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Full text of "Annali d'Italia"

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ANNALI  D'ITALIA 

D    I 
LODOVICO-ANTONIO  MURATORI 

EDIZIONE     NOVISSIMA. 

TOMO     XXVII. 


IN     VENEZIA    MDCGCIV. 

Dalla  Tipografia  di  Antonio  Curti 

PRESS»     GIUSTINO     PASQ.UALI     Q_-     MARIO 

Co/2  Privilegio* 


In  questo 

TOMO      XXVIL 

Si  comprende  lo  spazio  di  tempo  scorso 
dall'anno  di  Cristo  XDCCXXXIV.  , 
indizione  XII *  fino  all'anno  di  Cristo 
MDCCXLIX  ,  indizione  XII. 

di  Benedetto  XIV.  Papa  io. 

di  Francesco  I.  Imperadore  5. 


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ANNALI  D' ITALIA 

Dal  principio  dell' Era  Volgare 
lino  ali  anno   1749. 

Anno  eli  Cr  sto   1734,  indizione  xn- 
di  Clemente  XII,  papa  5. 
di  C.rlo  Vlj  imperadore  24* 

JL  u  questo  anno  un  di  quelli  ^  che  in  gran- 
de abbondanza  provvide  le  pubbliche  gaz- 
zette e  storie  dì  novità  ,  e  fatti  strepitosi 
riguardanti  massimamente  l'Italia.  Da  m«e 
non  ne  aspetti  il  lettore  ,  che  un  compen- 
dioso racconto  .  Erano  in  armi  cóntro  dell' 
Augusto  Carlo  VI.  Francesi,  Spagnuoli,  e 
il  re  di  Sardegna  .  Fece  la  Spagna  conoscere 
al  mondo,  quanta  fosse  la  sua  potenza  i  da 
che  la  Francia  le  avea  dato  un  re,  e  re  che 
vegliava  ai  proprj  interessi.  Imperciocché 
insigne  fu  V  armamento  suo  per  mare ,  con- 
tinui i  trasporti  di  gente  ,  di  attrecci  mi- 
litari, e  di  danaro  per  terra  e  per  mare  ; 
a  fine  d*  imprender  e  la  conquista  dei  regni 
di  Napoli  e  di  Sicilia.  Maggiori  si  videro 
gli  sforzi  della  Francia  per  continuai  la 
guerra  al  Reno,  e  in  Lombardia  :  e  il  bel- 
lo fu,  che  non  solamente  nelle  corti,  ma 
anche  nei  pubblici  manifesti  ,  facea  quel 
gabinetto    rimbombar    dapertutto    la    scru- 

A  2  pò- 


4  Annali    d'Italia 

polosa  intenzione  sua  in  questi  sì  gagliardi 
movimenti  di  armi  ,  che  era  non  già  (  gu- 
ardi Dio  )  di  acquistare  un  palmo  di  ter- 
reno ,  ma  bensì  di  farsi  render  ragione  da 
Cesare,  per  aver  egli  spalleggiato  V elettor 
di  Sassonia  al  conseguimento  della  corona 
di  Polonia  ,  e  cooperato  alia  *  depressione 
del  re  Stanislao.  Se  mai  per  sorte  con  sì 
belle  sparate  si  figurasse  il  gabinetto  fran- 
cese di  gittar  polvere  negli  occhi  agi'  In- 
glesi ed  Ollandesi  ,  affinchè  non  istendessero 
il  braccio  alla  difesa  deli'  angusta  casa  di 
Austria  :  non  erano  sì  poco  accorte  quelle 
potenze,  che  non  sapessero  il  vero  signifi- 
cato di  sì  magnifiche ,  e  disinteressate  pro- 
teste .  Pure  non  entrarono  esse  potenze  in 
\rerun  impegno  ,  per  sostener  Cesare  contro 
tanti  nemici  ,  benché  pregate  e  sollecitate 
dalla  corte  di  Vienna  :  ed  unica  cagione  ne 
fu  Jo  sdegno  non  peranche  cessato,  per 
avere  V  augusto  monarca  dopo  tanti  bene- 
fìzj  a  Ini  compartiti  voluto  piantare  in  de- 
trimento loro  la  compagnia  di  Ostenda , 
tuttoché  questa  fosse  poi  abolita  .  Si  avvide 
allora  il  buon  imperadore ,  quanto  ^aves- 
sero in  addietro  tradito  i  suoi  troppo  in- 
gordi consiglieri  e  ministri  ;  e  convenne  a 
lui  di  far  penitenza  dei  mali  consigli  al- 
trui con  portar  quasi  solo'  tutto  il  peso  di 
questa  nuova  guerra  .  Perchè  è  ben  vero  , 
che  gli  riuscì  d'  indurre  i  circoli  dell'  im- 
perio a  dichiararla  guerra  dell'imperio;  ma 
won  è  ignoto  ,  qual  capitale  si    possa    fare 

di 


Anno    MDCCXXXIV.  § 

di  quei  soccorsi  troppo  stentati  e  noa  mai 
concordi .  Oltre  di  che  gli  elettori  di  Ba- 
viera, Colonia,  e  Palatino,  non  consenti- 
rono a  tal  dichiarazione 3  e  se  ne  stettero 
neutrali  ;  anzi  il  primo  fece  un  considera- 
bile armamento  con  voce  di  mirare  alla 
propria  difesa,  ma  armamento  tale,  che 
tenne  sempre  in  gran  diffidenza  e  suggezio- 
ne  la  corte  cesarea  ,  e  la  obbligò  a  guar- 
dare con  assai  gente  i  suoi  confini,  perchè 
persuasa ,  che  il  solo  oro  della  Francia 
manteneva  in  piedi  Tarmata  bavarese,  a- 
scendente  a  venticinque  e  forse  più  mila 
persone .  Ora  in  questo  verno  attese  vigo- 
rosamente Cesare  a  batter  la  cassa  per  re- 
sistere ai  suoi  nemici  non  meno  in  Lom- 
bardia ,  che  ai  Beno,  dove  smisurate  for- 
ze si  andavano  ratinando  dai  Francesi  . 

In  questo  mentre  le  due  restanti  piazze 
dello  stato  di  Milano  ,  cioè  Novara  e  Tor- 
tona ,  venivano  o  bloccate  o  bersagliate 
dalle  armi  dei  collegati .  Ma  nel  dì  nove  di 
gennaio  fu  portata  a  Milano  la  nuova  ,  che 
Novara  comprendendo  seco  la  fortezza  .di 
Arona  avea  capitolata  la  resa  con  andar- 
sene liberi  quei  presidj  alla  volta  di  Man- 
tova .  Allora  fu  che  si  determinò  di  con- 
vertire in  assedio  il  blocco  di  Tortona  e 
del  suo  castello ,  che  era  in  credito  di  for- 
tezza capace  di  stancare  un  esercito .  Nel 
dì  12.  del  suddetto  gennaio  al  dispetto 
della  fredda  stagione  fu  aperta  la  trinciera 
«otto  quella  città,  da  cai  essendosi  nel    dì 

A  5  26 


6  Annali    d'Italia 

25  ritirato  il  governatore  conte  Palfi ,  la- 
sciò campo  ai  Francesi  d'impossessarsene 
nel  dì  28.  Non  corrispose  all'  espettazion 
della  gent^  il  presidio  di  quel  Castello  , 
ancorché  fosse  composto  di  duemila  Ale- 
manni ,  perciocché  appena  cominciarono  il 
terribile  lor  giuoco  sessantadue  pezzi  di 
cannone,  e  quattordici  mortari  da  bombe, 
che  quel  comandante  dimandò  di  capitola- 
re,  e  ne  uscì  nel  dì  nove  di  Febbraio  con 
tutti  gli  on;>ri  militari  .  Ad  altro,  siccome 
dissi,  non  pensavano  in  questi  tempi  gli 
ufiziali  cesarei  nel  brutto  frangente  di  sì 
impensata  guerra,  che  di  salvar  la  gente  , 
per  poter  salvare  Mantova.  Tutto  intanto 
andò  lo  stato  di  Milano  :  dopo  di  che  pre- 
sero riposo  le  affaticate  ,  e  molto  sminuite 
truppe  degli  alleati .  Arrivò  il  febbraio  , 
e  né  pure  si  era  veduto  calare  in  Italia 
corpo  alcuno  di  Tedeschi;  solamente  s'in- 
tendeva, che  nel  Tirolo ,  e  a  Trento,  e 
Roveredo ,  andava  ogni  dì  crescendo  il  nu- 
mero dei  combattenti  austriaci  ,  e  che  per 
capitan  generale  della  loro  armata  veniva 
il  maresciallo  come  di  Mtircy .  Con  seimila 
persone  arrivò  finalmente  questo  generale 
sul  fine  di  quel  mese  a  Mantova  per  cono- 
scere sul  fatto  lo  stato  delle  cose  ,  e  poi 
se  ne  tornò  a  Roveredo.,  per  affrettare  il 
passaggio  dell'altre  incamminate  milizie. 
Ma  con  esso  veterano  e  valoroso  coman- 
dante parve,  che  si  accompagnasse  anche 
la  mala  fortuna,  e  seco  passasse  in  Italia, 

Fu 


Anno  MDCCXXXIV.  7 
Fu  egli  sorpreso  da  una  grave  flussione  a 
gli  occhi,  ed  altri  dissero  da  un  colpo  di 
apoplessia  ,  per  cui  di  tanto  in  tanto  re- 
stava come  cieco.  Progettossi  in  Vienna  di 
richiamarlo,  ma  perchè  sempre  se  ne  sperò 
miglioramento,  continuò  egli  nel  comando. 
Trovandosi  troppo  vicino  a  questo  incen- 
dio Rinaldo  di  Este  duca  di  Modena  ,  co- 
minciò anch' egli  a  provarne  le  perniciose 
conseguenze.  Sul  principio  dell'anno  pre- 
sente ecco  stendersi  le  ttuppe  spagnuole  per 
li  suoi  stati ,  e  prendere  quartiere  nelle 
città  di  Carpi,  e  Coreggio ,  nelle  terre  di 
s.  Felice  e  Finale,  e  in  altri  luoghi.  Per- 
chè si  erano  precedentemente  ritirati  dalla 
Mirandola  gli  Alemanni  ,  esso  duca  di  Mo- 
dena avea  tosto  bensì  guernita  quella  sua 
città  col  proprio  presidio  ;  ma  non  tardò 
il  duca  di  Liria  generale  spagnuolo  nel  dì 
15  di  gennaio  a  comparire  colà  colle  sue 
milizie  ,  con  chiedere  di  entrarvi  ;  al  che 
non  fu  fatta  resistenza  ,  giacché  promise  di 
lasciare  intatta  la  sovranità  e  il  governo 
del  Duca  di  Modena,  principe  risoluto  di 
mantenere  la  neutralità  in  mezzo  a  queste 
gare .  Si  andava  intanto  ogni  di  più  in- 
grossando sul  Mantovano  1'  armata  cesarea  > 
talmente  che  secondo  le  spampanate  dei 
gazzettieri  si  decantava  ascendesse  a  ses- 
santa e  più  mila  persone,  bella  gente  tut- 
ta ^  e  vogliosa  di  menar  le  mani.  Per  im- 
pedir loro  l'inoltrarsi  verso  lo  stato  di 
Milano,  il    generalissimo    re    di   Sardegna 

A  4  Car- 


3  A  n  n  a  1 1  D'Italia 
Carlo  Emmanuele  spedì  il  nerbo  delle  sue 
truppe  a  postarsi  alle  rive  del  fiume  Oglio,, 
e  la  maggior  parte  dei  Francesi  venne  a 
custodire  le  rive  del  Po  nel  Mantovano  di 
qua ,  stendendosi  da  Guastalla  fino  a  san 
Benedetto,  a  Ilevere,  ed  anche  ad  una  par- 
te del  Ferrarese  :  all'  incontro  nelle  rive 
di  là  da  Po  si  fortificarono  i  Tedeschi  a 
Governolo,  Ostigiia ,  e  nei  restanti  luoghi 
delTOglio.  Si  stettero  guatando  con  occhio 
bieco  per  alquante  settimane  le  due  nemi- 
che armate,  studiando  tutto  dì  il  generale 
conte  di  Mercy  la  maniera  di  passare  il 
Po  ;  e  dopo  molte  finte  gli  venne  fatto  di 
passarlo,,  dove  e  quando  men  se  l'aspetta- 
vano i  Francesi.  Nella  notte  seguente  al 
primo  dì  di  maggio,  seco  menando  barche 
sopra  delle  carra,  spinse  egli  sopra  alcune 
di  esse  il  general  di  battaglia  conte  di  Li- 
gneville  Lorenese  pel  Po  con  una  man  di 
armati  alla  riva  opposta  in  faccia  alla  chie- 
sa di  san  Giacomo,  un  mìglio  in  circa  di- 
stante da  san  Benedetto.  Arrampicaronsi 
sugli  argini  quegli  armati  y  e  vi  presero 
posto;  nel  qual  mentre  le  sentinelle  francesi 
sparando  sparsero  l'avviso  di  questa  sor- 
presa. Ma  il  Mercy  con  incredibile  dili- 
genza fatto  formare  il  Ponte,  non  perde 
tempo  a  spignere  nuove  truppe  di  qua  >  in 
maniera  che  quando  sopragiunsero  le  bri- 
gate Francesi ,  vedendo  esse  già  passata 
tutta  Foste  cesarea,  ad  altro  nonpensaro» 
no,  che  a  mettersi  ir)  salvo. 

Gran- 


A^    no    MDCCXXXIV.  9 

Grande  in  fatti  fu  lo  scompiglio  dei  fran- 
cesi,  troppo  sparpagliati  dietro  alla  gran- 
de stesa  degli  argini  del  Po  ;  laonde  cor- 
sa la  voce  del  passaggio  suddetto,,  ciascun 
corpo  di  essi  colla  maggior  fretta  possibi- 
le prese  la  strada  dei  Parmigiano  lascian- 
do indietro  non  pochi  viveri,  munizioni  s 
e  parte  ancora  del  bagaglio  >  Passò  questo 
terrore  al  Finale ,  a  san  Felice ,  e  alla  Mi» 
randola  ,  dove  erano  entrati  essi  francesi 3 
dappoiché  l' aveano  abbandonata  gli  spa- 
gnuoli  ;  e  tutte  quelle  schiere,  unitesi  poi 
con  quelle  di  Guastalla,  marciarono  alla 
Sacca,  luogo  del  Parmigiano  sul  Po.  For- 
mato quivi  un  ponte  per  mantener  la  co- 
municazione coìr  Oltrepò,  con  alte  fosse  e 
trincee  si  afforzarono;  e  da  Parma  sino  a 
quel  luogo  dietro  al  fiume  appellato  Par- 
ma tirarono  una  linea  ,  guernendola  di  gran 
gente  e  cannoni,  ed  aspettando  divedere, 
che  risoluzion  prendessero  gli  austriaci  . 
Con  buona  disciplina  dopo  avere  ripigliato 
il  possesso  della  Mirandola,  sen  vennero 
questi  sul  territorio  di  Reggio  ;  impadro- 
nironsi  anche  di  Guastalla  e  Novellava  ,  e 
andarono  ad  alzar  le  tende  nelle  ville  del 
Parmigiano.  Era  ito  frattanto  il  general 
Mercy  a  Padova ,  per  isperanza  di  riportare 
da  quegli  esculapj  la  guarigion  della  sua 
vista  ;  e  senza  di  lui  nulla  si  potea  intra- 
prendere di  grande.  Parve  agli  altri  co- 
mandanti cesarei  viltà  il  lasciare  tanto 
in  ozio  il  fiorito  loro  esercito  ,  e    però    si 

av- 


io       Annali    d'Italia 

avvisarono  di  cacciare  i  francesi  della  ter- 
ra di  Colorno.  Sul  principio  di  giugno  con 
un  grosso  distaccamento  si  portarono  colà; 
disperata  difesa  fece  quel  presidio  ;  sicché 
tutti  coloro  o  perderono  la  vita  ,  o  restaro- 
no prigionieri.  Ma  senza  paragone  vi  spe- 
sero gl'imperiali  più  sangue  ,  essendovi  ri- 
masto ucciso  il  suddetto  troppo  ardito  ge- 
nerale di  Ligneville  con  altri  ufìziali  ,  e 
molta  loro  gente  .  Videsi  poi  saccheggiata 
quella  povera  terra,  senza  perdonare  ne  a 
i  luoghi  sacri  ,  né  alle  delizie  del  palazzo 
e  giardino  dei  duchi  di  Parma  ,  le  quali 
furono  ivi  per  la  maggior  parte  disperse 
od  atterrai  .  Non  ripoitò  lode  il  principe 
Luigi  di  Wirtemherg ,  comandante  allora 
-pro  interim  dell'armata  cesarea  ,  perchè  non 
s'inoltrasse  con  tutte  le  forze  affine  di  strin- 
gere i  francesi  a  Sacca.  A  lui  bastò  di 
mettere  in  Colorno  due  reggimenti .  Ma  nel 
giorno  quinto  di  giuguo  essendosi  mosso  il 
valoroso  re  di  Sardegna  con  assai  brigate 
sue,  e  dei  francesi  ,  a  quella  volta,  seguì 
una  calda  zuffa  con  vicendevole  mortalità 
di  gente  ;  pure  si  trovarono  obbligati  i 
tedeschi  di  abbandonare  quel  sito ,  oramai, 
ma  troppo  tardi  ,  pentiti  di  avere  compe- 
rato sì  caro  un  acquisto,  che  niun  frutto, 
e  solamente  molto  danno  loro  produsse  . 

Da  che  fu  ritornato  da   Padova  il   mare- 
sciallo  dì  Mercy ,  non  vi   era  chi  non   cre- 
desse imminente  qualche  gran  fatto  di  ar- 
mi '9  ma  con  istupore  di  ognuno  egli  si  ri- 
*  ti- 


Anno     MDCCXXXIV.        ii 
tirò  a  saa  Martino  del  marchese  Estense  a 
digerire  la  bile  ;  e  ciò  perchè  odiato  dalla 
maggior  parte  degli    Ufi  zi  afa  ,  come  macel- 
laio delle  truppe  j  non  avea   trovato  in  es- 
si l'ubbidienza   dovuta.  Se  andassero  bene 
con  questi  contratempi   gii    affari    dell  im- 
peradore,    sei    può    immaginare    ciascuno. 
Placato  in  fine  dopo  molti  giorni  esso  ma- 
resciallo ^  se  ne  tornò  al  campo  ;  ed  allora 
determinò  di  venire  a  giornata  coi  nemici . 
Sarebbe  stato  da   desiderare,  ch'egli    in  sì 
pericoloso  cimento  fosse  stato  meglio    ser- 
vito dai  suoi  occhi,  e    che    le    misure    da 
lui  prese   fossero    state  ,  quali    convengono 
ai  più  accorti   generati    di    armate  .    Parve 
a  non  pochi   mal   cono  puto  disegno  1'  aver 
egli  (  giacche  troppo  difficile  era  1'  assalire 
il  campo  contrario  nelle  linee    ben    fortifi- 
cate del  fiume  Panna   )  preso    un    giro    ai 
mezzogiorno  deMà  città   di  Parma,  con  in- 
tenzione  di  azzuffarsi    all'occidente,    dove 
di  fortifica  zi  òde  erano  privi  i  francesi;  ma 
senza   far  caso  di  lasciare  esposto  un  fian- 
co del  suo    esercito    alle    artiglierie    della 
città  ,  e  del   potere  la  guernigione  di   essa 
città  tagliargli  la  ritirata  in  caso    di    dis- 
grazie    Ma  egli  era   portato  da  una  ferma 
credenza  di   sconfiggere  i   nemici  ;  e  il  ve- 
ro è  che  pensava  di  trovare  i  francesi  nelP 
accampamento  loro  dietro    alla    Parma  ,    e 
non  già  nel  sito  ,  dove  succedette  dipoi  ii 
terribii    conflitto.    All'armata    gallo-sarda 
non  si  trovava  più  il  maresciallo    di    Vii- 

làrs  9 


12  Annali  d'  Italia 
lars ,  perchè  la  sua  soverchia  età  gli  ave£ 
siffattamente  infiacchita  la  memoria,  che  ora 
dato  un  ordine ,  da  lì  a  poco  dimentico 
del  primo  ,  ne  spediva  un  altro  in  contra- 
rio .  Laonde  richiamato  alla. corte,  s'inviò 
nel  dì  27  di  maggio  alla  volta  di  Torino, 
dove  sorpreso  da  malattia  diede  fine  ai  suoi 
giorni ,  ma  non  già  alla  gloria  di  essere 
stato  uno  dei  più  sperti  e  rinomati  con- 
dottieri di  armata  dei  giorni  suoi .  Anche 
il  generalissimo  Carlo  Emmanuel^  re  ài 
Sardegna  avea  dato  una  scorsa  a  Torino, 
per  visitar  la  regina  caduta  inferma.  Ora 
essendo  restato  al  comando  dell'esercito 
gallo-sardo  i  due  marescialli  di  Coigny  e 
di  Broglio  ,  o  sia  che  le  spie  portassero 
avviso  dei  movimenti  degl'  imperiali  ,  o 
pure  fosse  accidente  :  mossero  eglino  il  cam^ 
pò,  per  venire  anche  essi  al  mezzo  giorno, 
verisimilmente  per  coprire  la  città  di  Par- 
ma da  ogni  attentato. 

Air  improvviso  dunque  nella  mattina  del 
dì  29  di  giugno ,  festa  dei  santi  Pietro  e 
Paolo,  si  scontrarono  le  due  nemiche  ar* 
ma.te  sulla  strada  maestra  ,  o  vogliam  dire 
Via  Claudia,  stendendosi  i  francesi  dalla 
città  fino  per  un  miglio  al  luogo  detto  la 
Crocetta,  ben  difesi  dagli  altri  fossi  del- 
la medesima  strada.  Ancorché  si  trovasse  il 
Mercy  inferiore  di  gente,  per  aver  lasciato 
molti  staccamene  indietro  alla  custodia  dei 
passi,  e  tutta  la  fanteria  non  fosse  peran^ 
che  giunta,    pure    attaccò    furiosamente  la 

bat- 


Anno     MDCCXXXIV.         13 
battaglia  con  istrage  non  lieve  $ei  nemici. 
Costò  anche  gran  sangue  l'espugnazione  di 
una  Cassina;  ma  il  peggio  fu,  eh' egli  stes- 
so col  troppo  esporsi  alle    palle  degli    av- 
versar;,  ne  restò  sì  malamente  colpito.,  che 
sul  campo  spirò  l'ultimo  fiato.  Non  si  sa, 
se  il  funerale  fosse  poi  accompagnato  dalle 
lagrime  di  alcuno.  Arrivatala  fanteria  tut- 
ta, crebbe  maggiormente  il  fuoco,  le  mor- 
ti, e  le  ferite  da  ambe  le  partì,  senza  non- 
dimeno, che  l'una  passasse  nei  confini  dell' 
altra.    A  cagione  di    tanti    fossi  ed    alberi 
poco  o  nulla  potè  operare  la  copiosa  caval- 
leria tedesca  ;    e  i  soli  fucili  ,    e  i  piccoli 
cannoni  da  campagna  ,  ma  non  mai  le  scia- 
ble  e   baionette,    fecero    l' orribil    giuoco. 
Da  molti  fu  creduto,  che  il  principe  Lui- 
gì  di  ìVirtemberg ,    rimasto  comandante  in 
capo  dopo  la  morte  delMercy,  non  sapes- 
se qual  regolamento  avesse  preso  il  defunto 
generale  ,  e  però  pensasse  più  alla    difesa  , 
che  all'offesa.  Ed  altri  immaginarono ,  che 
se  fosse  sopravivuto  il  Mercy  ,  egli  avreb- 
be o  riportata  vittoria ,  o  sacrificata  la  mag- 
gior parte  delle  sue  truppe  .  La  conclusio- 
ne fu,   che  questo  sanguinoso  combattimen- 
to durò  fino  alla  notte  ,    la  qual  pose    fine 
al  vicendevol  macello;    ed  amendue  le  ar- 
mate rimasero  nei  loro  campi  a  considera- 
re e  compiagnere  le  loro  perdite  per  tanti 
lìfiziali  e  soldati    o  uccisi  o    feriti  ,    senza 
sapere  qual  destino  fosse  toccato  alla  parte 
contraria.  Non  aspetti  alcuno  da  me  d'in- 

téa- 


14  Annali  d'Italia 
tendere  a  quante  migliaia  ascendesse  il  dati-* 
no  dell'una  o  dell'  altra  armata  ,  insegnan- 
do la  sperienZa  ,  che  ognuno  si  studia  d* 
ingrandire  il  numero  dei  nemici ,  e  di  smi- 
nuire quello  dei  proprj.  Calcolarono  alcuni, 
che  almen  diecimila  persone  tra  gli  uni 
e  gli  altri  restassero  freddi  sul  campo.  Quei 
che  è  certo,  ciascuna  delle  parti  nella  not- 
te al  trovare  tanta  copia  di  morti  e  feri- 
ti 3  si  credette  vinta  ;  e  si  sa,  che  i  coman- 
danti francesi  tenuto  consiglio  meditavano 
già  di  ritirarsi  ai  trincieramenti  della  Sac- 
ca,  e  a  decampare  dai  contorni  di  Parma; 
quando  versola  mezzanotte  giunse  loro  la 
grata  nuova,  che  i  tedeschi  levato  il  cam- 
pa erano  in  viaggio  per  tornarsene  verso 
il  Reggiano*  Snervati  cotanto  di  gente  si 
trovarono  essi  Cesarei,  e  privi  di  vettova- 
glie foraggi  e  in  vicinanza  di  essa  città  ne- 
mica, che  loro  fu  necessario  di  retrocede-» 
re.  Era  ferito  anche  Io  stesso  principe  di 
"Wirtemb;  rg« 

Videsi  in  questi  tempi  Parma  tutta  piena 
di  gallo- sardi  feriti  ,  e  una  processione 
continua  per  due  giorni  sulla  Via  Claudia 
di  feriti  tedeschi,  non  curati  da  alcuno', 
dei  quali  parte  ancora  nel  viaggio  andava 
mancando  di  vita  :  spettacolo  compassione- 
vole ed  orrido  a  chi  contemplava  in  essi 
l'umana  miseria,  e  i  frutti  amari  delTam- 
bizion  dei  regnanti*  Sul  fine  della  battaglia 
per  le  poste ,  e  con  grave  pericolo  di  cade- 
re in  man  dei  Cesarei,    il  re    di  Sardegna 

per- 


Anno  MDCCXXXIV.  i5 
pervenne  al  campo.  Fu  creduto  migliore 
Consiglio  il  non  inseguire  i  fugitivi  nemi- 
ci, e  nel  dì  seguente  s'  inviò  buona  parte 
dell'  esercito  gallo-sardo  verso  Guastalla 
per  isloggiarrie  i  tedeschi.  Vi  era  dentro 
un  presidio  di  mille  e  ducento  persone;  e 
per  disattenzione  dei  comandanti  cesarei 
uiuno  avviso  fu  loro  inviato  della  succeduta 
catastrofe;  laonde  trovandosi  quella  gente 
sprovveduta  di  artiglierie;  di  munizioni  e 
di  viveri  ,  fu  obbligata  a  rendersi  prigio- 
niera.  Giunse  intanto  l'esercito  tedesco  a 
passare  il  fiume  Secchia  i  dopo  aver  lasciate 
funeste  memorie  di  ruberie  per  dovunque 
passò;  e  a  fin  di  mantenere  la  comunica- 
zione colla  Mirandola  e  col  Mantovano,  si 
diede  tosto  ad  afforzarsi  sugli  argini  di  es- 
so fiume;  siccome  parimente  fecero  i  fran- 
cesi nella  parte  di  là,  con  aver  posto  il  re 
di  Sardegna  il  quartier  generale  a  san  Be- 
nedetto. Avea  nella  precedente  primavera 
il  maresciallo  diVillars  pensato  a  stendere 
la  sua  giurisdizione  anche  negli  stati  di 
Modena,  sì  per  assicurarsi  di  questa  città., 
e  della  sua  cittadella^  come  anche  per  isten* 
dere  le  contribuzioni  in  questo  paese:  me- 
stiere favorito  dai  monarchi  della  terra,  e 
praticato  tanto  più.  indiscretamente  da  es- 
si, quanto  più  son  potenti  e  ricchi,  senza 
distinguere  paesi  neutrali  ed  innocenti  da 
nemici.  Nel  dì  15  di  aprile  comparve  a 
Modena  il  marchese  di  Pezè  ,  ufiziale  fran- 
cese di  gran  credito  ed  eloquenza,  che  fe- 
ce 


16  Annali  d'Italia 
ce  la  dimanda  di  essa  cittadella  in  deposito 
a  nome  del  re  cattolico .  Per  quante  esibi- 
zioni facesse  il  duca  Rinaldo  di  sicurezze, 
ch'egli  guarderebbe  quella  fortezza  senza 
darla  ai  nemici  degli  alleati,  saldo  stette 
il  Pezè  in  esigere,  e  non  rnen  di  lui  il  du- 
ca in  negare  sì  fatta  cessione .  Andossene 
perciò  senza  aver  nulla  guadagnato  queir 
ufiziale  ,  e  il  duca  a  cagion  di  questo 
guernì  di  qualche  migliaio  di  sue  mili- 
zie la  Cittadella  predetta.  Ma  da  che  do- 
po la  battaglia  di  Parma  si  trovarono  sì 
infievoliti  i  Cesarei ,  spedi  il  duca  al  cam- 
po gallo-sardo  Y  abbate  Domenico  Giaco- 
bazzi,  oggidì  consigliere  di  stato  e  segre- 
tario ducale ,  ben  persuaso  di  non  poter 
più  resistere  alla  tempesta ,  e  desideroso  di 
salvare  quel  più  che  potea  nell'  imminente 
naufragio .  Disposte  poscia  il  meglio  che  fa 
possibile  le  cose ,  nel  dì  14  di  luglio  si 
ritirò  il  duca  con  tutta  la  sua  famiglia  a 
Bologna  .  Il  principe  Ereditario  Francesco 
suo  figlio,  e  la  principessa  consorte  s'era- 
no molto  prima  portati  a  Genova  ,  e  di 
là  poi  col  tempo  passarono  amendue  a  Pa- 
rigi. 

Entrarono  nel  dì  13  i  francesi  in  Reggio, 
e  nei  dì  20  del  mese  suddetto  comparve 
alle  porte  di  Modena  il  Marchese  di  Mail- 
lebois  tenente  generale  di  sua  maestà  cri- 
stianissima con  buon  distaccamento  di  ar- 
mati ,  che  accordò  alla  città  e  sue  dipen- 
denze una    onesta   capitolazione,    restando 

in- 


Anno  MDCCXXXIV.  17 
intatta  la  giurisdizione,  dominio,  e  ren- 
dite del  duca,  con  altri  patti  in  favore  del 
popolo  :  patti  di  carta ,  che  non  durarono 
poi  se  non  pochi  giorni .  Che  intollerabili 
aggravj ,  che  esorbitanti  contribuzioni  im- 
ponessero poscia  i  francesi  agli  stati  sud- 
detti, non  occorre,  che  io  lo  ricordi,  dopo 
averne  assai  parlato  nelle  antichità  estensi . 
Divennero  in  oltre  essi  stati  il  teatro  del- 
la guerra,  tenendo  i  cesarei  la  Mirandola , 
e  tutto  il  basso  Modenese  ,  e  i  francesi 
Modena,  Reggio,  Coreggio,  e  Carpi.  Il  fiu- 
me Secchia  era  quello  ,  che  dividea  le  ar- 
mate ,  le  quali  andarono  godendo  un  dolce 
ozio  sino  alla  metà  di  settembre,  ma  sen- 
za lasciarne  godere  un  brictiolo  ai  poveri 
abitanti.  Al  comando  dell' armi  imperiali 
era  intanto  stato  inviato  da  Vienna  il  ma» 
resciallo  conte  Giuseppe  di  Koningsegg  ,  si- 
gnore di  gran  senno,  che  tosto  determinò 
di  svegliare  gli  addormentati  nemici.  Tro- 
vavasi  in  questo  tempo  attendato  a  Quistel- 
lo  il  maresciallo  francese  conte  di  Broglio 
con  parte  dell'  esercito,  guardando  i  passi 
della  Secchia.  Con  isforzate  marcie,  e  con 
gran  silenzio  sull'alba  del  dì  15  di  esso 
settembre  ecco  comparire  il  nerbo  maggio- 
re degli  alemanni,  valicar  la  poca  acqua 
del  fiume,  sorprendere  i  pichetti  avanzati, 
e  poi  dare  improvvisamente  addosso  al  cam- 
po francese .  Non  ebbero  tempo  colti  nel 
sonno  i  soldati  di  prendere  le  armi,  non 
che  di  ordinar  le  schiere  •  Solamente  si  pen- 
Tom.  XXVII.  B  so 


18         Anna  ti    d'Italia 
so  alle  gambe .  Fuggì  in  camicia  il   mare5» 
sciallo  di  Broglio;  e  il  signore  diCaraman 
suo  nipote  ,  colonnello  e  brigadiere  di  essa 
armata,  essendosi  opposto  per  facilitare  al 
zio  la  ritirata,  restò  con  altri  ufiziali  pri- 
gioniero .    Andò  a    sacco   tutto    il    campo, 
tende,  bagagli,  armi  3  munizioni,  e  le  ar- 
genterie dei  maggiori  ufiziali.    Era    molto 
splendida    e    copiosa    quella    del    conte    di 
Broglio y  la  cui  segreteria    restò    anch'essa 
in  mano  dei   vincitori.    Per  questa    disav- 
ventura fu  da  lì  innanzi  esso    maresciallo, 
benché  personaggio  di  gran  merito  e  men- 
te y    guardato  di    mal  occhio  alla  corte    di 
Francia,  e  col  tempo  si  vide  cadere.    Ri- 
masero per  tale  irruzione  tagliati  fuori  mol- 
ti corpi  di  francesi  ,    che  si  renderono  pri- 
gioni,  altri  ne  furono  presi  a  letto  nelcam. 
pò ,   tal  che  fu  creduto ,    che  tra   morti    e 
prigioni    vi    perdessero    i  francesi    da    tre 
e  forse  più  mila  persone.    Maggiore  senza 
paragone  sarebbe  stata  la  perdita  loro,    se 
non    si  fossero  sbandati    i  tedeschi    dietro 
al  ricco  spoglio  del  campo,  e  non  avessero 
trovato  ,    allorché  presero    ad    inseguire    i 
nemici ,    varie  fosse  e  canali  ,  custoditi    da 
qualche  truppa    francese,    che    ritardarono 
di  troppo  i  lor  passi  .  Ebbe  tempo  il  re  ài 
Sardegna  di  ritirarsi  colla  sua  gente  da  san 
Benedetto  ,  conducendo  seco  cannoni  e  ba- 
gaglio,   pizzicato  nondimeno  per    viaggio. 
Solamente  due    battaglioni    restati    in  quel 
moniste  ro  con  altri  francesi  capitati    colà, 

do- 


Anno    MDCCXXXIV.       ig 
8òp<?  avere  ottenuti  patti  onesti,,  si  rende- 
rono agi'  imperiali  . 

Ridotto  in  fine  con  gran  fretta    tutto    Y 
esercito    gallo- sardo    a  Guastalla    fuori    ài 
quella  città y    e  fra  i  due  argini    dei   Po    e 
del  Crostolo    vecchio  3     si  diede    con    orari 
fretta  a  formare  alti  e  forti  trincieramenti  y 
mei  qual  tempo    furono    anche    abbandonati 
Carpi  e  Correggio   dai  presidj  francesi,  che 
si  ritirarono  al   grosso  della  lor  armata.   A 
quella  volta  del   pari   trasse  tutto  il  cesareo 
esercito  3  è  poco  si   stette  a  vedere    un  al- 
tro spaventevole  fatto    di   armi.    Molto    fu 
poi   disputato,    se  a   questo  nuovo  conflitto 
si  venisse  per  accidente  ,  o  pure  per  riso- 
luta volontà  del  maresciallo  di  Konlngsegg* 
Giudicarono  alcuni ,  che  per  una  scaramuc- 
cia insorta  fra    grosse    nemiche    partite,    a 
poco  a  poco  andasse  crescendo    l'impegno, 
tanto  che  in  fine   tutte  le    due  armate    en- 
trarono in  ballo .    Pretesero    altri ,    che    il 
Koningseggj   troppa   fede  prestando  al  prin- 
cipe di  Wirtemberg^  asserente,  come  cosà 
certa  ,     che    la-  cavalleria    gallo-sarda    era 
passata  oltre  Po  a  cercar  foraggi,  determi- 
nasse di  tentar  la  fortuna.  Persona  di  cre- 
dito mi   assicurò,  non  altra  intenzione  ave- 
re avuto  il  generale   cesareo,    che  di  rico- 
noscere il  campo  nemico;  ma  che  inoltra- 
tisi due  o  tre  suoi  reggimenti  vennero  alle 
mani  con  un  corpo  di   fiancasi  :    laonde  la 
battaglia  divenne  a  poco  a  poco   universa- 
le- Usciti  perciò  dei  loro    trincieramenti  i 

B  3  Fran- 


20  Annali  d'Italia 
francesi  in  ordinanza  di  battaglia ,  nella 
mattina  del  dì  19  di  settembre  si  azzurra- 
rono i  due  possenti  eserciti  ;  e  sulle  prime 
due  bei  reggimenti  di  corazze  cesaree  ca- 
duti in  un'  imboscata  >  rimasero  quasi  di- 
sfatti. Al  primo  avviso  il  re  sardo,  che  si 
trovava  di  là  da  Po,  corse  a  rinforzar  V 
armata  colla  sua  cavalleria,  e  sempre  colla 
spada  alla  mano  in  compagnia  dei  due  ma- 
rescialli diCoigny  e  di  Broglio  ,  attese  a  dar, 
gli  ordini  opportuni  ,  trovandosi  coraggio- 
samente in  mezzo  a  maggiori  pericoli .  Gio- 
carono in  questo  conflitto  terribilmente  le 
artiglierie  d'ambe  le  parti,  facendo  squar- 
ci grandi  nelle  schiere  opposte  ;  le  sciable 
e  baionette  non  istettero  punto  in  ozio  ;  e 
però  sanguinosa  oltremodo  riuscì  la  pugna. 
Parve,  che  il  principe  Luigi  di  Wirtemberg 
andasse  cercando  la  morte;  tanto  ardita- 
mente si  spinse  egli  addosso  ai  nemici  ; 
e  in  fatti  restò  ucciso  sul  campo.  Ora  pie- 
garono i  francesi ,  ed  ora  i  tedeschi  ;  ma 
in  fine  chiarito  il  Koningsegg  ,  che  non  si 
potea  rompere  l'oste  contraria,  prese  il 
partito  di  far  sonare  a  raccolta,  e  di  riti- 
rarsi colia  migliore  ordinanza  ,  che  fu  pos- 
sibile. Si  disse,  ch0  i  francesi  l'inseguis- 
sero per  un  tratto  di  strada,  ma  non  è  cer- 
to. A  quanto  montasse  la  perdita  dell'una- 
e  dell'altra  parte,  re>ta  tuttavia  da  saper- 
si. Indubitata  cosa  è,  che  vi  perì  gran  gen- 
te con  molti  insigni  ufiziali  di  prima  riga 
e  subalterni ,    e    maggior   fu  la    copia    dei 

fé- 


Anno  MDCCXXXIV.  it 
feriti,  la  quale  ascese  a  migliaia  .  Si  attri- 
buirono i  gallo-sardi  la  vittoria,  e  non 
senza  ragione,  perchè  restarono  padroni  del 
campo,  di  quattro  stendardi,  e  di  qualche 
pezzo  di  cannone,  e  i  savoiardi  riportaro- 
no in  trionfo  un  paio  di  timballi  .  Ebbe  1' 
avvertenza  il  maresciallo  cesareo  nello  stes- 
so bollore  del  poco  prospero  conflitto  di 
spedir  ordine,  perchè  si  formasse,  o  si  ar- 
masse gagliardamente  il  ponte  di  comuni- 
cazione col  mantovano  sul  Po ,  e  fu  ben 
servito.  Ne  si  dee  tacere,  che  il  marchese 
ili  Maillebois  ,  durante  la  battaglia  suddet- 
ta ,  con  tremila  cavalli  di  là  dal  Po  corse 
per  sorprendere  Borgoforte  ,  ed  impedire  la 
comunicazione  del  ponte;  ma  non  fu  a  tem- 
po, anzi  ben  ricevuto,  non  pensò  che  a  tor- 
narsene indietro. 

Venne  nei  seguenti  giorni  à  notizia  dei 
francesi,  altro  non  trovarsi  nella  Miran- 
dola, che  lo  scarso  presidio  di  trecento 
alemanni  con  poca  artiglieria,.  Parve  que- 
sto il  tempo  d'  impadronirsene  .  Scelto  per 
tale  impresa  il  suddetto  tenente  generale 
Maillebois,  uomo  di  grande  ardire  ed  at- 
tività, comparve  sotto  quella  piazza  con 
sei  mila  combattenti  ,  con  otto  grossi  pez- 
zi d'  artiglieria  cavati  da  Modena  i  e  con 
altri  cannoni  ;  e  senza  riguardi  e  cerimonie 
alzò  tosto  una  batteria  sul  cammino  coperto. 
Essendo  poi  corsa  voce,  che  diecimila  te- 
deschi venivano  a  fargli  una  visita  con  tutti 
i  suoi  arnesi  fu  presto  a  ritirarsi.  Ma  sco- 

B  3  P:r' 


22  Annali  d'Italia 
portasi  falsa  questa  voce  ,  egli  più  che  mai 
voglioso  e  isperanzito  di  queir  acquisto , 
tornò  sotto  alla  piazza ,  e  con  tutto  vigo- 
re rinovò  le  offese  .  Fatta  la  breccia  ,  si 
preparava  già  a  scendere  nella  fossa,  quan- 
do venne  a  sapere ,  che  il  Koningsegg  se- 
gretamente avea  fatto  sfilare  alquante  mi- 
gliaia dei  suoi  a  quella  volta  ,  e  formato 
un  ponte  sul  Po  a  questo  eff<  tto  ;  però  da 
saggio  comandante  nel  di  12  di  ottobre 
sloggiò  ,  e  tal  fu  la  fretta  ,  che  lasciò  in- 
dietro tutta  T  artiglieria.  Niun' altra  consi- 
derabile impresa  fu  fatta  nel  resto  dell'anno, 
sennonché  ostinatosi  il  conte  di  Koningsegg 
di  stare  colla  sua  gente  in  campagna  tra 
il  Po  e  l'Oglio,  gran  tormento  diede  air 
oste  gallo-sarda,  obbligata  a  gravi  pati- 
menti, alloggiando  e  dormendo  i  poveri 
soldati  non  più  sulla  terra  ,  ma  sui  fanghi 
e  nell'acqua.  Non  soffrì  il  re  di  Sardegna , 
che  più.  durasse  tanto  affanno  delle  mili- 
zie, e  decampato  che  ebbe  le  ridusse  ai 
quartieri  di  verno,  ma  sì  mal  concie,  che 
entrata  fra  loro  un'epidemia  nei  seguenti 
mesi  sbrigò  dai  guai  del  mondo  una  parte 
di  essi  ,  e  non  solo  essi  ,  ma  chiunque  dei 
medici,  chirurghi,  e  cappellani  che  assiste- 
rono ad  essi  :  come  pur  troppo  si  provò 
nella  città  di  Modena  .  La  ritirata  loro  aprì 
il  campo  ai  cesarei  per  passar  l'Oglio,  ed 
impadronirsi  di  Bozzolo,  Viadana,  Casal- 
maggiore,  ed  altri  luoghi .  E  al  principe  di 
Sassonia  Hildbur°;ausen  riuscì  con  finti  can- 
no- 


Anno  MDCCXXXIV.  23 
noni  eli  legno  di  far  paura  al  comandante  di 
Sabbioneta,  che  non  ebbe  difficoltà  di  ren- 
derla a  patti  onorevoli.  Con  tali  imprese 
terminò  nell'anno  presente  la  campagna  in 
Lombardia . 

Ci  chiama  ora  un'altra  memorabile  sce- 
na ,  parimente  spettante  a  quest'  anno ,  e 
all'Italia.  Siccome  accennammo,  era  già 
stata  presa  nel  gabinetto  di  Spagna  la  ri- 
soluzion  di  valersi  del  tempo  propizio  ,  in 
cui  si  trovavano  impegnate  le  armi  di  Ce- 
sare al  Reno  e  in  Lombardia  ,  per  la  con- 
quista dei  regni  di  Napoli  e  Sicilia  . 
Ognun  vedea,  che  le  mire  degli  Spagnuo- 
li  con  tanti  leghi  in  mare  ,  con  tanta  ca- 
valleria e  fanteria  ,  già  pervenuta  in  To- 
scana, e  che  andava  ogni  dì  più  crescen- 
do, tendevano  a  passar  colà.  Maggiormen- 
te ancora  se  ne  avvide  il  conte  don  Giu- 
lio Visconti ,  viceré  allora  di  Napoli,  il 
quale  bensì  per  tempo  si  accinse  a  far  la 
possibile  difesa,  con  fortificare  spezialmen- 
te Gaeta  e  Capoa ,  e  provvederle  di  gente  , 
e  di  tutto  il  bisognevole;  ma  per  trovarsi 
con  forze  troppo  smilze  a  sì  pericoloso  ci- 
mento ,  con  replicate  lettere  facea  istanza 
di  soccorsi  alla  corte  di  Vienna  .  Ne  rice- 
vè molte  speranze  ;  a  riserva  nondimeno  di 
alquante  reclute  e  di  altre  poche  milizie  , 
che  dai  litorale  austriaco  e  dalla  Sicilia 
per  mare  andarono  capitando  colà,  si  sciol- 
sero tutte  in  fumo  le  altre  promesse,  li 
quartier    generale    dell'  esercito    Spagnuolo 

B  4  sot- 


24  Annali  d'Italia 
sotto  la  direzione  del  conte  di  Montema? 
nel  gennaio  di  questo  anno  era  in  Siena  » 
A  quella  volta  si  mosse  da  Parma  anche  il 
reale  infante  don  Carlo,  ed  essendo  nel  dì 
quinto  di  febbraio  passato  in  vicinanza  di 
Modena  ,  salutato  con  salva  reale  dalla  Cit- 
tadella,  arrivò  poi  nel  dì  dieci  felicemen- 
te a  Firenze.  Portò  egli  seco  gli  arredi 
più  preziosi  dei  palazzi  Farnesi  di  Parma 
e  Piacenza  ,  ben  prevedendo  ,  che  gli  si  pre- 
parava un  più  magnifico  alloggio  in  altre 
parti.  Anche  il  duca  di  Livia  'raccolte  le 
truppe  spagnuole,  ch'erano  sparse  negli  sta- 
ti dei  duca  di  Modena  ,  e  abbandonata  la 
Mirandola,  andò  ad  unirsi  all'  esercito  sul 
sanese.  Da  che  sul  fine  di  febbraio  si  fu 
messo  alla  testa  di  sì  bella  e  poderosa  ar- 
mata esso  reale  infante ,  tutti  si  mossero 
alla  volta  di  Roma,  e  nel  dì  quindici  pas- 
sarono sopra  un  preparato  ponte  il  Teve- 
re. Nello  stesso  tempo  per  mare  capitò  a 
Civitavecchia  la  numerosa  flotta  di  Spagna  , 
edotto  navi  di  essa  veleggiando  oltre ,  nel 
dì  20  s'impossessarono  delle  isple  di  Pro- 
cida  ed  Ischia  .  Furono  sparsi  per  Napoli 
e  pel  regno  manifesti ,  che  promettevano 
per  parte  dell'infante  dimiouziou  di  ag- 
gravj  ,  e  privilegi  e  perdono  a  chi  in  ad- 
dietro avea  tenuto  il  partito  imperiale  con- 
tro la  corona  di  Spagna  . 

Stavano  intanto  speculando  i  satrapi  del- 
la politica ,    se    gli   spagnuoli    troverebbero 
opposizioni   ai  confini.    Niuna  ne  trovaro- 
no, 


Anno    MDCCXXX1V.       ì$ 

no ,  e  però  avendo  essi  declinata  Capoa  ,  e 
passato  il  Volturno,  giunsero  a  sant' Ange- 
lo di  Kocca  Canina.  Era  stata  su  questo 
disputa  fra  i  due  generali  ,  Carrafa  italia- 
no y  e  Traun  tedesco.  Pretendeva  V  un  di 
essi,  cioè  il  primo,  che  tornasse  più  il  con- 
to a  sguernire  le  piazze  di  presidj ,  e  rac- 
colta tutta  la  gente  di  armi  alemanna  >  do- 
versi formare  un'  armata  ^  che  andasse  a 
fronte  della  nemica,  per  tentare  una  bat- 
taglia. Succedendo  questa  felicemente  ^  pa- 
reva in  salvo  il  regno.  All'incontro  col 
difendere  i  soli  luoghi  forti 3  Napoli  era  per- 
duta ;  e  chi  ha  la  capitale,  in  breve  ha  il 
resto.  Sosteneva  per  lo  contrario  il  conte 
Traun  il  tener  divise  le  soldatesche  nelle 
fortezze  ;  perchè  venendo  i  promessi  soc- 
corsi di  ventimila  armati  dalla  Germania, 
Napoli  si  sarebbe  facilmente  ricuperata. 
Prevalse  quest'ultimo  sentimento,  e  fu  la 
rovina  dei  cesarei ,  che  niun  rinforzo  rice- 
verono ,  e  perderono  tutto  .  Dopo  la  disgra- 
zia fu  chiamato  in  Vienna  il  generale  Car- 
rafa ,  fedele  ed  onorarissimo  signore  .j  im- 
putato di  non  avere  ben  servito  l'augusto 
padrone  *  Andò  egli  -,  ma  non  gli  fu  per- 
messo di  entrare  in  Vienna,  né  di  parlare 
a  sua  maestà  cesarea.  Per 'altro  portò  egli 
seco  le  chiare  sue  giustificazioni *  Fu  det- 
te, che  l'imperadore  con  sua  lettera  gli 
avesse  ordinato  di  raunar  la  gente  ,  e  di 
venire  ad  un  fatto  di  armi,  e  che  altra 
lettera    del   consiglio    di  guerra    sopragiu- 

£t1f:S- 


20  Annali  d'Italia 
gnesse  con  ordine  tutto  contrario.  Avea  il 
conte  don  Giulio  Visconti  viceré  preventi- 
vamente inviata  a  Roma  la  moglie  col  me- 
glio dei  suoi  mobili  ,  e  a  Gaeta  le  scrittu- 
re più  importanti  ;  ed  egli  stesso  dipoi  pre- 
se la  strada  di  Avellino  e  Barletta,  per 
non  essere  spettatore  della  inevitabil  rivo- 
Juzion  di  Napoli,  che  tutta  era  in  iscom- 
piglio,  e  che  scrisse  a  Vienna  le  scuse  e 
discolpe  della  sua  fedeltà ,  se  sprovveduta 
di  chi  la  sostenesse,  era  forzata  a  cedere 
ad  un  principe  ,  che  si  accostava  con  eser- 
cito sì  potente  per  terra  e  per  mare  .  Giun- 
to pertanto  nel  dì  nove  di  aprile  il  reale 
infante  coli' oste  sua  a  Maddalori,  lungi 
quattordici  miglia  da  Napoli ,  vennero  i 
deputati  ed  eletti  di  quella  real  città  ad 
inchinarlo,  e  a  presentargli  le  chiavi,  co- 
prendosi come  grandi  di  Spagna,  secondo 
il  privilegio  di  quella  Metropoli .  Nel  se^ 
guente giorno  dieci  fu  spedito  un  distacca- 
mento di  tremila  spagnuoli ,  che  pacifica- 
mente entrarono  in  Napoli ,  e  l' infante  pas- 
sò alla  città  di  Aversa  ^fissando  ivi  il  suo 
quartiere  ,  finattantochè  si  fossero  ridotte 
all'  ubbidienza  le  fortezze  della  capitale . 
Contra  di  queste  ,  preparati  che  furono  tut- 
ti gli  arnesi  ,  si  diede  principio  alle  osti- 
lità .  Nel  dì  25  si  arrendè  il  castello  sant' 
Ermo  con  restare  prigioniera  la  guemigio- 
ne  tedesca  di  secentoventi  persone.  Due 
giorni  prima  anche  1'  altra  di  Baia  ,  dopo 
aver  sentite  alquante  cannonate  ,    si  rendè 

a  di- 


Anno  MDCCXXXIV.  27 
a  Jiscrez  one.  C  .nsisteva  in  secento  sessan- 
ta soldati.  Il  castrilo  dell'  Uovo  durò  si- 
no al  dì  terzo  di  Miglio,  in  cui  quel  pre- 
sidio, esposta  bandiera  bianca,  restò  ai 
pari  drg  i  altri  prigioniero.  Altrettanto 
fece  nei  dì  sesto  di  esso  mese  Castel  Nuo- 
vo. 

Dappoiché  fu  libera  dagli  austriaci  la 
città  di  Napoli,  vi  fece  il  suo  solenne  in- 
gresso nel  dì  dieci  di  maggio  l'infante  rea- 
le don  Carlo  fra  le  incessanti  allegrie  ed 
acclamazioni  di  quel  gran  popolo.  Nobili 
fuochi  di  gioia  nelle  sere  seguenti  attesta- 
rono la  contentezza  di  ognuno^  ben  pre- 
vedendo ,  che  questo  amabii  principe,  così 
ornato  di  pietà  ,  e  tanto  inclinato  alla  cle- 
menza ,  avea  da  portar  quella  corona  in 
capo.  In  fatti  nel  dì  quindici  di  esso  mag- 
gio giunse  corriere  di  Spagna  col  decreto, 
in  cui  il  cattolico  monarca  Filippo  V  di- 
chiarava questo  suo  figlio  re  dell'  una  e 
dell'altra  Sicilia:  avviso,  che  fece  raddop- 
piar le  feste  ed  allegrezze  di  un  popolo  , 
non  avezzo  da  pia  di  ducento  anni  ad  ave- 
re ré  proprio.  Tutti  i  saggi  riconobbero, 
quale  indicibil  vantaggio  sia  l'  aver  corte, 
q  re,  o  principe  proprio.  Trova vansi  in 
Bari  già  adunati  circa  settemila  soldati 
cesarei .  Poiché  voce  si  sparse  ,  che  sei  mi- 
la Croati  aveano  da  venire  ad  unirsi  a 
questa  picciola  armata,  il  capitan  generale 
spagnuoio ,  cioè  il  conte  di  Montemar ,  a 
fin  di  prevenire  il  loro  arrivo,  col  meglio 

•  dell' 


28        Annali    d'Italia 

dell'  esercito    suo  ,    facendolo    marciare    £ 
grandi  giornate^  corse  anch' egli    a    quelle 
parti.  Nel  dì  27  di  maggio  trovò  egli  quel- 
la gente  in  vicinanza  di  Bitonto  in  ordine 
di  battaglia  j  e  tosto  attaccò  la  zuffa    con 
essi .  Ma  quella  non  fu  zuffa  ,  perchè  sunito 
si  disordinarono,  e  diedero  alle  gambe  gì' 
italiani ,  che  erano  i  più  ,  e  furono  segui- 
tati dagli  alemanni.  La  maggior  parte  re- 
stò presa,  e  gli  altri  si  salvarono  in  Bari  . 
Non  si  potè  poi  cavar  di  testa  alla  gente, 
che  il  principe    di  Belmonte    marchese    di 
san  Vincenzo,  comandante  di    quel    corpo 
di  truppe  ,  non  avesse   prima    acconciati    i 
suoi  affari  con  gli    Spagnuoli ,    giacché    da 
lì   a  non  molto  fu  osservato    ben    visto    e 
favorito    da    loro.    Anche   gli    abitanti    di 
Lecce    mossa    sollevazione    presero    quanti 
Tedeschi  si  trovarono  in  quella  contrada  \ 
In  riconoscenza  dei  rilevanti  servigi  3  pre- 
stati al  nuovo  re  di  Napoli ,  fu  il  conte  di 
■Montemar    dichiarato  duca  di    Bitonto ,    e 
comandante  dei  castelli  di  Napoli  con  pen- 
sione annua  di  cinquantamila  ducati.  Impa- 
dronironsi   poscia  gli  Spagnuoli  di  Brindi- 
si e    di    Pescara  ,    con    restar  prigioni    di 
guerra  quei  presidj  -  Ma  ciò,  che  più  sta- 
va loro  a    cuore,    era    la  città  di  Gaeta  , 
piazza  di  gran  polso^  e  ben  provveduta  di 
gente,  viveri,  e  munizioni   per  la    difesa  < 
Nel  dì  31   di  luglio  si  portò  per  mare  co- 
là ii  giovine    re    don    Carlo,    ed    pllpra    V 
esercito  apri  la  trinciera  .    A  tale    assedio 

coni- 


Anno  MDCCXXXIV.  29 
comparve  anche  Carlo  Odoardo  principe  di 
Galles  ,  primogenito  del  cattolieo  re  Gia- 
como III  Stuardo ,  che  fu  accolto  dal  re  di 
Napoli  con  dimostrazioni  di  distinta  stima 
ed  amore.  Ma  quella  forte  piazza  con  istu- 
pore  di  ognuno  non  resistè  che  pochi  gior- 
ni alle  batterie  nemiche,  e  nel  dì  sette  di 
agosto  la  guernigione  tedesca  cedette  il 
posto  alla  spagnuola .  Perchè  quegli  abi- 
tanti ricusarono  di  venire  ad  un  accordo 
col  generale  dell'artiglieria,  videro  tras- 
portate a  Napoli  tutte  le  lor  campane  _,  es- 
sendone restate  solamente  alcune  picciole 
in  due  o  tre  conventi  .  Bella  legge,  che  è 
questa,  di  punir  le  innocenti  chiese  con  sì 
barbaro  spoglio  .  Ciò  fatto  ,  si  fecero  tutte 
le  disposizioni  necessarie  ,  per  passare  al- 
la conquista  della  Sicilia  . 

Nel  dì  25  di  esso  mese  di  agosto  essen- 
dosi imbarcato  il  capitan  generale  conte  di 
Montemar  ,  mise  alla  vela  il  gran  convo- 
glio, numeroso  di  circa  trecento  tartane, 
cinque  galee,  cinque  navi  da  guerra,  due 
palandre,  e  molti  altri  legni  minori.  In 
vicinanza  di  Palermo  approbò  felicemente 
sul  fine  del  mese  quella  flotta  ;  laonde  il 
senato  di  quella  Metropoli  ,  siccome  privo 
di  difensori  ,  non  tardò  a  far  colà  la  sua 
comparsa,  per  attestare  l'ossequio  di  quei 
popolo  alla  real  famiglia  di  Spagna  .  Ad- 
dobbi insigni,  strepitose  acclamazioni  so- 
lennizzarono nel  dì  due  di  settembre  l'in- 
gresso in  Palermo  del  suddetto  Nontemar, 

già 


30  A&tfAtt  d'  Itaiià 
già  dichiarato  viceré  di  Sicilia  .  Passò  egli 
di  poi  col  forte  dell'armata  a  Messina,  i 
cui  cittadini  aveano  già  ottenuta  licenza  di 
rendersi  >  giacché  il  Principe  di  Lobcovitz 
comandante  avea  ritirati  i  presidj  dai  ca- 
stelli diMatagriffone ,  Casteìlazzo,  e  Taor- 
mina ^  per  difendere  il  solo  castello  di 
Gonzaga  e  la  Cittadella.  Ma  poco  stette  a 
rendersi  esso  castello  di  Gonzaga  con  quat- 
trocento nomini  ,  che  rimasero  prigionieri  ; 
però  tutto  lo  sforzo  degli  spagnuoli  si  ri- 
volse contro  la  sola  Cittadella  >  difesa  con 
indicibil  valore  da  quella  guernigione  .  Tra- 
pani,  e  Siracusa  furono  nello  stesso  tempo 
assediate.  Altro  più  non  restava  nel  regno 
di  Napoli ,  che  la  città  di  Capoa  ,  ricu-^ 
sante  di  sottomettersi  air  armi  di  Spagna  » 
Entro  vi  era  il  general  eonte  Traun  ,  che 
si  sostenne  sempre  con  gran  vigore  ,  e  so> 
vente  si  lasciava  vedere  ai  nemici  con  del- 
le sortite.  Una  di  esse  fece  ben  dello  stre- 
pito ,  perchè  essendosi  per  le  pioggie  in- 
grossato il  fiume  Volturno  ^  e  rimasti  ta- 
gliati fuori  circa  mille  Spagnuoli  ,  perchè 
senza  comunicazione  col  loro  campo  :  il 
Traun  uscito  con  quasi  tutta  la  guernigio- 
ne,  e  con  dei  piccioli  cannoni  coperti  so- 
pra delle  carra,  parte  ne  stese  morti  sul 
suolo,  altri  ne  fece  prigionieri.  Ma  infine 
niuna  speranza  rimanendo  di  soccorso,  e 
volendo  esso  generale  salvare  il  presidio, 
capitolò  la  resa  di  quella  città,  e  castello 
nel  dì  2Z  di  ottobre  ,  se  io  termine  di  sei 

gior- 


Anno  MDCCXXXIV.  3ì 
giorni  non  gii  veniva  ajuto  ,  o  non  foss* 
seguito  qualche  armistizio,  con  altre  con-* 
dizioni  .  Però  venuto  il  termine  ,  furono 
scortati  questi  alemanni  sino  a  Manfredo- 
nia e  Bari,  per  essere  trasportati  a  Trie- 
ste. Ed  ecco  tutto  il  regno  di  Napoli  all' 
ubbidienza  dei  re  Carlo ,  a  cui  nel  presente 
anno  si  videro  di  tanto  in  tanto  arrivar 
nuovi  rinforzi  di  gente,  munizioni.,  e  da- 
naro. Fra  tanti  soldati  fatti  prigionieri 
nei  regni  di  Napoli  e  Sicilia,  la  maggior 
parte  degli  italiani  i  ed  anche  molti  tede- 
schi, si  arrolarono  nell'esercito  spagnuolo* 
Ma  perciocché  essi  Alemanni ,  tosto  che  se 
la  vedevano  bella ,  disertavano ,  fu  preso 
il  partito  d'inviarne  una  pai  te  degli  arro- 
lati ,  e  il  resto  dei  prigioni  in  Ispagna  * 
Di  là  poi  furono  trasportati  in  Affrica  nel- 
la piazza  di  Orano,  dove  trovarono  un 
gran  fosso  da  passare,  se  più  veniva  lor 
voglia  di  disertare  » 

Maggiormente  si  riacese  in  quest'anno 
la  ribellion  dei  corsi ,  dove  quella  brava 
gente  già  impadronitasi  di  Corte  ,  sul  fine 
di  febbraio  diede  una  rotta  al  presidio 
genovese  uscito  della  Bastia  ,  e  nei  dì  29 
di  marzo  sconfisse  un  altro  corpo  di  essi 
genovesi  .  Continuarono  poi  nel  resto  dell' 
anno  le  sollevazioni  e  le  azioni  militari 
con  varia  fortuna  in  quell'Isola  .  Roma  vi- 
de in  questi  tempi  per  la  protezion  di 
Vienna  ,  e  per  lo  sborso  di  trentamila  scu- 
di ,  alquanto  migliorata  la  condizione    del 

car- 


%%        Annali    r>'  Italia 
cardinal  Coscia,  che    restò    liberato    dalle 
censure  già  promulgate  contra   di  lui,  ma 
non  già    dalla    prigionia    di    castello    sant' 
Angelo.  Un  insigne  regalo  fece  il  pontefice 
Clemente  XII  ai  campidoglio  con  ordinare 
il   trasporto    colà    della    bella    raccolta    di 
statue  antiche   fatta  dal  cardinale  Alessan- 
dro Albani ,  ed   acquistata  dalla  santità  sua 
col  prezzo  di  sessantaseimila  scudi  .  Ma  nel 
dì  sei   di   maggio    si    trovò    tutta    in    con- 
quasso essa  città  di  Roma  5  per  essersi  ver- 
so il  mezzo  dì  attaccato  il  fuoco  ad  un  ca- 
stello di   legnami  sulle  sponde  dei  Tevere , 
dirimpetto  al  quartiere  di  Ripetta  ,  e  alla 
'piazza   dell'Oca.  Spirava  un  gagliardo  ven- 
to, che  di  mano  in    mano    andò    portando 
le  fiamme  agli  altri  castelli  circonvicini  ,  e 
ad  alcuni  pochi  magazzini  di  legna ,  e  al- 
le case  di  quasi  tutta  queir  Isola  ;  di  manie- 
ra che  circa  quattro  mila  persone  rimasero 
senza  abitazione  ,  e  vi  perderono  i  loro  mo- 
bili .  Per  troncare  il  corso  a   sì    spavento- 
so incendio  ,  fu  di  mestieri  trasportar  colà 
alcuni  cannoni  da  castello  sant'  Angelo  ,  che 
atterrando    varie    case,    non    permisero    al 
fuoco    di    maggiormente    inoltrare    i    suoi 
passi  .  Guai  se  penetrava  agli  altri  Magaz- 
zini di  fieno  e  di  legna .  Incredibile  fu    il 
danno,  non  minore    lo    spavènto.    Fece   il 
benefico  papa  distribuir  tosto  due  mila  scu- 
di a  quella  povera   gente .    Neil'  anno    pre- 
sente ,  siccome  vedemmo  ,  provò  V  augusta 
casa  di  Austria  in  Italia  tante  percosse,  e 

né 


Anno  MDCCXXXÌV.  33 
ne  pure  in  Germania  potè  esentarsi  da  al- 
tre disavventure  per  la  troppa  superiorità 
delle  armi  francesi .  In  questo  bisogno  di 
Cesare  l' oramai  vecchio  principe  Eugenio 
di  Savoia  ripigliò  i'  usbergo ,  e  passò  con 
quelle  forze,  che  potè  raunare,  a  sostener 
le  linee  di  Erlingen.  Quando  ecco  due  pos- 
senti eserciti  francesi,  l'uno  condotto  dai 
marescialli  e  duchi  di  Bervich  e  Noaglies , 
e  l'altro  dal  marchese  di  Asfeld  ,  che  qua- 
si il  presero  in  mezzo  .  Gran  lode  riportò 
il  principe  per  la  stessa  sua  ritirata  ,  fatta 
da  maestro  di  guerra  ,  perchè  seppe  met- 
tere in  salvo  le  artiglierie  e  bagagli  ,  e 
mostrando  di  voler  cimentarsi ,  saggiamen- 
te si  redusse  in  salvo  senza  alcun  cimento 
con  tutti  i  suoi .  Fu  poi  assediata  1'  impor- 
tante fortezza  di  Filisburgo  dai  francesi , 
e  con  sì  fatti  trincieramenti  circonvallata  , 
che  ritornato  il  principe  con  oste  poderosa 
per  darle  soccorso,  altro  non  potè  fare, 
che  essere  come  spettatore  della  resa  di  es- 
sa nel  dì  21  di  luglio.  Gran  gente  costò 
ai  francesi  l'acquisto  di  quella  piazza,  e 
fra  gli  altri  molti  uffiziali  vi  lasciò  la  vita 
il  suddetto  duca  di  Bervich  della  rea!  ca- 
sa Stuarda,  uno  dei  più  grandi  e  rinomati 
condottieri  d'armate  dei  giorni  suoi .  Una 
palla  di  cannone  privò  la  Francia  di  sì 
accreditato  generale.  Niun' altra  considera- 
bile impresa  seguì  poscia  nell'  anno  presen- 
te in  quelle  parti,  nulla  avendo  voluto  az- 
zardare il  principe  Eugenio  ,  a  cagion  de- 
Tom.  XXVII.  C  gl'in- 


34  Annali  d'Itaha 
gl'infausti  successi  delle  armi  cesaree  in 
Italia  .  E  tal  fine  con  tante  vicende  ebbe 
Tanno  presente,,  in  cui  con  occhio  tran- 
quillo stettero  Inglesi  ed  Ollandesi  miran- 
do i  deliquj  dell'  augusta  casa  di  Austria  , 
quasicchè  nulla  importasse  loro  il  sempre 
maggiore  ingrandimento  della  real  casa  di 
Borbone .  Col  tempo  se  n'  ebbero  a  pentire  • 

Anno  di  Cristo  1735,  indizione  xnr. 
di  Clemente  XII,  papa  6. 
di  Cahlo  VI,  imperatore  25. 

VJran  cordoglio  provò  in  quest'anno  Car- 
lo Emmanuele  re  di  Sardegna ^  per  avergli 
la  morte  rapita  nel  dì  tredici  di  gennaio 
la  real  sua  consorte  ,  cioè  Polissena  Cristi' 
ria  d9  Hassìa  Rhinfels  Rotemburgo ,  prin- 
cipessa amabilissima  ,  e  dotata  di  rare  vir- 
tù,  giunta  all'anno  ventesimo  nono  della 
sua  età,  con  lasciar  dopo  di  se  due  prin- 
cipini, e  due  principesse.  Ebbe  bisogno  il 
re  di  tutta  la  sua  virtù  per  consolarsi  nel- 
la perdita  di  una  consorte  di  merito  tanto 
singolare.  A  simile  funesto  colpo  soggiac- 
que nel  dì  18  del  suddetto  gennaio  in  Ro- 
ma anche  la  principessa  Maria  Clement ina  , 
figlia  di  Giacomo  Sobieschi,  principe  reale 
di  Polonia  ,  e  moglie  di  Giacomo  111  Stuar- 
do re  cattolico  della  Gran  Bretagna ,  da 
lui  sposata  nel  settembre  nel  17 19  in  Mon- 
teiiascone .  Tali  furono  le  eroiche  virtù  , 
e  massimamente  Tinarrivabil  pietà  di  que- 
sta 


Anno    MDCCXXXV.        ?j 
Ita  principessa  ,  che  vivente  fu  da  ognuno 
riguardata  qual  santa,  e  meritò  poi,  chele 
sue  insigni    azioni    fossero    tramandate    ai 
posteri  come  un  esemplare  delle  principes- 
se   eroine.    Arricchì  di    due    figli    il    real 
consorte ,  cioè  di    Carlo   Odoardo    principe 
di  Galles,  nato  nel  dì  31   di  decembre  del 
1720  e  di  Arrigo  Benedetto  duca  di  Yorch , 
nato  «el  dì  sei  di  marzo  del  1725.  Suntuo- 
sissimo funerale  ,  qual  si  conveniva  ad  una 
regina  ,  le  fu  fatto  per  ordine  del    sommo 
pontefice    Clemente    Xll    nella    chiesa    etei 
santi  Apostoli .  Portato  il  cadavero  suo  nel- 
la basilica  vaticana,  disegnò  esso  santo  pa- 
dre di  ergerle  un  mausoleo  non  inferiore  a 
quello    della    regina     dì    Svezia    Cristina. 
Attendeva  in  questi    tempi    il    magnanimo 
pontefice    ad    accrescere    gli    ornamenti    di 
Roma  colla  gran  facciata  della  basilica  la- 
teranense,  e  con  abbellire  in    forma    som- 
mamente   maestosa    la    fontana    di    Trevi  . 
Nello  stesso  tempo  erano  occupate  le  ren- 
dite sue  in  provvedere  di  un   insigne   laz- 
zaretto la  città    di    Ancona.   Eresse    pari- 
mente un  magnifico  seminario  nella  dioce- 
si di  Bisignano,  affinchè  servisse    air  edu- 
cazione dei  giovani  Greci .    Buone    somme 
ancora  di  danaro  spedì  al  cardinale   Albe- 
roni  legato  di  Ravenna  ,  affinchè  divertisse 
i  due  fiumi  Ronco  e  Montone  ,  che  minac- 
ciavano per  T  altezza  dei  loro  letti  l'ecci- 
dio a  quell'antichissima  città. 

Meraviglie  di  valore  e  di  prudenza  avea 

C  2  fat- 


g6        Annali    d'Italia 
fatte  finquì  il   Principe  di  Lobcovitz  in  so-^ 
stenere  l'assediata  Cittadella  di  Messina,  e 
più  ne  avrebbe    fatto,    se    non    gli  fossero 
venuti  meno  i  viventi  e  le  munizioni.  Co- 
stretto dunque  non  dalla  forza  delle  armi , 
ma  dalla  propria    penuria ,    finalmente    nel 
dì   22  di  febbraio  espose  bandiera  bianca  , 
ottenne  onorevoli  condizioni,  e    lasciò  poi 
solamente  nel  fine  di  marzo  in  potere  degli 
spagnuoli  quell'importante  fortezza.  Mag- 
gior fu  la  resistenza,  che  fece  pel  suo  van- 
taggioso sito,  e  per    la    valorosa    condotta 
del    generale  marchese  Roma ,  la    città    di 
Siracusa  ;  ma  bersagliata  per    mare    e    per 
terra  da  bombe  ed  artiglierie,    nel    dì    16 
di  giugno    anch'  essa ,    con    patti    simili    a 
quei  di  Messina,  si  diede    per    vinta.    Vi 
testava  l'unica  fortezza    di    Trapani  ,  tut- 
tavia difesa  dagli  alemanni  .    Non  passò  il 
dì   21   dello  stesso    giugno  ,  che    anch'  essa 
piegò  il  collo  allearmi  vincitrici  di  Spagna; 
di  maniera  che  tutta  l' isola  e  regno  della 
Sicilia  restò  pacificamente  soggetta  al  gio- 
vane re  don  Carlo.  Si  era  già  fin  dal  mese 
di  febbraio  messo  in  viaggio  per  terra  que- 
sto grazioso  regnante  alla  volta  dello  stret- 
to per  passare  colà  ,  e  prendere  in    Paler- 
mo ,  secondo    l'antico    rituale,    la    corona 
delle  due  Sicilie.  Arrivato  a   Messina,    vi 
fece  il  suo  pubblico  ingresso  nel    dì    nove 
di  marzo  ,  accolto    con    somma    allegrezza 
da  quel  popolo.  Dopo  molti  giorni  di    ri- 
poso ,  imbarcato  pervenne  felicemente    nel 

dì 


Anno    MDCCXXXV.        37 
ài   18  di  maggio  a  Palermo.  Destinato    ri 
dì  terzo  di    Luglio  ,    giorno    di    domenica 
per   T  incoronazione    di    sua    maestà ,    con 
indicibil    magnificenza    fu    eseguita    quella: 
funzione.  Dopo  di  che,  scortato  da  nume- 
rosa fiotta  ,  egli  se  ne  tornò  per  mare  alla 
sua  residenza  di  Napoli ,  dove  felicemente 
arrivò  nel  dì   dodici  del    suddetto    luglio. 
Per  tre  giorni  furono  fatte  insigni  feste  in 
quella  gran  città  con  bellissime  macchine  , 
e  ricchissime  illuminazioni,  facendo  a  gara 
ognuno  per  comprovare  il  suo    giubilo    al 
reale  sovrano .  Avea  molto   prima    di    ora 
conosciuto    il    capitan    generale     duca    di 
Montemar,  che  non  occorrevano  più  tante 
truppe  nel  regno  di  Napoli,  e    perciò    nel 
febbraio  di  quest'  anno    si    mosse    con    al- 
quante migliaia  di  esse  ,  e  valicato  il  Te- 
vere passò  in  Toscana.  Sua  intenzione  era 
di  levare  ai  tedeschi  le  fortezze  poste  nel 
Littorale  di  essa  Toscana  .  Nuovi    rinforzi 
gli  arrivarono  di  Spagna,  laonde  nell'aprile 
diede  principio  alle  ostilità  contra    di  Or- 
bitello,  e  nel  dì  sedici  a  tempestare    colT 
artiglierie  il   forte  di  san    Filippo.    Perchè 
cadde  una  bomba  nel  magazzino  della  pol- 
ve di  questo  forte,  il  presidio  ne  capiiolò 
la  resa,  e  restò  prigioniere,  dopo  aver  so- 
stenuto per   ventinove  giorni   le    offese  dei 
nemici  .  Altrettanto  fece  dipoi  porto  Erco- 
le.  Perchè   premure   maggiori    chiamavano 
esso  duca  di  Montemar  in  Lombardia ,  sol- 
lecitamente per  la  via  di  Fiorenzuola  istra- 

C  3  dò 


38  Annali    d'Italia 

dò  egli  le  sue  milizie  alla  volta  di  Bologna, 
avendo  lasciato  solamente  un  corpo  di  gen- 
te al  blocco  di  Orbitello,  piazza,  che  si 
arrendè  poscia  sul  principio  del  mese  di 
luglio. 

Correva  il  fine  di  maggio,  quando  passò 
pel  Modenese  quest'  armata  spagnuola  ,  che 
si  faceva  ascendere  a  ventimila  persone 
di  varie  nazioni,  e  s'inviò  verso  il  Man- 
tovano di  qua  da  Po,  per  cominciar  la 
campagna  unitamente  coi  francesi  e  sa- 
voiardi .  Era  già  pervenuto  a  Milano  nel 
dì  22  di  marzo  Adriano  Maurizio  di  Noa- 
glies ,  maresciallo  di  Francia ,  in  cui  ga- 
reggiava la  felicità  della  mente  colla  bon- 
tà del  cuore ,  la  generosità  colla  splendi- 
dezza,  per  comandare  all'esercito  francese. 
Si  tennero  varj  consigli  di  guerra  fra  i 
generali  alleati ,  e  venuto  che  fu  a  Cre- 
mona nel  dì  dieci  di  maggio  Carlo  Emula- 
rmele re  di  Sardegna  ,  generalissimo  dell' 
esercito,  furono  regolate  le  operazioni, 
che  doveano  fare  neir  anno  presente.  Pas- 
sato dipoi  il  re  a  Guastalla  ,  si  diede  ognu- 
no a  fare  gli  occorrenti  preparamenti  di 
artiglierie,  barche,  viveri,  e  munizioni. 
Ritornato  parimente  era  da  Vienna  il  ma- 
resciallo conte  di  Koningsegg  al  comando 
dell'oste  cesarea,  e  già  arrivati  a  Mantova 
alcuni  nuovi  reggimenti  tedeschi  ,  e  molte 
reclute  .  Contuttociò  non  si  contavano  nell' 
esercito^  ^uo  se  non  ventiquattromila  sol- 
dati :  laddove  quel  dei  collegati  era  ascen- 
derà- 


A  m  n  o  MDCCXXXV.  39 
dente  a  quasi  due  teizi  di  più.  Diviso 
questo  in  tre  corpi ,  che  poteano  chiamar- 
si tre  ponderosi  eserciti ,  marciò  sul  fine 
di  maggio  verso  il  Mantovano.  Dappoiché 
il  Noaglies  prese  Gonzaga 3  facendo  prigio- 
ne quel  presidio ,  tutte  le  forze  degli  al- 
leati marciarono  per  passare  il  Po  e  il 
fiume  Oglio  Furono  i  lor  movimenti  pre- 
venuti dal  Koningsegg ,  che  ritirò  da  san 
B-ntd'tto,  da  Revere  e  dagli  altri  luoghi 
i  presidj  ,  e  lasciò  agio  agli  spagnuoli  di 
passare  nel  dì  13  giugno  oltre  Po  ad  Osti- 
glia,  che  nello  stesso  tempo  con  Governo- 
Io  restò  abbandonata  dai  tedeschi .  Avendo 
i  francesi  valicato  il  Po  a  Sacchetta  ,  e  il 
re  di  Sardegna  1*  Oglio  aCannetto,  il  Ko- 
ningsegg, che  non  voleva  essere  tolto  in 
mezzo  da  queste  tre  armate  con  lodatissi- 
ma  provvidenza  andò  rinculando,  e  dopo 
aver  lasciati  in  Mantova  seimila  bravi 
combattenti,  e  mandati  innanzi  i  bagagli, 
i  malati ,  e  molti  cannoni  ed  attrecci  ,  $* 
inviò  verso  il  Veronese  .  A  misura  che  i 
nemici  s'inoltravano,  anch' egli  proseguiva 
le  sue  marcie  ,  finché  gittato  un  ponte  sull' 
Adige  a  Bussolengo  ,  benché  alquanto  infe- 
stato dagli  spagnuoli  nella  retroguardia, 
condusse  a  salvamento  tutta  la  sua  gente 
sul  Trentino ,  e  parte  ne  fece  sfilare  verso 
il   Tirolo. 

Altro  dunque  più  non  restava  in  Lom- 
bardia ai  tedeschi,  se  non  Mantova  e  la 
Mirandola,  e  mentre  tutti  si  aspettavano  di 

C  4  ve- 


4o        Annali   to'  I  t  a  l  i  à 

veder  l'assedio  dell'una  e  dell' altra,  Man- 
tova restò  solamente  bloccata  in  gran  lon- 
tananza ,   e  il  duca  di  Montemar  verso  la 
metà  di  luglio  si  accinse    all'espugnazione 
della  Mirandola  .  Dentro  vi  era  un  valoro- 
so comandante  ,  cioè  il  barone  Stenz,    che 
quantunque  si  trovasse    con  soli  novecento 
soldati  in  una  città  e  fortezza  .,  che  ne  esi- 
geva tremila,   pure  si  preparò  ad  una  ga- 
gliarda difesa .  Non  prima  del  dì  27  di  lu- 
glio fu  aperta  la  trinciera  sotto  questa  piaz- 
za ;  e  proseguirono  poi  le  offese  col  passo 
delle  tartarughe,  a  cagion  di  alcuni  forti- 
ni alzati    all'  intorno ^    che  impedivano    gli 
approcci  dei  nemici .  Bombe  ed  artiglierie 
fecero  per  tutto  il  seguente  agosto  grande 
strepito  e  danno  ,    senza  però    che  si  sgo- 
mentassero   punto   i  difensori  ;     e  tuttoché 
fosse  formata    la  breccia,    e  col  mezzo   di 
una  mina ,  e  di  un  assalto  preso  anche  uno 
di  quei  fortini ,  pure  sarebbe  costato  mol- 
to più  tempo  e  sangue  agli  spagnuoli  queir 
assedio,    se  il  valoroso   comandante    della 
città    non  avesse  provata    la  fatalità   delle 
piazze  tedesche ,  ordinariamente  mal  prov- 
vedute del  bisognevole   per  sostenersi  lon- 
go  tempo  contro  ai  nemici  .  Si  era  egli  ri- 
dotto con  sole  trentasei  palle  da  cannone , 
e  con  tre  o  quattro  barili   di  polveraccia; 
già  erano  consumate    le  vettovaglie.    Però 
dopo  aver    per  più   di  un  mese    fatta  una 
gloriosa  resistenza  ^    nel  dì    51    di    agosto 
con  esporre  bandiera  bianca  si  mostrò  di- 

spo- 


Anno  MDCCXXXV.  41 
sposto  a  rendersi .  Restò  prigioniera  di  guer- 
ra la  guarnigione  di  secento  uomini.  Sbri- 
gato da  questa  faccenda  il  duca  di  Monte- 
mar  ,  tutto  si  diede  a  sollecitar  l'assedio 
di  Mantova,  il  cui  blocco  veramente  ven- 
ne più  ristretto.  Si  stesero  i  frane  «  die- 
tro la  riva  del  lago  di  Garda  per  impedi- 
re, che  da  quella  parte  non  isboccassero  i 
tedeschi;  giacché  l'armata  loro  si  andava 
ogni  dì  più  ingrossando  nel  Trentino  e  Ti- 
rolo .  Ma  ancorché  il  Montemar  facesse  ve- 
nir dalla  Toscana  gran  copia  di  artiglierie, 
di  barche  sulla  carra  ,  e  di  assaissime  mu- 
nizioni ed  attrecci ,  per  imprendere  una 
volta  r assedio  suddetto  di  Mantova  (per- 
ciocché, secondo  la  comune  opinione,  si 
credea,  che  quella  città  conquistata  doves- 
se restare  assegnata  agli  spagnuoli  )  pure 
non  si  vedeva  risoluzione  alcuna  in  questo 
affare  dalla  parte  dei  francesi ,  che  aveano 
in  piedi  certi  segreti  negoziati  ;  né  da  quel- 
la del  re  di  Sardegna  ,  a  cui  non  potea  pia- 
cere ,  che  gli  spagnuoli  dilatassero  tanto  Y 
ali  in  Lombardia.  Tenuto  fu  un  congresso 
fra  il  generalissimo  di  Savoja  ,  duca  di 
Noaglies,  ed  esso  Montemar  nel  dì  22  di 
settembre ,  in  cui  fece  ii  generale  spagnuo- 
lo  delle  doglianze  per  tanto  ritardo ,  e  si 
seppe,  ch'egli  in  quella  congiuntura  si  la- 
gnò col  Noaglies,  per  aver  egli  lasciato 
fuggire  da  Goito  il  maresciallo  di  K  oning- 
segg  senza  inseguirlo,  come  potea;  al  che 
rispose  il  maresciallo  francese  :  signor  con- 
te, 


42        Annali    D'Italia 
te,  signor  conte:    Gotto  non  è  Bitonto  ;    e 
il  Konings^og  non  è  il  principe  di  Bel  mon- 
te.    In  somma    tutto  dì  si   parlava  di  asse- 
diai   Mantova  ,  e   Mantova  non  si   vid<    mai 
assediata,  benché  molto  ristretta  dagli    pa- 
gnuoli  ,    facendo  solamente   dei   gran  movi- 
menti i  collegati     verso    il   lago  di  Garda, 
everso  l'Adige,  per  impedire  il  p  isso  ali* 
armata  cesarea,  che  cresciuta  di  forze  mi- 
nacciava dì  calare  di   bel  nuovo    in  Italia* 
Sembrava  intanto  agi'  intendenti,   che  tan- 
ta indulgenza  dei   francesi  verso  Mantova  , 
città  di  cui  le  morti  e   malattie  aveano  ri- 
dotto quasi   a  nulla  il  presidio  tedesco  ,  in- 
dicasse qualche  occulto  mistero.    E  questo 
in  fatti  si  venne  a  svelare  nel  dì  16  di  no- 
vembre, perchè  il  maresciallo  duca  di  Noa- 
glies  spedì  al  generale  Kevenhuller ,  a  cui 
era    appoggiato     il   comando    dell'esercito 
imperiale,    l'avviso    di  una    sospension    di 
armi  tra  la  Francia  e  Timperadore.    Tale 
inaspettata    nuova    non    si    può    esprimere 
quanto  riempisse  non  men  di  stupore  ,  che 
di  consolazione  e  di  allegrezza  tutti  i  po- 
poli ,    che  soggiacevano  al  peso  della  pre- 
sente   guerra,    cioè   di  milizie    desolatrici 
dei  paesi ,   dove  passano ,    o   si    annidano  . 
Onde  avesse    origine    questa    vigilia    della 
sospirata  pace,    fra  qualche  tempo  si  ven- 
ne   poi  a  sapere .    Motivo    di    sogghignare 
sul  principio    di  questa    guerra    avea  dato 
agi*  intendenti  la  corte  di  Francia  con  queir 
la  pubblica    sparata     di  non  pretendere   1' 

acqui- 


Anno  MDCCXXXV.  43 
acquisto  di  un  palmo  di  terreno  nel  muo- 
vere le  armi  contra  l'augusto  Carlo  VI 
poiché  altro  non  intendeva  essa  ,  che  di  ri- 
portare una  soddisfazione  alle  sue  giuste 
querele  contro  chi  avea  fatto  cader  di  ca- 
po al  te  Stanislao  la  corona  della  Polonia. 
Troppo  eroica  in  vero  sarebbe  stata  cosi 
insolita  moderazione  della  corte  di  Francia 
in  mozzo  alla  felicità  delle  sue  armi .  La 
soddisfazione  dunque  da  lei  richiesta  fu  la 
seguente.  Era  stata  la  Francia  costretta 
nelle  precedenti  paci  alla  restituzion  dei 
ducati  di  Lorena  e  Bar  ;  ma  non  cessò  el- 
la da  lì  innanzi  di  amoreggiare  quei  bei 
stati,  sì  comodi  al  non  mai  abbastanza  in- 
grandito regno  francese.  Ora  il  cardinale 
di  Fleury,  primo  ministro  del  re  cristia- 
nissimo Luigi  XV  che  per  tutta  la  presen- 
te guerra  tenne  sempre  filo  di  lettere  con 
un  ministro  cesareo  in  Vienna,  o  pure  con 
un  suo  emissario  segreto ,  che  trattava  col 
ministero  imperiale,  sempre  spargendo  se- 
mi di  pace  :  allorché  vide  l'augusto  monar- 
ca stanco,  e  in  qualche  disordine  gli  affa- 
ri di  lui,  propose  per  ultimar  questa  guer- 
ra la  cession  dei  ducati  della  Lorena  e  di 
Bar  alla  Francia,  mediante  un  equivalente 
da  darsi  all'altezza  reale  di  Francesco  Ste- 
fano duca  allora  e  possessore  di  quegli  sta- 
ti .  L'equivalente  era  il  gran  ducato  di  To- 
scana. Irragionevole  non  parve  all'augusto 
monarca  la  proposizione  e  venuto  segreta, 
mente  a  Vienna  con  plenipotenza  il  signor 

del- 


44  Annali  d'Italia 
della  Baume ,  nel  dì  terzo  di  ottobre  furo- 
no sottoscritti  i  preliminari  della  pace,  e 
portati   a  Versaglies  per  la  ratificazione. 

Restò  in  essi  accordato  ,    che  il  re  Sta- 
nislao goderebbe    Sila  vita  naturai  durante 
il  ducato  di  Bar  ,    e  poi  quello  ancora    di 
Lorena  dopo  la  morte  del  vivente  gran  du- 
ca   di  Toscana,    e  che   il  dominio    di  essi 
ducati  s*  incorporerebbe  poscia  colla  coro- 
na di  Francia .  Che  il  dùca  di  Lorena  suc- 
cederebbe nella  Toscana  dopo  la  morte  di 
esso  gran  duca    Gian-Gastone   dei  Medici; 
e  intanto  si  metterebbero  presidj  stranieri 
in  qnelle  piazze .  Fu  riserbato  ad  esso  du- 
ca   Francesco    il  titolo    colle  rendite  della 
Lorena,    sinché  divenisse  assoluto  padrone 
della  Toscana  .  Che  la  Francia  garantireb- 
be la  prammatica  sanzione    dell'  imperado- 
re,    il  quale    riconoscerebbe    re    delle   due 
Sicilie  T infante  reale  don  Carlo.  Che  a  Car- 
lo Emmanuele  re  di  Sardegna  Cesare  cede- 
rebbe due  città  a  sua  elezione  nello  stato 
di  Milano,   cioè  o  Novara,   o  Tortona,  o 
Vigevano,    e  all'incontro    si    restituirebbe 
all'imperadore  il  rimanente   dello  stato  di 
Milano.  Inoltre  in  compenso  delle  due  cit- 
tà da  cedersi  al  re  di  Sardegna  ,  si  dareb- 
bono  a  sua  maestà  cesarea  quelle  di  Piacen- 
za e  Parma  con  gli  annessi  stati  della  ca- 
sa Farnese.    Tralascio  gli  altri  articoli   di 
quei  preliminari ,  per  solamente  dire,   che 
il   suddetto    segreto  negoziato    cagioo    fu, 
che  in  questa  Campagna  né  al  Reno,  né  in 

Lom- 


Anno    MDCCXXXV.         45 
Lombardia  si  fecero  azioni  militari    degne 
di  memoria;  e  che  gran  tempo  e  faticavi 
volle,    per  indurre  il  duca  di  Lorena    alla 
cessione  dei  suoi  antichi  ducati,  e  all'ab- 
bandono di  quei  suoi  amatissimi  popoli.  Ac- 
consenti egli  infine  a  questo  sacrifizio  ,  per- 
chè Cesare  già  destinava  un  ingrandimento 
di  gran  lunga  maggiore  ,  siccome  vedremo 
fra  poco.  Per  questa  impensata  concordia, 
tirato  che  fu  il  sipario,  secondo  i  partico- 
lari riguardi  chi  si  rallegrò,  e  chi  si  rat- 
tristò.   Non  ne  esultò  già   il  re  di  Sarde- 
gna ,  perchè  comune  voce  fu  ,  che  la  Fran- 
cia nella  lega  gli  avesse  promessa  la  metà 
dello  stato  di  Milano,  e  questo  già  prima 
era  stato  acquistato.  Tuttavia  mostrò  quel 
savio  regnante  con  buona  maniera  di  acco- 
modarsi ai  voleri  di  chi  dava  la  legge  ,  ed 
elesse  poi  in  sua  parte  Novara  e  Tortona. 
Ma  allorché  giunse  a  Madrid    questa  inas- 
pettata   nuova,    chi  sa    dire    le  gravissime 
doglianze  ,  nelle  quali  proruppe  quella  real 
corte  dei  francesi  ?  Li  trattarono  da  aper- 
ti mancatori  di  parola,    mentre    non  sola- 
mente niuno  accrescimento    lasciavano  alla 
Spagna    in  Lombardia  ;    ma    le    toglievano 
anche  V  acquistato  cioè  Parma  e  Piacenza; 
ed  inoltre  aveano  comperata  la  Lorena  non 
con  altro   prezzo,    che  colla    roba    altrui, 
cioè  colla  Toscana,    già  ceduta  coi  prece- 
denti trattati  alla  corona  di  Spagna.   Pre- 
tendeva all'incontro    il  cardinal  di  Fleury 
di  aver  fatte  giuste  le  parti ,  perchè  resta- 
va- 


46  Annali  d'Italia 
vano  all'  infante  don  Carlo  i  regni  di  Na* 
poli  e  Sicilia,  i  quali  incomparabilmente 
valevano  più  dei  ducati  della  Toscana  e  di 
Parma  e  Piacenza.  Imperciocché  quantun- 
que colle  sue  sole  forze  si  fossero  gli  spa- 
gnuoli  impadroniti  di  quei  due  regni  :  pu- 
re principalmente  se  ne  dovea  ascrivere  1' 
acquisto  agli  eserciti  di  Francia  ,  e  a  tan- 
te spese  fatte  dal  re  cristianissimo,  per 
tenere  impegnate  le  armi  di  Cesare  al  Re- 
no e  in  Lombardia  ,  senza  che  queste  po- 
tessero accorrere  alla  difesa  di  Napoli  e 
Sicilia.  E  se  Timperadore  sacrificava  le  sue 
ragioni  sopra  quei  due  regni  ,  a  lui  già 
ceduti  dalla  Spagna  ,  e  indebitamente  poi 
ritolti  :  ragion  voleva,  che  in  qualche  ma- 
niera fosse  compensato  del  suo  sacrifizio. 

Intorno  a  ciò  lasciamoli  noi  disputare. 
Quel  eh' è  certo  restò  di  sasso  il  generale 
spagnuolo  duca  di  Montemar ,  allorché  in. 
tese  questa  novità  ;  e  tanto  più  perché  il 
duca  di  Noaglies  gli  fece  sapere,  che  pen- 
sasse alla  propria  sicurezza ,  giacché  egli 
avea  ordine  di  non  prestargli  assistenza  al- 
cuna. Poco  infatti  si  stette  ad  udire,  che 
i  tedeschi  calavano  a  furia  dalla  parte  di 
Padova  e  Trentino,  e  quasi  volavano  alla 
volta  di  Mantova.  In  sì  brutto  frangente 
il  Montemar  ad  altro  non  pensò,  che  a  sal- 
varsi. Mosse  in  fretta  le  sue  genti  dall' 
Adige,  lasciando  indietro  molti  viveri  e 
foraggi,  e  si  ridusse  di  qua  da  Po.  Ma 
eccoti  gingnere  a  quello  stesso  fiume  i  ce- 
sa- 


Anno    MDCCXXXV.  4? 

sarei;  d  egli  allora  dopo  aver  messi  cir- 
ca se  uecento  uomini  nella  Mirandola,  e 
sp  dito  un  distaccamento  a  Parma,  tanto 
più  affrettò  i  passi  per  arrivare  a  Bologna  , 
credendo  di  trovare  ivi  un  sicuro  asilo., 
per  essere  stato  pontifìzio .  La  disgrazia 
portò  ,  che  qualche  centinaio  di  usseri  nel 
dì  27  di  novembre  cominciò  a  comparire 
in  vicinanza  di  quella  città .  Non  volle  ci- 
mentarsi con  quella  canaglia  il  generale 
spagnuolo  ,  ed  animati  i  suoi  a  marciare 
con  sollecitudine  ,  prese  la  strada  di  Pia- 
noro e  di  Scaricalasino,  per  ridursi  in  To- 
scana. Aveva  egli  in  quel  dì  invitata  ad 
un  solenne  convito  molta  nobiltà  Bologne- 
se dell'  uno  e  dell'  altro  sesso  :  e  già  si 
mettevano  tutti  a  tavola,  quando  gli  arri- 
vò ravviso,  che  si  appressava  il  nemico. 
Alzossi  egli  allora  bruscamente  ,  e  imma- 
ginando, che  tutto  T  esercito  cesareo  aves- 
se fatto  1*  ali ,  prese  congedo  da  quella  no- 
bil  brigata,  esortandoli  a  continuare  il  pran- 
zo .  Ma  dal  di  lui  esempio  atterriti  tutti, 
con  grande  scompiglio  si  ritirarono  alla 
città,  lasciando  che  gli  spagnuoli  facessero 
altrettanto  verso  la  Montagna  .  Furono  que- 
sti inseguiti  alla  coda  dagli  usseri  ,  che 
per  buon  pezzo  di  cammino  andarono  pre- 
dando bagagli,  e  imprigionando  chi  poco 
speditamente  dei  pedoni  menava  le  gambe. 
Essendo  rimasto  fuori  di  Bologna  lo  spe- 
dale di  essi  spagnuoli ,  dove  si  trovavano 
circa  mille  e  cinquecento  malati ,  fu  seque- 
stra- 


^8  Annali  d'Italia 
strato  .  Non  si  potè  poi  impedire  ai  me- 
desimi usseri  l'entrare  nella  stessa  città, 
e  il  far  ivi  prigionieri  quanti  spagnuoli 
poterono  scoprire  ,  che  non  erano  stati  a 
tempo  di  seguitare  la  improvvisa  e  fretto- 
losa marcia  dell'esercito.  Di  questa  violen- 
za acremente  si  dolse  il  legato  pontifìzio; 
ma  non  per  questo  essa  cessò.  Grande  stre- 
pito in  somma  fece  questa  curiosa  metamor- 
fosi di  cose ,  e  il  mirare  senza  colpo  di 
spada  i  vincitori  in  pochi  dì  comparir  co- 
me vinti.  Pervenuto  dunque  il  duca  diMon- 
temar  in  Toscana,,  quivi  si  diede  a  forti- 
care  alcuni  passi,  con  inviare  nulladimeno 
parte  della  sua  gente  verso  il  Sanese  ,  a 
fine  di  potersi  occorrendo  ritirare  alla  vol- 
ta del  regno  di  Napoli. 

In  tale  stato  erano  le  cose  d'Italia,  non 
restando  nemicizia  se  non  ira  spagnuoli  e 
tedeschi ,  quando  il  duca  di  Noaglies  si 
mosse  per  abboccarsi  con  esso  duca  di  Man- 
temar ,  e  per  concertar  seco  le  maniere  più 
dolci  di  dar  fine,  se  era  possibile,  a  questa 
pugna.  In  passando  da  Bologna  fece  una 
visita  a  Rinaldo  di  Este  duca  di  Modena, 
che  intrepidamente  finquì  avea  sofferto  V 
esilio  dai  suoi  stati ,  egli  diede  cortesi  spe- 
ranze ,  che  goderebbe  anch' egli  in  breve  i 
frutti  dell'intavolata  pace.  Ancorché  il  Mon- 
temar  non  avesse  istruzione  alcuna  dalla 
sua  corte  ,  pure  alla  persuasione  del  sag- 
gio Noaglies  sottoscrisse  una  sospension  di 
armi  per  due  mesi  fra  gli  spagnuoli  e  te- 
de- 


Anno    MDCCXXXV.        49 
deschi:   risoluzione,    che  fu  poi    accettata 
anche  dalla  corte  di  Madrid.    Aveano  ben 
preveduto  i  ministri  dell' imperadore  e  del 
re  di  Francia ,  che  gran  fatica  avrebbe  du- 
rato il  re  cattolico  Filippo  V  ad    inghiot- 
tire i*  amara  pillola  di  una  pace  ,  manipola- 
ta senza  di  lui,  e  in  danno  di  lui  3  ed  in- 
sieme aveano  divisato    un    potente    mezzo 
per  condurre  quel  monarca  ad  approvare  i 
preliminari  suddetti  ,   o  almeno  a  non  con- 
trastarne   la  esecuzione  •    Si  videro    perciò 
senza  complimento  o  licenza  alcuna  improv- 
visamente inoltrarsi  e  stendersi  circa  trenta 
mila  alemanni  sótto  il  comando  del  mare- 
sciallo conte  di  Kevenhuller  per  gli  stati  del- 
la Chiesa  Romana  ,  cioè  pel  Ferrarese  ,  Bolo- 
gnese ,  e  Romagna,  con  giugnere  alcuni  di 
essi  fin  nella  Marca  e  nell'  Umbria  ,  circon- 
dando in  tal  guisa  gran  parte  della  Toscana , 
per  far  intendere  agli  spagnuoli ,  che  se  ne- 
gassero di  consentir  per  amore  all'accordo, 
l'esorcismo  della  forza  ve  li  potrebbe  indur- 
re .    Toccò  all'innocente  stato  ecclesiastico 
di  pagar  tutte  le  spese  di  questo  bel  ripie- 
go ,  perchè  obbligato  a  somministrar  forag- 
gi, viveri,  ed  anche  rilevanti  contribuzioni 
di  danaro.  Intanto  rigorosissimi  ordini  fioc- 
carono da  Roma,  che  nulla  si  desse  a  que- 
sti incivili  ospiti  ;  e  il  cardinale  Mosca  le- 
gato di  Ferrara,  che  si  ostinò  gran  tempo 
ad  eseguirli    ad  literam ,    cagion  fu  di  un 
incredibil  danno  agl'infelici  ferraresi,  per- 
chè i  tedeschi    viveano  a  discrezione   nelle 
Tom.  XXVII.  D  lor 


£ó  Annali  d1  Italia 
ior  ville.  I  savj  bolognesi  all'incontro,  tè 
il  cardinale  Alberoni  legato  di  Ravenna  , 
che  intendeano  a  dovere  le  cifre  di  quelle 
lettere  ,  non  tardarono  ad  accordarsi  con 
gli  alemanni,  mercè  di  un  regolamento, 
che  minorò  non  poco  V  aggravio  ai  loro  pae- 
si.  Voce  corse  in  questi  tempi,  che  il  du- 
ca di  Montemar  consapevole  del  poco  pia- 
cere provato  dal  re  di  Sardegna  per  la  con- 
cordia suddetta  ,  facesse  penetrare  d  quel 
sovrano  delle  vantaggiose  proposizioni  per 
trarlo  ad  una  lega  col  re  cattolico,  e  che 
esso  re  gli  rispondesse  di  avere  abbastan- 
za imparato  a  non  entrare  in  alleanza  con 
principi ,  che  fossero  più  potenti  di  lui . 
Si  può  tenere  per  fermo,  che  i  fabbricato- 
ri di  novelle  inventarono  ancor  questa  giac- 
ché niun  di  essi  gode  il  privilegio  di  en- 
trar nei  gabinetti  dei  regnanti  ;  e  la  corte 
di  Torino  né  prima  né  poi  mostrò  di  esse- 
re persuasa  della  massima  suddetta.  Con- 
tinuò ancora  nell'anno  presente  la  ribellio- 
ne dei  corsi  ;  e  perchè  i  ministri  della  re- 
pubblica di  Genova  esistenti  in  Corsica  fe- 
cero un  armistizio  con  quella  gente  ,  fn  di- 
sapprovata dal  senato  la  loro  risoluzione. 
Giugnevano  di  tanto  in  tanto  rinforzi  di 
munizioni  ed  armi  ai  sollevati  ,  che  faceva 
dubitare,  che  sotto  mano  qualche  gran  po- 
tenza soffiasse  in  quel  fuoco.  Intesesi  pari- 
mente ,  che  quei  popoli  pareano  determina- 
ti di  reggersi  a  repubblica  ,  ed  anche  avea- 
no  stese  le  leggi  di  questo  nuovo  governo , 

ma 


Anno  KfDCtìCXXV.  51 
Irla  senza  averne  dimandata  licenza  ai  ge- 
novesi .  Dopo  avere  papa  Clemente  Xll  dif- 
fìcultato,  per  quanto  poiè^  al  reale  infan- 
te di  Spigna  dort  Luigi,  a  cagiorì  della 
sua  fanciullesca  età,  l'arcivescovato  di  To- 
ledo,  fu  in  fine  obbligato  ad  accordarglie- 
ne le  rendite,  e  nel  dì  19  di  decembre  di 
questo  anno  il  cn  ò  anche  cardinal  ,  tor- 
nandosi a  vedere  1'  uso  od  abuso  dei  seco- 
li da  noi  chiamati  barbarici*  Non  potea 
essere  più  bella  in  questo  anno  l'apparenza 
dei  raccolti  del  grano  ,  quando  all'impiov- 
viso  Sopraggitìnse  un  vento  bruciatore,  che 
Seccò  le  non  peranche  mature  spi  che  ,  e  in- 
sieme le  speranze  dei  mietitori  é  Però  al 
flagello  della  guerra  si  aggiunse  qu  Ilo  di 
una  sì  terribil  carestia  ,  che  non  vi  era  me- 
moria ài  una  somigliante  a  questa  II  peg- 
gio fu,  che  la  maggior  parte  delle  provin- 
cie  più  fertili  dall'Italia  soggiacquero  an- 
ch'esse  a  questo  disastro.  Guai  se  nnn  vi 
erano  grani  vecchi  in  riserbo,  che  conven- 
ne far  venire  da  lontani  paesi  con  gravi 
spese:  sarebbe  venuta  meno  per  le  strade 
innumerabile  povera  gente. 

Anno  di  Cristo   1736,  indizione  xiv. 
di  Clemente   XII,  papa   7, 
di  Carlo  VI,  imperatore  26. 

Il  prin-.o  frutto,  che  si  provò  della  pace 
Conchiusa  fra  1'  imperadore  e  il  re  cristia- 
nissimo ,  spuntò  nell'imperiale  città  di  Viea- 

D  2,  na 


ga  Ann  Air  d'Italia 
«a  .  Giacché  Dio  avea  dato  air  Augusto  Car* 
lo  VI  un  figlio  maschio,  e  poi  sei  ritolse, 
pensò  esso  monarca  di  provvedere  al  man- 
tenimento della  nobi  issima  sua  casa  coli' 
unico  ripiego ,  che  restava ,  cioè  di  prov- 
vedere di  un  degno  marito  V  arciduchessa 
Maria  Teresa  sua  figlia  primogenita  ,  già 
destinata  alla  successione  della  monarchia 
austriaca  in  difetto  di  maschi  .  Grande  era 
T  affetto  di  esso  imperadore  verso  di  Fran~ 
Cesco  Stefano  duca  di  Lorena  ,  sì  per  le 
vantaggiose  sue  qualità  di  mente  e  di  cuo- 
re ,  come  ancora  pel  sangue  austriaco  ,  che 
^li  circolava  nelle  vene.  Questo  principe  fu 
scelto  per  marito  di  essa  arciduchessa  .  Era 
egli  in  età  di  ventisette  anni ,  perchè  nato 
nel  dì  otto  di  dicembre  del  1708  e  l'arci- 
duchessa era  già  entrata  nell'anno  diciotte- 
simo, siccome  nata  nel  dì  13  di  maggio 
del  17 17.  Con  tutta  magnificenza  ed  ine- 
splicabile allegria  nel  dì  12  di  febbraio  se- 
guì il  maritaggio  di  questi  principi  reali 
colla  benedizione  di  monsignore  Domenica 
Passionei  nunzio  apostolico  ;  e  continuaro-^ 
no  dipoi  per  molti  giorni  le  feste  e  i  di- 
vertimenti ,  gareggiando  ognuno  in  applau- 
dire ad  un  matrimonio,  che  prometteva 
ogni  maggior  felicità  a  quei  popoli,  e  do- 
vea  far  rivivere  nei  lor  discendenti  l'au- 
gusta casa  di  Austria  degna  dell'  immorta- 
lità. Ma  la  imperiai  corte  ebbe  da  lì  a  non 
molto  tempo  motivo  di  molta  tristezza  per 
la  perdita,  che  fece  del  principe  Francesca 


Anno  MDCCXXXVÌ.  53 
Eugenio  di  Savoja  ,  eroe  sempre  memorà- 
bile dei  nostri  tempi.  Nel  dì  21  di  aprile 
terminò  egli  i  suoi  giorni  in  età  di  settan- 
tadue anni:  principe,  che  per  le  militari 
azioni  si  meritò  il  titolo  d'invincibile,  e 
di  essere  tenuto  pel  più  prode  capitano, 
che  si  abbia  in  questo  secolo  avuto  1'  Euro- 
pa ;  principe  ,  dissi  ,  riguardato  qual  padre 
da  tutte  le  cesaree  milizie,  sicure,  che  T 
andare  sotto  di  luì  ad  una  battaglia,  lo 
stesso  era,  che  vincere,  o  almeno  non  es- 
sere vinto;  principe  di  somma  saviezza, 
di  rara  splendidezza ,  per  cui  fece  insi- 
gni fabbriche,  ed  impiegò  sempre  gran 
copia  di  artefici  di  varie  professioni  ;  ed 
accoppiando  colla  gravità  la  cortesia  ,  nel- 
lo stesso  tempo  si  conciliava  la  stima  e  F 
amore  di  tutti.  L'intero  catalogo  di  tutte 
le  altre  sue  belle  doti  e  virtù  si  dee  rac- 
cogliere dalla  funebre  orazione ,  in  onor 
suo  composta  dal  suddetto  nunzio  ,  ora  car- 
dinale Passionei  ,  e  da  più  di  una  Storia 
di  chi  prese  ad  illustrare  ex  professo  la  vi- 
ta e  le  gloriose  gesta  di  lui .  Quale  si  con- 
veniva ad  un  principe  di  sì  chiaro  nome  ^ 
e  cotanto  benemerito  della  casa  d'Austria , 
fu  il  funerale,  che  per  ordine  dell'augusto 
Carlo  VI  gli   venne  fatto  in  Vienna. 

Era  già  stabilita  la  concordia  fra  i  due 
primi  monarchi  della  cristianità  ,  contuttó- 
ciò  si  penò  forte  in  Italia  a  provarne  gli 
effetti .  Non  sapeva  dirigere  il  re  cattolico 
Filippo  V  preliminari ,  che  privavano  il  ré 

d  3  di 


54  Annali  d'Italia 
di  Napoli  e  Sicilia  suo  figlio  del  ducato 
della  Toscana  ,  e  spezia! mente  dì  Piacen- 
za e  Parma,  città  predilette  della  regina 
Elisabetta  Farnese  sua  consorte.  Conveni- 
va nondimeno  cedere,  perchè  così  deside- 
rava la  corte  di  Francia,  e  così  comanda- 
va la  forza  delle  armi  cesaree,  dalle  qua- 
li si  mirava  come  attorniata  la  Toscana  ; 
ma  di  far  la  cessione  ed  approvarla  non  se 
ne  sentiva  esso  re  di  Spagna  la  voglia. 
Perciò  andarono  innanzi  e  indietro  corrie- 
ri, e  sempre  venivano  nuove  difficoltà  da 
Madrid  ;  e  guerra  non  era  in  Italia  ,  ma 
continuavano  in  essa  i  mali  tutti  della  guer- 
ra .  Imperciocché  negli  stati  della  Chiesa  si 
erano  innicchiati  con  tante  soldatesche  i 
generali  cesarei ,  né  per  quanto  si  racco- 
mandasi con  calde  lettere  il  pontefice  C/e- 
mente  XTl  alle  corti  di  Vienna  e  Parigi  , 
appariva  disposizione  alcuna  di  liberar  quei 
paesi  dilT  insoffribile  lor  peso.  Nella  To- 
scana stava  saldo  l'esercito  spagnuolo ,  sic- 
come accora  negli  stati  di  Milano  e  di  Mo- 
dena si  riposavano  le  armate  di  Francia  e 
di  Sardegna  alle  spese  degl'  infelici  popoli, 
spolpati  oramai  da  tante  contribuzioni  ed 
aggravj  Dal  maresciallo  duca  di  Noaglies 
fn  spedita  in  Toscana  il  tenente  generale 
signor  dì  Lautrec ,  personaggio  di  gran  sa- 
vie/.zi  e  disinvoltura,  per  concertare  col 
dura  di  Montemar  il  ritiro  delle  armi  spa- 
gnnole  da  quelle  piazze ,  e  da  Parma  e  Pia- 
cenza ;  ma  siccome  il  Montemar  non  rice- 
ve- 


Anno    MDCCXXXVI.       55 

veva  dalla  sua  corte  ,  se  non  ordini  imbro- 
gliati e  nulla  concludenti,  così  neppur  egli 
sapeva  rispondere  alle  premure  dei  france- 
si,  se  non  con  obbliganti  parole  ,    scompa- 
gnate nondimeno  dai  fatti .  Venne  l'aprile, 
in  cui  i  francesi    lasciarono    affatto    libero 
agl'imperiali  il  ducato  di  Mantova;  e  per- 
chè   dovettero    intervenir    delle    minacele, 
agli  undici  di  esso  mese  gli  spagnuoli  si  ri- 
tirarono  dalla  Mirandola,    dopo  averne  e- 
stratte  le  tante  munizioni  da  lor  prepara- 
te pel  sospirato    assedio    di  Mantova,    la- 
sciandovi entrare  400  tedeschi  colà  condot- 
ti dal  generale  cesareo  conte  di  WaBendonk  , 
il  quale  restituì  ivi  nell'esercizio  del  domi- 
nio il  duca  di  Modena.  Conoscendo  del  pa- 
ri essi  spagnuoli ,    che  neppur  poteano  so- 
stenere  Parma  e  Piacenza ,    si  diedero  per 
tempo  ad  evacuar  quelle  due  città,  aspor- 
tandone non  dirò  tutti  i  preziosi    mobili , 
arredi,    pitture,    libreria,   e  gallerie  della 
casa  Farnese  ,    ma  fino  i  chiodi  dei  palaz- 
zi ,  non  senza  lagrime  di  quei  popoli ,  che 
restavano    non  solamente    privi    dei  proprj 
principi,  ma  anche  spogliati  di  tanti  orna- 
menti della  lor  patria  .  Oltre  a  ciò  invia- 
rono alla  volta  di  Genova    tutti   i  cannoni 
di  loro  ragione,    e  vi  unirono    ancora    gli 
altri,  ch'erano  anticamente  delle  stesse  cit- 
tà, oppure  dei  farnesi.    Risaputosi  ciò  dai 
tedeschi ,  sul  fine  di  aprile  il  generale  conte 
di  Kevenhuller  spinse  in  fretta  colà  il  suo 
reggimento   con  trecento  usseri ,   che  arri- 

D  4  va- 


56  Annali  ^Italia 
varono  a  tempo  per  fermar  quelle  artiglié* 
rie  e  sequestrarle,  pretendendole  doti  del- 
le  fortezze  di  Parma  e  Piacenza:  intorno 
a  che  fu  dipoi  lunga  lite  ^  ma  col  perder^ 
la  gli  spagnuoli  . 

Ora  affinchè  non  apparisse ,  che  il  re  cat« 
tolico  cedesse  in  guisa  alcuna  gli  stati  sud- 
detti all'  imperadore,  o  ne  approvasse  la 
cessione ,  i  suoi  ministri ,  assolute  che  eb- 
bero dal  giuramento  prestato  al  reale  in- 
fante quelle  comunità,  prima  che  arrivas- 
sero i  tedeschi,  abbandonarono  Parma  e 
Piacenza,  e  gli  altri  luoghi,  dei  quali  nel 
dì  tre  di  maggio  fu  preso  il  possesso  dal 
principe  di  Lobcovitz  generale  cesareo .  À- 
vea  finquì  Rinaldo  di  Està  duca  di  Mode* 
na  coraggiosamente  sostenuto  il  suo  votone 
tario  esilio  in  Bologna,  nel  mentre  che  gì1 
innocenti  suoi  popoli  si  trovavano  esorbi- 
tantemente aggravati  dai  francesi ,  senza 
alcun  titolo  insignoriti  di  questi  stati .  Non 
volle  più  ritardare  il  magnanimo  re  cristia- 
nissimo a  questa  principe  il  ritorno  nel  suo 
ducato  ;  e  però  per  ordine  del  duca  di  Noa- 
glies  nel  dì  23  di  maggio  lasciarono  i  fran- 
cesi libera  la  città  e  cittadella  di  Modena, 
e  nei  giorni  seguenti  anche  Reggio  e  gli 
altri  luoghi  di  esso  sovrano.  Pertanto  nel 
giorno  24  di  esso  mese  se  ne  tornò  il  du- 
ca di  Modena  alla  sua  capitale,  dorè  fu  ac- 
colto con  sì  strepitose  acclamazioni  del  po- 
polo, testimoniante  dopo  tanti  guai  il  giu- 
bilo suo    in  rivedere    il  principe    proprio, 

ch'egli 


Anno  MDCCXXXVL  $j 
elicgli  stesso  andato  a  dirittura  al  Duo- 
tao  ,  per  pagare  air  Altissimo  il  tributo  dei 
ringraziamenti,  non  potè  ritenere  le  lagri- 
me al  riconoscere  l'inveterato  amore  dei 
sudditi  suoi.  Intanto  si  ridusse  addosso  all' 
infelice  stato  di  Milano  tutto  il  peso  delle 
milizie  francesi  ;  né  via  appariva,  che  gli 
«pagnuoli  si  volessero  snidare  dalia  Tosca- 
na, né  i  tedeschi  dagli  stati  della  Chiesa, 
essendo  essi  pervenuti  sino  a  Macerata  e  a 
Foligno.  Solamente  si  osservò,  che  il  du- 
ca di  Montemar  cominciò  ad  alleggerirsi 
delle  tante  sue  milizie  ,  inviandone  parte 
per  terra  verso  il  regno  di  Nàpoli,  e  par- 
te per  mare  in  Catalogna  ;  Similmente  nel 
mese  di  luglio  s' incamminarono  alla  volta 
della  Germania  alcuni  dei  reggimenti  ce- 
sarei, che  opprimevano  il  Ferrarese,  Bo- 
lognese ,  e  la  Romagna  •  Ma  non  per  que- 
sto mai  si  vedeva  data  l'ultima  titano  al- 
la pace  per  le  differenti  pretensioni  dei 
principi.  Il  re  di  Sardegna  oltre  al  Nova- 
rese e  Tortonese  i  esigeva  57  feudi  nelle 
Langhe  .  Nel  mese  di  agosto  venne  la  com- 
missione di  soddisfarlo,  locchèfece  scioglie- 
re l'incanto^  perciocché  nel  dì  26  di  esso 
mese  i  gallo-sardi  rilasciarono  agi'  imperia- 
li il  possesso  di  Cremona ,  e  nel  dì  28 
quello  ài  Pizzighettone .  Nel  dì  sette  di 
settembre  entrati  che  furono  due  reggimene 
ti  cesarei  nella  città  di  Milano  ,  finalmen- 
te da  quel  castello  si  ritirò  la  guernigion 
francese  e  piemontese  j  lasciandolo  in  po- 
tè- 


58  Annali  d'Italia 
tere  di  essi  impenali .  Già  erano  stati  con- 
segnati i  forti  di  Lecco,  Trezzo  ,  eFuen- 
tes ,  e  Lodi.  Poscia  nel  dì  nove  entrarono 
gli  alemanni  nelle  fortezze  di  Arona  e  Do- 
modoscela ,  e  finalmente  nel  dì  undici  in 
Pavia  :  con  che  restò  evacuato  tutto  lo  sta- 
to di  Milano  dalle  truppe  gallo-sarde .  Vi- 
desi  anche  libero  lo  stato  della  Chiesa  dal- 
le milizie  alemanne  . 

Ma    per    conto    della   Toscana ,    benché 
gran  parte  degli    spagauoli  fosse    marciata 
a  levante  e  ponente,  pure  niuna    apparen- 
za vi  era  ,    che  il  duca  di   Montemar    vo- 
lesse dimettere  Pisa  e  Livorno.  Sulla  spe- 
ranza di  entrare  in  quella  città,  o  per  far 
paura  agli  spagnuoli,  inviò  il  generale  J£e- 
■venhuller  un  corpo    di    truppe   cesaree   in 
Lunigiana,  e  sul  Lucchese.   Ad  altro  que- 
sto non  servì,  che  ad  aggravar  quelle  con- 
trade, ed    accostandosi    il   verno,    fu    egli 
anche  obbligato  a  richiamarle  in  Lombardia 
senza  aver  messo  il  piede  in  Toscana.  Du- 
ravano tuttavia    le  discrepanze  della  corte 
di  Vienna  col  re  delle  due  Sicilie,  ed  an- 
che col    re  cattolico,    perciocché  avea  ben 
Fimperadore  inviata  la  sua  libera  cessione 
dei  regni  di  Napoli,  e  Sicilia;  ma  il  reale 
infante  nella    cession    sua    della    Toscana  , 
Parma  ,  e  Piacenza  voleva  riserbarsi    tutti 
gli   allodiali  della  casa  Medicea  e  Farnese. 
Similmente  pretendeva  il  re  cattolico,  che 
venendo  a  mancare  in  Toscana  la  linea  ma- 
scolina del  duca  di  Lorena,  dovessero  que- 


Anno  MDCCXXXVL  5g 
gli  sfati  pervenire  alla  spagna,  laddove  es- 
so duca  intendeva  di  ottenerli  liberi  ,  e 
senza  vincolo  alcuno,  come  erano  gli  stati 
di  Lorena,  da  lui  ceduti  alla  Franci-i.  Per 
cagione  di  questi  nodi  arrivò  il  fine  di 
dicembre  ,  senza  che  fossero  ammesse  nelle 
piazze  della  Toscana  Tarmi  cesaree.  Riu- 
scì anche  fastidioso  al  pontefice  Clemente 
XII.  Tanno  presente.  La  santa  sede,  tan- 
to venerata  in  addietro ,,  e  rispettata  da  tut- 
ti i  principi  cattolici,  provò  un  diverso 
trattamento  nei  tempi  correnti,  perchè  pa- 
reano  congiurate  le  potenze  a  far  d-i  pa- 
drone negli  stati  della  chiesa,  senza  il  do- 
vuto riguardo  alla  sublime  dignità  e  so- 
vranità pontifizia.  Già  si  è  veduto  quanti 
malanni  soff  risserò  senza  alcun  loro  deme- 
rito per  tanti  mesi  dalle  truppe  cesarcele 
legazioni  di  Bologna ,  Ferrara  e  Ravenna  , 
le  cui  comunità,  benché  dal  benefico  papa 
fossero  in  sì  dura  oppressione  sovvenute 
con  gran  copia  di  danaro,  pure  rimasero 
estenuate  e  cariche  di  debiti  per  l'esorbi- 
tante peso  di  tante  contribuzioni. 

Da  disavventure  di  altra  sorte  non  andò 
esente  né  pure  la  stessa  Roma.  Quivi  si 
erano  postati  non  pochi  ingagiatori  spa- 
gnuoli ,  che  senza  saputa  ,  non  che  senza 
consenso  del  vecchio  papa,  per  diritto,  o 
per  rovescio  arrolavano  gente.  Chi  sa  quej 
mestiere,  facilmente  concepirà,  che  non 
pochi  disordini  ed  avanìe  occorsero  ;  per- 
chè molti  ingannati  ,  e  senza    sapere    qual 

im- 


60  ANNALI      D'  I  T  A  L  I  À 

impegnò  prendessero ,  o  per  propria  balof- 
daggine,  o  per  altrui  malizia,  si  ritrovava- 
no venduti .  Ora  i  padri  deploravano  i  fi- 
gli perduti,  ora  le  mogli  i  mariti;  e  sco- 
perto in  fine,  onde  venisse  il  male,  i  tra- 
steverini nel  dì  13  di  marzo  improvvisa- 
mente attruppati  in  numero  di  cinque  o 
seimila  persone >  corsero  alle  case  di  que- 
gli ingagiatori,  e  dopo  aver  liberati  a  fu- 
ria gì'  ingagiati  ,  s"  avviarono  al  palazzo 
Farnese,  dove  ruppero  tutte  le  finestre,  e 
gittarono  a  terra  V  armi  dell'  infante  don 
Carla  .  Al  primo  avviso  di  questo  disordi- 
ne comandò  tosto  il  gòvernator  di  Roma, 
che  gli  svizzeri,  le  corazze,  e  i  birri  ac- 
corressero al  riparo.  Furono  questi  dalla 
furia  di  quella  gente  rispinti y  né  si  potè 
impedire ,  che  non  passase  la  sbrigliata 
plebe  al  palazzo  del  re  cattolico  in  piazza 
di  Spagna,  dove  uccise  un  ufiziale,  e  se- 
guirono altre  morti  e  ferite.  Ma  nella  do- 
menica delle  palme  si  riacesse  la  sedizio- 
ne ,  perchè  uniti  i  trasteverini  coi  borghi- 
giani andarono  per  isforzar  le  guardie 
messe  ai  ponti .  Il  più  ardito  di  essi  fu 
steso  morto  a  terra,  perlocchè  infuriati  i 
seguaci  superarono  il  passo,  e  misero  in 
fuga  i  soldati .  Anche  ì  montigiani  da  ini' 
altra  parte  si  mossero,  e  seguirono  ferite 
di  chi  per  accidente  sì  trovò  passar  per  le 
strade.  Volle  Dio,  che  non  poterono  giu- 
gnere  di  nuovo  al  palazzo  di  Spagna,  do- 
ve «rano  preparati  cento  cinquanta  fucilie- 
ri, 


Anno  MDCCXXXVI.  6i 
ri  ,  e  quattro  cannoni  carichi  a  cartoccio  : 
gran  male  ne  seguiva  .  Per  rimediare  a 
questo  sconcerto,  furono  la  sera  inviati  il 
principe  di  santa  Croce  fedele  Austriaco  , 
e  il  marchese  Crescenzl  uno  dei  conserva- 
tori, a  parlamentare  coi  sollevati^  i  quali 
richiesero  la  libertà  agPingagiati  del  loro 
Rione  ,  e  la  lifcerazion  di  alcuni  già  car- 
cerati per  cagion  della  sollevazione  ,  e  il 
perdono  generale  a  tutti.  Ottennero  quan-? 
to  desideravano  ;  e  dappoiché  videro  loro 
mantenuta  la  parola ,  andarono  poi  tutti 
lieti  gridando  ,  viva  il  papa.  Si  pubblicò 
poscia  un  rigoroso  Editto  contro  gY  inga- 
giatori  ;  e  perchè  costoro  non  cessavano  di 
fare  il  solito  giuoco ,  seguirono  alcune  al- 
tre contese  ,  delle  quali  a  me  non  occorre 
di   far  menzione. 

Un  disordine  ne  tirò  dietro  un  altro. 
Per  la  nuova  del  tentativo  fatto  in  Roma 
contra  degli  spagnuoli  ,  si  fermarono  su 
quel  di  Velletri  circa  tre  mila  soldati  di 
quella  Nazione,  che  erano  in  viaggio  alla 
volta  di  Napoli  •  e  mancando  loro  i  fo- 
raggi y  si  diedero  a  tagliare  i  grani  in  ex^ 
ba.  Per  questa  cagione  nel  dì  22  di  apri^ 
le  si  mise  in  armi  tutto  quel  popolo,  ri- 
soluto non  solo  di  vietare  il  passaggio  per 
la  loro  città  a  quelle  milizie  ,  ma  di  for- 
zarle a  partirsi  ;  e  si  venne  alle  brutte  . 
Accorse  colà  il  cardinal  Francesco  Barbe- 
rino, ma  non  potè  calmare  il  tumulto. 
Per  questo  in  Roma    si  accrebbe    la  guer- 

ni- 


62  Annali  d'Italia 
nigion  dei  soldati .  Volarono  intanto  Cor-» 
rieri  a  Napoli  e  a  Madrid  ,  e  si  trattò  in 
Roma  col  cardinale  Acquaviva  delle  sod- 
disfazioni richieste  per  l'insulto  dei  tra- 
steverini *  Perchè  non  furono y  quali  si  esi- 
gevano ,  esso  porporato  coli' altro  óiBellu- 
ga  si  ritirò  da  Roma  •  fece  levar  le  armi 
di  Spagna  e  di  Napoli  dai  palazzi.,  e  or- 
dinò a  tutti  i  napoletani  e  spagnuoli  di 
uscire  della  città  nel  termine  di  dieci  gior- 
ni .  Da.  Napoli  fu  fatto  uscire  il  nunzio 
dei  papa  .  Anche  in  Madrid  grave  risenti- 
mento fu  fatto  con  obbligar  quella  corte 
il  nunzio  apostolico  a  marciare  fuori  del 
regno ,  con  chiudere  la  nunziatura  s  e  proi- 
bire ogni  ricorso  alla  dateria  ,  gastigando 
in  tal  maniera  l'innocente  pontefice  per 
eccessi  non  suoi ,  e  ai  quali  non  aVeano 
mancato  i  suoi  ministri  di  apprestar  quel 
rimedio ,  che  fu  possibile*  Peggio  ancora 
avvenne.  Nel  dì  settimo  di  maggio  entra- 
te le  milizie  spagnuole  in  Velletri  j  pian- 
tarono in  più  luoghi  le  forche,  carceraro- 
no gran  copia  di  persone,  e  commisero 
poi  mille  insolenze  e  violenze  contra  di 
quel  popolo  ,  il  quale  fu  forzato  a  pagare 
ottomila  scudi,  per  esimersi  dal.  sacco. 
Una  truppa  eziandio  di  granatieri  spagnuo- 
li passata  ad  Ostia,  incendiò  le  capanne 
di  quf-i  salinari,  saccheggiò  le  officine  ;  ed 
altri  intimarono  alla  città  dì  Palestrina  il 
pagamento  di  quindicimila  scudi  pel  gran 
reato  di  aver  chiuse- le  porte  ad  alcuni  po- 
chi 


Anno  MDCCXXXVI.  63 
chi  spagnuoli  ,  che  volevano  entrarvi .  Al- 
tri affanni  ancora  provò  il  papa  dalla  par- 
te dei  tedeschi ,  per  essere  stato  carcerato 
un  ufiziale  cesareo  j  ed  altri  dalla  corte 
di  Francia,  il  cui  ambasciatore  si  ritirò 
da  Roma  per  cagion  della  nomina  di  un 
vescovo  fatta  dal  re  Stanislao^  e  non  ac- 
cettata dal  papa  .  Bollivano  parimente  le 
note  controversie  colla  corte  di  Savoja  . 
In  somma  sembrava  ,  che  ognun  dei  poten- 
tati con  abuso  delia  sua  potenza  si  faces- 
se lecito  d' insultare  il  sommo  pontefice 
cori  tutto  il  suo  retto  operare  :  alle  quali 
offese  egli  nondimeno  altre  armi  non  op- 
pose ,  che  quelle  della  mansuetudine  e  del- 
la pazienza  .  In  mezzo  nulladmleno  a  tali 
burasche  sr  osservò  ,  essere  stato  dichiara- 
to viceré  di  Sicilia  il  principe  don  Borto- 
lameo  Corsini  nipote  di  sua  santità,  per- 
sonaggio dotato  di  singoiar  saviezza:  loc- 
chè  fece  maravigliare  più  di  uno. 

Anche  la  Corsica  in  questi  tempi  appre- 
stò alla  pubblica  curiosità  una  commedia, 
che  diede  molto  da  discorrere  .  Duravano 
più  che  mai  le  turbolenze  in  iflèlV.  isola 
con  grave  dispendio  della  repubblica  di 
Genova  ;  quando  nell'aprile  condotto  da 
una  nave  inglese  procedente  da  Tunisi  , 
colà  sbarcò  un  personaggio  incognito  ,  se- 
co conducendo  dieci  cannoni,  e  molte  prov- 
visioni da  guerra,  ed  anche  danaro.  Fu 
accolto  dai  sollevati  con  gran  gic Ja  ed  ono- 
re ,  e  preso  per  loro  capo,  anzi  nel  dì  15 

di  ' 


64        Ann  Ali    d'Italia 
di  esso  mese    fu  onorato    col  titolo    di  re 
di  Corsica:  cosa,  che  non  si  può  negare, 
benché    altri  dicessero  solamente    di  vice^ 
*è,    perchè    si  pretendea,    che  fosse  stato 
inviato  colà  da  qualche  potenza  ,  che  aspi- 
rasse al  dominio  di  queir  isola.    Sul  prin- 
cipio non  era  conosciuto,  chi  fosse  questo 
sì  ardito  e  fortunato  campione,  ma  ai  ven- 
ne poi  scoprendo ,  e  i  genovesi  con  un  lor 
manifesto  il  dipinsero    coi  più  neri  colori 
di  uomo  sensa  religione,  di  un  truffatore, 
di    un  alchimista  ,    e  come    il    più  infame 
dei  viventi  A  e  pubblicarono  ancora  contra 
di  lui  una  grossa  taglia.    La  verità    si  è, 
che  costui  era  Teodoro  Antonio  Barone  di 
Newoff,  nato  suddito  del  re  di  Prussia  ,  e 
di    casa   nobile,    che    da    venturiere   dopo 
aver  fatto  di  molti  viaggi    per  le  corti  di 
Europa ,  ora  iti  lieta ,  ora  in  trista  fortu- 
na, avea  in  fine  saputo  cogliere  nella  rete 
varj  mercatanti,    affinchè  V assistessero    in 
questa  impresa,  con  promettere  loro  mari 
e  monti ,  assiso  che  fosse  sul  maestoso  tro- 
no  della  Corsica .    Prese    egli    con  vigore 
quel  governo,    creo  conti    e  marchesi  con 
gran  liberalità  ;  istituì  un  ordine  militare 
di  cavalieri  appellati    della  liberazione ,   e 
ne  aspettava  ognuno  delle  meraviglie  .  Ma 
non  finì  l'anno,  che  parve  finita  anche  la 
fortuna  di  questo  comico  regnante  ;    e  di- 
vulgossi ,    qhe    dopo    aver    egli  cominciato 
ad  esercitare  un*  autorità  troppo  dispotica  > 
arrivando  a  punire  chi  non  eseguiva  apua«* 

ti- 


Anno  MDCCXXXVI.  6$ 
tino  gli  ordini  suoi,  la  nazion  dei  corsi 
non  tardò  a  convertire  l'amore  in  odio, 
e  poscia  in  dispregio,  perchè  mai  non 
comparivano  quei  tanti  soccorsi ,  che  sulle 
prime  aveva  egli  promesso.  Pertanto  te- 
mendo egli  della  vita,  segretamente  im- 
barcatosi nel  dì  12  di  novembre,  compar- 
ve a  Livorno,  travestito  da  frate,  ed  ap- 
pena sbarcato  prese  le  poste  ,  senza  saper- 
si per  qual  parte.  La  verità  nondimeno 
fu ,  non  essere  stata  fuga  la  sua  ,  perchè 
egli  prima  di  partirsi  ,  nel  dì  quarto  di 
novembre  pubblicò  un  Editto  ,  con  cui  co- 
stituì i  ministri  del  governo  durante  la 
sua  lontananza.  Andò  egli  per  procurar 
nuovi  rinforzi  a  quella  nazione. 

Era,  siccome  dicemmo,  restato  vedovo 
Carlo  Emmanuele  re  di  Sardegna  ,  e  volen- 
do passare  alle  terze  nozze ,  intavolò  il 
nuovo  suo  matrimonio  colla  principessa  Eli* 
sabetta  Teresa ,  sorella  di  Francesco  Ste- 
fano duca  di  Lorena ,  in  cui  concorreva- 
no ,  oltre  all'insigne  nobiltà,  le  più  rare 
doti  di  animo  e  di  corpo.  Era  nata  nel 
dì  15  di  ottobre  del  17  n  dal  duca  Leo- 
poldo  Giuseppe,  e  dalla  duchessa  Elisabet- 
ta Carlotta  di  Orleans ,  sorella  del  giàFi- 
lippo  duca  di  Orleans  reggente  di  Fran- 
cia. Fu  pubblicato  in  Vienna  questo  ma- 
rìtaggio,  e  si  andarono  disponendo  le  par- 
ti per  effettuarlo  colla  convenevol  magni- 
ficenza.  Nell'anno  presente  la  mortalità 
dei  buoi  cominciò    a  serpeggiare    pei  Pie- 

Tom.  XXVII.  E  mon- 


66  Annali  d'Italia 
mente,  Novarese,  Lodigiano,  e  Cremòné* 
se  :  locchè  di  sommo  danno  riuscì  a  quel- 
le contrade  ,  e  di  grande  spavento  agli  al- 
tri paesi  ,  che  tutti  si  misero  in  guardia 
per  esentarsi  da  sì  terribile  eccidio.  Pro- 
vossi  in  varie  parti  del  regno  di  Napoli  , 
e  dello  stato  ecclesiastico  lo  stesso  flagel- 
lo .  Risonavano  intanto  per  Italia  le  pro- 
dezze dell'armi  russiane  contro  dei  turchi , 
perchè  dall' un  canto  s' impadronirono  dell' 
importante  fortezza  d'  Asof ,  e  dall'  altro 
penetrarono  anche  nella  Crimea,  dove  la- 
sciarono una  funesta  memoria  a  quei  tar- 
tari ,  assassini  in  addietro  della  Russia  e 
Polonia.  Gran  gloria  per  questo  venne  ali' 
imperadrice  Russiana^  se  non  che  i  pro- 
gressi suoi  cagion  furono ,  che  la  porta  ot- 
tomana, pacificata  con  lo  Scach  Nadir,  o 
sia  Tamas  Kulican ,  re  della  Persia.,  faces- 
se uno  straordinario  armamento,  e  dichia- 
rasse la  guerra  contra  di  lei .  Era  colle- 
gato di  essa  imperadrice  Anna  V  Augusto 
Carlo  VI.  e  cominciossi  per  tempo  a  scor- 
gere ,  eh'  egli  era  per  impugnare  la  spada 
in  difesa  di  lei:  al  qual  fine  tutte  le  mi- 
lizie alemanne  cavate  d' Italia ,  ed  altre 
della  Germania  sfilarono  verso  la  bassa  Un- 
gheria ai  confini  dei  turchi  .  Non  meno  il 
ministro  di  Francia  ,  che  quei  delle  poten- 
ze mantime  molto  si  adoperarono,  per  di- 
storre sua  maestà  cesarea  da  questo  impe- 
gno ;  ma  non  ne  ricavarono  se  non  dub- 
biose risposte.,  perche    Timperadore    avea 

fat- 


Anno  MDCCXXXVI.  6/ 
fatto  esporre  a  Costantinopoli  varie  do- 
glianze e  minaccie,  ed  aspettava,  se  fa- 
cessero frutto.  Era  negli  anni  addietro  na- 
ta in  Inghilterra  una  setta  appellata  dei 
Liberi  Muratori i  consistente  nell'union  di 
varie  persone,  e  queste  ordinariamente  no- 
bili, ricche,  o  di  qualche  merito  partico- 
lare ,  inclinate  a  solazzarsi  in  maniera  di- 
versa dal  volgo  *  Con  solennità  venivano 
ammessi  i  nuovi  fratelli  a  questo  istituto  , 
e  loro  si  dava  giuramento  di  non  rilevare 
i  segreti  della  società .  Raunavasi  costoro 
di  tanto  in  tanto  in  una  casa  eletta  per 
loro  congresso  >  chiamata  la  loggia  >  dove 
passavano  il  tempo  in  lieti  ragionamenti  , 
e  in  deliziosi  conviti ,  conditi  per  lo  più 
da  sinfonìe  musicali.  Verisimilmente  avea- 
no  essi  preso  il  modello  di  sì  fatte  con- 
versazioni dagli  antichi  epicurei ,  i  quali 
per  attestato  di  Cicerone  e  di  Nurnenio  con 
somma  giovialità  e  concordia  passavano  1' 
ore  in  somiglianti  ridotti.  D' Inghilterra 
fece  passaggio  in  Francia  e  in  Germaaia 
questo  rito  ,  e  in  Parigi  fu  creduto  ,  che 
si  contasse  sedici  logge,  alle  quali  era- 
no ascritti  personaggi  della  primaria  no- 
biltà .  Allorché  si  trattò  di  creare  il  gran 
mastro  ,  più  brogli  si  fecero  ivi ,  che  in 
Polonia  per  reiezione  di  un  nuovo  re*  Si 
tenne  per  certo,  che  anche  in  alcuna  città 
d' Italia  penetrasse  e  prendesse  piede  la 
medesima  novità  .  Contuttoché  protestasse- 
ro costoro  ,  essere  prescritto  dalle  loro  leg- 

E  2  gi5 


63  AnMAU     I)5  I  T  A  L  t  A 

gì ,  di  non  parlare  di  religione ,  né  del 
pubblico  Governo  in  quelle  combricole,  e 
fosse  fuor  di  dubbio ,  che  non  vi  si  am- 
metteva il  sesso  femineo  ,  né  ragionamen- 
to di  cose  oscene,  né  vi  era  sentore  di  al- 
tra sorta  di  libidine  :  nondimeno  i  sovrani 
e  molto  più  i  sacri  pastori  stavano  io  con- 
tinuo batticuore ,  che  sotto  il  segreto  di 
tali  adunanze ,  renduto  impenetrabile  pel 
preso  giuramento,  si  covasse  qualche  ma- 
gagna ,  pericolosa  e  forse  pregiudiziale  al- 
la pubblica  quiete  e  ai  buoni  costumi .  Pe- 
rò il  sommo  pontefice  Clemente  XII.  nell* 
anno  presente  stimò  suo  debito  di  proibi- 
re ,  e  di  sottoporre  alle  censure  la  setta 
dei  Liberi  Muratori .  Anche  in  Francia  Y 
autorità  regia  s'  interpose  per  dissipar  que- 
ste nuvole  _,  che  in  fatti  da  lì  a  non  mol- 
to tempo  si  ridussero  in  nulla ,  almeno  in 
quelle  parti  e  in  Italia.  Fu  poi  cagione  un  tal 
divieto  o  rovina,  che  più  non  credendosi 
tenuti  al  segreto  i  membri  di  essa  repub- 
blica ,  dopo  il  piacere  di  aver  dato  lungo 
tempo  la  corda  alla  pubblica  curiosità  , 
rompessero  gli  argini,  e  divorassero  anche 
con  pubblici  libri  ,  tutto  il  sistema  e  ri- 
tuale di  quella  novità  .  Trovossi ,  terminare 
essa  in  una  invenzione  di  darsi  bel  tempo 
con  riti  ridicolosi,  ma  sostenuti  con  gran 
gravità  ;  né  altra  maggior  deformità  vi 
comparve  ,  se  non  quella  del  giuramento 
del  segreto  preso  sul  vangelo  per  occultar 
così  fatte  inezie  .   Ridicola  cosa  anche  fu  , 

che 


Anno    MDGCXXXVI.      ^  69 
fché  iti  una  città  della  Germania  dall'igno- 
ranza e  semplicità  venne  spacciato  i  e  fatto 
credere  al  popolo ,  autore   della  medesima 
setta  chi  scrive  le  presenti  memorie* 


Anno  di  Cristo   1737,  indizione  xv. 
di  Clemente  Xll  ,  papa  8. 
di  Carlo  Vi,  imperadore  27. 

^/\\la  per  fine  spuntò  nell'anno  presenta- 
la tanto  sospirata  iride  di  pace  in  Italia 
con  allegrezza  inesplicabile  di  tutti  i  po- 
poli j  e  quantunque  tal  serenità  non  fosse 
risente  da  qualche  nebbia  per  le  non  mai 
quiete  pretensioni  dei  potentati ,  pure  ces* 
sando  affatto  Io  strepito  dell'armi  in  que- 
ste parti ,  giusto  motivo  ebbe  ciascuno  di 
rallegrarsene.  Finquì  ostinatamente  erano 
persistite  in  Livorno  e  Pisa  le  guernigioni 
3pagnuole  ,  senza  voler  credere  alle  truppe 
tedesche  ,  disposte  secondo  i  preliminari  a 
prenderne  possesso  a  nome  del  Duca  di 
Lorena.  Fu  detto,  che  seguisse  in  Pontre- 
moli  il  cambio  delle  cessioni  fatte  da  sua 
maestà  cesarea  ai  regni  di  Napoli  e  Sici- 
lia ,  e  dal  re  delle  due  Sicilie  ai  ducati 
di  Toscana,  Parma 3  e  Piacenza.  Può  du- 
bitarsene, da  che  si  seppe  ,  che  il  re  cat- 
tolico Filippo  V.  non  volle  in  questo  anno 
sottoscrivere  essi  preliminari  ,  ed  è  certo, 
che  Carlo  re  di  Napoli  e  Sicilia  si  riservò 
certe  pretensioni  ,  che  avrebbero  potuto 
intorbidar  la  concordia .    Comunque  fosse  , 

E  3  il 


70  Annali  d'Italia 
il  generale  spagnuolo  duca  di  Montemar 
sul  principio  di  questo  anno  ,  giunta  che 
fu  a  Livorno  una  buona  quantità  di  legni 
in  quelli  imbarcò  ir  presidio  di  essa  città, 
ed  altre  fanterie  spagnuole  inviò  verso  le 
fortezze  della  maremma  di  Siena;  dopo  di 
che  senza  far  cessione  alcuna  dì  Livorno., 
nel  dì  nove  di  gennajo  abbandonò  quella 
città,  dove  restò  la  sola  guernigione  del 
gran  duca  Gian-Castone,  Lasciarono  gli 
spagnuoli  nella  Toscana  la  memoria  di  mol- 
ti aggravj  inferiti  a  quegli  stati ,  Pertanto 
da  lì  ad  alquanti  giorni  entrato  in  Tosca- 
na il  generale  tedesco  Wactendonck  con  al- 
cuni reggimenti  cesarei  3  prese  a  nome  del 
duca  di  Lorena  possesso  di  Livorno  ,  con 
prestare  giuramento  di  fedeltà  al  gran  du- 
ca ,  le  cui  milizie  insieme  colle  tedesche 
cominciarono  a  montare  la  guardia  .  Di- 
stribuì eziandio  alcune  di  quelle  soldate- 
sche in  Siena ,  Pisa ,  e  porto  Ferrajo  ,  le 
quali  osservarono  miglior  disciplina  ,  che 
le  precedenti  .  Pochi  mesi  passarono  ,  che 
il  presidio  spagnuolo  di  Orbitello  abbiso- 
gnando di  legna  per  uso  proprio ,  e  per  le 
fortificazioni ,  ne  fece  richiesta  al  gran  du- 
ca. Perchè  risposta  non  veniva,  un  grosso 
distaccamento  di  essi  spagnuoli  passò  a  ta- 
gliare sul  Sanese  circa  mille  e  secento  al- 
beri. Ne  furono  fatte  doglianze,  ed  avreb- 
be questa  violenza  potuto  cagionar  delle 
nuove  rotture,  se  la  corte  di  Vienna,  o 
sia  il  duca  di  Lorena,  non  si  fossero  ora 

tro- 


Anno    MDCCXXXVIL        Zi 
trovati    nei  gravi    impegni,    dei  quali    fra 
poco  parleremo.  Colla  pazienza  si  sopì  quel 
disordine  . 

Intanto  angustiato  dal  male  di  orina  ,  e 
da  altri  incomodi  di  corpo  il  gran  duca 
Gian-Gastone  dei  Medici  si  ridusse  agli 
estremi  di  sua  vita,  e  nel  di  nove  di  lu- 
glio con  segni  di  molta  pietà  restò  libera- 
to dai  pensieri  ed  affanni  del  mondo.  Era 
principe  di  gran  mente,,  di  somma  affabi- 
lità, e  di  una  volontà  tutto  inclinata  al 
pubblico  bene  ;  e  quantunque  la  sua  poca 
sanità  il  tenesse  per  lo  più  ristretto  in  ca- 
mera o  in  letto,  pure  valendosi  di  saggi 
ed  onorati  ministri,  mantenne  sempre  una 
esatta  giustizia,  e  in  vece  di  accrescere  i 
pesi  ai  suoi  sudditi,  più.  tosto  cercò  di 
sminuirli.  Liberale  verso  la  gente  di  me- 
rito, protettore  delle  lettere  ,  e  sommamen- 
te caritativo  verso  i  poveri,  tal  memoria 
lasciò  di  sé  ,  che  chiunque  avea  sparlato 
di  lui  vivente  ,  ebbe  poi  a  compiangerlo 
morto.  In  lui  fini  la  linea  maschile  della 
insigne  regnante  casa  dei  Medici,  con  di- 
savventura  inesplicabile  dell'  Italia  ,  che  se- 
guitava a  perdere  i  suoi  principi  naturali; 
ma  senza  paragone  riuscì  più  sensibile  ai 
popoli  della  Toscana ,  i  quali  indarno  si 
erano  lusingati  di  poter  tornare  a  repub- 
blica ;  né  solamente  restarono  senza  i  prin- 
cipi Medicei,  che  tanta  gloria  e  rispetto 
aveano  finquì  procacciato  a  Firenze  e  alla 
Toscana,   ma  venivano   a    restar    sottopo- 

E  4  sii 


X%  Annali  d'Italia 
stì  ad  un  sovraoo  ,  certamente  benignissirnd 
e  generoso  ,  pure  obbligato  dai  suoi  inte- 
lessi  a  fare  la  residenza  sua  fuori  d'Italia. 
Gran  fortuna  è  l'avere  i  principi  proprj  . 
L'averli  anche  difettosi ,  meglio  è  regolar- 
mente ^  che  il  non  averne  alcuno,  giacché 
lo  stesso  è  che  V  averli  lontani  ,  mentre 
fuori  degli  stati  ridotti  in  Provincia  ,  vo- 
lano le  rendite,  e  dee  il  popolo  soggiacere 
ai  governatori  ,  i  quali  non  sempre  seco 
portano  l'amore  ai  paesi,  dove  non  han  da 
«fare  le  radici .  Dopo  la  morte  di  questo 
principe  con  tutta  quiete  il  principe  di 
Craon,  e  gli  altri  ministri  lorenesi,  prese- 
ro il  possesso  della  Toscana  a  nome  di  sua 
altezza  reale  Francesco  Stefano  duca  di 
Lorena ,  genero  dell'  imperadore ,  che  fu  pro- 
clamato gran  duca.  Profittò  ben  la  Francia 
di  questo  avvenimento,  perchè  le  cessò  V 
obb  igo  di  pagare  ad  esso  duca  di  Lorena 
quattromilioni  e  mezzo  di  Francia  ,  finché 
egli  fosse  entrato  in  possesso  della  Tosca- 
na.  La  vedova  Elettrice  palatina  Anna  Ma- 
ria Luigia  dei  Medici,  sorella  del  defunto 
gran  duca  Gian-Gastone^  prese  anch' ella 
il  possesso  dei  mobili  e  allodiali  delia  ca- 
sa paterna  ,  ascendenti  ad  un  valsente  in- 
credibile ;  né  solamente  degli  esistenti  nel- 
la Toscana,  ma  anche  in  Roma,  nello  sta- 
to ecclesiastico,  e  in  altri  paesi.  Tuttavia 
non  tardò  a  saltar  fuori  una  scintilla ,  che 
i  saggi  ben  previdero  potere  un  dì  produr- 
re qualche  incendio.  Cioè  Carlo  re  di  Na- 

po- 


Anno  MDCCXXXVII.  ?$ 
poli  e  di  Sicilia  prese  lo  scorruccio  per  la 
morte  di  esso  gran  duca  >  ed  insieme  il  ti- 
tolo di  Ereditario  degli  allodiali  della 
sa  dei  Medici,  siccome  principe  già  adot* 
tato  dalla  medesima  per  figlio;  ed  aitret- 
tanto  fece  anche  il  cattolico  re  Filippo  V 
suo  padre.  A  (al  pretensione  non  >i  era 
trovato  finora  ripiego.  Furono  folte  per 
questo  proteste  giuridiche  tanto  in  Firen- 
ze, che  in  Roma.  Alla  vedova  Eletlrice 
fu  esibito  molto  di  autorità  nel  governo, 
premendo  al  novello  gran  duca  di  tenersi 
amica  questa  principessa  ,  donna  tanto  ric- 
ca,  e  di  mirabil  talento  e  saviezza  .  Ma 
se  ne  scusò  ella  per  cagion  della  sua  avan- 
zata età. 

Ebbe  compimento  in  questo  anno  il  ma- 
ritaggio di  Carlo  Emmanuele  re  di  Sarde- 
gna colla  principessa  Elisabetta  Teresa  so- 
rella del  suddetto  duca  di  Lorena .  La  fun- 
zione fu  fatta  in  Luneville,  dove  il  prin- 
cipe di  Carignano  sostenne  le  veci  del  re  : 
dopodicchè  si  mise  in  viaggio  essa  novella 
regina  alla  volta  della  Savoja .  Neil'  ultimo 
giorno  di  marzo  pervenne  essa  a  ponte 
Beauvoisin  sui  confini  ,  ed  essendosi  già 
portato  colà  il  re  con  tutta  la  corte  ,  e 
con  accompagnamento  magnifico  di  guardie 
e  milizie,  fu  ad  incontrarla,  conducendola 
poi  a  Sciambery ,  dove  presero  per  una 
settimana  riposo.  Nella  sera  del  dì  22  di 
aprile  fecero  i  reali  sposi  il  magnifico  loro 
ingresso  in  Torino    fra  la    gran    folla    dei 

sud- 


74  Annali  d'Itaiia 
sudditi  e  forestieri,  accorsi  a  quelle  feste, 
e  fra  Tale  della  fanteria  e  cavalleria,  men- 
tre intanto  le  artiglierie  facevano  un  inces- 
sante plauso  alle  loro  maestà .  Non  quella 
sola  sera  si  videro  illuminate  le  strade  di 
Torino,  ma  anche  nelle  seguenti;  né  man- 
carono fuochi  artifiziali^,  ed  altri  suntuosi 
divertimenti  in  sì  lieta  congiuntura  .  Pas- 
sava in  questi  tempi  non  lieve  disputa  fra 
esso  re  di  Sardegna,  e  la  corte  di  Vienna, 
giacché  egli  pretendeva  la  terra  di  Serra- 
valle  per  distretto  di  Tortona  :  laddove  i 
cesarei  la  teneano  per  dominio  staccato  da 
quella  città  .  Continuavano  intanto  i  maneg- 
gi della  sacra  corte  di  Roma  con  quella  di 
Madrid.,  Portogallo,  Napoli y  e  Savoja  per 
le  controversie  vertenti  con  esse  .  Rallegros- 
si  dipoi  quella  gran  città  al  vedere  nel 
marzo  di  questo  anno  ritornati  colà  i  car- 
dinali Acquaviva  e  Belluga  con  indizio  di 
sperata  riconciliazione.  Per  trattarne  venne 
a  Roma,  come  mediatore .,  il  cardinale  Spi- 
nelli arcivescovo  di  Napoli  ,  personaggio 
di  gran  credito  e  di  obbliganti  maniere; 
e  vi  comparve  ancora  monsignor  Galliani 
gran  limosiniere  dei  re  delle  due  Sicilie, 
per  esporre  le  pretensioni  di  quel  monar- 
ca .  Finalmente  nel  dì  Z7  di  settembre  si 
vide  qualche  apparenza  di  aggiustamento 
fra  la  santa  sede  e  i  re  di  Spagna  e  di 
Napoli;  locchè  recò  incredibil  consolazio- 
ne a  Roma  :  quantunque  in  questi  ultimi 
tempi  non  succedesse  mai  discordia  e  con- 

cor- 


Anno  MDCCXXXVIL  75 
cordia  alcuna  ,  in  cui  non  iscapitasse  sem* 
pre  la  corte  pontifizia.  Non  finirono  per 
questo  le  pretensioni  ,  né  si  riaprirono  pe- 
ranche  le  nunziature  di  Madrid,  e  di  Na- 
poli .  Contuttociò  la  dateria  cominciò  a  far 
le  sue  spedizioni.  Per  le  differenze  di  Por- 
togallo e  diSavoja,  ripiego  alcuno  finora 
non  si  trovò . 

Aveano  i  tanti  saccheggi  fatti  dai  tar- 
tari della  Russia,  coi  condurne  schiavi  mi- 
gliaja  di  uomini,  commossa  in  fine  a  ri- 
sentimento Anna  Imyeradrice  di  essa  Rus- 
sia ,  non  solo  contra  di  quei  masnadieri, 
ma  contra  gli  stessi  turchi,  i  quali  con 
tutte  le  querele  e  proteste  dei  russiani  mai 
non  vollero  apportarvi  rimedio .  Due  suoi 
valenti  generali  con  due  possenti  armate 
nel  precedente  anno  aveano  data  una  buo- 
na lezione  a  quegr  infedeli  ;  il  Lasci  col 
prendere  la  fortezza  di  Asof,  e  il  Munteli 
con  una  terribil  invasione  nella  Crimea  . 
Fece  per  questo  il  sultano  dei  turchi,  già 
pacifico  coi  persiani  -,  un  gagliardo  arma- 
mento contro  i  russiani  ;  e  quantunque  s* 
interponesse  I'  augusto  Carlo  VI  per  trattar 
di  pace,  non  ne  riportò  che  belle  parole, 
insistendo  sempre  i  turchi  nella  restituzio- 
ne di  Asof .  Lega  difensiva  era  fra  esso  im- 
peradore  e  la  Russia  ;  e  però  non  volendo 
Cesare  lasciar  soperchiare  dai  musulmani 
i' imperadrice  suddetta,  avea  spedito  ai 
confini  dell'Ungheria  la  maggior  parte  delle 
sue  forze ,    e    dichiarato   generalissimo    di 

es- 


?6  AkkaII  i>*  Italia 
esso  Francesco  Stefano  duca  di  Lorena  ) 
divenuto  in  questo  anno  gran  duca  di  To- 
scana.  La  direzion  delle  armi  cesaree  {u 
data  al  generale  Seckendorf j  protestante  di 
professione,  con  doglianza  del  sommo  pon- 
tefice, il  quale  non  mancò  di  promettere 
sussidj  di  danaro  a  Cesare  per  questa  guer- 
ra. Un  bel  principio  si  diede  ad  essa  colla 
presa  della  ciuà  di  Nissa,  per  cui  furono 
cantati  più  Te  Deum  .  Ma  non  passò  mol^ 
to,  che  si  videro  andare  a  precipizio  tutti 
gli  affari  dell'  imperadore  in  quelle  parti* 
Comandava  il  Seckendorf  ad  una  fioritissi- 
ma armata  ,  capace  di  grandi  imprese  ,  aven- 
dola alcuni  fatta  ascendere  sino  ad  ottan- 
tamila valorosi  combattenti.  Quel  generale 
invece  di  tener  unite  tante  forze,  e  di  as- 
sediar daddovero  la  forte  piazza  diWidin, 
o  pure  di  tentar  V  acquisto  della  Rossina, 
spartì  in  varj  corpi  e  distaccamenti  l'eser- 
cito suo,  e  niun  di  essi  riportò  se  non 
percosse  e  disonore,  tuttoché  i  musulmani 
sulle  prime  si  trovassero  più  di  un  poco 
smilzi  di  forze  in  quelle  parti.  Il  principe 
d'Hildburgausen  inviato  con  poche  miglia- 
ia di  armati  sotto  Banialuea  capitale  della 
Bossina,  tutti  perde  i  suoi  attrecci,  e  gran 
gente,  e  ringraziò  la  fortuna  dì  essersi 
potuto  salvar  colla  fuga .  Nella  Croazia 
verso  Vaccup,  e  sotto  Widin ,  furono  bat- 
tuti gl'imperiali,  eNissa  venne  ricuperata 
dai  turchi .  Si  perde  il  Seckendorf  intorno 
ad  Usitza  ,  cioè  ad  una  bicocca,  e  la  pre- 
se ; 


À  *  n  ò  MDCCXXXVII.  22 
se:  questa  fa  l'unica  sua  prodezza .  I  tur- 
chi la  ricuperarono  poi  nell'anno  seguente. 
Andarono  lamenti  a  Vienna,  laonde  richia- 
mato egli  alla  corte  ,  lasciò  il  comando  al 
generale  Filippi;  ed  essendo  stato  posto  in 
carcere,  fu  contra  di  lui  dato  principio  ad 
un  processo  .  Non  istimarono  veramente  i 
saggi,  che  questo  personaggio  avesse  punto 
mancato  alla  fede  e  all'onore.  Il  suo  de- 
litto, secondo  il  sentimento  d'altri,  fu 
quello  di  non  saper  fare  il  condottier  di 
armate  :  mestiere  forse  il  più  difficile  di 
tutti  ;  benché  non  mancasse  chi  V.  esentava 
da  questo  difetto. 

Certamente  non  avea  più  la  corte  cesa- 
rea un  Carlo  duca  di  Lorena  ,  un  principe 
Eugenio  ,  né  un  maresciallo  di  Staremberg, 
né  i  Caprara,  né  i  Veterani,  né  altri  si- 
mili personaggi  di  gran  mente  e  savia  con- 
dotta,  che  sapessero  diriggere  un  esercito 
ai  danni  del  nemico,  e  difendersi  alle  oc- 
correnze. Per  altro  facendo  conoscere  la 
sperienza,  che  talvolta  le  belle  armate  ce- 
saree combattono  col  bisogno:  il  Secken- 
dorf  addusse  ancor  questo  per  sua  discol- 
pa, certo  essendo,  che  a  cagion  della  man- 
canza dei  viveri  per  più  giorni,  quellJ 
esercito  si  mantenne  come  potè  in  vita 
CQile  panocchìe  del  frumentone  ossia  grano 
turco,  maturo  in  quel  paese,  o  pur  con 
sole  prugne  ,  trovate  per  avventura  in  quei 
boschi.  Non  mancò  gente,  che  si  figurò, 
essere  mancata  la  benedizione  di    Dio  alle 

ar- 


78  Annali  D'Italia 
armi  dell'  imperadore  in  questa  guerra  i  peifc 
ehè  secondo  il  trattato  di  Passarowitz  la* 
tregua  di  sua  maestà  cesarea  colla  porta 
ottomana  durava  ancora ,  né  terminava  se 
non  nell'anno  1742  pretendendo  perciò  i 
turchi,  che  Cesare  non  fosse  in  libertà  do- 
po esso  trattato  di  coilegarsi  colla  Russia 
a  danno  loro  ,  né  gli  fosse  lecito  di  rom- 
perla contra  di  essi,  A  me  non  tocca  di 
entrare  in  sì  fatto  esame  ,  e  molto  meno 
di  stendere  le  ottuse  mie  pupille  nei  ga- 
binetti della  Divinità;  bastandomi  di  rife- 
rire gli  sfortunati  avvenimenti  di  questa 
campagna  contra  degl'infedeli  nella  Servia  , 
Bossina  ,  Moldavia,  Valacchia,  ed  altri  luo- 
ghi ;  e  che  per  le  tante  malattie  si  trovò 
al  finire  dell'anno  quasi  della  metà  scema- 
ta la  dianzi  sì  possente  armata  imperiale» 
Né  si  dee  tacere,  che  allora  più  che  mai 
si  sciolsero  le  lingue  e  maledizioni  dei  cri- 
stiani contra  del  conte  di  Bonneval  fran- 
cese, già  uno  dei  generali  dell'' imperadore  ; 
il  quale,  privo  per  altro  di  religione,  avea 
abbracciata  quella  dei  turchi.  Entrato  co- 
stui al  servigio  della  porta  col  nome  di 
bassa  Osmanwo ,  tutto  si  era  dato  ad  istrui- 
re i  turchi  della  disciplina  militare  dei 
cristiani  ;  e  fu  creduto ,  che  i  documenti 
suoi  influissero  non  poco  ai  fortunati  suc- 
cessi delle  armi  turchesche  sì  dell'  anno 
presente,  che-  dei  due  sussseguenti .  Dice- 
vasi ,  che  questo  infame  rinegato  fosse  il 
braccio  dritto  dei  primo  visire .  Se  la  for- 

tu- 


Anno  MDCCXXXVII.  79 
luna  non  si  fosse  dichiarata  in  favore  dei 
turchi,  (  giacché  in  questo  medesimo  tempo 
in  Nimirow  nella  Polonia  trattavano  di 
pace  i  plenipotenziarj  cesarei^  russiani ,  e 
turchi  )  si  potea  sperare  qualche  pronta  con- 
cordia con  vantaggio  delle  armi  cristiane  . 
Intanto  d'altro  passo  procederono  le  due 
armate  dell' imperadrice  della  russiacontra 
dei  musulmani.  Perciocché  il  generale  con- 
te di  Munich  nel  dì  13  di  luglio  s' impa- 
dronì delia  riguardevol  città  di  Oczakow 
situata  al  mare  ,  con  grande  mortalità  e 
prigionia  di  turchi,  con  acquisto  di  molta 
artiglieria,  e  di  un  ricco  bottino.  Seppe 
anche  difenderla  da  essi  turchi ,  accorsi  ad 
assediarla.  Parimente  il  generale  Lasci  tor- 
nò di  nuovo  a  fare  un'  irruzione  nella  Cri- 
mea ,  dove  incendiò  gran  copia  di  quei  vil- 
laggi, prese  un'infinità  di  buoi,  e  lasciò 
dapertutto  memorie  del  furor  militare  in 
vendetta  degl'immensi  danni  e  mali  recati 
per  tanti  anni  addietro  da  quei  tartari  al- 
la Russia* 

Fu  il  presente  anno  l'ultimo  della  vita 
di  Rinaldo  di  Este  duca  di  Modena ,  che 
nato  nel  dì  25.  di  aprile  delP  anno  1655. 
e  creato  duca  nel  1694.  avea  con  somma 
saviezza  finquì  governato  i  suoi  popoli . 
Nel  dì  26  di  ottobre  spirò  egli  l'anima. 
Perchè  nelle  antichità  estensi  io  esposi  tut- 
to quel  di  lodevole ,  che  si  osservò  in  que- 
sto principe  (  e  fu  ben  molto  )  io  mi  dis- 
penso ora  dal  ripeterlo,  bastandomi  dire, 

che 


So  Aknaii    d'  Italia 

che  per  lJ  elevatezza  della  mente ,  per  la 
pietà  ,  e  pel  saper  tenere  le  redini  di  un 
verno  ,  si  meritò  il  concetto  di  uno  dei 
più  saggi  principi  di  questi  tempi  .  Lasciò 
dopo  di  sé  un  figlio  unico  cioè  Francesco 
principe  ereditario,  nato  nel  dì  2.  di  lu- 
glio del  1698.  e  tre  principesse,  cioè  Be- 
nedetta Ernesta,  Amalia  Gioseffa ,  Enri~ 
chetta  duchessa  vedova  di  Parma.  Sul  prin- 
cipio delie  ultima  turbolenze,,  nelle  quali 
si  trovarono  involti  anche  gli  stati  della 
casa  di  Este ,  si  era  portato  il  suddetto 
principe  Francesco  a  Genova  colla  princi- 
pessa sua  consorte  Carlotta  Aglae  ,  del  real 
sangue  di  Francia,  figlia  di  Filippo  duca 
di  Orleans,  già  reggente  di  quel  regno. 
Nell'anno  1735  passarono  amendue  a  Pa- 
rigi ,  per  impetrar  sollievo  agi*  innocenti 
popoli  dei  loro  ducati  dal  cristianissimo  re 
Luigi  XV.  e  per  vegliare  agli  interessi  pro- 
pri, e  del  duca  Rinaldo  padre  e  suocero. 
Venuto  V  autunno  ,  si  portò  esso  principe 
a  visitar  la  città  della  Fiandra,  ed  Ollan- 
da,  ricevendo  dapertutto  distìnti  onori, 
e  di  là  passò  in  Inghilterra,  dove  gli  fu- 
rono compartite  le  maggiori  finezze  dal  re 
Giorgio  II,  che  in  questo  principe  conside- 
rò trasfuso  il  sangue  di  quei  gloriosi  ante- 
nati,  dai  quali  era  discesa  anche  la  real 
casa  di  Brunsvich .  Finalmente  nella  pri- 
mavera dell'  anno  presente  se  ne  andò  a 
Vienna  per  inchinare  il  glorioso  augusto 
Carlo  VI ,  da  cui ,  e  dall'  imperadrice  Ve- 
do- 


A  *  n  o  MDCCXXXVII.  81 
dova  Amalia  sua  zia  materna  ,  e  da  tutta 
quella  corte ,  fu  graziosamente  accolto. 
Essendosi  accesa  in  questo  tempo  la  guer- 
ra in  Ungheria,  s'invogliò  anch' egli  di 
quell'onorato  mestiere,  e  tenendo  compa- 
gnia a  Francesco  duca  di  Lorena  e  gran 
duca  di  Toscana ,  e  al  principe  Carlo  di 
lui  fratello,  intervenne  alle  azioni  della 
sopradetta  sventurata  campagna.  Nei  tor- 
narsene egli  a  Vienna,  intese  la  morte  del 
duca  Rinaldo  suo  padre,  e  però  congeda- 
tosi dalle  auguste  maestà,  s'inviò  versoi' 
Italia y  e  nei  dì  quattro  di  decembre  feli- 
cemente giunse  a  Modena ,  ricevuto  eoa 
giubilo  dai  suoi  sudditi ,  che  attesa  la  di 
lui  molta  intelligenza,  e  spezialmente  Y 
amorevol  suo  cuore  ,  concepirono  per  tempo 
viva  speranza  di  ottimo  governo,  secondo 
ì'  uso  dei  suoi  maggiori ,  tutti  buoni  e 
benefìci  principi  .  Aveva  egli  già  procreati 
due  principi  viventi,  cioè  Ertole  Rinaldo 
suo  primogenito,  nato  nel  dì  22  di  no- 
vembre dell'anno  1727  ed  un  altro  venu- 
to alla  luce  nel  dì  29  di  settembre  del  1736 
in  Parigi,  a  cui  poscia  nel  solenne  batte- 
simo fu  posto  il  nome  di  Benedetto  Filip- 
po Armando  ,  e  viene  oggidì  chiamato  il 
principe  di  Este  ;  e  quattro  principesse , 
cioè  Maria  Teresa  Felicita,  Matilde,  For- 
tunata Maria,  ed  Elisabetta. 

Più  che  mai  continuò  in  questi  tempi 
la  ribellion  della  Corsica,  con  trovarsi  bloc- 
cate da  quei  popoli  le  cinque  o  sei  fortez- 

Tom.  XXVII.  F  ze , 


Si  Annali  b*  Italia 
ze,  the  sole  restavano  in  potere  della  re- 
pubblica di  Genova .  Correvano  tutto  dì 
voci  incerte  di  quegli  affari,  negando  al- 
cuni ,  e  pretendendo  altri,  che  durasse  in 
quell'isola  l'autorità  del  Baron  Teodoro  > 
e  che  da  lui  si  riconoscessero  i  soccorsi , 
che  andavano  giugnendo  a  quei  sollevati  ; 
con  voce  ancora ,  eh*  egli  ritornerebbe  in 
breve  al  comando.  La  verità  fu>  che  esso 
era  passato  in  Ollanda,  dove  prevalendo  le 
istanze  dei  suoi  creditori,  per  qualche  tem- 
po si  riposò  nelle  carceri,  e  restò  poscia 
liberato.  Tale  era  la  sua  attività  ed  elo- 
quenza ,  che  impegnò  altri  mercatanti  a 
concorrere  nei  suoi  disegni  ,  e  si  dispose 
a  rivedere  la  Corsica.  Ora  i  genovesi  per 
desiderio  di  mettere  fine  a  quella  cancre- 
na ,  si  avvisarono  in  questi  tempi  di  ri- 
correre ai  patrocinio  dei  re  cristianissimo  * 
affinchè  il  suo  nome  e  la  potenza  delle  ar- 
mi sue  metesse  in  dovere  quella  sì  altera- 
ta nazione  .  Penetrato  il  lor  disegno  ,  non 
tralasciarono  i  corsi  di  rappresentare  a 
Versaglies ,  quanti  aggravj  aveano  finora 
sofferto  dal  governo  dei  genovesi.  Ciò,  che 
ne  avvenisse,  lo  vedremo  all'anno  seguen- 
te. Nel  presente  sul  Piacentino  e  Lodigia^ 
no  seguitò  l'epidemia  dei  buoi  con  terro- 
re di  tutti  i  vicini  .  Anche  il  monte  Ve- 
suvio nel  dì  19  di  maggio  si  diede  a  vo- 
mitar fiamme  ,  pietre,  e  bitume^  che  raf- 
freddato era  simile  alla  schiuma  di  ferro . 
Por  dodici  miglia  fino    al    mare    correndo 

la 


A»»b  MDCCxxxvrr. ^    g3 

la  fiumana  di  esso  bitume,  cagionò  la  ro* 
vina  di  molti  villaggi  ,  conventi,  chiese,  e 
case.  Le  città  di  Adriano,  Avellino  $  Nola  , 
Ottaiano,  Palma,  e  Sarno,  e  la  torre  del 
Greco,  sorrimaitiente  patirono,  e  ne  fuggi- 
rono tutti  gli  abitanti.  Alcun  luogo  vi  re- 
stò coperto  dalla   cenere  alta  (  se   pure    è 
credibile  )  quasi  venti  palmi.  Orazioni  pub- 
bliche si  fecero  per  questo  in  Napoli,  cit- 
tà che  si  trovò  ben  piena  di  spavento ,  ma 
altro  incomodo  non  soffrì ,  che  quello  del- 
la caduta  cenere .    Merita  anche    memoria 
per  istruzione   dei    posteri  una  delle  paz- 
zie di  questi  tempi,  cioè  il  già  introdotto 
lotto  di  Genova  ,  che  si  dilatò  in  Milano  , 
Venezia  ,  Napoli  ,  Firenze  ,  Roma,  ed    al- 
tri paesi .  Dissi  pazzia  ,  non  già  dei  prin- 
cipi ,  che  con    questa    invenzione    mostra- 
vano la  lor©  industria  in  saper  cavare  dal- 
le genti  senza  lancetta  il  sangue  ,    ma  dei 
popoli ,  che  per  V  avidità  di  conseguire  un 
gran  premio,  s'impoverivano,  dando   una 
volontaria    contribuzione    agli    accorti  re- 
gnanti ,  con  iscorgersi  in  fine  ,    che  di  po- 
chi era  il  vantaggio,  la  perdita  d'infiniti. 
Nella  sola  Roma  danarosa,  in  cui  sul  prin- 
cipio ebbe  gran  voga  esso  lotto,  e    si    fa- 
ceano  più  estrazioni  in  un    anno  3    si    cal- 
colò,   che    in    ciascuno    dei   primi  anni  si 
giocasse  un  milione  di  scudi    romani*  Per 
lo  più  né  pur  la  metà  ritornava  in    borsa 
dei  giocatori.    Il    gran    guadagno    restava 
parte  ai  conduttori  del  giuoco,  e  parte  ai 

F  2  som- 


84         Annali    d'  Italia 

gommo  pontefice  ,  che  di  questo  danaro  si 
serviva  per  continuar  le  magnifiche  fabbri- 
che da  lui  intraprese . 

Anno  di  Cristo  1738,  indizione  u 
di  Clemente  XII,  papa  9. 
di  Carlo  VI;  imperatore  28* 

^cominciavano  a  pesar    gli    anni    addosso 
al  pontefice  Clemente  XII.    era   anche    ca- 
duto infermo  di  maniera,  che  più    di  una 
volta  si  dubitò  di  sua  vita,  ed  alcuni  por- 
porati aveano  già  dato  principio  ai  segre- 
ti lor  maneggi  :  locchè  risaputo  dal  papa , 
cagion  fu  di  qualche    risentimento.  Questi 
avvisi  della  mortalità  ,    e  il    desiderio  del 
santo  padre  di  lasciare  la  sedia  apostolica 
in  pace  con  tutte  le  potenze  cattoliche ,  il 
rendè  più  sollecito  ad  accordarsi  colle  cor- 
ti di  Spagna  e  di    Portogallo.  Nel    dì    20 
del  precedente    dicembre    aveva    egli    pro- 
mosso   alla    porpora    monsignor  Tommaso 
Almeida  patriarca  di  Lisbona  ;  servì    que- 
sto passo  a  placare  in  buona  parte ,  se  non 
in  tutto,  l'animo  di  Giovanni  V  re    por- 
toghese :  principe  inflessibile    in   ogni    sua 
pretensione  e  dimanda  ;  locchè    fece    aprir 
la  dateria  per  quel  regno ,  e  in  Lisbona  fu 
splendidamente  accolto  il  nunzio  pontifizio  . 
Altrettanto  avvenne  in  Ispagna  .  Per  le  dif- 
ferenze colla  corte  di  Napoli,  tuttoché  re- 
clamassero i  ministri  cesarei ,  pure  sua  san- 
tità nel  maggio  coodiscese  ad  accordare  le 

in- 


Anno    MDCCXXXVlII.      84 

investiture    delle    Sicilie    all'infante    reale 
don    Carlo  di    Borbone.   Insorse    in  questi 
tempi  un  imbroglio  fra  esso  pontefice,  eia 
reggenza  del  ducato  di  Toscana ,  a  cagion 
di   Carpegna ,    Scavolino^    e    Montefeltro , 
stati  pretesi  per  ragioni  antiche  dalla   re- 
pubblica Fiorentina  ,  essendo  in  fatti   pas- 
sate le  milizie  lorenesi  a  prenderne  il  pos- 
sesso .  Messosi  T  affare  in  disputa  ,    perchè 
la  corte  di  Vienna  abbisognava    in    questi 
tempi  dei  soccorsi  del  papa  per  la  guerra 
turchesca  ,  si  venne  poi  smorzando  la  lite  7 
e  restò    libera    quella    contrada    dall'armi 
del  gran  duca.    Era  già  gran  tempo,    che 
si  trattava  dell'  accasamento    del    suddetto 
re  delle  due  Sicilie ,  e    perciocché   ragioni 
politiche  non  permisero  ^    che   a    lui    fosse 
accordata  in  moglie  la  seconda  arciduches- 
sa figlia  del  regnante  Augusto,    restò   poi 
conchiuso  il  suo  maritaggio  colla  real  prin- 
cipessa   Maria    Amalia  figlia    di    Federigo 
Augusto  re  di  Polonia  ed  elettor   di   Sas- 
sonia ,  appena  giunta  all'età  di  quattordi- 
ci anni.  Nel  dì   19  di  maggio  a  nome    di 
esso  re  fu  sposata  essa  principessa  dal  fra- 
tello Federigo  Cristiano  ,  principe  reale  ed 
elettorale  ,  e  nel  dì   24  di  esso  mese  ,    ac- 
compagnata dal  medesimo  ,  imprese  il  suo 
viaggio  alla  volta  d'Italia  .  Con  corte  nume- 
rosa venne  sino  a  Palma  Nuova  confine  dello 
stato  veneto  don  Gaetano  Boncompagno  du- 
ca di  Sora  ,  scelto  dal  re  per    maggiordo- 
mo maggiore  della  novella  regina  ,    e    di- 

F  3  ret- 


86         Annali    t>*  Italia 

rettore  del  suo  viaggio  per  Italia .  Princi- 
pe per  le  sue  virtù  meritevole  di  ogni 
maggiore  impiego .  Nel  dì  19  del  mese 
suddetto  arrivata  ai  confini  della  repubbli- 
ca essa  principessa,  ivi  trovò  il  veneto 
ambasciadore  colle  guardie  destinate  alla 
maestà  sua  ,  e  le  si  presentò  parimente  il 
duca  di  Sora  con  tutta  la  corte  a  lei  de- 
stinata . 

Fu  allora ,  che  propriamente  si  avvide 
questa  graziosa  principessa  di  essere  regi- 
na :  sì  magnifico  e  splendido  fu  l' accogli- 
mento fattole  per  dovunque  passò  dalla 
veneta  generosità.  Invogliatasi  all'improv- 
viso di  dare  un'  occhiata  alla  mirabii  città 
di  Venezia,  dopo  avere  per  altra  via  in- 
camminato il  suo  gran  seguito  ed  equipag- 
gio a  Padova  ,  essa  nel  dì  due  di  giugno 
imbarcatasi  col  real  fratello,  col  duca  di 
Sora,  e  con  pochi  altri  cavalieri ,  e  dame, 
fu  condotta  pel  canale  della  Giudecca  in 
faccia  alla  piazza  di  san  Marco,  e  fatto 
un  giro  pel  canal  grande  fra  il  rimbombo 
delle  artiglierie  andò  vedendo  e  ammiran- 
do i  superbi  palazzi,  e  le  altre  grandiose 
fabbriche  di  quella  dominante .  Finalmente 
alle  due  ore  della  notte  seguente  fece  1* 
ingresso  nella  città  di  Padova  ,  dove  spe- 
zialmente trovò  un  trattamento  reale.  Co- 
là si  era  portato  Francesco  IH.  di  Este 
duca  di  Modena  colle  principesse  Benedet- 
ta y  ed  Amalia  sorelle  sue  per  inchinare 
la  regina  lor  cugina  $  da  cui  poscia  rice- 
ve- 


Anno  MDCCXX XVIII.  87 
veròno  ogni  maggior  finezza  di  amore  e 
di  stima  .  Ai  confini  del  ferrarese  si  pre- 
sentò alla  maestà  sua  il  cardinale  Mosca 
spedito  dal  sommo  pontefice  con  titolo  di 
legato  a  latere  a  complimentarla  ,  e  ser- 
virla sino  a  Ferrara ,  dove  con  solenne  ap- 
parato di  quella  città  entrò ,  partendone 
poi  nel  dì  sejto  di  giugno.  Per  tutto  lo 
stato  ecclesiastico  trovò  gara  fra  le  città 
in  farle  onore,  siccome  anch' ella  daper- 
tutto  lasciò  belle  memorie  della  sua  rara 
gentilezza  e  liberalità.  Passò  dipoi  per  Lo- 
reto ,  e  nel  giorno  19  del  suddetto  mese 
arrivò  a  Portello,  cioè  ai  confini  del  re- 
gno. Quivi  trovò  il  re  consorte ,  che  l'in- 
trodusse in  un  vasto  e  real  padiglione  coi 
vicendevoli  complimenti  ed  abbraciamenti, 
Nel  dì  22  di  esso  giugno  fecero  le  loro 
maestà  V  entrata  in  Napoli  fra  le  giulive 
acclamazioni  di  quell'immenso  Popolo,  fra 
gli  archi  trionfali ,  e  fra  le  stupende  mac- 
chine ed  illuminazioni ,  che  furono  poi  co- 
ronate da  altre  suntuosissime  feste  ,  conti- 
nuate nei  seguenti  giorni  .  Poco  fu  questo 
in  paragone  del  dì  due  di  luglio  in  cui 
seguì  il  solenne  ingresso  de  regj  sposi  in 
essa  cjttà  di  Napoli,  la  quale  da  tanti  an- 
ni disavvezza  dal  vedere  i  suoi  regnanti  , 
in  questa  occasione  diede  uno  spettacolo 
d'indicibile  magnificenza  ed  allegrezza, 
dalla  cui  maggior  descrizione  io  mi  dispen- 
so. Allora  fu,  che  il  re  don  Carlo  istituì 
l'ordine  dei  cavalieri  di    san    Gennaro,    e 

F  4  di 


88        Annali   d'Italia 
di  esso  decorò  i  principali  baroni  di    Na- 
poli e  Sicilia  ,  e  alcuni  grandi  spagnuoli  , 

Con  tutti  i   maneggi    finora    fatti  fra    l' 
imperador  Carlo  VI  e  il  cristianissimo    re 
Luigi  XV  non  si    era    peranche    giunto    a 
stabilire  un  trattato  difinitivo   di  pace.  A 
questo  si  diede  V  ultima   mano    in  Vienna 
nel  di   18  di  novembre  fra  i  suddetti    due 
monarchi,  e  fu  sottoscritto  dai  plenipoten- 
ziarj  non  solo  di  essi ,    ma  anche   da  quei 
del  re  cattolico  Filippo  V  di  don  Carlo  re 
delle  due  Sicilie,    e    del    re    di    Sardegna 
Carlo  Emmannele .  Rimasero  con  poca  mu- 
tazione confermati  i  precedenti  trattati  di 
pace ,  e  la  Francia  nominatamente   accettò 
e  promise  di  garantire  la  prammatica  san- 
zione formata    dall'augusto    regnante .    Vi 
fu  regolato  tutto  quello,    che   apparteneva 
in  Italia  alla  cessione  dei  regni  di  Napoli 
e  Sicilia  ,    e  delle   piazze    maritime    della 
Toscana  pel  suddetto  reale  infante;  e   del- 
la Toscana  pel  duca  di  Lorena  ;  e  di  Par- 
ma e  Piacenza  per  Pimperadore  ;  e  di  Tor- 
tona e  Novara ,    e  delle  Langhe    pel  re  di 
Sardegna.  Qual  fosse  il  giubilo  di  tutta  V 
Italia  all'avviso  di  questa  concordia,  non  si 
può    abbastanza    esprimere  ,     lusingandosi 
ognuno  di  godere  per  gran  tempo  i  frutti 
e    le  delizie    della    tanto    desiderata  pace , 
che    ora    mai    sembrava    con    uno    stabile 
chiodo  fissata  .   Non  si  godeva  già  in  que- 
sti tempi    un    egual    sereno    nell'  imperiai 
corte    di  Vienna,    perchè  anche    nell'anno 

pre- 


Anno  MDCCXXXVIII.  89 
presente  niuna  felicità,  anzi  parecchi  disa* 
stri  provarono  in  Ungheria  le  armi- cesaree  - 
Quantunque  ancora  in  questo  anno  passas- 
se al  comando  di  queir  esercito  il  duca  di 
Lorena ,  con  aver  seco  per  principal  diret- 
tore delle  azioni  militari  il  saggio  e  va- 
loroso conte  di  Koningsegg  :  pure  ebbero 
essi  a  fronte  il  gran  visire  con  forze  di 
lunga  mano  superiori  alle"  cristiane  .  Le 
frequenti  scorrerie  turchesche  per  la  Ser- 
via ,  e  un  possente  armamento  di  saiche 
nel  Danubio ,  portarono  il  terrore  sino  alla 
città  di  Belgrado ,  da  dove  si  ritirarono  in 
gran  copia  i  benestanti .  Per  V  Ungheria  su- 
periore di  là  dal  real  fiume  marciò  il  Ko- 
ningsegg, e  nel  dì  tre  di  luglio  a  Cornia 
venne  alle  mani  con  un  corpo  di  venti  e 
più  mila  musulmani,  e  lo  sconfisse.  Questa 
vittoria  agevolò  la  presa  del  forte  di  Mea- 
dia  nel  dì  nove  di  esso  mese  >  dove  fu 
accordata  buona  capitolazione  al  presidio 
turchesco. 

Già  s'incamminava  Toste  cesarea  al  soc- 
corso di  Orsova  assediata  dai  nemici,  quan- 
do giunse  la  lieta  nuova,  ch'essi  a  preci- 
pizio si  erano  dati  alla  fuga,  lasciando  nel 
campo.,  tende ,  bagagli,  munizioni,  ed  ar- 
tiglierie. Tanto  più  allora  inanimiti  i  cri- 
stiani pensavano  già  di  continuare  il  viag- 
gio a  quella  volta  ;  ma  eccoti  avviso  ,  che 
il  visire  avea  trasmesso  un  rinforzo  di 
ventimila  uomini  ai  ritiratisi  da  Orsova  . 
Non  si  ©sservò  allora  la  consueta    intrepi- 

dez- 


90         Ann  ah   d'Italia 
dezza  dei  coraggiosi    alemanni;    ne    più  si 
pensò  ad  Orsova .  Accortisi  gì'  infedeli  del- 
ia lor  disposizione ,    s'inoltrarono    sino    a 
Meadia^    dove    seguì    un    sanguinoso    con- 
flitto .  I  due  reggimenti  Vasquez  e  Marni- 
li, composti  d'Italiani,  fecero  delle  mara- 
viglie di  coraggio  con   vergogna  dei    tede- 
schi ,  i  quai  pure  sono  in  credito  di  tanta 
fortezza.  Ritiraronsi  i  cristiani  con  permet- 
tere ai  turchi  di  ricuperare  i  forti  di  essa 
Meadia  .    Posto  di  nuovo  l' assedio    da  essi 
infedeli  ad  Orsova,  fu  quella  piazza  costret- 
ta alla    resa    con  grave    pregiudizio    della 
vicina  città  di  Belgrado ,   sotto    alla  quale 
andò  ad  accamparsi    il  maresciallo  di  Ko- 
ningsegg.  Si  contò  per  regalo  della  fortuna, 
che  i  turchi  non  facessero  maggiori  progres- 
si ,  e  sebben  anche  Semendria  e  Vilapanca 
furono  sottomesse ,    pure  poco  appresso    si 
videro  abbandonate  da  essi.    Non  avea    il 
Koningsegg  più  di  quaranta  mila  guerrieri 
tedeschi,  laddove  il  gran  visire  ne  condu- 
ceva cento    ventimila.    Ma  in  altri    tempi 
trenta  o  quaranta  mila  alemanni  bastavano* 
a  far  delle  grandi  prodezze  contro  le  gros- 
se armate  degli  ottomani.  0  fosse  dunque^ 
che  l'iniquo  bassa  Bonneval  avesse  ben  ad- 
dottrinate le    milizie    turchesche ,    o    altra 
cagione:  certo  è,  che  questa  campagna  riu- 
scì non  men  deplorabile    della    precedente 
per  li  cristiani ,  e  convenne  alzare  il  guar- 
do al  trono  del  Dio    degli  eserciti ,    i  cui 
giusti  giudizj  son  coperti  da  troppe    tene- 
bre. 


Anno    MDCCXXXVIII.      91 
bre  .   Né  i  russiani  ebbero  miglior  merca- 
to.  Furono  essi  costretti  a  far  saltare  tut- 
te le  fortificazioni  di  Oczokow  ,    e  a  riti- 
rarsene. Presero  bensì  nella  Crimea  la  for- 
tezza di  Precope,  ma  poi  dopo  averne  de- 
molite le  fortificazioni  e  spianate  le  linee, 
e  recati  gravissimi  danni  a  quelle  contra- 
de ,  se  ne  tornarono  indietro.    Fu    da  essi 
tentato  il  passaggio  del  Niester,  ma  senza 
poter  ottenere  l'intento.  Comparve  in  que- 
sti tempi  alla  corte    di    Costantinopoli ,   e 
ri  fu  ricevuto  con  distinto  onore  Giuseppe 
figlio    del  fu    principe  Ragotzki,     il  quale 
dimentico  delle  grazie  a  lui  compartite  in 
addietro  dal  clementissimo  augusto  ,  se  ne 
fuggi  alla  porta,  per  ravvivar  le  sue  pre- 
tensioni sopra  la  Transilvania;  e  fece  cre- 
dere al  gran  signore  di  avere  in  quella  pro- 
vincia e  in  Ungheria  un'infinità  di  seguaci . 
Neppure    in  questo    anno  si    seppe    cosa 
credere  degli  affari  della    Corsica,    perchè 
tuttodì   a  buon  mercato  si  spacciavauo  bu- 
gie. Esaltavano  alcuni  la  gran  copia  di  soc- 
corsi dati  ai  corsi  non  meno  di  gente  ,  che 
di  munizioni ,  artiglierie  ,  ed  armi  :  soccor- 
si,  dico,  i  quali  si  diceano  inviati  colà  dal 
baron  Teodoro,    e  che  altri  attribuiva  ad 
una  potenza  la  quale  segretamente  tenesse 
mano  a  quella    ribellione,    additando    con 
ciò  la  corte  di  Spagna,  o  pure  di  Napoli . 
Negavano  altri  queste  nuove,  e  sosteneano 
ecclissata  affatto  la  fortuna  dell'  efimero  re 
Teodoro.  Sul  principio  dell'anno  fu  spar- 
sa 


92  ANNÀtI    Ds  I  T  A  t  I  A 

sa  voce,  che  questo  venturiere  da  Oraria 
fosse  di  nuovo  sbarcato  in  Corsica;  e  si 
vedevano  progetti  lodevolissimi  pubblicati 
sotto  suo  nome.,  per  far  fiorire  il  commer- 
cio di  queir  Isola  colla  erezion  di  varie 
saline,  cori  attendere  alle  miniere  ,  con  fab- 
bricar cannoni,  e  mulini  di  polve  da  fuo- 
co, e  con  incoraggir  l'agricoltura,  e  la 
pesca.  Ma  non  si  verificò  il  di  lui  arrivo* 
Fu  bensì  vero  che  nel  dì  quinto  di  febbrajo 
sbarcarono  alla  Bastia,  capitale  di  quel  re- 
gno ,  tremila  uomini  di  truppe  francesi  , 
sotto  il  comando  del  conte  di  Boissieux, 
Aveano  i  genovesi  implorato  il  patrocinio 
della  Francia  in  questo  loro  troppo  lungo 
e  dispendioso  disastro;  se  pure  non  fu  la 
corte  di  Francia,  che  attenta  ad  ogni  fo- 
glia che  si  muova  in  Europa  ,  per  sospetto, 
che  gli  spagnuoli  un  dì  non  si  prevalessero 
di  quella  sollevazione  per  impadronirsi  del- 
la Corsica ,  esibì  alla  repubblica  le  sue 
forze ,  per  terminar  quella  pugna .  Certo 
è,  che  colà  furono  trasportate  le  suddette 
milizie,  non  già  con  animo  d'infierire  con- 
tro quella  valorosa  nazione ,  a  cui  non  man- 
cavano delle  buone  ragioni,  ma  per  istu- 
diar  la  via  di  pacificarla  coli' esibizione  di 
oneste  condizioni:  Infatti  se  ne  trattò,  si 
rimisero  i  corsi  riverentemente  alla  giusti- 
zia e  saviezza  del  re  cristianissimo;  die- 
dero anche  degli  ostaggi ,  e  per  questo  si 
fece  pausa  alle  ostilità,  ma  senza  che  se- 
guisse accordo  alcuno. 

Ve- 


Anno    MDCCXXXVIIf.      2Ì 
Venuto  il  settembre  si  tornò  a  spacciare 
come  avvenimento  indubitato,    che    il  ba- 
ron  Teodoro  con  tre    vascelli  di   bandiera 
straniera  era  nel  dì   13  di  esso  mese  giun- 
to in  Corsica    a  Porto  Vecchio,    con    fare 
intendere  ai  sollevati    la    prcwvision    delle 
artiglierie,  armi,  e  munizioni  da  lui  con- 
dotte su  quei  navigli;  e  che  perciò  di  nuo-< 
vo  si  fosse  fatta  uua  unione  universale  dei 
corsi,  per  mantenergli  l'ubbidienza  .  Si  vi- 
de anche  la  lista  di  tutto  il  suo  carico,  e 
fu  assicurato  ,    che  nel  dì    16  del  suddetto 
settembre  scese    a  terra  fra  i  viva    di    un 
gran  concorso  di  popolo  ;    ma    che    poscia 
nel  dì   15  di  ottobre  si   era  ritirato  a  por- 
to Longone  ,    o  pure  in  Sardegna  ;    e    ciò 
perchè  furono  intimoriti  i   corsi  da  una  let- 
tera circolare  del  general  francese,  che  mi- 
nacciava loro  T  indignazione  del  re  cristia- 
nissimo, se  più  ubbidivano  al  barone  sud- 
detto. Aggiunsero,  ch'egli  era    dipoi  ap- 
prodato a  Napoli,  dove  d'ordine  della  cor- 
te fu  catturato ,  e  in  appresso  fatto  uscire 
del  regno.  Non  so  io  dire,  se  vere  o  fin- 
te fossero  tutte  queste  particolarità.  Se  un 
giorno  qualche  fedele  e  ben  informato  scrit- 
tore ci  darà   la    storia  di    tante    scene    di 
quella  tragedia,  può  sperarsi,  che  rimarrà 
allora  dilucidato  il  vero  dalle  molte  ciarle 
sparse  per  1'  Europa  di  quella    emergente  ; 
tale    certamente,    che  facea    dello  strepito 
dapertutto.    Fermossi    per  alcuni    mesi    il 
principe  real  di  Polonia  e  Sassonia  Federi- 


94      'Annali    i>'  I  t  a  l  i  a 

go  Cristiano  in  Napoli ,  godendo  le  delizie 
di  quella  gran  città,  corte,  e  territorio, 
ma  infastidito  alquanto  per  la  rigorosa 
etichetta  spagnuola  *  che  non  gli  permet- 
teva né  pur  di  trovarsi  a  tavola  colla  re- 
gina sorella*  Dopo  aver  questo  principe 
lasciato  in  quella  corte  e  città  illustri  me- 
morie della  sua  munificenza  e  gentilezza  ,• 
arrivò  a  Roma  nel  dì  18  di  novembre,  e 
prese  alloggio  nel  palazzo  del  cardinale 
Annibale  Albani  Camerlengo.  Potè  allora 
quella  gran  città  conoscere  in  lui  una  rara 
pietà  ,  costumi  angelici ,  pregio  di  tutta 
la  real  numerosa  figliolanza  del  re  di  Po- 
lonia (e  perciò  grande  onore  del  oattolicis- 
rao)  siccome  ancora  l'avvenenza  del  suo 
volto,  e  molto  più  le  altre  belle  doti  dell' 
animo  suo.  Altro  alla  perfezione  di  questo 
principe  non  mancava,  se  non  robustezza 
maggiore  nelle  gambe .  Nulla  aveano  servi- 
to a  lui  per  questo  i  bagni  d'Ischia.  I  di- 
vertimenti di  questo  generoso  principe  era- 
no il  commercio  dei  letterati,  e  la  visita 
di  tutte  le  chiese  ,  antichità,  gallerie,  e  cor- 
se più  rare  di  Roma  . 

Anno  di  Cristo  1739,  indizione  ir. 
di  Clemente  XII,  papa  io. 
di  Carlo  VI ,  imperatore  29. 

^ul  principio  di  quest'  anno  furono  rivol- 
ti gli  occhi  dei  curiosi  alla  comparsa  in 
Italia  di   Francesco  duca  di  Lorena  e  gran 

du- 


Anno    MDCCXXX1X.        ^ 
duca  dì  Toscana  ,  il  quale,  coli' arciduches- 
sa Maria  Teresa  sua  consorte  ,  e  col  prin- 
cipe Carlo  di  Lorena  suo    fratello  ,    e    con 
corte  ed    equipaggio    splendido  nel  dì    28 
dei  precedente  dicembre  era  giunto  ai  con- 
fini del  veneto  dominio  ,  dove  gli  fu  fatto 
un    solenne    e    magnifico  accoglimento  per 
parte  della  repubblica  .  Desideravano  que- 
sti principi  di  consolare  colla  graziosa  lor 
presenza    i    nuovi    sudditi  della  Toscana , 
e  insieme  di  riconoscere  ^  in  che  consistes- 
se   il    cambio    da  essi  fatto  della  Lorena  . 
Ma  perciocché  in  questi  tempi  si  era  forte 
dilatata  la  peste  per  l'Ungheria,  Croazia, 
ed  altre  provincie ,  che  tutte  aveàno  libero 
commercio  coli' Austria  ed  altri  paesi  sot- 
toposti   in   Germania    a   sua  maestà  impe- 
riale :    la    veneta    repubblica    avea  severa- 
mente   bandite    tutte  quelle  contrade  ,    né 
permetteva    commercio    di    chi    procedeva 
dalla  Germania ,  per  venire  in  Italia  ,  im- 
piegando quel  rigore ,  che    in    altri    tempi 
è    stato    l'antemurale    della  salute  sua  ,    e 
delle  provincie  italiane.    Grande  stima  ed 
ossequio  professava  il  saggio  senato  veneto 
a  quegl'  illustri  principi,  ma  più  eziandio 
gli  stava  a  cuore  la  pubblica  sicurezza  in 
tempi  tanto  pericolosi .  Però  non  altrimen- 
ti   accordò    loro    il  passaggio  per    li    suoi 
stati,  che  colla  condizione  di  fare  una  di- 
screta contumacia  .   Loro    perciò    fu    asse- 
gnato sul  Veronese    il    palazzo    del    conte 
Michele  Burri ,  dove  per  qualche  giorno  si 

ri- 


96         Annali    d'Italia 

riposarono.    Ma  perchè    s'infastidirono    in 
breve    di    quella    nobil    prigione,    fece    il 
gran  duca  istanza  a  Venezia ,    affinchè   gli 
si  abbreviassero  i  giorni  della  contumacia  ; 
e  non  venendo    risposte    concludenti  ,    im- 
pazientatasi quella  nobilissima  brigata,  nel 
dì  undici  di  gennaio  prese  da  sé  stessa  la 
licenza  di  andarsene  ,  e  passò  a  Mantova . 
Nel  dì   14  arrivarono  questi  generosi  prin- 
cipi a  Modena ,  accolti  colle  maggiori  di- 
mostrazioni di  stima  ,  e  di  onore  dal  du- 
ca Francesco  HI.  e    dalle    principesse    sue 
sorelle,    e  qui  fermarono  godendo  dei  di- 
vertimenti loro  preparati  sino  al  dì   17  in 
cui  si  mossero  alia  volta  di  Bologna,  e  di 
là  continuarono  il  viaggio  sino  a  Firenze . 
Il  dì  20  di  gennajo  fu  quello  ,  in  cui    fe- 
cero il  solenne  loro  ingresso  in  essa   città 
fra  la  gran  calca  del    popolo  ,    e  della  co- 
piosa   foresteria ,    fra    le  incessanti    accla- 
mazioni   di    quei    sudditi ,    die   con    archi 
trionfali,  insigni  illuminazioni,    ed    appa- 
rati  maestosi ,    e    col    giuoco    ancora    del 
calcio,  espressero  il  loro  giubilo  verso  do- 
minanti pieni  di  tanta  clemenza    e    genti- 
lezza. Poscia  nel  dì  primo  di  marzo  si  por- 
tarono a  Pisa,    e    di    là  a  Livorno,    nelle 
quali  due  città  ebbero  motivo  di  ammira- 
re i  nobilissimi  e  suntuosissimi   spettacoli 
e    divertimenti ,    spezialmente    nell'  ultima 
preparati  a  gara  ed  eseguiti  ih  loro  onore 
dai  toscani ,    inglesi  ,    francesi ,    ollandesi . 
giudei,  ed  altre  nazioni.  Videro  anche  Sie- 
na, 


Anno  MDCCXXX1X.  97 
ria,  portando  poscia  con  loro  un  alto  con- 
cetto di  sì  belle,  deliziose,  e  grandiose 
città  ,  simili  alle  quali  certamente  non  le 
potea  mostrare  il  per  altro  riguardevole 
ducato  della  Lorena. 

Dopo  aver  dato  buon  sesto  agli  affari 
economici  e  militari  della  Toscana,  la 
gran  duchessa  Maria  Teresa  sul  fine  di 
aprile,  desiderosa  diveder  Milano,  si  mi- 
se in  viaggio,  e  nel  dì  29  arrivò  a  Reg- 
gio y  dove  in  occasion  della  fiera  si  trova- 
va la  corte  Estense;  ed  ivi  non  solo  godè, 
ma  anche  ammirò  una  delle  più  splendide 
e  singolari  opere  in  musica  ,  che  si  faces- 
sero allora  in  Italia:  tanta  era  l'abilità 
dei  cantanti,  e  la  vaghezza  delle  scene. 
Avea  preso  il  gran  duca  Francesco  suo 
consorte  la  risoluzione  di  passar  per  mare 
a  Genova  ,  e  di  là  trasferirsi  a  Torino  ,  a 
fin  di  visitare  la  regina  di  Sardegna  sua 
sorella  .  Ma  ito  per  imbarcarsi  a  Livorno  , 
trovò  cotanto  in  collera  il  mare ,  che  mu- 
tato pensiero  ,  e  prese  le  poste  per  terra  , 
all'improvviso  raggiunse  in  Reggio  la  real 
sua  consorte  .  Se  ne  andarono  poscia  nel 
primo  dì  di  maggio  alla  volta  di  Milano; 
ma  il  gran  duca  col  principe  Carlo  da  Pia- 
cenza sJ  inviò  verso  Torino  ,  dove  giunto 
nel  dì  tre  ,  ricevette  ogni  maggior  finezza 
da  quella  magnifica  corte.  Comparvero  poi 
anche  questi  due  principi  nel  dì  sei  a  Mi- 
lano,  e  dopo  qualche  giorno  se  ne  torna- 
rono tutti  in  Lamagna,  avendo  lasciato 
Tom.  XXVIL  G  da- 


98         Annali  d*  Itali  a 

dapertutto  viva  memoria  della    somma  lor 
benignità  ed   amabili  costumi.    Andava   in 
questi  tempi  sempre  più  il    pontefice   Cle- 
mente Xll.  sentendo   il    pesò    degli    anni , 
di  modo  che  si  trovava  bene  spesso  per  la 
debolezza  confinato  in  ietto  ,  e    sopratutto 
perde  l'uso  della  vista.    Contuttociò    con- 
tinuando il  vigor  della  sua  mente  non  tra- 
lasciava   punto    di  accudire  non    meno   al 
secolare,  che  ali' ecclesiastico  governo.  An- 
che in  letto  teneva  concistoro ,  ed  ascolta- 
va le  varie  congregazioni .   Dopo   parecchi 
mesi   di  soggiorno  in  Koma_,  finalmente  se 
ne  partì  il   real  principe  di  Sassonia  Fede- 
rigo, poitando  seco  la  gloria  di  una    sin- 
goiar pietà,   e  di  avere  esercitata  sì    gran 
liberalità    e    cortesia    verso    grandi  è  pic- 
cioli,  che  di   lui  durerà  in  quelle  parti  lina 
ben  lunga  memoria  .  Venuto  per  la  Tosca- 
na ,■  giunse   nel  dì   21  di  novembre  a    Mo- 
dena,  dove  si  fermò  per  tre  giorni  a  go- 
dere delle  cose  più    rare    di  quella  corte  , 
e    dipoi    passò    a    Milano ,    con    animo    di 
quindi  portarsi   a   Venezia  per    li    diverti- 
menti  del   seguente  carnevale. 

Sul  fine  del  precedente  anno ,  e  nei  pri- 
mi mesi  dtl  presente  ,  corsero  di  nuovo 
false  voci  ,  che  il  baron  Teodoro  fosse  sbar- 
cato in  Corsica  ,  e  vi  si  trattenesse  inco- 
gnito ;  e  la  curiosità  di  ognuno  era  atten- 
ta ad  osservare,  qual  flutto  producessero 
i  maneggi  del  conte  di  Boissieux  comari- 
dètite  delle  truppe  francesi  in  queir  isola  3 

per 


Anno  MDCCXXXIX.  99 
pacificare  i  sollevati.  Pareano  disposti 
i  corsi  ad  abbracciar  1'  accordo  esibito  loro 
con  alcune  vantaggiose  condizioni  ;  ma  una 
sola  non  ne  sapeano  digerire  ^  cioè  quella 
di  dover  consegnare  tutte  le  3or  armi  ;  per- 
chè non  fidandosi  dei  genovesi^  troppo  du- 
ro e  pericoloso  sembrava  adessi  il  privarsi 
di  quei  mezzi.,  che  soli  poteano  far  ese- 
guire la  proposta  capitolazione,  caso  mai 
che  a  questa  si  mancasse.  Ricalcitrando 
dunque  essi  a  sì  fatta  concordia^  si  mise 
in  testa  il  Boissieux  di  parlare  d'  altro  te- 
nore, ed  inviò  un  distaccamento  di  trup- 
pe al  borgo  di  Biguglia,  per  costrignere 
colla  forza  quegli  abitanti  a  ricevere  la 
legge.  Era  il  dì  13  di  dicembre  del  1738 
si  venne  alle  mani.,  e  vi  restarono  uccisi 
e  prigioni  non  pochi  francesi  ,  che  talun 
fece  ascendere  a  centinaia  ,  il  che  fu  cre- 
duto una  falsa  esaggerazione  .  Questo  fatto 
dall' un  canto  riaccese  il  fuoco  nei  corsi, 
e  dall'  altro  eccitò  lo  sdegno  della  corte 
di  Francia  contra  di  essi  ,  perchè  il  re  , 
udito  l'affare,  giudicò  essere  questo  non 
più  impegno  dei  genovesi  ,  ma  della  sua 
corona.  Perciò  diede  ordine,  che  passasse 
colà  con  un  buon  rinforzo  di  truppe  il 
marchese  di  Maìllebols  tenente  generale 
atto  a  farsi  ubbidire,  poiché  quanto  al 
conte  di  Boissieux  ,  egli  per  infermità  la- 
sciò in  questi  tempi  la  vita  nella  Bastia  . 
Intanto  le  gazzette  spacciavano  a  più  non 
posso  nuove,  cioè  che  il  baron  Teodoro  si 

G  2  tro- 


too  Annali  d'Itaiìa 
trovava  in  Corsica  ;  che  a  don  Filippo  in- 
fante di  Spagna  era  destinato  il  dominio 
di  quell'isola,  e  tanto  più  perchè  s'intese 
stabilito  il  matrimonio  di  questo  prìncipe 
con  madama  Luigia  Elisabetta  di  Francia  ^ 
primogenita  del  re  cristianissimo  Luigi  XV» 
matrimonio,  dissi  che  fu  poi  compiuto  e 
solennizzato  in  Versaglies  nel  dì  26  di  a- 
gosto  dell'anno  presente.  Teodoro  dovea 
essere  viceré  di  esso  infante,  sua  vita  na- 
turai durante.  Ssgni  tutti  della  sfaccendata 
gente  erano  questi  >  ne  in  quelle  regie  cor- 
ti apparve  mai  pensiero  di  voler  pregiu- 
dicare ai  diritti  della  repubblica  di  Genova. 

La  verità  si  è,  che  il  march*  se  di  Mail- 
lebois  sbarcò  in  Corsica  con  delle  nuove 
truppe ,  e  siccome  personaggio  di  grande 
attività,  pubblicò  tosto  un  Proclama,  or- 
dinando a  tutti  i  corsi  di  deporre  l'armi, 
e  di  rimettersi  alla  clemenza  di  sua  mae- 
stà cristianissima  in  pena  di  essere  trat- 
tati da  ribelli .  Perchè  i  sollevati  risposero 
con  un  manifesto ,  modesto  sì ,  ma  che 
finiva  in  dire:  Melius  est  mori  in  bello, 
quam  videre  mala  gentis  nostrce  :  quel  co- 
mandante spedì  in  Provenza  ad  imbarcare 
altre  milizie.  Ora  da  che  si  vide  in  buon 
arnese,  venuto  il  mese  di  giugno,  uscì  in 
campagna  con  tutte  le  sue  forze .  Il  terrore 
marciava  avanti  di  lui  ;  e  però  non  tar- 
darono gli  abitanti  delle  pievi  di  Aregno  , 
Pino,  sant'Andrea,  Lavatoggio  ,  ed  altre, 
ch'io  tralascio,  a  rendersi  ai  di  lui  voleri. 

Àn- 


Anno  MDCCXXXIX.  ioi 
Anzi  i  principali  capi  dei  sollevati  anda- 
rono a  trattare  con  esso  Mailltbois ,  pro- 
testandosi pronti  di  sottomettersi  agli  or- 
dini venerati  del  re  cristianissimo,  con  is- 
peranza  ,  che  sua  maestà  si  degnerebbe  di 
prottegerli  ,  e  di  rendere  loro  buona  giu- 
stizia .  Pertanto  non  finì  1'  anno  presente  , 
che  tutti  quei  popoli  ,  a  riserva  di  pochi 
ostinati,  depositate  in  mano  dei  francesi 
le  loro  armi,  accettarono  il  perdono,  e  si 
mostrarono  ubbidienti ,  invasati  intanto  da 
una  dolce  lusinga  di  non  dover  più  tor- 
nare sotto  i  genovesi ,  ma  che  tutto  quel 
mercato  fosse  per  dar  loro  un  principe 
della  real  casa  di  Borbone.  Tale  era  an- 
che la  comune  immaginazione  degli  spe- 
culatori dei  gabinetti  principeschi.  Ne  fa- 
ceano  caso  essi  delT  osservare  ,  che  per 
consìglio  del  Maillebois  i  primarj  capi  del- 
la ribellione  uscivano  di  Corsica ,  e  si  ri- 
coveravano in  Toscana  ,  Napoli  ,  e  stato 
ecclesiastico.  Intanto  i  francesi  si  ridussero 
a  quartieri  d'inverno,  e  la  maggior  parte 
di  essi  provò  fiere  malattie  ,  e  all'  incon- 
tro il  Maillebois  senza  misericordia  facea 
impiccar  tutti  coloro,  che  fossero  colti 
con  armi  da  fuoco,  o  continuassero  nella 
sedizione  . 

Sente  ribrezzo  la  penna  mia,  ora  ch'io 
sono  per  accennare  la  lagrimevol  campagna 
fatta  dall'armi  cristiane  nella  Servia  ed 
Ungheria  nell'  anno  presente  .  Nulla  avea 
otnmesso  V  imperador  Carlo  VI   per  forma- 

G  3  ^ 


io2       Annali   d'Italia 
re  un'armata  capace  di  ricuperar  la  gloria 
perduta  nei  due  precedenti  anni,  e  di  re- 
primere gli  sforzi  degli  orgogliosi  ottoma- 
ni ,  i  quali  per  li  passati  prosperosi    avve- 
nimenti aveano  alzata  forte  la  testa  ,  e    si 
rideano  di  chi  loro  parlava  di  pace  .  Non 
mancò    il    pontefice  Clemente  XII.  di  spe- 
dirgli un  dono    di  centomila    scudi  ,   e    il 
duca    di    Modena    Francesco   III.  gì'  inviò 
due  battaglioni  di  ottocento  uomini  l'uno. 
Un  gran  corpo  di   valorose  milizie  bavare- 
si e  sassone,  ed  altre  di  altri  principi  del- 
la   Germania ,    erano    marciate    per  tempo 
alla  volta  di  Belgrado.  I  più  discreti  cal- 
colavano queir  esercito    almeno    di  settan- 
tamila  combattenti  ;    e    si  sa  qual  bravura 
alligni  in  petto  alla  nazion  tedesca  .  Trat- 
tossi  di   scegliere    il    supremo    comandante 
di  sì  fiorita  armata,  e  fu  proposto   il  ma- 
resciallo conte  Oliviere  Wallis  ,  come  cre- 
duto il   migliore  degli  altri  anche  per    te- 
stimonianza del  fu  maresciallo  di  Starem- 
berg  .  Fama  corse ,  che  a  tal    elezione    ri- 
pugnasse 1' ottimo  e  giudizioso  augusto  mo- 
narca ,    per    le    relazioni    più    volte  a  lui 
date ,  che  questo  generale  fosse  uomo  im- 
petuoso e  bestiale,  e  che  avesse  il  segreto 
di  farsi  poco  amare  dagli    altri  :    del    che 
aveva  egli  lasciato  anche  in  Italia  e  in  Si- 
cilia più  di  una  memoria.   Ma  il  buon  im- 
peradore,  siccome    quegli  ,  che   ordinaria- 
mente   giudicava    meglio    degli  altri ,    ma 
poi   si    arrendeva    al  parere  dei  più  ,  cre- 
de n- 


Anno  MDCCXXXIX.  103 
dendo  ,  che  a  tante  teste  avesse  da  cedere 
il  sentimento  di  un  solo  si  lasciò  indurre 
a  concedere  al  Wallis  il  supremo  comando 
dell'  armi  in  questa  campagna .  Andò  esso 
generale  a  mettersi  alla  testa  di  queir  eser- 
cito ,  e  trovò  che  il  gran  Visire  veniva  con 
un  armata  ascendente  a  sessantamila  tur- 
chi ;  ma  che  andava  ogni  dì  più  crescen- 
do per  altri  rinforzi  di  gente  che  sopra- 
venivano. 

Trovavasi  il  Wallis  col  grosso  dell' eser- 
cito suo  a  Swerbrusck ,  quattro  leghe  di- 
stante da  Belgrado;  quando  intese,  che  un 
corpo  di  turchi  era  ito  a  postarsi  nel  van- 
taggioso posto  di  Crotska,tre  leghe  lungi 
dal  suo  campo;  e  tosto  lo  sconsigliato  ge- 
nerale ,  dopo  aver  tirato  nel  suo  parere  il 
consiglio  di  guerra^  prese  la  risoluzione  di 
andarli  ad  assalire  nel  dì  22  di  luglio. 
festa  di  santa  Maria  Maddalena  ,  voglioso 
di  scacciarli  da  quei  posto,  prima  che  vi 
si  trincierassero .  Dissi  sconsigliato,  per- 
chè prestata  troppa  fede  alla  sola  rela- 
zione di  una  spia  doppia,  non  cercò  prima 
di  chiarirsi  ,  se  si  trovasse  in  Crotska  non 
già  un  distaccamento  ,  ma  bensì  tutta  1' 
armata  dei  musulmani  col  gran  visire,  e 
già  in  parte  trincierata  ;  e  perchè  avea 
bensì  ordinato  al  generale  Nfeuperg  di  pas- 
sare il  Danubio,  e  divenire  ad  unirsi  seco 
col  suo  corpo  consistente  in  circa  quindi- 
cimila soldati  ;  ma  poi  senza  volerlo  aspet- 
tare a  cagion  dell' emulazione,  che  era  fra 

G  4  lo- 


!©4       ASSAI!    6'Italia 
loro,    attaccò  la  mischia.  Quel  che  è  pia, 
perchè  volle  assalire    i  nemici  ben    postati 
fra  i  boschi,  e  con  istrade  sì  strette  ed  in- 
tralciate, che  non  si  potè  formare,  se  non 
una  lieve  linea,  e  questa  esposta   alla  rao- 
schetteria  dei   nemici,  i  quali  la  battevano 
per  fianco,   allorché  volle  inoltrarsi    o  re- 
trocedere.   Oltre  a  ciò  marciò    innanzi    il 
Wailis  con    soli   quattordici    reggimenti   di 
cavalleria,  e  diciotto  compagnie  di  grana- 
tieri, senza  esser  secondato  dalla  fanteria, 
che  tardi    poscia  arrivò.    Che  ne    avvenne 
dunque  ?  restò  quasi  interamente  disfatto  dai 
turchi   quel  corpo.  Sopragiunta   la   fanteria 
per  sostenere  la  ritirata  di  chi  era  restato 
in   vita,  si  trovò  anch'essa  impegnata  nel 
sanguinoso  combattimento  .  Male  passò  an- 
che  per  questi  ,  ed  ostinatosi   il  marescial- 
lo nella   speranza  di   rompere  i  nemici,  al- 
lorché giunse  il   Neuperg  colle  sue  milizie, 
continuò  la  battaglia  sino   alla  notte,    che 
pose  fine  al  macello.  Quanta  gente  perdes- 
sero i   turchi,   non  si   potè  sapere:  fu  cre- 
duto che  molta.  Ma  seppesi  bene,    che    1"* 
armata  cesarea    vi     ricevette    una    terribil 
percossa  ,    perde  il  campo  della    battaglia  , 
e    restò    sì   estenuata    e  confusa  ,    che    nel 
dì  seguente    si    ritirò    di    là  dal  Danubio-, 
lasciando   Belgrado    esposto    all'assedio,    a 
cui    tosto  si  accinsero    i  turchi.    Voce    co- 
mune   fu ,  ,  che    almeno    seimila    fossero    i 
tedeschi    uccisi  ,    e  forse    altrettanti    i    fe- 
riti .    Che    maggiore    nondimeno    fosse    la 

pei- 


Anno  MDCCXXXIX.  105 
perdita  ,  si  potè  arguire  da  quanto  po- 
scia avvenne.  Videsi  allora,  che  diffut^za 
fra  un  saggio  ed  accorto  generale,  ed  un 
altro  di  tiinpra  diversa,  che  non  sa  tem- 
poreggiare occorrendo ,  ne  conosce  qual  sia 
il  tempo,  e  quale  il  sit  >  per  assalire  i  ne- 
mici. Il  prìncipe  Eugenio,  benché  posto 
fra  Belgrado,  città  allora  dei  turchi,  e  fra 
la  poderosa  oste  d'essi  musulmani,  quan- 
do conobbe  il  tempo  ^  riportò  un'  insigne 
vittoria.  Il  Wallis,  tuttoché  avesse  alle 
spalle  Belgrado,  ubbidiente  a  lui,  e  potes- 
se fermarsi  nelle  linee  di  esso  principe  Eu- 
genio ,  e  schivare  il  pericoloso  cimento: 
pure  senza  essere  forzato,  volò  a  cercare 
la  rovina  non  men  dell'esercito  cesareo, 
che  della  propria  riputazione;  e  si  sa,  che 
in  vedere  sì  gran  flagello ,  esclamò  :  non 
ci  sarà  una  palla  anche  per  me?  Che  in 
questa  battaglia  stesse  a'  fianchi  del  gran 
visire  l' infame  conte  di  Bonneval ,  fu  co- 
munemente creduto;  e  a  lui  attribuito  V 
uso  delle  bajonette  nella  fanteria  turchesca , 
e  alle  sue  lezioni  l'avere  con  tant' ordine 
e  bravura  combattuto  quei  barbari . 

Pure  qui  non  finì  la  catena  delle  disav- 
venture. Strinsero  tosto  i  turchi  la  città 
di  Belgrado,  e  cominciarono  col  cannone 
e  colle  bombe  a  tempestarla .  Ossia,  che  il 
marchese  di  Villanuova  ambasciatore  del 
re  di  Francia,  spedito  da  Costantinopoli 
al  gran  visire  col  giornaliere  assegno  di 
cento  cinquanta    piastre    fattogli  dal     gran 

Si- 


ioti       Annali     d'Italia 
signore  ,  movesse  tosto  parola    di  pace,    o 
che  io  altra  maniera    procedesse    l'affare: 
fuor  di  dubbio  è,  eh' egli  ne  fu  mediatore. 
Andò  il  conte  di  Neuperg  nel  campo  tur- 
chesco  a  trattarne;  non  ebbe  la  libertà  di 
uscir,  quando  volle;  ma  giacché  avea  ple- 
nipotenza dalWallis,  strinse  in  pochi  gior- 
ni la  concordia  ,  cedendo  agli  ottomani  la 
Servia  tutta  con  Belgrado  y    le  cui   fortifi- 
cazioni si  avessero  a  demolire  •  ed  in  ol- 
tre ad  essi  rilasciando  Orsova  ,    e    la  Va- 
lacchia Imperiale.   Appresso  si  vide  l'ina- 
spettata scena,   che  senza  aspettare    rispo- 
sta e  ratificazione  alcuna  dalla  corte  cesa- 
rea ,    fu  ben  tosto  consegnata     agl'infedeli 
una  porta  di  Belgrado  ,  persone  trovatesi  in 
quella  brutta  danza  sostenevano,  non  esse- 
re rimasto  sì  sfasciato  l'esercito    cesareo, 
che  non  avesse  potuto  impedire  un  sì  gran 
precipizio  di    cose  ;    e  che  quella    pace    fu 
un  imbroglio  straordinario  ,    di  cui  non  s' 
intesero  giammai  i  misterj  ,    ma  si  prova- 
rono ben  le   triste  conseguenze .  A  rendere 
maggiormente  deplorabile   la  presente  cata- 
strofe di  cose  ,    si  aggiugne  \    che  il    felice 
esercito  dell' imperatrice  Russiana  di  circa 
ottantamila  persone  ,  comandato  dal  gene- 
rale conte  di  M'inich ,  passato   per  Polonia  , 
valicò  il  Niester  ;   diede   nel   dì    28  dì   ago- 
sto una  memorabil  rotta  ai  turchi  e  tarta- 
ri ;    s'  impadronì    della    rinomata    fortezza 
di  Coczim;    entrò   vittorioso  nel   di    14    di 
settembre  in  J issi  capitala  della  Moldavia, 

di 


Anno    MDCCXXXIX.       107 
di  modo  che  sì  quella  provincia  ,  come  la 
Valacchia,  restavano ,  sottratte  al  giogo  dei 
turchi .  Un  poco  di  tempo,  che  avesse  aspet- 
tato il  Wallis,  si  trovava  astretto  il  gran 
visire  ad  accorrere  contro  i  vincitori  rus- 
siani ,    ed  unendosi  allora  le  armi    cesaree 
colle  russiane  ,   poteano    sperare    maggiori 
progressi  contro  il  comune  nemico.  Cagion 
fu  la  tregua  stipolata  fra  Cesare  e  la  Por- 
ta,  che  ì' ambasciator   francese  marchese  di 
Villanuova  nel  di   18  di  settembre  induces- 
se anche    il    plenipotenziario    della  Russia 
alla  pace,  con  restar  Asof  smantellato  af- 
fatto, e  restituito  tutto  l'occupato  ai  tur- 
chi in  Europa.  Portato  che  fu  a  Vienna  V 
avviso  di  sì  gran  nembo  di  sciagure,    non 
si  può  dire,    quanto  se  ne  affligesse  l'au- 
gusto Carlo  VI  si  per  la  scemata  riputazion 
delle  sue  armi  come  per  la    perdita  di    sì 
importante  piazza  ,    e    per  la    maniera    di 
questo  avvenimento.  Diede  anche  nelle  sma- 
nie tutto  il  popolo  di  Vienna    contra    del 
Wallis,    e  dei  Neuperg  ,    talmente    che    la 
vita  loro  non    sarebbe    stata  in    salvo,    se 
fossero    capitati    allora    colà .    Proruppero 
eziandio  in  voci  ingiuriose  contro  il  mar- 
chese di  Villanuova  ambasciatore  di  Francia , 
come  di  ministro   venduto  alla  Porta,  qua- 
siché egli  in  tale  occasione  avesse  assassinati 
gli  affari  dell' imperadore  ;  per  le  quali  di- 
cerie si  risentì  non  poco  V  altro  ambascia- 
tor francese  di  Vienna.  Delle  azioni  anco- 
ra dei  suddetti   due    generali  sì    altamente 


io8       Annali    d'Italia 

rimase  disgustato  1'  imperiai  ministero,  che 
spedì  subito  ordine  in  Ungheria  pel  loro 
arresto,  e  che  fosse  formato  il  processo  dei 
lor  mancamenti .  Anzi  pubblicò  essa  corte 
un  manifesto,  dove  espose  tutte  le  disub- 
bidienze e  la  mala  condotta  d' amendue  , 
la  quale  avea  necessitato  l'augusto  monar- 
ca ad  accettare  una  sì  vergognosa  tregua, 
giacché  la  troppo  affrettata  consegna  di 
Belgrado  troncava  il  passo  ad  ogni  altra 
risoluzione.  Non  si  può  già  senza  sdegno 
rammentar  così  dolorosa  tragedia  ,  se  non 
che  debfto  nostro  è  di  chinare  il  capo  da- 
vanti  agli  occulti  giudizj   di  Dio. 

Picciolo  stato  in  Italia  è  san  Marino  i 
situato  diecimiglia  lungi  da  Rimini  fra  gli 
stati  della  chiesa  e  della  Toscana  .  Consi- 
ste esso  in  un  borgo  con  forte  Rocca  ,  si- 
tuato sopra  la  sommità  di  un  monte  ,  con 
cinque  o  sei  castella  o  comunità  da  esso 
dipendenti  ;  ma  ornato  di  una  invidiabil 
prerogativa  ,  perchè  quel  popolo  indipen- 
dente da  ogni  principe,  si  governa  a  repub- 
blica sotto  la  protezion  del  romano  ponte- 
fice, il  quale  nondimeno  vi  conserva  qual- 
che diritto  di  sovranità.  Diede  nell'anno 
presente  questa  repubblica  un  buon  pascolo 
ai  novellisti  per  una  impensata  mutazione 
ivi  succeduta.  Era  tuttavia  legato  di  Ra- 
venna il  cardinale  Giulio  Alheroni .  Rap- 
presentò egli  a  Roma  ,  trovarsi  malcontenti 
quei  popoli  della  propria  libertà ,  perchè 
>]   governo  era  caduto  in  Oligarchia  ,    cioè 

che 


Anno    MDCCXXXIX.       109 
che  venivano  essi  tiranneggiati    da    alcuni 
pochi  prepotenti,    e  però  sospirar    essi    di 
suggettarsi  al  soave  e  ben  regolato  gover- 
no della  Chiesa  Romana,    ed  averne  molti 
di  loro  fatte  replicate  istanze  al  medesimo 
cardinale.    Le  saggie  risposte    della    sacra 
corte  furono,  che  esso  porporato  ,  sussisten- 
do l'oppressione    e    il    desiderio    suddetto 
dei  sanmarinesi,  si  portasse  ai  confini  del 
loro  paese  ,  e  quivi  aspettasse  coloro,   che 
volontariamente  venissero    ad    implorar    la 
sua  protezione;    e  qualora  la    maggiore    e 
più  sana  parte  del  popolo    di  san    Marino 
si  trovasse   volonterosa  di  passare    sotto  1* 
immediato  dominio    della    santa  sede,    ne 
stendesse  un    atto  autentico,    e  andasse    a 
prenderne  il  possesso ,  con   facoltà  di  rego- 
lar ivi  il  governo  ,    e  di  confermar  tutti  i 
lor  privilegi   a  quella    gente  .  Bastò  questo 
al  cardinale  ,  perchè  senza  tante  cerimonie, 
e  senza  fermarsi  alle  formalità  dei  confini, 
si  portasse  improvvisamente  a  san  Marino, 
dove  chiamò  ancora  ducento  soldati    rimi- 
nesi,  e  tutta  la  sbirraglia  della  Romagna, 
e  si  fece  dare  il  possesso  della  Rocca ,  che. 
si  trovò  sprovveduta  di  tutto  .    Poscia  nei 
dì  25  di  ottobre  ad  una  Messa  solenne  chia- 
mò i  pubblici    rappresentanti    del    borgo  , 
ossia  della  città,  e  dell'altre    comunità    a 
prestare  il  giuramento  di  fedeltà  alla  san* 
ta  sede.  I  più  giurarono,  ma  molti  ancora 
pubblicamente  ricusarono  di  farlo,  ed  altri 
se  n'erano  fuggiti,  per  non  acconsentire  a 

que- 


no  Annali  d$  Italia 
questo  sacrifizio.  Ciò  nonostante,  prese  ìt 
cardinale  giuridicamente  il  possesso,  vi  po- 
se un  governatore.,  e  diede  buone  regole 
pel  governo  in  avvenire.  Ma  poco  stettero 
a  giugnere  al  santo  padre  i  richiami  e  le 
querele  dei  sanmarinesi  ,  con  rappresentare 
alla  santità  sua  essere  proceduta  quella  de- 
dizione, non  dalla  libera  elezione  del  po- 
polo, ma  parte  dalle  lusinghe,  e  parte  dal- 
le minaccie  ,  in  una  parola  dalla  prepoten- 
za e  violenza  del  cardinale,  che  gli  avea 
sorpresi  con  genti  armate,  ed  avea  fatto 
carcerar  varie  persone.,  e  saccheggiar  quat- 
tro o  cinque  case  dei  renitenti  alla  dedizio- 
ne, con  pretendere  ancora  nata  la  persecuzio- 
ne del  legato  da  alcune  sue  private  passio- 
ni ,  ed  impegni . 

Nell'animo  giusto  del  pontefice,  e  dei 
più  saggi  ed  accreditati  cardinali ,  fece 
grande  impressione  questo  discorso  e  do- 
glianza ;  e  tanto  più  perchè  il  legato  Al- 
beroni  non  aveva  eseguiti  gli  ordini  a  lui 
prescritti  nelle  lettere  del  Cardinale  Firrao 
segretario  di  stato ,  né  sì  conformavano 
colla  verità  molte  delle  cose  da  lui  rap- 
presentate al  papa,  come  con  sua  lettera 
esso  segretario  di  stato  significò  al  mede- 
simo Alberoni  nel  dì  14  di  novembre  *  Per- 
ciò il  santo  padre  alieno  da  ogni  prepo- 
tenza ,  e  da  ogni  anche  menoma  ombra  di 
usurpazione  non  approvò  l'operato  finquì  „ 
Tuttavia  perchè  non  pochi  dei  sanmarinesi 
veramente  di    cuore    bramavano    di    sotto 

pò- 


Anno    MDCCXXXIX.       in 
li  alla    santa    sede,    deputò    comissario 
apostolico  monsignor  Enrico  Enriquez  ,  go- 
vernatore di  Macerata  ,  personaggio  cospi- 
cuo pei    sapere  ,    per  la  prudenza ,    e    per 
la  sua  nota  integrità  ,  (  che  oggidì  nunzio 
pontifizio  alla  real  corte  di  Spagna ,  va  ac- 
crescendo il  capitale  del  suo  merito  )  con 
ordine  di  portarsi  a  san  Marino,  di  pren- 
dere   i    voti    liberi  di  quella  gente,    e    di 
annular  gli  Atti  precedenti,  qualora  si  tro- 
vassero contrarj   alla  retta  intenzione  della 
santità  sua  ,    e    di    prescrivere    poscia    per 
bene  di  esso  popolo  un  saggio  regolamento 
a  fine  di  esentarlo  spezialmente    dalla    so- 
perchieria   di  chi  in    ogni    governo,    senza 
essere  principe,  tende  a  dar  legge  a  tutti 
gli  altri.  Intanto  i  sanmarinesi,  da  che  fu 
partito  di  là  il    cardinale    Alberoni ,    pub- 
blicarono un  manifesto  ,    dove    si   vide  es- 
posto,  come  ingiusto  e    violento    tutto    il 
procedere  dì  questo  porporato  la  cui  pen- 
na non  istette  in  òzio,  e  proccurò  di    ri- 
battere le  ragioni   e  i  lamenti  di  quel  po- 
polo .  Grande    strepito    faceano    parimente 
in    questi  tempi  per    l' Italia,    anzi  per  Y 
universo  ,    le  mirabili  azioni    dello    Scach 
Nadir,  ossia  di  Tamas  Kulichan  sofì  del- 
la Persia  ,  che  non  contento  di  avere  ricu- 
perata la  provincia  di    Candahar  ,   e  prese 
T  altre  di  Cabul  e  Lahor  ,  portò  Tarmi  vit- 
toriose sino  al  cuore  del  vastissimo  impe- 
rio del  gran  Mogol,    o  sia  dell' Indostan , 
con  dare  una  terribile  sconfitta  agi'  indiani 

nel 


U2  Annali  D'Italia 
nei  dì  22  di  febbrajo^  eoa  occupare  la 
stessa  capitale  Dtlhi,  ed  impadronirsi,  ol- 
tre ar!  altre  ricchezze,  del  famoso  gioiel- 
lato trono  di  quel  monarca  ,  cioè  di  un 
principe  avvilito  qual  Sardanapaio  nella 
voragine  dei  piaceri.  Ma  se  è  vero,  che 
sulla  buona  fede  portatosi  a  lui  lo  stesso 
Mogol,  fosse  ritenuto  prigione,  e  che  esso 
Kulichan  facesse  in  Delhi  un  macello  di 
ducento  mila  persone,  questo  rinomato 
eroe,  questo  nuovo  Tamerlano ,  denigrò 
di  troppo  con  tal  tradimento  e  con  tanta 
crudeltà  la  propria  gloria. 

Anno  di  Cristo  1740,  indizione  111. 
di  Benedetto  XIV  ,  papa  6V 
di  Carlo  VI,  imperadore  29. 

JLrsercitò  in  quest'  anno  la  morte  la  sua 
potenza  sopra  alcune  delle  più  riguardevoli 
principesche  teste  della  cristianirà.  11  pri- 
mo a  farne  la  pruova  fu  il  sommo  ponte- 
fice Clemente  XlL  già  pervenuto  all'età 
di  anni  ottantotto.  Pel  peso  di  tanti  anni 
si  era  da  molto  tempo  infievolita  la  sua 
sanità,  gli  occhi  più  non  gli  servivano  , 
e  costretto  a  vivere  per  lo  più  in  letto, 
quivi  impiegava  il  residuo  delle  forze  del- 
la mente  e  del  suo  buon  volere  nella  con- 
tinuazion  del  governo,  ajutato  in  ciò  dal 
cardinale  Corsini  suo  nipote,  e  dal  gotto- 
so cardinale  Firmo  segretario  di  stato. 
Ebbe  egli  il  tempo  di  ricevere  le  informa- 

zio- 


Anno    MDCCXL.  113 

zioni  spedite  da  monsignor  Enriquez    com- 
missario apostolico    intorno    agli    affari  di 
san  Marino;  dalle    quali  risultava,    che  a- 
vendo  esso  prelato  esplorata  la    libera  in- 
tenzione del  consiglio  di  quella  città  e  del 
clero  e  dei  capi  della  communità ,  la  mag- 
gior parte  si  era  trovata  costante  nel    de- 
siderio dell'antica    sua    libertà.    Il  perche 
egli   secondo  la    facoltà    a    lui    data ,    avea 
rimesso  quei  popoli  in  possesso  di   tutti    1 
lor  privilegj  ,  cassando  gli  atti   del     cardi- 
nale Alberoni  .  Coronò  il  buon  pontefice  il 
fine  dei  suo  governo  ,  col  confermare  quel- 
la   determinazione ,    ricevuta    in    appresso 
con  gran  plàuso  dentro  e  fuori  d'Italia  da 
ognuno  ;  ma  non  già  da   esso  cardinale  AI 
beroni ,  il  quale  formò  tosto ,  ma  pubblicò 
poi    dopo    qualche    anno,  un  manifesto  in 
difesa  propria  ,  di  cui  sommamente  si  dol- 
se la  corte  di  Roma,  per  aver  egli  intac- 
cato il  ministero  ,  e  messe   in    luce    senza 
licenza  le  lettere   a  lui  scritte    dal    segre- 
tario di  stato.  Ora  il    decrepito    pontefice 
nel.    dì    sesto  di    febbrajo  passò  a  miglior 
vita,  dopo  aver  governata  la  chiesa  di  Dio 
nove  anni  e  mezzo  con  lode  di  molta  pru- 
denza ,  zelo  e  giustizia,  glorioso  per  avere 
ornata  Roma  di  magnifici  edifizj ,  eretto  uno 
spedale  per  li  fanciulli  esposti ,  fabbricato  P 
insigne  palazzo  della  consulta  ,  arricchito  il 
campidoglio  di  una  impareggiabile  copia  di 
rare  statue,  e  di  altre  antichità,  e  la  bi- 
blioteca vaticana    di    preziosi    manuscritti 
Tom-  XXVII.  H  orien- 


ii4  Annali  d'Italia 
orientali,  portati  in  Italia  da  monsignor* 
Assemani  primo  custode  della  medesima  3 
e  per  aver  proccuvato  a  Ravenna  ,  e  ad 
Ancona  molti  comodi  ed  ornamenti.  Non 
si  sa ,  che  la  già  ricchissima  casa  sua  pro- 
trasse con  arti  improprie,  ne  con  esorbi- 
tanza della  di  lui  fortuna,  avendo  il  pon- 
tefice anche  in  ciò  fatto  comparire  la  mo- 
derazione sua>  e  schivato  ogni  eccesso  del 
nepotismo . 

Nel  dì  18  di  febbrajo  si  chiusero  nel 
conclave  i  sacri  elettori  ,  e  cominciarono 
i  lor  maneggi  colle  consuete  discrepanze 
delle  fazioni  .  Abbondavano  certamente 
in  quella  insigne  adunanza  personaggi  di- 
grassimi del  Triregno  ;  pure  con  istupore 
dì  ognuno  non  si  venne  per  mesi  e  mesi 
ad  accordo  alcuno  ,  talmente  che  durò  la 
lor  prigionia  per  sei  mesi  continui  :  dila- 
zione ,  di  cui  da  gran  tempo  non  si  era 
veduta  la  simile.  Sa  Iddio,  quando  vuole  , 
sconcertar  le  misure  e  gì'  imbrogli  degli 
uomini  ,  e  chiaramente  in  questa  congiun- 
tura li  sconcertò,  p'  rchè  alzò  al  pontifi- 
cato ,  chi  n'era  sommamente  meritevole  , 
ma  non  er«?  stato  proposto  in  addietro  , 
né  punto  aspirava  a  sì  gran  dignità.  An- 
davano a  vele  gonfie  la  fazione  corsina  e 
i  cardinali  francesi  e  spagnuoli  in  favore 
del  cardinale  Pompeo  Aldrovandi  bologne- 
se ,  persona  ,  che  in  acutezza  e  prontezza 
di  mente  ,  e  nella  scienza  degli  arcani  del- 
la politica  avea  niuno,  o  pochi  pari.  Tut- 
ta- 


Anno    MDCCXL.  115 

tavìa  al  cardinal  Annibale  Albani  Camer> 
lengo ,  capo  della  fazione  degli  zelanti  , 
parve  ,  che  à  questo  degno  soggetto  man- 
casse alcuna  delle  doti  ,  che  si  esigono  ir* 
chi  ha  da  essere  insieme  principe  grande  , 
e  quel,  che  più  importa  $  ottimo  pontefi- 
ce. Però  seppe  egli  così  ben  intralciar  le 
cose,  che  non  si  giunse  mai  ai  voti  suffi- 
cienti per  T  elezione  dell'  Aldróvamdi  ,  il 
quale  da  che  vide  preclusa  a  sé  stesso  la 
strada  per  salire  più  alto  $  generosamente 
si  adoperò  perchè  reiezione  cadesre  in  uno 
degli  altri  due  ben  degni  porporati  della 
patria  sua ,  cioè  nei  cardinali  Vincenzo 
Lodovico  Gotti,  e  Prospero  Lambertinl  • 
Improvvisamente  adunque  i  come  eccitati 
dalla  voce  di  Dio ,  nel  di  16  di  agosto  in- 
clinarono gli  animi  concordi  del  sacro  col- 
legio nella  persona  di  esso  cardinale  Lam- 
bertini*  che  era  ben  lontano  dai  desiderj 
di  questo  peso  ed  onore ,  e  nel  dì  susse- 
guente ne  fecero  la  solenne  elezione,  poi 
canonizzata  dal  plauso  universale  di  chiun- 
que conosceva  il  singoiar  merito  personale 
di  lui. 

Prese  egli  il  nome  di  benedetto  XIV  per 
venerazione  al  saoto  pontefice,  da  cui  era 
stato  decorato  della  sacra  porpora.  Era 
egli  nato  in  Bologna  di  casa  antichissima 
e  senatoria  nel  di  31  di  marzo  del  1657 
e  però  giunto  all'età  di  sessantacinque  an- 
ni. Dopo  aver  fatti  i  principali  suoi  studj 
in  Roma,  ed  esercitate  con  gran  lode  va- 
ti 2  rie 


ìi€      Annali    d'Italia 
rie  cariche  nella  prelatura ,  fu  nel  1728  di- 
chiarato cardinale  da  papa  Benedetto  XIII 
poscia  promosso  al  vescovato  di  Ancona  ,  e 
finalmente   creato  arcivescovo  di  Bologna  . 
Dovendo  il  romano  pontefice  essere  maestro 
nella  chiesa  dì  Dio ,  non  si  potea  scegliere  a 
sì  aito  ministero  persona  più  propria  di  lui 
per  la  sua  gran  perizia  dei  canoni,  e  dell' 
erudizione  ecclesiastica_,    di  cui    già    avea 
dato  illustri  pruove    con  quattro    tomi    de 
serrvorum  dei  beatificai  ione ,  e  de  sanBorum 
canonizatione ,  e  colle  istruzioni  sue  pasto- 
rali intorno  alle  feste    della  Chiesa ,    e  al 
sacrifizio  della  Messa,  e  con  un'altra  uti- 
lissima raccolta  di  decisioni  ed  editti ,  spet- 
tanti alla  disciplina  ecclesiastica,  dai  quali 
si  raccoglie  >  quanto  ampia  sia  la  sua  let- 
teratura, e  ardente  il  suo  zelo,    talmente 
che  da  più  secoli  «on  era  stata  provveduta 
la  chiesa  di  Dio  di  un   pontefice  sì    dotto 
e  pratico  del  pastorale  governo.    A  questi 
pregi  si  aggiugneva  quello  dei  suoi  costu- 
mi ,  fin  dalla  sua  prima  età  incorrotti  ,  la 
delicatezza  della  coscienza,  ed  una  costante 
professione  e  pratica  della  vera  pietà .  Mi- 
ravasi  anche    in  lui    una  rara    vivacità    di 
spirito  ;  e  quantunque  egli  fosse  impastato 
di  un  nitro 3  che  facilmente  prendeva  fuo- 
co, pure  questo  fuoco  non  durava  che  mo- 
menti ,  perchè  tosto  smorzato  dalla  sua  im- 
perante virtù  .  Ora  il  novello  pontefice  nel- 
la sera  dello  stesso    dì   16  di  agosto    pub- 
blicamente passò  alla   vista    della    basilica 

va- 


Anno  MDCCXL/  n? 
Vaticana,  per  quivi  venerare  il  santissimo 
Sacramento,  e  fare  orazione  alla  sacra 
tomba  dei  principi  degli  apostoli.  Fu  qui» 
vi ,  che  V  immenso  popolo  ,  accorso  a  vede- 
re il  sospirato  pastore^  attestò  con  vive 
acclamazioni  il  suo  giubilo  »  Seguì  poi  nel 
dì  25  di  esso  mese  la  funzion  solenne  del- 
la sua  coronazione  ;  dopo  di  che  si  applicò 
egli  vigorosamente  al  governo,  avendo  scel- 
to per  segretario  di  stato  il  cardinale  Va- 
lenti  Gonzaga,  prodatario  il  cardinale  Al- 
drovandi,  prefetto  dell'Indice  il  cardinale 
Onerinl  vescovo  di  Brescia  ,  secretano 
dei  memoriali  monsignor  Giuseppe  Liviz- 
zaniy  e  confermato  segretario  dei  brevi  il 
cardinale  Passionei  . 

Mancò  eziandio  di  vita  nel  dì  31  di 
maggio  Federico  Guglielmo  re  di  Prussia  , 
a  cui  succedette  il  primogenito  ,  cioè  Fe- 
derigo III  principe  di  spiriti  sommamente 
guerrieri ,  del  che  poco  staremo  a  vedere 
gli  effetti .  Similmente  terminò  i  suoi  gior- 
ni nella  notte  del  dì  28  di  ottobre  Anna 
Iwanowa  imperadiice  della  gran  Russia  glo- 
riosa per  le  sue  imprese  centra  dei  tartari 
e  dei  turchi  ,  dichiarando  suo  successore  il 
fanciullo  principe Gio~v anni  nato  dalla  prin- 
cipessa Anna  sua  nipote  ,  e  dal  principe  An- 
tonlol/lrico  di  BrunsVich  eLuneburgo.  Ma 
fra  le  morti  ,  che  sommamente  interessarono 
l'Italia,  anzi  l'Europa  tutta 3  quella  fu  dell' 
imperadore  Carlo  VI.  Era  egli  pervenuto 
all'età  di  cinquantacinque  anni  epochigior- 

H  3  ni, 


n8       Annali    d'Itali*. 
ni,  età  florida,  accompagnata  da  una  com- 
petente sanità  .    Desiderava  ognuno  e  spe- 
sava ,  che  Dio  lungamente  lasciasse  in  vita 
quest'ottimo  Augusto,  perchè  mancante  in 
lui  la  discendenza  maschile  della  gloriosis- 
sima casa  di  Austria,  che  per  più  di  quat- 
tro secoli  con  tanta  lode  avea  governato  Y 
imperio  romano,  ben  si  prevedeva,  che  la 
non  mai  quieta  né  sazia  ambizione  dei  pò» 
tentati  avrebbe  aperta  la  porta  a  un  semi- 
nario di  liti  e  di  guai.  Prognosticavasi  an- 
cora y  eh  ?  poco  sarebbe  rispettata  la  pram- 
matica sanzione ,    da  lui  saggiamente    sta- 
bilita ,    e  creduta  antidoto    valevole    a  ri- 
sparmiare i    temuti  mali  .    Ma    altrimenti 
dispose  la  divina  Provvidenza  ,  i  cui  occul- 
ti giudizj    tanto  più   son  da  adorare,  quan- 
to  meno   ne  intendiamo  le  cifre.    Sorpreso 
questo  monarca  nei  dì  quindici  di  ottobre 
da  dolori  nelle  viscere,    da  gagliardo    vo- 
mito, e  da  febbre,  andò  in  pochi   di  peg- 
giorando, e  però  dopo  aver  data  con  tene- 
rezza alle  figlie  arciduchesse  la  paterna  be- 
nedizione, e  presi  con  somma  divozione  i 
Sacramenti  della   Chiesa  ,    coraggiosamente 
incontrò  la  separazione  dalla  vita    presen- 
te ,  accaduta  nella  notte    precedente    al  dì 
20  del    mese  suddetto  .    Era    desiderabile  , 
che  una  egual  costanza  di  animo  per  altro 
conto  si  fosse    trovata    in    questo    insigne 
Augusto  ;  giacche  non  si  dee  tacere    quel- 
lo, che  il  padre  Agostiuo  da  Lugana  cap- 
puccino, rinomato  fra  i  sacri  oratori,    ed 

ora 


Anno  MDCCXL.  119 
ora  vescovo  di  Como  ,  confessò  nella  fune- 
bre orazione  del  monarca  medesimo  .  Cioè  , 
che  portatosi  monsignor  Paoluccl  nunzio 
apostolico,  oggidì  cardinale,  a  complimen- 
tare la  maestà  sua  cesarea  nel  di  lui  gior- 
no natalizio,  e  ad  augurarle  lunga  serie  di 
anni,  il  baon  imperadore  gli  rispose ,  quel- 
lo essere  1*  ultimo  della  sua  vita .  Interro- 
gato del  perchè  ,  replicò  di  non  poter  so- 
pravivere alla  gran  perdita  fatta  di  Belgra- 
do, antemurale  della  cristianità  .  Passò  dun- 
que ad  un  miglior  paese  Carlo  VI  impera- 
dor  dei  romani ,  a  tessere  il  cui  grandioso 
elogio  non  ebbero ,  né  han  bisogno  alcuno 
le  penne  di  chieder  ajuto  dall'  adulazione  : 
tanta  era  la  sua  pietà y  capitale  ereditario 
dell'augusta  sua  casa;  tanta  la  saviezza, 
per  cui  non  trascorse  mai  in  quelle  debo- 
lezze, alle  quali  è  sottoposto  chi  più  siede 
in  alto  ;  tanta  la  clemenza  e  bontà  dell' 
animo  suo,  che  solamente  si  rallegrava  in 
far  grazie,  in  beneficar  le  persone  degne  , 
e  in  sovvenire  ai  poveri ,  e  solamente  ri- 
pugnanza provava  ai  gastighi.  Non  m'inol- 
trerò io  maggiormente  nelle  sue  vere  lodi, 
e  chiuderò  in  una  parola  il  suo  ritratto , 
con  dire ,  eh'  egli  fu  esemplare  dei  principi 
savj  e  buoni;  e  se  cosa  alcuna  in  lui  non 
si  approvò,  fu  qualche  eccesso  della  stes- 
sa sua  bontà,  costume  quasi  trasfuso  in 
lui  per  eredità  dai  suoi  benignissimi  ante- 
nati . 
Lasciò  egli  erede    universale    di  tutti    i 

H  4  suoi 


tió       Aukur  d'Italia 
suoi    regni    e    stati    P  arciduchessa    Maritò 
Teresa  primogenita  sua  ,    moglie  di  Fran- 
cesco Stefano  duca  di  Lorena,    e  gran  du- 
ca di  Toscana  :    principessa ,    che    siccome 
per  la  beltà  potea  competere  colle  più  bel- 
le del  suo  sesso  ,  così  per  l'elevatezza  del- 
la mente  ,  per  la  saviezza  dei  suoi    consi- 
gli ,  ed  anche  per  forza  generosa  di  petto., 
gareggiava  coi  primi  dell'altro  sesso.  To- 
sto fu  ella  riconosciuta  dai  sudditi  per  re- 
gina di  Ungheria  e  Boemia  >    ed  erede    di 
tutti  gli  stati  e  dominj  dell' inclita  casa  di 
Austria.  Diede  ella  principio    in    graziose 
maniere  al    suo  governo  eoi    rimettere    in 
libertà    i    generali  Seekendorf ,    Wallis  ,    e 
Neuperg  ,  e  coli'  isminuire  d'  alquanti    ag~ 
gravj  i  suoi  popoli  .  Dichiarò  ancora    cor- 
regente    dell'austriaca    monarchia    il    gran 
duca  suo  consorte  ,    eolle  quali    azioni ,    e 
con  altre  tutte  lodevoli ,  confermò  nei  sud- 
diti suoi  la  speranza  di  provare  come    ri- 
nato   nella    figlia    l'impareggiabil    augusto 
Carlo  VI.    Ma  che  ?  poco  durò  questo    bel 
sereno  .    Nel  dì   tre  di   novembre  fu    pub- 
blicata in  Monaco  da   Carlo    Alberto  Elet- 
tore di  Baviera  una  protesta  preservatrice 
delle  sue  ragioni  sopra  gli  stati  della  casa 
di  Austria  ;    né  egli  volle    riconoscere  per 
regina  ed  erede  di   essi    stati  la  gran    du- 
chessa suddetta.  Si  fondavano  le  pretensio- 
ni di  esso  elettore  sopra    il  testamento    di 
Ferdinando  I  imperadore ,    in  cui  secondo 
h  copia    esistente  in    Monaco  si    leggeva, 

che 


Anno    MDCCXL.  i2i 

che  la  primogenita  dello  stesso  augusto  sue* 
cederebbe  nei  due  regni  di  Ungheria  t,  Boe- 
mia ,  caso  che  non  vi  fossero  eredi  ma~ 
scìù  dei  tre  fratelli  della  medesima  .  Da  es- 
sa primogenita  ,  cioè  da  Anna  di  Austria 
discendeva  V  elettore  stesso.  Perchè  egli 
sempre  ricusò  dì  approvare  la  prammati- 
ca sanzione,  si  studiò  l'imperador  Car- 
lo VI  vivente  per  mezzo  della  corte  di 
Francia,  di  calmare  sì  fatta  pretensione, 
con  far  conoscere  difettosa  quella  copia  di 
testamento  tuttoché  autenticata  da  un  re- 
cente notajo,  perchè  nell'originale  di  esso 
testamento  non  si  leggeva  quella  parola 
maschi,  ma  solamente  in  caso  che  più  non 
-vi  fossero  legittimi  eredi  dei  tre  suoi  fra- 
telli ,  o  simili  parole  tedesche,  le  quali  at* 
terravano  tutto  l'edilizio  formato  dalla  cor- 
te di  Baviera  .  Essendo  poi  passato  ali1  al- 
tra vita  esso  augusto,  la  regina,  a  fin  di 
chiarire  l'elettore  e  il  pubblico  tutto  di 
questa  verità,  pregò  i  ministri  di  tutti  i 
sovrani ,  che  si  trovavano  in  Vienna  9  e 
massimamente  quel  di  Baviera,  di  raunarsi 
un  dì  in  casa  del  vicecancelliere  conte  di 
Sintzendorf,  per  esaminare  il  protocollo  ed 
originale  del  sopra  enunziato  testamento  . 
Tutti  l'ebbero  sotto  gli  occhi,  ed  attenta- 
mente osservandolo ,  trovarono  tale  essere 
1'  espressione  del  testatore  Ferdinando  au- 
gusto, quale  si  sosteneva  in  Vienna.  E  per- 
ciocché il  ministro  bavarese  non  contento 
di  aver  come  gii  altri  b^o    considerata  la 

ve- 


122       Annali    d'Italia 
verità    di    quelle  parole  ,    portò   anch'  esso 
protocollo  ad  una    finestra,    per    osservar 
meglio  contro  la  luce ,    se  alcuna  raschia- 
tura o  frode  avesse  alterato  il  primario  ca- 
rattere ,  né  vi  trovò  alterazione  alcuna:  non 
potè  ritenersi  il  vice-cancelliere  dalla  col- 
lera ,  e  dal  prorompere  contra  di  lui  in  ri- 
sentimenti   per    tanta    diffidenza  .    Ma    che 
questo  ripiego  nulla    servisse  a  distorre    1' 
elettore  dal  proposito  suo ,  non  andrà  mol- 
to ,  che  ee  ne  accorgeremo  ,    giacché    fon- 
dava egli  la  pretension  sua  anche  sopra  il 
contratto  di  matrimoniodella  suddetta-4n- 
na  di  Austria  col  duca  Alberto  di  Bavie- 
ra ,    e    sopra    altre   parole    del    testamento 
stesso  di  Ferdinando  I  Augusto.    Un'altra 
pretensione  parimente  moveva  la  corte    di 
Baviera ,  e  questa  assai  fondata  e  plausibi- 
le :  cioè  un  credito  di  alcuni  milioni  a  lei 
dovuti,  fin  quando  Tarmi  bavaresi  concor- 
sero a  liberar    la  Boemia    dall'  usurpatore 
palatino  del  Reno  ;  per  li  quali  era    stata 
promessa  un'  adeguata  ricompensa  .    Resta- 
va tuttavia    attesa  questa  partita,    né    gli 
austriaci  erano  mai  giunti  a  darne  la  pie- 
na soddisfazione . 

Videsi  intanto  la  Francia ,  siccome  ga- 
rante della  prammatica  sanzione,  abbonda- 
re delle  più  dolci  espressioni  di  amicizia 
verso  la  nuova  regina  di  Ungheria,  benché 
stentasse  molto  a  riconoscerla  per  tale.  Ma 
nello  stesso  tempo  facea  preparamento  di 
milizie  e  di  armi^  ed  altrettanto  facevano 

>^       dal 


Anno     MDCCXL.         123 
dal  canto  loro  gli  spagnuoli,  e  il  re  delle 
dee  Sicilie.  Ciò,  che  poi  sorprese  ognuno, 
fu  il    vedere  Federico    IH    re    novello    di 
Prussia,  nel  mentre  che  professava  un  ga- 
gliardo attaccamento  agl'interessi    della  re- 
gina M aria  Teresa ,  entrare  improvvisamen- 
te, prima  che  terminasse  Tanno,  colle  sue 
armi  nella  Slesia  ,  cominciando  egli  prima 
il  ballo ,  e  dando  principio  a  quelle    rivo- 
luzioni ,  che  già  si  conoscevano  inevitabili, 
perchè  desiderava  e  sperava  più  di  uno  di 
profittare  dei  deliquio  patito    dall'augusta 
casa  di  Austria.  Di  questo  mi    riserbo    io 
di  parlare  all'  anno  seguente  .  Gli  affari  del- 
la Corsica  in  questo  anno  somministrarono 
motivi    di  molte    speculazioni  ai    curiosi . 
All'udire  i  francesi,    tutta  T isola  era  già 
sottomessa  agli  ordini  loro;  ma  non  appa- 
riva pure  un  barlume  ,    che  ne  fosse  rila- 
sciato il  possesso  e  dominio  intero  alla  re- 
pubblica di  Genova,  né  che  i  francesi  pen- 
sassero a  ritirarsene;  anzi  aspettavano  essi 
un  rinforzo  di  nuove  truppe,  perchè  le  ma- 
lattie   aveano    di    troppo    estenuate  le    lor 
forze .  AlT  incontro  si  trovavano  dei  corpi 
di  malcontenti,  tuttavia  sollevati  ;  e  chia- 
ramente si  scorgeva ,  che  la  sola  forza  ri- 
teneva gli  altri  sottomessi  in  dovere,  pve. 
vedendosi,  che  dalla  partenza  dei   francesi 
altro  non  si  poteva  aspettare,  che  il  risor- 
gimento dei  segreti  mali  umori  in    quella 
nazion  feroce.  Fra  i  ministri  dell'impera- 
dorè  e  del  re  crislfanissimo  in  Parigi  tenu- 
te 


124  Annali  d'Italh 
te  furono  varie  conferenze,  per  rimettere 
la  tranquillità  nella  Corsica,  ma  non  se  ne 
videro  mai  gli  effetti .  Intanto  da  queir 
isola  prese  commiato  il  barone  di  Prost  , 
nipote  del  fu  re  Teodoro  ,  che  finquì  si 
era  con  gran  pericolo  di  cadere  in  man 
dei  francesi  trattenuto  fra  i  sollevati  nelle 
montagne .  La  sua  partenza  rinvigorì  non 
poco  le  speranze  dei  genovesi. 

Dopo  essersi  più  mesi  fermato  in  Vene- 
zia il  reai  principe  di  Polonia  Federigo  ,  e 
dopo  aver  goduto  degl'insigni  divertimen- 
ti a  lui  dati  da  quella  magnifica  repubbli- 
ca in  più  funzioni  :  finalmente  nel  fine  di 
maggio  prese  la  via  della  Germania  per  ri- 
tornarsene in  Sassonia ,  con  lasciare  anche 
a  quella  dominante  gloriose  memorie  delta 
sua  gentilezza  e  munificenza.  Fu  in  questi 
tempi,  che  la  real  corte  di  Napoli,  tutta 
intesa  a  rimettere  e  far  fiorire  il  commer- 
cio in  quel  regno,  si  avvisò  di  permette- 
re agli  ebrei  ,  già  cacciati  ai  tempi  di 
Carlo  V  augusto,  il  ritorno  colà,  e  di  po- 
ter fissar  ivi  l'abitazione.  A  questo  fine 
furono  loro  conceduti  amplissimi  privilegj 
ed  esenzioni ,  tali  nondimeno  ,  che  cagio- 
narono stupore,  anzi  ribrezzo  nei  cristiani, 
perchè  fu  loro  accordato  di  non  portar  se» 
gno  alcuno,  di  abitar  dovunque  volessero, 
di  usar  bastone  e  spada,  e  di  poter  acqui- 
star stabili  ,  e  insino  feudi ,  con  gravissi- 
me pene  a  chi  li  molestasse .  Però  da  va- 
rie parti  dell'Europa  cominciarono  a  com- 

pa- 


Anno    MDCCXL.  125 

parir  colà  uomini  di  essanazione,  vantan- 
dosi di  volere  e  poter    essi  supplire    ciò  , 
che  i  napoletani  potrebbono  fare  ,  ma  pare 
che  non  sappiano  fare  da  sé  stessi  .  Se  quel- 
la corte  vide  ed  accettò    volentieri    questi 
baldanzosi  forestieri,  di  altro  umore  fu  be- 
ne il  popolo,  e  massimamente  gli  ecclesia- 
stici di  quella  sì  popolata  città,    che    non 
si  poteano  astenere   dal    declamare    contro 
di  essi  anche  pubblicamente  .  Il  padre  Pe- 
pe gesuita,   uomo  di  molta  santità,    e    in 
gran  concetto  presso  la    corte  stessa,    non 
xiflnò  mai  di  detestare  dal  pulpito  l'intro- 
duzione di  questa  gente  .  Giunse  anche  un 
cappuccino  a  tanta  arditezza  di  dire  al  re, 
che  la  maestà  sua  non  avrebbe  mai  succes- 
sione maschile ,  finché  non  licenziasse  gl'in- 
trodotti ebrei.  Ma  col  tempo  si  vede  ces- 
sare, e  per  altro  mezzo  questo    ondeggia- 
mento .  Cioè  tali  segreti  insulti  aadò  facen- 
do quello  scapestrato  popolo  all' odiata  na- 
zione giudaica,  che  niun  di  costoro   osava 
di  aprir  pubbliche  botteghe .  Giunse  la  ple- 
be fino  a  minacciar  loro  un  totale  estermi- 
nio ,    se    per  avventura    non    succedeva    la 
consueta    liquefazione    del    Sangue    di    san 
Gennaro ,  perchè  questo  creduto  gran  male 
si  sarebbe  attribuito  al  demerito  di  ospiti 
tali,  segreti  odiatori  del  cristianesimo,  in 
somma  tanto  crebbe  col    tempo    il  timore 
nei  medesimi  giudei,    che    a  poco  a    poco 
andarono  sfumando  da  Napoli  ;  e  se  alcuno 
ve  ne  resta,  è  perchè  poco  ha  da  perdere, 

e  sa 


126  Annali  d'Italia 
e  sa  sottrarsi  alla  conoscenza  del  popolo  ì 
Riuscì  per  Io  contrario  di  molta  soddisfa- 
zione ai  regnicoli  un  trattato  di  pace^  e 
navigazione,  stabilito  in  Costantinopoli  dal 
re  don  Carlo  colla  Porta  Ottomana  nel  dì 
sette  di  aprile  per  mezzo  del  cavalier  Fi- 
nocchietti  suo  plenipotenziario,  per  cui  si 
aprì  la  libertà  del  commercio  fra  i  turchi 
e  i  regni  di  Napoli  e  Sicilia  *  e  cessò  ogni 
ostilità  fra  essi,  con  isperanza  ancora,  che 
il  gran  signore  impegnerebbe  in  un  tratta- 
to simile  le  reggenze  di  Algieri ,  Tunisi  e 
Tripoli.  Di  sé,  e  non  del  sovrano,  atten- 
to al  bene  dei  suoi  popoli  >  si  e<bbe  a  do- 
lere chi  non  profittò  di  così  bella  apertura 
ai  guadagni .  Fu  poi  dichiarato  ambascia- 
tare  il  principe  di  Francavilla,  per  passare 
alla  porta,  con  superbi  regali  da  presentar-1 
si  al  gran  signore. 

Anno  di  Cristo  1741  ,  indizione  IV, 
di  Benedetto  XIV  ,  papa  2. 
Vacante  l' imperio» 

x\lle  speranze  concepufe  dalla  corte  e  dat 
popolo  romano  intorno  al  novello  pontefice 
Benedetto  XIV  si  videro  ben  presto  corri- 
spondere i  fatti .  Trovossi ,  che  seco  su 
queir  augusto  trono  era  passata  la  consue- 
ta sua  giovialità,  affabilità  e  cortesia,  e  il 
costante  abbonimento  alla  sostenutezza  e 
al  fasto.  Molto  più  si  scoprì,  aver  egli  ac- 
cettata quella    pubblica    dignità,    non    già 

per 


Anno  MDCCXLI.  12  ? 
per  vantaggio  proprio,  o  della  sua  nobit 
casa ,  ma  unicamente  per  proccurare  il  ben 
della  chiesa  ,  per  giovare  alla  camera  apo- 
stolica, e  per  quanto  fosse  possibile  al  pub- 
blico tutto.  Pochi  poterono  uguagliarsi  a 
questo  buon  pontefice  nel  disinteresse  i  e 
nella  liberalità.  Ciò,  che  a  lui  perveniva 
o  di  rendite  proprie ,  o  di  regali ,  gli  usci- 
va tosto  dalle  mani  .  I  poveri  spezialmente 
participavano  di  queste  rugiade ,  e  sac- 
cheggiavano il  suo  privato  erario.  Un  so- 
lo nipote  ex  fratre  aveva  egli  ,  cioè  don 
Egano  Lambertini  senator  bolognese.  Gli 
ordinò  di  non  venire  a  Roma ,  se  non  quan- 
do V  avesse  chiamato  ;  e  poi  sempre  si  di- 
menticò di  chiamarlo.  Anzi  all'osservare 
la  tanta  sua  munificenza  verso  degli  altri, 
solamente  ristretta  verso  di  esso  suo  nipo- 
te,  parve  a  non  pochi,  che  l'animo  suo 
per  troppo  abborrire  gli  eccessi  degli  an- 
tichi nepotismi,  cadesse  poi  nel  contrario 
eccesso,  ossia  difetto.  Per  varj  bisogni  o 
inconvenienti  dei  tempi  passati  trovò  egli 
la  camera  apostolica  aggravata  da  una  gran 
soma  di  milioni  di  scudi ,  e  dei  frutti  cor- 
rispondenti, e  di  molte  spese  superflue. 
Impossibile  conobbe  la  cura  di  sì  gran  ma- 
le :  pure  si  applicò  per  quanto  potè  a  prò- 
cacciarne  il  sollievo,  cominciando  da  sé 
stesso  coi  riformare  la  propria  tavola,  e 
il  proprio  vestire  e  trattamento,  e  non  am- 
mettendo se  non  il  puramente  necessario. 
Giacché  era  mancato  di    vita  ,    durante    il 

con- 


i5t8       Annali    D*  Italia 

conclave  ,     il    cardinale    Ottobnni ,    conferì 
esso   pontefice  la    carica     di    vicecancelliere 
al  cardinale  Rufo  ,  che   generosamente  rila- 
sciò in  benefizio  della   camera  la    maggior 
parte   del  soldo  annesso   alla   medesima.  Si 
pingue  era  in  addietro  la  paga   delle  mili- 
zie   pontifìzie ,    che  ogni    semplice     soldato 
poìea  dirsi  pagato    da  Ufìziale,    e    così     a 
proporzion  gli    ufìziaii    stessi.     Dal    santo 
padre  fu  riformato  il  salario  non  meo  de- 
gli uni  che    degli  altri;    e  dei    soldati    ne 
risparmiò  cinquecento  ,    non  già  cassandoli 
senza    misericordia  ,    ma    ordinando ,     che 
mancando  essi  di  vita  non  si  reclutassero. 
Trovò  anche  maniera  di  liberar  la  camera 
apostolica  da  varie  pensioni  addossate   alla 
medesima  dai  pontefici ,  troppo  liberali  del- 
la roba  altrui.  In  una  parola,  tanto  si  ado- 
però,, ch'essa  camera  ripigliò  gran  vigore y 
e  dove  in  addietro  sbilanciava  nelle  spese  f 
cominciò  a  sperar  degli  avanzi. 

Maggior  premura  ancora  ebbe  il  vigilantis- 
simo pontefice  per  la  riforma  della  prela- 
tura e  del  clero  ,  facendo  sapere  ad  ognu- 
no,  che  non  promoverebbe  agli  ufìzj  ed 
impieghi,  se  non  chi  sei  meritasse  coir  at- 
testato della  vita  ben  costumata  e  conve- 
niente a  persone  ecclesiastiche^  e  coir  ap- 
plicazione agli  studj .  A  questo  Une  furono 
poscia  dalla  santità  sua  istituite  quattro 
diverse  accademie,  nelle  quali  spezialmente 
si  esercitassero  i  prelati  esistenti  in  Roma 
in  compagnia  dei  più  cospicui  letterati  di 

quel- 


A  n  n  ò    MDCCXLI.         129 
quella  gran  Metropoli ,  dovendovisi  tratta- 
re dei  canoni  e  concilj  ,  della  storia  eccle- 
siastica,   della  storia  ed  erudizione    roma- 
na ,   e  dei  riti  sacri  della  Chiesa .    Propose 
inoltre  il  santo  padre  di  riformare  il    lus- 
so   massimamente    della    nobiltà    romana  , 
sì  per  esentare  le  illustri  case    da  dispen- 
à),  talvolta  superiori  alle  rendite  loro,  con 
far  debiti,  al  pagamento  dei  quali  si  tro- 
vava poi  o  molta  difficoltà,  o  pure  impo- 
tenza; come  ancora  per  ritener  nello  stato 
il  tanto  danaro,  che  n'esce,  per  soddisfar 
le  pazze  voglie  della  moda .  Si  tennero  su 
questo  varie  conferenze ,  e  si  videro  saggi 
progetti  proposti  dai  conservatori  della  cit- 
tà. Ma  chi  lo  crederebbe?  tanti    ostacoli, 
tante  riflessioni  in  contrario  scapparono  fuo- 
ri,   sopra  tutto  per  opera  di  chi    profitta 
della  balordaggine  degl'italiani,  che  si  bel 
disegno  rimase  arenato.  Istituì  ancora  una 
congregazione  di  cinque  porporati,  per  esa- 
minar la  vita  e  i  costumi  dei  destinati  al- 
la dignità  episcopale.  Di  questo  passo  pro- 
cedeva lo  zelantissimo    pontefice    Benedet- 
to XIV  con  accrescere  il  suo  merito  pres- 
so Dio  e  presso  gli  uomini .  Inviò  egli   in» 
tanto  col  carattere  di  nunzio  straordinario 
alla  Dieta  dell'elezione  del  nuovo  impera- 
dore  monsignor  Doria  ,    figlio  del  principe 
Doria,  dichiarato  arcivescovo  di    Calcedo- 
nia,  che  con  suntuoso  equipaggio  s'incam- 
minò alla  volta  della  Germania. 
Siccome  pur  troppo  aveano    preveduto  i 
Tom.  XXVIL  I  sag- 


130       Annali   dMtaliì 
saggi ,  cominciarono  a  provarsi  le  pernició- 
se conseguenze  della  morte  del  buon  impe- 
rador  Carlo  VI.  Sul   fine  dell' aòno  preceden- 
te il  giovine  Federigo    HI  re    di   Prussia  , 
senza  far  precedere  dimanda  o  sfida  alcu- 
na ,  con  venticinquemila  soldati  e  buon  tre- 
no di  artiglieria  era  corso  ad  impadronirsi 
di  alcuni  luoghi  della  Slesia  Austriaca,  non 
già,  dicea  egli,  per  alcuna  mala  intenzio- 
ne sua  contro  la  corte  di  Vienna,    ne   per 
inquietare    l'imperio,    ma    solamente    per 
sostenere  i  suoi  diritti  sopra  alcuni  ducati 
e  territorj  di  quella  provincia  ,  la  più  ric- 
ca e   fruttuosa  ,  che  si  avesse  in  Germania 
T  augusta  casa  di  Austria.  Susseguentemen- 
te  dipoi  pubblicò  un  manifesto,  in  cui  de- 
dusse i   fondamenti  di  quelle  sue  pretensio- 
ni ,  dichiarando  nullo  un    trattato  di  con- 
cordia ,  conchiuso  nel   1686.  fra  la  corte  di 
Vienna  e  quella    di  Brandeburgo  .    Intanto 
perchè  non  si  aspettava  nella  Slesia  una  sì 
fatta  tempesta,    né  vi  si  trovava  prepara- 
mento alcuno  per  resistere  ,    nel  dì  tre  di 
gennajo  dell'' anno  presente,  non  fu  difficile 
ai  prussiano  di  entrare  in  Breslavia,  capi- 
tale di  quella  provincia,  e  di  occupare  al- 
tri luoghi,  né  pur  pretesi  nel  suo  manife- 
sto;  dopo  di  che  ridusse  le  sue  milizie  al 
riposo .    Ancorché    per    questo    inaspettato 
colpo  si  trovasse  più    di  un    poco    confusa 
la  corte  di  Vienna,  pure  adunato  che  ebbe 
un  corpo  di  circa  ventimila  veterani    sol- 
dati, lo  spinse  in  Islesia  sotto  il  comando 

del 


Ann  o    MDCCXLI.        13 1 
del  maresciallo  conte  di  Neuperg ,  con  or- 
dine   di    tentare    una  battaglia.    S'inoltrò 
questo  generale  sino    a  Millovitz    in    poca 
distanza  da  Brieg^    ed  ivi  incontratosi  col 
grosso  dell'armata  prussiana  ^  nel  dì  dieci 
d'  aprile  dell'  anno  presente  venne  con  essa 
alle  mani.  Sei  ore  continue  durò  l'atroce 
Combattimento,  in  cui  riuscì  alla  cavalleria 
austriaca  di  rovesciar  la  prussiana;  e  si  vi- 
de anche  più  di  Una  volta  piegar  l'ala  si- 
nistra di  essi  prussiani  ;  ma  in  fine  trovan- 
dosi di  lunga  mano  superiori    le  forze  ne- 
miche i  e  in  maggior  copiale  loro  artiglie- 
rie, che  fecero  di  brutti  squarci  nelle  schie- 
re austriache ,    fu  obbligato  il  Neuperg    a 
ritirarsi  ^  e  a  lasciare  il  campo  di  battaglia 
ai  prussiani,  che  riportarono  bensì  vittoria, 
ma  a  costo  di  moltisimo  loro  sangue.    Vi 
era  in  persona  lo  stesso  re  di  Prussia,  che 
diede  gran  segni  d'  intrepidezza,  e  di  bel4 
regolamento  nei  movimenti  delle  sue  armi. 
Dopo  di  che  nel  dì  quattro  di  maggio  egli 
$'  impadronì  di  Brieg  ,  una  delle  più  bel- 
le   città  della    Slesia.    Succederono    poscia 
varj   negoziati  per  l' amichevole  via  di  qual- 
che aggiustamento,    e  se  fossero  stati  ben 
accolti  per  tempo  i  consigli  dell'Inghilterra 
ed  Ollanda,  avrebbe  probabilmente    la  re- 
gina, col  sacrifizio  di  una  parte  della  Sle- 
sia, potuto  conservar  l'altra,   ed  acquetar 
le  pretensioni  del  re  prussiano .    Ma  sicco- 
me principessa  di  gran  coraggio,  e  troppo 
reniteute  ad  acconsentire,  che  restasse  vuU 

I  2.  ne- 


132  A  n  sr  a  l  1  d'  Italia 
aerata  la  prammatica  sanzione,  più  tosto 
volle  esporse  a  perdere  tutta  quella  bella 
provincia,  che  spontaneamente  cederne  una 
porzione.  Inesplicabil  allegrezza  intanto 
av  a  provato  la  corte  di  Vienna  per  un 
arciduchino,  partorita  dalla  suddetta  re- 
gina nel  dì  13  di  marzo,  cui  furono  po- 
sti i  nomi  di  Giuseppe  Benedetto.  Per  questo 
dona  dei  cielo  solenni  feste  furono  fatte» 

Intanto  ecco  alzarsi    dalla  parte  di    po- 
nente  un  più   nero  e  minaccioso  tempora- 
le.   Già  Carlo  Alberta    elettor   di    Baviera 
avea  in  pronto  un  esercita  di  circa  trenta- 
mila combattenti   e  sul  fine  di  agosto  im- 
provvisamente andò  ad  impossessarsi    deli* 
importante  città  di   Passavia,  con  promet- 
tere di  non  intorbidar  quivi  il  dominio  ci- 
vile del  cardinale  di  Lamberg  vescovo  esem- 
plarissimo,  e  principe  benignissimo  di  quel- 
la città.    Ma  un  nulla    fu    questo.    Finquì 
non  ostante  il  grande  apparato  di  guerra , 
che  si  faceva  in  Francia,  non  altro  s'udi- 
va, che  intenzioni  di  quella    corte  di    so- 
stenere la  prammatica  sanzione,  di  cui  es- 
sa non  dimenticava  di  essere  garante  .  Ma 
versola  metà  di  agosto  ecco  con  tre  corpi,  o 
per  dir  meglio  con  tre  eserciti  i  francesi  va- 
licato il  Reno  entrar  nelle  terre  dell'  impe- 
rio, con  far  correre  voce  per  mezzo  dei  suoi 
ministri  nelle  corti,  che  questo  sì  gagliardo 
movimento  di  armi  non  era  per  distorsi  dagi' 
impegni  della  garantia  suddetta ,  ma  bensì 
a  solo  oggetto  di  assicurar  la   quiete  della 

Ger- 


A  S  n  o  MDCCXLI.  133 
Germania,  e  la  libera  elezione  di  un  im- 
peradore.  Queste  ed  altre  simili  proteste 
del  gabinetto  di  Francia ,  non  si  capano 
digerire  dagl'  intendenti  in  Germania ,  i 
quali  gridavano  essere  vergognosa  cosa  lo 
spaccio  di  esse ,  quando  chiaramente  ognu- 
no scorgea ,  che  le  armate  francesi  unica- 
mente tendevano  a  dar  la  legge  al  corpo 
germanico,  e  a  forzare  chiunque  s'oppo- 
nesse alla  promozione  dell' elettor  di  Ba- 
viera alla  corona  imperiale >  e  ad  unirsi 
con  esso  principe  contro  la  regina  di  Un- 
gheria. Imperciocché,  diceano  essi:  non  è 
più  un  mistero  il  dirsi  nella  corte  di  Fran- 
cia, essere  venuto  il  tempo  di  abbassare 
una  volta  la  casa  di  Austria,  quella  casa, 
che  finquì  avea  fatto  il  possibil  argine  al 
maggiore  accrescimento  della  non  mai  sa- 
fcia  potenza  francese .  E  però  doversi  tra- 
sportare lo  scettro  cesareo  in  altro  princi- 
pe,  che  per  là  debolezza  delle  sue  forze 
non  osasse  né  potesse  contrastare  ai  voleri 
della^rancia;  e  che  per  isnervare  l'austria- 
ca regina,  d'uopo  era  spogliarla  del  regno 
della  Boemia,  dappoiché  il  re  di  Prussia 
avea  fatto  lo  stesso  della  Slesia  .  A  questo 
fine  si  vide  non  solamente  posto  indubbio., 
ma  anche  negato  alla  regina  il  voto  della 
Boemia  nelT  elezione  del  futuro  imperado- 
re ,  senza  che  valessero  le  ragioni  e  prote- 
ste della  medesima .  Favorevoli  ancora  ai 
disegni  della  Francia  si  trovarono  gli  elet- 
tori palatino  e  di  Colonia  ;  aè  molto  stet* 

1  3  te 


134      Annali    d'  I  t  a  l  r  a 

te  lo  stesso  Federigo  Augusto  re  di  Polo- 
nia ,  ed  elettor  di  Sassonia  ,  a  prendere  le 
armi,  e  ad  unirsi  coi  bavaresi  e  francesi 
contro  la  regina .  Dal  re  cristianissimo  fa 
dichiarato  general  comandante  delle  sue 
milizie  T  elettor  di  Baviera,  con  protesta- 
re, che  queste  non  altro  erano,  che  au- 
siliarie di  esso  elettore,  per.  sostenere  i 
legittimi  diritti  della  di  lui  casa,  giacché 
non  negava  la  corte  di  Francia  di  aver 
ben  accettata  e  garantita  la  prammatica 
sanzione  Austriaca,  ma  aggiugneva ,  che 
questo  si  avea  da  intendere  senza  pregiu- 
dizio delle  ragioni  altrui .  Dicevano  alcu- 
ni, non  saper,  né  pur  la  gente  dozzinale, 
capire  queste  raffinate  precisioni  del  gabi- 
netto francese  ;  perchè  le  parca,  che.  l'aver 
giurato  di  mantener  l'unione  degli  stati 
della  casa  di  Austria,  lo  stesso  fosse,  che 
promettere  dì  non  impegnar  le  armi  per 
discioglierla  ;  né  passar  differenza  fra  chi 
si  obbliga  di  non  uccidere  uno,  e  poi  pre- 
sta il  pugnale,,  o  porge  in  altra  maniera 
ajuto  ad  un  altro  per  levargli  la  vita.  Gri- 
davano perciò,  bandita  la  buona  fede  da 
quel  gabinetto.,  e  a  nulla  più  servire  le 
pubbliche  paci,  quando  con  tanta  facilità 
si  faceano  nascere  apparenti  ragioni  e  scuse 
di  romperle.  Per  quello  che  io  ho  inteso 
da  buona  parte ,  ripugnò  forte  il  cardinale 
Fleury  primo  ministro  all'imbarco  della 
Francia  in  questa  guerra,  perchè  assai  co- 
nosceva le  leggi  dell'onore  e    del  giusto; 

ma 


Anno  MDCCXLL  135 
ma  eia  un  tale  fanaticismo  fu  preso  allora 
tutto  il  consiglio  del  re  cristianissimo,  che 
gridando  ognuno  all'  armi  per  così  favore- 
voi  occasione  di  deprimere  V  emula  casa 
di  Austria,  e  insieme  il  romano  imperio, 
forzato  fu  esso  cardinale  di  cedere  alla 
piena ,  e  di  cominciar  questa  nuova  tra- 
gedia . 

Ora  da  che  si  trovò  V  elettor  di  Bavie- 
ra rinforzato  da  venti ,  altri  dissero  trenta 
mila  francesi,  più  non  indugiò  ad  entrare 
sul  fine  di  settembre  nell'Austria  con  im- 
padronirsi di  LintZj  Eens  ,  Steir  ,  ed  altri 
luoghi,  dove  si  fece  prestare  omaggio  da 
quei  popoli.  Avea  proposto  il  duca  di  Bel- 
lisle  nel  consiglio  di  Versaglies  ,  che  si  man- 
dasse in  Baviera  una  potente  armata ' ,  con 
cui  s'andasse  a  dirittura  a  Vienna;  ma  il 
cardinale  di  Fleury  non  l'intese  così,. e 
mandò  poco.  Tale  nondimeno  per  questo 
fu  la  costernazione  nella  città  di  Vienna  3 
che  ognuno  a  momenti  s*  aspettava  d' esse- 
re ivi  stretto  da  un  assedio  >  e  ne  uscì  gran 
copia  di  benestanti  col  meglio  dei  loro  ef- 
fetti .  Da  molto  tempo  si  tratteneva  la  re- 
gina col  gran  duca  consorte  in  Presburgo , 
dove  avea  ricevuta  la  corona  del  regno  di 
Ungheria.  Cagion  fu  il  movimento  dei  gal- 
lo-bavari,  ch'essa  immantenente  facesse  por- 
tar colà  da  Vienna  il  tenero  arciduchino , 
coi  più  preziosi  mobili  della  corte ,  archi- 
vi ,  e  biblioteca  imperiale  .  Con  un  simpa- 
tetico discorso  rappresentò  poscia  ai  magna- 

I  4  ti 


136  Annali  d'Italia 
ti  tangheri  il  bisogno  dei  loro  soccorsi ,~  e 
la  fidanza  sua  nel  loro  appoggio  e  fedeltà, 
che  trasse  le  lagrime  dagli  occhi  di  ognuno, 
e  tutti  giurarono  la  di  lei  difesa  $  e  detto 
fatto ,  raunarono  un  esercito  di  trentamila 
armati,  con  promessa  di  più  rilevanti  aju- 
ti .  Costò  nondimeno  ben  caro  ad  essa  re- 
gnante T acquisto  della  corona  ungarica,  e 
dell'  affetto  di  quei  popoli,  perchè  le  con- 
venne comperarlo  coli'  accordar  lpro  varj 
privilegi  ,  e  la  libertà  di  coscienza,  non  sen- 
za grave  discapito  della  religione  cattolica 
in  quelle  parti.  Mirabili  fortificazioni  in- 
tanto si  fecero  in  Vienna  ',  copiose  provvi- 
sioni e  munizioni  vi  s'  introdussero  $  ed  ol- 
tre ad  un  forte  presidio  di  truppe  regola- 
te, prese  Tarmi  tutta  quella  cittadinanza, 
risoluta  di  spendere  le  vite  in  difesa  della 
patria,  e  dell'amatissima  loro  regnante. 
Ma  o  sia,  che  l' elettor  bavaro  riflettesse 
alle  trippe  difficoltà  di  superare  una  sì  for- 
te e  ben  guernita  città,  al  che  gran  tempo 
e  fatica  si  esigerebbe,  o  più  tosto  ch'egli 
pensasse  non  all'Austria,  ma  al  regno  del- 
la Boemia,  dove  spezialmente  terminarono 
i  desiderj  e  le  speranze  sue:  certo  è,  eh' 
egli  dopo  la  metà  di  ottobre  %7  inviò  a  quel- 
la volta  colla  maggior  parte  delle  sue  trup- 
pe e  delle  francesi ,  che  andavano  sempre 
più  crescendo.  Trovavasi  allora  la  Boemia 
sprovveduta  affatto  di  forze  per  resistere  2* 
questo  torrente.  Contuttociò  non  mancò  il 
principe  di  Lobkowitz  di  raccogliere  quel- 

ìe 


Anno  MDCCXLL  13? 
le  poche  truppe  che  potè,  ed  avendole  uni-* 
te  con  un  distaccamento  inviatogli  dal  con- 
te di  Neuperg,  si  applicò  alla  difesa  della 
sola  città  di  Praga,  dove  formò  dei  magaz- 
zini superiori  anche  al  bisogno  suo. 

Di  cento  e  due  altre  città  (che  così  qui- 
vi si  chiamano    anche  i  borghi    e  le    terre 
grosse  di  quel  regno)  poche  altre  vi  erano 
capaci    di  far  buona    resistenza .    Verso   la 
metà  di  novembre  comparve  la  possente  ar* 
mata  gallo- ba vara  sotto  Praga  ,  e  fatta  inu* 
tilmente  la  chiamata  al  comandante  mare- 
sciallo di  campo  Oglivi ,  si  dispose  alle  osti- 
lità. Non  mancavano  ragioni  e  pretensioni 
al  re  di  Polonia  ed  elettor  di  Sassonia  Fe- 
derigo Augusto  III   nell'eredità  della  casa 
d' Austria  ;    e  giacche  vide  prussiani  e  ba- 
varesi tutti  rivolti  a  prenderne  chi  una  par- 
te ,    e  chi  un'altra,   non  volle  più  stare  a 
segno  ,  ed  accordatosi  coir  elettor  di  Bavie- 
ra^   entrò  anch' egli    nella   danza,    e  spedì 
molti  reggimenti    suoi ,    e  un  grosso   treno 
di  artiglieria  nell'assedio  di  Praga.  Di  va- 
stissimo giro,  come  ognun  sa,  è  quella  cit- 
tà ,    perchè  composta    di  tre    città .    A  bea 
difenderla  si  richiedeva  un'  armata   intera  j 
e  questa  mancava  ;    perchè  era  ben    giunto 
il  gran  duca    Francesco    col  principe  Carlo 
di  Lorena  suo  fratello  a  Tabor  ,  menando 
seco  un  buon  esercito,  ma  non  tale  da  po- 
tersi  cimentare    col    troppo    superiore    dei 
nemici .  Servì  piuttosto  Ravvicinamento  di 
essi  austriaci,    per  affrettar    le    operazioni 

de- 


138      Annali   d'ItaUa 
degli  alleati.   Infatti  nella  notte  del  dì   25 
venendo  il  dì    26    di  novembre,    ordinò  1' 
elettor  baYaro  un  assalto  generale  a  Praga  ; 
i    sassoni    spezialmente    si    segnalarono    in 
quella  sanguinosa  azione.  Presa  fu  la  città, 
ma  così  buon  ordine  avea  dato  l'elettore, 
ch'essa  restò  esente  dal  s  eco.  Ben  tremi- 
la furono    i   prigionieri.    Dopo    l'acquisto 
della  capitale  si  fece  relettor  bavaro  pro- 
clamare   re  di  Boemia    nel  dì  nove  di  de- 
cembre,    e  citò   gli  stati    di  quel  regno    a 
prestargli    1'  omaggio.    Convien    confessar- 
lo :    tra  perchè  non  pochi  erano  quivi  mal 
soddisfatti    del  passato  governo  ,    e  secon- 
do   la  vana  speranza  dei  popoli ,  si  lusin- 
gavano   molti    altri    di    mutare    in    meglio 
il  loro  stato  col  cangiamento  del  principe, 
e  tanto  più  perchè  non  dimenticò  l'  eletto- 
re di  spendere  largamente  le  carezze   e  le 
speranze  a  quella  gente  :   apertamente ,  ma 
i  più    in  lor  cuore    accettarono    con    gioia 
questo  novello  sovrano.    Per  la  caduta    di 
Praga  si  ritirò  ben  in  fretta    il  gran  duca 
coli' esercito  cesareo  alla  volta  della  Mora- 
via ;  ma  anche  colà  passarono  i  prussiani , 
e  riuscì  loro  d'impadronirsi  di  Olmutz^  ca- 
pitale di  essa  provincia . 

Mentre  era  la  regina  d'Ungheria  attor- 
niata e  lacerata  da  tanti  nemici  in  Germa- 
nia,  un  altro  minaccioso  nembo  si  prepa- 
rava contra  di  lei  in  Italia  .  Avea  bensì  il 
cattolico  te  Filippo  V  accettata  la  pramma- 
tica sanzione  austriaca;   pure  appena  tolto 

fu 


Anno    MDCCXLI.         139 
fu  di  vita  l'imperador  Carlo  VI  che  si  die- 
de fuoco  nella  corte  di  Spagna  a  forti  pre- 
tensioni non  sopra  qualche  parte  della  mo- 
narchia austriaca,  ma  sopra  di  tutta .  Era, 
come  ognun  sa  ,  1'  augusto  Carlo  V  padro- 
ne anche    di  tutti  gli  stati  austriaci    della 
Germania  ,  e  dei  paesi  bassi .  Ne  fece  egli 
una  cessione  a  Ferdinando  I  suo  Fratello, 
ma  si  pretendeva ,  che  mancando  la  discen- 
denza maschile  di  esso    Ferdinando  ,    tutti 
gli  stati  dovessero  tornare    alla   linea    Au- 
striaca di  Spagna  .    Su  questi  fondamenti  , 
che  a  me  non  tocca  di    esaminare ,    il    re 
cattolico ,  siccome  discendente  per    via    di 
femmine  del  suddetto  Carlo  V.  aspirava  al 
dominio  dello  stato  di  Milano  ,   e  di  Par- 
ma e  Piacenza  ,  giacché  non  era  da  pensa- 
re agli  stati  della  Germania^    troppo  loa- 
tani  e  in  parte  afferrati    da    altri    preten- 
sori .    Vero  è  ,    che  parve  avere  quel  mo- 
narca posta    in  obblio  la  solenne    rinunzia 
da  lui  fatta  nel    trattato    di    Londra  dell* 
anno   I7r8.  a  tutti  gli  stati  dJ  Italia  e  Fian- 
dra   posseduti    dall' imperadore;    ma    per 
mala  sorte,  torto  o  ragione  che  s'abbiano 
i  principi ,  ordinariamente  le  loro  liti  non 
ammettono    o  non  truovano    alcun    tribu- 
nale ,  che  le  decida ,  fuorché    quello    dell' 
armi .  Diedesi  dunque  la  Spagna  a  formare 
un  possente  armamento,    e  ordinò    all'in- 
fante don  Carlo  re  delle  due  Sicilie  di  fa- 
re altrettanto.   Ecco  pertanto  cominciar  a 
giugaere    verso  la   metà    di    novembre    ad 

Or- 


140      Annali   d'Italia 

Orbitello,  e  agli  altri  porti  di  Toscana, 
spettanti  ad  esso  re  don  Carlo ,  varj  im- 
barchi di  truppe  >  munizioni,  ed  artiglie- 
rie provenienti  da  Barcellona  e  da  Napoli . 
Parimente  ad  esso  Orbitello  arrivò  nel  dì 
nove  di  decembre  il  duca  di  Montemar  1 
destinato  generale  delle  armi  di  Spagna 
jn  Italia  \  e  da  che  nei  regno  di  Napoli 
fu  fatta,  una  $àiassa  di  circa  dodicimila 
soldati  y  fu  chiesto  alla  corte  di  Roma  il 
passaggio  per  gli  stati  della  chiesa .  Gran 
gelosia  ed  apprensione  diedero  alla  Tosca- 
na sì  fatti  movimenti  ;  e  come  le  si  aspet- 
tasse a  momenti  un'  invasione  da  quella 
parte ,  si  presero  le  possibili  precauzioni 
per  la  difesa  di  Livorno ,,  ed  altri  luoghi» 
Ma  perciocché  premeva  alla  Francia  7  che 
non  fosse  inquietata  la  Toscana  ,  siccome 
paese  permutato  nella  Lorena  ,  e  garantito 
dal  re  cristianissimo,  ben  prevedendo  es- 
sa ,  che  V  acquisto  di  essa  Lorena  rimar-* 
rebbe  esposto  a  pretensioni ,  qualora  fosse 
occupato  da  altri  il  ducato  della  Toscana  : 
perciò  fu  sotto  mano  fatto  intendere  al 
gran  duca ,  duca  di  Lorena  ,  che  non  te- 
messe sconcerti  a  quegli  stati  ;  e  que- 
sta promessa  si  vide  religiosamente  man- 
tenuta dipoi  dalla  corte  di  Francia .  Per 
conseguente  le  speranze  dei  napolispani 
si  rivolsero  tutte  agli  stati  della  Lom- 
bardia. 

Non  istava  intanto  in  òzio  la    corte    di 
Vienna ,  cercando  chi  la  salvasse  dal  nau- 

fra- 


Anno    MDCCXLI.        141 
fragio  di  sì  gran  tempesta.  Fu  spedito  in 
Ollanda  ,  e  a  Londra  il  principe  Winceslao 
di  Liclen Stein  ,  per  muovere  quelle  potenze 
in  ajuto  suo  ,  con  far  valere  i  tanti  motivi 
di  non  lasciar  crescere  di  soverchio  la  già 
sì  aumentata  possanza  della    real    casa   di 
Borbone ,    e  di    non  permettere  Y  abbassa- 
mento dell'  Augusta  casa  di   Austria    dalla 
cui  conservazione  e    forza    principalmente 
dipendeva  la  libertà  e  salute  della  Germa- 
nia,  e  delle  stesse  potenze  maritime  .  Tro- 
vossi  nel  re   Giorgio  IL  e    nei    parlamenti 
d'Inghilterra  tutta  la  più  desiderabil  dis- 
posizione di  sostenere  secondo  gli  obblighi 
precedenti    la  prammatica    sanzione  ,    e  di 
imprendere  la  guerra  contra  dei  francesi  , 
distruttori    della    medesima .    Non    furono 
così  favorevoli  le  risposte  degli  ollandesi; 
perchè  troppo   rincresceva  a  quella    nazio- 
ne di  rinunziare  ai    rilevanti   profitti    del 
commercio  ,  finora  mantenuto  con  francesi 
e  spagnuoli .    Fu    anche  creduto ,    che  non 
mancassero  in  quelle  provincie  dei  pensio- 
narj  della  Francia  ;  ed  altro  perciò  non  si 
potè  ottenere,  se  non  che  le  provincie  unite 
puntualmente    soddisfarebbono    agli    obbli- 
ghi e  patti  della  loro  lega  ,   col  sommini- 
strare   ventimila    combattenti    in    soccorso 
della  regina ,  venendo  il  caso  della    guer- 
ra.  Quanto  all'Italia,    cominciò  per    tem- 
po   la    corte    di    Vienna   i    suoi    negoziati 
con  Carlo  Emmanuele  re  di  Sardegna^  sic- 
come sovrano  potente ,    e  più    degli    altri 

in- 


tifi  AjstNALt  d'  Italia 
interessato  nei  tentativi,  che  il  re  di  Spa- 
gna e  delle  due  Sicilie  meditavano  di  fa- 
re in  essa  Italia.  Perciocché  pei*  conto 
della  repubblica  di  Venezia  ben  presto  si 
scoprì,  che  secondo  le  saggie  sue  massime 
faceva  ella  bensì  un  considerabil  aumento 
di  truppe  nelle  sue  città  di  terra  ferma, 
ma  coli' unico  disegno  di  tenersi  neutrale; 
giacché  forze  non  le  mancavano  per  fare 
rispettare  la  sua  indifferenza  e  neutralità. 
Avea  sulle  prime  il  re  di  Sardegna  fatto 
indagare  i  sentimenti  della  corte  di  Ma- 
drid in  riguardo  alla  persona  e  forze  sue 
nella  presente  rottura.  La  ritrovò  così 
persuasa  della  propria  potenza  ,  che  non  si 
credea  né  bisognosa  deir  ajuto  altrui  per 
conquistare  Io  stato  di  Milano  i  né  asssai 
apprensiva  dell*  opposizione  ,  che  potesse 
farle  il  re  Sardo,  forse  perchè  s'immagi- 
nava col  mezzo  degli  amici  francesi  di 
ritenerlo  dall'  imprendere  un  contrario  im- 
pegno .  Solamente  dunque  gli  esibì  un  te- 
nue bracciolo  dello  stato  di  Milano,  cotì 
promessa  di  ricompensarlo  a  misura  del 
suo  soccorso,  e  della  felicità  dei  meditati 
progressi .  Queste  ed  altre  ambigue  rispo- 
ste congiunte  alla  conoscenza  del  pericolo, 
a  cui  resterebbe  esposta  la  real  casa  di 
Savoja  ,  quando  cadesse  in  mano  degli  spa- 
gnuoli  lo  stato  di  Milano,  cagion  furono, 
ch'esso  re  di  Sardegna  prendesse  altro 
cammino.  Rifletteva  egli,  che  il  re  catto* 
lieo,  avea  bensì  nel  trattato  nel  dì   13  di 

ago* 


Anno  MDCCXLL  143 
agosto  del  17 13.  approvata  la  cessione  fat- 
ta dall'  imperadòre  ai  duca  Vittorio  Ame~ 
deo  suo  padre  del  Monferrato ,  Alessandria  , 
ed  altre  porzioni  del  Milanese,  ed  in  ol- 
tre ceduto  nelle  forme  più  obbliganti  il 
regno  di  Sicilia  al  medesimo  duca  ;  e  pu- 
re da  lì  a  non  molto  tentò  di  spogliarlo 
di  esso  regno;  potersi  perciò  temere  un 
pari  trattamento  per  gli  stati  della  Lom- 
bardia passati  in  dominio  della  casa  di 
Savoja.  Appliccossi  dunque  il  re  Carlo 
Emmanuele  a  maneggiare  gli  affari  suoi 
colla  regina  di  Ungheria  >  e  col  re  Britan- 
nico ,  e  a  fortificar  le  piazze ,  e  ad  accre- 
scere le  sue  genti  di  armi  ,  per  avere  in 
pronto  una  possente  armata  al  bisogno  bar- 
cheggiando intanto,  finché  venisse  il  tempo 
di  stringere  qualche  partito. 

Durante  Tanno  presente  il  pontefice  Be- 
nedetto XIV,  il  cui  cuore  non  ad  altro  in- 
clinava ,  che  alla  pace  con  tutti  i  poten- 
tati cattolici,  siccome  padre  amantissimo 
di  ognuno  j  determinò  di  mettere  fine  alle 
differenze  insorte  sotto  i  suoi  predecessori^ 
e  durate  per  lo  spazio  di  trent*  anni  fra  la 
santa  sede,  e  le  corone  di  Spagna,  Porto- 
gallo, due  Sicilie,  e  Sardegna  *  Si  erano 
già  smaltite  sotto  il  precedente  pontefice 
molte  delle  principali  difficoltà  ,  uè  altro 
mancava  ,  che  la  conchiusion  degli  accordi. 
Al  di  lui  buon  volere  e  saviezza  non  fu 
difficile  il  dar  V  ultima  mano  a  questi  trat- 
tati sì  nel    presente  ,    che    nel    susseguente 

ao- 


i44      Annui    d'Italia 
anno;    così  che    tornò    la  buona    armonia 
con  tutti>  e  le  nunziature  si  riaprirono  e , 
la  dateria  riassunse  le  sue  spedizioni  .  In- 
tenta eziandio  la    santità    sua    al    sollievo 
della  povera  gente,    nel   marzo  di    questo 
anno  introdusse  T  uso  della    carta   bollata 
per  li  contratti  e  scritture,  che  si  avessero 
a  produrre  in  giudizio,    siccome  aggravio 
ridondante    sopra    i    soli    benestanti ,    con 
isgravare  nel  medesimo    tempo    il    popolo 
da    varj    altri    imposti    sopra    l'olio,    sete 
crude,  buoi,  ed  altri  animali.  Ma  percioc- 
ché non  mancarono  persone,  le  quali  con- 
tro la  retta  intenzione    di    lui    ampliando 
questo  aggravio  della  carta  bollata,  ne  con- 
vertivano buona  parte  in  lor  prò  con  gra- 
vi lamenti  del  pubblico:    il    santo   padre, 
provveduto  di  buona   mente    per    non    la- 
sciarsi   ingannare    dai   ministri,  coraggio- 
samente da  lì    a    due  anni  abolì  esso    ag- 
gravio, e  ne  riportò  somma  lode  da  tut- 
ti, Nel  dì  17  di  giugno  deli' anno  presente 
diede  fine  al  suo  vivere  il  doge  di  Vene- 
zia Luigi  Fisani,  stimatissimo  per  le   su- 
blimi  e  rare  sue  doti  »    Fu    poi    sostituito 
in  essa  dignità  nel  dì  30  del  suddetto  me- 
se il  cavaliere  e  proccuratore  Pietro  Gri- 
manij  personaggio  di  gran  saviezza,  chia- 
rissimo per  le  sue  cospicue  ambascierie,  e 
veterano  nei  maneggi    e   nelle    cariche    di 
quella  saggia  repubblica .  Infierì  parimente 
la  morte  contra  una  giovane  principessa  de- 
gna di  lunghissima  vita*   Questa    fu   Eli- 
sa- 


Anno  MDCCXLI.  145 
sabetta  Teresa ,  sorella  di  Francesca  duca 
di  Lorena ,  e  regnante  gran  duca  di  To- 
scana, e  moglie  di  Carlo  EmmanueU  re 
di  Sardegna.  Era  essa  giunta  air  età  di 
ventinove  anni,  mesi  otto.,  e  giorni  diciot- 
to.  Avea  nel  dì  21  del  sopradetto  giugno 
dato  alla  luce  un  principino  ,  appellato  poi 
duca  di  Chablais  con  somma  consolazione 
di  quella  corte  .  Ma  si  convertirono  fra 
poco  le  allegrezze  in  pianti ,  perchè  sor- 
presa essa  regina  dalla  febbre  migliarina, 
pericolosa  per  le  partorienti  nel  dì  tre  di 
luglio  rendè  l'anima  al  suo  Creatore .  Non 
si  può  assai  esprimere,  quanta  grazia  aves- 
se questa  principessa,,  per  farsi  amare  non 
solo  dal  real  consorte,  ma  da  tutti  ,  né 
quanta  fosse  la  sua  pietà  e  carità  verso 
dei  poveri .  La  maggior  parte  del  suo  ap- 
panaggio  s'impiegava  in  limosine ,"  e  man- 
candole talvolta  il  danaro,  ella  impegnava 
alcuna  delle  sue  gioje  :  del  che  informato 
il  re,  le  riscuoteva,  e  graziosamente  glie- 
le facea  riportare .  In  somma  universale 
fu  il  cordoglio  per  questa  perdita,  e  dol- 
ce memoria  restò  di  tante  sue  virtù  ;  sic- 
come ancora  restarono  due  principi  e  una 
principessa ,  frutti  viventi  del  suo  matri- 
monio . 

Da  gran  tempo  era  stabilito  T  accasamen- 
to del  principe  ereditario  di  Modena  Erco- 
le  Rinaldo  di  Este  ,  figlio  del  regnante  du- 
ca Francesco  HI  colla  principessa  Mabia 
Teresa  Cibò,  che  per  la  morte  di  don  Ah 

Tom.  XXVII.  K  de- 


tti6       Annali    d'Italia 

derano    duca    di  Massa    e  di  Carrara    suo 
padre ,  era  divenuta  signora  di  quel  duca- 
to. Per  la  non  ancor  abile  età  del  principe 
si  era  differita  finquì  Y  esecuzione  di  que- 
sto maritaggio  ;  ina  finalmente  se  gli  die- 
de   compimento    nel    settembre    dell'  anno 
presente  ;    sicché  sul  fine  di  esso  mese    fu 
condotta  essa  principessa  con  suntuoso  ac- 
compagnamento da  don  Carlo  Filiberto    di 
Este,  marchese  di  san  Martino,  e  principe 
del  sacro    romano  imperio,    alla  volta    di 
Sassuolo,  dove  si  trovava  il  duca  e  la  du- 
chessa Carlotta  Aglae  di  Orleans ,    i    quali 
andarono  ad  incontrarla  a  Gorzano,  e  so- 
lennizzarono dipoi  con  molte  feste    la  sua 
Venuta  é  Stavano  intanto  i  curiosi  aspettan- 
do di  vedere  dopo  tante  dicerie  e  lunarj , 
qual  esito  o  destino  fossero  per    avere  gli 
affari  della  Corsica ,  tuttavia   fluttuante ,  e 
non  mai  pacificata .  Perchè  le  truppe  fran- 
cesi aveano    quivi  preso    sì  lungo    riposo  , 
sognarono    i  novellisti,    che  la    repubblica 
di  Genova  fosse  in  trattato  di  vendere  quell' 
isola  alla    Francia ,    o  di    permutarla    con 
qualche  altro  stato,  o  di  darla  all'infante 
di  Spagna  don  Filippo  genero  del  re    cri- 
stianissimo .    La  vanità  di  sì  fatte    imma- 
ginazioni   in  fine  si  scoprì .    Non    terminò 
l'anno   presente,     che    la    corte    di    Fran- 
cia, entrata  in  impegni  di  maggior  conse- 
guenza ,  richiamò  il  marchese ,    di  Maìlle- 
bois  colle  sue   truppe  in  Provenza  :  laonde 
la  Corsica ,  accorrendo  ogni  dì  nuovi  ban- 
di- 


Anno  MDCCXLI.  14? 
diti ,.  e  sciolta  dal  rispetto  e  timore  dei 
francesi,  tornò  a  poco  a  poco  ai  solito 
giuoco  della  ribellione  con  isdegno  e  pen- 
timento dei  genovesi ,  che  tanto  aveano 
speso  in  procurar  dei  Medici  a  quella  can- 
crena. Con- tali  successi  arrivò  il  fine  dell' 
anno  presente;  anno,  che  con  tanti  prepara- 
menti di  guerra  prometteva  calamità  di 
lunga  mano  maggiori  al  seguente  ;  ed  anno, 
in  cui  oltre  alle  rivoluzioni  dell'  Austria  , 
Boemia  ,  e  Slesia  ,  altre  se  ne  videro  nella 
gran  Russia,  alla  quale  ancora  fu  dichiarata 
la  guerra  dagli  svezzesi  collegati  colla  Por- 
ta Ottomana;  ma  con  tornare  essa  guerra  so- 
lamente in  isvantaggio  della  Svezia  mede- 
sima ,  non  assistita  poi  dai  turchi,  né  capa- 
ce di  far  fronte  alle  superiori  forze  della 
Russia. 

Anno  di  Cristo  1742,  indizione  v, 
di  Benedetto  XIV,  papa  3. 
di  Carlo  VII,  imperadore  1. 

1  iù  di  un  anno  correva,  che  restava  va-* 
cante  il  seggio  imperiale ,  non  tanto  per 
li  diversi  interessi  ed  inclinazioni  degli 
elettori ,  quanto  per  la  disputa  insorta  in- 
torno ai  voto  della  Boemia,  il  quale  ve- 
niva cnntrastato  o  negato  da  chi  o  per 
amore  o  per  forza  seguitava  le  istruzioni 
della  Francia,  per  essere  caduto  quel  re- 
gno in  donna,  cioè  nella  regina  di  Unghe* 
aria  Maria  Teresa  di  Austria,    Ma    da  che 

K  2  Car~ 


ìl$  Annali  d'  It aiia 
Carlo  Alberto  duca  ed  elettor  di  Baviera  si 
fu  impadronito  di  Praga  capitale  di  essa 
JSòemia  ,  e  nel  dì  19  del  precedente  dicem- 
bre si  fece  prestare  omaggio  dai  deputati 
ecclesiastici  e  secolari  delle  città  Boeme  , 
forzate  finqnì  alla  sua  ubbidienza  :  sì  pro- 
cede finalmente  nella  città  di  Francoforte 
air  elezione  di  un  nuovo  imperadore  nel  dì 
24  di  gennajo  dell'  anno  presente .  Concor- 
sero i  voti  degli  elettori  nella  persona  del 
suddetto  elettore  ài  Baviera  ,  che  da  lì  in- 
nanzi fu  intitolato  Carlo  VII  Augusto. 
Contro  di  tale  elezione  la  regina  di  Un- 
gheria non  lasciò  di  far  le  occorrenti  pro- 
teste. Comparve  poscia  in  quella  città  il 
novello  imperadore  nel  dì  31  del  mese  sud- 
detto,, accolto  con  incredibil  magnificenza, 
e  nel  dì  12  di  febbrajo  seguì  la  suntuosa 
funzione  deli'incorooamento  suo.  Susseguen- 
temente  nel  dì  otto  di  marzo  con  gran  so*- 
lennità  fu  coronata  imperadrice  dei  roma- 
ni l'augusta  Maria  Amalia  di  Austria  con- 
sorte del  nuovo  imperadore.  Non  si  potea 
vedere  in  più  beli'  auge  Y  elettoral  casa 
di  Baviera  ,  giunta  dopo  più  secoli  a  ria* 
vere  il  diadema  imperiale ,  divenuta  pa- 
drona del  regno  di  Boemia  ,  e  di  parte 
dell'Austria,  ed  assistita  dalla  potentis- 
sima corte  di  Francia.  O  prima  d'  ora, 
o  in  queste  circostanze,  si  trovò  in  tal 
costernazione  la  corte  austriaca  per  sen- 
tirsi sola  e  abbandonata  in  questa  gran 
tempesta ,  e  dopo  aver  perduto  tanto  ,    in 

pe- 


Anno  MDCCXLtL  149 
pericolo  ancora  di  perdere  molto  più  ,  se 
non  anche  tutto:  che  nel  suo  consiglio  per- 
sona vi  fu ,  che  stimò  bene  dì  persuader  la 
pace  anche  col  sacrifizio  delia  Boemia.  Fu 
questa  una  stoccata  al  cuore  della  regina  * 
Altro  consigliere  poi  si  fabbricò  un  buon 
luogo  nella  grazia  della  maestà  sua  per  V 
avvenire  coli' animare  il  di  lei  coraggio^  e 
conchiudere  >  che  si  avea  a  fare  ogni  pos- 
sibii  resistenza,  confidando  nella  protezio* 
ne  di  Dio  per  la  buona  causa ,  e  col  mo- 
strare >  a  quali  vicende  sia  sottoposta  la 
fortuna  anche  dei  più  potenti.  In  fatti  si 
allestì  un  buon  armamento*  si  usci  in  cam- 
pagna .  e  molto  non  tardò  a  venir  calando 
cotanta  felicità  del  Bavaro  Augusto.  Impe- 
rocché avendo  la  regina  ammanite  molte 
forze  coi  vecchi  suoi  reggimenti  ,  e  colla 
giunta  di  gran  gente  accorsa  dall'  Unghe- 
ria: sul  principio  del  presente  anno  il  grati 
duca  Francesco  suo  consorte  col  general  co* 
mandante  conte  di  Kevenuller ,  governatore 
di  Vienna  ,  dopo  avere  ricuperato  le  città 
di  Stair,  ed  Eens,  andò  a  mettere  l'asse- 
dio alla  città  di  Lintz.  Nello  stesso  tempo 
§'  impadronirono  gli  austriaci  di  Searding , 
e  nel  dì  16  o  pure  17  di  gennajo  diedero 
una  rótta  ad  un  grosso  corpo  di  bavaresi 
condotto  sotto  quella  piazza  dal  maresciallo 
bavarese  conte  Terringh .  La  città  di  Lintz, 
benché  fornita  di  un  presidio  consistente  in 
più  di  settemila  gallo-bavari  ,  pure  nel  dì 
23  dello  stesso  mese  si  arrendè  con    patti 

K   t  ono- 


x^o  Annali  d'Italia 
onorevoli,  essendo  restata  libera  la  guer- 
nigione ,  ma  con  patto  di  non  prendere  per 
un  anno  Tarmi  contro  la  regina  di  Unghe- 
ria: patto,  che  fu  poi  per  alcune  ragioni 
mal  osservato .  Ciò  fatto ,  furiosamente  en- 
trarono gli  austriaci  nella  Baviera  ,  Brau- 
nau  ,  e  Passavia  furono  costrette  ad  arren- 
dersi :  il  terrore  si  stese  fino  a  Monaco  ca- 
pitale di  essa  Baviera  >  la  quale  mancando 
di  fortificazioni  e  di  gente,  che  la  potesse 
sostenere,  nel  dì  15  di  febbrajo  con  con- 
dizioni molto  oneste  venne  in  potere  degli 
austriaci.  Ed  ecco  quasi,  a  riserva  d' In- 
golstad,  e  di  Straubinga,  la  Baviera  sotto- 
messa alla  regina  di  Ungheria  ,  ed  esposta 
alla  desolazione  portata  dall'  armi  vincitri- 
ci., cioè  i  poveri  popoli  condannati  a  far 
penitenza  degli  alti  disegni  del  loro  sovra- 
no .  Mancò  intanto  di  vita  in  Vienna  l'au- 
gusta imperadrice  Amalia  Gulielmina  di 
Brunsvich,  vedova  dell' imperador  Giusep- 
pe. Il  giorno  io  di  aprile  fu  quello,  che 
la  condusse  a  godere  in  Cielo  il  premio 
dell'insigne  sua  saviezza  e  pietà,  di  cui 
anche  resta  in  essa  città  un  perenne  monu- 
mento nel  religiosissimo  monistero  delle 
Salesiane  da  essa  fondato  e  dotato,  e  la  di 
lei  vita  data  alla  luce  per  decoro  della  cat- 
tolica religione. 

Cominciarono  in  questi  tempi  ad  udirsi 
in  armi  ungheri,  panduri,  tolpasci,  anac- 
chi,  ulani,  valacchi,  licani,  croati,  va- 
rasdini,  ed  altri  nomi  strani,  genti  di  ter- 

ri- 


Anno  MDCCXLII.  151 
yjbil  aspetto,  con  abiti  barbarici,  ed  armi 
diverse,  parte  di  loro  mal  disciplinata,  at- 
te nondimeno  tutte  a  menar  le  mani,  e 
spezialmente  professanti  una  gran  divozio- 
ne al  bottino.  Parve  in  tal  occasione,  che 
nei  passati  tempi  non  avesse  conosciuto  1' 
augusta  casa  di  Austria  di  posseder  tante 
miniere  di  armati ,  essendosi  ella  per  lo 
più  servita  delle  sole  valorose  milizie  te-* 
desche;  e  di  qualche  reggimento  di  usseri 
e  croati.  Seppe  ben  la  saggia  regina  di 
Ungheria  prevalersi  di  tutte  le  forze  dei 
suoi  vasti  stati,  e  con  che  vantaggio  lo 
vedremo  andando  innanzi.  Continuò  dipoi 
la  guerra  non  meno  in  Boemia,  che  in 
Baviera  fra  i  gallo-bavari  e  gli  austriaci , 
nel  qual  tempo  ancora  proseguirono  le  osti- 
lità fra  questi  ultimi  e  il  re  di  Prussia  nel- 
la Slesia.  Dacché  l'esercito  della  regina  di 
Ungheria  si  trovò  sommamente  ingrossato 
sotto  il  comando  del  principe  Carlo  di  Lo- 
rena, assitito  dal  maresciallo  conte  di  Ko- 
ningsegg  y  e  del  principe  di  LiBenstein, 
i  prussiani  giudicarono  meglio  di  ritirarsi 
da  Olmutz  con  tal  fretta,  che  lasciarono 
indietro  gran  quantità  di  viveri  e  molti 
cannoni  :  con  che  ritornò  tutta  la  Moravia 
all'ubbidienza  della  legittima  sua  sovrana. 
Trovaronsi  poi  a  fronte  nel  dì  17  di  mag- 
gio le  due  nemiche  armate,  austriaca  e 
prussiana;  e  il  principe  di  Lorena,  che 
ardeva  di  voglia  di  azzardare  una  batta- 
glia ,  soddisfece  al  »uo  appetito  nel    luogo 

K  4  di 


i$&  Annali  d'Italia 
diCzaglau.  Alla  cavalleria  austriaca  riuscì 
di  far  piegare  la  prussiana  ;  ma  perchè  si 
perde  a  saccheggiare  un  villaggio ,  rimasta 
la  fanteria  sprovveduta  di  chi  la  sostenesse 
contro  le  forze  maggiori  prussiane  >  biso- 
gnò battere  la  ritirata ,  e  lasciare  il  campo 
in  potere  dei  nemici.  Secondo  il  solito, 
tanto  l'una  che  l'altra  parte  cantò  maggio- 
ri i  vantaggi  «>  A  udire  gli  austriaci ,  ven- 
nero quattordici  stendardi  ,  due  bandiere  , 
e  mille  prigionieri  in  loro  mani ,  e  la  ca- 
valleria nemica  restò  disfatta  .  Gli  altri  all' 
incontro  vantarono  presi  quattordici  canno- 
ni con  alcuni  stendardi,  e  fecero  ascendere 
la  mortalità,  e  prigionia,  e  diserzion  de- 
gli austriaci  a  molte  migliaja.  Da  lì  innan- 
zi si  cominciò  ad  osservare  una  inazione 
fra  quelle  due  armate,  finché  si  venne  a 
scoprire  il  ministero  $  e  fu  perchè  nel  dì 
ùndici  di  giugno  riuscì  al  Lord  lndfort  mi- 
nistro del  britannico  re  Giorgio  II  di  stabilir 
la  pace  fra  la  regina  di  Ungheria  e  il  re  di 
Prussia,  a  cui  restò  ceduta  la  maggior  parte 
della  grande  e  ricca  provincia  della  Slesia  ; 
essendosi  ridotta  a  questo  sacrifizio  la  re- 
gina per  li  consigli  della  corte  d' Inghilter- 
ra ,  e  per  la  brama  di  sbrigarsi  da  sì  po- 
tente nemico.  Questo  accordo  conchiuso  in 
Breslavia ,  siccome  sconcertò  non  poco  la 
corte  di  Francia,  e  del  bavaro  imperadore 
Carlo  VII  così  servì  ad  essa  regina  per  ri- 
sorgere ad  accudir  con  più  vigore  alla  re- 
sistenza contro  gli  altri  suoi  poderosi    av- 

ver- 


Anno  MDCCXLIÌ.  153 
▼ersarj  .  Per  questa  privata  pace,  che  riu- 
scì cotanto  fruttuosa  a  Federigo  re  di  Prus- 
sia ,  anche  Federigo  Augusto  re  di  Polonia 
ed  elettor  di  Sassonia  saviamente  prese  la 
risoluzione  di  pacificarsi  colla  stessa  re* 
gina  :  al  che  non   trovò  difficoltà  veruna. 

Sbrigate  in  questa  maniera  da  quel  duro 
impegno  Tarmi  austriache,  si  rivolsero  al- 
la Boemia ,  e  andarono  in  cerca  dei  fran- 
cesi. Trovavansi  in  quelle  parti  con  grandi 
forze  i  marescialli  di  BeUisle  >  e  di  Bro- 
glio .  Essendo  nondimeno  superiori  quelle 
della  regina  ,  furono  astretti  a  cedere  varj 
luoghi >  e  finalmente  si  ridussero  alla  dife- 
sa della  vasta  città  di  Praga.  Colà  in  fatti 
comparve  il  principe  Cario  di  Lorena  sul 
principio  di  luglio  col  maresciaìk)  comedi 
Koningsegg ,  e  con  un'armata  di  più  di 
sessantamila  combattenti.  Circa  ventimila 
erano  i  francesi  ,  parte  postati  nella  città , 
e  parte  di  fuori  sotto  il  cannone  della  piaz- 
za ;  ma  apparenza  di  soccorso  non  vi  era, 
aè  si  fidavano  quei  generali  della  copio- 
sa cittadinanza ,  in  cui  cuore  era  già  ri- 
sorto V affetto  verso  la  casa  di  Austria  T 
massimamente  dopo  aver  provato  quei  nuo- 
vi ospiti  secondo  il  solito  troppo  pesanti  * 
Desiderò  il  Bellisle  di  abboccarsi  o  col 
principe  di  Lorena,  o  col  Konings^gg ,  e 
fu  compiaciuto  da  quest'ultimo.  Si  sciol- 
se la  lor  conferenza  in  fumo,  perchè  avreb- 
bono  i  francesi  lasciata  Praga  ,  purché  se- 
ne potessero  andar  tutti  liberi  coi  loro  ba~ 


i54       Annali©' Italia 

gagli ,   laddove  pretese  il    maresciallo    au- 
striaco di  volerli  prigionieri  di  guerra .  Se 
tanta  durezza  fosse  poi  lodata  ,  noi  so  di- 
re.  Certo,  è  che  i  francesi  stimolati  dal  pun- 
to di  onore ,    si  sostennero  per  più  mesi  , 
ed  avvennero  accidenti ,  per  li  quali  fu  con- 
vertito T assedio   in    blocco.    Ne    uscì    coi 
£gli  il  maresciallo  di  Broglio,  e  felicemen- 
te si  salvò .  Tornati  poscia  gli  austriaci  a 
strignere  quella  città,    prese  il  maresciallo 
di  Bellisle  così  ben  le  sue  misure  ,  che  nel 
dì   17  di  ^dicembre  con  circa  diecimila  uo- 
mini, bagaglio,  e  cannoni  da  campagna  se 
ne  ritirò.,  e  guadagnate  due  marcie  perven- 
ne in  salvo  ad  Egra,  benché  pizzicato  per 
tutto  il  viaggio  dagli  usseri  e  croati.  Per- 
de egli  in  quella    ritirata    almeno    tremila 
persone  o  uccise ,  o  disertate  ,  o  morte  di 
freddo,    e  quasi    tutta  l'artiglieria  ,    i  ba- 
gagli, e  fino  i  proprj  equipaggi.    Ciò    non 
ostante  se  gli  austriaci  vollero  mettere    il 
piede  in  Praga,  furono  obbligati  ad  accor- 
dare una  capitolazione  onorevole  allo  smilzo 
presidio  rimasto  in  essa  città  ;  accordando 
in  fine  ciò,     che    sul    principio    avrebbero 
potuto  con  loro  vantaggio  concedere,  e  che 
avrebbe  risparmiato  un  gran  sangue  sparso 
sotto  la  città  medesima. 

Non  provarono  già  un*  egual  prosperità 
nella  Baviera  Y  armi  della  regina  di  Un- 
gheria .  V  assedio  e  bombardamento  della 
città  di  Straubinga  nel  mese  di  aprile  a 
nulla  giovò  per    forzare    alla    resa    quella 

for- 


Anno    MDCCXLII.        155 
fortezza.  Perchè  si  sapea^    che    i  francesi 
comandati  dal  conte  di   Arcourt    venivano 
con  ischiere  numerose  ad  unirsi  col  gene- 
rale bavarese  conte  di  Seckendorf ,  e  giun- 
se a  Monaco  una  falsa    voce ,    che   già    si 
appressavano    a   quella    città:    il    generale 
Stens  nel  dì   29  del  mese  suddetto    preci- 
pitosamente si  ritirò  da  essa  città  di  Mo- 
naco colla  guernigione  austriaca   di    quat- 
tromila   persone,  lasciandovi  un  solo  pic- 
ciolo corpo   di    gente  .    Allora    i   cittadini 
si  misero  in  armi ,  e  i  villani  inseguirono 
e  molestarono  non  poco  la  ritirata  di  es- 
si. Scoperta  poi  la  falsità  della  voce  3  ed 
irritati  gli  austriaci,    ad  altro  non  pensa- 
rono,   che  a  rientrare  in    essa    città.    Vi 
trovarono  quel  popolo  risoluto  alla  difesa , 
e  fu  misericordia  di  Dìo ,   che  non    venis- 
sero ali*  assalto  ,  perchè  a    questo    avrebbe 
tenuto  dietro  uno  spaventevole  sacco.  Ac- 
cordò   il    maresciallo    di   Kevenhuller    nel 
dì  sei  di  maggio  una  nuova  capitolazione 
a  quegli  abitanti  ,  gli  affari  dei  quali  non- 
dimeno molto  peggiorarono  da  lì  innanzi, 
finché  sul  principio    di    ottobre    giunse    la 
loro  redenzione.  Avea  il  Seckendorf  ricu- 
perata la  città  di    Landshut,   dopo  di  che 
s'incamminò  alla    volta    di    Monaco.   Qui 
non  T  aspettarono  gli  austriaci  >  perchè  mol« 
to  inferiori  di  forze  ai  gallo-bavari,  e  ne 
asportarono  quanto  mai  poterono  con  dan- 
no gravissimo  di  quell'infelice    popolo,  il 
quale  diede  in  trasporti    di    allegrezza    al 

ve- 


ig6      A  J»  n  a  l  i    d'Itali  a 
vedere  del  dì  sette  del  mese  suddetto  rieri* 
trare  in  quella    città    le    milizie    dell'au- 
gusto loro  duca  ed  imperadore  Carlo  Vlh 
ripigliarono  poscia  i  bavaresi  Bourgausen , 
e  Brunau  ;  laonde  tutta  la  Baviera    tornò 
prima  che  terminasse  l'anno  all'ubbidienza 
del  suo  sovrano.    Fu  poi  condotto  in  Ba- 
vièra un  poderoso  rinforzo  di  truppe    dal 
maresciallo  di  Broglio,   e    continuarono  le 
ostilità,  ma  senza  alcun"  altra    impresa  di 
grado.  Intanto  quello  sfortunato  paese  era 
il  teatro  delie    calamità,    perchè    divorato 
da  amici    e    nemici .    Fu    anche   superiore 
alla  credenza  il  numero  dei  francesi  o  mor- 
ti di  malattie,  o  uccisi ,  o  fatti  prigionieri 
nella  Boemia  e  Baviera.  Facevansi  in  que- 
sti tempi  dei  grandi  maneggi  in  Inghilter- 
ra ed  Ollanda ,  per  muovere  quelle  poten- 
ze alla  difesa    della    regina    di    Ungheria - 
La  mutazion  del  ministero  in  Londra   ca- 
gion  fu ,  che  il    re    Britannico  y    e    quella 
potente  nazione  si  disponessero  ad  entrare 
in  ballo  ,    tanto    più    perchè    si    sentivano 
irritati  dal    vedere    la    somma    franchezza 
dei  francesi  in  rimettere  contro  i  patti  le 
fortificazioni  di  Dunquerque  .  Perciò  si  co- 
minciarono i  preparamenti  della  guerra  in 
Fiandra  per  Tanno  seguente;    ma    non    si 
potè  altro  ottener  dagli  Óllandesi ,  se  non 
che  darebbono  il  loro  contingente  di  venti 
mila  soldati ,  a  cui  erano  tenuti  in    vigo* 
delle  leghe  precedenti .  Non  men  di  loro  ^ 
anzi  più  vigorsamente  si  misero  in  arnese 

aa- 


Anno    MDCCXLII.         15  ? 
anche  i  francesi    per    far   buon    giuoco    in 
quelle  parti. 

Vegniamo  oramai  all'Italia,  condennata 
anch'essa    a  sofferire  i    perniciosi    influssi 
delle  gare  ambiziose  dei  regnanti.  Da  che 
fu  fatta  gran  massa  di  spagnuoli  ad  Orbi- 
tello  ,  e  nelle  altre  piazze  dei  presidj  ,  sot- 
to il  comando  del    duca    di  Montemar ,  si 
mise  questa  in  marcia  ,  ed  entrata  di  feb- 
braio nello  stato  ecclesiastico  ,  andò  a  pren- 
dere  riposo   in    Foligno ,    e    con     lentezza 
mirabile  arrivò  poi  finalmente  fino    a   Pe- 
saro .  A  quella    volta    ancora    s'  inviarono 
dipoi  le   milizie    napoletane  ,    spedite    dal 
ve  delle  due  Sicilie,  per  unirsi  con  quelle 
del  re  suo  padre  .  Ne  era  generale  il  duca 
di  Castropignano .    Intanto  sul  Genovesato 
andarono  sbarcando  altre  milizie  proceden- 
ti dalla  Spagna  >   e    maggior    numero    an- 
cora se  ne  aspettava  .    Per    quanto  si  sep- 
pe ,  le  idee  della    corte    del    re    cattolico 
erano,  che  il  primo  più  possente  corpo  di 
gente  venisse  alla  volta  di    Bologna  ,    e  1' 
altro  dal  Genovesato  verso  Parma.  Grande 
armamento  in  questi  tempi  avea  fatto  an- 
che Carlo  Emmanuele  re  di  Sardegna ,  ma 
senza  penetrarsi  qual  risoluzione  fosse  egli 
per  prendere,  se  non  che  i  più  prevedeva- 
no ,  che  anderebbono    le    sue    forze    unite 
con    quelle    della    regina    di  Ungheria  ,  sì 
perchè    così    portavano    gì'  interessi    suoi  , 
con  piacendogli  la  vicinanza  degli  spagnuo- 
li, come  ancora  perchè  potea  sperar  mag- 
gio- 


158      Annali   d'Italia 

giore    ricompensa    da    essa    regina.    Reca 
maraviglia  ad  alcuni  l'aver  questo  rea.l  so- 
vrano pubblicati  due  manifesti,    nei  quali 
erano  rapportate  le.  sue  pretensioni    sopra 
lo  stato    di    Milano,   siccome    discendente 
dall'*  infanta  Catterina    figliuola    di  Filip- 
po II  re  di  Spagna .  E  pure  passava  questo 
sovrano  di  concerto  in  ciò  colia    corte  di 
Vienna ,  con  cui  finalmente  si  venne  a  sco- 
prire y  eh'  egli  avea  stabilito  nel  dì  primo 
di  febbrajo  un  Trattato  provvisionale,  per 
difendere    la   Lombardia    dall' occupazione 
dell'armi  straniere.    In  tale  trattato  com- 
parve  la    rara    avvedutezza   del    marchese 
di  Ormea  suo  primo  ministro ,  perchè  re- 
stò esso  re  di  Sardegna  colle   mani    sciol- 
te ,   cioè  in    libertà  di  ritirarsi  quando    a 
lui  piacesse  colla    sola    intimazione  di  un 
mese  innanzi ,    dall'  alleanza   della  regina  . 
Animato  si  trovò  egli  spezialmente  a  tale 
impegno  dalla  sicurezza  datagli  dal  cardi- 
nale di     Fleury  primo  ministro  di  Francia 
che  il  re  cristianissimo  Luigi  XV  non  in- 
tendeva di  spalleggiar  l'armi  del    re   cat- 
tolico    Filippo    V.   per    conto    dell'Italia . 
Svelaronsi  solamente   nel   mese    di    marzo 
questi  arcani  $  e  il  re  Sardo ,  da  che  ebbe 
ritirato  dalla  Savoja   gli  Archivj ,   e  tutto 
ciò,  che  era  di  maggiore  rilievo  cominciò 
a  far  marciare  parte  delle  sue  truppe  alla 
volta  di  Piacenza.  Verso  la  metà  del  me- 
desimo   mese    anche    il    maresciallo    Otto 
Ferdinando  conte  di  Traun  governator  di 

Mi- 


Anno  MDCCXLlf.  159 
Milano  spedì  a  Modena  a  rappresentare  al 
duca  Francesco  111.  di  Este  la  necessità, 
in  cui  il  mettevano  i  movimenti  dei  ne- 
mici spagnuoli,  di  avvanzarsi  con  varj 
reggimenti  nei  principati  di  Correggio  e 
Carpi .  La  licenza  non  si  potè  negare  à 
chi  se  la  potea  prendere  anche  senza  ri- 
chiederla. Perciò  vennero  a  postarsi  gli 
austriaci  in  quelle  partii  tirando  un  cor- 
done verso  la  Secchia ,  e  penetrando  anche 
nel  Reggiano. 

Trovossi  in  un  grave  labirinto  in  questi 
tempi  il  duca  di  Modena,  giacché  si  mi- 
ravano due  nemiche  armate  venir  T  una  da 
Levante,  e  l'altra  da  Ponente,  con  tutte 
le  apparenze ,  che  egli  e  i  suoi  stati  ri- 
marrebbono  esposti  a  deplorabili  traversie, 
e  forse  diverrebbero  il  teatro  della  guer- 
ra ,  perchè  ognun  brama  di  far ,  se  può 
mai ,  questa  danza  in  casa  altrui ,  e  più 
rispetto  si  porterebbe  agli  stati  della  chie- 
sa ,  che  ai  suoi .  Ognun  sa  ,  in  casi  di  tan- 
ta angustia,  quanto  sia  pericoloso  il  par- 
tito della  neutralità  per  chi  ha  poche  for- 
ze,  giacché  senza  farsi  merito  né  celi' una 
né  colf  altra  parte  dei  contendenti ,  si  sog- 
giace alla  disgrazia  di  essere  divorato  da 
amendue  ;  e  a  peggio  ancora,  se  avvien 
che  Tun  degli  eserciti  prevaglia,  troppo 
facilmente  suscitandosi  sospetti  e  ragioni 
per  prevalersi  in  suo  prò  degli  stati  e  del- 
le piazze  altrui-  Persuaso  dunque  esso  di- 
ca ;  che  col  tenersi   neutrale   non    si    facea 

tuin- 


160      Annali    d'Italia 
punì     rnetito  con  alcun  di    essi,    e    ve?f- 
similmente  gli   avrebbe  avuti  nemici    tutti 
e  due  :  si  appigliò  alla  risoluzione  di  ab- 
bracciar uno  di    essi    partiti.    L'ossequio 
ed  affatto,  ch'egli    professava    all'augusta 
casa  di  Austria  ,  e  al  gran  duca  di  Tosca* 
na,  il  consigliavano  ad    unirsi    con    loro, 
ma  troppo  pericoloso  era  per  un   Vassallo 
dell'imperio    il    prendere    le    armi    contro 
dell'  imperador    Carlo    VII.    nemico    delle 
suddette  potenze,  e  l'aderire    alla    regina 
di   Ungheria ,    la    quale    in    vece    d'  inviar 
nuove  genti  alla    difesa    dell'  Italia  ,    avea 
richiamata  di  là  dai  monti    una    parte    di 
quelle  ,    che  qui  si  trovavano ,    ed  avea  in 
oltre  confessato  ad  un  suo  ministro  venuto 
in  Italia  di  non  potersi  impiegare  a  soste- 
ner questi  stati  ;  e  tanto  anche  fece  intender 
al  papa,  e  ai   veneziani  per  loro  governo . 
Manteneva    il    duca    buona    corrispondenza 
colla  corte  di  Torino  ;  ma    questa    il    più 
che  potè  gli  tenne   occulto    il    trattato    di 
lega  ccnchiusa  con  quella  di  Vienna  .  Oltre 
a    ciò    né    pur    comportavano    gì'  interessi 
della  propria  casa  al  duca  di  aver  per  ne- 
mici T  imperadore  e  la    Spagna,   stante    1' 
essersi  scoperto,  che  la  casa  di  Baviera  nu- 
dava delle  pretensioni  sopra  la  Mirandola 
e  suo  ducato  ,  e  il  sapersi  ,  che  don  Fran- 
cesco Pico ,    già    duca  di  essa    Mirandola , 
protetto  dagli  spagnuoli  ne  conservava  del- 
l'altre j  e  che  sopra  la    contea    di   Novel- 
lara  ,  e  sopra  il  ducato  di  Massa  si  erano 

sve- 


A  &  I  ó  MDCCXLIt.  ì6r 
svegliate  liti,  mal  fondate  senza  dubbio  r 
ma  che  nel  tribunale  cesareo ,  se  fosse 
stato  nemico  ,  avrebbono  forse  avuto  buo- 
na fortuna  .  Il  perchè  mosso  il  duca  di 
Modena  da  tali  riflessioni,  cercò  pia  tosto 
di  aderire  alla  parte  dei  più  possenti  po- 
tentati della  cristianità,  cioè  dell'  imprra- 
dore,  e  dei  re  di  Francia  e  Spagna  »  Ave- 
va egli  per  sua  difesa  in  armi  un  bel  reg- 
gimento di  svizzeri  ,  eNun  altro  di  italia- 
ni ,  che  era  intervenuto  alla  battagtia  di 
Crostka  nella  Servia ,  in  tutto  tremila  sol- 
dati. In  oltre  avea  quattro  mila  dei  suoi 
miliziotti  reggimentati ,  disciplinati  ,  ben 
vestiti,  ed  armati,  e  circa  quattrocento 
cavalli  fra  corazze  e  dragoni  :  sussidio  non 
lieve,  uniti  che  fossero  ad  una  giusta  ar- 
mata, oltre  alla  cittadella  di  Modena,  e 
alla  fortezza  della  Mirandola . 

Fu  ben  accolta  in  Madrid  la  proposizio- 
ne del  duca  di  entrar  seco  in  lega ,  ma 
mentre  si  andava  maneggiando  in  tanta 
lontananza  questo  affare,  non  si  sa  come, 
ne  trapelò  l'orditura  ai  ministri  della  regi- 
na di  Ungheria,  o  pure  del  re  di  Sarde- 
gna. Verso  il  fine  di  Marzo  erasi  avan- 
zato, siccome  dicemmo,  esso  re  sardo  fino 
a  Piacenza  ,  facendo  intanto  sfilare  le  sue 
truppe  alla  volta  di  Parma  ,  ed  ivi  avea 
tenuto  consiglio  di  guerra  col  maresciallo 
conte  di  Traun  govemator  di  Milano  ; 
giacché  Tarmata  napolispana  si  era  inol- 
trata sino  a  Riraini.  Si  venne  ancora     in- 

Tom.  XXVII.  L  ten- 


i&2      Annali    d'Italia 
tendendo ,  che  il  grosso  corpo  di  spagnuoli 
sbarcato  in  più  volte  sul  genovesato,  sen- 
za più  pensare  a  far  irruzione  dalla  parte 
del  Parmigiano  >  si  era  come  amico  incam- 
minato per  la  Toscana  a  fine  di  accoppiar- 
si coli'  altro  maggiore  dei  duchi   di   Mon- 
temar  e  Castropignaho.  Non    senza    mara- 
viglia delle  persone  fece   quella    gente    un 
gran    giro.    Se    fosse    calata    pel  Giogo    a 
Bologna  i  e  colà  fosse  pervenuto  il  Monte- 
mar  ,  nulla  era  più  facile  ,    che    il    passar 
fino  sul   Parmigiano,    e    il    prevalersi    poi 
delle  buone  disposizioni  del  duca    di    Mo- 
dena,   ed    unirsi  seco.    Essendo    giunto    a 
Parma  nel  dì  30  di  aprile  il  re  di  Sarde- 
gna ,  portossi  parimente  esso  duca  di  Mo* 
dena  nel  dì  due  di    maggio   con    tutta    la 
corte  a!  delizioso  suo  palazzo  di  Rivalta  , 
tre  miglia  lungi  da    Reggio.    Colà    fu    ad 
abboccarsi  seco  nel  dì  sei  di  esso  mese  il 
marchese  di  Ormea ,  primo  ministro  del  re 
di  Sardegna,  che  tosto  sfoderò  una    copia 
informe  del  trattato,  preteso  intavolato  dal 
duca  colla  corte  di  Spagna  .  Onoratamente 
confessò  il  duca  di  aver  fatto  dei  maneg- 
gi   a  Madrid,    ma    che  nulla    si    era    con- 
chiuso ,    né  sapea ,    se  si    conchiuderebbe  ; 
e  questa  era  la  verità .  Calde  istanze  fece 
T Ormea,  per  indurlo    alla  neutralità;  ma 
perchè  il    duca    ben    previde,    che    accor- 
dando   questo    primo  punto    passerebbe    la 
pretensione  a  richiedere  in    pegno  una  al- 
meno delle    sue   piazze  per    sicurezza    di 

sua 


Anno  MDCCXLIL  163 
•na  fede ,  non  volle  consentire ,  e  prese 
tempo  a  pensarvi.  Per  molti  giorni  po- 
scia si  andò  disputando ,  essendo  passa- 
to il  duca  a  Sassuolo  con  tutta  la  fami- 
glia :  nel  qual  mentre  il  duca  di  Montcmar 
che  per  più  settimane  si  era  fermato  coli' 
esercito  suo  in  Forlì  a  divertirsi  con  un' 
opera  in  musica,  finalmente  si  mosse  alla 
volta  di  Bologna  .  Fama  correa ,  che  i  na- 
polispani  ascendessero  a  qnarantacinquemi- 
la  persone  :  erano  ben  molto  meno  ancor- 
ché il  Montemar  avesse  ricevuto  il  pode- 
roso rinforzo  di  fanti  e  cavalli,  passati 
amichevolmente  per  la  Toscana.  Parea  que- 
sta nondimeno  un'  armata  da  far  gran  fat- 
ti,  se  non  che  la  diserzione,  da  cui  non 
va  esente  alcuno  degli  eserciti ,  si  trovò 
stupenda  in  essa ,  fuggendo  spezialmente 
quegli  alemanni,  che  furono  presi  neir ap- 
parente battaglia  di  Eitonto  ?  e  in  altre 
azioni  ,  allorché  fu  conquistato  il  regno  di 
Napoli  dall'infante  don  Carlo.  Giorno  non 
vi  era ,  in  cui  qualche  centinajo  di  essi 
r»polispani  non  disertasse,  attribuendone 
alcuni  la  cagione  all'  aver  lasciata  cotanto 
in  ozio  quella  gente ,  ed  altri  all'  aspro 
trattamento  degli  Ufìziali ,  giacché  non  si 
può  credere  per  difetto  di  paghe,  perchè 
se  ne  scarseggiavano  gli  Ufìziali  >  al  sem- 
plice soldato  non  mancava  mai  l'occorren- 
te soldo . 

Dopo  la  metà  di  maggio  comparvero  sul 
bolognese  le  truppe  napolispane,  e  a  poco 

L  2  a  pò- 


i$4      Annali    D'Italia 
a  poco    vennero  nel  di  20    a  portarsi  alla 
Samoggia  ,  e  nel  dì  29  si  stesero  fino  a  Ca- 
stelfranco. Certa  cosa  è,  che  se  il  Monte- 
mar  si  fosse  inoltrato  di  huona  ora  sino  al 
Panaro  ,  siccome  allora  superiore  di  forze, 
avrebbe   potuto  occupar  quei  siti ,    e  sten- 
dersi a  coprir  Modena,    e  a  passar    anche 
verso  Parma,    stante  l'avere    sul   principio 
delT  anno  per  mezzo  del  conte  senatore  Zam- 
beccavi  chiesto  ed  ottenuto  dal  dnca  di  Mo- 
dena   il  passaggio.    Parve  dunque,    ch'egli 
non  per  altro  fosse  venuto    in  quelle  vici- 
nanze, se  non  per  burlare  esso  duca  di  Mo- 
dena,  il  quale  intanto  si  andava  schermen- 
do dal  prendere  risoluzione  alcuna  sulla  spe- 
ranza ,    che  lo  stesso  Montemar    passasse  a 
difendere  i  suoi  stati  :  del  che  non  gli  man- 
carono delle  lusinghevoli  promesse  dalla  par- 
te  del  medesimo  generale  spagnuolo.  Die- 
de agio    questa  inazion  dei  napolispani    al 
maresciallo  conte  di  Traun  di  ben  postar- 
si alle  rive  inferiori  del  Panaro  con  dodi- 
cimila tedeschi,  e  similmente  a  Carle  Em- 
manuele  re  di  Sardegna,  passato  nel  dì  19 
di  maggio    sotto  le  mura    di  Modena  ,    di 
andare  anch' egli  a  fortificarsi  alle  rive  su- 
periori di  esso  fiume  .  Di  giorno  in  giorno 
s'  ingrossarono  le  sue  milizie    sino  a  venti 
mila   persone,    giacché    gli   era    convenuto 
lasciare  un'  altra  parte  delle  sue  truppe  al- 
la guardia  di  Nizza,    e  Villafranca  ,    e  ai 
varj  confini   del  Piemonte,    per  opporsi  ai 
disegni    di  un'altra  armata    di  spagnuoli  , 

che 


Anno  MDCCXLII.  16*5 
che  si  andava  formando  in  Provenza  con- 
tro i  suoi  stati ,  e  che  dovea  esser  coman- 
data dall'infante  don  Filippo,  già  pervenu- 
to ad  Antibo  .  Nel  dì  17  di  maggio  pre- 
sero pacificamente  i  savojardi  il  possesso 
della  città  di  Reggio,  da  cui  precedentemen- 
te area  il  duca  di  Modena  ritirate  le  trup- 
pe regolate.  Durava  intanto  una  spezie, 
ma  assai  dubbiosa,  di  calma  fra  esso  duca, 
dimorante  in  Sassuolo  ,  e  gli  austriaco-sar- 
di,  aspettando  questi,  che  giugnessero  al 
loro  campo  cannoni ,  mortari  e  bombe  ,  per 
poter  parlare  dipoi  con  altro  linguaggio. 
Non  avea  il  duca  fìnquì  conchiuso  accordo 
alcuno  colla  corte  di  Spagna  ,  e  neppure 
ricavato  da  essa  un  menomo  danaro  per 
fare  quell'armamento  ,  come  ne  dubitavano 
gli  austriaco-sardi  :  pure  non  sapea  indursi 
a  cedere  volontariamente  le  fortezze  di  Mo- 
dena e  della  Mirandola  ,  richieste  dagli  al- 
leati ,  perchè  quanto  si  trovò  egli  sempre  de- 
luso dal  duca  dì  fllontemar ,  largo  promet- 
titore di  ciò,  che  non  osava  intraprendere  , 
altrettanto  abborriva  di  non  comparire  al- 
la corte  di  Spagna  qual  principe  di  doppio 
cuore ,  perchè  quivi  si  sarebbe  infallibil- 
mente creduto  un  concerto  coi  collegati  la 
forza ,  che  gli  avesse  fatto  cedere  quelle 
piazze . 

Prese  egli  dunque  il  partito  di  abbando- 
nar tutto    alla  discrezione    di  chi    gli    era 
addosso  coli' armi  ,  e  dopo  aver  messi  quat- 
tromila uomini  di  presidio  nella  Cittadel- 
la 3  Ia 


iG6  Annali  d'Italia 
la  di  Modena,  e  tremila  io  quella  della  Mi* 
randola ,  nel  dì  sei  di  giugno  colla  duches- 
sa consorte  ,  e  colle  due  principesse  sorel- 
le, lasciati  i  figli  colla  nuora  in  Sassuolo, 
che  poi  col  tempo  si  riunirono  con  lui , 
prese  la  via  del  Ferrarese,  e  andò  a  riti- 
rarsi a  Crespino,  e  di  là  passò  poi  al  Ca- 
tajo  degli  Obizzi  sul  Padovano,  e  finalmen- 
te si  ridusse  a  Venezia ,  portando  seco  il 
coraggio  ,  costante  compagno  delle  sue  tra- 
versie .  Perchè  aveva  egli  lasciato  ogni  po- 
tere ad  una  giunta  di  suoi  cavalieri  e  mi- 
nistri in  Modena,  furono  spediti  deputati 
al  re  di  Sardegna,  e  dopo  avere  ottenuta 
la  promessa  di  ogni  miglior  trattamento, 
nel  dì  otto  di  giugno  aprirono  le  porte 
della  città  a  circa  millecinquecento  savojar- 
di ,  che  ne  presero  quietamente  il  posses- 
so ,  con  provar  da  lì  innanzi ,  quanta  fos- 
se la  moderazione  e  clemeuza  del  re  di  Sar- 
degna ,  quanta  la  rettitudine  de' suoi  mini- 
stri ,  e  la  disciplina  dei  suoi  soldati .  Co- 
mandante in  Modena  fu  destinato  il  conte 
commendatore  Cumiana ,  cavaliere,  che  non 
lasciava  andarsi  innanzi  alcuno  nella  pru- 
denza ,  e  sapea  l'arte  di  farsi  amare  esti- 
mare da  ognuno.  Nel  dì  12  di  giugno  fu 
dato  principio  alle  ostilità  contro  la  cit- 
tadella di  Modena,  alzando  terra  dalla  par. 
te  del  mezzodì  fuori  della  città  i  savoiar- 
di ,  e  i  tedeschi  da  quella  di  settentrione. 
Perchè  gli  assediati  fecero  una  vigorosa 
sortita,  necessario  fu  il  rinforzare  iT cam- 
po 


'Anno  MDCCXLII.  167 
pò  con  molta  gente .  Erette  due  diverse 
batterie  di  mortari  nel  dì  seguente  comin- 
ciarono a  tempestare  essa  cittadella  con 
bombe  di  dì  e  di  notte  ,  e  seguitò  questo 
flagello  sin  per  tutto  il  dì  27.  Non  avea  il 
duca  Francesco  avuto  tempo  di  provvedere 
essa  cittadella  di  case  ma^tte  ,  e  di  ripari 
contro  le  bombe  ;  e  però  in  breve  si,  tro- 
vò sconcertata  la  maggior  parte  di  quei 
casamenti ,  non  restando  luogo  alcuno  di 
riposo  e  sicurezza  alla  guernigione.  Essen- 
dosi nel  dì  28  alzate  anche  due  batterie 
di  cannoni  contra  di  essa  fortezza  ,  il  ca- 
valiere del  Nero  genovese ,  e  comandante 
della  medesima  ,  nel  giorno  appresso  capi- 
tolò la  resa ,  restando  prigioniere  di  guer- 
ra il  presidio  .  Uscì  poi  nel  dì  quinto  di 
luglio  un  editto  del  re  Sardo  ,  in  cui  di- 
chiarò non  essere  intenzione  della  regina 
di  Ungheria,  né  sua  ,  pendente  la  dimora 
delle  loro  truppe  negli  stati  di  Modena, 
e  durante  l'assenza  del  duca,  di  attribuir- 
si verun  gius  di  permanente  sovranità  e 
dominio  in  essi  stati  ,  ma  quella  sola  au- 
torità y  che  in  sì  fatta  situazion  di  cose 
veniva  dal  diritto  della  guerra  ,  e  dalla 
comune  loro  difesa  permessa.  Furono  oc- 
cupate tutte  le  rendite  ducali ,  e  tolte  le 
armi  a  tutti  gli  abitanti  tanto  delle  città 
che  forensi . 

Mentre  si  facea  questa  terribii  sinfonìa 
sotto  la  cittadella  di  Modena ,  si  stava 
più  di   uno   aspettando    qualche   prodezza 

L  4  del 


i68      AjTHitl   D'iTAfciI 

del   generale  spagnuolo  duca  di  Montemar^ 
che    colle  sue  genti  era  postato    a    Castel- 
franco y  siccome  quegli  ,  che  era  decantato 
per  conquistatore  di  regni  .  Ma  per  disav- 
ventura non  fece  egli  mai   movimento   al- 
cuno per    attaccare    gli    austriaco-sardi   al 
Panaro  ,  tuttoché  sparsi    in    una    linea    di 
molte  miglia  su  quelle  rive,  e  benohè  dal- 
la   parte    di    Spilamberto    e    Vignola    non 
avesse    argini    quel    fiume.    Crebbe    anche 
maggiormente  lo  stupore    negl'  intendenti  , 
perchè   almen  quattromila  combattenti    al- 
leati erano  impegnati  nelle  trincee  sotto  ìa 
cittadella,  e  nella  sera  quattro  altri    mila 
venivano  dal  Panaro  a  rilevar  questi  altri  ; 
laonde  il  campo  di  essi  restava  alleggerito 
di    ottomila    persone.    E    pure    con    tutta 
pace  stette  il  Montemar  contando  le  bom- 
be e    cannonate    dei    nemici ,    sparate    non 
contra  dì  lui ,  e  spettatore  tranquillo  del- 
le sventure  del  duca  di  Modena;  di  modo 
che  alcuni  giunsero  a  sospettare  intelligen- 
za del  medesimo  col  re    di    Sardegna ,    o 
che    un    segreto    ordine    del    cardinale   di 
Fleury  avesse  posto  freno  alla  sua  bravura 
(  tutte  insussistenti  immaginazioni  )  ed  al- 
tri   in    fine    si    fecero   a    credere ,    eh'  egli 
fosse  solamente  un  valoroso  generale,,    al- 
lorché avea  che  fare  con  gente  incapace  di 
resistere,  o  avesse  accordo  con  lui  di  non 
resistere.  Crebbero  molto  più  le    meravi- 
glie^ perchè  nella  notte  del  dì   18  di  gru- 
gno esso  Montemar  levò  il  campo  da  Ca- 
stel- 


Anno  MDCCXLTL  x6g 
stelfiranco,  ed  inviandosi  con  tutti  i  suoi 
a  san  Giovanni  e  a  Cento,  mandò  i  malati 
nei  borghi  di  Ferrara.  Poteva  impadronir- 
si del  Finale,  dove  falso  è,  che  si  trovas- 
sero fortificati  i  nemici  j  come  egli  poscia 
volle  far  credere  .  Giunto  bensì  al  Bonde- 
no  nella  notte  dei  2(5  di  giugno ,  e  quivi 
posto  e  fortificato  un  ponte  sul  Panaro  , 
spedì  di  qua  dieci  o  dodicimila  dei  suoi» 
Non  vi  era  persona  ,  che  non  si  aspettas- 
se,  clv,  egli  imprendesse  la  difesa  della 
Mirandola,,  e  che  anzi  v'entrasse,  giac- 
che il  cavalier  Martinoni  ivi  comandante 
gli  avea  richiesto  soccorso,  e  1'  avea  in- 
vitato a  venire.  Ma  nulla  di  questo  av- 
venne ,  senza  che  mai  s' intendesse  ,  per- 
chè egli  facesse  quella  scena  di  marciar 
colà  e  di  passare  il  Panaro>  per  poi  nul- 
'  la  operare.  Vi  fu  anche  di  più.  All'avvi- 
so della  di  lui  marcia,  il  re  di  Sardegna 
e  il  conte  di  Traun,  spedirono  la  maggior 
parte  della  lor  cavalleria  al  Finale  ,  per  ve- 
gliare ai  di  lui  andamenti  .  Trovavasi  que- 
sto corpo  di  gente  senza  fanteria  ,  e  sen- 
za artiglierie;  e  pure  con  tutte  le  forze 
dell'esercito  suo  il  Montemar  in  tanta  vi- 
cinanza non  pensò  mai  a  molestarlo  ,  non 
che  a  sorprenderlo  :  condotta,  che  maggior- 
mente eccitò  le  dicerie  contro  iì  di  lui 
onore . 

Con  tutto  suo  comodo  si  era  intanto 
trattenuta  in  riposo  a  Modena  T  armata 
austriaco-sarda    senza    apprensione    alcuna 

del 


t?o      Ann  ah   d'Ita  ita 

del  Montemar,  quando  nel  dì  nove  di  lu* 
glia  si  mise  in  viaggio  alla  volta  della  Mi- 
randola;  dove  giunta,  diede  principio  nel 
dì   13  agli  approcci,  ben  corrisposta  dalle 
artiglierie  della  città.  Ma  da  che  anche  le 
batterie  dei  cannoni  e  dei  mortari  comin- 
ciarono a  fulminar  quella  piazza,    e  seguì 
in  essa  l'incendio  di  molte  case:  la  guer- 
nigione ,  già  chiarita  ,  che  niun  pensava  a 
soccorrerla,  nel  dì  22  del    mese    suddetto 
dimandò  di  capitolare;  restando  prigionie- 
ra ,  finché  il  duca  di  Modena    s'inducesse 
a  cedere  anche  le  fortezze  di  Montalfonso, 
di  Sestola  ,  e  della  Veruccola  agli  alleati, 
con  promessa  di    restituirle    alla    pace  ;    e 
queste  poi  furono  cedute.  Pertanto  con  bre- 
ve peripezia  si  vide   spogliato    di    tutti    i 
suoi  stati  il  duca  di  Modena ,  il  quale  in 
mezzo  a  sì  pericolosi  imbrogli  provò  tante 
contrarie  fatalità,  che  niun  potrebbe    im- 
maginarsele,   ma  ch'egli   coraggiosamente 
sopportò .   Videsi    appresso    destinato    am- 
ministrator  generale    di    essi   stati    per   le 
due  corone  il  conte  Beltrame  Cristiani,  il 
quale  tante  pruove  diede    dipoi   della    sua 
onoratezza ,  attività  e  prudenza ,    che    sa- 
pendo accoppiar  insieme  il    buon    servigio 
dei  suoi  sovrani    coir  amorevolezza    verso 
dei  popoli ,    meritò    poi    di    essere    creato 
gran  cancelliere  della  Lombardia    austria- 
ca ,  e  di  riportar  le  lodi  di   ognuno ,   do- 
vunque   si  stese   la    sua    autorità .    Finquì 
era  stato  il  duca  di  Montemar  placido  os* 

ser- 


Anno  MDCCXLII.  171 
servatole  de!  destino  della  Mirandola,  co- 
me se  a  lui  nulla  importassero  i  progres- 
si dei  suoi  nemici ,  Certamente  non  fu  di 
sua  gloria  l'essersi  portato  al  Rondeno,  ed 
aver  passato  il  Panaro  solamente  per  mi- 
rare anche  la  caduta  di  essa  fortezza  sotto 
gli  occhi  suoi.  Da  più  persone  ben  infor- 
mate si  sosteneva,  che  l'esercito  suo  non 
ostante  la  diserzione  sofferta  numerava  tut- 
tavia circa  trentamila  combattenti ,  ed  era- 
na in  viaggio  quattromila  napoletani  per 
unirsi  con  lui.  Si  strignevano  nelle  spalle 
gli  ufiziali  dell'armata  stessa  di  lui  al  mi- 
rar tanta  inazione,  con  tali  forze,  e  sì 
buona  situazione .  Ora  appena  seppe  egli 
la  resa  di  essa  fortezza ,  che  finalmente 
determinò  di  fare  un  premeditato  bel  col- 
po :  colpo  nondimeno  ,  che  parve  a  molti 
poco  onorevole  al  nome  spagnuolo.  Cioè 
prese  la  marcia  coli' esercito  suo  verso  il 
Ferrarese  e  Ravennate  con  fretta  tale,  che 
non  minore  si  osserva  in  chi  è  rimasto 
sconfitto  ,  lasciando  indietro  carriaggi  e 
munizioni  non  poche .  Ma  non  furono  pi- 
gri gli  austriaco-sardi  a  muoversi  anch' 
essi,  e  venuti  per  castello  san  Giovanni  a 
Bologna  ,  si  avviarono  per  la  strada  mae- 
stra nella  Romagna ,  sperando  di  raggiu- 
gnere  i  fugitivi  napolispani .  Questi  per 
buona  ventura  aveano  avuto  gambe  mi- 
gliori, e  pervenuti  nel  dì  31  di  luglio  a 
Rimino,  quivi  si  diedero  a  fare  un  gran 
guasto  ,  cioè  a  fortificarsi  con  trincieramen- 

ti, 


t?2  AnnaH  d'Italia^ 
ti,  spianate,  e  tagli  di  alberi  in  grave  de- 
solazione di  quel  popolo.  Pareva  oramai 
inevitabile  qualche  gran  fatto  di  armi  in 
quelle  strettezze,  essendo  pervenuti  colà 
anche  gli  alleati ,  vogliosi  di  far  pruova 
dell*  armi  loro  ;  quando  nel  dì  io  di  ago- 
sto il  generale  di  Montemar  fece  ben  mo- 
stra di  aspettar  con  pie  fermo  i  nemici , 
anzi  di  voler  venire  a  battaglia,  ma  all' 
improvviso  decampò  anche  di  là  ,  ritiran- 
dosi sollecitamente  a  Pesaro  e  Fano;  do- 
ve precedentemente  erano  state  premesse 
le  artiglierie  e  bagagli. 

Chiunque  nelle  precedenti  guerre  avea 
mirato  il  principe  Eugenio  con  soli  trenta- 
mila armati  tenersi  forte  contro  V  esercito 
gallispano ,  quasi  il  doppio  numeroso  di 
gente,  al  vedere  la  tanto  diversa  condotta 
di  quest*  altro  generale ,  non  sapea  tratte- 
nersi dallo  stupore,  o  dalla  censura.  E  non 
è  già  che  fossero  sì  infievolite  le  di  lui 
forze  ,  giacché  la  maggior  diserzione  fu  ia 
quella  sua  precipitosa  ritirata  ,  e  ciò  non 
ostante  egli  stesso  si  vantò  poscia  ^  in  tem- 
po che  i  napoletani  si  erano  separati  da 
lui,,  di  aver  lasciata  al  conte  dlGages  suo 
successore  un'armata  di  diciottomila  com- 
battenti ,  atti  ad  ogni  maggiore  impresa  , 
ma  che  tali  per  disgrazia  non  erano  stati 
in  addietro.  Strana  cosa  fu,  ch'egli  alle- 
gasse per  motivo  di  quest'altra  ritirata 
ciò,  che,  siccome  diremo,  avvenne  in  Na 
poli  solamente    nel     dì    19  ili    esso    mese 


Anno  MDCCXLIL  173 
Andò  egli  dunque  dopo  varie  frettolose 
marcie  a  incantarsi  nella  valle  di  Spolcti, 
dove  gli  sembrò  di  essere  in  sicuro,  stante 
l'avviso  che  i  collegati  aveano  risoluto  di 
lasciarlo  in  pace.  Tenuto  in  fatti  consiglio 
dal  re  di  Sardegna  e  dal  maresciallo  conte 
di  Traun,  prevalse  il  parere  del  primo  di 
non  passare  di  là  da  Rimino,  e  di  non  più 
inseguire  chi  combatteva  colle  sole  gambe. 
In  oltre  pel  singolare  rispetto  ed  affetto  ^ 
ch'esso  re  Sardo  professava  al  sommo  ponte- 
fice Benedetta  XIV  gli  premeva  di  non  mag- 
giormente essere  d'aggravio  agli  stati  dei- 
la  Chiesa:  motivo,  che  T  avea  anche  trat- 
tenuto in  addietro  dal  passare  colà  dal 
Modenese.  Quel  nondimeno^  che  vie  più 
preponderava  nell'animo  suo  ,  era  il  biso- 
gno dei  proprj  stati,  che  il  richiamava  colà 
per  guardarsi  dalle  minaccie  di  un  altro 
esercito  spagnuolo.  Sicché  da  lì  a  non  mol- 
to si  videro  ritornare  al  Panaro  su  quel  di 
Modena  le  schiere  e  squadre  austriaco-sar- 
de .  Nel  dì  31  di  agosto  arrivò  a  .Reggio 
il  re  di  Sardegna,  e  vi  si  fermò  fino  al  dì 
sei  di  settembre ,  in  cui  venutegli  nuove 
disgustose  di  Piemonte ,  sollecitamente  s' 
inviò  alla  volta  di  Torino ,  dove  sfilava 
intanto  la  maggior  parte  delle  sue  milizie. 
Lasciò  pochi  suoi  reggimenti  nel  Modenese 
sotto  il  comando  del  conte  di  Aspvemont , 
il  quale  unitamente  col  conte  Traun  s'an- 
dò fortificando  in  varj  siti  di  qua  dal  Pa- 
naro, e  massimamente  a  Buonporto. 

In 


i  74  Annali  d'Italia 
In  questi  medesimi  tempi  accadde  ima 
novità  in  Napoli.,  per  cui  gran  romore  e 
tumulto  fu  in  quella  capitale  .  Nel  dì  19 
di  agosto  comparvero  a  vista  di  quel  por- 
to sei  navi  da  guerra  inglesi  di  sessanta 
cannoni  -,  quattro  fregate  ,  un  brulotto ,  e 
tre  galeotte  da  bombe»  Corse  a  furia  il 
popolo  ad  osservare  quella  squadra,  e  la 
corte  entrata  in  apprensione  ,  spedì  nel  gior- 
no seguente  il  Consolo  inglese  al  comandan- 
te di  essi  legni,  per  esplorare  la  di  lui  in- 
tenzione. La  risposta  fu,  che  se  il  re  non 
cessava  di  assistere  i  nemici  della  regina, 
egli  teneva  ardine  di  devastare  quella  cit- 
tà colle  bombe-  e  che  lasciava  tempo  di 
due  ore  a  sua  maestà  per  risolvere .  Indi 
cavato  fuori  V  orologio  ,  cominciò  a  contar- 
ne i  momenti.  Niuno  mai  in  addietro  avea 
pensato  a  provvedere  il  porto  e  la  spiaggia 
di  Napoli  di  ripari  per  somigliante  minac- 
cia ;  e  ne  pur  si  trovava  nel  fastello  del 
porto  provvisione  di  polve  da  fuoco.  Però 
senza  perdersi  in  molte  discussioni  quella 
corte;  nel  breve  Suddetto  spazio  di  tempo 
accettò  la  neutralità ,  e  spedì  lettere  mo- 
strate al  comandante  inglese,  colle  quali 
richiamava  il  duca  di  Cas  tropi  guano  colle 
sue  truppe  nel  regno.  Ciò  ottenuto,  senza 
commettere  alcuna  ostilità  fece  vela  la  squa- 
dra inglese  verso  Ponente .  Il  pericolo  pre- 
sente servì  appresso  di  ammaestramento  , 
per  alzare  fortini  e  bastioni,  muniti  di  ar- 
tiglierie ,    di  maniera  da  non  paventar    da 

lì 


Anno  MDCCXLH.  17^ 
lì  innanzi  ,  chi  tentasse  di  accostarsi  cori 
palandre  e  galeotte  per  salutar  colle  bombe 
quella  Metropoli.  Restò  poi  eseguito  l'or- 
dine regio  ,  e  le  milizie  napoletane  stacca- 
tesi dalle  spagnuole  tornarono  ai  quartieri 
nelle  loro  contrade  :  con  che  si  ridusse  V 
esercito  spagnuolo ,  siccome  dicemmo ,  a  cir- 
ca diciottomila  persone ,  che  poi  prese  quar- 
tiere parte  in  Perugia  e  parte  in  Assisi  e  Fo- 
ligno •  Fu  in  questo  medesimo  tempo,  che 
la  corte  di  Spagna,  avvedutasi  un  poco  trop- 
po tardi  di  avere  raccomandata  la  fortuna  e 
Y  onore  delle  sue  armi  ad  un  generale  ,  che 
sì  male  corrispondeva  alle  sue  speranze;  ri- 
chiamò in  Ispagna  il  duca  di  Montemar,  e 
adirata  contra  di  lui,  comandò  che  non  si 
avvicinasse  alla  corte  per  venti  leghe  *  Fe- 
ce questo  passo  svanire  le  immaginazioni 
dei  suoi  parziali 3  persuasi  in  addietro  ,  eh' 
egli  tenesse  ordini  di  non  azzardar  batta- 
glia e  di  salvar  la  gente  ,  facendola  sola- 
mente ben  menar  le  gambe ,  per  schivar 
gl'impegni.  Andò  egli,  e  durò  non  poco 
la  sua  disgrazia  alla  corte.  Ma  perchè  egli 
non  mancava  di  amici  e  di  merito  per  al- 
tre sue  belle  doti,  col  tempo  fu  rimesso 
in  grazia.  Videsi  un  manifesto  suo,  con 
cui  si  studiò  di  giustificar  le  azioni  sue  in 
questa  campagna  ;  ma  nulla  sartbbe  più 
facile,  che  il  far  conoscere  Pinsmsitenza 
delle  sue  scuse,  e  massimamente  se  uscis- 
sero alla  luce  i  biglietti  da  lui  scritti  al 
duca  di  Modena,  e  alla  Mirandola  in  que- 
ste 


«7?  Annali  d'Italia 
.ste  emergenze.  Restò  dunque  al  comando 
<ìe\V  esercito  spagnuolo  il  tenente  generale 
don  Giovanni  di  Gages  Fiammingo,  che 
pel  valore,  per  l'avvedutezza,  e  per  la 
scienza  militare  potea  servire  di  maestro 
agli  altri.  Nel  dì  14  di  settembre,  in  cui 
s' inviò  il  Montemar  verso  la  Spagna  ,  il 
Gages  in  tre  colonne  mosse  ì'  esercito  suo 
alla  volta  di  Fano,  siccome  consapevole  del 
rilevante  smembramento  dell'armata  austria- 
co-sarda ;  e  alla  metà  di  ottobre  arrivò  a 
postar  le  sue  genti  alla  Certosa  di  Bologna, 
e  in  quelle  vicinanze  ,  con  alzare  trinciera- 
menti  ed  altri  ripari  da  difesa.  Accorsero 
anche  gli  austriaco-sardi  alle  rive  del  Pa- 
naro, e  misero  alquanti  armati  in  Vignola 
e  Spilamberto.  Si  stettero  poi  sino  al  fine 
dell'  anno  guatando  da  lontano  le  due  ar- 
mate ,  e  il  maresciallo  di  Traun  mise  il 
suo  quartier  generale  a  Carpi  . 

Un'  altra  guerra  intanto  ebbe  il  re  di 
Sardegna  y  per  cui  fu  obbligato  a  restituirsi 
in  Piemonte.  Fu  comunemente  creduto,  eh' 
esso  real  sovrano  non  avesse  tralasciato  sì 
nel  principio  che  nel  proseguimento  di  que- 
sta guerra,  di  far  varie  proposizioni  di 
partaggio  della  Lombardia  alla  corte  di 
Spagna  per  mezzo  del  cardinale  di  Fleury , 
che  sempre  si  mostrò  ben  affetto  verso  di 
lui.  Tali  progetti  riguardavano  egualmente 
i  vantaggi  della  real  casa  di  Savoja,  e  dell' 
infante  don  Filippo,  a  cui  si  cercava  un 
riguardevole  stabilimeato  in  essa  Lombar- 
dia , 


Anno    MDCCXLII.  177 

dia,  e  massimamente  in  Parma  ePiacenza, 
città  predilette  della  regina  Elisabetta  Far- 
nese  sua  madre.   Fu  del  pari  creduto,    che 
la  corte  del    re    cattolico    non    aderisse    a 
cedere  parte  delle  meditate  conquiste ,  per- 
chè avida  di  tutto  ,   ed    assai    persuasa     di 
poter  colle  sue  forze  conseguir  tutto.  Qua- 
li poi  fossero  i  sinceri  desiderj  della  corte 
di  Francia  nelle  dispute  di  questi  due  pre- 
Tendenti,  non  si  potè  penetrare,  se  non  che 
fu  giudicato  da  molti  ,  ch'essa  acconsentisse 
bensì  a  qualche  acquisto  in  Lombardia  pel 
suddetto  infante  don  Filippo  ,  ma  non    già 
sì  pingue,    che  alterasse  V  equilibrio    dell' 
Italia,  e  potesse  un  dì  nuocere  alla  Francia 
stessa,   ben    prevedendosi,    che   non    dure- 
rebbe   per   sempre    la   buona    armonia    fra 
quella  corte    e    quella   di  Spagna  .    L'  aver 
dunque    la   Spagna  dato    a  conoscer    il  ge- 
nio troppo  vasto ,  fece  immaginare  agi'  in- 
terpreti   dei  gabinetti,    che    perciò  il   car- 
dinale niun  soccorso  di  gente   volesse  som- 
ministrarle   contra    del     re     di    Sardegna  , 
tuttoché  esso  porporato  ricavasse  dall'  era- 
rio   spagnuolo    grossissime    mensali     som- 
me di  danaro  ,   per  divertire  la  regina    di 
Ungheria  dalla  difesa  degli   stati  d' Italia  . 
Si  oppose  ancora  per  quanto  potè  esso  car- 
dinale alla  venuta  in  Provenza  dell'  infan- 
te don  Filippo,  tuttoché  genero  del   re  cri- 
stianissimo Luigi  XV  ma  non  potè   impe- 
dire, che  la  regina  di  Spagna  non  l'invias- 
se colà  di  buona  ora  ad  aspettar   1'  unione 
Tom.  XXVII.  M  di 


178        Annali    d'Italia 

di  un  corpo  di  truppe,    ascendente  a    pia 
di  quindicimila  spagnuoli ,    che    parte    per 
mare ,    parte  per  terra  andò  arrivando    ad 
Antibo  e  ad  altri    luoghi  della    Provenza . 
Più  tentativi  fece  questa  armata  nel  luglio 
ed  agosto,,    ora  per  passare   il  Varo,    ora 
per  penetrare  nella  valle    di  Demont  ;    ma 
sì  buoni   ripari  aveà  fatto  il  re    di  Sarde- 
gna ,  e  sì  possenti  guardie  avea  messo  nel 
contado  di  Nizza  ,  che  indarno  si  provaro- 
no gli  spagnuoli  di  passare  colà  ;    e    tanto 
fiiù  vana  riuscì  ogni  loro  speranza  ,  perchè 
1  ammiraglio  inglese  Matteus  con  poderosa 
flotta  si  trovava  in  quei  mari  e    contorni , 
per  sostenere  le    milizie    savoiarde.    Nella 
stessa  maniera  andarono  in  fumo  le  lor  mi- 
naccie  contro  la  valle  di  Demont,  e  in  al- 
tre sboccature  verso  1*  Italia.    Ossia  che  le 
trovate  resistenze  facessero  cangiar  disegno, 
o  pure  che  le  vere    mire    fin  da    principio 
non  fossero  verso  quelle  parti  :    in  fine  sul 
principio  di  settembre  V  esercito  spagnuoio 
comandato  dall'infante,  che  sotto  di  sé  avea 
il  generale    conte  di    GLLmes ,    governatore 
della  Catalogna  ,  entrò  nella  Savoja  ,  e  nel 
dì  dieci  di  esso  mese  s'impadronì  della  ca- 
pitale ,  cioè  di  Sciambery  con  citare  i  po- 
poli a  rendergli    omaggio ,    e  con    intimar 
gravi  contribuzioni  « 

V  avviso  di  tale  invasione  quel  fu  ,    che 
sollecitò  Carlo  Emmanuele   re  di  Sardegna 
a  rendersi  in  Piemonte,  e  ad    affrettare  il 
ritorno  colà  di  buona  parte  delle  sue  trup- 
pe, 


Anno  MDCCXLII.  179 
pe>  dimorate  pertanto  tempo  sul  Modene- 
se. Appena  ebbe  egli  unite  le  convenevoli 
forze  ,  che  nel  suo  consiglio  espose  la  ri- 
soluzione da  lui  formata  di  snidar  dalla, 
Savoja  i  nemici.  I  più  dei  suoi  ufiziali  ar- 
ringarono in  contrario,  adducendo  la  man- 
canza dei  magazzini  e  foraggi  in  quella 
provincia,  e  il  pericolo  delle  nevi  per  quel- 
le alte  montagne.  Ma  l'animoso  sovrano 
ebbe  una  ragion  più  possente  dell'altre,, 
cioè  il  suo  coraggio  e  la  sua  volontà  ;  e 
perciò  verso  la  metà  di  ottobre  marciò  Vi 
esercito  suo  per  più  parti  alla  volta  della 
Savoja  .  Non  si  sentì  voglia  1'  infante  don 
Filippo  di  aspettarli  ,  perchè  non  arrivava 
il  nerbo  della  sua  gente  a  quindicimila  per- 
sone .  Ritirossi  pertanto  in  sacrato  *  cioè 
sotto  il  forte  di  Barreau  nel  territorio  di 
Francia  ,  lasciando  abbandonata  tutta  la 
Savoja  al  suo  sovrano.  Pervenne  il  resino 
a  Monmegliano  ,  e  quivi  il  rispetto  da  lui 
professato  al  re  cristianissimo  e  agli  stati 
della  Francia.,  fermò  il  corso  ai  passi  delie 
sue  truppe,  e  ad  ogni  altra  impresa.  Ciò 
fatto  attese  egli  a  riordinar  le  cose  di  quel 
ducalo  ,  a  mettere  in  armi  tutti  que'  sud- 
diti ,  somministrando  loro  fucili,  giacché 
erano  stati  disarmati  dagli  spagnuoli  ;  e  a 
rinforzar  vari  siti  e  forti  3  per  opporsi  ad 
ulteriori  tentativi  dei  nemici .  Venne  il  di- 
cembre, e  venne  anche  rinforzato  il  campo 
spagnuolo  da  un  buon  corpo  di  truppe , 
Con  prenderne  il  comando    il  marchese    de 

M  2  la 


180  Annali  d'Italia 
la  Mina  y  giacché  il  conte  dlGlimes  era  sta- 
to richiamato  inlspagna.  Allorché  gli  spa- 
gnuoli  si  videro  assai  forti  rientrarono  nel- 
la Savoja.,  e  si  ritrovarono  le  nemiche  ar- 
mate alla  vigilia  di  uà  fatto  di  armi.  For- 
se non  l'avrebbe  schivato  il  re  di  Sarde- 
gna; ma  chiarito  ,  che  quando  anche  la  vit- 
toria si  fosse  dichiarata  per  lui,,  non  po~ 
teano  le  milizie  sue  sussistere  nel  verno  in 
un  paese  sprovveduto  affatto  di  grani  e  di 
foraggio,  determinò  più  tasto  di  ricondursi 
in  Piemonte  sul  fine  dell'anno.  S'avverà 
allora  ,  quanto  gli  aveano  predetto  i  suoi 
ufìziali ,  cioè.,  che  l'Alpi  dividenti  l'Italia 
dalla  Savoja  gli  farebbono  guerra  .  S'erano 
in  fatti  caricate  di  nevi  ;  e  pur  convenne 
passarle  ,  ma  con  gravissimi  disagi >  e  con 
perdita  di  molta  gente  perseguitata  dai  ne- 
mìci,  e  di  varj  attrecci  ed  artiglierie,  e 
vie  più  di  cavalli,  muli  ,  e  corriaggi  ;  la- 
onde se  fu  molta  la  gloria  di  avere  scac- 
ciati i  nemici  dalla  Savoja,  restò  essa  ben 
contrapesata  dal  molto  danno  di  quella  o 
forzata  o  volontaria  ritirata  .  Solamente  nel 
di  tre  del  seguente  gennajo  arrivò  il  re  a 
Torino  col  principe  diCarignano;  e  intan- 
to gli  spagnuoli  tornarono  in  pieno  posses- 
so della  Savoja  ,  senza  che  quei  popoli  fa- 
cessero resistenza  alcuna;  mostrando  la  spe- 
rienza  ,  che  per  quanto  i  sudditi  amino  il 
loro  principe  ,  pure  anche  più  di  esso  amano 
se  stessi.  Soggiacque  nell'anno  presente  la 
città  di  Livorno  ad  una  deplorabil  calami- 

tà, 


Anno  MDCCXLIL  iSt 
tà",  per  avere  il  trerrmoto  verso  la  metà  di 
febbrajo  cominciato  a  scuotere  le  case  di 
quegli  abitanti.  Altre  simili  scosse  si  fece- 
ro poscia  udire  sul  fine  di  esso  mese  con 
tale  indiscretezza  ,  che  varie  chiese  ne  pa- 
tirono rovina  ,  e  moltissime  case  ne  rima- 
sero sì  desolate,  o  colle  mura  sì  smosse, 
che  i  padroni  di  esse  salvatisi  nella  campa- 
gna o  nelle  navi,  più  non  si  attentavano 
a  riabitarle.  Fu  in  questo  anno,  che  il  som- 
mo pontefice  Benedetto  XIV  tuttoché  non 
poco  agitato  e  distratto  per  1'  aggravio  in- 
ferito ai  suoi  stati  da  tante  milizie  stranie- 
re, che  quivi,  come  in  casa  propria  gira- 
vano o  fissavano  anche  il  lor  soggiorno  ; 
pure  intento  sempre  al  pastoral  governo  , 
pubblicò  nel  mese  di  agosto  una  risentita 
bolla  contra  di  chi  non  ubbidiva  aiNIecre- 
ti  della  santa  Sede  intorno  a  certi  riti  ci- 
nesi già  vietati,  e  ciò  non  ostante  permes- 
si da  alcuni  missionarj  a  quei  novelli  cri- 
stiani .  Tali  pene  intimò,  e  tali  ripieghi 
prescrisse,  che  si  potè  promettere  da  lì  in- 
nanzi un'  esatra  osservanza  delle  costituzio- 
ni apostoliche. 

Anno  di  Cristo   1743  ,  indizione  vi. 
di  Benedetto  XIV,  papa  4, 
di  Carlo  VII,  impertdore  2. 

A  occò  al  territorio  di  Modena  di  aprire 
in  quest'anno  il  teatro  delle  azioni  mili- 
tari con  una  non  lieve  battaglia  .    Sapea  il 

M  3  con* 


182  Annali  d'Italia 
conte  di  Gages  ,  che  gli  austriaci  e  sardi 
restavano  divisi  in  pia  corpi  e  luoghi  ;  e 
che  i  principali  posti  da  loro  guerniti  di 
gente,  erano  il  Finale  e  Buonporto,  amen- 
due  sul  Panaro;  e  però  pensò  alla  manie- 
ra di  sorprendere  uno  dei  loro  quartieri  • 
Poco  dopo  il  principio  di  fqbbrajo^  affin- 
chè non  si  penetrasse  il  suo  disegno,  tinse 
un  considerabil  furto  a  lui  fatto,  e  nasco- 
so il  ladro  in  Bologna.  Pertanto  fece  istan- 
za al  cardinale  legato,  che  si  chiudessero 
le  porte  della  città  ,  e  si  lasciasse  entrar 
gente,  ma  non  uscirne  alcuno.  Fermossi 
egli  nella  stessa  città  con  alquanti  ufiziali , 
affaccendati  in  traccia^  del  preteso  ladro  . 
Sull'alba  del  seguente  giorno  due  di  feh- 
brajo  s'inviò  la  piccicla  armata  sua  alla 
volta  di  san  Giovanni  e  di  Crevalcuore,  e 
nel  dì  seguente  passato  il  Panaro  fra  So- 
lara  e  Camposanto,  quivi  stabilì  e  assicurò 
un  ponte.  Nulla  di  ciò,  ch'egli  sperava, 
gli  venne  fatto;  perchè  la  notte  stessa^  in 
cui  da  Bologna  si  mosse  l'esercito  suo, 
persona  nobile  parziale  della  regina  di  Un- 
gheria ,  mandò  giù  dalle  mura  di  quella 
città  lettera  di  avviso  di  quanto  manipo- 
lavano gli  spagnuoli ,  a  chi  frettolosamente 
la  portò  a  Carpi  al  maresciallo  conte  di 
Traun.  Furono  perciò  a  tempo  spediti  gli 
ordini  alle  truppe  esistenti  nel  Finale  di 
ritirarsi ,  ed  altri  ne  andarono  a  Parma  , 
ed  altri  siti  ,  dove  si  trovavano  milizie 
austriaco-sarde  .  Raunate  che  furono  tutte, 

il 


• 
Anno  MDCCXLIII.  183 
il  maresciallo  unitosi  col  conte  di  Aspre- 
mont  generale  delle  savoiarde,  nel  dopo 
pranzo  del  dì  otto  del  suddetto  febbrajo 
andò  in  traccia  del  Gages  ,  che  ritiratosi 
a  Camposanto ,  e  coperto  d'ali*  un  canto 
dalle  rive  del  Panaro  ,  dall'  altro  si  era 
afforzato  nella  parocchiale  e  in  varie  case 
di  quel  contorno.  Correva  allora  un  fred- 
do atrocissimo ,  e  a  bel  sereno  erano  stati 
per  più  notti  i  poveri  soldati  in  armi  e 
in  guardia.  Venne  il  tempo  di  menar  le 
mani,  e  si  attaccò  la  sanguinosa  zuffa,  che 
per  essere  allora  il  Plenilunio  ,  durò  sino 
alle  tre  ore  della  notte,  in  cui  gli  spa- 
gnuoli  dopo  avere  spogliati  i  suoi  morti  > 
e  mandati  innanzi  i  feriti ,  si  ritirarono 
di  là  dal  Panaro,  e  ruppero  il  ponte ,  po- 
scia sollecitamente  si  restituirono  al  loro 
campo  sotto  Bologna;  giacché  il  marescial- 
lo di  Traun  non  giudicò  bene  di  permet- 
tere ad  altri,  che  agli  usseri  _,  d'inseguirli 
di  là  dal  fiume  ;  e  forse  non  potè  di  più 
perchè  senza  ponte.  Secondo  il  solito  del- 
lo battaglie,  che  restano  indecise,  ciascu- 
na delle  parti  si  attribuì  la  vittoria  ,  e 
non  mancò  ragione  sì  agli  uni ,  che  agli 
altri  di  cantare  il  te  Deum  • 

Certo  è  ,  che  gli  austriaco-sardi  rima- 
sero padroni  del  campo  di  battaglia,  e  co- 
strinsero gli  avversar;  a  ritirarsi,  e  che  il 
maresciallo  di  Traun,  benché  malconcio 
dalla  gotta  ,  fece  meraviglie  di  sua  perso- 
na ,  e  che  gli  furono  uccisi  sotto  due  ca- 
lvi 4  vai- 


184       Annali    d'Italia 

valli  e  tutta  anche  la  notte  stette  a  caval- 
lo di  un  altro.  Del  pari  è  certo,  che  gli 
spagnuoli  o  per  innavertenza ,  o  per  non 
potere  inviare  l'avviso,  o  pure  per  copri- 
re la  loro  ritirata ,  lasciarono  indietro  in 
una  cassina  un  battaglione  di  Guadalaxara, 
che  fece  bella  difesa,  ma  in  fine  fu  obbli- 
gato a  rendersi  prigioniere  di  guerra.  Con- 
sisteva in  pili  di  trecento  soldati,  e  circa 
ventotto  ufìziali  con  tre  bandiere,  oltre  a 
quasi  cento  altri  prigioni .  Gli  effetti  poi 
mostrarono  ,  che  la  peggio  era  toccata  agli 
spagnuoli.  Contuttociò  è  fuor  di  dubbio, 
che  il  generale  conte  di  Gages  si  trovava 
inferiore  di  forze ,  per  aver  dovuto  lascia- 
re circa  duemila  persone  di  là  dal  fiume 
a  custodire  la  testa  del  ponte,  per  sospet- 
to che  i  nemici  spedissero  genti  a  quella 
volta.  Nulladimeno  sul  principio  riuscì  al- 
la cavalleria  spagnuola  di  rovesciar  la  ca- 
valleria tedesca  dell'ala  sinistra,  e  dimet- 
terla in  fuga  ,  e  se  il  duca  di  Atrisco  in 
vece  di  perdersi  ad  inseguirla  verso  la  Mi- 
randola,  fosse  ritornato  più  presto  al  cam- 
po centro  la  nemica  fanteria ,  comune  sen- 
timento fu  ,  che  1'  armata  austriaco-sarda 
rimaneva  disfatta.  Otto  furono  gli  stendar- 
di ,  e  due  i  timbali  presi  dagli  spagnuoli . 
Ebbero  prigionieri  il  governatore  di  Mo- 
dena commendatore  Cumiana ,  e  i  tenenti 
generali  conte  Ciceri  e  Peisber  ,  che  furono 
rilasciati  sulla  parola,  l'ultimo  dei  quali 
sopravisse  poco  alle  sue  ferite.  Presero  in 

ol- 


Aoó  MDCCXLIII.  ify 
oltre  ventidue  altri  ufiziali  ,  e  circa  du- 
cente* soldati .  Quanto  ai  morti  e  feriti 
ognuna  delle  parti  esaggerò  il  danno  dei 
nemici ,  facendosi  ascendere  sino  a  quattro- 
mila ,  ed  aDche  più,  con  poscia  sminuire 
il  proprio.  Fu  nondimeno  creduto,  che  re- 
stasse molto  indebolita  l'armata  spagnuola  , 
e  che  abbondando  essa  di  ufiziali  molto 
più  che  quella  degli  alleati  ,  più  ancora  ne 
perissero,  o  restassero  feriti  ;  e  che  se  noti 
furono  maggiori  i  vantaggi  riportati  da  es- 
sa ,  forse  ne  fu  maggiore  la  gloria ,  per- 
chè fin  la  sua  ritirata  meritò  plauso  ,  sic- 
come fatta  con  tal  ordine  e  segretezza , 
che  non  se  ne  avvidero  i  nemici ,  se  non 
allorché  mirarono  attaccate  le  fiamme  al 
ponte  sul  Panaro.  Secondo  i  conti  degli 
austriaco- sardi  non  arrivò  a  duemila  il 
numero  dei  loro  morti,  feriti,  e  rimasti 
prigioni.  Né  si  dee  tacere,  che  il  contedi 
Aspremont  savio  e  valoroso  comandante  ge- 
neiale  delle  milizie  savoiarde,  talmente  si 
chiamò  offeso  per  una  lettera  a  lui  mo- 
strata,  in  cui  si  prediceva,  che  le  truppe 
del  re  di  Sardegna,  venendo  un  conflitto, 
si  unirebbono  con  gli  spagnuoii ,  che  non 
guardò  misure  nelP  esporsi  ai  pericoli.  Per 
una  palla  ,  che  il  colpì  nelle  reni  e  passò 
alle  parti  inferiori,  fu  portato  a  Modena, 
dove  dopo  essere  stato  per  più  giorni  fra 
i  confini  della  vita  e  della  morte,  final- 
mente nel  dì  27  di  febbrajo  pagò  il  tri- 
buto della  natura,  compianto  noo  poco  per 

le 


ì  £6       Annali   d'  Italia 

le  sue  degne  qualità.  Funesta  memoria 
della  battaglia  di  Camposanto  restò  in 
quella  Villa,,  e  nelle  circonvicine,  perchè 
nel  di  seguente,  dappoiché  gli  austriaco- 
sardi  si  videro  liberi  dagli  spagnuoli,  vol- 
lero compensarsi  del  bottino,  che  non  avea- 
no  potuto  fare  addosso  i  nemici ,  con  dare 
il  sacco  agi'  innocenti  abitanti  di  esse  Vil- 
le. Per  questa  crudeltà  fu  detto,  che  mo- 
strasse gran  dispiacere  il  maresciallo  di 
Traun  ,  cavaliere  di  buone  viscere ,  contro 
il  cui  volere  certamente  questo  avvenne; 
ma  senza  potere  scusare  la  poca  precauzio- 
ne sua  in  prevedere  ed  impedire  gli  ecces- 
si della  militare  avidità.  Avvisato  nondi- 
meno del  disordine,  spedì  tosto  guardie 
alle  chiese  ,  e  il  meglio  che  potè ,  provvi- 
de al  resto. 

Erasi  ben  ritirato  dopo  la  battaglia  sud- 
detta il  conte  di  Gages  nei  trincieramenti 
suoi  presso  Bologna,  e  gli  aveva  anche  ac- 
cresciuti,  facendo  vista  di  voler  quivi,  co- 
me prima  fissare  la  permanenza  sua .  Non 
andò  molto,  che  si  conobbe,  quanto  gli 
fosse  costato  quel  combattimento,  essen- 
dosi ridotta  Tarmata  sua,  per  quanto  fu 
creduto  ,  a  poco  più  di  otto  o  diecimila 
persone  .  Sperava  egli  dei  rinforzi  da  Na- 
poli ;  ma  per  quante  premure  ed  ordini 
venissero  dalla  corte  di  Madrid  ,  che  pure 
sembrava  dispotica  nelle  due  Sicilie  ,  il 
mioistero  del  re  don  Carlo ,  atteso  Timpe* 
gno  della^ieutralita  concordata  con  gT  in* 
+  glc 


Anno  MDCCXLIII.  187 
glesi ,  e  il  timore  della  lor  flotta  signoreg- 
eiante  nel  Mediterraneo,  sempre  ricusò 
d'  inviar  soccorsi  al  Gages  ,  a  riserva  di 
qualche  partita,  che  sotto  mano  trapelava 
colà  .  All'  incontro  dalla  Germania  era  ca- 
lata gente  ad  ingrossare  1'  esercito  austria- 
co, e  già  il  maresciallo  di  Traun  avea 
spedito  sul  Bolognese  e  Ferrarese  circa  do- 
dicimila armati  ,  che  minacciavano  di  pas- 
sare anche  in  Romagna  per  impedire  agli 
spagnuoli  il  trasporto  dei  viveri  e  foraggi 
da  quella  provincia  .  Pertanto  il  timore  di 
restar  troppo  angustiato  ,  fece  prendere  al 
Gages  la  risoluzione  di  mandare  innanzi 
le  artiglierie  e  i  malati  ,  ed  egli  poi  nel 
dì  26  di  marzo  levato  il  campo  marciò 
alla  volta  di  Rimino,  e  quivi  si  fece  for- 
te col  favore  di  quella  vantaggiosa  situa- 
zione. Da  che  Francesco  III  di  Este  duca 
di  Modena  si  portò  a  Venezia  dopo  l'oc- 
cupazion  dei  suoi  stati  colla  duchessa  e  fi- 
gli ,  si  era  ivi  sempre  trattenuto  sulla  spe- 
ranza,  che  i  maneggi  suoi,  o  la»  fortuna 
dell'armi  facessero  tornare  il  sereno  a  pro- 
prj  affari.  Nulla  di  questo  avvenne  ;  mala 
generosa  corte  di  Spagna  non  volle  già 
abbandonato  un  principe,  non  per  altro 
abbattuto,  se  non  per  l'aderenza  sua  alla 
corona  spagnuola ,  e  per  non  aver  voluto 
accordar  coi  nemici  di  essa  .  Gli  conferì 
dunque  il  cattolico  re  Filippo  V  la  carica 
di  generalissimo  delle  sue  armi  in  Italia  , 
con  salario  convenevole  ad    un   pari    suo  . 

Giù- 


i88  ANttAtt  d'Italia 
Giudicò  anche  bene  la  duchessa  sua  consor- 
te Carlotta  Aglae  di  Orleans  di  passare  a 
Parigi  colla  principessa  Felicita  sua  primo- 
genita, per  implorare  il  patrocinio  dei  re 
cristianissimo  Luigi  XV  nel  naufragio  del- 
la sua  casa.  Nel  dì  4  di  maggio  arrivò 
questa  principessa  a  Rimino,  accolta  dall' 
esercito  spagnuolo  con  ogni  dimostrazione 
di  stima,  e  passata  per  la  toscana  al  gol- 
fo della  Specia  ,  e  quindi  a  Genova  ,  suite 
galere  di  quella  repubblica  fu  poi  traspor- 
tata in  Francia,  giacché  Y ammiraglio  Mat- 
teus  le  fece  rispondere,  che  una  principes- 
sa della  sua  nascita  e  del  suo  grado  non 
avea  bisogno  di  passaporto ,  e  si  rechereb* 
be  a  sommo  onore  di  poterla  servire  egli 
stesso.  Alla  stessa  città  di  Rimino  perven- 
ne nel  dì  nove  di  esso  mese  anche  il  du- 
ca di  Modena,  incontrato  dal  generale  Ga~ 
ges ,  e  da  tutta  l'ufizialità,  e  quivi  fra  il 
rimbombo  delle  artiglierie  prese  il  possesso 
della  carica  sua.  Intanto  il  maresciallo  di 
Traun  richiamò  a  quartieri  sul  Modenese 
l'esercito  austriaco;  e  se  i  curiosi,  che 
non  sapeano  intendere  ,  perdi' egli  non  mar- 
ciasse a  Rimino  per  isloggiar  di  là  gli 
spagnuoli  ,  ne  avessero  chiesta  la  ragione  a 
lui,  siccome  general  prudente,  loro  l'a- 
vrebbe saputo  rendere. 

Nel  luglio  di    quest'  anno    arrivarono    al 
porto  di  Genova  quattordici  saiche  catala- 
ne e  maiorchine,    cariche  di  artiglierie    e 
munizioni  di  guerra,    destinate  per   Orbi- 
tei 


Anno  MDCCXLI1I.  189 
fello y  da  inviarsi  poscia  al  campo  spagnuo- 
lo.  Trovossi  per  questo  in  grave  impegno 
il  senato  genovese ,  perchè  l' ammiraglio 
brittanico  dopo  avere  inviati  alquanti  va- 
scelli a  bloccar  quelle  saiche,  fece  prote- 
stare ai  genovesi,  che  se  permettessero  lo 
sbarco  di  quei  bronzi,  s'intenderebbe  rotta 
con  loro  ogni  neutralità.  Indarno  reclama- 
rono essi  ,  che  nel  porto  loro  era  libero 
ad  ognuno  l'accesso.  Dopo  molte  dispute 
convenne  capitolare ,  e  fu  concordato  che 
quei  cannoni  e  munizioni  si  condurrebbono 
a  Bonifazio  in  Corsica,  ed  ivi  si  custodi- 
rebbono  sino  alla  pace .  In  essa  Corsica 
mostravano  tuttavia  gran  renitenza  quei 
popoli  a  rimettersi  sotto  il  dominio  della 
repubblica  di  Genova  .  Non  vi  si  parlava 
più  del  barone  di  New  ori,  re  di  pochi  gior- 
ni ,  quando  costui  sopra  una  nave  inglese 
di  settanta  e  armoni  xìei  febbrajo  di  quest' 
anno  giunse  a  Livorno.,  e  passò  dipoi  alla 
Corsica.  Verso  la  spiaggia  di  Balàgna  chia- 
mò egli  alcuni  dei  deputati  di  quelle  co- 
munità ,  per  intendere  i  lor  sentimenti  , 
con  far  delle  belle  sparate  di  soccorsi  e 
di  intelligenza  con  dei  potentati.  Ma  aven- 
do quella  gente  assai  conosciuto ,  queste 
essere  parole.,  e  non  fatti,  il  mandarono 
in  santa  pace,  ricusando  un  re  venuto  a 
sfamarsi  alle  spese  loro,  e  non  già  ad  aju- 
tarli.  Tornossene  questo  venturiere  inÓl- 
landa  ed  Inghilterra  a  cercar  migliore  for- 
tuna j  né  più  sì  parlò  di  lui.    Avea  finquì 

Car- 


190  Annali  d'Italia 
Carlo  Emmanuele  re  di  Sardegna,  mante- 
tenuta  buona  corrispondenza  coìla  corte  di 
Francia  j,  mostrandosi  sempre  disposto  a 
ritirar  le  sue  armi  alla  difesa  della  regina 
di  Ungheria,  e  di  abbracciar  la  neutralità  , 
o  di  far  altri  passi  ,  giacché  nel  trattato 
provvisionale  si  era  riserbata  la  facoltà  di 
poter  rinunziare  dalla  presa  alleanza,  qua- 
lora la  corte  di  Spagna  gli  facesse  godere 
qualche  rilevante  vantaggio  .  Era  il  cardi- 
nale Andrea  Ercole  di  Fleury  ,  primo  mi- 
nistro di  Francia ,  il  mediatore  di  questo 
affare.  Ma  venne  a  morte  quel  degno  por- 
porato nel  dì  29  di  gennajo  dell'' anno  pre- 
sente ,  e  secondo  le  vicende  del  mondo  1' 
alta  riputazione  di  lui  guadagnata  in  vita 
per  le  sue  dolci  maniere  ,  per  la  pruden- 
za nel  governo,  e  per  molte  altre  sue  bel- 
le doti  e  virtù ,  calò  non  poco  dopo  la 
sua  morte.  Attribuirono  alla  di  lui  condot- 
ta i  francesi  tutte  le  calamità  loro  avve- 
nute in  Boemia  e  Baviera  ;  e  lagnaronsi 
di  lui ,  per  non  avere  in  tempo  di  pace 
alleggerito  abbastanza  il  regno  di  aggravj  ; 
aggiugnendo  in  oltre,  eh' egli  sapeva  accu- 
mulare, ma  non  poscia  spendere  a  tempo, 
per  far  riuscire  i  disegni  utili  al'a  monar- 
chia francese;  e  ch'egli  avea  tenuto  fin  qui 
in  un  letargo  il  re  cristianissimo ,  sènza 
lasciargli  far  uso  del  suo  spirito,  pieno  di 
generosità  ,  e  capace  di  ogni  bella  impresa  - 

Ossia,  che  la  corte  di  Spagna  non  con- 
sentisse mai  a    partito,  che    proponesse    il 

re 


Anno  MDCCXLI1I.  191 
re  di  Sardegna,  o  che  questi  si  servisse 
delle  esibizioni  della  Spagna  per  fare  mi- 
glior mercato  con  altri:  certo  è,  ch'egli 
nello  stesso  tempo  fu  in  negoziato  colle 
corti  di  Vienna  e  di  Londra.  Poco  profit- 
tava egli  colla  prima  .  Più  condiscendente 
provò  egli  il  re  britannico  Giorgio  II  con 
rappresentargli,  che  non  conveniva  ai  pro- 
prj  interessi  il  continuare  in  questa  guerra 
senza  sicurezza  di  qualche  frutto  e  ricom- 
pensa ;  aver  egli  perduto  le  rendite  della 
Savoja  ;  restar  esposti  a  maggiori  pericoli 
tutti  i  suoi  stati  ;  ed  essere  enormi  le 
spese  _,  ch'egli  facea  ,  e  perchè?  per  sal- 
vare la  regina,  i  cui  stati  nulla  finora 
aveano  patito.  Adoperossi  dunque  il  re  in- 
glese ,  per  indurre  la  corte  di  Vienna  ad 
un  trattato,  che  fermasse  il  re  di  Sarde- 
gna nell'unione  colla  casa  di  Austria  ,  mer- 
cè di  un  adeguato  compenso  alle  perdite 
e  spese ,  eh'  egli  avea  fatte  ,  ed  era  per  fa- 
re. Non  sapea  il  ministero  di  Vienna  ar- 
rendersi ;  ma  giacché  la  corte  eli  Torino 
facea  giocare  il  non  occulto  suo  maneg- 
gio celle  corti  di  Francia  e  di  Madrid  ;  e 
si  ebbe  paura  ,  che  fra  loro  seguisse  qual- 
che accordo,  a  cui  avrebbe  tenuto  dietro 
la  perdita  di  tutto  lo  stato  di  Milano; 
perciò  finalmente  condiscese  la  regina  ad 
assicurarsi  di  quel  reale  sovrano.  Adunque 
nel  dì  13  di  settembre  nella  città  di  Worma , 
o  sia  Vormazia  ,  restò  conchiuso  un  trat- 
tato di  lega  fra  la  regina  di  Ungheria,  e 
'  i  re 


192       Annali    d'Italia 

5  re  d' Inghilterra,  e  di  Sardegna  ,  e  ciò 
in  tempo  che  si  credea ,  e  si  spacciava  co- 
inè sicura  V  alleanza  di  esso  re  Sardo  col- 
le corti  di  Francia  e  Spagna.  Ancorché 
questo  trattato  di  Worrns  non  fosse  pub- 
blicato,  pure  ne  trapelarono  alcune  parti- 
colarità, ed  altre  vennero  alla  luce  per  gli 
effetti,  che  ne  seguirono  appresso .  Cioè  fu 
accordato  nel  nono  articolo  di  cedere  al 
al  re  di  Sardegna  il  Vigevanasco,  e  tutto 
il  territorio  posto  alia  riva  occidentale  del 
lago  maggiore,  abbracciando  Arona,  e  tut- 
ta la  riva  meridionale  del  Ticino  ,  che 
scorre  sino  alle  porte  di  Pavia,  e  la  città 
di  Piacenza  col  suo  territorio  di  qua  dal 
Po  sino  al  fiume  Nura  T  restando  alla  re- 
gina il  Piacentino  di  là  da  Po ,  e  quello 
eh' è  di  qua  dalla  Nura.  Fu  detto,  che 
nel  consiglio  del  re  di  Sardegna  alcun  fos- 
se di  parere,  che  non  si  avesse  a  prendere 
il  possesso  di  tali  acquisti ,  se  non  finita 
la  guerra  ,  e  che  prevalesse  il  parere  di  chi 
consigliava  l' anteporre  il  certo  presente 
air  incerto  futuro  . 

Per  questo  trattato  parve  ,  che  la  corte 
di  Francia  restasse  non  poco  irritata  contra 
del  re  Sardo,  e  certamente  dopo  esser  el- 
la stata  fìnquì  renitente  a  dar  braccio  all' 
armi  spagnuole  per  far  conquiste  in  Ita- 
lia, si  vide  all'improvviso  cangiare  re- 
gistro, con  accordare  all'infante  don  Fi- 
lippo alquante  migliaja  delle  sue  truppe. 
Ora  perchè  il  re  di  Sardegna  avea  sì    bea 

guer- 


Anno  MDCCXLIII.  193 
guerniti  e  fortificati  i  passi ,  che  dalla  Sa- 
voja  conducono  in  Piemonte  ,  oltre  alle  for- 
tezze ,  che  assicurano  quel  varco  :  deter- 
minarono gli  spagnuoli  di  tentare  qualch' 
altro  passaggio  ;  e  lasciati  in  Savoja  circa 
quattromila  soldati  di  presidio,  passarono 
a  Brianzone  verso  la  valle  di  caste!  Del- 
fino. Conosciuti  i  lor  disegni,  sul  fine  di 
settembre  unì  il  re  Sardo  l'esercito  suo 
nel  marchesato  di  Salwzzo,  e  postosi  alla 
testa  di  esso  ,  marciò  per  opporsi  ai  ten- 
tativi dei  nemici.  Calarono  i  gallispani 
nei  primi  giorni  di  ottobre  pel  colle  dell' 
agnello,  per  san  Veran  ,  e  per  altri  siti, 
e  quantunque  s'impadronissero  del  vilag- 
gio  e  forte  di  Pont ,  pure  ebbero  sempre 
a  fronte  i  savojardi,  che  in  più  di  un  luo- 
go li  rispinsero,  e  diedero  lor  delle  busse. 
Pertanto  da  che  si  avvidero ,  essere  troppo 
pericoloso,  se  non  impossibile,  l'inoltrarsi 
e  tanto  più  perchè  cominciò  a  fioccar  la 
neve  in  quelle  montagne,  batterono  nel  dì 
nove  del  suddetto  mese  la  ritirata  ,  pas- 
sando di  nuovo  nel  territorio  di  Francia  , 
ma  con  grave  loro  disagio  >  e  con  lasciare 
indietro  dodici  cannoni  da  campagna ,  che 
vennero  in  potere  dei  savojardi ,  e  colla 
perdita  di  molta  gente ,  la  quale  o  non 
volle  o  non  potè  per  cagion  della  neve 
tener  loro  dietro,  oltre  la  perdita  di  al- 
cune centinaja  di  muli  ,  e  dì  una  parte  del 
bagaglio  .  Tornossene  indietro  anche  il  re 
Carlo  Emmanuele  coli' esercito  suo,  il  qua- 
Tom.  XXVII.  N  le 


194  Annali  d'Italia 
le  non  andò  esente  da  molti  patimenti  per 
V orridezza  della  stagione,  seco  nondimeno 
riportando  la  gloria  di  aver  bravamente 
respinti  i  nemici .  Furono  cantati  te  Deum 
non  solamente  in  Torino  ma  anche  in  Mo- 
dena per  così  felice  impresa.  Perchè  la  re- 
gina di  Ungheria  ebbe  bisogno  di  uno 
sperto  generale  in  Germania,  richiamò  co- 
là il  maresciallo  conte  di  Traun  governa- 
tore di  Milano.  Lasciò  egli  in  queste  par- 
ti grata  memoria  del  suo  discreto  ed  ono- 
rato procedere,  della  sua  moderazione  ed 
affabilità  ,  del  suo  disinteresse,  e  di  molta 
carità  verso  i  poveri  >  siccome  ancora  del- 
la disciplina,  ch'egli  fece  osservare  alle 
milizie  sue,  sempre  acquartierate  in  Car- 
pi, Corregio  ,  e  luoghi  circonvicini.  Nel 
dì  12  di  settembre  arrivò  a  rilevarlo  il 
principe  cristiano  di  Lobkowitz  dichiarato 
capitan  generale  e  governatore  dello  stato 
di  Milano  .  Era  preceduta  una  sinistra  vo- 
ce ,  che  in  compagni!  di  lui  venisse  la 
fierezza  e  la  barbarie.  La  smentì  egli  ben 
tosto  ,  fìttosi  conoscere  signore  di  buona 
legge>  e  di  molta  amorevolezza  in  queste 
parti  .  A  lui  non  poco  debbono  gli  stati 
di  Modena ,  perqhè  regolandosi  con  mas- 
sime diverse  da  quelle  del  Traun,  delibe- 
rò di  liberarle  dai  peso  delle  austriache 
milizie,  per  passare  a  Rimino,  con  dise- 
gno di  cacciar  di  là  gli  spagnuoli  ,  i  quali 
senza  rischio  alcuno  teneano  viva  nel  cuo- 
re d' Italia  la  guerra . 

In 


A  n  v  o    MDCCXLITT.        195 
la  fatti  sul  principio  di  ottobre  si  mos- 
se esso  principe  a  quella    volta    con    tutte 
le  sue  forze.  A  riserva  di  alquanti  canno- 
ni e  di  molte  munizioni ,  che  spedite  dal- 
la Spagna  erano  in    viaggio,    sbarcate    già 
in  vicinanza    di  Civita  Vecchia  (  pel  quale 
sbarco  fecero  gl'inglesi  doglianze  e  minac- 
cie  al  sommo  pontefice  )  niun  rinforzo    di 
gente  era  mai  giunto  al  campo  spagnuolo. 
Però  il  duca  di  Modena,  e  il  conte  Gages , 
attesa  Y  inferiorità  delie  forze ,  non  vollero 
aspettar  la  visita  degli  austriaci,  e  passati  al- 
la Cattolica,  andarono  poi  a  far  alto  a  Pe- 
saro, nella  qual  città  si  afforzarono ,  sten- 
dendo la  lor  gente  sino  a  Fano  e  Sinigaglia  . 
Formarono  ancora  varj  trincieramenti  al  fiu- 
me Foglia    con  varie  batterie  di  cannoni  . 
Fermossi  il  principe  di  Lobkowitz  a  For- 
lì ,  e  parte  della  sua  gente  si  portò  a  Ri- 
mino,  città  ben  perseguitata  dalle  disgra- 
zie in  questi  tempi .    Perchè  la  sua  caval- 
leria in  quelle  strette  campagne  non  potea 
operare,  parve  ch'egli  non  pensasse  a  mag- 
giori   progressi .    Seguirono    dunque    delle 
scaramuccie     solamente     fra     i    micheletti 
e  gli  usseri  ;    e    perciocché    questi    ultimi 
con  varie  schiere  di  croati   e  schiavoni   in 
numero  di  circa  quattro    mila    persone    si 
etano  postati  alla    Cattolica  ,    il    duca    di 
Modena,  con  uno  staccamento  dei  suoi  com- 
battenti per  una  parte  ,  il  general  Gages  per 
un'  altra  ,  e  il  generale  conte  Mariani    per 
mare  in  varie  barche,  nei  primi  giorni  di 

N  2  no»- 


ig5  Annau  d'Italia 
novembre  s'inviarono  con  isperanza  di  sor- 
prenderli. Ma  un.  temporale  in  mare  spin- 
se le  barche  a  Sinigaglia,  e  il  Gages  sba- 
gliò la  strada  ;  laonde  il  solo  duca  coi 
suoi  arrivò  colà .,  e  indarno  aspettò  i  com- 
pagni.  Avvisati  intanto  gli  austriaci  dei 
disegno  degli  spagnuoli  ,  con  gran  fretta 
si  salvarono  a  Rimino  ^  inseguiti  poi  per* 
molto  di  strada  dai  micheletti*  Fermaron- 
si  poi  pel  restante  delf  anno  in  quei  po- 
stamenti  le  due  nemiche  armate,  per  as- 
pettare stagion  più  propria  per  le  azioni 
militari .  Ebbero  anche  apprensione  gli  au- 
striaci dell'accidente  che  seguo. 

Grande  strepito  >  maggior  timore  cagionò 
in  questo  anno  per  Italia  e  per  tutti  i  lit- 
torali  del  Mediterraneo  ed  Adriatico  la  pe- 
ste ,  eh'  era  entrata  y  ed  aveva  preso  piede 
in  Messina.  Colà  approdò  nel  dì  20  di 
marzo  un  pinco  genovese  vegnente  daMis- 
solongi  di  Levante,,  e  carico  di  lana  e  fru- 
mento. Esibì  il  padrone  di  esso  una  paten- 
te falsificata,  come  s'egli  procedesse  da 
Brindisi  .  Gli  fu  prescritta  la  conlumacia 
di  molti  giorni ,  nel  qual  tempo  egli  mo- 
rì ,  e  fu  occultamente  trafugata  qualche  mer- 
catanzia  nella  città.  Insorto  poi  sospetto, 
che  in  quel  pinco  si  annidasse  la  peste  fu 
esso  con  tutto  il  suo  carico  dato  alle  fiam- 
me .  Ma  già  il  malore  era  penetrato  nella 
città  ;  e  cominciò  a  mancar  di  vita  chi 
avea  commerciato  con  quei  traditori.  Se^ 
condo  il  pessimo  costume  dei  popoii ,    che 

trop- 


Anno  MDCCXLIIL  Vo? 
tròppo,  abbonimento pruovano  a  confessar- 
si assaliti  da  questo  orribil  male,  si  anda- 
rono lusingando  i  messinesi  ,  che  per  tutt' 
altro  fossero  avvenute  quelle  morti  ,  e  pe- 
rò non  vi  posero  quei  gagliardo  riparo, 
che  occorreva  in  sì  brutto  frangente  ,  essen- 
dosi permesse  processioni  ed  unioni  del  po- 
polo nelle  chiese  ,  cioè  il  veicolo  più  pro- 
prio per  dilatare  il  male .  Ora  appena  eb- 
be sentore  del  sospetto  di  peste  in  quella 
città  don  Bartolomeo  Corsini  viceré  di  Si- 
cilia ,  che  ne  dimandò  informazione  ;  e  si 
trovarono  i  più  dei  medici  messinesi  ,  che 
attestarono,  quella  non  essere  vera  peste, 
ma  un  male  epidemico,  ancorché  comparis- 
sero abbastanza  i  buboni  ;  se  con  lode  o 
vitupero  dell'arte  loro,  non  occorre,  eh* 
io  lo  dica  .  Ma  il  saggio  viceré  non  fidan- 
dosi di  quella  relazione  ,  inviò  tre  medici 
di  Palermo  alla  visita  di  quegP infermi  ,  e 
tutti  allora  conchiusero,  trattarsi  di  quella 
vera  pestilenza,  che  spopola  le  città.  Fu 
dunque  sul  fine  di  maggio  dato  aliarmi, 
ristretta  Messina  con  un  cordone  di  mili- 
zie ;  e  perchè  il  male  era  passato  di  qua 
dallo  Stretto,  ed  aveva  infetta  la  città  di 
Reggio,  ed  alcuni  altri  luoghi  .della  Cala- 
bria^ la  corte  di  Napoli  anch'essa  pr^se  di 
buone  precauzioni,  per  preservare  il  resto 
del  regno.  Bandi  rigorosissimi  uscirono  per 
tutta  T  Italia,  e  si  arrivò  ne'littorali  del 
Mediterraneo  a  tanta  crudeltà  di  non  voler 
concedere  menono  sbarco   a    molti    poveri 

N  t  mes- 


*9&  Annali  d'Italia 
messinesi ,  che  s'erano  salvati  in  barche 
per  mare^  quasiché  non  si  potesse  assegnar 
loro  qualche  sito  da  far  la  contumacia , 
senza  lasciarli  morir  di  fame»  Non  vorreb- 
bono  in  simil  caso  essere  trattati  così  quegi* 
inumani.  Gran  parte  poi  del  popolo  di 
Messina  in  poco  più  di  tre  mesi  perì  ,  né 
solo  di  peste,  ma  anche  di  fame ,  essendosi 
trovata  la  città  sprovveduta  di  grano  ;  e 
quantunque  fossero  loro  spediti  di  tanto  in 
tanto  dei  soccorsi  per  ordine  del  re  e  del 
viceré  di  Sicilia,  pure  non  bastarono  al 
bisogno  *  Tal  discordia  poi  passa  fra  due 
relazioni ,  che  or  ora  accennerò  intorno  al 
ruolo  degli  estinti  di  quella  città  e  contado  > 
che  meglio  ho  creduto  di  non  attenermi  ad 
alcuna  di  esse  . 

Maraviglia  fu,  che  essendo  in  campagna 
le  armate,  cioè  gente,  che  non  vuole  leg- 
ge, si  salvasse  l'Italia  da  questo  eccidio. 
Anche  per  1*  anno  seguente  si  continuarono 
i  rigori  delle  guardie  e  contumacie,  cosichè 
terminò  in  fine  col  male  anche  la  paura.. 
Se  tali  diligenze  avessero  usate  i  nostri 
maggiori ,  non  avrebbe  in  altri  tempi  fatta 
cotanta  strage  con  dilatarsi  la  peste.  Né 
pure  in  avvenire  passerà  dai  paesi  dei  tur- 
chi esso  male,  o  passando  non  si  dilaterà, 
ogni  qualvolta  si  osservino  le  buone  rego- 
le inventate  per  preservarsi.  Questa  fune- 
stissima tragedia,  0  sia  l'esatta  relazione 
della  peste  suddetta ,  si  truova  data  alle 
stampe  in  Palermo  dal  canonico  don  Fran 

ce 


Anno    MDCCXLIII.        199 
Cesco  Testa,  con  tutti  gli  editti  in  tal  con- 
giuntura emanati  .    Un'  altra  assai    curiosa 
e  molto  utile  relazione  di  quella    tragedia 
in  versi  sdruccioli  ho  io    avuto    sotto    gli 
occhi,    fatta  dall'abate  Enea  Melani    reli- 
gioso gerosolimitano,  che  di  tutto  era  bea 
informato .    Fu  essa-    stampata    in    Venezia 
nel   1747.  Oltre  a  ciò  si  patì  in  questo  an- 
no T  influsso  dei    raffreddori  per    gli    stati 
della  chiesa,  di  Venezia,  e  Toscana,   che 
trassero  al  sepolcro  molte  migliaja  di  per- 
sone.  Mancò  parimente  di  vita  Maria  An- 
na Luisa  dei  Medici,   figlia  di  Cosimo   111 
gran  duca  di  Toscana,  e  vedova  di  Gian- 
Guglielmo  elettor  palatino  ,  a  cui  non  avea 
data  prole:  principessa  di  gran  pietà  e  sa- 
viezza .  Era  nata  nel  dì    undici  di    agosto 
del   1667.  Fatti  molti  riguardevoli    legati, 
lasciò  erede  degli  stabili,  mobili,  e  e:oje 
della  sua  casa  il  duca  di  Lorena  ,  cioè  Fran- 
cesco Stefano,  già  divenuto  gran    duca    di 
Toscana.    Le  proteste  fatte  contra    di    tal 
disposizione  dal  re    delle  due    Sicilie    don 
Carlo,  non  ebbero  certamente  la  forza,  che 
seco  portò  il  possesso.  Giunse  ben  a  tem- 
po questa  ricca  eredità  al    gran  duca,    per 
valersi  dei  molti  preziosi    arredi,    argenti 
e  gioie     in  ajuto  della  regina  di  Ungheria 
sua  consorte  ,  lagnandosi  indarno  in  lor  cuo- 
re   i  fiorentini  al  Vedere  trasportati   altro- 
ve i  tesori  ed  ornamenti  della  loro   città  • 
Nel  dì  nove  di  settembre    fece    il    sommo 
pontefice     Benedetto  XIV  la  tanto  sospira- 

N  4  ta 


200       Annali    d' Italia 

ta  promozione  di  ventisette  cardinali ,  per- 
sone tutte  di  inerito,    tre  dei  quali  si    ri- 
servò in  petto.  Quanto  alla  Germania  ,  do- 
ve più  che    in  altri    paesi    fu    bollente    la 
guerra,  appena  spuntò  la  primavera,  che  la 
regina   di  Ungheria ,    dopo    avere    spedita 
una  potente  armata  contro  la  Baviera,  pas- 
sò   col  gran    duca  consorte    e    correggente 
in  Boemia ,  e  nei  dì  dodici  di  maggio  so- 
lennemente ricevette  in  Praga  la  corona  di 
quel  regno .  Nel  dì  nove  di  esso  mese  all' 
armata  austriaca ,    comandata  dal    principe 
Carlo  di  Lorena ,  e  dai  maresciallo  di  Re* 
venhuller ,    venne  fatto  di    dare  una   rotta 
ai  gallo-bavari ,  postati  alle  rive  del  fiume 
Inn ,    con   fare  molti    prigionieri ,    e    coli' 
acquisto  di  quattro  cannoni  e  di  varj  sten- 
dardi .  Dopo  di  che  il    vittorioso    esercito 
si  spinse  addosso  alla  città  di    Dingelflng^ 
che  abbandonata  dai  francesi  3    non  si    sa  , 
se  per  aver  essi  posto  il  fuoco  ai    magaz* 
zini ,  o  pure  per  barbarie    dei  croati  ,    re- 
stò quasi  preda  delle  fiamme.  Anche  la  cit- 
tà di  Landau  ventìe  in   loro  potere,    e    fu 
attribuito    un  simile    incendio    di    essa    ai 
francesi,  che  le  diedero  anche  il  sacco  pri- 
ma d'andarsene.  Ritiraronsi  in  fretta  pari- 
mente da  Deckendorf,  e  da  Landsut.  Per- 
chè parea,  ch'essi  francesi  facessero  peggio 
degli  stessi  nemici,  non  si  può  dire,  quan« 
to  odio  concepirono  centra  di  loro  i  bava- 
resi .  Arrivavano  già    le  scorrerie  dei    ne- 
mici in  vicinanza  di   Monaco ,    e    però    F 

ITTI- 


Anno     MDCCXLIIL        2ói 
irnperador  Carlo  VII,  che  nel  dì   17  di  apri- 
le era  tornato  in  quella  sua  capitale  ,    non 
trovandosi  ivi  sicuro  ,  nel  dì  otto  di  giu- 
gno per  la  seconda  volta  se  ne  ritirò  riducen- 
dosì  coli'  imperiale  famiglia  ad  Augusta.  Al- 
trettanto andava  facendo  il  maresciallo  fran- 
cese conte  di  Broglio,    il  quale  si    ridusse 
in  salvo    sotto  il    cannone    d' Ingolstat ,    e 
poscia   si    staccò    anche    di    là    all'appros- 
simarsi degli  austriaci ,  ed  abbandonò  fino 
Donawert .  Nei  dì  nove  del  mese  suddetto 
rientrarono  essi  austriaci  in  Monaco,  e  in 
poco  tempo  si  renderono   padroni  di  quasi 
tutta    la  Baviera,    e    dell'alto    Palatinato, 
con  acquisto  di  gran  copie  di    artiglierie  ; 
laonde  l' imperadore  si    ridusse    poscia    in 
Francoforte.  Furono  poi  cagione  questi  ro- 
vesci di  fortuna ,    che  il  gabinetto    del    re 
cristianissimo  giudicasse  a  proposito  di  far 
proporre  alla  regina  di  Ungheria  delle  pro- 
posizioni di  pace.  Pareano  queste  assai  di- 
screte ,  perchè  si  facea  contentare  la  corte- 
di  Baviera  di  un  ritaglio  della    monarchia 
austriaca  ,  per  quanto  fu  detto  ,  cioè  nella 
Briscovia  ;  e  il  re  di  Prussia  di  una    por- 
zione della  Slesia  .  Ma  il  buon  vento  ,  che 
allora  correa  in  favor  della  regina,  egon- 
iìava  le  vele  di  speranze  maggiori  ,  ed  es- 
sendo di   pochi  il    sapersi    moderare    nella 
prospera  fortuna  :  non  le    lasciò    accettare 
la  proposta  concordia ,  allegando  essa  sem- 
pre di  non  poter  permettere ,    che  si  scio- 
gliesse il  viecolo  della  prammatica    sanzio- 
ne. 


202       Annaii    d'Italia 
ne,  assodato  coli'  approvazione  e  giurameli* 
to  di  tante  altre  potenze.  Se  n'ebbe  forse 
a  pentire  col  tempo. 

Nel  presente  anno,  e  nel  dì  27   di  giu- 
gno seguì  una  sanguinosa  battaglia  a  Det- 
tingen  fra  1'  esercito  francese  ,  guidato  dal 
maresciallo  duca  di  Noaglles  ,    e  l' inglese 
ad  Annoveriano  ,  in  cui  si  trovava  lo  stes- 
so re  della  gran  Bretagna  Giorgio  li.  Amen- 
due  le  parti  gareggiarono  in  ispacciar  mag- 
giori i  riportati  vantaggi,   giacché  non    fu 
conBitto  decisivo .  Certo  è  ,  che  gì'  inglesi 
rimasero  padroni  del  campo  di    battaglia  , 
e  contarono  non  pochi  stendardi  e  bandie- 
re prese.  Vennero  intanto  sottomesse  dagli 
austriaci  la  fortezza  di  Braunau  in  Bavie- 
ra ,  e  Friedberg ,    e  Reichental  ,    i    presidj 
dei  quali    luoghi   si    renderono   prigionieri 
di  guerra  .  Nel  dì  20  di  luglio  la  fortezza 
di  Straubingen  con  capitolazioni  oneste    si 
rendè  al  tenente  maresciallo  austriaco   ba- 
rone di  Berenclau.  Sostenne  la  città  di  Egra, 
unicamente  restata  in  Boemia  in  poter  dei 
francesi,  un  lunghissimo  assedio;  ma  final- 
mente nel  dì  sette  di  settembre    quel  pre- 
sidio si  diede  per  vinto  e  prigioniere  dell' 
armi  della  regina  di  Ungheria  :  con  che  la 
Boemia  interamente  tornò  alla  quiete   pri- 
miera .    Grande  materia  di  discorsi    fu    in 
questo  anno  il  veder  tutti  i    francesi    riti- 
rarsi precipitosamente  dalla  Baviera  verso 
il  Reno  ,    e  valicarlo  con  passare  in  Alsa- 
zia. Parve,  che  quella  sì  valorosa  nazione, 

al- 


Anno  MDCCXLIIL  203 
allorché  troppo  si  allontana  dai  confini  del 
suo  regno ,  o  non  conservi  la  consueta  sua 
bravura^  o  non  sia  accompagnata  dalla  for- 
tuna .  Trasse  anche  al  Reno  l'esercito  del 
principe  Carlo  :  esercito  di  gran  possa ,  e 
seguirono  poi  varj  tentativi  per  passarlo  , 
con  altre  azioni  ,  dal  racconto  delle  quali 
io  mi  dispenso  .  Solamente  come  punto  di 
grande  importanza  merita  menzione  la  resa 
della  città  e  fortezza  d'Ingolstat,  accadu- 
ta dopo  pochi  giorni  di  assedio  nel  dì  no- 
ve di  settembre  agli  austriaci  :  Piazza  la 
più  considerabile  della  Baviera  .  Si  conob- 
be nondimeno,  che  v'  intervenne  qualche 
segreto  concerto,  perchè  non  altro  fu  per- 
messo alla  regina  di  Ungheria  >  che  di 
estrarne  l'artiglierie  e  gli  attrecci  e  le 
munizioni  da  guerra.  Colà  si  era  ricovera- 
to il  meglio  deirimperador  bavarese ,  e  a  tut- 
to fu  portato  sommo  rispetto  .  Centosettan- 
tacinque  furono  i  cannoni,  trentuno  i  mor- 
tari ,  che  asportati  di  colà  andarono  a  re- 
clutare i  magazzini  della  regina  di  Unghe- 
ria, la  cui  gloria  crebbe  di  molto  nelT  an- 
no presente»  Trattarono  in  questi  tempi  i 
genovesi  con  tal  serietà  e  dolcezza  gli  af- 
fari della  Corsica ,  esibendo  a  que^  popoli 
ragionevoli  condizioni  di  vantaggio  e  sicu- 
rezza, che  riuscì  loro  in  fine  di  smor- 
zare un  incendio  di  sì  lunga  durata  ,  e  che 
era  loro  costato  parecchi  milioni. 


Au- 


so4      Annali    d'Italia' 

Anno  di  Cristo   1744^  indizione  vin 
di  Benedetto  XIV ,  papa  5. 
di  Carlo  VII,  imperadore  3* 

1  er  tutto  il  verno  del  presente  anno  an- 
darorio  calando  dalla  Germania  copiose  re- 
clute  ,  ed  anche  alcuni  reggimenti ,  che  pas- 
savano ad  ingrossare  Tarmata  del  -principe 
Lobcoivitz  ,  acquartierata  a  Cesena,  Forlì, 
e  Rimine  ,  conoscendosi  abbastanza  ,  altro 
nou  meditarsi,  che  di  procedere  innanzi 
per  cacciar  gli  spagnuoli  da  Pesaro,  e  da 
gli  altri  luoghi  da  loro  occupati  .  All'in- 
contro in  tale  stato  era  T  armata  spagnuo- 
la,  che  quand'  ancke  la  forza  non  la  fa- 
cesse sloggiare ,  sarebbe  essa  obbligata  a 
ritirarsi  a  cagion  della  mancanza  dei  forag- 
gi per  terra,  e  perchè  giravano  per  quei 
lidi  alcuni  legni  inglesi,  che  ne  impediva- 
no il  trasporto  per  mare.  Inviarono  gli 
spagnuoli  rari  distaccamenti  pel  ducato  di 
Urbino,  o  per  precautarsi  dall'essere  assa- 
liti, da  quella  parte,  o  per  far  credere 
di  voler  eglino  assalire  i  Ma  finalmente  il 
principe  di  Lobcowitz  sul  principio  di  mar- 
zo diede  la  marcia  al  poderoso  suo  eser- 
cito^ risoluto  di  venire  a  battaglia,  se  gli 
spagnuoli  intendevano  di  aspettarlo  di  pie 
fermo  .  Noi  vollero  già  essi  aspettare  per 
ordine,  come  essi  diceano  i  venuto  da  Ma- 
drid ;  però  sul  fare  del  giorno  del  dì  set- 
te 7   senza  suono  di  trombe  o  tamburi,    e 

con 


Anno  MDCCXLIV.  205 
con  restar  sempre  chiuse  le  porte  di  Pesa- 
ro ,  s'avviarono  alla  volta  di  Sinigaglia. 
Non  mantenne  il  conte  di  Gages  la  promes- 
sa  fatta  al  vescovo  di  Fano  di  non  disfare 
il  ponte  del  Metauro.  Alle  più  valorose 
truppe,  e  alle  guardie  del  duca  di  Mode- 
na, fu  lasciato  l'onore,  della  retroguardia. 
Nel  dì  nove  arrivò  ad  infestarli  un  grosso 
corpo  di  usseri  e  croati ,  guidati  dal  conte 
Soro,  coi  quali  convenne  venire  alle  mani , 
e  durò  questa  persecuzione  anche  nei  dì 
seguenti ,  con  danno  di  amendue  le  parti  • 
Mentre  andava  innanzi  il  nerbo  dell'  arma- 
ta ,  la  retroguardia ,  che  avea  preso  riposo 
a  Loreto,  nel  di  13  di  esso  marzo  sotto 
le  mura  di  quella  città  si  vide  assalita  da 
cinquemila  austriaci;,  e  il  conflitto  durò 
per  dieci  ore,  con  ritirarsi  in  fine  il  di- 
staccamento austriaco.  Nel  proseguire  il 
viaggio  a  Recanati  gli  spagnuoli  furono  sa- 
lutati dal  cannone  di  due  navi  inglesi ,  che 
uccisero  il  maresciallo  di  campo  Brieschi, 
comandante  delle  guardie  vallone  ,  con  due 
altri  ufiziali.  Nel  dì  16  fu  di  nuovo  assa- 
lita la  retroguardia  suddetta  ,  e  si  combat- 
tè sino  alle  vent' ore  con  vicendevole  mor- 
talità. Finalmente  nsl  dì  18  due  ore  avan- 
ti giorno  1'  esercito  spagnuolo  ,  lasciati 
molti  fuochi  nel  campo,  s'  istradò  verso  il 
iìume  Tronto,  confine  del  regno  di  Napo- 
li, e  nel  mezzo  giorno  sopra  un  preparato 
ponte  di  barche  cominciò  a  passarlo  ,  e  da 
quella  riva  non  si  mossero  il  duca  di  Mo- 
de- 


2o6  Annali  d'Italia 
dena  e  il  conte  diGages,  se  non  dopo  aver- 
li veduti  tutti  in  salvo.  Andarono  poi  es- 
si a  prendere  riposo  per  quattro  giorni  a 
Giulia  Nuova,  e  poscia  furono  ripartite  le 
truppe  in  varj  quartieri,  ma  dopo  aver- pa- 
tita una  grave  diserzione  nel  viaggio.  Sta- 
vano esse  in  Pescara,  Atri,  Chieti,  città 
della  Penna,  e  città  di  sant'Angelo;  nel 
qual  tempo  anche  gli  austriaci  si  accanto- 
narono fra  Recanati  ,  Macerata  ,  Fermo , 
Ascoli,  e  Tolentino.  Se  il  principe  di  Lo- 
bcowitz  avesse  trovata  nei  suoi  subordina- 
ti generali  maggiore  ubbidienza  ed  amore 
di  peggio  sarebbe  avvenuto  alla  precipitosa 
ritirata  del  campo  nemico. 

All'  osservare  questa  brutta  apparenza  di 
cose  ,    non    tardò    l' infante    don  Carlo    re- 
delie  due  Sicilie ,    nel    di    25  di    marzo   a 
muoversi  da  Napoli ,  ed  accorrere  in  per- 
sona   anch' egli     nelle    vicinanze    dell' Ab- 
bruzzo  con  quindicimila  dei  suoi    combat- 
tenti ,  unendosi  con  gli  spagnuoli,  non  già 
con  animo  di  rinunziare    alla    neutralità  , 
ma  solamente  di  guardare  il  suo  regno  da 
gP  insulti  dei  nemici ,  caso  che  questi  fos- 
sero i    primi  a  fare  delle  ostilità.   La  re- 
gina sua    consorte    per    maggior    sicurezza 
fu  inviata  a  Gaeta ,    non    ostante    le    pre- 
ghiere in  contrario  della  appellata  fedelis- 
sima città  di  Napoli.  Non  si  può  negare: 
giudicò  il  principe  di    Lobcowitz  non  dif- 
fìcile la  conquista  del  regno  di  Napoli.  Con- 
duceva egli    una    poderosa  armata  ,    a  cui 

di 


Anno  MDCCXLIV.  207 
ài  tanto  in  tanto  arrivavano  nuovi  rinfor- 
zi di  gente  e  di  munizioni .  Nel  regno  stes- 
so non  mancavano  dei  ben  affetti  all'au- 
gusta casa  di  Austria  ,.  che  segretamente 
faceano  sperar  delle  rivoluzioni  alla  corte 
vi  Vienna .  Però  venne  V  ordine  ad  esso 
principe  d'  inoltrarsi  .  Nei  fine  di  aprile 
un  corpo  di  austriaci,  valicato  il  Tronto  , 
penetrò  riell'  Abbruzzo  ,  e  trovò  gente,  che 
l'accolse  di  buon  cuore.  Ma  il  Lobcowitz 
sul  riflesso  ,  che  facendo  anche  progressi 
da  quella  parte,  restavano  da  superar  le 
montagne,  e  che  tuttavia  egli  si  trovereb- 
be lontano  dal  cuore  e  centro  del  regno: 
determinò  più  tosto  di  prendere  un  cam- 
mino più  facile  per  le  vicinanze  di  Roma 
e  di  Monte  Rotondo  :  cammino  appunto 
eletto  dagli  conquistatori  del  regno  di  Na- 
poli .  Levato  dunque  il  campo  da  Macera- 
ta ,  e  dai  circonvicini  luoghi  ,  si  avviò 
verso  la  metà  di  maggio  a  quella  volta  . 
Par  lo  contrario  Y  infante  re  appena  ebbe 
penetrato  il  di  lui  disegno  ,  che  retrocesse 
a  san  Germano,  e  alle  sue  forze  sonda- 
rono ad  unire  quelle  dell'  esercito  spagnuo- 
lo.  Né  solamente  pensò  alla  difesa  dei  pro- 
prj  confini,  ma  eziandio,  giacché  stimava 
che  l'avessero  i  nemici  disobbligato  dalla 
promessa  neutralità  coi  tentativi  fatti  nel!' 
Abruzzo,  spinse  alcuni  grossi  distaccamen- 
ti nello  stato  ecclesiastico  a  Ceperano , 
Frosinone  ,  e  Vico  Varo  ,  sino  a  giugnere 
coi   suoi  picchetti  al  Tevere.  Nel  dì  24  del 

me- 


2o8  Annali  d'  Italia 
mese  suddetto,  giunto  a  Roma  il  principe 
Lobcowitz  ,  ebbe  una  benigna  udienza: 
dal  papa,  e  chiamò  poi  quella  giornata  dì 
di  trionfo,  stante  il  gran  plauso  e  i  viva 
sonori  di  quella  plebe.  Ben  regalato  se  ne 
andò  a  monte  Rotondo  ;  di  là  poi  passò 
a  Frascati  ,  Morino  ,  castel  Gandolfo  ,  ed 
Albano.  Intanto  entrata  anche  tutta  Tar- 
mata napolispana  nello  stato  ecclesiastico, 
si  divise  in  tre  corpi,  postandosi  il  re  ad 
Anagni  con  uno  ,  il  duca  di  Modena 
con  un  altro  aValmonte,  e  il  generale  di 
Gages  a  monte  Fortino .  Tutti  finalmente 
si  ridussero  a  Velletri,  giacché  si  scoprì 
invogliato  V  esercito  austriaco  di  penetra- 
re per  colà  nel  regno  di  Napoli .  Non  si 
potea  dar  pace  il  pontefice  Benedetto  XIV, 
al  mirare  divenuti  teatro  della  guerra  i 
paesi  della  chiesa  con  tanto  aggravio  e  de- 
solazione dei  sudditi  suoi.  L'unica  speran- 
za di  vedere  in  breve  terminato  questo  fla- 
gello, era  riposta  in  una  giornata  campale , 
che  decidesse  della  fortuna  dell'armi.  Ma 
non  faceano  gli  spagnuoli  in  questi  conti , 
bastando  loro  di  tenere  a  bada  gli  avver- 
sar) ,  tanto  che  non  mettessero  piede  nel 
regno  :  perchè  ben  prevedevano  ,  che  questo 
sarebbe  stato  un  vincerli  senza  battaglia. 
Sul  principio  di  giugno  arrivati  gli  au- 
striaci al  monte  della  Faiola,  ed  occupa- 
to quel  sito,  che  dominava  il  convento  dei 
cappuccini  di  Velletri,  quivi  cominciarono 
ad  alzar  batterie,   per   incomodare    i    na- 

po- 


A  K  *  o  MDCCXLIV.  205 
polispani  esistenti  nella  città,  i  quali  tene- 
vano aperto  alle  spalle  il  commercio  col 
regno  ,  da  cui  continuamente  ricevevano  le 
bisognevoli  provvisioni.  A  Nemi  era  il 
quartier  generale  del  Lobcowitz .  Perchè 
in  questi  tempi  era  restata  poca  gente  al- 
la custodia  dell'Abruzzo,  riusci  al  colo- 
nello  austriaco  conte  Soro  con  un  distac- 
camento di  truppe  di  entrare  nelle  città 
dell'  Aquila  ,  di  Teramo  ,  e  Penna .  Si  eb- 
bero bene  a  pentire  col  tempo  quegli 
sconsigliati  abitanti  di  avere  accolti  quei 
nuovi  ospiti  con  tanta  festa ,  e  di  aver 
prese  anche,  se  pur  fu  vero,  Tarmi  in  Io- 
xo  favore.  Videsi  poi  sparso  per  varj  luo- 
ghi del  regno  un  manifesto  della  regina 
di  Ungheria,  contenente  le  ragioni  di  aver 
mossa  quella  guerra,  coli' animare  i  popoli 
alla  ribellione.  In  esso  furono  toccati  cer- 
ti tasti  ,  che  dispiacquero  alla  sacra  corte 
di  Roma,  ed  essendosene  ella  doluta  ,  pro- 
testò poi  la  regina  di  non  aver  avuta  parte 
in  esso  manifesto  . 

Stavano  dunque  a  fronte ,  separate  da 
una  valle  profonda,  le  due  nemiche  arma- 
te ,  cercando  cadauna  di  ben  fortificare  i 
suoi  posti,  e  di  occupar  quelli  dei  nemi- 
ci. Spezialmente  nella  Faiola  ,  e  in  monte 
Spi«o  si  afforcarono  gli  austriaci,  e  i  na- 
polispani  nel  monte  dei  cappuccini .  Fiocca- 
vano le  cannonate  dall'una  parte  e  dall' 
altra.  Ma  nella  notte  antecedente  al  dì  f7 
di  giugno,    avendo  il    conte  di    Gages    da 

Tom.  XXVII.  O  al- 


210  Annali  d'Itaiia 
alcuni  disertori  ricavato  nome  della  guar- 
dia ,  ed  appresa  la  situazion  degli  austria- 
ci alla  Faiola  ,  sito  onde  era  forte  incomo- 
data la  regia  armata ,  con  grosso  corpo  di 
gente  si  portò  all' assalto  di  quel  posto  me- 
desimo ,  e  se  ne  impadronì,  con  far  pri- 
gioni, oltre  agli  uccisi,  il  generale  di  bat- 
taglia baron  Pestaluzzi ,  il  colonnello  e  te- 
nente colonnello  del  reggimento  Pallavicini, 
ed  altri  ufiziali  con  ducente  sessanta  solda- 
ti ,  e  gli  servì  poi  quel  sito  per  inquietar 
frequentemente  gli  austriaci  nel  loro  cam- 
po. Fu  cagione  questa  positura  di  cose^ 
cotanto  penosa  al  territorio  romano  ,  che 
il  pontefice  Benedetto  XIV  per  sicurezza  e 
quiete  di  Roma  chiamasse  colà  alcune  mi- 
gliaia dei  miliziotti  di  Varie  sue  città.  Du- 
rò poi  la  vicendevole  sinfonia  delle  canno- 
nate e  bombe  sotto  Velletri  con  poco  dan- 
no deir  una  e  dell'  altra  parte  sino  al  dì 
dieci  di  agosto  ;  quando  il  principe  di  Lo- 
bcowitz  ,  animato  dalle  notizie  prese  da 
un  villano  di  Nemi,  e  da  alcuni  disertori, 
determinò  di  tentare  una  strepitosa  impre- 
sa. Il  disegno  suo  era  d'  impadronirsi  di 
Velletri ,  e  di  sorprendere  ivi  il  re  delle 
due  Sicilie,  il  duca  di  Modena,  ed  altri 
primarj  ufiziali  della  nemica  armata .  Nella 
notte  adunque  precedente  al  dì  undici  del 
mese  suddetto  fece  marciare  alla  sordina 
due  corpi  di  gente  ^  V  uno  di  quattromila 
soldati,  e  V altro  di  duemila  per  diverse 
vie.    Il  primo  era  comandato    dai    tenenti 


Anno  MDCCXLIV.  211 
generali  Broun  ,  e  Linden  ,  e  dai  generali 
di  battaglia  Novati  e  Dolon ,  e  questi  fe- 
cero un  giro  verso  la  sinistra  dell'accampa- 
mento napolispano,  ed  arrivati  sul  far  del 
giorno  al  sito ,  dova  erano  postati  i  tre 
reggimenti  di  cavalleria,  della  regina.,  Sa- 
gunto  e^Bordon,  con  alcune  brigate  di  fan- 
teria, le  quali  quantunque  prive  di  trincie- 
ramenti  non  si  aspettavano  una  visita  sì 
fatta,  e  tranquillamente  dormivano:  diede- 
ro loro  addosso  ,  con  attaccar  nello  stesso 
tempo  il  fuoco  alle  tende.  Molti  vi  resta- 
rono uccisi^  altri  rimasero  prigionieri;  chi 
ebbe  buone  gambe >  e  fu  a  tempo,  si  sal- 
vò. Agli  abbandonati  cavalli  furono  taglia- 
ti i  garretti  ,  e  per  conseguente  tolta  la 
maniera  di  più  servire  e  vivere  t  La  sola 
brigata  dei  valorosi  irlandesi  fece  testa  , 
finché  potè;  ma  soprafatta  dalle  forze  mag- 
giori, dopo  grave  danno,  cercò  di  salvar- 
si in  Velletri.  Dietro  ai  fugitivi  per  quel- 
la medesima  porta  entrarono  gli  austriaci 
nella  città,  e  si  diedero  ad  incendiar  varie 
case  per  accrescere  il  terrore  .  Presero  le 
armi  i  poveri  velletrani  ,  per  difendere 
ognuno  le  abitazioni  proprie  j  ed  alquan- 
ti vi  lasciarono  la  vita  .  Avvisato  per 
tempo  il  re  di  questa  sorpresa  ,  balzò 
dal  Ietto,  e  vestito  in  fretta  si  ritirò 
al  posto  dei  cappuccini  ,  ed  era  sola- 
mente in  apprensione  pel  duca  di  Mode- 
na ,  e  per  1?  ambasciatore  di  Francia  .  Ma 
anche  il  duca  di  Modena,  e  l' ambasciato- 
ci a  re 


sia,  Annali  d'  Itali  a  % 
re  ebbero  alcuni  momenti  favorevoli  per 
tener  dietro  a  sua  maestà  fra  le  archibu- 
giate  dei  nemici.  Entrò  il  general  Novati 
nel  palazzo  del  duca;  furono  presi  e  con- 
dotti via  tutti  i  suoi  eavalli  .  Dubbio  non 
ci  è,  che  se  gli  austriaci  avessero  atteso  a 
preseguitare  i  napolispani  ,  e  se  fosse 
giunto  a  tempo  l'altro  corpo  di  gente,  che 
dovea  raggiugnerli ,  restava  la  città  di  Vel- 
letri  in  loro  potere.  Ma  secondo  il  solito 
più  vogliosi  i  soldati  di  bottinare ,  che  di 
combattere  ,  si  perderono  attorno  agli  equi- 
paggi degli  ufìziali  ,  e  alle  sostanze  dei 
cittadini,  con  far  veramente  un  buon  bot- 
tino ,  spezialmente  dove  abitava  Y  ambascia- 
tore di  Francia,  e  i  duchi  di  Castropigna- 
no  e  di  Atrisco .  Ciò  diede  campo  ad  essi 
napolispani  di  rincorarsi ,  e  di  accorrere  al- 
la difesa ,  e  particolarmente  con  furore  s' 
inoltrarono  le  guardie  vallone  per  la  lunga 
strada  di  Velletri  contra  dei  nemici .  Sorpre- 
sero il  general  Novati ,  che  si  era  perduto  a 
scartabellare  le  scritture  del  duca  di  Mo- 
dena, e  custodiva  le  di  lui  argenterie ,  che 
verisimilmente  doveano  essere  il  premio 
delle  sue  fatiche,  e  il  fecero  prigione.  So- 
pravenuto poi  un  rinforzo  del  conte  diGa- 
ges  ,  talmente  furono  incalzati  gli  austria- 
ci ,  che  chi  non  rimase  o  ucciso  o  prigio- 
ne ,  fu  forzato  a  salvarsi  fuori  di  Velletri, 
e  di  lasciar  libera  la  città  . 

Mentre  si  facea  questa  sanguinosa  danza 
in  Velletri  ,    il  principe  di  Lobcowitz  con 

ai- 


Anno    MDCCXI.1V.       2tg 
altri  novemila    soldati  dovea    portarsi    all' 
assalto    dei  posti    della    collina    fortificati 
dai    nemici.    Tardò  troppo.    Tuttavia    gli 
riuscì    di   occupar    qualche  sito    del  monte 
Artemisio.    Ma  così  incessante   fu  il  fuoco 
degli  spagnuoli    che  quanti    s1  avanzavano  , 
rotolavano  uccisi  al  fondo  della  valle ,    di 
maniera  che  dopo   un  ostinato  conflitto  di 
alcune  ore ,  furono  forzati  anche  quegli  au- 
striaci a  battere    la  ritirata  ,    e  ad  abban- 
donare gli    occupati    posti.    Terminata    la 
scena,  ognuna  delle  parti    esaltò  a    dismi- 
sura la  perdita  dell'altra.  I  più  saggi  cre- 
derono ,    che  trai  morti  e  prigioni  di    na- 
polispani  vi  restassero  almen  duemila  per- 
sone ,  fra  le  quali  di  prigionieri  si    conta- 
rono circa  ottanta  ufiziali,   e  fra  gli    altri 
.il  general    conte    Mariani  ,    sorpreso    colla 
gotta  in  letto.    Vi   perdevono    anche y    chi 
disse  nove,  e  chi  dodici  bandiere  della  bri- 
gata d'Irlanda.  Dalla  banda  degli  austria- 
ci rimasero  prigioni  oltre  al  generale   No- 
vati  ,  diciotto  altri  ufizialr,  e  molti  solda- 
ti colti  in  Velletri,  e  quantunque  spaccias- 
sero di  aver  lasciati  morti  sul  campo  sola- 
mente circa  cinquecento  uomini,    pure  gli 
altri  fecero  ascendere  la  lor  perdita  a  più 
di  duemila  persone.  La  verità  si  e,  che  se 
mancò  la  felicità,  non  mancò  già  la  gloria 
di  questo  tentativo  al  principe  di  Lobcov- 
vitz  3    perchè  in  simili  casi    né    si  possono 
prevedere  tutti  gli    accidenti  ,    né  a    tutto 
provvedere.  Ma  certo  è  altresì  ,  che  mag- 

0  3  gior 


2i4  Annali  r>'  I  t  al  t  a 
gìor  fu  la  gloria  dei  napolispani ,  i  quali 
in  sì  terribil  improvvisata,  e  con  tanto 
avanzamento  dei  nemici  >  non  solamente  si 
seppero  sostenere  \  ma  anche  rovesciarono 
valorosamente  le  loro  schiere,  superando 
una  tempesta,  che  fece  grande  strepito  en- 
tro e  fuori  d'Italia.  Dopo  questo  fattore- 
state  le  due  armate  nei  consueti  loro  po- 
sti,  continuarono  a  salutarsi  coi  recipro- 
chi spari  di  artiglierie  senza  vantaggio  da- 
gli uni  e  degli  altri.  Attese  intanto  V  in- 
fante re  don  Carlo  a  rimontare  la.  sua  ca- 
valleria :  al  che  concorsero  tutti  i  vassalli 
del  regno  di  Napoli ,  ed  anche  quei  di  Si- 
cilia .  Varj  distaccamenti  spediti  dal  re  in 
Abbruzzo  ne  fecero  in  questi  tempi  slog- 
giare il  colonnello  Soro  coi  suoi  palpitan- 
ti, e  tornare  alla  ubbidienza  della  maestà 
sua  le  già  occupate  città  .  Il  rigore  usato 
contra  di  quegli  abitanti  dal  comandante 
Napoletano,  fu  detto,  che  venisse  detesta- 
to dalla  corte  stessa,  e  tanto  più  da  chi 
senza  parzialità  pesava  le  azioni  degli  uo- 
mini , 

Per  tutto  il  settembre  ,  e  per  quasi  tut- 
to l'ottobre  stettero  in  quella  positura  ed 
inazione  le  due  nemiche  armate  sotto  Vel- 
letri ,  quando  si  cominciò  a  scorgere,  che 
il  principe  di  Lobcowitz  meditava  di  de- 
campare, e  di  ritirarsi  alla  -volta  del  Te- 
vere, giacche  inviava  innanzi  verso  Civita 
Vecchia  i  suoi  malati ,  e  parte  delle  arti- 
glierie, munizioni,  e  bagagli.  Certamente 

du- 


Anno    MDCCXLIV.       215 
durante  la  state  non  erano  cessati  di    giù- 
gnére  nuovi  rinforzi  di  gente  al  suo  cam- 
po; ma  di  gran  lunga  sempre  maggiore  si 
trovava  il  numero  di  coloro,  che  cadevano 
infermi ,  e  andavano  anche  mancando  di  vi- 
ta .  I  caldi  di  quel  paese  non  si  confaceva- 
no colle  complessioni  tedesche,  avvezze  ai 
freddi,  e  l'aria  delle  vicine  paludi  Ponti- 
ne stendeva  fin  colà  i    perniciosi   suoi    in- 
flussi ,  di  modo  che  quanto  si  trovò  in  es- 
so ottobre  infievolito  V  esercito  suo  ,  altret- 
tanto si  vide  disperato  il   caso  di    vincere 
la  pugna ,    e  di  obbligare  li    napolispani  a 
retrocedere.  Non  è  già,  che  restasse  esente 
da  gravissimi  guai  anche  1'  oste  napolispa- 
rta ,  stante  la  continua  diserzione,    ch'essa 
patì,  maggior  di  quella  degli  avversarj  ,  e 
la  gran  quantità  dei  suoi  malati ,  e  la  dif- 
ficoltà di  ricevere  i  viveri  ,    che  bisognava 
condurre  qon  pericolo  ben  da  lontano,  es- 
sendosi spezialmente  per  qualche  tempo  tro- 
vata in  somme  angustie  per    mancanza    di 
acqua  da  abbeverar  uomini  e  cavalli.  Pure 
tanta  fu  la  costanza  dei  re  e  di  tutti  isuoi, 
che  sofFerirono  più.  tosto  ogni  disagio  ,  che 
darla  vinta  ai  vicini  nemici.  Pertanto  sulP 
alba  dei  dì  primo  di  novembre  il  principe 
di  Lobcowitz  levò  il  campo,    e  in  ordine 
di  battaglia  s'inviò  verso  ponte  Molle,  per 
cui,  e  per  un  ponte  di  barche  già  formato 
a  fin  di  far  passare  le    artiglierìe,    nel    dì 
seguente  ridusse  di  qua  dal  Tevere  legan- 
ti sue .    Perchè    da  Roma    uscirono    alcune 

0  4  cen-; 


2,i6  Annali  ©'Italia" 
eentinaja  di  persone  arrolate  dal  cardinale 
Acquavlva  ,  che  infestarono  il  loro  passag- 
gio,  se  ne  vendicò  poscia  il  principe  con  da- 
xe  il  sacco  ad  alcune  innocenti  ville.  Nello 
stesso  dì  primo  di  novembre  anche  l'arma- 
ta napolispana,  trovandosi  liberata  dai  cep- 
pi di  tanta  durata  ,  con  giubilo  inesplica- 
bile si  mosse  da  Velletri  per  tener  dietro 
ai  nemici,,  procedendo  nondimeno  con  tan- 
ta lentezza  ,  che  ben  si  conobbe  non  aver 
voglia  di  cimentarsi  con  loro,  siccome  quel- 
la che  contava  per  sufficiente  vittoria  il  ve- 
derli slontanare  da  quelle  contrade .  Nel  di 
due,  fram ezzate  dai  Tevere,  i  cui  ponti 
erano  stati  rotti,  si  fermarono  in  faccia  le 
due  armate,  salutandosi  solamente  l'una 
e  l'altra  con  varie  cannonate.  Quivi  si  tro- 
vava coli' oste  sua  il  re  delle  due  Sicilie 
don  Carlo ,  e  sospirando  la  consolazione  di 
vedere  il  pontefice  Benedetto  XIV  e  di  ba- 
ciargli il  piede,  concertò  pei  dì  seguente 
l'entrata  sua  in  Roma.  Colà  portossi  la 
maestà  sua,  accompagnata  dal  duca  di  Mo- 
dena ,  dal  conte  di  Gages,  dal  duca  di  Ca- 
stropignano  e  da  numerosa  altra  ufizialità, 
e  fra  il  rimbombo  delle  artiglierie  di  ca- 
stello sant'Angelo,  le  quali  gran  dispetto 
e  mormorazione  cagionarono  nel  campo  te- 
desco ,  fu  ricevuto  con  tenero  affetto  dai 
santo  padre  ,  e  per  una  ora  continua  durò 
il  loro  abboccamento. 

Confessò  dipoi    in  una    delie    sue    dotte 
pastorali  il  buon  pontefice,  che  fra  l'altre 

co- 


Anno  MDCCXL1V.  217 
cose  il  re  gli  fece  istanza  di  minorare  il 
soverchio  numero  delle  feste  di  precetto 
(  grazia  già  accordata  da  sua  santità  a  va- 
rie chiese  di  Spagna  )  atteso  il  detrimento  , 
che  ne  veniva  ai  poveri ,  e  agli  artisti  >  e 
ai  lavoratori  della  campagna .  Congedatosi 
il  re  da  sua  santità,,  passò  dipoi  a  venerar 
nella  Vaticana  basilica  il  sepolcro  dei  san- 
ti Apostoli ,  e  a  visitar  le  più  rare  cose 
dei  vastissimo  palazzo  pontifizio  ,  dove  tro- 
vò insigni  regali  preparatigli  dal  santo  pa- 
dre, siccome  ancora  un  lautissimo  pranzo 
per  sé  ,  e  per  tutto  il  suo  gran  seguito  , 
NelT  inviarsi  fuori  di  Roma  visitò  anche  la 
basilica  Lateranense  ,  lasciando  dà  per  tut- 
to contrasegni  della  sua  gran  pietà,  affabi- 
lità, e  munificenza.  Anche  il  duca  di  Mo- 
dena ricevette  dipoi  una  benignissitna  e 
lunga  udienza  dal  pontefice  ;  e  laddove  il 
re  si  era  incamminato  per  passare  a  Velie- 
tri  e  a  Gaeta  ,  egli  se  ne  tornò  la  sera  al 
campo.  Passò  dipoi  il  vittorioso  re  a  Napo- 
li accolto  da  quel  gran  popolo  con  inces- 
santi acclamazioni,  sigillo  della  fedeltà  ed 
amore  verso  di  lui  mostrato  in  sì  perico- 
losa congiuntura  .  Vedesi  data  alla  luce  la 
descrizione  dei  rinomato  assedio  di  Velie- 
tri  3  composta  con  elegante  stile  latino  dal 
signor  Castruccio  Buonamici_,  ufiziale  mi- 
litare del  suddetto  re  delle  due  Sicilie. 
Si  andò  ritirando  l'esercito  austriaco  su 
I  di  Viterbo,  e  poscia  su  quel  di  Pe- 
rugia y  inseguito,  ma  da  lungi,  dal  Na- 
no- 


2i8  Annali  d'Italia 
polispano ,  che  quantunque  superiore  di  for- 
ze ,  mai  non  volle  e  non  osò  molestarlo  . 
E  perciocché  il  conte  di  Gages  arrivato  a 
Foligno,  serrò  il  cammino  conducente  nel- 
la marca  di  Lobcowitz,  se  volle  venir  di 
qua  dall'  Apennino ,  altro  spediente  non 
ebbe,  che  di  prendere  la  via  del  Furio  , 
per  cui  passando  con  grave  incomodo  del- 
le sue  genti  ,  andò  poi  a  distribuirle  a 
quartieri  in  Rimino  ,  Pesaro,  Cesena,  For- 
lì, ed  Urbino.  Fu  posto  il  quartier  gene- 
rale in  Imola .  Vicendevolmente  il  conte 
di  Gages  ritiratosi  da  Assisi  >  Foligno  ed 
altri  luoghi ,  stabilì  il  suo  quartiere  in 
Viterbo,  e  mise  a  riposar  la  sua  armata 
in  quei  contorni,  stendendola  fin  quasi  a 
Civita  Vecchia .  E  tale  fu  il  fine  di  questa 
spedizione  pel  meditato  acquisto  di  Napo- 
li ,  che  diede  occasione  al  tribunale  dei 
politici  sfaccendati  di  profferir  varie  deci- 
sioni .  Proruppero  i  parziali  del  re  delle 
due  Sicilie  in  encomj  e  plausi  per  la  sa- 
via condotta  di  lui  ,  e  dei  suoi  generali  , 
da  che  avea  tenuto  lungi  dai  suoi  confini 
il  potente  nemico  esercito,  e  tiratolo  nel- 
le angustie  di  Velletri,  con  averlo  obbli- 
gato a  star  ivi  per  tanto  tempo  racchiuso  . 
Per  lo  contrario  i  ben  affetti  alla  regina 
di  Ungheria  si  lasciarono  scappar  di  boc- 
ca qnalche  disapprovazione  dell'operato  dal 
comandante  generale  austriaco,  non  sapen- 
do intendere ,  perchè  egli  avesse  presa  la 
ristrettissima  strada  di  Velletri ,  e  si  fos- 
se 


Anno  MDCCXLIV.  219 
se*  ostinato  io  quella  situazione,  senza  eleg- 
gere più  tosto  ,  o  prima  o  dappoi ,  la  via 
di  Sora  ,  od  altra  per  entrare  nel  regno  , 
dove  non  era  fuor  di  speranza  qualche  mu- 
tazione, ed  una  battaglia  potea  decidere 
di  tutto  .  Ma  è  troppo  avvezza  la  gente  a 
misurar  le  lodi  e  il  biasimo  delle  imprese 
dal  solo  esito  loro,  quasiché  il  fine  infelice 
di  un'  azione  faccia  ,  che  il  saggio  non  V 
abbia  con  tutta  prudenza  sul  principio  in- 
trapresa .  Disgrazia  ,  e  non  colpa  è  ordì* 
nanamente  Y  avvenimento  sinistro  dell?  ri- 
soluzioni formate  da  chi  è  provveduta 
senno.  Intanto  la  misera  città  di  Velletri 
respirò  dal  peso  di  tanti  armati;  ma  non 
restò  già  esente  da  altri  mali,  perchè  per 
gli  stenti  passati ,  e  pel  fetore  di  tanti  ca- 
daveri malamente  seppelliti ,  sorse  una  ma- 
ligna epidemia  in  quel  popolo.  Spedì  il 
pontefice  gente  per  farne  lo  spurgo  ,  ed  an- 
che ajuto,  di  pecunia;  ma  non  lasciò  per 
questo  di  essere  ben  deplorabile  la  lor  for- 
tuna Tjyientre  si  facea  la  guerra  finquì  ac- 
cennata nel  Levante  dell'Italia,  un'altra 
più  fiera,  che  divampò,  e  si  dilatò  in  que- 
sto medesimo  anno  nelle  parti  di  ponente, 
trasse  a  sé  gli  occhi  di  tutti.  Avendo  fi- 
nalmente la  corte  di  Spagna  ottenuto  che 
il  re  cristianissimo  seconderebbe  con  forze 
gagliarde  i  suoi  tentativi  contro  gli  stati 
del  re  di  Sardegna,  si  videro  in  moto  al- 
la metà  di  febbrajo  gli  spagnuoli,  per  tor- 
nare dalla  Savoja  in    Provenza.    Quivi    si 

ac- 


220  Annali  d'Italia 
accoppiarono  poscia  l'infante  don  Tìlip-poì 
e  il  principe  di  Conty  ,  supremo  comandan- 
te delP  armi  francesi ,  e  per  tempo  ognun 
si  avvide,  essere  le  loro  mire  dalla  parte 
marittima  di  Nizza  e  Villafranca.  Contro 
tanti  nemici  solo  si  trovava  il  re  di  Sar- 
degna Carlo  Emmanuele ,  a  cui  fu  in  que- 
sti tempi  dato  1'  attuai  possesso  di  Piacen- 
za ,  di  Vigevano,  e  dell'altro  paese  a  luì 
accordato  nella  lega  di  Vormazia  ;  ma  nul- 
la perciò  egli  sgomentalo  si  studiò  di  ben 
munire  di  genti  e  ripari  il  paese  suo  po- 
sto al  mare. 

Prima  nondimeno,  che  si  desse  fiato  al- 
le trombe  in  terra ,  avvenne  una  gran  bat- 
taglia in  mare  fra  Y  ammiraglio  inglese 
Matteus ,  e  la  flotta  francese  e  spagnuola, 
che  si  erano  unite  in  Tolone.  Queste  ul- 
time la  fama  amplificatrice  delle  cose  le 
faceva  ascendere  sino  a  sessanta  vascelli  di 
linea .  Èrano  ben  molto  meno .  Stava  il 
Matteus  coi  suoi  legni  nell'isole  di  Jeres  , 
attento  ai  movimenti  dei  suoi  avversar)  , 
quando  giuntogli  l'avviso  nel  dì  22  di  feb- 
braio ,  che  usciti  di  Tolone  aveano  messe* 
alla  vela ,  passò  tosto  ad  assalire  la  van- 
guardia condotta  dalle  navi  spagnuole  . 
Atrocissimo  fu  il  combattimento  verso  Ca- 
po Cercelli  ;  1'  orribile  ed  incessante  stre- 
pito di  tante  artiglierie  sparse  il  terrore 
per  tutte  le  coste  della  Provenza ,  e  cor- 
sero infinite  persone  sull'alture  delle  mon- 
tagne ad  essere  spettatrici  di  quella  scena 

in- 


Anno  MDCCXLIV.  22  r 
infernale.  Per  confessione  degli  stessi  ne- 
mici fece  maraviglie  di  valore  V  armata 
navale  di  Spagna,  comandata  dall'  ammira- 
glio Navarro  ;  e  tanto  più  perchè  il  si- 
gnor di  Court  comandante  della  francese  , 
o  npn  entrò  mai  veramente  in  battaglia  , 
o  se  vi  entrò  ,  poco  tardò  a  ritirarsi  per 
non  vedere  sconciati  i  suoi  legni .  Che  per 
altro  fu  creduto  ,  che  se  i  francesi  avesse- 
ro meglio  soddisfato  al  loro  dovere,  pro- 
babilmente potea  riuscir  quel  conflitto  con 
isvantaggio  degl'  inglesi ,  stante  il  non  es- 
sere accorso  a  tempo  in  ajuto  del  Matteus 
il  vice-ammiraglio  Lestok,  che  fu  poi  pro- 
cessato per  questo  .  La  notte  pose  fine  a 
tanto  furore  ;  ma  nel  dì  seguente  si  tornò 
alle  vicendevoli  offese  ,  quando  il  mare  , 
stato  anche  nei  dì  innanzi  assai  burrascoso, 
accresciuta  la  collera,  separò  affatto  le  ne- 
miche armate ,  spignendole  un  fierissimo 
vento  amendue  alla  volta  di  Occidente . 
Perderono  gli  spagnuoli  un  vascello  di  ses- 
santasei pezzi  di  cannone  ,  e  di  novecento 
uomini  di  equipaggio,  caduto  in  man  degli 
inglesi  sì  maltrattato  ,  che  dopo  averne  es- 
si estratto  il  capitano  con  ducento  uomini 
rimasti  in  vita,  giudicarono  meglio  di  dar- 
lo alle  fiamme .  Grande  fu  la  copia  dei  mor- 
ti e  feriti  di  essi  s-pagnuoli  :  rimasero  an- 
che i  lor  vascelli  talmente  sconcertati ,  che 
ridotti  a  Barcellona  ed  Alicante,  noo  si 
sentirono  poi  voglia  di  tornare  in  corso . 
Forse  non  fu  rrìinore  il  numero  dei   morti 

e  fé- 


222  Annali  d'Italia 
e  feriti  dalla  parte  degli  inglesi,  i  quali 
anche  per  l'insorta  tempesta  patirono  as- 
saissimo, e  si  ridussero  a  porto  Maone.  I 
soli  francesi  ebbero  salve  ed  illese  le  lor 
navi  e  genti  ;  se  con  loro  onore  ^  da  mol- 
ti si  dubitò.  Perchè  lo  stesso  ammiraglio 
Matteus  non  fece  di  più  ,  fu  anch'  egli  ri- 
chiamato a  Londra ,,  e  sottoposto  a  un  lun- 
go e  rigoroso  processo . 

Intanto  avea  il  re  di  Sardegna  fatti  ga- 
gliardi preparamenti  di  genti  e  fortifica- 
zioni al  fiume  Varo  ,  giacché  V  esercitò 
terrestre  dei  gallispani  minacciava  un  ir- 
ruzione da  quella  parte .  Alle  sboccature 
parimente  di  quel  fiume  stavano  ancorate 
alquante  navi  inglesi,  per  impedire  il  pas- 
saggio colle  loro  artiglierie.  A  nulla  ser- 
virono quei  tanti  ripari  ,  perchè  senza  dif- 
ficoltà nel  dì  due  di  aprile  comparve  di 
qua  dal  Varo  la  fanteria  spagnuola ,  al 
quale  avviso  i  cittadini  di  Nizza^  mercè 
della  facoltà  loro  data  dal  real  sovrano, 
affinchè  non  rimanessero  esposti  a  guai  mag- 
giori ,  andarono  a  presentar  le  chiavi  di 
quella  città  all'  infante  don  Filippo .  ili- 
poste  avea  le  principali  sue  speranze  il  re 
Sardo  nei  trincieramenti  fatti  dai  suoi  in- 
gegneri a  Villafranca,  e  Montalbano ,  che 
certamente  parvero  inaccessibili,  massima- 
mente perchè  alla  guardia  di  essi  veglia* 
vano  molte  migliaja  delle  sue  migliori  trup- 
pe .  Ma  ossia,  che  intervenisse  qualche 
stratagemma,  per  cui  l'armata  gallispana, 

ascen- 


Anno  MDCCXLIV.  223 
ascendente  ,  per  quanto  fu  creduto  3  a  qua- 
rantamila combattenti,  si  aprisse  senza  gran 
fatica  il  varco  a  quel  fortissimo  accampa- 
mento, con  arrivare  inaspettatamente  ad- 
dosso al  marchese  di  Susa,  e  menarlo  via 
prigione;  o  pure,  che  a  forza  di  furiosi 
assalti  si  superassero  tutti  quegli  ostacoli: 
certo  è,  che  nel  dì  20  di  aprile  essi  gal- 
lispani  vi  entrarono»  Gran  resistenza  fecero 
i  savoiardi;  più  di  una  volta  rispinsero  le 
schiere  nemiche,  e  gran  sangue  fu  sparso, 
e  fatti  dei  prigioni  dall'una  e  dall'altra 
parte.  Si  sostennero  essi  savoiardi  in  al- 
cuni siti  sino  alla  notte,  in  cui  il  general 
comandante  Sinsan ,  dopo  aver  posto  pre- 
sidio nel  castello  di  Villafranca  ,  e  nel  for- 
te di  Montalbanó,  andò  ad  imbarcare  cir- 
ca quattromila  dei  suoi  colle  artiglierie, 
che  potè  salvare  ,  in  molti  legni  preparati 
nel  porto  di  Villafranca,  e  passò  ad  One- 
glia.  Non  aspetti  alcuno  da  me  il  conto 
dei  morti ,  feriti  e  prigioni  dall'  una  e  dal- 
l'altra parte,  e  dei  cannoni,  bandiere,  e 
stendardi  presi,  perchè  so,  che  non  amano 
il  comperar  bugie  :  che  di  bugie  appunto 
abbondano  le  relazioni  dei  fatti  di  armi  a 
misura  delle  differenti  passioni  .  Poco  poi 
tardarono  Montalbanó,  e  il  castello  di  Vil- 
lafranca a  sottomettersi  ai  gallispani.  At- 
tese allora  il  re  di  Sardegna  a  beri  pre- 
munire i  passi  delle  montagne  di  Tenda, 
affinchè  lasciassero  i  nemici  il  pensiero  di 
penetrar  per  quelle  parti    in    Piemonte  ;  e 

si 


224  Annali  d'Italia 
si  diede  a  provveder  di  tutto  l'occorrente 
i  forti  suoi  nella  valle  di  Demont  e  Cu- 
neo, prevedendosi  abbastanza  che  gli  av- 
versarj  sarebbono  per  tentare  di  nuovo  da 
quella  parte  una  calata  nei  suoi  stati  . 

Fu  nei  di  sei  di  giugno,  che  arrivato  un 
grosso  distaccamento  di  spagnuoli  ad  One- 
glia ,  trovò  abbandonata  quella  terra  dalle 
milizie  savojarde,  e  da  buona  parte  di  que- 
gli abitanti ,  che  tutti  si  ridussero  col  più 
delle  loro  sostanze  alT  alto  della  montagna  . 
Pensavano  intanto  i  gallispani  a  voli  mag- 
giori ,  e  in  fatti  avendo  ripassato  il  Varo^ 
cominciarono  dal  colle  dell'  agnello  e  da  al- 
tri siti  circa  il  dì  20  di  luglio  a  calar  ver- 
so  la  valle  ,  dove  trovarono  delle  forti  bar- 
ricate ai  passi ,  sostenute  con  vigore  per 
qualche  tempo  dai  savojardi ,  ma  poi  ab- 
bandonate. S'impadronirono  essi  spagnuoli 
di  un  ben  fortificato  ridotto  a  monte  Ca- 
vallo, e  poscia  di  caste!  Delfino;  e  quindi 
per  la  valle  passarono  alle  vicinanze  di  De- 
mont. Grandi  spese  avea  fatto  il  re  di  Sar- 
degna per  ivi  formare  una  ben  regolata 
fortezza  ;  ma  non  era  giunto  a  perfezio- 
narla. Trovavasi  egli  stes.so  alla  testa  del- 
la sua  armata  in  quelle  parti,  per  opporsi 
agli  avanzamenti  dei  nemici,  coi  quali 
giornalmente  accadevano  ora  favorevoli  ora 
sinistri  incontri.  Portò  la  sventura,  che 
una  palla  infocata  gittata  dai  gallispani  in 
Demont  attacasse  il  fuoco  a  quelle  fasci- 
nate,  o  pure  al  magazzino    della    miccia, 

e  che 


fri 


A  5  S  S  MDCCXOV.  S25 
e  che  si  dilatasse  l' incendio  negli  altri. 
Accorsero  a  tal  vista  i  gailispani,  ed  eb- 
bero quel  forte  colla  guemigione  prigio- 
niera nel  dì  17  di  agosto;  dopo  di  che 
essendosi  ritirato  il  re  Sardo  col  suo  eser- 
cito a  Saluzzo  ,  eglino  passarono  nella  pia- 
nura ,  e  si  diedero  a  strignere  la  città  e 
fortezza  di  Cuneo .  Sotto  di  questa  piazza  , 
mirabilmente  difesa  dal  concorso  di  due 
fiumi  ,  avea  patito  deliquio  altre  volte  la 
bravura  dei  francesi,  ed  era  venuta  meno 
la  lor  perizia  negli  assedj  :  il  che  com- 
mosse la  curiosità  di  ognuno,  per  indovi- 
nare ,  qual  esito  avrebbe  quella  impresa  . 
Dalla  parte  sola,  per  cui  si  può  far  forza 
contra  di  Cuneo,  avea  il  re  di  Sardegna 
fatto  ergere  tre  fortini  o  ridotti ,  che  co- 
privano la  piazza  .  Entro  vi  erano  sei  mi- 
la parte  svizzeri  e  parte  piemontesi  di 
presidio  sotto  il  comando  del  valoroso  òct- 
rone  di  Leutron,  risoluti  di  far  buona  di- 
fesa. Non  valevano  men  di  loro  i  cittadi- 
ni, che  prese  animosamente  l'armi ,  fecero 
poi  di  tanto  in  tanto  delle  vigorose  sor- 
tite con  danno  dei  nemici .  Finalmente  si 
videro  in  armi  tutti  i  popoli  di  quelle  val- 
li e  montagne  ,  ben  affezionati  al  loro  so- 
vrano .  Colà  accorsero  ancora  alcune  mi- 
gliaja  di  valdesi;  e  il  marchese  di  Ormea , 
sottrattosi  in  tal  occasione  al  gabinetto  , 
messosi  alla  testa  delle  milizie  del  Mon- 
dovì  col  figlio  marchese  Ferrerio  ,  tutti  si 
diedero  ad  infestare  i  nemici ,  ad  impedi- 
Tom.  XXVII.  P  re 


226  A  n  n  a  1 1  d'Italia: 
re  il  trasporto  dei  viveri ,  foraggi ,  e  mu- 
nizioni al  campo  loro,  eoa  far  sovente  dei 
buoni  bottini  ,  e  rovesciar  le  misure  degli 
assedianti.  Giunse  intanto  al  ire  da  Milano 
un  rinforzo  di  vàradini  ,  e  il  reggimento 
clerici  coi  conte  Gian  Luca  Pallavicino 
tenente  maresciallo  cesareo ,  comandante 
di  quelle  truppe. 

Solamente  nella  notte    precedente   al   dì 
13    di    settembre    aprirono    i  gallispani  la 
trincea  sotto  di  Cuneo ^  e   cominciarono  a 
far  giocare  le  batterie.,  e  a  molestar  gra- 
vemente   la    piazza    colle   bombe  ;    ma    se 
questa  putiva,  non  patirono  meno  gli  asse- 
dianti,   perchè  spesse  assaliti    con    somma 
intrepidezza  da  quei  cittadini  e  presidiar]. 
Continuarono  poi  gli  approcci  e    le    offese 
sino    al  dì  30  di    settembre  ,    in  cui  il  re 
di  Sardegna  mosse  Y  esercito  suo  in  ordi- 
nanza di  battaglia*  verso  le    nemiche    trin- 
cee .  Ossia  y    eh'  egli    solamente    intendesse 
di    avvicinarsi ,   e    postarsi    in  maniera  da 
poter  incomodare  il  campo  nemico  9  o  pu- 
re che  avesse  veramente  risoluto^  siccome 
animoso    signore ,    di    tentare    il    soccorso 
della  piazza  :  la  verità  si  è,   che  si  venne 
ad  un  generale  combattimento  .    Fu  detto, 
che  un  ufìziale  ubbriaco  portasse  l'ordine, 
ma  ordine  non  dato  dal  re ,  all'ala  sinistra 
di  assalire  i  posti  avanzati  degli  assedian- 
ti ,  e  che  entrata  essa  in    azione  ,    s1  impe- 
gnò nel  fuoco  A  .estante  delle  schiere.  Dal- 
le ore  dicinove  sino  alla  notte  durò  l'osti- 
nato 


Anno  MDCCXLIV.  227 
fcato  conflitto  con  molto  sangue  dall'  una 
e  dall'  altra  parte  ,  ma  incomparabilmente 
più  da  quella  degli  assalitori >  perchè  espo- 
sti alle  artiglierie  caricate  a  mitraglia  o 
a  cartoccio  .  Tuttoché  per  ordine  del  re 
si  sonasse  la  ritirata  ,  la  sola  notte  fece 
fine  all'ire,  ed  allora  si  ricondusse  l'eser- 
cito Sardo  ad  un  sito  distante  un  miglio 
e  mezzo  di  là.  Fu  detto,  che  la  cavalleria 
nemica  uscita  dai  ripari  l'inseguisse;  ma 
lo  scuro  della  notte,  e  l'aver  trovato  un 
bosco  di  cavalli  di  Frisia  ,  impedì  loro  il 
progresso.  A  quanto  ascendesse  il  danno 
dalla  parte  dei  piemontesi,  non  si  potè  sa- 
pere  ;  se  non  che  conto  fu  fatto ,  che  circa 
trecento  fossero  tra  morti  e  feriti  i  suoi 
ufiziali .  Da  lì  a  pochi  giorni  si  scoprì  ;  es- 
sere state  le  mire  del  re  di  Sardegna  nel 
precedente  sanguinoso  conflitto  quelle  d'in- 
trodurre soccorso  in  Cuneo  .  Ma  ciò  che  al- 
lora non  gli  venne  fatto  ,  accadde  poi  fe- 
licemente nella  notte  precedente  al  dì  ot- 
to di  ottobre ,  in  cui  dalla  parte  del  fiu- 
me Stura  passò  senza  ostacoli  nella  piazza 
un  migliajo  dei  suoi  soldati,  con  molti 
buoi  ed  altre  provisioni  e  danaro*  Era  in- 
tanto sminuita  non  poco  l'armata  gallispa- 
na  per  la  mortalità  e  disserzion  delle  trup- 
pe ;  di  gravi  patimenti  avea  sofferto  sì  per 
le  dirotte  pioggie,  e  per  li  torrenti,  che 
aveano  impedito  il  trasporto  dei  viveri  e 
foraggi  per  la  valle  di  Demont ,  come  an- 
cora per  1*  incessante  infestazione  dei   pae- 

P  2  sa- 


228       Annali    D'Italia 

sani ,  che  faceano  continuamente  prigioni  e 
piede.  Si  scorse  in  iìnè  ,  ch'essa  non  era 
in  forze  ,  come  si  decantava  ,  perchè  non 
potè  mai  tenere  corpi  valevoli  ai  fiumi , 
che  formassero  un'  intiera  circonvallazione 
alla  piazza.  Però  dopo  circa  quaranta  gior- 
ni di  trincea  aperta  >  e  dopo  cagionata  gran 
rovina  di  case  in  Cuneo,  ma  senza  avei: 
mai  fatto  acquisto  di  alcuna  ne  pur  delle 
fortificazioni  esteriori  :  nella  notte  prece- 
dente al  dì  22  di  ottobre  y  abbruciato  il 
loro  campo,  i  gallispani  colla  testa  bassa, 
e  con  gran  fretta  si  levarono  di  sotto  a 
quella  fortezza,  incamminandosi  alla  volta 
di  Demont.  Uno  sprone  ancora  ai  lor  pas- 
si era  il  timore  delle  nevi,  che  li  coglies- 
sero  di  qua  dalle  Alpi  con  pericolo  di  pe- 
rire uomini  e  giumenti  per  mancanza  del 
bisognevole.  Lasciarono  indietro  più  di 
mille  e  cinquecento  malati  ^  ed  inseguiti  da 
varj  distaccamenti  di  fanti  e  cavalli  >  e  tra- 
vagliati dai  montanari,  sofferirono  altre 
non  lievi  perdite  e  danni .  Fermaronsi  in 
Dernont  cinque  o  seimila  spagnuoli  non  tan- 
to per  coprire  la  ritirata  del  resto  dell* 
esercito  e  dello  artiglierie _,  quanto  ancora 
per  minar  le  fortificazioni  della  fortezza  > 
ben  prevedendo  di  non  potersi  quivi  man- 
tenere nel  verno .  Essendosi  poi  avanzato 
il  general  piemontese  Sinsan  verso  quelle 
parti  con  un  maggior  nerbo  di  milizie  ver- 
so la  metà  di  novembre  ,  gli  spagnuoli  se 
ne  andarono,  dopo  aver  fatto  saltare  alcu- 
ne- 


Anno  MDCCXLIV.  229 
fie  parti  di  quel  forte,  e  la  casa  del  gover- 
natore. Arrivarono  a  tempo  alcuni  savojar- 
di  per  salvare  ciò,  che  non  era  peranche 
saltato  in  aria,  e  s'impadronirono  di  al- 
quanti pezzi  di  cannone  rimasti  indietro  ' 
nel  qual  mentre  gli  spagnuoli  come  fughi- 
vi provarono  immensi  disagi ,  e  perdita  di 
persone  a  cagion  delle  nevi ,  del  rigoroso 
freddo ,  e  della  mancanza  di  vettovaglia  • 
Così  restò  libera  tutta  la  valle;  e  il  re  di 
Sardegna ,  avendo  compensata  la  infelice 
perdita  delle  piazze  maritime  colla  felicità 
di  quest'altra  impresa,  pien  d'onore  si  re- 
stituì a  Torino. 

La  corte  di  Francia  dichiarò  in  questo 
anno  la  guerra  alla  regina  di  Ungheria  per 
la  caritativa  intenzione  ,  come  si  diceva  , 
di  costrignerla  alla  pace  coir  imperador 
Carlo  VII ,  e  la  dichiarò  anche  all'Inghil- 
terra ,  disponendo  tutto  per  invadere  la 
Fiandra,  con  che  sempre  più  si  andò  dila- 
tando il  fuoco  divorator  dell'Europa»  Per 
quanti  sforzi  facessero  i  ministri  di  Vienna 
e  di  Londra  per  tirare  in  questo  impegno 
le  provincie  unite,  o  vogliam  dire  gli  ol- 
landesi  ,  nulla  di  più.  né  pur  ora  poterono 
ottenere,  se  non  che  l'OIlanda  contribui- 
rebbe il  suo  contingente  di  ventimilla  ar- 
mati a  tenor  delle  leghe  .  Troppo  loro  pre- 
meva di  conservare  la  libertà  del  commer- 
cio colla  Francia  e  Spagna  ;  ed  altre  segre- 
te ruote  ancora  concorrevano  a  muovere 
quei  popoli  più  tosto  all'amore  di  una  tal 

P  3  qual 


230      Annali    d'ItaIià 

qual  quiete  e  neutralità,,  che  ad  un'aperta 
guerra  .  Non  tardarono  i  francesi  ad  impos- 
sessarsi di  Coutray,  Menin ,  ed  altri  luo- 
ghi. Poscia  nel  dì  18  di  giugno  aprirono 
la  trincea  sotto  l'importante  città  d' Ipri , 
e  con  più  di  cento  cannoni  e  quaranta  mor- 
tori talmente  l'andarono  bersagliando,  che 
nel  dì  29  di  esso  mese  vi  entrarono,  dopo 
aver  conceduto  libera  T  uscita  a  quella  guer- 
nigione .  Erano  principalmente  animati  i 
francesi  dalla  presenza  dello  stesso  re  cri- 
stianissimo Luigi  XV  che  non  guardò  a 
fatiche  in  questa  campagna.  Intant»  il  prin- 
cipe Carlo  di  Lorena,  comandante  dell'eser- 
cito austriaco  al  Heno  ,  altro  non  istudia- 
va,  che  la  maniera  di  passar  quel  fiume, 
per  portare  la  guerra  addosso  agli  stati 
della  Francia  .  Sul  fine  di  giugno  riuscì  al 
generale  Berenklau  di  valicar  esso  fiume 
con  diecimila  persone  in  vicinanza  di  Ma- 
gonza  ,  e  nei  dì  primo  di  luglio  altrettanto 
fu  fatto  dallo  stesso  principe  Carlo  col  gros- 
so dell'esercito  suo,  che  arditamente  poi 
procedendo  mise  piede  nell'Alsazia  in  fac- 
cia dei  nemici.  Gran  confusione  fu  allora 
in  quella  fertile  provincia  ,  che  cominciò  ad 
essere  lacerata  in  parte  dai  francesi  difen- 
sori ,  e  senza  paragone  più  dai  feroci  au- 
striaci ,  che  colle  scorrerie  ,  e  coli'  impor- 
re gravi  contribuzioni,  seppero  ben  preva- 
lersi del  loro  vantaggio ,  e  tennero  nello 
stesso  tempo  bloccato  forte  Luigi.  Perchè 
Tarmata  francese  sul   principio    di   agosto 

si 


. 


A  sr  n  a    MDCCXLIV.       231 
si  andò   dilatando    verso    Argentina,    non 
lieve  costernazione  insorse  in  quella  stessa 
sì  forte  città.   Il  terribile  scompiglio    dell' 
Alsazia  cagion  fu,  che  lo  stesso  re  cristia- 
nissimo si  movesse  con    grandi    forze    dai 
paesi  bassi  per  accorrere  colà  ;    ma  caduto 
infermo  in  Metz  verso  la  metà  di  agosto , 
fece  dubitar  di  sua  vita.  Dio  il  preservò  , 
e  a  poco  a  poco  si  rimise  nello  stato  pri- 
miero di  salute  .  Un  teatro  di  miserie  era 
intanto  divenuta    l'Alsazia,    e    sembrava, 
che  T  esercito  austriaco  in  quel  belio  ascen- 
dente meditasse  e  sperasse  avanzamenti  mag- 
giori ;  quando  giunse  la  nuova  di  una  me- 
tamorfosi ,    die  sorprese    ognuno  ;    cioè    la 
lega  dell'  imperador    Carlo    VII   col    re    di 
Prussia  Carlo  Federigo  III  coli"*  elettor  Pa- 
latino Carlo  di  Saltzbac    e  col  Lantgravio 
di  Hassia  Cassel    contro  la    regina    d' Un- 
gheria :  lega  maneggiata,  e  felicemente  con- 
chiusa   dall'industria  e    pecunia    francese. 
Stupissi  ognuno ,  come  esso  Prussiano  dopo 
una  pace  di  tanto  suo  vantaggio ,  e  sì    re- 
cente, stabilita  colla  regina  Maria  Teresa, 
di  nuovo  contra  di  lei  sfoderasse  la  spada. 
Diede  egli  con  un  suo  manifesto  quel  colo- 
re y  che  potè  a  questa  sua  novità ,  allegane 
do  Toccupazion  della  Baviera,  e  l'indebi- 
ta guerra  fatta  da  essa  regina  all'imperio, 
alla  cui  difesa  come  elettore  egli  si  sentiva 
obbligato  :  quasiché  questo  capo  non    fosse 
itato  il  primo  a    muovere   contra    di    essa 
regina  la  guerra;  ed  esso  re  Prussiano,  al- 

P  4  lor- 


232  ÀNNAtfr  D'Ita  £?£ 
l'orche  giurò  la  pace,  non  sapesse,  che  af* 
deva  quella  guerra  fra  l' imperadore  e  la 
regina  .  Però  la  corte  di  Vienna  proruppe 
in  gravi  querele  contra  di  quel  re,  chia- 
mandolo principe  diniunafede,  di  niuna  re- 
ligione ,  e  la  regina  di  Ungheria  corse  a  Pre- 
sburgo  ,  per  commuovere  tutta  l'Ungheria 
in  soccorso  suo;  e  non  vi  corse  indarno. 

Rimasero  per  questa  inaspettata    tempe- 
sta sconcertate  affatto  le  misure  del  gabi- 
netto austriaco,  e  fu  obbligato  il  principe 
Carlo  di  Lorena  di  ripassare  il  Reno  coli* 
esercito  suo  per  correre  alla    difesa    della 
Boemia  ,  verso  la  quale  erano  già  in  moto 
dalla  Slesia  V  armi  del  re  di  Prussia  .  Nei 
dì  23  di  agosto  con  bella  ordinanza  impre- 
se esso  principe  il  passaggio  di  quel  fiume,, 
e  felicemente  in  due  giorni    ridusse    V  ar- 
mata all'altra  riva.    Dai  francesi,    che    V 
inseguivano  ,  riportò  egli  qualche  danno  con 
rimanere  uccisi  o  prigioni  molti  dei  suoi , 
danno  nondimeno  inferiore    all'  aspettazion 
della  gente  ,  che  giudicò  non  aver    saputo 
i  francesi  profittar  di    si    favorevol    occa- 
sione per  nuocergli;  anzi  fu  creduto,  che 
il  maresciallo  duca  di  Noaglies  per  questa 
pretesa  disattenzione  fosse  richiamato  alla 
corte  .  Non  dovettero  certamente  mancare 
a  quel  saggio  signore  delle  buone  giustifi- 
cazioni.  Il  bello  poi  fu,  che  Tarmata  fran- 
cese ,  avendo  anch'essa  ripassato  il  Reno, 
in  vece  di  tener  dietro  al  principe  di  Lore- 
na, per  frastornare    il    suo   cammino  alla 

voi- 


A  n  n  o  MDCCXL1V.  233 
volta  della  Boemia ,  rivolse  i  passi  verso 
la  Brisgovia  per  ansietà  di  far  sua  la  for- 
tissima piazza  di  Friburgo.  Intanto  giac- 
ché si  trovò  la  Boemia  non  preparata  a 
così  impetuoso  temporale  ,  la  regale  città 
di  Praga  nel  dì  16  di  settembre  tornò  in 
potere  del  re  Prussiano ,  con  restar  pri- 
gioniera di  guerra  la  guernigione  consi- 
stente in  circa  diecimila  persone,  parte 
truppe  regolate  e  parte  milizie  del  paese. 
Anche  la  città  di  Budweis  corse  la  mede- 
sima fortuna .  Arrivato  poi  che  fu  nella 
Boemia  il  poderoso  esercito  austriaco,  più 
formidabile  si  rendè,  perchè  seco  si  uniro- 
no ventimila  sassoni  ,  atteso  che  Federigo 
Augusto  ILI  re  di  Polonia  ed  elettor  di 
Sassonia  ,  avea  in  fine  conosciuta  la  neces- 
sità di  far  argine  alla  smisurata  avidità 
del  re  di  Prussia  ;  e  vi  si  era  anche  ag- 
giunto, per  quanto  fu  creduto,  un  altro 
impulso ,  cioè  una  ricompensa  promessa 
dalla  regina  di  Ungheria  .  Allora  comincia- 
rono a  mutar  faccia  in  quelle  parti  gli 
affari  .  Budweis  e  Tabor  tornarono  ali* 
ubbidienza  della  real  sovrana  ;  e  la  stessa 
città  di  Praga  fu  nel  dì  25  di  Novembre 
precipitosamente  abbandonata  dai  prussia- 
ni :  nuova  ,  che  riempiè  di  giubilo  Vienna  . 
Kitirossi  poscia  il  re  di  Prussia  colle  sue 
forze  nella  Slesia,  dove  penetrarono  anche 
gli  austriaci  y  unendosi  tutti  a  maggior- 
mente desolare  quel  prima  si  de  vizioso 
paese.  Mentre  con  tal  felicità  procedevano 

Par- 


234       Annali  d'Italia 
F  armi  della  regina  in  quelle  parti ,  seppe 
l'imperador  Carlo  VII  ben  profittare  della 
debolezza,    in  cui  erano  restati    i    presidj 
austriaci  nei  suoi  stati  della  Baviera  ,    da 
che  il  principe  di  Lorena  passò  in  Boemia  . 
Spinse  egli  colà  la  sua  armata  sotto  il  co- 
mando del  maresciallo  conte  di  Seckendorf, 
che  niuna  fatica  durò  a  ricuperar   Monaco 
ed  altri  luoghi ,  abbandonati  dagli  austria- 
ci ;  ed  esso  Augusto   dipoi    nel    dì    22    di 
ottobre  ebbe    la    consolazione   di    rientrar 
nella  sua  capitale  fra  i  plausi  dell'amante 
popolo   suo.    Fu    in     questo    mentre    fatto 
dall'  esercito  francese  i'  assedio  della    città 
di  Friburgo  nella  Brisgovia:  città,  che  pa- 
rca inespugnabile,    tante  erano  le  sue  for*- 
tificazioni  ,  oltre  all'essere  munita  di   due 
castelli  ;    ma    non    già    tale  alla  perizia    e 
risoluzion  dei  francesi ,  ai  quali  niuna  piaz- 
za suol  fare  lunga  resistenza,  quando  non 
sia  soccorsa  da  possente  armata  di   fuori . 
Lo  stesso  re  cristianissimo    colà    giunto  in 
persona  non  volle  riveder  Parigi,    se    pri- 
ma non  vide  quell'importante  fortezza  sot- 
tomessa all'armi  sue.  La  presenza  di  que- 
sto monarca  animava  la  gente  a    sacrificar 
le   sue  vite,  e  gran  sangue  in    fatti    costò 
quell'impresa  ai  francesi.  Ma    in    fine    il. 
comandante  austriaco  capitolò  la  resa  del- 
la  città  con  ritirare  nel  dì  sette  di  novem- 
bre   la    guernigione    nei    castelli,    i    quali 
poi    si  arrenderono  anch'essi    nel  di  25  di 
esso  mese  ,  restandone  prigioni  i  difensori . 

Con 


Anno  MDCCXLIV.  235 
Con  queste  sì  varie  vicende  ebbe  fine  Tan- 
no presente  ;  nei  cui  ultimi  giorni  si  so- 
lennizzò in  Versaglies  alla  presenza  delle 
maestà  cristianissime  il  maritaggio  della 
principessa  Felicita  di  Este^  figlia  primo- 
genita di  Francesco  HI  duca  di  Modena 
con  Luigi  di  Borbon  duca  di  Penthievre 
della  real  casa  di  Francia  ,  grande  ammi- 
raglio di  quel  regno .  Merita  ancora  di  es- 
sere qui  riferita  una  gloriosa  azione  del 
regnante  pontefice  Benedetto  XIV.  Per  bi- 
sogni della  cristianità  (  massimamente  nel 
secolo  XVI.  )  essendo  stati  contratti  dalla 
camera  apostolica  dei  grossi  debiti  >  avea 
essa  obbligati  gli  ordini  monastici ,  e  i 
canonici  regolari  in  Italia  a  pagarne  an- 
nualmente i  frutti  :  aggravio  assai  pesante 
ai  monisteri  ,  che  avea  anche  sminuito  non 
poco  il  loro  splendore  .  Portato  da  un  in- 
defesso amore  alla  beneficenza  il  santo  pa- 
dre ,  aprì  loro  il  campo  per  redimersi  da 
questo  peso ,  con  permettere  loro  di  pagare 
il  capitale  di  essi  debiti,  e  di  liberarsi 
dai  frutti .  Di  questa  grazia  i  più  ne  pro- 
fittarono, con  decretar  anche  perenui  me- 
morie a  così  amorevol  benefattore,  il  qua- 
le nello  stesso  tempo  sgravò  la  camera  dai 
debiti  corrispondenti.  Fra  gli  altri  la  con- 
gregazion  casinense  in  attestato  della  sua 
gratitudine  ,  fatta  fare  in  marmo  la  statua 
di  sua  santità,  la  collocò  nelP  atrio  della 
basilica  di  monte  Casino  fra  l'altre  di  mol- 
ti pontefici,,  tutti  benemeriti  dell'  ordine 
di  san  Benedetto.  An- 


236  ANNALI     D'   IT  A  t  I  a 

Anno  di  Cristo  1745,  indizione  virr* 
dì  Benedetto  XIV,  papa  6. 
di  Francesco  I,  imperadore  ti 

Ubbe  principio  quest1  anno  colla  morte  di 
uno  dei  principali  attori  della  tuttavia  du- 
rante tragedia  .  Era  soggetto  a  gravi  in- 
sulti di  podagra  e  chiragra  V  imperador 
Carlo  VII  duca  ed  elettor  di  Baviera .  Sfa- 
vasene egli  nella  ricuperata  città  di  Mo«* 
naco  ,  godendo  la  contentezza  di  vedersi 
rimesso  in  possesso  di  buona  parte  dei  suoi 
stati  ;  quando  più  fieramente  che  mai  as- 
salito nel  dì  17  di  Gennajo  da  questo  ma- 
lore ,  che  gli  passò  al  petto^  poscia  nel  dì 
20  con  somma  rassegnazione  passò  air  al- 
tra vita.  Era  nato  nel  dì  sei  di  agosto  del 
1697.  Principe,  a  cui  non  mancarono  già 
riguardevoli  doti,  ma  mancò  la  fortuna, 
che  né  pure  si  era  mostrata  molto  propi- 
zia al  fu  duca  suo  padre .  Gli  alti  suoi 
voli,  ad  altro  non  servirono,  che  al  pre- 
cipizio proprio,  e  dei  suoi  sudditi,  con- 
dotti per  cagione  di  lui  ad  inesplicabili 
guai  .  Accrebbe  certamente  decoro  a  se 
stesso,  e  alla  casa  propria  colT  acquisto 
dell'  imperiai  corona  ;  ma  poco  godè  egli 
di  questo  splendore  in  vita  ,  rè  potè  tra- 
mandarlo dopo  di  sé  ai  discendenti  suoi  . 
Lasciò  esso  airgusto  tre  principesse  figlie 
e  un-  solo  figlio  ,  cioè  Massimiliano  Giù* 
seppe  principe  elettorale,    nato  nel   dì    28 

mar- 


A  n  S  o  MDCCXLV.  237 
marzo  elei  1727.  ch'egli  prima  di  morire 
dichiarò  fuori  di  minorità .  Ora  questo 
principe  conobbe  tosto  di  essere  rimasto 
erede  del  principato  avito^  ma  insieme 
delle  disavventure  del  padre 3  perchè  tut- 
tavia la  principal  sua  fortezza  ,  cioè  Ingol- 
stat  ed  altre  minori  piazze  ,  erano  in  ma- 
no della  regina  di  Ungheria  .  Oltre  a  ciò 
alquanti  giorni  dopo  la  morte  d'.:llJ  augu- 
sto padre  peggiorarono  gì'  interessi  suoi, 
perchè  l'armata  austriaca  s'impadronì  di 
Amberga  ,  e  di  tutto  il  palatinato  superio- 
re .  Il  peggio  fu,  che  già  si  allestiva  un 
gran  rinforzo  di  gente ,  per  invadere  di 
nuovo  la  capitale  delia  Baviera,  o  per  co- 
stringere questo  principe  a  prendere  mi- 
sure diverse  dalle  paterne. 

Trovavasi  il  giovinetto  elettore  in  un 
affannoso  labirinto  ,  dall'  una  parte  spinto 
dalle  esibizioni  e  promesse  dei  ministero 
francese  per  continuare  nel  precedente  im- 
piego; e  dall'altra  combattuto  dai  consigli 
della  vedova  imperadrice  sua  madre  Maria 
Amalia  di  Austria,  dalla  corte  di  Sassonia, 
e  dal  maresciallo  di  Seckendorf ,  che  gli 
persuadevano  per  più  utile  e  sicuro  ripie- 
go raccomodare  gì' interessi  suoi  colla  re- 
gina di  Ungheria  .  A  queste  ultime  ami- 
chevoli insinuazioni  sul  principio  di  aprile 
si  aggiunse  il  terrore  delP  armi ,  percioc- 
ché entrato  Y  esercito  austriaco  con  furore 
nella  Baviera  ,  furono  obbligati  i  bavaresi 
e  francesi  ad  abbandonare  Straubing,  Lan- 
dau, 


£3$       Annali  d'  Italia 

dau,  Dingelfìngen  ,  Kelheina ,  Wilxhoffenj 
ed  altri  luoghi  dall'Elettorato.  Gran  co- 
sternazione fu  in  Monaco  stesso,  e  l'Elet- 
tore se  ne  partì  alla  metà  dei  mese  sud- 
detto ,  chiamato  dai  francesi  a  Manheim  , 
Ma  egli  si  fermò  in  Augusta  à  stretti  col- 
loqui col  conte  Colloredo,  e  con  altri  par- 
ziali della  casa  di  Austria  ;  e  quivi  in  fi- 
ne le  persuasioni  di  chi  gli  proponeva  1* 
accordo  colla  regina,  prevalsero  sopra  1' 
altre  dei  ministri  aderenti  alla  Francia^  i 
quali  restarono  esclusi  dai  trattati .  Rinun- 
ziò dunque  V  elettore  alla  lega  colla  Fran- 
cia ;  accettò  1'  armistizio  e  la  neutralità  , 
con  che  restassero  in  poter  della  regina  le 
fortezze  di  Ingolstat,  Scarding  ,  Sìraubin- 
gen  ,  e  Brunau>  sino  all' elezion  di  un  im- 
peradore  ;  ed  antepose  la  quiete  e  libera- 
zion  presente  dei  suoi  stati  alle  incerte 
speranze  di  conseguir  molto  più  coli' an- 
dare in  esilio,  e  continuare  sotto  la  pro- 
tezion  dei  francesi .  Intorno  a  questa  sua 
risoluzione  e  ad  altre  condizioni  di  quei 
preliminari  di  pace^  sottoscritti  in  Fùssen 
nel  dì  22  di  aprile,  varj  furono  i  senti- 
menti dei  politici:  noi  li  lasceremo  masti- 
care le  lor  sottili  riflessioni.  Per  si  fatta 
mutaziorì  di  cose  furono  costrette  le  trup- 
pe francesi ,  palatine ,  ed  hassiane  a  riti- 
rarsi più  che  in  fretta ,  e  con  grave  lor 
danno,  dalla  Baviera,  e  dai  suoi  contorni , 
perchè  sempre  insultate  dalle  milizie  au^ 
striache  • 

Frc* 


Anno    MDCCXLV.       239 
Frequenti  intanto  erano  i  maneggi   degli 
elettori ,  per  dare  uii  nuovo  capo    all'  im- 
perio, e  sul  principio  di  giugno  fu  intima- 
ta  in  Francoforte    la  dieta  per  l'elezione, 
affinchè    essa    seguisse    con   piena    libertà  9 
giudicarono  bene  i  francesi    di  spedire    un 
grosso  esercito  comandato  dal  principe  di  Con» 
ty  ai  meno  nelle  vicinanze  di  essa  città  di 
Francoforte.  Tanta  carità  dei  francesi  verso 
i  loro  interessi  non  la  sapeano  intendere  i 
principi    e    circoli    dell'imperio,    e    molto 
meno  volle  sofferir  questa  violenza  la  cor- 
te di  Vienna.  Trovavasi  verso  quelle  parti 
un  esercito  austriaco,    ma  non  di  tal  ner- 
bo, da  poter  intimare  la  ritirata    ai  fran- 
cesi. Il  saggio  maresciallo  conte  diTraun, 
giacché  era  tornata  la  quiete  nella    Bavie- 
ra,   ebbe   l'incombenza    di    provvedere    a 
questo    bisogno ,    e    poscia    ebbe    anche    la 
gloria  di  felicemente  eseguirne  il  progetto. 
Con  un  altro  gran  corpo  di    armata    prese 
egli  un  giro  per  le  montagne,  e  luoghi  di- 
sastrosi, e  presso  il  fine  di  giugno    arrivò 
ad  unirsi  coli' altro  esercito  comandato  dal 
conte  Batthyani.  A  questa  armata  combina- 
ta ,  sul  principio  di  luglio  comparve  anche 
il  gran  duca  di  Toscana  Francesco  Stefano 
di  Lorena ,  e  poco  si  stette  a  vedere  scom- 
parire dalle  rive  del  Meno,    e  ritirarsi    al 
Reno  r  oste  francese*  Restò  conciò  libera- 
ta la  città  di  Francoforte  da  queir intollera- 
bil  aggravio,  e  tanto  più,  perchè  il    gran 
duca  condusse  anch' egli  l'esercito  suo    ad 

Heidel- 


240  ÀfiNAti  d5 Italia: 
Heidelberga ,  lasciando  in  piena  libertà  i 
ministri  deputati  all'  elezione  del  futuro 
iraperadore  .  Essendo  poi  giunto  sul  -fine  di 
agosto  a  Francoforte  Y  elettore  dlMagonza, 
si  continuarono  le  conferenze  di  quella  die- 
ta; e  giacché  non  fu  questa  volta  disdetto 
alta  regina  di  Ungheria  il  voto  della  Boe- 
mia, e  T elettor  di  Baviera  nell'accordo 
con  essa  regina  avea  impegnato  il  suo  in  fa- 
vore della  medesima:  nel  dì  13  di  settem- 
bre, ancorché  mancassero  i  voti  dei  re  di 
Prussia.,  e  del  Palatino,  seguì  l'elezione 
di  Francesco  Stefano  duca  di  Lorena ,  gran 
duca  di  Toscana,  marito  e  correggente  del- 
la stessa  regina  Maria  Teresa  ,  in  re  dei 
romani,  che  assunse  il  titolo  d' imperadore 
eletto.  Mossesi  da  Vienna  questa  regnante 
non  tanto  per  godere  anch'  essa  in  persona 
di  veder  la  coronazione  dell'augusto  con- 
sorte^ e  rimesso  lo  scettro  cesareo  nella 
sua  potentissima  casa  ;  quanto  ancora  per 
convalidare  un  patto  voluto  dagli  elettori, 
cioè  eh'  essa  regina  si  obbbligasse  di  assi- 
stere colle  sue  forze  il  nuovo  augusto  in 
tutte  le  sue  risoluzioni  e  bisogni .  Fece  il 
suo  magnifico  ingresso  in  Francoforte  l' im- 
-peradore  francesco  I  nei  dì  21  di  settem- 
bre, e  seguì  poi  nel  dì  quattro  di  ottobre 
la  di  lui  solenne  coronazione  con  indicibii 
festa  e  concorso  d' innumerabil  gente .  Si 
aspettava  ognuno.,  che  secondo  lo  stile  an- 
che alla  regina  di  lui  consorte  fosse  confe- 
ferita  l' imperiai    corona;    Per   più   di    un 

ri- 


Ann  o  MDCCXLV.  241 
ffguardo  se  ne  astenne  la  saggia  principes- 
sa ,  più  di  queir  onore  a  lei  premendo  il 
conservare  i  proprj  diritti ,  e  V  amore  dei 
suoi  ungheri  e  boemi ,  e  il  poter  sedere 
da  lì  innanzi  in  carrozza  al  fianco  dell'au- 
gusto marito  .  Accettò  nondimeno  il  titolo 
d' imperadrice ,  e  non  lasciò  di  far  ri  splen- 
dere in  tal  congiuntura  la  mirabil  sua  mu- 
nificenza, essendosi  creduto  da  molti,  che 
ascendesse  a  qualche  milione  il  prezzo  del- 
le gioie  e  dei  regali ,  da  essa  distribuiti 
agli  elettori,  ministri,  generali  delle  mi- 
lizie, soldati,  ed  altra  gente,  tanto  che 
ne  stupì  ognuno ,  Si  restituirono  poscia  le 
imperiali  loro  maestà  a  Vienna ,  e  vi  fece- 
ro il  giulivo  loro  ingresso  nel  di  27  di  ot- 
tobre • 

Continuava  intanto  la  guerra  dell'  impe- 
radrice suddetta  col  re  di  Prussia  ,  le  cui 
armi  occupavano  la  Slesia.  Nel  dì  otto  del 
gennajo  dell*  anno  presente  in  Varsavia  fra 
la  suddetta  Augusta  regina  ,  il  re  d' In- 
ghilterra, e  il  re  di  Polonia,  come  elet- 
tor di  Sassonia  ,  e  gli  ollandesi  ,  fu  stabi- 
lita una  lega  difensiva,  per  cui  si  obbligò 
esso  elettore  di  contribuire  trentamila  ar- 
mati per  la  difesa  del  regno  di  Ungheria , 
con  promettergli  annualmente  le  potenze 
marittime  centocinquantamila  lire  sterline 
per  questo.  E  giacché  il  re  prussiano  si 
era  messo  sotto  i  piedi  il  precedente  trat- 
tato di  pace,  attese  indefessamente  la  cor- 
te di  Vienna  ad  unire  un  poderoso  eserci- 

Tom.  XXVIL  Q*  to 


242  Annali  d'Itali! 
io  contra  di  lui.,  lusingandosi  di  poter  prò* 
fittare  di  questa  rottura,  per  ricuperare 
la  sommamente  importante  provincia  della 
Slesia  dalle  mani  di  chi  avea  mancato  alla 
fede.  Altri  conti  faceva  il  re  di  Prussia, 
Je  cui  truppe  a  maraviglia  agguerrite ,  for- 
ti ,  e  spedite  nei  combattimenti,  hanno  in 
questi  ultimi  tempi  conseguito  un  gran 
credito  nelle  azioni  militari.  All'apertura 
della  campagna  il  principe  Carlo  di  Lorena 
marciò  animosamente  coi  sassoni  in  trac- 
cia della  nemica  armata .  Seguirono  varj 
incontri ,  finché  nel  dì  quattro  di  giugn© 
presso  Striegau  e  Friedberg,,  esso  princi- 
pe ,  forse  contro  sua  voglia  ,  venne  ad 
una  giornata  campale  con  esso  re  .  Toc- 
cò una  gran  rotta  agli  austriaco-sassoni  i 
tìon  avendo  il  principe  assai  per  tempo 
avvertita  la  svantaggiosa  situazione  sua, 
per  cui  non  potea  passare  la  sua  cavalle- 
ria ,  e  la  vantaggiosa  dell'esercito  Prussia- 
no.  Confessarono  i  vinti  la  perdita  di  no- 
vemila persone  fra  uccisi ,  feriti  e  prigio- 
ni. Pretesero  all'incontro  i  vincitori  prus- 
siani ,  che  dei  loro  avversarj  quattromila 
restassero  estinti  nel  campo ,  settemila  fos- 
sero i  prigioni  ,  fra  i  quali  ducento  gli  ufi- 
ziali  y  coli'  acquisto  di  sessanta  cannoni , 
trentasei  bandiere,  ed  otto  paja  di  Tituba- 
li ,  oltre  lo  spoglio  del  campo .  Furono 
perciò  obbligati  -gli  austriaci  e  sassoni  a 
ritirarsi  con  grave  disagio  nella  Boemia  , 
per  attendere  alla  difesa ,  e  furono  colà  in 


A  n  n  o    MDCCXLV-        243 
seguiti  dai  nemici.  Ritirossi  poscia  nel  set- 
tembre da  essa  Boemia  il  re  di  Prussia  ,  e 
con  un  manifesto,  e  coli'  avvicinamento  delle 
sue  truppe,  cominciò  a  minacciar  la  Sasso- 
nia. L'inseguì  in  questa  ritirata   il  principe 
di  Lorena,    e    nel    di   30    di    esso    mese    a 
Prausnitz  in  Boemia  andò  coli' esercito  suo 
ad  assalirlo.    Ebbe    anche  questa    volta    la 
fortuna  contraria ,  e  lasciò  in  mano  dei  ne- 
mici la  vittoria,  con  perdita  forse  di  tre- 
mila persone  ,  di  trenta  pezzi  di  cannone, 
e  di  molte  insegne  .  Ma  né  pure  il  prussia- 
no potè  gloriarsi  molto  di  questa  giornata, 
perchè  anch'  egli  perde  non  solo  assai  gen- 
te,  ma  anche  la  maggior    parte    del  baga- 
glio proprio ,  e  dei  suoi  ufiziali  :  stante  1* 
avere  il  generale  Trench  coi  suoi    ungheri 
atteso  nel    bollore    della  battaglia    a    ciò, 
che  più    gli    premeva ,    cioè  a    quel    ricco 
bottino,  e  a  far  prigione  chiunque  ne  ave- 
va la  guardia .    Fu    creduto ,    che    se    essi 
Ungheri  senza  perdersi  nel  saccheggio  ,  aves- 
sero   secondato    il    valor    degli    austriaci  , 
con  menar  anch'essi  le    mani,    ed    assalir 
per  fianco  i  nemici,  come  era  il  concerto, 
sarebbe  andata  in  isconfitta  1-  armata  prus- 
siana . 

Ora  essendosi  inoltrato  il  re  di  Prussia 
nei  confini  della  Sassonia ,  nel  dì  23  di 
novembre  si  affrettò  di  prevenir  l'unione 
degli  austriaci  coi  sassoni  ,  e  gli  riuscì 
di  dare  una  rotta  ad  alquanti  reggimenti 
della  Sassonia  colla  morte  di  circa  duemila 


244  Annali  d'Italia 
di  essi,  e  colla  prigionia  di  altrettanti/  Si 
tirò  dietro  questa  vittoria  un  terribile  scon- 
volgimento di  cose.  Imperciocché  1* elettor 
Sassone  re  di  Polonia  prese  le  precauzioni 
di  ritirarsi  colla  real  famiglia,,  e  poi  suoi 
più  preziosi  arredi  in  Boemia  ,  e  non  finì 
rHiiese,  che  le  truppe  prussiane  entrarono  in 
Mersburg ,  e  Lipsia ,  e  il  re  loro  nello  stes- 
so tempo  con  altro  corpo  di  gente  s' irei-* 
padroni  di  Gorlitz .  Inorridì  ognuno  all' 
udir  le  smisurate  contribuzioni  di  due  mi- 
lioni e  mezzo  di  fiorini  ,  intimate  al  po- 
polo di  Lipsia ,  da  compartirsi  poi  sopra 
tutto  l'elettorato  di  Sassonia,  con  dar  tem- 
po di  sole  poche  ore  al  pagamento .  Con- 
venne contribuire  quanto  di  danaro _,  gioje, 
ed  argenterie  ,  si  potè  unire  in  quel  brut- 
to frangente,  e  dare  buone  sicurtà  mercan- 
tili pel  residuo.  Anche  nel  dì  15  di  dicem- 
bre seguì  un  altro  fatto  di  armi  fra  i  prus- 
siani ,  e  gli  austriaco-sassoni  colla  peggio 
deg'i  ultimi;  dopo  di  che  furono  aperte  le 
pone  di  Dresda  al  re  di  Prussia.  Per  co- 
tanta felicità  del  re  nemico  conobbero  in 
Une  tanto  Federigo  Augusto  III  re  di  Po- 
lonia ,  quanto  1' imperadrice  Maria  Teresa  , 
la  necessità  di  trattar  di  pace.  Da  Vienna 
dunque  con  plenipotenza  volò  il  ministro 
d?Inghilterra  a  trovare  Carlo  Federigo  III 
re  di  Prussia,  e  a  maneggiar  l'accordo. 
Ossia  che  l' imperadrice  della  Russia  minac- 
ciasse il  prussiano,  opure  che  altri  riguar- 
di movessero  esso  re:  certo  è,  che  ael  dì 

*5 


A  -v  v  o  MDCCXLV.  245 
25  di  dicembre  seguì  la  pace  fra  quelle 
tre  potenze ,  uniformandosi  al  precedente 
trattato  di  Breslavià  y  con  altri  patti  , 
che  io  tralascio.  Ritiraronsi  perciò  da  lì 
a  non  molto  Tarmi  prussiane  dalla  Sasso- 
nia ;  e  siccome  il  re  Elettore  se  ne  tornò 
al  godimento  dei  suoi  stati,  così  l'impe- 
radrice  sbrigata  da  sì  fiero  e  fortunato 
avversario,  potè  attendere  con  più  vigor 
da  lì  innanzi  a  sostenere  gli  affari  suoi  in 
Italia . 

Gran  guerra  fu  eziandio  in  Fiandra  nell' 
anno  presente.  Sui  fine  di  aprile  il  valoro- 
so conte  di  Sassonia  maresciallo  di  Francia 
con  potente  esercito  si  portò  air  assedio  di 
Tournai.  Vi  era  dentro  «n  presidio  di  no- 
vemila alleati,  che  prometteva  gran  cose, 
e  certamente  non  mancò  al  suo  dovere. 
Lo  stesso  re  cristianissimo  Luigi  XV  col 
figlio  Delfino  volle  ancora  in  questo  anno 
incoraggir  quell'impresa  colla  presenza  sua, 
e  ben  molto  giovò.  Imperciocché  nel  dì 
undici  di  maggio  il  giovine  duca  di  Cum- 
btrland ,  secondogenito  di  Giorgio  li  re 
della  gran  Bretagna ,  comandante  supremo 
dell'armata  dei  collegati  in  Fiandra,  assi- 
stito dal  saggio  maresciallo  conte  di  Ko~ 
ningsegg  (  i  cui  consigli  non  furono  questa 
volta  attesi)  andò  con  tutte  le  sue  forze 
ad  assalire  i  francesi  a  Fontenay.  Nove  ore 
durò  l'aspro  combattimento,  in  cui  l'eser- 
citò collegato  superò  alcuni  trincieramenti, 
e  fece  anche  piegare  i  nemici  ;   ma    sopra- 

Q  3  giua- 


246      Annali    d'Italia 
giunte  le  guardie  del  re,  cangiò  aspetto  la 
battaglia  ,    e  furono  essi  alleati  costretti  a 
ritirarsi  con  disordine  ad  Ath,  con  restare 
i  francesi    padroni    del    campo,    di    molte 
bandiere  ,  stendardi ,  e  cannoni ,  e  con  fare 
circa  duemila  prigioni»   Che    comperassero 
i  francesi  ben  caro  questa  vittoria  ,  si  ar- 
gomentò dall' aver  essi  contato  fra  morti  e 
feriti  quattrocento  cinquanta   dei  loro    ufi- 
ziali  •  Nel  dì   23  di  maggio  la  guernigione 
di  Tournay  cede  la    città-agli    assedianti, 
e  si  ritirò  nella  cittadella,    dove    con   far 
più  prodezze  si  sostenne  sino  al    dì  20  ài 
giugno.  Le  furono  accordati  patti  di  buo- 
na guerra,    a  riserva    di    non    potere    per 
tutto  il    presente    anno    militare    contro    i 
francesi.  Era  esso  presidio  ridotto  a  seimi- 
la persone.    Andò  poi  rondando    l'accorto 
maresciallo  di  Sassonia  per  alquanti    gior- 
ni ,    senza  prevedersi ,    dove  doveva   piom- 
bare ;    quando    improvvisamente    spedì    un 
corpo  dei  suoi,  i  quali  dopo  aver  data  una 
rotta  a  seimila  inglesi  ,  che  marciavano  al- 
la volta  di  Gant,  colla  scalata    s'impadro- 
nirono nel  dì  undici  di  luglio  della    stessa 
vasta  città  di  Gant ,  e  nel  dì   sedici  anche 
del  castello.  Copiosi  magazzini  di    farine, 
biada,  biscotto,  fieno,  ed  abiti  da   solda- 
ti ,    si  trovarono  in  quella  città ,    e  furono 
di  buon  cuore  occupati    dai   francesi.    Nel 
dì  21    di  luglio  entrarono    Tarmi   galliche 
anche  in    possesso    di    Oudenarde,    Gram- 
mont,    Alost,    e  poscia  di    Dendermonda  ; 

do- 


A  ti  tf  6    MDCCXLV.        247 
dopo  di  che  passarono  sottoOstenda,  ever- 
so la  metà  di  agosto  ne  imprese   l'assedio 
e  le  offese. 

Chiunque  sapea  >  quanta  gente  ,  e  che  smi- 
surato tempo  costasse  il  vincere    quelP im- 
portante   piazza    nelle    vecchie    guerre    di 
Fiandra,    stimava  di  mirare    anche    oggidì 
le  stesse  maraviglie  di  ostinata  difesa.  Ma 
non  son  pia  quei  tempi ,   e  le    circostanze 
ora  sono  ben  diverse.  Il  prendere  le  piaz- 
ze anche  più  forti  è  divenuto    un    mestier 
facile  all'  ingegno  e  valore  delle  armi  fran- 
cesi .  Ostenda  nel  dì  23  del  suddetto    me- 
se di  agostb  con  istupore  di  ognuno  capito- 
lò la  resa,  e  quel  presidio  ottenne    onore- 
voli condizioni .  Avendo  con  questa  segna- 
lata impresa  il  re  cristianisimo  coronatala 
sua  campagna ,  carico  di  palme  se  ne  tornò 
a  Parigi  e  a  Versaglies .    Anche    Neuport , 
fortezza  di  gran  conseguenza,  nel  dì  quin- 
to di  settembre  venne  in  potere  dei    fran- 
cesi ,  ed  altrettanto  fece  Ath    nei    dì    otto 
di  ottobre.    Un  gran  dire    dapertutto    era 
al  mirare  ,  con  che  favorevol  vento  proce- 
dessero in  Fiandra  le    armate    francesi,    e 
qual  tracollo  venisse  ivi  agl'interessi  dell' 
imperadrice  Maria  Teresa.  Eppure  qui  non 
si  fermò    V  applicazione    del    gabinetto    di 
Francia  .    Sul  principio  di  agosto    assistito 
qualche  poco  da  essi    francesi    il    cattolico 
principe  di  Galles  Carlo  Odoardo,  figlio  di 
Giacomo  HI  Stuardo,  re  d'Inghilterra  ,  già 
ehiamato  nel  precedente  anno   in    Francia  , 

Q  4  eb- 


248  Annali  d'Italia 
ebbe  la  fortuna  di  passare  sopra  una  frega* 
ta  con  alcuni  suoi  aderenti ,  e  buona  copia 
di  armi  e  danaro  in  Iscozia  ,  do^e  fu  accolto 
con  festa  da  molti  di  quei  popoli ,  che  non 
tardarono  a  sollevarsi  ,  e  a  riconoscere  per 
loro  signore  il  redi  lui  padre  .  Prese  tosto 
tal  piede  quell'incendio,  che  Giorgio  li  re 
d'Inghilterra,  non  tanto  per  opporsi  ai 
progressi  di  questo  principe,  quanto  anco- 
ra per  sospetti,  che  non  si  trovasse  qualche 
rivoluzione  nel  cuore  del  regno,  richiamò 
a  Londra  parte  delle  sue  truppe  esistenti 
in  Fiandra,  e  fece  anche  istanza  agli  olan- 
desi del  sussidio  di  seimila  soldati,  al  quale 
erano  tenuti  secondo  i  patti,  e  bisognò  in- 
viarli. Contribuì  non  poco  tal  avvenimento 
a  facilitar  le  conquiste  dei  francesi  nei  pae- 
si bassi.  Non  mi  fermerò  io  punto  a  de- 
scrivere quegli  avvenimenti ,  perchè  oramai 
mi  chiama  a  rammentare  i  suoi  1 

Fermossi    per    tutto   il   verno  dell'anno 
presente  col  quartier  generale  austriaco  in 
Imola  il  -principe  di  Lobcowitz,  e  si  sten- 
devano le  sue  truppe  per  tutta  la  Romagna. 
Nello  stesso  tempo    il    generale    spagnuolo 
conte  di  Gages  faceva  riposar  le  sue  mili- 
zie su  quel  di  Viterbo,  e  ne' contorni,  la- 
gnandosi indarno  gì'  innocenti  popoli  dello 
stato  ecclesiastico  di  sì  fatto  aggravio.  Di* 
verso  nondimeno  era  il  danno  loro  inferi- 
to   da  queste  armate ,    perchè  gli  austriaci 
non    contenti    dei  naturali ,    esigevano   an- 
che esorbitanti  contribuzioni  in  danaro  dal- 
le 


Ann  o    MDCCXLV.        249 
le  legazioni    di  Bologna  ,   Ferrara ^    e    fio* 
magna   ,     passati    i    primi   giorni    di    mar- 
zo ,  giacché  il  conte  di  Gages  era  stato  rin- 
forzato   da    molti    squadroni    spediti  dalla 
Spagna ,  a  da  un  buon   corpo  di  Napoleta- 
ni^   con    essere    in    viaggio  altre  schiere, 
per  unirsi  con  lui  ,  mise  in  moto  1'. arma- 
ta sua  alia  volta  di  Perugia ,  e  quindi  per 
tre  diverse  strade  valicò  l'Apenninoi  enei 
dì   18  cominciarono  quelle  truppe    a   com- 
parire a   Pesaro.    Credevasi  ,    che    gli    au- 
striaci postati  a  Rimino  fossero  per  far  te- 
sta ;  ma  non  si  tardò  molto  a  vedere  Tin- 
vàamento  dei  loro  Spedali    alla    volta    del 
Ferrarese ,    per    di  là  passare  a    Mantova  ; 
e  da  che  i  napolispani  s' inoltrarono  verso 
Fano,  il  principe  di  Lobcowitz ,  incendiati 
i  proprj  magazzini  ,  cominciò  a  battere  la 
ritirata    verso    Cesena ,    Forlì ,    e   Faenza . 
Parca ,    che    i  napolispani    avessero    1'  ali  ; 
non  V  ebbero  meno  gli  austriaci  ;  talmente 
che  arrivato  il    principe    suddetto    nel    dì 
quinto  di  aprile  a  Bologna  coli' armata,  non 
le    diede    riposo ,    e    fecela    marciare    alla 
volta  della  Samoggia.   Ma  da  che    comin- 
ciarono i  nemici   a   comparire    di    qua    da 
Bologna ,  egli  postò  nel  dì  decimo  di  esso 
mese  tutto  1*  esercito  suo  di  qua  dal  Panaro 
sul  Modenese  . 

Arrivato  che  fu  da  Venezia  a  Bologna 
anche  Francesco  Ut  di  Este  duca  di  Mo- 
dena, generalissimo  dell'armata  napolispa- 
na  ,  s' inviò  questa  in  ordinanza  di  battaglia 

ver- 


250      Annali   d*  Italia: 

verso  il  suddetto  Panaro  ,    e  nel  dì  13   di 
aprile  nelle  vicinanze  di  Spilamberto  lo  pas- 
sò ,  benché  fosse  accorso  colà  il  principe  di 
Lobcoivitz    con    apparenza    di    voler    dare 
battaglia.  Ma  senza  aver  fatto  alcuna  pro- 
dezza, si  vide  la  sera  tutto  l'esercito  au- 
striaco passar  lungo  le  mura   di   Modena  : 
esercito,    che    servì    di  scusa  al  generale  , 
se  altro  non  cercava,  che  di  ritirarsi;  per- 
chè comparve    smilzo    più    di    un    poco    a 
gli  occhi  dei    molti    spettatori .    Venne    il 
Lobcowitz  ad  accamparsi  fra  la  cittadella  di 
Modena >  e  il  fiume  Secchia,  mentre  i  na- 
polispani  andarono  a  piantare  le  tende    al 
Montale  ,   e  nei  luoghi  circonvicini    sino  a 
Formigine  ,  quattro  miglia  lungi  dalla  cit- 
tà. Si  figurarono  molti  ;  che  il  pensier  lo- 
ro fosse  di  entrare  in    Modena,    e   già   il 
Loboowitz  avea  aggiunto  al  ponte  alto  un 
altro  ponte  di  barche,    per  salvarsi   di    là 
dal  fiume,    qualora  tentassero  i  nemici    di 
assalirlo  in  quel  posto:  saggia  risoluzione, 
perchè  passato  di  là  non  paventava  di  loro; 
e  quando  eglino  avessero  in  altri    siti    su- 
perato il  fiume ,  egli  se  ne  sarebbe  tornato 
in  sicuro  da   quest'altra    parte.   Ma    altri 
erano  i  disegni  dei  napolispani.  Correvano 
allora  i  giorni  santi,  e  vennero  quelli  an- 
cora di  Pasqua  :  con  che  divozione  li  pas- 
sassero   i    modenesi    non   sentendo   altro , 
che  la  desolazion  del  loro  paese  per  le  due 
vicine  armate,  facilmente  si  può    immagi- 
nare .  Ed  ecco  che  nella   notte   precedente 

il 


Anno  MDCCXLV.  25? 
il  di  22  di  aprile  i  gallispani  alla  sordina 
levarono  il  campo  ,  e  per  la  strada  di  Gor- 
zana  si  avviarono  alla  volta  delle  monta- 
gne di  san  Peregrino.  Una  impensata  fie- 
ra dissaventura  arrivò  ad  esse  truppe  nel 
passare  per  colà  in  Garfagnana  ,  perchè 
colte  da  un'improvvisa  neve,  che  principiò 
a  fioccare,  e  trovandosi  senza  foraggi  e 
biade  in  quei  monti ,  fecero  orridi  pati- 
menti ;  seguì  non  lieve  diserzione  di  gente  : 
e  più  di  cinquecento  cavalli  e  muli  lascia- 
rono V  ossa  su  quelle  balze.  Calati  poi  nel- 
la Garfagnana  i  gallispani  ,  sì  improvvisa- 
mente arrivarono  addosso  alla  fortezza  di 
Montaifonso,  che  quel  comandante  austria- 
co sorpreso  senza  vettovaglia  ,  si  arrendè 
tosto  col  presidio  prigioniere  di  guerra  ; 
ed  avendo  poi  fatto  altrettanto  quello  del- 
la Verucola ,  tornò  tutta  quella  provincia 
all'ubbidienza  del  duca  di  Modena  suo  le- 
gittimo sovrano .  Speravano  *i  garfagnini 
un  trattamento  da  amici  dalle  truppe  spa- 
gnuole  3  e  provarono  tutto  il  contrario . 
Passò  da  lì  a  poco  quell'armata  sul  Luc- 
chese ;  e  stesesi  fino  a  Massa  ,  dando  assai 
a  conoscere,  ch'essa  era  per  volgersi  ver- 
so il  Genovesato  ,  a  fine  di  unirsi  coli' al- 
tra armata  dei  gallispani,  che  si  andava 
adunando  nella  riviera  occidentale  di  Ge- 
nova .  Si  avvide  per  tempo  di  questo  loro 
disegno  il  generale  austriaco  principe  di 
Lobcowitz;  e  però  anch' egli  nel  dì  23  di 
aprile   sollecitamente    alzò   il    campo    dai 

con> 


252  Ann  ah  d'Italia 
contorni  di  Modena ,  e  si  avviò  alla  volta 
di  Reggio,  e  di  là  poi  andò  a  mettere  iì 
suo  quartiere  a  Parma,  con  ispedire  varj 
distaccamenti  in  Lunigiana ,  a  fine  d' im- 
pedire o  frastornare  il  passaggio  dei  ne- 
mici nel  territoiio  di  Genova  .  In  fatti ,  al- 
lorché nd  dì  nove  di  maggio  si  misero  i 
napolispani  a  passare  la  Magra  ,  ne  ripor- 
tarono una  buona  percossa  :  dopo  di  che, 
arrivarono  in  fine  dopo  tante  faticose  mar- 
cie a  prendere  riposo  nelle  vicinanze  di 
Genova. 

Si  venne  a  poco  a  poco  da  lì  innanzi 
svelando  un  arcano,  che  avea  dato  molto 
da  pensare  e  da  discorrere  nei  giorni  ad- 
dietro. Molto  tempo  era,  che  la  repubbli- 
ca di  Genova  andava  facendo  un  grande 
armamento  di  nazionali ,  di  corsi  ,  e  di 
qualunque  disertore ,  che  capitava  in  quelle 
parti.  Chi  credea  con  danaro  proprio  di 
essi  genovesi;,  e  chi  colla  borsa  di  Spagna. 
Tanto  gl'inglesi,  padroni  per  la  potente 
lor  flotta  del  Mediterraneo,  quanto  Carlo 
Emma:wele  re  di  Sardegna  j  se  ne  allar- 
marono, ed  inviarono  ministri  a  chiedere 
il  perchè  si  facesse  quella  massa  di  gente. 
Altra  risposta  non  riceverono,  se  non  che 
trovandosi  da  ogni  parte  attorniati  da  ar- 
mate gli  stati  di  quella  repubblica  ,  il  se- 
nato per  propria  difesa  e  sicurezza  avea 
messe  insieme  quell'armi.  Mai  saggi,  che 
penetravano  nel  midollo  delle  cose  ,  sos- 
pettarono di  buon'ora   la   vera  cagione  di 

tal 


A  nt  n  o  MDCCXLV.  253 
tal  novità.  Non  fu  sì  segreto  il  trattato 
di  WorniBj  fatto  dal  re  di  Sardegna  colle 
corti  di  Londra  e  di  Vienna ,  che  non 
traspirasse  accordato  al  medesimo  re  1" 
acquisto  ancora  del  Finale ,  già  appellato 
di  Spagna  .  Del  che  si  maravigliarono  non 
pochi  ;  perciocché  dallo  strumento  della  ven- 
dita di  esso  Finale  fatta  dall'  iraperador 
Carlo  VI  ai  genovesi ,  non  apparisce  alcu- 
na restrizione,  se  non  che  quel  marchesato 
restasse  feudo  imperiale  .  Ma  il  re  di  Sar- 
degna volle  in  tal  congiuntura  che  si  aves- 
se  riguardo  alle  antiche  pretensioni  e  ra- 
gioni della  sua  real  casa  su  quel  Feudo . 
Dovettero  ben  trovarsi  imbrogliati  i  mi- 
nistri della  regina  per  accordar  questo  puni- 
to, stante  l'evizione  promessa  dall'augu- 
sto Carlo  nella  vendita  ;  e  pure  convenne 
accordarlo  .  Sommamente  restarono  irritati 
per  questo  i  genovesi  contra  del  re  di  Sar- 
degna ,  e  non  fu  perciò  difficile  alle  corti 
di  Francia ^  Spagna,  e  Napoli  di  manipo- 
lare un  trattato  di  aderenza  di  essa  re- 
pubblica all'armi  loro,  mercè  della  pro- 
messa di  assicurarla  dal  dominio  e  godi- 
mento di  quelLo  stato ,  allorché  si  trat- 
terebbe di  pace.  Altri  vantaggi  ancora  le 
esibirono  a  tenor  delle  conquiste ,  che  si 
meditavano  nella  presente  guerra.  Entra- 
rono pertanto  i  genovesi  nell'  impegno , 
ed  aspettarono  a  cavarsi  la  maschera,  al- 
lorché gli  spagnuoli  si  avanzarono  verso  i 
loro  confini .    Di  gran  conseguenza  fu  per 

li 


254  Annali  d'Italia 
li  gallispani  l'accrescimento  di  questi  mio*' 
vi  alleati,  che  si  dichiararono  ausiliarj 
della  Spagna,  perchè  oltre  al  riguardevoi 
rinforzo  delle  lor  genti,  si  venne  ad  apri- 
re una  larga  porta  pel  Genovesato  all'  ar- 
mi di  essi  gallispani ,  quando  probabilmen- 
te non  avrebbero  essi  saputo  trovarne  un5 
altra  sì  facile  per  calare  in  Lombardia  . 

Già  dalla  Savoja  era  passato  colle  sue 
genti  in  Provenza  il  reale  infante  don  Fi- 
lippo) e  quivi  avea  ricevuto  un  buon  sus* 
sidio  di  altri  fanti  e  cavalli ,  a  lui  spediti 
dai  re  suo  genitore  :  nel  qual  tempo  anco- 
ra non  cessavano  di  andar  giugnendo  a 
Nizza  e  Villafranca  sciabecchi  spagnuoli  y 
portanti  artiglierie  ,  attrecci ,  e  munizioni, 
senza  chiederne  passaporto  ai  nemici  in- 
glesi ,  i  quali  sembravano  chiudere  gli  oc- 
chi a  quei  trasporti  ,  ma  verisimilmente 
non  li  poteano  impedire,  anzi  andavano 
facendo  prede  di  tanto  in  tanto.  Era  an- 
che in  marcia  un  corpo  di  non  so  quante 
migliaja  di  fanteria  e  cavalleria  francese  , 
sotto  il  comando  del  maresciallo  marchese 
di  Maillebois ,  per  venire  ad  unirsi  con  es- 
so infante.  Andò  poi  come  potè  il  meglio 
Y  armata  spagnuola  progredendo  per  le  di- 
sastrose strade  della  riviera  di  Ponente  al- 
la volta  di  Savona.  Fu  richiamato  in  que- 
sto, tempo  alla  corte  di  Vienna  il  principe 
di  Lobcowitz  ,  per  valersi  di  lui  neil7  im- 
portante guerra  di  Boemia.  Ora  l'esercito 
austriaco    informato,    che    il    corpo    degli 

spa- 


Anno    MDCCXLV.         255 

spagnuoli  comandato  dal  duca  di  Modena  , 
e  rinforzato  da  duemila  cavalli  e  tremila 
fanti  y  staccati  dall'  armata  dell'  infante , 
si  era  inoltrato  sino  alla  Bocchetta  ,  dopo 
la  metà  di  giugno  per  opporsi  al  loro  avan- 
zamento, entrò  nel  Genovesato,  impadro- 
nendosi di  Novi .  Anche  il  re  di  Sardegna , 
a  cui  la  morte  nel  dì  29  di  maggio  avea 
tolto  il  marchese  di  Orinea ,  gran  cancel- 
liere, ed  insigne  primo  ministro  suo,  man* 
dò  le  sue  milizie  ad  accamparsi  nei  siti  , 
per  dove  potea  V  infante  don  Filippo  ten- 
tare il  passaggio  in  Lombardia  .  Fermaronsi 
gli  austriaci  in  Novi  sino  al  principio  di 
luglio ,  quando  il  duca  di  3Iodena  unito 
al  general  Gages  marciò  a  quella  volta 
con  tutte  le  forze  dell'  oste  napolispana  , 
e  gli  obbligò  a  ritirarsi  a  Rivalta ,  e  nelle 
vicinanze  di  Tortona .  Nello  stesso  tempo 
anche  V  infante  coli'  esercito  gallispano  , 
mossosi  da  Savona,  e  passato  TApennino, 
arrivò  a  Spigno,  e  pel  Cairo  venne  ad  im- 
padronirsi della  città  di  Acqui  nel  Mon- 
ferrato, con  fare  retrocedere  i  savojardi . 
Parimente  con  altro  corpo  di  gente  il  ma- 
resciallo di  Maillebois  calò  per  la  valle 
di  Bormida:  laonde  fu  obbligato  il  gene- 
rai piemontese  Sinsan  a  ritirarsi  da  Gares- 
sio  a  Bagnasco  ,  per  coprire  il  forte  di  Ce- 
va.  Alia  metà  di  luglio  allorché  s'intese 
in  piena  marcia  l'esercito  napolispano  alla 
volta  di  Capriata  ,  e  il  Gallispano  proce- 
dere verso  Alessandria  ,  il  conte  di  Schu» 

lem- 


256      Annali   b*  Italia 

lemburgo ,  general  comandante  delle  armi 
austriache  ,  ridusse  le  sue  truppe  ,  (  colle 
quali  si  unì  anche  la  maggior  parte  dei 
savoiardi  )  a  Montecastello  e  a  Bassignapa  , 
formando  quivi  un  accampamento  somma- 
mente vantaggioso  pel  sito  difeso  dal  Po 
e  dal  Tanaro,  e  insieme  dalla  città  di 
Alessandria,  con  cui  tenea  quel  campo  una 
continua  comunicazione.  Venne  circa  il  dì 
23  di  luglio  ad  unirsi  il  reale  infante  coli' 
esercito  comandato  dal  duca  di  Modena  , 
e  passarono  poi  tutti  ad  accamparsi  tra 
il  Bosco  e  Rivalta,  stendendosi  sino  a  Vo- 
ghera. Intanto  fu  data  commissione  al  mar- 
chese Gian- Francesco  Brignole  ,  general  co- 
mandante delle  truppe  genovesi  di  far  V 
assedio  del  vecchio  castello  di  Serravalle, 
e  si  attese  alle  occorrenti  disposizioni  del 
bisognevole  ,  per  imprendere  quello  di  Tor- 
tona e  della  sua  cittadella. 

Solamente  nel  dì  quindici  di  agosto  par- 
te dell'esercito  collegato  di  Spagna  si  pre- 
sentò sotto  essa  Tortona  ;  e  perchè  quella 
città  è  priva  di  fortificazioni ,  il  comandan- 
te Savoiardo  dopo  aver  sostenuto  per  al- 
quanti giorni  il  fuoco  dei  nemici ,  P  abban- 
donò ,  ritirando  nella  cittadella,  o  sia  nel 
castello,  il  suo  presidio.  Alzaronsi  poscia 
batterie  di  cannoni  e  mortari  per  bersagliar 
quella  fortezza,  e  nel  dì  23  si  diede  prin- 
cipio alla  lor  sinfonia.  Comune  credenza 
era,  che  quel  castello  farebbe  lunga  dife- 
sa ,  stante  la  situazione  sua  sopra  un  mon- 
te 


A  n  n  o  MDCCXLV.  15? 
te*  o  colle,  per  non  poter  esser  battuto  y 
se  non  da  un  lato,  cioè  dal  declivio  setten- 
trionale della  stessa  collina .  Ma  attaccato- 
si fuoco  nelle  fascinate  delle  fortificazioni 
esteriori ,  quella  guernigione  nel  dì  tre  di 
settembre  capitolò  la  resa,  con  obbligarsi 
di  non  servire  per  un  anno  contra  degli 
alleati  della  Spagna .  Si  era  già  sul  princi- 
pio di  agosto  renduto  Serravalle  alle  armi 
collegate ,  con  restar  prigioniero  di  guerra 
quel  tenue  presidio.  Cominciarono  allora  i 
genovesi  a  raccogliere  il  frutto  della  loro 
aderenza  alla  Spagna,  perchè  fu  conceduto 
ad  essi  il  possesso  e  governo  non  solamente 
di  quel  castello,  ma  anche  del  marchesato 
di  Òneglia .  Sbrigatosi  dall'impedimento  di 
Tortona  il  real  infante  don  Filippo,  fu  sol- 
lecito a  spedire  il  duca  di  Vieville  con  un 
grosso  distaccamento  di  cavalleria  e  fante- 
ria e  con  cannoni  all'acquisto  di  Piacenza. 
In  quella  città  non  restava  se  non  il  pre- 
sidio di  circa  trecento  uomini  _,  avendo 
conosciuto  il  re  di  Sardegna  di  non  poterla 
sostenere.  Perchè  quel  comandante  ricusò 
di  aprir  le  porte  y  gli  spagnuoli  impazien- 
ti y  avendo  recato  seco  delle  scale  ,  improv- 
visamente diedero  la  scalata  alle  mura  ver- 
so Po,  e  vi  entrarono  nel  dì  cinque  di  set- 
tembre .  Ritirossi  la  guernigione  nel  castel- 
lo ,  lasciando  esposta  la  cittadinanza  al  pe- 
ricolo di  un  'sacco.  La  protezione  di  Eli- 
sabetta Farnese  regina  di  Spagna ,  quella 
fu,  che  li  salvò  da  questo  flagello  \  ed  ac- 
Tom.  XXVII.  K  cor- 


£58       Annali    d'  Italia; 

corsa  la  nobiltà  con  far    portare   comesi 
bili  alle  truppe  ,  acquetò  tosto  il  romore  . 
Volle  il  comandante  piemontese  del  castel- 
lo, prima  di  rendersi,    Y onore    di    essere 
salutato  con  molte  cannonate,  e  poscia  nel 
dì   13  di  esso  mese  si  rendè  a  discrezione  • 
Quei  presidiarj ,  che  non  erano  né  savojar- 
di,  ne  tedeschi,  ma  italiani  quasi  tutti,    si 
liberarono  dalla  prigionia  con  prendere  par- 
tito nell'armata  di  Spagna.  Ciò  fatto,  nel 
dì  16  comparve  a  Parma  un  distaccamento 
di  spagnuoli ,  che  niuna  difficoltà  trovò  ad 
impadronirsene,    giacché    gli    austriaci    ne 
aveano  precedentemente  menate  via  il  can- 
none ,  e  tutti  gli  attrecci,  e  le   munizioni 
da  guerra,  e  il  loro  presidio  ne  avea  preso 
congedo  per  tempo .    Volarono    corrieri    a 
Madrid  con  queste  liete  nuove,  né  s'ingannò 
chi  credette ,    che  la  magnanima  regina  di 
Spagna  intendesse  con  particolar  giubilo  e 
consolazione  il  riacquisto  del  suo  paterno  re- 
taggio. Fu  preso  dal  generale  marchese  di 
Castellar    il  possesso  di  quelle  città ,   e  di 
tutto  il  dominio  già  spettante  alla  casa  Far- 
nese ,   a  nome  di  essa  cattolica  regina  ;  ed 
egli  pubblicò  poscia  uno  straordinario  edit- 
to, vietante  ogni  sorta  di  giuoao  di  azzar- 
do,  sotto  pene  gravissime  :  regolamento  in* 
vidiato,  ma  non  isperato  da  altre  città.  Do- 
po l'acquisto  di  Parma  fu  creduto,  che  di 
quel  passo  verrebbono  gli  spagnuoli  fino  a 
Modena ,  e  persuasi  di  ciò  gli  ufiziali    sa- 
voiardi, spedirono  via  in  fretta  i  loro  equi- 

pa- 


Anno    MOCCXLV.         259 
paggj .  Ma  altro  non  ne  seguì ,    meditando 
gli  spagnuoli  imprese  di  maggior  loro  van. 
taggio . 

Diede  ia  questi  tempi  il  generale  di  essi 
conte  di  Gages  un  nuovo  saggio  della  sua 
avvedutezza  ,  mostrata  in  tante  altre  mi- 
litari azioni,  fatto  gittare  un  ponte  alla 
Stella  verso  Belgioioso  ,  spinse  all'  altra  ri- 
va un  corpo  di  tremila  granatieri  con  del- 
la cavalleria.  Pareano  le  sue  mire  volte  a 
Milano  :  il  che  fu  cagione  ,  che  dal  campo 
austriaco-sardo  di  Bassignana  fossero  spe- 
diti con  diligenza  quattromila  soldati  per 
coprire  quella  città.  Ma  il  Gages  air  im- 
provviso fece  marciare  il  duca  di  Vieville 
con  quella  gente  a  Pavia.  Soli  cinquecento 
schiavoni,  parte  dei  quali  anche  o  malata 
o  convalescente,  si  trovavano  in  quella  cit- 
tà, città  di  molta  estensione  :  laonde  non 
durarono  fatica  con  una  scalata  gli  spa- 
gnuoli a  mettervi  dentro  il  piede  nella  not- 
te precedente  il  dì  22  di  settembre  ,  con 
fare  un  acquisto  di  somma  importanza  nel- 
le congiunture  presenti,  stante  la  situazione 
di  quella  città,  che  oltre  all'essere  di  là  da 
Po ,  ha  anche  il  suo  ponte  a  cavallo  del  Ti- 
cino. Ottenne  quel  tenue  presidio  ritiratosi 
nel  castello  di  potersene  andare,  con  obbligo 
di  non  militare  per  un  anno  contra  dei 
gaìlispani  e  loro  alleati .  Per  non  essere  ben 
informati  gli  spagnuoli,  perderono allora  un 
bel  colpo .  Nel  castello  di  Milano  erano  , 
fecondo  la  disattenzione  austriaca ,  smonta- 
li  2  ti 


260  Annali  d'Italia 
ti  quasi  tutti  i  cannoni;  poco  più  di  cento 
soldati  stavano  alla  sua  difesa ,  e  questi 
senza  viveri  che  per  cinque  o  sei  giorni  , 
Se  colà  marciavano  a  dirittura  gli  spagnuo- 
ìi,  troppo  verisimilmente  veniva  quel!'' in- 
signe castello  in  breve  alle  lor  mani.  Né 
pur  Pizzighittone  si  trovava  allora  in  miglio- 
re arnese.  Ebbero  dunque  tempo  il  generale 
conte  Pallavicini  >  e  il  conte  Cristiani  gran 
cancelliere  ,  di  provvedere,  con  rndicibil  di- 
ligenza di  tutto  il  bisognevole  quelle  due 
fortezze  ,  sicché  le  medesime  si  risero  poi 
dei  susseguenti  attentati  nemici.  Intanto 
per  mare,  non  ostante  il  continuo  girare 
dei  vascelli  ingksi ,  andavano  continuamen- 
te giugnendo  a  Genova  parte  da  Napoli,  e 
parte  dalla  Catalogna  nuovi  rinforzi  di  gen- 
te ^  di  artiglierie,  e  munizioni,  destinati 
al  campo  spaglinolo.  La  presa  di  Pavia  ca- 
gion  (a ,  che  il  generale  austriaco*conte  di 
Schulemburgo  colle  sue  truppe  ripassasse  il 
Po,  per  vegliare  alla  sicurezza  di  Milano, 
restando  nondimeno  a  portata  di  poter  re- 
car soccorso,  mercè  di  un  ponte  sul  Po, 
al  re  di  Sardegna,  rimasto  colle  sue  mili- 
zie nell'accampamento  di  Bassignana  .  Era- 
si finqui  esso  re  Carlo  Emmanuele  ferma- 
to in  quel  sito,  attendendo  a  sempre  più 
fortificarlo  ,  e  a  visitar  sovente  la  città  di 
Alessandria,  a  cui  pure  facea  continuamen- 
te accrescere  nuove  fortificazioni.  Ma  da 
gran  tempo  andava  studiando  il  conte  di 
Gages  col  duca  di  Modena  di  farlo  slog- 
gia- 


Anno  MDCCXLV.  %èt 
giare  di  là  ,  perchè  senza  di  questo  nulla 
vi  era  da  sperare  contro  Alessandria  ,  Va- 
lenza ,  ed  altri  luoghi  superiori  dietro  il 
Po.  Giacche  loro  era  riuscito  di  separare 
la  maggior  parte  delle  milizie  austriache 
dalle  piemontesi  ,  lasciato  un  convenevol 
presidio  in  Pavia  ,  si  ridussero  di  qua  da 
Po;  ed  unito  tutto  lo  sforzo  dei  suoi,  na- 
poletani ,  francesi  e  genovesi ,  nella  sera 
del  dì  26  di  settembre  mossero  da  Castel- 
nuovo  di  Tortona  l'esercito  per  passare  il 
Tanaro,  ed  assalire  i  forti  trincieramenti , 
nei  quali  dimorava  il  re  di  Sardegna  colle 
sue   truppe. 

Marciava  in  sei  colonne  quella  potente 
armata ,  e  nella  prima  si  trovava  lo  stesso 
Gages  col  duca  di  Modena  ,  a  fin  di  fare 
in  varj  siti  un  vero  o  finto  assalto.  Sullo 
spuntar  dell'aurora  del  dì  27  dato  il  segno 
della  battaglia  con  tre  razzi  dalla  torre  di 
Pioverà,  fanti  e  cavalli  allegramente  gua- 
darono il  fiume  j  e  da  più  partii  s-econdo 
il  premeditato  ordine,  piombarono  addosso 
agli  argini  e  fossi  del  campo  nemico.  Avea- 
no  essi  creduto  di  andare,  a  un  duro  com- 
battimento, e  si  trovò  ohe  a  riserva  del 
primo  insulto  a  quelle  trincee ,  non  vi  fu 
occasion  di  combattere  *  Perciocché  il  re 
di  Sardegna.,  appena  scoperto  il  loro  dise- 
gno, senza  voler  avventurare  il  nerbo  del- 
le sue  genti,  ordinò  la  ritirata,  a  cui  gli 
altri  diedero  il  nome  di  fuga  a  Furono  ve- 
ramente inseguiti  i  savojardi  dai  carabinie- 

R  3  « 


262       Annali    d'Italia 

ri  reali,  e  dalle  guardie  del  duca  di  Mo- 
dena ,  e  da  altri  corpi  di  cavalleria  spagnuo- 
la  ;  ma  cinque  reggimenti  sardi  a  cavallo  , 
postati  sopra  un'altura  in  ordinanza.,  co- 
prirono in  maniera  la  ritirata  delle  arti- 
glierie e  la  lor  fanteria.,  che  questa,  quan- 
tunque sbandata,  parte  si  ridusse  salva  a 
Valenza,  e  parte  ad  Alessandria.  Con  som- 
mo disordine  poscia  scamparono  anche  quei 
reggimenti .  Al  primo  romore  avea  bene  il 
reai  sovrano  di  Sardegna  chiesto  soccorso 
al  conte  di  Schulemburgo ,  che  colle  sue 
truppe  stava  accampato  dì  là  da  Po  ,  né 
tardò  egli  punto  a  muoversi  ;  due  anche 
dei  suoi  reggimenti  passarono  allora  in  aju- 
to  di  esso  re  ;  e  da  che  videro  come  in 
rotta  i  savojardi ,  arditamente  quasi  per 
mezzo  ai  nemici  si  ritirarono  a  Valenza 
anch'essi  .  Ma  perciocché  non  furono  pigri 
i  gallispani  a  marciar  verso  il  ponte  sul 
Po  ,  che  manteneva  la  comunicazione  coi 
piemontesi;  e  presa  la  testa  del  medesimo, 
voltarono  due  cannoni  ivi  trovati  contro 
gli  stessi  austriaci  :  questi  o  perchè  trova- 
rono interdetto  l'ulteriore  passaggio,  o 
perchè  conobbero  già  finite  la  festa  ,  die- 
dero il  fuoco  al  ponte  medesimo,  e  se  ne 
tornarono  al  loro  accampamento .  Sicché  an- 
dò a  finire  tutta  questa  strepitosa  impresa 
in  poca  mortalità  di  gente,  in  avere  i  col- 
legati acquistato  non  già  più  che  nove  can- 
noni ,  due  stendardi ,  e  il  bagaglio  di  tre 
reggimenti.   Si  fece    ascendere    il    numero 

dei 


A  n  n  o  MDCCXLV.  2% 
tei  prigioni  savojardi  sin  quasi  a  duemila^ 
frai  quali  trentasette  ufiziali ,  e  ad  alcune 
centinaja  di  cavalli ,  parte  dei  quali  feriti 
nelle  groppe.  Non  mancò  in  questa  disgra- 
zia al  re  Sardo  la  lode  di  aver  saputa 
salvare  la  maggior  parte  delle  sue  truppe 
ed  artiglierie. 

Vollero  in  questi  tempi  gì*  inglesi  far 
provare  il  loro  sdegno  alla  repubblica  di 
Genova  per  la  sua  aderenza  alla  Spagna  . 
Presentatasi  nel  dì  26  di  settembre  una 
squadra  delle  lor  navi  contro  la  medesima 
città,  con  alquante  palandre  ,  cominciò  a 
gittar  delle  bombe  ;  ma  conosciuto ,  che 
queste  non  arrivavano  a  terra  ,  e  intanto 
i  cannoni  del  porto  non  istavano  in  ozio  , 
tardarono  poco  a  ritirarsi ,  senza  avere  in- 
ferito alcun  danno  alla  città.  Passarono  es- 
si dipoi  al  Finale,  e  fecero  quivi  il  mede- 
simo giuoco  contro  quella  terra  ,  che  loro 
corrispose  con  frequenti  spari  di  artiglie- 
rie :  laonde  vedendo  di  nulla  profittare , 
anche  di  là  se  n'andarono  con  Dio.  Non 
così  avvenne  alla  tanto  popolata  terra,  o 
sia  città  di  san  Remo  ,  dove  o  non  seppe  ,  o 
non  potè  far  difesa  quel  popolo .  Secento  bom- 
be e  tremila  cannonate  delle  navi  inglesi  fece- 
ro un  lagvimevol  guasto  in  quelle  case  ,  ed 
immenso  danno  recarono  a  quegF  industrio- 
si abitanti.  Andarono  intanto  gli  austriaci 
e  piemontesi  ad  unirsi  in  Casale  di  Mon- 
ferrato ,  vegliando  quivi  agli  andamenti  dei 
gallispani ,  i  quali ,  perchè  Alessandria  era 

R  4  ri- 


2S4      Annali  d'  f t  a  i  f  £ 

rimasta  In  isola,  nel  dì  sei  di  ottobre  sot- 
to di  essa  aprirono   la    trincea.    Sino    alla 
notte  precedente  al  dì  dodici  si  tenne  for- 
te in  quella  città  il  marchese  di  Carragllo , 
general  veterano  del  re  di  Sardegna  ,    e  si 
ridusse  poi  con  tutti  i  suoi  nella  cittadella 
di  modo  che  nel  dì  seguente  pacificamente 
entrarono  in  essa  città  i    gallispani .    Avea 
nei  tempi  addietro  il  re  Sardo  con  immen- 
se spese  atteso  a  fornir  quella  cittadella  di 
tutte   le  più  accreditate  fortificazioni    den- 
tio  e  fuori  ;  abbondanti  munizioni  da  guer- 
ra   e  provvisioni    di  vettovaglie    vi    erano 
state  poste  ;  grosso  era  il  presidio.  Per  que- 
ste ragioni ,    e    per  essere    molto   avanzata 
la  stagione  ,  troppo  impegno  essendo  sem- 
brato ai  gallispani  l'imprendere  queir  asse- 
dio,   unicamente   si  pensò    a  vincere   colla 
fame  una  sì  rilevante  fortezza  .    Lasciatala 
dunque  bloccata    con  sufficiente  numero    di 
truppe ,    il  resto    della    loro  armata    passò 
air  assedio  di  Valenza  ,  sotto  di  cui  nel  dì 
17  di  ottobre  diedero  principio  alle  ostili- 
tà •  Venne  in  questi  tempi  al  comando  dell' 
armata  austriaca  Wincislao  principe  di  hi" 
Benstein ,    di  una    delle    più    nobili    e  più 
ricche  case  della  Germania,  e  personaggio 
di  somma  prudenza,  e  pietà,  in  cui  non  si 
sapea   se  maggior  fosse  la  generosità,  o  la 
cortesia    e  l'onoratezza:     delle  quali  virtù 
avea  lasciata    gran  memoria   nelT  ambasce- 
ria   a   Parigi,    e  in  tante    altre    occasioni. 
Dacché  furono  inoltrati    gli  approccj  sotto 

Va* 


Anno  MDCCXLV.  265 
Valenza,  ^  si  videro  gli  assediatiti  in  pro- 
cinto di  dare  l'assalto  ad  una  mezza  luna^ 
il  comandante  di  essa  fortezza  marchese  di 
Balbiano  ne  propose  la  resa  agli  aggresso- 
sori;  ma  ricevuta  risposta  ,  che  si  voleva 
la  guermgion  prigioniera,  egli  nella  notte 
avanti  al  di  30  del  mese  suddetto  con  tut- 
ta segretezza  abbandonò  la  piazza.,  lascian- 
do dentro  solamente  cento  uomini  nel  ca- 
stello oltre  a  molti  malati .  11  resto  di  sua 
gente,  che  consisteva  in  mille  e  novecento 
soldati  ,  in  varie  barche  felicemente  si  tra- 
sportò coi  suoi  bagagli  di  là  da  Po  ,  con 
aver  anche  danneggiato  i  gallispani ,  che 
prevedendo  questo  colpo  ,  tentarono  di  fra- 
stornare il  loro  passaggio.  Entrati  i  vinci- 
tori in  Valenza,  vi  trovarono  circa  sessan- 
ta cannoni ,  ma  inchiodati ,  molti  mortari  7 
e  buona  quantità  di  munizioni  ed  attrecci 
militari. 

Giacché  il  re  di  Sardegna ,  e  il  principe 
di  Lictenstein  si  erano  ritirati  da  Casale 
coli'  esercito  loro  di  ìà  da  Po  a  Crescen- 
tino,  passarono  i  gaiiispani  ad  essa  città 
di  Casale  ,  che  aprì  loro  le  porte  nel  gior- 
no quinto  di  novembre  .  Il  castello  guer- 
nito  di  secento  uomini  si  mostrò  risoluto 
alla  difesa,  e  però  ne  fu  impreso  1* assedio > 
ma  con  somma  lentezza  ;  ancorché  colà 
ridotti  si  fossero  V  infante  don  Filippo,  il 
duca  di  Modena  ,  il  come  di  Gages  ,  e  il 
maresciallo  di  Mailltbois .  Evano  cadute 
esorbitanti    pioggie.,    che    fuori    dell'usato 


2.66  Annali  d'Italia 
durarono  sino  al  fine  dell'  anno .  In  quel 
grasso  terreno  vicino  al  Po,  si  trovavano 
rotte  a  dismisura  le  strade  ,  ed  immenso 
il  fango  ,  talmente  che  i  muli  destinati  per 
condurre  da  Valenza  il  cannone  e  le  car- 
rette delle  munizioni ,  restavano  per  istra- 
da ,  e  trovavano  la  sepoltura  in  quegli  or- 
ridi pantani .  Dall'  escrescenza  ed  inonda- 
zione del  Po  fu  anche  obbligato  il  re  di 
Sardegna  a  ritirare  il  suo  campo  verso 
Trino  e  Vercelli.  Intanto  circa  il  dì  otto 
di  novembre  passarono  i  francesi  ad  impa- 
dronirsi della  città  di  Asti,  il  cui  castel- 
lo fatta  resistenza  sino  al  di  18  si  rendei 
restando  prigioniere  il  presidio.  In  questi 
tempi  ,  cioè  nel  dì  17  di  esso  mese  com- 
parve sotto  la  Bastia  capitale  della  Corsica 
una  squadra  di  vascelli  inglesi ,  che  fatta 
indarno  la  chiamata  al  governator  Mari 
genovese ,  si  diede  a  fulminar  quella  città 
con  bombe  e  cannonate  ,  proseguendo  sino 
al  dì  seguente  quell'  infernale  persecuzione  ; 
e  poi  spinta  da  venti  furiosi,  passò  altro- 
ve .  Restò  sì  smantellata  e  in  tal  desola- 
zione la  misera  città  ,  che  il  governatore 
informato  dell'  avvicinamento  del  colonello 
Rivarola  con  tremila  corsi  sollevati ,  giu- 
dicò bene  di  ritirarsi  di  là  :  sicché  venne 
quella  piazza  in  poter  di  essi  corsi.  Per 
tal  novità  gran  bisbiglio  ed  affanno  fu  in 
Genova.  Intanto  essendosi  continuati  gli 
approcci  e  le  offese  sotto  il  castello  di 
Casale  ,  quel  comandante  Savojardo  si  vide 

ob- 


Anno  MDCCXLV.  267 
obbligato  alla  resa ,  con  restar  prigioniera 
di  guerra  la  guemigione.  Volle  il  mare- 
sciallo di  31aillebois  il  possesso  e  dominio 
di  quella  città  a  nome  del  re  cristianissi- 
mo, ed  altrettanto  avea  fatto  di  Asti,  di 
Acqui ,  e  dell'  altre  terre  di  quei  contorni. 
Sì  esorbitanti  poi  furono  le  contribuzioni 
di  danaro  e  di  naturali  imposte  dai  fran- 
cesi a  quel  paese,  che  svegliarono  orrore, 
non  che  compassione  in  chiunque  le  udì  . 
Nell'Astigiano  le  truppe  quivi  acquartie- 
rate levavano  anche  i  tetti  alle  case  per 
far  buon  fuoco.  Passò  dipoi  V  infante  don 
Filippo ,  e  il  duca  di  Modena  col  meglio 
delle  Joro  forze  a  Pavia  .  Eransi  già  im- 
possessati gli  spagnuoli  di  Mortara ,  del 
fertilissimo  paese  della  Lomellina ,  e  di 
tutto  P  antico  territorio  Pavese  con  giubilo 
incredibile  di  quei  cittadini  ,  che  aveano 
cotanto  deplorato  in  addietro  un  sì  fiero 
smembramento  del  loro  distretto.  Aveano 
in  oltre  essi  spagnuoli  posto  il  piede  in 
Vigevano ,  e  meditavano  di  volgere  i  pas- 
si alla  volta  di  Reggio  e  Modena  ;  quan- 
do venne  loro  un  assoluto  ordine  della 
corte  di  Madrid  di  passare  a  Milano  . 

Si  sapea ,  che  non  troverebbono  intoppo 
ai  loro  passi.  Il  duca  di  Modena  era  di 
sentimento,  che  si  dovesse  tenere  unito 
tutto  r esercito  fra  Pavia  e  Piacenza,  e 
non  istenderne  o  sparpagliarne  le  forze  ; 
e  il  conte  di  Gagcs ,  quantunque  disap- 
provasse   quelP  impresa ,    pure    fu  forzato 

ad 


2§B        Annali    d9  Italia 

ad  ubbidire  .  Marciò  dunque  esso  GagéS 
con  un  grosso  distaccamento  di  truppe_,  e 
dopo  avere  ricevuti  i  deputati  di  Mila- 
no ,  che  gli  andarono  incontro  ad  offerire 
3e  chiavi ,  e  a  chiedere  la  conferma  dei 
lor  privilegi  >  nel  dì  16  di  dicembre  entrò 
con  tutta  pace  ia  quella  Metropoli  ,  e  to- 
sto diede  ordine,  che  si  barricassero  tutte 
Te  contrade  riguardanti  quel  reale  castel- 
lo. Nei  dì  19  del  suddetto  dicembre  fece 
anche  l' infante  don  Filippo  in  compagnia 
del  duca  di  Modena  Y  ingresso  in  Milano  ^ 
accolto  con  festose  acclamazioni  da  quel 
popolo,  che  quantunque  ben  affetto  all' 
augusta  casa  di  Austria ,  pure  non  potea 
di  meno  di  non  desiderare  un  principe  prò- 
prio^  che  stabilisse  quivi  la  sua  residen- 
za .  E  fu  certamente  creduto  da  molti  non 
solo  possibile,  ma  anche  probabile,,  che 
in  questo  germoglio  della  real  casa  di 
Bordone  si  avessero  a  rinovare  gli  antichi 
duchi  di  Milano.  Perciò  con  illuminazioni, 
ed  altre  dimostrazioni  di  giubilo  si  vide 
o  per  amore  o  per  forza  solennizato  P  ar- 
rivo dì  questo  real  principe  in  quella  cit- 
tà. Questo  passo  ne  facilitò  poi  degli  al- 
tri ,  cioè  l'impadronirsi^  che  fecero  gli 
spagnuoli  delle  città  di  Lodi  e  Como.  In- 
tanto il  principe  di  Liaenstein  col  suo  cor- 
po di  gente  si  tratteneva  sul  Novarese  , 
stendendosi  fino  ad  Oieggio  grande,  e  ad 
Arona  ,  e  alle  rive  del  Ticino  .  Neil*  op- 
posta riya   di  esso  fiume  il  conte  di  Gages 

si 


Anno  MDCCXLV.  269 
si  pose  anch'  egli  colle  sue  schiere ,  per 
impedire  ogni  passaggio,  o  tentativo  degli 
austriaci.  In  tal  positura  di  cose  terminò 
1'  anno  presente  :  Anno  considerabìlmente 
infausto  ai  re  di  Sardegna ,  per  la  perdita 
di  tanto  paese,  e  per  tante  altre  pernicio- 
se incursioni  fatte  dai  suoi  nemici  verso 
Ce  va  ed  altri  luoghi  ,  ed  anche  verso  Exi- 
les,  dove  le  sue  truppe  ebbero  una  mala 
percossa  nel  dì  n  di  ottobre.  E  pure  qui 
non  terminarono  le  dissaventure  del  Pie- 
monte. Nell'anno  precedente  era  penetrata 
in  quelle  contrade  la  peste  Bovina  ,  e  si 
calcolò  ,  che  circa  quarantamila  capi  di 
buoi  e  vacche  vi  perissero.  Un  potente 
mezzo  per  dilatare  qualsivoglia  pestilenza , 
suol  essere  la  guerra,  siccome  quella,  che 
rompe  ogni  argine  e  misura  deir  umana 
prudenza  .  Però  maggiormente  si  dilatò 
questo  micidial  malore  neir  anno  presente 
pel  Monferrato.,  e  per  gli  altri  stati  del  re 
di  Sardegna  _,  e  di  là  passò  nei  distretti  di 
Milano  e  di  Lodi ,  e  giunse  fino  al  Piacen- 
tino di  là  da  Po,  anzi  arrivò  a  serpeg- 
giare nel  di  qua  di  esso  fiume  ,  e  in  parte 
del  Bresciano  ,  con  terrore  del  resto  della 
Lombardia.  La  strage  fu  indicibile;  echi 
sa  quai  sieno  le  terribili  conseguenze  di 
sì  gran  flagello,  bisogno  non  ha  da  im- 
parare da  me,  in  quanta  desolazione  restas- 
sero quei  paesi  ,  oppressi  nel  medesimo 
tempo  dall' insoffribil  peso  della  guerra. 
Conto  fu  fatto  ,  che  cento  ottantamila  ca- 

Pi 


270       Anita  li    d'Italia 
pi    di    essi    buoi    perissero    nello   stato   di 
Milano.  Più  riuscì  sensibile  a  quei  popoli 
questo  colpo ,  che  la  stessa  guerra . 

Anno  di  Cristo  1746,  indizione  ix. 
di  Benedetto  XIV,  papa  7. 
di  Francesco  I,  imperadore  2. 

INI  el  più  beli'  ascendente  pareano  gli  affa- 
ri dei  gallispani  in  Lombardia  sul  princi- 
pio di  quest'  anno ,  trovandosi  Tarmi  loro 
dominanti  nei  di  qua  da  Po,  a  riserva 
della  bloccata  Alessandria  i  ed  essendo  ve- 
nuta la  città  di  Milano  con  Lodi ,  Pavia  , 
e  Como  alla  lor  divozione ,  con  restare 
il  solo  castello  di  Milano  renitente  ai  loro 
doveri .  Lusingaronsi  allora  i  francesi  di 
poter  trarre  coli'  apparenza  di  sì  bel  tempo 
Carlo  Emmanuele  re  di  Sardegna  nel  loro 
partito,  o  almeno  di  staccarlo  colla  neu- 
tralità dalla  lega  austriaca  ed  inglese  .  Da 
Parigi  e  da  altre  parti  volavano  nuove , 
che  davano  per  certo  e  conchiuso  l'acco- 
modamento colla  real  corte  di  Torino  ;  né 
si  può  mettere  in  dubbio  ,  che  qualche 
maneggio,  durante  il  verno,  seguisse  fra 
le  due  corti  per  questo.  Ma  o  sia,  che  le 
esibizioni  della  Francia  non  soddisfacessero 
al  re  di  Sardegna  ;  o  pure  ,  come  è  più 
probabile,  e  protestò  dipoi  esso  re  per 
mezzo  dei  suoi  ministri  alle  corti  collega- 
te ,  eh'  egli  più  pregiasse  la  fede  nei  suoi 
impegni,  che  ogni  altro  proprio  vantag- 
gi0» 


Anno  MDCCXLVI.  2^1 
gio ,  e  gli  premesse  di  reprimere  la  voce 
sparsa,  che  ristabilità  nelle  leghe  passas- 
se per  eredità  nella  real  sua  casa  :  certo 
è,  che  svanirono  in  fine  quelle  voci,  e  si 
trovò  più  che  mai  il  re  Sardo  costante  ed 
attaccato  alla  lega  primiera,  con  aver  egli 
fatto  tornare  indietro  mal  soddisfatto  il 
figlio  del  maresciallo  di  Maillebois ,  che  ve- 
nuto ai  confini _,  portava  seco,  non  dirò 
la  speranza ,  ma  la  sicurezza  lusinghevole 
di  veder  tosto  sottoscritto  Y  accordo .  Sta- 
vano intanto  i  curiosi  aspettando ,  che  s' 
imprendesse  1'  assedio  formale  dei  castello 
di  Milano ,  giacché  il  ridurlo  col  blocco 
e  colla  fame  sarebbe  costato  dei  mesi  ,  e 
intanto  potea  mutar  faccia  la  fortuna .  Ma 
il  cannon  grosso  penava  assaissimo  ad  es- 
sere trasportato  per  le  strade  troppo  rotte 
da  Pavia  a  Milano,  e  però  di  una  in  al- 
tra settimana  si  andava  differendo  il  dar 
principio  a  queir  impresa  .  Intanto  perchè 
si  lasciarono  vedere  alcuni  armati  spa-* 
gnuoli  nel  borgo  degli  ortolani,  o  sia  por- 
ta Comasina,  che  è  in  faccia  ai  castello, 
le  artiglierie  di  esso  castello  gastigarono 
gl'innocenti  padroni  di  quelle  case  con 
diroccarle.  Attendeva  il  real  infante  don 
Filippo  a  sollazzarsi  in  quella  Metropoli 
con  opere  di  musica  ,  ed  altri  divertimen- 
ti ;  il  duca  di  Modena  se  ne  passò  a  Ve- 
nezia per  rivedere  la  sua  famiglia,  e  re- 
stituissi poscia  nel  febbrajo  a  Milano  ;  e  il 
generale  Gages  col    nerbo  maggiore    delle 

trup- 


272  Annali  d'Italia 
truppe  spaglinole  andò  a  postarsi  alle  rive* 
del  Ticino  verso  il  lago  Maggiore,  per 
impedire  qualunque  tentativo,  che  potesse 
fare  il  principe  di  Liclestein  ,  il  quale  avea 
piantato  il  suo  campo  ad  Oleggio ,  ed 
Arona ,  e  in  altri  siti  del  novarese  alla 
riva  opposta  del  fiume  suddetto. 

Non  attendeva  già  a  solazzi  in  Vienna 
¥  imperadrice  regina,  ma  con  attività  mi- 
rabile,  a  cui  non  era  molto  avvezza  in 
addietro  la  corte  austriaca  imperiale,  prov- 
vedeva ai  bisogni  dei  suoi  in  Lombardia. 
Era  già  stata  conchiusa  e  ratificata  la  pa- 
ce col  re  di  Prussia  .  Pertanto  sbrigata  da 
quel  potente  nemico  essa  regina  col  con- 
sorte Augusto  ,  spedì  subito  ordine  ,  che 
una  mano  dei  suoi  raggimenti  marciasse 
alla  volta  d'Italia.  Rigoroso  era  il  verno  ; 
le  nevi  e  i  ghiacci  dapertutto  ;  convenne 
ubbidire.  Gran  copia  ancora  di  reclute  si 
mise  allora  in  viaggio.  Cagion  fu  la  sudet- 
ta  inaspettata  pace,  e  la  spedizion  di  tan- 
ti armati  austriaci ,  a  poco  a  poco  nel  feb- 
braio arrivati  sul  Mantovano,  che  andasse 
in  fumo  ogni  disegno  degli  spagnuoli  (  se 
pure  alcuno  mai  ve  ne  fu  )  di  mettere  V 
assedio  al  castello  di  Milano  .  E  perciocché 
s'  ingrossavano  forte  gli  austriaci  nel  di 
qua  da  Po  a  Quistello,  a  san  Benedetto, 
ed  altri  luoghi  ,  rivolsero  essi  spagnuoli  i 
lor  pensieri  alla  difesa  di  Piacenza  ,  Parma,, 
e  Guastalla,  nella  qual  ultima  piazza  erano 
anche  entrati.    Occuparono    anche  la  città 

di 


Khkò  MDCCXLVI/  273 
3i  Reggio,  dove  quel  comandante  Bolelli 
piacentino  si  ingegnò  di  lasciare  uh  brutto 
nome,  peggio  trattandola  che  i  paesi  di 
conquista.  Fu  dunque  posto  grosso  presidio 
in  Guastalla  ,  ed  inviata  gente  con  qualche 
artiglieria  in  rinforzo  di  Parma  ;  né  in 
questi  medesimi  tempi  cessavano  di  arri- 
vare sul  Genovesato  munizioni  e  soldate- 
sche spedite  dalla  Spagna  e  da  Napoli  , 
passando  felicemente  per  mare  ,  ancorché 
girassero  di  continuo  per  quelle  acque  i 
vascelli  e  le  galeotte  inglesi.  Anche  per  la 
riviera  di  Ponente  passarono  verso  Genova 
tre  reggimenti  di  cavalleria  ;  ma  non  si 
vedevano  già  comparire  in  Italia  nuove 
truppe  francesi . 

Diedesi ,  appena  venuto  il  mese  di  mar- 
io,  principio  alle  mutazioni*  di  scena  ,  che 
andarono  poi  continuando  e    crescendo   in 
tutto    l'anno  presente  nel  teatro  della  Guer- 
ra di  Italia.  Il  primo  a  fare  un  bel  colpo, 
fu  il  re  di  Sardegna ,  i  cui  movimenti  fi- 
nirono   di    dipassar    le  ciarle  del    sognato 
suo  accordo  colla  Francia.    Spedito  il    ba- 
rone  di    Leutron    con    più    di    dieci    mila 
combattenti    all'improvviso    nel  dì  cinque 
del  mese  suddetto ,  piombò  sopra  la    città 
di  Asti.  Circa  cinquemila  francesi  con  più 
di  trecento  ufiziali  si    godevano    quivi    un 
buon  quartiere.  Spedì  bensì  il  tenente  ge- 
nerale   signor    di    Montai    comandante    di 
quelle    truppe    al    Maillebois    l'avviso    del 
suo  pericolo ,  insieme  con  ottantamila    li- 
Tom.  XXVII.  S  bre 


274      Annali    D'Italia! 
bre  da  lui  ricavate  di  contribuzione;    ma 
caduto  il  messo  colla  scorta  negli    usseri, 
ootal    disgrazia   cagion   fu,    che  i  francesi 
non  fecero    difesa   che    per    tre    giorni,    e 
furono  obbligati  a  rendersi  prigionieri ,  con 
sommo  rammarico  del  maresciallo ,  il  qua- 
le non  fu  a  tempo  per  soccorrerli ,  e  rove- 
sciò poi  tutta  la   colpa  di  queir  infelice  av- 
venimento sul  comandante  suddetto .  Men- 
tre egli  sconcertato  non  poco  si  ritirò  per 
coprire  Casale  e  Valenza  ,  i  vincitori  pie- 
montesi rastellando  in  varj  siti  altre    pic- 
ciole  guernigioni  francesi ,  s' inoltrarono  al- 
la  volta    della    già  languente  cittadella  di 
Alessandria    pel    sofferto    blocco    di    tanti 
mesi ,  seguitati  da  un  buon    convoglio    di 
viveri  condotto  dal  marchese  di  Cravenza- 
fia.  Sminuito^per  li  patimenti  quel  presi- 
dio, comandato  dal    valoroso    marchese  di 
Carragllo ,  era  anche  giunto  a    combattere 
colla  fame  ;  e  già  per  la    mancanza    delle 
vettovaglie  si  trovava  alla  vigilia  di  darsi 
per  vinto  :  quando  i  dieci  battaglioni  fran- 
cesi esistenti  nella  città  ,  all'  udire  avvici- 
narsi il  grosso  corpo  dei    piemontesi    giu- 
dicarono meglio  di  abbandonarla,  lascian- 
do in  quello  spedale  qualche    centinaio    di 
malati ,    che    rimasero    prigioni    del   re  di 
Sardegna .  Intanto  per  conservar  la  comu- 
nicazione con  Genova ,    ritirassi  il   Maille- 
bois  a  Novi.  Questi  colpi,  e  l'ingrossarsi 
continuamente  verso  V  Adda ,  e  nel    Man- 
tovano di  qua  da  Po  le  milizie  austriache, 

fé- 


A  a  n  o    MDCCXLVI.       275 
fecero    conoscere   ali* infante    don   Filippo, 
che  l'ulteriore  soggiorno  suo    e    delle    sue 
truppe  in  Milano ,  era  oramai  divenuto  pe- 
ricoloso.   Cominciarono    dunque    a    sfilare 
verso  Pavia  i  cannoni  grossi  venuti   per  1' 
ideato  assedio  del  castello  di    Milano  ,    ed 
ogni  altro  apparato  militare*  Ciò  non   os- 
tante nel  dì   15  di  marzo,    giorno  natali- 
zio deli'  infante  suddetto  il  duca  di  Mode- 
na diede  una  suntuosa  festa  a  tutta  la  no- 
biltà dì  Milano.  Ma  da  che  s' intese  ,    che 
il  general  tedesco  Berenclau  da    Pizzighit- 
tone   con  circa  diecimila    dei    suoi ,    dopo 
l'acquisto  di  Codogno  ,  s'incamminava  ver- 
so Lodi,  di  colà  ritiratisi  gli  spagnuoli  si 
salvarono  quasi  tutti  a  Piacenza.  Gli  altri 
parimente,   che  erano  a  Como,    Lecco,    e 
Trezzo  ,  ed  assediavano  il  forte  di  Fuentes, 
tutti    se   ne    vennero    a    Milano .    Ma  ecco 
cominciar  a  comparire  alla  porta  di  quella 
città  le  scorrerie  degli    usseri .    Allora    fu 
che  il  generale    conte    di    Gages    andò    ad 
insinuare  al  real  infante  che  tempo  era   di 
ricoverarsi  a  Pavia,  aggiugnendo  essere  ve- 
nuto quel  giorno ,   eh'  egli    si    chiaramente 
avea  predetto  all'  altezza  sua  reale ,    prima 
di  muoversi  alla  volta  di  Milano.  Era  sul 
far  dell'alba  del  dì   19  di  marzo,    in    cui 
quel  real  principe    col    duca    di    Modena, 
e  col  corpo  di  sua  gente,  prese  commiato 
da  quella    nobil    città .    Quanto    era    stato 
il  giubilo  nell' entrarvi,    altrettanto    fu    il 
-rammarico  ad  abbandonarla .  Due  ore  dopo 

S  2  la 


276       Annali    d'Italia 

la  loro  partenza  ripigliarono  gli  austriaci 
il  possesso  di  Milano  ;  ed  ebbero  tempo  di 
solennizzare  la  festa  di  san  Giuseppe  eoa 
tutti  i  segni  di  allegria  ,  sì  per  la  felice 
liberazione  della  città,  che  pel  nome  del 
primogenito  arciduchino  . 

Non  poterono  allora  i  politici  contener- 
si  dal  biasimare  la  condotta  degli  spagnuo- 
li ,  che  in  vece  di  attendere    ad    assicurar 
meglio  il  di  qua  da  Po    coir  espugnazione 
della  cittadella  di  Alessandria  ,  aveano  vo- 
luto   sì    smisuratamente    slargar    1'  ali  ,    e 
prendere  tanto  paese  ,  senza  ben  riflettere  > 
se  aveano  forze    da    conservarlo  •   Esercito 
troppo  diviso,  non  è  più  esercito»    Erano 
sparpagliati    i    gallispani    per    tutto    il   ài 
qua  da  Po  >  ed  arrivava  il  dominio  di  es- 
si da  Asti  per  Piacenza    e    Parma   fino    a 
Reggio  e  Guastalla.  Tenevano  Pavia,    Vi- 
gevano, e  la  città  di  Milano,    ma  con  uà 
castello  forte  ,  che    minacciava   non    mena 
essi,  che  la  città.  Occupavano  ancora  Lo*- 
di,    e  le  fortezze    dell'Adda.    Dapertutto 
conveniva  tener  presid) ,  e  però  dapertuttc* 
mancava  un'armata,    e  ciò  che  parea    ac- 
crescimento di  potenza  ,   non  era    che   de- 
bolezza .  Non  fu  già  consiglio  del  duca  di 
Modena,  né  del  generale  Gages,  che  si  an- 
dasse a  far  quella  bella  scena  o  sia    com- 
parsa in  Milano  :   ma  convenne  ubbidire  al 
reale  infante  ^  o  siccome  è  più    credibile, 
agli  ordini  precisi  venuti  da  Madrid  .  Trop- 
po spesso  sogliono  prendere  mala  piega  le 

itn- 


Anno    MDCCXLVL       i21 
Imprese,    qualora    i    gabinetti    lontani  vo- 
gliono regolar  le  cose,    e  saperne   più    di 
un  generale  saggio ,    che  sul  fatto  conosce 
meglio  la  situazion  delle  cose  ;    e  secondo 
le  buone  o  cattive  occasioni  dee  prendere 
nuove  risoluzioni  .    Contuttociò    si    ha    da 
riflettere  ,  che  non  poterono  gli    spagnuoli 
prevedere    i'  improvvisa   pace  dell'  impera- 
trice regina  col  re  Prussiano  >    né  seppero 
figurarsi,  ch'ella  nell'aspro  rigore  del  ver- 
no avesse  da  far  volare   in    Italia    sì    gran 
forza    di    gente  :    tutti    avvenimenti  ,    che 
Econcertarono    le    da    loro  forse    ben  prese 
misure.  A  questi  impensati  colpi  e  vicen- 
de gli  affari  delle  guerre  e  delle  leghe  son 
sottoposti .    Anche  dalla  parte  di    Levante 
non  tardò  la  fortuna  a    dichiararsi  per    1* 
armi  austriache .    Nel    dì    26*  di  marzo    il 
generale  comandante  conte  di  Broun  ,    es- 
sendosi   mosso    dal    Mantovano  di  qua    da 
Po  col  suo  corpo  di  armata,  diviso  in  tre 
colonne,  Tuna  comandata  da  lui,  e  l'al- 
tre dai  generali  Lucchesi  e  Novali  ,    s' in- 
viò alla  volta  di  Luzzara  e  di   Guastalla  . 
Trovavasi   in    questa    città   di    presidio    il 
maresciallo  di  campo  conte    Coraffan  ,   va- 
loroso   uflziale    del     re    di   Napoli  col  suo 
reggimento  di  albanesi  ,  consistente  in  cir- 
ca mille  e  cinquecento  delle  migliori    sol- 
datesche napoletane:  ma  senza  artiglieria, 
e  sprovveduto  anche  di  altre  munizioni  da 
guerra  e  da  bocca  .  Ricorse  egli  per  tem- 
po al  marchese  di  Castellar  »ijche    con  al- 

S  3  quan~ 


2.78       Annali   D'Itait^ 
quanti  reggimenti  era  venuto  alla  difesa  di 
Parma  ,  rappresentandogli  il  bisogno    e    il 
pericolo.  Órdine  andò  a  lui  di  ritirarsi   a 
Parma  ,    ma  a  tempo  non  arrivò  queir  or- 
dine. Intanto  il  Castellar  con  tremila    dei 
suoi  venne  a  postarsi  al  ponte  di  Sorbolo,  per 
secondare  la  supposta  ritirata  del  Coraffan. 
Poco  vi  fermò  il  piede  ,   perchè  un  grosso 
distaccamento  ,    da  lui  inviato  al  ponte  del 
Baccanello  ,  assalito  dal    generale    unghero 
Nadasti ,  fu  forzato  a  tornarsene  con  poco 
piacere  a  Parma  ,    lasciando  indietro  molti 
morti  e  prigioni .   Piantati   intanto    alcuni 
pezzi  di  grossa  artiglieria  setto  Guastalla , 
non  potendosi  sostenere  quel    presidio  ,    si 
rendè  prigioniere  di  guerra  con   gravi    la- 
menti contra  del  Castellar ,    quasi    che  gli 
avesse  sacrificati  al  nemico .  Cagion  furono 
questi  avvenimenti ,  che  anche  gli  spagnuo- 
li  esistenti  in   Keggio,  abbandonata  quella 
città ,    si    ritirarono    al    ponte    di    Enza  ; 
laonde  spedito  da  Modena  il  conte  Marti- 
nenghi  di  Barco ,  colonnello  del  reggimen- 
to savoiardo   di  Sicilia  ,   con  alcune  centi- 
naia dei  suoi,  e  con  un  rinforzo  di  varas- 
dini ,  ripigliò  il  possesso  di  quella    città  ; 
e  poi  passò  al  suddetto  ponte,  per    iscac- 
criame  i  nemici.    Quivi  fu  caldo  il  conflit- 
to y  vi  perirono  da  trecento  e  più  austria- 
co-sardi ,  con  alcuni  ufiziali  ;  vi  restò  an- 
che gravemente  ferito  lo  stesso  colonnello, 
ma  fa    fine    si   salvarono   gli    spagnuoli   a 
Parma,    lasciando  libero  quel   sito   ai  sa- 

vojar- 


Anno    MDCCXLVI.       279 
vojardi .  La  perdita   di  essi   spagnuoli   in 
questi  movimenti    e    piccioli   conflitti  y    si 
fece  ascendere  a  circa  quattromila  persone 
fra  disertati ,  uccisi ,  e  prigioni . 

Non  istava  intanto  ozioso  dal  canto  suo 
il  re  di  Sardegna.  Giunto  egli  e  ricevuto 
cella  città  di  Casale ,  fra  pochi  giorni  , 
cioè  nel  dì  28  di  marzo,  col  furore  delle 
artiglierie  costrinse  i  pochi  francesi  esi- 
stenti in  quel  castello  a  renderlo,  col  ri- 
maner essi  prigioni .  Di  colà  poi  passò  all' 
assedio  di  Valenza ,  dove  si  trovavano  di 
presidio  due  battaglioni  spagnuoli,  ed  uno 
svizzero  ;  truppe  del  re  delle  due  Sicilie . 
Il  fuoco  maggiore  sondimeno  si  disponeva 
verso  Parma.  L'essere  in  concetto  i  par- 
migiani di  sospirare  più  il  governo  spa- 
gnuolo  ,  che  quello  degli  austriaci  ,  concet- 
to foadato  verisimilmente  nelT  aver  taluno 
della  matta  plebaglia  usate  alcune  insolen- 
ze al  presidio  tedesco,  allorché  abbandonò 
quella  città  ,  e  fatta  quo!  popolo  gran  fe- 
sta all'arrivo  di  essi  spagnuoli:  tale  mal 
animo  impresse  in  cuore  delle  milizie  au- 
striache, che  non  si  sentivano  che  minac- 
cie  di  trattar  quel  popolo  da  ribelle  e  ne- 
mico ;  e  però  marciavano  quelle  truppe 
alla  volta  del  Parmigiano ,  come  a  nozze 
per  l'avidità  dello  sperato,  e  fors'  anche 
promesso  bottino.  Ma  non  cosi  l'intese  la 
saggia  ed  insieme  magnanima  imperadrice 
regina .  Conoscendo  essa  ,  qual  deformità 
sarebbe  il  promettere  pel  reato    di    alcuni 

S  4  pò- 


à8ò  ÀNìfAir  VliJliX 
pochi  il  gastigo  e  la  rovina  di  tante  mi-* 
gliaja  d' innocenti  persone  ;  e  che  in  danno 
anche  suo  proprio  ridonderebbe  il  ridurre 
in  miserie  una  città  ,  che  era  e  dovea  re- 
star sua  :  mandò  ordine  ,  che  si  pubblicas- 
se un  general  perdono  in  favore  dei  par- 
migiani ;  e  questo  fu  stampato  ih  Modena  . 
La  disgrazia  volle  ,  che  alcuni  di  quegli 
ufiziali  per  tre  giorni  dimenticarono  di 
averlo  in  saccoccia  e  di  pubblicarlo  5  e 
però  entrarono  furiosi  i  tedeschi  in  quel 
territorio  ,  stendendo  le  tapine  sopra  le 
ville  e  case  che  s'incontravano,  ed  anche 
sfogando  la  rabbia  loro  contro  quadri , 
specchi,  ed  altri  mobili ,  che  non  poteano 
o  volevano  asportare.  Ne  pure  andò  esen- 
te dalle  griffe  loro  il  palazzo  di  Villa 
della  vedova  duchessa  di  Parma  Dorotea 
di  Neoburgo ,  a  cui  pure  dovuto  era  tan- 
to rispetto ,  per  essere  ella  madre  della 
tegina  di  Spagna,  e  Prozia  della  regnante 
imperadrice.  Si  fece  poi  fine  al  flagello, 
da  che  niuno  potè  scusarsi  di  non  sapere 
l'accordato  perdono,  e  maggiormente  dap- 
poiché arrivò  a  quel  campo  il  supremo  co- 
mandante principe  di  Licienstein  ,  il  qua- 
le con  esemplar  rigore  di  gastighi  tolse 
di  vita  i  disubbidienti  e  massimamente  i 
trovati  rei  di  aver  saccheggiate  le  chiese  . 

Con  cinquemila  fanti  ,  e  buon  nerbo   di 
cavalleria  dimorava  alla  custodia  di  Parma 
il  tenente  generale  spagnuolo  rtiarchese   di 
Castellar  ;  ma  prima  di  essere  quivi  ristret- 
to, 


A^no  MDCCXLVI.  2Sr 
to  ,  felicemente  avea  rimandati  di  là  dal 
Taro  quasi  tu'Fti  quei  cavalli ,  giacché  in 
caso  di  blocco  o  di  assedi©  gli  sarebbe 
mancata  roani*  ra  di  sostenerli  .  intanto  il 
generale  dell'artiglieria  conte  Gian-Luca 
Fallavicini  con  gròssa  brigata  di  grana- 
tieri, cavalli,  e  pedoni,  andò  nel  di  quat- 
tro di  aprile  a  prendere  posto  intorno  a 
Parma.  Fatta  fu  la  chiamata  della  resa 
dal  general  comandante  conte  di  Broun  ; 
la  risposta  fu,  che  il  Gastellar  desiderava 
di  acquistarsi  maggiore  stima  presso  di 
queir  austriaco  generale  .  Così  fu  dato  prin- 
cipio al  blocco  assai  largo  di  Parma  •  il 
grosso  dell'  armata  austriaca  passò  ad  at- 
tendarsi alle  rive  del  Taro.,  mentre  al  lun- 
go dell'opposta  riva  aveano  piantato  il  lora 
campo  gli  spagnuoli.  Posto  fu  il  quartier 
generale  di  essi  coli'  infante,  col  duca  di 
Modena,  e  col  Gages  a  castel  Guelfo  sulla 
strada  maestra,  o  sia  Claudia.  Era  già 
pervenuto  da  Vigevano  sul  territorio  di 
Milano  il  principe  di  Li&enstein  colla  sua 
armata,  da  lui  saggiamente  conservata  in 
addietro  sul  Novarese.  Ora  anch' egli,  do- 
po aver  lasciato  un  corpo  di  gente  a  Bi- 
nasco,  Biagrasso,  ed  altri  siti,  per  repri- 
mere ogni  tentativo  degli  spagnuoli,  tut- 
tavia signori  di  Pavia ,  col  resto  di  sua 
gente  venne  nel  dì  undici  di  aprile  all' 
accampamento  del  Taro,  ed  assunse  il  co- 
mando di  tutta  Tarmata.  Aveano  nei  gior- 
ni addietro  gli  spagnuoli  inviate  per  Po  a 

Pia- 


282      Annali    i>'  Italia 

Piacenza  le  artiglierie,  attrecci,  munizio- 
ni, e  magazzini,  che  tenevano  in  Pavia, 
dando  abbastanza  a  conoscere  di  non  vo- 
ler fare  le  radici  in  quella  città.  In  fat- 
ti da  che  videro  incamminato  con  tante 
forze  il  Liftenstein  alla  volta  di  Parma  y 
abbandonarono  nel  dì  cinque  di  aprile  quel- 
la città,  e  passarono  a  rinforzar  la  loro, 
oste ,  accampata  al  fiume  suddetto .  Così 
quella  città  ritornò  air  ubbidienza  deli* 
imperadrice  regina  . 

Posavano  in  questa  maniera  le  due  pode- 
rose armate,    l'una  in  faccia  all'altra    se- 
parate dal  solo  Taro ,  e  gli  uni  miravano  i 
picchetti  dell'  altro  campo  nella  riva  oppo- 
sta, ma  senza  voglia  e  disposizione  di  az- 
zuffarsi insieme.  Conto  si  facea,  che  cada- 
una ascendesse  a    trentamila    combattenti  , 
avendo  dovuto  gli  austriaci  lasciare  un  al- 
tro biaon  corpo  a  Pizzighettone,    per  assi- 
curarsi da   ogni    insulto    degli    spagnuoli  , 
che  teneano  un    fortissimo    e    ben    armato 
ponte  sul  Po  a  Piacenza  y  e  grosso  presidio 
in  quella  città  .  I  francesi  col  maresciallo  di 
Maillebois    tranquillamente    riposavano  tra 
Voghera  e  Novi,    a    fio    di    conservare    il 
passo  a    Genova  ,    da  onde    continuamente 
venivano  munizioni  da  bocca  e  da  guerra, 
ma  non  mai  vennero  quei  quaranta    nuovi 
battaglioni ,   che   si    decantavano   destinati 
per  la    Lombardia  dai    re    cristianissimo , 
Stava  sul  cuore  de|  generale  Gages  la  guer- 
nigione  rinchiusa  in  Parma  in    numero^  di 

più 


Anno  MDCCXLVI.  283 
più  di  seimila  armati,  ed  esposta  al  pericolo 
di  rendersi  prigioniera  di  guerra  ,  giacché 
senza  il  brutto  ripiego  di  tentare  unaj>atta-r 
glia  non  si  potea  quella  città  liberare  dai 
blocco,  nò  vi  era  sussistenza  di  viveri,  se 
non  per  poco  tempo^  e  le  bombe  aveano 
cominciato  a  salutarla  con  gran  terrore  de* 
cittadini.  Segretamente  dunque  concertò 
egli  col  marchese  di  Castellar  la  maniera 
di  farlo  uscire  di  gabbia,.  Nella  notte  se- 
guente al  dì  19  di  aprile  gran  movimento 
si  fece  nelT  armata  spagnuola;  si  appres- 
sarono al  fiume  in  più  luoghi  le  loro  schie- 
re in  apparenza  di  volerlo  passare ,  e  ten- 
tarono anche  di  gittare  un  ponte.  Si  dis- 
posero a  ben  riceverle  anche  gli  austriaci, 
tutti  posti  in  ordine  di  battaglia  .  In  questo 
mentre,  cioè  in  quella  stessa  notte  ,  il  mar- 
chese di  Castellar,  lasciato  poco  più  di  ot- 
tocento uomini,  parte  anche  invalidi,  con 
sessanta  ufiziali  nel  castello,  alla  sordina 
e  senza  toccar  tamburo,  se  ne  uscì  colla 
sua  gente  di  Parma,  seco  men;.ndo quattro 
pezzi  di  cannone,  e  treata  carra  di  baga- 
glio e  munizioni  ;  e  dopo  avere  sorpreso 
un  picciolo  corpo  di  guardia  degli  austria- 
ci ,  s' incamminò  alla  volta  della  montagna , 
cioè  di  Guardasone  e  Monchierugolo,  con 
disegno  di  passare  per  la  Lunigiana  nel 
Genovesato,  e  di  là  alla  sua  armata .  La- 
sciò questa  gente  la  desolazione  per  dovun- 
que passò,  e  non  poco  ancora  ne  sofferiro- 
no le  confinanti  terre  del  Reggiano.   Tardi 


ìg4  An*tàh  d'Italia 
gli  austriaci ,  formanti  il  blocco,  si  avvi- 
dero di  questa  inaspettata  fuga .  Dietro  ai 
fugitivi  fu  spedito  il  tenente  maresciallo 
conte  Nadasti  coi  suoi  usseri  ,  e  con  un 
corpo  di  croati ,  che  gì*  inseguì  per  qualche 
tempo  alla  coda .  Seguirono  perciò  varie 
battagliole;  ma  ih  fine  il  Nadasti  fu  obbli- 
gato a  lasciar  in  pace  i  fughivi,  perchè 
non  poteano  i  suoi  cavalli  caracollar  per 
quei  monti ,  e  caddero  anche  in  qualche 
imboscata  con  loro  danno.  Molti  di  quella 
truppa  spagtìuola ,  ma  di  varie  nazioni,  e 
probabilmente  la  metà  di  essi,  in  questa 
occasione  disertarono .  11  resto  dopo  un 
gran  giro  arrivò  in  fine  ad  unirsi  coli' eser- 
cito del  real  infante,  ridotto  a  poco  più 
di  tremila  persone .  Non  mancò  poi  chi 
censurò  il  Castellar ,  perchè  avendo  sot-^ 
to  il  suo  comando  diecimila  soldati,  cre- 
duti le  migliori  truppe  dell'esercito  spa- 
gnuolo,  per  non  essersi  ritirato  quando 
era  tempo  ,  ne  avea  perduta  la  mag- 
gior parte.  Pel  Reggiano  tornarono  indie- 
tro molti  degli  usseri,  e  si  rifecero  sopra 
i  poveri  abitanti  di  quello,  che  non  avea- 
no  trovato  nel  Parmigiano ,  saccheggiato 
prima  dagli  altri .  Per  la  ritirata  improv- 
visa del  Castellar ,  che  niun  pensiero  si  era 
preso  della  lor  salvezza  ,  in  grande  spa- 
vento rimasero  i  cittadini  di  Parma.  Passò 
da  lì  a  non  molto  la  paura,  perchè  nella 
seguente  mattina  del  dì  20  rientrarono  pa- 
cificamente in  quejla    città  i    tedeschi    coi 

gè- 


Anno  MDCCXLVI.  285 
generale  conte  Pallavicini  plenipotenziario 
della  Lombardia  austriaca  ;  il  quale  tosta 
vi  fece  pubblicare  un  general  perdono  con 
rincorare  gli  afflitti  ed  intimoriti  cittadi- 
ni .  Poco  poi  si  fece  pregare  il  presidio  di 
quei  castello  a  rendersi  prigioniere  di  guer- 
ra ,  con  ottener  solamente  di  salvare  V 
equipaggto  tanto  suo  che  degli  altri  spa- 
gnuoli ,  rifugiato  in  quella  poco  fotte  for- 
tezza ;  che  questa  appunto  era  stata  la  mi- 
ra del  marchese  di  Castellar  .  Trovaronsi 
in  esso  castello  ventiquattro  cannoni ,  quat- 
tro mortari,  ed  altri  militari  attrecci  e 
munizioni. 

Solamente  nel  dì  19  di  aprile  per  cagion 
delie  frequenti  pioggie  poterono  le  solda- 
tesche del  re  di  Sardegna  aprire  la  breccia 
sotto  Valenza.  Era  diretto  quell'assedio 
dal  principe  di  Baden  Durlach,  e  coperto 
dal  barone  di  Leutron^  dichiarato  ultima- 
mente generale  di  fanteria,  Continuaronp 
le  offese  contro  di  quella  piazza  sino  al 
dì  due  di  maggio,  in  cui  dopo  avere  i 
piemontesi  presa  la  strada  coperta  ed  aper- 
ta la  breccia 3  si  vide  quel  presidio  obbli- 
gato ad  esporre  bandiera  bianca.  Vi  erano 
dentro  circa  mille  e  cinquecento  difensori^ 
ai  quali  toccò  di  restar  prigionieri  .  Dai 
francesi  intanto  occupata  fu  la  città  di 
Acqui  ;  ma  acquisto  che  durò  ben  poco  • 
Avea  già  ottenuto  il  generale  Gages  Y  in- 
tento suo  di  disimbrogliare  da  Parma  il 
marchese  di  Castellar,    e  nulla  a    lui  gio- 

van- 


286       ÀNNAti    d'  Italia 
vand©  il  fermarsi  più  lungamente  alle  rive 
del  Taro  dove  patì  gran  diserzione  di  sua 
gente,  finalmente  nel  dì  tre  di  maggio  le- 
vò il  campo y  e  s' inviò  verso  il  fiume  Nu- 
ra  in  vicinanza  maggiore  a   Piacenza ,    per 
quivi  cominciare  un  altro  giuoco.  S'inoltrò 
per  questo  anche  Tarmata  austiaca  sino    a 
Borgo  san  Donnino ,   con  istendersi  poi    a 
poco  a  poco  più  oltre  ;  cioè  aFiorenzuola, 
e  di  là  sino  alla  Nura.  Riuscì  agli  usseri, 
che  inseguivano  nella  loro  ritiratagli  spa- 
gnuoli  ,    di  sorprendere    in  mezzo  ai    loro 
corpi  tutto  il  bagaglio  del  duca  di  Modena  , 
per  essersi,  a  cagion  di  un  equivoco,  messo 
in  viaggio  senza  aspettare  Tarmata  ,  argente- 
rie, cavalli,  muli,  e  carrozze:  tutto  andò* 
Non  consiste  la  gloria  dei  prodi  condottie- 
ri di  armate  solo  in  dar  con  vantaggio  del- 
le battaglie,    ma  anche   nella  maestria    di 
ordire  stratagemmi  in    danno  dei    nemici  . 
Ben  istruito  di  questo  mestiere  si    mostrò 
in  più    congiunture    il    generale    conte    di 
Gages.    Aveva  egli    spediti   innanzi    verso 
Piacenza  varj  distaccamenti ,  consistenti  in 
diecimila  combattenti ,  col  pretesto  di  scor- 
tare il  bagaglio,  e  ordinato,  che  sotto  es- 
sa città  di  Piacenza  si  preparasse  loro  uno 
stabile    quartiere  ;    né  se    n'erano    accorti 
gli  austriaci  ,   esistenti  di  qua  da  Po  .  Pri- 
ma nondimeno  aveano  avulo    ordine    circa 
cinquemila  tra  fanteria  e  cavalleria  tedesca 
di  passare  da  Pizzighittone  a  Codogno  ,    e 
di   postarsi   quivi ,   per  vegliare  agli  attda- 

men- 


Anno  MDCCXLVI.  287 
menti  degli  spagnuoli  ;  i  quali  per  avere 
sul  Po  a  Piacenza  un  ben  fortificato  ponte } 
avrebbero  potuto  recare  insulti  al  di  là  da 
Po  .  Alla  testa  di  essi  vi  erano  i  generi 
Cavriani  e  Gross .  Contra  di  questo  corpo 
di  gente  erano  indirizzate  le  segrete  mene 
del  conte  di  Gages .  Appena  giunto  a  Pia- 
cenza il  tenente  generale  Pignatellij,  fece 
vista  di  disfare  il  ponte  suddetto:  il  che 
servì  ad  addormentare  i  nemici  .  Poscia 
rimesso  il  ponte  nella  notte  dei  dì  cinque 
di  maggio  vegnendo  il  sei  ,  colla  maggior 
parte  dei  suddetti  spagnuoli  passò  alla  sor- 
dina di  là  dal  Po  .  Dopo  avere  avviluppa- 
ti e  sorpresi  i  picchetti  avanzati  dei  nemi- 
ci ,  senza  che  questi  potessero  recarne  av- 
viso alcune  ai  lor  comandanti,  inaspettato 
arrivò  la  mattina  seguente  addosso  ai  te- 
deschi j  esistenti  in  Codogno  ,  che  allora 
faceano  1'  esercizio  militare  .  Come  potero- 
no ,  si  misero  questi  in  difesa  con  sei  can- 
noni ed  alcuni  falconetti  carichi  a  cartoc- 
cio, che  erano  sulla  piazza j  ma  avanzatisi 
gli  spagauoli  con  bajonetta  in  canna  ,  e 
impadronitisi  di  quei  bronzi  ,  gli  obbliga- 
rono a  ritirarsi  parte  nei  chiostri  ,  e  par- 
te nelle  case  e  nel  palazzo  Triulzio,  dove 
per  quattro  ore  valorosamente  si  sostenne- 
ro facendo  fuoco .  Ma  in  fine  soperchiati 
dal  maggior  numero  dei  nemici,  quei,  che 
erano  restati  in  vita,  per  mancanza  di  mu- 
nizioni si  renderono  prigioni.  Quasi  due- 
mila furoao  i  prigioni ,  circa  mille  e  quat- 
tro- 


288        ÀNKAII     fe'lTAlIÌ 

irocenio  i  morti  e  feriti  il  resto  trovS 
scampa  colla  fuga.  La  perdita  dalla  parte 
degli  spagnuoli  non  si  potè  sapere.  Resta- 
rono in  loro  potere  dieci  bandiere ,  due 
stendardi,  i  suddetti  cannotti  ,  e  i  bagagli 
di  quelle  genti,  a  riserva  di  quello  del 
generale  Gross  ,  che  nel  darsi  per  vinto 
salvò  il  suo,  e  quello  degli  altri  ufiziali , 
che  erano  con  lui  .  Se  ne  tornarono  con 
tutto  comodo  i  vincitori  a  Piacenza  ,  né  di- 
menticarono di  condurre  colà  quanti  grani , 
foraggi,  e  bestie  bovine  poterono  cogliere 
nel  loro  ritorno  ► 

Erasi  postato  l'esercito  spagnuolo  sotto 
Piacenza ,  e  quivi  fortificato  con  buoni 
trincierauienti ,  guerniti  di  molta  artiglie~ 
ria  .  Gran  copia  ancora  di  cannoni  si  sten- 
deva sulle  mura  della  città  .  Passata  la  spia- 
nata, che  è  intorno  ad  essa  città,  e  sulla 
strada  maestra  dalla  parte  di  Levante,  sta- 
va situato  il  seminario  di  san  Lazzaro > 
fabbrica  grandiosa,  eretta  con  grandi  spe- 
se dal  cardi  naie  Albero  n  i ,  per  quivi  educa- 
re gratis  e  istruire  i  oberici  di  Piacenza 
sua  patria  .  In  quel  magnifico  edilìzio  furo- 
no posti  di  guardia  duemila  spagnuoli ,  ed 
alzate  fortificazioni  all'intorno.  Ma  da  che 
l'esercito  austriaco  ebbe  passata  la  Nurar 
ansioso  di  accostarsi  il  più  che  fosse  pos- 
sibile a  Piacenza ,  determinò  di  sloggiare 
di  colà  i  nemici .  Pertanto  nel  dì  iS  di 
maggio  si  avanzarono  alla  volta  di  esso 
seminario  alcuni  battaglioni  con  artiglie- 
rie, 


rA  n  K  o    MDCCXLVI.       289 
rfe,  e  tutta  la  prima    linea  dell'  armata  si 
mise  in  ordine  di  battaglia  per  sostenerli, 
con  risoluzione  ancora  di  venire  ad  un  fat- 
to di  armi,  se  fossero  accorsi  gli  spagnuo- 
li, per  maggiormente  contrastare  quel    si- 
to .   Ma  eglino  punto  non    si    mossero  ;    e 
però  dopo  avere  quel  presidio  mostrata  per 
un  pezzo  la    fronte  agli  aggressori  ,    prese 
il  partito  di  cedere  il  luogo  ,  con  ritirarsi 
alla  città .    Le    cannonate    contra    di    essa 
fabbrica  sparate  dagli   austriaci    per  impa- 
dronirsene ,    e  poi  le  altre  degli    spagnuoli 
per  incomodargli  ,    dappoiché  se  ne  furono 
impadroniti,  sommamente    danneggiarono  , 
anzi  ridussero    quasi    come    uno    scheletro 
quel  grande  edifìzio  .  Il  cardinale ,  che  co- 
stante voile  dimorare   in    Piacenza  ,    senza 
punto  alterarsi  o  scomporsi  ,  ne  mirò  T  ec- 
cidio. Con  tale  acquisto  si  stese    la  prima 
linea  degli  austriaci  in  vicinanza  del  semi- 
nario suddetto  ;    dalla  parte    ancora    della 
collina  furono  tolte  agli    spagnuoli    alcune 
cascine,  il  castello  di  Usfoìengo,    ed    altri 
siti  sino  alla  Trebbia;  sicché  da  quella  par- 
te ancora  fu    ristretta    Piacenza  .    Alzatesi 
poi   a  san  Lazzaro  dai  tedeschi  alcune  bat- 
terie di  cannoni  e   mortari  ,    cominciarono 
nel  fine  del  mese  di   maggio    colle    bombe 
ad  infestare  la  città  ;    così  che  convenne  a 
quegli  abitanti  di  evacuare    i  monisteri    e 
le  case  dalla  parte  orientale  della  medesi- 
ma ,  benché  in  fine  si  riducesse    a  poco    il 
loro  danno  per  la  troppa  lontananza    delle 
Tom.  XXVII.  T  bat- 


290  Annali  d'Italia 
Latterie  e  dei  mortari  nemici .  Riuscì  an- 
cora nel  dì  quattro  di  giugr  igli  austria- 
ci di  occupare  di  là  dallr  T  t  bbia  a  forza 
di  armi  iì  castello  di  Rivalta ,  con  farvi 
prigionieri  circa  cinque. /  nxo  uomini  di  fan- 
teria ed  alcuni  pocfo  di  cavalleria  e  Anche 
Monte  Chiaro  si  arrendè  ai  medesimi  au- 
striaci . 

Certo  è  ,  che  non  poco  svantagggiosa  ora- 
mai compariva  la  situazion  degli  spagnuo- 
li,,  perchè  confinati  nell'angustie  dei  loro 
trinciefamenti  intorno  alla  città  ,  e  colla 
comunicazione  di  Genova  ,  divenuta  peri- 
colosa per  le  scorrerie  degli  usseri.  Peg- 
giore senza  paragone  si  scorgeva  lo  sta- 
to di  quella  cittadinanza,  chiusa  entro  le 
mura,  col  suo  territorio  e  poderi  tutti  in 
mano  dei  nemici,  senza  speranza  di  ri- 
cavarne alcun  frutto,  e  colla  sicurezza  di 
ritrovar  la  desolazione  dapertutto .  Scar- 
seggiavano essi  in  oltre  di  viveri,  senza 
potersene  provvedere  ,  al  contrario  degli 
spagnuoli ,  che  pel  ponte  del  Po  scorren- 
do di  tanto  in  tanto  nel  Lodigiano  e  Pa- 
vese, ne  riscotevano  contribuzioni  ,  e  ne 
asportavano  bestiami  ed  altre  vettovaglie 
per  loro  uso.  Ma  né  pure  dal  canto  lo- 
ro aveano  di  che  ridere  gli  austriaci ,  per- 
chè imbrogliati  dalla  sagacità  del  genera- 
le conte  di  Gages  ,  che  coli' essersi  posto  a 
cavallo  del  Po ,  frastornava  ogni  loro  pro- 
gresso, egli  obbligava  a  tener  divise  le  lo- 
ro forze  nel  di  qua  e  nel  di  là.  Se  avesse- 
ro 


Anno  MDCCXLVI.  291 
io  voluto  ingrossarsi  molto  sul  Piacentino, 
avrebbero  lasciati  troppo  esposti  alle  scor- 
rerie e  ai  tentativi  degli  spagnuoli  i  terri- 
tori di  Lodi,  Pavia,  e  Milano.  E  se  infie- 
volivano Toste  di  qua,  per  soccorrere  il 
di  là,  si  poteano  aspettare  qualche  brutto 
scherzo  dai  nemici ,  ai  quali  era  facile  T 
unirsi  tutti  in  Piacenza  .  Cagion  fu  questa 
divisione  ,  che  sul  principio  di  giugno  li- 
beramente scorse  un  grosso  distaccamento 
di  spagnuoli  sino  a  Lodi  .  Entrato  nella 
città  ne  fece  chiudere  tosto  le  porte  ;  vol- 
le il  pagamento  della  diaria  per  due  mesi  ; 
occupò  tutto  ii  danaro  dei  dazj  e  della  cas- 
sa regia,  ed  intimò  una  contribuzione  al 
pubblico.  Poscia  preso  quanto  di  sale  ,  fa- 
rina ,  legumi ,  formaggio  ,  e  carne  porcina 
si  trovò  in  quelle  botteghe  e  magazzini  , 
dopo  avere  ordinato  che  coli'  imposta  con- 
tribuzione fossero  soddisfatti  i  particola- 
ri, tutto  portarono  a  salvamento  in  Pia- 
cenza . 

Mentre  in  questa  inazione  dimoravano  in- 
torno a  Piacenza  le  due  nemiche  armate  , 
nel  dì  tredici  di  giugno  si  cominciò  a  pre- 
vedere qualche  novità,  stante  Tessersi  mos- 
so con  tutta  la  sua  gente  (erano  circa  do- 
dicimila combattenti  )  il  maresciallo  di  Mail- 
lebois  alla  volta  di  Piacenza  .  Schivò  egli 
nella  marcia  le  truppe  del  re  di  Sardegna  , 
che  erano  in  moto  contrari  lui.  Per  aver 
egli  abbandonato  Novi,  ricca  terra  dei  ge- 
novesi j  non  trovarono  difficoltà  i    piemon- 

T  2  te- 


2$2         ANNALI     !>'  I  T  A  t  I  Jl 

tesi  ad  entrarvi,,  ed  imposero  tosto  a  que! 
popolo  una  contribuzione  di  ducentomila 
lire  di  Genova.  Si  spinsero  ancora  sotto 
Serravalle  ,  terra  già  del  Tortonese  ,  e  ce- 
duta  dai  gallispani  ai  genovesi .  Nel  di 
quattordici  si  unirono  con  gli  spagnuoli  in 
Piacenza  le  truppe  suddette  francesi  ;  colà 
ancora  erano  stati  richiamati  tutti  i  distac- 
camenti inviati  di  là  da  Po.  Non  manca- 
rono spie  che  riferirono  all'esercito  austria- 
co questi  andamenti  dei  gallispani ,  né  mol- 
to studio  vi  volle  per  comprendere  la  lor 
voglia  di  venire  ad  un  fatto  di  armi .  Il 
perchè  notte  e  giorno  stettero  in  armi  i 
tedeschi ,  per  non  essere  colti  sprovisti ,  e 
fu  chiamato  da  Fiorenzuola  il  supremo  co- 
mandante principe  di  Licienstein  ,  che  colà 
trasferitosi  per  cercare  riposo  alla  sua  in- 
disposizione di  asma,  avea  lasciata  la  di- 
rezion  delle  armi  al  marchese  Antoniotto 
Botta  Adorno  ,  cavaliere  di  Malta  ,  genera- 
le di  artiglieria ,  a  cui  per  1'  anzianità  del 
grado  conveniva  appunto  quel  comando  - 
Fu  anche  richiamata  al  csmpo  la  maggior 
parte  della  gente  comandata  dal  generale 
Roth,  che  era  a  Pizzighettone.  Dappoiché 
nel  dì  quindici  di  giugno  ebbero  preso  ri- 
poso le  truppe  francesi  _,  e  dopo  avere  il 
maresciallo  di  Maillebois ,  il  duca  di  Mo- 
dena ,  e  il  generale  Gages  nel  consiglio  di 
guerra  ,  tenuto  in  camera  del  real  infante 
don  Filippo,,  stabilita  la  maniera  di  proce- 
dere ai  meditato    conflitto,    su\V  imbrunir 

del 


A  n  n  t>  MDCCXLVL  293 
della  sera  cominciarono  ad  ordinate  col 
maggior  possibile  silenzio  le  loro  schiere; 
formando  tre  principali  colonne,  per  assa- 
lire da  tre  parti  il  campo  tedessco .  Tale 
era  il  loro  disegno  .  L'  ala  diritta  coman- 
data dai  Maillebois  coi  francesi  ,  rinforza- 
ti da  alquanti  battaglioni  e  squadroni  spa- 
gnuoli  ,  dovea  pervenire  alla  collina  ,  e  die* 
tro  ad  essa  camminando  assalire  alla  schie- 
na il  nemico  accampamento,,  dove  né  buo- 
ni trircieramenti  ,  né  preparamento  di  ar- 
tiglierie si  ritrovavano.  Dovea  fare  altret- 
tanto l'ala  sinistra,  marciando  al  Po  mor- 
to per  le  due  Vie,  V  una  maestra,  e  1*  al- 
tra più  breve  ,  che  da  Piacenza  guidano 
verso  Cremona.  Il  centro  o  sia  corpo  di 
battaglia  ,  che  era  in  faccia  al  seminario 
disanLazzaro  sulla  via  maestra  o  sia  Clau- 
dia ,  dovea  tenere  a  bada  ed  occupar  l'al- 
tre forze  degli  austriaci ,  la  prima  linea 
dei  quali  era  postata  in  vicinanza  di  esso 
seminario  }  e  la  seconda  non  molto  distan- 
te dal  fiume  Nura .  Conto  si  facea  ,  che  1* 
oste  austriaca  ascendesse  a  circa  trentacin- 
que o  quarantamila  combattenti,  e  la  gai- 
lispana  a  quarantacinquemila  ;  se  non  che 
voce  comune  correa  fra  essi  spagnuoli  e 
francesi  di  esser  eglino  superiori  di  quin- 
dicimila persone  ai  nemici  >  talmente  che 
attesa  la  decantata  presunzione,  che  i  più 
vincono  i  meno  ,  non  si  può  dire  con  che 
allegria  e  coraggio  uscissero  di  Piacenza  , 
e  fuori  dei    lor    trincieramenti    le    truppe 

T  3  S^l- 


294  Annali  d'  Itali  jC 
gallispane ,  parendo  a  ciascuno  di  andare 
non  ad  un  pericoloso  cimento  ,  ma  ad  un 
sicuro  trionfo  .  All'  oste  austriaca  non  man- 
carono sicuri  avvisi  di  quanto  meditavano 
i  nemici ,  e  però  si  trovarono  ben  prepara- 
ti a  quella  fiera  danza. 

Sulla  mezza  notte  adunque  precedente  il 
dì  sedici  di  giugno  marciò  segretamente  il 
maresciallo  francese  Maillebois  colle  sue 
milizie,  e  dopo  aver  occupato  Gossolengo, 
credette  di  prendere  il  giro  sotto  la  colli- 
na ;  ma  o  perchè  mal  guidato,  o  perchè 
non  fossero  a  lui  noti  tutti  i  posti  avanza- 
ti dei  tedeschi  ,  andò  ad  urtare  in  alcune 
cascine  guernite  dai  medesimi,  e  quivi  si 
cominciò  a  far  fuoco,  e  a  metter  T all' ar- 
mi in  tutto  il  campo  austriaco.  Oltre  alla 
strage  di  molti  schiavoni ,  usseri  ed  altri  , 
che  erano,  o  accorsero  in  quella  parte, 
fecero  prigionieri  circa  quattrocento  uomi- 
ni ,  che  tosto  inviarono  alla  città  con  due 
piccioli  pezzi  di  cannone  presi  :  il  che  fe- 
ce credere  in  Piacenza  già  sbaragliati  i  ne- 
mici .  Tutti  poi  in  galloria  pel  primo  buon 
successo,  marciarono  verso  la  strada  di 
Quartizola  ,  dove  il  generale  austriaco  con- 
te di  Broun,  che  comandava  l'ala  sinistra , 
li  stava  aspettando  con  alquanti  cannoni  d' 
un  ridotto  carichi  a  cartoccio.  Non  sì  to- 
sto si  presentarono  sul  far  del  giorno  i 
francesi  ai  trincieramenti  nemici ,  che  furo- 
no salutati  con  lor  grave  danno  da  quei 
bronzi.   Ciò  non  ostante  ai  fianchi  e    alla 

schie- 


Anno  MDCCXLVL  295 
schiena  assalirono  i  ridotti  degli  austriaci  , 
e  il  conflitto  fu  caldo  ,  ma  senza  che  essi 
potessero  superar  i  gran  fossi  della  circon- 
vallazione.  Trovandosi  all'incontro  esposti 
alle  palle  due  o  tre  dei  migliori  reggimen- 
ti tedeschi  di  cavalleria,  ed  impazientati- 
si, chiesero  più  di  una  volta  al  generale 
Lucchesi  di  poter  uscire  in  aperta  campa- 
gna contra  dei  francesi .  Bisognò  in  fine 
esaudirli.  Stupore  fu  il  vedere,  come  que- 
sti cavalli  passarono  un  alto  e  largo  fosso 
del  canale  di  san  Bonico,  e  s'avventarono 
contro  la  fanteria  francese.  Non  aveva  qui- 
vi seco  il  Maillebois ,  che  circa  cinquecento 
cavalli,  essendo  restato  addietro  il  maggior 
nerbo  della  sua  cavalleria  :  del  che  può 
essere,  che  fosse  a  lui  poscia  fatto  un  rea- 
to di  poca  maestria  di  guerra  nella  corte 
di  Francia .  Caricata  dunque  la  fanteria 
francese  dall'urto  della  nemica  cavalleria, 
maraviglia  non  è,  sccominciò  a  piegare 
e  a  ritirarsi  il  meglio  che  potè,  ma  con 
grave  sua  perdita  e  danno.  In  meno  di  tre 
ore  terminò  quivi  il  combattimento,  e  con 
ciò  rimasta  libera. l'ala  sinistra  degli  au- 
striaci ,  potè  somministrar  poscia  dei  rin- 
forzi alla  destra,  la  quale  nello  stesso  tem- 
po era  stata  assalita  ai  fianchi  dagli  spa- 
gnuoli  condotti  dal  generale  conte  di  Ga- 
ges,  e  da  altri  lor  generali. 

Quivi  fu  il  maggior  calore  delie  azioni 
guerriere ,  e  durò  il  fiero  combattimento 
fin  quasi  alU  sera  .   Àveano  essi  spagnuoli 

T  4  con 


^$6      Annali    ir  Italia: 
boa  gran  fatica  passato  il  Po  morto  ;  dopo 
<Ii  che  si  scagliarono  contro  i    ridotti    del 
campo  nemico  ;    alcuni    ne    presero,    e    a' 
impadronirono  di  qualche  batteria;  ma  ven- 
nero anche  costretti  dalla  forza    degli    av* 
versarj  a  retrocedere.    Per  più  volte  rino- 
marono gli  assalti  e  progressi  con    far  tali 
maraviglie  di  valore  ,    spezialmente   i  sol- 
dati   valloni  ,    che    confessarono    dipoi    gli 
stessi  austriaci,  di  essere  stati  più    volte 
sull'orlo    di    vedere    dichiarata    la  fortuna 
per  gli  spagnuoli .  Ma  cosi  forte  resistenza 
fecero  ,  e  buon  provvedimento  diedero   da 
quella  parte  i  generali  Berenclau,  e  Botta 
Adorno  y    che    furono   in    fine    respinti    gli 
aggressori ,    e    posto  fine  allo  spargimento 
del  sangue.  Fu  detto,  che  anche  il  centro 
di  battaglia  dei  gallispani  s*  inoltrasse  ver- 
so il  seminario  di  san  Lazzaro,  e  che  an- 
cora se  ne  impadronisse*  ma  che  dal  con- 
te Gorani  fosse  bravamente  ricuperato  quei 
sito.    Altri    vi  ha,    che  niegano  tal  fatto» 
Bensì  è  certo,    che  il  general  comandante 
principe  di    Lictenstein   in    questo    terribil 
conflitto  accudì  a  tutte  le  parti ,    esponen- 
do   sé    stesso    anche  ai  maggiori  pericoli  ; 
e  da  che  gli  fu    ucciso   sotto    un    cavallo, 
allora  prese  la  corazza.  Sentimento  ancora 
fa   di   alcuni,  che  se  gli  spagnuoli  avessero 
condotta  seco  la    provvision    necessaria    di 
assoni   e  fascine,    per  passare  i   fossi    pro- 
fondi   e    pieni    di    acqua    degli    austriaci , 
avrebbero  probabilmente  cantata    la    viti 

ria. 


Ann  o  MDCCXLVI.  29? 
ria .  Comunque  ciò  fosse ,  convien  confes- 
sare ,  che  non  giocarono  a  giuoco  eguale 
queste  due  armate  .  Tenevano  i  tedeschi 
per  tutto  il  campo  loro  delle  buone  forti- 
ficazioni ,  dei  fossi  e  contrafossi  pieni  di 
acqua  ,  e  dei  ridotti  ben  guerniti  di  arti- 
glierie. Negli  stessi  fossi  sott'  acqua  erano 
posti  cavalli  di  Frisia  ,  nei  quali  sJ  infil- 
zava o  imbrogliava,  chi  si  metteva  a  pas- 
sarli. Trovaronsi  anche  le  truppe  tedesche 
non  sorprese  ,  ma  ben  preparate  e  disposte 
al  combattimento .  Il  generale  conte  Pal- 
lavicini comandando  la  seconda  Linea  , 
senza  che  fosse  più  frastornato  dai  nemi- 
ci,, inviava  di  mano  in  mano  rinforzi  a 
chi  ne  abbisognava  .  Questa  vantaggiosa  si- 
tuazion  di  cose  quanto  giovò  ad  essi  , 
altrettanto  pregiudicò  agli  sforzi  dei  gal- 
lispani^  obbligati  ad  andare  a  petto  aperto 
contro  la  tempesta  dei  cannoni  e  fucili  ne- 
mici ,  e  fermati  di  tanto  in  tanto  dai  ri- 
dotti e  fossi  suddetti  ,  per  cagion  dei  qua- 
li poco  potè  la  lor  cavalleria  far  mostra 
del  suo  valore .  Però  avendo  anch'  essi  pro- 
vato ,  che  non  si  potea  superare  quella  for- 
te barriera  di  uomini,,  cavalli,  artiglierie, 
e  fortificazioni ,  finalmente  tanto  essi  D  che 
i  francesi  se  ne  tornarono  in  Piacenza  con 
volto  e  voce  ben  diversa  da  quella  ,  con  cui 
n'erano  usciti  . 

Non  si  potè  mettere  in  dubbio  ,  che  la 
vittoria  restasse  agli  austriaci ,  e  fossero 
giustamente  cantati  i  loro  Te  Deum  .  Im- 

rer- 


298  Annali  d'Italia 
perciochè ,  oltre  all'  esser  eglino  rimasti 
padroni  del  campo,  guadagnarono  qualche 
pezzo  di  cannone  ,  e  più  di  venti  fra  ban- 
diere e  stendardi  ,  e  una  gravissima  per- 
cossa diedero  alla  nemica  armata  .  Fu  cre- 
duto, che  intorno  a  cinquemila  fossero  i 
morti  dalla  parte  dei  gallispani,  più  di 
duemila  i  prigionieri  sani,  e  almeno  due- 
mila i  feriti ,  che  rimasti  sul  campo  furo- 
no anch'essi  presi  per  prigioni,  e  rilasciati 
poscia  ai  nemici  ufiziali.  Pretesero  altri  di 
gran  lunga  maggiore  la  loro  perdita.  Spe- 
zialmente delle  guardie  Vallone  e  di  Spa- 
gna ,  e  di  due  reggimenti  francesi ,  pochi 
restarono  in  vita.  Chi  ancora  dal  canto  di 
essi  volle  disertare,  seppe  di  questa  occa- 
sione ben  prevalersi,  e  furono  assaissimi . 
Quanto  agli  austriaci  si  sa,  che  alcuni  lo- 
ro reggimenti  rimasero  come  disfatti  ;  ma 
le  relazioni  di  essi  appena  fecero  ascendere 
il  numero  dei  lor  morti,  feriti,  e  prigio- 
nieri a  quattromila  persone  .  Sparsero  voce 
all'incontro  gli  spagnuoli  di  aver  fatto  pri- 
gioni in  tale  occasione  più  di  mille  e  cin- 
quecento nemici .  Se  ne  può  dubitare  .  Cer- 
to è,  che  i  francesi  si  dolsero  degli  spa- 
gnuoli, ma  questi  ancora  molto  più  si  la- 
mentarono dei  francesi ,  rovesciando  gli 
uni  su  gli  altri  la  colpa  della  male  riusci- 
ta impresa.  Il  più  sicuro  indizio  nondime- 
no degli  esiti  delle  battaglie,  e  dei  guada- 
gni e  delle  perdite,  si  suol  prendere  dai 
susseguenti  fatti.  Certo  è,  che  i  gallispa- 

ni, 


Anno  MDCCXLVI.  299 
y  benché  tanto  indeboliti  ,  pure  o  per  ne- 
:essità,  o  per  far  credere,  che  un  lieve 
incomodo  avessero  sofferto  nella  pugna  sud- 
detta ,  più  vigorosi  che  mai  si  fecero  cono- 
scere poco  di  poi.  Cioè  quasiché  nulla  te- 
messero ,  anzi  sprezzassero  il  campo  nemico 
assediatore  di  Piacenza,  da  che  ebbero  la- 
sciato un  sufficiente  corpo  dì  gente  alla  di- 
fesa delle  loro  straordinarie  fortificazioni, 
con  più  di  diecimila  combattenti  passato 
sui  loro  ponti  il  Po,  si  stesero  aCodogno, 
san  Colombano,  ed  altri  luoghi  del  Lodigia- 
no.  Un  corpo  ancora  di  francesi  passò  il 
Lambro ,  per  raccogliere  foraggi  dal  Pave- 
se. Trovossi  allora  la  città  di  Lodi  in  gra- 
vissimi affanni,  perchè  entrativi  gli  spagnuo- 
li  richiesero  a  quel  popolo  quindicimila 
sacchi  dì  grano ,  altrettanti  di  avena  o  se- 
gala ,  e  seimila  di  farina ,  e  tutto  nel  ter- 
mine di  due  giorni .  Colà  eziandio  compar- 
vero più  di  tremila  muli,  per  caricar  tan- 
to grano ,  e  condurlo  al  loro  quartier  ge- 
nerale di  Foirìbio  e  a  Piacenza:  città  di- 
venuta in  questi  tempi  un  teatro  di  mise- 
rie .  Piene  erano  tutte  le  case  di  feriti  ; 
per  le  strade  abbandonavano  le  braccia  e 
gambe  tagliate,  e  i  cadaveri  dei  morti  ; 
gran  fetore  dapertutto;  e  intanto  il  pove- 
ro popolo  faceva  le  crocette  per  la  scarsez- 
za dei  viveri .  Buona  parte  dei  religiosi 
non  potendo  reggere  in  tali  angustie,  e 
non  pochi  ancora  dei  nobili  si  ritirarono 
chi  a  Milano  ,  chi  a  Crema  ,  ed  altri  luo- 
ghi. 


geo      Annali    d'  Italia 

ghi.  Chiunque  non  potè  di  meno,  rimase 
esposto  a  molti  involontarj  digiuni .  Nelle 
precedenti  guerre  aveano  le  città  di  Pia- 
cenza e  Parma  goduto  di  molte  esenzioni 
e  privilegi  :  ecco  che  secondo  le  umane  vi- 
cende sopra  di  loro  piovverono  a  dismisura 
i  disastri,  ma  più  senza  comparazione  sul- 
la prima  >  che  sulla  seconda.  Fra  Piacenza 
e  Genova  era  in  questi  tempi  interrotta 
ogni  comunicazione,  attesa  la  permanenza 
delie  soldatesche  piemontesi  in  Novi  . 

Ancorché  non  desistessero  gli  austriaci 
dì  tenersi  forti  e  copiosi  nei  loro  trincie- 
ramenti  sotto  Piacenza  ,  minacciando  sca- 
late ed  altri  tentativi,  pure  il  teatro  della 
guerra  parea  trasportato  di  là  da  Po  sul 
Lodigìano  sino  al  Lambro  e  all'Adda.  Qui- 
vi gli  spagnuoli  dall' un  canto,  e  i  francesi 
dall'altro  faceano  alla  lunga  e  alla  larga  da 
padroni  coli'  esterminio  di  quei  poveri  con- 
tadini ed  abitanti,  ai  quali  nulla  si  lasciava 
di  quello,  che  serviva  al  bisogno  del  campo 
e  alla  particolare  avidità  di  ogni  soldato, 
Giugnevano  i  loro  distaccamenti  aMarigna- 
no ,  e  fino  in  vicinanza  di  Milano  e  Pavia , 
mettendo  quel  paese  tutto  in  contribuzione^, 
Gran  suggezione  ancora  recavano  al  forte 
della  Ghiaia,  anzi  alio  stesso  Pizzighettone  . 
giacché  aveano  gittato  un  ponte  sull'  Ad- 
da, e  ricavavano  da  Crema  coi  lor  danari 
molte  provvisioni,  delle  quali  abbisognava- 
no .  Per  ovviare  a  questi  andamenti  degli 
spagnuoli,  furono  spediti  grossi   rinforzi  di 

gen- 


Anno  MDCCXLVI.  30  r 
gente  al  generale  Roth  comandante  in  Piz- 
zighettone ,  e  si  accrebbero  le  guernigioni 
di  Cremona  e  Guastalla  .  E  perciocché  si 
prevedeva  ,  che  a  lungo  andare  non  avreb- 
bero potuto  sussistere  i  gallispani  in  quel 
ristretto  territorio  ,  senza  più  potere  ricevere 
rè  genti,  né  munizioni  da  guerra  da  Geno- 
va :  corse  sospetto,  che  i  medesimi  potessero 
tentare  di  mettersi  in  salvo  col  passare  o 
di  qua  o  di  là  dall' Adda  verso  il  Cremonese 
eMantovano.  Ma  queste  erano  voci  del  solo 
volgo.  Intanto  il  re  di  Sardegna  seriamen- 
te pensando  ai  mezzi  più  pronti  per  proce- 
dere contro  i  gallispani,  venne  col  nerbo 
maggiore  delle  sue  forze  verso  la  metà  di 
luglio  alla  Trebbia,  e  fece  con  tal  diligen- 
za gittare  un  ponte  sul  Po  a  Parpaneso,  e 
passare  di  là  il  generale  conte  di  Scliulem- 
burgo  con  assai  milizie  che  si  potè  assicu- 
rarne la  testa  ,  ed  essere  in  istato  di  ripul- 
sare i  nemici  ,  se  fossero  venuti  rier  impe- 
dirlo ,  siccome  seguì ,  ma  senza  alcun  pro- 
fìtto.  Ciò  eseguito  nei  dì  sedici  di  luglio, 
gli  austriaci  accampati  sotto  Piacenza,  do- 
po aver  fatto  spianare  i  loro  ridotti  e  bat- 
terie, e  messe  in  viaggiò  tutte  le  artiglie- 
rie, munizioni,  e  bagagti ,  levarono  il  cam- 
po ,  e  s'inviarono  alla  volta  della  Trebbia , 
abbandonando  in  fine  i  contorni  della  mi- 
sera città  di  Piacenza  .  Prima  di  mettersi 
in  viaggio ,  minarono  il  seminario  di  san 
Lazzaro,  per  farlo  saltare  in  aria;  nonne 
seguì  già  il  rovesciamento  da  essi  preteso; 

tut- 


302  Annali  d'Italia 
tuttavia  qualche  parte  ne  rovinò,  e  se  né 
risentirono  tutte  le  muraglie  maestre,  ri- 
ducendosi  quel*  grande  edifizio  ad  uno  sta- 
to compassionevole,  benché  non  incurabile. 
Fermossi  Toste  austriaca  alla  Trebbia  ,  e  i 
generali  marchese  Botta  Adorno^  conte  Broun7 
e  di  Linden,  colla  ufìzialità  maggiore  si 
portarono  ad  inchinare  il  re  di  Sarde- 
gna ,  il  quale  assunse  il  comando  supremo 
di  tutta  Tarmata.  Tennesi  poi  fra  loro  un 
consiglio  generale  di  guerra,  a  fine  di  de- 
terminar le  ulteriori  operazioni  della  pre- 
sente campagna.  Per  l'allontanamento  dei 
tedeschi  ognun  crederebbe ,  che  si  slargasse 
di  molto  il  cuore  agi*  infelici  piacentini 
dopo  tanti  patimenti  sofferti  in  così  lungo 
assedio  .  Ma  appena  poterono  eglino  passeg- 
giar liberamente  per  li  contorni ,  che  vide- 
ro un  orrido  spettacolo  di  miserie,  ne  tro- 
varono se  non  motivi  di  pianto.  Per  più 
miglia  all'  intorno  quelle  case  ,  che  non  era- 
no diroccate  affatto  ,  minacciavano  almeno 
rovina;  erano  fuggiti  i  più  dei  contadini; 
perite  le  bestie  ;  si  scorgeva  immensa  la 
strage  degli  alberi  .  E  come  vivere  da  lì 
innanzi,  essendo  in  buona  parte  mancato 
il  raccolto  presente ,  e  tolta  la  speranza 
di  ricavarne  nelT  anno  appresso,  non  re- 
stando maniera  di  coltivar  le  terre  ?  Molto 
oro,  non  si  può  negare,  sparsero  gli  spa- 
gnuoli  per  le  botteghe  di  quella  città,  per 
provvedersi  massimamente  di  panni  e  drap- 
perie y  ma  il  resto  del  popolo  languiva  per 

la 


Anno  MDCCXLVL  303 
la  povertà  e  penuria  dei  grani .  Per  sopra- 
carico venuti  i  francesi ,  né  potendo  otte- 
nere dagli  spagnuoli  frumento  o  farine  , 
richiesero  sotto  pena  della  vita  nota  fede- 
le di  quanto  se  ne  trovava  presso  dei  cit- 
tadini ,  e  ne  vollero  la  metà  per  loro.  Non 
andarono  esenti  dalla  militar  perquisizioae 
né  pure  i  monisteri  delle  monache  . 

In  questa  positura  erano  gli  affari  della 
guerra  in  Lombardia,  quando  eccoti  por- 
tata da  corrrieri  la  nuova  di  una  peripe- 
zia y  che  ognun  conobbe  d' incredibile  im- 
portanza per  la  Francia  ,  e  per  chiunque 
avea  sposato  il  di  lei  partito.  Il  cattolico 
monarca  delle  Spagne  Filippo  V  godeva  al 
certo  buona  salute;  ma  per  la  mente  trop- 
po affaticata  in  addietro  era  divenuto  per 
così  dire  una  pura  màcchina.  Assisteva  ai 
consigli ,  ma  più  per  testimonio  che  per 
direttore  delle  risoluzioni  .  Queste  dipen- 
devano dal  senno  dei  suoi  ministri,  e  più. 
dai  voleri  della  regina  consorte  Elisabetta 
Farnese,  i  cui  principali  pensieri  tendeva- 
no sempre  air  esaltazione  dei  proprj  figli. 
Da  molti  anni  in  qua  usava  il  re  di  fare 
di  notte  giorno  ,  costume  preso ,  allorché 
soggiornò  in  Siviglia  é  Nel  dopo  pranzo 
adunque  del  dì  9  di  luglio  ,  quando  stava 
per  levarsi  di  letto  ,  fu  sorpreso  da  un 
mortale  deliquio ,  alcuni  dissero  di  apoples- 
sia ,  ed  altri  di  rottura  di  vasi,  che  in 
sette  minuti  il  privò  di  vita.  Mancò  egli 
fra  le  braccia  della  real  consorte  in  età  di 

an- 


3©4      Aksaii    »'  Italia 
anni  sessantadue,  sei  mesi,  e  giorni  venti , 
essendo  inutilmente  accorsi  i    medici    e    il 
confessore.    Morto  ancora    il    trovarono    i 
reali  infanti.  Lasciò  questo  monarca    fama 
di  valore,    per    avere    nei    tanti    sconcerti 
passati  del  regno  suo  intrepidamente    assi- 
stito in  persona  alle  militari  imprese;  mag- 
giore nondimeno  fu  il  concetto,  che  restò 
deìF  incomparabile  sua  pietà  e  religione  ,  in 
ogni  tempo  conservata ,  con  pari  tenore  di 
vita  ,  talmente  che  fa  creduto  esente  da  qua- 
lunque menoma  colpa    di  piena  riflessione. 
Tanto  nondimeno  i  suoi  popoli,  che  i  suoi 
avversar],  notarono  in  lui  -peccata  Ccesaris  , 
per  le    tante    guerre    non    necessarie,    che 
impoverirono  i  suoi  sudditi    con    arricchir 
gli  stranieri,    e  per  la  poca  fermezza    nei 
suoi  trattati .    Ma    sono    soggetti    anche    i 
buoni  regnanti    alla    disavventura    di    aver 
ministri,  che  sanno  dar  colore  di  giustizia 
ai  consigli  dell'ambizione,    e  far    credere 
la  ragione    di    stato    una    legge    superiore 
a  quella  del  Vangelo  .  A  così  glorioso  re- 
gnante succedette  il  real  principe  di  Astu- 
rias  don  Ferdinando,  figlio  del  primo  let- 
to,   nato  nell'anno  1313  a  dì    23  di    set- 
tembre da  Maria    Luisa    Gabriella    di  Sa- 
"voja .    Avea  queste  nuovo    monarca    fin    1* 
anno   1729  sposata  l'infante  donna    Maria 
Maddalena  di  Portogallo  ;  e  per  quanto  ap- 
pariva agli  occhi  degli  uomini,  gareggiava 
col  padre  ,  se  non  anche  andava    innanzi , 
nella  pietà  e  religione.  Gran    saggio  diede 

egli 


Anno  MDCCXLVI.  305 
«gli  immediatamente  dell'animo  suo  eroi- 
co, col  confermare  tutte  le  cariche  (anche 
mutabili)  conferite  dal  re  suo  genitore,  e 
£n  quelle  di  chi  avea  poco  curata,,  anzi 
disprezzata  la  di  lui  persona  in  qualità  di 
principe  ereditario.  Vie  più  ancora  si  die- 
de a  conoscere  l'insigne  generosità  del  suo 
cuore  pel  gran  rispetto,  e  per  le  finezze 
ch'egli  usò  verso  la  regina  sua  matrigna  , 
approvando  per  allora  tutti  i  lasciti  a  lei 
fatti  dal  re  defunto ,  e  non  volendo  eh'  el- 
la si  ritirasse  in  altra  città,  ma  soggior- 
nasse in  Madrid  ;  al  qual  fine  la  provvide 
per  lei  e  pel  cardinale  infante  di  due  ma- 
gnifici palagi  uniti ,  e  di  tutti  i  convene- 
voli arredi  del  lutto  :  Osservossi  eziandio 
in  lui  (  cosa  ben  rara  )  un  tenero  amore 
verso  dei  suoi  reali  fratelli ,  e  massimamen- 
te verso  dell'  infante  don  Carlo  re  delle  due 
Sicilie.  Per  conto  poi  di  essa  real  matri- 
gna,, e  per  varj  assegnamenti  fatti  dal  re 
defunto,  si  presero  col  tempo  delle  alquan- 
to diverse  risoluzioni. 

Arrivata  la  nuova  di  questo  inaspettato 
avvenimento  in  Italia,  e  in  tutti  i  gabinet- 
ti di  Europa  ,  svegliò  la  gioia  in  alcuni  , 
il  timore  in  altri,  riflettendo  ciascuno,  che 
poteano  provenire  mutazioni  di  massime  , 
essendo  sopra  tutto  insorta  opinione ,  che 
questo  principe  ,  perchè  nato  in  Ispagna  , 
tuttoché  della  real  casa  di  Borbone ,  sareb- 
be re  spagnuolo,  e  non  più  francese;  e 
che  la  Spagna  uscirebbe  di  minorità  e  tu- 

Tom.  XXVIL  V  te- 


I 

306      Annali   d' Italia: 

tela ,  quasiché  in  addietro  nel  gabinetto 
di  Madrid  dominasse  al  pari  che  in  quello 
di  Versaglies  la  corte  di  Francia.  Non  pas- 
sò certamente  gran  tempo,  che  gl'inglesi 
con  rivolgersi  al  re  di  Portogallo ,  per 
mezzo  suo  cominciarono  a  far  gustare  al 
nuovo  re  proposizioni  di  concordia  e  pace. 
Men  diligenti  non  furono  al  certo  i  fran- 
cesi a  mettere  in  ordine  le  batterie  della 
loro  eloquenza ^  per  contenerlo  nella  già 
contratta  alleanza  :  con  qual  esito ,  si  andò 
poi  a  poco  a  poco  scoprendo .  Ma  in  questi 
tempi  un  altro  impensato  accidente  riempiè 
di  duolo  la  corte  di  Francia  .  Si  era  già 
sgravata  col  parto  di  una  principessa  la 
moglie  del  Delfino  di  Francia  Maria  Teresa  , 
sorella  del  nuovo  monarca  spagnuolo;  quan- 
do sopragiunta  una  febbre  micidiale  nel  ter- 
mine di  tre  giorni  troncò  lo  stame  del  di 
lei  vivere  nel  dì  23  di  luglio  in  età  di 
poco  più  di  venti  anni .  Andava  intanto  il 
re  di  Sardegna  insieme  coi  generali  tedeschi 
meditando  qualche  efficace  ripiego,  per  co» 
stifignere  i  gallispani  ad  abbandonare  la  cit- 
tà e  l'afflitto  territorio  di  Lodi.  Fu  perciò 
ordinato  al  generale  conte  di  Broun  di  pas- 
sare il  Po  a  Parpaneso  con  grosso  corpo 
di  armati,,  e  di  occupare  la  riva  di  là  del 
Lambro  .  Sul  principio  di  agosto  anche  lo 
stesso  re  Sardo  colle  maggiori  sue  forze 
passò  colà  a  fine  di  ristrignere  gli  spagnuoli 
non  men  da  quella  parte >  che  da  quella  d' 
Pizzighettone.  Uniti  poscia  i  piemontesi  e<~ 

au- 


A  w  n  o  MDCCXLVL  307 
austriaci  ebbero  forza  di  passare  suli'  altra 
parte  del  Lambro  e  di  piantare  due  ponti 
su  quel  fiume ,  alla  cui  sboccatura  si  era 
fortificato  il  maresciallo  di  Maillcbois  ,  stan- 
do a  cavallo  del  medesimo.  Furono  cagio- 
ne tali  movimenti  ,  che  gli  spagnuoli  si  ri- 
tirarono dall' Adda.  Abbandonato  anche  Lo- 
di y  inviarono  a  Piacenza  le  loro  artiglie- 
rie e  munizioni ,  raccogliendosi  tutti  a  Co- 
dogno  e  Casal  Posterlengo .  Precorse  intan- 
to voce  ,  che  per  ordine  del  novello  re  di 
Spagna  Ferdinando  VI  circa  seimila  spa- 
gnuoli ,  già  mossi  per  passare  in  Italia,  non 
progredissero  nel  viaggio,  e  fosse  anche 
fermata  gran  somma  di  danaro  ,  che  si  era 
messo  in  cammino  a  questa  volta  :  tutti 
preludj  di  cangiamento  d'  idee  in  quella 
corte. 

Non  poteano  in  fine  più  lungamente  man- 
tenersi nel  di  là  da  Po  igallispani,  troppo 
inferiori  di  forze  ai  loro  avversarj ,  perchè 
sempre  più  veniva  meno  il  foraggio  con  al- 
tre provvisioni,  né  adito  restava  di  procac- 
ciarsene senza  pericolo.  Stavano  i  curiosi 
aspettando  di  vedere  ,  qual  via  essi  eleg- 
gerebbono,  cioè  se  quella  di  ritirarsi  ver- 
so Genova  ,  o  pure  d' inviarsi  alla  volta  di 
Parma  ;  né  mancavano  gli  austriaco-sardi 
di  stare  attenti  a  qualunque  risoluzione  , 
che  potesse  prendere  la  nemica  armata ,  al 
qual  fine  il  generale  marchese  Botta  Ador- 
no con  più  migliaja  di  tedeschi  si  era 
postato  di  qua  dalla  Trebbia  verso  la  coi- 

V  2  li- 


go8       Annali   »*  ita  iti 
lina  ,  per  accorrere  ,   ove    il    chiamasse   la 
ritirata    dei   gallispani.    Fu    anche    spedito 
il  conte  Gorani    con    alcune    compagnie  di 
granatieri  e  di  cavalleria  al  ponte  di  Par- 
paneso,    per  vegliare    agli    andamenti    dei 
nemici,  caso  che  tentassero  di  voler    pas- 
sar  il    Po  verso  la  bocca    del    Lambro  ,  e 
per  dar  loro  anche  dell'apprensione.  Ten- 
nero intanto  i  gallispani  consiglio    segreta 
di  guerra,  per  uscire  di  quelle  strettezze  » 
Fu  detto ,  che  fossero  diversi  i  sentimenti 
del  consiglio  di  guerra,  e  fra  gli  altri  del 
Gages  e  Maillebois,    tra   i  quali  passarono 
parole    assai    calde.    Proponeva    il    Gages 
di  ridursi  in  Piacenza  ,    dove    non  manca- 
vano provvisioni  per  due  ed  anche  per  tre 
iettimane,  persuaso,  che  i  nemici  per  man- 
canza di  foraggi  non  avrebbero  potuto  fer- 
marsi di  là  dalla    Trebbia,    ne    a    cagion 
del  puzzo  tornare   sotto    Piacenza  :    sicché 
sarebbe  restato  libero  il  ritirarsi  a  Torto- 
na .  Ma  prevalse  in  cuore  del  reale  infante 
il    parere    del    Maillebois,    perchè  creduto 
migliore,  o  perchè  parere  francese.    Nella 
notte    dunque    precedente    al    dì    nove    di 
agosto  i   gallispani,    lasciate    scorrere   pel 
■fiume  Lambro  nel    Po  le    tante    barche  di 
loro  adunate  ,  con  somma  diligenza  si  die- 
dero a  formar  due    ponti    sopra    esso    Po 
e  per  tutto  quel  giorno  attesero  a  passar* 
di,  qua  coir  intera  loro    armata,    cannoni 
e    bagaglio  ;    e    nella    notte    e  dì  seguenti 
dopo  avere  rotto  i  ponti  ,  cominciarono 

sfU- 


Anno    MDCCXLVI.        309 
sfilare  alla  volta  di  castello  san  Giovanni, 
Ma  essendo  giùnto  l'  avviso  della  loro  riti- 
irata  al  suddetto  generale  marchese  Botta, 
prese  egli  una  risoluzione  non  poco  ardita, 
e  che   fu    poi    scusata    per    la    felicità    del 
successo;    cioè    di    portarsi    ad    assalire    i 
nemici,    tuttoché    il    corpo    suo    forse  non 
giugnesse  a  sedicimiia  armati  ;   laddove  quel 
dei  nemici  si  faceva  ascendere  a  ventisette 
mila  ,  computati  quei  ,   che  nello  stesso  di 
uscirono  di  Piacenza  .  Contro  le  istruzioni 
a  lui  date  era  prima    passato    di    qua    dal 
Po  pel  ponte  di  Parpaneso  il  conte  Gorani 
col  suo  picciolo   distaccamento .    Per    farsi 
onore ,    fa    egli    il    primo    a    pizzicare    la 
tetroguardia    dei  gallispani ,    che  era  per- 
venuta a  Rottofreddo  in  vicinanza  del  pic- 
ciolo fiume  Tibone;  e  all'incontro  di  ma- 
no  in    mano,    che    andavano    arrivando    i 
battaglioni  del  generale    Botta,    entravano 
in  azione.  Fu   dunque  obbligata    la  retro- 
guardia suddetta  a  voltar  faccia  ,    e  a  te- 
nersi in  guardia,    colla  credenza,    che  ivi 
fosse    tutto  il  forte    degli    austiiaci  ,    cioè 
senza  avvedersi  di  combattere  sulle    prime 
contra  di  pochi ,  che  si  poteano  facilmente 
avviluppare ,    o    mettere    in    rotta .    Andò 
perciò  sempre  più  crescendo  il  fuoco  ,  fin- 
ché giunti  tutti  i  tedeschi ,  divenne  genera- 
le il  conflitto.  Fu  spedito  all'infante,  per- 
venuto già  col  duca  di  Modena,  e  col  cor. 
pò  maggiore  di  sua    gente    a    castello    san 
Giovanni,  acciocché  inviasse  soccorso  ,  sic- 

V  3  co- 


310        Annali    d'Italia 

come  fece  con  alcuni  reggimenti  di  cavai* 
leria.  Era  allora  alto  il  frumentone,  o  sia 
grano  turco,  coperti  da  esso  combattevano 
i  fucilieri  tedeschi .  Giocavano  le  artiglie- 
rie, e  massimamente  una  batteria  di  quei 
cannoni  alla  prussiana,  che  presto  si  cari- 
cano, né  occorre  rinfrescarli,  che  dopo  mol- 
ti tiri,  posta  dagli  austriaci  sopra  un  pic- 
ciolo colle  caricata  a  sacchetti .  Appena  si 
accostarono  alla  scoperta  le  nemiche  schie- 
re, che  con  orrida  gragnuola  si  trovarono 
flagellate.  Per  più  ore  durò  il  sanguinoso 
cimento  ;  rispinta  e  più  di  una  volta  fu 
messa  in  fuga  la  fanteria  tedesca  dalla 
cavalleria  spagnuola  ;  finché  giunto  a  quella 
danza  anche  il  marchese  di  Castellar ,  che 
seco  conduceva  il  presidio  di  Piacenza , 
consistente  in  cinquemila  combattenti,  gli 
austriaci  si  ritirarono,  tanto  che  potè  V 
oste  nemica  continuare  il  viaggio  ,  e  giu- 
gnere  in  secreto  al  suddetto  castello  di  san 
Giovanni.  Si  venne  poscia  ai  conti ,  e  fu 
creduto  ,  che  restassero  sul  campo  tra  mor- 
ti e  feriti  quasi  quattromiila  gailispani ,  e 
che  almeno  mille  e  ducento  fossero  i  ri- 
masti prigioni ,  senza  contare  quei  che  di- 
sertarono, perciocché  abbondando  Toste  spa- 
gnuola della  ciurma  di  molte  nazioni ,  non 
mai  succedeva  fatto  di  armi,  o  viaggio, 
che  non  fuggisse  buona  copia  di  essi .  Re- 
stò il  campo  in  poter  dei  tedeschi  con 
circa  nove  cannoni,  e  undici  tra  bandier< 
e  stendardi  j    ma  in  quel  campo  si    conta* 

ro- 


Anno  MDCCXLVI.  311 
tono  anche  di  essi  tra  estinti  e  feriti  circa 
quattromila  persone.  Vi  lasciò  la  vita  fra 
gli  altri  ufiziali  il  valoroso  generale  Barone 
di  Berenclau  >  e  tra  i  feriti  furono  i  ge- 
nerali conte  Pallavicini  ,  conte  Serbelloni , 
Voghtern  ,  Andlau  ,  e  Gorani .  Di  più  non 
fecero  i  gallispani,  perchè  loro  intenzione 
era  non  di  decidere  della  sorte  con  una 
battaglia,  ma  bensì  di  mettere  in  salvo  i 
loro  sterminati  bagagli,  e  di  ritirarsi.  Fu 
nondimeno  creduto,  che  se  il  conte  di 
Gages  avesse  saputa  V  inferiorità  delle  for- 
ze nemiche  ,  potuto  avrebbe  in  quel  giorno 
disfare  Tarmata  tedesca. 

Non  sì  tosto  ebbe  fine  F  atroce  combat- 
timento,  che  suir  avviso  della  segreta  par- 
tenza del  marchese  di  Castellar  da  Piacen- 
za, un  distaccamento  austriaco  si  presen- 
tò sotto  quella  città,  e  ne  intimò  imme- 
diatamente la  resa  ;  e  perchè  non  furono 
pronti  i  cittadini  a  spalancar  le  porte,  per 
aver  dovuto  passar  di  concerto  coi  galli- 
spani, ivi  rimasti  o  malati,  o  feriti,  si 
venne  alle  minaccie  di  ogni  più  aspro  trat- 
tamento .  Usciroao  in  fine  i  deputati  della 
città,  e  dopo  aver  giustificati  i  motivi  ' 
del  loro  ritardo,  fu  conchiuso  il  pacifico 
ingresso  dei  tedeschi  nella  medesima  sera, 
con  rilasciare  libero  il  bagaglio  alla  guar- 
nigione gallispana  tanto  della  città  che  del 
castello,  la  quale  restò  in  numero  di  ot- 
tocento uomini  prigioniera  di  guerra .  Vi 
si  trovò  dentro  più  di    cinquemila    (  altri 

V  4  scris- 


pi       Annali    d'Italia 

scrissero  ino  ad  ottomila  )  tra  invalidi^ 
feriti,  ed  infermi,  compresi  fra  essi  quei 
della  precedente  battaglia  ;  più  di  ottanta 
pezzi  dì  grosso  cannone,  oltre  ai  minori, 
trenta  mortari,  e  quantità  grande  di  palle, 
bombe,  tètide,  ed  altri  militari  attrecci , 
con  vari  magazzini  di  panni  e  tele ,  di 
grano ,  riso ,  e  fieno  entro  e  fuori  ,  delle 
mura.  Presero  gli  austriaci  il  possesso  di 
quella  città ,  ed  ancorché  nei  dì  seguenti 
vi  entrassero  i  ministri  e  un  corpo  di  gen- 
te del  re  di  Sardegna,  che  ne  ripigliò  il 
civile  e  militare  governo,  pure  anch'essi 
continuarono  ivi  il  loro  soggiorno  per  guar- 
dia delle  artiglierie  e  dei  magazzini  ,  fin- 
ché si  ultimasse  la  proposta  divisione  di 
tutto  ,  cioè  della  metà  di  essi  per  ciascuna 
delle  corti.  Allora  fu^  che  veramente  sotto 
l'afflitta  città  di  Piacenza  ebbe  fine  il  fla- 
gello della  guerra  militare,  ma  un' altra  vi 
cominciò  non  men  lagrimevole  della  prima. 
Gli  stenti  passati,  il  terrore;  ma  più  di 
ogni  altra  cesa  il  puzzore  ,  e  gli  aliti 
malefici  di  tanti  cadaveri  di  uomini  e  di 
bestie  seppelliti  (  e  non  sempre  colle  de- 
bite forme  )  tanto  in  quella  città,  che  nei 
contorni ,  cagionarono  una  grande  epidemia 
negli  uomini  :  dura  pensione  provata  tan- 
te altre  volte  dopo  i  lunghi  assedj  delle 
città .  Ne  seguì  pertanto  la  mortalità  di 
molta  gente ,  talmente  che  in  qualche  villa 
non  potendo  i  preti  accorrere  da  per  tut- 
to,  senza  l'accompagnamento  loro  si  por- 
tavano i  cadaveri  alle  chiese .  Era 


A  »  H  o    MDCCXLVr.       5i3 

Era  già  pervenuta    a    Voghera    l'armata 
gallispana,  ridotta,  per  quanto  si  potè  con- 
getturare ,    a  quattordicimila  spagntioìi,    e 
seimila  francesi  ,  inseguita  sempre  e  mole- 
stata   nei    viaggio    da    usseri    e  schiavoni. 
Giacché    i    piemontesi    non    aveano    voluto 
aspettare  in  Novi  l'arrivo  di   tanti    nemi- 
ci, e  si  era  perciò  aperta  la  comunicazione 
dei  gallispani  con  Genova  ;    ed   inoltre    un 
corpo  di  circa  ottomila  tra  francesi  e  ge- 
novesi, condotto  dal  marchese  di  Mirepoix , 
scendendo  dalla  Bocchetta  era  venuta  sino 
a    Gavi ,    per    darsi   mano    con    gli    altri  : 
venne  dal  maresciallo  di  Maillebois,  e  dal 
generale  conte  di  Gages  nel    consiglio    te- 
nuto col  reale  infante  e  col    duca    di   Mo^ 
dena  fissata  l'idea  di  far  alto  in  essa  "Ver- 
gherà ,  ed  ordinato  a    questo  fine  ,    che  si 
facesse  per  tre  giorni  un   general    foraggio 
per  quelle  campagne .  Ma  ecco  improvvisa- 
mente arrivar  per  mare  da  Antibo  il  mar- 
chese  della  Mina,  o  sia  de  la s  Minas ,  spe- 
dito per  le  poste  da  Madrid  ,    che    giunto 
a  Voghera,  dopo  aver  baciate  le  mani  all' 
infante  don  Filippo,  presentò  le  regìe  pa- 
tenti, in  vigor  delle  quali,  siccome  gene- 
rale   più    anziano    del    Gages  ,    assunse    il 
comando  dell'armi  spagnuole  in  Lombardia, 
subordinato    bensì    in    apparenza    ad    esso 
infante,  ma  dispotico  poi  in  fatti.  Ordinò 
egli  pertanto,  che  tutte  le  truppe  di  Spa- 
gna si  mettessero  in  viaggio  a  dì  quattor- 
dici di  agosto  alla  volta  di    Genova.    Per 

quan- 


314      Annali   D'Italiì 
quanto  si  opponessero  con  varie   ragioni  i 
francesi ,  non  si  mutò  parere  ;  laonde  anch' 
essi  scorgendo  rovesciate  tutte  le  già  prese 
misure  per  non  restar  soli  indietro,  si  vi- 
dero forzati  alla  ritirata  medesima  .    Mar- 
ciava questa  armata  verso  la  Bocchetta ,  e 
già  scendeva  alla  volta  di  Genova,    facen- 
dosi ognuno  le  meraviglie,  per  non  sapere 
intendere  ,    come  quei  generali    pensassero 
a  mantenete  migliaja  di  cavalli  fra  le  an- 
gustie e  le  sterili  montagne  di  quella   ca- 
pitale :    quando    in  Rne  si   venne  a    svelar 
l'intenzione    del   generale    della    Mina,     o 
per  dir  meglio  gli  ordini  segreti  a  lui  da- 
ti dal  gabinetto  della  sua    corte,    cioè    di 
prender  la  strada  verso  Nizza.,  e  di  menar 
le  sue  genti  fuori  d'Italia.    Di   questa  ri- 
soluzione ,  che  fece  trasecolare  ognuno ,   si 
videro   in    breve    gli    effetti  ;    perchè    egli 
dopo    avere   spedito    per    mare    tutto  quel 
che    potè    di    artiglierie  ,    bagagli  ,    ed  at- 
trecci ,  senza  ascoltar  consigli ,  senza  curar 
le  querele^ altrui,  cominciò  ad  inviare  par- 
te delle  sue  truppe  per  le  sommamente  di- 
sastrose vie  della  Riviera  di  Ponente  verso 
la  Provenza.    L'infante    don   Filippo    e    il 
duca    di    Modena,    rodendo    il    freno  per 
così  impensata  e  disgustosa    mutazione    di 
scena  ,  si  videro  anch'essi  forzati  dopo  qual- 
che tempo  a    tener  quella    medesima    via  , 
non  sapendo    spezialmente   il    primo    com- 
prendere ,    come    si    accordassero    con    tal 
novità  le  proteste  del  fratello  re  Ferdinan- 
do, 


Anno  MDCCXLVI.  315 
do,  di  avere  cotanto  a  cuore  i  di  lui  in- 
teressi .  Fu  allora  ,  che  non  pochi  italiani 
delle  brigate  spagnuole  non  sentendo  in 
sé  voglia  di  abbandonare  il  proprio  cielo , 
seppero  trovar  la  maniera  di  risparmiare  a 
sé  stessi  il  disagio  di  quelle  marcie  sfor- 
zate .  Il  conte  di  Gages ,  e  il  marchese  di 
Castellar  s' inviarono  innanzi ,  per  passare 
in  Ispagna .  Era  il  Castellar  richiamato 
colà.  Al  Gages  fu  lasciato  l'arbitrio  di 
andare  o  di  restar  nell'armata^  ma  anch' 
egli  andò. 

Pareva  intanto,  che  gli  austriaco-sardi 
facessero  i  ponti  di  oro  a  quella  gente  fu- 
gitiva  ,  quasiché  non  curassero  più  di  pun- 
gerla o  di  affrettarla  ,  come  era  seguito  a 
Rottofreddo  ,  e  bastasse  loro  di  vedere  sgra- 
vata dalle  lor  armi  la  Lombardia.  Ma  tem- 
po vi  volle ,  per  ben  assicurarsi  delle  de- 
terminazioni dei  nemici .  Chiarita  la  riti- 
rata di  essi  alla  volta  di  Genova  ,  allora 
passato  il  Po,  andarono  il  generale  Broun , 
e  il  principe  di  Carignano  con  dodicimila 
armati  ad  unirsi  a  san  Gioranni  col  gene- 
rale Botta  .  Mossosi  poi  di  là  da  Po  anche 
il  re  di  Sardegna,  si  avanzò  sino  a  Voghera 
e  Rivalta  ;  dove  concorsi  tutti  i  generali , 
tenuto  fu  consiglio  di  guerra,  e  presa  la 
risoluzione  di  procedere  avanti  contro  di 
Genova.  Opponevasi  ai  lor  passi  primiera- 
mente Tortona,  e  poi  Gavi  .  Perchè  nella 
prima  era  restata  una  gagliarda  guernigio- 
ne  di  spagnuoli  e  genovesi  ,  e  gran  tempo 

sa- 


316       Annali    d'Italia" 
sarebbe  costato  l'espugnazion  di  quella  piàz* 
za  ,  solamente  si  pensò  a  strignerla  con  un 
blocco  .    A  questa  impresa  furono  destinati 
alquanti  battaglioni.,    la  metà    austriaci    e 
ia  metà  savojardi  ,    che  si  postarono    sulla 
collina  contro  la  Cittadella  ;    al    piano    si 
stese  un  corpo  di  cavalleria.  E  perciocché 
il  più  della  lor  gente  a  cavallo  non  occor- 
reva per  quell'impresa,  e  molto  meaoper 
la  meditata  di  Genova  i  fu  inviata  a  pren^ 
dere  riposo   nel  Cremonese ,    Modenese ,    e 
Guastallese.  Nel  dì  dicianove  di  agosto  ar- 
rivò   la    vanguardia    tedesca    col    generale 
Broun  a  Novi  ,  bella  terra  del  Genovesato , 
ma  terra  troppo  bersagliata  nelle  congiunt- 
ore presenti  e  sottoposta  di  nuovo  ad  una 
contribuzione  più  rigorosa  delle  precedenti. 
Il  castello  di  Serravalle  assalito  dagli    au- 
striaco-sardi ,  e  perseguitato  con  due  mor- 
tari  a  bombe,    non  tenne  forte,    che    una 
giornata,  e  tornò  all'ubbidienza  del  re  di 
Sardegna.  Fattesi  poi  le  necessarie  disposi- 
zioni,   si   prepararono    gli    austriaci,    per 
inoltrarsi   verso (Se nova,  e  nello  stesso  tem- 
po il  suddetto  re  colla  maggior  parte  del- 
le sue  forze  s'inviò  vcarso  le  valli   di    Bor- 
mida  ed  Orba  ,  per  penetrare  nella   riviera 
genovese  di  Ponente  verso  Savona,  e  Fina* 
le,  a  fine  d'incomodar   la  ritirata  dei   ne- 
mici .  Incredibil  numero    di  cavalli    perde- 
rono  gli    spagnuoli    nella    precipitosa    loro 
marcia  per  quelle  strade  piene  di  passi  stret- 
ti ,  balze,  e  dirupi.   Tuttoché  Gavi>    vec- 
chia 


Anno    MDCCXLVI.        317 
chia  fortezza,  fosse  mal  provveduta  di  for- 
tificazioni esteriori }  pure  teneva  tal  presi- 
dio ,  e  treno  di  artiglieria,  che  poteva  in- 
comodar di  troppo  i  passaggi  degli  austria- 
ci,  e  la  lor  comunicazione  colla    Lombar- 
dia :  fu  perciò  incaricato  il  genarale    Fic- 
colomini    di    formarne  1'  assedio  ;    al    qual 
fine  da  Alessandria  furono  spedili    cannoni 
e  bombe.  Intanto  verso  il  fine  di  agosto  s* 
inoltrò  il  grosso  dell'  armata  austriaca  per 
Voltaggio  alla  volta  delia  Bocchetta,  passo 
fortificato  dai  genovesi  >  e  guernito  di  al- 
quante compagnie  di    essi    e    di    francesi . 
Dopo  aver    fatto  i    due    generali    Botta    e 
Broun  prendere  le  superiori  eminenze    del 
giogo,    inviarono  all'assalto  di    quel     sito 
tre  diversi  staccamensi  di  granatieri  e  fan- 
ti, e  se  si  ha  da  prestar  fede  alle  relazio- 
ni loro,  col  sacrifizio  di  soli  trecento    dei 
loro  uomini  forzarono  i  genovesi   a    pren- 
dere la  fuga  coli' abbandono  dei  cannoni  e 
munizioni,  che  quivi  si  trovarono.  Prete- 
sero all'incontro  i  genovesi  di  avere  soste- 
nuto con  vigore  j  e  renduto  vano  il  primo 
assalto  degli  austriaci  ,  e  si  preparavano  a 
far  più  lunga  resistenza  ,  quando  furono  all' 
improvviso  richiamati  dal  loro    generale    i 
francesi  .  Non  avea  mancato  in  questi  tem- 
pi il  maresciallo  di  Maillebois  d'incoraggi- 
re  il  governo  di  Genova  ,  con  fargli    sape- 
re l*  assistenza  delle  truppe  di  suo  coman- 
do y  ed  una  risoluzione    diversa  da    quella 
degli  spagnuoli,    ohe  tutti    in    fine    erano 

mar- 


gi8      Annali    d'Italia 
marciati  verso  Ponente.  Ma  non  durògrarì 

tempo  la  sua  promessa  ,  perchè  vago  anch' 
egli  di  mettere  in  salvo  sé   stesso  e    tutta 
la  sua  gente  ,  la  fece  sfilare  verso  la  Fran- 
cia ,  lasciando  in  grave  costernazione  l'ab- 
bandonata infelice  città  di  Genova.  Il  tem- 
po fece  dipoi  conoscere  ,  che  dalla  corte  di 
Versaglies  non  dovette  essere  approvata  là 
di  lui  condotta ,  perchè  richiamato  a  Pari- 
gi,  fu  posto  a  sedere,  e  dato  il    comando 
di  quella  molto    sminuita  armata  al    duca 
di  Bellisle.  Se  crediamo  ai  genovesi,  il  lo- 
to comandante  rimasto  alla  Bocchetta    do- 
po 1'  abbandonamento  dei  francesi  ,    scrisse 
tosto  al  governo  ,    per  ricevere  ordini  più 
precisi  3  esibendosi  di  poter  sostenere  quei 
posto  anche  per  qualche  giorno.  L'ordine, 
che  venne  j  fu  ch'egli  si  ritirasse  colla  sua 
gente  :  laonde  non  durarono  poi  gli  austria- 
ci ulteriore  fatica  per  impadronirsene,  con 
inseguir  anche  e  pizzicare  i  fuggitivi  geno- 
vesi .    Liberata    da  questo  ostacolo    l' oste 
austriaca  ,    non  trovò   più  remora  ai    suoi 
passi,  e  potè  francamente  calare  buona  par- 
te di  essa  sino  a  san  Pier  di  Arena  a  ban- 
diere spiegate  ,  dove  nel  dì  quattro  di  set- 
tembre si  vide  piantato  il  suo  quartier  ge- 
nerale é 

Se  battesse  il  cuore  ai  cittadini  di  Ge- 
nova ai  trovarsi  in  così  pericoloso  emer- 
gente, ben  facile  e  giusto  è  l'immaginar- 
lo. Fin  quando  si  vide  l'esercito  gallispa- 
no  muovere  i  passi  dalla  Lombardia  veTso 

la 


Anno  MDCCXLVL  3i9 
]a  loro  città,  ben  si  era  avveduto  quel 
senato  della  brutta  piega  ,  che  prendevano 
i  proprj  interessi  ,*  e  però  furono  i  saggi 
di  avviso  ,  che  si  spedissero  tosto  quattro 
nobili  alle  corti  di  Vienna ,  Parigi  ,  Ma- 
drid ,  e  Londra ,  per  quivi  cercar  le  manie- 
re di  schivar  qualche  temuto  ,  anzi  preve- 
duto naufragio .  Ma  guai  a  quegl'  inferrai , 
che  presi  da  micidial  parosismo,  aspettano 
la  lor  salute  dai  medici  troppo  lontani  !  Il 
perchè  ,  peggiorando  sempre  più  i  loro  af- 
fari ,  quei  savj  signori ,  più  convinti  di  es- 
sere abbandonati  da  ognuno,  ed  esposti  ai 
più  gravi  pericoli,  altra  migliore  risolu- 
zione in  così  terribil  improvvisata  non  sep- 
pero prendere  ,  che^  di  trattare  di  accordo 
coi  generali  della  regnante  imperadrice. 
Non  mancavano  certamente  ,  se  alle  appa- 
renze si  bada  ,  forze  a  quel  senato  per  di- 
fendere la  città  guernita  di  buone  mura  , 
anzi  di  doppie  mura ,  di  copiosa  artiglie- 
ria,  e  di  grossi  magazzini  di  grano,  ed 
altri  beni,  quivi  lasciati  dagli  spagnuo- 
li ,  e  con  presidio  di  non  poche  migliaja 
di  truppe  regolate.  Né  già  avea  lasciato 
in  quella  strettezza  di  tempo  il  governo 
di  distribuir  le  guardie  e  milizie  dovunque 
occorreva  ,  e  di  disporre  le  artiglierie  nei 
siti  più  proprj  per  la  difesa  della  città. 
Contuttociò  battuti  dalla  parte  di  ferra  dai 
tedeschi,  angustiati  per  mare  dalle  navi 
inglesi,  e  perduta  le  speranza  di  ogni  soc- 
corso :  che  altro  potevano  aspettar  infine, 

se 


32.0       Annali    d'Italia" 

se  non  lo  smantellamento  delle  lor  suntuo- 
se case  e  delizie  di  campagna  ,  ed  anche  la 
propria  rovina  e  schiavitù  ?  Né  pur  sapea- 
no  essi  ciò ,  che  si  potessero  promettere 
del  numeroso  bensì  e  vivace  popolo  di  quel- 
la capitale,  perchè  popolo  già  mal  conten- 
to ,  per  essergli  mancato  il  guadagno  ,  e 
cresciuto  lo  stento,  mentre  da  tanto  tempo 
sì  dalla  banda  della  Lombardia,  che  da 
quella  del  mare,  veniva  difficoltato  il  tra- 
sporto della  legna,  carbone,  carni,  e  var] 
altri  comestibili  ;  e  forse  popolo,  che  de- 
clamava contro  l'impegno  di  guerra ,  preso 
dal  consiglio  di  alcuni  più  prepotenti  de 
nobili .  Aggiungasi ,  che  fra  la  dominante 
nobiltà  ed  esso  popolo  passava  bensì  in 
tempo  di  quiete  la  corrispondenza  conve- 
nevole dell'ubbidienza  e  del  comando,  ma 
non  già  assai  commercio  di  amore ,  stante 
T  altura,  con  cui  trattavano  quei  signorili 
minuto  popolo,  già  degradato  dagli  antichi 
onori  e  privilegj  ;  talmente  che  non  si  pò- 
tea  sperare,  che  alcun  di  essi  volesse  sa- 
crificar le  proprie  vite  ,  per  mantenere  in 
trono  tanti  principi ,  che  sembravano  non 
curar  molto  di  farsi  amare  dai  loro  sud- 
diti. E  se  i  nemici  fossero  giunti  a  salutar 
la  città  colle  bombe ,  potea  la  poca  armo- 
nia degli  animi  far  nascere  disegni  e  desi- 
derj  di  novità  in  quella  gran  popolazione. 
Finalmente  si  trovava  la  città  sì  sprovve- 
duta di  farine,  che  la  fanie  fra  pochi  dì 
avrebbe  sconcertate  tutte  le  misure.  Sag- 
gia- 


Anno  MDCCXLVL  s*r 
giamente  perciò  da  quel  consiglio  fu  pre- 
so lo  spediente  ^i  non  resistere ,  e  di  com- 
perar più  tosto  coi  meno  svantaggiosi  pat- 
ti,  che  fosse  possibile,  la  riconciliazione 
coir  imperadrice  e  coi  suoi  alleati ,  che  di 
azzardarsi  ad  un  giuoco,  in  cui  poteano 
perdere  tutto . 

Eransi  ^fe  accampate    le  truppe  austria- 
che alle  spiaggie  dal  mare,  vagheggiando  i 
movimenti   di   quello    dai  più   di    essi    non 
prima  veduto  elemento.  Spezialmente  sulT 
asciutte  sponde  della  Polcevera   non    pochi 
reggimenti  di  essi  si    erano    adagiati  ;     né 
sarebbe  mai  passato  per  mente  a  quei  buo- 
ni alemanni  ,    che    quel    picciolo    torrente 
potesse,  per  così   dire^  in  un  istante    can- 
giarsi in  un  terribil    gigante.    Ma    nel    dì 
sei  del  suddetto  settembre  ecco  alzarsi  per 
aria  un  fiero  temporale  gravido  di  fulmini 
con  impetuoso  vento  e  pioggia  dirotta,  per 
cui  scese  sì  gonfia  di  acque  ed    orgogliosa 
essa  Polcevera,  che  strascinò  in  mare  circa 
secento  persone    tra    soldati,    famigli,    ed 
anche   alcuni    ufiziali  ^    assaissimi    cavalli, 
muli,  e  bagagli.  Guai  se  questo  accidente 
arrivava  di  notte,  la  terza  parte    deir  ar- 
mata periva  .  Nel  giorno  stesso  dei    quat- 
tro,   in    cui  parte    deir  esercito    austriaco 
cominciò  a  giugnere  a  san  Pier  di  Arena  , 
furono  deputati    dal    consiglio    di    Genova 
alcuni  senatori  ,  che  andassero  a  riverire  il 
generale  Broun  y  condottiero  di  quel  corpo 
di  gente.  Introdotti  alla  sua  udienza^  rap- 
Tom.  XXVII.  X  pre- 


32i2       Annali   b9  Itali  a 

presentarono   la    somma    venerazione    del- 
la repubblica  verso  l'augusta  imperadrice, 
mantenuta  anche  in   questi    ultimi    tempi  , 
nei  quali  aveano  protestato  e  tuttavia  pro- 
testavano di  non  aver  guerra  contro  della 
maestà  sua  ;  e  che  essendo  le  di  lei  mili- 
zie entrate  nel  dominio   della    repubblica  j 
il  governo  inviava  ad  offerire  lutti  i    più 
sicuri  attestati  di  amicizia  ai  di  lei  mini- 
stri ,  mettendosi  intanto  sotto  la  protezio- 
ne,  e  in  braccio  alla  clemenza  della  tesa- 
rea  reale  maestà  sua.  Intendeva  molto  be-* 
rie  il  Broun  la  lingua  italiana  ,  ma  non  ar- 
rivò mai    a  capire    ciò  ,    che  volesse    dire 
quella  protesta  di    non    aver    fatta    guerra 
contro  T  augusta  sua  sovrana .    Pure    senza 
fermarsi  in    questo ,    rispose    ai    deputati^ 
che  stante  la  lor  premura  di  godere    della 
cesarea  clemenza  e  protezione  j    e    di    non 
provare  i  disordini ,  che  potrebbe    produr- 
re   V  avvicinamento    dell'  armi    imperiali  y 
egli  manderebbe  le  guardie  alle  porte  del- 
la città  ,  affinchè  si  prevenisse  ogni    mole- 
stia e  sconcerto  nel  di  dentro  e  al  di  fuo- 
ri di  essa  •  E  perciocché  risposero  i  depu- 
tati ,  che  a  ciò  ostavano  le  leggi  fondamen- 
tali dello  stato,  il  generale  alterato  fepli 
co  loro  ,  che  non  sapeva  di  leggi  e  di  sta- 
tuti ,  con  altre  parole  brusche ,  colle  quali 
si  licenziò.  Arrivato  poi  nel  giorno  appres- 
so il  marchese  Botta  Adorno ,  primario  ge- 
nerale e  comandante  dell'esercito    austria- 
co, si  portarono  a  riverirlo  i  deputati .  In 
'  lui 


Anno  MDCCXLVI.  323 
lui  si  trovò  più  cortesìa  di  parole,  ma  in- 
sieme egual  premura,  che  fruttasse  alla 
maestà  dell'  imperadnce  la  fortuna  presen- 
te delle  sue  armi  .  Proposero  di  nuovo  quei 
senatori  la  risoluzione  della  repubblica  di 
mettersi  sotto  la  protezione  di  essa  impe- 
radrice ,  a  cui  darebbono  gli  attestati  del- 
la più  riverente  amicizia  ,  con  ritirar  dà 
Tortona  le  loro  genti  ;  con  far  cessare  le 
ostilità  del  presidio  di  Gavi  ;  con  rimette- 
re tutti  i  prigionieri,  ed  anche  1  disertori, 
implorando  nondimeno  grazia  per  essi  ;  col 
congedar  le  milizie  del  paese  ,  e  quelle 
eziandio  di  fortuna  ,  ritenendo  solamente 
le  consuete  per  guardia  della  città,  e  cori 
esibirsi  di  somministrare  tutto  quanto  fos- 
se in  lor  potere  per  comode  e  servigio 
dell*  armi  austriache,  rimettendosi  in  una 
totale  neutralità  per  l'avvenire.  Le  rispo- 
ste del  generale  Botta  furono  ,  che  dareb- 
be gli  ordini  j  affinchè  l'esercito  cesareo 
reale  desistesse  da  ogni  ostilità j  ed  osser- 
vasse una  esatta  disciplina  ;  ma  essere  ne- 
cessaria una  promessa  nella  repubblica  di 
stare  agli  ordini  dell'  augustissima  impera- 
drice, dalla  cui  clemenza  peraltro  si  pote- 
va sperare  un  buon  trattamento;  e  che  per 
sicurezza  della  lor  fede  conveniva  dargli  in 
mano  un  porta  della  città  ;  e  che  intanto 
si  lascerebbe  intatta  l'autorità  del  gover- 
no, la  libertà  e  quiete  della  città  ;  Portate 
ài  consiglio  queste  proposizioni  ,  furono  ac- 
cettate, e  si  consegnò  al  generale  Botta  là 

X  2  por- 


324       Annali    d'Italia 
porta  di  san  Tommaso,  sebben  poscia  eoli 
pretese  e    volle  anche    l'altra    della    Lan- 
terna . 

Nel  giorno  seguente  sei  di  settembre  por- 
tossi  personalmente  esso  marchese  in  città  , 
per  formare  una  capitolazion  provvisionale, 
la  quale  sarebbe  poi  rimessa  ,  air  arbitrio 
della  maestà  dell' imperadrice  .  Ne  furono 
ben  gravose  le  condizioni  ;  ma  giacche  il 
riccio  era  entrato  in  tana,  convenne  rice- 
vere le  leggi  da  chi  le  dava,  non  come 
contrattante,  ma  come  vincitore  ;  e  furono: 
Che  si  consegnassero  le  porte  della  città 
alle  soldatesche  deli'  imperadrice  regina  : 
il  che  non  ebbe  poi  effetto  ,  essendosi,  cer- 
nie si  può  credere,  tacitamente  convenute 
le  parti,  che  bastassero  le  due  sole  già 
consegnate.  Che  le  truppe  regolate,  o  sia 
di  fortuna  della  repubb'.  .1,  s'intendessero 
prigioniere  di  guerra,  Che  l'armi  tutte 
della  città,  e  le  munizioni  da  bocca  e  da 
guerra,  destinate  per  le  milizie,  si  conse- 
gnassero agli  ufiziali  di  sua  maestà.  Che 
lo  stesso  s'intendeva  di  tutti  i  bagagli  ed 
effetti  delle  truppe  gallispane  e  napoletane, 
e  delle  loro  persone  ancora.  Che  il  presidio 
e  fortezza  di  Gavi,  se  non  era  per  anche 
renduta  ,  si  rendesse  tosto  all'armi  di  essa 
imperadrice .  Che  il  doge  e  sei  primarj 
senatori  nel  termine  di  un  mese  fossero 
tenuti  di  passare  alla  corte  di  Vienna,  per 
chiedere  perdono  dell' errore  passato,  e  per 
implorare    la    cesarea    clemenza .    Che 

ufi- 


r.-8" 


Anno  MDCCXLVÌ.  325 
iniziali  e  soldati  di  essa  imperadrice,  e 
dei  suoi  alleati  ,  si  mettessero  in  libertà  . 
Che  subito  si  pagherebbe  la  somrtfte  di 
cinquantamila  genoviae  all'  esercito  impe- 
llale,  a  titolo  di  rinfresco.,  e  per  ottenere 
il  quieto  vivere:  del  resto  poi  delle  contri- 
buzioni doveva  intendersi  la  repubblica  col 
generale  conte  dì  Cotteli ,  autorizzato  per 
tale  incombenza.  Che  quattro  senatori  intan- 
to passarebbero  per  ostaggi  di  tal  conven* 
zìone  a  Milano  .  Finalmente  che  questo  ac- 
cordo sortirebbe  il  suo  effetto,  finche  ve- 
nisse ratificato  dalla  coite  di  Vienna  Tra- 
lascio altri  meno  importanti  articoli.  Non 
si  sa  ,  che  avesse  effetto  la  consegna  dell' 
armi  e  munizioni  da  guerra  della  città; 
ma  sibbene  alle  mani  dei  ministri  austriaci 
pervennero  tutti  i  magazzini  (  erano  ben 
molti  )  spettanti  ai  gal  listi  a  ni  "ì  con  che 
quell'esercito  poco  prima  bisognoso  di  tut- 
to, si  vide  provveduto  di  tutto;  e  col  ri- 
torno dei  disertori  ,  ai  quali  fu  accordato 
il  perdono,  venne  aumentato  di  duemila 
persone.  Non  si  tardò  a  sborsare  le  cin- 
quantamila genovine,  il  ripartimelo  delle 
quali  fra  gli  ufiziali  e  soldati  ebbe  V  atte- 
stato delle  pubbliche  gazzette  .  Bisogno  più 
non  vi  fu  di  trattare  e  disputare  intorno 
al  resto  delle  contribuzioni;  perciocché  il 
suddetto  conte  di  Cotech ,  commissario  ge- 
nerale austriaco,  il  quale  ne  sapea  più  di 
Bortolo  e  Baldo  nel  suo  mestiere  ,  inviò 
al  doge  Brignole  e  senato  di    Genova    una 

X  3  in- 


326       Annali    p' Italia 

intimazione  scritta  di  buon  inchiostro  ,  In 
essa  esponeva,  che  essendosi  la  repubblica 
di  Genova  impegnata  in  una  guerra  mani- 
festamente ingiusta  contro  la  maestà  dell* 
imperadrice  regina  ,  e  dei  suoi  collegati  , 
ed  aperto  il  varco  ai  suoi  nemici,  per  in- 
vadere gli  stati  di  essa  imperadrice  e  del 
re  di  Sardegna  ;  giusta  cosa  sarebbe  stata 
T  esigere  da  essa  il  rifacimento  di  tante 
spese  e  danni  sofferti ,  che  ascendevano  a 
somme  inestimabili  .  Ma  che  avendo  essa 
repubblica  riconosciuto  la  mano  dell'onni- 
potente, che  l'avea  fatta  soccombere  sotto 
V  armi  giuste  e  trionfanti  della  maestà  sua 
cesarea  e  reale  ;  ed  essendosi  volantaria- 
mente  offerta  di  soggiacere  agli  aggravj, 
che  le  si  doveano  imporre  :  perciò  esso 
conte  di  Cotech  perentoriamente  la  facea 
intendere  di  dover  pagare  alla  cassa  mili- 
tare austriaca  la  somma  di  tre  milioni  di 
Genoyine  (  cioè  nove  milioni  di  fiorini  ) 
in  tanti  scudi  di  argento,  e  in  tre  paga- 
menti :  cioè  un  milione  dentro  quarantott' 
ore  ;  un  altro  nello  spazio  di  otto  giorni  ; 
e  il  terzo  nel  termine  di  quindici  giorni  : 
sotto  pena  di  ferro ,  fuoco ,  e  saccheggio  , 
non  soddisfacendo  nei  termini  sopra  inti- 
mati. Questa  fu  l'interpretazione,  che  die*- 
de  il  ministro  alla  clemenza  dell'  impera- 
drice  regina  ,  a  cui  si  era  rimessa  quella, 
repubblica. 

Aveano    gì'  infelici    genovesi    il    coltello 
alla  golaj  inutile  fu  il  reclamare;  necessa- 
rio 


Anno  MDCCXLVI.  327 
rio  l'ubbidire.  Concorsero  dunque  le  fa- 
miglie più  benestanti  al  pubblico  bisogno 
coir  inviare  alla  zecca  le  loro  argenterie; 
si  trasse  danaro  contante  da  altri;  conven- 
ne anche  ricorrere  al  banco  di  san  Giorgio, 
depositano  dei  danaro  non  solo  dei  geno- 
vesi, ma  di  molte  altre  nazioni  ;  tantoché 
nel  termine  di  cinque  giorni  fu  pagato  il 
primo  milione.  Più  tempo  vi  volle  per 
esborsare  il  secondo  ,  non  potendo  la  zecca 
battere  se  non  paratamente  sì  gran  copia 
di  argento.  Con  parte  di  quel  danaro  furo- 
no non  solamente  soddisfatti  di  molti  mesi 
trascorsi  gli  ufiziali  austriaci.,  ma  anche 
riconosciuto  dalla  generosità  dell'augusta 
sovrana  con  proporzionato  regalo  il  buon 
servigio  dei  suoi  ufiziali.  Parte  di  esso 
tesoro  fu  condotto  a  Milano  da  riporsi  in 
quel  castello .  A  conto  ancora  del  pagamen- 
to suddetto  andò  la  restituzion  delle  gioje 
e  di  altri  arredi  della  casa  de  Medici., 
impegnati  in  Genova  dal  regnante  Augusto . 
Né  si  dee  tacere  ,  che  videsi  ancor  qui  una 
delle  umane  vicende.  Tanta  cura  degl'  in- 
dustriosi genovesi,  per  raunar  ricchezze, 
andò  a  finire  in  una  sì  strabocchevol  tassa 
di  contribuzioni ,  la  quale  tuttoché  impo- 
sta ad  una  città  cotanto  doviziosa,  purea 
molti  può  fare  ribrezzo.  Non  sarebbe  ad 
una  città  povera  toccato  un  così  indiscreto 
salasso  .  E  vie  più  dovette  riuscire  sensi- 
bile a  quella  nobil  repubblica,  perchè  ac- 
caduto ,  dappoiché  appena  ella    si    era    ri-» 

X  4  mcs- 


3  28  A'SNAtT    fi'lTALI'X' 

messa  dalla  longa  febbre  maligna  della  Car- 
sica ,  in  cui  non  oso  dire,  quanti  milioni 
essi  dicono  di  avere  impiegato  ,  ma  che 
certamente  si  può  credere  costata  a  lei  un' 
immensità  di  danaro.  Fama  corse,  che  il 
re  di  Sardegna  si  lagnasse,  perchè  né  pure 
una  parola  si  fosse  fatta  di  lui  nella  ca- 
pitolazione ,  e  né  pure  si  fosse  pensato  a 
lui  nell'imposta  di  tanto  danaro,  e  ne'li' 
occupazione  di  tanti  magazzini .  Pari  do- 
glianza fu  detto,  che  facesse  l'ammiraglio 
inglese  . 

Ciò ,  che  in  sì  improvvisa  e  deplorabil 
rivoluzione  dicessero  almen  sotto  voce  , 
gli  afflitti  e  battuti  genovesi,  non  è  giunto, 
a  mia  notizia.  Quel  che  è  eerto,  entro  e 
fuori  di  Italia  accompagnata  fu  la  loro  di- 
savventura dal  compatimento  universale  ,  e 
fino  da  chi  dianzi  non  avea  buon  cuore 
per  essi.  Però  dapertutto  si  scatenarono 
voci  non  men  contra  degli  spagnuoli,  che. 
dei  francesi  ,  detestando  i  primi  ,  perchè 
principalmente  da  lor  venne  il  precipizio 
dei  genovesi;  e  gli  altri,  perchè  mai  non 
comparvero  in  Italia  nell'anno  presente 
quelle  tante  lor  truppe  ,  che  si  spacciavano 
in  moto  sulle  gazzette ,  e  che  avrebbero 
potuto  esentare  da  sì  gran  tracollo  gì' in- 
teressi propr) ,  e  quei  dei  loro  collegati. 
Aggiugnevano  i  politici  ,  che  quand'anche 
il  novello  re  di  Spagna  avesse  preso  idee 
diverse  da  quelle  del  padre,  richiedeva 
nondimeno    V  onor    della  corona  ,  che  non 

si 


Anno  MDCCXLVL  329 
si  sacrificassero  sì  obbrobriosamente  gli 
amici  ed  alleati  ;  e  io  ogni  caso  poteva 
almeno  e  doveva  il  comune  esercito  pro- 
cacciare per  mezzo  di  qualche  capitolazio- 
ne condizioni  men  dure  e  dannose  a  chi 
avca  da  restare  in  abbandono.  Finalmente 
diceano,  doversi  incidere  in  marmo  questo 
nuovo  esempio,  giacché  si  erano  dimenti- 
cati i  vecchi,  per  ricordo  ai  minori  po- 
tentati del  grave  pericolo  >  a  cui  si  espon- 
gono in  collegarsi  coi  maggiori ,  perchè 
facile  è  il  trovar  monarchi  tanto  applicati 
al  proprio  interesse,  che  fanno  servir  gli 
amici  inferiori  al  loro  vantaggio,  con  ab- 
bandonarli anche  alla  mala  ventura  ,  per 
risparmiare  a  se  stessi  l'incomodo  di  so- 
stenerli. Chi  più  si  figurava  di  sapere  gli 
arcani  dei  gabinetti,  spacciò,  che  fra  la 
Spagna,  Inghilterra  e  Vienna  era  già  con- 
chiuso un  segreto  accordo,  per  cui  la  Spa- 
gna dovea  richiamar  d'Italia  le  sue  truppe; 
e  gì'  inglesi  lasciar  passare  a  Napoli  dieci 
mila  spagnuoli  ;  e  V  imperadrice  regina 
fermare  ai  confini  del  Tortonese  i  passi 
delle  sue  truppe.  Avere  i  primi  soddisfatto 
all'  impegno  ,  ed  aver  mancato  alla  sua 
parte  V  austriaca  armata .  Di  qua  poi  es- 
sere avvenuto,  che  la  Spagna  irritata  po- 
scia di  nuovo  si  unì  colla  Francia  .  Tutti 
sogni  di  gente  sfaccendata  .  Né  pur  tempo 
vi  era  stato  per  sì  fatto  maneggio  e  pre- 
teso accordo;  e  certo  T imperadrice  regina, 
principessa  generosa  e  à'  animo  virile,  non 

era 


330  Annali  d'Italia 
era  capace  di  obbliar  la  propria  dignità 
con  tradire  non  solo  gli  spagnuoli ,  ma  an- 
che i  mediatori  inglesi,  cioè  i  migliori  dei 
suoi  collegati.  La  comune  credenza  per- 
tanto fu ,  che  la  Francia  non  pensò  all' 
abbandono  dei  genovesi;  e  se  il  suo  ma- 
resciallo si  lasciò  strascinare  dall'esempio 
degli  spagnuoli ,  non  fu  questo  approvato 
dal  re  cristianissimo.  Quanto  poscia  alla 
corte  del  re  cattolico,  si  tenne  per  fermo, 
che  sui  principj  cotanto  prevalesse  il  partito 
contrario  alla  vedova  regina  Elisabetta , 
che  si  giugnesse  a  quella  precipitosa  riso- 
luzione ,  a  cui  da  lì  a  con  molto  succedet- 
te il  pentimento  ,  essendo  riuscito  al  gabi- 
netto di  Francia  di  tener  saldo  nella  lega 
il  re  novello  di  Spagna,  ma  dopo  essere 
cotanto  peggiorati  in  Italia  i  loro  affari, 
e  con  dover  tornare  all'  Abicì  ,  qualora  in- 
tendessero  di  calar  un'  altra  volta  in  Italia, 
Per  conto  poi  dei  genovesi  poco  servì  a 
minorare  i  loro  danni  ed  affanni  1'  altrui 
compatimento,  e  il  cangiamento  di  massi- 
me nella  corte  del  re  di  Spagna  .  Contut- 
tociò  dicevano  essi  di  trovar  qualche  con- 
solazione in  pensando  ,  che  ognuno  potea 
scorgere,  non  essere  le  loro  disavventure 
una  conseguenza  di  qualche  loro  ambizio- 
so disegno,,  ma  una  necessità  di  difesa  ;  ne 
potersi  chiamar  poco  saggio  il  loro  consi- 
glio per  T  aderenza  presa  con  due  corone 
potentissime  ,  le  quali  sole  poteano  preser- 
varli dai  minacciati  danni:  giacché  a  nulla 

avea- 


Anno    MDCCXLVI.        331 
jiveano    servito    i    tanti    loro    ricorsi  e  ri- 
chiami alle  coiti  di  Vienna,  Inghilterra,  ed 
Ollanda  . 

Ma  lasciamo  oramai  i  genovesi  per  segui- 
tare Carlo  Emmanuel^  re  di  Sardegna .    Né 
pur  egli  fu  pigro  a    prendere    là    fortuna, 
pel  ciuffo.  Colla  maggior  diligenza    possi- 
bile   fece    egli    calar  le  sue  truppe    per    V 
aspre  montagne  dell' Apennino  sulla  riviera 
di  Ponente,  a  Ha  di  tagliare  la  strada,  se 
gli  veniva    fatto,    ai    fuggitivi  francesi;   e 
fama  corse,    essere  mancato    poco,    che    1' 
infante  don  Filippo ,    e  il  duca  di  Modena 
non    fossero    sorpresi    nel    viaggio  .    Ma  la 
principal  mira  di  esso  re   erano   Savona    e 
il  Finale ,    paesi  dietro  ai    quali    si    erano 
consumati  tanti  desiderj  dei  suoi  antenati  , 
e  su  i  quali  la  rea!  casa  di  Savoja  mante- 
neva antiche  ragioni ,  o  pretensioni .  Giun- 
sero   colà    le    sue    milizie    nel    dì    otto  di 
settembre  ,    ed    arrivò    anche    lo  stesso    re 
nel  dì  seguente  a    Savona,    incontrato    dal 
vescovo,  e  dai  magistrati  della  città,    che 
andarono    a    presentargli    le    chiavi  •    Colà 
giunse  ancora  jl  generale    Corani,    spedito 
con  alcuni  battaglioni  austriaci ,    per  darsi 
mano  a  sottomettere  il  castello  assai  forte 
di    essa    Savona .    Trovavasi    alla  difesa  di 
quello  un  comandante  di  casa  Adorno  no- 
bile genovese  ,    il    quale  alla  chiamata    di 
rendersi  diede  quella  risposta  ,   che  conve- 
niva   ad    un    coraggioso    e  fedele  ufiziale  ; 
<e  tanto  più  perchè  fu  fafta  essa    chiamata 

per 


g$ft  Amstali  d'  Italia 
per  parte  del  re  di  Sardegna.  Raccontasi^ 
ch'egli  dipoi  ,  come  se  quella  piazza  aves- 
se da  essere  il  sepolcro  suo.,  distribuì  ai 
soldati  varj  effetti  e  danari  di  sua  ragione, 
e  nel  testamento  suo  dichiarò  eredi  suoi 
le  mogli  e  i  figli  di  quegli  ufìziali  ,  che 
morrebbono  nella  difesa:  al  che  egli  dipoi 
si  accinse  con  tutto  vigore  .  Si  tardò  ben 
molto  a  cominciare  le  ostilità  contra  di 
quel  castello  ,  perchè  non  poteano  volare 
per  le  aspre  montagne  i  mortai  e  V  arti- 
glieria grossa.,  che  occorreva  a  quell'as- 
sedio. Passarono  le  brigate  austriaco- sarde 
al  Finale  ,  e  il  forte  di  quella  terra  non 
si  fece  molto  pregare  a  capitolar  la  resa  j 
con  restar  prigione  il  presidio,  e  coli' 
avere  gli  ufìziali  ottenuto  buon  trattamento 
per  loro  e  per  li  loro  equipaggi.  Giunse 
colà  nei  dì  quindici  di  settembre  il  re  di 
Sardegna j  allora  fu,  che  non  potendosi  più 
ritenere  T  antico  abbonimento  di  quel  po- 
polo al  giogo  Genovese  ,  scoppiò  in  segni 
cT incredibil  allegrezza,  e  con  sommo  ap- 
plauso, ed  applauso  di  cuore,  accolse  il 
novello  ,  sovrano  .  Proseguì  poscia  esso  re 
colle  milizie  il  viaggio,  occupando  di  ma- 
no in  mano  i  posti  e  le  terre  ,  che  i  fran- 
cesi andavano  abbandonando,  finché  giunse 
a  Ventimiglia  ,  Villafranca  ,  e  Montalbano 
all'  assedio  dei  quai  luoghi  egli  fu  forzato 
a  dover  fermare  il  piede.  Dovunque  passa- 
rono l'armi  sue  vincitrici,  segni  ne  resta- 
rono   della    singoiar    sua    moderazione  ,    e 

del- 


Anno  MDCCXLVI.  335 
della  savia  sua  maniera  di  trattare  chiun- 
que a  lui  si  arrendeva .  Non  la  voleva  egli 
contra  la  borsa  di  quei  popoli;  esatta  di- 
sciplina osservavano  le  sue  truppe  ;  sola- 
mente,  per  buona  precauzione,  levò  Tar- 
mi al  conquistato  paese  .  Impiegò  egli 
in  quei  viaggi ,  e  nella  conquista  della  ri- 
viera di  Ponente  il  resto  di  settembre,  e 
la  metà  di  ottobre  j  né  altro  consideraci 
avvenimento  si  contò  ,  se  non  che  il  ge- 
nerale austriaco  Corani ,  nel  riconoscere  il 
posto  della  Turbia  nel  dì  dodici  di  esso 
ottobre  perde  la  vita  ;  i  francesi  nel  dì  18. 
ripassarono  il  Varo  ;  il  castello  di  Venti- 
miglia  nel  dì  23  si  sottomise  all'armi  dei 
piemontesi  . 

Intanto  la  corte  di  Vienna,  considerando 
il  beli'  ascendente  dell'  armi  sue  in  Lom- 
bardia ,  e  nel  Genovesato  ,  e  già  cacciati 
dì  là  dai  monti  i  nemiqi  tutti ,  vagheggia- 
va il  bel  regno  di  Napoli,  come  un  pre- 
mio dovuto  al  valore  e  alla  buona  fortuna 
delT  armi  sue  nell'anno  presente.  Niun  vi 
era  dei  ministri  ,  che  ricordevole  delle 
tante  pensioni  e  regali,  procedenti  una 
volta  da  quel  fruttuoso  paese,  non  incul- 
casse venuto  oramai  il  tempo  di  riacqui- 
star giustamente  ciò,  che  si  era  si  mise- 
ramente perduto  negli  anni  addietro;  ave- 
re Timperadrice  oziosi  circa  diecimila  ca- 
valli, adagiati  nel  Modenese,  Cremonese, 
Mantovano,  ed  altri  luoghi.  Accresciuti 
questi  da  qualche  quantità  di  fanteria  ,  ec- 
co 


g$4       Annali   d*  Italia 

co  un  esercito  capace  di  conquistare  tuttrì 
quel  regno  ;  trovarsi  il  re  di  Napoli  privo 
di  gente,  di  danaro >  e  di  maniera  per 
resistere  ;  col  solo  presentarsi  colà  un  eser- 
cito austriaco,  altro  scampo  non  restare 
a  quel  re ,  che  di  fuggirsene  in  Sicilia  ;  e 
che  la  Sicilia  stessa,  qualora  volessero  dar 
mano  gì'  inglesi ,  facilmente  coronerebbe  il 
trionfo  dell'armi  imperiali.  Forti  erano ^ 
e  ben  gustate  queste  ragioni  ;  e  non  è 
da  dubitare 3  che  la  corte  Cesarea  ardesse 
di  Voglia  di  far  queir  impresa  ;  al  qual 
-fine  si  videro  anche  sboccare  in  Italia  al- 
cune miglia) a  di  fanti  croati  e  schiavoni  5 
gente  mal  in  arnese ,  ma  forte  di  corpo  , 
reggirrientata  i  e  che  sa  occorrendo  ben  ma- 
neggiare fucili  e  sciable  .  Ma  altri  furono 
in  questi  tempi  i  disegni  dell'  Inghilterra , 
cioè  di  quella  potenza  ^  che  avea  come 
dipendenti  ,  per  non  dire  còme  Servi  ,  i 
suoi  collegati,  pel  bisogno,  che  tutti  avea- 
»o  delle  sue  sterline  ,  cioè  di  un  danaro  , 
onde  veniva  il  moto  principale  della  mac- 
china di  queir  alleanza  .  Da  che  la  Francia 
osò  se  non  di  attaccare  >  almeno  di  secon- 
dare il  fuoco  nelle  viscere  della  gran  Bre- 
tagna colla  sediziori  della  Scozia ,  in  cui 
non  si  trattava  di  meno  ,  che  di  detroniz- 
zare il  regnante  re  Giorgio  li  lo  spirito 
della  vendetta ,  o  sia  la  brama  di  rendere 
la  pariglia  al  re  cristianissimo >  fece  gran 
breccia  nella  corte  Britannica.  Fu  dunque 
risoluto  T  armamento  di  una  possente  fiot- 
ta , 


Anno  MDCCXLVI.  335 
in  ,  per  portare  la  desolazione  io  qualche 
sito  delle  coste  di  Francia  ;  e  in  oltre  ? 
giacche  più  non  restavano  in  Lombardia 
nemici  da  combattere,  questo  parea  il  tf  m- 
pò  di  portare  la  guerra  anche  dalla  parte 
d'Italia  nel  cuor  della  Francia  acciocché 
ella  non  si  gloriasse  di  farla  sempre  in 
casa  altrui,  A  questa  determinazione  ri- 
pugnava non  poco  il  gabinetto  imperiale 
tra  per  li  noti  infelici  tentativi  altre  Volte 
fatti  o  nella  Provenza  o  nel  Délfinato  ,  e 
perchè  si  vedeva  intef rompere  l'impresa 
di  Napoli ,  dove  certo  si  conosceva  il  gua- 
dagno $  laddove  poco  o  culla  vi  era  dal 
sperare  nella  Provenza .  Per  lo  contrario  l' 
Inghilterra  non  solo  desiderava ,  ma  co- 
mandava una  tale  spedizione  ;  e  per  questo 
fine  àncora  mosse  il  te  di  Sardegna  a  con- 
tribuir buona  parte  della  sua  fanteria* 

Tali  nondimeno  divennero  le  forze  au- 
striache in  Italia ,  tali  i  nuovi  rinforzi  in. 
viati  per  accrescerle,  che  si  figurò  il  mi- 
nistero cesareo  di  poter  accudire  all'una 
impresa  senza  pregiudizio  dell'  altra  *  né 
si  può  negare  ,  che  ben  pensati  efano  i  suoi 
disegni  .  Ma  ordinaria  disavventura  delle 
leghe  è  l'avere  ogni  contraente  dei  parti- 
colari interessi  e  desiderj  ,  che  non  si  ac- 
comodano con  quei  degli  altri  .  In  Londra 
vi  erano  de  Ile  segrete  intenzioni,  contrarie 
a  quelle  di  Vienna.  Si  voleva  far  del  ma- 
le alla  Francia  ,  e  non  già  alla  Spagna* 
Sempre  fitto  il  re  d'Inghilterra  nella  spe- 
rane 


336       Annali    d'Ita  li  a 

ranza  di  una  pace  particolare  col  re  cattoli- 
co, fervorosamente  maneggiata  dall'austriaca 
regina  di  Portogallo  ,  e  creduta  anche  as- 
sai verisimile  ,  per  essersi  scoperte  nel  no- 
vello re  di  Spagna  delle  massime  ben  di- 
verse da  quelle  del  re  fu  suo  padre  ;  con 
ogni  riguardo  procedeva  verso  gli  spagnuo- 
lì,  astenendosi,  per  quanto  mai  poteva, 
dal  recar  loro  danno  anzi  da  ogni  menomo 
loro  insulto;  nemico  in  fine  di  solo  nome, 
ma  non  già  di  fatti .  Però  la  conquista  del 
regno  di  Napoli  ,  meditata  in  Vienna,  che 
avrebbe  infinitamente  disgustata  la  corona 
di  Spagna  ,  si  trovò  ascosamente  attraver- 
sata dagl'  inglesi  ,  i  quali  fecero  valere  la 
necessità  di  entrare  in  Provenza  colle  mag- 
giori forze  possibili ,  per  non  soggiace- 
re agi'  inconvenienti  patiti  altre  volte  ira 
sì  fatte  spedizioni,  ed  essere  troppo  pe- 
ricoloso l'indebolir  cotanto  Tarmata  di 
Lombardia,  coli' inviarne  sì  gran  parte  in 
sjL  lontane  e  divise  contrade  ;  e  che  coste- 
?e*bbe  troppo  il  mantenere  in  tali  circostan- 
ze quell'acquisto.  Queste  ed  altre  ragioni, 
delle  quali  il  gabinetto  di  Vienna  intende- 
va molto  bene  il  perchè,  fecero,  che  V 
imperadrice  regina  forzatamente  desse  ban- 
do ad  ogni  disegno  sul  regno  di  Napoli . 
E  intanto  il  re  cattolico  con  varj  convogli 
per  mare  spedì  ad  esso  Napoli  alcune  mi- 
gliaja  delle  sue  truppe,  le  quali  ebbero 
sempre  la  fortuna  di  non  essere  vedute  da- 
gl'inglesi ,  né  di  incontrarsi  nelle  lornavi, 

le 


Anno    MDCCXLVr.       337 
le  quali  pure  padroneggiavano  per  tutto  il 
mare  Ligustico  e  Toscano  . 

Fissata  dunque  la  spedizione  austria- 
co-sarda contro  la  Provenza,  per  cui  tan- 
to all'  imperadrice,  che  al  re  di  Sardegna 
uno  straordinario  ajuto  di  costa  in  mone- 
ta fu  somministrato  dall'  Inghilterra,  esso 
re  Sardo  per  disporla  ed  animarla  come 
generalissimo,  passò  a  Nizza  già  abbando- 
nata dai  francesi  .  Quivi  ricevette  egli  V 
avviso,  che  si  era  renduto  alle  sue  armi 
Montalbano,  e  che  poco  appresso ,  cioè  nel 
dì  quattro  di  novembre,  avea  fatto  altret- 
tanto il  castello  di  Villafranca.  Giunse  anche 
eia  lì  a  poche  settimane  la  lieta  nuova  ,  che 
la  cittadella  di  Tortona  era  tornata  in  suo 
dominio  nel  dì  venticinque  del  mese  suddet- 
to,  con  aver  quella  guernigione  spagnuola 
tenuta  ogni  onorevol  capitolazione  ;  giac- 
ché anche  esso  re  in  tutta  questa  guerra 
ogni  maggior  convenienza  e  rispetto  osser- 
vò sempre  verso  la  corona  di  Spagna .  In- 
tanto sì  dalla  parte  di  Genova,  che  di  Lom- 
bardia ,  andavano  sfilando  le  soldatesche  de- 
stinate per  Tinvasione  della  Provenza,  fa- 
cendosi la  massa  della  gente  a  Nizza.  Scel- 
to per  comandante  di  quell'  armata  il  ge- 
nerale conte  di  Broun,  questi  verso  la  metà 
di  novembre  giunse  per  mare  a  quella  cit- 
tà, e  cominciò  a  prendere  le  misure,  per 
effettuare  il  meditato  disegno.  Giacche  si 
calcolava  di  non  trovare  né  viveri  ne  forag- 
gi in  Provenza,  l'ammiraglio  inglese  Me- 

Tom.  XXV il.  Y  dier, 


338  Annali  n9 Italia: 
dier  ,  chiamato  a  consiglio  ,  assunse  il  ca- 
rico di  condurre  dai  magazzini  di  Geno- 
va e  della  Sardegna  il  bisognevole,  sic- 
come ancora  le  artiglierie  ,  attrecci  ,  e 
munizioni  dà  guerra  0  Sopraggiunse  in  que- 
sti tempi  gagliarda  febbre  al  re  di  Sar- 
degna che  grande  apprensione  ed  affanno 
cagionò  in  quell'armata,  ma  più  in  cuore 
dei  sudditi  suoi*  i  quali  perciò  con  pub- 
bliche preghiere  implorarono  dà  Dio  la  con- 
servazione di  una  vita  si  cara .  Dichiarossi 
poi  nel  dì  25.  di  novembre  il  vajuolo  $  e 
questo  di  qualità  non  maligna,  talché  pas- 
sato il  cònvf  nevol  tempo  richiesto  da  sì 
fatta  malattia,  cessò  ogni  pericolo  e  timo- 
re .  A  cagione  nondimeno  della  convale- 
scenza fu  conchiuso,  ch'esso  re  passerebbe 
il  verno  in  quella  città  .  Finalmente  sul 
fine  di  novembre  si  trovò  raunato  l*  eser- 
cito destinato  ai  danni  della  Provenza ,  che 
si  fece  ascendere  a  trentàcinquemila  com- 
battenti tra  fanti  e  cavalli  >  cioè  due  terzi 
di  austriaci  ,  e  V  altro  di  piemontesi  co- 
mandati dal  tenente  generale  marchesa  di 
Balbiano;  e  però  s'imprese  il  passaggio  del 
fiume   V   ro  4 

Crede  vasi  di  trovar  quivi  forte  resisten- 
za dalla  parte  dei  francesi;  ma  non  erano 
tali  le  forze  di  questi  da  poter  punto  fra- 
stornare i  passi  degli  austriaci  e  savoj ar- 
di.  Si  erano  già  separate  le  milizie  spa- 
gnuole  dai  francesi ,  e  misteriosi  parevano 
i  loro  movimenti  ,    perchè  ora    sembrava  , 

che 


Anno  MDCCXLVI.  339 
che  volesssero  prendere  il  camini  no  verso 
la  Spagna,  ed  ora  che  pensassero  a  ritirar- 
si in  Savoja.  E  veramente  a  quella  volta 
tendevano  i  loro  passi ,  quando  arrivò  in 
Tarascon  al  generale  marchese  de  la  Mina 
un  corriere  dell'ambasciatore  cattolico  esi- 
stente in  Parigi ,  da  cui  veniva  avvertito 
di  tener  le  truppe  di  suo  comando  unite 
con  quelle  di  Francia  ,  stante  una  nuova 
convenzione  stabilita  fra  le  due  corone  di 
Madrid  e  Versaglies.  Servì  un  tale  avviso, 
perchè  il  marchese  non  progredisse  innanzi , 
per  aspettare  più  accertati  ordini  dalla  cor- 
te del  sovrano.  Non  ascendevano  dar  can- 
to loro  i  francesi  a  più  di  cinque  o  seimila 
persone  sotto  il  comando  del  marchese  di 
Mirepoix  tenente  generale,  avendo  pagato 
gli  altri  il  disastroso  ritornò  nel  Genovesa» 
to  o  con  lunghe  malattie,  o  colla  morte. 
Vero  è>  che  si  trovarono  alquanti  corpi 
di  essi  francesi  qua  e  là  postati  al  basso 
e  air  alto  del  Varo,  per  contrastarne  il 
passo  ai  nemici;  due  fortini  ancora  o  ri- 
dotti teneano  sulle  sponde  di  esso  fiume  : 
pure  tra  le  batterie  erette  di  qua  dal  fiu- 
me, che  faceano  buon  giuoco  e  pel  canno- 
ne di  tre  vascelli  e  di  altri  legni  minori 
inglesi  ,  che  si  erano  postati  all'  imbocca- 
tura del  fiume  stesso  ,  animosamente  in 
più  colonne  passarono  gli  austriaco-sardi , 
essendosi  precipitosamente  ritirati  da  tut- 
ti quei  postamenti  i  francesi .  Detto  fu  , 
che  solamente  costasse  quel  passaggio  ottan- 

Y  2  ta 


34®  Annali  d'Italia 
ta  persone,  le  quali  ebbero  anche  la  dis- 
grazia di  annegarsi .  Fu  dipoi  formato  ur* 
sodo  ponte  sul  Varo  ;  e  volarono  ordini  , 
perchè  venissero  le  grosse  artiglierie  ,  per 
dar  principio  all'assedio  di  AnJbo,  mira 
principale  del  generale  Broun,  che  servi- 
rebbe di  scala'  all'  altro  di  Tolone  . 

Trovarono  gli  aggressori  in  quei  contor- 
ni abbandonate  le  case ,  e  fuggitivi  col  lo- 
ro meglio  i  poveri  abitanti  •  Ma  per    buo- 
na ventura  vi  restarono    le    cantine    piene 
di  vino,  e  vino,  come  ognun  sa,  somma- 
mente generoso  di  quelle  colline,,  onde  ne 
avrebbe  quel  popolo  secondo  il  costume  ri- 
cavato   un    tesoro.    Giacché    altro    nemico* 
da  combattere  non  aveano   trovato  i  tede- 
schi,   gli   svizzeri,    ed    anche    gl'italiani,, 
sfogarono  il  loro  valore    e    sdegno    contra 
di  quelle  botti,  e  per  tre  giorni  ognun  trion- 
fò di  quei  cari  nemici.  Era  un  bel  vedere 
qua  e  là  per  terra  migliaia  di  soldati,  che 
più   non  sapeano  in  qual  parte  del  mondo 
si  fossero  :  così  ben  conci  evano  dal  tracan- 
nato liquore.  Non  sanno  più  i  gran    guer- 
rieri del  nostro  tempo  usare  stratagemmi,, 
ne  studiano  i  libri  vecchi,    per    impararne 
l'arte.  Se  quattro  o  cinquemila  francesi  col 
muoversi  di  notte  avessero  colto  in  quello 
stato  i  lor  nemici,  voglio  dire  quegli  otri  di 
vino  :    chi  non  vede  qual  brutto  governo  ne 
avrebbero  potuto  fare  ?  il  generale  Broun  per 
questo  inaspettato  accidente  non  sapea  darsi 
pace,  e  vi  rimediò  come  potè.  Gli  antichi 

pre- 


Anno  MDCCXLVL  341 
^preparavano  buona  cena  alle  truppe  nemi- 
che ,  per  farne  poi  loro  pagare  lo  scotto  nel- 
la notte  seguente.  Tanto  nulladimeno  sì  af- 
frettarono quei  bravi  bevitori  a  votar  quel- 
le botti,  spandeudo  anche  per  le  cantine 
il  vino  sopravanzato  alla  loro  ingordigia, 
che  ne  fecero  poi  lunga  penitenza ,  costret- 
ti sovente  a  bere  acqua  ,  per  non  trovare 
di  meglio.  Si  stesero  dipoi  i  loro  stacca- 
mene alle  picciole  città  di  Vences  ,  Gras- 
se,  ed  altri  luoghi,  i  vescovi  delle  quali 
città  impiegarono  con  somma  carità  quan- 
to aveano,  per  esentare  i  popoli  da  un 
duro  trattamento  .  Trovarono  un  discreto 
nemico  nel  suddetto  generale  Broun ,  il 
quale  portò  poscia  il  suo  quartiere  genera- 
le sino  a  Cannes,  sulla  spiaggia  del  mare 
di  là  da  Antibo,  con  bloccare  quel  porto, 
e  dar  principio  alle  ostilità  contra  del  me- 
desimo. Non  trovando  quelle  soldatesche 
in  alcun  luogo  opposizione  alcuna  >  &'  inol- 
trarono fino  a  Castellana,  Draghignano,  ed 
altre  lontane  terre.  Altro  miglior  partito 
non  seppe  trovare  il  re  cristianissimo,  per 
mettere  argine  a  questo  torrente,  che  di 
ordinare  la  mossa  di  almen  trentamila  com- 
battenti delle  truppe  regolate  esistenti  in 
Fiandra,  giacché  si  conobbe  insufficiente 
medicina  a  questo  malore  il  formar  dei  nuo- 
vi regimenti  in  Provenza.  Uomini  di  nuo- 
va leva  sono  per  lo  più  soldati  di  ìfome  , 
conigli  di  fatti:  un  soccorso  tale,  che  do- 
vea  far  viaggio  di  più.  centinaja  di  miglia,, 

Y  3  per 


342  Annali  d'Italia 
per  arrivare  in  Provenza  ,  non  frastornava 
punto  i  sonni  e  i  passi  dell'armata  austria- 
ca e  savojarda  ;  la  quale  perciò  nel  di  quin- 
dici dì  dicembre  giunse  ad  impadronirsi 
anche  della  città  di  Frcjus,  con  istendere 
le  contribuzioni  per  tutte  quelle  contrade  . 
E  perciocché  si  trovò ,  che  le  barche  arma- 
te dell'  isole  di  sant'  Onorato  e  di  santa 
Margherita  infestavano  non  poco  i  convogli 
destinati  pel  campo  di  Cannes,  ordinò  il 
Broun ,  che  sopra  molti  legni  venuti  da 
Villafranca  s'imbarcassero  tremila  soldati, 
e  facessero  colà  una  discesa  .  Non  indarno 
questa  fu  fatta.  Capitolarono  le  picciole 
guernigioni  dei  due  forti  esistenti  in  queir 
isole,  e  cederono  il  campo  ai  nuovi  venu- 
ti .  Molto  dipoi  costò  ai  francesi  la  ricupe- 
ra di  quei  luoghi  .  Le  speranze  intanto  di 
vincere  il  forte  di  Antibo  erano  riposte 
nei  grossi  cannoni  e  mortai ,  che  si  aspet- 
tavano da  Genova  ;  quando  si  sconcertaro- 
no tutte  le  misure  per  uno  inaspettato  av- 
venimento, che  sarà  ben  memorabile  anche 
nei  secoli  avvenire. 

Da  che  piegarono  il  collo  i  rettori  di 
Genova  sotto  l'armi  fortunate  dell' impera- 
drice  regina  colla  capitolazione  ,  che  di 
sopra  accennammo ,  restò  quella  nobil  cit- 
tà ondeggiante  fra  mille  tetri  ed  inquieti 
pensieri.  Le  apparenze  erano,  che  in  quel 
governo  durasse  T  antica  libertà  e  signoria; 
perchè  iLdoge,  il  senato,  egli  altri  magi- 
strati continuavano  come  prima  nell'  eser- 
cì- 


Anno    MDCCXLVI.       343 
cizio  delle  loro  funzioni  ed    autorità  ;    te- 
nevano le  guardie  dei    lor    proprj    soldati 
(soldati  non  dimeno  dichiarati  prima  pri- 
gionieri  di   guerra  dei   tedeschi)  a  Belvede- 
re ,  e.  alle  Porte,    a  riserva    di    quelle    di 
san  Tommaso  e  della  Lanterna,  cedute    a 
gli   austriaci.  Gli  stessi  austriaci  pareva  che 
non   turbassero  i  fatti  della  città,    giacché 
non  permetteva  il  Botta,  che  alcun  dei  suoi 
soldati  entrasse  in  quella  senza   sua  licenza 
in  iscritto.  Ma  in  fine  tutta  questa    liber- 
tà non  era  diversa   da  quella    degli    uccel- 
letti, che  legati  per  un    piede  si    lasciano 
svolazzare  qua  e  là ,    Se  non  entravano    a 
centinaja  e   migliaja    i  tedeschi    in  città  a 
farvi  da  padrone  ,    poteano  ben    entrarvi  , 
qualora  ne  venisse  loro  il  talento  ;    è    non 
pochi  ancora  vi  entravano  ,  con  pagar    pò* 
scia   i   viveri  meno  del  dovere,  e  con   vili- 
pendere ed  ingiuriare  toccando  forte  sul  vivo 
i  poveri  abitanti.  Intanto  di  circa  ottomi- 
la tedeschi  non  andati  in  Provenza^    parte 
acquartierata  in  san  Pier  di  Arena    teneva 
in  ceppi  la  città,  e  parte  stesa   per  la  Ri- 
viera   di  Levante    si     era    impadronita    di 
Sarzana  ,  della  Spezia,    e  di     altri     luoghi 
in  quelle  parti.    Nella     fortezza     di    Gavi , 
ceduta  dai  genovesi  ,  comandava   la  guerni- 
gione  austriaca  ;  e  per  tutta  la    Riviera  di 
Ponente  altro   più   non  restava,  che  inalbe- 
rasse le  bandiere  della   repubblica,   fuorché 
l'assediato  castello  di    Savona,    avendo    il 
re    di    Sardegna    conquistate    tutte    l'altre 

Y  4  ter- 


344  Annaii  d'  I  t  a  t  x  a* 
terre  e  città  ,  con  farsi  anche  giurare  fe- 
deltà dai  finalini .  Ed  allorché  fu  per  mar- 
ciare Tarmata  io  provenza ,  credette  ben 
fatto  il  generale  Botta  di  occupare  all'im- 
provviso il  bastione  di  san  Benigno,  guet- 
nito  di  gran  copia  di  bombe  e  cannoni  , 
che  sovrasta  alla  Lanterna  ,  e  domina  non 
men  la  città,  che  il  borgo  di  san  Pier  di 
Arena.  In  tal  positura  di  cose  si  scorgeva 
da  ognuno  ridotta  al  verde  la  potenza  e 
libertà  dei  genovesi.  Aggiungasi  il  guasto 
dei  poderi  e  delle  case  ,  con  una  man  di 
estorsioni  ed  avanie,  che  più  di  uno  degli 
ufiziali  e  soldati  austriaci  ,  non  mai  sazj 
di  conculcare  i  vinti,  andavano  commetten- 
do per  tutti  i  luoghi  dei  loro  quartieri  . 
Ne  da  Vienna  altra  indulgenza  finora  avea 
potuto  ottenere  l'inviato  della  repubblica, 
se  non  l'esenzióne ,  che  il  doge  e  i  sei  se- 
natori si  portassero  colà.  Pretesero  i  tede- 
schi insussistenti  e  vane  tutte  le  suddette 
accuse.  Il  peggio  era,  che  dopo  avere  il 
senato  smunte  le  casse  dei  più  ricchi ,  intac- 
cato il  banco  di  san  Giorgio,  e  battute  in 
moneta  le  argentarie  dei  benestanti ,  col 
giugnere  infine  a  pagar  anche  buona  parte 
del  secondo  milione  di  genovine,  animato 
a  questo  sforzo  dalle  molte  speranze  date4 
che  sarebbe  condonato  il  resto  :  non  istet- 
tero  molto  ad  udirsi  le  richieste  anche  del 
terzo  ;  e  queste  poi  si  andarono  maggior- 
mente inculcando ,  corteggiate  dalle  minac- 
ele dei    commissario    generale    Cotcch    del 

sac- 


Anno  MDCCXLVL  345 
Saccheggio  e  di  ogni  altro  più  aspro  naf> 
tomento.  La  mirabil  industria  di  esso  com- 
missario avea  saputo  con  tanta  facilità,  cioè 
€ou  un  solo  tratto  di  pfnna,  trovare  il 
lapis  philosophorum  ;  si  credeva  egli,  che 
in  essa  penna  durerebbe  per  sempre  quella 
virtù  .  Intanto  quel  governo  di  consenso 
del  marchese  Botta  scelse  quattro  cavalieri , 
per  inviarli  a  Vienna  a  reppresentar  V  im- 
potenza di  un  ulterior  pagamento,  speran- 
do pure  migliori  influssi  dall'  imperiale  e 
real  clemenza  e  protezione,  in  braccio  a 
cui  si  erano  gittati.  Ma  o  sia.,  che  non 
venisse  mai  dalla  corte  l'approvazione  di 
tal  deputazione,  o  che  venisse  incontrario: 
mai  non  si  poterono  ottenere  dal  mar*. 
chese  i  necessaij  passaporti  .  Se  poi  si 
ha  da  credere  tutto  quanto  concordemente 
asseriscono  i  genovesi  ,  giunse  il  conte 
di  Cotech  ad  intimare  ,  oltre  al  suddetto 
terzo  milione,  anche  il  pagamento  di  altre 
gravi  somme  per  li  quartieri  del  verno, 
e  quieto  vivere  ,  e  dugentomila  fiorini  per 
li  magazzini  delle  truppe  genovesi,  dichia- 
rate prigioniere  di  guerra  ,  i  quali  non  vi 
erano,  ma  vi  dovevano  essere.  Allegò  il 
governo  l'impossibilità  a  più  contribuire  5 
e  perchè  succederono  le  minacele,  fu  rispo- 
sto, che  il  Cote  h  prendesse  quante  risolu- 
zioni volesse  ,  ma  che  queste  in  fine  non 
potrebbero  essere  che  ingiuste.  Non  andò 
molto,  che  il  generale  Botta  parimente  ri- 
chiese cannoni  e  mortari  alla    repubblica  % 

per; 


3^6      Annali    n'  Italia 

per  inviarli  in  Provenza  ;  e  non  volendoli 
questa  dare  di  buongrado,  egli- spedì  gen- 
te a  levarli  dai  posti  per  quel  trasporto  , 
Questo  era  il  deplorabile  stato  di  Geno- 
va ,  cagione,  che  già  molti  nobili ,  e  ric- 
chi mercatanti  aveano  cangiato  cielo,  non 
soffo rendo  loro  il  cuore  di  mirare  i  mali 
presenti  della  patria,  con  paventarne  anco- 
ra dei  peggiori  in  avvenire .  La  troppo  di- 
sgustosa voce  del  minacciato  sacco ,  vera 
o  falsa,  che  fosse,  disseminata  oramai  fra 
quel  numeroso  popolo ,  di  troppo  accrebbe 
li  già  prodotto  fermento  di  odio  ,  di  rab- 
bia,  di  disperazione.  E  tanto  più  crebbe; 
perchè  lamentandosi  alcuni  dell'  aspro  trat* 
tamcnto,  che  provavano,  scappò  detto  ad 
un  ufiziale  italiano  nelle  truppe  cesaree, 
che  si  meritavano  di  peggio.  Poi  soggiun- 
se :  E  vi  spoglierema  di  tutto,  lasciandovi 
solamente  gli  occhi  per  poter  piagnere . 
Meriterebbe  di  essere  cancellato  dal  ruolo 
dei  cavalieri  di  onore  ,  chi  nudriva  così 
barbari  sentimenti,  e  si  facea  conoscere 
un  tartaro ,  e  non  un  cristiano  ,  L' infima 
plebe  imparò  allora  a  lodare  lo  stato  an- 
tecedente ,  perchè  altro  aspetto  non  aveva 
il  presente  che  quello  di  esterminio,  e  di 
schiavitù.  Pure  non  trovandosi  chi  osasse 
di  alzare  un  dito,  in  soli  segreti  lamenti 
e  combricole  andava  a  terminare  il  risen- 
timento di  ognuno:  quand'ecco  una  scin- 
tilla va  ad  attaccare  un  grande  impensato 
incendio.  Era  il  quinto  giorno  di  dicem- 
bre, 


Anno  MDCCXLVT.  34? 
bre  ,  e  strascinavano  gli  alemanni  un  gros- 
so mortajo  da  bombe  ,  per  inviarlo  in  Pro- 
venza .  Sono  assaissimo  strade  di  Genova 
vote  al  disotto,  affinchè  passino  Tacque 
scendenti  dalle  montagne  in  tempo  di  piog- 
gia, ed  anche  per  le  cloache.  Al  troppo 
peso  di  quel  bronzo  3  nel  passare  pel  quar- 
tiere di  Portoria,  si  sfondò  la  strada,  on- 
de restò  incagliato  il  trasporto.  La  curio- 
sità trasse  colà  non  pochi  del  minuto  po- 
polo, che  furono  ben  tosto  forzati  a  dar 
mano  ,  per  sollevare  il  mortajo  .  E  perchè 
mal  volentieri  facevano  essi  quel  mestiere, 
perchè  non  pagati,,  e  perchè  parea  loro  cosa 
dura  di  faticare  in  danno  della  stessa  lor 
patria  :  si  avvisò  uno  dei  tedeschi  di  pa- 
gargli col  regalo  di  alcune  poche  bastonate  . 
Non  sapea  costui,  di  che  fuoco  ed  ardire 
sia  impastato  il  popolo  di  Genova  ;  ne  fe- 
ce immantenente  la  pruova  .  Il  primo  a 
scagliare  contta  di  lui  una  buona  sassata, 
fu  un  ragazzo  ,  con  dire  prima  ai  compagni  : 
la  rompo  ?  E  all'  esempio  suo  tutti  gli  altri 
diedero  dipiglio  ai  sassi  ,  i  quali  ebbero 
la  virtù  di  far  fuggire  i  tedeschi.  Rinve- 
nuti in  sé  quei  soldati  ,  tornarono  poscia 
colle  sciable  nude,  per  gastigar  quella  po- 
vera gente  ;  ma  ricevuti  con  piti  copiosa 
grandine  di  sassi  ,  furono  di  nuovo  obbli- 
gati a  salvarsi  colla  fuga  .  Nulla  di  più 
avvenne  in  quel  giorno  .  Nella  notte  quei 
che  erano  intervenuti  a  quella  picciola  com- 
media, andando  per  le  strade,  cominci? 

a  gri- 


%4§  AwtfÀti  d'Italia 
a  gridare  all'  armi ,  ripetendo  sovente  viva 
Maria  ;  con  che  si  raunò  una  gran  brigata 
tutta  della  feccia  più  vile  della  città.  De- 
ridevano gli  austriaci  questo  schiamazzo  t 
insultandoli  con  gridare  vi~va  Maria  Teresa  . 
Presentassi  poscia  al  palazzo  pubblico  ìa. 
plebe  ,  chiedendo  armi  con  terribile  stre- 
pito .  Ordinò  il  governo ,  che  si  chiudes- 
sero le  porte^  si  raddoppiassero  le  guardie  , 
si  mettessero  soldati  fuori  del  rastello  con 
feajonetta  in  canoa.  Nulla  potendo  ottenere, 
raddoppiarono  le  grida;  e  intanto  sparso  il 
romore  per  varj  quartieri ,  maggiormente 
crebbe  la  folla  dei  sollevati  ,  che  tornata 
con  più  empito  la  seguente  mattina,  gior- 
no sei  di  dicembre;,  al  palazzo  continuò  a 
fare  istanza  di  armi ,  e  tentò  anche  di 
scalar  l'alte  finestre  dell7 Armeria,  ma  con 
esserne  rispinta.  Né  mancò  il  governo  di 
ragguagliare  il  generale  Botta  di  questa 
novità.  Giacché  era  fallito  questo  colpo  al 
popolo  ,  si  voltò  alle  guardie  delle  porte 3 
e  sorprendendole  s'impadronì  dell'armi  lo- 
ro ;  sforzò  le  porte  degli  ufiziali  militari  ; 
entrò  in  qualsivoglia  bottega  di  armaiuoli, 
e  quante  armi  trovò,  tutte  se  le  portò  via  , 
fccnza  toccare  il  resto .  Ma  non  vi  era  ca- 
po ,  ognun  comandava  ,  né  altro  si  mirava 
che  confusione.  Spediti  dal  governo  alcu- 
ni dei  cavalieri  più  accreditati  fra  il  po- 
polo ,  impegnarono  indarno  la  loro  elo- 
quenza,  per  frenarli.  Andò  poi  l'infuriata 
gente  alle  porte  di  san  Tomaso,  credendosi 

di 


Anno    MDCCXLTL        349 
di  atterrire  le   guardie    tedesche    con    una 
scarica   di  fucili  e  con  alte  grida.  Chiusero 
gli    alemanni    le    porte  ,    e  si  risero    delle 
loro  bravate.  Ma  non  si  rallentò  per   que- 
sto   il    coraggio    del    popolo ,    che  corso  a 
prendere  un  picciolo  cannone,  lo  presentò 
a  quelle  porte  per  batterle.    Questo  fu  un 
farne  regalo  agli  alemanni ,   i  quali  aperte 
all'improvviso    le    porte,    e    spedita    fuori 
una  man  di  granatieri  ,    né  pur  lasciarono 
tempo    di    spararlo,    e    sei  portarono  via. 
Fuori  anche  di  esse  porte  sboccò  nella  cit- 
tà una  banda  di  quindici    o    venti    uomini 
di  cavalleria  tedeschi ,  che  dopo  la  scarica 
delle  lor  carabine  ,  colle  sciable  alla  mano 
corsero  per  Acquaverde  e  strada  Balbi  fin 
sulla  piazza  dell'Annunziata.    Di  più    non 
vi  volle,  per  dissipare  V  indisciplinata  gen- 
te ,    che  sparpagliata  prese  sulle  prime  qua 
e  là  la  fuga.    Ma    attruppatisi    poi    alcuni 
di  essi ,  ed  uccisi  con  moschettate  due  dei 
cavalli  nemici,  fecero  ritirare  il  resto  più 
che  di  fretta.  Da  questo  fatto    argomenta- 
rono molti,  che  se  il  generale  Botta  aves- 
se   inviato    delle    buone    schiere  e  squadre 
di  armati  nella    città ,    avrebbe    potuto    in 
quel  tempo  sopire  il  tumulto ,    perchè  mo- 
vimento contradetto  dai    governo,    né    se- 
condato da  persona  alcuna  di  conto . 

Servì  di  scuola  agli  ammutinati  il  ri- 
schio corso  a  cagion  dell'irruzione  della 
poca  cavalleria  nemica  per  premunirsi  ; 
e  però  nella  seguente  notte  barricò  le  prin- 

ci- 


350  Annali  D'Italia 
cipali  strade  con  botti  ed  altra  copia  di 
legnami  .,  e  con  replicati  fossi .  Era  cre- 
sciuto a  dismisura  il  popolaccio,  e  giacche 
tutti  i  palazzi  dei  nobili  si  trovavano  chiu- 
si e  ben  custoditi  ,  ne  sito  finora  si  era 
trovato  per  farvi  le  loro  sessioni,  sforza- 
rono il  portone  dei  padri  gesuiti  nella 
strada  Balbi ,  ed  impadronitisi  di  tutte 
quelle  scuole  e  congregazioni,  quivi  pian- 
tarono il  loro  quartier  generale.  Fu  crea- 
to un  commissario  generale  ,  che  scelse 
varj  luogotenenti  ,  ordinò  pattuglie  di  gior- 
no e  di  notte,  per  ovviare  ai  disordini, 
pubblicò  editti  rigorosi,  che  ognun  doves- 
se accorrere  alla  difesa  .  In  una  parola  as- 
sunse il  governo  e  comando  della  città  j 
senza  nondimeno  perdere  il  rispetto  al 
doge  e  senato,  se  non  ctie  gli  ordini  del 
ceto  nobile  non  erano  attesi^  e  il  magi- 
strato popolare  voleva  essere  ubbidito.  Pre- 
tese dipoi  quel  popolo ,  che  fosse  nulla  la 
capitolazione,  fatta  dal  governo  con  gli 
austriaci ,  siccome  fatta  senza  participazione 
e  consenso  del  secondo  e  terzo  ordine  po- 
polare ,  che  a  tenore  delle  leggi  e  conven- 
zioni publiche  si  richiedeva.  Avea  cornane 
dato  esso  governo  nobile  ,  che  non  si  so- 
nasse campana  a  martello,  e  intimato  ai 
capitani  delle  popolatìssime  vicine  valli 
del  Bisagno  e  della  Polcevefa  di  non  pren- 
dere l'armi.  Se  ubbidissero  $  staremo  po- 
co a  vedeilo.  Intanto  il  generale  marchese 
Botta    avea    spediti    ordini    pressanti    alle 

mi- 


Anno  MDCCXLV1.  351 
milizie  tedesche,  sparse  per  le  due  riviere 
di  Levante  e  Ponente  ,  acciocché  accorres- 
sero a  Genova  .  Prese  eziandio  altre  precau- 
zioni ^  per  sostenere  le  porte  di  san  Tom- 
maso, ed  occupò  varj  postamenti^  atti 
non  meno  all'  offesa ,  che  alla  difesa.  Ma 
venuto  il  dì  sette  di  dicembre,  ecco  in 
armi  tutto  il  gran  quartiere  di  san  Vincen- 
zo ,  ed  il  Bisagno ,  che  si  diedero  mano 
con  gli  altri  popolari.  Andarono  essi  ad 
impossessarsi  di  tutte  le  artiglierie,  poste 
nei  lavori  esteriori  della  città,  e  di  una 
batteria  dttta  di  santa  Chiara,  Con  questi 
bronzi  cominciarono  a  fulminare  alcuni 
posti ,  dove  erano  i  nemici  ,  con  farne  an- 
che prigioni  alcuni  ;  A,l  vedere  sì  strana- 
mente cresciuto  l'impegno,  il  generale  Bot- 
ta mandò  a  dire  il  governo,  che  acquetas- 
se il  tumulto  ;  e  ricevuto  per  risposta  dal 
palazzo  di  non  aver  forza  da  farlo,  si 
esibì  egli  di  andare  al  palazzo  ,  per  com- 
porre le  cose  •  ma  poscia  non  si  attentò^ 
o  Io  trattenne  il  decoro. 

Arrivò  il  giorno  otto  di  dicembre ,  gior- 
no solenne  spezialmente  in  Genova  per  la 
festa  della  concezione  di  Maria  Vergine  , 
che  quel  popolo  tiene  per  suai  principai 
protettrice;  ed  allora  fu,  che  altro  ner- 
bo, altro  regolamento  prese  il  finquì  am- 
mutinato minuto  popolo  della  città  è  del 
Bisagno.  Imperciocché  unitosi  con  loro  il 
secondo  ordine  dei  mercatanti  ed  artisti  > 
si  cominciò  a   dar  pane,    vino,  e  danaro  y 

si 


352       Annali   d'Italia 

si  provvidero  le  occorrenti  munizioni  ed 
armi  ;  si  stabilì  uno  spedale  per  li  feriti  3 
e  si  presero  altre  saggie  misure,  che  ac- 
crebbero il  coraggio  ad  ogni  amator  della 
patria.  Per  la  strada  Balbi  in  quel  giorno 
crebbero  le  ostilità  delle  artiglierie  dall' 
una  e  dall'  altra  parte  quando  consigliato 
il  popolo  a  proporre  un  aggiustamento  es- 
pose un  panno  bianco.  Venuto  a  parlamen- 
to un  ufiziale  tedesco  ,  intese  le  loro  pro- 
posizioui ,  consistenti  in  richiedere,  che 
fossero  lasciate  libere  le  porte  ;  riposti  al 
suo  sito  i  cannoni  asportati;  cessata  ogni 
ulterior  pretensione  di  danaro  ,  e  di  qual- 
sivoglia altra ,  benché  menoma  esazione  f 
con  dare  per  questo  sei  ufiziali  in  ostag- 
gio. Rapportate  furono  al  generale  Botta 
e  al  suo  consiglio  quelle  dimande,  l'ulti- 
ma delle  quali  mosse  ciascuno  a  sdegno, 
o  riso,  considerata  la  viltà  dei  proponen- 
ti,  e  la  trionfai  maestà  di  chi  udiva  tali 
proposizioni.  La  risposta  fu,  che  si  voleva 
tempo  a  rispondere.  Giudicò  bene  d'inter- 
porsi  ,  per  veder  pure  se  si  poteva  ami- 
chevolmente terminar  questa  pugna,  il  prin- 
cipe Dona ,  signore  ben  veduto  dagli  au- 
striaci ,  e  insieme  sommamente  amato  dal 
popolo  per  le  sue  belle  doti  e  copiose  li- 
mosine.  Concorse  anche  per  istanza  e  coin- 
mission  del  governo  a  sì  lodevol  impresa 
il  padre  Visetti  ,  rinomato  sacro  oratore 
della  compagnia  di  Gesù  ,  siccome  persona 
molto  stimata  dal  marchese  generale  Botta  . 

Per 


Anno  MDCCXLVI.  353 
Per  quanto  questi  rappresentasse  le  triste 
conseguenze.,  che  potea  produrre  la  durezza 
dei  tedeschi  contra  di  sì  numeroso,  ardito, 
e  disperato  popolo ,  essendo  egualmente 
pregiimiciale  agi*  interessi  e  alla  gloria 
dell'  imperadrice  regina  il  danno,  che  so- 
vrastava all'armata  imperiale,  e  l'eccidio 
minacciato  della  città  :  non  poterono  fis- 
sare concordia  alcuna  .  Si  arrendeva  il  ge- 
nerale sul  capitolo  dell' esazione  richiesta 
sopra  il  terzo  milione ,  ma  troppo  abbor- 
riva  il  rilasciar  le  porte.  Più  volte  andò 
il  principe  innanzi  e  indietro,  con  rappor- 
tar le  risposte.  Trovatosi  il  popolo  riso- 
luto in  voler  la  libertà  delle  porte ,  parve, 
che  il  general  Botta  inchinasse  a  soddi- 
sfarlo, con  trovarsi  poi,  ch'egli  intendeva 
di  una  porta ,  e  non  di  tutte  e  due  quelle 
1  di  san  Tommaso .  Pretesero  i  genovesi  , 
ch'esso  generale  tergiversasse,  o  lavorasse 
di  sottigliezze  ;  ma  certo  egli  si  trovava 
in  un  mal  passo,  perchè  in  qualunque  ma- 
niera ch'egli  avesse  operato,  mal  intese 
sarebbero  state  le  sue  risoluzioni.  Cioè  se 
con  cedere  avesse  calmata  quella  popolar 
commozione ,  gli  sarebbe  stato  attribuito 
a  delitto  l'avere  sacrificato  l'onore  dell' 
armi  imperiali  e  l' interesse  dell'  impera- 
drice regina,  condonando  il  milione  pro- 
messo ,  e  restituendo  le  porte  senza  licen- 
za della  corte.  Se  poi  non  cedeva,  volendo 
più  tosto  aspettar  la  rovina,  che  poi  se- 
guitò :  sarebbe  stato  egualmente  esposto 
Tom.  XXVII.  \  Z  al 


154  Ànnàiì  d*  Itali! 
al  biasimo  e  alla  censura  il  suo  contegno  . 
Dopo  il  fatto  ognun  la  fa  da  giudice  e 
sputa  sentenze  ;  ma  per  giudicar  bene  , 
convien  mettersi  nel  vero  punto  delle  cose 
e  delle  circostanze  prima  del  fatto.* 

Continuarono  anche  nel  dì    nove    di    di- 
cembre i    trattati ,    ma  senza  frutto  j    tal- 
mente   che    il    principe  Doria  ,   dopo  aver 
buttate  tante  ragioni  e  fatiche ,    se    ne  la- 
vò le  mani ,  e  si  ritirò  lungi  da  Genova. 
Né  miglior  fortuna    ebbe    V  eloquenza    del 
padre  Visetti .  È  perchè  il  generale  austria- 
co andava  prendendo  tempo  alle  risoluzio- 
ni ,    spendendo    intanto    speranze  e    buone 
parole ,  pretese  il  popolo  genovese  ciò  fat- 
to   ad    arte,    tanto  che  arrivassero  al  suo 
campo    le    truppe  richiamate  dalle  due  ri- 
viere. Tutto  questo  accresceva  l'impazien- 
za e  i  moti  dei  genovesi ,  per  tentare  col- 
la forza  la  sospirata  liberazione.  Frequen- 
ti furono  in  tutti  quei  dì  le  pioggie  :  pure 
nulla  poteva  ritenerli  dal  fare  ogni  oppor- 
tuno preparamento  per  quell'impresa;    né 
loro  mancò  qualche  sperto  ingegnere^   che 
suggerì    i    mezzi    più  adattati  al  bisogno . 
Si  videro  a  folla  uomini ,  donne  ,  ragazzi  , 
e    massimamente    i    facchini ,    tutti  a  gara 
portare    chi    fascine,    chi  palle,   chi  polve 
da  fuoco   e    granate,    chi  formar  palizzate 
e  gabbioni ,    e  chi  colle  sole  braccia  stra- 
scinar per  istrade  sommamente  erte ,  can- 
noni ,  mortaj ,  e  bombe .    Ne  trassero    fino 
alle  alture  di  Prea,  o  sia  Pietra-minuta 

il 


Anno    MDCCXLVI.       355 
il  che  parrebbe  inverisimile ,  mirando  quel 
sito.  Parimente  postò  il  popolo  varie  altre 
batterie  di  cannoni  in    siti  j    che    domina- 
vano  san    Benigno,    in    strada    Balbi    all' 
arsenale,    e    altrove,    dove    maggiormente 
conveniva ,    per    offendere    i    nemici .    Non 
mancavano  armi  ,  palle,  e  polve  ad  alcuno. 
Mal    digeriva    il    popolo  le  dilazioni,  che 
andava  prendendo  il    generale  suddetto  ,  e 
tanto  più,    perchè  già  si  sentivano    giunti 
in  Bisagno  circa  settecento  tedeschi,  ed  es- 
serne   assai    più    in    moto.   Gli  fu  dunque 
dato    un    termine   perentorio  sino  alle  ore 
sedici    del    dì    dieci    di    dicembre.  O  sia, 
che  in  quello  spazio  di  tempo  non  venisse 
risposta,  o  «he  venisse  quale  non  si  vole- 
va ;    o    sia,    pome    pretesero    altri  ,  che  1* 
impaziente    popolo    la    rompesse    prima  di 
queir  ora:    certo    è,  ch'esso  diede  all'ar- 
mi ,  da  che  si  udì  sonar  campana  a    mar- 
tello   nella    cattredale    di  san    Lorenzo,  il 
cui  esempio  da  tutte  l'altre  campane  del- 
la città,  fu    immediatamente    imitato.    In 
concordi  altissime  voci  fu  intonato  il  gri- 
do di  battaglia  ,  cioè  viva  Maria ,    il    cui 
santo  nome  ispirava  coraggio  nei  petti    di 
ognuno.  Cominciarono  con  gran  fracasso  le 
artiglierie  a  giocare   contro    la    commenda 
di  san  Giovanni ,  ed  atterrato  quel  campa- 
nile   con    altre    rovine,    fu  obbligato  quel 
presidio  tedesco  a  rendersi  prigioniere.  La 
batteria    superiore    di    Prea-minuta   bersa- 
gliava   le    porte,   e  l'altura  dei  filippini, 

Z  2  sca- 


356  ÀNNAII     D*  I  TÀtIÀ 

scagliando  anche  bombe  e  granate  sulla 
piazza  del  principe  Doria  fuori  della  città  ? 
dove  erano  schierate  alcune  centinaia  di 
cavalleria  nemica.  Come  stesse  il  cuore  ai 
tedeschi  all'udir  tante  grida  di  quel  nume- 
roso infuriato  popolo,  e  insieme  il  suono 
ferale  di  tante  campane  della  città,  di 
maggiore  efficacia  ,  che  quel  dei  tamburi  ; 
io  noi  so  dire..  La  verità  si  è,  che  il  ge- 
nerale marchese  Botta  ,  già  credendo  assai 
giustificata  la  sua  risoluzione  in  sì  brutto 
frangente,  fece  dar  segno  di  tregua;  e 
cessato  il  fuoco  mandò  pel  padre  Visetti 
a  significare  al  governo ,  che  avrebbe  ce- 
duto le  porte ,  se  gliene  fosse  fatta  la  di- 
manda. Accettò  il  governo,  e  fece  il  de- 
creto di  richiederle .  Ma  il  popolo  rispose 
di  non  voler  più  riconoscere  per  limosina 
ciò,  che  non  potea  mancare  alla  propria 
industria  e  valore .. 

Ricominciate  dunque  le  offese ,  più    che 
mai  fieramente  continuarono,  finché  gli  au- 
striaci forzati  abbadonarono  la    porta ,    ed 
altri  posti  vicini ,  siccome  ancora  la  porta 
della  Lanterna,  e  il  posto  di  san  Benigno- 
Colà  subentrati   i    popolari,    cominciarono 
dal  parapetto  delle  mura  a  fare  un    fuoco 
continuo  sopra  i  nemici,  e  caricato  a  car- 
tocci il  cannone  ,    tolto    loro    dianzi  ,    più 
volte  lo  spararono,    e    non    mai    in    fallo. 
Andarono  a  poco  a  poco  rinculando  i    te- 
deschi dalle  alture  e  da  tutti  gli  occupati 
posti  ,  ed  uniti  poi  con  gli  alivi,  abbando- 
na- 


Anno  MDCCXLVI.  m 
carono  anche  la  piazza  del  principe  Doria, 
ad  altro  non  pensando,  che  a  ritirarsi  ver- 
so la  Bocchetta  e  Lombardia.  Fu  scritto, 
che  giunti  alla  chiesa  dei  trinitarj,  arriva- 
rono loro  addosso  i  popolari,  e  trovandoli 
disordinati  e  intenti  a  fuggire,  ne  fecero 
macello.  La  verità  si  è,  che  niun  combat- 
timento vi  succedette .  Forse  non  furono 
più  di  venticinque  i  tedeschi  uccisi  non 
più  di  dodici  gli  uccisi  genovesi;  e  a  po- 
chissimi si  ridusse  il  numero  dei  feriti. 
Andavano  gli  alemanni  accompagnati  da 
varie  bombe ,  e  da  molte  cannonate  del- 
la città  ;  ed  avendo  quei  della  Cava  rav- 
visato il  general  Botta,  appuntarono  con- 
tro di  lui  un  cannone  -,  la  cui  palla  a  can- 
to a  lui  sventrò  il  cavallo  del  cavalier 
Gastiglioni ,  e  una  scheggia  di  un  muro 
percosso  andò  a  leggiermente  ferire  in 
una  guancia  lo  stesso  generale.  Ritiraron- 
si  dunque  venuta  la  notte  gli  austriaci 
con  gran  fretta  e  disordine  verso  la  Boc- 
chetta :  posto  che  prudentemente  il  genera- 
le suddetto  avea  per  tempo  fatto  preoccu- 
pare suir  incertezza  di  queir  avvenimento  . 
E  buon  per  loro,  che  i  polceverirti  non  si 
mossero,  per  inseguirli  o  tagliar  loro  la 
strada  :  ne  potea  loro  succedere  gran  ma- 
le. Fu  creduto,  che  quella  brava  gente  non 
facesse  in  tal  congiuntura  insulto  ai  fughi- 
vi, perchè  ubbidiente  all'ordine  del  gover- 
no di  non  prendere  l'armi.    Si    figurarono 

Z  3  al- 


358  Annali  d'Italia 
altri,  che  il  generale  austriaco  regalasse  il 
capitano  della  Valle,  e  gli  facesse  credere 
seguito  un  aggiustamento  :  il  che  non  sem- 
bra verisimile,  stante  1'  essere  appena  ces- 
sato lo  strepito  di  tante  armi  e  cannoni, 
quando  si  vide  per  quella  lunga  salita  an- 
darsene frettolosa  la  picciola  armata  tede- 
sca. Eransi  rifugiati  più  di  settecento  ale- 
manni in  tre  palagi  d'Albaro;  ma  quivi 
bloccati  dai  Bisagnini,  ed  infestati  da  una 
frequente  moschetteria,  e  poscia  da  un  can- 
nono tirato  da  Genova,  furono  costretti  ad 
arrendersi,  con  venire  nel  dì  undici  di  di- 
cembre condotti  prigioni  alla  città  .  Altra 
poi  ne  furono  presi  in  san  Pier  di  Arena, 
e  in  altri  luoghi ,  di  modo  che  conto  si 
fece ,  che  più  di  quattromila  austriaci  ri- 
masero nelle  forze  dei  genovesi ,  e  fra  lo- 
ro circa  cento  cinquanta  ufiziali  .  Molti  dei 
primi,  perchè  non  si  potè  mai  riscattarli, 
vennero  meno  di  malattie  e  di  stento  .  E 
perciocché  quegli  ufiziali  sparlavano,  pre- 
tendendosi non  obbligati  alla  parola  data  , 
perchè  presi  da  gente  vile  e  non  decorata 
del  cingolo  della  milizia  e  molto  più  ,  per- 
chè gli  ostaggi  dati  dai  genovesi  furono 
mandati  nel  castello  di  Milano  :  vennero 
in  Genova  trasportate  ad  altro  monistero 
le  monache  dello  Spirito  Santo,  e  nel  chio- 
stro di  esse  rinserrati  e  posti  a  far  orazio- 
ni e  meditazioni  quegli  ufiziali  sotto  buo- 
na guardia.  Quegli  alemanni,  che  restaro- 
no 


Anno    MDCCXLVI.       359 
uo  io  quelle  focose  azioni ,  feriti,  ricevero- 
no nello  spedale  della  città  ogni  più  cari- 
tativo trattamento. 

Tale  fa  il  fine  della  tragedia  del  dì 
dicci  di  dicembre  ,  terminata  la  quale  il 
popolo  vincitore  nel  dì  seguente  corse  a 
san  Pier  di  Arena  a  raccogliere  le  spoglie 
della  felice  giornata .  Vi  si  trovarouo  gros- 
si magazzini  di  grano,  di  panni  ,  di  armi, 
e  di  munizioni  da  guerra.  Quivi  ancora 
venne  alle  lor  mani  non  lieve  numero  di 
tedeschi  feriti  o  malati  ;  buona  parte  dei 
bagagli  non  solo  del  poco  dianzi  fuggiti 
ufìziali,  ma  degli  altri  ancora,  che  erano 
passati  in  Provenza  .  Furono  eziandio  sor- 
prese non  poche  barche  nel  porto,  cariche 
di  grano  di  ogni  altra  provvisione  per  V 
armata  della  suddetta  Provenza .  Parimente 
in  Bisagno  restarono  preda  di  quel  popolo 
gli  equipaggi  di  altri  alemanni.  In  una  pa- 
rola, ascese  ben  alto  il  valore  del  copio- 
sissimo bottino,  ma  non  già  a  quei  tanti 
milioni,  che  la  fama  decantò,  corse  anche 
voce,  che  fossero  presi  cinque  muli  carichi 
della  pecunia,  dianzi  pagata  dai  genovesi, 
ma  questo  danaro  non  vi  fu  chi  lo  vedes- 
se. Per  sì  fortunati  successi  tutta  era  in 
festa  la  città;  ma  non  già  quei  forestieri, 
per  qualche  ragione  aderenti  agli  austriaci , 
che  non  poteano  fuggire  ,  perchè  durante 
questa  terribil  crisi  non  ischivarono  di  es- 
sere svaligiati.  Fu  anche  messa  solennemen- 
te a  sacco  dal  popolo  la  posta  dì  Milano  , 

Z  4  ul- 


gGó       Annali   d'Itaìia 
ultimamente  piantata  in    quella  città .    Fin 
dentro  ai  monisterj   delle  monache  andò  V 
avido  popolo  a  ricercare  quanto  vi  aveano 
rifugiato  i  tedeschi.  All'  incontro  l'inviato 
di  Francia  ,  a  cui  non  si   farà  già  torto  in 
credere ,    che  soffiasse  non  poco    in    questo 
fuoco,  ed  impiegasse  anche    buona    somma 
di  danaro.,  spedì  tosto  per  mare  due  feluc- 
che  a  Tolone    o    Marsiglia,    dando    cento 
doble  a  cadauno    dei  padroni    di    esse ,    e 
promettendone  altre  cento  a  chi  di  loro  il 
primo  arrivasse  colà,    per    ragguagliare    il 
maresciallo  duca  di  Bellisle  di  sì  importan- 
te metamorfosi  di  cose .  E  se  non    allora , 
certamente  poco  dipoi   spedì   anche    il    go- 
verno di  Genova   lettere  premurose  al    ge- 
nerale medesimo,  e  delle  altre  supplichevo- 
li al  re  cristianissimo  ,  implorando  soccor- 
si .  Dopo  il   fatto  declamarono  forte    i    te- 
deschi _,  perchè  il   loro  generale  non    avesse 
tolte  P  armi  a  quella  città,  non  avesse  oc- 
cupato Belvedere,  e  tutte  le  porte,  ed  aves- 
se permesso  ai  ministri  di  Francia  ,  Spagna, 
e  Napoli  il  continuar  ivi  la  loro    dimora  . 
Ciò  sarebbe  stato  contro  la  capitolazione  ; 
ma  non   importa  .  Così  la  discorrevano  es- 
si.   Altri  poi  (e  con  buon  fondamento  )  as- 
seriscono ,  che  se  gli  austriaci  avessero  sa- 
puto trattar   bene  quel  popolo,    e  promet- 
tergli lo  sgravio  di  alcuni  dazj  e    gabelle, 
nulla    era  più  facile  ,    che  il  far  proclama- 
re V  augusta  imperadrice   signora    di    quel- 
la nobìl  città. 'Ma  acciecati  dal  lieve  guar- 
da- 


Anno    MDCCXLVI.       gg* 
dagno  presente,    nulla  pensarono  air  avve- 
nire. 

Con  rapido  volo  intanto    portò  la    fama 
per  tutta    la  Riviera    di  Levante    1'  avviso 
della  liberata  città,  avviso,  che  siccome  riem- 
piè di  terrore  le  schiere  austriache    eparse 
in  Sarzana ,  Chiavari,  Spezia  ed  altri  luo- 
ghi ,  così  colmò  di  allegrezza  quegli    abi- 
tanti. La  gente  saggia  di  essi    paesi,    per 
evitare  ogni  maggiore  inconveniente,  quella 
fu,  che  amichevolmente  persuase    a    quelle 
truppe  di  andarsene  con  Dio,  e  se  ne  an- 
darono, ma  col  cuor  palpitante  ,  finché  giun- 
sero di  qua    dall' Appenino .    Loro    furono 
somministrate  vetture  ,  e  conceduto  lo  spa- 
zio di  otto  giorni    pel    trasporto    dei  loro 
*  spedali  e  bagagli  .     Un    gran  dire    fu    per 
tutta  Europa  dell'  avere  i  genovesi  con  ri- 
soluzione sì  coraggiosa  spezzati  i  loro  cep. 
pi  ;  ed  anche  chi  non  gli  amava ,  li  lodò  j 
Fu  poi  comunemente  preteso ,  che  se  il  mi- 
nistro austriaco  con  più  moderazione  fosse 
proceduto  in  questa  contingenza ,    maggior 
gloria  di  clemenza  sarebbe  provvenuta  all' 
imperadrice  regina,  ed    avrebbono    le    sue 
armi  sfuggito  questo  disgustoso  rovescio  di 
fortuna.  Non  si  potè    cavar    di    testa    agli 
austriaci,  e  dura  tuttavia,  anzi  durerà  sem- 
pre in  loro  la  ferma    persuasione  ,    che    il 
governo    di    Genova  manipolasse    lo    scoti- 
mento   del  giogo,    e    sotto  mano    se  T in- 
tendesse col  popolo;  fìngendo  il    contrario 
nei  pubblici  atti .  Non  si  può  negare  :  mol- 
ti 


3^2  Annali  d'Italia 
ti  giorni  prima  gran  bollore  appariva  negli 
abitanti  di  Genova  ,  e  si  tenevano  varie 
combricole  :  del  che  fu  anche  avvisata  la 
corte  di  Vienna,  senza  che  né  essa,  né  gli 
ufiziali  dell'  armata  ne  facessero  alcun  con- 
to, per  la  soverchia  idea  delle  proprie  for- 
ze e  dell'  altrui  debolezza  .  Pure  altresi  è 
vero,  che  in  una  repubblica,  composta  di 
tanti  nobili,  ciascun  dei  quali  ha  degl' in- 
teressi ed  affetti  particolari,  e  fra  quali  e 
il  popolo  non  passa  grande  intrinsechezza, 
sembra,  che  non  si  potesse  ordire  una  te- 
la di  tante  fila,  senza  che  in  qualche  guisa 
ne  traspirasse  il  concerto.  Non  è  capace 
di  segreto  un  popolo  ;  di  tutti  i  moti  del- 
la medesima  plebe  il  governo  andò  sempre 
ragguagliando  il  generale  austriaco  .  Si  sa 
ancora,  che  niuno  dei  nobili  pubblicamen- 
te si  unì  col  popolo,  se  non  dopo  la  libe- 
razione della  città.  Vero  è,  che  il  gover- 
no comunicò  al  popolo  la  risposta  data  al 
generale  di  non  poter  pagare  un  soldo  di 
più ,  e  si  fece  correr  voce  di  gravi  sopra- 
stanti malanni;  ma  non  per  questo  si  mos- 
se mai  il  governo  contro  gli  austriaci. 

Rimettendo  io  a  migliori  giudizj  la  de- 
cisione di  questo  punto,  dirò  solamente 
quel  poco,  che  da  persone  assennate  e  ben 
istruite  di  quegli  affari  ho  inteso .  Cioè  : 
che  i  nobili  del  governo  senza  mai  trama- 
re rivolta  alcuna ,  sempre  onoratamente 
trattarono  coi  comandante  austriaco .  Ma 
essere  altresì  vero,  che  non  era  loro  igno- 
to , 


Anno  MDCCXLVI.  s63 
tOji  meditarsi  dal  popolo  qualche  rivoluzio- 
ne. Questa  poi  scoppiò  prima  del  tempo, 
e  per  l'accidente  di  quel  mortajo  ,  cioè 
quando  non  erano  peranche  all'  ordine  tutte 
le  ruote.  Quali  poi  fossero  le  conseguenze 
di  quella  strepitosa  mutazion  di  cose^  an- 
diamo a  vederlo.  Avea  bensj  il  conte  della 
E.9cca  comandante  dell'assedio  della  citta- 
della di  Savona  avanzati  i  lavori  sotto  la 
medesima  ;  tuttavia  non  potè  mai ,  se  non 
all'entrar  di  dicembre  procedere  con  brac- 
cio forte,  tanta  difficoltà  si  provò  a  tirar 
colà  tutte  le  artiglierie,  egli  altri  neces- 
sari ordigni  di  guerra.  Solamente  dunque 
allora  cominciò  a  battere  in  breccia  quella 
fortezza:  quando  eccoti  giugnere  V avviso 
delle  novità  occorse  in  Genova,  città  dis- 
tante non  più  che  trenta  miglia .  Conobbe* 
si  ben  tosto  ,  che  pensarebbe  quella  repub- 
blica al  soccorso  di  Savona;  e  però  ordine 
fu  dato,  che  dal  Mondovì  y  da  Asti,  e  da 
altri  luoghi  del  Piemonte  colà  frettolosa- 
mente passassero  alcuni  battaglioni  di  trup- 
pe regolate  ,  e  molte  migliaja  di  miliziot- 
ti,  per  rinforzare  quell'assedio,  ed  accele- 
rare unsi  rilevante  conquisto.  In  fatti  non 
trascurarono  i  genovesi  di  spignere  a  quel- 
la volta  per  mare  un  grosso  convoglio  di 
gente  e  di  munizioni  da  bocca  e  da  guer- 
ra, scortato  da  tre  galere.  Inviarono  anche 
per  terra  un  corpo  di  forse  tre  o  quattro 
mila  volontarj  ,  pagati  nondimeno  dal  pub- 
blico ;  ma  inviarono  tutto  indarno.  Veleg- 
gia- 


3C4  Annali  d'Italia 
gìavano  per  quel  mare  le  navi  inglesi ,  ch# 
avrebbero  ingojato  il  convoglio,  forzato 
perciò  a  retrocedere  ;  e  per  terra  esso  con- 
te della  Rocca  con  forze  molto  superiori 
renne  incontro  alle  brigate  genovesi  di  terra  ; 
laonde  queste  giudicarono  meglio  di  riserba- 
re ad  altre  occasioni  1'  esercizio  della  loro 
bravura.  Continuatrouo  pertanto  le  ostilità  e 
gli  assalti,  nei  quali  peri  qualche  centinajo 
di  piemontesi ,  talché  la  guernigione  del 
castello  di  Savona  composta  di  mille  e  cen- 
to uomini ,  perduta  ogni  speranza  di  soc- 
corso, dovette  nel  dì  dicianove  di  dicembre 
rendersi  prigioniera,  e  cedere  la  piazza  : 
colpo  ben  sensibile  ai  genovesi ,  6Ì  per  la 
qualità  del  luogo,  dove  il  porto  da  essi 
interrito  se  risorgesse  ,  siccome  uno  dei  mi- 
gliori e  più  sicuri  del  Mediterraneo,  da- 
rebbe un  gran  tracollo  al  commercio  della 
stessa  Genova,  e  sì  perchè  la  real  casa  di 
Savoja  su  quella  città  per  cessione  fattane» 
dai  marchesi  del  Carretto,  ha  sempre  man- 
tenuto vive  le  sue  ragioni;  e  queste,  colla 
giunta  del  possesso,  venivano  ad  acqui- 
stare an  incredibil  vigore.  Trovossi  in 
quella  fortezza  gran  copia  di  cannoni  di 
bronzo. 

Non  provò  già  una  egual  felicità  T  im- 
presa di  Provenza  .  Sì  perniciosa  influenza 
ebbero  le  novità  di  Genova  sopra  i  dise- 
gni degli  austriaco-sardi  in  quelle  contrade  , 
che  tutti  andarono  a  voto .  Da  Genova 
aveano  da  venire  i  gros.si  cannoni  e  i  mor 

taj, 


Anno  MDCCXLVT.  365 
taj ,  per  vincere  il  forte  di  Antibo ,  e  pro- 
cedere poscia  alle  offese  di  Tolone.  Di  là 
ancora  si  dovea  muovere  buona  parte  delle 
vettovaglie  necessarie  al  campo ,  e  delle 
munizioni  da  guerra .  Ebbe  il  generale  con- 
te di  Broun  un  bel  aspettare:  si  era  can- 
giato di  troppo  il  sistema  delle  cose  di 
Genova.  Sicché  tutte  le  prodezze  di  quel!' 
esercito  si  ridussero  a  fare  degl'  inutili 
giocolini  sotto  Antibo ,  e  a  liberamente 
passeggiare  per  quella  parte  di  Provenza  , 
tanto  per  esigere  contribuzioni ,  quanto  per 
tirarne  foraggi  e  viveri  da  far  sussistere  l* 
armata.  Era  giunta,  siccome  dissi  V  ala 
sinistra  di  essi  fino  a  Castellana,  luogo 
comodo  per  far  contribuire  le  diocesi  di 
Digne,  Sanez,  e  Riez  dell'aita  Provenza. 
Niun  ostacolo  aveano  trovato  ai  lor  passi  , 
giacche  il  marchese  di  Mlrepoix ,  troppo 
smilzo  di  truppe,  andava  saltellando  qua 
e  là  alla  difesa  delle  rive  dei  fiumi ,  ma 
senza  voglia  alcuna  di  affrontarsi  coi  ne- 
mici .  Arrivò  poscia  al  comando  dell'  armi 
francesi  in  Provenza  il  maresciallo  duca  di 
BeUisle  ,  ed  era  in  cammino  a  quella  vol- 
ta il  gran  distaccamento  di  armati  mosso 
dalla  Fiandra ,  per  somministrargli  i  mez- 
zi di  frenare  il  corso  dei  nemici  ,  ed  anche 
per  obbligarli  alla  ritirata  .  Corrieri  sopra 
corrieri  spediva  egli,  per  affrettare  il  loro 
arrivo;  ma  più  l'affrettavano  i  desiderj  e 
le  orazioni  a  Dio  dei  provenzali ,  che  o 
provavano  di  fatto  ,  o  sentivano  accostarsi 

l'oste 


3t?6  Annali  i^Itaiia 
Toste  nemica.  Intanto  il  generale  Botta , 
tenendo  forte  la  Bocchetta  ,  piantò  il  suo 
quartier  generale  a  Novi,  e  fu  rinforzato 
di  nuova  gente  ;  ma  perciocché  da  gran 
tempo  andava  egli  chiedendo  alla  corte  di 
Vienna  la  permissione  di  passare  alla  sua 
patria  Pavia  ,  per  cagione  di  alcuni  suoi 
abituali  incomodi  di  salute,  maggiormente 
rinforzò  le  suppliche  sue  ,  per  ottener  que- 
sta licenza  ,  e  in  fine  V  ottenne  . 

Né  si  dee  tacere,  che  nel  dì  quindici  di 
agosto  delT  anno  presente  un  colpo  di  apo- 
plessia portò  all'  altra  vita  Giuseppe  Maria 
Gonzaga,  duca  di  Guastalla,  principe  a 
cui  furono  sì  familiari  le  alienazioni  di 
mente,  che  stette  sempre  in  mano  della 
duchessa  Maria.  Eleonora  di  Holstein  sua 
moglie,  e  dei  ministri  il  governo  di  ^juel 
popolo  :  Popolo  ben  trattato  e  felice  in  tal 
tempo,  e  popolo,  che  sommamente  deplorò 
la  perdita  di  lui  .  Essendo  egli  mancato 
senza  prole,  terminò  queir  illustre  ramo 
della  casa  Gonzaga ,  e  restò  vacante  il 
ducato  di  Guastalla,  quello  di  Sabbionet- 
ta  ,  e  il  principato  di  Bozzolo.  Al  ftudo 
della  sola  Guastalla  era  chiamato  il  conte 
di  Paredes  spagnuolo  della  rìobil  casa  della 
Cerda  ,  in  vigore  delle  imperiali  investitu- 
re ,  siccome  discendente  da  una  Gongaza 
di  quella  linea.  Su  gli  allodiali  giuste  e 
iticontrasTabili  ragioni  competevano  al  duca 
di  Modena.  Il  bello  fu,  che  l'imperadrice 
regina    fece    prendere    il    possesso  di  tutti 

que- 


Anno    MDCCXLVI.       367 
quegli  stati  e  beni,  quasiché  fossero  dipen- 
denze dello  stato  di  Milano  ,  o  del  ducato 
di  Mantova  :    del  che  fece  querele    il    con- 
siglio dell'  imperadore  consorte  ,    con  pre- 
tenderli   spettanti    alla    sola    giurisdizione 
sua.    Fu    intorno    a    questi  tempi,  che  gli 
austriaci  usarono  una  prepotenza ,   là  qua! 
certo  non  fece  onore  né  alla  nazione    ale- 
manna, né  all'Augusta  imperadrice,  a  cui 
pure  stava  cotanto  a  cuore  il  pregio  della 
giustizia  e  della  clemenza  .  Cioè  inviarono 
truppe  nel  Ferrarese  a  fare  una  esecuzione 
militare  sugli  allodiali  della  serenissima  ca- 
sa   di    Este  ,  benché  spettanti  in  vigore  di 
donazione  paterna    in  usufrutto    alle    prin- 
cipesse   Benedetta    ed    Amalia    sorelle    del 
duca  di    Modena 3    intimando  per  essi  utm 
grossa  contribuzione  di  danari  e    di    natu- 
rali,   fiancheggiata  dalle  minaccie  di    Ven- 
dere tutte  le  razze  dei  cavalli,  bestie  bo- 
vine,   grani,    e    foraggi    di  quelle  tenute. 
Operarono  essi  nello  stato  di  Ferrara    con 
autorità  non  minore,    come  se  si  trattasse 
di  un  paese  di   conquista  ,  e  ciò  con  dete- 
stabil  dispregio  della  sovranità    pontifìzia. 
Per    non    vedere    la    rovina    di    quei  beni , 
forza    fu    di    accordar  loro  quanto  vollero 
in    gran    somma    di    danaro.    Impiegarono 
poscia    il    nunzio    pontiflzio ,    ed   anche    V 
inviato  del   re  di  Sardegna  i  lor  caldi  ufi- 
zi  presso  le  loro  cesaree    maestà,    rappre- 
sentando il  grave  torto  fatto  ad    innocenti 
principesse,    e    l'obbligo  di    rifondere    al- 
me* 


V 


368  Annali  d'  Italia 
meno  il  denaro  indebitamente  percétto  l 
Si  ha  tuttavia  da  vedere  il  frutto  delle  lo- 
ro istanze;  e  lo  scarico  delP  imperiale  co- 
scienza .  Ne  fu  men  grande  l'altra  prepoten- 
za ,  con  cui  trattarono  il  ducato  di  Massa 
di  Carrara,  non  di  altro  reo,  se  non  per- 
chè quella  duchessa  Maria  Teresa  Cibò, 
sovrana  sola  di  tale  stato,  era  congiunta 
in  matrimonio  col  principe  ereditario  di 
Modena  .  Da  esso  popolo  ancora  colle  mi- 
naccie  di  ogni  più  fiero  trattamento  estor- 
sero una  rigorosa  contribuzione,  tuttoché 
questa  non  fosse  guerra  d'imperio.  In  che 
libri  mai  (  convien  pur  dirlo  )  studiano 
talvolta  i  potentati  cristiani?  Certo  non 
sempre  in  quei  del  Vangelo.  Ma  ho  fallato. 
Doveva  io  dir  ciò  non  dei  principi  ,  che 
tutti  oggidì  son  buoni,  ma  di  quei  mini- 
stri adulatori  e  senza  religione  ,  che  tutto 
fanno  lecito  al  principe,  per  maggiormen- 
te guadagnarsi  1*  affetto  e  la  grazia  di  lui. 

Sullo  spirare  dell'anno  presente  gran  re- 
more ancora  cagionò  in  Napoli  l'affare  del- 
la sacra  inquisizione.  Ognun  sa,  quale  av- 
versione abbia  sempre  mantenuto  e  profes- 
sato quel  popolo  a  sì  fatto  tribunale.  Ma 
perciocché  la  conservazion  della  religione 
esige,  che  vi  sia  pure,  chi  abbia  facoltà 
di  frenare  o  gastigare  ,  chi  nutrisce  senti- 
menti e  dottrine  contrarie  alla  medesima; 
e  questo  diritto  in  Italia  è  radicato  alme- 
no nei  vescovi,  aveano  gli  arcivescovi  di 
Napoli  Gol  tacito  consenso  dei  piissimi  re- 

gnan- 


Anso  MDCCXLVI.  ^9 
gnanti  introdotta  una  spezie  d'  inquisizio- 
ne ,  con  avere  carceri  apposta,  consultori, 
notai  e  sigillo  proprio  ,  per  formare  segre- 
ti processi,  e  catturare  i  delinquenti  .  Qui- 
vi anche  si  leggeva  scolpito  in  marmo  il 
nome  del  santo  ufizio .  Trovò  lo  zelantis- 
simo e  dignissimo  cardinale  Spinelli  arcive- 
scovo di  quella  Metropoli  così  disposte  le 
cose;  ed  anch' egli  teneva  in  quelle  carceri 
quattro  delinquenti  solenni  ,  processati  per 
materia  di  fede  ,  da  due  dei  quali  fu  anche 
fatta  una  semipubblica  abjura.  Però  egli 
pretese  di  non  aver  fatta  novità  ;  ma  fu 
poscia  preteso  il  contrario  dalla  corte.  Ne 
fece  grave  doglianza  il  popolo,  commosso 
da  chi  più  degli  altri  mirava  di  mal  oc- 
chio come  introdotta  sotto  altro  verso  1* 
inquisizione:  laonde  l'eletto  di  esso  popo- 
lo ,  con  rappresentare  al  re  turbate  le  leg- 
gi del  regno,  e  vilipese  le  antiche  e  recen- 
ti grazie  regali  in  questo  particolare  con- 
cedute ai  suoi  sudditi,  ebbe  maniera  d' in- 
durre il  re  a  pubblicare  un  editto,  in  cui 
annullò,  e  vietò  tutto  quell'apparato  di 
novità,  bandì  due  canonici,  ed  ordinò  che 
da  lì  avanti  la  curia  ecclesiastica  proce- 
desse solamente  per  la  via  ordinaria,  e  col- 
la comunicazion  dei  processi  alla  secolare, 
con  altri  articoli,  che  non  impora  riferi- 
re; ma  con  tali  formalità,  che  si  potea 
tenere,  come  renduta  inutile  in  questo  par- 
ticolare la  giurisdizione  episcopale  .  Giudi- 
cò bene  (a  corte  di  Roma  d'inviare  a  Na- 
Tom.  XXVII.  Aa  pò- 


370  Annali  d'Italia 
poli  il  cardinale  Landi,  arcivescovo  di  Be- 
nevento^ personaggio  di  sperimentata  sa- 
viezza, per  trattare  di  qualche  tempera- 
mento all'editto.  Qual  esito  avesse  l'anda- 
ta di  lui,  non  si  riseppe.  Solamente  fu  det- 
to, che  affacciatisi  alla  di  lui  carrozza  al- 
cuni di  quegli  arditi  popolari,  gli  minac- 
ciarono fin  la  perdita  della  vita,  se  non  si 
partiva  dalla  città.  Meritassi  il  reperqueli' 
atto  dal  popolo  un  regalo  di  trecentomila 
ducati  di  quella  moneta.  Vuoisi  anche  ag- 
giugnere,  che  durando  i  mali  umori  nella 
Corsica  ,  né  potendo  i  genovesi  accudire  a 
quegli  interessi  ,  perchè  distratti  da  più 
importante  impegno,  le  più  forti  case  di 
quell'isola  tumultuarono  di  nuovo,  e  di- 
scontente del  governo  di  Genova,  quasiché 
non  mantenesse  le  promesse  dei  capitoli 
stabiliti,  e  insieme  disingannata,  che  altre 
potenze  non  davano  che  parole  .•  s'  impa- 
dronirono della  città  e  del  castello  di  Cal- 
vi ,  della  fortezza  di  S.  Fiorenzo ,  e  di  al- 
tri luoghi .  Avendo  poscia  chiamati  ad  una 
dieta  generale  i  capi  delle  pievi,  stabiliro- 
no una  democrazia  e  Reggenza,  che  da  lì 
innanzi  governasse  il  paese  .  Fu  detto,  che 
dopo  avere  il  popolo  in  Genova  prese  le 
redini,  e  ripigliata  la  libertà,  implorasse 
l'ajuto  dei  corsi,  con  promettere  loro  il 
godimento  di  qualsisia  antico  privilegio . 
Ma  fatta  questa  esposizione  a  gente  che 
più  non  si  fidava,  niuo  buon  effetto  pro- 
dusse. A  tanti  guai,,  che  renderono  quest' 

au- 


anno  MDCCXLVI.  3?r 
anno  di  troppo  lagrimevole  in  Lombardia  * 
si  aggiunse  il  flagello  dell'epidemia,  e  mor- 
talità dei  buoi,  che  fece  strage  in  Piemon- 
te e  Milanese,  e  passò  anche  nel  Reggia- 
no, Modenese,  e  Carpignano,  e  toccò  al- 
quante ville  di  Bolognese  e  Ferrarese .  Po- 
vere lasciò  molte  famiglie,  e  cessò  dipoi 
nel  verno.  E  tale  fu  il  corso  delle  bellico- 
se imprese  ed  avventure  di  questo  anno  iti 
Italia;  alle  quali  si  vuol  aggiugnere  ,  che 
nel  dì  29  di  giugno  la  santità  di  papa  Be- 
nedetto XIV  con  gran  solennità  celebrò  in 
Roma  la  canonizzazione  di  cinque  santi  . 
Fu  anche  dal  medesimo  pontefice,  eorrendo 
il  mese  di  aprile,  approvato  un  nuovo  or- 
dine religioso  ,  intitolato  la  congregazione 
de  Chierici  Scalzi  della  passion  di  Gesù 
Cristo  ,  il  cui  instituto  è  di  promuovere  la 
divozione  dei  fedeli  verso  la  stessa  passio- 
ne con  le  missioni,  ed  altri  pii  csercizj  . 

Quanto  alle  guerre  oltramontane,  non 
potè  né  pure  il  verno  trattener  Farmi  fran- 
cesi da  nuovi  acquisti.  Sul  principio  di  feb- 
braio ai  dispetto  dei  freddi,  delle  pioggie  , 
e  dei  fanghi,  il  prode  maresciallo  di  Fran- 
cia conte  di  Sassonia  ,  raunato  un  esercito 
di  quarantamila  persone  ,  dopo  aver  preso 
alcuni  forti,  alF  improvviso  si  presentò  sot- 
to la  riguardevol  città  di  Brusselles,  e  sen- 
za dimora  eresse  batterie ,  e  minacciò  la 
scalata.  Non  passò  il  dì  20  di  detto  mese  , 
che  quella  numerosa  guernigione  di  truppe 
ollandesi   rendè  la  città  ,  e  se  stessa  prigio- 

Aa  2  nie- 


372       Annali    D'Italia 
mera  di  guerra  .  Gran  treno  di    artiglieria 
quivi  si  trovò  .  Immesso  danno  e  tristezza 
cagionò    nel  dì  23   del    seguente    marzo    a 
tutta  la  Francia  un  orribile  incendio,  suc- 
ceduto (  non  si  seppy  se  p^r  poca  eautela  f 
o  per  malizia  degli  uomini  )  nel  gran  ma- 
gazzino della  compagnia  dell'Indie,  situa- 
lo nel  porto  di  Oriente  sulle  coste  mariti- 
me  della  Bretagna.    A  più  e    più    milioni 
si  fece   montare  il  danno  recato  da    quelle 
fiamme,  tanto  alia  regia  camera,    che  alla 
compagnia  suddetta  .  Di  altro  in  questi  tem- 
pi  non  risonavano    i    caffè ,    che    di    vicina 
pace,  quando  tutti  questi  aerei  castelli  sva- 
nirono al  vedere,    che  il  re    cristianissimo 
Luigi  XV  partitosi    da    Versaglies    nel    dì 
quattro  di  maggio    entrò    in  Brusselles  ,    e 
poscia  in  Malines ,  e  mise  in  un  gran  mo- 
to le  divisioni    della  sua    potentissima    ar- 
mata. Conobbesi  allora,  che  guerra  e    non 
pace  avea  anche  nelT  anno    presente    a    far 
gemere  la  Fiandra  e  V  Italia  .  Dove  tendes- 
sero le  mire  dei  francesi,  si  fece  poi  pale- 
se ad  ognuno  nei  dì   20  del  suddetto  mese , 
essendosi   presentato  un  gran  corpo  di  essi 
sotto  la  nobil  ed  importante  città  M    An- 
versa ;  ancorché  fosse  preveduto  questo  col- 
po ,    tuttavia    gli    alleati,    siccome    troppo 
inferiori  di  forze,  dovendo  accudire  a  mol- 
ti luoghi,  non  Taveano  rinforzata  di    suf- 
ficiente nerbo  di  gente  per  sostenerla  .    Vi 
entrarono  dunque  pacificamente  i   francesi  , 
e  tosto  si  applicarono   a    formar    Y  assedio 

di 


Anno  MDCCXLVL  373. 
ài  quella  cittadella,  guemita  di  un  presi- 
dio di  duemila  persone .  Non  son  più  quei 
tempi,  che  gli  assedj  durano  mesi  ed  anni. 
Ai  francesi  spezialmente,  che  han  raffinata 
l'arte  di  prendere  le  piazze,  costa  poco 
tempo  il  forzarle  a  capitolare  .  in  fatti  nel 
dì  ultimo  di  maggio  il  comandante  della 
cittadella  suddetta  giudicò  meglio  di  ce- 
derla agli  assediatiti ,  con  ottener  delle 
convenevoli  condizioni  ,  ma  insieme  con  ri- 
lasciare ai  francesi  anche  i  forti  esistenti 
lungo  la  Schelda  . 

Dopo  sì  glorioso  acquisto  se  ne  tornò  il 
re  cristianissimo  a  Versaglies  ,  per  assiste- 
re al  parto  della  Delfina;  e  il  principe  di 
Conty,  a  cui  fu  confidato  il  supremo  co- 
mando dell'armi  in  Fiandra,  imprese  nel 
dì  17  di  giugno  l'assedio  della  città  di 
Mons  .  Incamminossi  intanto  verso  la  Fian- 
dra il  principe  Carlo  di  Lorena,  per  assu- 
mere il  comando  dell'armata  collegata  ,  nel 
mentre  che  lentamente  marciava  dalla  Ger- 
mania un  copioso  corpo  di  milizie  austria- 
che a  rinforzarla.  Ma  vi  arrivò  ben  tardi, 
e  non  mai  giunsero  1'  armi  di  essi  alleati 
a  tal  nerbo  da  poter  impedire  i  progressi 
delle  milizie  francesi  .  L'  aver  dovuto  ac- 
correre gl'inglesi,  ed  anche  gli  oliandosi, 
alla  guerra  bollente  in  Iscozia ,  sconcertò 
di  troppo  le  lor  misure  in  Fiandra,  ed  age- 
volò ai  francesi  il  buon  esito  di  ogni  lo- 
ro impresa .  In  fatti  la  sì  forte  città  di 
Mons,  dopo  una  vigorosa  difesa  nel    dì   12 

Aa  3  di 


374  Annali  d'Italia 
di  luglio  dovette  soccombere  alla  forza  dei 
francesi,  e  quella  guernigione  di  circa  cinque- 
mila  collegati  non  potè  esentarsi  dal  restar 
prigioniera  di  guerra.  La  medesima  fortu- 
na corse  dipoi  la  fortezza  di  sanGhislain, 
al  cui  presidio  nel  dì  24  di  luglio  altra 
condizione  non  fu  accordata  ,  che  quella  di 
Mons.  Ciò  fatto,  passarono  i  francesi  all' 
assedio  di  Charleroy  ,  piazza  ,  che  nel  dì 
due  di  agosto  si  trovò  costretta  a  mutar 
padrone  ,  con  restar  prigioni  di  guerra  i 
suoi  difensori.  Inutili  erano  riusciti  finquì 
tutti  i  maneggi  fatti  dalle  cesaree  maestà 
per  far  dichiarare  guerra  dell'  imperio  la 
presente,  avendo  i  principi  e  le  città  della 
Germania,  fomentate  spezialmente  dal  re 
di  Prussia,  ricusato  di  far  sua  la  causa  delT 
augusta  casa  di  Austria ,  Ne  la  corte  di 
Francia  avea  mancato  di  divertir  la  dieta 
Germanica  dall'entrare  in  verun  impegno, 
con  assicurarla  ,  che  dal  canto  suo  non  s' 
inferirebbe  molestia  alcuna  alle  terre  dell* 
imperio.  Questo  contegno  fece  credere  a 
molti,  che  la  nazion  germanica  coli*  ulti- 
ma mutazion  di  cose  si  fosse  alquanto  eman- 
cipata: il  che  da  altri  veniva  riprovato, 
sul  riflesso,  che  il  lasciare  la  briglia  al 
sempre  maggiore  ,  ingrandimento  della  Fran- 
cia ,  era  un  preparar  catene  col  tempo  alla 
Germania  stessa .  In  fatti  non  ostante  le 
lor  belle  promesse,  allorché  i  francesi  si  av- 
videro di  poter  fare  un  bel  colpo  ,  non 
sentirono  scrupolo  a  rompere  i  confini  del- 
le 


A  3  N  ó  MDCCXLVI.  375 
le  terre  germaniche,  e  ad  impossessarsi  nel 
dì  ai  di  agosto  di  Huy,  appartenente  al  prin- 
cipato di  Liegi,  e  di  fortificarlo  ,  tuttoché 
sia  da  credere  ,  che  assicurassero  il  cardi- 
nale principe  di  nulla  voler  usurpare  del 
di  lui  dominio.  L'occupazione  di  quel  po- 
sto avea  per  mira  l'obbligare  l'esercito 
collegato  a  ripassar  la  Mosa  per  la  penu- 
ria dei  viveri  ,  siccome  appunto  avvenne  . 
Allora  fu,  che  il  maresciallo  conte  di  Sas- 
sonia si  appigliò  a  formare  l'assedio  di 
Namur  ,  piazza  fortissima  ,  se  pure  alcuna 
di  forte  vi  ha  contro  i  francesi,  e  nel  di 
undici  di  settembre  cominciarono  a  far  fuo- 
co le  batterie.  Non  era  molto  lungi  di  là 
l'esercito  dei  collegati;  ma  il  maresciallo 
che  ben  situato  copriva  l'assedio,  non  si 
sentiva  voglia  di  accettare  l'esibizion  di 
una  battaglia.  Fino  aldi  20  del  sudddetto 
mese  fece  resistenza  la  città  di  Namur  ,  e 
quella  guernigione  ne  accordò  la*  resa.,  per 
ritirarsi  alla  difesa  del  castello,  sotto  cui  fu 
immediatamente  aperta  la  trincea.  Non  andò 
molto ,  che  la  breccia  fatta  consigliò  a  quei 
difensori  nel  dì  30  del  settembre  suddetto 
di  prevenire  i  maggiori  pericoli,  con  pro- 
porre la  resa  della  piazza  ,  ma  senza  po- 
tersi esentare  dai  rimaner  prigioniera  di 
guerra  . 

Le  apparenze  erano >  che  terminata  sì 
felice  impresa,  prenderebbero  riposo  l'ar- 
mi francesi  ;  e  tanto  più  perchè  in  questi 
tempi  rondava  una  potente    flotta  inglese , 

Aa  4  con 


736      Annali    d'Italia 

con  animo  di  qualche  irruzione  sulle  coste 
di  Francia  ,  alla  difesa  delle  quali  parea  , 
che  avesse  da  accorrere  parte  della  france- 
se armata.  Così  non  fu.  Il  maresciallo  con- 
te di  Sassonia  dopo  avere  colla  presa  di 
Namur  ridotti  tutti  i  paesi  bassi  austriaci 
in  potere  del  re  cristianissimo  ,  sentendosi 
molto  superior  di  forze  all'oste  dei  col- 
legati ,  meditava  pur  qualche  altro  colpo 
di  mano  contra  dei  medesimi  .  Per  coprire 
Liegi  dagl'insulti  dei  francesi,  si  era  in 
vaij  siti  ben  postata  V  armata  di  essi  allea- 
ti fra  Mastricht  e  quella  città.  Spedì  il 
maresciallo  un  forte  distaccamento  verso 
lo  stesso  Mastricht,  affinchè  se  il  principe 
Carlo  di  Lorena,  che  in  quelle  vicinanze 
avea  fissato  il  quartiere  con  grosso  corpo 
di  gente  ,  volesse  accorrere  in  difesa  dei 
suoi,  egli  potesse  assalirlo  per  fianco.  Ciò 
fatto  nel  dì  sette  di  ottobre  a  bandiere 
spiegate  marciò  contro  l'ala  sinistra  dei 
collegati,  comandata  dal  principe  di  Wa\- 
deh ,  generale  degli  ollandesi,  in  vicinan- 
za di  Liegi  .  Per  più  ore  durò  il  fiero 
combattimento.  Fu  detto  che  due  reggi- 
menti di  cavalleria  ollandese,  come  se 
bruciasse  l'erba  sotto  i  loro  piedi,  si  riti- 
rassero dal  conflitto.  Certo  è,  che  in  fine 
gli  alleati  ,  senza  potere  ricevere  soccorso 
dal  principe  di  Lorena,  piegarono,  e  riti- 
rai-Josi  j  come  poterono  il  meglio,  la- 
sciarono il  campo  di  battaglia  ai  vincitori 
francesi..  Si  sparse  voce,  che  quattromila 

col- 


Anno  MDCCXLVI.  37? 
collegati  vi  avessero  perduta  la  vita  ,  e  che 
in  mano  dei  francesi  restassero  molti  cag- 
noni ,  bandiere,  e  stendardi,  con  grosso 
numero  di  prigionieri  tra  sani  e  feriti. 
Pretesero  altri,  che  non  più  di  mille  fos- 
sero da  quella  parte  gli  estinti  ;  ne  si  sep- 
pe quanto  costasse  ai  francesi  la  loro  vit- 
toria .  Passarono  poscia  i  vincitori^  divi- 
si in  varie  parti  ,  a  godere  i  quartieri  del 
verno  . 

Altra  guerra  fu  nell'  anno  presente  tra  i 
francesi  e  gl'inglesi  é  Riuscì  a  questi  ultimi 
di  torre  agii  altri  nell'America  settentrio- 
nale capo  Bretone,  posto  di  somma  impor- 
tanza,, e  riputato  dagl'inglesi  d' incredibil 
utilità  per  la  pesca  di  quei  contorni.  All' 
incontro  i  francesi,  siccome  accennammo 
nel  precedente  anno^  colla  spedizione  del 
cattolico  principe  di  Galles  Carlo  Odoarda 
Stuardo,  aveano  attaccato  il  fuoco  nella 
Scozia  ,  e  con  quella  diversione  facilitati' 
a  se  i  progressi  nei  paesi  bassi  austriaci  . 
Trovò  quel  principe  fra  quei  popoli  gran 
copia  di  aderenti  alla  real  sua  casa  ,  che 
presero  1'  armi  ,  e  sparsero  il  terrore  sino 
nel  cuore  deli'  Inghilterra  ;  perciocché  ven- 
ne a  lui  fatto  di  dare  una  rotta  alle  trup- 
pe inglesi  a  Preston  ,  e  poi  nel  dì  28  di 
gennajo  a  Falkirk  ,  di  prendere  Carlisle , 
Inverness  ,  e  di  fare  altre  conquiste  nei  con- 
fini della  stessa  Inghilterra  .  Per  dubbio, 
che  qualche  cattivo  umore  si  potesse  co- 
vare in  Londra  stessa ,  prese  il  re  Gior- 
gio 


3?3       Annali    d'Itaiu 
gio  li  la  precauzione  di  tenere  alla  guardia 
di  essa  città,  e  della  real  corte  ,  uh  buon 
sussidio  di    soldatesche  :    ed    inviò    il    suo 
secondogenito    Gugllelmino    Augusto    duca 
di  Cumberland  con  gagliarde  forze   contra 
del  principe  Stuardo .    Varie  furono  le  vi- 
cende   di    quella    guerra  ;    ma  si  venne    a 
conoscere  ,   che  gì'  inglesi  non  amavano  di 
mutar    regnante  ,   e  si  mostravano    zelanti 
della  conservazione  delia  real  casa  di  Brun- 
svich .    Altro    all' incontro    non    si    udiva, 
che    imbarco    di  soccorsi  francesi  ,  spediti 
di  tanto  in  tanto  al  principe    suddetto;  e 
pur  egli  a.  riserva  di  alquanti  ufiziali  irlan- 
desi ,    e    di  poche  milizie  francesi  non  ri- 
cevette mai  rinforzo  alcuno  di  gente  ,    ba- 
stante a  continuare  la  buona  fortuna    dell' 
armi  sue.  Troppe  navi  inglesi  battevano  il 
mare,    e    custodivano  le  coste,    per  impe- 
dire ogni  sbarco  di  truppe  straniere.  .An- 
darono finalmente  a  fare  naufragio  tutte  le 
speranze  del  principe  Stuardo  in  un    fatto 
di  armi  accaduto. nel  dì  27   di  aprile  pres- 
so d' Inverness  ,  dove  l'esercito  suo  rima- 
se disfatto .  Peggiorarono  poi  da  lì  innanzi 
i  di  lui  affari  ;  molti  anche  della  primaria 
nobiltà  di  Scozia,  ed  anche  Lordi  suoi  se- 
guaci, caddero  in  mano  del  duca  di  Cum- 
berland ,  ed  alquanti  di  loro  lasciarono  poi 
la  vita  sopra  un  catafalco  in   Londra.    Le 
avventure    dello    sventurato    principe  ,  per 
salvar  la  sua  vita  mentre  da  tutte  le  par- 
ti   si    facea  la   caccia  di  sua  persona,  tali4 

fu* 


Anno    MDCCXLVL       379 
furono    dipoi,    che    di  più  curiose  non  ce 
inventano  i  romanzi  .   Contuttociò  ebbe  la 
fortuna  di  giugnere  felicemente  nelle  spiag- 
ge di  Francia  sano  e  salvo  nel  mese  di  ot- 
tobre; e  passato  alla  corte  di    Versaglies  , 
si    vide  colle    maggiori    finezze    ed    onori 
accolto ,    come    principe    di    gran  valore  e 
senno,    dal    re    cristianissimo    Luigi    XV. 
Sbrigati,    che   furono    gP inglesi  da  questo 
fiero  temporale,    pensarono   anch'essi    alla 
vendetta  ;    e    a    questo    fine  allestirono  un 
possente  stuolo  di  navi  con    più    migliaja 
di  truppe  da  sbarco.    Non  era  un  mistero 
questo    lor    disegno,    e   però    si  misero  in 
buona  guardia  le  coste  della  Francia.    Sul 
fine  appunto  del  mese  di    settembre    com- 
parve  la    flotta    inglese    alle    vicinanze    di 
Porto-Luigi  in  Bretagna  ,  sperando  di  met- 
tere a  sacco  il  porto  di  Oriente ,   dove    si 
conservano    i    magazzini    della    compagnia 
dell'Indie,  ricchi  di  più  milioni.    Ne  era 
già  stato  asportato  il    meglio.   Sbarcarono 
gP  inglesi  ;  fecero  del  danno  alla  campagna  ; 
ma  in  vece  di  superar  quel  porto,    ne  fu- 
rono rispinti  colla  perdita  di  molta  gente, 
e  di  alcuni  pochi  pezzi  di  cannone.  Quat- 
tro lor  navi  ancora  ,  rapite  da  vento  furio- 
so ,    andarono    a    trovar  la  loro  rovidkn 
quegli  scogli.    Tornarono  essi  da  11  a^foq 
molto  a  fare  un  altro  sbarco,    e    non    eb- 
bero miglior  fortuna  ;    se  non   che   lascia- 
rono   in    varj    luoghi    dei  vivi  monumenti 
della  lor  rabbia,  colPaver  dato  alle  fiam- 
me 


3B0      Annali    d'  Italia 
me    alcune    ville    e    conventi    di    religiosi 
nella  suddetta  provincia  di  Bretagna.  Gran 
tesoro  costò  loro  queila  spedizione,  e  non 
ne  riportarono  che  danno  e  pentimento. 

Anno  di  Cristo  1747,  indizione  x. 
di  Benedetto  XIV >  papa  8. 
di  Fratesco  I ,  imperadore  3. 

Xurono  alquanto  lieti  i  principj  dell'anno 
presente  ,  perchè  gli  accorti  monarchi  fe- 
cero vedere  in  lontananza  agli  afflitti  lor 
popoli  ^  un*  iride  di  pace  come  vicina  .  Im- 
perciocché si  mirò  destinata  Breda  in  01- 
landa  per  luogo  del  congresso,  e  spediti 
plenipotenziarj  per  trattarne,  e  convenire 
delle  condizioni .  La  gente  credula  alle 
tante  menzogne  delle  gazzette,  si  figurava 
già  segretamente  accordati  francesi  spagnuo- 
li  ,  ed  inglesi  nei  preliminari ,  e  a  mo- 
menti aspettava  la  dichiarazione  di  un  ar- 
mistizio, cioè  uu  foriere  dello  smaltimento 
delle  minori  difficoltà  ,  per  istabilire  una 
piena  concordia.  Ma  poco  si  stette  a  co- 
noscere ,  che  tante  beile  sparate  di  desi- 
derar la  pace  ad  altro  non  sembravano 
dirette,  che  a  rovesciare  sulla  parte  con- 
ttajÉ^  la  colpa  di  volere  continuata  la 
guerra  ,  onde  presso  i  proprj  popoli  restas- 
se giustificata  la  continuazion  degli  aggravj  , 
,e  tollerati  i  danni  procedenti  dal  maneg- 
gio di  tante  armi.  Trovaronsi  in  effetto 
inciampi  sul  primo  gradino  .  Cioè  si  mise- 
ro 


Anno    MDCCXLVII.       38  r 
ro  in  testa  i  francesi  di  non  ammettere  al. 
congresso  i  plenipotenziarj    dell'  imperado- 
re,  perchè  non  riconosciuto  tale    da    essi  ; 
né  della  regina  di  Ungheria,  per  non  darle 
il    titolo    a    lei    dovuto  d'  imperadrice  ;  né 
del     re    di    Sardegna,    perchè    non    vi  era 
guerra  dichiarata  contra    di  lui.    Tuttavia 
non    avrebbe    tal    pretensione    impedito  il 
progresso  della  pace ,  se  veramente  sincera 
voglia    di    pace    fosse    allignata    in    cuore 
di  quei   potentati  ;    perchè  avrebbero  (  co- 
me in  fatti  si  pretese  )  potuto    i    ministri 
di  Francia,  Inghilterra  ed  Ollanda.,  comu- 
nicar   tutte    le  proposizioni  e  negoziati  ai 
ministri    non    intervenienti  ;    e    convenuto 
che  si   fosse  dei  punti  massicci ,  ognun  po- 
scia avrebbe  fatta  la  sua  figura  nelle    ses- 
sioni .  Ma  costume  è  dei   monarchi,  i  qua- 
li   tuttavia    si    sentono    bene  in  forze  ?  di 
cercar  anche  la  pace  per  isperanza  di  gua- 
dagnar più  con  essa,  che  coir  incerto    av- 
venimento dell'armi.  Alte    perciò  erano  le 
pretensioni    di    ciascuna    delle  parti,  e  in 
vece  di    appressarsi,    parve,    che    sempre 
più    si    allontanassero    quei    gran  politici  . 
Ciò  che  di  poi  cagionò  maraviglia  ,   fu  il  ve- 
dere ,    che    né  pure  al  signor  di  Macanas, 
plenipotenziario    di    Spagna ,  fu  conceduto 
1'  accesso  ai  congressi  ,  quando  le  apparen- 
ze portavano,  che  le  corti  di  Versaglies  e 
Madrid  passassero  di  concerto,  e  fosse  tor- 
nata fra  loro  una  perfetta  armonia.  Vera- 
mente il  cannocchiale  degl'italiani  non  ar- 
ri- 


382  Annali  d'Italia 
rivava  in  questi  tempi  a  discernere  le  mi- 
re ed  intenzioni  arcane  del  gabinetto  di 
Madrid.  Le  truppe  di  quella  corona  se- 
guitavano a  fermarsi  in  Aix  di  Provenza  5 
senza  che  apparisse,  se  le  medesime  si 
unissero  mai  daddovero  colle  francesi,  ben- 
ché si  scrivesse ,  che  le  spalleggiassero , 
allorché,  siccome  diremo,  obbligarono  i 
nemici  a  retrocedere  .  Né  fu  poi  ordinata 
una  non  lieve  riforma  ,  e  il  resto  andò  a 
svernare  in  Linguadocca  ,  con  prendere  ri- 
poso I* infante  don  Filippo,  e  il  duca  di  31o- 
dena  in  Mompelieri .  Nel  medesimo  tempo 
si  attendeva  forte  in  Madrid  al  risparmio 
per  rimettere,  come  si  diceva,  in  migliore 
stato  V  impoverito  regno  ,  annullando  spe- 
zialmente le  tante  pensioni ,  concedute  dal 
re  defunto  ;  e  pur  dicevasi  ,  farsi  leva  di 
nuove  milizie,  per  ispedirle  in  Provenza, 
Fluttuava  del  pari  anche  la  repubblica  di 
Ollanda  fra  due  opposti  desiderj  ,  cioè 
quello  di  non  entrare  in  guerra  dichiarata 
contro  la  Francia ,  minacciante  oramai  i 
di  lei  confini  ;  e  T  altro  di  mettere  una 
volta  freno  dopo  tante  conquiste  agli  ul- 
teriori progressi  di  quella  formidabil  po- 
tenza. La  conclusione  intanto  fu,  che  ognun 
depose  per  ora  il  pensier  della  pace,  giac- 
ché quei  soli  daddovero  la  chieggono,  che 
son  depressi ,  e  non  si  sentono  piti  in  le- 
na i   per  continuare  la  guerra  . 

Passarono    il    gennajo    in    Provenza    gli 
austriaco-sardi,  ma  in  cattiva  osteria^  com- 
bat- 


Anno    MDCCXLVIJ.       383 
battendo  più  coi  disagi  ,  che  coi  francesi  , 
i    quali    andavano    schivando  le  zuffe  spe- 
rando poi  di  rifarsi ,  allorché  fossero  giun- 
te le  numerose  brigate  spedite  di  Fiandra  . 
Bisognava  ;  che  queir  armata    aspettasse  la 
sussistenza  sua  in  maggior  parte  dal  mare , 
yenendo  spedite    le  provvisioni  per  uomini, 
cavalli,  e  muli,  da  Livorno,  Villafranca, 
e  Sardegna  .    Ma  il  mare  è  una  bestia  in- 
discreta ,  massimamente  in  tempo  di  verno» 
Però  tardando  alle  volte    l'arrivo    dei    vi- 
veri ,  uomini  e  cavalli  rimanevano  in  gravi 
stenti-  e  giorno  vi  fu,  che  convenne  pas- 
sarlo senza  pane  .  Tutto  il  comestibiie  co- 
stava un  occhio,    non  osando  i  paesani  di 
portarne  ,    o    facendolo    pagar    carissimo  s 
se  ne  portavano.  Soffiarono  talvolta  sì  or- 
ridi   venti  ,    che    i    soldati    sull'  alto  della 
montagna  né  pur  poteano  accendere  o    te- 
nere   acceso    il    fuoco .    Trovavansi    anche 
non  pochi  di  loro  senza  scarpe  e  camicie, 
da    che    si    erano    perduti    i  magazzini  di 
Genova  .  Ora  tanti  patimenti  cagiofi  furono  , 
che  entrò  nell'esercito  un -fiero  influsso  di 
diserzione,  fuggendo  chi  potea    alla    volta 
di  Tolone  ,  dove  speravano  miglior  tratta- 
mento .    Tanti    ne    arrivarono  colà,  che  il 
comandante  della  città  non  volle  più    am- 
metterli entro  di  essa  per  saggia  sua  pre- 
cauzione .    Caddero    altri    infermi ,  e  con- 
veniva trasportarli  fino  a    Nizza,  per   dar 
luogo  ad  essi  negli  spedali    della  Riviera  . 
Per  quindici  dì  quei  cavalli    e    muli    non 

vi- 


384      Annali    d'  Italia 
videro  fieno  e  paglia,  campando  massima-* 
mente  con  pane  e  biada,    e    questa    anche 
scarsa  alle  volte.  Chi  spacciò,    che  furono 
forzati  a  cibarsi  delle  amare    foglie    degli 
ulivi  ,  dovette  figurarsi,  che  i  cavalli  fosse- 
ro capre.  Arrivò    la    buona    gente    fino    a 
credere,  che  quei  cavalli  per  la    soverchia 
fame  mangiassero  la  minuta  ghiaia  del    li- 
do del  mare,  senza  avvedersi,  che    queste 
ciano  iperboli  o  finzioni    di  chi  si    prende 
giuoco  della  stolta    credulità    altrui.    Quel 
che  è  certo  ,  non  pochi  furono  i  cavalli    e 
muli,    che   quivi  lasciarono  le  lor  ossa,    e 
gli    altri    notabilmente    patirono  ,    e    par- 
te restarono  inabili  al  rcestier  della  guer- 
ra.   Intanto    a  questo   gran  movimento    di 
armi     non    succedea    progresso    alcuno    di 
conseguenza.    Ridevasi    il  forte    di  Antibo 
dei  croati  lasciati   a  quel  blocco ,    che  non 
poteano   rispondere  alle  cannonate,    se  non 
con    gl'inutili    loro    fucili.    Però    fu    spe- 
diente    di    trarre    da    Savona    con    licenza 
dei  re  sardo  quanta  artiglieria  grossa    oc- 
correva,   per  battere    quella  Rocca;    e    in 
quei  frattempo  le  navi  inglesi  la  travaglia- 
rono con  gran  copia  di     bombe ,    le    quali 
recarono  qualche  danno    alla    terra,    senza 
nondimeno  intimorir  punto  i    difensori    di 
quei  forte.    Giunsero    finalmente    i    grossi 
cannoni,  ma  giunsero  troppo  tardi. 

Imperciocché  si  cominciò    ad    ingrossare 
1'  esercito  francese  coi  corpi  di  gente  ,  che 
dalla  Fiandra  pervenuti  a  Lione,  senza  di- 
la- 


Anno  MDCCXLVII.  385 
Iasione  andavano  di  mano  in  mano  ad  unir- 
si col  campo  del  maresciallo  duca  di  Bel- 
llsle  .  Avea  questi  raunate  alcune  migliaia 
di  miliziotti  armati  ,  e  da  che  si  trovò 
rinforzato  dalla  maggior  parte  delle  trup- 
pe regolate,  divisò  tosto  le  maniere  di  li- 
berar la  Provenza  dalla  straniera  armata  . 
Scarseggiava  forte  anch' egli  di  viveri  e 
foraggi,  perchè  venne  a  militare  in  lunghi, 
dove  niun  magazzino  si  trovò  preparato, 
e  difficilmente  ancora  si  potea  preparare 
per  mancanza  di  giumenti .  Fiera  strage 
anche  in  quei  paesi  avea  fatto  la  mortali- 
tà dei  buoi.  Ebbe  nondimeno  il  contento 
di  udire,  che  le  truppe  spedite  di  Fiandra, 
ancorché  stanche  e  malconcie,  nulla  pia 
sospiravano  ,  che  di  essere  a  fronte^  dei  ne- 
mici ,  e  chiedevano  di  venire  alle  mani . 
La  prima  impresa,  ch'ei  fece,  fu  di  spe- 
dire alla  sordina  un  distaccamento  di  al- 
quante brigate  dei  suoi  alla  volta  di  Castel- 
lana ,  dove  stava  di  quartiere  il  generale 
austriaco  conte  di  Neuhaus  con  dodici  o 
quattordici  battaglioni.  Dopo  gagliarda  di- 
fesa toccò  a  questi  di  cedere  a  chi  era  su- 
periore di  forze,  con  lasciar  quivi  alcune 
centinaia  di  morti  e  prigioni  ,  e  si  contò 
fra  gli  ultimi  lo  stesso  generale  ferito  , 
con  buon  numero  di  altri  ufiziali.  Non  gli 
sarebbe  accaduta  questa  disavventura  >  se 
avesse  fatto  più  conto  del  parere  del  giova- 
ne marchese  dì  Ormea,  che  si  trovò  a  quel 
conflitto  .  Di  meglio  non  succedette  in  al- 
Tom.  XXVII.  Bb  cu- 


386        Anna  ti    tflrkliX 

ermi  altri  luoghi  agli  austriaco-sardi:  laorl- 
de  il  generale  conte  di  Broun  all'avviso 
delle  tanto  cresciute  forze  nemiche,  fatto 
sciogliere  l'assedio  di  Antibo  e  rimbarcare 
l'artiglieria,  si  andò  poi  ritirando  a  Gras- 
se. Quindi  fatte  tutte  le  più  savie  dispo- 
sizioni, sul  principio  di  febbrajo  cominciò 
la  sua  cavalleria  a  ripassare  il  Varo,  e  fu 
poi  seguitata  dalla  fanteria  ,  senza  che  nel 
passaggio  occorresse  sconcerto  o  danno  alcu- 
no notabile,  ancorché  non  lasciasse  qualche 
corpo  di  francesi  d'insultarli.  Penuriavano 
di  tutto,  come  dissi  ,  anche  i  francesi  in 
quel  sì  desolato  paese,  e  però  non  poterono 
operare  di   più. 

"Ed  ecco  dove  andò  a  terminare  la  stre- 
pitosa invasione  della  Provenza  .  Assaissimi 
danni  r<  co  ben  essa  a  quei  poveri  abitan- 
ti ;  ma  pagarono  caro  gli  austriaco-sardi  il 
gusto  dato  alla  corte  di  Londra,  perchè 
oltre  ai  non  lievi  patimenti  ivi  sofferti , 
fu  creduto,  che  T  esercito  loro  tornasse 
indietro  sminuito  almeno  di  un  terzo  ; 
e  la  lor  bella  cavalleria  per  la  maggior 
parte  si  rovinò ,  talché  né  pel  numero  né 
per  la  qualità  si  riconosceva  più  per  quel- 
la, che  andò.  Restò  alla  medesima  an- 
che un  altro  disagio,  cioè  di  dover  pas- 
sare in  tempo  di  verno  e  di  nevi  per  le 
alte  montagne  di  Tenda  :  sì  se  volle  venir 
a  cercare  riposo  in  Lombardia,  dove  anco- 
ra per  un  gran  tratto  di  via  l'accompagnò 
la  fame  a  cagion  della  mancanza  dei  forag- 
gi' 


Ann  o  MDCCXLVII.  3S? 
gi .  Qaanto  ai  provenzali,  non  lievi  furo- 
no, ma  non  indiscrete  le  contribuzioni  lo- 
ro imposte  .  La  necessità  di  scaldarsi  e  di 
far  bollire  ìa  marmitta,  cagion  fu  ,  che  do- 
vunque si  fermarono  le  truppe  nemiche , 
restarono  condennate  tutte  le  case  a  perde- 
re i  loro  tetti.  Non  ha  per  lo  più  quella 
bella  costiera  di  montagne,  che  si  stende 
dal  Varo  verso  Marsiglia ,  se  non  ulivi,  fi- 
chi, eviti.  Ordine  andò  del  generale  Broun  , 
che  si  risparmiassero,  per  quanto  mai  fos- 
se possibile  ,  gli  ulivi ,  onde  si  ricavano 
olj  sì  preziosi  ,  non  so  ben  dire  ,  se  per 
solo  motivo  di  generosa  carità  ,  o  perchè 
la  Provincia  si  esibisse  di  fornirlo  in  altra 
maniera  di  legna  .  Ben  so  ,  che  a  riserva 
di  un  mezzo  miglio  intorno  air  accampa- 
mento di  Cannes  ,  dove  tutte  quelle  piante 
andarono  a  terra,  e  di  qualche  altro  luogo, 
dove  non  si  potè  di  meno  nella  ritirata, 
rimasero  intatti  gli  Ulivi;  e  che  esso  con- 
te di  Broun  riportò  in  Italia  il  lodevole 
concetto  di  molta  moderazione,  pregio,  che 
di  rado  si  osserva  in  generali  ed  armate, 
che  giungono  a  danzare  in  paese  nemico  . 
Per  questo  e  in  considerazione  molto  più. 
del  suo  valore  e  prudenza  ,  yenne  egli  di- 
poi eletto  general  comandante  dell'  armi 
cesareo-regie  in  Italia;.  Quel  che  è  da 
stupire  ,  non  ebbe  già  sì  buon  mercato  la 
città  e  territorio  di  Nizza,  tuttoché  domi- 
nio del  re  di  Sardegna.  Quivi  legna  da 
bruciare  non  si  truova1,  e  vi  è  portata  dal* 

Bb  2  la 


388  Annali  d'Italia 
la  Sardegna,  o  si  provvede  dalla  vicina 
Provenza.  Pel  bisogno  di  tanta  gente,  che 
quivi  o  nella  venuta  o  nei  ritorno  ebbe  a 
fermarsi,  si  portò  poco  rispetto  agli  ulivi, 
cioè  alla  rendita  maggiore  di  quegli  abitanti  : 
danno  incredibile,  considerato  il  eorso  di 
tanti  anni,  che  occorre  per  ripararlo.  Prima 
di  questi  tempi  trovandosi  in  Nizza  il  re  di 
Sardegna  bene  ristabilito  in  salute ,  benché 
le  montagne  di  Tenda  fossero  assai  guernite 
di  neve,  pure  volle  restituirsi  alla  sua  ca- 
pitale. Giunse  pertanto  a  Torino  nei  dì 
quindici  di  gennajo  ,  e  somma  fu  la  con- 
solazione e  il  giubilo  di  quei  cittadini 
in  rivedere  il  loro  amato  e  benigno  so- 
prano . 

Che  breccia  avesse  fatto  nel  cuore  degli 
augusti  austriaci  regnanti  la  rivoluzione  di 
Genova,  sei  può  pensare  ognuno.  Di  altro 
non  si  parlava  in  Vienna,  che  dell' enorme 
tradimento  dei  genovesi .  Questi  dichiarati 
spergiuri,  e  mancatori  di  fede;  questi  in- 
grati, da  che  Tarmi  vittoriose  delTimpe- 
radrice  regina,  che  avrebbero  potuto  occu- 
pare il  governo  di  quella  repubblica,  e  di- 
sarmare il  popolo,  si  erano  contentate  di 
una  sola  contribuzione  di  danaro,  non  ec- 
cessiva per  sì  doviziosa  città.  Crebbero  le 
rabbiose  dicerie,  da  che  si  conobbe,  che 
cattive  conseguenze  ridondarono  dipoi  sopra 
T  impresa  di  Provenza .  Riflettendo  alla  gra- 
ve perdita  dei  magazzini,  e  di  tanti  baga- 
gli dei  cesarei  ufiziali,  ma  sopra  tutto  all' 

ono- 


Anno  MDCCXLVII.  389 
onore  dell'armi  imperiali  leso  da  quel  po- 
polo, maggiormente  si  esaltava  la  bile,  e 
si  eccitava  i  pensieri  e  desiderj  di  ven- 
detta .  Poterono  allora  accorgersi  i  ministri 
di  quella  gran  corte  ,  che  i  buoni  ufizj  fat- 
ti passare  da  chi  è  padre  comune  dei  fede- 
li ,  cioè  dal  regnante  pontefice  Benedet- 
to XIV  per  ottener  la  diminuzion  dell'  im- 
posta contribuzione  ai  genovesi,  tendevano 
bensì  al  sollievo  di  quella  nazione,  ma  an- 
che alla  gloria  delle  loro  maestà ,  e  alla 
maggior  sicurezza  dei  loro  interessi  .  E  cer- 
tamente se  T  imperadrice  regina  fosse  sta- 
ta informata  della  trista  situazione ,  a  cui 
i  suoi  ministri  ed  ufiziali  con  tante  estor- 
sioni ed  abusi  della  buona  fortuna  aveano 
ridotta  quella  -repubblica  :  siccome  princi- 
pessa di  animo  grande  ed  inclinata  alla  cle- 
menza ,  si  può  credere  :  che  avrebbe  colla 
benignità  e  indulgenza  prevenuto  quel  pre- 
cipizio di  cose.  Ora  in  Vienna  fra  gli  altri 
consigli  dettati  dallo  spirito  di  vendetta  ,  si 
appigliò  la  corte  a  quello  di  confiscare  tutti 
ibeni,  crediti,  ed  effetti ,  spettanti  a  qual- 
sivoglia genovese  in  tutti  li  stati  dell'  austria- 
ca monarchia,  ascendenti  a  milioni  e  milioni . 
Si  maravigliavano  i  saggi  al  trovare  nell'edit- 
to pubblicato  per  questo,  che  vi  si  parlava 
di  ribellione,  di  delitto  di  lesa  maestà  ,  e  che 
si  usavano  altri  termini,  non  corrisponden- 
ti al  diritto  naturale  e  delle'  genti.  Nei 
monti  di  Vienna,  di  Milano,  e  di  altri 
luoghi  stavano  allibrate  immense  somme  di 

Bb  3  da- 


390  Annali  d'  Italia 
daaaro  genovese,  per  la  cui  sicurezza  era 
impegnata  la  sovrana  e  pubblica  fede,  an- 
che in  caso  di  ribellione,  e  di  ogni  altro 
maggiore  pensato  o  non  pensato  avvenimen- 
to .  Come  calpestare  sì  chiari  patti  ?  E  co- 
me condennare  tanti  innocenti  privati ,  e 
tanti  che  abitavano  fuori  del  Genovesato, 
e  se  ne  erano  ritirati  dopo  quella  spezie 
di  cattività?  Il  fallimento  poi  dei  genove- 
si si  sarebbe  tirato  dietro  quello  di  tante 
altre  nazioni .  Perchè  verisirailmente  dovet- 
tero essere  fatti  dei  forti  richiami,  e  me- 
glio esaminato  l'affare  ,  se  ne  toccò  con 
mano  l'ingiustizia.  Smontò  dipoi  la  corte 
imperiale  da  questa  pretensione  ,  e  con  al- 
tro editto  solamente  pretese,  che  i  frutti 
e  le  rendite  annue  degli  effetti  dei  genove- 
si pervenissero  al  fisco,  non  essendo  di  do- 
vere ,  che  servissero  per  far  guerra  alla 
maestà  sua  imperiale  e  regale  .  Di  grandi 
grida  ci  furono  anche  per  questo^  preten- 
dendo la  gente,  che  si  avessero  a  tenere 
in  deposito;  altrimenti  quella  corte  in  al- 
tri bisogni  farebbe  la  penitenza  della  non 
mantenuta  fede.  Nello  stesso  tempo  seria- 
mente si  pensò  alle  maniere  militari  da  far 
pentire  i  genovesi  del  loro  attentato  ;  e  a 
questo  fine  s' inviarono  in  Italia  in  gran 
copia  le  reclute,  e  dei  nuovi  corpi  di  croa- 
ti.  Giacché  il  generale  Broun  sinceramente 
scrisse  alla  corte ,  quanto  difficil  impresa 
sarebbe  1'  assedio  di  Genova  ,  in  vece  sua 
fu    eletto  il    generale    conte  Schulemburg  , 

Spe- 


Anno    MDCCXLVII.       391 
Spedito  intanto  dai  genovesi  ad  essa  corte 
imperiale  il  padre  Visetti    gesuita  ,    sicco- 
me ben  informato  dei  passati  avvenimenti, 
per  addurre  le  discolpe  del  loro    governo  , 
non  solo  non  fu  ammesso ,  ma   venne  anche 
obbligato    a  tornarsene    frettolosamente    in 
Italia.  Durante  tuttavia  il  verno,  non  volle 
l'esercito  austriaco  marcire  nell'ozio.  Esso 
ripigliò  la  Bocchetta  con  isloggiarne  i    ge- 
novesi .  La  dimora  in  quel  luogo  spelato  e 
freddo  costò  agli  austriaci  gran  perdita  di 
gente.    Rallentato  poi,    che    fu  il    verno, 
calarono   varie    partite    di  croati    al    basso 
verso  Genova  per  bottinare,  ed   inquietare 
gli  abitanti  del  paese .  Contaronsi  allora  al- 
cune crudeltà  di  quella  gente,  che  facevano 
orrore.  Né  restò  cosi  irritato  il  popolo  di 
Genova,  che  fece  sapere  ai  comandanti  ce- 
sarei y  che  se  non  mutavano  registro  ,    an- 
drebbono  a  tagliare  a  pezzi  tutti  gli  ufizia- 
li  di  lor  nazione  prigionieri. 

Sì  a  Versaglies,  che  a  Madrid  aveano 
portate  i  genovesi  le  loro  più  vive  istanze 
e  preghiere,  per  ottener  soccorsi  nel  gra- 
vissimo loro  bisogno.  L'obbligo  della  co- 
scienza e  dell'onore  esigeva  dalle  due  co- 
rone una  emenda  di  avere  sì  precipitosa- 
mente abbandonata  al  voler  dei  nemici  quel- 
la repubblica  .  Perorava  ancora  Y interesse, 
affinchè  si  potente  città  non  cadesse  in  ma- 
no dell' austriaca  potenza;  e  molto  più  avea 
forza  presso  dei  francesi  il  debito  della 
gratitudine ,  non  potendo  essi  non    ricono- 

Bb  4  sce- 


3<jà       Annali    d'Itali! 

scere  dall'animosa  risoluzion  dei  genovesi 
T  esenzion  delle  catene  ,  dhe  si  erano  pre- 
parate alla  Provenza  .  Però  amendue  le  cor- 
ti,  e  massimamente  quella  di  Francia,  pro- 
misero protezione  e  soccorso;  ordini  anche 
andarono  per  la  spedizione  di  un  convoglio 
di  truppe  e  munizioni  all'  afflitta  e  minac- 
ciata città.  Precorse  intanto  colà  il  lieto 
avviso,  e  la  sicurezza  dell'impegno  preso 
dalle  due  corone  in  suo  favore:  nuova,  che 
sparse  V  allegrezza  in  tutto  quel  popolo  3 
e  raddoppiò  il  coraggio  in  cuore  di  ognu- 
no .  Allora  fu  ,  che  il  governo  nobile  co- 
minciò pubblicamente  ad  intendersi  ed  af- 
frattellarsi  col  popolare,  per  procedere  tut- 
ti di  buon  concerto  alla  difesa  della  patria. 
Erasi  già  all'arrivo  del  generale  Schulem- 
burgo  messa  in  moto  parte  delle  soldates- 
che austriache,  cioè  croati,  panduri,  e  va- 
rasdini,  con  riuscir  loro  di  occupare  varj 
siti  non  solamente  nelle  alture  delle  mon- 
tagne ,  ma  anche  nel  basso  verso  Bagnasco, 
Campo- Morone  e  Pietra-Lavezzara  ,  con 
iscacciare  da  alcuni  postamenti  i  genove- 
si, e  con  esserne  anch'essi  vicendevolmen- 
te ricacciati  .  Non  potè  questo  succede- 
re spezialmente  nel  dì  sedici  di  febbrajo 
senza  spargimento  di  sangue.  Si  diedero 
all'incontro  i  genovesi  ad  acccrescere  mag- 
giormente le  fortificazioni  esteriori  della 
loro  città  ;  a  disporre  le  artiglierie  per 
tutti  gli  occorrenti  siti  ;  a  ridurre  in  mone- 
ta  le  argenterie,    contribuite    ora    più    di 

buon 


Anno  MDCCXLVII.  393 
buon  cuore  dai  cittadini ,  che  nei  giorni 
addietro.  Ottennero  in  oltre  da  lì  a  qual- 
che tempo  licenza  da  Roma  di  potersi  va- 
lere di  quelle  delle  chiese,  con  obbligo  di 
restituirne  il  valore  nel  termine  di  alquan- 
ti anni,  e  di  pagarne  intanto  il  frutto  an- 
nuo in  ragione  del  due  per  cento.  Furono 
poscia  dalla  corte  del  re  cristianissimo 
spediti  a  poco  a  poco  a  quella  repubblica 
un  milione  e  ducentomile  franchi;  e  in  ol- 
tre fatto  ad  essa  un  assegno  di  ducento- 
cinqùantamila  per  mese:  danaro,  che  fu 
poi  puntualmente  pagato.  Non  si  sa,  che 
dal  cielo  di  Spagna  scendesse  sui  genovesi 
alcuna  di  queste  rugiade  .  Succedette  intan- 
to l'arrivo  di  alquanti  ingegneri  e  canno- 
nieri francesi;  e  nella  stessa  città  si  anda- 
rono formando  assaissime  compagnie  urba- 
ne, ben  vestite  all'uniforme,  e  ben  arma- 
te, parte  composte  di  nobili  cadetti,  par* 
te  di  mercatanti  e  persone  del  secondo  or- 
dine, e  molte  più  delle  varie  arti  di  quel- 
la città,  animandosi  ciascuno  a  difendere 
la  patria,  e  gridando.  O  morte ,  0  liberta . 
Cotal  fidanza  nella  protezione  della  Vergi- 
ne santissima  era  entrata  in  cuore  di  ognu- 
no ,  che  si  tenevano  oramai  per  invincibi- 
li ,  attribuendo  a  miracolo  ogni  buon  snc- 
cesso  dei  piccioli  conflitti,  che  di  mano 
in  mano  andayano  succedendo  contra  de- 
gli austriaci,  o  cacciati,  o  uccisi,  o  fatti 
prigioni . 

Ad  accrescere  il  comune  coraggio  servi- 
va 


394  Annali  d'Italia 
va  non  poco  V  accennato  promesso  soccorso 
delle  due  corone  ,  e  il  sapersi  ,  che  erano 
già  imbarcati  seimila  fanti  in  Marsilia  e 
Tolone  in  più  di  sessanta  barche  e  tarta- 
ne  ,  oltre  ad  altre  vele,  che  conducevano 
provvisioni  da  bocca  e  da  guerra  ,  altro  non 
bramando  da  esse,  se  non  che  si  abbonac- 
ciasse il  mare,  e  desse  loro  le  ali  un  ven- 
to favorevole  .  Venuto  oramai  il  tempo  pro- 
pizio orca  la  metà  di  marzo  fecero  vela. 
Rondava  per  quei  mari  il  vice-ammiraglio 
Medley  con  più  vascelli  e  fregate  inglesi, 
aspettando  con  divozione  i  movimenti  di 
quel  convoglio  per  farne  la  caccia.  E  ir* 
fatti,  per  quanto  potè,  la  fece.  Fioccaro- 
no più  del  solito  le  bugie  intorno  all'esi- 
to di  quella  spedizione.  All'udir  gli  uni, 
buona  parte  di  quei  legni  e  truppe  galli- 
spane,  era  rimasta  preda  degl'inglesi;  di- 
sperso il  restante  ,  parte  avea  fatto  ritorna 
a  Tolone,  parte  si  era  rifugiato  in  Corsi- 
ca, e  a  Monaco.  Sostenevano  gli  altri ,  che 
una  fortuna  di  mare  avea  sparpagliati  tut- 
ti quei  navigli;  e  ciononostante,  non  es- 
servi stato  neppure  un  di  essi  ,  che  non 
giugnesse  a  salvamento,  approdando  chi  a 
Porto-Fino  ,  chi  alla  Spezia,  e  Sestri  di  Le- 
vante ,  e  chi  a  dirittura  a  Genova  stessa, 
dove  certamente  pervenne  la  Flora  nave  da 
guerra  francese  ,  la  quale  sbarcò  il  signor 
di  Mauriach ,  comandante  di  quelle  milizie, 
e  buon  numero  di  ufiziali,  granatieri,  e 
cannonieri.  Ventilate  dai  saggi  non  parzia- 
li 


Anno  MDCCXLVII.  395 
li  tante  alterate  notizie,  fu  conchiuso,  che 
circa  quattromila  gallispani  per  più  vie  ar- 
rivassero a  Genova  ;  più  di  mille  cadesse- 
ro in  man  degl'  inglesi  ;  e  qualche  bastimen- 
to si  ricoverasse  in  Monaco ,  dove  fu  poi 
bloccato  da  essi  inglesi,  ma  senza  frutto. 
Con  immenso  giubilo  venne  accolto  dai  ge- 
novesi questo  soccorso.,  spezialmente  per- 
chè caparra  di  altri  maggiori ,-  e  in  fatti 
s'intese,  che  altro  convoglio  s'allestiva  in 
Tolone  e  Marsilia ,  parimente  destinato  in 
loro  ajuto .  Ma  neppure  dall'altro  canto 
perdonavano  a  diligenza  alcuna  gli  austria- 
ci, con  preparar  magazzini,  artiglierie  gros- 
se e  minori,  mortai  da  bombe,  ed  altri 
attrecci  e  munizioni  da  guerra ,  più  che 
mai  facendo  conoscere  di  voler  dare  un 
esemplare  gastigo ,  seveniva  lev  fatto,  al- 
la stessa  città  di  Genova.  Giacché  sì  soven- 
te nelle  armate  austriache  il  valore  non  è 
accompagnato  da  tutti  quei  mezzi  ,  dei  qua- 
li abbisogna  il  mestier  della  guerra  :  il  che 
poi  rende  indisciplinate,  e  di  ordinario 
troppo  pesanti  le  loro  milizie  ovunque  al- 
loggiano :  alcune  città  del  cotanto  smunto 
stato  di  Milano  (giacché  mancava  di  atti- 
raglio  quell'esercito)  furono  costrette  a  pro- 
vedere cinquecento  carrette,  con  quattro 
cavalli,  e  un  uomo  per  ciascuna  ,  per  con- 
durre le  provvisioni  al  destinato  campo . 
Le  braccia  di  migliaja  di  poveri  villani  ven- 
nero anch'  esse  impiegate  a  rendere  carreg- 
giabili   le  strade  della  montagna,    affin  di 

con- 


§9^      Annali    d' Itali  a 

condurre  per  esse  le  artiglierie.  Con  tutto 
questo  apparato  nondimeno  non  poche  era- 
no le  savie  persone  credenti  ,  che  non  si 
potesse  o  volesse  tentar  quell'  impresa  ,  co- 
me molto  pericolosa  per  varj  riguardi  ,  che 
non  importa  riferire.  Ed  avendo  veduto, 
che  dopo  un  gran  consiglio  dei  primarj  ufi- 
ziali  fu  spedito  a  Vienna  il  general  Colo- 
redo ,  molti  si  avvisarono,  che  altra  mira 
non  avessero  i  suoi  passi,  che  di  rappre- 
sentare le  gravi  difficoltà,  che  s'incontre- 
rehbono ,  e  il  rischio  di  sacrificare  ivi  al 
per  altro  giusto  sdegno  non  meno  l'arma- 
ta ,  che  la  riputazione  dell'  augusta  impe- 
ratrice regina.  S' ingannarono,  e  poco  stet- 
tero ad  avvedersi  del  falso  loro  supposto  é 
All'incontro  in  Genova  si  teneva  per  ine* 
vitabile  la  visita,  e  colla  visita  ogni  mag* 
giore  asprezza  dei  tedeschi  .  Questo  immi- 
nente rischio  intanto  fu  una  efficace  predi- 
ca, perchè  quella  popolata  città  divenisse 
un'altra  Ninive,  sì  per  placare  l'ira  del 
cielo,  come  per  implorare  l'ajuto  del  Dio 
degli  eserciti  in  sì  scabrosa  contingenza. 
Cessò  pertanto  il  vizio,  purgò  ciascuno  le 
sue  coscienze  colla  penitenza ,  ed  altro  ivi 
non  si  vedevano  che  divote  processioni  ai 
santuarj  .  Più  ancora  delle  missioni  dei  re- 
ligiosi possono  aver  forza  le  missioni  del- 
la irreligiosa  gente  armata  ,  per  converti- 
re ipopoli  a  Dio.  Venuto  che  fu  il  dì  die- 
ci di  aprile,  il  generale  conte  di  Schulem- 
burg    (già  scelto    per  capo    e  direttore  di 

quel- 


Anno  MDCCXLVII.  397 
quella  impresa)  dopo  aver  visitati  i  siti  e 
]e  strade,  mise  in  marcia  T esercito  austria- 
co ,  il  quale  fu  figurato  asceodente  a  ven- 
ti in  ventiduemila  fanti  :  giacché  la  caval- 
leria in  quelle  sterili  montagne  non  potea 
concorrere  alle  fatiche  e  all'onore  deir  idea- 
to conquisto .  Sui  primi  passi  corse  rischio 
della  vita  il  generale  suddetto  ,  perchè  man- 
cati i  piedi  al  cavallo  ,  gli  rotolò  addosso 
con  tal  percossa  ,  che  sputò  sangue >  e  per 
alquanti  giorni  si  dubitò,  se  non  di  sua 
vita,  almeno  d'inabilità  a  continuare  in 
quel  comando  :  Gli  antichi  superstiziosi  ro- 
mani avrebbono  preso  ciò  per  un  cattivo 
augurio.  Calò  quell'armata,  superati  al- 
quanti ridotti,  a  Langasco,  ponte  Decimo  a 
ed  altri  siti  ;  e  fatti  alcuni  prigioni,  s'im- 
possessò di  varj  posti  in  distanza  ove  di 
cinque,  ove  di  quattro  miglia  dalla  città, 
ma  senza  stendersi  punto  alla  parte  del  Bi- 
sagno,  dove  sembrano  più  facili  le  offese 
di  essa  città.  11  quartier  generale  fu  posto 
alla  Torazza .  Non  è  improbabile ,  che  il 
consiglio  militare  austriaco  avesse  risolu- 
ta quella  spedizione  in  tempo  massimamen- 
te che  la  barriera  delle  nevi  delle  Alpi  gli 
assicurava  per  ora  dai  tentativi  dei  galli- 
spani  in  Lombardia,  stante  la  speranza  di 
poter  almen  ridurre  quella  repubblica  a 
qualche  onesto  aggiustamento ,  onde  risar- 
cito restasse  l'onore  delle  armi  dell'augu- 
sta regina,  con  animo  di  slargar  la  mano 
occorrendo  ad  ogni  possibil  sorta  d'indul- 

gen- 


39§  Annali  d'Italia 
genza .  Fu  infatti  spedito  nel  dì  15  di  à- 
prile  a  quel  governo  un  ufiziale,  che  in 
voce  e  in  iscritto  gli  fece  intendere,  come 
l'esercito  regio-cesareo  era  pervenuto  in 
quelle  vicinanze  per  farsi  ragione  dei  de- 
litti e  della  fede  violata  dai  medesimi  ge- 
novesi^ con  tanti  danni  inferiti  alle  perso- 
ne e  sostanze  deliJ  esercito  dell'  imperatri- 
ce regina  .  Che  erano  anche  in  tempo  di 
ravvedersi  e  di  ricorrere  pentiti  del  loro 
errore  alla  clemenza  di  sua  maestà,  nel  cui 
cuore  più  possanza  avea  il  desiderio  dì  far 
grazie,  che  di  dispensar  gastighi .  Edi  que- 
sta clemenza ,  e  dei  sentimenti  cristiani  di 
essa  imperatrice  regina  ,  a  cui  troppo  di- 
spiacerebbe la  rovina  di  una  delle  più  bel- 
le e  floride  città  d' Italia,  si  faceva  un  pom- 
poso elogio.  Ma  che?  se  induggiassero  a 
pentirsi  ed  umiliarsi,  si  procederebbe,  da 
erre  fossero  giunte  le  artiglierie,  con  ogni 
maggior  rigore  contro  la  loro  città,  perso- 
ne^ case,  e  campagne,  colla  giunta  di  altre 
più  strepitose  minaccie  di  ferro,  fuoco,  e 
rovine  :  le  quali  come  si  accomodassero  con 
quella  gran  clemenza  e  sentimenti  cristia- 
ni, che  giustamente  si  attribuivano  alla 
maestà  sua,  non  arrivarono  alcuni  a  com- 
prenderlo. La  risposta  della  repubblica  con- 
ceputa  con  termini  della  maggior  venera* 
zione  verso  l'augusta  imperatrice  regina, 
portava,  che  non  ad  essi  si  avea  da  impu- 
tare la  necessità,  in  cui  si  era  trovato  il 
popolo  secondo  il  gius  naturale  e  delle  gen- 
ti 


Anno    MDCèXL-VH.      399 
ti  di  prendere    le  armi    per  sua  difesa1,    e 

non  per  offesa ,  da  che  ad  altro  non  pen- 
savano gli  austriaci  ministri  ,  se  non  a  ri- 
durlo nella  estrema  povertà  e  schiavitù, 
senza  neppure  permettere,  che  ì  richiami 
loro  pervenissero  alla  regina,  il  solo  co- 
noscimento della  cui  clemènza  avea  indot- 
to il  governo  a  Volontariamente  aprir  le 
porte  alle  armi  sue.  Che  pertanto  non  ri- 
conoscendo in  sé  de  litto  ,  né  motivo  di  chie- 
dere perdono,  speravano,  che  la  somma 
rettitudine  della  maestà  sua  troverebbe  il 
lóro  contegno  degno  di  compatimento,  e 
non  di  risentimento  ;  e  che  altrimenti  av- 
venendo ,  essi  attenderebbono  a  difendere 
quella  libertà ,  in  cui  Dio  gli  avea  fatti  na- 
scere, pronti  a  dar  le  lor  vite  più  tosto 
che  cedere  a  chi  la  volesse  opprimere. 

Non  vi  fu  bisogno  di  microscopio,  per 
iscoprir  le  ragioni ,  onde  furono  mossi  i 
genovesi  a  sì  falta  risposta  .  Aveano  con- 
tratto nuovi  legami  ed  impegni  colle  co- 
rone di  Francia  e  Spagna,  senza  loro  con- 
senso non  poteano  onoratamente  venire  a 
trattati  contrarj  .  Perduta  la  protezion  di 
quelle  corti  ,  chi  più  avrebbe  sostenuti  i 
loro  interessi  in  un  congresso  di  pace?  Ve- 
nendo ora  ad  un  accomodamento,  nulla  si 
sarebbe  parlato  di  Savona  e  Finale  ,  con 
privarsi  intanto  i  genovesi  anche  della  spe- 
ranza di  ricuperarle  colle  armi ,  qualora 
gli  austriaci  fossero  ricacciati  in  Lombar- 
dia  dai  gallispani .    La  fortezza  poi  della 

cit- 


4oo  Annali  d'Italia 
città  ,  T  ardore  e  la  concordia  del  popolo 
alla  difesa,  e  le  promesse  delle  due  coro- 
ne per  una  valida  assistenza,  bastavano  be- 
ne ad  infondere  coraggio  in  chi  naturalmen- 
te non  ne  manca.  Quando  anche  peggio- 
rassero gli  affari  ,  sempre  tempo  vi  reste- 
rebbe per  una  capitolazione  .  Rinovò  intan- 
to quel  popolo  il  giuramento  di  spendere 
roba  e  vita,  per  mantenere  la  propria  li- 
bertà >  sempre  fidandosi  nelF  intercessione 
della  Vergine  santississima,  e  nella  prote- 
zione di  Dio .  Queste  riflessioni  nondime- 
no sufficienti  non  furono  ,  perchè  molte  fa- 
mie-lie  nobili  e  cittadinesche  non  si  andas- 
sero  ritirando  da  Genova  nei  mesi  prece- 
denti y  e  molto  più  all' avvicinamento  di 
questo  temporale  con  ricoverarsi  chi  a  Mas- 
sa ,  chi  a  Lucca ,  e  chi  in  altre  sicure  e 
quiete  contrade.  Ma  spezialmente  dissero 
addio  alla  loro  città  i  benestanti  di  Sarza- 
na.  Imperocché  libera  bensì  restava  ai 
genovesi  tuttavia  la  Riviera  di  Levante, 
onde  potessero  ricavar  viveri  ed  altri  na- 
turali ,  essendo  esposta  sempre  a  pericoli 
la  via  del  mare  per  cagion  delle  navi  in- 
glesi ,  intente  a  far  delle  prede  :  ma  pre- 
sero gli  austriaci  la  risoluzione  di  spogliar- 
li anche  di  quel  sussidio,  con  inviare  colà 
due  corpi  di  gente,  l'uno  per  le  montagne 
di  Parma  ,  e  l'altro  per  quelle  del  Reggia- 
no ;  e  tanto  più,  perchè  Genova  avea  da 
pensare  a  sé  stessa ,  né  forze  le  rimaneva- 
no per  difendere  quella  riviera.  Conosciu- 
to 


Anno  MDCCXLVIL  401 
to  poscia  ,  che  per  le  strade  di  Pontremo- 
li  e  delle  Cento-Croci  si  andava  ad  urta- 
re nelle  montagne  gepovesi ,  dove  i  popoli 
erano  tutti  in  armi ,  giudicarono  meglio 
di  tener  solamente  la  via  deJ  monti  reggia* 
ni.  Fu  il  generale  Voghtern ,  che  condusse 
più  di  duemila  panduri ,  e  circa  cinquecen- 
to usseri  a  quella  volta;  ma  gli  conven- 
ne far  alto  su  quel  di  Massa  di  Carrara , 
perchè  neppur  da  quelle  parti  mancavano 
ostacoli,  ed  egli  si  era  avviato  colà  senza 
cannoni,  e  per  così  dire,  col  solo  bordo- 
ne. £)a  Sarzana  erano  partiti  col  loro  me- 
glio i  cittadini  più  agiati;  e  all'incontro 
ì  contadini  aveano  in  essa  città  asportati 
i  lor  mobili,  Fece  a  questi  sapere  il  co- 
mandante genovese  della  picciola  fortezza 
ói  Sarzane  Ilo  ,  che  quando  non  si  appi- 
gliassero al  partito  di  difendersi ,  rovescie- 
rebbe  loro  addosso  coHe  sue  artiglierie  la 
città.  Giacché  di  tanto  in  tanto  andavano 
arrivando  a  Genova  con  varie  imbarcazioni 
francesi  e  spagnuole  dei  nuovi  soccorsi  , 
non  trascurò  quel  governo  di  accudire  an- 
che alla  difesa  di  essa  Sarzana.  Colà  spedi- 
to un  corpo  di  truppe  regolate,  e  un  nu- 
mero molto  maggiore  di  paesani  armati , 
rimasero  talmente  sconcertati  i  disegni  del 
suddetto  generale  Voghtern,  che  a  riserva 
di  un  palazzo ,  e  di  poche  case  saccheggia- 
te sul  Sarzanese,  niun'  altra  impresa  osò 
di  tentare.  Stavasene  egli  a  Lavenza  riti- 
rato senza  artiglierie ,  e  facendo  crocette 
Tom.  XXVII.  Ce  per 


4o2  ÀNtfÀL*  d'Italia. 
per  mancanza  dì  viveri:  laonde  prese  sa^ 
via  risoluzione  verso  la  metà  di  maggio 
di  ritornarsene  in  Lombardia  con  passare 
pel  Lucchese  e  per  Castelnuovo  di  Garfa- 
gnanaé  Molta  fu  la  moderazione  sua  in  quel 
viaggio;  ma  imparò,  che  per  far  dei  buo- 
ni digiuni  tanto  di  pane  che  di  foraggi  , 
altro  non  vi  vuole,  che  condur  truppe  e  ca- 
valli per  delle  montagne  senza  alcun  prece- 
dente preparamento. 

Eransi  intanto  Tarmi  austriache  impa- 
dronite dei  due  monti,  cioè;  Greto,  e  del 
Diamante,  da  dove  con  alquanti  cannoni, 
e  qualche  mortajo  infestavano  i  genovesi  , 
i  quali  si  erano  ben  fortificati  e  trincierati 
con  buona  copia  di  artiglierie  nel  monte 
chiamato  dei  due  Fratelli:  monte  che  fu  la 
salute  della  loro  città.  Aveano  ben  essi  au- 
striaci con  immense  fatiche  dei  poveri  pae- 
sani fatte  spianar  le  strade  verso  la  Boc- 
chetta, e  per  la  valle  di  Scrivia,  con  dise- 
gno di  condurre-per  colà  le  grosse  artiglie- 
rie e  i  mortai  ,  tratti  da  Alessandria  e  da 
altre  piazze.  II  primo  grosso  cannone,  che 
passò  la  Bocchetta,  trovando  le  strade  in- 
feriori tutte  guaste  dai  genovesi ,  rotolò 
giù  per  un  precipizio.  Non  aveano  muli  , 
non  varj  attrecci  ,  atti  a  superar  le  difficol- 
tà dei  siti  montuosi.  Tuttavia  ne  trassero 
alquanti,  mercè  dei  quali  con  bombe  e  gros- 
se granate  infestavano,  per  quanto  potea- 
no,  i  postamene  contiarj  ,  dai  quali  erano 
corrisposti  con  eguale,  anzi  con  più    fiera 

tem- 


Anno  MDCCXLVIL  403 
tempesta.  Incredibil  fu  l'allegrezza  e  con- 
Eolazione  recata  nel  dì  30  di  aprile  ai  ge- 
novesi dall'arrivo  in  quella  città  del  duca 
di  Boufiers ,  spedito  dal  re  cristianissimo  , 
per  quivi  assumere  il  comando  delle  sue 
truppe,  parte  venute,  e  parte  preparate  a 
venire  in  loro  «occorso .  Era  cavaliere  non 
men  cospicuo  pel  valore ,  che  per  la  pru- 
denza, affabilità,  e  cortesia»  Un  eloquente, 
e  ben  ornato  discorso  da  lui  fatto  al  doge 
e  ai  coìlegj  per  esaltare  il  coraggio  delle 
passate  e  presenti  loro  risoluzioni ,  e  per 
assicurarli  della  più  valida  protezione  del 
suo  monarca,  toccò  il  cuore  a  tutto  quel 
maestoso  consesso  .  Conoscendo  poscia  gli 
austriaci ,  che  più  gente  occorreva  per  ten- 
tare di  accostarsi  alla  città  di  Genova  in 
sito  da  poterla  molestare  con  bombe ,  ed 
altre  offese,  stante  l'immenso  giro  delle 
mura  nuove ,  che  da  lungi  la  difendono , 
e  per  cagione  dei  posti  avanzati ,  che  mag- 
giormente ne  difficultano  V  accesso  :  tanto 
si  adoperarono,  che  ottennero  dal  re  di 
Sardegna  un  rinforzo  di  circa  cinque  o  sei- 
mila fanti .  Non  si  aspetti  il  lettore  ,  che 
io  entri  a  riferire  le  tante  azioni  di  offesa 
e  difesa  succedute  in  quel  rinomato  asse- 
dio .  Son  riserbate  queste  a  qualche  diffu- 
sa storia,  che  senza  dubbio  sarà  composta  , 
ed  uscirà  alla  luce  .  Solamente  dirò  ,  che 
gli  sforzi  dei  tedeschi  furono  dalla  parte 
della  Polcevera  ,  senza  poter  nondimeno 
penetrare  giammai  in  san  Pier   di  Arena  , 

Ce  2  ben 


40J*  Annait  fi'llAlU. 
ben  presidiato  e  difesa  dai  gallispani.  Con.-, 
tuttociò  s'inoltrarono,  essi  cotanto  verso 
il  basso,  che  pervennero  air  Incoronata,  a, 
Sestri  di  Ponente.,  e  a  Voltri,  formando 
a  forza  di  mine  e  braccia  una  strada  sino 
al  mare  .  Non  poche  furono  le  crudeltà 
commesse  in  tale  occasione  .  Non  solamen- 
te dato  fu  il  sacco  a  quelle  terre  (siccome 
dipoi  anche  alia  Masone)  ma  eziandio  ri- 
mase uccisa  qualche  donna  e  fanciullo  _,  e 
niuna  esenzione  provarono  i  sacri  templi  ,. 
Fecero  poi  credere  ,  che  gì'  inglesi  accorsi 
per  mare  a  quella  festa  fossero  stati  gli 
assassini  di  esse  chiese  ;  ma  si  sa  ,  che  gli 
stessi  austriaci  portarono  a  Piacenza  Cali- 
ci e  Pissidi,  e  fin  gli  usciuoli  dei  taberna- 
coli per  venderli.  Niun  si  trovò ,  .che  voles- 
se comperarne  •  Il  colonnello  Franchini  fra 
gli  altri  prese  spasso  in  far  eunucare  un 
giovane  laico  cappuccino,  e  mandollo  con 
irrisioni  a  Genova  .  Restò  in  vita  e  guarì 
ti  povero  religioso  ;  ma  non  già  il  barba- 
ro Franchini  .  il  quale  da  lì  a  tre  giorni  3 
colto  da  un' archibugiata  ,  fu  chiamato  al 
tribunale  di  Dio*  Era  colui  fiorentino,  e 
disertore  dei  genovesi. 

Dopo  avere  i  francesi  ricuperate  con  gran 
tempo  e  fatiche  l' isole  di  santo  Onorato 
e  di  santa  Margherita,  finalmente  il  cava- 
lier  di  Bslllsle  nella  notte  del  dì  due  ve- 
nendo il  dì  tré  di  giugno,  con  quarantatre 
battaglioni  passato  il  Varo,  sorprese  in 
Nizza,  oltre  a  molti  soldati  alcuni  ufizia- 

li 


Anno  MDCCXLVIL  4^5  1 
li  tedeschi  e  piemontesi.  Trattò  cortese- 
mente gli  ultimi  con  dichiararli  bensì  pri- 
gionieri di  guerra ,  ma  con  rilasciar  loro 
gli  equipaggi .  Non  così  indulgente  si  mo- 
strò àgli  austriaci,  perchè  informato  delle 
barbarie  da  essi  usate  cantra  dei  genovesi . 
Continuarono  intanto  le  bellicose  azioni  sot- 
to Genova ,  e  pochi  giorni  passavano  senza 
qualche  scaramuccia  ,  o  tentativo  degli  asse- 
diane e  degli  assediati .  Spezialmente  me- 
rita di  aver  qui  luogo  l'operato  dagli  au- 
striaci nella  notte  precedente  il  giorno  del- 
la Pentecoste,  allorché,  come  dissi,  vollero 
aprirsi  una  strada  al  mare.  Col  benefizio 
di  una  dirotta  pioggia  arrivarono  essi  al 
convento  della  Misericordia  dei  padri  rifor- 
mati sopra  la  costà  di  Rivaruolo,  distante 
da  Genova  quattro  buone  miglia.  Quivi 
trovati  solamente  sessanta  uomini  di  mili- 
zie del  paese,  quando  vene  dovevano  esse- 
re quattrocento,  con  facilità  se  ne  impa- 
dronirono. Pervenuta  tal  notizia  sul  far 
del  giorno  in  Genova,  furono  immediata- 
mente chiuse  le  porte,  affinchè  niuno  po- 
tesse portare  al  nimico  la  notizia  di  quan- 
to si  era  per  operare  ,  come  altre  volte 
era  avvenuto.  Fece  dunque  nel  dì  21  di 
maggio  il  duca  di  Boujlers  fare  una  sorti- 
ta di  più  corpi  di  truppe,  parte  regolate, 
e  parte  paesane  ,  destinate  a  sloggiare  dai 
convento  suddetto  gli  austriaci,  gran  fuoco 
vi  fu  ,  e  già  questi  cedevano  ,  quando  so- 
pragiuati  in  ajuto  secento  granatieri    pie- 

Cc  3  mon- 


40G        Annali   d'Italia 
montesi,  costrinsero  alla  ritirata  i  gallò- li- 
guri,   i  quali  poi  non    negarono    di    avere 
perduto  trecento  venticinque  soldati  ,  oltre 
il  signor  de  ki  Faye  ,  rinomato    ingegnere 
francese,  e  un  capitano  di  granatieri.    Re- 
stò anche  prigione  dei  piemontesi  il  signor 
Francesco  Grimaldi  colonnello,   che  ingan- 
nato dalle  loro  coccarde ,  disavvedutamen- 
te si  trova  in  mezzo  di  essi .  Fecero  i  ge- 
novesi ascendere  circa  ad  ottocento  la  per- 
dita  degli  austriaci    fra    morti,    feriti,    e 
prigioni  ;  ma  io  non  mi  (o  mallevadore  di 
questo  .  Tentarono  anche  gì'  inglesi    di  far 
provare  a  Genova  gli  effetti  della  loro  ne- 
mistà con  mettersi  a  scagliar  bombe  dalla 
parte  del  mare.  Ma  queste  non  giugnevano- 
mai  a  terta  ,  perchè  troppo  lungi  erano  te- 
nute le    palandre    dalla    grossa    artiglieria 
disposta  sul  Molo  e  sul  Porto  :  laonde  mol- 
to non  durò  quella  scena  .  Le  nuove  intan- 
to provenienti  da  quella  città  parlavano  di 
tante    centinaja    o  migliaia-  di    gallispani , 
colà,  o  nella  Riviera  di  Levante   di  mane* 
in  mano  arrivati j    che    avrebbero    formato' 
un  possente  esercito  ,   capace  di  sconcertar 
tutte  le  misure  dei  tedeschi .  Ma  questi  fu- 
rono desiderj  ,  e  non  fatti.  Con  tutti  non- 
dimeno i  loro    sforzi ,    non    poterono    inai- 
gli   assedianti    piantare    alcun    cannone    o 
mortajo^  che  molestasse  la  città ,  né  occu- 
pare pur  uno  di  essi  posti  avanzati ,    mu- 
niti dai  genovesi  ,  come  il  monte  dei    due 
Fratelli ,  Sperone  ;  Granarolo,  Monte  Moro  ^ 

Te- 


Awno  MDCCXLVir.  407 
Tenaglia,  la  Concezione,  san  Benigno,  ol- 
tre a  Belvedere,  e  alla  lunghissima  e  for- 
te trincea  ,  che  da  questo  ultimo  monte  si 
stendeva  sino  al  mare,  e  inchiudeva  Coni- 
gliano  con  profondo  fosso  pieno  di  acqua  . 
Unanime  e  ben  fornito  di  coraggio  era  tut- 
to il  popolo  della  città  per  difenderla.  Le 
compagnie  dei  cadetti  nobili,  dei  merca- 
tanti e  delle  varie  arti  col  loro  uniforme, 
anche  sfarzoso,  e  fin  le  persone  religiose 
per  comando  del  governo  accorrevano  per 
far  le  guardie,  massimamente  al  monistero 
e  luoghi,  dove  si  custodivano  i  tanti  ufl- 
ziali  e  soldati  prigioni.  Di  questi  ultimi 
non  pochi  presero  partito,  e  insieme  coi 
disertori  tedeschi  ,  i  quali  andavano  sopra- 
venendo ,  furono  spediti  a  Napoli  .  Al  pa- 
ri anche  delle  milìzie  regolate  fecero  di  gran- 
di prodezze  in  assaissimi  luoghi  i  paesani 
genovesi  . 

Si  avvide  in  fine  il  generale  Schulemburg , 
che  maniera  non  restava  di  pot^r  prevalere 
contro  la  città  dalla  parte  della  Polcevera; 
e  però  tenuto  consiglio  ,  fu  da  tutti  con- 
chiuso di  volgere  le  ìor  maggiori  forze  al- 
la parte  del  Levante,  cioè  alla  valle  del 
Bisagno  :  sito,  dove  minori  sono  le  forti- 
ficazioni ,  e  più  facile  potr*  bbe  riuscire  di 
offendere  la  città.  Pertanto  nella  notte  e 
mattina  del  dì  tredici  di  giugno  ,  dopo 
avere  ordinati  alcuni  falsi  assalti  dalla  parte 
della  Polcevera,  e  superati  con  perdita  di 
poca  gente  varj  trincieramenti ,  improvvisa- 

Cc  4  men- 


408       Annali    d*  Itài? X 

mente  calarono  gli  austriaci  con  beli*  ordine 
a  quella  volta  ,  e  venne  lor  fatto  d' impa- 
dronirsi di  vavj  posti,  lontani  nondimeno 
circaf  quattro  miglia  da  Genova,  arrivando 
sino  alla  spiaggia  di  Sturla  e  del  mare,  es- 
iendosi  ritirati  i  genovesi,  con  cedere  alla 
superiorità  delle  forze  nemiche,  Tentarono 
essi  di  penetrare  nel  Colle  della  Madonna 
del  Monte,  e  ne  furono  rispinti  con  loro 
danno,  siccome  anòora  dal  Colle  di  Alba- 
TQ,  dove  stavano  ben  trincierati  i  gallo-li- 
guri. In  questi  medésimi  g  orni  i  gallispa- 
xii ,  dopo  avere  in  addietro  con  poca  fati- 
ca obbligato  alla  résa  il  forte  di  Monte- Al- 
bano, ed  impreso  1'  assedio  del  castello  di 
Villafranca  ,  anche  di  questo  si  renderono 
padroni  y  con  aver  fatti  prigionieri  alquanti 
battaglioni  piemontesi .  Passarono  dipoi  ver- 
so Ventimigha  ,  dove  si  trovava  il  genera- 
le Leutrort  con  venticinque  battaglioni  per 
contrastar  loro  il  passo;  ma  accortosi  que- 
sti ,  che  i  nemici  prendevano  la  *via  per  la 
montagna  di  Saorgio ,  a  fine  di  fagliargli 
la  ritirata,  prevenne  il  loro  disegno,  con 
lasciar  solamente  trecento  uomini  nel  ca- 
stello di  quella  città.  Fece  poscia  quel  te- 
nue presidio  sì  bella  difesa,  che  solamen- 
te nel  dì  due  di  luglio  ,  dopo  essere  stato 
rovinato  tutto  esso  castello  dalle  cannona- 
te e  bombe ,  si  rendè  a  discrezione  prigio- 
niere dei  vincitori .  Avendo  preveduto  per 
tempo  il  duca  di  Boujlers  il  disegno  degli 
austriaci  di  passare  jnBisagno,  si  era  por- 
ta- 


Anno  MDCCXLVIL  409 
fato  con  varj  suoi  ingegneri  alla  visita  di 
quel  sito  5  e  trovato  ,  che  il  monte  detto 
di  Fasce  era  a  proposito  per  impedire  il 
maggiore  avvicinamento  dei  nemici  ,  avea 
ordinato,  che  mille  e  cinquecento  lavora- 
tori vi  aliassero  dei  buoni  trincieramenti, 
e  che  vi  si  piantasse  una  batteria  di  can- 
noni, destinando  alla  guardia  di  posto  di 
tanta  importanza  il  valore  di  settecento 
spagnuoli  .  Da  che  furono  postati  in  Bisa- 
gno  gli  austriaco-sardi  ,  seguirono  varie 
sanguinose  azioni,  dal  racconto  delle  quali 
ini  dispenserò,  non  essendo  mio  istituto  di 
farne  il  diario,  bastandomi  di  direy  che 
dall'  incessante  fuoco  dei  genovesi  furono 
obbligati  i  nemici  a  rilasciare  alcuno  de- 
gli occupati  posti y  e  a  retrocedere  ,•  allor- 
ché tentarono  di  occuparne  degli  altri. 
Mandò  anche  ordine  il  duca  di  BoufTers , 
che  un  buon  corpo  di  francesi  e  spagnuoli 
pervenuti  dalla  Corsica  alla  Spezia,  unito 
con  secento  paesani ,  si  tenesse  in  vicinan- 
za di  Stùrla,  per  impedire  ai  nemici  lo 
stendersi  ai  danni  della  Riviera  di  Le» 
vanfe. 

Le  speranze  infanto  dell'armata  àustria> 
ca  erano  riposte  nell'  arrivo  di  grosse  ar- 
tiglierie e  mortai  y  parte  dei  quali  già  sta- 
va preparata  in  Sestri  di  Ponente ,  condot- 
ta da  Alessandria  ,  e  un'  altra1  dovea  venire 
da  Savona .  Na>n  mancarono  i  vascelli  in- 
glesi di  accorrere  colà  per  farne  il  traspor- 
to ;  ma  allorché  vollero  sbarcare  quei  bron- 
zi 


4*o       Annali    d'Italia 

zi.  a  Sturla  ,  accorsero  due  galere  genove- 
si ,  che  spingendo  avanti  un  pontone,  dove 
èrano  alquante  colubrine,  talmente  mole- 
starono quei  vascelli  ,  che  lor  convenne  ri- 
tirarsi in  alto,  e  desistere  per  allora  dal- 
lo sbarco  .  Seguì  poi  nella  notte  fra  il  dì 
24.  e  25.  di  giugno  una  calda  azione .  Per- 
ciocché calato  con  grosso  corpo  di  truppe 
dal  monte  delle  Fasce  il  signor  Paris  Pi- 
nelli,  per  isloggiar  da  quelle  falde  gli  au- 
striaci, che  si  erano  .postati  in  due  siti, 
gli  riuscì  bensì  di  rovesciar  quei  picchet- 
ti ;  ma  accorso  un  potente  rinforzo  di  te- 
deschi ,  fu  obbligata  la  sua  gente  a  retro- 
cedere. Essendo  restata  a  lui  preclusa  la 
ritirata,  dimandò  quartiere;  ma  quei  bar- 
bari inumanamente  gli  troncarono  il  capo» 
Era  egli  cavaliere  di  Malta  ,  e.  da  Malta 
appunto  era  venuto  apposta  per  assistere 
alla  difesa  della  patria.  Portata  questa  nuo- 
va al  generale  Pinelli  suo  fratello,  che  sta- 
va alla  Scofferra  ,  talmente  si  lasciò  tra- 
sportare dall'eccesso  del  dolore  e  della  rab- 
bia ,  che  con  una  maggior  crudeltà  volle 
compensar  V altra,  levando  di  vita  due  bas- 
si ufìziali  tedeschi,  dimoranti  prigioni  pres- 
so di  lui.  Il  corpo  dell'ucciso  giovane  ri- 
chiesto agli  austriaci,  e  portato  a  Genova, 
coi  maggiori  militari  onori  fu  condotto  al- 
la sepoltura.  Altro,  come  dissi  ,  non  re- 
stava all'armata  austriaca,  che  di  ricevere 
un  buon  treno  di  artiglierie,  mortai  e  bom- 
be, lusingandosi,  che  con  alzar  buone  bat- 
te- 


Anno  MDCCXLVII.  411 
terìe  si  potrebbero  avanzar  più  oltre.,  e 
giugnere  almeno  a  fulminar  parte  della  cit- 
tà con  una  tempesta  di  bombe:  il  che  se 
mai  fosse  avvenuto,  parea  non  improbabi- 
le ,  che  i  genovesi  avessero  potuto  accudi- 
re a  qualche  trattato.  Ma  queste  erano  lu- 
singhe >  trovandosi  tuttavia  le  loro  armi 
tre  o  quattro  miglia  lontane  da  Genova , 
e  con  più  siti  avanzati ,  che  coprivano  la 
città,  e  guernitì  di  difensori,  che  non  co- 
noscevano paura.  Vennero  infatti,  nonostan- 
te Topposizion  dei  genovesi  ^  cannoni  e 
mortai  ;  furono  sbarcati  ;  si  alzarono  bat- 
terie :  coniche  allora  gli  assedianti  si  ten- 
nero in  pugno  la  conquista  di  Genova.  An- 
zi è  da  avvertire  ,  che  portata  da  un  ufi- 
ziale  a  Vienna  la  nuova  della  discesa  in 
Bisagno,  ossia  che  quelPufiziale  spalancas- 
se la  bocca,  oppure  che  a  dismisura  si  am- 
plificassero le  conseguenze  di  tale  azione , 
senza  saper  bene  la  positura  di  quegli  af- 
fari ;  certo  è,,  che  nella  corte  imperiale  sì 
fattamente  prevalse  la  speranza  di  quel 
grande  acquisto^  che  di  giorno  in  giorno 
si  aspettava  l'arrivo  dei  corrieri ,  apporta- 
tori di  sì  dolce  nuova  ,  e  si  giunse  fino  a 
spedir  fuori  per  qualche  miglio  i  lacchè, 
acciocché  sentito  il  suono  delle  liete  cor- 
nette,  frettolosamente  ne  riportassero  l'av- 
viso alle  cesaree  loro  maestà.  Non  tarda- 
rono molto  a  disingannarsi . 

Un  giuoco  y  che  non  si  sapeva  intendere 
in  questi  tempi ,  era  il  contegno  dei  fran- 

ce- 


4ia       Annali    d'  Italia 

cesi ,  e  molto  più  dei  spagtmoli  fra  i  quali 
compariva  una  concordia,  che  insieme  po- 
tea  dirsi  discordia  .  Frano  venuti  a  Men- 
tane l'infante  don  Filippo,  e  il  duca  di 
Modena.  Ognun  si  credeva,  e  per  fermo 
lo  tenevano  i  genovesi  ,  che  quel  grosso 
corpo  di  gallispani  ,  lasciando  bloccato  il 
castello  di  Ventiriiiglia  >  proseguirebbe  alla, 
volta  di  Savona,  anzi  si  faceva  ,  ina  senza 
fondamento ,  già  pervenuto  ad  Oneglia  : 
quando  all'improvviso  fu  veduto  retroce- 
dere al  Varo.  Chi  dicea,  per  unirsi  col 
corpo  maggiore  dell'  armata ,  comandata 
dal  maresciallo  di  Bellisle ,  e  dal  marchese 
de  las  Minas  ;  e  chi  per  prendere  laT  via 
dei  monti  di  Tcrìda  ,  e  passar  nella  valle 
di  Demont  ,  allorché  il  nerbo  maggiore 
degli  altri  gallispani  fosse  penetrato  colà  . 
Certo  è,  che  da  un  turbine  erano  allora 
niinacciati  gli  stati  del  re  di  Sardegna  ; 
perchè  congiunte  che  fossero  le  armi  fran- 
cesi e  spagnuole ,  tfovavansi  superiori  di 
molto  quelle  forze  alle  sue.  Il  perchè  sul 
fine  di  giugno  o  principio  di  luglio,  fa 
spedito  il  giovane  marchese  di  Orraea  al 
generale  di  Sculemburg,  per  rappresentar- 
gli T  urgente  bisogno ,  che  aveva  il  re  di 
richiamar  le  sue  truppe  dall'assedio  di 
Genova,  per  valersene  alla  propria  difesa  « 
Gran  dire  fu  dell'  armata  austriaca  per  que- 
sta novità,  parendo  a  quegli  ùfiziali ,  che 
fosse  tolta  loro  di  bocca  la  conquista  di 
quella  città  :    cotanto  si  erano  insperanziti 

per 


Anno  MDCCXLVU.  413 
per  la  venuta  delle  bombarde  e  dei  mor- 
taj  .  Sparlarono  perciò  non  poco  del  re  di 
Sardegna  ,  quasi  che  fra  lui  e  i  francesi 
passassero  ^intelligence  ,  quando  chiarissimo 
era  il  motivo  di  rivoler  quelle  milizie , 
Trovavasi  1*  esercito  austriaco  assai  este- 
nuato tanto  per  le  morti  della  gente  peri- 
ta nelle  moltissime  passate  baruffe ,  quanto 
per  la  disertata,  e  per  l'altra  mancata  di 
malattie  e  di  stenti ,  Perciocché  nulla  tro- 
vando essi  fra  quegli  sterili  dirupi,  tutto 
conveniva  a  far  passare  colà  dalla  Lombar- 
dia pel  vitto,  per  le  munizioni  da  guerra 
e  foraggi.  £  tali  trasporti  non  di  rado 
con  varj  impedimenti  e  dilazioni  a  cagion 
dei  tempi,  delle  strade  difficoltose  ,  e  dei 
rompersi  le  carrette ,  che  interrompevano 
il  corso  delle  susseguenti ,  di  maniera  che 
giorno  vi  fu  ,  in  cui  si  penò  ad  aver  la 
pagnotta .  Gran  parte  ancora  delle  tante 
carrette  a  quattro  cavalli.,  provvedute  dal- 
lo  stato  di  Milano,  andò  a  male. 

A  tale  stato  ridotte  le  cose,  e  sminuite 
le  forze  per  la  richiesta  retrocession  dei 
piemontesi  ,  conobbe  il  conte  di  Sculem- 
burg  generale  austriaco  la  necessità  di  le- 
vare il  campo  ;  e  tanto  più  ,  perchè  anda- 
vano di  tanto  in  tanto  giugnendo  per  ma- 
re a  Genova  nuove  truppe  di  Francia  ,  ed 
alcune  di  Spagna  .  Pertanto  colla  maggior 
saviezza  possibile  nel  dì  due  di  luglio^ 
giorno  della  Visitazion  della  Vergine  San- 
tissima, cominciò  egli  a  spedire  in  Lom- 
bare 


414       Annali    d'Italia 

bardia  gli  equipaggi ,  attrecci  militari,  ma* 
lati,  e  vivandieri.  Rimbarcarono  gl'in- 
glesi le  artiglierie;  parte  dei  piemontesi 
s' inviò  verso  Sestri  di  Ponente  per  passare 
in  barche  alla  volta  di  Savona.  Siccome 
questi  movimenti  non  si  poteano  occultare  , 
così  cagion  furono  di  voce  sparsa  per  Ita- 
lia, che  gli  austriaci  nel  dì  quattro  del 
suddetto  mese  di  luglio  avessero  sciolto  V 
assedio  di  Genova.  La  verità  si  è,  ch'es- 
si solamente  nella  notte  scura  precedente 
al  dì  sei  marciarono  alla  sordina  verso  le 
alture  dei  monti,  e  sospirando  si  ridussero 
in  Lombardia  ,  prendendo  poi  riposo  a 
Gavi ,  Novi,  ed  altri  siti,  ancorché  più 
giorni  passassero  ,  prima  che  avessero  ab- 
bandonati tutti  i  dianzi  occupati  posti. 
Non  vi  fu  chi  gì'  inseguisse  o  molestasse  , 
perchè  bastava  ai  genovesi  per  un'  insigne 
vittoria  l'allontanamento  di  sì  fieri  nemi- 
ci,,  con  restar  essi  padroni  del  campo.  Si 
aggiunse  in  oltre  un  fastidioso  accidente  5 
che  arenò  qualunque  risoluzione  che  si  po- 
tesse o  volesse  prendere  da  loro  in  queli' 
emergente.  Pochi  dì  prima  era  caduto  in- 
fermo il  duca  di  Boufiers  .  Fu  creduta  sul 
principio  dai  medici  scarlattina  la  sua  feb- 
bre, ma  venne  poi  scoprendosi  ,  che  era 
vajuolo  ,  e  di  sì  perniciosa  qualità,  che 
nel  dì  tre  di  luglio  il  fece  passare  all'al- 
tra vita.  Non  si  può  esprimere  il  cordo- 
glio ,  che  provarono  per  colpo  sì  funesto 
i  genovesi  :  tanta  era  la  stima  e    l'amore, 

eh'  es- 


Asnò  MDCCXLVII.  4r5 
ch'essi  aveano  conceputo  per  così  degno 
tavaliere ,  stante  la  gloriosa  forma  dei  suo 
contegno ,  e  il  mirabil  suo  zelo  per  la  lor 
difesa  e  salute.  11  piansero  come  fosse 
mancato  un  loro  padie,  e  con  suntuose 
esequie  diedero  l'ultimo  addio  al  suo  cor* 
po^  ma  non  già  alla  memoria  di  lui. 

Ora  trovandosi  il  popolo  di  Genova  li- 
berato da  quella  furiosa  tempesta,  chi  può 
dire ,  quai  risalti  di  allegrezza  fossero  i 
suoi  ?  Erano  ben  giusti .  Le  lettere  proce- 
denti di  là  in  addietro  portavano  sempre, 
che  nulla  mancava  loro  di  provvisioni  da 
vivere .  Vennesi  poi  scoprendo ,  che  dopo^ 
la  calata  dei  nemici  in  Bisagno  erano  stra- 
namente cresciute  le  loro  angustie,  giac- 
ché per  terra  nulla  più  riceveano ,  e  gravi 
difficoltà  s'incontravano  a  ricavarne  per  ma- 
re a  cagion  dei  vascelli  inglesi  sempre  in 
aguato  per  far  loro  .  del  male,  e  la  città 
si  trovava  colma  di  gente  ,  essendosi  colà 
rifugiate  migliaja  di  contadini  ,  spogliati 
tutti  di  ogni  loro  avere.  Parimente  si  sep- 
pe,5 essere  costata  di  molto  la  lor  difesa 
per  tante  azioni,  dove  aveano  sacrificate 
le  lor  vite  assaissimi  gallispani  e  razionali- 
Ma  in  fine  tutto  fu  bene  speso.  Era  riso- 
nato, maggiormente  risonò  per  tutta  l'Ita- 
lia, anzi  per  tutta  l'Europa  il  rome  dei 
genovesi,  per  aver  sì  gloriosamente,  e  con 
tanto  valore  ricuperata  e  sostenuta  la  loro 
libertà.  Uscì  poscia  chi  volle  dei  nobili  e 
del  popolo ,  per  visitare  i  siti  già  occupa- 
ti 


4*6       Anhal  id*  Italia 
ti  dai  nemici.  Trovarono  dapertutto ,  cioè 
in  un  circondario  di  moltissime  miglia  utj 
lagrimeyole  teatro  di  miserie  ,    ed  un    or- 
rido deserto  •    Le  tante  migliaja    di    case, 
palazzi ,  e  giardini  per  sì  gran  tratto    nei 
contorni  ,  già  nobile  ornamento   di    quella 
magnifica    città,    spiravano   ora   solamente 
orrore,  perchè  alcuni  incendiati,  e  gli  ai- 
tri  disfatti  ;  le  chiese  e  i  monisterj  profa- 
nati e  spogliati  di  tutti  i  sacri  vasi  e  ar* 
fedi.  Per  non  far  inorridire  i  lettori,   mi 
astengo  io  dal  riferire  le  yarie  maniere  di 
barbarie  praticate  in  tal    congiuntura    dai 
^'bestiali  croati  contro  uomini ,  donne,  fan- 
ciulli, preti  e    frati:    il    che    fu    cagione, 
che  anche  i  paesani   genovesi    talvolta   in- 
fierissero contra  di  loro.    Seguirono   senza, 
dubbio  tante  crudeltà  contro  il  volere  del- 
la clementissima  imperadrice;    ma    non    è 
già  onore    dell*  inclita    nazione    germanica 
V  essersi  in    questa    occasione    dimenticata 
cotanto  di  essere  seguace  di  Cristo  Signor 
nostro.    Niun  movimento,    siccome    dissi, 
fecero  per  molti  giorni  i  francesi  e   geno- 
vesi contra  dei  tedeschi ,  a  riserva  di    un* 
irruzione  fatta  da  alcune  centinaia  di  quei 
montanari    nei    feudi    imperiali    del    conte 
Girolamo  Fieschi  in  valle  di  Scrivia  ,    do- 
ve diedero  il  sacco,    «  poscia    il    fuoco    a 
quelle  castella  e  case .   Ma  saputasi  questa 
enorme  ostilità  in  Genova  ,  condannò  quel 
governo  come  masnadieri  e    ladri    coloro, 
che  senza  alcnna  autorità  aveano  tanto  osa- 
to 


Anno    MDCCXLVII.      4tf 
to  contra  feudi  dell'  imperio*  laonde  cessò 
da  lì  innanzi  tale  insolenza  . 

Aveano  in  questo  mentre  adunate  i  fran- 
cesi di  molte  forze  in  Delfinato  e  Proven- 
yenza  ,  ma  senza  che  s'intendessero  i  mi- 
ster] degli  spagnuoli  ;  i  quali  tuttoché  stes- 
sero in  quelle  parti,  pure  niuna  voglia  mo- 
stravano di  concorrere  nei  disegni  d^gli  al- 
tri. Erasi  il  grosso  delle  milizie  dei  re  di 
Sardegna  accampato,  parte  a  Pinerolo,  e 
parte  a  Cuneo,  e  in  altri  luoghi  della  val- 
le di  Demontj  con  esser  anche  accorse  co- 
là in  ajuto  suo  non  poche  truppe  austria- 
che :  giacché  quest'ultimo  si  giudicava  il 
sito  più  pericoloso  ,  ed  esposto  alla  calata 
dei  francesi,  restando  per  altro  incerto,  a 
qual  parte  tendessero  i  loro  tentativi,  e  il 
tanto  loro  andare  qua  e  là  rondando  per 
quelle  parti.  Non  lasciò  esso  re  di  guarni- 
re di  gente  anche  gli  altri  passi  dell'  Alpi* 
per  li  quali  si  potessero  temere  i  loro  in- 
sulti .  Uno  fra  gli  altri  fu  quello  di  Colle 
delT  Assiefta  fra  Exiles  e  le  Finestrelle  : 
posto  considerabile,  perchè  superato  esso, 
si  passava  a  dirittura  verso  di  Pinerolo  e 
Torino.  E  questo  appunto  venne  scelto  dal 
cavalier  di  Belllsle  ,  fratello  del  marescial- 
lo, e  luogotente  generale  nell'armata  di 
Francia,  per  superarlo,  giudicando  assai 
facile  l'impresa  per  le  notizie  avute ,  che 
alla  guardia  di  quei  trincieramenti  non 
istessero  se  non  otto  battaglioni  piemonte- 
si fra  truppe  regolate    e  valdesi.    Dicono, 

Tom.  XXVII.  Dd  eh' 


4i§      A  untali   D'  traiti 

eh* egli  avesse    circa  quaranta    battaglioni, 
parte  dei  quali  fu  spedita   a  prendere  varj 
siti  all'*  intorno,  affinchè  se  il  colpo  veniva 
fatto,  niuno  dei    piemontesi    potesse    colla 
fuga  salvarsi.    Stava    all'erta  il    conte    di 
Bricherasco  ,  tenente  generale  del  re  di  Sar- 
degna ,  deputato  alla  custodia  di  queir  im- 
portante passo,    e  a  tempo  gli    arrivò    «n 
rinforzo  di  due    o  pur  tre  battaglioni  au- 
striaci, comandati   dal  generale  conte    Col- 
loredo.  Aìleore  quindici  dunque  del   dì  die- 
cinove di  luglio  vennero  i  francesi ,    divisi 
in   tre  colonne,  all'assalto  dell' Assietta  con 
alquanti  piccioli  cannoni  (niuno  ne  aveano 
i  piemontesi)  e.  cominciarono    parte    a  sa- 
lire, parte  ad   arrampicarsi    per    quell'erta 
montagna.    Vollero    alcuni    sostenere,    che 
nella  precedente  notte   fosse  ivi    nevicato  , 
onde    stentassero    i   francesi    a  tenersi    rit- 
ti ,  e  maneggiarsi  nella  salita  ;    ma  non  fu 
creduto  ,    perchè    poco    prudente    sarebbe 
sembrata    in  circostanza   tale    la  risoluzio- 
ne   àeì  Btllisle.    E    pure    questa    fu    veri- 
tà.   Per  tre  volte    i   francesi   divisi    in    tre 
colonne,    non   ostante    il   loro  grande    disa- 
vantaggio,    andarono  bravamente   all'assal- 
to ,  e  sempre  furono  con  grave  loro  perdi- 
ta o  uccisi,  o  feriti,   o  rotolati  a    basso. 
Fremeva  né  sapeva  darsi   pace  di   tan  ta  re- 
sistenza ,    e  di   sì   infelice  successo  il  cava- 
lier  di  Bellisle;  e  però  impaziente,    a  fine 
di   animar  la  sua  gente  ad   un   nuovo  assal- 
to, si  mise  egli  alla  testa  di  tutti;  e  sali- 
to 


Anno  MDCCXLVII.  419 
io  sino  alle  barricate  nemiche,  quivi  ardi- 
tamente piantò  una  bandiera ,  credendo , 
che  niuno  dei  suoi  farebbe  meno  di  lui  . 
Quando  eccoti  un  colpo  di  fucile  ,  per  cui 
restò  ferito,  e  poscia  un  colpo  di  bajonet- 
ta  ,  che  lo  stese  morto  a  terra .  Il  valore 
e  coraggio  bella  lode  è  ancora  dei  genera- 
li di  armata  ,  ma  non  mai  la  temerità  ; 
perchè  la  conservazione  della  lor  vita  è 
interesse  di  tutto  l'esercito.  Probabilmen- 
te non  fu  molto  lodata  l'azione  di  esso 
cavaliere ,  uno  dei  più  rinomati  e  stimati 
guerrieri  ,  che  si  avesse  la  Francia  ,  la  cui 
perdita  fu  generalmente  compianta  dai  suoi. 
Dopo  altri  tentativi  ebbe  fine  sul  far  del- 
la notte  il  conflitto  ;  ed  usciti  pochi  gra- 
natieri piemontesi  ed  austriaci  inseguirono 
colle  scìable  alla  mano  fin  quasi  a  Sestrie* 
res  i  fugitivi  francesi .  Per  sì  nobil  difesa 
gran  lode  conseguirono  i  due  generali  con  e 
dì  Bricherasco  e  conte  Colloredo,  e  il  ca- 
valiere Àlciati  maggior  generale  ,  e  il  con- 
te Martinenghi  brigadiere  dd  re  di  Sarde- 
gna .  In  fatti  fu  la  vittoria  compiuta  .  Cir- 
ca secento  feriti  rimasti  sul  campo  furono 
fatti  prigioni  ,  e  fu  creduto,  che  la  perdi- 
ta dei  francesi  tra  morti  ,  feriti  ,  e  prigio- 
nieri ascendesse  a  cinquemila  persone,  fra 
le  quali  trecento  ufiziali .  A  poco  più  di 
ducento  uomini  si  ristrinse  quella  dei  pie- 
montesi ed  austriaci  ;  e  però  con  ragione 
si  solennizzò  quel  trionfo  con  \ar)Te  Deum 
per  gli  stati  del  re  dì  Sardegna  e  in  Mila- 

Dà  2  no  . 


420       A N- n  a  li    d'Italia. 
no  .  Fu  anche  immediatamente  celebrato  in 
un    elegante  poemetto    italiano  dal    signor 
Giuseppe  Bartoli  ,  pubblico  lettore  di    lin- 
gua greca  nell'università  di  Torino. 

Quello  poi,  che  più  fece  maravigliar  la. 
gente ,    fu ,    che    quantunque  tale    percossa* 
bastante  non  fosse  ad  infievolire  le  forze  dei 
gallispani,  pure  niun  tentativo  o  movimento, 
fecero  da  lì  innanzi  contro  le  terre  del  Pie- 
monte ,  anzi  piuttosto  furono  invase  dai  pie- 
montesi alcune  contrade  della  Francia  ,  ben- 
ché  con    poco    successo .    L' accampamento, 
maggiore  del  re    suddetto,  siccome    dissi  ,; 
fu  a  Cuneo,  e  nella  valle  di  Demont,  do- 
ve egli  medesimo  si  portò  in  persona ,  perm- 
eile quivi  parea  sempre  da  temersi  qualche 
irruzion  dei  nemici .  Attesero  in  questi  tem- 
pi i  genovesi    a    fortificar    varj  posti    fuor 
della    città,    e    spezialmente    quello    della 
Madonna  del    Monte ,  avendo    la  sperienza 
fatto  loro  conoscere ,  quai  fossero  i  perico- 
losi,    e  quali  gli  utili  e  i  necessarj  per  la- 
loro  difesa.  Entrata  una  specie  di  epidemia 
fra  i  tanti  contadini  ,  già  rifugiati   in  essa 
città  a  cagion  dei  terrori ,  fatiche  ,  e  sten- 
ti passati  ,  ne  condusse  non  pochi  al  sepol- 
cro ,  e  gli  stessi  cittadini  non  andarono  esen- 
ti da  molte  infermità  .  Ebbero  essi  genove- 
si in  questi  medesimi   giorni  molte    vessa- 
zioni alla  Bastia  in  Corsica  ;  ma  io  mi  di- 
spenso dal  riferire  quei  piccioli  avvenimen- 
ti ,  Nel  dì  5  poi  di  settembre    una    grossa 
partita  di  gallispani,    varcato  i'Apennino  s 

sce» 


A  n  n  d  MDCCXLVIT.  421 
scese  in  valle  di  Taro  del  Parmigiano  •  vi 
fece  alquanti  austriaci  prigionieri;  intimò 
le  contribuzioni  a  quel  borgo  ed  altre  vil- 
le con  asportarne  gli  ostaggi ,  e  circa  mil- 
le e  cinquecento  capi  di  bestie  tra  grosse 
e  minute.  Per  timore  che  non  calassero  an- 
che a  Bardi  e  Compiano,  essendo  accorsi 
due  reggimenti  tedeschi,  cessò  tosto  quel 
turbine .  Intanto  il  re  di  Sardegna  lungi 
dal  temere,  che  i  gallispani  s' inoltrassero 
per  la  Riviera  di  Ponente  ,  fece  di  nuovo 
occupare  dalle  sue  truppe  la  città  di  Ven- 
timiglia  ,  ed  imprendere  dal  barone  di  Leiu 
tron  il  blocco  di  quel  castello,  alla  cui  di- 
fesa era  stato  posto  un  gagliardo  presidio  é 
Per  molto  tempo  soprintendente  al  governo 
di  Milano  e  degli  altri  stati  austriaci  di 
Lombardia  era  stato  il  conte  Gian- Luca 
Pallavicini,  come  plenipotenziario  e  gene^t 
tale  di  artiglieria  dell1  augustissima  impe- 
tadrice  ,  cavaliere  disinteressato  ,  e  magni- 
fico in  tutte  le  sue  azioni.  Fu  egli  chiama- 
to a  Vienna  per  istanze  e  calunnie  degl' 
inglesi ,  ma  ciò  non  ostante  promosso  al 
riguardevol  posto  di  governatore  perpetuo 
dei  castellò  di  Milano .  In  luogo  suo  nel 
di  diecinove  di  settembre  pervenne  ad  es- 
sa città  di  Milano  il  conte  Ferdinando  di 
Harrach ,  dichiarato  governatore  e  capitan 
generale  della  Lombardia  austriaca.  Portò 
questi  seco  la  rinomanza  di  una  sperimen- 
tata saviezza,  massimamente  negli  affari 
politici,  e  un  complesso  di  altre  belle  do- 

Dd  3  ti, 


422       ànnaii    d'Italia 
ti,  che  fecero  sperare  a  quei  popoli  un  ot- 
timo governo,  e  tollerabile  la  perdita,  che 
aveano  fatta  dell'altro. 

Sperava  pure  la  città  di  Genova  dopo 
tante  passate  sciagure  di  godere  l'interna 
calma;  e  pure  un'altra  inaspettata  si  ro- 
vesciò sopra  di  essa,  da  che  fu  passata  la 
metà  di  settembre.  Uno  strabocchevole  tem- 
porale di  terra  e  di  mare  ,  con  diluvio  di 
pioggia  e  vento,  con  fulmini  e  gragnuola 
grossissima,  talmente  tempestò  quella  cit- 
tà, che  ruppe  una  immensa  copia  di  vetri 
delle  case  ,  rovesciò  non  pochi  cammini  e 
tetti,,  talmente  che  parve  quivi  il  dì  del 
finale  giudizio.  Dominò  in  oltre  un  furio- 
so libeccio  sul  mare,  che  allagò  parte  del- 
la città  ,  e  danneggiò  gran  copia  di  quelle 
case,  oltre  della  rovina  degli  orti  e  delle 
vigne  per  più  miglia.  Arrivò  verso  il  fi- 
ne dei  mese  suddetto  a  conoscere  quell' 
afflitto  popolo  il  duca  di  Richelieu  ,  per- 
sonaggio di  rara  attività  e  di  mente  vi- 
vace, inviato  dal  re  cristianissimo  a  co- 
mandar l'armi  gallispane  nel  Genovesato. 
Ascendevano  queste ,  per  quanto  fu  credu- 
to, a  quindicimila  persone.  Un  corpo  di 
questa  gente  venne  ad  impossessarsi  della 
picciola  città  di  Bobbio  ,  e  per  la  Treb- 
bia arrivò  fin  presso  a  Piacenza.  Se  quel 
fiume  non  fosse  stato  gonfio,  avrebbe  fatto 
paura  alla  tenue  guernigione  di  quella  cit- 
tà .  Kastellarono  molti  bestiami  ,  imposero 
contribuzioni  ,  presero  qualche  nobile  pia- 

cen- 


Anno  MDCCXLVII.  423 
tentino  per  ostaggio  .  Ma  sollevatisi  i  vil- 
lani in  numero  di  due  e  più  mila,  strinse- 
ro circa  cento  trenta  di  quei  masnadieri  , 
che  ristretti  in  Nibbiano  non  si  vollero 
arrendere  prigioni  _,  se  non  ad  un  corpo  di 
truppe  regolate  tedesche,  le  quali  gli  ob- 
bligarono a  restituire  tutto  il  maltolto. 
Qualche  irruzione  ancora  seguì  tu  1  basso 
Monferrato,  dove  essi  gallo  liguri  colsero 
varj  soldati  austriaco- sardi  ,  fecero  botti- 
no di  bestiami,  e  preda  di  drappi  e  panni , 
che  andavano  in  Piemonte  ,  oltre  all'aver 
esatte  alquante  contribuzioni.  Fioccarono 
anche  i  flagelli  sulla  bassa  Lombardia,  per- 
chè la  cessata  nel  precedente  verno  epide- 
mia dei  buoi  ripullulò  e  crebbe  aspramen- 
te nel  Veronese,  Vicentino,  Bresciano,  in 
qualche  sito  del  Padovano,  e  ad  Mantova- 
no di  là  da  Po  ,  e  passata  nel  Ferrarese, 
quivi  diede  principio  ad  una  orrida  strage. 
In  oltre  il  Po  soverchiamente  ingrossato  di 
acque  inondò  Adria  ed  Ariano.  Anche  1* 
Adige  e  la  Brenta  allagarono  parte  del 
Polesine  di  Rovigo  e  del  Padovano.  A  tan- 
ti guai  si  aggiunse  di  più  la  scarsezza  del 
raccolto  dei  grani   in  molte  provincie. 

Godè  Roma  all'  incontro  non  solo  una 
invidiabil  tranquillità,,  ma  occasioni  ezian- 
dio di  allegrezze,  stante  la  promozione 
fatta  nel  dì  dieci  di  aprile  dal  sommo  pon- 
tefice Benedetto  XIV  dei  cardinali  nomina- 
ti dalle  corone  ,  e  in  appresso  nel  dì  tre 
di  luglio  ancora  del  duca  di  Jorch    secon- 

Dd  4  do- 


42/>      Anna  ti  d'Itaii! 

dogenito  del  cattolico  re  d' Iughiltera  Gia- 
como III.  Fu  in  essa  Metropoli  fabbricata 
per  ordine  del  re  di  Portogallo  una  cap- 
pella di  tanta  ricchezza  e  di  sì  raro  lavo- 
ro, che  riuscì  di  ammirazione  di  ognuno. 
Costò  circa  cinquecentomila  scudi  romani, 
ed  imbarcata  in  questo  anco  venne  traspor- 
tata a  Lisbona .  Maggiori  furono  i  motivi 
di  giubilo  nella  real  corte  di  Napoli  ;  per- 
ciocché quella  regina  alle  tre  della  notte 
precedente  il  dì  quattordici  di  giugno  nel- 
la villa  di  Portici  diede  alla  luce  un  prin- 
cipino, a  cui  fu  posto  ntl  Battesimo  il  no- 
me di  Filippo  Antonio  Gennaro  ec.  questo 
regalo  fatto  da  Dio  a  quei  regnanti  tanto 
più  si  ìiconcbbe  prezioso,  perchè  il  re  di 
Spagna  Ferdinando  non  avea  finora  veduti 
frutti  del  suo  matrimoniò;  e  questo  ger- 
me novello  riguardava  non  meno  il  re  del- 
le due  Sicilie  ,  che  la  monarchia  di  tutta  la 
Spagna  •.  Quai  fossero  i  risalti  di  gioja  in 
quella  real  corte  e  nella  nobiltà  e  popolo 
di  una  Metropoli  tanto  copiosa  di  gente  , 
non  si  potrebbe  dire  abbastanza.  Grandi 
feste  ed  allegrezze  per  più  giorni  solenniz- 
zarono dipoi  questo  fortunato  avvenimento. 
Fece  il  re  un  dono  alla  regina  di  cento- 
mila ducati  ,  e  un  accrescimento  di  altri 
dodicimila  annui  all'antecedente  suo  ap~ 
panaggio.  Dalla  città  e  regno  fatto  fu  pre<- 
pan-mento  a  fin  di  donare  a  sua  maestà  un 
milione  per  le  f&ce  del  nato  principino, 
che  fu  intitolato  duca  di  Calabria  .    Parte- 

ci- 


Anno  MDCCXLVII.  4*5 
cipò  di  tali  contentezze  anche  la  real  cor- 
te di  Madrid,  il  cui  monarca  dichiarò  in- 
fante di  Spagna  questo  suo  real  nipote,  è 
Fu  detto  ,  che  gli  assegnasse  anche  una  pen- 
sione annua  di  quattroc^ntomila  piastre, 
A  due  sole  considerabili  imprese  si  ri- 
dusse la  guerra  fatta  nel  presente  anno  nei 
Paesi  Bassi  fra  il  re  cristianissimo  e  gli  al- 
leati.  V'intervenne  in  persona  lo  stesso  re  , 
il  cui  potentissimo  esercito  era  di  gran  lunga 
superiore  a  quello  dei  suoi  nemici .  Nel  dì 
due  luglio  si  trovarono  a  vista  le  due  ar- 
mate fra  Mastricht  e  Tongres.  Attaccaro- 
no i  francesi  la  zuffa  coli'  ala  sinistra  dei 
collegati,  composta  d'inglesi,  hannoveria-^ 
ni  ,  ed  assiani ,  i  quali  fecero  una  rnirabii 
resistenza  nel  villagio  di  Laffeld,  con  far- 
ne costare  ben  caro  l'acquisto  ad  essi  fran- 
cesi .  Il  valoroso  conte  di  Sassonia  mare- 
sciallo generale  di  Francia,  veggendo  più 
volte  rispinti  i  suoi,  entrò  egli  stesso  con 
altro  nerbo  di  gente  nella  mischia,  e  final- 
mente gli  riuscì  di  far  battere  la  ritirata 
ai  nemici  e  d' inseguirli  .  Intervenne  a  sì 
calda  azione  il  duca  di  Cumberland  secon- 
dogenito del  re  britannico  e  generale  del- 
le sue  armi  ,  e  con  tale  ardore  ,  che  corse 
gran  pericolo  di  sua  vita  .  Per  difenderlo 
si  espose  ad  ogni  maggior  cimento  il  ge- 
ntrale  Ligonier  ,  comandante  dell'' armata 
sotto  di  lui ,  con  restar  per  questo  prigio- 
nier  dei  francesi.  Poco  ebbero  parte  in  que- 
sto conflitto  il  centro  e  1'  ala  dritta  di  es- 
si 


(\%S  Annali  d'  Italia 
si  collegati ,  composta  ò*  austriaci  ed  ol«* 
landesi,  i  quali  ultimi  nondimeno  vi  per- 
derono  molta  gente .  Peraltro  ragione  eb- 
bero i  francesi  di  cantare  la  vittoria  ,  tut- 
toché comperata  con  molto  loro  sangue  , 
perchè  rimasero  padroni  del  campo;  fece- 
ro mille  secento  prigioni  ;  acquistarono 
trentatrè  cannoni^  quattordici  tra  bandiere 
e  stendardi  ;  e  colti  sul  campo  circa  due- 
mila feriti  degli  aleati,  li  condussero  ne- 
gli spedali  francesi .  Fu  detto  ,  che  intorna 
a  tremila  dei  collegati ,  e  più  di  tremila 
dei  francesi  vi  restassero  estinti  .  Ritirossi 
Tarmata  di  essi  alleati  di  là  dalla  Mosa  , 
e  finché  il  re  si  fermò  in  quelle  partii  non 
osò  di   ripassar  quel  fiume  . 

L'  altra  anche  più  sonora  impresa  fu 
quella  dell'  assedio  di  una  piazza  fortissi- 
ma ;  impreso  dai  francesi  ;  giacché  nella  po- 
situra delle  cose  osso  troppo  duro  forse 
comparve  Mastricht  da  essi  minacciato. 
Città  del  Brabante  ollandese  è  Bergh-op- 
Zoom  ,  considerata  per  una  delle  fortezze 
inespugnabili  >  parte  per  la  situazione  sua 
sopra  un'  altura  in  vicinanza  del  mare, 
con  cui  comunica  mediante  un  canale  ,  e 
a  cagion  di  alcune  paludi ,  che  ne  rendono 
difficile  l'accesso;  e  parte  per  le  tante  sue 
fortificazioni ,  oltre  ad  alcuni  fotti  e  ri- 
dotti sino. al  mare,  da  dove  può  ricevere 
soccorsi .  Il  celebre  duca  di  Parma  Ales- 
sandro Farnese  nel  1588 ,  e  il  marchese 
Spinola  nel  1622  indarno  l'assediarono.  Fu 

poi 


Anno  MDCCXLVIL  42? 
poi  da  lì  innanzi  maggiormerte  fortificata.. 
Niuno  di  questi  riguardi  potè  trattenere 
la  bravura  francese  dall'  imprenderne  l'as- 
sedio ,  e  dall'  aprir  la  trincea  nella  notte 
del  dì  quindici  venende  il  dì  sedici  di  lu- 
glio. Al  conte  di  Lowendhal  tenente  gene- 
rale del  re  ,  ufiziale  di  distinto  valore  e 
perizia  ne\V  arte  militare,  fu  appoggiata 
questa  impresa  .  Dopo  V  assedio  memora- 
bile della  fortissima  città  di  Friburgo  ,  al- 
tro non  si  vide  più  difficile  e  strepitoso 
di  questo.  Perciocché  nelle  linee  contigue 
ad  esso  Bergh-op-Zoom  ,  e  fra  le  paludi  e 
la  costa  del  mare,  si  postò  il  principe  di 
Hildburghausen  con  circa  ventimila  soldati , 
da  dove  non  potè  mai  essere  rimosso  ;  di 
modo  che  durante  V  assedio  potè  sempre 
quella  fortezza  essere  di  mano  in  mano 
soccorsa  con  truppe  fresche,  e  provveduta 
di  quante  munizioni  da  bocca  e  da  guerra 
andavano  occorrendo  .  Come  superare  una 
piazza,  a  cui  nulla  mancava,  e  il  cui  pre- 
sidio potea  fare  sortite  frequenti ,  con  si- 
curezza di  essere  di  ogni  sua  perdita  ri- 
fatto? Ma  niuna  di  queste  difficoltà  ritener 
potè  l'ardire  dei  francesi.  Sì  dall'una  che 
dall'  altra  parte  si  cominciò  a  giocare  di 
cannonate,  di  bombe,  di  mine  ;  e  i  lavori 
di  una  settimana  vennero  talvolta  rovescia- 
ti in  un'ora.  Tanto  le  offese  che  le  difese 
costarono  gran  sangue  ,  ma  incomparabil? 
mente  più  dal  canto  degli  assedianti . 
Progredì  così  lungamente  questo  assedio, 

che 


4^8  ÀttNAtl     b'iTALTiC 

che  i  francesi  sfornirono   di  polve  da  fuò- 
co e  di  altre  munizioni  tutte  le  loro  piaz- 
ze circonvicine  ;    e  intanto    stavano  daper- 
tutto    sulle    spine   i  parziali    e  i  novellisti 
per  la  incertezza  dell'esito  di  sì  pertinace 
assedio .    Di  grandi  apparenze    vi    furono  j 
che  sarebbero  in  fine  costretti  i  francesi  a 
ritirarsi  ;    ma    differentemente    si  dichiarò 
la  fortuna  3  perchè  ancor  questa  appunto  in- 
tervenne a  decidere  quella  quistione.  Era* 
no    già    fatte  breccie    in  due  bastioni  e  in 
una    mezzaluna ,    e    queste    imperfette  ,    o 
certamente  non  credute  praticabili  :    quart* 
do  il  generale  conte  di  Lowendhal    deter- 
minò di  venire  air  assalto.  Ammanite  dun- 
que tutte  le  occorrenti  truppe  alla  esecuzio- 
ne di  sì  pericoloso  cimento,  sul  far  del  gior- 
no sedici  di  settembre,    dato  il   segno  con 
lo  sparo  di  tutti  i  mortai  a  bombe,  anda- 
rono coraggiosamente  .all'  assalto  :  impresa  $ 
che    non    si    suole    effettuare    senza    grave 
spargimento  di  sangue  .    Ma  quello  non  fu 
un  assalto,  fu  una  sorpresa  *  Detto  fu,  che 
i  francesi  per  buona  ventura,  o  per  tradi- 
mento   s'introducessero  segretamente   nella 
città  per  una  galleria  ,    esistente    sotto  un 
bastione,  e  mal  custodita  da  quei  di  derv- 
tro.  La  verità  si  è,  che  altro  non  arendo 
trovato    alia    difesa    delle  breccie,    che  le 
guardie  ordinarie  ,    con  poca  perdita  e  fa- 
tica salirono,  ed  impadronitisi  dei  bastio- 
ni,   e    di    due    porte    della    città  >    quindi 
passarono  alia  volta  della  guernigione,   la 

qua- 


Anno    MDCCXLVII.      429 

quale  raccolta  tanto  nella  piazza  ,  quanto  in 
varie  contrade ,  fece  una  vigorosa  resisten- 
za ,  finché  veggendosi  sopraffatta  -dagli  ag- 
gressori ,  che  si  andavano  vieppiù  ingros*- 
sando,  e  venendo  qualche  casa  incendiata  > 
parte  di  essa  ebbe  maniera  di  ritirarsi  y 
sempre  combattendo  ,  fuori  della  porta  di 
Steenbergue  .  Corse  fama  ,  che  il  conte  di 
Lowendhal  avesse  dati  buoni  ordini  ,  e 
prese  le  misure ,  affinchè  la  misera  città 
rimanesse  esente  dal  sacco  «  Chechessia ,  i 
volontari  lo  cominciarono,  e  gli  altri  ten- 
nero loro  dietro,  senza  risparmiare  alcuno 
di  quegli  eccessi  >  che  in  sì  fatti  furori  s© 
gliono  i  militari,,  non  più  cristiani,  non 
più  uomini,  commettere  .  Si  salvarono  in 
questa  confusione  i  principi  d'Assia,  e  di 
Anhalt,  e  il  generale  Constrom  ;  ma  non 
poca  parte  dì  quel  presidio  rimase  o  ta- 
gliata a  pezzi  dagli  infuriati  assalitori ,  o 
fatta  prigioniera  % 

Né  qui  terminarono  le  conseguenze  di 
giorno  cotanto  favorevole  ai  francesi.  11 
campo  del  principe  d'  Hildburgausen  ,  af- 
forzato nelle  linee  presso  di  Bergh-op-Zoom, 
all'intendere  presa  la  città,  e  alla  compar- 
sa dei  fugitivi  ,  altro  consiglio  non  seppe 
prendere,  se  non  quello  di  dar  tosto  alle 
gambe ,  lasciando  indietro  equipaggi ,  ten- 
de ,  artiglierie  ,  e  fasci  di  fucili  .  Tutto 
andò  a  ruba  ,  né  vi  fu  soldato  francese  , 
che  non  arricchisse .  Videsi  nondimeno  let- 
tera stampata  ,  che  negava  questo  abbando.-* 

no 


430       Annali    d'  I  t  a  l  i  a 

no  di  bagagli  e  fucili ,  a  riserva  di  un  reg- 
gimento ,  il  quale  amò  meglio  di  mettere 
in  salvo  i  suoi  malati,  che  i  suoi  equipag- 
gi.  Oltre  a  ciò,  non  perde  tempo  il  con- 
te di  Lowendhal  a  spedire  armati,  per  in- 
timare la  resa  ai  forti  di  Rover,  Mormone 
e  Pinsen,  che  non  si  fecero  molto  pregare 
ad  aprir  le  porte  ,  con  restar  prigionieri 
quei  pressidj .  Trovandosi  ancora  in  quel 
porto  diecisette  bastimenti  con  assai  mu- 
nizioni da  guerra  e  da  bocca,  che  per  la 
marea  contraria  non  poterono  salvarsi ,  fu- 
rono obbligati  dalle  minaccie  dei  cannoni 
ad  arrendersi.  Se  si  ha  da  credere  ai  fran- 
cesi ,  quasi  cinquemila  soldati  tra  uccisi  e 
prigionieri  costò  quella  giornata  agli  al- 
leati ;  due  sole  o  tre  centinaja  ad  essi. 
Oltre  ai  semplici  soldati  gran  copia  di  ufi- 
ziali  rimasero  ivi  prigioni.  Prodigiosa  fu 
la  preda  ivi  trovata,  e  spettante  al  re, 
cioè  più  di  ducento  cinquanta  cannoni,  la 
metà  dei  quali  di  grosso  calibro,  quasi 
cento  mortai  ,  qualche  migliajo  di  fucili  , 
ed  altri  militari  attrecci  ,  e  magazzini  a 
dismisura  abbondanti  di  polve  da  fuoco , 
di  granate/  di  abiti,  di  scarpe,  panni,  èc. 
Un  pezzo  poi  si  andò  disputando  per  sa- 
pere qual  destino  avesse  facilitata  cotanto 
la  caduta  di  sì  forte  piazza  ,  in  cui  nulla 
si  desiderava  per  resistere  più  lungamen- 
te, e  tors'  anche  per  render  vano  in  fine 
ogni  tentativo  degli  assedianti .  In  fine  fu 
conchiuso ,  essere  ciò  proceduto  dalla  poco 

cau- 


Anno     MDCCXLVII.       431 
cautela  del  Constrom  ,    il  quale    con  si   fi- 
gurò ,  che  le  imperfette  breccie  abbisognas- 
sero di  maggior  copia  di  guardie.    Contra 
di  lui  fu  poi  fulminata  semenza  di  morte  ; 
ma  salvolìo  il  riguardo  alla  sua  rispettabil 
vecchiaja.  La  risposta  del   re  cristianissimo 
alla  lettera    del  conte    di  Lowendhal ,    re- 
cante sì  cara  nuova  ,  fu  di  dichiararlo  ma- 
resciallo,   con    vedersi    poi    io  Francia  nn 
raro  avvenimento,  cioè  due  stranieri,  pri- 
m;irj   e  gloriosi  condottieri   delle  armate  di 
quella  potentissima  corona  :    Passarono  ciò 
fatto  le  truppe  comandate  da  esso  conte  a 
mettere    l'assedio    al   forte  di  Lillò^    e  ad 
alcuni  altri  pochi  di  minor  considerazione , 
per  liberare  affatto  il  corso  della  Schelda: 
ce    tardarono     a    costringere     alla    resa   il 
Forte-Federigo  ,  e  quindi   esso  Lillo  nel  dì 
dodici    di    ottobre,    coli' acquisto    di  quasi 
cento  pezzi   di   artiglieria >  e  confarvi  pri~ 
gioniera  la  guarnigione  di  ottocento  solda- 
ti.  Gran   giója  dovette  essere  quella  di  An- 
versa al   veder    cosne    liberato   da  quei  ne- 
mici forti  il  corso  del  loro  fiume* 

In  Italia  ebbero  fine  le  militari  imprese 
con  quella  di  Ventimiglia.  Già  si  era  im- 
padronito di  essa  città  il  generale  piemon- 
tese barone  di  Leutron ,  e  da  varie  setti- 
mane teneva  strettamente  bloccato  quel  for- 
te castello  .  Segreti  avvisi  pervennero  ai 
generali  gallispani  ,  esistenti  in  Nizza  , 
chejgià  si  trovava  in  agonia  quella  fortez- 
za ,Je  se  in  pochi  dì  non  giugoeva  soccor- 
so > 


43a       Annali    d'Italia 

so,   il  comandante  per  mancanza  di  muni- 
zioni e  viveri    dovea  rendere    la  piazza  e 
se  stesso  al  re  di  Sardegna.  Però  la  mag- 
gior parte    deir  armata    gellispana    si  mise 
in  marcia    a    quella    volta    col  maresciallo 
duca  di  Bellisle ,  e  col  generale  spagnuolo 
marchese  della  Mina.  Vollero  del  pari  in- 
tervenire a  questa  scena  V  infante  don  Fi- 
UppO)  e  il  duca  di  Modena.    Erasi  a  dis- 
misura afforzato  con  trincee  e  barricate  il 
barone  di  Leutron  al  peraltro  difficilissimo 
passo    dei  Balzi  Rossi    di    là    da    Ventimi- 
glia.  Non  osarono  i  francesi  di  assalir  per 
fronte    un  sito    sì  ben  difeso    dalla  natura 
e  dall'arte,   e  in  sole  piccole  scaramuccia 
impiegarono  due  giornate.  Ma  nella  terza , 
cioè    nel  dì   20  di  ottobre,    ben    informata 
il  sopraddetto  barone  della  superiorità  del- 
le forze   nemiche,    e  che  essi  g3llispani  si 
erano  stesi    per  V  alto  della  montagna  con 
intenzione    di   venirgli   alle  spalle,   benché 
forte    di  venticinque  battaglioni,    prese  la 
risoluzione  di  ritirarsi  :  il  che  fu  con  buon 
ordine  da  lui  eseguito.  Uscì  anche  il  pre- 
sidio francese    del  castello,    per    secondare 
lo  sforzo  di  chi  veniva  in  soccorso ,  e  pe- 
rò la  città,    dove  si  trovavano    o  si  erano 
rifugiati  alquanti    piemontesi ,    tardò    poco 
ad    aprir    le    porte.    Finì    questa    faccenda 
colla    liberazion    di    quei  luoghi,    e    colla 
prigionia  di  forse    cinquecento  piemontesi  • 
Ritirossi  il  Leutron  a  Dolce-Acqua,  e  alla 
Bordighera;  e  rotti  i  ponti  sul  fiume,  qui. 

vi 


ÀSno    MDCCXLVII.      433 
vi  si  trincierò.  L'armata  gallispana  ,  dopo 
aver  ben  provveduto  quel  castello  di  nuo- 
va gente,  vettovaglie  e  munizioni  da  guerra, 
e  lasciato  grosso  presidio    nella  stessa  città 
di  Ventimiglia,  se  ne  tornò  a  cercar  quar- 
tiere di  verno  e  riposo ,    parte  in  Proven- 
za e  Linguadocca,  e  parte  in  Savoja,    con 
passare  a  Sciambery    anche  il  suddetto  in- 
fante duca  di  Modena.    Circa  questi  tempi 
il  duca  di  Richelieu  ricuperò  il  posto  del- 
la Bocchetta  di  Genova  ,    e  attese   a  forti- 
ficare i  luoghi  più  importanti  della  Rivie- 
ra   di  Levante ,    che    parevano    minacciati 
da  qualche  irruzion  dei  tedeschi.  Ad  altro 
nondimeno  allora  non  pensavano  gli  austria- 
ci,   se  non  a  ristorarsi  nei  quartieri  presi 
in  Lombardia    dopo  tante  fatiche    e  disagi 
patiti  per  quasi  due  anni  senza  mai  pren- 
dere riposo.  E  perciocché  nei  dì  .tredici  di 
settembre    due    coralline    genovesi    furono 
predate    dagl'  inglesi     sotto    il    cannone   di 
Viareggio  ,   senza    che  quel  forte   le  difen- 
desse :  rimase  esposta  la  repubblica  di  Luc- 
ca a  gravi  minaccie  e  pretensioni  del  sud- 
detto duca    di    Richelieu.    Non    arrivò    il 
pubblico  ad  kitendere ,    come  tal  pendenza 
si    acconciasse .    Negli  ultimi  mesi    ancora 
dell'  anno  presente    si  videro  di  nuovo  lu- 
singati   i    popoli    con    isperanze    di  pace, 
giacché    si  stabilì    fra  i  potentati  guerreg- 
giami un  congresso    da  tenersi  in  Acquis- 
grana,    non    parendo   più  sicura  Bredà ,    e 
furono  dal  re  cristianissimo    chiesti  i  pas- 
Tom.  XXVII.  Ee  sa- 


434  ÀtffrÀtr  b^Itaiia 
«aporti  per  li  suoi  ministri ,  e  per  quei  ài 
Genova  ,  e  del  duca  di  Modena  .  Si  teneva 
per  fermo  ,  che  fossero  spianati  alcuni  pun- 
ti scabrosi  nei  gabinetti  di  Francia  e  d'In- 
ghilten\a  ,  al  vedere  già  preso  per  media- 
tor  della  pace  il  re  di  Portogallo,  che  de- 
stinò a  quel  congresso  don  Luigi  d'Acugna 
suo  ministro.  Ma  si  giunse  alfine  deiran- 
no con  restar  tutrav.ia  ambidue  le  voglie 
di  pace  nelle  potente  guerreggìanti ,  ed  in- 
certo ,  se  il  congresso  suddetto  fosse  o  non 
fosse  una  illusione  dei  poveri  popoli.  Né 
si  dee  tacere  una  strana  metamorfosi ,  av- 
venuta nelle  Provincie  Unite  ,  dove  per  li 
potanti  soft}  della  corte  britannica  ,  e  per 
le  parzialità  dei  popolari ,  non  solamente 
fu  dichiarato  statolder  il  principe  di  Oran- 
ges  e  di  Nassau  Guglielmo,  genero  del  re 
d' Inghilterra  ,  ma  statolder  perpetuo  ;-  ne 
solamente  egli,  ma  anche  la  sua  discen- 
denza tanto  maschile  che  femminile  .  Par- 
ve ad  alcuni  di  osservare  in  tanta  novità 
il  principio  di  grandi  mutazioni  per  V  av- 
venire nel  governo  dì  quella  repubblica  , 
considerando  essi ,  che  anche  a  Giulio  Ce- 
sare bastò  il  titolo  di  dittatore  perpetuo  ; 
e  che  avendo  in  sua-mano  tutte  le  armi 
della  romana  repubblica,  senza  titolo  di 
re,  potea  fare  e  faceva  da  re.  Ma  i  soli 
profeti r  che  sono  ispirati  da  Dio,  han  giu- 
risdizione sulle  tenebre  dei  tempi  avve- 
nire. 


An- 


À  tf  n  o    MDCCXLVIIL      435 

Anno  di  Cristo  1748,  indizione  xi, 
di  Benedetto  XIV,  papa  9. 
di  Francesco  I,  imperadore  4. 

Uiede  principio  all'  anno  presente  una 
bella  apparenza  di  pace ,  ma  contrapesata 
da  un'altra  di  continuazione  di  guerra. 
Dalla  parte  della  Francia  non  altro  si  udi- 
va, che  magnifici  desideij  di  rendere  ripo- 
so all'  Europa,  ne  altra  voglia  facevano 
comparire  le  contrarie  potenze  :  sembran- 
do tutti  d'accordo  in  voler  la  pace,  ma 
discordi,  perchè  voglioso  ciascuno  di  quel- 
la sola  ,  che  fosse  vantaggiosa  ai  suoi  pri- 
vati interessi  ,  e  portasse  un  equilibrio 
(bel  nome  inventato  dai  politici  di  questi 
ultimi  tempi)  quale  ognun  se  l'ideava  più 
conforme  o  necessario  al  proprio  sistema  • 
Aprissi  dunque  il  nuovo  congresso  di  mi- 
nistri in  Aquisgrana ,  come  città  neutrale 
del  regno  germanico  .  I  popoli  >  benché  tan- 
te volte  beffati  da  queste  fantasie  di  sospirata 
pace,  pure  non  lasciavano  di  lusingarsi ,  che 
avesse  finalmente  dopo  sì  lungo  fracasso  di 
tuoni  e  fulmini  a  succedere  il  sereno  .  Ma 
intanto  un  brutto  vedere  faceva  1'  affaccen- 
darsi a  gara  i  potentati  in  preparamenti 
maggiori  di  guerra  ;  e  quantunque  si  sa- 
pesse, che  appunto  sforzi  tali  soglieno  ren- 
dere più  pieghevoli  i  renitenti  alla  con- 
cordia :  pure  motivo  non  mancava  di  te- 
mere ,  che  quest'anno  ancora  avesse  da  riu- 

EtJ     2  SCÌ- 


436  Annali  d*  Itali  a 
scire  fecondo  di  rovine  e  di  stragi.  Sopra 
tutto  gli  ollandesi ,  che  finquì  incantati  dal 
gran  guadagno  della  loro  neutralità  e  li- 
bera navigazione ,  e  dalle  dolci  parole  del- 
la Francia ,  aveano  dato  tempo  al  re  cri- 
stianissimo di  stendere  le  sue  conquiste, 
nello  stesso  Brabante  di  loro  ragione.,  e 
vedevano  in  aria  minaccie  di  peggio  :  si 
diedero,  ma  troppo  tardi,  a  mendicar 
truppe  dalla  Germania,  dagli  svizzeri,  e  dai 
paesi  del  Nord  .  Trovarono  intoppi  daper- 
tutto ,  probabilmente  per  li  segreti  maneg- 
gi ,  o  per  T  efficacia  della  pecunia  france- 
se; e  però  non  si  sapevano  determinare  a 
dichiarar  guerra  aperta  alla  Francia  ;  e  se 
facevano  nell'un  dì  un  passo  innanzi,  nelV 
altro  ne  facevano  due  indietro .  Aveano  es- 
si unitamente  col  re  britannico  fatto  ri- 
corso ad  Elisabetta  imperadrice  della  Rus- 
sia ,  per  trarre  di  colà  un  possente  eserci- 
to di  armati  >  cioè  un  esorcismo ,  valevo^ 
le  a  mettere  freno  all'  esorbitante  potenza 
francese  ,  che  essi  chiamavano  troppo  avi- 
da ,  e  principale  origine  o  promotrice  di 
tutte  le  guerre,  che  da  gran  tempo  sono 
insorte  fra  i  principi  cristiani .  Non  pare- 
va già  credibile  che  la  corte  russiana  fos- 
se per  condiscendere  alla  richiesta  di  tren- 
ta o  trentacinquemilla  dei  suoi  soldati  > 
pel  mantenimento  annuo  dei  quali  si  esi- 
bivano dalle  potenze  marittime  centomila 
lire  sterline >  stante  l'immenso  viaggio, 
che  occorreva  per  condurre  tali  truppe  al- 
le 


Anno  MDCCXLVIIT.  43? 
le  rive  del  Reno,  o  in  Ollanda  .  Ma  più. 
che  il  danaro  dovette  prevalere  in  cuore 
di  quella  grande  imperadrice  il  riflesso  di 
contribuire  alla  difesa  di  quella  dei  roma- 
ni :  giacché  troppo  utile  o  necessaria  si  è 
r  amistà  ed  unione  di  queste  due  monarchie 
per  l'interesse  loro  comune,  e  comune  an- 
che della  cristianità ,  a  fine  di  far  fronte 
nei  bisogni  alla  potenza  turchesca  .  Si  ven- 
ne dunque  a  Scoprire  sul  principio  di  que- 
sto anno,  essere  quel  negozio  conchiuso, 
e  che  la  Germania  avrebbe  il  gusto  o  dis- 
gusto di  conoscere  di  vista  ,  che  razza  di 
milizia  fosse  quella ,  che  avea  dato  di  sì 
brutte  lezioni  alla  Svezia,  e  tanto  terrore 
ai  turchi  :  quantunque  non  pochi  specula- 
tivi si  figurassero,  dovere  riuscir  quel  trat- 
tato uno  semplice  spauracchio  ai  francesi  , 
non  già  un  vero  soccorso  ai  collegati  av- 
versarj  * 

Minore  non  era  in  questi  tempi  Tappa- 
rato  di  guerra  per  l'Italia  ?  bollendo  più 
che  mai  lo  sdegno  deir  imperadrice  regina 
contro  dei  genovesi  ,  quasiché  il  valor  di 
essi  avesse  non  poco  scemata  la  riputazion 
delle  armi  austriache  .  A  rinforzare  il  suo 
esercito  in  Lombardia  andavano  calando 
in  essa  ,  oltre  alle  numerose  reclute  di 
gente  e  di  cavalli  anche  dei  nuovi  corpi 
di  truppe.  E  perciocché  secondo  il  parere 
dei  savj  suoi  generali  il  tornare  all'asse- 
dio di  Genova  sarebbe  stato  un  andare  a 
Caccia  di  un  nuovo,    anzi    maggior  penti- 

Ee  3         men- 


438  A  »rau  i/Itaiia 
mento,  per  le  tante  difese  accresciute  a 
quella  città:  rivolte  pareano  tutte  le  mire 
degli  austriaci  a  portar  la  guerra  e  la  de- 
solazione nella  Riviera  di  Levante  >  e  mas- 
simamente coutro  Sarzana  e  le  terre  del 
golfo  della  Spezie.  Ma  non  istette  in  ozia 
T  attività  del  duca  di  Riclidieu .  Per  quan- 
to era  possibile  ,  accrebbe  egli  le  fortifi- 
cazioni a  qualunque  luogo  capace  di  dife- 
sa in  essa  riviera  ,  non  risparmiando  passi 
ed  occhiate,  per  provvedere  a  tutto.  E. 
perciocché  temeva,  che  gli  austriaci  vali- 
cando TApennino,  e  avendo  la  mira  so- 
pra Sarzana  ,  potessero  impadronirsi  di  La- 
venza ,  picciola  fortezza  del  ducato  di  Mas- 
sa ,  tuttoché  si  trattasse  di  luogo  imperia- 
le, e  però  neutrale:  meglio  stimò  di  met- 
tervi presidio  francese  s  e  di  levare  ai  ne- 
mici Fuso  dell'  artiglieria  ^  che  ivi  si  tro- 
vava .  Col  tempo  misero  quelle  milizie  il 
piede  anche  in  Massa  contro  il  volere  del- 
la duchessa  reggente  ,  e  con  grande  danno 
di  quegli  abitanti,  i  quali  perderono  da  lì 
innanzi  il  commercio  per  mare>  perchè 
considerati  quai  nemici  dalle  navi  inglesi. 
Fra  questo  mentre  andavano  di  tanto  in 
tanto  giugnendo  a  Genova,  senza  chiedere 
licenza  a  quelle  navi ,  alcuni  ora  grossi , 
ora  tenui  rinforzi  di  gente  francese,  spe- 
diti da  Nizza,  Villafranca ,  e  Monaco;  ma 
non  si  udiva  già  ,  che  nella  Provenza  e 
Delfinato  si  facesse  gran  massa  di  soldate- 
sche, né  armamento  tale,  che  fosse  capace 

di 


A  v  *  o     MDCCXLVIII.     439 
di  divertire  le  forze  dei  tedeschi ,  caso  che 
tentassero  daddovero  una  irruzione  nel  Gè* 
novesato.    I  principali  pensieri    della  corte 
di  Francia    erano    rivolti    più    che  mai    in 
questi  tempi  ai   Paesi  Bassi  ,    dove  in   fatti 
era  il  gran  teatio  della  guerra;  il  che  te- 
nera in  un  continuo  batticuore  il    governo 
e  popolo    di  Genova  .    Anche    gli    ajuti    di 
Spagna  consistevano    in  sole  voci    di    gran 
preparamento,    e    però    in  sole  speranze   e 
promesse.  E  intanto  il   reale  infante  don  FI- 
lippo ,    e    il  duca  di  Modena ,    deposti    per 
ora  i  pensieri  marziali  ,    se  ne  andarono  a 
passare    il  verno    in  solazzi    nella    città    di 
Sciambery.    Ma  poco  vi  si  fermò  il   duca, 
perchè  nel   furore  del  verno  ,  e  ad  onta  dei 
ghiacci  e  delle  nevi,  si  portò  per  gli  sviz- 
zeri e  grigioni  a  Venezia  a  visitare  la  sua 
ducal  famiglia  ;    e  di  là    poi    nel  marzo  si 
restituì  in  Savoja  . 

Scorsero  i  primi  mesi  del  presente  anno 
senza  riguardevoli  novità  ;  giacche  non  me- 
ritano di  aver  luogo  in  questi  brevi  anna- 
li alcuni  vicendevoli  tentativi  fatti  dai  gal- 
lispani  per  sorprendere  Savona  ed  altri  luo- 
ghi o  della  Riviera  di  Ponente,  o  delle 
montagne  piemontesi ,  ed  altri  fatti  dagli 
austriaco-sardi,  per  tornare  ad  impadro- 
nirsi di  Voltri.  Così  nei  Paesi  Bassi  niun' 
altra  considerabile  azione  seguì  ,  fuorché  ia 
vicinanza  di  Berg-op  Zoom  ,  dove  condu- 
cendo i  francesi  con  buona  scorta  un  gran 
convoglio  di  munizioni  da  bocca  e  da  guer- 

Ee  4  ra , 


44o  Annali  d'Italia 
*a,  dopo  la  metà  di  marzo  furono  assaliti 
da  un  più  possente  corpo  di  collegati ,  e 
messi  finalmente  in  rotta  con  perdita  di 
molta  gente  e  roba  .  Venuta  la  primavera 
il  general  comandante  austriaco  conte  di 
Broun  sempre  più  dava  a  credere  di  voler 
portare  la  guerra  verso  Sarzana  e  la  Spe- 
zia ;  al  qual  fine  dei  grossi  magazzini  di 
biade  e  fieni  si  fecero  a  Fornovo  ,  Berce- 
to,  e  Borgo  Val  di  Taro,  S'inoltrò  anche 
a  Varese,  terra  del  Genovesato,  un  gran 
corpo  di  sua  gente  «,  Ma  per  condurre  unT 
armata  di  là  dall'  Apennino  col  necessario 
corteggio  di  artiglieria,  foraggj,  e  viveri, 
occorrevano  migliaja  di  muli;  e  di  questi 
restava  anche  a  farsi  in  gran  parte  la  prov- 
visione: disgrazia,  che  n©n  fu  la  prima 
ed  unica,  per  cui  sono  ite  talvolta  in  fu- 
mo le  ben  pensate  idee  ed  imprese  dei  gè* 
nerali  austriaci.  A  queste  difficoltà,  che 
impedivano  l'avanzamento  delle  armi  te- 
desche ,  probabilmente  si  aggiunse  qualche 
motiva  e  riflesso  segretamente  comunicato 
dalla  corte  cesarea  al  suddetto  conte  di 
Broun ,  per  cui  quantunque  egli  facesse  di- 
poi varie  mostre  di  portare  la  guerra  nel 
cuore  del  Genovesato  ,  pure  non  corrispo- 
sero mai  i  fatti  alle  minaccie  ;  ed  egli  ar- 
rivò poi  a  distribuire  buona  parte  dell*  e- 
sercito  suo  nel  Parmigiano,  Modenese,  e 
Reggiano.  Dall'altro  canto  né  pure  mai  si 
videro  comparire  in  Provenza  i  generali  del- 
le due  corone  alleate,    cioè   il  maresciallo 

di 


Anno    MDCCXLVIIÌ.      441 
di  Bellislej    e  il  marchese  de  la  Mina  .  ne 
si  udì  moto  alcuno  delle  lor  armi  in  quel- 
le parti  .    Anche  il  duca  di  Modena    passò 
neir  aprile  a  Parigi  ,  di  modo  che  in  que- 
sto aspetto  di  cose    sembrava    a  non  pochi 
di    mirare    un    crepuscolo    di  vicina  pace* 
Ma  a  tali  speranze  si  contraponeva  il  mo- 
vimento   delle  truppe  russiane ,    non    sem- 
brando verisimile  ,  che  si  avesse  da  espor- 
re alle  fatiche  di  un  sì  sterminato  viaggio 
quel  grosso  corpo  di  gente ,  qualora  si  fis- 
se alla  vigilia    di  qualche  concordia  .    Nort 
si  era    fin  qui    potuto  persuadere    a  molti 
di  coloro.,  i  quali  mettono  il  loro  più  gu- 
stoso divertimento    nel  trafficar  novelle    di 
guerre ,   ed  interpretazioni    dei  segreti  dei 
gabinetti ,   che  si  avessero  a  muovere  dad- 
dovero  i  reggimenti  accordati  dalla  impe^ 
radrice  russiana    alle  potenze  marittime,  e 
ai  più    si  credeva,    che    non'  dovessero    se 
non    minacciare    la    Francia    con    ostarsene 
ferme  ai  loro  confini.  Si  videro  poi  entra- 
re nella  Polonia,    e    sempre  più  inoltrarsi 
alla  volta  del  Mezzodì ,    ad  onta  delle  rie* 
vi  e  dei  ghiacci .  Fortuna  fu  per  la  Francia  i 
che  il  ministro  diOllandà  spedito  alla  cor- 
te russiana  colle  necessarie  facoltà  per  ma- 
tteggiar   quel  contratto  ,    nonf   si  attentò  at 
segnarlo  senza  l'ordine  del  novello  statol- 
der  principe  Guglielma  di  Nassau .    V  an- 
data di  un  corriere  e  il  suo  ritorno  ritar- 
darono per  più    di  un  mese    la  mossa  dei 
preparati  russiani  , 

Sep- 


442        Annali    d'Italia 

Seppero  i  francesi  mettere  a  profitto  il 
ritardo  di  quella  gente  ,  e  conoscendo  la 
lor  grande  superiorità  sopra  le  forze  dei 
collegati  y  parte  delle  quali  era  tuttavia 
troppo  lontana ,  o  non  peranche  ben  reclu- 
tata ,  si  affrettarono  a  far  qualche  stre- 
pitosa impresa  .  I  lor  varj  preparamenti  , 
marcie  e  contramarcieaveanofinquì  imbro- 
gliata la  provvidenza  degli  alleati ,  con  ob- 
bligarli a  tener  divise  ed  impiegate  in  va- 
rj vigorosi  presidj  le  lor  armi,,  per  noa 
sapere,  sopra  qual  parte  avessero  a  volger- 
si gli  sforzi  nemici,  mentre  nello  stesso 
tempo  erano  minacciati  Lucemburgo ,  Ma- 
stricht ,  Brcdà,  e  la  Zelanda.  Finalmente 
si  tirò  il  sipario  nella  notte  precedente  al 
dì  16  di  aprile,  e  si  vide  investita  la  for- 
tissima città  di  Mas trich; ,  città  interseca- 
ta dalla  Mosa  con  ponte  di  comunicazione 
fra  le  due  rive .  Il  maresciallo  di  Sassonia 
col  nerbo  maggiore  delle  milizie  aprì  da 
due  lati  la  trincea  sotto  la  piazza,  e  il 
maresciallo  di  Lowendhal  anch'  egli  dalla 
parte  destra  del  fiume  di  Wyck ,  diede 
principio  alle  offese,  comunicando  insieme 
le  due  armate  francesi  mercè  di  uno  o  più 
ponti.  Eransi  ritirate  le  armi  dei  collegati 
da  quei  contorni,  così  consigliate  dall'in- 
feriorità delle  forze;  e  però  non  andò  mol- 
to che  cominciarono  a  tuonare  le  copiose 
batterie  di  cannoni  e  mortari  contro  l'as- 
sediata città.  Non  mancarono  al  lor  dove- 
re i  difensori;  ma  aveano  a  far  con  gente, 

che 


Anno  MDCCXLVIIL  443 
che  da  gran  tempo  ha  imparato  a  farsi 
ubbidire  dalle  più  orgogliose  fortezze .  Du- 
rante lo  strepito  di  queste  azioni  guerrie- 
re ,  nel  pacifico  teatro  della  città  di  Àcqui- 
sgrana  adunati  i  ministri  delle  potenze  bel- 
ligeranti ,  più  che  mai  trattavano  di  dar 
fine  a  tante  ire  e  discordie.  Avea  non  po- 
co ripugnato  la  corte  di  Vienna  ad  ammet- 
tere a  quel  congresso  i  ministri  del  duca 
di  Modena  e  della  repubblica  di  Genova  : 
prevalse  poi  la  giustizia,,  che  assisteva  que- 
sti due  sovrani  .  Per  lo  contrario  non  ebbe 
già  effetto  la  proposta  mediazione  del  re 
di  Portogallo  e  bisogno  né  pur  ve  ne  fu  • 
Ordinariamente  le  paci  fra' monarchi  dipen- 
dono da  certe  segrete  ruote  di  qualche  po- 
co conosciuto  emissario,  e  non  dall'unione 
e  maestoso  consesso  dei  gran  ministri  dei 
contrari  partiti ,  che  in  apparenza  amici , 
pure  più  fra  loro  combattono  per  la  diver- 
sità delle  pretensioni,  chele  opposte  arma- 
te in  campagna  .  Anzi  frequentemente  ac- 
cade ,  che  anche  più  difficilmente  si  accor- 
dino fra  loro  gli  stessi  collegati,  pensando 
troppo  ognuno  al  privato  proprio  interes- 
se ,  di  modo  che  per  lo  più  non  si  giugne 
ad  una  pace  generale ,  «e  non  ne  precede 
una  particolare,  trovandosi  sempre  qualche 
soda  o  plausibil  ragione ,  per  mancare  ad 
uno  dei  patti  primarj  delle  leghe ,  cioè  di 
non  far  pace  senza  il  totale  consenso  degli 
;alleati . 

Così  appunto    ora  avvenne .    Eccoti    che 

si 


,! 


444  NNALI     D'  ÌtÀaLÌÀ 

'si  viene  all'  improvviso  a  scoprire  3  che  neì 
dì  30  di  aprile  i  ministri  di  Francia  ,  In- 
ghilterra, ed  OUanda  aveano  segnati  i  pre- 
liminari   della  pace  3    e    ciò    senza    saputa 
hon  che  senza  consenso    di    quei    dell'  im- 
peradrice  regina,,  e  del  re  di  Sardegna  ta- 
li erano  sì  fatti  preliminari ,  che  fermava- 
no una  pace  vera  fra  le  tre  suddette  poteri* 
ze  ,    lasciando    luogo   all'altre    di    aderir- 
vi il  più  presto  possibile  .  Portavano  i  prin- 
cipali punti  di    questa    concordia  :    Che    si 
restituirebbero  tutte  le  conquiste  fatte  dò 
pò  il  principio  della  presente  guerra    dall 
prefate  potenze _,  e  per  conseguente,  quan 
to  avea  la  Francia  tolto  nei  Paesi  Bassi  all' 
augusta  regina  e  agli  ollandesi  ;  e  si  reri- 
derebbe capo  Breton  alla  Francia  nell'Ame- 
rica Settentrionale.  Che  dalla  parte  del  ma- 
te si  demolirebborio  le  fortificazioni  di  Duri- 
querque.  Che  all'infante  don  Filippo  si  ce- 
derebbono  i  ducati  di  Parma 3  Piacenza,  e 
Guastalla,  colla  reversione  a  chi  ora  li  pos- 
sedeva ,  caso  che  esso  mancasse  senza  figli, 
ò    oitenesse  la    corona    delle    due    Sicilie  * 
Che  il  duca  di  Modena  sarebbe  rimesso  iti 
possesso  di  tutti  i  suoi  stati,  e  che  gli  si 
darebbe  un  compenso  di  ciò,  che  non  po- 
tesse essergli  restituito.  Che  la    repubblica 
di  Genova  sarebbe    ristabilita  nel  possesso 
di  tutto  quel  che  possedeva  prima  di    esso 
anno  1740  o  avea  acquistato    per    cessione 
Tanno   1743  a  riserva  di  Piacenza.  Che  il 
ducato  di  Slesia  colla  contea  di  Glatfc    sa- 

reb- 


Anno  MDCCXLVIII.  445 
rebbe  garantito  al  re  di  Prussia  da  tutte 
le  potenze  contrattanti .  Che  la  Spagna  con- 
fermerebbe agl'inglesi  il  trattato  dell' As,- 
siento  per  alquanti  anni ,  oltre  ad  alcune 
segrete  promesse  di  altri  vantaggi  e  privi- 
legi di  commercio  per  gl'inglesi  nell'Ame- 
rica spagnuola.  A  me  non  occorre  dirne 
di  più  ;  se  non  che  in  vigore  di  questa 
concordia  uscì  di  Mastriqht  colla  più  ono- 
revol  capitolazione  la  guernigione  degli  al-» 
leati,  e  restò  quella  città  in  potere  dei  fran- 
cesi per  ostaggio  tantoché  si  effettuasse  la 
vicendevol  restituzione  degli  stati  a  tenore 
dei  preliminari ,  i  quali  nel  debito  tampo 
si  videro  ratificati  dalle  tre  potenze  for- 
matrici di  quell'accordo.  Per  conto  del  re 
cattolico  si  può  credere  j  che  le  risoluzioni 
prese  dal  re  cristianissimo  per  la  pace  ^  fos- 
sero preventivamente  comunicate  anche  al- 
la maestà  sua ,  stante  la  buona  armonia  di 
quelle  due  corti ,  Ma  certo  è  bensì  ,  che 
senza  participazione  dell'augustissima  regi- 
na tagliato  fu  il  corso  della  presente  guer- 
ra ,  mentre  ella  dalla  continuazione  di  que*. 
sta  sperava  maggiori  vantaggi  e  men  pre- 
giudizio ai  proprj  affari .  N©n  così  Tinte*- 
sero  i  potentati ,  autori  di  quei  prelimina- 
ri ♦  Trovavasi  tuttavia  in  un  beli'  ascenden- 
te la  fortuna  e  il  valore  dell'  armi  france- 
si ,  contuttociò  conobbe  quel  gabinetto, 
che  tempo  era  di  contentarsi  dei  trionfi 
passati  senza  cercarne  non  troppo  pericolo 
o  troppo  costo  dei  nuovi .    Pesante  era    la 

ca- 


1&6       Annali    d'Italia1 
carestia  dei  grani  di  quel  regno.   DalP  Irì* 
ghilterra ,  che  soleva  somministrarne  y    non 
si  potea  sperare  soccorso  ;    meno  da  Dan- 
zica  e  da  altri  emporj   del  Settentrione,  o 
del  Mediterraneo ,  perchè  gì'  inglesi    erano 
padroni  del  mare,  e  maggiormente  si    sa- 
rebbe precluso  il  commercio  per  quel    va- 
sto elemento,  ove  si  fosse  accoppiata    con 
gF  inglesi  la  forza  degli  ollandesi.  Di  gra- 
vi percosse  aveano  già  patito  le  flotte  fran 
cesi,  e  più  ne  poteano  temere*  Comincia 
va  anche  a  risentirsi  la  Francia  pel  sacrili 
zio  di  trecento  se  non  più  migliaja  di  uo 
mini  ,  consumati  dai  capriccj  delP  ambizio 
ne  ;  ogni  dì  ancora  occorrevano  nuove  le- 
ve,  né  altronde  si  potevano  fare,    che  da 
quel  continente .  Avrebbe  ben  fruttato  più 
a  quel  gran  regno  la  metà  di  tanta  fiorita 
gente  perduta ,  se  fosse  stata  inviata  a  fon- 
dar delle  colonie  nel    Missisipì  .   Vero    è  i 
che  la  Francia  ricavava  abbondanti  rugiade 
dall'  erario  spagnuolo ,    e  grosse    contribu- 
zioni dal  conquistato  paese  ;  ma  chi  non  sa  , 
qual  immensa    voragine   sia    la    guerra ,    e 
guerra    maneggiata    con    più    centinaja    di 
migliaja  di  armati  ;  e  con  quante  pensioni 
comperasse  la  Francia  le  amicizie  di    que- 
gli   stranieri  ,    che    le    potevano  nuocere  ? 
Però  le    convenne    in    questi    ultimi   tempi 
imporre  esorbitanti  e  disusate  gravezze   ai 
popoli  suoi ,  per  le  quali  si  vide  poi  ,  che 
il  parlamento  di  Parigi  giunse  a  far   delle 
delicate  doglianze  al  suo  monarca.    Final- 

men- 


Anno  MDCCXLViri.  447 
mente  V  epidemia  dei  buoi  entrata  in  Fran- 
cia, e  i  trentamila  russiani  ,  ch'erano  io 
viaggio  j,  aggiunsero  Un  grano  alla  bilan- 
cia, e  la  fecero  calare.  Tali  furono  i  mon- 
tivi ,  che  indussero  il  re  cristianissimo  a 
desiderar  daddovero  la  pace ,  e  a  conchin- 
derla  ,  contando  egli  per  suo  vantaggio, 
anche  senza  ritener  per  se  alcuno  degli 
acquisti ,  V  avere  alquanto  indebolita  la  po- 
tenza dell'  emula  casa  di  Austria  colla  per-* 
dita  della  Slesia  ,  e  con  Io  smantelìamenro 
di  alcune  fortezze  nella  Francia  e  nella 
Briscovia. 

Concorsero  del  pari  a  dar  mano  all'  ac«* 
cordo  gl'inglesi  ,  perchè  stanchi  di  soste-* 
nere  con  sì  enorme  effusione  dei  lor  teso- 
ri in  tante  parti  l'impegno  preso,  non  per 
acquistare  un  palmo  di  terreno  per  loro> 
ma  per  impedire,  che  la  Francia  maggior- 
mente non  islargasse  l'ali  alle  spese  dei 
lor  collegati  ,  e  per  riacquistare  qualche 
vantaggio  al  proprio  interrotto  commercio 
nell'America.  Ottenuto  questo  colla  pace  , 
più  non  occorreva  cercarlo  coli'  incredibil 
dispendio  della  guerra,  la  quale  aveva  ac- 
cresciuto il  debito  antecedente  di  quella 
nazione  ,  con  farlo  giugnere  a  settanta  mi- 
lioni di  lire  sterline  *  Lamentavansi  ancora 
essi  inglesi,  perchè  l'augusta  imperadrice 
non  mantenesse  in  campagna  la  interna  sti- 
pulata quota  delle  truppe ,  per  cui  tirava 
il  sussidio  di  grosse  somme  da  Londra. 
Più  angora    inclinò    a  questa  concordia    la 

re- 


448  Annali  d'Itaiia 
repubblica  delle  Provincie  unite  ,  perchè  per 
difendere  1  altrui,  aveva  tirato  un  troppo 
grave  incendio  sulla  casa  propria .  Spoglia» 
ta  di  gran  parte  del  suo  Brabante,  mirava 
colla  perdita  di  Mastricht  oramai  aperta 
la  porta  alla  desolazione  del  suo  paese 
Però  non  trovava  ella  nei  libri  suoi  l'ob- 
bligo di  comperare  a  sì  caro  prezzo  la  in- 
demzzazione  altrui.  Aggiugnevano  in  ol- 
tre qualche  mal  umore  nelle  viscere  dei 
suoi  medesimi  stati  ,  per  cagione  di  cui  si 
scorgeva  troppo  utile ,  se  non  anche  neces- 
sario, il  non  impegnarsi  maggiormente  in 
pericolosi  cimenti  di  guerra,  quando  ami- 
chevolmente si  potea  ricuperare  il  perduto 
proprio,  e  1'  antemurale  restante  delle  piaz- 
ze austriache  ,  Per  lo  contrario  non  si  sap* 
fieva  accomodare  la  imperadrice  regina  al- 
a  legge,  che  venivate  data  da  amici  e  ne- 
mici ,  duro  a  lei  parendo  il  rinunziare  per 
sempre  al  felice  ducato  della  Slesia  e  ad 
alcuni  paesi  della  Lombardia  austriaca  . 
Coqtuttociò  accomodandosi  la  prudenza  del 
suo  gabinetto  alla  presente  situazione  di  cose^ 
senza  gran  ritardo  comparve  in  Acquisgra- 
na  il  consenso  della  maestà  sua  agli  arti- 
coli preliminari  della  pace,  con  qualche 
restrizione  nondimeno  allo  stabilito  in  es- 
si ,  Neppure  tardò  ad  approvare  la  suddet- 
ta orditura  di  pace  il  re  di  Sardegna  ;  ed 
anche  ri  re  cattolico  vi  spedì  V  assenso 
suo,  ma  intralciato  da  qualche  riserva  , 
spettante  al  commercio  preteso  dagl* ingle- 
si 


Anno  MDCCXLV1IT.  449 
si  celi1  Indie  spagnuole.  Contuttociò  lun- 
gamente continuarono  in  Italia  le  ostilità 
fra  gli  austriaci  e  i  difensori  del  Genove- 
sato  .  Anzi  si  vide  stampata  e  pubblicata 
nel  dì  venti  di  maggio  un' intimazione  del 
generale  conte  di  Broun  ai  popoli  della 
riviera  di  Levante  di  non  commettere  at- 
to alcuno  di  opposizione  aliarmi  cesaree, 
perchè  così  sarebbero  ben  trattati,  minac- 
ciando all'incontro  ferro  e  fuoco  a  chi  si 
abusava  della  clemenza  di  sua  maestà  re- 
gia imperiale.  Continuò  anche  in  mare  la 
guerra  fra  gì'  inglesi  e  i  legni  genovesi  ; 
finché  finalmente  vennero  gli  ordini  dell' 
armistìzio ,  e  si  cominciò  a  vagheggiare 
come  vicina  la  sospirata  pace,  e  a  sperar 
non  lungi  1'  adempimento  delle  già  accen- 
nate condizioni  .  Non  sapevano  intanto  i 
politici  del  volgo  accordare  con  sì  belle 
disposizioni  l'osservarsi,  che  V esercito  au- 
siliario russiano  continuando  il  riaggio 
mostrava  di  non  aver  contezza  alcuna ,  che 
i  raggi  della  pace  spandessero  l'allegrezza 
pel  resto  di  Europa.  In  fatti  dopo  di  aver 
valicata  la  Polonia,  ed  alta  Silesia,  si  vi- 
de alla  metà  di  giugno  comparire  la  pri- 
ma colonna  di  quelle  truppe  in  Moravia. 
Vollero  le  imperiali  maestà  godere  di  que- 
sto spettacolo,  e  portatesi  a  Brun,  dove 
nobilmente  furono  accolte  e  trattate  dal 
cardinale  di  Troyer  vescovo  di  Olmutz, 
ebbero  il  piacere  di  considerare  la  bella 
comparsa  di  quella  gente  ,  tutta  ben  ar- 
T©m.  XXVIL  Ff  ma- 


450  Ann  ali  b*  Ìtali  a* 
mata,  vestita  e  disciplinata,  e  aenza  al- 
cun segno  dell'antica  loro  barbarie.  Seco 
veniva  una  magnifica  cappèlla  coi  suoi  can- 
tori ;  è  il  lóro  passaggio  per  tanti  paesi 
non  fu  accompagnato  da  lamenti  degli  abi- 
tanti,  perchè  pagavano  tutto.  Solamente 
parve  ,  che  taluno  non  mirasse  di  buon  oc- 
chio la  venuta  di  que' settentrionali  per 
timore ,  che  alla  nazione  russiana  potesse 
piacer  più  del  proprio  il  cielo  di  mezzodì  ; 
Si  diffuse  poi  sopra  quelle  truppe  ed  ufi- 
ziali  1  si  munificenza  dell'  impèradrice  regi- 
na. Ma  allorché  comunemente  si  credeva , 
che  stante  l'intavolata  ed  immancabile  pa- 
ce avessero  i  russiani  a  ritornarsene  all' 
agghiacciato  lor  clima,  ò  pure  fermar  il 
piede  in  Boemia  ,  non  senza  maraviglia  di 
ognuno  si  videro  istradati  anche  alla  volta 
della  Franconia  e  del  Renò.  A  tal  vista 
si  diedero  a  strepitare  e  a  parlar  alto  i 
frane  esi  ,  e  tal  forza  ebbero  le  loro  minac- 
cie  5  che  dalle  potenze  fnaritime  fu  spedito 
ordin  e  a  quei  troppo  arditi  stranieri  di 
retro  cedere  sin  in  Boemia  :  con  che  cessò 
ogni     apprensione  della  loro  venuta. 

Dappoiché  tutti  i  principi  impegnati  nel- 
la gu  erra  presente  si  trovarono  assai  con- 
cordi in  approvare  ed  accettare  i  prelimi- 
nari ,  cioè  il  massiccio  della  futura  pace 
si  r  ipigìiarono  i  congressi  dei  ministri  in 
Acq  uisgrana,  a  fin  di  spianare,  per  quanto 
foss  e  possibile,  le  diverse  particolari  preten- 
sioni dei  principi,  le  quali    potessero  diffi- 

col- 


Anno  MDCCXLVIIJ.  451 
Coltarla  conchiusione  dell'  universal  concor- 
dia.» o  lasciar  semi  di  guerre  Bavelle,  Per 
conto  dell'Italia,  di  gravi  doglianze  aveano 
fatto  e  faceano  i  milanesi  alla  corte  divien- 
ila, perchè  si  fosse  ceduta  al  re  di  Sardegna 
tanta  parte  del  Contado  di  Anghiera  colla 
metà  del  lago  maggiore,  senza  aver  consi- 
derato, che  sensibil  danno  ed  angustia  ne 
provvenisse  alla  stessa  città  di  Milano.  Però 
l'augusta  imperadrice  cominciò  a  pretende- 
re, che  siccome  più  non  sussisteva  il  trat- 
tato diVormazìa  per  la  cessione  all'infante 
don  Filippo  di  Piacenza,  cosi  dovesse  anche 
la  maestà  sua  restare  sciolta  dall' obbligo 
di  mantenere  al  re  di  Sardegna  quanto  gli 
avea  ceduto.  Pretendeva  in  oltre  più  di 
un  milione  di  genovine,  di  cui  erano  ri* 
masti  debitori  i  genovesi  .  Quanto  all'  in- 
fante don  Filippo,  si  faceva  istanza^  che 
col  ducato  di  Guastalla  andassero  uniti 
quello  di  Sabioneta,  e  il  principato  di  Boz- 
zolo ,  siccome  goduti  dagli  ultimi  duchi  di 
essa  Guastalla.  Finalmente  il  conte  di  Mon- 
cone ministro  del  duca  di  Modena  richie- 
deva ,  che  fosse  rimesso  questo  principe  in 
possesso  dei  contadi  di  Arad  e  di  Jeno  in 
Ungheria;  e  perchè  si  trovò,  che  per  ìi 
bisogni  della  guerra  erano  stati  venduti  , 
insisteva  per  un  equivalente  di  «tati  in  Lom- 
bardia. Restavano  poi  da  dibattere  varie 
altre  pretensioni  dei  principi  fuori  d'Italia, 
che  tralascio,  perchè  non  appartenenti  air 
assunto  mio  .  Giunsero  ancora  al  congresso 

Ff  2 


452  Annali  d'Italia 
di  Acquisgrana  le  doglianze  dei  corsi  con* 
tro  la  repubblica  di  Genova,  ma  parve, 
che  niur*  conto  ne  facessero  quei  ministri . 
Per  ismaltir  dunque  le  materie  suddette  s* 
impiegarono  cinque  mesi  e  mezzo  dopo  la 
pubblicazion  dei  preliminari,  e  finalmente 
si  verme  in  Acquisgrana  allo  strumento  de- 
cisivo della  pace  nel  dì  diciotto  di  ottobre 
del  presente  anno.  Non  rapporterò  io  se 
non  quegli  articoli,  che  riguardano  l'Italia  :- 
cioè 

2.  Dal  giorno  delle  ratificazioni  di  tutte 
le  parti  sarà  ciascuno  conservato  e  rimesso 
in  possesso  di  tutti  i  beni ,  dignità ,  bene- 
fizi ecclesiastici ,  onori,  ch'egli  godeva,  a 
doveva  godere  al  principio  della  guerra  , 
nonostante  tutti  gli  spossessi,  le  occupazio- 
ni e  confiscazioui  occasionate  per  la  suddet- 
ta guerra  . 

6.  Tutte  le  restituzioni  e  cessioni  rispet- 
tive in  Europa  saranno  interamente  fatte 
ed  eseguite  da  ambe  le  parti  nello  spazio^ 
di  sei  settimane  ,  e  più  presto  ,  se  si  po- 
trà ,  contando  dal  giorno  del  cambio  delle* 
ratificazioni  di  tutte  le  parti. 

7.  I  ducati  di  Parma,  Piacenza,  e  Gua- 
stalla si  daranno  all'altezza  reale  dell'in- 
fante don  Filippo,  e  suoi  discendenti  maschi 
col  diritto  di  riversione  ai  presenti  pos- 
sessori ,  se  il  re  di  Napoli  passasse  alla  co- 
rona di  Spagna,  o  don  Filippo  morisse  sen- 
za figli. 

8.  Quindici    dì    dopo  le    ratificazioni    si 

ter- 


Anno    MDGCXLVIIL      453 
terrà  un  congresso  a  Nizza:  Cioè  fra  1  mi- 
nistri delle  parti  contrattanti ,  a  fin  di  spia- 
nare e  risolvere  tutte    le  difficoltà  restanti 
all'esecuzione  del  presente  trattato  di  pace  . 
io.  Le  rendite  ordinarie  dei    beni  ,    che 
debbono  essere  restituiti  o  ceduti,  e  le  im- 
poste fatte  in  essi  paesi  pel  trattamento  e 
per  li    quartieri    d'inverno    delle    truppe, 
apparterrano  alle  potenze  ,  che  ne  sono  in 
possesso  y   sino  al  giorno  delle    ratincazio- 
*ii,  senza  che  sia  permesso  di  usare  alcuna 
via  di  esecuzioni ,    purché  si  dia    cauzione 
sufficiente    pel    pagamento .     Dichiarando , 
che  i  forraggi  ed  utensigli  per    le    truppe 
che  ivi  si  truovano ,  saranno  somministra- 
ti sino  air  evacuazione.    Tutte  le    potenze 
promettono  e  s' impegnano  di  nulla  ripete- 
re, né  di  esigere  delle  imposte  e  contribu- 
zioni,  ch'esse  potessero  aver  poste  sopra  i 
paesi  /città,  e  piazze   occupate    nel    corso 
di  questa  guerra  ,  e  che  non  saranno  state 
pagate  nel  tempo,  che  gli  avvenimenti  del- 
la guerra  gli  avranno  obbligati  ad    abban- 
donare i  detti  paesi.  Questo  articolo    spe- 
zialmente riguardava  la  repubblica  di  Ge- 
nova, da  cui  l'imperadrice  regina  preten- 
deva pia    di  un  milione  >    siccome    accen- 
nammo . 

12.  La  maestà  del  re  di  Sardegna  resterà 
in  possesso  di  Vigevano,  di  parte  dei  Pa- 
vese, e  di  parte  del  Contado  di  Anghiera, 
secondochè  gli  è  stato  ceduto  nel  trattato 
di  Vormazia* 

Ff  3  13. 


. 


454      Annali    d'Italia 

13.  Il  serenissimo  duca  di  Modena  sei 
settimane  dopo  il  cambio  delle  ratificazio- 
ni prenderà  possesso  di  tutti  i  suoi  stati  , 
beni  ec.  Per  quello,  che  mancherà  ,  si  pa- 
gherà, a  giusto  prezzo,  il  qual  prezzo, 
siccome  ancora  Y  equivalente  dei  feudi  , 
ch'egli  possedeva  in  Ungheria,  se  non  gli 
fossero  restituiti,  sarà  regolato  e  stabilito 
nel  congresso  di  Nizza  '.  Di  maniera  che 
nello  stesso  tempo  e  giorno,  che  esso  se- 
renissimo duca  di  Modena  prenderà  posses- 
so di  tutti  i  suoi  stati,  egli  possa  anche 
entrare  in  godimento,  sia  dei  suoi  feudi 
in  Ungheria,  sia  dell'equivalente.  Gli  sa- 
rà parimente  fatta  giustizia  nel  detto  ter- 
mine di  sei  settimane  dopo  il  cambio  del- 
le ratificazioni  sopragli  allodiali  della  casa 
di  Guastalla  . 

14.  La  serenissima  repubblica  di  Genova 
sarà  rimessa  in  possesso  di  tuffi  1  suoi 
stati,  posseduti  da  essa  prima  della  pre- 
sente guerra,  come  anche  i  particolari  in 
possesso  di  tutti  i  fondi  esistenti  nel  ban- 
co di  Vienna  ed  altrove  . 

Finalmente  furono  confermati  i  prelimi- 
nari stabiliti  nel  dì  trenta  di  aprile  di 
questo  anno  1748  e  garantiti  da  tutte  1< 
potenze  gli  stati  restituiti  o  ceduti.  E  ca- 
so alcuna  potenza  rifiutasse  di  aderire  a 
suddetto  trattato,  la  Francia,  Inghilterra 
ed  Ollanda  promisero  d'impiegare  i  mezzi 
più  efficaci  per  i'  esecuzione  dei  soprascrit- 
ti regolamenti. 

Avre- 


Akno    MDCCXLVIII.      455 
Avreste  creduto,  che  questa  pace  avesse 
sparso  una  larga  pioggia  di  giubilo  spezial- 
mente sopra  quei  popoli,    che    sofferivano 
il  peso  dell'armi  straniere;  ma  per  disgra- 
zia si  convertì  essa  pace  in    una  più  sensi- 
bil  guerra  di  prima .  Detto  fu  ,  che  i    mi- 
nistri della  regina  imperadrice  e  del  re  di 
Sardegna  avessero  fatto  gagliarde    istanze, 
affinchè  gli  stati  destinati  a  tornare  in  ma- 
no dei  loro  legittimi  antichi  padroni  ,  aves- 
sero a  goder  l'esenzione  da  ulteriori  con- 
tribuzioni.   Frutto  certamente    non    se    ne 
vide.  Può  essere,  che  si  credesse   provve- 
duto   abbastanza    coli'  articolo    decimo    a 
questo  bisogno  ,  ma  non  si  avvisavano   già 
i  primarj  ministri  del  congresso  di  Acqui- 
sgrana  ,  che  i  generali  dei  spagnuoli  aves- 
sero un  dizionario,  in  cui  le  parole  di  Fo- 
raggi ed  Utenslglìy    espresse  nei    suddetto 
articolo  ,  importassero    la  facoltà  di    scor- 
ticare i  poveri    con    nuove    contribuzioni  , 
che  non  aveano  però  nome  di  contribuzio- 
ni. Fecero  pertanto  gl'intendenti  gallispani 
a    chiari  conti    conoscere    ai    deputati    di 
Nizza  e  Villafranca,   a    quanto    ascendesse 
il  debito  loro  per  la  somministrazion  del- 
1»  paglia    e  fieno,    della  legna,    e   del  lu- 
me ,    ec.  dovuti    a  ventiquattro  battaglioni 
esistenti    in  quelle  parti  (benché   mancanti 
della  metà  della  gente)  e  ai  tanti  generali 
ed  ufiziali ,  anche  lontani  o  sognati  di  quel 
corpo  di  truppe.    E  perchè    quel    desolato 
paese  non  potea  dar  quei  naturali ,  conve- 

Ff  4  nen- 


it$è       ÀnSàii   d'  Ìtali*' 
nendo  perciò  ,  che  gì'  intendenti   li  .faces- 
sero venire  di  Francia    a  caro    prezzo ,    si 
fece  montar  molto  più  alto  la  somma    del 
debito  ,  riducendpsi  in  fine  a  tassarlo  tut- 
to per  centomila  lire  di  Piemonte  (cioè  per 
ventimila  filippi)  al  mese>  e  ad  intimarne 
il  pagamento;    e  questo  anticipato    per    li 
mesi    di  novembre  e  dicembre  ,  con  aggiu- 
gnere  la  minaccia    dell'  esecuzion    militare 
in  caso  di  ritardo.  Restarono  di  sasso  quei 
deputati,  e  rappresentarono  V evidentissima 
impotenza  dei  paese,  già  estenuato  per    sì 
lunga  guerra  ,  è  per  tanti  passaggi  di  trup- 
pe :  ma  riscaldatosi  nel  contrasto    l'inten- 
dente spagnuolo,  giunse  a  dire,  che  li  fa- 
rebbe scorticare,    e    fatte    le  lor    pelli    in 
fette,    le  venderebbe  a    chi    se  ne    volesse 
servire  .  Convenne  pagare  :  io  non  so  il  co- 
me .  Non  furono    meglio    trattati  i    popoli 
della  Savoja.  Fin  Tanno  1745  si  vide  ste- 
so da  mano  maestra  un  loro  memoriale  al 
cattolico    monarca    Filippo  V    in  cui    essi 
esponevano  gì' incredibili  aggravj  posti  dall' 
intendente  spagnuolo  a    quelle    montagne  , 
coir  esigere  in  danaro  il  servigio    militare 
delle  truppe:    con  che  venivano    obbligati 
gli  abitanti  a  pagare  più  di  centomila  doble 
T  anno  ;  e  ciò  nonostante  ,  i  soldati  si  face- 
vano lecito  di  prender  fieno  e  legna  y  senza 
incontrar  questo  nei  conti  :    oltre  al  torre 
le  lor  bestie,  e  voler  carreggi  senza  fine, 
e  obbligar  la  gente  bene  spesso  alle   forti- 
ficazioni.   Queste  ed  altre  avanie,    per    le 

qua- 


Anno  MDCCXLVIIL  45  f 
quali  nulla  restava  pel  proprio  sostentamen- 
to a  quei  poveri  popoli  ,  aveano  obbligato 
gran  copia  di  famiglie  ad  abbandonare  il 
paese,  per  cercare  il  pane  in  Francia  ò  al- 
trove .  Che  quei  memoriale  non  avesse  là 
fortuna  di  pervenir  sotto  gli  occhi  del  re 
cattolico,  si  può  ben  credere,  stante  la 
somma  pietà  di  quel  monarca^  che  non 
avrebbe  mai  permesso  un  così  duro  stra- 
zio a  popoli  battezzati  ed  innocenti  .  È 
pure  la  miseria  di  essi  crebbe  dopo  la  pa- 
ce di  Acquisgrana ,  perchè  anche  ad  essi 
l'intendente  spagnuolo  intimò  di  pagare, 
oltre  all'ordinaria  contribuzione,  centomi- 
la lire  di  Piemonte  per  mese,  e  queste  an- 
ticipate per  novembre  e  dicembre  .  E  per- 
cioccchè  si  giùnse  al  fine  dell'anno  senza 
che  seguisse  restituzione  alcuna  degli  oc- 
cupati paesi  ,  fu  replicata  la  medesima  do- 
se di  anticipato  pagamento  anche  pei  gen- 
najo  dell'. anno  seguente   1749. 

Allora  fu,  che  il  re  di  Sardegna,  il  qua- 
le finquì  avea  con  soave  mano  trattato  Sa- 
vona ,  il  Finale,  e  gli  altri  paesi  della  Ge- 
novese Riviera  di  Ponente  a  lui  sottomes- 
si ,  irritato  da  sì  aspre  estorsioni  fatte  ai 
sudditi  suoi ,  impose  a  titolo  di  Proservi- 
zio,  Rappresaglia,  Retorsione,  e  quieto 
vivere  a  quei  paesi  l'anticipata  contribu- 
zione di  trecentomila  lire  di  Piemonte  (so- 
no sessantamila  iilippi)  e  poscia  un'altra 
di  quarantacinquemila  lire.  Ancorché  gli 
stati  del  duca  di  Modena  credessero  di  non 

do- 


458      Annali   d'Italia 
dover  soggiacere  a  somiglianti  aggravj  y    sì 
per  non  esser  dichiarati    pa^si    di    conqui- 
sta ,  come  ancóra  perchè    somministravano 
il  contingente    di  foraggi    ed  utensigli   al- 
le soldatesche  ivi  esistenti  :  pure  anche  ad 
essi  furono  intimate   due    contribuzioni  ed 
esatte.  Vera  è,  che  tanto  la  regina  impe- 
radrice,  che  il  re  suddetto,  non    dimenti- 
carono in  tal  occasione  l'innata  lor  clemen- 
za e  generosità  verso  quei  popoli  ;  ed  an- 
che Piacenza  fu  quotizzata  ,  ma  con  molto 
più  tollerabile  aggravio.  A  cagione  di  que- 
sti disgustosi  salassi  furono  portate  al  con- 
gresso di  Acquisgrana  le  doglianze  e  le  la- 
grime degli  afflitti  popoli,    ed    arrivarono 
anche  all'  altro  già  incominciato  in  Nizza. 
Sorde  si   trovarono  le  orecchie  di  chi    do- 
ve a  porgere  il    rimedio,    perchè    andavano 
d'  accordo    i    generali    d'  armi    in    volere 
risparmiar  ai  regnanti  il  pensiero  di    pre- 
miar tante  lor  fatiche,  con  prendere  la  ri- 
compensa sui  paesi,    che  si  aveano  ad  ab- 
bandonare .  Erano  intanto  venute  le  ratifi- 
cazioni della  pace  di  Acquisgrana  dalle  cor- 
ti di  Francia,  Inghilterra,  ed  Ollanda  ;  poi 
quelle  del  re  Cattolico,  del  re  di  Sardegna , 
del  duca  di  Modena,  e  della  repubblica  di 
Genova  ;    sicché  fu  al  debito  tempo  aperto 
il  congresso  di  Nizza  ,  dove  intervennero  i 
due  generali  gallispani  Bellhle    e  Las  Mi- 
nasy  e  per  l'augusto  imperadore  il  generale 
conte  Broun  ,  accompagnato  dal  conte  Ga- 
briello   Verri    fiscale    generale    di  Milano  , 

giù 


Anno  MDCCXLVIIT.  459 
giurisconsulto  di  gran  credito  .  Similmente 
Timperadore,  il  re  di  Sardegna,  il  duca 
di  Modena,,  e  la  repubblica  di  Genova  v'in- 
viarono i  lor  ministri.  Furono  dibattute  le 
vicendevoli  pretensioni  dei  principi  per  le 
fortezze,  artiglierie,  munizioni,  ec.  che  si 
doveano  restituire.  E  perchè  tuttavia  insi- 
stevano i  ministri  austriaci  sul  preteso  lor 
credito  contra  dei  genovesi ,  pericolo  vi  fu, 
che  si  sciogliesse  senza  conclusione  alcuna 
quell'adunanza.  Andò  poi  così  innanzi  la 
copia  e  l'intralciamento  degli  affari,  che 
arrivò  il  fine  dell'anno,  senza  che  i  popo- 
li gustassero  un  menomo  sapor  della  pace  ; 
perchè  niuno  disarmava  ,  e  se  non  si  face- 
va guerra  agli  uomini,  si  faceva  ben  viva 
alle  borse.  In  questo  anno  nel  Ferrarese 
un  grave  danno  recò  l'epidemia  bovina. 
Anche  il  Finale  di  Modena  ,  e  qualche  luo- 
go della  Roraagnuola  ,  e  del  Bolognese  par- 
teciparono di  questa  sciagura  . 

Anno  di  Cristo   1749,  indizione  xn. 
di  Benedetto  XIV,  papa    io. 
di  Francesco  I,  imperadore  5. 

spuntò  il  felicissimo  presente  anno  tutto 
gioviale  con  corona  di  ulivo  in  capo,  ri- 
soluto di  dare  agli  aggravati  popoli  quella 
quiete,  che  il  precedente  con  orarie  promes- 
se avea  fatto  sperare  .  Si  era  già  prepa- 
rata la  gente  a  solennizar  con  isfogo  di 
giubilo  il  fine    di    tanti    guai,   perchè    nel 

con- 


&6q       Annali    d'Italia 
Congresso  di  Acquisgrana  era    stato    stabi- 
lito, che  nel  dì  quattro  di  gennajo  si  des- 
se principio  all'  evacuazione  degli  occupati 
paesi  :  quando  ecco  insorgere  una  nuova  re- 
mora all'adempimento  della  sospirata  pace  * 
Restavano  tuttavia  indecise    nel    congresso 
di  Nizza  le  soddisfazioni    dovute    al    duca 
di  Modena  tanto  per  gli  allodiali  della  li- 
nea estinta  dei  duchi  di  Guastalla  3  dovuti 
secondo  le  leggi  alla    serenissima   casa    di 
Este,,  quanto  per  li  contadi  di  Arad    e    di 
Jeno  in  Ungheria  ,    tolti  in  occasion    della 
presente  guerra  ad  esso  duca .  Con  tutto  il 
suo  buon  cuore  non  trovava  l'augusta  im- 
peradrice  la  maniera  di  restituirli,  perchè 
gli  aveva  alienati  ;    e  i  ministri  suoi    non 
trovavano  un  equivalente  di  stati  da  darsi 
a  questo  principe  ,    giacche  l'esibizione    di 
pagargli  annualmente  ,    i    frutti  corrispon- 
denti alle  rendite  non  soddisfaceva  .  Insiste- 
vano perciò  i  ministri  gallispani  a    tenore 
degli  ordini  delle  lor  corti  su  questo  pun- 
to ,  e  sulla  restituzione  dei  fondi   spettan- 
ti ai  genovesi  ;    e  perchè    restò   incagliato 
l'affare,  bastò  intoppo  tale  a  fermar    tut- 
to l'altro  resto  della  esecuzion  della  pace, 
e  a  moltiplicar  anche  per  un  mese  gli  ag* 
gravj  delle  provincie,  che  si  aveano  a  resti- 
tuire .  Detto  fu,    che    il    re    cristianissirm 
ricavasse  dagli  stati  occupati  nei  paesi  bas- 
si   cinquantamila    fiorini    per    giorno  .    Se 
ciò  sussiste ,  né  pur  quei  popoli  sotto  bar- 
bieri tali    avranno   avuto    gran    voglia    di 

ri- 


Anno  MDCCXLIX.  t^St 
ridere  .  Il  perchè  somma  premura  avendo 
la  clementissima  imperatrice  di  redimere 
i  sudditi  suoi  ed  altrui  da  ulteriori  ves- 
sazioni ,  cotanto  s' iudustriò;  che  le  venne 
fatto  di  ricuperare  i  feudi  suddetti  da  un 
generoso  comprator  di  essi;  di  render  i 
lor  fondi  ai  particolari  genovesi  ;  e  con- 
seguentemente di  poter  adempiere  intera- 
mente gli  articoli  del  trattato  conchiuso 
in  Acquisgrana.  Di  essi  stati  adunque  fu 
rimesso  in  possesso  il  duca  di  Modena  , 
siccome  ancora  gli  fu  accordato  il  possesso 
degli  allodiali  di  Guastalla .  E  perciocché 
furono  ancora  tolte  di  mezzo  le  controver- 
sie eccitate  fra  la  corte  Austriaca ,  e  la 
repubblica  di  Genova ,  niun  ostacolo  più 
restò  a  perfezionare  il  grande  edilìzio  del- 
la pace  universale  .  Videsi  pertanto  un  re- 
golamento stabilito  in  Acquisgrana  dei  gior- 
ni precisi  ,  nei  quali  a  poco  a  poco  si  do- 
vea  iar  V  evacuazione  di  alcune  città  o 
piazze  dei  paesi  bassi ,  e  nello  stesso  tem- 
po di  altre  dell'Italia.  Spezialmente  il 
principio  di  febbraio  quel  fu,  che  diserrò 
le  porte  all'allegrezza  dei  varj  paesi.  Que- 
tamente  presero  le  truppe  spagnuole  il  pos- 
sesso di  Parma,  Piacenza,  e  Guastalla  a 
come  del  reale  infante  don  Filippo  con 
somma  consolazione  di  quei  cittadini.  Al- 
trettanto fecero  il  re  di  Sardegna,  e  i 
genovesi  degli  stati  lor  proprj .  Nel  dì 
sette  del  mese  suddetto  fu  consegnata  la 
Mirandola  alle  soldatesche  di  Francesco  IIL 

du- 


ìfiz       Annali    d'Italia 

duca  di  Modena .    E   nel  dì    undici    anche 
la  città,  e  cittadella  di  Modena,  con  tut- 
te le  altre  sue  pertinenze  ,  tornarono  a  go- 
dere i  benigni  influssi  del    legittimo    loro 
sovrano  *    Convien  qui    fare    giustizia    ali* 
augustissima  imperadrice  regina  Maria  Te- 
resa ,  e  alla  maestà    di    Carlo   Emmanuele 
re  di  Sardegna  ,  che  per  sette  anni   tenne* 
ro  il  dominio  di  questo  ducato.    Certo  è, 
che  non  mancarono  gravissimi  guai  e  dan- 
ni ,  frutti  inevitabili  della  guerra,    a  que- 
sti stati  ,  i  quali  anche  contrassero    più    e 
pia  milioni  di  debiti   pubblici   in  si  lagri- 
mevole  congiuntura  *  Contuttociò  restò  qui, 
e  per  lungo  tempo  resterà  memoria    della 
gloriosa  moderazione    di    questi    due    eie* 
nientissimi  sovrani  ,    che  si    tennero    lungi 
da  ogni    eccesso ,    finché    qui    esercitarono 
la  lor  signoria.  Placido  e  pien  di  giustizia 
si  provò  qui  il  governo  civile  ,  perchè  ven- 
ne appoggiata  l'amministrazion  di  essi  sta- 
ti al  conte  Beltrame  Cristiani,    gran    can- 
celliere della    Lombardia    Austriaca  ,    per- 
sonaggio che  per  l'elevatezza  deliamente, 
per  l'attività  nelT operare,  e  per    le  mas- 
sime dell'onoratezza,    inclinante    tutta 
pubblico  bene  ,  ha  pochi  pari .    Suo  luog< 
tenente  il  conte  Emmanuele    Amor  di    S< 
ria,  senator  di  Milano,    avveduto    ed    in- 
corrotto   ministro    della    giustizia    e    dell' 
economia  camerale,  lasciò  anch' egli  in  que- 
ste parti  con    onore    il    suo    nome*    Assai 
discreto  medesimamente  si    trovò    il    con- 
te- 


A  n  n  o    MDCCXLIX.        465 
tegno  militare,   avendo    tanto    gli    ufizialì 
che  le  truppe    delle    lor    maestà    osservata 
una  lodevol  disciplina  ,  senza  estorsioni  ed 
avanie  in  danno  degli  abitanti  . 

Ma  non  poterono  già   altri    popoli,    per" 
ìor  disavventura  imbrogliati  nella  presente 
guerra,    contare    un    egual    trattamento   e 
fortuna.  Aveva   io    all'anno    1500.    fra    le 
glorie    dei    nostri    tempi    registrato    ancor 
quella  delle  guerre  oggidì  fatte  Con  mode- 
razione fra  i  principi  cristiani,  cioè  Senza 
infierire  contro    le    innocenti    popolazioni  , 
e  senza  la    desolazione    dei    conquistati    o 
dei  nemici  paesi.    Debbo  io  ora  con    vivo 
dispiacere  ritrattarmi .    Ci  ha  fatto    questa 
ultima    guerra    vedere    troppi    esempli    di 
barbarie  entro  e    fuori    d'Italia  ^    con    la- 
sciare la  briglia  alla  licenza  militare ,  per 
fare  colla  rovina  della  povera    gente    ven- 
detta   dei    veri    o    pretesi    reati    dei    loro 
principi  i  Glie  i  turchi  ,  che    i    barbari  ,    i 
quali  pare  ,  che  non  conoscano  ìeg^e  alcu- 
na di  umanità  ,  cadano  in  così  brutali  ec- 
cessi,    non  è  da  maravigliarsene;    ma    che 
genti  professanti  la  legge    santa    del    Van- 
gelo, legge  maestra  delia  carità,   facciano 
altrettanto:  non  si  può  mai  comportare.  E 
non  vede  chi  così   opera  ,    che  in    vece    di 
gloria  egli  va  cercando  l'infamia,  la  quale 
senza    dubbjo    tien    dietro    alle    crudeltà  ? 
Ma  lasciando  queste  inutili  doglianze  e  lut- 
tuose memorie  i    volgiam  più  tosto  i    rin- 
graziamenti  nostri    alla    divina    clemenza, 

che 


464  Annali  d'  Italia 
che  ha  fatto  in  questo  anno  cessar  le  ire 
dei  regi,  e  coir  evacuazion  dei  paesi,  che 
si  aveano  a  restituire,  ha  ridonata  la  tran- 
quillità e  l'allegrezza  a  tanti  regni  e  prin- 
cipati, involti  per  sette  anni  nelle  calami- 
tà della  guerra.  Tanto  pia  memorabile 
dee  dirsi  questa  pace  ,  perchè  non  sola- 
mente si  è  diffusa  per  tutta  V  Europa, 
ma  viene  anche  accompagnata  dalla  univer- 
sale di  tutta  la  terra,  non  udendosi  in  que- 
sti tempi  alcun'  altra  guerta  di  rilievo  per 
le  altre  parti  del  mondo  ,  di  modo  che  non 
abbiam  da  invidiare  la  felicità  dei  tempi 
di  Augusto.  Resta  solamente  della  Corsica 
il  fermento  della  ribellione  ;  ma  non  andrà 
molto  (  così  è  da  sperare  )  che  V  interposi- 
zione dei  monarchi  di  Francia  e  Spagna 
pacificamente  e  con  oneste  condizioni  ri- 
durrà quei  popoli  alla  ubbidienza  verso  la 
legittima  ed  antica  sovranità  della  repub- 
blica di  Genova.  Ma  oltre  ai  ringraziamen- 
ti da  noi  dovuti  al  supremo  Autor  di  ogni 
bene  ,  conviene  ancora  inviare  al  suo  tro- 
no le  umili  nostre  preghiere,  acciochè  il 
gran  bene  della  pace  a  noi  restituita  noa 
sia  dono  di  pochi  giorni  ,  e  che  i  potenta- 
ti di  Europa  giungano  a  sacrificare  al  ri- 
poso dei  poveri  popoli,  i  quali  dopo  tan- 
te calamità  cominciano  a  respirare,  i  lo* 
risentimenti  ,  oppur  le  suggestioni  della 
non  mai  quieta  ambizione.  Regnando  la 
pace  in  Italia  ,  che  non  possiamo  noi  spe- 
rare ,    da  che  abbiamo  principi  di  sì  buon 

vo* 


Anno    MDCCXLIX.       4S5 
volere,    e  di  tanta  rettitudine?    A  me   eia 
lecito  di  ricordarne  qui  il  nome    per  rico- 
noscimento della  presente  nostra  fortuna  . 

Ha  lo  stato  della  chiesa  romana  per  suo 
prìncipe  e  rettore  il  sommo  pontefice  Be- 
nedetto XIV  che  per  somma  pietà  ,  per  1' 
ottimo  suo  cuore-,  per  la  penetrazion  della 
mente,  e  per  la  singoiar  dottrina  può  ben 
gareggiare  coi  più  rinomati  ed  illustri  suc- 
cessori di  san  Pietro.  Non  ha  egli  accet- 
tato il  governo  della  chiesa  di  Dio  e  del 
principato  romano,  per  alcun  comodo  od 
utile  suo  ,  ma  unicamente  per  far  servire 
i  pensieri  e  la  vigilanza  sua  al  pubblico 
bene  .  Eterna  memoria  del  suo  sapere  e  ze- 
lo per  la  istruzione  della  chiesa  cattolica 
saran  le  varie  insigni  opere  già  da  lui  da- 
te alla  luce,  ed  ultimamente  ancora  due 
tomi  del  suo  Bollarlo.  E  perciocché  gl'in- 
nocenti popoli  suoi  per  le  peripezie  delle 
ultime  guerre  hanno  partecipato  anch'essi 
delle  comuni  calamità,  si  studia  l'amore- 
volissimo Padre  di  ricomporre  le  da  lor 
patite  slogature:  giacché  se  chiedeste,  qua^ 
li  sieno  i  suoi  nipoti,  vi  si  risponde,  che» 
tali  propriamente  sono  i  sudditi  suoi.  Ro- 
ma spezialmente ,  che  l'ha  alzato  al  tro- 
no, quella  è,  che  sopra  le  altre  gode  i  be- 
nefici influssi  di  un  principe,  che  non  co- 
noscendo cosa  sia  amor  proprio  e  dei  suoi, 
quanto  a  lui  viene  dal  principato,  tutto 
vuol  rifondere  in  decoro  e  abbelimento 
della  sua  benefattrice  città.    Testimonian- 

Tom.  XXVII.  Gg  ze 


i\èè      Annali    d'Itaita! 
ze  ptrciò  delle  sue  gloriose  idee,  e  monu- 
menti   per    l'immortalità    del    suo    nome, 
sono  e  saranno  un  braccio  dello  spedale  di 
Santo  Spirito  in    essa   Roma  :    fabbrica    di 
sing<  lar  magnificenza  ,   e  di  somma  utilità 
pel    bene    dei    poveri .    Lo    stradone  ,    che 
guida  da    san    Giovanni    Laterano    sino    a 
santa  Croce  in  Gerusalemme»  Rinovata  en- 
tro e  fuori  con  atrio  insigne  la  stessa  ba= 
silica  di  santa  Croce.  Assicurata  la  mara- 
vigliosa  cuppola  di  san  Pietro    dai    timori 
insorti  di     rovina .    Terminata    la    fontana 
di   Trevi  ,  che  per  la  grandiosità  e  vaghez- 
za è  T  ammirazion  di   ognuno  .  Ornata  mi- 
rabilmente aF  di  dentro,    e  decorata  al  di 
fuori  di    una    nobil    facciata    la    chiesa    di 
santa  Maria  Maggiore  ,  colla  giunta  ancora 
delle  fabbriche  adiacenti,    e    beneficata    di 
molto  la  chiesa   di    santo    Apollinare.    Ri 
staurate  ed  abbellite  le  chiese  di  san  Mar- 
tino in  Monte  ,  e  di  santa  Maria  degli  An- 
geli ;   e   rinovato  il   triclinio  di  papa   Leo- 
ne ili.  nella  basilica  Lateranense.  Ha    egl; 
in  oltre  fabbricato  un  nicchio  col  musaica 
a  canto  delia  scala  Santa  j  rinovato  il  mu- 
saico della  basilica  di  san  Paolo;  scoperà 
il   già  sotterrato  insigne  Obelisco  di  Camp< 
Marzo.  Sonosi  stesi  i    suoi    benefizj    anch< 
alla  camera  appostolica,    estenuata  in    ad- 
dietro per  varie  cagioni ,   eoo  procacciarli 
ogni   risparmio  e  vantaggio,    e  sopra  futt< 
coifasstgnare  alla  medesima  il  capitale  dei 
vacabili  ,    che    vengono    a    vacare  :    il    che 

avea- 


A  m  n  o  MDCCXLIX.  467 
aveano  dimenticato  di  fare  tanti  suoi  an- 
tecessori .  Vedesi  parimente  dal  nobilissimo 
suo  genio  maggiormente  arricchita  la  gal- 
leria delle  antichità  nel  Campidoglio,  ed 
erettane  un'altra  egualmente  magnifica  di 
pitture  e  medaglie;  per  tacer  altri  monu- 
menti dell'  incomparabil  sua  munificenza 
verso  a  Roma,  ed  anche  verso  la  Metro- 
politana e  T istituto  delie  scienze  di  Bolo- 
gna patria  sua  .  Roma  nei  secoli  barbarici, 
e  molto  più  durante  la  dimora  dei  papi 
in  Avignone  ,  era  incredibilmente  decaduta 
dall'antico  suo  splendore.  Ha  circa  tre  se- 
coli ,  eh*  essa  va  sempre  più  ricuperando 
la  sua  maestà  e  bellezza  ;  ma  sì  fattamen- 
te in  questo  ultimo  mezzo  secolo  sono  in 
essa  cresciuti  gli  ornamenti,  che  giusta- 
mente tuttavia  le  è  dovuto  il  pregio  e  ti- 
tolo di  regina  delle  città.  E  però  a  sì 
glorioso  ed  amore  voi  principe,  nato  sola- 
mente per  l'altrui  bene,  chi  non  gli  au- 
gurerà di  cuore  vita  lunghissima  ed  ogni 
maggiore  prosperità  ? 

Grande  obbligo  hanno,  o  almen  debbono 
professare  a  Dio  i  regni  di  Napoli  e  Si- 
cilia, perchè  loro  abbia  conceduto  nella 
persona  del  re  don  Carlo,  germoglio  della 
real  casa  di  Francia ,  dominante  in  Ispa- 
gna ,  un  regnante  di  somma  clemenza,  e 
regnaute  proprio.  Gran  regalo  in  fatti  dei- 
la  divina  Provvidenza  è  per  essi  dopo  tan- 
ti anni  di  divorzio  il  poter  godere  della 
presenza  di  un    reale    sovrano,    della    sua 

Gg  2  ma- 


468        Annali    d'Italia 
magnifica  corte  ,  e  della  retta  amministra- 
zion  della  giustizia,    senza  doverla  cerca- 
re oltra  monti.    Gran  consolazione   in   ol- 
tre è  il  vedere  ,  come  questo  monarca   coL 
suo  consiglio  si  studii  di  aumentar  le  ma- 
nifatture^ la  navigazione,    il  traffico,  e  fa 
sicurezza  dei  sudditi  suoi .    A  lui  è    anche 
tenuta  la  repubblica  delle  lettere    pel    sua 
desiderio ,  che  maggiormente    fioriscano    V 
arti  e  le  scienze ,  e  per  la  mirabile  scoper- 
ta della  città  di  Ercolano  ,    tutta  nei  vec- 
chi tempi  profondamente  seppellita   sotter- 
ra dai  tremuoti  e  dalle  bituminose  fiuma- 
ne dei  Vesuvio.  In  quel  luogo  noi  abbiam 
pure  un  insigne    teatro    dell'  antica    erudi- 
zione.   Finalmente    la    placidezza    del    suo 
governo,    la  nobil  figliolanza  a  lui  donata» 
dal  cielo,  e  il   valore  dalia  maestà  sua  mo» 
strato  nella  difesa  di  Velletri,    e  dei    re* 
gni    suoi ,    son    pregi ,    che    concorrono    a 
compiere  la  gloria  di  questo  monarca  e  la 
felicità  dei  popoli  suoi  . 

Appartiene  all'augustissimo  imperadore 
Francesco  I.  il  gran  ducato  della  Toscana , 
cioè  ad  un  clementissimo  e  piissimo  sovrano. 
Non  può  già  essere,  che  quella  contrada, 
per  tanti  anni  retta  dai  savissimi  principi 
della  immortai  casa  dei  Medici  ,  non  ri- 
senta oggidì  qualche  convulsione  per  la 
lontananza  del  principe  suo  .  Contuttociò 
hanno  quei  popoli  di  che  ringraziar  Dio , 
perchè  i  riguardi  dovuti  a  così  gran  mo- 
narca gli  abbiano  preservati  da  ogni  disa- 

itn 


10 


A  *  n  o    MDCCXLIX.      469 
3<ro    nell'ultima    sì    perniciosa    e    dilatata 
guerra  ;  e  perchè  la  rettitudine  del  gover- 
no e  della  giustizia  presente  non  lasci  lo- 
ro da  augurarsi  quella  dei  tempi    passati  ; 
e  perchè  la  vigilanza  e  attività    del    conte 
Emmaouele  di    Richecourt    nulla    ommette 
per  sostenere,  anzi  aumentare  l'industria  e 
il  commercio  della  Toscana,  onde  per  que- 
sta via  si  risarcisca  ,  e   compensi  ciò,  che 
si  perde  pel  mantenimento  della,  corte  lon- 
tanai   pare,    che    la    Toscana    non    abbia 
molto  a  dolersi  della   presente    sua    situa- 
zione» 

Quanto  agli  stati   della   serenissima    re- 
pubblica di  Venezia ,    le  contingenze    dell' 
ultima  lunga  guerra  non  son  giunte  a  tur- 
bare il  riposo  di  quegli  abitanti  y  e  quan- 
tunque per  precauzione  prudente    e    buona 
custodia  delle  sue  città    e    fortezze    abbia 
quel  senato  in  tal  congiuntura   fatto    buon 
armamento 3  pure  nulla  per    questo  ha    ac- 
cresciuto   i    pubblici    aggravj  ;    anzi    delle 
«Jtrui  calamità  non  poco  han  profittato  gli 
stati  suoi  di    Lombardia .    Del    resto    così 
ben  concertate  son  le  maniere  di  quel  go- 
verno ,  così  acconce  le  sue  antiche    leggi  , 
acciocché  regni  in  ogni  popolazione  la  tran- 
quillità ,    la    giustizia,    e    il    traffico,    che 
ognuno  da  gran  tempo  riconosce  per  buo- 
na madre  una  repubblica  di  tanta  saviezza. 
Altrettanto  a  proporzione  è  da  dire  del- 
la repubblica  di  Lucca.    Ha    cooperato    la 
situazione  sua,  ma  anche  l'inveterata  pru- 

Gg  3  den- 


4?o  Annali  p' Italia 
denza  di  quei  magistrati,  e  l'osservanza 
delle  ben  pesate  lor  leggi,  a  mantenere  il 
paose  immune  dalle  calamità,  che  in  que- 
sti ultimi  tempi  sopra  tanti  altri  popoli 
largamente  son  piovute.  Più  dei  vasti  do- 
minj  può  essere  felice  un  picciolo,  qualora 
la  libertà,  la  concordia,  l'esatta  giustizia , 
il  buon  comparto  e  la  discretezza  dei  tri- 
buti ,  fa  che  ognuno  possa  essere  contento, 
nel  grado  suo. 

Ma  per  conto  di  gran  parte  della  Lom- 
bardia ,  paese  bensì  felice,  ma  destinato 
da  tanti  secoli  a  provare  ,  che  pesante  fla- 
gello sia  quel  della  guerra,  certo  è,  che 
per  la  conchiusa  pace  comincierà  essa  a 
respirare  ,  ma  con  restar  tuttavia  languen- 
te il  corpo  suo  per  lo  sconvoglimento  e 
per  le  piaghe  degli  anni  addietro.  Il  se- 
renissimo signor  duca  di  Modena  France- 
sco III  per  più  anni  ha  veduto  in  mano 
altrui  gli  stati  suoi  ;  l'ha  sempre  accompa- 
gnato il  coraggio  nelle  fatiche  militari  e 
nei  disastri .  Ha  confessato  la  maggior  par-*. 
te  degli  ufiziali  gallispani,  essere  sempre 
stato  giusto  il  pensare  e  consigliare  di 
questo  principe,  durante  la  guerra,  tal- 
mente che  se  si  fosse  fatto  più  conto  del 
parere  del  duca  di  Modena,  le  cose  avreb- 
bero avuto  un  esito  molto  migliore-  Fi- 
nalmente ha  egli  con  tutto  suo  onore  su- 
perata la  pericolosa  tempesta,  e  ha  dato 
ai  suoi  fedelissimi  sudditi  la  contentezza 
di  ripigliar  le  redini  del  suo  governo.  Ora 


Anno  MDCCXLIX.  471 
se  si  rivolgerà  la  paterna  sua  cura,  come 
è  da  sperare  dalle  saggie  e  rettissima  mas- 
sime sue,  e  dall'ottimo  suo  cuore,  alle 
maniere  più  proprie  per  sollevare  i  suoi 
popoli  da  tanti  debiti  contratti  ,  e  dai 
molti  aggravj  _,  non  già  imposti  dalla  sem- 
pre amorevole  serenissima  casa  di  Este  , 
ma  dai  malefico  influsso  delle  guerre  pas- 
sate :  ritornerà  a  fiorire  V  allegrezza  nel 
dominio  suo  ,  e  sarà  benedetta  quella  be- 
nefica mano,  che  avrà  f3tto  dimenticare 
tante  sciagure  in  addietro  sofferte. 

Forse  maggiori  son  da  dir  quelle  ,  che 
in  questi  ultimi  tempi  han  provato  gli 
stati  di  Parma  e  Piacenza  ,  perchè  ivi  non 
poco  ha  danzato  il  furore  delle  nemiche 
armate  ì  Tuttavia  da  che  la  pace  ha  rido- 
nato a  quei  popoli  un  principe  proprio 
nella  persona  del  real  infante  don  Filippo 
fratello  dei  potentissimi  re  di  Spagna  ,  e 
di  Napoli:  ben  si  dee  sperare,  che  ritor- 
nando colà  il  sangue  della  serenissima  ca- 
sa Farnese,  vi  ritornerà  ancora  quella  fe- 
licità ,  che  godeyasi  quivi  sotto  gli  ultimi 
prudenti  duchi .  Non  si  può  stimare  ab- 
bastanza il  privilegio  di  aver  principe  pro- 
prio e  presente,  che  faccia  circolare  il 
sangue  dei  sudditi  ,  e  risparmi  loro  la  pe- 
na dì  cercar  lungi  la  giustizia  ,  ed  altri 
provvedimenti  necessarj   ad  uno  stato. 

Per  sua  legittima  signora  riconosce  il 
ducato  di  Milano,  oggidì  congiunto  con 
quello  di    Mantova ,    V  augustissima    impe- 

Gg  4  ra- 


4?2,  5  »Atr  ^ItAaiia 
radrice  regina  Maria  Teresa  di  Austria. 
JJtJle  comuni  disavventure,  e  di  un  nuovo 
smembramento  ru  esso  partecipato. nell'ul- 
tima guerra.  Quai  sia  per  essere  il  riposo 
e  sollievo  suo  nei  venturi  tempi  di  pace  , 
non  si  può  peranché  comprendere ,  stante 
la  risoluzion  presa  dall'imperiale  e  refli 
maestà  sua  di  non  provar  più  il  ramma- 
rico di  aver  creduto  di  avere  ,  e  di  avere 
effettivamente^  pagato  un  poderoso  esercito 
per  sua  difesa  in  Italia,  con  averne  poi 
trovata  solamente  appena  la  metà  al  biso- 
gno .  Manifesta  cosà  è,  tanta  essere  la  pie- 
tà e  l'amore  del  giusto  in  questa  generosa 
regnante  ,  che  in  sì  bel  pregio  niun  altro 
principe  può  vantarsi  di  andarle  innanzi  « 
Né  già  mancano  nel  consiglio  suo  ministri 
di  somma  avvedutezza  e  di  ottima  mora- 
le, per  gli  avvisi  dei  quali  si  son  talvolta 
veduti  fermati  ih  aria  i  fulmini  del  sud 
sdegno  ,  e  ritrattate  le  risoluzioni ,  le  quali 
sarebbero  tornate  in  discredito  e  disonore 
della  sovrana,  che  pur  tanto  è  inclinata 
alla  clemenza ,  né  altro  desidera  che  il 
giusto.  .Ragionevole  motivo  perciò  hanno 
in  Italia  i  popoli  suoi  di  sperare  ,  che  ai 
tempestosi  passati  giorni  succederà  un  bel 
sereno  . 

Quanta  parte  d'Italia  sia  sottoposta  alla 
rea!  casa  di  Savoja  ,  ognun  lo  sa,  ma  non 
tutti  sanno  ,  quanto  abbiano  sofferto  di  guai 
i  suoi  stati  di  qua  da  Po,  e  che  intolle- 
rabili miserie  si  sienò  rovesciate  sopra  quei 

del- 


Anno  MDCCXLIX.  473 
della  Savoja  e  di  Nizza.  Nuiladimeno  co- 
si ben  regolato  è  il  governo  di  quella  reai 
corte ,  così  rette  le  massime  del  savio  e 
benignissimo  principe  Carlo  EmmanutlelII 
re  di  Sardegna  e  duca  di  Savoja  ,  tanto  1' 
amore  verso  i  sudditi  suoi,  ch'essi  non 
tarderanno  ad  asciugar  le  lagrime  j  giacché 
non  ha  egli  men  cura  del  proprio,  che  del 
pubblico  bene  . 

Resta  la  serenissima  repubblica  di  Geno- 
va ,  che  nelle  prossime  passate  rivoluzioni 
si  è  trovata  sbattuta  più  di  ognuno  dai 
più  feroci  venti  ?  con  pericolo  di  far  nau- 
fragio anche  di  tutto ..  Gravissime  non  può 
negarsi  ;  sono  state  le  perdite  sue  ,  deplo- 
rabili le  sue  sciagure  ;  ma  da  che  a  lei  è 
riuscito  di  salvar  la  gioja  più  cara  e  pre- 
ziosa della  libertà.,  e  dappoiché  nulla  si  è 
scemato  dei  legittimi  suoi  dominj  :  molto 
ha  di  che  consolarsi  ora  e  per  l'avvenire. 
E  tanto  più  j,  perchè  il  senno  dei  suoi  ma- 
gistrati,  l'attività,  il  commercio  degl'in- 
dustriosi cittadini  ,  potranno  fra  qualche 
tempo  avere  risarciti  i  patiti  danni  ,  re- 
stando intanto  per  tutta  l'Europa  immor- 
tale la  gloria  della  lor  costanza  e  valore 
in  tante  altre  congiunture  ,  ma  spezialmen- 
te nell'ultima  da  essi  mostrato. 

Per  memoria  dei  posteri  non  vo' lasciar 
di  aggiugnere ,  che  niuno  dovrebbe  mai 
desiderar  di  godere,  o  rallegrarsi  di  aver 
goduto  un  verno  placido  ,  e  senza  nevi  e 
ghiacci    nei    paesi ,    dove    regolarmente   si 

pvuo* 


474       Annali   d' Itali  a 

pruova  questa  disgustosa  ,  ma  forse  ptile 
pensione  .  Non  potea  essere  più  placido  in 
Lombardia  ed  in  altri  paesi  il  vt  rno  dell' 
anno  presente ,  perchè  privo  di  nevi  e 
ghiacci ,  talmente  che  non  se  ne  potè  am- 
massare nelle  conserve  per  refrigerio  ed 
uso  della  vegnente  state .  Ma  che  ?  Sul 
fine  di  marzo  venne  più  di  uno  scoppio 
di  neve,  che  quantunque  da  lì  a  poco  si 
squagliasse  ,  pure  ci  rubò  i  primi  frutti  , 
danneggiò  gli  orti  ,  e  la  foglia  dei  gelsi , 
o  poco  propizia  fu  ai  grani,  che  già  si 
erano  mossi.  Poco  è  questo.  Nel  dì  25 
dì  aprile  per  tre  giorni  nevicò  in  Milano, 
e  succederono  brine  ,  che  fecero  perdere 
tutti  i  frutti.  Sul  principio  poi  di  giugno 
eccoti  fuor  del  solito  fioccar  folta  neve 
nei  gioghi  dell'  Apennino  ,  che  si  rinforzò. 
e  sostenne  gran  tempo  ,  con  produrre  un 
pungente  freddo,  dirotissime  piogge  ogni 
dì,  e  temporali,  e  gragnuole  orribili:  on- 
de si  videro  gonfi  e  minacciosi  tutti  i  fiu- 
mi ,  e  ne  seguirono  anche  gravi  inondazio* 
ni,  e  fiere  burasce  in  mare.  Né  caldo  né 
gelo  vuol  restare  in  cielo  :  è  proverbio  dei 
contadini  toscani.  Spezialmente  orribile  e 
dannoso  fu  il  turbine  succeduto  nella  notte 
del  dì  undici  di  giugno  in  una  striscia 
dell'  alma  città  di  Roma  ,  e  particolarmen- 
te fuori  di  essa  ;  di  cui  si  è  veduta  rela/* 
?-ione  in  istampa  . 


CON- 


475 
CONCLUSIONE. 

v2ui  mia  intenzione  era  di  deporre  1$ 
penna  ;  e  Y  avrei  fatto ,  se  i  consigli  di  pii^ 
di  uno  non  m' avessero  spinto  a  mostrar- 
mi inteso  di  quanto  ha  scritto  un  moder- 
no giornalista  Anonimo  contra  di  questi 
Annali,  cioè  contro  di  me,  con  una  cen- 
sura, la  quale  può  dubitarsi,  se  convenga 
ad  onesto  scrittore .  Certamente  tanti  e 
tanti ,  che  han  letto  le  adirate  sue  parole 
senza  leggere  essi  Annali ,  abbisognano  di 
qualche  lume,  per  non  essere  condotti  ad 
un  sinistro  giudizio  da  sì  appassionato  scrit- 
tore .  Mi  vuol  egli  dunque  processare  qua- 
si per  troppo  parziale  degli  antichi  impe- 
radori .  Ma  sappia  ,  che  io  non  ho  mai 
pensato  a  farmi  punto  di  merito  né  con 
gli  antichi  né  coi  moderni  augusti .  Il  so- 
lo amore  della  verità,  o  di  quanto  io  cre- 
do verità  ,  quello  è  ,  che  guida  la  mia  pen- 
na ;  eia  verità  non  può  già  chiamarsi  Guel- 
fa o  Ghibellina.  Ho  io  trovato  in  troppe 
storie,  che  negli  antichi  secoli,  non  si  po- 
tea  consecrare  V  eletto  papa  senza  il  con- 
senso degrimperadori,  Avrebbe  desiderato, 
il  censore,  che  io  non  avessi  toccato  que- 
sta particolarità,  o  pur  T  avessi  chiamata 
iniquità  ed  usurpazione .  Ho  io  dato  nome 
di  Uso  od  Abuso  a  quel  rito,  durato  per 
più  secoli  ,  né  a  me  tocca  dirne  di  più  . 
Lo  stesso  san  Gregorio  il  Grande  se  ne 
servì,    per    sottrarsi  al    pontificato  ;   tanti 

al- 


4:& 

altri  sommi  pontefici  furono  lontani  dal 
disapprovarlo;  e  in  un  concilio.,  tenuto  da 
uno  degli  stessi  papi ,  questo  uso  fu  appel- 
lato Mito  Canonico.  Doveva  il  giornalista 
osservare^  che  io  lodai  la  libertà  da  più. 
secoli  in  qua  goduta  per  V  elezione  e  con- 
secrazion  dei  papi ,  e  conoscere  ,  che  io 
non  ho  men  di  lui  zelo  per  la  libertà  e 
per  l'onore  del  pontificato;  ma  aver  egli 
ben  poca  grazia  in  volere.,  che  io  assolu- 
tamente condanni  quello,  che  i  papi  stessi 
una  volta  non  disapprovavano. 

Scaldasi  poi  forte  esso  Anonimo  ,  perchè 
io  dopo  il  Pagi  ed  altri  scrittori  abbia 
mostrato ,  che  gl'.imperadori  Carolini  e  i 
lor  successóri,  per  lungo  tempo  conservaro- 
no Tallo  dominio  sopra  Roma  ed  altri  sta- 
ti dilla  Chiesa  Romana  ,  non  volendo  es- 
sere da  meno  dei  precedenti  greci  impera- 
dori.  Che  il  prefetto  posto  in  Roma  da 
essi  augusti  vi  durò  sino  a  tempi  di  papa 
Innocenzìo  III;  che  la  Romagna,  benché 
donata  da  Pjppino  alla  chiesa  suddetta  i 
e  da  lei  signoreggiata  per  molto  tempo, 
fu  poi  posseduta  dai  re  d'Italia  ed  impe- 
radori  sino  a  papa  Niccolò  III  che  la  ri- 
cuperò .  Al  censore  suddetto  ben  conviene 
il  provare  ,  se  può,  che  non  sussistano  sì 
fatte  opinioni .  Ma  se  io  non  ho  tali  cose 
asserito  di  mio  capriccio,  anzi  ho  prodot- 
to le  pruove  di  tutto  prese  dalla  storia  e 
dalle  memorie  dei  vecchi  tempi,  come  mai 
pretendere  ,    che  io  asconda  quei    fatti ,    o 

chia- 


4TT 
chiami  usurpazione  quello ,  che  tanti    papi 

lasciarono  godere  senza  richiamo  agl'impe» 
radori  ?  Ma  si  va  replicando,  ch'essi  au- 
gusti confermavano  di  mano  in  mano  la 
Romagna  ai  papi.  Tutto  sia;  e  pure  non 
ne  restituivano  il  dominio  e  possesso;  ed 
Arrigo  il  santo  imperadore,  che  tanto  ope- 
rò in  favor  della  Chiesa  Romana  ,  non  fe- 
ce meno  dei  suoi  antecessori .  Così  nel  di- 
ploma di  Lodovico  Pio  e  di  altri  augusti 
noi  troviamo  donato  ad  essa  chiesa  il  du- 
cato di  Spoleti  (  per  tacer  altri  paesi  )  e 
ciò  non  ostartte  miriamo  essi  augusti  tut- 
tavia sovrani  e  possessori  di  quegli  stati . 
Come  mai  questo?  Se  il  giornalista  si  fa 
lecito  di  pronunziar  sentenze  contra  di 
tanti  imperadori  ,  io  per  me  non  oso  di 
imitare  l'arditezza  sua. 

Quel  che  .  è  più  strano  :  si  lascia  egli 
scappar  dalla  penna,  che  questi  Annali  so- 
no uno  dei  libri  ptft  fatali  al  principato 
romano.  A  questo  epifomena  si  risponde, 
che  se  mai  per  disavventura  si  trovasse  un 
imperadore  cotanto  perverso,  che  volesse 
turbare  il  principato  romano,  così  giusto, 
cosi  antico,  e  confermato  dal  sigillo  di 
tanti  secoli  ,  e  dal  consenso  di  tanti  augu- 
sti :  egli  non  avrà  bisogno  di  questi  Anna- 
li,  né  di  altri  libri,  per  far  del  male.  A 
lui  basteranno  i  consigli  delle  sue  empie 
e  disordinate  passioni .  Ma  <li  simili  augu- 
sti è  da  sperare,  che  niuno  mai  ne  verrà. 
Chiunque   fra  i    regnanti  cristiani    sa,    ca« 

sa 


sa  sia  giustizia,  sa  eziandio,  che  i  domi- 
ttj  e  diritti  stabiliti  da  lunga  serie  di  tem- 
pi,  e  màssimamente  di  più  secoli,  e  da 
una  tacita  rinunzia  di  ogni  pretensione  : 
sono  per  cosi  dire  consecrati  dalle  leggi 
del  cristianesimo  e  della  prescrizione .  Al 
trimenti  tutto  sarebbe  confusione,  e  niuno 
mai  si  troverebbe  sicuro  nelle  sue  signo- 
rie, per  antiche  o  antichissime  che  fosse- 
ro. Mi  si  perdoni,  non  abbonda  di  giudi- 
zio, chi  arriva  a  spacciare  per  fatali  a 
principato  dei  papi  le  memorie  degli  anti- 
chi secoli  :  quasiché  secondo  lui  possano 
aver  credito  e  valore  titoli  rancidi,  anzi 
affatto  estinti  ,  e  schiacciati  sotto  il  peso 
di  una  sterminata  lunghezza  di  tempo.  Ma 
potrebbero  servir  di  pretesto  ai  cattivi . 
Già  si  è  risposto  a  questa  chiamata .  Ne 
solamente  questo  nuovo  politico  è  dietro 
a  nuocere  con  sentenze  tali  al  principato 
romano,  ma  anche  al  dominio  di  tanti  al- 
tri principi  ,  pochi  essendo  quelli,  che  non 
possano  trovar  nelle  storie  dei  vecchi  se- 
coli qualche  atto  o  diritto  fatale  al  suo 
principato  ,  per  usare  la  frase  di  lui.  Ma 
qua!  principe  saggio  ,  possessore  immemo- 
rabile di  una  ben  fondata  signoria ,  si  for- 
malizza,' o  si  dee  mettere  paura,  perchè 
la  storia  dei  precedenti  secoli  non  si  accor- 
di col  suo  presente  sistema?  La  conclusio- 
ne si  è  ,  che  il  giornalista  tacitamente  vor- 
rebbe,  che  si  adulterasse,  o  si  bruciasse 
parte  della  Storia  ,  per  levare  dagli    occhi 

no- 


4?9 
mostri  ogni  spauracchio,  da  lui  credulo  fa- 
tale al  principato  pontificio,  ma  con  lascia- 
re intatte  le  antiquate  ragioni  della  Chie- 
sa Romana  sull'Alpi  Cozie,  sulla  Corsica  j 
e  Sardegna  p  su  Mantova  ,  ed  altri  paesi . 
Secondo  lui ,  allora  sarà  da  lodar  la  storia, 
che  riferirà  tutto  quanto  è  favorevole  a 
Roma  ,  e  tacerà  tutto  quello  ;  che  ha  om- 
bra di  suo  pregiudizio.  Potrà  egli  formare 
una  storia  tale,  ma  non  già  io. 

Seguita  un  altro  processo  a  me  fatto  da 
questo  censore  .  Non  ho  io  defraudato  del- 
le convenevoli  lodi  (non  può  egli  negarlo) 
tanti  romani  pontefici  o  santi  ò  buoni  , 
che  sonò  la  maggior  parte  j  ma  non  ho  la- 
sciato di  toccare  i  difetti  di  pochi  altri 9 
spezialmente  degli  avignonesi ,  disdivoli  a 
mio  credere  in  chi  secondo  l' intenzione  di 
Dio  dovrebbe  essere,  quanto  sublime  nel 
grado,  altrettanto  eminente  esemplare  di 
ogni  virtù.  Se  l'ha  a  male  il  giornalista^ 
né  può  sofferire,  che  uno  storico  ardisca 
di  giudicar  delle  azioni  e  del  merito  dei 
gran  personaggi;  ed  è  si  accorto,  che  non 
bada  altrove  a  produrre  un  passo,  tutto 
contrRrio  a  queste  sue  belle  pretensioni^ 
cioè  l'autorità  del  reverendissimo  e  celebre 
padre  Orsi  dell'ordine  dei  predicatori  3  se- 
gretario della  congregazione  dell'Indice, 
e  autore  di  una  nobile  storia  ecclesiastica , 
con  dive  :  Quanto  ai  piudizj ,  che  non 
vuole  il  signor  FUury ,  che  siano  interposti 
dallo  storico  sopra    le  persone ,    e  sopra    le 

lo- 
I 


48o 
loro  azioni,  oppone  il  padre  Orsi  il  senti- 
mento di  Dionisio  Alicarnasseo,    che    nella 
lettera  a  Pompeo  Magno  toglie  al  Cielo  con 
grandissime  lodi    Teopompo ,  per    aver   più 
liberamente ,    che    tutti    gli    altri    storici , 
giudicato    degli    uomini ,    e    delle   azioni  , 
delle  quali  scrisse  la  storia.  Ma  forse  que- 
sto giornalista   ha  inteso  di  dire  a  me,    e 
a  chi  che  saia  :  Dite  quanto  mal  volete  degl' 
impcradori ,  re,  e  principi  ;  ma  per  conto 
elei  papi,  rispettate    ogni   lor    costume    ed 
azione,  e  non  usate  di  parlarne  se1   non  in 
bene.    Torno  a    dire ,    ch'egli    formi    una 
storia  tale,    perchè  niuno  gliel    contrasta. 
Ma  chiunque"sa,    che  il    principal    credito 
della   storia    è    la    verità,    e    il    giudicar, 
come  poco   fa    dicemmo,    delle    operazioni 
degli    uomini  ,    per    ispirar    nei    lettori    1' 
amore  della  giustizia  e  del  retto  operare, 
e  l'abbonimento  a  ciò,  che  sa  di    vizio: 
crederà    ben    meglio   fatto ,    e    giusto ,    ed 
utile  alla  repubblica,  che  si  dia  il  suo  ve- 
ro nome  a  quello  ancora  che  difettoso  ap- 
parisce nei  costumi  e  nelle  azioni  dei  pa- 
stori della  chiesa  di  Dio.  La  storia  ha  da 
essere  una  scuola  per  chi  dee  loro  succedere  , 
a  fin  d'imparare    nelle  lodi    dei  buoni,    e 
nella  disapprovazion  dei  cattivi,  quello  che 
essi  h«n   da  fare  o  non  fare.    E    forse  che 
le    divine  scritture    dell*  uno   e    dell'altro 
testamento    non    ci    han    lasciato    wn  chia- 
ro esempio  di  questo  ?  Anche  ivi  noi  tro- 
viam  riprovato  ciò,  che  meritava    biasima 

nei 


48  r 
$iei  sacri  ministri  ;  e  la  stessa  libertà  com- 
parisce negli  Annali  dell'immortale  car- 
dinal Baronio,  e  in  altri  insigni  storici, 
che  sapevano  il  lor  mestiere,  e  tenevano 
per  irrefragabile  il  sentimento  di  Tacito  : 
frxcipuum  munii s  Annalium  ,  ne  virtutes 
sileantur ,  utque  pravis  dicils  factisque  ex 
posteritate  &  infamia  metus  sit. 

Vegga  dunque  l'Anonimo  censore,  che  in 
vece  di  ben  servire  alla  santa  Romana 
Chiesa,  non  la  discrediti  col  soverchio  suo 
zelo.  Che  appunto  in  vergogna  di  essa  ri- 
tornerebbe T  esigere  ,  che  si  avesse  a  nascon- 
dere ed  opprimere  la  verità  in  parlando 
dei  papi;  e  il  pretendere^  che  essi  sieno 
sempre  stati  esenti  dalle  umane  passioni  ; 
non  si  sieno  mai  abusati  della  loro  auto- 
rità; non  abbiano  mai  fatto  guerre  poco 
giuste  ;  non  fulminate  scomuniche  e  inter- 
detti senza  buone  ragioni  .  Noi  possiam 
bene  ascondere  queste  macchie  ai  nemici 
del  cattolicismo  :  ma  non  le  sanno  forse  , 
o  non  le  sapranno  eglino  senza  di  noi  ? 
Fresche  ne  abbiamo  anche  le  pruove .  Me- 
glio è  pertanto ,  che  onoratamente  le  rife-. 
riamo  ancor  noi  quali  sono  ,  per  far  loro 
conoscere ,  che  né  pur  noi  le  approviamo  : 
giacché  negar  non  possono  gli  stessi  pro- 
testanti, che  non  son  vi?)  e  difetti  della 
religione  e  del  pontificato  gli  eccessi  e 
mancamenti  particolari  dei  sacri  pastori . 
Il  divino  nostro  legislatore  ha  ben  promes- 
sa e  manterrà  V  infallibilità ,    la  verità  dei 

Tom.  XXVII.  Hh  do- 


482 
dogmi,  e  la  sussistenza  eterna  della  Chie- 
sa Cattolica,  ed  ha  conceduto  privilegi  sin- 
golari alla  sedia  di  san  Pietro  pel  mante- 
nimento della  fede  e  della  Gerarchia  ;  ma 
non  si  è  già  impegnato  ad  esentare  i  suoi 
vicarj  dalle  umane  infermità;  e  però  non 
abbiam  da  maravigliarci,  se  talora  la  storia 
ce  ne  fa  veder  taluno  meritevole  di  biasi- 
mo, perchè  per  essere  papa  non  si  lascia 
di  essere  uomo,  e  i  papi  anch'essi  umil- 
mente si  accusano  delle  lor  colpe  al  sacro- 
altare. Per  altro  essendo  la  cristianità  da 
circa  due  secoli  in  qua  avvezza  a  mirar 
la  vita  e  il  governo  esemplare  di  tanti 
sommi  pontefici ,  e  massimamente  degli  ul- 
timi tempi  ,  e  del  regnante  Benedetto  XIV 
glorioso  pel  complesso  di  tutte  le  virtù  : 
niuna  savia  persona  si  formalizza,  per  tro- 
var nei  vecchi  secoli  sulla  Cattedra  di  san 
Pietro  ,  chi  fu  di  tempra  ben  differente 
Anzi  ringrazia  Dio  di  essere  nato  in  tem- 
pi sì  ben  regolati  per  la  Chiesa  sua  santa 
mentre  i  disordini  passati  fanno  maggior- 
mente risaltare  il  buon  ordine  presente. 
Poste  poi  tali  premesse,  io  mi  credo  di^ 
sobbligato  dall'entrare  in  un  minuto  esarci* 
di  quanto  il  giornalista  si  è  studiato  di  op- 
porre alla  discreta  libertà  di  questi  Anna- 
li, coerente  alle  leggi,  colle  quali  s.'ha  di 
reggere  la  storia ,  acciocché  sia  utile  al 
pubblico  . 

Ma  non  si  può  già  lasciar  passare,  esser- 
si   egli   lasciato    trasportare  dall'  eccessiva 

pas- 


433 
passione  sua  tant'  óltre ,  che  laddove  pre- 
tende ,  non  dover  io  trovar  cosa  biasime- 
vole in  veruno  dei  papi,  poscia  in  vece 
di  sapermene  grado ,  bizzaramente  meco  si 
adira  ,  perchè  difendo  la  fama  di  alcuni  di 
essi,  vivuti  nel  secolo  decimo,  dalla  trop- 
po aere  censura  dei  cardinal  Baronio,  vo- 
lendo che  si  stia  alle  asserzioni  di  luì  ,  e 
ron  già  alle  fondate  ragioni  mie  in  lor  fa- 
vore. Similmente  mi  vuol  reo,  perchè  ho 
toccato  i  mali  effetti  del  nepotismo  dei  pa- 
pi ;  né  gli  passa  per  mente,  che  il  santo 
pontefice  Innocenzo  XII  colla  sua  celebre 
bolla  più.  e  meglio  di  me  ha  parlato  cen- 
tra di  tale  abuso  ;  e  che  il  celebre  cardi- 
nale Sfondrati  con  libro  apposta  ne  fece 
comparire  tutta  la  deformità.  Oltre  a  ciò 
non  vorrebbe,  che  io  dopo  aver  lodata  la 
piena  libertà  del  sacro  collegio,  ricupera- 
ta già  tanti  secoli  sono,  in  eleggere  e  con- 
secrare  i  papi ,  avessi  desiderato  ,  che  ces- 
sino le  lunghezze  dei  conclavi ,  e  le  priva- 
te passioni  dei  sacri  elettori  in  affare  di 
tanta  importanza  per  la  Chiesa  di  Dio. 
Né  si  ricorda,  che  T  eminentissimo  cardi- 
nale Annibale  Albani  in  tale  occasione  fe- 
ce ristampare  e  spargere  per  "Roma  la  fa- 
mosa lettera  CLXXX  dell'Ammanati  cardi- 
nal di  Pavia  al  cardinale  di  Siena ,  dove 
le  irregolarità  occorrenti  nei  conclavi  sono 
pienamente  riprovate. 

E  che  diremo    noi  delle    idee    di    questo 
giornalista ,  allorché  pretende  aver  la  contes- 

Hh  2  sa 


484 
sa  Matilda  donato  alla  Chiesa  Romana  Man- 
tova, Parma,  Reggio,  e  Modena?  Io  noi 
posso  assicurare  ,  che  non  ridano  gì*  inten- 
denti d'Ile  leggi,  ali^  udir  sì  fatte  preten- 
sioni* Davansi  allora  le  città  del  regno  d' 
Italia  in  governo  o  feudo.  Come  poterne 
disporre  senza  la  permissione  del  sovrano? 
A  questo  conto  avrebbe  anche  potuto  Ma- 
tilda donare  il  ducato  di  Toscana  ,  di  cui 
era  duchessa.  E  se  ella  avesse  donata  Fer- 
rara, dove  signoreggiò,  ad  alcuno:  pare 
egli  a  questo  valentuomo,  che  legittima 
fosse  stata  una  tal'donazione?  Bisogna  poi, 
ch'egli  non  abbia  occhi,  allorché  scrive, 
ch'io  chiamo  gli  Estensi  duchi,  della  stessa 
Ferrara  fin  dall'  anno  1097.  Lascerò  an- 
cora,  che  altri  dica,  qua!  nome  si  con- 
venga a  lui  colà,  dove  in  dispregio  d'il- 
lustri principi  osa  trattare  da  Spurio  don 
Alfonso  di  Este ,  figlio  di  Alfonso  I  duca 
di  Ferrara,  e  padre  del  duca  Cesare  :  cosa 
non  mai  sognata  non  che  pretesa  dai  came- 
rali romani ,  per  essere  una  evidente  men- 
zogna e  calunnia.  Questo  è  un  impiegare 
l'ingegno  e  il  tempo,  non  già  in  difesa 
ma  jn  obbrobrio  della  sacra  corte  di  Ro- 
ma, la  quale  per  altro  non  potrà  mai  ap- 
provare chi  con  disordinate  pretensioni  ,  e 
iin  colla  calunnia  prende  a  combattere  per 
lei. 

Che  se  non  peranche  fosse  questo  animo- 
so censore  persuaso  dei  giusti  diritti  di 
chi  scrive  istorie  :  io  il  prego  di  ascoltare 

un 


4^5 

un  giudice  più  autorevole  di  me  in  questa 

parte;  cioè  il  celebre  padre  Mabillone, 
grande  ornamento  dell'  ordine  Benedettino . 
Secondo  il  solito  fu  anch' egli  costretto  a 
udire  i  lamenti  e  rimbrotti  di  alcuni  a  ca- 
gion  della  veracità  da  lui  parimente  prati- 
cata nel  compilare  V  insigne  opera  degli 
Annali  Benedettini  .  Si  vide  egli  obbligato 
per  questo  ad  una  breve  Apologia  ,  un  pez- 
zo di  cui  vien  riferito  dall'autore  della  di 
lui  vita,  stampata  fra  i  suoi  Analetti .  Ec- 
cone le  parole  :  Ut  cequitatis  amor  prima 
]iidicis  dos  est  ,  sit ,  sic  &  rerum  anteacla- 
rum  sincera  &  accurata  investigatio  hi- 
storici  munus  esse  debet  .  Index  persona 
publica  est  ,  ad  suum  cuique  tribuendum 
constituta .  Ejus  judicio  stant  omnes  in 
rebus  ,  de  quibus  fert  sententiam .  Maximl 
proinde  criminis  reum  se  facit >  si  prò  vi- 
rili sua  parte  jus  suum  unicuique  non  red- 
dat  .  Idem  Ristorici  munus  est ,  qui  &  ipse 
persona  publica  esc,  cujus  fidei  committitur 
examen  rerum  >  ab  antiquis  gestarum  .  Quum 
enim  omnibus  non  liceat  eas  per  se  inve- 
stigare ;  sententiam  ejus  sequuntur  pleri* 
que y  quos  proinde  fallita  nisi  cdquam  ferre 
conetur .  Nec  satis  est  tomen  verum  amet 
&  investiget  ,  nisi  is  insit  animi  condor, 
quo  ingenue  &  aperte  dicat ,  quod  verum 
esse  novit  .  Mentiri  si  Christiana  omnibus > 
a  fortiori  religiosam  vitam  professis  nulla 
umquam  ratione  licet  :  longe  minus ,  quum 
mendacium  exitiale  &  perniciosum    multis 

èva- 


486 

evadit .  Fieri  -vero  non  potest ,  quirì  histo~ 
vici  mendàcia  vertant  in  perniciem  mul- 
torum  y  (lui  verbis  ejus  fidem  adhibendo  de- 
cipiuntur ,  dum  errorem  prò  ventate  am- 
plecluntur.  Non  levis  proinde  ejus  culpa  est. 
quce  tot  alias  secum  trahit .  Debet  ergo,  si 
candidus  sit ,  procul  studio  partium  certa  ut 
certa  >  falsa  ut  falsa,  dubia  ut  dubia  tra- 
dere  3  neque  dissimulare ,  quce  utrique  par- 
ti f avere  aut  adversari  possint.  Questi,  e 
non  r  Anonimo  giornalista,  sono  stati  a 
me,  e  saranno  anche  ad  altri 3  i  veri  mae- 
stri ,  per  tessere  una  storia  ,  che  non  pa 
indegna  della  pubblica  luce  • 


IL    FINE 


\ 


DG 

m 

1^94 
t.2^ 


Muratori,  Lodovico  Antonio 

Annali  d'Italia  Ed. 
novissima 


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