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ANNALI D'ITALIA
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LODOVICO-ANTONIO MURATORI
EDIZIONE NOVISSIMA.
TOMO XXVII.
IN VENEZIA MDCGCIV.
Dalla Tipografia di Antonio Curti
PRESS» GIUSTINO PASQ.UALI Q_- MARIO
Co/2 Privilegio*
In questo
TOMO XXVIL
Si comprende lo spazio di tempo scorso
dall'anno di Cristo XDCCXXXIV. ,
indizione XII * fino all'anno di Cristo
MDCCXLIX , indizione XII.
di Benedetto XIV. Papa io.
di Francesco I. Imperadore 5.
DG,
4M
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ANNALI D' ITALIA
Dal principio dell' Era Volgare
lino ali anno 1749.
Anno eli Cr sto 1734, indizione xn-
di Clemente XII, papa 5.
di C.rlo Vlj imperadore 24*
JL u questo anno un di quelli ^ che in gran-
de abbondanza provvide le pubbliche gaz-
zette e storie dì novità , e fatti strepitosi
riguardanti massimamente l'Italia. Da m«e
non ne aspetti il lettore , che un compen-
dioso racconto . Erano in armi cóntro dell'
Augusto Carlo VI. Francesi, Spagnuoli, e
il re di Sardegna . Fece la Spagna conoscere
al mondo, quanta fosse la sua potenza i da
che la Francia le avea dato un re, e re che
vegliava ai proprj interessi. Imperciocché
insigne fu V armamento suo per mare , con-
tinui i trasporti di gente , di attrecci mi-
litari, e di danaro per terra e per mare ;
a fine d* imprender e la conquista dei regni
di Napoli e di Sicilia. Maggiori si videro
gli sforzi della Francia per continuai la
guerra al Reno, e in Lombardia : e il bel-
lo fu, che non solamente nelle corti, ma
anche nei pubblici manifesti , facea quel
gabinetto rimbombar dapertutto la scru-
A 2 pò-
4 Annali d'Italia
polosa intenzione sua in questi sì gagliardi
movimenti di armi , che era non già ( gu-
ardi Dio ) di acquistare un palmo di ter-
reno , ma bensì di farsi render ragione da
Cesare, per aver egli spalleggiato V elettor
di Sassonia al conseguimento della corona
di Polonia , e cooperato alia * depressione
del re Stanislao. Se mai per sorte con sì
belle sparate si figurasse il gabinetto fran-
cese di gittar polvere negli occhi agi' In-
glesi ed Ollandesi , affinchè non istendessero
il braccio alla difesa deli' angusta casa di
Austria : non erano sì poco accorte quelle
potenze, che non sapessero il vero signifi-
cato di sì magnifiche , e disinteressate pro-
teste . Pure non entrarono esse potenze in
\rerun impegno , per sostener Cesare contro
tanti nemici , benché pregate e sollecitate
dalla corte di Vienna : ed unica cagione ne
fu Jo sdegno non peranche cessato, per
avere V augusto monarca dopo tanti bene-
fìzj a Ini compartiti voluto piantare in de-
trimento loro la compagnia di Ostenda ,
tuttoché questa fosse poi abolita . Si avvide
allora il buon imperadore , quanto ^aves-
sero in addietro tradito i suoi troppo in-
gordi consiglieri e ministri ; e convenne a
lui di far penitenza dei mali consigli al-
trui con portar quasi solo' tutto il peso di
questa nuova guerra . Perchè è ben vero ,
che gli riuscì d' indurre i circoli dell' im-
perio a dichiararla guerra dell'imperio; ma
won è ignoto , qual capitale si possa fare
di
Anno MDCCXXXIV. §
di quei soccorsi troppo stentati e noa mai
concordi . Oltre di che gli elettori di Ba-
viera, Colonia, e Palatino, non consenti-
rono a tal dichiarazione 3 e se ne stettero
neutrali ; anzi il primo fece un considera-
bile armamento con voce di mirare alla
propria difesa, ma armamento tale, che
tenne sempre in gran diffidenza e suggezio-
ne la corte cesarea , e la obbligò a guar-
dare con assai gente i suoi confini, perchè
persuasa , che il solo oro della Francia
manteneva in piedi Tarmata bavarese, a-
scendente a venticinque e forse più mila
persone . Ora in questo verno attese vigo-
rosamente Cesare a batter la cassa per re-
sistere ai suoi nemici non meno in Lom-
bardia , che ai Beno, dove smisurate for-
ze si andavano ratinando dai Francesi .
In questo mentre le due restanti piazze
dello stato di Milano , cioè Novara e Tor-
tona , venivano o bloccate o bersagliate
dalle armi dei collegati . Ma nel dì nove di
gennaio fu portata a Milano la nuova , che
Novara comprendendo seco la fortezza .di
Arona avea capitolata la resa con andar-
sene liberi quei presidj alla volta di Man-
tova . Allora fu che si determinò di con-
vertire in assedio il blocco di Tortona e
del suo castello , che era in credito di for-
tezza capace di stancare un esercito . Nel
dì 12. del suddetto gennaio al dispetto
della fredda stagione fu aperta la trinciera
«otto quella città, da cai essendosi nel dì
A 5 26
6 Annali d'Italia
25 ritirato il governatore conte Palfi , la-
sciò campo ai Francesi d'impossessarsene
nel dì 28. Non corrispose all' espettazion
della gent^ il presidio di quel Castello ,
ancorché fosse composto di duemila Ale-
manni , perciocché appena cominciarono il
terribile lor giuoco sessantadue pezzi di
cannone, e quattordici mortari da bombe,
che quel comandante dimandò di capitola-
re, e ne uscì nel dì nove di Febbraio con
tutti gli on;>ri militari . Ad altro, siccome
dissi, non pensavano in questi tempi gli
ufiziali cesarei nel brutto frangente di sì
impensata guerra, che di salvar la gente ,
per poter salvare Mantova. Tutto intanto
andò lo stato di Milano : dopo di che pre-
sero riposo le affaticate , e molto sminuite
truppe degli alleati . Arrivò il febbraio ,
e né pure si era veduto calare in Italia
corpo alcuno di Tedeschi; solamente s'in-
tendeva, che nel Tirolo , e a Trento, e
Roveredo , andava ogni dì crescendo il nu-
mero dei combattenti austriaci , e che per
capitan generale della loro armata veniva
il maresciallo come di Mtircy . Con seimila
persone arrivò finalmente questo generale
sul fine di quel mese a Mantova per cono-
scere sul fatto lo stato delle cose , e poi
se ne tornò a Roveredo., per affrettare il
passaggio dell'altre incamminate milizie.
Ma con esso veterano e valoroso coman-
dante parve, che si accompagnasse anche
la mala fortuna, e seco passasse in Italia,
Fu
Anno MDCCXXXIV. 7
Fu egli sorpreso da una grave flussione a
gli occhi, ed altri dissero da un colpo di
apoplessia , per cui di tanto in tanto re-
stava come cieco. Progettossi in Vienna di
richiamarlo, ma perchè sempre se ne sperò
miglioramento, continuò egli nel comando.
Trovandosi troppo vicino a questo incen-
dio Rinaldo di Este duca di Modena , co-
minciò anch' egli a provarne le perniciose
conseguenze. Sul principio dell'anno pre-
sente ecco stendersi le ttuppe spagnuole per
li suoi stati , e prendere quartiere nelle
città di Carpi, e Coreggio , nelle terre di
s. Felice e Finale, e in altri luoghi. Per-
chè si erano precedentemente ritirati dalla
Mirandola gli Alemanni , esso duca di Mo-
dena avea tosto bensì guernita quella sua
città col proprio presidio ; ma non tardò
il duca di Liria generale spagnuolo nel dì
15 di gennaio a comparire colà colle sue
milizie , con chiedere di entrarvi ; al che
non fu fatta resistenza , giacché promise di
lasciare intatta la sovranità e il governo
del Duca di Modena, principe risoluto di
mantenere la neutralità in mezzo a queste
gare . Si andava intanto ogni di più in-
grossando sul Mantovano 1' armata cesarea >
talmente che secondo le spampanate dei
gazzettieri si decantava ascendesse a ses-
santa e più mila persone, bella gente tut-
ta ^ e vogliosa di menar le mani. Per im-
pedir loro l'inoltrarsi verso lo stato di
Milano, il generalissimo re di Sardegna
A 4 Car-
3 A n n a 1 1 D'Italia
Carlo Emmanuele spedì il nerbo delle sue
truppe a postarsi alle rive del fiume Oglio,,
e la maggior parte dei Francesi venne a
custodire le rive del Po nel Mantovano di
qua , stendendosi da Guastalla fino a san
Benedetto, a Ilevere, ed anche ad una par-
te del Ferrarese : all' incontro nelle rive
di là da Po si fortificarono i Tedeschi a
Governolo, Ostigiia , e nei restanti luoghi
delTOglio. Si stettero guatando con occhio
bieco per alquante settimane le due nemi-
che armate, studiando tutto dì il generale
conte di Mercy la maniera di passare il
Po ; e dopo molte finte gli venne fatto di
passarlo,, dove e quando men se l'aspetta-
vano i Francesi. Nella notte seguente al
primo dì di maggio, seco menando barche
sopra delle carra, spinse egli sopra alcune
di esse il general di battaglia conte di Li-
gneville Lorenese pel Po con una man di
armati alla riva opposta in faccia alla chie-
sa di san Giacomo, un mìglio in circa di-
stante da san Benedetto. Arrampicaronsi
sugli argini quegli armati y e vi presero
posto; nel qual mentre le sentinelle francesi
sparando sparsero l'avviso di questa sor-
presa. Ma il Mercy con incredibile dili-
genza fatto formare il Ponte, non perde
tempo a spignere nuove truppe di qua > in
maniera che quando sopragiunsero le bri-
gate Francesi , vedendo esse già passata
tutta Foste cesarea, ad altro nonpensaro»
no, che a mettersi ir) salvo.
Gran-
A^ no MDCCXXXIV. 9
Grande in fatti fu lo scompiglio dei fran-
cesi, troppo sparpagliati dietro alla gran-
de stesa degli argini del Po ; laonde cor-
sa la voce del passaggio suddetto,, ciascun
corpo di essi colla maggior fretta possibi-
le prese la strada dei Parmigiano lascian-
do indietro non pochi viveri, munizioni s
e parte ancora del bagaglio > Passò questo
terrore al Finale , a san Felice , e alla Mi»
randola , dove erano entrati essi francesi 3
dappoiché l' aveano abbandonata gli spa-
gnuoli ; e tutte quelle schiere, unitesi poi
con quelle di Guastalla, marciarono alla
Sacca, luogo del Parmigiano sul Po. For-
mato quivi un ponte per mantener la co-
municazione coìr Oltrepò, con alte fosse e
trincee si afforzarono; e da Parma sino a
quel luogo dietro al fiume appellato Par-
ma tirarono una linea , guernendola di gran
gente e cannoni, ed aspettando divedere,
che risoluzion prendessero gli austriaci .
Con buona disciplina dopo avere ripigliato
il possesso della Mirandola, sen vennero
questi sul territorio di Reggio ; impadro-
nironsi anche di Guastalla e Novellava , e
andarono ad alzar le tende nelle ville del
Parmigiano. Era ito frattanto il general
Mercy a Padova , per isperanza di riportare
da quegli esculapj la guarigion della sua
vista ; e senza di lui nulla si potea intra-
prendere di grande. Parve agli altri co-
mandanti cesarei viltà il lasciare tanto
in ozio il fiorito loro esercito , e però si
av-
io Annali d'Italia
avvisarono di cacciare i francesi della ter-
ra di Colorno. Sul principio di giugno con
un grosso distaccamento si portarono colà;
disperata difesa fece quel presidio ; sicché
tutti coloro o perderono la vita , o restaro-
no prigionieri. Ma senza paragone vi spe-
sero gl'imperiali più sangue , essendovi ri-
masto ucciso il suddetto troppo ardito ge-
nerale di Ligneville con altri ufìziali , e
molta loro gente . Videsi poi saccheggiata
quella povera terra, senza perdonare ne a
i luoghi sacri , né alle delizie del palazzo
e giardino dei duchi di Parma , le quali
furono ivi per la maggior parte disperse
od atterrai . Non ripoitò lode il principe
Luigi di Wirtemherg , comandante allora
-pro interim dell'armata cesarea , perchè non
s'inoltrasse con tutte le forze affine di strin-
gere i francesi a Sacca. A lui bastò di
mettere in Colorno due reggimenti . Ma nel
giorno quinto di giuguo essendosi mosso il
valoroso re di Sardegna con assai brigate
sue, e dei francesi , a quella volta, seguì
una calda zuffa con vicendevole mortalità
di gente ; pure si trovarono obbligati i
tedeschi di abbandonare quel sito , oramai,
ma troppo tardi , pentiti di avere compe-
rato sì caro un acquisto, che niun frutto,
e solamente molto danno loro produsse .
Da che fu ritornato da Padova il mare-
sciallo dì Mercy , non vi era chi non cre-
desse imminente qualche gran fatto di ar-
mi '9 ma con istupore di ognuno egli si ri-
* ti-
Anno MDCCXXXIV. ii
tirò a saa Martino del marchese Estense a
digerire la bile ; e ciò perchè odiato dalla
maggior parte degli Ufi zi afa , come macel-
laio delle truppe j non avea trovato in es-
si l'ubbidienza dovuta. Se andassero bene
con questi contratempi gii affari dell im-
peradore, sei può immaginare ciascuno.
Placato in fine dopo molti giorni esso ma-
resciallo ^ se ne tornò al campo ; ed allora
determinò di venire a giornata coi nemici .
Sarebbe stato da desiderare, ch'egli in sì
pericoloso cimento fosse stato meglio ser-
vito dai suoi occhi, e che le misure da
lui prese fossero state , quali convengono
ai più accorti generati di armate . Parve
a non pochi mal cono puto disegno 1' aver
egli ( giacche troppo difficile era 1' assalire
il campo contrario nelle linee ben fortifi-
cate del fiume Panna ) preso un giro ai
mezzogiorno deMà città di Parma, con in-
tenzione di azzuffarsi all'occidente, dove
di fortifica zi òde erano privi i francesi; ma
senza far caso di lasciare esposto un fian-
co del suo esercito alle artiglierie della
città , e del potere la guernigione di essa
città tagliargli la ritirata in caso di dis-
grazie Ma egli era portato da una ferma
credenza di sconfiggere i nemici ; e il ve-
ro è che pensava di trovare i francesi nelP
accampamento loro dietro alla Parma , e
non già nel sito , dove succedette dipoi ii
terribii conflitto. All'armata gallo-sarda
non si trovava più il maresciallo di Vii-
làrs 9
12 Annali d' Italia
lars , perchè la sua soverchia età gli ave£
siffattamente infiacchita la memoria, che ora
dato un ordine , da lì a poco dimentico
del primo , ne spediva un altro in contra-
rio . Laonde richiamato alla. corte, s'inviò
nel dì 27 di maggio alla volta di Torino,
dove sorpreso da malattia diede fine ai suoi
giorni , ma non già alla gloria di essere
stato uno dei più sperti e rinomati con-
dottieri di armata dei giorni suoi . Anche
il generalissimo Carlo Emmanuel^ re ài
Sardegna avea dato una scorsa a Torino,
per visitar la regina caduta inferma. Ora
essendo restato al comando dell'esercito
gallo-sardo i due marescialli di Coigny e
di Broglio , o sia che le spie portassero
avviso dei movimenti degl' imperiali , o
pure fosse accidente : mossero eglino il cam^
pò, per venire anche essi al mezzo giorno,
verisimilmente per coprire la città di Par-
ma da ogni attentato.
Air improvviso dunque nella mattina del
dì 29 di giugno , festa dei santi Pietro e
Paolo, si scontrarono le due nemiche ar*
ma.te sulla strada maestra , o vogliam dire
Via Claudia, stendendosi i francesi dalla
città fino per un miglio al luogo detto la
Crocetta, ben difesi dagli altri fossi del-
la medesima strada. Ancorché si trovasse il
Mercy inferiore di gente, per aver lasciato
molti staccamene indietro alla custodia dei
passi, e tutta la fanteria non fosse peran^
che giunta, pure attaccò furiosamente la
bat-
Anno MDCCXXXIV. 13
battaglia con istrage non lieve $ei nemici.
Costò anche gran sangue l'espugnazione di
una Cassina; ma il peggio fu, eh' egli stes-
so col troppo esporsi alle palle degli av-
versar;, ne restò sì malamente colpito., che
sul campo spirò l'ultimo fiato. Non si sa,
se il funerale fosse poi accompagnato dalle
lagrime di alcuno. Arrivatala fanteria tut-
ta, crebbe maggiormente il fuoco, le mor-
ti, e le ferite da ambe le partì, senza non-
dimeno, che l'una passasse nei confini dell'
altra. A cagione di tanti fossi ed alberi
poco o nulla potè operare la copiosa caval-
leria tedesca ; e i soli fucili , e i piccoli
cannoni da campagna , ma non mai le scia-
ble e baionette, fecero l' orribil giuoco.
Da molti fu creduto, che il principe Lui-
gì di ìVirtemberg , rimasto comandante in
capo dopo la morte delMercy, non sapes-
se qual regolamento avesse preso il defunto
generale , e però pensasse più alla difesa ,
che all'offesa. Ed altri immaginarono , che
se fosse sopravivuto il Mercy , egli avreb-
be o riportata vittoria , o sacrificata la mag-
gior parte delle sue truppe . La conclusio-
ne fu, che questo sanguinoso combattimen-
to durò fino alla notte , la qual pose fine
al vicendevol macello; ed amendue le ar-
mate rimasero nei loro campi a considera-
re e compiagnere le loro perdite per tanti
lìfiziali e soldati o uccisi o feriti , senza
sapere qual destino fosse toccato alla parte
contraria. Non aspetti alcuno da me d'in-
téa-
14 Annali d'Italia
tendere a quante migliaia ascendesse il dati-*
no dell'una o dell' altra armata , insegnan-
do la sperienZa , che ognuno si studia d*
ingrandire il numero dei nemici , e di smi-
nuire quello dei proprj. Calcolarono alcuni,
che almen diecimila persone tra gli uni
e gli altri restassero freddi sul campo. Quei
che è certo, ciascuna delle parti nella not-
te al trovare tanta copia di morti e feri-
ti 3 si credette vinta ; e si sa, che i coman-
danti francesi tenuto consiglio meditavano
già di ritirarsi ai trincieramenti della Sac-
ca, e a decampare dai contorni di Parma;
quando versola mezzanotte giunse loro la
grata nuova, che i tedeschi levato il cam-
pa erano in viaggio per tornarsene verso
il Reggiano* Snervati cotanto di gente si
trovarono essi Cesarei, e privi di vettova-
glie foraggi e in vicinanza di essa città ne-
mica, che loro fu necessario di retrocede-»
re. Era ferito anche Io stesso principe di
"Wirtemb; rg«
Videsi in questi tempi Parma tutta piena
di gallo- sardi feriti , e una processione
continua per due giorni sulla Via Claudia
di feriti tedeschi, non curati da alcuno',
dei quali parte ancora nel viaggio andava
mancando di vita : spettacolo compassione-
vole ed orrido a chi contemplava in essi
l'umana miseria, e i frutti amari delTam-
bizion dei regnanti* Sul fine della battaglia
per le poste , e con grave pericolo di cade-
re in man dei Cesarei, il re di Sardegna
per-
Anno MDCCXXXIV. i5
pervenne al campo. Fu creduto migliore
Consiglio il non inseguire i fugitivi nemi-
ci, e nel dì seguente s' inviò buona parte
dell' esercito gallo-sardo verso Guastalla
per isloggiarrie i tedeschi. Vi era dentro
un presidio di mille e ducento persone; e
per disattenzione dei comandanti cesarei
uiuno avviso fu loro inviato della succeduta
catastrofe; laonde trovandosi quella gente
sprovveduta di artiglierie; di munizioni e
di viveri , fu obbligata a rendersi prigio-
niera. Giunse intanto l'esercito tedesco a
passare il fiume Secchia i dopo aver lasciate
funeste memorie di ruberie per dovunque
passò; e a fin di mantenere la comunica-
zione colla Mirandola e col Mantovano, si
diede tosto ad afforzarsi sugli argini di es-
so fiume; siccome parimente fecero i fran-
cesi nella parte di là, con aver posto il re
di Sardegna il quartier generale a san Be-
nedetto. Avea nella precedente primavera
il maresciallo diVillars pensato a stendere
la sua giurisdizione anche negli stati di
Modena, sì per assicurarsi di questa città.,
e della sua cittadella^ come anche per isten*
dere le contribuzioni in questo paese: me-
stiere favorito dai monarchi della terra, e
praticato tanto più. indiscretamente da es-
si, quanto più son potenti e ricchi, senza
distinguere paesi neutrali ed innocenti da
nemici. Nel dì 15 di aprile comparve a
Modena il marchese di Pezè , ufiziale fran-
cese di gran credito ed eloquenza, che fe-
ce
16 Annali d'Italia
ce la dimanda di essa cittadella in deposito
a nome del re cattolico . Per quante esibi-
zioni facesse il duca Rinaldo di sicurezze,
ch'egli guarderebbe quella fortezza senza
darla ai nemici degli alleati, saldo stette
il Pezè in esigere, e non rnen di lui il du-
ca in negare sì fatta cessione . Andossene
perciò senza aver nulla guadagnato queir
ufiziale , e il duca a cagion di questo
guernì di qualche migliaio di sue mili-
zie la Cittadella predetta. Ma da che do-
po la battaglia di Parma si trovarono sì
infievoliti i Cesarei , spedi il duca al cam-
po gallo-sardo Y abbate Domenico Giaco-
bazzi, oggidì consigliere di stato e segre-
tario ducale , ben persuaso di non poter
più resistere alla tempesta , e desideroso di
salvare quel più che potea nell' imminente
naufragio . Disposte poscia il meglio che fa
possibile le cose , nel dì 14 di luglio si
ritirò il duca con tutta la sua famiglia a
Bologna . Il principe Ereditario Francesco
suo figlio, e la principessa consorte s'era-
no molto prima portati a Genova , e di
là poi col tempo passarono amendue a Pa-
rigi.
Entrarono nel dì 13 i francesi in Reggio,
e nei dì 20 del mese suddetto comparve
alle porte di Modena il Marchese di Mail-
lebois tenente generale di sua maestà cri-
stianissima con buon distaccamento di ar-
mati , che accordò alla città e sue dipen-
denze una onesta capitolazione, restando
in-
Anno MDCCXXXIV. 17
intatta la giurisdizione, dominio, e ren-
dite del duca, con altri patti in favore del
popolo : patti di carta , che non durarono
poi se non pochi giorni . Che intollerabili
aggravj , che esorbitanti contribuzioni im-
ponessero poscia i francesi agli stati sud-
detti, non occorre, che io lo ricordi, dopo
averne assai parlato nelle antichità estensi .
Divennero in oltre essi stati il teatro del-
la guerra, tenendo i cesarei la Mirandola ,
e tutto il basso Modenese , e i francesi
Modena, Reggio, Coreggio, e Carpi. Il fiu-
me Secchia era quello , che dividea le ar-
mate , le quali andarono godendo un dolce
ozio sino alla metà di settembre, ma sen-
za lasciarne godere un brictiolo ai poveri
abitanti. Al comando dell' armi imperiali
era intanto stato inviato da Vienna il ma»
resciallo conte Giuseppe di Koningsegg , si-
gnore di gran senno, che tosto determinò
di svegliare gli addormentati nemici. Tro-
vavasi in questo tempo attendato a Quistel-
lo il maresciallo francese conte di Broglio
con parte dell' esercito, guardando i passi
della Secchia. Con isforzate marcie, e con
gran silenzio sull'alba del dì 15 di esso
settembre ecco comparire il nerbo maggio-
re degli alemanni, valicar la poca acqua
del fiume, sorprendere i pichetti avanzati,
e poi dare improvvisamente addosso al cam-
po francese . Non ebbero tempo colti nel
sonno i soldati di prendere le armi, non
che di ordinar le schiere • Solamente si pen-
Tom. XXVII. B so
18 Anna ti d'Italia
so alle gambe . Fuggì in camicia il mare5»
sciallo di Broglio; e il signore diCaraman
suo nipote , colonnello e brigadiere di essa
armata, essendosi opposto per facilitare al
zio la ritirata, restò con altri ufiziali pri-
gioniero . Andò a sacco tutto il campo,
tende, bagagli, armi 3 munizioni, e le ar-
genterie dei maggiori ufiziali. Era molto
splendida e copiosa quella del conte di
Broglio y la cui segreteria restò anch'essa
in mano dei vincitori. Per questa disav-
ventura fu da lì innanzi esso maresciallo,
benché personaggio di gran merito e men-
te y guardato di mal occhio alla corte di
Francia, e col tempo si vide cadere. Ri-
masero per tale irruzione tagliati fuori mol-
ti corpi di francesi , che si renderono pri-
gioni, altri ne furono presi a letto nelcam.
pò , tal che fu creduto , che tra morti e
prigioni vi perdessero i francesi da tre
e forse più mila persone. Maggiore senza
paragone sarebbe stata la perdita loro, se
non si fossero sbandati i tedeschi dietro
al ricco spoglio del campo, e non avessero
trovato , allorché presero ad inseguire i
nemici , varie fosse e canali , custoditi da
qualche truppa francese, che ritardarono
di troppo i lor passi . Ebbe tempo il re ài
Sardegna di ritirarsi colla sua gente da san
Benedetto , conducendo seco cannoni e ba-
gaglio, pizzicato nondimeno per viaggio.
Solamente due battaglioni restati in quel
moniste ro con altri francesi capitati colà,
do-
Anno MDCCXXXIV. ig
8òp<? avere ottenuti patti onesti,, si rende-
rono agi' imperiali .
Ridotto in fine con gran fretta tutto Y
esercito gallo- sardo a Guastalla fuori ài
quella città y e fra i due argini dei Po e
del Crostolo vecchio 3 si diede con orari
fretta a formare alti e forti trincieramenti y
mei qual tempo furono anche abbandonati
Carpi e Correggio dai presidj francesi, che
si ritirarono al grosso della lor armata. A
quella volta del pari trasse tutto il cesareo
esercito 3 è poco si stette a vedere un al-
tro spaventevole fatto di armi. Molto fu
poi disputato, se a questo nuovo conflitto
si venisse per accidente , o pure per riso-
luta volontà del maresciallo di Konlngsegg*
Giudicarono alcuni , che per una scaramuc-
cia insorta fra grosse nemiche partite, a
poco a poco andasse crescendo l'impegno,
tanto che in fine tutte le due armate en-
trarono in ballo . Pretesero altri , che il
Koningseggj troppa fede prestando al prin-
cipe di Wirtemberg^ asserente, come cosà
certa , che la- cavalleria gallo-sarda era
passata oltre Po a cercar foraggi, determi-
nasse di tentar la fortuna. Persona di cre-
dito mi assicurò, non altra intenzione ave-
re avuto il generale cesareo, che di rico-
noscere il campo nemico; ma che inoltra-
tisi due o tre suoi reggimenti vennero alle
mani con un corpo di fiancasi : laonde la
battaglia divenne a poco a poco universa-
le- Usciti perciò dei loro trincieramenti i
B 3 Fran-
20 Annali d'Italia
francesi in ordinanza di battaglia , nella
mattina del dì 19 di settembre si azzurra-
rono i due possenti eserciti ; e sulle prime
due bei reggimenti di corazze cesaree ca-
duti in un' imboscata > rimasero quasi di-
sfatti. Al primo avviso il re sardo, che si
trovava di là da Po, corse a rinforzar V
armata colla sua cavalleria, e sempre colla
spada alla mano in compagnia dei due ma-
rescialli diCoigny e di Broglio , attese a dar,
gli ordini opportuni , trovandosi coraggio-
samente in mezzo a maggiori pericoli . Gio-
carono in questo conflitto terribilmente le
artiglierie d'ambe le parti, facendo squar-
ci grandi nelle schiere opposte ; le sciable
e baionette non istettero punto in ozio ; e
però sanguinosa oltremodo riuscì la pugna.
Parve, che il principe Luigi di Wirtemberg
andasse cercando la morte; tanto ardita-
mente si spinse egli addosso ai nemici ;
e in fatti restò ucciso sul campo. Ora pie-
garono i francesi , ed ora i tedeschi ; ma
in fine chiarito il Koningsegg , che non si
potea rompere l'oste contraria, prese il
partito di far sonare a raccolta, e di riti-
rarsi colia migliore ordinanza , che fu pos-
sibile. Si disse, ch0 i francesi l'inseguis-
sero per un tratto di strada, ma non è cer-
to. A quanto montasse la perdita dell'una-
e dell'altra parte, re>ta tuttavia da saper-
si. Indubitata cosa è, che vi perì gran gen-
te con molti insigni ufiziali di prima riga
e subalterni , e maggior fu la copia dei
fé-
Anno MDCCXXXIV. it
feriti, la quale ascese a migliaia . Si attri-
buirono i gallo-sardi la vittoria, e non
senza ragione, perchè restarono padroni del
campo, di quattro stendardi, e di qualche
pezzo di cannone, e i savoiardi riportaro-
no in trionfo un paio di timballi . Ebbe 1'
avvertenza il maresciallo cesareo nello stes-
so bollore del poco prospero conflitto di
spedir ordine, perchè si formasse, o si ar-
masse gagliardamente il ponte di comuni-
cazione col mantovano sul Po , e fu ben
servito. Ne si dee tacere, che il marchese
ili Maillebois , durante la battaglia suddet-
ta , con tremila cavalli di là dal Po corse
per sorprendere Borgoforte , ed impedire la
comunicazione del ponte; ma non fu a tem-
po, anzi ben ricevuto, non pensò che a tor-
narsene indietro.
Venne nei seguenti giorni à notizia dei
francesi, altro non trovarsi nella Miran-
dola, che lo scarso presidio di trecento
alemanni con poca artiglieria,. Parve que-
sto il tempo d' impadronirsene . Scelto per
tale impresa il suddetto tenente generale
Maillebois, uomo di grande ardire ed at-
tività, comparve sotto quella piazza con
sei mila combattenti , con otto grossi pez-
zi d' artiglieria cavati da Modena i e con
altri cannoni ; e senza riguardi e cerimonie
alzò tosto una batteria sul cammino coperto.
Essendo poi corsa voce, che diecimila te-
deschi venivano a fargli una visita con tutti
i suoi arnesi fu presto a ritirarsi. Ma sco-
B 3 P:r'
22 Annali d'Italia
portasi falsa questa voce , egli più che mai
voglioso e isperanzito di queir acquisto ,
tornò sotto alla piazza , e con tutto vigo-
re rinovò le offese . Fatta la breccia , si
preparava già a scendere nella fossa, quan-
do venne a sapere , che il Koningsegg se-
gretamente avea fatto sfilare alquante mi-
gliaia dei suoi a quella volta , e formato
un ponte sul Po a questo eff< tto ; però da
saggio comandante nel di 12 di ottobre
sloggiò , e tal fu la fretta , che lasciò in-
dietro tutta T artiglieria. Niun' altra consi-
derabile impresa fu fatta nel resto dell'anno,
sennonché ostinatosi il conte di Koningsegg
di stare colla sua gente in campagna tra
il Po e l'Oglio, gran tormento diede air
oste gallo-sarda, obbligata a gravi pati-
menti, alloggiando e dormendo i poveri
soldati non più sulla terra , ma sui fanghi
e nell'acqua. Non soffrì il re di Sardegna ,
che più. durasse tanto affanno delle mili-
zie, e decampato che ebbe le ridusse ai
quartieri di verno, ma sì mal concie, che
entrata fra loro un'epidemia nei seguenti
mesi sbrigò dai guai del mondo una parte
di essi , e non solo essi , ma chiunque dei
medici, chirurghi, e cappellani che assiste-
rono ad essi : come pur troppo si provò
nella città di Modena . La ritirata loro aprì
il campo ai cesarei per passar l'Oglio, ed
impadronirsi di Bozzolo, Viadana, Casal-
maggiore, ed altri luoghi . E al principe di
Sassonia Hildbur°;ausen riuscì con finti can-
no-
Anno MDCCXXXIV. 23
noni eli legno di far paura al comandante di
Sabbioneta, che non ebbe difficoltà di ren-
derla a patti onorevoli. Con tali imprese
terminò nell'anno presente la campagna in
Lombardia .
Ci chiama ora un'altra memorabile sce-
na , parimente spettante a quest' anno , e
all'Italia. Siccome accennammo, era già
stata presa nel gabinetto di Spagna la ri-
soluzion di valersi del tempo propizio , in
cui si trovavano impegnate le armi di Ce-
sare al Reno e in Lombardia , per la con-
quista dei regni di Napoli e Sicilia .
Ognun vedea, che le mire degli Spagnuo-
li con tanti leghi in mare , con tanta ca-
valleria e fanteria , già pervenuta in To-
scana, e che andava ogni dì più crescen-
do, tendevano a passar colà. Maggiormen-
te ancora se ne avvide il conte don Giu-
lio Visconti , viceré allora di Napoli, il
quale bensì per tempo si accinse a far la
possibile difesa, con fortificare spezialmen-
te Gaeta e Capoa , e provvederle di gente ,
e di tutto il bisognevole; ma per trovarsi
con forze troppo smilze a sì pericoloso ci-
mento , con replicate lettere facea istanza
di soccorsi alla corte di Vienna . Ne rice-
vè molte speranze ; a riserva nondimeno di
alquante reclute e di altre poche milizie ,
che dai litorale austriaco e dalla Sicilia
per mare andarono capitando colà, si sciol-
sero tutte in fumo le altre promesse, li
quartier generale dell' esercito Spagnuolo
B 4 sot-
24 Annali d'Italia
sotto la direzione del conte di Montema?
nel gennaio di questo anno era in Siena »
A quella volta si mosse da Parma anche il
reale infante don Carlo, ed essendo nel dì
quinto di febbraio passato in vicinanza di
Modena , salutato con salva reale dalla Cit-
tadella, arrivò poi nel dì dieci felicemen-
te a Firenze. Portò egli seco gli arredi
più preziosi dei palazzi Farnesi di Parma
e Piacenza , ben prevedendo , che gli si pre-
parava un più magnifico alloggio in altre
parti. Anche il duca di Livia 'raccolte le
truppe spagnuole, ch'erano sparse negli sta-
ti dei duca di Modena , e abbandonata la
Mirandola, andò ad unirsi all' esercito sul
sanese. Da che sul fine di febbraio si fu
messo alla testa di sì bella e poderosa ar-
mata esso reale infante , tutti si mossero
alla volta di Roma, e nel dì quindici pas-
sarono sopra un preparato ponte il Teve-
re. Nello stesso tempo per mare capitò a
Civitavecchia la numerosa flotta di Spagna ,
edotto navi di essa veleggiando oltre , nel
dì 20 s'impossessarono delle isple di Pro-
cida ed Ischia . Furono sparsi per Napoli
e pel regno manifesti , che promettevano
per parte dell'infante dimiouziou di ag-
gravj , e privilegi e perdono a chi in ad-
dietro avea tenuto il partito imperiale con-
tro la corona di Spagna .
Stavano intanto speculando i satrapi del-
la politica , se gli spagnuoli troverebbero
opposizioni ai confini. Niuna ne trovaro-
no,
Anno MDCCXXX1V. ì$
no , e però avendo essi declinata Capoa , e
passato il Volturno, giunsero a sant' Ange-
lo di Kocca Canina. Era stata su questo
disputa fra i due generali , Carrafa italia-
no y e Traun tedesco. Pretendeva V un di
essi, cioè il primo, che tornasse più il con-
to a sguernire le piazze di presidj , e rac-
colta tutta la gente di armi alemanna > do-
versi formare un' armata ^ che andasse a
fronte della nemica, per tentare una bat-
taglia. Succedendo questa felicemente ^ pa-
reva in salvo il regno. All'incontro col
difendere i soli luoghi forti 3 Napoli era per-
duta ; e chi ha la capitale, in breve ha il
resto. Sosteneva per lo contrario il conte
Traun il tener divise le soldatesche nelle
fortezze ; perchè venendo i promessi soc-
corsi di ventimila armati dalla Germania,
Napoli si sarebbe facilmente ricuperata.
Prevalse quest'ultimo sentimento, e fu la
rovina dei cesarei , che niun rinforzo rice-
verono , e perderono tutto . Dopo la disgra-
zia fu chiamato in Vienna il generale Car-
rafa , fedele ed onorarissimo signore .j im-
putato di non avere ben servito l'augusto
padrone * Andò egli -, ma non gli fu per-
messo di entrare in Vienna, né di parlare
a sua maestà cesarea. Per 'altro portò egli
seco le chiare sue giustificazioni * Fu det-
te, che l'imperadore con sua lettera gli
avesse ordinato di raunar la gente , e di
venire ad un fatto di armi, e che altra
lettera del consiglio di guerra sopragiu-
£t1f:S-
20 Annali d'Italia
gnesse con ordine tutto contrario. Avea il
conte don Giulio Visconti viceré preventi-
vamente inviata a Roma la moglie col me-
glio dei suoi mobili , e a Gaeta le scrittu-
re più importanti ; ed egli stesso dipoi pre-
se la strada di Avellino e Barletta, per
non essere spettatore della inevitabil rivo-
Juzion di Napoli, che tutta era in iscom-
piglio, e che scrisse a Vienna le scuse e
discolpe della sua fedeltà , se sprovveduta
di chi la sostenesse, era forzata a cedere
ad un principe , che si accostava con eser-
cito sì potente per terra e per mare . Giun-
to pertanto nel dì nove di aprile il reale
infante coli' oste sua a Maddalori, lungi
quattordici miglia da Napoli , vennero i
deputati ed eletti di quella real città ad
inchinarlo, e a presentargli le chiavi, co-
prendosi come grandi di Spagna, secondo
il privilegio di quella Metropoli . Nel se^
guente giorno dieci fu spedito un distacca-
mento di tremila spagnuoli , che pacifica-
mente entrarono in Napoli , e l' infante pas-
sò alla città di Aversa ^fissando ivi il suo
quartiere , finattantochè si fossero ridotte
all' ubbidienza le fortezze della capitale .
Contra di queste , preparati che furono tut-
ti gli arnesi , si diede principio alle osti-
lità . Nel dì 25 si arrendè il castello sant'
Ermo con restare prigioniera la guemigio-
ne tedesca di secentoventi persone. Due
giorni prima anche 1' altra di Baia , dopo
aver sentite alquante cannonate , si rendè
a di-
Anno MDCCXXXIV. 27
a Jiscrez one. C .nsisteva in secento sessan-
ta soldati. Il castrilo dell' Uovo durò si-
no al dì terzo di Miglio, in cui quel pre-
sidio, esposta bandiera bianca, restò ai
pari drg i altri prigioniero. Altrettanto
fece nei dì sesto di esso mese Castel Nuo-
vo.
Dappoiché fu libera dagli austriaci la
città di Napoli, vi fece il suo solenne in-
gresso nel dì dieci di maggio l'infante rea-
le don Carlo fra le incessanti allegrie ed
acclamazioni di quel gran popolo. Nobili
fuochi di gioia nelle sere seguenti attesta-
rono la contentezza di ognuno^ ben pre-
vedendo , che questo amabii principe, così
ornato di pietà , e tanto inclinato alla cle-
menza , avea da portar quella corona in
capo. In fatti nel dì quindici di esso mag-
gio giunse corriere di Spagna col decreto,
in cui il cattolico monarca Filippo V di-
chiarava questo suo figlio re dell' una e
dell'altra Sicilia: avviso, che fece raddop-
piar le feste ed allegrezze di un popolo ,
non avezzo da pia di ducento anni ad ave-
re ré proprio. Tutti i saggi riconobbero,
quale indicibil vantaggio sia l' aver corte,
q re, o principe proprio. Trova vansi in
Bari già adunati circa settemila soldati
cesarei . Poiché voce si sparse , che sei mi-
la Croati aveano da venire ad unirsi a
questa picciola armata, il capitan generale
spagnuoio , cioè il conte di Montemar , a
fin di prevenire il loro arrivo, col meglio
• dell'
28 Annali d'Italia
dell' esercito suo , facendolo marciare £
grandi giornate^ corse anch' egli a quelle
parti. Nel dì 27 di maggio trovò egli quel-
la gente in vicinanza di Bitonto in ordine
di battaglia j e tosto attaccò la zuffa con
essi . Ma quella non fu zuffa , perchè sunito
si disordinarono, e diedero alle gambe gì'
italiani , che erano i più , e furono segui-
tati dagli alemanni. La maggior parte re-
stò presa, e gli altri si salvarono in Bari .
Non si potè poi cavar di testa alla gente,
che il principe di Belmonte marchese di
san Vincenzo, comandante di quel corpo
di truppe , non avesse prima acconciati i
suoi affari con gli Spagnuoli , giacché da
lì a non molto fu osservato ben visto e
favorito da loro. Anche gli abitanti di
Lecce mossa sollevazione presero quanti
Tedeschi si trovarono in quella contrada \
In riconoscenza dei rilevanti servigi 3 pre-
stati al nuovo re di Napoli , fu il conte di
■Montemar dichiarato duca di Bitonto , e
comandante dei castelli di Napoli con pen-
sione annua di cinquantamila ducati. Impa-
dronironsi poscia gli Spagnuoli di Brindi-
si e di Pescara , con restar prigioni di
guerra quei presidj - Ma ciò, che più sta-
va loro a cuore, era la città di Gaeta ,
piazza di gran polso^ e ben provveduta di
gente, viveri, e munizioni per la difesa <
Nel dì 31 di luglio si portò per mare co-
là ii giovine re don Carlo, ed pllpra V
esercito apri la trinciera . A tale assedio
coni-
Anno MDCCXXXIV. 29
comparve anche Carlo Odoardo principe di
Galles , primogenito del cattolieo re Gia-
como III Stuardo , che fu accolto dal re di
Napoli con dimostrazioni di distinta stima
ed amore. Ma quella forte piazza con istu-
pore di ognuno non resistè che pochi gior-
ni alle batterie nemiche, e nel dì sette di
agosto la guernigione tedesca cedette il
posto alla spagnuola . Perchè quegli abi-
tanti ricusarono di venire ad un accordo
col generale dell'artiglieria, videro tras-
portate a Napoli tutte le lor campane _, es-
sendone restate solamente alcune picciole
in due o tre conventi . Bella legge, che è
questa, di punir le innocenti chiese con sì
barbaro spoglio . Ciò fatto , si fecero tutte
le disposizioni necessarie , per passare al-
la conquista della Sicilia .
Nel dì 25 di esso mese di agosto essen-
dosi imbarcato il capitan generale conte di
Montemar , mise alla vela il gran convo-
glio, numeroso di circa trecento tartane,
cinque galee, cinque navi da guerra, due
palandre, e molti altri legni minori. In
vicinanza di Palermo approbò felicemente
sul fine del mese quella flotta ; laonde il
senato di quella Metropoli , siccome privo
di difensori , non tardò a far colà la sua
comparsa, per attestare l'ossequio di quei
popolo alla real famiglia di Spagna . Ad-
dobbi insigni, strepitose acclamazioni so-
lennizzarono nel dì due di settembre l'in-
gresso in Palermo del suddetto Nontemar,
già
30 A&tfAtt d' Itaiià
già dichiarato viceré di Sicilia . Passò egli
di poi col forte dell'armata a Messina, i
cui cittadini aveano già ottenuta licenza di
rendersi > giacché il Principe di Lobcovitz
comandante avea ritirati i presidj dai ca-
stelli diMatagriffone , Casteìlazzo, e Taor-
mina ^ per difendere il solo castello di
Gonzaga e la Cittadella. Ma poco stette a
rendersi esso castello di Gonzaga con quat-
trocento nomini , che rimasero prigionieri ;
però tutto lo sforzo degli spagnuoli si ri-
volse contro la sola Cittadella > difesa con
indicibil valore da quella guernigione . Tra-
pani, e Siracusa furono nello stesso tempo
assediate. Altro più non restava nel regno
di Napoli , che la città di Capoa , ricu-^
sante di sottomettersi air armi di Spagna »
Entro vi era il general eonte Traun , che
si sostenne sempre con gran vigore , e so>
vente si lasciava vedere ai nemici con del-
le sortite. Una di esse fece ben dello stre-
pito , perchè essendosi per le pioggie in-
grossato il fiume Volturno ^ e rimasti ta-
gliati fuori circa mille Spagnuoli , perchè
senza comunicazione col loro campo : il
Traun uscito con quasi tutta la guernigio-
ne, e con dei piccioli cannoni coperti so-
pra delle carra, parte ne stese morti sul
suolo, altri ne fece prigionieri. Ma infine
niuna speranza rimanendo di soccorso, e
volendo esso generale salvare il presidio,
capitolò la resa di quella città, e castello
nel dì 2Z di ottobre , se io termine di sei
gior-
Anno MDCCXXXIV. 3ì
giorni non gii veniva ajuto , o non foss*
seguito qualche armistizio, con altre con-*
dizioni . Però venuto il termine , furono
scortati questi alemanni sino a Manfredo-
nia e Bari, per essere trasportati a Trie-
ste. Ed ecco tutto il regno di Napoli all'
ubbidienza dei re Carlo , a cui nel presente
anno si videro di tanto in tanto arrivar
nuovi rinforzi di gente, munizioni., e da-
naro. Fra tanti soldati fatti prigionieri
nei regni di Napoli e Sicilia, la maggior
parte degli italiani i ed anche molti tede-
schi, si arrolarono nell'esercito spagnuolo*
Ma perciocché essi Alemanni , tosto che se
la vedevano bella , disertavano , fu preso
il partito d'inviarne una pai te degli arro-
lati , e il resto dei prigioni in Ispagna *
Di là poi furono trasportati in Affrica nel-
la piazza di Orano, dove trovarono un
gran fosso da passare, se più veniva lor
voglia di disertare »
Maggiormente si riacese in quest'anno
la ribellion dei corsi , dove quella brava
gente già impadronitasi di Corte , sul fine
di febbraio diede una rotta al presidio
genovese uscito della Bastia , e nei dì 29
di marzo sconfisse un altro corpo di essi
genovesi . Continuarono poi nel resto dell'
anno le sollevazioni e le azioni militari
con varia fortuna in quell'Isola . Roma vi-
de in questi tempi per la protezion di
Vienna , e per lo sborso di trentamila scu-
di , alquanto migliorata la condizione del
car-
%% Annali r>' Italia
cardinal Coscia, che restò liberato dalle
censure già promulgate contra di lui, ma
non già dalla prigionia di castello sant'
Angelo. Un insigne regalo fece il pontefice
Clemente XII ai campidoglio con ordinare
il trasporto colà della bella raccolta di
statue antiche fatta dal cardinale Alessan-
dro Albani , ed acquistata dalla santità sua
col prezzo di sessantaseimila scudi . Ma nel
dì sei di maggio si trovò tutta in con-
quasso essa città di Roma 5 per essersi ver-
so il mezzo dì attaccato il fuoco ad un ca-
stello di legnami sulle sponde dei Tevere ,
dirimpetto al quartiere di Ripetta , e alla
'piazza dell'Oca. Spirava un gagliardo ven-
to, che di mano in mano andò portando
le fiamme agli altri castelli circonvicini , e
ad alcuni pochi magazzini di legna , e al-
le case di quasi tutta queir Isola ; di manie-
ra che circa quattro mila persone rimasero
senza abitazione , e vi perderono i loro mo-
bili . Per troncare il corso a sì spavento-
so incendio , fu di mestieri trasportar colà
alcuni cannoni da castello sant' Angelo , che
atterrando varie case, non permisero al
fuoco di maggiormente inoltrare i suoi
passi . Guai se penetrava agli altri Magaz-
zini di fieno e di legna . Incredibile fu il
danno, non minore lo spavènto. Fece il
benefico papa distribuir tosto due mila scu-
di a quella povera gente . Neil' anno pre-
sente , siccome vedemmo , provò V augusta
casa di Austria in Italia tante percosse, e
né
Anno MDCCXXXÌV. 33
ne pure in Germania potè esentarsi da al-
tre disavventure per la troppa superiorità
delle armi francesi . In questo bisogno di
Cesare l' oramai vecchio principe Eugenio
di Savoia ripigliò i' usbergo , e passò con
quelle forze, che potè raunare, a sostener
le linee di Erlingen. Quando ecco due pos-
senti eserciti francesi, l'uno condotto dai
marescialli e duchi di Bervich e Noaglies ,
e l'altro dal marchese di Asfeld , che qua-
si il presero in mezzo . Gran lode riportò
il principe per la stessa sua ritirata , fatta
da maestro di guerra , perchè seppe met-
tere in salvo le artiglierie e bagagli , e
mostrando di voler cimentarsi , saggiamen-
te si redusse in salvo senza alcun cimento
con tutti i suoi . Fu poi assediata 1' impor-
tante fortezza di Filisburgo dai francesi ,
e con sì fatti trincieramenti circonvallata ,
che ritornato il principe con oste poderosa
per darle soccorso, altro non potè fare,
che essere come spettatore della resa di es-
sa nel dì 21 di luglio. Gran gente costò
ai francesi l'acquisto di quella piazza, e
fra gli altri molti uffiziali vi lasciò la vita
il suddetto duca di Bervich della rea! ca-
sa Stuarda, uno dei più grandi e rinomati
condottieri d'armate dei giorni suoi . Una
palla di cannone privò la Francia di sì
accreditato generale. Niun' altra considera-
bile impresa seguì poscia nell' anno presen-
te in quelle parti, nulla avendo voluto az-
zardare il principe Eugenio , a cagion de-
Tom. XXVII. C gl'in-
34 Annali d'Itaha
gl'infausti successi delle armi cesaree in
Italia . E tal fine con tante vicende ebbe
Tanno presente,, in cui con occhio tran-
quillo stettero Inglesi ed Ollandesi miran-
do i deliquj dell' augusta casa di Austria ,
quasicchè nulla importasse loro il sempre
maggiore ingrandimento della real casa di
Borbone . Col tempo se n' ebbero a pentire •
Anno di Cristo 1735, indizione xnr.
di Clemente XII, papa 6.
di Cahlo VI, imperatore 25.
VJran cordoglio provò in quest'anno Car-
lo Emmanuele re di Sardegna ^ per avergli
la morte rapita nel dì tredici di gennaio
la real sua consorte , cioè Polissena Cristi'
ria d9 Hassìa Rhinfels Rotemburgo , prin-
cipessa amabilissima , e dotata di rare vir-
tù, giunta all'anno ventesimo nono della
sua età, con lasciar dopo di se due prin-
cipini, e due principesse. Ebbe bisogno il
re di tutta la sua virtù per consolarsi nel-
la perdita di una consorte di merito tanto
singolare. A simile funesto colpo soggiac-
que nel dì 18 del suddetto gennaio in Ro-
ma anche la principessa Maria Clement ina ,
figlia di Giacomo Sobieschi, principe reale
di Polonia , e moglie di Giacomo 111 Stuar-
do re cattolico della Gran Bretagna , da
lui sposata nel settembre nel 17 19 in Mon-
teiiascone . Tali furono le eroiche virtù ,
e massimamente Tinarrivabil pietà di que-
sta
Anno MDCCXXXV. ?j
Ita principessa , che vivente fu da ognuno
riguardata qual santa, e meritò poi, chele
sue insigni azioni fossero tramandate ai
posteri come un esemplare delle principes-
se eroine. Arricchì di due figli il real
consorte , cioè di Carlo Odoardo principe
di Galles, nato nel dì 31 di decembre del
1720 e di Arrigo Benedetto duca di Yorch ,
nato «el dì sei di marzo del 1725. Suntuo-
sissimo funerale , qual si conveniva ad una
regina , le fu fatto per ordine del sommo
pontefice Clemente Xll nella chiesa etei
santi Apostoli . Portato il cadavero suo nel-
la basilica vaticana, disegnò esso santo pa-
dre di ergerle un mausoleo non inferiore a
quello della regina dì Svezia Cristina.
Attendeva in questi tempi il magnanimo
pontefice ad accrescere gli ornamenti di
Roma colla gran facciata della basilica la-
teranense, e con abbellire in forma som-
mamente maestosa la fontana di Trevi .
Nello stesso tempo erano occupate le ren-
dite sue in provvedere di un insigne laz-
zaretto la città di Ancona. Eresse pari-
mente un magnifico seminario nella dioce-
si di Bisignano, affinchè servisse air edu-
cazione dei giovani Greci . Buone somme
ancora di danaro spedì al cardinale Albe-
roni legato di Ravenna , affinchè divertisse
i due fiumi Ronco e Montone , che minac-
ciavano per T altezza dei loro letti l'ecci-
dio a quell'antichissima città.
Meraviglie di valore e di prudenza avea
C 2 fat-
g6 Annali d'Italia
fatte finquì il Principe di Lobcovitz in so-^
stenere l'assediata Cittadella di Messina, e
più ne avrebbe fatto, se non gli fossero
venuti meno i viventi e le munizioni. Co-
stretto dunque non dalla forza delle armi ,
ma dalla propria penuria , finalmente nel
dì 22 di febbraio espose bandiera bianca ,
ottenne onorevoli condizioni, e lasciò poi
solamente nel fine di marzo in potere degli
spagnuoli quell'importante fortezza. Mag-
gior fu la resistenza, che fece pel suo van-
taggioso sito, e per la valorosa condotta
del generale marchese Roma , la città di
Siracusa ; ma bersagliata per mare e per
terra da bombe ed artiglierie, nel dì 16
di giugno anch' essa , con patti simili a
quei di Messina, si diede per vinta. Vi
testava l'unica fortezza di Trapani , tut-
tavia difesa dagli alemanni . Non passò il
dì 21 dello stesso giugno , che anch' essa
piegò il collo allearmi vincitrici di Spagna;
di maniera che tutta l' isola e regno della
Sicilia restò pacificamente soggetta al gio-
vane re don Carlo. Si era già fin dal mese
di febbraio messo in viaggio per terra que-
sto grazioso regnante alla volta dello stret-
to per passare colà , e prendere in Paler-
mo , secondo l'antico rituale, la corona
delle due Sicilie. Arrivato a Messina, vi
fece il suo pubblico ingresso nel dì nove
di marzo , accolto con somma allegrezza
da quel popolo. Dopo molti giorni di ri-
poso , imbarcato pervenne felicemente nel
dì
Anno MDCCXXXV. 37
ài 18 di maggio a Palermo. Destinato ri
dì terzo di Luglio , giorno di domenica
per T incoronazione di sua maestà , con
indicibil magnificenza fu eseguita quella:
funzione. Dopo di che, scortato da nume-
rosa fiotta , egli se ne tornò per mare alla
sua residenza di Napoli , dove felicemente
arrivò nel dì dodici del suddetto luglio.
Per tre giorni furono fatte insigni feste in
quella gran città con bellissime macchine ,
e ricchissime illuminazioni, facendo a gara
ognuno per comprovare il suo giubilo al
reale sovrano . Avea molto prima di ora
conosciuto il capitan generale duca di
Montemar, che non occorrevano più tante
truppe nel regno di Napoli, e perciò nel
febbraio di quest' anno si mosse con al-
quante migliaia di esse , e valicato il Te-
vere passò in Toscana. Sua intenzione era
di levare ai tedeschi le fortezze poste nel
Littorale di essa Toscana . Nuovi rinforzi
gli arrivarono di Spagna, laonde nell'aprile
diede principio alle ostilità contra di Or-
bitello, e nel dì sedici a tempestare colT
artiglierie il forte di san Filippo. Perchè
cadde una bomba nel magazzino della pol-
ve di questo forte, il presidio ne capiiolò
la resa, e restò prigioniere, dopo aver so-
stenuto per ventinove giorni le offese dei
nemici . Altrettanto fece dipoi porto Erco-
le. Perchè premure maggiori chiamavano
esso duca di Montemar in Lombardia , sol-
lecitamente per la via di Fiorenzuola istra-
C 3 dò
38 Annali d'Italia
dò egli le sue milizie alla volta di Bologna,
avendo lasciato solamente un corpo di gen-
te al blocco di Orbitello, piazza, che si
arrendè poscia sul principio del mese di
luglio.
Correva il fine di maggio, quando passò
pel Modenese quest' armata spagnuola , che
si faceva ascendere a ventimila persone
di varie nazioni, e s'inviò verso il Man-
tovano di qua da Po, per cominciar la
campagna unitamente coi francesi e sa-
voiardi . Era già pervenuto a Milano nel
dì 22 di marzo Adriano Maurizio di Noa-
glies , maresciallo di Francia , in cui ga-
reggiava la felicità della mente colla bon-
tà del cuore , la generosità colla splendi-
dezza, per comandare all'esercito francese.
Si tennero varj consigli di guerra fra i
generali alleati , e venuto che fu a Cre-
mona nel dì dieci di maggio Carlo Emula-
rmele re di Sardegna , generalissimo dell'
esercito, furono regolate le operazioni,
che doveano fare neir anno presente. Pas-
sato dipoi il re a Guastalla , si diede ognu-
no a fare gli occorrenti preparamenti di
artiglierie, barche, viveri, e munizioni.
Ritornato parimente era da Vienna il ma-
resciallo conte di Koningsegg al comando
dell'oste cesarea, e già arrivati a Mantova
alcuni nuovi reggimenti tedeschi , e molte
reclute . Contuttociò non si contavano nell'
esercito^ ^uo se non ventiquattromila sol-
dati : laddove quel dei collegati era ascen-
derà-
A m n o MDCCXXXV. 39
dente a quasi due teizi di più. Diviso
questo in tre corpi , che poteano chiamar-
si tre ponderosi eserciti , marciò sul fine
di maggio verso il Mantovano. Dappoiché
il Noaglies prese Gonzaga 3 facendo prigio-
ne quel presidio , tutte le forze degli al-
leati marciarono per passare il Po e il
fiume Oglio Furono i lor movimenti pre-
venuti dal Koningsegg , che ritirò da san
B-ntd'tto, da Revere e dagli altri luoghi
i presidj , e lasciò agio agli spagnuoli di
passare nel dì 13 giugno oltre Po ad Osti-
glia, che nello stesso tempo con Governo-
Io restò abbandonata dai tedeschi . Avendo
i francesi valicato il Po a Sacchetta , e il
re di Sardegna 1* Oglio aCannetto, il Ko-
ningsegg, che non voleva essere tolto in
mezzo da queste tre armate con lodatissi-
ma provvidenza andò rinculando, e dopo
aver lasciati in Mantova seimila bravi
combattenti, e mandati innanzi i bagagli,
i malati , e molti cannoni ed attrecci , $*
inviò verso il Veronese . A misura che i
nemici s'inoltravano, anch' egli proseguiva
le sue marcie , finché gittato un ponte sull'
Adige a Bussolengo , benché alquanto infe-
stato dagli spagnuoli nella retroguardia,
condusse a salvamento tutta la sua gente
sul Trentino , e parte ne fece sfilare verso
il Tirolo.
Altro dunque più non restava in Lom-
bardia ai tedeschi, se non Mantova e la
Mirandola, e mentre tutti si aspettavano di
C 4 ve-
4o Annali to' I t a l i à
veder l'assedio dell'una e dell' altra, Man-
tova restò solamente bloccata in gran lon-
tananza , e il duca di Montemar verso la
metà di luglio si accinse all'espugnazione
della Mirandola . Dentro vi era un valoro-
so comandante , cioè il barone Stenz, che
quantunque si trovasse con soli novecento
soldati in una città e fortezza ., che ne esi-
geva tremila, pure si preparò ad una ga-
gliarda difesa . Non prima del dì 27 di lu-
glio fu aperta la trinciera sotto questa piaz-
za ; e proseguirono poi le offese col passo
delle tartarughe, a cagion di alcuni forti-
ni alzati all' intorno ^ che impedivano gli
approcci dei nemici . Bombe ed artiglierie
fecero per tutto il seguente agosto grande
strepito e danno , senza però che si sgo-
mentassero punto i difensori ; e tuttoché
fosse formata la breccia, e col mezzo di
una mina , e di un assalto preso anche uno
di quei fortini , pure sarebbe costato mol-
to più tempo e sangue agli spagnuoli queir
assedio, se il valoroso comandante della
città non avesse provata la fatalità delle
piazze tedesche , ordinariamente mal prov-
vedute del bisognevole per sostenersi lon-
go tempo contro ai nemici . Si era egli ri-
dotto con sole trentasei palle da cannone ,
e con tre o quattro barili di polveraccia;
già erano consumate le vettovaglie. Però
dopo aver per più di un mese fatta una
gloriosa resistenza ^ nel dì 51 di agosto
con esporre bandiera bianca si mostrò di-
spo-
Anno MDCCXXXV. 41
sposto a rendersi . Restò prigioniera di guer-
ra la guarnigione di secento uomini. Sbri-
gato da questa faccenda il duca di Monte-
mar , tutto si diede a sollecitar l'assedio
di Mantova, il cui blocco veramente ven-
ne più ristretto. Si stesero i frane « die-
tro la riva del lago di Garda per impedi-
re, che da quella parte non isboccassero i
tedeschi; giacché l'armata loro si andava
ogni dì più ingrossando nel Trentino e Ti-
rolo . Ma ancorché il Montemar facesse ve-
nir dalla Toscana gran copia di artiglierie,
di barche sulla carra , e di assaissime mu-
nizioni ed attrecci , per imprendere una
volta r assedio suddetto di Mantova (per-
ciocché, secondo la comune opinione, si
credea, che quella città conquistata doves-
se restare assegnata agli spagnuoli ) pure
non si vedeva risoluzione alcuna in questo
affare dalla parte dei francesi , che aveano
in piedi certi segreti negoziati ; né da quel-
la del re di Sardegna , a cui non potea pia-
cere , che gli spagnuoli dilatassero tanto Y
ali in Lombardia. Tenuto fu un congresso
fra il generalissimo di Savoja , duca di
Noaglies, ed esso Montemar nel dì 22 di
settembre , in cui fece ii generale spagnuo-
lo delle doglianze per tanto ritardo , e si
seppe, ch'egli in quella congiuntura si la-
gnò col Noaglies, per aver egli lasciato
fuggire da Goito il maresciallo di K oning-
segg senza inseguirlo, come potea; al che
rispose il maresciallo francese : signor con-
te,
42 Annali D'Italia
te, signor conte: Gotto non è Bitonto ; e
il Konings^og non è il principe di Bel mon-
te. In somma tutto dì si parlava di asse-
diai Mantova , e Mantova non si vid< mai
assediata, benché molto ristretta dagli pa-
gnuoli , facendo solamente dei gran movi-
menti i collegati verso il lago di Garda,
everso l'Adige, per impedire il p isso ali*
armata cesarea, che cresciuta di forze mi-
nacciava dì calare di bel nuovo in Italia*
Sembrava intanto agi' intendenti, che tan-
ta indulgenza dei francesi verso Mantova ,
città di cui le morti e malattie aveano ri-
dotto quasi a nulla il presidio tedesco , in-
dicasse qualche occulto mistero. E questo
in fatti si venne a svelare nel dì 16 di no-
vembre, perchè il maresciallo duca di Noa-
glies spedì al generale Kevenhuller , a cui
era appoggiato il comando dell'esercito
imperiale, l'avviso di una sospension di
armi tra la Francia e Timperadore. Tale
inaspettata nuova non si può esprimere
quanto riempisse non men di stupore , che
di consolazione e di allegrezza tutti i po-
poli , che soggiacevano al peso della pre-
sente guerra, cioè di milizie desolatrici
dei paesi , dove passano , o si annidano .
Onde avesse origine questa vigilia della
sospirata pace, fra qualche tempo si ven-
ne poi a sapere . Motivo di sogghignare
sul principio di questa guerra avea dato
agi* intendenti la corte di Francia con queir
la pubblica sparata di non pretendere 1'
acqui-
Anno MDCCXXXV. 43
acquisto di un palmo di terreno nel muo-
vere le armi contra l'augusto Carlo VI
poiché altro non intendeva essa , che di ri-
portare una soddisfazione alle sue giuste
querele contro chi avea fatto cader di ca-
po al te Stanislao la corona della Polonia.
Troppo eroica in vero sarebbe stata cosi
insolita moderazione della corte di Francia
in mozzo alla felicità delle sue armi . La
soddisfazione dunque da lei richiesta fu la
seguente. Era stata la Francia costretta
nelle precedenti paci alla restituzion dei
ducati di Lorena e Bar ; ma non cessò el-
la da lì innanzi di amoreggiare quei bei
stati, sì comodi al non mai abbastanza in-
grandito regno francese. Ora il cardinale
di Fleury, primo ministro del re cristia-
nissimo Luigi XV che per tutta la presen-
te guerra tenne sempre filo di lettere con
un ministro cesareo in Vienna, o pure con
un suo emissario segreto , che trattava col
ministero imperiale, sempre spargendo se-
mi di pace : allorché vide l'augusto monar-
ca stanco, e in qualche disordine gli affa-
ri di lui, propose per ultimar questa guer-
ra la cession dei ducati della Lorena e di
Bar alla Francia, mediante un equivalente
da darsi all'altezza reale di Francesco Ste-
fano duca allora e possessore di quegli sta-
ti . L'equivalente era il gran ducato di To-
scana. Irragionevole non parve all'augusto
monarca la proposizione e venuto segreta,
mente a Vienna con plenipotenza il signor
del-
44 Annali d'Italia
della Baume , nel dì terzo di ottobre furo-
no sottoscritti i preliminari della pace, e
portati a Versaglies per la ratificazione.
Restò in essi accordato , che il re Sta-
nislao goderebbe Sila vita naturai durante
il ducato di Bar , e poi quello ancora di
Lorena dopo la morte del vivente gran du-
ca di Toscana, e che il dominio di essi
ducati s* incorporerebbe poscia colla coro-
na di Francia . Che il dùca di Lorena suc-
cederebbe nella Toscana dopo la morte di
esso gran duca Gian-Gastone dei Medici;
e intanto si metterebbero presidj stranieri
in qnelle piazze . Fu riserbato ad esso du-
ca Francesco il titolo colle rendite della
Lorena, sinché divenisse assoluto padrone
della Toscana . Che la Francia garantireb-
be la prammatica sanzione dell' imperado-
re, il quale riconoscerebbe re delle due
Sicilie T infante reale don Carlo. Che a Car-
lo Emmanuele re di Sardegna Cesare cede-
rebbe due città a sua elezione nello stato
di Milano, cioè o Novara, o Tortona, o
Vigevano, e all'incontro si restituirebbe
all'imperadore il rimanente dello stato di
Milano. Inoltre in compenso delle due cit-
tà da cedersi al re di Sardegna , si dareb-
bono a sua maestà cesarea quelle di Piacen-
za e Parma con gli annessi stati della ca-
sa Farnese. Tralascio gli altri articoli di
quei preliminari , per solamente dire, che
il suddetto segreto negoziato cagioo fu,
che in questa Campagna né al Reno, né in
Lom-
Anno MDCCXXXV. 45
Lombardia si fecero azioni militari degne
di memoria; e che gran tempo e faticavi
volle, per indurre il duca di Lorena alla
cessione dei suoi antichi ducati, e all'ab-
bandono di quei suoi amatissimi popoli. Ac-
consenti egli infine a questo sacrifizio , per-
chè Cesare già destinava un ingrandimento
di gran lunga maggiore , siccome vedremo
fra poco. Per questa impensata concordia,
tirato che fu il sipario, secondo i partico-
lari riguardi chi si rallegrò, e chi si rat-
tristò. Non ne esultò già il re di Sarde-
gna , perchè comune voce fu , che la Fran-
cia nella lega gli avesse promessa la metà
dello stato di Milano, e questo già prima
era stato acquistato. Tuttavia mostrò quel
savio regnante con buona maniera di acco-
modarsi ai voleri di chi dava la legge , ed
elesse poi in sua parte Novara e Tortona.
Ma allorché giunse a Madrid questa inas-
pettata nuova, chi sa dire le gravissime
doglianze , nelle quali proruppe quella real
corte dei francesi ? Li trattarono da aper-
ti mancatori di parola, mentre non sola-
mente niuno accrescimento lasciavano alla
Spagna in Lombardia ; ma le toglievano
anche V acquistato cioè Parma e Piacenza;
ed inoltre aveano comperata la Lorena non
con altro prezzo, che colla roba altrui,
cioè colla Toscana, già ceduta coi prece-
denti trattati alla corona di Spagna. Pre-
tendeva all'incontro il cardinal di Fleury
di aver fatte giuste le parti , perchè resta-
va-
46 Annali d'Italia
vano all' infante don Carlo i regni di Na*
poli e Sicilia, i quali incomparabilmente
valevano più dei ducati della Toscana e di
Parma e Piacenza. Imperciocché quantun-
que colle sue sole forze si fossero gli spa-
gnuoli impadroniti di quei due regni : pu-
re principalmente se ne dovea ascrivere 1'
acquisto agli eserciti di Francia , e a tan-
te spese fatte dal re cristianissimo, per
tenere impegnate le armi di Cesare al Re-
no e in Lombardia , senza che queste po-
tessero accorrere alla difesa di Napoli e
Sicilia. E se Timperadore sacrificava le sue
ragioni sopra quei due regni , a lui già
ceduti dalla Spagna , e indebitamente poi
ritolti : ragion voleva, che in qualche ma-
niera fosse compensato del suo sacrifizio.
Intorno a ciò lasciamoli noi disputare.
Quel eh' è certo restò di sasso il generale
spagnuolo duca di Montemar , allorché in.
tese questa novità ; e tanto più perché il
duca di Noaglies gli fece sapere, che pen-
sasse alla propria sicurezza , giacché egli
avea ordine di non prestargli assistenza al-
cuna. Poco infatti si stette ad udire, che
i tedeschi calavano a furia dalla parte di
Padova e Trentino, e quasi volavano alla
volta di Mantova. In sì brutto frangente
il Montemar ad altro non pensò, che a sal-
varsi. Mosse in fretta le sue genti dall'
Adige, lasciando indietro molti viveri e
foraggi, e si ridusse di qua da Po. Ma
eccoti gingnere a quello stesso fiume i ce-
sa-
Anno MDCCXXXV. 4?
sarei; d egli allora dopo aver messi cir-
ca se uecento uomini nella Mirandola, e
sp dito un distaccamento a Parma, tanto
più affrettò i passi per arrivare a Bologna ,
credendo di trovare ivi un sicuro asilo.,
per essere stato pontifìzio . La disgrazia
portò , che qualche centinaio di usseri nel
dì 27 di novembre cominciò a comparire
in vicinanza di quella città . Non volle ci-
mentarsi con quella canaglia il generale
spagnuolo , ed animati i suoi a marciare
con sollecitudine , prese la strada di Pia-
noro e di Scaricalasino, per ridursi in To-
scana. Aveva egli in quel dì invitata ad
un solenne convito molta nobiltà Bologne-
se dell' uno e dell' altro sesso : e già si
mettevano tutti a tavola, quando gli arri-
vò ravviso, che si appressava il nemico.
Alzossi egli allora bruscamente , e imma-
ginando, che tutto T esercito cesareo aves-
se fatto 1* ali , prese congedo da quella no-
bil brigata, esortandoli a continuare il pran-
zo . Ma dal di lui esempio atterriti tutti,
con grande scompiglio si ritirarono alla
città, lasciando che gli spagnuoli facessero
altrettanto verso la Montagna . Furono que-
sti inseguiti alla coda dagli usseri , che
per buon pezzo di cammino andarono pre-
dando bagagli, e imprigionando chi poco
speditamente dei pedoni menava le gambe.
Essendo rimasto fuori di Bologna lo spe-
dale di essi spagnuoli , dove si trovavano
circa mille e cinquecento malati , fu seque-
stra-
^8 Annali d'Italia
strato . Non si potè poi impedire ai me-
desimi usseri l'entrare nella stessa città,
e il far ivi prigionieri quanti spagnuoli
poterono scoprire , che non erano stati a
tempo di seguitare la improvvisa e fretto-
losa marcia dell'esercito. Di questa violen-
za acremente si dolse il legato pontifìzio;
ma non per questo essa cessò. Grande stre-
pito in somma fece questa curiosa metamor-
fosi di cose , e il mirare senza colpo di
spada i vincitori in pochi dì comparir co-
me vinti. Pervenuto dunque il duca diMon-
temar in Toscana,, quivi si diede a forti-
care alcuni passi, con inviare nulladimeno
parte della sua gente verso il Sanese , a
fine di potersi occorrendo ritirare alla vol-
ta del regno di Napoli.
In tale stato erano le cose d'Italia, non
restando nemicizia se non ira spagnuoli e
tedeschi , quando il duca di Noaglies si
mosse per abboccarsi con esso duca di Man-
temar , e per concertar seco le maniere più
dolci di dar fine, se era possibile, a questa
pugna. In passando da Bologna fece una
visita a Rinaldo di Este duca di Modena,
che intrepidamente finquì avea sofferto V
esilio dai suoi stati , egli diede cortesi spe-
ranze , che goderebbe anch' egli in breve i
frutti dell'intavolata pace. Ancorché il Mon-
temar non avesse istruzione alcuna dalla
sua corte , pure alla persuasione del sag-
gio Noaglies sottoscrisse una sospension di
armi per due mesi fra gli spagnuoli e te-
de-
Anno MDCCXXXV. 49
deschi: risoluzione, che fu poi accettata
anche dalla corte di Madrid. Aveano ben
preveduto i ministri dell' imperadore e del
re di Francia , che gran fatica avrebbe du-
rato il re cattolico Filippo V ad inghiot-
tire i* amara pillola di una pace , manipola-
ta senza di lui, e in danno di lui 3 ed in-
sieme aveano divisato un potente mezzo
per condurre quel monarca ad approvare i
preliminari suddetti , o almeno a non con-
trastarne la esecuzione • Si videro perciò
senza complimento o licenza alcuna improv-
visamente inoltrarsi e stendersi circa trenta
mila alemanni sótto il comando del mare-
sciallo conte di Kevenhuller per gli stati del-
la Chiesa Romana , cioè pel Ferrarese , Bolo-
gnese , e Romagna, con giugnere alcuni di
essi fin nella Marca e nell' Umbria , circon-
dando in tal guisa gran parte della Toscana ,
per far intendere agli spagnuoli , che se ne-
gassero di consentir per amore all'accordo,
l'esorcismo della forza ve li potrebbe indur-
re . Toccò all'innocente stato ecclesiastico
di pagar tutte le spese di questo bel ripie-
go , perchè obbligato a somministrar forag-
gi, viveri, ed anche rilevanti contribuzioni
di danaro. Intanto rigorosissimi ordini fioc-
carono da Roma, che nulla si desse a que-
sti incivili ospiti ; e il cardinale Mosca le-
gato di Ferrara, che si ostinò gran tempo
ad eseguirli ad literam , cagion fu di un
incredibil danno agl'infelici ferraresi, per-
chè i tedeschi viveano a discrezione nelle
Tom. XXVII. D lor
£ó Annali d1 Italia
ior ville. I savj bolognesi all'incontro, tè
il cardinale Alberoni legato di Ravenna ,
che intendeano a dovere le cifre di quelle
lettere , non tardarono ad accordarsi con
gli alemanni, mercè di un regolamento,
che minorò non poco V aggravio ai loro pae-
si. Voce corse in questi tempi, che il du-
ca di Montemar consapevole del poco pia-
cere provato dal re di Sardegna per la con-
cordia suddetta , facesse penetrare d quel
sovrano delle vantaggiose proposizioni per
trarlo ad una lega col re cattolico, e che
esso re gli rispondesse di avere abbastan-
za imparato a non entrare in alleanza con
principi , che fossero più potenti di lui .
Si può tenere per fermo, che i fabbricato-
ri di novelle inventarono ancor questa giac-
ché niun di essi gode il privilegio di en-
trar nei gabinetti dei regnanti ; e la corte
di Torino né prima né poi mostrò di esse-
re persuasa della massima suddetta. Con-
tinuò ancora nell'anno presente la ribellio-
ne dei corsi ; e perchè i ministri della re-
pubblica di Genova esistenti in Corsica fe-
cero un armistizio con quella gente , fn di-
sapprovata dal senato la loro risoluzione.
Giugnevano di tanto in tanto rinforzi di
munizioni ed armi ai sollevati , che faceva
dubitare, che sotto mano qualche gran po-
tenza soffiasse in quel fuoco. Intesesi pari-
mente , che quei popoli pareano determina-
ti di reggersi a repubblica , ed anche avea-
no stese le leggi di questo nuovo governo ,
ma
Anno KfDCtìCXXV. 51
Irla senza averne dimandata licenza ai ge-
novesi . Dopo avere papa Clemente Xll dif-
fìcultato, per quanto poiè^ al reale infan-
te di Spigna dort Luigi, a cagiorì della
sua fanciullesca età, l'arcivescovato di To-
ledo, fu in fine obbligato ad accordarglie-
ne le rendite, e nel dì 19 di decembre di
questo anno il cn ò anche cardinal , tor-
nandosi a vedere 1' uso od abuso dei seco-
li da noi chiamati barbarici* Non potea
essere più bella in questo anno l'apparenza
dei raccolti del grano , quando all'impiov-
viso Sopraggitìnse un vento bruciatore, che
Seccò le non peranche mature spi che , e in-
sieme le speranze dei mietitori é Però al
flagello della guerra si aggiunse qu Ilo di
una sì terribil carestia , che non vi era me-
moria ài una somigliante a questa II peg-
gio fu, che la maggior parte delle provin-
cie più fertili dall'Italia soggiacquero an-
ch'esse a questo disastro. Guai se nnn vi
erano grani vecchi in riserbo, che conven-
ne far venire da lontani paesi con gravi
spese: sarebbe venuta meno per le strade
innumerabile povera gente.
Anno di Cristo 1736, indizione xiv.
di Clemente XII, papa 7,
di Carlo VI, imperatore 26.
Il prin-.o frutto, che si provò della pace
Conchiusa fra 1' imperadore e il re cristia-
nissimo , spuntò nell'imperiale città di Viea-
D 2, na
ga Ann Air d'Italia
«a . Giacché Dio avea dato air Augusto Car*
lo VI un figlio maschio, e poi sei ritolse,
pensò esso monarca di provvedere al man-
tenimento della nobi issima sua casa coli'
unico ripiego , che restava , cioè di prov-
vedere di un degno marito V arciduchessa
Maria Teresa sua figlia primogenita , già
destinata alla successione della monarchia
austriaca in difetto di maschi . Grande era
T affetto di esso imperadore verso di Fran~
Cesco Stefano duca di Lorena , sì per le
vantaggiose sue qualità di mente e di cuo-
re , come ancora pel sangue austriaco , che
^li circolava nelle vene. Questo principe fu
scelto per marito di essa arciduchessa . Era
egli in età di ventisette anni , perchè nato
nel dì otto di dicembre del 1708 e l'arci-
duchessa era già entrata nell'anno diciotte-
simo, siccome nata nel dì 13 di maggio
del 17 17. Con tutta magnificenza ed ine-
splicabile allegria nel dì 12 di febbraio se-
guì il maritaggio di questi principi reali
colla benedizione di monsignore Domenica
Passionei nunzio apostolico ; e continuaro-^
no dipoi per molti giorni le feste e i di-
vertimenti , gareggiando ognuno in applau-
dire ad un matrimonio, che prometteva
ogni maggior felicità a quei popoli, e do-
vea far rivivere nei lor discendenti l'au-
gusta casa di Austria degna dell' immorta-
lità. Ma la imperiai corte ebbe da lì a non
molto tempo motivo di molta tristezza per
la perdita, che fece del principe Francesca
Anno MDCCXXXVÌ. 53
Eugenio di Savoja , eroe sempre memorà-
bile dei nostri tempi. Nel dì 21 di aprile
terminò egli i suoi giorni in età di settan-
tadue anni: principe, che per le militari
azioni si meritò il titolo d'invincibile, e
di essere tenuto pel più prode capitano,
che si abbia in questo secolo avuto 1' Euro-
pa ; principe , dissi , riguardato qual padre
da tutte le cesaree milizie, sicure, che T
andare sotto di luì ad una battaglia, lo
stesso era, che vincere, o almeno non es-
sere vinto; principe di somma saviezza,
di rara splendidezza , per cui fece insi-
gni fabbriche, ed impiegò sempre gran
copia di artefici di varie professioni ; ed
accoppiando colla gravità la cortesia , nel-
lo stesso tempo si conciliava la stima e F
amore di tutti. L'intero catalogo di tutte
le altre sue belle doti e virtù si dee rac-
cogliere dalla funebre orazione , in onor
suo composta dal suddetto nunzio , ora car-
dinale Passionei , e da più di una Storia
di chi prese ad illustrare ex professo la vi-
ta e le gloriose gesta di lui . Quale si con-
veniva ad un principe di sì chiaro nome ^
e cotanto benemerito della casa d'Austria ,
fu il funerale, che per ordine dell'augusto
Carlo VI gli venne fatto in Vienna.
Era già stabilita la concordia fra i due
primi monarchi della cristianità , contuttó-
ciò si penò forte in Italia a provarne gli
effetti . Non sapeva dirigere il re cattolico
Filippo V preliminari , che privavano il ré
d 3 di
54 Annali d'Italia
di Napoli e Sicilia suo figlio del ducato
della Toscana , e spezia! mente dì Piacen-
za e Parma, città predilette della regina
Elisabetta Farnese sua consorte. Conveni-
va nondimeno cedere, perchè così deside-
rava la corte di Francia, e così comanda-
va la forza delle armi cesaree, dalle qua-
li si mirava come attorniata la Toscana ;
ma di far la cessione ed approvarla non se
ne sentiva esso re di Spagna la voglia.
Perciò andarono innanzi e indietro corrie-
ri, e sempre venivano nuove difficoltà da
Madrid ; e guerra non era in Italia , ma
continuavano in essa i mali tutti della guer-
ra . Imperciocché negli stati della Chiesa si
erano innicchiati con tante soldatesche i
generali cesarei , né per quanto si racco-
mandasi con calde lettere il pontefice C/e-
mente XTl alle corti di Vienna e Parigi ,
appariva disposizione alcuna di liberar quei
paesi dilT insoffribile lor peso. Nella To-
scana stava saldo l'esercito spagnuolo , sic-
come accora negli stati di Milano e di Mo-
dena si riposavano le armate di Francia e
di Sardegna alle spese degl' infelici popoli,
spolpati oramai da tante contribuzioni ed
aggravj Dal maresciallo duca di Noaglies
fn spedita in Toscana il tenente generale
signor dì Lautrec , personaggio di gran sa-
vie/.zi e disinvoltura, per concertare col
dura di Montemar il ritiro delle armi spa-
gnnole da quelle piazze , e da Parma e Pia-
cenza ; ma siccome il Montemar non rice-
ve-
Anno MDCCXXXVI. 55
veva dalla sua corte , se non ordini imbro-
gliati e nulla concludenti, così neppur egli
sapeva rispondere alle premure dei france-
si, se non con obbliganti parole , scompa-
gnate nondimeno dai fatti . Venne l'aprile,
in cui i francesi lasciarono affatto libero
agl'imperiali il ducato di Mantova; e per-
chè dovettero intervenir delle minacele,
agli undici di esso mese gli spagnuoli si ri-
tirarono dalla Mirandola, dopo averne e-
stratte le tante munizioni da lor prepara-
te pel sospirato assedio di Mantova, la-
sciandovi entrare 400 tedeschi colà condot-
ti dal generale cesareo conte di WaBendonk ,
il quale restituì ivi nell'esercizio del domi-
nio il duca di Modena. Conoscendo del pa-
ri essi spagnuoli , che neppur poteano so-
stenere Parma e Piacenza , si diedero per
tempo ad evacuar quelle due città, aspor-
tandone non dirò tutti i preziosi mobili ,
arredi, pitture, libreria, e gallerie della
casa Farnese , ma fino i chiodi dei palaz-
zi , non senza lagrime di quei popoli , che
restavano non solamente privi dei proprj
principi, ma anche spogliati di tanti orna-
menti della lor patria . Oltre a ciò invia-
rono alla volta di Genova tutti i cannoni
di loro ragione, e vi unirono ancora gli
altri, ch'erano anticamente delle stesse cit-
tà, oppure dei farnesi. Risaputosi ciò dai
tedeschi , sul fine di aprile il generale conte
di Kevenhuller spinse in fretta colà il suo
reggimento con trecento usseri , che arri-
D 4 va-
56 Annali ^Italia
varono a tempo per fermar quelle artiglié*
rie e sequestrarle, pretendendole doti del-
le fortezze di Parma e Piacenza: intorno
a che fu dipoi lunga lite ^ ma col perder^
la gli spagnuoli .
Ora affinchè non apparisse , che il re cat«
tolico cedesse in guisa alcuna gli stati sud-
detti all' imperadore, o ne approvasse la
cessione , i suoi ministri , assolute che eb-
bero dal giuramento prestato al reale in-
fante quelle comunità, prima che arrivas-
sero i tedeschi, abbandonarono Parma e
Piacenza, e gli altri luoghi, dei quali nel
dì tre di maggio fu preso il possesso dal
principe di Lobcovitz generale cesareo . À-
vea finquì Rinaldo di Està duca di Mode*
na coraggiosamente sostenuto il suo votone
tario esilio in Bologna, nel mentre che gì1
innocenti suoi popoli si trovavano esorbi-
tantemente aggravati dai francesi , senza
alcun titolo insignoriti di questi stati . Non
volle più ritardare il magnanimo re cristia-
nissimo a questa principe il ritorno nel suo
ducato ; e però per ordine del duca di Noa-
glies nel dì 23 di maggio lasciarono i fran-
cesi libera la città e cittadella di Modena,
e nei giorni seguenti anche Reggio e gli
altri luoghi di esso sovrano. Pertanto nel
giorno 24 di esso mese se ne tornò il du-
ca di Modena alla sua capitale, dorè fu ac-
colto con sì strepitose acclamazioni del po-
polo, testimoniante dopo tanti guai il giu-
bilo suo in rivedere il principe proprio,
ch'egli
Anno MDCCXXXVL $j
elicgli stesso andato a dirittura al Duo-
tao , per pagare air Altissimo il tributo dei
ringraziamenti, non potè ritenere le lagri-
me al riconoscere l'inveterato amore dei
sudditi suoi. Intanto si ridusse addosso all'
infelice stato di Milano tutto il peso delle
milizie francesi ; né via appariva, che gli
«pagnuoli si volessero snidare dalia Tosca-
na, né i tedeschi dagli stati della Chiesa,
essendo essi pervenuti sino a Macerata e a
Foligno. Solamente si osservò, che il du-
ca di Montemar cominciò ad alleggerirsi
delle tante sue milizie , inviandone parte
per terra verso il regno di Nàpoli, e par-
te per mare in Catalogna ; Similmente nel
mese di luglio s' incamminarono alla volta
della Germania alcuni dei reggimenti ce-
sarei, che opprimevano il Ferrarese, Bo-
lognese , e la Romagna • Ma non per que-
sto mai si vedeva data l'ultima titano al-
la pace per le differenti pretensioni dei
principi. Il re di Sardegna oltre al Nova-
rese e Tortonese i esigeva 57 feudi nelle
Langhe . Nel mese di agosto venne la com-
missione di soddisfarlo, locchèfece scioglie-
re l'incanto^ perciocché nel dì 26 di esso
mese i gallo-sardi rilasciarono agi' imperia-
li il possesso di Cremona , e nel dì 28
quello ài Pizzighettone . Nel dì sette di
settembre entrati che furono due reggimene
ti cesarei nella città di Milano , finalmen-
te da quel castello si ritirò la guernigion
francese e piemontese j lasciandolo in po-
tè-
58 Annali d'Italia
tere di essi impenali . Già erano stati con-
segnati i forti di Lecco, Trezzo , eFuen-
tes , e Lodi. Poscia nel dì nove entrarono
gli alemanni nelle fortezze di Arona e Do-
modoscela , e finalmente nel dì undici in
Pavia : con che restò evacuato tutto lo sta-
to di Milano dalle truppe gallo-sarde . Vi-
desi anche libero lo stato della Chiesa dal-
le milizie alemanne .
Ma per conto della Toscana , benché
gran parte degli spagauoli fosse marciata
a levante e ponente, pure niuna apparen-
za vi era , che il duca di Montemar vo-
lesse dimettere Pisa e Livorno. Sulla spe-
ranza di entrare in quella città, o per far
paura agli spagnuoli, inviò il generale J£e-
■venhuller un corpo di truppe cesaree in
Lunigiana, e sul Lucchese. Ad altro que-
sto non servì, che ad aggravar quelle con-
trade, ed accostandosi il verno, fu egli
anche obbligato a richiamarle in Lombardia
senza aver messo il piede in Toscana. Du-
ravano tuttavia le discrepanze della corte
di Vienna col re delle due Sicilie, ed an-
che col re cattolico, perciocché avea ben
Fimperadore inviata la sua libera cessione
dei regni di Napoli, e Sicilia; ma il reale
infante nella cession sua della Toscana ,
Parma , e Piacenza voleva riserbarsi tutti
gli allodiali della casa Medicea e Farnese.
Similmente pretendeva il re cattolico, che
venendo a mancare in Toscana la linea ma-
scolina del duca di Lorena, dovessero que-
Anno MDCCXXXVL 5g
gli sfati pervenire alla spagna, laddove es-
so duca intendeva di ottenerli liberi , e
senza vincolo alcuno, come erano gli stati
di Lorena, da lui ceduti alla Franci-i. Per
cagione di questi nodi arrivò il fine di
dicembre , senza che fossero ammesse nelle
piazze della Toscana Tarmi cesaree. Riu-
scì anche fastidioso al pontefice Clemente
XII. Tanno presente. La santa sede, tan-
to venerata in addietro ,, e rispettata da tut-
ti i principi cattolici, provò un diverso
trattamento nei tempi correnti, perchè pa-
reano congiurate le potenze a far d-i pa-
drone negli stati della chiesa, senza il do-
vuto riguardo alla sublime dignità e so-
vranità pontifizia. Già si è veduto quanti
malanni soff risserò senza alcun loro deme-
rito per tanti mesi dalle truppe cesarcele
legazioni di Bologna , Ferrara e Ravenna ,
le cui comunità, benché dal benefico papa
fossero in sì dura oppressione sovvenute
con gran copia di danaro, pure rimasero
estenuate e cariche di debiti per l'esorbi-
tante peso di tante contribuzioni.
Da disavventure di altra sorte non andò
esente né pure la stessa Roma. Quivi si
erano postati non pochi ingagiatori spa-
gnuoli , che senza saputa , non che senza
consenso del vecchio papa, per diritto, o
per rovescio arrolavano gente. Chi sa quej
mestiere, facilmente concepirà, che non
pochi disordini ed avanìe occorsero ; per-
chè molti ingannati , e senza sapere qual
im-
60 ANNALI D' I T A L I À
impegnò prendessero , o per propria balof-
daggine, o per altrui malizia, si ritrovava-
no venduti . Ora i padri deploravano i fi-
gli perduti, ora le mogli i mariti; e sco-
perto in fine, onde venisse il male, i tra-
steverini nel dì 13 di marzo improvvisa-
mente attruppati in numero di cinque o
seimila persone > corsero alle case di que-
gli ingagiatori, e dopo aver liberati a fu-
ria gì' ingagiati , s" avviarono al palazzo
Farnese, dove ruppero tutte le finestre, e
gittarono a terra V armi dell' infante don
Carla . Al primo avviso di questo disordi-
ne comandò tosto il gòvernator di Roma,
che gli svizzeri, le corazze, e i birri ac-
corressero al riparo. Furono questi dalla
furia di quella gente rispinti y né si potè
impedire , che non passase la sbrigliata
plebe al palazzo del re cattolico in piazza
di Spagna, dove uccise un ufiziale, e se-
guirono altre morti e ferite. Ma nella do-
menica delle palme si riacesse la sedizio-
ne , perchè uniti i trasteverini coi borghi-
giani andarono per isforzar le guardie
messe ai ponti . Il più ardito di essi fu
steso morto a terra, perlocchè infuriati i
seguaci superarono il passo, e misero in
fuga i soldati . Anche ì montigiani da ini'
altra parte si mossero, e seguirono ferite
di chi per accidente sì trovò passar per le
strade. Volle Dio, che non poterono giu-
gnere di nuovo al palazzo di Spagna, do-
ve «rano preparati cento cinquanta fucilie-
ri,
Anno MDCCXXXVI. 6i
ri , e quattro cannoni carichi a cartoccio :
gran male ne seguiva . Per rimediare a
questo sconcerto, furono la sera inviati il
principe di santa Croce fedele Austriaco ,
e il marchese Crescenzl uno dei conserva-
tori, a parlamentare coi sollevati^ i quali
richiesero la libertà agPingagiati del loro
Rione , e la lifcerazion di alcuni già car-
cerati per cagion della sollevazione , e il
perdono generale a tutti. Ottennero quan-?
to desideravano ; e dappoiché videro loro
mantenuta la parola , andarono poi tutti
lieti gridando , viva il papa. Si pubblicò
poscia un rigoroso Editto contro gY inga-
giatori ; e perchè costoro non cessavano di
fare il solito giuoco , seguirono alcune al-
tre contese , delle quali a me non occorre
di far menzione.
Un disordine ne tirò dietro un altro.
Per la nuova del tentativo fatto in Roma
contra degli spagnuoli , si fermarono su
quel di Velletri circa tre mila soldati di
quella Nazione, che erano in viaggio alla
volta di Napoli • e mancando loro i fo-
raggi y si diedero a tagliare i grani in ex^
ba. Per questa cagione nel dì 22 di apri^
le si mise in armi tutto quel popolo, ri-
soluto non solo di vietare il passaggio per
la loro città a quelle milizie , ma di for-
zarle a partirsi ; e si venne alle brutte .
Accorse colà il cardinal Francesco Barbe-
rino, ma non potè calmare il tumulto.
Per questo in Roma si accrebbe la guer-
ni-
62 Annali d'Italia
nigion dei soldati . Volarono intanto Cor-»
rieri a Napoli e a Madrid , e si trattò in
Roma col cardinale Acquaviva delle sod-
disfazioni richieste per l'insulto dei tra-
steverini * Perchè non furono y quali si esi-
gevano , esso porporato coli' altro óiBellu-
ga si ritirò da Roma • fece levar le armi
di Spagna e di Napoli dai palazzi., e or-
dinò a tutti i napoletani e spagnuoli di
uscire della città nel termine di dieci gior-
ni . Da. Napoli fu fatto uscire il nunzio
dei papa . Anche in Madrid grave risenti-
mento fu fatto con obbligar quella corte
il nunzio apostolico a marciare fuori del
regno , con chiudere la nunziatura s e proi-
bire ogni ricorso alla dateria , gastigando
in tal maniera l'innocente pontefice per
eccessi non suoi , e ai quali non aVeano
mancato i suoi ministri di apprestar quel
rimedio , che fu possibile* Peggio ancora
avvenne. Nel dì settimo di maggio entra-
te le milizie spagnuole in Velletri j pian-
tarono in più luoghi le forche, carceraro-
no gran copia di persone, e commisero
poi mille insolenze e violenze contra di
quel popolo , il quale fu forzato a pagare
ottomila scudi, per esimersi dal. sacco.
Una truppa eziandio di granatieri spagnuo-
li passata ad Ostia, incendiò le capanne
di quf-i salinari, saccheggiò le officine ; ed
altri intimarono alla città dì Palestrina il
pagamento di quindicimila scudi pel gran
reato di aver chiuse- le porte ad alcuni po-
chi
Anno MDCCXXXVI. 63
chi spagnuoli , che volevano entrarvi . Al-
tri affanni ancora provò il papa dalla par-
te dei tedeschi , per essere stato carcerato
un ufiziale cesareo j ed altri dalla corte
di Francia, il cui ambasciatore si ritirò
da Roma per cagion della nomina di un
vescovo fatta dal re Stanislao^ e non ac-
cettata dal papa . Bollivano parimente le
note controversie colla corte di Savoja .
In somma sembrava , che ognun dei poten-
tati con abuso delia sua potenza si faces-
se lecito d' insultare il sommo pontefice
cori tutto il suo retto operare : alle quali
offese egli nondimeno altre armi non op-
pose , che quelle della mansuetudine e del-
la pazienza . In mezzo nulladmleno a tali
burasche sr osservò , essere stato dichiara-
to viceré di Sicilia il principe don Borto-
lameo Corsini nipote di sua santità, per-
sonaggio dotato di singoiar saviezza: loc-
chè fece maravigliare più di uno.
Anche la Corsica in questi tempi appre-
stò alla pubblica curiosità una commedia,
che diede molto da discorrere . Duravano
più che mai le turbolenze in iflèlV. isola
con grave dispendio della repubblica di
Genova ; quando nell'aprile condotto da
una nave inglese procedente da Tunisi ,
colà sbarcò un personaggio incognito , se-
co conducendo dieci cannoni, e molte prov-
visioni da guerra, ed anche danaro. Fu
accolto dai sollevati con gran gic Ja ed ono-
re , e preso per loro capo, anzi nel dì 15
di '
64 Ann Ali d'Italia
di esso mese fu onorato col titolo di re
di Corsica: cosa, che non si può negare,
benché altri dicessero solamente di vice^
*è, perchè si pretendea, che fosse stato
inviato colà da qualche potenza , che aspi-
rasse al dominio di queir isola. Sul prin-
cipio non era conosciuto, chi fosse questo
sì ardito e fortunato campione, ma ai ven-
ne poi scoprendo , e i genovesi con un lor
manifesto il dipinsero coi più neri colori
di uomo sensa religione, di un truffatore,
di un alchimista , e come il più infame
dei viventi A e pubblicarono ancora contra
di lui una grossa taglia. La verità si è,
che costui era Teodoro Antonio Barone di
Newoff, nato suddito del re di Prussia , e
di casa nobile, che da venturiere dopo
aver fatto di molti viaggi per le corti di
Europa , ora iti lieta , ora in trista fortu-
na, avea in fine saputo cogliere nella rete
varj mercatanti, affinchè V assistessero in
questa impresa, con promettere loro mari
e monti , assiso che fosse sul maestoso tro-
no della Corsica . Prese egli con vigore
quel governo, creo conti e marchesi con
gran liberalità ; istituì un ordine militare
di cavalieri appellati della liberazione , e
ne aspettava ognuno delle meraviglie . Ma
non finì l'anno, che parve finita anche la
fortuna di questo comico regnante ; e di-
vulgossi , qhe dopo aver egli cominciato
ad esercitare un* autorità troppo dispotica >
arrivando a punire chi non eseguiva apua«*
ti-
Anno MDCCXXXVI. 6$
tino gli ordini suoi, la nazion dei corsi
non tardò a convertire l'amore in odio,
e poscia in dispregio, perchè mai non
comparivano quei tanti soccorsi , che sulle
prime aveva egli promesso. Pertanto te-
mendo egli della vita, segretamente im-
barcatosi nel dì 12 di novembre, compar-
ve a Livorno, travestito da frate, ed ap-
pena sbarcato prese le poste , senza saper-
si per qual parte. La verità nondimeno
fu , non essere stata fuga la sua , perchè
egli prima di partirsi , nel dì quarto di
novembre pubblicò un Editto , con cui co-
stituì i ministri del governo durante la
sua lontananza. Andò egli per procurar
nuovi rinforzi a quella nazione.
Era, siccome dicemmo, restato vedovo
Carlo Emmanuele re di Sardegna , e volen-
do passare alle terze nozze , intavolò il
nuovo suo matrimonio colla principessa Eli*
sabetta Teresa , sorella di Francesco Ste-
fano duca di Lorena , in cui concorreva-
no , oltre all'insigne nobiltà, le più rare
doti di animo e di corpo. Era nata nel
dì 15 di ottobre del 17 n dal duca Leo-
poldo Giuseppe, e dalla duchessa Elisabet-
ta Carlotta di Orleans , sorella del giàFi-
lippo duca di Orleans reggente di Fran-
cia. Fu pubblicato in Vienna questo ma-
rìtaggio, e si andarono disponendo le par-
ti per effettuarlo colla convenevol magni-
ficenza. Nell'anno presente la mortalità
dei buoi cominciò a serpeggiare pei Pie-
Tom. XXVII. E mon-
66 Annali d'Italia
mente, Novarese, Lodigiano, e Cremòné*
se : locchè di sommo danno riuscì a quel-
le contrade , e di grande spavento agli al-
tri paesi , che tutti si misero in guardia
per esentarsi da sì terribile eccidio. Pro-
vossi in varie parti del regno di Napoli ,
e dello stato ecclesiastico lo stesso flagel-
lo . Risonavano intanto per Italia le pro-
dezze dell'armi russiane contro dei turchi ,
perchè dall' un canto s' impadronirono dell'
importante fortezza d' Asof , e dall' altro
penetrarono anche nella Crimea, dove la-
sciarono una funesta memoria a quei tar-
tari , assassini in addietro della Russia e
Polonia. Gran gloria per questo venne ali'
imperadrice Russiana^ se non che i pro-
gressi suoi cagion furono , che la porta ot-
tomana, pacificata con lo Scach Nadir, o
sia Tamas Kulican , re della Persia., faces-
se uno straordinario armamento, e dichia-
rasse la guerra contra di lei . Era colle-
gato di essa imperadrice Anna V Augusto
Carlo VI. e cominciossi per tempo a scor-
gere , eh' egli era per impugnare la spada
in difesa di lei: al qual fine tutte le mi-
lizie alemanne cavate d' Italia , ed altre
della Germania sfilarono verso la bassa Un-
gheria ai confini dei turchi . Non meno il
ministro di Francia , che quei delle poten-
ze mantime molto si adoperarono, per di-
storre sua maestà cesarea da questo impe-
gno ; ma non ne ricavarono se non dub-
biose risposte., perche Timperadore avea
fat-
Anno MDCCXXXVI. 6/
fatto esporre a Costantinopoli varie do-
glianze e minaccie, ed aspettava, se fa-
cessero frutto. Era negli anni addietro na-
ta in Inghilterra una setta appellata dei
Liberi Muratori i consistente nell'union di
varie persone, e queste ordinariamente no-
bili, ricche, o di qualche merito partico-
lare , inclinate a solazzarsi in maniera di-
versa dal volgo * Con solennità venivano
ammessi i nuovi fratelli a questo istituto ,
e loro si dava giuramento di non rilevare
i segreti della società . Raunavasi costoro
di tanto in tanto in una casa eletta per
loro congresso > chiamata la loggia > dove
passavano il tempo in lieti ragionamenti ,
e in deliziosi conviti , conditi per lo più
da sinfonìe musicali. Verisimilmente avea-
no essi preso il modello di sì fatte con-
versazioni dagli antichi epicurei , i quali
per attestato di Cicerone e di Nurnenio con
somma giovialità e concordia passavano 1'
ore in somiglianti ridotti. D' Inghilterra
fece passaggio in Francia e in Germaaia
questo rito , e in Parigi fu creduto , che
si contasse sedici logge, alle quali era-
no ascritti personaggi della primaria no-
biltà . Allorché si trattò di creare il gran
mastro , più brogli si fecero ivi , che in
Polonia per reiezione di un nuovo re* Si
tenne per certo, che anche in alcuna città
d' Italia penetrasse e prendesse piede la
medesima novità . Contuttoché protestasse-
ro costoro , essere prescritto dalle loro leg-
E 2 gi5
63 AnMAU I)5 I T A L t A
gì , di non parlare di religione , né del
pubblico Governo in quelle combricole, e
fosse fuor di dubbio , che non vi si am-
metteva il sesso femineo , né ragionamen-
to di cose oscene, né vi era sentore di al-
tra sorta di libidine : nondimeno i sovrani
e molto più i sacri pastori stavano io con-
tinuo batticuore , che sotto il segreto di
tali adunanze , renduto impenetrabile pel
preso giuramento, si covasse qualche ma-
gagna , pericolosa e forse pregiudiziale al-
la pubblica quiete e ai buoni costumi . Pe-
rò il sommo pontefice Clemente XII. nell*
anno presente stimò suo debito di proibi-
re , e di sottoporre alle censure la setta
dei Liberi Muratori . Anche in Francia Y
autorità regia s' interpose per dissipar que-
ste nuvole _, che in fatti da lì a non mol-
to tempo si ridussero in nulla , almeno in
quelle parti e in Italia. Fu poi cagione un tal
divieto o rovina, che più non credendosi
tenuti al segreto i membri di essa repub-
blica , dopo il piacere di aver dato lungo
tempo la corda alla pubblica curiosità ,
rompessero gli argini, e divorassero anche
con pubblici libri , tutto il sistema e ri-
tuale di quella novità . Trovossi , terminare
essa in una invenzione di darsi bel tempo
con riti ridicolosi, ma sostenuti con gran
gravità ; né altra maggior deformità vi
comparve , se non quella del giuramento
del segreto preso sul vangelo per occultar
così fatte inezie . Ridicola cosa anche fu ,
che
Anno MDGCXXXVI. ^ 69
fché iti una città della Germania dall'igno-
ranza e semplicità venne spacciato i e fatto
credere al popolo , autore della medesima
setta chi scrive le presenti memorie*
Anno di Cristo 1737, indizione xv.
di Clemente Xll , papa 8.
di Carlo Vi, imperadore 27.
^/\\la per fine spuntò nell'anno presenta-
la tanto sospirata iride di pace in Italia
con allegrezza inesplicabile di tutti i po-
poli j e quantunque tal serenità non fosse
risente da qualche nebbia per le non mai
quiete pretensioni dei potentati , pure ces*
sando affatto Io strepito dell'armi in que-
ste parti , giusto motivo ebbe ciascuno di
rallegrarsene. Finquì ostinatamente erano
persistite in Livorno e Pisa le guernigioni
3pagnuole , senza voler credere alle truppe
tedesche , disposte secondo i preliminari a
prenderne possesso a nome del Duca di
Lorena. Fu detto, che seguisse in Pontre-
moli il cambio delle cessioni fatte da sua
maestà cesarea ai regni di Napoli e Sici-
lia , e dal re delle due Sicilie ai ducati
di Toscana, Parma 3 e Piacenza. Può du-
bitarsene, da che si seppe , che il re cat-
tolico Filippo V. non volle in questo anno
sottoscrivere essi preliminari , ed è certo,
che Carlo re di Napoli e Sicilia si riservò
certe pretensioni , che avrebbero potuto
intorbidar la concordia . Comunque fosse ,
E 3 il
70 Annali d'Italia
il generale spagnuolo duca di Montemar
sul principio di questo anno , giunta che
fu a Livorno una buona quantità di legni
in quelli imbarcò ir presidio di essa città,
ed altre fanterie spagnuole inviò verso le
fortezze della maremma di Siena; dopo di
che senza far cessione alcuna dì Livorno.,
nel dì nove di gennajo abbandonò quella
città, dove restò la sola guernigione del
gran duca Gian-Castone, Lasciarono gli
spagnuoli nella Toscana la memoria di mol-
ti aggravj inferiti a quegli stati , Pertanto
da lì ad alquanti giorni entrato in Tosca-
na il generale tedesco Wactendonck con al-
cuni reggimenti cesarei 3 prese a nome del
duca di Lorena possesso di Livorno , con
prestare giuramento di fedeltà al gran du-
ca , le cui milizie insieme colle tedesche
cominciarono a montare la guardia . Di-
stribuì eziandio alcune di quelle soldate-
sche in Siena , Pisa , e porto Ferrajo , le
quali osservarono miglior disciplina , che
le precedenti . Pochi mesi passarono , che
il presidio spagnuolo di Orbitello abbiso-
gnando di legna per uso proprio , e per le
fortificazioni , ne fece richiesta al gran du-
ca. Perchè risposta non veniva, un grosso
distaccamento di essi spagnuoli passò a ta-
gliare sul Sanese circa mille e secento al-
beri. Ne furono fatte doglianze, ed avreb-
be questa violenza potuto cagionar delle
nuove rotture, se la corte di Vienna, o
sia il duca di Lorena, non si fossero ora
tro-
Anno MDCCXXXVIL Zi
trovati nei gravi impegni, dei quali fra
poco parleremo. Colla pazienza si sopì quel
disordine .
Intanto angustiato dal male di orina , e
da altri incomodi di corpo il gran duca
Gian-Gastone dei Medici si ridusse agli
estremi di sua vita, e nel di nove di lu-
glio con segni di molta pietà restò libera-
to dai pensieri ed affanni del mondo. Era
principe di gran mente,, di somma affabi-
lità, e di una volontà tutto inclinata al
pubblico bene ; e quantunque la sua poca
sanità il tenesse per lo più ristretto in ca-
mera o in letto, pure valendosi di saggi
ed onorati ministri, mantenne sempre una
esatta giustizia, e in vece di accrescere i
pesi ai suoi sudditi, più. tosto cercò di
sminuirli. Liberale verso la gente di me-
rito, protettore delle lettere , e sommamen-
te caritativo verso i poveri, tal memoria
lasciò di sé , che chiunque avea sparlato
di lui vivente , ebbe poi a compiangerlo
morto. In lui fini la linea maschile della
insigne regnante casa dei Medici, con di-
savventura inesplicabile dell' Italia , che se-
guitava a perdere i suoi principi naturali;
ma senza paragone riuscì più sensibile ai
popoli della Toscana , i quali indarno si
erano lusingati di poter tornare a repub-
blica ; né solamente restarono senza i prin-
cipi Medicei, che tanta gloria e rispetto
aveano finquì procacciato a Firenze e alla
Toscana, ma venivano a restar sottopo-
E 4 sii
X% Annali d'Italia
stì ad un sovraoo , certamente benignissirnd
e generoso , pure obbligato dai suoi inte-
lessi a fare la residenza sua fuori d'Italia.
Gran fortuna è l'avere i principi proprj .
L'averli anche difettosi , meglio è regolar-
mente ^ che il non averne alcuno, giacché
lo stesso è che V averli lontani , mentre
fuori degli stati ridotti in Provincia , vo-
lano le rendite, e dee il popolo soggiacere
ai governatori , i quali non sempre seco
portano l'amore ai paesi, dove non han da
«fare le radici . Dopo la morte di questo
principe con tutta quiete il principe di
Craon, e gli altri ministri lorenesi, prese-
ro il possesso della Toscana a nome di sua
altezza reale Francesco Stefano duca di
Lorena , genero dell' imperadore , che fu pro-
clamato gran duca. Profittò ben la Francia
di questo avvenimento, perchè le cessò V
obb igo di pagare ad esso duca di Lorena
quattromilioni e mezzo di Francia , finché
egli fosse entrato in possesso della Tosca-
na. La vedova Elettrice palatina Anna Ma-
ria Luigia dei Medici, sorella del defunto
gran duca Gian-Gastone^ prese anch' ella
il possesso dei mobili e allodiali delia ca-
sa paterna , ascendenti ad un valsente in-
credibile ; né solamente degli esistenti nel-
la Toscana, ma anche in Roma, nello sta-
to ecclesiastico, e in altri paesi. Tuttavia
non tardò a saltar fuori una scintilla , che
i saggi ben previdero potere un dì produr-
re qualche incendio. Cioè Carlo re di Na-
po-
Anno MDCCXXXVII. ?$
poli e di Sicilia prese lo scorruccio per la
morte di esso gran duca > ed insieme il ti-
tolo di Ereditario degli allodiali della
sa dei Medici, siccome principe già adot*
tato dalla medesima per figlio; ed aitret-
tanto fece anche il cattolico re Filippo V
suo padre. A (al pretensione non >i era
trovato finora ripiego. Furono folte per
questo proteste giuridiche tanto in Firen-
ze, che in Roma. Alla vedova Eletlrice
fu esibito molto di autorità nel governo,
premendo al novello gran duca di tenersi
amica questa principessa , donna tanto ric-
ca, e di mirabil talento e saviezza . Ma
se ne scusò ella per cagion della sua avan-
zata età.
Ebbe compimento in questo anno il ma-
ritaggio di Carlo Emmanuele re di Sarde-
gna colla principessa Elisabetta Teresa so-
rella del suddetto duca di Lorena . La fun-
zione fu fatta in Luneville, dove il prin-
cipe di Carignano sostenne le veci del re :
dopodicchè si mise in viaggio essa novella
regina alla volta della Savoja . Neil' ultimo
giorno di marzo pervenne essa a ponte
Beauvoisin sui confini , ed essendosi già
portato colà il re con tutta la corte , e
con accompagnamento magnifico di guardie
e milizie, fu ad incontrarla, conducendola
poi a Sciambery , dove presero per una
settimana riposo. Nella sera del dì 22 di
aprile fecero i reali sposi il magnifico loro
ingresso in Torino fra la gran folla dei
sud-
74 Annali d'Itaiia
sudditi e forestieri, accorsi a quelle feste,
e fra Tale della fanteria e cavalleria, men-
tre intanto le artiglierie facevano un inces-
sante plauso alle loro maestà . Non quella
sola sera si videro illuminate le strade di
Torino, ma anche nelle seguenti; né man-
carono fuochi artifiziali^, ed altri suntuosi
divertimenti in sì lieta congiuntura . Pas-
sava in questi tempi non lieve disputa fra
esso re di Sardegna, e la corte di Vienna,
giacché egli pretendeva la terra di Serra-
valle per distretto di Tortona : laddove i
cesarei la teneano per dominio staccato da
quella città . Continuavano intanto i maneg-
gi della sacra corte di Roma con quella di
Madrid., Portogallo, Napoli y e Savoja per
le controversie vertenti con esse . Rallegros-
si dipoi quella gran città al vedere nel
marzo di questo anno ritornati colà i car-
dinali Acquaviva e Belluga con indizio di
sperata riconciliazione. Per trattarne venne
a Roma, come mediatore ., il cardinale Spi-
nelli arcivescovo di Napoli , personaggio
di gran credito e di obbliganti maniere;
e vi comparve ancora monsignor Galliani
gran limosiniere dei re delle due Sicilie,
per esporre le pretensioni di quel monar-
ca . Finalmente nel dì Z7 di settembre si
vide qualche apparenza di aggiustamento
fra la santa sede e i re di Spagna e di
Napoli; locchè recò incredibil consolazio-
ne a Roma : quantunque in questi ultimi
tempi non succedesse mai discordia e con-
cor-
Anno MDCCXXXVIL 75
cordia alcuna , in cui non iscapitasse sem*
pre la corte pontifizia. Non finirono per
questo le pretensioni , né si riaprirono pe-
ranche le nunziature di Madrid, e di Na-
poli . Contuttociò la dateria cominciò a far
le sue spedizioni. Per le differenze di Por-
togallo e diSavoja, ripiego alcuno finora
non si trovò .
Aveano i tanti saccheggi fatti dai tar-
tari della Russia, coi condurne schiavi mi-
gliaja di uomini, commossa in fine a ri-
sentimento Anna Imyeradrice di essa Rus-
sia , non solo contra di quei masnadieri,
ma contra gli stessi turchi, i quali con
tutte le querele e proteste dei russiani mai
non vollero apportarvi rimedio . Due suoi
valenti generali con due possenti armate
nel precedente anno aveano data una buo-
na lezione a quegr infedeli ; il Lasci col
prendere la fortezza di Asof, e il Munteli
con una terribil invasione nella Crimea .
Fece per questo il sultano dei turchi, già
pacifico coi persiani -, un gagliardo arma-
mento contro i russiani ; e quantunque s*
interponesse I' augusto Carlo VI per trattar
di pace, non ne riportò che belle parole,
insistendo sempre i turchi nella restituzio-
ne di Asof . Lega difensiva era fra esso im-
peradore e la Russia ; e però non volendo
Cesare lasciar soperchiare dai musulmani
i' imperadrice suddetta, avea spedito ai
confini dell'Ungheria la maggior parte delle
sue forze , e dichiarato generalissimo di
es-
?6 AkkaII i>* Italia
esso Francesco Stefano duca di Lorena )
divenuto in questo anno gran duca di To-
scana. La direzion delle armi cesaree {u
data al generale Seckendorf j protestante di
professione, con doglianza del sommo pon-
tefice, il quale non mancò di promettere
sussidj di danaro a Cesare per questa guer-
ra. Un bel principio si diede ad essa colla
presa della ciuà di Nissa, per cui furono
cantati più Te Deum . Ma non passò mol^
to, che si videro andare a precipizio tutti
gli affari dell' imperadore in quelle parti*
Comandava il Seckendorf ad una fioritissi-
ma armata , capace di grandi imprese , aven-
dola alcuni fatta ascendere sino ad ottan-
tamila valorosi combattenti. Quel generale
invece di tener unite tante forze, e di as-
sediar daddovero la forte piazza diWidin,
o pure di tentar V acquisto della Rossina,
spartì in varj corpi e distaccamenti l'eser-
cito suo, e niun di essi riportò se non
percosse e disonore, tuttoché i musulmani
sulle prime si trovassero più di un poco
smilzi di forze in quelle parti. Il principe
d'Hildburgausen inviato con poche miglia-
ia di armati sotto Banialuea capitale della
Bossina, tutti perde i suoi attrecci, e gran
gente, e ringraziò la fortuna dì essersi
potuto salvar colla fuga . Nella Croazia
verso Vaccup, e sotto Widin , furono bat-
tuti gl'imperiali, eNissa venne ricuperata
dai turchi . Si perde il Seckendorf intorno
ad Usitza , cioè ad una bicocca, e la pre-
se ;
À * n ò MDCCXXXVII. 22
se: questa fa l'unica sua prodezza . I tur-
chi la ricuperarono poi nell'anno seguente.
Andarono lamenti a Vienna, laonde richia-
mato egli alla corte , lasciò il comando al
generale Filippi; ed essendo stato posto in
carcere, fu contra di lui dato principio ad
un processo . Non istimarono veramente i
saggi, che questo personaggio avesse punto
mancato alla fede e all'onore. Il suo de-
litto, secondo il sentimento d'altri, fu
quello di non saper fare il condottier di
armate : mestiere forse il più difficile di
tutti ; benché non mancasse chi V. esentava
da questo difetto.
Certamente non avea più la corte cesa-
rea un Carlo duca di Lorena , un principe
Eugenio , né un maresciallo di Staremberg,
né i Caprara, né i Veterani, né altri si-
mili personaggi di gran mente e savia con-
dotta, che sapessero diriggere un esercito
ai danni del nemico, e difendersi alle oc-
correnze. Per altro facendo conoscere la
sperienza, che talvolta le belle armate ce-
saree combattono col bisogno: il Secken-
dorf addusse ancor questo per sua discol-
pa, certo essendo, che a cagion della man-
canza dei viveri per più giorni, quellJ
esercito si mantenne come potè in vita
CQile panocchìe del frumentone ossia grano
turco, maturo in quel paese, o pur con
sole prugne , trovate per avventura in quei
boschi. Non mancò gente, che si figurò,
essere mancata la benedizione di Dio alle
ar-
78 Annali D'Italia
armi dell' imperadore in questa guerra i peifc
ehè secondo il trattato di Passarowitz la*
tregua di sua maestà cesarea colla porta
ottomana durava ancora , né terminava se
non nell'anno 1742 pretendendo perciò i
turchi, che Cesare non fosse in libertà do-
po esso trattato di coilegarsi colla Russia
a danno loro , né gli fosse lecito di rom-
perla contra di essi, A me non tocca di
entrare in sì fatto esame , e molto meno
di stendere le ottuse mie pupille nei ga-
binetti della Divinità; bastandomi di rife-
rire gli sfortunati avvenimenti di questa
campagna contra degl'infedeli nella Servia ,
Bossina , Moldavia, Valacchia, ed altri luo-
ghi ; e che per le tante malattie si trovò
al finire dell'anno quasi della metà scema-
ta la dianzi sì possente armata imperiale»
Né si dee tacere, che allora più che mai
si sciolsero le lingue e maledizioni dei cri-
stiani contra del conte di Bonneval fran-
cese, già uno dei generali dell'' imperadore ;
il quale, privo per altro di religione, avea
abbracciata quella dei turchi. Entrato co-
stui al servigio della porta col nome di
bassa Osmanwo , tutto si era dato ad istrui-
re i turchi della disciplina militare dei
cristiani ; e fu creduto , che i documenti
suoi influissero non poco ai fortunati suc-
cessi delle armi turchesche sì dell' anno
presente, che- dei due sussseguenti . Dice-
vasi , che questo infame rinegato fosse il
braccio dritto dei primo visire . Se la for-
tu-
Anno MDCCXXXVII. 79
luna non si fosse dichiarata in favore dei
turchi, ( giacché in questo medesimo tempo
in Nimirow nella Polonia trattavano di
pace i plenipotenziarj cesarei^ russiani , e
turchi ) si potea sperare qualche pronta con-
cordia con vantaggio delle armi cristiane .
Intanto d'altro passo procederono le due
armate dell' imperadrice della russiacontra
dei musulmani. Perciocché il generale con-
te di Munich nel dì 13 di luglio s' impa-
dronì delia riguardevol città di Oczakow
situata al mare , con grande mortalità e
prigionia di turchi, con acquisto di molta
artiglieria, e di un ricco bottino. Seppe
anche difenderla da essi turchi , accorsi ad
assediarla. Parimente il generale Lasci tor-
nò di nuovo a fare un' irruzione nella Cri-
mea , dove incendiò gran copia di quei vil-
laggi, prese un'infinità di buoi, e lasciò
dapertutto memorie del furor militare in
vendetta degl'immensi danni e mali recati
per tanti anni addietro da quei tartari al-
la Russia*
Fu il presente anno l'ultimo della vita
di Rinaldo di Este duca di Modena , che
nato nel dì 25. di aprile delP anno 1655.
e creato duca nel 1694. avea con somma
saviezza finquì governato i suoi popoli .
Nel dì 26 di ottobre spirò egli l'anima.
Perchè nelle antichità estensi io esposi tut-
to quel di lodevole , che si osservò in que-
sto principe ( e fu ben molto ) io mi dis-
penso ora dal ripeterlo, bastandomi dire,
che
So Aknaii d' Italia
che per lJ elevatezza della mente , per la
pietà , e pel saper tenere le redini di un
verno , si meritò il concetto di uno dei
più saggi principi di questi tempi . Lasciò
dopo di sé un figlio unico cioè Francesco
principe ereditario, nato nel dì 2. di lu-
glio del 1698. e tre principesse, cioè Be-
nedetta Ernesta, Amalia Gioseffa , Enri~
chetta duchessa vedova di Parma. Sul prin-
cipio delie ultima turbolenze,, nelle quali
si trovarono involti anche gli stati della
casa di Este , si era portato il suddetto
principe Francesco a Genova colla princi-
pessa sua consorte Carlotta Aglae , del real
sangue di Francia, figlia di Filippo duca
di Orleans, già reggente di quel regno.
Nell'anno 1735 passarono amendue a Pa-
rigi , per impetrar sollievo agi* innocenti
popoli dei loro ducati dal cristianissimo re
Luigi XV. e per vegliare agli interessi pro-
pri, e del duca Rinaldo padre e suocero.
Venuto V autunno , si portò esso principe
a visitar la città della Fiandra, ed Ollan-
da, ricevendo dapertutto distìnti onori,
e di là passò in Inghilterra, dove gli fu-
rono compartite le maggiori finezze dal re
Giorgio II, che in questo principe conside-
rò trasfuso il sangue di quei gloriosi ante-
nati, dai quali era discesa anche la real
casa di Brunsvich . Finalmente nella pri-
mavera dell' anno presente se ne andò a
Vienna per inchinare il glorioso augusto
Carlo VI , da cui , e dall' imperadrice Ve-
do-
A * n o MDCCXXXVII. 81
dova Amalia sua zia materna , e da tutta
quella corte , fu graziosamente accolto.
Essendosi accesa in questo tempo la guer-
ra in Ungheria, s'invogliò anch' egli di
quell'onorato mestiere, e tenendo compa-
gnia a Francesco duca di Lorena e gran
duca di Toscana , e al principe Carlo di
lui fratello, intervenne alle azioni della
sopradetta sventurata campagna. Nei tor-
narsene egli a Vienna, intese la morte del
duca Rinaldo suo padre, e però congeda-
tosi dalle auguste maestà, s'inviò versoi'
Italia y e nei dì quattro di decembre feli-
cemente giunse a Modena , ricevuto eoa
giubilo dai suoi sudditi , che attesa la di
lui molta intelligenza, e spezialmente Y
amorevol suo cuore , concepirono per tempo
viva speranza di ottimo governo, secondo
ì' uso dei suoi maggiori , tutti buoni e
benefìci principi . Aveva egli già procreati
due principi viventi, cioè Ertole Rinaldo
suo primogenito, nato nel dì 22 di no-
vembre dell'anno 1727 ed un altro venu-
to alla luce nel dì 29 di settembre del 1736
in Parigi, a cui poscia nel solenne batte-
simo fu posto il nome di Benedetto Filip-
po Armando , e viene oggidì chiamato il
principe di Este ; e quattro principesse ,
cioè Maria Teresa Felicita, Matilde, For-
tunata Maria, ed Elisabetta.
Più che mai continuò in questi tempi
la ribellion della Corsica, con trovarsi bloc-
cate da quei popoli le cinque o sei fortez-
Tom. XXVII. F ze ,
Si Annali b* Italia
ze, the sole restavano in potere della re-
pubblica di Genova . Correvano tutto dì
voci incerte di quegli affari, negando al-
cuni , e pretendendo altri, che durasse in
quell'isola l'autorità del Baron Teodoro >
e che da lui si riconoscessero i soccorsi ,
che andavano giugnendo a quei sollevati ;
con voce ancora , eh* egli ritornerebbe in
breve al comando. La verità fu> che esso
era passato in Ollanda, dove prevalendo le
istanze dei suoi creditori, per qualche tem-
po si riposò nelle carceri, e restò poscia
liberato. Tale era la sua attività ed elo-
quenza , che impegnò altri mercatanti a
concorrere nei suoi disegni , e si dispose
a rivedere la Corsica. Ora i genovesi per
desiderio di mettere fine a quella cancre-
na , si avvisarono in questi tempi di ri-
correre ai patrocinio dei re cristianissimo *
affinchè il suo nome e la potenza delle ar-
mi sue metesse in dovere quella sì altera-
ta nazione . Penetrato il lor disegno , non
tralasciarono i corsi di rappresentare a
Versaglies , quanti aggravj aveano finora
sofferto dal governo dei genovesi. Ciò, che
ne avvenisse, lo vedremo all'anno seguen-
te. Nel presente sul Piacentino e Lodigia^
no seguitò l'epidemia dei buoi con terro-
re di tutti i vicini . Anche il monte Ve-
suvio nel dì 19 di maggio si diede a vo-
mitar fiamme , pietre, e bitume^ che raf-
freddato era simile alla schiuma di ferro .
Por dodici miglia fino al mare correndo
la
A»»b MDCCxxxvrr. ^ g3
la fiumana di esso bitume, cagionò la ro*
vina di molti villaggi , conventi, chiese, e
case. Le città di Adriano, Avellino $ Nola ,
Ottaiano, Palma, e Sarno, e la torre del
Greco, sorrimaitiente patirono, e ne fuggi-
rono tutti gli abitanti. Alcun luogo vi re-
stò coperto dalla cenere alta ( se pure è
credibile ) quasi venti palmi. Orazioni pub-
bliche si fecero per questo in Napoli, cit-
tà che si trovò ben piena di spavento , ma
altro incomodo non soffrì , che quello del-
la caduta cenere . Merita anche memoria
per istruzione dei posteri una delle paz-
zie di questi tempi, cioè il già introdotto
lotto di Genova , che si dilatò in Milano ,
Venezia , Napoli , Firenze , Roma, ed al-
tri paesi . Dissi pazzia , non già dei prin-
cipi , che con questa invenzione mostra-
vano la lor© industria in saper cavare dal-
le genti senza lancetta il sangue , ma dei
popoli , che per V avidità di conseguire un
gran premio, s'impoverivano, dando una
volontaria contribuzione agli accorti re-
gnanti , con iscorgersi in fine , che di po-
chi era il vantaggio, la perdita d'infiniti.
Nella sola Roma danarosa, in cui sul prin-
cipio ebbe gran voga esso lotto, e si fa-
ceano più estrazioni in un anno 3 si cal-
colò, che in ciascuno dei primi anni si
giocasse un milione di scudi romani* Per
lo più né pur la metà ritornava in borsa
dei giocatori. Il gran guadagno restava
parte ai conduttori del giuoco, e parte ai
F 2 som-
84 Annali d' Italia
gommo pontefice , che di questo danaro si
serviva per continuar le magnifiche fabbri-
che da lui intraprese .
Anno di Cristo 1738, indizione u
di Clemente XII, papa 9.
di Carlo VI; imperatore 28*
^cominciavano a pesar gli anni addosso
al pontefice Clemente XII. era anche ca-
duto infermo di maniera, che più di una
volta si dubitò di sua vita, ed alcuni por-
porati aveano già dato principio ai segre-
ti lor maneggi : locchè risaputo dal papa ,
cagion fu di qualche risentimento. Questi
avvisi della mortalità , e il desiderio del
santo padre di lasciare la sedia apostolica
in pace con tutte le potenze cattoliche , il
rendè più sollecito ad accordarsi colle cor-
ti di Spagna e di Portogallo. Nel dì 20
del precedente dicembre aveva egli pro-
mosso alla porpora monsignor Tommaso
Almeida patriarca di Lisbona ; servì que-
sto passo a placare in buona parte , se non
in tutto, l'animo di Giovanni V re por-
toghese : principe inflessibile in ogni sua
pretensione e dimanda ; locchè fece aprir
la dateria per quel regno , e in Lisbona fu
splendidamente accolto il nunzio pontifizio .
Altrettanto avvenne in Ispagna . Per le dif-
ferenze colla corte di Napoli, tuttoché re-
clamassero i ministri cesarei , pure sua san-
tità nel maggio coodiscese ad accordare le
in-
Anno MDCCXXXVlII. 84
investiture delle Sicilie all'infante reale
don Carlo di Borbone. Insorse in questi
tempi un imbroglio fra esso pontefice, eia
reggenza del ducato di Toscana , a cagion
di Carpegna , Scavolino^ e Montefeltro ,
stati pretesi per ragioni antiche dalla re-
pubblica Fiorentina , essendo in fatti pas-
sate le milizie lorenesi a prenderne il pos-
sesso . Messosi T affare in disputa , perchè
la corte di Vienna abbisognava in questi
tempi dei soccorsi del papa per la guerra
turchesca , si venne poi smorzando la lite 7
e restò libera quella contrada dall'armi
del gran duca. Era già gran tempo, che
si trattava dell' accasamento del suddetto
re delle due Sicilie , e perciocché ragioni
politiche non permisero ^ che a lui fosse
accordata in moglie la seconda arciduches-
sa figlia del regnante Augusto, restò poi
conchiuso il suo maritaggio colla real prin-
cipessa Maria Amalia figlia di Federigo
Augusto re di Polonia ed elettor di Sas-
sonia , appena giunta all'età di quattordi-
ci anni. Nel dì 19 di maggio a nome di
esso re fu sposata essa principessa dal fra-
tello Federigo Cristiano , principe reale ed
elettorale , e nel dì 24 di esso mese , ac-
compagnata dal medesimo , imprese il suo
viaggio alla volta d'Italia . Con corte nume-
rosa venne sino a Palma Nuova confine dello
stato veneto don Gaetano Boncompagno du-
ca di Sora , scelto dal re per maggiordo-
mo maggiore della novella regina , e di-
F 3 ret-
86 Annali t>* Italia
rettore del suo viaggio per Italia . Princi-
pe per le sue virtù meritevole di ogni
maggiore impiego . Nel dì 19 del mese
suddetto arrivata ai confini della repubbli-
ca essa principessa, ivi trovò il veneto
ambasciadore colle guardie destinate alla
maestà sua , e le si presentò parimente il
duca di Sora con tutta la corte a lei de-
stinata .
Fu allora , che propriamente si avvide
questa graziosa principessa di essere regi-
na : sì magnifico e splendido fu l' accogli-
mento fattole per dovunque passò dalla
veneta generosità. Invogliatasi all'improv-
viso di dare un' occhiata alla mirabii città
di Venezia, dopo avere per altra via in-
camminato il suo gran seguito ed equipag-
gio a Padova , essa nel dì due di giugno
imbarcatasi col real fratello, col duca di
Sora, e con pochi altri cavalieri , e dame,
fu condotta pel canale della Giudecca in
faccia alla piazza di san Marco, e fatto
un giro pel canal grande fra il rimbombo
delle artiglierie andò vedendo e ammiran-
do i superbi palazzi, e le altre grandiose
fabbriche di quella dominante . Finalmente
alle due ore della notte seguente fece 1*
ingresso nella città di Padova , dove spe-
zialmente trovò un trattamento reale. Co-
là si era portato Francesco IH. di Este
duca di Modena colle principesse Benedet-
ta y ed Amalia sorelle sue per inchinare
la regina lor cugina $ da cui poscia rice-
ve-
Anno MDCCXX XVIII. 87
veròno ogni maggior finezza di amore e
di stima . Ai confini del ferrarese si pre-
sentò alla maestà sua il cardinale Mosca
spedito dal sommo pontefice con titolo di
legato a latere a complimentarla , e ser-
virla sino a Ferrara , dove con solenne ap-
parato di quella città entrò , partendone
poi nel dì sejto di giugno. Per tutto lo
stato ecclesiastico trovò gara fra le città
in farle onore, siccome anch' ella daper-
tutto lasciò belle memorie della sua rara
gentilezza e liberalità. Passò dipoi per Lo-
reto , e nel giorno 19 del suddetto mese
arrivò a Portello, cioè ai confini del re-
gno. Quivi trovò il re consorte , che l'in-
trodusse in un vasto e real padiglione coi
vicendevoli complimenti ed abbraciamenti,
Nel dì 22 di esso giugno fecero le loro
maestà V entrata in Napoli fra le giulive
acclamazioni di quell'immenso Popolo, fra
gli archi trionfali , e fra le stupende mac-
chine ed illuminazioni , che furono poi co-
ronate da altre suntuosissime feste , conti-
nuate nei seguenti giorni . Poco fu questo
in paragone del dì due di luglio in cui
seguì il solenne ingresso de regj sposi in
essa cjttà di Napoli, la quale da tanti an-
ni disavvezza dal vedere i suoi regnanti ,
in questa occasione diede uno spettacolo
d'indicibile magnificenza ed allegrezza,
dalla cui maggior descrizione io mi dispen-
so. Allora fu, che il re don Carlo istituì
l'ordine dei cavalieri di san Gennaro, e
F 4 di
88 Annali d'Italia
di esso decorò i principali baroni di Na-
poli e Sicilia , e alcuni grandi spagnuoli ,
Con tutti i maneggi finora fatti fra l'
imperador Carlo VI e il cristianissimo re
Luigi XV non si era peranche giunto a
stabilire un trattato difinitivo di pace. A
questo si diede V ultima mano in Vienna
nel di 18 di novembre fra i suddetti due
monarchi, e fu sottoscritto dai plenipoten-
ziarj non solo di essi , ma anche da quei
del re cattolico Filippo V di don Carlo re
delle due Sicilie, e del re di Sardegna
Carlo Emmannele . Rimasero con poca mu-
tazione confermati i precedenti trattati di
pace , e la Francia nominatamente accettò
e promise di garantire la prammatica san-
zione formata dall'augusto regnante . Vi
fu regolato tutto quello, che apparteneva
in Italia alla cessione dei regni di Napoli
e Sicilia , e delle piazze maritime della
Toscana pel suddetto reale infante; e del-
la Toscana pel duca di Lorena ; e di Par-
ma e Piacenza per Pimperadore ; e di Tor-
tona e Novara , e delle Langhe pel re di
Sardegna. Qual fosse il giubilo di tutta V
Italia all'avviso di questa concordia, non si
può abbastanza esprimere , lusingandosi
ognuno di godere per gran tempo i frutti
e le delizie della tanto desiderata pace ,
che ora mai sembrava con uno stabile
chiodo fissata . Non si godeva già in que-
sti tempi un egual sereno nell' imperiai
corte di Vienna, perchè anche nell'anno
pre-
Anno MDCCXXXVIII. 89
presente niuna felicità, anzi parecchi disa*
stri provarono in Ungheria le armi- cesaree -
Quantunque ancora in questo anno passas-
se al comando di queir esercito il duca di
Lorena , con aver seco per principal diret-
tore delle azioni militari il saggio e va-
loroso conte di Koningsegg : pure ebbero
essi a fronte il gran visire con forze di
lunga mano superiori alle" cristiane . Le
frequenti scorrerie turchesche per la Ser-
via , e un possente armamento di saiche
nel Danubio , portarono il terrore sino alla
città di Belgrado , da dove si ritirarono in
gran copia i benestanti . Per V Ungheria su-
periore di là dal real fiume marciò il Ko-
ningsegg, e nel dì tre di luglio a Cornia
venne alle mani con un corpo di venti e
più mila musulmani, e lo sconfisse. Questa
vittoria agevolò la presa del forte di Mea-
dia nel dì nove di esso mese > dove fu
accordata buona capitolazione al presidio
turchesco.
Già s'incamminava Toste cesarea al soc-
corso di Orsova assediata dai nemici, quan-
do giunse la lieta nuova, ch'essi a preci-
pizio si erano dati alla fuga, lasciando nel
campo., tende , bagagli, munizioni, ed ar-
tiglierie. Tanto più allora inanimiti i cri-
stiani pensavano già di continuare il viag-
gio a quella volta ; ma eccoti avviso , che
il visire avea trasmesso un rinforzo di
ventimila uomini ai ritiratisi da Orsova .
Non si ©sservò allora la consueta intrepi-
dez-
90 Ann ah d'Italia
dezza dei coraggiosi alemanni; ne più si
pensò ad Orsova . Accortisi gì' infedeli del-
ia lor disposizione , s'inoltrarono sino a
Meadia^ dove seguì un sanguinoso con-
flitto . I due reggimenti Vasquez e Marni-
li, composti d'Italiani, fecero delle mara-
viglie di coraggio con vergogna dei tede-
schi , i quai pure sono in credito di tanta
fortezza. Ritiraronsi i cristiani con permet-
tere ai turchi di ricuperare i forti di essa
Meadia . Posto di nuovo l' assedio da essi
infedeli ad Orsova, fu quella piazza costret-
ta alla resa con grave pregiudizio della
vicina città di Belgrado , sotto alla quale
andò ad accamparsi il maresciallo di Ko-
ningsegg. Si contò per regalo della fortuna,
che i turchi non facessero maggiori progres-
si , e sebben anche Semendria e Vilapanca
furono sottomesse , pure poco appresso si
videro abbandonate da essi. Non avea il
Koningsegg più di quaranta mila guerrieri
tedeschi, laddove il gran visire ne condu-
ceva cento ventimila. Ma in altri tempi
trenta o quaranta mila alemanni bastavano*
a far delle grandi prodezze contro le gros-
se armate degli ottomani. 0 fosse dunque^
che l'iniquo bassa Bonneval avesse ben ad-
dottrinate le milizie turchesche , o altra
cagione: certo è, che questa campagna riu-
scì non men deplorabile della precedente
per li cristiani , e convenne alzare il guar-
do al trono del Dio degli eserciti , i cui
giusti giudizj son coperti da troppe tene-
bre.
Anno MDCCXXXVIII. 91
bre . Né i russiani ebbero miglior merca-
to. Furono essi costretti a far saltare tut-
te le fortificazioni di Oczokow , e a riti-
rarsene. Presero bensì nella Crimea la for-
tezza di Precope, ma poi dopo averne de-
molite le fortificazioni e spianate le linee,
e recati gravissimi danni a quelle contra-
de , se ne tornarono indietro. Fu da essi
tentato il passaggio del Niester, ma senza
poter ottenere l'intento. Comparve in que-
sti tempi alla corte di Costantinopoli , e
ri fu ricevuto con distinto onore Giuseppe
figlio del fu principe Ragotzki, il quale
dimentico delle grazie a lui compartite in
addietro dal clementissimo augusto , se ne
fuggi alla porta, per ravvivar le sue pre-
tensioni sopra la Transilvania; e fece cre-
dere al gran signore di avere in quella pro-
vincia e in Ungheria un'infinità di seguaci .
Neppure in questo anno si seppe cosa
credere degli affari della Corsica, perchè
tuttodì a buon mercato si spacciavauo bu-
gie. Esaltavano alcuni la gran copia di soc-
corsi dati ai corsi non meno di gente , che
di munizioni , artiglierie , ed armi : soccor-
si, dico, i quali si diceano inviati colà dal
baron Teodoro, e che altri attribuiva ad
una potenza la quale segretamente tenesse
mano a quella ribellione, additando con
ciò la corte di Spagna, o pure di Napoli .
Negavano altri queste nuove, e sosteneano
ecclissata affatto la fortuna dell' efimero re
Teodoro. Sul principio dell'anno fu spar-
sa
92 ANNÀtI Ds I T A t I A
sa voce, che questo venturiere da Oraria
fosse di nuovo sbarcato in Corsica; e si
vedevano progetti lodevolissimi pubblicati
sotto suo nome., per far fiorire il commer-
cio di queir Isola colla erezion di varie
saline, cori attendere alle miniere , con fab-
bricar cannoni, e mulini di polve da fuo-
co, e con incoraggir l'agricoltura, e la
pesca. Ma non si verificò il di lui arrivo*
Fu bensì vero che nel dì quinto di febbrajo
sbarcarono alla Bastia, capitale di quel re-
gno , tremila uomini di truppe francesi ,
sotto il comando del conte di Boissieux,
Aveano i genovesi implorato il patrocinio
della Francia in questo loro troppo lungo
e dispendioso disastro; se pure non fu la
corte di Francia, che attenta ad ogni fo-
glia che si muova in Europa , per sospetto,
che gli spagnuoli un dì non si prevalessero
di quella sollevazione per impadronirsi del-
la Corsica , esibì alla repubblica le sue
forze , per terminar quella pugna . Certo
è, che colà furono trasportate le suddette
milizie, non già con animo d'infierire con-
tro quella valorosa nazione , a cui non man-
cavano delle buone ragioni, ma per istu-
diar la via di pacificarla coli' esibizione di
oneste condizioni: Infatti se ne trattò, si
rimisero i corsi riverentemente alla giusti-
zia e saviezza del re cristianissimo; die-
dero anche degli ostaggi , e per questo si
fece pausa alle ostilità, ma senza che se-
guisse accordo alcuno.
Ve-
Anno MDCCXXXVIIf. 2Ì
Venuto il settembre si tornò a spacciare
come avvenimento indubitato, che il ba-
ron Teodoro con tre vascelli di bandiera
straniera era nel dì 13 di esso mese giun-
to in Corsica a Porto Vecchio, con fare
intendere ai sollevati la prcwvision delle
artiglierie, armi, e munizioni da lui con-
dotte su quei navigli; e che perciò di nuo-<
vo si fosse fatta uua unione universale dei
corsi, per mantenergli l'ubbidienza . Si vi-
de anche la lista di tutto il suo carico, e
fu assicurato , che nel dì 16 del suddetto
settembre scese a terra fra i viva di un
gran concorso di popolo ; ma che poscia
nel dì 15 di ottobre si era ritirato a por-
to Longone , o pure in Sardegna ; e ciò
perchè furono intimoriti i corsi da una let-
tera circolare del general francese, che mi-
nacciava loro T indignazione del re cristia-
nissimo, se più ubbidivano al barone sud-
detto. Aggiunsero, ch'egli era dipoi ap-
prodato a Napoli, dove d'ordine della cor-
te fu catturato , e in appresso fatto uscire
del regno. Non so io dire, se vere o fin-
te fossero tutte queste particolarità. Se un
giorno qualche fedele e ben informato scrit-
tore ci darà la storia di tante scene di
quella tragedia, può sperarsi, che rimarrà
allora dilucidato il vero dalle molte ciarle
sparse per 1' Europa di quella emergente ;
tale certamente, che facea dello strepito
dapertutto. Fermossi per alcuni mesi il
principe real di Polonia e Sassonia Federi-
94 'Annali i>' I t a l i a
go Cristiano in Napoli , godendo le delizie
di quella gran città, corte, e territorio,
ma infastidito alquanto per la rigorosa
etichetta spagnuola * che non gli permet-
teva né pur di trovarsi a tavola colla re-
gina sorella* Dopo aver questo principe
lasciato in quella corte e città illustri me-
morie della sua munificenza e gentilezza ,•
arrivò a Roma nel dì 18 di novembre, e
prese alloggio nel palazzo del cardinale
Annibale Albani Camerlengo. Potè allora
quella gran città conoscere in lui una rara
pietà , costumi angelici , pregio di tutta
la real numerosa figliolanza del re di Po-
lonia (e perciò grande onore del oattolicis-
rao) siccome ancora l'avvenenza del suo
volto, e molto più le altre belle doti dell'
animo suo. Altro alla perfezione di questo
principe non mancava, se non robustezza
maggiore nelle gambe . Nulla aveano servi-
to a lui per questo i bagni d'Ischia. I di-
vertimenti di questo generoso principe era-
no il commercio dei letterati, e la visita
di tutte le chiese , antichità, gallerie, e cor-
se più rare di Roma .
Anno di Cristo 1739, indizione ir.
di Clemente XII, papa io.
di Carlo VI , imperatore 29.
^ul principio di quest' anno furono rivol-
ti gli occhi dei curiosi alla comparsa in
Italia di Francesco duca di Lorena e gran
du-
Anno MDCCXXX1X. ^
duca dì Toscana , il quale, coli' arciduches-
sa Maria Teresa sua consorte , e col prin-
cipe Carlo di Lorena suo fratello , e con
corte ed equipaggio splendido nel dì 28
dei precedente dicembre era giunto ai con-
fini del veneto dominio , dove gli fu fatto
un solenne e magnifico accoglimento per
parte della repubblica . Desideravano que-
sti principi di consolare colla graziosa lor
presenza i nuovi sudditi della Toscana ,
e insieme di riconoscere ^ in che consistes-
se il cambio da essi fatto della Lorena .
Ma perciocché in questi tempi si era forte
dilatata la peste per l'Ungheria, Croazia,
ed altre provincie , che tutte aveàno libero
commercio coli' Austria ed altri paesi sot-
toposti in Germania a sua maestà impe-
riale : la veneta repubblica avea severa-
mente bandite tutte quelle contrade , né
permetteva commercio di chi procedeva
dalla Germania , per venire in Italia , im-
piegando quel rigore , che in altri tempi
è stato l'antemurale della salute sua , e
delle provincie italiane. Grande stima ed
ossequio professava il saggio senato veneto
a quegl' illustri principi, ma più eziandio
gli stava a cuore la pubblica sicurezza in
tempi tanto pericolosi . Però non altrimen-
ti accordò loro il passaggio per li suoi
stati, che colla condizione di fare una di-
screta contumacia . Loro perciò fu asse-
gnato sul Veronese il palazzo del conte
Michele Burri , dove per qualche giorno si
ri-
96 Annali d'Italia
riposarono. Ma perchè s'infastidirono in
breve di quella nobil prigione, fece il
gran duca istanza a Venezia , affinchè gli
si abbreviassero i giorni della contumacia ;
e non venendo risposte concludenti , im-
pazientatasi quella nobilissima brigata, nel
dì undici di gennaio prese da sé stessa la
licenza di andarsene , e passò a Mantova .
Nel dì 14 arrivarono questi generosi prin-
cipi a Modena , accolti colle maggiori di-
mostrazioni di stima , e di onore dal du-
ca Francesco HI. e dalle principesse sue
sorelle, e qui fermarono godendo dei di-
vertimenti loro preparati sino al dì 17 in
cui si mossero alia volta di Bologna, e di
là continuarono il viaggio sino a Firenze .
Il dì 20 di gennajo fu quello , in cui fe-
cero il solenne loro ingresso in essa città
fra la gran calca del popolo , e della co-
piosa foresteria , fra le incessanti accla-
mazioni di quei sudditi , die con archi
trionfali, insigni illuminazioni, ed appa-
rati maestosi , e col giuoco ancora del
calcio, espressero il loro giubilo verso do-
minanti pieni di tanta clemenza e genti-
lezza. Poscia nel dì primo di marzo si por-
tarono a Pisa, e di là a Livorno, nelle
quali due città ebbero motivo di ammira-
re i nobilissimi e suntuosissimi spettacoli
e divertimenti , spezialmente nell' ultima
preparati a gara ed eseguiti ih loro onore
dai toscani , inglesi , francesi , ollandesi .
giudei, ed altre nazioni. Videro anche Sie-
na,
Anno MDCCXXX1X. 97
ria, portando poscia con loro un alto con-
cetto di sì belle, deliziose, e grandiose
città , simili alle quali certamente non le
potea mostrare il per altro riguardevole
ducato della Lorena.
Dopo aver dato buon sesto agli affari
economici e militari della Toscana, la
gran duchessa Maria Teresa sul fine di
aprile, desiderosa diveder Milano, si mi-
se in viaggio, e nel dì 29 arrivò a Reg-
gio y dove in occasion della fiera si trova-
va la corte Estense; ed ivi non solo godè,
ma anche ammirò una delle più splendide
e singolari opere in musica , che si faces-
sero allora in Italia: tanta era l'abilità
dei cantanti, e la vaghezza delle scene.
Avea preso il gran duca Francesco suo
consorte la risoluzione di passar per mare
a Genova , e di là trasferirsi a Torino , a
fin di visitare la regina di Sardegna sua
sorella . Ma ito per imbarcarsi a Livorno ,
trovò cotanto in collera il mare , che mu-
tato pensiero , e prese le poste per terra ,
all'improvviso raggiunse in Reggio la real
sua consorte . Se ne andarono poscia nel
primo dì di maggio alla volta di Milano;
ma il gran duca col principe Carlo da Pia-
cenza sJ inviò verso Torino , dove giunto
nel dì tre , ricevette ogni maggior finezza
da quella magnifica corte. Comparvero poi
anche questi due principi nel dì sei a Mi-
lano, e dopo qualche giorno se ne torna-
rono tutti in Lamagna, avendo lasciato
Tom. XXVIL G da-
98 Annali d* Itali a
dapertutto viva memoria della somma lor
benignità ed amabili costumi. Andava in
questi tempi sempre più il pontefice Cle-
mente Xll. sentendo il pesò degli anni ,
di modo che si trovava bene spesso per la
debolezza confinato in ietto , e sopratutto
perde l'uso della vista. Contuttociò con-
tinuando il vigor della sua mente non tra-
lasciava punto di accudire non meno al
secolare, che ali' ecclesiastico governo. An-
che in letto teneva concistoro , ed ascolta-
va le varie congregazioni . Dopo parecchi
mesi di soggiorno in Koma_, finalmente se
ne partì il real principe di Sassonia Fede-
rigo, poitando seco la gloria di una sin-
goiar pietà, e di avere esercitata sì gran
liberalità e cortesia verso grandi è pic-
cioli, che di lui durerà in quelle parti lina
ben lunga memoria . Venuto per la Tosca-
na ,■ giunse nel dì 21 di novembre a Mo-
dena, dove si fermò per tre giorni a go-
dere delle cose più rare di quella corte ,
e dipoi passò a Milano , con animo di
quindi portarsi a Venezia per li diverti-
menti del seguente carnevale.
Sul fine del precedente anno , e nei pri-
mi mesi dtl presente , corsero di nuovo
false voci , che il baron Teodoro fosse sbar-
cato in Corsica , e vi si trattenesse inco-
gnito ; e la curiosità di ognuno era atten-
ta ad osservare, qual flutto producessero
i maneggi del conte di Boissieux comari-
dètite delle truppe francesi in queir isola 3
per
Anno MDCCXXXIX. 99
pacificare i sollevati. Pareano disposti
i corsi ad abbracciar 1' accordo esibito loro
con alcune vantaggiose condizioni ; ma una
sola non ne sapeano digerire ^ cioè quella
di dover consegnare tutte le 3or armi ; per-
chè non fidandosi dei genovesi^ troppo du-
ro e pericoloso sembrava adessi il privarsi
di quei mezzi., che soli poteano far ese-
guire la proposta capitolazione, caso mai
che a questa si mancasse. Ricalcitrando
dunque essi a sì fatta concordia^ si mise
in testa il Boissieux di parlare d' altro te-
nore, ed inviò un distaccamento di trup-
pe al borgo di Biguglia, per costrignere
colla forza quegli abitanti a ricevere la
legge. Era il dì 13 di dicembre del 1738
si venne alle mani., e vi restarono uccisi
e prigioni non pochi francesi , che talun
fece ascendere a centinaia , il che fu cre-
duto una falsa esaggerazione . Questo fatto
dall' un canto riaccese il fuoco nei corsi,
e dall' altro eccitò lo sdegno della corte
di Francia contra di essi , perchè il re ,
udito l'affare, giudicò essere questo non
più impegno dei genovesi , ma della sua
corona. Perciò diede ordine, che passasse
colà con un buon rinforzo di truppe il
marchese di Maìllebols tenente generale
atto a farsi ubbidire, poiché quanto al
conte di Boissieux , egli per infermità la-
sciò in questi tempi la vita nella Bastia .
Intanto le gazzette spacciavano a più non
posso nuove, cioè che il baron Teodoro si
G 2 tro-
too Annali d'Itaiìa
trovava in Corsica ; che a don Filippo in-
fante di Spagna era destinato il dominio
di quell'isola, e tanto più perchè s'intese
stabilito il matrimonio di questo prìncipe
con madama Luigia Elisabetta di Francia ^
primogenita del re cristianissimo Luigi XV»
matrimonio, dissi che fu poi compiuto e
solennizzato in Versaglies nel dì 26 di a-
gosto dell'anno presente. Teodoro dovea
essere viceré di esso infante, sua vita na-
turai durante. Ssgni tutti della sfaccendata
gente erano questi > ne in quelle regie cor-
ti apparve mai pensiero di voler pregiu-
dicare ai diritti della repubblica di Genova.
La verità si è, che il march* se di Mail-
lebois sbarcò in Corsica con delle nuove
truppe , e siccome personaggio di grande
attività, pubblicò tosto un Proclama, or-
dinando a tutti i corsi di deporre l'armi,
e di rimettersi alla clemenza di sua mae-
stà cristianissima in pena di essere trat-
tati da ribelli . Perchè i sollevati risposero
con un manifesto , modesto sì , ma che
finiva in dire: Melius est mori in bello,
quam videre mala gentis nostrce : quel co-
mandante spedì in Provenza ad imbarcare
altre milizie. Ora da che si vide in buon
arnese, venuto il mese di giugno, uscì in
campagna con tutte le sue forze . Il terrore
marciava avanti di lui ; e però non tar-
darono gli abitanti delle pievi di Aregno ,
Pino, sant'Andrea, Lavatoggio , ed altre,
ch'io tralascio, a rendersi ai di lui voleri.
Àn-
Anno MDCCXXXIX. ioi
Anzi i principali capi dei sollevati anda-
rono a trattare con esso Mailltbois , pro-
testandosi pronti di sottomettersi agli or-
dini venerati del re cristianissimo, con is-
peranza , che sua maestà si degnerebbe di
prottegerli , e di rendere loro buona giu-
stizia . Pertanto non finì 1' anno presente ,
che tutti quei popoli , a riserva di pochi
ostinati, depositate in mano dei francesi
le loro armi, accettarono il perdono, e si
mostrarono ubbidienti , invasati intanto da
una dolce lusinga di non dover più tor-
nare sotto i genovesi , ma che tutto quel
mercato fosse per dar loro un principe
della real casa di Borbone. Tale era an-
che la comune immaginazione degli spe-
culatori dei gabinetti principeschi. Ne fa-
ceano caso essi delT osservare , che per
consìglio del Maillebois i primarj capi del-
la ribellione uscivano di Corsica , e si ri-
coveravano in Toscana , Napoli , e stato
ecclesiastico. Intanto i francesi si ridussero
a quartieri d'inverno, e la maggior parte
di essi provò fiere malattie , e all' incon-
tro il Maillebois senza misericordia facea
impiccar tutti coloro, che fossero colti
con armi da fuoco, o continuassero nella
sedizione .
Sente ribrezzo la penna mia, ora ch'io
sono per accennare la lagrimevol campagna
fatta dall'armi cristiane nella Servia ed
Ungheria nell' anno presente . Nulla avea
otnmesso V imperador Carlo VI per forma-
G 3 ^
io2 Annali d'Italia
re un'armata capace di ricuperar la gloria
perduta nei due precedenti anni, e di re-
primere gli sforzi degli orgogliosi ottoma-
ni , i quali per li passati prosperosi avve-
nimenti aveano alzata forte la testa , e si
rideano di chi loro parlava di pace . Non
mancò il pontefice Clemente XII. di spe-
dirgli un dono di centomila scudi , e il
duca di Modena Francesco III. gì' inviò
due battaglioni di ottocento uomini l'uno.
Un gran corpo di valorose milizie bavare-
si e sassone, ed altre di altri principi del-
la Germania , erano marciate per tempo
alla volta di Belgrado. I più discreti cal-
colavano queir esercito almeno di settan-
tamila combattenti ; e si sa qual bravura
alligni in petto alla nazion tedesca . Trat-
tossi di scegliere il supremo comandante
di sì fiorita armata, e fu proposto il ma-
resciallo conte Oliviere Wallis , come cre-
duto il migliore degli altri anche per te-
stimonianza del fu maresciallo di Starem-
berg . Fama corse , che a tal elezione ri-
pugnasse 1' ottimo e giudizioso augusto mo-
narca , per le relazioni più volte a lui
date , che questo generale fosse uomo im-
petuoso e bestiale, e che avesse il segreto
di farsi poco amare dagli altri : del che
aveva egli lasciato anche in Italia e in Si-
cilia più di una memoria. Ma il buon im-
peradore, siccome quegli , che ordinaria-
mente giudicava meglio degli altri , ma
poi si arrendeva al parere dei più , cre-
de n-
Anno MDCCXXXIX. 103
dendo , che a tante teste avesse da cedere
il sentimento di un solo si lasciò indurre
a concedere al Wallis il supremo comando
dell' armi in questa campagna . Andò esso
generale a mettersi alla testa di queir eser-
cito , e trovò che il gran Visire veniva con
un armata ascendente a sessantamila tur-
chi ; ma che andava ogni dì più crescen-
do per altri rinforzi di gente che sopra-
venivano.
Trovavasi il Wallis col grosso dell' eser-
cito suo a Swerbrusck , quattro leghe di-
stante da Belgrado; quando intese, che un
corpo di turchi era ito a postarsi nel van-
taggioso posto di Crotska,tre leghe lungi
dal suo campo; e tosto lo sconsigliato ge-
nerale , dopo aver tirato nel suo parere il
consiglio di guerra^ prese la risoluzione di
andarli ad assalire nel dì 22 di luglio.
festa di santa Maria Maddalena , voglioso
di scacciarli da quei posto, prima che vi
si trincierassero . Dissi sconsigliato, per-
chè prestata troppa fede alla sola rela-
zione di una spia doppia, non cercò prima
di chiarirsi , se si trovasse in Crotska non
già un distaccamento , ma bensì tutta 1'
armata dei musulmani col gran visire, e
già in parte trincierata ; e perchè avea
bensì ordinato al generale Nfeuperg di pas-
sare il Danubio, e divenire ad unirsi seco
col suo corpo consistente in circa quindi-
cimila soldati ; ma poi senza volerlo aspet-
tare a cagion dell' emulazione, che era fra
G 4 lo-
!©4 ASSAI! 6'Italia
loro, attaccò la mischia. Quel che è pia,
perchè volle assalire i nemici ben postati
fra i boschi, e con istrade sì strette ed in-
tralciate, che non si potè formare, se non
una lieve linea, e questa esposta alla rao-
schetteria dei nemici, i quali la battevano
per fianco, allorché volle inoltrarsi o re-
trocedere. Oltre a ciò marciò innanzi il
Wailis con soli quattordici reggimenti di
cavalleria, e diciotto compagnie di grana-
tieri, senza esser secondato dalla fanteria,
che tardi poscia arrivò. Che ne avvenne
dunque ? restò quasi interamente disfatto dai
turchi quel corpo. Sopragiunta la fanteria
per sostenere la ritirata di chi era restato
in vita, si trovò anch'essa impegnata nel
sanguinoso combattimento . Male passò an-
che per questi , ed ostinatosi il marescial-
lo nella speranza di rompere i nemici, al-
lorché giunse il Neuperg colle sue milizie,
continuò la battaglia sino alla notte, che
pose fine al macello. Quanta gente perdes-
sero i turchi, non si potè sapere: fu cre-
duto che molta. Ma seppesi bene, che 1"*
armata cesarea vi ricevette una terribil
percossa , perde il campo della battaglia ,
e restò sì estenuata e confusa , che nel
dì seguente si ritirò di là dal Danubio-,
lasciando Belgrado esposto all'assedio, a
cui tosto si accinsero i turchi. Voce co-
mune fu , , che almeno seimila fossero i
tedeschi uccisi , e forse altrettanti i fe-
riti . Che maggiore nondimeno fosse la
pei-
Anno MDCCXXXIX. 105
perdita , si potè arguire da quanto po-
scia avvenne. Videsi allora, che diffut^za
fra un saggio ed accorto generale, ed un
altro di tiinpra diversa, che non sa tem-
poreggiare occorrendo , ne conosce qual sia
il tempo, e quale il sit > per assalire i ne-
mici. Il prìncipe Eugenio, benché posto
fra Belgrado, città allora dei turchi, e fra
la poderosa oste d'essi musulmani, quan-
do conobbe il tempo ^ riportò un' insigne
vittoria. Il Wallis, tuttoché avesse alle
spalle Belgrado, ubbidiente a lui, e potes-
se fermarsi nelle linee di esso principe Eu-
genio , e schivare il pericoloso cimento:
pure senza essere forzato, volò a cercare
la rovina non men dell'esercito cesareo,
che della propria riputazione; e si sa, che
in vedere sì gran flagello , esclamò : non
ci sarà una palla anche per me? Che in
questa battaglia stesse a' fianchi del gran
visire l' infame conte di Bonneval , fu co-
munemente creduto; e a lui attribuito V
uso delle bajonette nella fanteria turchesca ,
e alle sue lezioni l'avere con tant' ordine
e bravura combattuto quei barbari .
Pure qui non finì la catena delle disav-
venture. Strinsero tosto i turchi la città
di Belgrado, e cominciarono col cannone
e colle bombe a tempestarla . Ossia, che il
marchese di Villanuova ambasciatore del
re di Francia, spedito da Costantinopoli
al gran visire col giornaliere assegno di
cento cinquanta piastre fattogli dal gran
Si-
ioti Annali d'Italia
signore , movesse tosto parola di pace, o
che io altra maniera procedesse l'affare:
fuor di dubbio è, eh' egli ne fu mediatore.
Andò il conte di Neuperg nel campo tur-
chesco a trattarne; non ebbe la libertà di
uscir, quando volle; ma giacché avea ple-
nipotenza dalWallis, strinse in pochi gior-
ni la concordia , cedendo agli ottomani la
Servia tutta con Belgrado y le cui fortifi-
cazioni si avessero a demolire • ed in ol-
tre ad essi rilasciando Orsova , e la Va-
lacchia Imperiale. Appresso si vide l'ina-
spettata scena, che senza aspettare rispo-
sta e ratificazione alcuna dalla corte cesa-
rea , fu ben tosto consegnata agl'infedeli
una porta di Belgrado , persone trovatesi in
quella brutta danza sostenevano, non esse-
re rimasto sì sfasciato l'esercito cesareo,
che non avesse potuto impedire un sì gran
precipizio di cose ; e che quella pace fu
un imbroglio straordinario , di cui non s'
intesero giammai i misterj , ma si prova-
rono ben le triste conseguenze . A rendere
maggiormente deplorabile la presente cata-
strofe di cose , si aggiugne \ che il felice
esercito dell' imperatrice Russiana di circa
ottantamila persone , comandato dal gene-
rale conte di M'inich , passato per Polonia ,
valicò il Niester ; diede nel dì 28 dì ago-
sto una memorabil rotta ai turchi e tarta-
ri ; s' impadronì della rinomata fortezza
di Coczim; entrò vittorioso nel di 14 di
settembre in J issi capitala della Moldavia,
di
Anno MDCCXXXIX. 107
di modo che sì quella provincia , come la
Valacchia, restavano , sottratte al giogo dei
turchi . Un poco di tempo, che avesse aspet-
tato il Wallis, si trovava astretto il gran
visire ad accorrere contro i vincitori rus-
siani , ed unendosi allora le armi cesaree
colle russiane , poteano sperare maggiori
progressi contro il comune nemico. Cagion
fu la tregua stipolata fra Cesare e la Por-
ta, che ì' ambasciator francese marchese di
Villanuova nel di 18 di settembre induces-
se anche il plenipotenziario della Russia
alla pace, con restar Asof smantellato af-
fatto, e restituito tutto l'occupato ai tur-
chi in Europa. Portato che fu a Vienna V
avviso di sì gran nembo di sciagure, non
si può dire, quanto se ne affligesse l'au-
gusto Carlo VI si per la scemata riputazion
delle sue armi come per la perdita di sì
importante piazza , e per la maniera di
questo avvenimento. Diede anche nelle sma-
nie tutto il popolo di Vienna contra del
Wallis, e dei Neuperg , talmente che la
vita loro non sarebbe stata in salvo, se
fossero capitati allora colà . Proruppero
eziandio in voci ingiuriose contro il mar-
chese di Villanuova ambasciatore di Francia ,
come di ministro venduto alla Porta, qua-
siché egli in tale occasione avesse assassinati
gli affari dell' imperadore ; per le quali di-
cerie si risentì non poco V altro ambascia-
tor francese di Vienna. Delle azioni anco-
ra dei suddetti due generali sì altamente
io8 Annali d'Italia
rimase disgustato 1' imperiai ministero, che
spedì subito ordine in Ungheria pel loro
arresto, e che fosse formato il processo dei
lor mancamenti . Anzi pubblicò essa corte
un manifesto, dove espose tutte le disub-
bidienze e la mala condotta d' amendue ,
la quale avea necessitato l'augusto monar-
ca ad accettare una sì vergognosa tregua,
giacché la troppo affrettata consegna di
Belgrado troncava il passo ad ogni altra
risoluzione. Non si può già senza sdegno
rammentar così dolorosa tragedia , se non
che debfto nostro è di chinare il capo da-
vanti agli occulti giudizj di Dio.
Picciolo stato in Italia è san Marino i
situato diecimiglia lungi da Rimini fra gli
stati della chiesa e della Toscana . Consi-
ste esso in un borgo con forte Rocca , si-
tuato sopra la sommità di un monte , con
cinque o sei castella o comunità da esso
dipendenti ; ma ornato di una invidiabil
prerogativa , perchè quel popolo indipen-
dente da ogni principe, si governa a repub-
blica sotto la protezion del romano ponte-
fice, il quale nondimeno vi conserva qual-
che diritto di sovranità. Diede nell'anno
presente questa repubblica un buon pascolo
ai novellisti per una impensata mutazione
ivi succeduta. Era tuttavia legato di Ra-
venna il cardinale Giulio Alheroni . Rap-
presentò egli a Roma , trovarsi malcontenti
quei popoli della propria libertà , perchè
>] governo era caduto in Oligarchia , cioè
che
Anno MDCCXXXIX. 109
che venivano essi tiranneggiati da alcuni
pochi prepotenti, e però sospirar essi di
suggettarsi al soave e ben regolato gover-
no della Chiesa Romana, ed averne molti
di loro fatte replicate istanze al medesimo
cardinale. Le saggie risposte della sacra
corte furono, che esso porporato , sussisten-
do l'oppressione e il desiderio suddetto
dei sanmarinesi, si portasse ai confini del
loro paese , e quivi aspettasse coloro, che
volontariamente venissero ad implorar la
sua protezione; e qualora la maggiore e
più sana parte del popolo di san Marino
si trovasse volonterosa di passare sotto 1*
immediato dominio della santa sede, ne
stendesse un atto autentico, e andasse a
prenderne il possesso , con facoltà di rego-
lar ivi il governo , e di confermar tutti i
lor privilegi a quella gente . Bastò questo
al cardinale , perchè senza tante cerimonie,
e senza fermarsi alle formalità dei confini,
si portasse improvvisamente a san Marino,
dove chiamò ancora ducento soldati rimi-
nesi, e tutta la sbirraglia della Romagna,
e si fece dare il possesso della Rocca , che.
si trovò sprovveduta di tutto . Poscia nei
dì 25 di ottobre ad una Messa solenne chia-
mò i pubblici rappresentanti del borgo ,
ossia della città, e dell'altre comunità a
prestare il giuramento di fedeltà alla san*
ta sede. I più giurarono, ma molti ancora
pubblicamente ricusarono di farlo, ed altri
se n'erano fuggiti, per non acconsentire a
que-
no Annali d$ Italia
questo sacrifizio. Ciò nonostante, prese ìt
cardinale giuridicamente il possesso, vi po-
se un governatore., e diede buone regole
pel governo in avvenire. Ma poco stettero
a giugnere al santo padre i richiami e le
querele dei sanmarinesi , con rappresentare
alla santità sua essere proceduta quella de-
dizione, non dalla libera elezione del po-
polo, ma parte dalle lusinghe, e parte dal-
le minaccie , in una parola dalla prepoten-
za e violenza del cardinale, che gli avea
sorpresi con genti armate, ed avea fatto
carcerar varie persone., e saccheggiar quat-
tro o cinque case dei renitenti alla dedizio-
ne, con pretendere ancora nata la persecuzio-
ne del legato da alcune sue private passio-
ni , ed impegni .
Nell'animo giusto del pontefice, e dei
più saggi ed accreditati cardinali , fece
grande impressione questo discorso e do-
glianza ; e tanto più perchè il legato Al-
beroni non aveva eseguiti gli ordini a lui
prescritti nelle lettere del Cardinale Firrao
segretario di stato , né sì conformavano
colla verità molte delle cose da lui rap-
presentate al papa, come con sua lettera
esso segretario di stato significò al mede-
simo Alberoni nel dì 14 di novembre * Per-
ciò il santo padre alieno da ogni prepo-
tenza , e da ogni anche menoma ombra di
usurpazione non approvò l'operato finquì „
Tuttavia perchè non pochi dei sanmarinesi
veramente di cuore bramavano di sotto
pò-
Anno MDCCXXXIX. in
li alla santa sede, deputò comissario
apostolico monsignor Enrico Enriquez , go-
vernatore di Macerata , personaggio cospi-
cuo pei sapere , per la prudenza , e per
la sua nota integrità , ( che oggidì nunzio
pontifizio alla real corte di Spagna , va ac-
crescendo il capitale del suo merito ) con
ordine di portarsi a san Marino, di pren-
dere i voti liberi di quella gente, e di
annular gli Atti precedenti, qualora si tro-
vassero contrarj alla retta intenzione della
santità sua , e di prescrivere poscia per
bene di esso popolo un saggio regolamento
a fine di esentarlo spezialmente dalla so-
perchieria di chi in ogni governo, senza
essere principe, tende a dar legge a tutti
gli altri. Intanto i sanmarinesi, da che fu
partito di là il cardinale Alberoni , pub-
blicarono un manifesto , dove si vide es-
posto, come ingiusto e violento tutto il
procedere dì questo porporato la cui pen-
na non istette in òzio, e proccurò di ri-
battere le ragioni e i lamenti di quel po-
polo . Grande strepito faceano parimente
in questi tempi per l' Italia, anzi per Y
universo , le mirabili azioni dello Scach
Nadir, ossia di Tamas Kulichan sofì del-
la Persia , che non contento di avere ricu-
perata la provincia di Candahar , e prese
T altre di Cabul e Lahor , portò Tarmi vit-
toriose sino al cuore del vastissimo impe-
rio del gran Mogol, o sia dell' Indostan ,
con dare una terribile sconfitta agi' indiani
nel
U2 Annali D'Italia
nei dì 22 di febbrajo^ eoa occupare la
stessa capitale Dtlhi, ed impadronirsi, ol-
tre ar! altre ricchezze, del famoso gioiel-
lato trono di quel monarca , cioè di un
principe avvilito qual Sardanapaio nella
voragine dei piaceri. Ma se è vero, che
sulla buona fede portatosi a lui lo stesso
Mogol, fosse ritenuto prigione, e che esso
Kulichan facesse in Delhi un macello di
ducento mila persone, questo rinomato
eroe, questo nuovo Tamerlano , denigrò
di troppo con tal tradimento e con tanta
crudeltà la propria gloria.
Anno di Cristo 1740, indizione 111.
di Benedetto XIV , papa 6V
di Carlo VI, imperadore 29.
JLrsercitò in quest' anno la morte la sua
potenza sopra alcune delle più riguardevoli
principesche teste della cristianirà. 11 pri-
mo a farne la pruova fu il sommo ponte-
fice Clemente XlL già pervenuto all'età
di anni ottantotto. Pel peso di tanti anni
si era da molto tempo infievolita la sua
sanità, gli occhi più non gli servivano ,
e costretto a vivere per lo più in letto,
quivi impiegava il residuo delle forze del-
la mente e del suo buon volere nella con-
tinuazion del governo, ajutato in ciò dal
cardinale Corsini suo nipote, e dal gotto-
so cardinale Firmo segretario di stato.
Ebbe egli il tempo di ricevere le informa-
zio-
Anno MDCCXL. 113
zioni spedite da monsignor Enriquez com-
missario apostolico intorno agli affari di
san Marino; dalle quali risultava, che a-
vendo esso prelato esplorata la libera in-
tenzione del consiglio di quella città e del
clero e dei capi della communità , la mag-
gior parte si era trovata costante nel de-
siderio dell'antica sua libertà. Il perche
egli secondo la facoltà a lui data , avea
rimesso quei popoli in possesso di tutti 1
lor privilegj , cassando gli atti del cardi-
nale Alberoni . Coronò il buon pontefice il
fine dei suo governo , col confermare quel-
la determinazione , ricevuta in appresso
con gran plàuso dentro e fuori d'Italia da
ognuno ; ma non già da esso cardinale AI
beroni , il quale formò tosto , ma pubblicò
poi dopo qualche anno, un manifesto in
difesa propria , di cui sommamente si dol-
se la corte di Roma, per aver egli intac-
cato il ministero , e messe in luce senza
licenza le lettere a lui scritte dal segre-
tario di stato. Ora il decrepito pontefice
nel. dì sesto di febbrajo passò a miglior
vita, dopo aver governata la chiesa di Dio
nove anni e mezzo con lode di molta pru-
denza , zelo e giustizia, glorioso per avere
ornata Roma di magnifici edifizj , eretto uno
spedale per li fanciulli esposti , fabbricato P
insigne palazzo della consulta , arricchito il
campidoglio di una impareggiabile copia di
rare statue, e di altre antichità, e la bi-
blioteca vaticana di preziosi manuscritti
Tom- XXVII. H orien-
ii4 Annali d'Italia
orientali, portati in Italia da monsignor*
Assemani primo custode della medesima 3
e per aver proccuvato a Ravenna , e ad
Ancona molti comodi ed ornamenti. Non
si sa , che la già ricchissima casa sua pro-
trasse con arti improprie, ne con esorbi-
tanza della di lui fortuna, avendo il pon-
tefice anche in ciò fatto comparire la mo-
derazione sua> e schivato ogni eccesso del
nepotismo .
Nel dì 18 di febbrajo si chiusero nel
conclave i sacri elettori , e cominciarono
i lor maneggi colle consuete discrepanze
delle fazioni . Abbondavano certamente
in quella insigne adunanza personaggi di-
grassimi del Triregno ; pure con istupore
dì ognuno non si venne per mesi e mesi
ad accordo alcuno , talmente che durò la
lor prigionia per sei mesi continui : dila-
zione , di cui da gran tempo non si era
veduta la simile. Sa Iddio, quando vuole ,
sconcertar le misure e gì' imbrogli degli
uomini , e chiaramente in questa congiun-
tura li sconcertò, p' rchè alzò al pontifi-
cato , chi n'era sommamente meritevole ,
ma non er«? stato proposto in addietro ,
né punto aspirava a sì gran dignità. An-
davano a vele gonfie la fazione corsina e
i cardinali francesi e spagnuoli in favore
del cardinale Pompeo Aldrovandi bologne-
se , persona , che in acutezza e prontezza
di mente , e nella scienza degli arcani del-
la politica avea niuno, o pochi pari. Tut-
ta-
Anno MDCCXL. 115
tavìa al cardinal Annibale Albani Camer>
lengo , capo della fazione degli zelanti ,
parve , che à questo degno soggetto man-
casse alcuna delle doti , che si esigono ir*
chi ha da essere insieme principe grande ,
e quel, che più importa $ ottimo pontefi-
ce. Però seppe egli così ben intralciar le
cose, che non si giunse mai ai voti suffi-
cienti per T elezione dell' Aldróvamdi , il
quale da che vide preclusa a sé stesso la
strada per salire più alto $ generosamente
si adoperò perchè reiezione cadesre in uno
degli altri due ben degni porporati della
patria sua , cioè nei cardinali Vincenzo
Lodovico Gotti, e Prospero Lambertinl •
Improvvisamente adunque i come eccitati
dalla voce di Dio , nel di 16 di agosto in-
clinarono gli animi concordi del sacro col-
legio nella persona di esso cardinale Lam-
bertini* che era ben lontano dai desiderj
di questo peso ed onore , e nel dì susse-
guente ne fecero la solenne elezione, poi
canonizzata dal plauso universale di chiun-
que conosceva il singoiar merito personale
di lui.
Prese egli il nome di benedetto XIV per
venerazione al saoto pontefice, da cui era
stato decorato della sacra porpora. Era
egli nato in Bologna di casa antichissima
e senatoria nel di 31 di marzo del 1657
e però giunto all'età di sessantacinque an-
ni. Dopo aver fatti i principali suoi studj
in Roma, ed esercitate con gran lode va-
ti 2 rie
ìi€ Annali d'Italia
rie cariche nella prelatura , fu nel 1728 di-
chiarato cardinale da papa Benedetto XIII
poscia promosso al vescovato di Ancona , e
finalmente creato arcivescovo di Bologna .
Dovendo il romano pontefice essere maestro
nella chiesa dì Dio , non si potea scegliere a
sì aito ministero persona più propria di lui
per la sua gran perizia dei canoni, e dell'
erudizione ecclesiastica_, di cui già avea
dato illustri pruove con quattro tomi de
serrvorum dei beatificai ione , e de sanBorum
canonizatione , e colle istruzioni sue pasto-
rali intorno alle feste della Chiesa , e al
sacrifizio della Messa, e con un'altra uti-
lissima raccolta di decisioni ed editti , spet-
tanti alla disciplina ecclesiastica, dai quali
si raccoglie > quanto ampia sia la sua let-
teratura, e ardente il suo zelo, talmente
che da più secoli «on era stata provveduta
la chiesa di Dio di un pontefice sì dotto
e pratico del pastorale governo. A questi
pregi si aggiugneva quello dei suoi costu-
mi , fin dalla sua prima età incorrotti , la
delicatezza della coscienza, ed una costante
professione e pratica della vera pietà . Mi-
ravasi anche in lui una rara vivacità di
spirito ; e quantunque egli fosse impastato
di un nitro 3 che facilmente prendeva fuo-
co, pure questo fuoco non durava che mo-
menti , perchè tosto smorzato dalla sua im-
perante virtù . Ora il novello pontefice nel-
la sera dello stesso dì 16 di agosto pub-
blicamente passò alla vista della basilica
va-
Anno MDCCXL/ n?
Vaticana, per quivi venerare il santissimo
Sacramento, e fare orazione alla sacra
tomba dei principi degli apostoli. Fu qui»
vi , che V immenso popolo , accorso a vede-
re il sospirato pastore^ attestò con vive
acclamazioni il suo giubilo » Seguì poi nel
dì 25 di esso mese la funzion solenne del-
la sua coronazione ; dopo di che si applicò
egli vigorosamente al governo, avendo scel-
to per segretario di stato il cardinale Va-
lenti Gonzaga, prodatario il cardinale Al-
drovandi, prefetto dell'Indice il cardinale
Onerinl vescovo di Brescia , secretano
dei memoriali monsignor Giuseppe Liviz-
zaniy e confermato segretario dei brevi il
cardinale Passionei .
Mancò eziandio di vita nel dì 31 di
maggio Federico Guglielmo re di Prussia ,
a cui succedette il primogenito , cioè Fe-
derigo III principe di spiriti sommamente
guerrieri , del che poco staremo a vedere
gli effetti . Similmente terminò i suoi gior-
ni nella notte del dì 28 di ottobre Anna
Iwanowa imperadiice della gran Russia glo-
riosa per le sue imprese centra dei tartari
e dei turchi , dichiarando suo successore il
fanciullo principe Gio~v anni nato dalla prin-
cipessa Anna sua nipote , e dal principe An-
tonlol/lrico di BrunsVich eLuneburgo. Ma
fra le morti , che sommamente interessarono
l'Italia, anzi l'Europa tutta 3 quella fu dell'
imperadore Carlo VI. Era egli pervenuto
all'età di cinquantacinque anni epochigior-
H 3 ni,
n8 Annali d'Itali*.
ni, età florida, accompagnata da una com-
petente sanità . Desiderava ognuno e spe-
sava , che Dio lungamente lasciasse in vita
quest'ottimo Augusto, perchè mancante in
lui la discendenza maschile della gloriosis-
sima casa di Austria, che per più di quat-
tro secoli con tanta lode avea governato Y
imperio romano, ben si prevedeva, che la
non mai quieta né sazia ambizione dei pò»
tentati avrebbe aperta la porta a un semi-
nario di liti e di guai. Prognosticavasi an-
cora y eh ? poco sarebbe rispettata la pram-
matica sanzione , da lui saggiamente sta-
bilita , e creduta antidoto valevole a ri-
sparmiare i temuti mali . Ma altrimenti
dispose la divina Provvidenza , i cui occul-
ti giudizj tanto più son da adorare, quan-
to meno ne intendiamo le cifre. Sorpreso
questo monarca nei dì quindici di ottobre
da dolori nelle viscere, da gagliardo vo-
mito, e da febbre, andò in pochi di peg-
giorando, e però dopo aver data con tene-
rezza alle figlie arciduchesse la paterna be-
nedizione, e presi con somma divozione i
Sacramenti della Chiesa , coraggiosamente
incontrò la separazione dalla vita presen-
te , accaduta nella notte precedente al dì
20 del mese suddetto . Era desiderabile ,
che una egual costanza di animo per altro
conto si fosse trovata in questo insigne
Augusto ; giacche non si dee tacere quel-
lo, che il padre Agostiuo da Lugana cap-
puccino, rinomato fra i sacri oratori, ed
ora
Anno MDCCXL. 119
ora vescovo di Como , confessò nella fune-
bre orazione del monarca medesimo . Cioè ,
che portatosi monsignor Paoluccl nunzio
apostolico, oggidì cardinale, a complimen-
tare la maestà sua cesarea nel di lui gior-
no natalizio, e ad augurarle lunga serie di
anni, il baon imperadore gli rispose , quel-
lo essere 1* ultimo della sua vita . Interro-
gato del perchè , replicò di non poter so-
pravivere alla gran perdita fatta di Belgra-
do, antemurale della cristianità . Passò dun-
que ad un miglior paese Carlo VI impera-
dor dei romani , a tessere il cui grandioso
elogio non ebbero , né han bisogno alcuno
le penne di chieder ajuto dall' adulazione :
tanta era la sua pietà y capitale ereditario
dell'augusta sua casa; tanta la saviezza,
per cui non trascorse mai in quelle debo-
lezze, alle quali è sottoposto chi più siede
in alto ; tanta la clemenza e bontà dell'
animo suo, che solamente si rallegrava in
far grazie, in beneficar le persone degne ,
e in sovvenire ai poveri , e solamente ri-
pugnanza provava ai gastighi. Non m'inol-
trerò io maggiormente nelle sue vere lodi,
e chiuderò in una parola il suo ritratto ,
con dire , eh' egli fu esemplare dei principi
savj e buoni; e se cosa alcuna in lui non
si approvò, fu qualche eccesso della stes-
sa sua bontà, costume quasi trasfuso in
lui per eredità dai suoi benignissimi ante-
nati .
Lasciò egli erede universale di tutti i
H 4 suoi
tió Aukur d'Italia
suoi regni e stati P arciduchessa Maritò
Teresa primogenita sua , moglie di Fran-
cesco Stefano duca di Lorena, e gran du-
ca di Toscana : principessa , che siccome
per la beltà potea competere colle più bel-
le del suo sesso , così per l'elevatezza del-
la mente , per la saviezza dei suoi consi-
gli , ed anche per forza generosa di petto.,
gareggiava coi primi dell'altro sesso. To-
sto fu ella riconosciuta dai sudditi per re-
gina di Ungheria e Boemia > ed erede di
tutti gli stati e dominj dell' inclita casa di
Austria. Diede ella principio in graziose
maniere al suo governo eoi rimettere in
libertà i generali Seekendorf , Wallis , e
Neuperg , e coli' isminuire d' alquanti ag~
gravj i suoi popoli . Dichiarò ancora cor-
regente dell'austriaca monarchia il gran
duca suo consorte , eolle quali azioni , e
con altre tutte lodevoli , confermò nei sud-
diti suoi la speranza di provare come ri-
nato nella figlia l'impareggiabil augusto
Carlo VI. Ma che ? poco durò questo bel
sereno . Nel dì tre di novembre fu pub-
blicata in Monaco da Carlo Alberto Elet-
tore di Baviera una protesta preservatrice
delle sue ragioni sopra gli stati della casa
di Austria ; né egli volle riconoscere per
regina ed erede di essi stati la gran du-
chessa suddetta. Si fondavano le pretensio-
ni di esso elettore sopra il testamento di
Ferdinando I imperadore , in cui secondo
h copia esistente in Monaco si leggeva,
che
Anno MDCCXL. i2i
che la primogenita dello stesso augusto sue*
cederebbe nei due regni di Ungheria t, Boe-
mia , caso che non vi fossero eredi ma~
scìù dei tre fratelli della medesima . Da es-
sa primogenita , cioè da Anna di Austria
discendeva V elettore stesso. Perchè egli
sempre ricusò dì approvare la prammati-
ca sanzione, si studiò l'imperador Car-
lo VI vivente per mezzo della corte di
Francia, di calmare sì fatta pretensione,
con far conoscere difettosa quella copia di
testamento tuttoché autenticata da un re-
cente notajo, perchè nell'originale di esso
testamento non si leggeva quella parola
maschi, ma solamente in caso che più non
-vi fossero legittimi eredi dei tre suoi fra-
telli , o simili parole tedesche, le quali at*
terravano tutto l'edilizio formato dalla cor-
te di Baviera . Essendo poi passato ali1 al-
tra vita esso augusto, la regina, a fin di
chiarire l'elettore e il pubblico tutto di
questa verità, pregò i ministri di tutti i
sovrani , che si trovavano in Vienna 9 e
massimamente quel di Baviera, di raunarsi
un dì in casa del vicecancelliere conte di
Sintzendorf, per esaminare il protocollo ed
originale del sopra enunziato testamento .
Tutti l'ebbero sotto gli occhi, ed attenta-
mente osservandolo , trovarono tale essere
1' espressione del testatore Ferdinando au-
gusto, quale si sosteneva in Vienna. E per-
ciocché il ministro bavarese non contento
di aver come gii altri b^o considerata la
ve-
122 Annali d'Italia
verità di quelle parole , portò anch' esso
protocollo ad una finestra, per osservar
meglio contro la luce , se alcuna raschia-
tura o frode avesse alterato il primario ca-
rattere , né vi trovò alterazione alcuna: non
potè ritenersi il vice-cancelliere dalla col-
lera , e dal prorompere contra di lui in ri-
sentimenti per tanta diffidenza . Ma che
questo ripiego nulla servisse a distorre 1'
elettore dal proposito suo , non andrà mol-
to , che ee ne accorgeremo , giacché fon-
dava egli la pretension sua anche sopra il
contratto di matrimoniodella suddetta-4n-
na di Austria col duca Alberto di Bavie-
ra , e sopra altre parole del testamento
stesso di Ferdinando I Augusto. Un'altra
pretensione parimente moveva la corte di
Baviera , e questa assai fondata e plausibi-
le : cioè un credito di alcuni milioni a lei
dovuti, fin quando Tarmi bavaresi concor-
sero a liberar la Boemia dall' usurpatore
palatino del Reno ; per li quali era stata
promessa un' adeguata ricompensa . Resta-
va tuttavia attesa questa partita, né gli
austriaci erano mai giunti a darne la pie-
na soddisfazione .
Videsi intanto la Francia , siccome ga-
rante della prammatica sanzione, abbonda-
re delle più dolci espressioni di amicizia
verso la nuova regina di Ungheria, benché
stentasse molto a riconoscerla per tale. Ma
nello stesso tempo facea preparamento di
milizie e di armi^ ed altrettanto facevano
>^ dal
Anno MDCCXL. 123
dal canto loro gli spagnuoli, e il re delle
dee Sicilie. Ciò, che poi sorprese ognuno,
fu il vedere Federico IH re novello di
Prussia, nel mentre che professava un ga-
gliardo attaccamento agl'interessi della re-
gina M aria Teresa , entrare improvvisamen-
te, prima che terminasse Tanno, colle sue
armi nella Slesia , cominciando egli prima
il ballo , e dando principio a quelle rivo-
luzioni , che già si conoscevano inevitabili,
perchè desiderava e sperava più di uno di
profittare dei deliquio patito dall'augusta
casa di Austria. Di questo mi riserbo io
di parlare all' anno seguente . Gli affari del-
la Corsica in questo anno somministrarono
motivi di molte speculazioni ai curiosi .
All'udire i francesi, tutta T isola era già
sottomessa agli ordini loro; ma non appa-
riva pure un barlume , che ne fosse rila-
sciato il possesso e dominio intero alla re-
pubblica di Genova, né che i francesi pen-
sassero a ritirarsene; anzi aspettavano essi
un rinforzo di nuove truppe, perchè le ma-
lattie aveano di troppo estenuate le lor
forze . AlT incontro si trovavano dei corpi
di malcontenti, tuttavia sollevati ; e chia-
ramente si scorgeva , che la sola forza ri-
teneva gli altri sottomessi in dovere, pve.
vedendosi, che dalla partenza dei francesi
altro non si poteva aspettare, che il risor-
gimento dei segreti mali umori in quella
nazion feroce. Fra i ministri dell'impera-
dorè e del re crislfanissimo in Parigi tenu-
te
124 Annali d'Italh
te furono varie conferenze, per rimettere
la tranquillità nella Corsica, ma non se ne
videro mai gli effetti . Intanto da queir
isola prese commiato il barone di Prost ,
nipote del fu re Teodoro , che finquì si
era con gran pericolo di cadere in man
dei francesi trattenuto fra i sollevati nelle
montagne . La sua partenza rinvigorì non
poco le speranze dei genovesi.
Dopo essersi più mesi fermato in Vene-
zia il reai principe di Polonia Federigo , e
dopo aver goduto degl'insigni divertimen-
ti a lui dati da quella magnifica repubbli-
ca in più funzioni : finalmente nel fine di
maggio prese la via della Germania per ri-
tornarsene in Sassonia , con lasciare anche
a quella dominante gloriose memorie delta
sua gentilezza e munificenza. Fu in questi
tempi, che la real corte di Napoli, tutta
intesa a rimettere e far fiorire il commer-
cio in quel regno, si avvisò di permette-
re agli ebrei , già cacciati ai tempi di
Carlo V augusto, il ritorno colà, e di po-
ter fissar ivi l'abitazione. A questo fine
furono loro conceduti amplissimi privilegj
ed esenzioni , tali nondimeno , che cagio-
narono stupore, anzi ribrezzo nei cristiani,
perchè fu loro accordato di non portar se»
gno alcuno, di abitar dovunque volessero,
di usar bastone e spada, e di poter acqui-
star stabili , e insino feudi , con gravissi-
me pene a chi li molestasse . Però da va-
rie parti dell'Europa cominciarono a com-
pa-
Anno MDCCXL. 125
parir colà uomini di essanazione, vantan-
dosi di volere e poter essi supplire ciò ,
che i napoletani potrebbono fare , ma pare
che non sappiano fare da sé stessi . Se quel-
la corte vide ed accettò volentieri questi
baldanzosi forestieri, di altro umore fu be-
ne il popolo, e massimamente gli ecclesia-
stici di quella sì popolata città, che non
si poteano astenere dal declamare contro
di essi anche pubblicamente . Il padre Pe-
pe gesuita, uomo di molta santità, e in
gran concetto presso la corte stessa, non
xiflnò mai di detestare dal pulpito l'intro-
duzione di questa gente . Giunse anche un
cappuccino a tanta arditezza di dire al re,
che la maestà sua non avrebbe mai succes-
sione maschile , finché non licenziasse gl'in-
trodotti ebrei. Ma col tempo si vede ces-
sare, e per altro mezzo questo ondeggia-
mento . Cioè tali segreti insulti aadò facen-
do quello scapestrato popolo all' odiata na-
zione giudaica, che niun di costoro osava
di aprir pubbliche botteghe . Giunse la ple-
be fino a minacciar loro un totale estermi-
nio , se per avventura non succedeva la
consueta liquefazione del Sangue di san
Gennaro , perchè questo creduto gran male
si sarebbe attribuito al demerito di ospiti
tali, segreti odiatori del cristianesimo, in
somma tanto crebbe col tempo il timore
nei medesimi giudei, che a poco a poco
andarono sfumando da Napoli ; e se alcuno
ve ne resta, è perchè poco ha da perdere,
e sa
126 Annali d'Italia
e sa sottrarsi alla conoscenza del popolo ì
Riuscì per Io contrario di molta soddisfa-
zione ai regnicoli un trattato di pace^ e
navigazione, stabilito in Costantinopoli dal
re don Carlo colla Porta Ottomana nel dì
sette di aprile per mezzo del cavalier Fi-
nocchietti suo plenipotenziario, per cui si
aprì la libertà del commercio fra i turchi
e i regni di Napoli e Sicilia * e cessò ogni
ostilità fra essi, con isperanza ancora, che
il gran signore impegnerebbe in un tratta-
to simile le reggenze di Algieri , Tunisi e
Tripoli. Di sé, e non del sovrano, atten-
to al bene dei suoi popoli > si e<bbe a do-
lere chi non profittò di così bella apertura
ai guadagni . Fu poi dichiarato ambascia-
tare il principe di Francavilla, per passare
alla porta, con superbi regali da presentar-1
si al gran signore.
Anno di Cristo 1741 , indizione IV,
di Benedetto XIV , papa 2.
Vacante l' imperio»
x\lle speranze concepufe dalla corte e dat
popolo romano intorno al novello pontefice
Benedetto XIV si videro ben presto corri-
spondere i fatti . Trovossi , che seco su
queir augusto trono era passata la consue-
ta sua giovialità, affabilità e cortesia, e il
costante abbonimento alla sostenutezza e
al fasto. Molto più si scoprì, aver egli ac-
cettata quella pubblica dignità, non già
per
Anno MDCCXLI. 12 ?
per vantaggio proprio, o della sua nobit
casa , ma unicamente per proccurare il ben
della chiesa , per giovare alla camera apo-
stolica, e per quanto fosse possibile al pub-
blico tutto. Pochi poterono uguagliarsi a
questo buon pontefice nel disinteresse i e
nella liberalità. Ciò, che a lui perveniva
o di rendite proprie , o di regali , gli usci-
va tosto dalle mani . I poveri spezialmente
participavano di queste rugiade , e sac-
cheggiavano il suo privato erario. Un so-
lo nipote ex fratre aveva egli , cioè don
Egano Lambertini senator bolognese. Gli
ordinò di non venire a Roma , se non quan-
do V avesse chiamato ; e poi sempre si di-
menticò di chiamarlo. Anzi all'osservare
la tanta sua munificenza verso degli altri,
solamente ristretta verso di esso suo nipo-
te, parve a non pochi, che l'animo suo
per troppo abborrire gli eccessi degli an-
tichi nepotismi, cadesse poi nel contrario
eccesso, ossia difetto. Per varj bisogni o
inconvenienti dei tempi passati trovò egli
la camera apostolica aggravata da una gran
soma di milioni di scudi , e dei frutti cor-
rispondenti, e di molte spese superflue.
Impossibile conobbe la cura di sì gran ma-
le : pure si applicò per quanto potè a prò-
cacciarne il sollievo, cominciando da sé
stesso coi riformare la propria tavola, e
il proprio vestire e trattamento, e non am-
mettendo se non il puramente necessario.
Giacché era mancato di vita , durante il
con-
i5t8 Annali D* Italia
conclave , il cardinale Ottobnni , conferì
esso pontefice la carica di vicecancelliere
al cardinale Rufo , che generosamente rila-
sciò in benefizio della camera la maggior
parte del soldo annesso alla medesima. Si
pingue era in addietro la paga delle mili-
zie pontifìzie , che ogni semplice soldato
poìea dirsi pagato da Ufìziale, e così a
proporzion gli ufìziaii stessi. Dal santo
padre fu riformato il salario non meo de-
gli uni che degli altri; e dei soldati ne
risparmiò cinquecento , non già cassandoli
senza misericordia , ma ordinando , che
mancando essi di vita non si reclutassero.
Trovò anche maniera di liberar la camera
apostolica da varie pensioni addossate alla
medesima dai pontefici , troppo liberali del-
la roba altrui. In una parola, tanto si ado-
però,, ch'essa camera ripigliò gran vigore y
e dove in addietro sbilanciava nelle spese f
cominciò a sperar degli avanzi.
Maggior premura ancora ebbe il vigilantis-
simo pontefice per la riforma della prela-
tura e del clero , facendo sapere ad ognu-
no, che non promoverebbe agli ufìzj ed
impieghi, se non chi sei meritasse coir at-
testato della vita ben costumata e conve-
niente a persone ecclesiastiche^ e coir ap-
plicazione agli studj . A questo Une furono
poscia dalla santità sua istituite quattro
diverse accademie, nelle quali spezialmente
si esercitassero i prelati esistenti in Roma
in compagnia dei più cospicui letterati di
quel-
A n n ò MDCCXLI. 129
quella gran Metropoli , dovendovisi tratta-
re dei canoni e concilj , della storia eccle-
siastica, della storia ed erudizione roma-
na , e dei riti sacri della Chiesa . Propose
inoltre il santo padre di riformare il lus-
so massimamente della nobiltà romana ,
sì per esentare le illustri case da dispen-
à), talvolta superiori alle rendite loro, con
far debiti, al pagamento dei quali si tro-
vava poi o molta difficoltà, o pure impo-
tenza; come ancora per ritener nello stato
il tanto danaro, che n'esce, per soddisfar
le pazze voglie della moda . Si tennero su
questo varie conferenze , e si videro saggi
progetti proposti dai conservatori della cit-
tà. Ma chi lo crederebbe? tanti ostacoli,
tante riflessioni in contrario scapparono fuo-
ri, sopra tutto per opera di chi profitta
della balordaggine degl'italiani, che si bel
disegno rimase arenato. Istituì ancora una
congregazione di cinque porporati, per esa-
minar la vita e i costumi dei destinati al-
la dignità episcopale. Di questo passo pro-
cedeva lo zelantissimo pontefice Benedet-
to XIV con accrescere il suo merito pres-
so Dio e presso gli uomini . Inviò egli in»
tanto col carattere di nunzio straordinario
alla Dieta dell'elezione del nuovo impera-
dore monsignor Doria , figlio del principe
Doria, dichiarato arcivescovo di Calcedo-
nia, che con suntuoso equipaggio s'incam-
minò alla volta della Germania.
Siccome pur troppo aveano preveduto i
Tom. XXVIL I sag-
130 Annali dMtaliì
saggi , cominciarono a provarsi le pernició-
se conseguenze della morte del buon impe-
rador Carlo VI. Sul fine dell' aòno preceden-
te il giovine Federigo HI re di Prussia ,
senza far precedere dimanda o sfida alcu-
na , con venticinquemila soldati e buon tre-
no di artiglieria era corso ad impadronirsi
di alcuni luoghi della Slesia Austriaca, non
già, dicea egli, per alcuna mala intenzio-
ne sua contro la corte di Vienna, ne per
inquietare l'imperio, ma solamente per
sostenere i suoi diritti sopra alcuni ducati
e territorj di quella provincia , la più ric-
ca e fruttuosa , che si avesse in Germania
T augusta casa di Austria. Susseguentemen-
te dipoi pubblicò un manifesto, in cui de-
dusse i fondamenti di quelle sue pretensio-
ni , dichiarando nullo un trattato di con-
cordia , conchiuso nel 1686. fra la corte di
Vienna e quella di Brandeburgo . Intanto
perchè non si aspettava nella Slesia una sì
fatta tempesta, né vi si trovava prepara-
mento alcuno per resistere , nel dì tre di
gennajo dell'' anno presente, non fu difficile
ai prussiano di entrare in Breslavia, capi-
tale di quella provincia, e di occupare al-
tri luoghi, né pur pretesi nel suo manife-
sto; dopo di che ridusse le sue milizie al
riposo . Ancorché per questo inaspettato
colpo si trovasse più di un poco confusa
la corte di Vienna, pure adunato che ebbe
un corpo di circa ventimila veterani sol-
dati, lo spinse in Islesia sotto il comando
del
Ann o MDCCXLI. 13 1
del maresciallo conte di Neuperg , con or-
dine di tentare una battaglia. S'inoltrò
questo generale sino a Millovitz in poca
distanza da Brieg^ ed ivi incontratosi col
grosso dell'armata prussiana ^ nel dì dieci
d' aprile dell' anno presente venne con essa
alle mani. Sei ore continue durò l'atroce
Combattimento, in cui riuscì alla cavalleria
austriaca di rovesciar la prussiana; e si vi-
de anche più di Una volta piegar l'ala si-
nistra di essi prussiani ; ma in fine trovan-
dosi di lunga mano superiori le forze ne-
miche i e in maggior copiale loro artiglie-
rie, che fecero di brutti squarci nelle schie-
re austriache , fu obbligato il Neuperg a
ritirarsi ^ e a lasciare il campo di battaglia
ai prussiani, che riportarono bensì vittoria,
ma a costo di moltisimo loro sangue. Vi
era in persona lo stesso re di Prussia, che
diede gran segni d' intrepidezza, e di bel4
regolamento nei movimenti delle sue armi.
Dopo di che nel dì quattro di maggio egli
$' impadronì di Brieg , una delle più bel-
le città della Slesia. Succederono poscia
varj negoziati per l' amichevole via di qual-
che aggiustamento, e se fossero stati ben
accolti per tempo i consigli dell'Inghilterra
ed Ollanda, avrebbe probabilmente la re-
gina, col sacrifizio di una parte della Sle-
sia, potuto conservar l'altra, ed acquetar
le pretensioni del re prussiano . Ma sicco-
me principessa di gran coraggio, e troppo
reniteute ad acconsentire, che restasse vuU
I 2. ne-
132 A n sr a l 1 d' Italia
aerata la prammatica sanzione, più tosto
volle esporse a perdere tutta quella bella
provincia, che spontaneamente cederne una
porzione. Inesplicabil allegrezza intanto
av a provato la corte di Vienna per un
arciduchino, partorita dalla suddetta re-
gina nel dì 13 di marzo, cui furono po-
sti i nomi di Giuseppe Benedetto. Per questo
dona dei cielo solenni feste furono fatte»
Intanto ecco alzarsi dalla parte di po-
nente un più nero e minaccioso tempora-
le. Già Carlo Alberta elettor di Baviera
avea in pronto un esercita di circa trenta-
mila combattenti e sul fine di agosto im-
provvisamente andò ad impossessarsi deli*
importante città di Passavia, con promet-
tere di non intorbidar quivi il dominio ci-
vile del cardinale di Lamberg vescovo esem-
plarissimo, e principe benignissimo di quel-
la città. Ma un nulla fu questo. Finquì
non ostante il grande apparato di guerra ,
che si faceva in Francia, non altro s'udi-
va, che intenzioni di quella corte di so-
stenere la prammatica sanzione, di cui es-
sa non dimenticava di essere garante . Ma
versola metà di agosto ecco con tre corpi, o
per dir meglio con tre eserciti i francesi va-
licato il Reno entrar nelle terre dell' impe-
rio, con far correre voce per mezzo dei suoi
ministri nelle corti, che questo sì gagliardo
movimento di armi non era per distorsi dagi'
impegni della garantia suddetta , ma bensì
a solo oggetto di assicurar la quiete della
Ger-
A S n o MDCCXLI. 133
Germania, e la libera elezione di un im-
peradore. Queste ed altre simili proteste
del gabinetto di Francia , non si capano
digerire dagl' intendenti in Germania , i
quali gridavano essere vergognosa cosa lo
spaccio di esse , quando chiaramente ognu-
no scorgea , che le armate francesi unica-
mente tendevano a dar la legge al corpo
germanico, e a forzare chiunque s'oppo-
nesse alla promozione dell' elettor di Ba-
viera alla corona imperiale > e ad unirsi
con esso principe contro la regina di Un-
gheria. Imperciocché, diceano essi: non è
più un mistero il dirsi nella corte di Fran-
cia, essere venuto il tempo di abbassare
una volta la casa di Austria, quella casa,
che finquì avea fatto il possibil argine al
maggiore accrescimento della non mai sa-
fcia potenza francese . E però doversi tra-
sportare lo scettro cesareo in altro princi-
pe, che per là debolezza delle sue forze
non osasse né potesse contrastare ai voleri
della^rancia; e che per isnervare l'austria-
ca regina, d'uopo era spogliarla del regno
della Boemia, dappoiché il re di Prussia
avea fatto lo stesso della Slesia . A questo
fine si vide non solamente posto indubbio.,
ma anche negato alla regina il voto della
Boemia nelT elezione del futuro imperado-
re , senza che valessero le ragioni e prote-
ste della medesima . Favorevoli ancora ai
disegni della Francia si trovarono gli elet-
tori palatino e di Colonia ; aè molto stet*
1 3 te
134 Annali d' I t a l r a
te lo stesso Federigo Augusto re di Polo-
nia , ed elettor di Sassonia , a prendere le
armi, e ad unirsi coi bavaresi e francesi
contro la regina . Dal re cristianissimo fa
dichiarato general comandante delle sue
milizie T elettor di Baviera, con protesta-
re, che queste non altro erano, che au-
siliarie di esso elettore, per. sostenere i
legittimi diritti della di lui casa, giacché
non negava la corte di Francia di aver
ben accettata e garantita la prammatica
sanzione Austriaca, ma aggiugneva , che
questo si avea da intendere senza pregiu-
dizio delle ragioni altrui . Dicevano alcu-
ni, non saper, né pur la gente dozzinale,
capire queste raffinate precisioni del gabi-
netto francese ; perchè le parca, che. l'aver
giurato di mantener l'unione degli stati
della casa di Austria, lo stesso fosse, che
promettere dì non impegnar le armi per
discioglierla ; né passar differenza fra chi
si obbliga di non uccidere uno, e poi pre-
sta il pugnale,, o porge in altra maniera
ajuto ad un altro per levargli la vita. Gri-
davano perciò, bandita la buona fede da
quel gabinetto., e a nulla più servire le
pubbliche paci, quando con tanta facilità
si faceano nascere apparenti ragioni e scuse
di romperle. Per quello che io ho inteso
da buona parte , ripugnò forte il cardinale
Fleury primo ministro all'imbarco della
Francia in questa guerra, perchè assai co-
nosceva le leggi dell'onore e del giusto;
ma
Anno MDCCXLL 135
ma eia un tale fanaticismo fu preso allora
tutto il consiglio del re cristianissimo, che
gridando ognuno all' armi per così favore-
voi occasione di deprimere V emula casa
di Austria, e insieme il romano imperio,
forzato fu esso cardinale di cedere alla
piena , e di cominciar questa nuova tra-
gedia .
Ora da che si trovò V elettor di Bavie-
ra rinforzato da venti , altri dissero trenta
mila francesi, più non indugiò ad entrare
sul fine di settembre nell'Austria con im-
padronirsi di LintZj Eens , Steir , ed altri
luoghi, dove si fece prestare omaggio da
quei popoli. Avea proposto il duca di Bel-
lisle nel consiglio di Versaglies , che si man-
dasse in Baviera una potente armata ' , con
cui s'andasse a dirittura a Vienna; ma il
cardinale di Fleury non l'intese così,. e
mandò poco. Tale nondimeno per questo
fu la costernazione nella città di Vienna 3
che ognuno a momenti s* aspettava d' esse-
re ivi stretto da un assedio > e ne uscì gran
copia di benestanti col meglio dei loro ef-
fetti . Da molto tempo si tratteneva la re-
gina col gran duca consorte in Presburgo ,
dove avea ricevuta la corona del regno di
Ungheria. Cagion fu il movimento dei gal-
lo-bavari, ch'essa immantenente facesse por-
tar colà da Vienna il tenero arciduchino ,
coi più preziosi mobili della corte , archi-
vi , e biblioteca imperiale . Con un simpa-
tetico discorso rappresentò poscia ai magna-
I 4 ti
136 Annali d'Italia
ti tangheri il bisogno dei loro soccorsi ,~ e
la fidanza sua nel loro appoggio e fedeltà,
che trasse le lagrime dagli occhi di ognuno,
e tutti giurarono la di lei difesa $ e detto
fatto , raunarono un esercito di trentamila
armati, con promessa di più rilevanti aju-
ti . Costò nondimeno ben caro ad essa re-
gnante T acquisto della corona ungarica, e
dell' affetto di quei popoli, perchè le con-
venne comperarlo coli' accordar lpro varj
privilegi , e la libertà di coscienza, non sen-
za grave discapito della religione cattolica
in quelle parti. Mirabili fortificazioni in-
tanto si fecero in Vienna ', copiose provvi-
sioni e munizioni vi s' introdussero $ ed ol-
tre ad un forte presidio di truppe regola-
te, prese Tarmi tutta quella cittadinanza,
risoluta di spendere le vite in difesa della
patria, e dell'amatissima loro regnante.
Ma o sia, che l' elettor bavaro riflettesse
alle trippe difficoltà di superare una sì for-
te e ben guernita città, al che gran tempo
e fatica si esigerebbe, o più tosto ch'egli
pensasse non all'Austria, ma al regno del-
la Boemia, dove spezialmente terminarono
i desiderj e le speranze sue: certo è, eh'
egli dopo la metà di ottobre %7 inviò a quel-
la volta colla maggior parte delle sue trup-
pe e delle francesi , che andavano sempre
più crescendo. Trovavasi allora la Boemia
sprovveduta affatto di forze per resistere 2*
questo torrente. Contuttociò non mancò il
principe di Lobkowitz di raccogliere quel-
ìe
Anno MDCCXLL 13?
le poche truppe che potè, ed avendole uni-*
te con un distaccamento inviatogli dal con-
te di Neuperg, si applicò alla difesa della
sola città di Praga, dove formò dei magaz-
zini superiori anche al bisogno suo.
Di cento e due altre città (che così qui-
vi si chiamano anche i borghi e le terre
grosse di quel regno) poche altre vi erano
capaci di far buona resistenza . Verso la
metà di novembre comparve la possente ar*
mata gallo- ba vara sotto Praga , e fatta inu*
tilmente la chiamata al comandante mare-
sciallo di campo Oglivi , si dispose alle osti-
lità. Non mancavano ragioni e pretensioni
al re di Polonia ed elettor di Sassonia Fe-
derigo Augusto III nell'eredità della casa
d' Austria ; e giacche vide prussiani e ba-
varesi tutti rivolti a prenderne chi una par-
te , e chi un'altra, non volle più stare a
segno , ed accordatosi coir elettor di Bavie-
ra^ entrò anch' egli nella danza, e spedì
molti reggimenti suoi , e un grosso treno
di artiglieria nell'assedio di Praga. Di va-
stissimo giro, come ognun sa, è quella cit-
tà , perchè composta di tre città . A bea
difenderla si richiedeva un' armata intera j
e questa mancava ; perchè era ben giunto
il gran duca Francesco col principe Carlo
di Lorena suo fratello a Tabor , menando
seco un buon esercito, ma non tale da po-
tersi cimentare col troppo superiore dei
nemici . Servì piuttosto Ravvicinamento di
essi austriaci, per affrettar le operazioni
de-
138 Annali d'ItaUa
degli alleati. Infatti nella notte del dì 25
venendo il dì 26 di novembre, ordinò 1'
elettor baYaro un assalto generale a Praga ;
i sassoni spezialmente si segnalarono in
quella sanguinosa azione. Presa fu la città,
ma così buon ordine avea dato l'elettore,
ch'essa restò esente dal s eco. Ben tremi-
la furono i prigionieri. Dopo l'acquisto
della capitale si fece relettor bavaro pro-
clamare re di Boemia nel dì nove di de-
cembre, e citò gli stati di quel regno a
prestargli 1' omaggio. Convien confessar-
lo : tra perchè non pochi erano quivi mal
soddisfatti del passato governo , e secon-
do la vana speranza dei popoli , si lusin-
gavano molti altri di mutare in meglio
il loro stato col cangiamento del principe,
e tanto più perchè non dimenticò l' eletto-
re di spendere largamente le carezze e le
speranze a quella gente : apertamente , ma
i più in lor cuore accettarono con gioia
questo novello sovrano. Per la caduta di
Praga si ritirò ben in fretta il gran duca
coli' esercito cesareo alla volta della Mora-
via ; ma anche colà passarono i prussiani ,
e riuscì loro d'impadronirsi di Olmutz^ ca-
pitale di essa provincia .
Mentre era la regina d'Ungheria attor-
niata e lacerata da tanti nemici in Germa-
nia, un altro minaccioso nembo si prepa-
rava contra di lei in Italia . Avea bensì il
cattolico te Filippo V accettata la pramma-
tica sanzione austriaca; pure appena tolto
fu
Anno MDCCXLI. 139
fu di vita l'imperador Carlo VI che si die-
de fuoco nella corte di Spagna a forti pre-
tensioni non sopra qualche parte della mo-
narchia austriaca, ma sopra di tutta . Era,
come ognun sa , 1' augusto Carlo V padro-
ne anche di tutti gli stati austriaci della
Germania , e dei paesi bassi . Ne fece egli
una cessione a Ferdinando I suo Fratello,
ma si pretendeva , che mancando la discen-
denza maschile di esso Ferdinando , tutti
gli stati dovessero tornare alla linea Au-
striaca di Spagna . Su questi fondamenti ,
che a me non tocca di esaminare , il re
cattolico , siccome discendente per via di
femmine del suddetto Carlo V. aspirava al
dominio dello stato di Milano , e di Par-
ma e Piacenza , giacché non era da pensa-
re agli stati della Germania^ troppo loa-
tani e in parte afferrati da altri preten-
sori . Vero è , che parve avere quel mo-
narca posta in obblio la solenne rinunzia
da lui fatta nel trattato di Londra dell*
anno I7r8. a tutti gli stati dJ Italia e Fian-
dra posseduti dall' imperadore; ma per
mala sorte, torto o ragione che s'abbiano
i principi , ordinariamente le loro liti non
ammettono o non truovano alcun tribu-
nale , che le decida , fuorché quello dell'
armi . Diedesi dunque la Spagna a formare
un possente armamento, e ordinò all'in-
fante don Carlo re delle due Sicilie di fa-
re altrettanto. Ecco pertanto cominciar a
giugaere verso la metà di novembre ad
Or-
140 Annali d'Italia
Orbitello, e agli altri porti di Toscana,
spettanti ad esso re don Carlo , varj im-
barchi di truppe > munizioni, ed artiglie-
rie provenienti da Barcellona e da Napoli .
Parimente ad esso Orbitello arrivò nel dì
nove di decembre il duca di Montemar 1
destinato generale delle armi di Spagna
jn Italia \ e da che nei regno di Napoli
fu fatta, una $àiassa di circa dodicimila
soldati y fu chiesto alla corte di Roma il
passaggio per gli stati della chiesa . Gran
gelosia ed apprensione diedero alla Tosca-
na sì fatti movimenti ; e come le si aspet-
tasse a momenti un' invasione da quella
parte , si presero le possibili precauzioni
per la difesa di Livorno ,, ed altri luoghi»
Ma perciocché premeva alla Francia 7 che
non fosse inquietata la Toscana , siccome
paese permutato nella Lorena , e garantito
dal re cristianissimo, ben prevedendo es-
sa , che V acquisto di essa Lorena rimar-*
rebbe esposto a pretensioni , qualora fosse
occupato da altri il ducato della Toscana :
perciò fu sotto mano fatto intendere al
gran duca , duca di Lorena , che non te-
messe sconcerti a quegli stati ; e que-
sta promessa si vide religiosamente man-
tenuta dipoi dalla corte di Francia . Per
conseguente le speranze dei napolispani
si rivolsero tutte agli stati della Lom-
bardia.
Non istava intanto in òzio la corte di
Vienna , cercando chi la salvasse dal nau-
fra-
Anno MDCCXLI. 141
fragio di sì gran tempesta. Fu spedito in
Ollanda , e a Londra il principe Winceslao
di Liclen Stein , per muovere quelle potenze
in ajuto suo , con far valere i tanti motivi
di non lasciar crescere di soverchio la già
sì aumentata possanza della real casa di
Borbone , e di non permettere Y abbassa-
mento dell' Augusta casa di Austria dalla
cui conservazione e forza principalmente
dipendeva la libertà e salute della Germa-
nia, e delle stesse potenze maritime . Tro-
vossi nel re Giorgio IL e nei parlamenti
d'Inghilterra tutta la più desiderabil dis-
posizione di sostenere secondo gli obblighi
precedenti la prammatica sanzione , e di
imprendere la guerra contra dei francesi ,
distruttori della medesima . Non furono
così favorevoli le risposte degli ollandesi;
perchè troppo rincresceva a quella nazio-
ne di rinunziare ai rilevanti profitti del
commercio , finora mantenuto con francesi
e spagnuoli . Fu anche creduto , che non
mancassero in quelle provincie dei pensio-
narj della Francia ; ed altro perciò non si
potè ottenere, se non che le provincie unite
puntualmente soddisfarebbono agli obbli-
ghi e patti della loro lega , col sommini-
strare ventimila combattenti in soccorso
della regina , venendo il caso della guer-
ra. Quanto all'Italia, cominciò per tem-
po la corte di Vienna i suoi negoziati
con Carlo Emmanuele re di Sardegna^ sic-
come sovrano potente , e più degli altri
in-
tifi AjstNALt d' Italia
interessato nei tentativi, che il re di Spa-
gna e delle due Sicilie meditavano di fa-
re in essa Italia. Perciocché pei* conto
della repubblica di Venezia ben presto si
scoprì, che secondo le saggie sue massime
faceva ella bensì un considerabil aumento
di truppe nelle sue città di terra ferma,
ma coli' unico disegno di tenersi neutrale;
giacché forze non le mancavano per fare
rispettare la sua indifferenza e neutralità.
Avea sulle prime il re di Sardegna fatto
indagare i sentimenti della corte di Ma-
drid in riguardo alla persona e forze sue
nella presente rottura. La ritrovò così
persuasa della propria potenza , che non si
credea né bisognosa deir ajuto altrui per
conquistare Io stato di Milano i né asssai
apprensiva dell* opposizione , che potesse
farle il re Sardo, forse perchè s'immagi-
nava col mezzo degli amici francesi di
ritenerlo dall' imprendere un contrario im-
pegno . Solamente dunque gli esibì un te-
nue bracciolo dello stato di Milano, cotì
promessa di ricompensarlo a misura del
suo soccorso, e della felicità dei meditati
progressi . Queste ed altre ambigue rispo-
ste congiunte alla conoscenza del pericolo,
a cui resterebbe esposta la real casa di
Savoja , quando cadesse in mano degli spa-
gnuoli lo stato di Milano, cagion furono,
ch'esso re di Sardegna prendesse altro
cammino. Rifletteva egli, che il re catto*
lieo, avea bensì nel trattato nel dì 13 di
ago*
Anno MDCCXLL 143
agosto del 17 13. approvata la cessione fat-
ta dall' imperadòre ai duca Vittorio Ame~
deo suo padre del Monferrato , Alessandria ,
ed altre porzioni del Milanese, ed in ol-
tre ceduto nelle forme più obbliganti il
regno di Sicilia al medesimo duca ; e pu-
re da lì a non molto tentò di spogliarlo
di esso regno; potersi perciò temere un
pari trattamento per gli stati della Lom-
bardia passati in dominio della casa di
Savoja. Appliccossi dunque il re Carlo
Emmanuele a maneggiare gli affari suoi
colla regina di Ungheria > e col re Britan-
nico , e a fortificar le piazze , e ad accre-
scere le sue genti di armi , per avere in
pronto una possente armata al bisogno bar-
cheggiando intanto, finché venisse il tempo
di stringere qualche partito.
Durante Tanno presente il pontefice Be-
nedetto XIV, il cui cuore non ad altro in-
clinava , che alla pace con tutti i poten-
tati cattolici, siccome padre amantissimo
di ognuno j determinò di mettere fine alle
differenze insorte sotto i suoi predecessori^
e durate per lo spazio di trent* anni fra la
santa sede, e le corone di Spagna, Porto-
gallo, due Sicilie, e Sardegna * Si erano
già smaltite sotto il precedente pontefice
molte delle principali difficoltà , uè altro
mancava , che la conchiusion degli accordi.
Al di lui buon volere e saviezza non fu
difficile il dar V ultima mano a questi trat-
tati sì nel presente , che nel susseguente
ao-
i44 Annui d'Italia
anno; così che tornò la buona armonia
con tutti> e le nunziature si riaprirono e ,
la dateria riassunse le sue spedizioni . In-
tenta eziandio la santità sua al sollievo
della povera gente, nel marzo di questo
anno introdusse T uso della carta bollata
per li contratti e scritture, che si avessero
a produrre in giudizio, siccome aggravio
ridondante sopra i soli benestanti , con
isgravare nel medesimo tempo il popolo
da varj altri imposti sopra l'olio, sete
crude, buoi, ed altri animali. Ma percioc-
ché non mancarono persone, le quali con-
tro la retta intenzione di lui ampliando
questo aggravio della carta bollata, ne con-
vertivano buona parte in lor prò con gra-
vi lamenti del pubblico: il santo padre,
provveduto di buona mente per non la-
sciarsi ingannare dai ministri, coraggio-
samente da lì a due anni abolì esso ag-
gravio, e ne riportò somma lode da tut-
ti, Nel dì 17 di giugno deli' anno presente
diede fine al suo vivere il doge di Vene-
zia Luigi Fisani, stimatissimo per le su-
blimi e rare sue doti » Fu poi sostituito
in essa dignità nel dì 30 del suddetto me-
se il cavaliere e proccuratore Pietro Gri-
manij personaggio di gran saviezza, chia-
rissimo per le sue cospicue ambascierie, e
veterano nei maneggi e nelle cariche di
quella saggia repubblica . Infierì parimente
la morte contra una giovane principessa de-
gna di lunghissima vita* Questa fu Eli-
sa-
Anno MDCCXLI. 145
sabetta Teresa , sorella di Francesca duca
di Lorena , e regnante gran duca di To-
scana, e moglie di Carlo EmmanueU re
di Sardegna. Era essa giunta air età di
ventinove anni, mesi otto., e giorni diciot-
to. Avea nel dì 21 del sopradetto giugno
dato alla luce un principino , appellato poi
duca di Chablais con somma consolazione
di quella corte . Ma si convertirono fra
poco le allegrezze in pianti , perchè sor-
presa essa regina dalla febbre migliarina,
pericolosa per le partorienti nel dì tre di
luglio rendè l'anima al suo Creatore . Non
si può assai esprimere, quanta grazia aves-
se questa principessa,, per farsi amare non
solo dal real consorte, ma da tutti , né
quanta fosse la sua pietà e carità verso
dei poveri . La maggior parte del suo ap-
panaggio s'impiegava in limosine ," e man-
candole talvolta il danaro, ella impegnava
alcuna delle sue gioje : del che informato
il re, le riscuoteva, e graziosamente glie-
le facea riportare . In somma universale
fu il cordoglio per questa perdita, e dol-
ce memoria restò di tante sue virtù ; sic-
come ancora restarono due principi e una
principessa , frutti viventi del suo matri-
monio .
Da gran tempo era stabilito T accasamen-
to del principe ereditario di Modena Erco-
le Rinaldo di Este , figlio del regnante du-
ca Francesco HI colla principessa Mabia
Teresa Cibò, che per la morte di don Ah
Tom. XXVII. K de-
tti6 Annali d'Italia
derano duca di Massa e di Carrara suo
padre , era divenuta signora di quel duca-
to. Per la non ancor abile età del principe
si era differita finquì Y esecuzione di que-
sto maritaggio ; ina finalmente se gli die-
de compimento nel settembre dell' anno
presente ; sicché sul fine di esso mese fu
condotta essa principessa con suntuoso ac-
compagnamento da don Carlo Filiberto di
Este, marchese di san Martino, e principe
del sacro romano imperio, alla volta di
Sassuolo, dove si trovava il duca e la du-
chessa Carlotta Aglae di Orleans , i quali
andarono ad incontrarla a Gorzano, e so-
lennizzarono dipoi con molte feste la sua
Venuta é Stavano intanto i curiosi aspettan-
do di vedere dopo tante dicerie e lunarj ,
qual esito o destino fossero per avere gli
affari della Corsica , tuttavia fluttuante , e
non mai pacificata . Perchè le truppe fran-
cesi aveano quivi preso sì lungo riposo ,
sognarono i novellisti, che la repubblica
di Genova fosse in trattato di vendere quell'
isola alla Francia , o di permutarla con
qualche altro stato, o di darla all'infante
di Spagna don Filippo genero del re cri-
stianissimo . La vanità di sì fatte imma-
ginazioni in fine si scoprì . Non terminò
l'anno presente, che la corte di Fran-
cia, entrata in impegni di maggior conse-
guenza , richiamò il marchese , di Maìlle-
bois colle sue truppe in Provenza : laonde
la Corsica , accorrendo ogni dì nuovi ban-
di-
Anno MDCCXLI. 14?
diti ,. e sciolta dal rispetto e timore dei
francesi, tornò a poco a poco ai solito
giuoco della ribellione con isdegno e pen-
timento dei genovesi , che tanto aveano
speso in procurar dei Medici a quella can-
crena. Con- tali successi arrivò il fine dell'
anno presente; anno, che con tanti prepara-
menti di guerra prometteva calamità di
lunga mano maggiori al seguente ; ed anno,
in cui oltre alle rivoluzioni dell' Austria ,
Boemia , e Slesia , altre se ne videro nella
gran Russia, alla quale ancora fu dichiarata
la guerra dagli svezzesi collegati colla Por-
ta Ottomana; ma con tornare essa guerra so-
lamente in isvantaggio della Svezia mede-
sima , non assistita poi dai turchi, né capa-
ce di far fronte alle superiori forze della
Russia.
Anno di Cristo 1742, indizione v,
di Benedetto XIV, papa 3.
di Carlo VII, imperadore 1.
1 iù di un anno correva, che restava va-*
cante il seggio imperiale , non tanto per
li diversi interessi ed inclinazioni degli
elettori , quanto per la disputa insorta in-
torno ai voto della Boemia, il quale ve-
niva cnntrastato o negato da chi o per
amore o per forza seguitava le istruzioni
della Francia, per essere caduto quel re-
gno in donna, cioè nella regina di Unghe*
aria Maria Teresa di Austria, Ma da che
K 2 Car~
ìl$ Annali d' It aiia
Carlo Alberto duca ed elettor di Baviera si
fu impadronito di Praga capitale di essa
JSòemia , e nel dì 19 del precedente dicem-
bre si fece prestare omaggio dai deputati
ecclesiastici e secolari delle città Boeme ,
forzate finqnì alla sua ubbidienza : sì pro-
cede finalmente nella città di Francoforte
air elezione di un nuovo imperadore nel dì
24 di gennajo dell' anno presente . Concor-
sero i voti degli elettori nella persona del
suddetto elettore ài Baviera , che da lì in-
nanzi fu intitolato Carlo VII Augusto.
Contro di tale elezione la regina di Un-
gheria non lasciò di far le occorrenti pro-
teste. Comparve poscia in quella città il
novello imperadore nel dì 31 del mese sud-
detto,, accolto con incredibil magnificenza,
e nel dì 12 di febbrajo seguì la suntuosa
funzione deli'incorooamento suo. Susseguen-
temente nel dì otto di marzo con gran so*-
lennità fu coronata imperadrice dei roma-
ni l'augusta Maria Amalia di Austria con-
sorte del nuovo imperadore. Non si potea
vedere in più beli' auge Y elettoral casa
di Baviera , giunta dopo più secoli a ria*
vere il diadema imperiale , divenuta pa-
drona del regno di Boemia , e di parte
dell'Austria, ed assistita dalla potentis-
sima corte di Francia. O prima d' ora,
o in queste circostanze, si trovò in tal
costernazione la corte austriaca per sen-
tirsi sola e abbandonata in questa gran
tempesta , e dopo aver perduto tanto , in
pe-
Anno MDCCXLtL 149
pericolo ancora di perdere molto più , se
non anche tutto: che nel suo consiglio per-
sona vi fu , che stimò bene dì persuader la
pace anche col sacrifizio delia Boemia. Fu
questa una stoccata al cuore della regina *
Altro consigliere poi si fabbricò un buon
luogo nella grazia della maestà sua per V
avvenire coli' animare il di lei coraggio^ e
conchiudere > che si avea a fare ogni pos-
sibii resistenza, confidando nella protezio*
ne di Dio per la buona causa , e col mo-
strare > a quali vicende sia sottoposta la
fortuna anche dei più potenti. In fatti si
allestì un buon armamento* si usci in cam-
pagna . e molto non tardò a venir calando
cotanta felicità del Bavaro Augusto. Impe-
rocché avendo la regina ammanite molte
forze coi vecchi suoi reggimenti , e colla
giunta di gran gente accorsa dall' Unghe-
ria: sul principio del presente anno il grati
duca Francesco suo consorte col general co*
mandante conte di Kevenuller , governatore
di Vienna , dopo avere ricuperato le città
di Stair, ed Eens, andò a mettere l'asse-
dio alla città di Lintz. Nello stesso tempo
§' impadronirono gli austriaci di Searding ,
e nel dì 16 o pure 17 di gennajo diedero
una rótta ad un grosso corpo di bavaresi
condotto sotto quella piazza dal maresciallo
bavarese conte Terringh . La città di Lintz,
benché fornita di un presidio consistente in
più di settemila gallo-bavari , pure nel dì
23 dello stesso mese si arrendè con patti
K t ono-
x^o Annali d'Italia
onorevoli, essendo restata libera la guer-
nigione , ma con patto di non prendere per
un anno Tarmi contro la regina di Unghe-
ria: patto, che fu poi per alcune ragioni
mal osservato . Ciò fatto , furiosamente en-
trarono gli austriaci nella Baviera , Brau-
nau , e Passavia furono costrette ad arren-
dersi : il terrore si stese fino a Monaco ca-
pitale di essa Baviera > la quale mancando
di fortificazioni e di gente, che la potesse
sostenere, nel dì 15 di febbrajo con con-
dizioni molto oneste venne in potere degli
austriaci. Ed ecco quasi, a riserva d' In-
golstad, e di Straubinga, la Baviera sotto-
messa alla regina di Ungheria , ed esposta
alla desolazione portata dall' armi vincitri-
ci., cioè i poveri popoli condannati a far
penitenza degli alti disegni del loro sovra-
no . Mancò intanto di vita in Vienna l'au-
gusta imperadrice Amalia Gulielmina di
Brunsvich, vedova dell' imperador Giusep-
pe. Il giorno io di aprile fu quello, che
la condusse a godere in Cielo il premio
dell'insigne sua saviezza e pietà, di cui
anche resta in essa città un perenne monu-
mento nel religiosissimo monistero delle
Salesiane da essa fondato e dotato, e la di
lei vita data alla luce per decoro della cat-
tolica religione.
Cominciarono in questi tempi ad udirsi
in armi ungheri, panduri, tolpasci, anac-
chi, ulani, valacchi, licani, croati, va-
rasdini, ed altri nomi strani, genti di ter-
ri-
Anno MDCCXLII. 151
yjbil aspetto, con abiti barbarici, ed armi
diverse, parte di loro mal disciplinata, at-
te nondimeno tutte a menar le mani, e
spezialmente professanti una gran divozio-
ne al bottino. Parve in tal occasione, che
nei passati tempi non avesse conosciuto 1'
augusta casa di Austria di posseder tante
miniere di armati , essendosi ella per lo
più servita delle sole valorose milizie te-*
desche; e di qualche reggimento di usseri
e croati. Seppe ben la saggia regina di
Ungheria prevalersi di tutte le forze dei
suoi vasti stati, e con che vantaggio lo
vedremo andando innanzi. Continuò dipoi
la guerra non meno in Boemia, che in
Baviera fra i gallo-bavari e gli austriaci ,
nel qual tempo ancora proseguirono le osti-
lità fra questi ultimi e il re di Prussia nel-
la Slesia. Dacché l'esercito della regina di
Ungheria si trovò sommamente ingrossato
sotto il comando del principe Carlo di Lo-
rena, assitito dal maresciallo conte di Ko-
ningsegg y e del principe di LiBenstein,
i prussiani giudicarono meglio di ritirarsi
da Olmutz con tal fretta, che lasciarono
indietro gran quantità di viveri e molti
cannoni : con che ritornò tutta la Moravia
all'ubbidienza della legittima sua sovrana.
Trovaronsi poi a fronte nel dì 17 di mag-
gio le due nemiche armate, austriaca e
prussiana; e il principe di Lorena, che
ardeva di voglia di azzardare una batta-
glia , soddisfece al »uo appetito nel luogo
K 4 di
i$& Annali d'Italia
diCzaglau. Alla cavalleria austriaca riuscì
di far piegare la prussiana ; ma perchè si
perde a saccheggiare un villaggio , rimasta
la fanteria sprovveduta di chi la sostenesse
contro le forze maggiori prussiane > biso-
gnò battere la ritirata , e lasciare il campo
in potere dei nemici. Secondo il solito,
tanto l'una che l'altra parte cantò maggio-
ri i vantaggi «> A udire gli austriaci , ven-
nero quattordici stendardi , due bandiere ,
e mille prigionieri in loro mani , e la ca-
valleria nemica restò disfatta . Gli altri all'
incontro vantarono presi quattordici canno-
ni con alcuni stendardi, e fecero ascendere
la mortalità, e prigionia, e diserzion de-
gli austriaci a molte migliaja. Da lì innan-
zi si cominciò ad osservare una inazione
fra quelle due armate, finché si venne a
scoprire il ministero $ e fu perchè nel dì
ùndici di giugno riuscì al Lord lndfort mi-
nistro del britannico re Giorgio II di stabilir
la pace fra la regina di Ungheria e il re di
Prussia, a cui restò ceduta la maggior parte
della grande e ricca provincia della Slesia ;
essendosi ridotta a questo sacrifizio la re-
gina per li consigli della corte d' Inghilter-
ra , e per la brama di sbrigarsi da sì po-
tente nemico. Questo accordo conchiuso in
Breslavia , siccome sconcertò non poco la
corte di Francia, e del bavaro imperadore
Carlo VII così servì ad essa regina per ri-
sorgere ad accudir con più vigore alla re-
sistenza contro gli altri suoi poderosi av-
ver-
Anno MDCCXLIÌ. 153
▼ersarj . Per questa privata pace, che riu-
scì cotanto fruttuosa a Federigo re di Prus-
sia , anche Federigo Augusto re di Polonia
ed elettor di Sassonia saviamente prese la
risoluzione di pacificarsi colla stessa re*
gina : al che non trovò difficoltà veruna.
Sbrigate in questa maniera da quel duro
impegno Tarmi austriache, si rivolsero al-
la Boemia , e andarono in cerca dei fran-
cesi. Trovavansi in quelle parti con grandi
forze i marescialli di BeUisle > e di Bro-
glio . Essendo nondimeno superiori quelle
della regina , furono astretti a cedere varj
luoghi > e finalmente si ridussero alla dife-
sa della vasta città di Praga. Colà in fatti
comparve il principe Cario di Lorena sul
principio di luglio col maresciaìk) comedi
Koningsegg , e con un'armata di più di
sessantamila combattenti. Circa ventimila
erano i francesi , parte postati nella città ,
e parte di fuori sotto il cannone della piaz-
za ; ma apparenza di soccorso non vi era,
aè si fidavano quei generali della copio-
sa cittadinanza , in cui cuore era già ri-
sorto V affetto verso la casa di Austria T
massimamente dopo aver provato quei nuo-
vi ospiti secondo il solito troppo pesanti *
Desiderò il Bellisle di abboccarsi o col
principe di Lorena, o col Konings^gg , e
fu compiaciuto da quest'ultimo. Si sciol-
se la lor conferenza in fumo, perchè avreb-
bono i francesi lasciata Praga , purché se-
ne potessero andar tutti liberi coi loro ba~
i54 Annali©' Italia
gagli , laddove pretese il maresciallo au-
striaco di volerli prigionieri di guerra . Se
tanta durezza fosse poi lodata , noi so di-
re. Certo, è che i francesi stimolati dal pun-
to di onore , si sostennero per più mesi ,
ed avvennero accidenti , per li quali fu con-
vertito T assedio in blocco. Ne uscì coi
£gli il maresciallo di Broglio, e felicemen-
te si salvò . Tornati poscia gli austriaci a
strignere quella città, prese il maresciallo
di Bellisle così ben le sue misure , che nel
dì 17 di ^dicembre con circa diecimila uo-
mini, bagaglio, e cannoni da campagna se
ne ritirò., e guadagnate due marcie perven-
ne in salvo ad Egra, benché pizzicato per
tutto il viaggio dagli usseri e croati. Per-
de egli in quella ritirata almeno tremila
persone o uccise , o disertate , o morte di
freddo, e quasi tutta l'artiglieria , i ba-
gagli, e fino i proprj equipaggi. Ciò non
ostante se gli austriaci vollero mettere il
piede in Praga, furono obbligati ad accor-
dare una capitolazione onorevole allo smilzo
presidio rimasto in essa città ; accordando
in fine ciò, che sul principio avrebbero
potuto con loro vantaggio concedere, e che
avrebbe risparmiato un gran sangue sparso
sotto la città medesima.
Non provarono già un* egual prosperità
nella Baviera Y armi della regina di Un-
gheria . V assedio e bombardamento della
città di Straubinga nel mese di aprile a
nulla giovò per forzare alla resa quella
for-
Anno MDCCXLII. 155
fortezza. Perchè si sapea^ che i francesi
comandati dal conte di Arcourt venivano
con ischiere numerose ad unirsi col gene-
rale bavarese conte di Seckendorf , e giun-
se a Monaco una falsa voce , che già si
appressavano a quella città: il generale
Stens nel dì 29 del mese suddetto preci-
pitosamente si ritirò da essa città di Mo-
naco colla guernigione austriaca di quat-
tromila persone, lasciandovi un solo pic-
ciolo corpo di gente . Allora i cittadini
si misero in armi , e i villani inseguirono
e molestarono non poco la ritirata di es-
si. Scoperta poi la falsità della voce 3 ed
irritati gli austriaci, ad altro non pensa-
rono, che a rientrare in essa città. Vi
trovarono quel popolo risoluto alla difesa ,
e fu misericordia di Dìo , che non venis-
sero ali* assalto , perchè a questo avrebbe
tenuto dietro uno spaventevole sacco. Ac-
cordò il maresciallo di Kevenhuller nel
dì sei di maggio una nuova capitolazione
a quegli abitanti , gli affari dei quali non-
dimeno molto peggiorarono da lì innanzi,
finché sul principio di ottobre giunse la
loro redenzione. Avea il Seckendorf ricu-
perata la città di Landshut, dopo di che
s'incamminò alla volta di Monaco. Qui
non T aspettarono gli austriaci > perchè mol«
to inferiori di forze ai gallo-bavari, e ne
asportarono quanto mai poterono con dan-
no gravissimo di quell'infelice popolo, il
quale diede in trasporti di allegrezza al
ve-
ig6 A J» n a l i d'Itali a
vedere del dì sette del mese suddetto rieri*
trare in quella città le milizie dell'au-
gusto loro duca ed imperadore Carlo Vlh
ripigliarono poscia i bavaresi Bourgausen ,
e Brunau ; laonde tutta la Baviera tornò
prima che terminasse l'anno all'ubbidienza
del suo sovrano. Fu poi condotto in Ba-
vièra un poderoso rinforzo di truppe dal
maresciallo di Broglio, e continuarono le
ostilità, ma senza alcun" altra impresa di
grado. Intanto quello sfortunato paese era
il teatro delie calamità, perchè divorato
da amici e nemici . Fu anche superiore
alla credenza il numero dei francesi o mor-
ti di malattie, o uccisi , o fatti prigionieri
nella Boemia e Baviera. Facevansi in que-
sti tempi dei grandi maneggi in Inghilter-
ra ed Ollanda , per muovere quelle poten-
ze alla difesa della regina di Ungheria -
La mutazion del ministero in Londra ca-
gion fu , che il re Britannico y e quella
potente nazione si disponessero ad entrare
in ballo , tanto più perchè si sentivano
irritati dal vedere la somma franchezza
dei francesi in rimettere contro i patti le
fortificazioni di Dunquerque . Perciò si co-
minciarono i preparamenti della guerra in
Fiandra per Tanno seguente; ma non si
potè altro ottener dagli Óllandesi , se non
che darebbono il loro contingente di venti
mila soldati , a cui erano tenuti in vigo*
delle leghe precedenti . Non men di loro ^
anzi più vigorsamente si misero in arnese
aa-
Anno MDCCXLII. 15 ?
anche i francesi per far buon giuoco in
quelle parti.
Vegniamo oramai all'Italia, condennata
anch'essa a sofferire i perniciosi influssi
delle gare ambiziose dei regnanti. Da che
fu fatta gran massa di spagnuoli ad Orbi-
tello , e nelle altre piazze dei presidj , sot-
to il comando del duca di Montemar , si
mise questa in marcia , ed entrata di feb-
braio nello stato ecclesiastico , andò a pren-
dere riposo in Foligno , e con lentezza
mirabile arrivò poi finalmente fino a Pe-
saro . A quella volta ancora s' inviarono
dipoi le milizie napoletane , spedite dal
ve delle due Sicilie, per unirsi con quelle
del re suo padre . Ne era generale il duca
di Castropignano . Intanto sul Genovesato
andarono sbarcando altre milizie proceden-
ti dalla Spagna > e maggior numero an-
cora se ne aspettava . Per quanto si sep-
pe , le idee della corte del re cattolico
erano, che il primo più possente corpo di
gente venisse alla volta di Bologna , e 1'
altro dal Genovesato verso Parma. Grande
armamento in questi tempi avea fatto an-
che Carlo Emmanuele re di Sardegna , ma
senza penetrarsi qual risoluzione fosse egli
per prendere, se non che i più prevedeva-
no , che anderebbono le sue forze unite
con quelle della regina di Ungheria , sì
perchè così portavano gì' interessi suoi ,
con piacendogli la vicinanza degli spagnuo-
li, come ancora perchè potea sperar mag-
gio-
158 Annali d'Italia
giore ricompensa da essa regina. Reca
maraviglia ad alcuni l'aver questo rea.l so-
vrano pubblicati due manifesti, nei quali
erano rapportate le. sue pretensioni sopra
lo stato di Milano, siccome discendente
dall'* infanta Catterina figliuola di Filip-
po II re di Spagna . E pure passava questo
sovrano di concerto in ciò colia corte di
Vienna , con cui finalmente si venne a sco-
prire y eh' egli avea stabilito nel dì primo
di febbrajo un Trattato provvisionale, per
difendere la Lombardia dall' occupazione
dell'armi straniere. In tale trattato com-
parve la rara avvedutezza del marchese
di Ormea suo primo ministro , perchè re-
stò esso re di Sardegna colle mani sciol-
te , cioè in libertà di ritirarsi quando a
lui piacesse colla sola intimazione di un
mese innanzi , dall' alleanza della regina .
Animato si trovò egli spezialmente a tale
impegno dalla sicurezza datagli dal cardi-
nale di Fleury primo ministro di Francia
che il re cristianissimo Luigi XV non in-
tendeva di spalleggiar l'armi del re cat-
tolico Filippo V. per conto dell'Italia .
Svelaronsi solamente nel mese di marzo
questi arcani $ e il re Sardo , da che ebbe
ritirato dalla Savoja gli Archivj , e tutto
ciò, che era di maggiore rilievo cominciò
a far marciare parte delle sue truppe alla
volta di Piacenza. Verso la metà del me-
desimo mese anche il maresciallo Otto
Ferdinando conte di Traun governator di
Mi-
Anno MDCCXLlf. 159
Milano spedì a Modena a rappresentare al
duca Francesco 111. di Este la necessità,
in cui il mettevano i movimenti dei ne-
mici spagnuoli, di avvanzarsi con varj
reggimenti nei principati di Correggio e
Carpi . La licenza non si potè negare à
chi se la potea prendere anche senza ri-
chiederla. Perciò vennero a postarsi gli
austriaci in quelle partii tirando un cor-
done verso la Secchia , e penetrando anche
nel Reggiano.
Trovossi in un grave labirinto in questi
tempi il duca di Modena, giacché si mi-
ravano due nemiche armate venir T una da
Levante, e l'altra da Ponente, con tutte
le apparenze , che egli e i suoi stati ri-
marrebbono esposti a deplorabili traversie,
e forse diverrebbero il teatro della guer-
ra , perchè ognun brama di far , se può
mai , questa danza in casa altrui , e più
rispetto si porterebbe agli stati della chie-
sa , che ai suoi . Ognun sa , in casi di tan-
ta angustia, quanto sia pericoloso il par-
tito della neutralità per chi ha poche for-
ze, giacché senza farsi merito né celi' una
né colf altra parte dei contendenti , si sog-
giace alla disgrazia di essere divorato da
amendue ; e a peggio ancora, se avvien
che Tun degli eserciti prevaglia, troppo
facilmente suscitandosi sospetti e ragioni
per prevalersi in suo prò degli stati e del-
le piazze altrui- Persuaso dunque esso di-
ca ; che col tenersi neutrale non si facea
tuin-
160 Annali d'Italia
punì rnetito con alcun di essi, e ve?f-
similmente gli avrebbe avuti nemici tutti
e due : si appigliò alla risoluzione di ab-
bracciar uno di essi partiti. L'ossequio
ed affatto, ch'egli professava all'augusta
casa di Austria , e al gran duca di Tosca*
na, il consigliavano ad unirsi con loro,
ma troppo pericoloso era per un Vassallo
dell'imperio il prendere le armi contro
dell' imperador Carlo VII. nemico delle
suddette potenze, e l'aderire alla regina
di Ungheria , la quale in vece d' inviar
nuove genti alla difesa dell' Italia , avea
richiamata di là dai monti una parte di
quelle , che qui si trovavano , ed avea in
oltre confessato ad un suo ministro venuto
in Italia di non potersi impiegare a soste-
ner questi stati ; e tanto anche fece intender
al papa, e ai veneziani per loro governo .
Manteneva il duca buona corrispondenza
colla corte di Torino ; ma questa il più
che potè gli tenne occulto il trattato di
lega ccnchiusa con quella di Vienna . Oltre
a ciò né pur comportavano gì' interessi
della propria casa al duca di aver per ne-
mici T imperadore e la Spagna, stante 1'
essersi scoperto, che la casa di Baviera nu-
dava delle pretensioni sopra la Mirandola
e suo ducato , e il sapersi , che don Fran-
cesco Pico , già duca di essa Mirandola ,
protetto dagli spagnuoli ne conservava del-
l'altre j e che sopra la contea di Novel-
lara , e sopra il ducato di Massa si erano
sve-
A & I ó MDCCXLIt. ì6r
svegliate liti, mal fondate senza dubbio r
ma che nel tribunale cesareo , se fosse
stato nemico , avrebbono forse avuto buo-
na fortuna . Il perchè mosso il duca di
Modena da tali riflessioni, cercò pia tosto
di aderire alla parte dei più possenti po-
tentati della cristianità, cioè dell' imprra-
dore, e dei re di Francia e Spagna » Ave-
va egli per sua difesa in armi un bel reg-
gimento di svizzeri , eNun altro di italia-
ni , che era intervenuto alla battagtia di
Crostka nella Servia , in tutto tremila sol-
dati. In oltre avea quattro mila dei suoi
miliziotti reggimentati , disciplinati , ben
vestiti, ed armati, e circa quattrocento
cavalli fra corazze e dragoni : sussidio non
lieve, uniti che fossero ad una giusta ar-
mata, oltre alla cittadella di Modena, e
alla fortezza della Mirandola .
Fu ben accolta in Madrid la proposizio-
ne del duca di entrar seco in lega , ma
mentre si andava maneggiando in tanta
lontananza questo affare, non si sa come,
ne trapelò l'orditura ai ministri della regi-
na di Ungheria, o pure del re di Sarde-
gna. Verso il fine di Marzo erasi avan-
zato, siccome dicemmo, esso re sardo fino
a Piacenza , facendo intanto sfilare le sue
truppe alla volta di Parma , ed ivi avea
tenuto consiglio di guerra col maresciallo
conte di Traun govemator di Milano ;
giacché Tarmata napolispana si era inol-
trata sino a Riraini. Si venne ancora in-
Tom. XXVII. L ten-
i&2 Annali d'Italia
tendendo , che il grosso corpo di spagnuoli
sbarcato in più volte sul genovesato, sen-
za più pensare a far irruzione dalla parte
del Parmigiano > si era come amico incam-
minato per la Toscana a fine di accoppiar-
si coli' altro maggiore dei duchi di Mon-
temar e Castropignaho. Non senza mara-
viglia delle persone fece quella gente un
gran giro. Se fosse calata pel Giogo a
Bologna i e colà fosse pervenuto il Monte-
mar , nulla era più facile , che il passar
fino sul Parmigiano, e il prevalersi poi
delle buone disposizioni del duca di Mo-
dena, ed unirsi seco. Essendo giunto a
Parma nel dì 30 di aprile il re di Sarde-
gna , portossi parimente esso duca di Mo*
dena nel dì due di maggio con tutta la
corte a! delizioso suo palazzo di Rivalta ,
tre miglia lungi da Reggio. Colà fu ad
abboccarsi seco nel dì sei di esso mese il
marchese di Ormea , primo ministro del re
di Sardegna, che tosto sfoderò una copia
informe del trattato, preteso intavolato dal
duca colla corte di Spagna . Onoratamente
confessò il duca di aver fatto dei maneg-
gi a Madrid, ma che nulla si era con-
chiuso , né sapea , se si conchiuderebbe ;
e questa era la verità . Calde istanze fece
T Ormea, per indurlo alla neutralità; ma
perchè il duca ben previde, che accor-
dando questo primo punto passerebbe la
pretensione a richiedere in pegno una al-
meno delle sue piazze per sicurezza di
sua
Anno MDCCXLIL 163
•na fede , non volle consentire , e prese
tempo a pensarvi. Per molti giorni po-
scia si andò disputando , essendo passa-
to il duca a Sassuolo con tutta la fami-
glia : nel qual mentre il duca di Montcmar
che per più settimane si era fermato coli'
esercito suo in Forlì a divertirsi con un'
opera in musica, finalmente si mosse alla
volta di Bologna . Fama correa , che i na-
polispani ascendessero a qnarantacinquemi-
la persone : erano ben molto meno ancor-
ché il Montemar avesse ricevuto il pode-
roso rinforzo di fanti e cavalli, passati
amichevolmente per la Toscana. Parea que-
sta nondimeno un' armata da far gran fat-
ti, se non che la diserzione, da cui non
va esente alcuno degli eserciti , si trovò
stupenda in essa , fuggendo spezialmente
quegli alemanni, che furono presi neir ap-
parente battaglia di Eitonto ? e in altre
azioni , allorché fu conquistato il regno di
Napoli dall'infante don Carlo. Giorno non
vi era , in cui qualche centinajo di essi
r»polispani non disertasse, attribuendone
alcuni la cagione all' aver lasciata cotanto
in ozio quella gente , ed altri all' aspro
trattamento degli Ufìziali , giacché non si
può credere per difetto di paghe, perchè
se ne scarseggiavano gli Ufìziali > al sem-
plice soldato non mancava mai l'occorren-
te soldo .
Dopo la metà di maggio comparvero sul
bolognese le truppe napolispane, e a poco
L 2 a pò-
i$4 Annali D'Italia
a poco vennero nel di 20 a portarsi alla
Samoggia , e nel dì 29 si stesero fino a Ca-
stelfranco. Certa cosa è, che se il Monte-
mar si fosse inoltrato di huona ora sino al
Panaro , siccome allora superiore di forze,
avrebbe potuto occupar quei siti , e sten-
dersi a coprir Modena, e a passar anche
verso Parma, stante l'avere sul principio
delT anno per mezzo del conte senatore Zam-
beccavi chiesto ed ottenuto dal dnca di Mo-
dena il passaggio. Parve dunque, ch'egli
non per altro fosse venuto in quelle vici-
nanze, se non per burlare esso duca di Mo-
dena, il quale intanto si andava schermen-
do dal prendere risoluzione alcuna sulla spe-
ranza , che lo stesso Montemar passasse a
difendere i suoi stati : del che non gli man-
carono delle lusinghevoli promesse dalla par-
te del medesimo generale spagnuolo. Die-
de agio questa inazion dei napolispani al
maresciallo conte di Traun di ben postar-
si alle rive inferiori del Panaro con dodi-
cimila tedeschi, e similmente a Carle Em-
manuele re di Sardegna, passato nel dì 19
di maggio sotto le mura di Modena , di
andare anch' egli a fortificarsi alle rive su-
periori di esso fiume . Di giorno in giorno
s' ingrossarono le sue milizie sino a venti
mila persone, giacché gli era convenuto
lasciare un' altra parte delle sue truppe al-
la guardia di Nizza, e Villafranca , e ai
varj confini del Piemonte, per opporsi ai
disegni di un'altra armata di spagnuoli ,
che
Anno MDCCXLII. 16*5
che si andava formando in Provenza con-
tro i suoi stati , e che dovea esser coman-
data dall'infante don Filippo, già pervenu-
to ad Antibo . Nel dì 17 di maggio pre-
sero pacificamente i savojardi il possesso
della città di Reggio, da cui precedentemen-
te area il duca di Modena ritirate le trup-
pe regolate. Durava intanto una spezie,
ma assai dubbiosa, di calma fra esso duca,
dimorante in Sassuolo , e gli austriaco-sar-
di, aspettando questi, che giugnessero al
loro campo cannoni , mortari e bombe , per
poter parlare dipoi con altro linguaggio.
Non avea il duca fìnquì conchiuso accordo
alcuno colla corte di Spagna , e neppure
ricavato da essa un menomo danaro per
fare quell'armamento , come ne dubitavano
gli austriaco-sardi : pure non sapea indursi
a cedere volontariamente le fortezze di Mo-
dena e della Mirandola , richieste dagli al-
leati , perchè quanto si trovò egli sempre de-
luso dal duca dì fllontemar , largo promet-
titore di ciò, che non osava intraprendere ,
altrettanto abborriva di non comparire al-
la corte di Spagna qual principe di doppio
cuore , perchè quivi si sarebbe infallibil-
mente creduto un concerto coi collegati la
forza , che gli avesse fatto cedere quelle
piazze .
Prese egli dunque il partito di abbando-
nar tutto alla discrezione di chi gli era
addosso coli' armi , e dopo aver messi quat-
tromila uomini di presidio nella Cittadel-
la 3 Ia
iG6 Annali d'Italia
la di Modena, e tremila io quella della Mi*
randola , nel dì sei di giugno colla duches-
sa consorte , e colle due principesse sorel-
le, lasciati i figli colla nuora in Sassuolo,
che poi col tempo si riunirono con lui ,
prese la via del Ferrarese, e andò a riti-
rarsi a Crespino, e di là passò poi al Ca-
tajo degli Obizzi sul Padovano, e finalmen-
te si ridusse a Venezia , portando seco il
coraggio , costante compagno delle sue tra-
versie . Perchè aveva egli lasciato ogni po-
tere ad una giunta di suoi cavalieri e mi-
nistri in Modena, furono spediti deputati
al re di Sardegna, e dopo avere ottenuta
la promessa di ogni miglior trattamento,
nel dì otto di giugno aprirono le porte
della città a circa millecinquecento savojar-
di , che ne presero quietamente il posses-
so , con provar da lì innanzi , quanta fos-
se la moderazione e clemeuza del re di Sar-
degna , quanta la rettitudine de' suoi mini-
stri , e la disciplina dei suoi soldati . Co-
mandante in Modena fu destinato il conte
commendatore Cumiana , cavaliere, che non
lasciava andarsi innanzi alcuno nella pru-
denza , e sapea l'arte di farsi amare esti-
mare da ognuno. Nel dì 12 di giugno fu
dato principio alle ostilità contro la cit-
tadella di Modena, alzando terra dalla par.
te del mezzodì fuori della città i savoiar-
di , e i tedeschi da quella di settentrione.
Perchè gli assediati fecero una vigorosa
sortita, necessario fu il rinforzare iT cam-
po
'Anno MDCCXLII. 167
pò con molta gente . Erette due diverse
batterie di mortari nel dì seguente comin-
ciarono a tempestare essa cittadella con
bombe di dì e di notte , e seguitò questo
flagello sin per tutto il dì 27. Non avea il
duca Francesco avuto tempo di provvedere
essa cittadella di case ma^tte , e di ripari
contro le bombe ; e però in breve si, tro-
vò sconcertata la maggior parte di quei
casamenti , non restando luogo alcuno di
riposo e sicurezza alla guernigione. Essen-
dosi nel dì 28 alzate anche due batterie
di cannoni contra di essa fortezza , il ca-
valiere del Nero genovese , e comandante
della medesima , nel giorno appresso capi-
tolò la resa , restando prigioniere di guer-
ra il presidio . Uscì poi nel dì quinto di
luglio un editto del re Sardo , in cui di-
chiarò non essere intenzione della regina
di Ungheria, né sua , pendente la dimora
delle loro truppe negli stati di Modena,
e durante l'assenza del duca, di attribuir-
si verun gius di permanente sovranità e
dominio in essi stati , ma quella sola au-
torità y che in sì fatta situazion di cose
veniva dal diritto della guerra , e dalla
comune loro difesa permessa. Furono oc-
cupate tutte le rendite ducali , e tolte le
armi a tutti gli abitanti tanto delle città
che forensi .
Mentre si facea questa terribii sinfonìa
sotto la cittadella di Modena , si stava
più di uno aspettando qualche prodezza
L 4 del
i68 AjTHitl D'iTAfciI
del generale spagnuolo duca di Montemar^
che colle sue genti era postato a Castel-
franco y siccome quegli , che era decantato
per conquistatore di regni . Ma per disav-
ventura non fece egli mai movimento al-
cuno per attaccare gli austriaco-sardi al
Panaro , tuttoché sparsi in una linea di
molte miglia su quelle rive, e benohè dal-
la parte di Spilamberto e Vignola non
avesse argini quel fiume. Crebbe anche
maggiormente lo stupore negl' intendenti ,
perchè almen quattromila combattenti al-
leati erano impegnati nelle trincee sotto ìa
cittadella, e nella sera quattro altri mila
venivano dal Panaro a rilevar questi altri ;
laonde il campo di essi restava alleggerito
di ottomila persone. E pure con tutta
pace stette il Montemar contando le bom-
be e cannonate dei nemici , sparate non
contra dì lui , e spettatore tranquillo del-
le sventure del duca di Modena; di modo
che alcuni giunsero a sospettare intelligen-
za del medesimo col re di Sardegna , o
che un segreto ordine del cardinale di
Fleury avesse posto freno alla sua bravura
( tutte insussistenti immaginazioni ) ed al-
tri in fine si fecero a credere , eh' egli
fosse solamente un valoroso generale,, al-
lorché avea che fare con gente incapace di
resistere, o avesse accordo con lui di non
resistere. Crebbero molto più le meravi-
glie^ perchè nella notte del dì 18 di gru-
gno esso Montemar levò il campo da Ca-
stel-
Anno MDCCXLTL x6g
stelfiranco, ed inviandosi con tutti i suoi
a san Giovanni e a Cento, mandò i malati
nei borghi di Ferrara. Poteva impadronir-
si del Finale, dove falso è, che si trovas-
sero fortificati i nemici j come egli poscia
volle far credere . Giunto bensì al Bonde-
no nella notte dei 2(5 di giugno , e quivi
posto e fortificato un ponte sul Panaro ,
spedì di qua dieci o dodicimila dei suoi»
Non vi era persona , che non si aspettas-
se, clv, egli imprendesse la difesa della
Mirandola,, e che anzi v'entrasse, giac-
che il cavalier Martinoni ivi comandante
gli avea richiesto soccorso, e 1' avea in-
vitato a venire. Ma nulla di questo av-
venne , senza che mai s' intendesse , per-
chè egli facesse quella scena di marciar
colà e di passare il Panaro> per poi nul-
' la operare. Vi fu anche di più. All'avvi-
so della di lui marcia, il re di Sardegna
e il conte di Traun, spedirono la maggior
parte della lor cavalleria al Finale , per ve-
gliare ai di lui andamenti . Trovavasi que-
sto corpo di gente senza fanteria , e sen-
za artiglierie; e pure con tutte le forze
dell'esercito suo il Montemar in tanta vi-
cinanza non pensò mai a molestarlo , non
che a sorprenderlo : condotta, che maggior-
mente eccitò le dicerie contro iì di lui
onore .
Con tutto suo comodo si era intanto
trattenuta in riposo a Modena T armata
austriaco-sarda senza apprensione alcuna
del
t?o Ann ah d'Ita ita
del Montemar, quando nel dì nove di lu*
glia si mise in viaggio alla volta della Mi-
randola; dove giunta, diede principio nel
dì 13 agli approcci, ben corrisposta dalle
artiglierie della città. Ma da che anche le
batterie dei cannoni e dei mortari comin-
ciarono a fulminar quella piazza, e seguì
in essa l'incendio di molte case: la guer-
nigione , già chiarita , che niun pensava a
soccorrerla, nel dì 22 del mese suddetto
dimandò di capitolare; restando prigionie-
ra , finché il duca di Modena s'inducesse
a cedere anche le fortezze di Montalfonso,
di Sestola , e della Veruccola agli alleati,
con promessa di restituirle alla pace ; e
queste poi furono cedute. Pertanto con bre-
ve peripezia si vide spogliato di tutti i
suoi stati il duca di Modena , il quale in
mezzo a sì pericolosi imbrogli provò tante
contrarie fatalità, che niun potrebbe im-
maginarsele, ma ch'egli coraggiosamente
sopportò . Videsi appresso destinato am-
ministrator generale di essi stati per le
due corone il conte Beltrame Cristiani, il
quale tante pruove diede dipoi della sua
onoratezza , attività e prudenza , che sa-
pendo accoppiar insieme il buon servigio
dei suoi sovrani coir amorevolezza verso
dei popoli , meritò poi di essere creato
gran cancelliere della Lombardia austria-
ca , e di riportar le lodi di ognuno , do-
vunque si stese la sua autorità . Finquì
era stato il duca di Montemar placido os*
ser-
Anno MDCCXLII. 171
servatole de! destino della Mirandola, co-
me se a lui nulla importassero i progres-
si dei suoi nemici , Certamente non fu di
sua gloria l'essersi portato al Rondeno, ed
aver passato il Panaro solamente per mi-
rare anche la caduta di essa fortezza sotto
gli occhi suoi. Da più persone ben infor-
mate si sosteneva, che l'esercito suo non
ostante la diserzione sofferta numerava tut-
tavia circa trentamila combattenti , ed era-
na in viaggio quattromila napoletani per
unirsi con lui. Si strignevano nelle spalle
gli ufiziali dell'armata stessa di lui al mi-
rar tanta inazione, con tali forze, e sì
buona situazione . Ora appena seppe egli
la resa di essa fortezza , che finalmente
determinò di fare un premeditato bel col-
po : colpo nondimeno , che parve a molti
poco onorevole al nome spagnuolo. Cioè
prese la marcia coli' esercito suo verso il
Ferrarese e Ravennate con fretta tale, che
non minore si osserva in chi è rimasto
sconfitto , lasciando indietro carriaggi e
munizioni non poche . Ma non furono pi-
gri gli austriaco-sardi a muoversi anch'
essi, e venuti per castello san Giovanni a
Bologna , si avviarono per la strada mae-
stra nella Romagna , sperando di raggiu-
gnere i fugitivi napolispani . Questi per
buona ventura aveano avuto gambe mi-
gliori, e pervenuti nel dì 31 di luglio a
Rimino, quivi si diedero a fare un gran
guasto , cioè a fortificarsi con trincieramen-
ti,
t?2 AnnaH d'Italia^
ti, spianate, e tagli di alberi in grave de-
solazione di quel popolo. Pareva oramai
inevitabile qualche gran fatto di armi in
quelle strettezze, essendo pervenuti colà
anche gli alleati , vogliosi di far pruova
dell* armi loro ; quando nel dì io di ago-
sto il generale di Montemar fece ben mo-
stra di aspettar con pie fermo i nemici ,
anzi di voler venire a battaglia, ma all'
improvviso decampò anche di là , ritiran-
dosi sollecitamente a Pesaro e Fano; do-
ve precedentemente erano state premesse
le artiglierie e bagagli.
Chiunque nelle precedenti guerre avea
mirato il principe Eugenio con soli trenta-
mila armati tenersi forte contro V esercito
gallispano , quasi il doppio numeroso di
gente, al vedere la tanto diversa condotta
di quest* altro generale , non sapea tratte-
nersi dallo stupore, o dalla censura. E non
è già che fossero sì infievolite le di lui
forze , giacché la maggior diserzione fu ia
quella sua precipitosa ritirata , e ciò non
ostante egli stesso si vantò poscia ^ in tem-
po che i napoletani si erano separati da
lui,, di aver lasciata al conte dlGages suo
successore un'armata di diciottomila com-
battenti , atti ad ogni maggiore impresa ,
ma che tali per disgrazia non erano stati
in addietro. Strana cosa fu, ch'egli alle-
gasse per motivo di quest'altra ritirata
ciò, che, siccome diremo, avvenne in Na
poli solamente nel dì 19 ili esso mese
Anno MDCCXLIL 173
Andò egli dunque dopo varie frettolose
marcie a incantarsi nella valle di Spolcti,
dove gli sembrò di essere in sicuro, stante
l'avviso che i collegati aveano risoluto di
lasciarlo in pace. Tenuto in fatti consiglio
dal re di Sardegna e dal maresciallo conte
di Traun, prevalse il parere del primo di
non passare di là da Rimino, e di non più
inseguire chi combatteva colle sole gambe.
In oltre pel singolare rispetto ed affetto ^
ch'esso re Sardo professava al sommo ponte-
fice Benedetta XIV gli premeva di non mag-
giormente essere d'aggravio agli stati dei-
la Chiesa: motivo, che T avea anche trat-
tenuto in addietro dal passare colà dal
Modenese. Quel nondimeno^ che vie più
preponderava nell'animo suo , era il biso-
gno dei proprj stati, che il richiamava colà
per guardarsi dalle minaccie di un altro
esercito spagnuolo. Sicché da lì a non mol-
to si videro ritornare al Panaro su quel di
Modena le schiere e squadre austriaco-sar-
de . Nel dì 31 di agosto arrivò a .Reggio
il re di Sardegna, e vi si fermò fino al dì
sei di settembre , in cui venutegli nuove
disgustose di Piemonte , sollecitamente s'
inviò alla volta di Torino , dove sfilava
intanto la maggior parte delle sue milizie.
Lasciò pochi suoi reggimenti nel Modenese
sotto il comando del conte di Aspvemont ,
il quale unitamente col conte Traun s'an-
dò fortificando in varj siti di qua dal Pa-
naro, e massimamente a Buonporto.
In
i 74 Annali d'Italia
In questi medesimi tempi accadde ima
novità in Napoli., per cui gran romore e
tumulto fu in quella capitale . Nel dì 19
di agosto comparvero a vista di quel por-
to sei navi da guerra inglesi di sessanta
cannoni -, quattro fregate , un brulotto , e
tre galeotte da bombe» Corse a furia il
popolo ad osservare quella squadra, e la
corte entrata in apprensione , spedì nel gior-
no seguente il Consolo inglese al comandan-
te di essi legni, per esplorare la di lui in-
tenzione. La risposta fu, che se il re non
cessava di assistere i nemici della regina,
egli teneva ardine di devastare quella cit-
tà colle bombe- e che lasciava tempo di
due ore a sua maestà per risolvere . Indi
cavato fuori V orologio , cominciò a contar-
ne i momenti. Niuno mai in addietro avea
pensato a provvedere il porto e la spiaggia
di Napoli di ripari per somigliante minac-
cia ; e ne pur si trovava nel fastello del
porto provvisione di polve da fuoco. Però
senza perdersi in molte discussioni quella
corte; nel breve Suddetto spazio di tempo
accettò la neutralità , e spedì lettere mo-
strate al comandante inglese, colle quali
richiamava il duca di Cas tropi guano colle
sue truppe nel regno. Ciò ottenuto, senza
commettere alcuna ostilità fece vela la squa-
dra inglese verso Ponente . Il pericolo pre-
sente servì appresso di ammaestramento ,
per alzare fortini e bastioni, muniti di ar-
tiglierie , di maniera da non paventar da
lì
Anno MDCCXLH. 17^
lì innanzi , chi tentasse di accostarsi cori
palandre e galeotte per salutar colle bombe
quella Metropoli. Restò poi eseguito l'or-
dine regio , e le milizie napoletane stacca-
tesi dalle spagnuole tornarono ai quartieri
nelle loro contrade : con che si ridusse V
esercito spagnuolo , siccome dicemmo , a cir-
ca diciottomila persone , che poi prese quar-
tiere parte in Perugia e parte in Assisi e Fo-
ligno • Fu in questo medesimo tempo, che
la corte di Spagna, avvedutasi un poco trop-
po tardi di avere raccomandata la fortuna e
Y onore delle sue armi ad un generale , che
sì male corrispondeva alle sue speranze; ri-
chiamò in Ispagna il duca di Montemar, e
adirata contra di lui, comandò che non si
avvicinasse alla corte per venti leghe * Fe-
ce questo passo svanire le immaginazioni
dei suoi parziali 3 persuasi in addietro , eh'
egli tenesse ordini di non azzardar batta-
glia e di salvar la gente , facendola sola-
mente ben menar le gambe , per schivar
gl'impegni. Andò egli, e durò non poco
la sua disgrazia alla corte. Ma perchè egli
non mancava di amici e di merito per al-
tre sue belle doti, col tempo fu rimesso
in grazia. Videsi un manifesto suo, con
cui si studiò di giustificar le azioni sue in
questa campagna ; ma nulla sartbbe più
facile, che il far conoscere Pinsmsitenza
delle sue scuse, e massimamente se uscis-
sero alla luce i biglietti da lui scritti al
duca di Modena, e alla Mirandola in que-
ste
«7? Annali d'Italia
.ste emergenze. Restò dunque al comando
<ìe\V esercito spagnuolo il tenente generale
don Giovanni di Gages Fiammingo, che
pel valore, per l'avvedutezza, e per la
scienza militare potea servire di maestro
agli altri. Nel dì 14 di settembre, in cui
s' inviò il Montemar verso la Spagna , il
Gages in tre colonne mosse ì' esercito suo
alla volta di Fano, siccome consapevole del
rilevante smembramento dell'armata austria-
co-sarda ; e alla metà di ottobre arrivò a
postar le sue genti alla Certosa di Bologna,
e in quelle vicinanze , con alzare trinciera-
menti ed altri ripari da difesa. Accorsero
anche gli austriaco-sardi alle rive del Pa-
naro, e misero alquanti armati in Vignola
e Spilamberto. Si stettero poi sino al fine
dell' anno guatando da lontano le due ar-
mate , e il maresciallo di Traun mise il
suo quartier generale a Carpi .
Un' altra guerra intanto ebbe il re di
Sardegna y per cui fu obbligato a restituirsi
in Piemonte. Fu comunemente creduto, eh'
esso real sovrano non avesse tralasciato sì
nel principio che nel proseguimento di que-
sta guerra, di far varie proposizioni di
partaggio della Lombardia alla corte di
Spagna per mezzo del cardinale di Fleury ,
che sempre si mostrò ben affetto verso di
lui. Tali progetti riguardavano egualmente
i vantaggi della real casa di Savoja, e dell'
infante don Filippo, a cui si cercava un
riguardevole stabilimeato in essa Lombar-
dia ,
Anno MDCCXLII. 177
dia, e massimamente in Parma ePiacenza,
città predilette della regina Elisabetta Far-
nese sua madre. Fu del pari creduto, che
la corte del re cattolico non aderisse a
cedere parte delle meditate conquiste , per-
chè avida di tutto , ed assai persuasa di
poter colle sue forze conseguir tutto. Qua-
li poi fossero i sinceri desiderj della corte
di Francia nelle dispute di questi due pre-
Tendenti, non si potè penetrare, se non che
fu giudicato da molti , ch'essa acconsentisse
bensì a qualche acquisto in Lombardia pel
suddetto infante don Filippo , ma non già
sì pingue, che alterasse V equilibrio dell'
Italia, e potesse un dì nuocere alla Francia
stessa, ben prevedendosi, che non dure-
rebbe per sempre la buona armonia fra
quella corte e quella di Spagna . L' aver
dunque la Spagna dato a conoscer il ge-
nio troppo vasto , fece immaginare agi' in-
terpreti dei gabinetti, che perciò il car-
dinale niun soccorso di gente volesse som-
ministrarle contra del re di Sardegna ,
tuttoché esso porporato ricavasse dall' era-
rio spagnuolo grossissime mensali som-
me di danaro , per divertire la regina di
Ungheria dalla difesa degli stati d' Italia .
Si oppose ancora per quanto potè esso car-
dinale alla venuta in Provenza dell' infan-
te don Filippo, tuttoché genero del re cri-
stianissimo Luigi XV ma non potè impe-
dire, che la regina di Spagna non l'invias-
se colà di buona ora ad aspettar 1' unione
Tom. XXVII. M di
178 Annali d'Italia
di un corpo di truppe, ascendente a pia
di quindicimila spagnuoli , che parte per
mare , parte per terra andò arrivando ad
Antibo e ad altri luoghi della Provenza .
Più tentativi fece questa armata nel luglio
ed agosto,, ora per passare il Varo, ora
per penetrare nella valle di Demont ; ma
sì buoni ripari aveà fatto il re di Sarde-
gna , e sì possenti guardie avea messo nel
contado di Nizza , che indarno si provaro-
no gli spagnuoli di passare colà ; e tanto
fiiù vana riuscì ogni loro speranza , perchè
1 ammiraglio inglese Matteus con poderosa
flotta si trovava in quei mari e contorni ,
per sostenere le milizie savoiarde. Nella
stessa maniera andarono in fumo le lor mi-
naccie contro la valle di Demont, e in al-
tre sboccature verso 1* Italia. Ossia che le
trovate resistenze facessero cangiar disegno,
o pure che le vere mire fin da principio
non fossero verso quelle parti : in fine sul
principio di settembre V esercito spagnuoio
comandato dall'infante, che sotto di sé avea
il generale conte di GLLmes , governatore
della Catalogna , entrò nella Savoja , e nel
dì dieci di esso mese s'impadronì della ca-
pitale , cioè di Sciambery con citare i po-
poli a rendergli omaggio , e con intimar
gravi contribuzioni «
V avviso di tale invasione quel fu , che
sollecitò Carlo Emmanuele re di Sardegna
a rendersi in Piemonte, e ad affrettare il
ritorno colà di buona parte delle sue trup-
pe,
Anno MDCCXLII. 179
pe> dimorate pertanto tempo sul Modene-
se. Appena ebbe egli unite le convenevoli
forze , che nel suo consiglio espose la ri-
soluzione da lui formata di snidar dalla,
Savoja i nemici. I più dei suoi ufiziali ar-
ringarono in contrario, adducendo la man-
canza dei magazzini e foraggi in quella
provincia, e il pericolo delle nevi per quel-
le alte montagne. Ma l'animoso sovrano
ebbe una ragion più possente dell'altre,,
cioè il suo coraggio e la sua volontà ; e
perciò verso la metà di ottobre marciò Vi
esercito suo per più parti alla volta della
Savoja . Non si sentì voglia 1' infante don
Filippo di aspettarli , perchè non arrivava
il nerbo della sua gente a quindicimila per-
sone . Ritirossi pertanto in sacrato * cioè
sotto il forte di Barreau nel territorio di
Francia , lasciando abbandonata tutta la
Savoja al suo sovrano. Pervenne il resino
a Monmegliano , e quivi il rispetto da lui
professato al re cristianissimo e agli stati
della Francia., fermò il corso ai passi delie
sue truppe, e ad ogni altra impresa. Ciò
fatto attese egli a riordinar le cose di quel
ducalo , a mettere in armi tutti que' sud-
diti , somministrando loro fucili, giacché
erano stati disarmati dagli spagnuoli ; e a
rinforzar vari siti e forti 3 per opporsi ad
ulteriori tentativi dei nemici . Venne il di-
cembre, e venne anche rinforzato il campo
spagnuolo da un buon corpo di truppe ,
Con prenderne il comando il marchese de
M 2 la
180 Annali d'Italia
la Mina y giacché il conte dlGlimes era sta-
to richiamato inlspagna. Allorché gli spa-
gnuoli si videro assai forti rientrarono nel-
la Savoja., e si ritrovarono le nemiche ar-
mate alla vigilia di uà fatto di armi. For-
se non l'avrebbe schivato il re di Sarde-
gna; ma chiarito , che quando anche la vit-
toria si fosse dichiarata per lui,, non po~
teano le milizie sue sussistere nel verno in
un paese sprovveduto affatto di grani e di
foraggio, determinò più tasto di ricondursi
in Piemonte sul fine dell'anno. S'avverà
allora , quanto gli aveano predetto i suoi
ufìziali , cioè., che l'Alpi dividenti l'Italia
dalla Savoja gli farebbono guerra . S'erano
in fatti caricate di nevi ; e pur convenne
passarle , ma con gravissimi disagi > e con
perdita di molta gente perseguitata dai ne-
mìci, e di varj attrecci ed artiglierie, e
vie più di cavalli, muli , e corriaggi ; la-
onde se fu molta la gloria di avere scac-
ciati i nemici dalla Savoja, restò essa ben
contrapesata dal molto danno di quella o
forzata o volontaria ritirata . Solamente nel
di tre del seguente gennajo arrivò il re a
Torino col principe diCarignano; e intan-
to gli spagnuoli tornarono in pieno posses-
so della Savoja , senza che quei popoli fa-
cessero resistenza alcuna; mostrando la spe-
rienza , che per quanto i sudditi amino il
loro principe , pure anche più di esso amano
se stessi. Soggiacque nell'anno presente la
città di Livorno ad una deplorabil calami-
tà,
Anno MDCCXLIL iSt
tà", per avere il trerrmoto verso la metà di
febbrajo cominciato a scuotere le case di
quegli abitanti. Altre simili scosse si fece-
ro poscia udire sul fine di esso mese con
tale indiscretezza , che varie chiese ne pa-
tirono rovina , e moltissime case ne rima-
sero sì desolate, o colle mura sì smosse,
che i padroni di esse salvatisi nella campa-
gna o nelle navi, più non si attentavano
a riabitarle. Fu in questo anno, che il som-
mo pontefice Benedetto XIV tuttoché non
poco agitato e distratto per 1' aggravio in-
ferito ai suoi stati da tante milizie stranie-
re, che quivi, come in casa propria gira-
vano o fissavano anche il lor soggiorno ;
pure intento sempre al pastoral governo ,
pubblicò nel mese di agosto una risentita
bolla contra di chi non ubbidiva aiNIecre-
ti della santa Sede intorno a certi riti ci-
nesi già vietati, e ciò non ostante permes-
si da alcuni missionarj a quei novelli cri-
stiani . Tali pene intimò, e tali ripieghi
prescrisse, che si potè promettere da lì in-
nanzi un' esatra osservanza delle costituzio-
ni apostoliche.
Anno di Cristo 1743 , indizione vi.
di Benedetto XIV, papa 4,
di Carlo VII, impertdore 2.
A occò al territorio di Modena di aprire
in quest'anno il teatro delle azioni mili-
tari con una non lieve battaglia . Sapea il
M 3 con*
182 Annali d'Italia
conte di Gages , che gli austriaci e sardi
restavano divisi in pia corpi e luoghi ; e
che i principali posti da loro guerniti di
gente, erano il Finale e Buonporto, amen-
due sul Panaro; e però pensò alla manie-
ra di sorprendere uno dei loro quartieri •
Poco dopo il principio di fqbbrajo^ affin-
chè non si penetrasse il suo disegno, tinse
un considerabil furto a lui fatto, e nasco-
so il ladro in Bologna. Pertanto fece istan-
za al cardinale legato, che si chiudessero
le porte della città , e si lasciasse entrar
gente, ma non uscirne alcuno. Fermossi
egli nella stessa città con alquanti ufiziali ,
affaccendati in traccia^ del preteso ladro .
Sull'alba del seguente giorno due di feh-
brajo s'inviò la piccicla armata sua alla
volta di san Giovanni e di Crevalcuore, e
nel dì seguente passato il Panaro fra So-
lara e Camposanto, quivi stabilì e assicurò
un ponte. Nulla di ciò, ch'egli sperava,
gli venne fatto; perchè la notte stessa^ in
cui da Bologna si mosse l'esercito suo,
persona nobile parziale della regina di Un-
gheria , mandò giù dalle mura di quella
città lettera di avviso di quanto manipo-
lavano gli spagnuoli , a chi frettolosamente
la portò a Carpi al maresciallo conte di
Traun. Furono perciò a tempo spediti gli
ordini alle truppe esistenti nel Finale di
ritirarsi , ed altri ne andarono a Parma ,
ed altri siti , dove si trovavano milizie
austriaco-sarde . Raunate che furono tutte,
il
•
Anno MDCCXLIII. 183
il maresciallo unitosi col conte di Aspre-
mont generale delle savoiarde, nel dopo
pranzo del dì otto del suddetto febbrajo
andò in traccia del Gages , che ritiratosi
a Camposanto , e coperto d'ali* un canto
dalle rive del Panaro , dall' altro si era
afforzato nella parocchiale e in varie case
di quel contorno. Correva allora un fred-
do atrocissimo , e a bel sereno erano stati
per più notti i poveri soldati in armi e
in guardia. Venne il tempo di menar le
mani, e si attaccò la sanguinosa zuffa, che
per essere allora il Plenilunio , durò sino
alle tre ore della notte, in cui gli spa-
gnuoli dopo avere spogliati i suoi morti >
e mandati innanzi i feriti , si ritirarono
di là dal Panaro, e ruppero il ponte , po-
scia sollecitamente si restituirono al loro
campo sotto Bologna; giacché il marescial-
lo di Traun non giudicò bene di permet-
tere ad altri, che agli usseri _, d'inseguirli
di là dal fiume ; e forse non potè di più
perchè senza ponte. Secondo il solito del-
lo battaglie, che restano indecise, ciascu-
na delle parti si attribuì la vittoria , e
non mancò ragione sì agli uni , che agli
altri di cantare il te Deum •
Certo è , che gli austriaco-sardi rima-
sero padroni del campo di battaglia, e co-
strinsero gli avversar; a ritirarsi, e che il
maresciallo di Traun, benché malconcio
dalla gotta , fece meraviglie di sua perso-
na , e che gli furono uccisi sotto due ca-
lvi 4 vai-
184 Annali d'Italia
valli e tutta anche la notte stette a caval-
lo di un altro. Del pari è certo, che gli
spagnuoli o per innavertenza , o per non
potere inviare l'avviso, o pure per copri-
re la loro ritirata , lasciarono indietro in
una cassina un battaglione di Guadalaxara,
che fece bella difesa, ma in fine fu obbli-
gato a rendersi prigioniere di guerra. Con-
sisteva in pili di trecento soldati, e circa
ventotto ufìziali con tre bandiere, oltre a
quasi cento altri prigioni . Gli effetti poi
mostrarono , che la peggio era toccata agli
spagnuoli. Contuttociò è fuor di dubbio,
che il generale conte di Gages si trovava
inferiore di forze , per aver dovuto lascia-
re circa duemila persone di là dal fiume
a custodire la testa del ponte, per sospet-
to che i nemici spedissero genti a quella
volta. Nulladimeno sul principio riuscì al-
la cavalleria spagnuola di rovesciar la ca-
valleria tedesca dell'ala sinistra, e dimet-
terla in fuga , e se il duca di Atrisco in
vece di perdersi ad inseguirla verso la Mi-
randola, fosse ritornato più presto al cam-
po centro la nemica fanteria , comune sen-
timento fu , che 1' armata austriaco-sarda
rimaneva disfatta. Otto furono gli stendar-
di , e due i timbali presi dagli spagnuoli .
Ebbero prigionieri il governatore di Mo-
dena commendatore Cumiana , e i tenenti
generali conte Ciceri e Peisber , che furono
rilasciati sulla parola, l'ultimo dei quali
sopravisse poco alle sue ferite. Presero in
ol-
Aoó MDCCXLIII. ify
oltre ventidue altri ufiziali , e circa du-
cente* soldati . Quanto ai morti e feriti
ognuna delle parti esaggerò il danno dei
nemici , facendosi ascendere sino a quattro-
mila , ed aDche più, con poscia sminuire
il proprio. Fu nondimeno creduto, che re-
stasse molto indebolita l'armata spagnuola ,
e che abbondando essa di ufiziali molto
più che quella degli alleati , più ancora ne
perissero, o restassero feriti ; e che se noti
furono maggiori i vantaggi riportati da es-
sa , forse ne fu maggiore la gloria , per-
chè fin la sua ritirata meritò plauso , sic-
come fatta con tal ordine e segretezza ,
che non se ne avvidero i nemici , se non
allorché mirarono attaccate le fiamme al
ponte sul Panaro. Secondo i conti degli
austriaco- sardi non arrivò a duemila il
numero dei loro morti, feriti, e rimasti
prigioni. Né si dee tacere, che il contedi
Aspremont savio e valoroso comandante ge-
neiale delle milizie savoiarde, talmente si
chiamò offeso per una lettera a lui mo-
strata, in cui si prediceva, che le truppe
del re di Sardegna, venendo un conflitto,
si unirebbono con gli spagnuoii , che non
guardò misure nelP esporsi ai pericoli. Per
una palla , che il colpì nelle reni e passò
alle parti inferiori, fu portato a Modena,
dove dopo essere stato per più giorni fra
i confini della vita e della morte, final-
mente nel dì 27 di febbrajo pagò il tri-
buto della natura, compianto noo poco per
le
ì £6 Annali d' Italia
le sue degne qualità. Funesta memoria
della battaglia di Camposanto restò in
quella Villa,, e nelle circonvicine, perchè
nel di seguente, dappoiché gli austriaco-
sardi si videro liberi dagli spagnuoli, vol-
lero compensarsi del bottino, che non avea-
no potuto fare addosso i nemici , con dare
il sacco agi' innocenti abitanti di esse Vil-
le. Per questa crudeltà fu detto, che mo-
strasse gran dispiacere il maresciallo di
Traun , cavaliere di buone viscere , contro
il cui volere certamente questo avvenne;
ma senza potere scusare la poca precauzio-
ne sua in prevedere ed impedire gli ecces-
si della militare avidità. Avvisato nondi-
meno del disordine, spedì tosto guardie
alle chiese , e il meglio che potè , provvi-
de al resto.
Erasi ben ritirato dopo la battaglia sud-
detta il conte di Gages nei trincieramenti
suoi presso Bologna, e gli aveva anche ac-
cresciuti, facendo vista di voler quivi, co-
me prima fissare la permanenza sua . Non
andò molto, che si conobbe, quanto gli
fosse costato quel combattimento, essen-
dosi ridotta Tarmata sua, per quanto fu
creduto , a poco più di otto o diecimila
persone . Sperava egli dei rinforzi da Na-
poli ; ma per quante premure ed ordini
venissero dalla corte di Madrid , che pure
sembrava dispotica nelle due Sicilie , il
mioistero del re don Carlo , atteso Timpe*
gno della^ieutralita concordata con gT in*
+ glc
Anno MDCCXLIII. 187
glesi , e il timore della lor flotta signoreg-
eiante nel Mediterraneo, sempre ricusò
d' inviar soccorsi al Gages , a riserva di
qualche partita, che sotto mano trapelava
colà . All' incontro dalla Germania era ca-
lata gente ad ingrossare 1' esercito austria-
co, e già il maresciallo di Traun avea
spedito sul Bolognese e Ferrarese circa do-
dicimila armati , che minacciavano di pas-
sare anche in Romagna per impedire agli
spagnuoli il trasporto dei viveri e foraggi
da quella provincia . Pertanto il timore di
restar troppo angustiato , fece prendere al
Gages la risoluzione di mandare innanzi
le artiglierie e i malati , ed egli poi nel
dì 26 di marzo levato il campo marciò
alla volta di Rimino, e quivi si fece for-
te col favore di quella vantaggiosa situa-
zione. Da che Francesco III di Este duca
di Modena si portò a Venezia dopo l'oc-
cupazion dei suoi stati colla duchessa e fi-
gli , si era ivi sempre trattenuto sulla spe-
ranza, che i maneggi suoi, o la» fortuna
dell'armi facessero tornare il sereno a pro-
prj affari. Nulla di questo avvenne ; mala
generosa corte di Spagna non volle già
abbandonato un principe, non per altro
abbattuto, se non per l'aderenza sua alla
corona spagnuola , e per non aver voluto
accordar coi nemici di essa . Gli conferì
dunque il cattolico re Filippo V la carica
di generalissimo delle sue armi in Italia ,
con salario convenevole ad un pari suo .
Giù-
i88 ANttAtt d'Italia
Giudicò anche bene la duchessa sua consor-
te Carlotta Aglae di Orleans di passare a
Parigi colla principessa Felicita sua primo-
genita, per implorare il patrocinio dei re
cristianissimo Luigi XV nel naufragio del-
la sua casa. Nel dì 4 di maggio arrivò
questa principessa a Rimino, accolta dall'
esercito spagnuolo con ogni dimostrazione
di stima, e passata per la toscana al gol-
fo della Specia , e quindi a Genova , suite
galere di quella repubblica fu poi traspor-
tata in Francia, giacché Y ammiraglio Mat-
teus le fece rispondere, che una principes-
sa della sua nascita e del suo grado non
avea bisogno di passaporto , e si rechereb*
be a sommo onore di poterla servire egli
stesso. Alla stessa città di Rimino perven-
ne nel dì nove di esso mese anche il du-
ca di Modena, incontrato dal generale Ga~
ges , e da tutta l'ufizialità, e quivi fra il
rimbombo delle artiglierie prese il possesso
della carica sua. Intanto il maresciallo di
Traun richiamò a quartieri sul Modenese
l'esercito austriaco; e se i curiosi, che
non sapeano intendere , perdi' egli non mar-
ciasse a Rimino per isloggiar di là gli
spagnuoli , ne avessero chiesta la ragione a
lui, siccome general prudente, loro l'a-
vrebbe saputo rendere.
Nel luglio di quest' anno arrivarono al
porto di Genova quattordici saiche catala-
ne e maiorchine, cariche di artiglierie e
munizioni di guerra, destinate per Orbi-
tei
Anno MDCCXLI1I. 189
fello y da inviarsi poscia al campo spagnuo-
lo. Trovossi per questo in grave impegno
il senato genovese , perchè l' ammiraglio
brittanico dopo avere inviati alquanti va-
scelli a bloccar quelle saiche, fece prote-
stare ai genovesi, che se permettessero lo
sbarco di quei bronzi, s'intenderebbe rotta
con loro ogni neutralità. Indarno reclama-
rono essi , che nel porto loro era libero
ad ognuno l'accesso. Dopo molte dispute
convenne capitolare , e fu concordato che
quei cannoni e munizioni si condurrebbono
a Bonifazio in Corsica, ed ivi si custodi-
rebbono sino alla pace . In essa Corsica
mostravano tuttavia gran renitenza quei
popoli a rimettersi sotto il dominio della
repubblica di Genova . Non vi si parlava
più del barone di New ori, re di pochi gior-
ni , quando costui sopra una nave inglese
di settanta e armoni xìei febbrajo di quest'
anno giunse a Livorno., e passò dipoi alla
Corsica. Verso la spiaggia di Balàgna chia-
mò egli alcuni dei deputati di quelle co-
munità , per intendere i lor sentimenti ,
con far delle belle sparate di soccorsi e
di intelligenza con dei potentati. Ma aven-
do quella gente assai conosciuto , queste
essere parole., e non fatti, il mandarono
in santa pace, ricusando un re venuto a
sfamarsi alle spese loro, e non già ad aju-
tarli. Tornossene questo venturiere inÓl-
landa ed Inghilterra a cercar migliore for-
tuna j né più sì parlò di lui. Avea finquì
Car-
190 Annali d'Italia
Carlo Emmanuele re di Sardegna, mante-
tenuta buona corrispondenza coìla corte di
Francia j, mostrandosi sempre disposto a
ritirar le sue armi alla difesa della regina
di Ungheria, e di abbracciar la neutralità ,
o di far altri passi , giacché nel trattato
provvisionale si era riserbata la facoltà di
poter rinunziare dalla presa alleanza, qua-
lora la corte di Spagna gli facesse godere
qualche rilevante vantaggio . Era il cardi-
nale Andrea Ercole di Fleury , primo mi-
nistro di Francia , il mediatore di questo
affare. Ma venne a morte quel degno por-
porato nel dì 29 di gennajo dell'' anno pre-
sente , e secondo le vicende del mondo 1'
alta riputazione di lui guadagnata in vita
per le sue dolci maniere , per la pruden-
za nel governo, e per molte altre sue bel-
le doti e virtù , calò non poco dopo la
sua morte. Attribuirono alla di lui condot-
ta i francesi tutte le calamità loro avve-
nute in Boemia e Baviera ; e lagnaronsi
di lui , per non avere in tempo di pace
alleggerito abbastanza il regno di aggravj ;
aggiugnendo in oltre, eh' egli sapeva accu-
mulare, ma non poscia spendere a tempo,
per far riuscire i disegni utili al'a monar-
chia francese; e ch'egli avea tenuto fin qui
in un letargo il re cristianissimo , sènza
lasciargli far uso del suo spirito, pieno di
generosità , e capace di ogni bella impresa -
Ossia, che la corte di Spagna non con-
sentisse mai a partito, che proponesse il
re
Anno MDCCXLI1I. 191
re di Sardegna, o che questi si servisse
delle esibizioni della Spagna per fare mi-
glior mercato con altri: certo è, ch'egli
nello stesso tempo fu in negoziato colle
corti di Vienna e di Londra. Poco profit-
tava egli colla prima . Più condiscendente
provò egli il re britannico Giorgio II con
rappresentargli, che non conveniva ai pro-
prj interessi il continuare in questa guerra
senza sicurezza di qualche frutto e ricom-
pensa ; aver egli perduto le rendite della
Savoja ; restar esposti a maggiori pericoli
tutti i suoi stati ; ed essere enormi le
spese _, ch'egli facea , e perchè? per sal-
vare la regina, i cui stati nulla finora
aveano patito. Adoperossi dunque il re in-
glese , per indurre la corte di Vienna ad
un trattato, che fermasse il re di Sarde-
gna nell'unione colla casa di Austria , mer-
cè di un adeguato compenso alle perdite
e spese , eh' egli avea fatte , ed era per fa-
re. Non sapea il ministero di Vienna ar-
rendersi ; ma giacché la corte eli Torino
facea giocare il non occulto suo maneg-
gio celle corti di Francia e di Madrid ; e
si ebbe paura , che fra loro seguisse qual-
che accordo, a cui avrebbe tenuto dietro
la perdita di tutto lo stato di Milano;
perciò finalmente condiscese la regina ad
assicurarsi di quel reale sovrano. Adunque
nel dì 13 di settembre nella città di Worma ,
o sia Vormazia , restò conchiuso un trat-
tato di lega fra la regina di Ungheria, e
' i re
192 Annali d'Italia
5 re d' Inghilterra, e di Sardegna , e ciò
in tempo che si credea , e si spacciava co-
inè sicura V alleanza di esso re Sardo col-
le corti di Francia e Spagna. Ancorché
questo trattato di Worrns non fosse pub-
blicato, pure ne trapelarono alcune parti-
colarità, ed altre vennero alla luce per gli
effetti, che ne seguirono appresso . Cioè fu
accordato nel nono articolo di cedere al
al re di Sardegna il Vigevanasco, e tutto
il territorio posto alia riva occidentale del
lago maggiore, abbracciando Arona, e tut-
ta la riva meridionale del Ticino , che
scorre sino alle porte di Pavia, e la città
di Piacenza col suo territorio di qua dal
Po sino al fiume Nura T restando alla re-
gina il Piacentino di là da Po , e quello
eh' è di qua dalla Nura. Fu detto, che
nel consiglio del re di Sardegna alcun fos-
se di parere, che non si avesse a prendere
il possesso di tali acquisti , se non finita
la guerra , e che prevalesse il parere di chi
consigliava l' anteporre il certo presente
air incerto futuro .
Per questo trattato parve , che la corte
di Francia restasse non poco irritata contra
del re Sardo, e certamente dopo esser el-
la stata fìnquì renitente a dar braccio all'
armi spagnuole per far conquiste in Ita-
lia, si vide all'improvviso cangiare re-
gistro, con accordare all'infante don Fi-
lippo alquante migliaja delle sue truppe.
Ora perchè il re di Sardegna avea sì bea
guer-
Anno MDCCXLIII. 193
guerniti e fortificati i passi , che dalla Sa-
voja conducono in Piemonte , oltre alle for-
tezze , che assicurano quel varco : deter-
minarono gli spagnuoli di tentare qualch'
altro passaggio ; e lasciati in Savoja circa
quattromila soldati di presidio, passarono
a Brianzone verso la valle di caste! Del-
fino. Conosciuti i lor disegni, sul fine di
settembre unì il re Sardo l'esercito suo
nel marchesato di Salwzzo, e postosi alla
testa di esso , marciò per opporsi ai ten-
tativi dei nemici. Calarono i gallispani
nei primi giorni di ottobre pel colle dell'
agnello, per san Veran , e per altri siti,
e quantunque s'impadronissero del vilag-
gio e forte di Pont , pure ebbero sempre
a fronte i savojardi, che in più di un luo-
go li rispinsero, e diedero lor delle busse.
Pertanto da che si avvidero , essere troppo
pericoloso, se non impossibile, l'inoltrarsi
e tanto più perchè cominciò a fioccar la
neve in quelle montagne, batterono nel dì
nove del suddetto mese la ritirata , pas-
sando di nuovo nel territorio di Francia ,
ma con grave loro disagio > e con lasciare
indietro dodici cannoni da campagna , che
vennero in potere dei savojardi , e colla
perdita di molta gente , la quale o non
volle o non potè per cagion della neve
tener loro dietro, oltre la perdita di al-
cune centinaja di muli , e dì una parte del
bagaglio . Tornossene indietro anche il re
Carlo Emmanuele coli' esercito suo, il qua-
Tom. XXVII. N le
194 Annali d'Italia
le non andò esente da molti patimenti per
V orridezza della stagione, seco nondimeno
riportando la gloria di aver bravamente
respinti i nemici . Furono cantati te Deum
non solamente in Torino ma anche in Mo-
dena per così felice impresa. Perchè la re-
gina di Ungheria ebbe bisogno di uno
sperto generale in Germania, richiamò co-
là il maresciallo conte di Traun governa-
tore di Milano. Lasciò egli in queste par-
ti grata memoria del suo discreto ed ono-
rato procedere, della sua moderazione ed
affabilità , del suo disinteresse, e di molta
carità verso i poveri > siccome ancora del-
la disciplina, ch'egli fece osservare alle
milizie sue, sempre acquartierate in Car-
pi, Corregio , e luoghi circonvicini. Nel
dì 12 di settembre arrivò a rilevarlo il
principe cristiano di Lobkowitz dichiarato
capitan generale e governatore dello stato
di Milano . Era preceduta una sinistra vo-
ce , che in compagni! di lui venisse la
fierezza e la barbarie. La smentì egli ben
tosto , fìttosi conoscere signore di buona
legge> e di molta amorevolezza in queste
parti . A lui non poco debbono gli stati
di Modena , perqhè regolandosi con mas-
sime diverse da quelle del Traun, delibe-
rò di liberarle dai peso delle austriache
milizie, per passare a Rimino, con dise-
gno di cacciar di là gli spagnuoli , i quali
senza rischio alcuno teneano viva nel cuo-
re d' Italia la guerra .
In
A n v o MDCCXLITT. 195
la fatti sul principio di ottobre si mos-
se esso principe a quella volta con tutte
le sue forze. A riserva di alquanti canno-
ni e di molte munizioni , che spedite dal-
la Spagna erano in viaggio, sbarcate già
in vicinanza di Civita Vecchia ( pel quale
sbarco fecero gl'inglesi doglianze e minac-
cie al sommo pontefice ) niun rinforzo di
gente era mai giunto al campo spagnuolo.
Però il duca di Modena, e il conte Gages ,
attesa Y inferiorità delie forze , non vollero
aspettar la visita degli austriaci, e passati al-
la Cattolica, andarono poi a far alto a Pe-
saro, nella qual città si afforzarono , sten-
dendo la lor gente sino a Fano e Sinigaglia .
Formarono ancora varj trincieramenti al fiu-
me Foglia con varie batterie di cannoni .
Fermossi il principe di Lobkowitz a For-
lì , e parte della sua gente si portò a Ri-
mino, città ben perseguitata dalle disgra-
zie in questi tempi . Perchè la sua caval-
leria in quelle strette campagne non potea
operare, parve ch'egli non pensasse a mag-
giori progressi . Seguirono dunque delle
scaramuccie solamente fra i micheletti
e gli usseri ; e perciocché questi ultimi
con varie schiere di croati e schiavoni in
numero di circa quattro mila persone si
etano postati alla Cattolica , il duca di
Modena, con uno staccamento dei suoi com-
battenti per una parte , il general Gages per
un' altra , e il generale conte Mariani per
mare in varie barche, nei primi giorni di
N 2 no»-
ig5 Annau d'Italia
novembre s'inviarono con isperanza di sor-
prenderli. Ma un. temporale in mare spin-
se le barche a Sinigaglia, e il Gages sba-
gliò la strada ; laonde il solo duca coi
suoi arrivò colà ., e indarno aspettò i com-
pagni. Avvisati intanto gli austriaci dei
disegno degli spagnuoli , con gran fretta
si salvarono a Rimino ^ inseguiti poi per*
molto di strada dai micheletti* Fermaron-
si poi pel restante delf anno in quei po-
stamenti le due nemiche armate, per as-
pettare stagion più propria per le azioni
militari . Ebbero anche apprensione gli au-
striaci dell'accidente che seguo.
Grande strepito > maggior timore cagionò
in questo anno per Italia e per tutti i lit-
torali del Mediterraneo ed Adriatico la pe-
ste , eh' era entrata y ed aveva preso piede
in Messina. Colà approdò nel dì 20 di
marzo un pinco genovese vegnente daMis-
solongi di Levante,, e carico di lana e fru-
mento. Esibì il padrone di esso una paten-
te falsificata, come s'egli procedesse da
Brindisi . Gli fu prescritta la conlumacia
di molti giorni , nel qual tempo egli mo-
rì , e fu occultamente trafugata qualche mer-
catanzia nella città. Insorto poi sospetto,
che in quel pinco si annidasse la peste fu
esso con tutto il suo carico dato alle fiam-
me . Ma già il malore era penetrato nella
città ; e cominciò a mancar di vita chi
avea commerciato con quei traditori. Se^
condo il pessimo costume dei popoii , che
trop-
Anno MDCCXLIIL Vo?
tròppo, abbonimento pruovano a confessar-
si assaliti da questo orribil male, si anda-
rono lusingando i messinesi , che per tutt'
altro fossero avvenute quelle morti , e pe-
rò non vi posero quei gagliardo riparo,
che occorreva in sì brutto frangente , essen-
dosi permesse processioni ed unioni del po-
polo nelle chiese , cioè il veicolo più pro-
prio per dilatare il male . Ora appena eb-
be sentore del sospetto di peste in quella
città don Bartolomeo Corsini viceré di Si-
cilia , che ne dimandò informazione ; e si
trovarono i più dei medici messinesi , che
attestarono, quella non essere vera peste,
ma un male epidemico, ancorché comparis-
sero abbastanza i buboni ; se con lode o
vitupero dell'arte loro, non occorre, eh*
io lo dica . Ma il saggio viceré non fidan-
dosi di quella relazione , inviò tre medici
di Palermo alla visita di quegP infermi , e
tutti allora conchiusero, trattarsi di quella
vera pestilenza, che spopola le città. Fu
dunque sul fine di maggio dato aliarmi,
ristretta Messina con un cordone di mili-
zie ; e perchè il male era passato di qua
dallo Stretto, ed aveva infetta la città di
Reggio, ed alcuni altri luoghi .della Cala-
bria^ la corte di Napoli anch'essa pr^se di
buone precauzioni, per preservare il resto
del regno. Bandi rigorosissimi uscirono per
tutta T Italia, e si arrivò ne'littorali del
Mediterraneo a tanta crudeltà di non voler
concedere menono sbarco a molti poveri
N t mes-
*9& Annali d'Italia
messinesi , che s'erano salvati in barche
per mare^ quasiché non si potesse assegnar
loro qualche sito da far la contumacia ,
senza lasciarli morir di fame» Non vorreb-
bono in simil caso essere trattati così quegi*
inumani. Gran parte poi del popolo di
Messina in poco più di tre mesi perì , né
solo di peste, ma anche di fame , essendosi
trovata la città sprovveduta di grano ; e
quantunque fossero loro spediti di tanto in
tanto dei soccorsi per ordine del re e del
viceré di Sicilia, pure non bastarono al
bisogno * Tal discordia poi passa fra due
relazioni , che or ora accennerò intorno al
ruolo degli estinti di quella città e contado >
che meglio ho creduto di non attenermi ad
alcuna di esse .
Maraviglia fu, che essendo in campagna
le armate, cioè gente, che non vuole leg-
ge, si salvasse l'Italia da questo eccidio.
Anche per 1* anno seguente si continuarono
i rigori delle guardie e contumacie, cosichè
terminò in fine col male anche la paura..
Se tali diligenze avessero usate i nostri
maggiori , non avrebbe in altri tempi fatta
cotanta strage con dilatarsi la peste. Né
pure in avvenire passerà dai paesi dei tur-
chi esso male, o passando non si dilaterà,
ogni qualvolta si osservino le buone rego-
le inventate per preservarsi. Questa fune-
stissima tragedia, 0 sia l'esatta relazione
della peste suddetta , si truova data alle
stampe in Palermo dal canonico don Fran
ce
Anno MDCCXLIII. 199
Cesco Testa, con tutti gli editti in tal con-
giuntura emanati . Un' altra assai curiosa
e molto utile relazione di quella tragedia
in versi sdruccioli ho io avuto sotto gli
occhi, fatta dall'abate Enea Melani reli-
gioso gerosolimitano, che di tutto era bea
informato . Fu essa- stampata in Venezia
nel 1747. Oltre a ciò si patì in questo an-
no T influsso dei raffreddori per gli stati
della chiesa, di Venezia, e Toscana, che
trassero al sepolcro molte migliaja di per-
sone. Mancò parimente di vita Maria An-
na Luisa dei Medici, figlia di Cosimo 111
gran duca di Toscana, e vedova di Gian-
Guglielmo elettor palatino , a cui non avea
data prole: principessa di gran pietà e sa-
viezza . Era nata nel dì undici di agosto
del 1667. Fatti molti riguardevoli legati,
lasciò erede degli stabili, mobili, e e:oje
della sua casa il duca di Lorena , cioè Fran-
cesco Stefano, già divenuto gran duca di
Toscana. Le proteste fatte contra di tal
disposizione dal re delle due Sicilie don
Carlo, non ebbero certamente la forza, che
seco portò il possesso. Giunse ben a tem-
po questa ricca eredità al gran duca, per
valersi dei molti preziosi arredi, argenti
e gioie in ajuto della regina di Ungheria
sua consorte , lagnandosi indarno in lor cuo-
re i fiorentini al Vedere trasportati altro-
ve i tesori ed ornamenti della loro città •
Nel dì nove di settembre fece il sommo
pontefice Benedetto XIV la tanto sospira-
N 4 ta
200 Annali d' Italia
ta promozione di ventisette cardinali , per-
sone tutte di inerito, tre dei quali si ri-
servò in petto. Quanto alla Germania , do-
ve più che in altri paesi fu bollente la
guerra, appena spuntò la primavera, che la
regina di Ungheria , dopo avere spedita
una potente armata contro la Baviera, pas-
sò col gran duca consorte e correggente
in Boemia , e nei dì dodici di maggio so-
lennemente ricevette in Praga la corona di
quel regno . Nel dì nove di esso mese all'
armata austriaca , comandata dal principe
Carlo di Lorena , e dai maresciallo di Re*
venhuller , venne fatto di dare una rotta
ai gallo-bavari , postati alle rive del fiume
Inn , con fare molti prigionieri , e coli'
acquisto di quattro cannoni e di varj sten-
dardi . Dopo di che il vittorioso esercito
si spinse addosso alla città di Dingelflng^
che abbandonata dai francesi 3 non si sa ,
se per aver essi posto il fuoco ai magaz*
zini , o pure per barbarie dei croati , re-
stò quasi preda delle fiamme. Anche la cit-
tà di Landau ventìe in loro potere, e fu
attribuito un simile incendio di essa ai
francesi, che le diedero anche il sacco pri-
ma d'andarsene. Ritiraronsi in fretta pari-
mente da Deckendorf, e da Landsut. Per-
chè parea, ch'essi francesi facessero peggio
degli stessi nemici, non si può dire, quan«
to odio concepirono centra di loro i bava-
resi . Arrivavano già le scorrerie dei ne-
mici in vicinanza di Monaco , e però F
ITTI-
Anno MDCCXLIIL 2ói
irnperador Carlo VII, che nel dì 17 di apri-
le era tornato in quella sua capitale , non
trovandosi ivi sicuro , nel dì otto di giu-
gno per la seconda volta se ne ritirò riducen-
dosì coli' imperiale famiglia ad Augusta. Al-
trettanto andava facendo il maresciallo fran-
cese conte di Broglio, il quale si ridusse
in salvo sotto il cannone d' Ingolstat , e
poscia si staccò anche di là all'appros-
simarsi degli austriaci , ed abbandonò fino
Donawert . Nei dì nove del mese suddetto
rientrarono essi austriaci in Monaco, e in
poco tempo si renderono padroni di quasi
tutta la Baviera, e dell'alto Palatinato,
con acquisto di gran copie di artiglierie ;
laonde l' imperadore si ridusse poscia in
Francoforte. Furono poi cagione questi ro-
vesci di fortuna , che il gabinetto del re
cristianissimo giudicasse a proposito di far
proporre alla regina di Ungheria delle pro-
posizioni di pace. Pareano queste assai di-
screte , perchè si facea contentare la corte-
di Baviera di un ritaglio della monarchia
austriaca , per quanto fu detto , cioè nella
Briscovia ; e il re di Prussia di una por-
zione della Slesia . Ma il buon vento , che
allora correa in favor della regina, egon-
iìava le vele di speranze maggiori , ed es-
sendo di pochi il sapersi moderare nella
prospera fortuna : non le lasciò accettare
la proposta concordia , allegando essa sem-
pre di non poter permettere , che si scio-
gliesse il viecolo della prammatica sanzio-
ne.
202 Annaii d'Italia
ne, assodato coli' approvazione e giurameli*
to di tante altre potenze. Se n'ebbe forse
a pentire col tempo.
Nel presente anno, e nel dì 27 di giu-
gno seguì una sanguinosa battaglia a Det-
tingen fra 1' esercito francese , guidato dal
maresciallo duca di Noaglles , e l' inglese
ad Annoveriano , in cui si trovava lo stes-
so re della gran Bretagna Giorgio li. Amen-
due le parti gareggiarono in ispacciar mag-
giori i riportati vantaggi, giacché non fu
conBitto decisivo . Certo è , che gì' inglesi
rimasero padroni del campo di battaglia ,
e contarono non pochi stendardi e bandie-
re prese. Vennero intanto sottomesse dagli
austriaci la fortezza di Braunau in Bavie-
ra , e Friedberg , e Reichental , i presidj
dei quali luoghi si renderono prigionieri
di guerra . Nel dì 20 di luglio la fortezza
di Straubingen con capitolazioni oneste si
rendè al tenente maresciallo austriaco ba-
rone di Berenclau. Sostenne la città di Egra,
unicamente restata in Boemia in poter dei
francesi, un lunghissimo assedio; ma final-
mente nel dì sette di settembre quel pre-
sidio si diede per vinto e prigioniere dell'
armi della regina di Ungheria : con che la
Boemia interamente tornò alla quiete pri-
miera . Grande materia di discorsi fu in
questo anno il veder tutti i francesi riti-
rarsi precipitosamente dalla Baviera verso
il Reno , e valicarlo con passare in Alsa-
zia. Parve, che quella sì valorosa nazione,
al-
Anno MDCCXLIIL 203
allorché troppo si allontana dai confini del
suo regno , o non conservi la consueta sua
bravura^ o non sia accompagnata dalla for-
tuna . Trasse anche al Reno l'esercito del
principe Carlo : esercito di gran possa , e
seguirono poi varj tentativi per passarlo ,
con altre azioni , dal racconto delle quali
io mi dispenso . Solamente come punto di
grande importanza merita menzione la resa
della città e fortezza d'Ingolstat, accadu-
ta dopo pochi giorni di assedio nel dì no-
ve di settembre agli austriaci : Piazza la
più considerabile della Baviera . Si conob-
be nondimeno, che v' intervenne qualche
segreto concerto, perchè non altro fu per-
messo alla regina di Ungheria > che di
estrarne l'artiglierie e gli attrecci e le
munizioni da guerra. Colà si era ricovera-
to il meglio deirimperador bavarese , e a tut-
to fu portato sommo rispetto . Centosettan-
tacinque furono i cannoni, trentuno i mor-
tari , che asportati di colà andarono a re-
clutare i magazzini della regina di Unghe-
ria, la cui gloria crebbe di molto nelT an-
no presente» Trattarono in questi tempi i
genovesi con tal serietà e dolcezza gli af-
fari della Corsica , esibendo a que^ popoli
ragionevoli condizioni di vantaggio e sicu-
rezza, che riuscì loro in fine di smor-
zare un incendio di sì lunga durata , e che
era loro costato parecchi milioni.
Au-
so4 Annali d'Italia'
Anno di Cristo 1744^ indizione vin
di Benedetto XIV , papa 5.
di Carlo VII, imperadore 3*
1 er tutto il verno del presente anno an-
darorio calando dalla Germania copiose re-
clute , ed anche alcuni reggimenti , che pas-
savano ad ingrossare Tarmata del -principe
Lobcoivitz , acquartierata a Cesena, Forlì,
e Rimine , conoscendosi abbastanza , altro
nou meditarsi, che di procedere innanzi
per cacciar gli spagnuoli da Pesaro, e da
gli altri luoghi da loro occupati . All'in-
contro in tale stato era T armata spagnuo-
la, che quand' ancke la forza non la fa-
cesse sloggiare , sarebbe essa obbligata a
ritirarsi a cagion della mancanza dei forag-
gi per terra, e perchè giravano per quei
lidi alcuni legni inglesi, che ne impediva-
no il trasporto per mare. Inviarono gli
spagnuoli rari distaccamenti pel ducato di
Urbino, o per precautarsi dall'essere assa-
liti, da quella parte, o per far credere
di voler eglino assalire i Ma finalmente il
principe di Lobcowitz sul principio di mar-
zo diede la marcia al poderoso suo eser-
cito^ risoluto di venire a battaglia, se gli
spagnuoli intendevano di aspettarlo di pie
fermo . Noi vollero già essi aspettare per
ordine, come essi diceano i venuto da Ma-
drid ; però sul fare del giorno del dì set-
te 7 senza suono di trombe o tamburi, e
con
Anno MDCCXLIV. 205
con restar sempre chiuse le porte di Pesa-
ro , s'avviarono alla volta di Sinigaglia.
Non mantenne il conte di Gages la promes-
sa fatta al vescovo di Fano di non disfare
il ponte del Metauro. Alle più valorose
truppe, e alle guardie del duca di Mode-
na, fu lasciato l'onore, della retroguardia.
Nel dì nove arrivò ad infestarli un grosso
corpo di usseri e croati , guidati dal conte
Soro, coi quali convenne venire alle mani ,
e durò questa persecuzione anche nei dì
seguenti , con danno di amendue le parti •
Mentre andava innanzi il nerbo dell' arma-
ta , la retroguardia , che avea preso riposo
a Loreto, nel di 13 di esso marzo sotto
le mura di quella città si vide assalita da
cinquemila austriaci;, e il conflitto durò
per dieci ore, con ritirarsi in fine il di-
staccamento austriaco. Nel proseguire il
viaggio a Recanati gli spagnuoli furono sa-
lutati dal cannone di due navi inglesi , che
uccisero il maresciallo di campo Brieschi,
comandante delle guardie vallone , con due
altri ufiziali. Nel dì 16 fu di nuovo assa-
lita la retroguardia suddetta , e si combat-
tè sino alle vent' ore con vicendevole mor-
talità. Finalmente nsl dì 18 due ore avan-
ti giorno 1' esercito spagnuolo , lasciati
molti fuochi nel campo, s' istradò verso il
iìume Tronto, confine del regno di Napo-
li, e nel mezzo giorno sopra un preparato
ponte di barche cominciò a passarlo , e da
quella riva non si mossero il duca di Mo-
de-
2o6 Annali d'Italia
dena e il conte diGages, se non dopo aver-
li veduti tutti in salvo. Andarono poi es-
si a prendere riposo per quattro giorni a
Giulia Nuova, e poscia furono ripartite le
truppe in varj quartieri, ma dopo aver- pa-
tita una grave diserzione nel viaggio. Sta-
vano esse in Pescara, Atri, Chieti, città
della Penna, e città di sant'Angelo; nel
qual tempo anche gli austriaci si accanto-
narono fra Recanati , Macerata , Fermo ,
Ascoli, e Tolentino. Se il principe di Lo-
bcowitz avesse trovata nei suoi subordina-
ti generali maggiore ubbidienza ed amore
di peggio sarebbe avvenuto alla precipitosa
ritirata del campo nemico.
All' osservare questa brutta apparenza di
cose , non tardò l' infante don Carlo re-
delie due Sicilie , nel di 25 di marzo a
muoversi da Napoli , ed accorrere in per-
sona anch' egli nelle vicinanze dell' Ab-
bruzzo con quindicimila dei suoi combat-
tenti , unendosi con gli spagnuoli, non già
con animo di rinunziare alla neutralità ,
ma solamente di guardare il suo regno da
gP insulti dei nemici , caso che questi fos-
sero i primi a fare delle ostilità. La re-
gina sua consorte per maggior sicurezza
fu inviata a Gaeta , non ostante le pre-
ghiere in contrario della appellata fedelis-
sima città di Napoli. Non si può negare:
giudicò il principe di Lobcowitz non dif-
fìcile la conquista del regno di Napoli. Con-
duceva egli una poderosa armata , a cui
di
Anno MDCCXLIV. 207
ài tanto in tanto arrivavano nuovi rinfor-
zi di gente e di munizioni . Nel regno stes-
so non mancavano dei ben affetti all'au-
gusta casa di Austria ,. che segretamente
faceano sperar delle rivoluzioni alla corte
vi Vienna . Però venne V ordine ad esso
principe d' inoltrarsi . Nei fine di aprile
un corpo di austriaci, valicato il Tronto ,
penetrò riell' Abbruzzo , e trovò gente, che
l'accolse di buon cuore. Ma il Lobcowitz
sul riflesso , che facendo anche progressi
da quella parte, restavano da superar le
montagne, e che tuttavia egli si trovereb-
be lontano dal cuore e centro del regno:
determinò più tosto di prendere un cam-
mino più facile per le vicinanze di Roma
e di Monte Rotondo : cammino appunto
eletto dagli conquistatori del regno di Na-
poli . Levato dunque il campo da Macera-
ta , e dai circonvicini luoghi , si avviò
verso la metà di maggio a quella volta .
Par lo contrario Y infante re appena ebbe
penetrato il di lui disegno , che retrocesse
a san Germano, e alle sue forze sonda-
rono ad unire quelle dell' esercito spagnuo-
lo. Né solamente pensò alla difesa dei pro-
prj confini, ma eziandio, giacché stimava
che l'avessero i nemici disobbligato dalla
promessa neutralità coi tentativi fatti nel!'
Abruzzo, spinse alcuni grossi distaccamen-
ti nello stato ecclesiastico a Ceperano ,
Frosinone , e Vico Varo , sino a giugnere
coi suoi picchetti al Tevere. Nel dì 24 del
me-
2o8 Annali d' Italia
mese suddetto, giunto a Roma il principe
Lobcowitz , ebbe una benigna udienza:
dal papa, e chiamò poi quella giornata dì
di trionfo, stante il gran plauso e i viva
sonori di quella plebe. Ben regalato se ne
andò a monte Rotondo ; di là poi passò
a Frascati , Morino , castel Gandolfo , ed
Albano. Intanto entrata anche tutta Tar-
mata napolispana nello stato ecclesiastico,
si divise in tre corpi, postandosi il re ad
Anagni con uno , il duca di Modena
con un altro aValmonte, e il generale di
Gages a monte Fortino . Tutti finalmente
si ridussero a Velletri, giacché si scoprì
invogliato V esercito austriaco di penetra-
re per colà nel regno di Napoli . Non si
potea dar pace il pontefice Benedetto XIV,
al mirare divenuti teatro della guerra i
paesi della chiesa con tanto aggravio e de-
solazione dei sudditi suoi. L'unica speran-
za di vedere in breve terminato questo fla-
gello, era riposta in una giornata campale ,
che decidesse della fortuna dell'armi. Ma
non faceano gli spagnuoli in questi conti ,
bastando loro di tenere a bada gli avver-
sar) , tanto che non mettessero piede nel
regno : perchè ben prevedevano , che questo
sarebbe stato un vincerli senza battaglia.
Sul principio di giugno arrivati gli au-
striaci al monte della Faiola, ed occupa-
to quel sito, che dominava il convento dei
cappuccini di Velletri, quivi cominciarono
ad alzar batterie, per incomodare i na-
po-
A K * o MDCCXLIV. 205
polispani esistenti nella città, i quali tene-
vano aperto alle spalle il commercio col
regno , da cui continuamente ricevevano le
bisognevoli provvisioni. A Nemi era il
quartier generale del Lobcowitz . Perchè
in questi tempi era restata poca gente al-
la custodia dell'Abruzzo, riusci al colo-
nello austriaco conte Soro con un distac-
camento di truppe di entrare nelle città
dell' Aquila , di Teramo , e Penna . Si eb-
bero bene a pentire col tempo quegli
sconsigliati abitanti di avere accolti quei
nuovi ospiti con tanta festa , e di aver
prese anche, se pur fu vero, Tarmi in Io-
xo favore. Videsi poi sparso per varj luo-
ghi del regno un manifesto della regina
di Ungheria, contenente le ragioni di aver
mossa quella guerra, coli' animare i popoli
alla ribellione. In esso furono toccati cer-
ti tasti , che dispiacquero alla sacra corte
di Roma, ed essendosene ella doluta , pro-
testò poi la regina di non aver avuta parte
in esso manifesto .
Stavano dunque a fronte , separate da
una valle profonda, le due nemiche arma-
te , cercando cadauna di ben fortificare i
suoi posti, e di occupar quelli dei nemi-
ci. Spezialmente nella Faiola , e in monte
Spi«o si afforcarono gli austriaci, e i na-
polispani nel monte dei cappuccini . Fiocca-
vano le cannonate dall'una parte e dall'
altra. Ma nella notte antecedente al dì f7
di giugno, avendo il conte di Gages da
Tom. XXVII. O al-
210 Annali d'Itaiia
alcuni disertori ricavato nome della guar-
dia , ed appresa la situazion degli austria-
ci alla Faiola , sito onde era forte incomo-
data la regia armata , con grosso corpo di
gente si portò all' assalto di quel posto me-
desimo , e se ne impadronì, con far pri-
gioni, oltre agli uccisi, il generale di bat-
taglia baron Pestaluzzi , il colonnello e te-
nente colonnello del reggimento Pallavicini,
ed altri ufiziali con ducente sessanta solda-
ti , e gli servì poi quel sito per inquietar
frequentemente gli austriaci nel loro cam-
po. Fu cagione questa positura di cose^
cotanto penosa al territorio romano , che
il pontefice Benedetto XIV per sicurezza e
quiete di Roma chiamasse colà alcune mi-
gliaia dei miliziotti di Varie sue città. Du-
rò poi la vicendevole sinfonia delle canno-
nate e bombe sotto Velletri con poco dan-
no deir una e dell' altra parte sino al dì
dieci di agosto ; quando il principe di Lo-
bcowitz , animato dalle notizie prese da
un villano di Nemi, e da alcuni disertori,
determinò di tentare una strepitosa impre-
sa. Il disegno suo era d' impadronirsi di
Velletri , e di sorprendere ivi il re delle
due Sicilie, il duca di Modena, ed altri
primarj ufiziali della nemica armata . Nella
notte adunque precedente al dì undici del
mese suddetto fece marciare alla sordina
due corpi di gente ^ V uno di quattromila
soldati, e V altro di duemila per diverse
vie. Il primo era comandato dai tenenti
Anno MDCCXLIV. 211
generali Broun , e Linden , e dai generali
di battaglia Novati e Dolon , e questi fe-
cero un giro verso la sinistra dell'accampa-
mento napolispano, ed arrivati sul far del
giorno al sito , dova erano postati i tre
reggimenti di cavalleria, della regina., Sa-
gunto e^Bordon, con alcune brigate di fan-
teria, le quali quantunque prive di trincie-
ramenti non si aspettavano una visita sì
fatta, e tranquillamente dormivano: diede-
ro loro addosso , con attaccar nello stesso
tempo il fuoco alle tende. Molti vi resta-
rono uccisi^ altri rimasero prigionieri; chi
ebbe buone gambe > e fu a tempo, si sal-
vò. Agli abbandonati cavalli furono taglia-
ti i garretti , e per conseguente tolta la
maniera di più servire e vivere t La sola
brigata dei valorosi irlandesi fece testa ,
finché potè; ma soprafatta dalle forze mag-
giori, dopo grave danno, cercò di salvar-
si in Velletri. Dietro ai fugitivi per quel-
la medesima porta entrarono gli austriaci
nella città, e si diedero ad incendiar varie
case per accrescere il terrore . Presero le
armi i poveri velletrani , per difendere
ognuno le abitazioni proprie j ed alquan-
ti vi lasciarono la vita . Avvisato per
tempo il re di questa sorpresa , balzò
dal Ietto, e vestito in fretta si ritirò
al posto dei cappuccini , ed era sola-
mente in apprensione pel duca di Mode-
na , e per 1? ambasciatore di Francia . Ma
anche il duca di Modena, e l' ambasciato-
ci a re
sia, Annali d' Itali a %
re ebbero alcuni momenti favorevoli per
tener dietro a sua maestà fra le archibu-
giate dei nemici. Entrò il general Novati
nel palazzo del duca; furono presi e con-
dotti via tutti i suoi eavalli . Dubbio non
ci è, che se gli austriaci avessero atteso a
preseguitare i napolispani , e se fosse
giunto a tempo l'altro corpo di gente, che
dovea raggiugnerli , restava la città di Vel-
letri in loro potere. Ma secondo il solito
più vogliosi i soldati di bottinare , che di
combattere , si perderono attorno agli equi-
paggi degli ufìziali , e alle sostanze dei
cittadini, con far veramente un buon bot-
tino , spezialmente dove abitava Y ambascia-
tore di Francia, e i duchi di Castropigna-
no e di Atrisco . Ciò diede campo ad essi
napolispani di rincorarsi , e di accorrere al-
la difesa , e particolarmente con furore s'
inoltrarono le guardie vallone per la lunga
strada di Velletri contra dei nemici . Sorpre-
sero il general Novati , che si era perduto a
scartabellare le scritture del duca di Mo-
dena, e custodiva le di lui argenterie , che
verisimilmente doveano essere il premio
delle sue fatiche, e il fecero prigione. So-
pravenuto poi un rinforzo del conte diGa-
ges , talmente furono incalzati gli austria-
ci , che chi non rimase o ucciso o prigio-
ne , fu forzato a salvarsi fuori di Velletri,
e di lasciar libera la città .
Mentre si facea questa sanguinosa danza
in Velletri , il principe di Lobcowitz con
ai-
Anno MDCCXI.1V. 2tg
altri novemila soldati dovea portarsi all'
assalto dei posti della collina fortificati
dai nemici. Tardò troppo. Tuttavia gli
riuscì di occupar qualche sito del monte
Artemisio. Ma così incessante fu il fuoco
degli spagnuoli che quanti s1 avanzavano ,
rotolavano uccisi al fondo della valle , di
maniera che dopo un ostinato conflitto di
alcune ore , furono forzati anche quegli au-
striaci a battere la ritirata , e ad abban-
donare gli occupati posti. Terminata la
scena, ognuna delle parti esaltò a dismi-
sura la perdita dell'altra. I più saggi cre-
derono , che trai morti e prigioni di na-
polispani vi restassero almen duemila per-
sone , fra le quali di prigionieri si conta-
rono circa ottanta ufiziali, e fra gli altri
.il general conte Mariani , sorpreso colla
gotta in letto. Vi perdevono anche y chi
disse nove, e chi dodici bandiere della bri-
gata d'Irlanda. Dalla banda degli austria-
ci rimasero prigioni oltre al generale No-
vati , diciotto altri ufizialr, e molti solda-
ti colti in Velletri, e quantunque spaccias-
sero di aver lasciati morti sul campo sola-
mente circa cinquecento uomini, pure gli
altri fecero ascendere la lor perdita a più
di duemila persone. La verità si e, che se
mancò la felicità, non mancò già la gloria
di questo tentativo al principe di Lobcov-
vitz 3 perchè in simili casi né si possono
prevedere tutti gli accidenti , né a tutto
provvedere. Ma certo è altresì , che mag-
0 3 gior
2i4 Annali r>' I t al t a
gìor fu la gloria dei napolispani , i quali
in sì terribil improvvisata, e con tanto
avanzamento dei nemici > non solamente si
seppero sostenere \ ma anche rovesciarono
valorosamente le loro schiere, superando
una tempesta, che fece grande strepito en-
tro e fuori d'Italia. Dopo questo fattore-
state le due armate nei consueti loro po-
sti, continuarono a salutarsi coi recipro-
chi spari di artiglierie senza vantaggio da-
gli uni e degli altri. Attese intanto V in-
fante re don Carlo a rimontare la. sua ca-
valleria : al che concorsero tutti i vassalli
del regno di Napoli , ed anche quei di Si-
cilia . Varj distaccamenti spediti dal re in
Abbruzzo ne fecero in questi tempi slog-
giare il colonnello Soro coi suoi palpitan-
ti, e tornare alla ubbidienza della maestà
sua le già occupate città . Il rigore usato
contra di quegli abitanti dal comandante
Napoletano, fu detto, che venisse detesta-
to dalla corte stessa, e tanto più da chi
senza parzialità pesava le azioni degli uo-
mini ,
Per tutto il settembre , e per quasi tut-
to l'ottobre stettero in quella positura ed
inazione le due nemiche armate sotto Vel-
letri , quando si cominciò a scorgere, che
il principe di Lobcowitz meditava di de-
campare, e di ritirarsi alla -volta del Te-
vere, giacche inviava innanzi verso Civita
Vecchia i suoi malati , e parte delle arti-
glierie, munizioni, e bagagli. Certamente
du-
Anno MDCCXLIV. 215
durante la state non erano cessati di giù-
gnére nuovi rinforzi di gente al suo cam-
po; ma di gran lunga sempre maggiore si
trovava il numero di coloro, che cadevano
infermi , e andavano anche mancando di vi-
ta . I caldi di quel paese non si confaceva-
no colle complessioni tedesche, avvezze ai
freddi, e l'aria delle vicine paludi Ponti-
ne stendeva fin colà i perniciosi suoi in-
flussi , di modo che quanto si trovò in es-
so ottobre infievolito V esercito suo , altret-
tanto si vide disperato il caso di vincere
la pugna , e di obbligare li napolispani a
retrocedere. Non è già, che restasse esente
da gravissimi guai anche 1' oste napolispa-
rta , stante la continua diserzione, ch'essa
patì, maggior di quella degli avversarj , e
la gran quantità dei suoi malati , e la dif-
ficoltà di ricevere i viveri , che bisognava
condurre qon pericolo ben da lontano, es-
sendosi spezialmente per qualche tempo tro-
vata in somme angustie per mancanza di
acqua da abbeverar uomini e cavalli. Pure
tanta fu la costanza dei re e di tutti isuoi,
che sofFerirono più. tosto ogni disagio , che
darla vinta ai vicini nemici. Pertanto sulP
alba dei dì primo di novembre il principe
di Lobcowitz levò il campo, e in ordine
di battaglia s'inviò verso ponte Molle, per
cui, e per un ponte di barche già formato
a fin di far passare le artiglierìe, nel dì
seguente ridusse di qua dal Tevere legan-
ti sue . Perchè da Roma uscirono alcune
0 4 cen-;
2,i6 Annali ©'Italia"
eentinaja di persone arrolate dal cardinale
Acquavlva , che infestarono il loro passag-
gio, se ne vendicò poscia il principe con da-
xe il sacco ad alcune innocenti ville. Nello
stesso dì primo di novembre anche l'arma-
ta napolispana, trovandosi liberata dai cep-
pi di tanta durata , con giubilo inesplica-
bile si mosse da Velletri per tener dietro
ai nemici,, procedendo nondimeno con tan-
ta lentezza , che ben si conobbe non aver
voglia di cimentarsi con loro, siccome quel-
la che contava per sufficiente vittoria il ve-
derli slontanare da quelle contrade . Nel di
due, fram ezzate dai Tevere, i cui ponti
erano stati rotti, si fermarono in faccia le
due armate, salutandosi solamente l'una
e l'altra con varie cannonate. Quivi si tro-
vava coli' oste sua il re delle due Sicilie
don Carlo , e sospirando la consolazione di
vedere il pontefice Benedetto XIV e di ba-
ciargli il piede, concertò pei dì seguente
l'entrata sua in Roma. Colà portossi la
maestà sua, accompagnata dal duca di Mo-
dena , dal conte di Gages, dal duca di Ca-
stropignano e da numerosa altra ufizialità,
e fra il rimbombo delle artiglierie di ca-
stello sant'Angelo, le quali gran dispetto
e mormorazione cagionarono nel campo te-
desco , fu ricevuto con tenero affetto dai
santo padre , e per una ora continua durò
il loro abboccamento.
Confessò dipoi in una delie sue dotte
pastorali il buon pontefice, che fra l'altre
co-
Anno MDCCXL1V. 217
cose il re gli fece istanza di minorare il
soverchio numero delle feste di precetto
( grazia già accordata da sua santità a va-
rie chiese di Spagna ) atteso il detrimento ,
che ne veniva ai poveri , e agli artisti > e
ai lavoratori della campagna . Congedatosi
il re da sua santità,, passò dipoi a venerar
nella Vaticana basilica il sepolcro dei san-
ti Apostoli , e a visitar le più rare cose
dei vastissimo palazzo pontifizio , dove tro-
vò insigni regali preparatigli dal santo pa-
dre, siccome ancora un lautissimo pranzo
per sé , e per tutto il suo gran seguito ,
NelT inviarsi fuori di Roma visitò anche la
basilica Lateranense , lasciando dà per tut-
to contrasegni della sua gran pietà, affabi-
lità, e munificenza. Anche il duca di Mo-
dena ricevette dipoi una benignissitna e
lunga udienza dal pontefice ; e laddove il
re si era incamminato per passare a Velie-
tri e a Gaeta , egli se ne tornò la sera al
campo. Passò dipoi il vittorioso re a Napo-
li accolto da quel gran popolo con inces-
santi acclamazioni, sigillo della fedeltà ed
amore verso di lui mostrato in sì perico-
losa congiuntura . Vedesi data alla luce la
descrizione dei rinomato assedio di Velie-
tri 3 composta con elegante stile latino dal
signor Castruccio Buonamici_, ufiziale mi-
litare del suddetto re delle due Sicilie.
Si andò ritirando l'esercito austriaco su
I di Viterbo, e poscia su quel di Pe-
rugia y inseguito, ma da lungi, dal Na-
no-
2i8 Annali d'Italia
polispano , che quantunque superiore di for-
ze , mai non volle e non osò molestarlo .
E perciocché il conte di Gages arrivato a
Foligno, serrò il cammino conducente nel-
la marca di Lobcowitz, se volle venir di
qua dall' Apennino , altro spediente non
ebbe, che di prendere la via del Furio ,
per cui passando con grave incomodo del-
le sue genti , andò poi a distribuirle a
quartieri in Rimino , Pesaro, Cesena, For-
lì, ed Urbino. Fu posto il quartier gene-
rale in Imola . Vicendevolmente il conte
di Gages ritiratosi da Assisi > Foligno ed
altri luoghi , stabilì il suo quartiere in
Viterbo, e mise a riposar la sua armata
in quei contorni, stendendola fin quasi a
Civita Vecchia . E tale fu il fine di questa
spedizione pel meditato acquisto di Napo-
li , che diede occasione al tribunale dei
politici sfaccendati di profferir varie deci-
sioni . Proruppero i parziali del re delle
due Sicilie in encomj e plausi per la sa-
via condotta di lui , e dei suoi generali ,
da che avea tenuto lungi dai suoi confini
il potente nemico esercito, e tiratolo nel-
le angustie di Velletri, con averlo obbli-
gato a star ivi per tanto tempo racchiuso .
Per lo contrario i ben affetti alla regina
di Ungheria si lasciarono scappar di boc-
ca qnalche disapprovazione dell'operato dal
comandante generale austriaco, non sapen-
do intendere , perchè egli avesse presa la
ristrettissima strada di Velletri , e si fos-
se
Anno MDCCXLIV. 219
se* ostinato io quella situazione, senza eleg-
gere più tosto , o prima o dappoi , la via
di Sora , od altra per entrare nel regno ,
dove non era fuor di speranza qualche mu-
tazione, ed una battaglia potea decidere
di tutto . Ma è troppo avvezza la gente a
misurar le lodi e il biasimo delle imprese
dal solo esito loro, quasiché il fine infelice
di un' azione faccia , che il saggio non V
abbia con tutta prudenza sul principio in-
trapresa . Disgrazia , e non colpa è ordì*
nanamente Y avvenimento sinistro dell? ri-
soluzioni formate da chi è provveduta
senno. Intanto la misera città di Velletri
respirò dal peso di tanti armati; ma non
restò già esente da altri mali, perchè per
gli stenti passati , e pel fetore di tanti ca-
daveri malamente seppelliti , sorse una ma-
ligna epidemia in quel popolo. Spedì il
pontefice gente per farne lo spurgo , ed an-
che ajuto, di pecunia; ma non lasciò per
questo di essere ben deplorabile la lor for-
tuna Tjyientre si facea la guerra finquì ac-
cennata nel Levante dell'Italia, un'altra
più fiera, che divampò, e si dilatò in que-
sto medesimo anno nelle parti di ponente,
trasse a sé gli occhi di tutti. Avendo fi-
nalmente la corte di Spagna ottenuto che
il re cristianissimo seconderebbe con forze
gagliarde i suoi tentativi contro gli stati
del re di Sardegna, si videro in moto al-
la metà di febbrajo gli spagnuoli, per tor-
nare dalla Savoja in Provenza. Quivi si
ac-
220 Annali d'Italia
accoppiarono poscia l'infante don Tìlip-poì
e il principe di Conty , supremo comandan-
te delP armi francesi , e per tempo ognun
si avvide, essere le loro mire dalla parte
marittima di Nizza e Villafranca. Contro
tanti nemici solo si trovava il re di Sar-
degna Carlo Emmanuele , a cui fu in que-
sti tempi dato 1' attuai possesso di Piacen-
za , di Vigevano, e dell'altro paese a luì
accordato nella lega di Vormazia ; ma nul-
la perciò egli sgomentalo si studiò di ben
munire di genti e ripari il paese suo po-
sto al mare.
Prima nondimeno, che si desse fiato al-
le trombe in terra , avvenne una gran bat-
taglia in mare fra Y ammiraglio inglese
Matteus , e la flotta francese e spagnuola,
che si erano unite in Tolone. Queste ul-
time la fama amplificatrice delle cose le
faceva ascendere sino a sessanta vascelli di
linea . Èrano ben molto meno . Stava il
Matteus coi suoi legni nell'isole di Jeres ,
attento ai movimenti dei suoi avversar) ,
quando giuntogli l'avviso nel dì 22 di feb-
braio , che usciti di Tolone aveano messe*
alla vela , passò tosto ad assalire la van-
guardia condotta dalle navi spagnuole .
Atrocissimo fu il combattimento verso Ca-
po Cercelli ; 1' orribile ed incessante stre-
pito di tante artiglierie sparse il terrore
per tutte le coste della Provenza , e cor-
sero infinite persone sull'alture delle mon-
tagne ad essere spettatrici di quella scena
in-
Anno MDCCXLIV. 22 r
infernale. Per confessione degli stessi ne-
mici fece maraviglie di valore V armata
navale di Spagna, comandata dall' ammira-
glio Navarro ; e tanto più perchè il si-
gnor di Court comandante della francese ,
o npn entrò mai veramente in battaglia ,
o se vi entrò , poco tardò a ritirarsi per
non vedere sconciati i suoi legni . Che per
altro fu creduto , che se i francesi avesse-
ro meglio soddisfato al loro dovere, pro-
babilmente potea riuscir quel conflitto con
isvantaggio degl' inglesi , stante il non es-
sere accorso a tempo in ajuto del Matteus
il vice-ammiraglio Lestok, che fu poi pro-
cessato per questo . La notte pose fine a
tanto furore ; ma nel dì seguente si tornò
alle vicendevoli offese , quando il mare ,
stato anche nei dì innanzi assai burrascoso,
accresciuta la collera, separò affatto le ne-
miche armate , spignendole un fierissimo
vento amendue alla volta di Occidente .
Perderono gli spagnuoli un vascello di ses-
santasei pezzi di cannone , e di novecento
uomini di equipaggio, caduto in man degli
inglesi sì maltrattato , che dopo averne es-
si estratto il capitano con ducento uomini
rimasti in vita, giudicarono meglio di dar-
lo alle fiamme . Grande fu la copia dei mor-
ti e feriti di essi s-pagnuoli : rimasero an-
che i lor vascelli talmente sconcertati , che
ridotti a Barcellona ed Alicante, noo si
sentirono poi voglia di tornare in corso .
Forse non fu rrìinore il numero dei morti
e fé-
222 Annali d'Italia
e feriti dalla parte degli inglesi, i quali
anche per l'insorta tempesta patirono as-
saissimo, e si ridussero a porto Maone. I
soli francesi ebbero salve ed illese le lor
navi e genti ; se con loro onore ^ da mol-
ti si dubitò. Perchè lo stesso ammiraglio
Matteus non fece di più , fu anch' egli ri-
chiamato a Londra ,, e sottoposto a un lun-
go e rigoroso processo .
Intanto avea il re di Sardegna fatti ga-
gliardi preparamenti di genti e fortifica-
zioni al fiume Varo , giacché V esercitò
terrestre dei gallispani minacciava un ir-
ruzione da quella parte . Alle sboccature
parimente di quel fiume stavano ancorate
alquante navi inglesi, per impedire il pas-
saggio colle loro artiglierie. A nulla ser-
virono quei tanti ripari , perchè senza dif-
ficoltà nel dì due di aprile comparve di
qua dal Varo la fanteria spagnuola , al
quale avviso i cittadini di Nizza^ mercè
della facoltà loro data dal real sovrano,
affinchè non rimanessero esposti a guai mag-
giori , andarono a presentar le chiavi di
quella città all' infante don Filippo . ili-
poste avea le principali sue speranze il re
Sardo nei trincieramenti fatti dai suoi in-
gegneri a Villafranca, e Montalbano , che
certamente parvero inaccessibili, massima-
mente perchè alla guardia di essi veglia*
vano molte migliaja delle sue migliori trup-
pe . Ma ossia, che intervenisse qualche
stratagemma, per cui l'armata gallispana,
ascen-
Anno MDCCXLIV. 223
ascendente , per quanto fu creduto 3 a qua-
rantamila combattenti, si aprisse senza gran
fatica il varco a quel fortissimo accampa-
mento, con arrivare inaspettatamente ad-
dosso al marchese di Susa, e menarlo via
prigione; o pure, che a forza di furiosi
assalti si superassero tutti quegli ostacoli:
certo è, che nel dì 20 di aprile essi gal-
lispani vi entrarono» Gran resistenza fecero
i savoiardi; più di una volta rispinsero le
schiere nemiche, e gran sangue fu sparso,
e fatti dei prigioni dall'una e dall'altra
parte. Si sostennero essi savoiardi in al-
cuni siti sino alla notte, in cui il general
comandante Sinsan , dopo aver posto pre-
sidio nel castello di Villafranca , e nel for-
te di Montalbanó, andò ad imbarcare cir-
ca quattromila dei suoi colle artiglierie,
che potè salvare , in molti legni preparati
nel porto di Villafranca, e passò ad One-
glia. Non aspetti alcuno da me il conto
dei morti , feriti e prigioni dall' una e dal-
l'altra parte, e dei cannoni, bandiere, e
stendardi presi, perchè so, che non amano
il comperar bugie : che di bugie appunto
abbondano le relazioni dei fatti di armi a
misura delle differenti passioni . Poco poi
tardarono Montalbanó, e il castello di Vil-
lafranca a sottomettersi ai gallispani. At-
tese allora il re di Sardegna a beri pre-
munire i passi delle montagne di Tenda,
affinchè lasciassero i nemici il pensiero di
penetrar per quelle parti in Piemonte ; e
si
224 Annali d'Italia
si diede a provveder di tutto l'occorrente
i forti suoi nella valle di Demont e Cu-
neo, prevedendosi abbastanza che gli av-
versarj sarebbono per tentare di nuovo da
quella parte una calata nei suoi stati .
Fu nei di sei di giugno, che arrivato un
grosso distaccamento di spagnuoli ad One-
glia , trovò abbandonata quella terra dalle
milizie savojarde, e da buona parte di que-
gli abitanti , che tutti si ridussero col più
delle loro sostanze alT alto della montagna .
Pensavano intanto i gallispani a voli mag-
giori , e in fatti avendo ripassato il Varo^
cominciarono dal colle dell' agnello e da al-
tri siti circa il dì 20 di luglio a calar ver-
so la valle , dove trovarono delle forti bar-
ricate ai passi , sostenute con vigore per
qualche tempo dai savojardi , ma poi ab-
bandonate. S'impadronirono essi spagnuoli
di un ben fortificato ridotto a monte Ca-
vallo, e poscia di caste! Delfino; e quindi
per la valle passarono alle vicinanze di De-
mont. Grandi spese avea fatto il re di Sar-
degna per ivi formare una ben regolata
fortezza ; ma non era giunto a perfezio-
narla. Trovavasi egli stes.so alla testa del-
la sua armata in quelle parti, per opporsi
agli avanzamenti dei nemici, coi quali
giornalmente accadevano ora favorevoli ora
sinistri incontri. Portò la sventura, che
una palla infocata gittata dai gallispani in
Demont attacasse il fuoco a quelle fasci-
nate, o pure al magazzino della miccia,
e che
fri
A 5 S S MDCCXOV. S25
e che si dilatasse l' incendio negli altri.
Accorsero a tal vista i gailispani, ed eb-
bero quel forte colla guemigione prigio-
niera nel dì 17 di agosto; dopo di che
essendosi ritirato il re Sardo col suo eser-
cito a Saluzzo , eglino passarono nella pia-
nura , e si diedero a strignere la città e
fortezza di Cuneo . Sotto di questa piazza ,
mirabilmente difesa dal concorso di due
fiumi , avea patito deliquio altre volte la
bravura dei francesi, ed era venuta meno
la lor perizia negli assedj : il che com-
mosse la curiosità di ognuno, per indovi-
nare , qual esito avrebbe quella impresa .
Dalla parte sola, per cui si può far forza
contra di Cuneo, avea il re di Sardegna
fatto ergere tre fortini o ridotti , che co-
privano la piazza . Entro vi erano sei mi-
la parte svizzeri e parte piemontesi di
presidio sotto il comando del valoroso òct-
rone di Leutron, risoluti di far buona di-
fesa. Non valevano men di loro i cittadi-
ni, che prese animosamente l'armi , fecero
poi di tanto in tanto delle vigorose sor-
tite con danno dei nemici . Finalmente si
videro in armi tutti i popoli di quelle val-
li e montagne , ben affezionati al loro so-
vrano . Colà accorsero ancora alcune mi-
gliaja di valdesi; e il marchese di Ormea ,
sottrattosi in tal occasione al gabinetto ,
messosi alla testa delle milizie del Mon-
dovì col figlio marchese Ferrerio , tutti si
diedero ad infestare i nemici , ad impedi-
Tom. XXVII. P re
226 A n n a 1 1 d'Italia:
re il trasporto dei viveri , foraggi , e mu-
nizioni al campo loro, eoa far sovente dei
buoni bottini , e rovesciar le misure degli
assedianti. Giunse intanto al ire da Milano
un rinforzo di vàradini , e il reggimento
clerici coi conte Gian Luca Pallavicino
tenente maresciallo cesareo , comandante
di quelle truppe.
Solamente nella notte precedente al dì
13 di settembre aprirono i gallispani la
trincea sotto di Cuneo ^ e cominciarono a
far giocare le batterie., e a molestar gra-
vemente la piazza colle bombe ; ma se
questa putiva, non patirono meno gli asse-
dianti, perchè spesse assaliti con somma
intrepidezza da quei cittadini e presidiar].
Continuarono poi gli approcci e le offese
sino al dì 30 di settembre , in cui il re
di Sardegna mosse Y esercito suo in ordi-
nanza di battaglia* verso le nemiche trin-
cee . Ossia y eh' egli solamente intendesse
di avvicinarsi , e postarsi in maniera da
poter incomodare il campo nemico 9 o pu-
re che avesse veramente risoluto^ siccome
animoso signore , di tentare il soccorso
della piazza : la verità si è, che si venne
ad un generale combattimento . Fu detto,
che un ufìziale ubbriaco portasse l'ordine,
ma ordine non dato dal re , all'ala sinistra
di assalire i posti avanzati degli assedian-
ti , e che entrata essa in azione , s1 impe-
gnò nel fuoco A .estante delle schiere. Dal-
le ore dicinove sino alla notte durò l'osti-
nato
Anno MDCCXLIV. 227
fcato conflitto con molto sangue dall' una
e dall' altra parte , ma incomparabilmente
più da quella degli assalitori > perchè espo-
sti alle artiglierie caricate a mitraglia o
a cartoccio . Tuttoché per ordine del re
si sonasse la ritirata , la sola notte fece
fine all'ire, ed allora si ricondusse l'eser-
cito Sardo ad un sito distante un miglio
e mezzo di là. Fu detto, che la cavalleria
nemica uscita dai ripari l'inseguisse; ma
lo scuro della notte, e l'aver trovato un
bosco di cavalli di Frisia , impedì loro il
progresso. A quanto ascendesse il danno
dalla parte dei piemontesi, non si potè sa-
pere ; se non che conto fu fatto , che circa
trecento fossero tra morti e feriti i suoi
ufiziali . Da lì a pochi giorni si scoprì ; es-
sere state le mire del re di Sardegna nel
precedente sanguinoso conflitto quelle d'in-
trodurre soccorso in Cuneo . Ma ciò che al-
lora non gli venne fatto , accadde poi fe-
licemente nella notte precedente al dì ot-
to di ottobre , in cui dalla parte del fiu-
me Stura passò senza ostacoli nella piazza
un migliajo dei suoi soldati, con molti
buoi ed altre provisioni e danaro* Era in-
tanto sminuita non poco l'armata gallispa-
na per la mortalità e disserzion delle trup-
pe ; di gravi patimenti avea sofferto sì per
le dirotte pioggie, e per li torrenti, che
aveano impedito il trasporto dei viveri e
foraggi per la valle di Demont , come an-
cora per 1* incessante infestazione dei pae-
P 2 sa-
228 Annali D'Italia
sani , che faceano continuamente prigioni e
piede. Si scorse in iìnè , ch'essa non era
in forze , come si decantava , perchè non
potè mai tenere corpi valevoli ai fiumi ,
che formassero un' intiera circonvallazione
alla piazza. Però dopo circa quaranta gior-
ni di trincea aperta > e dopo cagionata gran
rovina di case in Cuneo, ma senza avei:
mai fatto acquisto di alcuna ne pur delle
fortificazioni esteriori : nella notte prece-
dente al dì 22 di ottobre y abbruciato il
loro campo, i gallispani colla testa bassa,
e con gran fretta si levarono di sotto a
quella fortezza, incamminandosi alla volta
di Demont. Uno sprone ancora ai lor pas-
si era il timore delle nevi, che li coglies-
sero di qua dalle Alpi con pericolo di pe-
rire uomini e giumenti per mancanza del
bisognevole. Lasciarono indietro più di
mille e cinquecento malati ^ ed inseguiti da
varj distaccamenti di fanti e cavalli > e tra-
vagliati dai montanari, sofferirono altre
non lievi perdite e danni . Fermaronsi in
Dernont cinque o seimila spagnuoli non tan-
to per coprire la ritirata del resto dell*
esercito e dello artiglierie _, quanto ancora
per minar le fortificazioni della fortezza >
ben prevedendo di non potersi quivi man-
tenere nel verno . Essendosi poi avanzato
il general piemontese Sinsan verso quelle
parti con un maggior nerbo di milizie ver-
so la metà di novembre , gli spagnuoli se
ne andarono, dopo aver fatto saltare alcu-
ne-
Anno MDCCXLIV. 229
fie parti di quel forte, e la casa del gover-
natore. Arrivarono a tempo alcuni savojar-
di per salvare ciò, che non era peranche
saltato in aria, e s'impadronirono di al-
quanti pezzi di cannone rimasti indietro '
nel qual mentre gli spagnuoli come fughi-
vi provarono immensi disagi , e perdita di
persone a cagion delle nevi , del rigoroso
freddo , e della mancanza di vettovaglia •
Così restò libera tutta la valle; e il re di
Sardegna , avendo compensata la infelice
perdita delle piazze maritime colla felicità
di quest'altra impresa, pien d'onore si re-
stituì a Torino.
La corte di Francia dichiarò in questo
anno la guerra alla regina di Ungheria per
la caritativa intenzione , come si diceva ,
di costrignerla alla pace coir imperador
Carlo VII , e la dichiarò anche all'Inghil-
terra , disponendo tutto per invadere la
Fiandra, con che sempre più si andò dila-
tando il fuoco divorator dell'Europa» Per
quanti sforzi facessero i ministri di Vienna
e di Londra per tirare in questo impegno
le provincie unite, o vogliam dire gli ol-
landesi , nulla di più. né pur ora poterono
ottenere, se non che l'OIlanda contribui-
rebbe il suo contingente di ventimilla ar-
mati a tenor delle leghe . Troppo loro pre-
meva di conservare la libertà del commer-
cio colla Francia e Spagna ; ed altre segre-
te ruote ancora concorrevano a muovere
quei popoli più tosto all'amore di una tal
P 3 qual
230 Annali d'ItaIià
qual quiete e neutralità,, che ad un'aperta
guerra . Non tardarono i francesi ad impos-
sessarsi di Coutray, Menin , ed altri luo-
ghi. Poscia nel dì 18 di giugno aprirono
la trincea sotto l'importante città d' Ipri ,
e con più di cento cannoni e quaranta mor-
tori talmente l'andarono bersagliando, che
nel dì 29 di esso mese vi entrarono, dopo
aver conceduto libera T uscita a quella guer-
nigione . Erano principalmente animati i
francesi dalla presenza dello stesso re cri-
stianissimo Luigi XV che non guardò a
fatiche in questa campagna. Intant» il prin-
cipe Carlo di Lorena, comandante dell'eser-
cito austriaco al Heno , altro non istudia-
va, che la maniera di passar quel fiume,
per portare la guerra addosso agli stati
della Francia . Sul fine di giugno riuscì al
generale Berenklau di valicar esso fiume
con diecimila persone in vicinanza di Ma-
gonza , e nei dì primo di luglio altrettanto
fu fatto dallo stesso principe Carlo col gros-
so dell'esercito suo, che arditamente poi
procedendo mise piede nell'Alsazia in fac-
cia dei nemici. Gran confusione fu allora
in quella fertile provincia , che cominciò ad
essere lacerata in parte dai francesi difen-
sori , e senza paragone più dai feroci au-
striaci , che colle scorrerie , e coli' impor-
re gravi contribuzioni, seppero ben preva-
lersi del loro vantaggio , e tennero nello
stesso tempo bloccato forte Luigi. Perchè
Tarmata francese sul principio di agosto
si
.
A sr n a MDCCXLIV. 231
si andò dilatando verso Argentina, non
lieve costernazione insorse in quella stessa
sì forte città. Il terribile scompiglio dell'
Alsazia cagion fu, che lo stesso re cristia-
nissimo si movesse con grandi forze dai
paesi bassi per accorrere colà ; ma caduto
infermo in Metz verso la metà di agosto ,
fece dubitar di sua vita. Dio il preservò ,
e a poco a poco si rimise nello stato pri-
miero di salute . Un teatro di miserie era
intanto divenuta l'Alsazia, e sembrava,
che T esercito austriaco in quel belio ascen-
dente meditasse e sperasse avanzamenti mag-
giori ; quando giunse la nuova di una me-
tamorfosi , die sorprese ognuno ; cioè la
lega dell' imperador Carlo VII col re di
Prussia Carlo Federigo III coli"* elettor Pa-
latino Carlo di Saltzbac e col Lantgravio
di Hassia Cassel contro la regina d' Un-
gheria : lega maneggiata, e felicemente con-
chiusa dall'industria e pecunia francese.
Stupissi ognuno , come esso Prussiano dopo
una pace di tanto suo vantaggio , e sì re-
cente, stabilita colla regina Maria Teresa,
di nuovo contra di lei sfoderasse la spada.
Diede egli con un suo manifesto quel colo-
re y che potè a questa sua novità , allegane
do Toccupazion della Baviera, e l'indebi-
ta guerra fatta da essa regina all'imperio,
alla cui difesa come elettore egli si sentiva
obbligato : quasiché questo capo non fosse
itato il primo a muovere contra di essa
regina la guerra; ed esso re Prussiano, al-
P 4 lor-
232 ÀNNAtfr D'Ita £?£
l'orche giurò la pace, non sapesse, che af*
deva quella guerra fra l' imperadore e la
regina . Però la corte di Vienna proruppe
in gravi querele contra di quel re, chia-
mandolo principe diniunafede, di niuna re-
ligione , e la regina di Ungheria corse a Pre-
sburgo , per commuovere tutta l'Ungheria
in soccorso suo; e non vi corse indarno.
Rimasero per questa inaspettata tempe-
sta sconcertate affatto le misure del gabi-
netto austriaco, e fu obbligato il principe
Carlo di Lorena di ripassare il Reno coli*
esercito suo per correre alla difesa della
Boemia , verso la quale erano già in moto
dalla Slesia V armi del re di Prussia . Nei
dì 23 di agosto con bella ordinanza impre-
se esso principe il passaggio di quel fiume,,
e felicemente in due giorni ridusse V ar-
mata all'altra riva. Dai francesi, che V
inseguivano , riportò egli qualche danno con
rimanere uccisi o prigioni molti dei suoi ,
danno nondimeno inferiore all' aspettazion
della gente , che giudicò non aver saputo
i francesi profittar di si favorevol occa-
sione per nuocergli; anzi fu creduto, che
il maresciallo duca di Noaglies per questa
pretesa disattenzione fosse richiamato alla
corte . Non dovettero certamente mancare
a quel saggio signore delle buone giustifi-
cazioni. Il bello poi fu, che Tarmata fran-
cese , avendo anch'essa ripassato il Reno,
in vece di tener dietro al principe di Lore-
na, per frastornare il suo cammino alla
voi-
A n n o MDCCXL1V. 233
volta della Boemia , rivolse i passi verso
la Brisgovia per ansietà di far sua la for-
tissima piazza di Friburgo. Intanto giac-
ché si trovò la Boemia non preparata a
così impetuoso temporale , la regale città
di Praga nel dì 16 di settembre tornò in
potere del re Prussiano , con restar pri-
gioniera di guerra la guernigione consi-
stente in circa diecimila persone, parte
truppe regolate e parte milizie del paese.
Anche la città di Budweis corse la mede-
sima fortuna . Arrivato poi che fu nella
Boemia il poderoso esercito austriaco, più
formidabile si rendè, perchè seco si uniro-
no ventimila sassoni , atteso che Federigo
Augusto ILI re di Polonia ed elettor di
Sassonia , avea in fine conosciuta la neces-
sità di far argine alla smisurata avidità
del re di Prussia ; e vi si era anche ag-
giunto, per quanto fu creduto, un altro
impulso , cioè una ricompensa promessa
dalla regina di Ungheria . Allora comincia-
rono a mutar faccia in quelle parti gli
affari . Budweis e Tabor tornarono ali*
ubbidienza della real sovrana ; e la stessa
città di Praga fu nel dì 25 di Novembre
precipitosamente abbandonata dai prussia-
ni : nuova , che riempiè di giubilo Vienna .
Kitirossi poscia il re di Prussia colle sue
forze nella Slesia, dove penetrarono anche
gli austriaci y unendosi tutti a maggior-
mente desolare quel prima si de vizioso
paese. Mentre con tal felicità procedevano
Par-
234 Annali d'Italia
F armi della regina in quelle parti , seppe
l'imperador Carlo VII ben profittare della
debolezza, in cui erano restati i presidj
austriaci nei suoi stati della Baviera , da
che il principe di Lorena passò in Boemia .
Spinse egli colà la sua armata sotto il co-
mando del maresciallo conte di Seckendorf,
che niuna fatica durò a ricuperar Monaco
ed altri luoghi , abbandonati dagli austria-
ci ; ed esso Augusto dipoi nel dì 22 di
ottobre ebbe la consolazione di rientrar
nella sua capitale fra i plausi dell'amante
popolo suo. Fu in questo mentre fatto
dall' esercito francese i' assedio della città
di Friburgo nella Brisgovia: città, che pa-
rca inespugnabile, tante erano le sue for*-
tificazioni , oltre all'essere munita di due
castelli ; ma non già tale alla perizia e
risoluzion dei francesi , ai quali niuna piaz-
za suol fare lunga resistenza, quando non
sia soccorsa da possente armata di fuori .
Lo stesso re cristianissimo colà giunto in
persona non volle riveder Parigi, se pri-
ma non vide quell'importante fortezza sot-
tomessa all'armi sue. La presenza di que-
sto monarca animava la gente a sacrificar
le sue vite, e gran sangue in fatti costò
quell'impresa ai francesi. Ma in fine il.
comandante austriaco capitolò la resa del-
la città con ritirare nel dì sette di novem-
bre la guernigione nei castelli, i quali
poi si arrenderono anch'essi nel di 25 di
esso mese , restandone prigioni i difensori .
Con
Anno MDCCXLIV. 235
Con queste sì varie vicende ebbe fine Tan-
no presente ; nei cui ultimi giorni si so-
lennizzò in Versaglies alla presenza delle
maestà cristianissime il maritaggio della
principessa Felicita di Este^ figlia primo-
genita di Francesco HI duca di Modena
con Luigi di Borbon duca di Penthievre
della real casa di Francia , grande ammi-
raglio di quel regno . Merita ancora di es-
sere qui riferita una gloriosa azione del
regnante pontefice Benedetto XIV. Per bi-
sogni della cristianità ( massimamente nel
secolo XVI. ) essendo stati contratti dalla
camera apostolica dei grossi debiti > avea
essa obbligati gli ordini monastici , e i
canonici regolari in Italia a pagarne an-
nualmente i frutti : aggravio assai pesante
ai monisteri , che avea anche sminuito non
poco il loro splendore . Portato da un in-
defesso amore alla beneficenza il santo pa-
dre , aprì loro il campo per redimersi da
questo peso , con permettere loro di pagare
il capitale di essi debiti, e di liberarsi
dai frutti . Di questa grazia i più ne pro-
fittarono, con decretar anche perenui me-
morie a così amorevol benefattore, il qua-
le nello stesso tempo sgravò la camera dai
debiti corrispondenti. Fra gli altri la con-
gregazion casinense in attestato della sua
gratitudine , fatta fare in marmo la statua
di sua santità, la collocò nelP atrio della
basilica di monte Casino fra l'altre di mol-
ti pontefici,, tutti benemeriti dell' ordine
di san Benedetto. An-
236 ANNALI D' IT A t I a
Anno di Cristo 1745, indizione virr*
dì Benedetto XIV, papa 6.
di Francesco I, imperadore ti
Ubbe principio quest1 anno colla morte di
uno dei principali attori della tuttavia du-
rante tragedia . Era soggetto a gravi in-
sulti di podagra e chiragra V imperador
Carlo VII duca ed elettor di Baviera . Sfa-
vasene egli nella ricuperata città di Mo«*
naco , godendo la contentezza di vedersi
rimesso in possesso di buona parte dei suoi
stati ; quando più fieramente che mai as-
salito nel dì 17 di Gennajo da questo ma-
lore , che gli passò al petto^ poscia nel dì
20 con somma rassegnazione passò air al-
tra vita. Era nato nel dì sei di agosto del
1697. Principe, a cui non mancarono già
riguardevoli doti, ma mancò la fortuna,
che né pure si era mostrata molto propi-
zia al fu duca suo padre . Gli alti suoi
voli, ad altro non servirono, che al pre-
cipizio proprio, e dei suoi sudditi, con-
dotti per cagione di lui ad inesplicabili
guai . Accrebbe certamente decoro a se
stesso, e alla casa propria colT acquisto
dell' imperiai corona ; ma poco godè egli
di questo splendore in vita , rè potè tra-
mandarlo dopo di sé ai discendenti suoi .
Lasciò esso airgusto tre principesse figlie
e un- solo figlio , cioè Massimiliano Giù*
seppe principe elettorale, nato nel dì 28
mar-
A n S o MDCCXLV. 237
marzo elei 1727. ch'egli prima di morire
dichiarò fuori di minorità . Ora questo
principe conobbe tosto di essere rimasto
erede del principato avito^ ma insieme
delle disavventure del padre 3 perchè tut-
tavia la principal sua fortezza , cioè Ingol-
stat ed altre minori piazze , erano in ma-
no della regina di Ungheria . Oltre a ciò
alquanti giorni dopo la morte d'.:llJ augu-
sto padre peggiorarono gì' interessi suoi,
perchè l'armata austriaca s'impadronì di
Amberga , e di tutto il palatinato superio-
re . Il peggio fu, che già si allestiva un
gran rinforzo di gente , per invadere di
nuovo la capitale delia Baviera, o per co-
stringere questo principe a prendere mi-
sure diverse dalle paterne.
Trovavasi il giovinetto elettore in un
affannoso labirinto , dall' una parte spinto
dalle esibizioni e promesse dei ministero
francese per continuare nel precedente im-
piego; e dall'altra combattuto dai consigli
della vedova imperadrice sua madre Maria
Amalia di Austria, dalla corte di Sassonia,
e dal maresciallo di Seckendorf , che gli
persuadevano per più utile e sicuro ripie-
go raccomodare gì' interessi suoi colla re-
gina di Ungheria . A queste ultime ami-
chevoli insinuazioni sul principio di aprile
si aggiunse il terrore delP armi , percioc-
ché entrato Y esercito austriaco con furore
nella Baviera , furono obbligati i bavaresi
e francesi ad abbandonare Straubing, Lan-
dau,
£3$ Annali d' Italia
dau, Dingelfìngen , Kelheina , Wilxhoffenj
ed altri luoghi dall'Elettorato. Gran co-
sternazione fu in Monaco stesso, e l'Elet-
tore se ne partì alla metà dei mese sud-
detto , chiamato dai francesi a Manheim ,
Ma egli si fermò in Augusta à stretti col-
loqui col conte Colloredo, e con altri par-
ziali della casa di Austria ; e quivi in fi-
ne le persuasioni di chi gli proponeva 1*
accordo colla regina, prevalsero sopra 1'
altre dei ministri aderenti alla Francia^ i
quali restarono esclusi dai trattati . Rinun-
ziò dunque V elettore alla lega colla Fran-
cia ; accettò 1' armistizio e la neutralità ,
con che restassero in poter della regina le
fortezze di Ingolstat, Scarding , Sìraubin-
gen , e Brunau> sino all' elezion di un im-
peradore ; ed antepose la quiete e libera-
zion presente dei suoi stati alle incerte
speranze di conseguir molto più coli' an-
dare in esilio, e continuare sotto la pro-
tezion dei francesi . Intorno a questa sua
risoluzione e ad altre condizioni di quei
preliminari di pace^ sottoscritti in Fùssen
nel dì 22 di aprile, varj furono i senti-
menti dei politici: noi li lasceremo masti-
care le lor sottili riflessioni. Per si fatta
mutaziorì di cose furono costrette le trup-
pe francesi , palatine , ed hassiane a riti-
rarsi più che in fretta , e con grave lor
danno, dalla Baviera, e dai suoi contorni ,
perchè sempre insultate dalle milizie au^
striache •
Frc*
Anno MDCCXLV. 239
Frequenti intanto erano i maneggi degli
elettori , per dare uii nuovo capo all' im-
perio, e sul principio di giugno fu intima-
ta in Francoforte la dieta per l'elezione,
affinchè essa seguisse con piena libertà 9
giudicarono bene i francesi di spedire un
grosso esercito comandato dal principe di Con»
ty ai meno nelle vicinanze di essa città di
Francoforte. Tanta carità dei francesi verso
i loro interessi non la sapeano intendere i
principi e circoli dell'imperio, e molto
meno volle sofferir questa violenza la cor-
te di Vienna. Trovavasi verso quelle parti
un esercito austriaco, ma non di tal ner-
bo, da poter intimare la ritirata ai fran-
cesi. Il saggio maresciallo conte diTraun,
giacché era tornata la quiete nella Bavie-
ra, ebbe l'incombenza di provvedere a
questo bisogno , e poscia ebbe anche la
gloria di felicemente eseguirne il progetto.
Con un altro gran corpo di armata prese
egli un giro per le montagne, e luoghi di-
sastrosi, e presso il fine di giugno arrivò
ad unirsi coli' altro esercito comandato dal
conte Batthyani. A questa armata combina-
ta , sul principio di luglio comparve anche
il gran duca di Toscana Francesco Stefano
di Lorena , e poco si stette a vedere scom-
parire dalle rive del Meno, e ritirarsi al
Reno r oste francese* Restò conciò libera-
ta la città di Francoforte da queir intollera-
bil aggravio, e tanto più, perchè il gran
duca condusse anch' egli l'esercito suo ad
Heidel-
240 ÀfiNAti d5 Italia:
Heidelberga , lasciando in piena libertà i
ministri deputati all' elezione del futuro
iraperadore . Essendo poi giunto sul -fine di
agosto a Francoforte Y elettore dlMagonza,
si continuarono le conferenze di quella die-
ta; e giacché non fu questa volta disdetto
alta regina di Ungheria il voto della Boe-
mia, e T elettor di Baviera nell'accordo
con essa regina avea impegnato il suo in fa-
vore della medesima: nel dì 13 di settem-
bre, ancorché mancassero i voti dei re di
Prussia., e del Palatino, seguì l'elezione
di Francesco Stefano duca di Lorena , gran
duca di Toscana, marito e correggente del-
la stessa regina Maria Teresa , in re dei
romani, che assunse il titolo d' imperadore
eletto. Mossesi da Vienna questa regnante
non tanto per godere anch' essa in persona
di veder la coronazione dell'augusto con-
sorte^ e rimesso lo scettro cesareo nella
sua potentissima casa ; quanto ancora per
convalidare un patto voluto dagli elettori,
cioè eh' essa regina si obbbligasse di assi-
stere colle sue forze il nuovo augusto in
tutte le sue risoluzioni e bisogni . Fece il
suo magnifico ingresso in Francoforte l' im-
-peradore francesco I nei dì 21 di settem-
bre, e seguì poi nel dì quattro di ottobre
la di lui solenne coronazione con indicibii
festa e concorso d' innumerabil gente . Si
aspettava ognuno., che secondo lo stile an-
che alla regina di lui consorte fosse confe-
ferita l' imperiai corona; Per più di un
ri-
Ann o MDCCXLV. 241
ffguardo se ne astenne la saggia principes-
sa , più di queir onore a lei premendo il
conservare i proprj diritti , e V amore dei
suoi ungheri e boemi , e il poter sedere
da lì innanzi in carrozza al fianco dell'au-
gusto marito . Accettò nondimeno il titolo
d' imperadrice , e non lasciò di far ri splen-
dere in tal congiuntura la mirabil sua mu-
nificenza, essendosi creduto da molti, che
ascendesse a qualche milione il prezzo del-
le gioie e dei regali , da essa distribuiti
agli elettori, ministri, generali delle mi-
lizie, soldati, ed altra gente, tanto che
ne stupì ognuno , Si restituirono poscia le
imperiali loro maestà a Vienna , e vi fece-
ro il giulivo loro ingresso nel di 27 di ot-
tobre •
Continuava intanto la guerra dell' impe-
radrice suddetta col re di Prussia , le cui
armi occupavano la Slesia. Nel dì otto del
gennajo dell* anno presente in Varsavia fra
la suddetta Augusta regina , il re d' In-
ghilterra, e il re di Polonia, come elet-
tor di Sassonia , e gli ollandesi , fu stabi-
lita una lega difensiva, per cui si obbligò
esso elettore di contribuire trentamila ar-
mati per la difesa del regno di Ungheria ,
con promettergli annualmente le potenze
marittime centocinquantamila lire sterline
per questo. E giacché il re prussiano si
era messo sotto i piedi il precedente trat-
tato di pace, attese indefessamente la cor-
te di Vienna ad unire un poderoso eserci-
Tom. XXVIL Q* to
242 Annali d'Itali!
io contra di lui., lusingandosi di poter prò*
fittare di questa rottura, per ricuperare
la sommamente importante provincia della
Slesia dalle mani di chi avea mancato alla
fede. Altri conti faceva il re di Prussia,
Je cui truppe a maraviglia agguerrite , for-
ti , e spedite nei combattimenti, hanno in
questi ultimi tempi conseguito un gran
credito nelle azioni militari. All'apertura
della campagna il principe Carlo di Lorena
marciò animosamente coi sassoni in trac-
cia della nemica armata . Seguirono varj
incontri , finché nel dì quattro di giugn©
presso Striegau e Friedberg,, esso princi-
pe , forse contro sua voglia , venne ad
una giornata campale con esso re . Toc-
cò una gran rotta agli austriaco-sassoni i
tìon avendo il principe assai per tempo
avvertita la svantaggiosa situazione sua,
per cui non potea passare la sua cavalle-
ria , e la vantaggiosa dell'esercito Prussia-
no. Confessarono i vinti la perdita di no-
vemila persone fra uccisi , feriti e prigio-
ni. Pretesero all'incontro i vincitori prus-
siani , che dei loro avversarj quattromila
restassero estinti nel campo , settemila fos-
sero i prigioni , fra i quali ducento gli ufi-
ziali y coli' acquisto di sessanta cannoni ,
trentasei bandiere, ed otto paja di Tituba-
li , oltre lo spoglio del campo . Furono
perciò obbligati -gli austriaci e sassoni a
ritirarsi con grave disagio nella Boemia ,
per attendere alla difesa , e furono colà in
A n n o MDCCXLV- 243
seguiti dai nemici. Ritirossi poscia nel set-
tembre da essa Boemia il re di Prussia , e
con un manifesto, e coli' avvicinamento delle
sue truppe, cominciò a minacciar la Sasso-
nia. L'inseguì in questa ritirata il principe
di Lorena, e nel di 30 di esso mese a
Prausnitz in Boemia andò coli' esercito suo
ad assalirlo. Ebbe anche questa volta la
fortuna contraria , e lasciò in mano dei ne-
mici la vittoria, con perdita forse di tre-
mila persone , di trenta pezzi di cannone,
e di molte insegne . Ma né pure il prussia-
no potè gloriarsi molto di questa giornata,
perchè anch' egli perde non solo assai gen-
te, ma anche la maggior parte del baga-
glio proprio , e dei suoi ufiziali : stante 1*
avere il generale Trench coi suoi ungheri
atteso nel bollore della battaglia a ciò,
che più gli premeva , cioè a quel ricco
bottino, e a far prigione chiunque ne ave-
va la guardia . Fu creduto , che se essi
Ungheri senza perdersi nel saccheggio , aves-
sero secondato il valor degli austriaci ,
con menar anch'essi le mani, ed assalir
per fianco i nemici, come era il concerto,
sarebbe andata in isconfitta 1- armata prus-
siana .
Ora essendosi inoltrato il re di Prussia
nei confini della Sassonia , nel dì 23 di
novembre si affrettò di prevenir l'unione
degli austriaci coi sassoni , e gli riuscì
di dare una rotta ad alquanti reggimenti
della Sassonia colla morte di circa duemila
244 Annali d'Italia
di essi, e colla prigionia di altrettanti/ Si
tirò dietro questa vittoria un terribile scon-
volgimento di cose. Imperciocché 1* elettor
Sassone re di Polonia prese le precauzioni
di ritirarsi colla real famiglia,, e poi suoi
più preziosi arredi in Boemia , e non finì
rHiiese, che le truppe prussiane entrarono in
Mersburg , e Lipsia , e il re loro nello stes-
so tempo con altro corpo di gente s' irei-*
padroni di Gorlitz . Inorridì ognuno all'
udir le smisurate contribuzioni di due mi-
lioni e mezzo di fiorini , intimate al po-
polo di Lipsia , da compartirsi poi sopra
tutto l'elettorato di Sassonia, con dar tem-
po di sole poche ore al pagamento . Con-
venne contribuire quanto di danaro _, gioje,
ed argenterie , si potè unire in quel brut-
to frangente, e dare buone sicurtà mercan-
tili pel residuo. Anche nel dì 15 di dicem-
bre seguì un altro fatto di armi fra i prus-
siani , e gli austriaco-sassoni colla peggio
deg'i ultimi; dopo di che furono aperte le
pone di Dresda al re di Prussia. Per co-
tanta felicità del re nemico conobbero in
Une tanto Federigo Augusto III re di Po-
lonia , quanto 1' imperadrice Maria Teresa ,
la necessità di trattar di pace. Da Vienna
dunque con plenipotenza volò il ministro
d?Inghilterra a trovare Carlo Federigo III
re di Prussia, e a maneggiar l'accordo.
Ossia che l' imperadrice della Russia minac-
ciasse il prussiano, opure che altri riguar-
di movessero esso re: certo è, che ael dì
*5
A -v v o MDCCXLV. 245
25 di dicembre seguì la pace fra quelle
tre potenze , uniformandosi al precedente
trattato di Breslavià y con altri patti ,
che io tralascio. Ritiraronsi perciò da lì
a non molto Tarmi prussiane dalla Sasso-
nia ; e siccome il re Elettore se ne tornò
al godimento dei suoi stati, così l'impe-
radrice sbrigata da sì fiero e fortunato
avversario, potè attendere con più vigor
da lì innanzi a sostenere gli affari suoi in
Italia .
Gran guerra fu eziandio in Fiandra nell'
anno presente. Sui fine di aprile il valoro-
so conte di Sassonia maresciallo di Francia
con potente esercito si portò air assedio di
Tournai. Vi era dentro «n presidio di no-
vemila alleati, che prometteva gran cose,
e certamente non mancò al suo dovere.
Lo stesso re cristianissimo Luigi XV col
figlio Delfino volle ancora in questo anno
incoraggir quell'impresa colla presenza sua,
e ben molto giovò. Imperciocché nel dì
undici di maggio il giovine duca di Cum-
btrland , secondogenito di Giorgio li re
della gran Bretagna , comandante supremo
dell'armata dei collegati in Fiandra, assi-
stito dal saggio maresciallo conte di Ko~
ningsegg ( i cui consigli non furono questa
volta attesi) andò con tutte le sue forze
ad assalire i francesi a Fontenay. Nove ore
durò l'aspro combattimento, in cui l'eser-
citò collegato superò alcuni trincieramenti,
e fece anche piegare i nemici ; ma sopra-
Q 3 giua-
246 Annali d'Italia
giunte le guardie del re, cangiò aspetto la
battaglia , e furono essi alleati costretti a
ritirarsi con disordine ad Ath, con restare
i francesi padroni del campo, di molte
bandiere , stendardi , e cannoni , e con fare
circa duemila prigioni» Che comperassero
i francesi ben caro questa vittoria , si ar-
gomentò dall' aver essi contato fra morti e
feriti quattrocento cinquanta dei loro ufi-
ziali • Nel dì 23 di maggio la guernigione
di Tournay cede la città-agli assedianti,
e si ritirò nella cittadella, dove con far
più prodezze si sostenne sino al dì 20 ài
giugno. Le furono accordati patti di buo-
na guerra, a riserva di non potere per
tutto il presente anno militare contro i
francesi. Era esso presidio ridotto a seimi-
la persone. Andò poi rondando l'accorto
maresciallo di Sassonia per alquanti gior-
ni , senza prevedersi , dove doveva piom-
bare ; quando improvvisamente spedì un
corpo dei suoi, i quali dopo aver data una
rotta a seimila inglesi , che marciavano al-
la volta di Gant, colla scalata s'impadro-
nirono nel dì undici di luglio della stessa
vasta città di Gant , e nel dì sedici anche
del castello. Copiosi magazzini di farine,
biada, biscotto, fieno, ed abiti da solda-
ti , si trovarono in quella città , e furono
di buon cuore occupati dai francesi. Nel
dì 21 di luglio entrarono Tarmi galliche
anche in possesso di Oudenarde, Gram-
mont, Alost, e poscia di Dendermonda ;
do-
A ti tf 6 MDCCXLV. 247
dopo di che passarono sottoOstenda, ever-
so la metà di agosto ne imprese l'assedio
e le offese.
Chiunque sapea > quanta gente , e che smi-
surato tempo costasse il vincere quelP im-
portante piazza nelle vecchie guerre di
Fiandra, stimava di mirare anche oggidì
le stesse maraviglie di ostinata difesa. Ma
non son pia quei tempi , e le circostanze
ora sono ben diverse. Il prendere le piaz-
ze anche più forti è divenuto un mestier
facile all' ingegno e valore delle armi fran-
cesi . Ostenda nel dì 23 del suddetto me-
se di agostb con istupore di ognuno capito-
lò la resa, e quel presidio ottenne onore-
voli condizioni . Avendo con questa segna-
lata impresa il re cristianisimo coronatala
sua campagna , carico di palme se ne tornò
a Parigi e a Versaglies . Anche Neuport ,
fortezza di gran conseguenza, nel dì quin-
to di settembre venne in potere dei fran-
cesi , ed altrettanto fece Ath nei dì otto
di ottobre. Un gran dire dapertutto era
al mirare , con che favorevol vento proce-
dessero in Fiandra le armate francesi, e
qual tracollo venisse ivi agl'interessi dell'
imperadrice Maria Teresa. Eppure qui non
si fermò V applicazione del gabinetto di
Francia . Sul principio di agosto assistito
qualche poco da essi francesi il cattolico
principe di Galles Carlo Odoardo, figlio di
Giacomo HI Stuardo, re d'Inghilterra , già
ehiamato nel precedente anno in Francia ,
Q 4 eb-
248 Annali d'Italia
ebbe la fortuna di passare sopra una frega*
ta con alcuni suoi aderenti , e buona copia
di armi e danaro in Iscozia , do^e fu accolto
con festa da molti di quei popoli , che non
tardarono a sollevarsi , e a riconoscere per
loro signore il redi lui padre . Prese tosto
tal piede quell'incendio, che Giorgio li re
d'Inghilterra, non tanto per opporsi ai
progressi di questo principe, quanto anco-
ra per sospetti, che non si trovasse qualche
rivoluzione nel cuore del regno, richiamò
a Londra parte delle sue truppe esistenti
in Fiandra, e fece anche istanza agli olan-
desi del sussidio di seimila soldati, al quale
erano tenuti secondo i patti, e bisognò in-
viarli. Contribuì non poco tal avvenimento
a facilitar le conquiste dei francesi nei pae-
si bassi. Non mi fermerò io punto a de-
scrivere quegli avvenimenti , perchè oramai
mi chiama a rammentare i suoi 1
Fermossi per tutto il verno dell'anno
presente col quartier generale austriaco in
Imola il -principe di Lobcowitz, e si sten-
devano le sue truppe per tutta la Romagna.
Nello stesso tempo il generale spagnuolo
conte di Gages faceva riposar le sue mili-
zie su quel di Viterbo, e ne' contorni, la-
gnandosi indarno gì' innocenti popoli dello
stato ecclesiastico di sì fatto aggravio. Di*
verso nondimeno era il danno loro inferi-
to da queste armate , perchè gli austriaci
non contenti dei naturali , esigevano an-
che esorbitanti contribuzioni in danaro dal-
le
Ann o MDCCXLV. 249
le legazioni di Bologna , Ferrara ^ e fio*
magna , passati i primi giorni di mar-
zo , giacché il conte di Gages era stato rin-
forzato da molti squadroni spediti dalla
Spagna , a da un buon corpo di Napoleta-
ni^ con essere in viaggio altre schiere,
per unirsi con lui , mise in moto 1'. arma-
ta sua alia volta di Perugia , e quindi per
tre diverse strade valicò l'Apenninoi enei
dì 18 cominciarono quelle truppe a com-
parire a Pesaro. Credevasi , che gli au-
striaci postati a Rimino fossero per far te-
sta ; ma non si tardò molto a vedere Tin-
vàamento dei loro Spedali alla volta del
Ferrarese , per di là passare a Mantova ;
e da che i napolispani s' inoltrarono verso
Fano, il principe di Lobcowitz , incendiati
i proprj magazzini , cominciò a battere la
ritirata verso Cesena , Forlì , e Faenza .
Parca , che i napolispani avessero 1' ali ;
non V ebbero meno gli austriaci ; talmente
che arrivato il principe suddetto nel dì
quinto di aprile a Bologna coli' armata, non
le diede riposo , e fecela marciare alla
volta della Samoggia. Ma da che comin-
ciarono i nemici a comparire di qua da
Bologna , egli postò nel dì decimo di esso
mese tutto 1* esercito suo di qua dal Panaro
sul Modenese .
Arrivato che fu da Venezia a Bologna
anche Francesco Ut di Este duca di Mo-
dena, generalissimo dell'armata napolispa-
na , s' inviò questa in ordinanza di battaglia
ver-
250 Annali d* Italia:
verso il suddetto Panaro , e nel dì 13 di
aprile nelle vicinanze di Spilamberto lo pas-
sò , benché fosse accorso colà il principe di
Lobcoivitz con apparenza di voler dare
battaglia. Ma senza aver fatto alcuna pro-
dezza, si vide la sera tutto l'esercito au-
striaco passar lungo le mura di Modena :
esercito, che servì di scusa al generale ,
se altro non cercava, che di ritirarsi; per-
chè comparve smilzo più di un poco a
gli occhi dei molti spettatori . Venne il
Lobcowitz ad accamparsi fra la cittadella di
Modena > e il fiume Secchia, mentre i na-
polispani andarono a piantare le tende al
Montale , e nei luoghi circonvicini sino a
Formigine , quattro miglia lungi dalla cit-
tà. Si figurarono molti ; che il pensier lo-
ro fosse di entrare in Modena, e già il
Loboowitz avea aggiunto al ponte alto un
altro ponte di barche, per salvarsi di là
dal fiume, qualora tentassero i nemici di
assalirlo in quel posto: saggia risoluzione,
perchè passato di là non paventava di loro;
e quando eglino avessero in altri siti su-
perato il fiume , egli se ne sarebbe tornato
in sicuro da quest'altra parte. Ma altri
erano i disegni dei napolispani. Correvano
allora i giorni santi, e vennero quelli an-
cora di Pasqua : con che divozione li pas-
sassero i modenesi non sentendo altro ,
che la desolazion del loro paese per le due
vicine armate, facilmente si può immagi-
nare . Ed ecco che nella notte precedente
il
Anno MDCCXLV. 25?
il di 22 di aprile i gallispani alla sordina
levarono il campo , e per la strada di Gor-
zana si avviarono alla volta delle monta-
gne di san Peregrino. Una impensata fie-
ra dissaventura arrivò ad esse truppe nel
passare per colà in Garfagnana , perchè
colte da un'improvvisa neve, che principiò
a fioccare, e trovandosi senza foraggi e
biade in quei monti , fecero orridi pati-
menti ; seguì non lieve diserzione di gente :
e più di cinquecento cavalli e muli lascia-
rono V ossa su quelle balze. Calati poi nel-
la Garfagnana i gallispani , sì improvvisa-
mente arrivarono addosso alla fortezza di
Montaifonso, che quel comandante austria-
co sorpreso senza vettovaglia , si arrendè
tosto col presidio prigioniere di guerra ;
ed avendo poi fatto altrettanto quello del-
la Verucola , tornò tutta quella provincia
all'ubbidienza del duca di Modena suo le-
gittimo sovrano . Speravano *i garfagnini
un trattamento da amici dalle truppe spa-
gnuole 3 e provarono tutto il contrario .
Passò da lì a poco quell'armata sul Luc-
chese ; e stesesi fino a Massa , dando assai
a conoscere, ch'essa era per volgersi ver-
so il Genovesato , a fine di unirsi coli' al-
tra armata dei gallispani, che si andava
adunando nella riviera occidentale di Ge-
nova . Si avvide per tempo di questo loro
disegno il generale austriaco principe di
Lobcowitz; e però anch' egli nel dì 23 di
aprile sollecitamente alzò il campo dai
con>
252 Ann ah d'Italia
contorni di Modena , e si avviò alla volta
di Reggio, e di là poi andò a mettere iì
suo quartiere a Parma, con ispedire varj
distaccamenti in Lunigiana , a fine d' im-
pedire o frastornare il passaggio dei ne-
mici nel territoiio di Genova . In fatti , al-
lorché nd dì nove di maggio si misero i
napolispani a passare la Magra , ne ripor-
tarono una buona percossa : dopo di che,
arrivarono in fine dopo tante faticose mar-
cie a prendere riposo nelle vicinanze di
Genova.
Si venne a poco a poco da lì innanzi
svelando un arcano, che avea dato molto
da pensare e da discorrere nei giorni ad-
dietro. Molto tempo era, che la repubbli-
ca di Genova andava facendo un grande
armamento di nazionali , di corsi , e di
qualunque disertore , che capitava in quelle
parti. Chi credea con danaro proprio di
essi genovesi;, e chi colla borsa di Spagna.
Tanto gl'inglesi, padroni per la potente
lor flotta del Mediterraneo, quanto Carlo
Emma:wele re di Sardegna j se ne allar-
marono, ed inviarono ministri a chiedere
il perchè si facesse quella massa di gente.
Altra risposta non riceverono, se non che
trovandosi da ogni parte attorniati da ar-
mate gli stati di quella repubblica , il se-
nato per propria difesa e sicurezza avea
messe insieme quell'armi. Mai saggi, che
penetravano nel midollo delle cose , sos-
pettarono di buon'ora la vera cagione di
tal
A nt n o MDCCXLV. 253
tal novità. Non fu sì segreto il trattato
di WorniBj fatto dal re di Sardegna colle
corti di Londra e di Vienna , che non
traspirasse accordato al medesimo re 1"
acquisto ancora del Finale , già appellato
di Spagna . Del che si maravigliarono non
pochi ; perciocché dallo strumento della ven-
dita di esso Finale fatta dall' iraperador
Carlo VI ai genovesi , non apparisce alcu-
na restrizione, se non che quel marchesato
restasse feudo imperiale . Ma il re di Sar-
degna volle in tal congiuntura che si aves-
se riguardo alle antiche pretensioni e ra-
gioni della sua real casa su quel Feudo .
Dovettero ben trovarsi imbrogliati i mi-
nistri della regina per accordar questo puni-
to, stante l'evizione promessa dall'augu-
sto Carlo nella vendita ; e pure convenne
accordarlo . Sommamente restarono irritati
per questo i genovesi contra del re di Sar-
degna , e non fu perciò difficile alle corti
di Francia ^ Spagna, e Napoli di manipo-
lare un trattato di aderenza di essa re-
pubblica all'armi loro, mercè della pro-
messa di assicurarla dal dominio e godi-
mento di quelLo stato , allorché si trat-
terebbe di pace. Altri vantaggi ancora le
esibirono a tenor delle conquiste , che si
meditavano nella presente guerra. Entra-
rono pertanto i genovesi nell' impegno ,
ed aspettarono a cavarsi la maschera, al-
lorché gli spagnuoli si avanzarono verso i
loro confini . Di gran conseguenza fu per
li
254 Annali d'Italia
li gallispani l'accrescimento di questi mio*'
vi alleati, che si dichiararono ausiliarj
della Spagna, perchè oltre al riguardevoi
rinforzo delle lor genti, si venne ad apri-
re una larga porta pel Genovesato all' ar-
mi di essi gallispani , quando probabilmen-
te non avrebbero essi saputo trovarne un5
altra sì facile per calare in Lombardia .
Già dalla Savoja era passato colle sue
genti in Provenza il reale infante don Fi-
lippo) e quivi avea ricevuto un buon sus*
sidio di altri fanti e cavalli , a lui spediti
dai re suo genitore : nel qual tempo anco-
ra non cessavano di andar giugnendo a
Nizza e Villafranca sciabecchi spagnuoli y
portanti artiglierie , attrecci , e munizioni,
senza chiederne passaporto ai nemici in-
glesi , i quali sembravano chiudere gli oc-
chi a quei trasporti , ma verisimilmente
non li poteano impedire, anzi andavano
facendo prede di tanto in tanto. Era an-
che in marcia un corpo di non so quante
migliaja di fanteria e cavalleria francese ,
sotto il comando del maresciallo marchese
di Maillebois , per venire ad unirsi con es-
so infante. Andò poi come potè il meglio
Y armata spagnuola progredendo per le di-
sastrose strade della riviera di Ponente al-
la volta di Savona. Fu richiamato in que-
sto, tempo alla corte di Vienna il principe
di Lobcowitz , per valersi di lui neil7 im-
portante guerra di Boemia. Ora l'esercito
austriaco informato, che il corpo degli
spa-
Anno MDCCXLV. 255
spagnuoli comandato dal duca di Modena ,
e rinforzato da duemila cavalli e tremila
fanti y staccati dall' armata dell' infante ,
si era inoltrato sino alla Bocchetta , dopo
la metà di giugno per opporsi al loro avan-
zamento, entrò nel Genovesato, impadro-
nendosi di Novi . Anche il re di Sardegna ,
a cui la morte nel dì 29 di maggio avea
tolto il marchese di Orinea , gran cancel-
liere, ed insigne primo ministro suo, man*
dò le sue milizie ad accamparsi nei siti ,
per dove potea V infante don Filippo ten-
tare il passaggio in Lombardia . Fermaronsi
gli austriaci in Novi sino al principio di
luglio , quando il duca di 3Iodena unito
al general Gages marciò a quella volta
con tutte le forze dell' oste napolispana ,
e gli obbligò a ritirarsi a Rivalta , e nelle
vicinanze di Tortona . Nello stesso tempo
anche V infante coli' esercito gallispano ,
mossosi da Savona, e passato TApennino,
arrivò a Spigno, e pel Cairo venne ad im-
padronirsi della città di Acqui nel Mon-
ferrato, con fare retrocedere i savojardi .
Parimente con altro corpo di gente il ma-
resciallo di Maillebois calò per la valle
di Bormida: laonde fu obbligato il gene-
rai piemontese Sinsan a ritirarsi da Gares-
sio a Bagnasco , per coprire il forte di Ce-
va. Alia metà di luglio allorché s'intese
in piena marcia l'esercito napolispano alla
volta di Capriata , e il Gallispano proce-
dere verso Alessandria , il conte di Schu»
lem-
256 Annali b* Italia
lemburgo , general comandante delle armi
austriache , ridusse le sue truppe , ( colle
quali si unì anche la maggior parte dei
savoiardi ) a Montecastello e a Bassignapa ,
formando quivi un accampamento somma-
mente vantaggioso pel sito difeso dal Po
e dal Tanaro, e insieme dalla città di
Alessandria, con cui tenea quel campo una
continua comunicazione. Venne circa il dì
23 di luglio ad unirsi il reale infante coli'
esercito comandato dal duca di Modena ,
e passarono poi tutti ad accamparsi tra
il Bosco e Rivalta, stendendosi sino a Vo-
ghera. Intanto fu data commissione al mar-
chese Gian- Francesco Brignole , general co-
mandante delle truppe genovesi di far V
assedio del vecchio castello di Serravalle,
e si attese alle occorrenti disposizioni del
bisognevole , per imprendere quello di Tor-
tona e della sua cittadella.
Solamente nel dì quindici di agosto par-
te dell'esercito collegato di Spagna si pre-
sentò sotto essa Tortona ; e perchè quella
città è priva di fortificazioni , il comandan-
te Savoiardo dopo aver sostenuto per al-
quanti giorni il fuoco dei nemici , P abban-
donò , ritirando nella cittadella, o sia nel
castello, il suo presidio. Alzaronsi poscia
batterie di cannoni e mortari per bersagliar
quella fortezza, e nel dì 23 si diede prin-
cipio alla lor sinfonia. Comune credenza
era, che quel castello farebbe lunga dife-
sa , stante la situazione sua sopra un mon-
te
A n n o MDCCXLV. 15?
te* o colle, per non poter esser battuto y
se non da un lato, cioè dal declivio setten-
trionale della stessa collina . Ma attaccato-
si fuoco nelle fascinate delle fortificazioni
esteriori , quella guernigione nel dì tre di
settembre capitolò la resa, con obbligarsi
di non servire per un anno contra degli
alleati della Spagna . Si era già sul princi-
pio di agosto renduto Serravalle alle armi
collegate , con restar prigioniero di guerra
quel tenue presidio. Cominciarono allora i
genovesi a raccogliere il frutto della loro
aderenza alla Spagna, perchè fu conceduto
ad essi il possesso e governo non solamente
di quel castello, ma anche del marchesato
di Òneglia . Sbrigatosi dall'impedimento di
Tortona il real infante don Filippo, fu sol-
lecito a spedire il duca di Vieville con un
grosso distaccamento di cavalleria e fante-
ria e con cannoni all'acquisto di Piacenza.
In quella città non restava se non il pre-
sidio di circa trecento uomini _, avendo
conosciuto il re di Sardegna di non poterla
sostenere. Perchè quel comandante ricusò
di aprir le porte y gli spagnuoli impazien-
ti y avendo recato seco delle scale , improv-
visamente diedero la scalata alle mura ver-
so Po, e vi entrarono nel dì cinque di set-
tembre . Ritirossi la guernigione nel castel-
lo , lasciando esposta la cittadinanza al pe-
ricolo di un 'sacco. La protezione di Eli-
sabetta Farnese regina di Spagna , quella
fu, che li salvò da questo flagello \ ed ac-
Tom. XXVII. K cor-
£58 Annali d' Italia;
corsa la nobiltà con far portare comesi
bili alle truppe , acquetò tosto il romore .
Volle il comandante piemontese del castel-
lo, prima di rendersi, Y onore di essere
salutato con molte cannonate, e poscia nel
dì 13 di esso mese si rendè a discrezione •
Quei presidiarj , che non erano né savojar-
di, ne tedeschi, ma italiani quasi tutti, si
liberarono dalla prigionia con prendere par-
tito nell'armata di Spagna. Ciò fatto, nel
dì 16 comparve a Parma un distaccamento
di spagnuoli , che niuna difficoltà trovò ad
impadronirsene, giacché gli austriaci ne
aveano precedentemente menate via il can-
none , e tutti gli attrecci, e le munizioni
da guerra, e il loro presidio ne avea preso
congedo per tempo . Volarono corrieri a
Madrid con queste liete nuove, né s'ingannò
chi credette , che la magnanima regina di
Spagna intendesse con particolar giubilo e
consolazione il riacquisto del suo paterno re-
taggio. Fu preso dal generale marchese di
Castellar il possesso di quelle città , e di
tutto il dominio già spettante alla casa Far-
nese , a nome di essa cattolica regina ; ed
egli pubblicò poscia uno straordinario edit-
to, vietante ogni sorta di giuoao di azzar-
do, sotto pene gravissime : regolamento in*
vidiato, ma non isperato da altre città. Do-
po l'acquisto di Parma fu creduto, che di
quel passo verrebbono gli spagnuoli fino a
Modena , e persuasi di ciò gli ufiziali sa-
voiardi, spedirono via in fretta i loro equi-
pa-
Anno MOCCXLV. 259
paggj . Ma altro non ne seguì , meditando
gli spagnuoli imprese di maggior loro van.
taggio .
Diede ia questi tempi il generale di essi
conte di Gages un nuovo saggio della sua
avvedutezza , mostrata in tante altre mi-
litari azioni, fatto gittare un ponte alla
Stella verso Belgioioso , spinse all' altra ri-
va un corpo di tremila granatieri con del-
la cavalleria. Pareano le sue mire volte a
Milano : il che fu cagione , che dal campo
austriaco-sardo di Bassignana fossero spe-
diti con diligenza quattromila soldati per
coprire quella città. Ma il Gages air im-
provviso fece marciare il duca di Vieville
con quella gente a Pavia. Soli cinquecento
schiavoni, parte dei quali anche o malata
o convalescente, si trovavano in quella cit-
tà, città di molta estensione : laonde non
durarono fatica con una scalata gli spa-
gnuoli a mettervi dentro il piede nella not-
te precedente il dì 22 di settembre , con
fare un acquisto di somma importanza nel-
le congiunture presenti, stante la situazione
di quella città, che oltre all'essere di là da
Po , ha anche il suo ponte a cavallo del Ti-
cino. Ottenne quel tenue presidio ritiratosi
nel castello di potersene andare, con obbligo
di non militare per un anno contra dei
gaìlispani e loro alleati . Per non essere ben
informati gli spagnuoli, perderono allora un
bel colpo . Nel castello di Milano erano ,
fecondo la disattenzione austriaca , smonta-
li 2 ti
260 Annali d'Italia
ti quasi tutti i cannoni; poco più di cento
soldati stavano alla sua difesa , e questi
senza viveri che per cinque o sei giorni ,
Se colà marciavano a dirittura gli spagnuo-
ìi, troppo verisimilmente veniva quel!'' in-
signe castello in breve alle lor mani. Né
pur Pizzighittone si trovava allora in miglio-
re arnese. Ebbero dunque tempo il generale
conte Pallavicini > e il conte Cristiani gran
cancelliere , di provvedere, con rndicibil di-
ligenza di tutto il bisognevole quelle due
fortezze , sicché le medesime si risero poi
dei susseguenti attentati nemici. Intanto
per mare, non ostante il continuo girare
dei vascelli ingksi , andavano continuamen-
te giugnendo a Genova parte da Napoli, e
parte dalla Catalogna nuovi rinforzi di gen-
te ^ di artiglierie, e munizioni, destinati
al campo spaglinolo. La presa di Pavia ca-
gion (a , che il generale austriaco*conte di
Schulemburgo colle sue truppe ripassasse il
Po, per vegliare alla sicurezza di Milano,
restando nondimeno a portata di poter re-
car soccorso, mercè di un ponte sul Po,
al re di Sardegna, rimasto colle sue mili-
zie nell'accampamento di Bassignana . Era-
si finqui esso re Carlo Emmanuele ferma-
to in quel sito, attendendo a sempre più
fortificarlo , e a visitar sovente la città di
Alessandria, a cui pure facea continuamen-
te accrescere nuove fortificazioni. Ma da
gran tempo andava studiando il conte di
Gages col duca di Modena di farlo slog-
gia-
Anno MDCCXLV. %èt
giare di là , perchè senza di questo nulla
vi era da sperare contro Alessandria , Va-
lenza , ed altri luoghi superiori dietro il
Po. Giacche loro era riuscito di separare
la maggior parte delle milizie austriache
dalle piemontesi , lasciato un convenevol
presidio in Pavia , si ridussero di qua da
Po; ed unito tutto lo sforzo dei suoi, na-
poletani , francesi e genovesi , nella sera
del dì 26 di settembre mossero da Castel-
nuovo di Tortona l'esercito per passare il
Tanaro, ed assalire i forti trincieramenti ,
nei quali dimorava il re di Sardegna colle
sue truppe.
Marciava in sei colonne quella potente
armata , e nella prima si trovava lo stesso
Gages col duca di Modena , a fin di fare
in varj siti un vero o finto assalto. Sullo
spuntar dell'aurora del dì 27 dato il segno
della battaglia con tre razzi dalla torre di
Pioverà, fanti e cavalli allegramente gua-
darono il fiume j e da più partii s-econdo
il premeditato ordine, piombarono addosso
agli argini e fossi del campo nemico. Avea-
no essi creduto di andare, a un duro com-
battimento, e si trovò ohe a riserva del
primo insulto a quelle trincee , non vi fu
occasion di combattere * Perciocché il re
di Sardegna., appena scoperto il loro dise-
gno, senza voler avventurare il nerbo del-
le sue genti, ordinò la ritirata, a cui gli
altri diedero il nome di fuga a Furono ve-
ramente inseguiti i savojardi dai carabinie-
R 3 «
262 Annali d'Italia
ri reali, e dalle guardie del duca di Mo-
dena , e da altri corpi di cavalleria spagnuo-
la ; ma cinque reggimenti sardi a cavallo ,
postati sopra un'altura in ordinanza., co-
prirono in maniera la ritirata delle arti-
glierie e la lor fanteria., che questa, quan-
tunque sbandata, parte si ridusse salva a
Valenza, e parte ad Alessandria. Con som-
mo disordine poscia scamparono anche quei
reggimenti . Al primo romore avea bene il
reai sovrano di Sardegna chiesto soccorso
al conte di Schulemburgo , che colle sue
truppe stava accampato dì là da Po , né
tardò egli punto a muoversi ; due anche
dei suoi reggimenti passarono allora in aju-
to di esso re ; e da che videro come in
rotta i savojardi , arditamente quasi per
mezzo ai nemici si ritirarono a Valenza
anch'essi . Ma perciocché non furono pigri
i gallispani a marciar verso il ponte sul
Po , che manteneva la comunicazione coi
piemontesi; e presa la testa del medesimo,
voltarono due cannoni ivi trovati contro
gli stessi austriaci : questi o perchè trova-
rono interdetto l'ulteriore passaggio, o
perchè conobbero già finite la festa , die-
dero il fuoco al ponte medesimo, e se ne
tornarono al loro accampamento . Sicché an-
dò a finire tutta questa strepitosa impresa
in poca mortalità di gente, in avere i col-
legati acquistato non già più che nove can-
noni , due stendardi , e il bagaglio di tre
reggimenti. Si fece ascendere il numero
dei
A n n o MDCCXLV. 2%
tei prigioni savojardi sin quasi a duemila^
frai quali trentasette ufiziali , e ad alcune
centinaja di cavalli , parte dei quali feriti
nelle groppe. Non mancò in questa disgra-
zia al re Sardo la lode di aver saputa
salvare la maggior parte delle sue truppe
ed artiglierie.
Vollero in questi tempi gì* inglesi far
provare il loro sdegno alla repubblica di
Genova per la sua aderenza alla Spagna .
Presentatasi nel dì 26 di settembre una
squadra delle lor navi contro la medesima
città, con alquante palandre , cominciò a
gittar delle bombe ; ma conosciuto , che
queste non arrivavano a terra , e intanto
i cannoni del porto non istavano in ozio ,
tardarono poco a ritirarsi , senza avere in-
ferito alcun danno alla città. Passarono es-
si dipoi al Finale, e fecero quivi il mede-
simo giuoco contro quella terra , che loro
corrispose con frequenti spari di artiglie-
rie : laonde vedendo di nulla profittare ,
anche di là se n'andarono con Dio. Non
così avvenne alla tanto popolata terra, o
sia città di san Remo , dove o non seppe , o
non potè far difesa quel popolo . Secento bom-
be e tremila cannonate delle navi inglesi fece-
ro un lagvimevol guasto in quelle case , ed
immenso danno recarono a quegF industrio-
si abitanti. Andarono intanto gli austriaci
e piemontesi ad unirsi in Casale di Mon-
ferrato , vegliando quivi agli andamenti dei
gallispani , i quali , perchè Alessandria era
R 4 ri-
2S4 Annali d' f t a i f £
rimasta In isola, nel dì sei di ottobre sot-
to di essa aprirono la trincea. Sino alla
notte precedente al dì dodici si tenne for-
te in quella città il marchese di Carragllo ,
general veterano del re di Sardegna , e si
ridusse poi con tutti i suoi nella cittadella
di modo che nel dì seguente pacificamente
entrarono in essa città i gallispani . Avea
nei tempi addietro il re Sardo con immen-
se spese atteso a fornir quella cittadella di
tutte le più accreditate fortificazioni den-
tio e fuori ; abbondanti munizioni da guer-
ra e provvisioni di vettovaglie vi erano
state poste ; grosso era il presidio. Per que-
ste ragioni , e per essere molto avanzata
la stagione , troppo impegno essendo sem-
brato ai gallispani l'imprendere queir asse-
dio, unicamente si pensò a vincere colla
fame una sì rilevante fortezza . Lasciatala
dunque bloccata con sufficiente numero di
truppe , il resto della loro armata passò
air assedio di Valenza , sotto di cui nel dì
17 di ottobre diedero principio alle ostili-
tà • Venne in questi tempi al comando dell'
armata austriaca Wincislao principe di hi"
Benstein , di una delle più nobili e più
ricche case della Germania, e personaggio
di somma prudenza, e pietà, in cui non si
sapea se maggior fosse la generosità, o la
cortesia e l'onoratezza: delle quali virtù
avea lasciata gran memoria nelT ambasce-
ria a Parigi, e in tante altre occasioni.
Dacché furono inoltrati gli approccj sotto
Va*
Anno MDCCXLV. 265
Valenza, ^ si videro gli assediatiti in pro-
cinto di dare l'assalto ad una mezza luna^
il comandante di essa fortezza marchese di
Balbiano ne propose la resa agli aggresso-
sori; ma ricevuta risposta , che si voleva
la guermgion prigioniera, egli nella notte
avanti al di 30 del mese suddetto con tut-
ta segretezza abbandonò la piazza., lascian-
do dentro solamente cento uomini nel ca-
stello oltre a molti malati . 11 resto di sua
gente, che consisteva in mille e novecento
soldati , in varie barche felicemente si tra-
sportò coi suoi bagagli di là da Po , con
aver anche danneggiato i gallispani , che
prevedendo questo colpo , tentarono di fra-
stornare il loro passaggio. Entrati i vinci-
tori in Valenza, vi trovarono circa sessan-
ta cannoni , ma inchiodati , molti mortari 7
e buona quantità di munizioni ed attrecci
militari.
Giacché il re di Sardegna , e il principe
di Lictenstein si erano ritirati da Casale
coli' esercito loro di ìà da Po a Crescen-
tino, passarono i gaiiispani ad essa città
di Casale , che aprì loro le porte nel gior-
no quinto di novembre . Il castello guer-
nito di secento uomini si mostrò risoluto
alla difesa, e però ne fu impreso 1* assedio >
ma con somma lentezza ; ancorché colà
ridotti si fossero V infante don Filippo, il
duca di Modena , il come di Gages , e il
maresciallo di Mailltbois . Evano cadute
esorbitanti pioggie., che fuori dell'usato
2.66 Annali d'Italia
durarono sino al fine dell' anno . In quel
grasso terreno vicino al Po, si trovavano
rotte a dismisura le strade , ed immenso
il fango , talmente che i muli destinati per
condurre da Valenza il cannone e le car-
rette delle munizioni , restavano per istra-
da , e trovavano la sepoltura in quegli or-
ridi pantani . Dall' escrescenza ed inonda-
zione del Po fu anche obbligato il re di
Sardegna a ritirare il suo campo verso
Trino e Vercelli. Intanto circa il dì otto
di novembre passarono i francesi ad impa-
dronirsi della città di Asti, il cui castel-
lo fatta resistenza sino al di 18 si rendei
restando prigioniere il presidio. In questi
tempi , cioè nel dì 17 di esso mese com-
parve sotto la Bastia capitale della Corsica
una squadra di vascelli inglesi , che fatta
indarno la chiamata al governator Mari
genovese , si diede a fulminar quella città
con bombe e cannonate , proseguendo sino
al dì seguente quell' infernale persecuzione ;
e poi spinta da venti furiosi, passò altro-
ve . Restò sì smantellata e in tal desola-
zione la misera città , che il governatore
informato dell' avvicinamento del colonello
Rivarola con tremila corsi sollevati , giu-
dicò bene di ritirarsi di là : sicché venne
quella piazza in poter di essi corsi. Per
tal novità gran bisbiglio ed affanno fu in
Genova. Intanto essendosi continuati gli
approcci e le offese sotto il castello di
Casale , quel comandante Savojardo si vide
ob-
Anno MDCCXLV. 267
obbligato alla resa , con restar prigioniera
di guerra la guemigione. Volle il mare-
sciallo di 31aillebois il possesso e dominio
di quella città a nome del re cristianissi-
mo, ed altrettanto avea fatto di Asti, di
Acqui , e dell' altre terre di quei contorni.
Sì esorbitanti poi furono le contribuzioni
di danaro e di naturali imposte dai fran-
cesi a quel paese, che svegliarono orrore,
non che compassione in chiunque le udì .
Nell'Astigiano le truppe quivi acquartie-
rate levavano anche i tetti alle case per
far buon fuoco. Passò dipoi V infante don
Filippo , e il duca di Modena col meglio
delle Joro forze a Pavia . Eransi già im-
possessati gli spagnuoli di Mortara , del
fertilissimo paese della Lomellina , e di
tutto P antico territorio Pavese con giubilo
incredibile di quei cittadini , che aveano
cotanto deplorato in addietro un sì fiero
smembramento del loro distretto. Aveano
in oltre essi spagnuoli posto il piede in
Vigevano , e meditavano di volgere i pas-
si alla volta di Reggio e Modena ; quan-
do venne loro un assoluto ordine della
corte di Madrid di passare a Milano .
Si sapea , che non troverebbono intoppo
ai loro passi. Il duca di Modena era di
sentimento, che si dovesse tenere unito
tutto r esercito fra Pavia e Piacenza, e
non istenderne o sparpagliarne le forze ;
e il conte di Gagcs , quantunque disap-
provasse quelP impresa , pure fu forzato
ad
2§B Annali d9 Italia
ad ubbidire . Marciò dunque esso GagéS
con un grosso distaccamento di truppe_, e
dopo avere ricevuti i deputati di Mila-
no , che gli andarono incontro ad offerire
3e chiavi , e a chiedere la conferma dei
lor privilegi > nel dì 16 di dicembre entrò
con tutta pace ia quella Metropoli , e to-
sto diede ordine, che si barricassero tutte
Te contrade riguardanti quel reale castel-
lo. Nei dì 19 del suddetto dicembre fece
anche l' infante don Filippo in compagnia
del duca di Modena Y ingresso in Milano ^
accolto con festose acclamazioni da quel
popolo, che quantunque ben affetto all'
augusta casa di Austria , pure non potea
di meno di non desiderare un principe prò-
prio^ che stabilisse quivi la sua residen-
za . E fu certamente creduto da molti non
solo possibile, ma anche probabile,, che
in questo germoglio della real casa di
Bordone si avessero a rinovare gli antichi
duchi di Milano. Perciò con illuminazioni,
ed altre dimostrazioni di giubilo si vide
o per amore o per forza solennizato P ar-
rivo dì questo real principe in quella cit-
tà. Questo passo ne facilitò poi degli al-
tri , cioè l'impadronirsi^ che fecero gli
spagnuoli delle città di Lodi e Como. In-
tanto il principe di Liaenstein col suo cor-
po di gente si tratteneva sul Novarese ,
stendendosi fino ad Oieggio grande, e ad
Arona , e alle rive del Ticino . Neil* op-
posta riya di esso fiume il conte di Gages
si
Anno MDCCXLV. 269
si pose anch' egli colle sue schiere , per
impedire ogni passaggio, o tentativo degli
austriaci. In tal positura di cose terminò
1' anno presente : Anno considerabìlmente
infausto ai re di Sardegna , per la perdita
di tanto paese, e per tante altre pernicio-
se incursioni fatte dai suoi nemici verso
Ce va ed altri luoghi , ed anche verso Exi-
les, dove le sue truppe ebbero una mala
percossa nel dì n di ottobre. E pure qui
non terminarono le dissaventure del Pie-
monte. Nell'anno precedente era penetrata
in quelle contrade la peste Bovina , e si
calcolò , che circa quarantamila capi di
buoi e vacche vi perissero. Un potente
mezzo per dilatare qualsivoglia pestilenza ,
suol essere la guerra, siccome quella, che
rompe ogni argine e misura deir umana
prudenza . Però maggiormente si dilatò
questo micidial malore neir anno presente
pel Monferrato., e per gli altri stati del re
di Sardegna _, e di là passò nei distretti di
Milano e di Lodi , e giunse fino al Piacen-
tino di là da Po, anzi arrivò a serpeg-
giare nel di qua di esso fiume , e in parte
del Bresciano , con terrore del resto della
Lombardia. La strage fu indicibile; echi
sa quai sieno le terribili conseguenze di
sì gran flagello, bisogno non ha da im-
parare da me, in quanta desolazione restas-
sero quei paesi , oppressi nel medesimo
tempo dall' insoffribil peso della guerra.
Conto fu fatto , che cento ottantamila ca-
Pi
270 Anita li d'Italia
pi di essi buoi perissero nello stato di
Milano. Più riuscì sensibile a quei popoli
questo colpo , che la stessa guerra .
Anno di Cristo 1746, indizione ix.
di Benedetto XIV, papa 7.
di Francesco I, imperadore 2.
INI el più beli' ascendente pareano gli affa-
ri dei gallispani in Lombardia sul princi-
pio di quest' anno , trovandosi Tarmi loro
dominanti nei di qua da Po, a riserva
della bloccata Alessandria i ed essendo ve-
nuta la città di Milano con Lodi , Pavia ,
e Como alla lor divozione , con restare
il solo castello di Milano renitente ai loro
doveri . Lusingaronsi allora i francesi di
poter trarre coli' apparenza di sì bel tempo
Carlo Emmanuele re di Sardegna nel loro
partito, o almeno di staccarlo colla neu-
tralità dalla lega austriaca ed inglese . Da
Parigi e da altre parti volavano nuove ,
che davano per certo e conchiuso l'acco-
modamento colla real corte di Torino ; né
si può mettere in dubbio , che qualche
maneggio, durante il verno, seguisse fra
le due corti per questo. Ma o sia, che le
esibizioni della Francia non soddisfacessero
al re di Sardegna ; o pure , come è più
probabile, e protestò dipoi esso re per
mezzo dei suoi ministri alle corti collega-
te , eh' egli più pregiasse la fede nei suoi
impegni, che ogni altro proprio vantag-
gi0»
Anno MDCCXLVI. 2^1
gio , e gli premesse di reprimere la voce
sparsa, che ristabilità nelle leghe passas-
se per eredità nella real sua casa : certo
è, che svanirono in fine quelle voci, e si
trovò più che mai il re Sardo costante ed
attaccato alla lega primiera, con aver egli
fatto tornare indietro mal soddisfatto il
figlio del maresciallo di Maillebois , che ve-
nuto ai confini _, portava seco, non dirò
la speranza , ma la sicurezza lusinghevole
di veder tosto sottoscritto Y accordo . Sta-
vano intanto i curiosi aspettando , che s'
imprendesse 1' assedio formale dei castello
di Milano , giacché il ridurlo col blocco
e colla fame sarebbe costato dei mesi , e
intanto potea mutar faccia la fortuna . Ma
il cannon grosso penava assaissimo ad es-
sere trasportato per le strade troppo rotte
da Pavia a Milano, e però di una in al-
tra settimana si andava differendo il dar
principio a queir impresa . Intanto perchè
si lasciarono vedere alcuni armati spa-*
gnuoli nel borgo degli ortolani, o sia por-
ta Comasina, che è in faccia ai castello,
le artiglierie di esso castello gastigarono
gl'innocenti padroni di quelle case con
diroccarle. Attendeva il real infante don
Filippo a sollazzarsi in quella Metropoli
con opere di musica , ed altri divertimen-
ti ; il duca di Modena se ne passò a Ve-
nezia per rivedere la sua famiglia, e re-
stituissi poscia nel febbrajo a Milano ; e il
generale Gages col nerbo maggiore delle
trup-
272 Annali d'Italia
truppe spaglinole andò a postarsi alle rive*
del Ticino verso il lago Maggiore, per
impedire qualunque tentativo, che potesse
fare il principe di Liclestein , il quale avea
piantato il suo campo ad Oleggio , ed
Arona , e in altri siti del novarese alla
riva opposta del fiume suddetto.
Non attendeva già a solazzi in Vienna
¥ imperadrice regina, ma con attività mi-
rabile, a cui non era molto avvezza in
addietro la corte austriaca imperiale, prov-
vedeva ai bisogni dei suoi in Lombardia.
Era già stata conchiusa e ratificata la pa-
ce col re di Prussia . Pertanto sbrigata da
quel potente nemico essa regina col con-
sorte Augusto , spedì subito ordine , che
una mano dei suoi raggimenti marciasse
alla volta d'Italia. Rigoroso era il verno ;
le nevi e i ghiacci dapertutto ; convenne
ubbidire. Gran copia ancora di reclute si
mise allora in viaggio. Cagion fu la sudet-
ta inaspettata pace, e la spedizion di tan-
ti armati austriaci , a poco a poco nel feb-
braio arrivati sul Mantovano, che andasse
in fumo ogni disegno degli spagnuoli ( se
pure alcuno mai ve ne fu ) di mettere V
assedio al castello di Milano . E perciocché
s' ingrossavano forte gli austriaci nel di
qua da Po a Quistello, a san Benedetto,
ed altri luoghi , rivolsero essi spagnuoli i
lor pensieri alla difesa di Piacenza , Parma,,
e Guastalla, nella qual ultima piazza erano
anche entrati. Occuparono anche la città
di
Khkò MDCCXLVI/ 273
3i Reggio, dove quel comandante Bolelli
piacentino si ingegnò di lasciare uh brutto
nome, peggio trattandola che i paesi di
conquista. Fu dunque posto grosso presidio
in Guastalla , ed inviata gente con qualche
artiglieria in rinforzo di Parma ; né in
questi medesimi tempi cessavano di arri-
vare sul Genovesato munizioni e soldate-
sche spedite dalla Spagna e da Napoli ,
passando felicemente per mare , ancorché
girassero di continuo per quelle acque i
vascelli e le galeotte inglesi. Anche per la
riviera di Ponente passarono verso Genova
tre reggimenti di cavalleria ; ma non si
vedevano già comparire in Italia nuove
truppe francesi .
Diedesi , appena venuto il mese di mar-
io, principio alle mutazioni* di scena , che
andarono poi continuando e crescendo in
tutto l'anno presente nel teatro della Guer-
ra di Italia. Il primo a fare un bel colpo,
fu il re di Sardegna , i cui movimenti fi-
nirono di dipassar le ciarle del sognato
suo accordo colla Francia. Spedito il ba-
rone di Leutron con più di dieci mila
combattenti all'improvviso nel dì cinque
del mese suddetto , piombò sopra la città
di Asti. Circa cinquemila francesi con più
di trecento ufiziali si godevano quivi un
buon quartiere. Spedì bensì il tenente ge-
nerale signor di Montai comandante di
quelle truppe al Maillebois l'avviso del
suo pericolo , insieme con ottantamila li-
Tom. XXVII. S bre
274 Annali D'Italia!
bre da lui ricavate di contribuzione; ma
caduto il messo colla scorta negli usseri,
ootal disgrazia cagion fu, che i francesi
non fecero difesa che per tre giorni, e
furono obbligati a rendersi prigionieri , con
sommo rammarico del maresciallo , il qua-
le non fu a tempo per soccorrerli , e rove-
sciò poi tutta la colpa di queir infelice av-
venimento sul comandante suddetto . Men-
tre egli sconcertato non poco si ritirò per
coprire Casale e Valenza , i vincitori pie-
montesi rastellando in varj siti altre pic-
ciole guernigioni francesi , s' inoltrarono al-
la volta della già languente cittadella di
Alessandria pel sofferto blocco di tanti
mesi , seguitati da un buon convoglio di
viveri condotto dal marchese di Cravenza-
fia. Sminuito^per li patimenti quel presi-
dio, comandato dal valoroso marchese di
Carragllo , era anche giunto a combattere
colla fame ; e già per la mancanza delle
vettovaglie si trovava alla vigilia di darsi
per vinto : quando i dieci battaglioni fran-
cesi esistenti nella città , all' udire avvici-
narsi il grosso corpo dei piemontesi giu-
dicarono meglio di abbandonarla, lascian-
do in quello spedale qualche centinaio di
malati , che rimasero prigioni del re di
Sardegna . Intanto per conservar la comu-
nicazione con Genova , ritirassi il Maille-
bois a Novi. Questi colpi, e l'ingrossarsi
continuamente verso V Adda , e nel Man-
tovano di qua da Po le milizie austriache,
fé-
A a n o MDCCXLVI. 275
fecero conoscere ali* infante don Filippo,
che l'ulteriore soggiorno suo e delle sue
truppe in Milano , era oramai divenuto pe-
ricoloso. Cominciarono dunque a sfilare
verso Pavia i cannoni grossi venuti per 1'
ideato assedio del castello di Milano , ed
ogni altro apparato militare* Ciò non os-
tante nel dì 15 di marzo, giorno natali-
zio deli' infante suddetto il duca di Mode-
na diede una suntuosa festa a tutta la no-
biltà dì Milano. Ma da che s' intese , che
il general tedesco Berenclau da Pizzighit-
tone con circa diecimila dei suoi , dopo
l'acquisto di Codogno , s'incamminava ver-
so Lodi, di colà ritiratisi gli spagnuoli si
salvarono quasi tutti a Piacenza. Gli altri
parimente, che erano a Como, Lecco, e
Trezzo , ed assediavano il forte di Fuentes,
tutti se ne vennero a Milano . Ma ecco
cominciar a comparire alla porta di quella
città le scorrerie degli usseri . Allora fu
che il generale conte di Gages andò ad
insinuare al real infante che tempo era di
ricoverarsi a Pavia, aggiugnendo essere ve-
nuto quel giorno , eh' egli si chiaramente
avea predetto all' altezza sua reale , prima
di muoversi alla volta di Milano. Era sul
far dell'alba del dì 19 di marzo, in cui
quel real principe col duca di Modena,
e col corpo di sua gente, prese commiato
da quella nobil città . Quanto era stato
il giubilo nell' entrarvi, altrettanto fu il
-rammarico ad abbandonarla . Due ore dopo
S 2 la
276 Annali d'Italia
la loro partenza ripigliarono gli austriaci
il possesso di Milano ; ed ebbero tempo di
solennizzare la festa di san Giuseppe eoa
tutti i segni di allegria , sì per la felice
liberazione della città, che pel nome del
primogenito arciduchino .
Non poterono allora i politici contener-
si dal biasimare la condotta degli spagnuo-
li , che in vece di attendere ad assicurar
meglio il di qua da Po coir espugnazione
della cittadella di Alessandria , aveano vo-
luto sì smisuratamente slargar 1' ali , e
prendere tanto paese , senza ben riflettere >
se aveano forze da conservarlo • Esercito
troppo diviso, non è più esercito» Erano
sparpagliati i gallispani per tutto il ài
qua da Po > ed arrivava il dominio di es-
si da Asti per Piacenza e Parma fino a
Reggio e Guastalla. Tenevano Pavia, Vi-
gevano, e la città di Milano, ma con uà
castello forte , che minacciava non mena
essi, che la città. Occupavano ancora Lo*-
di, e le fortezze dell'Adda. Dapertutto
conveniva tener presid) , e però dapertuttc*
mancava un'armata, e ciò che parea ac-
crescimento di potenza , non era che de-
bolezza . Non fu già consiglio del duca di
Modena, né del generale Gages, che si an-
dasse a far quella bella scena o sia com-
parsa in Milano : ma convenne ubbidire al
reale infante ^ o siccome è più credibile,
agli ordini precisi venuti da Madrid . Trop-
po spesso sogliono prendere mala piega le
itn-
Anno MDCCXLVL i21
Imprese, qualora i gabinetti lontani vo-
gliono regolar le cose, e saperne più di
un generale saggio , che sul fatto conosce
meglio la situazion delle cose ; e secondo
le buone o cattive occasioni dee prendere
nuove risoluzioni . Contuttociò si ha da
riflettere , che non poterono gli spagnuoli
prevedere i' improvvisa pace dell' impera-
trice regina col re Prussiano > né seppero
figurarsi, ch'ella nell'aspro rigore del ver-
no avesse da far volare in Italia sì gran
forza di gente : tutti avvenimenti , che
Econcertarono le da loro forse ben prese
misure. A questi impensati colpi e vicen-
de gli affari delle guerre e delle leghe son
sottoposti . Anche dalla parte di Levante
non tardò la fortuna a dichiararsi per 1*
armi austriache . Nel dì 26* di marzo il
generale comandante conte di Broun , es-
sendosi mosso dal Mantovano di qua da
Po col suo corpo di armata, diviso in tre
colonne, Tuna comandata da lui, e l'al-
tre dai generali Lucchesi e Novali , s' in-
viò alla volta di Luzzara e di Guastalla .
Trovavasi in questa città di presidio il
maresciallo di campo conte Coraffan , va-
loroso uflziale del re di Napoli col suo
reggimento di albanesi , consistente in cir-
ca mille e cinquecento delle migliori sol-
datesche napoletane: ma senza artiglieria,
e sprovveduto anche di altre munizioni da
guerra e da bocca . Ricorse egli per tem-
po al marchese di Castellar »ijche con al-
S 3 quan~
2.78 Annali D'Itait^
quanti reggimenti era venuto alla difesa di
Parma , rappresentandogli il bisogno e il
pericolo. Órdine andò a lui di ritirarsi a
Parma , ma a tempo non arrivò queir or-
dine. Intanto il Castellar con tremila dei
suoi venne a postarsi al ponte di Sorbolo, per
secondare la supposta ritirata del Coraffan.
Poco vi fermò il piede , perchè un grosso
distaccamento , da lui inviato al ponte del
Baccanello , assalito dal generale unghero
Nadasti , fu forzato a tornarsene con poco
piacere a Parma , lasciando indietro molti
morti e prigioni . Piantati intanto alcuni
pezzi di grossa artiglieria setto Guastalla ,
non potendosi sostenere quel presidio , si
rendè prigioniere di guerra con gravi la-
menti contra del Castellar , quasi che gli
avesse sacrificati al nemico . Cagion furono
questi avvenimenti , che anche gli spagnuo-
li esistenti in Keggio, abbandonata quella
città , si ritirarono al ponte di Enza ;
laonde spedito da Modena il conte Marti-
nenghi di Barco , colonnello del reggimen-
to savoiardo di Sicilia , con alcune centi-
naia dei suoi, e con un rinforzo di varas-
dini , ripigliò il possesso di quella città ;
e poi passò al suddetto ponte, per iscac-
criame i nemici. Quivi fu caldo il conflit-
to y vi perirono da trecento e più austria-
co-sardi , con alcuni ufiziali ; vi restò an-
che gravemente ferito lo stesso colonnello,
ma fa fine si salvarono gli spagnuoli a
Parma, lasciando libero quel sito ai sa-
vojar-
Anno MDCCXLVI. 279
vojardi . La perdita di essi spagnuoli in
questi movimenti e piccioli conflitti y si
fece ascendere a circa quattromila persone
fra disertati , uccisi , e prigioni .
Non istava intanto ozioso dal canto suo
il re di Sardegna. Giunto egli e ricevuto
cella città di Casale , fra pochi giorni ,
cioè nel dì 28 di marzo, col furore delle
artiglierie costrinse i pochi francesi esi-
stenti in quel castello a renderlo, col ri-
maner essi prigioni . Di colà poi passò all'
assedio di Valenza , dove si trovavano di
presidio due battaglioni spagnuoli, ed uno
svizzero ; truppe del re delle due Sicilie .
Il fuoco maggiore sondimeno si disponeva
verso Parma. L'essere in concetto i par-
migiani di sospirare più il governo spa-
gnuolo , che quello degli austriaci , concet-
to foadato verisimilmente nelT aver taluno
della matta plebaglia usate alcune insolen-
ze al presidio tedesco, allorché abbandonò
quella città , e fatta quo! popolo gran fe-
sta all'arrivo di essi spagnuoli: tale mal
animo impresse in cuore delle milizie au-
striache, che non si sentivano che minac-
cie di trattar quel popolo da ribelle e ne-
mico ; e però marciavano quelle truppe
alla volta del Parmigiano , come a nozze
per l'avidità dello sperato, e fors' anche
promesso bottino. Ma non cosi l'intese la
saggia ed insieme magnanima imperadrice
regina . Conoscendo essa , qual deformità
sarebbe il promettere pel reato di alcuni
S 4 pò-
à8ò ÀNìfAir VliJliX
pochi il gastigo e la rovina di tante mi-*
gliaja d' innocenti persone ; e che in danno
anche suo proprio ridonderebbe il ridurre
in miserie una città , che era e dovea re-
star sua : mandò ordine , che si pubblicas-
se un general perdono in favore dei par-
migiani ; e questo fu stampato ih Modena .
La disgrazia volle , che alcuni di quegli
ufiziali per tre giorni dimenticarono di
averlo in saccoccia e di pubblicarlo 5 e
però entrarono furiosi i tedeschi in quel
territorio , stendendo le tapine sopra le
ville e case che s'incontravano, ed anche
sfogando la rabbia loro contro quadri ,
specchi, ed altri mobili , che non poteano
o volevano asportare. Ne pure andò esen-
te dalle griffe loro il palazzo di Villa
della vedova duchessa di Parma Dorotea
di Neoburgo , a cui pure dovuto era tan-
to rispetto , per essere ella madre della
tegina di Spagna, e Prozia della regnante
imperadrice. Si fece poi fine al flagello,
da che niuno potè scusarsi di non sapere
l'accordato perdono, e maggiormente dap-
poiché arrivò a quel campo il supremo co-
mandante principe di Licienstein , il qua-
le con esemplar rigore di gastighi tolse
di vita i disubbidienti e massimamente i
trovati rei di aver saccheggiate le chiese .
Con cinquemila fanti , e buon nerbo di
cavalleria dimorava alla custodia di Parma
il tenente generale spagnuolo rtiarchese di
Castellar ; ma prima di essere quivi ristret-
to,
A^no MDCCXLVI. 2Sr
to , felicemente avea rimandati di là dal
Taro quasi tu'Fti quei cavalli , giacché in
caso di blocco o di assedi© gli sarebbe
mancata roani* ra di sostenerli . intanto il
generale dell'artiglieria conte Gian-Luca
Fallavicini con gròssa brigata di grana-
tieri, cavalli, e pedoni, andò nel di quat-
tro di aprile a prendere posto intorno a
Parma. Fatta fu la chiamata della resa
dal general comandante conte di Broun ;
la risposta fu, che il Gastellar desiderava
di acquistarsi maggiore stima presso di
queir austriaco generale . Così fu dato prin-
cipio al blocco assai largo di Parma • il
grosso dell' armata austriaca passò ad at-
tendarsi alle rive del Taro., mentre al lun-
go dell'opposta riva aveano piantato il lora
campo gli spagnuoli. Posto fu il quartier
generale di essi coli' infante, col duca di
Modena, e col Gages a castel Guelfo sulla
strada maestra, o sia Claudia. Era già
pervenuto da Vigevano sul territorio di
Milano il principe di Li&enstein colla sua
armata, da lui saggiamente conservata in
addietro sul Novarese. Ora anch' egli, do-
po aver lasciato un corpo di gente a Bi-
nasco, Biagrasso, ed altri siti, per repri-
mere ogni tentativo degli spagnuoli, tut-
tavia signori di Pavia , col resto di sua
gente venne nel dì undici di aprile all'
accampamento del Taro, ed assunse il co-
mando di tutta Tarmata. Aveano nei gior-
ni addietro gli spagnuoli inviate per Po a
Pia-
282 Annali i>' Italia
Piacenza le artiglierie, attrecci, munizio-
ni, e magazzini, che tenevano in Pavia,
dando abbastanza a conoscere di non vo-
ler fare le radici in quella città. In fat-
ti da che videro incamminato con tante
forze il Liftenstein alla volta di Parma y
abbandonarono nel dì cinque di aprile quel-
la città, e passarono a rinforzar la loro,
oste , accampata al fiume suddetto . Così
quella città ritornò air ubbidienza deli*
imperadrice regina .
Posavano in questa maniera le due pode-
rose armate, l'una in faccia all'altra se-
parate dal solo Taro , e gli uni miravano i
picchetti dell' altro campo nella riva oppo-
sta, ma senza voglia e disposizione di az-
zuffarsi insieme. Conto si facea, che cada-
una ascendesse a trentamila combattenti ,
avendo dovuto gli austriaci lasciare un al-
tro biaon corpo a Pizzighettone, per assi-
curarsi da ogni insulto degli spagnuoli ,
che teneano un fortissimo e ben armato
ponte sul Po a Piacenza y e grosso presidio
in quella città . I francesi col maresciallo di
Maillebois tranquillamente riposavano tra
Voghera e Novi, a fio di conservare il
passo a Genova , da onde continuamente
venivano munizioni da bocca e da guerra,
ma non mai vennero quei quaranta nuovi
battaglioni , che si decantavano destinati
per la Lombardia dai re cristianissimo ,
Stava sul cuore de| generale Gages la guer-
nigione rinchiusa in Parma in numero^ di
più
Anno MDCCXLVI. 283
più di seimila armati, ed esposta al pericolo
di rendersi prigioniera di guerra , giacché
senza il brutto ripiego di tentare unaj>atta-r
glia non si potea quella città liberare dai
blocco, nò vi era sussistenza di viveri, se
non per poco tempo^ e le bombe aveano
cominciato a salutarla con gran terrore de*
cittadini. Segretamente dunque concertò
egli col marchese di Castellar la maniera
di farlo uscire di gabbia,. Nella notte se-
guente al dì 19 di aprile gran movimento
si fece nelT armata spagnuola; si appres-
sarono al fiume in più luoghi le loro schie-
re in apparenza di volerlo passare , e ten-
tarono anche di gittare un ponte. Si dis-
posero a ben riceverle anche gli austriaci,
tutti posti in ordine di battaglia . In questo
mentre, cioè in quella stessa notte , il mar-
chese di Castellar, lasciato poco più di ot-
tocento uomini, parte anche invalidi, con
sessanta ufiziali nel castello, alla sordina
e senza toccar tamburo, se ne uscì colla
sua gente di Parma, seco men;.ndo quattro
pezzi di cannone, e treata carra di baga-
glio e munizioni ; e dopo avere sorpreso
un picciolo corpo di guardia degli austria-
ci , s' incamminò alla volta della montagna ,
cioè di Guardasone e Monchierugolo, con
disegno di passare per la Lunigiana nel
Genovesato, e di là alla sua armata . La-
sciò questa gente la desolazione per dovun-
que passò, e non poco ancora ne sofferiro-
no le confinanti terre del Reggiano. Tardi
ìg4 An*tàh d'Italia
gli austriaci , formanti il blocco, si avvi-
dero di questa inaspettata fuga . Dietro ai
fugitivi fu spedito il tenente maresciallo
conte Nadasti coi suoi usseri , e con un
corpo di croati , che gì* inseguì per qualche
tempo alla coda . Seguirono perciò varie
battagliole; ma ih fine il Nadasti fu obbli-
gato a lasciar in pace i fughivi, perchè
non poteano i suoi cavalli caracollar per
quei monti , e caddero anche in qualche
imboscata con loro danno. Molti di quella
truppa spagtìuola , ma di varie nazioni, e
probabilmente la metà di essi, in questa
occasione disertarono . 11 resto dopo un
gran giro arrivò in fine ad unirsi coli' eser-
cito del real infante, ridotto a poco più
di tremila persone . Non mancò poi chi
censurò il Castellar , perchè avendo sot-^
to il suo comando diecimila soldati, cre-
duti le migliori truppe dell'esercito spa-
gnuolo, per non essersi ritirato quando
era tempo , ne avea perduta la mag-
gior parte. Pel Reggiano tornarono indie-
tro molti degli usseri, e si rifecero sopra
i poveri abitanti di quello, che non avea-
no trovato nel Parmigiano , saccheggiato
prima dagli altri . Per la ritirata improv-
visa del Castellar , che niun pensiero si era
preso della lor salvezza , in grande spa-
vento rimasero i cittadini di Parma. Passò
da lì a non molto la paura, perchè nella
seguente mattina del dì 20 rientrarono pa-
cificamente in quejla città i tedeschi coi
gè-
Anno MDCCXLVI. 285
generale conte Pallavicini plenipotenziario
della Lombardia austriaca ; il quale tosta
vi fece pubblicare un general perdono con
rincorare gli afflitti ed intimoriti cittadi-
ni . Poco poi si fece pregare il presidio di
quei castello a rendersi prigioniere di guer-
ra , con ottener solamente di salvare V
equipaggto tanto suo che degli altri spa-
gnuoli , rifugiato in quella poco fotte for-
tezza ; che questa appunto era stata la mi-
ra del marchese di Castellar . Trovaronsi
in esso castello ventiquattro cannoni , quat-
tro mortari, ed altri militari attrecci e
munizioni.
Solamente nel dì 19 di aprile per cagion
delie frequenti pioggie poterono le solda-
tesche del re di Sardegna aprire la breccia
sotto Valenza. Era diretto quell'assedio
dal principe di Baden Durlach, e coperto
dal barone di Leutron^ dichiarato ultima-
mente generale di fanteria, Continuaronp
le offese contro di quella piazza sino al
dì due di maggio, in cui dopo avere i
piemontesi presa la strada coperta ed aper-
ta la breccia 3 si vide quel presidio obbli-
gato ad esporre bandiera bianca. Vi erano
dentro circa mille e cinquecento difensori^
ai quali toccò di restar prigionieri . Dai
francesi intanto occupata fu la città di
Acqui ; ma acquisto che durò ben poco •
Avea già ottenuto il generale Gages Y in-
tento suo di disimbrogliare da Parma il
marchese di Castellar, e nulla a lui gio-
van-
286 ÀNNAti d' Italia
vand© il fermarsi più lungamente alle rive
del Taro dove patì gran diserzione di sua
gente, finalmente nel dì tre di maggio le-
vò il campo y e s' inviò verso il fiume Nu-
ra in vicinanza maggiore a Piacenza , per
quivi cominciare un altro giuoco. S'inoltrò
per questo anche Tarmata austiaca sino a
Borgo san Donnino , con istendersi poi a
poco a poco più oltre ; cioè aFiorenzuola,
e di là sino alla Nura. Riuscì agli usseri,
che inseguivano nella loro ritiratagli spa-
gnuoli , di sorprendere in mezzo ai loro
corpi tutto il bagaglio del duca di Modena ,
per essersi, a cagion di un equivoco, messo
in viaggio senza aspettare Tarmata , argente-
rie, cavalli, muli, e carrozze: tutto andò*
Non consiste la gloria dei prodi condottie-
ri di armate solo in dar con vantaggio del-
le battaglie, ma anche nella maestria di
ordire stratagemmi in danno dei nemici .
Ben istruito di questo mestiere si mostrò
in più congiunture il generale conte di
Gages. Aveva egli spediti innanzi verso
Piacenza varj distaccamenti , consistenti in
diecimila combattenti , col pretesto di scor-
tare il bagaglio, e ordinato, che sotto es-
sa città di Piacenza si preparasse loro uno
stabile quartiere ; né se n'erano accorti
gli austriaci , esistenti di qua da Po . Pri-
ma nondimeno aveano avulo ordine circa
cinquemila tra fanteria e cavalleria tedesca
di passare da Pizzighittone a Codogno , e
di postarsi quivi , per vegliare agli attda-
men-
Anno MDCCXLVI. 287
menti degli spagnuoli ; i quali per avere
sul Po a Piacenza un ben fortificato ponte }
avrebbero potuto recare insulti al di là da
Po . Alla testa di essi vi erano i generi
Cavriani e Gross . Contra di questo corpo
di gente erano indirizzate le segrete mene
del conte di Gages . Appena giunto a Pia-
cenza il tenente generale Pignatellij, fece
vista di disfare il ponte suddetto: il che
servì ad addormentare i nemici . Poscia
rimesso il ponte nella notte dei dì cinque
di maggio vegnendo il sei , colla maggior
parte dei suddetti spagnuoli passò alla sor-
dina di là dal Po . Dopo avere avviluppa-
ti e sorpresi i picchetti avanzati dei nemi-
ci , senza che questi potessero recarne av-
viso alcune ai lor comandanti, inaspettato
arrivò la mattina seguente addosso ai te-
deschi j esistenti in Codogno , che allora
faceano 1' esercizio militare . Come potero-
no , si misero questi in difesa con sei can-
noni ed alcuni falconetti carichi a cartoc-
cio, che erano sulla piazza j ma avanzatisi
gli spagauoli con bajonetta in canna , e
impadronitisi di quei bronzi , gli obbliga-
rono a ritirarsi parte nei chiostri , e par-
te nelle case e nel palazzo Triulzio, dove
per quattro ore valorosamente si sostenne-
ro facendo fuoco . Ma in fine soperchiati
dal maggior numero dei nemici, quei, che
erano restati in vita, per mancanza di mu-
nizioni si renderono prigioni. Quasi due-
mila furoao i prigioni , circa mille e quat-
tro-
288 ÀNKAII fe'lTAlIÌ
irocenio i morti e feriti il resto trovS
scampa colla fuga. La perdita dalla parte
degli spagnuoli non si potè sapere. Resta-
rono in loro potere dieci bandiere , due
stendardi, i suddetti cannotti , e i bagagli
di quelle genti, a riserva di quello del
generale Gross , che nel darsi per vinto
salvò il suo, e quello degli altri ufiziali ,
che erano con lui . Se ne tornarono con
tutto comodo i vincitori a Piacenza , né di-
menticarono di condurre colà quanti grani ,
foraggi, e bestie bovine poterono cogliere
nel loro ritorno ►
Erasi postato l'esercito spagnuolo sotto
Piacenza , e quivi fortificato con buoni
trincierauienti , guerniti di molta artiglie~
ria . Gran copia ancora di cannoni si sten-
deva sulle mura della città . Passata la spia-
nata, che è intorno ad essa città, e sulla
strada maestra dalla parte di Levante, sta-
va situato il seminario di san Lazzaro >
fabbrica grandiosa, eretta con grandi spe-
se dal cardi naie Albero n i , per quivi educa-
re gratis e istruire i oberici di Piacenza
sua patria . In quel magnifico edilìzio furo-
no posti di guardia duemila spagnuoli , ed
alzate fortificazioni all'intorno. Ma da che
l'esercito austriaco ebbe passata la Nurar
ansioso di accostarsi il più che fosse pos-
sibile a Piacenza , determinò di sloggiare
di colà i nemici . Pertanto nel dì iS di
maggio si avanzarono alla volta di esso
seminario alcuni battaglioni con artiglie-
rie,
rA n K o MDCCXLVI. 289
rfe, e tutta la prima linea dell' armata si
mise in ordine di battaglia per sostenerli,
con risoluzione ancora di venire ad un fat-
to di armi, se fossero accorsi gli spagnuo-
li, per maggiormente contrastare quel si-
to . Ma eglino punto non si mossero ; e
però dopo avere quel presidio mostrata per
un pezzo la fronte agli aggressori , prese
il partito di cedere il luogo , con ritirarsi
alla città . Le cannonate contra di essa
fabbrica sparate dagli austriaci per impa-
dronirsene , e poi le altre degli spagnuoli
per incomodargli , dappoiché se ne furono
impadroniti, sommamente danneggiarono ,
anzi ridussero quasi come uno scheletro
quel grande edifìzio . Il cardinale , che co-
stante voile dimorare in Piacenza , senza
punto alterarsi o scomporsi , ne mirò T ec-
cidio. Con tale acquisto si stese la prima
linea degli austriaci in vicinanza del semi-
nario suddetto ; dalla parte ancora della
collina furono tolte agli spagnuoli alcune
cascine, il castello di Usfoìengo, ed altri
siti sino alla Trebbia; sicché da quella par-
te ancora fu ristretta Piacenza . Alzatesi
poi a san Lazzaro dai tedeschi alcune bat-
terie di cannoni e mortari , cominciarono
nel fine del mese di maggio colle bombe
ad infestare la città ; così che convenne a
quegli abitanti di evacuare i monisteri e
le case dalla parte orientale della medesi-
ma , benché in fine si riducesse a poco il
loro danno per la troppa lontananza delle
Tom. XXVII. T bat-
290 Annali d'Italia
Latterie e dei mortari nemici . Riuscì an-
cora nel dì quattro di giugr igli austria-
ci di occupare di là dallr T t bbia a forza
di armi iì castello di Rivalta , con farvi
prigionieri circa cinque. / nxo uomini di fan-
teria ed alcuni pocfo di cavalleria e Anche
Monte Chiaro si arrendè ai medesimi au-
striaci .
Certo è , che non poco svantagggiosa ora-
mai compariva la situazion degli spagnuo-
li,, perchè confinati nell'angustie dei loro
trinciefamenti intorno alla città , e colla
comunicazione di Genova , divenuta peri-
colosa per le scorrerie degli usseri. Peg-
giore senza paragone si scorgeva lo sta-
to di quella cittadinanza, chiusa entro le
mura, col suo territorio e poderi tutti in
mano dei nemici, senza speranza di ri-
cavarne alcun frutto, e colla sicurezza di
ritrovar la desolazione dapertutto . Scar-
seggiavano essi in oltre di viveri, senza
potersene provvedere , al contrario degli
spagnuoli , che pel ponte del Po scorren-
do di tanto in tanto nel Lodigiano e Pa-
vese, ne riscotevano contribuzioni , e ne
asportavano bestiami ed altre vettovaglie
per loro uso. Ma né pure dal canto lo-
ro aveano di che ridere gli austriaci , per-
chè imbrogliati dalla sagacità del genera-
le conte di Gages , che coli' essersi posto a
cavallo del Po , frastornava ogni loro pro-
gresso, egli obbligava a tener divise le lo-
ro forze nel di qua e nel di là. Se avesse-
ro
Anno MDCCXLVI. 291
io voluto ingrossarsi molto sul Piacentino,
avrebbero lasciati troppo esposti alle scor-
rerie e ai tentativi degli spagnuoli i terri-
tori di Lodi, Pavia, e Milano. E se infie-
volivano Toste di qua, per soccorrere il
di là, si poteano aspettare qualche brutto
scherzo dai nemici , ai quali era facile T
unirsi tutti in Piacenza . Cagion fu questa
divisione , che sul principio di giugno li-
beramente scorse un grosso distaccamento
di spagnuoli sino a Lodi . Entrato nella
città ne fece chiudere tosto le porte ; vol-
le il pagamento della diaria per due mesi ;
occupò tutto ii danaro dei dazj e della cas-
sa regia, ed intimò una contribuzione al
pubblico. Poscia preso quanto di sale , fa-
rina , legumi , formaggio , e carne porcina
si trovò in quelle botteghe e magazzini ,
dopo avere ordinato che coli' imposta con-
tribuzione fossero soddisfatti i particola-
ri, tutto portarono a salvamento in Pia-
cenza .
Mentre in questa inazione dimoravano in-
torno a Piacenza le due nemiche armate ,
nel dì tredici di giugno si cominciò a pre-
vedere qualche novità, stante Tessersi mos-
so con tutta la sua gente (erano circa do-
dicimila combattenti ) il maresciallo di Mail-
lebois alla volta di Piacenza . Schivò egli
nella marcia le truppe del re di Sardegna ,
che erano in moto contrari lui. Per aver
egli abbandonato Novi, ricca terra dei ge-
novesi j non trovarono difficoltà i piemon-
T 2 te-
2$2 ANNALI !>' I T A t I Jl
tesi ad entrarvi,, ed imposero tosto a que!
popolo una contribuzione di ducentomila
lire di Genova. Si spinsero ancora sotto
Serravalle , terra già del Tortonese , e ce-
duta dai gallispani ai genovesi . Nel di
quattordici si unirono con gli spagnuoli in
Piacenza le truppe suddette francesi ; colà
ancora erano stati richiamati tutti i distac-
camenti inviati di là da Po. Non manca-
rono spie che riferirono all'esercito austria-
co questi andamenti dei gallispani , né mol-
to studio vi volle per comprendere la lor
voglia di venire ad un fatto di armi . Il
perchè notte e giorno stettero in armi i
tedeschi , per non essere colti sprovisti , e
fu chiamato da Fiorenzuola il supremo co-
mandante principe di Licienstein , che colà
trasferitosi per cercare riposo alla sua in-
disposizione di asma, avea lasciata la di-
rezion delle armi al marchese Antoniotto
Botta Adorno , cavaliere di Malta , genera-
le di artiglieria , a cui per 1' anzianità del
grado conveniva appunto quel comando -
Fu anche richiamata al csmpo la maggior
parte della gente comandata dal generale
Roth, che era a Pizzighettone. Dappoiché
nel dì quindici di giugno ebbero preso ri-
poso le truppe francesi _, e dopo avere il
maresciallo di Maillebois , il duca di Mo-
dena , e il generale Gages nel consiglio di
guerra , tenuto in camera del real infante
don Filippo,, stabilita la maniera di proce-
dere ai meditato conflitto, su\V imbrunir
del
A n n t> MDCCXLVL 293
della sera cominciarono ad ordinate col
maggior possibile silenzio le loro schiere;
formando tre principali colonne, per assa-
lire da tre parti il campo tedessco . Tale
era il loro disegno . L' ala diritta coman-
data dai Maillebois coi francesi , rinforza-
ti da alquanti battaglioni e squadroni spa-
gnuoli , dovea pervenire alla collina , e die*
tro ad essa camminando assalire alla schie-
na il nemico accampamento,, dove né buo-
ni trircieramenti , né preparamento di ar-
tiglierie si ritrovavano. Dovea fare altret-
tanto l'ala sinistra, marciando al Po mor-
to per le due Vie, V una maestra, e 1* al-
tra più breve , che da Piacenza guidano
verso Cremona. Il centro o sia corpo di
battaglia , che era in faccia al seminario
disanLazzaro sulla via maestra o sia Clau-
dia , dovea tenere a bada ed occupar l'al-
tre forze degli austriaci , la prima linea
dei quali era postata in vicinanza di esso
seminario } e la seconda non molto distan-
te dal fiume Nura . Conto si facea , che 1*
oste austriaca ascendesse a circa trentacin-
que o quarantamila combattenti, e la gai-
lispana a quarantacinquemila ; se non che
voce comune correa fra essi spagnuoli e
francesi di esser eglino superiori di quin-
dicimila persone ai nemici > talmente che
attesa la decantata presunzione, che i più
vincono i meno , non si può dire con che
allegria e coraggio uscissero di Piacenza ,
e fuori dei lor trincieramenti le truppe
T 3 S^l-
294 Annali d' Itali jC
gallispane , parendo a ciascuno di andare
non ad un pericoloso cimento , ma ad un
sicuro trionfo . All' oste austriaca non man-
carono sicuri avvisi di quanto meditavano
i nemici , e però si trovarono ben prepara-
ti a quella fiera danza.
Sulla mezza notte adunque precedente il
dì sedici di giugno marciò segretamente il
maresciallo francese Maillebois colle sue
milizie, e dopo aver occupato Gossolengo,
credette di prendere il giro sotto la colli-
na ; ma o perchè mal guidato, o perchè
non fossero a lui noti tutti i posti avanza-
ti dei tedeschi , andò ad urtare in alcune
cascine guernite dai medesimi, e quivi si
cominciò a far fuoco, e a metter T all' ar-
mi in tutto il campo austriaco. Oltre alla
strage di molti schiavoni , usseri ed altri ,
che erano, o accorsero in quella parte,
fecero prigionieri circa quattrocento uomi-
ni , che tosto inviarono alla città con due
piccioli pezzi di cannone presi : il che fe-
ce credere in Piacenza già sbaragliati i ne-
mici . Tutti poi in galloria pel primo buon
successo, marciarono verso la strada di
Quartizola , dove il generale austriaco con-
te di Broun, che comandava l'ala sinistra ,
li stava aspettando con alquanti cannoni d'
un ridotto carichi a cartoccio. Non sì to-
sto si presentarono sul far del giorno i
francesi ai trincieramenti nemici , che furo-
no salutati con lor grave danno da quei
bronzi. Ciò non ostante ai fianchi e alla
schie-
Anno MDCCXLVL 295
schiena assalirono i ridotti degli austriaci ,
e il conflitto fu caldo , ma senza che essi
potessero superar i gran fossi della circon-
vallazione. Trovandosi all'incontro esposti
alle palle due o tre dei migliori reggimen-
ti tedeschi di cavalleria, ed impazientati-
si, chiesero più di una volta al generale
Lucchesi di poter uscire in aperta campa-
gna contra dei francesi . Bisognò in fine
esaudirli. Stupore fu il vedere, come que-
sti cavalli passarono un alto e largo fosso
del canale di san Bonico, e s'avventarono
contro la fanteria francese. Non aveva qui-
vi seco il Maillebois , che circa cinquecento
cavalli, essendo restato addietro il maggior
nerbo della sua cavalleria : del che può
essere, che fosse a lui poscia fatto un rea-
to di poca maestria di guerra nella corte
di Francia . Caricata dunque la fanteria
francese dall'urto della nemica cavalleria,
maraviglia non è, sccominciò a piegare
e a ritirarsi il meglio che potè, ma con
grave sua perdita e danno. In meno di tre
ore terminò quivi il combattimento, e con
ciò rimasta libera. l'ala sinistra degli au-
striaci , potè somministrar poscia dei rin-
forzi alla destra, la quale nello stesso tem-
po era stata assalita ai fianchi dagli spa-
gnuoli condotti dal generale conte di Ga-
ges, e da altri lor generali.
Quivi fu il maggior calore delie azioni
guerriere , e durò il fiero combattimento
fin quasi alU sera . Àveano essi spagnuoli
T 4 con
^$6 Annali ir Italia:
boa gran fatica passato il Po morto ; dopo
<Ii che si scagliarono contro i ridotti del
campo nemico ; alcuni ne presero, e a'
impadronirono di qualche batteria; ma ven-
nero anche costretti dalla forza degli av*
versarj a retrocedere. Per più volte rino-
marono gli assalti e progressi con far tali
maraviglie di valore , spezialmente i sol-
dati valloni , che confessarono dipoi gli
stessi austriaci, di essere stati più volte
sull'orlo di vedere dichiarata la fortuna
per gli spagnuoli . Ma cosi forte resistenza
fecero , e buon provvedimento diedero da
quella parte i generali Berenclau, e Botta
Adorno y che furono in fine respinti gli
aggressori , e posto fine allo spargimento
del sangue. Fu detto, che anche il centro
di battaglia dei gallispani s* inoltrasse ver-
so il seminario di san Lazzaro, e che an-
cora se ne impadronisse* ma che dal con-
te Gorani fosse bravamente ricuperato quei
sito. Altri vi ha, che niegano tal fatto»
Bensì è certo, che il general comandante
principe di Lictenstein in questo terribil
conflitto accudì a tutte le parti , esponen-
do sé stesso anche ai maggiori pericoli ;
e da che gli fu ucciso sotto un cavallo,
allora prese la corazza. Sentimento ancora
fa di alcuni, che se gli spagnuoli avessero
condotta seco la provvision necessaria di
assoni e fascine, per passare i fossi pro-
fondi e pieni di acqua degli austriaci ,
avrebbero probabilmente cantata la viti
ria.
Ann o MDCCXLVI. 29?
ria . Comunque ciò fosse , convien confes-
sare , che non giocarono a giuoco eguale
queste due armate . Tenevano i tedeschi
per tutto il campo loro delle buone forti-
ficazioni , dei fossi e contrafossi pieni di
acqua , e dei ridotti ben guerniti di arti-
glierie. Negli stessi fossi sott' acqua erano
posti cavalli di Frisia , nei quali sJ infil-
zava o imbrogliava, chi si metteva a pas-
sarli. Trovaronsi anche le truppe tedesche
non sorprese , ma ben preparate e disposte
al combattimento . Il generale conte Pal-
lavicini comandando la seconda Linea ,
senza che fosse più frastornato dai nemi-
ci,, inviava di mano in mano rinforzi a
chi ne abbisognava . Questa vantaggiosa si-
tuazion di cose quanto giovò ad essi ,
altrettanto pregiudicò agli sforzi dei gal-
lispani^ obbligati ad andare a petto aperto
contro la tempesta dei cannoni e fucili ne-
mici , e fermati di tanto in tanto dai ri-
dotti e fossi suddetti , per cagion dei qua-
li poco potè la lor cavalleria far mostra
del suo valore . Però avendo anch' essi pro-
vato , che non si potea superare quella for-
te barriera di uomini,, cavalli, artiglierie,
e fortificazioni , finalmente tanto essi D che
i francesi se ne tornarono in Piacenza con
volto e voce ben diversa da quella , con cui
n'erano usciti .
Non si potè mettere in dubbio , che la
vittoria restasse agli austriaci , e fossero
giustamente cantati i loro Te Deum . Im-
rer-
298 Annali d'Italia
perciochè , oltre all' esser eglino rimasti
padroni del campo, guadagnarono qualche
pezzo di cannone , e più di venti fra ban-
diere e stendardi , e una gravissima per-
cossa diedero alla nemica armata . Fu cre-
duto, che intorno a cinquemila fossero i
morti dalla parte dei gallispani, più di
duemila i prigionieri sani, e almeno due-
mila i feriti , che rimasti sul campo furo-
no anch'essi presi per prigioni, e rilasciati
poscia ai nemici ufiziali. Pretesero altri di
gran lunga maggiore la loro perdita. Spe-
zialmente delle guardie Vallone e di Spa-
gna , e di due reggimenti francesi , pochi
restarono in vita. Chi ancora dal canto di
essi volle disertare, seppe di questa occa-
sione ben prevalersi, e furono assaissimi .
Quanto agli austriaci si sa, che alcuni lo-
ro reggimenti rimasero come disfatti ; ma
le relazioni di essi appena fecero ascendere
il numero dei lor morti, feriti, e prigio-
nieri a quattromila persone . Sparsero voce
all'incontro gli spagnuoli di aver fatto pri-
gioni in tale occasione più di mille e cin-
quecento nemici . Se ne può dubitare . Cer-
to è, che i francesi si dolsero degli spa-
gnuoli, ma questi ancora molto più si la-
mentarono dei francesi , rovesciando gli
uni su gli altri la colpa della male riusci-
ta impresa. Il più sicuro indizio nondime-
no degli esiti delle battaglie, e dei guada-
gni e delle perdite, si suol prendere dai
susseguenti fatti. Certo è, che i gallispa-
ni,
Anno MDCCXLVI. 299
y benché tanto indeboliti , pure o per ne-
:essità, o per far credere, che un lieve
incomodo avessero sofferto nella pugna sud-
detta , più vigorosi che mai si fecero cono-
scere poco di poi. Cioè quasiché nulla te-
messero , anzi sprezzassero il campo nemico
assediatore di Piacenza, da che ebbero la-
sciato un sufficiente corpo dì gente alla di-
fesa delle loro straordinarie fortificazioni,
con più di diecimila combattenti passato
sui loro ponti il Po, si stesero aCodogno,
san Colombano, ed altri luoghi del Lodigia-
no. Un corpo ancora di francesi passò il
Lambro , per raccogliere foraggi dal Pave-
se. Trovossi allora la città di Lodi in gra-
vissimi affanni, perchè entrativi gli spagnuo-
li richiesero a quel popolo quindicimila
sacchi dì grano , altrettanti di avena o se-
gala , e seimila di farina , e tutto nel ter-
mine di due giorni . Colà eziandio compar-
vero più di tremila muli, per caricar tan-
to grano , e condurlo al loro quartier ge-
nerale di Foirìbio e a Piacenza: città di-
venuta in questi tempi un teatro di mise-
rie . Piene erano tutte le case di feriti ;
per le strade abbandonavano le braccia e
gambe tagliate, e i cadaveri dei morti ;
gran fetore dapertutto; e intanto il pove-
ro popolo faceva le crocette per la scarsez-
za dei viveri . Buona parte dei religiosi
non potendo reggere in tali angustie, e
non pochi ancora dei nobili si ritirarono
chi a Milano , chi a Crema , ed altri luo-
ghi.
geo Annali d' Italia
ghi. Chiunque non potè di meno, rimase
esposto a molti involontarj digiuni . Nelle
precedenti guerre aveano le città di Pia-
cenza e Parma goduto di molte esenzioni
e privilegi : ecco che secondo le umane vi-
cende sopra di loro piovverono a dismisura
i disastri, ma più senza comparazione sul-
la prima > che sulla seconda. Fra Piacenza
e Genova era in questi tempi interrotta
ogni comunicazione, attesa la permanenza
delie soldatesche piemontesi in Novi .
Ancorché non desistessero gli austriaci
dì tenersi forti e copiosi nei loro trincie-
ramenti sotto Piacenza , minacciando sca-
late ed altri tentativi, pure il teatro della
guerra parea trasportato di là da Po sul
Lodigìano sino al Lambro e all'Adda. Qui-
vi gli spagnuoli dall' un canto, e i francesi
dall'altro faceano alla lunga e alla larga da
padroni coli' esterminio di quei poveri con-
tadini ed abitanti, ai quali nulla si lasciava
di quello, che serviva al bisogno del campo
e alla particolare avidità di ogni soldato,
Giugnevano i loro distaccamenti aMarigna-
no , e fino in vicinanza di Milano e Pavia ,
mettendo quel paese tutto in contribuzione^,
Gran suggezione ancora recavano al forte
della Ghiaia, anzi alio stesso Pizzighettone .
giacché aveano gittato un ponte sull' Ad-
da, e ricavavano da Crema coi lor danari
molte provvisioni, delle quali abbisognava-
no . Per ovviare a questi andamenti degli
spagnuoli, furono spediti grossi rinforzi di
gen-
Anno MDCCXLVI. 30 r
gente al generale Roth comandante in Piz-
zighettone , e si accrebbero le guernigioni
di Cremona e Guastalla . E perciocché si
prevedeva , che a lungo andare non avreb-
bero potuto sussistere i gallispani in quel
ristretto territorio , senza più potere ricevere
rè genti, né munizioni da guerra da Geno-
va : corse sospetto, che i medesimi potessero
tentare di mettersi in salvo col passare o
di qua o di là dall' Adda verso il Cremonese
eMantovano. Ma queste erano voci del solo
volgo. Intanto il re di Sardegna seriamen-
te pensando ai mezzi più pronti per proce-
dere contro i gallispani, venne col nerbo
maggiore delle sue forze verso la metà di
luglio alla Trebbia, e fece con tal diligen-
za gittare un ponte sul Po a Parpaneso, e
passare di là il generale conte di Scliulem-
burgo con assai milizie che si potè assicu-
rarne la testa , ed essere in istato di ripul-
sare i nemici , se fossero venuti rier impe-
dirlo , siccome seguì , ma senza alcun pro-
fìtto. Ciò eseguito nei dì sedici di luglio,
gli austriaci accampati sotto Piacenza, do-
po aver fatto spianare i loro ridotti e bat-
terie, e messe in viaggiò tutte le artiglie-
rie, munizioni, e bagagti , levarono il cam-
po , e s'inviarono alla volta della Trebbia ,
abbandonando in fine i contorni della mi-
sera città di Piacenza . Prima di mettersi
in viaggio , minarono il seminario di san
Lazzaro, per farlo saltare in aria; nonne
seguì già il rovesciamento da essi preteso;
tut-
302 Annali d'Italia
tuttavia qualche parte ne rovinò, e se né
risentirono tutte le muraglie maestre, ri-
ducendosi quel* grande edifizio ad uno sta-
to compassionevole, benché non incurabile.
Fermossi Toste austriaca alla Trebbia , e i
generali marchese Botta Adorno^ conte Broun7
e di Linden, colla ufìzialità maggiore si
portarono ad inchinare il re di Sarde-
gna , il quale assunse il comando supremo
di tutta Tarmata. Tennesi poi fra loro un
consiglio generale di guerra, a fine di de-
terminar le ulteriori operazioni della pre-
sente campagna. Per l'allontanamento dei
tedeschi ognun crederebbe , che si slargasse
di molto il cuore agi* infelici piacentini
dopo tanti patimenti sofferti in così lungo
assedio . Ma appena poterono eglino passeg-
giar liberamente per li contorni , che vide-
ro un orrido spettacolo di miserie, ne tro-
varono se non motivi di pianto. Per più
miglia all' intorno quelle case , che non era-
no diroccate affatto , minacciavano almeno
rovina; erano fuggiti i più dei contadini;
perite le bestie ; si scorgeva immensa la
strage degli alberi . E come vivere da lì
innanzi, essendo in buona parte mancato
il raccolto presente , e tolta la speranza
di ricavarne nelT anno appresso, non re-
stando maniera di coltivar le terre ? Molto
oro, non si può negare, sparsero gli spa-
gnuoli per le botteghe di quella città, per
provvedersi massimamente di panni e drap-
perie y ma il resto del popolo languiva per
la
Anno MDCCXLVL 303
la povertà e penuria dei grani . Per sopra-
carico venuti i francesi , né potendo otte-
nere dagli spagnuoli frumento o farine ,
richiesero sotto pena della vita nota fede-
le di quanto se ne trovava presso dei cit-
tadini , e ne vollero la metà per loro. Non
andarono esenti dalla militar perquisizioae
né pure i monisteri delle monache .
In questa positura erano gli affari della
guerra in Lombardia, quando eccoti por-
tata da corrrieri la nuova di una peripe-
zia y che ognun conobbe d' incredibile im-
portanza per la Francia , e per chiunque
avea sposato il di lei partito. Il cattolico
monarca delle Spagne Filippo V godeva al
certo buona salute; ma per la mente trop-
po affaticata in addietro era divenuto per
così dire una pura màcchina. Assisteva ai
consigli , ma più per testimonio che per
direttore delle risoluzioni . Queste dipen-
devano dal senno dei suoi ministri, e più.
dai voleri della regina consorte Elisabetta
Farnese, i cui principali pensieri tendeva-
no sempre air esaltazione dei proprj figli.
Da molti anni in qua usava il re di fare
di notte giorno , costume preso , allorché
soggiornò in Siviglia é Nel dopo pranzo
adunque del dì 9 di luglio , quando stava
per levarsi di letto , fu sorpreso da un
mortale deliquio , alcuni dissero di apoples-
sia , ed altri di rottura di vasi, che in
sette minuti il privò di vita. Mancò egli
fra le braccia della real consorte in età di
an-
3©4 Aksaii »' Italia
anni sessantadue, sei mesi, e giorni venti ,
essendo inutilmente accorsi i medici e il
confessore. Morto ancora il trovarono i
reali infanti. Lasciò questo monarca fama
di valore, per avere nei tanti sconcerti
passati del regno suo intrepidamente assi-
stito in persona alle militari imprese; mag-
giore nondimeno fu il concetto, che restò
deìF incomparabile sua pietà e religione , in
ogni tempo conservata , con pari tenore di
vita , talmente che fa creduto esente da qua-
lunque menoma colpa di piena riflessione.
Tanto nondimeno i suoi popoli, che i suoi
avversar], notarono in lui -peccata Ccesaris ,
per le tante guerre non necessarie, che
impoverirono i suoi sudditi con arricchir
gli stranieri, e per la poca fermezza nei
suoi trattati . Ma sono soggetti anche i
buoni regnanti alla disavventura di aver
ministri, che sanno dar colore di giustizia
ai consigli dell'ambizione, e far credere
la ragione di stato una legge superiore
a quella del Vangelo . A così glorioso re-
gnante succedette il real principe di Astu-
rias don Ferdinando, figlio del primo let-
to, nato nell'anno 1313 a dì 23 di set-
tembre da Maria Luisa Gabriella di Sa-
"voja . Avea queste nuovo monarca fin 1*
anno 1729 sposata l'infante donna Maria
Maddalena di Portogallo ; e per quanto ap-
pariva agli occhi degli uomini, gareggiava
col padre , se non anche andava innanzi ,
nella pietà e religione. Gran saggio diede
egli
Anno MDCCXLVI. 305
«gli immediatamente dell'animo suo eroi-
co, col confermare tutte le cariche (anche
mutabili) conferite dal re suo genitore, e
£n quelle di chi avea poco curata,, anzi
disprezzata la di lui persona in qualità di
principe ereditario. Vie più ancora si die-
de a conoscere l'insigne generosità del suo
cuore pel gran rispetto, e per le finezze
ch'egli usò verso la regina sua matrigna ,
approvando per allora tutti i lasciti a lei
fatti dal re defunto , e non volendo eh' el-
la si ritirasse in altra città, ma soggior-
nasse in Madrid ; al qual fine la provvide
per lei e pel cardinale infante di due ma-
gnifici palagi uniti , e di tutti i convene-
voli arredi del lutto : Osservossi eziandio
in lui ( cosa ben rara ) un tenero amore
verso dei suoi reali fratelli , e massimamen-
te verso dell' infante don Carlo re delle due
Sicilie. Per conto poi di essa real matri-
gna,, e per varj assegnamenti fatti dal re
defunto, si presero col tempo delle alquan-
to diverse risoluzioni.
Arrivata la nuova di questo inaspettato
avvenimento in Italia, e in tutti i gabinet-
ti di Europa , svegliò la gioia in alcuni ,
il timore in altri, riflettendo ciascuno, che
poteano provenire mutazioni di massime ,
essendo sopra tutto insorta opinione , che
questo principe , perchè nato in Ispagna ,
tuttoché della real casa di Borbone , sareb-
be re spagnuolo, e non più francese; e
che la Spagna uscirebbe di minorità e tu-
Tom. XXVIL V te-
I
306 Annali d' Italia:
tela , quasiché in addietro nel gabinetto
di Madrid dominasse al pari che in quello
di Versaglies la corte di Francia. Non pas-
sò certamente gran tempo, che gl'inglesi
con rivolgersi al re di Portogallo , per
mezzo suo cominciarono a far gustare al
nuovo re proposizioni di concordia e pace.
Men diligenti non furono al certo i fran-
cesi a mettere in ordine le batterie della
loro eloquenza ^ per contenerlo nella già
contratta alleanza : con qual esito , si andò
poi a poco a poco scoprendo . Ma in questi
tempi un altro impensato accidente riempiè
di duolo la corte di Francia . Si era già
sgravata col parto di una principessa la
moglie del Delfino di Francia Maria Teresa ,
sorella del nuovo monarca spagnuolo; quan-
do sopragiunta una febbre micidiale nel ter-
mine di tre giorni troncò lo stame del di
lei vivere nel dì 23 di luglio in età di
poco più di venti anni . Andava intanto il
re di Sardegna insieme coi generali tedeschi
meditando qualche efficace ripiego, per co»
stifignere i gallispani ad abbandonare la cit-
tà e l'afflitto territorio di Lodi. Fu perciò
ordinato al generale conte di Broun di pas-
sare il Po a Parpaneso con grosso corpo
di armati,, e di occupare la riva di là del
Lambro . Sul principio di agosto anche lo
stesso re Sardo colle maggiori sue forze
passò colà a fine di ristrignere gli spagnuoli
non men da quella parte > che da quella d'
Pizzighettone. Uniti poscia i piemontesi e<~
au-
A w n o MDCCXLVL 307
austriaci ebbero forza di passare suli' altra
parte del Lambro e di piantare due ponti
su quel fiume , alla cui sboccatura si era
fortificato il maresciallo di Maillcbois , stan-
do a cavallo del medesimo. Furono cagio-
ne tali movimenti , che gli spagnuoli si ri-
tirarono dall' Adda. Abbandonato anche Lo-
di y inviarono a Piacenza le loro artiglie-
rie e munizioni , raccogliendosi tutti a Co-
dogno e Casal Posterlengo . Precorse intan-
to voce , che per ordine del novello re di
Spagna Ferdinando VI circa seimila spa-
gnuoli , già mossi per passare in Italia, non
progredissero nel viaggio, e fosse anche
fermata gran somma di danaro , che si era
messo in cammino a questa volta : tutti
preludj di cangiamento d' idee in quella
corte.
Non poteano in fine più lungamente man-
tenersi nel di là da Po igallispani, troppo
inferiori di forze ai loro avversarj , perchè
sempre più veniva meno il foraggio con al-
tre provvisioni, né adito restava di procac-
ciarsene senza pericolo. Stavano i curiosi
aspettando di vedere , qual via essi eleg-
gerebbono, cioè se quella di ritirarsi ver-
so Genova , o pure d' inviarsi alla volta di
Parma ; né mancavano gli austriaco-sardi
di stare attenti a qualunque risoluzione ,
che potesse prendere la nemica armata , al
qual fine il generale marchese Botta Ador-
no con più migliaja di tedeschi si era
postato di qua dalla Trebbia verso la coi-
V 2 li-
go8 Annali »* ita iti
lina , per accorrere , ove il chiamasse la
ritirata dei gallispani. Fu anche spedito
il conte Gorani con alcune compagnie di
granatieri e di cavalleria al ponte di Par-
paneso, per vegliare agli andamenti dei
nemici, caso che tentassero di voler pas-
sar il Po verso la bocca del Lambro , e
per dar loro anche dell'apprensione. Ten-
nero intanto i gallispani consiglio segreta
di guerra, per uscire di quelle strettezze »
Fu detto , che fossero diversi i sentimenti
del consiglio di guerra, e fra gli altri del
Gages e Maillebois, tra i quali passarono
parole assai calde. Proponeva il Gages
di ridursi in Piacenza , dove non manca-
vano provvisioni per due ed anche per tre
iettimane, persuaso, che i nemici per man-
canza di foraggi non avrebbero potuto fer-
marsi di là dalla Trebbia, ne a cagion
del puzzo tornare sotto Piacenza : sicché
sarebbe restato libero il ritirarsi a Torto-
na . Ma prevalse in cuore del reale infante
il parere del Maillebois, perchè creduto
migliore, o perchè parere francese. Nella
notte dunque precedente al dì nove di
agosto i gallispani, lasciate scorrere pel
■fiume Lambro nel Po le tante barche di
loro adunate , con somma diligenza si die-
dero a formar due ponti sopra esso Po
e per tutto quel giorno attesero a passar*
di, qua coir intera loro armata, cannoni
e bagaglio ; e nella notte e dì seguenti
dopo avere rotto i ponti , cominciarono
sfU-
Anno MDCCXLVI. 309
sfilare alla volta di castello san Giovanni,
Ma essendo giùnto l' avviso della loro riti-
irata al suddetto generale marchese Botta,
prese egli una risoluzione non poco ardita,
e che fu poi scusata per la felicità del
successo; cioè di portarsi ad assalire i
nemici, tuttoché il corpo suo forse non
giugnesse a sedicimiia armati ; laddove quel
dei nemici si faceva ascendere a ventisette
mila , computati quei , che nello stesso di
uscirono di Piacenza . Contro le istruzioni
a lui date era prima passato di qua dal
Po pel ponte di Parpaneso il conte Gorani
col suo picciolo distaccamento . Per farsi
onore , fa egli il primo a pizzicare la
tetroguardia dei gallispani , che era per-
venuta a Rottofreddo in vicinanza del pic-
ciolo fiume Tibone; e all'incontro di ma-
no in mano, che andavano arrivando i
battaglioni del generale Botta, entravano
in azione. Fu dunque obbligata la retro-
guardia suddetta a voltar faccia , e a te-
nersi in guardia, colla credenza, che ivi
fosse tutto il forte degli austiiaci , cioè
senza avvedersi di combattere sulle prime
contra di pochi , che si poteano facilmente
avviluppare , o mettere in rotta . Andò
perciò sempre più crescendo il fuoco , fin-
ché giunti tutti i tedeschi , divenne genera-
le il conflitto. Fu spedito all'infante, per-
venuto già col duca di Modena, e col cor.
pò maggiore di sua gente a castello san
Giovanni, acciocché inviasse soccorso , sic-
V 3 co-
310 Annali d'Italia
come fece con alcuni reggimenti di cavai*
leria. Era allora alto il frumentone, o sia
grano turco, coperti da esso combattevano
i fucilieri tedeschi . Giocavano le artiglie-
rie, e massimamente una batteria di quei
cannoni alla prussiana, che presto si cari-
cano, né occorre rinfrescarli, che dopo mol-
ti tiri, posta dagli austriaci sopra un pic-
ciolo colle caricata a sacchetti . Appena si
accostarono alla scoperta le nemiche schie-
re, che con orrida gragnuola si trovarono
flagellate. Per più ore durò il sanguinoso
cimento ; rispinta e più di una volta fu
messa in fuga la fanteria tedesca dalla
cavalleria spagnuola ; finché giunto a quella
danza anche il marchese di Castellar , che
seco conduceva il presidio di Piacenza ,
consistente in cinquemila combattenti, gli
austriaci si ritirarono, tanto che potè V
oste nemica continuare il viaggio , e giu-
gnere in secreto al suddetto castello di san
Giovanni. Si venne poscia ai conti , e fu
creduto , che restassero sul campo tra mor-
ti e feriti quasi quattromiila gailispani , e
che almeno mille e ducento fossero i ri-
masti prigioni , senza contare quei che di-
sertarono, perciocché abbondando Toste spa-
gnuola della ciurma di molte nazioni , non
mai succedeva fatto di armi, o viaggio,
che non fuggisse buona copia di essi . Re-
stò il campo in poter dei tedeschi con
circa nove cannoni, e undici tra bandier<
e stendardi j ma in quel campo si conta*
ro-
Anno MDCCXLVI. 311
tono anche di essi tra estinti e feriti circa
quattromila persone. Vi lasciò la vita fra
gli altri ufiziali il valoroso generale Barone
di Berenclau > e tra i feriti furono i ge-
nerali conte Pallavicini , conte Serbelloni ,
Voghtern , Andlau , e Gorani . Di più non
fecero i gallispani, perchè loro intenzione
era non di decidere della sorte con una
battaglia, ma bensì di mettere in salvo i
loro sterminati bagagli, e di ritirarsi. Fu
nondimeno creduto, che se il conte di
Gages avesse saputa V inferiorità delle for-
ze nemiche , potuto avrebbe in quel giorno
disfare Tarmata tedesca.
Non sì tosto ebbe fine F atroce combat-
timento, che suir avviso della segreta par-
tenza del marchese di Castellar da Piacen-
za, un distaccamento austriaco si presen-
tò sotto quella città, e ne intimò imme-
diatamente la resa ; e perchè non furono
pronti i cittadini a spalancar le porte, per
aver dovuto passar di concerto coi galli-
spani, ivi rimasti o malati, o feriti, si
venne alle minaccie di ogni più aspro trat-
tamento . Usciroao in fine i deputati della
città, e dopo aver giustificati i motivi '
del loro ritardo, fu conchiuso il pacifico
ingresso dei tedeschi nella medesima sera,
con rilasciare libero il bagaglio alla guar-
nigione gallispana tanto della città che del
castello, la quale restò in numero di ot-
tocento uomini prigioniera di guerra . Vi
si trovò dentro più di cinquemila ( altri
V 4 scris-
pi Annali d'Italia
scrissero ino ad ottomila ) tra invalidi^
feriti, ed infermi, compresi fra essi quei
della precedente battaglia ; più di ottanta
pezzi dì grosso cannone, oltre ai minori,
trenta mortari, e quantità grande di palle,
bombe, tètide, ed altri militari attrecci ,
con vari magazzini di panni e tele , di
grano , riso , e fieno entro e fuori , delle
mura. Presero gli austriaci il possesso di
quella città , ed ancorché nei dì seguenti
vi entrassero i ministri e un corpo di gen-
te del re di Sardegna, che ne ripigliò il
civile e militare governo, pure anch'essi
continuarono ivi il loro soggiorno per guar-
dia delle artiglierie e dei magazzini , fin-
ché si ultimasse la proposta divisione di
tutto , cioè della metà di essi per ciascuna
delle corti. Allora fu^ che veramente sotto
l'afflitta città di Piacenza ebbe fine il fla-
gello della guerra militare, ma un' altra vi
cominciò non men lagrimevole della prima.
Gli stenti passati, il terrore; ma più di
ogni altra cesa il puzzore , e gli aliti
malefici di tanti cadaveri di uomini e di
bestie seppelliti ( e non sempre colle de-
bite forme ) tanto in quella città, che nei
contorni , cagionarono una grande epidemia
negli uomini : dura pensione provata tan-
te altre volte dopo i lunghi assedj delle
città . Ne seguì pertanto la mortalità di
molta gente , talmente che in qualche villa
non potendo i preti accorrere da per tut-
to, senza l'accompagnamento loro si por-
tavano i cadaveri alle chiese . Era
A » H o MDCCXLVr. 5i3
Era già pervenuta a Voghera l'armata
gallispana, ridotta, per quanto si potè con-
getturare , a quattordicimila spagntioìi, e
seimila francesi , inseguita sempre e mole-
stata nei viaggio da usseri e schiavoni.
Giacché i piemontesi non aveano voluto
aspettare in Novi l'arrivo di tanti nemi-
ci, e si era perciò aperta la comunicazione
dei gallispani con Genova ; ed inoltre un
corpo di circa ottomila tra francesi e ge-
novesi, condotto dal marchese di Mirepoix ,
scendendo dalla Bocchetta era venuta sino
a Gavi , per darsi mano con gli altri :
venne dal maresciallo di Maillebois, e dal
generale conte di Gages nel consiglio te-
nuto col reale infante e col duca di Mo^
dena fissata l'idea di far alto in essa "Ver-
gherà , ed ordinato a questo fine , che si
facesse per tre giorni un general foraggio
per quelle campagne . Ma ecco improvvisa-
mente arrivar per mare da Antibo il mar-
chese della Mina, o sia de la s Minas , spe-
dito per le poste da Madrid , che giunto
a Voghera, dopo aver baciate le mani all'
infante don Filippo, presentò le regìe pa-
tenti, in vigor delle quali, siccome gene-
rale più anziano del Gages , assunse il
comando dell'armi spagnuole in Lombardia,
subordinato bensì in apparenza ad esso
infante, ma dispotico poi in fatti. Ordinò
egli pertanto, che tutte le truppe di Spa-
gna si mettessero in viaggio a dì quattor-
dici di agosto alla volta di Genova. Per
quan-
314 Annali D'Italiì
quanto si opponessero con varie ragioni i
francesi , non si mutò parere ; laonde anch'
essi scorgendo rovesciate tutte le già prese
misure per non restar soli indietro, si vi-
dero forzati alla ritirata medesima . Mar-
ciava questa armata verso la Bocchetta , e
già scendeva alla volta di Genova, facen-
dosi ognuno le meraviglie, per non sapere
intendere , come quei generali pensassero
a mantenete migliaja di cavalli fra le an-
gustie e le sterili montagne di quella ca-
pitale : quando in Rne si venne a svelar
l'intenzione del generale della Mina, o
per dir meglio gli ordini segreti a lui da-
ti dal gabinetto della sua corte, cioè di
prender la strada verso Nizza., e di menar
le sue genti fuori d'Italia. Di questa ri-
soluzione , che fece trasecolare ognuno , si
videro in breve gli effetti ; perchè egli
dopo avere spedito per mare tutto quel
che potè di artiglierie , bagagli , ed at-
trecci , senza ascoltar consigli , senza curar
le querele^ altrui, cominciò ad inviare par-
te delle sue truppe per le sommamente di-
sastrose vie della Riviera di Ponente verso
la Provenza. L'infante don Filippo e il
duca di Modena, rodendo il freno per
così impensata e disgustosa mutazione di
scena , si videro anch'essi forzati dopo qual-
che tempo a tener quella medesima via ,
non sapendo spezialmente il primo com-
prendere , come si accordassero con tal
novità le proteste del fratello re Ferdinan-
do,
Anno MDCCXLVI. 315
do, di avere cotanto a cuore i di lui in-
teressi . Fu allora , che non pochi italiani
delle brigate spagnuole non sentendo in
sé voglia di abbandonare il proprio cielo ,
seppero trovar la maniera di risparmiare a
sé stessi il disagio di quelle marcie sfor-
zate . Il conte di Gages , e il marchese di
Castellar s' inviarono innanzi , per passare
in Ispagna . Era il Castellar richiamato
colà. Al Gages fu lasciato l'arbitrio di
andare o di restar nell'armata^ ma anch'
egli andò.
Pareva intanto, che gli austriaco-sardi
facessero i ponti di oro a quella gente fu-
gitiva , quasiché non curassero più di pun-
gerla o di affrettarla , come era seguito a
Rottofreddo , e bastasse loro di vedere sgra-
vata dalle lor armi la Lombardia. Ma tem-
po vi volle , per ben assicurarsi delle de-
terminazioni dei nemici . Chiarita la riti-
rata di essi alla volta di Genova , allora
passato il Po, andarono il generale Broun ,
e il principe di Carignano con dodicimila
armati ad unirsi a san Gioranni col gene-
rale Botta . Mossosi poi di là da Po anche
il re di Sardegna, si avanzò sino a Voghera
e Rivalta ; dove concorsi tutti i generali ,
tenuto fu consiglio di guerra, e presa la
risoluzione di procedere avanti contro di
Genova. Opponevasi ai lor passi primiera-
mente Tortona, e poi Gavi . Perchè nella
prima era restata una gagliarda guernigio-
ne di spagnuoli e genovesi , e gran tempo
sa-
316 Annali d'Italia"
sarebbe costato l'espugnazion di quella piàz*
za , solamente si pensò a strignerla con un
blocco . A questa impresa furono destinati
alquanti battaglioni., la metà austriaci e
ia metà savojardi , che si postarono sulla
collina contro la Cittadella ; al piano si
stese un corpo di cavalleria. E perciocché
il più della lor gente a cavallo non occor-
reva per quell'impresa, e molto meaoper
la meditata di Genova i fu inviata a pren^
dere riposo nel Cremonese , Modenese , e
Guastallese. Nel dì dicianove di agosto ar-
rivò la vanguardia tedesca col generale
Broun a Novi , bella terra del Genovesato ,
ma terra troppo bersagliata nelle congiunt-
ore presenti e sottoposta di nuovo ad una
contribuzione più rigorosa delle precedenti.
Il castello di Serravalle assalito dagli au-
striaco-sardi , e perseguitato con due mor-
tari a bombe, non tenne forte, che una
giornata, e tornò all'ubbidienza del re di
Sardegna. Fattesi poi le necessarie disposi-
zioni, si prepararono gli austriaci, per
inoltrarsi verso (Se nova, e nello stesso tem-
po il suddetto re colla maggior parte del-
le sue forze s'inviò vcarso le valli di Bor-
mida ed Orba , per penetrare nella riviera
genovese di Ponente verso Savona, e Fina*
le, a fine d'incomodar la ritirata dei ne-
mici . Incredibil numero di cavalli perde-
rono gli spagnuoli nella precipitosa loro
marcia per quelle strade piene di passi stret-
ti , balze, e dirupi. Tuttoché Gavi> vec-
chia
Anno MDCCXLVI. 317
chia fortezza, fosse mal provveduta di for-
tificazioni esteriori } pure teneva tal presi-
dio , e treno di artiglieria, che poteva in-
comodar di troppo i passaggi degli austria-
ci, e la lor comunicazione colla Lombar-
dia : fu perciò incaricato il genarale Fic-
colomini di formarne 1' assedio ; al qual
fine da Alessandria furono spedili cannoni
e bombe. Intanto verso il fine di agosto s*
inoltrò il grosso dell' armata austriaca per
Voltaggio alla volta delia Bocchetta, passo
fortificato dai genovesi > e guernito di al-
quante compagnie di essi e di francesi .
Dopo aver fatto i due generali Botta e
Broun prendere le superiori eminenze del
giogo, inviarono all'assalto di quel sito
tre diversi staccamensi di granatieri e fan-
ti, e se si ha da prestar fede alle relazio-
ni loro, col sacrifizio di soli trecento dei
loro uomini forzarono i genovesi a pren-
dere la fuga coli' abbandono dei cannoni e
munizioni, che quivi si trovarono. Prete-
sero all'incontro i genovesi di avere soste-
nuto con vigore j e renduto vano il primo
assalto degli austriaci , e si preparavano a
far più lunga resistenza , quando furono all'
improvviso richiamati dal loro generale i
francesi . Non avea mancato in questi tem-
pi il maresciallo di Maillebois d'incoraggi-
re il governo di Genova , con fargli sape-
re l* assistenza delle truppe di suo coman-
do y ed una risoluzione diversa da quella
degli spagnuoli, ohe tutti in fine erano
mar-
gi8 Annali d'Italia
marciati verso Ponente. Ma non durògrarì
tempo la sua promessa , perchè vago anch'
egli di mettere in salvo sé stesso e tutta
la sua gente , la fece sfilare verso la Fran-
cia , lasciando in grave costernazione l'ab-
bandonata infelice città di Genova. Il tem-
po fece dipoi conoscere , che dalla corte di
Versaglies non dovette essere approvata là
di lui condotta , perchè richiamato a Pari-
gi, fu posto a sedere, e dato il comando
di quella molto sminuita armata al duca
di Bellisle. Se crediamo ai genovesi, il lo-
to comandante rimasto alla Bocchetta do-
po 1' abbandonamento dei francesi , scrisse
tosto al governo , per ricevere ordini più
precisi 3 esibendosi di poter sostenere quei
posto anche per qualche giorno. L'ordine,
che venne j fu ch'egli si ritirasse colla sua
gente : laonde non durarono poi gli austria-
ci ulteriore fatica per impadronirsene, con
inseguir anche e pizzicare i fuggitivi geno-
vesi . Liberata da questo ostacolo l' oste
austriaca , non trovò più remora ai suoi
passi, e potè francamente calare buona par-
te di essa sino a san Pier di Arena a ban-
diere spiegate , dove nel dì quattro di set-
tembre si vide piantato il suo quartier ge-
nerale é
Se battesse il cuore ai cittadini di Ge-
nova ai trovarsi in così pericoloso emer-
gente, ben facile e giusto è l'immaginar-
lo. Fin quando si vide l'esercito gallispa-
no muovere i passi dalla Lombardia veTso
la
Anno MDCCXLVL 3i9
]a loro città, ben si era avveduto quel
senato della brutta piega , che prendevano
i proprj interessi ,* e però furono i saggi
di avviso , che si spedissero tosto quattro
nobili alle corti di Vienna , Parigi , Ma-
drid , e Londra , per quivi cercar le manie-
re di schivar qualche temuto , anzi preve-
duto naufragio . Ma guai a quegl' inferrai ,
che presi da micidial parosismo, aspettano
la lor salute dai medici troppo lontani ! Il
perchè , peggiorando sempre più i loro af-
fari , quei savj signori , più convinti di es-
sere abbandonati da ognuno, ed esposti ai
più gravi pericoli, altra migliore risolu-
zione in così terribil improvvisata non sep-
pero prendere , che^ di trattare di accordo
coi generali della regnante imperadrice.
Non mancavano certamente , se alle appa-
renze si bada , forze a quel senato per di-
fendere la città guernita di buone mura ,
anzi di doppie mura , di copiosa artiglie-
ria, e di grossi magazzini di grano, ed
altri beni, quivi lasciati dagli spagnuo-
li , e con presidio di non poche migliaja
di truppe regolate. Né già avea lasciato
in quella strettezza di tempo il governo
di distribuir le guardie e milizie dovunque
occorreva , e di disporre le artiglierie nei
siti più proprj per la difesa della città.
Contuttociò battuti dalla parte di ferra dai
tedeschi, angustiati per mare dalle navi
inglesi, e perduta le speranza di ogni soc-
corso : che altro potevano aspettar infine,
se
32.0 Annali d'Italia"
se non lo smantellamento delle lor suntuo-
se case e delizie di campagna , ed anche la
propria rovina e schiavitù ? Né pur sapea-
no essi ciò , che si potessero promettere
del numeroso bensì e vivace popolo di quel-
la capitale, perchè popolo già mal conten-
to , per essergli mancato il guadagno , e
cresciuto lo stento, mentre da tanto tempo
sì dalla banda della Lombardia, che da
quella del mare, veniva difficoltato il tra-
sporto della legna, carbone, carni, e var]
altri comestibili ; e forse popolo, che de-
clamava contro l'impegno di guerra , preso
dal consiglio di alcuni più prepotenti de
nobili . Aggiungasi , che fra la dominante
nobiltà ed esso popolo passava bensì in
tempo di quiete la corrispondenza conve-
nevole dell'ubbidienza e del comando, ma
non già assai commercio di amore , stante
T altura, con cui trattavano quei signorili
minuto popolo, già degradato dagli antichi
onori e privilegj ; talmente che non si pò-
tea sperare, che alcun di essi volesse sa-
crificar le proprie vite , per mantenere in
trono tanti principi , che sembravano non
curar molto di farsi amare dai loro sud-
diti. E se i nemici fossero giunti a salutar
la città colle bombe , potea la poca armo-
nia degli animi far nascere disegni e desi-
derj di novità in quella gran popolazione.
Finalmente si trovava la città sì sprovve-
duta di farine, che la fanie fra pochi dì
avrebbe sconcertate tutte le misure. Sag-
gia-
Anno MDCCXLVL s*r
giamente perciò da quel consiglio fu pre-
so lo spediente ^i non resistere , e di com-
perar più tosto coi meno svantaggiosi pat-
ti, che fosse possibile, la riconciliazione
coir imperadrice e coi suoi alleati , che di
azzardarsi ad un giuoco, in cui poteano
perdere tutto .
Eransi ^fe accampate le truppe austria-
che alle spiaggie dal mare, vagheggiando i
movimenti di quello dai più di essi non
prima veduto elemento. Spezialmente sulT
asciutte sponde della Polcevera non pochi
reggimenti di essi si erano adagiati ; né
sarebbe mai passato per mente a quei buo-
ni alemanni , che quel picciolo torrente
potesse, per così dire^ in un istante can-
giarsi in un terribil gigante. Ma nel dì
sei del suddetto settembre ecco alzarsi per
aria un fiero temporale gravido di fulmini
con impetuoso vento e pioggia dirotta, per
cui scese sì gonfia di acque ed orgogliosa
essa Polcevera, che strascinò in mare circa
secento persone tra soldati, famigli, ed
anche alcuni ufiziali ^ assaissimi cavalli,
muli, e bagagli. Guai se questo accidente
arrivava di notte, la terza parte deir ar-
mata periva . Nel giorno stesso dei quat-
tro, in cui parte deir esercito austriaco
cominciò a giugnere a san Pier di Arena ,
furono deputati dal consiglio di Genova
alcuni senatori , che andassero a riverire il
generale Broun y condottiero di quel corpo
di gente. Introdotti alla sua udienza^ rap-
Tom. XXVII. X pre-
32i2 Annali b9 Itali a
presentarono la somma venerazione del-
la repubblica verso l'augusta imperadrice,
mantenuta anche in questi ultimi tempi ,
nei quali aveano protestato e tuttavia pro-
testavano di non aver guerra contro della
maestà sua ; e che essendo le di lei mili-
zie entrate nel dominio della repubblica j
il governo inviava ad offerire lutti i più
sicuri attestati di amicizia ai di lei mini-
stri , mettendosi intanto sotto la protezio-
ne, e in braccio alla clemenza della tesa-
rea reale maestà sua. Intendeva molto be-*
rie il Broun la lingua italiana , ma non ar-
rivò mai a capire ciò , che volesse dire
quella protesta di non aver fatta guerra
contro T augusta sua sovrana . Pure senza
fermarsi in questo , rispose ai deputati^
che stante la lor premura di godere della
cesarea clemenza e protezione j e di non
provare i disordini , che potrebbe produr-
re V avvicinamento dell' armi imperiali y
egli manderebbe le guardie alle porte del-
la città , affinchè si prevenisse ogni mole-
stia e sconcerto nel di dentro e al di fuo-
ri di essa • E perciocché risposero i depu-
tati , che a ciò ostavano le leggi fondamen-
tali dello stato, il generale alterato fepli
co loro , che non sapeva di leggi e di sta-
tuti , con altre parole brusche , colle quali
si licenziò. Arrivato poi nel giorno appres-
so il marchese Botta Adorno , primario ge-
nerale e comandante dell'esercito austria-
co, si portarono a riverirlo i deputati . In
' lui
Anno MDCCXLVI. 323
lui si trovò più cortesìa di parole, ma in-
sieme egual premura, che fruttasse alla
maestà dell' imperadnce la fortuna presen-
te delle sue armi . Proposero di nuovo quei
senatori la risoluzione della repubblica di
mettersi sotto la protezione di essa impe-
radrice , a cui darebbono gli attestati del-
la più riverente amicizia , con ritirar dà
Tortona le loro genti ; con far cessare le
ostilità del presidio di Gavi ; con rimette-
re tutti i prigionieri, ed anche 1 disertori,
implorando nondimeno grazia per essi ; col
congedar le milizie del paese , e quelle
eziandio di fortuna , ritenendo solamente
le consuete per guardia della città, e cori
esibirsi di somministrare tutto quanto fos-
se in lor potere per comode e servigio
dell* armi austriache, rimettendosi in una
totale neutralità per l'avvenire. Le rispo-
ste del generale Botta furono , che dareb-
be gli ordini j affinchè l'esercito cesareo
reale desistesse da ogni ostilità j ed osser-
vasse una esatta disciplina ; ma essere ne-
cessaria una promessa nella repubblica di
stare agli ordini dell' augustissima impera-
drice, dalla cui clemenza peraltro si pote-
va sperare un buon trattamento; e che per
sicurezza della lor fede conveniva dargli in
mano un porta della città ; e che intanto
si lascerebbe intatta l'autorità del gover-
no, la libertà e quiete della città ; Portate
ài consiglio queste proposizioni , furono ac-
cettate, e si consegnò al generale Botta là
X 2 por-
324 Annali d'Italia
porta di san Tommaso, sebben poscia eoli
pretese e volle anche l'altra della Lan-
terna .
Nel giorno seguente sei di settembre por-
tossi personalmente esso marchese in città ,
per formare una capitolazion provvisionale,
la quale sarebbe poi rimessa , air arbitrio
della maestà dell' imperadrice . Ne furono
ben gravose le condizioni ; ma giacche il
riccio era entrato in tana, convenne rice-
vere le leggi da chi le dava, non come
contrattante, ma come vincitore ; e furono:
Che si consegnassero le porte della città
alle soldatesche deli' imperadrice regina :
il che non ebbe poi effetto , essendosi, cer-
nie si può credere, tacitamente convenute
le parti, che bastassero le due sole già
consegnate. Che le truppe regolate, o sia
di fortuna della repubb'. .1, s'intendessero
prigioniere di guerra, Che l'armi tutte
della città, e le munizioni da bocca e da
guerra, destinate per le milizie, si conse-
gnassero agli ufiziali di sua maestà. Che
lo stesso s'intendeva di tutti i bagagli ed
effetti delle truppe gallispane e napoletane,
e delle loro persone ancora. Che il presidio
e fortezza di Gavi, se non era per anche
renduta , si rendesse tosto all'armi di essa
imperadrice . Che il doge e sei primarj
senatori nel termine di un mese fossero
tenuti di passare alla corte di Vienna, per
chiedere perdono dell' errore passato, e per
implorare la cesarea clemenza . Che
ufi-
r.-8"
Anno MDCCXLVÌ. 325
iniziali e soldati di essa imperadrice, e
dei suoi alleati , si mettessero in libertà .
Che subito si pagherebbe la somrtfte di
cinquantamila genoviae all' esercito impe-
llale, a titolo di rinfresco., e per ottenere
il quieto vivere: del resto poi delle contri-
buzioni doveva intendersi la repubblica col
generale conte dì Cotteli , autorizzato per
tale incombenza. Che quattro senatori intan-
to passarebbero per ostaggi di tal conven*
zìone a Milano . Finalmente che questo ac-
cordo sortirebbe il suo effetto, finche ve-
nisse ratificato dalla coite di Vienna Tra-
lascio altri meno importanti articoli. Non
si sa , che avesse effetto la consegna dell'
armi e munizioni da guerra della città;
ma sibbene alle mani dei ministri austriaci
pervennero tutti i magazzini ( erano ben
molti ) spettanti ai gal listi a ni "ì con che
quell'esercito poco prima bisognoso di tut-
to, si vide provveduto di tutto; e col ri-
torno dei disertori , ai quali fu accordato
il perdono, venne aumentato di duemila
persone. Non si tardò a sborsare le cin-
quantamila genovine, il ripartimelo delle
quali fra gli ufiziali e soldati ebbe V atte-
stato delle pubbliche gazzette . Bisogno più
non vi fu di trattare e disputare intorno
al resto delle contribuzioni; perciocché il
suddetto conte di Cotech , commissario ge-
nerale austriaco, il quale ne sapea più di
Bortolo e Baldo nel suo mestiere , inviò
al doge Brignole e senato di Genova una
X 3 in-
326 Annali p' Italia
intimazione scritta di buon inchiostro , In
essa esponeva, che essendosi la repubblica
di Genova impegnata in una guerra mani-
festamente ingiusta contro la maestà dell*
imperadrice regina , e dei suoi collegati ,
ed aperto il varco ai suoi nemici, per in-
vadere gli stati di essa imperadrice e del
re di Sardegna ; giusta cosa sarebbe stata
T esigere da essa il rifacimento di tante
spese e danni sofferti , che ascendevano a
somme inestimabili . Ma che avendo essa
repubblica riconosciuto la mano dell'onni-
potente, che l'avea fatta soccombere sotto
V armi giuste e trionfanti della maestà sua
cesarea e reale ; ed essendosi volantaria-
mente offerta di soggiacere agli aggravj,
che le si doveano imporre : perciò esso
conte di Cotech perentoriamente la facea
intendere di dover pagare alla cassa mili-
tare austriaca la somma di tre milioni di
Genoyine ( cioè nove milioni di fiorini )
in tanti scudi di argento, e in tre paga-
menti : cioè un milione dentro quarantott'
ore ; un altro nello spazio di otto giorni ;
e il terzo nel termine di quindici giorni :
sotto pena di ferro , fuoco , e saccheggio ,
non soddisfacendo nei termini sopra inti-
mati. Questa fu l'interpretazione, che die*-
de il ministro alla clemenza dell' impera-
drice regina , a cui si era rimessa quella,
repubblica.
Aveano gì' infelici genovesi il coltello
alla golaj inutile fu il reclamare; necessa-
rio
Anno MDCCXLVI. 327
rio l'ubbidire. Concorsero dunque le fa-
miglie più benestanti al pubblico bisogno
coir inviare alla zecca le loro argenterie;
si trasse danaro contante da altri; conven-
ne anche ricorrere al banco di san Giorgio,
depositano dei danaro non solo dei geno-
vesi, ma di molte altre nazioni ; tantoché
nel termine di cinque giorni fu pagato il
primo milione. Più tempo vi volle per
esborsare il secondo , non potendo la zecca
battere se non paratamente sì gran copia
di argento. Con parte di quel danaro furo-
no non solamente soddisfatti di molti mesi
trascorsi gli ufiziali austriaci., ma anche
riconosciuto dalla generosità dell'augusta
sovrana con proporzionato regalo il buon
servigio dei suoi ufiziali. Parte di esso
tesoro fu condotto a Milano da riporsi in
quel castello . A conto ancora del pagamen-
to suddetto andò la restituzion delle gioje
e di altri arredi della casa de Medici.,
impegnati in Genova dal regnante Augusto .
Né si dee tacere , che videsi ancor qui una
delle umane vicende. Tanta cura degl' in-
dustriosi genovesi, per raunar ricchezze,
andò a finire in una sì strabocchevol tassa
di contribuzioni , la quale tuttoché impo-
sta ad una città cotanto doviziosa, purea
molti può fare ribrezzo. Non sarebbe ad
una città povera toccato un così indiscreto
salasso . E vie più dovette riuscire sensi-
bile a quella nobil repubblica, perchè ac-
caduto , dappoiché appena ella si era ri-»
X 4 mcs-
3 28 A'SNAtT fi'lTALI'X'
messa dalla longa febbre maligna della Car-
sica , in cui non oso dire, quanti milioni
essi dicono di avere impiegato , ma che
certamente si può credere costata a lei un'
immensità di danaro. Fama corse, che il
re di Sardegna si lagnasse, perchè né pure
una parola si fosse fatta di lui nella ca-
pitolazione , e né pure si fosse pensato a
lui nell'imposta di tanto danaro, e ne'li'
occupazione di tanti magazzini . Pari do-
glianza fu detto, che facesse l'ammiraglio
inglese .
Ciò , che in sì improvvisa e deplorabil
rivoluzione dicessero almen sotto voce ,
gli afflitti e battuti genovesi, non è giunto,
a mia notizia. Quel che è eerto, entro e
fuori di Italia accompagnata fu la loro di-
savventura dal compatimento universale , e
fino da chi dianzi non avea buon cuore
per essi. Però dapertutto si scatenarono
voci non men contra degli spagnuoli, che.
dei francesi , detestando i primi , perchè
principalmente da lor venne il precipizio
dei genovesi; e gli altri, perchè mai non
comparvero in Italia nell'anno presente
quelle tante lor truppe , che si spacciavano
in moto sulle gazzette , e che avrebbero
potuto esentare da sì gran tracollo gì' in-
teressi propr) , e quei dei loro collegati.
Aggiugnevano i politici , che quand'anche
il novello re di Spagna avesse preso idee
diverse da quelle del padre, richiedeva
nondimeno V onor della corona , che non
si
Anno MDCCXLVL 329
si sacrificassero sì obbrobriosamente gli
amici ed alleati ; e io ogni caso poteva
almeno e doveva il comune esercito pro-
cacciare per mezzo di qualche capitolazio-
ne condizioni men dure e dannose a chi
avca da restare in abbandono. Finalmente
diceano, doversi incidere in marmo questo
nuovo esempio, giacché si erano dimenti-
cati i vecchi, per ricordo ai minori po-
tentati del grave pericolo > a cui si espon-
gono in collegarsi coi maggiori , perchè
facile è il trovar monarchi tanto applicati
al proprio interesse, che fanno servir gli
amici inferiori al loro vantaggio, con ab-
bandonarli anche alla mala ventura , per
risparmiare a se stessi l'incomodo di so-
stenerli. Chi più si figurava di sapere gli
arcani dei gabinetti, spacciò, che fra la
Spagna, Inghilterra e Vienna era già con-
chiuso un segreto accordo, per cui la Spa-
gna dovea richiamar d'Italia le sue truppe;
e gì' inglesi lasciar passare a Napoli dieci
mila spagnuoli ; e V imperadrice regina
fermare ai confini del Tortonese i passi
delle sue truppe. Avere i primi soddisfatto
all' impegno , ed aver mancato alla sua
parte V austriaca armata . Di qua poi es-
sere avvenuto, che la Spagna irritata po-
scia di nuovo si unì colla Francia . Tutti
sogni di gente sfaccendata . Né pur tempo
vi era stato per sì fatto maneggio e pre-
teso accordo; e certo T imperadrice regina,
principessa generosa e à' animo virile, non
era
330 Annali d'Italia
era capace di obbliar la propria dignità
con tradire non solo gli spagnuoli , ma an-
che i mediatori inglesi, cioè i migliori dei
suoi collegati. La comune credenza per-
tanto fu , che la Francia non pensò all'
abbandono dei genovesi; e se il suo ma-
resciallo si lasciò strascinare dall'esempio
degli spagnuoli , non fu questo approvato
dal re cristianissimo. Quanto poscia alla
corte del re cattolico, si tenne per fermo,
che sui principj cotanto prevalesse il partito
contrario alla vedova regina Elisabetta ,
che si giugnesse a quella precipitosa riso-
luzione , a cui da lì a con molto succedet-
te il pentimento , essendo riuscito al gabi-
netto di Francia di tener saldo nella lega
il re novello di Spagna, ma dopo essere
cotanto peggiorati in Italia i loro affari,
e con dover tornare all' Abicì , qualora in-
tendessero di calar un' altra volta in Italia,
Per conto poi dei genovesi poco servì a
minorare i loro danni ed affanni 1' altrui
compatimento, e il cangiamento di massi-
me nella corte del re di Spagna . Contut-
tociò dicevano essi di trovar qualche con-
solazione in pensando , che ognuno potea
scorgere, non essere le loro disavventure
una conseguenza di qualche loro ambizio-
so disegno,, ma una necessità di difesa ; ne
potersi chiamar poco saggio il loro consi-
glio per T aderenza presa con due corone
potentissime , le quali sole poteano preser-
varli dai minacciati danni: giacché a nulla
avea-
Anno MDCCXLVI. 331
jiveano servito i tanti loro ricorsi e ri-
chiami alle coiti di Vienna, Inghilterra, ed
Ollanda .
Ma lasciamo oramai i genovesi per segui-
tare Carlo Emmanuel^ re di Sardegna . Né
pur egli fu pigro a prendere là fortuna,
pel ciuffo. Colla maggior diligenza possi-
bile fece egli calar le sue truppe per V
aspre montagne dell' Apennino sulla riviera
di Ponente, a Ha di tagliare la strada, se
gli veniva fatto, ai fuggitivi francesi; e
fama corse, essere mancato poco, che 1'
infante don Filippo , e il duca di Modena
non fossero sorpresi nel viaggio . Ma la
principal mira di esso re erano Savona e
il Finale , paesi dietro ai quali si erano
consumati tanti desiderj dei suoi antenati ,
e su i quali la rea! casa di Savoja mante-
neva antiche ragioni , o pretensioni . Giun-
sero colà le sue milizie nel dì otto di
settembre , ed arrivò anche lo stesso re
nel dì seguente a Savona, incontrato dal
vescovo, e dai magistrati della città, che
andarono a presentargli le chiavi • Colà
giunse ancora jl generale Corani, spedito
con alcuni battaglioni austriaci , per darsi
mano a sottomettere il castello assai forte
di essa Savona . Trovavasi alla difesa di
quello un comandante di casa Adorno no-
bile genovese , il quale alla chiamata di
rendersi diede quella risposta , che conve-
niva ad un coraggioso e fedele ufiziale ;
<e tanto più perchè fu fafta essa chiamata
per
g$ft Amstali d' Italia
per parte del re di Sardegna. Raccontasi^
ch'egli dipoi , come se quella piazza aves-
se da essere il sepolcro suo., distribuì ai
soldati varj effetti e danari di sua ragione,
e nel testamento suo dichiarò eredi suoi
le mogli e i figli di quegli ufìziali , che
morrebbono nella difesa: al che egli dipoi
si accinse con tutto vigore . Si tardò ben
molto a cominciare le ostilità contra di
quel castello , perchè non poteano volare
per le aspre montagne i mortai e V arti-
glieria grossa., che occorreva a quell'as-
sedio. Passarono le brigate austriaco- sarde
al Finale , e il forte di quella terra non
si fece molto pregare a capitolar la resa j
con restar prigione il presidio, e coli'
avere gli ufìziali ottenuto buon trattamento
per loro e per li loro equipaggi. Giunse
colà nei dì quindici di settembre il re di
Sardegna j allora fu, che non potendosi più
ritenere T antico abbonimento di quel po-
polo al giogo Genovese , scoppiò in segni
cT incredibil allegrezza, e con sommo ap-
plauso, ed applauso di cuore, accolse il
novello , sovrano . Proseguì poscia esso re
colle milizie il viaggio, occupando di ma-
no in mano i posti e le terre , che i fran-
cesi andavano abbandonando, finché giunse
a Ventimiglia , Villafranca , e Montalbano
all' assedio dei quai luoghi egli fu forzato
a dover fermare il piede. Dovunque passa-
rono l'armi sue vincitrici, segni ne resta-
rono della singoiar sua moderazione , e
del-
Anno MDCCXLVI. 335
della savia sua maniera di trattare chiun-
que a lui si arrendeva . Non la voleva egli
contra la borsa di quei popoli; esatta di-
sciplina osservavano le sue truppe ; sola-
mente, per buona precauzione, levò Tar-
mi al conquistato paese . Impiegò egli
in quei viaggi , e nella conquista della ri-
viera di Ponente il resto di settembre, e
la metà di ottobre j né altro consideraci
avvenimento si contò , se non che il ge-
nerale austriaco Corani , nel riconoscere il
posto della Turbia nel dì dodici di esso
ottobre perde la vita ; i francesi nel dì 18.
ripassarono il Varo ; il castello di Venti-
miglia nel dì 23 si sottomise all'armi dei
piemontesi .
Intanto la corte di Vienna, considerando
il beli' ascendente dell' armi sue in Lom-
bardia , e nel Genovesato , e già cacciati
dì là dai monti i nemiqi tutti , vagheggia-
va il bel regno di Napoli, come un pre-
mio dovuto al valore e alla buona fortuna
delT armi sue nell'anno presente. Niun vi
era dei ministri , che ricordevole delle
tante pensioni e regali, procedenti una
volta da quel fruttuoso paese, non incul-
casse venuto oramai il tempo di riacqui-
star giustamente ciò, che si era si mise-
ramente perduto negli anni addietro; ave-
re Timperadrice oziosi circa diecimila ca-
valli, adagiati nel Modenese, Cremonese,
Mantovano, ed altri luoghi. Accresciuti
questi da qualche quantità di fanteria , ec-
co
g$4 Annali d* Italia
co un esercito capace di conquistare tuttrì
quel regno ; trovarsi il re di Napoli privo
di gente, di danaro > e di maniera per
resistere ; col solo presentarsi colà un eser-
cito austriaco, altro scampo non restare
a quel re , che di fuggirsene in Sicilia ; e
che la Sicilia stessa, qualora volessero dar
mano gì' inglesi , facilmente coronerebbe il
trionfo dell'armi imperiali. Forti erano ^
e ben gustate queste ragioni ; e non è
da dubitare 3 che la corte Cesarea ardesse
di Voglia di far queir impresa ; al qual
-fine si videro anche sboccare in Italia al-
cune miglia) a di fanti croati e schiavoni 5
gente mal in arnese , ma forte di corpo ,
reggirrientata i e che sa occorrendo ben ma-
neggiare fucili e sciable . Ma altri furono
in questi tempi i disegni dell' Inghilterra ,
cioè di quella potenza ^ che avea come
dipendenti , per non dire còme Servi , i
suoi collegati, pel bisogno, che tutti avea-
»o delle sue sterline , cioè di un danaro ,
onde veniva il moto principale della mac-
china di queir alleanza . Da che la Francia
osò se non di attaccare > almeno di secon-
dare il fuoco nelle viscere della gran Bre-
tagna colla sediziori della Scozia , in cui
non si trattava di meno , che di detroniz-
zare il regnante re Giorgio li lo spirito
della vendetta , o sia la brama di rendere
la pariglia al re cristianissimo > fece gran
breccia nella corte Britannica. Fu dunque
risoluto T armamento di una possente fiot-
ta ,
Anno MDCCXLVI. 335
in , per portare la desolazione io qualche
sito delle coste di Francia ; e in oltre ?
giacche più non restavano in Lombardia
nemici da combattere, questo parea il tf m-
pò di portare la guerra anche dalla parte
d'Italia nel cuor della Francia acciocché
ella non si gloriasse di farla sempre in
casa altrui, A questa determinazione ri-
pugnava non poco il gabinetto imperiale
tra per li noti infelici tentativi altre Volte
fatti o nella Provenza o nel Délfinato , e
perchè si vedeva intef rompere l'impresa
di Napoli , dove certo si conosceva il gua-
dagno $ laddove poco o culla vi era dal
sperare nella Provenza . Per lo contrario l'
Inghilterra non solo desiderava , ma co-
mandava una tale spedizione ; e per questo
fine àncora mosse il te di Sardegna a con-
tribuir buona parte della sua fanteria*
Tali nondimeno divennero le forze au-
striache in Italia , tali i nuovi rinforzi in.
viati per accrescerle, che si figurò il mi-
nistero cesareo di poter accudire all'una
impresa senza pregiudizio dell' altra * né
si può negare , che ben pensati efano i suoi
disegni . Ma ordinaria disavventura delle
leghe è l'avere ogni contraente dei parti-
colari interessi e desiderj , che non si ac-
comodano con quei degli altri . In Londra
vi erano de Ile segrete intenzioni, contrarie
a quelle di Vienna. Si voleva far del ma-
le alla Francia , e non già alla Spagna*
Sempre fitto il re d'Inghilterra nella spe-
rane
336 Annali d'Ita li a
ranza di una pace particolare col re cattoli-
co, fervorosamente maneggiata dall'austriaca
regina di Portogallo , e creduta anche as-
sai verisimile , per essersi scoperte nel no-
vello re di Spagna delle massime ben di-
verse da quelle del re fu suo padre ; con
ogni riguardo procedeva verso gli spagnuo-
lì, astenendosi, per quanto mai poteva,
dal recar loro danno anzi da ogni menomo
loro insulto; nemico in fine di solo nome,
ma non già di fatti . Però la conquista del
regno di Napoli , meditata in Vienna, che
avrebbe infinitamente disgustata la corona
di Spagna , si trovò ascosamente attraver-
sata dagl' inglesi , i quali fecero valere la
necessità di entrare in Provenza colle mag-
giori forze possibili , per non soggiace-
re agi' inconvenienti patiti altre volte ira
sì fatte spedizioni, ed essere troppo pe-
ricoloso l'indebolir cotanto Tarmata di
Lombardia, coli' inviarne sì gran parte in
sjL lontane e divise contrade ; e che coste-
?e*bbe troppo il mantenere in tali circostan-
ze quell'acquisto. Queste ed altre ragioni,
delle quali il gabinetto di Vienna intende-
va molto bene il perchè, fecero, che V
imperadrice regina forzatamente desse ban-
do ad ogni disegno sul regno di Napoli .
E intanto il re cattolico con varj convogli
per mare spedì ad esso Napoli alcune mi-
gliaja delle sue truppe, le quali ebbero
sempre la fortuna di non essere vedute da-
gl'inglesi , né di incontrarsi nelle lornavi,
le
Anno MDCCXLVr. 337
le quali pure padroneggiavano per tutto il
mare Ligustico e Toscano .
Fissata dunque la spedizione austria-
co-sarda contro la Provenza, per cui tan-
to all' imperadrice, che al re di Sardegna
uno straordinario ajuto di costa in mone-
ta fu somministrato dall' Inghilterra, esso
re Sardo per disporla ed animarla come
generalissimo, passò a Nizza già abbando-
nata dai francesi . Quivi ricevette egli V
avviso, che si era renduto alle sue armi
Montalbano, e che poco appresso , cioè nel
dì quattro di novembre, avea fatto altret-
tanto il castello di Villafranca. Giunse anche
eia lì a poche settimane la lieta nuova , che
la cittadella di Tortona era tornata in suo
dominio nel dì venticinque del mese suddet-
to, con aver quella guernigione spagnuola
tenuta ogni onorevol capitolazione ; giac-
ché anche esso re in tutta questa guerra
ogni maggior convenienza e rispetto osser-
vò sempre verso la corona di Spagna . In-
tanto sì dalla parte di Genova, che di Lom-
bardia , andavano sfilando le soldatesche de-
stinate per Tinvasione della Provenza, fa-
cendosi la massa della gente a Nizza. Scel-
to per comandante di quell' armata il ge-
nerale conte di Broun, questi verso la metà
di novembre giunse per mare a quella cit-
tà, e cominciò a prendere le misure, per
effettuare il meditato disegno. Giacche si
calcolava di non trovare né viveri ne forag-
gi in Provenza, l'ammiraglio inglese Me-
Tom. XXV il. Y dier,
338 Annali n9 Italia:
dier , chiamato a consiglio , assunse il ca-
rico di condurre dai magazzini di Geno-
va e della Sardegna il bisognevole, sic-
come ancora le artiglierie , attrecci , e
munizioni dà guerra 0 Sopraggiunse in que-
sti tempi gagliarda febbre al re di Sar-
degna che grande apprensione ed affanno
cagionò in quell'armata, ma più in cuore
dei sudditi suoi* i quali perciò con pub-
bliche preghiere implorarono dà Dio la con-
servazione di una vita si cara . Dichiarossi
poi nel dì 25. di novembre il vajuolo $ e
questo di qualità non maligna, talché pas-
sato il cònvf nevol tempo richiesto da sì
fatta malattia, cessò ogni pericolo e timo-
re . A cagione nondimeno della convale-
scenza fu conchiuso, ch'esso re passerebbe
il verno in quella città . Finalmente sul
fine di novembre si trovò raunato l* eser-
cito destinato ai danni della Provenza , che
si fece ascendere a trentàcinquemila com-
battenti tra fanti e cavalli > cioè due terzi
di austriaci , e V altro di piemontesi co-
mandati dal tenente generale marchesa di
Balbiano; e però s'imprese il passaggio del
fiume V ro 4
Crede vasi di trovar quivi forte resisten-
za dalla parte dei francesi; ma non erano
tali le forze di questi da poter punto fra-
stornare i passi degli austriaci e savoj ar-
di. Si erano già separate le milizie spa-
gnuole dai francesi , e misteriosi parevano
i loro movimenti , perchè ora sembrava ,
che
Anno MDCCXLVI. 339
che volesssero prendere il camini no verso
la Spagna, ed ora che pensassero a ritirar-
si in Savoja. E veramente a quella volta
tendevano i loro passi , quando arrivò in
Tarascon al generale marchese de la Mina
un corriere dell'ambasciatore cattolico esi-
stente in Parigi , da cui veniva avvertito
di tener le truppe di suo comando unite
con quelle di Francia , stante una nuova
convenzione stabilita fra le due corone di
Madrid e Versaglies. Servì un tale avviso,
perchè il marchese non progredisse innanzi ,
per aspettare più accertati ordini dalla cor-
te del sovrano. Non ascendevano dar can-
to loro i francesi a più di cinque o seimila
persone sotto il comando del marchese di
Mirepoix tenente generale, avendo pagato
gli altri il disastroso ritornò nel Genovesa»
to o con lunghe malattie, o colla morte.
Vero è> che si trovarono alquanti corpi
di essi francesi qua e là postati al basso
e air alto del Varo, per contrastarne il
passo ai nemici; due fortini ancora o ri-
dotti teneano sulle sponde di esso fiume :
pure tra le batterie erette di qua dal fiu-
me, che faceano buon giuoco e pel canno-
ne di tre vascelli e di altri legni minori
inglesi , che si erano postati all' imbocca-
tura del fiume stesso , animosamente in
più colonne passarono gli austriaco-sardi ,
essendosi precipitosamente ritirati da tut-
ti quei postamenti i francesi . Detto fu ,
che solamente costasse quel passaggio ottan-
Y 2 ta
34® Annali d'Italia
ta persone, le quali ebbero anche la dis-
grazia di annegarsi . Fu dipoi formato ur*
sodo ponte sul Varo ; e volarono ordini ,
perchè venissero le grosse artiglierie , per
dar principio all'assedio di AnJbo, mira
principale del generale Broun, che servi-
rebbe di scala' all' altro di Tolone .
Trovarono gli aggressori in quei contor-
ni abbandonate le case , e fuggitivi col lo-
ro meglio i poveri abitanti • Ma per buo-
na ventura vi restarono le cantine piene
di vino, e vino, come ognun sa, somma-
mente generoso di quelle colline,, onde ne
avrebbe quel popolo secondo il costume ri-
cavato un tesoro. Giacché altro nemico*
da combattere non aveano trovato i tede-
schi, gli svizzeri, ed anche gl'italiani,,
sfogarono il loro valore e sdegno contra
di quelle botti, e per tre giorni ognun trion-
fò di quei cari nemici. Era un bel vedere
qua e là per terra migliaia di soldati, che
più non sapeano in qual parte del mondo
si fossero : così ben conci evano dal tracan-
nato liquore. Non sanno più i gran guer-
rieri del nostro tempo usare stratagemmi,,
ne studiano i libri vecchi, per impararne
l'arte. Se quattro o cinquemila francesi col
muoversi di notte avessero colto in quello
stato i lor nemici, voglio dire quegli otri di
vino : chi non vede qual brutto governo ne
avrebbero potuto fare ? il generale Broun per
questo inaspettato accidente non sapea darsi
pace, e vi rimediò come potè. Gli antichi
pre-
Anno MDCCXLVL 341
^preparavano buona cena alle truppe nemi-
che , per farne poi loro pagare lo scotto nel-
la notte seguente. Tanto nulladimeno sì af-
frettarono quei bravi bevitori a votar quel-
le botti, spandeudo anche per le cantine
il vino sopravanzato alla loro ingordigia,
che ne fecero poi lunga penitenza , costret-
ti sovente a bere acqua , per non trovare
di meglio. Si stesero dipoi i loro stacca-
mene alle picciole città di Vences , Gras-
se, ed altri luoghi, i vescovi delle quali
città impiegarono con somma carità quan-
to aveano, per esentare i popoli da un
duro trattamento . Trovarono un discreto
nemico nel suddetto generale Broun , il
quale portò poscia il suo quartiere genera-
le sino a Cannes, sulla spiaggia del mare
di là da Antibo, con bloccare quel porto,
e dar principio alle ostilità contra del me-
desimo. Non trovando quelle soldatesche
in alcun luogo opposizione alcuna > &' inol-
trarono fino a Castellana, Draghignano, ed
altre lontane terre. Altro miglior partito
non seppe trovare il re cristianissimo, per
mettere argine a questo torrente, che di
ordinare la mossa di almen trentamila com-
battenti delle truppe regolate esistenti in
Fiandra, giacché si conobbe insufficiente
medicina a questo malore il formar dei nuo-
vi regimenti in Provenza. Uomini di nuo-
va leva sono per lo più soldati di ìfome ,
conigli di fatti: un soccorso tale, che do-
vea far viaggio di più. centinaja di miglia,,
Y 3 per
342 Annali d'Italia
per arrivare in Provenza , non frastornava
punto i sonni e i passi dell'armata austria-
ca e savojarda ; la quale perciò nel di quin-
dici dì dicembre giunse ad impadronirsi
anche della città di Frcjus, con istendere
le contribuzioni per tutte quelle contrade .
E perciocché si trovò , che le barche arma-
te dell' isole di sant' Onorato e di santa
Margherita infestavano non poco i convogli
destinati pel campo di Cannes, ordinò il
Broun , che sopra molti legni venuti da
Villafranca s'imbarcassero tremila soldati,
e facessero colà una discesa . Non indarno
questa fu fatta. Capitolarono le picciole
guernigioni dei due forti esistenti in queir
isole, e cederono il campo ai nuovi venu-
ti . Molto dipoi costò ai francesi la ricupe-
ra di quei luoghi . Le speranze intanto di
vincere il forte di Antibo erano riposte
nei grossi cannoni e mortai , che si aspet-
tavano da Genova ; quando si sconcertaro-
no tutte le misure per uno inaspettato av-
venimento, che sarà ben memorabile anche
nei secoli avvenire.
Da che piegarono il collo i rettori di
Genova sotto l'armi fortunate dell' impera-
drice regina colla capitolazione , che di
sopra accennammo , restò quella nobil cit-
tà ondeggiante fra mille tetri ed inquieti
pensieri. Le apparenze erano, che in quel
governo durasse T antica libertà e signoria;
perchè iLdoge, il senato, egli altri magi-
strati continuavano come prima nell' eser-
cì-
Anno MDCCXLVI. 343
cizio delle loro funzioni ed autorità ; te-
nevano le guardie dei lor proprj soldati
(soldati non dimeno dichiarati prima pri-
gionieri di guerra dei tedeschi) a Belvede-
re , e. alle Porte, a riserva di quelle di
san Tommaso e della Lanterna, cedute a
gli austriaci. Gli stessi austriaci pareva che
non turbassero i fatti della città, giacché
non permetteva il Botta, che alcun dei suoi
soldati entrasse in quella senza sua licenza
in iscritto. Ma in fine tutta questa liber-
tà non era diversa da quella degli uccel-
letti, che legati per un piede si lasciano
svolazzare qua e là , Se non entravano a
centinaja e migliaja i tedeschi in città a
farvi da padrone , poteano ben entrarvi ,
qualora ne venisse loro il talento ; è non
pochi ancora vi entravano , con pagar pò*
scia i viveri meno del dovere, e con vili-
pendere ed ingiuriare toccando forte sul vivo
i poveri abitanti. Intanto di circa ottomi-
la tedeschi non andati in Provenza^ parte
acquartierata in san Pier di Arena teneva
in ceppi la città, e parte stesa per la Ri-
viera di Levante si era impadronita di
Sarzana , della Spezia, e di altri luoghi
in quelle parti. Nella fortezza di Gavi ,
ceduta dai genovesi , comandava la guerni-
gione austriaca ; e per tutta la Riviera di
Ponente altro più non restava, che inalbe-
rasse le bandiere della repubblica, fuorché
l'assediato castello di Savona, avendo il
re di Sardegna conquistate tutte l'altre
Y 4 ter-
344 Annaii d' I t a t x a*
terre e città , con farsi anche giurare fe-
deltà dai finalini . Ed allorché fu per mar-
ciare Tarmata io provenza , credette ben
fatto il generale Botta di occupare all'im-
provviso il bastione di san Benigno, guet-
nito di gran copia di bombe e cannoni ,
che sovrasta alla Lanterna , e domina non
men la città, che il borgo di san Pier di
Arena. In tal positura di cose si scorgeva
da ognuno ridotta al verde la potenza e
libertà dei genovesi. Aggiungasi il guasto
dei poderi e delle case , con una man di
estorsioni ed avanie, che più di uno degli
ufiziali e soldati austriaci , non mai sazj
di conculcare i vinti, andavano commetten-
do per tutti i luoghi dei loro quartieri .
Ne da Vienna altra indulgenza finora avea
potuto ottenere l'inviato della repubblica,
se non l'esenzióne , che il doge e i sei se-
natori si portassero colà. Pretesero i tede-
schi insussistenti e vane tutte le suddette
accuse. Il peggio era, che dopo avere il
senato smunte le casse dei più ricchi , intac-
cato il banco di san Giorgio, e battute in
moneta le argentarie dei benestanti , col
giugnere infine a pagar anche buona parte
del secondo milione di genovine, animato
a questo sforzo dalle molte speranze date4
che sarebbe condonato il resto : non istet-
tero molto ad udirsi le richieste anche del
terzo ; e queste poi si andarono maggior-
mente inculcando , corteggiate dalle minac-
ele dei commissario generale Cotcch del
sac-
Anno MDCCXLVL 345
Saccheggio e di ogni altro più aspro naf>
tomento. La mirabil industria di esso com-
missario avea saputo con tanta facilità, cioè
€ou un solo tratto di pfnna, trovare il
lapis philosophorum ; si credeva egli, che
in essa penna durerebbe per sempre quella
virtù . Intanto quel governo di consenso
del marchese Botta scelse quattro cavalieri ,
per inviarli a Vienna a reppresentar V im-
potenza di un ulterior pagamento, speran-
do pure migliori influssi dall' imperiale e
real clemenza e protezione, in braccio a
cui si erano gittati. Ma o sia., che non
venisse mai dalla corte l'approvazione di
tal deputazione, o che venisse incontrario:
mai non si poterono ottenere dal mar*.
chese i necessaij passaporti . Se poi si
ha da credere tutto quanto concordemente
asseriscono i genovesi , giunse il conte
di Cotech ad intimare , oltre al suddetto
terzo milione, anche il pagamento di altre
gravi somme per li quartieri del verno,
e quieto vivere , e dugentomila fiorini per
li magazzini delle truppe genovesi, dichia-
rate prigioniere di guerra , i quali non vi
erano, ma vi dovevano essere. Allegò il
governo l'impossibilità a più contribuire 5
e perchè succederono le minacele, fu rispo-
sto, che il Cote h prendesse quante risolu-
zioni volesse , ma che queste in fine non
potrebbero essere che ingiuste. Non andò
molto, che il generale Botta parimente ri-
chiese cannoni e mortari alla repubblica %
per;
3^6 Annali n' Italia
per inviarli in Provenza ; e non volendoli
questa dare di buongrado, egli- spedì gen-
te a levarli dai posti per quel trasporto ,
Questo era il deplorabile stato di Geno-
va , cagione, che già molti nobili , e ric-
chi mercatanti aveano cangiato cielo, non
soffo rendo loro il cuore di mirare i mali
presenti della patria, con paventarne anco-
ra dei peggiori in avvenire . La troppo di-
sgustosa voce del minacciato sacco , vera
o falsa, che fosse, disseminata oramai fra
quel numeroso popolo , di troppo accrebbe
li già prodotto fermento di odio , di rab-
bia, di disperazione. E tanto più crebbe;
perchè lamentandosi alcuni dell' aspro trat*
tamcnto, che provavano, scappò detto ad
un ufiziale italiano nelle truppe cesaree,
che si meritavano di peggio. Poi soggiun-
se : E vi spoglierema di tutto, lasciandovi
solamente gli occhi per poter piagnere .
Meriterebbe di essere cancellato dal ruolo
dei cavalieri di onore , chi nudriva così
barbari sentimenti, e si facea conoscere
un tartaro , e non un cristiano , L' infima
plebe imparò allora a lodare lo stato an-
tecedente , perchè altro aspetto non aveva
il presente che quello di esterminio, e di
schiavitù. Pure non trovandosi chi osasse
di alzare un dito, in soli segreti lamenti
e combricole andava a terminare il risen-
timento di ognuno: quand'ecco una scin-
tilla va ad attaccare un grande impensato
incendio. Era il quinto giorno di dicem-
bre,
Anno MDCCXLVT. 34?
bre , e strascinavano gli alemanni un gros-
so mortajo da bombe , per inviarlo in Pro-
venza . Sono assaissimo strade di Genova
vote al disotto, affinchè passino Tacque
scendenti dalle montagne in tempo di piog-
gia, ed anche per le cloache. Al troppo
peso di quel bronzo 3 nel passare pel quar-
tiere di Portoria, si sfondò la strada, on-
de restò incagliato il trasporto. La curio-
sità trasse colà non pochi del minuto po-
polo, che furono ben tosto forzati a dar
mano , per sollevare il mortajo . E perchè
mal volentieri facevano essi quel mestiere,
perchè non pagati,, e perchè parea loro cosa
dura di faticare in danno della stessa lor
patria : si avvisò uno dei tedeschi di pa-
gargli col regalo di alcune poche bastonate .
Non sapea costui, di che fuoco ed ardire
sia impastato il popolo di Genova ; ne fe-
ce immantenente la pruova . Il primo a
scagliare contta di lui una buona sassata,
fu un ragazzo , con dire prima ai compagni :
la rompo ? E all' esempio suo tutti gli altri
diedero dipiglio ai sassi , i quali ebbero
la virtù di far fuggire i tedeschi. Rinve-
nuti in sé quei soldati , tornarono poscia
colle sciable nude, per gastigar quella po-
vera gente ; ma ricevuti con piti copiosa
grandine di sassi , furono di nuovo obbli-
gati a salvarsi colla fuga . Nulla di più
avvenne in quel giorno . Nella notte quei
che erano intervenuti a quella picciola com-
media, andando per le strade, cominci?
a gri-
%4§ AwtfÀti d'Italia
a gridare all' armi , ripetendo sovente viva
Maria ; con che si raunò una gran brigata
tutta della feccia più vile della città. De-
ridevano gli austriaci questo schiamazzo t
insultandoli con gridare vi~va Maria Teresa .
Presentassi poscia al palazzo pubblico ìa.
plebe , chiedendo armi con terribile stre-
pito . Ordinò il governo , che si chiudes-
sero le porte^ si raddoppiassero le guardie ,
si mettessero soldati fuori del rastello con
feajonetta in canoa. Nulla potendo ottenere,
raddoppiarono le grida; e intanto sparso il
romore per varj quartieri , maggiormente
crebbe la folla dei sollevati , che tornata
con più empito la seguente mattina, gior-
no sei di dicembre;, al palazzo continuò a
fare istanza di armi , e tentò anche di
scalar l'alte finestre dell7 Armeria, ma con
esserne rispinta. Né mancò il governo di
ragguagliare il generale Botta di questa
novità. Giacché era fallito questo colpo al
popolo , si voltò alle guardie delle porte 3
e sorprendendole s'impadronì dell'armi lo-
ro ; sforzò le porte degli ufiziali militari ;
entrò in qualsivoglia bottega di armaiuoli,
e quante armi trovò, tutte se le portò via ,
fccnza toccare il resto . Ma non vi era ca-
po , ognun comandava , né altro si mirava
che confusione. Spediti dal governo alcu-
ni dei cavalieri più accreditati fra il po-
polo , impegnarono indarno la loro elo-
quenza, per frenarli. Andò poi l'infuriata
gente alle porte di san Tomaso, credendosi
di
Anno MDCCXLTL 349
di atterrire le guardie tedesche con una
scarica di fucili e con alte grida. Chiusero
gli alemanni le porte , e si risero delle
loro bravate. Ma non si rallentò per que-
sto il coraggio del popolo , che corso a
prendere un picciolo cannone, lo presentò
a quelle porte per batterle. Questo fu un
farne regalo agli alemanni , i quali aperte
all'improvviso le porte, e spedita fuori
una man di granatieri , né pur lasciarono
tempo di spararlo, e sei portarono via.
Fuori anche di esse porte sboccò nella cit-
tà una banda di quindici o venti uomini
di cavalleria tedeschi , che dopo la scarica
delle lor carabine , colle sciable alla mano
corsero per Acquaverde e strada Balbi fin
sulla piazza dell'Annunziata. Di più non
vi volle, per dissipare V indisciplinata gen-
te , che sparpagliata prese sulle prime qua
e là la fuga. Ma attruppatisi poi alcuni
di essi , ed uccisi con moschettate due dei
cavalli nemici, fecero ritirare il resto più
che di fretta. Da questo fatto argomenta-
rono molti, che se il generale Botta aves-
se inviato delle buone schiere e squadre
di armati nella città , avrebbe potuto in
quel tempo sopire il tumulto , perchè mo-
vimento contradetto dai governo, né se-
condato da persona alcuna di conto .
Servì di scuola agli ammutinati il ri-
schio corso a cagion dell'irruzione della
poca cavalleria nemica per premunirsi ;
e però nella seguente notte barricò le prin-
ci-
350 Annali D'Italia
cipali strade con botti ed altra copia di
legnami ., e con replicati fossi . Era cre-
sciuto a dismisura il popolaccio, e giacche
tutti i palazzi dei nobili si trovavano chiu-
si e ben custoditi , ne sito finora si era
trovato per farvi le loro sessioni, sforza-
rono il portone dei padri gesuiti nella
strada Balbi , ed impadronitisi di tutte
quelle scuole e congregazioni, quivi pian-
tarono il loro quartier generale. Fu crea-
to un commissario generale , che scelse
varj luogotenenti , ordinò pattuglie di gior-
no e di notte, per ovviare ai disordini,
pubblicò editti rigorosi, che ognun doves-
se accorrere alla difesa . In una parola as-
sunse il governo e comando della città j
senza nondimeno perdere il rispetto al
doge e senato, se non ctie gli ordini del
ceto nobile non erano attesi^ e il magi-
strato popolare voleva essere ubbidito. Pre-
tese dipoi quel popolo , che fosse nulla la
capitolazione, fatta dal governo con gli
austriaci , siccome fatta senza participazione
e consenso del secondo e terzo ordine po-
polare , che a tenore delle leggi e conven-
zioni publiche si richiedeva. Avea cornane
dato esso governo nobile , che non si so-
nasse campana a martello, e intimato ai
capitani delle popolatìssime vicine valli
del Bisagno e della Polcevefa di non pren-
dere l'armi. Se ubbidissero $ staremo po-
co a vedeilo. Intanto il generale marchese
Botta avea spediti ordini pressanti alle
mi-
Anno MDCCXLV1. 351
milizie tedesche, sparse per le due riviere
di Levante e Ponente , acciocché accorres-
sero a Genova . Prese eziandio altre precau-
zioni ^ per sostenere le porte di san Tom-
maso, ed occupò varj postamenti^ atti
non meno all' offesa , che alla difesa. Ma
venuto il dì sette di dicembre, ecco in
armi tutto il gran quartiere di san Vincen-
zo , ed il Bisagno , che si diedero mano
con gli altri popolari. Andarono essi ad
impossessarsi di tutte le artiglierie, poste
nei lavori esteriori della città, e di una
batteria dttta di santa Chiara, Con questi
bronzi cominciarono a fulminare alcuni
posti , dove erano i nemici , con farne an-
che prigioni alcuni ; A,l vedere sì strana-
mente cresciuto l'impegno, il generale Bot-
ta mandò a dire il governo, che acquetas-
se il tumulto ; e ricevuto per risposta dal
palazzo di non aver forza da farlo, si
esibì egli di andare al palazzo , per com-
porre le cose • ma poscia non si attentò^
o Io trattenne il decoro.
Arrivò il giorno otto di dicembre , gior-
no solenne spezialmente in Genova per la
festa della concezione di Maria Vergine ,
che quel popolo tiene per suai principai
protettrice; ed allora fu, che altro ner-
bo, altro regolamento prese il finquì am-
mutinato minuto popolo della città è del
Bisagno. Imperciocché unitosi con loro il
secondo ordine dei mercatanti ed artisti >
si cominciò a dar pane, vino, e danaro y
si
352 Annali d'Italia
si provvidero le occorrenti munizioni ed
armi ; si stabilì uno spedale per li feriti 3
e si presero altre saggie misure, che ac-
crebbero il coraggio ad ogni amator della
patria. Per la strada Balbi in quel giorno
crebbero le ostilità delle artiglierie dall'
una e dall' altra parte quando consigliato
il popolo a proporre un aggiustamento es-
pose un panno bianco. Venuto a parlamen-
to un ufiziale tedesco , intese le loro pro-
posizioui , consistenti in richiedere, che
fossero lasciate libere le porte ; riposti al
suo sito i cannoni asportati; cessata ogni
ulterior pretensione di danaro , e di qual-
sivoglia altra , benché menoma esazione f
con dare per questo sei ufiziali in ostag-
gio. Rapportate furono al generale Botta
e al suo consiglio quelle dimande, l'ulti-
ma delle quali mosse ciascuno a sdegno,
o riso, considerata la viltà dei proponen-
ti, e la trionfai maestà di chi udiva tali
proposizioni. La risposta fu, che si voleva
tempo a rispondere. Giudicò bene d'inter-
porsi , per veder pure se si poteva ami-
chevolmente terminar questa pugna, il prin-
cipe Dona , signore ben veduto dagli au-
striaci , e insieme sommamente amato dal
popolo per le sue belle doti e copiose li-
mosine. Concorse anche per istanza e coin-
mission del governo a sì lodevol impresa
il padre Visetti , rinomato sacro oratore
della compagnia di Gesù , siccome persona
molto stimata dal marchese generale Botta .
Per
Anno MDCCXLVI. 353
Per quanto questi rappresentasse le triste
conseguenze., che potea produrre la durezza
dei tedeschi contra di sì numeroso, ardito,
e disperato popolo , essendo egualmente
pregiimiciale agi* interessi e alla gloria
dell' imperadrice regina il danno, che so-
vrastava all'armata imperiale, e l'eccidio
minacciato della città : non poterono fis-
sare concordia alcuna . Si arrendeva il ge-
nerale sul capitolo dell' esazione richiesta
sopra il terzo milione , ma troppo abbor-
riva il rilasciar le porte. Più volte andò
il principe innanzi e indietro, con rappor-
tar le risposte. Trovatosi il popolo riso-
luto in voler la libertà delle porte , parve,
che il general Botta inchinasse a soddi-
sfarlo, con trovarsi poi, ch'egli intendeva
di una porta , e non di tutte e due quelle
1 di san Tommaso . Pretesero i genovesi ,
ch'esso generale tergiversasse, o lavorasse
di sottigliezze ; ma certo egli si trovava
in un mal passo, perchè in qualunque ma-
niera ch'egli avesse operato, mal intese
sarebbero state le sue risoluzioni. Cioè se
con cedere avesse calmata quella popolar
commozione , gli sarebbe stato attribuito
a delitto l'avere sacrificato l'onore dell'
armi imperiali e l' interesse dell' impera-
drice regina, condonando il milione pro-
messo , e restituendo le porte senza licen-
za della corte. Se poi non cedeva, volendo
più tosto aspettar la rovina, che poi se-
guitò : sarebbe stato egualmente esposto
Tom. XXVII. \ Z al
154 Ànnàiì d* Itali!
al biasimo e alla censura il suo contegno .
Dopo il fatto ognun la fa da giudice e
sputa sentenze ; ma per giudicar bene ,
convien mettersi nel vero punto delle cose
e delle circostanze prima del fatto.*
Continuarono anche nel dì nove di di-
cembre i trattati , ma senza frutto j tal-
mente che il principe Doria , dopo aver
buttate tante ragioni e fatiche , se ne la-
vò le mani , e si ritirò lungi da Genova.
Né miglior fortuna ebbe V eloquenza del
padre Visetti . È perchè il generale austria-
co andava prendendo tempo alle risoluzio-
ni , spendendo intanto speranze e buone
parole , pretese il popolo genovese ciò fat-
to ad arte, tanto che arrivassero al suo
campo le truppe richiamate dalle due ri-
viere. Tutto questo accresceva l'impazien-
za e i moti dei genovesi , per tentare col-
la forza la sospirata liberazione. Frequen-
ti furono in tutti quei dì le pioggie : pure
nulla poteva ritenerli dal fare ogni oppor-
tuno preparamento per quell'impresa; né
loro mancò qualche sperto ingegnere^ che
suggerì i mezzi più adattati al bisogno .
Si videro a folla uomini , donne , ragazzi ,
e massimamente i facchini , tutti a gara
portare chi fascine, chi palle, chi polve
da fuoco e granate, chi formar palizzate
e gabbioni , e chi colle sole braccia stra-
scinar per istrade sommamente erte , can-
noni , mortaj , e bombe . Ne trassero fino
alle alture di Prea, o sia Pietra-minuta
il
Anno MDCCXLVI. 355
il che parrebbe inverisimile , mirando quel
sito. Parimente postò il popolo varie altre
batterie di cannoni in siti j che domina-
vano san Benigno, in strada Balbi all'
arsenale, e altrove, dove maggiormente
conveniva , per offendere i nemici . Non
mancavano armi , palle, e polve ad alcuno.
Mal digeriva il popolo le dilazioni, che
andava prendendo il generale suddetto , e
tanto più, perchè già si sentivano giunti
in Bisagno circa settecento tedeschi, ed es-
serne assai più in moto. Gli fu dunque
dato un termine perentorio sino alle ore
sedici del dì dieci di dicembre. O sia,
che in quello spazio di tempo non venisse
risposta, o «he venisse quale non si vole-
va ; o sia, pome pretesero altri , che 1*
impaziente popolo la rompesse prima di
queir ora: certo è, ch'esso diede all'ar-
mi , da che si udì sonar campana a mar-
tello nella cattredale di san Lorenzo, il
cui esempio da tutte l'altre campane del-
la città, fu immediatamente imitato. In
concordi altissime voci fu intonato il gri-
do di battaglia , cioè viva Maria , il cui
santo nome ispirava coraggio nei petti di
ognuno. Cominciarono con gran fracasso le
artiglierie a giocare contro la commenda
di san Giovanni , ed atterrato quel campa-
nile con altre rovine, fu obbligato quel
presidio tedesco a rendersi prigioniere. La
batteria superiore di Prea-minuta bersa-
gliava le porte, e l'altura dei filippini,
Z 2 sca-
356 ÀNNAII D* I TÀtIÀ
scagliando anche bombe e granate sulla
piazza del principe Doria fuori della città ?
dove erano schierate alcune centinaia di
cavalleria nemica. Come stesse il cuore ai
tedeschi all'udir tante grida di quel nume-
roso infuriato popolo, e insieme il suono
ferale di tante campane della città, di
maggiore efficacia , che quel dei tamburi ;
io noi so dire.. La verità si è, che il ge-
nerale marchese Botta , già credendo assai
giustificata la sua risoluzione in sì brutto
frangente, fece dar segno di tregua; e
cessato il fuoco mandò pel padre Visetti
a significare al governo , che avrebbe ce-
duto le porte , se gliene fosse fatta la di-
manda. Accettò il governo, e fece il de-
creto di richiederle . Ma il popolo rispose
di non voler più riconoscere per limosina
ciò, che non potea mancare alla propria
industria e valore ..
Ricominciate dunque le offese , più che
mai fieramente continuarono, finché gli au-
striaci forzati abbadonarono la porta , ed
altri posti vicini , siccome ancora la porta
della Lanterna, e il posto di san Benigno-
Colà subentrati i popolari, cominciarono
dal parapetto delle mura a fare un fuoco
continuo sopra i nemici, e caricato a car-
tocci il cannone , tolto loro dianzi , più
volte lo spararono, e non mai in fallo.
Andarono a poco a poco rinculando i te-
deschi dalle alture e da tutti gli occupati
posti , ed uniti poi con gli alivi, abbando-
na-
Anno MDCCXLVI. m
carono anche la piazza del principe Doria,
ad altro non pensando, che a ritirarsi ver-
so la Bocchetta e Lombardia. Fu scritto,
che giunti alla chiesa dei trinitarj, arriva-
rono loro addosso i popolari, e trovandoli
disordinati e intenti a fuggire, ne fecero
macello. La verità si è, che niun combat-
timento vi succedette . Forse non furono
più di venticinque i tedeschi uccisi non
più di dodici gli uccisi genovesi; e a po-
chissimi si ridusse il numero dei feriti.
Andavano gli alemanni accompagnati da
varie bombe , e da molte cannonate del-
la città ; ed avendo quei della Cava rav-
visato il general Botta, appuntarono con-
tro di lui un cannone -, la cui palla a can-
to a lui sventrò il cavallo del cavalier
Gastiglioni , e una scheggia di un muro
percosso andò a leggiermente ferire in
una guancia lo stesso generale. Ritiraron-
si dunque venuta la notte gli austriaci
con gran fretta e disordine verso la Boc-
chetta : posto che prudentemente il genera-
le suddetto avea per tempo fatto preoccu-
pare suir incertezza di queir avvenimento .
E buon per loro, che i polceverirti non si
mossero, per inseguirli o tagliar loro la
strada : ne potea loro succedere gran ma-
le. Fu creduto, che quella brava gente non
facesse in tal congiuntura insulto ai fughi-
vi, perchè ubbidiente all'ordine del gover-
no di non prendere l'armi. Si figurarono
Z 3 al-
358 Annali d'Italia
altri, che il generale austriaco regalasse il
capitano della Valle, e gli facesse credere
seguito un aggiustamento : il che non sem-
bra verisimile, stante 1' essere appena ces-
sato lo strepito di tante armi e cannoni,
quando si vide per quella lunga salita an-
darsene frettolosa la picciola armata tede-
sca. Eransi rifugiati più di settecento ale-
manni in tre palagi d'Albaro; ma quivi
bloccati dai Bisagnini, ed infestati da una
frequente moschetteria, e poscia da un can-
nono tirato da Genova, furono costretti ad
arrendersi, con venire nel dì undici di di-
cembre condotti prigioni alla città . Altra
poi ne furono presi in san Pier di Arena,
e in altri luoghi , di modo che conto si
fece , che più di quattromila austriaci ri-
masero nelle forze dei genovesi , e fra lo-
ro circa cento cinquanta ufiziali . Molti dei
primi, perchè non si potè mai riscattarli,
vennero meno di malattie e di stento . E
perciocché quegli ufiziali sparlavano, pre-
tendendosi non obbligati alla parola data ,
perchè presi da gente vile e non decorata
del cingolo della milizia e molto più , per-
chè gli ostaggi dati dai genovesi furono
mandati nel castello di Milano : vennero
in Genova trasportate ad altro monistero
le monache dello Spirito Santo, e nel chio-
stro di esse rinserrati e posti a far orazio-
ni e meditazioni quegli ufiziali sotto buo-
na guardia. Quegli alemanni, che restaro-
no
Anno MDCCXLVI. 359
uo io quelle focose azioni , feriti, ricevero-
no nello spedale della città ogni più cari-
tativo trattamento.
Tale fa il fine della tragedia del dì
dicci di dicembre , terminata la quale il
popolo vincitore nel dì seguente corse a
san Pier di Arena a raccogliere le spoglie
della felice giornata . Vi si trovarouo gros-
si magazzini di grano, di panni , di armi,
e di munizioni da guerra. Quivi ancora
venne alle lor mani non lieve numero di
tedeschi feriti o malati ; buona parte dei
bagagli non solo del poco dianzi fuggiti
ufìziali, ma degli altri ancora, che erano
passati in Provenza . Furono eziandio sor-
prese non poche barche nel porto, cariche
di grano di ogni altra provvisione per V
armata della suddetta Provenza . Parimente
in Bisagno restarono preda di quel popolo
gli equipaggi di altri alemanni. In una pa-
rola, ascese ben alto il valore del copio-
sissimo bottino, ma non già a quei tanti
milioni, che la fama decantò, corse anche
voce, che fossero presi cinque muli carichi
della pecunia, dianzi pagata dai genovesi,
ma questo danaro non vi fu chi lo vedes-
se. Per sì fortunati successi tutta era in
festa la città; ma non già quei forestieri,
per qualche ragione aderenti agli austriaci ,
che non poteano fuggire , perchè durante
questa terribil crisi non ischivarono di es-
sere svaligiati. Fu anche messa solennemen-
te a sacco dal popolo la posta dì Milano ,
Z 4 ul-
gGó Annali d'Itaìia
ultimamente piantata in quella città . Fin
dentro ai monisterj delle monache andò V
avido popolo a ricercare quanto vi aveano
rifugiato i tedeschi. All' incontro l'inviato
di Francia , a cui non si farà già torto in
credere , che soffiasse non poco in questo
fuoco, ed impiegasse anche buona somma
di danaro., spedì tosto per mare due feluc-
che a Tolone o Marsiglia, dando cento
doble a cadauno dei padroni di esse , e
promettendone altre cento a chi di loro il
primo arrivasse colà, per ragguagliare il
maresciallo duca di Bellisle di sì importan-
te metamorfosi di cose . E se non allora ,
certamente poco dipoi spedì anche il go-
verno di Genova lettere premurose al ge-
nerale medesimo, e delle altre supplichevo-
li al re cristianissimo , implorando soccor-
si . Dopo il fatto declamarono forte i te-
deschi _, perchè il loro generale non avesse
tolte P armi a quella città, non avesse oc-
cupato Belvedere, e tutte le porte, ed aves-
se permesso ai ministri di Francia , Spagna,
e Napoli il continuar ivi la loro dimora .
Ciò sarebbe stato contro la capitolazione ;
ma non importa . Così la discorrevano es-
si. Altri poi (e con buon fondamento ) as-
seriscono , che se gli austriaci avessero sa-
puto trattar bene quel popolo, e promet-
tergli lo sgravio di alcuni dazj e gabelle,
nulla era più facile , che il far proclama-
re V augusta imperadrice signora di quel-
la nobìl città. 'Ma acciecati dal lieve guar-
da-
Anno MDCCXLVI. gg*
dagno presente, nulla pensarono air avve-
nire.
Con rapido volo intanto portò la fama
per tutta la Riviera di Levante 1' avviso
della liberata città, avviso, che siccome riem-
piè di terrore le schiere austriache eparse
in Sarzana , Chiavari, Spezia ed altri luo-
ghi , così colmò di allegrezza quegli abi-
tanti. La gente saggia di essi paesi, per
evitare ogni maggiore inconveniente, quella
fu, che amichevolmente persuase a quelle
truppe di andarsene con Dio, e se ne an-
darono, ma col cuor palpitante , finché giun-
sero di qua dall' Appenino . Loro furono
somministrate vetture , e conceduto lo spa-
zio di otto giorni pel trasporto dei loro
* spedali e bagagli . Un gran dire fu per
tutta Europa dell' avere i genovesi con ri-
soluzione sì coraggiosa spezzati i loro cep.
pi ; ed anche chi non gli amava , li lodò j
Fu poi comunemente preteso , che se il mi-
nistro austriaco con più moderazione fosse
proceduto in questa contingenza , maggior
gloria di clemenza sarebbe provvenuta all'
imperadrice regina, ed avrebbono le sue
armi sfuggito questo disgustoso rovescio di
fortuna. Non si potè cavar di testa agli
austriaci, e dura tuttavia, anzi durerà sem-
pre in loro la ferma persuasione , che il
governo di Genova manipolasse lo scoti-
mento del giogo, e sotto mano se T in-
tendesse col popolo; fìngendo il contrario
nei pubblici atti . Non si può negare : mol-
ti
3^2 Annali d'Italia
ti giorni prima gran bollore appariva negli
abitanti di Genova , e si tenevano varie
combricole : del che fu anche avvisata la
corte di Vienna, senza che né essa, né gli
ufiziali dell' armata ne facessero alcun con-
to, per la soverchia idea delle proprie for-
ze e dell' altrui debolezza . Pure altresi è
vero, che in una repubblica, composta di
tanti nobili, ciascun dei quali ha degl' in-
teressi ed affetti particolari, e fra quali e
il popolo non passa grande intrinsechezza,
sembra, che non si potesse ordire una te-
la di tante fila, senza che in qualche guisa
ne traspirasse il concerto. Non è capace
di segreto un popolo ; di tutti i moti del-
la medesima plebe il governo andò sempre
ragguagliando il generale austriaco . Si sa
ancora, che niuno dei nobili pubblicamen-
te si unì col popolo, se non dopo la libe-
razione della città. Vero è, che il gover-
no comunicò al popolo la risposta data al
generale di non poter pagare un soldo di
più , e si fece correr voce di gravi sopra-
stanti malanni; ma non per questo si mos-
se mai il governo contro gli austriaci.
Rimettendo io a migliori giudizj la de-
cisione di questo punto, dirò solamente
quel poco, che da persone assennate e ben
istruite di quegli affari ho inteso . Cioè :
che i nobili del governo senza mai trama-
re rivolta alcuna , sempre onoratamente
trattarono coi comandante austriaco . Ma
essere altresì vero, che non era loro igno-
to ,
Anno MDCCXLVI. s63
tOji meditarsi dal popolo qualche rivoluzio-
ne. Questa poi scoppiò prima del tempo,
e per l'accidente di quel mortajo , cioè
quando non erano peranche all' ordine tutte
le ruote. Quali poi fossero le conseguenze
di quella strepitosa mutazion di cose^ an-
diamo a vederlo. Avea bensj il conte della
E.9cca comandante dell'assedio della citta-
della di Savona avanzati i lavori sotto la
medesima ; tuttavia non potè mai , se non
all'entrar di dicembre procedere con brac-
cio forte, tanta difficoltà si provò a tirar
colà tutte le artiglierie, egli altri neces-
sari ordigni di guerra. Solamente dunque
allora cominciò a battere in breccia quella
fortezza: quando eccoti giugnere V avviso
delle novità occorse in Genova, città dis-
tante non più che trenta miglia . Conobbe*
si ben tosto , che pensarebbe quella repub-
blica al soccorso di Savona; e però ordine
fu dato, che dal Mondovì y da Asti, e da
altri luoghi del Piemonte colà frettolosa-
mente passassero alcuni battaglioni di trup-
pe regolate , e molte migliaja di miliziot-
ti, per rinforzare quell'assedio, ed accele-
rare unsi rilevante conquisto. In fatti non
trascurarono i genovesi di spignere a quel-
la volta per mare un grosso convoglio di
gente e di munizioni da bocca e da guer-
ra, scortato da tre galere. Inviarono anche
per terra un corpo di forse tre o quattro
mila volontarj , pagati nondimeno dal pub-
blico ; ma inviarono tutto indarno. Veleg-
gia-
3C4 Annali d'Italia
gìavano per quel mare le navi inglesi , ch#
avrebbero ingojato il convoglio, forzato
perciò a retrocedere ; e per terra esso con-
te della Rocca con forze molto superiori
renne incontro alle brigate genovesi di terra ;
laonde queste giudicarono meglio di riserba-
re ad altre occasioni 1' esercizio della loro
bravura. Continuatrouo pertanto le ostilità e
gli assalti, nei quali peri qualche centinajo
di piemontesi , talché la guernigione del
castello di Savona composta di mille e cen-
to uomini , perduta ogni speranza di soc-
corso, dovette nel dì dicianove di dicembre
rendersi prigioniera, e cedere la piazza :
colpo ben sensibile ai genovesi , 6Ì per la
qualità del luogo, dove il porto da essi
interrito se risorgesse , siccome uno dei mi-
gliori e più sicuri del Mediterraneo, da-
rebbe un gran tracollo al commercio della
stessa Genova, e sì perchè la real casa di
Savoja su quella città per cessione fattane»
dai marchesi del Carretto, ha sempre man-
tenuto vive le sue ragioni; e queste, colla
giunta del possesso, venivano ad acqui-
stare an incredibil vigore. Trovossi in
quella fortezza gran copia di cannoni di
bronzo.
Non provò già una egual felicità T im-
presa di Provenza . Sì perniciosa influenza
ebbero le novità di Genova sopra i dise-
gni degli austriaco-sardi in quelle contrade ,
che tutti andarono a voto . Da Genova
aveano da venire i gros.si cannoni e i mor
taj,
Anno MDCCXLVT. 365
taj , per vincere il forte di Antibo , e pro-
cedere poscia alle offese di Tolone. Di là
ancora si dovea muovere buona parte delle
vettovaglie necessarie al campo , e delle
munizioni da guerra . Ebbe il generale con-
te di Broun un bel aspettare: si era can-
giato di troppo il sistema delle cose di
Genova. Sicché tutte le prodezze di quel!'
esercito si ridussero a fare degl' inutili
giocolini sotto Antibo , e a liberamente
passeggiare per quella parte di Provenza ,
tanto per esigere contribuzioni , quanto per
tirarne foraggi e viveri da far sussistere l*
armata. Era giunta, siccome dissi V ala
sinistra di essi fino a Castellana, luogo
comodo per far contribuire le diocesi di
Digne, Sanez, e Riez dell'aita Provenza.
Niun ostacolo aveano trovato ai lor passi ,
giacche il marchese di Mlrepoix , troppo
smilzo di truppe, andava saltellando qua
e là alla difesa delle rive dei fiumi , ma
senza voglia alcuna di affrontarsi coi ne-
mici . Arrivò poscia al comando dell' armi
francesi in Provenza il maresciallo duca di
BeUisle , ed era in cammino a quella vol-
ta il gran distaccamento di armati mosso
dalla Fiandra , per somministrargli i mez-
zi di frenare il corso dei nemici , ed anche
per obbligarli alla ritirata . Corrieri sopra
corrieri spediva egli, per affrettare il loro
arrivo; ma più l'affrettavano i desiderj e
le orazioni a Dio dei provenzali , che o
provavano di fatto , o sentivano accostarsi
l'oste
3t?6 Annali i^Itaiia
Toste nemica. Intanto il generale Botta ,
tenendo forte la Bocchetta , piantò il suo
quartier generale a Novi, e fu rinforzato
di nuova gente ; ma perciocché da gran
tempo andava egli chiedendo alla corte di
Vienna la permissione di passare alla sua
patria Pavia , per cagione di alcuni suoi
abituali incomodi di salute, maggiormente
rinforzò le suppliche sue , per ottener que-
sta licenza , e in fine V ottenne .
Né si dee tacere, che nel dì quindici di
agosto delT anno presente un colpo di apo-
plessia portò all' altra vita Giuseppe Maria
Gonzaga, duca di Guastalla, principe a
cui furono sì familiari le alienazioni di
mente, che stette sempre in mano della
duchessa Maria. Eleonora di Holstein sua
moglie, e dei ministri il governo di ^juel
popolo : Popolo ben trattato e felice in tal
tempo, e popolo, che sommamente deplorò
la perdita di lui . Essendo egli mancato
senza prole, terminò queir illustre ramo
della casa Gonzaga , e restò vacante il
ducato di Guastalla, quello di Sabbionet-
ta , e il principato di Bozzolo. Al ftudo
della sola Guastalla era chiamato il conte
di Paredes spagnuolo della rìobil casa della
Cerda , in vigore delle imperiali investitu-
re , siccome discendente da una Gongaza
di quella linea. Su gli allodiali giuste e
iticontrasTabili ragioni competevano al duca
di Modena. Il bello fu, che l'imperadrice
regina fece prendere il possesso di tutti
que-
Anno MDCCXLVI. 367
quegli stati e beni, quasiché fossero dipen-
denze dello stato di Milano , o del ducato
di Mantova : del che fece querele il con-
siglio dell' imperadore consorte , con pre-
tenderli spettanti alla sola giurisdizione
sua. Fu intorno a questi tempi, che gli
austriaci usarono una prepotenza , là qua!
certo non fece onore né alla nazione ale-
manna, né all'Augusta imperadrice, a cui
pure stava cotanto a cuore il pregio della
giustizia e della clemenza . Cioè inviarono
truppe nel Ferrarese a fare una esecuzione
militare sugli allodiali della serenissima ca-
sa di Este , benché spettanti in vigore di
donazione paterna in usufrutto alle prin-
cipesse Benedetta ed Amalia sorelle del
duca di Modena 3 intimando per essi utm
grossa contribuzione di danari e di natu-
rali, fiancheggiata dalle minaccie di Ven-
dere tutte le razze dei cavalli, bestie bo-
vine, grani, e foraggi di quelle tenute.
Operarono essi nello stato di Ferrara con
autorità non minore, come se si trattasse
di un paese di conquista , e ciò con dete-
stabil dispregio della sovranità pontifìzia.
Per non vedere la rovina di quei beni ,
forza fu di accordar loro quanto vollero
in gran somma di danaro. Impiegarono
poscia il nunzio pontiflzio , ed anche V
inviato del re di Sardegna i lor caldi ufi-
zi presso le loro cesaree maestà, rappre-
sentando il grave torto fatto ad innocenti
principesse, e l'obbligo di rifondere al-
me*
V
368 Annali d' Italia
meno il denaro indebitamente percétto l
Si ha tuttavia da vedere il frutto delle lo-
ro istanze; e lo scarico delP imperiale co-
scienza . Ne fu men grande l'altra prepoten-
za , con cui trattarono il ducato di Massa
di Carrara, non di altro reo, se non per-
chè quella duchessa Maria Teresa Cibò,
sovrana sola di tale stato, era congiunta
in matrimonio col principe ereditario di
Modena . Da esso popolo ancora colle mi-
naccie di ogni più fiero trattamento estor-
sero una rigorosa contribuzione, tuttoché
questa non fosse guerra d'imperio. In che
libri mai ( convien pur dirlo ) studiano
talvolta i potentati cristiani? Certo non
sempre in quei del Vangelo. Ma ho fallato.
Doveva io dir ciò non dei principi , che
tutti oggidì son buoni, ma di quei mini-
stri adulatori e senza religione , che tutto
fanno lecito al principe, per maggiormen-
te guadagnarsi 1* affetto e la grazia di lui.
Sullo spirare dell'anno presente gran re-
more ancora cagionò in Napoli l'affare del-
la sacra inquisizione. Ognun sa, quale av-
versione abbia sempre mantenuto e profes-
sato quel popolo a sì fatto tribunale. Ma
perciocché la conservazion della religione
esige, che vi sia pure, chi abbia facoltà
di frenare o gastigare , chi nutrisce senti-
menti e dottrine contrarie alla medesima;
e questo diritto in Italia è radicato alme-
no nei vescovi, aveano gli arcivescovi di
Napoli Gol tacito consenso dei piissimi re-
gnan-
Anso MDCCXLVI. ^9
gnanti introdotta una spezie d' inquisizio-
ne , con avere carceri apposta, consultori,
notai e sigillo proprio , per formare segre-
ti processi, e catturare i delinquenti . Qui-
vi anche si leggeva scolpito in marmo il
nome del santo ufizio . Trovò lo zelantis-
simo e dignissimo cardinale Spinelli arcive-
scovo di quella Metropoli così disposte le
cose; ed anch' egli teneva in quelle carceri
quattro delinquenti solenni , processati per
materia di fede , da due dei quali fu anche
fatta una semipubblica abjura. Però egli
pretese di non aver fatta novità ; ma fu
poscia preteso il contrario dalla corte. Ne
fece grave doglianza il popolo, commosso
da chi più degli altri mirava di mal oc-
chio come introdotta sotto altro verso 1*
inquisizione: laonde l'eletto di esso popo-
lo , con rappresentare al re turbate le leg-
gi del regno, e vilipese le antiche e recen-
ti grazie regali in questo particolare con-
cedute ai suoi sudditi, ebbe maniera d' in-
durre il re a pubblicare un editto, in cui
annullò, e vietò tutto quell'apparato di
novità, bandì due canonici, ed ordinò che
da lì avanti la curia ecclesiastica proce-
desse solamente per la via ordinaria, e col-
la comunicazion dei processi alla secolare,
con altri articoli, che non impora riferi-
re; ma con tali formalità, che si potea
tenere, come renduta inutile in questo par-
ticolare la giurisdizione episcopale . Giudi-
cò bene (a corte di Roma d'inviare a Na-
Tom. XXVII. Aa pò-
370 Annali d'Italia
poli il cardinale Landi, arcivescovo di Be-
nevento^ personaggio di sperimentata sa-
viezza, per trattare di qualche tempera-
mento all'editto. Qual esito avesse l'anda-
ta di lui, non si riseppe. Solamente fu det-
to, che affacciatisi alla di lui carrozza al-
cuni di quegli arditi popolari, gli minac-
ciarono fin la perdita della vita, se non si
partiva dalla città. Meritassi il reperqueli'
atto dal popolo un regalo di trecentomila
ducati di quella moneta. Vuoisi anche ag-
giugnere, che durando i mali umori nella
Corsica , né potendo i genovesi accudire a
quegli interessi , perchè distratti da più
importante impegno, le più forti case di
quell'isola tumultuarono di nuovo, e di-
scontente del governo di Genova, quasiché
non mantenesse le promesse dei capitoli
stabiliti, e insieme disingannata, che altre
potenze non davano che parole .• s' impa-
dronirono della città e del castello di Cal-
vi , della fortezza di S. Fiorenzo , e di al-
tri luoghi . Avendo poscia chiamati ad una
dieta generale i capi delle pievi, stabiliro-
no una democrazia e Reggenza, che da lì
innanzi governasse il paese . Fu detto, che
dopo avere il popolo in Genova prese le
redini, e ripigliata la libertà, implorasse
l'ajuto dei corsi, con promettere loro il
godimento di qualsisia antico privilegio .
Ma fatta questa esposizione a gente che
più non si fidava, niuo buon effetto pro-
dusse. A tanti guai,, che renderono quest'
au-
anno MDCCXLVI. 3?r
anno di troppo lagrimevole in Lombardia *
si aggiunse il flagello dell'epidemia, e mor-
talità dei buoi, che fece strage in Piemon-
te e Milanese, e passò anche nel Reggia-
no, Modenese, e Carpignano, e toccò al-
quante ville di Bolognese e Ferrarese . Po-
vere lasciò molte famiglie, e cessò dipoi
nel verno. E tale fu il corso delle bellico-
se imprese ed avventure di questo anno iti
Italia; alle quali si vuol aggiugnere , che
nel dì 29 di giugno la santità di papa Be-
nedetto XIV con gran solennità celebrò in
Roma la canonizzazione di cinque santi .
Fu anche dal medesimo pontefice, eorrendo
il mese di aprile, approvato un nuovo or-
dine religioso , intitolato la congregazione
de Chierici Scalzi della passion di Gesù
Cristo , il cui instituto è di promuovere la
divozione dei fedeli verso la stessa passio-
ne con le missioni, ed altri pii csercizj .
Quanto alle guerre oltramontane, non
potè né pure il verno trattener Farmi fran-
cesi da nuovi acquisti. Sul principio di feb-
braio ai dispetto dei freddi, delle pioggie ,
e dei fanghi, il prode maresciallo di Fran-
cia conte di Sassonia , raunato un esercito
di quarantamila persone , dopo aver preso
alcuni forti, alF improvviso si presentò sot-
to la riguardevol città di Brusselles, e sen-
za dimora eresse batterie , e minacciò la
scalata. Non passò il dì 20 di detto mese ,
che quella numerosa guernigione di truppe
ollandesi rendè la città , e se stessa prigio-
Aa 2 nie-
372 Annali D'Italia
mera di guerra . Gran treno di artiglieria
quivi si trovò . Immesso danno e tristezza
cagionò nel dì 23 del seguente marzo a
tutta la Francia un orribile incendio, suc-
ceduto ( non si seppy se p^r poca eautela f
o per malizia degli uomini ) nel gran ma-
gazzino della compagnia dell'Indie, situa-
lo nel porto di Oriente sulle coste mariti-
me della Bretagna. A più e più milioni
si fece montare il danno recato da quelle
fiamme, tanto alia regia camera, che alla
compagnia suddetta . Di altro in questi tem-
pi non risonavano i caffè , che di vicina
pace, quando tutti questi aerei castelli sva-
nirono al vedere, che il re cristianissimo
Luigi XV partitosi da Versaglies nel dì
quattro di maggio entrò in Brusselles , e
poscia in Malines , e mise in un gran mo-
to le divisioni della sua potentissima ar-
mata. Conobbesi allora, che guerra e non
pace avea anche nelT anno presente a far
gemere la Fiandra e V Italia . Dove tendes-
sero le mire dei francesi, si fece poi pale-
se ad ognuno nei dì 20 del suddetto mese ,
essendosi presentato un gran corpo di essi
sotto la nobil ed importante città M An-
versa ; ancorché fosse preveduto questo col-
po , tuttavia gli alleati, siccome troppo
inferiori di forze, dovendo accudire a mol-
ti luoghi, non Taveano rinforzata di suf-
ficiente nerbo di gente per sostenerla . Vi
entrarono dunque pacificamente i francesi ,
e tosto si applicarono a formar Y assedio
di
Anno MDCCXLVL 373.
ài quella cittadella, guemita di un presi-
dio di duemila persone . Non son più quei
tempi, che gli assedj durano mesi ed anni.
Ai francesi spezialmente, che han raffinata
l'arte di prendere le piazze, costa poco
tempo il forzarle a capitolare . in fatti nel
dì ultimo di maggio il comandante della
cittadella suddetta giudicò meglio di ce-
derla agli assediatiti , con ottener delle
convenevoli condizioni , ma insieme con ri-
lasciare ai francesi anche i forti esistenti
lungo la Schelda .
Dopo sì glorioso acquisto se ne tornò il
re cristianissimo a Versaglies , per assiste-
re al parto della Delfina; e il principe di
Conty, a cui fu confidato il supremo co-
mando dell'armi in Fiandra, imprese nel
dì 17 di giugno l'assedio della città di
Mons . Incamminossi intanto verso la Fian-
dra il principe Carlo di Lorena, per assu-
mere il comando dell'armata collegata , nel
mentre che lentamente marciava dalla Ger-
mania un copioso corpo di milizie austria-
che a rinforzarla. Ma vi arrivò ben tardi,
e non mai giunsero 1' armi di essi alleati
a tal nerbo da poter impedire i progressi
delle milizie francesi . L' aver dovuto ac-
correre gl'inglesi, ed anche gli oliandosi,
alla guerra bollente in Iscozia , sconcertò
di troppo le lor misure in Fiandra, ed age-
volò ai francesi il buon esito di ogni lo-
ro impresa . In fatti la sì forte città di
Mons, dopo una vigorosa difesa nel dì 12
Aa 3 di
374 Annali d'Italia
di luglio dovette soccombere alla forza dei
francesi, e quella guernigione di circa cinque-
mila collegati non potè esentarsi dal restar
prigioniera di guerra. La medesima fortu-
na corse dipoi la fortezza di sanGhislain,
al cui presidio nel dì 24 di luglio altra
condizione non fu accordata , che quella di
Mons. Ciò fatto, passarono i francesi all'
assedio di Charleroy , piazza , che nel dì
due di agosto si trovò costretta a mutar
padrone , con restar prigioni di guerra i
suoi difensori. Inutili erano riusciti finquì
tutti i maneggi fatti dalle cesaree maestà
per far dichiarare guerra dell' imperio la
presente, avendo i principi e le città della
Germania, fomentate spezialmente dal re
di Prussia, ricusato di far sua la causa delT
augusta casa di Austria , Ne la corte di
Francia avea mancato di divertir la dieta
Germanica dall'entrare in verun impegno,
con assicurarla , che dal canto suo non s'
inferirebbe molestia alcuna alle terre dell*
imperio. Questo contegno fece credere a
molti, che la nazion germanica coli* ulti-
ma mutazion di cose si fosse alquanto eman-
cipata: il che da altri veniva riprovato,
sul riflesso, che il lasciare la briglia al
sempre maggiore , ingrandimento della Fran-
cia , era un preparar catene col tempo alla
Germania stessa . In fatti non ostante le
lor belle promesse, allorché i francesi si av-
videro di poter fare un bel colpo , non
sentirono scrupolo a rompere i confini del-
le
A 3 N ó MDCCXLVI. 375
le terre germaniche, e ad impossessarsi nel
dì ai di agosto di Huy, appartenente al prin-
cipato di Liegi, e di fortificarlo , tuttoché
sia da credere , che assicurassero il cardi-
nale principe di nulla voler usurpare del
di lui dominio. L'occupazione di quel po-
sto avea per mira l'obbligare l'esercito
collegato a ripassar la Mosa per la penu-
ria dei viveri , siccome appunto avvenne .
Allora fu, che il maresciallo conte di Sas-
sonia si appigliò a formare l'assedio di
Namur , piazza fortissima , se pure alcuna
di forte vi ha contro i francesi, e nel di
undici di settembre cominciarono a far fuo-
co le batterie. Non era molto lungi di là
l'esercito dei collegati; ma il maresciallo
che ben situato copriva l'assedio, non si
sentiva voglia di accettare l'esibizion di
una battaglia. Fino aldi 20 del sudddetto
mese fece resistenza la città di Namur , e
quella guernigione ne accordò la* resa., per
ritirarsi alla difesa del castello, sotto cui fu
immediatamente aperta la trincea. Non andò
molto , che la breccia fatta consigliò a quei
difensori nel dì 30 del settembre suddetto
di prevenire i maggiori pericoli, con pro-
porre la resa della piazza , ma senza po-
tersi esentare dai rimaner prigioniera di
guerra .
Le apparenze erano > che terminata sì
felice impresa, prenderebbero riposo l'ar-
mi francesi ; e tanto più perchè in questi
tempi rondava una potente flotta inglese ,
Aa 4 con
736 Annali d'Italia
con animo di qualche irruzione sulle coste
di Francia , alla difesa delle quali parea ,
che avesse da accorrere parte della france-
se armata. Così non fu. Il maresciallo con-
te di Sassonia dopo avere colla presa di
Namur ridotti tutti i paesi bassi austriaci
in potere del re cristianissimo , sentendosi
molto superior di forze all'oste dei col-
legati , meditava pur qualche altro colpo
di mano contra dei medesimi . Per coprire
Liegi dagl'insulti dei francesi, si era in
vaij siti ben postata V armata di essi allea-
ti fra Mastricht e quella città. Spedì il
maresciallo un forte distaccamento verso
lo stesso Mastricht, affinchè se il principe
Carlo di Lorena, che in quelle vicinanze
avea fissato il quartiere con grosso corpo
di gente , volesse accorrere in difesa dei
suoi, egli potesse assalirlo per fianco. Ciò
fatto nel dì sette di ottobre a bandiere
spiegate marciò contro l'ala sinistra dei
collegati, comandata dal principe di Wa\-
deh , generale degli ollandesi, in vicinan-
za di Liegi . Per più ore durò il fiero
combattimento. Fu detto che due reggi-
menti di cavalleria ollandese, come se
bruciasse l'erba sotto i loro piedi, si riti-
rassero dal conflitto. Certo è, che in fine
gli alleati , senza potere ricevere soccorso
dal principe di Lorena, piegarono, e riti-
rai-Josi j come poterono il meglio, la-
sciarono il campo di battaglia ai vincitori
francesi.. Si sparse voce, che quattromila
col-
Anno MDCCXLVI. 37?
collegati vi avessero perduta la vita , e che
in mano dei francesi restassero molti cag-
noni , bandiere, e stendardi, con grosso
numero di prigionieri tra sani e feriti.
Pretesero altri, che non più di mille fos-
sero da quella parte gli estinti ; ne si sep-
pe quanto costasse ai francesi la loro vit-
toria . Passarono poscia i vincitori^ divi-
si in varie parti , a godere i quartieri del
verno .
Altra guerra fu nell' anno presente tra i
francesi e gl'inglesi é Riuscì a questi ultimi
di torre agii altri nell'America settentrio-
nale capo Bretone, posto di somma impor-
tanza,, e riputato dagl'inglesi d' incredibil
utilità per la pesca di quei contorni. All'
incontro i francesi, siccome accennammo
nel precedente anno^ colla spedizione del
cattolico principe di Galles Carlo Odoarda
Stuardo, aveano attaccato il fuoco nella
Scozia , e con quella diversione facilitati'
a se i progressi nei paesi bassi austriaci .
Trovò quel principe fra quei popoli gran
copia di aderenti alla real sua casa , che
presero 1' armi , e sparsero il terrore sino
nel cuore deli' Inghilterra ; perciocché ven-
ne a lui fatto di dare una rotta alle trup-
pe inglesi a Preston , e poi nel dì 28 di
gennajo a Falkirk , di prendere Carlisle ,
Inverness , e di fare altre conquiste nei con-
fini della stessa Inghilterra . Per dubbio,
che qualche cattivo umore si potesse co-
vare in Londra stessa , prese il re Gior-
gio
3?3 Annali d'Itaiu
gio li la precauzione di tenere alla guardia
di essa città, e della real corte , uh buon
sussidio di soldatesche : ed inviò il suo
secondogenito Gugllelmino Augusto duca
di Cumberland con gagliarde forze contra
del principe Stuardo . Varie furono le vi-
cende di quella guerra ; ma si venne a
conoscere , che gì' inglesi non amavano di
mutar regnante , e si mostravano zelanti
della conservazione delia real casa di Brun-
svich . Altro all' incontro non si udiva,
che imbarco di soccorsi francesi , spediti
di tanto in tanto al principe suddetto; e
pur egli a. riserva di alquanti ufiziali irlan-
desi , e di poche milizie francesi non ri-
cevette mai rinforzo alcuno di gente , ba-
stante a continuare la buona fortuna dell'
armi sue. Troppe navi inglesi battevano il
mare, e custodivano le coste, per impe-
dire ogni sbarco di truppe straniere. .An-
darono finalmente a fare naufragio tutte le
speranze del principe Stuardo in un fatto
di armi accaduto. nel dì 27 di aprile pres-
so d' Inverness , dove l'esercito suo rima-
se disfatto . Peggiorarono poi da lì innanzi
i di lui affari ; molti anche della primaria
nobiltà di Scozia, ed anche Lordi suoi se-
guaci, caddero in mano del duca di Cum-
berland , ed alquanti di loro lasciarono poi
la vita sopra un catafalco in Londra. Le
avventure dello sventurato principe , per
salvar la sua vita mentre da tutte le par-
ti si facea la caccia di sua persona, tali4
fu*
Anno MDCCXLVL 379
furono dipoi, che di più curiose non ce
inventano i romanzi . Contuttociò ebbe la
fortuna di giugnere felicemente nelle spiag-
ge di Francia sano e salvo nel mese di ot-
tobre; e passato alla corte di Versaglies ,
si vide colle maggiori finezze ed onori
accolto , come principe di gran valore e
senno, dal re cristianissimo Luigi XV.
Sbrigati, che furono gP inglesi da questo
fiero temporale, pensarono anch'essi alla
vendetta ; e a questo fine allestirono un
possente stuolo di navi con più migliaja
di truppe da sbarco. Non era un mistero
questo lor disegno, e però si misero in
buona guardia le coste della Francia. Sul
fine appunto del mese di settembre com-
parve la flotta inglese alle vicinanze di
Porto-Luigi in Bretagna , sperando di met-
tere a sacco il porto di Oriente , dove si
conservano i magazzini della compagnia
dell'Indie, ricchi di più milioni. Ne era
già stato asportato il meglio. Sbarcarono
gP inglesi ; fecero del danno alla campagna ;
ma in vece di superar quel porto, ne fu-
rono rispinti colla perdita di molta gente,
e di alcuni pochi pezzi di cannone. Quat-
tro lor navi ancora , rapite da vento furio-
so , andarono a trovar la loro rovidkn
quegli scogli. Tornarono essi da 11 a^foq
molto a fare un altro sbarco, e non eb-
bero miglior fortuna ; se non che lascia-
rono in varj luoghi dei vivi monumenti
della lor rabbia, colPaver dato alle fiam-
me
3B0 Annali d' Italia
me alcune ville e conventi di religiosi
nella suddetta provincia di Bretagna. Gran
tesoro costò loro queila spedizione, e non
ne riportarono che danno e pentimento.
Anno di Cristo 1747, indizione x.
di Benedetto XIV > papa 8.
di Fratesco I , imperadore 3.
Xurono alquanto lieti i principj dell'anno
presente , perchè gli accorti monarchi fe-
cero vedere in lontananza agli afflitti lor
popoli ^ un* iride di pace come vicina . Im-
perciocché si mirò destinata Breda in 01-
landa per luogo del congresso, e spediti
plenipotenziarj per trattarne, e convenire
delle condizioni . La gente credula alle
tante menzogne delle gazzette, si figurava
già segretamente accordati francesi spagnuo-
li , ed inglesi nei preliminari , e a mo-
menti aspettava la dichiarazione di un ar-
mistizio, cioè uu foriere dello smaltimento
delle minori difficoltà , per istabilire una
piena concordia. Ma poco si stette a co-
noscere , che tante beile sparate di desi-
derar la pace ad altro non sembravano
dirette, che a rovesciare sulla parte con-
ttajÉ^ la colpa di volere continuata la
guerra , onde presso i proprj popoli restas-
se giustificata la continuazion degli aggravj ,
,e tollerati i danni procedenti dal maneg-
gio di tante armi. Trovaronsi in effetto
inciampi sul primo gradino . Cioè si mise-
ro
Anno MDCCXLVII. 38 r
ro in testa i francesi di non ammettere al.
congresso i plenipotenziarj dell' imperado-
re, perchè non riconosciuto tale da essi ;
né della regina di Ungheria, per non darle
il titolo a lei dovuto d' imperadrice ; né
del re di Sardegna, perchè non vi era
guerra dichiarata contra di lui. Tuttavia
non avrebbe tal pretensione impedito il
progresso della pace , se veramente sincera
voglia di pace fosse allignata in cuore
di quei potentati ; perchè avrebbero ( co-
me in fatti si pretese ) potuto i ministri
di Francia, Inghilterra ed Ollanda., comu-
nicar tutte le proposizioni e negoziati ai
ministri non intervenienti ; e convenuto
che si fosse dei punti massicci , ognun po-
scia avrebbe fatta la sua figura nelle ses-
sioni . Ma costume è dei monarchi, i qua-
li tuttavia si sentono bene in forze ? di
cercar anche la pace per isperanza di gua-
dagnar più con essa, che coir incerto av-
venimento dell'armi. Alte perciò erano le
pretensioni di ciascuna delle parti, e in
vece di appressarsi, parve, che sempre
più si allontanassero quei gran politici .
Ciò che di poi cagionò maraviglia , fu il ve-
dere , che né pure al signor di Macanas,
plenipotenziario di Spagna , fu conceduto
1' accesso ai congressi , quando le apparen-
ze portavano, che le corti di Versaglies e
Madrid passassero di concerto, e fosse tor-
nata fra loro una perfetta armonia. Vera-
mente il cannocchiale degl'italiani non ar-
ri-
382 Annali d'Italia
rivava in questi tempi a discernere le mi-
re ed intenzioni arcane del gabinetto di
Madrid. Le truppe di quella corona se-
guitavano a fermarsi in Aix di Provenza 5
senza che apparisse, se le medesime si
unissero mai daddovero colle francesi, ben-
ché si scrivesse , che le spalleggiassero ,
allorché, siccome diremo, obbligarono i
nemici a retrocedere . Né fu poi ordinata
una non lieve riforma , e il resto andò a
svernare in Linguadocca , con prendere ri-
poso I* infante don Filippo, e il duca di 31o-
dena in Mompelieri . Nel medesimo tempo
si attendeva forte in Madrid al risparmio
per rimettere, come si diceva, in migliore
stato V impoverito regno , annullando spe-
zialmente le tante pensioni , concedute dal
re defunto ; e pur dicevasi , farsi leva di
nuove milizie, per ispedirle in Provenza,
Fluttuava del pari anche la repubblica di
Ollanda fra due opposti desiderj , cioè
quello di non entrare in guerra dichiarata
contro la Francia , minacciante oramai i
di lei confini ; e T altro di mettere una
volta freno dopo tante conquiste agli ul-
teriori progressi di quella formidabil po-
tenza. La conclusione intanto fu, che ognun
depose per ora il pensier della pace, giac-
ché quei soli daddovero la chieggono, che
son depressi , e non si sentono piti in le-
na i per continuare la guerra .
Passarono il gennajo in Provenza gli
austriaco-sardi, ma in cattiva osteria^ com-
bat-
Anno MDCCXLVIJ. 383
battendo più coi disagi , che coi francesi ,
i quali andavano schivando le zuffe spe-
rando poi di rifarsi , allorché fossero giun-
te le numerose brigate spedite di Fiandra .
Bisognava ; che queir armata aspettasse la
sussistenza sua in maggior parte dal mare ,
yenendo spedite le provvisioni per uomini,
cavalli, e muli, da Livorno, Villafranca,
e Sardegna . Ma il mare è una bestia in-
discreta , massimamente in tempo di verno»
Però tardando alle volte l'arrivo dei vi-
veri , uomini e cavalli rimanevano in gravi
stenti- e giorno vi fu, che convenne pas-
sarlo senza pane . Tutto il comestibiie co-
stava un occhio, non osando i paesani di
portarne , o facendolo pagar carissimo s
se ne portavano. Soffiarono talvolta sì or-
ridi venti , che i soldati sull' alto della
montagna né pur poteano accendere o te-
nere acceso il fuoco . Trovavansi anche
non pochi di loro senza scarpe e camicie,
da che si erano perduti i magazzini di
Genova . Ora tanti patimenti cagiofi furono ,
che entrò nell'esercito un -fiero influsso di
diserzione, fuggendo chi potea alla volta
di Tolone , dove speravano miglior tratta-
mento . Tanti ne arrivarono colà, che il
comandante della città non volle più am-
metterli entro di essa per saggia sua pre-
cauzione . Caddero altri infermi , e con-
veniva trasportarli fino a Nizza, per dar
luogo ad essi negli spedali della Riviera .
Per quindici dì quei cavalli e muli non
vi-
384 Annali d' Italia
videro fieno e paglia, campando massima-*
mente con pane e biada, e questa anche
scarsa alle volte. Chi spacciò, che furono
forzati a cibarsi delle amare foglie degli
ulivi , dovette figurarsi, che i cavalli fosse-
ro capre. Arrivò la buona gente fino a
credere, che quei cavalli per la soverchia
fame mangiassero la minuta ghiaia del li-
do del mare, senza avvedersi, che queste
ciano iperboli o finzioni di chi si prende
giuoco della stolta credulità altrui. Quel
che è certo , non pochi furono i cavalli e
muli, che quivi lasciarono le lor ossa, e
gli altri notabilmente patirono , e par-
te restarono inabili al rcestier della guer-
ra. Intanto a questo gran movimento di
armi non succedea progresso alcuno di
conseguenza. Ridevasi il forte di Antibo
dei croati lasciati a quel blocco , che non
poteano rispondere alle cannonate, se non
con gl'inutili loro fucili. Però fu spe-
diente di trarre da Savona con licenza
dei re sardo quanta artiglieria grossa oc-
correva, per battere quella Rocca; e in
quei frattempo le navi inglesi la travaglia-
rono con gran copia di bombe , le quali
recarono qualche danno alla terra, senza
nondimeno intimorir punto i difensori di
quei forte. Giunsero finalmente i grossi
cannoni, ma giunsero troppo tardi.
Imperciocché si cominciò ad ingrossare
1' esercito francese coi corpi di gente , che
dalla Fiandra pervenuti a Lione, senza di-
la-
Anno MDCCXLVII. 385
Iasione andavano di mano in mano ad unir-
si col campo del maresciallo duca di Bel-
llsle . Avea questi raunate alcune migliaia
di miliziotti armati , e da che si trovò
rinforzato dalla maggior parte delle trup-
pe regolate, divisò tosto le maniere di li-
berar la Provenza dalla straniera armata .
Scarseggiava forte anch' egli di viveri e
foraggi, perchè venne a militare in lunghi,
dove niun magazzino si trovò preparato,
e difficilmente ancora si potea preparare
per mancanza di giumenti . Fiera strage
anche in quei paesi avea fatto la mortali-
tà dei buoi. Ebbe nondimeno il contento
di udire, che le truppe spedite di Fiandra,
ancorché stanche e malconcie, nulla pia
sospiravano , che di essere a fronte^ dei ne-
mici , e chiedevano di venire alle mani .
La prima impresa, ch'ei fece, fu di spe-
dire alla sordina un distaccamento di al-
quante brigate dei suoi alla volta di Castel-
lana , dove stava di quartiere il generale
austriaco conte di Neuhaus con dodici o
quattordici battaglioni. Dopo gagliarda di-
fesa toccò a questi di cedere a chi era su-
periore di forze, con lasciar quivi alcune
centinaia di morti e prigioni , e si contò
fra gli ultimi lo stesso generale ferito ,
con buon numero di altri ufiziali. Non gli
sarebbe accaduta questa disavventura > se
avesse fatto più conto del parere del giova-
ne marchese dì Ormea, che si trovò a quel
conflitto . Di meglio non succedette in al-
Tom. XXVII. Bb cu-
386 Anna ti tflrkliX
ermi altri luoghi agli austriaco-sardi: laorl-
de il generale conte di Broun all'avviso
delle tanto cresciute forze nemiche, fatto
sciogliere l'assedio di Antibo e rimbarcare
l'artiglieria, si andò poi ritirando a Gras-
se. Quindi fatte tutte le più savie dispo-
sizioni, sul principio di febbrajo cominciò
la sua cavalleria a ripassare il Varo, e fu
poi seguitata dalla fanteria , senza che nel
passaggio occorresse sconcerto o danno alcu-
no notabile, ancorché non lasciasse qualche
corpo di francesi d'insultarli. Penuriavano
di tutto, come dissi , anche i francesi in
quel sì desolato paese, e però non poterono
operare di più.
"Ed ecco dove andò a terminare la stre-
pitosa invasione della Provenza . Assaissimi
danni r< co ben essa a quei poveri abitan-
ti ; ma pagarono caro gli austriaco-sardi il
gusto dato alla corte di Londra, perchè
oltre ai non lievi patimenti ivi sofferti ,
fu creduto, che T esercito loro tornasse
indietro sminuito almeno di un terzo ;
e la lor bella cavalleria per la maggior
parte si rovinò , talché né pel numero né
per la qualità si riconosceva più per quel-
la, che andò. Restò alla medesima an-
che un altro disagio, cioè di dover pas-
sare in tempo di verno e di nevi per le
alte montagne di Tenda : sì se volle venir
a cercare riposo in Lombardia, dove anco-
ra per un gran tratto di via l'accompagnò
la fame a cagion della mancanza dei forag-
gi'
Ann o MDCCXLVII. 3S?
gi . Qaanto ai provenzali, non lievi furo-
no, ma non indiscrete le contribuzioni lo-
ro imposte . La necessità di scaldarsi e di
far bollire ìa marmitta, cagion fu , che do-
vunque si fermarono le truppe nemiche ,
restarono condennate tutte le case a perde-
re i loro tetti. Non ha per lo più quella
bella costiera di montagne, che si stende
dal Varo verso Marsiglia , se non ulivi, fi-
chi, eviti. Ordine andò del generale Broun ,
che si risparmiassero, per quanto mai fos-
se possibile , gli ulivi , onde si ricavano
olj sì preziosi , non so ben dire , se per
solo motivo di generosa carità , o perchè
la Provincia si esibisse di fornirlo in altra
maniera di legna . Ben so , che a riserva
di un mezzo miglio intorno air accampa-
mento di Cannes , dove tutte quelle piante
andarono a terra, e di qualche altro luogo,
dove non si potè di meno nella ritirata,
rimasero intatti gli Ulivi; e che esso con-
te di Broun riportò in Italia il lodevole
concetto di molta moderazione, pregio, che
di rado si osserva in generali ed armate,
che giungono a danzare in paese nemico .
Per questo e in considerazione molto più.
del suo valore e prudenza , yenne egli di-
poi eletto general comandante dell' armi
cesareo-regie in Italia;. Quel che è da
stupire , non ebbe già sì buon mercato la
città e territorio di Nizza, tuttoché domi-
nio del re di Sardegna. Quivi legna da
bruciare non si truova1, e vi è portata dal*
Bb 2 la
388 Annali d'Italia
la Sardegna, o si provvede dalla vicina
Provenza. Pel bisogno di tanta gente, che
quivi o nella venuta o nei ritorno ebbe a
fermarsi, si portò poco rispetto agli ulivi,
cioè alla rendita maggiore di quegli abitanti :
danno incredibile, considerato il eorso di
tanti anni, che occorre per ripararlo. Prima
di questi tempi trovandosi in Nizza il re di
Sardegna bene ristabilito in salute , benché
le montagne di Tenda fossero assai guernite
di neve, pure volle restituirsi alla sua ca-
pitale. Giunse pertanto a Torino nei dì
quindici di gennajo , e somma fu la con-
solazione e il giubilo di quei cittadini
in rivedere il loro amato e benigno so-
prano .
Che breccia avesse fatto nel cuore degli
augusti austriaci regnanti la rivoluzione di
Genova, sei può pensare ognuno. Di altro
non si parlava in Vienna, che dell' enorme
tradimento dei genovesi . Questi dichiarati
spergiuri, e mancatori di fede; questi in-
grati, da che Tarmi vittoriose delTimpe-
radrice regina, che avrebbero potuto occu-
pare il governo di quella repubblica, e di-
sarmare il popolo, si erano contentate di
una sola contribuzione di danaro, non ec-
cessiva per sì doviziosa città. Crebbero le
rabbiose dicerie, da che si conobbe, che
cattive conseguenze ridondarono dipoi sopra
T impresa di Provenza . Riflettendo alla gra-
ve perdita dei magazzini, e di tanti baga-
gli dei cesarei ufiziali, ma sopra tutto all'
ono-
Anno MDCCXLVII. 389
onore dell'armi imperiali leso da quel po-
polo, maggiormente si esaltava la bile, e
si eccitava i pensieri e desiderj di ven-
detta . Poterono allora accorgersi i ministri
di quella gran corte , che i buoni ufizj fat-
ti passare da chi è padre comune dei fede-
li , cioè dal regnante pontefice Benedet-
to XIV per ottener la diminuzion dell' im-
posta contribuzione ai genovesi, tendevano
bensì al sollievo di quella nazione, ma an-
che alla gloria delle loro maestà , e alla
maggior sicurezza dei loro interessi . E cer-
tamente se T imperadrice regina fosse sta-
ta informata della trista situazione , a cui
i suoi ministri ed ufiziali con tante estor-
sioni ed abusi della buona fortuna aveano
ridotta quella -repubblica : siccome princi-
pessa di animo grande ed inclinata alla cle-
menza , si può credere : che avrebbe colla
benignità e indulgenza prevenuto quel pre-
cipizio di cose. Ora in Vienna fra gli altri
consigli dettati dallo spirito di vendetta , si
appigliò la corte a quello di confiscare tutti
ibeni, crediti, ed effetti , spettanti a qual-
sivoglia genovese in tutti li stati dell' austria-
ca monarchia, ascendenti a milioni e milioni .
Si maravigliavano i saggi al trovare nell'edit-
to pubblicato per questo, che vi si parlava
di ribellione, di delitto di lesa maestà , e che
si usavano altri termini, non corrisponden-
ti al diritto naturale e delle' genti. Nei
monti di Vienna, di Milano, e di altri
luoghi stavano allibrate immense somme di
Bb 3 da-
390 Annali d' Italia
daaaro genovese, per la cui sicurezza era
impegnata la sovrana e pubblica fede, an-
che in caso di ribellione, e di ogni altro
maggiore pensato o non pensato avvenimen-
to . Come calpestare sì chiari patti ? E co-
me condennare tanti innocenti privati , e
tanti che abitavano fuori del Genovesato,
e se ne erano ritirati dopo quella spezie
di cattività? Il fallimento poi dei genove-
si si sarebbe tirato dietro quello di tante
altre nazioni . Perchè verisirailmente dovet-
tero essere fatti dei forti richiami, e me-
glio esaminato l'affare , se ne toccò con
mano l'ingiustizia. Smontò dipoi la corte
imperiale da questa pretensione , e con al-
tro editto solamente pretese, che i frutti
e le rendite annue degli effetti dei genove-
si pervenissero al fisco, non essendo di do-
vere , che servissero per far guerra alla
maestà sua imperiale e regale . Di grandi
grida ci furono anche per questo^ preten-
dendo la gente, che si avessero a tenere
in deposito; altrimenti quella corte in al-
tri bisogni farebbe la penitenza della non
mantenuta fede. Nello stesso tempo seria-
mente si pensò alle maniere militari da far
pentire i genovesi del loro attentato ; e a
questo fine s' inviarono in Italia in gran
copia le reclute, e dei nuovi corpi di croa-
ti. Giacché il generale Broun sinceramente
scrisse alla corte , quanto difficil impresa
sarebbe 1' assedio di Genova , in vece sua
fu eletto il generale conte Schulemburg ,
Spe-
Anno MDCCXLVII. 391
Spedito intanto dai genovesi ad essa corte
imperiale il padre Visetti gesuita , sicco-
me ben informato dei passati avvenimenti,
per addurre le discolpe del loro governo ,
non solo non fu ammesso , ma venne anche
obbligato a tornarsene frettolosamente in
Italia. Durante tuttavia il verno, non volle
l'esercito austriaco marcire nell'ozio. Esso
ripigliò la Bocchetta con isloggiarne i ge-
novesi . La dimora in quel luogo spelato e
freddo costò agli austriaci gran perdita di
gente. Rallentato poi, che fu il verno,
calarono varie partite di croati al basso
verso Genova per bottinare, ed inquietare
gli abitanti del paese . Contaronsi allora al-
cune crudeltà di quella gente, che facevano
orrore. Né restò cosi irritato il popolo di
Genova, che fece sapere ai comandanti ce-
sarei y che se non mutavano registro , an-
drebbono a tagliare a pezzi tutti gli ufizia-
li di lor nazione prigionieri.
Sì a Versaglies, che a Madrid aveano
portate i genovesi le loro più vive istanze
e preghiere, per ottener soccorsi nel gra-
vissimo loro bisogno. L'obbligo della co-
scienza e dell'onore esigeva dalle due co-
rone una emenda di avere sì precipitosa-
mente abbandonata al voler dei nemici quel-
la repubblica . Perorava ancora Y interesse,
affinchè si potente città non cadesse in ma-
no dell' austriaca potenza; e molto più avea
forza presso dei francesi il debito della
gratitudine , non potendo essi non ricono-
Bb 4 sce-
3<jà Annali d'Itali!
scere dall'animosa risoluzion dei genovesi
T esenzion delle catene , dhe si erano pre-
parate alla Provenza . Però amendue le cor-
ti, e massimamente quella di Francia, pro-
misero protezione e soccorso; ordini anche
andarono per la spedizione di un convoglio
di truppe e munizioni all' afflitta e minac-
ciata città. Precorse intanto colà il lieto
avviso, e la sicurezza dell'impegno preso
dalle due corone in suo favore: nuova, che
sparse V allegrezza in tutto quel popolo 3
e raddoppiò il coraggio in cuore di ognu-
no . Allora fu , che il governo nobile co-
minciò pubblicamente ad intendersi ed af-
frattellarsi col popolare, per procedere tut-
ti di buon concerto alla difesa della patria.
Erasi già all'arrivo del generale Schulem-
burgo messa in moto parte delle soldates-
che austriache, cioè croati, panduri, e va-
rasdini, con riuscir loro di occupare varj
siti non solamente nelle alture delle mon-
tagne , ma anche nel basso verso Bagnasco,
Campo- Morone e Pietra-Lavezzara , con
iscacciare da alcuni postamenti i genove-
si, e con esserne anch'essi vicendevolmen-
te ricacciati . Non potè questo succede-
re spezialmente nel dì sedici di febbrajo
senza spargimento di sangue. Si diedero
all'incontro i genovesi ad acccrescere mag-
giormente le fortificazioni esteriori della
loro città ; a disporre le artiglierie per
tutti gli occorrenti siti ; a ridurre in mone-
ta le argenterie, contribuite ora più di
buon
Anno MDCCXLVII. 393
buon cuore dai cittadini , che nei giorni
addietro. Ottennero in oltre da lì a qual-
che tempo licenza da Roma di potersi va-
lere di quelle delle chiese, con obbligo di
restituirne il valore nel termine di alquan-
ti anni, e di pagarne intanto il frutto an-
nuo in ragione del due per cento. Furono
poscia dalla corte del re cristianissimo
spediti a poco a poco a quella repubblica
un milione e ducentomile franchi; e in ol-
tre fatto ad essa un assegno di ducento-
cinqùantamila per mese: danaro, che fu
poi puntualmente pagato. Non si sa, che
dal cielo di Spagna scendesse sui genovesi
alcuna di queste rugiade . Succedette intan-
to l'arrivo di alquanti ingegneri e canno-
nieri francesi; e nella stessa città si anda-
rono formando assaissime compagnie urba-
ne, ben vestite all'uniforme, e ben arma-
te, parte composte di nobili cadetti, par*
te di mercatanti e persone del secondo or-
dine, e molte più delle varie arti di quel-
la città, animandosi ciascuno a difendere
la patria, e gridando. O morte , 0 liberta .
Cotal fidanza nella protezione della Vergi-
ne santissima era entrata in cuore di ognu-
no , che si tenevano oramai per invincibi-
li , attribuendo a miracolo ogni buon snc-
cesso dei piccioli conflitti, che di mano
in mano andayano succedendo contra de-
gli austriaci, o cacciati, o uccisi, o fatti
prigioni .
Ad accrescere il comune coraggio servi-
va
394 Annali d'Italia
va non poco V accennato promesso soccorso
delle due corone , e il sapersi , che erano
già imbarcati seimila fanti in Marsilia e
Tolone in più di sessanta barche e tarta-
ne , oltre ad altre vele, che conducevano
provvisioni da bocca e da guerra , altro non
bramando da esse, se non che si abbonac-
ciasse il mare, e desse loro le ali un ven-
to favorevole . Venuto oramai il tempo pro-
pizio orca la metà di marzo fecero vela.
Rondava per quei mari il vice-ammiraglio
Medley con più vascelli e fregate inglesi,
aspettando con divozione i movimenti di
quel convoglio per farne la caccia. E ir*
fatti, per quanto potè, la fece. Fioccaro-
no più del solito le bugie intorno all'esi-
to di quella spedizione. All'udir gli uni,
buona parte di quei legni e truppe galli-
spane, era rimasta preda degl'inglesi; di-
sperso il restante , parte avea fatto ritorna
a Tolone, parte si era rifugiato in Corsi-
ca, e a Monaco. Sostenevano gli altri , che
una fortuna di mare avea sparpagliati tut-
ti quei navigli; e ciononostante, non es-
servi stato neppure un di essi , che non
giugnesse a salvamento, approdando chi a
Porto-Fino , chi alla Spezia, e Sestri di Le-
vante , e chi a dirittura a Genova stessa,
dove certamente pervenne la Flora nave da
guerra francese , la quale sbarcò il signor
di Mauriach , comandante di quelle milizie,
e buon numero di ufiziali, granatieri, e
cannonieri. Ventilate dai saggi non parzia-
li
Anno MDCCXLVII. 395
li tante alterate notizie, fu conchiuso, che
circa quattromila gallispani per più vie ar-
rivassero a Genova ; più di mille cadesse-
ro in man degl' inglesi ; e qualche bastimen-
to si ricoverasse in Monaco , dove fu poi
bloccato da essi inglesi, ma senza frutto.
Con immenso giubilo venne accolto dai ge-
novesi questo soccorso., spezialmente per-
chè caparra di altri maggiori ,- e in fatti
s'intese, che altro convoglio s'allestiva in
Tolone e Marsilia , parimente destinato in
loro ajuto . Ma neppure dall'altro canto
perdonavano a diligenza alcuna gli austria-
ci, con preparar magazzini, artiglierie gros-
se e minori, mortai da bombe, ed altri
attrecci e munizioni da guerra , più che
mai facendo conoscere di voler dare un
esemplare gastigo , seveniva lev fatto, al-
la stessa città di Genova. Giacché sì soven-
te nelle armate austriache il valore non è
accompagnato da tutti quei mezzi , dei qua-
li abbisogna il mestier della guerra : il che
poi rende indisciplinate, e di ordinario
troppo pesanti le loro milizie ovunque al-
loggiano : alcune città del cotanto smunto
stato di Milano (giacché mancava di atti-
raglio quell'esercito) furono costrette a pro-
vedere cinquecento carrette, con quattro
cavalli, e un uomo per ciascuna , per con-
durre le provvisioni al destinato campo .
Le braccia di migliaja di poveri villani ven-
nero anch' esse impiegate a rendere carreg-
giabili le strade della montagna, affin di
con-
§9^ Annali d' Itali a
condurre per esse le artiglierie. Con tutto
questo apparato nondimeno non poche era-
no le savie persone credenti , che non si
potesse o volesse tentar quell' impresa , co-
me molto pericolosa per varj riguardi , che
non importa riferire. Ed avendo veduto,
che dopo un gran consiglio dei primarj ufi-
ziali fu spedito a Vienna il general Colo-
redo , molti si avvisarono, che altra mira
non avessero i suoi passi, che di rappre-
sentare le gravi difficoltà, che s'incontre-
rehbono , e il rischio di sacrificare ivi al
per altro giusto sdegno non meno l'arma-
ta , che la riputazione dell' augusta impe-
ratrice regina. S' ingannarono, e poco stet-
tero ad avvedersi del falso loro supposto é
All'incontro in Genova si teneva per ine*
vitabile la visita, e colla visita ogni mag*
giore asprezza dei tedeschi . Questo immi-
nente rischio intanto fu una efficace predi-
ca, perchè quella popolata città divenisse
un'altra Ninive, sì per placare l'ira del
cielo, come per implorare l'ajuto del Dio
degli eserciti in sì scabrosa contingenza.
Cessò pertanto il vizio, purgò ciascuno le
sue coscienze colla penitenza , ed altro ivi
non si vedevano che divote processioni ai
santuarj . Più ancora delle missioni dei re-
ligiosi possono aver forza le missioni del-
la irreligiosa gente armata , per converti-
re ipopoli a Dio. Venuto che fu il dì die-
ci di aprile, il generale conte di Schulem-
burg (già scelto per capo e direttore di
quel-
Anno MDCCXLVII. 397
quella impresa) dopo aver visitati i siti e
]e strade, mise in marcia T esercito austria-
co , il quale fu figurato asceodente a ven-
ti in ventiduemila fanti : giacché la caval-
leria in quelle sterili montagne non potea
concorrere alle fatiche e all'onore deir idea-
to conquisto . Sui primi passi corse rischio
della vita il generale suddetto , perchè man-
cati i piedi al cavallo , gli rotolò addosso
con tal percossa , che sputò sangue > e per
alquanti giorni si dubitò, se non di sua
vita, almeno d'inabilità a continuare in
quel comando : Gli antichi superstiziosi ro-
mani avrebbono preso ciò per un cattivo
augurio. Calò quell'armata, superati al-
quanti ridotti, a Langasco, ponte Decimo a
ed altri siti ; e fatti alcuni prigioni, s'im-
possessò di varj posti in distanza ove di
cinque, ove di quattro miglia dalla città,
ma senza stendersi punto alla parte del Bi-
sagno, dove sembrano più facili le offese
di essa città. 11 quartier generale fu posto
alla Torazza . Non è improbabile , che il
consiglio militare austriaco avesse risolu-
ta quella spedizione in tempo massimamen-
te che la barriera delle nevi delle Alpi gli
assicurava per ora dai tentativi dei galli-
spani in Lombardia, stante la speranza di
poter almen ridurre quella repubblica a
qualche onesto aggiustamento , onde risar-
cito restasse l'onore delle armi dell'augu-
sta regina, con animo di slargar la mano
occorrendo ad ogni possibil sorta d'indul-
gen-
39§ Annali d'Italia
genza . Fu infatti spedito nel dì 15 di à-
prile a quel governo un ufiziale, che in
voce e in iscritto gli fece intendere, come
l'esercito regio-cesareo era pervenuto in
quelle vicinanze per farsi ragione dei de-
litti e della fede violata dai medesimi ge-
novesi^ con tanti danni inferiti alle perso-
ne e sostanze deliJ esercito dell' imperatri-
ce regina . Che erano anche in tempo di
ravvedersi e di ricorrere pentiti del loro
errore alla clemenza di sua maestà, nel cui
cuore più possanza avea il desiderio dì far
grazie, che di dispensar gastighi . Edi que-
sta clemenza , e dei sentimenti cristiani di
essa imperatrice regina , a cui troppo di-
spiacerebbe la rovina di una delle più bel-
le e floride città d' Italia, si faceva un pom-
poso elogio. Ma che? se induggiassero a
pentirsi ed umiliarsi, si procederebbe, da
erre fossero giunte le artiglierie, con ogni
maggior rigore contro la loro città, perso-
ne^ case, e campagne, colla giunta di altre
più strepitose minaccie di ferro, fuoco, e
rovine : le quali come si accomodassero con
quella gran clemenza e sentimenti cristia-
ni, che giustamente si attribuivano alla
maestà sua, non arrivarono alcuni a com-
prenderlo. La risposta della repubblica con-
ceputa con termini della maggior venera*
zione verso l'augusta imperatrice regina,
portava, che non ad essi si avea da impu-
tare la necessità, in cui si era trovato il
popolo secondo il gius naturale e delle gen-
ti
Anno MDCèXL-VH. 399
ti di prendere le armi per sua difesa1, e
non per offesa , da che ad altro non pen-
savano gli austriaci ministri , se non a ri-
durlo nella estrema povertà e schiavitù,
senza neppure permettere, che ì richiami
loro pervenissero alla regina, il solo co-
noscimento della cui clemènza avea indot-
to il governo a Volontariamente aprir le
porte alle armi sue. Che pertanto non ri-
conoscendo in sé de litto , né motivo di chie-
dere perdono, speravano, che la somma
rettitudine della maestà sua troverebbe il
lóro contegno degno di compatimento, e
non di risentimento ; e che altrimenti av-
venendo , essi attenderebbono a difendere
quella libertà , in cui Dio gli avea fatti na-
scere, pronti a dar le lor vite più tosto
che cedere a chi la volesse opprimere.
Non vi fu bisogno di microscopio, per
iscoprir le ragioni , onde furono mossi i
genovesi a sì falta risposta . Aveano con-
tratto nuovi legami ed impegni colle co-
rone di Francia e Spagna, senza loro con-
senso non poteano onoratamente venire a
trattati contrarj . Perduta la protezion di
quelle corti , chi più avrebbe sostenuti i
loro interessi in un congresso di pace? Ve-
nendo ora ad un accomodamento, nulla si
sarebbe parlato di Savona e Finale , con
privarsi intanto i genovesi anche della spe-
ranza di ricuperarle colle armi , qualora
gli austriaci fossero ricacciati in Lombar-
dia dai gallispani . La fortezza poi della
cit-
4oo Annali d'Italia
città , T ardore e la concordia del popolo
alla difesa, e le promesse delle due coro-
ne per una valida assistenza, bastavano be-
ne ad infondere coraggio in chi naturalmen-
te non ne manca. Quando anche peggio-
rassero gli affari , sempre tempo vi reste-
rebbe per una capitolazione . Rinovò intan-
to quel popolo il giuramento di spendere
roba e vita, per mantenere la propria li-
bertà > sempre fidandosi nelF intercessione
della Vergine santississima, e nella prote-
zione di Dio . Queste riflessioni nondime-
no sufficienti non furono , perchè molte fa-
mie-lie nobili e cittadinesche non si andas-
sero ritirando da Genova nei mesi prece-
denti y e molto più all' avvicinamento di
questo temporale con ricoverarsi chi a Mas-
sa , chi a Lucca , e chi in altre sicure e
quiete contrade. Ma spezialmente dissero
addio alla loro città i benestanti di Sarza-
na. Imperocché libera bensì restava ai
genovesi tuttavia la Riviera di Levante,
onde potessero ricavar viveri ed altri na-
turali , essendo esposta sempre a pericoli
la via del mare per cagion delle navi in-
glesi , intente a far delle prede : ma pre-
sero gli austriaci la risoluzione di spogliar-
li anche di quel sussidio, con inviare colà
due corpi di gente, l'uno per le montagne
di Parma , e l'altro per quelle del Reggia-
no ; e tanto più, perchè Genova avea da
pensare a sé stessa , né forze le rimaneva-
no per difendere quella riviera. Conosciu-
to
Anno MDCCXLVIL 401
to poscia , che per le strade di Pontremo-
li e delle Cento-Croci si andava ad urta-
re nelle montagne gepovesi , dove i popoli
erano tutti in armi , giudicarono meglio
di tener solamente la via deJ monti reggia*
ni. Fu il generale Voghtern , che condusse
più di duemila panduri , e circa cinquecen-
to usseri a quella volta; ma gli conven-
ne far alto su quel di Massa di Carrara ,
perchè neppur da quelle parti mancavano
ostacoli, ed egli si era avviato colà senza
cannoni, e per così dire, col solo bordo-
ne. £)a Sarzana erano partiti col loro me-
glio i cittadini più agiati; e all'incontro
ì contadini aveano in essa città asportati
i lor mobili, Fece a questi sapere il co-
mandante genovese della picciola fortezza
ói Sarzane Ilo , che quando non si appi-
gliassero al partito di difendersi , rovescie-
rebbe loro addosso coHe sue artiglierie la
città. Giacché di tanto in tanto andavano
arrivando a Genova con varie imbarcazioni
francesi e spagnuole dei nuovi soccorsi ,
non trascurò quel governo di accudire an-
che alla difesa di essa Sarzana. Colà spedi-
to un corpo di truppe regolate, e un nu-
mero molto maggiore di paesani armati ,
rimasero talmente sconcertati i disegni del
suddetto generale Voghtern, che a riserva
di un palazzo , e di poche case saccheggia-
te sul Sarzanese, niun' altra impresa osò
di tentare. Stavasene egli a Lavenza riti-
rato senza artiglierie , e facendo crocette
Tom. XXVII. Ce per
4o2 ÀNtfÀL* d'Italia.
per mancanza dì viveri: laonde prese sa^
via risoluzione verso la metà di maggio
di ritornarsene in Lombardia con passare
pel Lucchese e per Castelnuovo di Garfa-
gnanaé Molta fu la moderazione sua in quel
viaggio; ma imparò, che per far dei buo-
ni digiuni tanto di pane che di foraggi ,
altro non vi vuole, che condur truppe e ca-
valli per delle montagne senza alcun prece-
dente preparamento.
Eransi intanto Tarmi austriache impa-
dronite dei due monti, cioè; Greto, e del
Diamante, da dove con alquanti cannoni,
e qualche mortajo infestavano i genovesi ,
i quali si erano ben fortificati e trincierati
con buona copia di artiglierie nel monte
chiamato dei due Fratelli: monte che fu la
salute della loro città. Aveano ben essi au-
striaci con immense fatiche dei poveri pae-
sani fatte spianar le strade verso la Boc-
chetta, e per la valle di Scrivia, con dise-
gno di condurre-per colà le grosse artiglie-
rie e i mortai , tratti da Alessandria e da
altre piazze. II primo grosso cannone, che
passò la Bocchetta, trovando le strade in-
feriori tutte guaste dai genovesi , rotolò
giù per un precipizio. Non aveano muli ,
non varj attrecci , atti a superar le difficol-
tà dei siti montuosi. Tuttavia ne trassero
alquanti, mercè dei quali con bombe e gros-
se granate infestavano, per quanto potea-
no, i postamene contiarj , dai quali erano
corrisposti con eguale, anzi con più fiera
tem-
Anno MDCCXLVIL 403
tempesta. Incredibil fu l'allegrezza e con-
Eolazione recata nel dì 30 di aprile ai ge-
novesi dall'arrivo in quella città del duca
di Boufiers , spedito dal re cristianissimo ,
per quivi assumere il comando delle sue
truppe, parte venute, e parte preparate a
venire in loro «occorso . Era cavaliere non
men cospicuo pel valore , che per la pru-
denza, affabilità, e cortesia» Un eloquente,
e ben ornato discorso da lui fatto al doge
e ai coìlegj per esaltare il coraggio delle
passate e presenti loro risoluzioni , e per
assicurarli della più valida protezione del
suo monarca, toccò il cuore a tutto quel
maestoso consesso . Conoscendo poscia gli
austriaci , che più gente occorreva per ten-
tare di accostarsi alla città di Genova in
sito da poterla molestare con bombe , ed
altre offese, stante l'immenso giro delle
mura nuove , che da lungi la difendono ,
e per cagione dei posti avanzati , che mag-
giormente ne difficultano V accesso : tanto
si adoperarono, che ottennero dal re di
Sardegna un rinforzo di circa cinque o sei-
mila fanti . Non si aspetti il lettore , che
io entri a riferire le tante azioni di offesa
e difesa succedute in quel rinomato asse-
dio . Son riserbate queste a qualche diffu-
sa storia, che senza dubbio sarà composta ,
ed uscirà alla luce . Solamente dirò , che
gli sforzi dei tedeschi furono dalla parte
della Polcevera , senza poter nondimeno
penetrare giammai in san Pier di Arena ,
Ce 2 ben
40J* Annait fi'llAlU.
ben presidiato e difesa dai gallispani. Con.-,
tuttociò s'inoltrarono, essi cotanto verso
il basso, che pervennero air Incoronata, a,
Sestri di Ponente., e a Voltri, formando
a forza di mine e braccia una strada sino
al mare . Non poche furono le crudeltà
commesse in tale occasione . Non solamen-
te dato fu il sacco a quelle terre (siccome
dipoi anche alia Masone) ma eziandio ri-
mase uccisa qualche donna e fanciullo _, e
niuna esenzione provarono i sacri templi ,.
Fecero poi credere , che gì' inglesi accorsi
per mare a quella festa fossero stati gli
assassini di esse chiese ; ma si sa , che gli
stessi austriaci portarono a Piacenza Cali-
ci e Pissidi, e fin gli usciuoli dei taberna-
coli per venderli. Niun si trovò , .che voles-
se comperarne • Il colonnello Franchini fra
gli altri prese spasso in far eunucare un
giovane laico cappuccino, e mandollo con
irrisioni a Genova . Restò in vita e guarì
ti povero religioso ; ma non già il barba-
ro Franchini . il quale da lì a tre giorni 3
colto da un' archibugiata , fu chiamato al
tribunale di Dio* Era colui fiorentino, e
disertore dei genovesi.
Dopo avere i francesi ricuperate con gran
tempo e fatiche l' isole di santo Onorato
e di santa Margherita, finalmente il cava-
lier di Bslllsle nella notte del dì due ve-
nendo il dì tré di giugno, con quarantatre
battaglioni passato il Varo, sorprese in
Nizza, oltre a molti soldati alcuni ufizia-
li
Anno MDCCXLVIL 4^5 1
li tedeschi e piemontesi. Trattò cortese-
mente gli ultimi con dichiararli bensì pri-
gionieri di guerra , ma con rilasciar loro
gli equipaggi . Non così indulgente si mo-
strò àgli austriaci, perchè informato delle
barbarie da essi usate cantra dei genovesi .
Continuarono intanto le bellicose azioni sot-
to Genova , e pochi giorni passavano senza
qualche scaramuccia , o tentativo degli asse-
diane e degli assediati . Spezialmente me-
rita di aver qui luogo l'operato dagli au-
striaci nella notte precedente il giorno del-
la Pentecoste, allorché, come dissi, vollero
aprirsi una strada al mare. Col benefizio
di una dirotta pioggia arrivarono essi al
convento della Misericordia dei padri rifor-
mati sopra la costà di Rivaruolo, distante
da Genova quattro buone miglia. Quivi
trovati solamente sessanta uomini di mili-
zie del paese, quando vene dovevano esse-
re quattrocento, con facilità se ne impa-
dronirono. Pervenuta tal notizia sul far
del giorno in Genova, furono immediata-
mente chiuse le porte, affinchè niuno po-
tesse portare al nimico la notizia di quan-
to si era per operare , come altre volte
era avvenuto. Fece dunque nel dì 21 di
maggio il duca di Boujlers fare una sorti-
ta di più corpi di truppe, parte regolate,
e parte paesane , destinate a sloggiare dai
convento suddetto gli austriaci, gran fuoco
vi fu , e già questi cedevano , quando so-
pragiuati in ajuto secento granatieri pie-
Cc 3 mon-
40G Annali d'Italia
montesi, costrinsero alla ritirata i gallò- li-
guri, i quali poi non negarono di avere
perduto trecento venticinque soldati , oltre
il signor de ki Faye , rinomato ingegnere
francese, e un capitano di granatieri. Re-
stò anche prigione dei piemontesi il signor
Francesco Grimaldi colonnello, che ingan-
nato dalle loro coccarde , disavvedutamen-
te si trova in mezzo di essi . Fecero i ge-
novesi ascendere circa ad ottocento la per-
dita degli austriaci fra morti, feriti, e
prigioni ; ma io non mi (o mallevadore di
questo . Tentarono anche gì' inglesi di far
provare a Genova gli effetti della loro ne-
mistà con mettersi a scagliar bombe dalla
parte del mare. Ma queste non giugnevano-
mai a terta , perchè troppo lungi erano te-
nute le palandre dalla grossa artiglieria
disposta sul Molo e sul Porto : laonde mol-
to non durò quella scena . Le nuove intan-
to provenienti da quella città parlavano di
tante centinaja o migliaia- di gallispani ,
colà, o nella Riviera di Levante di mane*
in mano arrivati j che avrebbero formato'
un possente esercito , capace di sconcertar
tutte le misure dei tedeschi . Ma questi fu-
rono desiderj , e non fatti. Con tutti non-
dimeno i loro sforzi , non poterono inai-
gli assedianti piantare alcun cannone o
mortajo^ che molestasse la città , né occu-
pare pur uno di essi posti avanzati , mu-
niti dai genovesi , come il monte dei due
Fratelli , Sperone ; Granarolo, Monte Moro ^
Te-
Awno MDCCXLVir. 407
Tenaglia, la Concezione, san Benigno, ol-
tre a Belvedere, e alla lunghissima e for-
te trincea , che da questo ultimo monte si
stendeva sino al mare, e inchiudeva Coni-
gliano con profondo fosso pieno di acqua .
Unanime e ben fornito di coraggio era tut-
to il popolo della città per difenderla. Le
compagnie dei cadetti nobili, dei merca-
tanti e delle varie arti col loro uniforme,
anche sfarzoso, e fin le persone religiose
per comando del governo accorrevano per
far le guardie, massimamente al monistero
e luoghi, dove si custodivano i tanti ufl-
ziali e soldati prigioni. Di questi ultimi
non pochi presero partito, e insieme coi
disertori tedeschi , i quali andavano sopra-
venendo , furono spediti a Napoli . Al pa-
ri anche delle milìzie regolate fecero di gran-
di prodezze in assaissimi luoghi i paesani
genovesi .
Si avvide in fine il generale Schulemburg ,
che maniera non restava di pot^r prevalere
contro la città dalla parte della Polcevera;
e però tenuto consiglio , fu da tutti con-
chiuso di volgere le ìor maggiori forze al-
la parte del Levante, cioè alla valle del
Bisagno : sito, dove minori sono le forti-
ficazioni , e più facile potr* bbe riuscire di
offendere la città. Pertanto nella notte e
mattina del dì tredici di giugno , dopo
avere ordinati alcuni falsi assalti dalla parte
della Polcevera, e superati con perdita di
poca gente varj trincieramenti , improvvisa-
Cc 4 men-
408 Annali d* Itài? X
mente calarono gli austriaci con beli* ordine
a quella volta , e venne lor fatto d' impa-
dronirsi di vavj posti, lontani nondimeno
circaf quattro miglia da Genova, arrivando
sino alla spiaggia di Sturla e del mare, es-
iendosi ritirati i genovesi, con cedere alla
superiorità delle forze nemiche, Tentarono
essi di penetrare nel Colle della Madonna
del Monte, e ne furono rispinti con loro
danno, siccome anòora dal Colle di Alba-
TQ, dove stavano ben trincierati i gallo-li-
guri. In questi medésimi g orni i gallispa-
xii , dopo avere in addietro con poca fati-
ca obbligato alla résa il forte di Monte- Al-
bano, ed impreso 1' assedio del castello di
Villafranca , anche di questo si renderono
padroni y con aver fatti prigionieri alquanti
battaglioni piemontesi . Passarono dipoi ver-
so Ventimigha , dove si trovava il genera-
le Leutrort con venticinque battaglioni per
contrastar loro il passo; ma accortosi que-
sti , che i nemici prendevano la *via per la
montagna di Saorgio , a fine di fagliargli
la ritirata, prevenne il loro disegno, con
lasciar solamente trecento uomini nel ca-
stello di quella città. Fece poscia quel te-
nue presidio sì bella difesa, che solamen-
te nel dì due di luglio , dopo essere stato
rovinato tutto esso castello dalle cannona-
te e bombe , si rendè a discrezione prigio-
niere dei vincitori . Avendo preveduto per
tempo il duca di Boujlers il disegno degli
austriaci di passare jnBisagno, si era por-
ta-
Anno MDCCXLVIL 409
fato con varj suoi ingegneri alla visita di
quel sito 5 e trovato , che il monte detto
di Fasce era a proposito per impedire il
maggiore avvicinamento dei nemici , avea
ordinato, che mille e cinquecento lavora-
tori vi aliassero dei buoni trincieramenti,
e che vi si piantasse una batteria di can-
noni, destinando alla guardia di posto di
tanta importanza il valore di settecento
spagnuoli . Da che furono postati in Bisa-
gno gli austriaco-sardi , seguirono varie
sanguinose azioni, dal racconto delle quali
ini dispenserò, non essendo mio istituto di
farne il diario, bastandomi di direy che
dall' incessante fuoco dei genovesi furono
obbligati i nemici a rilasciare alcuno de-
gli occupati posti y e a retrocedere ,• allor-
ché tentarono di occuparne degli altri.
Mandò anche ordine il duca di BoufTers ,
che un buon corpo di francesi e spagnuoli
pervenuti dalla Corsica alla Spezia, unito
con secento paesani , si tenesse in vicinan-
za di Stùrla, per impedire ai nemici lo
stendersi ai danni della Riviera di Le»
vanfe.
Le speranze infanto dell'armata àustria>
ca erano riposte nell' arrivo di grosse ar-
tiglierie e mortai y parte dei quali già sta-
va preparata in Sestri di Ponente , condot-
ta da Alessandria , e un' altra1 dovea venire
da Savona . Na>n mancarono i vascelli in-
glesi di accorrere colà per farne il traspor-
to ; ma allorché vollero sbarcare quei bron-
zi
4*o Annali d'Italia
zi. a Sturla , accorsero due galere genove-
si , che spingendo avanti un pontone, dove
èrano alquante colubrine, talmente mole-
starono quei vascelli , che lor convenne ri-
tirarsi in alto, e desistere per allora dal-
lo sbarco . Seguì poi nella notte fra il dì
24. e 25. di giugno una calda azione . Per-
ciocché calato con grosso corpo di truppe
dal monte delle Fasce il signor Paris Pi-
nelli, per isloggiar da quelle falde gli au-
striaci, che si erano .postati in due siti,
gli riuscì bensì di rovesciar quei picchet-
ti ; ma accorso un potente rinforzo di te-
deschi , fu obbligata la sua gente a retro-
cedere. Essendo restata a lui preclusa la
ritirata, dimandò quartiere; ma quei bar-
bari inumanamente gli troncarono il capo»
Era egli cavaliere di Malta , e. da Malta
appunto era venuto apposta per assistere
alla difesa della patria. Portata questa nuo-
va al generale Pinelli suo fratello, che sta-
va alla Scofferra , talmente si lasciò tra-
sportare dall'eccesso del dolore e della rab-
bia , che con una maggior crudeltà volle
compensar V altra, levando di vita due bas-
si ufìziali tedeschi, dimoranti prigioni pres-
so di lui. Il corpo dell'ucciso giovane ri-
chiesto agli austriaci, e portato a Genova,
coi maggiori militari onori fu condotto al-
la sepoltura. Altro, come dissi , non re-
stava all'armata austriaca, che di ricevere
un buon treno di artiglierie, mortai e bom-
be, lusingandosi, che con alzar buone bat-
te-
Anno MDCCXLVII. 411
terìe si potrebbero avanzar più oltre., e
giugnere almeno a fulminar parte della cit-
tà con una tempesta di bombe: il che se
mai fosse avvenuto, parea non improbabi-
le , che i genovesi avessero potuto accudi-
re a qualche trattato. Ma queste erano lu-
singhe > trovandosi tuttavia le loro armi
tre o quattro miglia lontane da Genova ,
e con più siti avanzati , che coprivano la
città, e guernitì di difensori, che non co-
noscevano paura. Vennero infatti, nonostan-
te Topposizion dei genovesi ^ cannoni e
mortai ; furono sbarcati ; si alzarono bat-
terie : coniche allora gli assedianti si ten-
nero in pugno la conquista di Genova. An-
zi è da avvertire , che portata da un ufi-
ziale a Vienna la nuova della discesa in
Bisagno, ossia che quelPufiziale spalancas-
se la bocca, oppure che a dismisura si am-
plificassero le conseguenze di tale azione ,
senza saper bene la positura di quegli af-
fari ; certo è,, che nella corte imperiale sì
fattamente prevalse la speranza di quel
grande acquisto^ che di giorno in giorno
si aspettava l'arrivo dei corrieri , apporta-
tori di sì dolce nuova , e si giunse fino a
spedir fuori per qualche miglio i lacchè,
acciocché sentito il suono delle liete cor-
nette, frettolosamente ne riportassero l'av-
viso alle cesaree loro maestà. Non tarda-
rono molto a disingannarsi .
Un giuoco y che non si sapeva intendere
in questi tempi , era il contegno dei fran-
ce-
4ia Annali d' Italia
cesi , e molto più dei spagtmoli fra i quali
compariva una concordia, che insieme po-
tea dirsi discordia . Frano venuti a Men-
tane l'infante don Filippo, e il duca di
Modena. Ognun si credeva, e per fermo
lo tenevano i genovesi , che quel grosso
corpo di gallispani , lasciando bloccato il
castello di Ventiriiiglia > proseguirebbe alla,
volta di Savona, anzi si faceva , ina senza
fondamento , già pervenuto ad Oneglia :
quando all'improvviso fu veduto retroce-
dere al Varo. Chi dicea, per unirsi col
corpo maggiore dell' armata , comandata
dal maresciallo di Bellisle , e dal marchese
de las Minas ; e chi per prendere laT via
dei monti di Tcrìda , e passar nella valle
di Demont , allorché il nerbo maggiore
degli altri gallispani fosse penetrato colà .
Certo è, che da un turbine erano allora
niinacciati gli stati del re di Sardegna ;
perchè congiunte che fossero le armi fran-
cesi e spagnuole , tfovavansi superiori di
molto quelle forze alle sue. Il perchè sul
fine di giugno o principio di luglio, fa
spedito il giovane marchese di Orraea al
generale di Sculemburg, per rappresentar-
gli T urgente bisogno , che aveva il re di
richiamar le sue truppe dall'assedio di
Genova, per valersene alla propria difesa «
Gran dire fu dell' armata austriaca per que-
sta novità, parendo a quegli ùfiziali , che
fosse tolta loro di bocca la conquista di
quella città : cotanto si erano insperanziti
per
Anno MDCCXLVU. 413
per la venuta delle bombarde e dei mor-
taj . Sparlarono perciò non poco del re di
Sardegna , quasi che fra lui e i francesi
passassero ^intelligence , quando chiarissimo
era il motivo di rivoler quelle milizie ,
Trovavasi 1* esercito austriaco assai este-
nuato tanto per le morti della gente peri-
ta nelle moltissime passate baruffe , quanto
per la disertata, e per l'altra mancata di
malattie e di stenti , Perciocché nulla tro-
vando essi fra quegli sterili dirupi, tutto
conveniva a far passare colà dalla Lombar-
dia pel vitto, per le munizioni da guerra
e foraggi. £ tali trasporti non di rado
con varj impedimenti e dilazioni a cagion
dei tempi, delle strade difficoltose , e dei
rompersi le carrette , che interrompevano
il corso delle susseguenti , di maniera che
giorno vi fu , in cui si penò ad aver la
pagnotta . Gran parte ancora delle tante
carrette a quattro cavalli., provvedute dal-
lo stato di Milano, andò a male.
A tale stato ridotte le cose, e sminuite
le forze per la richiesta retrocession dei
piemontesi , conobbe il conte di Sculem-
burg generale austriaco la necessità di le-
vare il campo ; e tanto più , perchè anda-
vano di tanto in tanto giugnendo per ma-
re a Genova nuove truppe di Francia , ed
alcune di Spagna . Pertanto colla maggior
saviezza possibile nel dì due di luglio^
giorno della Visitazion della Vergine San-
tissima, cominciò egli a spedire in Lom-
bare
414 Annali d'Italia
bardia gli equipaggi , attrecci militari, ma*
lati, e vivandieri. Rimbarcarono gl'in-
glesi le artiglierie; parte dei piemontesi
s' inviò verso Sestri di Ponente per passare
in barche alla volta di Savona. Siccome
questi movimenti non si poteano occultare ,
così cagion furono di voce sparsa per Ita-
lia, che gli austriaci nel dì quattro del
suddetto mese di luglio avessero sciolto V
assedio di Genova. La verità si è, ch'es-
si solamente nella notte scura precedente
al dì sei marciarono alla sordina verso le
alture dei monti, e sospirando si ridussero
in Lombardia , prendendo poi riposo a
Gavi , Novi, ed altri siti, ancorché più
giorni passassero , prima che avessero ab-
bandonati tutti i dianzi occupati posti.
Non vi fu chi gì' inseguisse o molestasse ,
perchè bastava ai genovesi per un' insigne
vittoria l'allontanamento di sì fieri nemi-
ci,, con restar essi padroni del campo. Si
aggiunse in oltre un fastidioso accidente 5
che arenò qualunque risoluzione che si po-
tesse o volesse prendere da loro in queli'
emergente. Pochi dì prima era caduto in-
fermo il duca di Boufiers . Fu creduta sul
principio dai medici scarlattina la sua feb-
bre, ma venne poi scoprendosi , che era
vajuolo , e di sì perniciosa qualità, che
nel dì tre di luglio il fece passare all'al-
tra vita. Non si può esprimere il cordo-
glio , che provarono per colpo sì funesto
i genovesi : tanta era la stima e l'amore,
eh' es-
Asnò MDCCXLVII. 4r5
ch'essi aveano conceputo per così degno
tavaliere , stante la gloriosa forma dei suo
contegno , e il mirabil suo zelo per la lor
difesa e salute. 11 piansero come fosse
mancato un loro padie, e con suntuose
esequie diedero l'ultimo addio al suo cor*
po^ ma non già alla memoria di lui.
Ora trovandosi il popolo di Genova li-
berato da quella furiosa tempesta, chi può
dire , quai risalti di allegrezza fossero i
suoi ? Erano ben giusti . Le lettere proce-
denti di là in addietro portavano sempre,
che nulla mancava loro di provvisioni da
vivere . Vennesi poi scoprendo , che dopo^
la calata dei nemici in Bisagno erano stra-
namente cresciute le loro angustie, giac-
ché per terra nulla più riceveano , e gravi
difficoltà s'incontravano a ricavarne per ma-
re a cagion dei vascelli inglesi sempre in
aguato per far loro . del male, e la città
si trovava colma di gente , essendosi colà
rifugiate migliaja di contadini , spogliati
tutti di ogni loro avere. Parimente si sep-
pe,5 essere costata di molto la lor difesa
per tante azioni, dove aveano sacrificate
le lor vite assaissimi gallispani e razionali-
Ma in fine tutto fu bene speso. Era riso-
nato, maggiormente risonò per tutta l'Ita-
lia, anzi per tutta l'Europa il rome dei
genovesi, per aver sì gloriosamente, e con
tanto valore ricuperata e sostenuta la loro
libertà. Uscì poscia chi volle dei nobili e
del popolo , per visitare i siti già occupa-
ti
4*6 Anhal id* Italia
ti dai nemici. Trovarono dapertutto , cioè
in un circondario di moltissime miglia utj
lagrimeyole teatro di miserie , ed un or-
rido deserto • Le tante migliaja di case,
palazzi , e giardini per sì gran tratto nei
contorni , già nobile ornamento di quella
magnifica città, spiravano ora solamente
orrore, perchè alcuni incendiati, e gli ai-
tri disfatti ; le chiese e i monisterj profa-
nati e spogliati di tutti i sacri vasi e ar*
fedi. Per non far inorridire i lettori, mi
astengo io dal riferire le yarie maniere di
barbarie praticate in tal congiuntura dai
^'bestiali croati contro uomini , donne, fan-
ciulli, preti e frati: il che fu cagione,
che anche i paesani genovesi talvolta in-
fierissero contra di loro. Seguirono senza,
dubbio tante crudeltà contro il volere del-
la clementissima imperadrice; ma non è
già onore dell* inclita nazione germanica
V essersi in questa occasione dimenticata
cotanto di essere seguace di Cristo Signor
nostro. Niun movimento, siccome dissi,
fecero per molti giorni i francesi e geno-
vesi contra dei tedeschi , a riserva di un*
irruzione fatta da alcune centinaia di quei
montanari nei feudi imperiali del conte
Girolamo Fieschi in valle di Scrivia , do-
ve diedero il sacco, « poscia il fuoco a
quelle castella e case . Ma saputasi questa
enorme ostilità in Genova , condannò quel
governo come masnadieri e ladri coloro,
che senza alcnna autorità aveano tanto osa-
to
Anno MDCCXLVII. 4tf
to contra feudi dell' imperio* laonde cessò
da lì innanzi tale insolenza .
Aveano in questo mentre adunate i fran-
cesi di molte forze in Delfinato e Proven-
yenza , ma senza che s'intendessero i mi-
ster] degli spagnuoli ; i quali tuttoché stes-
sero in quelle parti, pure niuna voglia mo-
stravano di concorrere nei disegni d^gli al-
tri. Erasi il grosso delle milizie dei re di
Sardegna accampato, parte a Pinerolo, e
parte a Cuneo, e in altri luoghi della val-
le di Demontj con esser anche accorse co-
là in ajuto suo non poche truppe austria-
che : giacché quest'ultimo si giudicava il
sito più pericoloso , ed esposto alla calata
dei francesi, restando per altro incerto, a
qual parte tendessero i loro tentativi, e il
tanto loro andare qua e là rondando per
quelle parti. Non lasciò esso re di guarni-
re di gente anche gli altri passi dell' Alpi*
per li quali si potessero temere i loro in-
sulti . Uno fra gli altri fu quello di Colle
delT Assiefta fra Exiles e le Finestrelle :
posto considerabile, perchè superato esso,
si passava a dirittura verso di Pinerolo e
Torino. E questo appunto venne scelto dal
cavalier di Belllsle , fratello del marescial-
lo, e luogotente generale nell'armata di
Francia, per superarlo, giudicando assai
facile l'impresa per le notizie avute , che
alla guardia di quei trincieramenti non
istessero se non otto battaglioni piemonte-
si fra truppe regolate e valdesi. Dicono,
Tom. XXVII. Dd eh'
4i§ A untali D' traiti
eh* egli avesse circa quaranta battaglioni,
parte dei quali fu spedita a prendere varj
siti all'* intorno, affinchè se il colpo veniva
fatto, niuno dei piemontesi potesse colla
fuga salvarsi. Stava all'erta il conte di
Bricherasco , tenente generale del re di Sar-
degna , deputato alla custodia di queir im-
portante passo, e a tempo gli arrivò «n
rinforzo di due o pur tre battaglioni au-
striaci, comandati dal generale conte Col-
loredo. Aìleore quindici dunque del dì die-
cinove di luglio vennero i francesi , divisi
in tre colonne, all'assalto dell' Assietta con
alquanti piccioli cannoni (niuno ne aveano
i piemontesi) e. cominciarono parte a sa-
lire, parte ad arrampicarsi per quell'erta
montagna. Vollero alcuni sostenere, che
nella precedente notte fosse ivi nevicato ,
onde stentassero i francesi a tenersi rit-
ti , e maneggiarsi nella salita ; ma non fu
creduto , perchè poco prudente sarebbe
sembrata in circostanza tale la risoluzio-
ne àeì Btllisle. E pure questa fu veri-
tà. Per tre volte i francesi divisi in tre
colonne, non ostante il loro grande disa-
vantaggio, andarono bravamente all'assal-
to , e sempre furono con grave loro perdi-
ta o uccisi, o feriti, o rotolati a basso.
Fremeva né sapeva darsi pace di tan ta re-
sistenza , e di sì infelice successo il cava-
lier di Bellisle; e però impaziente, a fine
di animar la sua gente ad un nuovo assal-
to, si mise egli alla testa di tutti; e sali-
to
Anno MDCCXLVII. 419
io sino alle barricate nemiche, quivi ardi-
tamente piantò una bandiera , credendo ,
che niuno dei suoi farebbe meno di lui .
Quando eccoti un colpo di fucile , per cui
restò ferito, e poscia un colpo di bajonet-
ta , che lo stese morto a terra . Il valore
e coraggio bella lode è ancora dei genera-
li di armata , ma non mai la temerità ;
perchè la conservazione della lor vita è
interesse di tutto l'esercito. Probabilmen-
te non fu molto lodata l'azione di esso
cavaliere , uno dei più rinomati e stimati
guerrieri , che si avesse la Francia , la cui
perdita fu generalmente compianta dai suoi.
Dopo altri tentativi ebbe fine sul far del-
la notte il conflitto ; ed usciti pochi gra-
natieri piemontesi ed austriaci inseguirono
colle scìable alla mano fin quasi a Sestrie*
res i fugitivi francesi . Per sì nobil difesa
gran lode conseguirono i due generali con e
dì Bricherasco e conte Colloredo, e il ca-
valiere Àlciati maggior generale , e il con-
te Martinenghi brigadiere dd re di Sarde-
gna . In fatti fu la vittoria compiuta . Cir-
ca secento feriti rimasti sul campo furono
fatti prigioni , e fu creduto, che la perdi-
ta dei francesi tra morti , feriti , e prigio-
nieri ascendesse a cinquemila persone, fra
le quali trecento ufiziali . A poco più di
ducento uomini si ristrinse quella dei pie-
montesi ed austriaci ; e però con ragione
si solennizzò quel trionfo con \ar)Te Deum
per gli stati del re dì Sardegna e in Mila-
Dà 2 no .
420 A N- n a li d'Italia.
no . Fu anche immediatamente celebrato in
un elegante poemetto italiano dal signor
Giuseppe Bartoli , pubblico lettore di lin-
gua greca nell'università di Torino.
Quello poi, che più fece maravigliar la.
gente , fu , che quantunque tale percossa*
bastante non fosse ad infievolire le forze dei
gallispani, pure niun tentativo o movimento,
fecero da lì innanzi contro le terre del Pie-
monte , anzi piuttosto furono invase dai pie-
montesi alcune contrade della Francia , ben-
ché con poco successo . L' accampamento,
maggiore del re suddetto, siccome dissi ,;
fu a Cuneo, e nella valle di Demont, do-
ve egli medesimo si portò in persona , perm-
eile quivi parea sempre da temersi qualche
irruzion dei nemici . Attesero in questi tem-
pi i genovesi a fortificar varj posti fuor
della città, e spezialmente quello della
Madonna del Monte , avendo la sperienza
fatto loro conoscere , quai fossero i perico-
losi, e quali gli utili e i necessarj per la-
loro difesa. Entrata una specie di epidemia
fra i tanti contadini , già rifugiati in essa
città a cagion dei terrori , fatiche , e sten-
ti passati , ne condusse non pochi al sepol-
cro , e gli stessi cittadini non andarono esen-
ti da molte infermità . Ebbero essi genove-
si in questi medesimi giorni molte vessa-
zioni alla Bastia in Corsica ; ma io mi di-
spenso dal riferire quei piccioli avvenimen-
ti , Nel dì 5 poi di settembre una grossa
partita di gallispani, varcato i'Apennino s
sce»
A n n d MDCCXLVIT. 421
scese in valle di Taro del Parmigiano • vi
fece alquanti austriaci prigionieri; intimò
le contribuzioni a quel borgo ed altre vil-
le con asportarne gli ostaggi , e circa mil-
le e cinquecento capi di bestie tra grosse
e minute. Per timore che non calassero an-
che a Bardi e Compiano, essendo accorsi
due reggimenti tedeschi, cessò tosto quel
turbine . Intanto il re di Sardegna lungi
dal temere, che i gallispani s' inoltrassero
per la Riviera di Ponente , fece di nuovo
occupare dalle sue truppe la città di Ven-
timiglia , ed imprendere dal barone di Leiu
tron il blocco di quel castello, alla cui di-
fesa era stato posto un gagliardo presidio é
Per molto tempo soprintendente al governo
di Milano e degli altri stati austriaci di
Lombardia era stato il conte Gian- Luca
Pallavicini, come plenipotenziario e gene^t
tale di artiglieria dell1 augustissima impe-
tadrice , cavaliere disinteressato , e magni-
fico in tutte le sue azioni. Fu egli chiama-
to a Vienna per istanze e calunnie degl'
inglesi , ma ciò non ostante promosso al
riguardevol posto di governatore perpetuo
dei castellò di Milano . In luogo suo nel
di diecinove di settembre pervenne ad es-
sa città di Milano il conte Ferdinando di
Harrach , dichiarato governatore e capitan
generale della Lombardia austriaca. Portò
questi seco la rinomanza di una sperimen-
tata saviezza, massimamente negli affari
politici, e un complesso di altre belle do-
Dd 3 ti,
422 ànnaii d'Italia
ti, che fecero sperare a quei popoli un ot-
timo governo, e tollerabile la perdita, che
aveano fatta dell'altro.
Sperava pure la città di Genova dopo
tante passate sciagure di godere l'interna
calma; e pure un'altra inaspettata si ro-
vesciò sopra di essa, da che fu passata la
metà di settembre. Uno strabocchevole tem-
porale di terra e di mare , con diluvio di
pioggia e vento, con fulmini e gragnuola
grossissima, talmente tempestò quella cit-
tà, che ruppe una immensa copia di vetri
delle case , rovesciò non pochi cammini e
tetti,, talmente che parve quivi il dì del
finale giudizio. Dominò in oltre un furio-
so libeccio sul mare, che allagò parte del-
la città , e danneggiò gran copia di quelle
case, oltre della rovina degli orti e delle
vigne per più miglia. Arrivò verso il fi-
ne dei mese suddetto a conoscere quell'
afflitto popolo il duca di Richelieu , per-
sonaggio di rara attività e di mente vi-
vace, inviato dal re cristianissimo a co-
mandar l'armi gallispane nel Genovesato.
Ascendevano queste , per quanto fu credu-
to, a quindicimila persone. Un corpo di
questa gente venne ad impossessarsi della
picciola città di Bobbio , e per la Treb-
bia arrivò fin presso a Piacenza. Se quel
fiume non fosse stato gonfio, avrebbe fatto
paura alla tenue guernigione di quella cit-
tà . Kastellarono molti bestiami , imposero
contribuzioni , presero qualche nobile pia-
cen-
Anno MDCCXLVII. 423
tentino per ostaggio . Ma sollevatisi i vil-
lani in numero di due e più mila, strinse-
ro circa cento trenta di quei masnadieri ,
che ristretti in Nibbiano non si vollero
arrendere prigioni _, se non ad un corpo di
truppe regolate tedesche, le quali gli ob-
bligarono a restituire tutto il maltolto.
Qualche irruzione ancora seguì tu 1 basso
Monferrato, dove essi gallo liguri colsero
varj soldati austriaco- sardi , fecero botti-
no di bestiami, e preda di drappi e panni ,
che andavano in Piemonte , oltre all'aver
esatte alquante contribuzioni. Fioccarono
anche i flagelli sulla bassa Lombardia, per-
chè la cessata nel precedente verno epide-
mia dei buoi ripullulò e crebbe aspramen-
te nel Veronese, Vicentino, Bresciano, in
qualche sito del Padovano, e ad Mantova-
no di là da Po , e passata nel Ferrarese,
quivi diede principio ad una orrida strage.
In oltre il Po soverchiamente ingrossato di
acque inondò Adria ed Ariano. Anche 1*
Adige e la Brenta allagarono parte del
Polesine di Rovigo e del Padovano. A tan-
ti guai si aggiunse di più la scarsezza del
raccolto dei grani in molte provincie.
Godè Roma all' incontro non solo una
invidiabil tranquillità,, ma occasioni ezian-
dio di allegrezze, stante la promozione
fatta nel dì dieci di aprile dal sommo pon-
tefice Benedetto XIV dei cardinali nomina-
ti dalle corone , e in appresso nel dì tre
di luglio ancora del duca di Jorch secon-
Dd 4 do-
42/> Anna ti d'Itaii!
dogenito del cattolico re d' Iughiltera Gia-
como III. Fu in essa Metropoli fabbricata
per ordine del re di Portogallo una cap-
pella di tanta ricchezza e di sì raro lavo-
ro, che riuscì di ammirazione di ognuno.
Costò circa cinquecentomila scudi romani,
ed imbarcata in questo anco venne traspor-
tata a Lisbona . Maggiori furono i motivi
di giubilo nella real corte di Napoli ; per-
ciocché quella regina alle tre della notte
precedente il dì quattordici di giugno nel-
la villa di Portici diede alla luce un prin-
cipino, a cui fu posto ntl Battesimo il no-
me di Filippo Antonio Gennaro ec. questo
regalo fatto da Dio a quei regnanti tanto
più si ìiconcbbe prezioso, perchè il re di
Spagna Ferdinando non avea finora veduti
frutti del suo matrimoniò; e questo ger-
me novello riguardava non meno il re del-
le due Sicilie , che la monarchia di tutta la
Spagna •. Quai fossero i risalti di gioja in
quella real corte e nella nobiltà e popolo
di una Metropoli tanto copiosa di gente ,
non si potrebbe dire abbastanza. Grandi
feste ed allegrezze per più giorni solenniz-
zarono dipoi questo fortunato avvenimento.
Fece il re un dono alla regina di cento-
mila ducati , e un accrescimento di altri
dodicimila annui all'antecedente suo ap~
panaggio. Dalla città e regno fatto fu pre<-
pan-mento a fin di donare a sua maestà un
milione per le f&ce del nato principino,
che fu intitolato duca di Calabria . Parte-
ci-
Anno MDCCXLVII. 4*5
cipò di tali contentezze anche la real cor-
te di Madrid, il cui monarca dichiarò in-
fante di Spagna questo suo real nipote, è
Fu detto , che gli assegnasse anche una pen-
sione annua di quattroc^ntomila piastre,
A due sole considerabili imprese si ri-
dusse la guerra fatta nel presente anno nei
Paesi Bassi fra il re cristianissimo e gli al-
leati. V'intervenne in persona lo stesso re ,
il cui potentissimo esercito era di gran lunga
superiore a quello dei suoi nemici . Nel dì
due luglio si trovarono a vista le due ar-
mate fra Mastricht e Tongres. Attaccaro-
no i francesi la zuffa coli' ala sinistra dei
collegati, composta d'inglesi, hannoveria-^
ni , ed assiani , i quali fecero una rnirabii
resistenza nel villagio di Laffeld, con far-
ne costare ben caro l'acquisto ad essi fran-
cesi . Il valoroso conte di Sassonia mare-
sciallo generale di Francia, veggendo più
volte rispinti i suoi, entrò egli stesso con
altro nerbo di gente nella mischia, e final-
mente gli riuscì di far battere la ritirata
ai nemici e d' inseguirli . Intervenne a sì
calda azione il duca di Cumberland secon-
dogenito del re britannico e generale del-
le sue armi , e con tale ardore , che corse
gran pericolo di sua vita . Per difenderlo
si espose ad ogni maggior cimento il ge-
ntrale Ligonier , comandante dell'' armata
sotto di lui , con restar per questo prigio-
nier dei francesi. Poco ebbero parte in que-
sto conflitto il centro e 1' ala dritta di es-
si
(\%S Annali d' Italia
si collegati , composta ò* austriaci ed ol«*
landesi, i quali ultimi nondimeno vi per-
derono molta gente . Peraltro ragione eb-
bero i francesi di cantare la vittoria , tut-
toché comperata con molto loro sangue ,
perchè rimasero padroni del campo; fece-
ro mille secento prigioni ; acquistarono
trentatrè cannoni^ quattordici tra bandiere
e stendardi ; e colti sul campo circa due-
mila feriti degli aleati, li condussero ne-
gli spedali francesi . Fu detto , che intorna
a tremila dei collegati , e più di tremila
dei francesi vi restassero estinti . Ritirossi
Tarmata di essi alleati di là dalla Mosa ,
e finché il re si fermò in quelle partii non
osò di ripassar quel fiume .
L' altra anche più sonora impresa fu
quella dell' assedio di una piazza fortissi-
ma ; impreso dai francesi ; giacché nella po-
situra delle cose osso troppo duro forse
comparve Mastricht da essi minacciato.
Città del Brabante ollandese è Bergh-op-
Zoom , considerata per una delle fortezze
inespugnabili > parte per la situazione sua
sopra un' altura in vicinanza del mare,
con cui comunica mediante un canale , e
a cagion di alcune paludi , che ne rendono
difficile l'accesso; e parte per le tante sue
fortificazioni , oltre ad alcuni fotti e ri-
dotti sino. al mare, da dove può ricevere
soccorsi . Il celebre duca di Parma Ales-
sandro Farnese nel 1588 , e il marchese
Spinola nel 1622 indarno l'assediarono. Fu
poi
Anno MDCCXLVIL 42?
poi da lì innanzi maggiormerte fortificata..
Niuno di questi riguardi potè trattenere
la bravura francese dall' imprenderne l'as-
sedio , e dall' aprir la trincea nella notte
del dì quindici venende il dì sedici di lu-
glio. Al conte di Lowendhal tenente gene-
rale del re , ufiziale di distinto valore e
perizia ne\V arte militare, fu appoggiata
questa impresa . Dopo V assedio memora-
bile della fortissima città di Friburgo , al-
tro non si vide più difficile e strepitoso
di questo. Perciocché nelle linee contigue
ad esso Bergh-op-Zoom , e fra le paludi e
la costa del mare, si postò il principe di
Hildburghausen con circa ventimila soldati ,
da dove non potè mai essere rimosso ; di
modo che durante V assedio potè sempre
quella fortezza essere di mano in mano
soccorsa con truppe fresche, e provveduta
di quante munizioni da bocca e da guerra
andavano occorrendo . Come superare una
piazza, a cui nulla mancava, e il cui pre-
sidio potea fare sortite frequenti , con si-
curezza di essere di ogni sua perdita ri-
fatto? Ma niuna di queste difficoltà ritener
potè l'ardire dei francesi. Sì dall'una che
dall' altra parte si cominciò a giocare di
cannonate, di bombe, di mine ; e i lavori
di una settimana vennero talvolta rovescia-
ti in un'ora. Tanto le offese che le difese
costarono gran sangue , ma incomparabil?
mente più dal canto degli assedianti .
Progredì così lungamente questo assedio,
che
4^8 ÀttNAtl b'iTALTiC
che i francesi sfornirono di polve da fuò-
co e di altre munizioni tutte le loro piaz-
ze circonvicine ; e intanto stavano daper-
tutto sulle spine i parziali e i novellisti
per la incertezza dell'esito di sì pertinace
assedio . Di grandi apparenze vi furono j
che sarebbero in fine costretti i francesi a
ritirarsi ; ma differentemente si dichiarò
la fortuna 3 perchè ancor questa appunto in-
tervenne a decidere quella quistione. Era*
no già fatte breccie in due bastioni e in
una mezzaluna , e queste imperfette , o
certamente non credute praticabili : quart*
do il generale conte di Lowendhal deter-
minò di venire air assalto. Ammanite dun-
que tutte le occorrenti truppe alla esecuzio-
ne di sì pericoloso cimento, sul far del gior-
no sedici di settembre, dato il segno con
lo sparo di tutti i mortai a bombe, anda-
rono coraggiosamente .all' assalto : impresa $
che non si suole effettuare senza grave
spargimento di sangue . Ma quello non fu
un assalto, fu una sorpresa * Detto fu, che
i francesi per buona ventura, o per tradi-
mento s'introducessero segretamente nella
città per una galleria , esistente sotto un
bastione, e mal custodita da quei di derv-
tro. La verità si è, che altro non arendo
trovato alia difesa delle breccie, che le
guardie ordinarie , con poca perdita e fa-
tica salirono, ed impadronitisi dei bastio-
ni, e di due porte della città > quindi
passarono alia volta della guernigione, la
qua-
Anno MDCCXLVII. 429
quale raccolta tanto nella piazza , quanto in
varie contrade , fece una vigorosa resisten-
za , finché veggendosi sopraffatta -dagli ag-
gressori , che si andavano vieppiù ingros*-
sando, e venendo qualche casa incendiata >
parte di essa ebbe maniera di ritirarsi y
sempre combattendo , fuori della porta di
Steenbergue . Corse fama , che il conte di
Lowendhal avesse dati buoni ordini , e
prese le misure , affinchè la misera città
rimanesse esente dal sacco « Chechessia , i
volontari lo cominciarono, e gli altri ten-
nero loro dietro, senza risparmiare alcuno
di quegli eccessi > che in sì fatti furori s©
gliono i militari,, non più cristiani, non
più uomini, commettere . Si salvarono in
questa confusione i principi d'Assia, e di
Anhalt, e il generale Constrom ; ma non
poca parte dì quel presidio rimase o ta-
gliata a pezzi dagli infuriati assalitori , o
fatta prigioniera %
Né qui terminarono le conseguenze di
giorno cotanto favorevole ai francesi. 11
campo del principe d' Hildburgausen , af-
forzato nelle linee presso di Bergh-op-Zoom,
all'intendere presa la città, e alla compar-
sa dei fugitivi , altro consiglio non seppe
prendere, se non quello di dar tosto alle
gambe , lasciando indietro equipaggi , ten-
de , artiglierie , e fasci di fucili . Tutto
andò a ruba , né vi fu soldato francese ,
che non arricchisse . Videsi nondimeno let-
tera stampata , che negava questo abbando.-*
no
430 Annali d' I t a l i a
no di bagagli e fucili , a riserva di un reg-
gimento , il quale amò meglio di mettere
in salvo i suoi malati, che i suoi equipag-
gi. Oltre a ciò, non perde tempo il con-
te di Lowendhal a spedire armati, per in-
timare la resa ai forti di Rover, Mormone
e Pinsen, che non si fecero molto pregare
ad aprir le porte , con restar prigionieri
quei pressidj . Trovandosi ancora in quel
porto diecisette bastimenti con assai mu-
nizioni da guerra e da bocca, che per la
marea contraria non poterono salvarsi , fu-
rono obbligati dalle minaccie dei cannoni
ad arrendersi. Se si ha da credere ai fran-
cesi , quasi cinquemila soldati tra uccisi e
prigionieri costò quella giornata agli al-
leati ; due sole o tre centinaja ad essi.
Oltre ai semplici soldati gran copia di ufi-
ziali rimasero ivi prigioni. Prodigiosa fu
la preda ivi trovata, e spettante al re,
cioè più di ducento cinquanta cannoni, la
metà dei quali di grosso calibro, quasi
cento mortai , qualche migliajo di fucili ,
ed altri militari attrecci , e magazzini a
dismisura abbondanti di polve da fuoco ,
di granate/ di abiti, di scarpe, panni, èc.
Un pezzo poi si andò disputando per sa-
pere qual destino avesse facilitata cotanto
la caduta di sì forte piazza , in cui nulla
si desiderava per resistere più lungamen-
te, e tors' anche per render vano in fine
ogni tentativo degli assedianti . In fine fu
conchiuso , essere ciò proceduto dalla poco
cau-
Anno MDCCXLVII. 431
cautela del Constrom , il quale con si fi-
gurò , che le imperfette breccie abbisognas-
sero di maggior copia di guardie. Contra
di lui fu poi fulminata semenza di morte ;
ma salvolìo il riguardo alla sua rispettabil
vecchiaja. La risposta del re cristianissimo
alla lettera del conte di Lowendhal , re-
cante sì cara nuova , fu di dichiararlo ma-
resciallo, con vedersi poi io Francia nn
raro avvenimento, cioè due stranieri, pri-
m;irj e gloriosi condottieri delle armate di
quella potentissima corona : Passarono ciò
fatto le truppe comandate da esso conte a
mettere l'assedio al forte di Lillò^ e ad
alcuni altri pochi di minor considerazione ,
per liberare affatto il corso della Schelda:
ce tardarono a costringere alla resa il
Forte-Federigo , e quindi esso Lillo nel dì
dodici di ottobre, coli' acquisto di quasi
cento pezzi di artiglieria > e confarvi pri~
gioniera la guarnigione di ottocento solda-
ti. Gran giója dovette essere quella di An-
versa al veder cosne liberato da quei ne-
mici forti il corso del loro fiume*
In Italia ebbero fine le militari imprese
con quella di Ventimiglia. Già si era im-
padronito di essa città il generale piemon-
tese barone di Leutron , e da varie setti-
mane teneva strettamente bloccato quel for-
te castello . Segreti avvisi pervennero ai
generali gallispani , esistenti in Nizza ,
chejgià si trovava in agonia quella fortez-
za ,Je se in pochi dì non giugoeva soccor-
so >
43a Annali d'Italia
so, il comandante per mancanza di muni-
zioni e viveri dovea rendere la piazza e
se stesso al re di Sardegna. Però la mag-
gior parte deir armata gellispana si mise
in marcia a quella volta col maresciallo
duca di Bellisle , e col generale spagnuolo
marchese della Mina. Vollero del pari in-
tervenire a questa scena V infante don Fi-
UppO) e il duca di Modena. Erasi a dis-
misura afforzato con trincee e barricate il
barone di Leutron al peraltro difficilissimo
passo dei Balzi Rossi di là da Ventimi-
glia. Non osarono i francesi di assalir per
fronte un sito sì ben difeso dalla natura
e dall'arte, e in sole piccole scaramuccia
impiegarono due giornate. Ma nella terza ,
cioè nel dì 20 di ottobre, ben informata
il sopraddetto barone della superiorità del-
le forze nemiche, e che essi g3llispani si
erano stesi per V alto della montagna con
intenzione di venirgli alle spalle, benché
forte di venticinque battaglioni, prese la
risoluzione di ritirarsi : il che fu con buon
ordine da lui eseguito. Uscì anche il pre-
sidio francese del castello, per secondare
lo sforzo di chi veniva in soccorso , e pe-
rò la città, dove si trovavano o si erano
rifugiati alquanti piemontesi , tardò poco
ad aprir le porte. Finì questa faccenda
colla liberazion di quei luoghi, e colla
prigionia di forse cinquecento piemontesi •
Ritirossi il Leutron a Dolce-Acqua, e alla
Bordighera; e rotti i ponti sul fiume, qui.
vi
ÀSno MDCCXLVII. 433
vi si trincierò. L'armata gallispana , dopo
aver ben provveduto quel castello di nuo-
va gente, vettovaglie e munizioni da guerra,
e lasciato grosso presidio nella stessa città
di Ventimiglia, se ne tornò a cercar quar-
tiere di verno e riposo , parte in Proven-
za e Linguadocca, e parte in Savoja, con
passare a Sciambery anche il suddetto in-
fante duca di Modena. Circa questi tempi
il duca di Richelieu ricuperò il posto del-
la Bocchetta di Genova , e attese a forti-
ficare i luoghi più importanti della Rivie-
ra di Levante , che parevano minacciati
da qualche irruzion dei tedeschi. Ad altro
nondimeno allora non pensavano gli austria-
ci, se non a ristorarsi nei quartieri presi
in Lombardia dopo tante fatiche e disagi
patiti per quasi due anni senza mai pren-
dere riposo. E perciocché nei dì .tredici di
settembre due coralline genovesi furono
predate dagl' inglesi sotto il cannone di
Viareggio , senza che quel forte le difen-
desse : rimase esposta la repubblica di Luc-
ca a gravi minaccie e pretensioni del sud-
detto duca di Richelieu. Non arrivò il
pubblico ad kitendere , come tal pendenza
si acconciasse . Negli ultimi mesi ancora
dell' anno presente si videro di nuovo lu-
singati i popoli con isperanze di pace,
giacché si stabilì fra i potentati guerreg-
giami un congresso da tenersi in Acquis-
grana, non parendo più sicura Bredà , e
furono dal re cristianissimo chiesti i pas-
Tom. XXVII. Ee sa-
434 ÀtffrÀtr b^Itaiia
«aporti per li suoi ministri , e per quei ài
Genova , e del duca di Modena . Si teneva
per fermo , che fossero spianati alcuni pun-
ti scabrosi nei gabinetti di Francia e d'In-
ghilten\a , al vedere già preso per media-
tor della pace il re di Portogallo, che de-
stinò a quel congresso don Luigi d'Acugna
suo ministro. Ma si giunse alfine deiran-
no con restar tutrav.ia ambidue le voglie
di pace nelle potente guerreggìanti , ed in-
certo , se il congresso suddetto fosse o non
fosse una illusione dei poveri popoli. Né
si dee tacere una strana metamorfosi , av-
venuta nelle Provincie Unite , dove per li
potanti soft} della corte britannica , e per
le parzialità dei popolari , non solamente
fu dichiarato statolder il principe di Oran-
ges e di Nassau Guglielmo, genero del re
d' Inghilterra , ma statolder perpetuo ;- ne
solamente egli, ma anche la sua discen-
denza tanto maschile che femminile . Par-
ve ad alcuni di osservare in tanta novità
il principio di grandi mutazioni per V av-
venire nel governo dì quella repubblica ,
considerando essi , che anche a Giulio Ce-
sare bastò il titolo di dittatore perpetuo ;
e che avendo in sua-mano tutte le armi
della romana repubblica, senza titolo di
re, potea fare e faceva da re. Ma i soli
profeti r che sono ispirati da Dio, han giu-
risdizione sulle tenebre dei tempi avve-
nire.
An-
À tf n o MDCCXLVIIL 435
Anno di Cristo 1748, indizione xi,
di Benedetto XIV, papa 9.
di Francesco I, imperadore 4.
Uiede principio all' anno presente una
bella apparenza di pace , ma contrapesata
da un'altra di continuazione di guerra.
Dalla parte della Francia non altro si udi-
va, che magnifici desideij di rendere ripo-
so all' Europa, ne altra voglia facevano
comparire le contrarie potenze : sembran-
do tutti d'accordo in voler la pace, ma
discordi, perchè voglioso ciascuno di quel-
la sola , che fosse vantaggiosa ai suoi pri-
vati interessi , e portasse un equilibrio
(bel nome inventato dai politici di questi
ultimi tempi) quale ognun se l'ideava più
conforme o necessario al proprio sistema •
Aprissi dunque il nuovo congresso di mi-
nistri in Aquisgrana , come città neutrale
del regno germanico . I popoli > benché tan-
te volte beffati da queste fantasie di sospirata
pace, pure non lasciavano di lusingarsi , che
avesse finalmente dopo sì lungo fracasso di
tuoni e fulmini a succedere il sereno . Ma
intanto un brutto vedere faceva 1' affaccen-
darsi a gara i potentati in preparamenti
maggiori di guerra ; e quantunque si sa-
pesse, che appunto sforzi tali soglieno ren-
dere più pieghevoli i renitenti alla con-
cordia : pure motivo non mancava di te-
mere , che quest'anno ancora avesse da riu-
EtJ 2 SCÌ-
436 Annali d* Itali a
scire fecondo di rovine e di stragi. Sopra
tutto gli ollandesi , che finquì incantati dal
gran guadagno della loro neutralità e li-
bera navigazione , e dalle dolci parole del-
la Francia , aveano dato tempo al re cri-
stianissimo di stendere le sue conquiste,
nello stesso Brabante di loro ragione., e
vedevano in aria minaccie di peggio : si
diedero, ma troppo tardi, a mendicar
truppe dalla Germania, dagli svizzeri, e dai
paesi del Nord . Trovarono intoppi daper-
tutto , probabilmente per li segreti maneg-
gi , o per T efficacia della pecunia france-
se; e però non si sapevano determinare a
dichiarar guerra aperta alla Francia ; e se
facevano nell'un dì un passo innanzi, nelV
altro ne facevano due indietro . Aveano es-
si unitamente col re britannico fatto ri-
corso ad Elisabetta imperadrice della Rus-
sia , per trarre di colà un possente eserci-
to di armati > cioè un esorcismo , valevo^
le a mettere freno all' esorbitante potenza
francese , che essi chiamavano troppo avi-
da , e principale origine o promotrice di
tutte le guerre, che da gran tempo sono
insorte fra i principi cristiani . Non pare-
va già credibile che la corte russiana fos-
se per condiscendere alla richiesta di tren-
ta o trentacinquemilla dei suoi soldati >
pel mantenimento annuo dei quali si esi-
bivano dalle potenze marittime centomila
lire sterline > stante l'immenso viaggio,
che occorreva per condurre tali truppe al-
le
Anno MDCCXLVIIT. 43?
le rive del Reno, o in Ollanda . Ma più.
che il danaro dovette prevalere in cuore
di quella grande imperadrice il riflesso di
contribuire alla difesa di quella dei roma-
ni : giacché troppo utile o necessaria si è
r amistà ed unione di queste due monarchie
per l'interesse loro comune, e comune an-
che della cristianità , a fine di far fronte
nei bisogni alla potenza turchesca . Si ven-
ne dunque a Scoprire sul principio di que-
sto anno, essere quel negozio conchiuso,
e che la Germania avrebbe il gusto o dis-
gusto di conoscere di vista , che razza di
milizia fosse quella , che avea dato di sì
brutte lezioni alla Svezia, e tanto terrore
ai turchi : quantunque non pochi specula-
tivi si figurassero, dovere riuscir quel trat-
tato uno semplice spauracchio ai francesi ,
non già un vero soccorso ai collegati av-
versarj *
Minore non era in questi tempi Tappa-
rato di guerra per l'Italia ? bollendo più
che mai lo sdegno deir imperadrice regina
contro dei genovesi , quasiché il valor di
essi avesse non poco scemata la riputazion
delle armi austriache . A rinforzare il suo
esercito in Lombardia andavano calando
in essa , oltre alle numerose reclute di
gente e di cavalli anche dei nuovi corpi
di truppe. E perciocché secondo il parere
dei savj suoi generali il tornare all'asse-
dio di Genova sarebbe stato un andare a
Caccia di un nuovo, anzi maggior penti-
Ee 3 men-
438 A »rau i/Itaiia
mento, per le tante difese accresciute a
quella città: rivolte pareano tutte le mire
degli austriaci a portar la guerra e la de-
solazione nella Riviera di Levante > e mas-
simamente coutro Sarzana e le terre del
golfo della Spezie. Ma non istette in ozia
T attività del duca di Riclidieu . Per quan-
to era possibile , accrebbe egli le fortifi-
cazioni a qualunque luogo capace di dife-
sa in essa riviera , non risparmiando passi
ed occhiate, per provvedere a tutto. E.
perciocché temeva, che gli austriaci vali-
cando TApennino, e avendo la mira so-
pra Sarzana , potessero impadronirsi di La-
venza , picciola fortezza del ducato di Mas-
sa , tuttoché si trattasse di luogo imperia-
le, e però neutrale: meglio stimò di met-
tervi presidio francese s e di levare ai ne-
mici Fuso dell' artiglieria ^ che ivi si tro-
vava . Col tempo misero quelle milizie il
piede anche in Massa contro il volere del-
la duchessa reggente , e con grande danno
di quegli abitanti, i quali perderono da lì
innanzi il commercio per mare> perchè
considerati quai nemici dalle navi inglesi.
Fra questo mentre andavano di tanto in
tanto giugnendo a Genova, senza chiedere
licenza a quelle navi , alcuni ora grossi ,
ora tenui rinforzi di gente francese, spe-
diti da Nizza, Villafranca , e Monaco; ma
non si udiva già , che nella Provenza e
Delfinato si facesse gran massa di soldate-
sche, né armamento tale, che fosse capace
di
A v * o MDCCXLVIII. 439
di divertire le forze dei tedeschi , caso che
tentassero daddovero una irruzione nel Gè*
novesato. I principali pensieri della corte
di Francia erano rivolti più che mai in
questi tempi ai Paesi Bassi , dove in fatti
era il gran teatio della guerra; il che te-
nera in un continuo batticuore il governo
e popolo di Genova . Anche gli ajuti di
Spagna consistevano in sole voci di gran
preparamento, e però in sole speranze e
promesse. E intanto il reale infante don FI-
lippo , e il duca di Modena , deposti per
ora i pensieri marziali , se ne andarono a
passare il verno in solazzi nella città di
Sciambery. Ma poco vi si fermò il duca,
perchè nel furore del verno , e ad onta dei
ghiacci e delle nevi, si portò per gli sviz-
zeri e grigioni a Venezia a visitare la sua
ducal famiglia ; e di là poi nel marzo si
restituì in Savoja .
Scorsero i primi mesi del presente anno
senza riguardevoli novità ; giacche non me-
ritano di aver luogo in questi brevi anna-
li alcuni vicendevoli tentativi fatti dai gal-
lispani per sorprendere Savona ed altri luo-
ghi o della Riviera di Ponente, o delle
montagne piemontesi , ed altri fatti dagli
austriaco-sardi, per tornare ad impadro-
nirsi di Voltri. Così nei Paesi Bassi niun'
altra considerabile azione seguì , fuorché ia
vicinanza di Berg-op Zoom , dove condu-
cendo i francesi con buona scorta un gran
convoglio di munizioni da bocca e da guer-
Ee 4 ra ,
44o Annali d'Italia
*a, dopo la metà di marzo furono assaliti
da un più possente corpo di collegati , e
messi finalmente in rotta con perdita di
molta gente e roba . Venuta la primavera
il general comandante austriaco conte di
Broun sempre più dava a credere di voler
portare la guerra verso Sarzana e la Spe-
zia ; al qual fine dei grossi magazzini di
biade e fieni si fecero a Fornovo , Berce-
to, e Borgo Val di Taro, S'inoltrò anche
a Varese, terra del Genovesato, un gran
corpo di sua gente «, Ma per condurre unT
armata di là dall' Apennino col necessario
corteggio di artiglieria, foraggj, e viveri,
occorrevano migliaja di muli; e di questi
restava anche a farsi in gran parte la prov-
visione: disgrazia, che n©n fu la prima
ed unica, per cui sono ite talvolta in fu-
mo le ben pensate idee ed imprese dei gè*
nerali austriaci. A queste difficoltà, che
impedivano l'avanzamento delle armi te-
desche , probabilmente si aggiunse qualche
motiva e riflesso segretamente comunicato
dalla corte cesarea al suddetto conte di
Broun , per cui quantunque egli facesse di-
poi varie mostre di portare la guerra nel
cuore del Genovesato , pure non corrispo-
sero mai i fatti alle minaccie ; ed egli ar-
rivò poi a distribuire buona parte dell* e-
sercito suo nel Parmigiano, Modenese, e
Reggiano. Dall'altro canto né pure mai si
videro comparire in Provenza i generali del-
le due corone alleate, cioè il maresciallo
di
Anno MDCCXLVIIÌ. 441
di Bellislej e il marchese de la Mina . ne
si udì moto alcuno delle lor armi in quel-
le parti . Anche il duca di Modena passò
neir aprile a Parigi , di modo che in que-
sto aspetto di cose sembrava a non pochi
di mirare un crepuscolo di vicina pace*
Ma a tali speranze si contraponeva il mo-
vimento delle truppe russiane , non sem-
brando verisimile , che si avesse da espor-
re alle fatiche di un sì sterminato viaggio
quel grosso corpo di gente , qualora si fis-
se alla vigilia di qualche concordia . Nort
si era fin qui potuto persuadere a molti
di coloro., i quali mettono il loro più gu-
stoso divertimento nel trafficar novelle di
guerre , ed interpretazioni dei segreti dei
gabinetti , che si avessero a muovere dad-
dovero i reggimenti accordati dalla impe^
radrice russiana alle potenze marittime, e
ai più si credeva, che non' dovessero se
non minacciare la Francia con ostarsene
ferme ai loro confini. Si videro poi entra-
re nella Polonia, e sempre più inoltrarsi
alla volta del Mezzodì , ad onta delle rie*
vi e dei ghiacci . Fortuna fu per la Francia i
che il ministro diOllandà spedito alla cor-
te russiana colle necessarie facoltà per ma-
tteggiar quel contratto , nonf si attentò at
segnarlo senza l'ordine del novello statol-
der principe Guglielma di Nassau . V an-
data di un corriere e il suo ritorno ritar-
darono per più di un mese la mossa dei
preparati russiani ,
Sep-
442 Annali d'Italia
Seppero i francesi mettere a profitto il
ritardo di quella gente , e conoscendo la
lor grande superiorità sopra le forze dei
collegati y parte delle quali era tuttavia
troppo lontana , o non peranche ben reclu-
tata , si affrettarono a far qualche stre-
pitosa impresa . I lor varj preparamenti ,
marcie e contramarcieaveanofinquì imbro-
gliata la provvidenza degli alleati , con ob-
bligarli a tener divise ed impiegate in va-
rj vigorosi presidj le lor armi,, per noa
sapere, sopra qual parte avessero a volger-
si gli sforzi nemici, mentre nello stesso
tempo erano minacciati Lucemburgo , Ma-
stricht , Brcdà, e la Zelanda. Finalmente
si tirò il sipario nella notte precedente al
dì 16 di aprile, e si vide investita la for-
tissima città di Mas trich; , città interseca-
ta dalla Mosa con ponte di comunicazione
fra le due rive . Il maresciallo di Sassonia
col nerbo maggiore delle milizie aprì da
due lati la trincea sotto la piazza, e il
maresciallo di Lowendhal anch' egli dalla
parte destra del fiume di Wyck , diede
principio alle offese, comunicando insieme
le due armate francesi mercè di uno o più
ponti. Eransi ritirate le armi dei collegati
da quei contorni, così consigliate dall'in-
feriorità delle forze; e però non andò mol-
to che cominciarono a tuonare le copiose
batterie di cannoni e mortari contro l'as-
sediata città. Non mancarono al lor dove-
re i difensori; ma aveano a far con gente,
che
Anno MDCCXLVIIL 443
che da gran tempo ha imparato a farsi
ubbidire dalle più orgogliose fortezze . Du-
rante lo strepito di queste azioni guerrie-
re , nel pacifico teatro della città di Àcqui-
sgrana adunati i ministri delle potenze bel-
ligeranti , più che mai trattavano di dar
fine a tante ire e discordie. Avea non po-
co ripugnato la corte di Vienna ad ammet-
tere a quel congresso i ministri del duca
di Modena e della repubblica di Genova :
prevalse poi la giustizia,, che assisteva que-
sti due sovrani . Per lo contrario non ebbe
già effetto la proposta mediazione del re
di Portogallo e bisogno né pur ve ne fu •
Ordinariamente le paci fra' monarchi dipen-
dono da certe segrete ruote di qualche po-
co conosciuto emissario, e non dall'unione
e maestoso consesso dei gran ministri dei
contrari partiti , che in apparenza amici ,
pure più fra loro combattono per la diver-
sità delle pretensioni, chele opposte arma-
te in campagna . Anzi frequentemente ac-
cade , che anche più difficilmente si accor-
dino fra loro gli stessi collegati, pensando
troppo ognuno al privato proprio interes-
se , di modo che per lo più non si giugne
ad una pace generale , «e non ne precede
una particolare, trovandosi sempre qualche
soda o plausibil ragione , per mancare ad
uno dei patti primarj delle leghe , cioè di
non far pace senza il totale consenso degli
;alleati .
Così appunto ora avvenne . Eccoti che
si
,!
444 NNALI D' ÌtÀaLÌÀ
'si viene all' improvviso a scoprire 3 che neì
dì 30 di aprile i ministri di Francia , In-
ghilterra, ed OUanda aveano segnati i pre-
liminari della pace 3 e ciò senza saputa
hon che senza consenso di quei dell' im-
peradrice regina,, e del re di Sardegna ta-
li erano sì fatti preliminari , che fermava-
no una pace vera fra le tre suddette poteri*
ze , lasciando luogo all'altre di aderir-
vi il più presto possibile . Portavano i prin-
cipali punti di questa concordia : Che si
restituirebbero tutte le conquiste fatte dò
pò il principio della presente guerra dall
prefate potenze _, e per conseguente, quan
to avea la Francia tolto nei Paesi Bassi all'
augusta regina e agli ollandesi ; e si reri-
derebbe capo Breton alla Francia nell'Ame-
rica Settentrionale. Che dalla parte del ma-
te si demolirebborio le fortificazioni di Duri-
querque. Che all'infante don Filippo si ce-
derebbono i ducati di Parma 3 Piacenza, e
Guastalla, colla reversione a chi ora li pos-
sedeva , caso che esso mancasse senza figli,
ò oitenesse la corona delle due Sicilie *
Che il duca di Modena sarebbe rimesso iti
possesso di tutti i suoi stati, e che gli si
darebbe un compenso di ciò, che non po-
tesse essergli restituito. Che la repubblica
di Genova sarebbe ristabilita nel possesso
di tutto quel che possedeva prima di esso
anno 1740 o avea acquistato per cessione
Tanno 1743 a riserva di Piacenza. Che il
ducato di Slesia colla contea di Glatfc sa-
reb-
Anno MDCCXLVIII. 445
rebbe garantito al re di Prussia da tutte
le potenze contrattanti . Che la Spagna con-
fermerebbe agl'inglesi il trattato dell' As,-
siento per alquanti anni , oltre ad alcune
segrete promesse di altri vantaggi e privi-
legi di commercio per gl'inglesi nell'Ame-
rica spagnuola. A me non occorre dirne
di più ; se non che in vigore di questa
concordia uscì di Mastriqht colla più ono-
revol capitolazione la guernigione degli al-»
leati, e restò quella città in potere dei fran-
cesi per ostaggio tantoché si effettuasse la
vicendevol restituzione degli stati a tenore
dei preliminari , i quali nel debito tampo
si videro ratificati dalle tre potenze for-
matrici di quell'accordo. Per conto del re
cattolico si può credere j che le risoluzioni
prese dal re cristianissimo per la pace ^ fos-
sero preventivamente comunicate anche al-
la maestà sua , stante la buona armonia di
quelle due corti , Ma certo è bensì , che
senza participazione dell'augustissima regi-
na tagliato fu il corso della presente guer-
ra , mentre ella dalla continuazione di que*.
sta sperava maggiori vantaggi e men pre-
giudizio ai proprj affari . N©n così Tinte*-
sero i potentati , autori di quei prelimina-
ri ♦ Trovavasi tuttavia in un beli' ascenden-
te la fortuna e il valore dell' armi france-
si , contuttociò conobbe quel gabinetto,
che tempo era di contentarsi dei trionfi
passati senza cercarne non troppo pericolo
o troppo costo dei nuovi . Pesante era la
ca-
1&6 Annali d'Italia1
carestia dei grani di quel regno. DalP Irì*
ghilterra , che soleva somministrarne y non
si potea sperare soccorso ; meno da Dan-
zica e da altri emporj del Settentrione, o
del Mediterraneo , perchè gì' inglesi erano
padroni del mare, e maggiormente si sa-
rebbe precluso il commercio per quel va-
sto elemento, ove si fosse accoppiata con
gF inglesi la forza degli ollandesi. Di gra-
vi percosse aveano già patito le flotte fran
cesi, e più ne poteano temere* Comincia
va anche a risentirsi la Francia pel sacrili
zio di trecento se non più migliaja di uo
mini , consumati dai capriccj delP ambizio
ne ; ogni dì ancora occorrevano nuove le-
ve, né altronde si potevano fare, che da
quel continente . Avrebbe ben fruttato più
a quel gran regno la metà di tanta fiorita
gente perduta , se fosse stata inviata a fon-
dar delle colonie nel Missisipì . Vero è i
che la Francia ricavava abbondanti rugiade
dall' erario spagnuolo , e grosse contribu-
zioni dal conquistato paese ; ma chi non sa ,
qual immensa voragine sia la guerra , e
guerra maneggiata con più centinaja di
migliaja di armati ; e con quante pensioni
comperasse la Francia le amicizie di que-
gli stranieri , che le potevano nuocere ?
Però le convenne in questi ultimi tempi
imporre esorbitanti e disusate gravezze ai
popoli suoi , per le quali si vide poi , che
il parlamento di Parigi giunse a far delle
delicate doglianze al suo monarca. Final-
men-
Anno MDCCXLViri. 447
mente V epidemia dei buoi entrata in Fran-
cia, e i trentamila russiani , ch'erano io
viaggio j, aggiunsero Un grano alla bilan-
cia, e la fecero calare. Tali furono i mon-
tivi , che indussero il re cristianissimo a
desiderar daddovero la pace , e a conchin-
derla , contando egli per suo vantaggio,
anche senza ritener per se alcuno degli
acquisti , V avere alquanto indebolita la po-
tenza dell' emula casa di Austria colla per-*
dita della Slesia , e con Io smantelìamenro
di alcune fortezze nella Francia e nella
Briscovia.
Concorsero del pari a dar mano all' ac«*
cordo gl'inglesi , perchè stanchi di soste-*
nere con sì enorme effusione dei lor teso-
ri in tante parti l'impegno preso, non per
acquistare un palmo di terreno per loro>
ma per impedire, che la Francia maggior-
mente non islargasse l'ali alle spese dei
lor collegati , e per riacquistare qualche
vantaggio al proprio interrotto commercio
nell'America. Ottenuto questo colla pace ,
più non occorreva cercarlo coli' incredibil
dispendio della guerra, la quale aveva ac-
cresciuto il debito antecedente di quella
nazione , con farlo giugnere a settanta mi-
lioni di lire sterline * Lamentavansi ancora
essi inglesi, perchè l'augusta imperadrice
non mantenesse in campagna la interna sti-
pulata quota delle truppe , per cui tirava
il sussidio di grosse somme da Londra.
Più angora inclinò a questa concordia la
re-
448 Annali d'Itaiia
repubblica delle Provincie unite , perchè per
difendere 1 altrui, aveva tirato un troppo
grave incendio sulla casa propria . Spoglia»
ta di gran parte del suo Brabante, mirava
colla perdita di Mastricht oramai aperta
la porta alla desolazione del suo paese
Però non trovava ella nei libri suoi l'ob-
bligo di comperare a sì caro prezzo la in-
demzzazione altrui. Aggiugnevano in ol-
tre qualche mal umore nelle viscere dei
suoi medesimi stati , per cagione di cui si
scorgeva troppo utile , se non anche neces-
sario, il non impegnarsi maggiormente in
pericolosi cimenti di guerra, quando ami-
chevolmente si potea ricuperare il perduto
proprio, e 1' antemurale restante delle piaz-
ze austriache , Per lo contrario non si sap*
fieva accomodare la imperadrice regina al-
a legge, che venivate data da amici e ne-
mici , duro a lei parendo il rinunziare per
sempre al felice ducato della Slesia e ad
alcuni paesi della Lombardia austriaca .
Coqtuttociò accomodandosi la prudenza del
suo gabinetto alla presente situazione di cose^
senza gran ritardo comparve in Acquisgra-
na il consenso della maestà sua agli arti-
coli preliminari della pace, con qualche
restrizione nondimeno allo stabilito in es-
si , Neppure tardò ad approvare la suddet-
ta orditura di pace il re di Sardegna ; ed
anche ri re cattolico vi spedì V assenso
suo, ma intralciato da qualche riserva ,
spettante al commercio preteso dagl* ingle-
si
Anno MDCCXLV1IT. 449
si celi1 Indie spagnuole. Contuttociò lun-
gamente continuarono in Italia le ostilità
fra gli austriaci e i difensori del Genove-
sato . Anzi si vide stampata e pubblicata
nel dì venti di maggio un' intimazione del
generale conte di Broun ai popoli della
riviera di Levante di non commettere at-
to alcuno di opposizione aliarmi cesaree,
perchè così sarebbero ben trattati, minac-
ciando all'incontro ferro e fuoco a chi si
abusava della clemenza di sua maestà re-
gia imperiale. Continuò anche in mare la
guerra fra gì' inglesi e i legni genovesi ;
finché finalmente vennero gli ordini dell'
armistìzio , e si cominciò a vagheggiare
come vicina la sospirata pace, e a sperar
non lungi 1' adempimento delle già accen-
nate condizioni . Non sapevano intanto i
politici del volgo accordare con sì belle
disposizioni l'osservarsi, che V esercito au-
siliario russiano continuando il riaggio
mostrava di non aver contezza alcuna , che
i raggi della pace spandessero l'allegrezza
pel resto di Europa. In fatti dopo di aver
valicata la Polonia, ed alta Silesia, si vi-
de alla metà di giugno comparire la pri-
ma colonna di quelle truppe in Moravia.
Vollero le imperiali maestà godere di que-
sto spettacolo, e portatesi a Brun, dove
nobilmente furono accolte e trattate dal
cardinale di Troyer vescovo di Olmutz,
ebbero il piacere di considerare la bella
comparsa di quella gente , tutta ben ar-
T©m. XXVIL Ff ma-
450 Ann ali b* Ìtali a*
mata, vestita e disciplinata, e aenza al-
cun segno dell'antica loro barbarie. Seco
veniva una magnifica cappèlla coi suoi can-
tori ; è il lóro passaggio per tanti paesi
non fu accompagnato da lamenti degli abi-
tanti, perchè pagavano tutto. Solamente
parve , che taluno non mirasse di buon oc-
chio la venuta di que' settentrionali per
timore , che alla nazione russiana potesse
piacer più del proprio il cielo di mezzodì ;
Si diffuse poi sopra quelle truppe ed ufi-
ziali 1 si munificenza dell' impèradrice regi-
na. Ma allorché comunemente si credeva ,
che stante l'intavolata ed immancabile pa-
ce avessero i russiani a ritornarsene all'
agghiacciato lor clima, ò pure fermar il
piede in Boemia , non senza maraviglia di
ognuno si videro istradati anche alla volta
della Franconia e del Renò. A tal vista
si diedero a strepitare e a parlar alto i
frane esi , e tal forza ebbero le loro minac-
cie 5 che dalle potenze fnaritime fu spedito
ordin e a quei troppo arditi stranieri di
retro cedere sin in Boemia : con che cessò
ogni apprensione della loro venuta.
Dappoiché tutti i principi impegnati nel-
la gu erra presente si trovarono assai con-
cordi in approvare ed accettare i prelimi-
nari , cioè il massiccio della futura pace
si r ipigìiarono i congressi dei ministri in
Acq uisgrana, a fin di spianare, per quanto
foss e possibile, le diverse particolari preten-
sioni dei principi, le quali potessero diffi-
col-
Anno MDCCXLVIIJ. 451
Coltarla conchiusione dell' universal concor-
dia.» o lasciar semi di guerre Bavelle, Per
conto dell'Italia, di gravi doglianze aveano
fatto e faceano i milanesi alla corte divien-
ila, perchè si fosse ceduta al re di Sardegna
tanta parte del Contado di Anghiera colla
metà del lago maggiore, senza aver consi-
derato, che sensibil danno ed angustia ne
provvenisse alla stessa città di Milano. Però
l'augusta imperadrice cominciò a pretende-
re, che siccome più non sussisteva il trat-
tato diVormazìa per la cessione all'infante
don Filippo di Piacenza, cosi dovesse anche
la maestà sua restare sciolta dall' obbligo
di mantenere al re di Sardegna quanto gli
avea ceduto. Pretendeva in oltre più di
un milione di genovine, di cui erano ri*
masti debitori i genovesi . Quanto all' in-
fante don Filippo, si faceva istanza^ che
col ducato di Guastalla andassero uniti
quello di Sabioneta, e il principato di Boz-
zolo , siccome goduti dagli ultimi duchi di
essa Guastalla. Finalmente il conte di Mon-
cone ministro del duca di Modena richie-
deva , che fosse rimesso questo principe in
possesso dei contadi di Arad e di Jeno in
Ungheria; e perchè si trovò, che per ìi
bisogni della guerra erano stati venduti ,
insisteva per un equivalente di «tati in Lom-
bardia. Restavano poi da dibattere varie
altre pretensioni dei principi fuori d'Italia,
che tralascio, perchè non appartenenti air
assunto mio . Giunsero ancora al congresso
Ff 2
452 Annali d'Italia
di Acquisgrana le doglianze dei corsi con*
tro la repubblica di Genova, ma parve,
che niur* conto ne facessero quei ministri .
Per ismaltir dunque le materie suddette s*
impiegarono cinque mesi e mezzo dopo la
pubblicazion dei preliminari, e finalmente
si verme in Acquisgrana allo strumento de-
cisivo della pace nel dì diciotto di ottobre
del presente anno. Non rapporterò io se
non quegli articoli, che riguardano l'Italia :-
cioè
2. Dal giorno delle ratificazioni di tutte
le parti sarà ciascuno conservato e rimesso
in possesso di tutti i beni , dignità , bene-
fizi ecclesiastici , onori, ch'egli godeva, a
doveva godere al principio della guerra ,
nonostante tutti gli spossessi, le occupazio-
ni e confiscazioui occasionate per la suddet-
ta guerra .
6. Tutte le restituzioni e cessioni rispet-
tive in Europa saranno interamente fatte
ed eseguite da ambe le parti nello spazio^
di sei settimane , e più presto , se si po-
trà , contando dal giorno del cambio delle*
ratificazioni di tutte le parti.
7. I ducati di Parma, Piacenza, e Gua-
stalla si daranno all'altezza reale dell'in-
fante don Filippo, e suoi discendenti maschi
col diritto di riversione ai presenti pos-
sessori , se il re di Napoli passasse alla co-
rona di Spagna, o don Filippo morisse sen-
za figli.
8. Quindici dì dopo le ratificazioni si
ter-
Anno MDGCXLVIIL 453
terrà un congresso a Nizza: Cioè fra 1 mi-
nistri delle parti contrattanti , a fin di spia-
nare e risolvere tutte le difficoltà restanti
all'esecuzione del presente trattato di pace .
io. Le rendite ordinarie dei beni , che
debbono essere restituiti o ceduti, e le im-
poste fatte in essi paesi pel trattamento e
per li quartieri d'inverno delle truppe,
apparterrano alle potenze , che ne sono in
possesso y sino al giorno delle ratincazio-
*ii, senza che sia permesso di usare alcuna
via di esecuzioni , purché si dia cauzione
sufficiente pel pagamento . Dichiarando ,
che i forraggi ed utensigli per le truppe
che ivi si truovano , saranno somministra-
ti sino air evacuazione. Tutte le potenze
promettono e s' impegnano di nulla ripete-
re, né di esigere delle imposte e contribu-
zioni, ch'esse potessero aver poste sopra i
paesi /città, e piazze occupate nel corso
di questa guerra , e che non saranno state
pagate nel tempo, che gli avvenimenti del-
la guerra gli avranno obbligati ad abban-
donare i detti paesi. Questo articolo spe-
zialmente riguardava la repubblica di Ge-
nova, da cui l'imperadrice regina preten-
deva pia di un milione > siccome accen-
nammo .
12. La maestà del re di Sardegna resterà
in possesso di Vigevano, di parte dei Pa-
vese, e di parte del Contado di Anghiera,
secondochè gli è stato ceduto nel trattato
di Vormazia*
Ff 3 13.
.
454 Annali d'Italia
13. Il serenissimo duca di Modena sei
settimane dopo il cambio delle ratificazio-
ni prenderà possesso di tutti i suoi stati ,
beni ec. Per quello, che mancherà , si pa-
gherà, a giusto prezzo, il qual prezzo,
siccome ancora Y equivalente dei feudi ,
ch'egli possedeva in Ungheria, se non gli
fossero restituiti, sarà regolato e stabilito
nel congresso di Nizza '. Di maniera che
nello stesso tempo e giorno, che esso se-
renissimo duca di Modena prenderà posses-
so di tutti i suoi stati, egli possa anche
entrare in godimento, sia dei suoi feudi
in Ungheria, sia dell'equivalente. Gli sa-
rà parimente fatta giustizia nel detto ter-
mine di sei settimane dopo il cambio del-
le ratificazioni sopragli allodiali della casa
di Guastalla .
14. La serenissima repubblica di Genova
sarà rimessa in possesso di tuffi 1 suoi
stati, posseduti da essa prima della pre-
sente guerra, come anche i particolari in
possesso di tutti i fondi esistenti nel ban-
co di Vienna ed altrove .
Finalmente furono confermati i prelimi-
nari stabiliti nel dì trenta di aprile di
questo anno 1748 e garantiti da tutte 1<
potenze gli stati restituiti o ceduti. E ca-
so alcuna potenza rifiutasse di aderire a
suddetto trattato, la Francia, Inghilterra
ed Ollanda promisero d'impiegare i mezzi
più efficaci per i' esecuzione dei soprascrit-
ti regolamenti.
Avre-
Akno MDCCXLVIII. 455
Avreste creduto, che questa pace avesse
sparso una larga pioggia di giubilo spezial-
mente sopra quei popoli, che sofferivano
il peso dell'armi straniere; ma per disgra-
zia si convertì essa pace in una più sensi-
bil guerra di prima . Detto fu , che i mi-
nistri della regina imperadrice e del re di
Sardegna avessero fatto gagliarde istanze,
affinchè gli stati destinati a tornare in ma-
no dei loro legittimi antichi padroni , aves-
sero a goder l'esenzione da ulteriori con-
tribuzioni. Frutto certamente non se ne
vide. Può essere, che si credesse provve-
duto abbastanza coli' articolo decimo a
questo bisogno , ma non si avvisavano già
i primarj ministri del congresso di Acqui-
sgrana , che i generali dei spagnuoli aves-
sero un dizionario, in cui le parole di Fo-
raggi ed Utenslglìy espresse nei suddetto
articolo , importassero la facoltà di scor-
ticare i poveri con nuove contribuzioni ,
che non aveano però nome di contribuzio-
ni. Fecero pertanto gl'intendenti gallispani
a chiari conti conoscere ai deputati di
Nizza e Villafranca, a quanto ascendesse
il debito loro per la somministrazion del-
1» paglia e fieno, della legna, e del lu-
me , ec. dovuti a ventiquattro battaglioni
esistenti in quelle parti (benché mancanti
della metà della gente) e ai tanti generali
ed ufiziali , anche lontani o sognati di quel
corpo di truppe. E perchè quel desolato
paese non potea dar quei naturali , conve-
Ff 4 nen-
it$è ÀnSàii d' Ìtali*'
nendo perciò , che gì' intendenti li .faces-
sero venire di Francia a caro prezzo , si
fece montar molto più alto la somma del
debito , riducendpsi in fine a tassarlo tut-
to per centomila lire di Piemonte (cioè per
ventimila filippi) al mese> e ad intimarne
il pagamento; e questo anticipato per li
mesi di novembre e dicembre , con aggiu-
gnere la minaccia dell' esecuzion militare
in caso di ritardo. Restarono di sasso quei
deputati, e rappresentarono V evidentissima
impotenza dei paese, già estenuato per sì
lunga guerra , è per tanti passaggi di trup-
pe : ma riscaldatosi nel contrasto l'inten-
dente spagnuolo, giunse a dire, che li fa-
rebbe scorticare, e fatte le lor pelli in
fette, le venderebbe a chi se ne volesse
servire . Convenne pagare : io non so il co-
me . Non furono meglio trattati i popoli
della Savoja. Fin Tanno 1745 si vide ste-
so da mano maestra un loro memoriale al
cattolico monarca Filippo V in cui essi
esponevano gì' incredibili aggravj posti dall'
intendente spagnuolo a quelle montagne ,
coir esigere in danaro il servigio militare
delle truppe: con che venivano obbligati
gli abitanti a pagare più di centomila doble
T anno ; e ciò nonostante , i soldati si face-
vano lecito di prender fieno e legna y senza
incontrar questo nei conti : oltre al torre
le lor bestie, e voler carreggi senza fine,
e obbligar la gente bene spesso alle forti-
ficazioni. Queste ed altre avanie, per le
qua-
Anno MDCCXLVIIL 45 f
quali nulla restava pel proprio sostentamen-
to a quei poveri popoli , aveano obbligato
gran copia di famiglie ad abbandonare il
paese, per cercare il pane in Francia ò al-
trove . Che quei memoriale non avesse là
fortuna di pervenir sotto gli occhi del re
cattolico, si può ben credere, stante la
somma pietà di quel monarca^ che non
avrebbe mai permesso un così duro stra-
zio a popoli battezzati ed innocenti . È
pure la miseria di essi crebbe dopo la pa-
ce di Acquisgrana , perchè anche ad essi
l'intendente spagnuolo intimò di pagare,
oltre all'ordinaria contribuzione, centomi-
la lire di Piemonte per mese, e queste an-
ticipate per novembre e dicembre . E per-
cioccchè si giùnse al fine dell'anno senza
che seguisse restituzione alcuna degli oc-
cupati paesi , fu replicata la medesima do-
se di anticipato pagamento anche pei gen-
najo dell'. anno seguente 1749.
Allora fu, che il re di Sardegna, il qua-
le finquì avea con soave mano trattato Sa-
vona , il Finale, e gli altri paesi della Ge-
novese Riviera di Ponente a lui sottomes-
si , irritato da sì aspre estorsioni fatte ai
sudditi suoi , impose a titolo di Proservi-
zio, Rappresaglia, Retorsione, e quieto
vivere a quei paesi l'anticipata contribu-
zione di trecentomila lire di Piemonte (so-
no sessantamila iilippi) e poscia un'altra
di quarantacinquemila lire. Ancorché gli
stati del duca di Modena credessero di non
do-
458 Annali d'Italia
dover soggiacere a somiglianti aggravj y sì
per non esser dichiarati pa^si di conqui-
sta , come ancóra perchè somministravano
il contingente di foraggi ed utensigli al-
le soldatesche ivi esistenti : pure anche ad
essi furono intimate due contribuzioni ed
esatte. Vera è, che tanto la regina impe-
radrice, che il re suddetto, non dimenti-
carono in tal occasione l'innata lor clemen-
za e generosità verso quei popoli ; ed an-
che Piacenza fu quotizzata , ma con molto
più tollerabile aggravio. A cagione di que-
sti disgustosi salassi furono portate al con-
gresso di Acquisgrana le doglianze e le la-
grime degli afflitti popoli, ed arrivarono
anche all' altro già incominciato in Nizza.
Sorde si trovarono le orecchie di chi do-
ve a porgere il rimedio, perchè andavano
d' accordo i generali d' armi in volere
risparmiar ai regnanti il pensiero di pre-
miar tante lor fatiche, con prendere la ri-
compensa sui paesi, che si aveano ad ab-
bandonare . Erano intanto venute le ratifi-
cazioni della pace di Acquisgrana dalle cor-
ti di Francia, Inghilterra, ed Ollanda ; poi
quelle del re Cattolico, del re di Sardegna ,
del duca di Modena, e della repubblica di
Genova ; sicché fu al debito tempo aperto
il congresso di Nizza , dove intervennero i
due generali gallispani Bellhle e Las Mi-
nasy e per l'augusto imperadore il generale
conte Broun , accompagnato dal conte Ga-
briello Verri fiscale generale di Milano ,
giù
Anno MDCCXLVIIT. 459
giurisconsulto di gran credito . Similmente
Timperadore, il re di Sardegna, il duca
di Modena,, e la repubblica di Genova v'in-
viarono i lor ministri. Furono dibattute le
vicendevoli pretensioni dei principi per le
fortezze, artiglierie, munizioni, ec. che si
doveano restituire. E perchè tuttavia insi-
stevano i ministri austriaci sul preteso lor
credito contra dei genovesi , pericolo vi fu,
che si sciogliesse senza conclusione alcuna
quell'adunanza. Andò poi così innanzi la
copia e l'intralciamento degli affari, che
arrivò il fine dell'anno, senza che i popo-
li gustassero un menomo sapor della pace ;
perchè niuno disarmava , e se non si face-
va guerra agli uomini, si faceva ben viva
alle borse. In questo anno nel Ferrarese
un grave danno recò l'epidemia bovina.
Anche il Finale di Modena , e qualche luo-
go della Roraagnuola , e del Bolognese par-
teciparono di questa sciagura .
Anno di Cristo 1749, indizione xn.
di Benedetto XIV, papa io.
di Francesco I, imperadore 5.
spuntò il felicissimo presente anno tutto
gioviale con corona di ulivo in capo, ri-
soluto di dare agli aggravati popoli quella
quiete, che il precedente con orarie promes-
se avea fatto sperare . Si era già prepa-
rata la gente a solennizar con isfogo di
giubilo il fine di tanti guai, perchè nel
con-
&6q Annali d'Italia
Congresso di Acquisgrana era stato stabi-
lito, che nel dì quattro di gennajo si des-
se principio all' evacuazione degli occupati
paesi : quando ecco insorgere una nuova re-
mora all'adempimento della sospirata pace *
Restavano tuttavia indecise nel congresso
di Nizza le soddisfazioni dovute al duca
di Modena tanto per gli allodiali della li-
nea estinta dei duchi di Guastalla 3 dovuti
secondo le leggi alla serenissima casa di
Este,, quanto per li contadi di Arad e di
Jeno in Ungheria , tolti in occasion della
presente guerra ad esso duca . Con tutto il
suo buon cuore non trovava l'augusta im-
peradrice la maniera di restituirli, perchè
gli aveva alienati ; e i ministri suoi non
trovavano un equivalente di stati da darsi
a questo principe , giacche l'esibizione di
pagargli annualmente , i frutti corrispon-
denti alle rendite non soddisfaceva . Insiste-
vano perciò i ministri gallispani a tenore
degli ordini delle lor corti su questo pun-
to , e sulla restituzione dei fondi spettan-
ti ai genovesi ; e perchè restò incagliato
l'affare, bastò intoppo tale a fermar tut-
to l'altro resto della esecuzion della pace,
e a moltiplicar anche per un mese gli ag*
gravj delle provincie, che si aveano a resti-
tuire . Detto fu, che il re cristianissirm
ricavasse dagli stati occupati nei paesi bas-
si cinquantamila fiorini per giorno . Se
ciò sussiste , né pur quei popoli sotto bar-
bieri tali avranno avuto gran voglia di
ri-
Anno MDCCXLIX. t^St
ridere . Il perchè somma premura avendo
la clementissima imperatrice di redimere
i sudditi suoi ed altrui da ulteriori ves-
sazioni , cotanto s' iudustriò; che le venne
fatto di ricuperare i feudi suddetti da un
generoso comprator di essi; di render i
lor fondi ai particolari genovesi ; e con-
seguentemente di poter adempiere intera-
mente gli articoli del trattato conchiuso
in Acquisgrana. Di essi stati adunque fu
rimesso in possesso il duca di Modena ,
siccome ancora gli fu accordato il possesso
degli allodiali di Guastalla . E perciocché
furono ancora tolte di mezzo le controver-
sie eccitate fra la corte Austriaca , e la
repubblica di Genova , niun ostacolo più
restò a perfezionare il grande edilìzio del-
la pace universale . Videsi pertanto un re-
golamento stabilito in Acquisgrana dei gior-
ni precisi , nei quali a poco a poco si do-
vea iar V evacuazione di alcune città o
piazze dei paesi bassi , e nello stesso tem-
po di altre dell'Italia. Spezialmente il
principio di febbraio quel fu, che diserrò
le porte all'allegrezza dei varj paesi. Que-
tamente presero le truppe spagnuole il pos-
sesso di Parma, Piacenza, e Guastalla a
come del reale infante don Filippo con
somma consolazione di quei cittadini. Al-
trettanto fecero il re di Sardegna, e i
genovesi degli stati lor proprj . Nel dì
sette del mese suddetto fu consegnata la
Mirandola alle soldatesche di Francesco IIL
du-
ìfiz Annali d'Italia
duca di Modena . E nel dì undici anche
la città, e cittadella di Modena, con tut-
te le altre sue pertinenze , tornarono a go-
dere i benigni influssi del legittimo loro
sovrano * Convien qui fare giustizia ali*
augustissima imperadrice regina Maria Te-
resa , e alla maestà di Carlo Emmanuele
re di Sardegna , che per sette anni tenne*
ro il dominio di questo ducato. Certo è,
che non mancarono gravissimi guai e dan-
ni , frutti inevitabili della guerra, a que-
sti stati , i quali anche contrassero più e
pia milioni di debiti pubblici in si lagri-
mevole congiuntura * Contuttociò restò qui,
e per lungo tempo resterà memoria della
gloriosa moderazione di questi due eie*
nientissimi sovrani , che si tennero lungi
da ogni eccesso , finché qui esercitarono
la lor signoria. Placido e pien di giustizia
si provò qui il governo civile , perchè ven-
ne appoggiata l'amministrazion di essi sta-
ti al conte Beltrame Cristiani, gran can-
celliere della Lombardia Austriaca , per-
sonaggio che per l'elevatezza deliamente,
per l'attività nelT operare, e per le mas-
sime dell'onoratezza, inclinante tutta
pubblico bene , ha pochi pari . Suo luog<
tenente il conte Emmanuele Amor di S<
ria, senator di Milano, avveduto ed in-
corrotto ministro della giustizia e dell'
economia camerale, lasciò anch' egli in que-
ste parti con onore il suo nome* Assai
discreto medesimamente si trovò il con-
te-
A n n o MDCCXLIX. 465
tegno militare, avendo tanto gli ufizialì
che le truppe delle lor maestà osservata
una lodevol disciplina , senza estorsioni ed
avanie in danno degli abitanti .
Ma non poterono già altri popoli, per"
ìor disavventura imbrogliati nella presente
guerra, contare un egual trattamento e
fortuna. Aveva io all'anno 1500. fra le
glorie dei nostri tempi registrato ancor
quella delle guerre oggidì fatte Con mode-
razione fra i principi cristiani, cioè Senza
infierire contro le innocenti popolazioni ,
e senza la desolazione dei conquistati o
dei nemici paesi. Debbo io ora con vivo
dispiacere ritrattarmi . Ci ha fatto questa
ultima guerra vedere troppi esempli di
barbarie entro e fuori d'Italia ^ con la-
sciare la briglia alla licenza militare , per
fare colla rovina della povera gente ven-
detta dei veri o pretesi reati dei loro
principi i Glie i turchi , che i barbari , i
quali pare , che non conoscano ìeg^e alcu-
na di umanità , cadano in così brutali ec-
cessi, non è da maravigliarsene; ma che
genti professanti la legge santa del Van-
gelo, legge maestra delia carità, facciano
altrettanto: non si può mai comportare. E
non vede chi così opera , che in vece di
gloria egli va cercando l'infamia, la quale
senza dubbjo tien dietro alle crudeltà ?
Ma lasciando queste inutili doglianze e lut-
tuose memorie i volgiam più tosto i rin-
graziamenti nostri alla divina clemenza,
che
464 Annali d' Italia
che ha fatto in questo anno cessar le ire
dei regi, e coir evacuazion dei paesi, che
si aveano a restituire, ha ridonata la tran-
quillità e l'allegrezza a tanti regni e prin-
cipati, involti per sette anni nelle calami-
tà della guerra. Tanto pia memorabile
dee dirsi questa pace , perchè non sola-
mente si è diffusa per tutta V Europa,
ma viene anche accompagnata dalla univer-
sale di tutta la terra, non udendosi in que-
sti tempi alcun' altra guerta di rilievo per
le altre parti del mondo , di modo che non
abbiam da invidiare la felicità dei tempi
di Augusto. Resta solamente della Corsica
il fermento della ribellione ; ma non andrà
molto ( così è da sperare ) che V interposi-
zione dei monarchi di Francia e Spagna
pacificamente e con oneste condizioni ri-
durrà quei popoli alla ubbidienza verso la
legittima ed antica sovranità della repub-
blica di Genova. Ma oltre ai ringraziamen-
ti da noi dovuti al supremo Autor di ogni
bene , conviene ancora inviare al suo tro-
no le umili nostre preghiere, acciochè il
gran bene della pace a noi restituita noa
sia dono di pochi giorni , e che i potenta-
ti di Europa giungano a sacrificare al ri-
poso dei poveri popoli, i quali dopo tan-
te calamità cominciano a respirare, i lo*
risentimenti , oppur le suggestioni della
non mai quieta ambizione. Regnando la
pace in Italia , che non possiamo noi spe-
rare , da che abbiamo principi di sì buon
vo*
Anno MDCCXLIX. 4S5
volere, e di tanta rettitudine? A me eia
lecito di ricordarne qui il nome per rico-
noscimento della presente nostra fortuna .
Ha lo stato della chiesa romana per suo
prìncipe e rettore il sommo pontefice Be-
nedetto XIV che per somma pietà , per 1'
ottimo suo cuore-, per la penetrazion della
mente, e per la singoiar dottrina può ben
gareggiare coi più rinomati ed illustri suc-
cessori di san Pietro. Non ha egli accet-
tato il governo della chiesa di Dio e del
principato romano, per alcun comodo od
utile suo , ma unicamente per far servire
i pensieri e la vigilanza sua al pubblico
bene . Eterna memoria del suo sapere e ze-
lo per la istruzione della chiesa cattolica
saran le varie insigni opere già da lui da-
te alla luce, ed ultimamente ancora due
tomi del suo Bollarlo. E perciocché gl'in-
nocenti popoli suoi per le peripezie delle
ultime guerre hanno partecipato anch'essi
delle comuni calamità, si studia l'amore-
volissimo Padre di ricomporre le da lor
patite slogature: giacché se chiedeste, qua^
li sieno i suoi nipoti, vi si risponde, che»
tali propriamente sono i sudditi suoi. Ro-
ma spezialmente , che l'ha alzato al tro-
no, quella è, che sopra le altre gode i be-
nefici influssi di un principe, che non co-
noscendo cosa sia amor proprio e dei suoi,
quanto a lui viene dal principato, tutto
vuol rifondere in decoro e abbelimento
della sua benefattrice città. Testimonian-
Tom. XXVII. Gg ze
i\èè Annali d'Itaita!
ze ptrciò delle sue gloriose idee, e monu-
menti per l'immortalità del suo nome,
sono e saranno un braccio dello spedale di
Santo Spirito in essa Roma : fabbrica di
sing< lar magnificenza , e di somma utilità
pel bene dei poveri . Lo stradone , che
guida da san Giovanni Laterano sino a
santa Croce in Gerusalemme» Rinovata en-
tro e fuori con atrio insigne la stessa ba=
silica di santa Croce. Assicurata la mara-
vigliosa cuppola di san Pietro dai timori
insorti di rovina . Terminata la fontana
di Trevi , che per la grandiosità e vaghez-
za è T ammirazion di ognuno . Ornata mi-
rabilmente aF di dentro, e decorata al di
fuori di una nobil facciata la chiesa di
santa Maria Maggiore , colla giunta ancora
delle fabbriche adiacenti, e beneficata di
molto la chiesa di santo Apollinare. Ri
staurate ed abbellite le chiese di san Mar-
tino in Monte , e di santa Maria degli An-
geli ; e rinovato il triclinio di papa Leo-
ne ili. nella basilica Lateranense. Ha egl;
in oltre fabbricato un nicchio col musaica
a canto delia scala Santa j rinovato il mu-
saico della basilica di san Paolo; scoperà
il già sotterrato insigne Obelisco di Camp<
Marzo. Sonosi stesi i suoi benefizj anch<
alla camera appostolica, estenuata in ad-
dietro per varie cagioni , eoo procacciarli
ogni risparmio e vantaggio, e sopra futt<
coifasstgnare alla medesima il capitale dei
vacabili , che vengono a vacare : il che
avea-
A m n o MDCCXLIX. 467
aveano dimenticato di fare tanti suoi an-
tecessori . Vedesi parimente dal nobilissimo
suo genio maggiormente arricchita la gal-
leria delle antichità nel Campidoglio, ed
erettane un'altra egualmente magnifica di
pitture e medaglie; per tacer altri monu-
menti dell' incomparabil sua munificenza
verso a Roma, ed anche verso la Metro-
politana e T istituto delie scienze di Bolo-
gna patria sua . Roma nei secoli barbarici,
e molto più durante la dimora dei papi
in Avignone , era incredibilmente decaduta
dall'antico suo splendore. Ha circa tre se-
coli , eh* essa va sempre più ricuperando
la sua maestà e bellezza ; ma sì fattamen-
te in questo ultimo mezzo secolo sono in
essa cresciuti gli ornamenti, che giusta-
mente tuttavia le è dovuto il pregio e ti-
tolo di regina delle città. E però a sì
glorioso ed amore voi principe, nato sola-
mente per l'altrui bene, chi non gli au-
gurerà di cuore vita lunghissima ed ogni
maggiore prosperità ?
Grande obbligo hanno, o almen debbono
professare a Dio i regni di Napoli e Si-
cilia, perchè loro abbia conceduto nella
persona del re don Carlo, germoglio della
real casa di Francia , dominante in Ispa-
gna , un regnante di somma clemenza, e
regnaute proprio. Gran regalo in fatti dei-
la divina Provvidenza è per essi dopo tan-
ti anni di divorzio il poter godere della
presenza di un reale sovrano, della sua
Gg 2 ma-
468 Annali d'Italia
magnifica corte , e della retta amministra-
zion della giustizia, senza doverla cerca-
re oltra monti. Gran consolazione in ol-
tre è il vedere , come questo monarca coL
suo consiglio si studii di aumentar le ma-
nifatture^ la navigazione, il traffico, e fa
sicurezza dei sudditi suoi . A lui è anche
tenuta la repubblica delle lettere pel sua
desiderio , che maggiormente fioriscano V
arti e le scienze , e per la mirabile scoper-
ta della città di Ercolano , tutta nei vec-
chi tempi profondamente seppellita sotter-
ra dai tremuoti e dalle bituminose fiuma-
ne dei Vesuvio. In quel luogo noi abbiam
pure un insigne teatro dell' antica erudi-
zione. Finalmente la placidezza del suo
governo, la nobil figliolanza a lui donata»
dal cielo, e il valore dalia maestà sua mo»
strato nella difesa di Velletri, e dei re*
gni suoi , son pregi , che concorrono a
compiere la gloria di questo monarca e la
felicità dei popoli suoi .
Appartiene all'augustissimo imperadore
Francesco I. il gran ducato della Toscana ,
cioè ad un clementissimo e piissimo sovrano.
Non può già essere, che quella contrada,
per tanti anni retta dai savissimi principi
della immortai casa dei Medici , non ri-
senta oggidì qualche convulsione per la
lontananza del principe suo . Contuttociò
hanno quei popoli di che ringraziar Dio ,
perchè i riguardi dovuti a così gran mo-
narca gli abbiano preservati da ogni disa-
itn
10
A * n o MDCCXLIX. 469
3<ro nell'ultima sì perniciosa e dilatata
guerra ; e perchè la rettitudine del gover-
no e della giustizia presente non lasci lo-
ro da augurarsi quella dei tempi passati ;
e perchè la vigilanza e attività del conte
Emmaouele di Richecourt nulla ommette
per sostenere, anzi aumentare l'industria e
il commercio della Toscana, onde per que-
sta via si risarcisca , e compensi ciò, che
si perde pel mantenimento della, corte lon-
tanai pare, che la Toscana non abbia
molto a dolersi della presente sua situa-
zione»
Quanto agli stati della serenissima re-
pubblica di Venezia , le contingenze dell'
ultima lunga guerra non son giunte a tur-
bare il riposo di quegli abitanti y e quan-
tunque per precauzione prudente e buona
custodia delle sue città e fortezze abbia
quel senato in tal congiuntura fatto buon
armamento 3 pure nulla per questo ha ac-
cresciuto i pubblici aggravj ; anzi delle
«Jtrui calamità non poco han profittato gli
stati suoi di Lombardia . Del resto così
ben concertate son le maniere di quel go-
verno , così acconce le sue antiche leggi ,
acciocché regni in ogni popolazione la tran-
quillità , la giustizia, e il traffico, che
ognuno da gran tempo riconosce per buo-
na madre una repubblica di tanta saviezza.
Altrettanto a proporzione è da dire del-
la repubblica di Lucca. Ha cooperato la
situazione sua, ma anche l'inveterata pru-
Gg 3 den-
4?o Annali p' Italia
denza di quei magistrati, e l'osservanza
delle ben pesate lor leggi, a mantenere il
paose immune dalle calamità, che in que-
sti ultimi tempi sopra tanti altri popoli
largamente son piovute. Più dei vasti do-
minj può essere felice un picciolo, qualora
la libertà, la concordia, l'esatta giustizia ,
il buon comparto e la discretezza dei tri-
buti , fa che ognuno possa essere contento,
nel grado suo.
Ma per conto di gran parte della Lom-
bardia , paese bensì felice, ma destinato
da tanti secoli a provare , che pesante fla-
gello sia quel della guerra, certo è, che
per la conchiusa pace comincierà essa a
respirare , ma con restar tuttavia languen-
te il corpo suo per lo sconvoglimento e
per le piaghe degli anni addietro. Il se-
renissimo signor duca di Modena France-
sco III per più anni ha veduto in mano
altrui gli stati suoi ; l'ha sempre accompa-
gnato il coraggio nelle fatiche militari e
nei disastri . Ha confessato la maggior par-*.
te degli ufiziali gallispani, essere sempre
stato giusto il pensare e consigliare di
questo principe, durante la guerra, tal-
mente che se si fosse fatto più conto del
parere del duca di Modena, le cose avreb-
bero avuto un esito molto migliore- Fi-
nalmente ha egli con tutto suo onore su-
perata la pericolosa tempesta, e ha dato
ai suoi fedelissimi sudditi la contentezza
di ripigliar le redini del suo governo. Ora
Anno MDCCXLIX. 471
se si rivolgerà la paterna sua cura, come
è da sperare dalle saggie e rettissima mas-
sime sue, e dall'ottimo suo cuore, alle
maniere più proprie per sollevare i suoi
popoli da tanti debiti contratti , e dai
molti aggravj _, non già imposti dalla sem-
pre amorevole serenissima casa di Este ,
ma dai malefico influsso delle guerre pas-
sate : ritornerà a fiorire V allegrezza nel
dominio suo , e sarà benedetta quella be-
nefica mano, che avrà f3tto dimenticare
tante sciagure in addietro sofferte.
Forse maggiori son da dir quelle , che
in questi ultimi tempi han provato gli
stati di Parma e Piacenza , perchè ivi non
poco ha danzato il furore delle nemiche
armate ì Tuttavia da che la pace ha rido-
nato a quei popoli un principe proprio
nella persona del real infante don Filippo
fratello dei potentissimi re di Spagna , e
di Napoli: ben si dee sperare, che ritor-
nando colà il sangue della serenissima ca-
sa Farnese, vi ritornerà ancora quella fe-
licità , che godeyasi quivi sotto gli ultimi
prudenti duchi . Non si può stimare ab-
bastanza il privilegio di aver principe pro-
prio e presente, che faccia circolare il
sangue dei sudditi , e risparmi loro la pe-
na dì cercar lungi la giustizia , ed altri
provvedimenti necessarj ad uno stato.
Per sua legittima signora riconosce il
ducato di Milano, oggidì congiunto con
quello di Mantova , V augustissima impe-
Gg 4 ra-
4?2, 5 »Atr ^ItAaiia
radrice regina Maria Teresa di Austria.
JJtJle comuni disavventure, e di un nuovo
smembramento ru esso partecipato. nell'ul-
tima guerra. Quai sia per essere il riposo
e sollievo suo nei venturi tempi di pace ,
non si può peranché comprendere , stante
la risoluzion presa dall'imperiale e refli
maestà sua di non provar più il ramma-
rico di aver creduto di avere , e di avere
effettivamente^ pagato un poderoso esercito
per sua difesa in Italia, con averne poi
trovata solamente appena la metà al biso-
gno . Manifesta cosà è, tanta essere la pie-
tà e l'amore del giusto in questa generosa
regnante , che in sì bel pregio niun altro
principe può vantarsi di andarle innanzi «
Né già mancano nel consiglio suo ministri
di somma avvedutezza e di ottima mora-
le, per gli avvisi dei quali si son talvolta
veduti fermati ih aria i fulmini del sud
sdegno , e ritrattate le risoluzioni , le quali
sarebbero tornate in discredito e disonore
della sovrana, che pur tanto è inclinata
alla clemenza , né altro desidera che il
giusto. .Ragionevole motivo perciò hanno
in Italia i popoli suoi di sperare , che ai
tempestosi passati giorni succederà un bel
sereno .
Quanta parte d'Italia sia sottoposta alla
rea! casa di Savoja , ognun lo sa, ma non
tutti sanno , quanto abbiano sofferto di guai
i suoi stati di qua da Po, e che intolle-
rabili miserie si sienò rovesciate sopra quei
del-
Anno MDCCXLIX. 473
della Savoja e di Nizza. Nuiladimeno co-
si ben regolato è il governo di quella reai
corte , così rette le massime del savio e
benignissimo principe Carlo EmmanutlelII
re di Sardegna e duca di Savoja , tanto 1'
amore verso i sudditi suoi, ch'essi non
tarderanno ad asciugar le lagrime j giacché
non ha egli men cura del proprio, che del
pubblico bene .
Resta la serenissima repubblica di Geno-
va , che nelle prossime passate rivoluzioni
si è trovata sbattuta più di ognuno dai
più feroci venti ? con pericolo di far nau-
fragio anche di tutto .. Gravissime non può
negarsi ; sono state le perdite sue , deplo-
rabili le sue sciagure ; ma da che a lei è
riuscito di salvar la gioja più cara e pre-
ziosa della libertà., e dappoiché nulla si è
scemato dei legittimi suoi dominj : molto
ha di che consolarsi ora e per l'avvenire.
E tanto più j, perchè il senno dei suoi ma-
gistrati, l'attività, il commercio degl'in-
dustriosi cittadini , potranno fra qualche
tempo avere risarciti i patiti danni , re-
stando intanto per tutta l'Europa immor-
tale la gloria della lor costanza e valore
in tante altre congiunture , ma spezialmen-
te nell'ultima da essi mostrato.
Per memoria dei posteri non vo' lasciar
di aggiugnere , che niuno dovrebbe mai
desiderar di godere, o rallegrarsi di aver
goduto un verno placido , e senza nevi e
ghiacci nei paesi , dove regolarmente si
pvuo*
474 Annali d' Itali a
pruova questa disgustosa , ma forse ptile
pensione . Non potea essere più placido in
Lombardia ed in altri paesi il vt rno dell'
anno presente , perchè privo di nevi e
ghiacci , talmente che non se ne potè am-
massare nelle conserve per refrigerio ed
uso della vegnente state . Ma che ? Sul
fine di marzo venne più di uno scoppio
di neve, che quantunque da lì a poco si
squagliasse , pure ci rubò i primi frutti ,
danneggiò gli orti , e la foglia dei gelsi ,
o poco propizia fu ai grani, che già si
erano mossi. Poco è questo. Nel dì 25
dì aprile per tre giorni nevicò in Milano,
e succederono brine , che fecero perdere
tutti i frutti. Sul principio poi di giugno
eccoti fuor del solito fioccar folta neve
nei gioghi dell' Apennino , che si rinforzò.
e sostenne gran tempo , con produrre un
pungente freddo, dirotissime piogge ogni
dì, e temporali, e gragnuole orribili: on-
de si videro gonfi e minacciosi tutti i fiu-
mi , e ne seguirono anche gravi inondazio*
ni, e fiere burasce in mare. Né caldo né
gelo vuol restare in cielo : è proverbio dei
contadini toscani. Spezialmente orribile e
dannoso fu il turbine succeduto nella notte
del dì undici di giugno in una striscia
dell' alma città di Roma , e particolarmen-
te fuori di essa ; di cui si è veduta rela/*
?-ione in istampa .
CON-
475
CONCLUSIONE.
v2ui mia intenzione era di deporre 1$
penna ; e Y avrei fatto , se i consigli di pii^
di uno non m' avessero spinto a mostrar-
mi inteso di quanto ha scritto un moder-
no giornalista Anonimo contra di questi
Annali, cioè contro di me, con una cen-
sura, la quale può dubitarsi, se convenga
ad onesto scrittore . Certamente tanti e
tanti , che han letto le adirate sue parole
senza leggere essi Annali , abbisognano di
qualche lume, per non essere condotti ad
un sinistro giudizio da sì appassionato scrit-
tore . Mi vuol egli dunque processare qua-
si per troppo parziale degli antichi impe-
radori . Ma sappia , che io non ho mai
pensato a farmi punto di merito né con
gli antichi né coi moderni augusti . Il so-
lo amore della verità, o di quanto io cre-
do verità , quello è , che guida la mia pen-
na ; eia verità non può già chiamarsi Guel-
fa o Ghibellina. Ho io trovato in troppe
storie, che negli antichi secoli, non si po-
tea consecrare V eletto papa senza il con-
senso degrimperadori, Avrebbe desiderato,
il censore, che io non avessi toccato que-
sta particolarità, o pur T avessi chiamata
iniquità ed usurpazione . Ho io dato nome
di Uso od Abuso a quel rito, durato per
più secoli , né a me tocca dirne di più .
Lo stesso san Gregorio il Grande se ne
servì, per sottrarsi al pontificato ; tanti
al-
4:&
altri sommi pontefici furono lontani dal
disapprovarlo; e in un concilio., tenuto da
uno degli stessi papi , questo uso fu appel-
lato Mito Canonico. Doveva il giornalista
osservare^ che io lodai la libertà da più.
secoli in qua goduta per V elezione e con-
secrazion dei papi , e conoscere , che io
non ho men di lui zelo per la libertà e
per l'onore del pontificato; ma aver egli
ben poca grazia in volere., che io assolu-
tamente condanni quello, che i papi stessi
una volta non disapprovavano.
Scaldasi poi forte esso Anonimo , perchè
io dopo il Pagi ed altri scrittori abbia
mostrato , che gl'.imperadori Carolini e i
lor successóri, per lungo tempo conservaro-
no Tallo dominio sopra Roma ed altri sta-
ti dilla Chiesa Romana , non volendo es-
sere da meno dei precedenti greci impera-
dori. Che il prefetto posto in Roma da
essi augusti vi durò sino a tempi di papa
Innocenzìo III; che la Romagna, benché
donata da Pjppino alla chiesa suddetta i
e da lei signoreggiata per molto tempo,
fu poi posseduta dai re d'Italia ed impe-
radori sino a papa Niccolò III che la ri-
cuperò . Al censore suddetto ben conviene
il provare , se può, che non sussistano sì
fatte opinioni . Ma se io non ho tali cose
asserito di mio capriccio, anzi ho prodot-
to le pruove di tutto prese dalla storia e
dalle memorie dei vecchi tempi, come mai
pretendere , che io asconda quei fatti , o
chia-
4TT
chiami usurpazione quello , che tanti papi
lasciarono godere senza richiamo agl'impe»
radori ? Ma si va replicando, ch'essi au-
gusti confermavano di mano in mano la
Romagna ai papi. Tutto sia; e pure non
ne restituivano il dominio e possesso; ed
Arrigo il santo imperadore, che tanto ope-
rò in favor della Chiesa Romana , non fe-
ce meno dei suoi antecessori . Così nel di-
ploma di Lodovico Pio e di altri augusti
noi troviamo donato ad essa chiesa il du-
cato di Spoleti ( per tacer altri paesi ) e
ciò non ostartte miriamo essi augusti tut-
tavia sovrani e possessori di quegli stati .
Come mai questo? Se il giornalista si fa
lecito di pronunziar sentenze contra di
tanti imperadori , io per me non oso di
imitare l'arditezza sua.
Quel che . è più strano : si lascia egli
scappar dalla penna, che questi Annali so-
no uno dei libri ptft fatali al principato
romano. A questo epifomena si risponde,
che se mai per disavventura si trovasse un
imperadore cotanto perverso, che volesse
turbare il principato romano, così giusto,
cosi antico, e confermato dal sigillo di
tanti secoli , e dal consenso di tanti augu-
sti : egli non avrà bisogno di questi Anna-
li, né di altri libri, per far del male. A
lui basteranno i consigli delle sue empie
e disordinate passioni . Ma <li simili augu-
sti è da sperare, che niuno mai ne verrà.
Chiunque fra i regnanti cristiani sa, ca«
sa
sa sia giustizia, sa eziandio, che i domi-
ttj e diritti stabiliti da lunga serie di tem-
pi, e màssimamente di più secoli, e da
una tacita rinunzia di ogni pretensione :
sono per cosi dire consecrati dalle leggi
del cristianesimo e della prescrizione . Al
trimenti tutto sarebbe confusione, e niuno
mai si troverebbe sicuro nelle sue signo-
rie, per antiche o antichissime che fosse-
ro. Mi si perdoni, non abbonda di giudi-
zio, chi arriva a spacciare per fatali a
principato dei papi le memorie degli anti-
chi secoli : quasiché secondo lui possano
aver credito e valore titoli rancidi, anzi
affatto estinti , e schiacciati sotto il peso
di una sterminata lunghezza di tempo. Ma
potrebbero servir di pretesto ai cattivi .
Già si è risposto a questa chiamata . Ne
solamente questo nuovo politico è dietro
a nuocere con sentenze tali al principato
romano, ma anche al dominio di tanti al-
tri principi , pochi essendo quelli, che non
possano trovar nelle storie dei vecchi se-
coli qualche atto o diritto fatale al suo
principato , per usare la frase di lui. Ma
qua! principe saggio , possessore immemo-
rabile di una ben fondata signoria , si for-
malizza,' o si dee mettere paura, perchè
la storia dei precedenti secoli non si accor-
di col suo presente sistema? La conclusio-
ne si è , che il giornalista tacitamente vor-
rebbe, che si adulterasse, o si bruciasse
parte della Storia , per levare dagli occhi
no-
4?9
mostri ogni spauracchio, da lui credulo fa-
tale al principato pontificio, ma con lascia-
re intatte le antiquate ragioni della Chie-
sa Romana sull'Alpi Cozie, sulla Corsica j
e Sardegna p su Mantova , ed altri paesi .
Secondo lui , allora sarà da lodar la storia,
che riferirà tutto quanto è favorevole a
Roma , e tacerà tutto quello ; che ha om-
bra di suo pregiudizio. Potrà egli formare
una storia tale, ma non già io.
Seguita un altro processo a me fatto da
questo censore . Non ho io defraudato del-
le convenevoli lodi (non può egli negarlo)
tanti romani pontefici o santi ò buoni ,
che sonò la maggior parte j ma non ho la-
sciato di toccare i difetti di pochi altri 9
spezialmente degli avignonesi , disdivoli a
mio credere in chi secondo l' intenzione di
Dio dovrebbe essere, quanto sublime nel
grado, altrettanto eminente esemplare di
ogni virtù. Se l'ha a male il giornalista^
né può sofferire, che uno storico ardisca
di giudicar delle azioni e del merito dei
gran personaggi; ed è si accorto, che non
bada altrove a produrre un passo, tutto
contrRrio a queste sue belle pretensioni^
cioè l'autorità del reverendissimo e celebre
padre Orsi dell'ordine dei predicatori 3 se-
gretario della congregazione dell'Indice,
e autore di una nobile storia ecclesiastica ,
con dive : Quanto ai piudizj , che non
vuole il signor FUury , che siano interposti
dallo storico sopra le persone , e sopra le
lo-
I
48o
loro azioni, oppone il padre Orsi il senti-
mento di Dionisio Alicarnasseo, che nella
lettera a Pompeo Magno toglie al Cielo con
grandissime lodi Teopompo , per aver più
liberamente , che tutti gli altri storici ,
giudicato degli uomini , e delle azioni ,
delle quali scrisse la storia. Ma forse que-
sto giornalista ha inteso di dire a me, e
a chi che saia : Dite quanto mal volete degl'
impcradori , re, e principi ; ma per conto
elei papi, rispettate ogni lor costume ed
azione, e non usate di parlarne se1 non in
bene. Torno a dire , ch'egli formi una
storia tale, perchè niuno gliel contrasta.
Ma chiunque"sa, che il principal credito
della storia è la verità, e il giudicar,
come poco fa dicemmo, delle operazioni
degli uomini , per ispirar nei lettori 1'
amore della giustizia e del retto operare,
e l'abbonimento a ciò, che sa di vizio:
crederà ben meglio fatto , e giusto , ed
utile alla repubblica, che si dia il suo ve-
ro nome a quello ancora che difettoso ap-
parisce nei costumi e nelle azioni dei pa-
stori della chiesa di Dio. La storia ha da
essere una scuola per chi dee loro succedere ,
a fin d'imparare nelle lodi dei buoni, e
nella disapprovazion dei cattivi, quello che
essi h«n da fare o non fare. E forse che
le divine scritture dell* uno e dell'altro
testamento non ci han lasciato wn chia-
ro esempio di questo ? Anche ivi noi tro-
viam riprovato ciò, che meritava biasima
nei
48 r
$iei sacri ministri ; e la stessa libertà com-
parisce negli Annali dell'immortale car-
dinal Baronio, e in altri insigni storici,
che sapevano il lor mestiere, e tenevano
per irrefragabile il sentimento di Tacito :
frxcipuum munii s Annalium , ne virtutes
sileantur , utque pravis dicils factisque ex
posteritate & infamia metus sit.
Vegga dunque l'Anonimo censore, che in
vece di ben servire alla santa Romana
Chiesa, non la discrediti col soverchio suo
zelo. Che appunto in vergogna di essa ri-
tornerebbe T esigere , che si avesse a nascon-
dere ed opprimere la verità in parlando
dei papi; e il pretendere^ che essi sieno
sempre stati esenti dalle umane passioni ;
non si sieno mai abusati della loro auto-
rità; non abbiano mai fatto guerre poco
giuste ; non fulminate scomuniche e inter-
detti senza buone ragioni . Noi possiam
bene ascondere queste macchie ai nemici
del cattolicismo : ma non le sanno forse ,
o non le sapranno eglino senza di noi ?
Fresche ne abbiamo anche le pruove . Me-
glio è pertanto , che onoratamente le rife-.
riamo ancor noi quali sono , per far loro
conoscere , che né pur noi le approviamo :
giacché negar non possono gli stessi pro-
testanti, che non son vi?) e difetti della
religione e del pontificato gli eccessi e
mancamenti particolari dei sacri pastori .
Il divino nostro legislatore ha ben promes-
sa e manterrà V infallibilità , la verità dei
Tom. XXVII. Hh do-
482
dogmi, e la sussistenza eterna della Chie-
sa Cattolica, ed ha conceduto privilegi sin-
golari alla sedia di san Pietro pel mante-
nimento della fede e della Gerarchia ; ma
non si è già impegnato ad esentare i suoi
vicarj dalle umane infermità; e però non
abbiam da maravigliarci, se talora la storia
ce ne fa veder taluno meritevole di biasi-
mo, perchè per essere papa non si lascia
di essere uomo, e i papi anch'essi umil-
mente si accusano delle lor colpe al sacro-
altare. Per altro essendo la cristianità da
circa due secoli in qua avvezza a mirar
la vita e il governo esemplare di tanti
sommi pontefici , e massimamente degli ul-
timi tempi , e del regnante Benedetto XIV
glorioso pel complesso di tutte le virtù :
niuna savia persona si formalizza, per tro-
var nei vecchi secoli sulla Cattedra di san
Pietro , chi fu di tempra ben differente
Anzi ringrazia Dio di essere nato in tem-
pi sì ben regolati per la Chiesa sua santa
mentre i disordini passati fanno maggior-
mente risaltare il buon ordine presente.
Poste poi tali premesse, io mi credo di^
sobbligato dall'entrare in un minuto esarci*
di quanto il giornalista si è studiato di op-
porre alla discreta libertà di questi Anna-
li, coerente alle leggi, colle quali s.'ha di
reggere la storia , acciocché sia utile al
pubblico .
Ma non si può già lasciar passare, esser-
si egli lasciato trasportare dall' eccessiva
pas-
433
passione sua tant' óltre , che laddove pre-
tende , non dover io trovar cosa biasime-
vole in veruno dei papi, poscia in vece
di sapermene grado , bizzaramente meco si
adira , perchè difendo la fama di alcuni di
essi, vivuti nel secolo decimo, dalla trop-
po aere censura dei cardinal Baronio, vo-
lendo che si stia alle asserzioni di luì , e
ron già alle fondate ragioni mie in lor fa-
vore. Similmente mi vuol reo, perchè ho
toccato i mali effetti del nepotismo dei pa-
pi ; né gli passa per mente, che il santo
pontefice Innocenzo XII colla sua celebre
bolla più. e meglio di me ha parlato cen-
tra di tale abuso ; e che il celebre cardi-
nale Sfondrati con libro apposta ne fece
comparire tutta la deformità. Oltre a ciò
non vorrebbe, che io dopo aver lodata la
piena libertà del sacro collegio, ricupera-
ta già tanti secoli sono, in eleggere e con-
secrare i papi , avessi desiderato , che ces-
sino le lunghezze dei conclavi , e le priva-
te passioni dei sacri elettori in affare di
tanta importanza per la Chiesa di Dio.
Né si ricorda, che T eminentissimo cardi-
nale Annibale Albani in tale occasione fe-
ce ristampare e spargere per "Roma la fa-
mosa lettera CLXXX dell'Ammanati cardi-
nal di Pavia al cardinale di Siena , dove
le irregolarità occorrenti nei conclavi sono
pienamente riprovate.
E che diremo noi delle idee di questo
giornalista , allorché pretende aver la contes-
Hh 2 sa
484
sa Matilda donato alla Chiesa Romana Man-
tova, Parma, Reggio, e Modena? Io noi
posso assicurare , che non ridano gì* inten-
denti d'Ile leggi, ali^ udir sì fatte preten-
sioni* Davansi allora le città del regno d'
Italia in governo o feudo. Come poterne
disporre senza la permissione del sovrano?
A questo conto avrebbe anche potuto Ma-
tilda donare il ducato di Toscana , di cui
era duchessa. E se ella avesse donata Fer-
rara, dove signoreggiò, ad alcuno: pare
egli a questo valentuomo, che legittima
fosse stata una tal'donazione? Bisogna poi,
ch'egli non abbia occhi, allorché scrive,
ch'io chiamo gli Estensi duchi, della stessa
Ferrara fin dall' anno 1097. Lascerò an-
cora, che altri dica, qua! nome si con-
venga a lui colà, dove in dispregio d'il-
lustri principi osa trattare da Spurio don
Alfonso di Este , figlio di Alfonso I duca
di Ferrara, e padre del duca Cesare : cosa
non mai sognata non che pretesa dai came-
rali romani , per essere una evidente men-
zogna e calunnia. Questo è un impiegare
l'ingegno e il tempo, non già in difesa
ma jn obbrobrio della sacra corte di Ro-
ma, la quale per altro non potrà mai ap-
provare chi con disordinate pretensioni , e
iin colla calunnia prende a combattere per
lei.
Che se non peranche fosse questo animo-
so censore persuaso dei giusti diritti di
chi scrive istorie : io il prego di ascoltare
un
4^5
un giudice più autorevole di me in questa
parte; cioè il celebre padre Mabillone,
grande ornamento dell' ordine Benedettino .
Secondo il solito fu anch' egli costretto a
udire i lamenti e rimbrotti di alcuni a ca-
gion della veracità da lui parimente prati-
cata nel compilare V insigne opera degli
Annali Benedettini . Si vide egli obbligato
per questo ad una breve Apologia , un pez-
zo di cui vien riferito dall'autore della di
lui vita, stampata fra i suoi Analetti . Ec-
cone le parole : Ut cequitatis amor prima
]iidicis dos est , sit , sic & rerum anteacla-
rum sincera & accurata investigatio hi-
storici munus esse debet . Index persona
publica est , ad suum cuique tribuendum
constituta . Ejus judicio stant omnes in
rebus , de quibus fert sententiam . Maximl
proinde criminis reum se facit > si prò vi-
rili sua parte jus suum unicuique non red-
dat . Idem Ristorici munus est , qui & ipse
persona publica esc, cujus fidei committitur
examen rerum > ab antiquis gestarum . Quum
enim omnibus non liceat eas per se inve-
stigare ; sententiam ejus sequuntur pleri*
que y quos proinde fallita nisi cdquam ferre
conetur . Nec satis est tomen verum amet
& investiget , nisi is insit animi condor,
quo ingenue & aperte dicat , quod verum
esse novit . Mentiri si Christiana omnibus >
a fortiori religiosam vitam professis nulla
umquam ratione licet : longe minus , quum
mendacium exitiale & perniciosum multis
èva-
486
evadit . Fieri -vero non potest , quirì histo~
vici mendàcia vertant in perniciem mul-
torum y (lui verbis ejus fidem adhibendo de-
cipiuntur , dum errorem prò ventate am-
plecluntur. Non levis proinde ejus culpa est.
quce tot alias secum trahit . Debet ergo, si
candidus sit , procul studio partium certa ut
certa > falsa ut falsa, dubia ut dubia tra-
dere 3 neque dissimulare , quce utrique par-
ti f avere aut adversari possint. Questi, e
non r Anonimo giornalista, sono stati a
me, e saranno anche ad altri 3 i veri mae-
stri , per tessere una storia , che non pa
indegna della pubblica luce •
IL FINE
\
DG
m
1^94
t.2^
Muratori, Lodovico Antonio
Annali d'Italia Ed.
novissima
PLEASE DO NOT REMOVE
CARDS OR SLIPS FROM THIS POCKET
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