesi^    entrati  colà  a  for- 
za d'armi.  Pietro  Giustiniano,  il  Guicci ar- 
dilo e  il  Buonaccorsi ,  scrivono,  die  Andrei 
Riva  provveditor    veneto   fu    impiccato    ai 
merli   col    figliuolo  •    Con    questa   barbarie 
turchesca  si  facea    la    guerra  in  que'  tempi 
da' principi  cristiani.  Avrebber   anche  potu- 
to il  re  Luigi  passare  il  Mincio ,  e  insigno- 
rirsi di  Verona  ,  perchè    quel    popolo  sullo 
esempio  de'  Bresciani  non  area  voluto  am- 
mettere la  guarnigion    destinata    da'  Vene- 
ziani .  Ma  perchè  il  paese  di  là  dal  Mincio 
era  riserbato    a  Massimiliano  Cesare,    non 
se  ne  volle  ingerire .  Per    tante    calamità  , 
'e  perchè  riparo    non    v'era    alla    discrzion 
continua  delle    poche    milizie  che    s'  erano 
salvate  ,  somma  èra  la  costernazione  in  Ve- 
nezia. Il  creduto   migliore    ripiego,    a  cui 
s'appigliò  quel  saggio  Senato  ,  fu  di  tenta- 
re ogni    via    per    placare   il    fapa.    Cesare 

e  il 


r 


Anno     MDIX.  229 

il  re  Cattolico^  giacche  si  scorgea  ineso- 
rabile il  reCristiaoissiiTio.  Diedero  dutiqne 
ordine  ai  cittadini  di  Verena  e  Vicenza  di 
rendersi  a  Massimiliano,  stibitochè   si  pre- 
sentassero le  armi,  senza  fargli  resistenza, 
Aftrettanto    fecero    sapere    a'  loro    iiffiziali 
fistcnti  in  Faenza  ,   Rimini ,  Cervia  e  Ra- 
mna,  che  rendessero    quelle  città;  e  ciò 
prima  che  spirassero  i  giorni  prescritti  nel 
monitorio  .  Questi  ordini    furono  eseguiti  ^ 
eccettochè    per    la  rocca  di    Ravenna ,    che 
tenne  forte  ,  e  infine  o  per    comandamento 
del  Senato  ,  o   per    mancanza    di    vettova- 
glie ,  venne  in  potere  del  papa.  Un    brut- 
to esempio  di  fede  violata  si  vide  allora  , 
perchè  i  governatori  veneti  di  quelle    città 
contro  le  capitolazioni  furono  rirenuti  pri- 
gioni. Il  duca  d'Urbino    entrò  in    possesso 
di  quelle  città  ,  e    le  guarnigioni   si  ritira- 
rono a  Venezia.    Ai    ministri    del  re    Cat- 
tolico   nel    régno  di    Napoli    s' arrenderono 
poi  le    città    che    i    Veneziani    possedeano 
ivi  sulle  spiagge  dell'Adriatico:  del  che  «in- 
tento il   re  più  non   s"* impacciò    in    guerra 
contro    di  loro.  Quanto  <l  Massimiliano  Ce^ 
sarcy  mirabil  era  la  negligenza  sua  in  que- 
sto frangente^    raunando   egli    assai    lenta- 
mente il  suo  esercito  in  Trento.  Venne  final- 
mente quel  di  ,  in  cui  il  vescovo  di  quella 
città  ebbe    ordine    di  calare    in  Lombardia 
con  un  corpo  di  gente .  Se   gli  diedero  to- 
sto Verona  e  Vicenza.  Mandato    un  araldo 
aache  a  Padova  che  non  avea  voluto   rice- 

P  3  .  ve- 


3^o  Annali  d' Italia 
veicr>  ie  genti  d^arme  de' Veneziani  ,  quel 
popolo  a  di  4  di  giugno  consegnò  la  città 
a  Leonardo  Trissino  che  vi  andò  per  parte 
deir  imperatole  con  soli  trecento  fanti  te-* 
deschi .  Anche  la  nobiltà  di  Trivigi  mandòj 
ambasici^tari  a  Padova  ad  offerir  la  città' 
al  re  de'Roranni  ;  ma  quegli  uffiziali  affac- 
cendati in  rubare,  e  in  bere  il  buon  vino 
tanto  tardarono ,  che  sollevatosi  in  Trivigi 
un  certo  Marco  Calegaro,  gridando;  Viva 
san  Marco,  mosse  la  plebe  contra  de'  no- 
bili 5  diede  il  sacco  agli  ebrei  ,  e  tempo 
a' Veneziani  di  spedir  colà  ottocento  fanti 
che  quotarono  il  tumulto,  e  tennero  salda 
la  città,  molti  de' cui  nobili  furono  man- 
dati a  provar  cosa  fossero  i  camerotti  di 
Venezia. 

Nella  lega  di  Cambrai  era  entrato  anche 
Alfonso  duca  di  Ferrara ,  e  per  maggiormente 
animarlo  il  papà  l' avea  nel  di  19  d'aprih 
creato  gonfaloniere  della  Chiesa  romana  ^ 
Mandò  egli  nel  dì   19  di  maggio  trentadu( 
pezzi  d'artiglieria  al    campo    della    Chiesa 
che  era  sotto  Ravenna.  Poscia  uscito  colh 
sue  genti  in  campagna ,    nel  dì  30  di  que 
mese  s' impadronì  di  Rovigo    e  di  tutto  il 
suo  Polesine,  e   poscia    d'Este,  Montagna-|i 
na'  e  Monselice ,    antichi    retaggi  della  Ca*|j 
sa  d'Esfe.  Così  Cristoforo  Frangipane  pre-ii 
se  nell'Istria  alcune  castella  de' Veneziani  ^j 
ed  il   duca    di  Brunswich   s'  impadronì   dilj 

T?«l_      lì 


Fel 

^  ly^uratori  Antichità  Estensi  T.  a. 

/ 


4 


A  15  N  o     MDIX.  331 

Fellre  e  Belluno  con  varie  terre  del  Friu- 
i.  Tutto  insomma  era  in  conquasso  il  do- 
-ninio  veneto  in  terra-ferma  .  Per  tanta 
confusione  e  tracollo  delle  cose  sue  volle  il 
>enato  veneto  tentar,  se  potea,  di  raddol- 
:ir  Tanimo  di  Massimiliano  Cesare  :  al  quai 
tne  gì' inviarono  Antonio  Giustiniano  con 
crdine  di  fare  ed  esibir  tutto,  purché  po- 
sse rimuoverlo  dal  continuar  le  offese  .  Leg- 
^:si  nella  Storia  del  Guicciardino  la  parla- 
ti d'esso  oratore,  piena  di  tanta  umiltà^ 
ae  sembrando  piuttosto  viltà  a  chi  visse 
jHTicchi  anni  dopo  quello  storico ,  la  giu- 
dcarono  una  mera  invenzione  di  lui,  comq 
T  tante  altre  concioni  fatture  del  solo  suo 
rH^egno,  ancorché  egli  scriva  d'aver  tra- 
dota questa  dal  latino-,  nel  qual  linguaggio 
fu  recitata  dal  Giustiniano.  Io  non  entrerò 
in  |uesta  disputa,  per  cui  si  son  molto 
scaUati  varj  autori  ,  come  diffusamente  si 
puc  vedere  nella  Storia  francese  della  lega 
di  Cambrai .  Solamente  dirò,  che  lo  stesso 
Bem^o  attesta  dato  ordine  al  Giustiniano 
di  piocurare  la  pace  con  qualsivoglia  du- 
ra ccndizione ,  e  di  riconoscere  da  Cesare 
qualuique  terra  dell'impero  che  la  repubblica 
possecesse  in  Friuli  e  Lombardia  .  Questa  am- 
bascila, ossia  che  seguisse  clopo  tante  per- 
dite ,  :om/?  il  Guicciardino^  oppure  prima, 
secondiché  s' ha  dal  Bembo,  credendo  altri  .^ 
che  du<  volte  il  Giustiniano  fosse  inviato  a 
Massimiano,  a  nulla  servì.  Perciò  il  Se- 
nato veieto  ,    non  obbliando    V  antica    sua 

P  4  gè- 


ì 


232        Annali    d'Italia 
generosità ,    diedesi    a    fare    ogni    possibile  Ì 
sforzo  5  per  accrescere  il  quasi    annichilati  \ 
esercito  suo.  Vennero  a  Venezia  i  presidj,  \ 
che  abbandonarono  la  Romagna  e  il    regno  \ 
dì    Napoli  ;    giunsero    dall'Istria,    Albani 
e  Dalmazia  non  poche  schiere  di  gente  he 
licosa;   e  il  conte  di    Pitigliano   generale 
coir  esibir  grosso  ingagiaraento,  trasse  al^r 
sue  bandiere  assaissimi  soldati  italiani,  dhj 
manieracne  si  mise  insieme  un  esercito  capi*; 
ce  di  campeggiare.  Intanto  i  caràìnalì  GrW 
mani  e  Camerino  aveano  fatti    buoni    uffiij' 
in  Koma  presso  il  papa,    facendo    conosc(- 
re  ,  che  la  repubblica    coli'  avere   restìtuie 
le  città  della  Romagna  entro  il  termine  d^i 
ventiquattro  giorni  prescritti    dal    monit)- 
rio  ;,  non  era  incorsa  nelle  censure  ;  e  pr- 
ve  loro  di  scoprire  qualche  buon  raggio  di 
animo  mitigato  del  pontefice:  del   che  iv- 
visafo  il  Senato  mandò  tosto    a  Roma  im- 
basciatori  con  isperanza  di  guadagnar  nol- 
to  più  con  questa  sommessione  .  Non  firo- 
no  pubblicamente  ricevuti.  Pretese  il   papa, 
non  adempiuto  quanto    era    intimato   lalla| 
bolla  ,   epperò    incorse    le    censure  .    Kosse  | 
ancora  varie  altre  dure   pretensioni    oìstral 
della  repubblica.  Venuti    siffatti  disgistosi  | 
avvisi  al  Senato  veneto,  si  scatenaroio    le 
lingue   dei  pjù  contra  del  papa  j,    coi  giù-' 
gnere  (siccome  abbiamo  dal  Bembo)  ^oren-^ 
zoLoredano  figlio  del  doge  a  dire   d  alta 
voce  ,  che  giacché  il  Turco  informa^  delle 
lor  disgrazie,  s'era  esibito  di  mandr  loro 


soc- 


Anno    MDIX.  235 

soccorso  ,  conveniva  prevalersene  contra  di 
questo  non  pontefice ,  ma  carnefice  d'  ogni 
cradeltà  maestro.  Il  doge  ed  altri  più  sag- 
gi presero  poi  la  risoluzion  di  scrivere  al 
papa  lettere  piene  d'umiltà  e  d'ubbidien- 
za ,  confessandosi  rei ,  e  rimettendosi  alla 
clemenza  di  sua  Santità  :  lettere ,  che  pro- 
dussero poi  buon  frutto,  siccome  diremo. 

Aveano  già  cominciato  i  Padovani  ad  as- 
saggiar più  d^  un  poco  ,  qual  fosse  il  disor- 
dinato governo  de'  loro  ospiti  novelli .  Fre- 
quenti si  provavano  i  rubamenti  :  non  era 
salvo  r  onore  delle  donne  ;  le  risse  che 
spesso  succedeano  co' soldati,  costavano  la 
vita  ai  cittadini,  e  il  sacco  alle  lor  case. 
Però  non  is^ette  molto  quel  popolo  infer- 
mo a  desiderare  di  mutar  fianco  .  Di  que- 
sta lor  disposizione  ,  e  del  poco  presidio  , 
e  della  mala  guardia,  che  si  faceva  in  Pa- 
dova ,  essendo  informati  i  Veneziani  ,  fu 
proposto  in  Senato  di  ricuperai*  Padova  . 
Vi  fu  ,  chi  arringò  in  contrario  ;  ma  sì 
efiìcacemente  perorò  Lodovico  Molino  ^  , 
che  fu  decretato  di  tentarne  V  impresa  . 
Trovavasi  in  questi  tempi  sotto  Asolo  , 
terra  nobile  del  Trivigiano ,  lo  smilzo  eser- 
cito imperiale  ,  di  cui  era  stato  creato  gene- 
rale da  Massimiliano  Cesare,  Costantino  de- 
spota della  Morea  ,  spogliato  dal  Turco 
de' suoi  Stati.  L'armata  veneta,  che  eja  a 
Tiivigi  ,    gli    diede    un   giorno    una  buona 

spe- 

'  Pet  US  Justinianus   Rer.  ren.  Iti?.  X. 


334         Annali    d^  I  t  a  l  t  a 

spelazzata  :  lo  che  accrebbe  il  coraggio  per  i 
cose  niaggiori .  Si  fece  poi  correre  voce  fra  i 
i  villani,  del  Padovano,  che  siaveada  pren- i 
dere Padova _,  e  permetterne  il  sacco:  sinfo- i 
nia  che  mirabilmente  infiammò  il   cuore  di 
quella  gente  ,  dimentica  di  ogni  dovere  ver- 
so la  propria  città,    per    siffatta    maniera  , 
che  ottomila  d'essi,  presele  armi,  volarono 
air  armata  j    invasati    dalla   speranza    di  sì 
ricco  bottino.  Anche  da  Veneziri    gran   co-| 
pia  di  nobili  e  plebei  accorse   alla    deside-- 
rata  conquista  e    preda ^    venendo    in    bar-^ 
che  per  la  Brenta ,  e  per  Bachiglione .  Stac 
catosi  dunque  da  Trevigi  V  esercito  venete 
sotto  il  comando  del  conte  di   Fltigliano  , 
e  passato  a  Noale ,  fu  ,spedito  innanzi  An- 
dkrea  Grittl  legato  con    cinquecento    cavalli 
leggeri  ;    il    quale    unitosi    con    altri    fanl] 
che  erano  a  Mirano  e  colle  brigate  de' con- 
tadini _,  sul  far  del  giorno  tacitamente  s'av^ 
vicinò  a  Padova  ,  e  mandate   innanzi  alcu- 
ne carra  di  fieno,  che  fecero  buon  giuoco, 
ebbe  la  fortuna  di  prendere  la  porta  di  Co- 
dalunga,  col  cui  capitano  peraltro    passava* 
intelligenza.    Arrivando    poi    di    mano    inj 
mano  genti  fresche  a  sostenerlo  ,  s'  inoltrò 
più  avanti.  Gli  ufilziali  cesarei  si  per  que- 
sto, come  per  udire  il  popolo  gridar  Mar- 
coy  3Iarco  ,    spaventati    si    rifugiarono    tiel' 
castello  ,  e  contuttoché  seguisse  qualche  bat- 
taglia ,  pure  poco  stettero  i  veneti  ad  im- 
padronirsi di  tutta  la  città.  Gli   arrabbiati 
villani  n©n  furono  pigri  a  menar  le  griffe 

Ri- 


Anno     MDIX,  335 

R.imasero   saccheggiati    tutti    i    banchi ,    le 
:ase  e  botteghe  de'  Giudei  ,  e  circa    ottan- 
ta   c>se    di  nobili  Padovani    aderenti    agli 
imperiali  5  con  perdita  di  grandi  ricchezze. 
Tutto   era    in    confusione ,    urli    e    grida  . 
'  V"olle  Dio  ,  che  tardasse  molto  a    giugnere 
il  grosso  dell' arnaata^  e  chele  infinite  bar- 
I  :he  vegnenti  per    li    canali   trovassero    del 
:ontrasto  :    altrimenti  ,    se   gingneva     tanta 
jente    che  difficilmente    si  sarel)be  frenata  , 
tutta  restava  desolata  T  infelice    città.  Ma 
in  questo  mentre  si  proclamò    un    bando  , 
::iie  sotto  pena  della  forca  niun   più  osasse 
di  saccheggiare;  laonde  arrivato  neUo  stes- 
so giorno  il  Pitigliano  col  maggior  nembo 
dell'armata,  e  chiunque  veniva  per  acqua, 
trovarono  per  lor  conto  sparecchiata  la  ta- 
vola . 

Se  ascoltiamo  l'autor  francese  della  le- 
ga di  Cambrai,  fu  ricuperata  Padova  dalle 
armi  venete  nel  dì  18  di  giugno.  La  veri- 
tà si  è  ,  che  sì  bel  colpo  riuscì  loro  nel 
dì  17  di  luglio  di  quest'anno,  correndo  la 
festa  di  santa  Marina,  poi  da  li  innanzi  , 
ed  anche  oggidì,  molto  solennizzata  in  Ve- 
nezia per  memoria  di  questo  avvenimen- 
to ,  che  fu  il  principio  del  risorgimento 
della  repubblica  .  Così  ha  il  Bembo  ^ ,  il 
Guicciardino    %    Pietro    Giustiniano    ^^    la 

Sto- 


'  Bembo  . 

*  Guicciardino  . 

*  Giustiniani  Rtiium  Fenetiarum . 


23^      Annali    dMtalia 
Storia  Veneta  manosctitla  ^.  Neil' altra  Sto- 
ria Veneta,  scritta  a    penna    che    è    di  *ur 
autor  padovano^  il  quale  si  trovò  pQ-sente 
a  questi  fatti _,  è  scritro  *:  Questo  fu  a  dì  ì 
17  del  mese    di    luglio ^  Vanno    di    nostra  \ 
salute    1509    giorno    di    santa    Marina    ini 
martedì  :  che  tale  appunto  ,  secondo  la  let-  \ 
tera  dominicale  G_,  fu  il  dì   17  di  quel  me-i 
se;  e  non  già  del   1510    come    per    errore j 
si  legge  negli  almanacchi    di    Venezia  .  Nèj 
si  dee    tacere  ,    avere  quest'ultimo   storicci 
con  gran  franchezza  attribuito  a  un  tradì-' 
mento  di    Costantino    despota    della  Moreai 
che  comandava  allora  le  soldatesche  italia-^ 
no  di  Massimiliano  _,  il  riacquisto  di  Pado-« 
va  fatto  dai  Veneziani  .  Pretende  egli  ,  chei 
}jQ.pa  Giulio  avesse  già  riconosciuto^  esserci 
il  meglio  della  Chiesa  e  dell'Italia,  che  sii 
conservasse  la  repubblica    di    Venezia ,  per? 
opporla  non  meno  ai  Turchi  ,  che  alle  Po-« 
lenze  cristiane,  le  quali  venivano  a  concuUi 
care  e  mettere  in  ceppi  le  provincie  italia^^i 
ne  :  laonde  dati  ordini  segreti  ad  esso  Coti 
stantino   di  favorir    sotto    mano  i  Veneti 
il  mandò  a  Trento  a    Massimiliano  Cesar 
con  cinquanta  mila  ducati    per    sollecitarle 
a  calare  in  Italia  ,  per  paura  che  i  France* 
si  non  prendessero  il  rimanente  dello  State 
veneto  .  Fu  inviato   costui  a    Padova    coll( 
genti  imperiali .  Pej:    quanto  que'  Padovan 


che 


'  Storta  Veneta  MVta. 

*   anonimo  Padohq^i^    Storia  Versta > 


Anno    MDIX.  237 

he  amavano  il  nome  imperiale  ,    Io    scon- 
«■iurassero  di  non  ispogiiar  la  città  dell' op- 
portuno presidio,  volle  egli  andare  a  oam- 
}0  ad  Asolo.  Crebbero    le  apparenze,   che 
MÉova  fosse  in  pericolo  ;    ma  per    quanto 
I^Rie  i  suoi  capitani  ,  cioè  Pandolfo  Mala- 
^esta,  Lodovico  e  Federigo  da  Bozzolo,  il 
narchese  d'^Ancisa,  ed  altri   il    consiglias- 
ero  di  cacciarsi  in  Patiova  ,  troppo  sprov- 
hista  di  gente  :    nulla  mai  volle  consentir- 
i.  Potrebbe  essere  _,    che    costui    non*  pec- 
asse  d'infedeltà,  ma  bensì    di    superbia    e 
l'imperizia  nd  maneggio  della    guerra.    E 
juando    mai    fosse    stato    reo    d'  infedeltà , 
I  embra  più  verisimile,  che  da' saggi  Vene- 
iJani  fosse  egli    segretamente    guadagnato  , 
non  già  imbeccato  dal  pontefice ,  il  qua- 
e  non  per  anche  avea    sposati    gl'interessi 
Iella  repubblica  veneta.  Ebbe  Padova  mo- 
rivo di  ringraziar  Dio   per   essersi    salvata 
}  la  un  sacco  universale  j    ma  non  potè    per 
litro  verso  schivare  la  propjria  rovina .  Im- 
)erocGhè ,  Bisogna  confessarlo  ,    quasi  tutta 
[uella  nobiltà    s'era    mostrata    vogliosa  di 
I  nutar  governo,  e  dichiarata  in  favore  de- 
5IÌ  imperiali.  Non  ne    mancò    loro    il    ca- 
I  tigo.  Preso    che    fu    dai  Vetaeziani    il    ca- 
tello di  Padova  a  discrezione,  sì  quei  no- 
bili   clic    colà    s'erano    ritirati,    che  mol- 
li  altri    presi    nella    città,    furono    inviati 
ielle  carceri    di  Venezia   ,    dove  Leonardo 
le'  Trissini    finì    presto  la  vita  ,    altri  sul 
ine  di  novembre  furono  pubblicamente  giu- 
sti- 


33^  Annali  d'Italia 
stìziati  (  rigore  nondimeno  fin  dallo  stesso  j 
Bembo  disapprovato  )  ,  e  qua'  pochi  che  1 
poterono  durar  ivi  per  molti  anni  ,  si  vi-  \ 
dero  poi  confinati  in  varj  luoghi  delle  co- ; 
ste  marittime.  Oltreacciò  la  maggior  parte | 
degli  altri  nobili  padovani  fu  ^chiamati  a  ì 
Venezia  ,  con  ordine  di  presentarsi  ogni  dì  \ 
a  un  certo  uffizio.  Molti  di  essi  e  delle  ^ 
principali  famiglie,  per  paura,  e  per  altrea 
cagioni,  se  ne  fuggirono  dipoi,  convenire^ 
perciò  dichiarati  ribelli  ,  ed  applicati  al  fi-i 
sco  tutti  i  lor  beni,  L^ autor  padovano  rcri 
gistra  il  nome  di  chiunque  soggiacque  a( 
tal  flagello ,  per  cui  perì  il  fiore  di  quellas 
nobiltà.  Qui  nondimeno  non  finirono  le^ 
sciagure  di  quel  povero  popolo. 

L' avere  in  questa  maniera ,  cioè  qua-^ 
si  dissi  tanto  vilmente  ,  Massimiliano  Ce^i 
sare  lasciata  perdere  la  nobil  città  di  Pa-^ 
dova  ,  mosse  allora  le  voci  di  ognuno  ,  ci 
poi  le  penne  degli  storici  a  proverbiarci 
la  di  lui  somma  disattenzione  e  indolen-^ 
za  nel  non  mai  unire  il  suo  esercito  ci 
calare  in  Italia  .  Già  titubavano  anche  lei 
città  di  Verona  e  Vicenza  ,  nella  quali 
ultima  si  ritirò  in  fretta  il  despota  Co-i 
stantino  ;  e  d'uopo  fu,  che  per  sostener  i 
la  accorresse  il  signor  della  Palissa  con  setH 
tecento  lance  francesi .  Intanto  i  Venezlan;! 
ricuperarono  tutto  il  contado  di  Pndova,  (J 
venne  lor  fatto  di  acquistar  anche  Ligna-i 
go  ,  terra  ossia  castello  forte  sull'Adige  ^ 
che  mirabilmente  servì  loro  in  questa  gueri 

ra 


L 

II^BL  Anno     IVfDIX.  3^9 

,  Riuscì  eziandio  ai  medesimi  un  colpa 
:iie  fece  grande  strepito  per  Italia  .  Se  ne 
stava  Francesco  marchese  di  Mantova  nella 
isola  della  Scala  con  poche  truppe  >  dimen- 
tico della  vigilanza  e  delle  precauzioni  che 
3gni  accorto  capitano  dee  prendere  in  tem- 
pò  di  guerra.  Di  ciò  avvisato  dai  villani 
Carlo  Marino  provveditor  di  Lignago  ,  se- 
gretamente disposte  le  cose  /spedì  colà  Lu- 
cio Malvezzi  con  dugento  cavalli  leggeri,  e 
Gitolo  da  Perugia  con  ottocento  fanti  ^  e 
molte  brigate  di  contadini  che  giunti  la 
notte,  svaligiarono  d'armi,  cavalli  e  arne- 
si tutti  i  soldati  del  marchese  .  Fuggì  egli 
in  camicia ,  e  nascoso  in  ufn  campo  di  mi- 
glio, o  saggina,  promise  molto  ad  un  vil- 
lano, se  il  salvava;  ma  da  costui  tradito 
cadde  in  mano  di  chi  gli  faceva  la  caccia. 
Fu  condotto  a  Lignago  ,  e  quindi  a  Vene- 
zia ,  dove  fu  carcerato  nella  prigion  delle 
Torreselle,  e  quivi  per  lungo  tempo  si  ri- 
posò. L'  Equicola  ^  e  fra  Paolo  carmelita- 
no *,  riferiscono  al  di  9  d'agosto  la  pri- 
gionia di  quésto  principe  r  11  Buonaccorsi 
scrive  3^  che  nel  dì  7  di  agosto  s'intese 
questa  nuova  in  Firenze  ,  Ma  falla^  perchè 
il  Bembo  ^  va  A' accordo  coli' Equicola .  In- 
tanto il  re  Lodovico  era  tornato  in  Fran- 
cia. Per  ordine  di  Massimiliano  ì\  princi^ 

'  Equicola  Cronica  di  Mantova- . 

*  Paul,  de  Cler.   Hisr.  MSta  . 
''  Buonaccorsi  Di'ario. 

*  Bembo. 


2i\o  Anicali     d' Italia 

3;e  di  Analto^  il  duca  di  Briins^vlcJi  e  Cri- 
stoforo  Frangiimnc  fecero    guerra  ai  Vene- 
ziani ,  e  misero  sossopra  il  Friuli  e  l'Istria, 
dove  seguirono  saccheggi,  incendj  e  baruffe  i 
non  poche.  Udine  capitale    del  Friuli    fece  j 
buona  difesa  ;  più  ancora    ne    fece  CividaJe  ! 
contro  le  artiglierie  e  gli  assalti  d'essodu-  1 
ca  .  E  perciocché  ben  conoscevano  i  Vene^  j 
ziani ,  che  il    pigro    Massimiliano    Cesare  ,  \ 
dopo  aver  tante  volte  detto  di  voler  cala-  ■ 
re  in  Italia  ,  una  volta  infine  ealerebbe  ^  e?  ^ 
che  il  sua  turbine  s'andrebbe  a  scaricar  so-  l 
pra  di  Padova,    si    diedero    colla   maggior^  ^ 
sollecitudine  a  fortificar  la  città  e  a  prov-  ] 
vederla  di   meravigliosa  quantità    di  viveri^  i 
e  munizioni  da  guerra  .  Colà    ancora  spin-  \ 
sere  il  nerbo  maggiore  della  lor  fanteria  es  j 
cavalleria  ,  colla  giunta  di  dugento  giovani  '\ 
veneti    volontarj  ,  cadauno    de'  quali    mena  \ 
seco  a  sue  spese  dieci;,  o  quindici,  o  ven-^  ; 
ti  uomini  armati .  Il  doge    Loredano    servi   | 
d'  esempio  agli  altri  col  mandarvi  due  supfc  ì 
figliuoli  .  Lo  stesso  conte  di   Pitigliano  gè-'  ' 
nerale  deiresercito,  quando  fu   il    tempo  ,    ] 
s'andò  quivi  a  rinchiudere.  \ 

Circa  gli  ultimi  di  agosto  venne  alla  per-  l 
fine  alla  volta  di  Padova  V  esercito  di  Mas-  ; 
similiano  re  de'  Romani  :  esercito  formida-  ; 
bile  pel  numero  de' combattenti  ,  ma  sen-  ] 
za  ordine  ,  senza  unione  ,  perchè  composto  ^ 
di  varie  nazioni  e  di  molti  volontarj  .  Lo 
stesso  re  v'era  in  persona j  ma  seco  non 
era  venuto  quell'  oro    che  occorreva  al  bi- 

so- 


Anno    MDÌX.  2.::t 

sogno  delle  grandi  imprese,  avendo  questo 
prÌBcipe  sempre  avuto  non  minor  cura  di 
raunarne,  che  di  lasciarselo  fuggire  di  ma- 
no, avaro  insieme  e  prodigo.  Cento  cin- 
quantacinquemila  scudi  d'oro_,  a  lui  paga- 
ti dal  re  Luigi  per  l'investitura  di  Mila- 
no, ottenuta  nel  dì  14  di  giiigno  delTanno 
presente  ^y  e  circa  cento  sessantamila  du- 
cati d'oro  che  per  più  capi  esso  Augusto, 
avea  ricavato  dal  papa,  fecero  presto  ìe 
filli.  Però  la  pvincipal  paga  che  si  dava  a 
questa  gente  ,  era  di  permetter  che  saccheg- 
giassero tutto  il  Padovano.  Terribile  fu 
infatti  la  desolazione  di  quel  fertilissimo 
paese,  ma  costò  anche  non  poco  a  que' no- 
bili assassini,  perchè  i  contadini,  oltre  all' 
essere  sempre  stati  ben  affetti  e  fedeli  alla 
repubblica  ,  irritati  dal  cvudel  trattamenio 
d"*  essi  imperiali,  quanti  ne  poterono  co- 
gliere, tanti  sacrificarono  alla  loro  vendet- 
ta .  Venne  a  rinforzare  l' arm.ata  cesarea 
Ippolito  cardinale  d^  Este  ^  personaggio  in- 
tendente delle  cose  di  guerra,  spedito  da 
Alfonso  duca  di  Ferrara,  suo  fratello  con 
cento  lance  ,  dugento  cavalli  leggeri  ,  due- 
mila fanti  ,  pagati  a  sue  spese,  e  gran  co- 
pia di  artiglierie.  Giunse  ancora  Lodo-vico 
Fico  corife  della  Mirandola,  mandato  da  pa 
pa  Giulio^  con  dugento  lance  della  Chie- 
sa 5  e  dugento  cavalli  leggeri .  Mandovvi 
Tomo  XXII.  Q  pa- 

*  Du-ìlont.  Cor^,   Diflom.it. 


1 

242         Annali    d' Italia  I 

parimente  il  governator  francese  di  Milancd 
molti  uomini  d'armi,  e  munizioni  da  guer4 
ra  in  abbondanza .  Quando  ognun  si  crede-l 
va  ,  che  Massimiliano  con  sì  potente  eserJ 
cito  avesse  da  assorbire  Padova,  comincici 
egli  a  perdere  il  tempo  in  impadronirsi  dfi 
Limene  ,  Monselice,  Este,  Montagnana  ed 
altri  luoghi.  Lo  storico  padovano  attribuii 
sce  ancor  questo  ai  consigli  del  despota 
della  Morea  e  del  conte  della  Mirandola! 
per  le  segrete  commissioni  date  loro  dall 
papa.  Si  venne  pure  una  volta  a  stringerci 
d'assedio  Padova  nel  mese  di  settembre  h 
assedio  strepitoso^  descritto  dal  Guicciardi*^ 
no  ,  dagli  storici  veneti  ,  e  dall'  anonimo^ 
padovano .  Altro  a  me  non  permette  di  di-- 
re  r  istituto  mio ,  sennonché  per  quindici»; 
giorni  vi  si  fecero  di  grandi  prodezze  dall'  i 
una  parte  e  dall'altra,  é  vi  perirono  mi-{ 
gliaia  di  persone;  finche  nel  dì  27  di  set- j 
tembre  fu  sì  valorosamente  difeso  un  ba- 1 
stione  dall'assalto  degl'Imperiali,  che  loro  i 
calò  la  voglia  di  tentare  di  più.  Avendo^ 
dunque  assai  conosciuto  Massimiliano  V  in-  \ 
superabil  difficoltà  dell'  impresa  ,  scemata  di  ; 
molto  r  armata  sua  ,  vicine  le  piogge  cht 
poteano  fargli  più  guerra ,  che  gli  stess: 
avversar]  :  nel  principio  di  ottobre  si  riti-  i 
rò  con  tuttie  le  sue  genti  in  Vicenza  .  I  \ 
quindi  licenziata  buona  parte  di  esse  ,  cor  ' 
poco  onore  se  ne  tornò  in  Germania  . 

Dopo    sì    felice   successo ,   maggiorment*  j 
cresciuto  l'animo  ai  Veneziani,  ricuperare   j 

no 


^H  Anno    MDIX.  243 

^^Wn    facilità    Vicenza ,  aiutati    da    quel 
H|}olo   che    sospirava    di  tornare  alla  loro 
ubbidienza.  Quindi  s'inoltrarono  sotto  Ve- 
rona ,  città  che  sarebbe  caduta  anch'  essa  , 
se  il  sÌ2;nor  di  Sciomonte  non  l'avesse  rin- 
■orzata   con    trecento    lance    francesi  ^    con 
lomministrare  anche  le  paghe  a  quel  presi- 
dio ,  a  cui  non  poteva  o  sapeva  provvede- 
re Massimiliano .    Per    questo  V  armata  ve- 
neta prese  quartiere    nel  verno    a    Soave  , 
san    Bonifazio    e    Cologna  y    continuamente 
scorrendo  poi  sino  alle  porte  di  Verona  ,  e 
tenendola    molto  angustiata .   Ricuperarono 
eziandio    i  Veneti  Feltre^  Cividal    di  Bel- 
luno, ed  altri  luoghi  nel  Friuli.  Ma  il  lo- 
ro sdegno  maggiore  era  contra    di  Alfonso 
duca  di  Ferrara  ,  non  solamente    per    aver 
egli  tolto  loro  il  Polesine  di    Rovigo ,    ma 
per  essersi  anche  fatto  investire    da  Massi- 
(miliano  Cesare  di  Este  e  Montagnana ,  an- 
tichi dominj  della  sua  casa  .  Pertanto  a' suoi 
danni  spedirono  per  Po  un'armata    di    di- 
ciotto galee,  di  alcuni  galeoni ,  e  di  assais- 
sime  altre  barche,  tutte  piene  di    combat- 
tenti ,  sotto  il    comando    di  Angelo  Trivi'' 
sano  .  I  saccheggi  ed  incendj    di   qua    e  di 
là  dal  gran  fiume  ,  furono  per  più  giorni  il 
continuo  loro  esercizio:  lo  che    riempiè  di 
spavento  la  stessa  città  di  Ferrara.  A  que- 
sto improvviso  temporale  non  punto  sbigot- 
tito  il  duca  Alfonso,  unite  che  ebbe  le  sue 
genti,    ed    ottenuto   anche    un    rinforzo  di 
Francesi ,  uscì  contro  i  Veneti  ,    premendo 

Q  2  a  lui 


244  An  N  A  L  r       d'  I  TAL  I  A 

a  luì  specialmente  di  sloggiarne  da  nna  ba- 
stia che  essi  aveano  piantata  di  qua  dal   Po 
in  faccia  alla  Polesell.r.  Sanguinoso  ed  inu- 
tile riuscì   r  assalto  dato  a  quel  sito  nel  dì 
50  di  novembre.  Perì    in    quelle    battaglie  \ 
Lodovico  Fico  conte  della  Mirandola  ,  stan-  \ 
do  a' fianchi  del  cardinal  d'Este,  Fu  anche  j 
nel  dì  4  di  dicembre  presa    dai    Veneziani  ì 
la  città  di   Cr>macchio ,  e  saccheggiata    eoo  ^ 
tutte  le  barbare  appendici  della  licenzia  mi- j 
liiare.    Maniera     non    appariva    di    levarsi! 
di  dosso  così  malefici    spiriti,  sennonché    l*  : 
ingegno  del  cardinal  d'  Este  seppe    trovare  ^ 
un  valevol  esorcismo.  Non'pochi  cannoni  e- 
colubrine  fece  egli  postare  di  notte    dietro  i 
gli  argini  del  Po    disopra    e    disotro   dell^  { 
flotta  veneta  ;    e  col    taglio    d'  essi    argini  '. 
formate     le    occorrenti    troniere ,    sul     fare  J 
dell'alba  nel  dì  22  di  dicembre  cominciò   a  i 
salutar  con    que' bronzi  le    galee    e    barche  \ 
nemiche.  Due    di  quelle  galee    calarono    a  ] 
fondo,  una  restò  consunta  dal  fuoco.  Ognu*  j 
no  cercò  di    fuggire.  Lo    stesso    Trivisano  \ 
ebbe  pena  a  salvarsi.  Giunte  ancora  addos-  j 
so    a    loro    molte  barche    piene    di  soldati  \ 
ferraresi  fecero  del  resto ,    in  maniera    che  ; 
vi   restarono  circa  tremila  Veneti  o  uccisi^   j 
o  annegati,  o  presi.  Vennero  in  potere  di   ^ 
Alfonso  tredici  galee    con    assaissimi    altri   j 
legni,  molte    bandiere,    infinite   munizioni   j 
da  bocca  e  da  guerra;  e  il    tutto  trionfal- 
mente fu  condotto    a    Ferrara ,    dopo    ave« 
presa  a  forza  d'armi  la  bastia  de'Veneziar 

ni, 


Anno     MDIX.  245 

,  con  tagliar    a  pezzi    secento    Schiavoni 
e  ivi  erano  di  presidio. 
Con  questi  si  strepitosi  successi    terminò 
campagna  dell'anno  presente  in  Lombar- 
dia .    Altri    àe  ne  contarono    in  Toscana  . 
^fcperciocchè  i  Fiorentini ,  il  maggior  pen- 
^Sero  de' quali  era  la  ricuperazion  di  Pisa, 
mentre  ìg  altre    potenze    erano    impegnate 
altrove  ,  si  accinsero  a  dar    l'ultima  mano 
quell'impresa.    Sapeano  ,    che  quell' osti- 
to  popolo  per  la  fame  si  trovava    ridot- 
to   ad    un    miserabile    stato  ,    cibandosi    la 
jrlebe  de' piìi  schifosi  alimenti.  S'erano  pre- 
parati in  Genova  molti  legni  ,  per  condur* 
10  a    quella    città  una    buona    quantità    di 
grano  .     Se     n'  ebbe    notizia    in    Firenze  , 
cpperò  furono  inviati  uomini  d'  arme  e  ar- 
tiglierie alle  foci  dell'Arno,  e    vai  di  Ser- 
chio  ,  per  impedire  il  passo .  Furono  astret- 
ti nel  dì    18  di   febbraio  i  Genovesi  a  tor- 
narsene indietro.  Fabbricate  poi  due  bastie 
con  un  ponte  sopra  Arno,  strinsero  i  Fio- 
rentini   maggiormente    quella    città  ^    i  cui 
rettori  finalmente   vedendo  disperato  il  ca- 
so^ mossi  ancora  da  qualche  interna  solle- 
vazione ,  inviarono    ambasciatori    a  trattar 
della  resa.  Benché  avessero  i  Fiorentini  po- 
tuto aver  quella  città  da    lì    a  poco  tempo 
a  discrezione  ,  e  vendicarsi  di  quel  popolo 
da  cui  aveano  ricevute  non  poche  ingiurie, 
pure    non    lasciarono    da  saggi   di  accettar 
^a  resa  con  delle  condizioni  molto    amore- 
jli  e  vantaggiose  ai  Pisani  :  capitolazione 

Q  3  che 


2^6      Annali     d'Italia  | 

che  fu  anche  religiosamente  osservata  ;  daW 
che  ne  venne  loro  gran  lode .  Vi  entraron( 
dunque  pacificamente  nel  dì  8  di  giugno 
e  vi  fecero  tosto  rifiorir  l"*  abbondanza  eh 
pace  . 

Annodi  Giusto   1510^  Ind.  xiir. 
di  Giulio  II  ,  papa  8. 
di  Massimiuaìso  re  de'Rom.  18. 

i\  on    fu    men    del  precedente    fecondo    il  ì 
presente    anno    di  guerre,   di    spargimento! 
di  sangue  e  di  rivoluzioni  in    Lombardia  .  1 
Per  conto  de'  Veneziani ,  dolorosa  bensì  lo-  ì 
ro  riusci  la  perdita  che  fecero    di  Niccolò  \ 
Orsino  conte  di  Pitigliano  che  per  le  tante  ' 
vigilie  e  fatiche  patite    nella  difesa  di  Pa*  j 
dova  infermatosi    in    Lunigo ,    sul    fine   di  i 
febbraio  cessò  di  vivere  in  età  d'anni  ses-  \ 
santotto.  Fu  portato  il  suo  cadavero  a  Ve-  ) 
nezia,  e  datagli  sepoltura  ne' santi  Giovan-  j 
ni  e  Paolo,  con  aver  poi  la  gratitudine  del  \ 
Senato  posta  a    sì  fedele   sperimentato    ge- 
nerale una  statua  dorata  ;,  e  una  molto  ono- 
revole memoria  .  Ma  raggi  di  speranze  mag- 
giori cominciarono  a  trasparire   per  la  re-  \ 
•pubblica  -veneta  dal  canto  di  papa  Giulio  .    , 
Dacché  questi  ebbe  riacquistato  quanto  ap- 
parteneva di  Stati  alla  Chiesa  romana  ,  fé-    | 
cero  gran  breccia  nel  cuore  di  lui  l'umilia-    | 
zione  de' Veneziani^  le  insinuazioni  de' car-    ? 
dinali  veneti  in  Roma  ,  e  più  d'  ogni  altra    | 
cosa  il  considerare,  che   non    era   bene   il   ^ 

to-       !?^ 


J 


Anno    MDX.  247 

totale    abbassamento  della    potenza    veneta 
le   specialmente    veniva    riguardata    come 
>stegno  deir Italia    contra    del    Turco;    e 
per  lo  contrario    potea    solamente    nuocere 
l'ingrandimento    de' potentati    oltramontani 
in  Italia.  Però  fin  d' allora  concepì  compas- 
sione verso  la  repubblica  ,  e    abborrimento 
alla  lega  di  Cambrai  .  Vi  volle  del    tempo 
a  smaltir  tutte  le  rigorose    condizioni    che 
il  papa  esigeva  da' Veneziani  ,  se  bramava- 
no daddovero  di  rimettersi   in  sua  grazia  ; 
ma  questi  infine  prendendo  legge    dal  pre- 
sente bisogno  e  dall'inflessibilità    del  pon- 
tefice ,  gli    accordarono    quanto    eì    volle  . 
Epperò  nel  dì   24  di  febbraio    furono    am- 
messi gii  ambasciatori  veneti  ,  e  data  l'as- 
soluzione alla  repubblica  :    del    qual    passo 
sopra  gli  altri  si  mostrò   malcontento  il  re 
di  Francia    che    da    ciò  ben    comprendea  , 
dove  già    piegasse  l' inclinazion    del  ponte- 
fice .  Più  chiaramente  se  n'  avvide   egli  di- 
poi,  perchè  Giulio   si    diede    a    maneggiar 
pace  fra  Massimiliano  Cesare  e    i  Venezia- 
ni ,  e  a    muovere    1'  Inghilterra    contro    la 
Francia  e  a  tirar    dalla    sua    gli  Svizzeri  . 
De'  suoi  negoziati  altro   a    lui    non    riuscì 
sennon  quest'ultimo,  avendo    egli    stabilita 
lega  con  que' cantoni,  lo  che  fatto  alzò  mag- 
giormente il  capo ,    e  cominciò  a  muovere 
liti  contra  di  Alfonso  duca  di  Ferrara  ;  mal 
digerendo  ,    eh'  egli   fosse    sì  attaccato    alla 
Francia  .  Imperiosamente  dunque  gli  coman- 
dò di  non  far  da  lì  innanzi  sale  a  Comac- 

Q  4  chio 


248  Annali  d'  I  t  a  l  ia 
chio  in  pregiudizio  delle  saline  di  Cervia  , 
siccome  dianzi  non  ne  facea,  quando  Cervia 
era  in  mano  de*  Veneziani ,  Al  che  rispon- 
deva il  duca  di  non  essere  tenuto  per  al- 
cuna capitolazione  col  papa  /per  questo ,  né  : 
dovergli  tssere  ciò  impedito  ,  dacché  egli  j 
riconosceva  per  le  sue  investiture  solamen-  ^ 
te  dalTimpcio  la  città  di  Comacchio.  Su-  : 
scitQ  ancora  altre  querele  col  re  Lodovico ,.  ; 
una  delle  quali  fu ,  eh'  egli  non  avesse  a  i 
ritener  sotto  la  sua  protezione  esso  duca  ^ 
di  Ferrara  ,  \ 

Intanto    il  re  di  Francia    che  per  tempo   ^ 
con  un  trattato  s'era  assicurato  del    re    di^l 
Inghilterra,  assai  chiarito  della  disattenzio-    j 
r,e  del    re    àe'  Romani  ,    informato    ancora   1 
dei  disordini  eh'  erano   in  Verona    con  pe-   \ 
ricolo  ,  che  quella  città  ricadesse    in  potè-   ' 
re  de' Veneziani  ,    stante    la  continuata  vi-   ; 
cinanza    del    loro  esercito    a  qut;l!a  città  :    \ 
ebbe  cura  di  assodar    meglio  quell'  antemu-   ; 
rale  allo  Stata  di  Milano.  Dati  perciò  ses-  'j 
santamila    ducati     d^  oro    a  Massimiliano  ^  | 
ne  ricevette  in  pegno  la  cittadella    di    Ve-|j 
rona  (  dove  mise  buon  presidio  )    e  il  ca- 
stello di  Lignago  ^  se  poteva  rìtorlo  a'Ve- 
ueziani .  Quindi  amendue  si    diedero    a  far 
gran  preparamenti  d'  armi  ,  per   continuare 
pia  che  mai  la  gacrra  contro    la  repubbli- 
ca, la  quale  dal  canto  suo  non  tralasciava 
d'  armarsi  affin  di  resistere  a  tanti  nemici. 
Presero  i    Veneziani  per  governatore    dell' 
esercito  loro  Lucio  Malvezzo  ,  e    per  capi- 
ta- 


x\  N  N  o     MDX.  249 

tano  clelli   fanteria  Lormzo  ,  appellatoria- 
zo  ,  da  Ceri  ;    nel    qual  tempo  con   intelli- 
genze che  aveano  in  Verona  j,  tentarono  una 
notte  di  sorprendere  quella  città  colle  sca- 
le. Andò  il  colpo  fallito  ;  lo  che    costò  la 
vita  a  molti  che  furono  creduti ,  o    trovati 
veramente    rei    della    congiura .    Venuto    il 
mese  d'aprile,  eccoti  comparire  a  Verona 
mille  cavalli    ed    ottomila    fanti  inviati  da 
MassimilLano  Cesare  sotto  il    comando    del 
principe  d' Analt .  Di  là  a  non  molto  Carla 
d' Ambosia  governato)'  di  Milano  con  Gian- 
Giacomo  TrivulziOy  seco  conducendo  mille  e 
cinquecento  lance,    diecimila  fanti,,  tremila 
cavalli  leggeri ,  e  grosso  treno  d'artiglieria, 
vennero  a  passar  l' Adigetto  alla  Canda  ^    e 
cominciarono  ad  entrare  sul  Padovano.  Al- 
fonso duca  di  Ferrara  mosse    anche  egli  le 
Etmi  sue  nel  dì   12  di  maggio^  e    tornò    a 
farsi  rendere  ubbidienza  dall^olesine  di  Ro- 
vigo, daEste,  e  dagli  altri  luogi  che  anti- 
camente furono  signoreggiati  da'  suoi  mag- 
giori ,  che  nel  precedente  autunno  gli  era- 
no stati  ritolti  da'  Veneziani,    All'appros- 
simarsi di  sì  poderosi  nemici  s' era  già  1' e- 
sercito- veneto  ritirato  dal  Veronese    a   Vi- 
cenza; ma  perchè  neppur  quivi  si  tenne  si- 
curo, passò  oltre  sul  Padovano  alle  Brentel- 
le  .  Abbandonati  i  poveri  Vicentini,  gente 
ben  consapevole  del  mal  animo    che  nudri- 
va  il  principe  d' Analt  contra  di  loro,  pre> 
tendendoli  ribelli  ,  gli  spedirono  ambascia- 
tori .  Solamente  poterono  ottenere,    che  la 

cit- 


250        Ankalid' Italia 

città  restasse  esente  dal  fuoco,  purché  pa-  i 

gasserò  trentamila  ducati  d'oro.   Ebbe  tcm-  \ 

pò  quel  popolo  di  salvare  io  Padova  ed  in  | 

altri  luoghi  il  meglio  delle  robe  sue  e  mo-  1 

gli  e  figli  j  ed  essendo  restati  pochi  abita-  ì 

tori  in  quella    città:  arrivati  che    furono  i  I 

Tedeschi,  rubarono  ciò  che    poterono,  ma  ] 

non  ciò  che  speravano  .  Un  atto  di  somma  1 

crudeltà    commisero    dipoi    i   Tedeschi .   A  \ 

Costoza  villa  del  Vicentino    sotto    la  mon-  \ 

tagna  cavate  si  truovano  grotte,  o  caverne  - 

di  rairabil    estensione    (  dicono  di  tre  mi-J 

glia  )    a  guisa  di  Labirinto,    formate    uni-  : 

camente  per  opinion  d'alcuni  ,  dai  cavato-  ^ 

ri  di  pietre  atte    al    fabbricare  .  Son    chia-  \ 

mate  il  Covolo  ,  ossia  la  grotta  di  Milano.  ■ 

Qualunque    sia   stata  V  origine   d'  esse  ,  che  ] 

è  tuttavia  in  forse,  colà  entro  s'era    rifu-  \ 

giato  uno  sterminato    numero    di  Vicentini  1 

infelici ,  ed  anche  di  nobili  colle  lor  fami-  \ 

glie  e  massarizie ,    credendosi  ivi    in  sicu-  \ 

ro ,  come  altre  volte  _,  e  specialmente  nella  \ 

guerra  dell'  anno    precedente    erano    stati  .   | 

Informata  l'avida  gente  tedesca  che  ivi    si    \ 

nascondeva  un  ricco  bottino,  corse  per  im-    i 

padronirsene  .  Ma  perchè  l'entrata  era  stret-    ; 

ta,  e  ben  difesa  da  quei    di  dentro ^    rau-    \ 

nata  gran  copia  di  fascine  e  paglie ,  e  spin-    \ 

tala  nella  imboccatura  delle  caverne  ,  tanto    \ 

fumo  con  attaccarvi    il    fuoco    entrò   colà ,    ; 

che  ne  rimasero  soffocate  da  secento    per-    ^ 

$one  tra    grandi    e    piccoli,    e    forse    più:     \ 

barbarie  che  anche  oegidì  fa  orrore.  ; 

Re.        ^ 


Anno     MDX.  251 

Restò  ì'  esercito  tedesco  sul  Vicentino, 
perchè  impedito  di  passar  oltre.  Intanto  i 
Francesi,  a' quali  premeva  di  acquistar  Li- 
gnago ,  ne  formarono  T  assedio  ,  in  cui  se 
meravigliosa  fu  la  lor  bravura  ,  non  minor 
fu  quella  dei  difensori.  Pure  in  sette  soli 
giorni  formate  le  brecce,  nel  dì  12  di  giu- 
gno per  forza  entrarono  i  Francesi  in  quel 
castello,  creduto  allora  inespugnabile  ,  ed 
un  orrido  sacco  vi  diedero  colla  morte  di 
dugento  fanti  veneziani,  e  di  moltissimi 
degli  abitanti.  Scrive  fra  Paolo  Cherici  car- 
melitano, della  cui  Storia  ms.  mi  servo 
io  ora,  che  essendo  ivi  fanciullo  di  nove 
anni,  vide  quel  fiero  scempio,  e  quasi  mi- 
racolosamente si  salvò  dalle  spade  france- 
si .  Carlo  Marino  provveditore  coi  capitani 
ritiratisi  nella  rocca,  non  tardò  a  rendersi 
a  discrezione  con  restar  prigioniere  .  Tale 
fu  il  principio  di  questa  campagna,  per  cui 
i  Veneziani  vedendo  andare  di  male  in 
peggio  le  cose  loro  ,  condussero  al  loro  sti- 
pendio cinquecento  Turchi  sotto  il  coman- 
do di  Giovanni  Epirota.  Ricorsero  ancora 
in  Costantinopoli  al  gran  signore,  rappre- 
sentandogli il  pericolo  suo,  se  lasciava  tan- 
to ingrandire  i  principi  cristiani.  Ne  ripor- 
tarono di  grandi  promesse  che  poi  tutte  fi- 
nirono in  fumo.  Ma  le  maggiori  loro  spe- 
ranze erano  riposte  in  Papa  Giulio^  che 
dimentico  affatto  degli  obblighi  contratti 
nella  lega  di  Cambrai  ,  tutto  avea  rivolto 
l'animo  alla  loro  difesa.   Si  studiò  egli  di 

se- 


25^  Annali  d'Italia 
separar  Massimiliano  Cesare  da'  Francesi  ^ 
con  offerirgli  il  danaro  occorrente  per  ri- 
scuotere da  essi  la  cittadella  di  Verona;  e 
perciocché  avea  già  fatto  nascere  liti  col  re 
Lodovico,  cominciò  un  trattato  in  Geno- 
va, per  fargli  ribellare  quella  città.  Cererò 
ari  :  ra  di  muovere  Arrigo  re  d'Inghilterra 
co  ri  ira  di  lui.  Quello  che  più  importa  ,  pre- 
so al  suo  soldo  quindicimila  Svizzeri ,  ac* 
ciocché  scendessero  ai  danni  del  re  nello 
Stato  di  Milano .  Calata  poi  la  visiera ,  cac- 
ciò da  se  gli  oratori  d'esso  re  e  del  duca 
di  Ferrara  ;  e  mentre  quest'  ultimo  si  tro- 
vava colle  3ue  genti  ed  artiglierie  all'asse- 
dio di  Lignago,  gli  fece  comandare^  che 
desistesse  dall'aderenza  de' Francesi.  Per 
quante  ragioni  il  duca  sapesse  allegare  j  e 
per  quanto  s'interponesse  Massimiliano  in 
favore  di  lui,  il  pontefice  ntl  dì  9  d'ago- 
sto^ benché  appoggiato^  a  sole  ragioni  fri- 
vole, per  non  dir  calunniose,  fulminò  con- 
tra  d'esso  Alfonso  tutte  le  maggiori  censu- 
re e  maledizioni  ^  dichiarandolo  decaduto  e 
privato  del  dominio  di  Ferrara^,  e  di  quan- 
to egli  riconosceva  dalla  Chiesa.  Quindi 
mosse  tutte  le  sue  forze,  comandale  da 
Francesco  Maria  suo  nipote  e  duca  d'  Ur- 
bino,  contra  dei  di  lui  Stati. 

Per  queste  novità  gli  affari  della  repub- 
blica ,  che  pareano  in  total  decadenza  ,  co- 
minciarono a  mutare  aspetto.  Riuscì  bensì 
all'  armata  francese  che  s''  era  unita  coli'  im- 
periale, di  tagliare  a  pezzi  per  la  maggior  1 

■  P3^"""  I 


Anno     MDX.  255 

parte  la  cavalleria  turchesca  che  militava 
per  li  Veneziani.  Dopo  di  che  si  presenta- 
rono le  due  armate  sótto  Monsclice  ,  e  ne 
cominciarono  con  grand' empito  T  assedio. 
Ma  dai  movimenti  e  trattati  del  papa;,  che 
vennero  a  scoppiare ,  rimasero  sturbati  tut- 
ti i  lor9  ^^segni  .  Cioè  s'intese,  che  'Mar- 
co Antonio  Colonna  con  grossa  compagnia 
di  cavalli  e  fanti  avea  passata  la  Magra  ed 
occupata  la  Spezie  ;  e  giunte  colà  tredeci 
galee,  si  disponevano  a  rimettere  in  Ge- 
nova Giovanni  ed  Ottaviano  Fregosi .  Gli 
Svizzeri  già  raunati  minacciavano  d'entra- 
re nello  Stato  di  Milano.  Il  duca  d'Urbi- 
no col  cardinale  di  Pavia  ^  e  con  grosso 
esercito  nel  dì  tre  di  luglio  diede  princi- 
pio anch' egli  alle  ostilità  centra  del  duca 
di  Ferrara,  con  prendere  massa  de' Lom- 
bardi^ Bagnacavallo  ,  Lugo  ed  altre  terre. 
Ed  ecco  dove  s' impiegavano  allora  i  tesori 
della  Chiesa  romana.  Ai  primi  avvisi  dita- 
li movimenti  Carlo  d' Ambosia  signore  di 
Sciomonte  accorse  col  principal  nerbo  delle 
sue  milizie  alla  guardia  dello  Stato  di  Mi- 
lano ,  e  il  duca  Alfonso  a  Ferrara.  Venne 
poi  fatto  agl'Imperiali  dopo  molte  fatiche 
di  prendere  per  assalto  la  rocca  di  Monse- 
lice  colla  strage  di  tutto  quel  presidio.  Ma 
da  li  innanzi  conrenne  ai  collegati  pensar 
più  alla  difesa  propria,  che  all'offesa  al- 
trui. Mentre  il  duca  di  Ferrara  attendeva 
a  premunirsi  contra  dell'armata  pontificia 
in  Homagna,  un    maggiore  inaspettato^  in- 

cen- 


254       Annali    d' Italia 

cendio  divampò  in  altra  parte  ;   perciocché 
avendo  gli  iifKziali  del  papa  intelligenza  in 
Modena  coi  conti  Francesi  Maria  e  Gerardo 
tic'  Rangoni ,    appena  comparvero   a  Castel- 
franco, che  questa  città  mandò  loro  le  chia- 
vi,  dimanierachè  v'entrarono    pacificamen- 
te   la  notte  precedente  al    dì   19  d'agosto, 
e    la     cittadella    tardò    poco    a    capitolare 
anch'essa..  Impadronironsi  poscia  di  Carpi, 
di  san  Felice  e  del  Finale ,   e  portarono  la 
guerra  fin  presso  a  Ferrara  colla  sua  sepa- 
razione del    ramo  del  Po ,   che  allora  scor- 
rca  presso  di  quella  città .  Ad  animar  mag- 
giormente le  armi  pontifizie  ci  mancava  la 
persona  dello  stesso  guerriero  papa  Giulio '^ 
ed  egli  non  lasciò  di  comparire  a  Bologna  , 
nel  dì  22  di  settembre.  Nel  qual  mentre  i 
Veneziani  per    terra   e  per  Po  fecero  aspra 
guerra  nel  Polesine  e  Ferrarese  al  duca  Al- 
fonso, il  quale  intrepidamente  or  qua  or  là 
scorrendo,  studiò  di  sostenersi  in  mezzo  a 
tante  tempeste.  Tali  doglianze  poi  fece  Mas- 
similiano Cesare  col  papa  per  l"*  occupazion 
di  Modena  città  dell'impero,  che  Giulio  si 
indusse  a  depositarla   in    mano    di    lui  nel 
dì  trent' uno  di  gennaio  del  seguente  anno, 
con  patto  di  non  restituirla  al  duca  Alfon- 
so, e  che  intanto  si  esaminasse  a  chi    essa 
dovesse  appartenere.    Era  finqui  stato  pri- 
gione in  Venezia  Francesco  Gonzaga   mar- 
chese   di    Mantova.    V'ha    chi  scrive,  che 
per  le  minacce  del  sultano  de'  Turchi ,  gua- 
dagnato dai  Mantovani  ,  o  dal  re  di  Fran- 
cia, 


■ 


ANNO     MDX.  255 

tiz  ,  fu  messo  in  libertà.  Tuttaria  par  più 
probabile^  che  ciò  avvenisse  per  T  interpo- 
sizione di  papa  Giulio  ,  e  per  li  saggi  ri- 
flessi del  Senato  veneto  ;  avendo  essi  cono- 
sciuto, quanto  potesse  lor  giovare  il  tirar 
questo  principe  nel  lor  partito  in  circostan- 
ze di  tanto  rilievo.  La  verità  si  è,  ch'egli 
nel  dì  30  di  luglio  non  solamente  uscì  di 
prigione ,  ma  fu  anche  rimesso  in  grazia 
de' Veneziani  ;  e  il  papa  che  avea  privato 
il  duca  Alfonso  del  grado  di  gonfalonier 
della  Chiesa  ,  conferì  questa  dignità  allo 
stesso  marchese  nel  dì  tre  di  ottobre,  come 
consta  dalla  sua  bolla  presso  il  du-Mont^. 
Così  quel  principe  sposò  anch' egli  ,  (alme- 
no in  apperenza  gì' interessi  del  papa  e  dei 
Veneziani  :  [nel  che  nondimeno  si  compor- 
tò dipoi  con  molta  saviezza . 

Dappoiché  colla  partenza  dello  Sciomon- 
te  e  del  duca  di  Ferrara  V  esercito  di  Mas- 
similiano si  trovò  troppo  snervato  in  pa- 
ragone del  veneto^  prese  la  risoluzione  di 
ritirarsi  a  Verona,  e  di  abbandonar  Vi- 
cenza che  tornò  alla  divozione  della  repub- 
blica .  Nel  ritirarsi  ebbero  le  sue  genti  sem- 
pre alla  coda  i  Veneziani,  i  quali  tuttoché 
fosse  lor  presentata  la  battaglia  ,  mai  non 
vollero  accudire  a  sì  azzardoso  giuoco .  Di 
questo  buon  vento  si  prevalsero  ancora  gli 
altri  provveditori  veneti  ,  per  riacquistare 
Asolo  del  Trivisano  5  Marostica  ,  Cividal  di 

Bel- 

«  Du-Mont  Corp.  Diplorniju 


25^       Annali    k' Itali  a'  i 

Belluno,  il  Polesine     di  Rovigo  ,   ed    alUi  j 

luoghi.  Passò  dipoi  il  grosso    loro  esercito  J 

sotto  Verona  ,  e  messa  mano  allei   artiglia-  j 

rie  ,    cominciarono    a     bombardare    quella  ] 

città.  V'era    dentro  il  duca  di  Termine  ^  \ 

«ffiziale  del  re  Ferdinando  ,  a    cui    per  es-  j 

sere  morto  in  quel  tempo  di  flusso  ììprin-  i 

vlpe    dì   Analt  ,    era    toccato    il    comando  \ 

delle  truppe  collegate  .  Fece  egli  buona  di-  ì 

fesa  sì  per  ripulsare  gli    aggressori ,    corno  ^ 

per  tenere  in  freno  i    Veronesi ,  molti    dei  \ 

quali  manteneano  corrispondenze    co' Vene-  , 

2iani  ;  finché  un    capitano  spagnuolo ,  chia-  ] 

mato  Calandres ,    ottenuta  licenza    dal    du-  - 

ra  ,  uscì  una  notte  con  quattrocento  fanti  ,  \ 

e  con  tal  valore  assalì  la  guardia  delle  ne-  \ 

miche  batterie,  che  ne  fece  strage  grande,  ^ 

con  inchiodar    anche  quattro    de'lor  canno-  i 

ni,  e  gittarli    nella   fossa.  Vi   perì  fra  gli  ] 

altri  Gitolo  da  Perugia^    uno  de' più  vaio-  ^ 

rosi   capitani    dell'  armata    veneta  .    Questo  \ 

colpo  ^  e  l'avviso,  che  gli  Svizzeri,  sicco-  \ 

me  dirò  fra  poco  ,  erano  tornati  a  casa  lo-  \ 

ro,    cagion    fu,  che    i  Veneziani    dopo  tre  ; 

dì^  cioè  nel    giorno  dodici    di  settembre  ,  ] 
levarono  il  campo,  e  si  ritirarono    a  Soa-^ 

ve  e    a  san    Bonifazio  .    Mentre    di    questo  j 

tenore  procedevano    nella  bassa  Lombardia  j 

le  cose    della    guerra,    per    opera    di  papa  ^ 

Giulio  tentato  fu  di  far  ribellare  al  re    di  \ 

Francia  la  città  di  Genova  ^.  In  quelle  vi-  \ 

ci- 

'  j^gOTttno  Giustint'ani  Annali    di  Genova'    C  tticci  ordino  -  i 
Senavega  de  Re'f.  Genuens- 


m 


Anno     MDX.  257 

cinanze  già  era  giunto  il  Colonna  colle  mi-- 
lizie  del  papa  per  terra  ;  e  le  galee  vene- 
te anch' esscj  dopo  aver  preso  Sestri  e  Chia- 
var© ,  si  presentarono  a  Genova  ,  sperando 
ivi  delle  già  manipolate  sollevazioni .  Ma 
niun  si  mosse  j  ed  essendo  accorsi  in  quel- 
la città  varj  aiuti  ,  convenne  ritirarsi  ;  e 
a  chi  dovette  tornar  per  terra ,  costò  ca- 
ro. Non  per  questo  si  quietò  il  pertinace 
animo  di  papa  Giulio  .  Sul  principio  di  set- 
tembre di  nuovo  spedi  verso  Genova  più 
numerosa  flotta ,  sperando  ,  che  gli  Svizzer- 
ri  per  terra  venissero  nello  stesso  tempo 
a  darle  mano  per  assalire  quella  città  . 
Svizzeri  non  si  videro  ;  ed  usciti  con  buo- 
na copia  di  legni  i  Genovesi ,  diedero  la 
caccia  ai  pontifizj  ,  facendoli  tornare  con 
gran  fretta  a  Civita-vecchia.  Quanto  ad 
essi  Svizzeri  mossi  dal  papa  contro  lo  Sta- 
to di  Milano,  calarono  ben  essi  verso  Vare- 
se, ma  sprovveduti  d'artiglierie,  di  pon- 
ti, e  d'altri  arnesi  da  guerra .  S'inoltraro- 
no verso  Appiano;  e  i' Ambosia,  o  vogliam 
dire  lo  Sciomonte,  quantunque  assai  de- 
bole di  forze,  gli  andava  costeggiando  ,  e 
Tenendoli  ristretti  con  varie  scaramucce  . 
Piegarono  dipoi  verso  Como^,  e  infine  scor- 
gendo le  difficoltà  di  passar  oltre,  oppure 
per  mancanza  di  vettovaglie ,  se  ne  tornarono 
bravamente  alle  lorcase^,  avendo  mangiato 
a  tradimento  il  pane  del  papa  .  Pretendono 
gli  storici  genovesi  contemporanei,  che  co- 
storo ,  dopo  avere  ricevuti  dal  papa  set- 
.Tomo  XXII.  K  tan- 


258       Annali    d' Italia 
tantamila     ducati    d' oro    per    renire^  rice-    ] 
vesserò  poi  da'  Francesi  altra  buona  somma   ' 
per    tornare    indietro,    non    senza    infamia   ! 
del  loro  nome. 

Tornata  che  fu  la  quiete  in  Genova  e  j 
nello  Stato  di  Milano ,  1' Ambosia  si  mosse  j 
per  venire  in  soccorso  del  duca  di  Ferra-  \ 
ra,  che  era  battuto  da  taiate  parti .  Si  pen-  ■ 
sava  egli  di  potere  ricuperar  Modena  ,  ma  l 
essendo  entrato  in  essa  città  un  buon  pre-  \ 
sidio  ,  e  ridottosi  a  questa  parte  tutto  Te-  = 
Sercito  pontificio ,  nulla  potè  per  un  pezzo  1 
operare  .  Servì  nondimeno  questo  suo  mo-  - 
vimento  a  far  respirare  il  duca  Alfonso  che  j 
potè  allora  ripigliar  il  Finale  e  Cento,  Ma  j 
mentre  egli  si  preparava  ad  unirsi,  con  lo  ; 
Sciomonte  ^  gli  fu  d'uopo  attendere  a  casa  ^  ] 
perchè  i  Veneziani  con  due  armate,  parte  ] 
per  terra,  e  parte  pel  Po,  vennero  ad  in-  ] 
testare  il  Ferrarese .  Riuscì  al  prode  duca  ■ 
nel  di  vent'atto  di  settembre  colle  sue  l 
genti  comandate  da  Giulio  Tassoni  di  dar  ^ 
loro  due  sconfitte  in  Adria  e  alla  Polesel-  ì 
la  y  con  condurre  a  Ferrara  settanta  dei  lo-  \ 
xo  legni,  molta  artiglieria,  ed  altre  pre-  \ 
de.  Deliberò  in  questi  tempi  lo  Sciomon-  i 
te,  dopo  aver  preso  Carpo  ,  .di  portar  la  i 
guerra  sino  a  Bologna  ,  commosso  special-  i 
mente  dalle  premure  di  Annibale  e  di  Er-  ] 
mes  Bentlvogli  che  gli  rappresentavano  fa-  j 
cilc  queli' acquisto .  Però  nel  dì  diciassette] 
d'ottobre  occupato  colle  artiglierie  il  ca- | 
slello  di  Spilamberto,  e  foi  Castelfranco  ,| 

ael 


Anno    MDX.  259 

nel  dì  19  fece  scorrere  alcune  squadre  di 
cavalleria  fino  alle  porte  di  Bologna  .  Gran 
paura  n'ebbero  i  cardinali  e  cortigiani  del 
papa  ,  che  ivi  si  trovava  convalescente  ,  ma 
non  già  il  papa  stesso  ;  ^  vi  vollero  gli 
argani  ad  indurlo  a  trattar  di  pace,  per- 
di' egli  aspettava  a  momenti  un  gagliardo 
soccorso  da' Veneziani  e  dal  re  Cattolico  . 
Pure  lasciatosi  vincere,  inviò  Gian-France- 
sco Pico,  conte  della  Mirandola  e  celebre 
letterato,  allo  Sciomonte ,  più  per  voglia 
di  guadagnar  tempo  ,  che  di  accettar  pace 
pJcuna  .  Alte  furono  le  condizioni  proposte 
dal  generale  francese,  che  si  veggono  re- 
gistrate dal  Guicciardino;  e  si  andò  gio- 
cando di  scherma  alcuni  dì,  finche  soprag- 
giunti a  Bologna  dei  grossi  rinforzi  di  gente 
questi  fecero  ritornare  il  papa  alla  consueta 
alterezza  e  spi'ezzo  de' nemici .  Lo  Sciomon- 
te^ a  cui  mancavano  le  vettovaglie,  se  ne 
tornò  indietro  sonoramente  deluso  ,  penten^ 
dosi^  ma  inultilmente  ,  di  non  essere  mar- 
cialo a  dirittura  a  Bologna  che  sguarnita 
allora  potea  facilmente  cadere  in  sua 
innno  . 

Fumava  di  rabbia  papa  Giulio  ,  uomo 
per  consenso  di  tutti  gli  storici  impastato 
di  bile,  e  tacciato  ancora  di  disordinato 
amore  del  vino  ,  per  l' insulto  fatto  da' Fran- 
cesi ad  una  città  pontificia  ,  e  città  ,  dove 
soggiornava  egli  stesso  in  persona  .  Si  ro- 
deva tutto  ancora  d'  odio  contra  di  Alfon- 
so duca    di  Ferrara  ,  per  vederlo    sostenuto 

il  2  si 


26o       Annali    n' Italia  | 

sì  poderosamente  da' Francesi.  E  giacche  ì 
questi  s' erano  per  la  maggior  parte  ritira-  I 
ti  nello  Stato  di  Milano,  pieno  di  ardore  1 
e  di  speranza  di  conquistar  Ferrara ,  do-  j 
pò  avere  unito  ad  un  gagliardo  esercito  le 
schiere  a  lui  inviate  dal  re  Cattolico,  mos«. 
se  le  sue  armi  a  quella  volta.  Mail  verno 
era  venuto,  le  strade  si  trovava  quasi  im- 
praticabili; epperò  da  lui  fu  presala  riso- 
luzione di  assediar  intanto  la  Mirandola  , 
piazza  forte  e  fornita  di  presidio  francese. 
All'armata  sua  riuscì  nel  dì  19  di  dicem- 
bre di  aver  per  forza  la  terra  della  Con- 
cordia :  lo  che  fatto  passò  all' assedio  della 
Mirandola  j  col  cui  acquisto  si  veniva  mag- 
giormente a  stringere  e  bloccare  Ferrara  . 
Circa  questi  tempi  Lodovico  XII  re  di  Fran- 
cia ,  oltremodo  alterato  pel  procedere  del 
pontefice,  il  quale  infine  fatto  mettere  in 
castello  sani'  Angelo  il  cardinale  d'  Auch^ 
ministro  deputato  agli  affari  del  re  in  Ro- 
ma 5  si  diede  a  studiar  le  maniere  di  op- 
porsi a  maggiori  disegni  e  tentativi  diluì. 
Nel  dì  17  di  novembre  assodò  con  un  nuo- 
vo trattato  la  lega  con  Massimiliano  Cesa-^ 
re.  Avendo  anche  fatto  raunare  nel  dì'  tre  > 
di  settembre  un  copioso  concilio  ^  (  con- 
ciliabolo appellato  da  altri  )  de'  vescovi  di 
Francia^  volle  udire  il  lor  parere,  se  era 
lecito  a  lui  il  difendere  contro  il  papa  un 
-principe  dell' impero  j  a  cui  esso  papa  avea 

mos-* 


l..';i;be  Cq^cìL  T.  13    Belcaire  Cav.mcnt.  Ciall, 


m 


Anno    MDX.  261 

tttdssà    guerra    con    pretensioni    sopra    un© 
Stato  che  quel  principe  teneva  dall'impero 
con   prescrizione   più    che    centenaria.    Gli 
fu  risposto    di  sì  .  Fa  d'  avviso    V  autore 
francese  della  Lega  di  Cambrai  ^,  che  que« 
sia    dimanda    riguardasse    i    Bentivogli  ,   i 
quali  Giulio    II    avea  cacciati    da  Bologna 
dopo  un  possesso  centenario .  Ma  chiara  co- 
sa è,  che  si   parlava  della  città   .di  Cornac- 
cliio  ^  posseduto  dalla  casa    d'Este  con  sole 
investiture  imperiali  per  più  di    cento  cin- 
quanta anni.  Se  quello  scrittore  avesse  con-f 
sultato  il  Mezeray  *    e    il  Serves  3  ^  stori- 
ci francesi  :  avrebbe  conosciuto  ,  che  la  lite 
era  per    un    feudo  dell'impero,    nominata- 
mente per  Comacchio  .  1    Bentivogli  inter- 
polataménte   signoreggiarono    in    Bologna  , 
riè    mai    pretesero,    che    quella    fosse  città 
dell'  impero ,    anzi    ne    riconobbero  sempre 
per  sovrani  i  papi .    E    fin    qui    si    poteano 
comportare  le  precauzioni  del  re  Lodovico* 
Ma  egli  si  lasciò  trasportare  più  oltre,  es- 
tendo convenuto  con    Massimiliano    di    far 
convocare  a  Lione  un  concilio  generale,  per 
trattarvi  della  riforma  della  Chiesa ;,  e  con 
animo  ,  per  quanto  fu  creduto  ,  di  deporre 
papa  Giulio  ,'  il  quale  invece  di  adempire  il 
giuramento  da  lui  fatto  di  raunar  esso  con- 
cilio 5  s'era  dato  alle    armi    con    iscandalo 

R  3  deU 

'  Hi st otre  de  la  Ligue  de  Cambray  . 
*  Me^fray  Uistoite  de  France  T.  a. 
'  Senes  Histoire  de  France  To7n\%> 


^€2  Annali  d'  Italia 
della  Cristianità.  E  già  cinque  cardinali  dis- 
gustati di  lui,  e  fuggiti  dalla  sua  corte  , 
minacciavano  questo  scisma .  Non  manca 
chi  ha  scritto,  aver  pensato  Massimiliano 
di  farsi  eleggere  papa,  o  di  farsi  dichia- 
rar capo  della  Chiesa  come  imperadore  . 
Sembra  ben  giusto  il  creder  questa  una 
delle  vane  ,  anzi  ridicolose  dicerie  di  quei 
tempi.  La  pietà  è  stata  sempre  doto  ere- 
ditaria dell'augustissima  casa  d'Austria,  e 
di  questa  niuno  osò  dir  mancante  Massimi- 
liano imperadore  eletto  .  Con  ciò  si  diede 
il  re  Luigi  a  far  nuovi  preparamenti  di 
guerra^  siccome  all'incontro  papa  Giulio 
dal  suo  canto  a  maggiormente  tirare  nel 
suo  partito  Ferdinando  il  Cattolico ,  prin- 
cipe che  al  pari  di  lui  abborriva  V  ingran- 
dimento de'Francesi ,  e  sommamente  sospi- 
rava di  cacciarli  d'Italia. 

Anno  di  Cristo  1511,  Indiz.  xiv. 
di  Giulio  li,  papa  9. 
di  Massimiliano  re    de'Rom 

V  idesi  nel  verno  di  quest'anno  uno  spet- 
tacolo che  fu  e  sarà  sempre  deplorabile 
nella  Chiesa  di  Dio  :  cioè  un  vecchicf  papa 
fare  da  general  d'  armata  ,  e  comandar  ar- 
tiglierie ed  assalti  :  senza  curare  l'alta  sua 
dignità  e  i  doveri  di  chi  è  vicario  del 
mansueto  e  pacifico  nostro  Salvatore .  Si 
continuava  l'assedio  della  Mirandola  dall' 
esercito    pontificio ,  accresciuto    da    molte 

mi- 


Anno     MDXI.  263 

milizie  venete  ;  ma  non  con  quella  celerilà 
che  avrebbe  voluto  V  impaziente  papa  Giu- 
lio Il 'i  passato  a  san  Felice,  per  accalorar 
r  impresa  in  quelle  vicinanze  ^.  Natigli  in 
cuore  sospetti  e  diffidenze  contra  de'  capi 
tani  ,  e  tì:i  contro  lo  stesso  suo  nipote  dii 
ca  d'  Urbino  ,  si  fece  egli  portare  in  letti- 
ga al  campo  •  Fu  quel  verno  uno  de' più  ri- 
gorosi, che  mai  prova^.se  l'Italia.  Per  più 
giorni  nevicò  ;  tutto  era  neve  e  ghiaccio  , 
e  frequente  un  asprissimo  vento .  Pure  nul- 
la potè  trattenere  il  marziale  ardore  del 
papa  dair assistere  ai  lavori,  a  far  piantare 
le  artiglierie  e  a  regolar  gli  attacchi  ,  con 
essere  più  volte  stata  in  pericol/j  della  vi- 
ta la  sacra  sua  persona;  mentre  i  cardina- 
li colla  testa  bassa  e  coM'  animo  afflitto 
detestavano  somigliante  eccesso.  La  brec- 
cia formata,  e  il  grost^o  ghiaccio  sopravve- 
nuto alle  larghe  e  profonde  fosse  della  Mi- 
randola ,  indussero  Francesca  figlia  di  Gian- 
Jacopo  Triviilzio ,  e  vedova  del  fu  conte 
Lodovica  Picoy  a  capitolar  la  resa  di  quel- 
la piazza  .  Tanta  eia  la  voglia  del  papa  di 
entrarvi^  che  senza  voler  aspettare,  che  si 
disimbarazzasse  ed  aprisse  la  porta,  per  la 
breccia  con  una  scala  v'entrò  nel  dì  21  di 
gennaio ,  e  ne  diede  poscia  il  possesso  a 
Gian-Francesco  Pico  che  la  pretendeva  di 
sua  ragione.  Si  fermò  il  pontefice  dieci 
giorni  ivi,  per  prendere    riposo  dopo  tan- 

K  4  te 

*  Bembo,  Guicciardino,  St»rta  i^en,   MSta. 


2^4  A  N  Ma  LI    d*Italia 

Te  fatiche  ,  e  poi  se  ne  andò  tutto  glorioso 
a  Ravenna,  con  tenersi  oramai  in  pugno 
r  acquisto  anche  di  Ferrara  .  Trovavasi 
Carlo  d' Ambosia  signor  di  Sciomonte ,,  e  \ 
governator  di  Milano ,  svergognato  non  pò-  i 
co,  per  essersi  lasciato  burlare  sotto  Bolo-  - 
gna ,  e  per  non  aver  dato  soccorso  alla  ] 
Mirandola:  perlocchc  era  caduto  in  disgra-  1 
zia  anche  presso  i  suoi  soldati .  Rondava  \ 
egli  intorno  a  Modena  ,  e  inteso,  che  v'erai 
dentro  poco  presidio,  ma  senza  sapere,  o^ 
fìngendo  di  non  sapere,  che  "questa  città ^ 
r  avesse  ricevuta  Massimiliano  Cesare  ini 
deposito,  e  mandato  a  governarla  un  suo^ 
uffiziale  :  gli  cadde  in  pensiero  di  ricupe- i 
rarla  nel  dì  i8  di  febbraio,  e  di  cancellar  1 
con  questa  prodezza  il  disonor  passato.  Ma^ 
non  gli  venne  fatto,  perchè  niun  de' citta-; 
dini ,  come  era  il  concerto,  si  mosse.  Ri-i 
tiratosi  poi  egli  a  Correggio  ,  ed  inferma-* 
tosi,  diede  fine  al  suo  vivere  nel  dì  io  dij 
marzo  con  che  restò  prò  interim  il  coman-i 
do  delle  armi  francesi  a  Gian-Giacomo  Tri" 
'vulzio  maresciallo  di  Francia,  generale  di^; 
gran  nome  nel  mestier  della  guerra. 

Stando  papa  Giulio  in  Ravenna  ,  avea 
spedito  un  corpo  di  cinquemila  fanti,  so- 
stenuti da  alcune  squadre  di  cavalli  legge- 
ri e  d'uomini  d'armi,  con  ordine  di  pren- 
dere le  bastia  della  Fossa  Zaniola,  antemu' 
rale  di  Ferrara  verso  il  Po  d'Aragona.  Pei 
secondar  l'impresa,  passarono  a  quella  voL 
ta  tredici  galee  sottili  e  molti  legni   mino 

ri 


Anno     MDXI.  ^% 

ri  de*  Veneziani.  Il  duca  di  Ferrara,  a  cui 
premeva  forte  di  sostenere ,  quel  sito  ,  mes- 
se insieme  le  sue  genti ,  alle  quali  si  unì 
lo  Sciattiglione  con  alcune  schiere  france- 
si ,  con  tal  segretezza  marciò  a  quella  par- 
te ,  che  si  scagliò  loro  addosso  nell'ultimo 
giorno  di  febbraio ,  quando  a  tutt'  altro 
pensavano.  Fu  in  poco  tempo  sbaragliato 
quel  picciolo  esercito  con  istrage  e  prigio- 
nia di  molti ,  e  coli'  acquisto  di  molte  ban- 
diere, artiglierie  e  bagaglio.  Riuscì  dipoi 
al  medesimo  duca  nel  dì  venticinque  di 
marzo  di  battere  e  far  fuggire  la  flotta 
veneta  che  s'  era  inoltrata  fino  a  sant'  Al- 
berto, ed  applicata  a  combattere  un  bastio- 
ne,  con  prendere  due  fuste,  tre  barbotte  , 
e  più  di  quaranta  legni  minori  e  molti 
cannoni.  Fu  per  questi  tempi  trattato  assai 
caldamente  di  pace  ,  essendosi  a  questo 
fine  portato  a  Bologna  il  papa^  dove  an- 
cora comparvero  il  vescovo  gurgense  per 
Massimiliano  ,  e  gli  ambasciatori  di  Fran- 
cia ,  Spaglia,  Venezia,  e  d'altri  potentati. 
Ma  nulla  si  potè  conchiudere  .  Però  il  Tri- 
vulzio  ,  dacché  svanita  questa  speranza ,  tro- 
vandosi alla,  testa  d' un  poderoso  esercito 
francese  ^  e  ansioso  di  far  qualche  impresa  , 
sul  principio  di  maggio  arrivò  alla  Concor- 
dia sul  fiume  Secchia,  e,  secondo  il  Guic- 
ciardino  ,  la  prese  .  L'  anonimo  padovano 
mette  più  tardi  questo  fatto,  siccome  dire- 
mo .  Seco  era  Gastone  di  Foìs  duca  di  Ne- 
meursy  figlio  d'una  sorella  del  re  di  Fran- 
cia, 


2.66  Annali    d'Italia  \ 

eia,  giovane  pieno  di  spiriti,  poco  fa  ve-  ] 
nuto  di  Francia  ,  ohe  diede  uno  de'  primi  \ 
saggi  del  suo  valore  contra  di  Gian-PaoK>  i 
Maofrone,  capitano  di  trecento  cavalli  leg-  ] 
gerì  veneti  5  con  far  prigione  lui  a  Massa  j 
del  Finale,  e  dissipar  la  sua  gente  .  Dissi  . 
uno  de' primi  saggia  perchè  a  lui  parimen-  \ 
te  s'attribuisce  T  aver  dianzi  parte  uccisi  e  ] 
parte  presi  dugento  e  più  cavalli  veneti  ,  j 
comandati  da  Leonardo  da  Prata  cavalier  \ 
getosolimitano,  che  vi  lasciò  la  vita  .  S' inol-  ] 
uò  poscia  il  Trivulzio  colTesercito  suo  fino  ^ 
a  Boniporto  sul  Panaro:  nel  qual  tempo  pa-  j 
jpa  GluliOy  sentito  che  si  avvicinava  questo  : 
brutto  temporale,  preso  consiglio  dalla  pru- j 
denza  ,  e  più  dalla  paura,  determinò  di  ab- i 
bandonar  Bologna.  Ma  prima  di  mettersi  ^ 
in  viaggio ,  fece  un'  efficace  parlata  al  Se-  \ 
nato  e  nobiltà  esortando  ognuno  alla  dife-  | 
sa  della  città  :  al  che  mostrarono  essi  una  ì 
mirabil  prontezza  che  fu  poi  derisa  dal  ] 
Guicciardino  ,  ma  difesa  da  una  penna  Bo-  ] 
lognese.  Nel  dì  14  dì  maggio  il  papa  se  j 
ne  partì  colla  sua  corte  ,  e  andò  a  mettere  1 
di  inuovo  1e  residenza  in  Ravenna  .  Restò  l 
governatore  di  Bologna  Francesco  Alidosìo  ^  ] 
detto  il  cardinal  di  Pavia  ,  il  quale  veden-.j 
do  cosi  bene  animati  i  cittadini,  fece  di-  ; 
poi  prendere  loro  le  armi,  per  opporsi  ai  j 
disegni  de' nemici .  Intanto  il  Trivulzio  ,d 
costeggiato  sempre  dal  duca  d'Urbino  coli':] 
esercito  pontificio  e  veneto  ,  giunse  fino  al  | 
ponte  del  Lavino.  Allora  fu,  che  sì*  comi  a-  ] 


CIO 


Anno  MDXL  .  267 
ciò  qualche  tumulto  in  Bologna,  parte  pel- 
le segrete  insinuazioni  dei  fautori  di  Àìì- 
nibale  ed  Ermts  BentlvogU  che  erano  nel 
campo  francese,  e  soffiavano  nella  città;  e 
parte  per  paura  nata  nel  popolo  di  pt-rderc 
i  loro  raccolti,  e  di  aver  da  sofFerirc  un 
assedio.  Volle  il  cardinale  farli  uscire^,  ed 
unirli  al  duca  d^  Urbino:  non  se  ne  senti- 
rono voglia.  Tentò  di  far  entrare  in  citìà 
Ramazzotto  con  mille  fanti  :  noi  vollero 
ricevere  dentro.  Perciò  il  cardinale  accor- 
tosi della  lero  ribellione,,  giudicò  bene  di 
mettersi  in  salvo,  e  segretamente  s'  inviò 
alla  volta  d'Imola.  Dopo  di  che  i  Bolo- 
gnesi nella  notte  nel  di  21  di  maggio  ve- 
nendo il  ventidue  ammisero  in  città  i  Ben- 
tivogli  con  gran  festa  ed  universal  tri- 
pudio. 

A  questo  avviso  poco  stette  V  esercito 
pontifìcio  a  sfilare  precipitosamente  verso 
la  Romagna;  ma  in  passando  dietro  le  mu- 
ra di  Bologna  ,  parte  di  quel  popolo  ;,  e  i 
villani ,  e  i  montanari  accorsi  alla  preda  , 
con  altissime  grida  ^  villanie  inseguendo- 
li,  tolsero  loro  le  artiglierie  e  munizioni, 
€  buona  parte  de' carriaggi .  Sopravvenne  poi 
la  cavalleria  francese  che  levò  a  costoro 
parte  di  quel  bottino,  e  fece  del  resto  ad- 
dosso ai  fuggitivi^  i  quali  chi  qua  chi  là 
attesero  a  salvar  la  vita.  La  Storia  manu-- 
scritta  dell'anonimo  padovano  mette  circa 
tremila  morti,  e  gran  quantità  di  pritiio- 
ni .  Il    Guicciardiao    pochi    ne  conta  .    Nel 

cior^ 


2^8  .  Annali  d' Italia 
giorno  seguente  il  Trivulzio  coir  esercitoj 
marciò  fuor  di  Bologna  ,  e  la  sera  giunsel 
a  castello  san  Pietro.  Avrebbe  potuto  cot( 
sì  buon  vento  far  de'  grandi  progressi  ini 
jRomagna  ,  ma  quivi  si  fermò,  per  riceverej 
nuovi  ordini  dal  re  Lodovico  .  E  questi  poij 
furono ,  che  se  ne  tornasse  indietro  ,  per-j 
suadendosi  il  buon  re  di  poter  ammollirei 
con  tanto  rispetto  il  cuor  duro  del  papa  j 
e  di  trarrlo  alla  pace ,  oltre  al  non  volei( 
accrescere  la  gelosia  delle  altre  potenze  ,  s€( 
avesse  continuato  il  corso  della  vittoria  . 
Portata  intanto  a  papa  Giulio  in  Ilavenn«i 
la  dolorosa  nuova  di  questi  avvenimenti  ; 
facile'  è  l'immaginare  ,  con  che  trasporti  diì 
collera  e  di  dolore  la  ricevesse,  mirando  iti 
un  tratto  svanite  tante  sue  glorie^  dissipa^ 
to  l'esercito  suo  e  il  veneto;  ed  avere  j 
invece  di  prendere  Ferrara ,  perduta  Bolo-" 
gne^  la  più  bella  e  ricca  delle  sue  cìtiii 
dopo  Roma.  Maggiormente  si  alterò  egl;i 
dipoi  all'avviso,  che  il  popolo  di  BolognJI 
aveva  abbattuta  ^  e  con  ischerno  strascina-^ 
ta  e  rotta  la  bellissima  statua  sua,  operai 
di  Michel  Angelo  Buonarotti  che  era  co** 
stata  cinquemila  'ducati  d' oro  ;  e  che  UÌ 
cittadella  di  Bologna  ,  benché  ampia  e  for-^ 
te,  mal  provveduta  di  vettovaglie  e  di  mu-^ 
nizioni,  s'era  dopo  cinque  giorni  fenduta j 
ed  essere  poi  stata  furiosamente  smantella--^ 
ta  tutta  dai  Bolognesi.  A  tali  disastri  mi 
altro  si  aggiunse  ,  che  più  di  tutto  gli  Uài 
iisse  il  cuore .  Era  corso  a  Ravenna  il  cani 

di- 


j 


Anno     MDXL        .     2^9 

ale  Alido s io  y  ed  avea  rovesciata  sul  du^ 
:a  d'Urbino  tutta  la  colpa  di  si  gran  pre- 
:ipÌ2Ìo  di  cose,  quando  v'  era  gagliardo 
ospetto ,  che  fra  esso  porporal-o  e  i  Fran- 
:esi  passassero  segrete  intelligenze,  e  da 
ui  fosse  proceduto  il  male .  Capitato  colà 
mche  il  duca  ,  né  potendo    ottenere  udien- 

Ìjp  dallo    sdegnato  zio  papa,  e  intesone    il 
H^ichè ,  talmente  s'  inviperì    contra    d'esso 
:ardinale ,  uomo  peraltro  dipinto  da  alcuni 
^■me    pieno    di    malvagità  ,  che    trovatolo 
Hk  accidente  fuor  di  casa  ,    colle   sue  ma- 
^m  e  coll'aiuto  de'  suoi  seguaci  spietatamen- 
»?F  l'uccise  sulla  strada^  e  poi  si  ritirò  ad 
Urbino  .  Avrebbero  tanti  accidenti    umilia-^ 
to,  anzi    abbattuto    il  cuor  d'ognuno;  ma 
non   già    quello    di  papa    Giulio^    il    quale 
lasciata    Ravenna  ,   passò    a    Rimini ,   dove 
suo  malgrado  cominciò  a  prestare  orecchio 
alle  proposizioni  di  pace,    ma  con  allonta- 
.  narser.c  ogni  dì  più  a  misura  di  quegli  av- 
venimenti   che    andavano  calmando    la    sua 
\  paura  j,  e  facendo    risorgere    le  sue  speran* 
■  2e.  Parlava  egli  ordinariamente  più  da  vin- 
citore che  da  vinto.  E  quantunque  fosse  in 
questi  tempi  intimato  un    concilio,  o  con- 
ciliabolo, da  tenersi  in  Pisa  contra  di  lui  , 
col   pretesto    di  riformare    la  Chiesa    nelle 
membra  e  nel  capo  stesso  ,  proclamato  dai 
ribelli  per    incorrigibile  :    pure    sembrava  , 
eh'  egli  non  se  ne  mettesse    gran  pensiero  . 
Si  ridusse    poi    a    Roma ,   dove    processò  e 
dichiarò    decaduto  da  ogni  grado  il  nipote 


220  Annali  d^  I  t  a  l  i  a 
duca  d'  Urbino  :  gastigo  nondimeno  ,  chej 
non  durò  se  non  cinque  mesi  ,  dopo  i  qua-ì 
lì  (  tanto  perorarono  in  favor  d'esso  ducaj 
i  parziali ,  a  forza  di  screditare  T  ucciso^ 
cardinal  di  Pavia  )  se  ne  tornò  il  duca  ai 
Roirra ,  rimesso  come  prima  nella  grazili 
ed   amore  dei  papa. 

Tali  mutazioni  di  cose  servirono  ad  Al-i 
fonso  duca  di  Ferrara  ,  per  r^^cuperar  Lugo^ 
e  tutte  le  altre  sue  terre  di  Romagna,  e^ 
poscia  Carpi  ,  con  farne  fuggire  Alberto  Pici 
che  ebbe  poco  tempo  di  goderne  il  posn 
sesso  .  Ricuperò  ancora  il  Polesine  di  Ro-< 
Vigo,  ed  avrebbe  anche  potuto  riaver  Mo-< 
dena/  ma  di  piìi  non  osò  per  riverenza  a( 
lìJassimiliano  Cesare  che  comandava  in  que-ì 
sta  città,  e  al  re  Cristianissimo  ^  a  cui  no8( 
piaceva  di  dar  maggiore  molestia  al  pon-< 
tefice ,  Quanta  al  Trivulzioj  dacché  egli! 
ebbe  intese  la  mente  del  re,  lasciato  qualn 
che  rinforzo  di  gente  ai  Bentivogli ,  s'  in-< 
viò  coir  esercito  francese  alla  Concordia  i\ 
e  se  vogliam  credere  alTanonimo  padovano^jj 
più  che  al  Guicciardino,  fu  in  questo  tem-« 
pò  ,  e  non  già  prima  ,  che  V  espugnò  .  Fui 
presa  a  forza  d'armi  quella  terra  ,  e  datll 
a  sacco  colla  morte  di  quasi  tutto  il  pre»^ 
sidio  di  trecento  fanti  che  ivi  si  trovaronq 
sotto  il  comando  del  suddetto  Alberto  Pio  m 
Locchè  fatto  ,  si  spinse  sotto  la  Mirandola^ 
Gian-Francesco  Pico  ,  non  vedendo  speran-»! 
za  di  soccorso,  e  sapendo  anche  d'  essere* 
odiato  da  quel   popolo  ,  giudicò  meglio    diì 

ca- 


i 


Anno     MDXI.  271 

Capitolarne  la  resa  ,  e  di  ritirarsi  dolente 
ìolla  stia  famiglia  ed  avere  in  Toscana  ; 
ion  che  rientrò  nella  Mirandola  la  contessa 
Francesca ,  figlia  d' esso  maresciallo  Tri- 
"  ulzio  con  Galeotto  suo  figlio  .  Attesero  da 
lì  innanzi  i  Francesi  alia  guerra  contro  la 
signoria  di  Venezia,  uniti  con  gU  imperia- 
li in  Verona  .  Nel  mese  di  giugno  dalla 
armata  veneta  che  era  a  Soave  e  a  san  Bo- 
nrfazio,  e  continuatamente  infestava  il  Ve- 
ronese^ fu  spedito  un  grosso  corpo  di  gen- 
te, per  dare  il  guasto  alle  biade  già  matu- 
re. Trecento  lance  francesi,  uscite  di  Ve- 
rc^na,  ne  lasciarono  tornar  pochi  aKloro 
campo.  Un  altro  giorno  Imperiali,  France- 
si ed  Italiani,  in  numero  di  sedicimila  per- 
sone sotto  il  comando  del  signor  della  Ta^ 
l'issa^  e  del  signor  di  Piossa  Borgognone  ^ 
marciarono  verso  Soave  ,  Lucio  Malvezzo  e 
Andrea  Grltti ,  messo  in  armi  V  esercito 
veneto^  animosamente  s'  affrontarono  con 
loro  a  Villanova  .  La  peggio  toccò  ai  Ve- 
neti ^  i  quali  poi  ài  ritirarono  a  Lunigo ,  e 
di  là  a  Padova  ,  lasciando  aperta  la  strada 
a'  nemici  di  venire  a  postarsi  a  Vicenza  . 
Passò  dipoi  Tarmata  de' collegati  sotto  Tre- 
viri ,  ma  lo  trovò  ben  guardato  .  Nel  tem- 
po stesso  calò  un  esercito  tedesco,  coman- 
dato dal  duca  di  Brunswich  ,  nel  Friuli ,  sta- 
to finora  campo  di  battaglia  e  di  miserie  • 
S' impadronì  di  Castelnuovo  ,  Conegliano  ^ 
Sacile^  Udine,  in  una  parola  di  tutto  il 
Fiiuìi.    Quindi  passò  sotto    Gradisca:  ^  una 

deK 


272       Annali    d'  Italia 

delle  migliori  fortezze  d'Italia;  e  piantate 
le  batterie,  per  viltà  de' soldati  che  erano 
alla  difesa,  furono  obbligati  gli  uffiziali  ve- 
neti a  capitolar  la  resa  con  oneste  condi- 
zioni.  Ma  che?  non  andò  molto,  che  si 
vide  cangiar  faccia  la  fortuna  .  Era  manca- 
to di  vita'  Lucio  Malvezzo  governator  dell' 
armata  veneta  ,  e  in  suo  luogo  eletto  Gian- 
Faolo  BagUone  perugino^  persona  di  gran 
•credito  nella  milizia.  Questi  sapendo  esse- 
re Verona  restata  assai  smilza  di  presidio  , 
e  con  soli  fanti,  spedì  cinquecento  stradio- 
ti  a  cavallo  ,  che  si  diedero  ad  infestar 
tutù  i  contoini  di  Verona  ;  cosicché  quella 
città  pareva  assediata  ,  né  potea  ricevere 
vettovaglie .  Venendo  ancora  il  conte  di 
Prosnich  tedesco  da  Marostica,  per  andare 
a  Trivigi  con  trecento  cavalli,  il  Baglione 
spedì  centra  d'essi  Giano  Fregoso  e  il  con- 
te Guido  Rangone  con  secento  cavalli .  La 
battaglia  ne'  contorni  di  Bassano  fu  svan- 
taggiosa ai  Veneti  sul  principio  ,  con  restar- 
vi prigioniere  il  Rangone  che  senza  volere 
o  potere  aspettar  il  compagno  ,  avea  attac- 
cata la  zuffa.  Sopraggiunto  poscia  il  Fre-^ 
goso ,  non  solo  ricuperò  i  prigioni  ,  niiQ 
ruppe  affatto  i  Tedeschi  che  parte  dai  vin- 
citori, parte  dai  villani  furono  uccisi .  Quel 
che  è  più,  venute  le  piogge,  rotte  le  stra- 
de^ non  potendo  gli  eserciti  ricevere  vet- 
tovaglie ,  si  ritirarono  i  collegati  disotta 
Trivigi ,  e  andarono  a  Verona .  Anche  il  du- 
ca di  Brunswich  se  ne  tornò  in  Germania . 

La 


Anno  MOXI.  ^  ^  275 
La  loro  ritirata  servì  di  facilità  ai  Vene- 
ziani per  ricuperar  T  infelice  Vicenza  ,  ^e 
Ì  tutto  il  Friuli  a  riserva  di  Gradisca  ,  non 
^H  se  con  più  loro  onore  ,  o  più  vergogna 
«fi  Massimiliano  Cesare. 

Gravemente  s' infern:iò  in  Roma  papaGiu^ 
Ilo  verso  la  metà  d'  agosto  ,  e  fece  sperare 
molti    e    temere    ad    altri  il    fine  di  sua 
>ila.    Neppur    questo    ricordo    dell'umana 
fragilità  bastò  ad  introdurre  in  ciuel  feroce 
animo  veri  desiderj   di  pace^    benché    tanto 
v'inclinasse    il  re  di  Francia    con  altri  po- 
tentati .    Appena    si  riebbe  egli  ^  che  tornò 
ai  soliti    maneggi    di  leghe  ,  e  ai    prepara- 
menti di    guerra.    S'era  dato    principio  in 
r    Pisa  air  immaginato  conciliabolo  contra    di 
i    lui.  Per    opporsegli  y    intimò  anch' egli    un 
(    concilio  generale  da  tenersi  nell'  anno  pros- 
,    simo    nel  Laterano  .    Tanto    poi  seppe  fare 
r  indefesso  pontefice ,  che   trasse  affatto    ai 
I    suoi    voleri    in    quest'  anno    Ferdinando    il 
I    Cattolico  y  re  d"*  Aragona  e    delle  due    Sici- 
t    He,  ed  Arrigo  Vili,    re  d'Inghilterra.  Ve- 
f    ramente   il    primo    avea    mirato-  sempre  di 
mal  occhio  le  nuove    conquiste  de' Francesi 
in    Italia,,    e    dacché    ebbe    ricuperato    ciò 
che  a  lui  apparteneva  nel  regno  di  Napoli  , 
sospirava    ogni  di  una    ragione^  o  pretesto 
per  levarsi  dalb  Lega   di  Cambrai  ,  e  rom- 
iperla  col  re  di  Francia.  Siccome  principe  di 
mirabile  accortezza ,  sapeva  per  lo  più  co- 
prir la  sua  fina  politica  col  mantello    della 
religione  .  Cosi  fu  nella  presente  occasione . 
Tomo  XXII.  S  Col 


274  Annali     ©'Italia 

Col  motivo   di  far  guerra  ai  Morì  in  Afri-    j 
ca ,  ottenne  dal  papa  le  decim,e  del  clero  ,   ] 
e  con  far  predicare    questa  santa  impresa  ,   \ 
ricavò  tanto  danaro  della  pietà  de'  suoi  pò-    j 
polij,  che    mise  insieme    una  buona  armata    | 
la  quale  avea    poi  da  servire  contro   i  Cri-    : 
stiani ,  come  ne'  tre  secoli  precedenti  s' era    ; 
tante  altre  volte  praticato    non  senza  diso-   \ 
nore  della  religion  cristiana.  Ossia,  ch'egli  i 
fosse  prima  d'  accordo  col  papa  per  questa  { 
armamento,  o  che  il  papa  il  tirasse  nel  sua  ; 
partito  in  quest'anno^    certo  è  ,  che  fecero  \ 
lega  insieme,  comprendendo  in  essa  i Vene- 
ziani ;  e  questa  fu  solennemente  pubblicata  ; 
in  Roma  nel  dì  quinto    d'ottobre.  Indotto  \ 
il  ciò  si    mostrava  il    re  Cattolico  dal    sua  \ 
particolare  telo  di  religione    per    difendere  ^ 
il  papa ,  oppresso  dalle  armi  francesi  colla  ] 
occupazion  di  Bologna  ,  e  con  lo  scismati^  ^ 
co  concilio  di  Pisa.  Trasse  il  papa^,  sicco-  ; 
me  poco    fa  dissi ,    in  questa    lega  anche  i\  : 
re  d'Inghilterra,  e  si  legge    presso  il  Ry- ' 
mer  ^ ,  e  presso  il  du-Mont  *    lo  strumen-  \ 
to  d' unione    fra  esso    re  il    Cattolico  ,  sti-  1 
pulato  à  di  20  di  dicembre  dell'  anno  pre-  ] 
sente  prò  susclpìenda  sanBa  romance  Eccle^  \ 
sice  Matris  nostros  defensione  perneces saria  »  ^ 
Pertanto  avendo  Ferdinando  inviato  nel  re- J 
gno  di  Napoli  mille  e  dugento  lance^  o  va-  ] 
gliam    dire  uomini    d' armi ,   mille    cavallii 

»  Rf/mer  A6}.  Public. 

*  Du'Mont  Corp.  D/p Untar, 


.     I 


Anno    MDXT.  275 

eri  e  diecimila  fanti  ,  tutta  gente  di 
singoiar  bravura  e  fedeltà ,  pel  cui  mante- 
nimento s'erano  obbligati  il  pontefice  e  il 
enato  veneto  di  pagare  ogni  mese  quaran- 
araila  ducati  d'oro,  la  metà  per  cadauno  : 
ordinò,  che  questo  esercito,  sotto  il  co- 
mando di  don  Raimondo  di  Cardona  viceré 
Pdi  Napoli,  venisse  ad  unirsi  in  Romagna 
cgl  pontificio  e  veneto:  locchè  fu  eseguito. 
Ma  qui  non  finì  la  tela.  Furono  di  nuovo 
mossi  dal  danaro  del  papa  gli  Svizzeri  con- 
tro lo  Stato  di  Milano  j  e  infatti  molte 
migliaia  d'  essi  sul  principio  di  novembre 
calarono  a  Varese,  col  concerto,  che  le 
armi  venete  e  del  papa  avrebbòno  fatta  una 
gagliarda  diversione.  Portavano  lo  stendar- 
do ,  sotto  il  quale  nel  precedente  secolo 
aveano  date  le  memorabili  rotte  ^  duca 
di  Borgogna .  A  questo  formidabil  segno 
dovea  tremar  chicchessia  .  Lo  storico  pado- 
vano scrive,  che  nel  loro  generale  stendar- 
do a  lettere  d'  oro  era  scritto  :  DOMATO 
KES  PKINCIPUM .  AMATORES  JUSTITl^. 
DEFENSORES  SANCT^  ROMANA  EC- 
CLESIÌE . 

Era  intanto  dichiarato  per  governator  di 
Milano,  e  suo  luogotenente  generale  dal 
re  Cristianissimo,  Gastone  di  Fois  suo  ni- 
pote ,  giovane  che  nell'età  di  soli  ventidue 
anni  uguagliava  ,  se  non  superava ,  in  sen- 
no e  valore  i  più  vecchi  e  sperimentati  ca- 
pitani. Poca  gente  d'armi,  poca  fanteria 
aveva*  egli  ^  in  Milano  era  non-lieve  il  ter- 

S  2  ro- 


27^  Animali  d'Italia 
rore  e. la  costerna ziope.,  Ando  Gastone  per 
consiglio  del  Tri'vulzìo  a  postarsi  a  Saron- 
no  con  quelle  forze  che  potè  raunare .  Ed 
essendosi  inoltrati  gli  Svizzeri  a  .Galerate  , 
con  saccheggiare  e  bruciare  ogni  cosa  ,  se- 
guitarono il  viaggio  verso  Milano  ,  dove  si 
andò  ritirando  Gastone  ,  oppure  il  Trivul- 
zio,  come  s'ha  dall' anonimo  padovano.  Il 
quale  aggiugne^  che  seguirono  varj  combat- 
timenti colla  peggio  ora  degli  uni,  ora  de* 
gli  altri  .  Ma  non  osando  gli  Svizzeri  di 
fare  alcun  tentativo  contro  di  quella  gran 
città  ^  piegarono  verso  Cassano^  con  appa- 
renza di  voler  passare  l'Adda.  Quand' ec- 
coti a  tutto  un  tempo,  spedito  un  loro  uf- 
fìziale  a  Gastone .  si  offerirono  di  tornar- 
sene alle  loro  montagne,  se  si  volea  dar 
loro  un  mese  di  paga  .  Essendo  intanto  ar- 
rivati quattromila  fanti  italiani  a  Milano, 
Gastone  allora  parlò  alto,  è  poco  esibì.  Da 
11  appoco  andarono  a  finir  le  minacce  di 
que' barbari  in  ritirarsi  al  loro  paese,  la- 
sciando per  la  seconda  volta  delusi  i  com- 
missari del  papa  e  de'  Veneziani  che  erano 
con  loro,  ed  allegando  per  iscusa,  che  non 
correvano  le  paghe  ,  ed  aver  mancato  i  ge- 
nerali del  papa  e  de'  Veneziani  al  concerto 
della  lor  venuta .  Così  è  raccontato  questo 
fatto  dal  Guicciardino  e  dall'autore  france- 
se della  Lega  di  Cambrai .  Ptla  V  anonimo 
padovano,  forse  meglio  informato  di  que- 
sti affari,  scrive,  che  Gastone  col  danaro 
corruppe  il  capitano    Altosasso ,    ed    alcuni 


1 


Anno    MDXI.  277 

altri  condottieri  svizzeri,  i  quali  mosso  tu-* 
multo  ntir  armata  fecero  svanire  ogni  altro 
disegno.  Usciti  di  questo  pericoloso  imbro- 
glio  i  Francesi,  vennero  dipoi  a  prendere 
il  quartiere  a  Carpi  ,  alla  Mirandola  ,  a  san 
Felice  e  al  Finale^  e  questoperchè  gli  Spa- 
gnuoli  erano  già  pervenuti  a  Forlì ,  ed  uni- 
ti coir  esercito  pontifìcio  minacciavano  V 
assedio  di  Bologna.  Riuscì  iq  quest'anno 
a  dì  tre  di  settembre  ai  Fiorentini^  dopo 
lungo  tratto  e  molte  minacce  ,  di  cavar 
di  mano  de^  Sane  si  la  'terra  di  Montepul- 
ciano. Di  grandi  istante  fece  loro  il  re  Lo-' 
dovicQ ,  perchè  uscissero  di  neutralità  ,  ed 
entrassero  in  lega  con  lui  ;  e  le  dimando- 
sue  erano  avvalorate  dal  Soderini  perpetuo 
gonfaloniere  di  quella  repubblica  .  Tuttavia 
prevalse  il  parere  dei  più  di  non  mischiar- 
si in  sì  arrabbiata  guerra  .  Né  si  dee  tra- 
lasciare^ che  fu  dato  principio  in  Pisa  al 
conciliabolo  de'  Francesi  ;  ma  principio  ri- 
dicolo, sì  poco  era  il  numero  de' concor- 
renti,  né  si  vedea  comparire  alcuno  dalla 
parte  di  Massimiliano  Cesare  .  Avea  i^a-pa, 
Giulio  colle  buone  tentato  più  volte  ,  ma 
sempre  inutilmente  ,  di  far  ravvedere  quei 
pochi  sconsigliati  cardinali;  ma  allorché  si 
vide  forte  in  sella  per  le  leghe  ,  delle  qua- 
li s'è  parlato  disopra^  nel  dì  24  d'ottobre 
fulminò  le  censure  contra  di  loro,  privan- 
doli del  cappello,  e  d'ogni  altro  benefizio* 
Non  s^pea  digerire  il  popolo  di  Pisa  di  te- 
nere in  sua  casa    un    sì    fatto]  scandalo  ,  e 

S  3  bron- 


27S  Annali  d'Italia 
broHtolava  forte  ,  e  facea  temer  qualche 
sollevazione.  Perciò que' prelati  impetrarono 
da  Firenze  di  poter  tenere  una  guardia  di 
Francesi,  ma  mediocre,  per  lor  sicurezza. 
I  Francesi  di  quel  tempo,  per  confession 
d'ognuno,  erano  senza  disciplina;  e  gravo- 
si anche  agli  amici  per  la  loro  arroganza 
ed  insolenza  ,  massimamente  verso  le  don- 
ne; locchè  produsse  delle  risse  fra  loro  e 
i  Pisani,  ed  una  specialmente,  in  cui  re- 
starono feriti  i  signori  di  Lautrec ^  e  di 
Sciattiglione  che  comandavano  quella  guar- 
dia.  Il  perchè  que' cardinali  paventando  di 
peggio^  giudicarono  meglio  di  ritirarsi  a 
Milano  ,  anch'  ivi  mal  veduti  da  quel  popo- 
lo ,  ma  sostenuti  da  chi  potea  farsi  rispet- 
tare. Un  grande  tremuotonel  mese  di  mar- 
zo del  presente  anno  recò  non  lieve  dan- 
no a  Venezia ,  a  Padova  ,  al  Friuli  ^  e  a 
molti  di  que' contorni. 


Àn- 


Anno     MDXIL  279 

Annodi  Cristo   1512^  Ind.  xv. 

di  Giulio  li ,  papa   10.         v 

di  Massimiliano  re  de'Rom.  20. 

«^i  meravigliano    talvolta    alcuni    al  vedere, 
ai  dì  nostri  le  armate  campeggiare  in  tem- 
po di  verno,  e  fare  assedj  e  battaglie^  quasi 
prodezze  ignote    agii  antichi.    Ma  noi    ab- 
biam  veduto  ciò  che  avvenne  nel  preceden- 
te verno  ;  ora  vedremo  ciò  che  nel  presen- 
te .  Dappoiché    si    fu    congiunto   V  esercito 
spagnuolo  sotto  il  comando  del  viceré  J?aì- 
mondo  di  Cardona    col   pontificio  ,    in    cui 
era  legato  Giovanni  cardinale    de^  Medici  , 
e  sotto  di  lui  Marcantonio  Colonna  :  messo 
in  consulta    V  andare    addosso    a    Ferrara  , 
oppure  a  Bologna  ,  si  trovò  troppo  difficile 
il  primo  disegno  per  le  strade  rotte    e  pel 
rigore  della  stagione ,   epperò    fu    presa    la 
risoluzione  di  mettere  il  campo  a  Bologna 
dove    si  potea    meglio   campeggiare  :  e  che 
intanto    si   procurasse    V  acquisto  della  ba- 
stia,  ossia  fortezza  che  il  duca  di  Ferrara 
teneva  alla    Fossa   Zaniola ,   siccome   posto 
di  grande  importanza  per  andar  a  Ferrara. 
Colà    fu  inviato    verso  il  fine  di    dicembre 
deir  anno  precedente  Pietro  Navarro  ,  ma- 
stro di  campo,  generale  della  fanteria  spa- 
gnuola,  uomo  di  gran  credito  nelle  armi. 
V'andò  egli    con  duemila  fanti  (  il  Bembo 
scrive  novemila  )  e  con  un  buon    treno  di 
artiglieria.  L'anonimo  padovano  mette  per 

S  4  ca- 


28o  Annali  d' Italia 
capitano  di  questa  impresa  il  signor  Fran-^  j 
zotto  Orsino.  Aggiugne  ancora,  che  in  pò-  i 
che  oxe  tolte  le  difese  agli  assediati _,  se  ne  i 
impadronirono  gli  Spagnuoli  a  forza  d' ar-  ; 
mi.  Del  medesimo  tenore  parla  anche  lo  ì 
scrittore  della  Lega  di  Cambrai.  Ma  il  l 
Guicciardino  e  il  Bembo  dicono ,  che  dopo  ) 
tre  dì  di  resistenza,  Gasparo  Sardi  ferrare-  = 
se  dopo  cinque  giorni  ,  e  fra  Paolo  car-  ^ 
melitano  dopo  dieci  dì,  ebbero  qi*ella  piaz-  \ 
za.  Non  può  certamente  sussistere  tanta  ! 
brevità  di  tempo,  perchè  convenne  battere  ] 
con  artiglierie  le  mura*,  e  secondo  il  Bem-  ^ 
bo  ,  vi  fu  formata  e  fatta  giuocar  una  mi-  1 
na  gravida  di  polve  da  fuoco:  cose  che  ri-  ; 
chieggono  tempo.  La  verità  si  è,  che  dopo  \ 
fatta  la  breccia  o  colle  palle  da  cannoni  ,  ^ 
o  colla  mina,  fu  dato  l'assalto  che  costò  \ 
non  poco  sangue  agli  aggressori ,  ed  obbligò  i 
il  valoroso  Vestidello  Pagano,  comandante  \ 
di  quella  fortezza,  con  que' pochi  dei  suoi  ; 
ch'erano  restati  in  vita  a  rendersi,  salve  ; 
le  persone,  nel  di  ultimo  di  dicembre  del  i 
precedente  anno.  Scrivono  alcuni,  eh'  egli  \ 
fu  ucciso  nell'  ostinata  difesa  :  ma  Gaspara  ; 
Sardi  e  1'  Ariosto  che  meglio  sapeano  i  i 
fatti  di  casa  loro,  ci  assicurano ,  avere  quei  i 
mancatori  di  fede  tolta  a  lui  la  vita  dopo  ] 
la  resa,  in  vendetta  d'un  loro  bravo  uffi-  ] 
ziale  perito  con  tant'  altra  gente  in  quell'  : 
assedio  .  Ecco  le  parole  dell'  Ariosto  .  : 

Che  volchè  in  lor  man  vinto  si  fu  messo  ] 

II 


Anno     MDXII.  281 

ser  Vestidel^  lasso  e  ferito, 
Senz'  arme  fu  fra  cento  spade  ucciso 
Dal  popoZ  la  più  parte  circonciso  . 

Alfonso  duca  di  Ferrara ,  a  cui  stava    for- 
te sul  cuore    la    perdita    di    quel    rilevante 

^osto,  nel  di  13  di  gennaio  di  quest'anno 
colà  si  portò  anch' egli  colla  gente  e  colle 
artiglierie  occorrenti,  e  seppe  così  destra- 

^«nente  e  valorosamente  condurre  l'impresa 
che  diroccato  il  muro  frescamente  rifatto  , 
in  poche  óre  a  forza  d'  armi  ripigliò  quel- 
la fortezza  ,  con  esservi  mandati  a  filo  di 
spada  tutti  i  difensori.  Fu  colpito  nell'as- 
salto lo  stesso  duca  nella  fronte  da  una  pie- 
tra mossa  dalle  artiglierie  con  tal  empito , 
che  rimase  tramortito  più  giorni .  La  cela- 
ta gli  salvò  la  vita.  Papa  Giulio,  u^mo 
facilmente  rotto  ed  iracondo,,  scrisse  per 
questo  fatto  lettere  di  fuoco  ai  suoi  capi- 
tani . 

Dopo  va rj  consigli  finalmente  nel  dì  26 
di  gennaio  colla  neve  in  terra  T  esercito 
pontificio  e  spagnuolo  imprese  l' assedio  di 
Bologna  ,  postandosi  verso  quella  città  dal- 
la parte  della  Romagna  per  la  comodi- 
tà delle  vettovaglie  .  Piantate  le  batte- 
rie ,  si  diede  principio  alla  loro  terribi- 
le sinfonia  ;  si  formarono  gli  approcci  ; 
e  già  erano  diroccate  cento  braccia  delle 
mura  ,  e  vacillante  la  torre  della  porta  di 
santo  Stefano.  Dentro  non  mancavano  ad 
una  valorosa    difesa   i    Bentivogli  con    chi 

era 


282        Annali    d'Italia  ; 

era  dei  loro  partito,  e  Odetto  di  Fois ^  ed  ' 
Ivo  d'  Allegre  capitani  francesi  che  con  due- 
rnila  tedeschi  e  dugento  lance  rinforzavano 
quel  presidio.  Erasi  per  dare  l'assalto  alla 
breccia,  ma  si  volle  aspettar  l'esito  di  una  ^ 
mina  ,  tirata  sotto  la  cappella    della    beata   ^ 
Vergine  del  Baracane  nella  strada  Castiglio-  ' 
ne  da  Pietro  Navarro.  Scoppiò    questa,    e  | 
mirabil  cosa  fu ,  che  la  cappella  fu  balzata  | 
in  aria,  e  tornò    a  ricadere  nel  medesimo 
sito  di  prinia,  con  restar  delusa  Taspetta- 
zion  de' Spagnuoli,  quivi  pronti  per  T  assal- 
to .  Intanto  Gastone    di   Fois  ,   ridottosi    al 
Finale  di    Modena ,  andava    ammassando  le 
sue  genti,  e  seco  si  unì    il  duca  di  Ferra-  | 
ra  colle  sue .  Udito  il  bisogno  de'  Bologne-  | 
si,  spedì  loro  mille  fanti,    e  poi  centocin- 
quanta lance  che  felicemente  entrarono  nel- 
la città:  cosa  che  fece  credere   ai  nemici  , 
ch'egli  non  pensasse  a  passare  colà  in  per- 
sona ;    e    tantopiù    perchè    l' armata  veneta  ^i 
avea  spedito  di  là    dal    Mincio    un    grosso  ? 
distaccamento  ,  e  si  temeva  di  Brescia  .  Ma  è 
il  prode  Gastone  mosso  una  notte  l' eserci- 
to  dal    Finale ,  ad  onta    della  neve    e    dei 
ghiacci ,   con  esso  arrivò    a  Bologna  nel  dì 
quinto  di  febbraio,  e  v'entrò  per  la  porta 
di  san  Felice  ,    senzachè    se  ne  avvedessero 
i  nemici  :    locchè    certo    parrà   inverisimile 
a  più    d'uno,  eppure    lo  veggiamo    scritto 
come  cosa  fuor  di  dubbio  .  Pensava  egli  di 
uscir  tosto  addosso  agli  assedianti  ;  ma  de- 
ferendo  ai  consigli   di  chi  conoscea  la  ne- 

ces- 


_  Anno     MDXII.  283 

Eessità  di  ristorar  la  gente  troppo  stanca  , 
anto  preso  dagli  Spagnuoli  unoStradiot- 
rivelò  ad  essi  lo  stato  presente  della 
città  .  Di  più  non  vi  volle ,  perchè  1'  arma- 
ta de' collegati  levasse  frettolosamente  il 
campo,  e  si  ritirasse  alla  volta  d'Imola  • 
Solamente  alcuni  cavalli  francesi  ne  pizzica- 
rono la  coda  con  prendere  qualche  bagaglio. 
Nella  Storia  del  Guicciardino  è  messa  la 
ritirata  loro  nel  dì  15  di  febbraio ,  ma  ciò 
avvenne  nella  notte  del  di  sesto*  anteceden- 
te al  giorno  settimo .  Per  questo  avveni- 
mento si  diffuse  r  allegrezza  per  tutta  Bo- 
logna ;  quando  eccoti  arrivar  corrieri  con 
delle  disgustose  nuove  che  turbarono  tutta 
la  festa . 

Avea  il  conte  Luigi  Avogadro  nobile  bre- 
sciano con  altri  suoi  compatrioti  bene  af- 
fetti alla  repubblica  veneta  ,  e  stanchi  del 
governo  francese,  inviati  segretamente  1 
Veneziani  all'acquisto  di  Brescia  ,  promet- 
tendo d' introdurli  dentro  per  la  porta  del- 
le Pile ,  giacché  poco  presidio  era  rimasto 
in  quella  città.  A  questo  trattato  avendo 
accudito  il  Senato  veneto,  Andrea  Grittl 
legato  della  loro  armata,  e  personaggio  di 
gran  coraggio ,  con  trecento  uomini  d'  ar- 
mi ^  mille  e  trecento  cavalli  leggeri  e  mil- 
le fanti  partito  da  Soave ,  andò  a  valicare 
il  Mincio,  ed  unito  coU'Avogadro  si  pre- 
sentò davanti  a  Brescia.  Ma  essendosi  sco- 
perto il  trattato,  e  presi  alcuni  de' congiu- 
rati,  niun  movimento  si  fece  nella  città  . 

Il 


284       Annali    d'  I  t  al  i  a 
Il  Gritti  non  iscoraggito  per  questo  _>  giaci-* 
che  giunsero  a  rinforzarlo    alcune   migliaia 
di  villani^  volle  tentar  colla  forza  ciò  che 
non  s'  era    potuto    ottener  colla    frode .  Fu 
dato  nel  dì  tre  di  febbraio  da  più  parti'  V 
assalto  e  la  scalata  a  Brescia  ;  e  perciocché 
finalmente  sollevossi  il  popolo  gridando  ad 
alte  voci  Blarco  ^  Marco,  il  signor  di  Luda  ^ 
comandante    francese /co' suoi    e    co*  nobili 
del  suo  seguito  si  ritirò  nel  castello  .  Dato 
fu  il  sacco  alle  case  de'  nobili  fuggiti^  e  a 
quanto  v'era  de' Francesi  ;  e  stentò  assais- 
rao  il  Gritti  a  trattenere  gì'  ingordi  solda- 
ti e  villani   di    far    peggio.    Stesasi  questa 
nuova   a.  Bergamo,    anche    quella  città,    a 
riserva    del'   castello,  alzò  le    bandiere    di 
di  san  Marco:    segno,    che  i  Francesi  non 
sapeano  acquistarsi  1'  amore  de'  popoli .  Cor- 
se bene  il  Trivulzio  a  Bergamo  ,  ma  ritro- 
vò serrate  ivi  le  porte  per  lui  ;  però  si  ri-  I 
dusse  a  Crema,  e  quella  città  preservò  dalla  1 
ribellione.  In  Venezia  per  tali  acquisti  si  fa- J 
cero  per  tre  dì  immense  allegrezze.  Intanto! 
a  Gastone  diFois  giunsero  l'un  dietro  l'altro  J 
corrieri  coli'  avviso  della  perdita  di  Brescia  | 
e    di  Bergamo .    Per  sì  dolorosa  nuova  non  1 
punto  sbigottito  il  generoso  principe,  dopo  ( 
aver  lasciato  in  Bologna  il  signor  della  Fo- I 
glietta  con  quattrocento  lance  e  secento  ar-  ; 
ceri  ,    e  Federigo    da  Bozzolo  con  quattro-  | 
mila    fanti:    nel  lunedì  8    di    febbraio    colj 
resto  della  sua   gente  s'  avviò  a  Cento  .  Fu  \ 
nel  dì  seguente  al  Bondeno  e  alla  Stellata. 

Nel      ì 


Anno     MDXIT.  285 

icrcordi  passò  il  Po ^  e  si  fermò  ad 
Ostia  .  L'  altro  di  passò  il  Tartaro  a  No- 
vara ;  dove  saputo  ,  che  Gian-Faolo  Ba- 
gUone  governatore  dell'  armata  veneta  era 
pervenuto  alT  isola  della  Scala  con  trecen- 
to lance  e  mila  fanti  ;  scortando  dodici 
cannoni  da  batteria  ,  e  gran  copia  di  mu- 
nizioni per  l'espugnazione  del  castello  di 
Brescia  :  subito  spinse  circa  mille  e  dugen- 
to  cavalli  a  quella  volta.  Il  Baglione  av- 
vertito da' contadini^  spronò  co' suoi  il  più 
che  potè .  Giunsero  i  Francesi  alla  torre 
del  Magnano  addosso  al  conte  Guido  Raji- 
gone  che  marciava  con  altre  fanterie ,  e 
con  trecento  cavalli.  Fatta  egli  testa,  co- 
minciò valorosamente  a  difendersi  ;  ma  so- 
praffatto dalla  gente  che  di  mano  in  mano 
arrivava,  e  cadutogli  sotto  il  cavallo,  ri- 
mase egli  con  altri  non  pochi  prigione.  Si 
contarono  più  di  trecento  fanti  sul  campo 
estinti  oltre  ai  prigionieri.  Il  resto  si  sal- 
vò col  Baglione.  Questa  pugna  seguì  circa 
le  quattr'ore  della  notte  al  chiaro  della  ne- 
ve _,  e  al  lume  delle  stelle.  Vennero  poi  i 
vincittori  ad  alloggiare  in  varie  ville  ,  do- 
"ve  si  trovò  aver  eglino  fatto  quel  giorno  ^ 
senza  mai  trarre  la  briglia  ai  cavalli,  mi- 
glia cinquanta  :  cosa  che  so  non  sarà  ere-- 
duta  ;  ma  io ,  che  fui  presente  siil  fatto  , 
ne  faccio  vera  testimonianza .  Queste  son 
parole  dell'anonimo  padovano^  la  cui  Sto- 
ria manuscritta  è  in  mio  potere. 

Somma  in  questo  mentre  fu  la  sollecitu- 

di- 


286'     Annali    d'Italia 
dine  e  lo  sforzo  di  Andrea  Gritti^  per  ve- 
der pure ,    se    poteva  espugnare   il   castello 
di  Brescia;  unì  schiere  assaissime  di  villa- 
ni armati  ;  dappertutto  accrebbe  le  fortifi- 
cazioni e  le  guardie,  animando  specialmen- 
te con  bella  orazione  il  popolo  alla  difesa, 
e  con  ricavarne  per  risposta  ^  che  tutti  era- 
no pronti  a  mettere  la  vita  loro  e  de'pro- 
prj  figliuoli,,  e  quanto  aveano  ,  piuttostochè 
tornare  sotto   il  crudel  dominio    oltramon- 
tano .  Nel  martedì  della  seguente  settima- 
na giunse  Gastone  in  vicinanza  di  Brescia  ^ 
e    la  notte  introdusse    nel  castello  quattro- 
cento  lance  (con  rimandare  indietro    i  lor 
cavalli)  e  tremila  fanti.  Fece  nel  dì  seguen- 
te intimare  al  popolo,    che  se  non  si  ren- 
devano in  quel  dì ,  darebbe  la  città  a  sac- 
co ;  e  che  rendendosi ,  otterrebbe  il  perdo- 
no dal  re.  Altra  risposta  non  riportò,  sen- 
nonché si  voleano  difendere  sino  alla  mor-1 
te.  Attese  quella  notte  chi  avea  giudizio  %j 
mettere    in  monistero    le   lor  moglie   e  £-^ 
gliuole,  e  a  seppellir  ori^  argenti  e  gioie,'| 
dove  più  pensavano  ,  che  fossero  sicuri.  Lai 
mattina  seguente  all'apparir  del  giorno  che| 
fu    il    dì   19    di  febbraio ,    cioè    il  giovedì! 
grasso    dell'  anno  presente ,    giorno    semprcfj 
memorando  ,  scesero  dal  castello  i  France-* 
si.  Si  leggeva  nei  lor  volti  l'impazienza  e\ 
il  furore  per  la  voglia    e  speranza    del  va»* 
gheggiato  bottino.    Battaglia  fiera  seguì  aii 
primi  ripari  de' Veneziani .    Superati  questi! 
colla  morte    di  circa  duemila  Veneti  ,    en-» 

tra-     i 


■         Anno    MDXIL  2S7 

o  i  Francesi  con  grande  schiamazzo 
nella  città,  e  ferocernente  assalita  la  gen- 
te d'armi  che  era  alla  difesa  della  piazza, 
dopo  un  sanguinoso  combattimento  la  mise 
in  rotta.  Intanto  il  resto  dell'armata  fran« 
cese  che  era  fuori  della  città,  aspettando ^ 
che  s'aprisse  qualche  porta,  vide  spalan- 
carsi quella  di  san  Nazaro ,  per  cui  fuggi- 
va con  dugento  cavalli  il  conte  Luigi  Avo- 
gadro,  promotore  di  quella  congiura.  Re- 
stò egli  prigione,  ed  entrate  quelle  milizie 
finirono  d' uccidere  ,  dissipare  ,  e  far  pri- 
gioni i  Veneti  e  Bresciani  armati ,  con  tan- 
te grida  «rumore,  che  parea,  che  rovinas- 
se il  mondo.  Mirabili  cose  vi  fece  Gastone 
di  Fois ,  non  solo  come  capitano,  ma  come 
ottimo  soldato.  Si  fece  conto,  che  vi  mo- 
rissero più  di  seimila  fra  cittadini  e  Ve- 
neziani^ e  fra  gli  altri  Federigo  Contarìna 
capitano  di  tutti  i  cavalli  leggeri  della  re- 
pubblica. Rimasero  prigioni  Andrea  Grittl 
legato y  Antonio  Giustiniano  podestà  ,  Gian* 
Paolo  Manfrone ,  ed  altri  assaissimi  uffizia- 
li .  De'  Francesi  vi  morirono  più  di  mille 
persone.  Terminata  la  battaglia,  si  scate- 
narono ^li  arrabbiati  vincitori  per  dare  il 
sacco  a  queir  opulenta  ed  infelice  città . 
Durò  questo  quasi  per  due  giorni ,  ne' qua- 
li non  si  può  dire,  quanta  fosse  la  crudel- 
tà di  quc'cani,  giacché  in  s\  fatte  occasio- 
ni ^li  armati  non  san  più  d' essere  non  di- 
rò cristiani ,  ma  neppur  uomini ,  e  peggio- 
ri si  scuaprono  delle  fiere  stesse  •  Non  con- 

ten- 


^88         Annali     d'  I  t  a  l  i  a 
tenti  de' iDobili    di  qualche  prezzo,    fecem 
prigioni  tutti   i  benestanti  cittadini  ,  obbli- 
gandoli   con  tormenti  inuditi    a  rivelar    le 
robe  e  danari  ascosi ,  o  a  pagare  delle  esor- 
bitanti taglie  ,  e  molti  per  non  poterle  pa- 
srare  furono  trucidati  .    Entrarono  anche  in 
ogni  monistero  di  religiosi ,  e  tutto  il  bene 
ivi  ricoverato  restò  in  loro  preda.  Sul  prin- 
cipio ancora  del  sacco  non  pochi  scellerati 
soldati ,    senza  far    conto  del    divieto  fattoi, 
dal  generale  Gastone,  forzarono  le  porte  di-- 
alcuni  conventi  di  sacre  vergini,    commet- 
tendovi cose  da  non  dire.  Ma  atendone  es- 
so generale  fatti  impiccare  non    so  quanti , 
provvide  alla  sicurezza  di  que' sacri  luoghi , 
dove  s'erano  rifugiate  quasi  tutte  le  donne 
bresciane  .    La  sera  finalmente    nel  venerdì" 
uscì  bando  sotto  pena  della  vita ,  che  ces- 
sasse il  saccheggio j,    e  che  nel    dì  seguente 
tutti    i  soldati  uscissero    di  città.    Appena 
udirono  sì  grande  scempio   i  Bergamaschi  , 
che  nella  seguente  domenica  tornarono  alla^ 
ubbidienza  de' Francesi  ,    e  collo  sborso  di; 
ventimila    scudi    impetrarono    il    perdono  .|| 
L'  Avogadro    ed  altri  autori   di  tanto  malei- 
alla  loro  patria ,  nel  dì  appresso  furono  de-^j 
capitati  e  squartati  ;    e  due  figli  del  primo^ì 
da    lì    ad  un  anno  anch'  essi   ebbero   reciso^'j 
il  capo    in  Milano.    Tal  fine    ebbe    quf^staj| 
lagrimevol    tragedia     che    fece    incredibile  ti 
strepito  per  tutta  1'  Europa  .  jj 

Intanto  ]japa  GiuUo  più  che  mai  invipe-  j 
rito  cotitra  del  re  di  Francia,    e  risoluto,  \ 

co- 


A  N    N  o     MDXir.  2?:g 

dme""ègli  sempre  andava  dicendo,  di  voler 
acciare  i  Barbari  d'Italia,  senza  pensare, 
e  questo  fosse  un  mestiere  da  sommo  pa- 
ter della  Chiesa  e  vicario  di  Cristo  :  mo- 
ea  ciclo  e  terra  per  levare  gli  amici  ad 
sso  re  Cristianissimo  ,  e  per  tirargli  ad- 
losso  dei  nemici.  Gli  riuscì  di  condurre 
ìlassimiliano  Cesare  ad  una  tregua  di  die- 
i  mesi  co^  Veneziani  ^  mediante  lo  sborso 
il  cinquantamila  fiorini  renani,  e  infine  di 
taccarlo  afFattto  dai  Francesi .  Seppe  far 
anto  ,  che  Arrigo  re  d' Inghilterra  si  diede 
i  fare  un  potente  preparamento  d'armi, 
)er  muovere  guerra  alla  Francia  .  Ferdinan- 
lo  il  Cattolico  oltre  a  quella  che  faceva  in 
talia ,  fu  incitato  ancora  a  corp.inciarne 
m' altra  ai  Pirenei.  Nuovi  e  gagliardi  ma- 
leggi  fece  parimente  il  pontefice  col  dana- 
*o  e  con  altri  regali,  per  tirar  di  nuovo 
y\ì  Svizzeri  centra  dello  Stato  di  Milano  . 
Credeva  il  re  Lodovico  tutti  questi  brutti 
luvoli  in  aria  ,  ed  intanto  avea  sulle  spal- 
e  gli  eserciti  pontifìcio  ,  veneto  e  spagnuo- 
lo  che  maggior  apprensione  gli  recavano 
per  gli  Stati  d'Italia.  Perciò  inviò  ordine 
a  Gastone  di  Fois  di  tentar  la  fortuna  con 
una  battaglia.  Gastone  sentendosi  invitato 
al  suo  giuoco,  e  sapendo  da  altra  parte, 
che  Bologna  si  trovava  continuamente  in- 
festata ,  e  come  bloccata  dalle  armi  del 
papa  e  del  viceré  Cardona ,  passò  a  Ferra- 
ra, per  concertare  col  duca  Alfonso^  quan- 
to era  da  fare.  E  dacché  ebbe  ricevuto  un 
Toivio  XXir.  T  rin- 


290       Annali    d' Italia  i 

rinforzo  di  trecento  lance    e  di  quaftromi^  | 
la  fanti  guasconi  e  piccardi ,    e  cinquemila  1 
fanti  tedeschi  >  condotti  da  Jacob  e  Filippo  | 
capitani  di  gran  nome    in  Germania  :    fece  | 
la  rassegna    dell'armata    sua    che    si   trovò  | 
ascendere  a  lance  ossia  uomini  d"*  arme  mil- 
le   e  ottocf:nto  ,    a  quattromila  arcieri  e  a 
sedicimila   fanti .  Nel  dì   26  di  marzo  mos-  \ 
«e  dal  Finale  di  Modena  l'armata  sua  ver-  | 
so  Id   Romagna,  e  al  luogo  del  Bentivoglio' 
seco  si  unì  Alfonso  duca    di  Ferrara    colle» 
sue  truppe,   e  con  gran  copia  d'artiglierìe: 
e  munizioni.    A  questo  avviso    il    cardinal^ 
de'  Jledicl  legato^    e  il  Cardona    si  ritira-^ 
vono   verso  la  montagna  di  Faenza  col  loro 
esercito^    corrsisfente  in  mille  e  cinquecenr 
to  lance  ,  in    tremila    cavalli  leggeri ,  e  in 
diciottomila    fanti.    Non  aveano  voglia    di 
venire  alle  mani,  perchè  speravano,  che  ti- 
rando   in    lungo    la    faccenda,    calerebbona 
gli  Svizzeri  nello  Stato  di  Milano,  ed  uni-^ 
caracnte  pensavcino  a  difficultar  le   vettova-.^ 
glie  .al  campo  francese.    Giunto  Gastone  al 
Gotignola  ,    arrivarono  oratori  di  Massimi^ 
liana  Cesare  ad  intimar  gravi  peno  ai  Te-|| 
deschi  militanti  al  soldo  del  re  Cristianis-^i 
simo  ;    ma  s^^nza  frutto,    avendo   que'capi-^i 
tani  risposto  di  non  voler  mancare  alla  \ot^\ 
fede.    Fu  dunque  presa    la   risoluzione    neUj 
campo  francese    di  marciare    alla  volta    dtjl 
Kavenna.    Per    non  lasciarsi    alle  spalle    i^j 
forte  e  ricco  castello  di  Kussi,  giacché  ar-'i 
roesntemente     fu    risposto     dagli     abi^antifi 

air   - 


il 


Anno     MDXIL  29*  t 

intimazione  di  renderai  ,  convenne  ado- 
rar le  artiglierie,  e  con  un  -fiero  e   san- 
gufno.^(ì  assalto  impadronirsene.    Vi  furono 
tagliate    a  pezzi  (se  vogliam    presfar   fede 
aìTanonimo  padovano  che  sembra  essere  in- 
tervenuto a  quel  macello)  circa  mille  per- 
sone   tra  soldati    e  terrazzani ,    e  datò    uri 
orrido  sacco  all'infelice  luogo.  Il  Guicciav- 
dino   molto  men   dice  de' morti .  Indi  passò 
r esercito    sotto  Ravenna,    alla    cui    difesa 
nzì  era  stato  inviato  Marcantonio  Colon- 
lìa  con  cento  lance  ,  dugento  cavalli  legge- 
ri e  T^ille  fanti.    Dispóste    le  sue  artiglie- 
'nciò  tosto    ildùèa    di  Ferrara  a 
ijMS'igiìar  quelle  vecchie  mura  con  un  con- 
torno treniuoto .  Formata  la  breccia  ,  si  ven- 
air  assalto    nel    venerdì    santo ,    giorno 
ben  "santificato  da  quella  gente  ,    e  durò  la 
battaglia  per  quattr^'ore^  sostenuta  con  tal 
vigore    dal  Colonna,    che    vi    perirono    fra 
V  una  e  V  altra  parte  da  mille  e  cinquecento 
fanti ,  la  maggior  parte  Italiani ,  e  vi  restò 
tnàlamente  ferito  Federigo  da  Bozzolo  ,  va- 
te capitano  de' Francesi  . 
\  questi    avvisi    il  viceré  Cardona ,    non 
ondo  lasciar  perdere  Ravenna,  fu  neces- 
sitato a   muoversi  coli' armata  collegata,  e 
venne  a  postarsi  in  un  forte  alloggiamento  , 
'tre  miglia    lungi  da   quella  città,    dove    si 
afforzò  con  alzar  terfa^  e  cavar  fosse  fatte 
a    mano    colla  maggior    celerità  possibile. 
•Trovavasi    il    general    francese    in    sommo 
^imbroglio ,    perchè  vedea    i  nemici  ostinati 

T  2         a  schi- 


292        Annali    d'  Italia 
a  schivar  la  zuffa;   e  intanto  "^l' annata  sua 
si    trovava    in    graii    disagio ,    perch'  erano 
cinque  giorni ,    che    gli  uomini   campavano 
di  solo  frumento  cotto  e  d'  acqua  ^  e  i  ca- 
valli   non  istavano    meglio ,    perchè    cibati 
anch'essi  di  solo  frumento ;,  e  di  poche  fo- 
glie di  salici  ;  sicché  era  necessario  o  riti- 
rarsi,  o  avventurare  giornata  campale.  Fu 
preso  r  ultimo  partito^    e  tutto  il  sabbato 
santo  fu  impiegato  a  prepararsi  per  sì  or- 
rida danza.  La  mattina  dunque  del  dì  un- 
dici   di  aprile ,    correndo    la   maggior  festa 
deir  anno  ,  cioè  la  Kisurrezione  del  Signo- 
re;   giorno  celebrato  ^CGi^    tanta  divozione 
da  tutto  il  Cristianesimo  ,  ma  funestato  da 
coloro    con  tanti    sdegni    e  spargimenti    di 
sangue:    l'esercito    francese    in    ordinanza' 
marciò  contra  del  collegato  .  Con  essi  Fran- 
cesi era    il    cardinale  Sanseverino^    legato 
del  conciliabolo  di  Pisa  ,  che  pareva  un  san    \ 
Giorgio,    perchè  armato  da  capo    a  piedi.    \ 
Prevalse  fra  gli  Spagnuoli  il  parere  di  Pie-  J 
tro  Navarro  ^  che  non  s'  avesse  ad  uscir  daL^I 
trinceramenti,   credendo  egli  maggior  van-  ;! 
taggio  l'aspettar    di    pie    fermo    il  nemico  .- 
dietro  ai  ripari.    Ma  il  senno  del  duca  dij- 
Ferrara  trovò  la  maniera    di  cacciarli  fuor    - 
della  tana;    perciocché  postate    le  batterie  .■ 
de' suoi    grossi    cannoni    in    un  buon    sito  ,   .; 
cominciò  con  tal  furia    a  percuotere  entro    i 
le  lor  trincee  i  collegati ,  che  per  attestato    | 
dell'anonimo  padovano,  il  quale  diligente-     : 
mente  descrive    questo  gran    fatto  d' armi  ^    i 


m 


Anno     MDXIT.  292 

estarono  uccise  circa  duemila  persone  , 
^^iù  di  cinquecento  cavalli  sventrati  .  Al- 
lora   i    capitani    veggendo    così  malmenata 
la    lor   gente    senza  poter    fare  resistenza  , 
ciiiésero  licenza    al  viceré  di  uscire   a  bat- 
ilagìia .    Scrive    il  Guicciardino ,    che  fu    il 
Valoroso  Fabrizio  Colonna  ^  che  annoiato  di 
sì  brutto  giuoco  ,  senza  dimandarne  la  per- 
missione ,   sboccò  fuor  dei  ripari,    e  diede 
principio    alla  mischia ,    seguitato  poi    dal 
^resto  deir  armata.  Gareggiavano  in  bravu- 
ra questi  due  eserciti.  L'odio  delle  nazio- 
ni, l'amor    della    gloria,    la  necessità,  in- 
£ammavano  il  cuoi*  d'  ognuno  .    Però  terri- 
bile   fu    il  combattimento,    e  una  giornata 
simile  non  s'era  da  gran  tempo  veduta    in 
Italia.  All'istituto  mio  non  lice    il  descri- 
verne le  circostanze.  Però  basterà  di  dire, 
che  andarono  in  rotta  i  Pontifìc]  e  Spagnùo- 
lli" ,  specialmente  per  la  strage  che  ne  fece- 
»io  le  bombarde  del  duca    Alfonso,  postate 
ai  loro  fianchi  ;  confessando  il  Bembo  ,  che 
egli  con  questi  bronzi  e  eoi  suo  stuolo    fu 
cagione  della    vittoria  in    gran  parte .  Per- 
derono  i  vinti  tutte    le  loro   artiglierie,  e 
buona  parte  delle  insegne    e    dell'  equipag- 
gio ,  con  lasciar  morti    sul    campo  ottocen- 
to uomini  d'armi,   mille    trecento    cavalli 
leggeri,    e    settemila    fanti^    e^  con    restar 
prigionieri    il     cardinale    legato,    cioè  Glo- 
-vanni  de'  Medici  ^  il   marchese  di  Bltonto  j 
Ferdinando  d'  Avalos  marchese  di  Pescara, 
allora    giovinetto,    che  poi  riuscì   capitana 

T  3  di 


294  A  J\  N  A  L  I      1/  I  T  A  L  I  A  \ 

di  gran  nome  ,    il    principe  di  BislgnariQ  J 
il  CarvalaL  e  Pietro  Navarro  spagnuoli  coa^ 
altri  non  pochi  uffiziali.  11    prode  Fabrizia 
Colonna  per    sua    buona  ventura  restò  pri-Ì 
gione  di  Alfonso  duca  di  Ferrara,    cicè  di] 
un  principe    che  gli^  usò    tutte  le  maggior 
finezze,  né  volle  poi  riscatto  ,  siccome  ve 
dremo.  Restarono  fra    i    morti  il  duca    d 
Alba,  il  conte  di  31ontebasso  y     il  Vaimon 
tone  ^  ed  altri  capitani.  Si  salvò    a  Cesen 
il  Cardona,  dove  attese  a  raccogliere  le  re 
liquie  del  tanto  sminuito  e    sbandato  est  r 
cito. 

Ma  se  piansero  per  la  ìor    mala    sorte 
^^còll.egati  ,  non  ebbero  già    occasion    di    ri 
dere  i    Francesi  per  la  loro    vittc/ita  .    Im 
perocché,  secondo  l'anonimo  padovano  eh 
mostra  d'aver  avuta  buona  contezza  di  que   , 
sta  si  sanguinosa  giornata^  vi  perirono  set-: 
tecento    uomini    d'armi ,  ottocento   ottanta  j 
arcieri,  e  novemila  fanti,  e    tra' principali  ; 
uffiziali  loro  Ivo  d\4.llegre  con  due    figli  ,  \ 
amendue    capitani    d'   arcieri  ,    la    Grotta  y  • 
Villadura  ,  i  due  capitani  de'  Tedeschi  Fi^ 
lippa  e  Jacob  ^  ed  altri  ch'io  tralascio  .    Il 
signore  di  Lantr^c,  carico  di  ferite,  ritro? 
vato    fra  i  morti  _,    e  poi    curato    in  Ferra-  ì 
ra  ,  salvò  la   vita  .  Certamente  è  uno    sba- 
glio   di    stampa    il    dirsi    nella    Storia    del 
Guicciardinò,  che  tra  V  uno  e  l'altro  eser- 
cito    perirono    almeno    diecimila,  persone  . 
Tanto    il    Giovio  ,    che     il    Mocenigo  ,     il 
Bembo ,  il  Buonaccorsi ,  il    Nardi  ed    altri 

sto- 


Anno     MDXII.  295 

'Otici,  mettono  almen  sedici  migliaia  di 
morti  •  Ma  ciò  che  contrappeso  la  perdita 
de' collegati,  fu  la  morte  dello  stesso  gene- 
rale Gastone  di  Fgis  .  A  questo  valoroso 
principe,  giovane  di  ventiquattr' anni  ,  do- 
po aver  fatto  delle  stupende  azioni  di  va- 
lore e  di  saggia  condotta  in  quello  spaven- 
toso combattimento,  parea  di  aver  fatto 
nulla,  se  non  inseguiva  con  circa  mille  ca- 
valli un  corpo  di  tremila  fanti  spagnuoli  ^ 
che  ben  serrato  si  ritirava  dal  campo.  Un 
colpo  di  archibuso  il  colpì  in  questa  azio 
ne  ,  per  cui  diede  fine  alla  sua  vita  ,  e  alle 
sue  vittorie^  lasciando  una  perenne  memo- 
ria del  suo  senno  e  coraggio  ,  e  una  ferma 
opinione^  che  s'egli  fosse  sopravvivuto  , 
avrebbe  fatto  conquiste  e  meraviglio  mag- 
giori. Fu  poi  portato  a  r.Iilano  il  suo  cor- 
po ,  ed  ivi  con  esequie  magnifiche  e  in  se- 
polcro nobilissimo  seppellito.  Terminata  la 
sanguinosa  battaglia  ,  Blarco  Antonio  Co 
lonna  ,  dopo  a^ver  consigliato  i  Ravennati 
di  andar  la  mattina  per  tempo  ad  offerire 
la  citta  ai  vincitori ,  per  ottener  le  miglio- 
ri condizioni  che  potessero  :  sì  ritirò  nella 
cittadella  .  Poi  nella  mezza  notte  ,  lasciato 
ivi  un  capitano  con  cento  fanti ,  perchè 
mancavano  le  provvisioni,  col  resto  de' suoi 
se  ne  andò  a  Piimini.  Comparvero  sul  far 
del  dì  i  deputati  di  Ravenna  al  campo 
francese;  ma  mentre  ivi  si  trattava  della 
capitolazione  ,  i  fanti  guasconi  ,  non  sazj 
del  bottino  fatto  il  dì  innanzi^  ed  avidi  di 

T  4  far 


2.^6  Annali    d'Italia 

far   vendetta  di  tanti   de'  suoi    uccisi    nella  i 
battaglia  ,  si  arrampicarono  per  la    breccia  \ 
delle  mura  di    Ravenna  ,  e  facilmente  cac-  j 
ciati  que'  pochi    cittadini    che    vi  evano    in  = 
guardia,    penetrarono    nella    città.    Dietro  j 
loro  di  mano  in  mano  entrò  il  resto  della  j 
fanteria  ,  e    tutti    poi    si  diedero  non  sola* 
mente.'  a  saccheggiar  le  case  ,  ma  anche  ad 
uccidere  chiunque  scontravano  per  le    stra- 
de, senza    riguardo    a    sesso  od  età.  Niun 
rispetto  si  ebbe  alle  chiese  e    alle  cose  sa- 
cre e    il  barbarico    furore    d' alcuni  giunse 
ad  introdursi  in  un  monistero  di  sacre  ver-| 
gini  ,  con    ivi    commettere    ogni    maggiore 
eccesso.  Tutto  era  urli  e  pianti.  Avvisato 
di   tanto  disordine  il  signor  della  Palissa 
capo  prò  interim  dell'armata,  corse  colle- 
gato e  con  altri  capitani  all'infelice  città, 
e  i    primi    suoi  passi  furono    a  quel  moni- 
stero,   e  quanti  vi  si  trovarono  dentro  (  era- 
no 34  )  li    fece    immediatamente    impiccar] 
per  la  gola  alle   finestre.    Questo    spettaco-| 
Io,  e  un  bando  generale  servì  per    mettere 
fine  al  saccheggio  ,  e  tutti  i  soldati  usciro- 
no   della    città  .    Il    terrore    intanto    spar- 
so   per     tutta    la    Romagna     cagione     fu   ^ 
che    le    città    di    Faen^a^    Cervia,    Imola  ,i 
Cesena,  Rimini    e    Forlì   ,    a    riserva    delle 
rocche  ,    mandassero    le    chiavi    al     campa; 
francese,  per  esentarsi  da    mali  maggiori  , 
e  la  cittadella  di  Ravenna  per   pochi  gior- 
ni si  sostenne .  Fu  esibito  al   duca  di  Fern 
rara  il    comando    dell'armata  gallica  ;    ma; 

egli      i 


Anno    MDXII.  297 

_  ^Tonbsccndo  ,  che  gente  indisciplinata  ^ 
orgogliosa  e  bestiale  fosse  quella  ,  se  ne 
scusò  con  buona  maniera.  E  tanto  più  se 
De  astenne  5  perchè  come  principe  savio  già 
prevedeva,  che  il  re  Cristianissimo  con  tan- 
ti minacciosi  venti  che  erano  oltramonti 
per  aria ,  non  potrebbe  più  attendere  agli 
affari  d'Italia,  né  a  rinforzar  quella  trop- 
po infievolita  armata  .  Però  ritiratosi  a 
Ferrara  cominciò  a  pensare^  come  potesse 
salvar  sestesso  nelT  imminente  naufragio  . 
Infatti  la  famosa  vittoria  di  Ravenna  fu 
l'ultima  delle, glorie  francesi  nella  presen- 
te guerra  ,  e  la  fortuna  voltò  loro  da  lì 
innanzi  le  spalle  , 

Arrivata  che  fu  a  Roma  ^  dove  era  tor- 
nato il  pontefice,  la  gran  nuova  del  sud- 
detto fatto  d'  armi ,  non  si  può  dire,  ciie 
paura  e  scompiglio  ivi  nascesse.  Comincia- 
rono allora  più  che  mai  i  saggi  porporati  a 
tempestar  papa  Giulio  ,  perchè  venisse  ad 
una  pace  ;  ed  egli  colla  paura  in  corpo  una 
volta  tenne  delle  strette  pratiche  per  essa  , 
e  massimamente  per  essersi  traspirato,,  che 
Prospero  Colonna  ,  Roberto  Orsino .,  Pietro 
Mar g ano  j  ed  altri  baroni  romani  medita- 
vano delle  novità.  Ma  dacché  si  seppe  il 
netto  della  battaglia,  e  che  sì  caro  era  co- 
stato a'  Francesi  il  loro  trionfo  ,  rinculò 
ben  tosto  ,  e  più  di  prima  si  confermò  nel- 
la brama  e  speranza  di  cacciarli  d'  Italia  . 
A  questa  risoluzione  maggiormente  V  acce- 
10  sicuri  avvisi  ,  che  i  re  di  Spagna  e  di 

In- 


2^8         Annali    d'  1  t  a  l  i  a 

Inghilterra  moveano  guerra  alla  Francia  ,  e    j 

che  ventimila  Svizzeri,  òondotti  dal  cardi'-   ì 

nal  Sedunense  ^  ossia  di  Sion,  coi  danari  di   r 

esso  papa  e  de' Veneziani  ,  erano'  pronti    3    | 

calare  in  Italia.  Venne    intanto  ordin<^  dal    , 

re  Lodovico  al  signor  della  Palissa ,  creato   ì 

governator  di  Milano  ,  di  ritirarsi    alla  di-  ] 

fesa  di  quello  Stato.  Tanto    fece    egli    con  j 

lasciar  leggeri  presidj  in    Ravenna    e  Bolo--^ 

gna .  Ma  dacché  s'intese  mosso    V  esercito  ' 

pontificio  alla    volta    della    Romagna,  Fé-  ! 

derlgo  da  Bozzolo  ,   lasciato    in    Ravenna   ,  ' 

abbandonata  quella    città,  sen    venne    colla  1 

poca  sua  gente  a  rinforzar  Bologna.  Diede  | 

papa  Giulio  principio  al  concilio  lateranen-*| 

se  nel  dì  3    di    maggio,    con    iscarso  con- i 

corso  nondimeno  di  prelati;  ed  ivi  furono  j 

dichiariti    nulli    tutti    gli    atti  del  ridicolo  , 

conciliabolo    pisano.    Sul    principio    ancora  • 

di  giugno  pervennero  per  la  via  di  Trento  ' 

sul    Veronese    gli    Svizzeri    e    Tedeschi,  ej 

alla  mostra   furono    trovati    circa    diciotto-  l 

mil^  fanti  scelti.  Con  loro  si    congiunse  V] 

esercito  de' Veneziani  ,  consistente  in  mille, 

cavalli  leggeri,  seimila  fanti ,  e  gran  quan- 1 

tità  d'artiglierie.    Erasi    postato    il    signor  ; 

della  Palissa  a  Valeggio  presso   il  Mincio  ,  \ 

per  contrastar  loro  il  passo  .  Ma  sentendo-  ■ 

si   troppo  debole  di  forze,  nel  dì  9   di  giu-ò 

gno  si  ritirò  andando  verso  Ponte-vico.  So-j 

pravvenuto  poi  ordine  da  Blassimillano  Ce- ; 

sare^  già    dichiarato    nemico  de' Francesi  ,! 

che  richiamava    tutti    i    fanti  tedeschi  che  \ 

era- 


e- 
Anno     MDXIL  2c^  ^^ 

loro  soldo,  quattromila  cV  essi  nel 
medesimo  dì  se  ne  tornarono  allelor  casef 
lo  che  fu  cagione^  che  il  Pai  issa  precipi- 
tosamente si  ricoverasse  a  Pizzighctlone  , 
e  passasse  V  Adda  ,  sempre  infestato  dai 
corridori  dell'esercito  collegato_,  che  era 
passato  di  là  dal  Mincio.  Gran  bisbiglio  ^' 
movimento  era  in  questi  tempi  per  tutte^ 
le  città  dello  Stato  di  Milana  ,  a  cagion 
della  voce  sipàtsa^  che Blasslmlit ano  Sforza^ 
figlio  del  fu  Lodovico  il  Movo  ,  avesse  a 
riacquistarne  il  dominio:  cosa  sommamente 
sospirata  da  que' popoli^  non  tanto  per  la 
antica  divozione  verso  queiMa  casa,  e  per 
desiderio  d'avere  un  proprio  principe,  quan- 
to ancora  perchè  i  Francesi  d'allora  met- 
tevano in  opera  5  dovunque  comandavan<>>  , 
Tarte  di  farsi  odiare.  Questo  infatti  era 
il  concordato  da  Massimiliano  re  de'Koma- 
ni  col  papa  ».  Furono  i  primi  ad  arrendersi 
senza  contrasto  alcuno  i  Cremonesi  ,  ancor- 
ché la  cittadella  restasse  in  man  de'  Fran- 
cesi ;  e  nacque  lite,  chi  avesse  a  prenderne 
il  possesso,  pretendendo  non  meno  i  Ve- 
neziani, che  il  commissario  dello  Sforza  , 
assistito  da  Cesare,  quella  città.  L'ultimo 
la  vinse  col  favore  degli  Svizzeri  ,  guada- 
gnati da  un  regalo  di  quaranta  o  cinquan- 
tamila ducati,  che  loro  sborsò  il  poj?o!o 
di  Cremona  . 

Servì  ad  accelerare  il  precipizio  del  do. 
minio  francese  in  Italia  la  guerra  nel  me- 
desimo   tempo    mossa  dai    re  d*  Aragona  e 

d'  In- 


goo         An  nalid^  Italia  ; 

d' Inghilterra    alla    Francia ,    per    cui  il  te    ; 
Luigi  trovandosi  molto  imbrogliato  ,  fu  co-   l 
stretto  a  richiamare  il  Palissa  di  là  da'mon-    \ 
ti,  con  órdine    di  lasciar    ben  guernite    le    ì 
cittadelle  più  forti.  Si  ritirò  dunque  ilPà-    ^ 
lissa   a  Pavia  ^  lasciate  guarnigioni  in  Crema    ì 
e  Trezzo.    Anche,   il  Trlvulzlo  ^  scorgendo    = 
di  non  poter  tenere  la  città  di  Milano  che    ; 
tumultuava,  parendo  a  que' cittadini  un'ora    ■ 
mille  anni  di   veder  lo  Sforza  rientrare  nel-    : 
la  signoria    de'  suoi   maggiori  :    dopo    aver    ''- 
ben   provveduto  il  castello  di  quella    città,    : 
si  ridusse    a    Pavia  :    perlocchè    i    Milanesi   ; 
alzarono  tosto  le  bandiere    sforzesche.  Al-   \ 
trettanto  fece  Lodi  j,  allorché  vi   si  appres-    j 
so  l'esercito  della   lega.  E  Bergamo  si  die-    1 
de  ai  Veneziani.  Marciarono  i  collegati  con*' 
gran  fretta   a    Pavia,    per  non  lasciare    pi-    i 
gliar  fiato  ai  Francesi  che  s'erano  fortifica-  -j 
ti  in    quella    città .  Ma    il  Palissa  che    già    ' 
scorgea  commosso  anche  quel    popolo  a  se- 
dizione ,  e  disperato  il    caso    di    sostenersi 
lungamente  ,    dappoiché     i    nemici    aveano 
piantate  le     bombarde  ,    e    passate  anche  il 
Ticino:    all'improvviso    colle    artiglierie  e 
bagaglio  uscì  di    quella    città,  per    incam- 
minarsi alla  volta   d'Asti.  Rottosi  il  ponte 
di  legno  ch'era  sul  Gravelone  ,  al  primo  pez- 
zo d'artiglieria  grossa  ,  che  volle  passare  , 
ne  restarono    di  qua  tagliati    fuora  tredTci 
altri  con  duemila    fanti    tedeschi;    i    quali 
assaliti  dagli  Svizzeri  fecero  una    memora- 
hil  difesa ,   finché    vedendo*  morta  la  metà 

di 


A  N   N  o     MDXil.  301 

di  loro,  e  perduta  ogni  speranza  d'aiuto, 
pieni  di  ferite  si  gettarono  dispcratamentG 
nel  Ticino  per  passare  ail' altra  riva,  do- 
ve i  Francesi  erano  spettatori  della  crudel 
battaglia  senza  loro  poter  recare  aiuto.  Se 
ne  affogarono  circa  dugento.  Aveano  i  Fran- 
cesi molto  prima  inviato  con  buona  scorta 
il  legato  pontificio  prigione  ,.  cioè  Giovan- 
ni cardinale  de^  Medici ,  Alloixhè  fu  egli 
al  passo  del  Pò  alla  Stella,  oppure  a  Bas- 
signana  j  tolto  fu  di  mano  a' Francesi,  e 
ridotto  in  luogo  di  salvamento.  Il  Guicciar- 
dino  di  questo  fatto  dà  l'onore  ai  villani 
del  Cairo  5  guadagnati  la  notte  antecedente 
dai  familiari  del  cardinale.  L' anonimo  pa- 
dovano ne  fa  autore  il  marchese  Bernabò 
Malaspina  ;  e  il  Giovio  scrive,  che  fu  mol- 
to prima  concertata  la  sua  fuga  coli'  aba- 
te Bongallo,  e  con  altri  suoi  amici.  Gra- 
vissimi disagi  patì  poscia  il  resto  dell'  ar- 
mata francese;  pure  continuò  il  viaggio,  e 
passò  le  Alpi  ;  portando  seco  un  buon  do- 
cumento ai  principi  di  n©n  maltrattare  i 
popoli,  massimamtuìte  quei  di  nuova  conqui- 
sta. Certamente  l'alterigia  loro,  l'aspra 
governo,  e  il  lincenzioso  procedere  colle 
»  donne  aveano  talmente  esacerbati  i  popoli 
della  Lombardia,,  che  tutti  a  gara  ,  subito- 
che  se  -la  videro  bella  ,  si  sottrassero  al 
loro  dominio  ,  anzi  infierirono  contro  di 
loro.  Appena  partito  da  Milano  il  Trivul- 
zio  ,  quel  popolo  furiosamente  sì  diede  a 
svenar  quanti  soldati  €  mercatanti  francesi 

era- 


302  Annali  d'  Italia 
frano  rimasti  in  quella  città  ,  con  saccheg- 
giarne le  case  e  botteghe  .  V  ha  chi  scri- 
vo ,  averne  uccisi  circa  mille  e  cinquecen- 
to. Parimente  in  Como  ne  furono  scannati 
non  pochi  ,  e  nella  lor  fuga  verso  le  Al- 
pi,  contra  di  essi  si  scatenarono  tutti  i  \ 
villani  del  paese  ,  uccidendo  chiunque  al-  ! 
qui^nto  si  scostava  dal  corpo  di  battaglia  .  \ 
Intanto  Pavia  ;,  Alessandria,  Com.o  ,  Torto-  : 
na ,  ed  altre  città  inalberarono  le  bandierev  j 
sfcrzes'èhe .  Il  marchese  di  Monferrato  colle  1 
Fue  genti  entrò  in  Asti  e  in  Novara,  ma  \ 
non  ebbe  la  fortezza  di  quest' ultima  città. 
in  tanta  rivoluzion  di  cose  trovarono  ma- 
niera i  ministri  pontifìzj  d'indurre  i  Pia-  i 
centini  e  Parmiciani  a  darsi  alla  Chiesa  :  i 
lo  che  aprì  allora  un  campo  di  doglianze  ; 
e  dispute  del  duca  di  Milano  e  delPimpe-  i 
ro  contro  il  papa  :  dispute  ravvivate  poi  ; 
a'' giorni  nostri,  siccome  diremo  a  suo  tetn-'  ^ 
pò.  Pretese  inoltre  il  papa  ,  che  Asti  do-  \ 
vesse  toccare  a  lui;  ma  non  gli  riuscì  di  ] 
aver  quel  boccone.  Fu  ancora  spedito  dall'  \ 
esercito  della  leo^a  Giano  Fre2:oso  con  mille 
cavalli  e  tremila  fanti  a  Genova  ;  alla  com-  ; 
parsa  de' quali  si  ribellò  tutto  quel  popò-  ] 
lo  ,  e  i  Francesi  si  chiusero  nel  castelletto,  ] 
e  nella  fortezza  della  Lanterna.  Fu  esso  ; 
Frcgoso  proclamato  poco  appresso  doge  di  j 
quella   repubblica  .  | 

(Vlen^tre   sì  gran  tracollo  davano  in  Lom-  | 

bardia  gli  affari  ,dc'Francesi^    restando  so-  \ 

lamente  in  lor  potere,  Brescia-,    Crema,  e  j 

qual- 


Anno    MDXIL  303 

qnalctie  fortezza  ^  :  il  pontefice^  rannate  le 
reliquie  dell'  esercito  disfatto  sotto  R-aven- 
na,   colla  giunta  di  quattro  altri  mila  fan- 
ti^ spedì  sul  fine  di  maggio  questa  armata 
in  Romagna  ,  per  cui  tornarono  quetamen- 
te  alla    sua  ubbidienza    tutte  quelle    città . 
Ne    era    generale    Francesco    Maria     duca 
cV  Urbino  suo  nipote,    il  quale  intimò    poi 
la    resa    a  Bologna.    Vedendo    i  Bentivogli 
disperato  il  caso ,  se  n'andarono  chi  a  Man- 
tova, chi  a  Ferrara  ;  e  la  città  di  Bologna 
nel  dì   IO    di    giugni  capitolò  col  duca,    e 
col  cardinale  Sip;ismondo  Gonzaga    legato  , 
i  quali  poi    vi   fecero  solenne  entrata  nella 
domenica    seguente    13    di    giugno.    Aveva 
intanto  Alfonso  duca    di  Ferrara  per  mez- 
zo del  marchese  di  Mantova  suo  cognato  e 
di  Fabrizio  Colonna   suo  prigione  (trattato 
nondimeno    non  come  tale,    ma  come    suo 
amico)  fatti    varj  maneggi,    per    rientrale 
in  grazia    del  pontefice^    ed  era  anche  ve- 
nuto il  salvocondotto  per  lui   e  per  li  suoi 
Stati .  In  vigore  di  questo  ,  dopo  aver  egli 
mandato  innanzi    il  Colonna  ben  regalato  , 
e  senza  taglia  alcuna  ;  s'inviò  nel  di  23  di 
giugno  a   Roma  ,  dove  giunto  ,    fu  assoluta 
dalle  censure,  ed  ammesso  al  bacio  del  pie- 
de   di  sua    santità.  Ma  che  ?    l  principi  di 
anii^io  grande    si    fan  gloria    di    perdonare 
ai  supplicanti  nemici,    papa  Giulio   al  con- 
trario parve  ,    che  si   facesse  gloria  fino  di 

man- 

'    P.irff  di  firPfiiS'  Cuicciaydino  ,    bi'on.'iccoysi  .     anonimo 
'.:^uv.:no.   bìjYcli\   t.(l  altri. 


3€>4  Annali  d'  Italia 
mancar  di  fede .  Nel  mentre  che  Alfonso 
era  in  Roma  ,  il  duca  d'  Urbino  non  sola- 
mente occupò  Cento,  la  Pieve,  e  le  terre 
della  Romagna ,  spettanti  al  duca  ,  ma 
eziandio  inoltratosi  a  Reggio ,  nonostantf; 
il  richiamo  del  Vitfurst  governatore  cesareo 
di  Modena,  che  gl'intimo;,  quella  essere  | 
città  dell'impero,  costrinse  i  Reggiani  alla  ; 
resa.  Dopodiché  spogliò  il  duca  anche  di  ; 
Carpii  Brescello ,  san  Felice  e  Finale.  In-  \ 
noltre  lo  stesso  papa  cominciò  a  ponta- 
re ,  volendo,  che  esso  duca  gli  cedesse  il  ; 
ducato  di  Ferrara  .  Perciò  Alfonso  che  \ 
non  si  sentiva  voglia  di  far  questo  sacri-  i 
flzio,  chiese  licenza  in  vigore  del  salvo-  | 
condotto  di  tornarsene  a  casa,  né  la  potè'H 
ottenere.  I  Colonnesi  coli' oratore  spagnuo-  ; 
lo  che  aveva  anche  egli  persuaso  ad  un  j 
principe  di  tanto  credito  il  portarsi  colà  ,  \ 
iti  a  pregare  il  papa  di  questo^  non  ne  ri-  ^ 
portarono,  che  ingiurie  e  minacce.  Poscia  l 
si  penetrò  il  disegno  di  papa  Giulio  di  ri-  j 
tenerlo  prigione.  Allora  gli  onorati  signo-  ■ 
ri  Colonnesi,  cioè  Fabrizio  e  Marco  Anto-  ^ 
ìlio  che  aveano  obbligata  la  loro  fede  al  \ 
duca ,  con  una  brigata  di  lor  gente  ;  sfor-  ■ 
zata  la  porta  di  san  Giovanni,  il  cavarono  ì 
di  Roma,  e  salvo  il  condussero  a  Marino ,  ; 
da  dove  poi  dopo  tre  mesi  travestito^,  con  j 
deludere  tutte  le  spie  messe  fuori  dal  pon-  j 
tefice ,  felicemente  passò  a  Ferrara .  Se  que-  | 
ste  azioni  facessero  onore  a  papa  Giulio ^.j 
sei  può  ciascuno  immaginare.  IJ|i 

Re- 


Anno    MDXII.  305 

Bestava  al  papa,  inflessibile  nelle  sue 
passioni,  di  gastigare  i  Fiorentini,,  e  spe- 
cialmente il  gonfaloniere  Pietro  Soderino^, 
perche  avessero  permesso  in  Pisa  il  conci- 
liabolo de' Francesi  ,  e  dato  aiuto  di  gente 
in  questa  guerra  al  re  di  Francia  ,  tuttoché 
V  avessero  fatto  forzati  dalF  obbligo  delle 
lor  precedenti  convenzioni ,  con  essersi  per- 
altro mantenuti  neutrali  :  delia  qual  neu- 
tralità si  ebbero  poi  molto  a  pentire  .  Ope^ 
rò  dunque  colla  lega  ,  che  il  Cardona  vice- 
rè  di  Napoli  colle  armi  spagnuole  entrasse 
nel  dominio  fiorentino ,  e  rimettesse  in  ca- 
sa i  Medici,  già  da  gran  tempo  banditi  da 
quella  città.  Mentre  i  Fiorentini  trattava- 
no d'accordo,  gli  Spagnuoli  accampati  sot- 
to la  b^lla  e  ricca  terra  di  Prato,  non  sa- 
pendo dove  trovar  vettovaglie  nel  dì  30 
d'agosto  diedero  un  assalto  a  quella  terra  ; 
e  senza  che  quattromila  fanti  ch'erano  ivi 
di  presidio^  ma  troppo  vili,  facessero  me- 
noma resistenza,  vi  entrarono.  Commisero 
costoro  inudite  crudeltà,  maggiori  delle 
commesse  dai  Francesi  in  Brescia ,  come 
attesta  il  Giovio;  il  quale  aggiugne  anco- 
ra ,  che  cinquemila  uomini  disarmati  parte 
soldati,  e  parte  terrazzani,  furono  ivi  uc- 
cisi dall' inesplicabii  brutalità  de' vincitori. 
L'anonimo  padovano  ne  scrive  ammazzati 
più  di  tremila.  Il  Guicciardino  dice,  che 
vi  morirono  più  di  duemila  persone  ,  e 
che  il  cardinal  de^  Medici  legato  pontifi- 
cio ,  messe  guardie  alla  chiesa  maggiore  , 
Tomo  XXIL  V         ^sal- 


5o6       Annali    d' Italia  S 

salvò  r  onestà  delle  donne  ,  quasi  tutte  co-  \ 
là  rifuggite.  Ma  il  Nardi  e  il  Buonaccorsi  I 
che  registravano  allora  sì  fieri  avvenimenti >  J 
asseriscono  >  che  non  fu  perdonato  né  a  ver-  j 
gini  sacre,  né  a  luoghi  sacri,  né  a' bambi-  j 
ni  in  fasce  .    E  quei  che  rimasero  in  vita ,  j 
furono  tutti  eccessivamente  taglieggiati ,   e  ] 
con  varj  tormenti  straziati ,  perchè  pagasse-  i 
ro  ciò  che  non  poteano  .  Ed  ecco  dove  an-  i 
davano    a  terminare    le    strane  premure  di  I 
un    papa    per    catciare    i  barbari    d'Italiani 
cioè  con  una  medicina  peggiore  affatto  deLi 
male  :   locc-liè  nello  stesso  tempo  oltre  aliaci 
Toscana  provò  la  Lombardia  ,  inondata  al-is 
lora    dagli    Svizzeri,    divenuti    formidabili! 
dappertutto  ,  e  che  da  ogni  Iato  esigevano^! 
contribuzioni  ,  e  nulla  potea  saziarli  .   Nel! 
tornare  al  lor  paese  occuparono  la   Valtel4| 
lina  ,  Chiavenna  e  Locarno],  né  più  volleroi 
dimetterle.  Nel  dì  51   d'agosto  il  gonfalo-^j 
niere  Soderino  uscito  di  Firenze  si  ritirò  a^; 
Ragusi  .  I  Medici    furono  rimessi  con  infi-^j 
nite  dimostrazioni  d'allegrezza  ip  città,  ejj 
riformarono  quel  reggimento  a  modo  loro , 
con  dover  pagare    i    Fiorentini    al    te   dei 
Romani  e  al  Cardona  più  di  centoquaranta-- 
mila  ducati  d'oro.  Restarono  poi  somma- 
mente   burlati  anche  i  Veneziani  dalla  lot 
lega,  chiamata  allora  la  lega  santa.  Imper- 
ciocché riuscì  ben  loro  di  ricuperar  Crema  pei 
trattato  segreto ,  che  fecero  con  Benedette 
Crivello^  posto  da'Francesi  alla  guardia  dijl 
quella  terra ,  il  quale  corrotto  con  danari  ^| 

per 


i 


1^  Anno    MDXIL  30? 

r  questo  tradimento  fu  ben  ricompensato  da 
essi  Veneti  .  Ma  non  andò  così  per  conto 
di  Brescia j  città^  alle  cui  passate  e  pre- 
senti miserie  ,  si  aggiunse  in  questi  tempi 
anche  la  peste,  morendo  fin  150  di  quei 
cittadini  per  giorno.  Ne  formò  l'esercito 
veneziano  l' assedio  ^  e  cominciò  a  battere 
colle  artiglierie  le  mura.  Quand^  ecco  giù- 
gnere  il  Cardonà  co'  suoi  Spagnuoli  ;  ben 
carichi  del  bottino  della  Toscana  ,  il  quale 
imbrogliò  tutte  le  loro  speranze.  Cominciò 
esso  viceré  a  pretendere  ,  che  non  solamen- 
te quella  città  si  avesse  a  rendere  a  lui  , 
ma  anche  Bergamo  e  Crema ,  già  ritornate 
all'ubbidienza  della;  repubblica  .  Erano  que- 
ste pretensioni  chiarajsiente  contrarie  ai 
patti  della  lega.  Ma  di  che  non  è  capace 
la  smoderata  avidità  ed  ambizione  d'alcu- 
ni principi?  Niun  fretto  hanno  per  essi  né 
la  pubblica  fede,  nei  patti,  né  i  giuramen- 
ti ,  e  volesse  Dio  ,  che  non  ne  avessimo  ve- 
duto ancor  noi  più  d'  un  esempio  a'  dì  no- 
stri .  Aveano  già  gli  Svizzeri  e  gli  Spa- 
gnuoli molto  prima  cominciato  ad  usar  del- 
le insolenze  contro  de' Veneziani*  Le  ac- 
crebbero .sotto  Brescia,  la  qual  città  nel 
di  13  "di  novembre  con  molto  onorevoli 
condizioni  fu  consegnata  dal  signor  d^.An-- 
hlgny  al  Viceré  Cardo na .  Costrinsero  anco- 
ra essi  Spagnuoli  a  rendersi  Peschiera^  Li- 
gnago,  e  i  castelli  di  Trezzo  e  di  Novara, 
siccome  da  un'  altra  parte  riuscì  ai  Geno- 
vesi di  trar  con  danari  il  castelletto  della 

V  2  lor 


3c8         Ankali     d'Ita  li  a  I; 

lor    città    di  mano  del    castellano  francese  ^j 
che  poi  fu  squartato  vivo  in  Lione.  | 

Tomaio  che  la  a'  quartieri  il  deluso  eser* 
cito  veneto,  si  applicò  quel  saggio  Senato 
?^  trattar  dì  pace  col  vescovo  Garg^nse  che 
era  il  plenipotenziario  di  Massimiliano  Ce- 
sare in  Italia  .  Volle  il  papa ,  che  questo 
negoziato  si  facesse  in  Roma,  e  dettata  ! 
imperiosamente  la  capitolazione  ,  comandò  j 
ai  Veneziani  di  accettarla  .  Conteneva  es-- j 
sa,  che  Verona  e  Vicenza  restassero  a  Mas-  j 
similiano;  che  per  Padova  e  Trivigi  pa-  ' 
gasserò  ad  esso  Cesare  trecento  libbre  d'oro'- 
ogni  anno  a  titolo  di  censo  ,  e  duemila  e',1 
cinquecento  libbre  d'oro  pel  privilegio;  ej 
per  le  terre  del  Friuli  ne  fosse  poi  giudi-J| 
ce  lo  stesso  papa .  Conobbero  allora  i  Ve-*<j 
neziani  d'  essere  maltrattati  e  traditi  an-  ] 
che  da  questa  banda  ^  ed  ancorché  si  tro-  ■ 
vassero  in  poco  buono  stato  per  li  monti  j 
d'oro  spesi  in  questa  guerra,  pur  nonostan-  j 
te  lo  sdegno  e  le  grida  di  esso  papa  ,  j 
generosamente  ricusarono  di  consentire  a  ; 
si  gravosa  ed  inaspettata  pace,  con  darsi  ] 
piuttosto  ad  intavolar  accordo  e  lega  col  \ 
re  di  Francia  ,  siccome  diremo  ,  giacché  il  j 
papa  in  una  nuova  lega  fatta  con  Massi-  ; 
miliano  e  col  re  di  Aragona,  ne  avea  es-  ^ 
elusi  con  poco  buon  garbo  gli  stessi  Vene-  j 
ti  .  Nel  dì  15  di  dicembre  arrivò  a  Mila-  j 
no  Massimiliano  Sforza  ,  dichiarato  duca  j 
da  Cesare  e  dalla  lega;  né  si  può  esprime-  | 
rc^  con  quanto  giubilo,    con    quante    feste  j 

egli       i 


Anno     MDXfL  30^ 

égli  fosse  ricevuto  dai  Milanesi ,  e  quanto 
magnifica  fosse  l'entrata  sua  in  quella  no- 
bil  città,  perchè  accompagnato    dal  cardi- 
nal  Sion  .  dal  vescovo  Gurgense ,  da  Rai- 
mondo   di    Cardona    viceré  ,  e  da    infinito 
numero  di  capitani    e    nobili  italiani  ,  te- 
.  deschi,  spagnuoli  e  svizzeri.  Anche    il  ca- 
I   stello    di  Milano,    tenuto  da' Francesi  ,  in- 
'  tanto  andava  facendo  co' grossi  cannoni  del- 
le salve  _,  d'allegrezza  non  già,  ma  di  dan- 
■  no  ai  Milanesi .  Rimase    nondimeno    il  pò- 
!  vero  duca  ,  come    schiavo    degli  Svizzeri  . 
I  Ne  si    dee  tacere  ,  che  assaltato    nelT  anno 
presente  il  re  Cristianissimo  dai  re  d'Ara- 
gona e  d'Inghilterra,  lasciò  per  sua  negli- 
,  genza ,  che    il    primo  ,   cioè  Ferdinando  il 
j  Cattolico^    occupasse    la    Navarra,   toglien- 
i  dola  a  quel  re.  E  perchè  mancava  all'Ara- 
gonese un  legittimo  titolo    di  appropriarsi 
quel  picciolo    regno:  si    servì  d'una  bolla 
di  papa  Giulio  II  che  avea  dichiarato  de- 
caduto da  ogni  suo  diritto  chiunque    fosse 
aderito  al  conciliabolo  di  Pisa  ,    conceden- 
do a  ciascuno    facoltà    di    occupar    i    loro 
Stati .  Questa  bolla    proccurata  dall'  accor- 
to re ,    per  attcstato    del  Mariana  ,  tenuta 
fu  per  molto  tempo  segreta  ,  e    poi  sfode- 
rata al  bisogno.  Ma  non  so  io,  se  quel  re 
avesse  creduta    tanta  autorità    ne'  papi    da 
donare  i  regni  altrui ,  quando    mai    contra 
di  lui    fosse    stata    pronunziata    una    simil 
sentenza .  Maraviglia  fu  ,  che  il  re  Luigi  ^ 
per  lo  sdegno  che  nudriva  contro    del  pa- 

V  3  pa  5 


310  Annali  d'Italia 
pa ,  sì  pertinace  promotore  della  di  luì 
rovina,  non  si  lasciasse  allora  trasportare 
air  eccesso  di  far  creare  un  antipapa  nel 
suo  regno.  Senza  dubbio  ne  fu  assai  trat- 
tato .  Probabilmente  non  il  timore  di  Dio, 
ma  quel  degli  uomini ,  il  trattenne.  Con 
tali  e  tante  turbolenze  terminò  V  anno  pre» 
sente. 


F 


Anno  di  Cristo  1513,  Indiz.  i. 
di  Leone  X,  papa  i. 
di  Massimiliano  re   de'Rom.  21,' 

ra  tante  sue  sventure  non  avea  peranche 
Luigi  XII  TG  di  Francia  dato  congedo  in  | 
suo  cuore  al  desiderio  e  alla  speranza  dif 
xicuperar  Io  Stato  di  Milano ,  perchè  tutta- 
via si  conservavano  alla  divozione  di  lui 
i  castelli  di  Milano ,  e  di  Cremona  ,  e  la 
Lanterna  ,  ossia  il  Finale  di  Genova ,  Vari 
negoziati  perciò  fece  durante  questo  verno 
coi  potentati  nemici,  o  per  pacificarli,  o 
per  rompere  la  loro  unione .  Nulla  potè 
ottenere  dall'  Inghilterra  ,  meno  dal  papa  e 
da  Massimiliano.  Per  quanti  progetti  faces- 
se agli  Svizzeri,  costoro  insuperbiti  miran- 
do d'  alto  in  tasso  gli  stessi  monarchi ,  non 
volendo  abbandonare  la  vigna  che  loro  mol- 
to bene  fruttava  ,  e  credendo  oramai  di 
poter  dar  legge  ad  ognuno  ,  snidi  stettero 
in  sostenere  lo  Sforza  .  Unicamente  riuscì 
ad  esso  re  di  stabilire  la  tregua  d'  un  an- 
no col  re  Cattolico  ,  ma  solamente    per    li 

con- 


^__^       Anno     MDXIII.  311 

^onlin^elle  Alpi  coli' Aragona.  Per  consi- 
glio ancora    di  Glan-Giacopo    Trivulzio    si 
rivolse  ai  Veneziani ,  non  essendogli    igno- 
to ,  quanto    amareggiato    giustamente. /osse 
quel  Senato  pel    tradimento    usatogli    dalla 
3ega  e  dal  papa  ,  e  perchè  Massimiliano  nel- 
l'investitura data  allo  Sforza  avea  compre- 
sa anche  Brescia  ,  Bergamo    e  Crema  .    In« 
fatti  dopo  molti  dibattimenti  nel  dì  13^  al- 
tri dicono  nel  dì    24    di    marzo  'dell'anno 
presente  ,  fu  conclusa    una    lega    diifensiva 
ed  offensiva  fra  esso  re  Lodovico  e  la  re- 
pubblica   veneta ,    con    obbligarsi    questa  a 
mantenere  mille  e  dugento    lance  ,    ed  ot- 
tomila fanti  in  aiuto  del  re  ;  e  che  Berga- 
mo, Brescia,  Cremona  e  la  Ghiardadda  do- 
vessero tornare  sotto  la  signoria  di  Vene- 
zia. Andrea  Grittl    prigione    in    Francia  , 
riavuta  la  libertà ,  fu  destinato  a  sottoscri* 
vere  questo  accordo ,  per  cui  s'  avea  a  ve- 
dere una  scena  nuova  in  Italia .  Intanto  le 
prosperità  dell'anno  precedente  accendeva- 
no l'animo  di  papa  Giulio  a  disegni  mag- 
giori ,  coir  essersi  messo  in  capo    di  rego- 
lare a  talento  suo  l' Italia  tutta  ,   per    non 
dire  tutti  i  principi  della    cristianità^  Già 
avea    stesa    una  bolla  terribile    contra  del 
re    di    Francia^    privandolo    del    titolo   di 
re,  e  concedendo  quel  regno  a  chiunque  Io 
occupasse,  con  attizzar  più    che  mai  il  re 
iV  Inghilterra    Arrigo    contra   dell'  altro  . 
Avea  segretamente  comperata  da  Massimi- 
liano Cesare  per  trentamila  ducati  d'oro  la 

V  4  cit- 


512  ANNAtlD^lTAtlA  I 

città  di  Siena  ,  affin  di  darla  al  nipote  àu*    ì 
ca  di  Urbino,    Sdegnato    col    cardinale  de'    1 
Medici  ,    pensava    ad  alterar    di  nuovo    Io  ^ 
Stato  di  Firenze  :  minacciava    i  Lucchesi  ;   | 
e  volea  mettere  in  Genova  per  doge  Otta-   i 
ifiano   Fregoso  ,    cori    cacciarne   Giano.   E    i 
perciocché  egli  frequentemente  avea  in  hoc-   ^ 
ca  di  voler  liberare  l'Italia    dai    barbari  .  f 
anzi  gradiva  il  titolo    di  liberatore,  come 
se  già  avesse  terminata    sì  grande  opera  ; 
per  attestato  del  Giovio  nella  Vita  di  Al- 
fonso duca  di  Ferrara  ,  il  cardinal  Grimé^ 
ni  gli  disse  un  dì^  che  restava    pur  tuttar 
via  sotto  il  giogo  il  regno  di  Napoli.  A% 
lora  Giulio  crollando  il  bastone,  su  cui  si 
appoggiava,  e  fremendo,  con  ira  disse,  che 
in  breve,  se  il  Cielo  altro  non  disponeva, 
i  Napoletani  avrebbono  un  altro  padrone  . 
Ma  il  principale  sfogo  dello  sdegno  ponti- 
ficio avea    da  essere    nella  primavera  con-  ^ 
tra  del  duca  di  Ferrara  ,  il    quale    abban-  l 
donato  da  tutti  pensò  in  questo  frattempo  | 
di  prepararsi    a  morire   glorioso >  col  fare  C 
ogni  possibil  difesa  .  Stabilì  una  tregua  coi 
Veneziani  ;  fortificò  Ferrara  ;  prese  al    sua^^ 
soldo  Federigo  Gonzaga  signor  di  Bozzolo 
con  duemila  fanti  italiani,  il  e  capitan  Ca^ 
lappini  con  altri  duemila  fanti    tedeschi,  i  ; 
quali ,    quantunque  il  papa  facesse  coman- 
dar loro  dall'  imperadore  ,    come  a  vassalli  , 
suoi  ,  di  ritornarsene ,  pur  vollero  osservar 
la  èeàe  data  al  duca  * 

Era  immerso  in  questi  gran  pensieri   di  . 

naon- 


A  N  NO     MDXIII.  513 

'Ìhor\i<^   papa  Giulio  11^  pensieri  confaccvoU 
tutti  ai   tV-roce  suo  animo  e  genio  guerrie- 
ro^ quando  venne  Dio  a  chiamarlo  ai  con- 
ti in  tempo,  ch^  egli  forse  non    si  aspetta- 
va .  Dopo    alcuni    giorni    di  malattia ,  nei 
quali  conservò    sempre  il  giudizio  consue- 
to ,  e  quella  severità,  a  cui  niuno  del  sa- 
cro colleo;io  osò  in  addietro  di  contraddi- 
re,  dopo  aver    divotaraente  ricevuti   1  sa- 
cramenti della  Chiesa^    nella   notte  del  dì 
20  di  febbraio,  venendo  il  giorno  21   spi- 
rò r  anima  sua  .  Ho  io  ,  chi  scrive  ,  eh'  egli 
sull'ultimo  cadde  in  delirio,  e  andava  gri- 
dando: Fuori  d' Italia  Francesi .  Fuori  Al- 
jonso  d/  Este .  ^!|  ha  maggior  fondamento 
chi  scrisse ,    esser    egli    stato    esente    dalla 
frenesia..   Scrivono    gli    storici  veneti  ,  che 
alla  di  lui  morte  cooperò    la  rabbia  ,    f  er 
avere  inteso  il  trattato  di  lega ,  che  si  ma- 
nipolava fra  il  re  di  Francia  e  la  loro  re- 
pubblica ,  e  per  conoscere  d'essere  in  odio 
a  tutti  i  cardinali  per  li  suoi  marziali  di- 
segni .  Ma  queste    verisimilmente    non  fu- 
rono, che  immaginazioni.  Quel  che  è  cer- 
to ,    questo  pontefice    comparve    agli   occhi 
del  mondo  principe  d'animo    invitto,  im- 
petuoso ,  e  pieno  non  men  di  smisurati  di- 
segni ,  che  di  spirito  di  vendetta  ,  e  bece- 
merita  assai  della  Chiesa  romana  pel  tem- 
porale. Qual    poscia    egli    comparisse   agli 
occhi  di  Dio,  coir  aver  suscitate  tante  guer- 
re per  la  cristianità  invece  di  promuovere 
qual  padre  comune  la  pace,  avendola  tan- 
te 


314         Annali    d'Italia 
te  volte  avuta  in  sua  mano  ,    e  coW  avere 
impiegate  le  sostanze  della  Chiesa,  ed  ahw^  | 
sato  anche  della  religione  in   tanti    secola-  1 
teschi  impegni  :    a  noi  non  tocca  di  deci-  | 
derlo  .  Tuttavia  l'autor  francese  della  Le-  i 
ga  di  Cambrai  non  lascia  di  riflettere,  che  | 
tanti   disordini,   cagionati    da    questo    pur  J 
troppo  bellicoso  pontefice,  troppo  influire-  j 
no  a  scemar  la  venerazione  dovuta  al  som- 
mo grado    dei  successori  di  san   Pietrp ,  e 
a  far  nascere  il  deplorabile  scisma    de'po^; 
poli  settentrionali,  siccome  fra  pochi    anni; 
avvenne  ,    Che    s'    egli    acquistò    fama    di 
grand' uomo,  ciò  fu,  secondo  il    Guicciar- 
dino  ,  presso  coloro^  l    quaii ^  essendo  per- 
diitl  l  veri  vocaboli  delle   cose  ,  e    confusa 
la  distinzlon  del  pesarle    rettamente  ,  già- 
cy^cano  ,  che  sia  più  uffizio  de'  pontefici ,  V  ì 
aggiugnete  colle  armi  e  col  sangue  denari-  ' 
stiani  impero  alla    Sedia    apostolica  _,    che  ) 
V  affaticarsi    co W  esempio    buono ^  della  -vi-  | 
ta  y  e  col  correggerp  e   medifare    i  costumi  ì 
trascorsi    per    la   salute   di    quelle  anime  y 
per    le  quali    si    magnificano  _,    che  Cristo 
gli    abbia    costituiti    in    terra    suoi    vica- 
rj.  Peraltro  fu  uno  de' suoi  pregi  l'essersi 
astenuto    dagli    eccessi    nell'  amor   del    suo 
sangue  ,    da   cui    non   si    guardarono  altri 
papi    di    questi    tempii'  avendo   egli  sola- 
mente ottenuto    dai  cardinali    sul  fin  della 
vita^  che  Pesaro  fosse  dato  in  vicariato  al 
duca  d'Urbino  suo  nipote.  Alle  forti  istan- 
ze ancora    di  madonna  Felice   sua    figlia , 

mo« 


»A  N  N  o    MDXIII.  315 

gioglie  Ai  Giovan-Giorda no  Oisino^  la  qua- 
le dci^ideraTa  il  cappello  cardinalizio  pev 
Guido  da  Montefalco  suo  fratello  uterino  ^ 
rispose  apertamente,  che  non  era  persona 
degna  di  quel  grado  .  A  questo  pontefice 
ancora  si  dee  il  principio  della  nuova  ba- 
silica vaticana  ,  una  delle  maraviglie  del 
mondo  ^  con  altre  belle  fabbriche  entro  e 
fuori  di  Roma .  Secondo  il  Giacomo ,  fu 
egli  il  primo  de'  papi ,  che  cominciò  "a  por- 
tar barba  lunga  ,  per  opinione ,  che  da 
questo  selvatico  e  vano  ornamento  avesse 
a  venir  più  riverenza  a  chi  per  tanti  mas- 
sicci titoli  ne  è  sì  degno.  Ma  che  anche 
gli  ecclesiastici  e  i  papi  portassero  barba 
negli  antichi  tempi,  è  fuor  di  dubbio.  La 
morte  di  questo  pontefice  non  alterò  pun- 
to la  quiete  di  Roma.  Solamente  in  Lom- 
bardia accadde  qualche  mutazione  ,  perchè 
il  Cardona  viceré  di  Napoli  ^  tuttavia  esi- 
stente in  Milano,  corse  a  Piacenza  e  Par- 
ma, costringendo  que' popoli  a  rimettersi 
sotto  il  dominio  del  duca  di  Milano  ,  co- 
me spettanti  a  quel  ducato  3  e  il  duca  di 
Ferrara  ricuperò  Cento  ,  Lugo  f  Bagnaca- 
vallo,  e  le  altre  sue  terre  di  Romagna  ; 
ma  non  già  la  città  di  Reggio,  perchè  ito 
colle  sue  genti  colà  ,  niun  movimento  si 
fece  da  que' cittadini  in  suo  favore. 

Apertosi  poi  in  Roma  il  conclave  ,  in 
poco  tempo  per  opera  specialmente  de' car- 
dinali giovani  fu  eletto  papa  Giovanni  car- 
dinale figliuolo  del    fu   rinomato   Lorenzo 

del. 


£i6         Annali    d'Itali.^ 

della  celebre  casa  de' Medici,  non  senza  ma- 
raviglia   del    popolo    che    vide  posto    nella 
cattedra    di  san  Pietro  ,  chi  non  avea  sen- 
non    trentasette    anni  ;    del    che    per    tanti 
anni    addietro    non    v'era    esempio.    Prese 
egli  il    nome    di  Leone  X.  Universalmente 
venne    applaudita    sì  inaspettata  elezione  , 
perchè  questo    personaggio  n^^n    avea  mac* 
chic    ne'  precedenti    suoi  costumi  ;   era  di 
genio  dolce,  liberale  e  magnifico,  lettera* ì?^ 
to  ,  ed  amante  della  letteratura.  Infatti  non 
uscito  peranche  dal  conclave  ,  prese  per  se- 
gretari   delle    sue    lettere    Pietro    Bembo  e 
Jacopo  SadoletOj  scrittori  di  raro  merito  _, -1 
e  col    tempo    cardinali    insigni.    Perciò  sii 
figurò  la  gente  in  lui  il  rovescio  del  poco  '1 
anzi  defunto  papa  Giulio  II ,  cioè  un  pon-  | 
tefice  che  metterebbe  le  sue  delizie  nel  go^  « 
dimento    della  pace,  e  farebbe   godere    ad-, 
Ognuno  un  soave  governo.  Se  in  tutto  l'in- ì 
dovinassero,  ce  ne  accorgeremo.  Diede  egli  i 
principio  al  suo  reggimento  colla  mansue-  | 
tudine  ,  e  con  rart  magnificenza  nel  dì  del-  ^ 
la  sua  coronazione,  che  fu  il  giorno  ii   di  | 
aprile,  perchè  fu  essa  eseguita  con  incredi- 
bil  pompa  ,  talmentechè  non  v'  era  memo- 
ria dì  solennità  simile  a  questa .  Acconsen- 
tì, che  v'intervenisse  Alfonso  duca  di  Fer-  ! 
rara,  il  quale  in  abito  ducale  portò  ilgon-  ; 
falon  della    Chiesa.  Vi  furono    eziandio    i  ^ 
duchi    d"  Urbino    e    di    Camerino   ,    ed    un  { 
concor&o    innumerabile  di    nobiltà  .  Cento-  \ 
mila  ducati  d'oro  (se  n' erano  trovati  ^tre- 

cen-      1 


ng§  Anno    MDXIII.  317 

Centomila  in  castello  sant'Angelo  )  costò 
quella  funzione,  che  non  riportò  applauso 
dai  sagi]i  ,  i  quali    avrebbono  desiderato  , 

1  che  un  romano  pontefice^  invece  di  prò-, 
fondere  i  tesori  in  pompe  secolaresche  ,  si 
fosse  applicato  alla  correzion  de' costumi 
della  sacra  sua  corte  :  difetto  che  pur  trop- 
po produsse  dei  lagrimevoli  sconcerti  sot- 
to qut?sto  medesimo  papa..  Nulla  si  fece  di 

I  questo,  anzi  Roma  divenne  T  emporio  del- 
la allegria  ,  del  lusso ,  de'  solazzi  e  ban- 
chetti ;  più  di  quel  che  fosse  mai  stata  ; 
laonde  sempre  più  crebbe  la  dissolutezza 
e  licenza  con  grave  danno  della  disciplina 
ecclesiastica.  Si  mostrò  jsui  principi  papa 
Leone  neutrale  ed  irresolutp  nei  torbidi 
d'Italia,  giacche  si  udivano  i  preparamen- 
ti de' Francesi  per  tornare  in  Italia,  ed  al- 
trettanto farsi  da'  Veneziani  collegati  con 
essi  ,  per  ricuperare  le  città  perdute  :  al 
qual  fine  crearono  lor  capitan  generale 
Bartolameo  d/Alviano^  capitano  di  singo- 
iar valore  e  sperienza  ,  già  per  onorifi- 
ca adozione  decorato  del  cognome  del- 
la casa  Orsina  .  Era  questi  stato  condot- 
to prigione  in  Francia  ,  e  rilasciato  ora  in 
in  virtù  della  lega  ,  seppe  cosi  ben  giusti- 
ficare o  col  vero ,  o  col  falso  la  condotta 
sua  nella  battaglia  di  Ghiaradadda  ,  rifon- 
dendone tutta  la  colpa  sul  Pitigliano ,  che 
tornò  in  grazia  del  Senato  veneto.  Si  pre- 
valse il  papa  di  questi  rumori  ,  per  fati 
paura  z  IHassimiliano  duca  di  Milano^  tan* 

to- 


giS         A  NN  A  LI     d'  It  A  L  I  A  1 

tochè  ottenne  di  ricavar  dalle  sue  mani  j 
Parma  e  Piacenza.  Locchè  fatto,  non  pia-  ] 
cenilo  ad  esso  pontefice  la  venuta  de'  Fran-  ì 
cesi,  cominciò  segretamenie  (per  non  dis-  j 
gustare  il  re  di  Francia  )  a  muovere  con  j 
danari  gli  Svizzeri  al  soccorso  del  duca  \ 
di  Milano  .  ^ 

Già  erano  insorte  varie  commozioni  per- 
le città  di  quel  ducato  ,  perchè  i  popoli  , 
dianzi  cotanto  infastiditi  del  dominio  e  pe-i 
sante  governo  de'  Francesi  ,    sperando   mi-^ 
glior  trattamento  sotto  lo  Sforza,  s'erano^ 
poi  trovati  non  poco  ingannati ,  stante  V  ec-: 
cesso  delle  taglie  imposte  per  pagare  e  re- 
galare gl'insaziabili  Svizzeri,  e  per  rauna- 
xe  un  esercito  in  difesa  dello  Stato  .   Per- 
ciò prevaleva  il  desiderio  di   tornar  sotto»! 
i    non    più    odiati    Francesi  ,    divenendo  ili 
minor  male  in  confronto  del  maggiore  una  " 
spezie  di  bene  nelle  bilance    del    mondo  .  ; 
Tanto  più  ancora  se  ne  invogliarono  i  po-Jj 
poli,  perchè  sembrava  loro  lo  Sforza  prin-| 
cipe  di   poca    mente,    e    anche    di    minore| 
spirito.  Avvenne  eziandio,  che  Sagramon 
Visconte,  deputato  all'  assedio  del  castello  di) 
Milano  ,  tuttavia  occupato  da  essi'^Francesi 
e  languente ,  v'  introdusse  una    notte   grai 
quantità  di  farina,  vino  e  grascia:  dopo  il 
qual  tradimento  se  ne  fuggi  all' armata  ne- 
mica ,  oppure    in    Francia ,   dove  ricevett< 
non  poche  finezze  dal  re  Lodovico  .    Cala- 
rono finalmente  i  Francesi  da  Snsa  in  Lom-^ 
bardia,  con  forte  esercito  ,  sotto  il  coman- 
do 


i 


Ir 

1^^  Anno    MDXIIL     ^     319. 

tò  Sei  signor  della  Tremo  glia  assistito  dal 
prdde  maresciallo  Gian-Jacopo  Trivulzlo  y 
e  s' impadronirono  senza  opposizione  di 
Asti  e  d'Alessandria.  Le  speranze  di  Mas^ 
simiiiafio  Sforza  erano  riposte  negli  Sviz- 
zeri j,  giacché  il  Cardona  viceré  di  Napoli 
co'  suoi  Spàgnaoli  se  ne  stava  sul  Piacenti- 
no con  ordini  segreti  del  re  Cattolico'  di 
non  mettere  a  rischio  la  sua  picciola  ar- 
I  mata,  e  di  ritifarsi,  occorrendo,  ad  assi- 
1  curare  il  regno  di  Napoli.  Grandi  rumori, 
I  è  quasi  guerra  fu  fra  gli  stessi  Svizzeri  _, 
I  perchè  parte  d'essi  era  stata  guadagnata 
dalla  pecunia  francese^  Pure  prevalendo 
il  parlito  di  chi  ardentemente  bramava  la 
difesa  dello  Sforza  nel  ducato  di  Milano  , 
cinquemila  d'essi  vennero  ad  unirsi  con 
lui ,  e  maggior  numero  anche  se  rie  aspet- 
tava .  Con  questo  rinforzo  uscì  il  duca  iti 
campagna ,  e  andò  a  postarsi  su  quel  di 
Tortona  ,  per  opporsi  ai  Francesi .  Ma  in- 
tanto il  popolo  di  Milano ,  veggendo  sguer- 
nita la  città  di  milizie ,  e  minacciante  il 
castello,  acclamò  il  nome  de' Francesi.  Fa 
subjto  ristorato  di  nuove  genti  e  di  vetto- 
vaglie queir  importante  castello.  Dall'altra 
parte  non  perde  tempo  l'Alviano,  generale 
de'  Veneziani ,  e  prevalendosi  del  terrore  già 
sparso  per  li  popoli ,  uscì  in  campagna  con 
tnille  e  dugento  lance  ,  duemila  e  cinque- 
cento cavalli  leggeri ,  ed  ottomila  fanti  , 
gente  tutta  ben  agguerrita  e  coraggiosa  . 
Impadronitosi  di  Vileggio  e  di  Peschiera  , 

an- 


..    .     ^ 

320      Annali    dItalia 

ancorché  intendesse  fatti  gagliardi  movi- 
menti in  Brescia  ,  e  fosse  chiamato  colà  i 
pure  s' indrizzò  a  Cremona ,  dove  brava- 
mente entrò  ,  con  isvaligiar  Cesare  Fera- 
mosca  che  con  trecento  cavalli  e  cinquecen-  ^ 
to  fanti  del  duca  di  Milano  eraivi  in  guar-  | 
dia .  Mentre  rinforzava  di  vettovaglie  il  i 
castello,  che  tuttavia  restava  in  potere  dei  | 
Francesi  ,  ma  vicino  a  rendersi  ,  spedì  | 
Renzo  da  Ceri  con  parte  di  sue  genti  a  ^ 
Bergamo,  dove  era  invitato  da  quel  popò-  I 
]j.  Furono  ivi  inalberate  le  bandiere  di  | 
san  Marco  .  Altrettanto  fece  al  comparire  '; 
di  Renzo  la  città  di  Brescia,  con  ritirarsi  | 
gli  Spagnuoli  nel  castello.  L'esempio  rli| 
Cremona  servì  a  far  rivoltare  anche  Lodi  ■ 
e  Sonci  no.  ] 

Quasi  nel  medesimo  tempo  spedite  dal  ^ 
re  di  Francia  nove  galee  sottili  con  altri 
legni  alla  volta  di  Genova  ,  si  trovarono  ^ 
secondate  da  molta  gente  delle  riviere,  e  ì 
molto  più  da  Antonìotto  e  Girolamo  fratel-  • 
li  Adorni ,  i  quali  mossero  tumulto  in  quel-  \ 
la  città  con  tal  vigore ,  che  Giano  Fregoso  \ 
durò  fatica  a  salvar  la  vita  colla  fuga  .  j 
Tornò  Genova  in  tal  guisa  ,  ma  senza  il  ì 
castelletto  alla  divozion  de' Francesi  ,  e  fu  l 
ivi  costituto  governatore  pel  re  Cristianis-  j 
simo  il  suddetto  Antoniotto  .  Non  potea  con  ; 
più  prospero  vento  camminar  la  fortuna  i 
de'  Francesi ,  perchè  nulla  più  restava  ,  che  ^ 
facesse  loro  contrasto  ,  sennon  Novara  e  j 
Como,  tuttavia    ubbidienti  a  Massimiliano  a 

Sjor-       \ 

\ 


HH  Anno     MDXIIL        321 

^Sforza  •  S'era  appunto  ridotto  questo  prin- 
cipe a  Novara ,  dove  già  erano  giunti  cin- 
que o  seimila  Svizzeri  ,  quando  il  Tvemo- 
gìia  e  il  Trivulzio    giunsero    sotto    quella 
città,  e  si  diedero  tosto  a  bersagliarla  con 
sedici   pezzi  d'artiglieria.    L'anonimo  pa- 
dovano   fa  ascendere  V  armata    de'  Francesi 
a  mille  e  quattrocento  lance,  a  mille  caval- 
li leggeri ,    e  a  quattordicimila    fanti .  Gli 
scrittori  francesi  all'incontro  le  danno  so- 
lamente cinquecento  uomini  d'armi,  o  vo- 
gliam    dire    lance  _,    seimila    lanzìcheneschi 
tedeschi^  e  quattromila  fanti   francesi,  non 
avendo  voluto  il  Tremoglia  aspettare  altri 
rinforzi    che  erano  in  viaggio.  Parea^  che 
gli  Svizzeri  sprezzassero  V  arrivo  del  cam- 
po francese,  talmentechè  vollero,  che  stes- 
se aperta  la  porta    di    Novara    :    nel    qual 
tempo  tremava  di  paura  Massimiliano  Sfor- 
za ,    veggendosi    ristretto    in  ,  quella  stessa 
città  ,  dove  suo    padre    era    stato    venduto 
da  altri  STizzerli  al  medesimo    Trivulzio  , 
che  era  ivi  all'assedio,  temendo  un  simi- 
le brutto  giuoco  da  quella  nazion  venale  . 
E  certo  fu    creduto  ,    che    non  mancassero 
secreti    maneggi  per  questo  ;   anzi  il  Tre- 
moglia   superbamente    avea    scritto  al  re  , 
che  gli  darebbe  prigione  ancor   questo  du- 
ca. Ma  sentendo  il  Tremoglia,  che  veniva 
il  capitano  ,  ossia  general  Molino  con  altri 
settemila  Svizzeri    verso  Novara  ,  si  ritirò 
due  miglia  lungi  da  quella  città  a  un  luo- 
go appellato  la  Riotta  j  e  quivi  malamente 
Tomo  XXII.  X  si 


I 

gii  Annali    d'Italia  ^ 

si  accampò.  IlBelcaire_,  copiato  poi  <3alld    ì 

scritior  fra-Kese  r^^Hi  Lega    di    Cambra!  ,    • 

forse  persuaso  ,  che  i  suoi  nazionali  fosse-  j 

ro  invincibili,  ed  incapaci    di    commetteà'é    * 

mai  spropositi,  rovescia  il   difetto  di  que-  "; 

sto  accampamento  sul  Trivulzlo ,    quasiché   j 

non  avesse  avuti  la  Francia  tanti   attestati   \ 

della  fedeltà   e  del  sapere  di  questo  insigne   l 

capitano  italiano ,    f     quasiché    mancassero  ^ 

ingegneri  ed  uomini  intendenti  tra  i  Fran-  i 

cessi  stessi  ,  che  potessero    scorgere    il  di-  . 

fetto  di  queir  accampamento,  e  non  potes-  ^ 

se  farsi  ubbidire  ilTremoglia.  Arrivò  poi  ì 

in  Novara    il    Mot  tino  colle    sue  genti  ;    e  j 

fatto  consiglio  ,  fu  risoluto    di  andare    ad  .- 

assalire  il  carripo  francese ,  senza  aspettare  ^ 

il  capitano  Altopasso  che  dovea  venire  con  J 

altre  achiere  di  Svizzeri  ad  unirsi  con  lo-  i 

ro.  Pertanto    sul    far    del  giorno    sesto  di 

giugno ,  usciti  in   numero  di  diecimila  fu-  ] 

tono  addosso  ai  Francesi  che  non  si  aspet- J 

lavano    siffatta  visita,  e  si  attaccò  la  ter-1 

ribil  giornata.  Fecero  sulle  prime  le  arti-'* 

glierie    francesi    de""  notabili    squarci    nelle  • 

file  nemiche;  ma  essendo  riuscito  agli  Sviz-.j 

zeri  di  occupar  que' medesimi  bronzi  ,  e  di^ 

rivolgerli  contra  gli  stessi  Francesi  ,    dopoj 

un  feroce  comballimento  di  più  ore  _,  e  do- '■ 

pò  una    grande    vicendevole  strage  ,  toccò' i 

ai  Francesi  di  voltar  le  spalle.  Secondo  il': 

solito  de'  fatti    d'  armi  ,    che    diversamentcfj 

sono  raccontati  a  misura  delle  diverse  pas-l 

sioni,  ancor  questo  si  truova  descritto  cok*| 

gran 


Anno     MDXIIÌ.  323 

gran  Varietà.  Scrive  l'anonimo  padovano  , 
che  a  comun  giudizio  vi  perirono  circa 
diecimila  persone  fra  tutte  e  due  le  par« 
ti  5  ma  molto  più  de'  Francesi  ,  e  quasi 
tutti  fanti  .  Lo  storico  Gradenigo  mette 
morti  cinquemila  Svizzeri  ,  ed  ottòrnila: 
Francesi,  la  cavalleria  de"*  quali  o  perchè 
non  potè ,  o  perchè  non  volle  combattere  , 
quasi  tutta  si  salvò  J  Lasciarono  i  France- 
si in  preda  ai  vincitori  tutte  le  artiglie- 
rie e  munizioni.  Il  peggio  fu,  che  senza 
poter  essere  ritenuti  ,  non  solamente  si  ri- 
tirarono in  Piemonte,  ina  passarono  an- 
che di  là  da'  monti  :  scena  accaduta  anche 
a'  dì  nostri  .  Qui  avrei  voluto  V  eloquenza 
del  Belcaire  e  dell'autore  della  Lega  di 
Cambrai,  a  scusare  e  giustificare  sì  grande 
Scappata  de' lor  nazionali,  quando  àveand 
Alessandria  ,  Asti  ,  ed  altre  città  da  po- 
tervisi  ricoverare .  Ma  i  mentovati  due 
Scrittori  han  dimenticato  di  stendere  que- 
sta apologia. 

S'era  dianzi  inoltrato  sino  a  Lodi  V At- 
-Viano  coir  armata  veneta,  bramoso  d'unir- 
si co'  Francesi;  ma  perchè  il  Cardona  co- 
gli Spagnuoli  si  mosse  a  quella  volta  affin 
'*tìi  vietargli  il  passo,  quivi  si  fermò.  Udi- 
ta poi  là  rotta  de' Francesi ,  disfatto  il 
ponte  sull'Adda,  abbandonata  anche  Cre- 
mona, si  ritirò  a  Ghedi  .  Videsi  poscia 
Una  strana  peripezia  ,  per  coìì  dire  ,  in  un 
momento  si  rivoltò  tutto  lo  Stato  di  Mi- 
lano contra  de'  Francesi  •  Iti  Milano  quari- 

X  2  .ti 


324        An  nali  d*  Italia 
ti  di  loro  si  trovarono  ,    che    non    ebbero 
tempo  di  salvarsi  nel  castello  ,  tutti  furono^ 
messi  a   £1  di  spada  .  A  trecento   Guasco-^l 
ni,  che  erano  in  Pavia,  toccò    la   medesi-l 
ma  mala  sorte.  Tutte  la  altre  città   si  ri-l 
voltarono  ,  mandando  a  chiedere  perdono  a^ 
Massimiliano  duca  ,    con    essere    poi    còn-i- 
dannata  ognuna  a  pagare    quantità    grande!; 
di  danaro,  cioè  Milano  ducentomila  ducati 
d'oro,  e  le  altre  a  proporzione  :  danaro  ch^ 
colò  tutto  per  premio  della  vittoria  in  ma^ 
no  agli  Svizzeri  ,    i    quali    inseguendo    d^ 
lungi  i  fuggitivi  Francesi  j  maggiormente  si 
ingrassarono  alle  spese  de'Monferini  e  Pie- 
montesi .    Intanto  il  viceré    di    Napoli  che 
era    fìnquì    stato    alla    veletta,    osservando 
qual  esito  avesse    da  avere  la    fortuna  dei 
Francesi,  si  avviò  a    Cremona,  e    fu    am- 
messo   in    quella    città.   Diede   ancora    ad^ 
Ottaviano  Fregoso  tremila  fanti  e  quattro-! 
cento  cavalli  sotto  il  comando  del  marche^ 
se  di  Pescara  y  per  poter  entrare  in  Geno-s 
va,  con  patto,  che    entratovi    gli   pagasse 
ottantamila  ducati  d'oro.  Sene  impadronì 
egli  con  esserne  fuggito  Antoniotto   Ador^ 
no  ,  ed  ivi  fu  creato  doge ,  con    aver    poi 
quella    repubblica  sborsato  sì  grave   regale 
air  ingordo  Gardena .  Fu  anche  abbandona- 
ta Brescia  da  Renzo  da  Ceri  ^  non  avendc 
egli  assai  forze  da  difenderla  ;  mia  nel  vo- 
lere ridursi  a  Crema,  s'incontrò  in   parte 
dell'  armata    spagnuola   che    marciava    alla 
volta  di  Brescia  ,  e  fu  forzato  in  Soresina- 

a  la- 


Anno    MDXIIL  325 

a  lasciare  in  lor  mano  le  artiglierie,  per 
potersi  speditamente  salvare  in  essa  Cre- 
ma. Entrarono  dunque  di  nuovo  gli  Spa- 
gnuoli  in  possesso  della  città  di  Brescia  , 
di  cui  già  tenevano  il  castello  .  Da  lì  a 
qualche  tempo  anche  Bergamo  tornò  alla 
lor  divozione,  con  pagare  ventimila  duca- 
ti di  taglia.  Erasi  ridotto  alla  tomba  Bar- 
tolameo  d' Alviano  colle  milizie  venete  , 
dove  concorsero  molti  Veronesi,  malcontenti 
del  dominio  tedesco,  e  l'animarono  air 
acquisto  della  lor  patria  ,  perchè  non  vi 
erano  di  presidio,  sennon  duemila  fanti  e 
cinquecento  cavalli .  Dopo  aver  egli  inte- 
so 5  che  Giari'Faolo  BagUone ,  spedito  a 
Lignago,  se  n'era  impadronito,  passò  sot- 
to Verona  .  Con  incredibil  prestezza  pian- 
tò le  batterie,  e  fece  alquanto  di  breccia, 
venne  anche  all'assalto  .  Tal  difesa  nondi- 
ìneno  fecero,  e  tali  precauzioni  presero  i 
pochi  Tedeschi,  lasciati  ivi  di  guarnigio- 
ne, che  rAlviano,  giacché  non  si  sentiva 
commozione  alcuna  didentro,  si  ritirò  nel 
Padovano,  aspettando  ciò  che  meditassero 
gli  Spagnuoli  ,  i  quali  impadronitosi  per 
forza  di  Peschiera  ,  e  giunti  air  Adige, 
"avèano  ivi  gittato  un  ponte.  In  questi  tem- 
pi ancora  pervenne  a  Verona  il  vescovo 
Gurgense  ,  primo  mobile  della  corte  di 
Massimiliano  Cesare,  con  quattromila  fanti 
e  secento  cavalli  borgognoni  ,  tutta  bella 
gente.  Al  quale  avviso  i  Veneziani  rinfor- 
zarono di  molte  soldatesche    Trivigi  sotto 

X  3  il 


^25       Annali    d'Italia 

il  comando  del  Buglione.  L' Alviano  resti? 
in  Padova  ,  dove  fece  delle  mirabili  fortifì^ 
cagioni  ,  coir  atterramento  di  molte  case  ; 
con  una  vastissima  spianata  intorno  alla 
città,  e  con  ogni  maggior  provvisione  per 
sostenere  un  assedio. 

Attesero  in  questo  mentre  gli  Spagnuoli 
a  ricuperar  Lignago  ;  iqdi  passarono  a  Mon-» 
tagnana  ^  e  quivi  tennero   molti    consigli  « 
Era    di  parere  il   Cardona    viceré ,   che    s% 
imprendesse  1'  assedio    di    Trivìgi  ,    coniQ 
più  facile  a  riuscire  ;  ma  gli  convenne  ce-* 
dere  all'  ostinata  volontà  de4  vescovo  gurr 
gense  che  ponto  in  preferir  quello  di  Pado- 
va. Arrivarono  in  questi  giorni  al  loro  cani- 
pò  dugento  uomini    d' armi    che    alle  forti 
istanze  di  Cesare  mandò  papa  Leone  .  Mal 
volentieri,  dice  il  Guicciardino.  Fu  quest< 
nondimeno  un  segno,  che  il  pontefice^  an- 
corché andasse  tergiversando  ,  inclinava  al 
la  aderenza    dell''  imperadore    e    del    re  di 
Spagna.  L'anonimo  padovano  scrive  ,  chq 
furono  dugento  lance,  e  duemila  fanti  spe-^ 
(diti  dal  papa  ;  e  a  lui  più  ,   che   al    Guic- 
ciardino  ,  sembra  in  molte  circostanze  do- 
vuta fede  ,  perchè  scrive  d'  essersi    trovate^ 
presente  in  queste  guerre  d'Italia.  Era  comJj 
posto  l'esercito  Spagnuolo  di  mille  lance ^; 
cinquf  cento  cavalli  leggeri  e  settemila  fan-^i 
jti  ,    co'  quali    si    congiunsero  quattromila^; 
Tedeschi ,  e  cinquecento  cavalli  borgognor^ii 
condotti     dal    suddetto    vescovo  gurgense;^! 
esercito  poco  sufficiente  ad  espugnar  Padp'^! 

va   J 


4  ^ 

^i 


Anno     MDXIIL  327 

fy^  città  di  gran  circuito,  ben     munita  e 
difesa    dall'  Alviano,    uomo    senza  paura  . 
Riuscì  infatti    ridicolo     il    tentativo    fatto 
centra  di    quella    città  ,    e    dopo    diciotto 
giorni  fu  obbligato  il    Cardona    a  ritirarsi 
a    Vicenza  ,    città    in    questi    tempi    come 
deserta  ,     perchè     continuamente     esposta 
agli     insulti     e    al     possesso    di     chiunque 
giugnea  colà  più     forte.    Né    già    era    più 
felice    lo    stato    de'  Bergamaschi  .    Dacché 
gli    Spagnuoli    si     furono    impadroniti    di 
quella    città  ,    i    loro    commissarj     aveano 
riscossi  quindicimila  ducati  d'  oro  da  quegli 
afflitti  cittadini .  Renzo  da  Ceri  che  stando 
in  Crema  per  li   Veneziani  ,   tenea   spie  in 
Bergamo,  segretamente  di  notte    con    tre- 
cento cavalli  e  mille  fanti  marciò  a  quel- 
la volta;  ed  entrato  nel   far  del  giorno  in 
essa  città  j  non  solamente  risparmiò  a  quei 
commissarj    la  fatica    di    portar    via    qjiel 
danaro,  ma  anche  uccisi  e  presi    molti  di 
quei  Spagnuoli ,  s*  ipipossessò    della  città  , 
e  lasciato  ivi  il  capitan  Cagnolino    berga- 
masco,,  se  ne  tornò  .subito  a  Crema .  Pochi 
giorni  passarono,  che  giunse  in  Brescia  il 
conte    Antonio    da    Ladrone    con    duemila 
Tedeschi  ;  e  già  si  disponeva    per  passare 
a  Bergamo,  Cagion  fu  questo  avviso,  che 
il  Cagnolino  si  ritirasse  in  fretta  colle  sue^ 
genti  a  Crema   e  Bergamo  tornasse  in  po- 
tere   degli  Spagnuoli .    Risoluto    poscia    il 
conte  di  Lodrone    di  acquistar  Pontevico  , 
posto   di    grande    importanza   suU'Oglio  , 

X  4  col- 


328       Annali    d' Ita  li  a 

colle  artiglierie  ,  e  con  un  buon  corpo   dì 
combattenti  ito  colà ,    dopo  una  gran  rot* 
tura   di  nauro,  diede  l'assalto    alla    terra» 
Fu  questa  mirabilmente  difesa  dal  capitan 
Fattinnanzi  che  v'era    di  guarnigione    con 
quattrocento  fanti,    dimodoché    dopo  gran 
sangue    il  conte    fu  astretta    a    convertirò 
l'assedio  in  blocco.  Passato  un  mese^  per 
mancanza  di  vettovàglie  quel  capitano  ren- 
dè la  terra,  salvo    l'avere    e    le  persone. 
Avea  Renzo  da  Ceri  preso  gusto  alla  pre- 
da. Dacché  seppe  che  gli  Spagnuoli    avea- 
no  riscosso    dai    miseri  Bergamaschi   altra 
gran  somma  di  danaro    per    compensare   i 
danni  dianzi  patiti,   ma   senza    colpa    dei 
cittadini,  se  ne  tornò  col  solito  suo  cor- 
teggio a  quella  città,  e  presi    quanti  Spa- 
gnuoli ivi  trovòj,    dopo  avervi  lasciato  di 
presidio  ottocento  fanti,  e  dugento  caval- 
li sotto  il  governo  di  Bartolomeo  da  Mo- 
sto, si  ridusse  di  nuovo  a  Crema .  Ciò  in- 
teso il  viceré  Cardona  con    lettere    racco- 
mandò la  ricuperazion  di  Bergamo  al  du- 
ca di  Milano,    il    quale    si   trovava    allora 
cogli  Svizzeri    in  Piemonte    saccheggiando 
tutto  il  paese,    sotto  pretesto   d'impedire 
ai  Francesi  il  ritorno    in  Italia.    Spedì    il 
duca  a  quell'impresa  con  assai  schiere   ed 
artiglierie  Silvio  Savello  e  Cesare  Feramo- 
sca  che  cominciarono    a    battere    la  città» 
Ma  ecco  sul  far  del  giorno  giugnere  quat- 
trocento cavalli,  ed  altrettanti   fanti,    in- 
viati da   Crema    da  Renzo    da   Ceri ,    che; 

ani* 


Anno     MDXIII.  329 

Iktììmosamente  assalirono  il  campo  Milanese; 
nel  qual  tempo  uscirono  alla  medesima 
danza  gli  altri  ch'erano  nella  città .  Fu 
sanguinosa  la  pugna;  ma  infine  rimasero 
sconfìtti  i  Veneziani  colla  perdita  di  quasi 
tutti  i  fanti.  S'arrendè  l'infelice  città  di 
Bergamo ;,  e  all'innocente  popolo  fu  impo- 
sta dal  Savello  una  taglia  di  diecimila 
ducati  d'oro  . 

Dappoiché  fu  sciolto  l'assedio  dì  Padova, 
fece  papa  Leone  quante  pratiche  potè  per 
istaccave  i  Veneziani  dalla  lega  coi  Fran- 
cesi 5  ma  senza  frutto:  tanto  era  irritato 
quel.  Senato  contro  la  mala  fede  degli 
Spagnuoli.  Però  essendosi  il  viceré  Car (tona 
ridotto  con  tutti  i  capitani  in  Verona,  te- 
nuto fu  ivi  consiglio ,  e  risoluto  d'infestare 
i  Veneziani,  per  trarli  colla  forza  ad  ac- 
conciarsi con  loro.  Nel  dì  17  di  settembre 
s'avviò  l'esercito  collegato  verso  il  pado- 
vano ,  con  bando  che  fosse  lecito  ad  ognu- 
no il  mettere  a  ferro  e  fuoco  tutto  il 
paese  da  Monselice  sino  alle  acque  salse  • 
Fu  eseguito  il  barbarico  editto^  e  in  tem.- 
po  che  i  poveri  popoli  non  aspettando  la 
seconda  visita  di  questi  cani ,  erano  ritor- 
nati colle  famiglie  e  bestiami  alle  lor  ca- 
se •  Non  contenti  costoro ,  Cristiani  di  no- 
me ,  e  Turchi  ne' fatti,  di  far  grandissimo 
bottino^  imprigionavano,  uccideano ,  e 
bruciavano  case  e  ville ,  dovunque  arriva- 
va il  loro  furore.  Meno  degli  altri  opera- 
vano  i  soldati  del  papa.  Fra  le  altre  terre 

r  ame* 


55^       Ankali    b' Ita  eia 

l'amena  e  fertile  di  Pieve  di  Sacco  ,  dov^l 
si    contavano    tante    belle    case    di    nobiliti 
veneti  ,   tutta  fu  consegnata   alle   fiamme 
Lungo  le  Brente   nuova    e    vecchia    fece  re 
Io  stesso  sccmpio_,  scorrendo  sino  a  Lizza- 
fusina  ,  Mergara  ,  Mestre  ^   ed  altri   luoghi 
iiiarittimi,    da*  quali    spararono    ?nche    di 
molte  cannonate  verso  Venezia^   con  arri- 
var le  palle  fin  quasi  a  quella  nobilissima 
città  :  locchè  riempiè  di  terrore  il  popolo, 
L'  Alvlano  che  in  Padova  rodeva    il    frena 
al  mirar  tante    iniquità   de' nemici  ,  seppe 
con  tal  efficacia  persuadere    al   Senato  ve^ 
neto ,  che  si  potea  reprimere   la    baldanza 
di  quegli  assassini^  e  di  tagliar  loro  il  ri-- 
torno  a  casa,,  che  data  gli  fu  licenza  d' i> 
scire  in  campagna  coir  armata  sua  j>  benché 
inferiore  all'  altra  di    forze  •   I  movimenti 
di  questo  generale,  e  i  passi  stretti  occu^ 
pati  da  lui  con  far  rompere  le  strade,  cai 
gion    furono,  che    i    collegati  risolv esser ois 
di  retrocedere  per  non  restar  ferivi  de'  vi^ 
veri.  Ma  alla  Brenta  e  al  Bachiglione  eb- 
bero a  fronte  l'Alviano,    il    quale    in    ta 
nijaniera  li  strinse  ,  che  non    sapeano    tro^ 
var  alcun  varco  per    ridursi    in  salvo  .   Ie 
tale  stato  di  cose  se  l'Alviano  fosse   state 
un  saggio  e    prudente    capitano  ,    avrebbi 
di  troppo  angustiato    il    nemico,    e    senza 
azzardar  battaglia  ,  gli    avrebbe    dissipati , 
o  vinti  colla  fame.    Ma  egli    non    parlavi 
d'  altro  ,  che  di  venire  alle  mani  ^  e  quaaj 
tunque  Andrea  Grìttl    e  Andrea  Loredandl 

le-    i; 


d 


Anno  MDXIir.  ^  ^31 
■élla  repubblica  colla  maggior  parto 
de' capitani  si  opponessero,  mostrando  che 
non  era  da  combattere  con  gente  dispera- 
ta ;  pure  si  ostinò  nella  sua  risoluzione  , 
e  furibondo  non  rispose  sennon  con  villa- 
pie  a  chi  gli  contraddiceva  .  Non  restava 
'3Ì  collegati  altro  scampo  che  la  via  di 
Valsugana  per  ritirarsi  a  Trento  ,  ma 
questa  si  trovava  piena  di  mille  difficoltà» 
Sicché  il  miglior  partito  era  quello  di 
aprirsi  il  passo  colla  spada  alla  mano,  sen- 
nonché temeano  ,  che  i  Veneziani  abborris- 
sero  questo  giuoco.  Ma  il  saggio  Prospero 
Colonna  ,  ben  conoscente  del  genio  fervido 
e  superbo  ieìVAlvlano^  promise  di  tirare 
il  campo  veneto  ad  un  fatto  di  armi. 

La  mattina  dunque  del  dì  sette  di  ot-^ 
tobre ,  Ferdinando  d'  Avalos  marchese  di 
>  fescara  ,  giovane  valorosissimo  ,  s'  avviò 
contra  de' Veneziani  verso  l'Olmo ^  ed  uni- 
tosi col  Colonnese  nelle  coerenze  di  Creaz- 
zo ,  circa  tre  miglia  lungi  da  Vicenza  , 
diede  principio  alla  terribile  zuffa.  Si  com- 
battè con  incredibile  ardore  da  ambe  le 
parti,  ma  infine  restò  sconfitto  l'Alviano. 
Le  particolarità  di  questo  conflitto  sono 
descritte  in  differente  guisa  dal  Guicciar- 
dino,  dal  Giovio,  dal  Gradenigo  ,  e  da 
altri.  Fra  morti  e  presi  de' Veneti  si  con- 
tarono circa  quattrocento  uomini  di  arme, 
e  quattromila  fanti  .  L'anonimo  padovano 
vi  aggiugne  più  di  ottocento  cavalli  leg- 
geri,   e  fa    maggiore    1^    strage    de" fanti, 

Re^ 


532       Annali    d'Italia 
Hestarono    prigioni    Gian-Faolo   Baglloney 
governatore  della    veneta    armata  ,    Giulio 
Manfrone  ,    Andrea   Loredano    legato    del 
campo  che  fu  poi  barbaramente  ucciso  per 
gara  nata  fra  i  pretendenti    d' averlo    pri- 
gione .    Tutta    r  artiglieria    coi    carriaggi 
venne  in  potere  dei  vincitori  ^    i    quali    la 
stèssa  sera  cenarono  in  Vicenza,  Al  vede- 
re, che  il  Senato  veneto  non  prese  risolu- 
zione alcuna  contro  deli*  Alviano,  può  fari 
credere    fondato    il    sentimento    di    alcuni 
che  scrivono^  esser    egli  [stato    spinto    dal 
Loredana   suddetto   ad    uscire    alla    batta- 
glia. Il  Loredano  morto  non  potè  più  dir 
le  sue  ragioni.  Perchè  s'avvicinava  il  ver- 
no ,  niun' altra  impresa  tentarono   i    colle- 
gati,  sennonché  il  Cardona  seguitò  da  Vi- 
cenza ad  infestar  il  Padovano ^  con  lasciar 
tempo    alla    repubblica    veneta  >    intrepida  i 
sempre  in  mezzo  alle  sue  sventure  ,  di  far  *■ 
nuove  provvisioni  di  guerra.    Andato    pò-  1 
scia  a  Roma   il    'vescovo   gurgense  Matteo  | 
Langlo y  creato  già  cardinale,    si   ripiglia- | 
rono  i  trattati  di  pace^  e  ne  fu  fatto  com- 
promesso in  papa  Leone  X;  ma  ancor  que- 
sta volta  andò  in  fascio  V  ^ffare  per  le  dif- 
ferenti  pretensioni    di    tante    teste .  Prima 
che  terminasse  Tanno  presente,  contuttoché 
a  cagion  d'esso  trattato  fosse  seguita    sos- 
pension  d'armi ,  fu  preso  dai  tedeschi  Ma- 
rano,  castello  quasi  inespugnabile  nel  Friu- 
li.  Per  ricuperarlo  fu  spedito  colà  dai  Ve- 
neziani un  picciolo  esercitò  ,  ma  che  restò 

rot- 


^        Anno    MDXIIL  335  ^ 

"totto  con  istrage  di  molti,  e  colla  perdita 
delle  artiglierie  .  In  Lombardia  Prospero 
Colonna  j,  divenuto  generale  dell'  esercito 
del  duca  di  Milano  ,  andò  a  mettere  1'  as- 
sedio a  Crema  al  dispetto  del  verno  ben  ri- 
goroso .  Dentro  v'era  Renzo  da  Ceri  ^  che 
fece  delle  maraviglie  di  valore  con  rom- 
pere più  volte  i  nemici,  e  far  prigioni  e 
prede  ;  e  condusse  così  ben  V  impresa ,  che 
fu  necessitato  il  Colonna  a  lasciar  in  pace 
quella  terra  nell'  anno  seguente .  Durante 
esso  verno  occuparono  i  Tedeschi  anche 
Sacile  e  Feltre ,  e  misero  di  nuovo  a  ferro 
e  fuoco  la  misera  patria  del  Friuli  •  Delle 
guerre  fatte  in  questi  tempi  dal  re  d'  In- 
ghilterra e  dagli  Svizzeri  contro  al  re  di 
Francia  per  le  quali  il  re  Lodovico  non  po- 
tè accudire  all'  Italia  ;  e  della  guerra  mos- 
sa dal  re  di  Scozia  contro  gì'  Inglesi  ,  sic- 
come avventure  non  pertinenti  all'  assunto 
mio  ,  ninna  menzione  farò  io  ,  dovendo  i 
lettori  curiosi  prenderne  informazione  da 
altre  storie. 

Anno  di  Cristo  1514,  Indiz.  11. 
di  Leone  X,  papa  2. 
di  Massimiliamo  re    de'Rom.  22. 

jr\ncorchè  durasse  la  discordia  fra  tanti 
principi  cristiani,  e  continuasse  anche  la 
guerra  in  Italia  ,  pure  nell'anno  presente 
non  si  contarono  avvenimenti  sì  strepito- 
si ,  come  ne'  precedenti .  Ai  tanti  infortu- 
ni 


35^^       Annali    dMì^alià 
ìì]   patiti  fin  qui  dalla    veneta  repubblica!  ^ 
Se  ne  aggiunse  uno  gravissimo  nel  dì  tre^  ; 
dici  di  gennaio.  Circa  un' ora  di  notte  at- 
taccatosi o  per  inavvertenza  ,  o  per  mali- 
zia degli  uomini  il  fuoco  in  Rialto  st  una 
bottega  di   telerie  ,  questo  a  cagione  d'  un 
gagliardo  vento  che  soffiava,  sì   fieramente 
si   dilatò  y    che    in    poco  tempo  bruciò    la 
parte  più  ricca  e  frequentata  di  Venezia  , 
perchè  piena  di  drapperie  ,   argenterie  ,    e^ 
d'ogtii  altra  forma  di  merci  preziose  ,  cal-i 
colandosi  ,  che  circa  duemila    tra  botteghe 
e  case  col  fondaco    de'  tedeschi    restassero* 
preda  del  furioso    incendio  .    Seguitava  in- 
tanto la  guerra  nel  Friuli  ,  dove  Cristoforo' 
Frangipane  e  il  capitan  Rizzano  con  mil- 
le cavalli  e  cinquemila  fanti  tedeschi  asse- 
diarono e    bombardarono    OsofFo ,    castellò 
fortissimo  .  In  tre  assalti  che  gli  diedero, 
vi  perderono  circa  mille  e  cinquecento  per- 
sone .  Girolamo    Savorgnano    che    difendea 
quella  rocca,    s'era    infine  ridotto  con  so- 
li ventiquattro  uomini  ,  essendo    perito    il 
resto  di  sua  gente  ;  epperÒ  fece    sapere    a 
Venezia    la  necessità    di  rendersi  ,  qualora 
non  gli  venisse  soccorso.  Allora  il  Senata^j 
otdirlò  9.\V  Alviano  di  portarsi  colà  il  pìxi] 
segretamente  ,  che    potesse  ,   quantunque    il  ] 
viceré  Cardotfa  fosse  tuttavia  ad  Este  e  aj 
Monselice  ,  e  le  di  lui  soldatesche  facesse^  j 
ro  di  tanto  in  tanto    delle    scorrerie    sinoj 
alle  porte  di  Padova.  Andò    1' Alviano  al-l 
la  sordina  (era  il  mese  di  marzo)  con  uaj 

buon 


I 


Wfm-  ^  •  ^  N  N  o     MDXlV.  53^ 

ttìibin  tbrpo  di  gcnte^  e  giunto  a  Bacile  ^ 
spinse  Malatesta  Baglione  contro  il  capi- 
tan Rizzano  che   testò    prigione.    Sconfitti 

<ì  T€<Ì€s»hi  del  suo  seguii?,  si  salvarono  a 
Pbrdenon  ;  ma  poco  stette  a  comparir  colà 

•i'AIviano^  e  a  piantar  le  artiglierie.  Ter- 

tiò  fa  faccenda  colla  presa  e  col  sacco 
l'infeiice  castello,  e  colla  strage  di  tut- 
ti i  difensori .  Questo  colpo  fece  ritirare 
in  fretta  il  Frangipane  dall' assedia  d'Osof- 
f o  ,*  laonde  l'Alviano  se  ne  tornò  trionfan- 
te a  Padova  .  Perchè  premeva  non  poco  ai 
Veneziani  di  ricuperar  Marano,  castello  di 
molta  importanza,  fu  speditocela  ilSavor- 
griano  con  gente  assai,  che  cominciò  a  ber- 
sagliarlo colle  batterie  :  nella  quale  occa- 
sione a  Giovanni  Vetturi  riuscì  in  un  agua- 
to  di  far  prigione  lo  stesso  Frangipane  , 
gran  nemico  ideila  reppubblica,  e  d'inviar- 
lo nelle  carceri  di  Venezia .  Ma  sciolttr 
che  fiT  questo  assedio ,  ^nche  il  Vetturi 
colto  in  mV  imboscata  dai  Tedeschi,  restò 
prigione  con  cento  de' Suoi  .  Andò  poscia 
il  viceré  con  tutto  il  campo  spagnuolo  ad- 
dosso a  Cittadella  ,  e  formata  la  breccia  , 
fece  dare  nel  dì  27  di  Giugno  un  fiero 
assalto  ,  per  cui  restò  preso  e  saccheggia- 
to quel  castello ,  e  i  soldati  e  cittadini 
tutti  fatti  prigioni  ; 

In  questi  tempi  venuta  meno  le  vettova- 
glia al  castello  di  Milano  ,  fu  forzato  a 
capitolare  la  resa,  e  il  presidio  francese 
libero  venne  condotto  sino  ai  monti.  I>a  fi 

a  pò- 


35^         Annali    d'  I  t  a  i  i  a 
a  pochi  giorni  altrettanto  fece  il  castello  ^i 
Cremona  ,    locchè   quanta    letizia   recò   al 
duca  di  Milano  ,  altrettanto   scemò    la  ri- 
putazion  de'  Francesi  in  Italia  t  Ilestava  ih 
lor  potere  la  sola  creduta  inespugnabil  for- 
tezza della    Lanterna ,   presso    a  Genova  ; 
ma  per  mancanza  di  viveri    fu    anch*  essa 
astretta  nel  dì  26  d'agosto  a    rendersi   ai 
Genovesi  che  per  più  mesi  l' aveano   tenu-  i 
ta  assediata;  né  tardarono  a  spianarla  sino  j 
a' fondamenti  ;  con  che  parve   tolta    affatto  j 
ogni  apparenza  che  i  Francesi  avessero  pia  j 
a  comparir  in  Italia  :  locchè  diede  non  poco^ 
affanno  alla  repubblica  veneta,  restata  so-^ 
la  contro    a    tanti  nemici  ;  ma  che  nondi-^ 
meno  giammai  non    invilì  ^    né    volle  con-^ 
sentire  a  proposizione  alcuna  di  pace  ,  per  j 
cui  avesse  da  cadere  alcuna    delle  città    aij 
lei  tolte    in    terra  ferma.    Pure    con  tutte^ 
queste  peripezie  il  re  Luigi  XII  ^   più  che^ 
mai  si  sentiva  ajcceso  della  costante  bramai 
di  ricuperare  lo  Stato  di    Milano  .  Epperòi 
dappoiché    con  paci  ,    tregue    e    parentadi^ 
ebbe  acconci  i  suoi  interessi    coi  re  d'  In-i 
gliilterra  e  d'Aragona,  che  gli  aveano  da^« 
te  delle  disgustose  lezioni  in  varj  fatti  dii 
arme  ,  si  diede  tutto  a  nuovi  preparamen-^ 
ti  di  gente  d'arme,  d'artiglierie    e  muni-« 
zioni  ,  risoluto  di  calar  di    nuovo    in  Ita-^ 
lia  neir  anno  seguente  .  Fu    in    quest'  annoi 
fatta  una  specie  di  blocco  dalle    armi    dell 
duca  di  Milano  comandante  da   Siivio  Saii 
-vello  all'insigne  terra  di    Crema.    Dentro^ 

v'era 


jA  N  N  o     MDXIV.  337 

v'era  la  peste  ,  la  guarnigione  senza  pa- 
ghe e  gran  carestia  di  viveri,  per  modo 
che  Renzo  da  Ceri  ivi  comandante,  ornai 
diffidava  di  potersi  sostenere.  Pure,  sic- 
come persona  di  mirabil  senno  ed  attivi- 
tà ,  nel  dì  25  d'agosto  uscito  alTìmpiov- 
viso  addosso  ai  nemici  ,  li  mise  in  rotta  ; 
e  fama  fu  ,  che  il  Savello  vi  perdesse  tre- 
. cento  fanti,  e  quattrocento  cinquanta  ca- 
tvalli  uccisi  ,  oltre  ad  altrettanti  rimasti 
prigioni .  Fu  poi  rifornita  Cremona  di  vet- 
tovaglia da' Veneziani,  e  il  conte  Niccolò 
Scotto  v'  introdusse  mille  e  cinquecento  fan- 
ti .  Animato  da  questo  rinforzo  il  valoroso 
Renzo  da  Ceri,  uscì  una  notte  di  Crema, 
<c  air  improvviso  comparve  a  Bergamo  ,  e 
v'entrò  senza  contrasto,  essendo  fuggiti 
que' pochi  Spagnuoli  che  v'erano  di  presi- 
dio, nella  Cappella ,  fortezza  sopra  il  mon- 
te. Diedesi  egli  immantenente  a  far  ])a- 
stioni  ed  altri  ripari  con  risoluzioa  di  di- 
fendere di  nuovo  quella  città.  Avvisati  di 
ciò  il  duca  di  Milano  ^  e  il  viceré  Cardona 
che  stava  nel  Polesine  di  Rovigo  ,  affinchè 
Pwenzo  maggiormente  ivi  non  si  afforzasse, 
si  affrettarono  per  isloggiarlo  di  là  .  Andò 
lo  stesso  viceré  con  un  corpo  di  gente,  e 
molta  artiglieria  colà,  ed  unitosi  con  Pro- 
spero Colonna  generale  delle  armi  duche- 
sche  ,  cominciò  aspramente  a  percuotere 
le  mura  di  quella  città.  Ma  quanto  danno 
si  faceva  il  giorno,  la  notte  veniva  con 
tagliate  e  nuove  fortificazioni^  riparato 
ToPAo  XXII.  Y  dall' 


23  S  A  N  K  A  L  I  ^  d'  I  T  A  LI  A 

ti  air  indefcso  Renzo,  il  quale  non  lasciava 
di    far  anche  delle  sortite  con  grave    inco- 
m  odo  degli  assedianti  .  Per    segreti    messi     ; 
gli    faceva  intanto  sapere  V  Alvi  ano  che  si     \ 
dif  endesse_,   perchè   farebbe   tal    diversione  , 
che  il  viceré  sarebbe  astretto  a    ritirarsi  . 
Tent  ò    infatti  Verona  ;    ma  senza    frutto  . 
Quindi  sollecitamentp  passato  verso  la  no- 
hil  terra  di    Rovigo,    spinse    innanzi   Bai-    j 
dassare    di    Scipione    con  secento  cavalli  , 
che  nel   dì   19  di  novembre  trovatigli  Spa» 
gnuoli   senza  guardia,   quasi    tutti'   li    fece 
prigioni  od  uccise;   e  furono  cento  uomini^  « 
d*  arme  ,  dugento  cavalli  leggeri^  e  cinque-    ^ 
eccito  fanti.  Sopaggiunto  poi  essoAlviano, 
la  misera  terra  andò    tutta  a  sacco.  Que-    ; 
sto    colpo  fece  scappare  in  fretta    da  Leu-    ì 
denara     e     dalla    Badia    quanti     Spagnuo-    j 
li  si  trovavano  in  quelle  terre.    In    questo 
mentre    Renzo    da  Ceri    lusingato    sempre    \ 
dalla  speranza,    che    l'Alviano    il    soccor-    j 
resse  _,  avea  consumata  buona  parte  di  sue    j 
genti  nella  difesa  di  Bergamo.   Conosciuto    j 
poi  disperato  il  caso,  capitolò  la  resa,  se    : 
in  termine  d'otto  giorni  non    veniva  soc-    \ 
corso  ,  con  patto  ,  che  la  città  fosse    salva    \ 
dal  sacco ,  e  che  uscissero    i    suoi    soldati    l 
con  armi  e  bagaglio,  ma   senza    poter  en-    ] 
trare  in  Crema  per  lo  spazio  di  sei  mesi.    { 
Spirati  gli  otto  giorni  senzachè    comparis-    \ 
se  soccorso  alcuno  fu  presa  ,  dal    viceré    e    ] 
dal  Colonna  la  tenuta  della  città ,  ma  cit-  A 
tà  bersagliata  da  infinite  sciagure  ,  perchè'^ 

con- 


4 


|HB.  Anno    MDXIV.     ^      339   ^ 

^^ndennata  anche  in  questa  occasione  allo 
sborso  di  ottantamila  ducati  d'oro.  Tor- 
nato poscia  il  viceré  a  Verona,  ed  uscito 
in  campagna  contro  V  armata  dell'  Alvia- 
no ,  tal  terrore  ad  essa  recò ,  che  come  in 
rotta  si  ritirarono  i  Veneziani  a  Padova  , 
con  perdita  di  molti  cavalli  .  La  dirotta 
pioggia  ,  e  le  strade  piene  di  fango  impe- 
dirono agli  Spagnuoli  di  più  ottenere  nell' 
anno  presente  . 

Quali  fossero  in  tempi  di  tante  discor- 
die i  maneggi  e  raggiri  ài  })apa  Leone  , 
chiunque  bramasse  d'  esserne  pienamente 
informato ,  dee  ricorrere  al  Guicciardino  , 
storico  provveduto  di  un  buon  microsco- 
pio ,  per  dÌ5cernere  le  simulazioni  e  dissi- 
mulazioni della  politica  mondana  de'  prin- 
cipi ,  nella  quale  certamente  eccellenti  fu- 
rono in  questi  tempi  esso  imntefice  e  Fer- 
dinando  il  Cattolico  re  d'  Aragona  e  delle 
due  Sicilie .  Ebbe  esso  pontefice ,  mentre 
continuava  ancora  il  concilio  lateranense  , 
la  consolazi  •!  di  vedere  affatto  estinto  lo 
scisma  de*  Francesi,  cominciato  col  conci- 
liabolo pisano.  Nel  di  12  di  marzo  rice- 
vette ancora  con  gran  pompa  gli  ambascia- 
tori àiEmanuello  rt  di  Portogallo^.  Con- 
dussero essi  oltre  ad  altri  preziosi  regali  in 
dono  al  papa  un  superbo  elefante  che  riem- 
piè di  maraviglia  il  popolo  romano,  con- 
corso a  folla  ,  per  mirare  un  animale  stra- 

Y  2  no 

*  Oiosius  de  rebus  Emanue'.is   Regis  . 


340         An  nali  d' Italia 
no  agli    occhi    loro,  ma  si    familiare    agli 
antichi    Homani .  Giunta  questa  bestia  da- 
vanti alla  finestra,  dove  era  assiso  il  papa, 
tre    volte    s'inginocchiò,    ubbidendo  a  chi 
r  avea  così  ammaestrato  .  Poi    da    un  lino 
d'  acqua  preparata  ne  tirò  colla  sua  trom- 
ba o  proboscide  una    buona    quantità  ,  con 
cui  asperse  chi    si  trovava  anche  nelle  fine- 
stre più  alte,  e  molto  più  né  spruzzò  so- 
pra la  circostante  plebe  .  Perchè  ancora    a 
quel  re  era  noto  ,    come  il  pontefice  senza  ì 
gran  cura   della    sua   dignità    si    dilettasse   { 
della  caccia,    gl'invio  in  dono  una  pante-  ^ 
la  ,  avvezzata  a  quell'esercizio;  e  fattane  , 
la  pruova  ,  quante  bestie  si    aflfacciarono  ,  ! 
tutte  in  breve  tempo  le  strozzò  .  Attende-.,^ 
va  intanto  papa  Leone,  come  s'ha  dal  sud- /j 
detto    Guicciardino,    e    dall'  autore     della  à 
Lega  di  Cambrai ,  a  coprir  le    segrete  sue  ' 
intenzioni  ,    con    deludere    or  questo  ,    or 
quello  de' principi  ,  essendo  la  general  mi- 
ra di  seminar  fra  loro  la  mala  intelligen*  .^ 
za  ,  e  di  persuadere  a  cadauno  la  sua  pre-  "^ 
dilezione,    per  desiderio  di  rendersi  aibi-^ 
tro  degli  affari.  Ma  l'aver  egli  inviato    al 
Venezia  il  celebre  Pietro  Bembo  per  istac-  j 
care     quella    repubblica    dall'  alleanza   coi^^ 
Francesi,  senza    però    poterla    smuovere  ,/ 
fece    infine  capire  al  re  Lodovico^   che  ca-; 
pitale  avesse  egli  a  fare  delle  belle  prote-y^ 
ste  di   questo   pontefice.  Peggio  intervenne j 
ad  Alfonso  duca  di    Ferrara  .    Dopo    aver  j 
questi  assistito    alla    corona^ion  di    questoj 

pa-     i 


Anno  MDXJV.  341 
papa,  se  re  tornò  a  casa  sua  carico  di 
carezze  e  di  promesse  quante  ne  vol- 
le .  Insisteva  U  duca  ,  perchè  gli  fosse 
restituita  la  città  di  Reggio  ,  indebita- 
'mente  occupata  a  lui  da  ])ai^a  Giulio  II  y 
contro  la  fede  obbligata  nel  salvocon- 
dotto.  Era  disposto  Leone  a  restituirla  , 
ma  questo  benedetto  giorno  non  arrivava 
giammai  ^.  Dopo  grandi  maneggisi  lasciò 
indurre  il  duca  nel  d)  quindici  di  giugno  a 
spogliarsi  del  diritto  di  far  sale  nella  cit- 
tà di  Comacchio  ,  dalla  quale  la  casa  di 
Este  per  tanti  anni  era  stata,  ed  è  tutta- 
via investita  dai  soli  imperadori  ;  ma  seh- 
z^  pregiudizio  della  cesarea  maestà  y  e  non 
altrimenti ,  ne  in  altro  modo  ,  come  eanta 
quella  convenzione  .  Oltre  all'  essere  stati 
annullati  tutti  i  processi  di  papa  Giulio  y 
promise  il  papa  di  restituire  ad  esso  duca 
in  termine  di  cinque  mesi  Reggio .  Ma  que- 
i  cinque  mesi  nel  cuor  di  papa  Leone 
cioveano  essere  cinquecento  mesi,  percioc* 
che  non  solamente  mai  non  volle  rendere 
quella  città  al  duca,,  ma  due  giorni  appe- 
na dopo  la  convenzione  suddetta  stipulò 
coi  ministri  di  i^fassim t/ìano  Celare,  la  com- 
pera (  salvo  il  gius  della  ricupera  )  della 
imperiai  città  di  Modena  pel  prezzo  di 
quarantamila  ducati  d'oro,  contati  a  quel 
monarca^ ,  sempre  ansioso ,  e    sempre  biso- 

Y  5  gnó- 

'   Antichità  Estensi  y  Tom.  t.  Picìa  Eiposizjone  [dei    di-- 
ritti  Imperiali  ed  Esten: i  soprx' Com.zcchio  . 


34^       Annali    d'Italia  < 

gnoso  di  pecunia,  e  che  nulla  badò  a  com*  ^ 
mettere  una  sì  patente  ingiustizia    in  pre- ì 
giudizio    di    un    vassallo    che     nulla    avea  \ 
operato  contra  del  sacro  romano  impero  . 
Fruttava  questa  città  di  sole  rendite  annue  i 
altrettanta  somma.  Troppo  stava  sul  cuo- 1 
re  ai  pontefice  l'acquisto  di    Modena,  per  ^ 
aver  libero  il  passr-ggio  e  la  comunicazia-j 
ne  colle  città  di  Reggio  ,  Parma  e  Piacen-J! 
za  _,  che  erano  già  m  suo  potere  .  Gli    oc-'^ 
culti  fini  nondimeno   d'esso  papa  non  ter"-| 
minavano  qui  ,  come    osserva    il    Guicciar*| 
dino.  Imperciocché  se  non  il  primo,  certol 
uno    de'  principali    pensieri    di    Leone    era! 
"^ — qtiello    d'  ingrandire    la    propria    casa    dei] 
Medici  ,  e  non  già    con  allodiali ,  o    feudi  J 
minori,  ma  con  di  que' principati  e  Stati  ,f 
che  partecipano  della  sovranità,  spogliando- j 
ne  i  legittimi  possessori.    Questa  malattia! 
r  abbìam  trovata  in  altri  precedenti  papi  ,  | 
ma  specialmente  comparve  dipoi  in  esso  Leo-i 
neX  e  in  Clemente  VII,  amendue  della  stes-pj 
sa  casa  ,  che  per  ottenere  quest'intento  im- 
piegarono senza  misura  i  tesosi  della  Ghie-, 
sa ,  e  fecero  o  fomentarono  più  guerre  fra, 
i  popoli  battezzati .  Tale  certo  non  era  l'in- 
tenzione di  Dio^  allorché  li  pose  sulla  cat- 
tedra di   s.  Pietro,  e  li  costituì  pastori  del 
gregge  suo.  Avea  papa    Leone    Giuliano  ,| 
suo  fratello,  avea  Lorenzo  figlio  di  Pietroiì 
Medici  y  che  era  suo    nipote,    e    continua- /j 
mente  pensava  ad  innalzarli.  Poiché  quan-]] 
to  a  Giulio  suo  cugino,  figlio  di  GiuUang^ì 

uc- 


Anno    MDXIV.  343 

iicciso  nella  congiura  de'  Pazzi ,  che  fu  poi 
pa-pa  Clemente  VII ^  benché  dal  Nardi  ,  dal 
Guicciardino,  dal  Varchi,  dal  Panvinio  ^ 
e  da  altri  si  sappia  essere  egji  nato  fuori 
di  matrimonio  ,  Leone  V  avea  creato  car- 
dinale neir  anno,  precedente  .  Le  idee  di 
esso  papa  Leone  erano  di  formare  per  Giu- 
liano un  principato  di  Modena,  Reggio  , 
Parma  e  Piacenza  ,  e  se  gli  veniva  fatto  ^ 
d'aggiugnervi  anche  Ferrara.  Fu  eziandio 
creduto  ;,  che  trattasse  col  re  di  Francia 
di  acquistare  il  regno  di  Napoli  o  per  la 
Chiesa,  oppure  pel  suddetto  suo  fratello, 
già  creato  prefetto  di  Roma,  e  generale^e 
Gonfaloniere  della  santa  romana  Chiesa  . 
Qual  esito  avessero  i  suoi  grandiosi  dise- 
gni,  r  andremo  appoco  appoco  vedendo- 

Anno  di  Cristo  1515  ,  Indizione  iir. 
di  Leone  X,  papa  3. 
di  Massimiliano  rede'Rom.  23. 

Jl  unesto  principio  ebba  l'anno  presente  , 
perchè  nello  stesso  primo  giorno  di  genna- 
io mancò  di  vita  LodoVico  XII  ,  re  di 
Francia  per  infermità  ,  comunemente  cre- 
duta cagionata  dal  recente  matrimonio  col- 
la sorella  del  re  d'Inghilterra  dieta  d'an- 
ni diciotto  ,  quando  egli  era  giunto  ai  cin- 
quantaquattro anni ,  e  prometteva  ben  più 
lunga  vita  .  Fu  assai  compianta  la  di  lui 
perdita  ,  perchè  s'  era  acquistato  il  tholo 
di  padre  de'  suoi  popoli  ,  elogio  il  più  glo- 

y  4  '  rio- 


)  ^ 

'     344        Àknali    i>' Italia 

rioso  d'ogni  altro,  ma  che  per    disavven- 
tura miriamo  assai\varo  in  tutti  i  tempi  • 
Ora  favorito  dalia  prospera,  edora  battu- 
to dall'avversa  fortuna,  era  nondimeno  in 
tal  maniera  risorto ,    che  di  gran  cose  tut- 
tavia promettea  ,  se  la    morte    non    avesse 
troncato    il    filo    di    sua  '^ita    e    delle  sue 
speranze  .  Ma  si    consolarono    in    breve   i 
Francesi,  perchè  a  lui  succedette  Francesco 
I,  conte  di  Angolemn^  ,  il    più    prossimo 
del  regal  sangue  maschile  secondo  *  le  leg- 
gi o  le  consuetudini  di  quel    regno  ;  giac- 
ché Lodovico  non  lasciò  dopo  di  se  sennoa 
due    femmine,   cioè    Claudia  j    sposata    ad 
ff^so  Francesco  nel    di   i8  di  maggio    dell' 
anno  pre^€dente_,*e    Renea    che    era    stata 
bensì  in  un  trattato  del    dì    24    di    marzo 
dello  stesso  anno  promessa    a  Carlo  ^  nipo- 
te di  Massimiliano  re  de'  Romani  ,  che  fu 
poi  il  glorioso  Carlo  V  augusto  ,    ma    di- 
venne   col  tempo  moglie  di    Ercole  II    di 
J^sie  principe,  e  susseguentemente  duca  di 
Ferrara  .  Si  trovava  il  nuovo  re  Francesco 
in  età  di  soli  ventidue    anni  ,    principe    dL 
gran  mente  ,  pieno  di  spiriti    guerrieri  ,  e 
sommamente    avido  di  gloria.  Con  gli  al-- 
tri  suoi  titoli  unì  egli  tosto   ancor  .quello| 
di  duca  di  Milano,  contuttoché  sui  princi-'^i 
pj  occultasse  la  voglia    di    ricuperar    quel*j 
ducato,  affine  di  assodar  prirna  gì' interes-^j 
si  suqi    coi  potentati    vicini .  Confermò  là^[ 
lega  col  re  d^  Inghilterra  ^  e    poscia    collabi 
rdimbblica  veneta;  ma  nulla   di  pace  potèj 

ot-      J 


4 


A  N  N  n     MDXV.  545 

ja^terrevc  .  n v\  dà  MassimUiano  Cesare  ,  ne  da 
^Èfrdinando  il  Cattolico^  re  d'Aragona^  né 
dagli  Svizzeri^  e  meno  da  papa  Leone  , 
ii  quale  andava  barcheggiando  in  questi 
^lempi_,  sempre  nondimeno  con  animo  con- 
■wrio  a' Francesi ,  qualora  volessero  tentar 
||P  nuovo  la  conquista  dello  Stato  di  Mi- 
lano. In  effetto  essi  re  de' Romani  e  di 
Aragona  ,  il  duca  di  Milano ,  gli  Svizzeri 
e  Fiorentini  contrassero  lega  fra  loro  in 
questi  tempi  colla  mira  di  opporsi  ai  Fran- 
cesi,  lasciato  luogo  d'entrarvi  al  papa  ,  il 
quale  voiea  giocare  a  carte  sicure.  Avea 
nondimeno  esso  pontefice  nel  dì  nove  di 
dicembre  del  precedente  anno  fatta  uria 
particolar  lega  coi  medesimi  Svizzeri  ^  ; 
confidando  più  in  essi,  che  in  altra  poten- 
za per  la  difesa  del  ducato  di  Milano  , 
Innoltre,  fu  da  lui  proccurato  nell'anno 
antecedente  un  accasamento  nobilissimo  a 
Giuliano  suo  fratello  :  con  avergli  ottenu- 
ta per  moglie  *  Filìherta  figlia  di  Filippo 
duca  di  Savoia^  e  prossima  parente,  dice 
lo  scrittor  della  Lega  di  Cambrai ,  ma  do- 
vea  dire  sorella  di  Luisa  madre  del  so- 
praddetto re  di  Francia  Francesco  T,  Tale 
era  ne'  tempi  presenti  la  potenza  de'  som- 
mi pontefici  ,  che  niuno  de'  gran  principi 
si  sdegnava  di  far  parentado  con  loro  . 
Nel    mese  di    febbraio    si    effettuò    questo 


ma- 


Du  Mont ,  Corp.  Diplomnt. 
Guichcnun ,  de  la  Maison  de  Savoie, 


34^      Annali     d' Itali  a 

matrimonio,  e  sì  suntuoso  e  magnifico  fq 
il  ricevimento  di  questa  principessa  in  Ro» 
ma  j  che  il  papa  vi  spese  più  di  cento 
cinquantamila  ducati  d'  oro  ,  come  si  rica- 
va dalle  lettere  del  Bembo.  Altri  grandi 
feste  sperano  fatte  in  Torino,  dove  lo  spo- 
so si  fermò  per' un  mese^  e  similmente  in 
Firenze,  dove  ognuno  o  per  amore,  o  per 
timore  gareggiava  ad  onorare  ed  esaltare 
la  casa  de' Medici . 

Ardeva  intanto  di   voglia    il    re    France- 
sco di  calare  in  Italia  ,  e  cominciò  a    non 
essere  più  un  segreto  questo  suo  disegno  ; 
tanto  grande  era  la  massa  di   gente  arma- 
ta ,  ch'egli  facea.  L'autore  della    Lega  di 
Cambrai    scrive,   aver    egli    accresciuto    il 
numero  delle  lance  ossia   degli    uomini    di 
arme  ,  sino  a  quattromila  :  locchè  ,  secondo 
esso  storico  ,    facea    quasi    ventimila  com- 
battenti   a   cavallo  .    Merita    esame  questa  > 
asserzione ,  perchè  non  era  molto  in  uso  ,  i 
che  un  uomo  d' arme  conducesse  seco  cin-  ì 
que  cavalli ,  e  quattro  armati    di    sho    se- 
guito.  Scrive  r  anonimo  padovano^  ch'esso 
re  inviò  il  signor  di  Lautrec    con  cinque- 
cento lance,  e  cinquemila    fanti    a'  confini' 
delia  Guascogna,  per  opporsi    ai    tentativi  ^ 
del  re  Cattolico;  e  il  TremogUa  in  Borgo- 
gna con  un  altro  corpo  di  gente,   e  Gian- ^ 
Jacopo  Trivulzio  con  quattrocento  lance  in 
Provenza  ,  per  vegliare  ai  movimenti  degli 
Svizzeri,  a' quali  premeva  troppo    la    con-  , 
jBervazion  "dello    Stato    di    Milano ,    dacché 

avea- 


Anno    MDXV.  347 

aveano  imparato  a  succiar  tutto  il  sangue 
de'  popoli  di  quella  contrada  .  Oltre  ad 
Dttomila  fanti  ,  e  tremila  guastatori  suoi 
Ij^udditij  avea  parimente  il  re  Francesco 
kfi^si  al  suo  soldo  diciotto,  oppur  ventidue- 
I^Pa  fanti  tedeschi  sotto  varj  capitani  ;  e 
dietro  Navarro  celebre  capitano  che  s"*  era 
iritirato  dal  servigio  del  re  Cattolico ,  avea 
arrolati  altri  diecimila  fanti  che  ì\  autor 
della  Lega  fa  tutti  biscaini  ^  nia  V  anonimo 
padovano  scrive ,  essere  stati  seimila  gua- 
sconi, e  quattromila  italiani.  Per  T im- 
presa d'Italia  scelse  duemila  e  cinquecento 
uomini  d'arme,  e  tremila  cavalli  leggeri 
da  unirsi  alla  copiosissima  fanteria.  Il  prf^ 
mo  buon  colpo  che  fece  sulle  prime  il  re 
Francesco,  fu  di  tirar  dalla  sua  Ottaviano 
Fregoso  doge  di  Genova  ,  il  quale  avendo 
iìnquì  finto  un  grande  attaccamento  ai  col- 
legati, e  trovando  vacillante  il  suo  stato 
per  la  nemicizia  degli  Adorni  e  dei  Fie- 
schi ,  s'  accordò  segretamente  con  bsso  re 
Cristianissimo.  Ma  troppo  frettolosamente 
fu  fatto  da  lui  questo  passo,  im.perocchè 
trapelato  il  suo  maneggio,  e  già  scesi  in 
Lombardia  seimila  Svizzeri  che  si  uniro- 
no alle  milizie  del  duca  di  Milano  ,  Pro- 
spero Colonna  generale  del  duca  marciò  al- 
la volta  di  Genova  ,  avendo  seco  gli  Adorni 
e  i  Fieschi  .  Avea  bene  il  Fregoso  ammas- 
sati cinquemila  fanti  per  sua  difesa  ,  ma 
diffidando  di  potersi  sostenere  con  sì  lievi 
forze,  ricorse  al  papa  suo   gran    protetto-^ 

re 


34^        Annali    d'Italia  j 

re,  il  qàaìe   prestando  fede  alle  di  lui  pra*  \ 
teste,  noa  tardò  a  spedire  un  suo  oratore  1 
al  Colonna  con  ordine  d'intimargli  di  noni 
proceder  oltre  contra  del  Fregoso  ,  rainac-^ 
ciando    in    caso    di    contravvenzione    (    obi 
cfuesta  è  bella!  )  le  pene  spirituali  etem-Ì 
porali.  Fu  cagione  una    tal    sinfonia,    che) 
il  Colonna  ,  per  non  irritare    il  papa^   ve-* 
nisse  ad  una  convenzione  col  Fregoso  ,  per! 
cui    questi    si    obbligò    di    non    favorire  li 
Francesi  ;  e  sborsata  gran  quantità    di  da^j 
naro  che  sempre    era    T  unico    mezzo    pei 
quetare  gli  Svizzeri  ,    fu  lasciato  in  pace; 
Ciò  fatto  volò  il  Colonna  in  Piemonte  ,  pe 
confrastare  il   passo    ai    Francesi  ,    i    qua! 
già  erano  con  grandi  forze  giunti  in  Delfi- 
nato  e  in  Provenza  ,  ed  aveario  anche  prepa« 
rata  in  Marsilia  un"  armata  navale.  ^ 

In  questi  tempi  non  istava  in  ozio  1^ 
repubblica  ifeneta,  incoraggita  dall' immi-ì 
nente  venuta  de'  Francesi  suoi  collegati  1 
Kinforzata  il  più  che  potè  la  sua  armata  J 
giacché  era  non  lieve  gara  e  mal  animo  fr^ 
V Alviano  e  Renzo  da  Ceri  ^  perchè  l'ulti^ 
mo  facea  continue  querele,  quasiché  l'altroi 
l'avesse  tradito  con  abbandonarlo,  allor-: 
che  avvenne  l'assedio  di  Bergamo:  presei 
la  risoluzione  di  separarli .  Dichiarato  dun-l 
que  Renzo  generale  della  fanteria,  l'inviò*" 
segretamente  con  molte  schiere  alla  volta; 
di  Crema  ,  dove  in  tre  giorni  felicemente 
arrivò.  Intanto  il  -viceré  Cardona^  forma-i 
to  un  esercito  di  mille  lance ,  di  ottocen-i 

to    ; 


Anno    MDXV.  349 

Ili  leggeri ,  di  ottomila  ottimi  fan- 
.  ,  con  un  buon  treno  d^  artiglieria    s' in- 
I  amminò    a     Vicenza  ,    dove     soggiornava 
Alviano,  il  quale  non    volendo    aspettare 
uesta  visita,  si  ritirò  tosto  alle    Brentel- 
ì  :  laonde  entrarono  gli  Spagnuoli  in  quel- 
a  misera  città ,  correndo  il    mese  di  giu- 
00,  e  vi  commisero  dei  gran  rubamenti . 
)uanto  frumento  quivi  si  trovò ,  fu  invia- 
3    a    Verona  ;     quanto    ancora     poterono 
strarne  dal  Polesine    di    Hovigo  ,  lo  con- 
iassero a  quella  città.  Terribile  era  Tap- 
>^rato    delle  armi    in  questi    tempi  .  Tro- 
avasi  alle  porte  d' Italia  una  potente    ar- 
nata  di  Francesi,  più  potente  di  gran  lun-ff 
;a  per  la  presenza  di  un  re    guerriero    ed 
tmato  .  Ali''  incontro    sino    al    numero  di 
rentamila    era   cresciuto    V  esercito    degli 
svizzeri ,  che  con  Frospdro  Colonna  ,  e  col- 
e  truppe  duchesche  unito,  andò  a  postar- 
d  a  Susa,  a  Pinerolo,  e  ad  altri  siti,  per 
dove  poteano  tentar  di  sboccare  i  France* 
ii  .  Fu  d'  uopo    al    duca    31asslmiUana   di 
mandare  un  corpo  di  milizie    a  Cremona  , 
per  tenere  in  freno  Rtnzo  da  Ctrl ^  il  qua- 
le da  Crema  facea  frequenti  scorrerie  sino 
alle  porte  d'essa  città.  In    questo    mentre 
giunse  a  Piacenza  Lorenzo  de' Medici  ^  ni- 
pote del  papa  ,  e  generale    de'  Fiorenti.vi   , 
con  cinquecento    lance,    altrettanti    cavalli 
leggeri  ,  e  seimila  fanti,  spediti  da  Firen- 
ze. Pervenuto  parimente  a  Bologna  Gìidlci' 
no    de*  Medici    fratello    del    pontefice    con 

tic^- 


350  A  N  N  /#.  I      d'  1  T  A  t  I  A  ,: 

tremila  cavalli ,  ed  altrettanti  fanti  ,  gentil 

papalina  ,  inviò  tosto  alla  guardia    di   Ve-^ 

tona    dugento    uomini    d'  arme  ^  Anche    ìt\ 

-viceré  Cardona  coir  esercito    suo    andò  ad 

unirsi  co' Fiorentini    a    Piacenza.    Era    sul 

principio  d'agosto,  e    allora    fu  .    che    si 

pubblicò  in  Roma,  Napoli^  ed  altre    città. 

la  lega  conchiusa  fra  il   pajja  (  stato  finqnij 

fluttuante  ed  ascoso,  )  Massimiliano  re  deii 

Romani ,  Ferdinando  re  d'  Aragona  ,  Firen-\ 

ze  ,  Milano  e  Svizzeri  .   Nulla    di    qaestoi 

potè  ritenere  i  passi  dell'ardente    re    Cri-i 

stianissimo  ,  e  molto    meno  un'  ambasciatili 

del  re  inglese  ,  che    cercò    di    dissuaderloi 

vda  questa  impresa .  Spedì  egli  per  mare  ili 

signor  della  Clietta  ,  ossia  Aymar  di  Prie,j 

con  dugento    cavalli    e    cinquemila    fanti  ^j 

che  giunto  a  Savona,  subito  ebbe  ubbidienti 

za  da  quella  città.  A  questa  nuova  rastu-*< 

to    Ottaviano    Fregoso    spedi    tosto     chie-« 

dendo  soccorso  al  duca    di    Milano    e    aliai 

lega .  E  perchè  questo  non  venne  ,  fingendai 

di  non  potersi  difendere  ,  ammise  nel  por*^ 

to  e  nella  città  i  Francesi,  inalberando  lei 

loro  insegne,  con  prenderne  da  lì    appocc*^ 

guarnigione  del   re  di  Francia,    Kinforzato^ 

poi  questo  piccolo  esercito  dalle  genti  del; 

Fregoso  passò  ad  Alessandria  e  a  Tortona,^ 

e  senza  difficoltà  se  ne  impadronì  ,    tutto-r 

che  il  viceré  avesse  mandato  un  buon  nu-j 

mero  di    fanti    e    cavalli    al    Castellazzo  .j 

Anche  Asti  venne  dipoi  alle  loro  mani .      | 

Erasi  già  partito  da  Este  Bartolameo  di\ 

Al-     ! 


d 


I^~  Anno     MDXV.  351 

Àlvìanrj  coli' esercito   veneto  ,    ed   entrato 
nel  serraglio  di  Mantova.  Appena  gli     ar- 
i  rivo  la  nuova  dello  sbarco  fatto    da'Fran- 
'  cesi  a  Genova  ,  che  passò  sul  Cremonese  , 
dove  diede  il  sacco  a  più  terre,  e  massi- 
mamente alla  ricca  di  Castello-lione  .  Quin- 
di accostatosi    a    Cremona,    senza   spargi- 
mento di  sangue  T  occupò  ,    e    ne  prese  il 
possesso  a  nome  del  re  di  Francia.  SecoM- 
'do  l'anonimo  padovano,  corse  allora    vo- 
«èe,  che  il  duca  di  Milano,  chiuso  nel  ca- 
stello   di  quella    città,  senza    lasciarsi  ve- 
dere, costernato  da  si  brutti    principj  ,    e 
dal  tim^ore  di  peggio  ;  uscisse  fuori  di  se . 
Ma  in  simiiict)ntrattempi  facile  è,  che  na^ 
!  scano    nel    volgo    siffatte    immaginazioni  . 
Immense  diiFicoltà  provava  intanto  Tarma- 
ta francese    a  trovar    la  via  per  penetrare 
in  Italia  ,    essendo    presi  i  piiS    importanti 
passi  dalla  svizzera    che  vantava     di  voler 
fare  prodezze  incredibili,    per    frastornare 
i  disegni  de' Francesi.    Un    gran  pezzo  è, 
che  quelle  barriere  d'  alti  monti  e  di    sco- 
scesi valloni  si  credono  posti    dalla    natu- 
ra ,    per    impedir    con  facilità,    l'ingressa 
in  Italia  «  purché  vi  stia    un'  armata    alia 
guardia.  Pure  tante  volte  s'è  veduto  ,   ed 
anche  a  dì  nostri,  che  non  basta  un  sì  or- 
rido baluardo   a  trattjsner    gli    oltramonta- 
ni ,    purché  superiori    di    forze  ,    che  non 
vengano  a  visitarci  .  Ciò  anche    allora  av- 
venne .  Il    maresciallo    Trlvulzlo  j    pratico 
di  quelle  aspre  montagne,  tanto    andò  gi- 
ra n- 


35^       Aknali    d'Italia 

rando^  che  adocchiato  il  sito^  dove  è  il  j 
casteiio  deir  Argenteria ,  e  dove  nasce  la  ; 
Stura,  che  va  a  Cuneo ;,  siccome  ancora  il  ! 
colle  deir  Agnello ,  quivi  fissò  ,  che  potes-  ■ 
se  trovarsi  il  varco  nel  Piemonte.  11  Gio-  \ 
vio  egicgiameute  descrive  le  immense  fa-  | 
tiche  durate  da'Francesi^  per  passare^  ed  \ 
anche  con  artiglierie  per  quella  parte  ,  per  ■'{ 
cui  giunsero  fino  alle  pianure  di  Saluzzo  ;  \ 
mentre  gli  Svizzeri  accampati  tanto  lungi  ■ 
Terso  Susa ,  li  stavano  aspettando  per  far-  '■ 
ne  un  sognato  macello .  Era  andato  Pro-  i 
spero  Colonna  generale  del  duca  di  Milano  I 
eoa  molte  squadre  a  Villafranca ,  sette  mi-  [ 
glia  lungi  da  Saluzzo,  e  con  varj  uffiziaU  1 
se  ne  stava  nel  di  15  d^agosto  saporita-  j 
mente  desinando  ,  quando  air  improvviso i| 
ecco  con  una  marcia  sforzata  giugnere  co-^j 
là  il  Pallssa  coli'  Auhlgnì  e  circa  mille  ] 
cavalli,  che  fece  prigione  lui.  Cesare  Fé-  ' 
ramosca^  Pietro  Blargano  ^  ed  altri  capita-  j 
ni  illustri,  e  svaligiò  la  gente  loro.  Non^i 
picciolo  sfregio  recò  alla  riputazion  del; 
Colonna  _,  V  essersi  lasciato  cogliere  in^j 
quella  positura ,  per  non  aver  tenuto  spie  e  : 
guardie  avanzate,  con  altre  precauzioni  usa-M 
te  da'saggi  condottieri  d'armate.  Fama  fu,  ^ 
che  il  bottino  fatto  da  essi  Francesi  ascen-  ^ 
desse  a  cento  cinquantamila  scudi.  Calò' 
intanto  per  varie  strade  l'esercito  france-  \ 
se,  e  andò  ad  unirsi  a  Torino,  dove  il  re  j 
Francesco  fu  magnificamente  accolto  da  ^ 
Carlo  IIIj    duca   di  Savoia .  i 

Già  :.\ 


Anno    MDXV.  353 

Già  gli  Svizzeri  aveano  veduto  andar  a 
inonte  tutte  le  loro  speranze  e  braverie  ; 
e  riflettendo  poscia  allo  scacco  patito  dalla 
cavalleria  di  Prospero  Colonna,  in  cui  con- 
fidavano ,  per  essere  eglino  senzi  cavalli  ; 
e  sentendo,  che  TAlviano,  passafo  V  Ad- 
da, s'era  impossessato  di  Lodi;  e  che  ve- 
niva il  corpo  de', Francesi  e  Genovesi  da 
un'altra  parte:  dopo  aver  dato  il  sacco 
H  Chivasso  (  e  fa  detto  anche  a  Vercelli  ) 
si  ritirarono  verso  il  Milanese.  Tuttavia 
si  fermava  a  Piacenza  l'esercito  spagnuolo 
col  pontificio  e  fiorentino;  ma  con  poca 
armonia,  perchè  papa  Leone  ^  che  naviga- 
va sempre  con  due  bussole  ,  avea  spedito 
un  suo  familiare  al.  re  Cristianissimo,  per 
iscusare  il  movimento  delle  sue  armi  ,  e 
le  lettere  sue  intercette  dal  viceré  Cardo- 
na  aveano  fatto  nascere  molta  diffidenza  fra 
loro  .  Nulladimeno  mostrava  essQ  Cardona 
di  voler  pure  uscire  in  campagna  ,  per 
unirsi  cogli  Svizzeri  ;  sennonché  V  Alviano 
dalla  parte  di  Lodi  coi  Veneziani ,  e  il 
signor  della  Clieta  colle  brigate  sue  e  dei 
Genovesi  da  un'altra  parte  pareano  dis- 
posti ad  impedir  la  meditata  unione  .  Im- 
pazientati gli  Svizzeri  per  questa  dilazio- 
ne ,  spedirono  a  Piacenza  il  cardinale  di 
Sion  che  non  dimenticò  doglianze  e  minac- 
ce per  muovere  quelle  armi.  Di  belle  pa- 
role e  promesse  non  gli  fu  avaro  il  vice- 
ré ;  e  poi  fattigli  contare  settantamila  du- 
cati d'oro,  e  datigli  cinquecento  cavalli 
Tomo  XXII.  Z  sot- 


J54        Annali  D'lT;itiA 

Sotto  il  comando  di  Lodovico  Orsino  conte  \ 
dì  Pitigliano,  il  rimandò  contento  al  eam-  j 
pò  svizzero.  Erasi  interpósto  Carlo  duca  ì 
di  Savoia ,  per  trattare  accordo  fra  essi  i 
Svizzeri  e  il  Cristianissimo,  e  buona  pie- i 
ga  avea*già  preso  T  affare  ;  ma  giunto  il' 
cardinale  col  danaro  suddetto^  ruppero  gU  i 
Svizzeri  il  trattato,  risoluti  di  volere  ri-* 
mettere  al  filo  delle  spade  il  destinto  del-ì 
lo  Stato  di  Milano.  Raggruppò  di  nuovo < 
il  duca  di  Savoia  il  negoziato,  e  già  erai 
concluso  l'accordo,  quando  giunsero  aliai 
armata  Svizzera  altre  venti  bandiere  dì\ 
lor  nazione  5  che  Io  sturbarono  affatto  .| 
Però  il  re  Francesco  che  tutto  regolava! 
secondo  i  consigli  del  Trivulzio  ,  vennei 
da  Vercelli  a  Novara;  e  d'essa  impadro- j 
iiito  ,  dopo  aver  lasciata  gente  all'assediai 
del  castello^  passò  il  Tesino,  e  s' impos- - 
sesso  anche  di  Pavia .  In  questo  mentre  \ 
il  viceré  Cardona  ,  e  Lorenzo  de' Medici  i^j 
mostrarono  gran  voglia  di  passare  il  Po  ,j 
per  congiugnersi  agli  Svizzeri.  Ma  appena;; 
fatto  un  passo  innanzi,  ne  fecero  quattro  I 
addietro;  e  meno  poi  vi  pensarono,  dac-*i 
che  il  re  di  Francia  venne  a  Marignano  ,• 
cioè  fra  loro  e  gli  Svizzeri  che  s' erano  ri-^^ 
dotti  a  Milano.  Di  là  passò  il  re  a  sait| 
Donato  verso  Milano,  e  quivi  fermò  il  suo^ 
campo.  Bolliva  la  discordia  fra  essi  Sviz-^ 
zerìy  inclinando  gli  uni  alla  concordia  ,| 
ed  altri  alla  guerra;  e  parca,  che  la  vin-^ 
ce^s^  il  partito  de' primi,   quando  il  sud- ^ 

det-      i 


MDXV. 
cardinale  di  Sion  ,  (  cioè  Matteo  Sdii- 

K-^--  )  da  Como  corse  a  Milano^  e  rauna- 
5  incitò  come  infuriato  ,  ognuno  ad  un 
to  d'arme:  azione ^  che  non  so  se  alcun 
crederà  convenevole  ad  un  vescovo  e  car- 
I  dinaie.  Gli  storici  nostri^  cioè  ilGuicciar- 
!  di  DO  e  il  Giovio  ,  gareggiando  in  eloquen- 
za con  gli  ^antichi  ,  gli  mettono  in  boc- 
€à  un'ornata  orazione,  cioè  parole,  ragio- 
tiì  e  figure  ,  che  quel  porporato  mai  non  si 
avvisò  d'aver  detto.  La  verità  nondimeno 
ài  è ,  avere  l' impetuoso  suo  ragionamento 
fatta  tal  commozione  in  quella  feroce  gen- 
te^ che  cominciarono  tutti  a  gridare:  alle 
armi  ,  e  in  quello  stesso  giorno  (  era  il  dì 
14  dr  settembre  )  formati  tre  squadroni  si 
avviarono  impetuosamente  alla  volta  di 
Marignano  ,  ossia  di  san  Donato  ,  e  con 
tanta  allegrezza  e  grida  _,  come  se  aa^esse- 
io  già  in  pugno  la  vittoria.  Fu  creduto  , 
che  fossero  trentacinquemila  combattenti  . 

Alle  ore  venti  arrivati  colà  con  alquanti 
piccoli  cannoni  da  .  campagna  attaccarono 
il  fatto  d'armi  co' Francesi,  i  quali  pre- 
ventivamente avvisati  di  questa  visita  ,.  era- 
no anch'essi  in  ordine  di  battaglia.  Altri 
dicono,  che  furono  colti  quasi  alla  sprov- 
vista. Atroce  fu  il  combatimento ,  molta 
la  strage  di  qua  e  di  là,  più  nondimeno 
de' Francesi  che  aveano  anche  perduti  alcu- 
ni pezzi  di  artiglieria  ,  ma  poi  li  ricupera- 
rono .  Ma  perchè  fu  cominciata  la  mischia^ 
assai  tardi ^  sopraggiunsfi  la  notte    che  co*- 

Z  2  strin- 


\ 


ì 

35(J        AmnaIi    d*  Italia  ] 

strinse  colT  oscurità  cadauna  delle    parti 
desistere  dal  menar  le    mani  ,    stando    pò 
tutti  fermi  ne' loro  posti,  e    in    vicinanz 
tale ,    che    per    tutta  la  notte  si    andaron 
regalando  di  obbrobriose    parole  ;    special 
mente  i  Tedeschi  con  gli  Svizzeri  per  odi 
particolar  delle  nazioni  :  scena  curiosa  , 
di  cui  si  penerà  a  trovar  somigliante  esem 
pio.  Non  prese  sonno  il  re   co' suoi    §cne4 
rali    in   tutta    quella   notte,  ma   sempre  a 
cavallo  attese  a  far    lipari ,   a    mettere    ia 
buon  sito  i  cannoni^  e  a  ordinar  le  schie? 
re.  Data  fu  la  vanguardia  al    signor  della 
Pallssa  con    settecento    lance    e    diecimila! 
fanti  tedeschi.  Il  corpo  di    battaglia    colici 
reali  bandiere  era  guidato  dal    re    con  ot-< 
tocento    uomini  d'  arme  ,    diecimila    fantij 
tedeschi ,  e  cinque  altri  mila  guasconi  _,    e^ 
molta  artiglieria,,  comandata  dal    duca    dii 
Borbone .    Gian-Jacopo    Trlvulzio    ebbe    ini] 
cura  la  retroguardia  con   cinquecento    lan-i 
ce  ,  e  cinquemila  fanti    italiani .    I    cavalli^ 
leggeri  guidati    dal    signor    della    dieta  e] 
dal   Bastardo  di  Savoia  ^  aveano  ordine  di  ì 
accorrere    dove    bisognasse    soccorso.    All'i 
apparir  del  giorno   14  di   settembre    trom^  ^ 
be  ,    tamburi    e  artiglierie    diedero    il  se-  i 
gno  della  orribil    battaglia  ,   col    diventati 
quella  campagna  la  casa  del  diavolo.  Com- 
bafteano  come    feroci    leoni    gli   Svizzeri 
ma  perchè  la  vanguardia  francese  cominci( 
a  rinculare  :  il  re  si  «pinse  avanti  con  tut 
ti  i  suoi  ,  e  fece  ibaraviglie  di    sua  perso 

na. 


bA  N  N  o     MDXV.  357     ^ 

,  AUora  fu  più  che  mai  sanguinoso  il 
Combattimento;  né  già  stava  in  ozio  la 
tetroguardia  assalita  dal  capitano  Arsper . 
Quando  ecco  arrivare  V  Alviano  con  cin- 
quantasei gentiluomini  ^  e  dugento  dei 
suoi  più  bravi  cavalieri  ,  ed  entrare  nel 
conflitto  con  gran  furore.  Lieve  certo  era 
..lesto  soccorso j,  perchè  T Alviano  avea  la- 
sciato il  resto  dell'armata  per  opporsi  al 
•viceré,  caso  che  egli  si  movesse  ,  per  unir- 
si con  gli  Svizzeri.  Ma  perciocché  con  al- 
te grida  questi  pochi  intonarono  Marco  , 
Marco  ,  quanto  ciò  accrebbe  animo  ai  Fran- 
cesi ,  altrettanto  ne  scemò  agli  Svizzeri  , 
credendo  ognuno  ,  che  tutta  l'armata  ve- 
neta fosse  venuta  a  quella  terribil  danza  . 
Il  perchè  gli  Svizzeri,  cinquemila  de' qua- 
li non  aveano  voluto  combàttere,  per  es- 
sere di  coloro  che  s'aerano  dianzi  accor- 
dati col  re  ,  veggendo  di'  non  poter  rom- 
pere Tarmata  francese,  e  tanti  dalla  lor 
parte  morti  e  feriti ^  cominciarono  a  dar 
indietro^  come  disordinati  e  a  sonare  a 
raccolta  .  Poi  stretti  insieme  s' inviaro- 
no alla  volta  di  Milano ,  e  il  cardinale 
]or  gran  condóttierc ,  avendo  perduta  la 
voce,  fu  più  veloce  degli  altri  a  fuggire  . 
Il  re  per  consiglio .  de'  suoi  generali  non 
volle,  che  fossero  inseguiti  ,  per  timore  , 
che  sopraggiugnessero  gli  Spagnuoli  ;  e  tro- 
vassero in  tanto  scompiglio  e  stanchezza  i 
suoi.  Non  si  speri  mai  un  esatto  numero 
de' morti  nelle  battaglie",  perchè   ognuno  a 

4^  3  mi- 


558      Annali    d' Itali  A  | 

misura  delle  sue  passioni  V  ingrandisce^  d 
sminuisce.  Fu,  secondo  l'anonimo  padova-" 
no,  creduto,    che    vi 'restassero   diecimila 
Svizzeri,  e  cinquemila  dell'armata  france- 
se con  assai   riguardevoli    uffiziali  >  Poi    a|j 
Milano  gli  Svizzeri  ;,  per    avere   un    prete-li 
sto  di  tornare  con  onore  a    casa  ,    fecero! 
istanza  di  una  gran  somma    di    danaro    al 
duca  di  Milano,  e  non  potendola  ottenere, 
s'  avviarono  verso  Como  .  Fu    spedito  die- 
tro ad  essi  Mercurio    Bua  con    mille  Stra-i 
dioti ,  ed  altrettanti    cavalli    francesi^   che! 
ne  fece  moltissimi  freddi.  Il  resto,    passa- 1 
ti  i  monti  ,  si    ridusse    alle    lor    case    coni 
volto   ben   xliverso    da    quello,    con  cui  sii 
erano  partiti . 

Nel  dì  quattordici  del  suddetto  settem*f 
bre,  Milano  mandò  al  re  ambasciatori  col-i 
le  chiavi  di  quella  città,  e  fu  convenuto  ,1 
che  quel  popolo  pagasse  trecentomila  scu-. 
di  in  tre  paghe.  Non  volle  il  re  France^\ 
SCO  entrare  in  Milano,  ma  passò  a  Pavia,  j 
perchè  il  castello,  in  cui  s'era  chiuso  coni 
iuon  presidio  e  gran  copia  di  munizioni^ 
da  guerra  ,  e  provvisione  di  viveri  Masù-  ; 
miliano  Sforza  duca,  ricusò  di  rendersi  «j 
Tutte  le  altre  città  vennero  alla  divozione^ 
del  re,  a  riserva  del  suddetto  fortissimo^ 
castello  ,  e  di  quel  di  Cremona  .  Pietre  ] 
Navarro  fu -destinato  con  cinquemila  fan-  ^ 
ti  all'  assedio  del  primo  ;  e  il  Bastardo 
di  Savoia  con  altrettanta  gente  all'espu- 
gnazione   dell'  altro.    All'avviso  di  questi 

av- 


Anno    MDXV.  359 

avvenimenti  papa  Leone  che    già    avea  de- 
cretato   di    voler    essere    amico     solamen- 
te   de^  fortunati  ,    non    perde  tempo  a    far 
muovere  trattato  di    concordia  col  re  Cri- 
stianissimo   per    mezzo    di  Carlo    duca    di 
Savoia  .    Probabilmente    avea    egli    ancora 
prevenuto    esso     duca    di     quel    che    fosse 
da  fare  ,  caso  che   andassero  in    decadenza 
gli  affari  delle  lega.  Trovò    il  duca  tutta 
la  buona  disposizione  nel    re    per  la   rive- 
renza   eh'  egli  professava  alla  santa   Sede  ; 
.e  fu  non  solo  conchiuso    accordo^  ma  an- 
che lega  fra  loro  ,  in  cui  il  papa    non  di- 
menticò i  vantaggi  della  propria    casa  ,    e 
la  protezione  de' Fiorentini.  Una  delle  con- 
dizioni fu,  che  esso  papa  restituisse  al  re 
Parma    e    Piacenza^  e    che  il  re  in  ricom- 
pensa   desse    uno    stato  in    Francia  a  Glu^ 
lìano  fratello  del  pontefice  ^  e    pensione  al 
medesimo^  e  un'altra    pensione    a  Lorenzo 
di  lui  nipote  .  Ora    il  viceré  Cardona    che 
insopettito  da  gran  tempo  del  papa  ,  s'  era 
ritirato  colle  sue  genti  nel  Modenese  ,  dac- 
ché   ebbe    inteso    ratificata    da    lui    nel  di 
tredici  d'ottobre  la  lega  col  re^  sene  tor- 
nò pgcificamente  a  Napoli;  e  passando  per 
Roraa^  di  grandi  doglianze  fece  col  papa, 
il  quale  in  suo  cuor  se    ne    rise.    Passaro- 
no appena    ventidue    giorni ,    dappoiché    fu 
dato  principio    all'  assedio    del    castello    di 
Milano  ,    che     Massimiliano   Sforza     diede 
orecchio  alle  proposizioni  di    un    accomO'- 
damento  col  rC;,  fattegli  dal  duca  di  Bor» 

Z  4  òo- 


3^0        Annali     d'Italia 

bone  governatore  di  Milano.  Fu  convenu-»  j 
to  ,  ch'egli  cedesse  al  re  non  solamente  j 
quell'' importante  castello,  e  quel  di  €re- j 
mona  ,  ma  eziandio  tutte  le  sue  ragioni  \ 
sul  ducato  ,  e  andasse  a  vivere  in  Francia  i 
con  pensione  annua  di  trentamila  ducati  | 
d'oro.  Tralascio  altri  punti  di  quella  ca- j 
pitolazione.  Nel  quinto  dì  d'ottobre  uscii 
del  suddetto  castello  di  Milano  il  codardo  | 
duca  ,  dimentico  affatto  del  valor  dell'  avo-  i 
lo  SUO;,  e  s'inviò  alla  volta  della  Francia  ,  i 
con  restare  in  Italia  un  perpetuo  disonore  i 
al  suo  nomCj,  e  non  minore  a  Girolamo  \ 
Morone  suo  onnipotente  consigliere  che  \ 
seppe  indurlo  a  sì  vergognoso  sacrifizio. 

Nel  di  13  del  medesimo  mese  anche  il  ! 
castello  di  Cremona  venne  in  poter  de'Fraii-  1 
cesi  .  Ci  restavano  i  Veneziani  che  dovea-,| 
no  partecipare  di  così  prospera  fortuna  i 
della  lor  lega.  Mentre  il  re,  intento  ai: 
preparamenti,  per  fare  una  superba  entra-., 
ta  in  Milano,  differiva  il  dar  loro  un  rin- • 
forzo  di  gente,  Bartolameo  d^Alylano  lor  j 
generale  accampato  a  Ghedi  sul  Bresciano, ;| 
facendo  continue  scorrerie,  ebbe  la  sorte. i 
/di  ricuperar  Bergamo,  il  cui  popolo,  tolti J 
dentro  ducento  cavalli  veneti ,  inalberò  leH 
bandiere  di  san  Marco.  Ma  mentre  egli^i 
facea  tutte  le  disposizioni  per  passare; 
all'assedio  di  Brescia^  città  guernila  di; 
tremila  fanti  spagnuoli  ,  mille  tedeschi ,  e  \ 
cinquecento  cavalli j,  caduto  infermo,  passò  5 
egli  prima,    cioè  nel    dì  sette    di  ottobre,! 

all'ai-. 


Anno     MDXV.  3^? 

all'altra  vita  con  sommo  dispiacere  del  Se- 
nato veneto  j,  rimasto  privo  in  tanto  biso- 
gno di  un  sì  valoroso,  ma  non  sempre 
saggio  capitano.  Aveano  anche  in  diversa 
forma  i  Veneziani  perduto  un  altro  egre- 
gio condottier  d'  armi  ,  cioè  Renzo  da  Ce- 
rt,  il  quale  non  si  potendo  accomodare  d- 
ìo  star  dipendente  dall' Alviano,  avea  piti 
fiate  loro  chiesta^  e  non  mai  impetrata  li- 
cenza :  laonde  sul  principio  di  settembre 
air  improvviso  con  cento  de'  suoi  si  ritirò 
da  Crema ,  e  andò  a  prendere  servigio 
neir esercito  del  papa,  da  cui  avea  ricevu- 
to un  mondo  di  promesse .  Intanto  Ga&rieir- 
lo  Emo  e  Domenico  Contarino  ^  legati  della 
armata  veneta  s'impadronirono  a  forza  di 
armi  dell'  insigne  fortezza  dì  Peschiera  , 
posta  allo  sboccare  del  Mincio  dal  lago  di 
Garda  .  Anche  la  terra  d'  Asola  del  Brescia- 
no ,  posseduta  allora  da,  Francesco  marche- 
se di  Mantova,  venne  alle  lor  mani  per 
sollevazione  fatta  da  quel  popolo  contro  i 
soldati  di  presidio.  Finalmente  il  Bastardo 
di  Savola  e' Teodoro  Trlvulzio  Jurono  spe- 
diti in  aiuto  de'  Veneziani  con  cinquecento 
lance  e  seimila  fanti  tedeschi.  Uniti  que- 
sti all'esercito  veneto  impresero  l'assedio 
di  Brescia,  e  piantati  ventidue  pezzi  di  ar- 
tiglieria^ ne  cominciarono  a  battere  furio- 
samente le  mura .  Ma  che  ?  una  mattina 
fecero  i  capitani  spagnuoli  sì  vigorosa  sor- 
tita,  che  oltre  air  uccisione  di  cinquecen- 
to uomini  di  quei  (che  ^rano  alla  custodia 
.--^^ ...,.«....-- ^.  del- 


362  Annali    d'Italia 

delle  batterìe  ,  condussero  in  città  undicìj 
cannoni .  Ne  menavano  anche  il  resto ,  se  ■ 
non  accorreva  gran  gente  contra  di  loro .  i 
Bue  nondimeno  ne  gittarono  nella  fossa, j 
ed  altri  lasciarono  inchiodati  .  Per  questa  j 
sventura  si  ritirò  il  campo  veneto  a  san-| 
ta  Eufemia,  dove  più  giorni  stette,  finché! 
cessassero  le  piogge,  e  si  provvedesse  alj 
bisogno.  Il  re  di  Francia,  che  onoratamen- i 
te  procedeva  ne'  suoi  impegni ,  non  ebbe  ' 
difficoltà  di  accordare  ai  Veneziani  per 
condottiere  di  quella  impresa  il  famoso! 
Gian-Jacopo  Trivulzio  ^  ordinandogli,  che? 
avesse  a  cuore  il  loro  servigio  ,  come  se  \ 
si  trattasse  di  affare  della  sua  corona.  Lo  i 
scrittor  moderno  della  lega  di  Cambraij 
scrive  dato  quest'ordine  a  Teodoro  TdviiU\ 
zio;  ina  è  certo,  che  fu  al  maresciallo,] 
Seco  ancora  andò  Pietro  Navarro  conquat-i 
tromila  fanti  guasconi,  e  con  ordine  dil 
cassare  i  fanti  tedeschi  ^  perchè  s' erana^ 
protestati  di  non  voler  combattere  contro  \ 
quei  della  loro  nazione.  Fu  dato  principio^ 
di  nuovo  all'iissedio  di  Brescia.  Fecero! 
bensì  le  bombarde  uno  squarcio  nelle  mu-  • 
ya  ;  ma  il  terrapieno  era  tale ,  che  non  fn] 
fatta  breccia  capace  di  assalto.  Prese  il' 
Navarro  1'  assunto  di  lavorar  colle  mine  ^ 
ma  trovò  de' contramminatori .  Ciò  nono-' 
stante  si  volle  venire  ad  un  tentativo.  Co-  ; 
sto  molto  sangue  agli  aggressori  ;  e  perchè] 
si  trovarono  fosse  ed  altri  ripari  nel  di- 
^lenti-o ,   bisognò  anche  per  questa  seconda  j 


Anno    MDXV.  3% 

volta  ritirarsi.  Queste  traversie,  e  il  ver. 
no  che  sopravveniva  ,  costrinsero  il  campo 
gallo- veneto  a  convertire  l'assedio  in  bloc- 
co* Male  ancora  procederono  gli  affari  ver- 
so Verona  .  Dentro  v'  era  Marcantonio  Co-' 
Ioana  che  uscito  di  là  diede  una  rotta  a 
Gian  Paolo  Manfrone  capitano  de' Venezia- 
ni .  Prese  anche  Lignago,  con  farvi  prigio- 
ni alquanti  nobili  veneti . 

Così  camminavano  le  cose  della  guerra 
in  Lombardia  ,  quando  papd  Leone  che  avea 
parecchi  interessi  spettanti  alla  santa  Sede 
€  alla  sua  propria  casa^  da  smaltire  col 
ve-  e  quel  che  è  più,  non  amava^  che  es- 
so re  ve.nisse  armato  a  Roma  a  fargli  uà 
atto  d'ossequio,  per  timore,  ch'egli  tur- 
basse la  quiete  de'  Fiorentini ,  o  volesse  poi 
entrare  nel  regno  di  Napoli  :  maneggiò  un 
parlamento  da  farsi  fra  araendue  in  Bolo^» 
gna.  Adunque  concertate  le  cose,  compar- 
ve il  pontefice,  in  quella  città  nel  di  otto 
di  dicembre^  e  nell' undeeimo  giorno  se- 
guente vi  arrivò  anche  il  re  Francesco  ^  ac- 
compagnato da  quattromila  cavalli,  al  qua- 
le fu  compartito  ogni  possibil  onore.  Nei 
privati  ragionamenti  fra  loro  furono  dibat- 
tute molte  controversie,  abolita  la  pram- 
^matica  sanzione  ,  e  stabilita  una  bella  lega 
d'offesa  e  difesa.  Non  dimenticò  il  re  ia 
questa  occasione  Alfonso  d'Està  duca  di 
Ferrara,  principe  che  era  già  stato  ad  in- 
chinare la  maestà  sua,  e  seco  s' era  tratte- 
nuto   più  d' un    mese .   Cioè  fece    di    forti 

istan- 


3^4       A  N  N  A  L  !     d'  I  T  A  L  I  A 

istanze  al  papa  per  la  restituzione  di  Mo- 
dena   e  Reggio  ,   città  ingiustamente    a  lui  j 
tolte  ed  occupate  ilnora,  benché  tante  prò-  ; 
messe  avesse  fatto    il  papa  di  renderle ,    e  ; 
acciò  spezialmente    fosse    tenuto    per  Reg-  | 
gio  in  vigore  de' patti,  de' quali  parhmmof  i 
air  anno    precedente.    Finalmente    si    con- ^ 
venne  ,    che   il  pontefice   le  renderebbe  fra  ì 
due  mesi ,    purché   il  duca    gli    rifacesse    i  ; 
quarantamila  ducati,  da  lui  sborsati  a  Mas-  ^ 
similiano  Cesare  per  Modena  ^  Non  mancò  \ 
Alfonso  di  offerire  nel  debito  tempo  il  pa-  ) 
gamento  al  papa,  passato  dipoi  a  Firenze; 
e  siccome    ho  diffusamente  narrato  altrove. 
*,  ne  seguì  anche  autentico  strumento.  Ma. 
papa  Leone  non   voleva  que.' danari;    voleaj 
burlare    il  re    e    il  duc9  :,    e^così  fu.    Non 
solamente  non  restituì  quelle  città,  ma  co- 
minciò anche  a  pensare,  come  potesse  tor- 
gli  Ferrara  per   la  strabocchevol  brama   di  \ 
ingrandire  colk  spoglie  altrui  Lorenzo  sua  j 
nipote  .  Tornossene  il  re  di  Francia  a  Mi-  '^ 
lano ,    e  figurantlosi    oramai  sicure  le    sue  j 
conquiste  per   la  lega  fedelmente  mantenu-*  | 
ta    dai  Veneziani,    e    per  F altra   che  avea  | 
ultimamente  stabilita  col  pontefice ,  lascia-  \ 
to    governatore    di    Milano  Carlo    duca    di  { 
Borbone^  sul  fine  di  gennaio  dell' anno  pros-  j 
simo    se    ne  ritornò    in   Francia .    Il    papa 
anch' egli,  lasciata  Bologna,  andò  a  passa- 
re   il    verno   in  Firenze    sua   patria,    dove  ; 

con 

*  Aatichttà    Estens^s,  Parte  ».   pag.   310,  \ 


N  ì^  o     MDXV.  3^5 

con  segni  inestimabili  d'  onore    e  di  divo- 
zione fu  accolto  da  que' cittadini . 

Anno  di  Cristo  1516  Indiz.  iv. 
di  Leone  X  ,  papa  4. 
di  Massimiliako  re  de^  Rom.  24, 

-Kimasero  nell'anno  precedente  sconcerta- 
ti non  poco  i  magnifici  disegni  del  ponte- 
fice Leone  j    per  provveder    la  sua  casa    di 
un  nicchio   principesco,    perchè    fu  forzato 
a  restituire  Parma    e  Piacenza    al    re  Cri- 
stianissimo, Avea  anche  tentato  di  ottene- 
re àà  Massimiliano  Cesare  T  investitura  di 
Modena  e  Reggio  pel  fratello,   oppure  pel 
nipote  ;  ma  da  varj  motivi  ne  restò  impe- 
dita   la   grazia.    Peggio  accadde    nell'anno 
presente.  Giuliano  de' Medici  suo  fratello, 
soprammodo  cortese,  e  di  religione,  d'ono- 
ratezza, e  d'altre  belle  doti  fornito,  erasi 
gravemente  infermato  nel  precedente  dicem- 
bre,  e  continuò  il  suo  male  fino  al  dì   17 
di  marzo,  in  cui  terminò  il  suo  vivere,  e 
le  speranze    di  mag^^ior  grandezza,    essen- 
do  prima    tornato    a    Roma    il    pontefice  . 
Sicché  non  avendo  egli  lasciata  dopo  di  se 
prole  alcuna  ,  rivolse  papa  Leone  i  pensie- 
ri suoi  al  solo  Lorenzo  suo  nipote ,  capace 
di  propagar  la  casa  de"*  Medici  ^.  Gran  tem- 
po era,    che  andava    studiando  ragioni,    e 

cer- 

*  Cuicciardinn .   Ammirati  >    Nnrdf  -   Ra/naldus  Annnl.  ECf 
eia.   Anonimo  Padov.i/ìo  . 


^èè  A  N  N  A  L  I     D*   f  f  A  L  f  A 

cercando  colori  ,   per  togliere  il  ducato    drl 
Urbino    a  Francesco  Blarìa    della  Rovere  ;  ; 
e    prima    d' ora  avrebbe    avuto    esecuzione  \ 
l'intento    suo,   se    il  predetto  Giuliano,    a  \ 
cui   pensava    egli    di  conferir  quegli  Stati,! 
non  vi  avesse  ripugnato  per  la  gratitudine  \ 
da  lui  professata  a  quel  principe   a  cagioni  ! 
di  molti  benefizj   <la    lui  ricevuti.    Passata; 
che  fu  all'altra  vita  Giuliano,  non  avendo  ! 
più    il  papa  alcun    rispetto,    o  ritegno,    e 
per  nulla    valutando   il  tanto    bene  che    là 
sua  casa  avea  riportato   da  quel  medesimo 
duca  ,  perchè  stimolato  dal  nipote  Lorenzo  ^ 
e  da  Alfonsina  Orsina   sua  madre  ,    donna 
sommamente    ambiziosa ,    accumulò    in    uri 
processo  alcuni  veri ,  o  apparenti  reati  def 
suddetto  duca,  il  principal  de' quali  consi^ 
steva:  nell^  avere  ricusato  di  andar  colle  sue 
genti  ad  unirsi  nell'anno  precedente  all'ar- 
mata pontiiìzia  contro    i  Francesi.    Né  la- 
sciò indietro  il  grave  eccesso  dell'uccisione 
del  Cardinal  Alidosió  ancorché    il  duca   dà 
j)a])à  Giulio  II  ne  avesse  riportata  assolu- 
zione,   o  grazia.   Mosse  dipoi  le  armi  sue 
e  quelle    de' Fiorentini ,    per    cacciar   colla 
forzia    da  quegli  Stati  esso  duca  ,    il  quale 
assai  conoscendo  di  non  poter  solo  far  a r-^ 
gine  a  questa  piena  ,  si  appigliò  al  partito: 
di  cedere    al  tempo    e  di   ritirarsi  a  Pesa-"-^| 
iTo  ;  e  rieppur  quivi  tenendosi  sicuro^   passò  || 
a  Mantova  col  figliuolo  e  colla  moglie,  fi- || 
glia    di  quel  marchese.    Avea    ben  lasciatili 
presidj  nelle  fortezze  di  Pesaro,  Sinigaglia,| 

san      j- 


A  N   w  o    MDXVf.  ^^1 

éan  Leo    e  Rocca    di  Maiuolo  ;    ina  queste' 
l'una  dietro  all'altra    si   andarono  renden- 
do   a  Rtn%o  da  Ceri  ^  e  agli  altri  uffiziali 
del  papa,    con  infinito  dispiacere    di    tutti 
que' popoli    che    non    si    può  dire,    quanto 
amassero  quel  principe  per  V  incorrotta  sua 
giustizia    ed  ottimo    governo .    Allóra    fu  , 
che  scappò  fuori    la  fiera  sentenza  che  di- 
chiarava decaduto  da  quegli  Stati  esso  du- 
ca j  e  quando  la  gente  si  credea  guadagna- 
to per  la  Chiesa  quel  ducato  ,  venne  ognu- 
no   a   sapere j   che   la  festa    era  stata  fatta; 
per   Lorenzo  de'  Medici ,    il  quale  dal  pon- 
tefice zio  fu  creato  duca  d' Urbino  ,    e  si- 
gnore  di  Pesaro    e    Sinigaglia  .    Al    re    di 
Francia    che    in  Bologna   avea  molto  pero- 
rato in  favore  del  suddetto  Francesco  Ma- 
ria duca  d'  Urbino ,  riuscì  molesta  non  po- 
co r  occupazione    del    di    lui    ducato  ;    nel 
qual  tempo  ancora  andò    esso    re  scopren- 
do, che  occulti  maneggi  si  facessero  nejli 
Svizzeri  presso    il  re  d'Inghilterra,    ed  al- 
tri potentati  dal  medesimo  papa  . 

Non  men  de'  suoi  due  predecessori  nu- 
driva  il  re  Francesco  un  focoso  desiderio 
di  conquistar  anche  il  regno  di  Napoli  per 
lì  segreti  stimoli  dell'ambizione  che  in  al- 
cuni monarcbi  non  sa  mai  conoscere  né  di- 
re :  basta .  Si  astenne  da  quell'  impresa  y 
benché  ideata  appena  dopo  l'acquisto  di 
Milano,  per  le  insinuazioni  di  pnpa  Leone 
che  il  pregò  di  sospendere  fino  alla  morte 
di  Ferdinando  il  Cattolico    re  d'Aragona, 

la 


368      Annali    d'Italia  ; 

la  qual    si  credeva  per  una  lunga  malattia  1 
imminente.    Infatti  compiè    la  carriera  del  i 
suo  vivere  quel  regnante  nel  dì  quindici  di  j 
gennaio  del  presente  anno,  con  lasciare  una  i 
fama  perenne  di  principe  che  nella  finézza  j 
della    politica  mondana    non  ebbe  pari^    e- 
che  assistito    dalla  fortuiia,    e    da  Isabella' 
regina  savissima    di  Castiglia  ,    seppe  con-  \ 
quistare    i  regni    di  Granata  e  di  Napoli,] 
e  finalmente  quello  di  Navarra  ,  e  cooperò: 
al  sempre  memorabile  scoprimento  delle  in-  j 
die  occidentali.   A   lui  succedette  ne' regni  i 
suddetti  e  in  quei  delle  due  Sicilie ,  1'  ar^  \ 
clduca  Carlo ,    già  dichiarato    re    di  Casti-  ; 
glia  e  Nipote  di  3Iassimiliano  Cesare .  Non  \ 
sì  tosto  giunse  questo  avviso  al  re  France-  ] 
SCO  che  tutto  si  ringalluzzì ,  quasi   contan-  ; 
do    per    sua  preda    il  regno   di  Napoli,    ej 
immaginando ,    che    al    giovane    re  Carlo  ,  ; 
non  peranche  ben  assodato    nel  nuovo  do-  . 
minio,  mancherebbe  voglia,,  o  possanza  di  j 
contrastargli  queir  acquisto.  Ma  questa  de-  ! 
terminazione  l'aveva    egli  fatta  senza    do-;ì 
mandarne  licenza  al  re  de' romani  ,  il  qua-; 
le  conchiusa  dianzi  lega  col  re  d' Inghilter- 
ra ,    col  re  Cattolico,    e  con  alquanti  can- 
toni degli  Svizzeri ,  mettea  insieme  un  eser- 
cito   per  venire    al  soccorso    di   Brescia    e 
Verona  .    Era  già  ridotta    a  tale  estremità 
Brescia  che    per  mancanza    di  viveri    e  di. 
paghe  potea   star  poco    a    rendersi.    Spedi 
Massimiliano    per  la  via    di  Lodrone  circa, 
seimila   fanti  tedeschi,    con  ogni    sorta   di 

mu- 


Anno    MDXVI.  3^^ 

muttiiioni  da  bocca  e  da  guerra^  che  giun- 
ti al  castello  d'Anfo,  se  ne  impadronirono 
tosto    per  viltà   dì  Orsatto  Giustiniano,    a 
cui    fu    poi  tagliato   il    capo    in   Venezia  . 
Mandò    il  Trivulzio   mille  cavalli ,    e  cin- 
quemila fanti    sotto    il  comando   di  Giano 
da  Campo  Frcgoso  per  frastornare  la  calata 
de' tedeschi.    Ma  dopo   un  breve  combatti- 
mento quel  corpo  di  gente  vergognosamente 
voltò    le  spalle.    Fu  cagion  questo    colpo, 
che    il  Trivulzio    si    ritirò    nel    dì    22    di 
gennaio    a  Ghedi,    e  mandò    poi   la  gente 
a' quartieri  d'inverno,    e  che  Brescia  restò 
ben  provveduta  di  vettovaglie.  Per  le  pre- 
ghiere de'  Veneziani    il  re  invece  di  Gian- 
Giacomo  Trivulzio  spedì  poscia  loro  il  si- 
gnor di  Lautrec  e  Teodoro  Trivulzio  ,  con 
cinquecento    lance    e    quattromila    fanti    i 
quali    venuta    la  prinaavera ,    tornarono    a 
strignere    Brescia ,    e    diedero    anche    una 
rotta    a  un  corpo  di  Tedeschi    che  veniva 
portando    buona  somma    di    contanti ,    per 
pagare  il  presidio  di  quella  città. 

Sul  principio  di  marzo  arrivò  a  Trento 
Massimiliano  Cesare  ,  seco  guidando  il  mar^ 
chese  di  Brandeburgo  y  il  duca  di  Baviera y 
ed  altri  gran  signori,  con  diecimila  fanti 
svizzeri,  ed  altrettanti  alemanni,  e  eoa 
tremila  cavalli,  tutti  ben  in  ordine.  Cala- 
to poscia  al  piano,  e  passato  l'Adige  , 
giunto  che  fu  a  Lacise,  andò  ad  unirsi 
con  lui  Blarco  Antonio  Colonna  colle  sue 
genti:  laonde  fu  creduto,  che  quell' eserci- 
ToMo  Wlh  A  a  to 


370      Annali   d' Italia 

io  ascendesse  a  seimila  cavalli  e  a  venti*  ; 
cinque  migliaia  di  fanti.  Tante  forze  im*  i 
presserò  un  giusto  terrore  ne' Francesi  e  ; 
Veneziani,  i  quali  presero  il  partito  di  \ 
menar  le  cose  al  più  che  potessero  in  lun*  ; 
go,  con  isperanza ,  che  mancando  la  mone-  ; 
ta  al  re  de' Romani  (e  questa  gli  mancava  • 
spesso)  si  discioglierebbe  quella  sua  arma-  i 
ta  .  Rinforzarono  i  Veneziani  gagliarda-  ; 
mente  Padova,  Trivigi ,  ed.  altre  fortezze #  \ 
Ma  Massimiliano  mirava  a  ponente  ,  sennon-  j 
che  applicate  le  artiglierie  al  forte  castel-  ] 
lo  di  Peschiera,  lo  costrinse  alla  resa.  Ri-»  \ 
tiratisi  i  Fiancesi  e  Veneti  a  Cremona  ^  ■ 
colà  comparve  il  duca  di  Borbone  col  re-  j 
sto  di  sue  forze  ;  e  contuttoché  si  credesse  ^ 
che  la  loro  armata  ascendesse  a  duemila  e  ' 
cincfuecento  lance  ,  e  a  duemila  cavalli  leg-  . 
geri  ,  e  a  diciòttomila  fanti;  cotal  paura; 
s'era  cacciata  in  corpo  ai  Francesi  che  già  ' 
meditavano  di  tornarsene  di  là  dai  monti. 
Probabilmente  non  era  sì  grande  il  nerbo  | 
della  lor  gente.  Comunque  fosse,  volle  la  ■ 
lor  fortuna^  che  Massimiliano  si  perdesse  \ 
intorno  al  castello  d'Asola^  dove  Andrea ^^ 
Grittl  legato  veneto  avea  spinto  cento  uo-ej 
mini  d'armi  e  cinquecento  fanti,  e  v'era  ; 
per  governatore  Francesco  Contarino.  Die- i 
ci  giorni  durò  l'assedio,  e  sènza  frutto.,] 
Se  avesse  Massimiliano  ,  seguitando  il  pa-  ; 
rer  di  Marco  Antonio  Colonna^  sollecita- ^ 
mente  tenuto  dietro  ai  Francesi  che  si  an-,- 
davano  ritirando,  opinion  fu,    che  trovaa*j| 

do-     j! 


^ 


A  Sr  N  0    MDXVI.  371 

doli    sì  impauriti,    gli  avrebbe    veduti  in-- 
viarsi  verso  casa.  Ma  diede  lor  tempo  ,  con 
fermarsi  intorno  ad  Asola,  che  ripigliasse-^ 
ro  coraggio^  e  che  potesse  arrivar  loro  un 
rinforzo  d'alcune  migliaia  di  Svizzeri,  as- 
soldate dal  re  Cristianissimo  .  Pertanto  pas- 
sò ben  Massimiliano  l'Adda,    e  andò    an- 
che in  vicinanza  di  Milano  ;  nel  qual  tem- 
po il  Colonna    s' impadronì  di  Lodi  ,   dove 
non    potè  impedire ,    che  non    fosse    usata 
gran  crudeltà  contro    i  Francesi   e  Guelfi  . 
Ma  essendosi  posto  con  tutti    i  suoi    e  coi 
Veneti  il  duca  di  Borbone  entro  essa    città 
di  Milano,  risoluto  di  difenderla  (al  qual 
fine  barbaramente  diede  fuòco  a  tutti  i  bor- 
ghi )  ed  essendo    sopravvenuti   gli  Svizzeri 
suddetti   in  aiuto  suo  ;    rimasero  arenati  i 
disegni    e  le  speranze    di  Massimiliano.   E 
massimamente  perchè  i  suoi  Svizzeri  chie- 
devano paghe  ,    e  la  cassa  cesarea  era  faU 
lita,  dimodoché  seguì  qualche  loro  ammu- 
tinamento.   Crebbe    poi    maggiormente    la 
paura  in  Cesare^    e  il  sospetto    di  qualche 
tradimento  dalla  parte  d'  essi  Svizzeri  (gen-* 
te  che  già  s'  era  guadagnato  questo  discre- 
•dito)  perchè    fu  intercetta  lettera  finta  da 
Gian-Jacopo  Trivulzio  ai  capitani  di  quegli 
Svizzeri^  in  cui  scriveva,  che  fra  due  gior- 
ni eseguissero  quanto  eia    con  loro  conve-* 
nuto  :  stratagemma  usato  in  tante  altre  oc- 
.casioni  di  guerra  .  Per  questi  accidenti  Mas- 
fiimilianoj    dappoiché  accostatosi  a  Milano 
vide ,  che  niun  movimento  si  facea  da  queJ 

A  a  2 


372  Annali    d' Italia 

popolo^  siccome  gli  era  stato  fatto  creàel* 
re,  con  poco  suo  onore  si  ritirò  a  Lodi^ 
e  spartì  in  varj  siti  V  armata^  aspettando 
pure ,  che  venissero  di  Germania  e  Borgo-  i 
gna  sessantamila  Ducati  a  lui  promessi .  | 
Ne  cavò  dai  poveri  Bergamaschi  quindici-  - 
mila  ,  piccolo  refrigerio  a  tanta  sete .  An- 
che gli  Svizzeri  che  erano  al  soldo  di  Fran-»  i 
eia,  fecero  in  questo  mentre  inghiottir  de*; 
gli  amari  bocconi  al  duca  di  Borbone  ;  \ 
perciocché  avendo  egli  determinato  di  uscir  ] 
di  Milano,  per  andare  a  dar  battaglia  ai ^ 
nemici,  quella  brava  gente  protestò  di  noni 
voler  cambattere  contra  de'proprj  nazio-: 
nali  suoi  parenti  ed  amici .  Essendo  poi  ^ 
cresciuta  la  domestichezza  d'  essi  Svizzeri^ 
con  quei  dell'armata  cesarea,  entrò  anche! 
il  duca  in  gravi  sospetti  della  lor  fede ,  ■«  ! 
giudicò  meglio  di  licenziarli;  epperò  ca*j 
richi  di  doni  li  rimandò  alle  lor  case.  Ec-i 
co  qual  fosse  allora  il  concerto  di  quella^ 
gente  venale. 

Erasi  anche  Massimiliano  Cesare  stacca-^i 
to  dal  suo  esercito  con  ridursi  infine  ai 
Trento  ;  e  quantunque  inviasse  proniessei 
di  tornar  presto ,  ed  anche  di  mandar  duo*' 
va  somma  di  danaro:  tuttavia  non  bastanti 
do  questa  a  pagare  gli  stipendj  decorsi  ^i 
non  vi  fu  maniera,  che  si  potessero  rite-f^ 
nere  i  suoi  Svizzeri  dal  tornare  per  la  VaU? 
tellina  alle  lor  montagne,  dappoiché  ebbe^j 
ro  dato  il  sacco  a  quante  castella  trovaro** 
DO  per  istrada.   Altrettanto   fece  dipoi  ili 

mar    ;: 


É 


Anno    MDXVI.         373  ^ 

tndrcfiese  di  Brandeburgo  con  passare  in 
Lamagna .  Marcantonio  Colonna  che  coi 
suoi  s'era  condotto  sul  Bergamasco,  veg- 
gendo  il  disfacciraento  di  tanta  armata  , 
s'affrettò  per  tornarsene  a  Verona  ;  ma 
ebbe  sempre  alla  coda  Mercurio  Bua  con 
gli  Stradioti  veneziani  ,  e  Baldassare  Si- 
gnorello  con  ducento  cavalli ,  dimanierachè 
all'arrivo  colà  si  trovò  spelata  più  d'un 
poco .  E  questo  fine  ebbe  in  poco  tempo  l'im- 
presa d'un  re  de' Romani,  e  un  s,i  podero- 
so esercito  :  se  con  gloria  di  quel  sovra- 
no, lo  deciderà  chi  legge.  Fu  in  questi 
tempi ,  che  Carlo  duca  di  Borbone  passò  in 
Francia,  dimettendo  il  governo  di  Milano^ 
o  perchè  dimandò  il  congedo ,  o  perchè  fu 
forzato  a  dimandarlo  per  sospetti  nati  cen- 
tra di  lui .  Succedette  in  quel  governo 
Odetto  di  Fois  y  signore  di  Lautrec,  Appe- 
na poi  fu  fuori  di  Lombardia  la  nemica 
gente  tedesca  che  esso  signor  di  Lautrec 
con  cinquecento  lance^  e  cinquemila  fanti 
francesi ,  e  Andrea  Gritti  coli'  armata  ve-  ' 
neta  ,  si  presentarono  di  nuovo  nel  dì  se- 
dici di  maggio  davanti  Brescia  ,  dove  non 
si  contava  più  di  secento  fanti  spagnuoU 
e  quattrocento  cavalli  di  presidio;  e  con 
quarantotto  pezzi  di  artiglieria  comincia- 
rono a  diroccare  le  mura.  Diedero  un  fe- 
roce assalto  di  due  ore  alla  Garzetta ,  ma 
non  ne  riportarono  sennon  morti  e  ferite  . 
Continuato  poscia  il  fracasso  delle  batte- 
rie,   quel  comandante  sprovvisto    di  gente 

Aa  3  e  di 


374       Annali   d'Italia  \ 

e  di  viveri  ,  né  sperante  soccorso  ,  capito-  \ 
lo  la  resa ,  qualora  in  termine  di  otto  \ 
giorni  non  venisse  soccorso ,  con  dare  a  i 
questo  fine  gli  ostaggi  .  Tentò  veramente  ^ 
Massimiliano  di  spignere  a  quella  volta  i 
molte  brigate  di  fanti,  raccolte  il  meglio] 
che  si  potè  in  quella  strettezza  di  tempo  ;  : 
ma  queste,  trovati  i  passi  ben  guerniti  di' 
gagliardi  presidj  ,  speditivi  dal  Lautrec  e  \ 
dal  Gritti,  se  ne  ritornarono  placidamente^ 
indietro .  Pertanto  nel  di  26  di  maggia  ] 
(  altri  dicono  nel  dì  24  )  uscì  di  Brescia  t 
la  guarnigione  spagnuola,  ossia  tedesca,^ 
con.  bandiere  spiegate,  con  tre  pezzi  d'ar-- 
tiglieria  ,  e  tutto  il  bagaglio,  e  con  lora  j 
molti  Bresciani  del  partito  cesareo ,  fra  i  ' 
quali  spezialmente  la  famiglia  Gambara.  1 
Entrò  il  vittorioso  esercito  in  quello  stes—^ 
so  dì  nella  città,  dove  si  fecero  infinite' 
allegrezze  da  quel  popolo  di  voto  al  nome  1 
veneto  ;  né  minori  furono  le  fatte  «liporj 
in  Venezia  per  sì  importante  acquisto .  Il  \ 
Belcaire  che  animosamente  nega  ,  essersi^ 
adoperata  la  forza  sotto  Brescia,  e  dà  qui  ; 
una  mentita  al  Giovio ,  e  dovea  parimente  1 
darla  al  Guicciardino ,  s'ingannò  forte .  ^ 
Più  di  lui  ne  sapeva  anche  V  anonimo  pa- 1 
dovano  che  si  trovò  presente  a  queste  \ 
guerre.  \ 

Sul  principio  di  giugno  il  signor  di  Lau- \ 
trec  per  le  forti  istanze  dei  Veneziani  pas-J 
so  sul  Veronese,  per  formar  l'assedio  di  j 
quella  città.  Le  genti  sue  unite    colle    ve-^, 

nete      \ 


d 


Anno  MDXVL  _  Z25 
nete  formavano  un'armata  di  mille  e  dn- 
cento  uomini  di  arme,  di  duemila  cavalli 
leggeri j  e  dodicimila  fanti.  Ma  alia  difesa 
di  Verona  stava  Marco  Antonio  Colonna , 
divenuto  generale  di  Cesare  con  grandi 
forze  5  perchè  provveduto  ,  secondo  V  ano- 
nimo padovano  ,  di  tremila  cavalli  leggeri , 
seimila  fanti  tedeschi  ,  e  mille  e  cinque-- 
cento  spagauoli .  Venuto  ordine  dal  Senato 
veneto^  che  si  mettesse  a  sacco  quel  pae- 
se per  levare  la  sussistenza  alla  città,  or- 
jendo  spettacolo  fu  il  vedere  non  solamen- 
te i  soldati ,  ma  ancora  gran  gente  del 
Trivisano  ,  Padovano^  Vicentino  e  Brescia- 
no, concorsa  a  questo  inumano  eppur  de- 
lizioso mestiere  ,  che  tutti  si  diedero  a 
tagliar  le  biade,  e  a  saccheggiare,  e  bru- 
ciar anche  le  case  de"*  poveri  contadini . 
Erano  per  questo  in  somma  disperazione 
i  miseri  Veronesi,  dentro  oppressi  da  con- 
tribuzioni, gravezze  e  insolenze  innuipera- 
bili  dei  soldati,  e  fuori  privati  delle  loro 
sostanze  colla  desolazion  di  tutto  il  terri- 
torio.  Infinita  roba  e  gran  copia  di  bestia- 
me avèano  gì'  infelici  lor  villani  salvata 
in  vai  PolescUa,  ma  eccoti  passar  l'Adige 
Francesi  e  Veneti  che  penetrati  colà  fece- 
ro un  netto  d'ogni  cosa.  Pvailentò  poscia 
questo  ilagello ,  perchè  giunsero  alla  Chiu- 
sa,  e  se  ne  impossessarono  seimila  fanti 
tedeschi  (  altri  dicono  otto,  ed  altri  no- 
vemila )  spediti  in  soccorso  a  Verona . 
Corse  anche  voce  ,    che  quindicimila  Syiz- 

Aa  4  zeri 


37^       Annali   d'Itaua 

Eeri  pagati    dal  re   d'Inghilterra    avesseroi 
fra  poco    a  calar    nello  Stato   di    Milano,; 
Noti    vi  volle    di  più,    perchè   il  Lautrec,J 
preso  da  spavento,  contro  il  volere  de'Ve-  i 
neziàni    si  ritirasse    a  Peschiera  ricuperata^ 
sul  Mincio,  daddove    poi    le  sue  genti  fa- ^ 
ceano  continue  scorrerie  iino  alle  porte  di^ 
Verona.  Passarono  intanto    le  fanterie   té-. 
desche ,    poco    danaro  nondimeno,    e  poca  ? 
vettovaglia    portando    all'  afflitta   città    diì 
Verona:  locchè  fatto,  per  la  maggior  par- i 
te,  se  ne  tornarono  al  loro  paese.   Aspet- J 
tò  il  Colonna  tremila  Svizzeri ,  inviati  an-  i 
ch'essi  in  aiuto  suo,  e  giunti  che  furono 
con  tremila  cavalli  e  diecimila  fanti  passò 
a  Soave  ,    dove  si  fermò  otto  giorni  ,    con 
dar  tempo  e  sicurezza  a  que'  popoli  di  fa- 
re i  raccolti  di  quel  poco  che  loro  era  re- 
stato^ e  tutto  poi  fece  condurre    in  Vero-^ 
iia.  Pensava  di  far  lo  stesso  verso  il  Man- 
tovano ,  ma  tumultuando  gli  Svizzeri  e  Te- 1 
deschi  per  mancanza  di  paghe ,  fu  costret- 
to a  licenziar  tutti  gli  ultimamente  venu- 
ti ,    parte    de' quali    passò   poi    al  servigio 
de' Veneziani  .    Andarono    in  questi    tempi 
i  Francesi  sul  Mirandolese,  con  disegno  di  Ì 
cacciar  da  quella  forte  terra  Gian- Fr ance-  I 
SCO  Fico ^  il  quale  già  v'era  rientrato   con  j 
farne  uscire  il  nipote  Galeotto.    Finì  tutto  ì 
il  lor  movimento  in  saccheggi  non  solo  di  ' 
quel    paese  ,    ma    di  tutto  quel    tratto  del  ì 
Mantovano,  per  dove  passarono  andando  e  , 
venendo.    Né  già  vantavano    miglior  legge  \ 

i  lo-       ] 

1 


■H  A  N  V  9    MDXVI.  ^77 

^loro  nemici.  Marco  Antonio  Colonna  sul 
principio  di  luglio  partito  segretamente  di 
j  notte  da  Verona    con  settemila  fanti  tede- 
,'schi,  e  cinquecento  cavalli,  all'improvviso 
!  giunse  a  Vicenza ,    e  per    forza  entratovi , 
tutta  la  mise    a  sacco^,    asportandone    spe- 
zialmente la  seta,    che  era  il  maggior  ca- 
pitale di  quel  tante  volte  spogliato    popo- 
lo.   Queste    erano    le    sacrileghe     maniere 
d'allora,  per  soddisfare  in  qualche  guisa  i 
non  pagati  soldati. 

Crescevano    intanto   le    angherie^    le  ta- 
glie   e   la    carestia    nell'infelice  popolo  di 
Verona ,    indarno    servendo    i    conforti  del 
Colonna,    perchè    fatti    bisognavano  e  non 
parole.    Informati  dunque  i  Veneziani    del 
miserabile    stato    di    quella   città,    cotante 
istanze    fecero^    che    il  signor  di   Lautree 
s' indusse     di    nuovo    a    rinovarne    1'  asse- 
dio.    Volle    egli    prima   d'ogni    altra  cosa 
impadronirsi  della  Chiusa  ,   per  impedire  i 
soccorsi  che  potessero  venir    di  Lam.agna  ; 
poscia  nel    dì  20   d'agosto    s'avvicinò    col 
campo  a  quell'afflitta  città,   e  da  più  par- 
ti   cominciò    a    batterla    colle    artiglierie  . 
Maravigliosa    fu    la    difesa    del    Colonnese 
per  li    ripari    che    continuamente    formava 
didentro,    e  per    le  sortite  che  eoa  danno 
degli    assedianti    facea    al    difuori.    Mancò 
la  polve    da  fuoco    ai  Gallo-Veneti ,    e  già 
n'era    giunta    da    Venezia    a  Lignago    una 
gran  condotta  sopra  carri.   Non    si  sa,    se 
^er  malizia,   o  per  altro  accidente,    le  si 


I 
378       Annali    d'Italia 
atlaccò  il  fuoco,  e  vi  perirono    non  solar- 
mente cento  e  ottanta    vasi    d'^essa   polve , 
ma  anche    tutte    le  carra,    molti    uomini, 
buoi ,    ed  altre  cose  condotte    per  bisogno 
di  queir  impresa  .    Fu  ciò  nonostante  prov- 
veduto e  proseguito  con  vigore    V  assedio  ,  ■ 
ed  anche  più  la  difesa,  con  immortai  glo- 1 
lia  di  Marco  Antonio  Colonna'  che  a  tutte  \ 
le  breccie,  a  tutti  gli  assalti    accorrendo,: 
sempre    mirabilmente  provvide,    e    benché! 
ne  riportasse  un  dì    un'  archibugiata ,    sep»  ; 
pe  con  sì  bel  modo  e  segretezza  farsi  cu-  ; 
rare,    che  nella  guarnigione    niun  disordi- ^ 
rie  insorse  .  Durò  questa  danza  fino  a  mez-  ^ 
zo    ottobre  ,    finattantochè    giunse    nuova  ,^ 
che  da  Trento    veniva  un  grosso    soccorso»^ 
a  Verona  :    locchè    tanto    terrore  mise    neVà 
campo  gallo-veneto ,    che    tutti    chi  qua    e^ 
chi  là  ordinatamente    si  misero   in    salvo  J 
Però    passati    per  la    montagna    di  Peronai 
circa  ottocento  cavalli  tedeschi  ,  carichi  dìl 
vettovaglie  e  munizioni ,    felicemente  arri-*i 
varono  a  Verona.  Oltracciò  ben  circa  cin-?i 
quemila  Tedeschi    espugnarono  la  Chiusaci 
con  tagliare   a  pezzi    il    presidio    veneto  ^j 
ed  aperto    quel  passo ,   spinsero    poi    gratìj 
quantità    d'  altri    viveri     sopra    zalte    pei^i 
l'Adige  alla  medesima  città;  che  recarono^ 
gran    sollievo    non    meno    ai    soldati ,    che|j 
agl'infelici  cittadini.  Non  si  potea  dar  pa-ii 
ce  il  Senato  veneto  al  vedere   saltar    fuorij 
ogni  dì  nuove  remore  alla  ricuperazion  d 
Verona  j     e    tanto    più    s'impazientavano 

per- 


I 


Anno     MDXVI.  375 

perchè  gagliardamente  si  trattava  in  Brus- 
selles  pace  fra  Massimiliano  Cesare^  Fran- 
cesco re  di  Francia  ,  e  Carlo  re  di  Spagna  , 
=non  sapendo  qual  destino  potesse  toccare 
alla  tuttavia  pertinace  città  .  Non  cessava- 
no di  spronare  il  Lautrec  a  ripigliar  la 
impresa;  e  perchè  egli  allegava  la  mancan- 
za delle  paghe  all'esercito  suo,  astretti  fu- 
rono i  Veneziani  anche  a  questa  esorbi- 
tante spesa  ,  per  cui  si  ridusse  la  lor  co- 
stanza a  mettere  all'incanto  le  dignità ^ 
gli  uffizj  e  magistrati  non  meo  di  Vene- 
zia ,  che  di  terra-ferma ,  e  a  vendere  od 
impegnare  gli  stabili  della  repubblica  .  E 
continuarono  bensì  la  guerra,  con  impedir 
la  venuta  d'altri  soccorsi  a  Verona,  ma 
s^za  p«r  questo  poterla  costrignere  alla 
resa.  Gravissimo  danno  patì  in  tale  occa- 
sione la  città  e  il  territorio  di  Brescia  , 
perchè  gli  convenne  alimentar  nobilmente 
l'esercito  francese  co»  ispesa  di  più  di 
cinquecento  ducati  d'oro  per  giorno.  Con 
tante  vicende  e  guai  terminò  ancora  l'an- 
no presente  ,  in  cui  non  si  dee  tacere  un  gra- 
vissimo pericolo  incorso  da  papa  Leone , 
e  narrato  dal  contemporaneo  anonimo  pa- 
dovano nella  sua  Storia  manuscritta  .  Era 
ito  esso  pontefice  nel  mese  d' aprile  per 
diporto  a  Civita  (  m'immagino,  che  sia 
Civita  Lavinia  )  quando  poco  discosto  di 
là  diciotto  fuste  di  Mori,  smontati  in  ter- 
ra-ferma, fecero  una  larga  scorreria  ,  con 
ridurre  in  ischiavitù  gran  quantità  di  gen- 
te 


380     Annali   d'Italia 
te  .    Intcnzion  loro ,    per   quanto  apparve  ^ 
era    di   cogliere   lo  stesso  papa ,    probabil- 
mente da  qualche  scellerato  informati ,  che 
egli  praticava  in  quelle   parti.    Spaventato 
il  pontefice  ebbe  tempo    di  scappare  piuc- 
che  in  fretta    a  Roma.    Che    orrore  !    che 
terribili    conseguenze ,    se   riusciva    a  quei  { 
barbari    un    sì    gran    colpo  I    Dolenti  essi ,  i 
per  non  aver  colto  quanto  speravano,  voi-  ; 
tarono  le  prore  all'isola  dell'Elba,  ch'era  \ 
del  signor    di  Piornbino  ,    e  spogliatala   di  \ 
ogni    bene,    se    ne    tornarono    in  Affrica.  ; 
Delle  leghe  fatte  in  quest'anno    parleremo  ; 
all'anno  seguenle. 


Anno  di  Cristo   1517 ,  Iridiz.  V. 
di  Leone  X  ,  papa  5. 
diMASSii^uLTANo  re  de' Rom.  2 


I 


Jt!ibbe  line  in  quest'anno  il  concilio  late-  ■ 
ranense  dove  furono  fatti  molti  bei  rego-  i 
lamenti  di  ecclesiastica  disciplina  ,  ma  non  j 
quali  occorrevano  e  si  desideravano  dai  ; 
migliori  per  la  correzion  de'  tanti  abusi  ,\ 
che  allora  deformavano  la  Chiesa  di  Dio  ,  1 
benché  salda  stesse  la  vera  dottrina  di  |! 
Cristo  per  tutte  le  Chiese  d'occidente.  Non;; 
a|Dbiam  vergogna  di  confessarlo,  dappoiché;^ 
tanti  piissimi  Cattolici  V  han  confessato  .  |^ 
Pur  troppo  quegli  abusi  misero  le  armi  in  n 
mano  a  Martino  Lutero  frate  agostiniano  li 
in  Sassonia  ,  per  cominciare  nel  presente  ij 
anno  a  irttperversare  contro   la   Chiesa  cat- 1 

to- 


A  N   N-  o     MDXVJL  381 

tolica^  aprendo  la  porta  non  solo  ad  un 
massimo  deplorabile  scisma ,  ma  ad  infinitt^ 
eresie  che  come  la  fìnta  idra  andarono 
poi  pullulando,  e  divise  fra  loto  infestano 
tuttavia  tanti  popoli  del  settentrione  .  Il 
gran  mercato  che  si  faceva  allora  delle 
indulgenze  ,  per  ratinar  danaro  in  tutta  la 
cristianità  d'occidente ,  in  apparenza  per 
la  fabbrica  della  basilica  Vaticana,  ma  in 
sostanza  anche  per  altri  mondani  fini  :  quel 
fu  ,  che  accese  un  fuoco  in  Germania  ,  che 
di  giorno  in  giorno  semprepin  crescendo , 
arrivò  a  formar  quella  gran  piaga  nella 
Chiesa  del  Signore  che  tuttavia  deploria- 
mo, e  che  Dio  solo  saprà  saldare  ,  quanda 
gli  alti  suoi  giudizj  saranno  adempiuti  . 
Ma  perchè  questo  è  argomento  spettante 
alla  Storia  ecclesiastica  ,  passiamo  oltre  . 
Le  turbolenze  degli  amai  addietro  ,  e  i 
pubblici  e  i  privati  interessi  de'  potentati 
cristiani ,  aveano  nel  precedente  anno  te- 
nuta molto  in  esercizio  la  politica  de'  ga- 
binetti.  L' accrescimento  della  potenza  fran- 
cese in  Italia  ,  con  occhio  bieco  veniva  ri- 
guardata da  -papa  Leone  ^  da  Massimiliano 
Cesare^  da  Arrigo  re  di^ Inghilterra  ^  e  da 
Carlo  re  di  Spagna  ,  ma  principalmente  da- 
gli Svizzeri  che  dopo  aver  cavato  tanto 
sangue  dallo  Stato  di  Milano  ,  ora  che  que- 
sto era  caduto  in  mano  di  un  re  sì  poten- 
te ,  miravano  come  seccato  il  fonte  della 
loro  ricchezza.  Però  il  cardinale  di  Sion 
s'era  sbracciato  con  piià  viaggi  e  maneggi, 

per 


382       Annali    d'Itaiia  ! 

per  formare  una  lega,  e  gli  venne  fatto  eli  j 
conchiuderla  nel  di   18  d'ottobre  del   1516^  j 
fra  il  suddetto  Massimiliano ^    il  re  d'In-  ; 
ghilterra  ,  e  il  re  di  Spagna ,   con    lasciar  ! 
luogo  d'entrarvi  al  papa,  il    quale  V  avea 
ptoccurata  ,    per  valersene  ,    come  portasse  [ 
V  occasione  .  Dall'  altro  canto    anche  Fran^  ) 
Cesco    re  di  Francia    non  istette    in  ozio  ^^ 
per  contramminare  questi  trattati  ,  ben  co- ^ 
noscendoli    formati    contra    di    lui.  TantoJ 
operò  con  gli  Svizzeri  ,  che  nel    dì  29    di^ 
novembre  di  esso    anno  ,    a    forza    d'  orol 
trasse  quella  nazione  ad  una  pace  perpetua 
col    regno    di  Francia .    Anzi    molto  primi 
ancora  aveva  intavolato  un   altro  negozia- 
to di  pace  con  Idassimiliano  e  col  re  Car] 
lo  suo  nipote,  che  fu  bene  in  certa  manie- 
ra conchiuso  nel  dì   15  d'agosto,    ma    ch< 
solamente  acquistò  perfezione    nel  dì  4   di 
dicembre    1516,  in  cui  fu  ratificato  da  esso^ 
Cesare,  sempre  voglioso ,  sempre  bisognoso^ 
di  danaro.  Fra  le  altre  convenzioni  v'era,j 
che  Riva  di  Trento  ,  Rovereto   e  Gradisca! 
restassero  in  dominio  di  Massimiliano,  echd 
cedendo  egli  al  re  Cristianissimo  Verona  } 
questi  gli  avesse  a  pagare   centomila  scudi^ 
d'oro,  ed  altrettanti  i  Veneziani.  Però  nei] 
primi  giorni  di  quest'anno  comparve  a  Ve-' 
tona  Bernardo  vescovo  di  Trento  ,  colla  fa- ' 
colta  di  fare  la  restituzion  di  quella  città.' 
Insorsero  ben  discordie  intorno  al  giornoyi 

in     ' 

À 

'  Du-Mont,  Corpus  Diplomat.  Tom.  TT,  Pan.  ì'  "■ 


Anno    MDXVIL         385 

fi  cui  si  avea  da  far  la  consegna  e  la 
guarnigione  tumultnò^  perchè  dimandava 
le  paghe:  pure  nel  dì  16  (  altri  dicono 
nel  dì  15)  di  gennaio  data  fu  la  tennta  di 
Verona  al  signor  di  Lautrec ,  uscendone  il 
•  vescovo  j  e  Mùo'co  Antonio  Colonna  con 
tutta  sua  gente  .  Passati  poi  tre  giorni ,  il 
Lautrec  consegnò  essa  città  '  ad  Andrea 
\  Gritti  che  V  accettò  a  nóme  del  Senato 
l^veneto^  e  ben  regalato  si  ridusse  nello  Sta- 
to di  Milano.  Infinite  allegrezze  fecero  i 
Veronesi,  liberati  dall'  insoffribil  giogo  del- 
ile  armi  straniere .  E  tal  fine  ebbe  la  les:a 
di  Cambrai^  e  la  lunga  e  crudel  guerra 
originata  da  essa  ,  per  cui  non  si  può  di- 
re ,  quanti  tesori ,  quanto  sangue  spendes- 
sero tanti  principi  della  cristianità,  e  quan- 
ti disastri  e  desolazioni  patisse  tutta  la 
Lombardia.  Maraviglia  fu,  che  in  mezzo 
a  si  potente  e  lungo  turbine  potesse  soste- 
nersi la  repubblica  veneta  ;  ma  quanto  più 
terribile  fu  il  suo  pericolo  ,  tanto  maggior 
direnne  la  sua  gloria,  perchè  quantunque 
perdesse  qualche  porzione  dell'  antico  suo 
dominio,  pur  seppe  e  potè  conservare  la 
maggior  parte  e  il  meglio  delle  sue  signo- 
rie in  terra-ferma. 

Dopo  una  si  solenne  ed  universal  pace 
pareva  oramai  che  V  Italia  avesse  a  respi- 
rare, ma  fallirono  questi  conti?;  percioccbc 
Franctsco  Maria ,  già  duca  d' Urbino ^  di- 
morante in  Mantova  esule  da' suoi  Stati  , 
sentendo  il  mal  governo  che  facea  Loren- 
zo 


I 


3S4       Autnalid' Italia 

zo  de'  Medici ,  e  invitato  da   chiunque    gli  \ 

era  affezionato  e  fedele ,  si  accinse  a  ricu^^  ; 

perar  quel  ducato  .  Fu  a  ciò  anche  istiga-  : 

to  da  Federigo  Gonzaga  signor    di  BozzO'  ■ 

lo ,  e  condottiere  d'  armi    assai  rinomato  , 

per  vendicarsi  di  un  affronto   che    preten-  \ 

deva    a    se    fatto    dal    suddetto  Lorenzo  .  : 

Giacché  la  pace  dovea  far  cassare  non  pò-  i 

che    brigate   di    soldati,   e    questi  avvezzi j 

all'onorato  mestier  della  guerra,  delle  pre-^ 

de  e  rapine ,  avrebbono    cercato    chi  dessei 

loro  soldo,  nello  stesso  tempo  che  si  trat-^ 

fava  della  restituzion  di  Verona^  se  l'intese^ 

esso  Francesco  Maria  co' caporali  spagnuolÌ! 

€  tedeschi ,  e   prese  al  suo  servigio  cinque-- 

mila  fanti  de' primi  e    tremila  altri  Italia-^ 

«i,  con   1500  cavalli.  11  marchese  di  Man-i 

iova  gli  somministrò    buona  copia   di  da-i 

naro.  Però  con  questa  armata,  picciola  <Sil 

numero ,  ma  considerabile  pel  suo  valore  .] 

poco  dopo  la  resa  di  Verona  s'  avviò    aliai 

volta    de'  stìoi  Stati  con  tal    celerità  ,  chci 

non  ebbero  tempo  per  oppofsegli    le    gentil 

del  papa  e  di  Lorenzo  de' Medici  che  er*' 

no    in    Ravenna    e  Kimini.  Passato  per    lu 

via    del  Furio  ,    in    poco    tempo  ebbe  allèj 

sua  divozione  Urbino  con  tutto  il  ducato ., 

eccettuata  la  fortezza    di    s,  Leo  .  Ma  noni 

già  Pesaro,  Sinigaglia,  Gradara   e  Mondai*! 

vio ,  terre  separate  da  quel    ducato ,    per-^i 

che  Renzo  da  Ceri  ,  che  v'  inviò  gran  geiW 

te  di  presidio,  le  sostenne.  Intanto Lored^ 

zo  de' Medici    alle    miUzic  italiane,  tanta 

sue    : 


Anno  MDXVIL  ^  385 
sue,  che  de' Fiorentini^  unì  duemila  e  cin- 
quecento fanti  tedeschi,  e  più  di  quattro- 
mila fanti  guasconi  ,  che  aveano  servito 
neir  armata  di  Lautrec.  L'anonimo  pado- 
vano dite  200  lance  ,  e  duemila  Guasco- 
ni,  comandati  dal  signore  di  Scudo.  1 
capitani  di  questo  esercito  erano  Renzo  da 
Ceri ,  Vitello  da  città  di  Castello  e  il  con  - 
te  Guido  Rangoney  ed  ascese  questa  ar~ 
mata  fino  a  mille  uomini  d'arme,  mille 
cavalli  leggeri  e  quindicimila  fanti  che  pa- 
reano  atti  a^d  inghiottire  il  duca  d'  Urbi- 
no.   Era  insospettito  forte  il  papa,  che    il 

!  Te  di  Francia  tenesse  mano  segretamente 
in    questa  guerra;  ma  il   re  per    disingan- 

i  narlo ,  mandò  i  suoi  ministri  a  Roma,  af- 
finchè trattassero  lega  col  pontefice  ,  che 
infatti    fu    stabilita.  Fu  in  tal  congiuntura 

i  fatta  gagliarda  istanza  a  papa  Leone,  perchè 
restituisse    Modena  ,  Reggio  e    Rubiera  ad    >^ 
Alfonso  duca    di    Ferrara ,    secondoch'è    ne 

I  avea  date  in  Bologna  tante  promesse  ,  non 

I  mai  eseguite  .  Promise  il  papa  con  un 
breve  di  restituirle  nello  spazio  di  sette 
mesi  ,  ma  con  intenzione  di  nulla  farne  , 
se  cessavano  i  presenti  pericoli  ,  siccome 
infatti  avvenne,  perchè  l'osservar  la  paro- 
la non  fu  mai  contato  fra  le  virtù  di  que- 
sto pontefice.  Continuò  dipoi  con  varie  vi- 
cende la  guerra  ,  diifusamente  descritta  dal 
Guicciardino.  Altro  non  ne  rapporterò  io, 
sennonché  trovandosi  Lorenzo  de'  Medici 
nel  mese  di  giugno  all'assedio  di  Mondol- 
Tomo  XXIi.  B  b  fo , 


386I        Annali    d'Itai-Ij»: 

fo,  fu  colpito  nella  sommità    del    capo  da 
una  palla  di  archibuso  :  pel  qua!   colpo  gli 
convenne    star    molti  giorni  in  letto.  Loc- 
chè  fu  cagione^  che  i  suoi  soldati  più  pen- 
sassero a  saccheggiare  il  paese,  che  a  cercar 
vittoria.  Spedito  dal  papa  il  cardinal  Glu' • 
Ho  de^  Medici    suo  cugino    al   comando    dil 
queir  armata  ,  appena  giunto  egli  colà ,  in-  \ 
sorse  una  quistione  tra  i  fanti  italiani  e  te-i 
deschi,  per  cui  seguirono  ammazzamenti  ti 
saccheggi    non  pochi  ,    e  fu  forza  dividerci 
quelle  nazioni  tra  Rimini  e  Pesaro.  Accadde? 
ancora^  che  il  duca  Francesco  Maria  tenendci 
segrete  intelligenze  col  corpo  degli  Spagnuo-^ 
li ,  militanti  per  la  Chiesa  _,  arrivò  una  mat^ 
tina  improvvisamente  ai  loro  alloggiamenti,^ 
Parte  d'essi  scappò  a  Pesaro  ,  e  l'altra  partii 
andò  ad  unirsi  con  lui .  Dopo  di  che  assaltò 
il  campo  dei  Tedeschi ,  dove  secento  d'  essi! 
rcstaiono  morti  e  feriti.  Non  andò  molto  .^ 
che  anche  un'  altra  buona  frotta  di  Guasco-- 
ni  passò  nell'armata  d'esso  duca.  .j 

Trovar asi  assai  forte  di  gente  Frances-^ 
ca  Maria  j  ma  esausto  affatto  di  pecunia  j 
requisito  troppo  importante  agi'  impegni! 
della  guerra  .  Ne  penutiava  anche  papfit 
Leone  ^  ma  seppe  trovar  maniera  di  rica-^ 
varne,  con  fare  nel  dì  primo  di  luglio  Ui 
promozione  di  trentauno  cardinali  y  fra^ 
quali  molti  di  gran  merito  pel  lorosapera 
o  nobiltà  .  Dagli  altri  creati  per  altri  mai 
ti  vi  ricavò  la  somma  di  duecento  mila  dtlil 
cati    d' or©    che  mirabilmente    servirono 

ter- 


«1 


Anno  MDXVII.  387 
i^ciminar  la  guerra  d'  Urbino  .  Impercioc* 
che  ossia  che  1'  accorto  cardinal  Giulio  de* 
Medici  sapesse  sottomano  guadagnar  gli 
Spagnuoli  che  erano  al  servigio  di  Fran- 
cesco Maria  ,  o  che  s'interponesse  don  Ugo 
di  3Iacedonìa  ▼icerè  di  Sicilia  ,  per  istac- 
carli  da  lui  :  certo  è  ,  che  esso  duca  entra- 
to in  diffidenza  de'  medesimi  ,  e  conosciu- 
Ao  di  non  potersi  sostenere  contro  le  for- 
^e  del  papa  ,  aiutato    dai  re    di  Francia  e 

■  Spagna  ,  diede  orecchio  ad  un  misera- 
e  accomodamento  ;  per  cui  il  pontefice 
35i  obbligò  di  pagare  ai  fanti  spagnuoli  qua- 
Jtantacinqueniila  ducati  d*oro  ,  e  sessanta- 
mila ai  fanti  guasconi  ;  e  che  esso  Fran- 
cesco Maria  potesse  passar  liberamente  a 
Mantova  con  tutte  le  sue  robe  ^  colle  ar- 
tiglierie ,  e  colla  famosa  libreria  ,  messa 
insieme  da  Federigo  -primo  duca  d'  Urbino  3 
àvolo  suo  materno  :  locchè  fu  eseguito  . 
•Così  terminò  la  presente  guerra  ;,  durata 
quasi  otto  mesi ,  per  cui  spese  il  pontefice 
circa  ottocentomila  ducati  d'  oro  ,  la  mag- 
gior parte  nondimeno  ,  come  vuole  il  Guic- 
ciardino  ,  pagata  dai  Fiorentini  ,  i  quali 
fecero  in  tale  occasione  lana  trista  figura  , 
siccome  divenuti  schiavi  della  casa  de' Me- 
dici .  Furono  poi  confiscati  i  beni  di  mol- 
tissimi nobili  del  ducato  d^  Urbino  ,  che 
s' erano  mostrati  favorevoli  a  Francesco 
Maria  ,  e  vennero  atterrate  nel  seguente  an- 
no le  mura  d' Urbino  ,  Fossombrone ,  e 
Mondolfo  ,  acciocché  non  avessero  quegli 
6b  2  abi* 


388      Annali   d'Itali  A  i 

abitanti  coraggio  di  ribellarsi  io  avvenire  .1 
Lorenzo  de' Medici  colà  tornò  duca  .  Ap-i 
partiene  a  quest'  anno  un  esecrando  avve-j 
ni  mento  ^  cioè  la  congiura  di  Alfonso  Fe^\ 
trnccl  cardinole  d)  Siena  contro  la  perso-i 
na  del  ponleiice  Lfone  .  Era  inviperito  qué-^ 
sto  porporato,  perchè  il  papa  avesse  fattò^^ 
cacciar  di  Siena  Borghese  suo  fratello  ,, 
quasi  signore  di  quella  città,  e  privato  luii 
stesso  éelle  rendite  paterne  .  Crebbe  tantoi 
questo  sacrilego  odio  ,  che  più  volte  penH 
so  d'  uccidere  lo  stesso  papa  in  concistO'-i 
ro  ,  oppure  alla  caccia  ;  ma  infine  s'appi-^ 
gliò-  al  partito  di  farlo  avvelenare  per  mezv 
20  di  Battista  Vercelli  chirurgo,  se  potea*! 
eiugnere  a  medicar  una  fistola  antica  ,  cheij 
il  papa  avea  ne' confini  delle  natiche  .  Fuv 
scoperta  questa  infame  trama  ,  preso  il  car-^ 
dinaie  con  varj  complici ,  provato  il  delit-^ 
to ,  per  cui  in  castel  sant'Angelo  gli  venn 
ne  tagliato  il  capo  .  Bendinello  de'  Saulit 
cardinal  genovese,  siccome  convinto,  che  ili 
Petrucci  gii  avesse  rivelata  la  scelleratai 
sua  intenzione,  fu  privato  della  dignità  del^ 
cardinalato  <  e  condannato  a  una  perpetua^ 
prigione  .  Questi  poi  col  danaro  ricuperòi! 
la  libertà  e  il  cappello,  ma  perchè  poco*| 
tempo  dappoi  mancò  di  vita,  attribuironciij 
i  maligni  la  morte  sua  a  veleno  .  A  /?a/— j 
faello  Rìorio  cardinale  di  san  Giorgio  ej 
camerlengo,  per  la  stessa  ragione  tolto  ^é^ 
il  cappello  ,  w  restituito  da  11  a  non  mol-i 
to    tempo    per  grossisima  quantità  di    da-i 

na-      ! 


tì 


'    A  M  N  o    MDXVIII.  389 

«aro  .  Adriano  cardinale  di  Corneto  ,  ben* 
che  gli  fosse  perdonato  ,  diffidando  di  sua 
vita  ,  se  ne  fuggì  ,  né  si  seppe  dove  inco- 
gnito andasse  a  terminare  i  suoi  giorni  . 
Gran  dire  cagionò  dappertutto  questo  ne- 
To  attentato.  Nel  presente  anno  a  dì  8  di 
ottobre  Francesco  re  di  Francia  rinovò  la 
lega  offensiva  e  difensiva  colla  repubblica 
di  Venezia  , 

Anno  di  C«isto  1718,  Indizione  vi. 
di  Leoiìie  X  ,  papa  6. 
di  Massimiliano  re  de' Romani  26* 

fu    questo  dopo  tante  guerre  un  anno  di 
pace  tanto  in  Italia  ,  quanto  negli  altri  re- 
gni   cristiani  _,    senonncliè  gran  timore  era 
in  Roma,  e  ne' popoli  italiani,  che  il  gran 
sultano  de'  Turchi  Selim    volgesse  le  armi 
contro    le    provincie  cristiane  .  Yapa  LeO' 
ne  y    affinchè  questo    tiranno    non  trovasse 
sprovvedute  le  contrade  cristiane  ,  più  che 
mai    si  diede  ad  incitare   i  monarchi  bat- 
tezzati   ad    una  lega  ^    non  solamente  per 
fargli  fronte  occorrendo ,  ma  anche  per  in- 
vadere   preventivamente  da  più  parti  i  di 
lui  stati  .     A  questo    fine  spedì  a    Massi- 
miliano   Cesare    il  cardinale  di  san  Sisto , 
ed  altri  cardinali  di  grande  autorità  ai  re 
di  Francia,  Spagna  ed  Inghilterra ^  aven- 
do   prima    intimata    una  tregua  di  cinque 
anni    ad  essi  ,  e  a   tutti  gli  altri  principi 
cristiani.   Andarono  questi  legati  ^  ma  nul- 

B  b  3  la 


390        Ann  AL»   d'Italia 

la  operarono  di  sostanziale  per  sì  rilevai?* j 
te  affare  ,  sennonché  furono  intimate  le  de«-i 
cime    al  clero  ,    ed  anche  ben  pagate  ,  m^i 
senza  che  queste    s' impiegassero    poi  con-< 
tro    il    nemico  comune.  Pensava   ognun  di| 
que*  monarchi  a'  proprj  interessi  più  che  ai 
quelli  della  cristianità.  Eppure  se  mai  giu-i 
sto  .fu  il  timore    della  potenza  turchesca  ,g 
certamente  fu  in  questo  tempo  .   Imperoc-^ 
che    regnava    Selim  ,    uno  de' più  feroci  ei 
crudeli  sultani  di  quella  nazione  .    Invasa-^ 
to   costui    dallo  spirito   de' conquistatori  ei 
dall'  amor  della  gloria  ,  avea  già  sì  dilata-i 
to  il  suo  impero  ,    che  oramai  ognun  dif-- 
fidava  di  resistergli  .  Prinqipi  di  gran  po-i 
tenza   per    più    secoli    erano  stati  finquì  it 
sultani  ,  ossia    soldani   d'Egitto,  siccome; 
possessori    no-n  solo  di  quel    vasto  e  farti-  \ 
lissimo  paese  ,    ma  anche    della  Palestina  ,  ^ 
Soria  ,  e  di  una  parte  dell'Arabia  ,  e  guer- j 
niti  sempre  d'  un  possente  esercito  di  mam-  i 
malucchi^  non  dissimili  dai  gianizzeri  tur- ■ 
cheschi  .    S' invogliò  Selim    di  stendere  la  ^ 
sua    signoria  sopra  quelle  ricchissime  con-  \ 
trade  ,    epperò    ammassato  un  formidabile 
esercito,  fingendo  di  volerla  contro  ilSofì 
di    Persia  ^    già  da  lui  sconfitto,     all'im- 
provviso piombò  addoso  a  Damasco,  e  alle 
altre  città  di  Soria  ,   delle  quali  non  men 
che    di    Gerusalemme  s'impadronì  .  Spinse 
poi    le    armi    vittoriose    contro    il  sultano 
d'Egitto    che    restò    sconfitto   e  ucciso    in 
jina  gran  battaglia.  Succeduto  a  lui  un  al- 
tro 


Anno    MDXVIII.  391 

ito    sultano   ,    fu  anch' egli  preso  ,  e  fatto 
ignominiosamente  morire  .  In  una  parola  , 
con  infinito  spargimento  di  sangue  ,    e    di 
crudeltà    e    saccheggi   innumerabili  rimase 
distrutta    affatto  la  monarchia  di  que'  sol- 
dani,  e  tutto  il  loro  impero  sottoposto  al 
giogo  de'  Turchi  .    Tanti  progressi  del  ti- 
ranno d'Oriente^  e  per  li  quali  venne  egli 
a  raddoppiar  le  entrate  della  sua  camera  , 
e    che  spezialmente  accaddero  ne'  due  pros- 
simi passati  anni  :    bastavano   bene  ad  at- 
terrir r  Italia  ,    e  chiunque  era  confinante 
alla    smisurata   potenza    di  Selimo.  Ma  si 
aggiunse ,  eh'  egli  si  diede   ad  armare  una 
bella  flotta  di  navi  :  segno  ,  ch'egli  medi- 
tava qualche  grande  impresa  contro  i  Cri- 
stiani •  Però  avea  ben  ragion  di  temere  pa- 
pa Leone.  Fece  egli  fare  in  Roma  solenni 
processioni  di  penitenza  ,    alle  quali  anche 
intervenne   con    pie'  nudi  ,  e  non  tralasciò 
diligenza  veruna  ^  per  muovere  i  potenta- 
ti  della    Cristianità   ad    una  lega  ,  e  cro- 
ciata contra  di  un  sì  forte  non  mai   sazio 
conquistatore . 

Ma  in  mezzo  a  questi  timori  non  di- 
menticava esso  pontefice  l'ingrandimento 
della  propria  casa .  Aveva  egli  già  concer- 
tato r  accasamento  di  Lorenzo  duca  di  Ur- 
bino suo  nipote  con  madama  Maddalena 
della  casa  de' duchi  o  conti  di  Bologna  in 
Piccardia  .     I    Sammartani    la  chiamano  ^ 

Bb  4  Mad- 

*  Sammatthari'   Hi  st  otre  de  la  Maison  de  Fra 'tee  . 


39»       Annali    d'ItaliìIl  \ 

Maddalena   della  Torre  contessa  d'  Auver-^  \ 
gne  ,    e    il  Belcaire  ^  la  dice  figlia   d''  una  ! 
sorella  di  Francesco  Borbone  duca  di  Van*  ì 
domo  di  sangue  reale .  Venuta  la  priniave-  ; 
ra    di  quest'  anno  ,   Lorenzo  passato  a  Fi- j 
renze  ,  ivi  fece  un  sontuoso   preparamento  I 
per    la    sua    andata   in    Francia  .   Seconda  j 
l'anonimo  padovano   seco  condusse  cinque*^ 
cento  cavalli,  ed  infiniti  carriaggi.  Era  in  | 
questo    tempo    nato    a    Francesco   I    re  dil 
Francia  un  figlio  maschio  _,  che  fu  poi  Fran- ■ 
Cesco  II  ;  e  perchè  egli    attendeva  a  gua- 
dagnarsi   sernpre    più    la    benevolenza    deL 
papa  sulla  speranza    d'averlo  propizio  per 
la  difesa  dello  Stato  di  Milano ,  desiderò  i 
che  esso  pontefice  fosse  padrino  al  battesi- 
mo del  figliuolo .  Per  questa  cagione  ,  sic- 
cóme scrive  il  Guicciardino  ,    Lorenzo    af- 
frettato a  compiere  quel  viaggio  ,    avendo 
prese    le  poste    arrivò    a  Parigi,  dove  nel 
dì   25  d'  aprile  con  Antonip  duca  di  Lore- 
na ^  e  Maglierlta  d' Alenzon  sorella  del  re, 
tenne  al  sacro  fonte  il  nato  Delfino  .    Fu- 
rono   in    tal  congiuntura    per    dieci  giorni 
faUe  immense  allegrezze  ,  banchetti  ,   gio-i 
stre    e  tornei  ,    ne'  qtiali  anche  Lorenzo  si| 
fece  conoscere  valoroso  cavaliere  .  Furono 
poi    celebrate    con    regal  pompa   le  di  lui 
nozze ,  ne  il  re  Cristianissimo  lasciò  indie- 
tro   onore    alcuno    che  non  compartisse    a 
lui   ;    massimamente    air  udire    le    grandi 

pro- 

'    Belcaire,   C (,mm:nt. ir.  Rerum  G allicar.  Lib.  Xl^h 


Anno     MDXVìIL  395 

1  proteste  ch'egli  fece  d'un  perpetuo  attac- 
I  camento  suo  e  del  pontefice  alla  di  lui  co- 
rona .  Portò  in  questa  occasione  Lorenzo 
un  breve  del  papa  ,  che  concederà  al  re 
di  potere  ad  arbitrio  suo  valersi  delle  de- 
cime raccolte  per  la  meditata  crociata  , 
con  obbligo  poi  di  restituir  quel  danaro  , 
quando  si  avesse  a  proceder  contra  del 
Turco  .  Ed  ecco  dove  andavano  a  finire 
tanti  sussidj  del  clero  :  locchè  faceva  poi 
gridare  i  partigiani  della  nascente  eresia 
di  Lutero^  i  quali  arrabbiatamente  decla- 
mavano contra  il  progetto  d*  essa  crociata. 
Venne  poi  Lorenzo  colla  consorte  per  ma- 
re a  LivornO;,  ed  indi  a  Firenze  ,  dove  per 
otto  giorni  continui  si  fecero  incredibili 
suntuose  allegrezze.  Cresceva  intanto  a  fu- 
ria r  incendio  commosso  in  Germania  dal 
suddetto  Lutero  ,  perchè  sostenuto  da  Fé-- 
derlgo  duca  di  Sassonia  .  Perciò  papa  Leo- 
ne giudicò  bene  d'inviare  in  Germania 
Tommaso  da  Vio  cardinale ^  insigne  teologo 
scolastico  di  questi  tempi ,  appellato  il  car- 
dinal Gaetano.  Andò  egli:  seco  s'abboccò 
Lutero  :  si  venne  alle  dispute  sopra  le  In- 
dulgenze ;  ma  infine  il  porporato  si  tro- 
vò deluso,  Lutero  ,  uomo  pien  d'alteri- 
gia, avea  cominciata  la  guerra  alla  Chie- 
sa sua  madre  ,  era  risoluto  di  continuar- 
la ,  perchè  si  sentiva  sicure  le  spalle  ;  né 
un  cervello  sì  bollente  e  superbo  si  sareb- 
be mai  ridotto  a  disdirsi  ,  Stette  Alfonso 
duca  di  Ferrara  aspettando  con  impazienza  p 

che 


394        Annali    d' Italia 

che  passassero  i  sette  mesi ,  che  papa  Leo- 
ne s' era  preso  di  tempo  col  re  di  Francia ,    ] 
per  restituirgli  Modena  ,  Reggio  e  Rubie-    \ 
xa  .  Ma  passò  altro   ohe  sette  mesi ,  senza-    ] 
che    se   ne    vedesse  esecuzione  alcuna.  Ne    j 
fece  egli  istanze  a  Roma^  e  si  trovò^  che    \ 
le  promesse  di  questo  pontefice,  anche  au-    \ 
tenticate  da  strumenti  e  brevi  ,   solamente    ; 
significavano  di  voler  fare  quello   che  tor-   l 
nasse  il  conto  a  lui,  e  non  altrimenti .  De-   ! 
terminò    per    questo  il  duca    nel  dì  14  di 
novembre    di  portarsi  in  Parigi  ,    per  im- 
plorar   di    nuovo    la  protezione  del  re^  e 
tornò    di    colà  nel  seguente    febbraio,  con 
buona  provvision  di  parole^  perchè  in  que'  | 
tempi   si   guardava    ognuno   dal  disgustare  j 
un  papa ,  e   molto  più    premeva  a  quel  re  t 
di  tenerselo  amico  ,    dacché    era  divenuto  ( 
signor  di  Milano,  , 


Anno  di  Giusto   1519,  Indiz.  vii.  \ 

di  Leojvje  X  ,  papa  7.  \ 

di  Carlo  V,  imperadore  i.  : 

i\el  dì  12  del  presente  anno  terminò  il 
corso  di  sua  vita  Massimiliano  re  de'  RO'-  \ 
mani  :  principe  ,  che  in  pietà ,  clemenza  ,  ! 
ed  altre  virtù ,  non  si  lasciò  vincere  da  ^ 
alcuno  ,  e  che  vide  ben  favorita  la  sua  ca-  \ 
sa  dalla  fortuna,  ma  senza  ch'egli  sapesse  ; 
profittar  d' altre  favorevoli  occasioni  che  j 
esigevano  più  costanza  ,  maggiore  attività  1 
e  miglior  uso  del  danaro  ch'egli  prodiga-! 

raen-      i 


Anno  MDXIX.  -  595 
mente  spendeva  ,  senza  poi  trovarlo  al  bi- 
sogno .  S'egli  fosse  più  lungamente  vissu- 
to, era  da  sperare  ,  che  il  suo  zelo  e  po- 
tere avesse  estinto  in  fasce  lo  scisma  inco- 
minciato da  Lutero,  il  quale  appunto  nell' 
interregno  prese  maggior  vigore ,  Grandi 
maneggi  furono  fatti  dai  due  principi  che 
sopra  gli  altri  aspiravano  a  quella  gran 
dignità  ,  cioè  da  Carlo  V^  re  di  Spagna  , 
delle  due  Sicilie,  delle  Indie  occidentali, 
€  signore  della  Borgogna  ,  de'  Paesi-bassi , 
e  d'altri  molti  Stati,  nel  quale  era  cadu- 
to eziandio  tutto  il  retaggio  della  nobilis- 
sima casa  d'  Austria  per  la  morte  del  sud- 
detto avolo  suo  j  e  Francesco  I ,  re  del 
floridissimo  regno  di  Francia  ,  duca  di  Mi- 
lano ,  e  signore  di  Genova .  Studioso  ca- 
daun  d'essi  di  guadagnare  i  voti  degli 
elettori,  e  spezialmente  il  re  Francesco  con 
grosse  offerte  di  danari  (  che  questa  sola 
buona  ragione  aveva  egli  dal  suo  canto  ) 
cercò  di  ottenere  il  pallio .  Ma  perchè 
tessere  Carlo  di  nazion  germanica,  por- 
tava nelle  bilance  d'ognuno  troppa  supe- 
riorità alle  pretensioni  dell'* altro;  e  perchè 
ai  principi  della  Germania  recava  piìi  ti- 
more la  potenza  unita  di  un  re  dì  Fran- 
cia, che  la  disunita  di  Carlo  austviac®  : 
perciò  nel  dì  28  di  giugno  con  bastanti 
voti  restò  proclamato  re  di  Geitnania  e  ìe 
dei  Romani,  ossia  imperadore  eletto,  esso 
Carlo  V.  Ne' secoli  addietro  non  prendeva- 
mo i  re  di  Germania  il  titolo  d' imperado- 
re , 


g9^      Annali    d'  Italia 
re_,    senncm    dappoiché    aveano    ricevuta  la 
corona  romana ,  siccome    si  è  potuto  vede- 
re in  tanti  esempli    de' secoli    antecedenti. 
Cominciò  Massimiliano    ad    intitolarsi    im- ^ 
-peradore  eletto  y  tro'/andosi  in  varj  suoi  do- 
cumenti   questo  titolo,    benché    in  altri  sii 
vegga  quel  solo  di  re  de' Romani.  MaCar-| 
lo  V  da    11  innanzi    altro  titolo    non  usò, 
che  quello  di  eletto  imperador  dt^ Romani. 
Nel    che  è.  stato    imitato    dai  suoi  augusti 
successori  con  lasciar  anche  nella  penna  la  | 
parola  eletto.  Perciò  a  me  ancora  sarà  le- 
cito di  chiamarsi  tali/  in  avvenire  ,    ancor- 
ché niun  d'essi,  fuorché  lo  stesso  Carlo  V 
ricevesse    o  ricc^rcasse  mai    1*  imperiale  co- 3 
rona  di  Roma.  Non  fu  difficile    agl'inten-^ 
denti  delle    cose    del  mondo    il  presagire  ,  | 
che  poco  sarebbe  per  durar  la  pace    fra   il  1 
novello  angusto  e  Francesco  re  di  Francia  ,  i 
per  gara  di  gloria  ,  o  per  interesse  di  Sta- 
to.    Si   trovavano    amendue    giovani  e  pò-  j 
tenti;    l'esaltazione    dell'uno     era    troppo 
rincresciuta    all'altro.    Il  Belcaire  ^  fa  un 
ritratto  di  questi  due  principi.  Egregie  do- 
ti concorrevano  in  Francesco^   ma  insieme 
due  considerabili   vizj_,    cioè    un    eccessivo 
desio  di  gloria,  congiunto  con  una  somma 
stima  di  semedesimo^  e  una  smoderata  li- 
bidine. Della  sua  grazia    spezialmente  go^ 
deano    gli  adulatori .    11    gravar    di   nuove 
imposte    i  sudditi  ,    per  far    sempre  nuove 

gucr- 

'  Bel  eaire  ,   5cram  Gali  te   Lit/.  XH. 


A  K  N  o     MDXIX.  397 

guerre^  a  lui  pareva  un  nulla;  nel  che  co- 
minciò a  non  voler  punto  ascoltare  il  con- 
siglio de' pari  e  de' parlamenti  ,  con  glo- 
riarsi ancora  di  aver  egli  cavato  dalla  mi- 
nor iià,  ed  esentato  dai  tutori  il  regno  di 
Francia .  In  Carlo  V  all'  incontro  si  univa 
la  gravità  con  un  perspicace  ingegno^  con 
molta  raoderazion  delle  passioni ,  e  con  al- 
tre virtù  atte  a  formare  un  insigne  rettor 
di  popoli,  sennonché  anche  in  lui  l'amor 
della  gloria  il  portò  sempre  alle  guerre, 
e  talvolta  ad  anteporre  l'utile  all'onesto. 
L'emulazione  di  questi  due  monarchi,  che 
poi  passò  in  odio,  non  produsse  nell'anno 
presente  alcun  litigio  fra  loro ,  ma  si  an- 
dò disponendo  per  partorirne . 

Qu al  fosse  l'ansietà  di  pa-pa  Leone  per 
esaltare  la  propria  casa  _,  l'abbiam  disopra 
accennato  .  Ma  ad  altri  tempi ,  e  non  ai 
suoi ,  era  riserbato  il  compimento  de'  suoi 
desideri  .  Cadde  infermo  in  Firenze  Loren^ 
zo  de' Medici  duca  d'Urbino,  suo  nipote. 
L'Ammirati  dice  ^  di  mal  francese  ,  e 
che  la  sua  lunga  ed  acerba  infermità  il 
trasse  finalmente  a  morte  nel  dì  28  d'apri- 
le. Io  non  so  mai,  come  nella  Storia  del 
Nardi  *  sia  scritto,  ch'egli  passò  all'al- 
tra vita  a  dì  ^  di  maggio  del  1518  .  Sarà 
errore  di  stampa.  Pochi  giorni  prima  era 
pure  morta  di  parto  madama  Maddalena 
sua  consorte  ,  con  lasciare  dopo  di  se  una 

figliuo- 

'  Ammirati.    Gunctavciino  .     ^  Nardi . 


39B        Annali    d' Itali  a 
figliuola  che  appellata  Catterina  ,  vedremcl    ] 
a    suo  tempo  regina    di  Francia .    Dai    più    \ 
dei  Fiorentini  fu  con  interno    segreto  giù-    \ 
bilo  solennizzata  ìa  sua  morte,  perchè  ere-   ] 
denza  v'  era ,  che  questo  nipote  pontifizio  ,    i 
ii  quale    non   solo    primeggiava    in    quella    ! 
città  ,    ma    n'  era    il    principal    direttore , 
pensasse    a  farsene  signore.    Sicché  termi-    : 
nata  in  lui  la  legittima  discendenza  di  Co-   ] 
ÈÌmo  de  Medici  il  magnifico,  parve  che  ve-   ] 
nisse  meno  al  papa  ogni    speranza  di  prò-    '■ 
pagare  ed  ingrandir  la  sua  linea;  percioc-    ; 
che  è  ben  vero ,  che  di  Lorenzo    restò   uri    ] 
figlio  bastardo,    per    nome  Alessandro^    il    ! 
quale    noi  vedremo    a  suo    tempo    duca  di    i 
Firenze  ;  ma  Leone  X  non  ne  facea  in  que-    ' 
sti    tempi    molta    stima  ,    siccome    neppure  || 
pensava    a    promuovere    i    discendenti    da 
Lorenzo  fratello  del /suddetto  Cosimo  y  nel- 
la qnal  linea  vivea  allora  Giovannino    de' 
Medici  ,  personaggio  di  raro  valore ,  a  cui 
appunto    nel    dì    11     di    giugno    del    pre- 
sente   aniao     nacque    Cosimo     che    siccome 
vedremo ,     arrivò    ad     essere     gran     duca 
di    Toscana .    Perciò    il    papa    riunì    alk 
Chiesa  il  ducato  d'  Urbino  ,  Pesaro  e  Sini- 
gaglia,    e    solamente   mandò    a  Firenze    il 
cardinal  Giulio    de'  Medici  ,    acciocché    ivi 
comandasse  le  feste,  e  conservasse  illustro 
e  la  potenza  della  casa  dc* Medici  in  quella 
nobìl    citià  .    In    ricompensa    ancora    delle 
tante  spese  fatte  dalla  repubblica  fiorentina^ 
per  occupare    e  ricuperare    in   favore    del 

de- 


Anno     MDXIX.  ^^g 

defunto  Lorenzo  il  ducato  d' Urbino  ^  le 
concedette  la  fortezza  di  san  Leo,  e  tutto 
il  Montefeltro. 

Ma  quantunque    nella  morte    del    nipote 
rimanessero  troncate    le  idee    del  pontefice 
d'  ingrandire  la  propria  famiglia,  non  ces- 
savano   già ,    anzi    presero    dipoi    maggior 
vigore    le    altre    eh'  egli  nudriva    di  accre» 
scere  la  potenza  temporale  della  Chiesa  ro- 
mana, per  emulazione  alla  gloria  di  papa 
Giulio  II;  giacché,  come  nota  il  Guicciar- 
dino  ,  r  ambizione  de'  sacerdoti  non  era  ìa 
questi    tempi ,    ed  anche    prima ,    da  meno 
di  quella  de'  secolari .    Già  vedemmo    papa 
Leone  più  volte  obbligato  a  restituire  Mo- 
dena   e  Reggio  ad  Alfonso  duca  di  Ferra- 
ra .  Invece  di  far  questo ,  andava  egli  sem- 
pre meditando  di  spogliarlo  ancora  di  Fer- 
ra, e  non  già  con  armi  manifeste  ,  ma  con 
insidie .  Egli  si  presentò  occasione  di  ese- 
guir sì  ingiusto  disegno.    Imperciocché    fa 
preso    il  duca  nel  novembre  di  quest'  anno 
da    una  lunga    e  pericolosa   malattia,    per 
cui  si  sparse  voce  ,  che  fosse  disperata  sua 
vita.  Avvertitone  il  papa,  e  sapendo,  che 
il  cardinal  Ippolito  fratello  del  duca  ,  atto 
a  sostener    la  città,    si  trovava  al  suo  ar- 
civescovato di  Strigonia  in  Ungheria  ,  die- 
de commissione  ad  Alessandro  Fregoso  ve- 
scovo   di  Ventimiglia  ,    abitante  allora    in 
Bologna,  che  fingendo  di  voler  entrare  per 
forza    in  Genova,    ammassasse  genti  d' ar- 
mi,  e  se  l'intendesse  con  Alberto  Jfio^  si* 

gnor 


/^OO         A  N  N  A  L  I      t>'  I  r  A  LI  A 

gnor    di  Carpii    nemico  giurato  della  casa 
d'Este.    Con    circa  seimila    tra    cavalli    e 
fanti  passò    questo  buon  ecclesiastico,   per 
eiFettuare    1^  ordito    tradimento,    verso   U 
Concordia ,  facendo  vista  di  volerla  contro  j 
quella  terra.  Avea  noleggiato  eziandio  mol- 
te barche,  per  passare  il  Pò  alla  bocca  del  j 
fiume  Secchia.    Ma    Federigo    marchese    dlì 
Mantova^  che  stava  attento  agli  andamen- | 
ti    di  quelle  soldatesche,    venne  scoprendo  | 
la  mena,  e  per  uomo  apposta  ne  spedì  to- i 
sto  ravviso  al  duca  Alfonso  suo  zio.  Sta- j 
va    allora    senza  sospetto    il    convalescente  \ 
duca,    ne  tardò  a  ra^ddoppiar    le  guardie,- 1 
e  le  precauzioni  alla  città,  dove  si  trovò,  i 
che  circa  quaranta  braccia  di  muro  d'essa  \ 
erano    cadute  .     Si    fecero    anche    ritirare  ! 
all'altra    riva  tutte    le  barche    destinate,  a  ^ 
quel  tentativo:   provvisione    che  indusse  il  i 
vescovo    Fregoso     a    ritornarsene    indietro  ^ 
colle  pive  nel  sacco .  Poco  fa  si  è  nomina-  i 
to  Federigo   marchese    di  Mantova,    e    qui  j 
conviene  avvertire,  che  a  dì  20  di  febbraio  : 
del    presente    anno    dopo    lunga    malattia, J 
mancò    di  vita    il  marchese  Francesco    suo  \ 
padre  :    principe  che    in  tante  azioni    avea  ^ 
dati  segni  di  gran  valore,    e  col    suo  mo-  ] 
derato    governo    s'era    comperato    l'affetto  ] 
de'  suoi    popoli .    Lasciò    dopo    di    se    Fé-   ; 
derigo    primogenito^    che    a    lui    succedct-   : 
te    nel    dominio;    Forcole   che    fu    poi  car-    ] 
dinalc  ;      e    don    Ferrante     che     fu    duca    ■ 
di    Molfelta ,    Guastalla    ec.    e   gran  ^ome   . 

acqui- 


f 


A  N  1^  o    MDXIX.  40 1 

acquistò    fra     i    capitani    del    secolo    pre- 
sente . 

Anno  di  Cristo  1520  ,  Indizione  viii. 
òì  Leone  X ,  papa  8. 
di  Caiilo  V,  imperadore  2. 

1  rovavasi  ne*  suoi  regni    di  Spagna  Carlo 
F",   allorché  seguì  J' eiezione    di    lui    in  re 
de'  Romani ,    ossia    imperadore'.    Essendosi 
egli    preparato    per  venire    a    prendere    la 
corona  germanica  ,  pas-.ò  in  quest' anno  per 
mare    con    flotta    magnifica    alla    volta    di 
Fiandra  ,    e  prim,a  diede  una  scorsa  in  In- 
ghilterra y    pei'    abboccarsi    coi    re    Arrigo 
Vili ^  con  cui  acconciò  i  suoi  interessi,  e 
di    là    poi  sbarcò  ne' Paesi-bassi ,    dove  in- 
credjbil    fu    il  concorso  de' principi,    degli 
ambasciatori    e    della  nobiltà ,    per  compli- 
mentarlo.  Venuto  l'ottobre,  si  trasferì  ad 
xVquisgrana  ,  dove  con  somma  magnificenza 
ricevè    la  prima  corona  dell'impero  nel   dì 
24  d'esso    mese.    Di    non    lieve  negligenza 
accusar    si    può  Pietro   Messia,    che    nella 
Vita    di    questo    gloriosissimo    augusto    il 
vuol  coronato  nel  dì  24  di  Febbraio,  gior- 
no di'^-^an  Mattia,    siccome  ancora   chi  ciò 
mette  al  dì    15  di  giugno.    Intanto  sempre 
più  insolentiva  Martino  Lutero  in  Gcrma-, 
nia  .    Dal  far  guerra  agli  abusi  della  corte 
di  Roma,    era  egli  passato    a  farla    ancojra 
contro  la  Chiesa  cattolica  ,  riprovando  ora, 
uno  ora  altro  degli  antichissimi  suoi  dom- 
Tom  X\U.  Ce  mi* 


I 

4^2       Annali    d' Italia  ]] 

mi  .  Perciò  papa  Leone  X  non  potè  più  lU'^i 
tenersi  dal  procedere  contro  un  si  fiero  la-)j 
ceratore  della  vigna  del  Signore .  Pubblicò 
egli  nel  dì  i6  di  giugno  una  bolla  ,  in  cui 
condannati  molti  degli  errori  d' esso  Lute- 
ro,  fulminò  le  censure  contra  di  lui,  e  di 
tutti  i  suoi  aderenti,  il  numero  de' quali  ; 
era  già  divenuto  formidabile  in  Germania  i 
con  iscoprirsi  tale  anche  Federigo  duca  di  \ 
Sassonia,  Ma  questo  incendio,  a  smorzar  \ 
il  quale  non  furono  sul  principio  adopera-  ; 
ti  valevoli  mezzi ,  tal  piede  avca  preso  ^  i 
che  non  solo  non  cessò  con  tutti  i  fulmini  j 
del  Vaticano  ,  e  con  tutte  le  prediche  de-  ■ 
gli  zelanti  Cattolici,  ma  si  andò  sempre^; 
più  rinforzando,  trovandolo  utile  i  prin-  ; 
cipi ,  per  occupar  gì'  immensi  beni  degli  ] 
ecclesiastici  ;  gustoso  gli  stessi  eccle^iasli-  \ 
ci  ,  perchè  dispensati  dalla  continenza  ;  e  l 
soave  i  secolari ,  perchè  sgravati  da  varj  \ 
digiuni ,  e  da  altri  salutevoli  istituti  della  ; 
Chiesa  cattolica.  Ma  intorno  a  questa  la-  ; 
grimevol  tragedia  può  il  lettore  consigliar-  l 
si  colla  Storia  ecclesiastica.  Allorché  mag-  \ 
giormente  paventava  la  Cristianità  per  li  \ 
terribili  apparati  di  guerra,  che  faceva  i 
Selìmo  tiranno  dc^ll' Oriente ,  e  menfre  già  \ 
ti  provavano  ne*  confini  della  Croazia  e  i 
Dalmazia  furiose  scorrerie  di  Turchi j,  con] 
credersi  anche  imminente  l'assedio  di  Ro- i 
<Ii,  posseduto  dai  cavalieri,  detti  oggidì, 
di  MaHa  :  àlT  improvviso  vennero  ordini  da  : 
Costantinopoli ,  che  si  sciogliesse  quel  gran- 
de 


Anno    MDXX.  405 

armamento  per  mare,   e  che  le  milizie 
tornassf^-o  alle  lor  case.  La  cagion  di  ciò 
fu,    che    a  quel  feroce  sultano  una  perico- 
losa ulcera  nelle  reni  cominciò  a  far  guer- 
ra,    per  cui  calò    a  lui  la  voglia  di  muo- 
verla contro  i  Cristiani.  Venuto  poi   1' au- 
tunno j,  cotanto  crebbe  il  suo  malore,    che 
restò    colla  morte    di  lui  libero    il  monda 
dal  timore  di  sì  sangninario  regnante ,  glo- 
rioso bensì  fra   i  suoi  per  tante  vittorie  e 
conquiste,  ma  infame  per  la  crudeltà  usata 
contro  gli  stessi  suoi  parenti  e  fratelli  ,    e 
Un  cofltra    del    proprio  padre.    Succedette 
neir impero  turchesco  Solimano  suo  iìglio, 
gran  flagello  anch'esso,  siccome  vedremo, 
de' popoli    cristiani  .    Per  questa    mutazion 
di  cose  in  Levante  respirò  Roma  e  T Italia 
tutta. 

Altro  avvenimento  degno  di  qualche  me- 
moria accaduto  in  Italia  ne)  presente  paci- 
fico anno  ,  non  ci  somministra  V  Italia  , 
fuorché  quanto  avvenne  a  Gian-Paolo  Bey- 
gl'ione  che  avea  fatta  in  addietro  sì  gran 
figura  fra  gì' Italiani  condottier  d'armi  , 
e  come  signore,  o  tiranno  di  Perugia  sua 
Patria.  Dall' anonimp  padovano  scrittore 
contemporaneo,  ci  viei!  dipinto  com.e  ti- 
ranno non  solo  di  quella  città  ,  ma  di 
tutti  i  luoghi  circonvicini ,  uomo  empio  , 
senza  fede  ,  e  per  dir  tutto  in  una  paro- 
la ,  mostro  di  natura  orrendissimo.  Se  di 
tutto  egli  fosse  reo,  noi  saprei  dire.  Ces- 
sata la  guerra,  era  egli  ritornato  alla  pa- 

Cc  ^  gno- 


404  A  N  K  A  t  I     d'  I  T  A  L  I  A 

!ria.  Pazientò  un  pezzo  papa  Leone  questo 
mal  arnese,   ma  stimolato  da  tant^  ricorsi 
di    qiie'  popoli  ,     determinò    finalmente    di 
mettervi  rimedio.    Scrive  il  GniGciardino, 
che  per  avere  Gian-Paolo    cacciato  da  Pe- 
rugia Gentile  della  mede^i^nìa   famiglia  ,  fa 
citato    a  Roma  ;    che    in    sua   vece    mandò 
Malatesta    suo  figlio  ;    ma  che    persistendo 
il  papa,  ed  assicurandolo  gli  amici  da  ogni 
pericolo,  perchè  parlatone    ad  esso  ponte- 
fice, con  parole  d'astuzia  aveva  egli  fatto 
lor  credere  ,  che  niun  danno  gU  avverreb- 
be :  se  ne  andò  il  Baglionc  a  Roma  ,  dove 
fu  stato  imprigionato^  e  processato  gli  fu 
mozzo  il  capo.  L'anonimo    padovano  pre- 
tende, che  Leone  non  confidando    di  poter 
avere  in  mano  questo  tiranno,  e  parendo- 
gli ,  che  si  potesse  in  tal  caso  rompere    la 
fede:  con  un  breve  tutto  dolcezza  il  chia- 
mò alla  corte,    fingendo  di    voler  trattare 
con  lui  d'importante  affare.    Mandò  Gian- 
Paolo  a  Roma  il  fig^o  per  iscusarsi,  stan- 
te  una  malattia,  che  gli  era  sopragcriunta  . 
Il  papa  dopo  di  aver    ùMo    di  grandi    ca- 
rezze al  giovane,  il   rimandò  dicendo  :  es- 
sere neces'saria  la  persona  del  padre    a  ca- 
gion    della  materia    da  trattarsi ,   che  non 
si  potea  confidare  a  lettere  o  persone.  Ag- 
giugne  esso    anonimo  ,    che  il  pontefice  gli 
mandò    anche    un  salvo  condotto,    affidato 
dal  quale,    e  dalle  esortazioni    del    figlio, 
comparve  Gian-Paolo  a  Roma,  dove  baciò 
il  piede    al  papa,    e  si  trovò  molto    acca- 

rez 


t 


Anno    MDXX.  405    " 

rezzato.  Ma  che  ito  nel  seguente  giorno  a 
palazzo,  fu  rit^snuto  prigione  dal  conte 
Annibale  Rangone  ,  capitano  della  guardia 
pontiilzia.  Dopo  di  che  processato  e  tor- 
mentaro  confessò  un'  iniinità  di  enormi  de- 
litti ,  per  li  quali  non  una,  ma  mille  mor- 
ti meritava  ;  laonde  fu  una  notte  decapita- 
to in  castello  sant'Angelo.  Fuggirono  la 
moglie  e  i  figli  col  loro  meglio  a  Padova  , 
perchè  Gian-Paolo  era  condottier  d' armi 
al  servigio  della  repubblica  veneta  ,  e  con 
quella  sponda  si  credea  di  poter  commet- 
tere quante  iniquità  volea.  Con  ciò  Peru- 
gia fu  pienamente  rimessa  alT  ubbidienza 
del  papa . 

Racconta  eziandio  esso  anonimo  padova- 
no, avere  in  quest'anno  papa  Leooe  all' 
improvviso  inviato  Giovannino  de^  Medici  , 
giovane  ferocissimo  e  vago  di  guerra  con 
mille  cavalli,  e  quattromila  fanti,  a  Fermo 
contro  di  Lodovico  Freduccl  tiranno  ài 
quella  città,  ed  uomo  di  gran  valore.  Ne 
uscì  costui  con  ducento  cavalli  ,  v  pensando 
di  fuggire,  ma  raggiunto  dal  Medici,  fece 
bensì  una  maravigliosa  difesa ,  ma  final- 
mente lasciò  nel  combattimento  la  vita  con 
più  di  cento  de' suoi  seguaci.  Fermo  im- 
mantinente ritornò  alle  mani  del  pontefi- 
ce. La  caduta  del  Freducci ,  da  cui  dipen- 
deano  altri  tirannetti  che  occupavano  città 
o  castelli  in  quelle  vicinanze,  cagion  fu, 
ch'essi  parte  fuggissero,  parte  corressero  a 
Homa  ad  implorar  la  clemenza  pontifizia^ 

Ce  3  do- 


4o6         Annali    d'  I  t  a  l  r  a 

Óove    la  maggior    parte    furono   carcerati  ;  '\ 
con  che    tutta    la  Marca    restò  purgata  da  d 
qua' mali  umori.  Né  già  lasciava  papà  Leo- ^ 
ne    il    pensiero   di  spogliar,    se  potea,    di  J 
Ferrara  il  duca  Alfonso ^  giacché  gii  parea  -f 
poco  il  detener  tuttavia  le  imperiali    cìiìk  !: 
di  Modena    e  Keggio  contro    le  autentiche  | 
promesse  di  restituirle  ad  esso  duca  .  Vin-  1 
cere  Ferrara  colle  armi,    non  era  cosa  fa- i 
cile .    Determinò  dunque    di    adoperare   uà  J 
mezzo,  non  degno  de' prìncipi  secolari,    e 
molto  meno  di  chi  più  dovrebbe  ricordar-, 
si  d^ essere  vicario  di  Cristo,  che  d'essere 
principe.    Intavolò  dunque    un  trattato    di; 
far  assassinare    il    duca  ,    del    che    parlano 
non  i  soli  storici  ferraresi ,  ma  il  Guicciar- 
dino  stesso^  insigne  storico ,  che  era  allora 
governatore    di  Modena  e  Reggio  pel  me- 
desimo papa  ,    ed  innocentemente  si  trovò 
mischiato    in  questo  nero  tradimento.    Chi 
maneggiò  il  trattato,    fu  Uberto  Gambara^ 
protonotario  apostolico,   persona  che  arri- 
YÒ  poi   a  guadagnare    il  cappel    rosso.    Se 
F intese    egli    con  Rodolfo   Hello    tedesco, 
capitano  della  guardia  d'esso  duca,    a  cui 
fu  promesso  molto  ,  e  mandata  per  caparra 
la  somma    di  duemila    ducati   d'oro.    Già 
era  concertato  il  tempo  e  luogo  di  uccide- 
re il  duca  ;    dato  ordine    al  Guicciardino  , 
e  agli    uffiziali    di  Bologna  di  presentarsi 
in  un  determinato  giorno  ad  una  porta  di 
Ferrara.    Ma    il  tedesco^    uomo   d'onore, 
rivelò  sul  principio^    e  continuamente  di- 
poi, 


i 


Anno    MDXX.  4òf 

>I,  al  duca  Alfonso  tutta  T  orditura  del 
tradimento.  Si  sentì  più  d'una  volta  ten- 
tato esso  duca  di  lasciarlo  proseguir  sino 
al  fine  ;  ma  se  ne  astenne  per  non  aver  poi 
nemico  dichiarato  il  papa  ,  epperò  gli  ba- 
stò di  far  troncare  la  pratica,  e  di  formar 
poscia  Tiutentìco  processo  dì  questo  infame 
attentato,  colla  deposizione  d'alcuni  com- 
plici ,  e  colle  lettere  originali  del  Gamba- 
ta ,  per  valersene^  quando  occorresse  il  bi- 
sogno • 

Anno  di  Cristo   1521,  Indizione  ix. 
di  Leone  X,  papa  f). 
di  Carlo  V,  impcradorc  3. 

1  enuta  fu  in  quest'  anno  una  magnifica 
dieta  in  Vormazia  da  Carlo  F,  imperado^ 
re,  dove  intervennero  in  gran  copia  i  prin- 
cipi deir  impero.  Lo  strepito  ecommozio- 
ne  che  faceva  la  più  che  mai  crescente  ere« 
sia  di  Lutero,  e  le  istanze  de' ministri  pon- 
tifizj,  indussero  esso  Augusto  a  chiamar 
colà  l'autore  di  tanti  sconcerta.  Senza  sai- 
yocondotto  non  si  volle  egli  muovere  . 
Giunto  colà  nel  dì  16  d'aprile  con  gran 
baldanza,  e  presentato  davanti  a  Cesare  e 
alla  maestosa  adunanza,  sostenne  quanto 
aveva  insegnato,  nò  maniera  si  trovò  di 
farlo  muovere  un  dito.  P»rciò  restò  licen  > 
2Ìato ,  e  poscia  nel  dì  otto  di  maggio  l' im- 
peradore  pubblicò  un  tcrribil  bando  contro 
la  di  lui  persona  e  suoi  errori  :  passi  tutti 

Gc  4  che 


/f oS         Annali  d'Italia 
che  nulla  servirono^  per  fermare  il  torren- 
te impetuoso  delle  sue  eresie.  Alla  guerra 
controlla  religion  cattolica  tenne  dietro  in 
quest'anno  quella  ancora   de' principali  pò- f 
tentati  della  Cristianità.  Dacché  fu  partito 
di  Spagna  Carlo  V,  si  scoprirono  in  quel-  | 
le  parti  dei  malcontenti  e  sediziosi;    per-" 
ciocche  il  primo  regalo  eh'  egli    avea  fatto 
a    que' popoli,     nuovi    sudditi^    era     stato 
r  accrescimento    de'   pubblici     aggravj  ,     e 
l'aver  loro  tolti    alcuni    antichi    privilegi. 
Si  lamentavano  altri  di  avere    un    re  stra- 
niero   e  lontano ,    dietro    al  quale  correva 
1'  oro  del  regno  .  Né  mancavano    altri  che 
non  sapeano  digerire^  che  i  rhinistri  fiam- 
minghi comandassero    alle  teste  spagnuole, 
e  potessero  tutto  in  corte  dell'augusto  mo- 
narca. Però  insorsero  ribellioni    e  guerre. 
Anche     nella    Navarra  ,     già    occupata    da  . 
Ferdinando  il  Cattolico,  si  fecero  più  com-  1 
mozioni,    non  amando    quei  popoli    il  no- ^ 
me    spagnuolo,    perchè    uniti    in    addietro 
«i  Francesi .    Ora  Francesco  I  re    di  Fran- 
cia   che  si  sentiva  pregno  di    rabbia  ,  dac- 
ché   vide    congiunta    in    Carlo  V    la    mo- 
narchia di  Spagna  colla  dignità  imperiale, 
e  con  tanti  altri  Stati  della  casa  d'Austria 
e  troppo    con  ciò  cresciuta    la    di  lui  po- 
tenza :    non  volle  piti  contenersi,    e  mosse 
guerra  nella  primavera  di  quest'anno  con- 
tro la  Navarra^  per   renderla,  diceva  egli, 
ad  Arrigo    re  fanciullo  ,    il  cui  padre  Gio- 
-vanni   era  stato  spogliato   di   quel  regno, 

ma , 


Anno     MDXXI.        409 
ina^   come  mostrarono    i  fatti,   per  incor- 
porarla  nel  suo  dominio.  Confessa  il  Gnic- 
ciardino,     che  a  dar  moto  alle  guerre  che 
maggiori  delle  passate  sconvolsero  pJi  non 
solo  r Italia^  ma  quasi  tutta  la  Cristianità 
d'  occidente  ,    fu    il  primo  ,    chi  più   degli 
altri    sarebbe    stato  tenuto    a  conservar    la 
pace,  G  invece  di  accendere   il  fuoco  della 
guerra  _,  avrebbe  dovuto ,  se  occorreva  ^  pro- 
curare   di    spegnerlo    col  proprio  sangue  • 
Parla     di    papa    Leone    X    che    ruminando 
alti  pensieri    di    gloria  mondana,    più. che 
agli  affari  della   religione  ,    agonizzante   in 
Germania  ,     pensando      all'   ingrandimento 
temporale  della  Chiesa  ,  non  solamente  mo- 
riva   di    voglia  di  ricuperar  Parma  e   Pia- 
cenza^ e  di  torre  Ferrara  al    duca    Alfon- 
so y    ma    eziandio    meditava    conquiste    nel 
regno  di  Napoli .  Trattò    col  re    di    Fran- 
cia ,    incitandolo    all'  impresa    di    quel  re- 
gno ,  con  che  ne  restasse  una    porzione  in 
dominio  della  Chiesa  .  Confortò  ancora  es- 
so   re    a    dar    principio  alla    rottura  ,  con 
portar  le  armi  nella  Na varrà.  Fu  preso  quel 
regno    dai    Francesi,,    ma   in  breve  ancora 
ricuperato    dagli    Spagnuoli.    Altra   guerra 
di  lunga  mano  più   terribile    fu  in  Fiandra 
fra    que'  due    emuli    monarchi  ,    la  quale  , 
siccome    non    pertinente  all'  assunto  mio  ;, 
tralascio . 

Ossia  ,  che  il  pontefice'  camminasse  con 
simulazione  ne'  trattati  col  re  Cristianissi- 
mo ^    e    foise    dietro    a    burlarlo  (  che  in 

que- 


4 ì^       Annali    d*  I  t  a  l  i  à 
qaest'  arte  si  sa  ,  essere  egli  stato  eccellen- 
te )  oppure,  che  il  re  entrato    in  sospetto 
tiella  fede  di  lui ,  tardasse  troppo  a  ratifi- 
car la  capitolazioi3  già  foi mata  ,  ossia  -final- 
mente ,    che    il    papa    ricc/esse    in    questo 
inentre  dei  disgusti  dall'insolenza  del  Laù- 
trec    governator   di   Milano ,  che    non  am-. 
metteva ,    e    con  superbe  parole  dispregia- 
va le  provvisioni  ecclesiastiche,  inviate  dai 
E-oma  nello  Stato  di  Milano  :  certo  è,  ch<^| 
il  papa  strinse  e  sottoscrisse  nel  giorno  8 
di  maggio  una  lega  con  Carlo  V  imperadO'^ 
re  a  difesa  della  casa  de'jMedici  e  de' Fior 
jrentini  ,  con  istabilire  ,  che   togliendosi  at 
Francesi    il    ducato    di    Milano ,    questo    sf 
desse  a  Francesco  Maria  Sforza  ,    figliuolo' 
del  fu  Lodovico    II    Moro  ^   il  quale  se    ne 
stava  tutto  dimesso  in  Trento^  aspettando 
qualche    buon  vento  alla  povera    sua  fortu-| 
na  5  e    che    Parma    e    Piacenza  tovnassero^J 
alla  Chiesa,    per  possederle    con  quelle  ra-| 
gioni  ,  colle  quali  le  avea  tenute  innanzi  f| 
e  che  l*"  imperadore  desse  aiuto    al    papa  y^ 
per    togliere    Ferrara    all'  Estense  ,    e    uno^ 
Stato  in  regno  di  Napoli    ad    Alessandro  ,1 
figlio  bastardo  di  Lorenzo    de*  Aledici  ^  giatj 
duca    d* Urbino.    Fu    con    gran  segretezza] 
maneggiata    questa  lega  ,    in  cui  entrarono' 
anche    i    Fiorentini  ,    e    prima    che  uscisse! 
alla  luce  ^  papa  Leone  con  ispesa  di  centó^ 
cinquantamila    ducati    d' oro    assoldò  sei   Jj 
altri  dicono  ottomila  Svizzeri  ,  e  colle  suè^ 
doppiezze  ottenne  loro  il  passaggio  per    lo^ 


Anno     MDXXL  4if 

Sfato  di  Milano  ,  facendo  credere  ai  Fran- 
cesi di  averli  presi  per  opporli  agii  Spa- 
gnuoli  a' confini  del  regno  di  Napoli.  Ven- 
nero costoro  a  Modena,  e  poi  s'inviarono 
verso  il  Po,  per  quivi  imbarcarsi.  Alfonso 
duca  di  Ferrara  gran  sospetto  prese  di  que- 
sta gente,  perchè,  come  scrive  T  anonimo 
padovano,  troppo  addottrinato  alle  insidie 
private  e  pubbliche  ,  colle  quali  era  dal 
pontefice  perseguitato  ;  epperò  fece  quanti 
preparamenti  potè  in  Ferrava  per  difender- 
si. Ma  il  papa  assicuratolo,  che  ciò  non 
era  per  nuocergli  ,  dimandò  il  passo  e  vet- 
tovaglia ,  e  tutto  ottenuto  ,  gli  Svizzeri  si 
imbarcarono  a  Revere,  e  a  seconda  de! 
fiume  andarono  poi  per  mare  a  Ravenna  , 
e  di  là  nella  Marca .  Dopo  qualche  tempo 
costoro  o  perchè  attediati  dal  far  nulla  , 
per  cui  poco  guadagnavano ,  chiesero  con- 
gedo ,  o  pv'jrchè  il  papa  scoprì  il  lor  capi- 
tano partigiano  de'  Francesi  :  per  la  mag- 
gior parte  se  ne  tornarono  a'  lor  paesi  . 
Qjesto  avvenne  nel  mese  di  marzo.  Intan- 
to s'andava  unendo  gente  dal  papa  in  Reg- 
gio ,  e  colà  ancora  si  ridussero  quasi  tutti 
i  fuoruscili  dello  Stato  di  Milano  ,  ed  ar- 
rivò dipoi  anche  Girolamo  Blorone^  gran 
manipolatore  di  tutti  questi  imbrogli .  Per- 
chè era  in  Francia  il  Lautrec^  il  signor 
dello  Scudo  suo  fratello,  vicegovernatore, 
avvisato  di  quella  tresca,  si  portò  colà  con 
400  cavalli  a  dimandar  conto  di  quella  adu- 
nanza ,  e  nelfjdì   24  di  giugno    si    presentò 

al- 


412  A  N  N  À  t*I    D 'I  T  A  I  I  A 

alla  porta  di  Reggio  .    Il  Guicciardino  go*  i 
vernatore  avea  la  notte  innanzi  fatto  entra-  j 
re  in  quella  città  un  grosso  corpo  di  gen-  \ 
te .    Mentre    parlava    il    governatore    collo  \ 
Scudo  ,  volle  cacciarsi  in    città  alcuno    dei  j 
suoi  uomini  d'arme^  e  nacque  un  tumulto ^  ^ 
per  cui  quei  che  erano  stesi  per  le  mura ,  j 
spararono  contro  la  comitiva  del  Francese.  \ 
Vi  restò  morto    Alessandro    Trivulzio  ,    e  l 
gli  altri  se  ne  fuggirono.    Lo   Scudo  dopo  1 
varie  inutili  doglianze  se  n'andò  anch' egli.. 
Si  servì  poi  papa  Leone  di    questo    prete- 
sto per  giustificare  nel   concistoro  Taccor-^ 
do  eh'  egli  avea  già  fatto  coli'  imperadore  . 
Avvenne  ancora  in    Milano    nella    festa    di 
san  Pietro  un  formidabil  caso  che  fu  preso 
dal  volgo  per  augurio  e  preludio  delia  ca- 
duta de'Francesi  in  Italia.  Per  fulmine,  o 
per    altro    fuoco    dell'  aria  ,    benché    fosse 
tempo  sereno,    la  torre    di  quel  castello  , 
dove  si  teneano  i  barili    di  polve  da  fuo-f 
co,  andò  in  aria  con  tal  forza ,  che  squar- ; 
ciò    anche     parte    del    muro  ,     uccise  ,    e  \ 
magagnò  oltre  a  dugento  fanti,  varj  nobi-.; 
li    milanesi    che    per    sospetto    erano  stati - 
chiusi  in  quel  castello,  e  portò  loitiano  25^ 
piedi  (  e  non  già  cinquecento,  come  ha  il', 
Guicciardino,    pietre,    che    dieci    paia    di  j 
buoi  avrebbono  stentato  a  muovere  .  Tro-  \ 
vavasi  allora  il  Lautrec  ritornato  di  Fran-j 
eia    in  Cremona;    corse    a  Milano,   e  die-j 
de    gii    ordini    opportuni    per    riparare    il  ■ 
castello  che    era    in  altri    siti   ancora  con-. 

quas- 

1 


Anno     MDXXI.  413 

quassato ,    e    il  fornì    di  tutto   il  bisogne-' 
vole. 

Finalmente  scoppiò,    e    si  fece   palese  il 
bel    servìgio    prestato    all'  Italia    da    p^pa 
Leone,  con  tirarle  addosso  una  nuova  guer- 
tSL  mercè  della  lega  contratta  con  gli  Sviz- 
ieri  e  coir  iniperadore  .  Ne  provarono  non 
lieve    affanno   i    Veneziani^    soli    in  Italia 
Collegati  colla  Francia,    i  quali  assoldaro- 
no   Tosto    8000  fanti,    con  inviarne    dipoi 
sul  Bresciano  5000  ,  e  lance  400    e  cavalli' 
leggeri  500,    sotto    il  comando   di  Té-od oro 
Trivulzio     e     di    Andrea    Grittl     legato  . 
Perche  sempre  più  s'ingrossava    in  Reggio 
r  armata    pontifìzia,    il  Lautrec    mandò  a 
Parma    dngento    uomini    di    armi,    e  4000 
Guasconi  comandati  dal  signor    dello  Scu- 
do suo  fratello,    e  da  Federigo   signor  di 
Bozzolo,  Occupò  dipoi  Busseto  ,  e  lutto  la 
Stato  di  Cristoforo  Pallavicino ,    a  cui  tol- 
se anche  la  vita  ,  perchè  accusato    d'intel- 
ligenza   col  papa.  Fu    fatto  in    quest'  anno 
un  tentativo  dagli   Adorni    e    Fieschi,    per 
cacciare  di  Genova  Ottaviano    Fregoso  e  2 
Francesi ,    tutto    a   sommossa  del  papa  che 
loro  somministrò    sette  galee  di  Napoli ,  e 
due    delle    sue  ;    ma  rimase    scorjcertato  il 
loro  diw^gno.  Ordito  ancora  un    tradimen- 
to per  occupar  la  città  di  Como,    a  nulla 
giovò  .  Chiamò  papa  Leone    a    Roma  Pro- 
spero  Colonna  ,  il  quale   era  stato  dall' im- 
peradore  molto  prima  creato  suo  generale/ 
per  concerlar  seco  la  meditata  impiega  dèi 

du- 


4^4      Annali     d'Italia 
ducato    di  Milano.    Condusse  eziandio  Fé- 
derigo  marchese  dì  Mantova  con    titolo    di; 
capitan    generale    della    Chiesa.    Si  fece    a 
Bologna    la   massa    delle  genti  pontificie  el 
spagnuole  ;  e  il  Colonna  che    dovea  ,  come, 
capo  ,  comandar  queir  armata  ,  dopo    mol- 
ti dibattimenti    s'inoltrò    verso   Parma,  ej 
incomincionne    l'assedio    nel    mese  d' agO'»: 
sto,  principalmente  dalla  parte   verso    Po-; 
nente .    Giunsero    ad    unirsi    seco  ottomilal 
fanti  tedeschi ,  venuti  di    Germania  ,   e    il| 
marchese  di  Mantova  con  trecento    lance 
e    cinquecento    cavalli    ungheri  .   Talments 
giocarono    le  batterie ,  che  i  Francesi  giu- 
dicarono meglio  di  ritirarsi  dal  codiponte 
cioè  da    quella  parte  della   città,  che  è  di 
là  dal  fiume  Parma.  Grande  allegrezza  fe- 
cero   quegli    abitanti     al    vedersi    ritornatici 
sotto    il   dominio    ecclesiastico.    Ma  cessò; 
ben    presto  la  loro  festa,  perchè   entrati    i! 
soldati  diedero    anch'essi  con  festa  grande  i 
il  sacco    a    tutte  le  lor    case.  L' anonimo  j 
padovano     scrive  >    che    vi     commisero    le"; 
maggiori  scelleratezze  del  mondo,  e  che  ili 
Colonna    fece    impiccar  quanti   santi  erano  ì 
penetrati  in  un  monistero  di  monache  .  Si  j 
diedero  poscia  i  collegati  a  maggiormente j 
stringere  e  bombardare  1'  altra  maggior  par-  \ 
te  della  ciltà,  posta  al  levante,  e  T  avea- ^ 
no  ridotta  a  tale  per    iìscarsezza  di  vetto-  \ 
vaglie j    che  n'era  vicina  la  caduta.  Tem- j 
pestava  lo  Scudo  il  signor  di  Lantrec   suo  ; 
fratello^  per  ottenere  soccorso.  Ma  questi 

as- 


A  N  N  o  MDXXI.  415 
assai  lentamente  procedeva^  e  contuttoché 
avesse  una  buona  armata,  composta  di  cin- 
quecento lance  ,  settemila  Svizzeri ,  quat- 
tromila fanti  venuti  poco  fa  di  Francia  , 
a' quali  s'aggiunsero  quattrocento  uomini 
d'arme,  e  quattro  o  cinquemila  fanti  dei 
Veneziani  :  pure  non  si  attentava  a  'proce- 
dere innanzi,  allegando,  che  Tarmata  ne* 
mica  era  superioil^  di  forze,  e  che  conve- 
niva aspettar  seimila  Svizzeri  che  erano 
in  viaggio  per  suo  aiuto  .  Nulladimeno 
s'  inoltrò  finalmente  sino  al  Taro  ,  sette 
miglia  da  Parma  :  movimento,  di  cui  niu- 
na  apprensione  si  misero  gli  assedianti  * 
Ma  eccoti  un  accidente  che  disturbò  tut- 
te le  loro  misure.  Era  stato  fìnquì  pazien- 
te Alfonso  duca  di  Ferrara ,  mostrando  di 
non  conoscere  l'odio  che  avea  contra  di 
lui  papa  leeone  X^  e  dissimulando  le  pas- 
sate insidie.  Venuto  poi  in  chiaro  d'essere 
stalo  abbandonato  alle  voglie  d'esso  pon- 
tefice ,  nella  lega  fatta  coli'  iraperadore  ,  e 
mirando  il  mal  incamminamento  degli  af- 
fari de' Francesi  unico  suo  sostegno  ;  giudicò 
meglio  di  non  tenersi  più  neutrale .  Però 
colle  milizie  che  potè  raunare ,  uscito  di 
Ferrara  ,  entrò  nel  Modenese ,  prese  il  Fi- 
nale ,  san  Felice,  e  colle  scorrerie  arriva- 
va sino  alle  porte  di  Modena.  Recato  que- 
sto avviso  al  campo  de' collegati  ,  bastò  a 
far  eh'  essi  ,  trovandosi  fra  due  fuochi  , 
spedissero  in  soccorso  di  Modena  il  conte 
Guido  Rangone,  e  poi  sciogliessero  l'asse- 
dio 


\ 


41(3  Annali    d'It'alia 

òìì  di  Paima  ,  con  ritirarsi  a  san  Lazza^^  \ 
Yo  :  locchè  diede  comodità  al  Lautrec  di  | 
ben  fornire  quella  città  di  viveri  e  d'ogni  \ 
altra  munizione .  j 

Aveva  intanto  il  papa  fatto  assoldare  dal  i 
Gardinale  di  Sion  ,   chi    dice    dodici  ,    chi  ; 
diecimila  Svizzeri  ,  ed  altri    dicono    anche  ', 
meno  ,    e  questi  calavano  in    Italia  ,  quan- - 
tnnque  protestassero  di   non  voler  combat-  ì 
tere   co' Francesi  ,    per    essere    con  loro  in. 
lega.  Prospero  Colonna  adunque   determinò" 
di  tentare    ognL  via  per  unirsi    con  loro  , 
siccome    alT  incontro    andò    il    Lautrec 
frapporsi ,  per  impedir  questa  unione.  Al- 
loracbè ,    passato    il  Pò,    fu  egli  giunto    a 
Casal  Maggiore,  colà  comparve  il  cardinal 
Giulio  de  3Iedìci  ,    spedito    dal    papa    con 
titolo  di  legato,  acciocché,  come  uomo  di 
testa  ,  acquetasse  colla  sua  destrezza  le  di-l 
scorcile    insorte    fra  i  generali  ,    e  speziai-^ 
mente  fra    il    Colonne  se    e    il    marchese  tlil 
Pescara^  e  desse  calore    all'impresa.  Ten-^ 
tò  più  volte    il  Lautrec  di  tirare  a  batta-^ 
glia    l'esercito   de'collegati ,    ma    il    saggio'^ 
Prospero  andò  temporeggiando,    che  infine"; 
a  Gambara  si  congiunse    con    parte     degli' 
Svizzeri,  procedendo,  come  scrive  ilGuic-' 
ciardino,  in  mezzo  loro  i  due  legati,  cioè 
il  cardinale  di  Sion  e  il  cardinale  d(ì  Mc-^l 
dici  y    colle    croci    d*    argento  ,    circondate^ 
(  tanto    oggi    si    abusa  la  riverenza    ddla^^ 
religione  )    tra    tante    armi    ed    artigU€rie\ 
da  bestemmiatori  ,  omicLdiarj  ,   e  rubatoriJ 

Re*      i 

\ 
1 


Anno    MDXXI.  ^17 

Restò    allora    ben    confuso   il   Lautrec  ,    e 
maggiormente    crebbe  il  suo  affanno  ,  per- 
chè da  lì  a  poco  gli  Svizzeri  della  sua  ar- 
mata   improvvisamente  &e    n'andarono  con 
Dio,    o    perchè    venne    un    comardamento 
dai  lor    superiori,  oppure   perchè  mancava 
il  danaro  per  pagarli ,   Imperciocché   il    re 
Francesco  dopo  avere  sì  superbamente  mos* 
sa  guerra  in  Navarra    e    Fiandra    a    Carh 
ìmperadore y  si  trovava  in   questi  tempi    in 
gravi  angustie,  né  potea  somministrar  gen- 
ti e    pecunia    all'Italia;  e  tuttoché    avesse 
pur  disposti  trecentomila  ducati  d'  oro   da 
inviare  al  Lautrec:  pure  la  regina  sua  ma- 
dre gli  avea    fatti  impiegare   in  altri  usi  . 
Perciò  diiildando  esso  Lautrec  di  poter  re- 
sistere alle  forze  nemiche,  si  ritirò  di  qua 
dall'  Adda    affine    di    contrastarne  il    passo 
all'armata    delia    lega.    Ma    riuscì  al  Co- 
lonna di  valicar  quel  fiume  a  Vauri ,  dove 
in  combattimento    con    lo  Scudo  restarono 
superiori    le    sue  genti  .  Kitiratosi  il  Lau- 
trec a  Milano  ,  maravigliosa  cosa  fu  il  ve- 
dere, che    appena    giunto    nel    giorno    se- 
guente r  esercito  collegato  in  vicinanza  di 
Milano  ,    essendo    stato    spedito    avanti    il 
valoroso  Ferdinando  d' Avahs  marchese  di 
Fescara    cnn    dugento     cavalli  ,    e    tremila 
faiati  spagnuoli ,    questi    dopo  avere  sbara- 
gliato un  grosso  corpo    di    cavalleria  fran- 
cese,  uscito    per    ispiar    gli  andamenti  dei 
nemici,    andò    intrepidamente   ad    assalire 
verso  porta  romana  i  bastioni  di  quel  bor- 
ToMo  XXIL  Dd  go, 


i\i^      Annali   d' ÌTALI  A 

go ,  dove  erano  alla  guardia  i  Veneziani 
con  Teodoro  Trivulzio  e  Andrea  Gritti  • 
Si  combattè^  ma  venne  meno  il  coraggio 
alla  gente  veneta;  e  il  marchese  aiutato 
da  quei  didentro  di  fazion  ghibellina  ,  oc- 
cupò la  porta  suddetta .  Quivi  restò  pri- 
gioniero il  Trivulzio;  il  qual  poi  con  ven- 
timila ducati  d'oro  da  li  a  molti  giorni  si 
riscattò .  Ebbe  fortuna  il  Gritti  di  salvar- 
si.  Veramente  in  questa  guerra  la  potenza' 
veneta  non  fece  sforzo  di  gran  rilievo  , 
come  era  solita ,  o  perchè  fosse  rimasta 
smunta  per  le  antecedenti  guerre  ,  o  per- 
chè quel  saggio  Senato  avesse  de' segreti 
motivi  di  così  operare  .  Entrò  dunque  il 
marchese  nel  recinto  di  quel  borgo;  né  oc- 
corse di  più  ,  perchè  il  Lautrec  la  notte  , 
lasciato  ben  guernito  il  castello  ,  si  riti- 
rasse col  resto  di  sua  gente  a  Como:  giac- 
ché mirava  in  gran  commozione  tutto  il 
popolo  di  Milano  ,  ed  anche  di  tutto  lo 
Stato,  troppo  irritato  per  le  esorbitanti 
gravezze,  dianzi  da  lui  imposte  ,  e  voglio- 
so di  mutar  padrone  per  la  speranza  spes- 
so fallace  di  starne  meglio  .  Fu  in  gran 
pericolo  di  andare  a  sacco  quella  nobilis- 
sima città ,  ma  alzati  i  ponti ,  calate  le 
saracinesche  ,  e  serrate  le  porte  della  cin- 
ta, che  divide  essa  città  dai  borghi  ,  si 
fermò  il  primo  empito  de^  vincitori  .  So- 
praggiunta la  notte  maggiormente  assicurò 
la  cittadinanza  ^  essendosi  perduti  i  più 
de' soldati  a  svaligiar  ne' borghi  ,  i  quar- 
ti 


Anno    Mt)XXI.  419 

tieri  de' Veneziani  e  Francesi.  Questo  gran 
fatto  accadde  nel  di  19  di  novembre  con 
perpetua  gloria  di  Prospero  Colonna  ,  e 
non  con  minore  del  marchesa  di  Pescara 
che  in  quella  occasione  fece  mirabili  pro- 
ve di  sua  persona . 

A  persuasione  poi  di  Girolamo  Morone 
andò  un  bando ^  che  sotto  pena  della  vita 
niun  Milanese  fosse  offeso  .  Venuto  il  gìor-" 
no  5  comparvero  davanti  al  Colonn^a^  ai  le- 
gati, e  al  marchese  di  Mantova  ,  dodici 
nobili  ambasciatori  a  dar  la  città,  e  a  pre- 
gare ^  che  fosse  preservata  da  ingiurie  pub- 
bliche e  private.  V  entrò  il  Morone  ,  pren- 
dendone il  possesso  a  nome  di  Francesco 
Maria  Sforza^  già  riguardato  qual  ducay 
e  restò  egli  quivi  al  governo  con  titolo  di 
luogotente .  Si  fece  conto ,  che  più  di  tre-- 
mila  fanti  Veneti  lasciassero  in  quel  con- 
flitto la  vita:  e  gli  altri  Veneti,  consistert- 
li  in  altri  tremila  fanti ,  trecento  lance  , 
e  circa  ottocento  cavalli  leggeri,  parte  fu- 
rono presi  ,  parte  si  dissiparono  colla  fu- 
ga la  notte  ;  dimanierachè  totalmente  Si 
perde  T  esercito  loro.  Seguitarono  l'esem- 
pio di  Milano  le  città  di  Pavia  e  Lodi  . 
Parma  e  Piacenza  si  diedero  ai  ministri 
del  papa  •  Fu  spedito  il  marchese  di  Pe- 
scara con  diecimila  fanti  e  cinquecento 
cavalli  dietro  a'  Francesi  ,  ritirati  a  Como  ; 
ma  il  Lautrec ,  lasciato  ivi  un  presidio 
sufficiente  ,  s'incamminò  col  resto  de' suoi 
verso  Cremona .  Intese   bensì  per  istrada  , 

Dd  2  che 


420       Annali    d'Italia  | 

die  anche  quella  città  aveva  alzate  le  ban*Ì 
diere  sforzesche,    tuttavia  perchè  si    tenea  | 
forte  la  cittadella  ,  v'  entrò  ,  e  ricuperò  la 
città  5  con  fare  il  miracolo  di  non  inferire 
alcun    male  a  que' cittadini  .    Piantate   in- 
tanto   il    marchese    di    Pescara  le  batterie 
contro  la  città  di  Como,  poco  stette  quel! 
popolo  a  capitolar    la  resa  con  patto,  che 
fossero  salve  le  persone    e  robe    tanto  de- 
gli abitanti,  che  de' Francesi.    Ma   entrati, 
gli  Spagnuoli  misero  a  sacco  T  infelice  cit-' 
tà    con    grande   infamia    del    marchese ,  il 
quale  poi  col  tempo  fu  chiamato  a    duello 
come  colpevole  di  questo  sfregio  fatto  alla- 
pubblica    fede.    In    una    parola,   a  riserva 
di  Cremona,    d'Alessandria,    del    castello^ 
di  Milano ,  e  di  qualche  altra  fortezza ,  il 
resto  dello  Stato  di  Milano    venne    in  po-^ 
tere  di  Francesco    Sforza  ,  non  senza  gra- 
ve affanno  de*  Veneziani  che  oltre  all'aver 
perduto  il  loro  esercito^  restavano  per  ca- 
gion  della    lor    lega    col  re    Cristianissimo 
esposti  ad   evidenti   pericoli .    Ma   non  era 
da  paragonar  la  cattiva  lor    positura    eoa 
quella  di  Alfonso  duca  di    Ferrara  ,    giac- 
ché egli  dopo  la    caduta    de'  Francesi    nonjj 
vedea  più  maniera  di    salvarsi  in  mezzo  a^i 
queste  vicende  .  Alla  sempre  vigorosa  bra-^^ 
ma  di    yapa    Leone    di    torgli   Ferrara,  si J 
era    aggiunto    uno    straordinario     sdegno  ,,i 
per  aver  egli  frastornato  dianzi  l'acquisto/^ 
di  Parma  .  S'  era  il    duca  ritirato  a  casa  j.4 
dappoiché  fu  venuta  sul  Reggiano  1'  armata.;^! 

col-     4 


A  H  N  o     MDXXL  421 

collegata  ,  e  poco  stette  a  provar  gli  ef- 
fetti delia  collera  pontìfìzia  .  Vennero  le 
armi  d' esso  papa  al  Finale  a  san  Feli- 
ce^ e  riacquistarono  quelle  terre.  Presero 
anche  il  Bondeno  con  tagliare  a  pezzi  il 
presidio ,  e  dare  il  sacco  a  quel  luogo  . 
Dair  altra  parte  verso  la  Romagna  occu- 
parono altri  ministri  del  pontefice,  Lugo^ 
Bagnacavallo  ,  con  altre  terre  del  duca,  e 
poscia  Cento  e  la  Pieve  .  Furono  anche  mossi 
i  Fiorentini  a  impadronirsi  della  Provincia 
della  Garfagnana  Mi  là  dall'  Apennino  ,  com- 
posta di  circa  novanta  comunità,  che  s'era 
iìnquì  mantenuta  fedele  al  duca  ;  e  riuscì 
ancora  al  Guicciardino  di  ridurre  all'ubbi- 
dienza di  Modena  la  picciola  provincia  del 
Frignano ,  finora  costante  nella  fede  verso 
il  duca  .  Ma  né|)pur  questa  bastò'  a  papa 
Leone .  Pubblicò  egli  allora  un  fierissimo 
monitorio  contra  d'Alfonso,  dichiarandolo 
Tibello,  colle  frange  d'altri  titoli  obbro- 
briosi ,  e  mettendo  l'interdetto  alla  città 
di  Ferrara,  per  aver  egli  occupato  le  ter- 
re del  Finale  e  san  Felice  spettanti  alla 
Chiesa  romana  ;  quasiché  avessero  i  pon- 
tefici acquistata  indulgenza  plenaria  in  is- 
pogliar  quel  duca  delle  imperiali  città  di 
Modena  e  Keggio  ;  e  fosse  poi  enorme 
delitto ,  s'  egli  tentava  di  ripigliare  il 
suo ,  cioè  terre  a  lui  indebitamente  tol- 
te, e  delle  quali  era  investito  dagli  im- 
peradori  .  Tuttoché  sentisse  il  duca  il 
soverchio    abbassamento    dei    suoi    affari , 

Dd  3  pu- 


422        Annali     c' Italia  | 

pure    irritato    al    maggior    segno    dal    ve- vi 
der    adoperate  centra  di  se  anche    le  armi! 
spirituali  :    non    potè    contenersi    dal   met-'^ 
tere     fuori    colla    stampa     un    manifesto  ,1 
in  cui  palesò  al    mondo   gli    oltraggi  ,  lei 
insidie,  e    le    mancanze    di    fede    di    papa 
Leone  X,  per  conto  suo,    e    privo  affatto 
di    giustizia    il    procedere    della    corte    di 
Roma  contra  di  lui.  E  perciocché    sapea  , 
essere    stabilito  cella  lega   del    papa    coli' 
imperadore  ,    che    cacciati    i    Francesi    da 
Milano,  si  avessero  a  volgere  le    armi  so-l 
pra    Ferrara  j    senza  neppure    aspettare  dil 
aver  prese  tutte  le  fortezze  di  quello  Sta-| 
to  :    da    uomo  forte  si  accinse    a  ben   mu- 
nire e  provveder  di  vettovaglie  quella  cit- 
tà .    Prese  anche  al    suo  soldo  quattromila 
Tedeschi  ,  ed  accrebbe  le  milizie  italiane  , 
risoluto  di  vendere    caro    la  propria  rovi- 
na ,    giacché  aspettava    a  momenti  le  armi 
imperiali  e  pontifìzie  alle  mura    di  Ferra- 
ra .  Certamente  non  fu  mai    la  nobilissima 
casa  d'Este  in    tanto    pericolo    di    naufra- 
gio ,    come    in    questo  frangente .    Ma  Chi  i 
con  segrete  ruote  regola  il   mondo  tutto  ,^ 
eccoti,  che  con  far  nascere  una  inaspetta^.^ 
ia  scena,    fece    non   poco  cangiare  aspetto] 
alle  cose  d' Italia  . 

Per  quanto  s' ha  dai  Giornali  di  Paris  \ 
de'  Grassi  ,  cerimoniere  del  papa  ,  riferiti  ì 
dal  Rinaldi  ^  ,  e  per  quello  che  attestano  ; 

al-      \ 

♦  Rajfnalduf  JÌnnai*  Ecfhst 


Anno    MDXXI.  423 

^Itri'    scrittori  ^  ,    non  si  può  esprimere  , 
qual    allegrezza   provasse    i^a^a    Leone  air 
avviso  della  presa  di  Milano  ,    e  di  mano 
in  mano  alle  nuove    de'  susseguenti   acqui- 
sti .  Non  capiva  in  se  per  la  gioia  d'  aver  de- 
pressi i  Francesi ,  e  mirava  con  gaudio  in- 
esplicabile   la  già    fatta    ricuperazione    di 
Parma  e  Piacenza  ,    parendogli   oramai  di 
non  essere  da  meno  di  papa  Giulio  li.  Or- 
dina pertanto ,  che  si  facessero    gran  feste 
in  Roma,  e  venne  apposta   dalla    Malliana 
in  quella  città,  per  deliziarsi  nei  viva  del 
popolo  .  Ma  che  ?  Nel  dì  25    di  novembre 
cominciò    a    declinar    la    sua    allegria   per 
qualche  incomodo  di  salute  ;  e  nel  dì  pri- 
mo   di    dicembre    improvvisamente  ,  sed^z-a 
neppure   poter    ricevere  i  sacramenti  della 
Chiesa  ,  diede  ilne  al  suo  vivere  in  età  di 
soli  4G  anni  .  Lunga  disputa    fu  fra  i  me- 
dici ,  s' egli  fosse  morto  di  veleno ,  per  va- 
rj    segnali    osservati    nel    suo  cadavero ,  e 
per  altri    motivi  addetti    dal  Grassi  e  dal 
Guicciardino  .  Già   abbiam  detto,  che  una 
fìstola  nelle  parti  inferiori  gli  faceva  guer- 
ra .  Bastò  ben  questa  ad  abbreviagli  la  vi- 
ta .  Ma  perchfi  chi  è  morto ,  nulla  più  cu- 
ra le  cose  mondane ,  neppure  altri  si  curò 
di  procedere  oltre  in  questa  ricerca.  E  co- 
sì terminarono  i  disegni  e  le  glorie  di  pa- 
pa   Leone  X  ,   il  quale  ,  per  attestato  del 
medesinv)  Guicciardino^  ingannò  assai  i''«s- 

Dd  4  pet- 

'  Cuicciardino  .  Panvinis  .  Jnonim»  P.idovano  •  Giovio  . 


424      Annali    d'  I  t  a  l  i  a 

spettazione  che  s'ebbe  di  lui ,  quando  fu  ai<*. 
sunto  al  pontificato  .    Perciocché  se  alcu^ 
avesse  potuto  giovare  alla  Chiesa   di  Dia, 
certo  si  doveva  sperare  da  lui  ^  principe  di 
mirabile  ingegno,  desideroso  di  cose  gran- 
di ,  dotato  di  non  volgare  eloquenza  ,  e  , 
prima    del    pontificato  ,  amante  della  giu- 
stizia. Non  gli  mancara  buon  fondo  di  re- 
ligione   e    pietà  .  Ma    trascurando  egli  ciò 
che    avea    da    essere    il  principal  suo  me- 
stiere ,  tutto  sì  diede    a  farla  da  principe 
secolare  ,  con  corte  oltremodo  magnifica  , 
con    attendere    continuamente  ai  passatem- 
pi ,  alle   cacce  ,  ai  conviti  ^  alle  musiche  , 
e  ad  accrescere  il  lusso  de'  romani   in  for- 
ma   eccessiva  .    Il  Giovio  tenendo  davanti 
agli  occhi  i,l  detto  di  Tacito  Lib.  Ili,  Gap. 
^5}  degli  Annali:  Frceclpuum  ìnunus  An- 
naliiim  reor  ,  ne  vlrtutes  sileantur  ,  neque 
praVis  diclis  facllsque  ex  posteri  tate  &  in- 
famia metus  sit  :  ben  dipinse  non  men  le 
sue  lodevoli  che  biasimevoli  qualità  .  Cer-  | 
tamente    fu    egli    con  ragion  celebrato  pet   j 
aver  promosso  il  risorgimento  delle  Lette-  1 
re.  Certo  è  ancora  ^  che  non  godè  mai  si    j 
bel  tempo  Roma  cristiana^  che  sotto  quo-  J 
sto  pontefice,  ma  con  peggiorarne  i  costu-  ^ 
mi,  essendosi  anche  inventate  ,  o  pratica-    - 
te  maniere  poco  lodevoli  di  cavar  danaro,    ' 
per  soddisfare  alia  prodigalità  di  esso  pa-  ; 
pa ,  per  far  fabbriche  sontuose  ,  e  special-  :^ 
mente     per   suscitare    e    sostener    guerre  ,  ] 
quasiché    possa  essere  glorioso  ne'  principi  ^ 

ec- 


Anno     MDXXL         425 
ecclesiastici    quello    che  sovente  è  detesta- 
Ì3ÌIe    anche    ne' principi  secolari  .  Né  sola- 
mente immenso  danaro  della  Chiesa  fu  im* 
piegato  in  queste  scomunicate  guerre^  on- 
de restò  esausto  V  erario  pontifizio  ;  si  tro- 
varono eziandio  impiegate  da   papa  Leone 
le    gioie    ed  altre  cose  preziose   del  trono 
della  Chiesa   romana  _,  oltre  ad  altri  grossi 
debiti  ch'egli  lasciè,  a  pagare  i  fi  atti  de' 
quali  ogni  anno  la  camera  pontificia  spen- 
deva   quarantamila    ducati  d'oro.  E  tutto 
questo  per  accrescere  alla  Chiesa    suddetta 
un  dubbioso  patrimonio  che  a' di  nostri  si 
è  veduto    a  lei  tolto  i    quando   nel  t^mpo 
stesso    sguazzava    e  si  dilatava  l'eresia  di 
Lutero  ■;  e  il  fier  Solimano   iraperador  de' 
Turchi ,  scorgendo  immersi  in  tante  guer- 
re i  monarchi  cristiani,  formò  l'assedio  di 
Belgrado  ^    baluardo     della    Cristianità    in 
Ungheria  ,  e  se  ne  impadronì  :  dal  che  poi 
venne  la  rovina  di  quel  vasto  regno ,  e  un' 
altra  gran  piaga  al  Cristianesimo  .  Scrisse 
bensì  il  giovinetto  re  di  Ungheria  Lodavi^ 
co  calde  lettere  all'imperadore  ,  al  papa  , 
e  agli  altri  principi  cristiani  ,  implorando 
aiuto    in  sì  gran  bisogno  ;    ma    non  trovò 
altro  che  compatimento  alle  sue  disgrazie  . 
Mi    sia  lecito  il  rapportare  all'  anno  susse- 
guente   alcuni    fatti    accaduti    sul  fine    del 
presente.  Qui  solamente  ricorderò ,  che  nel 
di  2z  di    giugno  venne  a   morte  Leonardo 
Loredano  doge  di  Venezia,  la  cui  pruden- 
za   in   tempi  tanto    disastrosi  a  quella  re- 
pub- 


42^      Annali    p' Italia 

pubblica  ,    venne  sommamente    commenda- 
ta .    Fu    a  lui  successore    in  quella  digni-     l 
tà  Antonio  Grimani  . 

i 

Anno  di  Cristo  1522,  Indizione  x. 

di  Adriano  Ti,  papa   i.  j 

di  Carlo  V,  imperadore  4.  | 

/\pp<^na    restò   vacante   per    la   morte  di    ] 
papa  Leone  X^  la  sedia  di  san  Pietro  ,  che    \ 
Alfonso    duca    di  Ferrara ,  liberato  da  chi    j 
cotanto  il  perseguitava  ,    con  si  potè  con-    ! 
tenere  dal  far  battere  monete    d'argento  ,   j 
nel  cui  rovescio  si  mostrava  un  uomo  che  i 
traeva  dalle  branche  d'un  leone  un  agnel- 
lo, col  motto  preso  dal  primo  libro  ,  ca« 
pitolo  diciassettesimo,  vcrsicolo trentasette 
dei  Re:  DE  MANU  LEONIS.  Poscia  usci- 
to   in  campagna  colle  sue  genti  ,    riacqui- 
stò il  Bondenoj  il  Finale,  san  Felice   ,  le 
inontagne  del  Modenese  e   la  Garfagnana  . 
Similmente  ricuperò  Lugo  ,  Bagnacavallo  , 
ed  altre  sue  terre  della  Romagnuola  .  Ma 
non  po|è  aver  Cento  difeso  da' Bolognesi  , 
sotto    cui    s"*  era  portato  colle  artiglierie  , 
perchè  all'  avviso  di  un  gagliardo  soccorso 
che  veniva  da  Modena  ,  giudicò  meglio  di 
ritirarsi.  Anche  il  signor  di  Lautrec  y  rin- 
serrato prima  co'  suoi  Trancesi  in  Cremo- 
na, preso  animo  dalla  morte  del  papa,  la 
quale  aveva  fatto  sbandire    l' esercito    col- 
legato, fece  un  tentativo  contro  di  Parma. 
Ebbe   in   suo  potere  il  Codiponte  ;    diede 

an- 


Anno    MDXXIL  427 

anche  più  d'un  assalto  alla  città;  ma  ne 
fu  ripulsato;  e  però  abbandonò  l'impresa. 
Si  gloria  il  Guicciardino  d'essere  colla  sua 
intrepidezza  stato  cagione,  che  si  sostenes- 
se quella  città.  Quel  nondimeno,  che  fece 
più  strepito,  dappoiché  il  papa  cessò  di 
vivere ,  fu  la  risoluzion  presa  da  France- 
sco Maria  della  Roverti  ^  già  duca  d'Urbi- 
no ,  di  ricuperare  i  suoi  Stati  •  Stava  egli 
in  Mantova ,  aspettando  tuttodì ,  che  spi- 
rasse qualche  buon  vento;  e  questo^  quan- 
do men  si  credeva _,  arrivò.  Unitosi  dun- 
que con  Malatesta  ed  Orazio  BagUoni ,  già 
cacciati  da  Perugia,  e  messi  insieme  quat- 
tromila fanti  e  duemila  cavalli  (  il  Guic- 
ciardino scrive  meno)  ed  ottenuti  dal  du- 
ca di  Ferrara  sette  pez«:i  d'artiglieria  ,  sen- 
za ostacolo  arrivò  nel  ducato  d' Urbino  . 
Il  desideravano  e  1'  attendeano  a  man  giun- 
te que' popoli,  perchè  l'amavano  a  dismi- 
sura pel  suo  grazioso  governo .  In  quattro 
giorni  si  vide  tornare  alla  sua  ubbidienza 
ogni  terra  di  quel  ducato.  Passò  dipoi  a 
Pesaro,  e  s'impadronì  di  quella  città ,  e  da 
lì  a  pochi  giorni  anche  della  rocca .  In  quel 
calore  di  fortuna  gli  riuscì  parimente  di 
cacciar  fuori  di  Camerino  Giovan- Matteo 
da  Varano  ,  signore  ,  ossia  duca  di  quella 
città ,  con  introdurvi  Sigismondo  della  stes- 
sa famiglia  ,  che  pretendea  d'  avervi  miglior 
ragione,  ma  che  non  potè  aver  la  rocca. 
Sul  principio  poi  del  presente  anno  coU'eser- 
cfto  suo ,    accresciate    da   molti  volontarj  , 

an- 


428      Annali   d'Italia 

andò  il  duca  d'Urbino  emettere  il  campo 
a  Perugia,  ed  impadronitosi  d'un  borgo, 
cominciò  tosto  a  dar  da  più  parti  ì' assal- 
to alle  mura.  Dentro  v'era  alla  difesa  Vi- 
tello VitdU^  inviato  da' Fiorentini  con  due- 
mila fanti,  ed  alcune  squadre  di  cavalli 
alla  difesa  di  quella  città,  unito  con  Gen- 
tile Baglione  y  messo  ivi  da  papa  Leone 
dopo  la  morte  di  Gian-Paolo.  Si  avviliro- 
no questi  difensori  per  timore  del  popolo, 
e  la  notte  si  ritirarono  ,  lasciando  che  co- 
là facessero  1'  entrata  Malatesta  ed  Orazio 
Baglioni . 

Mentre  succedeano  tali  scene,  sorse  la 
discordia  nel  conclave  fra  i  cardinali  ivi 
racchiusi  per  T  elezione  del  nuovo  pontefi- 
ce* Comunemente  si  cr^ìdea ,  che  Giulio 
eardinal  de^  Medici  ^  dopo  avere  nell'anno 
addietro  esercitato  il  suo  spirito  in  affari 
di  guerra  nel  felice  esercito  de' collegati  , 
avesse  ancora  a  riportar  vittoria  in  questo 
cimento,  atteso  il  credito  suo_,  la  sua  opu* 
lenza  e  V  aderenza  di  moltissimi  porpora- 
ti, creature  di  papa  Leone  suo  cugino.  Ma 
i  vecchi  che  credeano  dovuto  alla  loro  età 
il  pontificato,  più  che  a  Giulio,  il  quale 
^on  contava  sennon  45  anni  d'età,  e  il 
partito  francese  ,  di  cui  si  fece  capo  il  car^ 
dinal  Soderlno ^  fecero  abortir  que' disegni. 
Però  giacché  neppure  a  lui  piaceva  ,  che 
andassero  innanzi  i  suoi  competitori,  gli 
cadde  in  mente ,  o  gli  fu  suggerito  di  pro- 
porre pel    pontificato    il  cardinal  Adriano 

ve- 


Anno    MDXXIL  429 

vescovo  di  Tortosa ,  nato  di  bassi  parenti 
nella  città  di  Utrect  in  Fiandra  ;  ma  che 
per  le  sue  vare  virtù,  e  pel  molto  slio  sa- 
pere, era  giunto  ad  essere  maestro  delFAu- 
gusto  Carlo  F,  ed  avea  conseguita  la  por- 
pora cardinalizia  nell'anno  1517.  Dio  be- 
nedisse la  proposizion  suddetta ,  e  quan- 
tunque Adriano  non  avesse  mai  veduta  Ita- 
lia ,  nò  fosse  personalmente  conosciuto  dal 
sacro  collegio,  pure  alla  fama  del  raro 
suo  merito  si  accordarono  tutti  ad  eleg- 
gerlo nel  dì  nove  di  gennaio  del  presente 
anno .  Trovavasi  egli  allora  in  Biscaia  ad 
esercitare  T impiego  a  lui  appoggiato  da 
esso  Augusto  di  governatore  e  visitatore 
dei  regni  di  Spagna.  Portatagli  questa  nuo- 
va ,  per  essere  affatto  inaspettata  ,  riuscì  a 
lui  maravigliosa  :  pure  accettò  la  gran  di- 
gnità ,  e  ritenuto  il  proprio  nome ,  si  fece 
chiamare  Adriano  VI,  Siccome  uomo  pru- 
dente ,  non  mostrò  segno  alcuno  d'alle- 
grezza, ma  solamente  rivolto  a  Dio  ^  il 
pregò,  che  giacché  gli  avea  voluto  impor- 
re questo  peso,  gli  contribuisse  anche  for- 
ze per  sostenerlo  in  utilità  della  Chiesa, 
e  della  repubblica  Cristiana .  Quanto  ai  Ro- 
mani, scaricarono  la  lor  bile  in  loquacità 
e  villanie  contra  de' cardinali,  perchè  aves- 
sero eletto  uno  straniero  con  pericolo ,  che 
si  tornasse  a  veder  la  brutta  sce^na  della 
Sedia  di  san  Pietro  trasportata  di  là  dai 
monti .  Peggio  sparlarono  da  lì  innanzi  , 
perchè  mancata  la  splendida  corte  di  papa 

Leo- 


f 
I 

i 

4^0        Annali  D*ÌTAtrA  ,; 

Leone  X,    e   i  cardinali  usciti  T  un  dietro  ^ 

r  altro  fuori    di  Roma^    erano  cessati    coni 

ciò    i  grossi  guadagni  d^'^mercatanti  e  del  j 

popolo,  e  cresciute  le  prepotenze  e  le  in- ; 

giustizie  in  essa  città.    Per  questo  non    sii 

sentiva  altro,  che  benedizioni    alla  memo-  ì 

ria  di  Leone ,  e  maledizioni  allo  stato  pre-  \ 

sente,    stante  l'aver    tardato    più   mesi    il  j 

novello  papa    a    comparire    in  Roma.    Era  1 

in  questi    tempi  passato    il    duca  d'Urbino  \ 

alla  volta  di  Siena,  desideroso  di  far  mu-  ? 

tare   il  governo  in  quella  città.   Mandaro*  • 

no    a  tempo    i.  Fiorentini  colà  un  rinforzo  \ 

di  gente    che  tenne    in  dovere    il    popolo  :  \ 

e  perchè  essi  fecero  anche  venire  di  Lom-  \ 

bardia  Giovanni    de*  Bledici  con    un  corpo  ^ 

di  Svizzeri    preso    al    loro  soldo,    il    duca  , 

giudico    meglio    di    ritirarsi,    e  passò    poi  j 

nel  Montefeltro  che  tornò  tutto  alla  sua  di-  \ 

vozione  ,    fuorché    la  fortezza  di  san  Leo,  j 

e  la  rocca  di  Maiuolo.  In  Lombardia  Pro*  \ 

sperò  Colonna  generale    delle  armi    cesaree  1 

in  Milano    ninna  diligenza    e    precauzione  \ 

ommetteva  per  premunirsi  contro  i  tenta-  ; 

tivi  de' Francesi,  i  quali  sì  sapea,   che  ol-  i 

tre  ad  altra  gente  aveano  adunato  un  gros-  \ 

so  corpo  di  Svizzeri .  11  Guicciardino  seri-  | 

ve    essere    stati    da    diecimila;    l'anonimo  ; 

padovano    li  fa  ascendere  a  quattordicimi-  { 

la  ;    e  il  Giovio  sino  a  diciottomila  .    Gran   1 

riputazione  s'acquistò  egli  ,  coli' aver  fatto   1 

un  mirabil    trinceramento,   guernito  d'ar-   \ 

tiglierie  fuori  della  città   di  Milano  intor-  \ 

no       1 


Anno     MDXXII.  451 

MO  al  castello ,  acciocché  venendo  i  France* 
si^  non  potessero  accostarsi  a  quella  for- 
tezza. Al  pari  di  lui  Girolamo  Moro  ne  luo- 
gotenente del  duca  fece  il  maggior  prepa- 
ramento che  potè  per  la  difesa;  né  sola- 
mente egli  con  lettere  iìnte  ,  con  ambascia- 
te false ,  e  colla  sua  eloquenza  infiammò 
r  odio  di  quella  nobiltà  contro  i  Francesi  ; 
ma  eccitò  anche  il  popolo  alT  abborrimen- 
ìo  di  quella  nazione  per  mezzo  di  frate 
Andrea  da  Ferrara  dell'  Ordine  di  santo 
Agostino  ,  il  quale  predicando  con  gran 
concorso  di  gente,  disse  quanto  mai  seppe 
jn  discredito  de' Francesi  ,  e  in  commenda- 
zione del  principe  proprio  ,  cioè  del  ducei 
Francesco  Sforza^  sollecitando  ognuno  a 
difendere  colle  facoltà ,  e  col  sangue  la  sa- 
lute delia  patria.  Con  queste  arti  il  Moro- 
ne  trasse  da' Milaneài  tanto  danaro,  che 
potè  assoldar  quattromila  fanti  tedeschi ,  i 
quali  da  Trento  vennero  a  Milano.  Nel 
qual  tempo  anche  l'  imperadore  era  dietro 
ad  arrolare  altri  seimila  fanti  della  mede- 
sima nazione  ,  per  inviarli  colà .  Né  questo 
bastò  al  Colonna  e  al  Morone .  Dacché  vi- 
dero sì  ben  accesi  gli  animi  di  quel  popo- 
lo, ne  spedirono  ottomila  armati  ad  Ales- 
sandria ,  che  per  opera  de'  cittadini  guelfi 
s' era  data  ai  Francesi .  Tanto  il  presidio 
di  quella  città,  quanto  gli  stessi  abitanti, 
al  sentire ,  che  ce  Spagnuoli  né  Tedeschi  , 
erano  con  quella  gente,  baldanzosamente 
usciti  fuor  d'una  porta,  attaccarono  batta- 
glia 


432  Annali  d' Italia 
glia.  Toccò  ad  essi  di  voltar  le  spalle^  e  i 
sì  disordinatamente  cercarono  di  salvarsi  ^ 
nella  cittadelle  mischiati  con  loro  anche  i  ì 
Milanesi  v'entrarono.  Fu  ivi  gran  morta-  | 
lità,  finché  i  fautori  de' Francesi  se  ne  fug-  ì 
girono  fuori  per  un'  altra  porta  ,  lasciando  | 
la  città  in  poter  de' vincitori,  i  quali  non  | 
dimenticarono  di  darle  il  sacco .  Da  lì  a  l 
pochi  giorni  anche  Asti  venne  alle  lor  ma-  | 
ni:  perdite  che  sconcertarono  di  molto  gli  ì 
interessi  de' Francesi,  perchè  restò  loro  ta-  Ì 
gliata  la  comunicazione  con  Genova,  e  tut- 
to il  di  qua  da  Po  tornò  ali*  ubbidienza  di  j 
Milano.  \ 

Per  salare  in  Lombardia  altro  non  man-  l 
cava  a  Renato  bastardo  di  Savoia  ,  gran-  ', 
maestro  di  Francia,  e  a  Galeazzo  da  san  ; 
Severino  grande-scudiere  di  Francia,  in-  ] 
viati  dal  re  Francesco  T,  alla  condotta  de- 
gli Svizzeri ,  già  raunati  in  suo  favore  ,  \ 
sennonché  dessero  loro  licenza  di  passare  j 
le  alte  nevi  delle  montagne  di  sanBernar-^ 
3o  e  di  san  Gottardo.  Più  volte  fecero  le  \ 
spianate,  ma  indiscreta  neve  di  nuovo  ca-  l 
dendo  ,  tornava  a  chiudere  i  passi .  Final-  j 
mente  vennero  in  Lombardia  ,  e  andarono  ^ 
ad  unirsi  col  signor  di  Lautrec  ,  il  quale  i 
sulla  speranza  di  questo  rinforzo  ,  già  era  ' 
uscito  vigoroso  in  campagna  sul  principio  1 
di  marzo.  Con  esso  lui  si  congiunsero  an-  \ 
Cora  le  armi  de'  Veneziani  consistenti  in  ■ 
quattrocento  lance ,  mille  cavalli  leggeri  i 
e   cinquemila   fa,nti~  sotto    il    comando    di    , 

Teo- .      ! 


Anno     MDXXIL  435 

Teodoro  Trì-vulzio  e  di  Andrea  Grltti  *  La 
fantasia  delle  genti  ,  che  amplifica    sempre 
gli    eserciti  ,    stimò ,     che    questa     armata 
ascendesse  a  sessantamila  combattenti  >  era 
molto  nieno .  Ora  il  valoroso  e  saggio  Pro- 
spero  Colonna  generale  della  lega,  per  non 
sapere  qaal  disegno  avessero  formato  i  ne- 
mici ,  inviò  Filippo    Torniello    a    Novara  , 
monsignor   Visconte    ad    Alessandria,    An^ 
tonto  da  Leva    a  Pavia,  e    Federigo  mar- 
chese di  Mantova  a  Piacenza,  con  sufficien- 
,ti  guarnigioni   alla  guardia  di    quelle    cit- 
tà j,  restando  egli  in  Milano  con  settecento 
uomini  d'arme,  settecento    cavalli    leggeri 
e  dodicimila  fanti  .    Passò  V  esercito  fran- 
cese  in  vicinanza  eli  Milano  verso  ponente, 
mostrando  voglia  di  assalire  i  meraviglio- 
si trinceramenti ,  cioè  argini  e  fosse    fatte 
dal  Colonna  intorno  il  castello  :  nella  qua- 
le   occasione    inoltratosi    troppo    ad    ispiar 
qua'  forti  ripari    Marco    Antonio  Colonna  , 
già  prigione  in  Francia,    ed    ora  militante 
nell'esercito    francese,    un    colpo    di  colu- 
brina della  città  gli  portò  via  le   natiche, 
per  cui  da  li  a  poche  ore  morì.    Scrive  il 
Giovio  essere  statò  lo  stesso    Prospero  Co- 
lonna che  indrizzò  quella  colubrina  ,  e  sa- 
puto dipoi    di  avere    ucciso    il  proprio  ni- 
pote ,    ne  provò  un    sommo    af&inno .    Con 
esso    Marco   Antonio    restò  ancora  colpito 
ed  ucciso    Camillo    Trlvulzio  ^    giovane   di 
gran  cuore  ed  espcttazione  .  All'accostarsi 
Tomo  XXIL  E  e  de' 


/; 

434         Annali   d' Italia  \ 

t\c'Frarìce?>ì  a  que' trinceramejlti ,  si  diede] 
tosto  campana  a  martello  per  tutto  MiW; 
no  ,  e  chjuncfue  era  atto  alle  armi^  an^ 
mosamente  accorse  ai  luoghi  che  dianzi  gli? 
erano  stati  assegnati.  Dicono,  che  circaJ 
sessantamila  persone  fossero  questi  difen-^ 
seri,  computate  le  milizie  pagate .  Ciò  rap-5i 
portato  dai  disertori  ^1  Lautrec^  il  quale>i 
s'era  vanamente  lusingato,  che  il  popolo^ 
di  Milano  per  timore  del  sacco  si  solleve-^ 
rebbe  ,  o  mandarebbe  a  capitolare  ;  sicco-< 
me  ancora  la  relazion  degf  ingegneri  chei( 
aveano  trovati  insuperabili  que'  ripari  :  ca- 
gion  furono,  ch'egli  col  consiglio  de'mag-i 
gìori  uffiziali  deponesse  il  pensiero  di  sa-> 
criccar  quivi  parte  delle  srie  genti.  Riti-^ 
rossi  per  questo  ad  un  luogo ,  cinque  mi-i 
glia  distante  da  Milano  verso  Pavia  ,  dai 
dove  fece  dipoi  continue  scorrerie  verso^^ 
la  città,  e  stava  attento  per  impedire  il;; 
passaggio  del  duca  Francesco  a  Milano  .5 
Imperocché  una  delle  maggiori  premure<( 
del  Colonna  o  del  Morone  era  stata  ,  che  es-! 
so  Francesco  Sforza  duca ,  dimorante  ini 
1  rento  ,  sen  venisse  a  Milano,  per  accre-'ì! 
scere  il  coraggio  a  quel  popolo;  e  tanto | 
più  perchè  egli  avea  seco  seimila  fanti  te-fi 
deschi  ,  i  quali  avrebbero  '  data  la  vitali 
all'esercitò  loro.  Per  mancanza  di  dana- j 
ro  non  si  potè  egli  mettere  sì  presto  ini 
viriggio.  Ma  sovvenuto  con  novemila  du- 
cati d'oro  dal  cardinal  de  Medici  ,    allora. 

si 


Anno    MDXXII.  435 

5i  mosse ^  e  passato  il  Po, a  Casal  Maggio- 
re ,  giunse  a  Piacenza  ,  da  dove  poi  Fede- 
rigo marchese  di  Mantova  con  trecento  uo- 
mini d' arme  lo  scortò  sino  a  Pavia  circa 
la  metà  di  marzo.  Intanto  il  signor  dello 
Scudo,  fratello  del  Lautrec  ,  giunto  a  Ge- 
fiiova  co»  tremila  fanti  guasconi  calò  in 
Lombardia;  ed  avvisatone  il  Lautrrc^,  spe- 
di ad  unirsi  seco  Federigo  Gonzaga  signor 
idi  Bozzolo  con  cinquecento  cavalli  e  sei* 
mila  fanti.  Questo  corpo  di  gente  marciò 
a  Vigevano,  e  senza  fatica  se  ne  inipadro- 
DÌ  .  Andossenc  dipoi  lo  Scudo  a  Novara  , 
dove  tuttavia  il  castello  si  tenea  per  li 
Francesi  ;  e  tratti  di  là  alquanti  pezzi  ài 
artiglieria,  cominciò  a  bersagliare  la  cit- 
tà. Dentro  v'aera  Filippo  Torniello  con 
duemila  J"anti ,  che  fece  buona  difesa;  ma 
al  terzo  assalto  ,  essendo  uscita  alla  difesa 
ahclie  la  guarnigion  del  castello,  v'entra- 
rono i  Francesi  che  misero  a  iìl  di  spada 
la  maggior  parte  di  que' fanti ,  fecero  pri- 
gione il  Torniello  con  altri  uffiziali  e  cit- 
tadini ^  e  poi  diedero  il  sacco  alP  infelice 
città  :  non  senza  biasimo  del  Colonna  ,  e 
Àq\  marchesa  di  Mantova,  per  non  averle 
Jato  soccorso . 

Mentre  ciò  si  facea ,  il  duca  Francesco 
Sforza  ,  accompagnato  da  Antonio  da  Le- 
'va,  segretamente  uscito  di  Pavia,  per  ur.a 
via  fuor  di  mano  s"*  inviò  alla  volta  di  Mi- 
lano, ed  accolto  a  Sesto   da    Prospero  Co-- 

E  e  2  lon- 


43^  Annali    jdTtalià  I 

lonna  ^  entrò  in  quella  cittàj  dove  con  ìn% 
credibil  giubilo  e  segni  d'amore  fu  ricevù4 
lo  dal  popolo.  Ora  dacché  il  Lautrec  vid# 
fallito  il  suo  disegno  5  sapendo,  che  in  Pa-- 
via    non  era  restato,    che   Io  scarso  presi- 1 
dio  di  trecento  cavalli  e  duemila  fanti  coti 
marchese  di  Mantova  ,   andò  tosto  a  metterei 
il  campo    ad   /essa    città,   e    tardò  poco    aM 
batterla    colle    artiglierie.    Fece    sapere  i^  ^ 
marchese    al  Colonna    il    bisogno  d*  aiuto  y? 
laonde  questi  uscì  di    Milano  con    tutto  Y  \ 
esercito,  e  andò  fino  a  Binasco,    mostran- - 
do  di  voler    venire    ad   un    fatto    d'armi  •1 
Nulla  più  che  questo  sospirava  il  Làutrec,*^ 
ma  il    saggio  Coloiina  aveva   altro  in  cuo-  \ 
re  ^  e  stando  in  un  forte  alloggiarne  .ito  ,  si  ^ 
contentava  di  solamente  inquietare  il  cam-  ■ 
pò  nemico.    Poscia  una  notte   spedi  Franai 
Cesco    Ff^rdinando    d'   Avalos    marchese    di' 
Pescara   con    due    grossi    squadroni    di  ca-  ] 
valleria   ad    assaltare    i    Francesi.    Urtò  il  j 
prode  cavaliere  in  due  siti  con  tal  empito  ! 
nel  loro  campo  ,    che    credendo  essi  Fran-  j 
cesj  venir  loro  addosso    tutte  le    forze  dei  * 
cesarei^    poco  mancò  ,    che   non  si  mettes- 
sero in  fuga.  Montato  a  cavallo  il  Lautrec 
con  gli    altri    capitani    li  trattenne  ed  in- 
coraggi: nel  qual  tempo  avendo  il    Colon-  | 
na    drizzati    duemila     fanti    spagnuoli  ,    «  | 
mille  corsi  verso  Pavia,   questi  per  un*  al-  \ 
tra  porta  entrarono    in  essa  città,  raccolti  i 
con  gran  giubilo    dal    Gonzaga .    Così  rac-  ! 

eoe-       i 


Anno  MDXXII.  437 
Confa  questo  fatto  V  anonimo  padovano  ; 
laddove  il  Guicciardino  scrive  ,  che  sul 
principio  deir  assedio  il  Colonna  inviò  cO" 
ìk  mille  fanti  corsi  ^  e  alcani  spagnuoli 
che  menando  le  mani  j,  e  passando  per  gli 
allogiaraenti  de' Francesi,  penetrarono  in 
Pavia  .  Il  Giovio  parla  solamente  di  due 
compagnie  di  Spagnuoli  ,  e  due  d'Italiani, 
che  parlando  Francese  co' Veneziani  ,  e  Ve- 
neziano co'  Francesi.,  non  solamente  sul  fi- 
ne ebbero  da  menare  le  mani ,  ed  entra- 
xono  in.  Pavia  .  Ma  altro  che  di  sì  poca 
gente  abbisognava  allora  quella  città.  Fu 
inseguito  il  marchese  di  Pescara  dai  Fran- 
cesi, q  gli  sarebbe  forse  avvenuto  del  ma- 
le ,  s^  vìQxi  fpsscro  stati  spediti  in  suo  soc- 
corso dal  Colonna  cinquecento  cavalli  ,  coi 
quali  arrivò  salvo  a  Binaseo  .  Soccorsa  iit 
tal  guisa  Pavia,  si  ritirò  poi  quelT eserci- 
to a  Milano.  Dolente  restò  per  questo  il 
Lautrec  j  ma  ciò  nonostante^  ancorché  ia 
e.ssa  oittà  si  trovasse  allora  un  sì  gagliar- 
do presidio,  pure  contro  il  parere  del  prov- 
veditor  veneto,  e  di  quasi  tutti  1  capitani 
francesi  ed  italiani,  non  d'altro  parlava  , 
che  di  venire  all'assalto.  Forse  l'avrebbe 
fatto  j  se  nel  più  bello  una  pioggia  che  du- 
rò sei  giorni  3  con  impedire  il  trasporto 
delle  vettovaglie,  e  Tessere  tornato  il  Co- 
lonna a  Rinasco^  con  avanSiarsi  dipoi  sino 
all'insigne  certosa  di  Pavia,  per  frastor- 
nare il  tentativo  de'Francesi^  non  gliaves- 

Ee  5  se- 


43^         Annali    ij'  I  t  a  l  r  a 

sero  infine  fatto  prendere  la  risoluzione  di 
ritirarsi  a"*  Landriano,  dove  seguì  una  ler- 
iibiìe  zuffa  colla  peggio  de' suoi.  E  tanto 
più  si  vide  egli  necessitato  a  batterie  la 
ritirata,  perchè  non  avendo  con  che  paga- 
re gli  Svizzeri,  mentre  era.  beti  giunto  ad 
Arona  ^^nsLvo  di  Francia ,  ma  non  potea 
passare _,  coloro  tumultuavano,  per  tornare 
a  casa  .  Ridottosi  dunque  il  Lautrec  a  Mon- 
za ,  e  inteso ,  che  Prospero  Colonna  era 
giunto  col  suo-  eseréito  a  Sesto  ,  cinque 
miglia  lungi  da  lui  ,  non  si  attentò  a  con- 
tinuare la  marcia  sino  a  Cremona  ,  secon- 
dochè  avea  disegnato.  Ossia,  ch'egli  nott 
lovando  altro  ripiego  per  fermare  gli  Sviz- 
zeri ^  eh* erano  sulle  mosse,  prendesse  la 
risoluzione  di  far  giornata  campale,  ed 
animasse  tutto  il  suo  campo  a  questo  mar- 
ziale azzardo;  oppure  ,  come  comunemen- 
te fu  creduto  ,  che  gli  Svizzeri  si  esibissero 
di  venire  a  battaglia ,  tenendosi  sicuri  del- 
la vittoria  ,  con  gridar  più  volte  :  O  pa- 
ga ,  o  battaglia;  altrimenti  minacciavano 
d'andarsene:  la  verità  si  è,  che  il  Lautrec 
si  preparò  per  andare  ad  assalir  V  armata 
nemica.  Avea  il  Colonnese  ritirata  da  Pa- 
via buona  parte  di  quel  presidio  ,  e  certi- 
ficato dalle  spie  del  disegno  de'  Francesi  , 
attese  a  prepararsi  per  ben  riceverli .  Adoc- 
chiato in  questo  mentre  un  luogo .  appel- 
lato la  Bicocca^  tre  miglia  lungi  da  Mila- 
pò  ,  circondato  da  fosse  profonde  ,    da  ar- 


Anno    MDXXII.  439    . 

gini  ,  e  canali  d'  acqua  ^  colà  come  in  sito 
fortissimo  andò    a  postarsi.  Fece  venir    da 
Milano  tremila  fanti  italiani ,  e  gran  copia 
di  guastatori  che  accrebbero  quelle  fortifi- 
zioni.  Lo  stesso  duca  Francesco  con  mille 
e  cinquecento  cavalli  in  persona  accorse  co- 
là ,  accompagnato  da  alcune  migliaia  di  Mi- 
lanesi volontarj ,  armati   tutti  di  archibusj  , 
ed  anche  di  coraggio. 
,    Venuto  il  giorno   22  d'aprile,    si  mosse 
il  Lautrec  verso  la  Bicocca  e  scontrato  Ste- 
fano Colonna    che    veniva  .con   cinquecento 
cavalli  a  spiare  i  suoi  andamenti ,   il  mise 
in  rotta ,  prendendo  questo  buon  principio 
per    augurio    di    vittoria  .    Assaltarono    da 
più  parti  gli  Svizzeri  e  Francesi    il  campo 
imperiale  ,    con    ritrovar  dappertutto  insu- 
perabili fosse ^   colpi  di  cannone    e  di  mo- 
schetteria  .    Più    volte    tentarono    i    feroci 
Svizzeri  di  superar  quegli  argini    e  fosse  , 
andando  colla  testa  ba^ssa  coltro    le  canno- 
rate  ;    ma  altro  non    guadagnarono  sennon 
morti  e  ferite.  Perciò  il  Lautrec,  chiarito 
di  non  poter  vincere  la  pugna  ,  pien  di  ma- 
la voglia  e    di   vergogna    ritiratosi,  levò  il 
campo  ,    e    ritirossi    a    Monza  ,    seguitato 
dagli  Svizzeri ,  restati  in  vita  ^  i  quali  fla- 
gellati   dalla    memoria    di    questo    sinistro 
fatto  ,  per  più    tempo  non    osarono  di    f^ 
delle  smargiassate.  Si  fece  conto,  che  cir- 
ca tremila  d'essi  con  ventidue  lor  capitani 
restassero  freddi  ne!  campo  della  battaglia. 

E  e  4  V  ha 


44^^         Annali   d' Italia 

V'ha  chi  Pcrive,  esservi  morti  quasi  altret-^ 
tanti  Francesi .  Passato    che    fu    il   Lautrec 
di  là  dall'  Adda    lasciò    andare  pel  Berga- 
masco gli  Svizzeri  alle  lor  montagne  ;   ed 
egli  dopo  aver  inviato  alla  guardia  di  Lo- 
di Federigo  da    Bozzolo.,    e    il  Buona^alle 
francese  con  sufficiente  guarnigione  ,  e  rac- 
comandata allo  Scudo  suo  fratello  la  custo- 
dia di  Cremona ,  passò  dipoi    in  Francia  a 
ragguagliare  il  re  di  tante  sue  disavventu-  | 
re.  Avrebbono  il  duca  di  Milano ^  e  Pros-  | 
■pero  Calonna    saputo  profittar  del  disordi-   ; 
ne  de'  nemici ,  se  non  fossero   stati  ritenu-  -^ 
ti  più  giorni  da  una  sollevazion  di  Tede-  j 
schi  ,  i  quali  pretendendo  un  mese  di  paga  ; 
a  titolo    di  regalo    per  la  riportata    vitto- >J 
ria  5  aveano  già  prese  le  artiglierie ,  e  mi-  \ 
nacciavano  di  voltarle  contra  de* capitani  .  ^ 
Bisognò  infine  dopo  molte    dispute  capito-  1 
lare,  c©n  prometter  loro  sessantamila    du- ' 
cati  d'oro  in  tertnine  di  un  me^e  ,    e  dar, 
loro  ostaggi    per  questo .    Grandi   difficoltà  . 
si  trovarono  poi  a  raunar  tanta    pecunia  :  | 
pure  fu    soddisfatto    al    bisogno  .    Quetato  j 
quel  pericoloso  rumore  fu  spedito    il  mar"^] 
chese  di  Pescara  colla  fanteria  spagnuola  al 
*Lodi>  dove  non  era  per  anche  entrato  tut- ; 
to  il  corpo  di  gente  inviatovi  dal  LautreC.  ; 
Impadronitosi  egli  con  gran  celerità  di  tm 
l^orgo ,  tal  terrore  diede  ai   Francesi ,    che  \ 
abbandonata   la    città    corsero    a    ripassar  ] 
V  Adda   pel    ponte  .    V  entrarono    poi    gli  ] 

Spa-     'i 


Anno  MDXXIL  441 
Spagrmoli ,  e  senza  mistricordia  diedero  il 
sacco  non  solo  a  quanti  cavalli^  armi  ,  e 
bagaglio  v'  aveano  lasciato  i  Francesi  ^  ma 
anche  alla  misera  cittadinanza.  Passato  di 
là  il  m.archese  a  Pizzighittone,  e  piantate 
le  artiglierie^  forzò  quel  presidio  alla  re- 
sa .  Andò  poscia  Prosperò  Colonna  con 
tutta  la  sua  armata  a  stringere  d'  assedio 
la  detta  città  di  Cremona .  Lo  Scudo  e 
Federigo  da  Bozzolo  ,  tuttoché  si  trovas- 
sero assai  forti  di  gente  ,  pure  al  mirarsi 
senza  speranza  di  soccorso  ,  intavolarono 
tosto  un  trattato  che  fiif sottoscritto  nel  dì 
26  di  maggio ,  in  cui  si  obbligarono  i 
Francesi  di  render  quella  città^  ed  ogni  al- 
tra fortezza  nello  Stato  di  Milano,  a  riserv«i 
dei  castelli  di  Milano  ,  Cremona  e  Novara  ^ 
se  in  termine  di  quaranta  giorni  non  veniva 
Un  esercito  di  Francia  ,  capace  di  passare 
il  Po  j  o  di  espugnare  una  città  di  quel 
ducato.  E  che  fosse  loro  lecito  di  passare 
in  Francia  a  bandiere  spiegate  con  tutti  i 
lor  carriaggi  ed  artiglierie  .  Furono  dati  gli 
ostaggi  per  r  esecuzion  del  trattato. 

L' indòfesso  Colonna,  giacché  il  ferro  era 
caldo ,  non  perde  tempo  a  batterlo .  Impex- 
ciocchè  mise  tosto  in  marcia  V  esercito  al- 
la volta  di  Genova,  con  pensiero  di  snida- 
re anche  di  là  i  Francesi .  Seco  si  unì  il 
duca  di  Milano  con  Girolamo  ed  Antonìot' 
to  fratelli  Adorni,  fuorusciti  di  Genova. 
Arrivati  che  furono  sotto  quella  nobil  cit- 

ih, 


4i^2        A  N  N  A  L  I     d'   I  T  A  L  I  A 

tà ,  s' accaraparoQO  intorno  ad  essa  in  yavj 
siti,    con  disporre    ben  tosto   le  artiglierie 
contro  le  mura  .  Il  doge  ,  ossia  governatore 
Ottaviano  Fregoso ,    uomo    di  gran    vaglia 
ed  universalmente  amato  per  l'  ottimo  suo 
governo,    avea  già  presi    circa  quattromila 
fanti  italiani    al  suo  servigio.    Ben    preve- 
dendo ,  che  anche  sopra  di  lui  e  della  cit- 
tà   si    dovea  scaricar    la  tempesta,    dianzi 
con  più  lettere  avea  chiesto  soccorso  al  re 
Cristianissimo  y  il  quale  ,  giacché  non  avreb- 
bono  potuto   giugncre    a  tempo   quattordi- 
cimila fanti  e  cinquecento  lance  inviate  ver- 
so r  Italia  per  terra  ,   spedi    a  Genova  per 
mare  Fletro  Navarro  ^  celebre  capitano  da 
noi  altrove    veduto,    con  quattro    galee    e 
duemila  fanti  imbarcati  in  altri  legni.  Giun- 
se il  Navarro  colà  due  dì  prima  dell'arri- 
vo deir  armata   imperiale.    Ora   il  duca    e 
il  Colonna  appena  arrivati  ^,  per  un  aral- 
do   fecero  intendere    ai    Genovesi ,    che,  se 
congedassero    il  presidio  francese  ,    e  rice- 
vessero   un    altro    doge,    si    conserverebbe 
loro  la  libertà  ;  se  nò  ,  si  aspettassero  tut- 
ti   i  malori    di  una  città  presa    per  forza .    | 
Non  mancavano  partigiani  ai  suddetti  Ador-    i 
ni;  ma  per  paura  del  presidio  ninno  ardi-    | 
va  di  muoversi ,    e  il  Fregoso  fagea  sperar    ^ 
vicino  un  più  gagliardo  soccorso    di  Fran- 

ee-        i 


'   A*^ostT»o  Giust:'niano  '  Guicciardiiìo.,     Anonima    Pjhiava 
f<j.  Pietro  Mcsii.T,  eii  altri. 


é   I 


Anno    MDXXIL  445 

cesi.  Pertanto  veggendo  il  Colonna  persi- 
stere quel  popolo  nelT  union  co' Francesi, 
comandò  ,  che  le  artiglierie  parlassero  più 
efficacemente  dell'  araldo .  Riuscì  al  mar- 
cìiese  ài  Pescara  in  poche  ore  di  diroccar 
le  mura  d'una  torre:  locchè  veduto  dal 
Fregoso,  si  ?vvisò  ,  di  trattar  di  accordo  , 
sperando  dimenar  la  cosa  tanto  in  lungo, 
che  sopravvenisse  il  non  molto  lontano  soc- 
corso de' Francesi  .  Ma  mentre  si  facea  que- 
sto negoziato  nel  dì  30  di  maggio ,  ed  era 
come  accordato  tutto^  il  marchese  di  Pe- 
scara che  avea  promesso  il  sacco  della  cit- 
tà a' suoi  fanti  spagnuoli  ed  italiani,  diede 
l'assalto  alla  breccia  fatta,  e  v'entrò  ver- 
so la  notte  colla  sua  gente,  la  qual  subito 
s'applicò  al  saccheggio.  Ciò  inteso  dal  re- 
sto dell'armata,  non  si  potè  ritenere,  che 
anch'essa  non  corresse  alla  preda.  Entra- 
rono quella  notte  il  duca  e  il  Colonna  nel- 
la misera  città  j  ma  né  essi,  né  i  fratelli 
Adorni  poterono  punto  trattenere  la  sfre- 
nata soldatesca  dal  continuare  il  sacco  per 
tutta  quella  notte  e  nel  seguente  giorno . 
E  siccome  essa  città  era  delle  più  ricche 
d' Italia  ,  cosi  immenso  fu  il  bottino  .  Di- 
cono,  che  fu  salvo  l' onor  delle  donne_,  e 
che  s'ebbe  nn  mediocre  rispetto  alle  chie- 
se .  Certo  è ,  che  fu  salvata  la  sagristia  di 
san  Lorenzo,  dove  si  conserva  il  catino  di 
smeraldo  d'impareggiabil  prezzo,  con  aver 
gtiadagnato    un  capitano  tedesco  ,    il  quale 


444  Annali  d' Italia 
già  ne  sfondava  le  porte,  mediante  lo  sbor- 
so di  mille  ducati  d'oro.  Restò  in  così 
fiera  disavventura  prigione  Pietro  Navarro 
con  altri  capitani  Francesi  ;  ed  Ottaviano 
Fregoso  ,  perchè  non  potè ,  o  non  volle  fug- 
gire, si  rendè  al  marchese  di  Pescara  ,  pres- 
so il  quale,  dice  il  Guicciardino  ,  che  egli 
mori  non  molti  mcv-si  dappoi.  Ma  F  anoni- 
mo padovano  scrive ,  essersi  il  Fregoso  da 
lì  a  qualche  tempo  riscattato  collo  sborso 
di  quindicimila  ducati  d'oro.  Fu  poi  crea- 
to doge  di  Genova  Antoniotto  Adorno,  Que- 
sti avendo  fatto  venire  artiglierie  dja  Pisa, 
fri  pochi  dì  si  rendè'' padrone  anche  della 
cittadella,  e  di  san  Francesco,  e  del  ca- 
stelletto, co^  lasciar  ripassare  in  Francia 
quelle-g'uarnigioni  •  Marciò  djpoi  il  Colon- 
na colia  vittoriosa  armata  in  Piemonte  ,  per 
opporsi  a  Roberto  Scotto  che  già  avea  pas- 
sate le  alpi^  conducendo  seco  il  suddetto 
corpo  di  milizie  francesi  ;  ma  egli  dopo 
essersi  intesi  tanti  progressi  delT  esercito 
imperiale  ,  ebbe  ordine  di  tornarsene  indie- 
tro. Trovò  esso  Colonna*,  che  i  marchesi 
di  31onferrato  e  Salnzzo  ^  aveano  in  addie- 
tro somministrati  viveri  ed  altri  aiuti  ai 
Francesi.  Non  poteano  essi  far  di  meno; 
pure  questo  fu  un  granrea^o,  per  cui  noa' 
solamente  si  diede  un  buon  rinfresco  in 
quelle  parti  alF esercito  imperiale,  ma  si 
riscossero  ancona  grosse  contribuzioni  di  | 
danaro,  .Venuto  poscia   il  dì  4^  di  luglio  y    f 

in        |i 


M 


Anno    MbXXTL  445 

in  cui  spirava  il  termine  prefìsso  per  la  re- 
sa di  Cremona  ,  il  signor  dello  Scudo  fe- 
delmente consegnò  quella  città  ai  ministri 
cesarei ,  e  con  tutto  onore  condusse  anche 
egli  le  sue  genti  in  Francia  ,  Restavano  tut- 
tavia in  poter  de'  Francesi  i  castelli  di  Mi- 
lano,  Cremona  e  Novara,  e  le  rocche  di 
Trezzo  e  Lecco.  Venne  poi  fatto  al  duca 
di  ricuperar  le  due  ultime ,  e  il  castello 
di  Novara  ,  con  rimanere  resistenti  sola- 
mente i  due  primi.  Ciò  fatto,  furono  cas* 
sate  le  fanterie  tedesche  ed  italiane  ,  e  il 
resto  distribuito  in  vari  luoghi  dello  Stato 
di  Milano. 

Non  mancarono  in  quest'anno  anche  in 
Toscana  movimenti  di  guerra  .  Renzo  da 
Ceriy  già  incitato  da' Francesi ,  si  mosse 
con  cinquecento  cavalli  e  scjltemila  fanti 
verso  Siena ,  per  introdurre  mutazion  di 
governo  in  quella  città .  Diedero  alle'  armi 
per  questo  i  Fiorentini^  e  fatto  accordo 
col  duca  d'Urbino^  a  cui  restituirono  allo- 
ra, secondo  alcuni,  la  fortezza  di  san  Leo 
nel  Montefeltro  (quando  il  Nardi,  più  in- 
formato d'essi,  la  riferisce  all'anno  1527) 
presero  per  lor  generale  il  cont^  Guido  Ran^ 
gone y  il  quale  con  tal  prudenza  andò  gua- 
stando tutti  i  disegni  di  Renzo  che  il  for- 
zò a  trattare  un  accordo,  e  così  cessò  quel- 
la briga .  Parimente  in  Romagna  furono 
ammazzamenti  e  non  pochi  disordini ,  e 
s|>ezialmente  veone    fatto    a  Sigismondo  fi* 


^i^G  Annali  d'Italia 
glio  di  Pandolfo  Malatesta  d' introdursi  se* 
gretamente  in  Rimini^  e  coli' aiuto  de'suoi 
partigiani  d'impadronirsi  di  quella  città, 
retaggio  antico  de''suoi  ascendenti.  Proce- 
deano  tali  sconcerti  dalla  discordia  del  col- 
legio de' cardinali  ,  e  dalla  lontananza  del 
papa.  Però  essi  cardinali  non  cessavano  di 
replicare  le  istanze,  perchè  il  santo  padre 
venisse  oramai  in  Italia:  cosa  ch'rsrli  non 
potè  eseguire,  per  voler  prmia  abboccarsi 
coW imperador  Carlo  F",  di  giorno  in  gior- 
no aspettato  in  Ispagna.  Ma  perciocché  es- 
so Augusto  troppo  tardava  a  venire  ,  il 
pontefice  prese  la  risoluzion  di  partirsi:  e 
quantunque  arrivasse  poi  ai  lidi  di  Sp?5gna 
esso  Carlo,  pure  Adriano  si  scusò,  e  andò 
ad  imbarcarsi  senza  vederlo,  non  sussisten- 
do ciò  che  dice  l'anonimo  padovano,  che 
per  otto  giorni  si  trattennero  amendue  in 
Barcellona  in  continui  ragionamenti  .  Il 
corteggio  del  pontefice  riuscì  magnifico  y 
perchè  composto  di  diciotto  galee,  e  d'al- 
tri legni,  di  tre,  o  quattromila  soldati,  e 
di  gran  copia  di  prelati  e  nobiltà.  Si  mos- 
se  nel  dì  sei  di  agosto,  e  sbarcò  a  Geno- 
va ,  dov€  trovò  quel  popolo  tuttavia  sba- 
lordito e  dolente  per  la  gravissima  sciTer- 
ta  burasca .  Colà  si  portarono  il  duca  di 
Milano y  Prospero  Colonna^  il  marchese  di 
Pescara^  ed  altri,  a  baciargli  il  piede.  Nel 
dì  22  d'agosto,  se  ne  parti,  e  dopo  essersi 
fermato    due    giorni    in  Livorno,    dove    fa 

I  ono- 


Anno     MDXXII.  44? 

onorevolmente  accolto  dal  cardinal  GiuHo 
de' Medici  ,  come  capo,  per  non  dir  padro- 
ne de' Fiorentini ,  si  trasferì  a  Civita-vec- 
chia. Colà  smontato  trovò  trentasette  por- 
porati che  gli  prestarono  i  dovuti  ossequj . 
Era  dianzi  entrata  la  peste  in  Roma,,  e  vi 
avea  fatta  strage  di  ottomila  persone  :  spet- 
tacolo;,  per  cui  oltre  ai  cardinali  e  prima- 
ti,, gran  parte  ancora  del  popolo  era  fug- 
gita. Perciò  tolta  l'esca  al  malore^  pochi 
più  ©ramai  ne  morivano.  Con  tutte  le  ra- 
gioni addotte  al  papa^  che  conveniva  dif- 
ferir r  ingresso  suo  in  Roma,  egli  volle 
farlo  senza  dimora^  ed  essere  coronato  . 
Intorno  al  giorno  della  sua  entrata  e  co- 
ronazione in  Roma  si  truova  discrepanza 
fra  gli  scrittori  .  .  Ma  una  lettera  di  Giro- 
lamo Negro  ^  ci^ffsYicmra,  che  ciò  avvenne 
nel  dì  2g  d' agosfò-v  Avendo  poi  quel  mi- 
scuglio di  gente  riaccesa  più  che  mai  la 
pestilenza  ,  per  cui  mancarono  di  vita  cir- 
ca altre  diecimila  persone,  il  ponteiìce  non 
per  questo  si  sbigottì,  e  ritiratosi  in  Bel- 
vedere, quivi  atteso  a  dar  sesto  agli  affari 
di  Roma.  Spedì  le  sue  genti  d'^armi  in  Ro- 
magna, che  poi  ricuperarono  Rimini  dalle 
mani  di  Pandolfo  Malatesta  ,  e  di  Sigismon- 
do suo  figlio.  Liberò  cz.iandio  ,  Imola,  Ra- 
venna, ed  altre  città  dai  sediziosi  .  Appena 
fu  intesa  l'elezion  di  questo  papa  ,  che  ^Z- 


fon- 


'  Lettere  de^  Principi  T.  i. 


^j.48       Ai^NALi    d'  Italia  .  \ 

fonso  duca  di  Ferrara,  inviò  in  Ispagna;^ 
Lodovico  Cato  a  rendergli  ubbidienza,  .rpÀ 
ad  informarlo  delle  violenze  contra  di  lui'^ 
usate  dai  due  precedenti  pontefici .  Venuto  j 
poi  il  papa  a  Roma,  annullò  il  monitorio'^ 
di  papa  Leone  Z,  e  le  censure  pubblicate ^ 
contra  d'esso  duca;  gli  confermò  Ferrara,] 
il  Finale ,  e  san  Felice  ;  e  gli  promise  la  I 
restituzione  di  Modena  e  Reggio.  Con  tali 
congiuntura  Alfonso  ricuperò  Cento  e  laj 
Pieve.  Si  provarono  in  quest'anno  le  de- ^ 
plorabjli  conseguenze  della  guerra  suscitata, 
da  esso  papa  Leone  ,  perchè  oltre  alla  de-j 
solazion  della  Lombardia  e  di  Genova ^  ili 
sultano  de"*  Turchi  Solimano  ,  veggerido  im-  i 
pegnati  i  principi  cristiani  nelle  loro  dete-  ì 
stabili  discordie,  itct,.,<?(gn  ,  un  formidabile  ■ 
esercito  per  mare  e  pqr  terra  all'assedio  j 
dell'isola  di  Rodi,  posseduta  per  tanto] 
tempo  dai  cavalieri  gerosolimitani,  quan^ ^ 
tnnque  una  stupenda  difesa  trovasse,  peri 
cui  dicono  ,  che  tra  malattie  e  ferite  per-  \ 
desse  circa  centomila  persone:  pure  infinsi 
per  colpa  d'alcuni  traditori  empj  cristiania 
se  ne  impadronì  nel  dì  20  di  dicembre ,  ] 
con  danno  ed  infamia  incredibile  della  cri- ^ 
stianità.  Implorarono  que'  cavalieri  soccorso  \ 
da  Roma,  da  Venezia,  dall'^mperadore ,  e' 
da  altri  principi  cristiani .  Neppur  uno  alzò  < 
un  dito  per  aiutarli,  intenti  tutti  a  scan-j 
narsi  fra  loro.  Similmente  con  sìfavorevo«j 
le  congiuntura  si  andò  dilatando  semprepiù  | 

l'  ere«      « 

i 


Anno  MDXXIL  449 
r  eresia  di  fra  Martino  Lutero  per  la  Ger- 
mania^ e  quella  di  Zuinglio  per  gli  Svizzeri . 
Ebbe  anche  principio  la  crudelissima  degli 
Anabatisti .  Povera  Cristianità  in  questi 
tempi  ! 

Anno  di  Crtsto  1523  ,  Indizione  xi. 
di  CLEMENTfc:  Ylf  5  papa   i. 
di  Carlo  V,  imperadore  5. 

Iviuscì    in  quest'anno    a  Francesco    Blarìa 
Sfar  za ,  duca  di  Milano,  di   ridurre  in  suo 
potere  il  fortissimo  castello  di  quella  città, 
avendo  capitolato    quel  castellano ,    che    se 
in  termine  d'un  mese  non  veniva  soccorso, 
lo    renderebbe  ,    perchè    oramai    penuriava 
troppo  di  vettovaglie  e  di  gente  .  L'  anoni- 
mo padovano  scrive  ,  che  la  resa  seguì  nel 
dì   17  di  maggio.  li  Guicciardino  ,  che  nel 
dì   14  di  aprile  .  Si  trovò^,  che  quella  guer- 
nigione    era  ridotta    a    soli  quarantacinque 
uomini.    Sicché    restò    il    solo   castello    di 
Cremona    in  man  de' Francesi,    ed  era  ben 
provveduto.    Pare,    che    sia  più  verisimile 
l'asserzione    del  Guicciardino    intorno    alla 
resa    del   castello    di    Milano;    perciocché, 
quantunque    non    avesse    il    duca    peranche 
ottenuto  daW augusto  Carlo  l'investitura  di 
quel  ducatO;,    pure  ilei  dì   24  di  aprile  con 
gran  scjennità  e  pari  allegrezza  del  popolo 
ne  prese  il  possesso  in  Milano.    E  qui  non 
si    vuol  tacere    un  grave  pericolo,    in   cui 
Tomo  XXIL  F  f  in- 


45^      Annali    d' Itali  a 

incorse  quel  duca    nel  mese  d' agosto  .  Efi 
egli  stato    più    dì    a  Monza   per  fuggire  il 
caldo.    Nel  tornare  cVegli    facea    a  dì  25 
d'  esso  mese   a  Milano ,    i  duecento    cavalli 
di  sua  guardia    parte  camminavano  avanti, 
e  parte    gli  teneano  dietro    molto  lontani  , 
a  cagion    del   gran   polverìo,    ed    egli    con 
pochi  marciava  nel  mezzo.   Fra  questi  pò- 1 
chi  era  Bonifazio   Visconte  suo  cameriere  ,  j 
che  conceputo  un  odio  grande  per  la  morte  | 
dianzi    data    e    monsignorino   Visconte ,    e  i 
perchè  gli  era  stata  tolta  una  prefettura  ia  | 
¥al-di-sesia ,  ne  meditava  vendetta;    e  fifl-l 
gendo  di  voler  parlare  al  duca  in  segrptoy^ 
con  un  pugnale  gli  tirò  un  colpo  alla  testa, "^J 
ma    per  cavalcare  esso  duca    una  muletta  ,  | 
e  Bonifazio    un  alto   e  velocissimo    cavallo  j 
turco,  andò  il  colpo  solamente  a  fare  una  J 
legger  ferita  nella  spalla .  Itiseguito  costui ,  | 
mercè  delP ottimo  cavallo,  ebbe  la  fortuna  ^ 
di  salvarsi  in  Piemonte,  e  poi  in  Francia,  i 
Questo  accidente  fece  sospettar  qualche  con-  ì 
giura ,    e  molti  furono  imprigionati  in  Mi-  > 
lano,    ed .  alcuni    ancora    impiccati*    Guarì  > 
facilmente    il  duca.    Nondùneno    fra  Paolo  ; 
carmelitano  ,  scrittore  di  questi  tempi  nella  ; 
sua  storia  manuscritta  racconta,  che  il  pu-  \ 
gnale  era  avvelenato ,   perlocchè  ne  fu  dif-  ^ 
ilcile  la  guarigione,    ed  essergli  restata  dal 
lì  innanzi  una  debolezza   di  nervi.    Sparsa] 
e  ingrandita    la  vece    di    questo    fatto,    le  .j 
città  di  '^Valenza  e-  d'Asti  furono  prese  dai  , 

fuo-      'i 


Anno    MDXXIII.        451 

fuorusciti  Milanesi;  ma  spedito  colà  An- 
tonio da  Leva^  ricuperò  queMuoghi  .  Avea 
intanto  V  imperador  Carlo  ^  dappoiché  vide 
cacciati  quasi  affatto  fuori  di  Lombardia  i 
Francesi  3  applicati  i  suoi  pensieri  a  prov- 
vedere, che  non  vi  tornassero.  Bramoso 
dunque  di  staccar  da  essi  il  valoroso  duca 
di  Ferrara  Alfonso  ,  e  massimamente  il 
Senato  veneto  y  da  Vagiiadolid  spedì  in 
Italia  Girolamo  Adorno  suo  consigliere, 
persona  di  rara  abilità  e  destrezza,  accioc- 
ché ne  trattasse  ^ 

Venuto  questo  ministro  cesareo  a  Ferra- 
ra ,  nel  dì  29  di  novembre  dell'anno  p?e- 
cedente  s'accordò  col  duca,  obbligandosi 
r  imperadore  di  tenere  quel  principe  sotto 
la  sua  protezione,  di  coafermargli  l'inve- 
stitura imperiale  de*  suoi  Stati ,  e  di  fargli 
restituire  Modena  e  Reggio,  con  che  egli 
pagasse  alla  maestà  sua  cento  cinquantami- 
la scudi  d'oro.  Non  volle  il  duca  prendere 
impegno  alcuno  contra  de' Fran'^esi^  perchè 
restavano  tuttavia  allora  in  man  d'essi  i 
castelli  di  Milano  e  dì  Cremona^  e  forse 
non  s'erano  loro  tolte  peranche  le  fortezze 
di  Trezzo  e  di  Lecco,  e  poi  si  udivano 
dei  gran  preparamenti  del  re  Francesco , 
per  tornar  in  Italia.  Andò  poscia  l'Adorno 
anche  a  Venezia  ,  dove  propose  a  quel  Se- 
nato una  lega  coli'  imperadore  .  Grandi  e 
lunghi  furono  i  dibattimenti  fra  que' saggi 
senatori ,  perchè  dall'  un  canto  sembrava 
,  F  f  2  pre- 


452       Annali   d'Italia 

preponderare  la  potenza  di  chi  era  impe- 
radere  ed  insieme  re  di  Spagna  ,  corrobo- 
rata dal  duca  di  Milano  ,  che  uguale  inte- 
resse avea  con  esso  Augusto.  Ma  dall'altra 
parte  V  abbandonare  il  re  di  Francia  già 
collegato  parca  cosa  di  poco  onore;  oltre 
di  che  i  sicari  avvisi  dell*  armamento  che 
egli  facea  ,  tenevano  divisi  e  sospesi  gli 
animi  di  ciascuno.  Intanto ^  perchè  venne 
a  morte  1'  Adorno ,  restò  intepidito  quel 
negoziato .  Ma  da  lì  a  un  mese  essendo 
stato  spedito  da  Cesare  a  Venezia  Marino 
Caracciolo  protonotario  apostolico^  si  ripi- 
gliò con  più  vigore  .  Venne  poi  a  morte 
nel  dì  sette  di  luglio,  per  attestato  del 
Sansovino  ,  il  doge  Antonio  Grimani ,  e  in 
luogo  suo  restò  eletto  Andrea  Gritti  ^  per- 
sonaggio che  abbiam  veduto  dar  tante  prove 
di  valore  e  prudenza  nelle  sì  fiere  contin- 
genze di  quella  repubblica  .  E'  ben  da  stu- 
pire, come  una  Cronica  manuscritta  di  Ve- 
nezia metta  la  di  lui  elezione  nel  dì  20 
d'aprile,  e  fra  Paolo  carmelitano  nel  dì  20 
di  maggio  .  Né  Io  stesso  Sansovino  sembra 
assai  concorde  con  sestesso ,  e  discorda  an- 
cora da  Pietro  Giustiniano  nelT  assegnare 
il  tempo  del  ducato  del  Grimani.  Ora  il 
Gritti ,  siccome  persona  di  gran  saviezza  , 
mai  non  volle  palesare  il  sentimento  suo 
intorno  alla  lega  proposta  dal  ministro  ce- 
sareo,  lasciandone  tutta  la  risoluzione  al 
Senato,    E  questa  finalmente    fu    conchiusa 

sul 


Anno  MDXXIIL  455 
sul  line  di  luglio  fra  essi  Veneziani ,  Vim^ 
jieradore  Ferdinando  arciduca ,  e  Francesco 
duca  di  Milano .  Crebbe  poi  questa  lega  , 
perciocché  paiJa  Adriano  VI  amantissimo 
peraltro  della  pace  d'Italia,  dopo  aver  con 
lettere  efficaci  esortati  tutti  i  principi  a 
conservarla,  per  potere  accudire  air  impre- 
sa contra  del  Turco,  veggendo  pure  osti- 
nato il  re  di  Francia  a  volerla  di  nuovo 
turbare,  nel  di  ire  d'agosto  entrò  anche 
egli  in  essa  lega ,  siccome  i  re  d' Inghil- 
terra e  d'Ungheria,  i  Fiorentini  ,  Sanesl 
e  Genovesi .  E  perchè  si  scoprì ,  che  Fran^ 
Cesco  Soderino  cardinale  di  Volterra^  mo- 
strandosi appassionato  per  la  pace  ,  e  ma- 
ncggiator  d'essa,  segretamente  intanto  tra- 
mava in  Sicilia  una  congiura  coatro  l'im- 
peradore^  e  sollecitava  il  re  Cristianissimo, 
che  colà  inviasse  la  sua  flotta,  fu  per  or- 
dine del  pontefice  inviato  prigione  in  ca- 
stello sant'Angelo . 

Ma  che  ?  il  buon  papa  Adriano  sul  più 
bello  fu  da  questi  terreni  imbrogli  chiamato 
da  Dio  a  miglior  vita  nel  dì  14  di  settem- 
bre ,  con  poco  dispiacere ,  sennon  anclie  con 
gaudio  della  corte  di  Roma ,  riguardante 
poco  di  buon  occhio  un  pontefice  non  ita- 
liano, e  trovandolo  anzi  uomo  inesperto 
ne' grandi  affari  politici,  ossia  nelle  finez- 
ze della  mondana  sapienza ,  la  quale  infine 
davanti  a  Dio  ha  un  altro  nome  .  Peraltro 
egli   fu  poBlefice  pieno    d'ottima    volontà, 

Ff  3  la 


454      Annali     d'Italia 

èì  sapere  e  probità  non  ordinaria  ;  e  s'egli  \ 

fosse  sopravvivuto,  siccome  aderiva  a  con-  | 

vocare    un  concilio    generale    dtjlla  Chiesa ,  J 

per  riformar  gli  abusi ,  così  grande  speran-  ; 

za  e'  era  di  poter  rimediare  al  sempre  più  ] 

crescente  scisma  del  Settentrione .  La  mor-  l 

te  del  papa,    quanto    dall'una  parte  scom-  ] 

pigliò  i  disegni  della  lega  suddetta  ,  tanto  ] 

dall'altra  animò  Francesco  re  di  Francia  a  - 

proseguir    con   più   calore   i    suoi  prepara*  ; 

menti    e  disegni    per  calare  in  Italia.   Era  I 

stato  finquì  Alfonso  duca  di  Ferrara  aspet-  j 

tando  con  pazienza  la  restituzion  delle  sue  ì 

città    di  Modena    e  Reggio  promessa  tante  j 

volte    da    -papa  Leone    JC,    e    dallo    stesso  \ 

Adriano  VI.  Ma  il  possesso  e  dominio  de-  ] 

gli  Stati    terreni,    quand'anche    sia  ingiù-  ì 

sto,    porta  seco  un  tale  incanto,    che  niun  i 

quasi  mai  sa  indursi  a  spogliarsene,  se  non  ' 

si  adopera  V  esorcismo  della  forza .  Il  per-  j 

che  veggendosi  il  duca  cotanto  deluso,   non  | 

potè    più  stare    alle   mosse.    Aveva   dianzi  | 

l''imperadore   tolta    la    terra    di    Carpi    ad  j 

Alberto  Fio  ^  gran  cabbalista  di  questi  tem-  | 

pi ,  che  dopo  aver  tradito  esso  Augusto,  | 
era  dietro  a  far  lo  stesso  giuoco  al  papa 
che  gli  avea  affidata  la  custodia  di  Reggio 
e  di  Rubiera  ,  come  s' ha  dal  Guicciar^ìino. 
Ora  innanzi  che  accadesse  la  morte ,  del 
papa ,  Renzo  da  C'eri  avea  tolta  essa  terra 
di  Carpi  agl'imperiali  con  inalberar  ivi  le 
bandiere  di  Francia  .  Dappoiché  fu  mancato 

di 


Anno    MDXXIII.  455 

Ji    vita  papa  Adriano,    si    diede  Renzo    a 
far  delle  scorrevie    fra  Modena    e  Reggio  . 
Tentò  anche  Rubiera,  ma  indarno.  In  que- 
sto tempo  il  duca  Alfonso^  sperando  d'es- 
sere   sostenuto    da   esso  Renzo,   usci    colle 
sue  gfvnti  in  campagna.   Nel  dì  27    di  set- 
tembre   si  presentò    davanti    a  Modena,    e 
ne    fece    la  chiamata.    Perchè    dentro  v'era 
Francesco  Gaicciardino  governatore  pel  pa- 
pa,   e    il  conte  Guido  Bangone    con    forza 
valevole    da    poter    sostenere    la    città ,    fu 
mandato  in  pace.    Voltossi  il  duca  a  Reg- 
gio,   dove    nel    dì  29    del    mese  suddetto, 
senza  dover  usare  violenza,  da  quel  popo- 
lo fu  allegramente   ricevuto  ;  e  poco  stette 
a  impadronfrsi   anche  della  cittadella    e  di 
tutto    il  contado.    Venuto  poi  al  forte  ca- 
stello   di  Rubiera    iulla  via  Emilia,    ossia 
Claudia,    colle  artiglierie    forzò    la    terra, 
ed    appresso    anche    la    rocca    a    rendersi . 
Avrebbe  innoltre    potuto  ridurre    alla    sua 
ubbidienza   Parma    ch'era    senza    presidio, 
e  minacciata   colle  scorrerie   da  Renzo    da 
Ceri;    ma  avendo   i  Parmigiani  mandato  a 
Rubiera    per    saper    l' intenzione    del    duca 
Alfonso,  e  udito,  ch'egli  altro  non  voleva 
sennon  ricuperare  il  suo ,  e  uon  occupar  quel- 
lo che  era  della  Chiesa  ,  allora  si  animarono 
;a  difendere  la  lor  città,  e  iìnì  la  loro  paura. 
Erano  in  questi  tempi  nate  controversie 
fra  il  re  Francesco    e    Carlo    duca  di  Bor- 
bone della  real    casa    di    Francia  ,    per    le 

Ff  4  qua- 


45^         Annali    b' Italia, 

quali  questo   principe    disgustato    avéà    s 
gret^mente  preso  il  partito  di  Cario  Impe-^ 
r adoro  •  E  pv^rciacchè  il  re  avendo  già  rau- 
nata     una    possente     armata ,    meditava   di 
portarsi  in  persona  a  riacquistare  lo  Stato    > 
ci   MJc/io,  giacché    per  pruova  avea  cono-    f 
sciuto  ,  clie  la  presenza  del  principe  influì-   | 
va  troppo  al  Luon  esito  delle  imprese  :  il   | 
Br-i-Vvn^ci  con  Cesare  avea  progettato  di  as-   1 
salive  nella  lontananza  del   re  la  Borgogna    i 
maggiore  ;  al  qual  fine  s'  andavano  ammas- 
sando dodicimila  tedeschi  .    Traspirò    que-   j 
sta  mena,  allorché  il    re    Cristianissimo  fu   | 
giunto  a  Lione  ;  epperò  il  duca  di  Borbo-   \ 
ne  5  che  quasi  fu  colto  nelle  rete^  ebbe  la   ì 
fortuna  di  salvarsi  travestito  in  Germania,    ; 
daddove  poi  il   vedremo  venire   in  Italia  .   ] 
Cagion  fu  la  cospirazione  suddetta  ^  che  il   i 
re    Francesco    si    astenne    per  ora  dal  pas*   ■ 
sarà  i    monti  per    timore    d' altre    segrete   , 
insidie  ;  ma  non  per  questo  lasciò  d' invia-  | 
re  in    Lombardia    per    generale   Guglielmo  \ 
Grosserlo  ^    per     soprannome    il    Bonivet  ,  \ 
ammiraglio  allora  di  Francia^  che   per  fa-  ^ 
vore  spezialmente  di  Lodovica   madre    del  1 
re  era  salito  ai  primi  onori ,  e  alla  confi-  j 
denza  del  re  medesim.o,  ma  che  accoppia-  I 
va  coir  ignoranza  del  raestier  della  guerra  i 
una  somma  arroganza  e  superbia  .  Fodero-  'j 
sa  era  l'armata  ch'egli  conduceva,  perchè  j 
composta  di  ottomila  Svizzeri ,  seimila  Te-  | 
deschi  ,  fremila  Italiani ,    tremila    Guasco-  j 

ni,      ì 


Anno     MDXXIII.        457 
ni  ,  lance  mille  e  ottocento,  arcieri  duerni*^ 
la  .  Il  Guicciardino  parla    di  seimila  Sviz- 
zeri ,    seimila    fanti    tedeschi  ,    dodicimila 
Francesi,  e  tremila  Italiani,  oltre  alle  sud- 
dette lance.  Sul  principio  di  settembre  ar- 
rivò questo  esercito  a  Susa .  Aveano  i  Ve- 
ziani  collegati  con    Cesare    eletto    per    lor 
generale  Francesco  Maria  duca  d'Urbino  , 
né    tardarono    a    spedirlo    nel    Bergamasco 
con    cinquecento    lance,    cinquemila    fanti, 
e  cinquecento  cavaìli  leggeri,  acciocché  ad 
ogni  cenno  di  Prospero    Colonna  passassero 
r  Adda.    Parimente    V  arciduca  Ferdinando 
inviò    seimila    fanti    a    Milano.  Trovavasi 
allora  il   Colonnese    malconcio    di   sanità  : 
contuttpciò ,  dopo  aver  presidiata  Pavia,  e 
mandato    Federigo     marchese     di    Mantova 
alla  guardia  di  Cremona  ,  allorché  sentì  av- 
vicinarsi i  Francesi  ,  fattosi  portaife  in  let- 
tiga ,  s"*  andò  a  postare  al  Ticino  con  pen- 
siero di  contrastarne  loro  il  passaggio.  Ca- 
lati i  Francesi  ,    poco  stettero    a  impadro- 
nirsi di  Asti,  Alessandria  e  Novara  .  Tro- 
vato anche  il  fiume  Ticino  molto  magro  ^ 
cominciarono  in  più  luoghi  a  passarlo:  loc- 
che  obbligò  il  Colonna  a  ritirarsi  in  fretta 
a  Milano ,    nel    cui    popolo  era  entrata    sì 
fatta  costernazione  ,  che  per  sentimento  dei 
saggi  ,    £e  il  Bonivct  marciava    a  dirittura 
colà   ,  senza  fatica  v'entrava.  Ma  per  vo- 
ler egli  aspettare  il  resto  di  sue  genti,  si 
fermò  tre  giorni  senza  alcuna  azione ,  dan- 
do 


458  Annali  d' Italia 
ciò  tempo  ai  Cesariani  e  Milanesi  di  ben 
fornire  di  vettovaglie  la  città,  di  rifare  i^ 
bastioni  de*  borghi ,  e  di  ricevere  un  soc- 
corso di  quattromila  fanti  italiani  ;  coni 
che  tornò  il  cuore  in  corpo  a  quel  popo- 
lo,  e  per  l'avversione  che  ognun  nudriva 
contro  i  Francesi  ,  si  dispose  ad  una  ga- 
gliarda difesa . 

Intanto  V  armata  francese  s' inoltrò  a  Bi- 
ifiasco  ,  e  facendo  continue  scorrerie  fino 
alle  porte  di  Miiano  ,  s' impossessò  di  Mon- 
za ,  dove  fu  posta  molta  cavalleria^  affin- 
chè per  quella  parte  non  passassero  vetto- 
vaglie a  Milano  .  Venne  in  questo  tempo 
avviso  all'  ammiraglio  Bonivet  ,  avere  il 
comandante  francese  del  castello  di  Cremona 
siccome  ridotto  agli  estremi  per  penuria  di 
viveri,  capitolato  di  renderlo,  se  in  termi- 
ne di  quindici  giorni  non  gli  veniva  soc- 
corso ;  e  che  il  marchese  di  Mantova  si 
era  portato  a  Lodi  con  duemila  fanti  e 
cinquecento  cavalli ,  per  vietare  il  passo  ai 
Francesi.  Premendogli  di  conservar  quelU 
fortezza^  spedì  il  signor  di  Baìardo  gFc-^ 
derigo  da  Bozzolo  con  ottomila  fanti:  due- 
mila cavalli  e  dieci  pezzi  d' artiglieria  a 
Lodi .  A  questo  avviso  fu  ben  diligente  il 
marchese  di  Mantova  a  ritornarsene  a  Cre- 
mona.  Entrarono  i  Francesi  in  Lodi^  ed 
ivi  restato  il  Baiardo  con  mille  fanti ,  Fe- 
derigo seco  menando  gran  quantità  di  ri- 
ni^  farine  e  grascia ,  senza  far  pausa  alcu* 

na. 


KA  N  N  o  MDXXIir.  459 
^jitò  il  viaggio  a  Cremona,  e  nel 
àt  20  di  settembre  introdusse  in  quel  ca- 
stello i  viveri,  e  invece  de' soldati  la  mag- 
gior parte  malati ,  ve  ne  mise  dei  sani  . 
L'altro  giorno  se  ne  ritornò  con  tutto  ono- 
te  a  Lodi .  Questa  azione  dèHiozzolo  fece 
nascere  speranza  al  Bonivet  di  acquistare 
la  stessa  città  di  Cremona;  epperò 'colà 
rimandò  il  suddetto  Federigo  con  seimila 
fanti  e  mille  cavalli  ,  a  cui  poscia  si  ag- 
giunse Renzo  da  Ceri  con  tremila  fanti  . 
Speravano  questi  capitani  di  penetrar  niella 
città  per  via  della  fortezza  ,  ma  si-  disin- 
gannarono in  più  assalti  ,  con  loro  gran 
danno  dati  ai  trinceramenti  e  ripari  fat- 
ti fra  la  città  e  il  castello  ,  con  bravu- 
ra da  Niccolò  Varolo  .  Siccliè  si  rivolsero 
a  bombardar  le  mura  della  città^  alla  porta 
di  san  Luca.  Fatta  larga  breccia,  mentre 
si  accingevano  a  dar  la  battaglia  ,  eccoti 
un'  impetuosa  pioggia  che  durò  quattro 
giorni  ,  con  impedire  il  trasporto  delle 
vettovaglie,  e  fu  forza  di  prenderne  dallo 
stesso  castello.  E  perciocché  s'erano  in- 
grossali i  fiumi,  Federigo  da  Bozzolo  pre- 
se la  risoluzione  di  ritirarsi,,'  affinchè  non 
^V  incontrasse  di  peggio  ;  e  tutto  spelato  , 
anzi  rovinato  si  ridusse  a  Lodi  circa  la 
metà  di  ottobre.  Giacché  questo  colpo  èra 
andato  fallito,  T  ammiraglio  si  accostò  coli' 
esercito  a  Milano,  confidando  di  poter  ri- 
durre   a'  suoi    voleri     quell'    augusta    città 

pie- 


i^Go      Annali    d' Italia 

piena  di  popolo,  con  impedire,  o  clifficul- 
tare  il  passo  alle  vettovaglie.  Andava sein- 
prepiìi  crescendo  T infermità  di  Frosptro 
Colonna  y  epperò  egli  diede  l'incombenza 
della  difesa  della  città  al  signor  di  Alar- 
cene .  Facea  questi  ogni  dì  uscire  i  suoi 
cavalli  per  servire  di  scorta  a  chi  portava 
de' viveri,,  e  ne  venivano  non  pochi  dalla 
Ghiaradadda  ,  e  dai  monti  di  Brianza  .  Ma 
ito  sul  fin  d'  ottobre  il  signor  di  san  Po- 
lo francese  a  Caravaggio,  diede  un  orribil 
sacco  a  quella  terra  ^  e  per  que'  contorni  , 
e  per  li  suddetti  monti  saccheggiò  o  bru- 
ciò molte  altre  ville  e  castella  :  locchè 
riempiè  di  terrore  tutti  quegli  abitanti  . 
Air  incontro  spedito  il  warcliese  di  Manto^ 
va  con  ottocento  cavalli  ,  e  tremila  fanti 
venuti  da  Genova  di  qua  da  Po ,  riprese 
Alessandria  e  molte  castella  :  con  che  proi- 
bì a  tutta  quella  contrada  ^  e  al  Piemonte, 
che  ninna  vettovaglia  portassero  al  campo 
francese.  Il  perchè  l'esercito  francese  co- 
minciò a  far  quaresima  prima  del  tempo, 
€  si  trovava  di  mala  vòglia.  Ma  neppure 
avea  occasion  di  cantare  l'esercito  cesareo 
di  Milano,  perchè  scarseggiava  di  vitto,  e 
più  di  paghe.  Perciò  il  Colonna  co' prima- 
rj  ,  consapevoli  della  promessa  fatta  dalt'im- 
peradore  di  restituir  Modena  ad  Alfonso  du- 
ca di  Ferrara  collo  sborso  di  gran  somma 
di  danaro;  ed  anche  informati,  che  que- 
sto principe  con    tutte  le  istanze    fatte  dai 

Fran- 


Anno  MDXXIII.  i^Gi 
Francesi  ,  non  av.ea  voluto  assisterli  nell' 
assedio  di  Cremona  :  inviarono  oratori  a 
lui  per  dargli  Modena  ,  purché  di  presen- 
te sborsasse  trentamila  ducati  d'  oro  ,  e 
venti  altri  nel  termine  di  due  mesi  .  Era 
già  fatto  r  accordo  ;  ma  Franceseo  Guic- 
clardino  y  governator  di  Modena  per  la 
Chiesa  ,  tanto  seppe  fare  ,  che  distrusse 
tutti  i  disegni  del  Colonna  ,  e  le  speranze 
del  duca .  Intanto  non  potendo  più  il  Bo- 
nivet  per  le  piogge  ,  e  per  altre  incorno*- 
dita  fermarsi  sotto  Milano ,  e  massimamen* 
te  perchè  circa  la  metà  di  novembre  gli 
era  andato  fallito  un  tradimento  concertato 
con  Morgante  da  Parma  ;  ed  essendo  anche 
sopravvenute  le  nevi^  intavolò  un  trattato 
di  tregua  cogl"* Imperiali.  Ma  perchè  que- 
sto non  si  conchiuse ,  levò  finalmente  nel 
dì  27  di  novembre  il  campo,,  e  senza  che 
Prospero  Colonna  volesse  permettere  V  in- 
seguirli ,  si  ridusse  a  Biagrasso  e  Rosate. 

Mentre  per  queste  diaboliche  guerre  si 
trovava  involto  lo  Stato  di  Milano  in  indi- 
cibili calamità,  si  rallegrò  la  Chiesa  di  Dio 
dopo  due  mesi  di  Conclave^  e  dopo  assais- 
sime  gare  e  discordie  de'  cardinali^,  per  la 
elezione  di  Giulio  cardinale  de'  Medici  , 
effettuata  nel  dì  19  di  novembre,  il  quale 
assunse  il  nome  di  Clemente  VII,  perso- 
naggio di  gran  senno ,  e  di  non  minore 
perizia  nel  governo  degli  Stati  ^  €  tale  ^ 
che  mirabili  cose  dalla  di  lui  testa  gravi- 
da 


46  2       Annali     d' Italia  • 

da  di  politica  si  promise  il    popolo   romà^  1 
no.  Qaai  mezzi  adoperasse  egli,  per  salire  i 
a  sì  eminente    dignità  ,  può    il  lettore  ap-  ] 
prenderlo  dal  Guicciardino.  L'anonimo  pa-  s 
dovano    ci  assicura ,    che    terminate    le  so-  [ 
lenni    funzioni    della    coronazione  ,    questo  ì 
pontefice  dichiarò  di    voler    essere  amator  J 
della  pace,  e  pastore    senza  parzialità    del  ^ 
Signore^  e  che  accorderebbe  insieme  i  prin-  j 
cipi  cristiani ,  per    formar  poscia  una  ero-  ^ 
ciata  contro  gF  infedeli  .  Certo  è,  che  con  i 
un  atto  di  gloriosa  generosità    diede  prin-  \ 
cipio  al  suo  governo^  avendo  perdonato  al  ^ 
cardinal  Soderino^  suo  gran    nemico    negli  j 
anni  addietro  ,  e  molto  più  nel  conclave  ,  a    ■ 
cui  liberato  dalla  prigione  intervenne  .  Pa-    | 
rimente    si    osservò  in  lui    abborrimento  a  ) 
far  leghe,  e  ad  entrare  in  impegni  di  guer-    ' 
ra  .    Intanto    T  assunzione    sua  fece  quetar   ì 
tutti  i  rumori  insorti  nello  Stato  ecclesia-    i 
stico^    e    il    duca    di   Ferrara ,   dopo  aver    i 
lasciati  buoni    presidj    in  Reggio  e  Rubie-   ^ 
ra  ,  cessò  d'inquietare  la  città  di  Modena.    ^ 
Inviò    poscia    esso    duca    i    suoi  oratori    a    j 
Roma    per    rendere    ubbidienza    al  novello    j 
pontefice,  e  per  chiedere  la  restituzion    di    t 
essa  Modena ,  tante  volte  promessa  dai  due    l 
precedenti    papi .    Clemente   per  lo  contra- 
rio facea    istanze ,    che    il   duca  restituisse 
Reggio    e  Rubiera.    Varie    sessioni  furono 
ferciò    tenute,    e  andando^  l'affare  in  lun-, 
go  ,  altro  non  si  conchiuse  infine ,  sennon- 
ché 


d 


Anno     MDXXIII.  463 

che  vi  fosse  tregua  fra  loro  per  un  anno 
da  cominciarsi  nel  di  15  di  marzo  dell' 
anno  seguente  1524  ;  e  che  ognun  posse- 
desse quel  che  aveva  ,  senza  innovar  cosa 
alcuna  :  locchè  fa  poi  puntualmente  ese- 
guito dal  duca  Alfonso  ,  ma  non  così  da 
papa  Clemente  .  Andava  in  questo  mentre 
semprepiù  peggiorando  '  di  salute  Prospero 
Colonna  ,  laonde  Carlo  iìiiperadore  pensò  al- 
la provvisione  di  un  nuovo  condottiere  del- 
le armi  sue  in  Lombardia  ,^  e  insieme  a  rin- 
*  forzare  l'esercito  suo  per  iscacciare  i  Fran- 
cesi .  Ebbe  ordine  don  Carlo  de  Nois ,  os- 
.sia  della.  Noia  ^  viceré  di  Napoli,  di  veni- 
/ì^  a  Milano  ,  ed  egli  infatti  arrivò  a  Bo- 
logna verso  la  metà  di  dicembre,  menan- 
do seco  non  più  di  trecento  '  cavalli  e  di 
mille  fanti.  Passato  dipoi  a  Parma,  giunse 
colà  ancora  Carlo  duca  di  Borbone  ,  tutto 
voglioso  di  far  del  male  al  re  di  Francia 
che  gli  avea  occupato  gli  stati  e  mobili 
suoi  di  sommo  valore.  Stettero  ivi  fermi 
per  otto  giorni  ,  conferendo  insieme  di 
quel  che  s' avesse' a  fare.  Avea  il  Borbo- 
ne portato  seco  un  brevetto  di  luogotenen- 
te generale  di  Cesare  .  Venne  ad  unir- 
si con  loro  anche  il  marchese  di  Pescara 
che  condusse  altri  mille  fanti  dal  regno 
di  Napoli .  Andati  di  là  a  Pavia,  e  rice- 
vuta una  potente  scorta,  si  ridussero  poi 
tuni  a  Milano  sul  fine  dell' anno  3  e  tro- 
vato tuttavia  vivente  il  Colonna  ,  andarono 

a  vi- 


I 


^Gù^  Annali  i>' Italia,  ec. 
a  visitarlo  .  Ma  egli  nel  dì  penultimo  dW 
dicembre,  per  attestato  del  Guicciardino 
eppure  neir  ultimo,  come  ha  V  anonimo 
padovano,  diede  fine  al  suo  vivere,  con 
sospetto ,  secondo  il  solito ,  di  veleno ,  te- 
stando gran  fama  di  lui,,  cioè  d'un  capi- 
tano di  rara  saviezza  e  valore  ,  a  cui  si- 
mile un  pezzo  fa  non  avea  veduto  l'Italia, 
ma  insieme  la  taccia  di  molta  libidine, 
da  cui  probabilmente  prorenne  il  veleno, 
che  il  trasse  a  morte.  Solennissirae  esequie  | 
furono  a  lui  fatte  ^  e  il  corpo  suo  cou 
quello  di  Marco  Antonio  fu  p<di  trasportar 
to  a  Napoli . 


Fine  del  Tomo  vigcslmosecondo . 


Mf'^..^^,     , 


ì      DG 

Muratori,  Lodovico  Antonio 

.  ^66 

Annali  d'Italia  Ed. 

-   M9 

novissima 

l'^QA 

t,22 

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