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Full text of "Annali d'Italia"

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ANNALI  D' ITALIA 


D    I 


LODOVICO-ANTONIO  MURATORI 


EDIZIONE     NOVISSIMA. 


TOMO     XXIV. 


IN     VENEZIA     MDCCCI. 

Dall»  Tipografia  di  Antonio  Curti 

PRESSO     OIUSTIMO      fASQ.UAlI      Q..     MARIO 

Con  Privilegio. 


In  questo 

TOMO      XXIV. 

Si  comprende  lo  spazio  di  tempo  scor- 
so dairanno  di  Cristo  MDLXVII  ,  In- 
dizione X  ,  fino  air  anno  di  Ckisto 
MDCXXIX,  Indizione  XII. 

di  Urbano  VIII,  papa  7. 

di  Ferdinando  II,  imperadcre  11^ 


tir 


ANNALI   D'ITALIA 

Dal  principio  dell'ERA  Volgare 
■fino  all'anno   1749^ 

Anno  di  Cristo   15^7,  Indizione  X. 
di  Pio  V,  papa  2. 
di  Massimiliano  II,  imperadore  4. 

Uacchè  si  vedeano  con  dolore  i  progres- 
si deir  eresia  in  Francia  e  nei  Paesi  bassi , 
attese  con  diligenza  il  sommo  pontefice 
Pio  a  preservare  specialmente  V  Italia  da 
quella  perniciosa  influenza  .  Sotto  i  prece- 
denti papi  non  avea  faUo  grande  strepito 
V  inquisizione  in  Roma  ;  tornò  a  farsi  sen- 
tire il  sua  vigore,  ed  anche  rigore^  sotto 
questo  zelantissimo  papa.  E  che  in  Italia 
non  mancassero  dL  quelle  teste ,  che  co- 
fninciarono  a  disapprovar  certi  usi  della 
Chiesa ,  anzi  segretamente  sostenevano  i 
perversi  insegnamenti  degli  Eretici  di  que- 
sto secolo  ,  non  se  ne  può  dubitare .  Ha 
pur  troppo  anche  V  Italia  somministrati 
eresiarchi  agli  Oltramontani ,  e  si  videro 
persóne  di  gt'an  distinzione  passare  talvol- 
ta nel  campo  dei  Protestanti .  Ora  alcuni 
di  costoro  patentemente  ribellati  alla  vera 
Chiesa  di  Dio,  furono  presi  in  varie  par- 
ti,  e  il  pontefice  avendoli  ottenuti  dal  du- 
ca di  Firenze  ,    dai  signori  Veneziani ,  dal 

A  2  go- 


4  Annali    d'  I  t  a  l  r  a 

governator  di  Milano^  e  da  altri ,  li  fece 
condurre  a  Roma.  E  guaì  se  ne  nascevano 
sospetti  di  guasta  cre^denza  nelle  persone  , 
ciò  bastava  per  trarli  alle  carceri  .  Quindi 
passò  un  salutevoi  terrore  per  tutta  T Ita- 
lia, che  mise  in  briglia  i  cervelli  forti,  o 
vogliosi  di  libertà.  Lasciossi  anche  porta- 
re il  pontefice  dal  suo  zelo  a  bandire  da 
Roma  tutte  le  pubbliche  nirnetrici  contro 
il  sentimento  del  senato  romano,  che  gli 
rappresentò  le  peggiori  conseguenze,  che 
proverrebbono  da  siiTatto  universal  divie- 
to j,  essendoci  de' mali  nel  mondo,  che  con- 
vien  tollerare,  per  ischivarnc>  dei  maggio- 
ri. La  sperienza  comprovò  questa  verità; 
e  però  il  papa  ordinò  che  almeno  queste 
sordide  femmine  si  ritirassero  in  remoto 
ed  ignobil  angolo  della  città.  Fece  anche 
fabbricare  una  sontuosa  casa  o  palazzo  per 
li  Catecumeni.  E  ben  sotto  di  lui  si  con- 
vertirono alla  fede  assaissimi  Giudei  ,  ed 
anche  ricchi  .  Una  gran  predica  diveniva 
per  gli  scorretti  la  stessa  vita  santa  di 
questo  pontefice.  Era  già  stata,  siccome 
dicemmo  ,  presa  in  Ispagaa  la  risoluzio- 
ne d'inviare  in  Fiandra  il,  duca  d*  Alva 
con  buone  forze  per  reprimere  i  moti 
,di  ribellione  ,  eccitati  in  quelle  contra- 
de ^v  E  perciocché  tale  spedizione  non  si 
pptea  fare  per  la  Francia,  convenne  pensa- 
re alla  via  d'Italia.    Vennero    intanto  or-r 

di- 

'   Adriani^  Famiano.  StracLi,  Cardinal  Bent /voglio,   Calti- 
pana  ,   ed"  *Éfn^ . 


Anno     MDLXVIT.  5 

dini  a  Gabriello  della  CauVa  duca  d*  AF- 
bnrquerchc?  e  governator  di  MilanOj,  ed  al 
viceré  di  Napoli^  Sicilia^  e  Sardegna  ,  di 
unir  quante  truppe  spsgnuole  potessero  ,  e 
di  reclutarle  ed  accrescerle  .  La  massa  del- 
le genti  fu  fatta  fra  Alessantlria  ed  Asti  , 
e  però  il  duca  d' A  Iva  imbarcatosi  sul  prin- 
cipio di  Maggio  con  17  bandiere  di  fanti 
spagnucli^  arrivò  a  Genova,  e  passò  a  far 
la  rassegna  delle  raunafe  soldatcscìie .  Si 
trovò  avere  ottomilla  ed  ottocento  fanti 
spagnuoli  ed  italiani ,  gerite  veterana  e  di 
sperimentato  valore^  ed  inoltre  mille  e 
dugecto  cavalli  tra  italiani  ,  spagnuoli,  ed 
albanesi.  Si  unirono  poscia  con  lui  nel 
viaggio  mille  Tedesòhi ,  ed  altri  piccioli 
rinforzi .  Ottenuto  il  passaggio  dal  duca  di 
Savoja ,  conduce  questa  armata  pel  Monce- 
nisio  ,  e  andò  in  Borgogna  ,  e  di  là  in 
Fiandra  ,  dopo  aver  dato  gran  gelosia  ai 
Genevrini  e  Francesi,  che  per  questo  si 
premunirono  ai  confini  . 

Molto  prima  di  siffatta  spedizione  era 
riuscito  alla  duchessa  Margherita  _,  gover- 
natrice  de'  Paesi  bassi  ,  di  rimettere  colla 
foiZa  all'  ubbidienza  del  re  Cattolico  le 
città  di  Tournai ,  di  Valenciene  ,  di  Ma- 
strich  ,  e  d'Anver.^a  ,  dove  in  addietro  es- 
sendo prevalnto  il  partito  dei  miscreden- 
ti, mossi  ed  ajutati  dagli  Ugonotti  di  Fran- 
cia ,  avea  commesse  di  grandi  insolenze 
contro  de' Cattolici  ,  con  prorompere  anco- 
ra in  aperta  ribellione.  Castigò  non  man- 

A  3  co, 


€  Annali    ©'Italia 

co  ai  rnedesimi  ;  e  questo  esempio  si  buon 
effetto  produsse,    che   tornò  la  tranquillità 
per  tutte  quelle  provincie,    e   la  religione 
cattolica  restò  nel   suo  vigore    e  quiete  da 
pertutto.  P^erciò  la  duchessa  non  una,  ma 
più  lettere  scrisse  al  re,  rappresentandogli 
che  colla  via  della  soavità  si  guadagnereb- 
be tutto  y  e  che  non  potrebbe  sennon  nuo- 
cere   rinviar    colà    il    duca    d' Alva    colla 
bandiera    del  terrore,    giacche   cessando  il 
temuto  nome  della  inquisizione  spagnuola, 
quei    popoli    protestavano    di    voler  conti- 
nuare- nel  dovuto  ossequio  verso  la  Chiesa , 
e  verso  il  re.    Ma    per  mala  fortuna,    an- 
corché il  re  Filippo    si  trovas'se  assai  per- 
plesso, prevalse  nel  consiglio  suo  la  presa 
risoluzione  di  spedire  il  duca  e  V  esercito 
in  Fiandra,  perchè  sempre  si  temeva  sopi- 
to, ma  non  estinto  il  fuoco  dei  precedenti 
tumulti ,    e  venivano  ancora    dei  gagliardi 
soffi  dalla  parte  di  Roma .  Pure  è  lecito  il 
credere,    che    nulla  avrebbe   pregiudicato, 
anzi    con  più  polso  giovato    ad  assodar  la 
dimostrata  ubbidienza  dei  popoli ,  T  arrivo 
del  duca  d' Alva  colà,  se  egli  coir  amore- 
volezza e  con  dolci  maniere  avesse  trattati 
quei    popoli  ,    e  provveduto    con  prudenza 
alla   parte    guasta    dall'  eresia ,    eh'  era    la 
minore.  Ancor  qui  bisogna  chinar  la  fron- 
te davanti  agli  occulti  giadizj  di  Dio  .    Il 
primo  passo  che  fece  la  superbia  de!  duca 
d'Ai  va,  e  che  intorbidò  tutta  la  pace,  ri- 
fiorita per  cura  della  saggia  duchessa  nelle 

prò- 


Anno     MDLXVII.  7 

ptDVincie  y  fu  il  trattener  prigioni  i  conti 
di  Agamocte  e  di  Homo  ,  amendue  dei 
principali  signori  della  Fiandra.  11  princi- 
pe d'Óranges,  più  di  loro  avveduto,  s'era 
con  altri  ,  assai  conoscenti  dello  strambo 
umore  del  duca  ,  ritirato  in  Germania . 
Questa  risoluzione  ,  presa  ed  eseguirà  sen- 
za parteciparla  alla  duchessa  reggente  ,  fe- 
ce abbastanza  a  lei  conoscere  di  non  poter 
più  con  suo  decoro  fermarsi  ,  dove  era 
chi  esercitava  maggiore  autorità  della  sua. 
Però  con  sue  lettere  molto  circospette  sup- 
plicò il  re  fratello  di  concederle  il  conge- 
do ,  ed  ottenutolo  il  ringraziò  ,  predicen- 
dogli nondimeno ,  che  la  presente  politica 
del  di  lui  gabinetto  arriverebbe  a  far  acqui- 
sto di  un  grande  odio  ,  e  una  non  lieve 
perdita  di  potenza  nei  Paesi  bassi.  Si  par- 
ti di  Fiandra  la  duchessa  Margherita  ,  ac- 
compagnata dalle  lagrime  di  quei  popoli , 
che  non  cessavano  di  esaltare  la  sua  pietà, 
il  saggio  Euo  governo,  la  sua  cortesia,  e 
le  altre  sue  belle  doti  ;  e  tanto  più  veden- 
dosi eglino  restare  sotto  il  dispettoso  e 
severo  ceiFo  del  duca  d^Alva.  Tornossenc 
a  Parma  questa  illustre  principessa  ,  rice- 
vuta  con  solennissimo  incontro  dal  duca 
Ottavio  consorte  ,  e  le  furono  dal  re  Cat- 
tolico accresciute  le  rendite  dotali ,  fonda- 
te nel  regno  di  Napoli  ,  sino  a  quattordi- 
cimila scudi  per  anno.  Per  onore  di  que- 
sta principessa  ho  creduto  a  me  lecito  di 
entrare  negli  affari  di  Fiandra,  intorno  ai 

A  4  qua- 


8  Annali    d*  Italia 

quali  altro  non  soggiugnerò  ,  sennon  che 
il  borioso  duca  d'  A  Iva  continuò  a  far  vavj 
altri  rigori,  esecuzioni,  e  novità,  che  ser- 
virono dì  tromba  pet  muovere  a  sedizione 
e  a  guerra  dichiarata  quelle  provincie , 
sostenute  dal  credito  e  dsf^V  incitamenti 
del  duca  d' Oranges  . 

Le  turbolenze  della  Fiandra  ,  nelle  quali 
gran  mano  teneano  gli  Ugonotti  della  Fran- 
cia ,  tornarono  ad  accendere  il  fumo,  e  la 
ribellioo  di  coloro  contra  del  re  Cristia- 
nissimo .  Giunsero  fino  a  tentare  di  far 
prigione  il  medesimo  re  con  tutta  la  sua 
corte,  ma  non  venne  lor  fatto.  Portarono 
il  terrore  sino  alle  porte  di  Parigi^  s'im- 
padronirono di  Bologna  di  Picardia  ,  del/a 
Boccila  ,  e  di  altre  piazze^  poco  avendo 
servito  a  fermare  i  lor  passi  una  rotta  da- 
ta loro  a  San-Dionigi .  In  tali  angustie  il 
re  Carlo  IX  ricorse  alT  aiuto  di  papa  Fio  V 
ed  ai  principi  d'Italia.  Avrebbe  il  papa  vo- 
lentieri inviate  colà  alcune  migìiaja  di  fan- 
ti ;  ma  avendo  il  consiglio  del  re  mostra- 
to abborrimento  ad  armi  straniere,  e  bra- 
mando piuttosto  un  soccorso  di  danari  ,  si 
obbligò  esso  pontefice  di  somministrar  ogni 
mese  venticinquemila  ducali  d'oro,  infinat- 
tantoché durasse  la  guerra  .  Il  duca  nondi- 
meno di  Savoja  ,  il  quale  per  quanto  s' ha 
dal  Guichcnone  ,  fu  in  pericolo  in  quest'an- 
no di  esser  preso  dagli  Ugonotti  ài  Lione, 
mentre  era  alla  caccia  nella  Bressa  ,  inviò 
un  soccorso    al  re    di    Francia    di    tremila 

pe- 


A  N   w  0     MDLXVir.^  d 

pedoni  y  e  milìe  e  settecento  cavalli  ,  co- 
mandati da  Ó4>n  Alfonso  ìT  Este ,  zìo  del 
duca  di  Ferrara  ,  e  padre  di  don  Cesare ^ 
che  fu  poi  duca  di  Modena,  liico.no ,  che 
si  trovò  questa  gente  alla  suddetta  batta- 
glia di  San-Dionigi .  Le  storie  nostre  met- 
tono moho  più  tardi  l'arrivo  di  tal  soc- 
corso in  Francia  ;  e  l'Estense  solamente  al 
principio  dell'  anno  seguente  si  mosse  da 
Ferrara.  Continuò  ancora  nel  presente  an- 
no la  rib'llion  dei  Corsi  alla  repubblica  di 
Genova  ;  ma  perchè  presso  Ajazzo  restò 
ucciso  il  Sampitiro,  capo  della  rivolta,  né 
Alfonso  suo  figlio  _,  tuttoché  uomo  di  gran 
Valore  ,  succedendo  a  lui  ,  ebbe  il  credi- 
to e  seguito  del  padre,  noi  vedremo  al- 
l' anno  seguente  tornare  al  loro  sitò  1'  os- 
sa slogate  di  quell'isola.  Il  giorno  Zj.  no- 
vembre di  quf'St'  anno  fu  V  ultimo  del- 
la vita  di  Girolamo  Friuli  doge  di  Ve- 
nezia ,  in  CUI  vece  nel  dì  26  d'esso  me- 
se fu  alzato  a  quella  dignità  Pietro  Lo^ 
re  da  no . 


An 


IO         Annali    d*  Italia 

Anno  di  Cristo   15SB,  Indinone  XI.  J 

di  Pio  V,  papa  3.  ì 

di  Massimiliano  II,  imperadore  5.       l 

ixJon  si  può  passar  sotto  silenzio  una  del-     ' 

le  più  strepitose  tragedie,    che   ci  rappre-     ] 

senti  mai  la  storia^    cominciata    sul  prin-     | 

cipio    di  quest'anno    in  Ispagna,    e  termi-    J 

nata  dopo  sette  mesi  ,  che  diede  dolore  ad     | 

infinite  persone,  e  stupore  e  gran  materia     j 

di  parlare    ad  ognuno    per    tutta    Europa,     j 

Non  avea  Filippo  II  re  di  Spagna,  che  un     \ 

figlio  soIq  ,  [cioè  don  Carlo y    erede   futuro     i 

di  quella  vasta  monarchia  ,    già   pervenuto    1 

all'età  di  ventidue  o  ventitré  anni,  e  che 

veniva  considerato  dai  Siciliani,  Napoleta-    j 

ni,    e  Milanesi,    per  destinato  dalla  prov-    ; 

videnza  al  loro  governo  ,    Verso  la  mezza    j 

notte    del   di    18    di  gennajo    lo  stesso    re    ! 

accompagnato  da'  suoi  consiglieri  entrò  nel-    ^ 

la    di  lui    camera,    e    fece    tosto    levar   la    ^ 

spada ^  e  una  pistola  carica,  ch'egli  tene-    \ 

va  sotto  il  capezzale.    Svegliato  il  princi-    j 

pe  ,  saltò  fuori  del   letto^    e  veduto  il  pa-   ] 

dre  gridò:  Vostra  maestà  mi  vuol  ammaz-^ 

^are.  Gli  ordinò  il  re  di  tornarsene  a  let-    ; 

to  ;  ma  egli  da  disperato  tentò  fin  buttar-   Ì 

si  nel  fuoco .  Tolta  fu  di  sua  camera  ogni    ' 

scrittura,    e    tutto  ciò  ,    di  cui    si  sarebbe  ] 

egli  potuto  servire   per  nuocere   a  se  stes-  ^ 

^so;    e    ben  inchiodate    le  finestre,    furono  i 

lasciate  ivi  buone  guardie ,  che  il  custodii-  i 

se-       i 


Anno     MDLXVIII.  iì 

sero    di    vista,    e    riferissero    tutti    i  suoi 
cenni    e    parole .    Da    lì    a    qualche  giorno 
venne  chiuso  il  misero  principe  in  una  for* 
te  torre.   Secondo  la  apparenze  fu  creduto 
che  il  padre  altro  non  intendesse  ,    che'  di 
ritenerlo  ivi  senza  voler  la  sua  morte;  ma 
egli  in  tante  maniere    se  la  procurò  o  col 
non  voler  cibo  ,    o  col  prenderne  di  trop- 
po ,    e    specialmente    col    lasciarsi    vincere 
dalla  rabbia    e  dal  dolore ,    che    nel  dì    14 
di  luglio  cadde  gravemente  malato.    Allo- 
ra fu,  ch'egli  si  rassegnò  ai  voleri  di  Dio, 
€  munito  poi  dei  sacramenti  spirò  l'anima 
nel  dì  24  di  esso  mese,  vigilia  della  festa 
di     san  Jacopo    maggiore ,    tanto    venerato 
dagli  Spagnuoli.  Solenni  esequie  per  quin- 
dici giorni  gli  furono  fatte  per  ordine  del 
padre  ,  sommamente  afflitto  per  la  perdita 
di  un  figlio,  qualunque  egli  si  fosse^  e  per 
le  tante  dicerìe  ,  che  ben  prevedeva  inevi- 
tabili per  sì  lagrimevole  scena .  E  gran  di- 
re   fu    in  effetto  per  qié&to  dapertutto^    e 
massimamente  gli  storici  (  e  son  ben  molti) 
pretesero  d'  informare  il  pubblico  dei  mo- 
tivi che  indussero  un  re  padre    a  privarsi 
di  un  figlio,,    e  figlio  unico,    non    già    col 
veleno,    come  sospettarono  i  maligni,   ma 
con    una  stretta  prigionia  ,    che   bastò  per 
trarlo  alla  morte  . 

Sognarono  alcuni  ,  che  don  Carlo  comin- 
ciasse o  accrescesse  V  izza  sua  contro  il 
padre  al  veder  presa  da  lui  vecchio  per 
moglie  Isabella  di  Francia  ,   che  conveniva 

mol- 


12  Annali     D'iTALf/i 

to  più  a  lui  giovanetto  .  Che  da  II  innari^  ] 
zi  egli  amoreggiasse  )a  matrigna ^  onde  ] 
tiascesse  grave  gelosia  nel  padre^  il  quale  > 
vieppiù  SI  confermasse  in  tal  sospetto^  per- 
chè la  buona  principessa  gli  parL-isse  tal-  \ 
volta  in  iscDsa  e  favore  del  figliastro  .  ^ 
Crebbe  maggiormente  cotal  dicerìa  ,  allor-  ; 
che  si  vide  mancar  di  vita  per  immaturò 
parto  la  stessa  regifìa  Isabella  nel  dì  3;  di  ! 
ottobre  di  quest'anno^,  interpretando  la  i 
maliziosa  gente,  per  violenta  una  morte,  ^ 
che  tanto  facilmente  potè  essere  naturale  ,  i 
e  che  inavvertentemente  fu  accelerata  dai 
medici,  giudicanti  lei  oppilata  e  non  gra-  | 
vida .  E  questo  si  ha  dai  romanzi  fabbri-  ' 
cati  su  questo  funestissimo  avvenimento , 
fra'  quali  ha  avitto  grande  spaccio  quello  ] 
del  signor  di  San  Reale.  Altri  scrissero  i 
nata  la  discordia  di  don  Carlo  col  padre  ,  | 
perchè  tenuto  come  schiavo,  e  sovente  an-  i 
cora  sgridato.  Ch'egli  tramò  di  fuggirse-  , 
ne  e  venire  in  Italia,  o  passare  in  Fian-  ] 
dra  ,  per  sollevare  i  popoli  contro  il  real  ! 
genitore  ;  e  che  diede  impulso  alla  solle-^  ; 
vazion  dei  Mori ,  accaduta  in  questi  tempi 
in  Ispagna .  Aver  egli  confidato  ^  o  almeii  ^ 
lasciato  traspirare  qualche  suo  pernicioso  , 
disegno  a  don  Giovanni  d^ Austria  suo  zio,  ; 
il  quale  immantinente  rivelò  tutto  al  re.  ^ 
Che  don  Carlo  sparlava  pubblicamente  del  ,j 
padre  e  dei  suoi  ministri;  manteneva  cor-  ; 
rispondenze  coi  di  lui  nimici  ;  era  di  ge- 
nio  sì  crudele^    che  potea  temersi    di  lui  : 

non  ; 


Anno  MDLXVIIF,  ^  15 
xion  un  re  severo,  ma  uji  tiranno  spietato. 
Ch'  egli  si  scoprì  infetto  di  sentimenti  ere- 
tici ,  per  l'i  quaii  fu  anche  chiamato  il  con- 
siglio deir  inquisizione  ,  secondo  il  parer 
di  cui  non  meno  _,  che  d^I  real  consiglio^ 
fu  conchiuso  doversi  anteporre  il  pubblico 
J)ene  della  religione  e  dello  stato  ad  ogni 
privato  riguardo.  Per  lo  che  fu  proferita 
sentenza  di  morte  contra  di  lui  y  e  questa 
sottoscritta  con  coraggio  dal  re  afflittissi- 
mo contro  tutte  le  ripugnanze  della  nd,-^ 
tura. 

Ma  il  saggio  lettore  deve  esser  persua- 
so, che  r  immaginazion  del  volgo,  e  degli 
storici,  e  dei  politici,  fabbricò  qui  più. 
§ul  verisimile,  che  sul  vero;  perciocché 
Filippo  II  non  volle  per  motivi  di  saviez- 
za rivelati  giammai  al  pubblico  i  motivi 
dell' imprigionamento  del  iìglio  .  Quel  chq 
si  pup  tenere  per  fermo,  sì  è ,  che  don 
Carlo  fu  principe  di  cervello  torbidissimo, 
di  genio  stravagante  ,  e  pregno  d'  odio 
contra  del  padre  ;  passione  capace  d'  ispi* 
rargli  ogni  più  rea  risoluzione  .  Che  il  re 
padre  nulla  operò  contro  il  figlio ,  senza 
consultar  sopra  sì  importante  affare  mi- 
nistri e  teologi  ,  e  senza  chiarire  con  buo- 
ne pruove  in  un  proceisso  i  demeriti  del 
figliuolo.  E  finalmente  essen4o  egli  stato 
monarca  sì  saggio  e  pio ,  non  si  pnò  mai 
credere  ,  eh'  egli  padre  jjrendesse  sì  vigo- 
roso risentimento  contra  di  un  unico  fi- 
glio ,  se  giuste  e  potentissime  ragioni  non 

l""  aves- 


14  A  N  N  A  L  I      d'  I  T  A  L  T  A  \ 

r  avessero  spirto  a  sacrificare  T  amore  pa-  \ 
tèrno  all'interesse  dello  stato.  Anche  la  \ 
czar  Pietro  imperadore  della  Russia  _,  prin-  i 
cipe  d' imniortale  memoria,  si  è  veduto  ! 
ai  giorni  nostri  nel  medesima  cimento^  e  , 
ridotto  a  punire  uri  figlio  anch'esso  unico ^  ■ 
di  cui  tutto  si  potea  temere  .  Questi  poi  j 
volle  per  discolpa  sua  informato  il  mondo  j 
della  giustizia  di  quel  gastigo.  Ma  il  re  \ 
Filippo  dovette  credere  maggior  prudenza  J 
il  tenere  occulti  i  giusti  motivi  dell'indi-  '■ 
gnazione  e  risoluzione  sua  .  In  sQmma  quan-  j 
do  un  padre  non  tiranno^  non  empio,  ma  • 
assennato  e  timorato  di  'Dio  ,  arriva  ad.  ■ 
infierire  contra  di  un  figlio  ,  si  ha  da  sen-  J 
tenziare  in  favore  del  primo  ,  e  non  del-  ^ 
r  altro  .  .; 

Potrebbesi  fcen  dubitare,  se  convenisse  \ 
alla  prudenza  di  sì  gran  re  1'  avere  invia-  J 
to  in  Fiandra  un  nobile  carnefice  ,  che  ta-  ! 
le  si  potè  chiamare  il  duca  (V  Alva  ,  senza  i 
mai  far  caso  dei  consigli  della  duchessa  ] 
Margherita  sua  sorella^  e  delle  preghiere  j 
di  Massimi  Li  ano  II  imperadore  ,  che  preve-  i 
dando  i  disordini  seguaci  della  crudeltà,  i 
non  cessò  mai  d'  ispirargli  le  vie  della  i 
clemenza,  per  le  quali  si  sarebbe  assodata  '> 
la  religione  cattolica  ,  e  il  dominio  spa-  ■ 
gnuolo  ne'  Paesi  bassi .  Fece  V  inumano  du-  ^ 
ca  nel  presente  anno  su  pubblico  palco  de-  i 
capitare  i  conti  d'AgamoLte,  e  d'Orno,  i 
nobilissimi  e  prodi  signori ,  che  pur  prò-  ^ 
testavano  di  nulla  avere  operata  contro  il   ; 

re       i 


Anno     MDLXVIII.  15 

re   Filippo ,    e   coraggiosi    morirono    nella 
comunione    della    Chiesa  cattolica  :    lo  che 
fé'  sempre  più  conoscere  ,   che  la  religione 
non  era  il  primo  motivo   di  quelle  barba- 
riche esf:cuzioni .  Contra   non  meno  di  sei- 
cento   altre    persone^    dice    V  Adriani  ^    la 
maggior    parte    nobili,    e    almen    la    metà 
cattoliche  di  credenza,    fulminata    là    sen- 
tenza   di  morte    ebbe  il  suo  effetto  ;    e  ne 
restava  nelle  prigioni  non  minor  numero  , 
benché    di  minor  qualità    e    rispetto.    Che 
orrore  ,  che  odio  ,  che  incitamento  alla  ri- 
bellione   e  alla  vendetta  cagionasse  questo 
macello    ne'  popoli    di    quella    provincia  ^ 
non  occorre  ch'io  lo  racconti.  Riportò  in 
quest'  anno    due  vittorie    il   duca    d'Alva, 
runa  contro  Lodovico  di  Nassau  ^  e  1' altra 
contra    il    principe  d'Oranges^    fratello  di 
esso  Lodovico  >  e  per  queste  si  fattamente 
si  gonfiò,  che  volle  entrar  come  trionfan- 
te in  Brusselles;  e  nell'anno  seguente  vol- 
le   che   gli    fosse    dirizzata    una  statua    di 
bronzo,    con  iscrizione  piena  di   tanta  va- 
nità ,    che  beffar    si  fece    da  tutti  i  saggi  . 
Maggiormente  ancora  gli  salì  il  fumo  alia 
testa  ,  perchè  il  pontefice  Pio  V,  riguardan- 
do in  lui  un  gran  difensor  della  fede ,  gli 
mandò  in  dono  il  cappello  e  lo  stocco  or- 
nati di  gemme*    Anche    in  Francia    conti- 
nuò la  guerra  del  re  Carlo  contro  gli  Ugo- 
notti ;    ma    in    tali  angustie    si  trovò  esso 
re,    per    mancanza    specialmente    di    pecu- 
nia ,  che  non  seppe  esentarsi  dal  venire  ad 

un 


i6        Annali   d' Italia 
tin    accomodamento,    ossia  pace_,    con    essi 
nel  dì   25  di   marzo,    accordando  a  coloro 
tali  condizioni  ,    che    non  meno    dal  papa , 
che    dal   re  Cattolico  ,    fu    disapprovata    e 
biasimata  come  soverchia    la  di   lui  condi- 
scendenza. Ebb^^ro  i  Genovesi   in  quest' an- 
no la  consolazione    di  metter  fine    alla   ri- 
volta   dei  Corsi  ,    con    guadagnare  Alfonso 
figlio  di   Sampiero ,    ehe    già   vedemmo  di- 
venato capo  dei  ribelli  in  quelT isola.   Non 
avendo  costui  trovato  alcun  principe^    che 
stendesse    una    mano    per  ajutarlo_,    e  niun 
di  essi   accettando  rofFerta,  vanamente  lor 
fatta    dalla    Corsica,    diede    ascolto    a    chi 
trattava    di  pace,    gli  furono  pagati  dalla 
repubblica  di  Genova  tutti   i  suoi  beni ,  ed 
egli    passò    dipoi    a  stabilirsi    in  Francia, 
dove    pel  suo  valore    nelle  seguenti  guerre 
meritò  di  aver  nobili  impieghi,  Con  ciò  la 
Corsica  si   quetò,    e  tornò  tutta    all'ubbi- 
dienza dei  Genovesi .  Potrebbe  essere  non- 
dimeno ,  che  il.  compimento  di   questo  giu- 
bilo Io  conseguissero  eglino  solamente  neU 
Tanno    seguente.    Durava    tuttavia    la  lite 
di  precedenza    fra  Alfonso    duca  di  Ferra- 
ra ^    e  Cosimo  duca  di  Firenze.    Gran  di- 
battimento   intorno    ad    essa    fu  fatto    nel 
presente    anno,    essendo  favorevole  al   pri- 
mo riraperadore,  e  alT  altro  il  papa.  In- 
clinava   la  corte    di  Francia    a  sostener  la 
parte  deir  Estense  ,    e  seguì   anche  un  tu- 
multo   in  quella  corte  per  questo  ,    in  oc- 
casione di  celebrarsi  il   funerale  del  defun- 
to 


MDLXVIir. 
Carlo  principe  di  Spagna»  Avea 
preso  r  imperadore  a  decidere  questa  con- 
tesa ,  ma  non  mai  giunse  a  proferirne  il 
suo  voto.  Per  altra  via  papa  PioV  si  stu. 
dio  di  darla  vinta  al  duca  di  Firenze^,  sic- 
come diremo  all'anno  che  seguita. 

Anno  di  CiìiSTo^   i5%>  Indizione  XII. 
di  Pio  V,  papa  4. 
di  Massimiliano  II;,  imperadore  6. 

1  erchè  s' andava  maggiormente  accenden- 
do   la  guerra   in  Fiandra  y    e  varj  principi 
della  Germania  aveano  già  preso  a  proteg- 
gere   il  principe  d'Oranges    ribello   del  re 
ài  Spagna:    V  imperador   Ma^ssirnìUano ^    a 
cui  premeva    di  estinguere  quei   fuoco    an- 
che pe' suoi  particolari  interessi^,  avea  spe- 
dito nelPanno  addietro  a  Madrid ''Uarcidzi- 
ca  Carlo  ,    per  consigliare    il    re    a  levare 
cai  governo    di  Fiandra    quel    beccaio   del 
del  duca  d'  Alva  ^    e    seco   le  milizie  spa- 
gnuoie^    assicurandolo  j    che  coli' uso  della 
clemenza  quei  popoli  tornerebbero  tutti  al- 
la ubbidienza  del  re_,  purché  vi  si  mettes- 
se un  governatore    di  gran  credito   e  pru- 
denza. Ebbe  un  bel  dire  l'arciduca.  All'al- 
tura spagnuola  sembrava  offeso    il  suo  de- 
coro^   se  cedeva  alle  dimandc    deVsudditi^ 
benché  portate  dal  cugino  augusto  .    Si  so- 
spettò   tendere    questo  maneggio  a  far  ca- 
dere quel  governo  in  uno  degli  arciduchi^ 
e  a  ricavarne  la  libertà  della  religione  nei 
-Tomo  XXIV.  B  Pae- 


i8  Annali    d'Italia 

Paesi  bassi.    In  somma  nulla  di  ciò  ofteti-  ; 
ne  r  arcitluca^-  fna  bensì   fu  conchiuso,  che  1 
l'ìmperadore  darebbe  per  lìioglie  al  re  Fi-  \ 
lippo  II  ['arciduchessa  Anna  sua  figlia,  e  ; 
a  Carlo  IX  re  di  Francia  T  altra  minor  fi-  j 
glÌH  Isabella.    Tornò    T  arcidnca  Carlo    ìa  ^ 
Italia,    dopo  aver  ricevuto  disila  corte  cat-^  ; 
tolica  grossi  sussidj    per   la  temuta  guerra  I 
dei  Tnrchi^  e  passò  a  Firenze  a  visitar  ia  | 
principessa   stia  sorella  ^  e  di  là  poi  venne  i 
addi  7    di    maggio    a    Ferrara    per    veder  | 
l'altra    sorella,    cioè  Barbara    moglie    del  j 
duca  Alfonso  IL  Siccome  questo  duca   era  [ 
sommamente  magnifico  in  simili  occasioni^  ; 
con    lasciò    indietro    spettacolo    o   diverti-  | 
mento  alcuno  per  solennizzar  la  venuta  di  : 
si  illustre   cognato.    Il    condusse    anche    a  j 
Venezia  a  veder  la  festa  dell' Ascensione  ;  ; 
poscia   ritornato   cori    esso  lui    a  Ferrara  >  | 
nel  giorno  26  del  suddetto  mese,  fece  ese-  i 
guire  un  torneo  di  niaravigifosa  inveolio^  1 
ne,  e  di  somma  spesa,    in  tempo  di  not-  ; 
te,  e  sopra  la  larga  tossa  della  città,  con  ' 
singoiar  varietà  di  macchine,  di  azioni ,  e  i 
di  ricche  comparse.  Ma  si  grandiosa  festa  ^  j 
in  cui  non  si  sa  se  maggior  fosse  il  dilet-  ■ 
to,    o  lo  stupore  5    rimase  funestata  da  uni 
iagrimevofe    successo .    Perciocché    essendo  ' 
scesi    dal  muro    in  una  barca    sei  di  quei  \ 
nobili    combattenti    tutti    armati ,    cioè    il  \ 
conte  Guido,    ed    Annibale    de^  Senti vogli  i 
CTun  figlio,    e    T  altro    fratello  del,  conte  ' 
Cornelio  Bentivogli  )   il  conte  Ercole  Mon- 
te- 


Anno     MDLXIX.  19 

IcuccoIj  ,  Niccoluccio  Rondinelli^  il  conte 
Ercole  Bevilacqua,  ed  Annibale  Estense  ^ 
tutti  signori  di  rara  nobiltà  e  valore ,  per 
poca  avvertenza  dei  loro  servitori,,  si  ro- 
vesciò la  barca,  e  a  riserva  dei  due  ulti- 
mi, i  quattro  primi  cavalieri  restarono  mi*- 
seraiTiente  affogati  nell'acqua. 

Un  altro  miserabile  spettacolo  di  lunga 
mano  maggiore  si  provò  nell'anno  presen* 
te  irt  Venezia.  Tra  le  maraviglie  d'Italia 
Vien  considerato  il  ricchissima  e  vastissi- 
mo arsenale  di  Venezia.  Nella  notte  sus- 
seguente alla  festa  delT  Esaltazione  della 
Croce,  ossia  al  dì  14  di  settembre  (e  non 
già  al  dì  24  come  ha^,  credo  per  errore  di 
stampa,  il  Campana)  o  per  malizia  degli 
uomini  ,  o  per  naturai  fermentazione  dei 
nitri  dell'  ai'ia>  si  attaccò  fuoco  in  uno 
dei  torrioni  ,  dove  era  la  polve  da  canno- 
ne,  che  si  comunicò  ai  tre  altri  simili. 
Tale  fu  r empito  di  questo  scoppio,  che 
rovinò  la  metà  deir  arsenale  j  si  fracassa- 
rono molte  galee  ,  andò  per  terra  gran 
quantità  di  case  vicine^  e  tutto  il  mona- 
stero e  la  chiesa  delle  Celestine  con  altri 
infiniti  danni.  Tre  o  quattro  mesi  prima 
s'  era  divulgato  un  prognostico  senza  sa- 
perne Fautore,  che  alla  metà  di  settembre 
verrebbe  la  fine  del  mondo.  Con  questa 
prevenzione  in  capo  non  si  può  esprimere 
qual  terrore  negli  animi  anche  della  gente 
savia  producesse  sì  spaventoso  accidente . 
Ma  ritornata  la  quiete  primiera,  non  tar- 

B  2  da- 


^o  Annali  jd'  I  t  a  t  i  a 
«larono  quei  prudentissimi  padri  a  rifab^ 
hcicar. tutto  anche  in  forma  migliore.  Fa 
questo  un  preludio  a  maggiori  disavventu- 
re della  repubblica  veneta ,  la  quale  sen- 
tendo un  gran  armamento  che  si  faceva 
^alU  parte  di  Selim  sultano  de' Turchi ,  , 
fu  obbligata  anch'  essa  a  fare  un  grosso 
preparamento  di  vele  e  genti,  per  quel  che 
potesse  occorrere.  Attendeva  intanto  T  in-r 
defesso  pantefice  Fio  V  a  mettere  in  buon 
assetto  le  cose  della  religione  ^  eon  soste-r 
nerne  la  difesa  ia  Francia^  Germania  e 
Fiandra  ,  e  insieme  a  riformar  gli  abusi 
dello  stato  ecclesiastico  .  Da  questo  furo-t 
no  banditi  gli  Ebrei,  e  loro  solamente  per- 
messo di  abitare  in  Roma  ed  Ancona.  Con 
buona  prammatica  fu  riformato  il  lusso 
delle  donne,  e  molto  più  quello  degli  Ec- 
clesiastici .  Uscì  rigoroso  proclama,  che 
vietava  a  cliiunque  avea  abitazione  in  Ror 
ma,  il  poter  andare  alle  pubbliche  osterie 
e  taverne,  per  quivi  mangiare,  berre ,  o 
giocare,  essendo  queste  unicamente  istitui- 
te pel  bisogno  de' forestieri,  e  per  chi  non 
ha  casa  :  regolaménto,  che  verisimilmente 
fu. di  corta  durata  ,  ma  che  sarebbe  da  de- 
siderare introdotto  e  mantenuto  anche  nel- 
le altre  città  per  impedire  tanti  disordini,  , 
che  ne  provvengono  al  basso  popolo  .  Ma 
pur  troppo  andrà  sempre  il  privato  inte- 
resse al  di  sopra  del  pubblico  bene  . 

Le  paci  degli  Ugonotti    in  Francia    era- 
no come  le  fèbbri  q/uartane,    e  però  poco 

stct* 


Anno    MDLXIX.  2t 

stettero  coloro  a  sguainar  le  spade,  e  a 
far  più  che  mai  una  furiosa  guerra  ai  Cat* 
tolici  ;  Il  re  Carlo  IX  per  questo  ricorse 
al  papa  ^  ai  principi  d'Italia^  e  al  re  ài 
Spagna.  E  non  indarno ^  perciocché  cono- 
scendo il  pontefice  quanto  in  quei  torbidi 
fosse  interessata  la  causa  di  Dio  ,  fece 
quanto  potè  per  soccorrerlo  .  Da  saggio 
padre  non  adoperò  già  nei  suoi  stati  l'odio- 
so ripiego  di  accrescere  le  gravezze ,  ma 
sì  ben  si  servì  delle  preghiere  >  colle  qua- 
li ricavò  dalla  sola  Roma  centomila  duca- 
ti ,  ed  altrettanto  dagli  acclesiastici  ,  ed 
altri  centomila  dal  rimanente  dei  suoi  stati . 
Adunò  inoltre  quattromila  fanti,  e  mille  ca- 
valli, coi  quali  si  congiunsero  altri  mille  fanti 
e  cento  cavalli^  somministrati  dal  duca  di  Fi* 
renze .  Eletto  per  generale  di  essa  gente  il 
conte  Sforza  da  Santafiora,  spedì  questo  ajato 
in  Francia:  ajuto  non  lieve  ài  re  Cristia- 
nissimo in  que' bisogni^  essendosi  poi  se- 
gnalati questi  Italiani  nella  difesa  di  Poi- 
tiers ,  e  nella  battaglia  di  Moncontur,  in 
cui  le  armi  cattoliche  riportarono  una  glo- 
riosa vittoria .  Ventisette  furono  le  inse* 
gne  o  bandiere  che  in  tal  congiuntura  gua- 
dagnò il  conte  di  Santafiora,  generale  del 
papa;  e  queste,  inviate  a  Roma,  furono 
appese  in  san  Giovanni  Laterano  con  iscri- 
zione in  marmo  per  eterna  testimonianza 
della  pietà  del  papa  ,  e  del  valore  degli 
Italiani  •  Non  parlo  del  progresso  delle  guer- 
re civili  di  Francia,  per  accentrare  dippoi 

B  3  S^i 


-22  AjJNALi    d'Italia 

gli  avvenimenti  di  Fiandra,    nei  quali  pa-^ 
rimente  ebbero  parte    molte  milizie  e  no- 
bili d'Italia.  Il  duca  d' Alva^  in  cui  oltre 
^lla  naturale  iaclinazione  si  accresceva  ogni 
dì  più  qualche  dosa  di  alterigia  per  le  vit- 
torie riportate,  e  per  tante  armi  che  ave- 
va in  sua  mano  ,    si  teneva  ormai    sotto  i 
piedi    la  nazion  fiamminga ,    sotto    il  qual 
nome  a  me  sia  lecito  di  comprendere  tut- 
ti i  Paesi  bassi  ,    Trovando  egli    non  solo 
esausto,    ma  anche  indebitato  l'erario  re- 
gio :  per  rimetterlo,  anzi  per  renderlo  ca- 
pace di  maggiori  imprese,  si  avvisò  d' im- 
porre nuovi  aggravj  a  quei  popoli .  Pubbli- 
cò dunque  editto,  ordinando  che  si  pagas- 
se per  tutte  le  vendite  de"*  mobili  la  deci- 
ma parte,   la  vigesima    per  gli  stabili,    e 
di  tutti    per  una  volta  sola    la  centesima. 
Ma  i  Famminghi  assai  conoscenti ,  che  que- 
sto insopportabil  peso  era  la  maniera  d'im- 
poverirli ,    e    che  tutto  quello    che  contri- 
buissero alle  voglie  del  duca ,  avea  da  ser-^ 
vire  per  maggiormente  conculcar  loro  stes- 
si;   cominciarono  a  ricalcitrare,    mostran- 
do, che  siffatto  insolito  aggravio  andava  a 
rovinar  interamente  il  traffico,  già  troppo 
infievolito   a  cagion    di  tanti  tessitori    che 
erano  passati  in  Inghilterra  ;    e   che  si  ri- 
durrebbono    in  tale  povertà,    che  neppure 
in  tempo  di  pace  avrebbero  potuto  pagare 
le  ordinarie  contribuzioni.  Ma  quanto  più 
essi  gridavano  e  comparivano  renitenti  ad 
una  cieca  ubbidienza  ,   tanto  più  s' inalbe- 
ra- 


Anno    MDLXIX.  23 

rava  il  daca  .    Il  tornare  indietro    non  era 
cosa  da  spagnuoloj    perciò  venne  al  tuono, 
delle  minacele  ,   ma  senza  ottener  i'  inten- 
to ,  In  tali  dispute  terminò  V  anno  presen- 
te in  quelle  parti  • 

Ebbero  in  quesl'  anno  yarj  capi  di  que* 
relè  contra  del  pontefice  V  imperador  Mas- 
similiano 11^  e  il  re  di  Spagna  Filippo  Ih 
Le  buone  maniere  che  sapeva  usare  T  ac- 
corto duca  di  Firenze  Cosimo  J,  Taveano 
renduto  sì  accetto  a  papa  Pio  V^  ch'egli 
si  potea  in  certa  guisa  chiamare  V  arbitro 
della  corte  romana .  Bastava  eh'  egli  chiè- 
desse,  per  ottenere.  Concertata  dunque  fra 
loro  la  maniera  di  decidere  la  preminenza 
del  duca  di  Firenze  sopra  quel  di  Ferrara . 
II  papa  nel  dì  primo  di  settembre ,  senza 
partecipazion  del  sacro  collegio,  dichiarò 
Cosimo  gran  duca  di  Toscana  ,  con  asse- 
gnargli la  corona  regale .  Specialmente  si 
fondò  egli  ,  per  concedergli  quest'  onore  _, 
nella  pretensione  del  duca  di  non  ricono- 
scere alcun  superiore  temporale  nel  domi- 
nio fiorentino  5  e  in  una  non  so  qual  di- 
stinzione di  papa  Pelagio.  Per  questa  ri* 
soluzione  si  risentirono  forte,  e  fecero  gravi 
doglianze  l' imperadore  e  il  re  di  Spagna, 
pretendendola  per  una  manifesta  usurpa- 
zione del  diritto  altrui ,  stante  V  esser  Co- 
simo pel  dominio  fiorentino  vassallo  dell'im- 
perio ,  come  esso  Augusto  con  sua  lettera  ^ 

di- 

*  Lunr^o  y  CodiC'   Diplom-Tt. 

B  4 


\ 


24         Annali    d' Italia  \ 

diceva  apparire  dalle  investiture  ,  ossia  dai  ^ 
diplomi  di' Carlo  V,  e  per  la  signoria  di  ] 
Siena  vassallo  dei  re  di  Spagna  ,  e  stante  , 
il  non  aver  i  pontefici  giurisdizione  aicu-  ; 
na  temporale  in  quegli  stati.  Tantopiù-  an-  ' 
cera  si  alterarono  quei  due  monarchi ,  per-  j 
che  al  dispetto  delle  loro  proteste  e  ri-  I 
chiami,  portatosi  il  duca  Cosimo  neU'an-  i 
no  seguente  a  Roma  ,  con  gran  solennità  ; 
ricevette  dalle  mani  del  papa  la  corona  | 
regale  e  lo  scettro  ,  senza  che  alcuno  de*  l 
gli  ambasciatori  dei  principi  volesse  inter-  ] 
venire  a  quella  funzione.  Dichiaravasi  poi  ; 
particolarmente  esacerbato  il  re  Cattolico,  ' 
per  avere  il  papa  inviato  in  Sicilia  mon-  ; 
signor  Paolo  Odescalco  con  titolo  di  nun^  ; 
zio  ,  e  facoltà  di  regolar  q^ivi  le  cose  ce-  ; 
clesiastiche  :  cosa  insolita  e  contraria  al  \ 
preteso  privilegio ,  ossia  consuetudine  del-  i 
la  chiamata  monarchia  di  Sicilia.  Dolevasi  ; 
inoltre,  che  il  pontefice  avesse  fatta  un' al-  \ 
tra  novità  coli'  aggiugnere  alla  bolla  in  \ 
Cosna  Domini  la  proibizione  ai  principi  di  i 
imporre  nuove  gabelle  e  daz)  ai  popoli  lor  ^ 
sudditi,  con  iscomunicar  chi  ciò  facesse,  ] 
senza  eccettuare  alcuno  dei  monarchi.  Ma  \ 
in  nulla  andarono  a  finir  tutti  questi  la-  * 
menti  ,  proteste  e  disgusti  _,  perchè  tempi  1 
eorreano  ,  n^' quali  ognun  dei  potentati  cat-  : 
tolici  abbisognava  delle  rugiade  di  Koma  ;  \ 
V  imperadore  per  la  guerra  temuta  vicina  ; 
dei  Turchi;  il  re  di  Francia  per  quella  de-  j 
gli  Ugonotti  ;    e  il  re  cattolico    per  la  ri-  \ 

voi-      ] 


^___    .    Anno    MDLXIX.  25 

v^!ta  ieì  Mori ,  e  per  li  torbidi  della  Fiati.- 
dra  .  Anche  il  duca  di  Savoja  Emmanuel 
Filiberto  restò  non  poco  offeso  per  l"*  ono- 
re conferito  dal  p?pa  al  duca  di  Firenze, 
e  mandò  le  sue  grida  a  Roma .  Quetollo 
il  pontefice  con  dire  di  non  aver  inteso 
con  ciò  di  pregiudicare  ai  diritti  di  prin- 
cipe alcuno. 

Grande  strepito  parimente  fece  in  que- 
sto anno  ciò  che  nel  di  26  di  ottobre  ac- 
cadde al  santo  cardinale  ed  arcivescovo  di 
Milana  Carlo  Borromeo  .  Tra  le  tante  me- 
morabili azioni  sue  per  riformare  1'  uno  e 
l'altro  clero  di  quella  città y  singolare  fu 
la  sua  premura  di  mettere  buon  sesto  al 
troppo  scorretto  0  corrotto  ordine  dei  fra- 
ti Umiliati  :  ordine  nato  nei  secoli  addie- 
tro in  essa  città  ^  e  dilatato  per  la  Lom- 
bardia .  Congiurarono  contra  di  lui  alcuni 
dei  più  scellerati  ,  e  un  Girolamo  Donati  , 
per  sopranome  il  Farina ,  sacerdote  fra  es- 
si ,  prese  V  assunto  di  liberar  da  questa 
chiamata  vessazione  T ordine  suo.  Aspettò 
costui^  che  il  sacro  pastore  si  trovasse  in- 
ginocchiato su  uno  scabello  verso  mezz'ora 
di  notte  nelT  oratorio  dell'arcivescovato, 
dove  concorreva  alle  orazioni  la  di  lui  fa- 
miglia con  altre  persone  divote  ;  ed  allor- 
ché i  musici  cantavano  queste  parole  :  Non 
turbetur  cor  -vestrum  neque  formldet ,  dal- 
la porta  deir  oratorio  ,  in  vicinanza  di 
quattro  braccia,  gli  sparò  un'archibugiata. 
Il  colpì    Uiia  palla   nel  mezzo   della  schie- 

na;, 


2$        A  N  NALiD*  Italia  ; 

na ,  ma  n«n  passò  il  rocchetto,  e  cadde  l 
a  terra  .  Più  d'uno  dei  quadretti  ,  onde  ì 
era  carico  l'archibugio^  penetrò  sino  alla  \ 
cute,  e  solamente  vi  lasciò  un  nero  se- 
gno .  Gli  altri  quadretti  percossero  il  mu-  ^ 
To  in  faccia,  e  vi  fecero  uno  squarcio.  Si  < 
sentì  il  santo  arcivescovo  urtai"  sì  forte  da  ] 
questo  colpo,  che  cadde  boccone  sullo  sca-  ! 
bello,  e  si  tenne  per  ferito  a  morte.  Pure  ] 
stette  saldo,  finche  fosse  terminata  V  ora-  | 
zione^  dopo  la  quale  si  trovò  egli  sano  e 
salvo  con  segno  manifesto  della  mano  di 
Dio,  che  miracolosamente  il  preservò  dal-  i 
la  morte.  Ebbe  tempo  il  sicario  di  fuggi-  i 
re  e  di  nascondersi  ;  ma  non  si  ascose  già  i 
alla  giustizia  di  Dio^  perchè  di  lì  a  quaU  ; 
che  tempo  scoperto  ebbe  il  meritata  ca-  j 
stieo,  tuttoché  il  buon  cardinale  facesse  il  • 
possibile  per  salvargli  la  vita  .  Per  tanta  \ 
iniquità  fu  poi  totalmente  estinto  da  papa  ■ 
Pio  V  nel  dì  8  di  febbraio  del  1571  T  or^  | 
éine  dei  frati  Umiliati,  ; 


M- 


Anno     MDLXX,  27 

^nno  di  Cristo   1570,  Indizione  XIIL 
di  Pio  V,  papa  5. 
di  Massimiliano  II,  imperadorè  7. 

ancorché    si    godesse   in  Italia    la    pace, 
anno  fu  questo  di  calamità  non  lievi  ,  an~ 
rio  specialmente  lagiimevole  per  la  guerra 
mossa  dai  Turchi  alla  Cristianità.  Era  co- 
minciata nel  precedente  una  gravissima  ca^ 
restia  ,    che   continuò    per    gran    parte    di 
cjuest' annoj,    affligendo    chi  più    chi    meno 
tutti  ipopoli  dell'Italia.  Massimamente  in 
Venezia    si  provò    questo  flagello^    laonde 
la  saviezza    ài    quei  reggenti    non    ebbero 
altro  ripiego,  che  di  metter  mano  ai  ma- 
gazzini   dei  grani  _,    riserbati    pel    bisogno 
delle  armate,    confidando  in  Dio  di  risar* 
cir   questo   danno.    Servì  anche    tal  disav- 
ventura   per    far  maggiormente  risplendere 
in  Roma  e  nello  stato  ecclesiastico  l'amor 
paterno  di  papa  Pio  Vy  avendo  egli  procu- 
rato dei  grani  dalla  Puglia ,  e  fin  in  Fran- 
cia ,    e    fattili  distribuire    a   minor  prezzo 
ai  popoli.  In  gloria  sua  si  rivolse  la  gros- 
sa perdita,  che  per  tal  cagione  fece  la  ca- 
mera pontifizia.  Ma  ciò  che  maggiormente 
angustiò    gli  animi  degl'  Italiani  ,    fu  V  es- 
sersi ornai  scoperta  ed  avverata  T intenzio- 
ne dei  Turchi  contra  di  Cipri .  Che  bell'iso- 
la ^    che  delizioso  e  fertile  paese  fosse  an- 
ticamente Cipri,    non  ha  bisogno  d'impa- 
rarlo da  me ,   chiunque  ha  qualche  tintura 

di 


28  Aì^NAtt   d'Itale  A 

di  geografia.  Finsero  gli  antichi,  esser  hi 
nata  Venera,  per  signiflcaT  le  sue  delizie.  / 
E  finché  queir  isola ,  non  immeritevole  dei  J 
nome  di  regno,  ebbe  i  suoi  re  cristiani  ,  j 
si  mantenne  in  gran  credito  ;  dacché  è  ca-  ] 
duta  in  mano  dei  Turchi ,  non  pare  pia  \ 
quella  di  prima  :  disgrazia  comune  a  tan-  ; 
ti  altri  una  volta  bellissimi  paesi  dell'Asia  ] 
per  la  traseuraggine  ed  avarizia  di  quei  ■ 
barbarici  padroni .  Erano  circa  ottanta  an-  \ 
ni ,  che  la.  repubblica  veneta  signoreggiava 
in  Cipri  ,  e  perchè  durava  la  pace  collaf  \ 
Porta  ottomana  ,  lieve  presidio  di  armati  \ 
teneva  alla  difesa  di  quell'isola,  fidandosi!  j 
delle  cernide  che  erano  a  mezza  paga.  Nel  \ 
cuor  di  essa  isola  si  covavano  ancora  dei  < 
mali  umori  per  l'  odio  professato  dai  la-  ; 
voratori  delle  terre  ai  nobili^  dai  quali  i 
venivano  trattati  come  schiavi  :  male  in-  \ 
veterato ,  a  cui ,  per  quanto  facesse  la  ve-^  ] 
neta  saviezza^  non  potè  mai  trovare  rime-  ! 
dio,  che  la  risanasse.  Costoro  nulla  più  ! 
sospiravano,  che  di  mutar  padrone  colla; 
solita  lusinga  di  trovarne  dei  migliori ,  o  j 
per  dir  meglio ,  dei  meno  aspri  e  meno  i 
indiscreti , 

Non  furono  pigri  al  sentore  della  mi-  | 
nacciata  irruzione  dei  Turchi  i  senatori  ve-  | 
neti  a  far  gente,  ed  allestir  quante  galee! 
ed  altri  legni  mai  poterono .  Nel  qu^l  tent-  ' 
pò,  cioè  addi  3  di  maggio,  festa  della  ^ 
Croce  ,  mancò  di  vita  il  doge  Filtro  Lare-  I 
ciano,  e  in  luogo  suo  nel  di  9  ,  oppure  ri  | 

di      i 


Anno    MDLXX,  25) 

^i  esso  mese  fu.  sostituita  Luigi  Mocenigo^ 
personaggio  di  gran  va^Usi',  quale  appunto 
si  richiedeva  .in  tempo  di  tanti  disastri . 
Con-volotitarie  olTorte  di  nomini  ,  di  dana^ 
ro,  di  munizionì-e  legni ,  concorsero  al- 
r  ajuto  di  essa  repubblica  tutte  le  città, ^'^ 
i  nobili  e  benestanti  del  suo  dominio .  Mi* 
nore  non  fa  T  ardore  e  zelo  di  papa  Pio  in 
questo  bisogno  della  Cristianità.  Colle  piìi 
efficaci  letters  si  studiò  di  commuovere  i 
principi  cristiani,  e  fino  il  sofi  di  Persia"; 
ma  non  gli  ritiscì  ,  sennon  di  trarre  alla 
difesa  .  dei  Veneziani  il  re  Cattolico.  Per 
aggravare  il  men  possibile  i  sudditi  suoi , 
e  far  danaro,  s"*  indusse  il  pontefice  a  ven- 
dere alquanti  chericati  di  camera  ,  da'  qtia^ 
li  ricavò  dugentomilà  scudi ,  e  giiinse  fino 
a  spogliare  il  cardinale  Alessandrino  suo 
nipote  del  grado  -di  camerlengo  I  per  cori-i' 
ferirlo  al  cardinal  Cornaro  ,  che  sborsò  per 
esso  sessantamila  ducati  d'oro.  Con  tali 
sussidj  fece  egli  armare  dodici  o  tredici 
galee,  general  delle  quali  fu  costituito  i^ar-^ 
e ant orilo  Colonna  .  Dal  re  di  Spagna  ven-^ 
nero  spedite  quarantanove  ,  oppure  cinquan- 
tadue  altre  galee  sotto  il  comando  di  Gian-' 
andrea  Boria  .  Ma  soprattutto  grandioso  fi:? 
r  armamento  della  repubblica  veneta  ,  tut- 
tocche  alloVa  piucchè  mai  si  provassero  i 
morsi  della  carestia  •  avendo  ella  messi  in^ 
sieme  circa  centosessanta  legni  da  guèrra  , 
senza  contar  quelli  da  carico  .  Altri  scris- 
sero essere   queir  armala  veneta  composta 

di 


jò         Annali    d'  Italia 

Ai  cento  trentasei  galee  sottili,  undici  gat- 
lee  grosse >  fuste  undici  5  navi  tra  Venezia-! 
ne  e  forestiere  trenta  ^  e  galeoni  quindici' 
di  Candia.  Di  sì  grospa  armata  navale  re- : 
sto  eletto  capitan  generale  Girolamo  Zeno  ^\ 
Unironsi  queste  forze'  cristiane  alla  Suda; 
in  Candia  >  ma  con  provarsi  anche  allora  ,; 
che  le  leghe  noti  son  diverse  dai  leuti ,  dif- j 
gcili  ad  .accordarsi  j  troppo  facili  a  scor- i 
darsi.  Ninno  ayea  preveduto^  o  cerfamen- i 
te  non  s'  era  provveduto  ,  ;  a  chi  dovesse  Ì 
toccar  la  preminenza,  ed  anche  la  princi-r; 
pai  direzione  della  ilotta  cambiata  ,  preten-*! 
dendo  quell'onorevol  posto  cadaun  dei  gè*  j 
nerali  per  varie  loro  ragioni.  Si  perde  gran  ; 
tempo  ad  aspettar  le  istruzioni  e  risolu-l 
zioni  delle  corti;  e  intanto  entrarono  va-] 
rie  malattie  epidemiche,  oppur  la  verapes-j 
stilenza  nelle  galee  veneziane  ,  che  sconce r-*  i 
tò  di  troppo  le  misure  prese  .^  In  una  pa-^  ! 
rola  ,  tante  armi  dei  Cristiani  nulla  avendo  j 
servito  per  la  difesa  di  Cipri,  si  ridussero! 
ai  quartieri  di  verno ^  né  si  potè  contare. 
alcuna  riguardevole  loro  impresa.  ( 

Non  così  avvenne  alla  potentissima  flot-  ; 
ta  turchesca ,  la  quale  fu  creduta  da  alcir-  \ 
ni,  che  ascendesse  a  trecento  vele.  Ap- ^ 
prodò  con  tante  forze  a  Cipri  il  bassa  Mu-  ; 
stafà  generale  di  terra  di  essi  Turchi  ^  ed  j 
insieme  Pialy  bassa  generale  di  mare  •  Se  ' 
più  gente  e  più  consiglio  fosse  stato  ia  ] 
queir  isola,  forse  loro  si  potea  impedirei 
lo   sbarca.    Ma   le   cernide    ricusarono    di\ 

com-      ! 


^^F^     Anno     MDLXX.  ,31 

^ffl^arire  alla  difesa;  i  villani  maitrattati 
da  quella  nobiltà ,  accolsero  a  braccia  aper- 
te i  Musulmani.  Sbarcata  la  prima  gente, 
tornò  Pialy  verso  iTerra-ferma ,  per  con- 
durre un  nuovo  convoglio.  Voce  comuDe 
fu  j  che  in  più  volte  sessaritamila  combatr 
tenti  almeno,  fra'  quali  circa  seimila  ca- 
valli ed  altrettanti  Giannizzeri ,  smontasse- 
ro ili  queir  isola  .  Impresero  quei  barbari 
nel  dì  25  di  luglio  l'assedio  di  Nicosìa, 
città  capitale  dtl  regno,  ch'era  stata  con- 
venevolmente fortificata  e  provveduta  di 
viveri,  ma  mal  fornita  di  presidio  valevoì- 
le  a  rerider  v.c^ni  gli  sforzi  den  Turchi  ,  o 
almeno  a  difficoltarne  i  progressi j,  perchè 
consistente  in  soli  mille  e  trecento  fanti 
itiliani  pagati^,  e  in  quasi  altri  ottomila 
Ciprioti^  parte  nobili  e  parte  plebei  ,  qua- 
si tutta  gente  inespèrta  alle  aziani  di  guer- 
ra •  Contuttociò  in  quindici  assalti  furono 
ributtati  i  Turchi,  e  durò  quell'assedio 
^Ino  al  ai§  di  St^Jf^tahre  ;  nel  quale  sì 
fieramente  restò  combattuta  la  città  ,  che 
vi  entrarono  vittoriosi  gl'infedeli*  Orrido 
spettacolo  allora  si  vide  ;  più  di  quindici- 
mila Cristiani,  fra'quali  si  contò  gran  nu- 
mero di  fanciulli  rainoii  di  quattro  anni , 
furono  messi  a  fil  di  spada;  il  resto  di 
quei  cittadini  condotti  in  una  misera  schia- 
vitù ,  pochi  essendosene  salvati  ;  ogni  sfo- 
go di  libìdine  anche  più  nefanda  ivi  si 
esercitò;  e  perchè  la  città  era  ricchissima, 
gran    preda    fa  fatta    da    quei  cani.    Dopo 

ta- 


^  A  N  N  A  L  r     d'   I  T  A  L  I  A 

•tale  acquisto,  vilmente  si  rendè  Cerines ,  j 
«è  altro  luogo  dell'isola  fece  da  lì  innan- j 
zi  resistenza  ,  fuorché  Famagosta  ,  città 
principale  dopo  Nicosìa  .  Poco  stette  Mu-  i 
stafà  a  metter  il  eampo  intorno  ad  essa,^ 
e  ad  accostarsele  colle  trincee  j  ma  difen- : 
dendosi  valorosamente  i  Cristiani ,  e  venu-  \ 
io  il  tempo  di  menare  in  salvo  T  armata  i 
inavale  per  la  vicinanza  del  verno^  T  asse- ] 
dio  si  cangiò  in  blocco ,  e  per  quest'  anno  ; 
Famagosta  schivò  il  giogo  turchesco.  \ 

Nel  dì  25  di  febbrajo  dell'anno  presene  ; 
te  il  pontefice  pubblicò  una  terribil  boi-  ■ 
la  coutto  Elisabetta  regina  d'Inghilterra ,  ì 
dichiarata  scomunicata  e  privata  di  ogni 
diritto  in  quel  regno,  con  ordinare  agl'In- i 
glesi  di  non  prestarle  ubbidienza.  Dovette] 
avere  il  santo  pad^e  giusti  motivi  di  for-  j 
mar  questa  bolla^  e  di  formarla  dopo  tan-  , 
lo  tempo  che  Elisabetta  era  salita  ,  e  sì  i 
ben  assodata  sul  tpono  .  Fu  creduto,  che  j 
8Ì  maneggiasse  in  Inghilterra  una  segreta  \ 
congiura  di  Cattolici,  che  poi  scoperta  sva-  ! 
ni  colla  morte  del  duca  di  Novfolch .  Ma  ì 
qual  buon  effetto  potessero  produrre  sifFat-  ! 
ti  fulmini  consistenti  in  sole  parole  contra  i 
di  un  regno  ,^  dove  sì  gran  piede  avea  pre-  '■. 
sa  r  eresia ,  professata  non  m.en  da  essa  ; 
regina,  che  dai  più  del  popolp,  forse  al-  \ 
lora  non  T  intesero  i  politici,,  e  meno  ora  I 
l'intendiamo  noi,  al  sapere,  che  dopo  ciò  ' 
andarono  sempre  più  di  male  in  peggio  \ 
gli  affari   della  religione  cattolica   in  quel  j 

re-       : 


Anno     MDLXX.  55 

regno.  Alle  calamità  dell'anno  presente, 
cioè  alla  carestia,  alla  guerra,  ed ^ alla  ptj- 
stilenza,  che  in  varj  luoghi  si  fecero  sen- 
tire, %i  aggiunse  anche  il  Tremuoto.  Co- 
minciò questo  in  Ferrara  nella  notte  se- 
guente al  dì  sedici  di  novembre,  e  conti- 
nuò poi  con  varie,  ora  picciole,  ora  gran- 
di scosse  pel  resto  delTanno,  e  parte  an- 
cora del  seguente  ,  Rovinò  per  questo  fla- 
gello parte  ad  castello  del  duca,  e  molte 
chiese,  monasteri  e  case;  e  fu  obbligato 
il  popolo  a  ridursi  nelle  piazze  e  campa- 
gne sotto  capanne  e  tende,  finché  a  Dio 
piacque  di  restituir  la  quiete  a  quella  ter- 
ra .  In  essa  città  di  Ferrara  molto  prima  , 
cioè  nel  dì  diecinove  di  gennaio  del  pre- 
sente anno  furono  celebrate  le  nozze  di 
Lucrezia  di  Estc ,  sorella  del  duca  Alfon- 
so con  Francesco  Maria  della  Rovere^  fi- 
glio primogenito  del  duca  d'Urbino.  Pas- 
sò ancora  per  Fiandra,  incamminata  a  Ma- 
drid V  arciduchessa  Anna  figlia  dell*  Ifnpe- 
rador  Massimiliano  Ih  maritata  con  FiZip- 
'po  II.  re  di  Spagna.  Numerosa  flotta  la 
condusse  inlspagna,  dove  con  somma  ma- 
gnificenza fu  accolta  ,  e  succederono  nobi- 
lissime feste  accompagnate  dalla  universa- 
le allegria;  tanto  più  grande,  perchè  già 
era  terminata  la  guerra  contro  i  Mori  con 
grande  onore  di  don  Giovanni  di  Austria , 
dal  cui  comando  e  valore  si  riconobbe  la 
felice  riuscita  di  quella  per  altro  difficile 
impresa.  Fu  eziandio  condotta  in  Francia 
—     Tomo  XXIV.  C  nel 


34  A  N  N  A  L  I      d'  I  T  A  L  I  A  \ 

nel  dì  2^  di  novembre  di  questo  anno  j 
dall'  Elettore  di  Treveri  V  altra  minore  ] 
arciduchessa  Isabella  ,  figlia  dei  suddetto  . 
Augusto  ,  maritata  eoi  re  Carlo  1^.  ma-  \ 
trimonio  ,  che  durò  poi  pochi  anni^  e  di  ^ 
cui  non  uscì  che  una  principessa  di  corta  j 
vita  anch'  essa  .  ^ 

! 

Anno  ^i  Ckisto   1571,  Indizione  XIV.         ] 
di  Pio  V,  papa  6.  1 

di  Massimiliano  II,  imperadore  8. 

X  progressi  delle  armi  turchesche  nella  1 
isf)la  di  Cipria  quanto  dalTun  canto  accre-  I 
scevano  il  terrore  ai  popoli  d'altana,  al- j 
trettanto  incitavano  il  papa,  il  re  Cattoli- ' 
co,  e  la  repubblica  Veneta  a  premunirsi 
per  la  difesa  dei  loro  stati^  che  tanto  più.  ' 
Testavano  esposti  alle  violenze  degl'infede- 
li. Spedì  il  pontefice  per  questo  il  cardi- \ 
nal  Alessandrino  in  Ispagna  a  trattare  i 
una  lega  stabile  fra  esso  ,  il  re  FllipiJO ,  e  ^ 
i  Veneziani  contro  il  r^ecnico  comune.  Fa  j 
questa  conchiusa  nel  dì  20  di  maggio  con  , 
varie  capitolazioni.  Fecero  poscia  queste- 
tre  confederate  potenze  i  loro  maggiori  ' 
sforzi  in  congiuntura  di  tanto  bisogno  ,j 
ma  non  con  quella  prontezza  che  occorre-; 
va,  parte  per  la  difficoltà  di  raunar  lai 
troppo  necessaria  pecunia,  e  parte  pel  tem- ' 
pò,  eh'  esige  il  preparamento  delle  gen- i 
ti,  navi,  munizioni,  e  di  tanti  altri  varj  i 
attrecci  di  guerra.    Non  mancarono  già'  L^ 

Ve.  ^j 

i 


A  N  N  a     MDLXXI.  35 

Veneziani  di  spedire  verso  la  metà  di  gerf- 
uaio  Marcantonio  Querini  con  quattro  na- 
vi scortate  da  dodici  galee  ,  per  portare 
soccorso  alla  città  di  Famagosta  bloccata 
dai  Turchi  .  Felicemente  arrivò  colà  que- 
sto convoglio  ;  tre  galee  nemiche  furono 
colle  artiglierie  buttate  a  fondo  j,  e  le  altre 
fuggirono.  Sbarcò  il  Querini  mille  e  sette- 
cento fanti  in  quella  città^  e  gran  copia 
di  provvisioni  da  bocca  e  da  guerra/ ma 
non  già  sufficiente  a  sostenere  un  lungo  as- 
sedio.  Pervenuto  al  sultano  Selim  Ravviso 
di  questo  soccorso^  diede  nelle  furie  cen- 
tra del  Bassa  Pialy,  e  poco  mancò,  che 
Tìon  dimandasse  la  sua  testa  ;  il  privò  non- 
dimeno del  generalato ,  e  a  lui  sostituì  il 
Bassa  Aly.  Costui  insieme  col  Bassa  Mu- 
sta  fa  5  siccome  ben  comprese  le  premure 
del  gran  Signore  ^  così  non  ommise  dili- 
genza veruna  per  tosto  ripigliare  T inter- 
rotto assedio  di  Famagosta.  Se  dobbiam 
credere  alle  relazioni  di  questa  guerra , 
descritta  da  moltissimi  autori  di  quel  tem- 
po, fioccò  da  tante  bande  e  con  tanti  tra- 
gitti sì  gran  numero  di  soldati  infedeli  pa- 
gati ^  e  venturieri  nell*  isola  di  Cfpri  ,  che 
fu  creduto  ascendere  a  quasi  dugentomila 
combattenti ,  e  a  quarantamila  guastatori . 
Probabilmente  seconda  il  solito  la  fama , 
la  paura  ,  e  il  voler  giustificare  la  fortuna 
dei  Turchi,  accrebbe,  sennon  della  metà, 
almen  di  un  buon  terzo  le  loro  forze  , 
Neir  aprile  si  riaprì  sotto  Famagosta  il  tea- 

6  2  irò 


- 


36  Annali  D^  Italia 
tro  della  guerra  ,  alla  cui  difesa  non  si 
trovarono  sennon  quattromila  fanti  ,  lieve 
guarnigione  in  sì  graji  bisogno .  Furono  ' 
anche  alzati  varj  forti  contro  la  città ^  le 
trincee  cominciarono  ad  inoltrarsi  ^  le  bat-f 
terie  a  far  continuo  fuoco  .  Giuocarono 
dall'una  e  dall'altra  parte  varie  mine,  e 
furono  dati  molti  assalti _,  tutti  ripulsati 
con  grande  mortalità  degli  aggressori  . 

Ma  perciocché    ai  Turchi ,    per    ottenere 
in  siffatte    occasioni    l'intento    loro,   nulla 
incresce  il  sacrificar    migliaia  di    persone,! 
andò  cosi  avanti  il  loro  furore,    con  isce- | 
mare  intanto  il  numero  dei  difensori,    che' 
nel  dì  due  di  agosto  i  Cristiani^  dopo  aver 
fatte  m.araviglie  di  valore  ,  trovandosi  non  ' 
aver  più  ,  che  sette  barili  di  polve  da  fuo-  | 
co  ,    furono  obbligati    a  trattar    della  resa  \ 
nel  dì  suddetto.  Accordò  l'iniquo  Mustafà  \ 
quanto  essi  domandarono ,  cioè  salve  le  per-  \ 
sone ,    armi ,    e  robe  dei  soldati    e  cittadi-  \ 
ni  ;  che  questi  potessero  vivere  secondo  la  | 
legge  Cristiana,   e  ritener   le  loro  Chiese; 
che  i  soldati ,  e  chiunque  volesse  ,    avesse- 
ro   libero    passaggio    in    Candia  ,    scortati 
dalle  galee  turchesche  .    Non    si  può  senza 
orrore,    e  senza  raccapricciarsi  rammenta- 
re,   qual  fosse  la  perfìdia  ed  inumanità  di 
Mustafà    in  tale  occasione .    Dacché    furono 
venuti  sufficienti  legni  per  menar  via  i  sol- 
dati cristiani,  e  questi  imbarcati^  Marcan- 
tonio Bragadino  provveditore  e  governator 
della  città^    ed  Astorle  BagUone    generale 

delle 


KA  N  N  o     MDLXXI.  37 

lì  con  gli'aìtri  nobili,  e  con  citi-» 
quanta  soldati ,  per  concerto  già  fatto,  usci«^ 
rono  della  città  (  era  il  dì  quindici  di  ago- 
sto )  e  andarono  al  padiglione  di  Mustafà  , 
affine  di  consegnargli  le  chiavi .  Cortesemen- 
te furono  accolti  ,  e  fatti  sedere  ,  e  il  Tur- 
co passando  di  uno  in  altro  ragionamento, 
mise  infine  mano  ad  una  di  quelle  avanìe  , 
che  spesso  usano  quei  barbari  contra  dei 
Cristiani,  imputando  al  Bragadino  di  aver 
durante  la  tregua  fatto  aramazzare  alcuni 
schiavi  Turchi.  Negò  11  Bragadino  di  aver 
commesso  un  tale  eccesso.  Allora  Mustafà 
tutto  in  collera  alzatosi  in  piedi;  ordinò,, 
che  ognun  di  loro  fosse  legato ,  essendo 
essi  senza  armi ,  perchè  all'  entrar  del  pa- 
digliane  furono  astretti  a  deporle .  Cos! 
legati  e  condotti  nella  piazza  davanti  al 
padiglione ,  a  cadaun  di  quei  nobili  ,  fuor- 
ché al  Bragadino,  tagliato  fu  il  capo  •  I 
soldati  venuti  con  loro ,  e  circa  trecento 
altri  Cristiani  furono  messi  a  fìl  di  spada; 
e  quei  che  erano  imbarcati ,  svaligiati  tut- 
ti,  e  posti  alla  catena.  Il  Bragadino,  do- 
po avere  sofferto  rarj  strapazzi  ,  spogliato 
ed  attaccato  al  ferro  della  berlina  ,  fu  scor- 
ticato vivo  da  un  giudeo.  Tal  costanza  di 
animo  in  sì  fieri  tormenti  mostrò  quel  pro- 
de cavaliere,  che  niun  segno  mai  diede  di 
dolore  ;  e  solamente  raccomandandosi  a 
Dio,  e  rimproverando  al  barbaro  la  ratta 
fede  ,  all'orche  giunse  il  tagliatore  all'  irm- 
bilico,   spirò  l'anima.    La  pelle  sua  ricm- 

C  3  più- 


3^  Amnali  d' Italia 
piuta  di  paglia,  ed  attaccata  ad  una  an* 
tenna  ,  fu  mandata  a  farsi  vedere  per  tutti 
i  lidi  della  Soria;  trofeo  ben  degno  di  una 
perfidia  e  crudeltà  senza  pari.  E  in  tal 
guisa  restò  il.  bel  regno  di  Cipri  in  mano 
dei  nemici  del  nome  cristiano. 

Non  parlerò  io  di  altre  minori  azioni  di 
guerra    fatte  dai  Veneziani    e  Turchi  nel- 
r  Adriatico,  e  in  altri  mari  prima  di  que- 
sto tempo j    o  durante  l'assedio    di  Fama- 
gosta^    premendomi  di  rallegrare  i  lettori 
dopo    sì  disgustosa  narrativa    con    un  me- 
morabil  fatto  delle  armi  cristiane  ,  e  mas- 
simamente   italiane.    Avea    il  re  Cattolico 
Filippo  IL  spedita    la    sua  flotta  navale    a 
Messina  sotto  il  comando  di  don  Giovanni 
d'i  Austria  suo  fratello  naturale ,    a  cui  si 
unì  Gian-Andrea  Doria  Genovese  colle  sue 
galee  al  soldo  di  esso  re.  Colà  ancora  era^ 
no    giunti    Marcantonio    Colonna    generale 
del  papa  colle  sue  galee  ^  e  Sebastiano  Ve-^ 
niero   generale    delle  forze   di    m.are    della 
repubblica  Veneta  .    Trovossi    nella  mostra 
consistere  V  unione   di  queste  flotte  in  do^ 
dici  galee    del  papa;    in  ottantuna    del   re 
di  Spagna  con  venti  navi,    e  forse  più  da 
carico^    in  cento  e  otto  galee,   sei  galeaz-  ì 
z« ,  e  due  navi  dei  Veneziani;  in   tre  galee  | 
di  Malta  ;    e    in  tre  altre  del  duca  di  Sa-  j 
voia.    Eranvi    altri   legni    minori    in  graa  | 
copia  .    Sopra  sì  possente    armata  militava-  | 
no  dodici  mille  italiani  ,  guidati  da  valoro-  { 
si  capitani  di  lor  nazione  ,  cinquemila  Spa 

gnup- 


^^m^      Anno    MDLXXL  39 

^l^ffi,  tremila  tedeschi,  tremila  venturie- 
ri,   portati    dalla    difesa  della    fede    e  dal 
desiderio'  della  gloria,    oltre    ai  necessaij 
marinari  .  Fra  quei  venturieri  non  si  deb- 
bono   tacere  Alessandro  Farnese^    principe 
di  Parma,  e  Francesco  Maria  della  Rovere 
principe  di  Urbino.  F^^cero  vela  questi  ge- 
nerosi campioni  nel  dì  sedici   di  settembre 
dopo    varie    consulte  ,    con    risoluzione    di 
andar    a  trovare  Tarmata    navale  nemica, 
per  fiaccare  le  corna   alla  potenza  Ottoma- 
na,  divenuta  oramai  troppo  insolente  e  su- 
perba per   le  passate  vittorie.    Trovaronsi 
a  vista   le  due  potenti   nemiche  armate    la 
mattina  del  dì  sette  di  ottobre  ,  giorno  di 
domenica.  Era  partita  la  turchesca  de  Le- 
panto,   com.andata    dal    generale  Aly,    dal 
generale  di  Tunisi  e  di  Algicri,  e  da  altri 
Bassa    e  Sangiacchi ,    e  in  numero    di  vele 
era  molto    superiore    alla  cristiana .    Avca 
ordine  dal  gran  Signore  il  generale  Aly  di 
venire  a  battaglia  scontrandosi  coi  nemici  ; 
ed  appunto    furono    a    fronte    dei  cristiani 
verso  risole  Curzolari  .    Allora  dall'una  e 
dall'altra  parte  si  misero  in  ordinanza  tut- 
te le  navi,    formando  cadauna  armata    tre 
schiere  a  guisa  di  mezza   luna-    Don  Gio- 
vanni   di  Austria  generalissimo  postosi    in 
una  fregata  andò  girando  ed  animando  cia- 
scuno a  ben  combattere  per  la  difesa  e  per 
l'onore  della  fede  cristiana,  con  assicurar 
tutti  della  protezione  di  Dio,  potentissimo 
padre  dei  suoi  fedeli,  e  gran  rimuneratore 

C  /|  di 


4Ò         Annali    d'  I  t  a  l  i  a 
di  chi  mette    la  vita  per  la  santa    sua  re-    j 
ligione .    Inteneriti  tutti    a  queste  parole  i 
soldati  ,  e  piangendo  per  V  allegiKzza  ,  ri* 
spendevano  con  alte  grida:   Vittoria.,  vit^ 
toria.  Si  faceano  intanto  continue  preghie- 
re   dai  popoli  cristiani,    per  implorare    la 
benedizion    di  Dio  alle  afmi  cristiane  ;    il 
papa  avea    a  questo    fine  pubblicato  prima 
il  giubileo;  ed  eransi  fatte  pie  processioni  j 
dappertutto.  | 

AzzufFaronsi  dunque  le  due  contrarie  ar-  1 
mate,  e  si  dichiarò  presto  la  mano  di  Dia  \ 
in  favore  dei  suoi  .  Soffiava  dapprincipio  i 
un  vento  maestrale  favorevole  ai  Turchi .  | 
Si  abbonacciò  il  mare ,  ed  eccoti  sorgere  ' 
un  vento  siroccale,  cjie  portava  tutto  il  \ 
fumo  contra  dei  Turchi,  e  quanto  rispi-  i 
gneva  indietro  i  loro  legni,  altrettanto  fa^  ì 
cilitava  ai  cristiani  T  urtare  in  essi.  Durò  ; 
il  terribil  combattimento  ben  quattro  ore  ,  \ 
senza  che  piegasse  la  vittoria  ad  alcuna  di  > 
esse.  Ma  le  galee  grosse  cristiane,  che  : 
erano  avanti  ,  tal  danno  colle  artiglierie  j 
recavano  ai  nemici  ,  che  cominciaroi^o  ad  ; 
affondare  alcuni  dei  legni  turcheschi .  Quin-  l 
di  si. abbordarono  insieme  le  galee  di  que-  [ 
sti  e  di  quelli^  ed  allora  si  fece  pruova  ' 
di  chi  vantaggiasse  l'altro  in  valore.  Gran  : 
bisogno  di  coraggio  ebbe  don  Giovanni  di  ■ 
Austria,  essendosi  trovata  la  sua  capitana 
in  gran  pericolo  per  Io  sforzo  incredibile  \ 
della  reale  dei  Musulmani  contra  di  essa  ,  1 
e  per  trecento  almeno  dei  suoi  rimasti  ivi  i 

ne-       ì 


^^  Anno    MDLXXT.  41 

«Scisi.  Non  men  di  lai  gli  altri  due  gene- 
rali Colonna  e  Veniero  fecero  singolari 
prodezze .  Finalmente  andò  in  rotta  i'  ar- 
mata  turchesca^  dappoiché  il  generale  Aly 
fu  ucciso  di  archibugiata  .  Il  suo  capo  re- 
cisa dal  busto  ,  e  messo  sopra  una  picca 
finì  di  mettere  lo  spavento  in  chiunque 
potè  ravvisarlo.  Venne  alle  mani  dei  cri- 
stiani una  gran  quantità  di  legni  nemici  e 
di  prigioni.  Almen  quindicimila  infedeli  fu' 
stimato  che  perissero  in  quel  terribil  con- 
flitto. L'iscrizione  posta  a  papa  FioV.  ed 
alcuni  autori  parlano  di  trentamila  di  co- 
loro uccisi  :  ma  certo  ninno  li  contò  .  Vi 
perderono  la  vita  più  di  cinquemila  Cri- 
stiani^ fra  i  quali  alcuni  insigni  personag- 
gi, e  spezialmente  fu  compianta  la  morte 
di  Agostino  Barbarigo  provveditor  genera- 
le della  veneta  armata,  alla  cui  savia  con» 
dotta  si  attribuì  in  parte  sì  gloriosa  vit- 
toria .  Più  d?  dodicimila  schiavi  Cristiani 
in  tal  congiuntura  riacquistarono  la  liber- 
tà. Moltissimi  di  essi  ^  allorché  viddero 
declinar  le  forze  turchesche  ,  essendosi  sfer- 
rati ,  aveano  accresciuto  il  terrore  nelle 
lor  galee.  Anzi  gli  stessi  schiavi  dell'ar- 
mata cristiana  ,  dacché  fu  loro  promessa 
la  libertà  dopo  la  vittoria  ,  presero  le  ar-r 
mi,  e  recarono  non  lieve  aiuto  ai  combat- 
tenti padroni .  Furono  dipoi  divise  fra  i 
vincitori  le  spoglie  e  i  prigioni ,  eh'  erano 
circa  cinquemila .  Al  generale  del  papa 
toccarono    diecisette  galee  ,    e  quattro    ga- 

leot- 


4a        Annali    d' Italia  ^ 

kotte.  A  don  Giovanni  di  Austria,  cinquan^  \ 
tasette  galee,  ed  otto  galeotte .  Ai  signori  ] 
Veneziani  galee  quarantatre  e  sei  galeot-  J 
te  .  Tra  Savoia  e  Malta  furono  divise  di-  ^ 
ciotto  eralee.  Fama  fu.  che  circa  sessanta-  < 
due  legni  tureheschi  fossero  gittati  a  fon-  i 
do  ,  e  certamente  si  affondarono  dieciselte  ■ 
galee  cristiane.  '\ 

L'avviso  di  si  segnalata  vittoria^  porta-  \ 
to  da  uffiziàii  e  corrieri  alle  corti,  non  sì  ; 
può  esprimere  qual  giubilo  spargesse  nel  ] 
cuore  di  ogni  Cattolico,  e  con  quante  fé-  \ 
ste  e  trasporti  di  allegria  fossero  dippoi  ' 
rendute  grazie  alP  altissimo .  In  Venezia  i 
tanta  fu  la  gjoia ,  che  quel  popolo  diede  | 
in  eccessi  .  Giunse  a  Madrid  la  lieta  nuo-  i 
va  ,  seguitata  frappoco  da  altra  felicità ,  \ 
cioè  dalla  nascita  di  un  figlio  maschio  del  ^t 
re  Cattolico,  a  cui  fu  posto  il  nome  di  : 
Ferdinando  ,  accaduta  nel  dì  quattro  di  i 
dicembre  .  Da  Venezia  in  due  giorni  arri-  \ 
vò  a  Roma  questo  avviso  ,  che  riempiè  di  i 
inesplicabiì  consolazione  il  pontefice,  e  il  ] 
popolo  romano  ,  Scritto  è  ,  che  al  santo  ] 
padre  Dio  rivelò  la  riportata  vittoria  nelT  | 
ora  stessa  ,  in  cui  questa  si  dichiarò  a  fa-  > 
vox  dei  cristiani.  Crebbe  dippoi  Tuni versai  ; 
gjoia  in  iloma  stessa  al  comparir  colà  nel  j 
di  i6  di  dicembre  il  generoso  generale  | 
delle  armi  p'^ntificie  Marcantonio  Colonna  ^  | 
il  quale  cotanto  avea  contribuito  al  buon  | 
esito  di  quella  impresa.  Il  ricevimento  suo  I 
rinovellò    in  qualche    maniera    la  memoria  ^ 

de-       ì 


Anno    MDLXXI.  45 

legli  antichi  trionfi  romani  :  tal  fu  la  pcm-» 
pa  _,  con  cui  venne  incontrato  dal  senato  e 
dai  magistrati  della  città,  ed  accompa- 
gnato al  campidoglio  ,  alla  udienza  del 
papa ,  e  al  sacro  tempio  di  santa  Maria 
d'  Ararseli ,  dove  con  sontuosi  doni  rico- 
nobbe Mal  favore  divino,  quanto  era  av- 
venuto 1  in  quel  terribil  cimento.  Ma  chi 
lo  crederebbe?^  Una  sì  insigne  vittoria, 
di  cui  volle  il  buon  pontefice^  che  si  con- 
servasse eterna  la  memoria  coli'  istituire 
la  festa  di  santa  Maria  della  Vittoria^  che 
oggidì  si  celebra  nella  prim.a  domenica  di 
ottobre;  una^  dico^,  sì  strepitosa  vittoria 
non  fu  poi  seguitata  da  alcun  rilevante 
frutto  e  vantaggio  della  repubblica  cristia- 
na, e  solamente  servì  a  far  conoscere, 
che  il  turco  non  è  una  potenza  invincibi- 
le. Perchè  ciò  avvenisse  ,  lo  vedremmo 
all'anno  seguente.  Si  divisero  poi  le  flot- 
te cristiane  per  ritirarsi  ai  quartieri  d^ in- 
verno,  stante* r  avanzata  stagione;  e  ben- 
ché i  Veneziani  ricuperassero  qualche  Iuch 
go  tolto  loro  dai  turchi  in  Albania,  fu-^ 
rono  nondimeno  anch'  essi  forzati  a  ripo* 
sare. 


An- 


44          Annali    d' Italia  • 

^,  \ 

Anno  di  Cristo   1572,  Indizione  XVc  X 

di  Gregorio  XIII,  papa  2.  ; 

di  Massimiliano  II,  imperadore  9,  i 

V 

\.  u  chiamato    m    questo    anno    da   Dio    ì\  . 

buon    imntefice  Pio  V.    a  ricevere    in  cielo  1 

il  premio  della  santa  sua  vita ,  e  delle  tan-  \ 

te  degne  sue  azioni  in  prò  della  repubbli-  ] 

ca  cristiana.    Le  astinenze^  le  orazioni,  e  \ 

le  fatiche    sue  indicibili  per  ben  esercitare  ì 

l'uffizio  pastorale,  e  per  la  difesa  del  Cri-  ; 

stianesimo  ,    aveano  forte  indebolita    la  di  i 

lui    sanità .    Si.  aumentarono    nel    marzo    i  \ 

suoi  malori  ,  laonde  nel  dì  primo  di  mag-  \ 

gio  passò    a  miglior  vita ,    lasciando    dopo  \ 

di  sé  un  odore    di  si  rara  santità,,    che  fu  I 

poi  registrato    dopo  molti    anni    nel  ruolo  | 

dei  beati ,  e  ai  dì  nostri  si  è  celebrata  la  ; 

solenne  di  lui  canonizzazione.  La  mancan-  ! 

za    di  questo    insigne  pontefice    quella    fu  y  \ 

che  troncò    il  filo    ai  progres*si    delle  armi  j 

cristiane  contro    il  comune    nemico  ,   Ave-  ' 

va  egli  per  sostener  la  guerra  santa  ,  negli  i 

anni  addietro    impiegato    un    gran  tesoro  .  j 

Maniera   inqltre    non    gli    era   mancata    di  i 

raunarne  assai  più  ;,  per  continuarla  nell' an-  | 

no  presente ,  dimodoché  si  trovò  in  castel-  ] 

lo  sant'Angelo  dopo    la  sua  morte  un  mi-  • 

lione    e  mezzo    di  scudi  d'  oro  ,    destinata  ; 

a  quel  fine.    Teneva    egli    come    in  pugno  ; 

la  maggior  parte  dei  re  e  principi  cristia-  : 

ni:    tanta  era    la  venerazione ^    che   ognun  | 

prò-  j 


Anno     MDLXXII.  45 

professava  al  complesso  delle  sT>e  virtù  ,  e 
al  suo  indefesso  zelo  pel  bene  della  cri-^ 
stianità  :  epperò  potevansi  sperare  per  mez- 
zo suo  maggiori  vantaggi  alla  causa  comu- 
ne.  Non  mancò,  è  vero,  il  suo  successore 
di  sposare  le  medesime  massime  ,  siccome 
vedremo;  ma  non  passò  in  lui  col  pontifi- 
cato anche  il  gran  credito  di  papa  Pio  V. 
Entrati  i  cardinali  in  conclave  ,  da  11  a 
due  o  tre  giorni,,  cioè  nel  dì  tredici  di 
maggio  ,  con  mirabil  concordia  elessero  pa- 
pa il  cardinale  Ugo  Boncomimgjio  ,  creatu- 
ra di  p'apa  Pio  IV.  personaggio  ben  degno 
di  sì  eccelsa  dignità.  Era  egli  di  famiglia 
antica  e  nobile  bolognese,  discendente,  se«^ 
condo  le  mie  conjetture,  da  quel  Boncom- 
pagno  nativo  di  Firenze,  che  circa  il  1200. 
si  truova  pubblico  lettore  nella  università 
di  Bologna ,  e  lasciò  un  libro  intitolato  de 
ohsidione  Anconcc  dell'anno  1172.  da  me 
dato  alla  luce  ^ ,  e  di  cui  tuttavia  resta 
inedito  in  Francia  un  trattato  de  Arte  Di- 
Barn  ini  s  ^  citato  dal  du-Cange  nel  Glossario 
latino.  Di  lui  probabilmente  fu  nipote  quel 
dragone  Boncompagni ,  che ,  per  attestato 
dt'l  Ghirardacci  *  ,  nelT  anno  15.93.  ^^^  ^^' 
cuni  altri ,  andò  inviato  dal  senato  bolo^ 
gnese  per  ambasciatore  al  vescovo  di  Bo^ 
logna. 

Prese  il  novello  papa  il  nome  di  Grego^ 


no 


'    Rerum  Italicarum  Tom.  f^'L 
*  Qhn-3rd.7Ci:i  Storie  4i  Bcfo^na  . 


4^  A  Si  N  A  L  I      d'   I  T  A  L  t  A 

rio  Xllly    dicono  per  la  venerazione,    che  "^ 

egli  professava  a  san  Gregorio  Magno ,    se  i 

pur    non    fu    a    san  Gregorio  Nazianzeno . 

Volle,    che    invece    di  gittare    al    popolo,  \ 

secondochè    si  usava  nella  coronazione    dei  \ 

papi ,    la    sonarne  di  quindicimila    scudi  d'  • 

oro  ,  quesìa  si  distribuisce  ai  poveri .    Pa-  l 

vimenti  in  favor  di  essi  ordinò,  che  s'im-  \ 

piegassero    altri   ventimila  scudi,    soliti    a  \ 

darsi  ai  conclavisti,  perchè  niuna  molestia  \ 

o  fatica    aveano  patito    in  sì  poco  tempo  ^  ] 

che  era    durato    il  conclave.    Era    non    so  ; 

come  saltato  in  capo  al  pontefice  Fio  F,  di  \ 

fabbricare  ,    oppur    di    tirare    innanzi    una  \ 

fortezza  nel  territorio  di  Bologna  »  Il  pri-  j 

mo    favore,    che    papa    Gregorio    compartì  \ 

alla  SUI  patria  ,    fu  quello  di  ordinarne  la  | 

demolizione  nei  primi  giorni  del  suo  pon-  j 

tifìcato.    Ad  inchinare    il     nuovo  pontefice  i 

si    portò    in    persona  Alfonso  II    duca    di  \ 

Ferrara    con     accompagnamento     magnifico  \ 

di  molta  nobiltà,    e    vi  concorsero    ancora  ! 

gli  ambasciatari  di  tutti  >  potentati  catto-  ■ 

liei .    Mostrò  dipoi  questo  pontefice  il  me-  ; 

desimo  desiderio  ed  ardore  ^  che  aveva  già  i 

avuto  il  suo  predecessore,  per  proseguir  la  j 

guerra  contro  la  potepza  Ottomana  ;   e  pe-  i 

rò  spedì   tosto  nunzj    e  legati  ai  monarchi  j 

e  principi  della  cristianità .  per  pregarli  ed 

esortarli  a  così  lodevole  impresa .    Confer-  i 

mò  generale  d:  11^  galee  pontifìcie  Marcati-  j 

tonio    Colonna^    g^à    mandato    innanzi    dal 

s'aero  collegio   ad    imbarcarsi.    Ma  non    vi 

fu, 


b 


Anno     MDLXXIL  i^^ 

fu,    che  il  re  Cattolico  Filippo  II M  quale 
contribuisse  soccorsi,    e  questi    anche  lievi 
a    paragon    dell'anno    precedente;    perchè 
gravi  sospetti  corrcano,  che  il  re  di  Fran- 
cia macchinasse    guerra   contro    la  Spagna , 
e  con  qualche  certezza  si  prevedevano  per- 
niciosi   movimenti  nei  paesi    bassi.    Venti- 
tre sole  galee  eon  seimila   fanti    ottenne  il 
pontefice  da  don  Giovanni  d'Austria  ,   sen- 
zachè  questi  si  volesse   muovere    da  Messi- 
tìa  col    restante  di  sua  armata  ,  affin  di  es^- 
sere  pronto    ai  bisogni  occorrenti  del  Cat- 
tolico Monarca  .  Contuttociò  unite  che  fu* 
rono,  dopo  gran   ritardo,  queste  forze  con 
quelle   dei  Veneziani  ,    comandate   dal  nuo- 
vo genera.le  Jacopo  Foscarino  ,    trovossi    la 
flotta    cristiana  gagliarda    di  centoquaranta 
galee,  ventitre  navi^  sei  galeazze  ,  e  tren- 
ta altri    legni  minori.    Adonta    della  gran 
rotta    deir  aneo    addietro    avea    potuto    la 
porta  Ottomana    formare  una  flotta    di  du- 
gentosessanta  tra  galee  ,  galeotte,  e  Fuste, 
con  cinque  galeazze  :  flotta  nondimeno  in- 
feriore di  nerbo  e  di  coraggio  alla  cristia* 
na.  In  traccia  di  costoro  fecero  vela  i  due 
generali  Colonna  e  Foscarino.  Ma  il  gene- 
eale  turchesco  Uluccialì  ,  uomo  di  soprafi- 
na   accortezza  ,    benché    sempre    mostrasse 
voglia    di    azzuffarsi  ,    pure    fuggV    sempre 
ogni  incontro,    e    sì  artifiziosamente    andò 
trattenendo  i  cristiani,  che  lor  fec^  perde- 
re il  resto  della  campagna  ;  laonde  appres- 
sandosi il  verno ^  non  altra  gloiia  riporta- 
re- 


1 

J 

•'i 

£fi  A  N  N  A  L  1     d'   I  T  A  L  r  A.  i 

rono  questi  a  casa  ,  che  quella  di  aver  fat-  | 
to  paura  ai  nemici.  Peraltro  a  sì  infelice  | 
successo  contribuì  non  poco  don  Giovanni  ' 
d'  Austria ,  il  quale  ora  facendo  vista  di  ■ 
voler  passare  al  comando  dell' armata,  sen-  ] 
za  poi  mantener  la  parola  ,  ed  ora  facendo  j 
doglianze,  perchè  senza  di  lui  gli  altri] 
due  generali  tentassero  di  dar  battaglia:  j 
imbrogliò  non  poco  i  disegni;  e  neppur  si  ] 
trovò  grande  armonia  fra  ilColonnese  e  il  ì 
Foscarino  :  cose  tutte  ,  che  sommamente  af-  1 
ilissero  papa  Gregorio.  ^ 

L'anno  fa  questo  ,  in  cui  propriamente  ; 
«bbs  principio  la  ribellione  dei  paesi  bassi  \ 
contra  del  re  Cattolico.  Avea  ben  esso  mo**  i 
narca  mandato  colà  un  general-  perdono ,  ; 
che  fu  pomposamente  pubblicato  in  Anver-  : 
sa  dal  duca  cV  Alva  nel  1570  ma  con  pò-  : 
co  frutto^  perchè  cotali  riserve  ed  uncini  ; 
conteneva  l' indulto  ,  che  pochi  ne  mostra-  l 
rono  stima,  e  nìuno  ne  fece  allegrezza ,  j 
E  lìnquì  era  andato  fluttuando  T  odioso  af-  ! 
fare  delle  gravezze  imposte  da  esso  duca  j 
tra  le  di  lui  minaccie,  e  la  disubbidienza  ] 
e  costanza  di  buona  parte  di  quei  popoli  1 
in  non  voler  pagare,  quando  si  avvisò  il  ^ 
superbo  reggente  di  mettere  mano  alla  for-  ■ 
za,  per  conciliare  rispetto  alle  sue  leggìi 
col  gastigo  dei  renitenti .  Allora  apparve  ,  ■ 
qual  odio  5  quali  mali  umori  covassero  le  ; 
genti  di  quelle  provincie,  soffiando  speziai-  ; 
mente  nel  segreto  fuoco  con  esortazioni  e  \ 
promesse    di  soccorsi   il  principe  di  Gran-  ! 


Anno     MDLXXIL  49 

ges ,  animato  dai  protestanti  di  Germania, 
e  dagli  Ugonotti  di  Francia.  Pertanto  n«l- 
V  Olanda  ,    Zelanda  ,  e  Frisia  si  diede  fuo- 
co ad  un  aperto  ammutinamento    e  rivolta 
di  molte    città ,    dove  principalmente  avea 
preso  radici  l'eresia,  restando  nulladimeno 
alla  Chiesa  ed  al  re  ubbidiente  la  principal 
fra    esse  ,     cioè    Amsterdam  .    Collegaronsì 
queste  j  prestarono   una  spezie  di  ubbidien- 
za airOranges,  da  lui  riceverono  governa- 
tori e  leggi  .  Ed  ecco  il  principio  della  re* 
pubblica  delle  provincie  unite  ,  volgarmen, 
te    appellata    la    repubblica  Olandese,    che 
andò  poi  appoco  appoco  crescendo  pel  conr 
corso  dei  vicini  tedeschi  ,  francesi  ,    ed  in^ 
glesi,    tanto    nella  profession    della  eresia', 
quanto    nella   mercatura    e  nelle    forze    di 
mare,  che  arri.vò  a  divenire  una  delle  po- 
tenze più  ricche  di  Europa  ,    quale  oggidì 
la  miriamo.    Il    di    più    dee    prenderlo    il 
lettore  da  altre  storie  .  Sia  a  me  lecito  di 
accennare  anche   un  altro  non    men  sonoro 
avvenimento  della  Francia^,  spettante  all'an- 
no presente.  Durava  la  pace  fra  il  re  Cari- 
lo IX    e    gli  Ugonotti;    ma    perciocché    il 
re,  tenendo  davanti  agli  occhi  le  tante  in- 
fedeltà ed  insolenze  passate  di  quegli  ere- 
tici ,    e    temendone    sempre    delle    nuove, 
tuttodì   cercava  la  via  di  vendicarsene  e  di 
opprimerli  :  finalmente  si  fermò  nella  riso- 
luzion  seguente.  In  occasione,  ch'era  con- 
corsa a  Parigi  copia  di  coloro,    e  spezial- 
mente   dei  nobili    per.    le  nozze  di  Arrigo 
Tomo  XXiV,  D   -.        re 


5©         Annali    d' Italia  ] 

re  di  Navarra  eretico,  che  a  suo  tempori 
vedremo  re  di  Francia^  con  Margarita  dl\ 
Valois  sorella  cattolica  del  suddetto  re  Car- i 
lo  ;  segretamente  fu  dato  ordine  dal  re  ,  j 
che  nella  notte  precedente  al  dì  24  di  ago- 1 
sto,  ossia  alla  festa  di  san  Bartolomeo,  si; 
uccidessero  tutti  gli  Ugonotti .  Grande  stra-  | 
gè  fu  fatta  di  loro  in  Parigi^  unitosi  ili 
popolo  ai  soldati  del  re  contro  gli  odiati) 
nemici  della  religton  cattolica;  e  quivi  nei 
perirono  circa,  due  o  tremila,  come  scris- 1 
sero  l'Adriani  e  lo  Spondano;  e  non  già  1 
diecimila ,  come  altri  hanno  scritto,  fra  i' 
quali  si  contarono  quasi  quattrocento  gen-  ; 
tiluomini,  che  godeano  gradi  onorati  di  \ 
milizia:  esecuzióne,  in  cui  restarono  in- | 
volti  anche  molti  innocenti  cattolici^  per- j 
che  ricchi.  Andò  poi  un  regio  bando ^  che! 
più  non  s'incrudelisse  contro  gli  Ugonot- ] 
ti,  ma  non  fu  a  tempo  per  trattenere  i; 
cattolici  di  Lione ^  Tolosa,  Roano,  ed  al- j 
tre  città,  dal  mettere  a  fi l  di  spada  quan-; 
ti  di  quella  setta  caddero  nelle  lor  manici 
Famoso  perciò  divenne  in  Francia  questa  I 
macello  col  nome  delle  nozze  parigine,  e\ 
della  notte  di  san  Bartolomeo*  Lascerò  io'' 
disputare  ai  gran  dottori  intorno  al  giù-  \ 
stificare  o  riprovare  quel  sì  strepitoso  fat-  j 
to  /  bastando  a  me  di  dire,  che  per  ca- ^ 
gion  di  esso  immense  esagerazioni  fece  il  ' 
partito  degli  Ugonotti,  e  loro  servì  di  sti- . 
rtiolo  e  scusa  per  ripigliar  l'armi  contra  j 
del  re.    Nel  settembre    di  quest'anno  ter-] 


mi-      } 

4 


Anno    MDLXXLL  51 

minò  i  suoi  giorni  Barbara  (V  Austria  du^ 
cliessa  di  Ferrara,  in  cui  fra  le  molte  vir- 
tù spezialmente  si  distinse  la  pietà,  ere- 
ditaria dote  della  nobilissima  casa  d'Au- 
stria . 

Anno  di  Cristo  _,   1575*  Indizione  I. 
di  Gregorio  XUI,  papa  2. 
di  Massimiliano  IL,  imperadore  io* 

1\/f 

JL^lolte    e  grandi  consulte    per  gF  impulsi 

Spezialmente  di  papa  Gregorio  ,  fatte  furo- 
tìo  nella  «cotte  di  Madrid^  in  Roraa>  e 
Venezia  ,  per  formare  un  arrramento  .  più 
formidabile  dei  precedenti  contro  V  impe- 
ro Ottomano.  Si  calcolò,  che  il  re  Cat- 
tolico armerebbe  150  gàlee ,  cento  i  Ve> 
neziani>  e  50  il  pontefice.  Ma  con  tutti 
questi  bei  consigli,  assai  chiarita  la  repub- 
blica veneta,  che  in  fare  i  conti  sugli  aju- 
ti  altrui,  e  sulla  buona  sinfonìa  delle  le- 
ghe, Sovente  si  falla;  e  che  dopo  T  insigne 
vittoria  di  Lepanto  comparivano  vigorose 
come  prima  le  forze  dei  Musulmani,  e 
che  niun  conquisto  si  era  fatto  finora ,  e 
sol  gravissimi  danni  aveano  patito  i  suoi 
littorali  :  tr:ittò  di  pace  col  gran  Signore  , 
è  la  conchiuse  per  mezzo  di  un  suo  mini- 
stro nel  mese  di  marzo,  e  la  ratificò  nel 
seguente  aprile,  con  promettere,  dopo  tan- 
ti milioni  inutilmente  spesi  nella  passata 
guerra  ,  di  pagare  per  tre  anni  centomila 
scudi  d'  oro  annualmente   al  superbo  sulta- 

D  2  no , 


52  A  N  ix  A  L  r     D*  I  T  A  L  I  A 

no.  Chi  in  bene^  e  che  in  male  parlò  Al 
questa  pace  ;  ma  sopra  gli  altri  se  ne  ri- 
sentì vivamente  il  pontefice,  per  Veder  fat- 
to un  passo  di  tanta  importanza  senza  sa- 
puta sua  ^  e  maltrattato  con  acerbe  parole 
Paolo  Tiepolo  mandato  apposta  ambascia- 
tore, che  gliene  diede  la  nuova,  ordinò, 
che  questo  gli  si  levasse  davanti.  Ando- 
tanto  innanzi  lo  sdegno  e  lo  sparlare  del 
popolo  romano  contra  dai  veneziani,  che 
il  Tiepolo  temendo  di  qualche  insulto ,  fu 
forzato  ad  armar  di  gente  il  suo  palaza©^ 
e  ad  uscirne  con  m.olta  cautela:  Vi  volla 
del  tempo  a  quetare  l'adirato  pontefice  , 
ma  infine  si  quetò.  Con  tranquillità  di  ani- 
mo air  incontro  accolse  il  re  Filippo  II 
questa  nuova,  anzi  lodò  la  prudenza  vene- 
ta, siccome  quegli,  che  da  molto  tempo 
meditava  un'altra  impresa,  ed  avrebbe  an- 
che desiderato  ,  che  nel  precedente  anno  a 
quella  sola  avessero  accudito  le  armi  dei 
collegati.  Essendo  stato  cacciato  da  Tunisi 
nell'anno  1571  il  Bey  o  Dey  Amida  per 
le  sue  crudeltà,  il  famoso  corsaro  Uluccia- 
li  re  diAlgieri  s'impadronì  ancora  di  quel- 
la città .  Conservavasi  tuttavia  in  potere 
del  re  di  Spagna  la  Goletta  ,  fortezza  po- 
sta in  faccia  al  porto  di  Tunisi,  fece  Ami- 
da ricorso  al  re  Cattolico,  rappresentando- 
gli la  facilità  di  riacquistar  quella  città; 
e  il  re,  che  ardeva  di  voglia  di  dar  quaU 
che  gastigo  ad  Uhiccialì  per  le  insolenze 
e  per    li  danni ,    che  colui    recava    ai    lidi 

cri- 


A  K  N^c^    MDLXXHn  t^ 

fcristiani,  segretamente  ordinò  a  donGiovari'* 
ni  d' Ausria^  soggiornante  colT  armata  na- 
vale in  Sicilia  ,  di  far  queil'' impresa.  Non 
^1  aspettava  Uluccialì  una  tal  visita,  eppe-» 
xò  colla  flotta  turchesca  andava  rondando 
per  le  riviere  di  Albania  ,  dove  tuttavia 
altro  non  fece  ,  che  saccheggiar  hi  città  di 
Castro.  Con  sole  io6  galee  sottili  fece  ve- 
la dai  porti  della  Sicilia  don  Giovanni  ^ 
non  avendo  potuto  le  navi  cariche  di  gen- 
te pel  vento  cor^trario  uscire  del  porto  di 
Trapani.  Giunto  egli  nel  dì  8  di  ottobre' 
alla  Goletta  5  lo  spavento  entrò  siffattamen- 
te nella  città  di  Tunisi^  che  la  maggior 
parte  degli  abitanti  col  loro  meglio  se  ne^ 
fuggì.  Però  senza  pericolo  o  fatica  vi  en- 
trarono le  armi  cristiane  ,  le  quali  poco 
tardarono  ad  impadronirsi  anche  di  Biser« 
ta  ,  lontana  da  Tunisi  40  miglia.  Ma  per- 
chè si  trovò  essere  troppo  odiato  Amida 
in  quelle  contrade,  e  nacque  pensiero  agli 
spagnuoli  di  poter  conservare  quella  gran 
eitlà  sotto  il  dominio  del  loro  monarca  : 
don  Giovanni  vi  lasciò  con  titolo  di  viceré 
o  governatore  Maometto  cugino  di  Amida , 
ed  ordinò»,  che  quivi  si  fabbricasse  una 
fortezza,  atta  a  signoreggiar  la  città  dalla 
parte  della  Goletta.  Alla  fabbrica  di  essa 
fu  lasciato  Gabrio  Serbellone  con  tremila 
spagnuoli  ;  altrettanti  italiani  sotto  Pagano 
Doria  ivi  restarono  :  locchè  fatto,  si  resti- 
tuì don  Giovanni  con  gloria  a  Messina  ,  6c 
indi    a  Napoli,    da    dove    si    mise    poi  ia 

D  3  viag- 


54         Annali    d' Italia  | 

viaggio    alla  volta    di  Spagna  ,    chiamatovi 
dal  re  per  altri  bisogni. 

Continuò    in   questo    anno    la  guerra    in 
Francia    fra    il  re  Carlo  IX  e  gli  Ugonot^ 
ti;  e  in  Fiandra  fra  quei  ribelli,  e  il  du- 
ca   (V  j^va .    Al  trovarsi    quel    duca    assai 
vecchio    e  mal  concio    per    la  podagra  ,    e 
più    al  vedersi  cotanto  odiato    dai  popoli,  | 
avea  più   volte  chiesta   licenza  di  tornarse-  \ 
ne  in  Ispagna .  La  impotrò  in  questo  anno,  | 
e  forse  con  discapito  degli  affari  del  re  in 
Fiandra;    perchè  s'egli  col  suo  crudele^    e  | 
sempre  detestabile  governo  avea  eccitato  sì   \ 
lagripievole  incendio  in  quelle  contrade  ,  il   j 
credito  nondimeno  ,  e  la  sua  maestria  nell*  j 
arte  della  guerra,  tenea  in  somma  appren-  ; 
sione  il  principe  di  Oranges    e  i  sollevati  :  i 
il  perchè  motivo  per  loro  di  allegrfjzza  fu  \ 
la  di  lui  partenza.  Andò  alla  corte,    e  fu  ! 
ben  ricevuto  ;    da   11  nondimeno    a  qualche  ■ 
tempo  restò  confinato    in  Uceda  ;    ma  me-  ^ 
ritava  ben  altro  un  uomo  sì  inumano  .  Fa-  ; 
ma   correa  ,    che    dieciottomila  fiamminghi  | 
di  ordine  suo  per  mano  del  carnefice  aves-  i 
sero    perduta    la  vita.    Era  vacato    per    lai 
morte  di  Sigismondo  Angusto   il  trono  di! 
Polonia  ,  e  molti  competitori  si  aiFacciaro-1 
no  aspiranti    a  quella   corona  »    Tanti    ma-  ' 
neggi  (consistenti  per  l'ordinario  nel  buon  ■ 
uso  dell'oro)    furono  fatti    da  Carlo  IX  rei 
di  Francia,    che    gli  riuscì    di    far    cadere^ 
l'elezione    in    Arrigo    duca    d' Angiò  ^    suoi 
minoi;   fratello:    elezione    nuUadimcno    ag-i 

gra.     ! 


Anno    MbLXXIII.  S5 

gSvfta  da  molte  Jure  condizioni  ,  delle 
quali  parla  la  storia.  Passò  in  Francia  una 
bella  ambasceria  di  polacchi  per  sollecitar 
questo  principe  a  consolar  colla  sua  pre- 
senza  chi  l'aspettava  con  singoiar  divozio- 
ne. Sul  fine  di  settembre  si  mosse  il  re 
novello  verso  la  Polonia,  e  non  giunse  co- 
là se  non  sul  fine  del  seguente  gennaio. 
Attentissimo  sempre  al  bene  della  religio- 
ne papa  Gregorio  XIII  istituì  nelT  anno 
presente  in  Roma  il  collegio  germanico 
coir  annua  dote  di  diecimila  scudi  d'oro^ 
affinchè  almen  cento  giovinetti  quivi  si  edu- 
cassero, e  nelle  scienze  e  lingue  si  addot- 
trinassero. Ne  diede  la  cura  ai  padri  del- 
la compagnia  di  Gesù,  sì  da  lui  amati  e 
favoriti,  che  qualunque  grazia  e  privilegio 
a  lui  chiesero,  tutto  ottennero.  Dimorava 
in  questi  tempi  Cosimo  gran  duca  di  To- 
scana in  Pisa ,  lasciando  a  don  Francesco 
suo  primogenito  le  cure  del  governo  .  Po- 
ca era  la  sua  sanità;  $opragiunse  ancora 
un  sì  pernicioso  accidente  al  corpo  suo  ^ 
che  ogni  suo  membro  restò  impotente  al 
suo  uffizio.  Nulladimeno  la  mente  ritenne 
sempre  il  suo  vigore,  sennonché  si  comin- 
ciò a  preveder  vicina  la  sua  morte. 


D  4  An- 


c6         Annali    d'Itaua 

Vi 

Anno  di  Cristo   1574^  Indizione  II. 
di  Gkeqokio  XIII,  papa  3. 
di  Massimiliano  II,  imperadore  11 

iVlancò  iafatti  di  vita  nel  dì   21.  d'apri-  | 
le  Cosimo  I  gran  duca  di  Toscana,    prin-  | 
cipe  degno    d'immortale   memoria;,    quan- | 
tunqwe  non  privo  di  noi,  secondo  T umano  j 
costume  ;  ad  esaltare  il  qti-ale  da  stato  ci-  | 
vile  privato  cooperò  la  fortuna  ;    e  ad  as-  | 
sodarlo    e  a  farlo  crescere  in  potenza  con^  ; 
tribuì  il   raro  suo  senno.  Di  donna  Leono-  \ 
ra  di  Toledo    sua  prima  moglie  lasciò  don  \ 
Francesco  ,f    che    fu    il   secondo  gran  duca  ,  \ 
e  Ferdinando  cardinale  ,    che  fu  poi  terzo  ' 
gran  duca  .    Dopo  la  morie  di  donna  Leo-  , 
nora  s'invaghì    di    una  povera  giovinetta,»^ 
per  nome  Camilla  Martelli y  e  un  pezzo  la  ■ 
tenne  ai  suoi  piaceri.  Ma  infine  per  le  for- 
ti  istanze    di  papa  Fio  V    che    un    parzial  ' 
genio  professò    sempre    a    questo  principe  yi 
la  sposò  ,  e  di  essa  ancora  ebbe  prole  .  So-  ■ 
pravissero  parimente    a  lui  due  altri  figli  >  i 
cioè  don  FietYo    e    don,  Giovanni,    che   si| 
segnalarono    nel    mestier    della    guerra.    h\ 
Cosimo    dunque    succedette    il  primogenito] 
don  Francesco^    che  in  ingegno  non  la  cc-j 
deva  al  padre,    ma  che  non  corrispose  di-J 
poi  alla   espettazion    dei  suoi  sudditi  collal 
saviezza  del  viver  suo.  Morì  anche  nelTan-j 
no  presente  Guidubaldo  della  Rovere  dnca\ 
di  Urbino,   principe  rinomato    pel  suo  va-i 

lo-     ^ 


MOLXXm 
^"ma  che  nel  precedente  anno  pél*  aveir 
voluto  imporre  delle  nuove  gravezze  ai 
suoi  sudditi,  avea  dato  motivo  ad  una  ri- 
bellione, che  fu  quetata  per  opera  del  pon- 
tefice ,  ma  che  si  tirò  dietro  la  morte  e 
r esilio  di  molti..  Ebbe  per  successore Frarz- 
cesco  Jlaria  suo  figlio ;,  il  quale  diede  buoit 
principio  al  suo  governo,  con  rióhiamare 
i  banditi  dal  padre ^  e  chrunque  era  fug- 
gito ^  e  con  restituire  ad  ognuno  i  beni 
confiscati .  In  questi  tempi  Guglielmo  duca 
ài  Mantova  ottenne  da  Massimiliano  Au- 
gusto il  titolo  di  duca  del  Monferrato. 
Riuscì  poi  r  anòo  presente  assai  funesto 
alla  cristianità  per  più  di  un  lagrimevol 
accidente.  Già  dicemmo  presa  in  Affrica 
la  città  di  Tunisi  dalle  armi  del  re  Cat- 
tolico. Uluccialì  per  questa  perdita:  alta- 
mente adirato,  seppe  cosi  ben  adoperare 
il  credito,  ch'egli  godeva  alla  porta  Otto- 
mana ,  siccome  ammiraglio  di  quella  poten- 
za ,  che  ottenne  dal  gran  signore  Selini  un 
potente  esercito  per  mare  e  per  terra  ,  af- 
fine di  ricuperarla.  Se  vogliam  credere  al-» 
le  relazioni  di  allora^  quattrocento  legni 
tra  galee  ,  galeotte,  e  navi  da  carico  con' 
circa  cinquantamila  turchi  (  numero  forse 
alterato)  condusse  egli  come  generale  di 
mare  a  quella  volta:  nel  qual  mentre  an- 
che Sinan  Bassa ,  genero  del  gran  Signore  , 
e  generale  di  terra ^  comparve  colà  con 
quindicimila  Mori  ed  Arabi  a  cavallo.  Non 
era  peranche  perfezionato  il  forte  già  di- 
se- 


'    I 

58         Annali    d' Italia  \ 

segnato  in  Tunisi _,  mancandovi  la  fossa  ,  ^ 
ed  essendo  i  bastioni  appena  alzati  alla  ? 
statura  di  un  uomo  ^  perchè  non  vennero  s 
somministrati  a  tempo  i  necessarj  ajuti .  i 
Contuttociò  Gabrio  Serbf?Ilone  ,  lasciato  ivi  ■ 
per  fabbricarlo,  si  preparò  per  ur-a  gagliar-  ] 
da  difesa.  Nella  fortezza  della  Goletta^  che  i 
potea  far  più  resistenza  ,  e  veniva  creduta  ' 
inespugnabile,  si  trovò  don  Pietro  Porto-  '• 
carrero,  governatore  di  poca  perizia,  eì 
insieme  provveduto  di  molta  albagia,  che  j 
ricusò  sulle  prime  di  colà  ammettere  un  ] 
rinforzo  d'italiani,  perchè,  secondo  lui  ,  j 
dovea  essere  dei  soli  spagnuoli  la  gloria  j 
di  rintuzzare  l'orgoglio  turchesco .  Ma  i  ' 
fatti  riuscirono  ben  diversi  dalle  parole  e  | 
speranze.  Nello  stesso  tempo  Sinan  strinse 
di  assedio  la  Goletta  ed  il  forte,  e  sì  vigo-  ^ 
rosamepte  affrettò  i  lavori,  che  nel  dì  23  ; 
di  agosto  a  for^a  di  armi  mise  il  piede  ; 
entro  la  Goletta,  con  tagliare  a  pezzi  la  l 
maggior  parte  di  quei  difensori  .  II  Porto-  | 
carrero,  il  figlio  del  re  Amida ,  e  circa  ' 
trecento  soldati  rimasti  vivi  furono  condot-  : 
ti  in  ischiavitu  ,  e  smantellata  quella  for-  | 
tezza  .  Dicono,  che  vi  si  trovarono  cinque-  ! 
cento  pezzi  di  artiglieria  tra  grossi  e  mi-  1 
nuti ,  Costò  la  vita  anche  ad  alcune  mi-  \ 
gliaja  di  turchi  V  ostinato  assedio  dell'  al-  : 
tro  forte,  sostenuto  con  somma  bravura  \ 
dal  Serbellone  contro  più  assalti  datigli  dal  | 
feroce  nemico  •  Ma  finalmente ,  mai  non  ' 
comparendo  i  promessi  soccorsi^  anch'esso  i 

nel       ì 


Anno     MDLXXIV.  59 

nel  ò\  12  di  settembre  si  vide  soccombere 
all'empito  delle  forze  turchesche  colla  mor- 
te di  quasi  tutti  i  cristiani  ,  e  fra  gli  al- 
tri di  Pagano  Doria  ,  trovato  ivi  gravemen- 
te malato  .  Il  Serbellone  trattato  barbara- 
mente d^  Sinan^  fu  menato  schiavo  e  in 
trionfo  a  Costantinopoli .  Questa  grave  per- 
dita;, queste  continuate  prosperità  della  po- 
tenza Ottomana  ;,  faceano  venir  freddo  agli 
italiani .  I  veneziani  per  sì  gran  movimen- 
to delie  armi  turchesche  ^  sapendo  il  poco 
capitale,  che  può  farsi  della  fede  di  quei 
barbari ,  e  delle  ^-paci  stabilit*e  con  essi  , 
furono  obbligati  ad  un  nuovo  gagliardo 
armamento  e  ad  implorar  gli  ajuti  ótì  pa- 
pa e  del  re  Cattolico.  E  veramente  il  sul- 
tano Sclim  ,  gonfio  per  la  fresca  vittoria  ;, 
già  macchinava  di  portar  la  guerra  in  Can- 
dia  ,  e  forse  avrebbe  eseguito  il  mal  pen- 
siero, se  la  sua  morte  accaduta  sul  prin- 
cipio deiranno  seguente,  oppure  verso  il 
fine  del  presente _,  con  succedergli  il  figlio 
Ammurat ,  non  avesse  fatto  abortir  le  me- 
ditate sue  idee . 

Provossi  in  Francia  un'altra  disavventura 
per  aver  quivi  terminata  la  carriera  del 
suo  vivere  il  re  Carlo  IX  in  età  di  venti- 
quattro anni  nel  dì  30  di  maggio.  Troppo 
appassionato  era  per  la  caccia,  e  fu  credu- 
to, che  per  gli  eccessi  di  essa  egli  si  gua- 
dagnasse una  mortai  febbre  con  isputo  di 
sangue,  per  cui  passò  all'altra  vita.  S'egli 
'campava ,  siccome  zelantissimo  per  la  reli* 

gio- 


€o  Annali  d'  I  t  a  l  <  a 
gìone  Cattolica  ,  e  dotato  di  spiriti  ,^uéi^^ 
rieri  ^  potca  sperarsi,  che  avrebbe  purgata 
il  suo  regno  dalla  gramigna  ereticale  .  Iri 
male  stato  restò  per  la  sua  morte  la  Fran 
eia,  perchè  si  trovava  in  Polonia  Arri- 
go III  suo  fratello  e  successore  ;  e  la  re-  | 
gina  Catterlna  dei  Medici  sua  madre,  la- j 
sciata  reggente  ,  tali  forze  e  consiglio  non  | 
aveva  da  frenare  i  sempre  inquieti  Ugo-  \ 
notti,  i  quali  si  diedero  to^to  a  far  tna- | 
neggi  coi  protestanti  della  Germania,  pet  ; 
turbare  la  pace  .  Pertanto  ella  sollecitò  il 
figlio  Arrigo  ^  che  appena  era  stato  Coro-  ^ 
nato  re  dii  Polacchi,,  a  tornarsene  al  suo  i 
regno ^  più  di  Innga  mano  desiderabile,'; 
che  quello  di  Polonia.  Avendo  Arrigo  tro- ' 
vato  delie  diiFicoltà  nei  Magnati  Polacchi  \ 
alla  sua  rinunzia  e  partenza  ^  con  allegar  ; 
essi  la  necessità  di  raunar  per  questo  la  ; 
dieta  di  tutto  il  regno  :  stimò  egli  meglio  ' 
di  mettersi  in  viaggio  alla  sordina  ,  ossia*  i 
di  fuggire.  Lo  inseguirono  iPolacchiy  ma  j 
noi  poterono  raggiugnere.  Passata  felice-' 
mente  la  Germania  ,  arrivò  in  Italia  ,  e  ; 
nel  dì  diecisette  di  luglio  entrò  in  Vene-  ] 
zia  ,  dove  concorsero  personalmente  ad  at-  | 
testargli  il  loro  ossequio  Emmanuel  Fili-  ] 
herto  duca  di  Savoia ,  Alfonso  II  duca  di  ; 
Ferrara,  e  Guglielmo  duca  di  Mantova;' 
Andrea  Morosino  ,  non  so  come,  il  chiamat  ' 
Francesco.  La  sontuosità  degli  apparati,; 
dell' accompagnamento,  e  dei  divertimenti; 
dati  dalla   sempre  magnifica  repubblica  ve-  \ 

ne- 


Anno    MDLXXIVÌ  St 

a  questo  giovane  monarca  ,  ^esigerebbe 
più  fogli    da    chi  prendesse    a  descriverla  . 
Nel  di  29  di  luglio ,  accompagnato  dal  sud- 
detto duca  di  Savoia    e  dal  duca  Alfonso  , 
fece  il  re    la  solenne  sua  entrata  in  Ferra- 
ra ,    dove    fermatosi    per    due    soli    giorni 
(tanta    era    la    sua  fretta)  ricevè    sontuosi 
passatempi,    e  superl)a    accoglienza.    Volò 
poscia  a  Torino  ,  accompagnato  sempre  da 
essi  duchi  ,    e  quivi    fu  forzato  a  fermarsi 
per  dodici  giorni ,  affine  di  preparargli  una 
possente  scorta  di  alcune  migliaja  di  fanti  j 
e    di  ciffa  mille  cavalli  ,    con    cui  potesse 
andar  sicuro   dalle  insidie  degli  eretici  ri- 
belli del  Delfinato.  Ma  contuttociò  non  gli 
pa3sò  netta,  avendogli  coloro  tolta  nel  pas- 
saggio una  parte  del  suo  equipaggio;    loc- 
che  fu  cagione ,  ch^  egli  inclinato  prima  al- 
la   pace,    prendesse    poi    la  risoluzione    di 
far  loro  guerra.    Si  servi    di  questa  buona 
occasione    il  duca   di  Savoia  ,    per  far  gu- 
stare   al  re    le  ragioni  sue    sopra    le  terre 
a    lui  occupate    dal  re    suo  padre.    E    con 
frutto  ;     perciocché    quantunque    Lodovico 
Gonzaga  duca    di  Nevers    e  governator  di 
Saluzzo,  mettesse  quanti  ostacoli  mai  potè 
alla  buona  intenzione  del  re  Arrigolf  pure 
appena  giunto  esso  re  a  Parigi^    spedi  or- 
dine^ che  fossero  restituiti  al  duca  Pinero- 
lo  e  Savigìiano  ,  luoghi^  che  lo  stesso  du- 
ca diceva  essere  le  chiavi  di  sua  casa.  Se, 
mi    di  gran  rottura    e    di  guerra  civile  si 
viddero    in  Genova  per    gara  di  comando 

in-r 


6%        Annali    d'  I  t  a  l  i  a^ 

insorta  fra  i  nobili  vecchi  e  nuovi  di  qnel-| 

la  città  .  Crebbe  poi  questa  discordia  nell*l 

anno  seguente^  siccome  diremo.  | 

"il 
>, 

Anno  di  Cristo   1575,  Indizione  HI. 

di  Gregorio  XIII,  papa  4.  j 

di  Massimiliano  11^  imperadore  12.;  ì 

iNJon  poteano  i  nobili  nuovi  di  Genova  ì 
digerire  ;,  ciie  nel  governo  della  repubblica  ! 
la  nobiltà  vecchia  godesse  più  autorità  di  \ 
quel  che  conveniva,  e  che  i  principali  uf- : 
fÌ2J  et  lei  si  dessero  é  "Chiunque  ha  letto  nei  j 
precedenti  secoli,  a  quante  guerjre  civili  e^ 
rivoluzioni  sìa  stata  esposta  quella  nobilis-  ; 
sima  e  polente  città  ,  e  come  facilmente  ■ 
ivi  si  accencfesse  il  fuoco  della  discòrdia  >  ■• 
nulla  si  stupirà,  che  per  questi  tempi  an-  ] 
Cora  in  quel  popolo  dotato  di  gran  viva-*  ' 
cita  si  ravvivassero  le  gare,  non  volendo  ' 
gli  uni  essere  da  meno  degli  altri  .  Solle-  1 
vossi  inoltre  una  terza  fazione,  cioè  la  pò-  j 
polare,  perchè  trovandosi  da  molti  aniti  in  \ 
qua  esclusa  il  basso  popolo  da  tutti  gli  j 
onori  e  magistrati  del  governo,  al  quale  j 
anticamente  era  ammesso,  con  esser  anche  j 
talvolta  giunto  ad  usurparselo  tutto  ,  non  ■ 
cessava  di  mormorare  della  nobiltà,  e  di  i 
aspirare  almeno  a  parte  dell'autorità  per-  ( 
duta  .  Fu  appunto  commosso  il  popolo  dai  ! 
nobili  nuovi  a  sollevarsi  ,  per  abbattere  i  i 
vecchi.  Andò  tanto  innanzi  la  gara,  e  il  \ 
pericola   di  una    fiera  sedizione,    massima-  ' 

men- 


^k        Anno     MDLXXV.  % 

THBe  allorché    fu  per  eleggersi   un  nuovo 
doge,    che  i  nobili  vecchi  per  minor  male 
della  patria  giudicarono  meglio  di  ritirar- 
si fuori  della  città,  e  di  cedere  al  tempo • 
Dall'una    e  dall'altra  parte    furono  spediti 
ambasciatori    a    tutti    i  principi    della  cri» 
stianità^    per  guadagnarli    cadauno    in  suo 
favore.  Ora  tanto  il  papa,  quanto  l'impe- 
radore  ,  e  il  re  Cattolico,  per  la  premura^ 
che  aveano  di  conservar  la  pace  in  Italia  ^ 
spedirono  colà    i  lor  ministri,    con  incari- 
carli di  fare  il  possibile  per  quetar  quelle 
turbolenze;  e  massimamente  per  parte  del 
pontefice  vi  fu  spedito  il  cardinal  31orone  ^ 
uomo    di  mirabii  destrezza    nel    maneggio 
degli  umani  affari  é  Ma  si  trovarono  sì    du- 
re   le  teste  dell"' una    e  dell'altra    fazione, 
che    gran  tempo  restò  inutile    la  diligenza 
dei  pacieri*  Fecero  buon  armamento  tanto 
i  rimasti  in  città,  che  gli  usciti  ,  e  si  ven- 
ne alle  ostilità  ,    con  avere  i  nobili  vecchi 
occupate  le  terre    di  porto  Venere,    Chia- 
vari ,   Rapallo,    Sestri,  e  Novi  *    In  favore 
di  questi  maggiormente  inclinava  il  re  Cat- 
tolico Filippo  II.  Anzi    gran    gelosia  recò 
ai  cittadini  l'essersi  fermato  in  quei  mari 
don  Giovanni  d^  Austria  ^    nel  mentre    che 
passava  a  Napoli  con  cinquanta  galee:  laon- 
de fu  in  armi  tutta  la  città  .  Voce  corse  , 
eh'' esso  don  Giovanni,  se  gli  veniva  fatta, 
meditasse    d'  insignorirsi    di    quella    città  , 
mosso    da  privato    desiderio    di  acquistare 
un  bel  dominio  per  sé:  del  che  poi  ne  fe- 
ce 


64         A  N  N  A  ltd' Italia 

ce  risentimento  il  re  Cattolico.    Altri  poi 

dissero,    che    d'ordine    dello    stesso    re   si 

fermò    in  quelle  parti,    per    dare  maggior  j 

polso  ai  trattati  di  pace,  o  p^r  impedire, 

che  afcun  principe  non  entrasse  in  quel  bai-  f 

io.  Certo  è,    che  il  buon  pontefice  scrisse] 

per  questo  lettere  di  fuoco  a  don  Gic  van-^  i 

ni,  mioacciaudolo  di  coliegar  centra  di  lui  | 

tutti    i    principi  d'Italia,    se    nulla   avesse] 

tentato  contro  la  libertà  dei  Genovesi .  In- j 

tanto  dall''  una  parte  ylrrigo  III  re  di  Fran-  I 

eia  avea  spinte    le  sue  armi    a  quei  confi-  ] 

ni  ;    e    il  gran  duca  Francesco    avea  fatto  ; 

lo  stesso  dal  canto  suo ,   con  aver  ammas-  \ 

sati  diecimila  fanti .  Dio  volle  ,    che  infine  < 

per  opera  spezialmente    di  Matteo  Senare^  1 

ga  ,    uno    dei  nobili  nuovi,    uomo  savissi- ' 

*mo,    fu  fatto  da  amendue    le  parti  un  li- I 

bero  compromesso    nel  papa,    nelT imperaci 

dorè,  e  nel  re  di  Spagna,    con  deporre  le ' 

armi,  e  licenziar  le  soldatesche  forestiere;  i 

Si  prolungò    poi  T  accomodamento    sino  alj 

marzo  delT  anno  seguente ,  in  cui  fissate  lei 

regole   di    quel  governo,    tornò    a    rifiorir! 

la    pace    in  quella    insigne    città    e  repub-»^ 

blica .  \ 

Fu  questo    anno  riguardevole    pel  giubi-i 

Jeo  romano,    di  cui  molto  per  tempo  fecc' 

il  pontefice  Gregorio-  XIII  precorrere  Tav-' 

viso    e    l'invito    per    tutta    la   cristianità à' 

Tale    fu  il  concorso  della  gente  a  Roma  >| 

allorché    sul   fine    del    precedente    anno    si] 

apri  la  p^rta.  sanla,  che  fu  creduto  ascen-^j 

de- 


A  N  .SI  o     MDLXXV.  Ss 

!re  a  non  meno  di  trecentoniila  persone, 
nlinuò  questo  concorso  nelT  anno  pro- 
nte, dimodoché  pochi  giorni  furono  ,  nei 
quaii  non  si  contassero  in  quella  gran  cit- 
tà circa  centomila  forestieri ,  venuti  per 
divc^zione  da  tutte  le  parti  della  Europa. 
Tenuto  fu  per  mirabil  cosa,  che  essendo 
già  penetrata  in  Trento,  e  in  alcun' altra 
città  d'Italia  la  peste,  e  facendo  essa  una 
terribil  strage  in  qualche  luogo  della  Cici- 
lia, pure  nonostante  la  folla  di  tanta  gen- 
te venuta  al  giubileo,  niun  caso  accadde 
in  Roma .  Gran  cura  ebbe  il  pontefice ,  che 
quivi  abbondasse  in  tal  occasione  la  gra- 
scia ,  e  di  copiose  limosine  dispensò  egli 
anche  ai  poveri  .  Altrettanto  fecero  varj 
di  quei  ricchi  cardinali^  e  baroni ,  ed  alcu- 
ce  pie  congregazioni .  Fra  gli  altri  luoghi 
pii  si  distinse  quello  della  santissima  Tri- 
nità,, il  quale  dai  venticinque  del  prece- 
dente dicembre  sino  al  dì  22  di  maggio 
diede  l'ospizio  e  il  vitto  per  più  di  un 
giorno  a  novantaseimila  ed  ottocentoqua- 
rantotto  'pellegrini  .  Compiè  parimente  il 
papa  in  qiiesti  tempi  l'insigne  fabbrica  del 
petite  senatorio,  ossia  di  santa  Maria  so- 
pra il  Tevere.  Ruzzavano  intanto  fra  loro 
i  principi  d'Italia  per  pretensioni  di  mag- 
gioranza ,  e  per  la  vanità  dei  titoli  Quel- 
lo di  gran  duca  ,  dato  da  Pio  V  al  fu  Co- 
simo I  avea  spezialmente  alterati  gli  spi- 
riti ,  perchè  il  duca  di  Savoia  per  varj  ti- 
toli si  tenea  da  più  del  fiorentino  .  Quel 
Tomo  XXIV.  E  di 


66  Annali  dMt  ALIA  ^ 
di  Ferrara  gran  tempo  era  ,  che  combatte-  . 
va  per  questo  anch' egli  coi  gran  ciuchi;  | 
uè  quel  di  Mantova  volea  ceclere  all' esten-  | 
se.  Anche  in  Boma  insorse  la  discordia  ^ 
per  la  precedenza^  che  il  papa  volle  dare  \ 
ad  un  principe  sopra  gli  ambasciatori  re-  [ 
gj  .  Ma  Francesco  gran  duca  fece  tanto  in  [ 
quest'  anno  e  nel  seguente ,  che  V  impera-  | 
dor  Massimiliano  II  conferì  a  lui,  come  \ 
cosa  nuova  ;,  il  titolo  èi  ^ran  duca  ,  sicco^  i 
me  costa  dai  documenti  rapportati  dal  Lu- 
nigo.  Similmente  nell*  anno  1582  gli  elet- 
tori deir  impero  riconobbero  la  preminen-  ; 
za  dei  duchi  di  Savoia  sopra  dei  gran  du- 
chi .  Tal  decreto  vien  riferito  dal  Guiche-  /^ 
none,  e  dal  suddetto  Lunigo  .  Ai  princip}  ; 
del  regno  di  Arrigo  III  re  di  Francia  noa  1 
mancarono  gravi  turbolenze  ,  perchè  Fran-  \ 
Cesco  duca  d'  Alanson  suo  fratello  si  gittò 
nel  partito  dei  malcontenti  e  degli  ereti-  • 
ci^  e  si  fecero  dei  gran  preparamenti  per  i 
una  nuova  guerra.  In  Fiandra  prosperaro-  ì 
no  gli  affari  dei  cattolici  contra  dei  ribel-  ^ 
li  eretici;  ma  altro  vi  volea ,  che  la  ricu-  ,{ 
perazione  di  alquanti  luoghi,  per  domai*  j 
coloro,  assistiti  dalle  potenze  della  Ger- 
mania. Si  congregò  poi  la  gran  dieta  di  1 
Polonia  per  eleggere  un  re  nuovo.  Con-  j 
correvano  a  quella  corona  3IassLmìlLan(x 
imperadore  ,  Giovanni  re  di  Svezia  y  GiO'  : 
vanni  Basiliovltz  gran  duca  di  Moscovia  ,  ^ 
ed  Alfonso  II  duca  di  Ferrara.  Maggior  j 
merito  per  Tordinario  suol  ivi  avere,  chi  . 

più 


Anno     MDLXXV.  6j 

pih  spende  a  guadagnare  i  voti .  Dopa 
molti  contrasti  da  gran  parte  dei  magna- 
ti ,  restò  eletto  Massimiliano  ;  un'  altra 
elesse  Anna  sorella  del  re  Sigismondo  de- 
funto^ con  destinarle  in  marito  Stefano 
Batorl  principe  di  Transilrania  ,  il  quale 
infarti  corse  colà,  e  si  fece  coronare  nell* 
anno  seguente  .  Avea  Rodolfo  figlio  dell'Au- 
gusto Massimiliano  già  conseguite  le  co- 
rone dell'Ungheria  e  Boemia.  Nell'anno 
presente  addi  27  di  ottobre  nella  dieta  di 
Katisbona  venne  egli  ancora  eletto  ,  e  da 
li  a  cinque  giorni  coronato  re  dei  roma- 
ni .  Era  già  salita  in  gran  credito  la  con- 
gregazion  dell'oratorio  istituita  in  Roma 
da  FLUppo  Neri y  prete  di  santa  vita.  Ne 
ottenne  egli  in  quest'anno  la  confermazio- 
ne da  papa  Gregorio. 

Anno  di  Cristo  157^,  Indizione  IV. 
di  Gkecorio  XIII,  papa  5. 
di  Rodolfo  II,  imperadore  i. 

r  unestissimo  si  fece  sentire  V  anno  pre- 
sente alla  Lombardia  per  la  fierissima  pe- 
ste, che  si  dilatò,  e  fece  stragi  immense 
per  varie  città.  Cominciò  essa  nell'anno 
addietro,  spezialmente  a  spopolare  la  cit- 
tà di  Trento,  e  appoco  appoco  andò  ser- 
peggiando per  altre  terre  lombarde .  Il  suo 
maggior  furore  si  provò  in  questi  tempi. 
Portata  a  Venezia,  fu  disputato  non  poco, 
se  fosse  vera  peste ,  passata  dal  Levante  in 

E  2  Ita- 


^8         A  N  N  A  1 1    d'  It  A  tr  A     ^  j 

Italia,  oppure  un'epidemia^  cngionata  cjat-»   ] 
ia  strana  siccità,  e  dallo  straordinario  cai-    .; 
do  del  precedente  anno.  Chiamati  colà  da    ■ 
Padova  Girolamo  Mercuriale,    e  Girolamo    ; 
Capodivacca  ^    pubblici    lettori  ,    e    grandi    \ 
barbassori  delParte  medica,    a  spada  trat-    i 
ta  sostennero,    quella  essere  infiuenzai  epi-    \ 
demica,    e    non    vero  contagio,    contro   il    1 
parere  dei  medici   veneziani .  Cagion  fu  il    j 
eredito  di  amendue ,  che  non  si  prendesse-    ; 
ro    le    più  rigorose  precauzioni    contra  di    ; 
così  orrendo    malore ,    finche    si    giunse    a    > 
vedere    tutta  piena    di  morti    quella    gran    j 
città.    Se  scornati  non  fuggivano  quei  due    j 
Satrapi  della  medicina  ,  fu  creduto  ,  che  il    i 
popolo  li  avrebbe  sacrificati    al  loro  furo- 
re.   Incredibil    dunque    fu    in    Venezia    la    ! 
mortalità,  né  minore  in  Padova  ,  Vicenza,  ^ 
Verona  ,  Milano,  Pavia,  e  Genova.    Mira-  ' 
bili  prùove  della  sua  incomparabil  pietà  e   : 
carità  diede  nella  città  di  Milano  io  si  lu-  ^ 
gubre  occasione  il  santo  cardinale  ed  arci-  \ 
vescovo    Carlo  Borromeo .    In  Venezia    per  ; 
un  tempo  morirono  settecento  persone  per  ì 
giorno  .  Terminato  il  male,  si  trovò  esser  i 
morti  ventiduemila  uomini ,  trentasettemi-  ' 
la  donne,  e  circa  undicimila  fanciulli  dcU  ■ 
r  uno  e  dell'altro  sesso.    Fra  gli  altri    in  ^ 
quel  terribile    conflitto  lasciò    la    vita  Ti-  ! 
ziano    Vecelli    da    Cadore  ,    celebratissimo  i 
dipintore:    sennonché  dalla  morte    fu  bur- ^ 
lato    di  poco,    perchè  già  decrepito    di  99  ] 
anni,  siccome  abbiamoda  più  di  uno  scrit* 


Anno     MDLXXYL  6g 

tore  delle  vite  dei  pittori  .  Non  fece  la 
peste  a  proporzion  della  popolazione  tanta 
strage  in  Milano.  Da  una  galeotta  venuta 
da  Levante  fu  essa  portata  anche  a  Mes- 
sina,  dove  fama  corse,  che  perissero  ses- 
santarnila  persone.  Di  là  passò  a  Reggio 
e  ad  altri  luoghi  di  Calabria ,  con  fare 
dapertutto  una  miserabil  desolazione  .  di 
quei  popoli.  All'*  incontro  quelle  città  e 
teiTe  ^  che  con  buone  e  rigorose  guardie 
fecero  fronte  a  questo  fiero  nemico,  ne  ri- 
masero preservate. 

A  far  peggiorare  gli  affari  ^ella  reli- 
gione e  dei  re  di  Spagna  ne'paesi  bassi 
assaissimo  contribuirono  i  mali  portamenti 
degli  stessi  spagnuoli  nell'anno  presente. 
Imperciocché  essendo  mancato  di  vita  il  gran 
commendatore  jR^r^aesens ,  regio  governa- 
tore di  quelle  contrade,  si  ammutinarono 
gli  soldati  spagnuoli  col  motivo  delle  pa- 
ghe da  gran  tempo  non  ricevute,  e  tal  ter- 
rore misero  anche  negli  amici  ,  e  in  chi 
dianzi  era  fedele  al  re  ,  che  quasi  tutte 
quelle  provincie  formarono  una  confedera- 
zione tendente  a  cacciar  di  Fiandra  l'odia- 
ta razza  degli  spagnuoli  ,  Maggiormente 
crebbe  quest'odio  ,  dacché  quegli  anxmuti- 
nati  pieni  di  ferocia,  dopo  aver  daio  il 
sacco  a  Mastrich,  e  ad  altri  luoghi,  si 
unirono  nella  cittadella  di  Anversa;  e  con- 
tuttoché quella  città  avesse  ricevuto  un 
gran  rinforzo  di  armati  per  sua  sicureì» 
za,  pure  usciti  gli  spagnuoli  cotanto  fa- 
fi  5  rio- 


7©  A  N  K  A  L  I     dM  T  A  L  I  A  ,      ^ 

iÌ[o5amente  si  scagliarono  centra  di  /quei  \ 
cittadini  ,  che  superato  ogni  riparo  s'*im-  | 
padronirono  della  città.  Fu  creduto,  che  \ 
settemila  di  qiaegli  abitanti  ed  ausiliarj  : 
fossero  messi  a  filo  di  spada  .  Era  allora  ; 
Anversa  città  sommamente  ricca,  perchè  . 
colà  approdavano  in  gran  copia  le  m.erci  ^ 
e  ricchezze  dell'*  Indie  Occidentali  ed  Orien-  ' 
tali  :  commercio ,  che  poi  passò  ad  Amster-  . 
dam  con  gran  depressione  di  essa  Anver-*  j 
sa  .  Per  tre  giorni  fu  dato  alla  misera  cit-  ] 
là  un  orribil  sacco .  Della  esorbitante  pre-  ^ 
da,  benché  venduta  a  vii  prezzo,  ricava-  j 
rono  quei  masnadieri  due  milioni  di  oro  •  • 
Furono  anche  in  sì  funesta  congiuntura  bru-  ; 
ciati  alcuni  superbi  ediflzj  del  pubblico ,  \ 
e  da  ottocento  case  di  essa  città.  Se  azio-  | 
ni  di  tanta  crudeltà  meritassero  T  amore  j 
o  l'  odio  dei  Fiamminghi ,  non  occorre  che  ^ 
io  lo  dica.  Quindi  venne,  che  molte  ter-f 
re  e  città  state  finqui  fedeli  al  re  sì  ri-  1 
bellaronoj  e  il  principe  diOranges  ne  sep-  ■ 
pe  ben  profittare ,  per  maggiormente  in-  j 
grossare  il  suo  partito,  e  infiammar  gli  | 
animi  di  ognuno  ad  ostinarsi,  nella  ribel-  | 
lione  .  Portato  molto  prima  di  questi  fat-  ; 
ti  al  re  Filippo  II  in  Ispagna  1'  avviso  di  j 
si  gravi  disordini^  se  ne  risentì  allo  scor-  j 
gere ,  che  principalmente  cresceano  per  col-  j 
pa  di  chi  avea  T  incomb^enza  di  guarire  { 
quei  mali .  Spedì  pertanto  per  le  poste  e  ^ 
per  la  Francia  don  Giovanni  di  Austria  j 
8U0  fratello  in  Fiandra  eoi  titolo  e  col  falli- 
to- 


Anno    MDLXrVI.  71 

ferità    di    governatore ,    lusingandosi,    c\\q 
più  il  senno    e  la  riputazione  sua  ,    che  il 
Euo  valore  ,  potessero  sostenere  quel   trop- 
po vacillante  dominio.  Arrivò  egli  colà  sul 
principio  di  novembre  ,  e  tosto  si  applicò 
a  cergar  le  vie  più  dolci,    per  tirare  a  se 
gli  animi  sconcertati  di  quei  popoli  .    An- 
che yapa  Gregorio  allo  intendere  ,  che  don 
Giovanni  cominciò  a  trattar  di  pace  ,  colà 
spedì  monsignor  castagna,    affinchè  non  ne 
venisse  detrimento  alla  religione  .  Accadde 
in   questi   tempi  ,    che  mentre    V  imperaclor 
Massimiliano  iva  cercando  ajuti  per  soste- 
ner   le  pretensioni    sue  sopra    il    regno  di 
Polonia  ,  trovandosi  alla  dieta  di  Ratisbo^ 
na, ,  fu  più  che  mai  sorpreso  dalla  palpita- 
zion   di  cuore,  male  suo  familiare,  e  qui- 
vi   in  età  dì  soli  anni  trentanove    pagò  il 
debito  della  natura    nel  dì    12  di  ottobre: 
principe  per  le  sue  belle  doti    e  virtù  de- 
gno   di  più  lunga  vita  ,    A    lui  succedette 
il  re    dei  romani  Rodolfo    suo  figlio,    non 
meno  in  tutti  gli  stati  della  linea  Austria- 
ca  di  Germania ,    che    nelk   dignità  impe- 
riale .  Si  fece  egli  chiamare  Rodolfo  II  Au- 
gusto ,    tuttoché   r  antenato    suo  Rodolfo  I 
fosse    bensì  re   dei  romani  ,    ma    non   mai 
godesse  il  titolo  d' imperadorc . 


E  4  An- 


72  Annali    d' Italia  i 

s 
1 

Anno  di  Cristo   1577,  Indizione  V.  | 

di  Gregorio  XIII,  papa  6.  ; 

di  Rodolfo  II  ,  inipeiadore  2*  1 

1   maggiori  pensieri  del  pontefice  ùregorio  \ 

evano  sempre  rivolti  o  alia  difesa  ,  o  ali'ac-  j 

crescimento  della  religione  cattolica  ,  e  ad  ] 

opere  ^   delle  quali  durasse  anche  nei  seco-  ; 

li  avvenire  l'utilità.    In  quest'anno  fondò  ] 

egli  in  Roma    il  collegio  dei  Greci ,    affin-  i 

che  quivi    si    ricevessero    ed  is^truissero    i  '] 

giovanetti    di    quella    nazione,    insegnando  j 

loro  spezialmente    1'  antica    lingua    greca ,  ; 

le    scienze^    e  l'erudizione,    onde  tornati  j 

alle  lor  case,  potessero  promuovere  l'unio-  ] 

ne  di  quegli   scismatici  colla  Chiesa  catto-  \ 
lica  romana  .    Cessò  finalmente  in  Venezia 

la  peste ,    e    si  restituì    il  commercio  ,    ed  } 

allora    fu ,    che  quel    pio  senato    in   rendi-  ! 

mento  di  grazie    a  Dio  per    questo  benefi-  \ 

zio  fece  fabbricare  la  maen^ifica  Chiesa  del  \ 

Redentore,    secondo  T  architettura    di  An-  : 

drea    Palladio .    Diede    quivi    fine    ai    suoi  j 

giorni  nel  dì  4  di  giugno  Luigi  Mocenigo  1 

doge  .di  quella  repubblica  ,    e  nel  dì  undi-  j 

ci  di  esso  mese  in  luogo  suo  fu  eletto  Se-  \ 

hastiano  Venterò^    quegli,  che  fu  generale  ] 

nella  gloriosa  vittoria  di  Lepanto.  Ma  non  j 

terminò  quest'anno  senza    un  terribile   in-  1 

cendio ,    che  nel  dì   20  di  dicembre  consu-  j 

mò  tutto  il  magnifico  palazzo  pubblico  di  ] 

Venezia ,  e  massimamente  la  sala  del  gran  ] 

con- 


Anno     MDLXXVIL  73 

consiglio  ^  dove  perirono  i  ritratti  dei  do*, 
gi,  e  molte  altre  ins^igni  dipinture  fatte 
da  Gian-Bellino,  da  Tiziano,  dal  Pordeno- 
ne ,  e  da  altri  valenti  pittori  ,  colle  storie 
della  pace  seguita  fra  papa  Alessandro  III 
e  Federigo  I  imperadore.  Intanto  di  male 
in  peggio  andavano  gli  affari  della  religio* 
ne  in  Francia,  e  in  Fiandra.  Svegliossi  di 
nuovo  la  guerra  degli  Ugonotti  o  Calvini- 
sti contra  del  re  Arrigo  Ilf^  e  quantunque 
le  armi  dei  cattolici  prevalessero  in  molti 
luoghi ,  e  il  papa  non  mancasse  di  mandar 
buona  somma  di  contanti  in  ajuto  loro  : 
pure  il  re,  perchè  scoprì  fatta  lega  da 
quegli  eretici  con  Elisabetta  regina  d'In- 
ghilterra ,  col  Palatino  ,  col  principe  di 
Oranges ,  e  con  altri  protestanti  di  Ger- 
mania, si  lasciò- indurre  a  far  pace  con 
loro  .  Fu  questa  conchiusa  nel  parlamento 
della  città  di  Blois  ,  e  ordinato ,  che  per 
tutto  il  regno  pubblicamente  si  esercitasse 
la  sola  religione  cattolica  3  ma  con  per- 
mettere la  libertà  delle  coscienze  ad  essi 
Ugonotti ,  e  l'esercizio  della  falsa  loro  cre- 
denza nelle  loro  case  ,  nei  luoghi  posseduti 
dai  baroni ,  e  in  un  borgo  almeno  di  ca- 
dauna provincia  ,  con  altri  vantaggi  di 
quella  setta:  locchè  non  si  può  dire^  qual 
gran  dispiacere  recasse  al  pontefice  ,  ed  a 
tutti  i  buoni  cattolioi  .  E  sopratutto  se  ne 
risentì  molto  il  re  di  Spagna  ,  ben  preve- 
dendo le  perniciose  conseguenze  ,  che  pro- 
dur  potrebbe  nei  paesi  bassi  questo  esem- 
pio, 


'  n 

74  A  N  N  A  L  I     d'  I  T  A  L  I  A  | 

pìoj  e  come  da  lì  innanzi  saif-ebbe  facile  à 
agli  Ugonotti  il  dar  calore,  e  braccio  alla  | 
ribellione  Fiamminea  .  ì 

Presero    infatti    nell'  anno    presente    in 
Fiandra    una  pessima  piega    quegli  affari  . 
Troppo  erano  esacerbati  gli  animi  di  quei 
popoli  contro  gli  spagnuoli;  però  si  accor- 
darono tutte  le  diecisette  provincie  in  non 
voler  riconoscere  don  Giovanni  di  Austria 
per  loro  governatore  ,    &'  egli  non  cacciava  ] 
dai  lor  paesi  le  soldatesche  spagnuole,  con| 
protestar  nondimeno  di  voler  sempre  salda  | 
l'ubbidienza  al  re  Cartolico,,  o  la  conser- ì 
vazionc    della    religione    cattolica  romana  pj 
Tal  protesta  veniva  dal  cuore  di  molti  di  ^ 
quei  popoli ,    ma  non  pochi  altri    coi  desi-  | 
dcrj    e  coi  disegni  interni  smentivano    ciò  ] 
che  dicea    la  voce,    nuli' altro  aspettando,! 
sennonché  fossero   licenziati  gli  spagnuoli ,  ^ 
per   poter    fare   peggio    di    prima  .    Stette  : 
perplesso    un    pezzo  don  Giovanni,    s*€gli  ' 
dovea  cedere  a  così  dure  condiziooi .    Ta-  ; 
le  era  nondimeno  la  premura  sua    di  cai-  \ 
mar  queir  incendio,    che  si  lusingò  di  ve-! 
nirne    a  fine    con    darsi    per    vinto.    Ebbe: 
maniera  d'indurre  gli  ammutinati  spagnuo- j 
li    a  passare    in  Italia^    entrò  poi    fra  gli^ 
strepitosi  viva    in  Brusselles;    gli    fu  pre-1 
stato  il  giuramento;    parve  cessata  affatto^ 
tutta  la  passata  burasca.    Ma  che?    chiun-j 
que    avea    il    cuor    guasto    dall' eresia,    ej 
massimamente    gli   Ollandesi    e    Zellandesii 
cominciarono    a  mostrarsi  renitenti    a  sot-| 

to-     ! 


Anno  MDLXXVir.  75 
toscnvere  l'editto,  che  obbligava  a  rite- 
ner la  sola  fede  romana.  11  principe  di 
Oranges  movea  quante  macelline  potea ,  per 
alienar  gli  animi  dall'ubbidienza,  e  per 
attizzare  il  fuoco  .  Fu  infine  creduto  ,  che 
egli  tentasse  di  far  prigione  don  Giovan- 
ni ,  il  quale  certo  è  ^  che  oramai  accortosi 
del  passo  falso  da  lui  fatto ,  e  che  ogni 
giorno  più  veniva  scemando  la  sua  autori- 
tà, fu  costretto  a  ritirarsi  a  Namur^  e  a 
richiamar  d'Italia  gli  spagnuoli.  Sicché  si 
venne  a  nuova  rottura  «  L'Oranges  fu  chia- 
mato come  per  dittatore  dell'*  unione  di 
tutte  le  Provincie  ;  e  perciocché  egli  co- 
minciò ad  operare  con  gran  despotismo  , 
quegli  stati  passarono  alla  risoluzione  di 
eleggere  un  nqovo  governatore  ;  e  con  istu- 
pore  di  ognuno  ,  scelto  fu  V  Arciduca  3Iat' 
tias ,  il  quale  senza  saputa  e  consenso  dell' 
Augusto  suo /rateilo  i?odoZ/o  (almeno  que- 
sti così  JDrotestava)  passò  in  Fiandra ,  e  fu 
con  quelle  condizioni ,  che  vollero  gli  elet- 
tori, proclamato  governatore,  ed  obbliga- 
to a  prendere  per  luogotenente  il  principe 
di  Oranges .  Oh  allora  sì  ,  che  maggior- 
mente s.' imbrogliarono  le  carte  in  quei 
paesi,  e  T  eresia  sguazzò. 


Ab- 


7^        Annali   d' Italia  '  \ 

Anno  di  Cristo   1578  ,  Indizione  VI.  \ 

di  Gregorio  XlLl^  papa  7.  ! 

di  Rodolfo  II,  imperadore  3.  j 

.rilessandro  Farnese,  figlio  primogenito- 
di  Ottavio  duca  di  Parma  e  Piacenza,  ej 
di  Margherita  di  Austria  figlio  di  Car-^  \ 
lo  V  imperadore,  portò  dall' utero  mater-? 
no  un  genio  bellicoso,  ch'egli  poi  mag-i 
giormente  andò  accrescendo  colla  pratica  S 
delle  armate,  e  con  P  esercizio  delle  arti  j 
cavalleresche.  AI  valor  delP  animo  ^  che  j 
prometteva  un  eroe,  corrispondeva  anche! 
il  vigore  del  corpo  ;  ed  era  perciò  tenuto  i 
per  una  delle  valorose  spade ,  che  allora  si, 
contassero  in  Italia.  Avea  già  fatto  il  no- : 
viziato  della  milizia  nella  flotta  di  d^ri\ 
Giovanni  di  Austria  suo  zio,  ed  ^fórche  ; 
riportarono  i  cifistiani  P  insigne  vittoria  di! 
Lepanto  contra  dei  turchi ,  fece  maraviglie! 
di  sua  persona  .  Tro-vavasi  egli  in  Abbruz-  i 
zo  colla  madre,  quando  venne  ordine  da] 
Filippo  li  re  di  Spagna  ,  che  tornassero  j 
d' Italia  in  Fiandra  le  milizie  spagnuole  ' 
già  licenziate  dal  suddetto  don  Giovanni .  \ 
Desiderò  esso  monarca  ,  che  in  tal  con*  1 
giuntura  anche  Alessandro  passasse  colà. - 
Fu  egli  parimente  invitato  con  più  lettere  | 
dallo  stesso  don  Giovanni;  ed  il  pontefice] 
Gregorio  col  cardinal  Farnese  assaissimo  ■ 
approvò  la  di  lui  andata .  Nulla  più  che  ; 
questo  sospirava    il  principe    di  Parma  ,  e  | 

pc-      ' 


Anno     MDLXXVIII.         7? 
pero  senzachè    il    trattenessero    le    lagrime 
della  madre,  colà  s'inviò.  Giunto  in  Fian- 
dra   sul    fine    del    precedente  anno^,    trovò 
quivi  in  pessimo  stato  gli  affari  del  re  ,  e 
decaduta    non   poco    la  sanità    di  don  Gio- 
vanni.  "Uhironsi  intanto    le  milizie  venute 
d'Italia,  parte  spagnuole  e  parte  italiane, 
con  altre   raccolte    in  Borgogna    e  Germa- 
nia,    tutta  gente  scelta,    con  cui  si  formò 
un  corpo  di  dieciottomila  soldati .  Varj  ca- 
pitani italiani  di  gran  nome  fra  essi  mili- 
tavano .    Ottavio    Gonzaga    generale    della 
cavalleria  .    Annibale    Gonzaga  ,    Vincenzo 
Carrafa,    Pirro    Malvezzi,    Giambattista    e 
Camillo    del    Monte,    ed    assaissimi    altri. 
Accadde,     che     i    Fiamminghi    confederati 
avendo  unita  un'armata  di  ventimila  com- 
battenti ,  si  erano  messi  in  capo  di  cacciar 
don  Giovanni  .  da  Namur,    e  colà  a  questo 
fine    a  bandiere  spiegate    s'inviò  l'esercito 
loro.    Ma  appena  furono    a  vista  di  quella 
città  i  lor  capitani ,  che  probabilmente  in-? 
formati  delle  forze  di  don  Giovanni,    bat- 
terono la  ritirata  ,  e  s' incamminarono  per 
ricoverarsi  a  Gemblù,  ossia  Geblurs .  Avea 
don  Giovafnni  già  ordinate    le  sue  schiere, 
credendo  venuti    i  nemici  per   un  fatto  di 
armi;  udito  poi  ch'ebbe,  come   retrocede- 
vano ,  spinse  loro  dietro  la  sua  cavalleria  , 
alla  testa  di  cui  volle  essere  il  principe  di 
Parma.    Intenzione    di    don  Giovanni    era, 
che    si  andasse    a  pizzicando    là    coda    dei 
pernici,    e  si  frastornasse   la    lor   marcia, 

tan- 


li.        Annali    d'  Italia 
tantoché  avesse   tempo    da   poterli    raggia- 
gnere    colla  fanteria.    Ma    il  Farnese  "nelle 
vicinanze  di  Geblurs ,    animosamente  andò 
a  ferire    nella  cavalleria    nemica^    la    qnal 
non    fece    gran    resistenza ,    e    poi    piombò  \ 
ad'dosso    alla    fanteria    con    tal    prestezza ,  | 
che  appena    sul    fin  della  danza   potè  arri-  f 
var  don  Giovanni  con  parte  dei  suoi  fanti  | 
a  compiere    la   strage    dei  vinti.    Famiano  ^ 
Strada,    intento  sempre  ad  esaltare  il  suo  j 
eroe^j    fa    ascendere    il    numero   dei  Fiam-  ; 
minghi    morti    e   prigioni    a  diecimila .    II  ' 
cardinal  Bentivoglio   più  moderato  scrive  ^  ^ 
essersi  sparsa    la  fama^    che    ne    restassero  j 
uccisi  intorno  a  tremila  ,    oltre   a  un  gran  ! 
numero    di  prigioni  *    Questa  vittoria  mise  \ 
tal  paura  M*  arciduca  Mattias  ^  e  all'Oran-  j 
ges  j  che   scapparono    ad  Anversa.    Arren-  \ 
deronsi    poscia  Lovanio    ed  .altre    terre    a  i 
don  Giovanni,  ed  altre,  fra  le  quali  Lim-  ' 
burgo,    furono    sottomesse    colla    forza  dal  ' 
principe  di  Parma.  Riuscì  all'incontro  an-  i 
che  ai  nemici  di  mettere  il  piede  nella  ri-  , 
guardevol  città  di  Amsterdam  ,  e  di  quivi  ! 
piantar  la  scuola  di  Cahnno.  ] 
Intanto,    non  senza  sospetto    *di  veleno,  \ 
mancò    di  vita  don  Giovanni  di  Austria  ,  ■ 
principe,   che  lasciò  dopo    di    se  una  illu-  ■ 
stre  memoria  del  suo  valore ^  della  sua  sa- 
viezza ,    e  della    sua  pietà .   Dichiarò  egli ,  ; 
per  quanto  poteva,   governatore    nei  paesi  j 
bassi  Alessandro  Farnese  :  risoluzione  ^  che  ; 
fa   poi  approvata    dalla    corte    di  Speena .  i 

Non  ! 


Anno  MDLXXVIII.  7^ 
Non  poteva  il  re  Cattolico  metter  in  ma- 
ni migliori  la"  sì  torbida  e  titubante  si- 
gnoria di  quegli  stati  .  In  questi  tempi 
r. indefesso  pontefice  Gregorio  tenendo  roc- 
chio a  tuttociò,  che  poteva  influire  ai  van- 
taggi della  cristianità,  all'udire^  che  il 
giovane  don  Sebastiano  re  di  Portogallo 
risoluto  era  di  muover  guerra  ai  MoriAf- 
fricani  ^  se  crediamo  al  Cicarelli,  fece  una 
leva  di  cinquemila  fanti  italiani  ,  e  li  spe^ 
di  in  rinforzo  di  esso  re  sotto  il  comando 
di  un  inglese ,  che  per  la  cognizion  dei 
paesi  promise  la  conquista  di  varie  città. 
Ma  ciò  non  sussiste  •  Mandò  bensì  il  pon- 
tefice seicento  fanti  per  mare  in  ajuto  dei 
cattolici  d'Irlanda  j  ma  fu  accidente,  che 
nel  passaggio  servissero  il  re  Sebastiano. 
Era  questo  re  assai  ricco  di  pensieri  belli, 
cosi^  ma  povero  di  prudenza,  badando 
egli  più  agli  adulatori ,  che  ai  savj  suoi 
consiglieri .  Lo  stesso  re  Filippo  II  V  avea 
dianzi  dissuaso  da  sì  pericolosa  impresa > 
siccome  consapevole  delle  forze  tanto  più 
poderose  del  re  di  Fez  ,  e  di  Marocco . 
Ciò  nonostante  Sebastiano  neir  anno  pre- 
sente^ raunati  circa  trentamila  combatten- 
ti,  passò  baldanzosamente  con  essi  lo  stret- 
to in  varj  tragitti  verso  il  fine  di  giugno, 
e  cominciò  la  guerra  contra  di  quegl' in- 
fedeli .  Venne  poi  nel  dì  4  di  agosto  ad 
un  terribil  fatto  di  armi  con  essi,  senza 
punto  sgomentarsi,  perchè  coloro  lo  sfidas- 
sero alla    zuffa    eoa  esercito  quattro  volte 

ras?- 


So         Annali    d'Itaì^a*^ 

maggiore  del  suo.  Andò  in  vetta  T  armata  ì 

cristiana  ,    e    vi  restò    uccisa    lo  stesso    re^^ 

don  Sebastiano    colla  principal    nobiltà    di| 

Portogallo:  disavventura  ^  che  non  solamen-Q 

te  recò  grande  affanno  alla  cristianità ,  ma'^ 

si  tirò    dietro  ancora    una  considerabil  al-  : 

terazione  nel  Portogallo .    Perchè  Sebastia-.^- 

no  non  ebbe  moglie  ne  figli,    il  cardinale^ 

Arrigo    suo    gran  Zio  ,    assai    vecchio ,    tói 

proclamato  re  ,  ed  incaricato  di  dichiarare) 

il  suo   successore    alla   corona.    Compiè    itì 

corso  del    suo  vivere    in  questo  anno  addi'' 

3    di    marzo   il  glorioso   doge    di  Venezia'! 

Sebastiano  Venìero ^  a  cui  nel  dì   i8  di  es~^ 

so    mese    succedette  Niccolò    da   Fonte    irv'j 

età  di  anni  ottantasette.  Anche  in  Firenze»] 

terminò  i  suoi  giorni  Giovanna  di  Anstrlcà 

gran  duchessa  di  Toscana  ,  principessa  pepi 

le    sue  singolari  virtù    amata  sommamente*! 

\dal  gran  duca  Francesco    suo  consorte ,    efi 

da   tutti   quei  popoli  .  Neil'  ottavo  mese  d^ 

sua  gravidanza  morì,  e  geco  lei  un  princi-*; 

pino,    che  si  sperava   col  tempo  successore^ 

del  padre  in  quel  dominio  .    Si  scoprì   an-| 

che  nel  presente  anno  in  Firenze  una  con-^ 

giura    di  alcuni    nobili    contro    la    persona^ 

del   medesimo  gran  duca  e  dei   fratelli .  M 

molti  costò  lavila  un  tale  attentato.  Prin4 

cipj  di  guerra  insorsero  fra  Alfonso  li  duA 

ca  di  Ferrara  e  i  Bolognesi  a  cagione  del 

fiume  Reno  .    Avea    permesso    il  duca   At^ 

fonso  1  avolo    suo  ai  Bolognesi    Pintrodu-l 

zion  di  quel  fiume ,  o  gran  torrente  ,    nel 

ra-    , 


A  N  K  o  MDLXXVIII.  8i 
ramo  del  Po,  che  scorreva  presso  Ferra- 
ra '  concessione  ,  che  il  tempo  fece  cono- 
scere troppo  pregiudiziale  al  Ferrarese  , 
^perchè  quel  torbidissimo  fiume  cagiona- 
va frequenti  rotte  nel  Po ,  e  giunse  in- 
fine ad  interrarne  V  alveo  di  tal  manie- 
ra ,  che  cessò  quel  ramo  ,  e  si  voltaro- 
no ^tutte  le  acque  all'altro  maggiore  ra- 
mo del  Po  ^  che  ora  miriamo.  Si  venne 
per  questo  alle  armi,  e  alle  offese  fra  i 
due  popoli.  Ma  j}aya  Gregorio  XIII  che 
sempre  fu  un  insigne  conservatore  della 
pace  in  Italia ,  s"*  interpose ,  e  fatte  de- 
por  le  armi ,  avocò  a  sé  la  decision  di 
quelle  liti .  Nacque  nell'  anno  presente  ad- 
di 27  di  aprile  a  Filippo  II  re  di  Spa- 
gna un  ^^Uo  y  a  cui  fu  posto  il  nome 
paterno  .  Succedette  egli  col  tempo  al  pa- 
dre; giacché  in  questo  medesimo  anno  la 
morte  rapì  ad  esso  monarca  l'altro  mag- 
gior figlio  don  Ferdinando  ;  e  don  Diego , 
allora  maggiore  di  età ,  non  sopravisse  al 
padre ,  essendo  mancato  di  vita  da  lì  a 
cinque  anni  » 


-Tomo  XXIV.  R         An- 


82         Annali    d' Italia 

Anno  di  Cristo   1579,  Indizione  VII. 
di  Gkegorio  XIII,  papa  S. 
di  Rodolfo  II  ,•  imperadore  4. 

-r\ ridavano  ben  d'  accordo  il  pontefice  | 
Gregorio^  e  Filippo  re  di  Spagna  in  con-  ! 
servare  la  quiete  d' Italia  j,  e  però  qui  si  | 
godeva  una  somma  tranquillità^  e  sola-  | 
mente  nveano  luogo  le  arti  e  i  diverti-  i 
menti  della  pace.  In  questo  anno  ancora  ^ 
essa  pontefTce,  siccome  quegli,  che  ogni  \ 
dì  pensava  a  lodevolmente  impiegare  i  be-  * 
ni  e  le  rendite  del  sacrario  e  dui  suoi  1 
stati,  istituì  in  Roma  un  nobile  colleggio  \ 
per  gl'inglesi^,  volendo  che  ivi  si  allevas- 
sero cinquanta  giovani  di  quella  nazione,  ì 
e  loro  s'insegnassero  le  scienze.  A  tal  iì~  ! 
ne  assegnò  a  quel  luogo  l'annua  rendita  ! 
di  tremila  scudi  d'  oro  .  Fece  ancora  fab-  \ 
bricare  un  ponte  a  Forlì  sul  fiume  Monto-  ! 
ne  per  comodo  dei  viandanti .  Passarono  al-  \ 
le  seconde  nozze  in  questo  anno  due  dei  ^ 
primarj  principi  delF  Italia  ►  Cioè  Alfon-  ] 
scuTT  duca  di  Ferrara,  con  cui  si  accop-  < 
pio  Margherita  figlia  di  Guglielma  duca  i 
di  Mantova.  Questo  principe,  che  in  tut-  i 
te  le  occasioni  inclinava  alla  magnificenza,  ^ 
ed  anche  di  troppo,  perchè  a  sostener  le  < 
tante  sue  spese  gli  conveniva  poi  accresce-  < 
re  i  dazj  e  le  gabelle  con  doglianze  dei  1 
sudditi:  solennizzò  con  archi  trionfali,  cor»  1 
feste  ,  giostre ,   ed  altri  sontuosi  solazzi  la  j 

ve-  i 


Anno     MDLXXIX.  83 

venuta  di  quella  principessa  a  Ferrara  ^ 
Arrivò  essa  nel  di  25  di  Gennaio  al  deli- 
zioso luogo  di  Belvedere  fuori  di  essa  cit- 
tà, e  da  lì  a  due  giorni  fece  la  sua  gran- 
diosa entrata  cori  incredibil  concorso  di 
nobiltà  straniera.  Ma  sopratutto  rendè  ri- 
guardevole quella  funzione  la  presenza  di 
molti  gran  principi  ,  giunti  colà  nel  sud- 
detto giorno  25  di  gennaio  ;  cioè  di  Fer- 
dinando di  Austria  arciduca ,  del  cardi- 
naie  Andrea^  e  di  Carlo  suoi  figliuoli,  di 
Trias slmiliano  figlio  dell'  imperadore  ,  di 
Ferdlniindo  ifrlnclpe  di  Baviera ,  di  Arri- 
go principe  di  Brunswicb,  e  di  Vincenza 
principe  di  Mantova*  Fu  spezialmente  am- 
mirata la  nave,  che  il  duca  fece  fabbricar 
da  più  artefici  nello  spazio  di  due  mesi  , 
destinata  a  condurre  da  Mantova  a  Ferra- 
ra per  Po  la  suddetta  principessa .  Sem- 
brava per  la  grandezza  un  comodo  palaz- 
zo', tutto  messo  ad  oro  con  pitture  e  tap- 
pezzerie di  rara  valuta .  Passò  anche  il 
gran  uca  di  Toscana  Francesco  alle  se- 
co- .iOzze  con  Bianca  figlia  di  Bartolo- 
meo Capello,  nobile  veneziano*  Fuggita 
questa  dalla  casa  paterna  per  quei  moti- 
vi ,  che  si  leggono  presso  Trajano  Bocca- 
lino  ed  altri  autori ,  si  ricovera  in  Fireu- 
ze  .  Venuta  curiosità  al  gran  duca  di  ve- 
derla, non  gli  mancarono  mezzi  per  appa- 
gar questo  suo  desio.  Trovò  fgli  una  gio- 
vine,  in  cui  non  si  sa,  se  maggior  fosse^ 
la  beltà  del  corpo ,  o  la  vivacità  dello  spi- 

F  2  ri- 


84  A   N  N  A  L  I      D^  I  T  A  L  I  A  j 

rito.  Però  talmente  se  no  invaghì,  che  | 
provvedutala  di  un  palazzo,  la  mantenne  \ 
da  lì  innanzi  in  forma  magnifica,  con  ri-  \ 
cavarne  anche  prole  non  senza  amare  do-  ; 
glianze  della  gran  duchessa  sua  moglie;  a 
cui  fu  creduto,  che  siffatti  disgusti  abbrc-  \ 
viassero  la  vita.  Morta  poi  questa  ,  il  gran  \ 
duca  consigliato  dalLi  passion  sua,  e  vinto  : 
dalle  lagrime  di  Bianca  Capello  ,  determi-  I 
nò  di  sposarla .  Il  saggio  senato  veneto ,  ] 
per  condecorare  un  sì  nobil  matrimonio ,  i 
dichiarò  essa  Bianca^  figlia  della  repubbli-  i 
ca  ,  e  coir  inviare  ambasciatori  a  Firenze,  \ 
maggiormente  aumentò  l'onore  e  l'allegria  i 
di  quelle  nozze^  che  poi  riuscirono  poco  \ 
felici. 

Grande  armamento  per  ordine  di  FiUp*  j 
IJO  II  re  di  Spagna  fu  fatto  in  Italia  nel  1 
presente  anno .  Ebbe  don  Pietro  fratello  ì 
del  gran  duca  di  Toscana  l'incombenza  di  ! 
assoldare  diecimila  fanti  in  Napoli ,  Ro-  \ 
ma,  e  Lombardia.  Sotto  il  comando  anco-  j 
ra  di  Fabrizio  Colonna  ,  e  di  Giovanni  j 
Cardona  si  raunò  una  possente  fiotta,  com-  | 
posta  di  cento  galee^  quaranta  navi ,  due 
galeazze,  un  galeone,  ed  altri  legni  mi-  1 
nori.  Di  questa  armata  fu  creato  capitan  \ 
generale  il  marchese  di  santa  Croce.  Non  j 
pochi  lunarj  faceano  i  politici  sopra  que-  ì 
sto  poderoso  apparato  di  guerra,  chi  im-  i 
raaginandone  un  motivo,  e  chi  un  altro.  • 
Il  tempo  dicifrò  l'arcano,  e  si  vennero  a  | 
scoprir    le  mire    del    re  cattolico    sopra  il 

re- 


Ann  o     MDLXXIX.  S5 

^gSo  di  Portogallo.  In  effetto  saltarono 
fuori  in  questi  tempi  le  pretensioni  di  pa- 
recchi principi  a  quella  corona  ,  che  si  pre- 
vedeva vicina  ad  esser  vacante  per  la 
troppo  avanzata  età  del  re  Arrigo  già  car- 
dinale .  Erano  questi  concorrenti  £m?TianneZ 
Filiberto  duca  di  Savoia  ,  Ranuccio  Far- 
nese figlio  di  Alessandro  principe  di  Par- 
ma 3  don  Antonio  figlio  di  un  principe 
della  casa  di  Portogallo ,  pretendente  se 
stesso  legittimo,  e  preteso  da  altri  bastar- 
do ;  e  Catterina  moglie  del  duca  di  Bra- 
ganza.  Ma  'Filippo  li  re  di  Spagna,  per- 
chè nato  da  Isabella  di  Portogallo ,  e  per 
la  maggior  potenza-,  parve  assistito  da  più 
vigorose  ragioni  é  A  lui  riuscì  ancora  di 
trarre  dalla  sua  il  re  Arrigo.  Per  dare 
maggior  polso  alla  sua  pretensione  ,  giudi- 
cò egli  molto  efficaci  le  armi  ,  mentre  gli 
altri  suoi  rivali  non  altro  metteano  in 
campo  ,  che  ragioni  comperate  dalle  penne 
dei  più  rinomati  legisti  di  questo  tempo, 
senza  badare^  che  le  carte  per  i'  ordinario 
non  conquistano  i  regni.  S'interpose  papa 
óregorio  XIII  desideroso  di  comporre  quel 
litigio  ;  e  sui  principio  restò  accettata  la 
sua  mediazione  ;  ma  nel  progresso  ne  fu 
egli  escluso .  Come  fosse  poi  sciolto  que- 
sto nodo,  lo  vedremo  all'anno  seguente. 
La  prudenza  ,  e  il  valore  di  Alessandro  Far- 
nese  in  Fiandra  produssero  nel  presente 
anno  buoni  effetti^  percii:rcsjiè  a  lui  riuscì 
di  prendere  dopo  lungo    e  faticoso  assedio 

F  3  rim- 


85  Annali  dM  t  a  l  i  a 
V  importante  piazza  di  Mastrich  ,  ed  aU 
tri  luoghi.  Grande  strage^  furioso  sac- 
cheggio" fu  ivi  fatto.  Nel  medesimo  tem- 
po si  studiò  egli  di  guadagnar  gli  ani-  j 
mi  dei  malcontenti  cattolici  .  Trattossi  | 
dunque  di  pace  con  alcune  provincie  ^  do-  ^ 
ve  prevaleva  la  vera  religione;  e  fu  que-  \ 
sta  conchiusa  y  principnlmente  colla  con-  ] 
dizione  ^  che  il  principe  governatore  li-  | 
cenziasse  tutte  le  milizie  forestiere,  cioè  | 
spagnuole  italiane,  e  tedesche,  e  si  vales-  j 
se  solamente  di  quelle  del  paese .  Cosi  fe- 
ce egli  dopo  la  presa  di  Mas'trich .  Però  ! 
■fin  d'allora  si  cominciò  a  sem.pre  più  co-  i 
noscere  inevitabile  il  tàglio  d«lle  provin- 
cie dei  paesi  bassi ,  essendo  restate  più  ! 
che  mai  pertinaci  nella  ribellione  quelle  \ 
di  Olanda  5  Zelanda,  Utrecht,  ed  altre  j,  ' 
chiamate  le  sette  provincie  unite.  Nella  j 
Fiandra  stessa  alzavano  tuttavia  bandie-  \ 
ra  contro  il  re  le  città  di  Cambrai^  An-  i 
versa ^  Brussellese  Gante  ,  e  Tournai .  ■ 

Anno  di  Cristo^   1580,  Indizione  Vili.     .  ; 

di  Gregorio  XIIl,  papa  9.  ; 

di  Rodolfo  II^  imperadore  5.  '\ 

X  empo  non  vi  era,    in  cui    il  buon  pon-  j 

tejìce  Gregorio  non  pensasse  a  lasciar  dopo  j 

di  sé  memorie  illustri   o  per  ben  della  re-  j 

ligione,  o  per  utilità,  o  per  ornamento  di  i 

Roma .    Circa  questi    tempi  prese    egli    ad  | 

abbellire  la  galleria  del  palazzo  Vaticano^  1 

lun- 


Anno     MDLXXX.  S7 

lunga  quasi    un  miglio  ,    facendo  dipignere 
tutto    il  volto;    e  ornando    le  pareti  colla 
descrizion  delle  provincie  d'Italia  ,  e  il  pa- 
vimento con  varietà    di  marmi .    Dopo  al- 
cuni anni  terminata  fu  questa  opera  .  Inol- 
tre alle  terme    di  Diocleziano    fece  fabbri- 
care   un    ampio  granajo^    capace    di    gran 
copia    di  friKiiento    per  le  occorrenze  delle 
carestie  .    Compiè  ancora  una   superba  cap- 
pella   con  ispesa    di  centomila    scudi    nella 
basilica  Vaticana  ,    dove    nel  dì  quattro  di 
giugno    fece    con   gran    pompa    e  divozione 
trasferire  il  corpo  di  san  Gregorio  Nazian- 
Zeno  ,    di  cui    era    divotissimo.    Parimente 
approvò     r  istituto    dei    frati    carmelitani 
Scalzi,   e  delle  monache,    di  cui  era  stata 
fondatrice  la  santa  Vergiue  Teresa  in  Ispa- 
gna.  Tornò  questo  anno  ad  infestar  buona 
parte  dell' Europa  ^    e  massim.amente   l'Ita- 
lia, passando  di  una  in  altra  città,  il  ma- 
le appellato    del    castrone    o    montone  ,    il 
quale  fu  creduto  ,    che  dalla  Francia  pene- 
trasse   nelle  contrade   italiane  ,    con  febbre 
gagliarda  e  tosse.    Ma  per  chiunque  osser- 
vava una  buona  dieta  ,    per    lo  più  non  si 
trovava    mortale.    All'  incontro    l' uso    dei 
purganti  _,  e  il  salasso,  portavano  facilmen- 
te gr infermi  al  sepolcro.  In  alcuni  luoghi 
appena  di  cento  ne  restavano  sani  quattro. 
Nella    sola  Ferrara    nello    stesso    tempo    si 
trovarono    prese    da  questo  malore    più  di 
dodicimila  persone,  e  molte  ne  morirono. 
Quivi    fu    il    colmo  del  male    nel  mese  di 

F  £i  giù- 


88  Annali    d'  I  t  ai  i  a 

giugno,  e  in  Venezia  in  quello  di  Itrglio* 
Avea  prima  fatto  il  suo  sfogo  in  Milano, 
dove  si  contarono  più  di  quarantamila  ma- 
lati .  Me  sesso  oè  età  andava  esente .  Fu 
creduto,  che  Anna  regina  di  Spagna  mo- 
risse di  questo  male  .  Mancò  essa  nel  di 
26  dì  ottobre  ,  e  il  re  Filippo  suo  consor- 
te poco  prima  infermo  per  la  stessa  febbre 
aveva  fatto  dubitar  di  sua  vita.  Certo  è^ 
che  per  V  influenza  medesima  molto  si  ri- 
senti la  sanità  di  papa  Gregorio  XIII  il 
cui  indefesso  zelo  fece  nelTanno  presente 
fabbricare  un  bel  ponte  di  marmo  di  sei 
archi  sul  fiume  Pelia  ad  Acquapendente  . 
Non  già  de]  male  suddetto,  ma  per  idro- 
pisia accadde  ancora  in  questo  anno  la  mor- 
te di  Emmanuel  Filiberto  duca  di  Savoia , 
a  cui  fecero  gran  guerra  le  umane  vicen-. 
de.  Supcriore  ad  esse  comparve  infine  il 
suo  senno,  con  essere  restati  quasi  tutti  i 
suoi  stati  senza  quei  ceppi,  che  l'altrui 
prepotenza  vi  aveva  messi.  Del  suo  valo- 
re, della  sua  affabilità,  giustizia^^  e  pie- 
tà, non  la  sola  Italia,  ma  anche  la  Ger- 
mania, e  la  Fiandra  serbarono  lunga  me- 
moria .  Rimase  di  lui  un  solo  figlio  legit- 
timo e  naturale^  cioè  Carlo  Emmannela 
primo  di  questo  nome,  che  a  lui  succedet- 
te nel  dominio  in  età  di  dieCinnove  anni , 
che  cominciò  dì  buona  ora  il  corso  di  quel- 
la insigne  gloria,  con  cui  superò  tutti  i 
suoi  antenati. 

Mentre  Arrigo  re   di  Portogallo   era  in- 

ten- 


A  N  ,N  o    MDLXXX.  89 

a  provveder  pacificamente  quel  rs^ 
gno  di  un  successore  ,  la  troppo  sua  inol- 
trata età  il  liberò  dalle  cure  del  mondo , 
essendo  mancato  di  vita  nelF  ultimo  gior- 
no di  febbrajo  .  Per  quanto  si  era  potuto 
conoscere,  le  inclinazioni  suje  erano  già 
state  in  favore  d^  Filippo  II  re  dì  Spagna, 
perchè  poco  ci  yolea  a  presagire,  che  que- 
sti avrebbe  potuto  ottenere  colla  forza  ciò, 
eh'  era  meglio  il  concedergli  con  amore  • 
Ma  diversi  ben  erano  idesiderjj  ed  i  senti- 
menti dei  portoghesi ,  antichi  emuli  della 
Castiglia,  abborrendo  essi  troppo  il^festar 
senza  re,  e  T acquistarne  uno,  che  coman- 
dasse loro  in  lontananza:  Filippo  intanto, 
mentre  quei  si  perderono  in  consulte  e  in 
dispute^  raunò  ,  per  attestato  del  Mariana  , 
un  esercito  di  dodicimila  fanti  ,  e  di  mil- 
le e  cinquecento  cavalli  ,  picciolo  sì  di  nu- 
mero y  ma  grande  pel  valore^  perché  com- 
posto del  fiore  della  milizia  di  Spagna  e 
d'Italia,  cioè  di  soldati  veterani  nel  me- 
stier  della  guerra  .  Altri  gli  diedero  ven- 
timila combattenti  incirca  ,  fra  i  quali  cin- 
quemila italiani  y  sotto  il  comando  di  don 
Pietro  dei  Medici  ^  di  Prospero  Colonna^ 
di  Carlo  SpinnetU ,  e  di  altri  generosi  con- 
dottieri italiani .  Chiamò  egli  dall'  esilio 
il  vecchio  duca  di  Alva  ,  perchè  ne  fosse 
capitan  generale.  Colà  arrivò  anche  la  flot- 
ta già  preparata  in  Napoli  e  Sicilia  .  Non 
si  tardò  dunque  a  dar  principio  alle  osti- 
lità colla  presa  diElvas^  Olivenza  ,  e  Cam- 
po 


90  Annali   d'  I  t  a  l  i  a 

pò  maggiore .    Nel  qual  tempo  la  pl(  be  dì  ^ 
Lisbona  proclamò  re  di  Portogallo  don  An- 
tonio 5    tuttoché    dichiarato    illegittimo    ed 
incapace  del   regno  dal  defunto  re  Arrigo  . 
Uni  bensì  questo  principe  un' armata^    ma 
di   gente  collettizia    ed  inesperta,    che    in 
vicinanza  di  Lisbona  ,  avtndo  osato  di  far 
giornata  col  duca  d' Alva  maestro  di  guer- 
ra, si  trovò  incontanente  sbaragliata,  e  sii 
raccomandò  alle  gambe.  Entrò  il  Vittorio-  ] 
so  duca  in  Lisbona   con  buona  capitolazio-  • 
ne  ^    ma  che  non    esentò  parte  di  essa^    e  \ 
le  navi,    che   erano    in    porto,    dal  sacco,  j 
Seguì  poscia   un'  altra  battaglia  ,    dove  pa-  ; 
rimente    essendo  rimasto  disfatto    don  An-  i 
tonio  5  fu  obbligato  a  nascondersi ,  e  a  pas-  : 
sare  ramingo  da  un  luogo  all'altro.  Intan-  | 
to    riavutosi    il    re  Filippo    dalla    malattìa  \ 
sofferta  in  Badacòs ,  passò  nel  mese  di  di-  \ 
cembre  ad  Elvas  di  Portogallo,   e  salutato  i 
ivi    e  riconosciuto  ,    ma  non  di  buon  cuo-  \ 
re  per  re ,  dai  grandi  di  quel  regno ,   non  ì 
fu  avaro    di  carezze    e    promesse  verso    di 
loro,    e  levò    anche  via    alcuni    dazj ,   con  i 
ordinar  nondimeno^,    che  si  desse  principio  ; 
ad    vina  cittadella    in  Lisbona  .   Per  tratte-  i 
ner    la  via  delle  armi,    si    era  dianzi  ma-  \ 
neggiato  non  poco  papa  Gregorio  Xlll  con  i 
aver  dipoi  inviato  il  cardinal  Rìario ,  co-  ' 
me  paciere    in  Ispagna  .    Il    re  V  andò  nu-  j 
trendo    di    belle    speranze,    nel    medesimo] 
tempo  spinse    il  suddetto  duca  d'  Alva  all'  1 
acquisto  del  regno ,  pel  quale  sì  felicemen-  \ 

te       1 


Anno    MDLXXX.  91 

t^  succecluto  gran  gelosi?,  e  rabbia  sorse  in 
cuore  degli  altri  monarchi.  Giudicò  spe- 
diente  esso  re  Filippo  in  questo  anno  d'in- 
viare in  Fiandra  la  ducliessq,  Margherita 
madre  del  principe  Alessandro  Farnese ,  e 
sorella  sua^  lusingandosi,  che  l'amore  e 
la  stima  nei  tempi  addietro  professata  da 
quei  popoli  a  questa  savia  principessa^  po- 
trebbe giovar  non  poco  ai  pubblici  inte- 
ressi. La  spedì  pertanto  colà  col  titolo  di 
governatrice  dei  paesi  bassi  ,  lasciato  ad 
Alessandra  il  comando  delle  armi.  Ma  non 
piacendo  al  principe  questa  divisione  di 
autorità  y  d' accordo  colla  madre  tanto 
picchiò  alla  corte  di  Spagna^  che  gli  fu 
restituito  il  titolo  primiero  nell'  anno  ap- 
presso .  Tornossene  dipoi  la  duchessa  in 
Italia  a  goder  la  sua  quiete  in  Abbruzzo , 
Furono  varie  azioni  di  guerra  nella  Fian- 
dra, ma  non  tali^  che  importi  il  farne 
menzione.  Da  papa  Gregorio  e  dal  re  di 
Spagna^  fu  nel  presente  anno  inviato  un 
soccorso  di  soldati  e  di  danaro  ai  cattoli- 
ci d' Irlanda  ;  ma  con  poca  fortuna  :  per- 
chè prevalendo  ivi  le  forze  della  regina 
Elisabetta  ^  si  sciolse  in  nulla  il  tentativo 
di  quei  popoli.  Un  forte  ivi  fabbricato 
dai  soldati,  che  colà  ginnsero  sotto  nome 
del  pontefice,  ben  munito  di  artiglieria  e 
di  viveri,  vergognosamente  si  arrendè  a 
gli  eretici.  Fra  la  principessa  Margherita 
Farnese ,  figlia  di  Alessandro  principe  di 
Parma  e  governator  di  Fiandra^  e  don  Vin- 
cent 


9^         Annali    d'Italia  < 

tjenzo  Gonzaga ,  unico  figlio  di  Guglielmo 
diicn  di  Mantova,  seguì  matrimonio  nell' 
anno  presente,  e  le  nozze  furono  celebrate 
in  Parma  >  dove  per  alquanti  mesi  si  fermò 
lo  sposo. 

Anno  di  Cristo  1581.  Indizione  IX. 

di  Gregorio  XIII^  papa  io.  | 

di  Rodolfo  II,  imperadore  6.  | 

\/ idesi  in  quest'anno^  non  senza  maravi- j 
glia  della  gente  ,  giugnere  a  Roma  un  Ora-  1 
tore  di  Giovanni  Basiliovltz  gran  duca  di  • 
Moscovia,  per  implorare  i  buoni  uffiz)  di  | 
papa  Gregorio  in  suo  favore  .  Avea  colui  ] 
mossa  guerra  a  Stefano  Batorì  re  di  Po-  ì 
Ionia  ;  ma  ritrovò  il  giuoco  ben  diverso  \ 
dalla  espettazione  sua .  Il  valoroso  Batori  1 
gli  die  tali  percosse ,  che  l'obbligò  a  chie-  : 
dere  pace  ;  ma  non  potendola  ottenere ,  ! 
stimò  bene  esso  Moscovita  di  ricorrere  al  \ 
papa,  acciocché  interponesse  l'autorità  sua,  1 
per  far  cessare  la  mal  incominciata  guer-  | 
ra^  con  esibirsi  pronto  a  far  lega  coi  cat-  j 
tolici  contro  la  potenza  dei  turchi.  Avve-  j 
gnachè  il  pontefice  assai  scorgesse  ,  quanto  1 
poco  per  ben  della  religione  cattolica  si  j 
potesse  sperare  da  quel  monarca ,  che  coi  i 
suoi  popoli  professava  la  credenza  e  i  ri-  j 
ti  dei  greci  scismatici;  pure  siccome  pa- j 
dre  comune  ,  e  trattandosi  di  un  principe^  i 
che  finalmente  era  cristiano,  e  la  cui  affé- - 
zione  verso    i  cattolici  non   si  avea  a  tra-  , 

scu-      i 


Anno    MDLXXXI.         p$ 
scurare  ,    benignamente    ascoltò    le    di    lui 
preghiere  ;    con    lautezza    trattò    il    di  lui 
oratore;  e  caricatolo  di  doni,    il  rimandò 
a  casa^  accompagnato  da  Antonio  Fosscvi-^ 
no  della  compagnia  di  Gesù  ,  uomo  di  gran 
dottrina,  e  di  non  minore  destrezza,  affin- 
chè trattasse  di  pace  .  "A  questa  si  trova- 
rono   non  pochi   intoppi  ,    e  intanto    il    r« 
Stefano    s'impadronì    della  Livonia,    dove 
restituì    la    religion  cattolica.    Pace    infine 
seguì  con   gran  decoro  della  nazion  polac- 
ca.   Ai    giorni    nostri    si    è    ben    cangiato 
l'aspetto  delle  cose  in  quelle  parti.  Imper- 
ciocché quanto  è  declinata  per  le  continue 
interne  discordie  la  potenza  della  vastissi-r 
ma  repubblica    di  Polonia,    capace    pur  di 
cose  grandi,   se  con  altra  più  lodevol  for- 
ma di  governo    si  regolasse;    altrettanto  è 
cresciuta    quella    dei  moscoviti,    ossia    dei 
russiani  per  opera  del  Czar  Pietro  Alexio- 
vitz    eroe    degno   d'  immortale    memoria. 
Fu    sul  principio    di    maggio    del    presente 
anno  condotta    a  Mantova  da  don  Vincen- 
zo Gonzaga    figlio    del    duca  GugUclmo  la 
nuova    sua    consorte    Margherita   Farnese^ 
accompagnata  dalT  avolo  suo  Ottavio  duca 
di  Parma,    dal    cardinale  Alessandro  Far- 
nese   suo  zio^    dal  principe  Ranuccio    suo 
fratello,  e  da  altri  nobilissimi  signori.  Le 
feste  e  gli  spettacoli  fatti    in  Mantova  per 
tale  occasione  costarono  spese  immense  ,  e 
rierapierono    di  stupore    il  concorso  incre- 
dibile degli  spettatori  •  V'intervenne  anco- 
ra 


Ì94  A  N  N  A  L  I     d'  I  T  A  L  I  A 

ta  Alfonso  II  duca  di  Ferrara  colla  dU^ 
cliessa  Margherita  sua  consorte ,  e  sorella, 
del  suddetto  don  Vincenzo.  Ma  infauste' 
.riuscirono  queste  nozze  per  difetto  corpo- 
rale di  quella  principessa  per  cui  restò  poi 
2;iustificata  la  dissoluzione  del  matrimonio 
fra  essi .  1 

Strepitoso  scandalo  fii  nell'anno  presen- 1 
te  per  la  discordia  di  molti  potenti  cava-  j 
lieri  della  sacra  religion  di  Malta  contro  \ 
il  loro  gran  maestro  Giovanni  della  Cas-  ^ 
siera  di  nazion  francese,  vecchio  di  ottan-  ' 
ta  anni,  ma  vegeto.  Andò  sì  innanzi  la  j 
loro  animosità,  che  il  cacciarono  prigione  ,; 
nella  fortezza  di  sant'Angelo,  imputando-  i 
gli  troppa  negligenza  negli  alTari  dell'or-  \ 
dine  5  e  che  ne  scialacquasse  i  beni ,  e  fino  f 
a  pretendere,  che  tenesse  segreti  trattati 
coi  nemici  della  fedo  cristiana .  Somma-  ! 
mente  dispiacque  al  -pontefice  Gregorio  sif- 
fatta violenza  ,  e  uditi  i  ricorsi  di  amen-  j 
due  le  parti,  spedi  tosto  a  Malta  Gaspara  ■ 
Visconte  auditor  di  ruota,  il  quale  dopo  ; 
avere  rimesso  in  libertà,  e  nel  suo  pri-  i 
miero  grado  il  gran  maestro ,  sfoderò  un  j 
breve  del  papa  ,  che  citava  tanto  lui,  quan-  i 
to  gli  accusatori  suoi  a  comparire  quanto  ' 
prima  in  Roma  a  dir  le  loro  ragioni.  A  : 
ciò  ancora  fu  spinto  il  pontefice  dal  re  di  j 
Francia  ,  minacciante  di  torre  a  tutti  i  ca-  ■ 
valieri  di  Malta  le  commende  del  sua  re-  \ 
gno ,  e  di  applicarle  al  nuovo  sua  ordine 
dello  Spirito  Santo,  Venne  a  Roma  nel  di  •■ 

.       26    i 


Anno     MDLXXXI.  95 

26  di  ottobre  il  gran  maestro,  accompa- 
gnato da  trecento  cavalieri,  ai  quali  tut- 
ti^ e  alla  loro  servitù,  il  cardinal  Luigi 
di  Estc ^  principe,  che  nella  magnificenza 
non  avea  pari,  diede  alloggio,  e  fece  le 
spese  per  tutto  il  tenipo,  chi  quivi  si  fer- 
marono. Mancò  poi  di  vita  esso  gvan  mae- 
stro nel  di  25  di  dicembre.  II  *suo  gran 
competitore  Romagaoo  Guascone  per  ma- 
linconia Tavea  pieceduto  all'altra  vita  nel 
dì  quattro  di  novembre^  e  così  amendue 
andarono  a  litigare  al  tribunale  di  Dio  y 
più  incorotto  e  perspicace,  che  quel  della 
terra  .  Passò  in  questo  anno  nel  mese  di 
settembre  per  Italia  la  vedova  imperatrice 
Maria  ,  madre  di  Rodolfo  IL  Augusto  ,  e 
sorella  di  Filippo  II  re  di  Spagna  ,  desi- 
derosa di  terminare  i  suoi  giorni  in  un 
monistero  di  Spagna  >  ad  imitazione  del 
glorioso  suo  padre  Carlo  V.  Era  accompa- 
gnata dair  arciduca  Massimiiiana  suo  fi- 
glio, e  da  una  splendida  corte.  I  signori 
veneziani ,  secondo  il  loro  costume  ,  le  fe- 
cero un  sontuoso  trattamento  per  tutti  i 
loro  stati ,  essendo  venuta  a  Trivigi ,  Pa- 
dova, e  poi  sino  a  Brescia.  Con  pompa 
incredibile  fu  ricevuta  in  Milano,  e  poscia 
in  Genova ,  dove  imbarcatasi  arrivò  poi 
in  Ispagna  a  compiere  la  sua^piissima  ri- 
soluzione . 

Trattandosi    di    un  principe  italiano,    a 
noi    non    disconverrà    l'andar    passando    in 
Fiandra,   per  accennar  brevemente    le  glo- 
rio- 


9^        Akhalid'Italia  I 

tiose  azioni  di  Alessandro  Farnese  governi 
ìiatore  di  quei  paesi  .  In  questi  tempi  lì 
Fiamminghi  confederati  contro  il  re  cat-f 
tolico^  mal  soddisfatti  del  giovane  arcidn-l 
ca  Mattias ,  dopo  aver  dichiarato  esso  prin- * 
cipe  decaduto  da  ogni  diritto  sopra  le  lo- 
ro contrade ,  presero  per  difensore  della 
Fiandra  Francesco  già  dichiarato  duca  di 
Angiòy  fratello  di  Arrigo  III  re  di  Fran* 
eia.  Con  buon  esercito  passò  questo  prin«| 
cipe  a  Cambrai ,  città  indarno  assediata  1 
dalle  armi  spagnuole^  e  trionfalmente  vi  ^ 
fu  ricevuto.  Fece  poi  pochi  altri  acquisti,! 
perchè  appoco  appoco  i  suoi  francesi  se  ne| 
tornarono  alle  delizie  della  patria  ,  ed  egli  ! 
passò  in  Inghilterra  _,  dove  la  reginm  EliA 
sabetta  tanta  disposizione  ir.ostrò  ad  accet-  j 
tarlo  per  marito,  che  già  tutti  il  felicita- 1 
vano,  tenendo  sì  egli,  come  gli  altri  lai 
cosa  per  fatta.  Ma  non  andò  molto,  che  sii 
trovò  solennemente  beffato  dall'astuta  ej 
simulatrice  regina ,  non  men  di  quello  che  | 
era  succeduto  prima  a  tanti  altri.  S'im-^ 
padroni  in  questo  anno  il  principe  Alesai 
Sandro  di  Bredà,  che  fu  messa  a  sacco. Ì 
Ricuperò  Sangislan,  e  poscia  imprese  l'3s-| 
sedio  di  Tournai  ,  che  fu  ben  lungo  e  co-J 
sto  di  molto  sangue  e  fatiche^  ma  con  ter-1 
minare  nella' resa  di  quella  importante  cit-^l 
tà,  obbligata  a  pagare  dugentomila  fiorinfj 
per  esimersi  dal  sacco.  Colò  tutta  questaj 
rugiada  in  mano  dei  vittoriosi  soldati.  Coiti 
gran  solennità  nei  medesimi  tempi  ricevet-i 

te     I 


Anno    MDLXXXI.  97 

te  il  re  Cattolico  il  giuramento  di  fecìeltà 
dalla  bocca,  ma  non  dal  cuore  degli  sta- 
ti c}i  Portogallo  ,  e  fece  riconoscere  per 
erede  di  quel  regno  don  Diego  suo  mag- 
gior figliuolo.  Quindi  sul  fine  di  giugno 
si  trasferì  a  Lisbona,  accolto  colla  mag- 
gior magnificenza  ,  e  con  segni  di  somma 
allegrezza  da  quel  popolo  ,  a  cui  confermò 
gli  antichi  privilegj ,  e  ne  aggiunse  dei 
nuovi,  nulla  ommettendo  per  guadagnarsi 
la  benevolenza  di  quella  gente^,  che  inter- 
namente fremeva  per  vedersi  ridotta  sot- 
to il  giogo  di  una  nazione  tanto  da  essi 
odiata . 

Anno  di  Cristo  1582.  Indizione  X. 
di  Gregorio  XIII,  papa   11. 
di  RocoLFo  II 5   imperadore  7. 


a. 


^uando  anche  non  fossero  concorse  tan- 
te memorabili  azioni  a  rendere  gloriosis- 
simo il  pontificato  di  papa  Gregorio  XIII , 
basterebbe  bene  ad  assicurar  V  immortali- 
tà al  suo  nome  la  correzione  da  lui  fat- 
ta in  questo  anno  del  calendario  rom.ano . 
Gran  tempo  era  ^  che  si  lagnavano  gV  in- 
tendenti astronomi  dello  sconcerto  avve- 
nuto nel  ciclo  solare  fissato  ai  tempi  di 
Giulio  Cesare,  e  di  Augusto  imperadori^ 
perchè  allora  non  fu  ben  conosciuto*  T  esat- 
to corso  annuale  del  sole .  Era  passato 
questo  disordine  nel  tempo  della  pasqua  , 
Tomo  XXIV.  G  sta- 


98        Annali   d' Italia: 
stabilito  dai  padri  del  primo  concilio   ni-' 

ceno ,  perchè  chiaramente  si  scorgevano 
troppo  slontanati  dal  sito  allora  prefisso 
alla  celebrazion  della  pasqua  gli  equinozj 
della  primavera  ,  e  fuor  di  silo  le  feste 
principali  della  Chiesa.  Ora  il  generoso 
pontefice  con  tutto  vigore  si  applicò  ad 
emendare  i  trascorsi  passati  ,  e  ad  impe- 
dirli per  l'avvenire.  Consultò  dunque  i 
più  valenti  astronomi  d' allora  ,  e  molti 
ne  chiamò  a  Roma  ,  facendo  ben  ventila- 
re la  miglior  forma  di  stabilire  un  ciclo 
di  Epatte ,  che  non  fosse  da  lì  innanzi 
soggetto  a  mutazioni .  Meritò  sopra  gli 
altri  applauso  un  ciclo  già  inventato  da 
Luigi  Lilio  Veronese ,  nel  quale  furono 
fatte  alcune  lievi  mutazioni,  se  con  ra- 
gione e  frutto,  a  me  non  appartiene  il 
cercarlo.  Pertanto  fu  determinato  di  le- 
var via  dieci  giorni  dall'ottobre  dell'an- 
no presente  ^  affinchè  V  equinozio  della 
primavera  tornasse  al  dì  21  di  marzo,  se- 
condo la  determinazione  del  concilio  nice- 
no.  Per  mantenerlo  poscia  in  quel  sito, 
e  schivar  nuovi  sconcerti  da  lì  innanzi , 
si  stabili ,  che  ogni  tre  centesimi  anni  si 
tralasciasse  il  bissesto,  ma  che  corresse 
nel  quarto  centesimo  ,  con  altre  regole, 
che  io  tralascio.  Comunicato  questo  insi- 
gne progetto  tutte  le  potenze  cattoliche , 
acciocché  fosse  ben  esaminato,  riportò  V 
approvazion  di  ognuno.  11  perchè  nel  dì 
24  di  febbrajo  deiranno  presente   si  vide 

con 


Anno     MDLXXXII:  99 

mn  solenne  bolla  pubblicato  dal  pontefi^ 
ce,  e  ne  fu  ordinata  l'esecuzione.  Non  si 
può  dire,  che  plauso  per  questa  si  fatico- 
sa^ e  riguardevole  impresa  conseguisse  il 
buon  papa  Gregorio  presso  tutti  i  Cattoli-  . 
ci  ;  contando  noi  per  nulla  il  ridicolo 
schiamazzo,  che  per  ciò  fece  lo  spirito 
contradittorio  dei  protestanti,  ai  quali  il 
bello  e  buono  procedente  da^  Roma  non 
suol  aver  la  fortuna  di  piacere.  Ma  non 
si  vuol  dissimulare,  che  sul  fine  del  seco- 
lo decimosettimo,  e  sul  principio  del  pre- 
sente,  insorsero  delle  difficoltà  intorno  al- 
la stessa  correzion  gregoriana ,  e  si  di- 
sputò non  poco  da  alcuni  valenti  astrono- 
mi ,  spezialmente  Italiani ,  con  pretende- 
re ,  che  il  celebre  Cristoforo  Clavio  non 
avesse  ben  corrisposto  all'intenzione  di 
questo  saggio  pontefice,  e  che  quella  cor- 
rezione tuttavia  abbisogni  di  emenda  , 
stante  l'essere  intervenuto  dipoi,  e  poter 
intervenire,  che  seguitando  noi  il  ciclo 
dell'epatte,  o  troppo  presto,  o  troppo  tar- 
di si  celebri  la  pasqua,  per  non  corrispon- 
dere essa  ai  veri  calcoli  astronomici  del 
sole  e  della  luna  .  Oliredicchè  secondo 
essi  non  fu  ben  preso  ai  tempi  del  pon- 
tefice Gregorio  il  preciso  annuo  corso  del 
sole,  essendosi  trascurati  ahr.eno  alcuni 
secondi,  i  quali  col  tempo  p'»ssono  pro- 
durre qualche  sconcerto  .  Contuttociò  tali 
non  parvevo  quelle  obbjezioni  ,  che  fosse 
creduta  necessaria  allora  una  nuova   rifor- 

G   2  ma. 


lOÒ  À  N  N  1  L  r     D*  I  Ta  L  r  IV  k 

tna  del  calendario.    Tale  forse  la  crederà  ì 
alcuno  dei  secoli  avvenire  .  J 

Oltre  a  questa  insigne  aziona  riguardan-  i 
te  tutto  il  cattolicismo^  fece  il  medesimo j 
papa  un''  opera  particolare  per  ornamento  \ 
ed  utilità  di  Roma  ;  e  fu  il  collegio  ro-  1 
mano  della  compagnia  di  Gesù,  fabbrica  \ 
sontuosissima  ,  di  cui  si  vede  la  pianta  j 
rapportata  dal  padre  Bonanoi.  Al  manteni-  \ 
mento  di  quei  religiosi  assegnò  ancora  del-  i 
le  grandi  rendite.  In  questi  tempi  avendo  ? 
don,  Antonio  di  Porcogallo  colT  ajuto  dei  i 
Francesi  ed  Inglesi  messa  insieme  una  buo-  * 
laa  flotta,  andò  per  impadronirsi  dell' isor  ^ 
le  Terziere ,  come  dipendenti  dalla  corona  ' 
di  Portogallo  e  Non  cTormiva  il  re  Fllip'-  \ 
]po  II y  ed  anch' egli  spedì  a  quella  v^lfa  \ 
il  marchese  di  Santa  Croce  nel  mese  di  I 
luglio  con  ventotto  navi  ed  altri  legni  .  ) 
Vennero  alle  mani  le  due  nemiche  arma-  \ 
te,  e  restò  sconfitta  quella  di  don  Anto- j 
nio,  con  rimaner  prigioni  venticinque  ba-  i 
roni  francesi,  50.  altri  nobili  di. quella] 
nazione,  e  circa  secento  tra  Francési  ed  ì 
Inglesi  soldati  ordinar].  Fu  commessa  al-  i 
lora  una  crudeltà  più  che  turchesca  ,  on-  I 
de  risultò  ignominia  grave,  e  non  facile] 
a  cancellarsi  della  nazione  spaenuola  .  Il  ' 
Santacroce  ,  estratti  da  luogo  sacro  tutti  ] 
quei  francesi,  condannò  ognun  di  essi,] 
parte  al  taglio  della  testa  ,  parte  al  cape-  | 
stro,  e  la  sentenza  fu  eseguita.  All'avvi-  \ 
s^o    di    tanta  barbarie,    recato    dall' amba- j 

scia- 

i 


À  N  1^  o  MDLXXXH.  rm 
sciator  francese  con  altre  doglianze,  inor» 
ridi  i)  buon  papa  Gregorio  ,  né  potè  con-» 
tenere  le  lagrime  ,  non  sapendo  darsi  pa- 
ce^ che  gente  cristiana  ,  più  delle  fiere  stes, 
se  arrivasse  ad  infierire .  Ne  rigettò  egli 
la  colpa  s-ul  Santacroce  ;  ma  non  si  potè 
levar  di  testa  alia  gente  ,  che  V  ordine  si 
spicasse  previamente  dalla  corte  dello  stes- 
so re  Filippo  ,  e  spezialmente  non  aven- 
done fatto  alcun  risentimento  contra  del 
Santacroce»  Fu  creduto,  che  il  consiglio 
venisse  dal  duca  di  Alva^  quel  Siila  no- 
vello ,  che  metteva  la  gloria  e  il  sostea- 
tamento  della  monaichia  Spagnuola ,  non 
già  nel  farsi  amare  ,  ma  nel  farsi  temere 
dai  popoli  .  Questo  crudel  uomo  finì  ap- 
punto di  vivere  nel  dicembre  di  questo 
anno.  Se  trovasse  nell'altra  vita  quella 
indulgenza  e  misericordia ,  eh'  egli  mai 
non  esercitò,  né  conobbe  in  terra  >  ttotj 
V  ha  rivelato  Iddio .  Tornò  in  Fiandra 
nel  mese  di  febbrajo  Francesco  duca  di 
Angiò  ^  e  in  Anversa  con  sommo  applauso 
fu  proclamato  duca  del  Brabante ,  conte 
di  Fiandra  ,  di  Olanda  ,  Zelanda  ec.  Coa 
tutti  questi  bei  titoli  niun  progresso  fece 
egli  in  quelle  parti.  Alessandro  Farnese 
air  incontro  s' impossessò  di  Oudenarde  , 
dell'  esclusa  ,  di  Cambresi ,  di  Ninoven  , 
e  di  altri  luoghi.  Cominciò  in  questo  an* 
no  il  giovane  CarZo  Emmanudlo  duca  di 
Savoja  a  scoprir  le  sue  idee  guerriere  col 
segreto    disegno    di   sorprendere  Ger>evra-^ 

G  3  $ea' 


ì 

to2      Annali   d' Italia  ■ 

sentina  di  tutte  le  eresie,  alle  porte,  per  ì 
così  dire^  d'Italia  .  Avendo  egli  ben  di-  ] 
sposti  i  pezzi  per  quella  impresa,  e  co-  j 
municata  la  sua  idea  al  pontefice  GregO-  ? 
l'io  e  al  re  Cattolico  ,  da  amendue  avea  i 
riportate  promesse  di  gagliardi  ajuti ,  sé  \ 
gli  veniva  fatto  il  negozio.  Ma  avendone ^j 
anche  ricercato  il  consenso  dal  re  di  Fran-  | 
eia  Arrigo  III,  n  ebbe  ^na  negativa  ,  al-  | 
legando  quel  monarca,  che  Genevra  era  | 
sotto  la  pro*«:ezion  della  sua  corona .  Gli  ì 
convenne  per  questo  di  desistere  ;  ma  con-  ^ 
cepì  un  odio  tale  cotìtrà  dei  Francesi ,  che  \ 
mai  più  noi  depose.  j 

Anno  di  Cristo   1583.  Indizione  XI.  ' 

di  Gregorio  XIII,  papa   12.  ; 

di  Rodolfo  II,  imperadorc  8.  j 

V-4Ìrca  questi  tempi  il  -pontefice  Gregorio  ^^  \ 

iiato  per  pensar  sempre  a  cose  grandi  pel  j 

pubblico  bene>  e  dopo  averle  ideate,   co-  \ 

stante  in  eseguirle ,    presentò    alla  luce  il  ! 

decreto    di     Graziano    con    abbigliamenti  / 

nuovi,  per  aver  dianzi  deputata  una  con-  ^ 

gregazion  di  letterati  per  la  correzione  e  \ 

per  r  ornamento  di  quella  raccolta  di  ca-  ì 

noni,  molto  allora  accreditata  nelle  scuo-  j 

le.    Prese    ancora    a  migliorar    T  edizione  J 

della  sacra  bibbia;  al  qual  fine  procurò  da  { 

ogni  parte  antichi  codici ,  e  deputò  un' al-  | 

tra  congregazione .  Questa  impresa  non  fu  \ 

poi    condotta    a  fine    sennon  sotto    i  papi  j 

feUS- 


Anno  MDLXXXIII.  103 
susseguenti  Sisto  V ,  e  Clemente  ViIL 
Gran  carestia  fu  in  Roma  per  due  mesi , 
e  ciò  per  colpa  dei  ministri ,  che  av  eano 
con  troppo  larga  mano  conceduta  Testra- 
zion  dei  grani .  Toccò  al  generoso  animo 
del  papa  di  emendar  con  grave  spesa  la 
lor  trascuratezza.  Avvenne  oltre  a  ciò  in 
Koma  un  accidente ,  che  recò  non  lieve 
rammarico  e  disturbo  al  pontefice  ;  per- 
ciocché ito  il  Bargello  con  gran  copia  di 
birri  per  prendere  un  bandito  in  casa  de- 
gli Orsini,  capitati  colà  Raimondo  Orsi- 
no ,  Siila  Savello ,  ed  Ottavio  dei  Rusti- 
ci,  baroni  romani  _,  per  aver  volato  impe- 
dir la  cattura  per  pretension  dì  franchi- 
gia ,  restarono  miseramente  uccisi  da  quel, 
la  canaglia.  Sollevossi  perciò  il  popolo  ro- 
mano, ed  anche  la  nobiltà,  e  quanti  birri 
potè  cogliere,  senza  remissione  ammazzò. 
Essendo  concorsi  a  questo  rumore  molti 
banditi ,  seguirono  altre  uccisioni ,  e  sa- 
rebbe succeduto  di  peggio  ^  se  la  pruden- 
za del  pontefice  non  avesse  rimediato. 
Tanta  caccia  fece  egli  fare  al  Bargello 
suddetto ,  che  fu  in  fine  preso  e  giusti- 
ziato :  locchè  nondimeno  non  bastò  a  que- 
tar  gli  animi  pregni  di  desiderio  di  yen- 
detta  ,  talmente  che  non  finì  sì  presto 
quella  tragedia.  Ora  il  papa,  per  ralle- 
grare il  popolo,  nel  dì  12  di  dicembre 
fece  la  promozione  di  diecinove  cardina- 
li ,  tutti  persone  di  gran  merito ,  fra  i 
quali    spezialmente    si    distinsero    Niccolò 

G  4  S/on- 


104       Annali    d' Itali  a 

Sfondrati ,  che  fu  poi  papa  Gregorio  XIV, 
Francesco  di  Gioiosa  francese,  Appostili  Va^ 
lerio  vescovo  di  Verona,  e  Vincenzo  Lau- 
ro vescovo  di  Monreale. 

Avea  la  morte  rapito  al  re  Filippo  II 
nell'anno  precedente  il  suo  figlio  maggio- 
re don  Diego;  però  fece  egli  nel  presente 
prestar  giuramento  dai  Portoghesi  a  don 
Filippo ,  restato  unico  di  lui  figlio .  Gli 
riuscì  ancora  di  finir  di  ricuperare  le  iso- 
le Terziere .  In  Fiandra  accaddero  delle 
novità ,  delle  quali  ben  seppe  profittare  il 
principe  Alessandro  Farnese  ,  Quantunque 
fossero  stati  conferiti  gloriosi  titoli ,  dei 
quali  sopra  si  parlò,  3.  Francesco  duca  di 
Angiòj  pure  perchè  da  alcune  condizioni 
alquanto  dure  veniva  ristretta  la  sua  au- 
torità^ si  avvisò  egli,  spinto  principal- 
mente dagli  alteri  suoi  consiglieri  fran- 
cesi, di  voler  dar  egli  la  legge  ai  fiam- 
minghij  parendogli  vergogna  il  riceverla 
da  loro.  Volle  dunque  adoperar  la  forza, 
•e  destinò  il  giorno  i6  o  17  di  gennajo 
del  presente  anno  per  farsi  libero  si- 
gnore di  quelle  contrade.  1/ ordine  andò 
a  tutti  i  presidj  francesi  d' insignorirsi  dei 
luoghi,  dove  si  trovavano,  ed  egli  prese 
a  sottomettere  l'insigne  città  di  Anversa,, 
in  cui  erano  di  gnernigione  quattrocento 
dei  suoi;  ma  con  incontrar  egli  ciò,  che 
non  si  aspettava,  cioè  queilo ,  a  che  si 
espone  chiunque  dei  principi  ,  che  volon- 
tariamente   chiamato    da    un    popolo    alla 

si- 


Anno  MDLXXXTIL  105 
signoria^  si  mette  sotto  i  piedi  con  tanta 
facilità  i  patti  della  dedizione.  Prese  pre- 
testi da  una  rassegna  per  accostarsi  colle 
sue  truppe  ad  Anversa,  ed  allorché  usciva 
di  città  con  gran  corteggio  dei  suoi  Sol- 
dati ,  diede  il  segno  della  macchinata  tra- 
ma. Furono  uccise  le  guardie  della  porta;, 
ed  entrarono  secento  cavalli  e  tremila  pe- 
doni francesi ,  che  montati  su  i  baloardi 
voltarono  i  canoni  contro  la  città,  e  s^ 
diedero  a  saccheggiar  le  case^  e  ad  ucc'^/ 
dere  chiunque  si  opponeva.  Ossia  che  gli 
Anversani  stessero  dianzi  con  gli  occhi 
aperti ,  o  che  solamente  li  svegliasse  queir 
improvviso  assalto  ,  il  vero  è ,  che  tosto 
fecero  sonar  le  campane  a  martello^,  tira- 
rono le  catene  alle  strade,  e  dato  di  pi- 
glia alle  armi ,  animosamente  fecero  fron- 
te a  Qhi  non  più  amico,  ma  nemico  e 
traditore  lor  si  mostrava  .  Con  tal  gagliar- 
dia  dai  feroci  cittadini  furono  assaliti  e 
respinti  i  Francesi,  che  lor  convenne  rin- 
culare sino  alla  Porta  ,  dove  per  voler  egli, 
no  uscire,  e  nello  stesso  tempo  entrara 
gli  Svizzeri  del  duca  di  Angiò,  si  fece 
una  calca  e  miscuglio  ^^  che  costò  la  vita 
a  moltissimi  o  uccisi  o  caduti  nell^  fossa - 
Vi  fa  chi  fece  ascendere  sino  a  duemila  1 
francesi  morti  ;  la  città  restò  liberata  ,  e 
il  duca  pien  di  vergogna  e  rampognato 
dalla  propria  coscienza  per  tanta  infedel- 
tà, si  ritirò.  Agli  altri  francesi  venne 
fatto  di  occupar  Doncherche,  ed  alcun  al- 
tro  f 


io6      Annali    d' Italia 

tro  luogo  ;  ma  non  già  Ostendaj,  Bruges, 
e  Neoporto.  Arrivò  a  tempo  questa  di- 
scordia dei  Fiamminghi  col  duca  di  Augiò  | 
per  rinvigorire  Alessandro  Farnese  ^  a  cui  | 
soprastava  la  rovina ,  se  ai  Francesi  riu-  | 
selva  quel  colpo,  e  se  di  Francia  fossero  | 
venuti  nuovi  rinforzi.  Mosse  dunquie  il  i 
Farnese  le  armi  sue,  e  colla  metà  di  esse  1 
diede  una  rotta  al  maresciallo  francese  | 
Biron  y  dove  fu  creduto ,  che  perissero  dei  r 
vinti  circa  duemile  persone,  e  dei  vinci.  | 
tori  solamente  otto ,  se  vogliam  prestar  1 
fede  a  chi  non  è  mai  intervenuto  a  bat- 
taglie. Assediò  il  Farnese  intanto  Don-  ì 
cherche ,  e  lo  costrinse  alla  resa,  e  prima  1 
dell'agosto  ebbe  ai  suoi  voleri  Neoporto,  ' 
Berga ,  Furnes^  Dismuda,  e  Menin,  e  poi  l 
Zutfen ,  col  paese  di  Vaes  ,  Middelburgo  ,  ] 
Hupelmonda^  Alost ,  ed  altri  luoghi:  tut-  1 
te  vittorie  ed  acquisti ,  che  sommamente  i 
accrebbero  il  credito  alla  parte  regia  nei  \ 
paesi  bassi,  e  la  gloria  al  principe  di  j 
Parma .  \ 


An. 


N  N  o    TVIDLXXXIV.      107 

.nno  di  Cristo  1584.  Indizione  XII. 
di  Gregorio  XIII^  papa   13. 
di  Rodolfo  II,  Imperadore  9. 

In  qdesto  anno  ancora  papa  Gregorio  la-- 
sciò  una  bella  memoria  in  Roma  colla  ere- 
5iione  del  collegio  dei  .Maroniti ,  cristiani 
Cattolici,  abitanti  nel  monte  Libano  sotto 
la  tirannia  dei  Turchi  ;  ma  non  ebbe  tem- 
pò  da  assegnargli  tutta  la  convenevol  do- 
te :  al  che  fu  poi  soddisfatto  dal  suo  suc- 
cessore. Fu  chiamato  in  questo  anno  a  mi- 
glior paese  nella  notte  precedente  al  dì  4. 
di  novembre  il  santo  cardinal  ed  arcive- 
scovo di  Milano  Carlo  Borromeo  in  età  di 
soli  quarantasei  anni ,  un  mese  ,  ed  un 
giorno:  vita  ben  corta,  ma  con  tante 
azioni  di  pietà  e  zelo  pastorale  da  lui 
menata ,  che  non  si  possono  leggere  sen- 
za ammirazione.  Fu  egli  allora ,  e  sem- 
pre sarà  considerato  per  un  luminoso  pro- 
totipo dei  veri  pastori  della  Chiesa  di 
Dio,  in  cui  si  sono  specchiati  tanti  altri 
insigni  vescovi,  che  in  Italia,  e  fuori  d* 
Italia  son  cam*minati  per  le  vie  della  san- 
tità; e  i  suoi  conci]]  ed  irruzioni  sono  e 
saranno  sempre  in  somma  venerazione  .. 
siccome  fonti  perenni  di  tutta  1'  ecclesia- 
stica disciplina  .  Per  le  tante  memorabili 
sue  virtù  venne  poi  questo  incomparabiì 
porporato  messo  nel  ruolo  dei  santi.  Eran- 
si  già  provati  giuridicamente  i  difetti  cor- 
po- 


loS      Annali    d'Italia 
porali  di  Margherita  'principessa  Farnese^ 
maritata    in    don  Vincenzo  Gonzaga  prin- 
cipe ereditario  di  Mantova;    laonde  restò 
disciolto  quel  matrimonio,  ed  egli  nell'an- 
no presente  prese  per  moglie  Leonora  figlia 
di  Francesco   gran  duca    di  Toscana.    Le 
nozze  furono  celebrate    in  Mantova  sul  fi- 
ne   di  aprile  con  incredibii  pompa   e  raa- 
gnì^cenza.   Era  viceré  di  Sicilia  Utarcata-- 
nio  Colonna  j  il  più  valoroso  e  gentil  ca- 
valiere^ cbe  avesse  l'Italia,  e  sempre  glo- 
rioso per  la  Vittoria  riportata  a  Lepanto,   \ 
ossia    alle  Curzolari    contra     dei    Turchi.    \ 
Paisò  egli    in  Ispagna,    chiamatovi  dal  re  I 
Cattolico  coti  dieci  galee.  Ma  appena  giuu-   ! 
to    a  Medinaceli   nel    dì  due    di  agosto  fu    \ 
portato  all'altra  vita  da  un  sì  precipitoso   \ 
e  violento  male,    che  fece  dubitar    di  ve-    i 
leno.  Lo  stesso  sospetto  corse  nella  morte    | 
di  Francesco    duca    di  Angiò^    fratello  di    | 
Arrigo  III  re  di  FraneiiT,  da  noi  poco  fa    ' 
veduto  duca  del  Brabante  e  conte  di  Fian*    .; 
dra.  Era  egli  tornato  in  Francia,    e  trat-    | 
tava    di    riaccomodarci    coi    Fiamminghi  ,    j 
quando    fu  preso    sul  principio   di  maggio    I 
da  un  malore  ,    per  cui  gli  usciva    il  san-    | 
gue  da  tutti  ijpneati  del  corpo,    di  modo  .] 
che  terminò    il    suo  vivere    nel  dì    io.  di    ] 
giugno.    Il  titolo  di  liberator    delia  Fian-    j 
dra  ,  ch'egli  si-era  attribuito  ,  non  fu  cer- 
tamente scritto    suna    sua  tomba .    A  Gu- 
glielmo ancora  prìncipe  di  Oranges^    cioè 
al  principal    motoie    e  fomentatore    della 

ri- 


Anno  MDLXXXlV.  109 
rlbellion  dei  paesi  bassi,  toccò  in  questo 
anno  nel  dì  io.  di  kiglio  la  morte,  e  niorf^ 
te.violenXa,  perchè  proditoriamente  ucciso 
da  Baidassare  Gherardo  nato,  presso  tiox: 
Be ,  il  quale  non  sedotto  da  alcuno,  m* 
unicamente  mosso  da  odio  verso  un  priu- 
GÌpe  eretico^,  autore  di  tanti  mali ,  tolse 
a  lui  la  vita  colla  perdita  della  propria  . 
A  lui  succedette  il  princii^e  Maurizio  suo 
secondogenito  3  che  dichiarata  ammiraglio 
dalle  Provincie  unite  ,  riuscì  poi  un  vaio- 
TOSO  lor  protettore . 

Queste  morti  quanto  sconcertarono  gli 
animi  dei  ribelli  Fiamminghi ,  altrettanto 
incoraggirono  il  prode  principe  di  Parma 
Alessandro.  Aveva  egli  molto  prima  oc- 
cupati varj  posti,  e  fabbricato  un  forte  , 
che  angustiava  non  poco  l'importante  cit 
tà  d'Ipri^  e  T  affamava.  Quei  di  Bruges 
vollero  soccorrerla  con  un  grosso  cotwo- 
glio  di  viveri  ,  scortato  da  cìnquec^nlo 
fanti  e  da  ducentocinquanta  cavalli  .  Fu 
questo  preso  dai  Cattolici,  colla  morte  di 
circa  cinquecento  nemici:  colpo,  che  in- 
dusse poi  la  cittadinanza  d' Ipri  a  capito- 
lare la  resa.  La  stessa  farne  consigliò  quei 
di  Bruges  a^  seguitar  T  esempio  d'ipri;.: 
Animato  da  così  prosperi  successi  il  Far- 
nese, prese  una  risoluzione,  che  a  molti 
parve  ardita  e  fin  temeraria  ad  altri  :  cioè 
di  assediare  la  città  di  Anversa,  non  men 
per  r  ampiezza  e  popolazione ,  che  per  la 
situazione  da  tutti  tenuta  per  fortissima  • 

Ben- 


rio^      Annali    d'  I  t  a  l  t  a 

Benché  dissuaso  dai  suoi  consiglieri,    pur  1 

diede  egli^princìpio  all'assedio,  con  ©ccu-  i 

par  varj   siti  e  forti  intorno  ad  essa.    Nel  ' 

medesimo  tempo  colla  forza  obbligò  Ten-  ] 
remouda    a  rendersi,    e  i  Gantesi  domati 

dalla    fame  vennero    a  dimandar  perdono,  ì 

e  ad  esibire  ubbidienza.  Furono  accettati  { 

colla    obbligazione    di    pagar  dugentomila  { 

fiorini,  e  di  rifabbricar  la  Cittadella  .  La  | 

maggior    città     della    Fiandra    era    allora  \ 

Gante.  Intanto  mirabili  cose  facea  Tinde^  : 

tesso  principe  ,  per  maggiormente  strigne-  j 

re  la  superba  città  di  Anversa  con  chiuse  ! 

nuove,  canalinuovi,  trincieraaienti,  e  so-  j 

pra  tutto    con    un  ponte  lunghissimo ,    eh'  ; 

egli  arrivò  a  compiere  solamente  nell' an-  ì 

no    seguente .     Pressato    dai    suoi    sudditi  • 

Carlo  Emmanudlo  duca  dì  Savoja  a  pren-  \ 

dere   moglie  ,    la    ricercò    ed    ottenne    nel  l 

presente  anno,    e  in  Sciamberì    nel  di   i8  j 

di  agosto  fu  pubblicato  il  suo  matrimonio  ] 

con  donna  Catterina  di  Austria  figlia  mi-  ] 

nore  del  regnante  re  di  Spagna  Filippo  IL  \ 

Molte    feste  perciò  furono    fatte    nei  suoi  I 

stati;   ed  avendo  il  duca  o  per  ambascia-  | 

tori,    o   per    lettere   significato    a  Roma,  ì 

air  imperadore ,    al  re    di  Francia  ,    e  agli  | 

altri    principi    questo    suo    nobile    accasa-  | 
mento,   concorsero  a  Torino  varie  amba- 
scerie per  seco  rallegrarsi.   Tuttavia  sola- 
mente neir  anno  appresso  si  diede  il  com- 
pimento a  questo  affare  . 

Aht 


Anno     MDLXXXV.       ih 

Aono  di  Cristo  1585.  Indizione  XIIL 
di  Sisto  V,  papa   i. 
di  KoDOLFO  11^  imperadore  io« 

LJ  no  spettacolo  insolito ,  che  si  tirò  die- 
tro gli  occhi  di  tutti  ,  ebbe  Koma  nel  pTe- 
sente  anno  per  l'arrivo    colà  degli  amba- 
sciatori cristiani  Giapponesi.  Nelle  ricchis- 
sime ,  e  popolatissime  isole  del  Giappone  , 
regno  o  imperio  situato  di  là  dalla  China 
con  popoli  sommamente  ingegnosi  e  belli- 
cosi,   il  primo  ad  introdurre    la  religione 
di  Cristo  era  stato    san  Francesco  Saverio 
apostolo  deirindie.  Coltivata  quella  vigna 
da  altri  susseguenti  religiosi  della  compa- 
gnia di  Gesù,   sempre  più  andò  fiorendo, 
dimanierachè    non    solamente    le    migliaja 
del  basso  popolo ,  ma  anche  assaissimi  no- 
bili ,  ed  alcuni  dei  principi  ;,  appellati  re, 
per    nostro    modo    d*  intendere ,    a    cagion 
della  lor  grande  autorità  e  potenza,  avea- 
no  ricevuto  il  battesimo,  alzati  sacri  tem- 
pli,    e  piantata  ivi  un'ampiissima  univer- 
sità di  fervorosi  Cristiani .  Non  han  sapu- 
to negare  la  verità,  l'ampiezza^,  e  i  .pre- 
gi di  quella  cristianità  i  nemici  stessi  del- 
la chiesa   Romana^  i  quali ,  più  mercatan- 
ti che  cristiani,  nulla  poi  tralasciarono  di 
trame  ed  inganni  per  opprimerla  e  sradi- 
carla,    siccome    nel    seguente  secolo,    per 
r  infame  loro  iniquità,  avvenne.  Per  ren- 
dere dunque  ubbidienza    al  sommo  ponte- 
fi- 


ti  a,  A  N  N  A  L  I    p  '  I  T  A  L  I  A 

fice  furono  spediti  due  giovani  ambascia-^  | 
tori  da  tre  di  quei  gran  signori,  chiamati  ì 
re  dai  nostri  ;  i  quali  accompagnati  da  | 
alcuni  gesuiti  ,  dopo  avere  ricevuto  in  | 
Portogallo,  in  Ispagna ,  e  in  Toscana  gran-  ] 
di  pnori  .6  finezze,  giunsero  nel  giorno  | 
22  di  marzo  a  Roma.  Con  solennità  am-  ] 
messi  nel  sacro  concistoro  al  bacio  del  | 
piedi ,  presentarono  al  pontefice  le  lettere  | 
dei  lor  principali  ,  e  furono  poi  trattati  I 
con  ogni  sorta  di  onorevolezza  e  di  amo-  | 
i*e  tanto  da  esso  papa,  che  da  tutti  i  car-  ! 
dinali,  e  dalla  nobiltà  romana.  Per  la  l 
comparsa  di  questi  nuovi  germi  della  re-  i 
ligione  Cristiana _,  venuti  da  si  rimote  par-  i 
ti  del  Mondo,  incredibil  fu  la  consolazio-  ? 
ne  ed  allegrezza,  che  ne  provò  il  buon  \ 
-pontefice  Gregorio ,  né  potè  contener  le  la-  I 
grirne  tanto  egli^  che  gli  altri  zelanti  | 
dell'  accrescijncnto  dell^  .  vera  Chiesa  di  | 
Dio  .  Ma  a  questo  giubilo  poco  tardò  a  j 
succedere  il  lutto.  Mentre  i  Giapponesi  j 
andavano  visitando  le  cose  rare  di  Koma  ,  i 
eccoti  cadere  infermo  il  pontefice,  ^'  ^"  I 
due  giorni  di  malattia,  cioè  nel  dì  io  di  j 
aprile,  passare  a  miglior,  vita,  essendo  | 
pervenuto  all'età  di  ottantaquattro  anni:  \ 
età  ad  atterrar  la  quale  basta  un  soffio^ 
solo.  Che  questo  pontefice  meriti  luogo  | 
fra  i  piì!i  insigni  pastori  della  Chiesa  di 
Dio  ,  non  ne  lascia  dubitare,  quanto  si  è 
finora  detto  di  lui.  Eppur  questo  è  poco, 
rispetto  a  quel  di  più  ,  che  dir  se  ne  po- 

treb- 


Anno  MDLXXXV.  115 
Irebbe  ,  e  che  infatti  hanno  più  e  pii 
scrittori  tramandato  ai  posteri  .  Terciocchè 
eminente  si  trovò  in  lui  T  amore  della 
pace  in  Italia  ,  lo  zelo  per  la  conserva- 
zione ed  aumento  della  fede  Cattolica,  e 
l'attenzione  ad  eseguire  i  decreti  del  con- 
cilio di  Trento  ;  locchè  specialmente  di- 
mostrò nel  promuovere,  ed  ajutare  con 
grandi  somme  di  danaro  l'erezione  di  tan^ 
ti  seminar)  per  le  provincie  Cattoliche^ 
e  nella  fondazione  in  Roma  di  collegj  si 
riguardevoli .  Le  sue  limosine  in  sollievo 
dei  poveri ,  per  attestato  del  popolo  romano 
neir  iscrizione  a  lui  posta  ascesero  a  due 
milioni  di  scudi  d'  oro  ;  un  altro  ancora 
ne  impiegò  in  maritar  povere  zittelle . 
Lungi  dallo  imporre  nuove  gabelle  e  da- 
zj  ,  ne  levò  alcuni  già  messi ,  e  special- 
mente r  assai  greve  della  farina  ,  ed  ornò 
Roma  di  templi,  e  di  altre  opere  magni- 
fiche :  per  le  quali  cose  ,  e  pel  suo  placi- 
do governo  ,  e  per  la  sua  amorevolezza 
verso  ognuno  ,  il  suddetto  popolo  romano 
alzò  la  sua  statua  nel  campidoglio ,  e  V 
alzò  dopo  la  sua  morte,  cioè  in  tempo , 
che  r  adulazione  cessa  ,  e  il  vero  merito 
è  riconosciuto  .  Amò  i  suoi ,  ma  con  lo- 
devol  moderazione.  Era  a  lui  nato  un  fi- 
glio da  donna  libera  prima  di  ascendere 
agli  ordini  sacri ,  per  nome  Jacopo  Bori- 
compagno ,  il  quale  per  ingegno,  probità 
di  costumi,  e  saviezza  nei  politici  affari 
riusci  poscia  un  valente  e  generoso  signo* 
Tom.  XXIV.  H  re. 


/  ...■• 

ri 

114         A  N  N  A  L  I     d'  I  T  A  L  I  A 

re.  A  lui  bensì  co^nferì  il  papa  i  gradi  \ 
soliti  a  darsi  ai  nipoti  dei  pontefici,  cioè  ] 
di  generale  della  Chiesa  ,  di  governatore  1 
di  castello  sant'Agnolo,  e  di  capitano  del-  j 
le  sue  guardie  ;  ma  non  fabbricò  già  la  j 
di  lui  fortuna  con  gli  stati  della  Chiesa.  1 
Solamente  gli  procurò  nel  ducato  di  Me-  ! 
dena  il  marchesato  di  Vignola  ,  consisten-  | 
te  in  ventidue  comunità,  e  dal  re  Catto-  i 
lieo  ottenne  per  lui  il  ducato  di  Sora ,  ,1 
Arpino ,  Aquino,  Arce,  ed  altri  luoghi  t 
nel  regno  di  Napoli  .  Propagata  poi  la  di  j 
lui  discendenza  con  uomini  illustri  ,  oggi-  < 
dì  più  che  mai  risplende  in  don  Gaetano  Ì 
Boncomimgno  benignissimo ,  e  savissimo  I 
principe ,  maggiorduomo  maggiore  del  re  | 
delle  due  Sicilie,  che  ai  suoi  titoli  e  sta-  1 
ti  ha  ultimamente  aggiunto  V  importante  ,  i 
e  dovizioso  principato  di  Piombino,  e  in  | 
don  Pietro  suo  fratello  duca  di  Fiano  0         | 

Non  più  di  quattordici  giorni  stette  va- 
cante la  sedia  di  san  Pietro  ,  essendo  sta- 
to concordemente  nel  conclave  ,  eletto  pa- 
pa il  cardinale  Felice  Peretti ,  già  frate 
deir  ordine  conventuale  di  san  Francesco  , 
uomo  di  petto,  sommo  amatore  d«lla  giu- 
stizia, ed  ornato  di  molta  dottrina  .  Era 
egli  bassamente  nato  nelle  grotte  di  Mon- 
talto  terra  della  marca  anconitana  da  un 
j  povero  contadino,  ma  pel  suo  felice  in- 
gegno^ pel  suo  sapere  e  merito  salito  ap- 
poco appoco  ai  primi  gradi  delT  ordine  ,; 
Francescano  ;    nel  1570  da  Pio  V  fu  pro^  || 

mos-       li 


Si 


Anno     MDLXXXV.       115 
mosso    alla  sacra  porpora,    e  nominato  il 
cardinal  di  Montalto.  Per  errore  di  stam- 
pa presso    il  Ciaconio  è  riferita   al  dì   iz 
tii  aprile  l'esaltazione    sua  al  pontificato: 
errore    non  emendato  neppure    dal  Vitto- 
relo  ,    ne  dall'  Oldoino  ^    e    che  parimente 
s"*  incontra  nel  bollario  romano:    e  in  al- 
tri libri  .  Certo  è,   che  l'elezione  sua   se- 
guì   nel  giorno  24   di    aprile ,    giorno    di 
mercordì .    Prese    il  nome    di  Sisto  V   per 
rinovar  la  memoria  di  Sisto  IV  che  pari- 
mente fn  dell'ordine  di  S.Francesco.  Ve- 
ramente   bizzara    è  quella ,    che  noi  chia- 
sniamo  Natura^    facendo  essa  talvolta  na- 
scere da  tin  povero  rozzo  bifolco   figli  di 
sì    raro  talento,    e  cotanto    dalla  fortuna 
favoriti ,    che  giungono  ad  essere    o  gran 
politici,    o  gran  guerrieri,    o  gran  lette- 
rati:  laddove  altre   volte  da  uomini  gran- 
di nascono  figliuoli  zottici,    e  di  cervello 
stravolto ,  ai  quali  sembrava  piuttosto  ri- 
servata   una  zappa.    Ora  Sisto,   benché  sì 
poveri  e  bassi  natali  avesse  sortito,   pure 
fuor  di  dubbio  è  ,  che  portò  seco  un  ani- 
mo grande  qual  si  converrebbe  al  più.  ec- 
celso   monarca  .    Antonio    Cicarelli  ,     che 
continuò    le   vite    dei  papi    del  Panvinio , 
ed  altri  storici,    non  ebbero  difficoltà    di 
scrivere,  che  il  suddetto  cardinale  di  Mon- 
talto   coir  accortezza  j    o  simulazione    sua 
cooperò  anch' egli  non  poco  a  far  inchina- 
re   i    voti  degli    elettori    in    favor    suo . 
Perciocché  gran  cura  ebbe    di  nascondere 

H  2  in 


I  ìG       Anna  l  i    d'  I  t  a  c  l  a 
in  varie  .maniere    il  genio    suo  rigido    eet 
imperioso,    e    l'ansietà    di    pervenire    al    ì 
papato.    Quieta    era  la  vita  sua,    ritirato    , 
stava  nella  sua   vigna  ,  mai   non  contende^    i 
va    con    gli    altri    cardinali  ,    cedendo    ad    l 
ognuno  ,  e  guardandosi  da  ogni  parzialità    i 
verso  le  Nazioni .  Benché  ingiuriato  ,  niun    | 
risentimento  mostrava  ,  e  quantunque  tal*    ] 
volta  chiamato  asino  della  marca  dai  eoo-   J 
fratelli  porporati  ^  o  mostrava   di  non  udi-   | 
re  ,    oppure  rideva  .    Essendogli    stato  uc-    ì 
ciso  uti   nipote ,    neppur  volle    far  ricorso    i 
per  questo    alla  giustizia.    Se    ae  ricordò    ì 
bene  creato  che  fu  papa  .    Cardinale  ebbe    | 
in  uso    di  accrescere  di  sette  anni  la  sua    ;j 
età  per  parere  piii  vecchio;    e  mostravasi    1 
soprattutto  così  mal  concio  di  sanità,  che    | 
m>ì[i  'vi  era    cardinale  ,    che    noi    c^redesse    | 
sull'orlo  del   sepokro  .  A  chi  ne!  conclave    I 
gli  parlava  del  papato,  ^saggerava  la   sua   | 
inabilità:  :é  quando  pure  per  miracolo  ciò 
avvenisse,    gli  scappava  detto   di  non  po- 
ter senza    buoni    coadiutori    portare    quel 
peso.    In  una  parola,    si  crederono  i  car- 
dinali di  avere  eletto   un  papa  mansuetis- 
simo ,    un    papa  decrepito,    fatto    per    la- 
sciarsi menar  pel  naso;  e  trovarono  tutto 
il   rovescio.  Né  tardarono  ad  avvedersene , 
perchè    appena  chiariti    i  voti ,    e  confer- 
mata l'eìezion  sua,  gittò   via  il   bastoncel- 
lo, su  cui  si  appoggiava.,  e  si  alzò  ritto; 
laddove  dianzi    camminava  gobbo,    e  con 
^li  occhi    bassi    a  terra:    avendo  poi    egli 

det- 


Anno  MDLXXXV.  117 
to  scherzando,  oppure  avendo  taluno  detto 
per  lui ,  che  dianzi  cercava  col  volto  chino 
lechiavi  della  terra,  ed  ora  col  volto  alta 
le  chiavi  da  aprire  il  cielo.  Per  la  sua  coro-^ 
nazione  dipoi  salì  molto  snello  a  cavallo^ 
guardandosi  l'un  l'altro  storditi  i  cardinali. 
Pontefice  pieno  di  buon  cuore ^  spirante 
solo  clemenza  era  stato  il  predecessore  • 
Gregorio.  Desideroso  di  farsi  amare  da 
tutti  ,  e  spezialmente  dal  popolo  Romano , 
difficilmente  eleggeva  le  vie  del  rigore  ;  e 
forse  tanta  benignità  gli  venne  attribuita 
a  difetto.  Era  perciò  cresciuta  la  licenza 
e  prepotenza  in  Roma  ;  abbondavano  ,  e 
crescevano  dapertutto  i  banditi,  gli  sgher- 
ri ,  i  sicarj  ;  e  per  quanto  il  buon  papa 
Gregorio ,  che  non  era  già  un  uomo  indo- 
lente ,  e  dimentico  del  dovere  principesco  , 
si  adoperasse  per  metter  freno  a  questi  di- 
sordini y  anzi  per  estiparii,  non  gli  venne 
mai  fatto ,  perchè  sempre  voleva  accordar 
la  clemenza  colla  giustizia  .  Venne  Sisto 
V  ,  di  massime  ben  diverse  provveduto  ^ 
voglioso  di  acquistarsi  gran  nome  coli' uso 
della  sola  giustizia  ,  e  col  far  tacere  la 
clemenza  ,  quasi  virtù  fomentatrice  dei 
cattivi.  Rigido,  ed  inesorabile  si  diede 
tosto  ad  esercitar  la  suddetta  giustizia  ,  e 
fu  creduto  iìno  all'eccesso.  Non  volle  , 
che  si  aprissero  le  carceri,  com'era  il  so- 
lito ,  per  la  sua  coronazione ,  con  dire  ;, 
che  assai  imalvagj  vi  erano  senza  bisogno 
di  accrescerli.  E  mentre  la  città  si  trova- 

H  3  VÌI 


TìB       Annali    d'Italìa 

va  in  queir  allegria  ,  fece  giustiziar  qua!- 
To  rei ,  senza  voler  far  grazia  agli  amba- 
sciatori Giapponesi ,  mossi  dai  parenti  a  di- 
mandai^la  .  Da  lì  a  due  giorni  fece  tagliar 
la  testa  ad  un  nobile  Spoletano  per  aver 
messa  mano  alla  spada  contro  un  suo  ne- 
mico :  locchè  era  vietato  dalle  leggi .  Non 
so  io,  se  sia  diverso  da  questo  il  caso  di 
un  Giovanetto  Fiorentino  preso  in  quel 
tempo  per  aver  fatta  una  semplice  resisten- 
za ai  birri,  che  pur  s'erano  ingannati  in 
prendere  lui  per  un  altro,  e  che  fu  impic- 
cato :  locchè  per  la  compas^>ione  diede  mol- 
to di  che  dire  a  tutta  Roma  ,  e  sparse  il 
terrore  anche  fuor  d'essa.  Quanto  ai  sud- 
detti Giapponesi  ,  il  pontefice  comparti  lo- 
ro ogni  possibile  onore  nella  sua.  corona- 
zione,  li  tenne  seco  a  pranzo  nella  sua  vi- 
gna ,  li  creò  cavalieri  ,  e  regalatili  dipoi  di 
mille  doble,  e  di  altre  cose  preziose,  e 
spezialmente  di  duco  tre  spade  gioiella- 
te per  li  principi  loro  ,  li  licenziò  .  Se  n' 
andarono  caricati  d'altri  doni  dai  cardina- 
li Farnese  di  Este ,  Medici,  Alessandrino, 
e  san  Sisto  ;  e  condotti  a  Venezia  ,  con 
gran  magnificenza  furono  ivi  accolti,  sic- 
come per  l'altre  città,  dove  passarono  , 
iinchè  imbarcati  a  Genova  s'inviarono  ver- 
so le  loro  tanto  lontane  contrade  .  Giunti 
colà  ,  trovarono  già  dato  principio  a  una 
crudelissima  persecuzione  contra  i  cristia* 
ni,  della  quale  altro  a  me  non  occorre  di 
dire.  Pubblicò  il  novello  papa  un  giubileo 

cer 


j 


Anno  MDLXXXV.  119 
per  implorar  da  Dio  assistenza  al  suo  go- 
verno ;  e  credesi  ch^egli  fosse  il  primo  a 
conceder  esso  giubileo  fuori  degli  anni  san- 
ti. Per  ordine  suo  sei  delle  principali  stra- 
de di  Roma  lunghissime,  furono  in  questo 
anno  o  aperte,  o  continuate,  e  tutte  sel- 
ciate pel  comodo,  e  divozione  dei  Roma- 
ni .  Con  suo  danaro  ancora  provvide  una 
comodissima  casa  al  monte  della  pietà  • 
La  strologia  giudicarla  al  dispetto  di  tan- 
te proibizioni  seguitava  a  far  delle  gran 
faccende.  Fulminò  Sisto  una  terribil  bolla 
centra  dei  suoi  professori  ,  e  libri .  Ma  in 
qufcst'  arte  vanissima  si  può  ben  desidera- 
re ,  ma  non  è  da  sperare  la  total  rovina  , 
come  fin  dei  suoi  tempi  Tacito  osservò  , 
perchè  pur  troppo  non  mancano  stolti  ed 
ignoranti,  che  le  danfede,  massimamente 
fuori   d'  Italia  . 

Già  dicemmo  conchiuse  le  nozze  tra  V 
infanta  Donna  Catterina  figlia  di  Filippo 
Il y  re  di  Spagna,  e  Carlo  Emanuele  duca 
di  Savoja.  Verso  il  fine  di  gennajo  dell' 
anno  presente  s'  imbarcò  questo  principe  , 
accompagnato  da  copiosa  nobiltà  tutta  in 
gala  per  passare  iu  Ispagna .  Trovò  il  re 
con  tutta  la  real  corte  a  Saragozza ,  e  qui- 
vi nel  dì  25  di  marzo  con  grandiosa  so- 
lennità segui  il  suo  sposalizio,  condecora- 
to dipoi  di  varie  feste  ,  tornei  ,  ed  altri 
sontuosi  divertimenti  .  Vennero  poi  per 
mare  i  due  nobilissimi  sposi  a  Savona,  e 
di  là  proseguendo  il  viaggio  nel  di    io  di 


120      Annali    d' Italia! 

agosto  fecero  V  entrata  in  Torino  ,  dove 
per  molti  giorni  durò  la  pompa,  e  T  alle- 
gria degli  spettacoli.  Nel  dì  30  di  luglio 
terminò  i  suoi  giorni  T^iCcolò  da  Ponw 
doge  di  Venezia,  e  nel  dì  18  d'agosto 
ebbe  per  successore  Pasquale  Cicogna,  Da 
un  flerissimo  tumulto  della  plebe  restò  nel 
maggio  dì  questo  anno  gravemente  sconcer- 
tata la  città  di  Napoli  .  Per  la  carestia  di 
grano,  che  si,  pati  va  in  fspagna,  aveva  il 
re  Filippo  fatro  venir  colà  dal  regno  di 
Napoli  buona  quantità  del  grano  soprab- 
bondante. Si  prevalsero  di  questa  occasio- 
ne i  mercatanti ,  e  contrabandieri  ,  cono- 
scendo il  guadagno,  per  inviarne  dell'al- 
tro in  gran  copia  ,  taimentechè  venuto  il 
mese  di  maggio  assaissimo  se  ne  scarseg- 
giò in  Napoli  ,  e  si  alterò  forte  il  prezzo 
del  pane.  Le  grida  di  quel  facilmente  tur- 
bolento popolaccio  andarono  a  finire  in  una 
universale  sollevazione,  per  cni  Gian- Vin- 
cenzo Starace  eletto  del  popolo  fu  dall' in- 
ferocita plebe  messo  in  brani,  e  strascina- 
ta per  la  città  ,  e  dato  il  sacco  alla  sua 
casa.  Fu  assai,  che  qui  terminasse  la  foga 
del  matto  popolo.  Il  duca  d^Ossunay  al- 
lora viceré  ,  biasimo  riportò  pel  suo  sov- 
verchio  timore  ,  essendosi  creduto  ,  che 
avrebbe  sulle  prime  potuto  colla  forza  re- 
primere quella  canaglia.  Maggiormente  an- 
cora fu  dipoi  biasimato  ,  perchè  tornata  la 
quiete  ,  fece  segretamente  in  più  notti  car- 
cerare cinquecento  di  coloro  ,  e  formar -ri- 

goro- 


I 


Anno     MDLXXXV.       121 

gòròsì  processi,  in  vigor  de' quali  tolta  fa 
a  molti  la  vita  ,  ed  assai  più  furono  tor- 
mentati, e  mandati  in  galera.  Sarebbe  an- 
che proceduta  più  oltre  quella  crudel  giu- 
stizia ,  se  gli  amatori  della  patria  non 
avessero  impetrato  dal  re  Filippo  un  gene- 
rale indulto  e  perdono  .  Finquì  nella  citta- 
della di  Piacenza  avea  il  re  Cattolico  te- 
nuta sua  guarnigione,  aggravio  sommamen-^ 
te  molesto  al  duca  Ottavio  Farnese  y  cui 
non  pareva  mai  di  essere  stabile  padrone 
della  città,  finche  durava  quel  giogo.  Do- 
po aver  tanto  pazientato  ,  prese  la  risolu- 
zione in  questo  anno  di  spedire  alU  corte 
Cattolica  il  conte  Pomponio  Torello  a  ehie- 
derne  la  restituzione,  saggiamente  avvisan- 
do ,  essere  questo  il  tempo  più  opportuno, 
stante  il  merito  grande,  che  si  era  acqui- 
stato il  principe  Alessandro  suo  figlio  pres- 
so il  re  Cattolico  con  tante  sue  prodezze 
in  Fiandra  in  servigio  della  corona  di  Spa- 
gna .  Si  trovò  r  animo  del  re  disposto  al- 
la gratitudine  ,  ma  avrebbe  voluto  far  pas- 
sare per  una  grazia  compartita  ad  essa 
principe  ,  la  cessione  di  quella  fortezza  : 
al  che  il  principe  modestamente  ripugnava  , 
non  già  che  negasse  di  riconoscere  quella 
per  una  grazia,  ma  perchè  desiderava  che 
fosse  dichiarata  la  restituzione  per  fatta  , 
ed  anche  dovuta  per  giustizia  al  duca  Ot- 
tavio suo  padre.  Temperamenti  si  trova- 
rono in  quel  maneggio,  e  però  il  re  ac- 
cordò la  cessione  con  varie    condizioni  ,  e 

so- 


122  A  N  N  A  L  I      d'  I  T  A  L  I  A  ^ 

•sopra  tutto  con  salvare  le  ragioni  sue,  e  • 
dell' imperi»  sopra  quelio  stato.  Gli  atti  | 
segreti,,  e  non  pubblicati  allora  per  non  i 
irritare  il  romano  pontefice  ^  son  venuti  ; 
alla  luce  in  questi  ultimi  tempi  nell'apolo-  l 
già  del  senatore  Cola  ,  per  le  controversie  l 
di  Parma  e  Piacenza.  | 

Finquì  successione  non  si  vedeva  di  Ar-    ] 
rigo  III  ^  re  di  Francia,  ed   apparenza    né     | 
pur  v'era  di  vederne.  Però  mancando  egli    | 
senza    maschi ,  secondo  le    leggi   e  la  con-     I 
suetudine   di    quel    regno    avrebbe    dovuto     i 
succedere  Arrigo  re  di  Navarra  ,  come  il  più     j 
prossimo  locchè  cagionava  orrore  ai  buoni     ^ 
cattolici    per  .  la     manifesta     professione  ,     { 
ch'egli    faceva  del  calvinismo.    Da   questo     i 
pericolo  commossi  i  principi  di  Guisa  ,  il     \ 
cardinal    di    Borbone,    ed    assaissimi  altri     ! 
maggiorenti  formarono  una  lega    in  difesa 
della    religion    cattolica  ^     senza    consenso     | 
del    re,    anzi    con    far  apparire    non  lieve     | 
diffidenza  di  lui  :  sebben  poi  indussero  an- 
cor lui  ad  approvarla,  e  ad  entrarvi  .  Te- 
neva mano    ad  essa  lega  il  pontefice   Sisto 
per  puro  zelo  Hi  conservar    la    religione  , 
il  re  Filippo  ,  ed  altri  per  lo  stesso  moti- 
vo,  ma  con  altre  segrete  intenzioni  politi- 
che ,  per  far  cadere  quella  corona  in  alcun 
principe  Cattolico  ad  esclusione    del  re  di 
Navarra ,   e   di  Arrigo    principe    di   Condc 
eretici .  Avevano  i  confederati  fatta  istan- 
za a  Gregorio  Xlli ,  perchè  o  scomunicas- 
se, o  dichiarasse  decadati  quei  due  Princi- 
pi 


_^^  A  N  N  o  r/IDLXXXV.  123  ^ 
-pi-  da  ogni  loro  diritto;  ma  il  prudente 
pontefice  andava  temporeggiando  per  ispe- 
ranza  di  guadagnarli  colle  buone.  Manca*- 
to  lui  ,  il  fervido  papa  Sisto  nel  settembre 
di  questo  anno  fulminò  contra  di  loro  tutte 
le  maggiori  censure:  locchèviepiù  servì  a 
riaccendere  in  Francia  il  fuoco  delle  guer- 
re civili,  né  a  quella  sua  bolla  fu  permes- 
so di  essere  pubblicamente  promulgata  in 
quel  regno.  Continuava  intanto  P  assedio 
della  insigne  Città  d'Anversa,  già  forma- 
to dal  prode  iirincipe  di  Parma  Alessan- 
dro ^  e  già  si  era  perfezionato  il  mirabile 
ponte,  lungo  circa  due  miglia,  sopra  la 
Schelda,  con  che  restava  precluso  ogni  adi- 
to ai  soccorsi  per  quella  città  ,  In  questo 
mentre  vinta  dalla  fame  V  altra  non  men 
nobile  ed  importante  di  Brusselìes  capi- 
tolò la  resa,  con  rimettersi  ivi  la  veligion 
cattolica.  Da  li  ad  un  mese  altrettanto 
fece  la  città  di  Nimega  ,  principale  óqU^x 
Gheldria  ,  e  poi  quella  di  Malines  .  Gli 
sforzi  Catti  dal  principe  di  Parma  per  sot- 
tomettere la  città  di  Anversa,  e  quelli 
degli  Anversani  per  la  loro  difesa,  viva- 
mente descritti  dalla  penna  di  Famiano 
Strada,  dfel  cardinal  Bentivoglio,  del  Cam- 
pana ,  e  di  altri  ,  formano  un  pezzo  di 
storia  di  questi  tempi  sommamente  curio- 
so e  dilettevole.  A  me  basterà  di  dire, 
che  finalmente  all'eroe  Farnese,  dopo  una 
onesta  capitolazione  ,  riuscì  nel  di  27  di 
agosto  di  entrare  trionfante  in  quella  splen- 
di- 


1 24         A  N  N  A  L  I     d'  I T  A  t  I  A  ] 

dida  città  ,  dove  tornò  a  rifiorire  la  fedej| 
cattolica ,  e  si  rifabbricò  la  cittadella  .5^ 
Per  si  fatte  vittorie  il  nome  ,  e  la  gloria } 
del  Farnese  era  il  principal  ragionaraento-l 
dei  politici,  e  dei  curiosi  delPEuropa.  Ej 
in  quelle  imprese  gran  parte  ancora  ebbe-ii 
ro  i  capitani ,  e  soldati  Italiani  ,  che  ioi^ 
per  brevità  tralascio.  Per  le  osservazioni  ri 
fatte  da  più  di  uno,  migliori  soldati  rie-^ 
scono  gl'Italiani  fuori,  che  entro  d'Ita-l 
lia  :  locchè  eziandio  suol  avvenire  degli -j 
Spagnuoli  .  Qui  non  è  il  luogo  di  cercar- 1 
ne  la  ragione.  * 

,) 
Anno  di  Ckisto   158^.  Indizione  XIV.         j 

di  Sisto  V ,  papa  2.  | 

di  Rodolfo  II,  imperadore   11.  1 

Una    delle    principali    applicazioni    delT  j 
animoso    pontefice    Sisto  V   fu    nel    prece-  | 
d^nte    anno  quella    di  schiantare    la  mala  jj 
razza    dei  banditi    e  dei  malviventi  ,    che  j 
spezialmente  passati    dal  regno    di  Napoli 
nello  stato  ecclesiastico,  ed  atiruppati  in- 
festavano   non  solamente    le    vie  ,    ma    le 
ville    stesse,    con  rubamenti,    stupri,    in- 
cendi ,  ed  assassini»  Molte  storielle  si  con- 
tavano allora    delle  lor  crudeltà    e  furbe- 
rìe ,  e  si  spacciano  anche  oggidì  per  cose 
nuove  dai  Cantimbanchi .  Pubblicò  il  papa 
una   terribil  bolla  nel  giorno  primo  di  lu- 
glio di  esso  anno  contra  di  costoro,  e  di 
chiunque  desse  loro  favore  o  ricetto  .  Po- 
scia 


A.N  N  ò    MDLXXXVr.       125 
scià  mar.dò    il  cardinale  Colonna  in  cam- 
pagna di  Roma,  lo  Spinola  nel  ducato  di 
Spoleti ,  il  Gesualdo  nella  Marca,    il  Sai- 
viati  a  Bologna  ,    e  il  Carcano    in  Roma- 
gna con  titolo  di  legati ,  e  con  piena  au- 
torità ,   e  commissione  di  rigorosa  giusti- 
7,ia,  afEnchc  si  rimettesse  la  pubblica  quie- 
te .    Diedesi    perciò    allora   principio    alla 
Càccia    di    coloro  ,    proposti    spezialmente 
premj    a  cìii  portasse    le    loro  teste ,    e  si 
continuò    nelT  anno  presente,    e  quantun- 
que molto    si  guadagnasse ,    perchè    alcuni 
capi    di  gente    sì  malvagia  uscirono  dello 
stato  della  Chiesa  ,    e  massimamente  Cur- 
tieto  e  Marco  Sciarra,  due  dei  più  rino-- 
mati  assassini,    ed  altri    furono  uccisi    in 
campagna,  o  presi  e  giustiziati  :  pure  non 
si  potè  svellere  talmente  quella  gramigna, 
che  non  ripullulasse  di  tanto  in  tanto  ,    e 
molto    più  dopo    la  morte    del  papa  .    Fu 
nondimeno    con  tal  rigore  eseguita  in  al- 
cuni luoghi  la  buona  int-enzione    del  pon- 
tefice,   che    si  converti    in  manifesta  cru- 
deltà ,  con  essersi  fatte  pubblicamente  mo- 
rire madri ,    solamente  per  avere  ricettati 
una  sola  notte  in  casa  figli ,  o  altri  stret- 
ti parenti ,  e  per  aver  dato  loro  da  man- 
giare. Ma  quel  che  più   di  ogni  altro  ca- 
so   fece    strepito,    fu    la  morte    del    conte 
Giovanni  Pepoli  ^  il  quale,    secondo  l'at- 
testato   dello  Spondano  ,    del  Cicarelli ,    e 
^i    altri  _,    per    aver  negato    di  consegnare 
alcuni  banditi,  <?h' egli  ricettava  fuori  del- 
lo 


,;3 
1 

12S  Annali  d'Italia 
lo  stato  della  Chiesa,  fu  fatto  prenderei 
in  Bologna,  e  strangolare  in  prigione  :  i 
locchè  non  si  può  dire  quanto  terrore  ì. 
spargesse  fra  tutti  i  sudditi  dello  stato  j 
ecclesiastico  .  Ma  perciocthè  potrebbe  re-  j 
star  molto  denigrata  presso  i  posteri  la  ^ 
memoria  di  questo  nobil  uomo^  uno  dei  a 
primarj  ,  più  ricchi,  e  riguardevoli  della.  | 
città  di  Bologna,  quasi  che  egli  fosse  st^»| 
to  uno  scellerato  fomentatore  di  Sicarj  e  | 
banditi;  non  avrà  discaro  il  lettore  d'in-l 
tendere  più  precisamente  lo  stato  della  | 
sua  disavventura  da  Antonio  Isnardi  Fer*  li 
rarese  cootemporaneo  _,  e  noa  parziale  .  J 
Così  scrive  egli  nei  suoi  Annali  mano-  ji 
scritti  ali"*  anno  precedente  :  Circa  il  fine  ] 
di  agosto  il  i^npa  fece  strangolare  il  sig,  J 
Giovanni  dei  Pepoli j,  ch'era  prigione  in'* 
Bologna j,  gentiluomo  principale  di  quella  ì 
città  ^  e  il  primo  del  suo  paventato^  e  , 
padre  dei  poveri  di  essa  città  _,  clw  si  fi-  l 
gurava  che  desse  0{.!,ni  anno  delle  sue  ja»  ■ 
colta  più  di  cinquemila  scudi  romani  per  ] 
elemosina.  La  cagione  fu  ,  che  sua  santi-  ■ 
tà  lo  imputò  di  aver  fatto  fuggire  unca*  « 
pò  di  banditi  y  ch^  era  prigione  in  un  ca^  * 
stello  del  detto  Sig,  Giovanni  /'cioè  in  ca-  | 
stiglione  dei  gatti,  Feudo  imperiale  della 
nobil  casa  dei  Pepoli  )^  e  gli  era  stato  di- 
mandato  da  sua  santità  ^  alla  quale  ave^ 
va  risposto^  che  il  detto  castello  era  giU" 
risdizlone  deir  imperadore  ^  e  che  senza  li* 
€enza    di    sua   maesià    non    Lo    darla.    E 

men- 


Anno  MDLXXXVL  127 
mentre  si  maneggiava  tal  negozio  y  en- 
trarono  di  notte  genti  nel  detto  castello^ 
fecero  prigione  il  commissario  di  quello  .^ 
si  fecero  dar  le  chiavi  della  prigione ^ 
tolsero  il  prigione  ,  e  lo  condussero  via 
insieme  col  detto  commissario  ,  sinochè  fu- 
rono fuori  dello  stato  ddla  chiesa  y  che 
poi  liberarono  il  commissario  .  Fa  pianto 
da  tutti  quei  cittadini^  e  particolarmente 
dai  poveri:  Lascerò  io,  che  i  lettori  sen- 
za di  me  facciano  qui  le  loro  riflessioni, 
volendo  io  passare  a  raccontar  cose  alle- 
gre, e  sicuramente  gloriose  al  pontefice 
Sisto  . 

Dicemmo,  aver  egli  avuto  un  animo  da 
re.  Le  sue  grandi  idee^  e  queste  esegui- 
te^ senzachè  mai  lo  spaventasse  alcuna 
difficoltà,  compruovano  una  tal  verità. 
Avevano  i  suoi  predecessori  lasciato  po- 
sare in  terra  lo  smisurato  Obelisco  (  Gu- 
glia chiamato  dai  Tomani  )  che  antichissi- 
mamente  Sesostri  re  di  Egitto  dedicò  al 
sole,  che  Caligola  imperadore  menò  a  Ro- 
ma ,  ed  alzò  in  onore  di  Augusto  e  Ti- 
berio,  e  che  i  barbari  (per  quanto  si  cre- 
deva )  gittarono  poi<  per  terra.  0  maniera 
di  rialzarlo  non  si  trovava,  o  la  spesa  at- 
terriva, o  nulla  essi  curavano  questo  mi- 
rabil  pezzo  della  più  remota  antichità . 
Sisto  il  volle  ripo^'re  nella  piazza  del  Va- 
ticano ,  ed  ebbe  in  Domenico  Fontana  co- 
masco un  insigne  ingegnere,  che  nel  pre- 
sente anno  con  una  maraviglio&a  macchina 

fé- 


i 

12S       Annali    d'Italia  "Ì 

felicemente  rialzò  quella  gran  pietra.  Ap-     i 
•plicossi  ancora  esso  pontefice  ad  un  acque-    ,| 
dotto ,  che  garreggiò  coi   più  famosi  degli    { 
antichi  romani,    lungo  ben    venti  miglia _,     i 
per    cui  trasse    a  Roma  T  acqua  ,    ch'egli    ^ 
volle  nominata  felice  dal  suo  primiero  no-    ^ 
me    nella    religion    francescana.    Terminò    ^ 
questa    bella    opera    solamente    nell'  anno    j 
1588.  A  comune  benefìzio  ancora  fece  fab-    \ 
bricare  una  magnifica  gualchiera  per  V  ar-     ■ 
te  della  lana  presso  la  fontana  dell'acqua     < 
vergine j    con    promuovere    anche    in  altre    | 
manière    il  lanificio    in    quella  città .    01-    | 
treacciò  in  capo  alla  piazza  Giulia  da  un    | 
iato  di  ponte  Sisto  per  ordine  suo  fu  edi-    i 
ficato  un  insigne  spedale  ,    capace  di  due-    ^ 
mila  poveri,    con    assegnarli    una  rendita    1 
annua  di  quindicimila  scudi    di  oro.    Per 
maggior     sicurezza     delT  augusto    tempio 
della    Beata  Vergine    di  Loreto ,    e    degli 
abitanti     di  quella  terra,    cingere  fece  di 
mura    Loreto,    e    dichiarollo    città,    con 
dargli  anche  un  proprio  vescovo .    Fu  poi 
unita  quella  Chiesa  colle  altre  di  Macera- 
ta,  €  di  Tolentino.   Creò  eziandio  città, 
ed  onorò    del  vescovato    san  Severino,    e 
Montalto  sua  patria.  Inoltre  pubblicò  una 
bellissima    prammatica  ,    e    riforma    delle 
vesti,    delle    doti,    degli^ornamenti ,    dei 
conviti,   in    una  parola    del  lusso    di  Ro- 
ma:   medicina,    di    cui  abbisognano,    ma 
won    sanno  valersi   anche    i    tempi  nostri , 
€d  ^Itre  città .  Dimorava  con  tutta  quiete 

nei 

I 


Anno  MDLXXXVI.  125 
nei  suoi  stati  di  Abbruzzo  Margherita  di, 
Austria  duchessa  di  Parma^,  con  godere 
nondimeno  per  Io  più  della  buon'aria  del- 
la ricca  e  deliziosa  città  dell'  Aquila  y 
quando  nel  febbrajo  del  presente  anno 
venne  la  morte  a  privar  di  lei  la  terra, 
principessa,  che  colla  sua  mirabil  saviez- 
za ,  e  pietà  compensò  i  difetti  della  na- 
scita, e  lasciò  ^opo  di  sé  una  gloriosa 
memoria  .  Le  tenne  dietro  nel  viaggio 
della  eternità  a  dì  18  del  susseguente- 
settembre  il  duca  Ottavio  Farnese  suo 
consorte ,  che  nei  verdi  anni  si  acquistò 
nome  di  valoroso  capitano ,  e  nei  maturi 
di  principe  savissimo,  giusto,  e  pieno  di 
clemenza .  Al  senno  suo  dovette  la  casa 
Farnese  il  v'ero  suo  stabilimento,  e  ia 
somma  sua  gloria  tornò  l'aver  egli  pro- 
dotto Alessandro  Farnese  suo  primogeni- 
to, generale  di  armate,  che  si  potè  ugua- 
gliare ai  più  celebri  dell'  antichità .  Il 
conte  Loschi  ,  ed  altri ,  che  riferirono  la 
morte  del  duca  Ottavio  all'  anno  seguen- 
te ,  o  ad  altri  anni,  mancarono  di  buone 
notizie . 

Restò  dunque  ,  colla  morte  del  genito- 
re ,  Alessandro  Farnese  duca  di  Parma  e 
Piacenza ,  e  di  tale  occasione  si  servì  egli 
per  chiedere  congedo  al  re  Cattolico  ,  a 
fin  di  accudire  al  governo  dei  proprj  sfa- 
ti ,  e  alla  cura  dei  suoi  piccoli  Figliuoli  | 
ma  noi  potè  ottenere .  Le  imprese  di  que- 
sto principe  nei  paesi  bassi ,  e  nell' eletto- 

Tom-  XXIV.  I  rato 


ijo      Annali   d'Italia  \ 

rato  di  Colonia,  durante  il  presente   anno  i 

ancora  furono  memorabili .   Espugnò  Gra-  ì 

ve,  e  Veniò  in  Fiandra  ;  ricuperò  la  città  \ 

di  Nuis  occupata  dai  Calvinisti,,  dove  ri-  ^ 

mase  tagliata  a  pezzi  quella  guarnigione  ,  \ 

e  la  città  saccheggiata  ,  e  dipoi  quasi  an-  ' 

nientata  da  un  fìerissimo  incendio  ,  di  cui  ] 

non  si  seppe  l'autore.  Contuttoché    la  re-  i 

gina  d'  Inghilterra  Elisabetta  avesse  presa  | 

la  protezion  de' Fiamminghi  eretici,  espe-  J 
dito  in  lor  soccorso  il    conte   di  Lincestre 

con    buoni    rinforzi  ,    e  con  titolo  di    go-  l 

vernatore    delle  Provincie  Unite;  pure    il  « 

Farnese  frastornò  col  suo  valore    tutte    le  ^ 

di  lui  misure  ,    laonde    fu  egli  richiamato  ; 

in    Inghilterra  .    Continuarono    similmente  ; 

in  Francia  le  guerre  fra  i  Cattolici ,  e  gli  ^ 

Ugonotti ,    comparendo    sempre    il  re  ben  \ 

animato   per    li    primi,  ed    egli  in  questo  1 

anno  ancora  pubblicò  un  grave  editto  contra  \ 

dei  secondi .  E  perciocché  i  principi  prote-  | 

stanti  della  Germania  s' interessarono  nella  ^ 

protezion   d' essi  eretici  ,   e  gli    spedirono  \ 

ambasciatori    per  questo  ,     egli    fece    loro  \ 

conoscere    la  costanza  sua  in    sostener    la  j 

religione  dei  suoi  maggiori  coir  onore  del-  | 

la  sua  corona,   e   li    rimandò    mal  soddi-  ] 

sfatti  .  I 


Anno 


Anno    MDLXXXVII.       tz% 

Anno  di  Cr  sto   1587,  indiziane  xv. 

di  Sisto  V  ,  papa  5. 

di  Rodolfo  II  ^^  i  rape  rado  re   i2w 

jftnno   fu    questo    di    grave    carestia    pet 
molte  parti    d'Italia,  e    massimamente  ìq 

toma  ;  ma  il  provvido  governo  di  papa 
isto  sovveane  alla  necessità  dei  suoi  po- 
poli senza  risparmiare  spesa  e  diligenza 
alcuna  m  prò  di  essi  .  E  per  provvedere 
ancora  al  bisogno  dei  tempi  avvenire  in* 
ajuto  della  povertà,  assegnò  nell'anno  se- 
guente un  capitale  di  dugentomila  scudi 
romani,  coi  quali  si  fondasse  una  frumen- 
taria:  degno  pensiero  di  chi  è  ottimo  prin- 
cipe ,  e  attende  al  bene  dei  sudditi  suoi  ^ 
sennonché  provvisioni  tali  non  sogliono  ave- 
re lunga  vita.  A  Carlo  Emanuele  duca  di 
Savoja  era  nato  nel  precedente  anno  a  dì 
5  di  aprile  il  suo  primogenito  ,  Volle  egli 
nel  presente  solennizzarne  il  suo  battesi- 
mo, e  padrini  furono  il  cardinal  Sfondra'- 
to  pel  papa  ;  madama  di  Carntyaletto  per 
Catterina  regina  di  Francia  ;  Glanandrea 
Daria  pel  principe  dì  Spagna  ,  la  marche- 
sa di  Garres  per  V  infanta  di  Spagna  ^ 
Agostino  Nani  per  la  repubblica  di  Vene- 
zia ;  il  -vescovo  di  Malta  pel  gran  mae- 
stro dei  cavalieri.  Giostre,  tornei,  mac- 
chine di  fiir)chi  artificiati  ,  ed  altri  magni- 
ilci  divertimenti  furono  dati  in  Torino  a 
6Ì  nobil    brigata;   e  nel    dì    12    di  maggio 


53^       Annali    d^Italia^ 
segni  la  festosa    funzione    del  battesimo  ;  j 
-Fu    posto  all'  infante  il    nome    di   Fllipp&] 
Emmanuele  ,  ma  questo  principe    premovì| 
al  padre  nel    1605  con  restare  la  primoge- ? 
nitura  a  Vittorio  Amadeo ,  principe  nato  in  1 
iwezzo    alle' suddette    allegrezze    nel    dì  8S 
dello  stesso  mese  di  maggio.  Rapì  lamor-j 
te  in  questo  anno  a  dì   13  di  agosto  dop^l 
breve  infermità  di  renHìa    Gugllemo  Goti'-] 
z&ga  duca  di  Mantova  ,    mentre   si  trova-] 
va  in  Bozzolo^  a  cui  succedette  don  Vln*^ 
cenzo    unico    suo  iìiglio    maschio.    Mandò? 
egli  a  prendere  a   Mantova  venticinquemi-| 
la  scudi  per  distribuirli    prima  di    morire | 
ai  suoi   servidori,  affinchè    non  avessero    a; 
litigar  coli' erede.    Non  giunsero  questi    a.^ 
tempo;  contuttociò  il   nuovo  duca  Vincen-| 
zo  fedelmente  eseguì  la   mente   del  padre  ,i 
ed  altri  atti    di    liberalità    esercitò    versoi 
dei  suoi  popoli.  Terminò  del  pari  la  car-| 
jiera  del  suo  vivere  in    età    solamente    di| 
circa  47  anni  Francesco  gran  duca  di  To-| 
scana  di  una  infermità    creduta    non  peri-j 
■colosa^  nel  dì   19  di  ottobre  alle  ore  5   dil 
notte.  Nel    giorno  seguente,  quindici    ore| 
dopo  la  morte  del  marito  ,  mancò  di  vita! 
anche  la    gran    duchessa  Bianca    Capello  . 
Molte  furono  le  dicerie  per    questo    avve- 
nimento  funesto .  Per    attestato  di   vivente 
allora  Trajano  Boccalino,  molti    credette-i 
ro  ,  eh'  esso  gran  duca  Francesco   svaghitc 
di  essa  Bianca^  per  cieca  passione    da    lui 
già    sposata  ,    si    perdesse    poscia    in  altri 

amo- 


A  N  i^   o    MDLXXXVir.       133 
amori ,  e  che  la  gran  duchessa ,  donna  di 
altero    spirito-,    per    vendetta   gli  desst^  ii 
veleno  ;  ma  che  scoperto    il  delitto  ,  aneli* 
«^lla  per  la  stessa  via  fos&e   fatta  morire  . 
Diversamente  altri  pensarono^    credendo  , 
che    il    cardinal   Ferdinando  ,    fratello  di 
esso  gran  duca  ,  non  avesse  mai  potuto  di*- 
gerire  quel  matrimonio  .  Ma  quanto  è  fal- 
cile al  popolo  il  voler    entrare  nei  segreti 
laberinti  dei  principi,    altrettanto  facile  è 
in  casi    tali  V  ingannarsi  .    Comunque    ciò 
fosse ,  non  avendo  esso    gran  duca  lasciata 
prole    maschile    legittima  ^    prese    tosto  le 
redini  del  governo  sudetto  cardinal  Ferdi- 
nando,  principe  più  provveduto  di  senno^ 
e  di  altre  virth  ,  che  il  defunto    fratello  _, 
il  quale  non  tardò   a  farsi  riconoscere  per 
padrone;    perciocché^  avendo  mostrato  il 
castellano  di  Livorno  alquanto  di  reniten- 
za a  consegnare  quella  fortezza  ad  un  gen- 
tiluomo da  lui  inviato  colà  col  contrasse» 
gno ,  il  fece  impiccare.  Peraltro  restarono 
due  figlie  di  esso  principe,  Tuna  Leonora 
che    vedemmo  maritata    col    suddetto  don 
Vincenzo  duca  di  Mantova  ,  e  Maria  ,  che 
a  suo  tempo  vedremo  regiha    di  Francia  * 
Amendue  erano  nate    dalla  sua  prima  mo- 
glie Giovanna  di  Austria  ,  Ne  si  dee  tace- 
re, che  nel  dì    13    di    dicembre    un    gran 
temporale    succeduta    a    Napoli    conquassò 
molti    legni   in  quel    molo  con   perdita  di 
non  pochi  uomini,  e  irn  folgore  figlio  del- 
la terra,  o    delle  nuvole ;,    accese  il  fuoeo 

I  3  nel 


134      Annali    d'  Italia  ì 

nel  maschio    di   sant'  Ermo,    dove    era  la  1 
polve  da  artiglieria,  e  lo  fece  saltare  con  ] 
tal  forza  ,  che   rovesciò    tutte  le  fabbriche  \ 
circonvicine,  ed   uccise  più  di  cento  e  e  in-  ] 
quanta    persone  .    Notabile  offesa  anche  ne  \ 
riceverono  le   chiese  e  case  poste  alle  fai-  j 
de  di  quel  monte  .  Crebbe  in  questo  anno  \ 
smisuratamente  la  febbre  della  Franx:ia,  «  1 
fu  soggetta  a  varj  pessimi  parosismi ,  Non  ] 
comporta  l"  istituto  mio_,  che    io  prenda  ai 
ciescrivere  quelle  fiere  civili  discordie.  So- | 
lamente  accennerò,  che  Arrigo    re  di  Na*-  * 
varrà,  il    Concie  ^  e  gli    altri  Ugonotti  ti- ^^ 
xarono    dei  possenti    ajuti  dalla  Germania  ) 
protestante;  e  che  all' incontro  la  legaap-  i 
pellata  santa  di  Carlo  cardinal    di  Borbo-  / 
ne  ,  del    duca    di  Lorena y    del  principi  dÀ  \ 
ijiùsa  ,  je  dei   maresciallo    di  Bìrone ^  fece  ^ 
<lei  copiosi   armamenti  dal    canto  suo  ,  fa-  ,1 
vorita  in  questi  tempi   dal    re  Arrigo    IIL  j 
Venne  il  cattolico  duca    di  Giojosa  a  bat«  i 
taglia  nel  di    io  di  ottobre   col  re  di  Na-  i 
varrà  ;  lasciò  egli  la    vita  sul  campo,  e  l*  j 
esercito  suo  andò  tutto    in  isconfltta  •  Ma 
in  breve  si  rifece  quel  danno,  essendo  riu- 
scito al  duca  di  Guisa ^  e  gli  altri  princi-: 
pi  della  lega  di  disfare    l'esercito  tedesco 
e  svizzero  guidato    dal  duca  di  Buglione  , 
che  marciava  per  unirsi  al  re  di  Navarra 
Impadronissi  in  questo  anno  in  Fiandra  il 
valoroso  duca    Alessandro  Farnese  di   De- 
venter  ,  città  di  molta  importanza  per  es- 
sere  capo    della    provincia    di    Overissel  . 

Me- 


Anno    MDLXXXVIL        135 
Memorabile  dipoi  fu  1'  assedio   da  lui  pò* 
sto    air  Esclusa  ,  che  immense   fatiche    co* 
sto,   ma  in  fine  obbligò  quel  presidio  alla 
resa.    L'anno  fu  poi  questo,  in  cui  EZisa- 
betta    regina     eretica     d'  Inghilterra    con 
eterna    sua    infamia    condannò    alla  morte 
Maria  regina  cattolica  di  Scozia  non  sud- 
dita  sua    dopo  la  prigionia    di  moltissimi 
anni .    Fu  ella  e  prima ,    e  dipoi  oppressa 
da  infinite    calunnie  dei    suoi  nemici,  per 
tentar  pure  di  giustificar  Tatto  barbaro  e 
tirannico  di  Elisabetta  ,  riprovato  da  chiun- 
que portava  il  titolo  di  principe  .  Un'  am- 
mirabil    costanza    mostrò  fino   agli  ultimi 
momenti  di  sua  vita  la  povera  regina,,  e  al 
suo  funerale  pagarono  un  tributo  di  lagri- 
me tutti  i  cattolici.  Restò  di  essa  un  figlio 
re  di    Scozia,    cioè    Giacomo ^    che    giunse 
poi  ad    essere  anche  re  d'Inghilterra,    ma 
senza  conservar  la  religione  dei  suoi  mag- 
giori :  cosa  che  principalmente  fece  a    lui 
raccomandare  prima    di  morire    la  sfortu- 
nata sua  madre»  Di  quella  lagrimevol  tra- 
gedia   a    me    non    convien    dime  di  più  • 
Certo  è,  che  il  pontefice  Sisto  non  si  po- 
tea  dar    pace  per  tanta  barbarie  5    e  però 
oltre  air  aver  confermate,  per  quanto  po- 
tè ,  ed  accresciute  le  inutili    censure  coa- 
tro quella    inumana    principessa  ,    segreta- 
mente   ancora,    e    con    promesse    di   ajuti 
commosse  Filippo   re  di  Spagna  a  fare  un 
maraviglioso  preparamento  di  armi  a  dan- 
ni della  medesima,  giacché  ella   continua- 

I  4  men- 


1^6       Annaii    d  Italijc 

mente  infieriva  contro  i  cattolici,  ed  ari-» 
che  neiranno  presente  sostenne  colle  sue 
armi  i  ribelli  eretici  dei  Paesi-Bassi  con- 
tra  dello  stesso  re  cattolico.  Finalmente 
fra  tante  altre  grandiose  cose,  che  tutto 
dì  andava  meditando  ed  eseguendo  in  bene 
del  pubblico,  o  in  ornamento  di  Koma  es- 
so magnanimo  }>vpa  Sisto  ,  si  dee  annove-  ^ 
Tare  in  questo  anno  T  istituzione  da  lui 
fatta  in  Roma  di  quattordici  cotìgregazio- 
ni  di  cardinali,  coli' aver  confermata  nello  ^ 
stesso  tempo  quella  della  inquisizione.  Ini  | 
esse  compartì  egli  tutte  le  varie  materie  ^ 
spettanti  noit-meno  alla  religione,  che  al  | 
governo  civile  ,  acciocché  tutto  ivi  fosse  ] 
con  ordine ,  e  nelle  dovute  forme  esami-  i 
nato  ,  e  riferito  poscia  ai  sommi  pontefi-  ì 
ci,  dall'approvazion  dei  quali  venissero  si-  j 
gillate  le  risoluzioni  prese  in  cadauna  di  ì 
quelle  assemblee.  La  bolla  sua  intorno  a  \ 
tali  congregazioni  fu  pubblicata  nel  dì  22  ' 
di  gennajo  dell'anno  presente.  Fece  egli  ; 
parimente  racconciare  un  antichissimo  Obe-  ^ 
Iìeco  Egiziano,  rotto  in  più  pezzi,  e  di-  | 
rizzarlo  davanti  alla  Chiesa  di  santa  Ma-  ■ 
ria  Maggiore  .  Ma  soprattutto  glorioso  fa  j 
il  risarcimento  della  maravigliosa  colonna  j 
istoriata,  che  il  senato  ,  e  popolo  romano  | 
dedicò  a  Trajano  Augusto,  e  che  papa  Si-  i 
sto  nel  dì  28  di  novembre  di  questo  anno  : 
dedicò  solennemente  in  onore  di  san  Pietro  i 
degli  apostoli .  L' iscrizione  nondimeno  par-  ^ 
la  dell'  anno  seguente .  j 

Anno  i 


Anno    MDLXXXVIIL       157 

Anno  di  Cristo  1588  ,  indizione  i. 
di  Sisto  V,  papa  4. 
di  Rodolfo  II,  imperadore   13. 

IVJLeritò  somma  lode  in  questo  anno  la 
costituzione  di  papa  Sisto  emanata  nel  di 
primo  di  agosto,  in  cui  ordinò,  che  per 
tutte  le  città,  e  terre  dello  stato  ecclesia- 
stico ,  a  riserva  di  Bologna ,  si  formasse 
un  pubblico  archivio,  dove  si  avessero  a 
registrare ,  e  conservare  tutti  gli  atti  dei 
pubblici  notai  :  locchè  di  quanto  bisogno 
ed  utile  sia  a  cadaun  paese,  la  pratica  lo 
fa  tutto  dì  conoscere .  Biasimevol  negli- 
genza dee  ben  dirsi  quella  di  quéi  paesi  , 
dove  si  pensa  a  vivere  solamente  il  dì  pre- 
sente,  senza  curarsi  punto  dell'avvenire  . 
Compiè  ancora  l'indefesso  papa  una  grande 
idea  cominciata  già  negli  anni  addietro  . 
Cioè  considerando  i  bisogni ,  ai  quali  po- 
trebbe essere  un  dì  esposto  lo  stato  eccle- 
siastico per  le  invasioni  della  potenza  ot- 
tomana ,  ed  anche  dei  principi  cristiani  , 
determinò  di  ragunare,  e  mettere  in  ser- 
bo un  tesoro,  a  cui  si  potesse  ricorrere 
nelle  necessità  per  sua  difesa.  Aveva  dun- 
que nei  passati  anni  messa  in  castello  sant' 
Angelo  la  somma  di  due  milioni  di  scudi 
d' oro ,  e  nel  presente  vi  ripose  tre  altri 
simili  milioni,  obbligando  poi  con  giura- 
mento gli  allora  viventi  ,  ed  anche  i  fu- 
turi porporati,  di  non  valersi  di  quel  da- 
naro ,     se    non    nei    casi   prescritti     dalle 

boi- 


138       Annali    D*  Italia  l 

boìle^  ch'egli  intorno  a  ciò  promulgò  •  s 
Ma  per  mettere  insietne  tant' oro  ,  gii  con-  ' 
venne  imporre  insolite  gravezze  a  tutti  i  \ 
suoi  sudditi^  e  tagliar  l'unghie  a  diversi  | 
magistrati^  e  a  far  altre  riforme:  locchè  j 
noa  si  potè  eseguire  senza  gravi  lamenti^  \ 
e  grida  dei  popoli  .  QuhI  prò  abbia  poi  j 
fatto  alla  Santa  Sede  quel  tesoro,  e  in  \ 
quale  stato  esso  di  presente  sitruovi,  non  \ 
a  me  poco  informato  Io  chìegsa  il  curio-  j 
so  lettore^  nìa  bensì  a  quei  Komani^,  che  | 
san  penetrare  negli  arcani  di  quella  sacra  1 
corte.  Bensì  dirò  io,  che  i  politici  d' al-  ) 
lora  a!  riflettere  ,  di  quai  magnifici  dise-  } 
gni  fosse  capace  la  testa  di  papa  Sisto,  si  j 
figurarono  fatta  da  lui  sì  gran  massa  di  -j 
danaro  per  ricuperare  il  regno  di  Napoli^  ■< 
qualora  fosse  accaduta  la  morte  del  re  Fi-*  ] 
lippo  It ^  giacché  noumeno  nellabolla  sua,  ! 
che  in  alcuni  motti  a  lui  talvolta  scappa-  l 
ti  di  bocca,  apparivano  segni  di  una  tal 
voglia .  E  tanto  più  ,  perchè  aveva  fatto  * 
fabbricare  ed  armare  dieci  galee  con  im-  ; 
porre  per  la  fabbrica  di  esse  ^  e  per  la  lor  | 
manutenzione  in  avvenire  un  annuo  taglio-  \ 
ne  di  settantottomill»  scudi  ai  sudditi  suoi.  | 
Kestavano  intanto  altri  obelischi ,  o  vo-  : 
gliam  dire  guglie  ,  già  nobili  ornamenti  , 
di  Roma  antica  stesi  a  terra  ^  che  sembra-  j 
vano  raccomandarsi  al  regio  aninio  del  1 
pontefice  Sisto  per  essere  rimessi  nel  pri-  1 
stino  loro  decoro.  Fra  gli  altri  uno  vene  | 
era  di  smisurata  grandezza  ,  più  di  due- 
mi- 


Anno  MDLXXXVIII.  ^  159 
ttiila  anni  prima  dedicato  dai  re  di  Egit-» 
to  ai  sole  ,  e  pieno  di  gieroglifici  egizia- 
ni ,  che  poi  diedero  campo  all'  ingegnoso 
padre  Atanasio  Kirchero  di  produrre  sj 
he.ì  sogni  .  Fu  questo  levato  da  Costanti- 
no Magno  dal  suo  sito  e  trasportato  pel 
nilo  ad  Alessandria ,  con  dissegno  di  trar- 
lo alla  sua  nuova  Roma  ,  cioè  a  Costanti- 
nopoli.  Fecclo  poi  r  imperador  Costanzo 
suo  iìglio  condurre  a  Roma  vera  con  una 
mirabil  nave  ,  mossa  da  trecento  remigan- 
ti ,  ed  alzarlo  nel  Circo  Massimo.  Da  più 
secoli  atterrato  o  dai  Barbari  ,  o  da  tre- 
muoti  ,  giacque  quel  nobilissimo  monumen- 
to rotto  in  tre  pezzi  ^  e  in  parte  seppel- 
lito nelle  rovine  di  esso  Circo  :  quando  V 
animoso  Sisto  fece  maestrevolmente  accon- 
ciarlo, e  trasferirlo  nella  piazza  lateranen- 
se,  dove  alzato  tuttavia  si  ammira.  Oltre- 
acci ò  trovandosi  la  biblioteca  vaticana,  do- 
ve si  conserva  un  immenso  tesoro  di  li- 
bri scritti  a  penna ,  mirabilmente  accre- 
sciuto anche  dai  pontefici  dei  nostri  tem- 
pi ,  in  un  sito  basso  scuro,  e  poco  salu- 
tevole: Sisto  fece  fabbricar  per  essa  un 
nobilissimo  edificio  nuovo  con  assaissìme 
pitture,  che  restò  compiuto  nell' anno  pre- 
sente. Appresso  alla  stessa  biblioteca  in 
Belvedere  istituì  lo  stesso  pontefice  un'in- 
signe stamperia  con  caratteri  ebraici ,  gre- 
ci, latini,  e  di  altre  lingue  orientali,  af- 
finchè spezialmente  vi  si  stampassero  le 
opere  dei  santi  padri. 


iZfO      Annali    D^  Itali  A 
Gran  pascolo    ebbero  in    questo  anno    i 
curiosi    cacciatori    degli    avvenimenti    del 
mondo .  Impercioechè  Filippo  II  re  di  Spa-    ì! 
gna    da  gran  tempo    faceva  una    stupenda 
raunanza  di  armati,  e  di    vele,,  senza  sa- 
persi dove  tendessero  le  mire  sue.  Sospet- 
tavano i  più  ,  eh'  egH  la  volesse   contro  V 
Olanda^  ma  venne  a  scoprirsi,  che  i  dise- 
gni suoi    erano    contro    Elisabetta  regina 
d'Inghilterra,    siccóme    quella    che    iìnquì 
aveva  dato  gran  braccio  agli  eretici   ribel- 
li   nei    Paesi-Bassi  ,    e    già    appariva ,  che 
sensa  depressione  di  lei  non  si  potea  spe- 
rare di  calmar  giammai  quella  ribellione  .    ; 
Non  ha  mai  veduto  la  Spagna  un  sì  gran-    i 
dioso   apparato  di  fiotta  navale,   come    fu   l 
questo  ,    contandosi    in    esso    centotrenta-    . 
cinque  legni  grossi  tra  galee ,    galeazze    e    { 
vascelli  tondi  >  allora  chiamati  galeoni,  ol-   i 
tre  ad  altri  minori,  e  navi  da  carico ,  con    j 
immensa    quantità    di  ai^^tìglierie^  attrecci 
militari,  e  munizioni  dove  s'*  imbarcarono  } 
circa  ventimi lar  bravi  combattenti.  Immen-   • 
se  spese  costò  un  sì  poderoso  armafìlento..   j 
Aveva  nello  stesso    tempo  ricevuto  ordine   ; 
il  duca  Alessandro  Farnese  di  allestire  in  ^ 
Fiandra    un'  Oste    poderosa    con    legni    da   ; 
trasporto  per  traghettarla  in  Inghilterra  al   i 
primo    avviso,  che  vi    fosse    approdata  la   ■ 
fiotta  di    Spagna  .  Cinquemila    fanti  trasse   s 
egli  da  Milano,  quattro  altri  mila  da  Na-   ! 
poli,  ed    altri  delKa    Borgogna    e   Germa- 
nia ,  oltre    ai  venturieri ,    che  da  tutte  k 

par- 


Anno  MD-LXXXVIIL  ^  i4t 
parti  comparvero  al  servigio  di  si  rinoma* 
to  principe.  Si  trovò  il  Farnese  avere  un 
esercito  di  circa  quarantamila  fanti  _,  e  di 
quasi  tremila  cavalli .  Il  pontefice  Sisto 
aveva  anche  egli  promesso  di  concorrere 
a  quella  grande  impresa  con  un  milione 
di  scudi  ^  ma  non  prima  che  gli  Spagnuo* 
li  avessero  posto  piede  in  Inghilterra  « 
Sospettando  tanto  di  questo  minaccioso 
turbine  la  regina  inglese^  non  lasciò  di 
ben  premunirsi  colle  forze  del  regno ,  e 
coir  implorar  soccorso  dagli  amici .  Mise 
insieme  anche  ella  una  copiosa  flotta  di 
vascelli  _,  creandone  am,miragiio  milord 
Carlo  Howard,  e  viceammiraglio  il  corsaro 
Francesco  Drago^  famoso  per  tante  percos- 
se date  in  America  ed  altrove  agli  Spa- 
gnuoli ^  Fu  creduto,  che  ella  assoldasse 
quarantamila  fanti,  e  poco  inferior  nume- 
ro di  cavalleria  . 

Nel  mese  di  giugno  fece  vela  la  formio 
dabil  flotta  di  Spagna  comandata  dal  da- 
ca  di  Medina  Sldonia  poco  sperto  nei  com- 
battimenti navali  j  ma  con  cattivo- augu- 
rio, perchè  dissipata  in  breve  da  fiera  bu- 
lasca.  Si  raccolse  essa  in  fine  alla  Coro- 
gna  ,  e  di  là  poi  continuò  il  viaggio  alla 
volta  dell'  Inghilterra  ,  finché  arrivò  a  vi- 
sta della  nemica  armata  navale.  Si  aspet- 
tavano tutti ,  che  si  venisse  a  un  terribil 
fatto  di  armi^  e  tale  era  il  consiglio  dei 
capitani  ;  ma  il  duca  non  poterà  darla  , 
*e  con    quando  il  consiglio    di  Spagna   V 

or- 


142      Annali    ©''Italia  j 

ordinava,  o  quando  la  collera  altrui,  ola  I 

sua  ,  il    levava    dalT indifferenza.    Intanto  ! 

voltò  egli  le  prode  ^  con  tempestare  intan-  J 

to  il  duca  di  Parma  ,  che  uscisse  in  mare  ; 

colla  sue  navi   da  trasporto,  ma  senza  pò-  \ 

icvio  egli  fare  per  varj   riflessi  ,  e  spez.ial*  l 

mente  per  non  esporre  navi  disarmate  al-  ] 

ìe  artiglierie    nemiche  .    Furono  prese  dal  i 

Drago    alcune    navi    spagnuole    sbandate   :  I 

quando  ecco  mentre  la    flotta  ispana  sola-  1 

mente    pensava    a    ritirarsi  per  non   com-  I 

battere  coi  nemici  ,  vien    forzata    a  com-  ] 

battere  con  una  spietata  tempesta  di  ma/e_,  i 

che  all'improvviso    si    sollevò.  Hestò  essa  ì 

tutta  spinta  qua  e  \ky  parte  in  Iscozia   ed  \ 

Irlanda,  e  parte  verso  altre  contrade  .  Moi-  ■ 

te  di    quelle  navi    rimasero  ingoiate    dall'  | 

infuriato  elemento,  altre  cadderoin  mano  ] 

degringlesi  ;   quelle  infine  che  si  ridussero  ] 

salve  in  Ispagna^    si  videro  tutte  malcon-  j 

eie  e  sdruscite.  Secondo  gli  scrittori  spa-  ] 

gnuoli ,  vi  perirono  solamente  trentadue  le-  | 

gni  da  guerra,    oltre  a  quei  da  carico,  e  -; 

circa  diecimila  soldati.  Dai  nemici  si  fece  } 

ascendere    la  perdita    di    essi    spagnnoJi  a  \ 

ventimila  uomini^  e   ad  ottanta  navi .  Quel  ^ 

che  è  certo^    inesplicabile  fu  il  danno  de*  | 
gli  Spagnuoli  ,  e  in  quella  fortuna  di  mare 

naufragò  ogni  speranza  di  rintuzzar  l' orgo-  , 

glio  della  regina  inglese  ,  e  di  saldar  ìe  pia.  j 

ghe  dei  popoli  fiamminghi  .  Ma  se  grande ,  '. 

anzi  massima  fu  quella   disavventura  ,    pii!i  i 

grande  ancora  per  attestato  di  ognuno _,  si  ? 

tro-  ] 


N  N  o  MDLXXXVIIL  145 
trovò  r  cnimo  e  il  coraggio  del  re  Fi/ip- 
po  II  che  niun  segno  di  perturbazione 
mostrò,  e  placido  come  prima  fece  cono- 
scere^ che  il  suo  coraggio  era  superiore 
ad  ogni  scossa  delT  avversa  fortuna.  Il 
suo  sdegno  nondimeno  contro  il  Medina 
Sidonia  non  tardò  a  farsi  conoscere;  né 
mancarono  dicerie  ed  accuse  contra  di 
Alessandro  Farnese,  quasicchè  potendo  non 
avesse  voluto  accorrere  in  soccorso  dell* 
altro.  Alcune  imprese  fece  nel  resto  di 
questo  anno  esso  duca  Alessandro;  ma  io 
mi  dispenso  dal  raccontarle.  Non  vo'già 
tacere^  aver  molti  creduto  invenzione  di 
questi  ultimi  tempi  V  uso  delle  bombe  ^ 
quando  e* insegna  Famiano  Strada,  che  in- 
ventate esse  da  un  italiano,  oppure  da  al- 
tro ingegnere  dì  Veniò  con  poca  diversi- 
tà dalle  moderne,  furono  in  questo  anno 
adoperate  nelT  assedio  di  VaSendon  piccio- 
la  fortezza  della  Ghcldria  ,  e  molto  coo- 
perarono pei  costrignerla  alla  resa  . 

Non  minore  strepito  fece  parimente  nell' 
anno  presente  una  scena  succeduta  in 
Francia,  che  esigerebbe  molte  parole,  ma 
che  io  in  poche  spedirò.  Mal  soddisfatto 
era  il  re  Arrigo  III  del  duca  di  Guisa  , 
e  dei  suoi  seguaci  cattolici  confederati  , 
perchè  la  potenza  di  essi  faceva  troppa  om- 
bra alla  regal  sua  autorità.  Furono  a  lui 
insinuati  sospetti,  che  il  duca  amoreggias- 
se la  corona  di  Francia  ,  senza  neppure 
aspettarla  dopo  la  morte  sua.  Furono  in- 

fat^ 


144     Annali    d'  Italia 

fatti  proposte  da  essi  confederati  al  teJ 
alcune  dure  condizioni ,  e  il  Guisa  volle 
venire  a  ^\irigi  ,  contuttoché  il  re  glie  V 
avesse  vietato  .  Tanto  più  crebbe  allora 
il  sospetto  e  la  paura  di  esso  monarca  ;| 
ed  essendosi  egli  voluto  premunire  coirj 
introdurre  in  Parigi  alcune  compagnie  di  | 
Svizzeri  e  Francesi:  ecco  nel  dì  dodici  di^ 
maggio,  appellato  il  dì  delle  BarricadeJ 
il  cattolico  popolo  parigino ,  affezionatoj 
ai  principi  di  Guisa ^  prender  le  armi  con-^ 
tro  quella  guarnigione:  per  la  qual  ribel-j 
lione  il  re  non  si  giudicando  sicuro,  si  ri- ^ 
tirò  a  Ghartres.  Furono  poi  fatti  dei  gran! 
maneggi  per  la  concordia  ^  e  il  re  fìnal-J 
mente  ricevette  in  grazia  il  duca  di  Gui^\ 
SOL  ^  e  tutti  i  suoi  aderenti,  anzi  li  col-^ 
raò  di  onori  ,  ma  covando  nell'animo  un^ 
dispetto ,  ed  odio  irtiplacabile  contra  diiì 
loro.  Non  passò  questo  anno  senza  farlo] 
conoscere;  imperocché  nel  di  ventitré  di< 
dicembre  chiamato  il  duca  nella  camera! 
del  re ,  fu  dalle  guardie  trucidato .  Preso"^ 
anche  il  cardinale  di  Guisa  suo  fratello  yì 
da  lì  a  poco  restò  privato  di  vita.  Vider-' 
si  inoltre  imprigionati  il  cardinal  di  Bor^ì 
hone y  V  arcivescovo  di  Lione  ^  ì  duchi  dlì 
Nemours,  e  di  Elboeuf  con  altri:  dopo  di' 
che  Arrigo  tutto  glorioso  proruppe  in  que- 
ste parole:  Ora  sì  elisio  son  re.  Intanto] 
il  duca  di  Nemours  fuggito  di  prigione  ,i 
€arlo  di  Lorena  duca  di  limala  ,  il  popo-J 
lo  di  Paiigi^  e  gli  altri  cattolici,  più  chej 

mai 


Anno  MDLXXXVIII.  145 
mai  rinforzarono  la  ribellione  ,  declaman-^ 
do  dappertutto  contro  il  re  ^  massimente 
per  la  morte  inferita  alla  sacra  persona 
del  cardinale  di  Guisa,  e  per  la  prigionia 
dell^  altro  di  Borbone.  Però  in  somma  con- 
fusione restò  quel  regno  ^  e  grandi  risen- 
timenti ne  fece  la  corte  di  Roma  . 

Fu  detto,  che  preso  il  segretario  del 
duca  di  Guisa,  con  tutte  le  scritture,  si 
venisse  a  scoprire  l'intelligenza,  che  pas- 
sava ai  danni  del  re  fra  Filippo  re  di 
Spagna,  Carlo  Emmanuhle  duca  di  Savo- 
ja  ,  e  il  duca  di  Guisa,  Può  dubitarsi  , 
che  fossero  pretesti  inventati  per  far  com- 
parire giusta  la  risoluzione  presa  dal  re  . 
Peraltro,  esso  duca  di  Savoja  si  servì  in 
questi  tempi  degli  sconcerti  della  Francia 
in  suo  vantaggio.  Possedeva  da  molti  an- 
ni la  corona  di  Francia  il  marchesato  di 
Saluzzo  in  Italia  ,  decaduto  per  la  linea 
finita  di  quei  marchesi  .  Sopra  quello  sta- 
to aveva  la  casa  di  Savoja  delle  giuste 
pretensioni  ,  ma  inutili  finqiaì  per  la  trop- 
po superior  potenza  della  Francia  .  Accad- 
de ,  che  il  duca  di  Lesdiguieres  ,  generale 
dell'  eretico  re  di  Navarra  ,  possedendo 
le  migliori  fortezze  del  Delfinato,  mi- 
nacciava quel  marchesato  ,  e  prese  ancora 
Castel  Delfino  .  Allora  il  duca  ,  siccome 
quegli,  a  cui  premeva,  che  P  eresia. non 
penetrasse  in  Italia,  e  che  i  nemici  del 
re  di  Francia  non  s' impadronissero  di  Sa- 
luzzo ,   giudicò    meglio  di  prevenirli    con 

Tom.  XXIV.  K  im- 


t^S      Annali   d'Italia  ■ 

Impossessarsene  egli .  Adunque  sul  fin  di  ■ 
settembre  uscito  in  campagna  prese  Car- ; 
magnola  ,  dove  trovò  circa  quattrocento  ' 
cannoni  j  (  se  pur  si  può  credere  )  e  dei  j 
grossi  magazzini  di  ogni  sorta  di  piovvi-  { 
sione  .  Poscia  ajutato  anche  dal  governa-  ì 
tore  di  Milano,  soggiogò  Cental^  e  Re-j 
vcl  ,  entrò  inSaluzzo>  ripigliò  castelDel-^ 
fino:  in  una  parola,  tutto  quel  marchesa-! 
to  venne  alle  sue  mani.  Ebbe  un  bel  dire| 
il  duca  Carlo  Emmanuele  :  il  re  di  Fran-| 
eia  restò  mal  soddisfatto  di  quella  occu- < 
pazione,  commosse  i  Genevrini  e  gliSviz-| 
zeri  contra  di  lui  ,  e  di  là  dai  monti  sii 
diede  principio  ad  una  molto  pericolosa! 
guerra:  giacché  spedito  dal  re  il  signor  di 
Pugni  al  duca  ,  noi  potè  muovere  a  rila-^ 
sciar  quel  paese.  Con  queste  sì  fiere  tur-I 
bolenze  di  stati  terminò  Tanno  presente*! 

j 
Anno  di  Cristo  1589,  indizione  IL  i 

di  Sisto  V,  papa  5.  1 

di  Rodolfo  II ^  imperadore  14.        | 

i  >l  eppure  lasciò  il  pontefice  Sisto  questo  an- 
no senza  qualche  magnifica  impresa  per  sem- 
prepiù  abbellire  la  città  di  Roma .  Re- 
stava tuttavia  fra  le  rovine  del  Circo  Mas- 
simo un  altro  nobilissimo  obelisco  egizia- 
no, tutto  tempestato  di  gieroglifici  ,  rot- 
to in  più  pezzi,  già  condotto  a  Roma  da 
Cesare  Augusto.  Fattolo  racconciare  da  pe-^j 
riti  maestri ,  volle    Sisto ,    che  fosse  rial-j; 

za-     lì 


Anno  MDLXXXIX.  14? 
^afo  davanti  alla  Chiesa  di  Santa  Marial 
del  Popolo.  Oltre  a  eiòj,  aggiunse  orna-*^ 
menti  all'insigne  Colonna  Antonina  isto- 
fi'ata  ,  alla  cui  cima  per  una  interna  sca- 
la si  sale  ,  e  solennemente  la  dedicò  a  san 
Paolo  apostolo,  ponendovi  sopra  T  imma-» 
gine  di  esso  apostolo  di  bronzo .  E  per- 
ciocché il  porto  di  Civita-Vecchia  scarseg- 
giava d'acque  buone,  provvide  al  biso- 
gno di  quel  popolo ,  e  dei  naviganti  ,  con 
farne  venir  colà  y  mercè  degli  acquedotti 
fabbricati  per  sei  miglia^  dove  portava  il 
bisogno.  Aveano  tentato  ,  e  non  senza  frut- 
to ,  gli  antichi  Romani  ,  e  i  succeduti 
imperadori ,  di  seccar  le  paludi  pontine  , 
acciocché  tante  miglia  di  paese  inondato 
dall'acque  servissero  da  li  innanzi  alla 
coltivazione ,  e  cessassero  ancora  i  danni 
dell'aria  cattiva.  Per  le  calamità  de' se- 
coli barbarici  tornarono  quelle  paludi  a 
ripigliare  1'  antico  lor  dominio  in  quelle 
campagne.  Un  beli'  oggetto  appunto  air 
animo  grande  di  papa  Sisto  era  il  provve- 
dere per  sempre  a  quel  disordine  si  per- 
nicioso al  pubblico  ,  e  vi  si  applicò  col 
suo  solito  ardore  ,  facendo  cavare  una  lar- 
ga e  lunghissima  fossa  ,  appellata  anche 
oggidì  il  fiume  di  Sisto ,  con  ispesa  di 
dugentomila  scudi  ,  per  cui  si  guadagnò 
un  gran  tratto  di  paese.  Pensava  egli  di 
condurre  questa  fossa  fino  al  mare  ,  ma 
rapito  poi  dalla  morte  ,  ne  lasciò  la  cura 
ai  suoi  successori.  Con    ragione  ancora  si 

K  2  può 


14?      Annali    D'ItALi  A  ^ 

può  dire  y  ch'egli  rinovasse  il  palazzo  La- i 
teranense  colla  giunta  di-  tante  fabbriche  , 
portici ,  sale  e    camere  dipinte  da  valenti  ; 
pittori,  delle  quali  poi  fece  la  solenne  de-  ; 
dicazione    a    dì    30    di    maggio  delT  anno  ■ 
presente.    Erano  sformate,,   e  quasi  lacere  i 
le  grandi  statue  dei  due  cavalli   attribuite  j 
(  benché  molto  se  ne  dubiti  )   agli   antichi  ! 
eccellenti    scultori    Fidia  e   Prassitele  .    Il  ^ 
buon  Sisto  le    rimise  nell'  antico   loro  de-  j 
coro,  e  le  fece  collocare  nella  piazza  del  | 
Quirinale.  Al    medesimo    pontefice  ancora  i 
si  dee  la  fabbrica  di  un  ponte  dal  suo  no- 
me  chiamato  Felice  ,  posto  sopra  il  Teve-  j 
re  ad  Ocricoli .  | 

Ma  in  mezzo  a  queste  bell'opere  il  cuor  | 
di  papa  Sisto  era  tormentato  non  poco  | 
per  quanto  era  avvenuto  in  Francia  nel 
precedente  anno^  parte  pel  timore,  che  la 
religion  cattolica  ne  patisse  ,  timore  mag- 
giormente accresciuto  nell'anno  presente, 
in  cui  Arrigo  III  re  si  riconciliò,  ed  unì 
coir  eretico  Arrigo  re  di  Navarra  ;  e  par- 
te per  r  enorme  scandalo  commesso  da 
esso  re  di  Francia  colla  morte  data  al 
cardinale  di  Guisa,  e  per  la  prigionia  di 
quel  di  Borbone  ,  e  dell'  arcivescovo  di 
Lione  .  Dall'  un  canto  non  mancò  Arri- 
go in  d' inviare  ambasciatori  a  Roma  per 
giustificare,  o  scusare  l'operato  da  lui  ; 
ma  dall'  altro  il  buon  pontefice  veniva 
tutto  dì  pulsato  dai  ministri  della  lega  , 
e  incitato    a  procedere    con    forte  braccio 

con- 


Anno    MDLXXXlX.       i49 
contra  del  re  ,  cui  la  Sorbona  stessa    avea 
dichiarato    decaduto  /da    ogni    suo    diritto 
sopra  la  corona.  Maraviglia  fu^  che  il  fo- 
coso   pontefice    andasse     barcheggiando  un 
pezzo  ^  finché  assicurato,  che  un  poderoso 
armamento  si  facea  dagli   eretici    in  Fran- 
cia ,  e  vedendo,  che  per  quante  istanze  èi 
fossero    fatte,  il  re  non    s' induceva  a    ri- 
mettere in  libertà  il  cardinal  di  Borbone  , 
e  l'arcivescovo  :    finalmente    nel  dì   24  di 
maggio   pubblicò    un    monitorio  ,    in    cui 
esortava  ,    e  poi  comandava,  che  il  re  nel 
termine  di  dieci  giorni  dopo  la    pubblica- 
zione   da    farsi    in    Francia  ,  rilasciasse    i 
suddetti  carcerati  ;    e  dopo  sessanta    gior- 
ni comparisse  egli  in  persona,  o  per  pro- 
curatore ,  a    rendere  ragione    della    morte 
del  cardinal    di    Guisa  ,    e  della  prigionia 
dell'altro,  locchè  non  facendo,  incorresse 
nell«    scomuniche  .  Intanto    in  Francia    ìa 
regina  Catterina  del  Medici  madre  del  ite, 
»tìhe  prima  della  morte  dei  Guisi   era  stata 
'presa   da  una  lenta  febbretta  ,    tal  affanno 
concepì    per    quella    tragedia  ,  che  nel    dì 
quinto  di    gennajo  del  presente    anno  ter- 
minò il    suo  vivere  ;  principessa    di  gran- 
de ingegno  ,  ma  che  presso  alcuni  scritto- 
ri   francesi    vien    dipinta,  come    donna  di 
grandi    raggiri    per    mantener    sempre    sé 
stessa    neir  autorità    del    comando  :  locchè 
secondo  essi  tornò  in  rfon  lieve   pregiudi- 
zio del  regno.  Altri    per  lo  contravio  la- 
sciarono un    bciP  elogio  della   sua  pietà  e 

K  3  sa- 


15©       Annali   D*  Italia  * 

saviezza,  per  cui  spezialmente  la  corte  di  \ 
Francia  fu  non  poco  preservata  dal  libar-  i 
tinaggio,  ch'era  alleva  alla  moda;  e  cer-  ■ 
tamente  ella  sempre  si  dimostrò  lancia  e  ■ 
scudo  al  cattolicismo. .  ] 

Dacché  il  f^  Arrigo  III  credendosi    pò-  j 
co  sicuro  dalla  parte  della  lega  ,  si  accor-  j 
dò  col    re    di  Navarra    seguace  del  calvi-  ^ 
nismo,    maggiormente  s'irritarono    contrai 
<ii  lui  i  Cattolici ,  quasicchè  egli  fosse  per  i 
tradir  la  religione^  in  cui    era  nato  ;  ep-  \ 
però  scossero  ogni  riverenza  verso  di  lui  ,  ^ 
trattandolo    col    solo    nome  di    tiranno,  e  | 
declamando  fin  dai  pulpiti  contra  di  lui  .  \ 
Questa  universal  dìetestazione    quella  veri-  ■ 
similmente  fu ,  che    mosse  Jacopo  Clemen-  ^ 
te    giovinetto    di    ventitré    anni,  già  am-  J 
messo    nell'  ordine  dei    predicatori,'  a  vo-  ! 
ler  liberare  la  Francia  da  questo   principe  i 
con  una  troppo  detestabile  iniquità  .  Cioè,  1 
entrò  in  testa  a  questo  fanatico    giovane  ,  ] 
che  un  bel  sacrifizio  si  farebbe  a  Dio  ,  un  j 
gran  vantaggio  si  recherebbe  alla    religion  ! 
cattolica  con  togliere  dal  mondo  ,  a  spese  | 
anche  della  propria  vita  ,  Arrigo    III  sen-  j 
za  riflettere,  che  la  l'gge    di  Dio  coman- 
^jil*  ossequio  nel  governo  civile  al  princi- 
pe' legittimo ,  ancorché  divenuto    tiranno,, 
o  eretico ,    o  infedele  .  Pertanto   finse  let- 
tere ,  e  mostrando  di  aver    segreti  d':'im*- 
portanza  da  comunicare  al  re    solo /ebbe 
maniera  di  farsi  introdurre  alla  sua  udien- 
za nel  dì  primo  di  agosto.  Mentre    il    re 
À  leg- 


Anno  MDLXXXIX.  151 
leggeva  le  lettere  da  lui  portate _,  il  dia- 
bolico giovine  cavato  dalla  manica  un  col» 
tello  avvelenato,  gliel  cacciò  profondamen- 
te nella  pancia.  Gridò  il  re,  e  preso  lo 
stesso  coltello,  ferì  Clemente  sopra  un  oc-, 
chio  ;  ed  accorse  le  guardie  con  più  colpi 
lo  stessero  morto  a  terra ,  senzachè  si  po- 
tesse poi  ricavare  ,  onde  costui  fosse  sta^ 
to  spinto  a  sì  enorme  scelleratezza .  Il  re 
nel  seguente  giorno  con  sentimenti  sem- 
pre cattolici  di  credenza  ,  di  pentimento 
dei  suoi  falli ,  e  di  perdono  agli  altrui  , 
spirò  r  anima  in  età  di  trentanove  anni , 
con  rimanere  estinta  in  lui  la  linea  dei  re 
di  Francia  della  casa  di  Valois.  Maggior- 
mente crebbero  per  questa  morte  le  tur- 
bolenze di  quel  regno  .  Fu  il  valoroso  re 
di  Navarra  della  linea  di  Borbone  dai  suoi 
parziali,  come  più  prossimo  al  regno  pro- 
clamato re^  e  prese  il  nome  di  Arrigo  IV 
con  giuramento  di  conservare  la  fede  cat- 
tolica nel  regno  ,  ma  rigettato  a  cagion 
della  sua  eresia  dalla  lega  cattolica ,  la 
quale  dichiarò  re  Carlo  cardinal  di  Bor- 
bone ,  ancorché  tuttavia  prigione  .  Diedesi 
quindi  principio  ad  un'  arrabbiata  guerra 
fra  esso  Arrigo  IV  (  che  saccheggiò  i  bor- 
ghi  di  Parigi  con  acquistar  ancora  varj 
luoghi)  e  la  lega  appellata  santa,  in  fa- 
vore di  cui  apertamente  si  dichiarò  FiZip- 
pò  lire  di  Spagna  j  e  si  preparava  anche  a 
far  molto  il  pontefice  Sisto,  se  la  morte 
Bon  avesse  troncati  gli  alti   suoi  disegni  • 

K  4  Non 


152      Annali    d'Italia  | 

Non  erano  in  questo  tempo  men  gràil-»  i 
di  i  pensieri  di  Carlo  Emmanuele  duca  l 
di  Savoja,  sì  per  li  proprj  vantaggi  ^  che  j 
per  secondar  le  massime  del  re  Cattolico  i 
suocero  suo ,  rivolte  ,  non  so'  se  in  so-  » 
stanza  ,  oppure  in  apparenza  ,  a  favor  j 
della  Francia  ,  per  essere  anch'  egli  stato  l 
uno  de'  pretendenti  a  quella  corona  .  I 
Genevrini ,  e  Si  Bernesi  aveano  mossa  guer- | 
ra  contro  la  Savoja;  laonde  il  Duca  fece  < 
leva  di  genti  in  varie  partì  d'Italia,  di-  : 
chiarando,  con  permissione  del  duca  di  j 
Ferrara^  capitan  generale  delle  sue  armi  j 
Filippo  di  Este  marchese  di  san  Martino,  \ 
Cognato  suo  .  Ebbe  ancora  soccorsi  di  gen-  ■ 
te  "dallo  stato  di  Milano;  e  con  queste^ 
forze  ricuperò  i  luoghi  a  lui  presi  dagli  [ 
eretici;  indusse  i  Bernesi  a  far  seco  pace,  1 
e  poi  lasciò  come  bloccata  Genevra .  Aw-i 
venuta  poi  la  morte  di  Arrigo  III  aven- ^ 
do  promosse  le  pretensioni  sue  sopra  il  \ 
regno  di  Francia ,  mosse  guerra  in  Pro-  \ 
venza  ,  dove  se  gli  diedero  alcuni  di  quei  ] 
popoli .  Tentò  anche  il  parlamento  dei  ' 
Delfinato,  ma  non  ne  riportò  se  non  buo-  J 
ne  parole.  Aveva  in  questi  tempi  Ferdi-  j 
nando  del  Medici  deposta  la  sacra  Porpo-  j 
ra^  ed  assunto  il  titolo  dì  gran  duca  di  j 
Toscana:  però  pensò  alT  accasamento  suo .  ^ 
Fu  da  lui  scelta  per  moglie  Cristiana  ii-- 1 
glia  ài  Carlo  duca  dì  Lorena,  allevata  fia  I 
dalla  tenera  età  nella  corte  di  Francia  sot- | 
to  la  regina  Calterina.  Condotta  p«r  ma- | 

re 


A  N  NO     MDLXXXIX.      15S 
re  questa    principessa    fece  poi    la  solenne 
sua    entrata    in    Firenze  nel    dì  ultimo  ^i 
aprile';  siccome  esso  gran  duca  Ferdinando 
era  prìncipe  sommamente  magnifico  ,  e  che 
si  trattava  alla  Reale,  così  celebrò  con  son- 
tuose Feste,  e  divertimenti  quelle  nozze,  al- 
le quali  intexyennero  il  duca  ,  e  la  duches- 
sa   di   Mantova,    i  cardinali  Colonna  vec- 
chio,   Gonzaga    vecchio^    Alessandrino,    e 
Giojosa  con  don  Cesare  di  Este  cognato  di 
esso  granduca.  Papa  Sisto  anch' egli  maritò 
in   questo  anno    due    sue  pronipoti^,    l'una 
con  Virginio  Orsino  duca  di  Bracciano;,  V 
altra  col  duca    di  Tagliacozzo  ,    e  Conte- 
stabile del    regno  ^    di  casa  Colonna  ,    eoa 
dote  per  cadauna  di  centomila  scudi . 

Anno  di  Cristo  1590^  indizione  IIL 
di  Urbano  VI1_,  papa   i. 
di  Gregorio  XIV,  papa   i, 
di  Rodolfo  II,  Imperadore   15% 

A  u  in  questo  anno  pubblicata  la  sacra 
bibbia,  che  1' infaticabil  papa  Sisto  in  ese- 
cuzione del  prescritto  dal  concilio  di  Tren- 
to ,  avea  fatto  collazionare  con  gli  anti- 
chi manoscritti ,  ed  emendare  .  Ma  perchè 
non  riuscì  perfetta  quella  fatica,  né  assai 
corretta  l'edizione,  un'altra  più  esatta 
ne  fece  poi  fare  Clemente  Vili.  Ora  men- 
tre si  aggiravano  in  mente  ad  esso  papa 
Sisto  V  imprese  sempre  nuove  o  in  van- 
taggio della  cristianità ,  o  in  utile  dei  suoi 

%  sta- 


154     Annali    d' Italia  } 

stati _,  o  in  ornamento  di  Roma,  ed  im-  j 
piegava  anche  moltissimi  pensieri  per  le  l 
guerre  civili,  che  laceravano  la  Francia  \ 
con  gravissimo  pericolo  delia  religione  :  ^ 
eccoti  la  morte  bussare  alla  porta  ,  e  por-  ; 
tarlo  all'altra  vita  nel  di  27  di  agosto  \ 
dell'anno  presente.  Era  egli  nato  nel  di  ' 
tredici  di  dicembre  del  1521.  Dopo  il  già  j 
detto  non  ci  sarebbe  bisogno ,  che  io  qui  | 
ricordassi  ,  qual  fosse  la  grandezza  dell'  | 
animo  di  questo  ponteiìce,  quale  il  suo  zelo  I 
per  la  fede  cattolica,  quale  la  religiosità  * 
dei  suoi  costumi,  e  la  sua  moderazione  j 
verso  i  nipoti,  i  quali  restarono  ben  ricr-  ; 
chi,  ma  senza  avere  espilato  V  erario  di  I 
san  Pietro .  Niun  più  di  lui  seppe  farla  \ 
da  principe  ;  ma  vi  fu  chi  desiderò  ,  che 
meno  lo  facesse.  Sotto  di  lui  tutti  tre-  i 
mavano;  tanto  era  il  rigore  della  sua  giù-  ì 
stizia  ,  quasicchè  egli  nulla  curasse  di  far-  j 
si  amare  dai  sudditi  suoi  .  Dicono,  che  | 
anche  oggidì  si  fa  paura  a  i  fanciulli  col  '; 
suo  nortie.  La  verità  nondimeno  è,  che  a  ,\ 
lui  non  mancò  T amore  di  molti,  e  mas-  I 
simamente  dei  saggi .  Grandiose  furono  le 
di  lui  idee,  ne  io  tutte  le  ho  riferite  , 
tutte  nondimeno  animosamente  eseguite  ,  | 
ma  comperate  colle  lagrime  dei  suoi  pò-  < 
poli  ,  per  aver  egli  imposto  ,  di  nuovo  ,  j 
come  scrive  il  Cicarelli ,  più  di  trenta- 
cinque dazj  ,  e  gabelle  :  ortiche,  le  quali 
una  volta  nate,  non  si  seccano  mai  più  ; 
e  quelle  anche  rigidissimamente  riscosse  dai 
'  suoi 


A  N  K  0    MDXC.  155 

suoi  commissari.  Venali  ancora  rendè  mol- 
ci  ufizj  ,  del  che  certo  non  riportò  lode. 
A  questo  ponte€ce  vivente  avea  il  senato , 
e  popolo  romano  alzata  una  statua  con 
beila  iscrizione.  Ma  dacché  egli  cessò  di 
vivere  ,  molti  nobili  disgustati  perla  diluì 
asprezza ,  e  per  avere  levato  alcuni  ufizj  al 
senato  romano  ;  moltissimi  ancora  della 
plebe  iti  vendetta  delle  gravezze  imposte, 
si  sollevarono;  e  bene  fu,  che  s'interpo- 
nessero dei  saggi  Magnati  :  altrimenti  su 
quella  statua  si  sfogava  la  lor  collera  e 
vendetta.  Quetossi  il  tumulto;  contuttociò 
servì  questo  esempio  ,  perchè  i  romani  for- 
massero uno  stabile  decreto  di  non  alzar 
più  statue  ad  alcun  pontefice  vivente  • 
Tenipo  in  fatti  pericoloso  per  V  adula- 
zione è  la  vita  de'  principi  ;  il  giusto  giu- 
dizio del  merito  delle  persone  si  ha  da 
aspettar  dalla  morte. 

Ora  entrati  io  conclave  i  porporati  nel 
dì  15  di  settembre  elessero  con  somma  con-- 
cordia  papa  il  cardinale  Giambatista  Ca^ 
stagna  nato  in  JRoma  da  padre  genovese 
nel  L721  e  sempre  in  essa  allevato  ,  e  con- 
siderato come^romano .  Tali  virtù  ,  e  belle 
doti  d'animo,  e  d'ingegno,  e  spezialmente 
di  amorevolezza,  saviezza  ,  e  speujenza 
degli  affari  del  mondo,  concorrevano  in 
questo  personaggio,  che  si  può  dire,  eh' 
egli  entrò  papa  in  conclave  ,  e  tale  anche 
ne  uscì .  Lo  stesso  papa  Sisto ,  che  ben 
«'intendeva  del  valore  delle  persone^   più 

di 


156    Annali    d'Italia 

^i  una  volta  scherzando    diede  a  cotiosce- 
le  di  riguardar  lui,  come  suo  successore. 
Prese  egli  il  nome    di  Urbano  VII  ed  era 
ben   degno    di  lunga  vita  ,    perchè  nulla  a 
lui  mancava  di  buono  per  fare  uri  ottimo 
reggimento  .  Ordinò  tosto ,    che  niuno  dei 
parenti    suoi    prendesse    altro  maggior  ti- 
tolo di  quel  che  aveano    innanzi .  Ne   pur 
volle  promuoverne  alcuno  ai    supremi  ufì- 
zj  5  dicendo  esser  meglio  di  valersi  di  al- 
tri ,  per  potere  ,  se  fallassero ,  senza  impe-  ♦ 
dimento  del  naturale  affetto,  o  rimuover-  i 
li  ^    o    castigarli .    Fece    subito   descrivere   ! 
tutti    i    TpoVQVÌ  della  città j,  con    animò  di  ) 
esercitar  verso  di  loro  V  innata  sua  libe-  ' 
talità  ,  di  cui  appena    creato  papa,  diede  j 
un    bel    saggio  verso    i    cardinali  poveri  .  | 
Immantenente    ancora    ordinò    la    riforma  ] 
della    dateria^    e    la    continuazione    d«lle  ; 
fabbriche  di  papa  Sisto,  volendo  •  che  del  \ 
medesimo  quivi  si  ponessero    le    armi ,    e  \ 
non  già    le  sue  .  Pensava    eziandio  a  levar  ; 
le  gabelle  poste  da  papa  Sisto^  a  piovve-  ; 
dere  alla  carestia  allora  corrente,  e  ad  at-  ; 
tre  lodevoli  azioni .  Ma  che  ?    nel    secon-  . 
do  giorno  del  suo    pontificato  cominciò  a  j 
sentirsi  poco- bene  ;  sopragiunse  la  febbre,  j 
e    questa    nel    dì  27  di    settembre  il  rapi  ■ 
dalla  presente    vita  con  incredibil    dispia-  j 
cere  del  popolo  romano ,  che  per  lui  elet-  j 
to  somma    allegrezza    mostrò,  per  lui  in-: 
fermo    offerì  a  Dio  ferventi    preghiere,  e| 
lui  morto  onorò  col  pianto  quasi  d'ognuno.  : 

Con-      \ 


Anno     MDXC.  15? 

Convenne  dunque  il    sacro  collegio  pas- 
sasse aduna  nuova  elezione,  e  questa  cad- 
de dopo  molte  dispute  pel  concorso  di  al- 
tri   dignissimi    porporati^   correndo    il    dì 
quinto  di  dicembre  ,  nel  cardinale  Nicco^ 
lo  Sfondratl    nobile  milanese    chiamato    il 
cardinal    di    Cremona  ,  perchè    vescovo  di 
quella  città  ,  e  di  famiglia    anche  orionda 
di  là.  Suo  padre  fu  Francesco  già  senato- 
re   di  Milano^* e  dopo    la  morte  dì  Anna 
Visconte  sua  moglie ,  pel  suo  sapere  crea- 
to cardinale  da  Paolo  III.  Vescovo  fu  an- 
ch'egli  di  Cremona.  Era    Niccolò    suo  fi- 
glio personaggio  pieno  di  maschia    pietà  , 
dottissimo^  di  costumi  sempre  incorrotti  , 
di  somma  umiltà,  e  sì  alieno  dal    deside- 
rio della  sacra  Tiara  ,  che  trovandosi    all' 
improvviso    eletto    papa,    rivolto    ai   capi 
delle  fazioni  ;  Dio  ve  lo  perdoni  :  che  ave- 
te voi  mal  fatto?  Prese  il   nome  di  Grego- 
rio XIV.  Perchè  infermiccia  era  la  sua  sa- 
nità ,  e    abbisognava    di  persona    fedele    a 
sostenere    il    gran    peso    a  lui  addossato   , 
creò    tosto  cardinale    Paolo  suo  nipote  fi- 
glio di    un  suo  fratello,    e  di  Sigismonda 
Estense  ,  che  riuscì  un  insigne  porporato  . 
Chi  scrisse  schiantata  sotto  Sisto  V  la  raz- 
za dei  banditi^   volle  piuttosto  dire  frena- 
ta la  loro  insolenza  .  Imperocché  buona  par- 
te di  essi  si  ritirò  nei  confini  di  Napoli  , 
e  della  Toscana  ,  a  un'  altra    continuò    ad 
infestar    la    Romagna  ;  né  tuttj    gli  sforzi 
di  quel  si    temuto  pontefice    poterono  ap- 

pre- 


158       Anmali    d'Italia  | 

prestare  una  vera  medicina  al  male.  Creb-  ^ 

he  poi    questo  dopo  la  morte    di  esso  Si-  j 

sto,  e    massimamente  perchè  Alfonso  Pie-  1 

colomini  \  duca  di  monte  Marciano  ,  cadu-  \ 

to  in  disgrazia  del    gran  duca  Ferdinan-  i 

do,  e  con  grossa  taglia  sulla  sua  testa  per-  J 

seguitato  dapertutto  ,  si  fece  c^po  di  quei  ì 

masnadieri    in    Romagna  ;    ed    arrivato    a  | 

mettere    insieme  alqtiante    squadre    di    ca-  I 

valli  ,    commettea  frequenti    assassinj.  Al-  l 

trettanto    facea    Marco   Sciarra  altro  capo  \ 

di    banditi  ,  e    scellerati  in  Abbtuzzo  con  \ 
iscorrere  fino  alle  porte  di  Roma,,  bruciar 

Gasali,  ed  esigere   contribuzioni.  Unironsi  1 

poi    insieme    queste    due    esacrabili  fazio-  ? 

ni ,    ed  aumentandosi  di  giorno   in  giorno  i 

!a  loro    truppa,  incredibili   danni  recava-  \ 

noy  talmente,  ciie  il  terror  di  essi  si  sten-  ■ 

deva  ben  lunghi .  Perchè  il  Viceré  di  Na-  1 

poli  spedì  contro  di  loro  circa  quattromi-  | 

la  soldati  passarono  tutti    in  campagna  di  ì 

Roma  sul    principio  di  dicembre.    11  gran  \ 

duca  inviò  Camillo  del  Monte  con  ottocen-  • 

to  fanti  ,  e  dugento    cavalli  in  traccia    dì  ■ 

costoro.    Da  Roma   ancora    andò  Virginio  i 

Orsino  con  quattrocento  cavalli .   Fu  asse-  ; 

dìato    lo    Sciarra    coi    suoi  in  un  casale  /  j 

sopraggiunsc  il  Piccolomini    con  circa  sei-  \ 

cento  cavalli,  e    si  venne  a    battaglia  ,  in  j 

cui  ben  canto  di  quei  malvagi  uomini  fu-  j 

rono  uccisi  o    presi  .  Contuttociò  gli  altri  j 

la   notte  ebbero  la  fortuna  di  mettersi    in  | 

salvo.  Oltre  a  questo  flagello,  un  altro  di  j 

lun-  J 


Anno    MDXG.  159 

lunga  mano  maggiore  si  provò  nei  pre* 
senti  tempi  quasi  per  tutta  l'Italia,  e 
massimamente  nello  stato  della  Chiesa  , 
cioè  la  carestia  ,  per  cui  la  povera  gente 
si  ridusse  a  mangiar  erbe ,  cioè  a  pascersi 
di  un  cibo,  che  solo  basta  a  recar  la 
morte  agli  uomini .  Se  ai  tempi  nostri  o 
:on  rare  le  carestie _,  o  ad  esse  si  prov- 
vede ,  è  proceduto  questo  dalla  introdu- 
zione,  e  dilatata  coltura  del  grano  turco  ^ 
che  melgone  o  frumentone  vien  chiamata 
in  alcuni  paesi  ,  supplendo  esso  alla  man- 
canza dei  frumenti _,  e  dì  altri  grani.  Si 
applicò  tosto  il  novello  pontefice  al  soc- 
corso dei  suoi  popoli,  né  tralasciò  dili- 
genza e  spesa  per  ajutarli . 

Ma  quello,  che  maggiormente  teneva  in 
tempesta  l'animo  di  esso  papa  Gregorio  , 
era  il  lagrimevole  stato  della  Francia  ,  do- 
ve in  questo  anno  si  fece  guerra  alla  di- 
sperata fra  Arrigo  IV  re,  sostenuto  prin- 
cipalmente dagli  Ugonotti  ,  e  la  lega  dei 
Cattolici,  capo  di  cui  era  il  duca  di  Ume^ 
na  della  casa  di  Guisa.  Brevemente  ac- 
cennerò io ,  che  nel  dì  14  di  marzo  fra  i 
due  nemici  eserciti  si  venne  ad  una  gior- 
nata campale  presso  d'Ivrì,  in  cui  Arri- 
go Principe  di  singolar  valore  ,  quantun- 
que inferiore  di  forze,  diede  una  gran  rot- 
ta airUmena  con  istrage  di  non  poca  del- 
la di  lui  fanteria,  e  colla  presa  delle  ban- 
diere ,  artiglierie,  e  bagaglio.  Se  Arrigo 
era  più  sollecito  a  marciare  alla  volta  di 

Pa. 


J 

160        Annali    d'Italia  | 

Parigi  ,  fu-  creduto  che  quel  gran  popolo  ^  j 

trovandosi  sprovveduto  ,  avrebbe  capitola-  \ 

ta  la  resa.  Allorché  vi  andò,  trovò    fatti  ] 

assaissimi    preparamenti  ,    e    prese    molte  I 

precauzioni  ;  ciò  non  ostante    ne    imprese  i 

l'assedio.  La    costanza  dei    Parigini  nella  ] 

difesa     della    città    sotto    il    comando    di  ! 

Carlo  duca  di  Nemours ^  e  le  calamità  in-  'i 

credibili  da  loro  sofferte  per  T  estrema  pe-  | 

nuria  di  vettovaglia  ,  furono  cose  memora-  j 

bili,    che    empierebbono    un  lungo  campo  j 

di  storia.  Nel  qual  tempo  mancò    di  vita  ] 
in  prigione  il  cardinal  Carlo  di  Borbone  , 

vanamente     proclamato    re     dai     collegati  ^ 

Cattolici,,    e  il   duca  di    Umena  altro  ri-  ì 

piego  non  avea,  che  di   ricorrere    con  is-  \ 

pessi    corrieri  _,    e    fervorose    preghiere  al  \ 

papa  ,  e  al  re  Cattolico    per  ottenere  soc-  j 

corsi.  Non  potea    certamente    Parigi    resi-  ^ 

stere  più  lungo  tempo  ,  dacché  il   re  Arri-  [ 

go  IV  avea    occupato    qualunque    sito  alT  ; 

intorno,  per  cui  potessero   penetrar  vive-  ì 

ri  nella  città  .  Ma  vennero  a  tempo  ordi-  j 

ni    del    re    Cattolico    al    duca   Alessandro  \ 

Farnese  di  passar  colle  sue  forze  in  Fian-  \ 

dra  in  ajuto  degli    assediati  parigini.  Coa  ! 

diecimila    pedoni,  tremila    cavalli,  ed  ac-  I 

compagnamento  dì    copiosa   nobiltà  Fiam-  j 

minga    all'  improvviso    arrivò    il  generosa  ; 

duca    a    Meau    nel  dì  21    dì  agosto,    e  si  i 

unì    col  duca    di  Umena .    Non   potea  du-  ì 

rarla  più  di  quattro  giorni  Parigi  ,  quàn-  l 

do  cominciò  ad  avvicinarsi    un   si  potente  ! 

soc-  J 


Anno     MDXC.  i6i 

soccorso,  e  perciocché  il  re  Arrigo  coli* 
arer  divisa  la  sua  armata  intorno  a  quel- 
la città,  a  troppi  pericoli  restava  espo- 
sto :  neir  ultimo  del  mese  suddetto  giudi- 
cò miglior  consiglio  di  levare  il  campo  , 
e  ritirarsi.  Esibì  poscia  al  Farnese  la  bat- 
taglia, ma  questi,  che  sapeva  il  suo  me- 
stiere, e  si  trovava  inferiore  di  gente  , 
con  saggia  risposta  si  sottrasse  all'  impe- 
gno. Sttccederono  poi  alcuni  altri  fatti  di 
guerra,  che  non  importa  di  qui  riferire  . 
Ritirossi  intanto  con  parte  dell' esercito  il 
duca  Alessandro  Farnese  ,  sempre  insegui- 
to dal  re  Arrigo,  in  Fiandra,  per  accudire 
ai  bisogni  di  quel  pae&e  ,  e  prepararsi  occor- 
rendo a  tornare  in  Francia  V  anno  seguente  . 
In  questi  tempi  ancora,  sì  perproprio  inte* 
resse,  che  per  le  premure  del  re  Cattolico^ 
Carlo  Emmanuele  duca  di  Savoja  portò  la 
guerra  in  Francia  .  Essendo  stato  invitato 
dai  popoli  della  Provenza  a  prendere  la 
lor  protezione  contra  degli  Ugonotti ,  i 
quali  sotto  i  signori  di  Lesdiguieres ,  e 
della  Valletta  occupavano  molti  luoghi  in 
essa  PoDTenza  ,  e  particolarmente  nel  Del- 
finato:  s'impadronì  di  Barcelonetta  ,  di 
Frejus  ,  di  Antibo  ,  e  di  altri  luoghi  .  E 
tuttoché  in  qualche  fazione  ricevesse  del-  - 
le  percosse  dai  nemici,  e  massimamente 
verso  Genevra  ,  dove  nello  stesso  tempo 
bolliva  la  guerra  ,  pure  nel  dì  diciotto  di 
novembre  fece  la  magnifica  sua  entrata 
nella  città  di  Aix  capitale  della  Provenza, 
Tom.  XXIV;  L  ac^. 


1^2      Annali    d'Italia  • 

accolto  con  grandi  feste  _,  e  molte  benedi-| 
zioni  da  quel  popolo ,  locchè  fatto  ,  altri| 
luoghi  vennero  alla  di  lui  ubbidienza  .       ] 

Anno  di  Cristo   1591,  indizione  IV.  j 

di  I^i^ocENZo  IX >  papa   i.  1 

di  Rodolfo  II ,  imperadorc  16.        ] 

1  iù  che  mai^  e  in  maniera  disusata  sii 
provarono  nel  verno  j,  e  nei  mesi  susse--/ 
guenti  di  questo  anno  i  terribili  morsi? 
della  fame  in  Italia  ,  ed  anche  fuori  à\ 
Italia  ,  di  manierachè  non  altro  che  pian- 
ti e  grida  si  udivano  per  ogni  parte  *  I; 
duchi  di  Firenze,  Ferrara,  Urbino  ed  al-^ 
tri  principi',  e  spezialmente  la  saggia  re-^ 
pubblica  di  Venezia ,  non  perdonarono  a| 
spesa  veruna  per  tirar  grani  da  lontanis-j 
sime  contrade  j  a  fin  di  soccorrere  al  biso-j 
gno  dei  loro  popoli.  Sopra  tutto  fu  afflit-i 
ta  Koma  da  questo  flagello  per  la  suai 
gran  popolazione  ,  e  certaral?nte  non  man- 
cò il  buon  pajja  Gregorio  XIV  di  far  quan- 
to era  in  sua  mano  per  rimediarvi,  aven-, 
do  impiegato  almeno  centomila  ^udi  d' 
oro,  per  far  venire  frumenti  stranieri  ,j 
oltre  alle  pubbliche,  e  private  limosine  ,i 
che  continuamente  andò  facendo  ai  pove-j 
ri  :  I  venti  contrarj  non  lasciavano  appro-  ; 
dar  le  navi,  che  conducevano  quel  soccor-^ 
so.  A  questo  malore  si  aggiunse  una  per-^ 
niciosa  epidemia,  probabilmente  originata* 
o  dalla  mancanza,  o   dalla   mala  qualità  | 

dei     I 


Anno     MDXCI.  1^3 

ieì  cibi  ^  per  cui  gran  copia  di  gente  sor-* 
presa  da  deliquj  ,  o  da  acute  febbri^  perì  e 
£  la    mortalità    fu  sì    grande    in  Abbruz- 
zo  ,    Marca  ^    Umbria,     e    Romagna,    che 
per  mancamento  di  cki  lavorasse    i   terre- 
ni ,  la    penuria    continuò    anche    da  lì  in- 
nanzi. Per    questo  flagello,    come  raccon- 
tano   il  Ciaconio  ,  e    il  Cicarelli  ,  manca- 
rono di  vita  in  Homa  sessantamila   perso- 
ne :  locchè    quasi  non    par  credibile  .  Me- 
desimamente   in  questo  anno  più    che  mai 
infierirono    i  banditi  in   campagna    di   Ro- 
ma ,  e    in  Romagna  .    Per  conto  di  questa 
ultima  provincia  ,  mosso  dal  pontefice  Al- 
fonso duca    di    Ferrara ,    seppe  trovar    la 
maniera  di  purgarla  da  quei  tanti  masna- 
dieri,   inviando  il  conte    Enea  Montecuc- 
coli  con  assai  squadre  di  cavalli    e  fanti  , 
e  certe  carrette  conducenti  artiglierie  col- 
le loro  troniere,  le  quali   nello  spazio    di 
due  mesi  parte  uccisero  ,  parte    dissiparo- 
no quella  canaglia,  dimodocchè    rifiorì  ivi 
la  quiete,  e  si  potè    da  lì  innanzi    portar 
l'oro  in  palma    di  mano   per  quei  paesi  . 
Nel  Cesenatico  restò    anche  preso  Alfonso 
Piccolomini  gran  caporione  di  quelle    ma- 
snade,  e  condotto  a  Firenze,  quivi  trovò 
quel  fine  ,  che  conveniva    ai  meriti    suoi   . 
Non  passarono  già  con  eguale   felicità    gli 
affari  nei  contorni  di  Roma,  dove    Marco 
Sciarra  con    grosse  bande    di  quella    mala 
razza ,  imponendo    grosse    taglie    a  quanti 
ricchi,  ed  anche  vescovi,  gli  cadeano  nel- 

L'2  le 


1^4      Annali    D^TAtiA  ] 

le  mani  ^  saccheggiando  le  tene ,  bruciao-  | 
do  le  biade  mature  ,  e  commettendo  altri  ì 
msli ,  ogni  dì  più  s'ingagliardiva.  Per  re- | 
primere  costui  Onorato  Gaetano  duca  dit 
Sermoneta,  Virginio  Orsino,  Carlo  Spi- I 
nello,  venuto  con  molte  schiere  da  Napo- *^ 
li,  ed  altri  nobili  baroni,  uscirono  in  | 
campagna,  fecero  varie  zuffe,  ma  in  fine,  l 
trovando  poco  onore  e  men  profitto  con-] 
tra  di  tal  gente  brava  e  disperata,  furo- 1 
no  costretti  a  lasciare  ad  altri  l'impresa.  1 
Bastava  lo  zelo  della  religione  ,  di  cui  | 
sommamente  era  acceso  papa  Gregorio  ,  ] 
perchè  egli  tutto  s'  interessasse  nella  dife- i 
sa  dei  cattolici  di  Francia  ^  ma  vi  si  ag-  • 
giunsero  le  forti  istanze  di  FiUpiìo  II  re  i 
di  Spagna  ,  divenuto  manifesto  fautore  deli*  j 
unione,  o  sia  lega  chiamata  santa,  per  J 
motivo  anch'  egli  di  religione  ,  tuttoché  ! 
fosse  creduto,  che  altre  ragioni  di  politi- S 
ca,  e  di  profittare  per  sé  in  quelle  turbo-  ! 
lenze,  si  mischiassero  in  quel  suo  impe- ] 
gno.  Pertanto  il  pontefice  si  obbligò  di  j 
pagare  ogni  mese  alla  lega  suddetta  quin-  ^ 
dicimila  scudi  d*  oro  ;  inviò  anche  Ietterei 
fulminanti  in  Francia  contra  del  re  Arri-  ; 
go  ,  e  dei  suoi  seguaci,  le  quali,  se  ere- j 
diamo  agli  scrittori  Francesi  ,  cagionarono  i 
piuttosto  male  che  bene  ,  perché  csacerbaro-  i 
no  forte  quel  re,  in  tempo  eh'  egli  dava 
speranza  di  ricevere  istruzioni  intorno  aì-:i 
la  religione,  e  mostrava  disposizioni  favo- ^ 
revoli  al  cattolicismo.  Oltre  a  ciò  il  papa  | 

or-     ^ 


ANNO     MDXCL  1^5 

ordinò;,  che  si  assoldassero  a  sue  spese  sei 
mila  Svizzeri  ,  duemila  fanti  Italiani  ,  e 
mille  cavalli  .  Area  egli  creato  duca  di 
Montemarciano  (  giacché  quel  Feudo  nel- 
la Marca  era  stato  confiscato  per  la  ribel- 
lione di  Alfonso  Piccolomini  )  il  Conte 
Ercole  Sfrondratl  suo  nipote  ,  con  avergli 
anche  conferito  il  grado  di  generale  della 
santa  Chiesa,  ed  altri  onori.  Volle  egli., 
che  questo  suo  nipote  avesse  il  generalato 
delle  sue  milìzie  destinate  in  aiuto  della 
Francia  ;  ma  queste  si  andarono  lentamen- 
te adunando^  ed  arrivò  il  mese  di  luglio, 
che  non  erano  per  anche  partite  dallo  sta- 
to di  Milano  .  Si  mossero  in  fine  ^  e  cori 
grandi  stenti  passando  in  Lorena  ,  e  pa- 
tendo una  grave  diserzione  ,  ben  tardi 
fecero  la  loro  comparsa  in  Francia .  Dico- 
no ,  che  esso  ^  papa  spendesse  per  quella 
guerra  più,  di  un  mezzo  milione  di  scudi 
d' oro  della  camera  apostolica  ,  oltre  a 
quarantamila  altri  di  borsa  propria.  Anzi 
il  Campana  scrive  ,  essersi  fatto  conto  , 
che  nei  poco  mesi  ói  vita  di  questo  pon- 
tefice  fosse  speso  vicino  a  tremìlìonì  di 
ducati^  o  sia  scudi  d'oro  (  altri  dicono 
anche  più  )  la  maggior  parte  per  l'occa- 
sione della  carestia  j  è  delle  guerre  di 
Francia  .Aggiunge  egli  nulladimeno,  es- 
sere stata  comune  opinione,  che  dai  suoi 
ministri  fosse  in  ciò  non  ben  servito  , 
prevalendosi  eglino  del  troppo  buon  na- 
turale del  pontefice,  il  quale  non  figurava 

L  3  in 


l€6         A  N  N  A  L  r     d'  I  T  A  t  t  A 

in  altrui  le  male  qualità,  che  non  trova-  1 
va  in  se  stesso.  Volete  udirne  una  bella?  \ 
Per  attestato  del  medesimo  storico  ,  nell'  i 
ultima  malattia  del  papa  per  parecchi  gior-i 
ni  fu  egli  sostenuto  in  vita  dalla  virtù  ] 
deir  oro  macinato^  e  di  alcune  gioje,  clteVi 
gli  si  diedero  pel  valore  di  quindicimila  a 
scudi .  Convien  ben  coachiudere  ,  che  que-i 
sto  buon  papa  avesse  attorno  se  o  degli  ,i 
sciocchi  medici  j  o  dei  molto  accorti  la-^^ 
dri  .  ] 

Portossi    sul    principio     di    Igosto    deir^ 
anno    presente    a    Roma    Alfonso    duca    di;; 
Ferrara    con     seguito    di    sccento    persone| 
per  ottenere  dal  pontefice^  che  gli  compar- s 
lì  distintissimi    onori  ^  la  facoltà  di  pote-.;^ 
re  alla  sua  morte  aver  per  suo  successorei 
nel  ducato ;,    chi  a  lui  fosse  piacciuto  ,  co-i 
me  lasciò  veridicamente  scritto  Bartolomeo^ 
Dionigi  da    Fano  storico    e  non  già  Gome| 
altri    mal    informati    parlarono    di    quella aì 
faccenda.    Non  aveva  egli    figli    proprj  ,  e^ 
desideiava  la  libertà  di  eleggere  alla  suc-'^ 
cessione  uno  delle  due  linee  allora  esisten-]^ 
ti  della  casa  di  Este .    Si  trovarono  a  ciò^ 
delle    difficoltà  ;    ma    queste    si  sarebbono^i 
probabilmente    superate^    se  non  fosse  so-i 
pragiun'ta  la  morte  dello  stesso  papa  Gre-: 
gorio  XIV y  il  quale  essendo  stato  sempre, 
infermiccio  ,  finalmente    nel  di   15    di  ot-i 
tobre  fu  chiamato  da  Dio  a  miglior  vitali 
pontefice    piissimo ,  e  di    ottima  volontà  ,f 
il  cui  governo^  oltre  alla  brevità,  si  tro- 
vò 


Anno     MDXCI.  167 

vò  sempre   in    tempesta    per    le  pubbliche 
sciagure. 

•Riaperto  il  conclave  nel  dì  29  del  sud- 
detto mese  concorsero  i  voti  nei  porpora- 
ti nella  persona  di  Glanantonio  Facchinet- 
ti chiamato  il  cardinale  Santiquattro  , 
Bolognese  di  patria,  personaggio  di  speri- 
mentata bontà  5  e  di  molta  letteratura  ,  ma 
che  pet  Tetà  di  anni  73,  e  per  l'afflitta 
sua  complessione  ben  si  conosceva  di  do- 
ver essere  di  brevissima  vita,  siccome  av- 
venne.  Si  fece  egli  chiamare  Innocenzo  IX, 
Perchè  fossero  eletti  questi  tre  ultimi  pa- 
pi quai  depositi  ,  che  la  morte  in  breve 
ripeterebbe^  sarà  ciò  proceduto  da  quei 
medesimi  motivi ,  per  li  quali  si  son  fat- 
ti in  altri  tempi  altre  simili  elezioni.  In 
persona  si  portò  Vincenzo  duca  di  Man- 
tova a  Roma  a  rendere  ubbidienza  a  que- 
sto papa,  e  ne  ricevè  molte  dimostrazio- 
ni di  stima  ed  affetto .  Quale  intanto  si 
era  preveduto,  tale  si  provò  l'animo  del 
novello  pontefice,  cioè  tutto  rivolto  a  soc- 
correre Roma  e  gli  altri  stati  della  Chie- 
sa nella  grave  carestia,  che  tuttavia  face- 
va guerra  alla  povera  gente  ^  e  a  sostene- 
re la  lega  di  Francia  contra  del  re  Arri- 
go .  Delle  tante  gabelle  imposte  al  popo- 
lo romano  j  massimamente  da  papa  Sisto  ^ 
egli  immantenente  ne  levò  non  so  quan- 
te, e  compartì  ad  esso  popolo  altre  gra- 
fie .  E  perciocché  si  era  inteso .  che  passas- 
sero male  gli  affari  della  lega  suddetta    in 

L  4  Fran- 


i69     Annali    dVXt  a  l  i  a 

trancia,    le    promise    cinquantamila  scudi 

al  mese,  con  sollecitar  anche    Alessandro  <• 

duca  di.  Parma    a  recarle    ajuto.    In  som-  I 

ma,    disposizioni    in  lui  si   miravano  per  ' 

fare    un    ottimo    governo  ,    perchè  scbben  j 

pel    suo    naturale    era  tardo  nelle    risola-  \ 

zioni  5  e neir  accordar  le  grafie,  pure  riu-  \ 

scivano  poi  queste  maggiormentp    matura-  | 

te  dalla  prudenza  .  Ma  non  tardò  la  mor-  ,^ 

te  a    privar    la  cristianità    di  sì  buon    pa-  ^ 

6tore.  Nel  giorno  21  di  dÌQembre    si  ,tro-  ^ 

vò    egli  indisposto ,    e  sopragiunta  poi    la  ' 

febbre    con   flusso    nel    giorno    2^  di  esso  " 

mese,    secondo    alcuni,  rendè    l'anima  al  \ 

creatore,    o    piuttosto    nel    dì  30  secondo  ' 

altri,  per    essere    succeduta   la  sua  morte  l 

nella  notte  avvanzata ,    precedente    ad  es-  ; 

so  dì    30.  L'elezione  dunque  di  un  nuovo  i 
pontefice  fu  riserbata  all'  anno    seguente  . 

Con  varia    fortuna    continuò    ancora  in  '\ 
questo    anno    Carlo    Emmaniiele   duca     di  ; 
Savoja  la  guerra   di  là  dai  monti ,   Erano 
stati  da  gran  tempo    i  Marsiliesi  in  dub- 
bio ,    se    avessero    a    mettersi  anch' eglino  \ 
sotto    la    di  lui    protezione,    come  aveano  j 
fatto  quei  di  Aix,  e  di  altri  luoghi  della  I 
Provenza;  ma   finalmente  prevalse  il  par-  ; 
tito    di    chi  era  a    lui    favorevole.  Entrò  i 
dunque    in  essa  città   il  duca   nel  secondo  \ 
giorno  di  marzo  ,  accolto  con  gran  solen- 
nità   e    festa    da  quel    popolo  .  Ma  cotali  i 
acquisti  del  duca ,  benché    fatti  con    belle  ; 
proteste  di  sola  protezione  ,  e  non  già  di 

do. 


Anno    MDXCL  169 

dominio  ,  pur  venivano  mirati  di  mal  oc- 
chio non  solamente  dal  re  Arrigo,  ma 
anche  dalla  stessa  lega  cattolica^  temendo 
essi_,  che  il  re  di  Spagna  meditasse  di 
mettere  il  raedesirro  duca  suo  genero  sul 
trono  di  Francia  .  Fu  in  questi  tempi  pre- 
so Granoble  nel  Delfinato  dagli  Ugonotti; 
e  perciocché  il  duca  scarseggiava  di  gen- 
te, e  più  di  danaro  per  soddisfare  ai  pre- 
senti bisogni ,  e  la  Provenza  si  scansava 
dal  darne  con  allegare  la  sua  impotenza  : 
passò  il  medesimo  duca  in  Ispagna  ,  per 
implorar  soccorso  dal  re  ,  ed  impetrò  da- 
naro, pensioni  per  li  suoi  figli,  e  molti 
altri  donativi.  Tornò  poscia  in  Provenza, 
sul  principio  di  luglio  con  13  galee  cari- 
che di  fanteria  Spagnuola  .  Entrò  in  Ar- 
le$ ,  prese  altri  luoghi;  ma  a  Pontecarrate 
ebbe  una  fiera  sconfitta  dal  Lesdiguieres  ,. 
il  qual  poscia  s'impadronì  di  Barcelonet- 
ta ,  e,  diede  altìre  percosse  a  ì  Savojardi- 
In  Francia  fu  di  nuovo  in  pericolola  città 
di  Parigi  di  essere  sorpresa  dalle  armi  del 
re  Arrigo,  il  quale  nelT  anno  presente  s' 
impossessò  di  Ciartres  ,  di  Nojon  ,  e  di 
altri  luoghi.  All'incontro  la  città  di  Bor- 
deos  si  diede  alla  lega  .  Poi  verso  il  prin- 
cipio di  novembre  venne  pensiero  ad  esso 
re,  assistito  dagl'Inglesi,  dimettere  l'as- 
sedio alla  vasta  e  forte  città  di  Roano  , 
ancorché  sapesse  ,  che  gran  provvisione  di 
soldati,  vettovaglie  e  munizioni  ivi  si  tro- 
vava .    Peggio    passò    per    li  Cattolici    in 

Fian- 


170        Annali    d'Italia 

Fiandra _,  perciocché  il  Conte  Maurizio  di 
Nassau  generale  delle  provincie  unite^  os- 
sia eretiche ,  raunava  di  grandi  forze  ;  e 
il  duca  di  Parma  Alessandro  comandava 
a  soldatesche  ben  sovente  ammutinale  per  | 
la  mancanza  delle  paghe  ,  le  quali  tutto-  j 
dì  erano  promesse  dal  re  Cattolico  ,  e  i 
mai  non  si  vedeano  comparire;  oltre  di  che  | 
da  esso  re  era  egli  di  tanfo  in  tanto  pre-  1 
murosamente  incitalo  a  portar  soccorsi  al-  | 
la  lega  Francese  .  Mirabil  fu  la  prestezza  | 
del  suddetto  conte  Maurizio ,  per  cui  ven- 
nero alle  sue  mani  Vtsterlò  ,  Zutfen  ,  De-  ; 
vcnter_,  ed  altre  minori  piazze.  Una  brut-  ì 
ta  percossa  toccò  ancora  alla  cavalleria  ; 
del  Farnese^  nel  mentre  ch'egli  era  ac-  i 
campato  ad  un  forte  opposto  a  Nimega  .  ■ 
Il  peggio  fu ,  che  anche  la  stessa  Nimega  | 
per  tumulto  ivi  nato  si  rendè  c^He  armi  i 
di  esso  Maurizio  .  Con  tutto  c[i5esto  dai  Ì 
icpplicati  comandamenti  venuti,  da  Madrid  j 
fu  sforzato  il  Farnese  a  mettersi  in  ordi-  I 
ce  per  dar  soccorso  all'assediata  città  di  j 
Hoano, 


Anno 


Anno    MDXCII.  171 

Anno  di  Cristo  1592  ,  indizione  5. 
di  Clemente  Vili,  papa   i. 
di  Rodolfo  II,  imperadore   17. 

^e    mai    fu    scuola    di    scherma ,  anzi  di 
battaglie  il  pontifìcio  conclave^  certamen- 
te ciò  si  verificò  nel  tenuto  dopo  la  mor- 
te di  papa  Innocenzo  IX.  Gravi  dispute  fu- 
rono   per    r  elezione    del    successore ,    ma 
finalmente  rimasero  sopite ,  per  essersi  ac- 
cordati   i    cardinali  nel    dì  30  di  gennajo 
nelJ'  elezione  del    cardinale  Ippolito    Aldo- 
brandino ,  personaggio  di  gran  merito  per 
r  illibatezza  dei  costumi  ^  per  1' elevato  suo 
ingegna,  per  la  rara  letteratura,  e  per  la 
pratica  dei  mondani  affari  .    Era  egli  nato 
neir  anno    1535   nella    città    di  Fano^  ma 
da  padre    nobile    Fiorentino,  cioè    da  Sil- 
vestro insigne  giureconsulto,  il  cui  fratel- 
lo Giovanni  fa  cardinale.  Dopo  la  carrie- 
ra di  varj  impieghi    venne  promosso     alla 
sacra  porpora  nel   1585  da  Sisto  V,  e  spe- 
dito legato  in  Polonia  ,  quivi    accrebbe    il 
credito  della  sua  saviezza  ed  abilità  .  Crea- 
to papa ,  prese  il  nome  di  Clemente  Vili , 
rè  tardò  a  sposar  anch'  egli  ^  come  aveano 
fatto  i  suoi  predecessori ,  gì'  interessi    dei 
cattolici  in  Francia  ,    con  promettere  loro 
soccorsi    di    gente,    occorrendo   ,  e    sopra 
tutto  di  danari  ;  anzi  ordinò ,  che  quei  fe- 
deli procedessero  alla  dichiarazione  di  un 
re  Cattolico  coli' esclusione  dell'eretico  re 

di 


t/i^     Annali    d'Ital/a 
di  Na varrà  Arrigo:    cosa^,    che  alterò  non 
poco  gli  animi  di  esso  re_,  e  di  tutti  i  suoi 
partigiani^    fra   quali    si  contavano    anche 
moltissimi    cattolici  ,    ed    anche    vescovi  . 
Quindi  si    accinse  ad  una  lodevol    opera  ^ 
a  cui   non  aveano    pensato    gli    antecessori 
suoi,  ma    che  il    conciliò    di  Trento  avea 
vaccoraandato  5  cioè  alla  visita  personale  di 
tutte  le  chiese ,  monasterj  ,  colleg)  ,  speda- 
li,  e    confraternite     di    Roma  ^    a    £n    di 
emendare    ogni   abufio    e  difetto,  e  di  i^i- 
mettere  il    culto  di  Dio,  la    pulizia,  e    i 
buoni  costumi  in  qualsivoglia  di    quei  sa^ 
cri  luoghi.  Inoltre  per    implorar  le  bene- 
dizioni   di  Dio  5  istituì    in  Roma  il  corsa 
perpetuo  delle  40  ore,  con    altre   azioni  , 
che  sempre    più    confermarono    la  comune 
espettazione  del    di  lui  zelo  pel  buon  go- 
verno   pastorale    e    civile  .    E    perciocché 
continuavano    tuttavia    le  insolenze ,  e  gli 
assassini    dei    banditi    nella    campagna    di 
Roma  ,  con  tutto  vigore  anch'egli  si  appli- 
cò a  buoni  espedienti  per    liberare    i  suoi 
stati    dai    pertinaci    loro    insulti,    avendo 
spezialmense  inviato  contra  di  essi  Flami- 
nio Delfino    con    buon    numero    di  cavalli 
e  fanti,   il  quale  non  cessò  di  perseguitar- 
li,  senza  perdonare  a  chiunque  di  essigli 
capitava  alle  mani.  Questo  valentuomo  que- 
gli fu ,    che    mise   il  cervello    a  partito  2 
Marco  Sciarra    capo  di  quei    scellerati  ,  a 
Lucca  suo  fratello  ,  e  a  gli    altri    lor    se- 
guaci ,    i  quali    perciò    presero  il    partito 

di 


Anno     MDXCIL  175 

di  mutar  cielo.  Né  stette  molto  a  presen- 
tarsi  r  occasioari  Facea  gente  per  la  re- 
pubblica Veneta  il  conte  Pietro  Gabiizio  , 
e  trasse  a  quel  soldo  lo  Sciarra  con  cin- 
quecento dei  suoi ,  tutta  gente  intrepida, 
avvezza  alle  fatiche,  e  alle  schioppettate, 
e  li  condusse  di  là  dal  mare  al  servigio  di 
essa  repubblica  ,  che  allora  aveva  guerra 
con  gli  Uscocchi  ,  e  si  armava  per  ap- 
prensione dei  Turchi.  Per  questo  fatto  pre- 
se tal  fuoco  papa  Clemente,  siccome  uo- 
mo imperioso,  che  usò  minaccie  contra 
dei  Veneti,  se  non  davano  in  sua  mano 
i  capi  di  quei  masnadieri  .  Non  mancò  il 
senato  Veneto  di  spedire  apposta  amba- 
sciatore per  placarlo  ,  con  rappresentargli  , 
quanto  disdicesse  alT onore,  e  alla  buona 
fede  della  repubblica  il  sacrificar  gente  , 
che  avea  prestato  ad  essa  il  giuramento  , 
né  potea  più  nuocere  agli  stati  della 
Chiesa  ,  e  solo  potea  giovare  alla  cri- 
stianità .  A  nulla  servì  :  il  pontefice 
tenne  saldo  ,  e  bisognò  in  fine  ,  che  si 
trovasse  ripiego  per  contentarlo.  Sciarra 
fu  poscia  ucciso,  e  la  sua  gente  mandata 
in  Candia  a  combattere  colla  peste,  dove 
parte  mancò  di  vita,  e  il  resto  si  dissipò  : 
laonde  fu  creduto  ,  ma  vanamente,  che 
avesse  avuto  fine  la  tragedia  dei  bandi- 
ti .  Tal  fatto  da  Andrea  Morqsino  è  rac- 
contato air  anno  presente ,  dal  Campana  al 
seguente  . 
Erano  già  corsi  tre  mesi ,  che    il  re  di 

Na. 


174       Annali    d'Italia 

Navarra,  ossia  di    Francia   Arrigo  IV  te^ 
neva  strettamente  assediata   la  nobil  città 
di    Roano  ,    difesa  con  gran   coraggio ;,    e 
frequenti  sortite,  non  meno  da  quella  guer-  ì 
nigione  ^    che  dalla    cittadinanza.    Il  duca 
di  Parma    Alessandro  y    tuttoché  vedesse  , 
in  quanto  pericolo  restasse  la    Fiandra^  s* 
egli  1^ abbandonava,  giacché  il  conte  Mau- 
rizio di    Nassau    andava    facendo  ogni  dì  I 
nuovi  progressi  :  pure  ordini  sì  precisi  eb-  | 
be  da  Madrid,  di  recar  soccorso  alla  sud-   ; 
detta  assediata  città,  che  gli  fu  forza  ub-  \ 
bidire  .    Sul    principio    dunque    dell'  anno    ; 
mosse  verso  colà  Toste   sua,  composta  di  \ 
diecimila  fanti,    e  di  tremila  cavalli,  coi  | 
quali  si    unì  anche  la   gente    mandata  dal 
papa,    e    poscia  i   duchi    di   Umena  ^    e  di 
Guisa    colle   loro    schiere.   All'  avvicinarsi 
di    questo    esercito ,    a    cui  accresceva    il 
credito  la  maestria  e  fama  del    prode  ge- 
nerale ,  il    re  Arrigo  ,  lasciato  sotto  Roa-   \ 
no    il    maresciallo    di    Birone  ,    col    resta 
della    sua    armata    gli    andò  incontro    si-   ■ 
no   ad  limala,    dove  seguì    nel    dì  quinta   \ 
di  febbrajo  un  fatto  di  armi ,  in    cui  una   ! 
buona  percòssa  toccò  ad  esso  re  ^  che  an-   | 
che  leggermente  ferito^  non  si  recò  aver-   ì 
gogna  di  fuggire.  Negli  stessi  giorni,  us-  '| 
cito  il  Villars  comandante    delle    armi    in   ' 
Roano  ^  iìerameute  danneggiò  gli  asscdian-  ^ 
ti,  e  le  loro  trincee,  con  restarvi  lostes-  ] 
so  Birone  gravemente  ferito  in  una  gamba.  \ 
Parere   di  tutti    gli  intendenti  fu  ,   che  se  i 

il       i 


Anno  MDXCIL  17^ 
il  duca  di  Parma  passava  senza  dimora  ad 
assalire  il  campo  nemico,  allora  spaventa- 
to e  confuso  ,  siccome  egli  proponeva  ,  e 
desiderava  j  non  gli*  potea  mancar  la  vit- 
toria. Ma  l'Umena,  o  per  gara  con  lui,  o 
per  non  volere  esporre  i  suoi  a  rischio  al- 
cuno ,  ricusò  di  secondarlo.  11  perchè,  do- 
po qualche  soccorso  di  danaro  e  di  polve 
introdotto  in  Roano,  e  dopo  alcuni  altri 
piccioli  fatti  ,  il  Farnese  si  allontanò  da 
quelle  parti .  Era  già  venuto  il  mese  di 
aprile  ,  e  più  che  mai  stretto  si  trovava 
Roano  dalle  forze  del  re  Arrigo  ^  quando 
il  Villars  fece  intendere  al  Farnese  ,  e  all' 
Umena,  che  se  in  termine  di  pochi  gior- 
ni non  era  sovvenuto  ,  tratterebbe  della 
resa  col  re.  Fu  risoluto  allora  di  marcia- 
re a  quella  volta  ;  ma  Arrigo  prima  del 
loro  arrivo  levò  il  campo,  e  si  ritirò  . 
Voleva  inseguirlo  il  Farnese ,  e  di  nuovo 
trovò  r  Umena  di  contrario  parere  •  Re- 
stò intanto  libera  la  città  di  Roano  ^  se 
non  che  per  aprire  il  passo  alle  vettova- 
glie convenne  prendere  Caudebec,  sotto  la 
qual  piazza  fu  malamente  ferito  il  Farne- 
se in  un  braccio  .  Seguirono  poi  varie  al- 
tre fazioni  di  guerra;  e  perchè  molto  su- 
periore di  gente  era  l'esercito  del  re^  fe- 
ce il  Farnese  da  gran  maestro  di  guerra 
una  mirabile  ritirata  di  là  dalla  Senna. 

Si  prevalse  in  questi  tempi  della  lonta- 
nanza del  duca  di  Parma  e  delle  sue  gen- 
ti, il    conte   Maurizio  di   Nassau  generale 

del- 


176  A  N  N  A  L  I      d'  I  T  A  H  A  i 

^elle  Provincie  unite  .  Formò  V  assedio  di  i 
Steenvich  ,  che  dopo  una  gagliarda  difesa  j 
venne  alla  sua  ubbidienza  .  Altrettanto  fé-  i 
ce  Coverdir  con  altri  luoghi .  Ma  il  più  ; 
Terribil  colpo,  che  potesse  avvenire  agli] 
affari  del  re  di  Spagna  "in  Fiandra  ,  fu  ] 
la  morte  di  Alessandro  Farnese,  Per  le  1 
tante  fatiche  da  lui  sofferte  in  guerra  1 
aveva  egli  contratta  una  lenta  infermità  ,  J 
a  cui  si  aggiunse  la  grave  ferita  dell'  an- ] 
no  presente  da  lui  riportata  ^  per  cui  \ 
nulla  potè  più  operar  di  rilevante  nel  re-  ì 
sto  dell'anno.  Ritiratosi  in  Fiandra^  e 
sempre  più  sentendosi  venir  meno,  tutto-  1 
che  noi  volesse  mai  confessare  o  per  Tin-  \ 
nato  suo  coraggio,  o  per  la  vanità  comu-  \ 
ne  ad  altri  principi  ed  eroi  _,  di  voler  che  4 
prima  si  sappia  la  lor  morte  ,  che  la 
lor  malattia  ;  finalmente  in  età  di  soli 
quarantasette  ^nni  fini  di  vivere  nella 
Città  d  Arras  (  e  non  già  di  Anversa  ,  \ 
come  alcuni  lasciarono  scritto  )  nel  dì  t 
2  di  dicembre  .  Gran  capitano  in  vero  ^  j 
per  valermi  delle  parole  del  cardinal  Ben-  j 
ti  voglio  e  di  nome  sì  chiaro  senza  alcun  ] 
dubbio j  che  la  sua  fama  può  collocarlo  | 
tra  l  più  celebri  delV  antichità  ,  e  farne  \ 
in  modo  riverir  la  memoria  all'  età  pre- 
sente ,  che  ne  abbiano  a  restar  con  ammi-  j 
razione  ancora  i  posteri  in  tutto  il  corso  i 
delle  future  .  Fu  compianta  da  tutti  i  cat- 
tolici la  morte  di  questo  eroe ,  e  massi- 
mamente in  Roma,  dove  quel  popolo  ri- 
pa- 


Anno  MDXCII. 
putò  sempre  sua  gran  gloria  V  averlo 
concittadino,  e  il  giudicò  per  non  infer. 
re  agli  antichi  Fabj  e  Scipioni .  Infatti  i. 
senato  romano,  non  contento  di  avere  ono- 
rata nell'anno  segnante  la  di  lui  memoria 
con  solenni  esequie  nella  chiesa  di  Arace- 
li, fece  anche  fabbricar  la  sua  statua  da 
dotto  artefice,  e  collocarla  nel  campido- 
glio .  Lasciò  dopo  di  se  questo  famoso 
principe  due  figli  ,  cioè  Odoardo ,  creato 
cardinale  nel  precedente  anno  da  papa  Gre- 
gorio XIV,  e  Ranuccio  suo  primogenito, 
che  a  lui  succedette  nel  ducato  di  Parma 
€  Piacenza  .  Si  trovava  egli  allora  in  Fian- 
dra con  aver  già  dati  segni  di  gran  valore 
nel  comando  delle  armi  ,  siccome  Luogo- 
tenente del  padre  infermo  nelle  azioni  di 
guerra  dell' anno  presente  .  Fece  quel  prin- 
cipe dipoi  trasferire  a  Parma  Tossa  del 
genitore,  e  celebrar  suntuoso  funerale  pel 
riposo  dell'anima  sua. 

Al  valore  di  Carlo  Ertimanueh  duca  di 
Savoja,  che  guerreggiava  in  Provenza  ,  fu  in 
questo  anno  ancora  parte  avversa  ,  e  parie 
propizia  la  fortuna.  Riuscì  al  Lesdiguieres 
generale  del  re  Arrigo  di  entrare  per  tradi- 
mento nella  città  di  Antibo  ,  dove  oltre  al 
sacco  furono  commesse  tutte  le  maggiori  ini- 
quità .  Rinforzato  che  fu  il  duca  di  gente  an- 
dò a  mettere  l'assedio  a  quella  città,  e  la 
ricuperò.  Intanto  il  duca  di  Nemours  ,  uno 
della  lega  cattolica  ,  con  ajuti  ricevuti  dal 
re  di  Spagna  sopragiunse  in  quelle  pa  ti  5 
Tom.  XXIV.  M  ed 


178      Annali    d'Italia 

ed  ebbe  la  sorte  eli  prendere  la  città  di 
Vienna,  san  Marcellino,  ed  Eschelles  ;  Ma 
ìnentre  si  fa  guerra  in  Provenza ,  e  in 
Delfìnato  ,  ecco  che  Lesdiguieres  s'impa- 
dronisce dei  castelli  di  Ozasco^  Ferusa  ^ 
di  Cavours^  e  di  altri  luoghi  :  locchè  ob- 
bligò il  duca  a  tornare  di  qua  dai  monti 
per  opporsi  a  maggiori  concquistc  ;  e  però 
il  duca  di  Espernon  altro  generale  del  re 
Arrigo  potè  con.  facilità  ritorgli  di  nunvo 
la  città  di  Antibo.  Seguirouo  ancora  va  - 
rie  scaramuccie  ,  che  non  importa  riferire. 
In  grande  apprensione  si  trovò  nelT  anno 
presente  la  repubblica  di  Venezia  ,  e  seco 
l'Italia  per  la  guerra  mossa  in  Croazia 
dai  Turchi  contro  la  casa  di  Austria  , 
avendo  quei  barbari  occupati  varj  luoghi 
in  quelle  contrade  .  Ricorse  V  Augusto. 
Rodolfo  per  questo  al  papa  ,  giacché  il  se- 
nato Veneto  non  si  sentiva  voglia  di  rom- 
per la  pace  colla  Porta  ;  e  non  lasciò  il  | 
pontefice  di  promettergli  ajuti  per  difesa 
di  quella  cristianità.  Intanto  dai  vescovi 
di  Francia  fu  spedito  il  cardinal  Gondl 
per  informare  esso  papa  della  vera  situa- 
zione degli  affari  della  Francia  ;  ma  giun- 
to egli  in  Toscana,  ricevè  ordine  da  Ro- 
ma di  non  passar  oltre  per  essere  consi- 
derato come  fautore  di  un  re  eretico  ,  e 
relapso.  Gran  fatica  si  trovò  per  superar 
gH  ostacoli,  e  per  ottenere,  siccome  poi 
avvenne,  che  potesse  finalmente  giugnere 
a  Roma. 

Anca 


ANNO    MDXCIII.         I7S 

iltìao  di  Cristo  1593,  indizione  VI. 
^    di  Clemente  Vili,  papa  2. 
di  Rodolfo  II ,  imperadore   18» 

Auvono  questo  anno  in  unai  gran  crisi   le 
turbolenze  della  Francia.  In  Parigi  per  gì' 
impulsi  del  pontefice  e  del  re  Filippo  dì  Spa- 
gna fu  pubblicato  un  editto,  per  cui  s'in- 
vitavano al  parlamento  generale  del  regno 
tìon  solamente  tutti  gli  aderenti    della  le- 
ga, ma  i  cattolici,  ancora,  che  seguitava- 
no il  partito  del  re  Arrigo  IV»  Lasciò  es- 
so re    guidarsi  dal    consiglio   dei  Savj  ,    e 
permise  che    si  venisse  ad  una  confetenza; 
fra  i    suoi,  e  quei  della  lega.  Nello  stes- 
so tempo  il  conte  Gasparo    Scoraberg  Te- 
desco ,  facendogli  sempre    più    conoscere  , 
che  la  via  propria  di  conseguir  la  Corona 
t  di  quietar  tanti  sconvolgimenti ,  era  quel- 
la di  tornar  di  nuovo  all'abbandonata  re- 
ligione Cattolica  :  il  mosse    ad    informarsi 
dai  Calvinisti  stessi  ,  se  i  Cattolici  si  pos- 
sano   salvare    nella    religion    che  professa- 
no •    Noi    poterona  coloro  negare .    Simil- 
mente riflettendo  egli  ,  che  secondo  la  senf- 
tenza  dei  Cattolici  non    possono  sperar    I' 
eterna    salute    i    professori    della    eresia   : 
poco  stette  a  conchiudere  ,  che  la    più  si- 
cura ,  anzi  l'unica  via  di  appagar  la  pro- 
pria coscienza ,  era   V  abbracciare    la  reli- 
gione   cattolica  romana .  E    però  commise 
ai  suoi  delegati  di  protestare,  ch'egli  era 

M  2  pron- 


i8o       Annali    d^Ìt  kit  k  ^ 

pronto  a  farsi    istruire  in  essa  religione  .  ^ 
Portata  questa  dichiarazione  ai  congresso^  | 
riempiè  di  giubilo  chiunque  altra  mira  non  | 
avea  in    quelle    discordie ,  se    non  la  con- 1 
servazione  della  fede  Cattolica  nella  Fran-  ì 
eia.  Ma  a  chi  sotto  l'ombra  della  religio-  ^ 
ne  covava  degli   altri  segreti    disegni,  di-  | 
spiacque  assaissimo.  Al  duca  di    Umena  ,  1 
siccome  capo  della  lega    premeva  forte  di  j 
conservar  la  sua  autorità  e  il  comando  del-  1 
]e  armi .  Venne  anche  a  scoprirsi ,  tendere  | 
le  inten'zioni  del  re  Cattolico  a  far  dichiari 
rare  regina  4i  Francia  V  infanta  Chiara  Eu^  I 
genia  sua  figlia  ,  a  cui    poscia    si  darebbe  | 
per  marito  V  Arciduca  Ernesto  (rateilo  òeW 
jmperadore ,    o   pure    alcuno    dei    principi 
della    casa    di  Lorena .    Ma   perciocché    il 
duca  di  Feria  ambasciadore  di  esso  re  Fi- 
lippo  propose    per    re  il  duca    di  Guisa  , 
rumena  anch' egli    pretendente,    trovò    il 
ripiego  di  disturbar  V  affare  con  proporre 
la  necessità  di   accettar. la  tregua  preposta 
dal  re  Arrigo  *  Intanto  esso  re  con  ascol- 
tar più  fiate  alcuni  dotti  e  zelanti  prelati 
Cattolici,  che  gli  spiegarono  le  controver- 
sie teologiche  ,  e  gli  levarono  di  capo  ogni 
diflicoltà  e  scrupolo  intorno  alla  religione, 
fra  i  quali  spezialmente  si  distinse  il  cele- 
bre Jacopo  Davy  di    Perrona  ,   che  fu  poi 
cardinale:    si    dichiarò    pronto  a   rifar    di 
buon  cuore  la  profession  della  fede  Cattoli- 
ca .  Divolgato  questo  suo  pensiero^    e  che    ; 
il  cardinal  di  Borbone^  e  ^rj  vescovi  me*.   | 

dita-        I 


Anno    MDXCIIÌ.         i§ì 
aitavano  di  accettar  la  sua  abjurà,  e  di  dar^ 
gli  1^  assoluzione  ,    avrebbe  ognun  creduto 
che  avesse  da  esultarne  il  legato  apostolico 
Filipyo  Sega^  appellato  il  cardinal  Piacen- 
tino. Tutto  il  contrario  avvenne.  Pub&li- 
co  egli  un  edito  contenente ,    che  per  éS* 
sere  Arrigo  eretico  relapso,  il  solo  toriia- 
no    pontefice    potea    conoscere    e  giudicar 
della  sua  cauàa ,  con  dichiarar  nullo  tutto 
quanto  in  ciò  operassero  i  prelati  France- 
si. E  nello  stesso  tempo  risonavano  i  pul- 
piti   centra   dello  stesso    Arrigo ,   quasiché 
la  proposta  conversione  sua  fosse  figlia  del 
solo  interesse  ,  e  una  finzione  per  procac- 
ciarsi la  corona,  e  poi  tradir  lare^^gione. 
Ciò    non    ostante   nel  dì    25  di  luglio  , 
festa  di  san  Jacopo  maggiore,  il    re  Arrin- 
go nella    chiesa    del  monistero   di    s.  Dio- 
nigi presso  Parigi    alla  presenza    del  sud- 
detto cardinale  ,  e  di  molti  vescovi  ,  abjù- 
rò  pubblicamente  V  eresia  ,  professò  la  fe- 
de Cattolica,  ricevette    l' assoluzion    dalle 
scomuniche,  e  fotta  poi  la  segreta  confes- 
sion  dei  suoi  peccati ,  ne  fu  parimente  as- 
soluto ,  cori  restar  coronata  quella    funzio- 
ne da  un  solenne  Te  Deum .  Seguì    poi  la 
tregua    per  cui    cessarono    le  guerre  ,  e  il 
re  nonjasciò  di  spedire    Lodovica  Gonza' 
ga  duca  di  Nevers    in    Italia  ,    e  il  vesco- 
vo del  3Ianso  per  suoi  ambasciatori  al  pa- 
pa ,  affine  di  notificargli  la  sua  riconcilia- 
Zion    colla  Chiesa  :    nel  qùal   tempo  anche 
il  duca  di  Umena  spedì  a  Roma  il  cardi-' 

M  3  nal 


t'bi      Annali    dM^  a  1 1  a 

nal  di  Glojosa    per    trattenere    il  pontefice 
tda    accomodamento    alcuno.     Infatti     Clc-^ 
mente  Vili  che  navigava  allora    coi    venti 
di  Spagna  ,  sulle  prime    fece  intendere   al 
duca  di  Ncvers  d-i  non  poterlo  ammettere 
in  Roma,  come  ambasciatore  di    Arrigo  * 
Poscia  «i  contentò,  che  venisse  in  Roma  , 
ma  con  prescrivergli  di  fermarsi    non  più 
di  dieci  giorni ,  e  di  non  trattare  con  alcu- 
no dei  cardinali  per  conto    degli  affari  di 
Francia.  Entrò    egli  in  Roma    nel  dicem^ 
bre  come  incognito  j  parlò    vivamente  col 
papa   del  re  ;    ma    ne  le   sue    ragioni  ,  né 
una  lettera  piena  di  divote  espressioni  del 
re,  ne    un    bel    memoriale  di  esso  duca  > 
poterono  punto  smuovere    il   papa.  E  per- 
ciocché   non    mancavano    molti  cardinali  ^ 
di  dolersi  ^    che  il  pontefice    lavorasse  qui 
di  sua    testa  ,  né    gli    ammettesse    a  parte 
di    un    negozio    di    tanta    importanza    per 
la    Chiesa    di  Dio:    egli  in    un  concistoro 
risentitamente  parlò,  dicendo  di  essere  ri- 
soluto di  non  approvar  quel  fatto  :  contro 
la  (jual  deliberazione  (scrive  Cesare  Cam- 
pana )    se    per   innanzi    alcuno    osasse   d 
dir    parola  >     egli    era    per  farn  rigorosa 
dimostrazione  .  In  tale  stato   rimasero  per 
questo  anno  gl'imbrogli  della  Francia ,  con 
aver    nulladimeno   il  re  pubblicato   nel  dì 
27  di  dicembre  un  proclama,  in  cui  face 
va  sapere    ad    ognuno  la  sincera  sua  riu- 
tiione  colla  fede  e    chiesa  Cattolica,  e    la 
spedizione  fatta    a  Roma  del  duca   di  N«- 

vers 


Anno    MDXCIII.  ^         185 
vers  per  riconoscer  il  papa,  e  il  vivo  suo 
desiderio    della    pace,    esortando  i  popoli 
all'ubbidienza,    e   ad    abbandonare  i  per- 
turbatori delia  pubblica  quiete  . 

Per  ordine  del  re  Cattolico  era  passato 
nel  presente  anno  dalla  Fiandra  in  Fran- 
cia con  seimila  fanti  e  mille  cavalli  il 
conte  Carlo  di  Mansfeld,  figlio  del  con- 
te Pietro  Ernesto  ,  cioè  di  chi  prò  inte- 
rim governava  allora  le  provincie  cattoli- 
che fiamminghe  ,  Unito  egli  col  duca  di 
Umena  s'  impadronì  della  città  di  Nojon  , 
e  di  altri  luoghi  in  Piccardia  ,  finché  la 
tregua  suddetta  fece  posar  le  armi  per  tut- 
ta la  Francia  .  Rimasta  assai  sguernita  di 
forze  la  Fiandra ,  il  conte  Maurizio  di 
Nassau  generale  delle  provincie  unite  seppe 
ben  profittarne.  Imprese  T assedio  di  Ger- 
trudemberga ,  ed  avendo  tentato  in  vano 
il  vecchio  conte  di  Mansfeld  di  rimuover- 
lo di  là,  costrinse  quella  piazza  alla  resa. 
Impossessossi  dipoi  di  altri  luoghi  di  no- 
me oscuro.  Nei  quali  tempi  una  sopra  mo- 
do fiera  tempesta  di  mare  danni  immensi 
recò  alla  Ollanda  ,  dicendosi  ,  che  restas- 
sero preda  dell'  Oceano  circa  cento  e  qua- 
ranta navi  ,  cariche  di  varie  merci .  Né 
pure  cessò  in  questo  anno  Carlo  Emma- 
miele  duca  di  Savoja  di  far  guerra  in  Pie- 
monte ,  dove  per  assicurare  il  passo  della 
Savoja  e  di  Susa  ,  prese  per  forza  il  ca- 
stello di  Exiles ,  e  il  forte  di  Miradolo 
fabbricato  da  Lesdiguieres  :  azioni  fatte  ^, 

M  L\  vi- 


184      Annali    d'Italia  \ 

Vista  del  nemico  ,  il   quale ^    non    osò  mai   ì 
Si  opporsi .  Fabbricò  ancora  un  forte  nella  \ 
Valle  di  Perusa ,  e  ricuperò    il    castello  di  ; 
Luserna  ,    e  la  terra    di  Cavours  ,  ma  non  ; 
già  la    Rocca.    In    Croazia  ancora,    ed  in  \ 
Ungheria   fecero  guerra  i  Turchi   ali'  impe^  ' 
radore  Rodolfo^    e  ne  riportarono    in  varj  \ 
incontri    delle  buone  busse  *  La   vicinanza  | 
di  quei    rumori  _,    e    il    sospetto  ,    eh'  essi  \ 
Turchi^  benché  durasse  la   pace  ,    potesse-. 
ro    far    qualche    scorreria  nella    patria  del| 
Friuli,  fece  prendere  ai  signori  Veneziani? 
la  saggia  risoluzione  di  fabbricar  di  pian- 
ta una  città  ,  che  insieme   fosse    fortezza 
Fu  dunque  scelto  im  silo  ai    confini    degli 
stati  Austriaci^  lungi  dieciniiglia  da  Udi- 
ne,   e    due    da    Strasoldo ,    ed  ivi    fabbri- 
cata   una    mirabii    ampia    fortezza,  a  cui 
fu  posto  il  nome  di  Palma  nuova,  grande 
antemurale  del  Friuli,    e  dell' Italia.  Non 
andarono  esenti,  in  questo  anno  dalle  inso* 
lenze    dei    Turchi     le    spiagge    della    Sici- 
lia e  del  regno  di   Napoli ,  perchè  sbarca- 
ti quei   barbari  predarono  migliaja  di  ani- 
me cristiane  arsero  anche  molti    villaggi  , 
e  qualche  terra  grossa   in  quelle  parti   non 
trovandosi  più   nel   Mediterraneo,    eccetto- 
che  i    cavalieri    di   Malta  >    chi  pensasse  a 
reprimere    l'orgoglio    loro.    Accade  anche 
in  Palermo    V  incendio    di    quel    castello, 
essendosi  attaccato  il   fuoco    al  magazzino 
della  polve^  che  saltò  in  aria  con  grande 
squarcio  nelle  altre  fabbriche,  ecollamor- 

tc 


^A  N  N  o    MDXCIIL  18^ 

te  di  circa  trecento  persone  :  disgrazia  ^ 
a  cui  facilmente  son  sottoposte  le  fortez- 
ze, allorché  succedono  temporali  nell'aria 
perchè  siccome  per  Ja  fermentazione  dei 
nitri ,  e  di  altre  esalazioni  si  accendono 
i  lampi  e  le  folgori  nelle  nuvole,  così  an- 
che presso  alla  terra  fermentandosi  i  nitri, 
e  spezialmente  i  raunati  nei  conservatorj 
della  polve  da  artiglieria,  e  concependo 
il  fuoco,  cagionano  dippoi  grandi  ester- 
minj .  Noi  questi  incendj  attribuiamo  a  ful- 
mini scendenti  dalle  nuvole;  ma  natural- 
mente succede  anche  nel  basso,  ciò  che 
noi  sì  lovente  miriamo  nella  ragion  dell© 
nubi . 

/ 

Anno  di  Cristo  159A,  indizione  VII, 
di  Clemente  VIII^  papa  3. 
di  Rodolfo  II,  imperadore  19. 

vJran  niateria  di  discorsi  somministrò  in 
questo  anno  ai  politici  la  renitenza  ed  in- 
flessibilità di  papa  Clemente  ad  accettare 
in  seno  della  Chiesa  il  convertito  re  Ar^ 
rigo  IV,  Per  quante  ragioni  sapesse  ad- 
durre il  duca  di  Nevers  ,  non  gli  fu  pos- 
sibile di  smuovere  punto  T  animo  di  esso 
pontefice j  cioè  di  chi  non  voleva  consi- 
glio se  non  da  se  stesso  j  anzi  fu  come 
forzato  a  partirsi  di  Roma  ;  locchè  eseguì 
egli  con  protestare  ,  che  di  tutti  i  disor- 
dini ,  che  potessero  da  lì  innanzi  avveni- 
re   in  Francia ,    si   rifonderebbe    la  colpa 

so- 


i8^  Annali  d' Italia 
sopra  si  duro  pontefice  •  Parea  bene  avere 
Clemente  dei  giusti  motivi  di  procrastina- 
re in  questo  negozio  ,  sì  per  conservare  V 
autorità  della  Santa  Sede,  ch'egli  chiama- 
va lesa  dai  prelati  di  Francia,  coir  aver 
eglino  senza  di  lui  assoluto  il  re  Arrigo; 
sì  ancora  per  non  lasciar  esposti  alla  ven- 
detta di  esso  re  quei  principi  e  popoli  del- 
ia lega  ,  la  resistenza  dei  quali  avea  for- 
zato Arrigo  a  meglio  pensare  alla  elezioa 
della  religione  ;  e  finalmente  per  assicu- 
rarsi ,  che  sincera  ^  e  non  dolosa  fosse  la 
conversione  di  esso  re.  Ma  non  si  sapeva 
intendere  né  in  Roma  ,  ne  altrove ,  per- 
chè un  pontefice  ,  obbligato  ad  essere  pa- 
dre comune  ,  e  clemente  più  di  fatti  che 
di  nome  ,  non  ammettesse  temperamenti  e 
trattati  di  salvar  la  sua  dignità  ,  di  con- 
ciliar !a  lega  col  re  ,  e  di  ben  assicurarsi 
del  cuore  di  Arrigo .  Baccio  arguivano 
poi ,  che  non  il  solo  interesse  della  reli- 
gione,  ma  altri  ingredienti  di  umana  po- 
litica^ intorbidassero  la  sospirata  union 
della  Francia .  E  che  sarebbe  poi  succedu- 
to ,  se  i  prelati  di  Francia,  che  in  addie- 
tro aveano  proposto  di  creare  un  patriar- 
ca ,  irritati  maggiormente  ora  dalle  di  lui 
durezze  5  avvessero  eseguito  un  sì  fatto 
progetto?  Il  bello  fu,  che  al  dispetto  de- 
gli sforzi  del  cardinal  legato  in  Francia  , 
e  delle  declamazioni  dei  frati  ,  cominciò 
appocco  appoco  a  sciogliersi  la  lega  santa 
ia  quel  regno.  Imperciocché    sul  principio 

di 


Anno     MDXCIV.  iS? 

iì  questo  anno  la  città  di  Meaux  riconob- 
be per  suo  legittimo  re  Arrigo.  Il  popolo 
di  Parigi  anch'  egli  rei  di  12  di  gennajo 
fece  della  riorità  ;,  privando  il  duca  di 
Umena  del  titolo  di  luogotenente  del  re- 
gno ,  con  ordinargli  ancora  di  licenziare  ì 
presidiar;  spagnuoli .  Le  città  di  Aix  in 
Provenza,  Lione,  Orleans  ,  ed  altre  ven- 
nero air  ubbidienza  del  re.  Né  credendosi 
necessaria  in  Kems  la  coronazione  sua  ,  fu 
questa  fatta  nel  dì  27  di  febbrajo  in  Sciar- 
tres  con  gran  solennità .  Locchè  fatto  , 
nel  giorno  22  di  roavzo  ,  concertato  pri- 
ma segretamenfe  P  affare  col  signore  di 
Brissac  ,  il  re  Arrigo  pacificamente  entrò 
nella  città  di  Parigi,  e  però  ne  partirono 
senza  offesa  gli  spagnuoli  e  fiamminghi  • 
E  perchè  il  cardinal  Sega  legato ,  benché 
rispettato  dal  re  ,  anzi  invitato  con  tut£o 
onore  ,  più  che  mai  si  mostrò  alieno  dal 
re  ,  in  esecuzione  delle  istruzioni  di  Ro* 
ma  ,  fu  accompagnato  a  Montargis  da  fa* 
€npo  di  Ferrona  insigne  vescovo  e  lettera- 
to, che  poi  conseguì  il  cappello  cardinali- 
zio, U  esempio  di  Parigi  si  trasse  poi 
dietro  molte  altre  città,  e  il  duca  di  Gui- 
sa si  riconciliò  col  re  .  Colle  armi  ancora 
furono  sottomesse  la  Ciapella  piazza  for-. 
te  j  e  Nojone.  Se  questi  (elici  progre&sì  di 
Arrigo  piacessero  al  papa^  e  al  re  Catto- 
lico ,  non  occorre  che  io  lo  dica  . 

Ora  avvenne  un  caso  in  Parigi,  per  cui 
gran  rumore  e  diceria  insorse .    Trovavasi 

quel 


l88  Annali  d'Italia 
quel  re  nella  sua  camera  nel  dì  27  di  decem-* 
bre,  colà  appena  arrivato  da  san  Germa- 
no, quando  uno  scellerato  giovane  Parigi- 
no di  anni  18  per  nome  Giovanni  Castel- 
io,  cacciandosi  per  la  folla  dei  cortigiani , 
e  a  lui  appressatosi,  gii  tirò  una  coltella- 
ta ,  chi  dice  verso  la  gola  ,  chi  verso  il 
ventre  :  ma  essendosi  accidentalmente  chi*  I 
nato  il  re,  il  colpo  altro  non  fece,  che  ! 
tagliargli  un  labro ,  e  cavargli  un  dente  ,  I 
Preso  costui ,  confessò  di  aver  commesso  t 
il  delitto,  credendo  di  acquistar  merito 
presso  Dio,  avendo  massimamente  inteso^  i 
ch'era  lecito  il  levar  la  vita  ad  un  ti-  \ 
ranno .  Perchè  disse  di  avere  studiato  sot-  ! 
to  i  padri  gesuiti ,  e  furono  dipoi  trovati  | 
in  camera  del  p.  Giovanni  Guignardo  sa-  ; 
cerdote  della  compagnia  ,  alcuni  scritti  ] 
contra  del  re  ,  composti  allorché  era  nel  , 
suo  maggior  bollore  la  lega  :  ciò  bastò  ,  ; 
perchè  uscisse  un  editto ,  promosso  da  chi  j 
per  altri  precedenti  motivi  ,  mirava  di  ] 
mal  occhio  i  gesuiti,  in  cui  fu  ordinato  ,  i 
eh'  essi  tutti  sotto  varie  pene  uscissero  del  j 
regno:  sentenza  creduta  ingiusta  dai  saggi ,  j 
perchè  a  eagion  del  delitto  di  un  solo,  odi  ] 
alcuni  pochi,  si  veniva  a  punire  tutta  una  i 
grande  università,  benemerita  per  varj  ti-  i 
toli  della  religione  e  del  pubblico .  Ancor-  1 
che  prosperassero  cotanto  gli  affari  del  re  j 
Arrigo  ,  pure  Filippo  re  di  Spagna  non  j 
ritirava  le  sue  milizie  dalla  Francia,  e  | 
continuava  la  guerra  io  Bretagna  per  mez-  j 

ao      i 


Anno    MDXCIV.        189 
^0  del  duca  di  Mercurio,    e  nel  Delfinato 
e  Provenza  colle    armi  de!  duca    di  Savo- 
ja  ,  e  dello  stato  di  Milano  ,  Fece  esso  du» 
ca  r  assedio    di  Bricheràs ,    e    quantunque 
Lesdiguier^'s    avesse    fatto  il  possibihe    per 
ben  fortificare    quella    terra  e    la  sua  roc- 
ca ,  e    costasse   l'impresa    più    di  un  san- 
guinoso   assalto ,    pure    se    ne  imp.^dronì  . 
Riacquistò  ancora  il  forte  di  san  Benedet- 
to, ed  ebbe  il  contento    di  veder  t<^rnare 
alla  sua  divozione  tre  delle    valli     abitate 
dagli    eretici  Valdesi,    cioè  Luserna,,   An- 
grogna    e    Perusa  .  In  Fiandra,  al  cui  go- 
verno entrò  in  questo  anno  V  arciduca  Er- 
nesto ,  non  succederono  fatti  di  gran  con* 
seguenza  ,    se    non  che  Groninga  assediata 
dal  conte  Maurizio  di  Nassau  fu    obbliga- 
ta a    rendersi  .    Seguì    eziandio    in    quelle 
parti     un    pertinace    ammutinamento    dei 
soldati   Italiani,  e  poi  degli  Spagnuoli  per 
mancanze    delle    paghe,"    cosa    tante    altre 
volte    accaduta ,    e    sempre    con  discredito 
della  monarchia    di  Spagna  ,  la    qual  pure 
tanto     ricchezze     continuamente     riUsgeva 
dalle  indie  Orientali  ed  Occidentali  , giac- 
ché il  re  allora  comandava  anche  al  regno 
di    Portogallo.    In    Ungheria    sì,    e    nella 
Croazia  furono  molti  fatti  di  armi  fra  gli 
eserciti    dell'  imperadore    e    dei    Turchi  . 
Acquistarono  1  cristiani    Novigrado  ed  al- 
tri  luoghi^  ma    che  non  compensarono    la 
perdita  dell'importante  fortezza  di  Giava- 
rinOj    che    dopo  un  ostinato    assedio  fatto 

dai 


i^o       Annali  d'Itaiia 

dai    Musiilmani ,    fu    loro    ceduto    da  qud 
comandante  ,     senza     aspettare     il    vicino 
soccorso  «  Provò  in  questo  anno   ancora  la 
povera  Italia  gì' insulti  della  crudeltà  tur- 
chesca.    Sul    principio    di    settembre  com- 
parve   verso  Reggio    di  Calabria    il  Bassa 
Sinan ,    ossia  Assane  Cicala,    rinégato  ap- 
punto Calabrese  ,  ed  ammiraglio  turchesco 
eoa  una  flotta  di  ben  cento  legni  ;  e  sbar- 
cata la  gente  sua,  perchè  il  popolo  col  lo- 
ro meglio  si  era  ritirato  entro  terra,  per 
rabbia    di  non   aver    colpita  la   preda _,    se 
ne  vendicò  col  fuoco  ,  incendiando    quella    j 
tante  volte  incendiata  o  rovinata  città  ,  e    l 
tagliando    quanto    vi    era    di   fruttifero  in    t 
quei    contorni.    Altrettanto    poi    fecero  a    ' 
varj  villaggj  e  terre  murate  di    quella  ri-    i 
viera ,  con  danno  di  centinaia   di    migliaja    \ 
di    scudi    per    quegF  infelici    abitanti  .  Nel    ] 
di  5  di  agosto   in  Mantova  cessò  di  vivere    { 
Leonora    di    Austria    figlia    di    Ferdinan- 
do I  imperadore  ,  e  già  moglie  di  Guglielmo    \ 
duca  di  Mantova.,  principessa    di  singoiar    ' 
bontà  di  costumi ,  e  di  una  vita  sì  religio-    \ 
sa,  che  era  per  così  dire  adorata  da  quei    " 
popolo  •  \ 


Anno 


Anno     MDXCV.  i^t 

Anno  di  Cristo   1595,  indizione  VIJI. 
di  Clemente  Vili,  papa  4. 
di  Rodolfo  II  ,  imperadore  20. 

finalmente  nel  presente  anno  facendo  brec» 
eia  nel  cuore  di  papa  Clemente  quei  ri- 
flessi ^  che  nel  precedente  aveano  avuta  si 
poca  fortuna  <,  ebbe  la  cristianità  la  con- 
solazione di  veder  calmate  le  turbolenze 
della  Francia,  e  rimesso  il  re  Arrigo  IV ^ 
in  grazia  della  Santa  Sede,  I  prosperosi 
successi  di  esso  re^  a  cui  pochi  oramai 
palesamente  ricalcitravano  in  Francia,  e  V 
aver  egli  dichiarata  la  guerra  al  re  di  Spa- 
gna ,  che  finquì  area  alimentato  quel  fuo- 
co,  cagiori  furono^  che  il  pontefice  non  si 
lasciasse  più  regolar  dalle  massime  Spa- 
gnuole^  ma  che  si  consigliasse  unicamen- 
te con  chi^  senza  privati  interessi,  amava 
il  ben  della  Chiesa.  Fatte  dunque  segreta- 
mente penetrar  le  sue  scuse  ,  e  il  buon 
animo  al  re  per  mezzo  del  celebre  Ar- 
noldo di  Ossatj,  che  come  prete  privato 
stava  allora  in  Roma  ,  e  trattava  gli  affa- 
ri di  esso  rè,  fu  spedito  da  Parigi  Jacopo 
Da-vy  signor  di  Ferrona  ^  uno  dei  più  dot- 
ti cattolici  della  Francia  ^  acciocché  ma- 
neggiasse così  importante  affare .  Arrivò 
egli  a  Roma  senza  formalità  nel  di  12  di 
luglio,  informò  il  papa  di  quanto  occorre- 
va, egli  porse  un'umile  supplica  a  nome 
del  re.  Furono  smaltite  lecondizioni,  col- 
le 


I9Ì  A  N  N  A  LI     d'   I  TA  L  r  A  \ 

le  quali    il  pontefice    volea    accordargli    V   i 
assoluzione,    poscia  nel    concistoro  del    di    ] 
due  di    agosto  propose    la    determinazione    \ 
da  luì  presa  di  ricevere  nel    grembo  della   j 
Chiesa    cattolica  esso    Arrigo  .  Non  vi  fu-  i 
rono  fra    i  porporati,    se   non    alcuni    no»  j 
pochi    parziali    degli    Spagnuoli ,   i  quali  ,  | 
giacché  non  poteano  impedirlo  ,  misero  in  i 
campo  delle  stravaganti  condizioni ^  secon-  1 
do  le  quali  mai  non  si  sarebbe  venuto  al-  ^ 
lo    scioglimento   di    quel    nodo.  Non  così  j 
fece  il  cardinal   Francesco    Toledo^   perso-  i 
naggio  dottissimo  della  compagnia  di  Gè-  ^ 
su  ,  rapito  dippoi  nelTanno  seguente    dal-  i 
la  morte  ,    il  quale  quantunque    Spagnuolo 
di   nascita  ,  pure  tenendo  davanti  agli  oc- 
chi la  sola  gloria  di  Dio,  e   il  bene  della 
Chiesa  ,  mirabilmente  si  adoperò    per  con- 
durre a  fine  quella  impresa  di  tanto  rilie- 
vo. Altrettanto  ancora  operò  Cesare  Baro- 
nia confessore  del  papa  ,  poscia  cardinale  , 
spezialmente   a  ciò    spinto    da  san  Filippo 
Neri  ,  il  quale  in  questo  anno  appunto  nel  | 
di   26    dì    maggio    passò    a    miglior  vita  .  | 
Scelta  dunque  la  domenica  corrente  nel  dì  | 
17  di  settembre,  con  tutta  solennità  e  de- | 
coro    si  eseguì    la    funzione  .    Nel    portico 
della  basilica    di  san  Pietro,    le    cui   porte 
stavano  chiuse,  si    presentarono   al   papa  , 
attorniato  dal  sacro    collegio  ,  e  da  infini- 
to   popolo,    il    Perrona    e    1'  Ossat,  come 
proccuratori    di    Arrigo  ;    esibirono    il    di 
lui    memoriale^  e   lo    strumento    della  lor  ] 

proc- 


^ 


Annno  MDXCV.  393 
proccura;  quindi  a  nome  del  re  abbiuraro- 
no  tutte  le  eresie^  e  fecero  la  professiort 
della  fede  Cattolica  riconoscendo  per  nul- 
la r  assoluzione  a  lui  data  in  Francia  ^  ed 
accettando  le  già  concordate  condizioni  , 
e  le  penitenze  imposte  al  re  .  Fu  poi  prof- 
ferita la  sentenza  deli'  assoluzion  pontifi- 
zia  ,  spalancate  le  porte  di  san  Pietro,  in- 
tonato e  cantato  il  Te  Deum  ,  cui  fecero 
ceco  i  rimbombi  delle  artiglierie  di  Ca- 
stello sani'  Angelo^  con  assaissime  altre 
"feste  del  popolo  romano.  Di  somma  con* 
solazione  eziandio  al  pontefice  e  al  catto- 
licismo  riuscì  nell'anno  precedente  T  arri- 
vo a  Roma  di  due  oratori ,  spediti  dal 
patriarca  di  Alessandria  ,  e  nel  presente 
anno  di  due  altri  inviati  da  alcuni  vesco- 
vi della  Russia  Polacca ,  per  unir  le  loro 
Chiese  alla  Chiesa  e  credenza  romana,  con 
abbiurar  gli  errori  delle  lor  sette  .  Non  oc- 
corre che  io  dica  ,  qual  frutto  si  ricavasse 
dalla  comparsa  dei  primi  ,  da  che  ognun 
sa,  che  gli  Eutichiani  di  Egitto  continua- 
no ad  essere  separati  da  noi. 

Riportò  ancora  in  questo  anno  gran  lo- 
de presso  il  popolo  romano  la  costituzio- 
ne y  ossia  bolla  della  congregazion  sopra  i 
baroni ,  pubblicata  nel  dì  30  di  giugno  da 
■paiìd  Ctemenie.  Il  far  dei  grossi  debiti  co- 
stava poco,  ai  nobili  romani^  né  poi  ma- 
niera si  trovava  di  pagarli  ,  essendo  i  loc 
beni  sottoposti  a  fideicommissi,  e  ad  altri 
legami;  dal  che  proveniva  immenso  danno 
Tom.  XXIV.  N  tan- 


I 

194      Annali  d'  Italia 
tanto  ai  creditori,  che  al  pubblico  commer- 
zio.  Deputò  dunque  il  pontefice    una  con- 
gregazione con  facoltà  di  poter  distraete  i 
feudi,  e    le  castella,    ed  altri  beni  stabili 
di  essi    baroni ,    non    ostante    qualsivoglia 
vincolo  di  fideicommisso;,    affinchè    venisse 
da  lì  innanzi  soddisfatto  ai    creditori  .    A 
questa  ordinazione  diede  ppi  miglior  for- 
ma papa  Urbano    Vili.  Grande   apprensio- 
ne intanto  recavano  al  pontefice    Clemente 
i  progressi  dei  Turchi  in  Ungheria  ,  dive- 
nuti   più  orgogliosi    per  la  presa    di  Gia- 
varino  ,  e  V  Augusto  Rodolfo    non   cessava  ^ 
di  chiedere    ajuti.   Per  sovvenirlo   impose  1 
il  pontefice    quattro  decime    agli  ecclesia-  \ 
stici  d'Italia,  e  si  diede  a  far  leva  di  sol-  ; 
datesche    negli    stati    della    Chiesa  ;    dise- 
gnando di  spedir  colà  un  corpo  di  dodici-  1 
mila  fanti  e  di  mille  cavalli  .   II  comando  | 
di  questa    gente,    in  cui    si  contarono  as-  ] 
gaissimi  nobili  uiiziali  italiani  ,  fu  dato    a  1 
Gian-Francesco  Aldobrandino ,    nipote    del  | 
papa,  che    dopo    avere    con  grandiosa  so-  | 
lennità  ricevuto    il  bastone  di    generale    e  1 
le  bandiere,    marciò    alla    volta    dell' Un- j 
gheria .  Anche    Ferdinando   gran    duca:    di  | 
Toscana    vi  avea  dianzi  spedito    altri  soc-  I 
corsi  di  gente.  Don  Giovanni  ^  don  Anto-  } 
nio  dei  Medici ^  il  duca    di  Bracciano,  ed 
altri  signori  con  quelle  truppe  si  segnala- 
rono in  varie  imprese.  Ma  Vincenzo  duca, 
di  Mantova  y    mosso    dalla    sua    parentela 
coir  imperadore  volle  passare  in  persona  a 

quel- 


Anno    MDXCV.  195 

quella  guerra^  menando  seco  un  accompa- 
gnamento   di    circa    mille    e    quattrocento 
uomini  a    cavallo^  tutti  atti  a  guereggia- 
re .    Questo  principe  sorpreso    poi   in  Co- 
mora  da  una    pericolosa  malattia ,  fu  for- 
zato verso  il  fine   di  ottobre   di  ritornar- 
sene   in  Italia    a  cercar  aria   migliore  per 
risanarsi  .  Aveano  intanto  le  armi  deirim- 
peradore  _,    comandate    dal    valoroso    qonte 
Carlo  di    Mansfeld ,  presa    in  Ungheria    la 
città    vecchia    e    nuova    di   Strigonia  ;  ma 
nulla  si  potea  dir  fatto  ,    se   non  s"*  impa- 
dronivano   anche  della    cittadella;  quando 
colà  giunsero    anche  gì'  Italiani    suddetti  , 
ai  quali  fu  assegnato    il    lor   posto  per    Y 
espugnazione  di  quella  fortezza  .  Diedersi 
varj     assalti  ,    ed    in    essi     valorosamente 
combattendo,  sacrificarono  la  lor  vita  mol- 
ti di  quegli  ufiziali  3  e  soldati^  dimodoché 
in  fine    spezialmente    alla  bravura  di    essi 
Italiani  fu  attribuito    Tessere  stati  forzati 
i  Turchi  a    rendersi    a    patti  .    Giunto    in 
appresso    anche    colà  il    duca    di  Mantova 
colle    sue    truppe ,    e    bramoso    di    lasciar 
qualche  memoria  di  sé,  prese  ad  espugna- 
re   la    città    di   Vicegardo^    e  la  costrinse 
alla  resa.    Degli  altri    fatti    di  guerra    in 
quelle  contrade   non  permette  V  assunto  mio  , 
che  maggiormente  io  ne  parli. 

Sempre  più  intanto  si  venne  toccando 
con  maro,  che  Filippo  II  re  di  Spagna  > 
già  sì  caldo  protettore  ed  ausiliario  della 
lega  Cattolica  in  Francia  ,  col  manto  della 

N  z  re- 


t^S         A  N  N  A  L  I     d'  It  ALI  A 

religione    copriva  altre  politiche  intenzio-i 
ni.  Per  la  conversione  dol  re  Arrigo    IV  ^ 
andava  sempre  più  declinando  essa    lega  % 
Si  sapeva  ,  che  in  Roma  gagliardamente  si! 
trattava  della  riconciliazione    di  esso  re  '^ 
e  pure  Filippo  ,  lungi  dal  pensare  a  rende*^^ 
re  la    quiete    alla  Francia  ,    maggiormentèj 
si  accendeva  a  farle  guerra  ^  dappoiché  li^ 
pace  data    dal  pontefice   ad  Arrigo  taglia-^; 
va    le  gambe    a  tutti  i  protesti    della    le4^ 
ga .  Dichiarò  dunque  Arrigo    la    guerra  ai< 
re  Cattolico  con  un  pubblico  manifesto^  al! 
quale  eoa  altro  simile  fu    risposto  .  Giac-; 
che  era  mancato  di  vita  V  arciduca  Erne 
sto  governator  della  Fiandra  ,  e  prò  inte-J 
rim    restava    appoggiato    quel    governo    a 
conte  di  Fuentes;     a  lui  venne  da  Madrii 
ordina  di    proseguir    le    ostilità.    Entrati 
pertanto  egli  nella  Piccardia    coli'  eserciti 
suo  ,    covando    il    disegno    di  ricuperar  1 
città  di  Cambrai ,    assediò  e  prese,  il  ca 
stelletto^   fortezza  d'importanza  per    Tin 
tenzione    sua.  Di  là   passò    all'assedio    d 
Dorlac  ,  al  cui  soccorso  i  passati  Francesi 
ebbero    la    mala  pasqua  .    Fu    presa  anche 
quella   terra  e  saccheggiata:    dopodiché    il' 
Fuentes  arditamente  cinse  di  assedio  lari-^ 
guardevol    città    di  Cambrai ,    tuttoché    si; 
trovassero  alla  difesa  di  quella  città  circa] 
duemila  e  cinquecento  fanti  e  secento  Ca-  i 
valli,    oltre    al    presidio    della  cittadella  ,1 
consistente  in  cinquecento  fanti.    Ma  tene- 1 
va    egli    delle    intelligenze  con  alcuni    di  j 

quQi       I 


A  N  ce  o    MDXC1;.  m 

quei  cittadini,  fautori  doir  arcivescovo;  e 
jn  fatti  dappoiché  furono  ben  inoltrate  le 
trincee,  ed  ebbero  le  batterie  alzate,  non 
solamente  diroccata  buona  parte  del  mu- 
ro ^  ma  acche  bersagliato  un  buon  numero 
delle  case  della  città  ,  quel  popolo  si  mos* 
se  a  manifesta  sollevazione  ,  ed  apri  le 
porte  agli  Spdgnuoli  .  Ritirati  i  Francesi 
nella  cittadella,  non  tard.Trono  molto  a 
trattare  di  renderla  con  tutte  le  più  onct 
revoli  condizioni  ,  che  poterono  desidera- 
re .  Per  tale  acquisto  gran  gloria  riportò' 
il  Fuentcs  ,  e  somma  fu  l'allegrezza  delle 
Provincie  cattoliche  della  Fiandra^  al  cui 
governo  arrivò  dipoi  il  cardinale  Arcidu^ 
ca  Alberto j,  fratello  del  defunto  arciduca 
Ernesto.  Dalla  parte  ancóra  della  Borgo- 
gna e  della  Savoja  faceaiao  gli  Spagnuoli 
guerra  alla  Francia  .  Lesdiguieres  tolse  ài 
duca  di  Savoja  Exiles  ,  e  il  duca  a  lui  i! 
forte  castello  di  Cavours  ,  ed  altri  luoghi. 
Ma  non  per  questo  lasciavano  di  andare 
sempre  più  prosperando  gli  affari  del  re 
Arrigo ,  perchè  ricuperò  Vienna  nel  ÙeU 
finato  ;  la  Provenza  tornò  quasi  tutta  alla 
sua  ubbidienza;  Digion,  e  Siallon  in  Bor- 
gogna a  lui  si  diedero,  per  tacer  di  altri 
vantaggi  suoi  .  Quel  che  più  importa  ,  la 
riconciliazione  sua  colla  Santa  Sede  ope- 
rò, che  il  duca  di  Uraena  ed  altri  princi- 
pi  cominciarono  segretamente  a  trattar  se- 
co di  concordar  e  sottomettersi  ;  e  Carlo 
Emma  anele  duca  di  Savoja  ,  siccome  sag- 

N  3  già 


i^B      Annali   dMtaiia  | 

gio,  intavolò  tosto  e  conchiuse  una  tregua! 
con  lui .  ^ 

Non  andò  esente  né  pure  in  questo  anno  * 
la  campagna  di  Roma  dagl'insulti  dei  ban-- 
diti  y    cioè    spezialmente    verso    Anagni  é\ 
Prosinone ,  dove     commisero    orrendi  mi-I 
sfatti ..  Gontra  di  costoro   spedì  il  pontefi-^ 
ce  alcune  compagnie  di  cavalli^  ed  altret-^ 
tanto  fece    il  conte  di  Olivarez    viceré    d^^ 
Napoli  contra  degli  altri  ,  che  maggiormen-f»; 
te  infestavano  quel  regno.  Grandi  lamentìi 
erano  per  quella  iniqua  gente  ^  che  tutto-{ 
di  svaligiava  viandanti    e  corrieri ,  e    tal-i 
volta    anche    levava    loro    la  vita.  Feceroili 
prigioni  Giambattista  Conti  nobile    roma- 
no ,  ed    Alessandro    Mantica ,    e   poscia    1^ 
arcivescovo    di  Taranto,    e  il  vescovo    dj 
Castellanetta  ,    ^i  quali  imposero   di  gros« 
se  taglie .    ]^a    in    questi    tSnpi   generaléj 
delle  galee  di  Napoli  don  Pietro  di  Tole- 
do ,  e  pensando  egli  come  vendicarsi   dell' 
insolenze  fatte  tiei  tempi  addietro  dai  Turi 
chi  alle  marine  d'Italia,  aggiunse  alle  su( 
quattordici  galee  otto  altre  di  Sicilia,  tut- 
te ben  armate;  e  colto  il    tempo,  che  si 
facea   dai  Turbi  nel  mese  di  settembre  1; 
■fiera    di    Patrasso,    all' improvviso    giunse! 
colà ,  e  messe  le  genti  a  terra  ,    diede  uri j 
fiero  sacco  a  tutti  quei  mercatanti  Ebrei  ,| 
Turchi,  e  Greci.  Dicono,  che  vi  restaro-^ 
no  uccise  circa  quattromila  persone,  sapen-'^ 
do  anche  i  cristiani  essere  Turchi,   quan-i 
do  hanno  il  vento  in  poppa.  Il  bottino  sij 

fc-      : 


Anno    MDXCV.  199 

fece  ascendere  a  qualtrocentomila  scudi  ro- 
mani,  e  parecchi  mercatanti  furono  menati 
via,  ed  obbligati  al  riscatto .  Betìchè  V 
ammiraglio  dei  Turchi  Cicala  si  trovasse  a 
Navarino  lunghi  da  Patrasso,  quarantami- 
glia  ,  non  si  attentò  a  muoversi  per  voc^ 
precorsa,  essere  cinquanta  le  galee  cristia- 
ne^ e  quelle  ben  fornite  di  bravi  combat- 
tenti e  munizioni  da  guerra.  Pasquale  Cico- 
gna ^  doge  di  Venezia,  personaggio  di  sin- 
goiar probità^  terminò  in  questo  anno  a 
dì  due  di  aprile  la  carriera  del  suo  vive- 
re .  Sotto  di  lui  fu  fabbricato  il  sontuoso 
ponte  di  Rialto  ,  una  delle  più  insigni 
fabbriche  di  Venezia .  Nel  dì  22  oppure 
26  di  esso  mese  venne  sostituito  in  quella 
dignità  Marino  G rimani.  Restò  funestato 
l'anno  presente  dalla  morte  di  altri  illu-^ 
stri  personaggi ,  cioè  cardinali  ,  e  capitani 
di  gran  nome  ,  fra  i  quali  io  nominerò  só- 
lamente Lodovico  Gonzaga^  zio  paterno  di 
Vincenzo  duca  di  Mantova  ,  il  quale  pas- 
sato negli  anni  addietro  in  Francia  ^  per 
le  nozze  contratte  con  Enrica  figlia  ed 
erede  di  Francesco  duca  dì  Nevers_,  ac- 
quistò quel  ducato,  e  lo  tramandò  a  Car- 
lo suo  figlio,  che  a  suo  tempo  vedremo 
duca  di  Mantova.  Gran  figura  fece  esso 
Lodovico  nelle  guerre  civili  dì  Francia  . 
Merita  ancora  di  essere  accennata  la  mor- 
te di  Torfiuato  Tasso  ,  accaduta  rei  pre- 
sente anno  a  dì  26  di  aprile  in  Roma  , 
mentre  si  preparava  la  solenne  di   lui  co- 

N  4  ro- 

\ 


I 

200        Anali    b*  Italia  ;| 

fonazione  in  Campidoglio .  Insigne  poeià^  | 
e  principe  dei  poeti  epici  Italiani,  e  filo-  ; 
sofo  di  alto  sapere  ;  come  costa  non  men  -: 
dai  suoi  versi _,  che  dalle  sue  prose  ,  ma  < 
che  per  gì'  insulti  della  soverchia  sua  ma-  | 
ìinconia  fu  gran  tempo ,  per  non  dir  sem-  | 
pre  ,  zimbello  della  mala  fortuna  .  1 

I 

Anno  di  Cristo   1536,  indizione  IX,       | 

di  Clemente  Vili,  papa  5.  | 

di  Rodolfo  II,  impcradore  2r.       \ 

1  pensieri  del  pontefice  Clemente  nel  pre-  \ 
sente  anno  furono  principalmente  occupati  « 
in  cercar  le  vie  di  estinguere    la  guerra  ,  Ì 
che  tuttavia  in  varie  parti  lacerava  la  Fran- 1 
eia .  Spedi  a  questo  effetto  il  generale  deil 
frati  minori    a  spiar  gli  animi  del  re  Ar-  " 
rigo y  e  del  cardinale  Alberto  governatore  ; 
della  Fiandra,    e  ad    istillare  in    amendue  | 
pensieri  di    pace.  Ma  questa  pace    deside- j 
rata  dal    re    Francese    Arrigo    IF,    non    si^ 
accordava  colle  vaste    idee  del  re  di  Spa-'l 
gna  Filippo  II  e  tanto  più  perchè  le  armi  \ 
e  raggiri  suoi  ebbero  in  più    di  un  lu-^go  - 
felice  successo  .  Primieramente  avea  sapu- 
to l'accortezza  dei  ministri  Spagnuoli  tal- 
mente guadagnare  Carlo  Casale  console,  o 
piuttosto    tiranno    di   Marsilia  ,    che    quel| 
popolo  parte  per  timore  ,  e  per  parte  p<er 
mari  e  monti  di  vantaggi  lor  fatti  sperare 
dal  re  cattoI](co  ,  si  misero  sotto  la  di  lui 
protezione,  ed  accettarono  nel  loro    porta 

Car«^ 


Anno     MDXCVI.  20 1 

Carlo  Doria  colà  iuviato  colle  sue  galee  da 
esso  re  di  Spagna;   fatto,  che  infinitamen- 
te dispiacque  al  re  Arrigo.  Era  già  torna- 
to in  grazia  dello  stesso    re  Cristianesimo 
il  duca  di  Guisa.  Mandato    egli  al  gover- 
no della  Provenza    con    quelle  forze  mag- 
giori ,    che    potè  riunire,    s'impadronì    di 
Cisteron  ,  di  Riez ,  di    Grasse,  di  Hieres  ;, 
di  Santropè,  e  di  altri  luoghi.    Quindi  si 
diede  a  manipolare  un  segreto  trattato  in 
Marsilia  coi  malcontenti    del  governo    del 
Casali ,  e  questo  fn  sì  felicemente  condot- 
to,    che  nel    di   16    di    febbraio    il  Casali 
restò  ucciso  dai  congiurati,  nel  qual  tem- 
po   si    presentò    esso    duca    di  Guisa    alle 
porte  della  città  ,    e  vi  entrò,    con   acqui- 
star   dipoi    le    fortezze,    ed    obbligare    il 
Doria  a  fuggirsene  ,  non  senza  perdita    di 
molti    dei    suoi  soldati  ,   sorpresi  in  terra 
fuori  delle  galee  .  Con    più  felicità  succe- 
derono  all'  arciduca  cardinale  le  imprese  , 
eh'  egli    tentò .    Trovandosi    impegnato    il 
re    Arrigo    nell'  assedio    della     dura    for- 
tezza   della    Fera  _,  ed    cccorrondo    troppe 
difficoltà  a  soccorrere  quella  piazza ,  si  av- 
visò il  porporato    di  fare  una  potente  di- 
spersione .    Pertanto   all'  improvviso   nel  dì 
iX)ve    di    aprile    piombò  col    suo    esercito 
addosso    alla  riguardevol  terra    e  fortezza 
di    Cales ,  e    con    gran    sollecitudine  •  fece 
piantar   le  batterie,  tanto    per  bersagliare 
la  terra,  che  per  impedire    i  soccorsi  per 
narc,  i  quali  furono  btn  tentati^  ma  sen- 
za 


20^         A    N  ISI  A  L  I     d'  I  T  A  L  I  A  ' 

za  frutto  alcuno .  Era  quella  guernigione  1 
di  soli  secento  soldati  impoltroniti  neli*  ^ 
ozio,  di  mille  e  ducento  Borghesi ,  e  tre-  ^ 
cento  villani,  che  intimoriti  al  primo  fé-  ! 
roce  assalto  degli  Spagnuoli ,  dimandarono  j 
capitolazione j  e  l'ottennero  per  potersi  ri-  |j 
tirar  nel  castello,  promettendo  di  rendere  \ 
ancor  questo  fra  sei  giorni ,  se  non  veni-  ì 
va  soccorso.  Venne  infatti  il  soccorso  ,  ed  1 
ebbe  maniera  di  entrar  nel  castello.  Adira-  i 
to  per  questo  il  cardinale  fece  giocar  le  1 
aortiglierie  contra  di  esso  castello  ,  ed  ap-  ' 
pena  formata  la  breccia ,  fu  dato  un  sì  fu-  | 
rioso  assalto  ,  che  avviliti  i  difensori  non  j 
pensarono  che  alla  fuga.  Ne  furono  ucci-  | 
si  ottocento,  e  tutto  andò  a  sacco,  con  | 
fama^  che  il  bottino  ascendesse  a  un  mi-  | 
lione  di  scudi  .  Guines  e  Han  si  arrende- 
rono anche  essi  dipoi  al  cardinale  .  E  lo 
stesso  fece  nel  di  ventitré  di  maggio  an- 
che la  picciola  ,  ma  forte  città  di  Ardres  ,  i 
e  finalmente  nell'  agosto  l' importante  for- 
tezza di.  Hulst . 

Intanto  dopo  alquanti    mesi    di  ostinato 
assedio  giunse  finalmente  il  re  Arrigo  nel 
precedente    giorno  ,    cioè  nel    dì   ventidue 
di  maggio ,  ad  obbligar  gli  Spagnuoli  alli 
resa  di  Fera .    E  perciocché  la    perdita    ài 
Cales    era    una   continua    puntura    al    sno 
cuore,  non  ebbe  scrupolo  a  trattare  e ccn-  ;\ 
chiudere  un'  alleanza  con  Elisabetta  regind   :\ 
d'Inghilterra,    assai    per    altri  motivi  di-  )ì 
sgustata  degli  Spagnuoli.    Né  si  dee  tac«-    j 

re,      .1 


Anno    MDXCVI.  203 

Te  5  che  durante  V  assedio  della  Fera  .  Ar^ 
rigo  di  Savoja  duca  di  Nemours  ,  il  duca 
di  Giojosa  potente  in  Linguadoca  ,  e    quel 
che  più  importò,  il  duca    di  Umana  della 
casa  di    Lorena  ,  dopo  molti   segreti  trat- 
tati   vennero  all'  ubbidienza  ,    e  giurarono 
fedeltà    al    suddetto   re    Cristianissimo,   il 
quale    siccome    principe  magnanimo    beni- 
gnamente gli  accolse  y  con    loro  concedere 
molti* governi  e  vantaggi,    ed  obbliar    ge- 
nerosamente le  cose  passate.  Tornò  infine 
alla  divozion    sua    anche  il  duca  di  Mer- 
curio,  che  più  degli  altri  si  era  mostrato 
pertinace    faiitor  delia  lega  :  tutti  avveni- 
menti ,  che  servirono  di  maggiore  ingran- 
dimento   e    riputazione  ad   esso  re.  Ebbe 
in  questi  tempi  una  dura  lezion    dagl'  In- 
glesi Filippo  IL  re  di  Spagna  .  Fece  la  re- 
gina Elisabetta    un  formidabil    armamento 
per  mare,  in  cui  concoj'sero  anche  gli  Ol- 
landesì ,  e    molti    particolari    mercatanti  ; 
cioè  una  flotta  di  circa  cento  sessanta  ve- 
le, dove  s'imbarcarono  sedicimila  combat- 
tenti y  fra  i  quali  si  contavano  molti  nobi- 
li   venturieri  .    Comparve    all'   improvviso 
nel  dì   21  j  altri  dicono   nel  di  30  di  giu- 
gno, questa  armata,  sotto  il  comando  del 
giovane  Roberto  conte  di  Essech  ,   e    dell' 
ammiraglio    Inglese  Carlo  Conte    di    Hoc- 
ward  ,   alla  vista  della  tanto  ricca  e  mer- 
cantile isola  e  città  di  Cadice  in  Ispagna, 
chiamata  (  non  so  il  perchè  )  dal   Campa- 
na e    da    altri   Calice,  e  da  lor    posta  ne' 

ma- 


2o4         A  N  fJ  A  1 1     d'  I  T  A  t  f  A 
lilari  di  Portogallo  .  Trovavansi    ìa    qucIF 
ìsola    cinquantasette    grosse    navi  ,    fra    le 
quali  quattro  dei  galecoi,    cliiamati  i  dó- 
dici  apostoli,  duo  galeazze  di   Andaluzià, 
venti  g^ilee  ,   ed  altri  non  pòclii  legni,  tut- 
ti carichi  di  merci  preziose,  e  destinati  a 
passare    alle,   indie    Orientali.    Fu    detto  , 
che    ascendesse    il   valor    di  esso  caricò    a 
dodici  milioni   di   ducati  d*  oro  ^    spettante 
per  la  maggior  parte  a  particolari  merca-    f 
tanti     Spagnuoli  ,    Napoletani  ,     Siciliani  ,    ì 
e    Genovesi.  Prima    di  tentar  altro    gT  In- 
glesi arditamente  si  mossero  contrà  \t  ria-    j 
vi  da    guerra    Spagnuole  ,    che    sostennero    ? 
per  più  ore  il  combattimento  :  ma  acceso-    • 
si  il  fuoco  nel  galeone    san  Filippo  Almi-    ^ 
rante  dell'armata,  si    misero  in  confusion    ■ 
gli    Spagnuoli  ;    tre    loro    grosse    navi  ben    \ 
fornite  di  artiglieria  rimasero  io  poter  de'    ] 
nemici  ;  altre  furono  o  arse  o  sommerse  ;    j 
gran  bottino    ancora    fu    fatto,  e  chi  potè    ì 
fuggire  ,  si  salvò  .  Ma    il  peggio  fu  ,'  che    j 
poco    stettero  i  vincitori    Inglesi  ad  assa-    i 
lire    furiosamente    la  città,  e    a  divenirne    ' 
padroni,  con  essersi  ritirati  nel    castello  1    < 
difensori,  i  quali    poco  stettero  a  capito-    ] 
lare ,  pet  salvare    le  donne    dal  disonore  ,    | 
e  la  città  dalF  incendio  .  Quanto  di  buono    ; 
e  bello  ivi  si  trovò,    fu    messo    a  sacco  .    ^ 
Vi    restava    gran  quantità    di  legni  sì  del    ; 
re ,  che    dei    mercatanti ,    i    quali  stavano  j 
prima  _,  o  pur  si  erano    rifugiati    al  passo   j 
dal  ponte  5  chQ  congiugne  l'isola  di  Cadi-    ] 

ce         -1 


AxN  N  o  MDXCVI.  205 
ce  colla  terra-ferma.  Attesero  i  lor  pa- 
droni la  notte  a  scaricar  le  merci  :  e  per- 
chè il  duca  di  Medina  conobbe  ci  non 
aver  forza  da  difenderli,  affinchè  non  ca- 
dessero in  mano  dei  nemici,  comandò, 
che  di  tutti  quei  legni  si  facesse  un  gran 
falò,  e  r  ordine  fu  eseguito.  Se  ne  anda- 
rorìo  poscia  pieni  di  preda  gF  Inglesi  .  E 
tuttoché  il  re  Cattolico  ,  ansioso  di  farne 
vendetta,  unisse  nel  porto  di  Lisbona  un' 
armata  di  più  -di  ottanta  vele ,  e  la  spi- 
gnesse  alla  volta  dell'Inghilterra:  pure  an- 
cor questa  sorpresa  da  un  fiero  tempora- 
le, parte  perì  nell'onde,  e  parte  mal- 
trattata, XK>n  poco  penò  a  ridursi  in  sal- 
vo. Gran  danno  che  venne  anche  alla  mer- 
catura d' Italia  da  cosi  fiero  e  strepitoso 
emergente. 

La  guerra  di  Ungheria  continuò  vigo- 
rosa ancora  in  questo  anno  .  Tolsero  le 
armi  cristiane  ai  Turchi  Vaccia  .  Presero 
ancora  Glissa  nei  confini  della  Dalmazia  , 
ma  poi  la  porderono .  Essendo  venuto  lo 
stesso  gran  signore  Maometto  ali'  armata  , 
la  città  di  Agria  fu  vilmente  a  lui  rendu- 
ta  dal  presidio  imperiale,  per  ottener  sal- 
ve le  vite  :  patto ,  che  non  fu  poi  mante- 
nuto dalla  consueta  infedeltà  e  barbarie 
dei  Turchi .  Furono  poscia  a  fronte  le  due 
armate  nemiche  a  Chereste ,  e  si  venne  a 
giornata  campale.  Restò  in  poco  tempo 
sbaragliata  la  Turchesca  ,  e  ne  fa  fatta 
grande    strage  ;   ma    perdutasi    gran   parte 

dei 


2o6        A  Nj^  ALI   d'Italia 

dei    tincitoii    Cristiani  a  dare  il  sacco  ai  i; 

padiglioni  ,  le  incontra  quella  disavventu-  ì 

ra  ,  che  tante  altre  volte  è  accaduta  ,  ed  | 
accaderà,  cioè,  che  i  Turchi  raggruppati, 
e  ritirati  dalla  fuga,  diedero  una  piena 
sconfitta  air  esercito  imperiale  .  Torniamo 
ora  in  Italia,  dove  papa  Clemente  Vili  , 
mirando  con  sommo  dispiacere  la  continua- 
ta guerra  del  re  di  Spagna  colla  Francia  , 
e  la  lega  del  re  Arrigo  IV ^  coir  Inghil- 
terra y    determinò    d'    inviare    in    Francia 

Alessandro    dei  Medici  cardinale    ed  arci-  ' 

vescovo    di  Firenze,    personaggio    di   raro  j 

ingegno  e  prudenza  ,  acciocché    sì  studias-  '. 

se  di  quetare  il  resto  dei  mali  umori  del-  j 

la  Francia,  e  tentasse  ancora    di    disporre  ,^ 

gli  animi  alla  pace.  Con   sommi   onori  fu  \ 

ricevuto. per  tutta  la  Francia   questo  lega-  ] 

to  pontifìcio,    ed  ebbe  il  contento    di  ve-  ] 

dersi    incontrato     da    Arrigo    di    Borbone  j 

principe  di  Condè,  fanciullo  di  anni  otto,  l 

e  primo    del  sangue    reale    dopo  il  re  ,  il  \ 

quale  già  istruito  nella  fede  Catte lica  ,  se-  j 

condo  le  promesse  fatte  al  papa ,  avea  ab-  [ 

bandonata  l'eresia  di  Calvino.  Nel  dì  pri-  ; 

mo  di  agosto  ebbe  esso  legato  la  sua  pri-  i 

ma  udienza  dal  re.  Né  si  dee  tacere,  che  j 

essendo    cresciuto    a    dismisura    in    questi  ■ 

tempi   lo   scialacquamento    dei    titoli  ,  del  \ 

che  gF Italiani  diedero  la  colpa  alle  super-  \ 

bia  Spagnuola,  né  tentò    la  corte  di  Spa-  i 

gna  qualche  rimedio  .  Il  titolo  d' illustrisi  \ 

Simo  ed  eccdlentissimo ,  che  già  fu  in  uso  | 

per  I 


Anno  MDXCVI.  207 
per  li  soli  principi  sovrani ,  si  era  tafitcsr 
prostituito,  che  fino  i  nobili  di  basso  af- 
fare lo  pretendevano.  V  illustre  .,  0  molto 
illustre,  che  sul  principio  di  questo  seco- 
lo XVI,  per  quanto  si  può  osservare,  si 
soleva  dare  ai  principi  cadetti,  era  passa- 
to ad  onorar  la  plebe  .  Da  questo  abuso 
nascevano  pòi  contese  ,  perchè  i  minori  si 
volevano  uguagliare  ai  maggiori,  e  i  mag- 
giori ai  massimi^  senza  osservar  distinzio- 
ne alcuna  di  grado  nella  stessa  nobiltà  . 
Ora  il  conte  di  Olivares  viceré  di  Napoli 
pubblicò  un  editto,  per  cui  venne  vietato 
ogni  titolo  3  per  dir  così ,  di  cortesia ,  do- 
vendosi unicamente  scrivere  nelle  lettere  al 
signor  duca^  al  signor  ijrinclpe  y  marche^ 
se,  conte  dottor  ec.  Passò  questo  divieto  a 
Milano,  dove  fu  poco  osservato o  In  Ro- 
ma, e  in  altri  stati  se  ne  risero.  Quanto 
durasse  questa  prammatica  ,  non  occorre  , 
che  io  lo  ricordi  ,  e  molto  meno  come 
passi  oggidì  in  Italia  l'abuso,  e  la  ridico- 
la prostituzion  dei  titoli  j,  perchè  senza  ài 
me  ognun  lo  vede  e  prova  . 


Anno 


io8     Annali    d' Italia  i 

Anno  di  Cristo   1597  ,  indizione  X.  i 

di  Clkx^ente  Vlil,  papa  6. 
di  KoDOLFo  II,  imperadore  22.  < 

x\rrivò  nell'aprile  di  questo  anno  a  Ko^ 
ma  Francesco  di  Lue  embargo  duca  di  Pe- | 
noy ,    ambasciatore    di   Arrigo    IV   re    di  1 
Francia    a    rendere    ubbidienza    al    sommo  ì 
pontefice  Clemente  Vili.  Gran  pericolo  avea  J 
corso  nel  viaggio  di  essere    fatto  prigione  1 
dai  soldati  dello  stato  di  Milano ,   spedito  \ 
in    traccia    di  lui  .   Fu    per    lui    nel  sacro  , 
concistoro  recitata  una    elegantissima  ora-  j 
2.ione   da  Martino  Bascia    da  Susa^    o  pur  | 
da  Granoble^  in  cui  a  larga  mano  si  prò-  t 
fusero  incensi  in  lode  di  esso  papa.  Intan-  ;! 
to  per  le    disavventure  occorse  nel  prece-  | 
dente  anno    in  Unghejia  ,    non  per  valore  l 
dei    Turchi  ,  ma  per    V  inconsiderato  prò-  ? 
cedere  dei  capitani  cristiani ,  si  trovava  V  l 
imperadore  Rodolfo  II  in  gravi    angustie  , 
per  timore  spezi  al  mente,,  che  non  restando 
più  ostacolo  alla  potenza  turchesca  ,  aves- 
sero a  comparir  sotto  Vienna  le  armi  Ot- 
tomane .  Fece  perciò  ricorso  a  tutti  i  prin- 
cipi d'Italia^  e  massimamente    al    pontefi- 
ce ,    siccome    padre    del    cristianesimo  ,  il 
quale  spedì  per   questo    alla  corte  Cesare 
Gian-Francesco  Aldohrandrino  suo  nipote, 
e  intanto  con  aggravio  imposto  al   popolo 
romano,  e  in  altre  guise  adunata  rcccor- 
rente  pecunia^  fece  una  leva  di  sette  in  otto- 
mila 


i 


Anno    MDXCVil.  209 

mila  fanti ,  e  nel  mese  di  giugno  le  spe- 
dì  in  Ungheria  .  Con  questo  soccorso  ,  ed 
altri  che  sapravennero^,  mise  insieme  V 
imperadore  un'  armata  di  dieciottomila 
fanti,,  e  di  cinquemila  cavalli,  dei  quali 
fu  dato  il  comando  alT  arciduca  Massimi^ 
liano .  Sorpreso  i  Cesarei  circa  il  fine  di 
maggio  Tatta ,  e  poi  misero  l'assedio  a 
Pappa,  che  costò  loro  molto  sangue^  ma 
con  venire  in  fine  alle  lor  mani  quella 
terra  col  suo  castello  .  Era  passato  di  nuo^ 
vo  in  Ungheria  Vincenzo  duca  dì  Manto- 
va ,  a  cui  fu  data  la  vanguardia  dell'eser- 
cito .  Or  mentre  egli  con  alquanti  dei  suoi 
va  a  riconoscere  i  contorni  di  Giavarino  , 
giacché  si  meditava  di  farne  T  assedio  , 
caduto  in  una  imboscata  di  Turchi  fu  pre- 
so ,  e  miracolo  fu,  eh'  e^U  coll'ajuto  di 
pochi  si  potesse  liberare  dalle  lor  ma^i  . 
Accostaronsi  i  Cristiani  ad  essoGiavarino , 
ma  inteso  l'avvicinamento  dell'oste  tur-> 
chesca^  in  fretta  levarono  il  campo,  e 
tanto  più  perchè  l'armata  loro  era  di  mol- 
to scemata.  Riacquistarono  dunque  i  Tur- 
chi Tatta ,  né  seguì  poi  altm  rilevante 
aziona  in  quelle  contrade  .  Continuava  in- 
tanto l'izza  fra  gli  Spagnuoli  ed  Inglesi  . 
Grande  armamento  navale  si  fece  dalF  una 
parte  e  dall'altra.  Nella  flotta  di  Spagna 
s'imbarcarono,  oltre  ad  altre  milizie,  sei 
mila  Italiani  .  Uscirono  sul  principio  di 
settembre  in  mare  le  due  armate  nemiche 
ma  in  vece  di  combattere  fra  loro,  com^ 
Tom.  XXIV.  0  bat- 


210       Annali    d*  Italia 

batterono  coi  venti,  essendo  restate  amen- 
due  maltrattate  e  disperse  da  una  terribil 
fortuna ,    e    forzate ,    quando  poterono^,    9,  ' 
salvarsi  nei  loro  porti  ,  disputando  fra  es-  J 
se,  chi  maggior  danno  avesse  riportato  da  | 
quel  duro  conflitto.  •         1 

Una  percossa  ebbero  nel  gcnnajo  del  pre-I 
sente  anno  i  cattolici  in  Fiandra  dal  con-| 
te  Maurizio  di  Nassau  a  Tornaut,  perchè! 
vi  perderono  la  vita  alcune  centinaja  di^ 
essi>  e  restarono  in  potere  dei  vincitori^ 
trentotto  bandiere  di  fanteria  colla  mag-  ^ 
gior  parte  delle  bagaglie  .  Parve  compensata  \ 
quésta  perdita  delle  truppe  Spagnuole  dal-] 
la  felicità  con  cui  riuscì  a  Ferdinando  Por- I 
tocarrero  governatore  di  Dorlans,  che  pri-^, 
ma  comunicò  il  suo  disegno  a\V  arciduca  \ 
cardinale j  di  sorprendere  all'improvvisa^ 
nella  mattina  del  dì  1 1  di  marzo  la  città; 
di  Amiens,  capitale  della  Piccardia ,  mal] 
custodita,  benché  dentro  vi  fossero  più  di] 
quindicimila  cittadini  atti  alle  armi  .  Dii 
grande  importanza  fu  quell'acquisto  sì  per; 
la  grandezza  e  popolazion  della  città,,  co- 1 
me  per  la  gran  copia  delle  artiglierie  e\ 
munizioni,  che  vi  si  trovarono.  Recata] 
questa  nuova  al  re  Arrigo ^  dimorante  al-; 
lora  in  Parigi^  al  vederne  sì  aflitti  i  suoi 
cortigiani  ,  magnanimamente  dimandò  lo-  ^ 
ro ,  se  i  nemici  aveano  portato  Amiens  in; 
Ispagna .  Nò  ,  risposero  >  ed  egli  allora  j 
soggiunse;  Buon  per  noi.,  cJiq  gli  avremoi 
tutti  prigioni.  E  non  tardò  a  dar  ordine  j 

al 


A  K  N  o    MDXCVII.         211 
ai  maresciallo  conte  di  Birone  di  accorre ^ 
re  colà,  e  di  formar    l'assedio  delU  per- 
duta città.  Concorsero  a  quella  impresa  le 
maggiori  forz^  del  re  colla  giunta  di  quat- 
tro o  cinquemila  Inglesi  ;  e  lo  stesso  Arrigo 
io  persona  vi  si  portò  per  dar  calore  alle 
azioni.  Durò  per  alquanti   mesi  il  pertina- 
ce  assedio^  ed  aveano.i  Fraticesi  già  pre- 
sa   la  strada    coperta,    e  inoltrati  i  lavo- 
ri  sino  alle  mura ,    con  che    si  vedeva   già 
vicina  all'  agonia    quella    città  :  quando    T 
arciduca  Alberto  si  avvisò  di   recarle  soc- 
corso. A  quella  volta  dunque  s'  inviò  con 
diciottornila  fanti,  mille  e  cinquecento  uo- 
mini   di  armi  ,  ed    altrettanti    cavalli  leg- 
gieri .  Il  cardinal  Bentivoglio  fa  as9endc- 
re  queir  esercito  a  ventimila  fanti  ,  e  quat- 
tromilla    cavalli  .    Trovossi    quest'  armata 
cel    di   ss    di  settembre    alla    vista    d' A- 
miens  .  Comunemente  fu  creduto^  che  s'^eg  i 
animosamente    assaliva     lo    sparso    camplo 
Francese  ,  non  solamente    potea  soccorrere 
la    città ^    ma    anche    mettere  in  rotta  gli 
assedianti  o  Non  ebbe  tanto  coraggio.  Pro- 
babilm.ente    la  presenza    di  un  re  sì  valo- 
roso ,  che    tosto    si  mostrò  pronto  a   rice- 
vere i  nemici  ,  gli  fece  prendere  la  risolu- 
^ion  di  ritirarsi  t  locchè  eseguì    con    mol- 
ti   disagi    e    pericoli  ,     perchè     inseguito 
dai    Francesi  .    Laonde  fu    poi    detto  ,    eh' 
egli    venuto    come    generale  ,    era    torna- 
to    come    prete  .    Con     patti    dunque    di 
tutto  onore  poco  stettero  gli  Spagnuoli    a 

O  2  ren- 


212         A  N  N  A  L  I     D^  1  T  A  rt  A  ' 

rendere  Aiiiiens  al  re  Arrigo  nel  dì  25  dì  \ 
settembre .  Questo  infelice  impegno  dell*  ' 
arciduca  cardinale  lasciò  intanto  esposta 
la  Fiandra  agi' insulti  degli  Ollandesi  .  Sic-  ' 
che  potè  in  quel  tempo  il  conte  Maurizio  i 
occupar  varj  luoghi  ,  come  Rerabergh  ,  . 
Murs^  Grol  ,  Oldeusel^  e  Linghen ,  non  | 
senza  aspre  querele  dei  fiamminghi  Catto-  ; 
liei,  che  miravano  negletti  i  loro  interes- J 
si  ,  per  attendere  a  quei  della  Francia  .  \ 
Gran  guerra  fu  parimente  in  questo  anno  ^ 
tra  i  Francesi  ,  e  Carlo  Eìumanuele  duca  ^ 
di  Savoja  ,  a  cui  la  morte  rapì  nel  dì  G  j 
di  novembre  i'  infanta  Catterina  sua  mo-  1 
glie  ,  figlia  del  re  Filippo  II.  Principessa  j 
non  men  feconda  di  virtù  ,  che  di  prole  •  | 
Fu  preso  dal  general  Francese  Lesdiguie- j 
res  san  Giovanni  di  Morienna .  Il  duca}  | 
anch' egli  acquistò  degli  altri  luoghi,  e  se-  j 
guirono  alcuni  combattimenti  con  varia  { 
fortuna,  dei  quali  non  importa  qm  il  far-  | 
ne  menzione  .  * 

Air  anno    presente  appartiene    la  trage-  j 
dia  di    Ferrara,    che  io    leggermente    toc- 
cherò,   dopo    averne    abbastanza    trattato 
nelle    antichità    Estensi  .    Intorno   ad    essa 
può    anche   il    lettore    consultar    la    storia 
stampata  dì  Ferrara  di  Agostino  Faustini, 
quella  di  Andrea  Morosiqo  ,  e  Cesare  Cam- 
pana storico  giudizioso  e  non  parziale  ,  il 
quale  quantunque  non  sapesse    tutto  ,  pure  | 
si    mostrò    sufficientemente    informato-     di  |i 
questo    affare,  al    contrario  di  altri,    chie^ 

sen-  "" 


3 


Anno    MDXCVIl         213 
senza  esame    né  scrissero  ,  ed    anche  oiFe- 
sero    la    verità    in    parlando    delle  qualità 
personali  di  don  Cesare    (VEste^  principa- 
le Attore  di  essa    tragedia.  Mancò   di  vi- 
ta nel  dì    27  di  ojtobre    Alfonso  II    duca 
di  Ferrara;,  Modena,    Reggio    ec.  E  giaò- 
chè  non  lasciò  prole  sua  ^  avea  poco  dian- 
zi   dichiarato    suo  successore    ed  efede    il 
suddetto  don  Cesare^  suo  cugino,   nato  da 
don  Alfonso    figlio    di    Alfonso    I  duca  di 
Ferrara  ,  e  da  donna    Giulia  della  Rovere 
figlia  di  Francesco  Maria  daca  di  Urbino. 
Pretesero  i  camerali  Romauì  ,  che    questo 
don  Alfonso,  procreato  da  Alfonso  1  duca 
di  Ferrara,  e  da  Laura  Eustochia,  non  fos- 
se ìegittiinafo  per  susseguente  Matrimoniò 
di  padre  prima  di  morire  .  Le  ragioni  ad- 
dotte nelle  suddette    antichità  estensi    pet 
provare    èssa    legittimazione,    tali    sono, 
che  in  qualsivoglia  tribunal  imparziale  ót* 
terranno  vittoria  .  Ma  che  sia  giunto  uno 
scrittore  in  questi  ultimi  tempi  colle  pub- 
bliche stampe,  e  in    Roma  stessa,  a  pub- 
blicare^   che  esso  doti  Alfonso    fu  spurio  , 
quando    niunò    mai    dei   camerali  Romani 
ha  ciò  preteso  ;  e  ne  è  evidente  la  falsità 
per  essere  nato  esso  principe  da  padre  li- 
bero ,  e  madre    libera  ,  e  tanti   ann^i  do^o 
la    morte   di  Lucrezia    Borgia  moglie    del 
suddetto    dùca    AHoùso     primo  :    questa  è 
un'  insoffiibil  insolenza  .  A  me  non  convie- 
ne dirne  di  piih.  Secondo  l'antico  costume 
fu  nello  stesso  giorno  eletto  e  proclamato 

O  3  du- 


214       Annali    r>*  Itali  a  \ 

duca  esso  don  Cesare  dai  magistrati  di  \ 
Ferrara  ,  e  nel  dì  29  susseguente  con  gran  1 
solennità  ed  universale  applaudo  ricevette  ■ 
nel  duomo  lo  scetro  e  la  corona  ducale  -,  ) 
Spedì  tosto  il  iiovello  duca  il  conte  Giro- 1 
lamo  Giglioli  al  sommo  pontefice,  ed  altri! 
cavalieri  alle  diverse  corti  dei  principi  ,' 
per  dar  loro  part^  dell'  elezione  sua  ,  Ma  ; 
appena  intesesi  in  Roma  la  morte  di  Al-^ 
fonso  ,  e  r  esaltazione  di  esso  duca  Cesa-| 
re  ,  che  pretendendo  quei  camerali  devo-] 
luto  il  ducUo  di  Ferrara  oò  Uneam  fini"  \ 
tani)  seu  oh  alias  Causas  y  papa  Clemenie  . 
Vili  pubblicò  un  terribil  monitorio  con-  ; 
tra  di  esso  don  Cesare  ^  assegnandogli  il  | 
termine  di  soli  quindici  giorni,  a  dedurre] 
le  sue  ragioni  in  Roma,  Arrivalo  colà  il] 
Giglioli,  per  quanto  supplicasse  per  otte- j 
tier  proroghe,  per  impetrar  arbitri,  e  per- j 
che  in  amiche  voi  congresso  si  conoscesse  ] 
la  giustizia,  stante  il  pretendersi  del  du- j 
ca  Cesare  di  essere  chiamato  al  dominiodi. 
Ferrara  delle  bolle  di  papa  Alessandro  VI| 
quando  anche  suo  padre  fosse  stato  ills-j 
gii  timo  ;  ma  molto  più  competere  a  lui 
questo  diritto  ,  da  che  costava,  essere  il 
suo  genitore  stato  legittimato  per  susse- 
guente matrimonio  da  Alfonso  I  duca  con 
Laura  Eustochia  di  lui  madre  ,  e  si  trat- 
tava non  di  feudo  proprio  ,  ma  di  un  vi- 
cariato  perpetuo:  furono  gittate  le  pi'e-j| 
ghiere  al  vento.  Sempre  insistè  il  papa  ,\\ 
che    don    Cesare  rilasciasse    il   possesso  di'! 

Fer-      n 


Anno  MDXCVII.  215 
Ferrara ,  e  poi  adducesse  quante  ragioni 
volesse  e  sapesse,  che  sarebbono  ascolta- 
te. Troppa  ripugnanza  sentiva  il  duca  Cr;- 
sare  a  questo  partito  ,  rappresentandogli 
il  suo  consiglio,  che  in  materia  spezial- 
mente di  stati  ,  il  possesso  in  mano  dei 
più  forti  si  può  chiamare  un  requiem  al-* 
le  ragioni  e  al  petitorio. 

Fu  anche  consigliato  il  duca  Cesare  da 
Roma  stessa  di  non  sottoporsi  a,  giudizio 
formale  del  tribunale  romano,  perchè  le 
ragioni  sue  in  quel  bollore  non  sarebbono 
considerate  ,  e  ne  uscirebbe  sentenza  a  lui 
pregiudiziale  ,  quasiché  con  questo  esame 
si  fosse  conosciuto  aver  egli  torto  .  Scrive 
nondimeno  Andrea  Morosino^  che  il  pon- 
tefice si  era  indotto  a  far  esaminar  le  ra- 
gioni deir Estense^  amichevolmente,  con 
deputar  anche  per  questo  quattro  cardinal 
li;  ma  che  il  cardinale  Alessandrino  (  chia- 
mato dipoi  da  lì  a  tre  mesi  alT  altra  vi- 
ta )  si  scaldò  si  forte  contra  di  questo  , 
che  pur  era  atto  di  giustizia  ,  che  il  fece 
desistere,  e  lo  spinse  a  precipitar  la  sen- 
tenza .  Avea  intanto  esso  pontefice  ordina-» 
ta  in  tutta  fretta  la  leva  di  circa  venti- 
cinquemila fanti,  e  di  qualche  migliaio  di 
cavalli,  mettendoli  tosto  in  marcia  alla 
volta  di  Ferrara,  per  precludere  ogni  adi- 
to al  duca  Cesare  di  muovere  in  ajuto 
suo  alcuna  delle  potenze  Cristiane,  e  di 
accrescere  con  truppe  forestiere  le  pro- 
prie .  Avea  in   oltre  richiamato    dall'  Un- 

0  4     '  §^e- 


2i€      Annaii    d'Itali  A  \ 

gheria  il  nipote    Gian-I^rancesco  con  tutte  ì 
le  sue  truppe,  premendogli  più  questo  af-  '-. 
fare^    che    la    guerra    coi  Turchi.  Furono  j 
anche  spinti    emissarj   in  Ferrara,   che  con  \ 
ingorde  promesse  ispirassero  a  quel  popò-*  j 
lo  ,  sì  fedele   in  tutti  i  tempi  alla  casa  di  ! 
Este,  la  ribellione  al  miovo  principe  loro  .  : 
Quindi    nel   dì   23  di  dicembre    venne  fui-  i 
minata  in  Roma  una    orrida  bolla  o  sen- ' 
tenza    centra    di    esso  duca  Cesare  ,    e    dil 
chiunque  a  lui  porgesse    ajuto,  specifican-| 
do  anche  r  imperadore^  ed  ogni  re  e  prin- ! 
cipe    Cristiano.    Non    avea  già    lasciato  ilj 
duca  di  far  quelT  armamento  ,  che  compe--^ 
leva  alle  sue  poche    forze,  per  opporsi   ìn^ 
qualche    maniera  al  torrente    delle  armi   J 
che  sempre  più  se  gli    appressava  .  Ma    io^ 
■fine    non    sussisteva  ,    che  il  duca  Alfonsa] 
gli  avesse  lasciati  quei  tesori,  che  la  fama  j 
decantava,  e  n' era  ben  consapevole  la  corte  ; 
di  Roma  ;  e  dall'altro  canto  per  la  rivercn-^j 
za  al  pontefice  niuno  dei  principi   di  questi| 
tempi  osò    di  alzare  un  dito  in  favore  di'{ 
lui,  contentandosi  eglino  solamente  di  ado-| 
perare  inefficaci  esortazioni  e  preghiere  al 
papa  ,    affinchè    senza  impegno  di    armi  si 
esaminasse  quella  controversia.  Ma  quello  ^ 
che  maggiormente  atteri  l'estense,  princi- 
ce  allevato  scio  nella  pietà  e  nelle  arti  di 
pace,  fu  Tessergli  stato  rappresentato  (  sg 
eoa  vero  o  falso  fondamento  noi    so  )  che 
non  era  sicura  la  di  lui    vita    in  Ferrara 
per  le  trame,  che  si  andava  ordendo  con- 

tra 


A  N  IT  o  MDXCVlI.  21 1 
tra  di  lui.  il  perchè ,  essendo  orarnai  giurl^ 
to  a  Faenza  il  cardinale  Fietro  Aldobran- 
dino nipote  del  papa  ,  con  titolo  di  lega- 
to e  generale  dell'  arnriata  pontificia  ,  la 
qual  già  si  era  raunata  in  quelle  parti,  il 
duca  Cesare  cominciò  ad  inclinare  alla 
concordia  .  E  tanto  più  perchè  venivano 
anche  minacciati  gli  slati  imperiali  della 
casa  di  Este  ,  e  si  era  trovato  Marco  Pio 
Signore  di  Sassuolo  e  di  molti  altri  feudi 
nel  Modenese^  che  dimentico  del  suo  do- 
vere come  vassallo,  teneva  mano  ad  un 
tradimento  .  Lasciossi  pertanto  esso  duca 
indurre  a  scegliere  per  paciera  donna  Lu-^ 
crezia  di  Este  duchessa  di  Urbino^  ancor- 
ché sapesse  _,  che  quella  principessa  non 
avesse  buon  cuore  per  lui  a  cagion  di  di- 
sgusti passati  fra  don  Alfonso  suo  padre 
e  lei .  Portossi  dunque  a  Faenza  la  duches. 
sa  per  trattare  d' accordo  nel  di  28  di 
dicembre  ;  dove  fu  accolta  dal  cardinal 
legato  con  tutta  gioja,  e  con  ogni  dimo- 
strazion  di  onore .  L'istruzione  sua  consi- 
steva in  dover  proccurare^  che  si  mettes- 
se Ferrara  in  mano  di  qualche  principe 
confidente  ;  sino  a  ragion  conosciuta .  Co- 
me poi  passasse  questa  faccenda  ^  ne  è  ri* 
serbata  all'  anno  seguente  la  notizia  « 


Anno 


2i8       Annali    d'Italia 

■i 

Anno  di  Cristo   1598  ,  indizione  XI.  \ 

di  Ci  EMENTE  VITI,   papa    7.  ' 

di  Rodolfo  li,  imperadore  23.  ! 

Ita  Lucrezia  di  Este  duchessa   di  Urbi  noi 
a  Faenza    trovò  nel  cardinale    legato    Al- 
dohrandrino  chi  potea  e  volea  dar  la  leg- 
ge^   e    stette    sempre    saldo  in   esigere    ili 
possesso  di  Ferrara  in  mano  del  papa  ,  pron- 
to nel   resto  a  comparir   grazie  e  favori  .i 
Convenne  accomodarsi  alla  forza  ,  che  avreb-; 
he  potuto  ottener  ciò,  che  si  fosse  negato^ 
colla  ostinazione.  Seguì  dunque  la  concor-4 
dia    nel    dì   13  di  gennajo  ,    consistente  in| 
quindici  articoli^  nei  quali  il  punto  prin- 
cipale,   fu    che    don    Cesare    rilasciasse    ili 
possesso    del  ducato  di  Ferrara    con    tutte\ 
le  sue  pertinenze j,  e  il  possesso  di  Cento  ^  | 
e  della  Pieve  ,  e  dei  luoghi  di  Romagna  ;  ; 
e  che  tutti  gli  Allodiali  di  qualsivoglia  sorta  i 
lasciati  dal  duca  Alfonso  restassero  ad  es-| 
so  don    Cesare  con  tutti    i  privilegi  ,   im-^ 
munita  e  libertà  ,    che  godeva  esso   duca.  \ 
Sicché  restarono    in  questo  naufragio    agli^ 
Estensi   almeu  salve  le  ragioni   loro  s6pra^ 
il  ducato  di  Ferrara  ,  le  quali    esposte    in 
varj   manifesti    o    libri,    e    massimamente  i 
nella  parte  seconda  delle  antichità  estensi, 
furono  ben  dipoi  promosse  nell"*  anno  1643 
da  Francesco  I  duca  di  Modena  ,  ed  anche 
si  ventilarono  in  Roma  nel  1710  fra  i  mi- 
nistri della  Santa  Sede  e  quei    dell'  impe- 

ra-- 


Anno  MDXCVIII.  219 
rador  Giuseppe^  e  dì  Rinaldo  duca  di  Mo- 
dena ;  ma  con  restar  tuttavia  pendente  la 
lite  ,  e  senza  che  cessi  la  speranza ,  che 
quando  Iddio  presenti  1' antichissima  e  no- 
bilissima casa  di  Este  da  quelle  cattive  in- 
fluenze ,  a  cui  sono  state  sottoposte  tante 
altre  di  principi^  e  spezialmente  in  Italia, 
abbia  da  venire  un  pontefice  superiore  ad 
ot^ni  basso  affetto^  che  faccia  pia  giusti- 
zia agli  Estensi:  giacché  in  fine  da  queli' 
acquisto  poca  utilità  è  provvenuta  alla  ca- 
mera apostolica  ,  ed  ha  solamente  servito  a 
cagionare  in  certa  maniera  la  rovina  di 
Ferrara.  Questi  moderati  riflessi  non  si 
poterono  ottener,  né  sperare  dalla  camera 
apostolica  a'i^mpi  del  duca  Cesare,  dac- 
ché si  vide,  che  essi  camerali  presero  an- 
che con  gente  armata  il  possesso  della  cit- 
tà di  Comacchio  ,  che  pur  non  era  dipen- 
denza di  Ferrara,  e  che  gli  Estensi  godca- 
no  in  vigor  d'  investiture  imperiali  fin 
dall'Anno  1354,  continuate  poi  sino  al  dì 
d'oggi;  del  che  fece  gravi  richiami,  ma 
indarno,  il  r^^gnantó  Augusto  Rodolfo  . 
Presero  ancora  la  città  ossia  terra  d'  Ar- 
genta,  che  pur  dovea  ricader  alla  Chiesa 
di  Ravenna  ;  e  Cento  e  la  Pieve,  che. 
aveatro  da  tornare  alla  Chiesa  di  Bologna. 
Anzi  giunsero  essi  camerali  fino  ad  inti- 
mar monitor]  alla  icpubblica  di  Venezia  , 
pretendendo  da  essa  anche  il  Polesine  di 
Rovigo.  Abbandonata  dunque  Ferrara,  don 
Cesare,  contento    da  lì  innanzi  del  titolo 

di 


22Ò     Annali    d'Italia  ì 

di  duca  ài  Modena  ,  Reggio  ec.  còlla  (Ìit4; 
chessa  Virginia  del  Medici  sua  moglie  ^i 
figlia  di  Cosimo  1  gran  duca  di  Toscana  f 
e  coi  figli,  si  ritirò  a  Modena^  città,  che^ 
per  la  residenza  della  corte  profittò  delle 
disavventure  del  principe  suo  .-  Entrò  nei 
dì  segnente  il  cardinale  Aldobrandino  cod 
gran  pompa  in  Ferrara,  per  cui  poscia  pèiq 
benemerito  di  sì  felice  impresa  fu  dichia-^ 
rato  legato .  In  Homa  si  fecero  di  grandi! 
feste  per  questo,  e  il  -pontefice  Clemente  j| 
voglioso  di  vedere  coi  proprj  occhi  il  fat^^ 
to  acquisto,  cominciò  a  prepararsi  per  ve-j^ 
ni  re  a  Ferrara:  risoluzione  poco  appressai 
eseguita .  '  1 

Nel  di   12    di  aprile  si  mosse  da  Remai 
esso  papa^    accolto  con  sommo  onore  peti 
dovunque  passò,  e  massimamente    dal  du-ri 
ca  di   Urbino,  e  in  Riminisi  portò  a  ba-*^ 
ciargli  i  piedi  Cesare  duca  di  Modena  coi*| 
don  Alessandro  suo  fratello^  a  cui  fu  po-^ 
scia  conferita    la  sacra  porpora  nella    pro-i 
mozione  d' insigni  personaggi  fatta  da  es^ 
so  pontefice  a  dì  tre  di  marzo  del  seguen  ' 
te    anno,  e    non    già  del   presente^   cora 
per    errore    di    stampa    si    legge    presso  V 
.Oldoino.  Solettissima  fu  l'entrata  del  san-l 
to  padre  in  Ferrara  nel  di  otto  di  maggio^ 
per  la  magnificenza  della  sua  corte,  e  dc-| 
gli  addobbi  fatti  da  quel  popolo;   ma  che 
nella  notte  del   dì  seguente  restò    funesta- 
stata  dair  incendio  deHa  torre  Marchesana, 
cagionata  da  una  girandola,   che  costò    I 

vi- 


Anno  MDXCVIII.  .  221 
vita  a  molti  Ferfavesi  accorsi  per  estin- 
guarlo  .  Portaronsi  colà  per  tributare  i  lo- 
ro ossequj  al  pontefice ,  Victnzo  duca  ài 
Mantova  ,  e  Ranuccio  duca  di  Parraa  ,  e 
fu  ammirata  la  grandiosità  del  loro  ac- 
compagnamento ,  e  spezialmente  quella  dell' 
ultimo.  Dopo  di  che  ,  si  applicò  Clemen- 
te a  regolare  il  governo  di  quella  città  . 
Quivi  si  fermò  alcuni  mesi  ,  probabilmen- 
te per  avere  il  contento  di  accogliere  V 
arciduchessa  Margherita  di  Austria  ^  figlia 
deW  arciduca  Carlo,  che  veniva  di  Ger- 
mania accompagnata  dall'  arciduchessa  sua 
madre  con  corteggio  di  circa  settemila 
persone  .  Essendo  ella  destinata  in  moglie 
a  Filippo  III  poco  prima  per  la  morte  di 
Filippo  II  suo  Padre,  divenuto  monarca 
delle  Spagne^  era  già  seguito  concerto  , 
che  il  matrimonio  si  facesse  alla  presenza 
del  medesimo  santo  padre  .  In  così  illustre 
brigata  si  trovava  acche  V  arciduca  Al- 
berto ^  da  noi  veduto  poco  fa  governator 
della  Fiandra^  il  quale  avendo  già  depo- 
sta la  porposa  cardinalizia,  dovea  sposare 
r  infanta  Isabella  iìglia  del  suddetto  re 
Filippo  II  colia  dote  della  Fiandra,  ossia 
dei  Paesi-Bassi.  I  mandati  peri' esecuzion 
di  questi  matrimonj  erano  portati  dal  du- 
ca di  Sessa  ambasciatore  del  re  Cattolico. 
Pertanto  nel- dì  13  di  novembre  con  in- 
contro sommamente  magnifico  entrarono 
questi  principi  in  Ferrara  ,  e  per  le  stra- 
de superb^^mente  ornate  giunsero    ai  piedi 

del 


222  Annali  d'  Ì  t  a  l  t  a 
del  pontefice  ,  che  assiso  sul  trono  li  as- 
pettava nella  gfiin  sala  del  castello  .  Po-  \ 
scia  nel  dì  15  di  esso  riiese  si  fece  dalla  | 
santità  stia  la  solenne  funzione  dei  due  | 
rnatiimonj  .  Nel  dì  18,  seguì  la  partenza! 
della  regina  e  di  quella  gran  comitiva  ^1 
che  tutto  passò  a  Mantova  ,  dove  da  quel] 
duca  furono  loro  dati  sì  sontuosi  divérti'-rl 
menti  ,  cHe  riempierono  di  maraviglia  lo'-J 
sterminato  concorso  degli  spettatori  .  InJ 
Milano  ad  inchinar  essa  regina  comparve! 
Carla  Emmafiiiele  duca  di  Savoja.  Perchè/^ 
era  passata  la  stagione  propria  a  far  viag- j 
gio  per  mare  convenne,  che  questi  prin-^  ' 
cipi  si  fermassero  in  Milano  sino  al  feb-(j 
brarjo  dell'anno  seguente.  ^l 

Anche  il  pontefice  Clemente  ,  dopo  aveì^^i 
lasciato  ordine  ,  che  si  fabbricasse  tina.ij 
cittadella  in  Ferrara^  a  cui  si  diede  pricr-  j 
cipio  neir  anno  seguente  collo  sferminia^ 
'di  migliaja  di  case,  chiese y  e  palazzi,  c! 
con  incredibili  lamenti  di  quel  popolo  ^] 
nel  di  26  dì  novembre  s' inviò  ajla  voltaj 
di  Roma,  dove  pervenuto  nel  dì  20  dij 
dicembre,  per  mezzo  i  sonori  viva  ;,  ap-** 
parati  ed  archi  trionfali  ^  e  fra  V  indici-^l 
bil  festa  del  popolo  romano ,  andò  a  pren-^ 
dere  riposo.  Ma  tre  giorni  appresso  ecco-* 
ti  convertirsi  tanta  allegrezza  in  un  co-j 
mune  dolore  per  una  cotanto  fiera  ed  or-j 
ribil  inondazione  del  Tevere,  simile  acuii 
non  vi  era  memoria^  che  .  fosse  succedut^i 
in  addietro,  avendo    superata  quella,    chc| 

neir     ] 


Anno  MDXCViri.  223 
neiranno  1530  accade  sotto  Clemente  VII 
flagelli  per  altro  simili  ,  perchè  succeduti 
il  primo  ,  dappoiché  Clemente  VII  era 
tutto  giojoso  ,  per  aver  sottomessa  Fi- 
renza  alla  sua  casa  ;  e  il  secondo  dopo 
tanto  giubilo  di  Clemente  Vili  per  aver 
tolta  Ferrara  agli  Estensi.  Spettacolo  al 
maggior  segno  lagrimevole  fu  il  dirocca- 
mento di  tante  case  per  la  gran  furia  dell' 
onde  ,  con  avervi  perduta  la  vita  più  di 
mille  e  cinquecento  persone  .  Non  si  potè 
raccogliere  il  numero  dei  tanti  cavalli  e 
muli,  che  restarono  affogati  nella  città  ,  e 
dei  bestiami ,  che  perirono  nella  campa- 
gna, essendosi  steso  l'orgoglioso  fiume  per 
più  miglia  nei  contorni .  Infiniti  mobili  , 
vi?eri  ,  e  merci  ,  colti  nei  bassi  piani  del- 
le case  ,  fondachi  e  botteghe  ,  o  furono 
condotti  via  j  o  si  guastarono  •  Tutto 
era  lutto  ,  e  tutto  pianto  e  spavento  .  Il 
-pontefice  Clemente ,  che  per  attestato  del 
Vettorelli  nella  di  lui  vita;,  riconobbe  in 
questo  flagello  V  ira  di  Dio  ,  irritata  per 
li  peccati  d'allora,  non  mancò  a  dovere 
alcuno  di  buon  p^^re  per  soccorrere  in  ^ì 
terribil  calamità  il  suo  popolo  ,  e  d'  ini- 
piegar  grandi  somme  di  danaro  in  limósi- 
ne,  e  in  provveder  anche  dipoi  per  molta 
tempo  di  pane  i  poveri  rimasti  privi  di 
ogni  sostanza  . 

Fra  le  altre  allegrezze  ,  che  provò  in 
questo  anno  esso  pontefice  ,  singolare  cer- 
tamente fu  quella  dell'  avviso  recatogli  in 

Fer- 


224  Annali  d'  I  t  a  l  i  a 
Ferrara  della  pace  conchiusa  fra  i  re  di 
Francia  e  di  Spagna  nel  dì  due  di  maggio 
del  presente  anno  in  Vervino  ,  giacche  le 
di  lui  premure  e  i  ministri  suoi  cotanto 
aveano  contribuito  a  questo  gran  bene  del- 
la cristianità  .  Vi  si  adoperarono  in  fatti 
con  tutto  vigore  il  cardinaU  Alessandro 
del  Illedicl  legato  apostolico  ,  e  frate  bo- 
naventura  Calatagirone  generale  dei  fran- 
cescani^ uomo  manieroso  ,  anch'  esso  a  que- 
sto fine  inviato  in  Francia  dal  papa.  Quan- 
tunqne  ogni  dì  andassero  di  bene  in  me- 
glio gr  interessi  del  re  Arrigo  IV ,  ed  egli 
ricuperasse  in  questo  anno  quasi  tutta  la 
Bretagna  con  accettar  la  sommessione  del 
duca  di  Mercurio:  tuttavia  trovando  egli 
oramai  esausto  il  regno  per  le  tante  pas- 
sate guerre ,  e  sé  stesso  bisognoso  di  pren- 
dere fiato:  si  fece  conoscere  inclinato  alle 
pace ,  purché  dagli-  Spagnuoli  venisse  a  lui 
restituito  qualsivoglia  luogo  da  essi  occu- 
pato in  Francia  .  Molto  più  vi  era  porta- 
to il  re  Filippo  11^  perchè  non  può  dirsi ^ 
in  che  miserabile  stato  fosse  ridotta  la' 
Spagna  ,  poco  per  altro  ^feconda  di  gente  j 
per  le  tante  leve  di  milizie  ivi  fatte  a  fin 
di  sostenere  le  sì  lunghe  guerre  con  gì' 
Inglesi ,  OHandesi ,  e  Francesi ,  oltre  al  do- 
ver provvedere  di  tante  soldatesche  le  sue 
flotte  ,  per  difenderle  dai  corsari  Inglesi.  , 
ed  oltre  a  quei  tanti  Spagnuoli,  che  pas- 
savano a  cercar  loro  fortuna  alle  indie» 
Occidentali.  Queste  si  sa,  che  se  arricchi- 
va-    i 


d 


Anno  MDXCVIIL  225 
vano  la  Spagna  coi  lor  tesori ,  V  impove- 
rivano poi  di  abitatori,  e  quegli  stessi 
tesori  andavano  a  perdersi  fuori  del  re- 
gno nelle  guerre  lontane  .  In  questi  tempi 
ancora  la  carestia  e  la  peste  non  poco  in- 
festavano varie  Provincie  di  esso  regno  . 
Quel  che  è  pia  ,  giunto  il  re  all'  età  di 
sessantun  anno ,  cominciò  a  declinare  il 
vigor  del  suo  corpo  ,  cop  ricordargli  vi- 
vamente ciò  ,  che  tutti  dobbiamo  alla  mor- 
talità. Però  fu  stabilita  la  pace,  tenuta 
nondimeno  per  poco  onorevole  al  re  cat- 
tolico, i  cui  capitoli  si  leggono  in  varj 
libri ,  e  nelle  raccolte  dei  trattati  pubbli- 
ci.  Non  si  può  esprimere  il  giubilo,  che 
per  questo  felice  accordo  si  sparse  per  tut- 
ti i  regni  e  principati  cattolici  .  Il  solo 
duca  di  Savoja  Carlo  Emraanuele  quegli 
fu,  che  n'ebbe  a  sospirare,  avendo  egli 
provata  quella  disavventura  ,  a  cui  soven- 
te sono  esposti  i  principi  minori ,  che  si 
collegano  coi  maggiori,  cioè  di  restar  egli-? 
no  se  non  anche  sagriiìcati  ,  almeno  con 
un  pugno  di  mosche  nei  trattati  di  pace  . 
Fu  ben  egli  compreso  in  quella  pace  ,  ma 
r  articolo  del  marchesato  di  Saluzzo  ,  che 
tanto  a  lui  premeva  ,  restò  indeciso ,  con 
esserne  stata  rimessa  al  papa  come  arbi-^ 
tro  la  decisione  ;  locchè  tutti  i  saggi  po- 
litici ben  riconobbero  essere  un  fermento 
di  nuova  guerra  .  Pure  non  potè  esentarsi 
il  duca  dal  sottoscrivere  la  pace  ^  tal  qua- 
le era ,  sperando ,  che  i  suoi  maneggi  e  la 
Tom.  XXIV.  P  pru- 


/ 

226      Annali   d'Italia 

J5rudenza  del  pontefice    troverebbono   pro- 
porzionati   rimedj    a  questa  piaga  rimasta 
aperta  .  Trovavansi  intanto  i  suoi  stati  di  J 
la  e  di  qua  dai  monti  afflitti  dalla  peste .  1 

Andarono  dipoi  crescendo  gì'  incomodi 
della  sanità  del  re  cattolico^  per  cagion 
dei  quali  avea  già  rinunciato  il  governo 
degli  stati  al  principe  don  Filippo  suo  fi- 
glio. Si  aggiunse  anche  una  lenta  febbre, 
dimodoché  scorgendo  appressarsi  il  fine 
dei  suoi  giorni ,  si  fece  portare  all'  Èscu- 
riale  ,  mirabil  palazzo,  monistero  e  chie- 
sa ,  eh'  egli  con  ispesa  almeno  di  due  mi- 
lioni d'  oro  avea  fabbricato  .  Giunto  colà 
nel  dì  due  di  luglio,  fu  preso  da  una  schi- 
fosa e  penosa  malattia ,  essendosi  invermi- 
nite le  sue  ulcere ,  ma  che  egli  con  eroi- 
ca imperturbabilità  sofFerl  fino  all'  ultimo 
fiato .  Ora  dopo  aver  lasciati  nobilissimi 
avvertimenti  al  figlio,  e  passati  quei  gior- 
ni di  tribulazione  in  continui  esercizj  di 
pietà,  spirò  finalmente  l'anima  nel  dì  13 
di  settembre  .  La  gloriosa  memoria  di  que- 
sto monarca,  il  qnale  per  1'  unione  del 
Portogallo  ,  fu  allora  considerato  il  mag- 
giore ,  o  certamente  uno  dei  maggiori 
dell'  universo  ,  tanta  era  1'  estensione  dei 
suoi  dominj  in  tutte  le  quattro  parti  della 
terra,  non  ha  bisogno,  che  io  mi  fermi  a| 
rammentare  il  suo  imparegiabil  senno  ,  la  |; 
somma  sua  religione  ,  la  fermezza  dell'  ani-  jl 
mo,  e  tante  altre  sue  lodevoli  doti  e  vir- || 
tu,  che  in  lui  si  univano,  perchè  negli  elo- || 


I 


Anno    MDXCVÌIÌ.        22? 
gj  suoi  ài  sono  impiegate  le  penne  di  tut- 
ti gli  scrittori  cattolici  .  A  lui    succedette 
Fiiiw>    Ut  suo    figlio ,  principe    inferiore 
di  mente  al  padre  ,  ma  da  preferirsi  a  lui 
neTr^anior  della  pace  ,  cioè  di  un  gran  be- 
ne dei  poveri  popoli  ,    siccome  alT  incon- 
tro male -grande  suol  essere  la  guerra,  de- 
solatrice  dei  proprj    e  degli  altrui   paesi  . 
Considerabilo  Fa   nel  presente  anno  in  Un- 
gheria il  riacquisto  fatto  dalle  armi  impe- 
riali nel  dì    29  di  marzo  delT  importante 
fortezza  dlGiavaiino.  Perchè  i  Turchi  cre- 
deano   inespugnabil    quella  piazia ,    non    si 
metteanos  gtan  cura    in  custodirla*   Infor- 
mato della  lor  trascuratezza  Adelfo  Barone 
di  Swarzemberg,  luogotenente  in  Ungheria 
deir  arciduca  Massimiliano  ,    con  quattro- 
mila soldati  comparve    colà  di  buon  mat- 
tino, e  con  tal  felicità  condusse  V  affare, 
che  sorprese  la  porta  ed  entrò  .  Gran  con- 
flitto   seguì    con  quel  presidio^    che    costò 
la  vita  a  circa  mille  e    settecento    Musul- 
mani,, e  a  cinquecento  Cristiani,  restando 
in  fine  i  Cesarci  padroni  dell^  terra  e  del 
castello.  Dopo  sì  rilevante  acquisto  s'  im- 
padronirono   essi    anche    di     Sanmartino  , 
Tatta,  Vesprino ,  e  di  altri  luoghi  .  Poscia 
nel  dì  9  di  ottobre  presero  per  assalto  la 
città  bassa  di  BuHa  ,  ma  senza    poter  for- 
zare il  castello  ;  per    la  cui  resistenza  ,  e 
per  la  voce  di  grosso  esercito  di   Turchi , 
che  era  in    marcia  ,   uopo  fu    di  abbando- 
nare la  atessa  città,  iiestò  intanto  assedia- 

P  2  to 


!i28      Annali    d'Italia  ] 

to  dai    Turchi    Varadino  ^  ma  si  ostinata! 
fu   la  difesa  dei  Cristiani  ,  che  furono  infine] 
coloro  obbligati  a   levare  il  campo  .  Prese] 
in  questo  anno  V  arciduca    Alberto  il  pos»l 
sesso  della   Fiandra,  conceduta  in  dote  dal 
re   Filippo  II    M'infanta    Isabella  sua  fi- 
glia ,    moglie  di   lui  ,    e    in  varj   luoghi  d* 
Italia    furono  celebrate    solenni   esequie  di 
esso  defunto  re  Filippo.  Non  poca  appren- 
sione  diede  il  bassa    Siaan  Cicala   alla  Si- 
cilia ,  lasciandosi     vedere  con  una    potente 
flotta  verso  Messina  ;  ma  andò  a  risolver- 
si tutto  lo  spavento  in  a.ver  solamente  de~ 
siderato  quel  famoso  corsaro  di  nazion  Ca- 
labrese   di    veder  sua    madre,  tuttavia  vi 
vente  :  la  qual  grazia  gli  fu  accordata  dal 
vipere  con  tutta  cortesia,  ma  con  aver  vo- 
luto per  ostaggio  il  di    lui    figlio  ,  affinchè 
fosse   restituita  la   donna. 

Anno  di   Chi  sto   1599^  iiidizione  XII. 

di   Clemente  VIII^  papa  8.  il 

di  Rodolfo  lì,  Imperadore  24. 

l\lel  di  tre  di  marzo  il  pontefice  Clemen^  ] 
te  fece  la  promozione  di  alcuni  cardinali,  ■ 
tutti  personaggi  di  gran  merito,  fra  i  qua-  \ 
li  spezialmente  si  distinsero  Roberto  Bel-  : 
larmino  della  compagnia  di  Gesù  da  Mon-  \ 
te  Pulciano  ,  Arnaldo  di  Ossat  francese  ^  ; 
e  Silvio  Antoniano  romano  .  E  perciocché  ] 
neir  anno  seguente  si  avea  da  celebrare  il  ^ 
^iubileo^  nel  giorno  ip  di   maggio  ne  in-  \ 

ti- 


A  N^  N  0    MDXCIX.  22g 

timo  a  tutti  i  fedeli  la  futura    solennità  . 
Non  potè  poi  nella  vigilia    del  Santo  Na- 
tale per    cagion    della    podagra    aprire    la 
Porta  Santa  ;  ma  soddisfece  a  questa  ceri- 
nionia  nell^ultimo  giorno  dell'hanno.  Dopò 
essersi  trattenuta    in   Milano    per    tutto    il 
verno  la  nuova   regina  di  Spagna    Marglie- 
rita  coir  arciduchessa  sua     madre  ;,   e  coli' 
arciduca   Alberto     per   aspettar   tempo  pro- 
pizio alla   navigazione.^,   finalmente  nel  feb- 
brajo  s'inviò  alli   voTta    di  Genova.  Som- 
mamente   magnifici  e    riguardevoli    furono 
gli    apparati  ,    coi  quali    fu   ivi   accolta  da 
quella   repubblica  .   Quarantadue   galee  ,  co- 
mandate dal   principe  Boria  ,  erano  pronte 
per  condurre  in  Ispagna  la   maestà  sua  con 
tutta  la  sua  gran   coite.  Essendone    segui- 
to l'imbarco  rn^l  dì   r8  di  essomese^  arri- 
vò poi  ,  benché    non    senza    grave    centra*'- 
rietà  di   venti  ,    ni  lidi  di    Valenza,    nella 
qual  città  si   era  portato   il  re  Filippo  III 
suo  consorte.  Seguì  nel  giorno   iBdi  apri- 
le la  solenne  entrata  di  essa  regina  in  quel- 
la città  colla  magnificenza    convenevole    a 
quei  monarchi  .  Finite  le  feste  ,  T  arciduca 
Alberto  e  l"*  infanta  Isabella  sua    moglie   , 
e  r.arciduchessa  nel  settimo  giorno  di  giu- 
gno   si    rimbarcarono  ,    e    pervennero    nel 
giorno  i8  a  Ger>ova  «  Indi  passarono  a  Mi- 
lano ,  dove  con  sontuosità  di    nuove    feste 
fu  solenizzato   il  loro  arrivo.    Ad    onorar 
questi   principi    colà    comparvero  gli    am- 
basciatori   dei    principi    d'Italia^    e    papa 

P  s  eie- 


Z'^o  Annali  dMtalia 
Clemente  vi  spedì  con  titolo  di  legato  il 
cardinale  Francesco  di  Dietriclisteim.  Do- 
veva egli  secondo  le  istruzioni  romane  es- 
sere ricevuto  sotto  il  baldacchino  neir  en- 
trare in  Milano;  ma  vi  si  trovarono  delle 
difficoltà ,  che  non  si  poterono  superare  , 
essendoché  il  contestabile  governatore  di 
quello  stato  avea  ricevuto  ordine  dal  ve 
di  non  comparire  in  sì  fatto  onore  alT  ar- 
ciduca Alberto  ,  e  dovendo  esso  cardinale 
essere  incontrato  da  esso  arcidiaca^  questi 
perciò  sarebbe  restato  fuori  dal  baldacchi- 
no; oltre  all'allegarsi  ancora,  che  negli 
stati  di  Spagna  al  solo  re  e  alla  rf^gina 
era  riserbata  cotale  onorificenza.  11  cardi- 
nale ,  giacche  era  imminente  la  partenza 
di  quei  principi,  non  volle  per  questo  de 
sistere  dalla  sua  funzione  :  del  che  poi  la 
corte  di  Koma  mostrò  non  lieve  disgusta 
di  lui . 

Arrivò  dopo  molto  tempo  in  Fiandra 
esso  arciduca  colP  infanta  ;  ricevuto  coiJj 
giubilo  universale  da  qnei  popoli  lieti  di| 
aver  ora  principe  proprio  e  presente,  coni 
isperanza ,  che  dopo  gì'  infiniti  passati  tra-i 
vagli  avessero  una  volta  a  migliorare  i; 
loro  interessi .  Gareggiarono  insieme  quel-i 
le  città  nella  magnificenza  delle  feste  pel; 
suo  ricevimento.  V arciduca— Andrea  car-^ 
dinaie y  rinunziato  il  governo  di  essa  Fian-^ 
dra  ,  se  ne  andò  in  pellegrinaggio,  e  nell'* 
anno  seguente  in  Roma  terminò  i  suoi| 
giorni  •  Ora  il  novello  principe  della  FianH 

dra 


Anno    MDXCiX.  23  r 

dra  Alberto  non  perde  t$mpo  a  tron* 
care  il  corso  a'd  una  guerra  ,  mossa  da  al- 
cuni principi  della  Germania  per  eagion 
degli  Spagnuoli ,  che  aveano  non  solamen- 
te preso  quartiere  d'  inverno  nel  paese  di 
Cleves,  ma  ancora  occupati  alquanti  luo- 
ghi di  quella  contrada.  Sicché  altri  nemi- 
ci non  ebbe  egli  da  lì  innanzi,  che  gli 
Olandesi  .  In  Ungheria  continuò  la  guerra 
coi  Turchi ,  e  ne  riportarono  molti  van- 
taggi le  armi  cristiane.  Diedero  gli  Un- 
gheri  uua  rotta  ad  un  Bassa,  che  con  tre- 
mila dei  suoi  andava  a  rinforzare  il  pre- 
sidio di  Buda;,  riportandone  grosso  botti- 
no di  danari^  gi<>je ,  e  cavalli.  Tentò  an- 
che il  conte  di  Svv  arzerabergh  la  stessa  cit- 
tà di  Buda  .  Essendogli  convenuto  ritirar- 
si ^  il  Bassa  di  quella  città  uscì  fuori  per 
andare  incontro  ad  un  gran  convoglio  di 
munizioni  da  bocca  e  dTa  guerra,  che  ve- 
niva a  trovarlo  ;  ma  caduto  in  una  imbo- 
scata di  Aiduchi ,  restò  prigione^  e  scon- 
fitta la  sua  truppa  ,  siccome  ancor  quella 
del  bassa  di  Bossina  ,  accorsa  in  ajuto  dell' 
altra.  Kiuscì  parimente  al  conte  suddetto 
d'  impadronirsi  della  città  di  Alba  rega- 
le ;  ma  ritrovata  troppa  resistenza  nella 
guernigion  del  castello  ,  diede  il  sacco  ad 
essa  città,  e  poi  la  consegnò  alle  fiamme. 
Di  maggior  conseguenza  fu  un  altro  fatto. 
S'intese,  che  un  grosso  numero  di  barche 
turchesche,  cariche  di  vettovaglie  ,  artiglie- 
rie,   e  muuizioni  da  guerra^  era  pel  Da- 

P  i^  nu- 


232       Annali    d' Italia 

tmbio  indirizzzto  all'armata  d' Ibraìm  Bas- 
sa .  Circa  1600  imperiali^  spediti  all' im-  I 
provviso,  trovarono  quella  flotta  al  lido; 
e  dopo  aver  tagliata  a  pezzi  la  maggior 
parte  della  scorta^  tal  bottino  ne  ripor- 
tarono, che  la  fama,,  verisimilmente  poo 
•in  ciò  veritiera,  lo  fece  ascendere  ad  un 
millione  di  ducati  d'acro.  Affondata  par 
te  di  quelle  barche^  tutti  allegri  se  ne 
tornarono  i  Cristiani  al  loro  campo  ,  con 
aver  anche  dipoi  data  una  buona  percos- 
sa ai  nemici  sotto  di  Agria:  azioni  tutte, 
che  sconcertarono  affatto  ogni  disegno  dei 
turchi  nell'anno  presente  .  Non  provarono 
già  egual  felicità  cinque  galee  del  gran  du- 
ca di  Toscana,  le  quali  comandate  da  Vir- 
ginio Orsino^  corseggiavano  nei  mari  di 
levante.  Arrivate  queste  una  notte  all' iso- 
la di  Chio ,  o  Scio  ^  sbarcarono  trecento 
uomini  ,  i  quali  valorosamente  assalirono 
quella  città.  Tal  fu  lo  spavento  degli  abi- 
tanti ^  che  tutto  abbandonato  si  rifugiaro- 
no al  monte,  suH' opinfione  ,  che  un  nuvo- 
lo di  Cristiani  fosse  venuto  a  visitarli  . 
Ma  fatto  giorno  scorgendo  che  si  trattava 
di  sole  poche  galee  ^  con  gran  furia  scese-; 
ro  contra  degli  occupatori  della  città,  dei 
quali  ,  perchè  a  cagion  del  mare  burasco- 
so  stentarono  a  rimbarcarsi,  tra  uccisi  e 
prigioni  ve  ne  restarono  più  di  cento  col 
loro  colonnello  . 

Grande  strepito  fece  nelPanno    presente 
inRoma^  e  per  tutta  l'Italia,  uà  raro  ca- 
so 


Anno     MDXCIX.  235 

so  di  ribalderia,  e  insieme  di  giustizia. 
Abbondava  Francesco  Cenci  nobile  romano 
di  ricchezze^  perchè  avea  ereditato  dal 
padre  più  di  ottantamila  scudi  di  rendita 
annuale;  ma  più  abbondava  d"*  iniquità.  Il 
minor  vizio  suo  era  quello  di  ogni  più 
sozza  e  nefanda  libidine;  il  maggiore  quel- 
lo di  essere  privo  affatto  di  religione  o 
Dal  primo  suo  matrimonio  ricavò  cinque 
ilgli  maschj  ,  e  due  femmine  ;  niuno  dal 
secondo.  L/  inumanità  da  lui  usata  coi 
primi  fu  indicibile;  non  men  bestiale  trat- 
tamento ne  provarono  le  figlie .  Avendo 
la  maggiore  di  esse  fati©  ricorso  con  me- 
moriale al  papa  ,  si  levò  d'  impaccio  y 
perchè  fu  forzato  il  padre  a  maritarla  . 
iiestò  Beatrice  la  minore  in  casa  ,  e  fatta 
grande  e  bella,  soggiacque  alle  disordina- 
te voglie  di  chi  T  avea  procreata  ,  giac- 
ché le  fece  egli  credere  non  peccaminoso 
un  atto  di  tanta  iniquità  .  Non  si  vergo- 
gnava il  perverso  uomo  di  abusarsi  della 
Sglia  su  gli  occhi  della  stessa  sua  moglie^ 
matrigna  di  lei .  Dacché  la  fanciulla  av- 
vertita della  brutalità  del  padre  ^  comin- 
ciò a  ripugnare,  si  passò  ad  esigere  col- 
le battiture  ciò  che  con  gV  inganni  sulle 
prime  si  era  ottenuto.  A  sì  miserabil  vita 
dunque  non  potendo  reggere  la  figlia ,  dap- 
poiché ebbe  significato  ai  parenti  i  mali 
trattamenti  del  padre,  senza  ricavarne  pro- 
fitto ,  animata  dall'  esempio  della  sorella  , 
mandò    un    ben    comporto    memoriale    al 

pa. 


i54      Annali   d^Ìtaiìà 

papa^  a  nome  ancor  della  matrigna.    Fos» 
se  questo  o  non  fosse  presentato,  certo  c,l 
che  non  ebbe    effetto,    e  né    pur  fu  ritro-| 
vato    nella-   segreteria^    allorché    venne  il| 
bisogno.  Intanto  ciò  penetrato  dal  padre, i 
cagion  fu,    che  si  aumentasse    la  sua  crn-l 
deità  contro  la  moglie  e  la  figlia  ,  sino  a^ 
ritenerle    chiuse    in    alcune    camere    sotlol 
chiave  .  Portate  allora  queste  dalla    dispe-l 
razione,    congiurarono    la  morte    di    lui  rV;^ 
Non    riuscì    difficile    ad    esse    ][   trarre  nelJ 
medesimo  sentimento  Giacomo  il  maggiore  ■ 
dei  figli  j,  che  avea  moglie  e  figliuoli  ,  per- 
chè anch' egli  troppo  si  trovava    tiranneg- j 
jgiato  dal  padre  .  Pertanto  fu  da  due  sica- | 
rj   nella  propria  casa  l'addormentato  vec-i 
chio  ucciso  una  notte  ,  e  congegnato  sì  fat-  ; 
tamente  il  di  lui  cadavero  in  un  ortaglie,  ^ 
che  parve    accidentale    la  di   lui  caduta   e  ^ 
morte.  Ma  non  permise  Iddio,  che  si  van- 
tasse di  tanta  felicità  l'enorme  delitto  del  \ 
parricidio .  Scoperti  e  presi  i  rei  cederono  ] 
alla  forza  dei  tormenti  •  ed  avendo  il  pon-  \ 
tefice  Clemente  letto  tutto  il  processo,  tosto  ■ 
comandò  ,  che  fossero  strascinati  a  coda  di  \ 
cavallo .  E  perciocché  si  mossero  i  princi-  \ 
pali  avvocati  di  Roma  in  difesa    dei  rei  ,  j 
il  papa  alto  alla  mano  negò  loro  di  ascol- 
tarli. Riuscì  nulladimeno  al  celebre  Fari- 
naccio di  ottenere  udienza,  e  in  un  collo- 
quio di  quattro  ore  tanto  seppe  dire  delle  j 
scelleraggini  dell'ucciso,  e  degl' insoffribili 
torti  fatti  ai  figliuoli  ^   non    per  levare  la 

col- 


Anno  MDXClX.  23^ 
pa  loro,  ma  per  isminuire  la  pena^  che 
il  santo  padre  si  calmò  non  poco  .  e  fer- 
mò  il  corso  della  giustizia  .  Già  si  spera- 
va ,  che  fosse  almeno  in  salvo  la  vita  dei 
delinquenti ,  quando  succedette  in  altra  ca-- 
sa  nobile  un  matricidio,  per  cui  esacerba- 
to il  papa,  ordinò,  che  quanto  prima  si 
eseguisse  la  sentenza  di  morte  contra  di 
loro.  Nel  giorno  ii  di  settembre  del  pré- 
sente anno  nella  piazza  di  ponte  sopra 
eminente  palco  furono  condotte  le  due  don* 
ne  con  Giacomo  e  Bernardo  fratelli.  All' 
ultimo  di  essi,  perchè  di  età  di  quindici 
anni,  e  perchè  dichiarato  non  complice  dal 
fratello  prima  di  morire,  fu  salvata  lavi- 
la, e  restituita  dipoi  la  libertà.  Ebbero 
le  donne  reciso  il  capo;  Giacomo  a  colpi 
di  mazza  restò  conquisto.  Tal  compati- 
mento svegliò  in  cuore  di  tutti  gli  astanti 
questo  sì  tragico  spettacolo  col  riandare 
r  iniquità  del  padre,  cagione  1  tanto  di- 
sordine, e  massimamente  in  considerare 
1'  età,  la  bellezza  ,  e  lo  straordinario 
coraggio  della  giovinetta  Beatrice,  allor- 
ché salì  sul  palco  ^  e  si  accomodò  alla 
mannaja,  the  più  e  più  persone  cadde- 
ro tramortite.  Altre  non  poche  rimase- 
ro per  r  immensa  folla  del  Popolo  sof- 
focate, o  stritolate  ,  o  raalconce  dalle 
indiscrete  carrozze  .  Corse  la  relazione  di 
quest'orrido  avvenimento  per  tutta  l'Ita- 
lia, e  fu  accolta  con  differenti  giudizj  . 
Né    lasciò    anche    il    Farinaccio    autentica 

me- 


23^        Annali    d'Itai^Ia 

memoria  nella  Qu,  i2c.  n.  172.  de  Homi-  \ 
cidio  j  e  nel  lib*  I,  cons.  LXVI.  dove  seri-  ! 
ve,  che  se  si  fosse  potuto  provare  la  vio-  \ 
lenza  inferita  daFrancesco  alla  figlia,  questa  i 
non  si  potea  condannare  alla  morte,  perchè  j 
cessa  di  essere  padre ,  chi  si  lascia  tra-  ! 
sportare  a  tanta  brutalità.  Ma  come  poter 
concludentemente  provare  atti  tali  ,  man-  \ 
canti  ordinariamente  affatto  di  testimonj.  ?  ; 
Confessa  nondimeno  il  Farinaccio,  che  co-? 
Illunemente  si  tenea  per  verissima  qu^ir  in-  | 
fame  azione,  del  padre.  E  se  fosse  stata  fat-  ' 
ta  giustizia  di  lui,  allorché  per  tre  volte  fu  ^ 
messo  in  prigione  a  cagion  del  vizio  nefan^  \ 
do  ,  per  cui  si  compose  in  ducentomila  scu-  | 
di,  non  sarebbero  incorsi  in  così  lagrime-! 
voi  disavventura  i  figli  suoi. 

Anno  di  CrtSto   1600  ,  indÌ2.ione  XIIL 
di  Clemente  Vili,  papa  9. 
di  Roj^oLFo  II,  iniperadore  25. 

V-^elebrossi  nel  presente  anno  in  Roma  iBj 
giubileo  ,  per  cui  la  provvidenza  di  popos-i 
Clemente  avea  fatto  ogni  convenevole  pre-^' 
parameuto  di  vettovaglia  e  di  alberghi  ^j 
affinchè  nulla  mancasse  ai  Pellegrini  divo^^j 
ti ,  che  ben  si  prevedeva  avere  da  essere  ] 
smisurata  la  copia  di  essi .  Tali  infatti  si*! 
provò  j,  essendosi  fatto  il  conto  ,  che  pressi 
so  a  poco  tre  milioni  di  persone  forestie-J| 
fé  in  tutto  V  anno  si  portarono  a  Koma ,  |j 

a  par- 


Anno     MDC.  232 

a  partecipar  il  perdono  e  le  consuete  in- 
dulgenze delTanno  santo.  Nel  giorno  di 
pasqua  si  calcolò  j,  che  si  trovassero  in  quel- 
la gran  città  presso  a  dugentomila  cristia- 
ni stranieri  di  varie  nazioni.  Ma  laddove 
nei  primi  tempi  ,  che  fu  istituita  questa 
divozione  ,  Roma  senza  molto  scomodo 
raccoglieva  le  limosine  dei  tanti  cristiani, 
che  concorrevano  ,  e  faceva  gran  guada- 
gno delle  sue  derrate  :  in  questi  tempi  la 
carità  del  romano  pontefice,  dei  cardinali , 
e  di  tutto  il  popolo  romano,  mirabilmen- 
te sfavillò  per  le  tante  limosine  fatte  agli 
stessi  pellegrini,  e  per  l'ospitalità  e  cari- 
tà loro  usata  .  Imperciocché  il  papa  prepa- 
rato un  palazzo  in  Borgo,  quivi  diede  al- 
logio  e  vitto  per  dieci  giorni  a  qualsivo- 
glia vescovo^  prelato,  sacerdote^  e  cheri- 
co_,  che  volle  quivi  albergare  •  e  lo  stes- 
so santo  padre  sovente  si  portava  a  visi- 
tarli ,  a  lavar  loro  i  piedi  ,  e  a  serVirli 
alla  tavola.  Oltreacciò  ,  dispensò  egli  in 
altre  limosine  da  tre::entomila  scudi  ,  e 
fu  in  continuo  moto  per  esercitar  gli  at- 
ti della  sua  carità  e  pietà  a  consolazio- 
ne di  tanti  divoti  cristiani.  Maravigliose 
cose  fece  V  arciconfraternita  della  santissi- 
ma Trinità,  istituita  appunto  per  le  ope- 
re di  carità  cristiana,  perchè  nel  corsa 
di  questo  anno  diede  ricetto  e  vitto  per 
tre  giorni  a  circa  ducentocinquantamila 
pellegrini,  e  in  oltre  a  ducento  quarantot- 
io  compagnie  forestiere^  ascendenti  a  cin- 

quan- 


158      Annali    d' Italia 

quantaq?aattromila  persone.  A  servire  co 
timiltà'  e  carità  sì  esorbitante  còpia  d 
gente  straniera  non  mancò  mai  tutta  lai 
nobiltà  romana  sì  ecclesiastici ,  che  secola-v! 
ri  :  Idcchè  cagionava  non  meno  stupore  , 
che  tenera  edificazione  a  tante  nazioni 
cristiane  colà  concorse  .  A  proporaioné 
poi  delle  lor  forze  altrettanto  fecero  l'al-i 
tre  arciconfraternite  di  Roma  .  In  sommai 
tali  e  tante  furono  le  opere  di  misericor^j 
dia  e;  pietà,  esercitate  in  sì  pia  occasione' 
dal  papa  e  dai  romani  ;  tale  V  affluenza 
e  il  buongoverno  dei  pellegrini ,  fra' quali! 
si  contarono  anche  dei  principi  e  gran  si-i 
gnori  incogniti,  come  il  duca  di  Baviera  j\ 
e  il  cardinale  Andrea  d^  Austria  ^  oltre  ai? 
duchi  di  Farnta  ,  e  di  Bar  :  che  un  simile | 
giubileo  da  gran  tempo  non  s' era  veduto  |j 
e  mai  più  non  si  vide  dipoi  .  Vi  concor-*^ 
sero  ancora  per  curiosità  sconosciuti  moi-^ì 
ti  Eretici^  i  quali  pieni  di  ammirazione.^ 
per  sì  grande  apparato  di  cristiana  pietà, j 
e  massimaniente  all'  osservare  tanta  csem-^i 
plarità  del  papa,  e  dei  sacri  ministri  ,  oh 
abbracciarono  la  fede  cattolica ,  o  giimii^ 
ai  lor  paesi  distrussero  le  calunnie  solite  ai 
spacciarsi  dai  protestanti  contro  la  santa  I 
Sede,  e  contro  la  religion  cattolica.  Ne  si  j 
dee  tacere,  che  avendo  le  acque  _,  che  scen- j 
dono  dalle  colline  di  Rieti  nel  lago  Veli-  I 
no,  ossia  nella  fossa  Curiana,  la  proprie-' 
tà  di  pietrificare  il  fango  ed  altre  materie,  j 
si  era    venuta    stringendo    in    tal  maniera  \ 

quel- 


Anno    MDCì'  239 

quella  fossa  ,  che  /restavano  inondate  le 
fertili  campagne  all' intorno  .  Papa  Clemen- 
te vi  applicò  il  rimedio  con  far  di  nuovo 
maggiormente  slargar  essa  fossa  ,  e  fabbri- 
carvi anche  un  ponte:  spesa,  che  ascese  a 
settantacinque  mila  scudi  .  Nel  presente 
anno  terminato  fu  quel  lavoro  ^  come  ap- 
parisce da  una  sua  medaglia  . 

Da  Margherita  di  Valols  regina  sua  mo- 
glie non  avea^  né  sperava  più  successio- 
ne^ Arrigo  IV  re  di  Francia.  Perciò  si  cer- 
carono ragioni^  e  si  trovarono  nel  prece- 
dente anno  per  disciogliere  il  loro  sacro 
legame ,  consentendovi  la  stessa  regina  , 
che  confessava  d'  averlo  contratto  per  for- 
za. Portata  la  controversia  davanti  al  pa- 
pa ,  dopo  un  serio  esame  restò  dichiara- 
to nullo  esso  matrimonio  .  Tutta  questa 
festa  era  principalmetite  fatta  dal  re  per 
desiderio  e  con  disegno  di  sposare  in  ap- 
presso Gabriela  d'Etrè,  cotanto  favorita 
da  esso  Arrigo,  principe  incredibilmente 
perduto  negli  amori  delle  donne  ,  che  dal 
volgo  veniva  creduto  ammaliato  da  essa  . 
Gli  avea  la  medesima  già  partoriti  due 
figli ,  Cesare  ed  Alessandro  ,  che  il  re  si 
figurava  di  poter  legittimare,  benché  spu- 
r j ,  col  susseguente  matrimonio.  Ma  le  uma- 
ne vicende  vi  providdero,  perchè  Gabriel- 
la vicina  al  parto  nel  dì  io  di  aprile  dell* 
anno  antecedente  presa  da  una  fiera  apo- 
plessia terminò  i  suoi  giorni  con  infinito 
dispiacere  del  re  ,  e  forse  non  senza  dice- 
rie 


] 

240       Annali    d' Italia 

ne  del  popolo.  Si  rivolse  pertanto  Arrigo 
a    cercare  una    più  convenevol    moglie,    e| 
Ferdinando  gran  ducei    di    Toscana    seppe  I 
prevalersi  della  congiuntura  ,  per  promuo-  ; 
vere  a  quelle  nozze  regali    Maria    de*  M(^-  \ 
dici  ,  figlia    del  già    gran  duca  Francesco  J 
suo  fratello.  Condotto  a  fine    questo  trat- 
tato ,  nel  giorno  quinto  di  ottobre  fu  spo- 
sata in  Éirenze  questa  principessa  a  nome 
del  re    dal  signor    di  Bellegarde    suo  am-  | 
basciatore  ,    eseguendo    le     funzioni    della  i 
chiesa  il  cardinal  Pietro  Aldobrandino  ni-  \ 
potè  del    papa  ,  colà  spedito    apposta    con  i 
titolo    di    legato.    In  magnifici   ^olazzi    si  ' 
spesero    poi    i   seguenti    giorni ,  finché  nel  \ 
di   13  d'esso  mese  la  regina  accompagnata  \ 
da  Cristina  di  Lorena  gran    duchessa  sua  { 
zia  ,    da  Leonora    duchessa    di    Mantova  ,  • 
sua  sorella  maggiore  ,    da  Virginio  Orsino  ] 
dufà  di    Bracciano  j  e  da    una  fioritissima  ; 
corte,  andò  ad  imbarcarsi  a  Livorno  nel-  i 
le  galee  del  papa,  di  Toscana,  e  di   Mal-  \ 
ta .    Approdò    essa    a  Marsilia    nel  dì  tre  \ 
di    novembre,    e    passata    dipoi    a  Lione  ,  \ 
quivi    aspettò    il     re  ,    affaccendato    nella^  j 
guerra    col    duca    di  Savoja .    Giunto    egli   \ 
alla  stessa  città  nel  gio^'no  nono  ,  la  regi- 
na  ben    istruita    dal    saggio  suo    zio  gran 
duca,  se  gì' inginocchiò  davanti.  La  solle- 
vò   il   re    con    abbracciarla    e  baciarla  ;    e 
perciocché  il  cardinale  Aldobrandino  a  ca- 
gion  della  guerra  suddetta  era  ito  a  Sciam- 
bery ,   fu    chiamato  colà,    ed   assistè    alla 

so- 


I 


Anno    MDC.  241 

solennità  eli  quelle  noz-ze  ,  che  furono  be-* 
nedette  da  Dio  ,  con  aver  la  regina  da 
li  a  dieci  mesi  partorito  al  re  un  Delfi- 
noj  che  fu  poi  Lodovico  XIIL  re  di  Francia . 
Abbiam  detto  insorta  guerra  fra  esso 
re  Arrigo^  e  Carlo  Emmanuele  duca  di  Sa- 
voja .  Era  stata  rimessa  nel  pontefice  la 
decisione  della  controversia  sopra  il  mar- 
chesato di  Saluzzo  5  che  già  vedemmo  oc- 
cupato dal  duca,  ma  preteso  dal  re  _,  co- 
me dipendenza  del  dfclfinato  .  Spediti  nelT 
anno  precedente  i  ministri  del  re  e  del 
duca  a  Roma ,  sfoderò  ciascuna  delle  par^ 
ti  le  ragioni,  credendo^  giusta  il  solito  , 
migliori  le  sue.  Ed  era  veramente  imbro- 
gliato r  affare  per  varj  atti  dei  passati  mar- 
chesi in  favore  ora  della  Savoja  ,  ed  ora 
della  Francia .  Fu  proposto  dal  papa^  che 
si  depositasse  in  sua  mano  quel  marche- 
sato :  dopo  di  che  egli  giudicherebbe.  Per- 
chè spedito  al  re  questo  progetto  fu  ac- 
cettato, il  duca  s'insospettì  di  essere  pre- 
so in  mezzo  ;  e  perchè  lasciò  traspirar 
questo  suo  sospetto  ,  il  pontefice  non  sof- 
ferendo, che  fosse  messa  in  dubbio  la  sua 
onoratezza  ,  rinunciò  al  compromesso  , 
Pensava  il  duca  di  poter  egli  riuscir  me- 
glio in  questo  affare,  trattandone  a  dirit- 
tura col  medesimo  re,  giacché  niun  prin- 
cipe viveva  allora  ,  che  si  potesse  ugua- 
gliare nella  prespicacia  dell'  ingegno  ,  e 
nella  vivacità  dello  spirito  a  Carlo  Emma- 
nuele ,  siccome  confessò  chiunque  il  conob- 
ToM.  XXJV.  Q  be- 


^42       Annali   d'Italia 

he  e  praticò.  Sul  fine  dunque  dell'anno  an- 
tecedente passò  egli  in  persona  a  Parigi  con 
accompagnamento  nobilissimo;  e  quantunque 
!il  re  avesse  ordinato  ,  che  gli  fosse  compar- 
tito ogni  possibil  onore ,  pure  egli  supe- 
riore alle  formalità^,  lasciati  indietro  i  suoi, 
quasi  solo  e  di  notte  a  cavallo  per  le  po- 
ste arrivò  a  trovare  il  re  ,  da  cui  fu  rice- 
vuto con  ogni  sorta  di  stima.  Sì  da  lui  col 
re ,  come  dai  suoi  ministri  coi  deputati 
del  re ,  lungamente  si  trattò  ;  ma  con  tro- 
varsi inespugnabile  il  re,  pretendente  pri- 
ma la  purgazion  dello  spoglio  ,  e  che  poi 
si  conoscerebbono  le  ragioni .  Tuttavia  coli' 
interposizione  del  Calatagiro^a  ministro  del 
papa  ,  già  dichiarato  patriarca  di  Costan- 
tinopoli^ si  ottenne,  che  il  re  accettereb- 
be una  compensazion  di  Stati  in  vece  di 
Saluzzo ,  cioè  il  principato  chiamato  di 
Bressa  con  altri  luoghi^  fra'  quali  Pinero- 
lo.  Fu  dato  al  duca  il  tempo  di  tre  mesi 
a  risolvere  . 

Pretendono  alcuni  storici  ^  che  il  duca 
di  Savoja  in  quella  occasione  proponesse  al 
re  r  acquisto  del  ducato  di  Milano  (  cosa 
da  non  credere  sì  facilmente  )  e  tutti  poi 
convengono  in  dire  ,  eh'  egli  intavolò  delle 
trame  col  maresciallo  di  Birone  contra  del  re. 
Infatti  lo  stesso  Guichenone^  storico  della 
real  casa  di  Savoja^  non  ha  avuto  difficol- 
tà di  confessarlo,  stante  l'avere  il  duca 
trovato  in  quel  maresciallo  un  uomo  super- 
bo, che  sparlava  del  re,  come  di  un  gran- 
de 


Anno    MDC.  245    ./ 

ie  ingrato  ai  rilevanti  servigj  suoi  .11 
cardinal  Bentivoglio,  fondato  in  una.  rela- 
zione del  cardinale  Aldobrandino^  scrive 
essere  andato  il  duca  in  Francia  col  fine 
principale  di  secretamente  ordire  e  con- 
chiudere quella  congiura  contra  del  re 
Arrigo.  Tornato  egli  ai  suoi  Stati  ,  dopo 
aver  lasciato  nel  re  e  in  tutta  la  corte  di 
Francia  un  gran  concetto  del  suo  mira- 
bil  talento,  dtlla  sua  liberalità  ,  della  sua 
destrezza  è  affabilità,  restò  un  pezzo  ir- 
resoluto ;  e  o  sia  perchè  non  sapesse  ac- 
comodarsi ad  alcuna  delle  condizioni  pro- 
poste y  o  perchè  fosse  dietro  a  tirare  il 
re  di  Spagna  ,  e  il  conte  di  Fuentes  ,  go- 
vérnator  di  Milano,  alla  propria  difesa  ; 
o  prchè  manipolasse  degli  imbrogli^  sic- 
come principe  di  alte  macchine,  e  di  va- 
sti pensieri  :  lasciò  spirare  il  tempo  dei 
tre  mesi  convenuti  .  Allora  il  re  Arrigo 
mosse  le  armi  sue  sotto  i  marescialli  di 
Lesdiguieres,  e  Biron,  che  s'impadroni- 
rono di  MonmelianOj  Sciambcry.  e  di  tut- 
ta la  Savoja  ^  prima  che  terminasse  Tan- 
no. Intanto  il  pontefice  non  men  per  pro- 
prio istinto  ,  che  per  le  sollecitazioni  dell' 
ambasciatore  di  Spagna,  s'interpose  perla 
pace,  e  diede  per*  questo  pressanti  ordini 
al  cardinale  /ddobrandino  suo  nipote,  il 
quale  già  abbiam  veduto  passato  alla  cor- 
te del  re  Cristianissimo.  Se  ne  trattò  vi- 
vamente per  tutto  il  verno,  e  ciò  che  ne 
avveniss»'; ,  i  riserbato  all'anno   seguente-; 

Q  2  Un 


144  A  N  ^  A  1 1      d'ÌT  ALt  k  I 

Un  bel  servigio  fece  il  re  Arrigo    in  que-    I 
sti  tempi  ai  Genevrini,  per  divozione  prò-    ì 
babilmente  alla  lor  pecunia;  perchè  aven«    j 
do  egli  preso  in   Savoja  il  Forte  di  s.  Cat-    | 
terina  ,    cioè    una    spina  ,    che    stava  negli    l 
occhi   di    quella    città  ^  patriarchessa    degli    ) 
eretici  ,    ordjnò  ,    o    permise  ,  che  si     de-    i 
melisse  :   risoluzione,   che  sommamente^  al* 
terò  l'animo  del  legato  apostolico  ;  e  po- 
co mancò  ,  che  non  andasse  per  terra  tutto 
il  quasi  compiuto  negozio  della  concordia. 
Mi    darà  licenza    il  lettore  ,    che  io  va- 
da   brevemente    ora    accennando  gli    affari 
della  Fiandra    e  dell'Ungheria,  perchè    in 
fine  assai    condottieri  ,  ufiziali  ,    e  milizie 
italiane  ,  ebbero  parte  anch'  essi  in    quelle 
guerre  .  Un  bel  regalo  della    buona  fortu- 
na parea    all'  arciduca    Alberto   V  acquisto 
fatto    della    Fiandra  ;   ma    gli   restava  una 
dura  pensione^  cioè  la  guerra   tuttavia  vi- 
va con  gli   Olandesi ,    assistiti    dalla    regi- 
na d'Inghilterra.    Non  ommise    1'  impera" 
dorè  Rodolfo  di  spedire  ambasciatori  a  fin 
di  smorzare    sì    lungo    incendio    in    quelle 
parti  ,  e    seguirono    eziandio    molte  confe- 
renze y    ma    in  fine  le  cose    restarono    nel 
piede    di    prima.  Trovavasi    intanto  1*  ar- 
ciduca   sprovveduto     di    quelT  importante 
ingrediente,    senza    di    cui    chi    vuole  far 
guerra  contra    di  chi    può    resistere,    può 
aspettarsi  ogni    sinistro  evento.    Per  man- 
canza appunto  di    pagh©^  si  ammutinarono 
in  parte  le  milizie    Spagnuolc  ,  e  V  esem- 
pio ^ 


Anno    MDC.  ^45 

pio  loro  si  trasse  dietro  ancor  quello  del- 
le    Italiane   .    Profittò     il    conte    Mauri- 
zio    di    Nassau    di    questo    disordine  ,    e 
s'  impadronì  di  Vaflhendonch  ,    e  del  for- 
te   di    Crevacuorc   ,    e    poi    di    quello     di 
sani'    Andrea  .  Uscito    di  nuovo    in    cam- 
pagna nel  mese  di  giugno ;,  inaspettatamen- 
te andò  a   mettere  V    assedia  a  Neopurto. 
Avendo    V  arciduca     trovata    maniera     di 
ammacsar    gli  ammutinati  ,    si    mosse  per 
dar    battaglia    al    Nassau  ,  che    in     questi 
tempi    godeva j,    e  con   ragione,  il  concet- 
to di    essere   uno  dei    più  prodi,  e  speiti 
generali    di  armata  .    Perchè  la    cavalleria 
dei  cattolici  sulle    prime    si    disordinò,    e 
rovesciossi     addosso    alla    fanteria  ,    andò 
sconfitto  tutto    r  esercito    dell'    arciduca  , 
con  perdita  della*  gente    più  fiorita    e  ve- 
terana .  Vi  perirono  ^  o  restarono    prigio^ 
ni    molti    ufiziali  di    cooto ,  e  fra  gli    al- 
tri Italiani    morti    il    cardinal  Bentivoglio 
vi    conta  un    suo    fratello  ,  e  uc  Nipote  , 
giovani   amendue    di  venti  anni  .  Con  tut- 
ta   nondimeno    questa    gran  percossa  ,  es- 
sendo riuscito  ai  cattolici  d'introdurre  di- 
poi  un  soccorso  di  gente  ^  e    di  viveri  in 
Neoporto  ,  ri  Nassau    fu    obbligato    a    ri- 
tirarsi   da    queir  assedio  .    Federigo    Spi- 
nola ,    che  con  quattro  galee    rondava    per 
quei  lidi ,    ed    avea   già    recati    non    pochi 
danni  all'  armata  Olandese  ,    continuò    ad 
infestar    la    lor    gente    imbarcata,  mentre 
si  ritira va*io  , 


^4^       Annali    d' Italia 
In  Ungheria  continuò  la  guerra  coi  Tur- 
chi ,  e  il  pontefice  mandò    danari    in  soc- 
corso   dei    cristiani.     Fu    anche    chiamato      | 
colà  da    Mantova    don  Ferrante  Gonzaga , 
siccome  persona  celebre  per  suo    valore   e 
per  la  sua  sperienza  militare  ^  e    dichiara-     ; 
to    governatore  dell'  Ungheria  superiore    . 
Perchè   mille    tra    Valloni    e    Francesi    si     ; 
trovavano  di  presidio    in  Pappa,  né  potea-     i 
no  aver    le  paghe  ,    giunsero  a  tanta  viltà     \ 
e  perfidia  ,  che  venderono  quel  fòrte  luo-     j 
go  ai  Musulmani  .  Ciò  riferito    ai    capita-     i 
ni    Imperiali,  volarono  a  cignere    d'asse- 
dio quella  piazza  ,  e  con    sì    frequenti  as- 
salti   la  tempestarono ,    che  ducento  Fran- 
cesi ivi  restati  presero  la  fuga  di    notte  ; 
ma    scoperti  furono    tutti  parte  uccisi ,    e    i 
parte  fatti    morire,    dopo    averli    straziati    \ 
con    inuditi    tormenti  .    Fu    assediata    dai    \ 
Turchi    la  città  di  Canissa ,   e   tentò  bene     ; 
il  duca    di  Mercurio    generale    delle  armi 
cesaree    di    soccorrerla  ;  seguì    ancora    un    j 
caldo  conflitto  con  essi;  ma  di  più  far  non    j 
potè,  perchè  poco  era  ubbidito  dai  capita-    l 
ni .   Nel    ritirarsi    da  quei  contorni  ,   ebbe    \ 
egli  nella  retroguardia  una    fiera  spellaza-    l 
ta  dai  Tartari,  con  perdita  di  molta  gen-    ^ 
te,  cannoni,  e  carriaggi.  Perciò  Canissa  ,    i 
(dianzi  creduta  fortezza  inespugnabile ,  cad-    \ 
de    nelle  griffe    degl' Infedeli.  Nel  maggio    ^ 
di    questo    anno    seguì    V  accasamento    di 
Margherita     Aldobrandina    pronipote     del 
papa  in  età  di  tredici  anni   con  Ranuccio 

duca 


ii  N  N  o    Mbc.  247 

duca  iiVarrm^  venuto  per  questo  a  Roma.' 
Non  parve  ad  alcuni  sì  riguardevole  alle- 
anza assai  conforme  alla  moderazione  fin- 
quì  mostrata  dal  pontefice  verso  dei  suoi , 
ne  al  decoro  della  casa  Farnese .  Certa- 
mente non  riuscì  felice  ,  perchè  non  aven- 
done ricavati  quei  vantaggi  ,  che  sperava  , 
ne  seguirono  disgusti,,  l'amore  si  conver-^ 
ti  in  odio^  la  stima  in  disprezzo  ,  efinal« 
mente  la  parentella  in  aperta  nemicizia  : 
accidente^  che  secondo  il  cardinale  Benti- 
voglio ,  perturbò  il  papa  stesso  ,  in  manie- 
ra, che  per^  opinione  comune,  e  tanto  pili 
presto ^-e  con  tanto  più  lamentevol  esito ^ 
nè  seguì  alfin  la  sua  morte . 

Anno  di  Cristo   iGoi,  indizione  XIV<. 
di  Clemente  Vili;,  papa   10. 
di  RoDOT^Fo  II  j   imperadore  iS. 

X  anto  finalmente  si  adoperò  il  cardinal 
Aldobrandino  ,  che  nel  dì  17  di  gennajo 
del  presente  anno  gli  riusci  di  far  segnare 
la  pace  in  Lione  ai  plenipotenziarj  del 
re  Cristianissimo  ,  e  del  duca  di  Savoja  . 
Consistè  la  sostanza  dell'accordo  in  que- 
sto, cioè  che  il  re  Arrigo  rilasciava  in 
pieno  potere  e  libero  da  ogni  pretension 
della  Francia  il  Marchesato  di  Saluzzo 
eolle  città  e  castella  di  Cental^  Demont  , 
e  Roccasparaviera;  e  all'incontro  il  duca 
rilasciava  al  re  in  tutta  proprietà  il  Bu- 
gey,  Valromay,  e  Gex  colle  rive  del  Ho- 

Q  4  da- 


J4?^  Annali  d' Italia 
o  da  Genevra  fino  a  Lione  ^  alla  riser- 
va del  ponte  di  Gresin,  con  rendergli  an- 
che la  città  ,  Castellania  ,  e  torre  del  pon- 
te di  Casteldelfìno.  Pretese  dipoi  il  du- 
ca ,  che  i  ministri  suoi  avessero  oltrepas- 
sato le  misure  del  mandato ,  e  si  mostrò 
per  qualche  tempo  renitente  alla  ratifica- 
zione ,  probabilmente  perchè  pasciuto  di 
speranze  dal  governator  di  Milano,  che 
era  dietro  a  mettere  insieme  una  podero- 
sa armata  .  Forse  ancora  il  ritenevano  cer- 
ti maneggi  per  far  ribellare  la  città  di 
Marsilia,  che  poscia  andarono  in  fumo  . 
Ma  in  fine  trovandosi  egli  burlato  dagli 
Spagnuoli ,  sottoscrisse  l'accordo.  Il  bello 
fu,  che  in  esso  il  duca  si  pretese  grave- 
mente pregiudicato ,  perchè  il  paese  da 
lui  ceduto  era  di  molto  superiore  in  am- 
piezza e  in  rendite  al  marchesato  di  Sa- 
luzzo ,  e  si  dichiarò  mal  soddisfatto  del 
cardinale ,  che  avea  in  certa  maniera  for- 
zati i  suoi  ministri  a  sottoscrivere  .  All' 
incontro  non  pochi  dei  politici  Francesi  , 
e  massimamente  il  cardinale  diOssat,  non 
sapeano  digerire,  che  il  re  avesse,  per 
mira  di  un  vii  guadagno ,  perduta  la  chia- 
ve ossia  la  porta  d'Italia,  quale  appunto 
era  Saluzzo  :  locchè  tornava  in  troppo  van- 
taggio del  duca  e  degli  Spagnuoli .  In  somma 
si  dicea  :  Che  il  re  avea  fatta  una  pace  da 
duca ,  e  il  duca  una  pace  da  re .  Che  il  re 
avea  trattate  da  mercatante  ^  e  il  duca 
di  Savoja  da  principe.  Scontentissimi  an- 
co- 


Anno     MDCI.  249 

cora  si  mostrarono  di  questo  accordo  i 
Veneziani  e  il  gran  duca  ,  al  veder  chiusi 
i  passi  da  lì  innanzi  ai  soccorsi  della  Fran- 
cia ;  e  fu  detto  ^  che  esibirono  grosse  somme 
di  danaro  ;,  per  disfare  il  già  fatto.  Ma  il 
re ,  che  voleva  oramai  riposare  ,  e  goder 
le  delizie  del  suo  regno  ^  non  ne  volle  sen- 
tir parlare.  Ed  all'incontro  il  duca,  tut- 
toché declamasse  contro  di  una  pace  com- 
perata  sì  caro ,  pure  ebbe  di  che  consolar- 
si ,  per  aver  cacciati  di  là  dai  monti  i 
Francesi,  i  quali  in  tanta  vicinanza  di  5a- 
iuzzo  non  gli  lasciavano  mai  godere ,  per 
così  dire  ,  un'  ora  di  tranquillità  nei  suoi 
stati  d'Italia.  A  lui  pareva  sempre  di  udi- 
re il  tamburo  di  carmagnola^  fortezza  di 
quel  marchesato,  troppo  vicina  a  Torino. 
Non  ostante  la  pace  suddetta  ;  parve 
strano  ai  principi  d'Italia,  e  spezialmente 
alla  re-pubblica  Veneta ,  che  ne  il  duca 
Carlo  Émmanuele  disarmasse  ,  e  molto 
meno  lo  facesse  don  Pietro  Enriquez  con- 
te di  Fuentes ,  governator  di  Milano ,  il 
quale  anzi  ogni  di  più  facea  massa  di  gen- 
te in  quello  stato,  credendosi,  che  ascen- 
desse queir  armata  a  trentamila  combat- 
tenti _,  cioè  a  quattromila  Svizzeri  ,  otto- 
mila Tedeschi ,  altrettanti  tra  Napoletani 
e  Spagnuoli  ,  seimila  Lombardi  ,  duemila 
cavalli  leggieri  ,  oltre  agli  uomini  di  arme, 
con  gran  preparamento  di  artiglierie^  mu- 
nizioni,  e  carriaggi.  Essendo  in  concetto 
il  conte  di  Fuentes  di  cervello  torbido  ed 

in- 


^50  ÀNMALI     D'ÌtàLÌjI 

inquieto,  nacque  gelosia  in  tutti  i  confi- 
nanti ;  e  perciò  i  Veneziani  fra  gli  altri 
fecero  uno  non  lieve  armamento  in  Terra- 
^rma ,  e  un  preparamento  di  molte  ga- 
lee. Ma  ossia ,  che  sventasse  in  Francia  1 
la  mina  fabbricata  dal  conte  contro  Marsi-  i 
lia  con  intelligenza  del  duca  di  Savoja ,  o  \ 
che  per  V  impresa  d'  Algieri  ,  e  per  dar  \ 
soccorsi  alTimperadore  in  Ungheria  ,  e  ali*  ; 
arciduca  in  Fiandra  ^  si  fòsse  raunato  quelT  ; 
esercito  :  continuò  dipoi  la  quiete  in  Ita-  \ 
lia.  Furono  inviati  in  Ungheria  i  fanti! 
Tedeschi,  e  spedito  in  Fiandra  un  terzo  , 
ossia  reggimento  di  Spagnuoli,  con  altri  j 
tre  d*  Italiani.  Quanto  ad  Algieri,  di  cui  j 
poco  fa  dicemmo  una  parola,  un  certo  ca- ; 
pitan  Rossi  Francese  _,  ben  pratico  di  quel- ^ 
la  città^  nido  nefando  di  Corsari  nemici  \ 
del  nome  cristiano,  dipinse  a  Giannandrea  ] 
Dori  a ,  generale  della  squadra  reale  diGe- ; 
nova  ,  così  facile  il  sorprenderla  nei  mesi  \ 
caldi  5  che  gli  fece  nascer  voglia  di  sì  bel-  j 
la  impresa .  Mandato  lo  stesso  Rossi  alla  \ 
corte  del  re  Cattolico  ,  ebbe  dipoi  il  Doria  1 
ordine  di  accudirvi,  e  furono  spediti  ordini  ] 
a  Napoli  ,  Sicilia  ,  e  Malta,  perchè  tutti  al-  j 
léstissero  i  lor  legni  senza  sapersi  per  dovej  ] 
e  il  conte  di  Fuentes  inviò  molta  fanteria  i 
ai  lidi  di  Genova  per  imbarcarla  .  A  Ma-  j 
jorica  nel  dì  19  di  agosto  fu  fatta  la  ras-  ; 
segna  ,  e  si  trovarono  galee  settantuna  ,  \ 
fra  le  quali  ancor  quelle  di  Spagna  ,  del  j 
papa^  di  Genova,  di  Toscana,  e  del  duca  i 

di       i 


ANNO    MDCI.  251  . 

di  Savoja.  Il  numero  dei  soldati  passava  i 
diecimila,  senza  i  nobili  venturieri,  che 
in  gvan  copia  vi  accorsero,  e  fra  essi  y 
coir  accompagnamf^nto  di'  molti  cavalieri 
e  soldati,  Ranuccio  duca  di  Parma,  e 
Virginio  Orsino  duca  di  Bracciano  .  Così 
beir  apparato  ,  ossia  questo  gravido  mon- 
te andò  poi  a  terminare  nella  nascita  di 
un  sorcio.  Unitasi  e  mossassi  per  v^ 
iilconvenienti  troppo  tardi  questa  flotta  , 
comparve  nel  dì  30  del  mese  suddetto  al- 
la vista  di  Algieri .  Ma  eccoti  sorgere  un 
vento  contrario  da  Levante  ,  che  mise  in 
conquasso  1^  navi  ,  e  cacciandole  a  Ponen- 
te ,  fu  forzi  ritornare  a  Majorica  ,  dove 
pervennero  nel  dì  tre  di  settembre  •  Que- 
sta  disavventura,  e  l'aver  gli  Algerini 
scoperto  il  disegno  dei  cristiani  ,  fece 
prendere  al  Doria  la  risoluzione  di  scio- 
gliere r  armata  ,  e  di  desistere  da  ogni 
altro  tentativo  .  Benché  non  mancassert» 
a  lui  buone  ragioni  di  così  operare^  pure 
non  ischivò  le  dicerie  e  i  morsi  di  chi  de- 
siderava e  sperava  esito  migliore  dì  quell' 
impresa. 

In  Fiandra  ,  ja  che  fuj-ono  pervenuti 
colà  i  soccorsi  spediti  dalT Italia,  e  fatte 
varie  leve  di  Alemanni  e  Valloni ,  1'  arci- 
duca Alberto  pensò  ad  uscire  in  campa- 
gna .  Fu  prevenuto  dal  conte  Maurizio  ge- 
nerale degli  Ollandesi^  che  andò  ad  ac- 
camparsi intorno  alla  città  di  Rembergh  , 
e  «ominciò  a  batteri^.  Fu  consigliato  l'ar- 

ci- 


152       Annali    p'Italia  i 

cidiica  d'imprendere  T  assedio  di  Ostando  ,  ^ 
città  marittima  di  somma  importanza  ^  peri 
fare  una    diversione    ai  nemici,    e  fu  ese- ! 
guito  il  disegno.  Ma  non  lasciò   per  que-J 
feto  il  Nassau  di  proseguir  gli  approcci ,  e  ' 
le    mina    sotto    Rembergh ,    e  di    obbligar  ;j 
quella  piazza  nel  dì  ultimo    di  luglio  coni 
patti    onorevoli    alla    resa  .    Erasi    intantoi 
dato    principio    dai   Cattolici    alle     offese^ 
centra  di  Ostenda  con  un  assedio,  che  riu-^ 
sci  una  dei  più  ostinati  e  memorabili,  ch€« 
si  abbia  la  storia^  descritto  vivamente  dal-^ 
la  felice   penna  del    cardinal  Guido  Benti-! 
voglio.  Convenne  fabbricar  forti  intorno  aii 
quella  città,  alzare  argini,  e  disporre batH 
terie    per  impedire  i  soccorsi    di  mare  ,  ij 
quali  nondimeno  niai   non  si  poterono  visfrl 
tare.  Sul  fine  di   dicembre  dato  fu  un  ge?i 
aerale  assalto  alla  città,  ma  se  gran    bra 
vura    mostrarono,  gli  assalitori ,    lUaggior^ 
ancora  si  trovò  la   resistenza    dei   difensa 
ri  ,    dimodoché    molto    sangue    sparsero 
primi,  ed  altri  rimasero  seppelliti  neli' a© 
que    per   le  cataratte    aperte    dai  nemici 
Assediò  poscia  il    conte  Maurizio    Boisle^ 
due;    ma    inteso,  avvicinarsi    una    gross; 
banda  di   fanti  e  cavalli,    spedita  dall'ar; 
ciduca,  giudicò/  più  sano  partito  il  ritirai^ 
si  ai  quartieri   d'inverno.  Durando  più  eh» 
mai    la    guerra    Turchesca    in    Ungheria 
Transilvania,  Stiria,  e  Croazia,  V  arcidw 
ca  Ferdinando  fxe  di  calde  ist::nze  d' aju 
to  a  ^apa  Clemente  ,    a  Fillp])0  III    re  d 

Spa* 


Anno    MDCI.  255 

Spagna  ,  e  a  tutti  i  principi  ò*  Italia  . 
Il  pontefice  ,  nel  cui  cuore  lo  zelo  della 
Religione  era  uno  dei  primi  mobili  ,  gli 
spedì  un  corpo  di  ottomila  soldati  Ita- 
liani, dei  quali  dichiarò  capitan  generale 
Gian-Francesco  Aldobrandino  suo  Nipote  . 
Seimila  tedeschi  vi  mandò  il  re  di  Spagna . 
A  quella  danza  ancora  accorsero  in  gran 
copia  nobili  venturieri  d'Italia.  Sopra  gli 
altri  vi  andò  Vincenzo  duca  di  Mantova 
con  una  magnifica  comitiva  ,  il  quale  fu 
dichiarato  vicegerente  del  suddetto  arci- 
duca generalissimo.  Ascese  quell'esercito 
a  ventitré  mila  pedoni  ,  e  quattromila  e 
cinquecento  cavalli  ,  che  passarono  all'  as- 
dio  di  Canissa  ,  dove  trovarono  chi  era  di- 
sposto a  perdere  la  vita  più  tosto  che  ce- 
dere quella  fortezza.  Si  riduce  quel  pre- 
sidio sino  a  mangiare  i  cavalli ,  finché  so- 
pragiunto il  novembre  con  gravissimi  fred- 
di ^  convenne  levar  l'assedio  ,  e  fare  una 
ritirata _,  che  parve  più  tosto  una  vergo- 
gnosa fuga .  Per  tale  sventura  buona  par- 
te dei  soldati  italiani  malconci  se  ne  tor- 
narono in  Italia  ,  colla  magra  scusa  di  es- 
sere mancato  di  vita  per  malattia  l'Aldo- 
brandino loro  generale ,  la  cui  motte  af- 
flisse non  poco  il  pontefice  suo  zio.  Fu 
poi  la  di  lui  memoria  onorata  dal  senato 
e  popolo  romano  con  una  iscrizione  posta 
in  Campidoglio  . 

Non  andò    cosi   in   altra   parte  dell'  Un- 
gheria. Il  duca  di  Mercurio  quivi  genera- 
le 


254  AnnaIid'  Italia. 
le  spidse  le  sue  g^nti  all'  assedio  di  Alfrà  ! 
Regale^  e  a  forza  di  armi  s' impadroni  ^ 
dei  borghi  6  della  città  .  Rifugiatisi  nel  : 
castello  i  Turchi,  poco  v'ebbero  di  ripo-  i 
so,  perchè  da  lì  a  quattro  giorni  furiosa-  i 
mente  vi  entrarono  i  Cristiani  ,  e  misero  \ 
a  fil  di  spada  chiunque  si  oppose  ,  e  poscia  ^ 
a  sacco  le  case.  Non  aveva  il  duca  più  di  ; 
ottomila  soldati  ,  ed  ecco  comparire  1'  \ 
esercito  Turchesco  di  trentamila  persone,  \ 
già  disposte  per  soccorrere  quella  città  ,  ] 
che  l'attorniarono  con  isperanza  di  ricu-  \ 
perarla.  Uscì  il  valoroso  duca  ^  e  diede 
loro  una  rotta  coli' acquisto  di  quàttordi-  | 
ci  pezzi  di  artiglieria .  Non  cessarono  petH 
questo  i  Turchi  di  strignere  quella  città-  ; 
coi  rinforzi  venuti  loro  da  varie  parti  ;àj 
ma  il  duca  sempre  vittorioso  in  altre  sus-»  ! 
seguenti  azioni  li  costrinse  iu  fine  ad  ab-  : 
bruciar  gli  alloggiamenti,  e  a  ritirarsi  itiM 
fretta.  Essendo  ancora  nell'anno  presente  i 
uscito  di  Agria  quel  Bassa  con  diecimila  ; 
Musulmani  ,  in  vece  d'  impadronirsi  di  \ 
Toccai ,  come  era  il  suo  disegno  _,  ebbe-  ^ 
una  rotta  da  Ferrante  Gonzaga  generale' J 
cesareo,  e  fu  inseguito  sino  alle  porte  di  ^ 
Agria.  Gravissime  molestie  e  danni  area--i 
no  patito  negli  anni  addietro  i  Venezia-  l 
ni  per  le  insolenze  degli  Useochi,  che  tut-  ] 
ti  gente  di  mal  affare,  ed  abitanti  in  quel  | 
di  Segna  ,  con  essere  divenuti  corsari  nell*  ' 
Adriatico,  infestavano  e  spogliavano  quan-  \ 
ti   legni    cadeano    in  loro   mani.  Ne  avea  i 

fat-     1 


Anno    MDCI.  2^5 

fatto  gravi  doglianze  col  senatoveneto  I0 
^jjjpso  gran  Signore,  giacché  anche  ai /sud- 
suoi    si  stendeva     la  rapacità  di  que' 
oli  ;    ed    ancorché    a    reprimere    la  lot 
danza  esso  Senato  avesse  più  volte  spe-^ 
è  galee    ed  altri  legni  ^  pure    quei  ma- 
■  fandrini  mille  vie  trovavano  per  continua- 
nte r infame  lor  mestiere.  Poco  potea  stare 
a  vedersi  nascere    un'aperta    guerra  fra  la 
(casa  d*  Austria ,  ne' cui  stati  coloro  alber- 
gavano ,  e  la  repubblica  veneta  ,  quando  il 
tcitefice    e    la    corte  di  Spagna ,  che    più 
te  aveano  interposti  i   loro  ufizj  per  in- 
rre  T  imperadore    e  l'arciduca  Ferdinaa- 
'do,    acciocché  si    rimediasse    a    questi  di- 
:sordini  ,  rinforzarono  le    lor    premura,  di 
iitianiera  che  la  corte  dell' imperadore  man- 
dò ordini  rigorosi  a  Segna,  affinchè  fosse- 
ro puniti  i  capi  di  quei   masnadieri  ^  e  le 
lor    famiglie    trasportate    ad    abitar    lungi 
dal  mare,  per  torre    loro  la  comodità    di 
ulteriormente  esercitare  la  piraterìa*    Con 
ciò  fu  creduto  in   Venezia ,    che  fosse  tor- 
nata la  quiete  dell'  Adriatico  .  Ma  non  an- 
dò molto^  che  si  avvidero ,  pullular  troppo 
facilmente  Iemale  erbe,  quando  non  sono 
sradicate.  Anche  i  nostri  stessi  tempi  han 
talvolta  veduto  essersi  dagli  Uscochi  d'al- 
lora tramandata  ai  lor  posteri  T  inclinazione 
al  dolce  mestier  di  fabbricar  la  propria  for- 
tuna colle  miserie  degl'innocenti .  Ma  per- 
chè nello    stretto    campo    di  questi  Annali 
non  capiscono    sì  minuti    avvenimenti  ,  io 

nul- 


25^        Annali    d'Italia 

nulla  eli  più  ne  dirò  .  Nel  dì  27  di  set-  \ 
tembre  la  regina  Ilaria  partorì  al  re  Ar-  \ 
rigo  IV,  un  Delfino^  che  fu  poi  Lodovico  = 
XIII  re  di  Francia  :  per  la  qual  nascita  j 
non  si  può  esprimere  l'allegrezza  di  tut-  l 
to  quel  regno  ,  anzi  di  tutta  la  Cristiani-  \ 
tà.  II  re  andando  tosto  alla  chiesa,  per  \ 
renderne  grazie  a  Dio ,  si  trovò  in  sì  gran  \ 
calca^  di  gente,  che  vi  perde  il  cappello  .  \ 
PjeJchi  dì  prima,  cioè  nel  dì  22.  del  Mese J 
suddetto,  nacque  in  Ispagna  al  re  Catto-  \ 
lieo  un'  infanta ,  a  cui  fu  posto  il  nome  di  ] 
Anna y  Principessa,  che  col  tempo  diven-  l 
ne  regina  di  Francia  per  le  sue  nozze  coVj 
prefato  Lodovico  XIII.  Vennero  in  questV  j 
anno  a  Roma  due  ambasciadori  del  Sofi,.  ■ 
o  sia  re  di  Persia  ,  Scia  Abàs  ,  principe  \ 
di  gran  mente.  L'uno  era  Persiano,  Tj 
altro  Inglese  ,  spediti  per  incitare  il  papa  1 
e  gli  altri  principi  Cristiani  ad  una  Lega'i 
e  guerra  contro  il  comune  nemico  ,  non  i 
mai  sazio  di  slargar  le  sue  fimbrie;  esi-  j 
bendo  a  questo  effetto  tutte  le  forze  della.; 
Persia,  e  la  libertà  ài  Cristiani  di  com-J 
merciar  nel  loro  paese,  e  di  fabbricarvi, J 
anche  delle  chiese  .  Furono  con  ogni  di-  • 
mostrazione  di  onore  accolti,  magnifica-;^ 
mente  spesati  e  regalati  dal  papa.  Fecero  j 
questi  ambasciatori  delle  cose  ridicolose^ 
in  Roma  ,  disputando  sempre  fra  loro,  e  j 
venendo  alle  mani  per  la  preminenza,  che'l 
ognun  di  essi  pretendeva .  Ma  non  si  sep-  J 
pe  ,  qual  risposta  e  risoluzione  riportasse-  i 

ro 


A  ji  N  o    MDCr.  257 

roacasa.  IlpoHteficesapea,  qaal  poco  capi- 
lale  si  possa  fare  di  somiglianti  progetti  di 
he  con  gì'  infedeli ,  e  coi  Cristiani  stessi . 


^S 


"  Anno  di  Cristo   1602 ,  indizione  XV. 
di  Clemente  Vili,  papa  ii. 
di  Rodolfo  II,  iniperadore  27. 

«^omma  pace  si  godè  nell'  anno  presente 
in  Italia ,  senonchè  nella  Garfagnana  ,  pro- 
vincia del  duca  di  Modena,  posta  di  là 
dair  Appennino ,  e  contigua  ai  Lucchesi  , 
per  liti  private  di  confinanti  ,  si  venne 
air  armi  .  Era  essa  stata  posseduta  per 
qualche  tempo  da  chi  signoreggiava  in 
Lucca  ,  poi  neir  anno  1429.  passò  sotto 
il  dominio  degli  Estensi .  Ancorché  fosse- 
ro succedute  chiare  convenzioni dippoi  fra  i 
diTchi  di  Ferrara  e  i  Lucchesi  per  quelle  teie- 
re ,  pure  non  si  eramai  spento  in  essi  Luc- 
chesi il  desiderio  di  ricuperarle.  Trovato 
il  pretesto  suddetto,  cominciarono  le  ostilità 
^  i  saccheggi .  Fecero  quanta  resistenza  potè 
tono  i  Garfagnini^  gente  valorosa,  finché 
da  Cesare  duca  di  Modena  fu  spedito  in  loro 
ajuto  il  marchese  Ippolito  Bentivoglio  suo 
generale  con  alquante  migliaja  di  soldati 
Lombardi  ,  i  quali  a  più  doppj  compensa- 
rono i  danni  sofferti  col  mettere  a  sacco 
non  poche  terre  Lucchesi .  Quindi  impre- 
se il  Bentivoglio  T  assedio  della  forte  ter- 
ra di  Castiglione  ,  che  avrebbe  forse  cedu- 
to, se  i  Lucchesi  con  ricorrere  al  conte  di 
Tom.  XXIV.  R   .  Fuen^ 


25S  Annali  d' Italia 
Fuentes  governator  di  Milano,  non  V  avei^\ 
sere  mosso  a  spedire  colà  it  marchese  Pir-' 
IO  Malvezzi,  che  fece  dtporre  le  armi,  ei'! 
rimise  ài  tribunale  cesareo  quella  contro- 'i 
versia  .  Sul  fine  poi  dell' anno,  e  nella  not-j 
te  del  di  22  di  dicembre  ,  Carlo  Emma^  \ 
miele  duca  di  Savoja  fece  un  tentativo  > 
che  diede  molto  da  discorrere  ai  curiosi  . 
Non  aveva  egli  mai  disarmato _,  né  se  ne  ! 
sapea  il  perchè.  Il  disegno  suo  era  di  ri-*! 
cuperar  la  città  di  Ginevra  ,  già  ribellata! 
ai  suoi  maggiori.  Fece  l'industrioso  prin- i 
cipe  fabbricare  a  questo  effetto  grats  copiai! 
di  scale,  sì  artificiosamente  composte y  chtfj 
si  pjoteano  allungare  ,  è  raccorciare,  d! 
portare  a  schiena  di  muli.  Si  erano  accor-^ 
tamente  scandagliati  i  siti,  esaminata  ìàì 
poca  vigilanza  delle  sentinelle  ,  e  fatti  corià 
gran  segreto  marciar  mille  e  duecento  sol-' 
dati  scelti ,  ai  quali  tenne  egli  dietro  in-^ 
cognito.  Data  fu  la  scalata  alla  città,  é^ 
vi  entrarono  felicemente  trecento  uominiji 
ma  non  essendosi  potuto  guadagnar  porta  i 
alcuna  y  ed  essendosi  lungo  tempo  combat- 1 
luto  da  quei  dì  dentro  e  di  ^  fuori,  neces-i 
sari©  fu  il  ritirarsi  con  perdita  di  cinque- j 
cento  persone  dalla  parte  del  duca.  Moti- i 
vo  ancora  di  grandi  ragionamenti  tanto  : 
ttegli  anni  precedenti ,  che  nel  presente  .  ' 
fu  la;  scena  del  finto  Sebastiano  re  di  Por-  ^ 
togallo  .  Capitò  a  Venezia  sul  fine  del 
1568,  un  uomo,  che  si  spa:cciava  per  quel- 
lo stesso  principe,  che  già  vedemmo  per- 

du- 


,    Anno     MDCII.  259    , 

itilo  n'alia  guerra  fatta  in  Affrica  contro  i 
M*-'riiT:ì  157S.  Si  assomigliava  costui  al  ve- 
to Sfcb-.stiano  nella  statura  ,  età  ,  e  linea- 
jnenti  del  volto.  Diceva,  di  essere  ritnaàtò 
schiavo  sconosciuto  dei  Mori  :  che  miraco- 
losamente si  era  dipoi  salvato  ;  e  che  per 
ìà  vergogna  di  quella  sì  sconsigliata  spe- 
dizione, costata  tanto  sangue  ai  Portoghe- 
si ,  era  andato  vagando  per  varj  paesi  ,  ed 
ora  solamente  essersi  dato  a  conoscere  eoo 
pensiero  di  riavere  il  suo  regno  =  Kaccon- 
tava  molti  detti  e  fatti  di  quel  tempo  ;,  e 
t  arj  segreti  maneggi  tenuti  col  senato  Ve» 
heto:  cose  tutte  ^  che  a  primo  aspetto  ac- 
creditavano la  sua,  persona  5  dimodoché  va- 
rj Portoghesi  in  Venezia  il  tennero  fran- 
camente per  quel  desso»  Per  le  istanze  de- 
gli Spàgnuoli  fu  costui  messo  prigione 
in  Venezia^  e  vi  stette  per  tre  anni.  Ma 
perchè  a  cagion  di  ciò  in  Portogallo  na- 
scevano ogni  dì  dei  movimenti  5  e  le  di- 
cerie erano  senza  fine  :  il  senato  Veneto 
senza  voler  decidere,  il  lasciò  nel  presen- 
te anno  in  libertà,  con  dargli  libando  dai 
suoi  stati .  Travestito  da  frate  domenicano 
passò  egli  in  Toscana  cori  disegno  d' im- 
barcarsi per  Lisbona  ;  ma  scoperto^  venne 
per  ordiue  del  gran  duca  Ferdinando  car- 
cerato ed  inviato  a  Napoli ,  dove  come  udi 
impostore  fu  ignominiosamente  sopra  uii 
•asinelio  menato  per  le  piazze  e  strade,  e 
foi  condennato  al  remo  .  Mólti  il  créde- 
tOilo  un  ardito  Calabrese^  che    sapèa    bed 

t{  2  iap- 


s6o       Anna  lì    d' Itali  X" 
yappresentare  il  personaggio.  Poscia    con- 
dotto in  Ispagna  (  altri  dicono  a  Lisbona) 
terminò,  non  si  sa  come,,  la    sua  vita    in  ! 
una    prigione.    Sparlarono    forte    del  gran  i 
duca  i    Portoghesi,    ed    uscirono    mordaci  i 
scritture,  che  sempre  più  diedero  a  cono-  \ 
scere  V  implacabil  odio  di  quella  nazione  l 
contra  degli  Spagnuoli  .  Altri    esempli    di  ] 
somiglianti  scene    si  leggono  nelle  Tecchie  \ 
storie,  con     essere    nondimeno    terminata! 
sempre  la  fortuna  di  questi  veri  o  finti  ri-  I 
suscitati  principi  in  un  capestro.  \ 

in  Fiandra  continuò  1'  ostinato  assedia  \ 
di  Ostenda  ,  impreso  d^^lV  arciduca  Alher-  \ 
to  ;  e  perciocché  il  conte  Maurizia  non  I 
seppe  trovar  maniera  di  frastonarlo  per  ' 
terra  ^  tuttoché  vi  si  avvicinasse  con  gran-  ] 
di  forze^,  voltò  le  sue  armi  contra  la  for-  j 
te  terra  di  Grave  .  Trincierò  egli  sì  forte  j 
il  suo  campo ^  che  indarno  tentarono  i  \ 
cattolici  di  portarvi  soccorso:  il  perchè  fu  j 
costretto  quel  presidio  alla  resa  con  patti  ] 
onorevoli .  Passato  intanto  alla  corte  èì  \ 
Madrid  Federigo  Spinola  ,  con  rappresenta-  ] 
re  i  bisogni  della  Fiandra  ,  ottenne  che  alle  1 
sei  galee  da  lui  comandate  se  ne  aggiugnes-  j 
sero  otto  altre:  giacché  si  era  alle  pruove-^ 
conosciuto,  quanto  giovassero  sì  fatti  legni  ; 
per  infestar  gli  Ollandesi .  Se  ne  cavò  poi  ì 
poco  profitto.  Ma  riuscì  bene  di  grande  im-  j 
portanza  e  frutto  Pavere  in  oltre  impetra-  i 
to  che  il  marchese  Ambrosio  Spinola  suo  fra^j  j 
tello  maggiore ,  uomo   di  gran  senno  ,  fa*  j 


J 


Anno     MDClì.  zÉx 

fcésse  nello  stato  di  Milano  la  leva  di  ot- 
tomila fanti  e  Con  questa  gente  in  fatti 
sul  principio  di  maggio  s'  inviò  il  Mar- 
chese alla  rolla  d-iia  Fiandra^  e  giunto  a 
Gante  5  dove  era  i' arciduca ,  in  tempo  ap- 
punto di  sommo  bisogno^  cominciò  a  far 
conoscere  ^  quanto  vagliano  le  teste  italia^ 
ne  nel  comando  delle  armi  .  La  Francia  in 
questo  anno  vide  la  tragedia  di  Carlo  Ma- 
resciallo duca  di  Birone^,  cotanto  beneme- 
i"ito  in  addietro  del  re  Arrigo  IV  pel  suo 
Valore  3  ma  divenuto  poi  traditore  per  la 
sua  incontentabil  superbia  .  Si  propalarono 
le  sue  intelligenze  con  gli  Spagnuoli  e  col 
duca  di  Savoja  in  pregiudizio  della  coro- 
na di  Francia  ;  cpperò  fu  condennato  a 
lasciare  il  capo  sopra  tan  palco  .  Di  più 
non  occorre  ,  che  ne  dica  io  .  Sul  princi- 
pio ancora  di  questo  anno  mentre  Filippo^ 
Emmanuele  duca  di  Mercurio  ,  della  casa 
di  Lorena  passava  verso  la  Francia ,  per 
far  leva  di  gente  in  servigio  dell'  impera- 
dore^  colto  da  una  malattia  nella  città  di 
Norimberga,  dopo  avere  ottenuto  da  quei 
jprotestànti  il  permesso  di  poter  prendere 
il  santissimo  viatico  dei  cattolici ,  termi- 
co il  corso  del  suo  rivere  :  perdita  di  gran 
conseguenza  per  gli  affari  dell'  Ungheria  , 
dove  il  solo  suo  credito  si  contava  pel 
meglio  di  un'  armata .  Male  in  fatti  passa- 
rono gli  affari  nella  guerra  coi  Turchi  dei 
presente  ann©  ;  imperocché  assediata  ò^ 
quei  barbari  la    città  di  Albaregalè,  infe- 

R  5  U- 


262  Annali  d'  T  t  a  l  i  4 
licemente  di  nuovo  tornò  alk  loro  mani  o 
Impadronironsi  bensì  i  Cesarei  della  città 
di  Pest  in  faccia  a  Bada  ,  con  aver  vaio-  i 
rosamente  preso  e  fracassato  il  ponte  sul  | 
Danubio,  che  congiungeva  l*  una  all' altra  | 
città.  Si  applicarono  ancora  a  l'espugnazio»  i 
ne  di  Buda  stessa  ;  ma  accorso  con  forte  i 
esercito  il  Bassa  Turchesco  per  soccorrere! 
gli  assediati,  obbligò  i  cristiani  a  ritirar- j 
si  di  là,  e  contentarsi  del  solo  acquisto  di  j 
Pest.  Guai  se  il  gran  Signore  di  questi: 
tempi  5  cioè  Maometto  III.  non  fosse  stato  i 
signoreggiato  dalla  lussuria  ,  dapoccagine  j,^ 
ed  avidità  dei  piaceri;  cose^  che  il  diver-j 
tivanodalP  attendere  seriamente  alla  guerra:; 
gli  affari  dei  cristiani  in  Ungheria  si  sareb*  ■ 
bono  trovati  in  pessimo  stato.  Mancò  poi- 
di  vita  neir  anno  seguente  esso  Maometto,,] 
ed  ebbe  per  successore  Acmet  suo  figlio  ej 

Anno  di  Cristo  1603,  indizione  I. 
di  Cleme.\te  Vili,  papa  12. 
di  KoDOLFo  II 3  imperadore  28, 

A  ornarono  in  questo  anno  ancorai  Lucchd^^ 
a  muovere  guerra  alla  Garfagnana  del  duca^ 
di  Modena^  col  mettere  a  sacco  un  buoa^ 
tratto  di  quel  territorio  .  Però  fu  for-i 
2:ato  il  duca  a  rispedire  colà  il  marcheseJ 
Bentivoglio  con  forze  maggiori  dell'  anno^ 
precedente.  Indussero  i  Lucchesi  il  vile  co-' 
mandante  della  forte  terra  fli  Palleroso  3{*\ 
Tenderla,  spogliarono  altari  e  chiese,  metj 


na- 


j 


Anno     MDCII.  2G3 

TtSTono  via  fin  le  campane  ,  e  lasciarono  la 
terra  in  balìa  delle  fiamme.  Per  rifarsi  di  que- 
sto insulto _,  il  Benti voglio  si  spinse  nel  Luc-^ 
chese,  vi  fece  di  grandi  prede  ,  conducendo- 
ne via  spezialmente  mille  ^  e  cinquecento  pa- 
ja  di  bestie.  Quindi  imprese  di  nuovo  l'as- 
sedio di  Castiglione  _,  terra  ben  munita  di 
artiglierie  ,  e  di  mille  e  duecento  soldati  scel- 
ti .  Furon©  ivi  atterrate  dalle  artiglierie  di 
Modena  molte  case  ,  e  massimamente  un  al- 
to campanile,  dalla  cui  cima  con  due  canno- 
iii  veniva  inferito  gran  danno  al  campo  del 
Bentivoglio.  Impadronironsi  ancora  i  Mode- 
nesi a  forza  di  armi  di  un  Fortino  fabbrica- 
to d^i  Lucchesi  sopra  un^  collina,  daddove 
poi  con  piantarvi  alcune  bombarde  ,  co- 
minciarono maggiormente  a  bersagliare  le 
mura.  Ora  i  Lucchesi^  allorché  videro  sì 
mal  incamminati  i  loro  affari,  tornarono  al 
solito  giuoco^  facendo  muovere  di  nuovo  il 
conte  di  Fuentes  ,  il  quale  spedito  a  Mo- 
dena il  marchese  Malvezzi,  ottenne  che  si 
posassero  le  armi  ,  e  che  il  senato  di  Mi- 
lano conoscesse  la  civil  controversia  in  for- 
ma giudiziale  .  Questo  era  quello  ,  a  che 
miravano  essi  Lucchesi  .  Furono  appresso 
esaminate  da  quel  Senato  le  rancide  lor 
pretensioni  sopra  la  Garfagnana,  e  deciso 
in  favore  del  duca  di  Modena,  con  dichia- 
rare ,  che  ostava  la  prescrizione  alle  peti- 
zioni dei  Lucchesi,  i  quali  né  pur  si  quie- 
tarono 5  e  portarono  coli'  appellazione  la 
pausa  al  tribunale  di  Cesare  . 

R  4  Fi- 


2^4       Annali    d'Italìa  ] 

Fini  di  vivere  in  questo  anno  adìquaf^^ 
tro  di  aprile  Elisabetta  regina  d'inghìl ter- ^ 
ra  5  donna  di  raro  spirito  e  senno  >  mài 
gran  flagello  dei  cattolici,  e  che  di  crudele  s 
tà  non  fu  avara  ne  pure  verso  i  suoi  pini 
cari .  Opinione  fu  ,  che  appunto  pentita  di  | 
aver  tolto  di  vita  il  conte  di  Essec  ,  suo* 
gran  favorito,  si  lasciasse  per  la  rabbia | 
morire.  A  lei  succedette  tìel  regno,  ini 
vigore  ancora  del  di  lei  testamento ,  Già-  ì 
corno  re  di  Sco:iia,  la  cui  madre  Maria  ,j 
regina  cattolica  >  per  decreto  del  parla-*  ] 
mento  Inglese ,  e  per  iniquità  di  Elisabeth  ; 
ta,  già  dicemmo  privata  di  vita  sopra  dil 
un  palco  •  Fu  creduto  da  molti,  ed  ^nchej 
da  papa  Clemente  VIlIp  che  la  religioa  i 
cattolica  avesse  a  montar  sul  trono  coni 
questo  re.  Si  trovarono  ben  ingannati  *i 
Egli  professò  la  credenza  Anglicana,  eini-| 
pugnò  dipoi  anche  colla  penna  la  Gatto*! 
lica.  Fu  allora,  che  si  cominciò  Jld  usare! 
il  titolo  di  re  della  Gran  Bretagna  ,  per-*: 
che  sì  unì  il  regno  di  Scozia  con  queliti 
d'Inghilterra.  In  Fiandra,  mentre  prose- j 
guiva  per  parte  dell'  arciduca  Alberto  f\ 
assedia  di  Ostenda ,  il  conte  Maurizio  st| 
portò  a  far  quello  di  Boisleduc.  Contut-I 
tochè  dentro  vi  fosse  un  gagliardo  presici 
dio,  pure  la  città,  se  non  era  rinforzata! 
dall'  arciduca  ,  avrebbe  corso  gran  perico-i 
lo.  Vi  stete  accampato  il  Nassau  sinfo  aln 
principio  di  novembre,  e  conoscendo  ora-^i 
mai  deluse  le  sue  speranze,    si  ritirò  pej^j 

ccr- 


i 


IP  À  k  N  o     MDCIII.  ^6s 

tczte  miglior  quartiere.  Intanto  sotto 
tenda  continuavano  sempre  più  gli  ap- 
procci .  Furono  acquistati  alcuni  forti  dai 
cattolici ,  e  formata  una  piattaforma  si  al- 
ta j  che  sopravanzava  le  mura  della  città  , 
da  dove  con  grossi  cannoni  venivano  con- 
tinuamente danneggiati  nel  di  dentro  gli 
assediati.  Crebbero  le  forze  dell'arciduca 
con  tre  mila  Alemanni ,  e  dall'  Italia  a  lui 
vennero  due  terzi ,  l*  uno  di  Spagnuoli  ,  e 
l'altro  di  Napoletani.  Il  motivo  principale 
per  cui  il  re  di  Spagna  concorreva  in  as- 
sistere all'arciduca^  era  percbè  già  si  pre- 
vedeva sterile  il  matrimonio  di  lui  coU' 
infanta  j  e  che  perciò  ricaderebbono  quegli 
stati  alla  Corona  di  Spagna  .  Intanto  esso 
arciduca,  avendo  oramai  scorto,  quanto  si 
potesse  promettere  del  senno  ^  e  della  bra- 
vura del  marchese  Ambrosio  Spinola  Gè* 
tìovese  ,  a  lui  appoggiò  V  impreca  dell'  as- 
sedio di  Ostenda ,  risoluzione^  che  dagli 
effetti  fu  comprovata  d"*  incredibil  vantag- 
gio. In  Ungheria  seguirono  diversi  fatti 
di  armi_,  nei  quali  pet  lo  più  restarono 
superiori  i  cristiani .  Spezialmente  nel  me- 
se di  settembre  invogliato  Sardar  Bassa  dei 
Turchi  ,  comandante  di  un  poderoso  eser- 
cito^ di  riacquistare  Pest,  gittató  un  pon- 
te sul  Danubio,  fece  passar  settemila  ca- 
valli ,  e  tremila  Giannizzeri  ben  forniti  di 
cannone.  Ma  assaliti  dai  cristiani  parte  di 
essi  o  sul  campo  o  nel  fiume  in  ritirarsi 
lasciarono  la  vita.  Cominciarono  in  questo 

anno 


z6S  Annali  d'  Italia 
anno  i  Veneziani  a  far  lega  coi  Grigioni , 
sempre  dipoi  mantenuta  al  dispetto  del 
ponte  di  Fuentes  ,  che  fece  ogni  sforzo  per 
guastarla.  Dichiararono  ancora  nobile  della 
lor  città  Arrigo  IV  re  di  Francia,  il  qua- 
le mostrò  gran  contento  di  questo  segno 
del  loro  amore,  e  mandò  loro  in  dono 
Ja  stessa  armatura,  con  cui  si  era  trova^ 
to  in  tante  guerre  degli  anni  addietro  , 
Fu  questa  dai  Veneziani  riposta  con  tuttQ 
decoro  nell'arsenale  delle  armi. 


t 


Anno  di  Cristo  1604 ,  indizione  IL 
di  Clemente  Vili,  papa   13. 
di  Rodolfo  II,  imperadore  29. 

r3.vea  il  -pontefice  Clemente  nel  precedente; 
anno  a  dì  17.  di  settembre  creato  cardinali 
le  Silvestro  Aldobrandino  suo  pronipote ,  ^ 
giovinetto  di  soli  sedici  anni.  Nel  presen- ^ 
%e  a  dì  9  di  giugno  fece  una  piili  solenne  ì 
promozione,  in  cui  ebbe  luogo  il  celebre  \ 
Jacopo  Davy  di  Perrona  vescovo  di  Eu-  ^ 
xeux,  celebre  personaggio  per  la  sua  lette-^  ì 
ratura,  e  sommamente  molto  prima  di  que- j 
sto  temipo  meritevole  di  quel  grado  .  Ma  ; 
perciocché  il  santo  padre  si  lasciava  ora- ^ 
mai  governare  dalU  altro  cardinale  Aldo^  ] 
hrandino  Pietro^  ad  istanza  sua  conferì  la  \ 
sacra  porpora  a  Jacopo  Sannesio ,  fratello  \ 
di  Clemente  maestro  di  camera  di  esso  ^ 
cardinale  :  Azione  dice  il  cardinal  Benti-  l 
voglio,  che  a  dire  il  vero^    tornò  in  pocc^  \ 

ono--      ] 


i 


||.  Anno     MDCIV.         2^^ 

^re  di  Aldobrandino y  perchè  non  i)otevq 
ere  da  lui  portato  a  quel  grado  alcini 
soggetto  ,  non  solo  più  oscuro  di  sangue ^ 
ma  né  più  rozzo  di  aspetto ,  né  più  rvr 
stico  di  maniere^  né  più  debole  d' inge^ 
gno  ^  e  di  ogni  altro  più  comune  talento* 
Andarono  talmente  avanzando  a  palmo  a 
palmo  i  cattolici  sotto  Ostenda  i  loro  ap- 
procci,.  durante  anche  il  verno,  continua- 
.mente  animati  dal  marchese  Spinola  j  che 
or  qua  or  là  accorrendo  era  3I  primo  ad 
arrischiarsi  in  ogni  impresa  ,  che  s' impa- 
dronirono ,  a  forza  sempre  di  saugue  ,  di 
tutte  le  fortificazioni  esteriori  ,  e  presero 
in  parte  la  contrascarpa .  Ma  appena  in 
quel  fiero  assedio  si  arrivava  ad  occupare 
yn  riparo ,  che  se  ne  trovava  fabbricato  ed 
opposto  un  gltro  dagli  assediati  ,  ai  quali 
non  mancarono  mai  in  si  lungo  tempo  di 
difesa  rinforzi  di  gente  e  di  viveri  dalla 
parte  del  mare.  Ardeva  di  voglia  il  conte 
Maurizio  di  sloggiar  di  colà  i  pertinaci 
assedianti ,  ma  così  terribili  erano  i  loro 
trincieramenti,  tanti  i  fossi  e  i  canali ,  che 
conveniva  superare,  ch'egli,  tuttoché  prov- 
veduto di  un  buon  esercito,  non.  si  atten- 
tò inai  di  mettersi  a  sì  pericolosa  impre- 
sa .  Perciò  affine  di  fare  una  potente  di- 
versione, elesse  di  passare  all' assedio  delT 
Esclusa  5  piazza  di  mare  di  tal  conseguen- 
za^ che  pareggiava,  se  non  anche  vantag- 
giava Ostenda.  Colà  si  portò  egli  sul  6n^ 
del  mese  di  aprile,  e  non  ostante  la  graq 

co- 


268      Annali    d' Itali  A  ì 

copia  dei  canali    ed  acque  stagnanti ,    che  ì 

circondano    quel  luogo  ^    vi  si  accampò    o  \ 

trincierò    con  sicurezza    d' impossessarsene  \ 

se    non    colle  armi  sue ,    colla    fame  degli  ì 

assediati,    che  scarseggiavano    non  men  di  i 

munizioni  da  guerra,  che  di  viveri .  Tentò  ] 

il  Velasco^    generale  della  cavalleria   dell*  ; 

arciduca,  d' introdurvi  soccorso ^^  ma  scon-  \ 

fitto,    ebbe  fatica   a  salvarsi  con  quei  pò*  ì 

chi ,    che  non  restarono    ivi  uccisi    o   pri--  i 

gioni.  Venne  il  principio  di  agosto ^  e  per^  ^ 

che    s' intese    agonizzante    quella    piazza  ,  \ 

Ambrosio  Spuiola  ,  benché    suo   malgrado  3  ; 

fu  spinto  dàìV  arciduca    a  tentar  pure  mi^  i 

glior  fortuna    per    soccorrerla  3    ma    anch'  \ 

egli  trovò  insuperabili  impedimenti ,  sicché  \ 

con  perdita    di   alcune  centinaja    dei    suoi  \ 

fu  forzato    a  retrocedere .    Perciò  non  pò-  j 

tendo  più  reggere  alla  fame  quel  presidia  i 

di  quasi  quattromila  soldati ,   capitolò  con  ì 

patti  onorevoli  la  resa .  Uscirono  essi  por-  \ 

tando  piuttosto  V  effigie  di  scheletri  e  cà-  j 
daveri  ,  che  di  uomini  viventi.   Questa  ri-J 

levante  perdita  tal  rabbia  cagionò  ,  e  cosi  ^ 

accrebbe  lo  spirito  del  valore  nei  cattolici  ; 

assediatori  di  Ostenda  ,  che  a  gara  Italia*-  \ 

tìiy  Spagnuoli ,  Valloni,  e  Tedeschi,  supe*  ] 

rato  il  tosso ,    presero  anche    due  balluar*  \ 

di,  e  benché  dietro  adessi  trovassero  nuo-  l 

vi  tagli  e  ripari,  erano  pronti  a  far  Tul*  { 

time  pruove  ;  quando  gli  assediati  espose-  ^ 

ro  bandiera    bianca,    ed  ottennero    nel  dì  J 
ventuno  di  settembre  onesta  capitolazione 

Se 


I 


Anno    MDGIV.  2% 

Se  ne  andò  libera  quella  guarnigione  di 
quattromila  soldati  tutti  sani  e  vegeti, 
perchè  sempre  era  ivi  stata  abbondanza  di 
viveri  per  li  frequenti  soccorsi .  Vi  si  tro- 
vò infatti  tanta  copia  di  artiglierie  ,  vetto- 
vaglie ,  munizioni  5  che  fu  una  maraviglia. 
Così  terminò  l'assedio  di  Ostenda  con  som- 
ma gloria  del  marchese  Spinola,  e  gaudio 
inesplicabile  deir  arciduca  Alberto:  assedio 
memorando  anche  ai  secoli  venturi ,  sì  per 
la  sua  lunga  durata  di  trentanove  mesi , 
che  per  l'incredibil  varietà  dei  lavori, 
macchine,  roine^  ed  assalti ^  e  quel  che  è 
più ,  per  la  strage  di  più  di  centomila 
persone,  che  (al  dir  della  fama  di  quei 
tempi  )  costò  V  offesa  e  difesa  di  sì  forte 
piazza.  AlUi  dicono  di  più,  perchè  entro 
Ostenda  o  per  le  battaglie  o  p'?r  la  peste  , 
si  tiene,  che  ve  ne  perissero  cinquantami- 
la. Ciò  fatto,  cercarono  quelle  armate  ri- 
poso. Gran  differenza  di  guerreggiare  da 
cento  quaranta  due  anni  in  qua  !  Tre  anni 
€  un  quarto  vi  vollero  allora  per  espugna- 
re Ostenda;  e  otto  giorni  o  poco  più  ve 
ne  hanno  impiegato  i  Francesi  dei  nostri 
tempi  per  impadronirsene  nelTanno  1745. 
Ma  i  difensori  di  oggidì  non  sono  stati 
come  quei  di  allora. 

Mentre  bolliva  sì  forte  quella  guerra, 
trattarono  del  pari  di  pace  Filippo  HI  re 
di  Spagna,  e  V arciduca  Alberto  con  faco* 
pò  re  della  gran-Bretagna,  principe  ,  cae 
avendo   già  provate  contradizioni  alla  sua 


2^0      Annali    d*  Italia  .1 

grandezza,  ed  anche  congiure,  bramoso  di  j 
assodarsi  la  corona  in  capo,  vi  diede  fa-  li 
cilmente  la  mano»  Fra  le  condizioni  di  ; 
questa  tiuova  amistà  vi  fu ,  che  il  re  In- 
glese non  invierebbe  in  avvenire  soccórsi 
agli  Olandesi  o  Se  poi  T  eseguisse,  noi  so 
io  dire.  In  Ungheria  male  passarono  gli 
affari  dell'  imperadore  ^  perchè  sebbene 
avendo  i  Turchi  stretta  di  assedio  ià  città 
di  Strigonia,  furono  con  loro  gran  perdita  \ 
cacciati  di  là;  pure  i  cristiani  abbandona-  ' 
yono  Pest  per  viltà  del  loro  comandante^  j 
il  quale  appena  udito,  che  i  Turchi  fab-  | 
bricavano  di  sotto  da  Buda  un  ponte  per  j 
passare  colF esercito  loro,  preso  da  panico  j 
terrore,  se  ne  ritirò  colla  sua  gente ^  do-  J 
pò  avere  attaccato  il  fuoco  a  Jiiolte  parti:  J 
di  quella  città.  In  questi  tem^ Ferdinan--^'] 
do  gran  duca  di  Toscana  attendeva  a  po^ì 
polare  l^  insigne  terra  o  città  di  Livorno  ^  ; 
Perchè  la  fece  divenire  anche  un  asilo  per  \ 
le  genti  di  mal  affare  ^  non  durò  fatica  ad  1 
accrescerne  la  popolazione  o  V/ introdusse^  ^ 
ancora  gran  copia  di  Ebrei  ;  ma  avendo»  ì 
le  sue  galee  fatto  dipoi  nel  Ì607.  un  dise-  i 
gno  sopra  Negroponte ,  ^éi  trovò  precorsd^ 
l'avviso  colà  di  tale  spedizione,,  e  né  fii  i 
data  la  colpa  ad  essi  giudei,  creduti  spio-  ^ 
ni  del  Turco,  per  Todio^,  ch«  professava-  ; 
no  al  cristianesimo  0  Accidente  occorse  ncIT  ; 
anno  presente  a  floma  ,  che  sopramodo»  i 
turbò  il  pontefice  ,  e  creduto  fu,  che  con-  I 
Iribuisse    non  poco  ad  accelerare   da  lì    a   \ 


J 


^^^^^     Anno     MDCIV.  271 

'^reé  o  tre  mesi   la  morte  sua.    Scappando 
dai  birri  un  certo  uomo ,    cercato  da  essi 
non  per  alcun  delittto,    ma  solamente  per 
debito  civile 5    si    rifugiò   nel  Palazzo    del 
eardinale    Odoardo    Farnese.    Continuandoi 
gli  esecutori    la  ior   caccia,    vi    entrarono 
anch'essi;  ma  trovatisi  quivi  alcuni  gentil- 
iiomini  cortigiani  del  cardinale,  fecero  te- 
tta ,    ed  avendo  maltrattati    con   parole    i 
birri ^  diedero  campo  all'uomo   di  fuggir- 
sene per  la  porta  di  dietro.  A  tale  avviso 
montò  forte  in  collera  il  papa;  e  ordinò, 
che  il  governatore  di  Roma  procedesse  con 
tutto  rigore  contro    di  quei  gentiluomini , 
fermamente    risoluto    di  volerli   in  mano/ 
è    di  farne    anche    aspro  risentimento    col 
cardinale.    In  difesa    di    questo    porporato 
accorsero    non  solamente  molti  baróni  ro~. 
mani  5'   ma  lo  stesso  ambasciatore    di  Spa- 
gna^ e  poco  vi  mancò,  che  non  ne  seguis- 
se qualche  strepitoso  tumulto.    Ma  il  sag- 
gio cardinale,"  per  ovviare  a  maggiori  in- 
convenienti ,    giudicò    meglio    di    ritirarsi 
fuor  di  B.omdLy    con    sì  forte  accompagna- 
mento nondimenc^    dei  suoi  parziali ,    e  di 
nobili,  e  di  popolo,  che  non  paventò  vio- 
Irnza  alcuna    in  contrario.    Del    che  mag- 
giormente   concepì    sdegno  y    e    si   chiamò' 
offeso  il  papa.  Ma  appena  giunta  ^Ranuc- 
cio   duca    di  Parma,    marito    della  nipote 
del  papa,  e  fratello  del  porporato^  la  nuo- 
va di   questo  sconcerto^    si  portò   egli  per 
le  poste  a  Roma,    e  presentatosi  al  papa/ 

a  do- 


222  Annali  n'IxALTA^ 
adoperò  sì  buone  maniere,  assistito  sem^  I 
pre  dal  favore  del  suddetto  ambasciatore  | 
del  re  Cattolico,  che  il  placò.  Non  piacque  j 
dipoi  al  pontefice,  che  tornando  esso  duca  i 
da  monte  Cavallo^  il  popolo  Taccompa-  i 
gnasse  fino  al  suo  palazzo,  gridando  :  Fi-  j 
-va  casa  Farnese.  Seguì  poscia  accomoda-  ] 
mento;  ma  di  esso  e  del  perdono  dato  ai  ' 
delinquenti,  ninno  si  fidò,  di  maniera  che  ^ 
il  cardinale,  il  duca  Gaetano,  ed  altri] 
principali  di  Roma ,  stettero  da  lì  innanzi  i 
alla  larga^  aspettando  maggior  sicurezza  ' 
dalla  morte  del  papa ,  creduta  vicina  ,  e  ; 
secondo  il  solito  sospirata  da  molti.  Fa  j 
cagione  questo  imbroglio,  che  il  pontefi- J 
ce,  senza  far  caso  dell'aggravio  della  ca-'- 
mera  ,  assoldasse  e  chiamasse  a  Roma  se-  [ 
cento  Corsi,  e  ducento  Archibugieri  a  ca-  ■ 
vallo,  che  facessero  la  guardia  al  palazzo J 
pontificio,  e  ad  altri  luoghi  di  quella  graa  ; 
città .  Furono  in  questo  anno  rimessi  in  ; 
varie  città  della  Francia  i  gesuiti  dal  re  ] 
Arrigo  ,  che  sempre  più  facea  conoscere  V  \ 
attaccamento  suo  alla  religion  Cattolica  = 


An- 


Anno    MDCV.  273 

Anno  di  Cristo  1^05,  indizione  III. 
di  Leone  XI,  papa  i. 
di  Paolo  V,  papa   i. 
di  Rodolfo  II ,  imperadore  30. 

In  occasione  di  un  libro  pubblicato  negli 
anni  addietro  dal  padre  Molina  della  com- 
pagnia di  Gesù  j  in  cui  si  trattava  di  con- 
cordare col  libero  arbitrio  dell'uomo  la 
necessità  della  divina  grazia,  era  insorta 
in  Ispagna  una  iierissima  guerra  di  penne 
fra  i  domenicani  e  i  gesuiti.  Al  tribunal 
primario  della  fede,  cioè  a  quello  del  ro- 
mano pontefice  fu  portata  questa  sempre 
scabrosissima  controversia  ,  e  deputata  una 
congregazion  di  cardinali  e  di  dottissimi 
teologi ,  assistendovi  in  persona  lo  stesso 
pontefice.  Scelti  i  più  valorosi  campioni 
da  amendue  le  parti,  gran  tempo  si  arrin- 
gò e  disputò  ;  ed  allorché  parca  >  che  il 
pontefice  Clemente,  inclinando  alla  parte 
dei  domenicani,  fosse  per  venire  alla  de- 
finizion  della  lite  ,  gli  fu  forza  di  rimet- 
terla indecisa  al  suo  successore.  Imperoc- 
ché essendosi  infievolita  non  solamente  la 
sua  sanità  ,  ma  anche  la  sua  testa ,  dimo- 
doché non  battea  più  a  segno,  né  egli  era 
più  atto  a  gli  affari  ,  fu  poi  preso  nel  dì 
IO  di  febbrajo  più  aspramente  che  mai  dal- 
la podagra  ,  la  quale  da  gran  tempo  lo  af- 
fliggeva; e  crescendo  ogni  dì  più  il  malo- 
re, finalmente  nel  di  tre  di  marzo  passò 
Tom.  XXIV.  S  il 


274       Annali  d  ^Italia 

il  santo  padre  a  miglior  vita  ,  lascìantldi 
dopo  di  sé  un  gran  nome  non  meno  TDeli 
suo  zelo  nel  pastorale  impiego,  che  peri 
la  sua  severità  ed  attenzione  al  governoi 
civile.  Lasciò  ancora  in  grande  auge,  ei 
con  illustri  parentele,  e  con  gradi  lucrosi,] 
e  con  fabbriche  sontuose  i  suoi  nipoti  el 
pronipoti ,  tre  dei  quali  fregiati  della  sacrai 
porpora.  Ma  parve _,  che  Dio,  i  cui  giu-j 
dizj  son  troppo  occulti^  non  volesse  fa-* 
sciar  prendere  le  radici  alla  sua  schiatta  ;; 
perciocché  siccome  scrisse  con  esclamazio*! 
ne  e  maraviglia  il  cardinal  Bentivoglio  ,j 
da  lì  ad  alquanti  anni  :  3Iorì  papa  CZe-f» 
mente  ^  morì  il  cardinale  Aldobrandino\ 
(  dopo  aver  provato  sotto  Paolo  V  deis 
disgustosi  contratempi  );  Son  morti  i  cimi 
que  nipoti  ,  che  aveano  due  altri  cardai 
fiali  fra  loro,  mancarono  tutti  ì  mascliW 
di  quella  casa  _,  e  mancò  finalmente  coni 
essi  ogni  successione  ,  ed  insieme  ogniì 
grandezza  del  sangue  lor  proprio .  Entra-< 
ti  poscia  i  cardinali  in  conclave  nel  dil 
14  di  marzo,  fu  per  più.  giorni  in  pr^ì 
dicamento  e  vicinanza  al  Triregno  il  di^-i 
gnissimo  cardinal  Baronio  .  Ma  in  fingi 
nel  primo  giorno  di  aprile  concorsero  ^ 
voti  del  sacro  collegio  nel  cardinale  Ale^i 
Sandro  dei  Medici  Fiorentino  ,  vecchi<( 
di  settanta  anni,  personaggio  datato  di! 
amabil  gravità  e  prudenza  ^  e  pieno  dil 
sante  intenzioni  ^  che  assunse  il  nome  dij 
Leone  XI.  Creato  papa  senza  dimora  libeM 

rò    ^ 


H 


Anno     MDCV.  275 

V  le  Provincie  da  molte  gravezze  loro 
.x.iposte  da  Clemente  Vili  .  E  perchè  era- 
no assai  conosciute  le  nobili  sue  preroga- 
tive ,  straordinario  fu  il  giubilo  del  popo- 
lo romano  per  la  di  lui  esaltazione  ,  uni- 
versali le  speranze  di  goder^  sotto  di  lui 
un  felicissimo  reggimento.  Ma  appena  co- 
ronato nel  dì  II  del  suddetto  mese  nella 
Basilica  Lateranense  ,  cadde  infermo  ,  e 
nel  dì  27.  seguente  chiuse  gli  occhi  alle 
umane  grandezze  ,  avendo  goduto  per  soli 
veutisei  giorni  il  pontificato .  Durante  la 
sua  malattia^  benché  iniportunato  da  mol- 
ti a  dare  il  suo  cappello  ad  un  suo  pro- 
nipote ,  che  per  altro  ne  era  degno  ,  non 
vi  si  seppe  indurre,  né  più  volle  vedere 
il  suo  confessore  stesso  ,  che  perorò  per  lui  • 
II  cardinal  di  Perrona  e  il  Doglioni  scri- 
vono ,  che  fu  sospettata  la  sua  morte  di 
veleno  per  una  rosa  a  lui  data  nella  basi- 
lica  Lateranese ,  ma  sparato  il  suo  cada- 
vere, si  conobbe  mancato  di  morte  natu- 
rale. 

Raunatosi  dunque  di  nuovo  il  sacro  col- 
legio ,  dopo  gran  dibattimento^  venuta  la 
sera  del  dì  16  di  maggio ,  cadde  V  elezio- 
ne nella  persona  del  cardinal  Camillo  Bor^ 
ghese ,  di  origine  Sanese ,  ma  nato  in  Ro- 
ma nell'anno  1552  e  promosso  alla  sacra 
porpora  cardinalizia  nel  1596  da  Clemen- 
te VIIL  Prese  egli  il  nome  di  Faolo  V. 
Perchè  r  età  sua  non  era  che  di  atini  cin- 
quanlatrè  ,    o   pure    cinquantaquattro,    1' 

S  2  esal- 


27^      Annali    d'Italia 
0saltazione    sua    fu  accolta   eoa    istupore  , 
ma  molto    più  con    allegrezza  ,    e  spezial- 
mente del  popolo  romano ,  che    non  credo 
mai    sì  ben    collocata    la  tiara  pontifizia^ 
che  quando  la  vede  in  capo  ai    suoi  citta- i 
dini.    Confessano    tutti  gli    scrittori,  averj 
egli  portato  seco    a  sì  eccelsa    dignità    uaj 
complesso    di    tali  virtù  e    prerogative    sii 
di  animo  j  che  d'ingegno,  che  luogo     norìj 
restò  alla   giusta   censura,    né    bisogno  àì{ 
adulazione  per  tessere  le  sue  lodi.  Spezial-i 
mente  campeggiava  in  lui  T  illibatezza  d^ii 
costumi  ,  l'amore,  e  la  pratica  della  reli-«| 
gione,  la  soavità  del  tratto,  e  un' altezza  | 
di    pensieri^    desiderosa    e    capace  di  cosej 
grandi .  DiflFerì  egli  la  sua  coronazione  si-^ì 
no  al  dì    sei    di    novembre,    ne    volle  neli 
Bollore  della  sua  creazione    dispensar  gra*Ì 
"zie  ,  dicendo,  che  troppo  facile  era  allora^ 
il    chiedere  e  concedere    disavvedutamente^ 
cose  ingiuste ,  e  doversi  con  maturità  ac-»  \ 
cordar  le  giuste.  Siccome  questo  pontefice^ 
era  sopra    ogni    altra    cosa  animato  forte-^ 
per    sostenere  l'immunità  e  i  privilegi  del^ 
clero  ,  così  poco  stette  a  far  valere  questa^ 
suo  spirito  contra  di  var)  principi  d'Italia  #4 
Ma  il  più  strepitoso  impegno  suo  fu  quello  ,.j 
eh'  ei  prese  contro  la  repubblica  di  Vene-4 
zia,    sì    per    aver    ella  fotto    carcerare  uni 
canonico  di  Vicenza ,  e  1"*  abbate  di  Nerve-  ; 
sa,  come    ancora    per    avere    rinovato    un j 
antico  decreto  ,  che  non    potessero  gli  ec-  \ 
cjesiastici  acquistar  da  1)  innanzi  beni  sta,-^ 


■ 


A  N  u  0    MDCV.  2t? 

li,  con  obbligo j,  se  loro  ne  fosse  lascia- 
w  per  testamento^  di  venderli  ,  e  final* 
mente  per  essere  stata  proibita  la  fabbri-^ 
ca  di  nuove  chiese  senza  licenza  del  sena- 
to. Per  questo  concepì  gran  fuoco  il  pon- 
tefice ,  e  nel  dicembre  spedì  tm  breve  al 
doge  ìllarino  Grlmani  con  intimazione  di 
scomunica ,  se  non  si  rivocavano  quelle 
leggi  ,  e  non  si  consegnavano  quei  prigio- 
ni al  nunzio  Mattei .  Presentò  esso  nun2ió 
nel  dì  di  Natale  dell'anno  presente  questo 
breve  ai  consiglieri  ,  giacché  il  doge  sud- 
detto si  trovava  agli  estrenli  di  sua  vita; 
e  in  fatti  cessò  di  vivere  in  quello  stesso 
giorno .  Fu  poscia  eletto  doge  in  suo  luo- 
go nel  dì  IO  di  gennajo  dell' anno  seguen- 
te Leonardo  Donato  . 

Battaglia  fu  in  questo  anno  fra  le  ar- 
mate navali  Spagnuola  ed  Olandese  verso 
tlaies  colla  peggio  della  prima.  In  Fian- 
dra ,  dove  militavano  il  principe  di  Avel- 
lino, Francesco  Colonna  principe  di  Pale- 
strina ,  Andrea  Acquaviva  principe  di  Ca- 
serta ,  Alessandro  del  Monte  ,  con  altri 
nobili  ,  e  soldati  d'  Italia  ,  si  aprì  la 
campagna  dai  cattòlici,  e  il  marchese  ^7n- 
hrosio  Spinola  Generale  del' armi  andò  a 
mettere  1*  assedio  ad  Oldensee  ,  e  poscia  a 
Linghen  ,  ed  amendue  quei  luoghi  vennero 
alla  sua  ubbidienza.  Di  là  passato  a  Va- 
tìendonch,  vi  trovò  gran  resistenza,  ese- 
guì anche  una  calda  azione  fra  i  soldati 
del    conte  Maurizio,   e   dello  Spinola,  icf 

S  3  cui 


228  ANNALI  d'Italia 
cui  colto  da  una  cannonata  restò  ucciso  ilj 
conte  Trivulzio  Milanese,  e  prigione  Nic-? 
colò  Doria  parente  dello  Spinola  .  Contut-^ 
tociò ,  a  forza  di  mine  e  di  sanguinosi  as-j 
salti ,  fu  parimente  quella  piazza  ridottai 
alia  necessità  di  rendersi  con  buoni  pattij 
per  la  guarnigione.  Impadronissi  lo  Spino-* 
la  anche  di  Cracove ,  piccolo  si ,  ma  for-* 
te  castello.  All'incontro  in  Ungheria  an-ti 
darono  le  cose  alla  peggio.  Con  un  eser-^* 
cito  di  cinquantamila  combattenti  imprese-^ 
To  i  Turchi  r  ass&dio  dell'insigne  città  dii 
Strigonia.  Continuò  questo  per  un  mese  ,j 
sostenendo  vigorosamente  i  Cristiani  ogni? 
sforzo  dei  nemici  a  costo  delle  loro  vite  jj 
essendone  stati  uccisi  circa  novecento  deii 
più  valorosi .  Ma  ^accesosi  il  fuoco  nelléj 
case  dei  soldati  ,  per  cagion  di  alcune  mi-; 
ne,  che  scoppiarono,  si  rallentò  la  loro* 
difesa ,  né  altro  da  lì  innanzi  si  udì  ,  che»^ 
istanze  al  comandante  di  rendere  lacittà^; 
11  perchè  venne  essa  in  potere  dei  nemici! 
nel  dì  tre  di  ottobre,  e  ne  uscirono  sai  vii 
circa  miia  vili  difensori  cristiani:  perditai 
di  gran  considerazione  per  T  imperadoree  | 
per  la  fede  di  Cristo.  Era  intanto  incor-^; 
raggito  esso  Augusto  a  proseguir  la  guerra^l 
dagli  ambasciatori  del  re  di  Persia ,  1^1 
cui  armi  riportarono  in  questi  tempi  uoni 
lievi  vaiitaggi  sopra  i  Turchi,  j 


Anno 


Anno    MDCVI.  279 

di  Cristo  1606,  indizione  IV. 

di  Paolo  V,  papa  2, 

di  Rodolfo  II,  imperadore3r. 

hnàò  in  questo  anno  maggiormente  ere- 
sc^do  r  incendio  suscitato  contro    la    ve- 
nta   repubblica    dal    pontefice    Paolo .    Si 
iiòìb  ben  quel  senato    di    far    rappresene 
tre  alla  Santità  sua    le  ragioni    militanti 
favore  delie    proprie   leggi    ed    antiche 
cnsuetudini  ,    con    ispeci-al mente    allegare 
^gravissimi  disordini,  che  potrebbono  av- 
cnirCj,  e  che  avvengono  allo  stato  secola» 
e    qualora  si    lasci  agli  ecclesiastici    sen- 
a  limite  alcuno  la  facoltà  di  acquistar  gli 
tabili  dei  paesi ,  Si  trovò  sempre  il  pon- 
efìce  più  saldo  che  mai  nelle    sue    deter- 
ininazioni ,  fiancheggiate    da  lui    con    una 
folla  di  canoni .  E  perciocché  neppure  dal 
canto  loro  mostravano  i  Veneziani  voglia 
di  piegare  alle  minaccie  di  parole  ,  il  pon- 
tefice nel  dì   17  di  aprile    volendo    venire 
li  fatti,    raunato    il   concistoro^    pubblicò 
tti^  terribil  monitorio ,    in    cui    dichiarava 
incorsò  nelle  scomuniche  il  doge  col  sena- 
to,  e  s' intimava    l'interdetto  a  Venezia, 
e  a  tutto  lo  stato  della  repubblica>,  se  en- 
tro il  termine  di  ventiquattro  giorni    non 
si  rivocavano  i  decreti  ed  atti    fatti   con* 
tic  r  irnmùmtà    e  libertà  ecclesiastica,    e 
non  si  congegnavano  al  nunzio  i  prigioni, 
con  tutte  le  ài^re  fene^  che  tengono  die- 

S  4  tro 


28o      Annali    D* Italia  j 

tro  alle  censure  e  all'  interdetto  .  aue^  ì 
sii  fulmini  si  erano  già  preparati  i/ene-  \ 
ziani  ,  e  però  al  primo  avviso  spe-rcoa  ì 
tosto  ordini  rigorosi^  che  niuno  de  suoi  \ 
sudditi  lasciasse  affiggere  quel  monitrio  ,  j 
che  se  ne  portassero  le  copie  ai  pallici  ! 
rappresentanti ,  e  che  si  cootinuassercco-  \ 
me  prima  i  divini  ufizj  sotto  gravi  ^e*  ì 
ne,  e  pena  infin  della  vita.  Non  vi  f re- Ì 
no  che  i  Gesuiti  ,  i  Teatini  ^  e  i  Cappuci- ] 
ni,  i  quali  giudicassero  dover  prepone-; 
rare  V  osservanza  dei  decreti  del  romao^  ; 
pontefice  al  rispetto  peraltro  da  essi  pi»-  ; 
fessato  al  principe  secolare .  Perciò  tuti  \ 
si  partirono  dagli  stati  della  repubblici^  | 
e  a  distinzione  degli  altri  i  Gesuiti  pn-J 
cessJonalmentfc  si  ritirarono.  A  riserva  é\ 
alcuni  altri  particolari,  il  resto  delle  uni^i 
versità  religiose ,  e  gli  altri  ecclesiastf(i| 
stettero  costanti  neir ubbidienza  agli  ordij^ 
ni  del  senato,  ne  i  cappuccini  del  terri-i 
torio  bresciano  e  bergamasco  vollero  se^j 
guitar  r  esempio  degli  altri,  e  continua-ti 
Tono  ad  abitar  nei  loro  conventi.  Intantai 
si  cominciò  una  guerra  di  penne,  avend^j 
trovato  la  repubblica  persone,  che  sosten^'^ 
nero  V  operato  da  lei .  Senza  paragonqj 
maggior  numero  ne  trovò  il  pontefice  j, 
che  entrarono  in  aringo  pqr  difesa  dell'au-» 
torità  di  lui^  e  per  accreditar  le  scomu-»i 
che  e  l'interdetto.  Specialmente  si  distinsi 
scro  in  questo  combattimento  i  due  celeri 
bri  porporati  Baronio  e  Bellarmino.  For-^i 

se 


^ 


Anno    MDCVL  281 

5e  ancora  in  alcune  di  quelle  scritture  non 
comparve  il  vero  nome  degli  autori  .  Né 
qui  si  fermò  il  corso  di  questo  impegno. 
Il  pontefice ,  o  perchè  veramente  pensasse 
a  volere  dar  braccio  alle  armi  spirituali 
colle  temporali^  o  perchè  ne  credesse  ba- 
stante la  sola  apparenza,  cominciò  a  far 
leva  di  gente,  ed  ebbe  dalla  corte  di  Spa- 
gna belle  promesse  d'ajuto.  Perlochè  i 
Veneziani  si  diedero  anche  essi  a  formare 
un  considerabil  armamento,  che  nclTanno 
seguente  ,  per  quanto  fu  detto  ,  arrivò  a 
dodicimila  fantij  e  quattromila  cavalli^ 
oltre  alle  cernidcé  Intanto  i  ministri  del 
re  Cattolico  ,  del  gran  duca  Ferdinando  , 
(^  di  altri  principi;,  ma  sopra  gli  altri  quei 
del  re  di  Francia  Arrigo  IV  che  professa- 
va una  particolare  amicizia  al  senato  ve- 
neto, si  sbracciavano  per  trovar  tempera- 
mento e  fine  a  questo  scandaloso  litigio  , 
che  potea  turbar  daddovero  la  pace  d'Ita- 
lia. Seguì  poi  solamente  nel  seguente  an- 
no la  concordia  ,  siccome  diremo  . 

Un  insofFribil  peso  riuscì  all'  augusto 
Rodolfo  e  alV  arciduca  Mattias  la  guerra 
di  Ungheria  ,  perchè  non  solamente  erano 
essi  in  discordia  coi  Turchi,  ma  ancora 
cogli  stessi  Ungheri ,  e  col  Botschaio  prin- 
cipe oppure  usurpatore  della  Transilvania. 
Perciò  volentieri  si  sentì  Rodolfo  parlare 
di  pace;  e  questa  infatti  fu  conchiusa  co- 
gli Ungheri  e  col  Transilvano  nel  dì  14 
di  settembre .  Ottenne  con  essa  il  Bot- 
schaio 


282       Annali    d' Italia 
schaio  di  ritenere  la  signoria  della  Tranci 
silvania  per  se,  e  per  li  suoi  discendenti, J 
salva  nondimeno    la    dipendenza    dell' aito  I 
dominio  spettante    alla  corona    di  Unghe- Ì 
ria.  Venne  poi  costui  a  morte  per  veleno j 
nel  fine  dell'anno  presente  senza  figliuoli,  i 
e  dovea  quell'insigne  principato    ricadere^ 
air  imperadore,  come  re  di  Ungheria  ,  mai 
quei  popoli  presero    per  loro  principe  Si-  \ 
gismondo  Ragozzi  calvinista  di  credenza  ,  \ 
iSJè  si  può  dire  ,  quanto  gran    pregiudizio  : 
risultasse  alla  religion  cattolica  nel  regno  \ 
di  Ungheria  e  nella  Transilvania    da  tan-  \ 
te  guerre  passate^    perchè    colà    si  intro-^  I 
dussero  a  migliaja  famiglie    di    Luterani,! 
Calvinisti^  Sociniani ,  ed  altre  eresie,  che  vi  i 
si  son  poscia  propagate  con  ottener  anche ^! 
la  libertà  dei  riti  loro  dagli  Augusti^  for-  ; 
zati  a  far  quello  che  la  lor  pietà  somma-  ; 
mente  detestava.    Trattossi    parimente    di  j 
pace  coi  Turchi,  i  quali  siccome  snervati 3 
dalla  guerra  coi  Persiani,  e  da   una  fiera  * 
ribellione    in    Soria ,    vi    acconsentirono .  j 
Non  già  pace,    ma    tregua   di    venti   anni '^ 
si  stabilì  fra  l'Imperadore^,    e  il  Gran-Si- 
gnore Acmet ,  ritenendo  cadauna  delle  par- 
ti ciò  che  restava  in  suo  potere  .   Quanto- 
alla   Fiandra    il  prode  Ambrosio    Spinola  , 
che  nel  verno  del  presente  anno  era  stato 
alla  corte  di  Madrid  per  ottener  soccorso   i 
di  danaro,  tornato  aBrusselles  non  lasciò  i| 
di  aumentare  il  patrimonio  della  sua  glo- 
ria   coir  espugnazione  *  ed    acquisto    della 

for- 


Anno    MDCVI.  283 

feìza  di  GroU ,  die  gli  si  arrendè  nel 
14  di  agosto  .  Rivolse  dipoi  i  passi  e 
le  speranze  all'altra  di  Remberg,  situata 
sulla  riva  del  RenOj,  ancorché  alla  difesa 
vi  si  trovassero  quattromila  fanti,  e  più 
di  trecento  cavalli  con  buon  treno  di  ar- 
tiglierie e  di  munizioni.  Con  sommo  vi- 
gore fu  impreso  quell"*  assedio,  in  cui  spe- 
cialmente faticarono  gli  Italiani .  Tra  gli 
altri  si  distinsero  nelle  fazioni  il  cavalier 
Melzi  milanese,  luogotenente  della  caval- 
leria y  il  marchese  Sigismondo  di  Este ,  il 
marchese  Ferrante ,  e  il  cavalier  Bentivo- 
gli ,  quegli  nipote ,  e  questi  fratello  del 
cardinal  BentivogUo .  Per  quanto  si  stu- 
diasse il  conte  Maurizio  di  accostarsi  col. 
le  armi  sue  per  soccorrere  la  piazza  ,  o 
sloggiar  gli  assediasti  ,  sempre  ritrovò 
troppo  dura  l'impresa;  e  però  si  ridusse 
il  presidio  di  Rembergh  a  capitolare  la 
resa.  Scemossi  poi  T  esercito  cattolico  per 
r  ammutinamento  di  un  grosso  corpo  di 
soldati,  gente  in  quelle  parti  avvezza  a 
simili  scene ,  per  lo  più  a  cagton  delle 
paghe  ritardate  ;  lo  che  incoraggi  il  con- 
te iVIaurizio  a  mettere  l'assedio  intorno  a 
Groll.  Sarebbe  ricaduta  in  sua  mano  quel- 
la piazza ,  se  V  animoso  Spinola  colle  mi- 
lizie che  potè  radunare  non  fosse  accorso 
con  risoluzione  dimenar  le  mani,  al  qual 
fine  avea  già  messe  in  ordinanza  le  schie- 
re.  A  questa  vista  il  Nassau  restò  pen- 
sieroso^ poi  conoscendo,  che  sì  pericoloso 

giuo- 


284      Annaiid*  Italia 

giuoco  era  meglio  il  risparmiarlo,  bravaci 
mente  si  ritirò^  lasciando  libera  la  piaz-^-j 
za  :  con  che  anche  Io  Spinola  ridusse  aif 
quartieri  i  suoi.  Ebbe  fine  in  questo  an-i 
co  la  celebre  controversia  degli  ,ijuti  del-j 
la  divina  grazia  ^  e  del  libero  arbitrio3| 
agitata  in  Roma  con  tante  sessioni  fra  iì 
Domenicani  e  i  Gesuiti^  rimanendo  inde^l 
cisa  con  libertà  alle  parti  di  sostenere  lei 
loro  diverse  sentenze  nelle  scuole,  senzétl 
condennar  quelle  degli  avversar).  1 


Anno  di  Cristo   1607  ->  indizione  V 
di  Paolo  V^   P^pa  3. 
di  Rodolfo  II,  imperadore  32*  ' 


II 


^ul  principio  di  questo  anno  non  altro?  = 
si  mirava  in  Italia^  che  disposizioni  del'! 
papa  di  prorompere  in  una  più  aperta  rot-^ 
tura  colla  repubblica  di  Venezia^  giacché'^ 
questa  si  mostrava  bensì  sempre  costante??! 
nell'ossequio  della  fede  e  Chiesa  cattoli-i! 
ca ,  ma  inflessibile  nei  suoi  decreti  ,  e  j 
sprezzante  delie  censure  adoperate  dal  ra-^i 
mano  pontefice .  Fece  dunque  papa  Faolorf 
massa  grande  di  armati ,  con  dichiararne*^ 
generale  Francesco  Borghese  suo  fratello,'] 
e  Mario  Farnese  suo  luogotenente  .  Spedii 
a  Genova ,  per  arrolare  quattromila  Cor-I 
si,  e  agli  Svizzeri  per  avere  tremile  fan-  ; 
ti  di  quella  nazione .  Accrebbe  i  presidj  J 
e  le  fortificazioni  di  Ferrara  e  delle  cittàfi 
marittime.  In  somma  avreste   detto,   che  j 


MDCVIL 

nsava  daddovero  a 

i  tanto  più  corse  voce ,  perchè 
Filippo  III  re  di  Spagna  promise  di  en- 
trare in  questo  ballo,  per  sostenere  1"* au- 
torità pontificia  ,  e  andarono  anche  ordini 
di  far  gente  al  conte  di  Fuentes  governa- 
tor  di  Milano,  ministro,  che  nulla  più 
sospirava,  che  il  lucroso  mestiere  di  co- 
mandare a  un'  armata.  Ma  non  dormivano 
i  Veneziani;  perchè  oltre  all' armamento 
da  lor  fatto  in  Italia,  mossero  Francesco 
conte  di  Vaudemonte  figlio  del  duca  di 
Lorena  lor  generale  a  far  leva  di  molte 
migliaja  di  soldati  Alemanni .  Altrettanto 
tentarono  coi  Grigioni  lor  collegati ,  e  co- 
gli Svizzeri ,  avendo  colà  inviate  a  questo 
£ne  grosse  rimesse  di  danaro.  Allestirono 
medesimamente  gran  copia  di  navi  in  ma- 
re, nel  Po,  e  nel  lago  di  Garda,  facendo 
intanto  sapere  a  tutti  i  principi  di  essere 
pronti  a  sacrificar  ogni  cosa  ,  per  nulla 
cedere  in  questa  controversia,  persuasi,, 
che  la  ragione  e  la  giustizia  fosse  dal  can- 
to loro .  Ma  non  pertanto  non  si  lasciava 
di  trattar  di  pace,  gareggiando  in  questo 
nobil  ufizio  per  otteipr  la  gloria  del  pri- 
mato i  re  di  Francia  e  di  Spagna,  e  i 
duchi  di  Savoja  e  di  Firenze  .  Ma  Arri-^ 
go  IV  re  Cristianissimo ,  che  andava  in- 
nanzi agli  altri  nelF amore  verso  il  senato 
veneto,  quegli  fu  che  più  ardentemente  si 
maneggiò  per  questo  affare  .  Spedì  egli  in 
Italia  Francesco  cardinale  di  Glojosa^  che 

ver- 


286       Annali   d' Italia 

verso  la  metà  di  febbrajo  comparve  a  Ve-  \ 
nezia.  Trattò  il  cardinale  lungamente  con  \ 
quel  senato^  e  ben  capita  la  lor  mente,  \ 
si  mosse  dipoi  alla  volta  di  Roma  ,  dovè  \ 
pervenne  nel  giorno  22  di  marzo  ,  e  co-  \ 
minciò  a  far  gustare  il  beneT  della  concor-  j 
dia,  e  i  mali  grandi  della  discordia^  rap-  ; 
presentando,  che  se  gli  Spagnuoli ,  i  quali  j 
non  cessavano  di  contrariar  la  buona  in-  ì 
tenzione  del  re  Cristianissimo  ,  fossero  \ 
venuti  alle  armi,  non  avrebbe  potuto  il  l 
suo  re  dispensarsi  dall' opporsi  ai  loro  di-  \ 
segni.  Che  il  re  d'Inghilterra  prometteva  ì 
ajuti  a  Venezia ,  ed  avrebbe  dichiarata  la  ; 
guerra  alla  Spagna .  Che  non  erano  piti  \ 
questi  i  secoli  barbarici ,  ed  essersi  coi  ; 
tempi  mutate  anche  le  massime  ,  e  srai^  ] 
nuite  di  troppo  le  forze  della  camera  apo-^  ; 
stolica.  Ora  il  papa  ,  che  finalment?^  si  era^  l 
accorto ,  qual  poco  capitale  si  potesse  far  j 
dei  sussidj  del  re  Cattolico>  già  titubantei  \ 
per  timore  di  tirarsi  addosso  delle  disgu-  \ 
stose  brighe j  e  conosceva  di  non  potei?*! 
reggere  solo  a  sì  grave  impegno  :  cotìcer*^'  i 
tale  col  Giojosa  le  maniere  di  salvare  il  ] 
suo  decoro^  gli  die#  facoltà  con  Istru-  j 
zione  sottoscritta  di  suo  pugne  di  con-  j 
chiudere  l'accordo,  e  di  levar  via  l'in-  ! 
terdetto  . 

Allegro  il  cardinale  con  prendere  le  pò-  ] 
ste  arrivò  di  nuovo  a  Venezia  ^5el  dì  9  \ 
ài  aprile,  ed  espose  nel  giortio  seguente |  ; 
le  ccmmessieni  sue ,  e  le  condizioni    del-  | 

la       ; 


Anno     MDCVIÌ.  287 

a  Coilcovdia  .  A  questa  si  trovò  un  gran- 
de  intoppo,  perchè  una  delle  maggiori 
premure  del  pontefice  era ,  che  i  Gesuiti 
fossero  come  prima  rimessi  nei  primieri 
loro  collegi  in  Venezia ,  e  nelle  altre  cit- 
tà della  repubblica  :  al  che  il  senato  si 
scoprì  sommamente  renitente  per  varj  mo- 
tivi.  Fece  quanto  potè  il  Giojosa  per  su- 
perar questa  loro  avversione,  e  vi  si  ado- 
r>erò  anche  don  Francesco  di  Castro  ,  am- 
basciatore del  re  Cattolico,  ma  senza  che 
alcuno  potesse  vincere  quella  pugna.  Non 
per  questo  cessò  di  farsi  raccordo.  Per- 
tanto nella  mattina  del  dì  21  di  aprile 
furono  consegnati  all'ambasciatore  di  Fran- 
cia r  abbate  di  Nervesa  ,  e  il  canonica 
Vicentino ,  già  prigioni ,  dal  segnetario 
della  repubblica^  protestante  di  darli  al 
re  Cristianissimo  in  segno  delia  lor  grati- 
tudine ed  ossequio,  senza  pregiudizio deir 
autorità  della  repubblica .,  Questi  poi  ven- 
nero dati  dal  Giojosa  al  coramessario  del 
papa ,  mandato  a  tale  effetto .  Eseguito 
questo  preliminare^  entrò  il  cardinale  nel 
collegio ,  dove  era  il  doge  e  i  savj  ,  e 
quivi  a  porte  chiuse  fu  rivocato  l'inter- 
detto colle  censure  ,  e  similmente  rivoca- 
to dal  senato  ogni  atto  fatto  in  contrario. 
Furono  anche  rimessi  in  grazia ,  a  riserva 
dei  Gesuiti ,  gli  altri  religiosi ,  e  decreta- 
ta la  spedizion  di  un  ambasciatore  al  pon- 
tefice, per  rendergli  grazie,  e  per  confer- 
mare alla  Santità  Sua    la   filial    riverenza 

del- 


3 
288       Annali    d' Itali jl  \ 

della  repubblica .  Come  passasse  nel  chiu-iri 
so  collegio  la  riconciliazione  suddetta  nod 
trovo  chi  me  ne  possa   accertare .    Si    de2 
tenere  per  certo^    che    a  Roma    fa    scrit- 
to, come  il  senato   avea    ricevuta    l'asso- 
luzione dalle  censure  ;  ma    i  Veneziani   1*| 
tanno    sempre    negato.    Resta    nondiraeni 
una   particolarità    indubitata  ,    cioè  ,    ch< 
quella  repubblica  continuò  dipoi ,  e  tutta- 
via continua  a    mantenere    i    suoi    decret| 
intorno  ai  beni  stabili  lasciati  agli  eccle-;- 
siastici,  e  alla  fondazione  di  nuove  Chie- 
se ,  £Ìccome  anche  1*  autorità  sua  consueti^ 
di  giudicare  gli    ecclesiastici    delinquenti/ 
Fu  data  speranza    al    pontefice ,    che    quel 
senato  rallenterebbe  fra  qualche    tempo   il 
suo  rigore  contro  i  religiosi  della  compa-^ 
gnia  di  Gesù  ;    ma  non    segui    il    ritornoi^ 
loro  in  Venezia,  se  non  Tanno   1^57  sicn; 
come  diremo. 

Troppo  oramai  rincresceva  all' arciduca  1 
Alberto  il  peso  della  guerra  colle  Provin-  j 
eie  Unite  ,    anzi    non   ne  poteva    di  pili  ,  ■ 
perchè    trovava   come    seccate    le    fontane  i 
dell'oro  di  Spagna,  senza   le  quali    a   lui  j 
era  impossibile  di  sostenersi  :    laddove  gli  ] 
Olandesi    semprepiù    venivano    rinvigoriti  ^ 
dal  loro  commercio    per  mare  ,    che   ogni 
giorno  andava  crescendo  ,  sino    a  mettere 
iiotte    in  mare,    le    quali    non    temevano 
delle  Spagnuole  ,    siccome  in  questo  anno 
ancora  avvenne,  avendo  nel  giorno  24    di 
aprile  verso  il  promontorio  di  s.  Vincen-   \ 

za 


Anno     MDCVII.  2B9 

TO  essi  Olandesi  data  una  rotta  all'arma- 
ta navale  di  Spagna,  colla  morte  di  circa 
duemila  persone  dalla  parte  dei  vinti  ,  e 
colla  perdita  di  alquante  galee  o  II  perchè 
l'arciduca,  ottenutane  la  permissione  dal- 
la corte  di  Madrid  ^  fece  muovere  parola 
di  pace  colle  Provincie  suddette.  Non  ne- 
garono orecchio  a  qualche  pratica  di  ac- 
comodamento gli  Olandesi,  con  richiedere 
nondimer:o  per  preliminare  _,  che  il  re  di 
Spagna,  e  l'arciduca  li  riconoscessero  per 
popoli  liberi .  Si  trovarono  delle  speciose 
ragioni  per  accordar  questo  punto  colle 
parole ,  attribuendosi  poi  i  monarchi  il 
privilegio  di  poterle  interpretare  in  varj 
sensi ,  allorché  si  presentano  più  favore- 
voli occasioni .  Quindi  si  pensò  a  trattar 
daddovero    di    si    importante   negozio  ;  al 

I  qual  fine  seguì  una  sospension  di  armi  per 
otto  mesi.  Ma  perchè  le  ratificazioni  e  i 
mandati  che  venivano  di  Spagna  ,  come 
iroppo  generali,  o  intriganti,  non  soddis- 
facevano agli  Olandesi,  e  il  conte  Mauri- 
zio sopra    gli    altri  faceva  di  mano    e   di 

jpicdi  per  interrompere  ogni  pràtica  d'  ac- 
cordo ,  per  timore  che  una  pace  desse 
troppo  gran  tracollo  alla  propria  autori- 
ità  :  nulla  si  conchiuse  di  più  nell*  anno 
presente.  Si  provarono  in  questi  tempi  le 
galee  di  Ferdinando  gran  duca  di  Tosea- 

i  na  di  sorprendere  con  una  improvvisata 
la  città  di  Famagosta  in  Cipri    per    i'  av*- 

i  viso  da  buona  parte  venuto    della    smilza 
Tom.  X:KIV.  T  guar- 


290        A  N  N  A  L  I\     d'  I  T  A  L  I  A  | 

guarnigione,  che  Vi  tenevano  i  Turcliìi 
Ma  giunte  colà  ,  vi  trovarono  maggio| 
presidio  di  quel  che  credevano:  del  che  j| 
siccome  già  accennammo,  furono  incolpai 
ti  i  Giudei ,  quasiché  avessei^o  preventiva- 
mente avvisati  di  quella  spedizione  i  Mu-^ 
sulmani.  Si  trovarono  lè  scale  preparate] 
non  assai  lunghe  pel  bisognò ,  è  la  porta 
destinata  riempiuta  di  terra  nel  di  deo-à 
tro  .  Però  furono  rigettati  i  Cristiani  coffi 
perdita  di  cento  di  essi  ,  e  gli  altri  du^* 
rarono  fatica  a  rimbarcarsi.  Se  ne  tor- 
narono essi  ben  confusi  àtlè  lor  case,  con 
prendere  solamente  per  viaggio  tre  fustfe 
turche&che  .  Fu  cagione  nondimeno  il  lo|) 
tentativo,  che  dei  poveri  Greci  abitane 
in  Famagosta  molti  furono  presi _,  e  pe^ 
lievi  iodizj^  che  av.essero  avuta  intelliii 
genza  coi  Toscani,  condennati  a  erudii 
morte.  Fece  gran  rumore  nell'anno  pre^ 
setìte  tanto  in  Italia  ;,  che  fuori  di  essa  li 
avvenimento  di  fra  Paolo  Servita  ,  famosa 
teologo  della  repubblica  di  Venezia  ,  do« 
pò  aver  egli  sostenuto  le  di  lei  ragiorif 
nella  lite  con  Roma.  Per  quanto  si  M 
da  Vittorio  Siri  nelle  memorie  recondite' 
fu  egli  onoratamente  avvertito  dal  card'à 
nal  Bellarmino  di  stare  in  guardia  ,  per- 
chè si  macchinava  contro  la  sua  vita.  Pé^ 
questo  d'ordine  dello  Stato  andò  egli  pei 
qualche  tempo  armato  di  giacco  sotto  1^ 
tonaca  .  Stanco  di  quel  peso  ,  lo  depose^: 
Assalito  tra  giorno  da  appostati  sicarj  ,  f| 

6te-  i 


A  N  N  N  o  MDCVil.  291 
_  pome  morto  a  terra  con  ventitre  pu-- 
pula  te ,  o  ferite,  salvandosi  poi  coloro 
ì^  una  peota  ben  armata  ,  che  il  nunzio 
enea  da  parecchi  giorni  preparata .  Gua- 
1  poi  fra  Paolo,  e  il  Siri  scrive,  essere 
tato  innocente  di  quel  fatto  il  papa  ^  e 
he  ne  fu  comunemente  incolpato  il  cardia 
lai  Borghese  suo  nipote  . 

Anno  di  Ckisto   1608  ,  indizione  VI. 
di  Paolo  V ,  papa  4. 
di  Rodolfo  II,  imperadore  33. 

:  poco  riportò    il   i^oniejice  Paolo    dalle 
ecedenti    liti    colla    repubblica    veneta  , 
GVÒ    ben   gran  gioja    nel    presente    anno 
r  la  solenne  comparsa  di  Carlo  Gonzaga 
r?a  di  Nevers ,  spedito    alla  Santità  Sua 
Arrigo  IV  re  di  Francia  per    suo    am- 
^ciatore,  affine  di  attestare  la    filial  sua 
jidienza  e  riverenza  verso  la  Santa  Se- 
ie .  Venne  questo  principe  con  gran  pOm- 
:)a ,    e  si  presentò    sul    fine    di    noveh'ibre 
illa  pubblica  udienza  del  pontefice  nel  sa- 
lvo concistoro  :  lo  che  cagionò  un  giubila 
ani  versale    al    riconoscere  semprepiù    quel 
i principe  geloso    della    religione  cattolica. 

t Parimente  in  questo  anno  giunse  a  Roma 
don  Antonio  marchese  di  Funesta,  moro 
di  nazione ,  ambasciatore  del  re  del  Con- 
go,  cioè  di  un  regno  situato  nella  Costa 
Occidentale  dell' Africa  di  là  dalla  linea 
equinoziale .  Introdotta  la  fede    di    Cristo 

T  2  per 


t^2  Annali  D* Italia 
per  opera  dei  Portoghesi  in  quelle  parti  ^ 
maggiori  progressi  vi  fece  in  questi  tem- 
pi ,  laonde  il  re  don  Alvaro  II  professore 
di  essa  religione,  volle  in  forma  distinta 
farsi  riconoscere  per  divoto  figlio  al  capo 
visibile  della  medesima^  con  ordine  in*i 
sieme  di  supplicare  il  papa_,  che  inviassej 
colà  dei  pii  operar]  per  coltivare  quelUl 
vigna  del  Signore ,  dove  anche  oggidì  fa-< 
ticano  gesuiti,  cappuccini  ,  ed  altri  reli-^ 
giosi.  Ma  questo  ambasciatore  con  un  me-< 
schino  accompagnamento  appena  giunto  al 
Homa  ,  senza  che  gli  restasse  tempo  dij 
«andare  all'udienza,  s'infermò,  e  pietosa-! 
mente  visitato  dal  pontefice,  diede  poii 
£ne  al  suo  vivere,  e  gli  fu  fatto  un  ma- 
gnifico monumento  in  santa  Maria  MagH 
giore  .  Insorse  nel  presente  anno  una  ga-< 
xa  non  molto  onorevole  fra  1'  arciducai 
JUattias  e  Rodolfo  II  Augusto y  per  ismor-^ 
zar  la  quale  lo  zelante  Y>aY)€L  Paolo  spedii 
in  Germania  il  cardinal  Giovanni  MeUinii 
romano.  Cercò  Mattias  in  una  dieta  (M| 
tirare  i  Cristiani  dell'  Ungheria  a  ricorK>^ 
scerlo  per  lor  capo  e  signore.  Altrettao-^ 
to  fece  ancora  coi  popoli  dell' Austria  1 
Dispiacque  non  poco  all'  imperadorc  Ro-^ 
dolfo  un  tale  attentato,  siccome  troppe^ 
ingiurioso  ai  diritti  e  all'autorità  sua  A 
Però  in  Boemia,  dove  egli  soggiornava  j 
annullò  quanto  avea  operato  l'arciduca  \ 
€  cominciò  a  far  gente  ;  quando  ceco  com  i 
sparire  colà   il  medesimo  Mattias    con    mi 


■  Anno  MDCVIIL  205 
so  esercito  di  ventimila  persone  tr^ 
faintie  cavalli.  Rodolfo,  buon  principe, 
che  dovea  aver  fatto  voto  di  vivere  iti 
?anta  pace  ,  il  più  che  potesse  :  pregò  il 
fegato  pontificio  di  interporsi  per  un  con- 
venevole accordo.  Ottenne  l'arciduca  for-»- 
se  più  di  quel  che  pensava  ;  perchè  V  im- 
peradore  si  contentò  di  rilasciargli  il  do- 
minio del  regno  di  Ungheria,  e  dell'ar- 
ciducato di  Austria  con  varj  patti  ,  che 
non  importa  riferire.  Con  somma  magni-*- 
ficcnza  ed  incessanti  viva  del  popolo  en- 
trò dipoi  questo  principe  ini  Vienna  nel 
dì  14  di  luglio,  ed  iri  fu  proclamato  re 
di  Ungheria  y  e  poi  coronato  in  Possonia 
con  indicibil  contento  di  quei  popoli^,  ma 
con  grave  pregiudizio  dèlia  religion  cat- 
tolica ,  perchè  fu  necessitato  a  permettere 
la  libertà  di  coscienza  a  tante  sette  di 
eretici  j,  che  aveano  già  infestata  del  pari 
l'Austria,  che  F  Ungheria  . 

Continuarono  in  questo  anno  ancorai  i 
trattati  di  pace  fra  i  deputati  del  re  di 
Spagna,  e  deW arciduca  Alberto  dall' uà 
canto,  e  quei  delle  sette  Provincie  unite 
dall'altro;  al  qua!  fine  fu  prorogata  la 
precedente  tregua.  Pretesero  gli  Olandesi 
in  primo  luogo,  che  il  re  Cattolico,  e 
r  arciduca  non  solamente  riconoscessero 
le  lor  Provincie  per  libere ,  ma  che  rihun- 
ziaasero  ad  ogni  ragione  e  pretensione, 
che  potessero. aver  sopra  delle  medesime 
tanto  per  se  ,  che  per  fi    loro  successori  a 

T  5  Pai- 


2^4  Annali  d*  Itali  a 
Parve  insolente  ai  Cattolici  questa  diman|i 
da.  Più  duro  ancora  fu  il  nodo,  che  s| 
trovò  pel  commercio  nelle  Indie  Orientali  ^ 
pretendendo  gli  Spagnuoli_,  che  dagli  Olan*^ 
desi  si  rinunziasse  affatto  alla  navigazio-^ 
ne  in  quelle  parti  ,  quando  alT  incontro^ 
questa  era  la  pupilla  degli  occhj  degli] 
Olandesi,  i  quali  avendo  già  provato ,  chei 
immensi  guadagni  facessero  i  loro  merca*! 
tanti  in  quei  viaggi,  fin  d'allora  preve*»! 
devano j,  che  la  conservazione,  e  Tacere*! 
scimento  della  lor  potenza  avea  da  prov-i 
venire  dalle  Indie  suddette.  Però  quan-j 
tunque  5' interponessero  anche  i  ministri! 
di  Francia  e  d'Inghilterra  per  la  concor-j 
dia  5  pure  s'intralciò  talmente  T affare  chej 
andò  per  terra  il  trattato.  Non  si  perde-»» 
Tono  perciò  d'animo  i  ministri  dell'arci*" 
duca  ,  uno  dei  quali  era  il  marchese  Am-^^ 
troslo  Scinola  ^  in  cui  non  si  sa  se  mag-j 
gior  fosse  il  senno ,  o  il  valore  .  Giacchèi 
secondo  le  presenti  disposizioni  speranza^ 
non  restava  di  pace,  proposero  essi  una^j 
tregua  di  alquanti  anni,  e  perciò  nelma^-i 
neggio  di  questa  si  spese  il  rimanente j 
dell'anno.  Ebbe  l'Italia  nel  presente  annci 
più  motivi  di  allegrezza  per  li  magnifìcii 
maritaggi  dei  suoi  principi.  Imperciocché 
già  progettati  e  conchiusi  quei  dell'in/aa- 
ia  Margherita  figlia  di  Carlo  Emmanuelt 
duca  diSavoja  col  principe  Francesco  Gori 
zaga  figlio  primogenito  di  Vincenzo  duce 
di  Maatovai  e  àcìV  infanta  Isabella  j    pa- 

ri- 


A  JMNO  '  MDCVilI.  295 

rimente  figlia  di  esso  duca  di  Savoja  col 
principe  Alfonso  di  Este  primogenito  di 
Cesare  duca  ^i  Modena  ;  fu  risoluto  il 
compimento  di  tali  alleanze  nel  carnovale 
di  questo  anno.  Per  attestato  del  Guiche- 
Hone  si  portò  per  questo  in  persona  il 
(luca  di  Mantova  col  figlio  in  Piemonte 
con  isplendido  accompagnamento  di  nobil* 
tà.  Magnifica  sopra  modo  fu  la  loro  tn- 
irata  in  Torino,  essendo  venuto  a  quella 
corte  in  sì  lieta  occasione  anche  il  duca 
di  Nemours  Carlo  Gonzaga  ,  loro  cugino, 
di  ritorno  da  Roma.  Scrive  il  medesimo 
Guichenon^  che  esso  duca  di  Nemours , 
come  procuratore  del  principe  Francesco  , 
sposò  nel  dì  20  di  febbrajo  la  principes- 
sa Margherita;  eppure  il  principe^  secon- 
do lui,  era  in  Torino.  Nel  giorno  se- 
guente il  duca  di  Savoja  col  cardinale , 
fc  cogli  altri  principi  suoi  figli,  e  col  du- 
ca di  Nemours  ,  andò  a  Chieri  a  visitare 
ii  cardinale  Alessandro  di  Este  ,  giunto 
colà  col  principe  Alfonso  suo  nipote,  i 
quali  nel  susseguente  giorno  entrarono  an- 
che essi  io  Torino  colla  medesima  pompa , 
con  cui  erano  entrati  i  principi  di  Manto- 
va .  Scrive  il  suddetto  Guichenon ,  che  lo 
sposalizio  dell'Estense  seguì  nel  di  iS  di 
febbrajo.  Discorda  egli  da  se  stesso.  01- 
tredichè  il  Vedriani  nella  storia  di  Mode- 
na scrive ,  che  il  cardinal  di  Este  e  il  ni- 
pote si  partirono  da  Modena  per  Torino 
nel  di  quinta  di  marzo,    e    ci    tornarono 

T  4  poi 


1^6       Anali    D'iTALtA 

poi  a  dì  otto  di  aprile.  Ma  poco  impor-*  \ 
ta  raccordar  questi  testi.  Certo  è^  che  j 
in  Torino  si  fecero  feste,  e  divertirneats  ] 
di  gran  magnificenza  per  questi  sposalizj  e  i 
In  Mantova  ,  allorché  vi  giunsero  i  prin-*  ì 
cipi  sposi  ,  furono  fatti  spettacoli  di  tan-^  j 
ta  sontuosità  e  rara  invenzione^  che  rieni-  1 
pierono  ognun  di  stopore.  Né  inferiori  i 
divertimenti  cavallereschi  e  splendide  fé-  i 
ste  vide  in  tale  congiuntura  Modena  ,  ai  ] 
quali  intervennero  non  solamente  i  prin-  l 
cipi  di  Savoja  ,  ma  anche  i  cardinali  Pie-'  \ 
tra  e  Sll-vestro  Aldobrandini  ^  mentre  era-  ■ 
no  in  viaggio  alla  volta  di  Torino  * 

In  questo  anno  ancora  si  effettuò  il  ma-*  \ 

trimonio  di  Cosimo  dei  Medici  ^  primoge-  i 

nito  di  Ferdinando  gran  duca  di  Toscana  ì 

con  donna  Maria  Maddalena  di  Austria  y  \ 

figliuola  del  fu  Carlo  arciduca^    e  sorella  \ 

ò,t\V arciduca  Ferdinando,  Fu  questa  prin*  \ 

cipcssa  da  Trieste  condotta    sul    principio?  ! 

di    novembre    ad    Ancona    eoo    grandiosa  i 

equipaggio  di  nobiltà  e  di  galee*  Arriva-^  i 

ta  a  Firenze ,  trovò  tutta  quella    città  in  \ 

gran  gala,    ed   ivi    ancora    più   giorni    si  1 

spesero  in  solennizzar    le   sue    nozze    con^  i 

var)  nobilissimi  solazzi .  Era  ben  felice  al-*  i 

lora  l'Italia;    godeva    F  insigne    benefizia! 

della  pace  ;  aveva    i  suoi  proprj    principi  i  \ 

e  questi  nelle  loro  funzioni   gareggiavano'  \ 

nella  splendidezza  .   Si  sono  ben  mutati  i^j 

tempi;  la  fortuna  d'Italia  è  hcn    declina^ 'j 

ta  •  Né  si  dee  tacere^  che  nel  verno  dell'*?! 

aa- 


I 


Anno    MDCVlIt         2Q2 
anno    presente    in    Venezia,    Modena,    ed 
altre  città  di  Lombardia  si  provò  sì  aspro 
freddo,  che  memoria  non  vi  era  di  un  so- 
migliante rigore.    Cadde    anche    tal    copia 
di  nevi  ,  che  arrivò  all'  altezza  di  24  on- 
ce, e  fece  col  peso  cadere  gran    quantità 
di  tetti ^  e  rendè  impraticabili  le    contra- 
de e  strade.  Per  l'impresa  di  Famagosta, 
SI  infelicemente  riuscita  nell'anno    prece-* 
dente,  era  in  collera  il  gran  duca  di  To- 
scana ,  e  volendo  con  qualche  altra  impre- 
sa risarcire  il  suo  cuore,  rinforzò  la  squa- 
dra delle  sue  galee    con    cinque    vascelli  , 
tutti  ben  corredati  e  muniti    di  gente ,    e 
la  spedì  in  Africa  gotto  il  comando  di  Sil- 
vio Piccolomini ,    personaggio  ,   che    nelle 
guerre  di  Fiandra  avea  acquistato  gran  no- 
me é  La  città  d'Ippona,  oggidì  Bona,  ce- 
lebre pel  vescovato  di  sant'Agostino,  in- 
signe   dottor    della  ^Chiesa,    fu    T oggetto 
delle  lor  prodezze  *    Con    tal  vigore  restò 
essa  assalita  dalle  armi  cristiane  ,  che  nul- 
fa  valse  la  resistenza  dei  Mori  ^  dei  quali 
assaissimi  furono  trucidati ,  moki  più  fat- 
ti prigioni.  Dopo  il  sacco  e  l'incendio  di 
essa  città  ,  se  ne  tornarono    i  Cristiani    a 
Livorno.  Nel  di  ultimo  di  giugno  mancò 
di  vita    il    grande  Annalista    della  Chiesa 
Cesare  cardinal  Baronìo .    Il  merito    insi- 
gne di  questo  porporato  ha  esatto  da  me 
il  farne  menzione. 


Anno 


^.^S      An-ntali    d^Italia  ^ 

Anno  di  Cristo  1609,  indizione  VII.  , 

dì  Paol"o  V,  papa  5. 
di  Rodolfo  li,  imperadore  34. 

vJrandi  consulte  si  tennero  alla  corte    di^ 
Madrid'  nel  verno  di  questo  anno  pel  prò- ^ 
gettato  'accomodaménto    fra   la  Fiandra    e] 
ie  Provincie  unite  .  In  Anversa  ancora  fra  ^ 
gIi*sòiambievoli  deputati  delle  parti  segui>*  •^ 
rono    amichevoli    e    lunghi    combattimenti  j 
per  questo  negozio.  Consistevano  le  prin-  \ 
eipali    difiicoltà  a  vederne    il  fine  nel  pre-  ^ 
tendere  il  re  di  Spagna,  che  fosse  libero  ai  . 
cattolici  nell'Olanda  l'esercizio  della  reli-^ 
gione  ;  alla  qual  dimanda  era  spezialmente.} 
spronato  '  dallo  zelo    del    pontefice,    e  che  i 
non  fosse  permessa  agli  Olandesi    la  navi- J 
gazione  mi' Indie  :    punti  j,  a  i   quali  trop-| 
pa  rcnitfinza  mostravano  le  provincia  ere-  ? 
tiche .    Finalmente    bisognò  ^    che    T  altura! 
degli  Spagnuoli  ,  e  i  desiderj  dell'arciduca  | 
Alberto,    cedessero"  alla    mala    situazione 
dei  loro  intetessi ,  non  sapendo   essi  come 
continuar  la  guerra    con  gli  Olandesi ,  fa- 
voriti sempre  sotto  mano    dai  Francesi  ed 
Inglesi.  Però  infine  si  conchiuse  nel  dì  no- 
ve di   aprile    una  tregua    di  dodici  anni   , 
in.€ui  fu  dichiarato,  che  l'arciduca    trat- 
tava colle  Provincie  unite  ,  come  con  Pro- 
vincie e  stati  ,  sopra  i    quali    non  preten- 
deva  cosa  alcuna  .  Si  lasciò   andare  la  pre- 
tension  della  religione.  Quella    dell'Indie 

si 


d 


si  acconciò  couimbirogliate  parole  ^  restan-J 
do  vietato  agliOlandesi  T entrare  nei  pae-isJ 
si  del  re  fuori  dell' Europa  ^    senza  nomi-ìg 
nar  le    Indie.  Conviene    berr  credere,  che 
la  corte  di  Spagna  ,  e  T arciduca    avesseraj 
gran    bisogno  e    sete  di  questo  accomoda-il 
mento,  perchè  ne  pur  poterono  indurre  lai 
Provincie    unite  ,    possedenti    alcuni    fortU 
stille  rive  della  Schelda ,  a  levar  gli  esorJ| 
bitanti  dazj    imposti  a  chi  volea    navigarci 
per  quel  fiume  :  locchè   fipi  di  distruggere?) 
il  commercio  di  Anversa,  città  j,    che    tìe\ì 
tempi  addietro  era  stata  il  più  ricco  ece*^ 
lebre    emporio  dei    paesi  bassi  ^  ed  angu-»  j 
stiìita  fece  maggiormente  volgere  esso  com*Ì 
mercio    ad    Amsterdam,    e    ad    altri  portil 
della    Olanda    e    Zelanda.  Por  questa  tre*j 
gua  non  si  può  dir  quanto  fosse  il  giubili 
Io  delle  Provincie  cattoliche  della  Filandra,] 
le  quali  dopo  tante    e  sì  lunghe    tempeste 
sperarono  di  godere  una  volta  il  sereno  .1 
In    Anversa    per    segno    di  eccessiva  alleai 
grezza  dopo  tanti  anni  di  silenzio    si  fecel 
udire  lo    strepitoso  suono    di  quel  campa-| 
none  ,   a  sonar  il  quale  ,  secondo  il  Doglio-J 
ni,  vi    si    adoperano    almeno  ventiquattrol 
uomini    nerboruti .    Per    ordine  di    Fi/ìp-1 
jyolll  re  di  Spagna  neir  anno  presente  furo- 
no   cacciati    da   Granata    e    molto  piiì  da 
Valenza  i  Mori,  iìnquì  tollerati  come  sud- 
diti   ddla    corona  in  quelle   parti  ,  perchè 
si  scoprirono  delle  intelligenze  e  trame  di 
essi  coi    Mori    di  AiFrica  ,    e  col  gran  si- 

gno- 


goo  Annali  d'Italia 
gnore ,  e  fin  coi  re  di  Francia  e  d' Inghiù 
ra  per  una  ribellione  •  Nel  mese  di  otto-  I 
bre  sino  al  fine  di  gennajo  dell'  anno  se-  '. 
guente  uscirono  del  regno  di  ^Valenza  \ 
più  di  centotrentaquattromila  di  [costoro  ^  ' 
imbarcati  parte  in  legni  proprj^  e  parto  j 
ìù  somministrati  dal  re  *  Erano  la 'mag-  j 
gior  parte  battezzati  ,  molti  nondimeno  j 
finti  e  non  veri  cristiani.  Indarno  esibirò-'  ì 
no  al  re  tre  milioni  d*  oro  per  potervi  re-  ] 
stare.  Chi  scrive,  che  gli  usciti  di  Spà-  \ 
gna  furono  novecentomila  ^  e  clii  li  fa  as-* 
cendere  ad  un  milione ,  ed  anche  a  due  y  l 
pare,  che  non  mariti  fede.  Gran  piaga  | 
che  fu  questa  per  la  Spagna  ^  sì  pel  sa-*  \ 
lasso  di  tanta  gente  ^  come  per  lo  traspor-  i 
to  d'immense  somme  d'oro  ,  argento,  gio-  j 
je ,  ed  altre  cose  preziose  fuori  del  re-^  i 
geo  .  Molti  di  costoro  passarono  in  Italia  ; 
e  Francia,  e  gli  altri  in  Affrica.  Essendo  ; 
restate  incolte  per  questo  moltissime  ter*  \ 
re,  il  re  invitò  a  coltivare  i  popoli  stra**  \ 
nieri ,  con  privilegi  ed  esenzioni  per  die«  i 
ci  anni .  Ve  ne  andarono  non  pochi  dall'  < 
Italia  ,  e  fra  gli  altri  cinquecento  Geno-  | 
vcsi  ,  raccolti  alla  sordina  dai  ministri  ; 
del   re  ^  i 

Finì  nel  dì  sette  di  febbrajo  deir annoi 
presente  i  suoi  giorni  Ferdinando  1  gran  ^ 
duca  di  Toscana  ,  principe,  che  lasciò  do-  | 
pò  di  sé  memoria  di  una  somma  saviezza  j 
e  magnificenza.  Era  signoife  di  grave  as-  - 
petto,  amator  della  caccia,  ma   senza  ch0*| 

i  di-       1 


Anno     MDCIX.  goi 

ì  divertimenti  pregiudicassero  punto  al  ne- 
gozio e  al  buon  governo  dei  suoi  stati  , 
col  quale  cercò  di  farsi  molto  più  aniare 
che  temere  -  Oltre  ad  altri  figliuoli  ebbe 
Cosimo  11^  che  come  primogenito  a  lui 
succedette  nel  ducato  ;  e  Carlo ,  che  nel 
1615  in  età  di  dicinove  anni  fu  rlecorato 
della  sacra  porpora  da  papa  Paoh  V.  In 
questi  tempi  Carlo  Emmanuele  duca  tliSa- 
voja,  siccome  principe  dotato  di  un  me- 
raviglioso ed  insieme  sempre  inquieto  spi- 
rito ,  meditò  di  nuovo  di  sorprendere  la 
città  di  Genevra  ;  ma  scoperta  la  mena, 
gli  andò  fallito  il  colpo.  Aveaegli  comin- 
ciata anche  una  tela  coi  cristiani  del  re- 
gno di  Cipri  per  le  giuste  pretensioni  , 
che  la  casa  di  Savoja  conservava  su  quell' 
Isola  •  Si  esibivano  essi  cristiani  _,  forse 
ascendenti  al  numero  di  trentacinquemila  , 
di  rivoltarsi  per  iscuotere  il  giogo  tur- 
chesco ,  ogni  qual  volta  comparisse  colà 
per  mare  un  grosso  corpo  di  truppe  re- 
golate del  duca.  Andarono  innanzi  indie- 
tro persone  travestite ,  maneggiando  que- 
sto affare ,  finche  intercetta  una  lettera 
dai  Turchi  li  mise  in  sospetto  di  qualche 
trama.  Di  qua  venne  la  rovina  di  quei 
poveri  cristiani,  e  il  duca  rimase  deluso 
nelle  sue  speranze  ,  Ma  se  a  questo  prin- 
cipe d'  alti  pensieri  andava  a  male  una 
idea  ,  cento  altre  ne  metteva  egli  imme- 
diatamente in  campo.  Di  ricche  pensioni 
aveva  ottenuto  dalla  corte  di  Madrid    per 

li 


302      Annali    d'Italia  i 

li  suoi  figli  ;  pure  iaternamente  era  mal-t  3 
contento  degli  Spagnuoli ,  anzi  gli  odiava^  i 
Però  in  questi  tempi  trattò  colla  corte  di  < 
Francia  per  coHegarsi  seco,  proponendo  | 
al  re  Arrigo  IV  la  conquista  dello  stato  - 
di  Milano;  il  matrimonio  della  primogc-  \ 
nita  del  re  col  primogenito  suo  principe  l 
di  Piemonte,  e  di  una  delle  sue  figlie  col  < 
Delfino  di  Francia.  Il  re  Arrigo,  tuttoché  j 
sapesse  quante  macchine  avesse  fattoilduca  ; 
contra  di  lui,  vivente  il  maresciallo  di  Bi-  < 
rone  ,  pure  conoscendo  il  gran  talento  >  di  1 
questo  principe  ,  ne  avea  conceputa  una  i 
singolare  stima ,  epperò  diede  volentieri  | 
ascoltò  alle  di  lui  proposizioni,  e  si  ] 
crede  che  sarebbe  concorso  alla  esecuzio-  j 
ne  dei  suoi  grandiosi  disegni  ,  se  non  j 
fosse  intervemito  ciò ,  che  è  riserbato  all';  \ 
anno  seguente  .  Non  lasciava,  per  questo-  1 
il  duca  di  trattar  con  gli  Spagnuoli  a  fin  - 
di  ottenere  maggiori  vantaggi  ,  facendo  , 
loro  sempre  paura  con  lasciar  traspirare  j 
anche  i  suoi  maneggi  col  re  Cristianis-  | 
»imo .  \ 


Anno 


A  N   N  o   .  MDCX.  503 

Anno  di  Cristo   i^io^  indizic-..      .ili. 
di  Paoio  V,  papa  6. 
di  Rodolfo' Ily  imperadorc 

Vallasi  ninno,  avvenimento  degno  di  mei 
tnom^'ci  somministra  V  anno  presente  , 
fuorché  il  sonrmaraente  tragico  della  Fran-* 
eia.  Èra  il  re  Arrigo  IV ,  intento  in  qué- 
sti tjKnpi  a  raunare  una  potente  armata  » 
Credevasi,  che  le  sue  mire  fossero  per  so- 
stenere i  principi  protestanti  contro  i  cat* 
telici  nella  gran  disputa  ,  che  bolliva  al* 
lora  per  la  successione  del  ducato  di  Cle- 
ves  ,  ancorché  il  pontefice  Faolo  per  mez-^ 
20  del  suo  nunzio  facesse  il  possibile  per 
farlo  smontare  da  questa  risoluzione  non 
lodevole  in  un  monarca  cattolico  .  Tene- 
tano  altri,  eh- egli  ^  sotto  quel  T  ombra  me- 
ditasse unicamente  di  m.uovere  guerra  al- 
lo stato  di  Milano  j,  locchè  a  questo  fine 
fosse  come  fatta  una  lega  con  Carlo  Em-^ 
manuele  duca  di  Savoja .  I  motivi  del  suo 
disgusto  colla  corte  di  Madrid  erano  nati 
dall' essersi  negli  anni  addietro  ritirato  in 
Fiandra ,  e  poscia  a  Milano  ,  Arrigo  dì 
Condè  y  primo  principe  della  casa  reale 
dopo. la  linea  regnante  •  E  vogliono^  che 
non  propriaménte  nascesse  tanta  amarez- 
za in  cuore  del  re  a  cagion  della  fuga  di 
esso  principe  ,  ma  perchè  questi  avesse 
sottratto  alle -voglie  di  quel  iiionatca  sua 
moglie  di  lara.  avvenenza ,  cioè  Enrichet- 

ta 


ì 
304  Annali  D*  Italia 
ta  Carlotta  figlia  del  gran  contestabile! 
di  Memoransi  ,  per  la  quale  esso  re  vi-  I 
vea  spasimato  .  Non  si  può  negare  :  Ar-  ; 
rigo  IV  principe  sì  celebre  pel  suo  valor  ; 
guerriero  ,  per  V  animo  suo  sommamen- 
te perspicace  e  generoso  ^  e  per  altre  sue  ! 
ijnpareggiabili  qualità  ,  per  le  quali  si  j 
comperò  runiversal  amore  dei  suoi  popò- j 
li  ,  altrettanto  famoso  si  rendè  per  V  ia-i 
temperanza  sua  negli  amori  donneschi  ,] 
talmentechò  il  più  accreditato  autore  del-| 
la  di  lui  vita  confessa,  che  si  sarebbe  pò- ^ 
luto  formar  dieci  o  dodici  romanzi  del-^ 
le  sue  debolezze  in  questa  passione  :  tan-j 
to  era  egli  perduto  verso  il  sesso  fem-| 
mineo.  Gran  cosa  !  Tengo  io  per  arte] 
fallacissima,  anzi  fallita  V  astrologia:  pu-j 
re  scrivono ,  che  più  di  uno  predisse  inj 
questo  anno  la  di  lui  marte  violenta  ,  al-; 
legando  spezialmeute  le  centurie  di  giaaj 
Rodolfo  Camerario _,  stampate  in  Franco*] 
forte  l-  anno  1607.  celle  quali  secondo  V\ 
oroscopo  veniva  chiaramente  predetta  es-i 
sa  morte  di  Arrigo  IV,  nell'anno  59,  me-i 
si  9  e  giorni  ventuno  di  sua  vita  ,  sicco-^ 
me  dicono  che  appunto  avvenne  .  Ma  pro-^ 
babiìmeVite  s' ingannano  ,  perchè  solamen-1 
te  correva  in  questo  anno  il  cinquantesi-^ 
mo  settimo  di  sua  età  .  Potrebbe  anche; 
dubitarsi  di  qualche  impostura  ,  cioè  di; 
una  finta  antidata.  Tralascio  altre  pre-^ 
dizioni  ,  fabbricate  forse  dopo  la  morte i 
di  lui  5   e  fatta    passare    per  cose  anterio'-.i 

n,    j 


Anno    MDCX.  305 

ri ,  per  dar  credito  alla  mercatanzia  .  La 
verità  si  è,  che  meditando  egli  di  uscire 
in  campagna ,  e  volendo  lasciare  la  regi- 
na Maria  dei  medici  sua  moglie  reggen- 
te del  regno  con  piena  autorità  ,  durante 
r  assenza  sua  ,  la  fece  coronare  in  san 
Dionigi  nel  giorno  tredici  di  maggio  con 
gran  pompa  e  solennità  :  dopodicchè  si 
restituì  a  Parigi  ,  per  vedere  il  superbo 
apparato,  che  ivi  si  facea  pel  ricevimen- 
to ,  ossia  per  V  ingresso  di  lei  in  quella 
gran  città .  Nel  dì  seguente  quattordici 
di  maggio  _,  quattro  ore  dopo  il  pranzo  , 
uscito  egli  in  carrozza  con  alcuni  duchi 
e  marescialli,  gli  convenne  fermarsi  in 
una  strada  stretta  per  l'incontro  d'alcu- 
ne carrette  :  nel  qual  tempo  Francesco 
Ravagliac,  uomo  fanatico,  che  da  gran 
tempo  meditava  :di  ucciderlo,  se  gli  pre* 
sento  improvvisamente  alla  carezza,  e  con 
due  coltellate  verso  il  cuore  il  privò  alla 
istante  di  vita  .  Avrebbe  questo  scellerato 
con  gittare  il  coltello  ,  e  mischiarsi  nella 
folla  ,  probabilmente  potuto  salvarsi  ;  ma 
egli  come  glorioso  di  tanta  iniquità  ,  te- 
nendo in  mano  l'insanguinato  ferro,  fu 
conosciuto  e  preso.  Non  si  potè  con  tutti 
i  tormenti  ricavar  da  lui,  che  akuno  fos- 
se stato  promotore  o  complice  dell'  orrido 
fatto,  sostenendo  di  aver  creduto  di  fare 
con    questo    esecrabil  parricidio  un'  opera 

Ìiacente  a  Dio  in  bene  della  cristianità  ; 
..onde  venne  poi  condennato  ad  una  tor« 
^ToM.  XXIV,  V  men- 


3o6      Annali    d' Italia 

mentosissima  morte  .  Non  si  può  dire  ,  | 
quanto  fosse  compianto  dai  suoi  popoli  il  j 
funestissimo  e  non  meritato  fine  di  un  re  < 
sì  glorioso  ,  sì  amato ,  a  cui  poscia  fu  \ 
dato  il  titolo  di  grande  .  Nel  dì  seguente  ' 
venne  proclamato  re  Lodovico  XIII  suo  i 
figlio  primogenito  ,  che  non  avea  per  an-  ; 
che  compiuti  i  nove  anni  ^  e  la  reggenza  ? 
del  regno  restò  appoggiata  alla  regina  Ma-  i 
ria  sua  madre.  Fu  poi  solennemente  coro-! 
nato  il  novello  re  nell'ottobre  seguente,  e\ 
il  principe  di  Condè  pacificamente  se  ne  \ 
tornò  a  Parigi .  i 

Essendosi  oramai  scoperti  tutti  i  prece-  ? 
denti  imbrogli  del  duca   di  Savoja  col    fu  ] 
re  Arrigo  ,  e  svanitane  per  la  di  lui  mor-  1 
te  ogni  esecuzione  _,  grande  amarezza  con-  ì 
tra  di  lui  concepì  la  corte    di  Madrid  ;    e  ì 
perciocché  il  conte    di  Fuentes  governatori 
di  Milano  aveva    ammassata  una  poderosa  < 
armata ,  gran  timore  fu  in  Italia   di  guer- . 
ra  in    Piemonte.    L'intrepido    duca    anch'] 
egli  dal  suo  canto  fece  quell'apparato  che  i 
potè,  di  milizie,  ed  ottenne    dalla  regina! 
reggente,   che  il    maresciallo  Lesdiguieresl 
con  un    corpo   di    combattenti    venisse    in| 
Delfinato  ,  per  accorrere    alla  sua  difesa  ^i 
occorrendo  il  bisogno.    Ma  si    dissiparono^ 
poi  questi  nuvoli  ;  non  solo  perchè   il  pa- 
pa,  i    Veneziani ,    e  gli    altri    principi    d' 
Italia  si  studiarono  alle  corti  di  Spagna  e 
Francia  d'impedire  ,  ogni  rottura  ;  ma  an- 
cora perchè  cessò  di  vivere  esso  conte    di 

Fuen' 


i 


Anno    MDCX.  30^ 

Fùefites ,   personaggio    di    sommo    eredita 
Beli'' arte    della    guerra,    e  più  desiderosa 
di  essa  che  della  pace  .  Abbiamo  dal  Do- 
glioni  ,  essere  stato  sì  esorbitante  lo  squa- 
gUamento  delie  nevi  nelle  montagne  ,    fra 
le  quali  è  situato  il  nobile  ma?fehesato   di 
Cova    in    Piemonte  >    che     inondata    tutta 
quella  valle^  vi  restarono  annegate  più  di 
quattromila  persone  con  inn^merabil  quan- 
tità di  pecore  e  di    altri  bestiami,    e   che 
rovinarono  quattro  ben  forti  rocche  e  treia- 
fadue    borghi  Con    tutte  le  lor    case  .  Ag- 
giunse   il   medesimo    storico  ,  che  1^  Arno 
(  vorrà    dire    il  Tanaro  )  anvh*  esso  scor- 
rendo  p<?r  mezzo    la  titth  di  Ce-va  ,  tanto 
crebbe  nel  dì  j^  di  gennaio ^  che  menò  via 
un  ponte  sopra    esm  fondato  ^ià  con  do- 
dici archi  di  pietre  quadre ,  e    con  JortiS' 
sime    catene    congiunto^   con    cento  venti 
edijizj  fabbricati    sopra    esso   (  locchè    pax 
cosa  da  non  credere  )  che  da  mezza  not- 
te spiantandosi  fu  la  morte  di    tutti  que- 
gli abitanti  •  Il  segicente  giorno    più    ere- 
scendo  V  inondazione  ,  la  parte  più    bassa 
della  cittàf   rimase   tutta   abbattuta;   e    si 
fé'  conto  che    vi  perirono    più    di   mille  e 
cinquecento  persone  senza  le  robe    e  case • 
Conoscendo  il  pontefice  Paolo ^    di  quanta 
4eeoro,  e  molto  più  di  quanta  utilità  per 
'Ì2L  religione  cattolica    potrebbe    essere    Io 
«iludio  delle  lingue  ebraica,    gteca^    lati- 
oaa,  ed  arabica,    nel    dì  28    di    settembre 
ieiranno  predente ^  pubblicò    uoa    bolla  ^ 

V  2'  con 


-508         A  N  N  A  L  I     d'  I  T  A  L  t  A 

con  ordinare^  che  in  ogni  studio  di  rélii] 
giosi  regolari  sì  mendicanti  ,  che  non  men-^ 
dicanti,  vi  fosse  un  maestro  delle  tre  pri-; 
me  lingue,  e  negli  studj  maggiori  quellq! 
ancora  dell? arabica  .  Lodevòiissimo  e  no-: 
bil  pensiero ,  e  com.andamento  degno  di| 
un  zelante  pontefice^  il  quale  meritavai^ 
e  tuttavia  merita  maggior  esecuzione  )• 
massimamente  in  Italia  _,  dove  certo  nodi 
mancano  lingegni  atti  a  tutte  le  belléj 
arti  . 

Anno  di  Cristo   i^ii^  indizione  1%     1 
di  Paolo  V,  papa  7.  j 

di  HoDoLFO  II ,  iraperadore  361.'*^ 

vJran  tranquillità  godè  in  questo  anno  il 
Italia  ^  dacché  Filippo  III  re    di  Spagna  ^ 
per  sua  inclinazione   alla  pace ,    o    perche 
così  richiedeva  l' infievolito  stato  della  sua^ 
monarchia  ,  avea  comandato,  che  si  di  sa  r*^ 
masse  nel  ducato  di  Milano.  Stentò    mol* 
to  a  far  lo  stesso  Carlo  Emmanuele    dua 
di  Savoja  ,  nel  cui  animo    non    trovavano 
mai  posa  le  idee    dì    qualche    novità    pel 
proprio    ingrandimento  .    In    questi    temjijj 
ancora    meditava    egli    la    ricuperazion  dil 
Genevra  ;    ma  scoperte  le  intenzioni  dalhl 
reggente    di  Francia  troppo  contrarie   alhi 
sue ,  quantunque  il  nunzio  del  pontefice  ^  i 
sbracciasse  per  distornar  quella  corte  dal- 
la   protezione    dei    Ginevrini  ,    finalment 
gli   convenne    accomodarsi  alle  circostanz 


Anno    MDCXL  309 

presenti  ,  e  deporre  per  ora  i  suoi  mar- 
ziali disegni  .  Tanto  più  si  vide  egli 
astretto  a  questo  ,  perchè  fra  le  corti 
di  Francia  ,  e  Spagna  si  conchiuse  nelT 
anno  presente  una  lodevol  unione  met- 
GC  di  due  matrimoni  accordati  ,  e  da  ese- 
guirsi a  suo  tempo,  cioè  di  donna  Anna  , 
infanta  primogenita  di  Spagna^  figlia  del 
re  Filippo  IH  col  giovinetto  re  Cristia- 
nissimo Lodovico  XIII  ^  e  ài  madama 
Elisabetta ^g\\^  primogenita  del  fu  Arri^ 
go  IV  con  Filippa  IV  principe  di  Spagna," 
iiglio  del  regnante  Filippo  HI ,  Pubbli- 
caronsi  poi  solamente  neil'  anno  seguente 
questi  trattati.  Ed  era  cosa  curiosa  in  que- 
sti tempi  il  vedere  come  il  suddetto  du- 
ca di  Savoja  maneggiava  anche  egli  1'  ac- 
casarilento  àQÌ  principe  di  Piemonte  suo 
iiglio  ora  con  una  principessa  di  Fran- 
cia ,  ora  con  un'  altra  del  re  di  Spagna  , 
del  re  d'  Inghilterra  ,  e  del  gran  duca  , 
tenendo  mano  in  tutte  le  corti  .^  e  pro- 
ponendo sempre  nuovi  progetti  _,  niun  dei 
quali  finora  ebbe  esito  felice.  Avvenne 
anche  uno  strano  accidente  in  Torino  nel 
dì  sei  di  giugno .  Non  si  sa  da  chi  fu 
sparsa  voce  ,  che  ad  esso  duca  era  stata 
tolta  la  vita  dai  Francesi  nel  parco  .  Di 
più  non  vi  volle  ^  perchè  il  popolo  di 
quella  città  amantissimo  del  suo  sovrano 
eccitasse  un  fiero  tumulto  ,  gridando  ad 
alte  voci  :  ammazza  y  ammazza  i  Fran- 
»Wi.  Prese  le  armi,  tutti  andarono  a  cac« 

V  5  eia 


310  ANìJAti  d'ìtalìjì 
eia  di  essi  Francesi  ,  i  quali  udito  il  grani 
rumore,  chi  qua,  clai  là,  corsero  a  rin-  ; 
tanarsi .  &a  sul  mezzodì,  e  il  d^ca  do- j 
pò  data  una  lunga  udienza^  si  era  cori- ; 
cato  sul  letto ,  e  avea  preso  sonno .  Sve-  ■ 
gliato  dai  suoi  cortigiani  ^  e  informato^ 
di  quel  disordine  ,  corse  tosto  al  balcone  \ 
della  galleria  per  farsi  vedere.  Kaffigura-Ì 
to  che  fu  dal  popolo  ^  si  convertirono  ! 
gli  sdegni  in  lietissime  acclamazioni  ,  ed  ^ 
essendo  cresciuta  la  folla  alla  piazza  ,  il  j 
druca  uscì  in  persona  a  meglio  consolar  gli; 
occhj  dei  suoi  buoni  sudditi  ,  e  si  quietò  J 
tutta  la  sollevazione.  ■ 

Fu    rapita    dalU    morte    nel    settembre J 
dell'anno  presente  Leonora  ^  figlia    del  fu^ 
Trancesco  gran  duca  di  Toscana  ,    e  mo--^ 
glie  di  Vincenzo  Gonzaga    duca    di  Man- j 
tova  y  che  per  conseguente   era    sorella    di  " 
Maria    dti    Mtdlcl    regina    e    reggente    di»; 
Francia  .  Continuarono  in  questo  anno  an-v 
cera    le    controversie    dell'arciduca    Mae-^ 
tias    in  Germania    coli'  im^eradore  Rodol-ì 
fo  II  suo  fratello  ,    perchè  mancando  esso! 
Augusto  di  prol^  ,  e  declinando  di    dì  in 
dì  la  sua  sanità  ,  Mattias    assai   avido    di 
signoreggiare  ,  voleva  per  tempo   metter- 
si in  possesso    dei  diritti  della    successio- 
ne deli'  augusta  casa  di  Austria .   Non    la- 
sciò   il    -pontefice  Paolo  V    d' interporre    i?| 
suoi  più  caldi  paterni  uffizj    per    promuo-jj 
vere  la  concordia  fra  loro  .    Infatti    segui;; 
raccomodamento,  essendosi    contentato  l'jj 

im- 


j 


Anno    MDCXI.  311 

imperadore^  a  cagione  di  un  fiero  scon- 
volgimento di  cose  accaduto  in  Praga  ^ 
che  Mattias  ,  già  riconosciuto  per  re  di 
Ungheria  ,  fosse  del  pari  accettato  per  re 
di  Boemia,  con  riserb^re  a  se,  finche  vi- 
vesse ,  una  specie  di  autorità  e  dominio . 
Seguì  la  magnifica  coronazione  di  Mattias 
in  Praga  nel  dì  25  di  maggio  ,  e  perciò 
rifiori  r  allegrezza  in  quelle  contrade  ^ 
Crebbe  poi  questa  per  le  nozze  con  gran 
pompa  solennizzate  in  Vienna  sul  princi- 
pio di  dicembre  dell'  arciduchessa  Anna 
figlia  del  già  arciduca  Ferdinando  conte 
del  Tirolo  ,  maritata  col  suddetto  re  Mat- 
tias .  Tutto  si  applico  in  questi  tempi 
papa  Paolo  a  dare  un  buon  sesto  a  tutti 
i  tribunali  ed  uffizj  della  Curia  romana, 
con  prescrivere  ,  e  ridurre  a  convenevoli 
termini  la  loro  autorità^  (!on  tassare  i 
loro  onorar;  _,  e  riformare  una  man  di 
abusi,  che  da  gran  tempo  erano  stati  per- 
messi .  La  sua  prolissa  costituzione  su 
questo  ,  per  cui  si  acquistò  egli  gran  lo- 
de ,  fu  poi  nel  dì  primo  di  marzo  ,  non 
già  (  come  per  errore  di  stampa  si  ha 
dal  suo  bollario  )  dell'anno  presente,  ma 
del  susseguente  data  alla  luce  e 


V  4  Anno 


312      Annali    d' Itali  a  \ 

Anno  dì  Cristo   i^i2  ,  indizione  X.  1 

di  Paolo  V,  papa  8.  , 

di  Mattias  iraperadore  i.  \ 

o  .  J 

wJtese  in  questo  amo  la  morte  la  sua  giù* 
risdizione  sopra  molti  principi  della  Cri-  i 
stianità  .  Il  primo  di  essi  a  pagarle  tri-  \ 
buto  fu  1'  imperadore  Rodolfo  lly  principe  1 
che  nella  pietà  non  si  lasciò  vincere  da  j 
alcuno;  ma  principe  nato  piuttosto  per  un  , 
chiostro  5  che  per  un  seggio  imperiale  :  sì 
povero  di  spirito  e  dappoco  si  fece  egli  ! 
conoscere  in  si  lungo  corso  del  suo  go^  \ 
verno.  Profittarono  beo  di  questa  sua  de-  ] 
bolezza  i  Turchi.  Io  non  so  come^  il  Do-  \ 
glioni  il  fa  morto  nell'ultimo  dì  del  pre-  { 
cedente  dicembre  ;  altri  nel  di  io  di  gen-  ; 
najo  deiranno  presente;  Andrea  Morosi-  \ 
no  nel  dì  21  di  esso  mese  .  Egli  è  fuor  \ 
di  dubbio  _,  che  la  sua  partenza  da  questa  { 
vita  seguì  nel  dì  20  del  predetto  gennajò;  • 
epperò  giacche  mancò  senza  lasciar  prole^  \ 
2L  luì  succedette  nel  retaggio  della  nobi-  '^. 
lissima  casa  di  Austria  Mattias  suo  fra-  \ 
tello ,  il  quale  dipoi  nella  gran  dieta  elet.  j 
torale  tenuta  m  Francoforte  fu  proclama-  \ 
to  imperadore  nel  dì  13  dì  giugno  susse-  \ 
guente,,  e  poscia  nel  dì  24  del  medesimo 
mese  colle  consuete  magnifiche  formalità  1 
coronato.  Avea  l'augusto  Rodolfo  tenuta  j 
in  addietro  la  corte  imperiale    in   Praga 

Mat- 


Anno  MOCXIL  313 
Mattias  la  trasferì  a  Vienna  d'Austria.  Colto 
parimente  da  improvviso  accidente  Leonardo 
Donato  doge  di  Venezia^  diede  fine  al  suo 
vivere  nel  dì  16  di  luglio  ,  a  cui  poscia 
succedette  in  quella  dignità  nel  dì  27  di 
esso  mese  Marcantonio  Memo  ,  vecchio  di 
gran  prudenza  ,  che  già  avea  compiuto  V 
anno  settantesimo  sesto  di  sua  età  .  Inol- 
tre cessò  di  vivere  nel  dì  18  di  febbrajo 
Vincenzo  Gonzaga  duca  di  Mantova,  prin- 
cipe .  che  non  iscarseggiava  di  mente ,  ma 
che  specialmente  fu  portato  da^ì  suo  natu- 
rale alla  giovialità  e  all'  allegria  :  gran 
giocatore  ,  grande  scialacquator  del  dana- 
ro^ sempre  involto  fra  il  lussa  e  gli  amo- 
ri, sempre  in  lieti  passatempi^  o  di  fe- 
ste, o  di  balli,  o  di  musiche,  o  di  com- 
medie. Restarono  di  lui  tre  figli  maschi, 
cioè  Francesco  primogenita,  che  succedet- 
te a  lui  nel  ducato;  Ferdinando  creato 
cardinale  .da  Paolo  V  nel  1606 ^  e  Vincent 
zo  ,  che  medesimamente  nel  1615  ottenne 
la  sacra  porpora .  Ma  che?  Dopo  alquanti 
mesi,  cioè  nel  dì  21,  oppure  22  di  di- 
cembre anche  il  novello  duca  Francesca, 
in  età  di  circa  ventisette  anni  compì  il 
corso  di  sua  vita,  e  sul  principio  dello 
stesso  mese  morì  ancora  un  unico  suo  fi- 
glio per  nome  Lodovica^  dimodoché  non 
restò  di  sua  prole  se  non  Maria  ,  per  la 
quale  insorsero  poi  gravissime  liti ,  sicco- 
me diremo.  Il  perchè  Ferdinando  cardi' 
naie ^  soggiornante  allora  in  Roma,    volò 

to- 


^14      Annali   d'Italia  | 

tosto  a  Mantova  a  prendere  le  redini  del  1 
governo ;,  con  animo  di  deporre  ii  cardi-  \ 
nalato,  siccome  poscia  avvenne.  \ 

Una  scena  molto  tragica  toccò  in  que-  j 
sto  anno  alla  città  di  Parma .  Ranuccio  • 
Farnese  duca  di  essa  città  e  di  Piacenza ,  j 
era  signor  di  alti  spiriti^  gran  politico,  \ 
ma  di  cupi  pensieri  ,  e  di  un  naturale  j 
malinconico^  che  macinava  continuamente  \ 
sospetti,  per  li  quali  inquietato  egli,  nep-  . 
pur  lasciava  la  quiete  ad  altrui  .  Nei  suoi  ^ 
sudditi  miia^^a  egli  tanti  nemici,  ricor-  ' 
devole  sempre  di  quanto  era  accaduto  al 
suo  Bisavolo  Tier  Luigi  y  epperò  studiava] 
l'arte  di  farsi  piuttosto  temere  ,  che  ama-  j 
re,  severo  sempre  nei  gastighi ,  difficile] 
alle  grazie  .  Era  egli  ben  rimeritato  dai  j 
sudditi  suoi,  perchè  al  timore  da  lui  vo- i 
luto  aggiugnevano  anche  l'odio  ;  e  venne J 
appunto  nell'anno  presente  a  scoprirsi  una 
congiura  tramata  centra  di  lui  fin  V  anno  \ 
precedente  .  In  essa  erano  principali  au-  I 
tori  il  marchese  Gian-Francesco  San-Vitalr,  j 
la  contessa  di  Sala,  il  conte  Orazio  Simo-  j 
netta  sao  marito,  il  conte  Pio  Torelli,, | 
il  conte  Alfonso  e  il  marchese  Girola^  ;-! 
mo  amendue  San- Vitali  ,  il  conte  Girola-  ^ 
mo  da  Correggio,  e  il  conte  Giambattista  j; 
Mazzi  ,  ed  altri  .  Dicevansi  ancora  com-  ^ 
plici  di  sì  fatta  cospirazione  il  marchese  ■ 
Giulio  Cesare  Malaspina  capitan  delle  guar.  1 
die  del  duca  di  Mantova,  il  marchese  di  ti 
Liciana   Ferdinando  Malaspina  ,    il    conte  g 

Teo- 


Anno    MDCXIL  515 

Teodoro  Scotti  di  Piacenza,    il  conte  AU 
bcrto  Canossa  di  Reggio  .    Carcerati  quasi 
tutti  i  primarj  capi    di  questa    ribellione  , 
e  formato    il    processo ,    per    cui    dicono  , 
che  si  provasse  il  lor  disegno    di    assassi- 
nare ,   e    spiantar    tutta    la    casa  Farnese , 
nel  di   19  di  maggio  le  loro  teste    furono 
recise,    ed    impiccati    per  la  go!a    alcuni 
lor  familiari.  Tutti  i  lor  nobili   feudi  ri- 
masero preda    del   iìico,,    e    ne    seguirono 
poi  varj   sconcerti  _,    perchè    gli  amici    dei 
nobili  suddetti ,   pieni    di    sdegno ,    fecero 
delle  incursioni  nel  Parmigiano  ,  mettendo 
a  fuoco  diversi    luoghi  .  Inoltre  il    novel- 
lo duca    di  Mantova  Francesco    gran  que- 
rela fece^  per  avere  il   Farnese  non   sola- 
mente mischiato  in  un  pubblico  monitorio 
ii  suo  capitan  delle  guardie  ,  che    si    pro- 
testava affatto  innocente  ,    ma  anche    taci- 
tamente fatto  credere  ,    che    il    duca  Vin- 
cenzo suo  padre,   fosse    stato    il    principal 
promotore  di  quella  cospirazione ,  E  vi  man- 
cò poco  che  non  si  venisse  a  guerra  aperta 
per  questo:    lo  che   sarebbe  succeduto,  se 
i  re  gì  Francia    e  Spagna ,    e    il    duca  di 
Savoja  ,    non    fossero    entrati    in    sì    fatta 
querela,  e  non  avessero  con  buone  manie- 
re spento    il    nascente    incendio  ,    essendo 
restate  indecise  le  ragioni  dell'una  e  dell' 
altra  parte.  Quantunque  sia    da    credere, 
che  la  verità  e    la    giustizia    onninamente 
regolassero  il  processo  suddetto,  pure  per 
cagion    di    esempio    scapitò    non    poco    il 

no- 


^tS     a  n  n  a  l  I    0'  I  t  a  l  I  a 

ifjome  del  duca  Ranuccio  ,    per  aver  tanto     j 
declamato  e  sparlato  di  lui  i    suoi    male- 
voli (  e  questi  non  sono  cessati  giammai  ) 
spacciando  come  inventati'  quei  delitti  af-     ; 
fine  di  assorbire  la  roba  di  quei    nobili  , 
il  cui  valore  ascese  ad  un  gran    valsente,    j 
e  per  liberarsi  con  tanta  crudeltà  da  per-    ! 
sone  ,  che   gli    davano    della    suggezione  .     1 
Anzi    sparsero    voce  ^    che    esso    duca   alT    | 
udire,  che  anche  nelle   corti    non    si    era    | 
assai  persuaso  del  reato    di    quei    nobili  ,    | 
avesse    spedito    al    gran    duca  Cosimo   un 
ambasciatore  con-  copia    del  processo,    af- 
finchè   comparisse    la    rettitudine    del   suo 
operato  o    E  che    da    lì    a-   qualche    tempo 
fosse  rispedito  r  ambasciatore  con    ringra- 
ziamenti al  Farnese,  e  con  un  altro    pro- 
cesso sigillato  ,    dal  quale  aperto  apparve   i 
con  testimonj  esaminati ,    come    lo    stesso   j 
ambasciatore  in  Livorno  aveva    ucciso    un   1 
uomo:  cosa  da  lui  non  mai  sognata,  non-   | 
ehè  eseguita  »  ] 


An- 


m 

Hlsnc 


A  ìJh  n  o    MDCXin.  3f? 


no  di  Cristo   16^13  ,  indizione  XL 
di  Paolo  V,  papa  9. 
di  Mattias  imperadore  2. 

Xntorbidos&ì  in  questo  ànnò  ia  pace  d'Ita-* 
li  a  per  le  dissenzioni  insorte  fra    i    dudii 
di  Savoja  e' di  Mantova,  delle  quali  spe~ 
cialmente  incomincia  a  trattare   in    questi 
tempi  Pietro  Giovanni  Capriata  ,    oltre    a 
Vittorio    Siri ,    al    Guichenone  ,    ed    altri 
storici.  Non  restò,  siccome   di  sopra    ac- 
cennammo,   del    defunto    Francesco    duca 
di  Mantova  se  non  una  picciola  figlia  per 
nome  Maria  ^  di  <:ui  prese  tutela  il  cardi- 
nal  Ferdinando    Gonzaga .    Apparenze    vi 
erano  ,  che   la  duchessa  Margherita    iìglia 
di  Carlo   Emmanuele    duca    di  Savoja  ,    -e 
vedova  di  esso  duca  Francesco  ,  fosse  gra- 
vida :  lo  che  teneva  in  sospeso    la    deter- 
minazione -del  cardinal  Ferdinando  intorno 
al  deporre  la  porpora  ,  volendo    egli    pri- 
ma vedere,  se  per  avventura    ne  nascesse 
un  maschio .    Intanto    il    duca    di  ,Savoja  , 
principe ,  che    in    sagacità    di    mente,    in 
isperienza    di    affari    tanto    di    gabinetto, 
che  di  guerra,    non    avea  pari,    e    a    cui 
parca  sempre  troppo  ristretto   il  patrimo- 
nio di  tanti  stati,  che  egli  godea    di  qua 
e  di  là  dai  monti  :  giudicò  questa    essere 
occasion  favorevole  per  islargar  quei  con- 
fini .  Cominciò  dunque  a  pretendere  ,    che 
la  vedova  duchessa    Margherita   sua    figlia 

tor- 


3i8      Annali   d'Italia 

tornasse  a  Torino,  e  seco  conducesse  la 
figlia  Maria.  Pretese  inoltre ^  che  ad  essa 
Maria  sua  nipote,  siccome  erede  unica  i 
di  Francesco  duca  di  Mantova  suo  padre,  I 
dovesse  appartenere  il  Monferrato,  per  es-  ^ 
ser  quello  un  feudo  ,  in  cui  succedono  le  i 
femmine,  e  che  appunto  era  passato  per  1 
via  di  femmine  nella  casa  P'aleologa  ,  e  *i 
poscia  n(  Ila  Gonzaga  #  Ito  a  Mantova  il  ^ 
principe  di  ^ìtmonxe  Vittorio  Amedeo  en-  | 
trò  in  negoziati  col  cardinale  ^  il  quale  "i 
cominciò  a  barcheggiare^  ricusando  so-  1 
pratlutto  di  ìasciar  partire  la  cognata  e 
la  nipote  ;  la  prima  ,  perchè  gH  fu  propo^- 
sto  di  sposarla  ,  e  faceva  il  papa  difficol* 
tk  a  concedere  la  dispensa  ;  T  altra  ,  per- 
chè sosteneva  di  esserne  a  lui  dovuta  la 
tutela  ;  ed  infatti  ottenne  dal  tribunal  ce- 
sareo r  approvazione  di  questo  suo  dirit- 
to .  Per  conto  poi  del  Monferrato,  pre-  ì 
tendeva  egli  escluse  le  femmine  da  quel  | 
feudo;  qualora  esistevano  agnati ^  cioè  j 
masehj-  della  famiglia  ;  ed  allora  esisteva  | 
esso  cardinale  Con  Vincenzo ,  amendue  fra^  | 
telli  deir  estinto  duca  Francesco ,  chiama- 
ti alla  successione  di  esso  Monferrato  . 
Svanita  por  1'  apparenza  della  gravidanza 
della  duchessa  Margherita^  acconsentì  il 
cardinale,  che  essa  se  ne  andasse,  ma  con 
ritener  presso  di  se  sotto  buona  guardia 
la  figlia.  In  tali  discordie  s'interpose  do« 
Francesco  Mendozza^  marchese  delTInojo- 
sa,  e  governator  di  Milano f  e  perchè  in^ 

*i- 


Anno     MDCXIII.  319 

sìstcva  il  duca  di  voler  la  nipote ,  fu  pro- 
gettato di  metterla  colla  madre  in  depo- 
sito presso  don  Cesare  duca  di  Modeaa , 
per  essere  V  infanta  Isabella  ^  nuora  di  es^ 
so  don  Cesare,  sorella  della  medesima  du- 
chessa Margherita .  Sulle  prime  accettò  il 
cardinale  questo  partito ,  e  V  avrebbe  fore- 
se eseguito  ,  se  non  si  fosse  trovata  ripu- 
gnanza nel  duca  di  Modena ,  ad  entrare 
in  si  fatto  impegno^  temendo  egli  di  dis- 
gustare in  fine  alcuno  dei  pretendenti  . 
Tanto  nondimeno  operò  dipoi  il  governa- 
tor  di  Milano^  che  l'indusse  a  condiscen- 
dere ^  ma  il  cardinale  diede  indietro^  né 
volle  più  consegnare  la  picciola  princi- 
pessa . 

Allora  fu  che  il  duca  di  Savoja  sdegna- 
to risvegliò  le  antiche  pretensioni  della 
sua  casa  sopra  il  Monferrato,  intorno,  al- 
le quali  ,  siccome  già  vedemm.o,  non  avea 
voluto  decidere  V  imperador  Carlo  F,  e  si 
venne  ad  una  battaglia  di  penne,  che  sa- 
rebbe terminata  in  tuoni  e  lampi ,  che 
non  fanno  paura .  Ma  il  duca  di  Savoja 
determinò  di  accoppiarvi  anche  i  fulmi- 
ni ,  preparandosi  a  far  guerra  di  fatto  . 
Già  avea  delle  truppe  veterane  in  piedi  , 
e  cominciò  ad  arrolarne  molte  di  più  , 
sperando  di  conquistare  agevolmente  il  bel 
paese  del  Monferrato  ,  dove  a  riserva  di 
Casale  e  della  sua  fortezza  ,  pochi  altri 
luoghi  poteano  far  lunga  resistenza.  Era 
il  cardinal  Ferdinando,  che  già  aveva  as- 

sun- 


320       Annali    d'  Italia 
sunto    il   titolo    di    duca  ,   personaggio    di 
poca  disinvoltuj'a ,  e  piuttosto    spensierato 
che  altro  nei  grandi  affari.  TroTavasi  sen- 
za milizie,,    e    neppur  pensava    daddovero 
a  raunarne.,  e  a  premunire  i  luoghi  forti 
del    Monferrato,    Tuttavia    lo    spinsero   i 
suoi  ministri    a    ricorrere    per    patrocinio 
ed  ajuto  ai  re  di  Francia  e    di  Spagna    e 
a  tutti  i  potentati  d'Italia.    Fu    creduto, 
che  la  Spagna    fosse    impegnata    pel    duca 
diSavoja,  ma  i  fatti  non  corrisposero  po-è 
scia  a  questa  voce.  Il  papa,   ,che  per  at-| 
testato  del  Siri  ,  facea  sue    delizie    il    ri- 
poso, per  sua  naturai  timidità  alienissimo 
dai.ifumori,  ma  che  secondo  il  parere  dei 
più  saggi  ^    si  ricordava    di  essere    padre 
comune,    non    si   volle    ^mischiare    se  non 
con  amichevoli  ufìzj   in  questi  imbrogli .  il 
soli  Veneziani    e  il    gran  duca  Cosimo  itv 
Italia  si  dichiararono  favorevoli  al  Gonza-| 
ga  ,  affinchè  gli  Spa^nuoli  non  si  servisse-J 
ro  di  questa  occorrenza    per    islargare    lej 
ali .  Anche  il  re  di  Francia  ,   ossia    la  re-| 
gina  reggente,  commossa  specialmente  òa\^\ 
la  parentela  coi  Gonzaghi ,    prese    la  lord 
protezione,  e  fece  fare  intimazioni  e  mi-i»1 
naccie    al  duca    di  Savoja.    Ma    il    duca  i 
principe  di  grande  animo,  nulla  sbigottii 
to  per  questo,  nel  dì  venti,    o    ventidue| 
di  aprile  col  principe  idi  Piemonte ,  e  coli 
principe  Tommaso  suoi  figli ,  mosse  le  ar-j| 
mi  sue  contro  il  Monferrato.  In  poco  tem-j 
jpo  5"*  impadronì  di  Trino,    e  nel  di  2.5  ì^ 

di"    t 
I 

I 


Anno    MDCXIIL  321 

città  d'  Alba  dal  conte  Guido  di  san  Gior- 
gio,  fa  non  solamente  presa,  ma  anche 
«accheggiata,  e  il  vescovo  stesso  maltrat- 
tato e  fatto  prigione .  Così  Diano  e  la  ter- 
ra di  Moncalvo,  ed  altri  luoghi  (  fuorché 
Casale,  Pontestura,  la  rocca  di  esso  Mon- 
calvo ,  e  Nizza  della  Paglia)  vennero  in 
potere  del  duca  . 

Per  tali  novità  i  Veneziani, somministra- 
rono danaro  al  cardinale  duca  ,  acciocché 
facesse  una  leva  di  tremila  Tedeschi .  Egli 
ne  ordinò  un'altra  di  tremila  Svizzeri^  e 
di  assai  più  Italiani  .  Il  gran  duca  desti- 
nò d'  inviargli  altro  maggior  soccorso  . 
Trovossi  dipoi,  che  neppure  il  re  di  Spa* 
gna  proteggeva  il  duca  di  Savoja ,  anzi 
rinojosa  governator  di  Milano^  oltre  all' 
aver  passati  premurosi  ufìzj  ,  per  fargli 
deporre  le  armi,  e  restituire  i  luoghi  pre» 
si  ,  o  almeno  depositarli  in  mano  del  pa- 
pa, o  di  altro  potentato,  usci  in  campa- 
gna, e  fece  ritiiare  Tarmata  piemontese 
dall'assedio  di  Nizza  della -«Pagfia  ,  Usci- 
rono intanto  manifesti  per  1'  una  ,  e  per 
r  altra  parte .  Il  castello  ossia  rocca  di 
jyioncalvo  si  arrendè  al  duca^  il  quale  non 
lasciava  di  seniprepiù  tirare  al  suo  soldo 
Borgognoni  e  Svizzeri  y  e  continuava  la 
guerra  coi  varj  successi  che  io  tralascio. 
Ma  essendo  accorso  di  Francia  molto  tem- 
po prima  Carlo  Gonzaga  duca  di  Nevers 
in  soccorso  del  cardinale  duca  suo  cugi- 
no, cominciarono    à   comparire    in    Italia 

Tom.  XXIV.  X  moU 


322       A.N  NAT,  I    d' Italia 
molte  schiere  di  P'rancesi  ,  e  dalla    reginjJ  ■ 
reggente    di    Francia    si    ammaniva   anche 
un'  armata  ,  per  inviarla  ai  danni  del  du-*^  l 
ca  di  Savoja  .    Oltre   a  ciò  ,    il  gran  duca  l 
di  Toscana  mise  in  viaggio  alla    volta  di  * 
Mantova  non  già  tredecimila  fanti,  e  cin- 
quecento cavalli,  come  ha  il  Capriata,  ma 
bensì  quattromila  fanti ,  e  secento  cavalli^ 
come  con   buone    memorie   ho    io    scritto 
altrove.  E  quantunque  il  duca  di  Modena 
per  le  istanze    del    governator    di  Milanol 
armasse    i  confini    della  Garfagnana  >    per 
"^impedire    il    passo  a.  questa    gente,    pure^ 
serrando  gli  occhj  ,    lasciò    loro    libero   il' 
varco  per  altra  parte.  Mandò  ancora  Vau^ 
gusto  Mattlas    il    principe    di  Castiglione 
per  intimare  al  duca  di  Savoja  la  restituì 
zion  delle  terre  occupate;  e  il  governato^ 
di  Milano,    che  volea,  la  gloria    di  accon- 
ciar tutti  questi  rumori    colT  autorità    dell 
re  Cattolico    suo    sovrano ,    accrebbe    non 
poco  r  armata  sua ,    acciocché    il    duca    s^ 
arrendesse*  E4egli  infine  si  arrendè,  e  ben-f 
che  neir  intemo  suo  si  rodesse  per  la  rabn 
bia  ,  pure  mostrò  tutta  l'ilarità  in  conde- 
scender«  all'accordo  per    la    riverenza  da 
lui  professata  al  papa  y  a  Cesare  ,  e  al  re 
di  Spagna,  che  cosi  desideravano.    Adun- 
que nel  di   i8  di  giugno  promise   di  cob 
segnar  le  terre    prese    nel   Monferrato    a^ 
ministri  cesarei ,  e  spagnuoli ,    che  poi  le 
restituirono  al  duca  di  Mantova^  restando 
poi  da  ventilare  le  controversie   civili    il 

ami- 


A  N  N  d  IviDCXIIL  32^. 
amiclievol  giudizio.  Poco  poi  mancò,  chi 
non  andasse  in  fascio  la  fatta  coiacprdiài 
perchè  il  cardinal  Ferdinando  mise  fuori 
tìn  terribil  bando  contra  del  conte  Gèidò 
di  san  Giorgio  >  e  pretese  il  risarcitnentò 
di  tanti  saccheggi^  incendj  ,  e  danni  patÌA 
ti  dai  suoi  sudditi  del  Monferrato  ;  e  se 
tìon  era  la  corte  di  Spagna ^  che  si  inter- 
ponesse, e  il  facesse  desistere  da  tali  pre- 
tensioni ,  il  duca  di  Savoja  ,  che  con  tut- 
te le  istanze  dei  Francesi  e  Spagnuoli  mai 
non  avea  voluto  disarmare ,  era  in  prò- 
èinto  di  ricoDtriEfciar  la  guerra  0  Si  aggiun- 
se la  pretensione  del  governator  di  Milano 
di  avere  in  sua  mano  la  principessa  Ma- 
ria ,  sperandone  un  dì  qualche  vantaggio  5^ 
se  fosse  mancata  la  linea  Gonzaga  regnan- 
te allora  in  Mantova  :  nel  qiial  caso  cre- 
deano  spettante  ad  essa  principessa  il  Mon- 
ferrato. Ma  il  cardinale  duca  stette  sal- 
dissimo in  negarla  j,  e  dalla  corte  di  Fran- 
cia e  dai  Veneziani  fu  sostenuto  in  sì  fat- 
to impegno .  E  intanto  il  duca  di  Savoja 
restò  anche  egli  sommamente  amareggiata 
della  prepotenza  degli  Spagnuoli. 

Altra  guerra j  benché  di  minore  impor- 
tanza ,  avvenne  in  questo  anno  fra  Cesare 
di  Este  duca  di  Modena  e  la  repubblica 
di  Lucca.  DuraTa  il  sangue  grosso  fra  i 
Lucchesi  e  i  popolr  della  Garfagnana. 
diti  di  Modena  di'  là  dall'  Apennino  per 
cagion  della  passata  guerra  del  1602  •  In- 
sorsero nel  giugno  fra:  particolari  persone 

X  z  del- 


524        Annali    d'Italia 

4elle  offese  ai  confini  _,  e  queste  servirona^ 
4i  pretesto  a  quella  repubblica  per  assalir^ 
di   nuovo    nel    mese    seguente    con    alcune] 
migliaja  di  armati  la  Garfagnana.    Perchè! 
non  si  aspettavano  i  Garfagnini    una   tale; 
superchieria  ,   facile  fu  ai  Lucchesi    d'  ìm^\ 
possessarsi    delle  terre    di  Cascio  ,    Monte| 
Altissimo,  Mente  Rotondo,  e  Marigliana J 
Occupato  ancora  Monte  Perpoli ,  vi  fabbrì-j 
carono  tosto  un  forte,    e  commisero    sac-j 
cheggi   e  violenze  indicibili.    Fecero  quel-i 
la  resistenza  che  potoiono  i   valorosi  Gar-i 
fagnini  a  sì  impetuoso  torrente,    finché  il 
duca  Cesare  irritato  da  sì  inquieti  vicini, 
spedì  colà  il  principe  Alfonso  suo  primo- 
genito col  principe  Luigi  altro  suo  figlio  , 
generale    dei    Veneziani  ,    e    con    alquante 
miglia   di  fanti  e  cavalli  ,    comandati    dal 
marchese  Ippolito  Benti voglio  suo  genera- 
le, e  ben  provveduti  di  artiglierie  e  mu-?^ 
nizioni  .  Allora  fu  che  cambiò    aspetto    la>i 
guerra  ,  e  i  Lucchesi   d'  assalitori  divenne-?; 
xo  assaliti  con  danno  gravissimo  dcUt  lor^i 
terre.  Si  passano  qui  sotto  silenzio    varie^i 
azioiriTanguinose  succedute  in   quelle  parT'J 
ti,  per  dir  solamente,    che  il  Bentivoglio,  1 
imprese  l'assedio  di  Castiglione,  terra,  e1 
•fortezza  dei  Lucchesi ,  che  cominciò  a  prò-  ] 
vare  il  furor  delle  artiglierie,    ma    seste-  j 
iiuta  con  vigore  da  mille  e    dugento    sol-  j 
dati,  che  vi  erano  di  presidio.  Tentarono  | 
invano    i    Lucchesi    di    darle    soccorso ,    e^  | 
intanto  semprepiu  continuarono  §U  approc-.  j 

ci,      ; 


À  N  N  o  MDCXIIL  §25  ^ 
.. ,  e  fu  formata  la  breccia.  Già  si  dispo» 
nevano  le  milizie  ducali  a  dare  nn  gene-^ 
tale  assalto,  quando  colà  sopraggrunse  il 
conte  Baldassare  Biglia  per  parte  del  go- 
iernator  di  Milano.  Imperciocché  veggen- 
do  i  Lucchesi  mal  incamminati  i  loro  af- 
fari ,  ricorsero  alla  solita  ancora  della 
protezion  di  Spagna  ,  e  mossero  V  Inojosa 
ad  inviare  esso  Biglia  a  Modena  per  is- 
morzar  queir  incendio .  Perchè  il  duca  sta- 
va saldo  in  pretendere  il  rifacimento'  dei 
danni  inferiti  dagli  ingiusti  aggressori ,  e 
le  spese  dell'armamento  da  lui  fatto,  nul- 
la si  conchiuse  ;  laonde  il  Biglia  per  ti- 
more,  che  intanto  Castiglione  fos'se  pre- 
so, colà  si  portò,  e  con  pretesti  dì  fare 
rendere  quella  fortezza  ,  ottenuta  licenza 
di  entrarvi ,  allorché  vide  pronti  all'assal- 
to i  ducheschi  ,  fece  esporre  !e  bandiere 
di  Spagna  sulle  mura  ,  e  intimare  agli  as- 
sedianti ,  che  egli  teneva  quella  piazza  a 
nome  del  re  Cattolico.  Tale  era  in  questi 
tempi  la  riverenza  e  paura  della  potenza: 
spagnuola  y  che  cessarono  le  offese  ,  con 
essersi  poi  stabilito,  che  i  Lucchesi ;,  al 
paese  dei  quali  anche  dòpo  le  interrotte 
offese  di  Castiglione  fu  recata  una  deso- 
lazione ,  fossero  i  primi  a  disarmare:  do- 
po di  che  anche  il  duca  richiama  in  Lom- 
bardia le  sue  milizie  .  Ma  dai  politici  fu 
biasimato  non  poco  questo  principe  ,  per 
essersi  lasciata  levar  di  mano  la  vittore 
al  solo  sventolare    di  un    pezzo    di   tela 

X  5  giù- 


526  Animali  d'Italia 
giudicando  eglino,  che  conveniva  prende*|| 
te  la  piazza,  e  poi  col  pegno  in  mano  fi 
trattare  di  aggiustamento.  Ma  forse  con;; 
più  ragione  fu  dovuta  questa  censura  ali 
suo  generale  ,  che  dovea  prevedere  rarteji 
del  Biglia,  e  tirarsi  il  cappello  sugli  oc?  i 
phi . 

Né  solamente  dalle  dissensioni  dei  prin 
cipi  patì  in  questo  anno  V  Italia   dei  gra 
tì  travagli;  ne  risenti  anche  forse  dei  pì\j^ 
perniciosi    dalle  battaglie  dell'aria   e    del? 
mare.  Nel  dì   11  di  novembre    si    svegliò 
una  sì  atroce  tempesta  nel  mediterraneo 
che  fu  creduto  non  essersene  mai  provat 
una  simile  a  memoria  dei  viventi  di  allo 
xa.    Porto  non    vi  fu,    cominciando   dall 
Provenza  sino  alle  ultime  parti  del  regn 
di  Napoli,  in  cui  non  si  affondassero  qua 
si  tutti  i  legni ,  che  ivi    si  erano    ricove 
Tati  ,    con  danno    infinito    di    mercatanti  ^ 
€  sommo  terrore  di  ogni  uno .  In  GenovJil 
specialmente  fu  sì  spaventoso  V  eccidio  d| 
galee  e  navi,  che  quasi  supera  la  creden 
-za^  Penetrò  la  spietata  furia    degli    stesa 
venti  nella  Lombardia,  dove  rovinò  tetti 
abbattè  case,  sradicò  alberi,  e    fece  altt 
funestissimi,  e  non  mai  veduti  danni.  Riu 
sci  in  questo  anno  ad  otto  galee  di  Sicilia 
icn  armate  sotto    il  comando    di    Ottavi 
d' Aragona  di  sorprendere    dodici    turche 
sche  nel  porto  di  Scio  .   Cinque    di  quest 
si  sottrassero  colla  fuga^  colle  altre  segi 
W  fiero  comt)attimento ,  in  cui  prevalser 

i  Cri- 


Anno  MDCXIIL  527 
i  Cristiani^  restando  prese  quelle  ^.sette 
calce  con  istrage  di  quegli  infedeli^  pri- 
gionia di  cinquecento  di  essi  ,  e  liberazio- 
ne di  circa  mille  schiavi  battezzati.  Mon- 
tò ben  alto  il-  bottino  ivi  fatto  ^  perchè 
quelle  galee  portavano  a  Costantinopoli 
lutti  i  tributi  raccolti  dalla  Morea .  Anda- 
rono in  corso  anche  le  gale«  del  gran 
duca  Cosimo  nell'  anno  presente  contro  i 
Turchi  nell'Asia  Minore^  e  prese  molte 
terre  le  misero  a  sacco  . 

Anno  di  Cristo  1614,  indizione  XII. 
di  Paolo  V,  papa  io. 
di  MattiaS  iraperadore  3, 

V^rebbero  in  questo  anno  i  dissapori  fra 
Carlo  Emmanuele  duca  di  Savoja  ,  e  il 
marchese  d' Inojosa  governator  di  Milano. 
Si  erano  messi  in  possesso  gli  Spagnuoli 
di  dar  la  legge  a  tutta  V  Italia  .  Il  lor  vo- 
lere dovea  essere  la  regola  degli  altri 
principi,  e  ne  abbiam  poco  fa  veduto  un 
esempio  nel  duca  Cesare .  Credendosi  egli- 
no di  trovar  anche  nel  duca  di  Savoja  un 
principe j,  che  tremasse  al  tuono  delle  lor 
bravate  ,  gì'  intimarono  di  disarmare  ,  e 
venne  ordine  preciso  da  Spagna,  che  se 
egli  non  ubbidiva,  il  governatore  entras- 
se colle  armi  in  Piemonte;  ma  s'ingan- 
narono .  Carlo  Emmanuele  a  questa  paro- 
la di  ubbidire ,  sconvenevole  troppo  per 
chi    non    era    sottoposto   alla  Spagna    per 

/X  4  al- 


32.8        A  N  N  ALI      dM  T  A  L   I  A 

alcun  titolo  di  vassallaggio,  se    ne  aItCTcft 
non    poco^    p  ?  coraggiosamente    lor    rispo- 
se, che    Vivrebbe    deposte,  le    armi  ,   se    il  | 
governatore  nello  stesso  tempo    avesse  li-   | 
Ganziate    le.  sue  tvuppe  .    Pubblicò    ancora   l 
•un  b^n-sensato  manifesto,,   esprimente    le 
sue    querele,  pel    procedere    ingiurioso    ed 
i^rjperioso  degli  Spagnuoli  conlra    di    lai. 
Oh  allora    fu,    che    l'altura    spagn.uola  .si, 
sentì  toccare    sul   vivo  ^    quasiché   il    ^UGi|;j 
volesse  andare    del  pari    col    potentissima 
loro  monarca  j    epperò    il  Inojosa    nel    dì 
20  di  agosto  si, mosso  da  Milano  con  cir- 
ca ventimila  fanti  ^  e  mille  e  secento   ca- 
valli ,  ed  appressatosi  ai  confini    del   Pie- 
monte ,  stette  indarno    aspettando ,    se    i|. 
terrore  delle  sue  armi  avesse  maggior  vir- 
tù ,  che  le  minaccie  in  carta .  Ma  il  duca 
intrepido    nelle    risoluzioni    sue,    animato 
ancora    dai  soccorsi  ,    segretamente    parte 
inviati,  parte  promessi  dalla  Francia  ,  più 
che  m^i  si  mostrò  costante.  Pertanto  en- 
trato r  Inojosa  nel  giorno  7    di  settembre 
su  quel  di  Veroelli,  prese  la  Motta  e  Ca-; 
ì^enzana  j    e  dà   più    avrebbe    fatto,    se    il 
4uca  uscito    anche  egli    in  campagna    coni 
ditcimila  combattenti  non  avesse  fatta  una? 
diversione  procedenda  contro  la    sprovve-  j 
dutfi  .città  di  Novara  ,  di  cui  avrebbe  an-  1 
che  .potuto    impadronirsi  ^    ma   gli    bastò  ,j 
con.talr  4novimento    di    fai?    retrocedere  l'|j 
§^erchlo  sp^gnuolo  dai  suoi  stati,  sicconiG^: 
avvenne^  Ciò  fatto,    tanto. rambasciatoréjj 

di 


■ 


A  N  N-ò'  MDCXIV.        gap 
di  Frància,  che  il   principe  di   Castiglione' 
ministro  dell' imperadore  ,  e  il  nunzio  apo- 
ajolico.,  interposero    i    loro    iiffizj    per    la 
pace  .  Infatti   nel  giorno    17    di    novembre 
ne  furono  abbozzati  col  duca    i    capitoli  * 
Kicusò  il  governator  di  Milano    di   sotto- 
scriverli,^ intanto  il  marchese    di    Santa 
Croce  colle  galee  di  Napoli  e  Sicilia    oc- 
cupò  sulla  Riviera    occidentale    del    mare 
Ligustico    i    marchesati  ài  Oneglià    e    del 
Maro^  spettanti    al  duca.    Passò    anche    V 
Inojosa  air  assedio  di  Asti  j  ma  perchè  vi 
accorse  con  tutte  le  sue  fòrze  il    duca  ,  e 
si  avvicinava  il  verno  ,  tempo  mal  proprio 
per  le  prodezze   militari  ,    se    ne    ritirò  ; 
laonde  oramai  conoscendo  di  aver  che  fa- 
re con    chi    non    era    figlio    della    paura  , 
diede  di  nuovo  orecchio  alle    proposizioni 
della  pace^  Nel  giorno  primo  di  dicembre 
fu  conchiuso  in  Asti ,  che  il  duca  per  l'os- 
sequio   da    lui    professato    alla    corona    dì 
Spagna  ,    sarebbe   il    primo    a    disarmare  ; 
ehe    si    renderebbe    vicendevolmente    ogni 
luogo  preso  ;  che  le  differenze  fra  le  case 
di  Savoja  e  di  Mantova  sarebbono  rimes- 
se in -arbitri  ;    e  che    il  duca    di  Mantova; 
renderebbe    le  gioje    della    duchessa  Mar- 
gherita ,  e  in  certi  termini    pagherebbe  le 
di  lei  doti,  e  quelle  ancora  della  duches-^ 
sa  Bianca    di  Monferrato.    Corituttociò    T 
Ino|osa  j  siccome  colui,  a  cui   non   pareva 
assai  umiliato  il  duca,  e  risarcito    il  de-* 
coro  della  sua  corte,  perchè    non    vi    evsi 


550       Annali    d'  Italia 
paioia  di  sommessione  e  perdono  richiest 
da  lui ,  ricusò  di  sottoscrivere    quegli  ar 
ticoli;    allegando   di*  non   poter    ciò    tare^ 
senza  l^  assenso  del  re  Cattolico  •    In    §ra-| 
vissime  smanie  proruppe  dipoi,    perchè  ili 
jyrlncl^je  .Tommaso  avea    presa  Candia  ;  de 
distretto'  di  Novara  j  e  perciò  pubblicò  lU 
editto    contro    il    duca  y   che    se    ne    rise 
Con  queste  irrisoluzioni  terminò  in  quell 
parti  Tanno  presente.         •.. 

Parlammo  disopra  degli Uscocchi ,  mas- 
nadieri abitanti   in    Segna,   città    di   casal 
d'Austria    sui    lidi  dell'Adriatico.    Erana 
essi  tornati  al  delizioso  lor  mestiere  del-i 
la  piraterìa,  e  in  questi  tempi  specialmen- 
te infestarono  non  meno  le  terre   e    i    le^ 
gai  dei  Veneziani,    che  quei    degli    stessi 
Turchi.    Ed    appunto    in    questo    anno    il 
gran  signore  spedì  un  ufficiale  e  minaccia 
a  Venezia,    quasiché    la    repubblica    foss 
complice ,  o  almen  serrasse    gli  occhj   ali 
loro  insolenze.  Neil' ottavo  giorno  dì  raag 
gio  dodici  barche  armate    di   essi    masnan 
dieri  LJscocchi  incontratesi  con  altrettant 
di  Albanesi,  vennero    ad    una    sanguinosa 
battaglia  ,    che  costò  loro  ben  cara  .    Per 
vendicarsene,  tre  giorni  dopo   colta    nell 
isola  di  Pago  la  galea  veneziana    di    Cri-^ 
stoforo    Veniero ,    la    sorpresero,    crudel- 
mente ammazzando  quanti  uifiziali    e    sol 
dati  vi  trovarono,  a  riserva    di    esso  Ve-^ 
niero.  Per  le  doglianze    fatte    dai    Veneti 
SiìV arciduca  Ferdinanio^  furono  spediti  da 

Gratz 


jraiz     I 

^■1 


Anno    MDCXIV.  331 

Gratz  commissari  ^  per  mettere    in  dovere 
quei  corsari  ;  ma  sprezzati  se  ne    tornaro- 
no indietro,  quali  erano  venuti.   Dopo  di 
ciò    essi  Uscocchi    assalirono    varj    luoghi 
non  men  della  repubblica  veneta ,  che  dei 
Turchi,  e  ne  menarono  gran  bottino   non- 
50I0  di  robe  e  di    animali ,    ma    anche    di 
donne,  e  fanciulli .  Migliore    ripiego    non 
seppero    allora    trovare    i    Veneziani  ,  che 
di  proibire  ogni  navigazione,    e  commer- 
cio   con    quelle    vicinanze  •    Mandò    bensì 
V arciduca  un  comraessario   a    Segna,    che 
fece  bandi  e  giustizia  contro    quella    per- 
fida gente.  Ma  appena  fu  partito  il  mini* 
stro  di  là,  ben  arricchito  colle  prede  fat- 
te da  essi  Uscocchi ,  che  quella  mala  gen- 
te tornò  al  solito    suo    mestiere  :    lo    che 
obbligò  i  Veneziani  a  spedire    il  capitano 
del  golfo  contra  dei  loro  nidi  ,    per    ren- 
dere ad  essi  la  pariglia:    ordine,    che    fu 
ben  eseguito    col    saccheggio    di    alquanti 
luogi .  Ebbe  nell'anno  presente  il  ponte^e 
Taolo  V  una  molesta  briga  colla    corte  di 
Francia  ,  per  avere  quel  parlamento    fatto 
bruciare  il  libro  del  padre  Suarez  intito» 
lato:  Defensio  Fidei,  perchè  vi  s'insegna- 
va la  dottrina,  che  sia  lecito  T uccidere  i 
jre  tiranni  e  miscredenti.    Tale  era  il  de- 
creto del  parlamento  suddetto^   che  parea 
^esa  l'autorità  pontifizia  .  Di  gravi  quere- 
le perciò  furono  fatte  a  Parigi  dal  nunzio 
del  papa  ;  e  finalmente  si  trovò    tempera- 
mento ,    che    il   re    scrisse    un'  ossequiosa 

let- 


33à  A  -^  N  A  L  I      d'  I  T  A  t  t  A 

Ietterà  al  pontefice  con;  -proteste  ,  cKè 
niuno  intendeva  eli  derogare  a  i  diritti 
dèlia  Santa  Sede  ,  con  persuasione  nondi- 
dimeno  ,* che  anche  la  Santità  sua  coodàn- 
nevebbe  come  cattiva  e  perniciosa  la  pre- 
sta dottrina» 

Anno  di  CRISTO   1615  ,  indizione  XIIL 
di  Paolo  V^,  papa   1 1, 
di  Mattias.,  imperadore  4^ 

t\lon  si  sapea    dar  pace  il    marchese  dell 
Inojosa  .,    perchè    il    duca    di  Savoja    non 
avesse  finora  imparato  a  chinare    il  capo  ,1 
parendo  ,  che  la  di  lui  resistenza  e  costan« 
2a  nei  suoi  impegni  tornasse  in  discredito 
della  .{potenza  ed    estimazione    della  córto 
di  Spag-na  *  Fece  quanti  mali  ufizj  potè  ai 
essa    corte,  e  perciocché  furono    intercetté 
lettere    dal  re  Cattolico    al  medesimo   go*' 
vernator    di    Milano  ,    date  nel  dì.  due  ,-  é 
venti    di    gennajo    dell'anno    presente  ,    ài 
vide    venuto    ordine    da  Madrid  61  co^ti-^i 
nùar    la    guerra   contra    del    duca.  Queste 
lettere  pubblicate  servirono  del  pari  a  sco- 
pTÌre    le  intenzioni    degli  Spagnuoli  y  coti^ 
trarie  alle  proteste  di   voler  la  pace,    e  àj 
giustificare    la    necessità    del    duca    per  la  | 
propria  difesa  .  Sul  fine    di  marzo  uscì    H  \ 
governatore  in  campagna    con  più  di  vén-  i 
limila    tra    fanti    e    cavalli    (  altri    dicono  j 
molto    più.  )  e    andò    ad    impadronirsi    di j 
RioGveran  nelle  Langhe  .  Ancorché  il  duca  j 
ì^  non      :\ 


_ii 


.  rA  «r  N  0     MDCXV.  33 

5sse  che  circa  quindicimila  combat'»^ 
Vittorio  Siri  non  li  fa  più  di  die* 
cimila  )  pure  anch'  egli  animosamente  si 
portò  all'assedio  di  Bestagno  .  Seguirono 
varie  azioni  calde  con  danno  per  lo  più 
degli  Spagnuoli ,  finché  il  duca  conoscen^ 
dosi  soperchiato  dal  numero  dei  nemici  , 
si  ritirò  con  buon  ordine  .  Fu  allora  la 
eittà  di  Asti  minacciata  di  assedio  ,  e  an- 
dò in  fatti  r  Inojosa  ad  accamparsi  in 
quelle  parti  .  Perchè  senza  prendere  il  pic^ 
ciolo  castello  di  Castiglione ,  non  poteva 
avvicinarsi  ad  Asti,  dopo  aver  battuta 
una  brigata  di  Savoiardi  ,  con  pochi  colpì 
di  cannone  obbligò  i  difensori  di  Casti-, 
gliene  a  renderlo  con  buoni  patti  .  Ciò 
fatto,  il  duca  j  per  aver  inteso,  che  da 
Napoli,  Firenze,  ed  Urbino  venivano  altri 
rinforzi  all'armata  nemica,  e  che  il  Go- 
vernatore avea  occupato  san  Damiano,  si 
ritirò  sotto  Asti  ,  e  a  vista  di  lui  andò 
ancora  nelle  vicine  colline  a  postarsi  il 
governatore,  Uscì  un  giorno  il  duca  ad-^ 
dosso  ai  Napoletani  con  tal  vigore ,  che 
ne  fece  strage  di  trecento .  A  questo  ru- 
more tutto  il  campo  Spagnuolo  fu  in  ar-^ 
mi,. e  si  spinse  contro  il  duca.  Non  ten- 
nero saldo  i  suoi  Svizzeri j-  e  toccò  alla 
cavalleria  di  sostener  tutto  il  peso  della 
battaglia .  La  notte  separò  il  combatti- 
mento ,  nel  quale  tanto  il  duca  ,  che  il 
'principe  Tommaso  suo  Figlio  si  segnalaro- 
i|o  5  avendo  avuto  il  prinfio  uccisi  -due  ca- 
vai- 


334      Aèìj  Ati  t^tr  ktiA 

valli  sotto  di  lui  ,  ed  Udo  il  figlio  .  Resta 
il  campo  àgli  Spagnuoli  ,  ma    colla  perdi-' 
tà  di  mille  persone  ^  e  di  ottanta  riraasts 
prigioniere.  Dalla  parte  del  duca  tra  mor- 
ti e  prigioni  se  ne  contarono  non  più   di 
cento.  Scrivono  altri,  che  quantunque  po- 
co sangue  si  spargesse,  purè  non  poco  co-^ 
raggio  mostrarono  le  milizie  del  duca.       ' 
Allora    si     diede    certamente    principici 
air  assedio    di  Asti ,    dove  pretendono  RÌ-é 
cùni,    che    il    governatore    avesse    più    d^ 
trenta    mila    combattenti  .    Seguirono   poli 
varj   fatti  di  arme ,  e  cominciò  per  le  faJ 
tiche  ,  per  li  cattivi  alimenti  ,  e  pel  feto^J 
re   degli    uccisi   a   provarsi    nelle    milizie 
deir  Inojosa  una  micidiale  epidemia  .  Que-^ 
sto  fiero  salasso,  e  più  l'interposizione  del 
iiurizìo  del  papa ,  del  marchese  di  Rambu- 
gliet  ministro  di  Francia^  che  si  servì  dif* 
minacele  in  tal  congiuntura  ,  e    degli  afttJ^ 
basciatori   d'Inghilterra    e  Venezia ,   s' inj4 
dussero    tanto  il  duca  ,    che  il   governato*^ 
di  Milano  ^  a  gustar  le  proposizioni  di  ut^ 
accomodamento .    Nel    dì  21   di    giugno  fm 
conchiuso,  e  poi  nel  di  22    sottoscritto  ìH 
trattato,  perocai  restò  accordato  agli  SpaJ 
gnuoli  il  sì  desiderato  puntìglio  ,  che  il  du-l 
ca  fosse  il  primo  a  dar  principio  al  disar4 
mamento ,    con    far   uscire   di    Asti   tnilfel 
tiomini  ài  quella  guarnigione  dopa  di   òheS 
rinojosa    ritirò  di    là  le  sue    truppe ^  Frt-< 
rono  rimesse    al  giudizio  dell'  impefadore^ 
le    differenze    delle    case    di     Savoja    e  di| 

Man^      i 


A  ì^  N  .©  .  MDCXV.  235 

'^'"'intova  ^    rimessi    in  grazia    del  dùca    di 

antova    quei  ;,   che    aveano    prese  l'armi 
3òntra    di  lui  ;  e  dichiarato  ,  che    in  caso 
di  contravenziooè^  dalla    parte    degli  Spa- 
gnuoli  ,    il    maresciallo    Lesdiguieres  colie 
soldatesche    del    Delfinato   fosse    tenuto    a 
dar  soccorso  al  duca  *    Disapprovò    poi    la 
corte  di  Madrid  la  condotta    del  marchese 
d' Inojosa  ,    e    richiamatolo   in   Ispagna  al 
rendimento  dei  ccfnti ,  spedì  al  governo  di 
Milano  don    Pietro  di  Toledo   marchese  di 
Villafranca,  il  quale  non  tardò  a  far  com- 
parire la  sua  ripugnanza  all'  esecuzion  del 
trattato  di  Asti ,  tanto  col  negar  la  resti- 
tuzione   di    Oneglia    e    di  Marro  ,  quanta 
coir  andar  facendo  nuove  leve  di  gente  in- 
vece di  cassar  le  vecchie*  Proponeva    egli 
intanto  al  dnca  dei  grandi  vantaggi ,  qua- 
lora  questi    avesse    fatto    qualche    atto    di 
soptmes5Ìone  al  re  Cattolico,  e  si  fosse  git^* 
tato  nelle  sue  braccia.  Tale  in  questi  tem- 
pi era  la  politica  Spagnuola.  Né    pure    il 
duca  di  Mantova    Ferdinando ^  imboccato? 
da  essi    Spagnuoli  ,  volle    sottoscrivere    la 
Suddetta    pace  ,  e  fece  vendere   i  beni    del 
conte  Guido  di  san  Giorgio  ,    valoroso  si- 
gnor   Monferrino^    che   contra  di  lui  avea 
prese  le  armi  .  Cos'i  passò  V  anno  presen- 
te ,  con    restar  fra  le  parti    una  calma  di 
apparenza,  e    una  vera  segreta   burrasca  , 
fna    insieme   con  aumentarsi    il  plauso    al 
i,uca  Carlo  Emmanuele  ,  per  non  aver  egli 

Inai  consentito  ad  atto    alcuno  di  umilia- 
li o- 


1 

33?       Annali    d'Italia  f 

zione  vergognosa  e  pregiiidiciale  a  i  diriill 
ti  della  sua  sovranità  ,  e  per  essersi  fattdj 
conoscere  maestro  di  guerra,  sostenendc* 
con  forze  tanto  inferiori  lo  sforzo  dei  sudi 
avversar]:  plauso  nondimeno,  che  gli  e© 
sto  ben  caro  per  la  desolazion  dei  suo 
sudditi ,  e  del  suo  erario,  senza  avere  a 
quistato  un  palmo  di  terreno. 

Svegliossi    un    altro    incendio    di  guerr 
«eir  anno    presente    fra    la    repubblica    d 
Venezia  ;,  e    T   augusta  casa  di    Austria 
ossia  coli' arciduca  Ferdinando.  Per  quan.. 
te  querele  avessero  fatto    i  Veneziani    cor| 
esso  arciduca  per  le  insolenze  degli  Uscoc^ 
chi  ,  esercitate  spezialmente  nel  preceden 
te    anno  ,     e    fatte    calde    istanze  ,    afEnn 
che    quei     masnadieri    fossero    allontanai 
da    Segna,    e    dal    Mare  ,    nian    buon    ef- 
fetto   se  n'  era  potuto  vedere.  Però    per- 
duta la  pazienza^,  tanto  per  mare  che  pei 
terra  prepararono  essi  Veneti  maniere  più 
efficaci  per  ottener  colla  forza  quella   giù 
stizia  y    che    non  poteano  conseguir    collaìj 
ragione  .    Mandarono    essi    alquante    galed 
a    bloccar  Trieste    e  Fiume,  e    per    terrai! 
genti  ,    che    distrussero    le    saline  fabbri-i 
cate    dai    Triestini    contro    i    patti  .     Ma;| 
queste  genti    nel  ritirarsi  assalite  da  Ben-^ 
venuto    Petazzi  ;,    e     dal     capitano    Daniel; 
Francuol    con  assai    schiere  di  armati  Au-  \ 
striaci^     rimasero    sbaragliate  _,  e  trucida-^  j 
te    in    buona    parte  .  Spedirono    poscia    ii 
Veneziani  nel  Friuli  un  esercito  div  ottoni 

mi-      l 


Anno     MDCXV.  337 

mila  fanti  ,  e  di  due  mila  cavalli  ,  chfc'' 
passati  nel  territorio  degli  Austriaci  pre- 
sero più  di  60  villagi  ,  e  andarono  final- 
mente a  mettere  V  assedio  a  Gradisca  , 
fortezza  di  molta  importanza  sopra  il  fiu- 
me Lisonzo  ,  dove  era  un  presidio  di  va- 
lorosi difensori  .  Ma  volendo  essi  Vene- 
ti far  leva  di  gente  in  Italia  ,  trovaro- 
no difficoltà  dapertutto  .  Il  papa  spezial- 
mente per  le  passate  differenze  disgu- 
stato di  essi  ,  non  permise  nei  suoi  Stil- 
li ,  che  si  arrotasse  alcuno  .  Molto  meno 
Cesare  duca  di  Modena  ,  perchè  la  guer- 
ra si  faceva  contro  V  imperador  suo  so- 
vrano ;  e  perchè  richiamato  il  -principe 
Imigl  di  Est^  suo  secondogenito  dal  ser- 
vigio di  essi  Veneti^  della  cavalleria  dei 
quali  era  generale,  non  volle  ubbidire,  il 
padre  arrivò  capitalmente  a  bandirlo  ,  ma 
con  pensiero  di  assolverlo,  subito  che  si 
potea,  da  tale  disubbidienza  .  Così  fece- 
ro gli  altri  principi  Italiani  ,  e  perciò  si 
rivolse  la  repubblica  a  cavare  dall'  Alba- 
nia ,  Dalmazia  ed  altri  luoghi  di  oltra- 
mare  quanta  copia  di  armati  potè .  La 
gente  inviata  sotto  Gradisca  era  in  gran 
p-^rte  collettizia  ed  inesperta  nel  mestie- 
re della  guerra;  i  difensori  air  incontro 
avvezzi  alle  armi  e  feroci  ;  sicché  tra  le 
vigorose  sortite  di  essi  ,  e  gli  assalti  in- 
felicemente dati  dai  Ven«ti  ,  convenne  ri- 
tirarsi dair  assedio  .  E  tanto  più  ,  per- 
chè il  nunzio  del  papa,  il  gran  duca  di 
Tom.  XXIV.  Y  To- 


ì 

538  Annali  d'  I  t  a  l  i  a 
Toscana ,  e  il  duca  di  Mantova  s'  intera 
posero  per  trattar  di  pace  :  al  che  sf 
adoperava  anche  il  goveraator  dì  Mila-: 
no^  tuttoché  gli  fosse  venuto  ordine  dij 
Spagna  di  dare  assistenza  agli  Austriaci! 
contra  dei  Veneziani  .  Entrò  poscia  laj 
mortalità  nel  campo  Veneto  ,  per  cui  re-^ 
sto  notabilmente  sminuito  ;  contuttociàj 
riuscì  al  provveditor  Foscarini  ,  e  all'* 
Erizzo  altro  provveditore  ,  d'  impadro*.; 
rirsi  di  Ghiavarelto  ^  Luciniso  ,  Fara  ,; 
e  di  altri  luoghi  .  Poco  poi  stettero  adi 
ingrossarsi  gli  Austriaci  ,  che  non  so-^ 
lamcnte  ripulsarono  i  Veneti  ,  ma  mis^-^ 
ro  anche  a  ferro  ,  e  fuoco  un  gran  trat-i 
to  del  loro  paese  ,  con  declinare  ogni  dì  | 
più  la  fortuna  delle  armi  Venete  .  Man- 1 
co  _di  vita  in  questi  tempi  Marcantonie^^ 
Memo  ,  doge  di  Venezia  ,  e  nel  novenir  j 
bre  fu  a  lui  sostituito  Giovanni  Bambo  \ 
personaggio  di  gran  merito  in  età  di  8c  j 
anni  .  i 


ì 
Anno 


A  N  N  o     MDCXVl.  339 

nno  di  Chisto  1616^  indizione  XIV. 
di  Paolo  V^  papa   12. 
di  Mattia?»,  Imperadore  5. 

-i.\on  sapeano  darsi  pace  i  ministri  di 
Spagna^  e  massimamente  il  Toledo  gover- 
jfiator  di  Milano  ,  che  il  duca  di  Savoja 
iCarZo  Emmanuele  andasse  tuttavia  colla 
testa  sì  alta  ,  non  avendo  egli  per  quante 
insinuazioni  gli  fossero  state  fatte  da  amici 
e  nemici,  voluto  mai  indursi  ad  umilia- 
zioni improprie  al  suo  grado  ^  ma  esatte 
uà  chi  metteva  in  confronto  di  questo 
principe  la  troppo  eccedente  graindezza  dei 
monarchi  di  Spagna  .  Faceva  istanze  il  du- 
ca, che  il  governatore  eseguisse  la  pace 
'  di  Asti ,  e  air  incontro  il  governatore  ri- 
chiedeva, che  il  duca  disarmasse  :  al  che 
questi  ripugnava  per  sospetto  di  rimanere 
esposto  alle  vendette  Spagnuole  .  Pertanto 
lungamente  si  andarono  barattando  paro- 
le ,  progetti  ,  e  lipieghi  ;  e  quando  qual- 
che proposizione  piaceva  alT  uno,  incon- 
trava tosto  la  disgrazia  di  dispiacere  air 
altro  .  Fu  inviato  dal  -ponttfice  Paolo  a 
Milano  e  in  Piemonte  con  titolo  di  nun- 
zio straordinario  Alessandro  Lodovislo  ar- 
civescovo di  Bologna  ,  che  fu  poi  fatto 
cardinale  nel  giorno  19  di  settembre  del 
presente  anno  ,  e  giunse  ad  essere  papa  y 
siccome  diremo,  col  nome  di  Gregorio  XV> 
Non  lasciò  indietro  diligenza  veruna    que- 

Y  a  sto 


S4o       Aì^NALi    ©'Italia 
sto  prelato^  per  effettuar  la  mente  pia  del 
pontefice  ;  ma  vi   perde  anch'  egli  rdio  e  U 
fatica.  Andavano  perciò  crescendo  le  dif-^ 
fidenze  e  le  disposizioni  a  nuova  rottura  , 
quando    il  duca  per  qualche  lettera    inter- 
cetta ,  o    per    altra   via,  venne    a  scoprire 
una  trama    ordita  dal  duca   di    Nemours  , 
ramo  della  casa  di  Savoja,  trapiantato    in 
Francia,  ma  nemico  di     essa,  che  adunati 
in  essa  Francia  tre  o  quattromila   soldati, 
e    passando    d'intelligenza    col  governator 
di    Milano,    meditava    di    sorprendere    la 
gavoja  ,  e  di  unirsi  poscia  con  gli  Spagnuo- 
li.  Fu  molto  sollecito  il  duca  a  far  pren- 
dere dal  prìncipe  Vittorio  Amedeo  suo  pri-^ 
xnogenito    i  passi    di  Annicy    e  Rumigli   ; 
f:on  che  fece  abortire    tutti    i  disegni    del 
suddetto  duca  di  Nemours,  centra   di    cui 
si  dichiararono  ancora    molti  principi  d^S" 
la  Francia  ,    Veggendosi   egli   adunque  alla 
vigilia  di  una  nuova    guerra,  ordinò,  cho 
si  fortificasse    Asti    e    Vercelli ,    e    che    si 
fabbricasse    un    ponte    sul  Po  a  Crescenti- 
230,  e  un    altro    alla    Sesia  ,  quasiché    egli 
meditasse    di    voler    essere    il    primo    alle 
pstilità .  Sul  principio  di  settembre  mosse 
il  governator  di  Milano  1'  armata  sua  con- 
sistente   in    ventimila    fanti  e  tremila  ca- 
valli ,  e    gittò    anch'  egli    un    ponte  sulla 
Sesia.  Ma  eccoti  comparire    in  campo  an- 
che il    duca  di  Savoja    con  ottomila  fanti 
la    maggior  parte    Francesi,  ed  altrettanti 
^   (orse    piii    fra    Savoiardi  ,  Piemontesi  ^ 

Svia- 


d 


A  i^  N  o'  MDCXVt.  54  r 
Svizzeri,  e  Vallesi .  In  essa  armatasi  con^ 
lavano  quasi  duemila  cavalli  ^  eh'  erano  il 
maggior  suo  nerbo  ,  e  valevano  assai  pili 
dei  tremila  di  Milano .  Divolgava  daper- 
tutto  il  duca  di  avere  venticìnquemila  fàn-^ 
ti  ,  e  duemila  e  500  cavalli ,  f>er  accresce- 
te la  riputazion  delle  §ue  forze  ;  e  fu  egli 
il  primo  a  spignere  in  Monferrato  le  sue 
genti,  con  occupar  Villanuova  ,  Murano  , 
ed  altri  luoghi  .  Tentò  anche  di  rompere 
il  ponte  degli  Spagnuoli ,  sulla  Sesiay  loc- 
che  però  non  gli   riuscì  i 

Nel  dì  14  di  settembre  passò  V  esercito' 
Ispano  la  Sesfia  ,  ed  incamminossi  verso  là 
Motta  e  Villanuova,  dove  si  era  trincie- 
rato  il  duca ,  con  disegno  di  dar  batta- 
glia. Ma  fu  prevenuto  dal  duca,  il  quale 
con  una  imboscata  alT  improvviso  si  sca- 
gliò contro  là  vanguardia  Spagnùola  ai 
passaggio  di  un  fosso  ,  e  cominciò  a  me- 
nar le  tnani.  Duro  fu  il  conflitto  y  ma  ac-^ 
torso  tutto  il  campo  del  governatote  ,  il 
duca  fu  astretto  a  ritirarsi  colla  peggio ,* 
avendo  perduto  più  di  quattrocento  fanti 
e  di  sessanta  cavalli,  oltre  ai  feriti.  Pa- 
teaco  indirizzate  le  mire  del  Toledo  so-^ 
pì2t  Crescentino  ;  il  duca  ,  ancorché  il  pas^ 
éaggio  gli  fosse  quasi  precluso ,  pure  ardi- 
tamente portatosi  air  improvviso  colà ,  fé* 
ée  passar  H  voglia  »i  nemici  di  tentar 
quella  terra  .  Seguirono  poscia  altre  fazia-' 
±ì ,  avendo  il  duca  occupati  varj  luoghi 
ftel  Monferrato  ,  e    all'  incontro    il  govet- 

Y  3  ha- 


gnalarsi   con  qualche    fatto,    accadde, 
il  duca  mosse  Tarmata  sua,  per  nnda: 


542       Annali    e>'  I  t  a  l  i  a  , 

riatore  di  Milano  Santià    e  san  Germano  5  : 
per    la    quale  ultima    piazza  ,    troppo  vil- 
mente renduta^   fu    d'ordine  del  duca  ta- j 
gliato    il  capo  a  chi  ne    avea  il    governo  .  1 
Intanto  l'autunno    cominciava    colle  piog- 
gie  a  difficoltar  il  campeggiare;  e  percicc- 
chè  il  governatore  desiderava    pure  di  se- 

che 
per  andare  a-; 
postarsi  alla  Badia  di  Lucedio  :  laonde  fu' 
spedita    parte     della    cavalleria    Spagnuola 
con  fanti  in  groppa  ad    assalire  la    di    lui 
retroguardia.  Appoco  appoco    si  andarono 
impegnando    le    parti  ad  un  fiero    conflit- 
to ,    sostenuto    valorosamente    dai    Duche- 
schi   ,  finché  sopragiunsero    le  schiere  Te- 
desche, le  quali   per  fianco  assalirono    con 
tal   vigore  i   reggimenti  Francesi^ del  duca, 
che  li    misero    in    fuga  ;    né    con    tutte  le 
esortazioni  e  preghiere  di  esso  duca  si  po- 
terono   ritenere    i    fugitivi .  Andò  dunque 
in  rotta  ,  e  si  disperse  T  esercito  Duchesco  , 
con  lieve  strage  nondimeno,  essendo  resta-^ 
ti  sul  campo  poco  pia  di   quattrocento  uo-l 
mini,  circa  mille  feriti,  e  ducento  prigio-^ 
ni  ,  colla  perdita  di  undici  insegne  di  faiirl' 
leria  ,  e   tre    di  cavalleria:    laddove  dalla tS 
parte  degli  Spagnuoli    solamente    vi  peri-'; 
Tono  Cento    soldati  ,  ed    altrettanti  furono  | 
i  feriti  .  Dopo  di  che  le    armi   del  gover-'j 
33atore  occuparono  varj  luoghi^  e  speziai-  ' 
mente  Gattmara,   di  modo  che  venne  Ver- -j 
celli  a  restar  come  bloccato.  Intanto  daU;l 

la       ì 


^ 


.  N   N  o     MDCXVI.  343 

la  parte  del  mare  il  signor  di  Broglio 
a^^ea  mossa  guerra  a  Nizza  ;  in  Savoja  tut- 
tavia si  vivea  con  sospetti  del  du^a  di 
Nemours  ;  molti  Francesi  delT  armata  Du- 
che^ca  chiedevano  congedo  ;  e  quel  cliepiù 
afflisse  il  duca  ,  fu  l'essere  stato  imprigio- 
nato in  Parigi  il  principe  diCondè^  prin- 
cipal  suo  sostegno  e  speranza  nei  presenti 
travagli  . 

Trovavasi  perciò  il  duca  Carlo  Emma- 
nude  sbattuto  dalla  fortuna  da  tutte  le 
parti;  e  pure  l'eroico  suo  animo  giammai 
non  s'  invilì  in  tante  disgrazie  e  perico- 
li .  Ricorse  allora  airaccortezza  sua,  per 
guadagnar  tempo,  al  cardinal  Lodavi sio  ^ 
e  al  signor  di  Bethunes  ambasciatore  di 
Francia  ^  facendoli  muovere  di  nuovo  pro- 
posizioni di  pace  con  don  Pietro  di  To- 
ledo; il  quale  volentieri  vi  prestò  l'orec- 
chio, parte  perchè  stanco  dei  disagi  della 
guerra ,  e  parte  perchè  tutto  gonfio  crede- 
va di  avere  talmente  abbassato  il  duca  , 
che  più  non  potesse  alzare  il  capo .  In 
questo  mentre  non  solamente  respirò  Car- 
lo Eramanuele  ,  ma  cominciarono  anche  a 
prendere  miglior  piega  gli  affari  suoi  in 
javoja  e  Nizza,  per  essere  seguito  un  ac- 
cordo col  duca  di  Nemours.  Oltteacciò  il 
re  di  Francia  gli  promise  di  oòn  abban- 
donarlo ;  e  i  Veneziani  ,  coi  quali  egli  avea 
fatta  dianzi  lega  ,  gì'  inviarono  buone 
somme  di  danaro,  e  prom.esse  di  settan- 
taduemila ducati  il  mese.,  durante  iàguer- 

Y  4  ra 


344        Annali    d^  Italia 

ra,  in  guisa    tale  >  ch^  egli  andò  da  li  in- 
nanzi inventando  nuovi  sutterfugi ,  per  non 
accordare  giammai  alcuna    delle  condizio- 
ni   poco    onorevoli    per  lui,    proposte    dal 
governatore .    Parlò    poscia  con    tuono  più 
alto,  dacché  intese  ,  che  l'esercito  Spagnuo- 
lo    notabilmente  ogni  dì    più  scemava  per 
le  malattie  ,  e  per  le  diserzioni  ,  stante  il 
non  correre    le    paghe .    Si    ridusse   poi    a 
tale    il    Toledo,  che    gli  convenne    ritirar^ 
le  sue    truppe    dal  Piemonte  ,    con    lasciar 
solamente  ben  presidiato    san  Germano  ^  e 
con  saccheggiare  e  incendiare  Santià.    Ve- 
nuto   intanto   il    duca    a  scoprire,  che    il 
principe    di  Masserano  era  in  trattato  col 
governator  di  Milano  di  prendere  il  presi- 
dio   Spagnuolo  ^    sotto    le  feste  di  Natale 
gli  spedì  addosso  il    principe   di  Piemonte 
suo  figlio  con  cinquemila  fanti  e  mille  ca-^ 
valli  ,  che    forzò  quella  terra  a    rendersi  . 
Tali  furono  nel  presente  anno  gli    avveni-- 
menti  del  Piemonte . 

Quanto   alla   guerra    dei  Veneziani    cori 
gli  Austriaci  ,  continuò  questa    senza  fatti 
meritevoli^  che  io  mi  fermi  a  raccontarli  «^ 
Solamente    accennerò,  che    ad  essi  Veneti 
riuscì  nel  giorno   19  di  marzo  d'imposses- 
sarsi della  fortezza,  di  Mascheniza^,  e  poi 
di  Sorisa  ,  nido  di  Uscocchi  .  AH' incontro  i 
venne  fatto    agli  Austriaci    di  occupar    la  j 
Pontieba  dei   Veneziani ,  dove    fecero  buo-  j 
na    preda.    Ma   non    tardò    il  provveditoip^i 
Foscarini  col  conte  Francesco  Martinenga  4*1 

ri-     N 


É 


Anno  MDCXVI.  3^15 
ricuperar  quel  luogo ,  e  poscia  ad  occu*" 
par  anche  la  Pontieba  Austriaca  posta  di 
là  dal  fiume  con  tutte  le  mercatanzie  e 
robe  di  molto  valore  ,  che  ivi  si  trovaro- 
no .  Restò  andie  preso  dai  Veneziani  Ca- 
poretto  ,  luogo  d'importanza,  con  istrage 
di  alcune  centinaja  di  Austriaci,  e  ben 
fortificato  dippoi .  Don  Giovanni  dei  Me* 
dici  passò  in  questo  anno  al  servigio  dei 
Veneziani  con  titolo  di  governator  gene- 
rale. Né  si  dee  ommettere  ,  che  andando 
in  corso  nell'anno  presente  la  squadra  del- 
le galee  di  Napoli  nel  Mediterraneo  ,  s"* 
incontrò  nella  flotta  dei  Turchi ,  e  venne 
furiosamente  alle  mani  .  Dicono  ,  che  si 
contarono  affondate  sei  galee  di  quei  Bar* 
bari  j  e  sedici  altre  danneggiate  oltre  mo- 
do dalle  artiglierie  dei  Cristiani ,  e  che 
vi  rimasero  estinti  più  di  2000  Musulma- 
mani  .  Probabilmente  la  fama  avrà  ingran- 
dita questa  vittoria,  non  sapendosi,  che  i 
Cristiani  andassero  a  contare  gli  estinti  dell* 
armata  nemica.  Parimente  dalle  galee  del 
gran  duca^  correndo  il  mese  di  maggio  ^ 
furono  prese  due  turchesche  ^  con  guadagno 
di  più  di  centomila  scudi  ,  e  liberazione 
di  qua^rocento  trenta  schiavi  Cristiani  , 
in  lyogo  dei  quali  furono  posti  al  rem.o  2Zp 
Turchi  .  Medesimamente  vennero  in  pote- 
re delle  galee  di  Malta  sette  legni  Tur- 
cheschi ,  colla  morte  o  prigionia  di  500 
Giannizzeri,  che  vi  erano  sopra. 

Anno 


54^      Annali    d'  Italia  ] 

Anno  di  Cristo  1617  ?  indizione  XV,      1 
di  Paolo  V^  papa   13. 
di  Matttas  imperadore  6.  l 

V/ià  vedemmo,    che    nella    pace    di  Asti  \ 
fra  la  Spagna  e  il  duca  di  Savoja  fu  con~J 
cordato ,  che  in  caso  di  inosservanza  del-  | 
3a  medesima  dalla  parte  degli   Spagnuoli  , 
il  maresciallo  di  Lesdiguieres  dovesse   ac- 
correre in  ajuto  del  duca.  Fece  Carlo  Eni- 
manuele  così  chiaramente  conoscere  il  man- 
camento degli  Spagnuoli  in    questo   parti- 
colare ,  che  Lesdiguieres  si  credè  obbliga- 
to come    persona    privata    a    mantener    la 
parola.    Per    li  recenti    matrimonj    regali 
passava  allora  fra  le  due    corti    di  Parigi 
e  di  Madrid  buona  armonia,  epperò  i  mi- 
nistri di  Spagna  gran  rumore  ed    opposi- 
zion  faceano    ^lla    risoluzione    del    mare- 
sciallo ,  Ma  questi  iniìne  la  vinse  ,    soste- 
nendo, che  r  onor  suo,    e  più  quel    della 
corona  3  vi  era  impegnato,    per    sostenere 
la  pace  fatta  per  ordine  del  re  Cristianis- 
simo. Arrivò  egli    dunque    a    Torino    nel 
giorno  terzo  di  gennajo  dell'anno  presen- 
te con  settemila  pedoni,  e  cinquecento  ca- 
valli :  soccorso  5  che,  come  venuto  dal  Cie- 
lo ,  fu  accolto  dal  duca  con  gran  giubilo  , 
siccome  il  suo  condottiere  .    con  ogni  di- 
mostrazione di  onore,  e  di  affetto.  Erasi 
ritirata  la  principessa  diMasserano  coi  figli 
jn  Crevacuore^  dove  avea    ammesso    pre- 
si- 


Anno  MDCXVII.  347 
sfdio  spagnuolo  .  Il  duca  senza  perdere 
tempo  spedì  colà  con  assai  forze  Vittorio 
Amedeo  suo  figlio  ,  principe  di  Piemonte  , 
che  disposte  le  artiglierie  cominciò  a  ber- 
sagliare la  piazza.  Per  soccorrerla  inviò 
il  Toledo  un  corpo  di  gente  sotto  il  co- 
mando di  don  Sancio  di  Luna  castellano 
èì  Milano  ,  il  quale  trovato  ben  trinciera- 
to  il  principe,  altro  far  non  potè  ,  che 
accamparsi  in  vicinanza  di  lui  .  Ma  nel 
visitare  i  posti  insorta  una  scaramuccia, 
Testò  egli  ucciso^  e  Carlo  di  Sanguinetto 
mastro  di  campo  con  un  terzo  di  Napole- 
tani vi  fu  fatto  prigione  .  Intanto  la  guer- 
nigione  con  capitolazione  onesta  rendè  il 
castello ."  Passò  dipoi  il  duca  coi  figli  Vit- 
torio e  Tommaso y  con  Lesdignieres  ,  e  con 
tutte  le  sue  forze  nel  Monferrato^  impie- 
gò ventiquattro  pezzi  di  bombarde  a  bat- 
tere la  fortezza  di  san  Damiano  da  quat- 
tro lati  .  Dentro  vi  era  un  debole  presi- 
<lio .  Mentre  un  dì  si  dava  un  furioso  as- 
salto ad  una  parte,  i  difensori  quasi  tut- 
ti accorsi  colà  ne  lasciarono  esposta  un' 
altra  al  tentativo  della  cavalleria  france- 
se ,  la  quale  messo  piede  a  terra  ,  si  ar- 
rampicò sul  muro .  Presa  fu  la  terra  ,  e 
tutta  messa  a  sacco  ,  ed  anche  usata  cru- 
deità  contro  le  vite  dei  difensori .  Venne^ 
TO  d"*  ordine  del  duca  smante.'llate  le  ir.u- 
ra  ,  affine  di  lestar  libero  da  quello  stec- 
co sugli  occhj  ,  venendo  il  caso  della  re- 
stituzione. Nella  città  di  Alba  poche  mur 

ni- 


34^      Annali    d' Italia 

ttizioni ,  scarso  presidio  si  trovava  e  Vi  Ai 
inviato  dal  duca  il  cocte  Guido  di  san 
Giorgio  con  sufficiente  corpo  di  fanteria  5 
cavalleria,  ed  artiglieria  a  visitarla.  Giac- 
ché il  governator  di  Milano  si  guardava 
dal  mettere  in  pericolo  i  suoi  ^  né  volle 
soccorrerla  ^  dopo  dodici  giorni  di  assedio 
venne  essa  città  all'ubbidienza  del  duca, 
il  quale  si  impadronì  anche  di  Montiglio^ 
terra  ,  che  infelicemente  anche  essa  andò  a 
sacco  . 

in  un  bell'auge  erano  già  gli  affari  del 
duca  ,  quando  pel  tanto  pontare  della    re* 
gina  Maria  madre  del    re  Cristianissimo  , 
ben  affetta  agli  Spagnuoli  ^  e  alla  casa  Gon- 
zaga ,  Lesdiguieres  ,  per  timore  di  perde- 
le  il  governo  del  delfinato,    se    ne    toma 
di  là    dai  monti  con  grave  dispiacere  del 
duca  ;  sennonché  da  lì  a  poco    tempo    ri-  \ 
sorsero  le  speranze  sue  per    le    mutazioni  j 
avvenute  in  Francia  .  Trovavasi  pel  favo*  | 
re  della  regina  suddetta  salito   sì    alto    lì  ' 
Concino  fiorentino,  che  occupava  tutta  la  | 
confidenza   di  lei  e  del    giovinetto    re  Lo*  ì 
dovLCo  Xlil  dipendente  tuttavia  dai  vole-^| 
ri  della  madre.  Èra  costui  conosciuto  so- I 
lamente  col  nome  di  maresciallo    di    An-  | 
ere ,  a  cui  l' invidia    per    V  eccedente    sua  | 
fortuna  avea  tirato  addosso  l'odio  di  qua-  | 
si  tutti  i  principi  >  disgustati  del  governa  | 
della  regina  ,  sino  a  rivoltarsi   contra  del 
medesimo  re.  Ma  finalmente  avvertito  es- 
so monarca  >  onde  procedessero   tanti  tor- 


Anno     MDCXVII.         349 
hìàì    e    disordini,    ordinò,    ohe    T  Ancre 
fosse  fatto  prigione.  Perchè  egli  volle  di- 
fendersi (  così  fu  dato    a  credere    al    re  ) 
una  delle    guardie    T  uccise,    e    contro    il 
cadavero  di  lui  infierì  dipoi  la    piebe  pa- 
rigina .    Colla  morte    di    costui    tornò    la 
quiete  pel   regno,  i  principi    sollevali    di- 
riandarono  perdono,  ed   ottennero  grazia  ; 
e  la  regina  madre  fu  mandata  a  Blois    io 
riposo.  Vittorio  Siri  fra    gli  Italiani,    ed 
alcuni  ancora  degli  scrittori  francesi,  non 
han  lasciato    senza    apologia    la    memoria 
dell'  Ancre  ,  confessandolo  immeritevole  di 
un  si  lagrimevol  fine  .  Sperò  allora  il  du- 
ca Carlo  Emmaouele  di  essere  meglio  as- 
sistito .  Ma  intanto  don  Pietro    di  Toledo 
governator    di    Milano    si    grossi    rinforzi 
avea    ricevuto    dalla    Fiandra,    e    da  don 
Pietro  di  Girona  duca  di  Ossuna  viceré  di 
Napoli,  che  fu  creduto  ascendere  1' eserci- 
to suo  adunato  a  ventimila   fanti  ,    e    cin- 
quemila e  cinquecento  cavalli.    Fu  parere 
di  un  saggio    sperimentato    capitano ,    che 
per  cogliere  nel   vero  si  avesse    ordinaria, 
mente  a  detrarre  quasi   un  terzo    del    de- 
cantato numero  delle  armate.  Ora  il  To- 
ledo con  tante  forze  ,    senza    neppure  co- 
municar i  suoi  disegni    al    consiglio,    air 
improvviso,  passata    la  metà    di   maggio, 
comparve  sotto  Vercelli  ;   e   fu  sì    inaspet- 
tato questo  colpo,  che  quattro  compagnie 
di  cavalli  uscite  di  quella  città  per  ispiar 
gli  andamenti  dei  nemici ,    icsiarooo    ta- 


\  . 


1 

i 

350        Annali    d' Italia  i 

gliate  fuori  e  disperse.    Al    primo  avvisdlf 
di  questa    novità    fu    sollecito    il    duca    il 
spedire  mille  e  cinquecento  fanti,    ed    al-1 
cune  compagnie  di  cavalli^  con    degli  in--' 
gcgneri ,    che    a  man    salva    entrarono   iai 
Vercelli.  Ma,  essendo  già  formati    i    trin-ì 
cieramenti  ,  e  dato  principio  all'  espugnali 
zione  ài  quella  città ,   volle    il    duca     spi- 
gnere  colà    cinquecento    cavalli y    cadaunq 
con  un  sacchetto  di  polvere  in  groppa  ,  i 
se  ne  ebbe  ben  a  pentire.    Perciocché    as- 
saliti e  respinti    dalle   milizie    spagnùole 
accidentalmente  si  attaccò  fuoco    a  quelh 
polve ,  e  con  miserabii  spettacolo  ,    a  ris- 
serva  di  cinquanta,  gli  altri  morirono  pe 
fuoco  5  ,0!  si  annegarono    nella    vicina  Se- 
sia ,   e    abbrustoliti    rimasero    prigionieri 
Altri  tentativi  fece  il  duca  per  introdurre 
Soccorsi,  massimamente  di  polve  da  fuocc 
in  quella  città  ,  e  male  di  tutti  gli  avven- 
ne.  Una  memorabii  difesa  intanto    faceva! 
il  presidio  duche^coj  e  per  quanti   assalt| 
dessero    gli  Spagnuoli  ,    venivano    sempre 
con  gran  mortalità  respinti  .    Vi  perirono  1 
fra  gli  altri  il  signor  di  Quen    mastro    àwi 
campo  dei  Valloni,  don  Alfonso  Pimentel-^i 
lo  generale  della  cavalleria,  don  Luigi  d^! 
Leva,  Ottavio  Gonzaga ,  il  mastro  di  cam-j 
pò  Cerbellone^   il  conte  di  Montecastello  ,^ 
don  Garzia  Gomez  generale    dell' artiglie-- 
ria,  ed  altri  uffiziali   ,    che  io    tralascio  .j 
Nulla  dico  delle  lor  soldatesche,    le  qualiJ 
tra  per  le  ferite  e  per    le    malattie   pati-, 

ro-      i 


Anno  MDCXVIL  351 
/ono  un  notabil  deliquio.  Essendo  persi- 
stito quell'assedio  dal  giorno  24  di  mag- 
gio sino  al  dì  26  di  luglio,  fatta  un'ono- 
revole capitolazione,  ne  uscì  la  guernigion 
ciuchesca ,  e  cedette  il  posto  alla  spagnuo- 
la  .  Le  stanche  milizie  furono  appressa 
mandate  ai  quartieri  « 

Intanto  lentamente  procedeva  per  terra 
la  guerra  dei  Veneziani  contro  gli  Austria- 
ci y  quando  una  nuova  ne  fu  loro  suscita- 
ta per  mare  dal  duca  di  Ossuna  viceré  di 
Napoli.  Nemico  egli  dichiarato  del  nome 
veneto,  ed  insieme  voglioso  di  dar  brac- 
cio alla  casa  d'  Austria  ,  fece  un  bel  ar- 
mamento di  galeoni ,  o  vogliam  dire  va- 
scelli,.  e  li  inviò  nell'Adriatico  sotto  il 
comando  di  Francesco  Riviera  Granatino, 
per  fare  una  diversione  alle  armi  venete. 
Immantinente  ancora  la  repubblica  uni  18 
galee  sottili  ,  due  galeazze ,  e  sette  galeo- 
ni,  e  spintele  in  mare,  fece  ritirare  in 
fretta  il  Rivièra  a  Brindisi.  Fu  allora, 
che  gli  Uscocchi ,  animati  dal  movimenta 
dei  Napolitani  ,  uscirono  con  assaissimo 
Barche  in  mare,  e  presero  quanti  legni 
mercantili  ebbero  la-disavventura  di  cader 
?otto  le  loro  unghie  ,  giugnendo  coloro  a  '^ 
far  prede  fino  sui  lidi  della  città  di  Ve- 
nezia .  Ma  più  che  mai  ostinato  il  duca 
d' Ossuna  in  questa  impresa,  a  forza  di 
tìuovi  aggravj  e  gabelle  raunato  assai  da- 
«laro  y  accrebbe  sì  fattamente  la  sua  flot- 
ta >  che  giunse   ad  avere  33  galee  ^    e    19 

ga- 


\ 

352  Annali  d' Italia 
galeoni,  tutti  bene  armati  di  soldatesca 
veterana  ,  e  inoltre  di  quattro  altre  mi-  1 
gliaja  di  combattenti.  Ne  fu  generale  don  • 
Pietro  di  Leva^  e  voce  correa  ,  che  voles-  j 
sero  procedere  contro  la  stessa  città  di 
Venezia:  voce  al  certo  troppo  boriosa  _,  | 
ma  per  cui  i  saggi  Veneziani  non  lascia- 
rono di  far  tosto  le  dovute  provvisioni  ^ 
con  accrescere  di  fortificazioni  e  di  guar- 
die le  bocche  delle  lagune,  dando  perciò 
le  armi  a  tutto  il  popolo  .  Passò  il  capi- 
tan generale  ,  ossia  provveditor  veneto 
Gian-Giacomo  Zane  a  Liesina  colla  sua 
flotta,  composta  di  quaranta  galee  sottili, 
quaranta  barche  lunghe,  sei  galeazze,  e 
quindici  galeoni  ;  ma  quantunque  più  di 
ventimila  persone  si  contassero  in  essa  , 
pure  appena  tremila  ve  ne  erano  di  ad- 
dottrinate nel  mestier  delle  armi*  Arrivò 
colà  anche  l'armata  delTOssuna^  e  quan- 
do ognun  si  aspettava  un  fiero  combatti- 
mento ,  al  quale  si  erano  preparati  gli 
Spagnuoli,  il  general  veneto  inaspettata* 
mente  si  ritirò  nel  porto,  lasciando  in- 
dietro una  tartana ,  che  restò  preda  dei 
nemici.  Dalla  forza,  dei  venti  trasportato 
il  generale  Riviera  verso  la  Dalmazia  , 
s'incontrò  in  dieci  galee,  e  due  barche 
grosse  dei  Veneziani;  due  delle  quali  ga- 
lee ,  chiamate  Maone ,  siccome  ancora  le 
barche j  erano  cariche  di  merci.  Ebbero 
la  fortuna  di  salvarsi  sette  di  quelle  ga- 
lee 5  ma  le  due  Maone,  colle  due  barche. 


k 


■;  Anno     MDCXVIT.         355 

na  galea  ,  andarono    precipitosamente 
ad   afferrare    il  lido  ;    con    che    fuggirono 
gli  uomini  in  terra,  ma  i  legni  rimasero 
in  poter  degli  Spagnuoli  con  tutte  le  raer- 
jM.  e  danaro,  il  valsente  delle  quali    (  for- 
^p.  non  senza  milanterìa  )  si  fece  ascende- 
re ad  un  milione  di  ducati.    Presero    essi 
dipoi  diversi  altri  legni  carichi  di  merci, 
e  di  vettovaglie,  perchè  liberamente  scor- 
Teano  pel  golfo  ,  senza  che  il  provveditor 
Zane  si  volesse  affrontar    con    loro  :    per» 
locchè  fu  dipoi  processato,  ma    anche  per 
iuone  ragioni   assoluto'  in  Venezia.  Perchè 
in  questi  tempi    si   aprì    un    maneggio    di 
pace  alla  corte  di  Madrid  ,  il  re  Cattolico 
ordinò  che    si    ritirasse    dall'Adriatico    la 
sua  flotta  .    Ma    giunti    in    soccórso    della 
repubblica  quattromila  e  trecento  Olande- 
si, guidati  dal  conte  Giovanni  di  Nassau, 
^allora  i  Veneziani^  marcarono    il    Lisonzo, 
e    tentarono    di    passare    sotto  'Gorizia  . 
Dappertutto  trovarono  forti  ostacoli ,  laon- 
de vi  perirono  molti  lor  bravi  uffiziali,  e 
fra  gli  altri  Orazio  Baglione  ,    e  Virginio 
Orsino  di  Lamentana  .    Anzi    fu    creduto  , 
che  tra  per  il    ferro  ,    e    per    le    malattie 
trentamila  soldati  veneti  lasciassero  ivi  la 
vita  :  laddove  degli  Austriaci    ne    manca- 
rono (per  quel  che  ne  fu  detto)  solamente 
quattromila  . 

Trattavasi  intanto  alla  gagliarda  di  pa- 
ce nella  corte  di  Madrid,  essendo    perciò 
giunte  colà  le  procure  tanto  della  repub- 
Tom.  XXIV.  Z  bli- 


354    Annali      d' Italia 
blica  veneta  ,  che  di  Carlo  Emmanuele  dn^^ 
ca  di  Savoja  nella  persona   di  Pietro  Grit-.^ 
ti  ambasciator  veneto^  andando  b^  n  d'ac- 
cordo d' interessi  queste  due  potenze  .  Fu- 
rono bensì  stabiliti   gli    articoli   dtiracco-| 
modamento  ;    ma  a   ratificarli    si    trovaro«| 
no  renitenti    non  'meno    i  Veneziani ,    che, 
il  duca   di  Savoja,  e  il  duca   di   Mantova^ 
1  primi   richiedevano  la   restituzione  dell© 
prede  fatte  dal  duca  d'Ossuna,  e   voltane 
garante  della  pace  il   re  Cristianissimo.  It 
duca  di  Savoja,   perchè  pretèndeva,  che  la§ 
restituzion    di  Vercelli  precedesse    al    di-^ 
sarmo  .  Quel    di   Mantova    stava    forte    iti 
richiedere  il   pagamento  dei   danni  sofferti 
nel  Monferrato,  e  troppa  ripugnanza  sen- 
tiva a  perdonare  al    conte    Guido    di    san 
Giorgio»  Si  giocò  un  pezzo  colla  piìr  fina 
politica,  e  con  incredibili  raggiri  in  c|ue-« 
sti  trattati,  e  vi  ebbero  a  perdere  la  tra-^ 
montana  e  la  pazienza  i  ministri  del  pa-* 
pa  e  del    re    di    Francia,    ansanti    sempre 
di  ridurre  gli  alterati  animi  alla    concor^ 
dia.  Ma  ecco  sopraggiugnere  in  Piemonte 
verso  il  principio  di  agosto  il  maresciallo 
di  Lesdiguieres    (  benché    senza    approva^ 
zione    del    re  Cristianissimo ,    per    quantdi 
si   fece  poi  credere  )  il  conte  di  Auvcrgnof* 
generale    della    cavalleria    di  Francia  ,    ili 
duca  di  Roaoo,  i  conti  di  Candale,  Schom-'i 
bergh,    ed  altra  fiorita    nobiltà    francese^; 
con  buone  brigate  di    fanteria    e   cavalle-^i 
ria;  siccome  ancora  il  marchese  diBadenjj 

e  il    i: 


Anno    MDCXVll.       ^  355 
e  il  priucipe   d'Ainault    con    molti  Tede- 
schi ;  e   tren\ila  Bernesi  :   tutti   in    soccor- 
so   del    duca    di  Savoja  .    Rinvigorito    da 
queste   forze  il  duca  ,  uscì    in    campagna  , 
e  nel  di  primo  dì  settembre    preie    d'  as- 
òsalto    la  terra    di    Fclizzano,    dove    circa 
rmille  e  cinquecento  Trentini   rimasero  par- 
ite  tagliati  a  pezzi  ,   parte  prig  oni .  Quin- 
jdi  s*im|.adronì   di  Quattordici,  Re^rancor, 
-Kibaldone  ,    Soleri  ,    Corniento ,    ed     altri 
luoghi  dell'Alessandrino;  poscia  di  Anno- 
ne, e  della  rocca  di  Arasso  :    per    li  quai 
^Jprogressi  il  Toledo  governator  di  Milano, 
impotente    a  campeggiare,    si    trovava    in 
non  lieve  imbroglio .    Ma    ne    fu    liberata 
dai    monarchi    di  Francia    e  Spagna,    che 
daddovero  voleano  la  pace  d"*  Italia  .  Però 
nel  dì  sei  di  settembre  questa   fu  conchiu- 
sa ,  con  istabilire  che    il    duca    di    Savoja 
restituisse  lutto  T  occupato  nello  stato  di 
Milano,  e  nel  Monferrato,    e   disarmasse; 
ed  altrettanto  facesse  ancora  il  governator 
di  Milano  ;  essendo  rimesse  all'  imperado- 
re  le  pretensioni  della  casa  di  Savoja  con- 
tro quella  di  Mantova.  Per  conto  dei  Ve- 
neziani, V  arciduca  Ferdinando^  già  dive- 
nuto re,  dovea  restituire  ogni  luogo  tol- 
to ad  essi  ,  e  slontanare    gli    Uscocchi  da 
Segna  e  dalle  vicinanze  del  mare;    sicco- 
me ancora  i  Veneziani  doveano  restituire 
ogni  luogo    occupato   agli  Austriaci.    Mo- 
strossi  dipoi  adirato  il  senato  veneto  cen- 
tra dei  suoi  ministri ,    che  aveano    accon- 

Z  2  sen- 


55^  [Annali  dM  t  a  l  i  a 
sentito  ai  suddetti  articoli  :  e  il  duca  d| 
gavoja  per  varie  ragioni  ricalcitrò.  M^ 
convenne  c^:dere  al  re  Cristianissimo,  che 
yisentitamente  ne  comandò  l'esecuzione,  ^ 
fece  anche  arrestare  in  Lione  per  questol 
Fambasciator  Contarino.  E  perciocché  i 
Veneziani  non  si  erano  mai  voluti  ritira-^ 
je  dall'assedio  di  Gradisca,  e  questa  ora^ 
mai  agonizzava,  il  governator  di  Milanq 
ostilmente  entrò  nei  territorj  di  Bergamo 
e  di  Crerna  ,  e  recò  eccessivi  danni  a  que-f. 
gli  innocenti  pòpoli.  Da  questa  diversione 
jisultò  I4  salute  di  Gradisca  . 

Era  tornata  in  Lombardia  e   nel   Friuli 
la  calma  mercè,  della    pace    suddetta,    ma 
non  cessò  per  questo  la  burasca  nelle  par- 
ti dell'Adriatico,  Aveano  i  Ragusei    date 
aricetto  e  viveri  alTarmala  navale  del  duca 
d' Ossuna  V  amareggiati  perciò    i  Venezia^ 
ni  ordinarono  alla  loro  armata    navale  di 
danneggiar  le  terre  di  quella    repubblica 
Essendo   ricorsi  quei    di   Ragusi    alT Ossu- 
ta, spedi  egli,  di  nuovo  il  Riviera  alla  loi 
dife$a  con  una  squadra  di  galee  e  galeon: 
armati  di  tutto    punto.    Nel    di    dieci    di 
novembre  furono  a  vista  le    due    nemiche 
flotte .  La   veneta  era  di  lunga    mano    su« 
periore  all'  altra  in  numero  di  legni,,    mai 
non  assai  fornita    di  marinaresca  _,    ne    dijj 
combattenti.  iNfel  dì  seguente  le  artiglierieli 
diedero  principio  in  lontananza    alla   loraj 
sinfonia.  Ma  non  si  venne  mai  all'abbordi 
do,  perciò  dopo  aver  la  capitana  spagauo?ii 

1^ 


Anno  MDCXVIT.  55  f 
C'àgionatò  gran  danno  colle  bombarde 
j  colla  nioschetteria  alle  navi  nemiche  j^ 
'  ilmente  si  sgomentarono  le  soldatescbé 
note,  che  per  quanto  facesse  é  dicesse 
prode  lor  generale  Veniero,  Dòn  né  pò- 
ic  aver  ubbidienza  .  Cresciuto  poi  il  ven- 
ie ,  si  separarono  le  due  armate  ,  la  ve- 
geta Verso  r  Albania  e  Schiavòriia ,  cod 
iperdersi  cinque  delle  sue  galee  sottili  per 
ila  furia  del  mare  ,  e  la  spagnuola  a  Man- 
fredonia e  Brindisi  *  Ebbero  poscia  il  irie- 
titato  gastigo  gli  uiRziali  veneti ,  che  avea- 
no  mancato  al  loro  dovere .  Il  Veniero  fu. 
{premiato  .  Non  tanto  per  isventare  altri 
tentativi,  che  potesse  far  TOssuiiay  quan- . 
to  per  risarcire  il  suo  onore  ,  il  senato 
irenetò  immediatamente  formò  una  mag- 
giore armata  navale  di  vascelli  e  di  altri 
legni  da  guerra,  sì  bella  e  polente,  che 
da  gran  tempo  non  se  rie  èra  veduta  iitìa 
somigliante,  e  vi  imbarcò',  oltre  ad  àltte 
milizie  j  trerilila  Olandesi.  Corse  questui 
flotta  per  tutto  il  golfo  anche  nelT  annd 
seguente i  senza  trovare  nemico  alcuno  y 
perché  TGssuna  non  si  arrischiò  da  lì  in- 
nanzi a  fare  il  bravo  per  mare  .  Ma  quel- 
la  guerra  eh'  egli  non  potè  più  fare  aper- 
tamente  ai  Veneziani,  insidiosamente  rroiì 
cessò  egli  di  continuarla  contra  di  loro' 
nel  cuore  della  stessa  Venezia  >  siccome? 
diremo.  Trovavasi  in  questi  tempi  1'  irti-^ 
yerador  Matdas  senza  successione;  neppu-\ 
re  »e  aveano  i  due  suoi  fratelli ,  cioè  gli 

Z  5  ftr- 


35S      Annali    d' Italia 

arciduchi    Alberto    e    31assimiliano ,    Però 
r  arciduca  Ferdinando  figlio    del  fu  arci- 
duca Carlo y  pensando  per  tempo    j(i   pro- 
prj   interessi ,    e    ad  assicurare    per    se    la 
corona   imperiale,  dopo  avere  ottenuta  dai 
suddetti   due  arciduchi   una    cessione _,    as- 
sistito dalla  corte  di  Madrid  ,    si   diede  a-, 
tempestare  Mattias,  perchè  almeno  gli  ce-l 
desse  il   lìtolo  di   re  di  Boemia.    Non  sa- 
peva indursi  il  buon  imperadore    a    vedei 
vivente   il  funerale  della  sua  autorità,  Tut« 
tavia  prevalendo  l'esempio  di  quello  stes- 
so che  egli    avea    fatto  ,    e    molto    più  U 
premure  del  re  Cattolico,  aggiunto  il  li^ 
more,  che  potesse  uscir  fuori   delTaugusta 
casa    d' Austria    Io    scettro    imperiale  ,    s 
arrendè,  ed  adottò  esso  Ferdinando  in  fi- 
glio, con  riserbare  a  se  T  amministrazioH 
ne  degli  Stati.  Fu   dunque  Ferdinando  so-' 
lennemcnte  coronato  re  di  Boemia    nel   dì 
29  di  giugno.    Erasi    nei    tempi    addietro 
incapricciato  Ferdinando  di  Gonzaga  duca 
di  Mantova    di  Camilla    Erdizina    Casala- 
sca,  ed  era  giunto  a  sposarla.  Se  ne  sva- 
ghi egli   dipoi  ,  secondo  il  costume  di  chi 
fa  simili  salti  ;    e    furono    trovate  ragioni 
per  hr  dichiarare  illegittimo  e  nullo  quei 
Tnatrimonio  ,  Ciò  fatto,  cercò    ed  ottenne 
in    moglie  -Catterina    del  siedici  ,    sorelli 
di   Cosimo  II  gran  duca  di  Toscana  .  N^ 
di   17  di   febbrajo  del  presente  anno  si  sa 
lennizzarono  le  loro  nozze . 

Anno 


Anno    MDCXVIII.       359 

^nno  di  Cristo  1618  ,  indizione  I. 
di  PaOlo  V  ,  papa    14. 
di  Matiias  imperadore  7. 

Ljxsl  ben  colle  carte  stata  data  la  pace 
fieir  anno  precedente  all' Italia  ,  ma  non 
per  anche  si  mirava  Tesecuzion  della  stes- 
sa pace.  E  ciò,  perchè  diffidando  il  duca 
di  Savoja  del  Toledo ,  torbido  governator 
di  Milano^  e  degli  Spaglinoli ,  non  si  sapea 
risolvere  a  disarmare ,  sempre  temendo  di 
essere  beffato,  e  che  restasse  ineffettuata 
la  restituzion  di  Vercelli .  Né  i  Veneziani 
dal  canto  loro  si  voleano  quetare ,  se  nel- 
lo stesso  tempo  non  vedeano  soddisfatto 
al  pattuito  in  favore  del  duca  lor  colle- 
gato .  Oitredichè  un  fiero  ondeggiamento 
tuttavia  durava  fra  essi,  e  il  duca  6/ Os- 
sima  ,  facendo  questi  continue  istanze  ,  che 
la  repubblica  ritirasse  dal  golfo  la  sua 
armata  navale,  e  licenziasse  gli  Olandesi- 
altrimenti  minacciava  con  somma  altura 
di  rinnovar  la  guerra  ;  al  qual  fine  anda- 
va tutto  dì  accrescendo  di  nuovi  legni  la 
fiotta  sua.  Perciò  da  ogni  parte  si  rin- 
forzavano i  sospetti  j  né  appariva  il  fine 
di  queste  turbolenze.  Ma  perchè  Filip- 
po IH  re  di  Spagna  sinceramente  deside- 
rava la  quiete,  e  quando  anche  tale  non 
fosse  stato  il  sentimento  dei  suoi  mini- 
stri, la  corte  di  Francia  assolutamente  la 
volea  per  suo  decoro  ,    dacché   il    re  Cri- 

Z  4  stia- 


3e>o     Annali    D'ItAtiA 

stianissimo  oltre  all'essere    stato    il    prò*   i 
motor  di  essa  pace,  se  ne    era  .  anche  di^   i 
chiarato  garante  ;  finalmente  il  duca  Carla  ] 
Efnmanuele^    assicurato    da  esso   ré    della  i 
pontuale  corrispondenza    degli    Spagnuoli ,   l 
verso  la  metà  di  aprile  disarmò,  e  rendè  ^ 
le  piazze  occupate .  Dal  canto  suo  ancora  i 
il  governator  di  Milano  ^restituì    al    duca  \ 
le  terre  di  Oneglia  _,  Morrò,    e    san    Ger-   ; 
mano,  ed  alcuni  altri  luoghi.  Ma  per  con-   | 
to  di  Vercelli,  la  cui  restituzione    era    il  \ 
punto  più  importante  degli  altri ,  non  sa-   . 
peva  egli  trovar  la  via    di    rimetterne    il  \ 
duca  in  possesso,  con  isfoderare    ogni    dì  1 
nuovo  pretensioni  e  difficoltà.    Si    sppera-  ì 
rono  ancor  queste  ,  laonde  nel  di  quindici  \ 
di  giugno   tornò  quella  città  alTubbidien^   i 
za  dell'antico  suo  sovrano.  E  tal  fine  cb-  j 
be  la  presente    guerra    della    Lombardia  ,  | 
per  cui  rimasero  in  vero  sommamente  af-   • 
fiitti  ed  esausti  gli  stati  e  l'erario  di  es-  i 
so  duca  ,  senza  eh'  egli  avesse  guadagnata  \ 
un  palmo  di   terreno.  Si  guadagnò  nondi- 
meno   una    singoiar    riputazione    entro    e 
fuori  dMtalia  ,  per  essersi  fatto  conoscere 
sì  coraggioso    in    guerra ,    e    sì    generosa 
conservatore  della  sua    dignità ,    essendosi 
specialmente    compiacciuti    gli  Italiani    di 
trovare  in  questo  principe  chi  non  si  vo- 
leva lasciar  soperchiare    dalla    prepotenza 
spagnuola,  che  in  questi  tempi  volea  dar 
legge  a  tutta  l'Italia.  Nella  pace  suddetta 
erano  restati  indietro  gli  affari  del    contié 

Gui- 


y 


Anno  MDCXVIII.  3^1 
Guido  di  san  Giorgio  ,  essendo  i  suoi  be^ 
ni  stati  confiscati  dal  duca  di  Mantova  nel 
Monferrato^  senza  che  questo  principe  vo- 
lesse mai  intendere  parola  di  perdono  * 
Si  fece  tirar  ben  èenc  gli  orrecchi  ,  ma 
forzato  infiine  fu  a  rimettere  in  sua  gra-* 
zia  il  conte,  e  alla  restituzion  dei  suoi 
beni  per  li  buoni  e  forti  uffizj  del  re  Cri- 
stianissimo .  Protestava  di  molte  obbliga- 
"^ioni  il  duca  di  Savoja  ad  esso  re  di 
Francia  per  l'appoggio  datogli  nelle  pas- 
sate traversie ,  e  però  sul  fine  di  ottobre 
inviò  a  Parigi  con  superbo  accompagna* 
mento  il  cardinal  Maurizio  suo  figlio  pet 
portare  i  suoi  ringraziamenti  a  quel  mo- 
narca^ ed  anche  per  trattare  altri  affa- 
ri 5  dei  quali  si  parlerà  all'  anno  seguen- 
te . 

Quanto  alla  repubblica  veneta^  intavolò 
essa  dei  congressi  coi  ministri  dell'  ìmpe» 
radorc  lìlattìas  e  del  re  Ferdinando^  per 
dare  esecuzione  ai  trattati  .  E  infatti  si 
provvide  alla  quiete  e  sicurezza  dcirx\dria- 
tico  e  del  commercio  y  con  ritirar  gli 
Uscocchi  da  Segna  e  dal  litorale^  e  man- 
darli ad  abitare  a  Garlistot ,  e  ad  altre 
frontiere  dei  Turchi;  e  il  fuoco  dato  aU 
Ae  lor  barche  mise  fine  alle  lor  piraterie. 
Pure  non  tornò  per  questo  la  pace  nei 
golfo  a  cagion  del  duca  d'  Ossuna  viceré 
di  Napoli .  Era  questo  signore  di  un  ge- 
nio sommamente  stravagante  e  borioso  | 
sempre  meditava  delle  novità  j  né  pre- 
de- 


3^2        Anali    d'Italia 

deva  consiglio  se  non    dal  suo    capriccio .  i 

Il  calpestare  la  nobiltà  ,    il  violarci   l' itn-  ' 

munita  delle  Chiese,    T  imporre    tutto    dì  i 

gravezze  ai  Napoletani  ,    e  fino   il  rispet-  | 

tar  poco    gli    stessi  ordini   della    corte  di  1 

Spagna  ,  erano  i    frutti    del    suo   bizzarro  ; 

ingegno  •  Soprattutto  ardeva  egli    di    sde-  | 

gno  e  di  odio  contro  la  repubblica    vene-  : 

ta ,  non  sapendo  sofTerire  ,  che  essa  faces-  '■ 

se  la  padrona    dell'  Adriatico  ,    attizzando  \ 

perciò  gli  altri  ministri    della    corona    ai  \ 

danni  dei  Veneti .  Sapevasi  che  egli  face-  ' 

va  fabbricar  nuovi  legni  ,  e  ne  procaccia-  [ 

ya    degli    altri    dall'  Inghilterra ,    con  far  j 

correre  voce  di  volerla  contro    i  Turchi  :  1 

locchè  obbligò  la  repubblica    ad  aumentar  ; 

le  sue  forze  di  mare  .  Si  venne   intanto  a  I 

scoprire  in  Venezia   una  terribile    congiu-  \ 

ra ,  di  cui  comunemente  fu  creduto  auto-  \ 

re  il  suddetto  Ossuna  y  siccome  personag-  ì 

gio  capace    di  strani   disegni .    Trattavasi  i 

di  dar  fuoco  all'arsenale,  e  a  varie  parti  i 

della  cittàj,  di  pettardare    e    spogliare   la  \ 

zecca ,  e  il  tesoro  di  san  Marco  ,  di  ucci-  ] 

dere  i  principi   senatori  della  repubblica  ,  ^ 

e  di  occupare  i  posti  principali   di  Vene-  ' 

zia,  A  questo  fine  si  erano  introdotti  sot-^  j 

to  varj  pretesti  in  quella  città  molti  Spa-  ] 

gnuoli  e  Francesi ,  comperati  per   sì  orri-  : 

bil  attentato ,  e  regolati  da    chi    se    V  in-  j 

tendeva  coli'  ambasciatore  di  Spagna  mar-  ] 
chese  di  Belmar.  Doveano  comparir  legni -i 
armati ,  i  quali  s' impadronissero  dei  por-!»  ^? 

ti  1 


I 


Anno     MDCXVIII.        3% 
ti  e  passi  della  laguna  ,  con  accorrne  di- 
poi i  vascelli  grossi    del    regno    di  Napo- 
li ;    ed   accrescere    la  confusione    n^^i  luo- 
ghi  marittinn  del   FriuU  ,    e  spignere  sol- 
datesche entro  la  città    di  Venezia  .    Tali 
erano  le  voci,  e  le  relazioni,    che  corse- 
io  allora  di  sì  inumana  impresa;  e  il  Na- 
ni ,  ed   altri ,  e  specialmente  il  signore  di 
San  Real  ,  descrivono  tutta  l'orditura    di 
questa  macchina    iniqua  colle    più    minute 
circostanze  ,  come  se  avessero  avuto  sotto 
gli  occhi  tutto  il  processo;  locche,    come 
sussista,  non  si  può  intendere  ,    al  sapere 
che  i   saggi  Veneti   tennero  sotto  rigoroso 
silenzio  gli  esami  fatti  in  questa  congiun- 
tura,  né  fecero  minimo  motto  per    incol- 
par rOssuna,    ed    ammisero    in    consiglio 
l'ambasciatore  spagnuolo  senza  lor  meno- 
ma doglianza  ,  o  parola  di  sì   orrido    fat- 
to .  Però  non  sono  mancati  scrittori  ,  che 
han  tenuta  per  finta  tutta    quella    pretesa 
cospirazione,    e    intorno    a    ciò   massima- 
mente   si    può    vedere    quanto    ne    lasciò 
scritto    Vittorio    Siri    nelle    sue    memorie 
recondite  ;  essendo  sembrato  ad  essi  ,  che 
non  potesse  mai  cadere    in  mente    se  non 
di    persone    affatto    mentecatte    il    disegno 
di  prendere  Venezia,  città  di  sì  gran  po- 
polazione, e  divisa  da  tanti  canali,  e  con 
un'armata  navale  all'ordine,    più    poten- 
te di  quella  dell' Ossuna  ;    oltre  alla    pie- 
tà del  re  Cattolico  Filippo  III  ,    it  quale 
non  è  mai  credibile  ^  che  potesse  consen- 
ti- 


3^4       ANNÀtt    d' Italia 
tire  a  sì  nera  e  detestabile  vendetta  *    tó  j 
queste  tenebre  altro    a;  me    non    resta    da 
dire  ,  se  non  una   verità  ben  certa  ;  cioè  , 
che  non    so    quanti    Spagnuoli    e    Francesi  j 
tanto  in  Venezia  ,  che  nelle  milizie    della  j 
veneta    repubblica    furono    presi    e    parte  ; 
impiccati  ,  e  parte  buttati  in  Canal  Crfa-  j 
no,  e  che  infinite  dicerie  si  fecero  di  que-  \ 
sto  scuro  fatto  ,   il    quale   a   me  basta    di  ! 
aver    semolicemente    accennato.    Tuttavia 
nella  serie  dei  dogi  di  Venezia  si  va  col- 
le   stampe    ricordando  l'  orrìbile    congiura  \ 
ordita  dal  duca  di  Ossuna  viceré    di  Na-  i 
poli  ,    e    dal  Cueva    ambasciatore    di  Spa^  ] 

Venne    a    morte    nel    marzo    dclT  anno- *; 
presente  Giovanni  Bembo    doge    di    Vene-   J 
zia,  e  in  luogo  suo  fu  eletto  Niccolò  Do-     \ 
nato  j  che  non  tenne  se  non  trentatrè  gior- 
ni ,  e  forse  meno,  quella    dignità,    essen-»     ; 
do  mancato  di  vita    nel  dì   26    di  aprile* 
A  lui  succedette  Antonio  Friuli  ,  che  co-     i 
mandava  allora  alle  armi    della    repubbli- 
ca   verso   Veglia  ,    e    tornato    a    Veneziai    J 
con  gran    solennità  fu  ricevuto    dalla    no-     1 
biltà  ,  e  dal  popolo  .  Giunto  era  don  Fis-' 
tro   di    Toledo    governator    di  Milano    col    J 
tanto    difficoltare    la    restituzione    di  Ver-     ' 
celli,  e  r  esecuzione  della  pace  d' Italia  > 
sempre    inventando     nuove     cabale  ,    per     j 
continuare  il  lucroso  mestiere  della  guer-     \ 
fa  ,    talmente  ad  infastidire    la    corte    di     \ 
Francia ,    che  sdegnala    del    suo  turbolen- 
to 


L 


Anno    MDCXVill         z^S 
to  procedere,    e    pulsata    anche    dal  duca 
di  Savoja,  coi  suoi  uffizj   presso  il  re  Cat- 
tolico il   fece  richiamare  inlspagna,   libe- 
rando   da  un  mal    arnese    la  Lombardia  , 
;In  luogo  suo  al  governo  di  Milano  fu  de-- 
Etinato    don  Gomez   Alvartz    (  o  Suarez  ) 
duca  di  Feria  ,  personaggio  ,  che  sul  prin^ 
cipio  si  fece  credere  inchinato    alla  pace, 
perchè  appena  giunto  a    quella    città ^    li- 
cenziò le  truppe  superflue  :  con  che  vera* 
mente  parve  restituita    la    quiete    all'  lla^ 
lia  .  Non  lieve  influsso  ancora    diedero  ad 
effettuare,  anzi  ad  assicurar  la  pace,  sta- 
bilita dagli  Austriaci  colla    repubblica    di 
Venezia  ,    i  movimenti    della  Boemia   in-, 
sorti  nell'anno  presente.  Imperciocché  gli 
eretici  di  quel  regno  ,    massimamente  per 
istigazione  di  Arrigo  conte    della  Torre  , 
nel  di  23  di  maggio  mossero    a    ribellio^ 
ne  quel  regno  ,  e  gittarono    giti    dalle    fi* 
nestve  del  palazzo  di  Praga  ,  alte  quaran- 
ta braccia  ,    i  tre  principali    ministri  cat- 
tolici   dell'  imperadore    Mattias  ,    i    quali 
con    istuporc    di    ognuno  _,    e    credenza  di 
miracolo  niun  nocumento    riportarono    da 
SI  alto  salto.  Quindi  ebbe  origine  in  quel- 
le parti  un'aspra  guerra,    che    lungaraen-^ 
te  tenne  occupati  esso  Augusto,    e  Ferdi-> 
nando  già  dichiarato    re    di  Boemia  ,    il 
quale  nel  luglio  dell'  anno  presente  fu  an- 
che coronato  re    di  Ungheria.    Parimente 
nei  Grigioni  e  nella  Valtellina  da  essi  di- 
pendente 3  insorsero    fiere    discordie   civi- 
li 


^S6  A  NNAH  d' Italia 
li  a  cagione  specialmente  della  lega  olia 
i  Veneziani  si  studiavano  di  cuntermare 
con  quei  popoli  ,  dal  che  venne  che  mos- 
sa fu  persecuzione  dagli  ertìici  contra  i 
cattolici .  Né  si  dee  tacere  un  lagrimevol 
caso  accaduto  in  essa  Valtellina  nel  di 
14  di  settembre.  Sollev^ossi  un  gran  tur- 
bine non  meno  nell'aria,  che  nelle  visce- 
re della  terra,  per  cui  la  terra  di  Pluio, 
dove  si  contavano  due  parrochiali  ,  e  sei 
tra  monisteri  e  spedali  ,  da  un  vicino 
monte,  che  precipitò,  rimase  talmente 
oppressa  ,  schiacciata  ^  e  seppellita  in  un 
momento  ,  che  di  essa  non  restò  neppu- 
re un  vestigio.  Di  tremila  e  secento  abi- 
tanti non  si  salvarono ,  che  quattro  sole 
persone;,  portate  lunghi  per  l'aria  dall'im- 
petuoso turbine . 

Anno  di  Cristo  1619  ,  indizione  IL 
di  Paolo  V,  papa    15. 
di  Ferdinando  il ,  imperadore   i, 

xu  questo  T  ultimo  anno  della  vita  dell' 
imperadore  31auias  ^  principe  di  buona  vo- 
lontà, amator  della  quiete  _,  lasciando  un 
vantaggioso  nome  presso  i  Cattolici .  Di- 
scordano gli  scrittori  nel  dì  della  sua  mor- 
te; ma  i  più  assennati  la  danno  accaduta 
nel  dì  20  di  marzo  .  Negli  stati  patrimo- 
niali di  casa  di  Austria  ,  e  nei  regni  di 
Ungheria  e  Boem)a  ,  a  lui  succedette  Fer^ 
dlnando  II  sua  cugino,  principe,  a  cui  si 

era 


Anno     MDCXVIÌL        z^t 
éfà    già    preparata    un'    ampia     scuola    da 
esercitare  il  coraggio  in  mezzo  ai  disastri 
a    cagion  della  ribellione    già  formata    dai 
Boemi  y  che  si  trasse  dietro  la  sollevazio- 
ne   ancora    dei    Protestanti     della    Slesia  , 
Moravia  ,  Ungheria  ,  e  dell'  Austria  supe- 
riore é  Andò  sì  innanzi  l'ardire    dei    suoi 
nemici  ,  che  fu  in  pericolo  la   stessa  città 
di    Vienna  .    In    soccorso    suo    Cosimo    II 
gran    duca    di    Toscana    suo    cognato     gì' 
inviò    alcune    compagnie    di    corazze  ,    le 
quali >    falsificate    le  insegne,    e    passand» 
per  mezzo  alle  schiere  dei  ribelli  Boemi  ^ 
felicemente    in    essa    città  _,    in    tempo  che 
Ferdinando  si  trovava    nelle  sue  maggiori 
angustie;    laonde  mirabilmente    servì  que- 
sto ajuto  per  liberarlo  dall'insolente    vio- 
lenza di  chi   voleva  ridurlo  ad  una  vergo- 
gnosa convenzione .  Ardevano   di  voglia    i 
protestanti ,  ed  alcuni  ancora   dei  principi 
Cattolici  di  trasportar  T  imperio  fuori  dell' 
Augusta  casa  di  Austria  ,  e  fecero  fin  dei. 
maneggi,    perchè    Carlo    Emmannde  duca 
di  Savoja  concorresse    a    quell'  eccelsa    di- 
gnità ,  esibendogli  inoltre  il  comando  del- 
le   armi    nella  leva  fra    loro  stabilita    per 
sostenere  la  sollevazione    dei  Boemi  :  tan- 
to era  il  credito  di  questo  principe  anche 
fuori  d'Italia.  Ma  il  re  Ferdinando  essen- 
dosi portato  con  un  lungo  giro  di  viaggia 
alla  gran    Dieta    di    Francoforte  ,   dove  fa 
accolto    con    grandissimo    plauso,  ebbe  la 
fortuna    di    superar    tutte  le  difficoltà  ,    e 

mas- 


368       Annali    d'  Italia 

massimamente    V  opposizion    dei    Boemi  , 

di    maniera    che    nel    di   28    di    agosto  fui 

eletto  iniperadore,   e  nel    dì   nove  di  set-l 

tembre  coronato .  Inviperiti    per  tale    ele-J 

zione  gli   Stati  di  Boemia  ^  nel  dì   29    del|j 

suddetto  agosto  dichiarato  V  Augusto  Fer-I 

dinando    decaduto    da    ogni    diritto    sopvaj 

quel    regno.  L' aveano  già    essi  esibito     a: 

varj   principi j,  e  nominatamente  al  predetti 

to  duca  di  Savoja,  ma  niun  di    essi  voliej 

ingerirsi   in  si  pericoloso  acquisto.  II  solo  | 

Federigo  elettor    palatino  ,    perchè  giovane^! 

Baldanzoso,  e  pregno  di  ambiziosi  disegni,  I 

e  più    perchè  spronato    da    Elisabetta  sua  1 

consorte,    alla^    quale,    siccome    figlia    di  j 

Giacomo  re  d'    Inghilterra  ,    parea    troppo  j 

basso  il  suo  stato  senza  la  corona  regale  :  j 

quegli  fu,  che  accettò  l'offerta  dei  Boemi,  i 

e  da  essi  solennemente  venne  coronato  nel  ; 

dì  quattordici  di  novembre  .  Di  questa  tra-  1 

versia    accaduta  alla    casa  di  Austria  non  ] 

sentirono  dispiacere  i  Veneziani  ,  e  il  du-  ] 

ca  di  Savoia  ;    e  i  primi    riconobbero  per  j 

re  dì   Boemia  il  suddetto    palatino.  Ma  il   j 

pontefice  Paolo  V    dichiaratosi     contro    di  j 

lui ,  perchè  eretico  di  credenza  ,    promise  J 

ajuto  di   danari  all'augusto  Ferdinando  II ,   j 

in  favore  di  cui  anche  Massimiliano  duca 

di  Baviera  ,  V eletior    di  Savoja  ^    ed    altri    j 

principi  presero  le  armi. 

iGià  dicemmo,  che  nel  precedente  anno 
era  passato  a  Parigi  Maurizio  cardinale  di 
Savoja,    figlio    d«l  duca  -  Carlo  Emmanue-    | 

le         • 


^Hl  Anno    MDCXIX.        z^g 

I  le.  Fra  i  suoi  negozj  il  principale  era  quel 
ài  chiedere  in  moglie  per  Vittorio  Amedeo 
principe  di  Piemonte  Cristina  figlia  secon- 
dogenita   di    Arrigo    IV  re    di  Francia  ^   e 
sorella   del   regnante  Luigi  XIII ^  nata  nei 
Febbrajo    del   1606.    Ben    intendeva  quella 
corte,  quanto  le  importasse  la  buona  cor- 
rispondenza del    duca  di  Savoja,    principe 
tanto    intraprendente^    in  tempi  massima- 
mente ,  che  quivi  si  stava  in  continue  ge- 
losie degl'inquieti  Ugonotti;    epperò  con- 
discese   facilmente    a  questa    alleanza  .  Lo 
stesso  principe  di  Piemonte    accompagnato 
dal  principe  Tommaso   suo    fratello  ,  arri- 
vò a  Parigi,  e    nel  dì   11  di    febbrajo  se- 
guì  il  loro  sposalizio,    e  tornossene  dipoi 
a  Torino  nel  settembre  ^  per  fare  i  prepa- 
ramenti    convenevoli     al    ricevimento     di 
questa^principessa .  Videsi  conferito  in  tal 
congiuntura    al  Cardinal  Maurizio    il  gra- 
do di  protettore  degli  affari  della  Francia 
nella   corte    di  Roma  .  In  questo    mentre 
fu  rinovata  ,    o    pure   maggiormente  con- 
fermata   la    lega    della  repubblica    Veneta 
col  suddetto  duca  di    Savoja  :  locchè    non 
poco  increbbe  alla  politica  Spagnuola  ,  ben 
conoscente^  tale  unione  non  essere  per  al- 
tro fatta  ,  che  per    tenere     in  briglia    chi 
voleva  far  da  assoluto  padrone  dell'Italia. 
Vieppiù  ancora  si  alterarono  gli  Spagnuo- 
Vìj  perch'essa  repubblica  stabili  nel  dì  ul- 
timo di  dicembre  altra  lega  difensiva  col- 
la repubblica  di  Olanda  . 

Tom.  XXIV.  A  a  Anno 


I 

370         Ann  A  LI  D*  Ita  LI  A  i 

Anno  di  Cristo  1620,  Indizione  Ut 
di  Paolo  V,  papa   16. 
di  Ferdinando  il,  imperadore  li 

jLLbbe  principio  in  qaesto   anno  la  guerra  \ 

della  Valtellina,  avvenimento  spettante  all'  \ 

Italia  ,  perchè  quella  valle  è  compresa  nel  i 

suolo  italico,,  siccome  ancora   Chiavenna  ^  ' 

e  la    contea    di  Bormio,  paesi   una    volta  : 

dello  stato  di  Milano  >  ma  occupati  già  dai  j 

Kheti ,  oggidì    chiamati    Grigioni  ,  e    loro  I 

ceduti  per  antiche  capitolazioni    dai  duchi  • 

di I Milano.    Valle    sommamente    fertile    C; 

doviziosa    e    quella ,    dove    nato    il    fiupie  \ 

Adda,  con  poca    forza  va  a  scaricarsi  neìj 

lago    Lario  ^  ossia    di  Como  ,    con  uscirne  j 

poi  rigoglioso  per  r  accrescimento    di    al--| 

tre  acque.  Quivi  si    era  conservata  la  re^ 

ligion    Cattolica;  ma  tante  avance    e  vio-  = 

lenze  aveano  esercitato  in  addietro  i  Gri-  ; 

gioni  padroni  ,  per  la  maggior    parte  ere-,  \ 

tici    Calvinisti  ;  contra    di   essi  Cattolici  ^  : 

che  ne  era  divenuta    insoffribile    la  lor  si-^^ 

gnoria  .  Avvenne,  siccome  poco  fa  accen-sj 

namo ,  che   fra    gli  stessi  Grigioni   invalse  ] 

una  iiera  discordia  ,  e    nacquero    fazioni  y  ; 

sostenendo  una  parte  di  essi  la    lega    prò-  ^ 

posta  dai  Veneziani^  e  accalorata  dal  buon  j 

uso  degli  zecchini  :  laddove  altri   teneanoi 

a  visiera  calata  per  la    lega  colla    coronaò^ 

di  Francia.  In  queste  turbolenze  ,  ch^   co- 1 

slarono   la    vita    ai    più   riguardevoli    def, 

par-      I 


Anao  MDCXX.  37^ 
partito  veneto  ,  cominciò  segretamente  à 
soffiare  e  a  stendere  le  mani  anche  il  dil-f 
ca  di  Feria  governator  di  Milano  ,  perchè 
persuaso,  che  tornasse  iti  manifesto  pre* 
giudizio  degr  interessi  della  Spagna  la  coq- 
federazion  di  quei  popoli  colla  repubblica 
Veneta  .  Ora  avendo  fatto  ricórso  a  lui  i 
Cattolici  della  Valtellina  ,  con  rappresen- 
targli le  tiranniche  ingiustizie  e  crudeltà 
usate  coDtra  di  loro  dagli  eretici  Grigio- 
ni ,  non  si  potea  presentare  un  titolo  pii 
vistoso  alla  pietà  spagnuola  che  questo  ,' 
per  imprendere  la  lor  protezione  ,  e  per 
incoraggirli  a  scuotere  il  giogo.  Ma  sotto 
il  manto  della  religione  giudicarono  i  po- 
litici ,  che  si  nascondesse  il  desiderio  e 
disegno  di  riunir  quei  popoli  con  lo  sta- 
to di  Milano.  Sapeva  il  governatore  ,  quan- 
to la  corte  di  Francia  fosse  contraria  ai 
maneggi  dei  Veneziani  per  la  lega  dà  es- 
si con  gran  calore  bramata  e  proccurata  ; 
epperò  maggiormente  si  animava  ad  entra- 
re in  questo  ballo  ,  per  la  speranza  ,  che' 
i  Francesi  noi  frastornerebbono  in  tale  im- 
presa ;  e  tanto  più  perchè  nuova  guerra 
civile  si  risvegliava  in  quel  regno  fra  i 
Cattolici  ed  Ugonotti  nei  tempi  correnti. 
Copertamente  dunque  animati  i  Valfellini 
alla  rivolta  con  promettere  loro  il  suo 
appoggio  ,  nel  dì  19  di  luglio  del  presen- 
te anno  presero  le  armi ,  ed  uniti  eolla 
fazione  opposta  ai  Veneziani ,  s'  impadro- 
airono  di  Sondrio,  Morbegno^  Bormio,  ia 

Aa  ^  TàM 


5^2       Annali     d'Italia  | 

lina    parola    di  tutta    la  Valtellina,  e  mi-  | 

fero  a  fil  di  spada  quanti  eretici    caddero  l 

pelle  loro   mani,  e  non  furono  pochi .  Spin-^  1 

se    allora    scopertamente    il  duca  di    Feria  i 

in  ajuto  di   essi   molte  schiere  di   armati  ,  j 

condotte     da     gian-Maria    Palavicino  ,    da  ^ 

Cristoforo    Carcano  ,    e    da    don  Girolamo  i 

Pimentello  gene.rale  della  cavalleria   leggie-  \ 

ja  dello  stato  di   Milano.  E  quindi  si  ven-  I 

aie  ad  accendere  un'  aspra  guerra  in  quelle  1 

parti ,  i 

Ricorsero  i  Grigioni  per  ajuto  agli  ere-» 
liei  di  Berna  e  Zurigo  ;,  e  non  vi  ricorse-»  j 
ro  in  vano  .  Ricevuto  da  essi    un  gagliar-^ 
do  rinforzo  di  combattenti ,  con    parte    di  j 
essi     munirono     di     buon    presidio    Ghia-  ] 
"venna  ,  e  con  gli  altri  si  mossero  ,  per  ri^  1 
cuperare  la  Valtellina  .  Varj  combattimen-- 
ti  ne  seguirono,  che  io  non  posso  fermar-.  ] 
ini  a  descrivere  ,  bastandomi  solo  di  dire  ,,  i 
che  riuscirono  svantaggiosi  ai  Grigioni ,    e  \ 
che  restò  quella  valle  col  contado  di  Bor-- 
mio  in  poter  dei  Cattolici  ;  laonde  il  du- 
ca di  Feria  si  affrettò  di  alzar    var)    forti  ] 
ai  confini    non  men  di    essi  Grigioni,  che  | 
dei  Veneziani,  giacché  questi  ultimi  aper-  | 
lamente    con    danari     davano    braccio  agU^  ] 
eretici ,    e    gli  animavano    a  discacciar  di  ] 
là  le  armi  spagnuole  .    Grande    inquietudi^  j 
ne  cagionò    questo   movimento    degli  Spa^-  \ 
gnuoli  in  tutti  i  principi  d'Italia,  e  mas^"?  j 
simamente  nei  suddetti  Veneziani.  Imper-  \ 
ciocché  dividendo  la  Valtellina  lo  stato  di  i 

Mir  ] 


Anno    MDCXX.  373 

Mìtàrio  dal  contado  del  Tirolo,  se  ne  (oi* 
sarò  restati  padroni  gli  Spagnuòli ,  si  apri- 
va loro  una  sicura  comunicazione  con  gli 
jBtati  Germanici  della  casa  di  Austria  ,  per 
paterne  trarre ajuti,  qualora  se  ne  presene 
tasse  loro  il  bisogno ,  senza  passare  per 
paese  altrui.  E  all' incontro  veniva  a  ser- 
rarsi la  porta  à  quei  soccorsi  ,  che  la  re- 
pubblica Veneta  e^  altri  principi  potessero 
sperare  dalla  Francia  ,  dagli  Svizzeri ,  e 
da  altre  potenze  oltramontane,  Epperò  i 
Veneziani  sopra  gli  altri  s'impegnarono  in 
favore  dei  Grigioni ,  per  escludere  dalla 
Valtellina  le  armi  di  Spagna.  Né  pur  lo 
stesso  papa  Paolo  F,  tuttoché  per  prot  g- 
gere  il  cattolicismò  in  quelle  contrade  fos- 
se pronto  a  Somministrar  buone  àomme  di 
danaro,  sapea  consentire,  che  in  poter  de- 
gli Spagnuòli  venisse  o  restasse  quel  pae- 
se ;  Pertanto  furono  proposti  varj  ripieghi  j 
e  spezialmente  ebbe  plauso  la  proposizion 
di  lasciare  in  libertà  la  Valtellina ,  e  di 
formare  di  essa  uri  cantone  da  aggingnexsi 
agli  altri  cinque  cantoni  degli  .Svizzeri 
cattolici  ;  Tanto  ancora  declamarono  i  mi- 
nistri della  repubblica  Veneta  alla  corte  di 
Parigi  contro  gli  ambiziosi  pensieri  del 
duca  di  Feria ,  ossia  della  Spagna ,  che  it 
re  Cristianissimo  fece  passar  premurosi  ufi- 
ij  y  ed  anche  proteste  alla  corte  di  Ma- 
drid, per  isventar  le  mine  del  medésima 
duca ,  che  pareario  indirizzate  a  mettere 
in   ischiavità  V  Italia  .  Passò    poi    il  resto? 

Aa  3  delF 


574  Annali  d'Italia 
dell'anno  in  varj  negoziati,  proposti  dai- 
ministri  del  papa  e  del  re  di  Francia  per) 
trovare  onesto  ripiego  alla  Valtellina ,  ac- ^ 
ciocché  vi  restasse  in  salvo  la  religion<]at-  \ 
tolica,  e  si  contentassero  della  sola  prote- 
aion  di  essa  gli  Spagnnoli  ♦  i 

Curiosa  fu  in  questo  anno  la  scena  del  \ 
duca  di  Ossuna  viceré  di  Napoli .  Di  mi-  ] 
jabil  ingegno  avea  la  natura  provveduto  1 
questo  personaggio  .  I  suoi  spiritosissimi] 
detti  e  fatti,  gl'ingegnosi  rescritti  ai  Me-  j 
moriali  delle  persone,  la  vivacità  del  suo  < 
talento  in  ogni  occasione  ,  erano  pregj  in  ' 
lui,  che  si  tiravano  dietro  T ammirazione  > 
di  chiunque  allora  il  conobbe,  e  son  tut-  j 
tayia  pascolo  della  nobil  curiosità,  perchè^ 
tramandati  ai  posteri  in  un  libro  intitolato  i 
il  Governo  del  duca  di  Ossuna .  Ma  que-  j 
sto  cervello  trascendentale  tuttodì  macchi-^ 
nando  idee  di  novità,  e  facendo  uno  strava-  l 
gante  governo  con  insoffribil  aggravio  dei  i 
popoli ,  quanto  riempieva  di  meraviglia  gli  | 
spettatori  delle  sue  azioni  ,  tanto  apri- 1 
va  l'adito  alle  gelosie  dei  vicini,  e  fab- "ìj 
hricava  a  se  stesso  un  processo  nella  corte 
di  Madrid  •  Era  egli  giunto  a  far  cono-  1 
scere,  quanto  potesse  il  regno  di  Napoli ,  *i 
coir  aver  tenuta  in  piedi  un'  armata  di  \ 
venti  galeoni  di  alto  bordo ,  e  di  venti  i 
galee  tutte  ben  armate,  oltre  a  tanti  al-  J 
tri  legni  da  trasporto  ,  Avea  mantenuti  \ 
sedicimila  combattenti,  dati  soccorsi  aj 
gli    Austriaci  di   Germania,  e   allo  stata  : 

ài       \ 


Anno    IVIDCXX.  375 

di  Milano  ;    e  tutto  ciò   senza  vendere  uà 
bricciolo    del    reale   patrimonio  ,  ma    con 
ispremere  a  furia  il  sangue  di  quei  popo- 
li .  Colla    repubblica  di  Venezia    come    si 
fosse  egli    adoperato,  già  l'^abbiam    vedu- 
to ;  minacciava  anche  i  Turchi  ,  e  si  stu- 
diava   di  guadagnar    V  ajQTetto  della  plebe 
di  Napoli,  con    opprimere  intanto  i  nobi- 
li, e  tener  milizie  straniere  al  suo  soldo. 
Non  cessava  la  nobiltà  Napoletana    di  far 
segrete  doglianze,  e  di  portar  accuse  con- 
tra  di  lui  alla  corte  del  re  Cattolico;  e  i 
saggj  Veneziani  sotto   mano    anch'  essi  fa*- 
ceano  penetrar  colà  dei  brutti  ritratti  dell' 
Ossuna ,  come  d^uomo,  che  fosse  dietro  a 
cangiare  il  ministero  in  principato .  Divol- 
gossi    ancora ,    eh'  egli    avesse    comunicato 
questo  disegno  al  duca  di  Savoja  ,  sapendo 
quanto  egli  fosse  disgustato  degli  Spagnuo- 
li ,  affine  di  unir  seco  le  forze ,   e  discac- 
cia re    d'Italia    questa    Nazione.  Probabil- 
mente nulla  di  vero  contenne  sì    fatta  di- 
cerìa ,  per  varie  ragioni  ,  e  massimamente 
perchè  l'onore,    massima  primaria  dei    si- 
gnori Spagnuoli ,  non  si  dee  credere  ,  che 
avesse  preso    il  bando  dal  cuor  dell'Ossu- 
na.  La  verità  nondimeno  si  è,  che  si  ac- 
cesero   forti    sospetti    nella    corte    del    re 
Cattolico  ,  e  si  pensò  daddovero    a  richia» 
marlo   in    Ispagna  .   E    perchè  scoperta  da 
lui    1^  inten^ion   della  corte ,    con  regali    e 
maneggi  si  studiava    di  continuar  nel  go-^ 
vetpo,  vieppiù  crebbero  nei  primi  ministri 

A  a  4  le 


376        AnmàLi    d*Itaha  \ 

le  diffidenze;  e  fu  perciò  creduto,  che  pef  l 
timore  di  trovare  in  lui  la  disabbìdienza ,- ^ 
non  dalla  Spagna,  ma  da  Roma  si  trovasse  j 
lo  spediente  di  mandargli  il  successore.  Il  ] 
cardinal  Borgia  fu  scelto    per  questo;  ma  i 
r  Ossuna  con  quanti  artifizj    potè  ,  proccu-  ] 
rò  di  fi^astornare  la  di    lui    comparsa^  in-  ] 
ventando  in  questo  mentre  varie   arti^  per  5 
accumular  danari ,  e  prorompendo  in  altri 
atti  ,   che  sembravano    indizj  d'  animo  in- 
clinato a  qualche    furiosa    mutazione .  Ma 
restò  burlata  quella  gran  testa  da  un  pre- 
te 5  siccome    egli    poi    con  amarezza    andò 
dicendo,  lagnandosi  fòrte  di  lui.  Accostos- 
si  il    Borgia  sull'  entrar    di  maggio  a  Na- 
poli ,    sempre    mostrando  di  trovar  giuste 
le  ragioni  dell'  Ossuna  >    il  quale  assai  ri- 
soluto comparve  di  non    dimettere  per  al- 
lora   il    governo,    si    per  le    minaecie  dei 
Turchi  ,    come    per    le  turbolenze    itìlcrne' 
del    regno  .  Esibivasi    il    cardinale  unica- 
mente di  essergli  di  a}uto  e  sollievo  ;  m^ 
perciocché  stava  il  duca  saldo  nel  suo  pro- 
posito, l'accorto  porporato  con  intelligen-*  j 
23  di  alcuni  nobili  più  coraggiosi ,    segre-  ] 
tamente  entrò  una  notte  nella  fortezza   di  \ 
Castelnuovo  ;  e    comunicato    il  suo  arrivai 
anche  i  governatori  delle  altre  due  disaot  ; 
Ermo  e  dell'Uovo,    improvvisamente  alltf^ 
spuntar  dell'  alba  eolla  salva  delle  àrtiglle-  ] 
rie  diede    segno    alla  città    del  nuovo  suo^  j 
viceré*  A    questa  salva  andarono   per  ter-' 
ra  tutte  le  trame  oi&dite  dall' Ossuna,    pet^, 

in- 


Anno    MDCXX*  %n 

induHe  il  popolo  a  non  accettare  il  Bof* 
già.  Imbarcatosi  dipoi  lo  stesso  Ossunà 
sbarcò  in  Provenza,  e  per  terra  passò  al- 
la corte  di  Spagna  ,  doVe  sostenuto  dagli 
amici j  e  dalla  pecunia  seco  recata^  trovò 
buon  volto  e  carezze  nel  re,  finché  man- 
cato  di  vita  nel  susseguente  anno  esso  Mo- 
narca, venne  meno  anche  la  fortuna  del 
medesimo  duca,  il  quale  imprigionato  iri 
un  castello,  quivi,  dopo  qualche  mese,  noa 
si  sa  il  come  ,  finì  i  suoi  giorni  * 

Non  erano    senza  fondamento   i  sospetti 
decantati  dall' Ossuna  di  qualche  invasione 
di  Turchi  nel  regno  di  Napoli  ^  bench'egli 
stesso    forse   ne    fosse    stato    il    promoto- 
re   coi    suoi    armamenti,    è  col  tanto  mi* 
nacciar  le  coste  della  Turchia  *   Scomette-» 
rei  ancora ,   che  non  mancò  qualche  male^ 
Volo,  che  attribuì  ai  segreti  maneggi  suoi 
la  mossa  di  quei  cani ,  per  farsi  conoscere 
alla  sua  corte  troppo  necessario    in  questi 
tempi    al  governo    di    quel  regno .  Sbarcò 
nel  mese  di  agosto  la    flotta  Turchesca  ai 
lidi  della  città  di  Manfredonia    rìella  prò-* 
vincia  di  Capitanata  ^  prese    quella  città  j 
la  saccheggiò,  e  ne  condusse  via  gran  co- 
pia di    anune    battezzate    dell'uno  e  dell* 
altro  sesso.  Né  si  dee  tacere,    che  le  ar- 
mi dell' imperartor  Ferdinando  ^    congiunte 
con    quelle    di  Massimiliano  duca    di  Ba- 
viera,  di  gian-Giorgio  E/etior  di  Sassonia^ 
e  di  altri  principi,  si  affrettarono  a  ricu- 
perar   la   Boemia   occupata  ,    siccome  di- 

cem- 


37^      Annali  d'Italia 

cemmo  ,  da  Federigo  Elettor  Palatino    deli 
Heno,  gran  calvinista.  Nello  stesso  tempo | 
per  ordine  del  re    di  Spagna  ,  il  marchesel 
Ambrosio  Spinola ^  generale  delle  armi  dell'I 
arciduca  Alberto  in  Fiandra  ,  si  mosse  con 
poderoso  esercito  alla  volta  del   Palatinato 
inferiore,  e  quivi  occupò  varie  città.  Po- 
scia nel  dì  nove  di  novembre  in  vicinanza 
di  Praga  si  venne  ad  un    tèrribil  fatto    di 
armi  fra    la  lega  Cattolica,  e  il    suddetto' 
usurpator  Palatino  .  Toccò  una  fiera  scon- 
fitta ai  Boetfti,  le  cui  conseguenze   furono 
la  presa    e  il    sacco    di   Praga  ,  e  là  fuga 
con  pochi  dell*  efimero  re  Palatino,  il  quale 
dopo  lunghi  giri  coli**  ambiziosa  sua  moglie 
passò  in    Olanda  ,   a  mendicar   ivi  il  pane 
da  quella  repubblica ,  t  da  Giacomo    re  d' 
Inghilterra  suocero  suo  .  Fu  poi   ricupera- 
ta neU''anno  seguente  dall' Augusto  Ferdi- 
nando la  Slesia  con  gli  altri  paesi  ribella- 
ti ,  e  gli  restò  solamente  il  peso  dell*  Un- 
gheria ,  occupata  da  Bethlem    Gabor  .  Per 
assistere  in  questi  bisogni    all'  imperadore 
con    soccorsi    d'   oro    il  pontefice   Paolo  V 
gravò    di    decime    V  uno  e  V  altro  clero  • 
Nel  di   15  di  marzo  dell'anno  presente  se-  | 
guì  la  solenne    entrata   in  Torino   di  Cri-  i\ 
stina  di  Francia ,    sorella    del  re  Cristia-  jj 
mssìmo  Lodovico  XIII ^  maritata  in  Vitto-'    j 
rio  Amedeo  principe  di  Piemonte .  Sontuo-    1 
se  feste  furono  ivi  fatte  in  tal  congiunta-    j 
ara ,  alle    quali    concorse    anche    V  infanta     j 
Isabella  principessa    di  Modena,  e  sorella    j 

di        à 


Anno    MDCXX.  379-^ 

di  esso  principe,  accompagnata    nel  viag- 
gio dal  cardinal  Maurizio  suo  fratello. 

Anno  di  Cristo  162 i  ,  indizione  IV. 
di  Gregorio  XV,  papa    i. 
di  FuiUDiNANDo  II,  imperadore  3. 

i-Iibbe  di  grandi  facende  in  questo  anno 
la  morte .  Primieramente  il  pontefice  FaO'^ 
loV  dopo  quindici  anni,  otto  mesi,  e  tre- 
dici giorni  di  pontificato  ^  e  dopo  uno 
stabile  tenor  di  vita  religiosa  ,  e  limosi- 
niera^,  fu  chiamato  da  Dio  ad  un  miglior 
paese.  Dappoiché  su  i  principj  del  gover- 
no suo  ebbe  conosciuto ,  che  la  bravura 
non  era  più  un  mestier  da  papa,  fu  sem- 
pre amator  della  pace ,  impiegando  i  suoi 
pensieri  nella  conservazione  ed  aumento 
della  religion  Cattolica ,  nella  riforma  del 
clero  secolare  e  regolare,  e  nell' ornare  sem- 
pre più  di  magnifiche  fabbriche  Timpareg- 
giabil  città  dìEoma.  Sopratutto  attese  ad 
ampliare  la  basilica  Vaticana  ,  tempio  perciò 
divenuto  una  delle  maraviglie  del  mondo. 
Quanto  egli  operasse  in  questa  impresa  , 
esigerebbe  non  poche  carte.  Son  da  vede- 
re intorno  acciò  il  vescovo  Angelo  Rocca  i^ 
i  padri  Oldoino,  e  Bonanni  della  Compa- 
gnia di  Gesù .  Insigni  memorie  di  magni* 
ficenza  lasciò  ancora  nella  basilica  Libe- 
riana ,  dove  spezialmente  si  ammira  la 
cappella  Borghese.  Accrebbe  di  varie  fab-» 
briche  il  palazzo    del  Quirinale .  Dal  ter-» 

ri- 


§8o       A^rjbJALt    t>' Italia 
iritorio  di  Bracciano  tirò  con  insigne  aeqtìé= 
dotto  per  lo  spazio  di  quarantacinque  mi- 
glia   abbondanti  e  perenni    acque  per  sov- 
venire al  bisogno  della  parte  Trasteverina  | 
della  città.  Tralascio  altre  sue  nobili  fattu-  | 
re  ^  per  le  quali  fu  sommamente  benemerito! 
dì  Roma ,  delle  quali  si  truova  il  catologtìj 
e  la  descrizione  nella  di  lui  vita,  composti' 
dal  Padre  Bzovio  dell'  ordine  dei  predica- 
tori. La  sola  taccia^  che  fu    data  al    suc^j 
pontificato  ,  si  ridusse  alT  esorbitante  pro-i 
fusione  nei  nipoti  ,  i  quali  e  dentro  e  fuo^, 
ri  di  Roma  fabbricarono    palagj  sì  super-? 
bi  y  che  gareggiavano    con  quei  dei  re .   Il 
solo  principe  di  Sulmona  nipote  suo ,  giun- 
se ad  avere  rendite  annue  di    cento ,  e  vi 
ha  chi  dice  di  ducento  e  più  tnila  scudi  f 
oltre  in  danaro  in  cassa  .  Né  è  da  stupir- 
sene .  Il    cardinal   Borghese  ,    dianzi  chia- 
mato Scipione  CafFarelli,  figlio  di  una  so-i 
tella  del  papa,   e  ministro    dispotico  dellat| 
sacra    corte  ,  tutto  quanto  veniva    a  vaca- 
re ,  lo  conferiva  ai  parenti  suoi  :    del  thè 
pubbliche  erano  le  doglianze  i  Epperò  éb-| 
be  a  dire  Andrea  Vettorelli  di  questo  pon- 
tefice :    Si  una  caruisset  nota  ,    largìtioné' 
nempe  in   suos  ^  Beatissimis  comparanduni 
Julsse  omnes  fatentur  i  Convengono  tutti  i 
più  accreditati  scrittori,  chela  di  lui  mot-' 
te  avvenne  nel  d'i    28  di  gennajo  òeW  an- 
no presente,    e  questo  si  raccoglie   ancora 
dalla  sua  iserizion  sepolcrale,  che  difetto-; 
&a  poi  si  legge  neU'  edizion  dell'  OWoino  ,• 

io- 


Anno    MDCXXL  ^Sr 

iove  il  dì  28  per  errore  di  stampa  è  di- 
venuto il  dì  22.  Entrati  nel  concistoro  i 
porporpati ,  parve  sul  principio^  che  il 
cardinal  Pietro  Cam-pori  Modenese  ,  porta- 
to dalla  fazion  Borghese,  avesse  a  ripor-. 
tare  indubitatamente  il  pallio  ;  ma  muta-* 
to  air  improvviso  parere  ,  si  rivolsero  i 
voti  alla  persona  del  cardinale  Alessandro 
LodivLsio  di  patria  Bolognese  ,  ed  arcive- 
scovo di  essa  città  ,  che  nel  dì  9  di  Feb- 
brajo  restò  eletto  papa ,  e  prese  il  nome 
di  Gregorio  XV,  Era  egli  personaggio  di 
vita  esemplarissima  ,  perito  nella  scienza 
delle  leggi  ecclesiastiche  e  civili ,  esper- 
to neg'-i  affari  del  mondo,  di  tal  benigni- 
tà e  modestia  ornato  ,  che  lo  stesso  popo- 
lo romano  con  uno  straordinario  plauso 
diede  risalto  maggiore  alla  di  lui  elezio- 
ne ,  sperando  di  vedere  rinato  in  lui  V  aU 
tro  glorioso  pontefice  Bolognese  Gregorio 
Xlll,  Si  era  già  introdotto  y  che  i  papi  y  e 
massimamente  se  vecchi ,  quale  appunto 
era  esso  Gregorio  XV  elegessero  uno  dei 
nipoti  cardinale ,  a  cui  poscia  si  conferiva 
il  titolo  di  primo  ministro  ,  e  volgarmen- 
te veniva  appellato  il  cardinal  Padrone  . 
Pertanto  non  tardò  il  novello  pontefice  nel 
dì  quindici  di  febbrarjo  a  fregiar  colla  sa- 
cra porpora  il  nipote  Lodovico  Lodovisio ^ 
giovane  di  gran  talento,  che  sollevò  da  lì 
innanzi  il  quasi  settuagenario  zio  dalle  fa- 
tiche^ e  regolò  gli  affari  non  men  con  lo- 
de, che  con  arbitrio  supremo. 

Si 


J&2  ANNAllb'ÌTAttA 

Si  affolarono  tosto  addossò  al  nuotò  pa- 
pa i   ministri    di  Francia  ,   Spagna  ,  Vene- 
zia ,  e  Savoja^  per  interessarlo   vivamenteff 
nelle    controversie    della  Valtellina  ;  ne  Ui'j 
egli    pigro    a    scrivere    di    proprio    pngno,! 
lettera    premurosa    al  re  Cattolico   FiZippai 
III  esortandolo  a  tagliare  il  corso  a  quel-| 
la   pendenza  ,    minacciante  xoramai   uti'  a-l 
sprissima    guerra    in  Italia.  Ma    non  andòtj 
molto  ,  che  lo  stesso    monarca   delle  Spa-^ 
gne    fu  sottratto    dalla  morte    nel    dì    ul-1 
timo    di   marzo    ai  pensieri    ed    imbrogli^ 
del  mondo,  cori  lasciar  dopo  di  sé  un' iF-| 
lustre  memoria  della  sua  scrupulosa  pietà  | 
e  buon  volere,  ma  una  molto  infelice   del 
suo    governo  ^    Imperciocché    0    per    poca 
abilità  5  o  per  troppo  amore    alla  quiete  ^ 
avendo   lasciato    in    balìa    dei    favoriti  y  e| 
massimamente  di  Francesco   duca  di  Ler^ 
ma  (  che  nel  1618.  creato  fu  cardinale  d^ 
Paolo  V  )  tutto  il  reggimento  ,  parve  ,  che" 
tiuir  altro  conservasse  per  sé  fuorché  il  ti- 
tolo   di  re.    Perciò  sotto    di  lui  decaduta 
la  monarchia  Spagnuola  da  quel  colmo    di 
riputazione   ed  autorità^    in  cui  la    lascii 
Filippo  II  suo  padre  ,  andò    poi  maggior- 
mento  declinando  per  tutto  il  presente  se- 
colo.   A  lui  succedette  Filippo  IV   suo  fi- 
glio primogenito  ,  verso  di  cui  né  pur  eraji 
stata  assai  liberale  di  belle  doti    la  natu-jj 
tura.  Oltre  alla  età  di  sedici  ^ani^  che  il^ì 
rendea  poco  atto  all'  amministrazion  degli^j 
affari,  più  cuore  mostrava  egli  ai  diverti-| 

men-      h 


ANNO  MDCXXr.  583 
itienti  geniali,  che  alle  serie  applicazioni J 
epperò  anche  sotto  di  lui  colla  depression 
dei  precedenti  continuò  la  disordinata  for- 
tuna di  altri  favoriti  ;  anzi  questa  si  ri- 
dusse ad  un  solo ,  cioè  a  don  Gasparo  di 
Guzmano  ,  conte  di  Ollvares  ,  il  quale 
avendo  ottenuto  il  titolo  di  duca,  si  fece 
poi  pomposamente  nominare  il  conte  du* 
ca  ,  e  riuscì  un  cattivo  arnese  di  quella 
dianzi  sì  potente  monarchia  .  Fece  fine  ai 
suoi  giorni  anche  Cosimo  II  gran  duca  di 
Toscana  nel  febbrajo  di  questo  anno .  Fa 
priifcipe  di  elevato  ingegno ,  liberale  ,  be- 
nigno ,  ed  amato  dai  popoli ,  ma  sì  mal 
fornito  di  sanità ,  che  quasi  sempre  fece 
alla  lotta  eolle  infermità;  laonde  nulla  gu- 
stando della  sua  grandezza^  invidiava  la 
condizione  dei  privati  sani.  I  figli  restati 
di  lui  furono  Ferdinando  li.  proclamata 
gran  duca ,  Gian  Carlo  ,  che  fu  poi  cardi- 
nale, LeopoZdo>  fregiato  anch'  egli  della 
porpora,  Mattiasy  e  Francesco  ed  oltre  a 
due  altre  femmine  ,  Margharita  maritata 
in  Odoardo  duca  di  Parma .  Perchè  il  nuo- 
vo gran  duca  era  tuttavia  in  età  pupillare^ 
presero  la  di  lui  tutela  il  cardinal  Carlo  suo 
Zio  ,  e  r  avola  Lorenese  Catterina ,  e  la 
madre  Austriaca  Blaria  Margherita*  Né  si 
dee  tacere ,  che  nel  giorno  13  di  luglio 
cessò  parimente  di  vivere  in  Fiandra  Al^ 
herto  arciduca^  con  vere  lagrime  compian- 
to da  quei  popoli^  che  un  placido  gover- 
no aveano  provato  sotto  di  lui .   L' iofan* 

ta 


1 

584         A  N  N  A  L  I     d'  I  T  A  L  I  A  | 

ta  Isabella    sua  moglie,  da   cui    non  avea  1 
tratta    prole    alcuna,  tosto    prese    T  abito  i 
monastico^  restando  nulladimeno  governa-  * 
trice  di  nome  di  quei    paesi  .  Il  marchese  l 
Ambn^sio  Spinola    godeva    ivi   il  comando  • 
delle  armi;  e  perciocché  essendo   termina-! 
ta  la  tregua  fra  la  Spagna  e  gli  Olandesi  ,. 
di  nuovo  si  riaccese  la  gii<^rra  ,    quel  pro-f 
de  generale  passò  in  questo  anno  ad  asse-»^ 
diare  Giulliers  ;  del  che    io  nuli'  altro  di-^ 
rò  ,  se  non  chò  dopo    mirabili  pruove  del 
suo  saper  militare  se  ne    impadronì^    coni 
aver  precluso  Tadito  ad  ogni  soccorso  del  | 
conte  Maurizio  di  Nassau  . 

Intanto  il  duca  di  Feria   governator    di 
Milano,  che  sosteneva  con  vigore  in  Lom- 
bardia il  credito  della  corona  di  Spagna  , 
dalTun  canto  seguitava  a    fabbricar    nuovi 
porti  nella  Valtellina,  e  dall'altro  sempre 
facea  giocar    le  proteste  di  essere    pronto 
a  demolir  tutto,  e  di  atterrare  infino  quel 
di    Fuentes  ,  benché    piantato    nella  giuri- 
sdizione dello  stato  di  Milano.  E    denat! 
ed  artiiizj  seppe  egli  adoperar  sì  a  propo- 
sito j    che  mise    la    disunion    fra  gli  stessi  ^ 
Grigioni ,  e  parte  di  essi    ancora  tirò  nel.j^ 
febbrajo    ad    una    capitolazione  ,    o   lega  ,  !| 
che  non  fu  poi  accettata  dagli  altri;  anzi  l 
gF  incitò  a  maggior  sollevazione,    con  re-   l 
star  vittima  del  loro  furore  non  pochi  Cat-    \ 
tolici ,  e  spogliate  le  chiese  con  altri  assai    j 
gravi    disordini,    senzachè     gli    eretici    la    j 
perdonassero  a  quei  lor  nazionali,  che    si  j 

era-       i 


A  N  N  o     MDCXXT.  ^Ss 

erano  accordati  col  duca  di  Feria.  Riuscì 
in  questo  intatte  al  Bassompi('re  amba- 
sciatore di  Francia  spedito  a  Madrid  di 
indurre  il  nuovo  re  Filippo  IV  e  il  con- 
siglio di  Majrid  ad  un  accordo,  per  cui 
nel  di  25  di  aprile  restò  determinato ,  che 
la  Valtellina  tornasse  in  poter  d^  i  Grigio- 
ni ,  ma  colla  conservazione  della  réligion 
cattolica  in  quelle  parti;  al  che  eziandio 
condiscese  il  nunzio  pontificio  Ma  qt^esto 
tratiato  venne  da  tante  parti  attraversato  > 
che  ne  andò  per  terra  F esecuzione,  sof- 
fiando tutti  i  litiganti  contra  di  esso.  Al 
duca  di  Feria  non  si  può  dire  quanto  di- 
spiacesse il  vedere  in  un  fascio  tutte  le 
macchine  sue  per  V  ingrandimento  della 
potenza  Spagnuola  .  Ne  erano  assai  disgu- 
stati anche  i  Veneziani  ,  perchè  veniva 
troncata  con  esso  ogni  lor  pretensione  del- 
la lega  coi  Grigioni.  E  gli  stessi  Grigioni 
vi  trovarono  pm  di  un  motivo  di  riget- 
tarlo ,  Il  perchè  risoluti  essi  Grigioni  di 
ricuperar  colle  proprie  iorze  la  Valtelli- 
na ,  furiosamente  uscirono  in  campagna 
con  più  diecimila  combattenti,  ma  disor- 
dinati, e  mal  capitanati,  che  al  primo 
rimbombo  delle  artiglierie  spagnuole  nel- 
la contea  di  Bormio  presi  da  terror  pani- 
co diedero  alle  gambe.  Per  questa  inva- 
sione il  duca  di  Feria  dalle  parti  od  Mi-^ 
lanese  ,  e  V  arciduca  Leopoldo  da  quelle 
del  Tirolo  mossero  le  lor  armi.  S'impa- 
dronì il  primo  di  Chiavenna,  e  l'altro 
Tom.  XXIV.  B  b  del- 


ì 

i 

386         A  N  N  A  L  r     d'    I  T  A  L  I  A  ì 

delle  valli   d'  Engedina  ,    e   di   Parentz ,    t?   | 
di   altri   siti,  e   poscia  della  stt>sa  città  dt  | 
Coirà  ,  con   rimetter    ivi    il    vescovo,    che  | 
dianzi  ne  era  stato  cacciato  .   Sicché  sem-  ^ 
prepiù   venne  a   peggiorar    la    tortuna    dei  | 
Grigioni.,   provandone  andie  un  incredibil  ^ 
dispiacere  i  Veneziani,  che  miravano  ere» 
.scere  ceni  dì   più  i  lor  pericoli   per  li  fe- 
lici prr)gressi   degli  Austriaci.  Eppure  con- 
tuttoché   sommamente    abbìS(>gnassero    det 
braccio  del   papa  e  della   Francia,    per    li- 
berar la  Valtellina    dalle    unghie  spagnuo-| 
tl€  _,  e  tanto    il  panteiìce  Gregorio  j5lK   che| 
il  rt 'Lodo vico  X III  si  prevalessero  di  que- 
sta conguintura,  per  indurli  coi  più  caldi] 
roffi?,)  a   ricevere   in  lor  grazia    i    gesuiti  t 
pure  ns'  incontrò  in  quei  senato  un'insupe- 
rabile  resistenza  a  tal  petizione.  Era  tut- 
tavia vivo    il   fainoso    fra  Paolo  Sarpi    lor 
Itcalogo:,  <)8sendo  egli  mancato  di  vita  so- 
-femente  nell'  anno  seguente.  Probabilmen- 
rtc  non  li  dovette  ^consigliare ,    che  fossero' 
indulgenti  in  questo  caso.    Merita    il  car-  \ 
d'inai  Robf^to  Ballarmìno  della  compagnia  ; 
di  Gesù  V  ^he  si  faccia  qui  menzione  della  j 
fnoKte  sua  ,  -accaduta  nel  dìiij  di  settem-  ; 
ire  déir  anno    presente  ,    con    lasciare    un  ^ 
ee^ebratisisimo  -ed  immortai  nome  sì  per  H  : 
suoi  libri  pieni  di  singoiar  dottrina  ,  òhe  | 
-per  'le  sue  rarissime    virtù    morali    e  cri-  ; 
sti»'^n«.  Uomo  in  tutto  mirabile,  e  che  più 
onore  couipartì  alla  porpora  ,  che  la  por- 
pora a  lui , 

Anno 


ANNO    MDCXXII.        38^ 

Anno  di  Cristo  1622  ^  indizione  V. 
di  Gregokio  KV^  papa  2. 
di  Ferdìmando  II  3  iniperadore  4. 

vjrià  era  tornato  a  Milano  il  duca  di  Fe- 
ria ,  come  trionfante  per  le  conquiste  e 
vittorie  sue  nella  Valtellina  ^  e  più  noa 
degnava  di  un  pen^ieto  lei  capitoJazionQ 
segnata  in  Madrid  fra  il  suo  re  e  quella 
di  Francia.  Ma  i  Veneziani^  che  più  de- 
gli altri  principi  aveano  questci  interesse 
a  cuore ,  altamente  strepitavano  in  tutte 
le  corti  5  e  massimamente  in  Korna  e  a 
Parigi  5  rappresentando  con^e  troppo  sve-^ 
lati  i  mister]  della  politica  SpagnuoU.  che 
sotto  l'ombra  4A  proteggere  la  religione; 
cattolica  della  Valtellina ,  erano  chiara- 
mente incamminati  a  slargar  le  ali^  e  coli' 
ingoiar  quello  stato  ad  opprimere  la  li- 
bertà d'Italia,  mettendo  un  forte  catenac- 
cio a  quella  porta,  per  cui  possono  cala- 
re i  soccorsi  stranieri  •  Carlo  EmmanueU 
duca  di  Savoja  ,  sì  perchè  principe  avido 
sempre  di  nuove,  guerre  j  e  che  non  potea 
spfferire  gli  ingrandimenti  della  Spagna  , 
e  la  baldanza  dei  ministri  di  quella  cor- 
te ,  sì  ancora  per  suoi  particolari  riguar- 
di, e  per  l'alleanza, sua  colla  veneta  re-^ 
pubblica  :  cominciò  vigorosamente  a  pro- 
curar una  lega  fra  il  re  Cristianissimo , 
la  repubblica  v^nqta ,  e  lui  ^  Essendp  ^^- 

B  b  2  nu- 


5^8     Annali    D'iTAifA  | 

nuto  a  Lione  esso  re  di  Francia,  il  duca 
insieme  cqI  principe  di  Piemonte    swo    fi- 
glio j  e  colia  nuora  Cristina^    sorella    del 
meclfrsimq  re  ,  colà  si  portò    ad    inchinare  | 
la  maestà  sua  ,  da  cui  vicevftte  molte   fi- 
nezze .  Perorò  egli  m.olto  contro    T  avidi-.,! 
tà  degli  Spagnuoli^    e  si  esibì    di  coneor- 
rxere  ad  una  lega  con    diècimiia  fanti  ,    e| 
tnille  cavalli  y  ma  ritrovò,  che  nel    cuoro 
di    quel    monarca    aveano    troppo    polso  i' 
riflessi  della  stretta  parcntfla  col    re  Cat- 
tolico ,  e  la  guerra  viva  contro    gli    Ugo- 
notti ^     non  mai  quieti    ntlle     viscere     del 
suo  regWo,  Tornò    il  duca    nel   giorno  i^ 
di  novembre  ad  abboccarsi  col  re  in  Avi- 
gnone ..  Tutto    quel    che    per    ora    tanto 
-eglt  ^-fehe' i  Veneziani  ottennero,  fu  che  il 
re  Lodovico  fece  parlar  aito  dai  suoi  mi-^ 
nistrj   alla  coyte    di  Spagna  ,    acciocché    si 
desse  esecuzione  al  trattato  di  Madrid  pei,' 
gli  aiTari  della  Valtellina.    Perciò,   si  rin- 
folzò  il  negoziato  fra  i  rninisrri  delle  duo 
corone  ,  intervenendovi    sempre    anche    il 
nunzio-  pontificio  I  e  siceonié  era  stato  fat- 
to il  progetto    di    depositar    la    Valtellina 
con  tutte  le  fortezze   in  mano    del  papa  ij 
oppure  del  gran  duca^'^o- del  duca  di  Lo-- 
renr      '      —   -     ^ -^     •   r :...,     : 

to    .^, 


la ,  senza  che  per  anche  si  fosse  arriva-^: 
a  fissare,  chi  ne  avesse  da  essere  il,^ 
depositario  :  così  la  maggiore  spplicazio-*^ 
ne  si  rivolse  ad  effettuare  il  proposto  ^^-J] 
posito.  Ma  intanto  i  Grigioni^  ora  inVi^^^ 
liti,  ora  temerarj ,  peosarono  ad*  òtteHe^^i 

coU     il 


À  w  N  ò  MDCXXIÌ;  3§§ 
eoli ^  forza  ciò  che  amichevolmente  si  erd' 
dietro  a  proccurar  colU  destrezza  nti  ga-* 
iDineiti  .  Però  mossi  a  furore  ,  ed  anima- 
ti dai  veneti,  zecchini  ,  benché  i  piò  ar- 
inati  di  soli  bastoni  a  foggiai'  di  mazze^ 
si  diedero  a  ricuperar  i  luoghi  dalle  ar-^ 
tni  x^ell'  arciduca  Lec^poldo ,  e  quanti  Te- 
deschi trovaroDo  nei  presid)  ^  tutti  li  sa- 
crificarono alla  ìor  collera  ,  a  ifisérva  di 
quei  che  erano  alla  guardia  di  Màienteit, 
(5  <ii  Coirà,  i  quali  rifugiati  nei  castelli  ^. 
ài  renderono  con  patti  onesti;  Ma  nel  set-' 
tembre  si  cangiò  scena,  perchè  le  truppe 
arciducali  diedero  una  sconfitta  ad  essi 
Grigioni,  e  agli  Svizzeri  loro  ausiliarj ,  e 
{kuperarono  Maienfelt  e  Coirà  cori  altri 
importanti  luoghi  <  Seguì  poscia  una  sos« 
pension  di  armi ,  e  continuò  nelle  corti  il 
filo  pacifico  dei  trattati . 
.  Attento  il  pontefice  Gregorio  XV  non 
solo  alla  difesa  ,  rna  anche  all'  accresci- 
mento della,  religiòn  cattolica  ,  istituì  nel 
giugno  deir  annp  presente  una  congrega- 
zione di  cardinali,  appellata  de  propagati' 
da  fide ^  e  le  assegnò  varie  rendite  :  con- 
gregazione  rinforzata  maggiormente  dipoi 
da  altri  ajuti  j-^  onde  àingolar  vantaggio  è 
poscia  provenuto  ,  e  proviene  alla  religio- 
ne cristiana .  Di  somma  consolazione  riu* 
sci  ancora  ad  esso  papa>  e  a  tutto  il  c;at^ 
tolicismo  r  occupazione  della  città  di  Ei- 
delberga  capitale  del  Palatinato  inferio- 
3fe     tolta    .air  eretigo  Federigo   elettor   Fa-^; 

Bb  3  ^^ 


390       Annali    d' Italia 
latino  ,  al  cui  esercito  e  dei  suoi  collega*» 
ti  fu  data  una  gran  rotta  ,    talmente    che 
egli  di   nuovo  fu  ridotto    ramingo    e    alla 
disperazione,  siccome  posto  al  bando  dell* 
impero,  e  abbandonato  da  tutti.    Trova-- 
vasi  in  questi  tempi  vf'dovo  e    s-enza  suc- 
cessione   T  augi/Sto    Ferdinando  )    e    però 
TÌcercò  in  moglie  Eleonora  Gonzaga  ,  so- 
rella di  Prancesùo  dw.ca  di  Mantova  .    Fu- 
rono celebrate  le  di  :lili  ^npozze    nel     fv b- 
brajo  dell'anno  prediente.  Sul  principio  di 
marzo  terminò    i  suoi    giorni  Ranuccio  I 
duca  ài  Parma  e  Piacenza  ,    sorpreso  tia 
improvviso  male.  Il  suo  furterale   non    fu 
accompagnato    dalle    lagrime    di    alcuno  , 
giacché  coir  aspro  suo  ,    ahti  crudele    go- 
•verno,  si  era  egli  sempre  studiato  di  far- 
si piuttosto  temere ,    che    amar    dai    suoi 
popoli  .    Perchè    gran    leftipo    passò,    che 
Margherita  Aldobrandlna  sua    moglie  non 
produceva  frutti  del  suo    matrimonio  ,    si 
era  messo  in  pensiero  di  far  aT^iiitare  al- 
la successionì5    dei  suoi    stati  Ottavio  suo 
bastardo.  Ma  divenata  feconda  la  duches- 
sa ,    gli    partorì    poi  Alessandro   mutolo  , 
Odoardùy  e  Francesco  Maria  ,  che  fn  poi 
cardinale  ,  oltre    a  due  principesse  Maria 
e  Vittoria  ,    che  furono    poi    duchesse    di 
Modena  .    La    nascita    di    questi    principi 
fece  poscia    eclissar    T  amore    di  Ranuccio 
verso  deir  illegittimo  Ottavio;    «  percioc- 
ché questi  era  giovine  di  alti  spiriti  ,  ed 
udiversalmente  amato   dai  Parmigiatii  ,  e 

da- 


Anno  MDCXXII.  391 
dagli  altvi  sudditi  ,  il  duca  suo  padre  , 
siccome  principe  pregno  sempre  di  sos- 
pttti  e  gelosie,  dubitando  d'intelligenze, 
e  di  prett^nsioni  dopo  sua  morte  al  du- 
cato ,  il  confinò  npìia  terribile  roccheita 
di  Parma,  sepoltura  dei  vivi,  dove  da  li 
a.d  alquanti  anni  miseramente  diede  fine 
al  suo  vivere.  Perchè  la  sordità  e  muto- 
lezza  rèndevano  incapace  di  goverDo  il 
primogenito  Alessandro,  succedette  in  quel 
ducato  Odoardo  f  m.arito  di  margherita 
figlia  di  Cosimo  II  gran  duca  di  To- 
scana, 

Per  esempio  ancora^  e  cautela  ai  poste- 
ri,  degna  è  qui  di  memoria  T  infelice 
morte  di  Antonio  Foscherini,  cavaliere  e 
senator  veneto,  che  accusato  di  aver  te- 
nute corrispondenze  segrete  con  istranieri 
ministri,  pubblicamente  terminò  col  ca- 
pestro la  vita  .  Siccome  lasciarono  scritto 
il  cavalier  Nani^  Vittorio  Siri,  ed  altri, 
per  le  insidie  passate,  e  per  le  turbolen- 
ze presenti,  la  veneta  repubblica  (sempre 
per  somiglianti  delitti  gelosissima  ed  ine- 
sorabile )  gran  credito  diede  ai  sospetti  , 
e  troppa  fede  agli  accusatori,  e  testimo- 
nj  :  laonde  precipitosamente  si  venne  alla 
sentenza  di  morte  .  Ma  fu  fatto  morire 
un  innocente  :  locchè  casualmente  dopo 
qualche  tempo  si  venne  il  tutto  a  scopri- 
re. Perlocchè  in  leggere  un  processo  ,  per 
cui  venivano  certuni  convinti  di  false  te- 
stimonianze 5  si  risovvenne    uno    del    con- 

Bb  4  si- 


392  Annali  d'Italìa 
Kiglio  di  dieci  ,  che  un  di  costoro  piveh 
testimoniato  contro  del  senatore  suddet- 
to .  Preso  costui  ,  conft^ssò  di  aver  con- 
certata la  calunnia  per  cogliere  il  lucro  . 
proposto  a  chi  rivela  delitti  di  Stato'; 
laonde  egli  ne  ebbe  con  gli  altri  il  meri* 
tato  gastigo.  Fu  poi  pubblicato  un  edit- 
.to  ,  che  restituiva  all' onore  priniiero  il 
giustiziato  cavaliere  ,  e  tutta  la  sua  ho- 
bilissiina  casa  ;  ma  senza  che  si  restituis- 
se per  questo  la  vita  a  chi  per  un  si  mal 
fondato  ,  e  mal  pesato  processo  V  aveà 
già  indegnamente  perduta  .  E^  da  lodare 
lo  zelo  per  la  salute  della  patria,  ma 
questo  dee  ben  seiTiprn  camminar  con  som. 
ma  circospezione  ,  affinchè  gli  innocenti 
non  soggiacciano  alle  perre  ,  riserbate  ^o- 
lo  ai  veri  dt^linquentr  .  E  che  un  caso  ta- 
le abbia  aperti  gli  occhi  a  quei  saggi  si^ 
gn^ri,  si  è  assai  conosciuto  dipoi ^  ed  an- 
che ai  giorni  nostri  se  ne  son  vedute  le 
pruove - 


Anno 


ANNO     MDGXXIIL        393 

Anno  di  Cristo   1^23^  indizione  VI. 
di   Ukbano  Vili,  papa   u 
di  Fekdi.n a:\do  II,  imperadore  5* 

/\vea    il    duca    di   Baviera  Massimiliano 
feelU  guerra  mossa  centra  óì  Federigo  elet- 
ior  Palatino,    siccome  dicemmo^    fatto.   V 
acquisto  d' Eidelberga  ^  e  di  tutto  il  Pala- 
tinato  inferiore  .  In  essa  città    si    trovava 
una  insigne    biblioteca    di    antichi    codici 
scritti  a  mano^    ebraici,    greci 3    latini,  e 
di  altre  lingue,    raccolti,    per   quanto    fu 
divolgato^  da  tutti  i   monisterj    di    quella 
jprovincia  ,  introdotta  che  vi    fii    l"*  eresia  ; 
Attento    il    pontefize    Gregorio    a    profittai* 
anche    egli    dell'altrui    naufragio  >    sì    pe.r. 
qualche   ricompensa  dei   sussidj   prestati  al 
duca  in  queir  impresa  ,    come    ancora    per 
la  pretensione >  che  appartenesse  alla  San- 
ta Sede  quel   tesòro  di   manuscritti  ^    come 
spoglio     di    luoghi     sacti  :     fece    gagliarde 
istanze  di  ottenerli  3  e  il    duca    vi    condi- 
scese. Scrivono  alcuni,  che  la  persona  in^ 
^'iata  dal  papa   ad  Eidelberga  per  traspor-, 
tar  quei  codici  a   Roma,    a    cagion    della 
poca  sua  accortezza,  lasciò  sfiorar    qu  Ha 
sì    riguardevole    libreria  ,    essendone    stati 
asportati     i    codici    migliori  .    Non    por. hi 
Certamente  se   ne    trovano    nella    real    bi- 
blioteca   di   Vienna  .    Di    poca     attenzione 
per  questo  fu   accusato  Leone  Allacci,  uo- 
mo di  gran  credilo  per    la  sua    eruditio- 

/  ne. 


1 


594      A  N  N  A  L  I    d' Ita  L  r  A  I 

ce  ,  e  per  tanti  libri  dati  alla  luce^  j^iac-    ! 
che  a  lui  fu  appoggiata  T incombenza  suddet-    \ 
ta.  Non  cessavano  intanto  i  maneggi  del-    i 
Ja  repubblica  veneta ,  e  del  duca  diSavoja     ^ 
alla  e  >rte  del  re  Cristianissimo^  per  trar-    ] 
re  dalle  mani  dec^li  Austriaci    la  Valtelli- 
na ,  e  gli  altri  paesi    occupati    nella  Rhe-    J 
tia.  E  perchè  si  scorgeva  troppo    manife- 
sto rartjficio  degli  Spagnuoli  di  dar  seni* 
pre  belle  parole,  senza   mai  venire   ai  fat- 
ti :  finalmente  sul  principio  di  febbrftjo  fu 
conchiuso  a  Parigi  di  adoperar  mezzi  più 
forti   per  terminar  questa  briga.  Si   stabilì    | 
dunqufe  una  '  lega    del    re  Lodovico  XII 1  ,    ì 
della  repubblica  veneta,    e  del    duca  sud-    v; 
detto-^  afnn  di  obbligare  tanto    il    re  Cat-    1 
totico  y  cho^V  arciduca  Leopoldo  a  rimette-     ; 
re  in  pristino  le  cose  dei  Gngioni  ,  salva 
sempre  nella  Valtellina  la  religione  catto*     ; 
lica ,  Non  sembra  che  la  corte  di  Francia 
nudrisse    vera    voglia    d'  impiegar    le    sue     ; 
armi  in  questo  litigio,,  e  fu  piuttosto  cre^ 
dut^>    che  il  solo  strepito    della    formata 
confederazione    metterebbe    il    cervello    a    \ 
partito    agli  Austriaci  ,    siccome    appunto 
avvenne  .  Era   già  stato  altre  volte    messo 
i»  campo  il  partito  di  consegnare    in    de-    ^ 
posito  al  papa  tutte  le  fortezze  occupate, 
o  fabbricate  dagli  Austriaci    nella    Khetia 
e  Valtellina,  acciocché    la  Santità    sua    le 
guernisse  con  presidio  suo  proprio,  e  te- 
nesse quel    paese  ,    finche    fosse    assicurate— 
il  puQto  della  religione  di  essa  ValteLina 

per 


Anno  MDCXXIII.  395 
per  r  avvenire;  Or^  il  re  FirL]ppo  IV  nel 
di  17  del  suddetto  febbrajo  spedì  V  ordi- 
ne ,  che  si  dovesse  far  la  consegna  di  es- 
se fortezze,  forse  lusingato  dalla  speran- 
ca  di  far  anche  biìon  mercato  col  mezzo 
di  un  pontefice  ,  in  cui  non  si  potea  pre- 
sumere molta  inclinazione  ai  Grigioni  se- 
guaci deir eresia.  Ripugnavano  a  questo 
impegno  i  cardinali  per  timore  ,  che  en- 
trasse in  un  labirinto  la  dignità  della  San- 
ta Sede  ,  stante  non  poter  ella  trattare 
con  essi  Grigioni,  e  il  rischio  di  disgustar 
infine  alcuna  delle  potenze  interessate.  Ma 
i  nipoti  del  papa  5  siccome  pensionar]  del- 
la Spagna ,  col  forte  motivo  di  risparmia* 
re  una  g^ierra  all'  Italia ,  e  di  poter  me^ 
glio  accudire  agli  interessi  della  religione 
nella  Valtellina,  trassero  la  Santità  sua 
ad  accettare  il  deposito .  Pertanto  nel  me- 
se di  maggio  spedi  il  pontefice  don  Qra" 
zìo  Lodoviiio  suo  fratello,  creato  sui  pri- 
mi giorni  del  di  lui  pontificato  generale 
della  Chiesa  ,  e  poscia  divenuto  duca  di 
Fiano,  che  con  cinquecento  cavalli,  e  mil- 
le e  cinquecento  fanti,  nel  giorno  sesto 
di  giugno  prese  il  possesso  dei  forti  del- 
la Valtellina^  e  dopo  molti  contrasti  an- 
che di  Chiavenna,  e  della  Riva.  Nel  qua! 
tempo  V  arcidc!ca  Leopoldo  ritirò  il  pre* 
sidio  da  Coirà,  e  da  altri  luoghi  della 
Rhelia  :  con  che  per  ora  si  tolsero  i  semi 
di  una  grave  perturbazione  alla  Lombar- 
dia j  e  tutti  i  negoziati  per  tal   pendenza 

si 


59^      Annali    d'Italia"  ] 

si  iidu^serpalla  corte  di  lloma  ,  giacciié| 
a  lei.  era;;dgie^  '■  deLberazione  di^ue-.' 1 
sto  affare ....!.  .         .    r.    >p  <\ 

Pfcxebè  .il . p/'^pa  dopo    il    dtposifo   parve  \ 
ehe  4ion:si  affiottasse,  >cdme:  bramavano  i  1 
Francesi^  a  .sentenziare  sulla  Valtellina  ,  e  ; 
andava  ,p  rei  negando"  i  negoziati,   non  man-  j 
GÒ  gente  maliziosa^  che  sognò  in    lui    in-J 
clinazione  a  ritener  quel  dominio    per    Is^l 
Chiesa  romana,  o  a  trasferirlo  nei  suoi  m^ì 
poti.   Ma   a  questi  lunarj   e    sospetti    miser  ^ 
fine  la  morte  ^  che  nel    dì  otto    di    luglio  ■ 
rapì   alla  terra  esso  Gregaria  XV  ponte!. ce  . 
degno  di  più  lunga  vita  ,    e    glorioso  per  | 
non  avere  ommessa  diligenza    veruna    per  I 
sostenere  la  religion  cattoUca    in    Germa-  | 
nia,  ei  la  quiete  in  Italia*  Ncppur  egli  di-  i 
menticò  di    arricchire^    pei*,  quanto    potè^  | 
la    propria    casa,    ma    cort    onesti    mezzi  <! 
Impetra  specialmente  dal  re  Cattolico,  che  ] 
si  maritasse  con  un  suo  nipote  l'unica  fi-  • 
glia  ed  erede  d^l  principe  di  Venosa,  che  | 
p(>rtò  .in  dote  un'  annua    rendita    di    qua-  | 
r^ntaniilà   ducati  in  tanti  feudi    del  regnó*^ 
di  Napoli.  Ne  poco  contribuì  a  questo  in-- 
grandimerito    il    cardinale  Lodovico  Lodó-^ 
Visio  nipote,  il  quale    per  risparmiare    al 
poGtefìce  zio  le  brighe  spinose  del  gover- 
no^ le  assunse  egli,  lasciando  che  il  papa 
&ì  divertisse  in  ascoltar  le  accademie  isti-  \\ 
tuite  da  lui  nel   palazzo  ^  alle  quali  ìntej^i 
teniva  con  piacere ,  siccome  persona  dò^|l| 
lissima  y  e  amante  dei  professori  delfe  le&^l 


Anno  MDCXXin.  337 
fere .  Questo  cardinal  padrone  òàndimena 
riportò  lode  di  aver  esercitata  h  giusti- 
zia ,  e  mantenuta  l'abbondanza  dei  viveri 
e  grani  io  Roma  ,  in  tempi  di  notabil  ca* 
restia,  ed  esercitata  in  varie  maniere  la 
sua  pietà  e  la  sua  carità  verso  dei  pove- 
ri .  Acquistò  poi  la  casa  Lodovisia  i' 
insigne  principato  di  Piombino  ,  che  ulti- 
mamente per  mancanza  della  medesima  è 
ricaduto  col  mezzo  della  madre  Lodovisia 
Sn  don  Gaetano  Boncompagno  duca  di  So- 
ra  .  Avea  il  pontefice  Gregorio  pubblicato 
nell'anno  1621  due  riguardevoli  Costitu- 
zioni intorno  air  elezione  dei  romani  pon- 
tefici^ che  anche  oggidì  servono  di  norma 
ai  conclavi  per  procedere  con  voti  segre- 
ti in  quel  delicato  impiego.  Adunato  per- 
tanto il  sacro  collegio _,  concorsero  nel  dì 
sei  di  agosto  i  concordi  voti ,  dove  meno 
inclinava  l'opinion  dei  politici  e  del  cu- 
riosi ,  cioè  nella  persona  del  cardinal 
Maffeo  Barberino  di  patria  fiorentino ,  non 
senza  stupore  di  chiunque  mirava  caduta 
la  sacra  tiara  in  un  personaggio  di  età 
di  soli  cinquantaeinque  nnai_,  e  di  com- 
plessione molta  robusta,  con  rimaner  tron- 
cate le  speranze  ai  vecchi  cardinali  di  giu- 
gnere  a  maneggiar  le  chiavi  di  san  Pie- 
tro .  Era  questo  porporato  uomo  di  ame- 
aaissirao  ingegno,  ed  eccellente  massima- 
mente nelle  lettere  umane,  ed  assai  ver- 
sato negli  affari  di  stato  ,  per  gl''impieghi 
importanti  da  lui  sostenuti  con  gran    de- 

COlfQ 


398       Annali    d'Italia 

coro  in  addietro.  Prese  cgU  il  nome  di 
Urbano  Vili  ^  e  contuttoché  nelle  prime 
apparisce  in  lui  disposizione  a  farla  da 
pa4re  comune  jeq^a  veruna  parzialità,  pu- 
re tardò  poco  a  trapelare  in  lui  non  lieve 
inclinazione  alla  Francia  5  ed  unione  con 
chi  so^eriva  mal  volentieri  la  prepotenza 
dei  ministri  spagnuoli.  Trovossi  bentosto 
il  nuovo  pontefice  in  molte  angvistie  a  ca- 
gion  dcir  impegno  preso  dall'  antecessore 
della  Valtellina  ,  giacché  disputandosi  a 
chi  dovesse  toccare  il  mantenimento  di 
qviei  presidj ,  ne  voìeano  per  onore  tutto 
il  peso  gli  Spagnuoli,  mentre  all'incontro 
pretendeano  anche  i  Francesi  per  loro  de^ 
coro  concorrere  alla  metà  della  ^pesa  ;  e 
intanto ,  senza  mai  accordarsi  ,  venne  a 
restar  quella  milizia  tutta  a  carico  delU 
sola  Camera  apostolica.  Fioccavano  poi  le 
istanze  di  Francia  ,  Venezia,  e  Savoja  ,  per 
ultimar  questo  affare^  e  il  papa  non  ne 
trovava  la  via ,  per  non  tirarsi  addosso  il 
di;5gusto  della  corte  di  Madrid  .  Però  eoa 
varj  dibattimenti ,  ma  senza  conclusione 
alcuna  intorno  a  quegli  affari,  passò  Fan» 
no  presente.  Merito  grande  si  era  acqui- 
stato colFimperador  Ferdinando  II  il  cat- 
tolico duca  di  Baviera  Massimiliano  pél 
suo  valore  in  avere  restituito  alla  casa  di 
Austria  il  regno  della  ribellata  Boemia  , 
ed  avere  atterrato  F  eretico  elettor  Palati- 
rio  Federigo ,  tuttoché  della  propria  casa  , 
Volle  l'augusto  signore  premiarlo  le  com- 

pen- 


A  N  N  o  MDCXXIII.  399 
pensarlo  ancora  per  le  immense  spese  fat- 
te in  diksa  sua  j  epperò  oltre.  alJVavergU 
dato  il  doraÌRip  del  Palatinato  superiore  > 
trasferì  eziandio  in  lui  nel  dì  25  di  feb- 
bri^j  1  la  dignità  ekttorale  j  tolta  già  al 
duca  Gian-Federigo  suo  antenato  dall' im- 
perador  Carlo  V.  A  tal  disposizione  grani 
contrasto  fecero  alquanti  principi,  e  mas- 
simamente i  protestanti  ;  ma  infine  ebbe 
adempimento  la  cesarea  volontà,  con  sin- 
goiar approvazione  della  corte  di  Roma  • 
Pagò  nel  dì  dodici  di  agosto  dell'anno 
presente  jl  tributo  della  mortalità  Antonia 
frioll  doge  di  Venezia,  e  in  luogo  suo  fu 
eletto  Francesco  Contarino  .  Venne  pari* 
inente  a  morte  Federigo  della  Rovere  prin- 
cipe di  Urb'ino ,  unico  figlio  di  Francesco 
Maria  duca  dì  quelle  contrade ,  né  del  suo 
matrimonio  con  Claudia  dei  Medici  figlia 
di  Ferdinando  I  gran  duca  di  Toscana 
(la.  qua!  poscia  passò  alle  seconde  nozze 
coir  arciduca  Leopoldo  )  altra  prole  restò 
che  una  picciola  principessa  per  nome  Vlt- 
toria,  .E  perciocché  non  vi  era  apparenza 
che  il  vecchio  daica  potesse  più  avere  suc- 
cessione legittima  maschile^,  la  corte  di 
Roma  cominciò  tosto  ad  adocchiar  quel 
ducato  j  come  stato  vicino  a  ricadere  al- 
la Camera  apostolica ,  e  a  far  prepara- 
menti per  assicurarsene  in  avvenire  il  do^ 
fi^ìinio» 


Anno 


400     Annali    d'  I  t  a  l  r  a  .j 

ì 
Anno  di  Cktsto  1624,  indizione  VII.     ] 

di  Ukbano  Vili,  papa   2.  ; 

di  Ferdinando  11,  imperadore  €^: 

^Airmando  di  Plessls  di  Hlchdleu  ^  già| 
vescovo  di  Luz'Ziìn,  si  era  saput  >  così  be*i 
ce  introdurre  nella  grazia  di  Maria  del] 
Medici  regina  vedova  di  Francia,  e  poscia,! 
del  l'f^  Luigi  .  XIII  ^  che  dopo  la  riconci-j 
liazione  d»*li.i  madre  col  figlio  fu  introdotti 
to  nel  real  consiglio,  ed  anivò  a  lasciar-: 
si  indif^tro  ogni  a  Uro  ministro  dtUa  co-^j 
Tona,  e  a  diventar  Taibitro  di  quellaj 
corte.  Miràbile  era  la  penetrazion  del  sual 
ingegno,  la  sua  attivila,  la  sua  accortez-j 
•za  ;  e  maggiormente  cr^bbt^  >1  eredito  e| 
r  autorità  di  lui,  dappoiché  al  merito  suo| 
personale  si  aggiunse  il  lustro  della  sacra^ 
porpora  ,  co»  feritagli  da  yapa  Gregorio  XV^l 
nel  di  5  di  settembri^  del  1622,  E  sicca*^ 
me  ^eli  nulla  altro  meditava,  che  di  ri-, 
metterai  in  miglior  sistema  e  riputazione 
la  corona  di  Francia  ,  che  parca  scaduta' 
per  la  meltnsaggine  del  precedente  mini- 
stero, e  specialmente  ardeva  ài  voglia  di 
reprimere  la  di  lui  appellata  baldanza  dell' 
una  e  dell'  altra  casa  d'Austria:  così  pen- 
sò agli  affari  della  Valtellina  ,  e  a  muo-  : 
vere  alin  tuibini  in  Italia  centra  degli  j 
Sptiguuoli.  A  questo  l'incitavano  ancora^ 
ie  i!  glianze  continue  dei  Veneziani  y  e  di^| 
Carlo  Enimanuele  duca  diSavoja,  nel  cuiij 

capo     vi 


A  n:  n  o     MDCXXIV.  401 

capo  non  aveano  mai  posa  i  desiderj  di 
nuove  guerre,  e  soprattutto  di  vedere  al- 
le mani  tra  loro  1  due  monarchi  di  Fran- 
cia e  Spagna  ;  per  isperanza  di  profittare 
della  lor  disunione.  A^n  di  potere  con 
più  sicurezza  promuovere  i  suoi  grandio- 
si disegni,  il  Richelieu  fece  un  trattato 
cogli  Olandesi  ,  e  felicemente  ridusse  a 
buon  termine  il  matrimonio  di  Enrichetta 
sorella  del  re  Lodovico  con  Carlo  princi-pe 
di  Galles  figlio  di  Giacomo  re  delia  gran 
Bretagna^  avendone  impetrata  la  dispensa 
dalla  Santa  Sede  per  li  vantaggi  :,  che  si 
sperava  averne  da  provvenire  alla  religio- 
ne cattolica  nella  monarchia  inglese  .  Era- 
no fin  qui  stati  fluttuanti  i  negoziati  per 
la  Valtellina  ;  pf^rciocchè  avea  bensì  il 
pontefice  Urbano  VI  fi  abbozzato  un  acco- 
modamento ,  per  cui  fosse  restituita  ai 
Grigioni  quella  provincia  colla  reintegra- 
zione ,  e  garantia  della  religione  cattolica; 
ma  perchè  si  era  preservato  il  passo  li- 
bero per  quelle  parti  ai  vicendevoli  soc- 
corsi delle  due  potenze  austriache  (punto 
egualmente  disapprovato  dalla  Francia  e 
dalla  repubblica  veneta)  restò  priva  d'ef- 
fetto la  buona  volontà  e  determinazione 
della  corte  di  Roma  ,  Pertanto  a  tenore 
dei  maneggi  del  duca  di  Savoja  tenuta  fu 
una  gran  conferenza  in  Susa  fra  esso  du- 
ca,  e  il  Lesdiguieres  gran  contestabile  di 
Francia,  e  gli  ambasciatori  di  Venezia, 
dove  si  sottoscrisse  la  lega  della  Francia, 
Tom.  XXIV.  Ce  re^ 


i 

4oa  A  iS  N  A  L  I      i>'  T  T   A   L  I  A  | 

repubblica   veneta  ,  caduca  di  Savoia  ,pef*| 
liberar.  U  Vjjilreliioa.  Né  qui-si   f^n^ò    ifi 
corso  delle  pretensioni.   pTftnf va' forte  ts*j 
so  duca  contro  la    repubblica    di  Gmova  ,* 
si  perchè    era    stato,  supplarjtato    da    essai 
neir  acquisto  fatto  del    marchesato  di  Zlic-| 
cherello  sui   confini  del   Pinnbnle ,   il  <|i::i-j 
le  dalla  Camera  imperialt     fu  aggiudicati 
a>  Genovesi  ,  e  si   ancora   perché  in'Gf  n4[?- 
va  era  trascorsa  la  pltbe  in  a'cuni    dileg^ 
giamentidt  Ha  persona  del  medeskiió'-^u^ 
ca.    Ma  qu(  1   che  più    raccendeva  a   rom- 
perla coi  Genovesi  ,  era  la  facilità  d;^  |d 
ideata  di  conquistare  un  buon    tratid    del 
loro   dominio.   Propose  dunque»   alla   Plan- 
cia,  come  maniera  più  accorala  di  depri- 
meie  il   fasto  spagnuolo  in  Italia y  la'  con- 
quista della  città  di  Genova,    e' della*  ri- 
viera di  Levante^  che  dovessero  venire  iì: 
preda  ai  Francesi,  restando    ar    lui    que 
di  Ponente-  Forse  credei à  taluno ,  che  nor 
fossero  approvati   daiFrancrsi   tutti  quest; 
ideali  progetti.    La   verità    nondimeno    è 
che  egli   imbarcò  la  corte  di  Francia    an- 
che in  sì   vistoso  disegno,  e  che  non  me- 
no i  Francesi ,  che  i  Veneziarn   si  servi ro^i 
Bo  qui  idi  un    ripiego:   della'  creduta    fioJi 
politica  #    Imperciocché  i  Frane»  si   voìeancii 
solamente  entrarvi  come  ausiliaij  del  du- 
ca, dei  Grisonf ,  fe  Svizzeri  collegati;-  sl^nJj 
ca   dichiarar  guerra  aperta  alla  Spagna;  é\ 
i  Veneziani   intendeano  anche  essi  di  som-ij 
ministrar  danari  e  munizioni  per    la  Val4! 

tei-     1 


i 


Anno    MDCXXIV.       405 
fellìtia ,  ma  con  ritenere    per    quanto    pò** 
tessero    le    loro    milizie    ai    confini    deiìo 
stato  di  Milano;  e  senza  approvare    i  di- 
segni contra  di  Genova . 

Accordate  che  furono    in    questa    guisa 
le  pive  ,  si  diedero  i  collegati   a   preparar 
l'opportuno  armamento  .  Intanto  i  France- 
si non  parlavano  alla  corte  di  Madrid    se 
Kon  di  pace ,  e  di  un  amichevole    tempe- 
ramento per  finir  quella  briga  :    locchè   fa 
cagione,  che  per  quanto  i\  duca    di  Feria 
governa tor  di  Milano  scrivesse,  lettere  so- 
pra lettere  j    rappresentando    le    mene    da 
lui  scoperte  degli  alleati,-  e  insistendo  per 
soccorsi  :  pure  fossero  sempre  valutate  per 
soli    spauracchi    le    di    lui     insinuazioni  . 
Dall'altro  canto    il    re  Cristianissimo  fece 
vieppiù  incalzare    il  pontefice,    affinchè    o 
determinasse  in  breve  la  controversia  del- 
la Valtellina,  ovvero  rinunziasse  al  depo- 
sito, rimettendo  le  fortezze    ai  Grigioni , 
oppure  agli  Spagnuoli  ;    altrimenti    inten- 
deva di  aver  le  mani  slegate,'  e  di  essere 
in  libert?  di  valersi  di  mezzi  efficaci    per 
sollievo  dei  Grigioni  suoi  collegati  .  Ma  il 
papa  tra  perchè    i  Valtellini    faceano    re- 
plicate istanze  di  sottometterai  al  dominio 
pontificio  (  canto  che  non  dispiaceva    alle 
orecchie  romane  ) ,  e    per    la    persuasione 
che  niun  dei  principi  cattolici    avesse    da 
perdere  il   rispetto    alle    bandiere    di   san 
Pietro  ,  andava  barcheggiando ,    senza    ve- 
cir.e  a  risoluzioce  alcuna  .  Intanto  il  mar- 

C  e  2  che- 


4G4    Annali      d'  I  t  a  i  i  a 

^hese  di  Coeuvies  ambasciatore  del  re  Cri- 
stianissimo colle    calde    sue    insinuazioni  ^ 
e  molto   più    colla    potente    rettorica    del 
danaro  francese  e  veneto  ,  mosse  gli  Sviz- 
zeri e  i  Vallesani  a   far  leva  di  gente,  ed 
animò  i  Grisoni  alla  sollevazione.  Sul  iìne»| 
poi  di  novembre  il  marchese  suddetto,  di 
pacifico     ambasciatore    divenuto    capitanot 
guerriero   della    lega  ,    messosi    alla   testai 
delle  truppe  adunate  ,  iifiprovvisamente  en-^ 
trò  nella  Rhetia ,  ,  e  dopo  avere    sloggiate' 
da    alcuni    posti    le    truppe    delT  arciduca 
Leopoldo,  passò  nella  Valtellina,    comi»- 
ciando  ad    impossessarsi    di    quei    luoghi  ,i 
che  non  poteano  fare  resistenza  .    Non  sa-i 
pea  darsi  pace  Niccolò  Guidi  marchese  di^ 
Bagno  ^  luogotenente  generale    delle   arnìi' 
pontifìcie  in  quella  provincia  ,  che  un  mi- 
nistro di  Francia  procedesse  si  avanti  con' 
vilipendio  della  dignità  della  Santa  Sede, 
e  ne  fece    delle    replicate    doglianze  .    Ma 
poco  stette    a  veder    comparire    lo    stessa' 
marchese  di  Coeuvres  sotto  Tirano,    dov&i 
come  in  luogo  più  forte    teneva    il  Guidi 
il  maggior    suo  presidio .    Perchè    non    si= 
fidava  degli  abitanti    di    quella    terra  ,    si 
ritirò  esso  marchese  di  Bagno  nel   castel- 
lo.   Seguirono  delle  ostilità;    ma    perchè 
giunsero  artiglierie    spedite    dai  Venezia- 
ni^  il  Guidi  nel   di  otto  di  dicembre    ca- 
pitolò ,  che  se  per  tutto    il    di    dieci    se-J 
guente  non    gli    arrivava    soccorso^    ctàe.^^ 
rebbe  il  castello  y  ed  egli  colle    sue  geBti< 

se. 


Anno     MDCXXIV.        40  4 
e  ne  tornerebbe  negli  stati  delia  Chiesa  ' 
Ael  dì  undici  se  ne  andò  il  Bagno,  e  cori 
poca  fatica  da  lì  innanzi  il  Coeuvres  s'im- 
padronì di  Sondri.o,  Morbegno  ,    Bormio, 
in  una   parola    di    tutta    la    Valtellina  ,    a 
riserva  di  Riva  ben    guarnita    dagli    Spa- 
gnuoli  j  non  senza    biasimo    degli    uffiziali 
e  soldati  del  papa  _,    che   come    pecore    si 
lasciarono    cacciar    dai    luoghi   capaci    di 
buona  difesa.  Gente  nondimeno  vi    f  u  ^  e 
Specialmente  in  Ispagna,  che    sospettò   un 
segreto  concerto    del  papa    con  i  Francesi 
di  lasciarsi    forzare,    per    isciogliere    una 
volta  quel  nodo,  giacché  Urbano  Vili  non 
avea  mai  approvato  V  impegno   preso    dal 
suo  predecessore  Gregorio  XV .    Ciarle  fu- 
rono tutte  queste.  Certo  è,  che  di  grandi 
esclamazioni  e  vere  querele  fece  il  papa  a 
Parigi  per  tale  invasione    e    violenza    alle 
armi  sue,  ma  senza  voler  entrare    in  più 
gravi  e  dispendiosi  risentimenti .    Più  an- 
cora ne  fecero  gli  Spagnuoli .  Il  cardinale 
di  Rlclu'Ueu  parte  con  parole  dolci  ^  par- 
te colle  brusche  >  si  cavò  fuori  d'intrico, 
e  seguitò  francamente  le  tele    precedenti^ 
per  effettuare  gli  altri  suoi  disegni. 


Anncy 


i^oG        Annali    d' Italia 

Anno  di  Cripto   1625,  indizione  VIIL  l 

di  Urbano  Vili,  papa  3.  ; 

di  Fehdinanpo  il ,  iraperadore  7.       ; 

^i  celebrò  in  questo  anno  il  giubileo  del-    1 
la  santa  Chiosa  romana,  intimato  da  ^apa 
Urbano  Vili ^  ma  non  vi  si  mirò    il  gran  H 
concorso    dei  pellegrini    divoti ,    come   ii>    1 
altri  precedenti.  La  pestilenza    insorta  in  ^j 
Palermo,  ed  altri  luoghi  della  Sicilia  ,  fa- 
cea  quivi  terribile  strage,    e  sommo    spa- 
vento eziandio  recava  all'Italia.    Oltre    a 
ciò,  le  turbolenze  della' Valtellina  ,    e    un 
fioro  temporale  insorto  contra  della  repub- 
blica di  Genova,  intorbidavano    in    questi? 
tempi    la  quiete    della  Lombardia  ,    e   deii 
circonvicini  paesi  :  tutti   ostacoli    alla    di- 
vozione pellegrinatoria  dei    fedeli.    Si  vi- 
dero'nulladimeno    comparire    a    Roma    in   ] 
si    pia    congiuntura  Uladislao   prìncipe    di  *| 
Polonia  ,  figlio  dell'  invitto'  re  Sigismondo   \ 
trionfatore  dei  Turchi  ,  e  poscia  Varcidu-  j 
ca  Leopoldo^  i  quali  dal  pontefice  riceve-  ^^ 
rono  ogni  maggior    contrasegno    di    stima    | 
e  di  aSetto.  "Poco    godè    dell' illustre  suai 
dignità  Francesco  Contarino  doge    di    Ve-  \ 
nezia  ,    perchè    fu  in  questo    anno    rapito   ! 
dalia  morte,  ed  ebbe  per  successore   Gio-  \ 
'vanni  Cornaro .  Concepì  speranze  di  gran-    i 
di  vantaggi  il  Cattolicismo    per    le    nozze   | 
'di  Carlo  I  re  della  Gran  Bretagna  (il  cui   Ì 
padre  Giacomo  Stuardo  re    era  dianzi   nel   | 

mese       i 


Anno,  MDCXXV.         407 
mese  di  aprile  m^ncat-^  di    vita  )  jcelt  bra- 
te  nrl  mose  di.luglio  an  Enrich^tta  prin-- 
cipesì^a    sorella,  jii    Lodovico  XIII    te    di 
Francia  ;   ma  c)ueste  speranze  col  tftrnpo  si 
ridussero  a  fole  foglie  e  fiori,.   iSè    si  dee 
tacere  per  gloria  di  uno  dei  gran    capita- 
ni ,  figli  dt  ir  Italia,  che   avendo  Ambrosio 
Sninola  generale  dt  Ile  armi   sp-ignude    in 
JBandra  nel  mese  di  agosto'  del  prec* dttc- 
te  anno  assediata  Bredà  ,  piazza   pel   sita,' 
e  per  le  innunv  rabili   fortificazioni  credu- 
ta inespugnabile,  ià  vicinanza  deh  mare  e 
di  Anversa  ,  gli   riuscì    di  rendersene    pa-^ 
drone  nel  di   cinque  di    giugno    dell'anno 
presante  .    Cejebre    sru^rammodo    fu    quelU 
assedio,  incredìbile  l'industria,    li  senno ^ 
e;  la    costanza.  diUo.  Spinola    in    sostener 
queir  imjpresa  contiìo  tutti  gli  sforzi    deli' 
Inghilterra  ,  e  di  Maurizio  di  Nassau  prin- 
cipe di  Orang^s   e  g;  nerale    degli  Olande- 
si, che  appunto  fini  i  suoi  giorni  sul  prin- 
cipio di  maggio  del  presente  anno,  lascian- 
do   fama    di    essere    stato    uno    dei    priim 
guerrieri  del  suo  tempo.  ' '''     oh 

Qualche  azion  militare  si  fece  dn  questi 
giorni  awche  nella  Valtellina  ,•  ma  di  sì 
poco  rilievo,  che  non  occorre  farne  men- 
zione. U  duca  di  Feria  governator  di  Mi^ 
lano  avea  già  in  pronto  un  sufficiente  eser- 
cito, che  servì  a  frastornare  ogni  ulterior 
progresso rdei  Francesi  e  Veneti  in  quelle 
parti  .  Avrebbe  ^egli  anche  potuto  far  di 
più,  se  non  fosse  stato  costretto   a  .  tener 

Ce  4  gli 


4o8       Annali    d' Italia 
gli   occhi  aperti  ad  un    maggior    tenipor?»- 
le,  che  scoppiò    contro    i    Genovesi  .    Era 
riuscito,  sÌGCon:ie  dicemmo,    a  Cariò  Em- 
manuele    duca    di    Savoja    d' ubbriacare    i 
Francesi  colia  da   luì   rappresentata  agevo- 
lissima conquista    di    Genova  ,    rappresen- 
tando quella  cittȓ  tanto  illustre  e  ricchis- 
sima   oramai    invecchiata ,    e    sopita    neU* 
ozio,   infiacchita   nelle  delizie,  sprovvede^ 
ta  di  fortificazioni  moderne  ,  e  di  soldàte» 
sche  )  con  supporre  ancora    ai   medesimi  , 
e  non  senza  ragione,   di   tener    buone    irl- 
telligenze  con  alcuni  malcontenti  nel  cuo- 
re della  medesima  città.  Perciò,  come  se 
avessero  in  pugno    là    preda,    con    alcune 
capitolazioni  la  spartirono  fra  loro;    anzi 
fecero  i  conti  fin  d'allora    sullo    stato   di 
Milano,    sul    Monferrato,    sulla  Corsica  ,  I 
formando   varj  patti  di  divisione  :    che  di   \ 
tali  magnifiche  idee  era  mirabilmente  for-    J 
nito  r  animo  grande    di  esso  duca  .    Avea    \ 
la  corte  di  Francia  a  questo  fine  fatto  uà   j 
trattato  cogli  Olandesi ,  che    s'  impegna ro-' 
no     d'  inviare    venti    grossi    vascelli    ben    i 
corredati  in  rinforzo  delle  armi  di  Savoja.   l 
Le  galee  ancora  e    i   galeoni    di    Francia  _,    j 
benché  solamente   i   fusti  ,  e  senza  inalbe-   j 
rarvi  lo  stendardo  reale  ,  doveano   servire  ' 
al  duca  ;  e  il  contestabile  di  Lesdiguieres    : 
come  ausiliario  assistergli  con  grosso  ner-   \ 
bo  di  gente  ,  pretendendo  con  ciò    di  non    j 
far  guerra  dichiarata;  tele  di  ragno,  col-    \ 
le  quali  vanno  anche  oggidì  i  principi  del    • 

mon-        ■ 


A  N  ij  o  MDCXXV.  409- 
inondo  coprendo  gli  ambiziosi  loro  dise-^ 
gni.  Non  e  ricorsero  i  Veneziani  collega^ 
ti  in  questi  cUversÌ6ne  ,  anzi  positivamen- 
te la  riprovarono  I  e  se  pure  si  volea  far 
guerra  ,  la  desideravano  contro  lo  stato 
di  Milano  :  cotanto  si  trovavano  ora  mai 
soddisfatti  delle  due  potenti  case  d'  Au- 
stria .  Fatta  dunque  nel  dì  quattro  di 
fnarzo  in  Asti  la  rassegna  generale  delle 
truppe  Francesi,  e  Savojarde  ,  si  trovò 
ascendere  quelT  armata  a  ventiqùattronnla 
fanti  j  e  tremila  cavalli  con  buon  treno 
di  artiglieria.  A  sì  feroce  insulto  poco  si 
trovavano  preparati  i  Genovesi  ,  perchè 
niun  giusto  motivo  né-  dalla  parte  della 
Francia  ,  né  da  quella  di  Savoja  apparivft 
di  muoversi  alla  loro  rovina  ;  senza  ri* 
flettere  che  ai  conquistatori  non  mancano 
mai  pretesti  per  far  guerra  ai  vicini  ;  e 
che  se  un  confinante  si  arma  ,  s'ha  sempre 
a  temere  .  E  quiw^i)que  sorg^^ssero  sos- 
petti,  che  contro  di  loro  si  disponesse  la 
danza j  pure  non  voleano  prestar  fede  a 
chi  gli  assicurava  delia  traina  ordita  ;  e 
però  lentamente  procederono  ad  armarsiv 
e  a  raunar  genti,  viveri,  e»  danari y per 
una  gagliarda  resistenza  >  fìnchè  veduto 
vicino  il  nembo,  si  svegliarono.  Allora. 
fu,  che  si  diedero  a  tempestare  il  duca: 
di  Feria  in  Milano^  e  il  re  Cattolico  Fi- 
lippo IV  per  poderosi  ajuti  ,  facendo  con 
facilità  conoscere  ,  quaato  comune  fosse 
la    causa.    Perduta  Geaora,    era    perduto 

la 


Il 

410        Annali    d' Italia  | 

io  stato  di  Milano.  Parimente  fecero  istan-  1 
ze  ai  ior    corrispondenti    di   Spagna,    per  | 
soccorso  di  pecunia  ,  e  questi  non  manca-  | 
rono  d' inviarne  dipoi  in  gran  copia  .    In-  t\ 
tanto  si  dilatò  lo  sbigottimento  nella  cit-  | 
tà ,  e  dappoiché  si  vide  muoversi    a  quel-  | 
la  volta  il   torrente ,    vennero    non    pochi  1 
al  disperato  consiglio  di    abbiindonar   tut-l 
ta  la  riviera  di  Ponente,  e  il  di  qua  dall' | 
Apennino,  per  ritirar  tutte    le  forze    alla 
difesa  del  cuore.    Ma    prevalse    il    senti- 
mento   di    Gian  Girolamo    Dòria    capitala 
vecchio  e  di  sperienza  ,    e  di  Carlo  Doria 
duca  di  Tursis  ,    e  di  altri    più  saggi  ,  e 
coraggiosi  y  che  si  sostenesse    la    città    di 
Savona  ,  e  si  armassero  i  passi  di  Gavi  e 
dì  Rossiglione,  per  trattenere    il  più   che^ 
fosse  possibile,  lungi  da  Genova  quell'im-*' 
petuosa  tempesta  , 

Entrò  dunque  l'esercito  collegato   dalla  j 
parte  di  Novi    nel  ^^GèWttvesato ,    e    gli    si| 
arrenderono  varj  lutJghi  .    Il    duca  di  Sa-^ 
"voja ,     il    principe    di    Piemonte    Vittorio] 
AmedéQ'  suo  figlio  ,  e  Lesdignieres  in  varj' 
siti  di'  qua  dall' Apennino  fecero    sì  gran-^ 
de  empito  ,  che  sconfissero    nel    giorno  dì 
giovedì  s.antb  le  truppe  genovesi  a  Rossi- 
glione, e   poscia  diedero  una    rotta    mag- 
giore ad  esse  genti    ad  Ottaggio  :    disgra- 
zi^  ,  die  accirebbero  forte  lo   spavento   in 
Genova  ^  e  ji  asieme  lo  sdegno    contra    del 
duca  ,    incre  dibilmente    per    altri    motivi 
©diato  da  loi  fo,*ft*^irincorarono  poscia  al- 

quan* 


Anno  MDCXXV.  411 
quanto  gli  animi  per' U arrivo  colà  di  Lo* 
dovico  Gh;^sco  con  duemila  fanti,  e  du- 
gento  cavalli,  spediti  per  le  vie  di  Le- 
vante in  loro  ajuto.  Ortaggio  intanto  fu 
preso,  e  dato  a  sacco ^  e  rimasero  prigio- 
nieri i  dif<  nsori  .  In  quelle  parti  vi  resta- 
va ancora  Gavi  da  espugnare  ,  ma  non  si 
durò  fatica  a  prendere  quella  terra  col 
castello  .  Gran  dispareri  poscia  seguirono 
fra  il  duca  e  Lesdiguieres  .  Pieno  di  fuo- 
co e  di  speranze  il  primo  insisteva^  che 
si  marciasse  a  dirittura  a  Genova  ;  lad- 
dove r  altro  considerando  le  forze,  e  la 
gran  popolazione  di  quella  città,  e  di  che 
sia  capace  T  amore  della  libertà;  e  riflet- 
tendo a  ciò  che  potea  avvenire,  se  il  du- 
ca di  Feria  dalla  parte  di  Milano  con  as- 
sai schiere  da  lui  allestite  venisse  a  ta- 
gliar la  communicazione  con  la  Lombar- 
dia,  e  se  inoltre  sopragiugnessero  per  ma- 
re i  soccorsi  aspettati  in  Genova  da  Na- 
poli e  Sicilia  :  ripugnò  ,a  tal  risoluzione^ 
II  perchè  dal  duca,  fu  spedito  il  principe 
di  Piemonte  ad  occupar  la  riviera  di  Po- 
nente ^  frutto  che  dovea  a  lui  restare  di 
questa  guerra.  Andò  egli  ;  colla  forza  si 
impadronì  della  ricca  terra  dalla  Pieve  , 
dove  tutti  corsero  al  saccheggio  :  ricupe- 
3Ò  Oneglia  terra  sua  poco  prima  occupa- 
ta dai  Genovesi;  e  vennero  poscia  alle 
sue  mani  le  città  di  Albenga^  e  Venti- 
miglia  ,  e  le  terre  di  Alassio,  Porto  Mau- 
rizio ,  San  Remo ,   Loano ,  Castel  Diano  , 

in 


4i2  Annali  D'ÌTALfA 
in  una  parola  tutta' la  suddetta  Riviera ^^ 
Gorninciando  dal  Finale  sino  a  Villafran- 
ca  per  lo  spazio  di  sessanta  miglia  .  Non 
dimenticarono  i  vittoriosi  saldati  di  far 
quanto  spoglio  poterono  in  quelle  parti  » 
Continuava,  nulladimeno  il  duca  nel  dise-^ 
goo  di  passar  sotto  Genova  ^  al  qual  fine 
iacea  dei  gran  preparativi  ;  ed  essendo- 
si imposessaio  di  Savjgnone  ,  sei  miglia 
vicino  alla  città  ,  se  F  aspettavano  a  mo- 
inenti  i  Genavesi  sotto  le  mura  .  Giunse 
^  tempo  a  calmare  la  costernazione  di 
quel  popalo  una  galea,  che  di  Spagfla  re- 
cava un  milione,  di  ducati  d'oro,  e  uè 
sopraggiunsero  poi  altre ,  che  condussero 
di  colà  (  per  quanto  fu  detto  )  sei  altri 
milioni  y  spettanti  ài  privati  Genovesi  j, 
ma  somministrati  al  bisogno  delia  repub- 
blica. Quel  nondimeno ;;  che  maggiormen-  ^ 
le  fece  dar  bando  al  timore ,  fu  che  il  \ 
cavalier  Pecchio  arrivò  a  Genova  con  circa  j 
tremila  fanti  dei  terzi  di  Modena  e  Par-  j 
ma,  inviati  dal  duca  di  Feria.  In  quei  ma^  j 
ri  ancora  comparve  il  marchese  di  S^tìta  '; 
Croce  con  trentatre  galee  di  Spagna  ,  so-  « 
pra  le  quali  erano  quasi  quattromila  fan-  ^ 
ti^  la  maggior  parte  gente  veterana.  l>a  i 
Napoli  vennero  alcuni  galeoni  con  mille'  i 
e  cinquecento  uommi  _,  e  le  galee  di  Si-  ] 
cilia  con  secento  Spagnuali  ,  e  parimente  ^ 
il  marchese  dì  Bozzolo  con  ottocento  fan-  j 
ti  e  dugento  cavalli  ,  corfdotto  da  quella  j 
lepubbhca  ;    conche    si    trovò,    aver    già      \ 


ia 


Anno    MDGXXV.        415 
in  pronto  i  Genovesi  un'armata    di    circa 
flodicimila  fanti. 

Contuttociò  fu  creduto  in  Genova  mi* 
glior  consiglio  di  nulla  azzardare,  se  pri- 
ma non  usciva  in  campagna  il  duca  dì 
Feria  .  I  soli  popoli  della  Pozzevera  in- 
festavano il  campo  Gallo-Savojardo  ,  e 
gjiunsero  ad  assediare  in  Savignone  il  prifi- 
cipe  di  Piemonte,  che  fu  liberato  dal  pa- 
dre .  Erano  in  questo  mentre  le  forze 
principali  dello  stato  di  Milano  impiega- 
te nella  difesa  di  Riva  ,  luoa-o  vilissimo 
sul  Lago  di  Chiavenna  ,  ma  ben  fortifica- 
to dal  governator  di  Milano  .  Al  coman- 
do di  esse  stava  il  conte  Giovanni  Scrbel- 
lone ,  che  varie  pruove  diede  in  ributta- 
re il  marchese  di  Coeuvres  ,  ito  più  vol- 
te ,  ma  indarno  ,  ad  assalire  quel  sito  . 
Tante  nondimeno  furono  le  istanze  dei 
Genovesi  ^  che  il  Feria  passò  infine  con 
quante  genti  potè  raunare  a  Pavia  ,  e  in- 
tanto andarono  giugnendo  in  Lombardia 
i  Tedeschi  5  assoldati  specialmente  coH'oro 
dei  Genovesi  .  Se  si  ha  da  credere  al  Ca- 
priata,  erano  circa  sedicimila  combatten- 
ti, comandati  dal  barone  di  Pappenaim  , 
e  dai  conti  di  Solm  e  di  Scultz  ,  ed  inol- 
tre non  poche  squadre  di  cavalleria  fero- 
ce ,  venuta  dalla  Polonia  e  Croazia  ^  cho 
unita  ai  Lombardi  e  Napoletani ,  ascende- 
va a  cinquemila  cavalli  .  Mossesi  allora  il 
duca  di  Feria  da  Pavia  con  passare  ad 
Alessandria  ,  e  al  movimento    suo  cornine 

eia- 


V 

414.       Annali    D*ÌTALtA 

eìaroiio  ad  eclissar    le  glorie    eiìmere    del     ; 
nemi*.o  esercito;  e  tanto  più   perchè    era-     j 
no  cresciute  le  gare ,    e    diffidenze    fra    il     \ 
duca  di  Savoja>,    e    il    contt  stabile  Lcsdi-     ^ 
guieres  j  sospettato,    probabilmenie    senza     Ì 
ragione ,  corrotto    dar    regali    segreti    dei     j 
Genovesi..  Ritiraronsidunqiie    i  Ga!lo-Sa- 
vojardi   fuori  dello  Stato  di   Gengiva  ,    in.     | 
seguiti  sempre  dal  Feria,  che  volò  ad  im- 
padronirai della  città    di  Acqui  ,    dove    fu    • 
ritrovato  urt  magazzino  di    viveri    e  ;  mu-    | 
njzioni  j  e  la  guardaroba  del  duca    di  Sa- 
voja  con.  ricchi  am  di  ,  argenttrie  j  e  li- 
vree ,  colle  quali  si  sparse  voce  >  che  egli, 
pensasse    di  far    la    sua    pomposa    entrati! 
nella  debellata    città    di  Genova  .    Grande 
onore  acquistò  in  tal  congiuntura  il  prin- 
cipe Vittorio    Amedeo  ,    perchè    inseguito    I 
dagli  .^pagnuoli^  con  buon  ordine    e    bra-    * 
vura  ridusse  in  salvo   tutte   le    sue    genti 
ed  artiglierie  «  j 

Ricuperarono  intanto  i  Genovesi  Gavi^  | 
e  Novi,  e  gli  altri  posti  di  qua  dairApen-  ^ 
nino>  con  cogliere  in  Gavi  molti  pez.zi  | 
di  artiglieria  del  duca  di  Savoja.  SimiK,  5 
mente  il  marchese  di  Santa  Croce  coìte  j 
galee  per  mare;'  e  con  ottomila  fanti  ,  e  ■ 
due  compagnie  di  cavalleria  per  terra  , 
si  portò  a  liberar  la  Riviera  di  Ponente  ^ 
dai  nemici .  In  poche  settimane  tornarono  i 
air  ubbidienza  della  repubblica  Alberga  >  j 
Ventimiglia  ,  e  tutte  le  altre  terre  di  ^ 
quelle  parti.  Né  di  ciò  contenta  quelTar-    \ 

mata ,        ^ 


Anno  MDCXXV.  41^ 
tnata  ,  passò  ad  assediar  Ormea ,  terra 
del  duca ,  con  prendere  a  forza  d'armi 
non  meno  essa*  che  il  castello  .  Seguì  ivi 
grande  effusione  ^a  sangue  ,  e  tutto  andò 
a  sacco .  Da  questo  esempio  sgomentati 
quei  di  Garessio,  e  di  Bignasco  inviaro- 
no le  chiavi  al  Santa  Croce .  Mentre  ta- 
li imprese  si  faceano  nella  Riviera,  il 
duca  di  Feria  bramoso  di  qualche  fatto 
glorioso,  si  portò  all'assedio  della  for- 
tezza di  Verruà,  considerabile  allora  per 
la  situazione  sua,  ma  non  già  per  rego- 
late fortificazioni  ;  vi  passò  nondimeno 
con  tale  lentezza  ^  che  diede  tempo  al 
duca  di  Savoja  di  gittarsi  in  Crescentino> 
e  di  spignere  un  buon  rinforzo  di  gente 
in  quella  piazza,  di  farvi  alcuni  trincie- 
ramenti ,  e  di  fabbricare  dipoi  un  ponte, 
che  congiugneva  Crescentino  con  V^efrua: 
ponte  due  volte  rotto  dagli  Spagnuoli ,  e 
sempre  rifatto  dall'  intrepido  duca  Carla 
Èramanuele.  Per  quanti  sforzi  facesse  di- 
poi il  Feria  sotto  Verrua^  tutti  riusciro- 
no vani  i  laonde  accostandosi  il  verno  ,  e 
ricevuta  nuova ^  che  fossero  calati  in  Pie- 
monte seimila  Francesi  ,  giudicò  meglia 
il  ritirarsi ,  che  di  lasciar  ivi  a  repentai- 
glio  gente  ed  onore.  Ed  ecco  dove  andò 
a  terminare  sì  strepitoso  fenomeno  ,  sen- 
za alcun  frutto,  e  solo  con  danno  per 
parte  del  duca  di  Savoja ,  e  con  ignomi- 
nia dal  canto  dei  Francesi  ^  ehe  sì  leg- 
germente entrarono   in    questo    impegno  ^ 

e  poi 


At6  Annali  d/1talia 
e  pii  lasciarono  il  ddca  in  ballo  senza 
soscorrerlo  colla  flotta  del  duca  di  Gui- 
sa ,  e  con  valersi  in  proprio  servizio  dei 
venti  vascelli  olandesi,  già  promessi  per 
r  Italia .  Si  aggiunse,  aver  preteso  nello 
stesso  tempo  di  metter  eglino  i  presidj 
nelle  terre,  che  si  andavano  occupando  . 
Insomma  poco  conto  per  lo  più  truovano 
gli  altri  animali  in  volere  far  lega  col 
iione . 

Al    pontefice  Urbano  Vili    sommamente 
dispiacevano  queste    funeste,    brige    in  Ita- 
lia ;    laonde    per    troncarne    ii    corso  ,    e 
massimamente  per  impedire,    se    era    pos- 
sibile ,    che  non    venissero    ad    un'  aperta   , 
rottura   le  corone  di  Francia  y    e    di  Spa- 
gna ,    determinò    d'inviare    a    Parigi    una 
maestosa  legazione;    e   fu  scelto    per    essa 
il  cardinal  Francesco  Barberini  suo    nipo- 
te ^  assai  giovane  di  età,  ma  non    di  sen-    | 
no,  ed  anche  assistito  dai  prelati    vetera-    i 
ni  nelle  faccende  del   mondo  .  Giunta  egli    | 
colà:  nel  mese  di  maggio  ,    rinnovò    i    ri-    1 
sentimenti  per  l'affronto    fatto    alle    armi    f 
della  Chiesa    nella  Valtellina  ,    chiedendo-    ] 
ne  il  risarcimento  ;    propose    una    sospen-    ) 
sion  di  armi  in  Italia  ,  e  a  tutto  suo  pò-    j 
tere  seminò  consigli  di  pace  .    Finezze ,  e 
dimostrazioni  di  stima  non  mancarono    al 
legato  ;  ma  per  conto    dei  suoi    negoziati 
si  trovò  egli  tanto    inviluppato    dagli    ar- 
tifizj  di  quella  corte  ,    che    finalmente   sul 
fine  dell'anno  veggendo   andarvi    del    suo 

de- 


Anno  MDCXXV.  417 
decoro  nel  continuare  in  sì  disutile  im- 
piego ,  si  partì  da  Parigi ,  e  tornossene 
poco  contento  a  Roma .  Disgustato  per 
questo  il  pontefice _,  parve  disposto  a  vo- 
lere far  pruova  della  sua  bravura  neiran- 
no  seguente ,  con  assoldare  infatti  seimi- 
la fanti  ,  e  cinquecento  cavalli  per  rien- 
trare nella  Valtellina.  Poca  durata  ebbe 
poi  questo  fuoco  ,  tra  perchè  si  intreccia- 
rono varj  privati  disegni  dell'  ingrandi- 
mento della  propria  casa  ,  e  perchè  egli 
penetrò,  siccome  diremo,  gli  occulti  ma- 
neggi delle  due  corone,  per  venire  senza 
di  lui  alla  concordia.  Prosperarono  co- 
tanto in  questo  anno  non  meno  in  Un- 
gheria ,  che  in  Germania  gli  affari  di  Fer^ 
dinando  II  imperadore ,  che  ottenne  di 
far  coronare  re  di  Ungheria  il  suo  figlio 
Ferdinando  III . 

Anno  di  Cristo  1626  ,  indizione  IX. 
di  Urbano  Vili  ,  papa  4. 
di  Ferdinando  II,  imperadore  8. 

»ji  aspettava  ognuno ,  che  più  fiera  che 
mai  si  riaccendesse  la  guerra  nelT  anno 
presente  in  Italia  ,  dacché  si  vide  inviato 
a  Parigi  il  principe  di  Piemonte  dal  duca 
Carlo  Emmanuele  suo  padre  a  far  istanza 
per  un  più  potente  armamento  ;  e  molto  più 
dacché  si  seppe ,  che  allo  stesso  principe 
era  stato  conferito  il  titolo  di  generale 
delle  armi  della  Francia  in  Italia ,  senza 
Tom.  XXIV.  D  d  do- 


1 

£^iS       Annali    d'Italia  ] 

dover  dipendere  dal  contestabile  ,  o  òsi  al-i 
tri  pedanti  nelle  imprese  militari.  Amag-l 
giormente  poi  accrescere  nel  mese  ^i  mar- 1 
zo  questo  timore  servì    l'arrivo   in    Lom-è 
bardia   di  Torquato  Conti  duca  di  Guadi- 1 
gnolo,  figlio  del  duca  di  Poli,  con  seimi-| 
la  fanù  e    secento    cavalli    stipendiali    dalJ 
papa ,  ,€òn  ordine    di    accoppiarsi    con\  gm 
Spagnuoii  alla  rìcuperazion  della  ValtelTi*| 
na,  e  a  tornare  in  pristino  il  deposito  df| 
quella  provincia.  Del  che  pisrvenuto  l' av-^l 
viso  iti  Francia  ,  furono  spediti  danari  ed' 
ordini  al  marchese    di  Coeuvres ,    per    far 
leva  di  nuove  genti.  Ma  eccoti  all'idiprov^ 
viso  contro  V  espeltazion  di  ognuno  saltar 
fuori  ìa  pace  tra  la  Francia  e   la  Spagna  , 
i  cui  articoli  nel  dì  5y  oppure  6  di  mar- 
zo, furono  segnati    in  Monsone    terra-   di 
Aragona  dal  conte  duca,  cioè  dalT  Oliva- 
res,  e    dal    conte    di  Fargis    ambasciator*^ 
di  Francia^  ma  pubblicati  molto  più  tar- 
di. Non  si    può  spiegare,    quanti    artifìzj 
e  mascherate  si  facessero  giocare  in  questo 
negoziato.  Piìi  di  una  volta  fece   vista  Im 
corte  di  Parigi  di  disapprovare  il  concorj 
data  dal    suo  ministro    in  Ispagna ,    e    diji 
voler  richiamare    e  gastigàre   lui    stesso  |1 
eppure  gustò  infine  P operato    da  lui.   Vf! 
erano  delle  ^egrete  ruote,  che  moveano  ijj 
Richelieu  a  voler  quella  pace  ,  perchè  ab-^l 
bendavano  in  Francia  i  malcontenti  ed  in-^i 
vidiosi    del    soverchio    suo    dominio.;    nà^ 
molto  si  stette  a  vederne  lo  scoppio.  Ex^i 

giun-      i 


Anno  MDCXXVL  419 
giùnto  il  papa  ad  inviare  in  Ispagna  coti' 
titolo  di  legato  lo  stesso  suo  nipote  car- 
dinale Francesco  ;  voglioso  di  far  una  nuo- 
va comparsa  anche  in  quella  Corte,  pet 
tenere  al  saci'o  fonte  una  nuova  figlia  del 
re  Cattolico  ,  e  per  trattar  ivi  della  pace 
d'Italia^  sperando  miglior  fortuna  ivi  dì 
quella  che  avea  provato  in  Parigi  .  Arri- 
vato che  egli  fu  in  Catalogna,  e  volendosi 
mischiare  nel  trattato,  gli  diedero  ad  in- 
tendere già  terminato  il  negozio  (  che 
nondimeno  era  tuttavia  pendente  );,  e  fin- 
sero dipoi  sottoscritti  i  capitoli  nel  dì 
suddetto  di  marzo  .  Nulla  in  Parigi  se  ne 
comunicò  al  principe  di  Piemonte ,  è  al 
ministro  veneto,  se  non  dopo  il  fatto _,  coiì 
pascere  intanto  amendue  di  pensieri  ,  ed 
apparati  di  guerra.  I  principali  artìcoli 
di  questa  concordia  furono:  che  in  perpe- 
tuo non  sarebbe  altro  esercizio  che  quello 
della  religion  cattolica  romana  nella  Val- 
tellina^ contado  di  Bormio,  e  Chiavenna» 
Che  foàse  salva  in  quei  luoghi  la  sovrani- 
tà dei  Grigioni ,  con  pagar  lóro  la  pro- 
vincia un  annuo  tributo ,  ma  con  facoltà 
ai  Valtèllini  di  eleggere  liberamente  i  lor 
governatori  e  magistrati  tutti  cattolici  , 
la  quale  elezione  fosse  obbligata  la  Repub- 
blica dei  Grigioni  di  ratificare .  Che  tutti 
i  forti  di  essa  provincia  sarebbono  rimes- 
si in  mano  del  papa ,  e  poi  demoliti  e 
l'asati.  Fu  riserbato  ad  arbitri  e  all' auto- 
rità dolle  due  corone  di  comporre  le  dif- 

D  d  z  fé- 


420       Annali    d'  I  t  a  i  i  a 
ferenze    civili    rimaste    fra    i    loro    colle-^ 
gati  . 

Gran  rumore,  gran  battaglia  di  senti- 
menti cagionò  questa  improvvisa  pace.  I 
più,  ed  anche  in  Francia,  ne  sparlavano 
a  bocca  aperta  ,  come  se  si  fosse  fatto  il 
funerale  alla  riputazione  della  corona  fran- 
cese con  questo  accomodamento  ,  e  qua- 
sicchè  troppo  in  esso  avesse  guadagnato 
la  Spagna  .  Perciocché  senza  parlar  del  pun- 
to della  religione ,  voluto  e  lodato  dai 
Cattolici  tutti,  dicevano  essi^  che  veniva 
Ja  Valtellina  a  restare  in  sostanza^,  se  non 
in  apparenza^  indipendente  dalla  giuris- 
dizion  dei  Grigioni^  e  tutta  divota  per  i 
ricevuti  vantaggi,  e  per  la  necessità  del 
commercio  ai  vicini  Spagnuoli .  Oltre  a 
ciò  rimanevano  traditi  e  sacrificati  gli  in- 
teressi di  tutti  i  collegati  della  Francia  , 
e  troppo  sconciamente  pregiudicato  alle 
convenienze  di  ognuno.  Infatti  rimasero 
stranamente  alterati  gli  animi  dei  Grigio^ 
ni,  dei  Veneziani,  e  specialmente  del  du- 
ca di  Savoja,  ed  ognuno  di  essi  proruppe' 
in  molte  doglianze.  Tuttavia  per  pruden-^ 
%d.  e  per  necessità  convenne  loro  accomo-^. 
clarsi  alle  determinazioni  di  chi  le  poteva 
far  eseguire.  11  pontefice,  i  Genovesi,  e  \ 
gli  altri  principi  d'Italia  con  occhi  diver-  ì 
si  riguardarono  questo  accordo.  Se  ne  com-^  ] 
piacquero  gli  ultimi  ,  non  già  per  Tonorrs?! 
e  per  li  vantaggi  della  Spagns,  ma  perche  q 
tornava  la  calma  in  Italia.  Maggior    pia^  | 

ce-      d 


Anno    MDCXXVL        t^ìf 
eere  ne  provarono  i  Genovesi ,    che  col  le- 
gatisi in  questo  boiler  di  cose  col  re  Cat- 
tolico^  restavano  sotto  la  di   lui  protezio- 
ne j  e  liberati    dalle    nuove    minaccie    del 
duca  dì  Savoja.  Finalmente  assaissimo  né 
esultò  il  pontefice^,  perchè  quantunque  pe- 
nasse a  digerire ,  il  non  essere    stati    am- 
messi i  suoi  ministri  al  trattato  ,    pute  al 
mirare  così  ben  assicurato    il    punto    im- 
portante della  religione,  e  provveduto  al 
suo  decoro  colla  restiluzion  dei  forti  del- 
la Valtellina  ,  di  più  non    gli    restava    da 
desiderare;    Forse  anche  l'armamento    da 
lui  fatto  non  provenne  da    intenzione    al-^ 
cuna  di  guerra  ,  ma  bensì  da  segretissimi 
avvisi,  come  avea  da  finir  questa  faccen- 
da ;   laonde  spedì  egli  prontamente  quelle 
truppe,  affinchè  fossero  pronte   a    ricever- 
ne la  consegna .    Finalmente    considerando' 
il  midollo  di  essa  pace,    non    vi    si  potè 
trovar  lesa  la  giustizia  ,  perchè  si  restituì 
ai  Grigtoni  l'alto  lor  dominio    nella  Val- 
tellina ,  con  rimediar  solamente    all'  usur- 
pazione da  lor  fatta   contro    i    precedenti 
usi  e  patti  sulla  religione  e  libertà  di  quei 
popoli.  Si  attese  intanto  airesecnzion  del 
trattato.  Gran  difficoltà  e  dilazioni  oppo- 
se il  marchese  di  Coeuvres    alla  ^consegna 
delle  fortezze  ;  ma  sul  principio  delKanno' 
seguente    ne  entrò    in    possesso   Torquato' 
Conti  a  nome  del  pontefice  ,  e    tutto  fece 
demolire.  In  Francia  coli' assenso  dell'am-^ 
basoiatore  spagnuolo    fu    dipoi    tassata    la 

D  d  3  pen- 


422      Annali    p' Italia 
pensione,  o  tributo,  che  si  dovea  pagare 
ogni  anoo  dalla  Valtellina  ai  Grigioni ,  in 
venticinquemila  scudi,  più  scabroso  riuscì      ; 
il  comporre  le  differenze  del  duca  di  Sa« 
voja  coi  Genovesi ,    e    convenne    portar  V     \ 
affare  alla  corte  di  Spagna  .  Pretendeva  il     | 
duca  per  preliminare    la    ftìstituzione    dei     ! 
luoghi  ,    di    una    galea  ,    e  dei  cannoni    a     ! 
lui  presi.  A  questo  infine    condiscesero    i 
Genovesi  ,  ma  ben   saldo  tennero  l'acqui- 
sto del  marchesato  di  Zuccherelloj    e  vi-    I 
va  tuttavia  durò  Ja  discordia  fra  loro. 

Kestò  sì  amareggiato  esso  duca  Carlo 
Emmanuele  contro  la  corte  di  Francia  ,  e 
massimamente  contro  il  cardinale  primo 
ministro,  che  per  isfogare  il  conceputo 
implacabile  suo  odio,  non  lasciò  indietro 
arte  veruna  .  Era  cervello  atto  ad  imbro- 
gliar tutta  r Europa.  Però  non  fu  difficile 
il  figurarsi  che  egli  per  mezzo  dell'  abate 
Staglia  suo  accortissimo  ministro  avesse 
preso  a  fomentare  i  malcontenti  di  Fran^ 
cia^,  esibendo  loro  ajuti  ;  e  certo  egli  ac- 
colse chi  di  essi  a  lui  ricorreva.  Erasi  in 
effetto  manipolata  una  grave  congiura  con- 
tra  del  favorito  Richelieu  ,  al  cui  dispo- 
tismo non  si  sapeano  accomodare  i  gran- 
di,  e  vi  ebbe  parte  lo  stesso  Gastone  du- 
ca d'  Orleans  fratello  del  re .  Ma  più  vol- 
te la  testa  sagacissima  del  Richelieu  solo^ 
seppe  far  abortire  tutti  i  loro  disegni  , 
Se  veramente  il  duca  avesse  mano  in  quei 
viluppi,  non  ho  io  cannocchiale ^  che  mei 

fac- 


Anno  MDCXXVI.  423 
facoia  cliscernere.  Fallito  questo  colpo ,  fa 
creduto  che  egli  si  volgesse  a  Cario  I  re 
della  Gran  Bretagna,  per  attizzarlo  contro 
i  Francesi ,  e  che  movesse  trattati  segreti 
cogli  Ugonotti^  e  col  duca  di  Lorena,  ac- 
ciocché tanto  essi  dal  canto  loro,  che  egli 
dal  suo  in  un  medesimo  tempo  attaccas- 
sero un  fiero  incendio  in  Francia .  Quel 
che  è  certo,  quantunque  sapesse  irritata 
forte  contra  di  lui  per  le  passate  cose  la 
corte  di  Spagna ,  pure  ebbe  maniera  Ai 
introdurre  colà  un  negoziato  per  riconci- 
liarsi ,  offerendosi  pronto  ad  abbracciare 
il  partito  del  jre  Cattolico:  al  che  trovò 
delle  disposizioni  nel  conte  duca  .  Conce^ 
pi  in  questi  medesimi  giorni  esso  duca  di 
Savoja  l'idea  d'intitolarsi  re  di  Cipri:  al 
che  non  gli  mancavano  buoni  fondamenti  : 
ma  con  trovare  la  repubblica  di  Venezia 
armata  di  opposte  pretensioni  e  ragioni^ 
Si  può  ben  credere ,  che  di  somigliante 
disputa  non  si  mettesse  gran  pensiero  la 
Porta  Ottomana ,  la  quale  placidamente 
in  danno  della  Cristianità  seguita  anche 
oggidì  a  godersi  quel  regno  ,  né  sembra 
inclinata  a  rilasciarlo  ad  alcuno  dei  'pre- 
tendenti .  Il  dì  ventinove  di  ottobre  Tul- 
timo  fu  della  vita  di  Ferdinando  Gonza*' 
ga  duca  di  Mantova^  e  perchè  non  lasciò 
prole  alcuna  legittima^  a  lui  succedette 
nel  ducato  Vincenzo  suo  fratello,  uomo 
perduto  nei  piaceri,  e  che  perciò  andava 
fabbricando    delle    mine    pregiudiciali    al 

Dd  4  suo 


424      Annali    d^  Itali  a 
suo  vivere,  come  infatti    staremo    poco  à 
vedere. 

Di  sopra  accennammo ,  non  avere  Tran- 
Cesco  Maria  della  Rovere  duca    di  Urbino 
procreato  se  non  un  figlio  ,  cioè   Federigo 
Ubaldo,  giovane  dissoluto,  prodigo,    e  di 
vita  sregolata,  senza  che  né  i  comandi  del 
padre ,  né  i  consigli  della    gente    savia    e 
pia  il  potessero  tenere  in  freno  .    Sul    più 
bello  dei  suoi  solazzi  ,  e    delle    sue    alle-* 
grezze,  per  essere  stato  pochi  giorni  pri-  j 
ma  proclamato  duca,  fu  questi  una    mal-  • 
tina  trovato  morto  in    letto    senza    prece- 
dente   alcuna    infermità.    Questo    avvenne 
ceir  anno   1623  •  ^^^  "^  disse   una    cagio- 
ne ,  e  chi  un'altra.  Con  gran    costanza  il 
duca  Francesco    Maria    ricevette    V  avviso 
dal   vescovo  di  Pesaro,  città,  dove  succe- 
dette la  repentina  morte  del  figlio  ,  e  sa- 
viamente represse    gli    empiti  ,    e  violenti 
affetti  della  natura.  Siccome  di  sopra  di- 
cemmo, la  corte  di  Roma^  che    stava  at- 
tentissima a  tutti  i  moti  di  quella  di  Ur-' 
bino  ,  sapendo  che  erano  per    la  vecchiaja^ 
del  duca  quasi  ottuagenario  seccate  le  spe- 
ranze di  alcuna  successione ,  cominciò  per 
tempo  a  disporsi  per  raccogliere    quel  ri- 
guardevole  stato ,  che  andava    a    decadere 
in  lei.  Ma  perciocché  Claudia  {dei  Medici  • 
moglie    del  defunto   Federigo  Ubaldo    era  ! 
restata  gravida,  e  partorì  poscia  una  fan-  1 
ciulla ,    alla    quale    fu    posto    il    nome    di  | 
Vittoria  ,   i  Veneziani ,    il    gran    duca  ,     r  ., 

J 


Anno  MDCXXVI.  425 
gli  altri  principi  d'Italia  avrcbbono  desi- 
derato, che  per  mezzo  di  questa  princi- 
pessa fosse  ivi  continuato  quel  principato, 
affinchè  non  si  slargassero  tanto  le  fim- 
brie della  Chiesa .  Ma  essa  ne  era  incapa* 
ce  secondo  le  investiture  ;  [oltredichè  le 
tante  bolle  dei  papi  contrarie  alTinfedua- 
le  stati  cospicui ,  non  lasciarono  luogo  a 
GOtal  progetto.  Oltre  a  ciò,  per  quanto 
fosse  proposto  al  pontefice  Urbano  Vili  di 
far  cadere  questo  pezzo  d' Italia  in  uno 
dei  suoi  nipoti  >  e  gli  Spagnuoli  stessi  si 
gloriassero  di  essere  promotori  di^  un  tal 
consiglio^  pure  il  papa  si  difese  sempre 
da  somiglianti  sirene.  Fu  dunque  con  sol- 
lecitudine spedito  da  esso  papa  ad  Urbino 
il  novello  arcivescovo  Santorio  )  che  comin- 
ciò ad  ingerirsi  in  faccende  di  stato,  e  a 
volerla  fare  da  sopraintendente:  del  che  si 
riputò  molto  oiFeso  il  vecchio  duca;  e  per- 
ciò sdegnato  inviò  la  nipote  Vittoria  ^d 
allevarsi  nella  corte  di  Toscana  ,  ;e  tanto 
più  perchè  bramava  di  darla  poi  in  mo* 
glie  al  giovinetto  gran  duca  Ferdinan- 
do II.  Rinforzò  egli  anche  di  guernigionì 
toscane  le  sue  principali  piazze.  Ma  di  ciò 
ingelosito  il  papa  ,  quasiché  si  tramasse  di 
far  passare  quel  ducato  nella  casa  dei  Me- 
dici^ inviò  anche  egli  truppe  ai  confini 
della  Toscana  e  di  Urbino.  Cessati  poi 
questi  primi  rumori  ,  si  mise  mano  alla 
quintessenza  della  destrezza  ed  eloquenza 
romana  j,  per  indurre  il  duca  a  rinunziare 


^iG        A  N  5v  A  L  1    d'Italia 

pan  donazioriè  inter  vivos  il  suo  ducato 
alla  Chiesa  ;,  afKne  di  risparmiar  le  digsen-» 
sioni ,  ed  ogni  pericolo  di  guerra ,  che 
potesse  suscitarsi  dalT  invidia  e  malizia 
altrui"  Era  il  duca  Francesco  Blaria  prin- 
cipe di  grande  intelligenza^  prudente^  ami- 
co dei  letterati  (pregio,  di  cui  si  gloria- 
rono anche  Tavolo  e  il  padre  suo)  be- 
j3Jgno  ,  affabile  ,  e  in  lui  concorreva  la 
gloria  primaria  dei  veri  principi  ^  perchè 
padre  dei  suoi  pc^poli^  non  di  nome,  ma 
di  fatti  ,  ed  amato  egualmente  in  ricom- 
pensa dagli  stéssi  popoli .  La  sola  consi- 
derazione di  esentar  da  ogni  vessazione 
e  rischio  i  cari  sudditi  suoi  ,  quella  fu  , 
che  prevalse  in  suo  cuore:  laonde  si  ri- 
dusse neir  anno  presente  à  rinonziar  que- 
gli $tati  al  sommo  pontefice  ,  con  patto 
espresso  fra  gli  altri,  che  non  si  potesse. 
jo  mettere  in  avvenire  nuovi  aggravj  a 
qu>i  popoli ,  e  riserbando  a  sé  molte  ren- 
dite ,  e  il  far  grazie  anche  da  lì  innanzi. 
Hitirossi  presto  a  castel  Durante,  terra  , 
che  da  Urbano  Vili,  fu  poi  dichiarata  città 
col  nome  diUrbania;  e  in  questo  mentre 
venne  jl  cardinale  Berlingieri  Gessi  a  pren- 
dere a  nome  del  papa  il  possesso  di  quel 
ducato  ,  che  abbraccia  le  città  di  Urbino^ 
Pesaro j,  Gubbio,  Sinigaglia,  Fo^sombrone  . 
san  Leo,  Cagli,  e  la  suddetta  Urbania  , 
con  500.  terre  e  castella ,  situate  in  pae- 
se delizioso  ed  ameno  benché  montuoso  : 
accregcimento  ben  riguardevole  alla  signo- 
ria 


Anno  MDCXXVI.'  427 
ria  della  Chiesa  Romana  .  Centomila  scudi 
furono  tosto  sborsati  dal  cardinale  al  duca 
per  le  artiglierie,  armi,  e  munizioni  delle 
fortezze.  Dopo  questo  eroico  atto,  sopra- 
visse il  duca  sino  all'Anno  1636.  né  gli 
mancarono  occasioni  di  pentirsi  più  volte 
della  presa  risoluzione,  a  cagion  degli  ama- 
ri bocconi ,  che  gli  fecero  inghiottire  i  mini- 
stri della  camera  Apostolica.  Anzi  (convien 
pur  dirlo  )  appena  aveva  egli  spedita  per- 
sona a  Roma  col  mandato  della  rinunzia, 
che  se  ne  pentì  ,  e  spedi  tosto  ordine  y 
che  nulla  se  ne  facesse  ;  ma  il  mandata- 
rio, a  cui  premeva  di  guadagnarsi  la  gra- 
zia del  sole  nascente,  occultò  l'ordine,  e 
fece  prontamente  la  rinunzia ,  eh'  ebbe  il 
suo  effetto , 

Annp  di  Cristo  1627  ,  indizione  X. 
di   Urbano  Vili,  papa  5, 
di  Ferdinando  II,  imperadore  9. 

J-^appoichè  colla  pace  di  Monsone  fu  pò* 
sto  fige  alle  perniciose  controversie  della* 
Valtellina,  e  duca  di  Savoja  coi  Genovesi  ^ 
tornò  la  quiete  in  Italia,  e  solamente  si 
leggevano  con  piacere  ^  benché  con  dispa- 
rità di  genj  ,  le  guerre  della  Germania  , 
e  i  progressi  e  le  vittorie  dell'  imperador 
Ferdinando  IL  debellatore  di  tatti  i  suoi 
nemici  .  Cominciò  anche  a  recare  pn  dol? 
ce  divertimento  ai  curiosi  novellisti  V  as^ 
ì)edio  della  Rocella ,  a  cui  diedeio  in  que- 
sto 


4^8         ASNAtl      Ì>' I  T  A  L  I  A 

sto  anno  principio  le  armi  del  re  Cristia- 
nissimo  Lodovico  XIII. .dopo  aver  caccia- 
ti gl'Inglesi  con  loro  gran  danno  da  quei 
contorni.    Vantavasi    la  Rocella    di  essere 
come  la    metropoli  e  l'asilo    dei  malcon- 
tenti del  regno  di  Francia  ,  e    come  capo 
della     repubblica    degli    Ugonotti  ,   sparsi 
per  tutto  quel  regno  ;  né  si  mostrava  be- 
ne spesso  dipendente  in  parte  alcuna  dalF 
autorità  regale.  L'essere  quella  Città  cre- 
duta   inespugnabile  per    la  sua  situazione 
sulle    coste    dell'Oceano,    e   per  le  tante 
sue  fortificazioni ,  la  faceano  rispettare  fin 
dagli    stessi    suoi    monarchi  ^  Ma  ciò    non 
trattenne  V  industrioso  cardinale  di  Richi- 
lìeu  dal  persuaderne  l'assedio  aire  Lodo- 
vico :  assedio ,  che    riuscì    poi  famoso  an-^ 
che  ai  secoli  avvenire.    Avendo  in  questi    I 
tempi  V arciduca  Leopoldo  d'Austria    fra^    ; 
tello  dell' imperador  Ferdinando  rinunzia-    \ 
ti  al  nipote    Guglielmo  ì    vescovati  d'Ar-    ; 
gentina  e  Passavia  per  voglia  di  maritar^    | 
si  ,  venne  a  Roma,  trattò    e  cófìchiuse  il    \ 
matrimonio  con  Gludia  dei  Medici ,  che  di   1 
sopra  dicemmo  rimasta  vedova  del    prin-*-    ■ 
cipe  d' Urbino  i  La  condusse  ad  lnspruck>    ^ 
dove  per    più   giorni  furono   fatte  magni^    ! 
fiche  feste.  Poscia    a  dì  21.  di    novembre 
Eleonora    Gonzaga     moglie    dell'  augusto 
Ferdinando    solennemente    in   Praga    rice^    l 
vette  la  corona  di  Boemia.  Alcuni    gioì-    \ 
ni  dopo  anche  Ferdinando  IIL    figlio  ^del    j 
legnante    imperatore  ,  già   coronato  re  d*    \ 

Un-         ; 


Anno  MDCXXVII.  429 
Ungheria j,  aggiunse  anche  egli  con  gran 
pompa  a  quella  coronai' altra  di  esso  regno 
Boeraico  .  Lacrimevole  spettacolo  all'incon- 
tro vide  la  Puglia  in  questo  annOj,  perchè 
nel  dì  30.  di  luglio  un  terribil  tremuoto 
diroccò  la  città  di  san  Severo  con  altri  non 
pochi  luoghi  circonvicini,  e  si  fece  óonto_, 
che  in  quelle  rovine  perissero  dicisettemi- 
la  persone  :  durissima  pensione  ,  a  cui  so- 
no di  tanto  in  tanto  soggette  le  deliziose 
Provincie  del  regno  di  Napoli ,  per  tanto 
2olfo  chiuso  nelle  viscere  loro. 

Quando  pur  si  lusingava  la  Lombardia 
di  godere  i  frutti  della  pace  già  stabilita , 
per  le  misere  umane  vicende  si  vide  nascere 
un  seminario  di  nuove  guerre,  che  si  tras- 
sero dietro  un  diluvio  di  sangue  e  di  cala- 
mità maggiori  delle  passate  .  Era  declina* 
ta  dair  antico  lustro  delle  virtù  la  poten- 
te e  nobil  casa  Gonzaga,  signora  di  Man- 
tova e  del  Monferrato;  perciocché  dimen- 
tica dell'antico  valore,  e  della  saviezza, 
si  era  abbandonata  al  lusso  ,  e  alla  disso- 
lutezza ,  dimodocchè  i  finti  matrimoDJ\,  e 
i  veri  frequenti  stupri  &  adulterj ,  e  gli 
eccessi  della  gola,  erano  divenuti  alla  mo- 
da in  quella  corte .  Di  qui  poi  provenne- 
ro i  gastighi  ordinar]  deir  intemperanza  , 
cioè  le  indisposizioni  di  corpo,  la  vita 
corta  ,  e  la  sterilità  dei  matrimonj  .  Fer-^ 
dinando  duca  di  Mantova,  che  nel  prece-» 
dente  anno  assai  giovine  terminò  i  suoi 
giorni  5  dopo  aver  menata  una  vita  troppo 

gre-- 


430       Annali    d'Italia 

sregolata,  oppresso  dalla  pinguedine^  niun 
successore  avea  lasciato.  Vi  restava  don 
Vincenzo  suo  fratello^  nato  nel  1594  il 
quale  per  tempo  datosi  anch' egli  in  preda 
ai  piaceri  ,  punto  non  inclinava  allo  stato 
clericale.  Contuttociò  Ferdinando  gli  aivea 
procacciata  la  porpora  cardinalizia,  ma 
sen^a  mài  poterlo  indurre  a  passare  a  Ro- 
ma per  prendere  il  cappello  ,  e  per  fissar 
ivi  lai  sua  abitazione  .  Soggiornando  Vin- 
cenzo nella  terrà  di  Gazzuolo^  s'  kivaglii 
d"*  Isabella  vedova  di  Ferrante  Gonzaga 
principe  di  Bozzolo ;,  donna  di  singolare 
ingegno,  saviezza,  e  bellezza.  E  perchè  a 
queste  doti  si  aggiungeva  anche  la  fecon- 
dità ,  e  Vincenzo  desiderava  prole,  perchè 
il  disordinato  vivere  del  fratello  Ferdinan- 
do facea  predire  poco  lunga  la  sua  signo- 
ria 5  con  che  veniva  a  ricadére  in  lui  il 
ducato  :  segretamente  >  in  forma  nondime- 
no legittima  ;,  la  sposò,  ancorché  tuttavia 
vestisse  la  sacra  porpora  ,  giacche  non  àvea 
a  cagion  di  essa  contratto  vincola  itf  con- 
trario y  ma  con  irriverenza  alla  dignità 
del  sacro  collegio ,  e  verso  il  fratello  non 
consapevole  di  tal  risoluzione  ,  che  poi  sa. 
putala  diede  forte  nelle  imanit .  Per  la 
sua  inabilità  con  trasse  Vincenzo  alcun 
frutto  da  quel  matrimonio  ,  e  venne  anche 
a  liti  e  a  divorzio  con  Isabella  .  Anzi 
succeduto  al  fratello  defunto ,  e  proclama- 
to duca,  fece  di  mani  e  di  piedi  per  di- 
sciogliere   quel    matrimonio,    aspirando   a 

-  spo- 


Anno  MDCXXVII.  431 
sposare  Maria  sua  nipote  ,  figlia  del  già  duca 
Prancesco  suo  fratello  maggiore  .  Ebbe  poi 
altro  da  pensare  ,  perchè  i  passati  disordi- 
ni cotanto  sconcertarono  la  di  lui  sanità  ^ 
che  si  conobbe  incamminato  fra  poche  set- 
timane al  sepolcro  . 

Vivév^  e  soggiornava  in  questi  tempi  in 
Francia  Carlo  Gonzaga  figlio  di  quel  LO" 
dovico  Gonzaga  y  che  fratello  minore  di  Git- 
giltlmó  duca  di  Mantova  ,  cioè  dell'  àvolo 
del  srrddetto  duca  Vincenzo^  passò  a  cer- 
care in  Frància  miglior  fortuna  ^  e  la 
trovò  col  tanto  corteggiare  V  unica  rima- 
sta figlia  del  duca  di  Nevers  ,  che  essa  il 
prese  per  suo  marito ,  e  gli  portò  in  dòte 
i  Ducati  di  Nevers,  Rethel^  ed  Ùmena  . 
Essendoché  niun' altra  prole  maschile  della 
linea  Gonzaga  Guglielmina  veniva  a  re-* 
stare,  avvertito  di  quanto  accadeva  io 
Mantova  il  suddetto  duca  di  Nevers  ,  spe- 
dì per  le  poste  in  Italia  Carh  duca  dì 
Rethel  suo  figlio^  che  ebbe  la  fortuna  di 
penetrare  per  la  Valtellina^  e  di  giugnere 
a  Mantova j  in  tempo  che  il  duca  Vlncen^ 
%o  si  trovava  all'  ultimo  di  sua  vita  .  Si 
erano  già  fatte  varie  disposizioni,  per  far 
succedere  il  suddetto  duca  di  Nevers  ,  e 
s'  era  procurata  da  Roma  la  dispensa  ^ 
affinchè  il  duca  di  Rethel  suo  figlio  potes. 
se  sposare  la  nipote  Maria  :  punto  di  som- 
ma importanza  ,  perchè  non  mancavano 
Legisti  pretendenti  ;,  che  a  questa  princi- 
pessa appartenesse  il  ducato  di  Monferra- 
to . 


432         Annalt    d'Itali/^ 
to  .    Col    suo     testamento    lasciò    il    duca 
Vincenzo  suo    successore  ed    erede  il  sud- 
detto Carlo  duca  di  Nevers ,    e  nella  not- 1 
te  stessa  ,  ch'egli  diede    fine  al  suo  vive-  i 
re,  cioè  nella  notte    precedente    al  giorno  l 
26  di    dicembre    dell'  anno     presente  ,     il  | 
duca  di  RetKel  sposò  la  prefata  principes-  | 
sa,  e  consumò  il  matrimonio.  Stavano  at- ì 
tentissimi  a  questo  avvenimento  1'  impera--  | 
dor   Ferdinando  ,  trattandosi    di  due  insi-  | 
gni  ducati  d^Italia,  feudi  dell'  impero-    i  ;i 
Francesi ,  per  sostenere  un  principe  ^    con-   ; 
siderato  per  lor  nazionale    e  ben  affetto  ;    • 
e  gli  Spagnuoli  ,  per    non    ammettere    chi    ; 
troppo  si.  scorgeva  dipendente    dalla  Fran-    ; 
eia ,  Però    anche    prima    dell'  ultima    ma-    ■ 
lattia    del  duca  Vincenzo    ognun   dei  sud-    ' 
detti  potentati  prese  le  misure  convenevo-    \ 
lì   ai    proprj   interessi  ;    ma    che  per  conto     ; 
degli  Austriaci  rimasero  imbrogliate  dalla     \ 
diligenza    del  duca    di  Rethel  .  Pretendeva    , 
il  ducato    di  Mantova  anche    don  Ferrante 
Gonzaga  principe  di  Guastalla ,  perchè  ni- 
pote dell'altro  celebre    don  Ferrante^  che     j 
fu  fratello  di  Federigo  duca  primo  di  Man*     \ 
tova  ;  benché  la  linea  sua  fosse  più  lonta-     \ 
na  di  un  grado  da  quella  del  primo  duca 
di  Nevers  ,  figlio  del    suddetto  Federigo  .      j 
Non    poteva    questi  punto    pretendere    sul 
Monferrato  3  ma  mosse  ben  le  sue  preten- 
sioni sopra  quello  stato   Margherita    Gon-      \ 
zaga  duchessa    vedova   di  Lorena ,  sorella      ( 
dei  tre  ultimi  duchi    di  Mantova.   In  fa- 
vo- 


Anno  MDCXXVIL  42S 
▼ore  Ai  questa  principessa  ,  e  del  princi- 
pe di  Guastalla,  ^ì  dichiararono  irainisfry 
di  Spagna  alla  corte  imperiale ,  covando 
nondimeno  altri  lor  segreti  disegni  di 
profittare  di  questo  scompiglio,  siccomi» 
non  mai  sazj  di  dilatar  la  potenza  di 
quella  corona  . 

Eraosi  anche  ordite  in  Mantova  varie  te- 
le  dai  divoti  della  casa  di  Guastalla,  e  pre* 
parate  armi;  ma  queste  vennero  scoperte, 
e  restò  dissipato  ogni  contrario  disegno  dal 
duca    di  Rethel  ,  che  assunse    il    titolo  di 
principe  di  Mantova  ;  s' impadronì  di  Por- 
to ,  cioè  della  fortezza  di  Mantova  ,    e  di 
ogni    altro    luogo  forte  ;  e    «i  fece  giurar 
fedeltà  da  quel  popolo .  Il  conte    Giovan- 
ni  Serbellone  colà  spedito  da  Milano,  to- 
sto   si  ritirò    fuor  del  palazzo,    e  benché 
visitato  e  richiamato  dal  principe ,  gli  dis- 
se di  non  aver  affari  da  trattare  col  duca 
di    Rethel,    e  se  ne  andò   poi  sdegnato  e 
minacciante .  Chi  maggiormente    nondime- 
no si  dava  dei  gran    movimenti   pel  deli- 
quio della    casa  Gonzaga,   era  Carlo  Em^ 
Manuele  diLca  diSavoja,  principe  mirabil- 
mente attento  anche  ad  ogni  menomo  ven- 
to ,    per  cui    potesse    sperare   o  gloria  al 
suo    nome,    o     qualche    accrescimento    ai 
suoi  stati.    Ecco  venuto   il  tempo    di  ri- 
svegliar   le    sue    sempre    vive  pretensioni 
sul  Monferrato ,  e  le  ragioni  per  la  resti- 
tuzion  delle  doti  dì  Margherita  sua  figlia, 
^^ggiormente  poi  s' irritò  per  lo  sposali- 
ToM.  XXIV.  E  e  zio 


43-1       Annali    d' Italia  \ 

zio 'di  Maria  sua  nipote  senza  saputa  sus(  : 
e  dalla  madre.  Accostatosi  per  questo  fine  ^ 
^  agli  Spagnuoli  ,  di  buon'  ora  intavolò   uri  ^ 
^trattalo    con    don  Gonzalez    dì  Cordova^ 
deputato  prò  interim  al  governo  di    Mila-  ì 
no  ,  dappoiché  il  duca  di  Feria  fu,  richia-  ^ 
malo    a    Madrid,    intanto    sì    il  pontefice! 
Urbano.  Vili ,  ohe    ì  Veneziani  ^  e  gli  al- 1 
tri  principi    d'Italia,  non  aveano  bisogno 
di  studiar  molto  nei  libri ^    per  conoscere 
evidenti  le  ragioni  di  Carlo  Gonvaga  du- j, 
ca    di  Nevers  ,  essendo    egli  l'agnato   piai 
prossimo    agli  ultimi    duchi  di  Mantova  ,i 
che    tanto    per    le    sue    proprie    ragioni  yi 
quanto  per  quelle  della   principessa  Blarid] 
da  lui  sposata  ,    veniva  ad  essere  legitti- j 
mo  erede  dtl  Monferrato.  Ma  un  grande- i 
litto  per  lui  era  T  aver  nelle  vene  sangue; 
francese  5  e  il  possedere  riguardevoli  stati  ^ 
nella  stessa  Francia  .    Però  saltò  sulla  ra-  i 
gion  di  stato,  cioè  quel  maestoso  idolo  ,  i 
a  cui  s\  sovente  fan  vpti  e  sagrifizj  i  pò-  ! 
tenti  del  secolo,  e  che,  quando  occorre  , 
si   |ien    sotto  i    piedi,  non    dirò  le  leggi 
sole  di  Giustiniano ,  ma  quelle  ancora  del- 
la   natura    e   delFe    genti,    e  la  religione 
stessa.  In  sommar  non  istava  bene  nel  cuor 
dell'Italia,  e  confinante  datante  parti  agli 
stati  d<lla  corona    di  Spagna  un    principe 
tale  ,    e    bisognava    far    lutto    per  att^T^ai 
lui ,  e    le    pretensioni    sue .  Procedete    su' 
principia  con  qualche    riguardo  T  auguste 
Ferdinando y  con    pretendere^  cfie  il  due 

cTi 


,.,  A  N  N  0  MDraXVlI.  435 
dì  Nevers,  siccome  trasversale,  e  in  con» 
correnza,  d*  altri  ,  che  si  riputavano  chia- 
inati  ,  riori  dovesse  senza  stia  licenza  in- 
gerirsi nel  possesso  è  dòrniniò  di  Manto- 
va, e  del  Monferrato  •  epperò  cotninciò  a 
-ptocedei'e  pei*  giustizia  con  avocazioni  , 
^citazioni,  e  deputazioni  di  conimessarj  . 
Air  iricòntro  il  Cordova,  è  il  duca  di  Sa- 
voja  nieglid  giudicarono  di  procèdere  pef 
là  via  di  fatto,  con  aprire  la  porta  ad 
irinuriietabili  fed  indicibili  guai  ^  dei  quali 
pairletemo    àlT  anno  seguènte  . 

Anrio  di  Cristo   1628  ,  indizione  XL 
di  Urbano  Vili,  papa  6. 
di  Fèkdìnàndo  II  j  iniperadove  lOc 

X  eneva  attenti  gli  occhi  di  tutti  l'affare 
della  successione  di  Mantova  ,  affare  di 
sòtiimà  irtiportanzà  pel  sistema  d'  Italia  e 
Non  mancò  il  duca  Carlo  di  Nevérs ,  do- 
po essere  egli  giunto  nel  dì  27  di  gen- 
najò  dalla  Francia  à  Mantova,  di  spedire 
Viricenzó  Agnello  véscovo  di  quella  città 
per  suo  inviato  all^  àiigiista  Ferdinando  ^ 
per  attestargli  T  ossequio  è  la  sommessiò- 
rie  sua,  e  per  chiedere  iMnvestitura  dei 
ducati  di  Mantova  e  di  Monferrato" .  Trd» 
vavasi  allora  la  corte  cesarea  irì  àuge  Ài 
felicità  pet  le  molte  vittorie  riportate  con- 
tro i  nemici  peif  la  pace  fatta  còl  Tu  reo  ; 
'  e  col  Trànsilvario,  e  per  gli  eserciti  suoi, 
vÈhè  faceaho  tener  lai  testa  bassa  a  tutti 
"  È  e  2  i  prin- 


ji   pritìcipi  della  Germania.  Perp  in  Vienr>\ 
p2  ^ì  parlava  con    tuono  altOj»  e  i  fulmir- ] 
pi    stavano  pronti  cont|fo    chiunqpe  pvoq-  j 
tamente  pon  ubbidiva.  Nulla  potè  oltenr- 
tc    il    rescoyo  ;    stette  saldo    Timpcrado-  [ 
re    ip  yoleire  }\  sequestro    di  quegli  s^ti;,  j 
per  decidere  poi  nelle   forme  giudici^rie ,  i 
phi  yi  4ye$se  migliori  ragioni ,  All'  esepu-  j 
zione  di  qpestp  sup    decreto    f^    deputato 
I    conte  Giovanni  di  Nass^^u*  In^^ntp  doi}  \ 
iGonzalez  di  Cordqva,  che  appresso  ottca-r  ] 
«e  il  governp  stabile    dj    Milano  ,  manegr 
giaadosi  vivamente    col  duca    di  Savoja  ,   ] 
più  vivace  ancora  di  lui  nei  prpprj    inte-  ; 
ressi  ,  concprtava  T  occupazione    del  Mon-   \ 
fcrratp,  ^  nort  solo  di  rimettere  esso  dw-  ; 
^a  in  buona  grazia  del  re    Cattolicoj   ma   ', 
di  formar  ancKp  una  lega    con  ^ui  •  Fu  in    ì 
<5mesta    pccasione ,    che    C(irlo,  EnLm,aniAele    \ 
verinc  riguardato  ri^el  pia   beli*  ^scendente    ' 
della  gloria ,  perchè  non  meno  ii    ministri 
ipagnupli  y  che  qu^i  di  Francia  e    di  Vc- 
«ca^i^  $' unirono  a  Torino,  per  tirarip  eia-    i 
(cuno    di  essi    nel  loro    partito ,  quasiché    j 
da  luì  pe|pde$se   i)  destino  della  Lombar*    ^ 
4ia .    Toccò  il    pallio    agli  Spagnuoli .  Fu    \ 
stabilito    di    conquistare   il  I^onferr^to,  e 
di  partirne  f^a  Ipro  la  preda.  Cpll^  forze 
dello  §tatq   di  Wfilapq  il  Coifdpva    si  pre- 
fsse  di  TÌdqrre  alla  sua  ubbi4icQ?i>  Casa- 
Te,  e  tantp  p^ù  perchè  vantava  di  aver  non 
poche  segrete  intelligen^ce  con  quegli  abi. 
^ì^ti .  La  cort^  diSjpagoa  >  che  si  era,  mo- 
stra- 


y 


d 


A  V  s  o    MDCXXVliì.      457 
èèfàta    dianzi    incHoàta    ad    un  amicherol 
trattato  ,     allora    abibracdò    il     duca    df 
Sàvojà,  e  spòso  1«  massime  Ìì    dòn    Gon-* 
talez: 

Erano  intanto  riposte  le  speranze  del 
duca  di  Nevets  nella  protezione  e  nei  soc- 
corsi dèi  té  Cristianissimo;  ma  essendo 
allora  irìipegtiatc  le  armi  e  T  erario  del 
re  nel  celebre  assedio  della  Rotella  ,  altro 
non  tie  riportò  ciso  principe  .(  che  da  qui 
innanzi  òhiamcrèrijo  duca  dì  Mantova  )  se 
non  buone  parole  è  promesse  ,  subito  che 
Sii  f)0te8sc  accudire  ai  di  lìii  interessi  A 
Fremevano  i  Veneziani  ^1  conoscere  V 
idee  del  duca  dì  Sàvoja ,  e  l*  injgofdigiac 
degli  Spagriuoli ,  e  si  diedero  àùcfie  ad  àr* 
rolar  gente,  perchè  avrebjiorio  pur  volute 
dar  braccio  al  novellò  duca  Carlo,  ma 
òon  protestare  di  tion  potet  farlo  ,  se 
prima  non  iniravano  calato  in  Italia  un 
esercito  Francese.  Maggiormcnie  papà  tir- 
band  Vili  tuttoché  favorevole  al  Manto* 
vano  li  teneà  lungi  dagl*  impégni ,  sola- 
mente ctttcndendo  a  far  proposizioni  di 
aeconriodàmento .  Sicché  esso  duca  Carlo  al- 
tro ripiègo  non  ebbe  che  di  mettere  [iti 
vendita  molti  dei  suoi  beni  e  stati  oltrà- 
motitani .  Ne  ricavò  in  fatti  alcune  ccn- 
tinaja  di  migliaja  di  scudi  coi  tjuaìi  fé-' 
ce  far  leva  di  genti  in  Francia.  A  poco  a' 
poco  ancora  andò  rinforzando  di  prcsid) 
e  di  munizioni  Mantova  e  Casale,  vcrìetido- 
alla  sfilata  Italiani  t  Francesi  ai  ilio  ietvi- 

E  e  3  fio 


4^3?       Annali    d' Italia  l 

gio  giunse  a  raunar  da  cinquemifa  fanti  ,  \ 
e  mille  cavalli  per  la  difesa  di  Mantova  e  k 
4i  Casale.  Tra  Monf(^vrini  e  Francesi  si  j 
coniarono  quasi  quattromila  fanti  ^  ^  J{^9f  * 
cavalli  •  Non  pareano  gente  da  farne  ca^  ,' 
so  1  IVI  )nferririij,  perchè  delle  cernide  di  | 
quel  paese;  pure  Tedio  che  essi  portava'  i 
Xj,o  al  duca  di  Savcja,  e  l'amore  da  lor  ì 
professato  agli  antichi  lor  principi  ,  gl^  | 
animava  al  mestier  della  guerra  ,  oltre  ] 
all'es-sere  stati  non  poco  agguerriti  nelle  ■ 
turboleni^e  passate .  Sul  fine  dunque  di  j 
marzo  uscì  in  campagna  il  governatore  di  | 
jyiiiaao,  lusingandosi  di  far  prodigj  eoa  : 
seimila  fanti_,  e  1500  cavalli,  che  potè  ì 
condur  seco ,  giacché  avea  dovuto  lasciarli 
quattromila  fanti  con  alcune  squadre  dv  ; 
cavalleria  ai  confini  di  Mantova  per  guar-  ^ 
dia  del  Cremonese  :  e  due  altri  mila  ai  ; 
confini  della  Valtellina,  e  dei  Grigioni  ./^ 
Taittavia  dai  Genovesi  ricevette  poscia  un,- 
rinforzo  di  quattro  in  cinquemila  pedoni  .|j 
Andò  a  dirittura  sotto  Casale  ,P  .p^^.n^Q^./^ 
anche  le  batterie  ,  ma  vi  trovò  quel  che  '; 
Bon  si  era  immaginato ,  cioè  difensori  ,^ 
che  coraggiosamtnte  faceano  sortite,  esQ-^|' 
stenevano  pon  vigore  le  colline,  e  i  pas-^J 
si  alle  vettovaglie;  laonde  non  gli  riusc'^-j; 
di  privarli  dei  mulini  del  pò,  ne  di  Kos*  rì 
sigliano  ,  posto  di.  conseguenza  per  la  co-^,! 
munjcazione  della  città  col  resto  del  Mon-  ti 
ferrato.  !■ 

Nello    stesso    tempo    anche    il    duca  di  - 


Ann  ò  MDCXXVIIL  z^^q 
Savoja  con  quattromila  fanti ,  e  mille  e 
duecento  cavalli  ostilmente  dal  lato  suo 
entrò  nel  Monferrato  .  Niuna  fatica;  gli 
costò  r  insignorirsi  della  città  d'  Alba 
sprovveduta  di  guernigione  .  Passò»  dipoi 
all'espngnazione.  di  Trino  /  dove  gli  cori-*' 
venne  adoperar  approcci,  artiglierie,  é 
mine  •  ma  essendo  troppo  smilzo  quel  pre- 
sidio ,  e  mal  provveduto  di  cannoni  e  di 
munizioni ,  in  poco  tempo  capitolò  I3  re. 
sa.  Non  perde  un  momento  il  duca  ad 
ordinar  nuove  fortificazioni  à  quella  ter^ 
ra ,  con  formarne  una  regolata  e  possen- 
te fortezza  .  Questa  era  la  parte  ,  che  coi 
suoi  territori  dovea,  secondo  i  patti,  re- 
stare al  duca  di  Savoja  ,  Ma  non  si  fer- 
mò egli  qui .  Prese  dippoì  Pontestura  e 
Moncalvo  ,  che  doveano  essere  degli  Spa- 
gnuoli  ,  'e  ritenne  per  se  Moncalvo,  con 
tosto  imprendere  le  fortificazióni  anche  di 
questa  terra.  Si  rodeva  di  collera  don 
Gonzalez  a  questo  precedere  del  duca  , 
perchè  contrario  alle  fatte  capitolazioni  ; 
eppure  gli  bisognava  dissimular  tutto  per 
sospetto  sempre,  che  il  duca  voltasse  ca- 
sacca, e  si  unisse  coi  Francesi,  i  quali 
.  s'ingrossavano  ai  confini  d'  Italia  .  J2  ve- 
ramente riflettendo  a  quella  testa  ,  che 
tenea  sempre  molte  terre  in  piedi,  aspet- 
tavano ogni  giorno  gli  Italiani  d'  allora 
qualche  scena  nuova  dal  canto  di  un  prin- 
cipe sì  bellicoso  ed  inquieto.  Infatti  ven- 
ne a  scoprirsi  in  questi  tempi  una  eoa» 
E  2  4  giù- 


4Ao       A  1^  N  A  L  I     n*  i  T  A  L  I  A 
giura  in  Genova,  né  ebbe  diècoltà  il  du-»'  i 
ca  di    professarsene  autore,   colle  istanze  ■ 
da  lui  fatte  ,    che  ai  congiurati  presi  fot-  \ 
te  data    Timptinità,  minacciando    la  mor-  j 
te    ad    alcuni    gentiluomini  Genovesi  suoi  ' 
prigioni  ,    se    si    fosse    proceduto    innanij  . 
nella    giustizia   contro    gì'  imprigionati    a  \ 
Genova .    Non   si    ritennero    per  questo    i  \ 
senatori  Genovesi  dal  far  eseguire  la  scn-  l 
lenza    contro    quattro  dei    delinquenti  ;  €  I 
benché  il  duca  sdegnatissimo  ordinasse  di-  ì 
poi,  che  fossero  decapitati  quegV  innocen-  1 
ti,  pure  altro  non  ne  fece,  verisimilmeri-  ; 
t€  per  la  grandezza  dell'  animo  sxlo  ,  beri  | 
conoscGudo  V  indegnità  di  cotal   vendetta  i 
In    questo    mentre    don    Gonzalez  ,  che  i 
aulìa  profittava  nell'assedio    di  Casale,  si  ; 
avvisò    di    prendere  Nizza    dalla   Paglia  ,  j 
pel  cui  acquisto  si  verrebbe    ad  angustiare 'i 
la    stessa    città    di    Gasale'   Per    quindici  ; 
giorni  fu  virilmente  difesa  quella    terra  ^  i 
ed  in  fine  costretta    a  rendersi.  Ad  altre  ; 
imprese    non  poterono    poi  pensare  né    il  1 
duca,  ne  il  governatore,  perchè   s'intese-  ] 
IO  disposti  i  Francesi  a  passare  in  Italia  >  4 
e  venivano    anche  ordini    dalla    corte  Ce-  j 
tarea  ,  EK>n  senza  maraviglia  dei   politici,  ] 
perchè  si    desistesse    dall'  occupazione    del 
Monferrato,  pretendondo  V  impcrador  Fer- 
dinando ,  che  né  Spagna ,  né  Savoja  avcs  j 
sero  da  padroneggiar    nei  feudi    dell'  im 
perio.  Col  danai'odel  r>uovo  duca  di  Man-  i 
tova  si  exaao  già  uniU    io  Francia  dodici  \ 

mila 


Anno  MDCXXVIII.  44! 
mila  fanti ,  e  mille  e  ciquecento  cavalli 
sotto  il  comando  del  marchese  di  Uxel- 
les,  ed  avèa  ricevuto  ordine  il  marescialli 
lo  di  Crequì  governatore  del  Dclfinato  di 
unirsi  seco  con  un  altro  corpo  di  gente. r. 
locchè  poi  nr^ri  succedette  per  garre  insor-t 
te  fra  lui  e  l' Uxelles  ;  oppure  perchè  il 
principe  Tommaso  figlio  delf  duca  rdi  Sa-^ 
voja  ne  impedì  V  unione  ;  oppure  y  come 
altri  vogliono ,  per  segreti  imbrogli  della 
regina  Madre  ,  che  odiava  il  ducal  di  Man- 
tova.  Bramoso  dunque  esso  marchese  di 
Uxelles  di  portar  soccorso  al  Mantovano , 
cpVà  sul  principio  di  agosto  pel  passo  dett 
to'  dell'Agnello,  ma  con  incontrare  il  du- 
ca 'Carlo  Emmanueley  e  Vittorio  Amedeo 
principe  di  PierhOnte  suo  figlio ,  che  con 
quasi'  altrettante'  milizie^  parte  sue  ,f  par^ 
té  prestategli  dal  governator  di  Milano:-, 
l'aspettavano  a  pi^'  fermo  ,  oltre  all'  aver 
eglino  ben  chiusi  e  fortificati  tutti  i  pas- 
saggi .  Per  quanti  tentativi  di  passare 
facesse-  V  Uxelles  ^  non  solamente  nulla 
gli  riuscì  ,  ma  in  più  incontri  ancora  per 
valore  del  principe  di  Piemonte  ne  ri- 
portò delle  busse,  talmente  ,  che  dopo 
aver  perduta  mólta  gente  ,  alcuni  pezxi 
di  cannone  ,  e  parte  del  bagaglio  ,  fu 
forzato  a  tornarsene  colla  testa  bassa  in 
Francia  ,  dove  per  mancanza  di  paghe 
si  dissipò  tutta  r  armata  sua  .  Per  que- 
sto glorioso  successo  non  si  può  dire 
quanto  salisse  in  alto  la  riputazioaedeldu- 

Ee  5  tW-i 


44*        A  K  N  À  L  I     d'   I  T  A  L  I  i  j 

ca,  e  massimamente  nella  corte  di  Spagna,  \ 
dove  si  dissiparono  tutte  V  ombre  della 
di  lui  fede  e  costanza  :  e  gloriavasi  a  pie-  j 
jaa  bocca  il  conte  duca  di  aver,  tirato  que-  j 
sto  principe  alla  divozion  della  Spagna  ,  \ 
dandogli  il  nome  di  braccio  diritto  della  j 
corona,  e  di  antemurale  dell'Italia  .  Air  ! 
incontro  sl  Carlo  duca  di  Mantova  ^  fu  per  i 
cadere  il  cuore  per  terra  al  trovarsi  da  ì 
tante  parti  bersagliato^,  e  grande  la  diser-  ■ 
zione  dei  suoi  soldati  per  mancanza  di  ■ 
paghe^  e  naufragata  Tunica  speranza,  che  \ 
gli  restava  dei  soccorsi  di  Francia  .  Già  ^ 
si  aspettava  di  essere  messo  al  bando  dell*  ■ 
impero  ,  e  però  iaviò  Carlo  duca  di  Re^  \ 
thel  suo  figlio,  per  placar  l'imperadore  ,  ^ 
confidando  nell' appoggio  delT  imperadrice  i 
Leonora  sorella  dei  tre  ultimi  duchi  di  j 
Mantova.  Ma  perchè  Timperadare  preten- 
deva chea  nome  sup dagli  Spagnuolie  dal  ] 
duca  di  Savoja  si  ritenessero  i  luoghi  oc-  I 
cupati  nel,  Monferrato ,  e  di  metter  egli  [ 
presidio  ia  Casale  sino  a  ragion  cono-  ; 
sciuta ,  il  Rhetel ,  che  né  pure  fu  rico-  '^ 
nosciuto  per  principe  di  Manjtova  ,  se.  ne  } 
torpò  mal  soddisfatto;  iQ Italia,  nò  dal  dfii^»  ;f 
ca  suo  padre  furono  poi  accettate  le  propor  I 
sizioni  suddette,  perchè  incoraggito  di  poter 
sostenere  Casale  contro  la  mala  condotta 
del  Cordova  in  quell'assedio,  o  bloco  * 

Efficacemente  ancora  si  adoperò  il  nun- 
ZÌQ  pontificio  Scappi  in  Lombardia  per 
una    sospensione  di   armi  ;   ma  il  trattato 

aar 


Anno  MDCXXVIIÌ.  445 
anelò  a  monte  *  Si  trattò  di  soddisfare 
con  cessione  di  stati  al  duca  di  Savoja  ;, 
ma  egli  quanto  più  intra  va  ridente  la  sua 
fortuna ,  tanto  più  alzava  la  tassa  delle 
sue  pretensioni*  Intanto  Casale  niiitìa  pau- 
ra rrìostrava  degli  Spagnuoli  asiediantì  , 
i  quali  infine  si  avvidero,  che  volendo 
prendere  quella  città  colla  fame,  conve« 
hi  va  espugnar  prima  Ponzone  ,  san  Gior-= 
gio,  e  Rossiglione;  e  in  fatti  se  ne  im-^ 
padroriirono  ,  occupando  pòi  le  colline  di 
Casale,  e  restringendo  V  assedio.  Ma  la 
poca  avvertenza  degli  Spagnuoli  aveà  la- 
sciata etitrar  tanta  copia  di  viveri  nella 
tittà  ,  che  non  si  perdeanò  puntò  d'ani- 
mo i  difensori  ;  e  all'  incontrò  nel  campo 
Spagtìuolo  si  provava  gran  carestia,  per- 
chè i  grani  andarono  a  male  in  questo 
anno,  e  a  cagion  di  ciò  fu  anche  una  se- 
dizione in  Milano  .  Fu  irifin  creduto  ,  che 
io  stesso  duca  di  Savoja  vi  avesse  sotto 
inàno'  lasciata  entrare  copia  di  vettova- 
glie, perchè  dopo  avere  acquistata  per  se 
la  parte  a  lui  destinata  del  Monferrato  ,- 
ed  atìche  di  più  nell' interno  suo  non  gu- 
stava 5  che  quella  importante  fortezza  ca- 
desse in  mano  degli  Spagnuoli  o  Ora  fin- 
ché il  re  Cristianissimo  ,  e  il  cardinale  di 
Hichelieu  si  trovarono  immersi  rie!  gran- 
de affare  dell'assediò  della  Rocella  ,  no'a 
poterono  accudire  se  non  con  tfizj  e  pro- 
messe air  ajuto  del  duca  di  Mantova  , 
the  pure  stava  loro  assaissimo    a  cuore  e 

Ee  e  Fi- 


444  Annali  d' Italia 
Finalmente  nel  dì  30.  di  ottobre  dell'  ati- 
00  presente ,  dopo  aver  la  fortuna  secon- 
dato il  valor  dei  Francesi  contro  i  ten- 
tativi dcgr  Inglesi,  contro  le  furie  del 
mare  ,  e  contro  ì'  indicibile  ostinazione 
degli  Ugnotti  Rocellesi  ,  che  si  ridussero 
all'*  estrema  miseria  ,  si  rendè  a  discrezio- 
liè  quella  dianzi  inespugnabil  fortezza  j 
con  immortai  gloria  del  re  Luigi  X7IL 
Entrò  egli  trionfante  Bel  primo  giorno  di 
novembre  in  quella  piazza,  o  per  dir  me- 
glio an  quel  ciraiterio  ,  dove  non  trovò  , 
che  gli  scheletri  di  uomini ,  ed  ordinò  pò-*  | 
scia  la  demolizion  delle  fortificazioni  ;,  *' 
con  rimetter  ivi  T  esercizio  della  religio- 
ne cattolica.  Allora  fu,  che  il  re  e  il  mi- 
nistro cardinale  cominciarono  a  pensar 
daddov^ro  all'  Italia  •  Portava  ,  siccome 
dicemmo ,  la  regina  madre  Maria  dei  Me- 
dici odio  a  Carlo  duca  di  Mantova  ,  non 
per  li  demeriti  snoi^  ma  perchè  Gastone 
duca  d'Orleans  fratello  del  re^  volendo 
passare  alle  seconde  nozze,  inclinava  so- 
lamente in  Maria  Gonzaga  figlia  di  esso» 
Carlo:  laddove  la  regina  sua  madre  pon- 
tava  da  gran  tempo ,  perch'  egli  si  acca- 
sasse con  una  delle  due  sorelle  di  Ferdi-' 
nando  II  gran  duca  di  Toscana .  Se  la 
prese  per  questo  essa  regina  non  solo  Cen- 
tra del  Mantovano  ,  ma  anche  contra.  del 
Richelieu  :  il  che  cagionò  poi  gravissimi 
sconcerti  ed  affanni  alla  medesima  regina. 
Lasciossi    ella    trasportare     cotanto    dalla 

pas- 


J    A 


■ifSNy;(^  /MDCXXVIII.        445 
passione,  clìe"  rleir  anr^ò  segaénte  giurisela 
far    imprigiorjare    la     'suddetta     innocente 

^^f rincipcssa  Maria.  Oltfpacciò.,  i  fazionarj 

.4i  'ei  nel  consigliò  ir'éàle  s'  ingegnarono 
a  tutto  potere  di  frastornar  la  buona  in- 
tenzione del  re  verso  il  duca  di  Manto- 
xa  ,  Ma  il    Richelieu  ,  ,  ciiè    sempre  più  s* 

^^lìtrpdnfceva  ,^el    fevpfe'  def  ¥è^    e  si^ra 

^jacqùistato  un' sommò  crecltito  per  la    ctfe- 
^^fjuista    della    Rocella  >    tenne    saldo    il  re 

^ 4d  quel  proponimento /'e' cominciò  a  fare 
sfilar  verso  i  confini  d' Italia  alcuni  reg- 
gimenti ,    COMI  ispargere    vodè ,    che    il    re 

^.  .jktes'so  volea  "  scendere  ìlSf''  pertotia  alla  4i- 
terazion  di  Casale  .  Cessò^  di  vivere  in 
questo  anno  nel  di  Undici  di  dicembre 
Cesare  d^  Este  duca  di  Modena  e  Reggio, 

^lasciando  nei  suoi  popoli  un  gran  deside- 
tio  di  Itii  :  sì  dolce  ^  sì  giusto  era  stato 
il  suo   governo  ,  sì  grande    la  sua  pietà  , 

.j^  la  sua  clemenza^  e  V  amor  della  pace  . 
Donna  Virginia  dei  Medici  figlia  di  Cosi* 
mo  1  gran  duca  di  Toscana,  moglie  sua, 
,,jl'avea  arricchito  di  una  numerosa  figlio- 
lanza, cioè  di  ^//onsr) 711  primogenito  ,  che 
a  lui  succedette  nel  ducato,  e  dei  principi 
Luigi  ,  Ippolito  ,  Niccolò  ,  Borsa ^  e  Foresto . 

Anno  di  Ckjsto   1629  ,  indizione  XII. 
di  Urbano  Yllf.  papa  7. 
di  Ferdinando  11^  imperadore  11, 

ivi erriò trainile'  riuscì  f  atlfló    presente  -per 
tante  calamità,  che  si  affollarono  addosso 

al- 


Annali    D*  Italia  | 

alla  Lombardia/ 0  ad  altri  paesi  d' Itdlk  I 

a  cagion  della  contrastata  successione  de-  ! 

gli  stati   di    Mantova    e    di    Monferrato  .  ^ 

I,^i:jtto  lo  stqdio  finquì  fatto  da  Carlo  Gon^  ^ 

zaga  duca  novdW    di  Mantova  era    stato  ] 

di  guadagnar  teropo,  fìnattantochè  si  niet-  ■ 

tesse  il  re  Cristianissimo  in  istàto  di  pò-  I 

torlo  soccorrere  :  del  che  continue  speraisi-  'i 

%Q  gli  venivano  di  Francia.   Varj  prògét-  | 

ti  di    accomodamento    in  Madrid  aridaro-  I 

na   sempre    a    finire    in    nulla>    perché    il  | 

Gonzaga  allcttato  dalle  promesse  del  car-  \ 

dinaie  di  RicheUeit  y  confidava  di    ottener  j 

tutto    col    mezzo    della    forza    Francese  *  \ 

Promettevasi  anche  molto  dagli  ajuti  del-  | 

la    repubblica    Veneta  ^    là   quale    fniravà  | 

bensì    troppo    di    mal   occhiò   le  violetìze  : 

degli  Spagnuoli  in  tale  occasione  ,  tna  ptd-  \ 

(Sedeva  con  gran  circospezione  >  né  inclitìa-  \ 

va  a    venire  a    dichiaraziorie    alcuna ,  ba-  \ 

standole  di  accrescere  le  sue  truppe    coli'  1 

apparenza    di  sola  precauzione    per  la  di-  \ 

fesa  dei  proprj  stati .    Sé  il  duca  di  Matì-  \ 

tova  avesse  voluto    acconsentire  a  deposi-  Jf 

tar  Casale  in    mano  dell'  impefadore  sirice  | 

a  ragion    conósciuta,  si    sàrebborio  posate  i 

l'armi  ,  perché  veramente    M auguito  Fct-^  \ 

dlnando  si  mostrava    volonteróso  di    pace  ^ 
in  Italia,  e  non  altro  dicea  di    pretendere 

se  non  di  sostenere  i  diritti  della  sua  éo-  ] 

vranità,  trattandosi    di  feudi,    su  i    quali  i 

più  di  uno    pretendca    di    aver    delle  ra-  j 

giarii .  Avrebbe  il  duca  consentito  al  t)e-  \ 


\^  N  N  o  MDCXXIX.  447. 
posito  in  mano  del  papà,  o  di  altro  prit^ 
cipe  italiano  ;  ma  ciò  non  piacendo  al- 
la corte  Cesarea,  egli  si  lasciò  in  fine 
condurre  a  veder  la  rovina  di  tutti  i  suoi 
stati  ,  e,  a  rimanere  esposto  al  pericolo 
di  perdere  tutto  .  Ndn  potea  ,  siccome, 
dicemnio  :,  essere  in  più  beli'  auge  per 
questi  tempi  la  potenza  di  esso  impe- 
radore.  Le  vittorie  riportate  dal  suo  ma- 
resciallo  Tilly  il  rendevano  formidabile  a 
tutta  la  Germania  ;  epperò  vèggendo  po- 
co rispettata  l'autorità  sua  dal  duca  Car- 
lo Gonzaga  ,  cominciò  a  disporsi  per  ot-^ 
tener  colla  forza  ciò  ,  che  per  via  ami* 
chevole  non  avea  potuto  conseguire:  ma 
prima  di  luì  diede  all^  armi  la  Francia  a 
fin  di  prevenire  la  caduta  di  Casale,  Il 
Hichelieu  ,  a  cui  premeva  di  tenere  il  re 
Lodovico  lontano  dalle  cabale  della'  cor- 
te di  Parigi,  e  dai  tentativi  della  madre, 
cotanto  seppe  incantarlo  colle  vive  pitture 
della  gloria,  4i  cui  hanno  dà  essere  inna- 
morati i  monarchi,  che  il  trasse  a  venire 
in  persona  verso  l'Italia  j  e  ciò  nel  furore 
del  verno  •  Aveva  egli  approntato  un  eser- 
cito di  ventidùemila  fanti  ,  e  di  tremilla 
cavalli,  tutta  gente  veterana  ;  dato  ordine^ 
che  si  allestisse  un'armata  navale  in  Pro- 
venza ;  gli  davano  a  sperare  i  Veneziani  di 
entrare  anch'essi  in  ballo  con  dormici  mila 
fanti,  e  500.  cavalli  ;  é  il  duca  di  Mantova 
facea  credere  di  avere  al  suo  soldo  seimila 
fanti,  e  più  di  millg  cavalli. 

Aven^ 


I 

i\qS       Annali     d' Italia  J 

Avendo  pertanto  il  re  Cristianissimo  1 
fatto  chiedejr9  ^1  jlj^pa  di^  Sàvoja  il  passo* 
per;  li  SiUoi^f^laÙ,  !ii,  duca  spedì  11  conte^ 
<U  Verru^,;-  gr  {^osqja  il  principè'cii  Pie-') 
munte  al  c^rfjinglj^^'^er  trattare  dì  qnal-^| 
qH^  r  accor  (}  o  ., .  P,Ìppose .  i  1  '  Po  rpo  Va  te?  \  'cHe^i 
auji  maestà  si  obbh'gherètbe*  df  i^r  darei 
al  duca,  Tritio  j^p.n  quindicimila  scudi  dij 
ipcndita  annua.  inji^até^tefìfè^''!dd  Monféi*-^! 
rato  ;  e  di  questo^  5Ì  trovava  "i^^pàgatò;7PÌ 
duca;  n^a  percioccKè  si  chiedevàrio  .speci- ^ 
Reazioni  maggiori  intorno  atle^  Tte^lfle  j  si  ^ 
tirava  in  lungo  T  affare  .  Due'  gran  cinie^ 
di  uomini  in  accortezza  ed  astuzia  erano  i 
il  duca  ,di  Savoja^  |^".il  caYdIn'aiè  aHRPÌ| 
ch^lieu  ,  e  rvao^nop  si  iìdaVa  deir  alfro  •  J 
Or:a  il  porpqr^jo  ,  '  |che  sospet*t5  ,  '  essére  ^ 
tutjti  iquesti  i^r^iflzj  3el  (dùca  ,'  affinchè  in-  ] 
tvanto  Cabale  si,  arrendesse  agli  Spagnuoii  ; 
C,d>al  che  era  ,Ì^Qp  ^Jieno'  l'^ariimó  del  du-  ' 
ca  )  ruppe  il  t^atfato ,  e  nel  di  quattro  \ 
di  marzo  mosse  1*  esercito  Francese  con -^ 
ordine  di  assalir  le  bàrricade  contrarie  \  « 
Passato  il  monte  Genevra  al  dispetto  del-  | 
le  nevi  e  dei  ghiacci^  e  superati  i  trin-  ] 
cieramenti  di  Ghiamuont ,  calò~  queir  ar-  | 
mata  nel  giorno  sesto  verso  Susa  ,  nella  | 
cui;  valle  avea  il  duca  tirato  iln  tri  nei  ero- 
ne,  e  messovi  alla  difesa  11  ^astro  di  ? 
campo  Bellone  ,  e  Girolamo  Agostini  ,  ; 
mandatogli  in  soccorso  con  quattromila 
fanti  dal  governator  di  Milano.  Seguì  ivi 
un    gran    conflitto,   in    cui    il    duca    e    il 

'pnn- 


À  N  A  o  MDCXXVHI.  445 
principe  di  Piemonte  furono  io  gran  pe- 
ricolo, e  il  re,  oltre  ali*  aver  guadagna- 
le nove  bandiere,  fece  prigionieri  circa 
ottanta  quasi  tutti  Uiiziali  :  dopo  di  che 
la  cittadinanza  di  Susa  gli  mandò  le  chia- 
mi, sestàodo  la  cittadella  risoluta  di  di- 
fendersi, Ritirosii  il  duca  ad  Avigliana 
col  grosso  delle  sue  genti,  e  quivi  si  for- 
tificò ;  ma  apprendendo  setnpre  più  V  im- 
petuosità di  questo  torrente  >  ebbe  per  me- 
glio d'interporre  gli  ufilj  della  nuora  Cri-- 
stina  col  re  suo  fratello,  per  raggruppare 
r  interrotto  trattato  di  accordo.  Spedito 
dunque  a  Susa  il  principe  di  Piemonte,  re- 
stò coucliiusa  la  pace  ,  per  cui  concedette 
il  duca  libero  il  passo  e  vettovaglie  aireser- 
ciio  reale,  e  per  ostaggi  di  sua  fede  la  cit- 
tadella di  Susa  ^  e  il  castello  di  san  France- 
sco .  Promise  anche  di  entrare  in  lega  col  re  ^ 
c<^i  papa  ,  colla  repubblica  di  Venezia  >  e  col 
duca  di  Mantova  ,  e  che  don  Gonzaltz  ài 
Cordova  leverebbe  V  assedio  di  Casale.  Ob- 
bligossi  all'incontro  il  re  di  far  avere  al 
duca  Trino  con  altre  terre  dell' annua  sud- 
detta rendita  nel  Monferrato,  Il  belio  fu  , 
che  io  stesso  Cordova  per  timore  di  peggio 
consentì  a  si  fatto  accordo,  e  si  ritirò  daU* 
assedio  di  Casale,  città,  che  fu  immedia- 
tamente provveduta  di  mille  e  50^.  sacchi 
lì  grano,  e  vi  entrò  appresso  un  buon  nù- 
nero  di  Francesi  col  signor  di  Toiras,  Il 
cFe  fatto,  determinò  il  re  col  cardinale  di 
tomarsene  in  Francia,  glorioso  di  aver  con- 
<e^^itQ  tanto  col  solo  tuono  delle  sue  armi  ; 

e   c;iò 


450  Annali  p' Italia 
e  ciò  perchè  in  Linguadoca  più  che  mai  si 
facea  sentire  la  ribellione  degli  Ugonotti, 
iacitati  da!  duca  dì  Roano  ;  né  manieravi 
fu,  che  l'ambasciator Veneto  col  mostrare 
la  poca  sussistenza  di  quella  pace  forzata, 
restando  tuttavia  armati  gli  Spagnitoli  col  i 
duca  d^i  Savoja  ,  il  potess:e  ritenere. 

Aveano  intanto  esbi  Veneti  preso  ad  aja-» 
tare  con  pubblicità  il  duca  di  Mantova  ,  ani- 
mati dalla  calata  di  un  re  di  Francia,  pe^' 
sostenere  la  medesima  causa  .  Incoraggito  an-r 
che  lo  stesso  Gonzaga  dal  mo?imtntoe  dal- 
le forze  dei  Francesi,  avea   fatto  concinque    ì 
mila  armati  un*  irruzione  nel  Cremonese  j  e    1 
presa  e  data  a  sacco  la  grande  e  ricca  terra    j 
di  Casal- Maggiore  ,  ma  senza  poter  fare  di    j 
più  :  azione  ,  che  dispiacque  non  poco  all'    \ 
imperadore_,  già  irritato  per  la  venuta  dei    '; 
Francesi  in  Italia^  per  decidere  di  stati  spet-    j 
tanti   all'impero,    e  che  tanto  piìi   Taccese    - 
a  procedere  contra  esso  duca  di  Mantova,    \ 
La  corte  di  Spagna  senza  volere  ratificare    l 
il  trattato  di  Susa  ,  spedì  poscia  al  governo    1 
di  Milano  il  marchese  Ambrosio  Spinola-^    \ 
tanto  celf;bre  per  le  suo  prodezze  nelle  guer-    ■ 
re  diFia;ndra,  il  qualecon  grosso  accompa-    | 
gnamento  d' oro  e  di  milizie,  e  con  ordini  >. 
di  prose|»uiV  la  gi%erra  nel  Monferrato ,  ar- 
^rivatò  nt'ir  agosto  a  Milano,  si  diede  tosto    \ 
a  far  tul:ti  i  preparamenti  ,  per  accrescerr'^   i 
il  suo  oftòreancheinllalia.  Camrriinava  li     ] 
corte  di  Spagna  perfettamente  dMntelligeV     ; 
za  con  quella  di  Vienna,  eppeiò  V iìfiperàdor     | 
Ferdinando  axtcWe^Mvrìht  iti  ordine  tfn  ib«     i 

Xh        i 


A  1?  N  o-  MDCXXVIIL  451 
^•itoÉisevcilo  per  inviarlo  in  Italia.  Ed  ecco 
all'  improvviso  comparire  la  vangqardia  di 
questa  cesarea  armata  ,  consistente  in  die-, 
cimila  fanti ,  e  1500, cavalli,  al  passo  del- 
lo Steich,  per  cui  5Ì  penetra  nella  Khetia,  o 
8Ì4  pei  Grigioni.  S' impossessarono  i  tedeschi 
di  quel  passo  ,  ed  entrali  anche  in  Coirà  , 
vi  fecero  prigione  l'ambasciatore  di  Fran- 
cia ,  che  fu, poi  da  li  a  non  molto  rila- 
sciato .  Calò  poscia  e  venne  pd  unirsi  tut= 
tQ  l'imperiale  esercito  »  accendente  fi  ven- 
tiduemila pedoni  ,  e  3500.  cavalli ,  secon- 
do lo  scandaglio  del  Capriata  ,  e  del  con- 
te Gualdo  Priorato,  benché  il  Nani  li  f^c-r 
pÌ4  trentacinquemila  fra  cavalleria  e  fan-? 
teria.  Giunse  quest' armata  nello  stato  di 
MilanQ  sotto  il  comando  di  RambaHo 
conte  ài  CoUalto  ^  cavaliere  d'antica  no* 
bile  famiglia  Furlana  ,  ma  pel  suo  valore 
nelle  guerre  di  Germania  divenuto  .cara 
all'imporadore ,  e  portato  ai  primi  gradi 
della  milizia,  f^ragià  venuto  T  autunno; 
ptre  il  Collalto  verso  I4  metà  di  ottobre 
passò  sul  Manto  vano  j  e  nqn  trovando  resi- 
stenza, andò  prendendo  varj  luoghi  cir- 
convicini al  lago  e  alla  città  di  Mantova  ; 
e  finalmente  si  accostò  al  Borgo  di  san 
Giorgio,  dove  essa  città  più  sta  vicina  al- 
la tei:ra-rferma.  Entrati  i  Tedeschi  in  quel 
Borgo,  alzarono  senza  ritardo  varie  bat- 
terie y  che  faceano  gran  fuogo  e  rumore  , 
ma  niuna  paura  ai  difensori  della  città  . 
Tenne  finqui  U  repubblica  veneta  inmez-^ 
zo  ^  quQsto  incendio  un  contegno  come  di 

au- 


45^      Ài^^ALi    D'ir  À  ti  à 

slusiii;tria  del  due;»  di  Mantova  ,  e  ned  già  j 

corte  oirtiiòa  dichiaf-ata    dell' imperadorc  ;  \ 

A  questo  fine  area  rifel  di  otto  d'apHlè  segnata  \ 

lega  col  rfe  Cristianissimo,  ed  ajutato  di  gen*  \ 

te,  di  riveri,  e  di  contanti  il  duca ,  erari-  | 
dava  tuttavia  rinfrescando  secorido  i  tisogài, 
custodendo  intanto  i  suoi  confini  con  uri  eser* 
cito  di  circa  ^edicimila  combàttenti. 

Quatito  al  marchese  Spinola   govetnatòt 

di    Milano,    siccontc    persorla   provveduta  ; 

al  pari  di  valotc  ,  che  di  sennò,  ayea  dèi  | 

motivi  d'inclinar  più  alla  pace,  che    alla  f 

guerra,  epperò  abboccatosi  còh  rtionsignbr  \ 

Panclroli  nunzio  dtì  papa,    per  metzo  di  I 

lui  fece   pfoport'e  al  dùca    di  Mantova  ti-  j 

pieghi  di  fiòsperision  di  armi,  di  sdnrrties*  j 
«ioni  ,  e  di  qualche  deposito,  che  tornasse 

in  onore    di  sua  maestà    Cesàrea  .  Ma  £è  ] 
iì  duca  si  accomodava  a  cedere  piazze;  ti 

quando  anche  si    mostrava  dispósto  a    hi  j 

qualche  passo,  ilColIèlto  si  opponeva^  p«r  i 

non  aver  mandato  a  far  trattati  di  pacco  di  ! 

tregua»  In  ciucsto isegozionato  fu  a[d operi-  ] 

to  dal  nunzio  pontificio  G'inlìo Mazzarihà ^  \ 
che  in    basso  5?tato  cominciò   aìlota  il  hà^ 

▼iziato  dielìa  stia  fortuna.  Perdute  dunque  ! 

le  speranze  di  qualche  accordo ,  lo  Spinola  i 

che  avea  raunato  un  esercito  di  quasi  sedici  ; 

mila  fanti  ^  e  quattromila  cavalli  ,  mandato  | 

avariti  don  Filippo  suo  figliò,  che  entrò  nel  ; 

Monferrato,  cagion    fu  ,  che    i    Francesi  ,  i 

sparpagliati  per  quelle  terre,  si  ridussero  a  \ 

Casale.  Occupò  Acqui,  Nizza  della  Paglia,  J 

Fon  zone  ,  e  successivamente  le  à\trt  t^>^'re  ,  ■ 


A  H  H  o    MDCXXHt.      455 
già  prese,  e  poi  abbandonate  da  doaGonxalcz 
di  Cordova  suo  predecessore,  e   quivi  di- 
itribui  le  si;e  milizie  fi  quartieri;  giacché 
per  la  vicinanza  del  verno  gli  parca  quello 
tempo    proprio    per  imprendere    V  assedio 
di  Casale  ,  dove  era  bastevol  guarnigioae  di 
Francesi ,  Il  Collii ta  anch'  egli ,  essendo  ve- 
nuto il  freddo,  e  cresciuti  gli  enornai  fanghi 
iptorno  a  Mantova,  che  troppo difficuUa vano 
le  azioni  e  il  trasporto  dei  viveri ,  per  mezzo 
deir accorto  ed  eloquente  Mazzarino  indusse 
il  duca  Carlo  verso  le  feste  di  natale  ad  una 
tregua  di  ^ìecì  giorni ,  durante  la  quale  rU 
tirò  le  sue  itrtiglierie  ,  e  andò  a  distribuir 
le  sue  truppe  in  luoghi  pia  lontani ,  tenendo 
«olameote  blocata  la  citt^  .  Dopodiché  il  du* 
ca  di  Mantova  ricuperò  Curtone  ,  Martami^ 
rolo ,  e  qualche  altro  picciolo  luogo,  Andava 
innanzi  e  indietro  il  suddetto  Mazzarino  , 
proponendo  a  nome  del  papa  temperamenti , 
per  terminare  amichevolmente  si  gran  pen» 
denza  ;   e    il  duca  con   lettera  dimandante 
perdono  ,  e  col  condiscendere  ad  ammettere 
qualche  presidio  cesareo  avrebbe  potuto  otte-, 
ner  dairimperadore  inolta  indulgenza,  ed 
esimere  se  stesso  ,  e  le  cose  sue  da  un  gran 
precipizio.  Ma  lusingato  di  soverchio  dalia 
£danza  nella  protezio»  dei  Francesi  e  Ve- 
neziaoi ,  rnai  non  seppe  risolversi  ad  acco- 
modarsi alla  presente  avversa  fortuna  . 

In  questi  tempi  Francesco  I  duca  di  Mo- 
dena  presidiò  la  Mirandola  ,  ed  altrettanto 
fece  Qdoardo  Farnese  duca  di  Parma  di  Sa- 
bioncta,  affinchè  i  Tedeschi  npn  me f tersero 

pie- 


4|4       Annali     d*'"^  t  ax  i  a 
piede  in  quelle  due  fortezze .  E  qui  si  vuott 
avvertire  ,  che  ben  succedette  al  duca  Cesare 
il  iDrincipe.4//ort^Z/I  primogenito  suo;  ma 
iquesti  già  meditava  di  procacciarsi  un  regno 
migliore,  e  di  eterna  durata ,  piuttostocliè 
di  goderne  un  transitorioriel  nostromòndOc 
Avea  egli  sortito  uri  temperamento    focó- 
so, aspro  3  e  risentito,  e  faceva  temere  ai 
Sudditi    suoi  un  governo  ben    divèrso    dal 
mansuetissimo  del   duca  Cesare   suo  padre; 
Ma  avendogli  tolta  Iddio  neir  arino   Ì62S.  ì' 
infanta  tsabdla  figlia  di  Cctrlo  Emmanitelé 
duca  di  Savoia  ,  sua  dilèttissima  cotìsorte; 
tal  dolore  provò  egli  per  la  perdita  di  questa  i 
pia  e  saggia  principessa  ,  tale  impressione 
fecero  iri  lui  i  consigli  e  fièordi  a  lui  lasciati 
da  lei  prima  di  morire,  che  find' allora  de- 
terminò di  dare  un  calcio  alle  grandezze  ter- 
tene, per  consecrarsi  nel  religioso  ùmileisti- 
tuto  dei  cappuccini  •  Da  che  fu  égli  proda-  ] 
matoduca,  parca  pure,  che  gliallettameùtì  j 
del  trono  avessero  da  far  gùerrà_j  è  da  pre-  ^ 
valere  al  conceputo  disegno  ;  ma  egli  più  co-  , 
stante  che  mai,  Volle  eseguirlo   nell'^nnof  5 
presente  dopo  soli  pochi  mesi  di  comatido  ,  j 
senza  che  le  batterie  dei  suoi  cortigiani  y 
né  r  amore  dei  figli  il  potessero  ritenerè^'l 
Fatto  dunque   testamento  nel  giorno   24  di  : 
luglio,  in  cui  dichiarò  crede  il  principe  Frón-  ■ 
Cesco  suo  primogenito ,  che  riuscì  poi  glo--V 
tioso  eròe  dei  suoi   tempi ,  e  provvide    di  j 
convenevoli  appanaggi  gli   altri  suoi  5^^' >  \! 
cioè  Obizzù  ^  Cesare  y   Carlo  Alessandro ^^  e  j, 
Rinaldo y  che  fu  poi  cardinale  :  con  animi-"; 


À  NT  N  o  MDCXXIX.  45,5' 
razione  di  ognuno  sul  fine  di  esso  mese 
s'  inviò  verso  il  Tirolo  ^  a  vestir  ivi  V 
abito  dei  cappuccini ,  con  prendere  il  no- 
me di  fra  biambatista  da  Modena.  Quan- 
to poi  egli  si  alzasse  alto  nelle  virtù  ^  e 
quali  splendide  ed  esemplari  a:&ioni  di 
pietà  5  di  zelo,  e  di  umiltà  face^-se  egli  di- 
poi ,  non  mi  fermerò  io  a  descriverlo  5 
avendone  bastevolmrnte  trattato  nella  par- 
te li  delle  antichità  estensi*  Però  duca  di 
Modena  divenne  il  suddetto  suo  primoge- 
nito Francesco .  In  questi  sì  sconcertati 
tempi  non  sì  sapea  ben  discernere  ciò  , 
che  bollisse  in  capo  al  duca  di  Sdvoiat  ^ 
principe  di  mirabili  raggiri  .  Per  la  pa- 
ce diSusa  aveano  cqnceputà  gran  diffide, n- 
za  di  lui  gli  Spsgnuoli  ,  quasiché  foàse 
proceduto  d' intelligenza  coi  Francesi^  per 
disturbare  1'  assedio  di  Casale  .  iDappoichè 
si  videro  incamminati  verso  V  Italia  i 
Tedeschi  non  si  potè  più  levai'  di  testa 
ai  Francesi,  ch'egli  avesse  incitata  a  que- 
ste mosse  la  corte  Cesarea  .  La  verità  si 
è,  ch'egli  non  gradì  mai,  che  Casale  ca- 
desse in  poter  degli  Spagnuoli  ,  e  che  gli 
ètava  sul  cuore  _,  come  una  pungente  spi- 
na ,  r  aver  dovuto  cedere  al  re  Cristia- 
nissimo la  Cittadella  di  Susa.  Si  èra  egli 
intanto  con  assai  fortificazioni  trincierà- 
to  ad  AvigUano,  ed  ivi  teneva  accampa- 
to il  nerbo  maggiore  delle  sue  soldates- 
che .  Così  passò  l**  anno  presente  ;  annoi 
Secondo  di  guai  e  di  lagrime  ;  percioc- 
ché insoffribili  furono  i  danni  cagionati  al 

iVIon- 


45^        Annali    d'Italia 
Monferrato,  e  gli  aggravj  sofferti  dal  Pie-. 
monte,    terribile    ancóra    la    penuria    dei 
grani  in  Lombardia  .  Eppur    nulla  fu  que- 
sto a    petto    delle  calamità    del  bello  ,  e 
ricco  paese    Mantovano  •    Restò    esio    con 
tanta  crudeltà  desolato    dalia  fiera    e  mal 
disciplinata    nazione  Tedesca  ,  che  le  Vil- 
le intere  andarono  a  sacco  ,   rimasero  in- 
cendiate ,    e  desolate  le  case  ,  tolti  i  be- 
stiami,  che    non  erano  fuggili,   uccisi  gì* 
innocenti    coniadini    per  ogni    piccola  di- 
subbidienza   o    resistenza    a    quegli  ospiti 
crudeli  ;   e    niun    rispetto   né  pur  s*  ebbe 
ai  luoghi  ed    arredi  sacri.    Dapertutto  in 
sonima    si  miravano    segni  della  maggior 
barbarie,  che  di  più  non    avrebbono  opt-^ 
rato    i    Musulmani  .    A  questi    flagelli    si 
aggiunse  quello  eziandio  della  peste,  por- 
tata dai  medesimi  Alemanni  nella  Valtel- 
Jina  ,  e  poscia    nel  Milanese,    e  Mantov*- 
uo  ,    che    per  cagion  del  freddo    non  fece 
per  ora  gran  progresso  ,    ma  giunse  nelT 
anno  seguente  ad  un    terribile  scoppio  ed 
incendio  .  Nel  dicembre    questo    anno  fini 
ì  suoi  giorni    Giovanni  Cornaro   doge    di 
Venezia,  a  cui  poscia  fu  dato  per  «uccei- 
Bore  Niccolò  Contarino. 


Fine  del  TQmo  vigesimoquarta. 


*^^ 


i 

i 


I^G  Muratori,  Lodovico  Antonio 
^66       Annali  d'Italia  Ed. 

M9  novissima 

t.2A 


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